Impianti elettrici civili 9788820348120, 9788820371296


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Table of contents :
Indice
Prefazione
1 Introduzione agli impianti elettrici civili
1.1 La normativa
1.2 Segni grafici e codici letterali per impianti elettrici e circuiti elettronici
1.2.2 Rappresentazione grafica delle apparecchiature pneumatiche
1.2.3 Lettere di identificazione delle apparecchiature elettriche
1.3 Rappresentazione degli impianti elettrici
1.4 Impianti elettrici: principali tipi di esecuzioni
1.5 Variante 3 della Norma CEI 64-8
2 Sorgenti luminose
2.1 Lampade a incandescenza
2.1.1 Lampade a incandescenza con filamento nel vuoto
2.1.2 Lampade a incandescenza in gas inerti
2.1.3 Lampade a incandescenza con alogeni
2.2 Lampade a scarica nei gas e nei vapori
2.2.1 Lampade fluorescenti
2.2.2 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione
2.2.3 Lampade a vapori di mercurio con alogenuri (ioduri metallici)
2.2.4 Lampade a vapori di sodio a bassa pressione
2.2.5 Lampade a vapori di sodio ad alta pressione
2.3 Lampade a vapori di mercurio a luce miscelata
2.4 Lampade per applicazioni speciali
2.5 Regole per impianti con lampade a scarica nei gas
2.6 Lampade LED
3 Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico
3.1 Grandezze fotometriche
3.1.1 Flusso luminoso
3.1.2 Intensità luminosa
3.1.3 Illuminamento
3.1.4 Luminanza
3.1.5 Radianza
3.2 Misure fotometriche
3.2.1 Misura del flusso luminoso
3.2.2 Misura dell’intensità luminosa
3.2.3 Misura dell’illuminamento
3.2.4 Misura della luminanza
3.3 Colorimetria
3.3.1 Sistema CIE
3.3.2 Valori tristimolo
3.3.3 Sistema Munsell
3.3.4 Temperatura di colore e indice di resa cromatica
3.3.5 Efficienza luminosa
3.4 Apparecchi illuminanti
3.5 Illuminazione di interni
3.5.1 Dimensionamento illuminotecnico
4 Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili
4.1 Montante
4.2 Cavi
4.3 Cavi a fibre ottiche
4.4 Tubi e canali
4.5 Dispositivi di connessione e cassette
4.7 Apparecchi di protezione
4.7.1 Interruttori automatici
4.7.2 Interruttori differenziali
4.7.3 Fusibili
4.7.4 Soluzioni modulari combinate
4.8 Apparecchi di comando non automatici
4.8.1 Interruttore
4.8.2 Prese e spine di corrente
4.8.3 Deviatore
4.8.4 Invertitore
4.9 Impianti con comando a relè, interruttore, commutatore a tempo
4.9.1 Relè passo-passo
4.9.2 Temporizzatore
4.10 Impianti con regolatori di luminosità, crepuscolari e orari
4.10.1 Variatore di luminosità
4.10.2 Interruttore crepuscolare
4.10.3 Orologio programmatore
4.11 Impianti di segnalazione acustica e luminosa
4.11.1 Pulsante
4.11.2 Suoneria, ronzatore
4.11.3 Quadro indicatore a cartellini
4.11.4 Quadro indicatore luminoso
4.11.5 Trasformatore monofase
4.11.6 Elettroserratura
4.12 Apparecchi particolari
4.12.1 Prese a ricettività multipla e adattatori
4.12.2 Apparecchi speciali di derivazione
4.12.3 Termostati ambiente
4.12.4 Cronotermostati elettronici
4.12.5 Rivelatore di fumo
4.12.6 Rivelatore di gas e ossido di carbonio
4.12.7 Rivelatore di fughe di acqua
4.12.8 Aspiratori
5 Impianti caratteristici negli edifici civili
5.1 Impianti di illuminazione e forza motrice
5.1.1 Impianto interrotto e presa di corrente
5.1.2 Impianti tipici con interruttori e prese di corrente
5.1.3 Impianto deviato e invertito
5.1.4 Impianti tipici con deviatori, invertitori e prese di corrente
5.1.5 Impianti con comando indiretto mediante relé passo-passo e a tempo
5.1.6 Impianti tipici con relé passo-passo e a tempo
5.1.7 Impianti con comando indiretto e automatico mediante regolatori diluminosità, crepuscolari e orari
5.1.8 Impianti tipici con regolatori di luminosità, interruttori crepuscolarie orologi programmatori
5.1.9 Impianti con lampade a scarica nei gas e nei vapori
5.1.10 Impianti tipici con lampade a scarica
5.2 Impianti di segnalazione
5.2.1 Impianti di segnalazione acustica
5.2.2 Impianti tipici con segnalazioni acustiche
5.2.3 Impianti di segnalazione luminosa
5.2.4 Impianti tipici con segnalazioni luminose
5.3 Impianti citofonici
5.3.1 Impianti tipici di citofoni in coppia e intercomunicanti
5.3.2 Impianti tipici di citofoni con portiere elettrico
5.4 Impianti videocitofonici
5.4.1 Collegamenti e installazione degli impianti videocitofonici
5.4.2 Impianti tipici di videocitofoni
6 Impianti particolari
6.1 Impianto telefonico
6.1.1 Tubazione per il raccordo del corpo alla rete telefonica esterna
6.1.2 Nicchia per i terminali della rete telefonica esterna
6.1.3 Tubazioni e canalizzazioni di ascesa e scatole di derivazione
6.1.4 Tubazioni per diramazione d’utente e punti telefono
6.1.5 Esempi di impianti telefonici
6.2 Impianti di ricezione TV
6.2.1 Sistema in Tecnica Digitale Terrestre
6.2.2 Impianti satellitari
6.2.3 Componenti attivi degli impianti di ricezione TV
6.2.4 Elementi passivi degli impianti di ricezione TV
6.2.5 Esempi applicativi di impianti TV
6.3 Impianti di sicurezza
6.3.1 Impianti antintrusione
6.3.2 Impianti di allarme tecnici
6.3.3 Esempi applicativi di impianti di sicurezza
6.4 Impianti per bagni e docce
6.5 Impianti di riscaldamento
6.5.1 Allacciamento della caldaia
6.5.2 Parzializzazione e regolazione dell’impianto
6.6 Impianti di luce d’emergenza
6.6.1 Apparecchi illuminanti
6.6.2 Prescrizioni normative generali
6.7 Impianti per box e posti auto
6.7.1 Autorimesse con capacità di parco macchine non superiore ai noveautoveicoli
6.7.2 Posti macchina interni per più di nove macchine
6.8 Impianto di sonorizzazione
6.8.1 La progettazione del sistema sonoro
6.8.2 Esempio di diffusione sonora nel terziario
6.9 Impianti con tecnologie BUS e wireless
6.9.1 Sicurezza
6.9.2 Comunicazione videocitofonica
6.9.3 Comfort ambientale
6.9.4 Controllo remoto
6.9.5 Risparmio
7 Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico
7.1 Impianti elettrici negli edifici civili
7.2 Esempio di dimensionamento dell’impianto elettrico di un appartamento
7.2.1 Disimpegno, sgabuzzino
7.2.2 Studio
7.2.3 Soggiorno
7.2.4 Cucina, terrazzo
7.2.5 Camera matrimoniale
7.2.6 Camera singola
7.2.7 Bagno, bagno di servizio
7.2.8 Ingresso
7.3 Redazione dello schema unifilare dell’impianto
7.3.1 Impianto luce
7.3.2 Impianto forza motrice
7.3.3 Impianto antintrusione e impianto TV
7.3.4 Impianti servizi vari
7.4 Capitolato e preventivo di spesa
7.5 Collaudi e verifiche a termine lavori e documentazione finale
Appendice A Normativa e Legislazione
A.1 Elenco dei Comitati tecnici
A.2 Principali Norme CEI
A.3 Legge 5 marzo 1990, n. 46 (1)
A.4 D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447
A.5 D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392
A.6 Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 494
A.7 Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37
Appendice B Listino impianti elettrici
Bibliografia
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Impianti elettrici civili
 9788820348120, 9788820371296

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• Sorgenti luminose • Illuminotecnica • Elementi degli impianti elettrici civili • Impianti caratteristici negli edifici civili • Impianti telefonici, di ricezione TV, di sicurezza • Impianti per bagni e docce e di riscaldamento • Impianti con tecnologie BUS e wireless • Progettazione, verifica e certificazione

GLI AUTORI

Giuliano Ortolani ed Ezio Venturi sono esperti nel settore PLC e operano come consulenti-progettisti e formatori nell’ambito delle logiche programmabili. Per Hoepli sono entrambi autori di numerosi volumi di successo per il mercato sia scolastico sia professionale.

www.hoepli.it

G. Ortolani E. Venturi

• La normativa

btH

Impianti elettrici civili

Impianti elettrici civili affronta tutti gli argomenti relativi alla rappresentazione ed esecuzione degli impianti elettrici civili, nonché le relative prescrizioni normative CEI. La trattazione riguarda in primo luogo gli Enti normatori e in particolare i segni grafici, proseguendo con l’analisi sia delle sorgenti luminose che delle tecniche di illuminazione. Nel rispetto della normativa tecnica e facendo riferimento all’innovazione tecnologica, sono descritti tutti gli elementi che si possono ritrovare in un impianto elettrico utilizzatore e negli impianti elettrici speciali (antintrusione, antincendio, TV, sonorizzazione ecc.) di tipo civile e del terziario. Viene fatto cenno inoltre ai sistemi che impiegano la tecnologia BUS, in alternativa ai sistemi tradizionali, per quanto riguarda le istallazioni antintrusione, gestione carichi, citofonia e videocitofonia. Una particolare attenzione è riservata alle fasi della progettazione, verifica e certificazione di un impianto elettrico domestico. Il testo coniuga un’esposizione chiara delle nozioni teoriche con applicazioni specifiche, tratte dalla pratica professionale. Completo e aggiornato, guida allo studio, nonché all’esecuzione grafica e pratica degli impianti elettrici civili, rivolgendosi sia a tecnici e professionisti nella progettazione e installazione di impianti elettrici, sia a diplomati o laureati che abbiano la necessità di accostarsi al settore dell’impiantistica elettrica civile.

GLI ARGOMENTI

btH Giuliano Ortolani

Ezio Venturi

IMPIANTI ELETTRICI CIVILI biblioteca tecnica HOEPLI

btH

ISBN 978-88-203-4812-0

Ulrico Hoepli Editore S.p.A. via Hoepli, 5 - 20121 Milano e-mail [email protected]

€ 38,00

ortolani_civili.indd 1

9 788820 348120

12-07-2012 16:14:27

IMPIANTI ELETTRICI CIVILI

GIULIANO ORTOLANI

EZIO VENTURI

IMPIANTI ELETTRICI CIVILI Schemi e apparecchi nei locali domestici e nel terziario

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO

Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2012 via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy) tel. +39 02 864871 - fax +39 02 8052886 e-mail [email protected]

www.hoepli.it Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

ISBN 978-88-203-7129-6

Copertina: Sara Taglialegne

Indice Prefazione 1

2

3

Introduzione agli impianti elettrici civili ................................ 1.1 La normativa ..................................................................... 1.2 Segni grafici e codici letterali per impianti elettrici e circuiti elettronici ............................................................. 1.2.1 Rappresentazione grafica delle apparecchiature elettriche ed elettroniche secondo le Norme CEI ... 1.2.2 Rappresentazione grafica delle apparecchiature pneumatiche ........................................................... 1.2.3 Lettere di identificazione delle apparecchiature elettriche................................................................. 1.3 Rappresentazione degli impianti elettrici........................... 1.4 Impianti elettrici: principali tipi di esecuzioni ................... 1.5 Variante 3 della Norma CEI 64-8 .....................................

1 1 12 14 25 28 29 33 35

Sorgenti luminose ..................................................................... 2.1 Lampade a incandescenza ................................................. 2.1.1 Lampade a incandescenza con filamento nel vuoto 2.1.2 Lampade a incandescenza in gas inerti .................. 2.1.3 Lampade a incandescenza con alogeni ................... 2.2 Lampade a scarica nei gas e nei vapori ............................. 2.2.1 Lampade fluorescenti ............................................. 2.2.2 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione ..... 2.2.3 Lampade a vapori di mercurio con alogenuri (ioduri metallici) ............................................................... 2.2.4 Lampade a vapori di sodio a bassa pressione ......... 2.2.5 Lampade a vapori di sodio ad alta pressione .......... 2.3 Lampade a vapori di mercurio a luce miscelata ................ 2.4 Lampade per applicazioni speciali .................................... 2.5 Regole per impianti con lampade a scarica nei gas ........... 2.6 Lampade LED ..................................................................

39 40 40 40 46 49 51 57

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico ............. 3.1 Grandezze fotometriche .................................................... 3.1.1 Flusso luminoso .................................................... 3.1.2 Intensità luminosa ................................................. 3.1.3 Illuminamento ....................................................... 3.1.4 Luminanza ............................................................. 3.1.5 Radianza ................................................................ 3.2 Misure fotometriche ......................................................... 3.2.1 Misura del flusso luminoso .................................... 3.2.2 Misura dell’intensità luminosa .............................. 3.2.3 Misura dell’illuminamento .................................... 3.2.4 Misura della luminanza ......................................... 3.3 Colorimetria ..................................................................... 3.3.1 Sistema CIE ........................................................... 3.3.2 Valori tristimolo .................................................... 3.3.3 Sistema Munsell .................................................... 3.3.4 Temperatura di colore e indice di resa cromatica ... 3.3.5 Efficienza luminosa ...............................................

69 71 71 71 72 73 74 74 74 76 77 78 79 80 81 81 82 83

59 60 62 62 63 66 67

3.4 3.5

4

5

Apparecchi illuminanti ...................................................... Illuminazione di interni ..................................................... 3.5.1 Dimensionamento illuminotecnico .........................

83 88 92

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili ...................... 4.1 Montante ........................................................................... 4.2 Cavi .................................................................................. 4.3 Cavi a fibre ottiche ............................................................ 4.4 Tubi e canali ..................................................................... 4.5 Dispositivi di connessione e cassette ................................. 4.6 Centralino ......................................................................... 4.7 Apparecchi di protezione .................................................. 4.7.1 Interruttori automatici ............................................ 4.7.2 Interruttori differenziali ......................................... 4.7.3 Fusibili ................................................................... 4.7.4 Soluzioni modulari combinate ............................... 4.8 Apparecchi di comando non automatici ............................ 4.8.1 Interruttore ............................................................. 4.8.2 Prese e spine di corrente ........................................ 4.8.3 Deviatore ............................................................... 4.8.4 Invertitore .............................................................. 4.9 Impianti con comando a relè, interruttore, commutatore a tempo ................................................................................ 4.9.1 Relè passo-passo .................................................... 4.9.2 Temporizzatore ...................................................... 4.10 Impianti con regolatori di luminosità, crepuscolari e orari 4.10.1 Variatore di luminosità ......................................... 4.10.2 Interruttore crepuscolare ....................................... 4.10.3 Orologio programmatore ...................................... 4.11 Impianti di segnalazione acustica e luminosa .................. 4.11.1 Pulsante ................................................................ 4.11.2 Suoneria, ronzatore ............................................... 4.11.3 Quadro indicatore a cartellini ............................... 4.11.4 Quadro indicatore luminoso .................................. 4.11.5 Trasformatore monofase ....................................... 4.11.6 Elettroserratura ..................................................... 4.12 Apparecchi particolari ..................................................... 4.12.1 Prese a ricettività multipla e adattatori .................. 4.12.2 Apparecchi speciali di derivazione ....................... 4.12.3 Termostati ambiente ............................................. 4.12.4 Cronotermostati elettronici ................................... 4.12.5 Rivelatore di fumo ................................................ 4.12.6 Rivelatore di gas e ossido di carbonio ................... 4.12.7 Rivelatore di fughe di acqua ................................. 4.12.8 Aspiratori .............................................................

95 96 98 102 107 113 115 117 117 119 122 123 124 126 128 132 133

Impianti caratteristici negli edifici civili .................................. 5.1 Impianti di illuminazione e forza motrice .......................... 5.1.1 Impianto interrotto e presa di corrente ................... 5.1.2 Impianti tipici con interruttori e prese di corrente .. 5.1.3 Impianto deviato e invertito ................................... 5.1.4 Impianti tipici con deviatori, invertitori e prese di corrente ..................................................................

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134 136 137 138 138 138 139 140 140 141 142 142 143 144 145 145 145 146 147 148 149 150 151

155

5.2

5.3

5.4

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5.1.5 Impianti con comando indiretto mediante relè passo-passo e a tempo ........................................... 5.1.6 Impianti tipici con relè passo-passo e a tempo ....... 5.1.7 Impianti con comando indiretto e automatico mediante regolatori di luminosità, crepuscolari e orari ....................................................................... 5.1.8 Impianti tipici con regolatori di luminosità, interruttori crepuscolari e orologi programmatori .. 5.1.9 Impianti con lampade a scarica nei gas e nei vapori 5.1.10 Impianti tipici con lampade a scarica ................... Impianti di segnalazione ................................................... 5.2.1 Impianti di segnalazione acustica .......................... 5.2.2 Impianti tipici con segnalazioni acustiche ............. 5.2.3 Impianti di segnalazione luminosa ........................ 5.2.4 Impianti tipici con segnalazioni luminose ............. Impianti citofonici ............................................................ 5.3.1 Impianti tipici di citofoni in coppia e intercomunicanti .................................................... 5.3.2 Impianti tipici di citofoni con portiere elettrico ..... Impianti videocitofonici .................................................... 5.4.1 Collegamenti e installazione degli impianti videocitofonici ...................................................... 5.4.2 Impianti tipici di videocitofoni ..............................

Impianti particolari .................................................................. 6.1 Impianto telefonico ........................................................... 6.1.1 Tubazione per il raccordo del corpo alla rete telefonica esterna ................................................... 6.1.2 Nicchia per i terminali della rete telefonica esterna 6.1.3 Tubazioni e canalizzazioni di ascesa e scatole di derivazione ............................................................ 6.1.4 Tubazioni per diramazione d’utente e punti telefono 6.1.5 Esempi di impianti telefonici ................................. 6.2 Impianti di ricezione TV ................................................... 6.2.1 Sistema in Tecnica Digitale Terrestre .................... 6.2.2 Impianti satellitari ................................................. 6.2.3 Componenti attivi degli impianti di ricezione TV .. 6.2.4 Elementi passivi degli impianti di ricezione TV .... 6.2.5 Esempi applicativi di impianti TV ......................... 6.3 Impianti di sicurezza ......................................................... 6.3.1 Impianti antintrusione ........................................... 6.3.2 Impianti di allarme tecnici ..................................... 6.3.3 Esempi applicativi di impianti di sicurezza ........... 6.4 Impianti per bagni e docce ................................................ 6.5 Impianti di riscaldamento ................................................. 6.5.1 Allacciamento della caldaia ................................... 6.5.2 Parzializzazione e regolazione dell’impianto ......... 6.6 Impianti di luce d’emergenza ............................................ 6.6.1 Apparecchi illuminanti .......................................... 6.6.2 Prescrizioni normative generali ............................. 6.7 Impianti per box e posti auto ............................................ 6.7.1 Autorimesse con capacità di parco macchine non superiore ai nove autoveicoli .................................

165 165

175 175 184 184 203 204 204 207 207 230 230 231 245 245 246 253 253 253 254 254 254 256 257 258 264 269 273 275 279 279 289 297 299 302 303 303 306 307 308 309 309

6.7.2 Posti macchina interni per più di nove macchine ... Impianto di sonorizzazione ................................................ 6.8.1 La progettazione del sistema sonoro ...................... 6.8.2 Esempio di diffusione sonora nel terziario ............. Impianti con tecnologie BUS e wireless ............................ 6.9.1 Sicurezza ................................................................ 6.9.2 Comunicazione videocitofonica ............................. 6.9.3 Comfort ambientale ............................................... 6.9.4 Controllo remoto .................................................... 6.9.5 Risparmio ..............................................................

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Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 7.1 Impianti elettrici negli edifici civili ................................... 7.2 Esempio di dimensionamento dell’impianto elettrico di un appartamento ..................................................................... 7.2.1 Disimpegno, sgabuzzino ........................................ 7.2.2 Studio ..................................................................... 7.2.3 Soggiorno .............................................................. 7.2.4 Cucina, terrazzo ..................................................... 7.2.5 Camera matrimoniale ............................................. 7.2.6 Camera singola ...................................................... 7.2.7 Bagno, bagno di servizio ........................................ 7.2.8 Ingresso ................................................................. 7.3 Redazione dello schema unifilare dell’impianto ................. 7.3.1 Impianto luce ......................................................... 7.3.2 Impianto forza motrice ........................................... 7.3.3 Impianto antintrusione e impianto TV .................... 7.3.4 Impianti servizi vari ............................................... 7.4 Capitolato e preventivo di spesa ........................................ 7.5 Collaudi e verifiche a termine lavori e documentazione finale .................................................................................

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6.8

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Appendice A A.1 A.2 A.3 A.4 A.5 A.6

Normativa e Legislazione ....................................... Elenco dei comitati tecnici ..................................... Principali Norme CEI ............................................. Legge 5 marzo 1990, n. 46 ..................................... D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447 .............................. D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392 ................................. Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 494 ...........

381 381 383 404 408 412 413

Appendice B

Listino impianti elettrici .........................................

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Bibliografia

..................................................................................

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Prefazione

Impianti elettrici civili è rivolto sia a chi si occupa professionalmente di progettazione e installazione di impianti elettrici sia a tecnici di diversa formazione, diplomati o laureati, che abbiano la necessità di accostarsi al settore dell’impiantistica elettrica civile. L’opera si propone di mettere a disposizione un testo completo e aggiornato, di facile comprensione, che consenta tuttavia di affrontare lo studio, nonché l’esecuzione grafica e pratica degli impianti elettrici civili: esso coniuga un’esposizione chiara, ricca di definizioni e nozioni, con applicazioni specifiche, tratte dalla pratica professionale. Il testo affronta tutti gli argomenti relativi alla rappresentazione ed esecuzione degli impianti elettrici civili, nonché le relative prescrizioni normative CEI. La trattazione riguarda in primo luogo gli Enti normatori e in particolare i segni grafici, proseguendo con l’analisi sia delle sorgenti luminose sia delle tecniche di illuminazione. Nel rispetto della normativa tecnica e facendo riferimento all’innovazione tecnologica, sono descritti tutti gli elementi che si possono ritrovare in un impianto elettrico utilizzatore e negli impianti elettrici speciali (antintrusione, antincendio, TV, sonorizzazione ecc.) di tipo civile e del terziario. Viene fatto cenno inoltre ai sistemi che impiegano la tecnologia BUS, in alternativa ai sistemi tradizionali, per quanto riguarda le installazioni antintrusione, gestione carichi, citofonia e videocitofonia. Una particolare attenzione è riservata alle fasi della progettazione, verifica e certificazione di un impianto elettrico domestico. Il volume è completato da due appendici, riportanti l’elenco dei Comitati tecnici e l’elenco delle principali Norme CEI, alcune leggi che regolamentano il settore elettrico e l’esempio di un listino parziale per l’esecuzione degli impianti elettrici. Si desidera infine ringraziare tutte le persone e le ditte che, mettendoci a disposizione parte del loro tempo e materiale di loro produzione, hanno permesso la realizzazione di quest’opera. GIULIANO ORTOLANI

EZIO VENTURI

1 Introduzione agli impianti elettrici civili

Gli impianti elettrici civili raggruppano tutti quegli impianti messi in opera in ambienti adibiti a uso abitazione e similari, cioè gli edifici civili, termine con il quale si definiscono tutti quei luoghi (case di abitazione di tipo privato o di comunità, uffici pubblici e privati, luoghi ricreativi e di ritrovo, ospedali) nei quali le persone trascorrono parte del loro tempo. Le installazioni elettriche, in questi luoghi, svolgono la funzione di assicurare l’illuminazione artificiale e l’alimentazione di utilizzatori, che possono essere fissi (elettrodomestici di grossa potenza), mobili (elettrodomestici di piccola potenza) o portatili (attrezzi di lavoro elettrici), nonché di alimentare circuiti di segnalazione e macchinari elettrici di calcolo e di lavoro in genere. 1.1 La normativa Tutti gli impianti elettrici, per assicurare un’adeguata protezione a persone e beni, devono attenersi a disposizioni ben precise, definite, nel caso in esame, come regole per gli impianti elettrici a bassa tensione: si suddividono in regole legislative e regole normative. Le regole legislative, cioè le disposizioni di legge emanate dal Parlamento italiano (fig. 1.1), recepiscono, in genere, le direttive dell’Unione Europea nel quadro di un progetto di armonizzazione con gli altri Paesi europei. Tipicamente il percorso legislativo vede l’emanazione da parte dell’Unione Europea di Direttive Comunitarie che hanno lo scopo di armonizzare le singole legislazioni nazionali, promuovendo la libera circolazione dei prodotti, salvaguardando l’incolumità e la salute dei cittadini e dei luoghi dove risiedono e lavorano. Tali direttive vengono proposte e discusse, per poi essere approvate dai rappresentanti dei vari Paesi aderenti all’UE. I governi locali dovranno quindi recepire tali direttive e tramutarle in leggi, nei tempi e nei modi stabiliti dalle specifiche direttive. Naturalmente, il potere politico si avvale di una collaborazione tecnica che viene fornita a vari livelli dagli Enti normatori mondiali (ISO e IEC), sovranazionali (CEN e CENELEC a livello europeo) e nazionali (CEI-UNI per l’Italia), per tradurre tali direttive in Norme tecniche. Attualmente, con il D.M. n. 37 del 22 gennaio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12 marzo 2008, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il Regolamento che riordina le disposizioni in materia di attività di

Fig. 1.1 Legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

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Capitolo 1

installazione degli impianti all’interno degli edifici. A decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento, sono abrogati il regolamento di cui al D.P.R. 447/1991, gli articoli da 107 a 121 del Testo Unico dell’Edilizia, e la legge 46/ 1990, ad eccezione degli articoli 8, 14 e 16, le cui sanzioni si raddoppiano per le violazioni degli obblighi previsti dallo stesso regolamento. Sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. L157 del 9 giugno 2006 è stata pubblicata la Direttiva 2006/42/CE che sostituirà la Direttiva Macchine 98/37/CE. La Direttiva 2006/42/CE contiene diverse novità che riguardano i fabbricanti di macchine e, in sintesi, gli interventi introdotti hanno contribuito a meglio delineare il campo di applicazione della Direttiva Macchine; definire in maniera più dettagliata determinati concetti, posizioni soggettive, ed attività, che non erano così trattati nella precedente versione; adeguare e completare i Requisiti Essenziali di Sicurezza (RES) e di tutela della salute; semplificare le procedure di Valutazione della Conformità; rafforzare i meccanismi di Sorveglianza del mercato e di cooperazione tra Stati Membri; rafforzare i meccanismi di Controllo sull’operato degli organismi notificati; prevedere l’adozione da parte degli Stati Membri di un sistema sanzionatorio specifico. Il campo di applicazione della nuova Direttiva chiarisce una serie di punti che sono stati mal interpretati nel tempo (per esempio con il nuovo concetto di “quasi-macchina”) e ne esplicita altri (per esempio, con l’inserimento degli accessori di sollevamento, catene, funi, cinghie). A differenza della precedente 98/37/CE, che formalmente si applicava alle macchine (comprese le attrezzature intercambiabili) e ai componenti di sicurezza immessi sul mercato separatamente (rispetto alla macchina) sul mercato, la nuova Direttiva si applica a:       

macchine; attrezzature intercambiabili; componenti di sicurezza; accessori di sollevamento; catene, funi e cinghie; dispositivi amovibili di trasmissione meccanica; quasi-macchine.

Vengono specificati meglio i prodotti elettrici ed elettronici a cui si applica solo la direttiva 73/23/CEE concernente la bassa tensione:     

elettrodomestici destinati a uso domestico, apparecchiature audio e video, apparecchiature nel settore delle tecnologie dell’informazione, macchine ordinarie da ufficio, disgiuntori e interruttori.

Poi vengono indicate anche le apparecchiature elettriche ad alta tensione cui non si applica la direttiva Macchine:  

apparecchiature di collegamento e di comando, trasformatori.

I sottoinsiemi di macchine già rientrano nell’attuale Direttiva. Il fabbricante è tenuto a corredarli di un’apposita dichiarazione. Tuttavia, spesso, la nozione di sottoinsieme è stata da più parti interpretata male. Nella nuova direttiva, la definizione di macchina risulta essere la seguente: 

insieme equipaggiato o destinato ad essere equipaggiato di un sistema di azionamento diverso dalla forza umana o animale diretta, composto di parti

Introduzione agli impianti elettrici 3





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

o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidamente per un’applicazione ben determinata, insieme di cui al primo trattino, al quale mancano solamente elementi di collegamento al sito di impiego o di allacciamento alle fonti di energia e di movimento; insieme di cui al primo e al secondo trattino, pronto per essere installato e che può funzionare solo dopo essere stato montato su un mezzo di trasporto o installato in un edificio o in una costruzione; insiemi di macchine, di cui al primo, al secondo e al terzo trattino, o di quasi-macchine, di cui alla lettera g), che per raggiungere uno stesso risultato sono disposti e comandati in modo da avere un funzionamento solidale; insieme di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro solidalmente e destinati al sollevamento di pesi e la cui unica fonte di energia è la forza umana diretta.

Il concetto di quasi-macchina, invece, viene definito come un insieme che costituisce quasi una macchina ma che, da solo, non è in grado di garantire un’applicazione ben determinata. Un sistema di azionamento è una quasi-macchina. Le quasi-macchine sono unicamente destinate ad essere incorporate o assemblate in altre macchine o in altre quasi-macchine o apparecchi per costituire una macchina disciplinata dalla presente direttiva. Il fabbricante delle quasi-macchine sarà tenuto ad accompagnarle con un’apposita dichiarazione d’incorporazione e dalle istruzioni per l’assemblaggio delle stesse con le altre parti. Le istruzioni per l’assemblaggio e la dichiarazione di incorporazione accompagnano la quasi-macchina fino all’incorporazione. Rispetto alla 98/37/CE, la Direttiva 2006/42/CE delinea più chiaramente la procedura che il fabbricante, ovvero il suo mandatario, ove designato e investito di tale incarico, deve effettuare per attuare ed accertarsi della conformità alla Direttiva delle macchine da lui immesse sul mercato. L’elenco delle macchine ritenute “più pericolose” è stato oggetto di diverse modifiche. Entrano a far parte dell’Allegato IV gli Apparecchi portatili a carica esplosiva per il fissaggio (per esempio “spara chiodi”) o altre macchine ad impatto. Risultano tolte dall’elenco le macchine per la fabbricazione di articoli pirotecnici. La nuova Direttiva presenta un nuovo Allegato V che contiene un elenco indicativo delle componenti di sicurezza che può essere aggiornato dalla Commissione (con l’assistenza di un “Comitato Macchine”) che riporta l’elenco indicativo dei componenti di sicurezza. Essa prevede poi solo due tipi di dichiarazione: 

la dichiarazione CE di conformità alla Direttiva e alle altre Direttive in cui eventualmente ricade la macchina sottoscritta dal fabbricante;  la dichiarazione d’incorporazione per le quasi-macchine. Questa dichiarazione contiene obbligatoriamente il preciso elenco dei RES ottemperati. Entrambe le dichiarazioni contengono un’altra novità molto importante: l’indicazione esplicita della persona autorizzata a costituire la Documentazione Tecnica Pertinente o il Fascicolo Tecnico della Costruzione. L’ergonomia risulta uno degli aspetti più innovativi del nuovo Allegato I in quanto introduce espressamente un requisito riferito alla necessaria progettazione ergonomica dei macchinari che ricordiamo comprende anche gli aspetti di interfacciamento uomo-macchina, posizionamento dei comandi, dispositivi di segnalazione ecc. Tale requisito raccoglie e dettaglia cinque principi fondamentali da tenere presenti per l’ergonomia. Fra questi, l’aspetto della “variabilità degli operatori” non può essere risolto

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Capitolo 1

dal costruttore se non nei termini definiti nelle norme armonizzate (Norme della serie EN 547, EN 614, EN 1005, EN 842, EN 14122, EN 14738). La gestione operativa degli aspetti ergonomici spetterà poi al datore di lavoro, anche in considerazione dell’ambiente di lavoro specifico, delle caratteristiche dei propri operatori e delle esigenze produttive. Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 27 dicembre 2006 è stata pubblicata la direttiva 2006/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione. La 2006/95/CE è la versione codificata della direttiva 73/23/CEE e si applica al materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione nominale compresa fra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1500 V in corrente continua, fatta eccezione dei seguenti materiali e fenomeni:        

materiali elettrici destinati ad essere usati in ambienti esposti a pericoli di esplosione; materiali elettrici per radiologia e uso clinico; parti elettriche di ascensori e montacarichi; contatori elettrici; prese di corrente (basi e spine) a uso domestico; dispositivi d’alimentazione di recinti elettrici; disturbi radioelettrici; materiali elettrici speciali, destinati ad essere usati sulle navi o sugli aeromobili e per le ferrovie, conformi alle disposizioni di sicurezza stabilite da organismi internazionali cui partecipano gli Stati membri.

La direttiva 2006/95/CE è entrata in vigore il 16 gennaio 2007, data a partire dalla quale la 73/23/CEE (che per oltre trent’anni ha definito i requisiti di sicurezza del materiale elettrico di bassa tensione) è stata abrogata. Questa nuova direttiva viene chiamata dagli addetti ai lavori “codificata”, in quanto raccoglie in un unico testo la precedente 73/23/CEE e la parte della Direttiva 93/68/CEE inerente la sicurezza del materiale elettrico, che ha introdotto le procedure del “Nuovo Approccio”, tra cui la Marcatura CE (recepite dal nostro ordinamento legislativo dal D.Lgs. 626/96). La nuova direttiva quindi non introduce novità sostanziali, fatte salve le prescrizioni di adeguamento con le norme armonizzate e l’invito al loro recepimento in fase progettuale. In particolare l’Allegato I indica esplicitamente gli elementi principali degli obiettivi di sicurezza del materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione. Si compone di tre punti che vengono riportati in quanto segue. 1. Requisiti generali. Le caratteristiche essenziali del materiale elettrico, la cui conoscenza ed osservanza sono indispensabili per un impiego conforme alla destinazione ed esente da pericolo, sono indicate sul materiale elettrico stesso oppure, qualora ciò non sia possibile, su una scheda che l’accompagna. Il marchio di fabbrica o il marchio commerciale sono apposti distintamente sul materiale elettrico oppure, se ciò non è possibile, sull’imballaggio. Il materiale elettrico e le sue parti costitutive sono costruiti in modo da poter essere collegati in maniera sicura ed adeguata. Il materiale elettrico è progettato e fabbricato in modo da assicurare la protezione dai pericoli citati ai punti 2 e 3 del presente allegato, sempre che esso sia adoperato in conformità della sua destinazione e osservando le norme di manutenzione. 2. Protezione dai pericoli che possono derivare dal materiale elettrico. In conformità al punto 1 sono previste misure di carattere tecnico affinché:

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le persone e gli animali domestici siano adeguatamente protetti dal pericolo di ferite o altri danni che possono derivare da contatti diretti o indiretti;  non possano prodursi sovratemperature, archi elettrici o radiazioni che possano causare un pericolo;  le persone, gli animali domestici e gli oggetti siano adeguatamente protetti dai pericoli di natura non elettrica che, come insegna l’esperienza, possono derivare dal materiale elettrico;  l’isolamento sia proporzionato alle sollecitazioni previste. 3. Protezione dai pericoli dovuti all’influenza di fattori esterni sul materiale elettrico. In conformità del punto 1, sono previste misure di ordine tecnico affinché il materiale elettrico: 

presenti le caratteristiche meccaniche richieste in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e agli oggetti;  sia resistente a fenomeni di natura non meccanica nelle condizioni ambientali previste, in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e agli oggetti;  nelle condizioni di sovraccarico previste, non causi pericolo alle persone, agli animali domestici e agli oggetti. Con il D.Lgs. n. 194 del 6 Novembre 2007 viene dato l’avvio all’attuazione della direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e viene abrogata la direttiva 89/336/CEE. La nuova Direttiva, più allineata alla Direttiva Bassa Tensione, introduce importanti modifiche tra cui l’eliminazione del ruolo degli Organismi Competenti e l’introduzione di quello degli Organismi Notificati, la non obbligatorietà di utilizzazione delle norme tecniche armonizzate e la possibilità di dimostrazione della conformità degli apparati e sistemi mediante analisi tecniche del progetto e della realizzazione, la puntualizzazione delle modalità di applicazione della Direttiva agli impianti fissi e ai suoi componenti. Nell’ambito della sua applicazione, la direttiva dà le seguenti definizioni:  

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apparecchiatura - ogni apparecchio o impianto fisso; apparecchio - ogni dispositivo finito, o combinazione di dispositivi finiti, commercializzato come unità funzionale indipendente, destinato all’utente finale e che può generare perturbazioni elettromagnetiche, o il cui funzionamento può subire gli effetti di tali perturbazioni; impianto fisso - una combinazione particolare di apparecchi di vario tipo ed eventualmente di altri dispositivi, che sono assemblati, installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito; compatibilità elettromagnetica - l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare nel proprio campo elettromagnetico in modo soddisfacente e senza produrre perturbazioni elettromagnetiche inaccettabili in altre apparecchiature in tale campo; perturbazione elettromagnetica - ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un’apparecchiatura. Una perturbazione elettromagnetica può essere costituita da un rumore elettromagnetico, da un segnale non desiderato o da una alterazione del mezzo stesso di propagazione; immunità - l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare senza alterazioni in presenza di una perturbazione elettromagnetica; scopi di sicurezza - scopi di preservazione della vita umana o dei beni; ambiente elettromagnetico - il complesso di tutti i fenomeni elettromagne-

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Capitolo 1

tici osservabili in un determinato luogo. La presente direttiva non si applica:   

alle apparecchiature oggetto della direttiva 1999/5/CE; ai prodotti aeronautici; alle apparecchiature radio utilizzate da radioamatori, ai sensi delle disposizioni relative alle radiocomunicazioni adottate nel quadro della costituzione e della convenzione dell’UIT a meno che tali apparecchiature non siano disponibili in commercio. I kit di componenti assemblati da radioamatori e le apparecchiature commerciali modificate ed utilizzate da radioamatori non sono considerate apparecchiature disponibili in commercio;  alle apparecchiature che, per loro natura e per le loro caratteristiche fisiche, risultano intrinsecamente compatibili. Le apparecchiature soggette alla direttiva comprendono sia apparecchi che impianti fissi. In questa ottica, sono previste disposizioni distinte, in quanto gli apparecchi possono circolare liberamente all’interno della Comunità, mentre gli impianti fissi sono installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito. La composizione e la funzione di tali impianti corrispondono nella maggior parte dei casi ad esigenze particolari degli operatori, tuttavia dal punto di vista della compatibilità elettromagnetica, è irrilevante se le perturbazioni elettromagnetiche provengono da apparecchi o da impianti fissi. Di conseguenza gli impianti fissi e gli apparecchi dovrebbero essere sottoposti ad un regime coerente e completo di requisiti essenziali. È entrato in vigore il 15 maggio 2008 il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro; è stato infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile scorso il D.Lgs. n. 81/2008, attuativo dell’articolo 1 della legge n. 123/2007, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tante le novità introdotte rispetto alla previgente normativa, in particolare l’inasprimento delle sanzioni verso i datori di lavoro inadempienti. Le maggiori novità contenute nel provvedimento, come riassunte dal comunicato del Consiglio dei Ministri sono le seguenti: 

l’ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, ora riferite a tutti i lavoratori che si inseriscano in un ambiente di lavoro, senza alcuna differenziazione di tipo formale (principio di effettività della tutela che implica la tutela di tutti coloro, a qualunque titolo, operano in azienda) e finanche ai lavoratori autonomi, con conseguente innalzamento dei livelli di tutela di tutti i prestatori di lavoro;  il rafforzamento delle prerogative delle rappresentanze in azienda, in particolare di quelle dei rappresentanti dei lavoratori territoriali (destinati a operare, su base territoriale o di comparto, ove non vi siano rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in azienda), e la creazione di un rappresentante di sito produttivo, presente in realtà particolarmente complesse e pericolose (per esempio, i porti);  la rivisitazione e il coordinamento delle attività di vigilanza, in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, eliminazione delle sovrapposizioni e miglioramento dell’efficienza degli interventi. Viene creato un sistema informativo pubblico ma al quale partecipano le parti sociali, per la condivisione e la circolazione di notizie sugli infortuni, sulle ispezioni e sulle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro, utile anche a indirizzare le azioni pubbliche;  il finanziamento delle azioni promozionali private e pubbliche, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, tra le quali l’inserimento nei programmi scolastici e universitari della materia della salute e sicurezza sul lavoro;

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 

la revisione del sistema delle sanzioni; l’eliminazione o la semplificazione degli obblighi formali, attraverso la riduzione del numero e del peso per le aziende degli adempimenti di tipo burocratico, in quanto non incidenti sulle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.

Il testo unico all’art. 304 abroga una serie di leggi previgenti, (tra le altre anche il D.Lgs. 626/94) tra cui il D.Lgs. 494 del 1996 relativo appunto la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili. Le novità non sono molte; infatti la maggior parte degli articoli del D.Lgs. 494/96 sono riportati quasi integralmente tutti al titolo IV e V del nuovo decreto legislativo n. 81 del 2008. Con il D.M. n. 37 del 22 gennaio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12 marzo 2008, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il Regolamento che riordina le disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici. A decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento, sono abrogati il regolamento di cui al D.P.R. 447/1991, gli articoli da 107 a 121 del Testo Unico dell’Edilizia, e la legge 46/1990, ad eccezione degli articoli 8, 14 e 16, le cui sanzioni si raddoppiano per le violazioni degli obblighi previsti dallo stesso regolamento. I principali articoli che lo caratterizzano si possono elencare nel modo che segue. Il provvedimento si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso (articolo 1). Gli impianti sono classificati come segue: 

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impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere; impianti radiotelevisivi, antenne e impianti elettronici; impianti di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione; impianti idrici e sanitari; impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas; impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, montacarichi, scale mobili; impianti di protezione antincendio.

Gli articoli 3 e 4 illustrano rispettivamente i requisiti richiesti alle imprese per essere abilitate all’installazione degli impianti e quelli tecnico-professionali dei soggetti che svolgono l’attività impiantistica. L’articolo 5, concernente la progettazione degli impianti, individua le tipologie di impianti per la cui installazione, trasformazione ed ampliamento è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, e i limiti dimensionali degli impianti per i quali è obbligatoria la progettazione. L’articolo 6 illustra i principi generali a cui devono attenersi le imprese installatrici nella realizzazione degli impianti, tra cui il principio secondo cui le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gli impianti a regola d’arte. L’articolo 7 disciplina la “dichiarazione di conformità” che deve essere rilasciata dall’impresa installatrice al committente al termine dei lavori, mentre l’articolo 8 detta le disposizioni relative agli obblighi del committente o del proprietario degli impianti. L’articolo 9 prevede l’obbligo di subordinare il rilascio del certificato di agibilità all’acquisizione della dichiarazione di conformità e del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto.

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Capitolo 1

L’articolo 10 disciplina gli obblighi in materia di manutenzione ordinaria degli impianti rimandando, per ascensori e montacarichi in servizio privato, al D.P.R. 30 aprile 1999, n. 162. L’articolo 14 disciplina il finanziamento dell’attività di normazione tecnica svolta dall’UNI e dal CEI. mentre l’articolo 15 è dedicato alle sanzioni connesse alle violazioni degli obblighi previsti dal Regolamento. Nelle regole normative valgono, invece, le prescrizioni che contengono gli elementi di concezione e di progettazione degli impianti (fig. 1.2). Inizialmente le norme avevano un ambito di applicazione prettamente nazionale, ma dall’ultimo dopoguerra in poi l’incremento degli scambi internazionali ha reso necessaria una loro armonizzazione. Attualmente le norme vengono elaborate da Comitati Tecnici Nazionali, riuniti in associazioni nazionali; essi collaborano tra loro in sede europea e internazionale. Gli organismi normatori (fig. 1.3) possono essere presenti a livello mondiale, europeo o nazionale. Fig. 1.2 Norma CEI.

Livello mondiale

Livello europeo

Livello nazionale

Fig. 1.3 Organismi normatori.

Fig. 1.4 Logo dell’International Electrotechnical Commission.

Elettrotecnica Elettronica

Tutte le altre aree

IEC (n. 100 Paesi)

ISO (n. 99 Paesi)

CENELEC (n. 28 Paesi)

CEN (n. 28 Paesi)

CEI

UNI nazionale

Telecomunicazioni

ITU (n. 189 Paesi)

ETSI (n. 55 Paesi)

CONCIT (CEI/UNI/ISCT)

La IEC (International Electrotechnical Commission, Commissione Elettrotecnica Internazionale) è l’organismo responsabile della redazione e della pubblicazione delle norme tecniche per il settore elettrotecnico ed elettronico e opera a livello mondiale. La commissione, il cui logo è riportato nella figura 1.4, è stata fondata nel 1906 e, attualmente, contempla oltre 100 paesi tra i maggiormente industrializzati, coinvolgendone i Comitati Tecnici Nazionali; la sua sfera di influenza copre circa l’80% della popolazione mondiale. Il compito della IEC è quello di produrre ed aggiornare un insieme di norme, da trasferire a livello nazionale, che contengono le specifiche tecniche e le modalità di prova dei prodotti. Nell’ambito dell’economia mondiale, le pubblicazioni IEC facilitano la libera circolazione e la commercializzazione dei prodotti di qualità. A livello europeo operano tre Comitati importanti: il CENELEC, il CEN e l’ETSI. Il CENELEC (Comité Européen de Normalisation Electrotechnique, Comitato Europeo di Normalizzazione Elettrica) è l’organismo, con sede a Bruxel-

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les, a cui è attribuito il compito di elaborare un unico complesso di norme nel settore elettrico ed elettronico per il Mercato Unico Europeo ai fini della libera circolazione dei prodotti, nel rispetto della sicurezza delle persone, dei beni e dell’ambiente. Esso opera anche su incarico della Commissione CEE ed è costituito dai Comitati Nazionali di Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria. Sono, inoltre, affiliati i Comitati Elettrotecnici di Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Romania, Turchia, Ucraina. La principale area di lavoro del CENELEC riguarda i prodotti compresi nella “Direttiva di Bassa Tensione” (direttiva del consiglio delle Comunità Europee n. 73/23/CEE, attuata in Italia con la Legge n. 791) e cioè tutti i prodotti per uso domestico e industriale con tensione compresa tra i 50 V e i 1000 V, in corrente alternata, e tra i 75 V e i 1500 V, in corrente continua. Il CENELEC, il cui logo è rappresentato nella figura 1.5, redige tre tipi di norme: le Norme Europee Sperimentali (ENV), le Norme Europee (EN) e i Documenti di Armonizzazione (HD). Un documento armonizzato HD rappresenta una prima fase di unificazione della norma; in esso i Comitati Nazionali emettono una norma comune nella sostanza, ma diversa nei particolari inerenti le specifiche problematiche nazionali. Una Norma Europea EN, invece, rappresenta di fatto un documento uguale per tutti i paesi membri del CENELEC, i quali devono obbligatoriamente adottarla approntando la traduzione letterale del testo. Eventuali differenze impiantistiche tra i vari Paesi vengono riportate nel testo. La figura 1.6 illustra le fasi di preparazione di una Norma Europea. IS Norma internazionale

Progetto di un Comitato Tecnico

Fig. 1.5 Logo del Comité Européen de Normalisation Electrotechnique.

Proposta di un Paese aderente

Inchiesta tra i Comitati Tecnici

Eventuali modifiche comuni

Valutazione

Adozione come Norma Europea EN Il CEN (Comité Européen de Normalisation, Comitato Europeo di Normalizzazione) è il comitato europeo responsabile della normalizzazione in tutti i

Fig. 1.6 Preparazione di una EN.

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Capitolo 1

campi, eccetto quello Elettrotecnico (demandato al CENELEC) e quello delle Telecomunicazioni (demandato all’ETSI), in ambito Europeo. Con sede a Bruxelles, solo di recente è divenuto specificatamente coinvolto nelle attività legate all’ambiente, mentre per quanto riguarda l’attività a livello mondiale il CEN ha stretto un accordo di cooperazione tecnica con la sua controparte internazionale l’ISO (International Organization for Standardization). Il CEN/CENELEC, il cui logo è rappresentato nella figura 1.7, ha lo scopo di facilitare gli scambi di beni e servizi tra i Paesi membri, armonizzando le rispettive norme nazionali e cooperando con le organizzazioni europee politiche, economiche e scientifiche interessate alla normalizzazione. Fig. 1.7 Logo del Comité Européen de Normalisation.

Fig. 1.8 Logo dell’European Telecommunications Standardization Institute.

L’ETSI (European Telecommunications Standardization Institute, Istituto Europeo di Standardizzazione delle Telecomunicazioni) è una organizzazione no-profit costituita dal Consiglio dei Ministri Europeo con Direttiva 83/189 nel 1988 che ha la funzione di standardizzare il settore delle telecomunicazioni. Conta attualmente 699 membri provenienti da 55 nazioni rappresentanti del governo, operatori di rete, produttori, service providers e utilizzatori. L’ETSI produce norme (alcune di esse recepite dalla Comunità Europea) a carattere volontario, che diventano di fatto uno standard da seguire; promuove inoltre il progresso di standardizzazione mondiale, dove possibile, cooperando con le attività di organizzazioni internazionali, quali l’ITU (International Telecommunication Union). Lavora a stretto contatto con l’EBU (European Broadcasting Union), il CEN e il CENELEC per i settori di competenza nel campo della radiodiffusione e della tecnologia dell’informazione. Nel nostro Paese l’organismo che si occupa della normativa e dell’unificazione in campo elettrico ed elettronico è il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano). Fondato nel 1909 e legalmente riconosciuto nel 1967, svolge la funzione di definire i requisiti dei materiali, delle macchine, delle apparecchiature e degli impianti e di stabilire i criteri mediante i quali tali requisiti devono essere controllati. I compiti statutari del CEI si possono riassumere in: 

 

    

Fig. 1.9 Logo del Comitato Elettrotecnico Italiano.

compilare norme tecniche per l’accettazione e il collaudo di materiali, strumenti, apparecchi, macchine e accessori per uso elettrico, nonché per l’esecuzione, il collaudo e la protezione degli impianti elettrici; provvedere alla unificazione nel campo dell’elettrotecnica; autorizzare l’applicazione di contrassegni e rilasciare certificati di conformità per i prodotti che rispondano a tali prescrizioni al fine di garantire l’origine, la natura e la qualità; collaborare con Enti nazionali e internazionali affini; curare la simbologia e la nomenclatura nel campo elettrotecnico; curare i rapporti culturali e di scambio; organizzare incontri, riunioni, convegni, sia in campo nazionale che internazionale; promuovere studi, pubblicazioni, discussioni, esperienze, ricerche e iniziative di carattere tecnico-scientifico che rientrino nel proprio campo di attività.

La figura 1.9 illustra il logo del Comitato Elettrotecnico Italiano. Il riconoscimento legale del CEI come persona giuridica è stato sancito dal D.P.R. n. 822 del 11.7.67; inoltre la Legge n. 186 del 1.3.68 stabilisce che i materiali, le apparecchiature, gli impianti elettrici ed elettronici devono essere eseguiti a regola d’arte, considerando tali quelli realizzati secondo le Norme CEI. Con il D.M. (Decreto Ministeriale) del 15.12.1978 e, successivamente, in

Introduzione agli impianti elettrici 11

ambito europeo, mediante la Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee il CEI è stato designato Organismo normativo italiano in campo elettrotecnico avente l’incarico di partecipare ai lavori comunitari per elaborare norme tecniche armonizzate. In base a queste normative il materiale elettrico di bassa tensione, se rispondente ai criteri fissati, può circolare liberamente nei paesi della Comunità. Il CEI è suddiviso in vari Comitati Tecnici ciascuno dei quali segue una specifica categoria di prodotti; nei Comitati Tecnici sono rappresentati tutti gli Enti e le organizzazioni interessati (costruttori, ministeri, laboratori di prova, installatori, consumatori ecc.). Fondamentale, per esempio, risulta la Norma 8 del Comitato tecnico 64 che si occupa degli “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua”. Essa, divisa in 7 parti, contiene le necessarie definizioni in materia elettrica e le prescrizioni di progetto, di montaggio e di verifica riguardanti gli impianti utilizzatori con tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. La Norma si applica agli impianti elettrici utilizzatori, quali quelli di:        

edifici a destinazione residenziale; edifici e strutture destinati ad uso commerciale; edifici e strutture destinati a ricevere il pubblico; edifici e strutture destinati ad uso industriale; edifici e strutture destinati ad uso agricolo e zootecnico; caravan (roulotte), campeggi e luoghi simili; cantieri, mostre, fiere e altre strutture temporanee; darsene ed imbarcazioni da diporto.

Per assicurare l’incolumità di persone e cose e per garantire il buon funzionamento degli impianti risulta indispensabile l’impiego di apparecchi rispondenti a ulteriori e ben precise norme (Norme di prodotto) che ne definiscano i criteri costruttivi (dimensioni, prestazioni elettriche e meccaniche) e le modalità di installazione. In questo campo si ritrovano norme per gli impianti alimentati dalla rete pubblica in bassa tensione e norme per gli impianti di tipo industriale. Particolare rilevanza nell’ambito industriale ricopre la Norma 5 del Comitato Tecnico 44 “Equipaggiamento elettrico delle macchine industriali”: CEI EN 60204-1 (CEI 44-5). Essa deriva da Norme Internazionali (IEC) e dalla direttiva CEE 89/32 meglio conosciuta come “Direttiva Macchine” che riguarda gli equipaggiamenti delle macchine operatrici. La Norma si applica alla realizzazione di equipaggiamenti elettrici ed elettronici e di sistemi per macchine non portatili, inclusi i gruppi di macchine che lavorano in modo coordinato, ma escludendo gli aspetti dei sistemi di livello più alto (per esempio, le comunicazioni attraverso i sistemi). Essa, inoltre, si applica agli equipaggiamenti elettrici o parti di equipaggiamenti elettrici, alimentati con tensioni nominali non superiori a 1000 V AC o 1500 V DC e con frequenze nominali non superiori a 200 Hz. Per tensioni o frequenze superiori, possono essere necessarie prescrizioni speciali. L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) è l’Ente italiano di normazione, senza fini di lucro, fondato nel 1921. Con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1522 del 1955, l’UNI assume personalità giuridica e con la Legge n. 317 del 1983 (Direttiva Comunitaria CE 83/189) esso viene preposto quale unico organismo nazionale in grado di emanare norme tecniche per tutti i settori merceologici (escluso il settore elettrotecnico ed elettronico, incarico

12

Capitolo 1

demandato al CEI). Fanno parte dell’Ente diverse associazioni di industriali e commerciali, associazioni di categoria e soci individuali. Le attività principali dell’UNI comprendono lo studio, produzione e diffusione di norme tecniche, nonché attività di certificazione. L’ente ha un proprio “Settore di Certificazione” per la certificazione di prodotto accreditato SINCERT. L’attività di certificazione è rivolta in special modo al settore della sicurezza del lavoro. La figura 1.10 illustra il logo dell’UNI. Fig. 1.10 Logo del Ente Nazionale Italiano di Unificazione.

In campo nazionale, infine, gli enti autorizzati al rilascio di attestati di conformità sono l’Istituto Italiano del Marchio di Qualità (IMQ), il Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (CESI) e l’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris (IENGF). L’IMQ, in particolare, accerta la conformità alle norme dei prodotti elettrotecnici e degli apparecchi a gas e ne attesta la rispondenza autorizzando l’applicazione di un apposito marchio. La concessione del marchio si articola in tre fasi: 

la qualificazione del costruttore, che deve dimostrare di possedere adeguati mezzi di controllo, personale e attrezzature in grado di garantire la costanza della sua produzione;  l’approvazione del singolo modello di apparecchio o di componente, attraverso l’esecuzione da parte dell’IMQ delle prove previste dalle norme;  il controllo permanente dell’uso del marchio.

1.2 Segni grafici e codici letterali per impianti elettrici e circuiti elettronici Il Comitato Tecnico 3 del CEI ha il compito di realizzare norme attinenti i segni grafici per gli schemi e le apparecchiature, la preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica quali schemi, tabelle e connessioni, la preparazione di istruzioni per gli utilizzatori di prodotto, manuale d’uso. Nella rappresentazione degli impianti elettrici assumono importanza rilevante i segni grafici definiti come figura, contrassegno o carattere, utilizzati convenzionalmente su uno schema o su altro documento, per rappresentare un oggetto o un concetto. È, inoltre, utile definire l’elemento del segno grafico come quella figura semplice con un significato specifico che, unita ad altre figure, forma un segno grafico completo rappresentante un dispositivo o un concetto. La Norma CEI 3-25 “Segni grafici per schemi. Parte 1: Generalità” riporta struttura, terminologia, costruzione, numerazione e utilizzo dei segni grafici riportati nelle Norme CEI del CT 3. Essa indica che le dimensioni dei segni grafici sono state scelte per facilitarne la comprensione e, nello specifico, sono state anche scelte in modo proporzionato, in modo tale che ogni segno grafico possa essere associato con altri. I segni grafici sono stati costruiti in modo che la distanza fra i tratti di connessione sia un multiplo di un modulo stabilito che permette di riservare uno spazio sufficiente per la marcatura dei terminali. Benché i segni grafici siano presentati senza griglia di fondo, nella maggioranza dei casi i segni grafici sono direttamente utilizzati su uno schema e sono allocabili su una griglia di un sistema a tracciatura automatica (fig. 1.11) considerando che: 

i segni sono stati costruiti in modo che si possano usare su una griglia con un modulo M; il modulo di 2,5 mm utilizzato nella normativa, non è obbligatorio;  i tratti di connessione di un segno grafico coincidono con le linee della griglia e terminano nei suoi nodi;

Introduzione agli impianti elettrici 13



i lati dei rettangoli e il diametro dei cerchi sono stati tracciati multipli di 2M; per segni grafici più piccoli sono state usate anche dimensioni uguali a 1,5M, 1M e 0,5M;  una distanza non minore di 2M è stata tenuta tra le linee di connessione conformemente alla Norma ISO 3098/1 - 1974 “Technical Drawings Lettering Part 1”;  per i sistemi di tracciamento automatico si richiede inoltre che ciascun segno grafico abbia un punto di riferimento localizzato in un nodo della griglia; benché non vi sia alcuna regola generale che precisi la posizione esatta di questo punto, la griglia a passo 2,5 mm ne facilita la scelta.

2M = 5 mm Fig. 1.11 Norme. Per quello che riguarda la rappresentazione dei segni grafici, è possibile indicare quanto segue. 





 



Nello scegliere un segno grafico idoneo per più rappresentazioni, è preferibile orientarsi, se ciò è possibile, sulla forma preferenziale e scegliere il segno grafico più semplice. Lo spessore e le dimensioni del segno, in linea generale, non hanno alcuna influenza sul significato del segno grafico; tuttavia per evidenziare alcuni caratteri particolari si possono usare dimensioni diverse, oppure, per distinguere alcuni circuiti da altri, si possono scegliere spessori diversi. L’orientamento della maggior parte dei simboli grafici non è obbligatorio e quindi possono essere ruotati o capovolti qualora si debbano evitare incroci di conduttori. Pur tuttavia, se una parte di un segno grafico è derivata da una curva caratteristica di un dispositivo, essa non può essere rappresentata ruotata (per esempio, le forme d’onda devono essere rappresentate come compaiono sullo schermo dell’oscilloscopio). I conduttori possono essere rappresentati come si vuole, tranne creare incongruenze che possano influire sul significato del simbolo grafico. Le linee di connessione singole o in fascio devono essere identificate con apposita siglatura posta accanto alla linea, che serve ad identificare eventualmente anche la destinazione del collegamento. Le apparecchiature sono rappresentate nella posizione di riposo, cioè nella situazione di non operatività.

Di seguito viene presentata una raccolta dei simboli utilizzati negli schemi di impianti elettrici civili e industriali, suddivisi per diversa tipologia e applicazione.

Griglia suggerita dalle

14

Capitolo 1

1.2.1 Rappresentazione grafica delle apparecchiature elettriche ed elettroniche secondo le Norme CEI Segni di uso generale Corrente continua

Onda a denti di sega

Comando a sfioramento

Corrente alternata

Collegamento meccanico

Comando con volantino

Polarità positiva

Movimento ritardato

Comando a pedale

Polarità negativa

Interblocco meccanico

Comando a chiave

N

Neutro

Dispositivo di aggancio libero

Comando a rullino

M

Mediano

Dispositivo di aggancio in presa

Comando a camma

Variabilità estrinseca

Giunto o accoppiamento meccanico, frizione

Variabilità estrinseca non lineare

Freno

Variabilità intrinseca

M

Motore elettrico con freno inserito

Variabilità intrinseca non lineare

M

Motore elettrico con freno disinserito Comando meccanico manuale

Variabilità a gradini

Comando elettromeccanico Comando da protezione elettromeccanica di sovracorrente Comando di protezione termica M

Comando a motore elettrico Comando ad orologio elettrico

Regolazione automatica

Comando meccanico manuale con accesso limitato

Impulso positivo

Comando con tirante

Comando dal numero di eventi

Impulso negativo

Comando rotativo

Comando di una portata fluida

Impulso di corrente alternata

Comando a pulsante

Elemento di pila o accumulatore

Comando di sicurezza o di emergenza (pulsante a fungo)

Funzione a gradino positivo Funzione a gradino negativo

Comando per effetto di prossimità

X//Y

Equipotenzialità

Terra Terra senza rumore

Difetto di isolamento, con scarica

Segno grafico di identificazione di segnali numerici o binari

Separatore galvanico, per esempio X//Y

Magnete permanente

Terra di protezione Massa, telaio

Comando dal livello di un fluido

Introduzione agli impianti elettrici 15

Conduttori, condutture e dispositivi di derivazione Linea o conduttore, segno generale Linea o conduttore, con indicazione della utilizzazione (F = telefonia; T = trasmissione dati e telegrafia; V = canale video; S = canale audio)

2x1,5 16

Conduttura in tubo protettivo incassato con indicazione di sezione e numero di conduttori

Scatola con connessioni Cassetta

Conduttura in canaletta o passerella

Cassetta terminale di allacciamento utente

Conduttura in sbarra protetta

Scatola per frutti

Linea sotterranea

Conduttura ascendente

Conduttore. Il numero dei conduttori è indicato da trattini o da un numero

Linea aerea

Conduttura discendente

Conduttore neutro

Linea con supporto a muro

Conduttura verticale passante

Conduttore di protezione

Condotto, canalizzazione

Quadro di distribuzione (rappresentato con sette condutture)

Conduttura a parete

Scatola, segno generale

Conduttore neutro con funzioni di PEN Conduttura trifase con neutro e conduttore di protezione

Dispositivi di connessione e componenti passivi Resistore (altra forma)

Condensatore (forma preferita

Terminale o morsetto

Resistore variabile

Condensatore (altra forma)

Morsettiera con esempio di numerazione dei morsetti

Resistore dipendente dalla tensione

Condensatore polarizzato

V

Derivazione (forma 1)

Resistore variabile con contatto mobile

Derivazione (forma 2)

Resistore con contatto mobile e posizione di interruzione

Doppia derivazione (forma 1) Doppia derivazione (forma 2) Resistore (forma preferita)

Potenziometro con contatto mobile Resistore con prese fisse Deviatore (resistore con terminali U e I separati)

+

Connessione di conduttori

Condensatore variabile Induttore, bobina, avvolgimento (forma preferita) Induttore, bobina, avvolgimento (altra forma) Induttore a nucleo magnetico Induttore

16

Capitolo 1

Apparecchi e dispositivi di comando e manovra Interruttore, segno generale Deviatore

Pulsante a tirante

Contatto di chiusura anticipato

Pulsante ad accesso protetto

Contatto di chiusura ritardato

Commutatore Pulsante di comando di relè interruttore

Contatto di apertura ritardato

Funzione di contattore

Contatto di apertura anticipato

Funzione di interruttore (di potenza)

Contatto di chiusura ritardato alla chiusura (forma 1)

Invertitore Interruttore automatico con un polo protetto Pulsante NO Funzione di sezionatore Pulsante NC Interruttore, segno generale Interruttore con lampada spia

Funzione di interruttore di manovra, sezionatore Funzione di apertura automatica Funzione di contatto di posizione

Contatto di chiusura ritardato alla chiusura (forma 2) Contatto di chiusura ritardato all’apertura (forma 1) Contatto di chiusura ritardato all’apertura (forma 2)

Interruttore bipolare Funzione di ritorno automatico Interruttore a perella Funzione di posizione mantenuta Interruttore a tirante t

Interruttore unipolare a tempo di chiusura limitato

Contatto di chiusura (aperto a riposo) Contatto di apertura (chiuso a riposo)

Contatto di apertura ritardato all’apertura (forma 1) Contatto di apertura ritardato all’apertura (forma 2) Contatto di apertura ritardato alla chiusura (forma 1)

Variatore di luminosità Contatto di scambio con interruzione momentanea Interruttore orario Commutatore (doppio interruttore) Deviatore Invertitore

Contatto a due vie a tre posizioni, con posizione centrale di apertura

Contatto di chiusura con comando manuale

Contatto di scambio, senza interruzione (forma 1)

Contatto di chiusura con comando a pulsante

Contatto di scambio, senza interruzione (forma 2)

Contatto di apertura con comando a pulsante

Contatto a due chiusure

Contatto di chiusura con comando rotativo

Contatto a due aperture

Contatto di posizione di chiusura

Pulsante Pulsante luminoso

Contatto di apertura ritardato alla chiusura (forma 2)

Introduzione agli impianti elettrici 17

Contatto di posizione di apertura

Contattore (contatto di apertura)

Contatto di posizione a due circuiti separati

Interruttore (di potenza)

Interruttore di potenza ad apertura automatica, magnetotermico

Contattore ad apertura automatica con fusibile, funzionante per effetto termico

Contatto di chiusura, sensibile alla temperatura



Sezionatore Contatto di apertura, sensibile alla temperatura



Sezionatore a due vie, tre posizioni, con posizione centrale di apertura

Contatto di apertura, funzionante per effetto termico diretto

Avviatore per motore, segno generale Avviatore a gradino

Interruttore di manovrasezionatore

Contatto di apertura di relè termico

Interruttore di manovrasezionatore ad apertura automatica

Contatto di chiusura di relè termico

Avviatore-regolatore Avviatore diretto mediante contattore per due sensi di marcia

Interruttore di potenza ad apertura automatica

Commutatore complesso, segno generale

Avviatore stella-triangolo 16

Interruttore di manovrasezionatore con fusibile

2

3

4 5

19 11 3

Commutatore rotativo a tre posizioni e otto terminali Contattore (contatto di chiusura) Contattore ad apertura automatica (associato ad un relè di protezione)

Id

Avviatore con ritorno automatico

Interruttore di potenza ad apertura automatica, differenziale

Avviatore mediante autotrasformatore

Interruttore di potenza ad apertura automatica, termico

Avviatore-regolatore a tiristori

Bobina di comando di un relè con ritardo alla ricaduta e all’attrazione

Relè di misura o dispositivo similare (simbolo generale)

Relè elettromeccanici e di misura Bobina di comando (segno generale, forma 1) Bobina di comando (segno generale, forma 2)

Relè di massima corrente

Bobina come sopra, attrazione e ricaduta rapide

I

Bobina di comando con due avvolgimenti separati (forma 1)

Bobina di comando insensibile alla c.a.

I

Bobina come sopra (forma 2)

Bobina di comando di un relè a corrente alternata

I

Relè a corrente di guasto a terra

Bobina di comando di un relè con ritardo alla ricaduta

Bobina di comando di un relè ad aggancio automatico

Id

Relè a corrente differenziale

Bobina come sopra con ritardo all’attrazione

Bobina di comando di un relè termico

U=0

Relè a corrente di ritorno

Relè a mancanza di tensione

18

Capitolo 1

Relè di minima tensione

U

Relè rilevatore dell’interruzione di avvolgimento Relè di minima impedenza

Z

I

5A 3A

Dispositivo sensibile al tocco, con contatto di chiusura

Sensore di prossimità

Dispositivo sensibile alla prossimità, con contatto di chiusura

Dispositivo sensibile alla prossimità, segno a blocco

Relè rilevatore di corto circuito tra spire

N

Relè Buchholz (a sviluppo di gas)

Dispositivo come sopra, comandato all’avvicinamento di un magnete, con contatto di chiusura

Dispositivo di prossimità capacitivo funzionante all’avvicinamento di materiale solido

Relè di massima e minima corrente

Sensore al tocco

Fe

Dispositivo come sopra, comandato all’avvicinamento di ferro, con contatto di apertura

Dispositivi di protezione Fusibile con percussore e con circuito di segnalazione separato

Fusibile (segno generale) Fusibile con indicazione dell’estremo che rimane sotto tensione (tratto annerito)

Interruttore di manovra con fusibile incorporato (segno generale) Sezionatore con fusibile incorporato

Interruttore di manovra tripolare con apertura automatica comandata da uno qualunque dei fusibili con percussore

Fusibile con percussore

Interruttore di manovrasezionatore, con fusibile incorporato

Motori e trasformatori M

Motore M 3

M

Motore lineare

M

Motore passo-passo

M

Motore a corrente continua con eccitazione serie

M

M 1

Motore a corrente continua con eccitazione derivata Motore monofase a commutatore, con eccitazione in serie

MS 1

Motore trifase a commutatore, con eccitazione in serie

Trasformatore a due avvolgimenti (forma 2) Trasformatore di sicurezza (simbolo generale)

Motore sincrono monofase Trasformatore di sicurezza resistente ai cortocircuiti

M 3

Motore asincrono trifase con rotore a gabbia

M 3

Motore asincrono trifase con rotore avvolto Trasformatore a due avvolgimenti (forma 1)

Trasformatore di sicurezza per campanelli

Autotrasformatore (forma 1)

Introduzione agli impianti elettrici 19

Autotrasformatore (forma 2)

Induttore

Trasformatore di corrente Trasformatore di impulsi

Strumento ad induzione

Strumento a tensione di isolamento

Strumento registratore (segno generale)

Strumento a vibrazione

Strumento termico a filo caldo

Strumento integratore (segno generale)

Strumento elettrodinamico

Voltmetro

Strumento ferromagnetico a ferro mobile

Strumenti di misura e coppie termoelettriche Strumento indicatore (segno generale)

V

A

Amperometro

Strumento elettrostatico





Coppia termoelettrica, con i simboli di polarità Coppia termoelettrica, con indicazione di polarità (il tratto con maggior spessore rappresenta il negativo)

Strumento ferrodinamico var

Hz

W

W

varh

Varmetro Coppia termoelettrica con elemento riscaldante non isolato

Frequenzimetro

Strumento logaritmico a magnete permanente

Oscilloscopio

Strumento logaritmico elettrodinamico

Wattmetro

Strumento magnetoelettrico a bobina mobile

Oscillografo

Strumento magnetoelettrico a magnete mobile

Wattorametro

Strumento magnetoelettrico a raddrizzatore

Varorametro

Strumento magnetoelettrico a termocoppia

Coppia termoelettrica con elemento riscaldante isolato (forma semplificata)

Lampada di segnalazione lampeggiante

Suoneria (altra forma)

Tromba elettrica, clacson

Sirena

Coppia termoelettrica con elemento riscaldante non isolato (forma semplificata)

Coppia termoelettrica con elemento riscaldante isolato

Segnalazioni Lampada di segnalazione, segno generale. Se si indica il colore, aggiungere: RD = rosso YE = giallo GN = verde BU = blu WH = bianco

Suoneria (forma preferita)

Ronzatore o cicala (forma preferita)

20

Capitolo 1

Lampade e apparecchi ausiliari Lampada di segnalazione (segno generale) Se si vuole indicare il colore della lampada, si mette vicino al segno una delle seguenti indicazioni: Ne = Neon Xe = Xenio Na = Sodio Hg = Mercurio I = Iodio IN = Incandescenza EL = Elettroluminesc. ARC = Arco FL = Fluorescenza IR = Infrarosso UV = Ultravioletto LED = Diodo elettroluminescente

Proiettore (segno generale)

La mpada fluo re sc ente tubolare circolare

Proiettore a fascio stretto

Starter per lampada fluorescente

Proiettore a fascio largo

Accenditore per lampada a scarica

Apparecchio di illuminazione di sicurezza su circuito speciale

Lampada fluorescente rettilinea

Complesso autonomo di illuminazione di sicurezza

Lampada slimline

Apparecchio ausiliario per lampada a scarica

Lampada fluorescente circolare

Apparecchio di illuminazione a tubo fluorescente

Punto luce, rappresentato con conduttura

Na Punto luce a parete, rappresentato con conduttura

3

Apparecchio di illuminazione a tre tubi fluorescenti

Lampada a vapori di sodio

Lampada a vapori Hg di mercurio

Apparecchi in derivazione 3

Presa multipla rappresentata con tre uscite (forma 1)

Presa di sicurezza

Presa multipla rappresentata con tre uscite (forma 2)

Presa con interruttore unipolare

Presa con contatto per conduttore di protezione (10 A)

Presa con interruttore unipolare interbloccato

Presa con contatto per conduttore di protezione (16 A)

Presa con trasformatore di isolamento

Presa per telecomunicazioni (segno generale) Viene distinta dai seguenti simboli: TP = Telefono TV = Televisione TX = Telex FD = Filo diffusione FM = Modulazione di frequenza M = Microfono = Altoparlante Presa e spina (femmina e maschio)

Apparecchi vari Scalda acqua

t

Bobina di comando di un relè temporizzatore luci scale

Cellula fotoelettrica

Ventilatore

Serratura elettrica

Quadro indicatore luminoso

Orologio marca tempo

Interruttore crepuscolare

Relè a cartellino azionato da bobina

Introduzione agli impianti elettrici 21

Trasduttori e apparecchi per la distribuzione di segnali radio TV Apparecchio telegrafico emittente

Antenna (segno generale)

Ricevitore televisivo

Ricevitore di telecopia

Equalizzatore

Videocitofono

Ripartitore a due vie

Attenuatore (per schema topografico)

Telefono (segno generale)

Ripartitore a tre vie, con una uscita a livello più elevato

Interfono, citofono

T

dB

Attenuatore

Microfono (segno generale)

Derivazione d’utente

Alimentatore di linea

Altoparlante (segno generale)

Presa da rete

Dispositivo di interruzione dell’alimentazione

Altoparlante microfono

Presa da rete diretta

Punto di iniezione dell’alimentazione

Apparecchi per impianti antifurto e antincendio Rivelatore antincendio (segno generale)

Rivelatore volumetrico (segno generale) L’asterisco è sostituito da: M = Rivelatore a micro onde I = Rivelatore a infrarosso V = Rivelatore a confronto di immagini TV CC

*

Rivelatore antintrusione (segno generale)

!

Rivelatore d’incendio

Rivelatore di metalli Rivelatore di allagamento Rivelatore di radioattività Rivelatore di esplosivi

 .

Rivelatore termico

.

Rivelatore di fumo

.

Rivelatore di fumo a ionizzazione

..

Rivelatore di fiamma A = Pulsante antirapina a rottura vetro I = Pulsante incendio a rottura vetro Pulsante antincendio Pulsante antirapina con memoria

Rivelatore puntuale o superficiale (segno generale) L’asterisco è sostituito da: MG = Rivelatore magnetico V = Rivelatore di vibrazioni P = Rivelatore a pressione B = Rivelatore rottura vetro

*

*

Rivelatore lineare (segno generale). L’asterisco è sostituito da: L = Rivelatore a luce I = Rivelatore a infrarosso M = Rivelatore a microonde MC = Rivelatore meccanico C = Rivelatore a linea interrata

Rivelatore di gas (indicare il simbolo chimico del gas) Comando elettronico a tastiera protetto contro la manomissione Comando a chiave protetto contro la manomissione Comando a orologio protetto contro la manomissione Segnalazione luminosa protetta contro la manomissione Segnalazione luminosa lampeggiante protetta contro la manomissione

22

Capitolo 1

Sirena protetta contro la manomissione

!

* **

Sirena autoalimentata protetta contro la manomissione Segnalazione via telefono protetta contro la manomissione

A * **

Segnalazione via radio protetta contro la manomissione *

Registratore di eventi protetto contro la manomissione. L’asterisco viene sostituito dai seguenti simboli, per distinguere i differenti sistemi di registrazione: = Su carta = Su nastro magnetico

* **

Centrale Antincendio. Gli asterischi vengono sostituiti con le seguenti indicazioni:  Numero delle zone  Numero ore di funzionamento in assenza di energia elettrica Centrale Antifurto o Antintrusione. Gli asterischi vengono sostituiti con le seguenti indicazioni:  Numero delle zone  Numero ore di funzionamento in assenza di energia elettrica Centrale Rivelazione Gas. Gli asterischi vengono sostituiti con le seguenti indicazioni:  Numero delle zone  Numero ore di funzionamento in assenza di energia elettrica

*

Lettore. L’asterisco viene sostituito con i seguenti simboli, per distinguere i differenti sistemi di lettura: I = Inserimento P = Prossimità O = Ottico S = Striscio N = Codice numerico M = Magnetico

* **

Telecamera a fuoco fisso. Gli asterischi vengono sostituiti con: * IPxy - grado di protezione ** C = a colori, BW = bianco e nero T = Termostatica All’esterno del segno C = Brandeggio T

* **

Telecamera con Zoom Video di controllo

= Su disco VR = Video registratore

Video di controllo a commutazione automatica

Macchina fotografica

Semiconduttori Regione di semiconduttore (tratto orizzontale) con connessione (tratto verticale) Regione di semiconduttore con più connessioni (per esempio 2) Canale conduttore per dispositivi a svuotamento Canale conduttore per dispositivi ad arricchimento Giunzione raddrizzatrice (forma preferita) Giunzione raddrizzatrice (altra forma) Elettrodo di comando isolato (vedere elettrodi multipli)

Emettitore N su una regione P (il tratto obliquo con la freccia rappresenta l’emettitore)

Giunzione che influenza una regione semiconduttrice per mezzo di un campo elettrico. Regione P che influenza una regione N

Effetto tunnel

Giunzione che influenza una regione semiconduttrice per mezzo di un campo elettrico. Regione N che influenza una regione P

Diodo a semiconduttore (segno generale) Diodo emettitore di luce (segno generale)

Canale di tipo N con substrato di tipo P (per depositi a svuotamento) Canale di tipo N con substrato di tipo P (per depositi ad arricchimento) Emettitore P su una regione N (il tratto obliquo con la freccia rappresenta l’emettitore) Effetto Schottky



Diodo il cui impiego è legato alla temperatura Diodo a capacità variabile Diodo tunnel Diodo Zener, bidirezionale

Introduzione agli impianti elettrici 23

Transistore ad effetto di campo con un solo elettrodo isolato, tipo ad arricchimento, canale tipo P con substrato separato collegabile all’esterno

Transistore a giunzione unica con base di tipo P

Diodo Zener, unidirezionale. Diodo regolatore di tensione Diodo Esaki

Transistore a giunzione unica con base di tipo N

Diodo unitunnel Transistore come sopra, tipo a svuotamento, canale tipo N senza connessione al substrato

Transistore NPN con base polarizzata trasversalmente

Diodo bidirezionale Diac

Transistore PNIP con connessione alla regione intrinseca

Tiristore diodo bloccato nel senso inverso di conduzione

Transistore come sopra canale tipo P senza connessione al substrato

Transistore PNIN con connessione alla regione intrinseca

Tiristore diodo che conduce nel senso inverso di conduzione

Transistore ad effetto di campo con due elettrodi di comando, isolato, tipo a svuotamento, canale tipo N con substrato collegabile all’esterno

Transistore ad effetto di campo con elettrodo di comando connesso al substrato e canale di tipo N

Tiristore diodo bidirezionale Tiristore triodo (segno generale)

Transistore PNP fotosensibile (fototransistore PNP)

Transistore come sopra connesso al substrato e canale di tipo P

Tiristore triodo bidirezionale. Triac

Fotoresistore. Cellula conduttrice a conducibilità simmetrica

Transistore ad effetto di campo con un solo elettrodo isolato, tipo ad arricchimento, canale tipo P senza connessione al substrato

Transistore PNP Transistore NPN con collettore collegato all’involucro

Diodo fotosensibile Cellula conduttrice a conducibilità asimmetrica Accoppiatore ottico, rappresentato con diodo emettitore di luce e fototransistore

Transistore come sopra, tipo ad arricchimento, canale tipo N senza connessione al substrato

Transistore NPN a valanga

Elementi analogici a1

f w1

m m1

u1

an

wn

mn

un

80

a b c d e

a



10  +0,1 +0,1 +0,2  +0,5 +1,0

Amplificatore integratore 



a 2 3 b I c # C f # S g # H h

Amplificatore per calcolo analogico Segno generale



1 

u

u



Amplificatore invertitore con amplificazione 1

d dt

a

1

b

4

a

log 1

b

2

 u



Amplificatore derivatore

5 u

u

Generatore di funzione Segno generale

f(x1...xn)

Amplificatore ad alto guadagno con una amplificazione nominale 10 000 e due uscite complementari

104 



Amplificatore logaritmico

Amplificatore sommatore

x1 u xn

xy z a b c

x y z

Moltiplicatore - divisore u

Capitolo 1

x

c

z



a

Convertitore analogico numerico Segno generale

Funzione esponenziale

3xy

/#



24

/#

c # e

d

c # e

d

c # e

d

u

r1/x1y x y

r 



a b

#/

u1 u2

Convertitore di coordinate, da polari a rettangolari

Convertitore numerico analogico Segno generale

Convertitore analogico numerico che converte un segnale analogico entrante variabile nel campo 4-20 mA in 4 uscite pesate binarie

1 2 420 mA 4 8

c # e

d

Commutatore a doppio senso, duplex, a contatto di lavoro

Esempio: il segnale analogico può passare solo nel verso c-d, finché l’entrata numerica e si trova allo stato logico 1 Commutatore a doppio senso, duplex, a contatto a riposo (segno generale) Esempio: il segnale analogico può passare solo nel verso c-d, finché l’entrata numerica e si trova allo stato logico 0

Elementi logici binari Elemento logico

Elemento di DISPARITÀ Elemento di ADDIZIONE MODULO 2, segno generale

2k = 1

Blocco di controllo comune

Elemento di PARITÀ, segno generale

2k

OR con uscita negata (NOR)

1

3

6

4 5

Combinazione di AND e OR con uscita negata

1

&

2 3

6

4 5 =1

Elemento logico con funzione di uscita comune

Elemento OR ESCLUSIVO Elemento BUFFER senza uscita amplificata

1 1

Elemento OR Segno generale

1

NAND con uscita a circuito aperto di tipo L

&

9 10

8

-

AND-OR con uscita negata ed ingressi di espansione

1

&

13

Elemento INVERTITORE INVERTER

1

&

9

11

Elemento AND Segno generale

12

Elemento INVERTITORE

1

4 =m

=

Elemento “m” e solo “m” Segno generale

Elemento d’IDENTITÀ LOGICA Segno generale

8

10

CONNESSIONE DISTRIBUITA, FUNZIONE PUNTO, FUNZIONE COLLEGAMENTO, segni generali



1 2 13

& 12

AND con uscita negata (NAND)

1 2 5 6

1

Esclusivo OR/NOR doppio

N2 =1 3 2 7

2

Invertitore con uscita amplificata, uscita a circuito aperto di tipo L

Introduzione agli impianti elettrici 25

&

1 2

NAND con uscita amplificata

3

4 5 3 6

1

EN

2 4 6 8

12 4 3 5 6 11 10 13 14

&

Convertitore di livello TTL in livello MOS, doppio

G1

TTL/MOS 1

Amplificatore con ingressi a doppia soglia e 18 uscite 3-stati, quadruplo

Multiplatore Segno generale

16 14 12

[4RTX] EN2 2 1 /

S

Emettitore/ricevitore quadruplo

4

S

2

5

1D

3

6

C1

Elemento bistabile tipo D comandato sulla transizione del clock

R

Demultiplatore Segno generale

DX

4

Elemento bistabile tipo RS con ingresso complementare

R

1

Memoria ad accesso casuale Segno generale

RAM

2 7 9

Elemento bistabile tipo RS

S

15

R

Elemento con isteresi Segno generale

6 4 7

1 X/Y

Convertitore di codice, codificatore Segno generale

12 4 13

1

15 14 13 12

S

3 1

2 7

MUX

2

BCD/DEC 0 1 2 1 3 2 4 5 4 8 6 7 8 9

1 2 3 4 5 6 7 9 10 11

Convertitore di codice, da BCD a decimale

12 4 13 2 4 5 1 3

1D C1 C2 2D

10 11 9 8

Elemento bistabile tipo D, doppio

1J C1 1K

3 2

R

Elemento bistabile tipo JK comandato sulla transizione dei clock

5 6 7 4 3 2 1 17 16 15 8 10

0

1k=4 A 0 1023

9 &

EN

A

ROM 1J C1 1K

3 2

Memoria di sola lettura programmabile (PROM), 1024 x 4 bit

PROM

14 13 12 11

Memoria di sola lettura Segno generale

Elemento bistabile tipo JK comandato per impulsi

R S 1J C1 1K R

7 6

Elemento bistabile tipo JK comandato sulla transizione del clock con effetto differito sulle uscite

PROM

Memoria di sola lettura programmabile Segno generale

1.2.2 Rappresentazione grafica delle apparecchiature pneumatiche Trasmissione e trattamento di energia Sorgente di pressione

Condotto di pilotaggio

Scarico senza connessione

Sorgente di pressione pneumatica

Condotto con giunzione

Scarico con connessione

Condotto di lavoro

Condotto senza giunzione

Silenziatore

26

Capitolo 1

Accumulatore pneumatico

Filtro

Variabilità delle caratteristiche

Filtro con spurgo (scarico manuale)

Rubinetto di isolamento Filtro con spurgo (scarico automatico)

Riduttore di pressione (con foro di scarico) Manometro Inquadramento di più apparecchi riuniti in una unità

Diramazione chiusa Innesto rapido collegato Lubrificatore Diramazione allacciata Separatore di condensa con scarico manuale Separatore di condensa con scarico automatico

Essicatore mediante agenti chimici

Innesto rapido non collegato (lato tubo aperto)

Riduttore di pressione (senza foro di scarico)

Innesto rapido non collegato (lato tubo chiusi)

Comandi pneumatici Comando manuale Segno generale

Comando a rullo con effetto in una sola direzione

Comando indiretto mediante depressione

Comando a pulsante

Comando a rullo

Comando indiretto mediante bassa pressione

Comando a leva

Comando con posizione fissa

Comando a pedale

Comando diretto mediante pressione

Comando a tastatore

Comando diretto mediante depressione

Comando a molla

Comando con pressione differenziale

Comando con dispositivo di scatto

Comando indiretto mediante pressione

Comando combinato (bassa pressione e distributore pilota) Comando elettrico diretto Comando elettrico indiretto Comando elettrico indiretto

Distribuzione e regolazione dell’energia

1 via, 2 bocche

Simbolo semplificato di apparecchio, in caso di rappresentazione multipla. Il numero si riferisce ad un indice posto sul disegno nel quale è riportata una definizione dettaliata dell’apparecchio

2 bocche chiuse

2 vie, 4 bocche

Apparecchio di regolazione di portata o di pressione. Segno generale Apparecchio di distribuzione di portata o di pressione. Segno generale

2 vie, 5 bocche (1 chiusa) 2 vie connesse trasversalmente, 4 bocche 1 via in posizione di by pass. 4 bocche (2 chiuse) Distributore 2/2 normalmente chiuso (NC)

Introduzione agli impianti elettrici 27

Distributore 2/2 normalmente aperto (NO) 1 2

5 4

Distributore 2/2 con comando manuale Distributore 2/2 con comando mediante pressione contro molla di richiamo

1 2 3

Distributore 3/2 con comando a pressione dai due lati

1 4

Distributore 5/2 con comando a pressione dai due lati

Valvola di non ritorno (sopprime la chiusura)

Distributore 5/3 con posizione intermedia chiusa

Valvola di non ritorno (sopprime l’apertura)

Distributore 5/3 con posizione intermedia con uscite allo scarico

Valvola selettiva di circuito

Distributori senza posizioni fisse

Valvola di non ritorno con strozzamento

Valvola di strozzamento (non regolabile)

Valvola di scappamento rapido

Valvola di strozzamento (regolabile)

Valvola a due pressioni

Valvola unidirezionale

Valvola di sicurezza

Valvola di non ritorno

Valvola di sequenza

Motore a cilindrata costante a un senso di flusso

Motore a semplice effetto con corsa di ritorno mediante forza indefinita

Cilindro a doppio effetto con ammortizzatore regolabile agente da un solo lato

Motore a cilindrata costante a due sensi di flusso

Cilindro a semplice effetto con corsa di ritorno mediante molla

Cilindro a doppio effetto con ammortizzatore regolabile agente da ambedue i lati

Motore oscillante (l’angolo di rotazione è limitato)

Cilindro a doppio effetto a semplice stelo

Cilindro con impulso continuo (la corrente del pistone si inverte automaticamente)

Distributore 3/2 con comando elettromagnetico contro molla di richiamo, con posizione intermedia di passaggio 3 2

2 3

Distributore 4/2 con comando elettromagnetico contro molla di richiamo

Trasformazione dell’energia

Cilindro a doppio effetto a doppio stelo M

Motore elettrico

Compressore

Cilindro a doppio effetto con ammortizzatore non regolabile agente da un solo lato

Pompa per svuoto (scarico nell’atmosfera)

Cilindro a doppio effetto con ammortizzatore non regolabile agente da ambedue i lati

Moltiplicatore di pressione a un solo fluido (aria) che trasforma la pressione pneumatica da XaY Moltiplicatore di pressione a due fluidi (aria-liquido) che trasforma la pressione pneumatica X in una pressione idraulica Y

28

Capitolo 1

1.2.3 Lettere di identificazione delle apparecchiature elettriche Per identificare le varie apparecchiature (e materiali) che vengono impiegate per la stesura di un circuito elettrico o elettronico si utilizzano dei codici lettera standardizzati secondo le raccomandazioni delle Norme IEC 750, facenti parte ora come Allegato E della Norma CEI EN 61346-1 (CEI 3-43). LETTERE CODICE PER LA DESIGNAZIONE DEL TIPO DI MATERIALE A

INSIEMI, SOTTO INSIEMI (per esempio: amplificatori a componenti discreti, amplificatori magnetici, laser, maser, telai, cassetti, rak, piastre a circuito stampato, assiemi di più componenti)

B

TRASDUTTORI DA UNA GRANDEZZA NON ELETTRICA AD UNA ELETTRICA E VICEVERSA (per esempio: termistori, termoelementi, cellule fotoelettriche e termoconduttive, fotoelementi, fotodiodi, convertitori di misura, trasduttori di segnali, generatori di impulsi, iniziatori di prossimità, celle di carico, tachimetriche, sincro, generatori di Hall, microfoni, testine di lettura, altoparlanti, auricolari)

C

CONDENSATORI

D

ELEMENTI BINARI, TEMPORIZZATORI, DISPOSITIVI DI MEMORIZZAZIONE (per esempio: equipaggiamenti binari e digitali di comando e regolazione, temporizzatori, regolatori digitali, elementi bistabili e monostabili, registratori, contatori di impulsi, memorie magnetiche, calcolatori)

E

MATERIALI DIVERSI (per esempio: apparecchiature elettriche non elencate sotto altre lettere, illuminazione, riscaldamento, ventilazione, filtri per polvere, per fumi)

F

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE (per esempio: fusibili, relè di protezione, di misura, di controllo, scaricatori)

G

GENERATORI, ALIMENTATORI DI CORRENTE (per esempio: dinamo, alternatori, accumulatori, carica batterie, convertitori, raddrizzatori, stabilizzatori di tensione)

H

DISPOSITIVI DI SEGNALAZIONE (per esempio: lampade di segnalazione, diodi luminosi, indicatori a cartellino e digitali, suonerie, sirene, segnali acustici e luminosi in genere)

K

RELÈ, CONTATTORI (per esempio: relè di comando, ausiliari, a tempo, reed, contattori di potenza, telesalvamotori)

L

INDUTTORI, REATTORI (per esempio: reattanze e bobine di spianamento, filtri di rete)

M

MOTORI

N

ELEMENTI ANALOGICI (per esempio: apparecchiature analogiche per la tecnica dei comandi e della regolazione, regolatori e calcolatori analogici, circuiti integrati con funzioni analogiche, regolazione elettronica ed elettromeccanica, amplificatori operazionali)

P

STRUMENTI DI MISURA, STRUMENTI DI PROVA (per esempio: strumenti ad indice o lamelle, contatori, indicatori digitali, orologi programmatori, unità video, simulatori, oscillatori, registratori, apparecchi di prova e controllo)

Q

ELEMENTI DI CONNESSIONE PER CIRCUITI DI POTENZA (per esempio: interruttori, sezionatori, avviatori, invertitori)

R

RESISTENZE (per esempio: resistenze regolabili, di precisione, di protezione, di avviamento, di frenatura, shunt)

S

DISPOSITIVI DI COMMUTAZIONE PER CIRCUITI DI CONTROLLO, SELETTORI (per esempio: selettori, predispositori, commutatori, combinatori, finecorsa, pulsanti, tastiere, commutatori di misura, sensori di livello e di pressione)

T

TRASFORMATORI (per esempio: trasformatori di potenza, di comando ausiliari, di misura, di isolamento)

U

MODULATORI, CONVERTITORI (per esempio: discriminatori, demodulatori, convertitori di frequenza, codificatori convertitori, traslatori telegrafici)

V

TUBI, SEMICONDUTTORI (per esempio: tubi elettronici, tubi a scarica di gas, diodi, transistori, tiristori)

W

PERCORSI DI TRASMISSIONE, GUIDE D’ONDA, ANTENNE (per esempio: conduttori, cavi, sbarre, guide d’onda, accoppiatori direzionali in guida d’onda, dipoli, antenne paraboliche)

X

MORSETTI, PRESE, SPINE (per esempio: prese e spine di connessione e di misura, jack, piastre con terminali, strisce a saldare, raccordi, capicorda, connettori)

Y

DISPOSITIVI MECCANICI AZIONATI ELETTRICAMENTE (per esempio: valvole, freni, frizioni)

Z

TRASFORMATORI ADATTATORI DI IMPEDENZA, EQUALIZZATORI, LIMITATORI DI BANDA, TERMINAZIONI (per esempio equilibratori di cavi, compressori espansori di segnale, filtri a cristalli)

Introduzione agli impianti elettrici 29

1.3 Rappresentazione degli impianti elettrici Le raccomandazioni generali per la preparazione di schemi elettrici si trovano nelle Norme CEI EN 61082-1 (CEI 3-36) “Preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica. Parte 1: Prescrizioni generali”, CEI EN 61082-2 (CEI 3-38) “Parte 2: Schemi orientati alla funzione” e CEI EN 61082-4 (CEI 3-42) “Parte 4: Documenti di disposizione e di installazione”. La rappresentazione delle informazioni può essere realizzata con modalità diverse: schema, diagramma, tabella ecc. Lo schema, in modo particolare, consiste nel rappresentare graficamente, mediante dei segni grafici, le relazioni che esistono tra i componenti e le parti di un sistema o di un apparecchio incluse le interconnessioni. Lo scopo di uno schema, quindi, è quello di illustrare il funzionamento di una apparecchiatura con l’ausilio anche di diagrammi e tabelle. Deve fornire la base per la preparazione di altri schemi o tabelle che illustrino o meglio approfondiscano le informazioni sul funzionamento di tale apparecchiatura. Lo schema circuitale deve facilitare infine l’esecuzione delle prove e la ricerca dei guasti, con l’ausilio di documentazione supplementare, quali tabelle schemi topografici o manuali. Le norme identificano diversi metodi di rappresentazione, quali:   

rappresentazione dei componenti e collegamenti sugli schemi, modi di disposizione degli schemi, designazioni di riferimento.

In relazione ai metodi di rappresentazione dei componenti e dei collegamenti sugli schemi, si distingue se la rappresentazione coinvolge elementi funzionalmente dipendenti di un componente, elementi funzionalmente indipendenti di un componente e circuiti. Nel caso di elementi funzionalmente dipendenti di un componente, si individuano quattro tipi di rappresentazione: 

riunita; quando le parti di un segno grafico formato di più elementi sono riunite;  semidistribuita; riservata a quei componenti che hanno un collegamento meccanico funzionale, raffigura un segno grafico scomposto e ogni sua parte è messa nello schema in modo che il percorso dei circuiti sia facilmente identificato;  distribuita; riservata a quei componenti che presentano un collegamento funzionale, posiziona nello schema le diverse parti di un segno grafico scomposto in modo che il percorso dei circuiti sia facilmente identificato;  ripetuta; riservata a quei componenti che presentano un collegamento funzionale elettrico, permette di rappresentare nello schema un segno grafico completo in due o più posizioni. Nel caso di elementi funzionalmente indipendenti di un componente, i tipi di rappresentazione si dividono in: 

raggruppata; in essa i segni grafici degli elementi vengono delimitati da una linea di confine esterna e vengono raggruppati;  separata; in essa i segni grafici delle singole parti vengono separati e situati nello schema in modo tale da ottenere una lettura chiara dei circuiti. Nel caso di circuiti, la rappresentazione può essere: 

multifilare; in essa ogni connessione è rappresentata da una linea;

30

Capitolo 1



unifilare; in essa due o più connessioni sono rappresentate da una sola linea.

Sempre secondo la normativa, se vengono considerati gli schemi orientati alla funzione occorre distinguere in schemi di sistema, funzionali e di circuito. Lo schema di sistema ha l’obiettivo di fornire una visione d’insieme del sistema considerato o del sottosistema, installazione, equipaggiamento ecc. Esso ha, inoltre, il compito di mettere in evidenza la relazioni esistenti tra i componenti principali e le funzioni che svolgono. È uno schema utilizzato a scopo didattico, formativo, di manutenzione. Lo schema di funzione permette di evidenziare i dettagli del comportamento funzionale del sistema considerato, del sottosistema, installazione, equipaggiamento. Esso però non è tenuto a illustrare la realizzazione delle funzioni. Normalmente, è utilizzato per la progettazione di un sistema oppure a scopo didattico per spiegare i principi di funzionamento di un’installazione; viene frequentemente impiegato per i sistemi logici a relè. Lo schema dei circuiti ha l’obiettivo di rendere chiari i dettagli dell’installazione del sistema, senza necessariamente tener conto delle dimensioni, forma e posizionamenti degli elementi impiegati. Le regole che coinvolgono tutti questi schemi si possono riassumere nel modo seguente. 

I segni grafici devono essere posizionati in modo che rendano chiaro il processo o il flusso del segnale.  Per evidenziare il flusso del segnale le linee di collegamento dei circuiti devono essere mantenute il più rettilinee possibile.  Per mettere in evidenza i rapporti funzionali i segni grafici che rappresentano elementi funzionalmente legati devono essere raggruppati gli uni vicino agli altri.  I segni grafici che indicano contatti devono essere rappresentati immaginando che il movimento di questi ultimi sia omogeneo e che si muova dal basso verso l’alto, per linee circuitali orizzontali, e da sinistra verso destra, per linee circuitali verticali. Al fine di interpretare correttamente un sistema o un circuito e per identificare le terminazioni di alcune designazioni dei conduttori, le sigle delle marcature indicate dalle norme possono essere riassunte nel modo che segue. Marcatura L1 L2 L3 N L L M E PE PEN TE MM CC

Conduttore Fase 1 in corrente alternata Fase 2 in corrente alternata Fase 3 in corrente alternata Neutro in corrente alternata Positivo in corrente continua Negativo in corrente continua Punto mediano in corrente continua Conduttore di terra Conduttore di protezione Conduttore di protezione e conduttore neutro combinati Conduttore di terra a basso rumore Connessione del telaio o della struttura Connessione equipotenziale

È necessario ora dare una definizione semplice e sintetica degli schemi che vengono generalmente utilizzati per rappresentare le installazioni elettriche.

Introduzione agli impianti elettrici 31



Schema di funzione (con rappresentazione distribuita): rappresenta nel modo più semplice possibile lo specifico funzionamento delle apparecchiature componenti l’impianto. Esso è utilizzato sia per lo studio che per la comprensione del funzionamento e si caratterizza per la segmentazione di apparecchi complessi nelle particelle che li compongono e per la distribuzione di queste ultime secondo un criterio di svolgimento della funzione. L’aspetto e la stesura di uno schema di funzione sono del tutto convenzionali ed è indispensabile fare riferimento alle convenzioni dettate dalle indicazioni internazionali. Utilizza la rappresentazione distribuita, cioè ogni apparecchio è scomposto negli elementi che lo costituiscono, e non tiene conto della ubicazione delle apparecchiature rappresentate, della loro reale dimensione e forma fisica. Tutto questo però necessita di una adeguata siglatura dei componenti (si veda il sottoparagrafo 1.2.3 Lettere di identificazione delle apparecchiature elettriche) per fare comprendere nel modo più chiaro l’influenza reciproca di funzionamento. Viene utilizzato per schematizzare sia gli impianti elettrici civili sia quelli industriali (figg. 1.12 e 1.13). L’alimentazione è costituita generalmente da barre orizzontali che portano l’indicazione del tipo di sistema a cui è derivato l’impianto. L

1

2

N PE

98

1

4

K1

14

Q1

S1

97

13

F2 3

L

Fig. 1.12 Schema di funzione di un impianto elettrico civile.

95

2

S2

A1 96

K1 H1 A2

Q1 N F2 

Schema dei circuiti: tratta i dettagli della realizzazione di un qualsiasi sistema, sottosistema, installazione, equipaggiamento. Esso può non pren-

Fig. 1.13 Schema di funzione di un impianto elettrico industriale.

Capitolo 1

dere in considerazione le dimensioni, le forme o i posizionamenti fisici degli elementi costituenti ma deve necessariamente riportare informazioni relative alla comprensione del funzionamento di un circuito, alla preparazione di documenti di connessione, alle prove ed alla individuazione delle avarie e a l’installazione e manutenzione. Lo schema dei circuiti viene utilizzato anche per i circuiti elettrici industriali. Esso può illustrare semplicemente un collegamento dei componenti del circuito di potenza (fig. 1.14) con la funzione di indicare i collegamenti di quei componenti che concorrono, mediante lo scambio dei contatti, all’inserzione o alla disinserzione dei motori elettrici con la linea di alimentazione oppure può far parte dello schema di funzione con rappresentazione distribuita (fig. 1.15) con lo scopo di mostrare la messa in opera di circuiti elettrici industriali. L1 L2 L3 N 1 3 5

5

1 3

L1 L2 L3

F1 2 4 6

4

6

2

1

2

F1

1 3

5

2 4

6

1 3 5

13

2 4 6

14

A2

Q1 4

4

S1

6

2

3

Q1

A1

5

1 3

2

1

S2

M1

97 95

1 3 5 2 4 6 U V W

V

K1

W

H1

98 96

K1

U

32

M

M1

3

Fig. 1.14 Schema di circuito di potenza di un impianto elettrico industriale.

M 3

Fig. 1.15 Schema di circuito con rappresentazione distribuita di un avviamento di un motore asincrono trifase.

Schema di installazione: modo di disporre i segni grafici sullo schema che tiene in considerazione l’effettiva collocazione fisica dei componenti. I componenti elettrici sono rappresentati nella loro forma semplificata che ne mostra i contorni principali o mediante un segno grafico. I segni grafici utilizzati nei documenti di installazione devono essere scelti in accordo con le disposizioni della Norma IEC 617. Nello schema di installazione, oltre alle apparecchiature elettriche, vengono rappresentate tutte le scatole e cassette di derivazione che concorrono alla messa in opera dell’impianto. I conduttori seguono percorsi paralleli, indicando che in quello stesso tragitto essi sono vicini, inseriti in un

Introduzione agli impianti elettrici 33

tubo protettivo o canalizzazione, orientati nella stessa direzione (fig. 1.16). La rappresentazione topografica è una raffigurazione unifilare nella quale una sola linea indica più conduttori (fig. 1.17). L PE N

1 1

2

2

1

1

Fig. 1.16 Schema di installazione di un impianto elettrico civile.

Fig. 1.17 Schema in rappresentazione topografica di un impianto elettrico civile.

1.4 Impianti elettrici: principali tipi di esecuzioni Le modalità di esecuzione di un impianto elettrico variano in relazione all’ambiente a cui è destinato l’impianto stesso. A seconda che l’ambiente sia un edificio adibito ad abitazione civile o industriale i cavi e le apparecchiature vengono installati in modi completamente diversi, avvantaggiando nel primo caso l’estetica, rendendo prioritarie la funzionalità, la rapidità di riparazione, di modifica ecc. nel secondo caso. Tra queste soluzioni estreme si inseriscono altre versioni o le stesse si diversificano anche sensibilmente, caratterizzate e condizionate dal livello dell’impianto richiesto, dalle dimensioni dell’edificio e dalla finitura dei locali interessati. Se per esempio l’ambiente ha una finitura civile, il tipo di distribuzione dell’impianto installato deve essere in armonia con l’estetica del luogo. Se invece l’ambiente ha una finitura definita rustica, le esigenze estetiche e di design sono meno importanti mentre assumono maggior rilevanza caratteristiche di installazione rapida e funzionale. Infine, se l’ambiente è di tipo industriale, per la gran quantità di conduttori e cavi presenti, l’esigenza fondamentale sarà quella di poter connettere, riparare o modificare l’impianto con una certa rapidità e affidabilità. Secondo la normativa vigente, dettata dalla Norma CEI 64-8/5 e da numerose norme riguardanti i cavi (CEI 20-19, CEI 20-20, CEI 20-38, CEI 20-39) e i tubi protettivi, i canali ed i loro accessori (CEI 23-8, CEI 23-14, CEI 23-17, CEI 23-19, CEI 23-25, CEI 23-31, CEI 23-32, CEI 23-39), i tipi di posa di riferimento sono riassumibili nel modo che segue. 

Cavi posti in tubi protettivi installati in pareti termicamente isolanti. La parete deve essere intesa come un insieme composto di una struttura esterna resistente alle intemperie, un isolante termico e un rivestimento interno di legno o materiale simile con adeguato coefficiente di trasmissione termica.

34

Capitolo 1

Il tubo protettivo deve essere fissato vicino al rivestimento interno e può essere metallico o plastico. Il calore generato dal cavo, infine, si deve disperdere solo attraverso il rivestimento interno.  Cavi posti in tubi protettivi o canali su parete. La conduttura può essere installata su parete in legno o similare. Si considerano su pareti condutture per le quali la distanza dalla parete sia inferiore a 0,3 volte il diametro del tubo protettivo. Il tubo protettivo o canale può essere metallico o isolante.  Cavi fissati su parete. Il cavo viene installato su una parete in legno o similare e da questa deve tenere una distanza inferiore a 0,3 volte la misura del proprio diametro.  Cavi installati in aria libera. Il cavo risulta installato in modo tale che la dissipazione totale del calore non sia ostacolata e risultino trascurabili i riscaldamenti provenienti dal terreno e da altre sorgenti di calore. I cavi su passerella sono da considerarsi in aria libera se la passerella risulta perforata in maniera tale che i fori occupino più del 30% della superficie della base. La figura 1.18 illustra alcune tipiche distribuzioni di condutture.

Fig. 1.18 Esempio di cavi senza guaina in tubi protettivi circolari posati all’interno di muri termicamente isolanti; cavi senza guaina in tubi protettivi circolari posati su o distanziati da pareti; cavi su passerelle perforate (o su reti metalliche) con percorso orizzontale o verticale.

In base al complesso di conduttori, elementi di sostegno, di connessione ecc. che la costituiscono, una conduttura può configurarsi in una distribuzione: La distribuzione in vista è caratterizzata da conduttori o cavi aggraffati alle pareti e/o al soffitto. Nello specifico, questa distribuzione può essere realizzata con cavo fissato alla parete, con piattina (anch’essa fissata a parete) oppure con cavo sospeso a una fune d’acciaio. Gli ambienti dove trova applicazione una distribuzione di questo genere sono per esempio magazzini, seminterrati, cantine. Un più recente sistema di distribuzione di impianti in vista utilizza delle canalette in PVC autoestinguente, le quali consentono di associare una adeguata protezione dell’impianto ad una perfetta armonizzazione con l’estetica degli ambienti interessati. Questa soluzione viene adottata con frequenza in vecchi edifici ristrutturati. La distribuzione in tubo comprende invece un certo quantitativo di cavi, normalmente unipolari, infilati all’interno di tubi di protezione. Anche in questa soluzione si possono diversificare distribuzioni con il tubo fissato alla parete, incassato sotto l’intonaco oppure annegato nel calcestruzzo. Tale soluzione viene principalmente adottata per locali di ritrovo, uffici, abitazioni, scuole, negozi, edifici prefabbricati. La distribuzione in canale o in passerella prevede che i conduttori vengano appoggiati all’interno di un sistema continuo e passante di contenitori che a loro volta possono essere in esecuzione sospesa, sotto pavimento oppure a parete. Esempi di tali distribuzioni si possono riscontrare in capannoni industriali, uffici, vecchi edifici ristrutturati ecc. Se infine la distribuzione è del tipo a condotto, vengono previste delle cavità ricavate direttamente sul muro delle pareti o nel pavimento, all’interno delle quali si fissano o si posano i conduttori. Questa soluzione è adottata per distribuzioni in cunicoli, in tubi interrati oppure in cavedi. Essa viene frequentemente adottata nelle officine meccaniche.

Introduzione agli impianti elettrici 35

1.5 Variante 3 della Norma CEI 64-8 Una delle Norme di riferimento per l’esecuzione degli impianti elettrici è la 648. Recentemente è stata pubblicata, con entrata in vigore nel settembre 2011, la nuova variante V3 della Norma CEI 64-8 che modifica alcuni articoli e introduce un documento (Allegato A) dal titolo “Ambienti residenziali-prestazioni dell’impianto”. Questo allegato fornisce prescrizioni addizionali, ai fini delle prestazioni e della fruibilità dell’impianto elettrico dell’unità immobiliare situate all’interno dei condomini e delle abitazioni mono e plurifamiliari. Vengono esclusi dal campo di applicazione della variante, gli impianti nelle unità abitative degli edifici pregevoli per arte e storia (soggetti alla Legge 1/6/ 1939 n.1089) e le parti comuni degli edifici residenziali. Inoltre, le prescrizioni dell’allegato si applicano ai nuovi impianti ed ai rifacimenti completi, quelli realizzati successivamente al 1/09/2011. Le principali novità della Variante 3 si possono riassumere nei punti che seguono. 

Oltre ad alcune correzioni di carattere formale, in cui si introducono i riferimenti al nuovo allegato, la variante fa riferimento alla Norma CEI EN 62423 “Interruttori differenziali di Tipo B con e senza sganciatori di sovracorrente incorporati per installazioni domestiche e similari”. La variante approfondisce quanto introdotto (CEI 64-8 V1 edizione del 2007) all’articolo 531.2.1.4, circa la protezione contro le correnti di guasto non sinusoidali. Viene infatti sostituito il commento ed introdotta la classificazione dei dispositivi di protezione tenendo conto della EN 62423. Vengono inoltre aggiunte prescrizioni circa la selettività degli interruttori e sul numero minimo di dispositivi, nonché prescrizioni sul differenziale posto a protezione del montante.  Per garantire una certa continuità di servizio, la protezione differenziale deve essere suddivisa su almeno due interruttori, e se presente, l’interruttore differenziale posto a protezione del montante (che secondo la nuova variante deve avere sezione minima 6 mm2) deve garantire selettività totale nei confronti delle protezioni differenziali a valle.  Se differenziale, l’interruttore generale deve garantire selettività totale nei confronti di tutti gli interruttori a valle, oppure deve essere dotato di dispositivo di richiusura automatica (SRD).  La protezione contro i contatti indiretti nei sistemi TT è in genere affidata all’interruttore differenziale coordinato con l’impianto di terra, secondo la nota I n  RE  50V L’interruttore differenziale per uso domestico è tipicamente di tipo AC (Norme EN 61008-1 e EN 61009-1), il cui sgancio è assicurato per correnti differenziali alternate sinusoidali applicate improvvisamente o lentamente crescenti. Nelle abitazioni questo tipo di interruttore differenziale potrebbe non garantire più un livello accettabile di sicurezza. Gran parte degli elettrodomestici fa infatti uso di circuiti elettronici. Questi generano al loro interno forme d’onda che non sempre sono sinusoidali (per esempio, il PWM della lavabiancheria), per questo motivo i dispositivi tradizionali potrebbero intervenire per correnti più elevate, o non intervenire affatto. Al riguardo, la nuova variante raccomanda l’installazione di interruttori differenziali di tipo A o di tipo B (secondo IEC 62423) in base alle possibili forme d’onda delle correnti di guasto dei vari apparecchi elettrici utilizzatori protetti dall’interruttore differenziale.

36

Capitolo 1



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

La variante, pur riconoscendo che il dimensionamento e le dotazioni dell’impianto elettrico devono restare frutto dell’accordo tra progettista installatore e committente, introduce criteri e dotazioni minimi facendo riferimento a tre livelli di prestazioni. Il livello 1 individua la dotazione minima perché l’impianto elettrico possa considerarsi conforme alla Norma CEI 64-8. Tale livello prevede, in particolare, un numero minimo di punti-prese e punti-luce in funzione della metratura o della tipologia del locale di installazione e un numero minimo di circuiti in funzione della metratura dell’appartamento. Il livello 2 prevede, rispetto al livello 1, un aumento delle dotazioni e dei componenti e l’aggiunta di servizi ausiliari quali il videocitofono e l’antiintrusione. Il livello 3 prevede, rispetto ai livelli 1 e 2, un ulteriore aumento delle dotazioni e l’introduzione della domotica. In unità abitative di superficie fino a 75 m2 gli impianti devono essere dimensionati in modo da poter stipulare un contratto con potenza contrattuale impegnata fino a 3 kW, e 6 kW per superfici superiori. La sezione del montante non deve essere di sezione inferiore a 6 mm2. Le abitazioni devono essere dotate di uno o più quadri di distribuzione dimensionati per il 15% in più dei moduli installati (con un minimo di due moduli) per consentire ampliamenti successivi. Deve essere presente un interruttore generale, correttamente identificato ed accessibile all’utente. Il quadro principale dell’unità abitativa deve essere inoltre raggiunto direttamente dal conduttore di protezione proveniente dall’impianto di terra dell’edificio, al fine di permettere la corretta messa a terra degli scaricatori di sovratensione. Le prese TV in ambienti quali soggiorno, camera da letto, studio e cucina devono avere accanto la predisposizione per 6 prese energia. Eventuali prese TV in altri ambienti devono avere accanto almeno una presa energia. Accanto ad ogni presa dati o telefonica deve essere installata almeno una presa energia. In ogni locale deve essere installata una delle prese in prossimità della porta. L’interruttore luci del locale deve essere installato vicino alla porta di accesso, indifferentemente all’interno o all’esterno del locale corrispondente. Il comando dei punti luce non direttamente visibili deve essere associato ad una spia di segnalazione integrata atta a segnalare lo stato di “acceso” dell’apparecchio comandato. Si consiglia che i punti prese della cucina e il punto presa destinato ad alimentare la lavabiancheria siano in grado di ricevere almeno una spina S30 e di predisporre, in prossimità del tubo di ingresso del gas, l’alimentazione elettrica per una eventuale elettrovalvola di intercettazione del gas.

Le tabelle 1.1 e 1.2 riassumono rispettivamente le dotazioni per appartamento o unità abitativa e le dotazioni per ogni singolo locale.

Introduzione agli impianti elettrici 37

Tab. 1.1 Dotazioni per appartamento o unità abitativa

Numero dei circuiti (1) Dispositivi per l’illuminazione di sicurezza (3) Protezione contro le sovratensioni secondo CEI 81-10 e CEI 64-8 V2 Ausiliari e impianti per risparmio energetico

Superficie (2)  50 m2  50 m2  75 m2  75 m2  125 m2  125 m2  100 m2  100 m2

-

-

Livello 1 2 3 4 5 1 2

Livello 2 3 3 5 6 2 3

SPD all’arrivo linea se necessari per rendere tollerabile il rischio 1 (rischio per le persone) Campanello, Campanello, citofono o videocitofono, videocitofono antintrusione, controllo carichi, per esempio relè di massima corrente

(1) Si intende con l’espressione “per circuito elettrico” l’insieme di componenti di un impianto alimentato da uno stesso punto e protetto contro le sovracorrenti da uno stesso interruttore. Sono esclusi dal computo eventuali circuiti destinati esclusivamente all’alimentazione di apparecchi (per esempio, scaldacqua, caldaie, condizionatori), di box e cantina; pertanto tali eventuali circuiti si aggiungono a quelli indicati in tabella. (2) La superficie considerata è quella calpestabile dell’unità immobiliare escludendo quelle esterne (terrazze, portici ecc.) e le eventuali pertinenze (garage, cantine ecc.). (3) Servono a garantire la mobilità delle persone in caso di mancanza dell’illuminazione ordinaria. Sono ammessi gli apparecchi estraibili, anche se non conformi alla Norma CEI 34-22 (per esempio, torce estraibili ricaricabili ad accensione automatica installate nelle scatole portafrutti). Non sono ammessi gli apparecchi alimentati con prese a spina. (4) Si intende con l’espressione “impianto domotico” l’insieme dei dispositivi e delle loro connessioni che realizzano una determinata funzione utilizzando uno o più supporti di comunicazione comune a tutti i dispositivi ed attuando la comunicazione dei dati tra gli stessi secondo un protocollo di comunicazione prestabilito. Per considerare l’impianto elettrico di livello 3, l’impianto domotico deve gestire almeno 4 delle seguenti funzioni: antintrusione, controllo carichi, gestione comando luci, gestione temperatura (se non è prevista una gestione separata), gestione scenari (tapparelle ecc.), controllo remoto, sistema diffusione sonora, rilevazione incendio (UNI 9795) se non è prevista gestione separata, sistema antiallagamento e/o rilevazione gas.

Livello 3 3 4 5 7 2 3 SPD nell’impianto per la protezione contro le sovratensioni impulsive Campanello, videocitofono, antintrusione, controllo carichi, interazione domotica (4)

38

Capitolo 1

Tab. 1.2 Dotazioni per ogni singolo locale

Punti prese * Per ogni locale diverso da quelli sotto indicati (per esempio, camera da letto, soggiorno, studio ecc.)

Ingresso

Cucina Angolo cottura Lavanderia Locale da bagno o doccia Box auto Giardino Cantina/Soffitta

Punti luce Prese Radio/TV Prese telefono e/o dati Punti prese Punti luce Prese telefono e/o dati Punti prese Punti luce Prese telefono e/o dati Prese Radio/TV Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese

Corridoio Punti luce Locale servizi (WC) Balcone/Terrazzo Ripostiglio

Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce Punti prese Punti luce

Superficie/ lunghezza  8  12 m2  12  20 m2 oltre 20 m2  8  12 m2  12  20 m2 oltre 20 m2 5m 5m 5m 5m  10 m2  10 m2  1 m2  1 m2

Livello 1 4 5 6 1 1 2 1 1 1 1 1 5 (2) ** 1 1 1 2 (1) ** 3 1 2 2 1 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 1

Livello 2 5 7 8 2 2 4 1 1 1 1 1 6 (2) ** 2 1 1 2 (1) ** 1 4 1 2 2 1 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 1

Livello 3 5 8 10 3 3 4 1 1 1 1 1 7 (3) ** 2 1 1 3 (2) ** 1 4 1 2 2 1 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 1

* Per “punto presa” si intende il punto di alimentazione di una o più prese all’interno della stessa scatola (per esempio, tre prese nella stessa scatola = 1 punto presa). I punti presa devono essere distribuiti in modo adeguato nel locale, ai fini della loro utilizzazione. ** Il numero tra parentesi indica la parte del totale di punti prese da installare in corrispondenza del piano di lavoro. Deve inoltre essere prevista l’alimentazione della cappa aspirante, con o senza spina.

2 Sorgenti luminose

La continua innovazione tecnologia ha accresciuto enormemente il numero di scelte disponibili per l’illuminazione. Il minuto controllo qualitativo e quantitativo della luce ha portato ad avere a disposizione sorgenti luminose capaci di produrre effetti sottili che hanno trasformato il modo in cui noi percepiamo l’ambiente. La comprensione dell’importanza dell’impatto psicologico, che la luce e il colore hanno sulle emozioni e attività umane, ha fatto inoltre dell’uso intelligente di queste opzioni un elemento sempre più importante per il successo di un impianto di illuminazione. I diversi tipi di lampada si sono talmente radicati ed evoluti nella vita quotidiana, lavorativa e ricreativa che le norme che li regolamentano sono molte e il loro elenco completo sarebbe troppo lungo. Si citano pertanto, solamente a titolo di esempio, le Norme che seguono. 

    

 

CEI EN 60061-1 Attacchi per lampade, portalampade e calibri per il controllo dell’intercambiabilità e della sicurezza. Parte 1: Attacchi per lampade (CEI 34-65). CEI EN 60064 Lampade a incandescenza per illuminazione domestica e similare. Prescrizioni di prestazione (CEI 34-14). CEI EN 60357 Lampade ad alogeni (veicoli esclusi) (CEI 34-40). CEI EN 60081 Lampade fluorescenti tubolari per illuminazione generale (CEI 34-3). CEI EN 60155 Starter a bagliore per lampade fluorescenti (CEI 34-5). CEI EN 60928 Ausiliari per lampade. Alimentatori elettronici alimentati in corrente alternata per lampade fluorescenti tubolari. Prescrizioni generali e di sicurezza (CEI 34-54). CEI EN 60188 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione (CEI 34-6). CEI EN 60192 Lampade a vapori di sodio a bassa pressione (CEI 34-15). Le sorgenti luminose si possono suddividere in:



a irradiazione termica (a incandescenza con filamento nel vuoto, a incandescenza con filamento in gas inerti, a ciclo di alogeni);  a irradiazione per luminescenza (fluorescenti, a vapori di mercurio ad alta pressione, ad alogenuri metallici, a vapori di sodio a bassa pressione, a vapori di sodio ad alta pressione);  a luce miscelata;  a irradiazione a semiconduttore.

40

Capitolo 2

2.1 Lampade a incandescenza Le tradizionali lampade a incandescenza sono sorgenti luminose a irradiazione termica, come in natura è il Sole. Una parte del calore che producono viene emessa sotto forma di luce; si dividono in tre tipi:   

lampade a incandescenza con filamento nel vuoto; lampade a incandescenza in gas inerti (GLS, Reflector, PAR); lampade a incandescenza a ciclo di alogeni.

2.1.1 Lampade a incandescenza con filamento nel vuoto La prima lampada a incandescenza di uso pratico fu realizzata da Thomas Alva Edison nel lontano 19 ottobre 1879; essa rappresentò la prima sorgente luminosa di origine elettrica disponibile in commercio. Le lampade a incandescenza tradizionali, nonostante gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni e nonostante i numerosi e nuovi tipi progettati e messi in commercio, sono ancora le più diffuse nelle case di abitazione. Questo radicato utilizzo è dovuto essenzialmente alla loro semplicità, al ridotto ingombro e alla versatilità di impiego e di potenza. Le lampade a incandescenza con l’interno del bulbo sotto vuoto sono lampade che funzionano a una bassa temperatura (2400-2600 K); la loro efficienza luminosa raggiunge al massimo i 7 lm/W e la potenza emessa risulta inferiore a 25 W. La soluzione di costruire queste lampade sotto vuoto è motivata dal fatto che, se fosse presente una miscela di gas, questa  a causa dei moti convettivi al suo interno  asporterebbe parte del calore al filamento riducendo ulteriormente l’efficienza luminosa. I dati tecnici e le prestazioni di questo tipo di lampade si possono riassumere nel modo che segue.          

Dimensioni: 80 x 45 mm. Attacco: E14. Tensione di alimentazione: 230 V. Potenza nominale: 15 W. Potenza assorbita: 15 VA. Flusso luminoso: 105 lm. Efficienza luminosa: 7 lm/W. Durata media: 1000 ore. Temperatura di colore: 2750 K. Indice generale di resa cromatica: 100 Ra.

Le lampade a incandescenza con filamento sotto vuoto sono impiegate in tutti i tipi di illuminazione decorativa, sia interna che esterna, e per illuminazione con effetti speciali. 2.1.2 Lampade a incandescenza in gas inerti Quando le lampade a incandescenza raggiungono temperature prossime ai 2700-3000 K, al loro interno si verifica il fenomeno della sublimazione del tungsteno: il metallo con cui è costruito il filamento in parte passa dallo stato solido a quello aeriforme. La sezione trasversale del filamento si assottiglia fino alla rottura, determinando la fine della vita della lampada. Per rallentare la volatilizzazione del filamento, vengono introdotti nel bulbo dei gas inerti, come per esempio argo, cripto e azoto, anche se una parte della potenza assorbita

Sorgenti luminose 41

dalla lampada viene persa nei moti convettivi. In questa situazione deve essere fornita una potenza maggiore per poter mantenere il filamento a una temperatura elevata. Le parti principali che compongono una lampada a incandescenza sono: lo zoccolo o attacco, il filamento e il bulbo o ampolla. La figura 2.1 le riassume sinteticamente.

Bulbo o ampolla Filamento

Zoccolo o attacco

Fig. 2.1 Principali parti di una lampada a incandescenza. La componente più importante di una lampada a incandescenza è il filamento, che assolve il compito di trasformare l’energia elettrica in energia luminosa (luce). Il principio di funzionamento di questo tipo di lampade si basa infatti sul riscaldamento, fino all’incandescenza, di un filamento, opportunamente dimensionato, tramite il passaggio di corrente elettrica. Il filamento, affinché non bruci all’istante, viene racchiuso in un ambiente privo di ossigeno dall’ampolla. Il grado di protezione del filamento determina i parametri di funzionamento della lampada stessa e le sue prestazioni nel tempo. La lunghezza (circa 1 m per una lampada da 60 W) è calcolata principalmente in funzione della tensione di alimentazione e il diametro in funzione della corrente di funzionamento. Il filamento (fig. 2.2) viene realizzato in doppia spirale per potere essere contenuto all’interno della lampada e per ridurre le perdite per effetto Joule, aumentando così l’efficienza di circa il 20% pur mantenendo costante la durata della vita. Il metallo utilizzato per la costruzione del filamento è il tungsteno (o wolframio). Esso sopporta, con un punto di fusione a circa 3360 °C, le elevate temperature che si riscontrano durante il funzionamento, pari a circa 2000 °C. Questa sua caratteristica viene sfruttata secondo la regola che stabilisce che un conduttore percorso da una corrente elettrica si riscalda ed emette tanta più luce quanto più alta è la temperatura raggiunta. Il filamento è sostenuto da un supporto costituito da un gambo di vetro (orletto) e da fili metallici terminanti con gancetti. Il supporto, oltre a sostenere il filamento, assolve lo scopo di limitare le vibrazioni a cui può andare incontro la lampada. La figura 2.3 riporta alcuni tipi di filamento. L’attacco è la parte della lampada che consente di collegare il filamento al circuito elettrico; può avere varie forme, le più diffuse sono il tipo filettato, chiamato anche a vite o Edison, e il tipo a baionetta. Mentre l’attacco a baionetta porta entrambi i contatti elettrici sulla base, quello Edison è diviso in due parti, denominate chiocciola e virola, sulle quali sono saldati i capi del filamento. Una specifica differenziazione viene fatta in base al diametro, espresso in millimetri. Esistono attacchi a baionetta standardizzati chiamati B15 e B22. Nel caso di attacchi a vite invece si trovano sigle di tipo E10, E14, E27 e E40. È stata definita dalla Norma CEI-UNEL 61671 e dalla corrispondente Norma Internazionale IEC 61 una classificazione degli attacchi (e natural-

Fig. 2.2 Filamento di tungsteno avvolto su supporto di molibdeno.

Fig. 2.3 Alcuni tipi di filamento.

42

Capitolo 2

mente dei rispettivi portalampade), basata su una o più lettere maiuscole seguite da un numero. Il codice di designazione fornisce una indicazione concisa della parte essenziale per la adattabilità dell’attacco al portalampada ed è costituito da indicatori, fino a sette. Nel primo indicatore vengono impiegate lettere maiuscole, talvolta seguite da una lettera minuscola, che specificano il genere di costruzione. Esso si identifica in:     

B BA BM E F

        

G K P R S SV T W X

a baionetta a baionetta per lampade per auto a baionetta per lampade a vite Edison con un solo spinotto di contatto: a = cilindrico b = cilindrico ma profilato c = di forma speciale o con una parte a risalto con due o più spinotti di contatto a connessione con cavi flessibili prefocus a contatti incassati cilindrico cilindrico, senza pioli, con un’estremità conica per lampade telefoniche stampato speciale

Il secondo indicatore, costituito da un numero che segue le lettere, indica il valore approssimativo in millimetri della dimensione principale dell’attacco. Si diversifica nelle voci che seguono.           

Diametro della calotta (B, BA, BM). Diametro esterno della filettatura (E). Diametro dello spinotto (F). Disposizione degli spinotti (G). Diametro della calotta (K). Diametro o altro per centratura laterale (P). Massima dimensione laterale corpo isolante (R). Diametro della calotta o dimensione parte essenziale per fissaggio (S, SV). Lunghezza esterna fra piastre di contatto (T). Somma spessore del conduttore e nucleo (W). Numero di serie (X).

Il terzo indicatore è composto dalle lettere maiuscole X, Y e Z che, quando sono aggiunte a quelle precedenti, indicano attacchi non intercambiabili per diversità dimensionali (per esempio, RX7s, GY6,35). Il quarto indicatore comprende lettere minuscole (s = 1, d = 2, t = 3, q = 4), le quali aggiungono indicazioni complementari sul numero dei contatti o di connessioni flessibili (per esempio, R7s, G10q). Il quinto indicatore, composto da un numero, una lettera o eventualmente una loro combinazione preceduta da un trattino, indica elementi ulteriori per l’intercambiabilità degli spinotti, pioli e scanalature; in genere indica un cambio di disposizioni ma non di dimensioni (per esempio, G24 d-1, G24 d-2, G24 d-3, G24 q-1, G24 q-2, G24 q-3, B22 d-3). Il sesto indicatore è composto da un numero, preceduto da una barra, che fornisce la lunghezza approssimativa in millimetri dell’attacco (per esempio, E27/25, E27/27, E27/30).

Sorgenti luminose 43

Il settimo indicatore, un numero preceduto dal segno x, fornisce il valore approssimativo in millimetri del diametro dell’estremità aperta della calotta verso il bulbo (per esempio, E14/23 x 15, E14/25 x 17). La figura 2.4 riporta alcuni tipi di attacchi.

E14

E27

E40

B22d

S14d

S14s

GU4

GU10

R7s

G13

G10q

G23

Il bulbo svolge la duplice funzione di isolare il filamento dall’ambiente esterno, mantenendo le condizioni interne più opportune per un duraturo e costante funzionamento della lampada, controllando al contempo l’effetto luminoso ed estetico. I bulbi sono prodotti in svariate forme, in base alle quali viene spesso attribuito un nome alla lampada. Si trovano per esempio:     

bulbi con forma a goccia e sferica, per una illuminazione generale, decorativa ecc.; bulbi con forma a oliva e a tortiglione, per una illuminazione di interni in lampadari a goccia di cristallo e appliques; bulbi K, per ottenere una luce intensa e confortevole; bulbi tubolari, utilizzati per l’illuminazione dell’interno dei frigoriferi, macchine da cucire ecc.; bulbi a fungo, a cipolla, a faretto, con riflettore ecc.

Occorre considerare poi che le lampade a incandescenza vengono costruite in diverse configurazioni, a seconda dell’impiego specifico a cui sono destinate. È evidente che la scelta del tipo di lampada non deve essere casuale, ma deve seguire una corretta logica per ottimizzare il rendimento in relazione al tipo di ambiente nel quale viene installata e in base al tipo di apparecchi nei quali funziona. Si ritrovano quindi nella produzione di qualsiasi casa costruttrice lampade a incandescenza con svariate caratteristiche:  

bulbo trasparente, per avere il massimo flusso luminoso emesso; bulbo opalizzato, per ridurre al minimo l’effetto abbagliante (per uso di arredamento e decorativo);  bulbo smerigliato, per ottenere una illuminazione con luce diffusa e ridurre anche in questo caso l’abbagliamento;

Fig. 2.4 Alcuni tipi di attacchi.

44

Capitolo 2

    

bulbo azzurrato, per ridurre le radiazioni rosso-arancioni (calde) e rendere la tonalità della luce più simile a quella solare; bulbo giallo, per non attirare gli insetti, effetto ottenuto mediante una emissione di luce particolarmente gialla; bulbo trasparente con cupola argentata/dorata riflettente, per eliminare l’effetto abbagliante frontale (a scopi decorativi); con riflettore incorporato, per indirizzare la luce in una direzione ben precisa; in vetro pressato e con riflettore parabolico incorporato (in ambiente esterno e per una illuminazione direzionale). La figura 2.5 rappresenta alcuni tipi di bulbo.

Fig. 2.5 Alcuni tipi di bulbo.

Fig. 2.6 Lampada Reflector.

Fiamma

T

Sfera

Lineare

Tubolare

Faretto

Nei loro aspetti tecnici e commerciali, le lampade a incandescenza con gas inerte si possono distinguere in: GLS, Reflector e PAR. Le lampade a incandescenza GLS (General Lighting Service) rappresentano il modello più comune e più economico di questa categoria di lampade. Il bulbo di vetro può assumere forme diverse e presentare la superficie colorata, opalina, specchiata o satinata. Emettono una luce direzionale grazie alla parte del bulbo realizzata con rivestimento in alluminio che agisce come una superficie riflettente. Sono utilizzate per dare un tono vivace e d’effetto a locali commerciali o angoli particolari, vetrine, negozi. Una variante delle tradizionali GLS è rappresentata dalle lampade Reflector (fig. 2.6). Esse sono caratterizzate da un riflettore incorporato, una diversa conformazione e un trattamento particolare della superficie interna del bulbo. Sono lampade a incandescenza con il bulbo in vetro soffiato, di forma paraboloide o elissoide, la cui superficie interna è stata resa riflettente rivestendola con un sottile deposito di alluminio o di argento. A differenza delle lampade precedenti, le lampade Reflector raccolgono e concentrano il flusso luminoso generato dal filamento in un fascio di ampiezza e intensità variabili e, proprio per questo, sono definite anche lampade a flusso convogliato. Le lampade PAR (Parabolic Aluminized Reflector) sono lampade a incandescenza con parabola riflettente interna e appartengono alla categoria delle lampade a flusso convogliato (fig. 2.7). Queste lampade, nonostante il costo, risultano più vantaggiose delle lampade omnidirezionali perché, essendo già dotate di un riflettore interno, richiedono apparecchi piccoli ed economici,

Sorgenti luminose 45

sprovvisti di lenti e riflettori. La durata delle lampade a flusso convogliato raggiunge le 2000 ore ed è doppia rispetto a quella delle tradizionali lampade. Appartengono alle lampade PAR, le lampade a parabola argentata, che hanno un riflettore a parabola rivestito in argento o alluminio vaporizzato, e le lampade con riflettore ellittico, appositamente studiate per gli apparecchi da incasso. Il loro fascio luminoso ha due punti focali, uno sul filamento e l’altro di fronte alla lampada a 50 mm di distanza. La luce non resta intrappolata nell’apparecchio e quindi si ha una dispersione di flusso minore. A parità di potenza, le lampade PAR proiettano il 50% di luce in più nei fasci stretti ed il 300% in più nei tipi a fascio più largo, rispetto a quelle a parabola argentata.

Fig. 2.7 Lampada PAR. La tabella 2.1 riassume alcune caratteristiche delle lampade a incandescenza. Tab. 2.1 Caratteristiche elettriche, fotometriche e costruttive di alcune lampade a incandescenza. LAMPADE A INCANDESCENZA IN GAS INERTI GLS Dimensioni [mm]

Attacco

Tensione di alimentazione [V]

Potenza nominale [W]

Potenza assorbita [VA]

Flusso luminoso [lm]

Efficienza luminosa [lm/W]

Durata media [ore]

Temperatura di colore [K]

105 x 60

E27

230

15

15

105 x 60

E27

230

40

40

115

8

1000

2800

430

11

1000

2800

105 x 60

E27

230

100

100

1380

14

1000

2850

189 x 90

E40

230

300

274 x 130

E40

230

1000

300

5000

17

1000

2850

1000

18800

19

1000

2850

LAMPADE A INCANDESCENZA REFLECTOR 103 x 65

E27

230

60

60

650

10

1000

2850

134 x 95

E27

230

75

75

690

9

1000

2850

134 x 95

E27

230

100

100

1030

10

1000

2850

134 x 95

E27

230

150

150

1520

15

1000

2850

LAMPADE A INCANDESCENZA PAR 38 136 x 122

E27

230

80

80

820

10

1000

2850

136 x 122

E27

230

120

120

1200

10

1000

2850

127 x 179

GX16d

230

300

300

3000

10

1000

2850

Una lampada a incandescenza presenta sia vantaggi che svantaggi. I primi si possono riassumere in:     

basso costo di acquisto, piccole dimensioni, eccellente resa cromatica, varietà di forme, posizione di funzionamento libera,

46

Capitolo 2

 

accensione immediata, regolabilità. Gli svantaggi sono:

   

bassa efficienza, elevato sviluppo di calore, alti costi di esercizio, breve durata.

La figura 2.8 illustra graficamente la variazione del flusso luminoso , dell’efficienza luminosa , della potenza P e della durata t di una lampada in rapporto alla variazione della tensione di alimentazione U. Il 100% di U corrisponde alla tensione di 230 V. % % %P

 t 180

 140

P

100

60

Fig. 2.8 Influenza di una sovratensione e di una sottotensione U sul flusso luminoso , l’efficienza luminosa , la potenza P e la durata t di una lampada a incandescenza.

20 80

90

100

110

%U

2.1.3 Lampade a incandescenza con alogeni Le lampade con alogeni, introdotte alla fine degli anni 50, costituiscono un particolare tipo di lampade ad incandescenza che, oltre al normale gas di riempimento, contengono piccole quantità di alogeno (iodio o bromo). Per ottenere un’efficienza maggiore in una tradizionale lampada a incandescenza sarebbe sufficiente aumentare la sua temperatura di funzionamento; questo però genererebbe una maggiore volatilizzazione del tungsteno con una riduzione significativa della vita della lampada stessa. Uno degli aspetti negativi delle tradizionali lampade a incandescenza sotto vuoto, infatti, è rappresentato dalla formazione di un deposito scuro di particelle di tungsteno sulla superficie interna del bulbo. Questo annerimento provoca un sensibile decadimento del flusso luminoso e la conseguente perdita delle caratteristiche fotometriche iniziali. Il rimedio a questo consiste nell’evitare che le particelle di tungsteno volatilizzate raggiungano la superficie del bulbo, ottenibile aggiungendo alogeni al gas di riempimento che inneschino un processo ciclico che riporti nuovamente sul filamento il tungsteno volatilizzato. Il processo, definito ciclo rigenerativo dell’alogeno viene illustrato nella figura 2.9 e può essere riassunto nel modo che segue. Fig. 2.9 Schematizzazione del ciclo dell’alogeno.



Durante la fase di funzionamento (temperatura 3000 K) degli atomi di tungsteno evaporano dal filamento.  Gli alogeni presenti si aggregano alle particelle di tungsteno e formano una miscela gassosa (stabilizzata alla temperatura di 500 ÷ 1700 K) che non

Sorgenti luminose 47

ostacola il passaggio del flusso luminoso del filamento. Tramite i moti convettivi presenti all’interno della lampada, la miscela formatasi ritorna in prossimità del filamento caldo e si scompone.  Le particelle di tungsteno si depositano sul filamento.  L’alogeno rimane disponibile per un successivo ciclo. 

In linea di massima le lampade alogene, a parità di potenza, diffondono un 20% in più di luce e hanno una vita media due volte superiore a quella delle lampade a incandescenza standard. Il bulbo delle lampade con alogeni è costituito da quarzo per poter sopportare le elevate temperature di funzionamento. Questa caratteristica impone di non toccare le lampade a mani nude: infatti i depositi di grasso che inconsapevolmente vengono lasciati dai polpastrelli possono provocare  con le elevate temperature raggiunte durante il funzionamento  la vetrificazione del quarzo e la conseguente rottura della lampada. Le lampade ad alogeni hanno, inoltre, una temperatura di colore più elevata di quelle delle tradizionali lampade a incandescenza. La loro luce, contenendo una maggiore quantità di blu e una minore quantità di giallo, appare più bianca e brillante. Cosicché, anche se entrambi i tipi di sorgenti luminose hanno un indice di resa cromatica uguale a 100, la maggior temperatura di colore delle lampade ad alogeni ha una resa cromatica più piacevole e più brillante per un’ampia gamma di colori. Le alogene, regolamentate dalle Norme CEI EN 60357 Lampade ad alogeni (veicoli esclusi) (CEI 34-40), CEI EN 61047 Trasformatori elettronici per lampade ad incandescenza alimentati in c.c. o in c.a. Prescrizioni di prestazione (CEI 34-62), CEI EN 60432-2 Prescrizioni di sicurezza per lampade ad incandescenza. Parte 2: Lampade ad alogeni per illuminazione domestica e similare (CEI 34-79), possono essere classificate in lampade a:    

bassissima tensione senza riflettore, bassissima tensione con riflettore, bassa tensione monoattacco, bassa tensione biattacco.

Le lampade alogene a bassissima tensione senza riflettore (fig. 2.10) vengono collegate alla rete di alimentazione attraverso un trasformatore elettromagnetico o elettronico, scelto sulla base della potenza totale assorbita dalle lampade presenti nell’impianto. Esse vengono alimentate con una tensione di 6, 12 e 24 V, hanno dimensioni ridottissime e possono venire combinate con specifici riflettori argentati, dorati e a specchio freddo in modo da interpretare un ruolo importante e sofisticato dal punto di vista illuminotecnico. Le lampade alogene trovano largo impiego in tutti quei contesti nei quali non sia necessario disporre di moltissima luce.

Fig. 2.10 Lampade alogene a bassissima tensione. L’illuminazione emessa è dell’ordine dei centinaia di lumen e la loro dimensione ridotta, associata a potenza modesta, le rende particolarmente adatte per locali di piccolo e medio formato. Nonostante esistano in commercio varie versioni e potenze, i modelli più utilizzati sono quelli con potenza dell’ordine dei 20 ÷ 50 W, con tensione di alimentazione di 12 V. Esse, a seconda del riflettore che le contiene, possono venire utilizzate per una illuminazione d’accento in ambienti già luminosi oppure per una illumina-

48

Capitolo 2

zione diffusa. Oppure, in combinazione con un riflettore dicroico (fig. 2.11) che riduce del 70% l’irradiazione del calore nella direzione del flusso luminoso (fig. 2.12), sono utilizzate per illuminare oggetti sensibili al calore (oggetti preziosi, quadri, piante, generi alimentari ecc.).

Fig. 2.11 Lampada alogena con riflettore dicroico.

Fig. 2.12 Irradiazione del calore di una lampada alogena con riflettore dicroico.

La tabella 2.2 riassume alcune caratteristiche delle lampade alogene a bassissima tensione di alimentazione. Tab. 2.2 Caratteristiche elettriche, fotometriche e costruttive di alcune lampade alogene a bassissima tensione. LAMPADE ALOGENE A BASSISSIMA TENSIONE SENZA RIFLETTORE Dimensioni [mm]

Attacco

Tensione di alimentazione [V]

Potenza nominale [W]

Potenza assorbita [VA]

Flusso luminoso [lm]

Efficienza luminosa [lm/W]

Durata media [ore]

Temperatura di colore [K]

31 x 9 31 x 9

G4

6

10



120

12

3000

3000

G4

12

5



60

12

3000

3000

44 x 12

GY 6,35

12

50



950

19

3000

3000

44 x 12

GY 6,35

12

100



2500

25

3000

3000 3000

31 x 9

G4

24

20



350

17

3000

44 x 12

GY 6,35

24

50



900

18

3000

3000

44 x 12

GY 6,35

24

100



2200

22

3000

3000

Le lampade a incandescenza con alogeni a tensione di rete vengono collegate direttamente alla linea di alimentazione e si differenziano in genere per avere un solo attacco o due attacchi laterali (fig. 2.13). Nel primo caso l’attacco può essere del tipo a baionetta oppure a vite.

Fig. 2.13 Lampade alogene a bassa tensione a singolo e a doppio attacco laterale.

Le alogene in questo modo possono essere montate in sostituzione delle normali lampade a incandescenza. Inoltre, a causa dei terminali delle spirali paralleli all’asse della lampada, il rendimento luminoso risulta superiore di circa il 20% rispetto a quello di una comune lampada. L’utilizzo è molto vasto e trova normalmente impiego in apparecchi a soffitto, a parete, in faretti, in lam-

Sorgenti luminose 49

pade a stelo e in apparecchi illuminanti a sospensione per abitazioni, foyers, sale conferenza, ristoranti e vetrine. Nel caso invece del doppio attacco laterale, le lampade sono caratterizzate da un’alta efficienza luminosa e da potenze e flussi luminosi molto elevati (fino a 2 kW e 44 000 lumen). Esse possono essere utilizzate sia per l’illuminazione di interni sia per l’illuminazione di esterni. All’interno sono soprattutto impiegate per l’illuminazione di abitazioni, locali di vendita, hall di ingresso e impianti sportivi coperti. All’esterno sono utilizzate per illuminare impianti sportivi, piste di allenamento, facciate di edifici, fontane e monumenti. La figura 2.14 mostra l’emissione spettrale (espressa in percentuale) alle differenti lunghezze d’onda () di una lampada alogena con parabola dicroica incorporata e una con parabola riflettente incorporata in alluminio. L’abbattimento dell’emissione si manifesta principalmente nella banda spettrale dell’infrarosso. 100

con riflettore in alluminio

% 80 con riflettore dicroico

60 40 20



lunghezza d’onda infrarosso 0

300

500

700

900

1100

1300

1500

1700

1900

Fig. 2.14 Emissione spettrale di due lampade alogene.

2.2 Lampade a scarica nei gas e nei vapori Le lampade a scarica nei gas e nei vapori si basano sull’effetto detto irradiazione per luminescenza, come si verifica anche in natura con il fulmine. La luce emessa dunque non deriva dall’elevata temperatura di funzionamento, bensì dalla trasformazione diretta dell’energia elettrica in energia luminosa. La miscela di gas o i vapori metallici utilizzati in questo tipo di lampade vengono portati all’eccitazione dal passaggio della corrente elettrica e in queste condizioni emettono energia sotto forma di radiazione luminosa. A seconda dei componenti e a seconda della pressione interna della lampada, si possono ottenere radiazioni di diversa lunghezza d’onda, con emissioni luminose che si estendono dall’ultravioletto all’infrarosso. Le lampade a scarica nei gas e nei vapori sono sempre collegate ad un alimentatore (fig. 2.15), chiamato anche reattore o ballast, che svolge il compito di generare una tensione di innesco e di stabilizzare la corrente.

Il funzionamento particolare di queste lampade (passaggio della corrente elettrica all’interno di un gas) rende obbligatorio l’uso di un tale apparecchio.

Fig. 2.15 Alimentatori per lampade a scarica nei gas.

50

Capitolo 2

Ampolla luminescente Lama bimetallica Contatto Gas argo Chiusura sigillata

Ampolla luminescente Condensatore

Infatti, a differenza di una lampada a incandescenza che ha la proprietà di aumentare rapidamente la propria resistenza in modo che la corrente che circola venga immediatamente stabilizzata (caratteristica positiva di resistenza), una lampada a scarica presenta caratteristiche opposte. Se fosse collegata direttamente alla linea di alimentazione, non solo non riuscirebbe a stabilizzare il valore della corrente circolante, ma subirebbe un aumento di corrente notevole (cortocircuito interno) tale da distruggerla. A seconda del tipo di lampada supportata, l’alimentatore può essere una semplice impedenza (induttanza su ferro), un trasformatore a dispersione oppure un autotrasformatore elevatore. In questi anni è comparso sul mercato un particolare modello di alimentatore che permette di regolare il flusso luminoso anche nelle lampade a scarica nei gas. Essenzialmente consiste in un reattore elettronico a risparmio energetico, funzionante a frequenze superiori a 25 kHz, che permette di ottenere una regolazione del flusso luminoso fino al 10%. Alimentato a valori di 230/240 V a frequenza 50-60 Hz, permette l’accensione della lampada fino a 0 °C, con esclusione automatica della lampada a fine vita. Presenta inoltre la capacità di segnalare le sovratensioni presenti nel impianto ( 280 V) mediante spegnimento delle lampade ed è estremamente resistente alle sovratensioni (fino a 400 V). Il mantenimento del flusso e della potenza nominale delle lampade è indipendente dalla tensione di rete; il controllo del flusso viene effettuato con circuito supplementare per un segnale in bassa tensione (1 ÷ 10 V in corrente continua). Ogni reattore presenta quindi i classici morsetti di alimentazione e connessioni per la terra, più due morsetti contrassegnati con la polarità  e , sui quali è possibile effettuare una regolazione del flusso in modo manuale, tramite un potenziometro, oppure in modo automatico con fotocellula. In alcuni casi è necessario utilizzare anche un’altra apparecchiatura supplementare: lo starter. Lo starter assolve la funzione di preriscaldare gli elettrodi della lampada in modo da facilitare l’innesco della scarica. In commercio si trovano tre tipi di starter:

Contenitore di plastica Collegamenti Base

Fig. 2.16 Principali parti di uno starter a luminescenza.

Fig. 2.17 Starter elettronico di sicurezza.

  

a luminescenza, termico, elettronico di sicurezza.

Lo starter a luminescenza (fig. 2.16) è composto di un’ampolla, un soppressore di disturbi e relativi collegamenti, tutti contenuti in un piccolo cilindro di plastica con attacco a due spinotti. L’ampolla di vetro contiene un interruttore, formato da un contatto fisso più una lamina bimetallica oppure da due lamine bimetalliche, ed è riempita con un gas (argo). Il soppressore di disturbi è costituito da un condensatore con il compito di eliminare le interferenze che si potrebbero verificare negli impianti di ricezione radio-TV. Lo starter termico è composto da una ampolla di vetro contenente due lamine bimetalliche (contatto) e un elemento riscaldante (spirale di riscaldamento). Anche in questo caso è presente un condensatore per l’eliminazione di disturbi indotti nei circuiti radio-TV. Infine, lo starter elettronico di sicurezza (fig. 2.17) viene caratterizzato da due momenti di lavoro: tempo di accensione della lampada e tempo di disinserzione del circuito, quando la lampada non si accende. Esso è composto da un interruttore a luminescenza (inserito nell’ampolla), un resistore a caratteristica resistenza-temperatura negativa (interviene quando la lampada non si accende), un diodo, una lamina bimetallica e un dispositivo di interruzione del circuito elettrico. Sono presenti anche un pulsantino per il ripristino del circuito di accensione e un condensatore.

Sorgenti luminose 51

Le lampade a scarica nei gas e nei vapori si possono classificare in tre tipi fondamentali:   

lampade fluorescenti, lampade a vapori di mercurio, lampade a vapori di sodio.

Ogni tipo poi può a sua volta essere suddiviso a seconda delle esecuzioni costruttive particolari. Nei paragrafi successivi vengono prese in esame le lampade più usate nell’illuminazione per interni o esterni e per particolari applicazioni. In linea generale per avere un buon funzionamento e per ottenere la massima durata è bene tenere in considerazione quanto segue. 









La temperatura ambiente ha una notevole influenza sul rendimento delle lampade fluorescenti (fig. 2.18), che presentano infatti la massima efficienza luminosa a circa 25 °C (in questa situazione la temperatura sulla superficie del tubo è di circa 40 °C). Con valori di temperatura superiori oppure inferiori al valore ottimale di funzionamento si hanno sensibili diminuzioni di efficienza luminosa e di flusso luminoso emesso. Se si installano lampade fluorescenti in ambienti freddi, è importante inserirle in apparecchi illuminanti chiusi, limitando il più possibile la potenziale dissipazione termica. Se non fosse possibile, è meglio indirizzare la scelta verso lampade protette da uno strato siliconico, oppure utilizzare speciali lampade ad amalgama di indio, che emettono il massimo flusso luminoso in un campo di temperatura compreso tra i 15 °C e gli 85 °C, inserendole in apparecchi illuminanti chiusi. È opportuno tenere presente comunque che le lampade fluorescenti standard, cioè quelle che utilizzano starter e reattore normali, presentano serie difficoltà di accensione se collocate in ambienti con temperatura inferiore a 10 °C. Se invece le lampade fluorescenti devono essere installate in ambienti molto caldi, è indispensabile munire l’apparecchio illuminante di un sistema di ventilazione per eliminare l’eccesso di calore. La tensione di alimentazione influenza notevolmente il funzionamento delle lampade fluorescenti (fig. 2.19). Infatti, a bassi valori di tensione la lampada si accende con difficoltà, mentre elevati valori di tensione ne riducono notevolmente la vita media di funzionamento e l’efficienza luminosa. In linea di massima si può affermare che, in condizioni normali di impiego (valori di tensione con oscillazioni comprese tra  5% e utilizzo delle lampade per circa 3 h per ogni accensione), la vita media si aggira tra le 7500 ÷ 10 000 ore, a seconda delle diverse potenze, delle condizioni di impiego ecc. Le lampade a scarica, alimentate in corrente alternata, presentano variazioni dell’intensità luminosa. Alla frequenza di 50 Hz tali variazioni non si percepiscono ma, se gli oggetti o i soggetti illuminati si muovono ad una certa velocità, si può ottenere una sensazione di sfarfallamento (effetto stroboscopico) che provoca affaticamento degli occhi e minore acuità visiva. A questa caratteristica negativa si può ovviare collegando le lampade in un modo specifico, denominato circuito duo, oppure derivando le lampade sulle diverse fasi di un circuito trifase.

2.2.1 Lampade fluorescenti Le prime lampade fluorescenti fecero la loro comparsa verso la metà degli anni trenta e, per la loro efficienza luminosa superiore a quella delle lampade ad incandescenza, divennero presto di uso comune. Le lampade fluorescenti ven-

 (%) 100 80 60 40

Lampada fluorescente con alimentatore elettromagnetico Lampada fluorescente con alimentatore elettronico

20 0 20

0

20 40 60 Temperatura ambiente t (°C)

Fig. 2.18 Variazione del flusso luminoso () in funzione della temperatura ambientale (t).

200

220

240 U (V)

115 %

260 P

110



105 I 100



95 90 85 85

90

95

100

105 110 115 Um (%)

Fig. 2.19 Variazione (%) di alcune grandezze elettriche e fotometriche in funzione alla variazione della tensione di alimentazione.

52

Capitolo 2

gono definite dalle norme come lampade a scarica a vapore di mercurio a bassa pressione aventi forma tubolare diritta, circolare o a U, nelle quali la maggior parte della luce è emessa da uno strato di sostanza fluorescente eccitata dalle radiazioni ultraviolette della scarica. Esse utilizzano, quindi, l’attitudine ad emettere radiazioni luminose visibili da parte di alcune sostanze chimiche (sali fluorescenti), quando sono sottoposte a radiazioni ultraviolette. Indifferentemente dalla loro forma (fig. 2.20), esse sono composte da un tubo di vetro, avente due elettrodi posti alle estremità. All’interno del tubo viene immessa una miscela di gas, contenente vapore di mercurio a bassa pressione (6 ÷ 10 millesimi di millimetri di mercurio) e una piccola quantità di argo (gas raro). La funzione del gas raro è quella di facilitare l’accensione della lampada e la sua pressione (normalmente varia dai 2 ai 18 mm di mercurio) riveste un ruolo molto importante. Se tale pressione è leggermente superiore a quella prevista, la lampada si accende con maggior difficoltà, ma presenta un flusso luminoso costante; se invece è inferiore, la lampada si accende più facilmente, ma per contro presenta un decadimento del flusso luminoso più accentuato e una vita della lampada più breve. Gli elettrodi sono formati da un filamento di tungsteno con doppia o tripla spiralizzazione, rivestito da sostanze particolari (ossidi alcalino-terrosi) in grado di aumentare il loro potere di emissione. Ponendo gli elettrodi sotto tensione, se ne provoca il riscaldamento e la conseguente emissione elettronica. Fig. 2.20 Lampada fluorescente tubolare circolare e rettilinea.

Le lampade fluorescenti si possono classificare in diversi modi. Se si classificano in base all’accensione, esse possono essere:  

lampade fluorescenti ad accensione non istantanea, lampade fluorescenti ad accensione istantanea. Se si classificano in base al tipo di catodo, esse si dividono in:

 

lampade a catodo caldo, lampade a catodo freddo. Se si classificano in base alla forma, esse possono essere:

  

lampade fluorescenti tubolari rettilinee, lampade fluorescenti tubolari circolari, lampade fluorescenti tubolari ad U.

Possono essere distinte anche in base al loro diametro, al colore del tubo, all’integrazione/non integrazione degli ausiliari per l’accensione. L’evoluzione della tecnologia costruttiva registra il passaggio del diametro dei tubi (fig. 2.21) dalla struttura T12 di 38 mm, a quella T8 di 26 mm fino ad arrivare alla T5 di 16 mm, determinando una notevole riduzione di ingombro. T12 T8 T5 Fig. 2.21 Evoluzione dei diametri delle lampade fluorescenti. Il colore della luce emessa dalle lampade fluorescenti dipende dai tipi di fosfati usati: silicato di zinco per il verde, tungstato di calcio per il blu, borato

Sorgenti luminose 53

di cadmio per il rosa, fosfati di calcio per il bianco, a cui si aggiungono mescolanze di altre polveri. Per controllare con precisione la temperatura di colore e l’indice di resa cromatica viene aggiunto uno speciale rivestimento trifosforo che copre un secondo rivestimento di fosfori, a sua volta posto sopra una base di alofosforo. Con questa soluzione, le lampade fluorescenti sviluppano il massimo della loro efficienza quando vengono impiegate con alimentatori elettronici.

Lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato con reattore normale e starter In queste particolari lampade si usa lo starter per preriscaldare gli elettrodi e innescare l’arco elettrico per l’accensione della lampada. L’alimentazione utilizzata, del tipo induttivo, alimenta la lampada alla tensione di rete. L’accensione di queste lampade si può riassumere come segue:     

se si applica tensione, si causa una scarica luminescente nello starter, la quale riscalda un contatto bimetallico e lo fa chiudere; in questo periodo di tempo gli elettrodi sono collegati in serie e sono preriscaldati dalla corrente che li percorre; la scarica luminescente però si spegne subito dopo la chiusura del contatto bimetallico e questo, di conseguenza, si raffredda e si riapre; l’apertura del contatto dello starter provoca una sovratensione improvvisa che innesca l’arco all’interno del tubo fluorescente; una volta innescata la scarica, la tensione di funzionamento è sufficiente a mantenere l’arco, pur risultando insufficiente per innescare una nuova scarica luminescente nello starter. La produzione di luce (fig. 2.22) può essere riassunta nel modo seguente:



  



gli elettrodi situati alle estremità del tubo, comportandosi come erogatori (catodi) e collettori (anodi) di elettroni quando sono sottoposti a tensione, generano un flusso di elettroni; il flusso colpisce gli atomi di mercurio eccitandoli; gli elettroni di mercurio ritornano però immediatamente nella loro condizione di stabilità, liberando l’energia supplementare acquisita; questa energia liberata si manifesta come radiazione elettromagnetica e, nel caso del mercurio a bassa pressione, soprattutto come radiazione ultravioletta con lunghezza d’onda di 253,7 nm; la composizione di sali fluorescenti (per esempio miscela formata di calcio, antimonio, cloro, fluoro e manganese) assorbe le radiazioni elettromagnetiche prodotte dagli atomi di mercurio e le riemette ad una lunghezza d’onda diversa (radiazione visibile). Radiazione visibile

Polvere fluorescente

Radiazione ultravioletta

Atomo di mercurio

Elettroni

Elettrodo

Un elemento molto importante, che caratterizza la luce emessa da una lampada fluorescente, quindi, è costituito dal tipo di sale fluorescente impiegato da

Fig. 2.22 Lampade fluorescenti a singolo e a doppio rivestimento.

54

Capitolo 2

solo o in combinazione di altri sali. Il sale fluorescente all’atto della preparazione viene purificato e combinato con un altro elemento denominato “attivante”. In definitiva, è quest’ultimo che condiziona le caratteristiche spettrali della luce emessa, cosicché si riscontra che alcune polveri, se utilizzate da sole, danno luogo ad emissioni luminose che coprono tutto lo spettro del visibile (producono luce bianca), altre  se opportunamente combinate  generano differenti caratteristiche di colore. Tutte le diverse combinazioni sono evidenziate dal diagramma di cromaticità del CIE. Mentre fino a qualche anno fa le lampade impiegate avevano un diametro di 38 e 26 mm ed erano riempite di argo, ultimamente sono comparse lampade con diametro da 26 mm riempite di cripto. Queste lampade sono state introdotte con lo scopo di ottenere un risparmio immediato di consumo energetico pari al 10%. Inoltre l’impiego di cripto ha dato luogo ad una nuova tecnologia costruttiva che ha consentito una riduzione del 10% della potenza impegnata, pur con un flusso luminoso uguale o superiore a quello delle tradizionali lampade di pari lunghezza ma di diametro maggiore. Le lampade fluorescenti di piccolo diametro funzionano esclusivamente con lo starter che deve essere in grado di provocare una sovratensione di 800 V. Inoltre la lunghezza e gli attacchi di queste lampade rimangono uguali a quelle delle lampade già in uso. Presentano però una maggiore efficienza luminosa in quanto, essendo il diametro inferiore a quello delle altre lampade e più bassa anche la pressione del gas di riempimento, la radiazione ultravioletta attraversa uno strato di gas meno spesso e arriva alle sostanze fluorescenti con una energia superiore. Un altro tipo di lampade (fig. 2.23) comparso sul mercato in questi ultimi anni è rappresentato dalle cosiddette lampade fluorescenti compatte.

Fig. 2.23 compatte.

Lampade fluorescenti

Tubo di vetro

Strato riflettente

Strato di fosfori

120° Apertura

Fig. 2.24 Lampada rivestita di sostanze fluorescenti e polveri riflettenti.

Esse presentano una compattezza di dimensioni e una linea di forme che le pone in diretta competizione con le lampade ad incandescenza. Sono caratterizzate da una elevata efficienza luminosa, che consente loro una notevole riduzione del consumo di energia elettrica rispetto alle normali lampade ad incandescenza a parità di flusso luminoso emesso. La vita media di queste lampade raggiunge le 8000 ore, otto volte in più rispetto alle lampade ad incandescenza. La potenza assorbita viene trasformata quasi completamente in luce. Alcune di tali lampade sono dotate di attacco a vite E27, il quale permette loro di essere immediatamente applicate al posto delle lampade ad incandescenza nei punti luce già esistenti; inoltre sono dotate di un sistema di accensione e di alimentazione ad alta frequenza completamente elettronico che conferisce loro caratteristiche di accensione immediata, assenza dello sfarfallio e costanza di flusso luminoso emesso. Un ulteriore tipo di lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato è costituito da quelle lampade che hanno la superficie interna del tubo rivestita, oltre che dal normale strato di sostanze fluorescenti, anche da un altro strato costituito da polveri riflettenti che ricoprono per tutta la lunghezza del tubo un arco di 240 gradi (fig. 2.24). Questa particolare esecuzione permette di concentrare la totalità del flusso luminoso emesso nel restante arco di 120 gradi. Le lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato sono, tra le lampade a

Sorgenti luminose 55

scarica, le più diffuse e il loro campo di utilizzo va dalla illuminazione civile (case, negozi, uffici) alla illuminazione stradale ed industriale. Lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato (con reattore tachistart e rapidstart) Queste lampade sono caratterizzate da accensione immediata e differiscono dalle normali, oltre che per il modo di accensione, per l’assenza nel circuito elettrico dello starter e per la presenza invece di un alimentatore specifico che preriscalda gli elettrodi mediante avvolgimenti supplementari. Le lampade che utilizzano l’alimentatore tachistart sono comuni lampade fluorescenti che normalmente funzionano con lo starter. Munite di una striscia metallica (polarizzazione della lampada), disposta su tutta la lunghezza della lampada, e collegate ad un alimentatore denominato tachistart, queste lampade si accendono istantaneamente. Nel caso di lampade circolari, mediante una molletta di contatto, la striscia metallica viene collegata a un capo del circuito sul quale è presente la tensione di rete: in questa situazione è presente, ai fini antinfortunistici, una resistenza con un elevato valore (circa 1 M) interposta tra la striscia e il collegamento alla linea. L’alimentatore è costituito di solito da una normale impedenza e da un autotrasformatore. Il funzionamento all’atto dell’accensione, con tensione di rete 230 V, si può riassumere nel seguente modo:  

 



la lampada non è ancora accesa e nell’impedenza circola la sola corrente di magnetizzazione dell’autotrasformatore; in questo istante la parte dell’autotrasformatore collegata alla linea risulta alimentata (la tensione presente su questi capi è di 230 V), mentre le parti dell’autotrasformatore che si collegano agli elettrodi della lampada risultano sottoposte alla tensione di 9 ÷ 10 V; questo piccolo valore di tensione consente di far circolare una corrente che preriscalda gli elettrodi e determina l’accensione della lampada; con l’accensione della lampada, l’impedenza viene percorsa dalla corrente di assorbimento e questo fatto determina una caduta di tensione sulla parte dell’autotrasformatore collegata in linea (la tensione applicata risulta adesso di 100 ÷ 102 V); di conseguenza anche le parti dell’autotrasformatore collegate agli elettrodi della lampada sono sottoposte ad una minore tensione (2,5 ÷ 3 V).

Le fasi dell’accensione avvengono in un tempo stimabile sui 5 centesimi di secondo e ovviamente impercettibili alle persone. Le lampade rapidstart invece possono essere costruite con la striscia metallica già presente (fig. 2.25) oppure senza striscia ma con uno strato conduttivo interno e funzionano con un alimentatore denominato rapidstart che è praticamente identico all’alimentatore tachistart, presentando come unica differenza una diversa tensione ai capi degli elettrodi. L’accensione di queste lampade avviene non appena gli elettrodi sono sufficientemente riscaldati e normalmente sono esenti dal fenomeno dello sfarfallamento. Per garantire un’accensione sicura si usa aumentare la ionizzazione del gas per mezzo di tensioni capacitive. Ecco perché è bene ricordare al momento dell’installazione che, se la lampada è costruita con lo strato protettivo interno, essa deve essere montata a meno di 2 cm dalla parte metallica dell’apparecchio illuminante, la quale deve essere collegata a terra; se è presente invece la striscia metallizzata, questa deve essere collegata a massa oppure a terra, in modo da determinare una differenza di potenziale di circa 180 V. Le lampade rapidstart vengono costruite anche nella versione ad alta emis-

Fig. 2.25 rapidstart.

Lampade fluorescenti

56

Capitolo 2

Mastice Cappa

Conduttori

Tubo di svuotamento

Fig. 2.26 Lampada fluorescente slimline.

sione: in questo caso esse emettono un flusso luminoso molto più elevato delle normali lampade rapidstart. In questo caso, all’interno della lampada si creano dei punti freddi, formati da uno spazio di circa 6 cm situato dietro gli elettrodi e separato da questi da uno schermo. Infine, occorre notare che gli alimentatori tachistart, anche se non progettati per questo scopo, possono alimentare lampade rapidstart, mentre gli alimentatori rapidstart non possono alimentare lampade normali: ciò è dovuto alla diversa tensione alla quale sono sottoposti gli elettrodi nei due tipi di lampade.

Lampade fluorescenti ad accensione istantanea a freddo (slimline e ad elettrodo ausiliario) Queste lampade sono caratterizzate, funzionalmente, da un’accensione istantanea e, costruttivamente, dalla presenza di elettrodi a triplice spiralizzazione che riuniscono doti di buona robustezza con quelle di elevato potere emissivo. La spiralizzazione, strutturata in questo modo, trattiene con maggiore forza i composti emissivi posti sugli elettrodi, impedendo il rapido decadimento della loro efficienza conseguente alle forti sollecitazioni elettriche a cui sono sottoposti. Le lampade ad accensione istantanea si dividono in due specifici tipi: a seconda che l’accensione sia provocata da un alimentatore particolare o esista un dispositivo particolare, inserito sulla lampada stessa. Il primo tipo di lampade si denomina slimline, mentre il secondo è chiamato ad elettrodo ausiliario. Le lampade slimline (fig. 2.26) non hanno necessità di preriscaldare gli elettrodi e sono caratterizzate da una tensione di innesco piuttosto elevata (tab. 2.3) che può raggiungere i 400 ÷ 750 V. Assomigliano alle lampade rapidstart per l’accensione immediata e per l’assenza dello starter, ma si differenziano per la loro forma (sono più sottili e più lunghe) e per il tipo specifico di elettrodi. Per ottenere valori elevati di tensione utilizzano un particolare alimentatore, a forte dispersione di flusso, che però stabilisce un basso fattore di potenza (il rifasamento è di conseguenza d’obbligo).

Tab. 2.3 Caratteristiche elettriche, fotometriche e costruttive di alcune lampade slimline. Tipo

Diametro [mm]

Tensione innesco [V]

Potenza [W]

Flusso iniziale [lm]

Lunghezza [mm]

F24T12



270

21

1280

609

F36T12



315

30

1930

913

F42T12



385

35

2400

1066

F42T6



405

25

1850

1066

F48T12



385

38

2575

1219

F64T6



540

37

2900

1625

F72T8



540

38

3100

1828

F96T8



675

51

4500

2438

F96T8



565

75

6900

2438

Le lampade fluorescenti con elettrodo ausiliario presentano internamente una striscia metallica conduttrice su tutta la lunghezza del tubo; tale striscia (elettrodo ausiliario) è collegata con una estremità ad uno dei due elettrodi, mentre l’altra estremità è posizionata in vicinanza del secondo elettrodo. Il funzionamento può essere riassunto nel modo seguente: 

alla chiusura del circuito si manifesta una scarica luminescente tra l’elettrodo ausiliario e quello opposto;  tale scarica induce l’elettrodo opposto ad emettere un numero di elettroni

Sorgenti luminose 57



sufficienti a far avvenire immediatamente l’innesco della scarica principale; la corrente elettrica circola attraverso la miscela di gas interna (in quanto la resistenza della scarica è di molto inferiore a quella della striscia metallica) e la lampada funziona regolarmente.

Le lampade ad accensione istantanea sono adatte per funzionamenti prolungati e per accensioni poco frequenti. Esse presentano diversi aspetti positivi, tra i quali si possono citare una buona efficienza luminosa, una bassa luminanza, una vita media di funzionamento sulle 6000 ÷ 9000 ore ed una utilizzazione anche in ambienti freddi, se rivestite di sostanze siliconiche. Sono utilizzate per la creazione di soffitti luminosi in sale per riunioni oppure per insegne pubblicitarie. Lampade a catodo freddo (insegne luminose) Le lampade a catodo freddo sono più sottili e più lunghe delle altre lampade fluorescenti. Esse, pur avendo un vasto campo di utilizzazione, non sono sottoposte ad una normalizzazione precisa. Il tubo ha una notevole lunghezza e ha un diametro che varia generalmente dai 13 ai 22 mm. Gli elettrodi sono molto diversi da quelli delle normali lampade fluorescenti: la loro forma è simile a un bicchiere e sono caratterizzati da una grande superficie. Nelle lampade a catodo freddo l’emissione elettronica di scarica viene stabilita tenendo gli elettrodi sempre alla tensione di linea, indicativamente 600 ÷ 800 V. Analogamente alle altre lampade a scarica, anche queste lampade vengono collegate ad un alimentatore, che in questo caso è un autotrasformatore con una reattanza di dispersione capace da sola di stabilizzare l’arco. Frequentemente queste lampade vengono collegate (in serie, in parallelo oppure in modo misto) ad un unico alimentatore. In queste situazioni gli alimentatori raggiungono potenze molto elevate, con tensioni applicate che raggiungono valori di alcune migliaia di volt. La potenza assorbita dalle lampade è sull’ordine dei 20 ÷ 30 W per metro e la durata varia dalle 10 000 alle 20 000 ore, indipendentemente dal funzionamento. Essendo la tensione di alimentazione per ogni metro di lampada molto elevata, le disposizioni antinfortunistiche fissano a 6000 V il valore massimo utilizzabile per alimentatore. Conseguentemente, se il valore complessivo dell’impianto supera il valore di 6000 V (insegna luminosa molto lunga), si ricorre alla soluzione di utilizzare più alimentatori, spezzando l’insegna in più parti. La funzione delle lampade a catodo freddo non è quella di illuminare bensì quella di attirare l’attenzione delle persone o evidenziare un ambiente ricreativo o di commercio. Per questi motivi si usa generalmente inserire all’interno del tubo gas differenti, in modo da ottenere colori diversi: per esempio l’elio conferisce una luce rosa, il mercurio e l’argo colori azzurri ecc. Si impiegano inoltre tubi colorati e in particolare è molto diffuso l’uso dei cosiddetti tubi policromi, tubi divisi secondo la lunghezza da diaframmi e contenenti in ogni sezione gas diversi, in modo da ottenere luci di colore diverso. 2.2.2 Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione Una lampada a vapori di mercurio ad alta pressione (normalmente definita come lampada con bulbo fluorescente) è composta sostanzialmente dai seguenti elementi principali:  

tubo di scarica, bulbo esterno,

58

Capitolo 2

 

Bulbo esterno

Elettrodo ausiliario Tubo di scarica Elettrodo principale Fig. 2.27 Parti principali di una lampada a vapori di mercurio ad alta pressione.

elettrodi attacco.

La figura 2.27 illustra le parti di una lampada a vapori di mercurio ad alta pressione. Il tubo di scarica è un tubo cilindrico di quarzo in cui sono inseriti gli elettrodi, il mercurio e il gas inerte. Esso deve essere molto resistente alle elevate temperature di funzionamento ed inoltre deve essere completamente trasparente alla radiazione ultravioletta. Gli elettrodi della lampada si distinguono in principali e secondari (o di avviamento). Gli elettrodi principali sono formati da una barretta di tungsteno, sulla quale viene collocato un avvolgimento sempre di filo di tungsteno. L’elettrodo ausiliario è costituito da un filamento di tungsteno, avente, all’interno del tubo di scarica, un capo collegato al primo elettrodo principale e l’altro avvicinato al secondo elettrodo principale. Infine il bulbo esterno racchiude il tubo di scarica ed il supporto. All’interno del tubo esterno viene inserito del gas inerte e sia il bulbo che il gas hanno il compito di preservare tutti i componenti dalla corrosione dovuta alle alte temperature e di mantenere costante la temperatura del tubo di scarica. Per questa seconda funzione la forma ovoidale di queste lampade è detta anche isotermica. A seconda della potenza della lampada vengono impiegati tipi di vetro diversi. La superficie interna del bulbo esterno (ma esistono anche lampade con vetro trasparente) è rivestita di sali fluorescenti che convertono le radiazioni ultraviolette (radiazioni emesse in quantità maggiore a quelle visibili) in luce. L’attacco può essere del tipo Edison (E27 per le basse potenze e E40 per le elevate potenze) o del tipo a baionetta (B22d). Il funzionamento di una lampada a vapori di mercurio con bulbo fluorescente si può riassumere nel seguente modo: 









al momento dell’accensione si crea una scarica tra l’elettrodo ausiliario e l’elettrodo principale, posti molto vicino (la scarica è di tipo luminescente, ricopre solamente lo spazio che intercorre tra i due elettrodi ed è data dal gas inerte); la corrente elettrica che circola ha un valore molto basso, in quanto viene limitata dalla resistenza (del valore di circa 25 k) che collega l’elettrodo di avviamento a quello principale più lontano; la scarica luminescente però si espande nel tubo a causa del campo elettrico formato dai due elettrodi principali, e, quando arriva all’elettrodo più lontano, provoca un aumento della corrente circolante; questo aumento di corrente determina il riscaldamento dei due elettrodi principali e la trasformazione della scarica luminescente in vero e proprio arco elettrico; sono necessari ora alcuni minuti perché si vaporizzi tutto il mercurio contenuto e la lampada raggiunga l’emissione luminosa nominale.

Come tutte le lampade a scarica, anche le lampade di questo tipo devono essere collegate ad un stabilizzatore di corrente, rappresentato normalmente da un alimentatore ad induzione. In linea generale, le lampade ad alta pressione si possono suddividere in:    

lampade con bulbo fluorescente, lampade con rivestimento speciale al fosforo, lampade con vetro trasparente (di forma tubolare o ovoidale), lampade con bulbo fluorescente e riflettore incorporato. La figura 2.28 rappresenta una lampada con bulbo fluorescente e una con

Sorgenti luminose 59

riflettore incorporato.

Fig. 2.28 Lampade a vapori di mercurio con bulbo fluorescente e con bulbo fluorescente e riflettore incorporato. Tutte queste lampade presentano una ottima efficienza luminosa, maggiore nelle lampade con bulbo fluorescente, che risulta essere direttamente proporzionale alla potenza. Esse trovano applicazione nell’illuminazione di grandi aree, quali magazzini, depositi, officine. È buona norma ricordare inoltre che lampade con potenza fino a 250 W vanno installate ad una altezza che varia tra i 5 e gli 8 m, mentre lampade con potenze superiori devono essere poste ad altezze di 8 ÷ 20 m.

2.2.3 Lampade a vapori di mercurio con alogenuri (ioduri metallici) Le lampade a vapori di mercurio con alogenuri (fig. 2.29) in linea generale hanno lo stesso funzionamento delle lampade a vapori di mercurio ad alta pressione. Si diversificano da queste per l’aggiunta di ioduri metallici che aumentano la qualità della luce emessa conferendo maggiore resa cromatica e superiore efficienza luminosa. La quantità di mercurio presente assolve il compito di mantenere la temperatura e la tensione della scarica costanti, mentre la specifica combinazione di alogenuri impiegata permette un’emissione di colori particolari.

Fig. 2.29 Tipi di lampade a vapori di mercurio con alogenuri. Gli elementi più utilizzati sono il sodio, l’indio e il tallio, oppure vengono aggiunte quantità specifiche di terre rare, come per esempio disprosio, tullio ecc.; in altri tipi vengono inseriti ioduri di stagno. Le terre rare emettono in varie linee dello spettro (viola, verde, giallo, rosso), il tallio emette nella lunghezza d’onda del verde, il sodio in quella del giallo, il litio in quella del rosso e l’indio in quella del blu. Data la loro potenziale distruttività sul vetro del tubo di scarica, le sostanze sopra elencate devono essere introdotte assieme a quantità di bromo e iodio (alogeni non metallici) che svolgono il compito di composizione e scomposizione chimica con i metalli degli alogenuri (ciclo analogo a quello delle lampade ad incandescenza con alogeni) per neutralizzare la loro reazione con il tubo di quarzo. Il ciclo si può riassumere nel modo seguente:

60

Capitolo 2



nella zona centrale del tubo di scarica viene ionizzato il mercurio, il quale entra in reazione ed emette la sua radiazione specifica;  nella parte circostante la reazione del mercurio, per l’elevata temperatura, si scompongono gli alogenuri, trasformandosi in parte metallica e alogeno;  durante l’emissione che gli è caratteristica, il metallo si sposta verso la parte adiacente le pareti del tubo di scarica e, a causa della temperatura più bassa, si combina con l’alogeno perdendo le potenziali caratteristiche chimiche distruttive. Le lampade a vapori di mercurio con alogenuri, in base al dosaggio dei metalli, si possono suddividere in:   

lampade a tre colori, lampade con spettro multirighe, lampade a spettro quasi continuo.

La figura 2.30 illustra le principali parti di una lampada a vapori di mercurio con alogenuri Radiazioni UV

Luce visibile

Bulbo di vetro

Fig. 2.30 Parti principali di una lampada a vapori di mercurio con alogenuri.

Tubo di scarica al quarzo

Mercurio e atomi di alogenuri metallici

Elettrodo di tungsteno Elettrodo di tungsteno

Arco

Analogamente a quasi tutte le lampade a scarica, anch’esse necessitano di un alimentatore per stabilizzare la corrente circolante ma, per innescare la scarica, la lampada ha bisogno di un accenditore. L’utilizzazione dei vari tipi di lampade a vapori di alogenuri spazia dall’illuminazione di interni (capannoni industriali, vetrine, saloni fieristici ecc.) all’illuminazione esterna (stadi, monumenti, parchi ecc.).

2.2.4 Lampade a vapori di sodio a bassa pressione Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione hanno varie utilizzazioni a seconda della loro potenza. Quelle di bassa potenza (per esempio 18 W) trovano impiego specialmente nell’illuminazione di sicurezza o di sorveglianza (per esempio per la protezione della proprietà). Le lampade di media potenza (per esempio 35 W e 55 W) sono utilizzate in linea generale per l’illuminazione di strade urbane, sottopassi ecc. Quelle di elevata potenza, infine, vengono impiegate per l’illuminazione di svincoli stradali, di strade a traffico veloce, per l’illuminazione di gallerie, canali e per tutte quelle zone che presentano potenziali pericoli. Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione sono formate da un tubo di scarica, generalmente ripiegato ad U, tenuto in una posizione fissa da supporti interni. Questi supporti hanno anche la funzione di ammortizzare le vibrazioni

Sorgenti luminose 61

a cui può essere soggetta la lampada. All’interno del tubo di scarica, e più precisamente ai capi estremi del tubo, sono sistemati due elettrodi a filamento. Essi, come per le lampade fluorescenti, sono di tungsteno e servono per accendere la lampada a freddo. Questi elettrodi sono rivestiti di un materiale particolare, come il filamento delle lampade fluorescenti, per aumentare l’emissione elettronica. All’interno del tubo sono presenti una miscela di gas inerti e una quantità ben precisa di sodio metallico. La miscela di gas inerte, costituita per esempio da neon e argo, ha la funzione principale di provocare al momento dell’accensione un picco di tensione molto elevato (mediamente 1 kV) in modo che questo riscaldi molto velocemente le pareti del tubo ad U. La scarica attivata dalla miscela di gas e l’aumento di temperatura interna provocano l’inizio della vaporizzazione del sodio metallico fino a quando non è raggiunto l’equilibrio termico (all’incirca verso i 250 °C) e il sodio non si è trasformato in vapore di sodio. La luce emessa a questo punto è gialla-arancione monocromatica. La figura 2.31 illustra alcuni dei componenti di una lampada a vapori di sodio a bassa pressione. Tubo di scarica

Attacco a baionetta

Elettrodi

Tubo esterno

Vaschette raccolta sodio

Il tubo a forma di U è costituito da un vetro speciale (vetro laminato), particolarmente resistente e adatto a questo utilizzo. Inoltre, in fase di costruzione, il tubo viene munito di prominenze (chiamate anche pozzetti) e vi vengono costituite delle zone fredde. Le prime servono per raccogliere il sodio (quando la lampada si spegne) mentre le seconde evitano che esso si vada a condensare nella curvatura. Un’altra componente di queste lampade è costituita dal bulbo esterno o tubo di protezione che svolge il compito principale di mantenere, durante il funzionamento, una temperatura costante sulla superficie del bulbo interno e funge quindi da struttura termoisolante. L’ultima parte di queste lampade è l’attacco, in genere del tipo a baionetta (BY 22d). Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione vengono alimentate normalmente a 230 V, utilizzando, analogamente alle altre lampade a scarica, un opportuno alimentatore. In questo caso l’alimentatore utilizzato è un trasformatore a dispersione che deve essere in grado di fornire alla lampada valori di tensione momentanei molto elevati. Il fattore di potenza risulta però molto basso (cos = 0,3) e impone sempre il rifasamento dell’impianto. La piena efficienza luminosa, cioè il raggiungimento per lo meno dell’80% del flusso nominale, richiede un tempo iniziale di alcuni minuti (circa 8 ÷ 15 minuti) e la lampada calda, una volta spenta, non si riaccende fintanto che non si sono ristabilite le condizioni ideali di pressione interna dei vapori. Occorre infine ricordare che, se da un lato queste lampade presentano una elevatissima efficienza luminosa e una vita media di funzionamento altrettanto elevata (circa 6000 ore), dall’altro sono caratterizzate da una scarsa resa cromatica e da una posizione di funzionamento strettamente limitata.

Fig. 2.31 Alcuni componenti di una lampada a vapori di sodio a bassa pressione.

62

Capitolo 2

2.2.5 Lampade a vapori di sodio ad alta pressione Le lampade a vapori di sodio ad alta pressione sono lampade caratterizzate da un’alta efficienza luminosa (arrivano a valori di circa 130 lm/W) e da una buona resa cromatica. Si trovano nelle versioni:   

Fig. 2.32 Lampada a vapori di sodio ad alta pressione elissoidale.

Fig. 2.33 Lampada a vapori di sodio ad alta pressione tubolare.

tubolari chiare, ellissoidali con diffusore, lineari con doppio attacco.

In linea generale, oltre che di un alimentatore, necessitano di un accenditore: il loro innesco avviene con impulsi di tensione del valore di circa 4 kV. Alcuni tipi però non necessitano di accenditore. Queste lampade funzionano con una pressione interna del vapore di sodio molto elevata e questa caratteristica fa si che la luce emessa sia una luce policromatica a tonalità bianco-oro. Le lampade a bulbo ellissoidale (fig.2.32) hanno il tubo di scarica in ossido di alluminio sinterizzato per resistere all’aggressività chimica del vapore di sodio alle alte pressioni e temperature. Il tubo di scarica è contenuto in un bulbo esterno che ha la funzione di proteggerlo e di mantenere il valore della temperatura costante sulla superficie del tubo di scarica. Inoltre il tubo esterno è ricoperto di polveri per diffondere omogeneamente la luce emessa. Le lampade ellissoidali possono funzionare in qualsiasi posizione ed il tempo necessario per raggiungere il regime di esercizio è dell’ordine di circa 4 minuti. Esse vengono utilizzate di solito per l’illuminazione stradale, per l’illuminazione di aree di parcheggio, piazzali, magazzini, capannoni industriali ecc. Le lampade tubolari (fig.2.33) posseggono le medesime caratteristiche e applicazioni delle lampade precedenti. Diverso è invece il bulbo di protezione esterno il quale, oltre ad avere una forma di tipo tubolare, viene realizzato in vetro chiaro. Per queste caratteristiche le lampade tubolari sono indicate per una illuminazione a proiezione. Le lampade lineari infine sono anch’esse costituite da un tubo di scarica in ossido di alluminio sinterizzato, protetto da un bulbo esterno di quarzo di forma tubolare e con finitura chiara. La loro accensione necessita di un accenditore con la capacità di emettere valori di tensione di circa 4,5 kV; hanno una durata di 6000 ore e la posizione di funzionamento è orizzontale con una variazione ammessa di 20°. 2.3 Lampade a vapori di mercurio a luce miscelata Il funzionamento delle lampade a vapori di mercurio a luce miscelata è molto simile a quello delle lampade precedenti, ma se ne differenzia perché non utilizzare un alimentatore ad impedenza e per il modo in cui forma l’emissione luminosa. Il nome (miscelata) sta ad indicare una luce mista, composta cioè da luce emessa da un filamento di tungsteno e dalla ionizzazione del mercurio. Il funzionamento si può riassumere come segue: 

subito dopo l’accensione, i valori di tensione applicati al tubo di scarica e al filamento di tungsteno sono molto diversi (circa 30 V per il primo e 190 V per il secondo), determinando una luce emessa prevalentemente dal filamento;  con il riscaldamento progressivo degli elettrodi, si verifica una diminuzione della tensione sul filamento, con una conseguente diminuzione di flusso luminoso emesso, un aumento della tensione sugli elettrodi e un aumento dell’emissione della scarica;

Sorgenti luminose 63



il processo continua fino all’equilibrio, raggiunto allorché il tubo di scarica emette un flusso luminoso circa in quantità doppia rispetto a quello del filamento.

La resistenza del filamento funziona anche da stabilizzatore di corrente, in sostituzione dell’alimentatore. Infatti, se la corrente che circola nella lampada aumenta, il filamento si surriscalda, aumentando a sua volta la propria resistenza, e blocca l’aumento della corrente. Le lampade a luce miscelata sono reperibili in commercio in due versioni:  

con bulbo ovoidale, con riflettore.

Entrambe hanno un rivestimento di sali fluorescenti, trovano vasta applicazione come sostituti delle lampade ad incandescenza di elevata potenza e presentano una buona efficienza luminosa (circa 20 lm/W) e una durata di vita che si aggira sulle 3000 ore. La figura 2.34 mostra la struttura di una lampada a luce miscelata. 2.4 Lampade per applicazioni speciali Oltre alle lampade per l’illuminazione di spazi interni ed esterni precedentemente trattate, esistono lampade a scarica nei gas e a incandescenza utilizzate per particolari applicazioni, come per esempio nelle lavorazioni industriali, agricole, negli allevamenti di animali o nella cura del corpo umano. Qui di seguito vengono esposte le caratteristiche di funzionamento e di utilizzo di alcune di esse. Le lampade ad arco venivano utilizzate prima che lo sviluppo tecnologico portasse filamenti più efficienti per le lampade ad incandescenza e elettrodi con maggiore capacità emissiva per le lampade a scarica. Funzionano anch’esse sul principio della scarica tra due elettrodi. Questi ultimi possono essere di carbone, di carbone mineralizzato oppure di rame e magnetite; inoltre possono essere posti in aria o in un’ampolla. A causa del calore elevato, provocato dalla corrente che percorre inizialmente la resistenza di contatto dei due elettrodi, essi si distaccano, determinando l’innesco della scarica. Con l’innesco della scarica il gas presente tra i due elettrodi si ionizza e si mescola con gli ioni degli stessi elettrodi, passati allo stato gassoso per l’elevata temperatura (all’incirca dai 2700 °C ai 4000 °C). Sempre a causa della temperatura elevata, l’arco non si spegne durante brevi interruzioni del circuito. Trattandosi comunque di lampade a scarica è implicito l’utilizzo di una adeguata apparecchiatura per la stabilizzazione della corrente circolante consistente in una resistenza collegata in serie, se l’alimentazione è in corrente continua, oppure in una reattanza, se l’alimentazione è in corrente alternata. Le lampade ad arco trovano tuttora impiego nei proiettori per la cinematografia, in quelli per usi militari e in macchine per la riproduzione di disegni. Le lampade allo xeno sono lampade particolari che utilizzano un gas nobile, lo xeno appunto, per emettere radiazioni a tutte le frequenze con pressioni e potenze relativamente basse. Confrontate con le lampade a vapori di mercurio, che non superano i 3300 K per non provocare l’evaporazione del metallo, esse riescono a ottenere uno spettro continuo a una temperatura di colore pari a 5500 ÷ 6500 K. Questa capacità rende la loro luce molto simile a quella del giorno.

Bulbo esterno Resistenza Elettrodo ausiliario

Elettrodo principale

Fig. 2.34 Parti principali di una lampada a vapori di mercurio a luce miscelata.

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Capitolo 2



Costruttivamente si distinguono in:  ad arco corto (ad alta pressione con raffreddamento ad acqua),  ad arco lungo (con raffreddamento ad aria). Vengono usate nell’illuminazione di grandi aree di traffico e nei proiettori. La figura 2.35 illustra una lampada allo xeno.

 Fig. 2.35 Lampada allo xeno.

Le lampade a raggi infrarossi sono prodotte in varie versioni a seconda della diversa utilizzazione. Esistono infatti lampade a raggi infrarossi per l’agricoltura, per l’industria e per la ricerca; sono caratterizzate da un filamento di tungsteno che viene portato ad una particolare temperatura (per esempio 2200 °C), emettendo in queste condizioni il 96% di radiazione infrarossa e solamente il 4% di raggi luminosi. In campo agricolo vengono usate per la crescita più rapida di animali di allevamento quali vitelli, pulcini, maiali ecc.; rispetto ad altri tipi di riscaldamento consentono minori spese di installazione, utilizzazione e manutenzione. In campo industriale invece sono particolarmente utilizzate dove occorre raggiungere elevate temperature in tempi molto brevi e dove è necessario ripartire il calore sia in superficie che in profondità. Si utilizzano quindi nell’industria per l’essicazione (in particolar modo delle vernici), nei trattamenti in forno, riscaldamento, distillazione, vulcanizzazione, fusione, evaporazione; oppure vengono usate per la lotta contro i parassiti, il controllo dell’umidità nei settori automobilistico, tessile, del legno, farmaceutico, fotografico ecc. Di fatto le radiazioni prodotte dalle lampade a raggi infrarossi di questo tipo penetrano all’interno dei materiali da essicare e vengono assorbite da questi senza perdite apprezzabili di calore nell’aria circostante. Queste lampade sono fornite di attacco Edison E27 e hanno potenze di 100 ÷ 375 W. Hanno una vita media di funzionamento pari a circa 5000 ore. Esistono poi lampade a raggi infrarossi con riempimento di alogeni con doppio attacco laterale. Esse costituiscono un valido sostituto ai riscaldatori convenzionali, quali radiatori, piastre di cottura ecc., nelle varie applicazioni industriali e commerciali (essicazione di lacche, produzione di semiconduttori ecc.). Infine un altro tipo di lampada a raggi infrarossi viene utilizzato per trattamenti terapeutici, analgesici e applicazioni cosmetiche. Questa lampada emette raggi infrarossi molto simili a quelli solari, di breve lunghezza d’onda e utilizza uno speciale filamento a spirale. Il bulbo, a forma parabolica e realizzato di vetro duro pressato, è dotato di riflettore e filtro rosso. L’efficacia di questa lampada deriva essenzialmente dall’elevato effetto in profondità che stimola le funzioni termoregolatrici dell’organismo umano. Infatti, esponendo ai raggi i vari organi, si determina la loro attivazione e, di conseguenza, una maggiore dilatazione dei vasi sanguigni con conseguente irrorazione sanguigna più accentuata. L’effetto ultimo è una più rapida eliminazione di scorie metaboliche e una mobilitazione nell’organismo degli antigeni. Vengono di solito usate per applicazioni terapeutiche contro reumatismi, dolori muscolari ecc., oppure per la cura e la bellezza del viso. Secondo la classificazione CIE, le radiazioni ultraviolette (UV) si distinguono in relazione alla banda spettrale di appartenenza e precisamente:   

UV-A, 315 ÷ 400 nm; UV-B, 280 ÷ 315 nm; UV-C, 100 ÷ 280 nm.

Poiché l’energia associata a un’onda elettromagnetica è funzione della frequenza, si comprende come l’incidenza degli ultravioletti  e quindi gli effetti

Sorgenti luminose 65 prodotti sugli organismi viventi  sia maggiore che in qualsiasi altra banda dello spettro visibile. Normalmente gli effetti riscontrati sono di ordine biologico e fotochimico. Mentre l’effetto fotochimico si traduce in uno scolorimento o in una variazione del colore degli oggetti illuminati, gli effetti biologici sulle persone si traducono in abbronzatura (provocata dagli UV-A), eritema (provocato dagli UV-B) e congiuntivite (provocata dagli UV-C, anche se nessuna sorgente di luce artificiale, a parte quelle per usi speciali, li emette). Le lampade UV quindi si suddividono in alcuni tipi a seconda della funzione specifica che assolvono, che corrisponde come si è visto alla particolare lunghezza d’onda delle radiazioni emanate. Un primo tipo di lampada a raggi ultravioletti emette una radiazione molto simile a quella emanata dal sole; è composta da un tubo di scarica al quarzo contenente mercurio ad alta pressione e un filamento di tungsteno. I due componenti a loro volta sono racchiusi da un bulbo con riflettore alluminato. Questa lampada trova applicazione sia per l’abbronzatura parziale del corpo, sia per prove climatiche di apparecchi e materiali (idoneità a climi tropicali, invecchiamento artificiale ecc.). Un secondo tipo (fig. 2.36) comprende invece lampade per applicazioni industriali (indurimento di collanti, processi fotochimici ecc.) e per la cura di malattie della pelle. Queste lampade hanno una potenza superiore delle precedenti e contengono una miscela di mercurio e ioduri metallici. Le lampade germicide sono particolari lampade a vapori di mercurio, costruite con vetri speciali in grado di filtrare le radiazioni emesse dalla scarica (fig. 2.37). A seconda del tipo di vetro impiegato, possono essere lampade con la sola funzione germicida oppure anche ozonizzatrice (per la deodorazione dell’aria). Osservazioni scientifiche hanno stabilito che i raggi ultravioletti con lunghezza d’onda 2,6 nm si rivelano i più efficaci per un’azione germicida e le lampade germicide, per l’appunto, emettono una radiazione con lunghezza d’onda molto vicina a tale valore. Esse vengono impiegate per la sterilizzazione dell’aria, dei liquidi e dei prodotti deperibili. Utilizzando questo tipo di lampade è necessario però tener presente che le radiazioni possono produrre, in caso di esposizione diretta, eritemi alla pelle e congiuntiviti. Negli ambienti frequentati da persone (sale operatorie, ambulatori ecc.) è quindi d’obbligo usare apparecchi illuminanti forniti di un’adeguata schermatura. Le lampade devono essere montate oltre i 2 m di altezza per annullare gli effetti di una possibile radiazione diretta (fig. 2.38). In questi ambienti poi si possono installare lampade germicide all’interno di armadietti con pareti di vetro (per la sterilizzazione di ferri chirurgici, materiale di medicazione ecc.), in quanto il vetro assorbe le radiazioni emesse. Nei locali non frequentati da persone, o dove le stesse entrano con opportune protezioni, si possono installare lampade germicide senza schermatura (fig. 2.39). In questi casi l’effetto delle radiazioni si manifesta su tutti gli oggetti presenti, polvere compresa. È indispensabile, infine, pulire sistematicamente le lampade e sostituirle ogni 3000 ore di esercizio per mantenere al massimo la loro efficacia. Le lampade a luce di Wood vengono realizzate nella versione a vapore di mercurio ad alta pressione con bulbo in vetro di Wood, oppure nella versione tubo fluorescente, sempre con vetro di Wood. Sono lampade che emettono radiazioni a bassa lunghezza d’onda (picco a 380 nm); se orientate verso particolari materiali, ne eccitano la fluorescenza. Sono particolarmente utilizzate nell’industria (per analizzare il tipo e la composizione dei materiali in industria tessile; per individuare alimenti sofisticati o putrefatti in industria alimentare), in istituti di controllo (per individuare banconote false, contraffazioni di documenti, assegni ecc., in criminologia) e per prove di materiali (analisi con solu-

Fig. 2.36 Lampada UV-A.

Fig. 2.37 Lampada germicida.

2 ÷ 2,50 m

Fig. 2.38 Lampada germicida inserita in un apparecchio illuminante con schermatura.

Fig. 2.39 Lampada germicida inserita in un apparecchio illuminante senza schermatura.

66

Capitolo 2

Fig. 2.40 Lampada a luce di Wood.

zioni fluorescenti non distruttive per l’individuazione di screpolature sugli alberi dei motori elettrici), dove sono molto importanti analisi di ricerca a fluorescenza. Inoltre sono impiegate con successo nella pubblicità e nei locali pubblici (illuminazione d’effetto per palcoscenici, discoteche, locali notturni) e infine in ambiente agricolo (per il controllo dei semi). Le lampade a luce di Wood, chiamate anche a luce nera (fig. 2.40), emettono la loro radiazione solamente nel campo ultravioletto, ad una lunghezza d’onda di 300 ÷ 400 nm, che è completamente invisibile per l’occhio umano ed innocua (solo il funzionamento delle lampade a vapori di mercurio ad alta pressione con bulbo esterno rotto o mancante è ritenuto pericoloso e inaffidabile). Per il loro funzionamento, alla tensione di 230 V, hanno bisogno di un alimentatore e, nel caso del tubo fluorescente, anche di uno starter. 2.5 Regole per impianti con lampade a scarica nei gas 











Se il sistema di alimentazione prevede una tensione di 230 V ed è formato dal conduttore di fase e dal conduttore neutro, il contatto centrale (virola) del portalampada del tipo a vite deve essere inserito sul conduttore di fase e non sul neutro. Questo per eliminare il potenziale pericolo di contatti accidentali con le persone ed eventuali dispersioni, soprattutto negli impianti nei quali sono presenti accenditori. La virola infatti risulta meno accessibile rispetto la chiocciola. Gli alimentatori formati da una semplice impedenza (vedere le lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato con starter) devono essere collegati sul conduttore di fase e non sul neutro. Questo perché, se l’alimentatore fosse inserito sul neutro e andasse accidentalmente a terra un punto qualsiasi del collegamento lampada-alimentatore, la lampada si troverebbe a funzionare in un circuito privo di alimentatore e andrebbe fuori servizio. Per quanto riguarda le lampade fluorescenti con diametro di 26 mm, è necessario ricordare che queste devono essere impiegate solo in quei circuiti nei quali siano presenti alimentatori normali e starter, oppure possono essere collegate con alimentatori elettronici. Non possono essere connesse con alimentatori per il funzionamento senza starter, in quanto per il loro innesco in queste situazioni servirebbe una tensione a vuoto di 400 V. Inoltre bisogna ricordare che gli starter impiegati devono essere in grado di fornire una tensione impulsiva di almeno 800 V: in queste lampade il gas di riempimento è il cripto, il quale rende più difficile l’accensione. Per quanto riguarda le protezioni presenti in questi impianti bisogna ricordare che esse devono avere un valore di taratura per lo meno uguale al doppio del valore di corrente nominale della lampada. Questa prescrizione è dovuta al fatto che nella fase di preriscaldamento degli elettrodi delle lampade fluorescenti oppure nel periodo di accensione delle lampade ad alta pressione, la corrente può raggiungere valori doppi di quelli nominali. Risulta superfluo ricordare che dette protezioni in queste fasi non devono intervenire. Se l’impianto prevede invece lampade a vapori di sodio a bassa pressione, è necessario che le protezioni siano tarate per un valore di almeno il triplo del valore nominale della lampada. Ciò è dovuto al fatto che queste lampade hanno un basso fattore di potenza (circa 0,3) e richiedono valori di capacità elevati per effettuare il rifasamento. Durante la fase di accensione, la corrente circolante è prettamente capacitiva con valori rispetto a quelli della fase di funzionamento nominale della lampada pari a circa il triplo. La tabella 2.4 riporta i valori del condensatore di rifasamento negli impianti con lampade a scarica nei gas e nei vapori. Se il sistema di alimentazione delle lampade è di una rete trifase a 400 V

Sorgenti luminose 67

con neutro, è necessario predisporre un sistema di protezioni con intervento contemporaneo su tutte e tre le fasi nel caso di interruzione del neutro; ciò in quanto l’alimentatore della lampada rimasta accesa risulterebbe collegato in serie con il condensatore della lampada che si è spenta e inoltre la tensione passerebbe dai 230 V (fase-neutro) ai 400 V (fase-fase). Tab. 2.4 Valore dei condensatori di rifasamento negli impianti con lampade a scarica nei gas e nei vapori con tensione di alimentazione 230 V. Potenza [W]

Capacità [F]

Lampade fluorescenti a catodo caldo preriscaldato

Potenza [W]

Capacità [F]

Lampade a vapori di sodio a bassa pressione

468

2

3555

20

14152022

4

90140

25

135180

40

25 USA

5

25 EUROPEA

2,5

303240

4

125

17

65

6,3

150

20

2 x 468

4

250

40

2 x 3032

8

400

50

2 x 40

8

Lampade fluorescenti slimline

Lampade a vapori di sodio ad alta pressione

Lampade fluorescenti tachistart 14152022

4

20

4

30-32

4

40

4

40

4

Lampade a vapori di mercurio

65

8

50

6,3

2 x 141520

8

80

6,3

2 x 40

8

125

10

250

20

2022

4

400

25

32

4

Lampade fluorescenti rapidstart

700

40

40

4

1000

50

65

8

2000

85

2 x 20

8

Filo di collegamento

2.6 Lampade LED Il LED (Light Emitting Diode) è un diodo che emette luce quando viene percorso da una corrente. È un componente semiconduttore molto utilizzato in elettronica, soprattutto in quei settori in cui l’elettronica si lega con i fenomeni ottici (fig. 2.41). È una sorgente luminosa allo stato solido che presenta dimensioni di ingombro ridottissime. I LED richiedono una tensione di alimentazione molto bassa e in corrente continua: è necessario quindi utilizzare un alimentatore elettronico per farli funzionare. Il LED di potrebbe definire come quel dispositivo che sfrutta le proprietà

Attacco piedino 

Anodo ()

Capsula trasparente Semiconduttore Disco riflettore Indicatore polo negativo Catodo ()

Fig. 2.41 Diodo ad emissione luminosa.

68

Capitolo 2

Fig. 2.42 Lampada con LED.

ottiche di alcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni sfruttando la ricombinazione di coppie elettrone-lacuna. Strutturalmente, esso è composto da un piccolo wafer di materiale semiconduttore. I singoli strati del wafer vengono polarizzati alternativamente con cariche negative e cariche positive (definite anche buche) drogandoli con impurità di tipo diverso, di tipo n per gli elettroni e p per le lacune. È sufficiente alimentare gli strati del wafer per generare la migrazione di cariche e l’emissione di luce come effetto del disfarsi dell’energia in eccesso. Diversamente da quanto avviene nelle lampade ad incandescenza che irradiano uno spettro continuo, un LED emette luce monocromatica e di uno specifico colore dipendente dal tipo di materiale semiconduttore utilizzato. Solitamente vengono impiegati composti formati da GaAs (arseniuro di gallio), GaP (fosfuro di gallio), GaAsP (fosfuro arseniuro di gallio), SiC (carburo di silicio) e GaInN (nitruro di gallio e indio). Ultimamente si trovano LED formati anche da materiali organici (OLED) e da polimeri. I LED costituiti da questi ultimi (definiti PLED o PoliLED) offrono, oltre ai vantaggi dei LED tradizionali, la possibilità di essere integrati in sorgenti di luce pieghevoli. Ora i LED non vengono più utilizzati solamente come indicatori di tensione nelle apparecchiature elettroniche ma, in sintonia con l’evoluzione tecnologica che li vede inseriti in portalampade e in barre, trovano sempre più impiego nella segnalazione semaforica, nei fari delle auto e nell’illuminazione civile (fig.2.42). A differenza delle tradizionali lampade a incandescenza, i LED offrono numerosi vantaggi la cui importanza dipende dall’applicazione specifica; i principali sono:              

vita utile lunghissima (50 000 ore); costi di manutenzione ridotti; maggiore efficienza rispetto alle lampade alogene e ad incandescenza; accensione istantanea; variazione della luminosità senza variazione il colore; emissione diretta di luce colorata senza filtri; spettro completo dei colori; controllo dinamico del colore e punto bianco regolabile; totale libertà di design con luce nascosta; colori vivaci e saturi; luce diretta per sistemi più efficienti; illuminazione resistente, a prova di vibrazione; assenza di mercurio; assenza di radiazioni infrarosse o ultraviolette nella luce visibile.

I LED sono dieci volte più efficienti di una lampada a incandescenza e due volte più di una fluorescente e la loro efficienza luminosa (lm/W) è la seguente:      

LED Rosso = 45 lm/W. LED Giallo = 40 lm/W. LED Verde = 36 lm/W. LED Blu = 32 lm/W. LED Bianco = 28 lm/W (uguale a quello di una lampada alogena). LED a piramide invertita = 100 lm/W (uguale a quello di una lampada a vapori di sodio a bassa pressione).

La vita di un LED è di 100 000 ore circa, corrispondenti a 10 anni di uso, contro le 1000 ore di una lampada a incandescenza e il consumo che richiede è molto ridotto: un LED rosso per semaforo consuma 15 W contro i 150 W di una lampada tradizionale.

3 Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico

L’Illuminotecnica è quella parte di Fisica che tratta i problemi legati all’illuminazione naturale e artificiale e collegati alla possibilità di creare condizioni di benessere ambientale e di comfort visivo per le persone. Parte integrante dell’illuminotecnica è la fotometria che rappresenta la capacità di misurare e quindi quantificare l’energia raggiante emessa da una sorgente luminosa, primaria o secondaria, in stretta relazione con le sensazioni prodotte sull’uomo. Quando si tratta di studi legati alla luce è d’obbligo considerare che l’organo interessato quale sensore dell’illuminazione è l’occhio. Esso, con la sua complessa struttura e con i suoi recettori, può essere definito un “sistema analogico” che reagisce alla sensibilizzazione dei recettori provocata dalla luce scomponendo le sostanze fotosensibili. Successivamente, a livello delle cellule gangliari, si comporta da convertitore di segnali da analogici a digitali prima di spedirli al cervello. Di fatto l’occhio svolge sia la funzione di ricezione del messaggio luminoso, sia quella di processarlo perché possa essere trasmesso al cervello. Occorre considerare inoltre la sua capacità di accomodamento per la messa a fuoco degli oggetti, funzione che rende il concetto di visione ancora più complesso. La percezione visiva è sensibile sia alla lunghezza d’onda sia alla frequenza determinando sensibilità differenti; l’intensità della risposta dell’occhio alla radiazione stimolatrice dipende in generale dalla potenza della radiazione stessa e non dalla durata. Se però tale durata è inferiore a circa 0,1 s, allora la sensazione percepita dipende dall’energia della radiazione. Nel cercare di definire la sensibilità media dell’occhio umano a differenti radiazioni aventi però uguale energia, si è giunti a definire il fattore di visibilità V( ) dell’occhio umano medio come il rapporto tra due flussi energetici relativi a luci monocromatiche di diversa lunghezza d’onda, ma regolate per generare sensazioni di visibilità di uguale intensità luminosa. Questo rapporto è uguale a 1 per = 0 (555 nm), minore di 1 alle altre lunghezze d’onda e uguale a zero alle lunghezze d’onda esterne all’intervallo compreso tra 380 e 780 nm. I principali tipi di radiazione elettromagnetica si possono riscontrare nel cosiddetto spettro elettromagnetico (tab. 3.1), ma solo alcune lunghezze d’onda

70

Capitolo 3

sono in grado di stimolare i recettori retinici dell’occhio umano, e in particolare solamente la radiazione prodotta nella banda di lunghezze d’onda compresa tra i 380 nm e i 780 nm è visibile ed è considerata luce: in questo spettro ciascuna lunghezza d’onda viene percepita sotto forma di un ben preciso colore. Tab. 3.1 Lo spettro elettromagnetico.

Radiazioni non ionizzanti

Denominazione

Sigla

Lunghezza

ELF

0 ÷ 3 kHz

 100 km

Frequenze bassissime

VLF

3 ÷ 30 kHz

100 ÷ 10 km

Radio frequenze (RF)

Frequenze basse (onde lunghe)

LF

30 ÷ 300 kHz

10 ÷ 1 km

Medie frequenze (onde medie)

MF

300 kHz ÷ 3 MHz

1 km ÷ 100 m

3 ÷ 30 MHz

100 ÷ 10 m

Alte frequenze

Microonde (MO) Infrarosso

HF

Frequenze altissime

VHF

30 ÷ 300 MHz

10 ÷ 1 m

Onde decimetriche

UHF

300 MHz ÷ 3 GHz

1 m ÷ 10 cm

Onde centimetriche

SHF

3 ÷ 30 GHz

10 ÷ 1 cm

Onde millimetriche

EHF

30 ÷ 300 GHz

1 cm ÷ 1 mm

IR

Luce visibile Ultravioletto Radiazioni ionizzanti

Frequenza

Frequenze estremamente basse

X, Gamma

UV

0,3 ÷ 385 THz

1000 ÷ 780 nm

385 ÷ 750 THz

780 ÷ 400 nm

750 ÷ 3000 THz

400 ÷ 100 nm

 3000 THz

 100 nm

Le sorgenti artificiali di luce costituiscono, ormai, parte integrante dello stile di vita e delle esigenze estetiche di ognuno di noi. Lampade ed apparecchi illuminanti creano comfort visivo, valorizzano l’ambiente-spazio, forniscono livelli ottimali di illuminazione per ogni esigenza specifica. La scelta ragionata degli apparecchi di illuminazione permette di personalizzare e modellare lo spazio (mediante la manipolazione della concentrazione, della forma e intensità del flusso luminoso, dell’orientamento dell’asse ottico) per adeguarlo alla propria personalità o per valorizzarlo e renderlo più gradevole alla vista. Anche per questo settore esistono degli Organismi normativi competenti che, analogamente agli organismi di normativa elettrotecnica ed elettronica, si strutturano a livello internazionale, europeo e nazionale. Sinteticamente, a livello internazionale si trovano il CIE (Commission Internationale de l’Eclairage) e l’ISO (International Standard Organization) per gli aspetti puramente illuminotecnici, l’IEC (International Electrotechnical Commission) per gli aspetti elettrici. A livello europeo operano il CENELEC (Comité Européen de Normalisation Electrotecnique), per il settore elettrotecnico, e il CEN (Comité Européen de Normalisation), per il settore meccanico e prestazionale. In ambito nazionale italiano troviamo il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), l’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) e l’AIDI (Associazione Italiana di Illuminazione). Per quanto riguarda l’illuminazione in particolare, il CEN opera attraverso il Technical Committee 169 “Lighting Application” che si articola in sette Gruppi di Lavoro, ciascuno dei quali si occupa di un particolare campo di applicazione. L’Italia partecipa all’attività di tale Comitato con la Commissione “Applicazione dell’Illuminotecnica” dell’UNI. Occorre evidenziare che le Norme CEN, così come quelle UNI, hanno carattere impositivo e che, accanto a queste, esistono le Raccomandazioni della CIE le quali, pur non avendo valore di Norme, hanno da sempre costituito un punto di riferimento in tutti i Paesi aderenti alla CIE per la loro validità tecnica.

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 71

3.1 Grandezze fotometriche Se si considera che un impianto di illuminazione deve soddisfare le più svariate esigenze degli utenti  per esempio, permettere un facile riconoscimento degli oggetti in ambito lavorativo limitando l’affaticamento e rendendo chiaramente percepibili le situazioni di pericolo; facilitare l’esame delle merci e valorizzare la loro esposizione; facilitare l’attenzione e la concentrazione nei luoghi di insegnamento; permettere lo svolgimento delle normali attività domestiche e creare una atmosfera confortevole  si intuisce immediatamente come l’illuminotecnica svolga un ruolo di primaria importanza negli impianti elettrici. Essa si basa sullo studio di cinque grandezze fotometriche: il flusso luminoso, l’intensità luminosa, l’illuminamento, la luminanza e la radianza.

3.1.1 Flusso luminoso Il flusso luminoso (V) è la grandezza che definisce la potenza totale irraggiata da una sorgente luminosa sotto forma di radiazione visibile (fig. 3.1), cioè la quantità totale di luce emessa da una lampada nell’unità di tempo. Da un punto di vista ricettivo, il flusso luminoso lega l’intensità della sensazione luminosa alla potenza dello stimolo, che per radiazioni monocromatiche segue la relazione:

 v = K   P    dove V rappresenta il flusso luminoso,  il fattore di visibilità e P( la potenza raggiante. Nel caso di flusso luminoso policromatico, la relazione si trasforma in:

v =

780nm dP    - K     d   380nm ------------d

Fig. 3.1 Flusso luminoso.

Il flusso luminoso si misura in lumen (lm) che si può definire come il flusso irradiato nell’angolo solido unitario da una sorgente puntiforme con intensità luminosa costante di 1 candela (cd).

3.1.2 Intensità luminosa L’intensità luminosa (I) è definita come quella parte di flusso luminoso  emesso da una lampada in una specifica direzione n nell’angolo solido elementare  (fig. 3.2) e segue la relazione: d I = ------d L’intensità luminosa si misura in candele (cd); la candela viene definita come l’intensità luminosa emessa in una certa direzione da una sorgente avente una radiazione monocromatica con frequenza pari a 540 THz e intensità energetica in quella direzione di 1/683 W/sr. È stato scelto questo specifico valore di frequenza perché esso corrisponde al massimo della sensazione di visibilità = Kmax, quindi: 1 W 1cd = K max --------- ----683 sr da cui deriva: K max = 683cdsrW

–1

P

 n

Fig. 3.2 Intensità luminosa.

72

Capitolo 3

Considerando che l’intensità luminosa (I) è 1 cd sr = 1 lm, si conclude che: –1 K max = 683lmW 1 lm 1 cd r2 r=1

1 lux

Si immagini una sfera al cui centro sia posizionata una sorgente luminosa puntiforme (fig. 3.3). Se un angolo solido unitario pari a un steradiante (sr)  equivalente all’angolo tridimensionale che racchiude lo spazio definito dai raggi r i quali congiungono il centro della sfera con il perimetro di un’area pari a r2  contiene un flusso pari a 1 lumen, si dirà che nella direzione indicata la luce ha un’intensità di 1 candela (cd). Se si aumenta il raggio della sfera non cambia né l’angolo solido, né il flusso, né l’intensità luminosa, però la luce si distribuisce su una superficie più ampia che incrementa secondo il quadrato del raggio: se il raggio raddoppia l’estensione della superficie cresce di quattro volte, se r triplica l’area aumenta di nove volte e così via.

Fig. 3.3 Angolo solido. 3.1.3 Illuminamento L’illuminamento (E) in un punto di una superficie è il rapporto tra il flusso luminoso ricevuto da un elemento della superficie che contiene il punto e l’area di tale elemento (fig. 3.4). d E = ------dA L’illuminamento si misura in lux (lx) ed è definito come il valore di illuminamento di una superficie di 1 m2 investita uniformemente dal flusso luminoso di 1 lumen. Mediante questa relazione si riscontra che l’illuminamento è inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra la sorgente luminosa e la superficie da illuminare (fig. 3.5) e che esso vale solo fino a quando le distanze della sorgente luminosa sono piccole rispetto alle superfici.

Fig. 3.4 Illuminamento.

1300 lux 325 lux 145 lux 81 lux

 2,2 m

4m

 6,6 m  8,8 m

6m 8m

 11 m

51 lux

Fig. 3.5 Relazione tra illuminamento e distanza di una lampada con riflettore incorporato.

2m

 4,4 m

10 m

Considerando una superficie elementare orizzontale dA illuminata da una sorgente puntiforme P e posta alla distanza r e derivando dal diagramma polare fotometrico di emissione il valore dell’intensità luminosa Iv emessa dalla sorgente nella direzione della superficie dA, il flusso luminoso incidente sulla superficie dA segue la relazione: dA d  = I v d  s = I v ------- cos  s 2 r e il corrispondente illuminamento Eo è: Iv d E o = ------- = ----- cos  s 2 dA r

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 73

Per quanto riguarda l’illuminazione artificiale per interni, occorre distinguere tra illuminamento medio e illuminamento di esercizio. L’illuminamento medio (Em) è il valore medio aritmetico degli illuminamenti misurati o calcolati in un ambiente o in una zona destinata ad una determinata attività (la definizione di zona di un ambiente viene intesa come quella parte di un locale nella quale si svolge un’uguale attività lavorativa, o in cui si riscontra un’uniforme utilizzazione dello spazio). L’illuminamento di esercizio (En) è concepito come il valore dell’illuminamento medio sul piano di lavoro, tenendo in considerazione lo stato medio di invecchiamento e insudiciamento dell’impianto di illuminazione.

3.1.4 Luminanza La luminanza (L) definisce la sensazione di luminosità dovuta alla presenza di una sorgente luminosa oppure di una superficie illuminata. Questa grandezza esprime il rapporto fra l’intensità del flusso luminoso percepito e la superficie della sorgente luminosa, nella direzione di osservazione. d d d  ------- d  ------- 2    d  dA  dI d  dE L = -------------------- = -------------------- = --------------------------- = -------------------- = -------------------dA cos  d  dA cos  d  cos  d  cos  dA cos  Questa definizione è valida anche per tutti i corpi illuminati (per esempio una superficie): infatti essi si vedono perché riflettono la luce che ricevono. Il loro aspetto dipende essenzialmente dalle variazioni della luminanza sull’intera superficie. Ecco perché, per una buona illuminazione di un ambiente, si tiene conto  oltre che del volume, delle dimensioni e dell’attività che vi si esercita  anche del potere riflettente (o coefficiente di riflessione) delle pareti, del suolo, del soffitto e degli oggetti che producono riflessioni considerevoli e che quindi costituiscono delle sorgenti luminose secondarie. L’unità di misura della luminanza è la candela al metro quadro (cd/m 2), unità denominata nit. La tabella 3.2 riporta i valori di luminanza di alcuni corpi illuminanti. Tab. 3.2 Alcuni valori di luminanza. superficie del Sole vista dalla Terra

1,6 · 109 cd/m2

arco elettrico

1 · 108 cd/m2

filamento di tungsteno di lampada ad incandescenza

5 · 106 cd/m2

filamento di carbone di lampada ad incandescenza

8 · 105 cd/m2

foglio di carta illuminato in pieno sole

3 · 104 cd/m2

lampada fluorescente tubolare da 40 W cielo sereno di giorno fiamma superficie della Luna vista dalla Terra cielo nuvoloso di giorno cielo sereno con luna di notte soglia di luminanza percettibile

4500 cd/m2 103 · 104 cd/m2 1  2 · 104 cd/m2 2500 cd/m2 50  500 cd/m2 102  101 cd/m2  106 cd/m2

74

Capitolo 3

3.1.5 Radianza Si definisce radianza o emittanza luminosa di una sorgente luminosa estesa M il rapporto tra il flusso luminoso d emesso da una porzione della superficie emittente, comprendente il punto considerato, e l’area dA della stessa superficie. d M = ------dA È la grandezza fotometrica corrispondente all’emittanza integrale J che si definisce nello studio della trasmissione del calore per irraggiamento. L’unità di misura della radianza è il lux su bianco (lux s.b.). Questa unità è derivata dal fatto che la relazione che lega la radianza all’illuminamento è pari a: M = rE Con un coefficiente di riflessione della superficie r pari a 1 (superfici perfettamente riflettenti, cioè bianche) si ha una perfetta concordanza tra radianza e illuminamento. Di fatto la radianza si misura in lumen al metro quadrato (lm/m2).

3.2 Misure fotometriche Le misure fotometriche hanno la funzione di creare un supporto al professionista per una corretta progettazione degli impianti di illuminazione. A differenza di anni addietro, le attuali tecniche si appoggiano sull’uso dell’elettronica, abbandonando il metodo del confronto visivo a favore di quello fotoelettrico. Quest’ultimo effettua la misura dell’illuminamento (E) mediante una conversione dell’energia luminosa in energia elettrica che, con opportuni accorgimenti, permette di ottenere misure oggettive anche sulle altre grandezze fotometriche.

3.2.1 Misura del flusso luminoso La misurazione del flusso luminoso emesso da una sorgente di luce (lampada o apparecchio di illuminazione) può essere effettuata mediante l’impiego di un goniofotometro o di una sfera integratrice. Specchio

Rilevatore

Fig. 3.6 Elementi di un goniofotometro.

Schermo

Braccio rotante

Sorgente luce

Il goniofotometro (fig. 3.6) è lo strumento che permette di misurare la ripartizione nello spazio del flusso luminoso emesso da una sorgente di luce. È composto da un rivelatore fotometrico posto in linea orizzontale con la sorgente di luce e separato da essa per mezzo di uno schermo, un braccio rotante con uno specchio all’estremità che riflette verso il rivelatore la luce emessa dalla sorgente. La misura viene effettuata ruotando il braccio attorno al suo asse verti-

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 75

cale di un angolo prefissato e a distanze diverse dalla sorgente luminosa. Normalmente i bracci rotanti possono raggiungere una lunghezza massima di 3 ÷ 4 m. È possibile dedurre il flusso luminoso con elaborazioni successive del proprio solido fotometrico. In questo caso occorre rilevare più indicatrici di emissione considerando la configurazione del solido e il grado di affidamento della misura desiderato. La relazione sarà data dalla sommatoria dei flussi parziali tra i punti  = 0° e  = 180°: 180°  tot =  I   

 = 0° dato che il flusso spaziale, relativo a ciascuna intensità media angolare I , è rappresentato dalla relazione:

Sorgente luce Schermo

Rivelatore

 = I  La sfera integratrice di Ulbricht è una sfera cava avente un diametro di qualche metro e la superficie interna ricoperta da una vernice adatta a renderla bianca e diffondente (lambertiana), almeno nel campo della radiazione visibile. All’interno della sfera viene collocata, in posizione eccentrica, la sorgente da sottoporre a misura (fig. 3.7). Nella superficie della sfera è aperta una finestrella di area nota; un piccolo schermo impedisce che la luce emessa dalla sorgente da misurare colpisca direttamente la finestrella. Sulla superficie di questa, dalla parte interna, si produce un illuminamento per effetto della riflessione diffusa della luce emessa dalla sorgente da misurare sulla parete interna della sfera e delle successive riflessioni che la luce subisce ulteriormente sulla parete stessa. Tale illuminamento è proporzionale al flusso emesso dalla sorgente da misurare secondo la relazione:

Fig. 3.7 Ulbricht.

Elementi della sfera di

E = k nella quale il fattore di proporzionalità k viene individuato mediante taratura della sfera con una lampada campione di cui si conosce il flusso luminoso sferico. La misura viene eseguita da un luxmetro affacciato alla finestra aperta della sfera. Se si vuole misurare la distribuzione spaziale dell’intensità luminosa, si impiega il goniofotometro; questa misura di laboratorio prevede quattro tecniche, diverse nella relazione dinamico-spaziale tra la sorgente di luce e la cellula fotorilevatrice. I risultati vengono rappresentati con specifici rapporti di coordinate denominati A-, B- e C-. Le rappresentazioni maggiormente utilizzate, e consigliate dalla CIE, sono le B- e le C-figg. 3.8 e 3.9) B = 180° B = 90°

Asse di rotazione B = 0° B = 270° 90° 90°

 0°

piano B = 20°

Fig. 3.8 Sistema di rilevamento B-. Asse di rotazione dei piani B.

76

Capitolo 3

Asse di rotazione C = 90° C = 180° piano C = 20°

 90° 0°

Fig. 3.9 Sistema di rilevamento C-. Asse di rotazione dei piani C.

C = 0° C =270°

3.2.2 Misura dell’intensità luminosa La misura dell’intensità luminosa può essere effettuata in due modi diversi:  

visivo, mediante luxmetro.

Il primo metodo, che è stato anche il primo applicato storicamente, si basa sul giudizio di un osservatore per un confronto tra l’intensità da misurare e una intensità di riferimento conosciuta. Si dispongono la sorgente luminosa da sottoporre a misura, la sorgente campione, che serve da riferimento, e un piccolo schermo che, illuminato da un lato dalla sorgente campione e dall’altro da quella da misurare, assume a sua volta due valori di luminanza, che possono essere confrontati. Tutto il dispositivo è posto in camera oscura, cosicché non vi sia il disturbo della luce proveniente da altre sorgenti. Il fatto che la valutazione dell’intensità si fonda sul giudizio dell’operatore causa però qualche incertezza nella misura. Il secondo metodo prevede l’impiego del luxmetro per misurare l’intensità luminosa diffusa da una sorgente di luce puntiforme e si basa sull’illuminamento E prodotto dalla sorgente ad una certa distanza d, cioè seguendo la legge del quadrato delle distanze. In questa situazione l’intensità sarà uguale a: I = Ed

–2

È possibile anche invertire il procedimento: mediante una lampada campione, regolata in intensità luminosa, tarare un luxmetro. In questo caso, i due dovranno essere montati su un banco fotometrico, cioè un’asta rettilinea molto rigida e stabile su cui scorrono i supporti della lampada e il luxometro. Tutto il sistema è collocato in camera oscura, affinché le misure non siano influenzate da sorgenti luminose estranee. Si dovrà verificare inoltre che la sensibilità del luxmetro sia conforme alla sensibilità spettrale secondo la V(). In altri casi il supporto della sorgente da esaminare è girevole per permettere con facilità la ripetizione della misura lungo diverse direzioni. Così si può determinare il diagramma polare dell’intensità luminosa o superficie fotometrica di emissione della sorgente. Il luxmetro è uno strumento formato da un rivelatore fotometrico e da un disco opalino avente la funzione di ridurre o annullare la dipendenza della corrente di uscita del rilevatore dalla direzione di provenienza della luce (correzione per il coseno).

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 77

I rilevatori attualmente adoperati sono: 

fotometrici (fotovoltaici, a fotodiodi ad accumulazione di carica, fotomoltiplicatori)  radiometrici. I fotovoltaici si basano sul trasferimento di elettroni attraverso lo strato di sbarramento generato dalla luce che colpisce la giunzione tra due semiconduttori di silicio. Essi presentano caratteristiche di ottima linearità e stabilità e assenza di fatica; sono condizionati dalla temperatura e presentano una dipendenza della corrente di uscita dalla direzione di provenienza dei raggi luminosi. Devono essere dotati di opportuni sistemi per correggere la sensibilità spettrale in conformità alla V(). I rilevatori fotometrici a fotodiodi ad accumulazione di carica, denominati CCD, sono formati da un dispositivo allo stato solido che, isolato dal circuito di uscita, accumula cariche elettriche quando è colpito dalla luce. Al momento opportuno queste vengono scaricate sul circuito di misura. Anche essi presentano una dipendenza della corrente di uscita dalla direzione di provenienza dei raggi luminosi e devono essere dotati di opportuni sistemi per correggere la sensibilità spettrale in conformità alla V(). I fotomoltiplicatori sono dotati di elementi con proprietà fotoemissive che, quando sono colpiti dalla luce, producono elettroni. Il processo avviene all’interno di un tubo sotto vuoto ed è caratterizzato dalla presenza di numerosi anodi rivestiti di sostanze particolari che, colpiti dagli elettroni generati in precedenza, emettono una serie più numerosa di elettroni secondari. Il processo a cascata determina una serie di amplificazioni successive del segnale iniziale. Questo tipo di rivelatori presenta una accentuata sensibilità alle condizioni ambientali e una scarsa stabilità, elementi che fanno richiedere al rivelatore continue tarature durante la misurazione. I radiometri sono tipi particolari di rilevatori che, nel campo delle lunghezze d’onda interessate, presentano una sensibilità spettrale costante. In alcuni casi sono composti da un superficie sensibile nera la quale trasforma in calore la radiazione incidente assorbita. In risposta all’elevazione della temperatura, l’elemento sensibile può generare una corrente elettrica o variare la sua resistenza.

3.2.3 Misura dell’illuminamento L’illuminamento EV può essere misurato per mezzo di celle fotovoltaiche (luxmetri o luxometri), essenzialmente costituite da un sensore S a semiconduttore nel quale si genera una forza elettromotrice (e), quando viene colpito da una luce; questa viene misurata con un voltmetro V (fig. 3.10). Se la risposta dello strumento fosse indipendente dalla lunghezza d’onda della radiazione, la forza elettromotrice suscitata nella cella sarebbe approssimativamente proporzionale alla potenza della radiazione elettromagnetica assorbita dalla superficie sensibile e il dispositivo costituirebbe un misuratore di potenza radiante o radiometro. Invece per avere un misuratore di flusso luminoso bisogna che la curva di sensibilità alla radiazione dello strumento riproduca la curva di visibilità normale della luce in modo che, per una radiazione incidente monocromatica di lunghezza d’onda e potenza W(), valga la relazione: e ------------- = s    = CV    W dove W() è la potenza della radiazione monocromatica incidente sul sen-

W

S

V

Fig. 3.10 Misura dell’illuminamento con una cella fotovoltaica.

78

Capitolo 3 sore, s) è la sensibilità, esprimibile come il rapporto tra la forza elettromotrice generata e la potenza della radiazione, V() è la visibilità relativa della radiazione, funzione della sua lunghezza d’onda, e C è una costante, caratteristica dello strumento e indipendente da . All’esterno del campo di visibilità della radiazione la risposta del sensore deve ovviamente essere nulla. In generale la condizione indicata nella formula precedente non è rispettata dal sensore se non approssimativamente; per rimediare, si pongono sul sensore dei filtri che possano attenuare quelle componenti della radiazione che altrimenti darebbero luogo a una risposta eccessiva del sensore; così si ottiene, più o meno esattamente, il rispetto della condizione riportata nella formula da parte dell’insieme (filtro  sensore). Per semplicità di uso, il voltmetro porta una scala direttamente tarata in lux. Sono usati altri luxometri, che si fondano su diversi principi di funzionamento: ve ne sono a fotoresistenza, a fotodiodo ecc.

3.2.4 Misura della luminanza La luminanza può essere misurata con metodi diretti o indiretti, a seconda che si paragonino tra loro due luminanze oppure i valori vengano dedotti, con formule matematiche, da misure eseguite su altre grandezze fotometriche. Nelle attuali tecniche di misura si impiega il luminanzometro (fig. 3.11). R

M C



P

F

n

A

M F

C SF

Fig. 3.11 Schema del luminanzometro. In questo caso, si consideri una sorgente luminosa estesa, della quale si vuole misurare la luminanza nel punto P lungo una certa direzione. Lungo questa direzione e alla distanza R disponiamo un luminanzometro, essenzialmente costituito da una camera recante una finestrella F di area SF; sul fondo c’è una cella C, del tipo usato per i luxometri, misurante il flusso luminoso incidente su di essa. Le pareti laterali del contenitore sono internamente molto assorbenti (nere), sicché il flusso luminoso che arriva sulla cella C è solo quello direttamente proveniente dalla porzione della superficie A delimitata dall’angolo solido M, dipendente dalle dimensioni dello strumento. Se l’area su cui punta lo strumento emette nella direzione della finestra con intensità I V , il flusso luminoso che entra nello strumento e viene a cadere sulla cella di misura C è:

 V = I V  F = L V Acos  F dove F è il piccolo angolo solido sotto il quale da ogni punto della superficie A si vede la finestra F. Per tale angolo solido si può scrivere: SF

 F  -----R

2

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 79 Poiché anche l’angolo solido M è sempre piccolo, vale pure la relazione: Acos    M R

2

con  l’angolo formato dalla normale n ad A con la retta passante per la finestra SF. Dalle tre formule precedenti si trova: 2S

F  V = L V Acos  F = L V  M R ------ = L V S F  M 2

R Questa formula lega il flusso luminoso V misurato con la cella C e la luminanza LV della superficie verso cui è puntato il luminanzometro. Le altre grandezze, che figurano nella formula, S F e  M sono caratteristiche solo dello strumento; di esse si può tenere conto una volta per tutte nella taratura della scala di lettura dello strumento indicatore, che dà direttamente il valore della luminanza in candele al metro quadrato. Se la superficie emittente è lambertiana, il valore della luminanza non muta al variare dell’angolo , altrimenti LV dipende dalla direzione di osservazione.

3.3 Colorimetria La colorimetria è quella disciplina che studia la misurazione oggettiva del colore. Al termine colore vengono attribuiti significati spesso molto diversi tra loro, significati quasi sempre risultanti da un’esperienza soggettiva di valutazione. La luce che ci arriva dal sole o da altre sorgenti di luce è generalmente vista come bianca dal nostro occhio. Quando illumina un oggetto, oltre a permetterci di osservarne la forma e le dimensioni, essa ci fornisce anche l’informazione del colore di quell’oggetto. Diversamente, quando si osserva lo stesso oggetto non più con luce bianca ma con luce colorata, la percezione del suo colore risulta diversa. Può capitare addirittura (luce di una lampada al sodio) di non riuscire più a distinguere i colori. Questo evidenzia che l’oggetto illuminato può solo “selezionare” quali dei colori presenti nella luce fare ritornare al nostro occhio oppure trattenere. Da tutti questi fattori scaturisce una definizione di colore in senso soggettivo, legata al “colore percepito di un oggetto”; in questo senso il colore percepito risulta: appartenente ad un oggetto, legato alle caratteristiche dell’oggetto, alla luce incidente, all’ambiente circostante, alla direzione di osservazione e all’adattamento dell’osservatore. Una seconda definizione, legata alla necessità di misurarlo e di posizionarlo all’interno della distribuzione spettrale del fascio luminoso osservato, lo indica come il colore della luce riflessa o trasmessa da un oggetto illuminato da una delle sorgenti di luce normalizzate dalla CIE. I tre attributi del colore sono tonalità, luminosità e saturazione. 

La tonalità si riferisce all’attributo dei colori che permette loro di essere classificati come rosso, giallo, verde, blu, o un valore intermedio tra qualsiasi coppia contigua di tali colori. Le differenze di tonalità dipendono principalmente dalle variazioni nella lunghezza d’onda della luce che colpisce l’occhio. La tonalità può essere rappresentata visivamente da una ruota delle tonalità che va dal rosso al verde al blu e di nuovo al rosso.  La luminosità si riferisce alla quantità di chiaro o scuro del colore. Essa è determinata dal grado di riflettività della superficie fisica che riceve la luce. Tanto più alta è la luminosità, tanto più chiaro è il colore.  La saturazione si riferisce alla vividezza del colore. Essa viene misurata nei termini della differenza di un colore rispetto a un grigio senza colore (neu-

80

Capitolo 3

trale) con lo stesso livello di luminosità. Tanto più bassa è la saturazione, tanto più grigio è il colore. Quando la saturazione è zero, il colore è grigio. La misurazione di un campione colorato o di una luce è realizzata attraverso lo spettrofotometro o il colorimetro. Il primo è un sistema ottico con il quale si mettono a confronto un campione bianco e un campione colorato, esposti alle componenti colorate della luce bianca attraverso un prisma; il risultato della comparazione viene registrato in un grafico che ne determina le componenti cromatiche dei colori fondamentali della luce (rosso, verde, blu). Il colorimetro è invece un dispositivo con due superfici angolari che illuminano il campione in esame, da sinistra con tre proiettori muniti di filtri delle tre luci fondamentali e da destra con una luce bianca standard. Il confronto tra la riflettanza delle due superfici fornisce il valore cromatico in RGB del campione da misurare. I sistemi oggi più comunemente usati per dare una valutazione oggettiva di un colore sono: il sistema CIE e il sistema Munsell.

3.3.1 Sistema CIE Il sistema CIE permette di individuare matematicamente il colore di una radiazione luminosa attraverso due coordinate cromatiche. La sua struttura si basa sulle leggi di Grassmann che si possono riassumere nel modo seguente: 

È possibile risalire ad uno stimolo (per esempio la luminanza) di una radiazione che produce colore individuando e sommando gli stimoli legati ai tre colori primari. Se L() è la luminanza, L() = LR + LV + LB.  Esiste una relazione di proporzionalità diretta tra lo stimolo cromatico e gli stimoli legati ai colori primari; infatti, se lo stimolo di una radiazione cromatica aumenta di n, anche gli stimoli primari aumentano di n. L’esempio precedente si trasforma in nL() = nLR + nLV + nLB.  L’effetto ottenuto sommando due stimoli cromatici qualsiasi si ottiene anche sommando fra loro gli stimoli primari che lo compongono. L1(1) + L2(2) = (LR1 + LR2) + (LV1 + LV2) + (LB1 + LB2). I modelli di colore, prodotti dalla Commission Internationale de l’Eclairage (CIE), sono basati sulla risposta dell’occhio umano al modello RVB e sono progettati per rappresentare in modo accurato la percezione umana del colore. Essi sono utilizzati per definire colori indipendenti dal dispositivo, sono ampiamente adottati perché sono facili da usare sui computer e descrivono un’ampia gamma di colori. I modelli più conosciuti sono CIE XYZ e CIE Lab. Nel 1931 la CIE sviluppò il sistema di colore XYZ, chiamato anche “sistema di colore norma”. Questo sistema viene spesso rappresentato come un grafico bidimensionale che corrisponde più o meno alla sagoma di una vela (fig. 3.12). I componenti di rosso di un colore sono disposti lungo l’asse x (orizzontale) del piano delle coordinate e i componenti di verde sono disposti lungo l’asse y (verticale). In questo modo ogni colore può essere assegnato a un particolare punto sul piano delle coordinate. La purezza spettrale dei colori diminuisce mano a mano che ci si sposta lungo il piano delle coordinate. In questo modello non viene considerata la luminosità. CIE Lab è un potenziamento del modello di colore CIE XYZ. In questo modello tridimensionale, le differenze di colore che si percepiscono corrispondono alle distanze misurate in modo colorimetrico. L’asse a si estende dal verde (a) al rosso (a) e l’asse b dal blu (b) al giallo (b). La luminosità (L) diminuisce andando dal basso verso l’alto del

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 81

modello tridimensionale. I colori sono rappresentati da valori numerici. y verde

0,8

gi erd ve o all

rde blu-ve

0,6

0,4 bianco rosso ora p r po

0,2

blu

o lett vio

0 0

0,2

0,4

0,6

0,8

x

In confronto al modello XYZ, i colori CIE Lab sono più compatibili con i colori percepiti dall’occhio umano. Con il modello CIE Lab, la luminanza di colore (L), tonalità e saturazione (a, b) possono essere rivisti singolarmente; come risultato, il colore complessivo dell’immagine può essere modificato senza cambiare l’immagine o la sua luminanza.

3.3.2 Valori tristimolo La somma dei dati relativi al rosso, verde e blu si chiama valore-tristimolo di un determinato colore e viene definito con le lettere maiuscole X per il rosso, Y per il verde, Z per il blu. I valori tristimolo servono per calcolare le coordinate della cromaticità di un colore; tali coordinate rappresentano le percentuali relative di ciascun colore primario presente in un certo colore e il loro valore è indicato con lettere minuscole: x valori del rosso, y valori del verde, z valori del blu.

3.3.3 Sistema Munsell Questo sistema venne proposto dalla American A.H. Munsell nel 1905 e poi riveduto nel 1943. Esso definisce tre attributi di colore: H (hue, cioè tonalità), C (chroma, cioè croma) e V (valore = luminosità). Il sistema è costituito da un insieme di piastrine colorate, che formano un libro di carte di colori, in ciascuna delle quali una delle tre variabili viene mantenuta costante (fig. 3.13). La tonalità è divisa in cinque colori di base: rosso (R), giallo (Y), verde (G), blu (B) e porpora (P), con una seconda dimensione tra ciascun colore, che ha 10 gradazioni. Il valore, una misurazione del livello di luminosità o oscurità di un colore, è definito in 11 incrementi da bianco a nero. Il croma, una misurazione della saturazione (o purezza) di un colore, è suddiviso in 15 gradazioni. L’aspetto dei colori nel sistema di Munsell viene caratterizzato usando gruppi di tre simboli. Per esempio, la sigla 5R 4/14 indica un rosso brillante,

Fig. 3.12 CIE.

Diagramma cromatico

82

Capitolo 3

dove 5R è la tonalità, 4 la luminosità e 14 il croma. Bianco

Valore

10 Viola (P)

9

Viola-Rosso (RP)

8

Blu-Viola (BP)

Rosso (R)

7 6 Blu (B)

Rosso-Giallo (YR)

5 4 3

Blu-Verde (BG) Verde (G)

2

Giallo (Y) Verde-Giallo (GY)

1 Tinta 0

Fig. 3.13 Sistema Munsell.

Nero

3.3.4 Temperatura di colore e indice di resa cromatica Se prendiamo un corpo nero cavo e lo surriscaldiamo, si troverà che nella cavità si evidenzierà prima un colore rosso, poi rosso arancio, poi bianco e poi, continuando il corpo a surriscaldarsi, apparirà bianco-azzurro. Si definisce temperatura di colore (teoria di Max Planck) il colore corrispondente a quello di un corpo nero surriscaldato ad una temperatura in °C con riferimento alla temperatura assoluta in gradi Kelvin (0 K = 273 °C). In questo modo, a temperatura ambiente il corpo nero apparirà nero, a 800 K sarà rosso, a 3000 K apparirà giallo, a 4000 K sarà bianco caldo, a 5000 K sarà bianco freddo e comparirà azzurro a 8000 K. Nel caso dell’emissione di corpi neri o grigi la temperatura di colore è, per la definizione, pienamente in grado di indicare la tinta della luce. Con le sorgenti termiche selettive (non grigie) e con gran parte delle lampade a fluorescenza il metodo è ancora idoneo a dare un’indicazione abbastanza significativa del colore. Invece con le sorgenti di luce colorata (lampade a vapori di sodio, lampade a scarica colorate per insegne commerciali ecc.) il metodo della temperatura di colore non è più applicabile. Per esempio, le lampade ad incandescenza hanno una temperatura colore di 2700 ÷ 3100 K. Bisogna considerare che la temperatura di colore non dà indicazioni sulla distribuzione dell’energia spettrale della luce della lampada, così che l’effetto di due luci che illuminano degli oggetti può essere diverso se diverso è il loro grafico di energia spettrale, anche se la temperatura di colore apparente è uguale. Questo aspetto risulta molto importante nei progetti di illuminazione. Le sorgenti luminose che la CIE ha individuato come sorgenti modello sono quelle definite: “A” pari a 2854 K, “B” pari a 4870 K e “C ” pari a 6770 K. Secondo questo sistema, il tipo B rappresenta il colore della luce naturale del mezzogiorno nel centro Europa a primavera, il tipo C invece rappresenta il colore della luce a mezzogiorno con il cielo coperto, sempre nel centro Europa e in primavera. L’indice di resa cromatica Ra è definito come la capacità della sorgente luminosa di riprodurre i colori in modo che le persone, gli oggetti e i prodotti abbiano un aspetto più naturale; è di fatto il rapporto tra il valore della luce di una lampada da esaminare e quello di una sorgente luminosa di riferimento,

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 83

aventi entrambi la stessa temperatura di colore. Per esempio, se la luce cade su una superficie colorata, la luce riflessa viene modificata in funzione della composizione spettrale della luce e delle caratteristiche ottiche dell’oggetto: l’indice della “resa cromatica” è di fatto una misura delle variazioni nella composizione della luce. Esso viene determinato su superfici normate con composizione del colore esattamente definita mediante confronto della luce da analizzare con la sorgente luminosa ideale assegnata (fig. 3.14). Quanto meno la composizione dei colori di prova varia nella luce riflessa, tanto migliori sono le caratteristiche di resa cromatica della sorgente luminosa di prova. Luminosità normata

Lampada

Resa cromatica

Resa cromatica

Confronto Colore

Colore

Fig. 3.14 Procedimento per calcolare l’indice di resa cromatica Ra.

Ra

L’indice di resa cromatica, che raggiunge nel caso ideale il valore numerico massimo di 100, è una grandezza relativa, nella quale vengono indicati solo valori di rapporto. Attualmente vengono utilizzate due luci campione: la prima è il radiatore Planck che viene impiegato per il confronto di luci con temperature di colore inferiori ai 5000 K; la seconda è una luce artificiale, considerata vicina alla luce del giorno, che viene usata per temperature di colore superiori ai 5000 K. 3.3.5 Efficienza luminosa L’efficienza luminosa () indica la relazione che esiste tra il flusso luminoso emesso da una sorgente luminosa e la potenza elettrica assorbita da tale sorgente (fig. 3.15). Il rapporto tra queste due grandezze rappresenta il rendimento di una lampada o di un apparecchio illuminante (cioè la capacità di tradurre la potenza elettrica consumata in radiazioni visibili) che risulta essere in definitiva un parametro per valutare l’economicità di un impianto.

  = ----

P Più il rendimento delle lampade è alto, più risulta essere economico il loro utilizzo. Per esempio le lampade a incandescenza sono caratterizzate da una efficienza luminosa di 10 ÷ 15 lm/W, mentre le lampade fluorescenti di 60 ÷ 100 lm/W.

3.4 Apparecchi illuminanti Gli apparecchi per illuminazione, che si possono suddividere in diffusori, riflettori e rifrattori, oltre a svolgere una funzione di protezione nei confronti della lampada, assolvono il compito di diminuire l’abbagliamento e modificare la distribuzione del flusso luminoso. Un apparecchio illuminante è composto da un elemento portante (corpo) e da un elemento di copertura (diffusore); inoltre contiene al suo interno il porta-

Watt

Lumen

Fig. 3.15 Efficienza luminosa.

84

Capitolo 3

90 80 70

300

60 50 40 600 0

30 10

lampada e un eventuale riflettore (in alluminio di elevata purezza anodizzato e brillantato oppure in lamiera d’acciaio). L’elemento portante, generalmente costruito in lega leggera (per esempio in fusione di alluminio) oppure in lamiera di acciaio preverniciata, può assumere varie forme relativamente al tipo di lampada che contiene e al settore di utilizzazione (ambiente domestico, industriale o terziario). L’elemento di copertura, che definisce se l’apparecchio è un diffusore, un riflettore oppure un rifrattore, può essere di vetro oppure di materiale plastico. 

Gli apparecchi diffusori sono utilizzati per una illuminazione di tipo semidiretta o diffusa. L’involucro  in modo particolare l’elemento di copertura  può essere realizzato in vetro opalizzato, in vetro pressato e sabbiato internamente, oppure in materiale plastico, ma in ogni caso assolve il compito di diminuire la sensazione di abbagliamento (diminuzione della luminanza). Infatti il flusso luminoso viene emesso in tutte le direzioni con un certo grado di uniformità grazie alla superficie ruvida dell’involucro che disperde la luce in tutte le direzioni.



Gli apparecchi riflettori hanno la caratteristica di convogliare il flusso luminoso emesso dalla lampada su un’area ben precisa. A seconda dell’ampiezza della zona considerata questi apparecchi vengono divisi in riflettori a fascio largo (fig. 3.16) oppure a fascio stretto (fig. 3.17). Gli apparecchi illuminanti di questo tipo possono anche essere dotati di involucro e in questo caso associano la caratteristica di concentrare il fascio di luce e di ridurre il fattore di abbagliamento. L’elemento portante, la lastra di riflessione e l’eventuale elemento di copertura sono costruiti con gli stessi materiali già considerati nel caso degli apparecchi diffusori. Nei riflettori una pellicola anche sottilissima di sporco può causare un significativo calo dell’emissione luminosa. Anche se viene effettuata una manutenzione scrupolosa e si usano detergenti adeguati, lo sporco di un riflettore è molto difficile da eliminare, specialmente se il calore della lampada lo ha “cotto”. È impossibile inoltre ripristinare le condizioni originarie se l’elemento riflettente è stato graffiato o danneggiato durante la pulizia. È stato verificato che un apparecchio sigillato con apposite guarnizioni di tenuta e corredato di un filtro assorbente “a carbone” risente in minor misura dell’insudiciamento dell’ottica, risultandone una diminuzione del flusso luminoso più contenuta rispetto ad un apparecchio privo di filtro (mediamente si ha una diminuzione dell’1% anziché del 4 ÷ 5%). Da osservare infine che i proiettori sono particolari tipi di apparecchi riflettori.



Gli apparecchi rifrattori sono costituiti dagli stessi elementi degli apparecchi precedenti eccetto che per l’elemento di copertura che è sempre presente. Quest’ultimo può essere realizzato in vetro (normale o pressato) oppure in materiale plastico. Queste coperture sono caratteristicamente prismatiche, cioè sono incise da rigature, in grado di ottimizzare la distribuzione della luce sull’area da illuminare.

20

Fig. 3.16 Distribuzione del flusso a fascio largo.

90 80 70

2000

60 3000

50

4000

40 30

0

10

20

Fig. 3.17 Distribuzione del flusso a fascio stretto.

Gli apparecchi illuminanti sono contraddistinti da diversi parametri i quali, a seconda della collocazione (apparecchi per interni o per esterni), forniscono specifiche informazioni relativamente al flusso luminoso, all’intensità luminosa o al rendimento. Le curve fotometriche (chiamate anche curve o diagrammi polari o indicatori dell’intensità luminosa) rappresentano la distribuzione nello spazio dell’intensità luminosa emessa da una sorgente di luce (fig. 3.18). Le curve fotometriche vengono determinate in laboratorio sezionando il solido fotome-

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 85

trico (l’insieme delle misure dell’intensità luminosa in ogni direzione) su uno o più piani. 180°

160°

160° 140°

140° 0 30 0 25 0 120° 20 0 15 0 10 100°

120°

50

100°

80°

80°

60°

60° 40°

40° 20°



20°

Fig. 3.18 Diagramma polare.

La misura dell’intensità luminosa si esegue su appositi banchi fotometrici: la luce prodotta da una lampada va a colpire una cellula fotoelettrica situata ad una distanza fissa (generalmente  di 5 volte la dimensione della lampada). La cellula viene spostata attorno alla lampada e collocata in posizioni sempre diverse. In questo modo, viene misurato l’illuminamento ricevuto dalla fotocellula in tutte le direzioni dello spazio circostante la lampada, ad una distanza costante. I valori ottenuti vengono di norma divisi per la millesima parte del flusso nominale della lampada in modo che le intensità misurate siano riferite ad una sorgente luminosa con una efficienza base di 1000 lumen. Nella documentazione tecnica di un apparecchio di illuminazione vengono fornite le curve fotometriche dei due piani verticali ortogonali tra loro passanti per il centro ottico dell’apparecchio. Per gli apparecchi per interno e per le armature stradali si utilizza il sistema di rilevamento C- e le curve sono rappresentate in coordinate polari. Per i proiettori viene utilizzato il sistema di rilevamento B- e le curve fotometriche sono rappresentate con un diagramma cartesiano. In relazione a come viene distribuito il flusso luminoso, si possono avere cinque tipi di apparecchi illuminanti (fig. 3.19): apparecchi che realizzano una illuminazione diretta (solo il 10% del flusso emesso è diretto verso l’alto, il rimanente 90% è indirizzato verso il basso), semi-diretta (una percentuale del 10 ÷ 40% è emessa verso l’alto, mentre il rimanente 60 ÷ 90% viene indirizzata verso il basso), mista (il flusso luminoso emesso si divide pressoché equamente tra l’alto e il basso), semi-indiretta (la distribuzione del flusso luminoso è indirizzata maggiormente verso l’alto con una percentuale pari al 60 ÷ 90%) e indiretta (il 90% è il flusso emesso verso l’alto, mentre solamente un 10% arriva verso il basso).

diretta

semi-diretta

mista

semi-indiretta

indiretta

Le raccomandazioni CIE individuano a loro volta le caratteristiche di un apparecchio illuminante a seconda del tipo di flusso “relativo” (codici di flusso CIE). I valori sono:

Fig. 3.19 Distribuzione del flusso luminoso.

86

Capitolo 3

    

N1  FC1FC4, N2  FC2FC4, N3  FC3FC4, N4  FC4F, N5  rendimento normale dell’apparecchio (LOR). Le sigle significano:

    

FC1  flusso nelle zone con elevazione da 0° a 41,4° (angolo solido 0 ÷ / 2); FC2  flusso nelle zone con elevazione da 0° a 60° (angolo solido 0 ÷ ); FC3  flusso nelle zone con elevazione da 0° a 75,5° (angolo solido 0 ÷ 3/2); FC4  flusso nelle zone con elevazione da 0° a 90° (angolo solido 0 ÷ 2); F  flusso totale emesso dall’apparecchio con elevazione da 0° a 180° (angolo solido 0 ÷ 4).

90° 41,4° FC1

Fig. 3.20 Ripartizione del flusso luminoso secondo le raccomandazioni CIE.

75°

60° FC2

FC3

FC4

/ 2  3/ 2 2

I valori dei codici di flusso CIE vengono pubblicati con due cifre decimali e senza la virgola, per esempio 23 35 70 75 50. I primi tre numeri indicano nell’ordine i flussi contenuti in coni, con asse verticale, di angoli solidi rispettivamente / 2, , 3/2 steradianti. Tali flussi sono espressi in percentuale di quello contenuto nell’angolo solido 2 sterad. Il quarto numero è il rapporto tra il flusso relativo all’angolo solido 2 e quello totale emesso dall’apparecchio. Il quinto esprime il rendimento dell’apparecchio. La figura 3.20 illustra le ripartizioni del flusso luminoso nei quattro angoli solidi previsti dalla CIE. Un altro parametro che distingue gli apparecchi illuminanti è il fattore di distribuzione (Distribution Factor, DF) di una superficie S che considera il flusso che colpisce direttamente la superficie (non quello riflesso) e il flusso totale nominale delle lampade dell’installazione (fig. 3.21). Esso varia al variare dell’indice del locale e viene riferito generalmente al pavimento, alle pareti e al soffitto. Esiste poi una classificazione degli apparecchi di illuminazione, denominata BZ (British Zonal Method) che mette a confronto la curva di distribuzione dell’intensità luminosa nell’emisfero inferiore degli apparecchi con curve di riferimento (dieci curve polari di larghezza crescente) derivate da semplici for-

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 87

mule matematiche. Definendo il Rapporto Diretto (Direct Ratio, DR) come la proporzione del flusso totale verso il basso di una installazione di apparecchi che incide direttamente sul piano orizzontale di riferimento e affermando che esso varia in funzione dell’indice del locale K (parametro adimensionale che esprime la dipendenza del coefficiente di utilizzazione dalle caratteristiche geometriche del locale e dall’altezza del centro luce), si constata che per classificare un apparecchio con questo sistema si calcolano i Rapporti Diretti per una data gamma di indici di locale e li si confronta con i Rapporti Diretti delle 10 distribuzioni standard BZ. All’apparecchio viene così attribuita, per ogni K, la classe BZ (da 1 a 10) che ha il Rapporto Diretto più prossimo a quello dell’apparecchio stesso. Più alta è la sigla BZ, più largo è il fascio luminoso e l’interasse possibile di installazione che assicura una buona uniformità. Oltre che dal tipo di distribuzione del flusso luminoso, un apparecchio illuminante è caratterizzato dal rendimento. Il rendimento normale (Light Output Ratio, LOR) viene espresso come il rapporto tra il flusso emesso dall’apparecchio e quello della sorgente nuda. Risulta evidente che, per una migliore utilizzazione dell’energia, è opportuno che questo rapporto sia il più possibile elevato. Normalmente lo si suddivide in due componenti: verso l’alto e verso il basso. Esso ha significato pratico solamente nel caso di lampade il cui flusso luminoso è indipendente dalla temperatura: il rendimento normale coincide in questo caso con quello di esercizio. Negli apparecchi illuminanti, in cui il flusso luminoso emesso dalle lampade dipende dalla posizione di funzionamento o dalla temperatura (lampade a scarica nei gas), assumono una certa importanza il rendimento ottico e il rendimento di funzionamento. Il primo tipo è dato dal rapporto tra il flusso luminoso prodotto dall’apparecchio illuminante e il flusso luminoso emesso dalla lampada nello stesso apparecchio illuminante e viene utilizzato per stabilire le proprietà ottiche degli apparecchi illuminanti. Il rendimento di funzionamento o di esercizio è dato invece dal rapporto tra il flusso luminoso emesso dall’apparecchio illuminante in una precisa posizione di funzionamento e con una determinata temperatura dell’ambiente (normalmente 25 °C) e il flusso luminoso della lampada (misurato alla temperatura di esercizio nell’apparecchio). Questo secondo parametro di rendimento riveste una grande importanza al momento della progettazione degli impianti di illuminazione. Gli apparecchi illuminanti per ambienti esterni vengono contraddistinti da due specifici diagrammi. I diagrammi isolux esprimono il luogo geometrico dei punti, di una superficie piana orizzontale, aventi uguale valore di illuminamento. Vengono utilizzati, riferendoli ad un flusso luminoso di 1000 lm e per un’altezza dell’apparecchio pari a 1 m, per illustrare le caratteristiche e le prestazioni delle armature stradali. Nella pratica l’armatura viene ipotizzata ad un’altezza di installazione predefinita h (per esempio 5 m) e i diagrammi, con relativi coefficienti di conversione, vengono riferiti a un sistema di coordinate costituito dalla larghezza della strada e dall’interasse degli apparecchi. I diagrammi isocandela vengono utilizzati nel caso di proiettori per esterno e consistono in una serie di curve chiuse, normalmente riferite anch’esse a 1000 lm, che rappresentano l’unione dei punti aventi uguale intensità luminosa della proiezione del flusso luminoso dell’apparecchio considerato in quella data direzione.

Pavimento

Pareti

Soffitto

Fig. 3.21 Fattore di distribuzione di una superficie.

88

Capitolo 3

3.5 Illuminazione di interni Per la corretta progettazione di un impianto di illuminazione, e quindi nella scelta dei corpi illuminanti occorre considerare e valutare alcuni parametri illuminotecnici che si possono riassumere in:     

livello e uniformità di illuminamento; ripartizione della luminanza; limitazione dell’abbagliamento; direzionalità della luce; colore della luce e resa del colore stesso.

Il dimensionamento dell’illuminazione di interni può considerare una distribuzione di tipo generale localizzata o supplementare. Si definisce illuminazione generale quella in grado di creare in tutti i punti dell’ambiente considerato condizioni visive pressoché omogenee ed equivalenti; gli apparecchi sono distribuiti in modo da rendere il livello di illuminamento uniforme in ogni punto. Una variante all’illuminazione generale è costituita dall’illuminazione orientata sul posto di lavoro, definibile come quel tipo di illuminazione generale caratterizzata da un coordinamento rigido tra l’illuminazione prodotta dagli apparecchi e i vari posti di lavoro; gli apparecchi sono situati e rivolti verso gli spazi specifici da illuminare: risulta intuitivo che se i posti di lavoro vengono spostati occorre riesaminare il dimensionamento illuminotecnico. Vi è poi l’illuminazione localizzata del singolo posto di lavoro, intesa come un’illuminazione specifica per ogni postazione che integra l’illuminazione generale (è ammessa solo se coordinata con l’illuminazione generale del locale). L’illuminazione localizzata del singolo posto di lavoro si rivela necessaria nel caso di attività che comportino prestazioni visive impegnative, quali l’identificazione di contrasti, contorni, forme, strutture ecc. e dove l’illuminazione generale è insufficiente. Infine l’illuminazione supplementare si può definire come quel tipo di illuminazione specifica con la funzione di accentuare singoli elementi. In altri termini, oltre alla illuminazione di tipo generale, si utilizzano degli apparecchi luminosi per evidenziare spazi specifici o oggetti particolari (stampe, quadri, reperti archeologici, elementi architettonico-strutturali ecc.). In questi casi, per questioni inerenti il gioco dei colori, delle forme e dei materiali, gli apparecchi illuminanti possono costituire un elemento di arredo molto importante; la scelta del tipo del corpo illuminante risulta cioè subordinata al tipo di atmosfera che si vuole creare. A seconda del tipo di locale e di attività svolta, le Norme prevedono differenti livelli di illuminamento di esercizio. La tabella 3.3 riporta l’illuminamento medio di esercizio (En) assieme alla tonalità di colore, il gruppo di resa del colore e la classe di controllo dell’abbagliamento raccomandati dalle Norme (UNI 10380) per alcuni tipi di locale e di attività svolte. La tonalità di colore si distingue in W (calda, per valori minori di 3300 K), I (neutra, per valori compresi tra 3300 e 5300 K) e C (fredda, per valori maggiori di 5300 K). Il gruppo di resa del colore si diversifica nei seguenti codici, dipendenti dagli indici di resa del colore: 1A (per valori maggiori di 90), 1B (per valori uguali o maggiori di 80 e uguali o minori di 90), 2 (per valori uguali o maggiori di 60 e minori di 80), 3 (per valori uguali o maggiori di 40 e minori di 60) e 4 (per valori uguali o maggiori di 20 e minori di 40). Infine la classe di controllo dell’abbagliamento, riferita alle classi di qualità degli apparecchi illuminanti, può essere A (compito visivo molto difficoltoso), B (compito visivo che richiede prestazioni visive elevate), C (compito visivo che richiede presta-

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 89

zioni visive normali), D (compito visivo che richiede prestazioni visive modeste) e E (per interni dove le persone non sono ferme ma si spostano da un posto all’altro svolgendo lavori che richiedono prestazioni visive modeste). L’illuminamento di esercizio riportato in tabella è riferito a un tasso medio di invecchiamento dell’impianto di illuminazione, a locali attrezzati, a un’altezza del piano di lavoro pari a 0,85 m dal pavimento e a un’altezza di 0,2 m dal pavimento per zone di transito in fabbricati. Tab. 3.3 Illuminamento medio di esercizio, tonalità di colore, gruppo di resa del colore (Ra) e classe di controllo dell’abbagliamento (G) raccomandati per interni civili. Interni civili Tipo di locale, compito visivo o attività

Illuminamento di esercizio Valore medio (lx)

Tonalità di colore

Ra

G

50  100  150

W

1A

A

ABITAZIONI E ALBERGHI zona di conversazione o di passaggio zona di lettura

200  300  500

W

1A

A

zona di scrittura

300  500  750

W

1A

A

zona dei pasti

100  150  200

W

1A

A

cucina

200  300  500

W

1A

A

bagno, illuminazione generale

50  100  150

W

1A

B

bagno, zona specchio

200  300  500

W

1A

B

camere, illuminazione generale

50  100  150

W

1A

B

camere, zona armadi

200  300  500

W

1A

B

camere, zona letti

200  300  500

W

1A

B

camere, stiratura, cucitura e rammendo

500  750  1000

W

1A

A

AMBIENTI COMUNI aree di passaggio, corridoi

50  100  150

W, I

2

D

sale, ascensori

100  150  200

W, I

2

D

magazzini e depositi

100  150  200

W, I

2

D

bocce

300  500

I

1B

A

palestre

300  500

I

1B

A

piscine

300  500

I

1B

A

tennis, pallavolo

500  750

I

1B

A

multiuso

150  200  300

W, I

1B

B

teatri e sale da concerto

50  100  150

W, I

1B

A

AMBIENTI SPORTIVI

AUDITORI

BIBLIOTECHE scaffalature per libri (verticali)

150  200  300

W, I

2

C

tavoli di lettura

300  500  750

W, I

1B

B

banchi catalogazione e classificazione

200  300  500

W, I

1B

B

legatura

200  300  500

W, I

2

B

CHIESE ambiente generale, banchi

50  100  150

W, I, C

2

B

altare, pulpito

150  200  300

W, I, C

2

B

150  200  300

I

1B

B

NEGOZI E MAGAZZINI aree di circolazione

90

Capitolo 3

esposizione merci

300  500  750

I

1B

B

vetrine

500  750  1000

W, I, C

1B

B

corsie, illuminazione generale

50  100  150

W

1A

A

corsie, esami

200  300  500

W

1A

A

corsie, lettura

150  200  300

W

1A

A

3  5  10

W

1A

OSPEDALI

corsie, circolazione notturna locali per esami, illuminazione generale locali per esami, ispezioni

300  500  750

W

1A

A

750  1000  1500

W, I

1A

A

terapie intensive

200  300  500

W

1A

A

chirurgia, illuminazione generale

500  750  1000

I

1A

A

chirurgia, illuminazione localizzata

10 000  30 000 100 000

I, C

1A

A

sale autopsia, illuminazione generale

500  750  1000

I, C

1A

A

500  10 000 15 000

I, C

1A

A

A

sale autopsia, illuminazione localizzata OSPEDALI laboratori e farmacie, illumin. generale

300  500  750

I, C

1A

laboratori e farmacie, illumin. localizzata

500  750  1000

I, C

1A

A

locale per consulti, illuminazione generale

300  500  750

W, I

1A

A

locale per consulti, illumin. localizzata

500  750  1000

W, I

1A

A

SCUOLE classe, illuminazione generale

300  500  750

W, I

1B

B

classe, lavagna

300  500  750

W, I

1B

B

laboratori artistici e scientifici

500  750  1000

W, I, C

1B

B

aule universitarie, illuminazione generale

300  500  750

W, I

1B

B

aule universitarie, lavagna

500  750  1000

W, I

1B

B

aule universitarie, banchi per dimostrazioni

500  750  1000

W, I

1B

B

laboratori, officine e sale istruzioni d’arte

300  500  750

W, I

1B

B

sale per assemblee

150  200  300

W, I

1B

B

uffici generici, dattilo, sale computer

300  500  750

W, I

1B

B

uffici per disegnatori e per progettazione

500  750  1000

W, I

1B

B

sale per riunioni

300  500  750

W, I

1B

B

UFFICI

Per i vari locali o attività vengono riportati tre valori di illuminamento che si devono interpretare nel seguente modo: 

Il valore inferiore si applica quando il compito visivo (cioè un’attività che richiede una prestazione visiva) viene eseguito occasionalmente, oppure si riferisce a oggetti caratterizzati da elevati contrasti, oppure ancora quando l’accuratezza e la velocità di esecuzione non hanno rilevanza.  Il valore intermedio indica l’illuminamento nei casi di attività considerata normale.  Il valore maggiore deve essere preso in considerazione quando, a differenza delle situazioni precedenti, l’impegno visivo è critico o l’oggetto presenta bassi contrasti, quando sono importanti la velocità di esecuzione e l’accuratezza della percezione visiva, oppure quando il posto di lavoro è occupato da persone aventi un’età avanzata.

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 91

In corso di progettazione si ottengono i valori reali di illuminamento moltiplicando l’illuminamento di esercizio per un coefficiente che considera l’invecchiamento e l’insudiciamento degli materiali (fattore di deprezzamento). Nei casi di ordinaria amministrazione si impiega un fattore di deprezzamento pari a 1,25 (come indicato nella tabella 3.4); in situazioni più gravose, nelle quali l’ambiente non può essere pulito adeguatamente e con frequenza o sia particolarmente polveroso, si adotta un fattore di deprezzamento più elevato. Si osservi nella tabella che il fattore di manutenzione è l’inverso del fattore di deprezzamento. Tab. 3.4 Fattore di manutenzione (M) e di deprezzamento (D). Riduzione dell’illuminamento a causa di sporcizia e invecchiamento delle lampade, degli apparecchi di illuminazione e dei locali

M

D

Ordinario Forte Molto elevato

0,8 0,7 0,6

1,25 1,43 1,67

Nei casi non contemplati dalla tabella degli illuminamenti di esercizio, il valore minimo viene stabilito in 200 lx nei posti di lavoro costantemente occupati in fabbricati, e in 100 lx nei locali dove non sia prevista una presenza continua delle persone addette. Strettamente collegata al livello di illuminamento è l’uniformità di illuminamento, che risulta dipendere dalla ripartizione degli apparecchi illuminanti, piuttosto che dalla diffusione della luce da parte di pareti e soffitto. La ripartizione degli apparecchi di illuminazione, a sua volta, è subordinata alla posizione dei posti di lavoro. La normativa indica alcune modalità per ottenere un’appropriata uniformità:  sul piano di lavoro è bene ci sia un rapporto tra illuminamento minimo e medio non inferiore 0,8;  l’illuminamento medio nelle zone in cui non si svolgono attività che richiedono impegno visivo non deve essere inferiore ad un terzo di quello presente nelle zone dove tali attività vengono svolte;  nel caso di locali adiacenti, l’illuminamento medio del locale più illuminato non deve essere maggiore di 5 volte quello del locale con l’illuminamento inferiore. Un ulteriore elemento che riveste una notevole importanza per la scelta dell’apparecchio illuminante è il livello del comfort visivo, dipendente dall’angolo di comfort, ossia dall’angolo di visuale diretta, e dall’angolo di visuale incidente sulle zone abbaglianti delle superfici riflettenti. Queste caratteristiche sono strettamente legate sia alla luminanza dei corpi illuminanti sia alla posizione di lavoro (fig. 3.22). Per migliorare il comfort visivo, è possibile applicare agli apparecchi illuminanti dei dispositivi in grado di schermare o assorbire i raggi di luce fastidiosi all’occhio umano (griglie, frangiluce, diffusori, anelli anti-abbaglianti ecc.). 1

2

2

Pessimo

1

Buono

Oltre all’illuminamento, la grandezza fotometrica che più delle altre condiziona  positivamente o negativamente  il tipo di luce è la luminanza. La lumi-

Fig. 3.22 Intensità luminosa e posizione di lavoro.

92

Capitolo 3

nanza esprime la sensazione di brillantezza che una sorgente primaria o secondaria produce. Nella progettazione degli impianti di illuminazione si devono tenere in considerazione le luminanze delle superfici circostanti il compito visivo (cioè lo svolgimento della prestazione visiva richiesta), i cui rapporti devono rientrare nei limiti indicati dalle Norme (tab. 3.5): si distinguono gli ambienti in tre diverse classi, definite semplicemente A, B e C. Rientrano nella classe A quegli ambienti nei quali le riflessioni possono essere controllate in conformità alle disposizioni delle Norme; rientrano nella classe B quegli ambienti nei quali è possibile controllare solo le riflessioni vicine alla zona di lavoro, mentre non è possibile per quelle più lontane; rientrano infine nella classe C quegli ambienti dove non è possibile controllare le riflessioni o nei quali non è possibile attuare modifiche delle condizioni ambientali. Tab. 3.5 Rapporti delle luminanze nel campo visivo. Classificazione dell’ambiente

Rapporti di luminanza limite prescritti A

B

C

1

Tra il compito visivo e le superfici più scure ad esso adiacenti (max)

31

31

51

2

Tra il compito visivo e le superfici più chiare ad esso adiacenti (min)

1

11

1

3

Tra il compito visivo e le superfici lontane più scure (max)

101

201



4

Tra il compito visivo e le superfici lontane più chiare (min)

110

10



5

Tra gli apparecchi di illuminazione (finestre, lucernari ecc.) e le superfici ad essi adiacenti (max)

201





6

Ovunque entro il campo visivo (max)

401





In riferimento all’abbagliamento, le Norme pongono limitazioni a seconda che sia diretto o riflesso. Nel caso dell’abbagliamento diretto la luminanza media di apparecchi di illuminazione, siano installati singolarmente che in fila continua, non deve superare i valori delle curve limite indicate per un angolo di irraggiamento tra i 45° e gli 85°; si ricorda che l’angolo di irraggiamento definisce il rapporto tra la distanza orizzontale (espressa in metri) dell’occhio dell’osservatore e la normale al centro dell’apparecchio di illuminazione più lontano nel locale (a) e la distanza verticale (espressa in metri) tra il piano all’altezza degli occhi dell’osservatore e il centro degli apparecchi di illuminazione. Per queste situazioni l’altezza di persone sedute è stabilita a 1,20 m dal pavimento, mentre quella di persone in piedi a 1,65 m dal pavimento. Anche l’abbagliamento riflesso può determinare una diminuzione dei contrasti e causare difficoltà visive; la diminuzione del contrasto di un compito visivo viene espressa in termini di fattore di resa del contrasto (CRF), che rappresenta il rapporto tra il contrasto di un compito visivo in una data condizione di illuminazione e quello che si avrebbe, a pari illuminamento, con un’illuminazione di riferimento. Infine la luminanza degli oggetti di arredo o delle zone adiacenti un terminale video, che si possono riflettere sullo schermo, non devono superare le 200 cd/m2 . Per quel che riguardo gli ultimi due fattori, l’indice di resa cromatica (Ra) e la temperatura colore si veda il punto 3.3.4.

3.5.1 Dimensionamento illuminotecnico Come già affermato la scelta del corpo illuminante, secondo i criteri generali dell’illuminotecnica deve essere effettuata su basi che tengano conto della

Illuminotecnica e dimensionamento illuminotecnico 93

distribuzione del flusso luminoso, del rendimento degli apparecchi, del comfort visivo nella utilizzazione e del contributo che si apporta all’estetica dell’arredamento. Il dimensionamento illuminotecnico si effettua mediante due differenti metodologie:  metodo punto a punto;  metodo del flusso totale. Il metodo punto a punto permette di misurare il valore dell’illuminamento in ogni punto della superficie da illuminare: si serve principalmente delle tavole di indicazione fotometrica, riferite a ciascun apparecchio illuminante e fornite dal costruttore. Nel caso in cui all’illuminamento concorrano più lampade, viene valutato ogni singolo contributo e poi vengono sommati i risultati. Il metodo punto a punto viene utilizzato principalmente per il calcolo dell’illuminazione di superfici all’aperto, mentre risulta inadatto per lo studio dell’illuminazione degli interni. Le ragioni per una tale scelta vengono motivate dal fatto che negli interni si deve realizzare una distribuzione diffusa del flusso luminoso, per cui anche il soffitto, le pareti e il pavimento diventano sorgenti secondarie che contribuiscono all’illuminazione richiesta; inoltre, dati i bassi valori di illuminamento considerati e le brevi distanze da coprire, nella pratica diventano rilevanti anche le dimensioni della sorgente luminosa che nel metodo punto a punto dovrebbe risultare puntiforme. Il metodo, di matrice trigonometrica, si prefigge di misurare l’illuminamento in un punto P, considerando la sorgente luminosa situata in un punto C (fig. 3.23). I dati necessari per il calcolo dell’illuminamento sono l’altezza (h) della sorgente luminosa dal piano di lavoro (solitamente dal pavimento), la distanza del punto illuminato (d) dalla verticale condotta per la sorgente luminosa e l’intensità luminosa (I) della sorgente nella direzione del punto (indicatrice fotometrica fornita dal costruttore). Dell’intensità luminosa emessa dalla sorgente vengono considerati tre valori: l’illuminamento normale nella direzione della componente sorgente-punto illuminato, l’illuminamento verticale e quello orizzontale, che sono rispettivamente le componenti verticale e orizzontale dell’illuminamento normale sul piano illuminato. In pratica si considera più conveniente l’illuminamento orizzontale, ottenuto con: 3 I E = ------ cos  2 h Se i punti luminosi sono più di uno, si ripete il calcolo per ciascun punto e si deduce l’illuminamento medio sommando gli illuminamenti dei vari punti e dividendo il risultato per il numero dei punti stessi. Il metodo del flusso totale (chiamato anche metodo del coefficiente di utilizzazione) è di gran lunga il più usato per il calcolo illuminotecnico degli ambienti interni; si presenta come un metodo pratico e semplice sia per i calcoli di progetto (definito l’illuminamento e il tipo del corpo illuminante se ne ricava il numero), che per i calcoli di verifica (definito il numero e il tipo di corpi illuminanti si ricava l’illuminamento medio). La formula generale per il calcolo del numero dei corpi illuminanti (fase di progettazione) viene espressa da: ES N = ------------U mentre quella per il calcolo dell’illuminamento medio (fase di verifica) è: NU E = --------------------S

C

I

 h d

P

Fig. 3.23 Metodo punto a punto.

94

Capitolo 3

dove N è il numero dei corpi illuminanti, E l’illuminamento medio del locale espresso in lux, S la superficie del locale espressa in m2 ,  il flusso luminoso delle lampade (o lampada) di un apparecchio illuminante espresso in lumen e U il fattore di utilizzazione (sempre inferiore all’unità). Il fattore o coefficiente di utilizzazione (utilanza) di una superficie è il rapporto fra il flusso totale diretto e riflesso ricevuto dalla superficie e il flusso totale emesso dagli apparecchi installati. Tab. 3.6 Coefficienti di riflessione di alcuni materiali e colori. Materiali diffondenti

Intonaco bianco Cemento grezzo Mattoni Quercia chiara Mogano e noce Tende gialle Tende rosse Tende blu Reflectal lucidato Reflectal ossidato Specchio argentato Argento lucidato Lamiera smaltata in bianco Lamiera verniciata in bianco Nichel lucidato Cromo lucidato Rame lucido Alluminio 99,5 lucido Alluminio 99,5 satinato Stagno

Coefficiente di Pareti riflessione diffondenti (%) colorate 70-80 40-50 10-30 40-50 15-40 30-45 10-20 10-20 86-90 80-85 80-88 88-92 70-75 65-70 53-63 60-70 48-50 65-75 55-60 68-70

Bianco Nero Grigio Beige Giallo Rosso Verde Blu

Coefficiente di riflessione (%) colore chiaro

colore medio

colore scuro

80  60 65 70 35 50 50

70 4 35 45 50 20 30 20

  20 25 30 10 12 5

Il coefficiente di utilizzazione viene determinato sperimentalmente in base alle caratteristiche fotometriche e fisiche dell’apparecchio, ai coefficienti di riflessione delle superfici ambientali e all’indice del locale (K). A titolo di esempio vengono riportati nella tabella 3.6 i coefficienti di riflessione di alcuni materiali e colori. Le ditte costruttrici degli apparecchi forniscono le tabelle per una facile valutazione del fattore di utilizzazione (U); partendo da queste tabelle, i passaggi per il dimensionamento si possono riassumere nel modo seguente:   

si determina l’indice (K) del locale; si sceglie il fattore di utilizzazione (U); si calcola, considerando il flusso degli apparecchi scelti, la quantità necessaria di apparecchi illuminanti da installare;  si accerta, volendo verificare se l’illuminamento richiesto ha effettivamente un tale valore, l’illuminamento medio del locale. L’indice del locale viene determinato in base ai dati strutturali della stanza, nella quale sono da installare gli apparecchi illuminanti e si calcola applicando la seguente formula: ab K = -----------------------h  a + b nella quale a e b sono le lunghezze dei lati dell’ambiente, in metri, e h l’altezza di installazione degli apparecchi dal pavimento o dal piano di lavoro, espressa in metri. In alternativa al dimensionamento tradizionale, è possibile reperire software dedicato per il calcolo illuminotecnico di aree interne, esterne e strade che permette di ottenere risultati soddisfacenti con rapidità e precisione di calcolo.

4 Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili

Gli elementi impiegati negli impianti civili e similari comprendono un insieme molto diversificato di componenti che possono essere di tipo elettrico e non. I componenti non elettrici di un impianto servono per contenere e proteggere meccanicamente gli apparecchi elettrici. I componenti elettrici di un impianto si differenziano essenzialmente in apparecchi e cavi. Mentre i primi svolgono funzioni di comando, segnalazione, trasformazione, derivazione e protezione, i secondi servono per collegare gli apparecchi tra loro, con la linea di alimentazione e il carico. Gli apparecchi di comando servono per stabilire, mantenere, modificare o interrompere la corrente di alimentazione degli utilizzatori. Essi sono parte dell’impianto elettrico quando si trovano posti a monte dell’utilizzatore, inseriti in contenitori singoli o in quadri di comando; sono progettati per svolgere un numero molto elevato di manovre e sono denominati con termini diversi, a seconda che il meccanismo di manovra sia a tasto, a levetta, a pulsante, a slitta ecc. La figura 4.1 riporta alcuni azionatori per apparecchi di comando.

tasto

levetta

pulsante

slitta

I dati nominali, caratterizzanti un apparecchio di comando, sono fondamentalmente quelli riportati di seguito. 

La tensione nominale è il valore di tensione per il quale l’apparecchio è stato costruito; non deve essere superata durante l’impiego.  La corrente nominale è il valore di corrente per la quale l’apparecchio è stato costruito; non deve essere superata durante l’impiego.  Il potere di chiusura è il massimo valore di corrente che un apparecchio può sopportare per un tempo molto breve e prestabilito senza danneggiarsi.  La corrente di breve durata è il massimo valore di corrente che un apparecchio è in grado di sopportare, per il tempo che intercorre tra una situazione di guasto o di cortocircuito e l’intervento dell’apparecchiatura di protezione.

Fig. 4.1 Tipi di azionamenti per apparecchi di comando.

96

Capitolo 4

Apparecchio modulare con fissaggio dal retro Placca in metallo pressofuso

Supporto isolante in policarbonato antiurto

Fig. 4.2 Apparecchi componibili.

Fig. 4.3 Apparecchi monoblocco.

I tre valori che si possono riscontrare immediatamente sul corpo dell’apparecchio sono la tensione nominale, la corrente nominale e il tipo di corrente (alternata o continua). Gli apparecchi di comando, a seconda del particolare tipo di frutto, possono essere:    

modulari (componibili) da incasso (fig. 4.2); monoblocco da incasso (fig. 4.3); da parete (fig. 4.4); volanti (fig. 4.5).

Gli apparecchi di segnalazione hanno il compito di comunicare con un segnale una richiesta effettuata da una seconda persona. Si possono dividere in prima istanza in apparecchi di segnalazione acustica (suonerie in genere) e in apparecchi di segnalazione luminosa. Questi ultimi a loro volta si possono suddividere in apparecchi sui quali l’indicazione della chiamata viene specificata mediante un numero significativo (quadri indicatori) e in apparecchi molto più complessi sui quali sono presenti anche dei segnali di direzione (guida luce). È da tenere in considerazione che negli apparecchi di segnalazione luminosa è sempre presente (o quasi) un ronzatore che associa al segnale luminoso anche una segnalazione acustica. I trasformatori sono macchine elettriche che svolgono il compito di trasferire l’energia elettrica da un circuito ad un altro. Negli impianti elettrici civili si trovano in genere trasformatori per campanelli, per apparecchi di illuminazione e per rasoi. Tranne l’ultimo, gli altri servono per alimentare apparecchi a bassissima tensione (uguale o minore a 50 V). Gli apparecchi di derivazione sono dispositivi che permettono la realizzazione di collegamenti tra i vari apparecchi utilizzatori e la linea di alimentazione (senza dover utilizzare attrezzi particolari) mediante la semplice inserzione di una spina in una presa. Le prese e le spine utilizzate negli impianti elettrici civili possono essere sottoposte ad una tensione nominale massima di 400 V e sopportare una corrente nominale massima di 25 A. Gli apparecchi di protezione utilizzati negli impianti civili sono di due tipi. 

Fig. 4.4 Apparecchi da parete.

Interruttori automatici (magnetotermici) che hanno la funzione di proteggere i carichi presenti (elettrodomestici in particolare) dai sovraccarichi e dai cortocircuiti.  Interruttori differenziali che hanno la funzione primaria di proteggere gli impianti da contatti accidentali (formatisi tra le parti in tensione e la massa) e la funzione secondaria di proteggere le persone contro i contatti diretti e indiretti.

4.1 Montante

Fig. 4.5 Apparecchi volanti.

Il montante viene definito dalle Norme come quel tronco di conduttura a percorso generalmente verticale, che mette in collegamento il contatore dell’Ente distributore (punto di consegna dell’energia elettrica) con il quadro di distribuzione (centralino) all’interno dell’abitazione; la sua estensione si snoda quindi tra il punto di consegna e il centralino. La Norma CEI 64-8/5 limita al 4% il valore massimo della caduta di tensione tra il punto di consegna e un qualsiasi punto dell’impianto utilizzatore; di conseguenza il dimensionamento del cavo della colonna montante deve essere eseguito considerando la potenza da trasportare e quindi la corrente di impiego, in modo da non superare la portata termica dei cavi e la stessa caduta di tensione, quest’ultima in modo particolare con linee montanti di lunghezza superiore ai 15 ÷ 20 m.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 97

A titolo di esempio si raffrontano in tabella 4.1 i dati essenziali per il dimensionamento delle linee montanti, ammettendo una caduta di tensione sul montante pari al 1,5% nelle situazioni peggiori e all’interno dell’appartamento una c.d.t. pari al 2,5%. Tab. 4.1 Sezione dei montanti di utenze monofasi. Potenza max impegnata [kW]

3

6

Lunghezza max L del montante [m]

Sezione del cavo [mm2]

L  18

4

18 < L  27

6

27 < L  45

10

45 < L  71

16

L  22

10

22 < L  35

16

35 < L  56

25

Anche il montante, in quanto parte dell’impianto utilizzatore dell’utente, deve essere protetto dalle sovracorrenti. Per i cortocircuiti è possibile proteggerlo con lo stesso limitatore di corrente dell’Ente di distribuzione, ma solamente se questo è accessibile all’utente e se il montante è stato realizzato in modo da rendere minimo il rischio del cortocircuito. In questi casi, la sua protezione contro i sovraccarichi viene effettuata mediante l’interruttore automatico generale posto all’interno del centralino dell’appartamento, avente una corrente nominale di 16 A per potenze contrattuali di 3 kW o di 32 A per potenze di 6 kW. Negli ultimi anni, per gli impianti nuovi, è frequente assistere all’installazione di un altro interruttore automatico, con la stessa portata di quello presente nel centralino, alla base del montante. Esso si rende necessario per proteggere contro i sovraccarichi la parte del montante posta a monte di una eventuale derivazione (fatta sullo stesso montante) che porta l’alimentazione ai circuiti elettrici del garage e della cantina. Nella progettazione del montante si possono considerare modalità diverse di esecuzione:  

si possono utilizzare cavi unipolari o multipolari, il conduttore di protezione può essere singolo o comune.

Se viene impiegata una tubazione per ogni montante e se il conduttore di protezione è singolo, si possono utilizzare cavi unipolari per i conduttori di fase, neutro e di protezione, oppure un cavo tripolare, inseriti in tubi separati per ogni montante. Se viene impiegata una tubazione per ogni montante e se il conduttore di protezione è comune, si possono utilizzare cavi unipolari per i conduttori di fase e neutro, o un cavo bipolare, inseriti in tubi separati per ogni montante. Il conduttore di protezione comune deve essere inserito in tubo e cassette autonomi. Se viene impiegata una tubazione comune per tutti i montanti e se il conduttore di protezione è singolo, si devono obbligatoriamente utilizzare cavi tripolari. Se viene impiegata una tubazione comune per tutti i montanti e se il conduttore di protezione è anch’esso comune, si devono utilizzare esclusivamente cavi bipolari e il conduttore di protezione comune deve essere inserito in tubo e cas-

98

Capitolo 4

sette autonomi. La sola eccezione nell’impiego di cavi unipolari in canali comuni è tollerata quando sono presenti specifici locali per contatori, per il solo tratto che va dai contatori all’inizio della colonna montante e per lunghezze non superiori a 3 m. Infine i singoli montanti porteranno una targhetta fascettata, in corrispondenza almeno del loro inizio e della loro fine, che identifichi in modo inequivocabile il numero dell’appartamento e il relativo piano. 4.2 Cavi

Fig. 4.6 mato.

Cavo multipolare scher-

I cavi sono gli elementi che determinano il collegamento elettrico tra i vari apparecchi che compongono un impianto elettrico. A livello costruttivo il cavo elettrico può essere un insieme di conduttori vicini ma isolati tra loro (fig. 4.6) oppure un unico conduttore isolato. In ogni caso il cavo è costituito da alcune parti che rimangono comuni in gran parte delle sue diverse versioni e cioè: l’anima, l’isolante, il materiale di riempimento e lo schermo. Un cavo elettrico è definibile come un conduttore, o un insieme riunito di conduttori, uniformemente isolato che si sviluppa in lunghezza e che può avere uno o più rivestimenti di protezione. Il conduttore viene definito a sua volta come un filo o una corda di rame o di alluminio destinato a condurre una corrente elettrica. L’anima invece rappresenta una parte del cavo elettrico e viene definita come un conduttore con il proprio isolante. I cavi si possono classificazione in vari modi, a seconda dell’elemento specifico che si prende in esame. Se è il valore della tensione di esercizio l’elemento sostanziale, essi si classificano in: 

cavi per l’alta tensione, impiegati nella terza categoria dei sistemi di distribuzione;  cavi per la media tensione, impiegati nella seconda categoria dei sistemi di distribuzione;  cavi per la bassa tensione, utilizzati nelle categorie zero e prima dei sistemi di distribuzione. Se la distinzione viene effettuata considerando il numero delle anime che compongono il cavo, quest’ultimo può essere:    

unipolare, bipolare, tripolare, multipolare.

Una terza discriminazione viene operata considerando se è presente oppure no il conduttore di protezione per il collegamento a terra. Una quarta distinzione viene fatta a seconda che il cavo sia armonizzato oppure no; se il cavo è armonizzato esso ha caratteristiche corrispondenti alle direttive CENELEC e quindi ha un riconoscimento europeo, altrimenti fa parte di quell’insieme di cavi che seguono solamente le direttive nazionali. Una quinta classificazione dei cavi prende in esame il tipo di isolante che viene utilizzato.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 99

Infine, in relazione al loro comportamento al fuoco, i cavi possono essere:  

Senza alcun requisito particolare di comportamento al fuoco. Non propaganti la fiamma; vengono denominati anche cavi autoestinguenti e seguono le Norme CEI 20-35 “Prove sui cavi elettrici sottoposti al fuoco. Parte 1: Prova di non propagazione della fiamma sul singolo cavo verticale”. Da considerare che i cavi rientranti in questa categoria non propagano il fuoco e si autoestinguono a breve distanza solamente se sono presi singolarmente (è una caratteristica cioè che garantisce il singolo cavo); nella condizione di raggruppamento in fasci, essi possono tuttavia divenire veicolo pericoloso di propagazione dell’incendio.  Non propaganti l’incendio; sono cavi che devono superare una prova molto più restrittiva della precedente, prevista dalle Norme CEI 20-22/2 “Prove d’incendio su cavi elettrici. Parte 2: Prova di non propagazione dell’incendio” ed eseguibile presso il CESI.  Resistenti al fuoco; sono cavi che superano la prova di resistenza al fuoco prevista dalle Norme CEI 20-35. Questo tipo di cavi ha la proprietà di assicurare il funzionamento per un certo periodo di tempo durante e dopo l’incendio. Essi possono al tempo stesso essere anche non propaganti la fiamma e non propaganti l’incendio. I colori distintivi delle anime dei cavi isolati in gomma o polivinilcloruro per energia o per comandi e segnalazioni, destinati in sistemi con tensioni fino a 0,6/1 kV, devono seguire le indicazioni redatte nella tabella UNEL 00722, in particolare: 

Il colore giallo/verde è riservato esclusivamente all’isolante del conduttore di protezione contro le tensioni di contatto nei circuiti comportanti tale conduttore, circuiti per i quali devono essere impiegati cavi equipaggiati con conduttore di protezione.  Il colore blu chiaro è di norma riservato all’isolante del conduttore di neutro. Nei cavi non comportanti detto conduttore neutro o nei quali esso è identificato per la sua forma (per esempio conduttore concentrico) l’anima di colore blu chiaro può essere utilizzata per altre funzioni, escluso quella di conduttore di protezione.  I colori nero, marrone e grigio sono riferiti all’isolante dei conduttori di fase o equivalenti, esclusi i conduttori di protezione e di neutro. Se i cavi sono unipolari, senza guaina di protezione e vengono utilizzati all’interno di quadri, sono consentiti i colori nero, marrone, grigio, blu chiaro, arancione, rosso, rosa, turchese, violetto e bianco. In base a quanto indicato dalla Norma CEI 20-27 “Cavi per energia e per segnalamento. Sistema di designazione”, la designazione di un cavo deve essere composta da tre parti indicanti:  

il riferimento alle norme e la tensione nominale; la costruzione del cavo (indicata in sequenza radiale e partendo dall’isolante), seguita dopo un trattino dal tipo di materiale e dalla forma dei conduttori;  il numero e la dimensione dei conduttori. Riferimento alle Norme costruttive  H = cavo conforme a norme armonizzate;  A = cavo di tipo nazionale riconosciuto elencato nei relativi supplementi alle norme armonizzate.

100

Capitolo 4

Riferimento alla tensione nominale di esercizio (U0/U)  01 = superiore o uguale a 100/100 V e uguale o inferiore a 300/300 V;  03 = 300/300 V;  05 = 300/500 V;  07 = 450/750 V.

Materiali per isolanti e per guaine non metalliche  B = gomma etilenpropilenica per una temperatura di funzionamento continuo di 60 °C;  G = etilene-vinilacetato;  J = treccia di fibra di vetro;  M = minerale;  N = policloroprene (o minerale equivalente);  N2 = mescola speciale di policloroprene per il rivestimento di cavi per saldatrici;  N4 = polietilene clorosulfonato o polietlene clorato;  N8 = mescola speciale di policloroprene resistente all’acqua;  Q = poliuretano;  Q4 = poliammide;  R = gomma di etilpropilene ordinario o elastomero sintetico equivalente per una temperatura di funzionamento di 60 °C;  S = gomma siliconica;  T = treccia tessile, impregnata o no, sull’insieme delle anime;  T6 = treccia tessile, impregnata o no, sulle singole anime di un cavo multipolare;  V = cloruro di polivinile (o PVC) di uso comune;  V2 = mescola di PVC per una temperatura di funzionamento continuo di 90 °C;  V3 = mescola di PVC per cavi installati a bassa temperatura;  V4 = PVC reticolato;  V5 = mescola speciale di PVC resistente all’olio;  Z = mescola reticolata a base di poliolefine che in caso di combustione emette una bassa quantità di fumi, gas tossici e corrosivi;  Z1 = mescola termoplastica a base di poliolefine che in caso di combustione emette una bassa quantità di fumi, gas tossici e corrosivi.

Rivestimenti metallici (guaina, conduttori concentrici e schermi)  C = conduttore di rame concentrico;  C4 = schermo di rame sotto forma di treccia sull’insieme delle anime.

Componenti costruttivi speciali del cavo  D3 = elemento portante costituito da uno o più componenti, posto al centro di un cavo rotondo, oppure ripartito all’interno di un cavo piatto;  D5 = riempitivo centrale (elemento non portante solo per cavi per ascensori).

Costruzioni speciali di un cavo  Nessun simbolo= cavo circolare;  H = cavi piatti “divisibili”, con o senza guaina;

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 101

   

H2 H6 H7 H8

= = = =

cavi piatti “non divisibili”; cavo piatto con tre o più anime (HD 359 o EN 50214); cavo con isolante a doppio strato applicato per estrusione; cordone estensibile.

Materiale del conduttore  Nessun simbolo= rame;  A = alluminio.

Forma del conduttore  D = conduttore flessibile per l’uso in cavi per saldatrici ad arco (HD 22 Parte 6);  E = conduttore flessibilissimo per l’uso in cavi per saldatrici ad arco (HD 22 Parte 6);  F = conduttore flessibile di un cavo flessibile (flessibilità secondo la Classe 5 dell’HD 383);  H = conduttore flessibilissimo di un cavo flessibile (flessibilità secondo la Classe 6 dell’HD 383);  K = conduttore flessibile di un cavo per installazioni fisse (salvo diversa prescrizione, flessibilità secondo la Classe 5 dell’HD 383);  R = conduttore rigido, rotondo, a corda;  U = conduttore rigido, rotondo, a filo unico;  Y = conduttore in similrame.

Numero delle anime e sezione nominale dei conduttori  X = volte, in caso di cavo senza anima giallo/verde;  G = volte, in caso di cavo con anima giallo/verde;  (numero) = sezione nominale, s, del conduttore mm2;  Y = per un conduttore in similrame per il quale la sezione non è specificata. I cavi comunemente utilizzati negli impianti negli edifici civili all’interno dell’edificio sono i seguenti: 

H07V-K e N07V-K, sono cavi unipolari, isolati in PVC, impiegati negli impianti all’interno dell’appartamento e per la colonna montante;  FROR 450/750 V, è un cavo multipolare con isolamento e guaina in PVC, impiegato per la colonna montante. All’esterno dell’edificio, negli impianti interrati e per i montanti vengono impiegati i cavi: 

FG7R 0,6/1 kV e FR7OR 0,6/1 kV, sono cavi unipolari e multipolari, isolati in gomma di qualità G7 con guaina in PVC;  N1VV-K, è un cavo multipolare con isolamento e guaina in PVC. Per i circuiti di segnalazione e comando i cavi generalmente utilizzati sono: 

H05V-K, è un cavo unipolare con isolamento in PVC, usato per circuiti di suonerie;  FROR 300/500 V, è un cavo multipolare con isolamento in PVC e con guaina in PVC, usato per gli impianti citofonici interni;

102

Capitolo 4



H05RN-F, è un cavo multipolare flessibile con isolamento in gomma e con guaina in policloroprene, impiegato per circuiti che comandano l’apertura di portoni di ingresso e cancelli.

4.3 Cavi a fibre ottiche

Core Cladding

Fig. 4.7 Elementi costituenti una fibra ottica.

In questi ultimi anni, con la straordinaria evoluzione della moderna tecnologia, le applicazioni delle fibre ottiche nel campo delle comunicazioni hanno raggiunto risultati notevoli, a tal punto che i cavi ottici ora competono sia tecnicamente che economicamente con i convenzionali cavi in rame. Le fibre ottiche quindi rappresentano oggi l’elemento rivoluzionario nel concetto di trasmissione delle informazioni: cioè l’uso della luce per trasmettere dati. Si possono impiegare cavi a fibra ottica sia per la trasmissione di dati che per le telecomunicazioni; in entrambi i casi l’elemento principale è costituito da un filamento di vetro o di altro materiale molto sottile e con elevata trasparenza che costituisce la via di transito delle radiazioni luminose di lunghezza d’onda compresa nel campo della luce visibile e dell’infrarosso. Le fibre ottiche vengono chiamate anche guide di luce perché possiedono la caratteristica di poter guidare i raggi luminosi anche in percorsi curvi. Un sistema di trasmissione con fibre ottiche, nella sua essenza, si può immaginare come costituito da una sorgente di segnali digitali (a titolo di curiosità si ricorda che la trasmissione analogica è generalmente utilizzata da emittenti TV che coprono distanze molto brevi), un convertitore trasmettitore elettro-ottico, una linea di cavi a fibre ottiche, una linea ripetitrice per la rigenerazione dei segnali, un convertitore ricevitore ottico-elettrico, un ricevitore digitale. Una fibra ottica è formata da due elementi coassiali denominati core (nucleo) e cladding (rivestimento o mantello), come è schematizzato nella figura 4.7. Il core e il cladding sono costituiti dallo stesso materiale che però presenta indici di rifrazione diversi: maggiore nel primo e minore nel secondo. La propagazione di un raggio di luce nelle fibre ottiche segue le leggi della rifrazione e della riflessione; tali leggi regolano i fenomeni di propagazione di un’onda luminosa attraverso la superficie di separazione di due materiali trasparenti, ma con indici di rifrazione diversi. Il raggio di luce, perciò, si riflette ripetutamente sulla superficie che divide il core dal cladding e, a seconda dello specifico angolo sotto cui il fenomeno avviene, si possono definire diversi modi di propagazione (o profili dell’indice di rifrazione) e diversi percorsi della luce. Si possono avere, quindi, profili:   

monomodo (single mode), multimodo a gradino (step index), multimodo graduato (graded index).

La figura 4.8 indica le diverse modalità di propagazione della luce nelle fibre ottiche con i relativi profili. La differenza sostanziale tra i due principali tipi di profilo risiede nel fatto che nelle fibre monomodo si propaga un solo raggio, mentre in quelle multimodo si propagano più raggi. Nelle fibre multimodo a gradino è presente, quando l’indice del core è costante, il fenomeno della dispersione modale, a causa del quale si riceve un impulso di durata maggiore di quella con cui era stato trasmesso. Il rimedio, in questo caso, consiste nell’utilizzare una fibra con indice di rifrazione del core variabile (maggiore nel centro e minore nella periferia), in modo da effettuare continue deviazioni. È questa in sostanza la funzione svolta dalle fibre multimodo graduate. I principali elementi caratterizzanti un cavo a fibra ottica sono:

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 103

  

la distanza di trasmissione, la capacità, il tipo di posa.

Graded index

Step index

Single mode

Mentre i primi due fattori identificano le caratteristiche ottiche, il terzo regola le caratteristiche meccaniche. Infatti un primo importante parametro ottico che si riscontra nei materiali trasparenti è l’attenuazione, cioè la perdita di energia luminosa in funzione della distanza. In relazione a questo elemento, sicuramente negativo per le fibre ottiche, sono state individuate tre lunghezze d’onda ottimali, chiamate finestre di utilizzo, per le quali si riscontra un valore di attenuazione molto basso. Esse sono state definite semplicemente come:   

Prima Finestra (First Window), Seconda Finestra (Second Window), Terza Finestra (Third Window),

aventi valori di lunghezza d’onda rispettivamente di 850, 1300 e 1550 nm. Una seconda grandezza ottica importante è rappresentata dalla larghezza di banda che indica la capacità di trasmissione della fibra. Questa grandezza è dipendente però da più fattori, riassumibili in:   

modo di propagazione, grado di accuratezza di fabbricazione, dimensioni fisiche della fibra.

Risulta intuitivo che tanto più elevata è la larghezza di banda e tante più informazioni è possibile trasmettere. Le fibre ottiche possono trasmettere teoricamente in più campi di lunghezze d’onda, ma in pratica il loro impiego risulta ottimale in uno solo di essi. La tabella 4.2 riassume le caratteristiche delle fibre monomodo e multimodo. In relazione alle sopraindicate caratteristiche è opportuno considerare che le fibre multimodo a gradino (step index) sono convenienti per brevi distanze, mentre le altre due sono ideali per lunghe distanze in quanto caratterizzate da perdite molto basse e da un’ampia larghezza spettrale. I cavi a fibre ottiche hanno configurazioni diverse a seconda della specifica applicazione; oltre ai cavetti monofibra e bifibra, vengono attualmente impiegati in modo massiccio cavetti con più fibre singole o con più fibre riunite in ciascun canale. Quest’ultima tecnica di assemblaggio, denominata anche cordata, viene impiegata nei cavi con valori di capacità superiori a 18; le fibre con la loro protezione vengono intrecciate all’interno di una guaina concentrica.

Fig. 4.8 Modi di propagazione della luce nelle fibre ottiche e relativi profili.

104

Capitolo 4

Tab. 4.2 Caratteristiche tecniche delle fibre monomodo e multimodo Tipo di fibra Caratteristiche tecniche Multimodo Diametro del nucleo

[m]

50  3

Diametro del mantello

[m]

125  3

Diametro del campo modale

[m]

Monomodo

125  3 10  1

0,2  0,02

Apertura numerica Lunghezza onda di taglio

[nm]

1100 ÷ 1280

Attenuazione max

850 nm

[dB/km]

2,4 ÷ 3,0

Attenuazione max

1300 nm

[dB/km]

0,6 ÷ 1,0

Attenuazione max

1550 nm

[dB/km]

Larghezza di banda min

850 nm

[MHz · km]

200 ÷ 1000

Larghezza di banda min

1300 nm

[MHz · km]

400 ÷ 1600

Dispersione cromatica max 850 nm

[ps/(nm · km)]

Dispersione cromatica max 1285 ÷ 1330 nm [ps/(nm · km)] Dispersione cromatica max 1550 nm

[ps/(nm · km)]

0,38 ÷ 0,48 0,3

100 6

3,5 20

In genere ogni gruppo è composto da 10 o 12 fibre, mentre un elemento appropriato (di acciaio, vetro, plastica rinforzata, o di filati altamente resistenti) viene poi aggiunto come struttura portante nella parte centrale del cavo o nella parte periferica sotto la guaina. In fase di rivestimento si adottano due tecniche diverse: 1) Inguainamento di tipo lasco (loose); nella versione base un rivestimento secondario di polipropilene (o equivalente) viene applicato attorno ad una singola fibra con diametri risultanti da 1 a 2 mm circa. I tubi così ottenuti vengono riempiti con materiali tixotropici. Questo tipo di cavi presenta eccellenti proprietà meccaniche che garantiscono la loro totale insensibilità alle operazioni di messa in opera. Nel tipo a singola fibra ogni tubetto lasco viene cordato intorno a un sostegno centrale. Nel tipo a piccolo fascio (bundle), invece, più fibre (da 4 a 10) con guaina propria sono raggruppate insieme. Una seconda guaina viene poi applicata, estendendo il diametro di altri 3 mm. Il fascio ottenuto può essere tamponato. Più fasci possono essere assemblati insieme e cordati intorno a un sostegno centrale, associando quindi alle notevoli proprietà meccaniche un’alta densità di fibre e quindi espandendo enormemente la capacità del cavo risultante. In sostanza questa seconda versione di cavo si differenzia dalla prima solamente per avere più fibre raggruppate all’interno di ciascun tubetto lasco. Da ricordare che le fibre vengono distinte colorando i tubetti che le contengono con un sistema pilota-direzionale; nel caso di tubetti contenenti più fibre, le fibre nello stesso tubetto hanno differenti colori. Le figure 4.9 e 4.10 rappresentano la configurazione classica e le varianti di questi cavi. I cavi a fibre ottiche con inguainamento lasco si possono trovare nelle versioni seguenti:  

cavo completamente dielettrico, con il nucleo del cavo dielettrico,

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 105



di cavo metallico.

Le tabelle 4.3 e 4.4 riassumono le strutture standard nelle versioni dielettrica e con nucleo dielettrico, adottate per ottimizzare la densità del cavo.

Guaina esterna Filati Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibra ottica Guaina interna

Nastro acciaio corrugato Guaina esterna Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibra ottica Guaina interna Guaina esterna Nastro acciaio Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibra ottica Guaina interna

Configurazione tipica

Configurazioni particolari

Fig. 4.9 Sezioni di cavo a singole fibre ottiche con rivestimento lasco.

2) Inguainamento di tipo aderente (tight); nella versione base la fibra viene rinforzata da un rivestimento di filati aramidici, cui segue una guaina esterna di poliammide (o equivalente). Il diametro che ne risulta è molto piccolo. I cavi a fibre ottiche con rivestimento aderente possono presentare aspetti diversi a seconda del tipo di guaina, dell’applicazione e delle condizioni di lavoro richieste. La fibra può essere di silice o di vetro. I cavi con fibra in silice vengono utilizzati per le lunghe distanze, mentre quelli con fibre in vetro sono usati per brevi distanze.

Guaina esterna Filati Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibre ottiche Guaina interna

Nastro acciaio corrugato Guaina esterna Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibre ottiche Guaina interna Guaina esterna Nastro acciaio Sostegno centrale Fasciatura Tubo lasco Riempimento Fibre ottiche Guaina interna

Configurazione tipica

Configurazioni particolari

I cavi o corde a singola fibra vengono impiegati per posa interna su passerella o in tubazioni, in collegamenti tra apparecchi o equipaggiamenti, tra dispositivi in edifici, navi, aerei ecc. e come terminazioni di apparati. Quando è necessario viene utilizzato anche un cavetto bifibra piatto o tondo. Nella versione piatta le due singole corde sono strutturate a forma di “8”.

Fig. 4.10 Sezioni di cavo a piccolo fascio con rivestimento lasco.

106

Capitolo 4

Tab. 4.3 Caratteristiche tecniche dei cavi con rivestimento lasco. Cavo a singole fibre Caratteristiche tecniche Dielettrico

Con nucleo dielettrico

Numero di fibre ottiche

2÷6

8

10

12

2÷6

8

10

12

Diametro nominale esterno [mm]

11,7

13

13,8

14,7

12,2

13,6

14,3

15,2

Peso indicativo [kg/km]

115

150

171

201

134

173

195

227

Sforzo max. di trazione [kg]

300

392

459

566

252

326

381

471

Minimo raggio di curvatura [mm]

131

145

153

162

137

151

158

168

Lunghezza standard, pezzatura

1050 1050 1050 1050 1050 1050 1050 1050 Cavo a piccolo fascio

Caratteristiche tecniche Dielettrico Numero di fibre ottiche

Con nucleo dielettrico

24

36

48

24

36

48

Diametro nominale esterno [mm]

12,5

13,9

16,4

13,1

14,5

16,9

Peso indicativo [kg/km]

132

173

254

153

194

277

Sforzo max. di trazione [kg]

213

303

566

205

294

520

Minimo raggio di curvatura [mm]

140

155

180

145

160

186

Lunghezza standard, pezzatura

1050 1050 1050

1050 1050 1050

Tab. 4.4 Caratteristiche tecniche dei cavetti con rivestimento aderente. Caratteristiche tecniche Diametro nominale esterno [mm] Peso indicativo [kg/km]

Fibra rivestita di nylon Fibre aramidiche Cavo a singola fibra

Guaina esterna

Fibra rivestita di nylon Guaina esterna Fibre aramidiche Cavo bifibra piatto

Fig. 4.11 Sezione di cavi con rivestimento aderente.

Singola fibra

Bifibra piatto a “8”

2,5 ÷ 3

2,5 ÷ 3  5 ÷ 6

7÷8

14 ÷ 16

Sforzo max. di trazione [kg]

30

60

Minimo raggio di curvatura [mm]

20

20

Lunghezza standard, pezzatura [m]

multiplo di 250

multiplo di 250

La figura 4.11 schematizza la sezione tipica di questi cavi, mentre la tabella 4.4 ne riporta i dati tecnici. È possibile trovare anche cavi metallici e non metallici, assemblati con singole fibre, e cavi misti composti da un numero variabile di fibre ottiche e di coppie isolate in politene. La struttura dei cavi, inoltre, può essere classificata a seconda che l’elemento del supporto centrale sia liscio oppure scanalato; in quest’ultimo caso, le fibre vengono inserite in adeguate cave ricavate sopra un elemento coassiale al supporto. Il diametro degli elementi è circa 7 mm e in ogni scanalatura vengono inserite 10 o 12 fibre. In generale per le fibre ottiche vengono utilizzate le seguenti protezioni:   

contro l’umidità, una barriera in alluminio politenato; per i cavi dielettrici, una doppia guaina plastica; un nastro di alluminio poliplaccato termosaldato longitudinalmente alla guaina termoplastica esterna;  per uso aereo, un elemento di sospensione, incorporato in una guaina di plastica con la forma ad “8”, oppure una struttura concentrica periferica;  contro la penetrazione dell’acqua, riempimenti con adeguati materiali, come

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 107

grassi sintetici o silicone. Infine occorre tenere presente che per garantire una facile manipolabilità, una massima affidabilità di posa e una trasmissione stabile durante l’esercizio, i cavi a fibra ottica devono presentare le seguenti caratteristiche:  

   

assenza di elementi metallici per evitare interferenze elettromagnetiche e folgorazioni; assenza di sollecitazioni meccaniche sulle fibre sia durante la posa che l’esercizio, fino ai valori limite di sovraccarico, anche se applicato per periodi prolungati e ciclicamente; nucleo tamponato con grassi sintetici per evitare la propagazione dell’acqua lungo il cavo in caso di danneggiamento delle protezioni esterne; stabilità dell’attenuazione in un intervallo di temperature 30 ÷ 60 °C); elevata resistenza alla degradazione atmosferica (esposizione alla luce e alle radiazioni ultraviolette); lunghezza elevata delle pezzature per ridurre il numero dei giunti in linea.

Nei cavi metallici non tamponati sono generalmente inclusi uno o due doppini di rame con isolamento perforato con lo scopo di comandare un eventuale sistema di allarme. 4.4 Tubi e canali I tubi e i canali sono quelle parti di un impianto elettrico che vengono utilizzate come elementi di canalizzazione dei conduttori; possono essere di tipo chiuso o aperto, di sezione circolare o rettangolare o altro profilo, con la finalità di assicurare una affidabile protezione meccanica dei conduttori e dei cavi che contengono. Quando viene richiesto, essi devono fornire anche un adeguato isolamento elettrico. La normativa riguardante i tubi protettivi (fig. 4.12) per impianti elettrici e i loro accessori è molto articolata ed è attualmente definita principalmente dalle Norme CEI EN 60423 (23-36) “Tubi per installazioni elettriche. Diametri esterni dei tubi per installazioni elettriche e filettature per tubi e accessori”, CEI EN 50086-1 (23-39) “Sistemi di tubi ed accessori per installazioni elettriche. Parte 1: Prescrizioni generali”, CEI EN 50086-2-1 (23-54) “Sistemi di tubi e accessori per installazioni elettriche. Parte 2-1: Prescrizioni particolari per sistemi di tubi rigidi e accessori”, CEI EN 50086-2-2 (23-55) “Sistemi di tubi e accessori per installazioni elettriche. Parte 2-2: Prescrizioni particolari per sistemi di tubi pieghevoli e accessori”, CEI EN 50086-2-3 (23-56) “Sistemi di tubi e accessori per installazioni elettriche. Parte 2-3: Prescrizioni particolari per sistemi di tubi flessibili e accessori”, CEI EN 50085-1 (23-58) “Sistemi di canali e di condotti per installazioni elettriche. Parte 1: Prescrizioni generali”, CEI 23-31 “Sistemi di canali metallici e loro accessori ad uso portacavi e portapparecchi” e CEI 23-32 “Sistemi di canali di materiale plastico isolante e loro accessori ad uso portacavi e portapparecchi per soffitto e parete”. Le Norme sopra elencate specificano le prescrizioni e le prove applicabili ai sistemi di tubi ed accessori, inclusi quelli destinati alla protezione e alla sistemazione dei conduttori isolati e/o dei cavi nelle installazioni elettriche o nei sistemi di telecomunicazione fino a 1000 V c.a. e/o fino a 1500V c.c. Si applicano ai sistemi di tubi ed accessori metallici, non metallici e composti con le estremità filettate e non filettate. I tubi e gli accessori devono garantire una efficace protezione meccanica ai cavi in essi contenuti e resistere agli sforzi nelle condizioni di trasporto, di immagazzinamento e di installazione.

Fig. 4.12 Tubi protettivi leggeri, flessibili e corrugati.

108

Capitolo 4

Se vengono classificati in base alla loro proprietà meccanica di resistere alla compressione o agli urti, i tubi si dividono in:     

molto leggeri, leggeri, medi, pesanti, molto pesanti.

Se vengono classificati in base alla loro resistenza alla piegatura, i tubi si dividono in:     D d

D d

Fig. 4.13 Tubo isolante PVC.

rigidi, pieghevoli, pieghevoli/autorinvenenti, flessibili.

I termini che contraddistinguono i vari tipi di tubo definiscono automaticamente le caratteristiche meccaniche o fisiche del tubo. Il tubo rigido è un tipo di tubo che non può essere piegato o può esserlo solamente con l’aiuto di un mezzo meccanico, con o senza trattamenti speciali. Esso può essere metallico, non metallico o composto e viene impiegato nella realizzazione di impianti elettrici a vista ad un’altezza superiore a 2,5 m dal piano di calpestio. Il tubo pieghevole viene definito come quel tipo di tubo che può essere piegato a mano con una forza ragionevole, che non è previsto per essere piegato frequentemente. Con gli aggettivi liscio e corrugato vengono definiti quei tubi che presentano un profilo della sezione longitudinale piano il primo e ondulato il secondo; con il termine filettabile si identificano i tubi che si possono congiungere con altri elementi mediante il sistema della filettatura (che può essere realizzata durante la messa in opera). Un tubo autorinvenente è un tubo pieghevole che, deformato sotto l’azione di una forza trasversale applicata per un breve periodo di tempo, riprende, dopo la cessazione di questa forza, la sua forma originale dopo un breve periodo di tempo. Un tubo viene definito flessibile quando può essere piegato a mano con una forza relativamente debole e quando è destinato a frequenti piegamenti in uso ordinario. Esso trova impiego normalmente negli impianti elettrici sottotraccia o per posa sotto pavimento e viene fabbricato nelle esecuzioni leggera (identificato con la lettera L) e pesante (identificato con la lettera P), con diverso grado di resistenza allo schiacciamento. Le sue dimensioni normalizzate sono riportate nella tabella 4.5, mentre la sua conformazione fisica viene riportata nella figura 4.13. Tab. 4.5 Dimensioni per tubi isolanti rigidi e flessibili L e P. Tubo rigido

Dimensioni () [mm]

D [mm]

Tubo flessibile

d-L [mm]

d-P [mm]

D [mm]

d [mm]

16

16

0 ÷ 0,3

13,3

13,0

16

0 ÷ 0,3

10,7

20

20

0 ÷ 0,3

17,2

16,9

20

0 ÷ 0,3

14,1

25

25

0 ÷ 0,4

21,7

21,4

25

0 ÷ 0,4

18,3

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 109

Un tubo viene chiamato metallico quando è stato realizzato esclusivamente in metallo; viene definito non propagante la fiamma quando può prendere fuoco tramite l’applicazione di una fiamma, ma non la propaga e si autoestingue in breve tempo dopo che la fiamma viene rimossa. Le caratteristiche generali dei tubi si possono riassumere nel seguente modo:    

 

le superfici interne ed esterne non devono danneggiare i cavi specialmente durante la loro introduzione ed estrazione; devono possedere una adeguata resistenza allo schiacciamento e all’urto; occorre che possiedano una adeguata resistenza al calore e al fuoco; i tubi in metallo che possono venire impiegati in una installazione elettrica anche come conduttori equipotenziali o di protezione devono avere una buona continuità elettrica; occorre abbiano buone proprietà isolanti (devono avere un’appropriata tenuta alla tensione applicata e alla resistenza di isolamento); è indispensabile una appropriata protezione contro le influenze esterne (penetrazione di corpi solidi o liquidi), un’adeguata resistenza alle sostanze corrosive o inquinanti o alla esposizione ai raggi solari.

Il formato del codice di classificazione per le proprietà dichiarate dei sistemi di tubi ed accessori che possono essere riportate nella documentazione del costruttore è strutturato nel seguente modo: Prima cifra – Resistenza alla compressione 1 Molto leggero 2 Leggero 3 Medio 4 Pesante 5 Molto pesante Seconda cifra – Resistenza all’urto 1 Molto leggero 2 Leggero 3 Medio 4 Pesante 5 Molto pesante Terza cifra – Temperatura minima di applicazione permanente e di installazione  5 °C 2 5 °C 15 °C 3 4 25 °C 5 45 °C Quarta cifra – Temperatura massima di applicazione permanente e di installazione 1 +60 °C 2 +90 °C 3 +105 °C 4 +120 °C 5 +150 °C 6 +250 °C 7 +400 °C

110

Capitolo 4

Quinta cifra – Resistenza alla flessione 1 Rigido 2 Pieghevole 3 Pieghevole / Autorinvenente 4 Flessibile Sesta cifra – Proprietà elettriche 0 Non dichiarate 1 Con caratteristiche di continuità elettrica 2 Con caratteristiche di isolamento elettrico 3 Con caratteristiche di isolamento e di continuità elettriche Settima cifra – Resistenza alla penetrazione di corpi solidi 3 Protetto contro l’ingresso di corpi solidi di diametro superiore o uguale a 2,5 mm 4 Come sopra, di diametro superiore o uguale a 1,0 mm 5 Protetto contro la polvere 6 Stagno alla polvere Ottava cifra – Resistenza alla penetrazione dell’acqua 0 Non dichiarata (non protetto) 1 Protetto contro le gocce di acqua che cadono verticalmente 2 Protetto contro le gocce di acqua che cadono verticalmente quando il sistema di tubi ed accessori è inclinato fino a 15° 3 Protetto contro gli spruzzi d’acqua 4 Protetto contro gli schizzi d’acqua 5 Protetto contro i getti d’acqua 6 Protetto contro i getti d’acqua potenti 7 Protetto contro gli effetti di un’immersione temporanea in acqua Nona cifra – Resistenza alla corrosione di sistemi di tubi ed accessori metallici e composti 1 Protezione debole all’interno e all’esterno 2 Protezione media all’interno e all’esterno 3 Protezione media all’interno e protezione alta all’esterno 4 Alta protezione all’interno e all’esterno Decima cifra – Resistenza alla trazione 0 Non dichiarata 1 Molto leggero 2 Leggero 3 Medio 4 Pesante 5 Molto pesante Undicesima cifra – Resistenza alla propagazione della fiamma 1 Non propagante la fiamma 2 Propagante la fiamma Dodicesima cifra – Resistenza al carico sospeso 0 Non dichiarata 1 Molto leggero 2 Leggero 3 Medio 4 Pesante 5 Molto pesante

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 111

Assieme ai tubi si incontrano generalmente vari accessori come il manicotto, cioè quell’elemento tubolare ad asse rettilineo che serve per congiungere due tubi e avente un diametro pari a quello dei tubi che deve congiungere, la curva, cioè quel elemento tubolare ad asse curvilineo che serve per congiungere due tubi e con un diametro uguale a quello dei tubi che deve congiungere, la giunzione a bicchiere, cioè quel tipo di giunzione per ricoprimento, ottenuta mediante l’allargamento a caldo dell’estremità di uno dei tubi, e le clips a scatto, cioè quei dispositivi utilizzati per il fissaggio dei tubi rigidi. Un tubo viene designato con un diametro nominale che corrisponde al valore del diametro esterno. In relazione al diametro nominale e al tipo di tubo è possibile individuare, mediante la consultazione di tabelle, quanti cavi è possibile inserire all’interno dei tubi prescelti; la tabella 4.6, a titolo di esempio, indica quanti cavi è possilile infilare nei tubi flessibili, rigidi di tipo L e di tipo P e filettabili. In ogni caso le Norme prescrivono che il diametro interno dei tubi deve essere pari almeno a 1,3 volte il diametro del cerchio circoscritto al fascio dei cavi che essi devono contenere, con un minimo di 10 mm. Inoltre all’interno dei tubi e dei condotti non devono esserci giunzioni o morsetti. Tab. 4.6 Numero dei cavi unipolari contenibili dai tubi in base al diametro. Portata di base [A]

Tubi flessibili

Sezione nominale [mm]

Diametro esterno max [mm]

16

20

25

7,5

0,5

2,6

8

15

27

10

0,75

2,8

7

14

22

40

11,5

1

3

6

11

19

34

32

40

Tubi rigidi serie L 50

63

57

15

1,5

3,5

5

8

14

27

44

20

2,5

4,2

3

6

10

17

29

27

4

4,8

2

35

6

6,3

48

4

7

7

22

37

60

2

4

5

14

22

34

16

20

25

14

23

17

12

20

32

10

17

29

7

13

20

35

56

5

9

14

24

42

6

10

19

30

47

3

6

11

17

28

3

40

50

48 65

49

10

7,6

3

3

9

14

24

7

12

20

66

16

8,8

2

2

6

11

17

5

8

13

87

25

11,2

4

6

10

3

5

8

108

35

12,5

3

131

50

14,5

Portata di base [A]

Sezione nominale [mm]

Diametro esterno max [mm]

16

20

25

7,5

0,5

2,6

14

23

37

10

0,75

2,8

11

19

31

11,5

1

3

10

16

28

5

8

3

6

4

32

3

Tubi flessibili 32

40

6 5

Tubi rigidi serie L 50

46

15

1,5

3,5

7

11

20

34

56

20

2,5

4,2

5

8

13

23

41

3

5

10

18

3

5

10

3

6

11

19

16

20

25

9

18

29

32

7

16

26

44

6

14

21

38

40

50

5

11

16

29

51

65

3

7

10

20

33

30

46

2

5

8

15

26

43

17

27

3

5

9

15

23

3

5

16

16

56

27

4

4,8

35

6

6,3

49

10

7,6

66

16

8,8

5

8

13

4

7

11

87

25

11,2

3

5

8

2

5

7

108

35

12,5

131

50

14,5

3

6

3

6

5

2

5

I canali e i loro accessori fanno riferimento alla Norma CEI 23-32 “Sistemi di canali in materiale plastico ad uso portacavi e portapparecchi per soffitto e

112

Capitolo 4

parete”, mentre i battiscopa alla Norma CEI 23-19 “Canali portacavi in materiale plastico e loro accessori ad uso battiscopa”. La prima Norma citata fornisce tutte le prescrizioni per la realizzazione di sistemi di canalizzazioni in materiale plastico isolante, destinati alla posa e alla protezione dei cavi elettrici, nella realizzazione di impianti nell’ambito di sistemi di tensione di categoria 0 (zero) e di categoria I. A tale riguardo si sottolinea che un sistema di canalizzazione è l’insieme del canale e degli accessori necessari per effettuare la giunzione di tratti di canali in tutti i modi previsti. Inoltre si intende con installazione a parete quella eseguita a partire da 10 mm dal pavimento finito, mentre con installazione a soffitto si intende anche quella inserita nelle controsoffittature. Un canale portacavi viene visto come un corpo la cui funzione è quella di contenere i cavi e il relativo coperchio di chiusura a protezione dei cavi stessi. Esso può essere distinto come semplice canale portacavi, quando svolge funzioni generiche, e canale porta apparecchi, quando permette il fissaggio di apparecchi elettrici. Un sistema di canalizzazione completo comprende i seguenti accessori principali:      

giunzione (deviazione, derivazione o giunzione), testata, raccordo, membrane, diaframmi separatori, elementi di fissaggio.

Inoltre in un canale si distingue la sezione geometrica (sezione delimitata dalle pareti interne del canale e che caratterizza la massima quantità di cavi installabile nel canale stesso) dalla sezione utile (sezione geometrica ridotta mediante un opportuno coefficiente di riempimento definito). A tale riguardo le Norme prescrivono che la sezione occupata dai cavi non debba superare il 50% della sezione del canale.

Fig. 4.14 Canali battiscopa. La Norma riguardante i canali portacavi ad uso battiscopa (fig. 4.14) deve essere applicata ai sistemi di canalizzazione per la distribuzione con tensione nominale non superiore a 400 V. Il battiscopa portacavi viene definito come un componente costituito da un canale da fissare a parete, in prossimità del pavimento, destinato a contenere i cavi dell’impianto elettrico, telefonico e

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 113

dell’impianto TV e da un coperchio di chiusura a protezione dei cavi stessi e completamento del canale. Le cornici per soffitto e per stipite sono invece dei componenti costituiti da un canale con le stesse caratteristiche del canale precedente, ma da non fissare in prossimità del pavimento. Nella normativa viene prescritto che il canale battiscopa, una volta installato, assicuri che i cavi siano posizionati ad almeno 10 mm dal pavimento. Inoltre la posizione dello scomparto per la distribuzione dell’energia elettrica non deve coincidere con quello prossimo al pavimento. Le scatole destinate all’installazione di prese di corrente, prese TV, interruttori e simili devono essere installate in modo che l’asse orizzontale della scatola sia posizionato 70 mm sopra il pavimento. Per le scatole telefoniche detta dimensione viene elevata a 120 mm. Gli accessori per l’installazione di apparecchi elettrici devono essere fissati in modo indipendente dal battiscopa e consentire l’installazione degli apparecchi esternamente al battiscopa. Gli accessori comunemente utilizzati per completare il sistema sono:       

i separatori, necessari per garantire la separazione dei cavi contenuti nei diversi scomparti; le giunzioni, che assicurano la continuità della protezione; gli angoli, che sono particolari giunzioni su pareti che si congiungono con angoli diversi da 180 °; la deviazione, particolare giunzione che permette cambiamenti di direzione sulla stessa parete; la derivazione, particolare giunzione che permette di derivare cavi; i terminali, destinati alla chiusura del canale sulla parte terminale del percorso; le scatole, che consentono l’installazione di prese di corrente, prese telefoniche, prese TV, dispositivi di connessione, interruttori e simili.

4.5 Dispositivi di connessione e cassette Le Norme CEI EN 60998-1 (23-20) “Dispositivi di connessione per circuiti a bassa tensione per usi domestici e similari. Parte 1: Prescrizioni generali” e CEI 23-21 “Dispositivi di connessione per circuiti a bassa tensione per uso domestico e similare. Parte 2-1: Prescrizioni particolari per i dispositivi di connessione come parti separate con unità di serraggio di tipo a vite” permettono di eseguire delle giunzioni e delle derivazioni in modo permanente negli impianti elettrici per interni e per apparecchi ad installazione fissa, con conduttori in rame fino a una sezione massima di 35 mm2 e per tensioni fino a 1000 V in corrente alternata e 1200 V in corrente continua. Le giunzioni e le derivazioni quindi si possono eseguire negli impianti per applicazioni domestiche o artigianali, negli impianti di illuminazione o di riscaldamento o negli impianti per usi generali similari. Le stesse Norme specificano che le giunzioni e le derivazioni devono essere effettuate con gli appositi dispositivi di connessione, aventi un grado di protezione pari a IPXXB (cioè con parti attive non accessibili al dito di prova) e che, in conseguenza a ciò, non si possono considerare giunzioni o derivazioni i collegamenti eseguiti mediante la tecnica dell’attorcigliamento dei conduttori e con nastratura degli stessi. I dispositivi di connessione (fig. 4.15) vengono classificati in base a diverse caratteristiche, come viene riassunto nelle righe seguenti.  

Classificazione in base al numero di morsetti: dispositivi a morsetto unico; dispositivi a morsetti multipli.

Fig. 4.15 Morsetti a vite per connessioni.

114

Capitolo 4

  

Classificazione in base alla funzione: dispositivi di giunzione; dispositivi di derivazione; dispositivi di giunzione e derivazione.

 

Classificazione in base alla protezione contro le scosse elettriche: dispositivi senza protezione; dispositivi provvisti di protezione.

Classificazione in base ai mezzi di fissaggio: dispositivi privi di mezzi di fissaggio (la loro posizione è assicurata solamente dalla rigidità dei conduttori ad essi collegati);  dispositivi provvisti di mezzi di fissaggio (la loro posizione è assicurata da mezzi di fissaggio propri oppure da mezzi associati, quali viti, supporti a rotaia o simili). 

Classificazione in base alla massima temperatura ambiente di utilizzo del dispositivo di connessione (temperatura nominale):  dispositivi senza marcatura T per temperature ambiente uguali o inferiori a 40 °C o uguali o maggiori di 5 °C;  dispositivi con marcatura T per temperature ambiente superiori a 40 °C o inferiori a 5 °C. Classificazione in base alla protezione contro la penetrazione dannosa di acqua, umidità e oggetti solidi estranei     

Classificazione in base al tipo di morsetto: dispositivi con morsetti a vite; dispositivi con morsetti senza vite; dispositivi con morsetti a perforazione isolante; dispositivi con linguette dei morsetti a connessione rapida; dispositivi con morsetti a cappuccio.

Le Norme CEI 64-8 prescrivono che le connessioni tra conduttori e tra conduttori ed altre apparecchiature debbono assicurare innanzi tutto una continuità elettrica e, inoltre, garantire una adeguata resistenza meccanica. Esse devono tenere conto del materiale, l’isolamento, il numero e la forma delle anime, la sezione e il numero dei conduttori da collegare insieme. Se una connessione viene definita come un collegamento elettrico di due o più conduttori, un dispositivo di connessione è inteso come un elemento che effettua la connessione di due o più conduttori per uno o più poli e può identificarsi come un morsetto o come una morsettiera. In questo secondo caso, una morsettiera è rappresentabile come una parte di un dispositivo di connessione che comprende uno o più morsetti, isolati verso massa e tra loro, che può essere unipolare o multipolare, per giunzione o derivazione, componibile, protetta ecc. I dispositivi di connessione devono essere allocati esclusivamente nelle cassette di derivazione; le norme vietano infatti il loro inserimento nei tubi di protezione e ne sconsigliano la loro ubicazione nelle scatole portafrutti. Oltre a riportare sulla parte principale i dati di targa riguardanti la tensione nominale, la temperatura (se maggiore di 40 °C), il marchio di fabbrica e le relative certificazioni, i dispositivi di connessione sono caratterizzati dalla cosiddetta grandezza nominale, la sezione cioè assegnata dal costruttore. Si fa sempre riferimento a tale capacità per sapere, in relazione al tipo di conduttori impiegati, quanti conduttori con relativa sezione è possibile connettere.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 115

La tabella 4.7 indica la capacità di connessione dei morsetti isolati. Tab. 4.7 Capacità di connessione dei morsetti isolati. Sezione morsetto [mm2]

 morsetto [mm]

Corrente nominale [A]

2,50

4,00

24,00

6,00

6,00

10,00

8,00

16,00

10,00

41,00 57,00 76,00

Tipo di conduttore Rigido Flessibile Rigido Flessibile Rigido Flessibile Rigido Flessibile

Sezione dei conduttori [mm2] 0,75

1,00

1,50

2,50

4,00

6,00

10,0

2÷4 2÷4 2÷4 2÷4 3÷5 3÷5

1÷3 1÷3 2÷4 2÷4

1÷2 1÷2 2÷4 2÷4 3÷5 3÷5

1 1 1÷3 1÷3 2÷4 2÷4 3÷5 3÷5

1 1 1÷2 1÷2 2÷4 2÷4 2÷5 2÷5

1 1 1 1÷2 1 1÷2 1 2÷4 1÷2 2÷4 1÷2

Le cassette sono elementi in materiale isolante (in resina) da parete o da incasso destinati a contenere gli apparecchi elettrici o le connessioni, contribuendo quindi alla distribuzione delle linee; vengono definite scatole porta frutti se contengono apparecchiature elettriche; sono scatole di derivazione (fig. 4.16) se funzionano da rompitratta o contengono connessioni. Esistono forme e dimensioni diverse di scatole a seconda che si utilizzino apparecchi elettrici monoblocco o modulari (per le scatole portafrutti) e della quantità di derivazioni che si devono effettuare (per le scatole di derivazione): le scatole per frutti possono essere rotonde o quadrate nel primo caso (per apparecchi monoblocco), rettangolari e con misure diverse in relazione al numero di moduli nel secondo (con apparecchiature modulari). Nel caso di cassette di derivazione, le norme prescrivono che i coperchi siano saldamente fissati ed essere tolti solamente con apposito strumento; viene inoltre consigliato di fissare il coperchio con viti e non con graffette. Anche il riempimento interno viene regolamentato: sommando l’ingombro dei cavi e delle giunzioni presenti, l’occupazione dello spazio interno alle cassette non deve superare il 50% del volume disponibile. Infine in relazione alle loro dimensioni e alla dimensione nominale dei tubi impiegati, le cassette presentano un numero massimo di tubi attestabili. La tabella 4.8 indica il numero massimo di tubi attestabili in relazione alle dimensioni delle cassette. Tab. 4.8 Numero massimo di tubi attestabili nelle cassette di derivazione. Dimensioni interne (L × H × P) [mm]

Predisposizione Numero massimo di tubi attestabili numero  16  20  25  32  40  50  63 scomparti

90 × 90 × 45 120 × 100 × 50 120 × 100 × 70 150 × 100 × 70 160 × 130 × 70 200 × 150 × 70 300 × 150 × 70 390 × 150 × 70 480 × 160 × 70 520 × 200 × 80 L = Larghezza

H = Altezza

1 1 1 1 1 2 3 4 3 3

7 10 14 18 20 24

4 6 9 12 12 16 24

3 4 6 8 8 10 16 20 24

4 6 6 10 12 16

4 4 4 6 8 10 12

2 2 4 5 6 6 8

2 3 4 6

P = Profondità

4.6 Centralino I centralini sono regolamentati principalmente dalle Norme CEI 23-48 “Involucri per apparecchi per installazioni elettriche fisse per usi domestici e similari. Parte 1: Prescrizioni generali”, CEI 23-49 “Involucri per apparecchi per instal-

16,0

25,0

35,0

1 1 1

1 1

Fig. 4.16 Cassetta di derivazione in resina.

116

Capitolo 4

lazioni elettriche fisse per usi domestici e similari. Parte 2: Prescrizioni particolari per involucri destinati a contenere dispositivi di protezione ed apparecchi che nell’uso ordinario dissipano una potenza non trascurabile” e CEI EN 60439-3 “Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT). Parte 3: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate di protezione e di manovra destinate ad essere installate in luoghi dove personale non addestrato ha accesso al loro uso. Quadri di distribuzione (ASD)”. Essi vengono definiti come una combinazione di parti, come scatole da incasso, semi-incasso o sporgenti, calotte, placche di copertura, interruttori, prese ecc. che forniscono, dopo l’assemblaggio, un grado adeguato di protezione delle apparecchiature, dei cavi e/o dei conduttori contro le influenze esterne, ed un grado definito di protezione in ogni direzione, contro il contatto con le parti in tensione racchiuse. Il centralino deve essere costruito con materiali che possano resistere alle sollecitazioni meccaniche, elettriche e termiche e agli effetti dell’umidità in situazioni normali. Tutti i diversi tipi di centralino devono essere protetti inoltre contro la corrosione adottando specifici materiali o dei rivestimenti protettivi in considerazione dell’ambiente di impiego. Gli involucri per apparecchi vengono classificati secondo specifici parametri, come quelli riportati di seguito.   

In relazione al materiale usato per la loro costruzione, essi si distinguono in: materiale isolante, metallico, composto.

  

Il base al metodo di installazione (fig. 4.17), si distinguono in: da incasso. da semi-incasso. sporgenti.

Fig. 4.17 Centralino per installazione incassata. 



    

In relazione alla natura dell’installazione, è possibile avere: involucri incassati in pareti e soffitti pieni non combustibili, destinati ad essere messi in posto prima della costruzione edile (per esempio, destinati per costruzione edile prefabbricata), involucri incassati in pareti e soffitti pieni non combustibili, destinati ad essere messi in posto dopo la costruzione edile (per esempio, non destinati per costruzione edile prefabbricata), involucri incassati in pareti e soffitti pieni combustibili, involucri incassati in pareti e soffitti vuoti, mobili, architravi, involucri in canalette e condotti, involucri sporgenti su pareti e soffitti non combustibili, involucri sporgenti su pareti e/o soffitti e/o mobili combustibili.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 117

In relazione alla gamma di temperatura durante l’installazione, si distinguono:  da 5 a 60 °C,  da 15 a 60 °C,  da 25 a 60 °C. Altre distinzioni vengono fatte sulla base della temperatura massima durante la costruzione edile prefabbricata (60 °C, 90 °C), il grado di protezione contro il contatto diretto e contro la penetrazione dannosa di oggetti solidi e di acqua (secondo i gradi IP della Pubblicazione IEC 529) e l’esistenza dei mezzi di sospensione. Se il centralino è in lamiera di acciaio, tutte le parti che formano l’involucro vengono protette contro l’ossidazione con uno speciale trattamento di verniciatura, utilizzante polveri epossidiche. Queste polveri, a differenza delle vernici tradizionali, garantiscono una aderenza maggiore, una resistenza notevole all’ingiallimento, alle alte temperature e agli agenti atmosferici e chimici. Il trattamento completo prevede una serie di operazioni di preparazione (decappaggio, sgrassatura ecc.) seguite dalla preparazione anticorrosione del fondo con fosfatazione organica, spruzzatura con polveri epossidiche e cottura in forno per ottenere la polimerizzazione. Nelle abitazioni domestiche, l’impiego di quadretti in materiale isolante e autoestinguente è la scelta standard in quanto non pone rischi di contatti indiretti in caso di guasto a terra e nello stesso momento presenta una linea estetica che si conforma pienamente con le esigenze installative e di armonizzazione degli ambienti a finitura civile. I centralini sono quasi sempre installati in esecuzione da incasso e, nella loro varietà di scelta e di numero di moduli disponibili, consentono la composizione di centri di distribuzione sia semplici che complessi, pienamente rispondenti alle esigenze normative di sezionamento, protezione e centralizzazione dei servizi elettrici. Vengono prodotti centralini con o senza sportello frontale (semitrasparente o normale) e all’interno presentano una barra di profilato DIN 35, sulla quale si inseriscono gli apparecchi elettrici a scatto rapido, che non è necessario collegare al conduttore di protezione. 4.7 Apparecchi di protezione Gli apparecchi di protezione impegati per uso domestico sono essenzialmente di tre tipi: l’interruttore automatico magnetotermico, l’interruttore differenziale e il fusibile. Con l’attuale evoluzione tecnologica e con la soluzione modulare si hanno a disposizione anche apparecchiature combinate costituite da un interruttore magnetotermico bipolare ad un polo protetto con presa interbloccata oppure un interruttore automatico magnetotermico differenziale bipolare con polo protetto con presa interbloccata. 4.7.1 Interruttori automatici Gli interruttori automatici sono regolamentati dalla Norma CEI EN 60898-1 (CEI 23-3/1) “Interruttori automatici per la protezione dalle sovracorrenti per impianti domestici e similari. Parte 1 Interruttori automatici per funzionamento in corrente alternata”. Questa Norma si applica agli interruttori automatici in aria per il funzionamento a frequenza di rete di 50 Hz o 60 Hz aventi tensione nominale non superiore a 440 V (tra le fasi), corrente nominale non superiore a

118

Capitolo 4

Fig. 4.18 Interruttore automatico.

125 A e potere di cortocircuito nominale non superiore a 25 000 A. Questi interruttori per uso domestico devono svolgere funzioni di manovra e di protezione e sono definiti come interruttori in grado di stabilire, portare e interrompere correnti in condizioni normali di funzionamento. Inoltre, per svolgere completamente il loro compito, devono essere capaci di stabilire, portare per un tempo definito e interrompere correnti con valori anormali, per esempio correnti di cortocircuito. Gli interruttori automatici (fig. 4.18) incorporano quindi degli sganciatori che svolgono il compito  in caso di situazione anomala  di liberare le parti che ritengono il passaggio della corrente, determinando conseguentemente l’apertura dei contatti. Gli interruttori automatici, a seconda del numero dei poli, possono essere classificati in:  interruttori unipolari,  interruttori bipolari con un polo protetto,  interruttori bipolari con uno o due poli protetti,  interruttori tripolari,  interruttori quadripolari con tre o quattro poli protetti. Se si considera la protezione contro le influenze esterne, essi possono essere del tipo:  con custodia,  senza custodia da utilizzare con un apposito involucro.   

In base al metodo di installazione, essi si differenziano: per montaggio a vista, incassato, a pannello o in quadri.

  

Il tipo di connessione li distingue in: a spina, a bullone, a vite.

  

In base alla corrente d’intervento istantaneo, possono essere del: tipo B (fig. 4.19), tipo C, tipo D. 10000 t [s] 1000 100 10 1 0,1 0,01

Fig. 4.19 Curva di tipo B.

0,001 0,5 1

3 5

10 20

100 x In [A]

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 119

Gli interruttori di tipo B e C con corrente nominale non superiore a 40 A e potere di cortocircuito di 3000 A, 4500 A, 6000 A e 10 000 A, se classificati in base all’energia passante (I2t), possono essere di (tab. 4.9):  classe 1,  classe 2,  classe 3. Tab. 4.9 Valori ammissibili di energia specifica passante degli interruttori in funzione della classe di energia limitata. Classi di energia specifica limitata Potere nominale di cortocircuito In

16 A

[kA]

32 A

3 I2t [A2s]

Tipo C

Tipo B

Tipo C

3

31000

37000

15000

18000

4,5

60000

75000

25000

30000

6

100000

120000

35000

42000

240000

290000

70000

84000

40000

50000

18000

22000

4,5

80000

100000

32000

39000

6

130000

160000

45000

55000

10

310000

370000

90000

110000

3

Tipo B e C

2 I2t [A2s] Tipo B

10

16 A

1 I2t [A2s]

Nessun limite specificato

Essi si possono scegliere, quindi, in versione unipolare (proteggono un solo polo mediante una doppia apertura) oppure unipolare più neutro (proteggono la sola fase e interrompono il neutro con una doppia apertura sulla fase e una singola sul neutro). Negli ambienti domestici gli interruttori automatici servono per la protezione delle varie dorsali che si dipartono dal centralino verso le varie utenze; tipicamente una linea luce a 10 A ed una linea di forza motrice a 16 A. Vengono impiegati anche in casi particolari, come negli impianti di illuminazione dei cortili di officine meccaniche o negli impianti di insegne luminose, essi inseriscono e proteggono lampade a scarica di grossa potenza. Nella versione componibile da incasso per scatola per frutti (serie civile) sono impiegati per proteggere le prese dalle quali si derivano carichi quali gli elettrodomestici (lavastoviglie, lavatrice, forno, ecc.).

4.7.2 Interruttori differenziali Gli interruttori automatici differenziali utilizzati negli ambienti di uso domestico assicurano un’efficace protezione contro i contatti indiretti, cioè con parti metalliche di un elettrodomestico che normalmente non dovrebbero essere sotto tensione, e in certi casi anche contro i contatti diretti, cioè con parti normalmente sotto tensione. Risulta però chiaro dalla lettura delle norme che la funzione di protezione delle persone contro i contatti diretti e indiretti è una funzione ausiliaria che l’interruttore compie, in quando l’impianto elettrico deve salvaguardare principalmente l’incolumità delle persone mediante un adeguato impianto di terra. Le carcasse metalliche degli utilizzatori devono cioè essere collegate ad un impianto di terra con valore di resistenza di terra opportuno, in modo da evitare

120

Capitolo 4

in ogni situazione tensioni di contatto superiori a 50 V. Gli interruttori differenziali (chiamati anche salvavita) si possono trovare corredati o meno di relè magnetotermici. Nel caso essi ne siano privi è corretta abitudine prevedere l’installazione anche di interruttori automatici o fusibili per predisporre una protezione dell’impianto contro le sovracorrenti e i cortocircuiti. Nell’esecuzione componibile delle serie civili normalmente è anche utilizzato per la protezione di prese che alimentano piccoli elettrodomestici o come sezionatore di parti di impianto con specifiche caratteristiche (per esempio l’impianto di un bagno). Questo salvavita è sostanzialmente un interruttore automatico differenziale bipolare con rivelatore differenziale elettronico autoalimentato. L’apparecchio è provvisto anche del bimetallo per lo sgancio termico (sovraccarichi), mentre non è dotato dello specifico sganciatore per cortocircuiti. N

N Linea

Carico

L

L N

L

L N

L N

1 I1

R

2

I1 = I2

I1  I2

1 = 2

1  2

1

R = 

I2

Cabina

Cabina Massa

2

R I1

R  

I2 Ig

Massa

Fig. 4.20 Funzionamento di un interruttore differenziale. Nella figura 4.20 sono schematizzate le situazioni di normalità e di funzionamento anomalo di un interruttore differenziale bipolare. In condizioni normali di funzionamento, le correnti I1 e I2 che percorrono i due conduttori della linea di alimentazione si uguagliano. Anche i flussi 1 e 2 prodotti dai due avvolgimenti principali assumono uguale valore e il flusso risultante R è nullo, quindi ai capi dell’avvolgimento differenziale non si manifesta alcuna forza elettromotrice. Se si verifica un guasto all’isolamento dell’impianto, con una conseguente dissipazione di corrente (Ig), una parte della corrente I1 non ritorna più attraverso l’altro avvolgimento primario (I1  I2) e quindi i due flussi prodotti non risultano più uguali 1  2. Il flusso risultante R che si determina si concatena con l’avvolgimento differenziale e genera una forza elettromotrice. Se la differenza tra I1 e I2 supera il valore di sensibilità dell’apparecchiatura, sarà sufficiente a smagnetizzare il relè polarizzato che mantiene chiusi i contatti, provocando l’apertura del circuito.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 121

Le norme che riguardano l’interruttore differenziale sono la Norma CEI EN 61008-1 (CEI 23-42) “Interruttori differenziali senza sganciatori di sovracorrente incorporati per installazioni domestiche e similari” e la CEI EN 61009-1 (CEI 23-44) “Interruttori differenziali con sganciatori di sovracorrente incorporati per installazioni domestiche e similari”. Gli interruttori differenziali possono essere classificati in relazione ai parametri della forma d’onda rilevabile, della sensibilità e del tempo di intervento. Inoltre, a seconda della versione, essi possono essere classificati come interruttori magnetotermici differenziali (fig. 4.21), interruttori differenziali puri e blocchi differenziali. In base alla forma d’onda della correnti di dispersione verso terra, i differenziali possono essere:  tipo AC, solo per corrente alternata;  tipo A, per corrente alternata e/o pulsante con componenti continue;  tipo B, per corrente alternata e/o pulsante con componenti in continua e corrente di guasto continua. Gli interruttori differenziali del tipo AC sono adatti a tutti gli impianti in cui le utenze hanno corrente di terra di forma sinusoidale. Non sono sensibili alle correnti di dispersione impulsive fino a 250 A (forma d’onda 8/20) come quelle che possono verificarsi a causa di impulsi di tensione sovrapposti alla rete (per esempio, inserimento di lampade fluorescenti, apparecchi per raggi X, impianti di elaborazione dati e controlli a tiristori). Gli interruttori differenziali del tipo A non sono sensibili alle correnti impulsive fino a 250 A (forma d’onda 8/20). Sono particolarmente adatti per proteggere gli impianti in cui sono presenti dispositivi elettronici per il raddrizzamento della corrente o per la regolazione con taglio di fase di una grandezza fisica (temperatura, velocità, intensità luminosa ecc.) alimentati direttamente dalla rete senza l’interposizione di trasformatori e isolati in classe I (la classe II è, per definizione, esente da guasti verso terra). Questi dispositivi generano una corrente di guasto di forma pulsante con componenti continue che gli interruttori differenziali del tipo A sono in grado di riconoscere. Gli interruttori differenziali del tipo B sono consigliati per l’impiego con azionamenti e inverter per l’alimentazione di motori di pompe, ascensori, macchine tessili, macchine utensili ecc., dal momento che riconoscono un’eventuale corrente di guasto continua con basso tasso di ondulazione. In base alla sensibilità di intervento (valore di In) gli interruttori differenziali sono classificati come:  interruttori differenziali a bassa sensibilità (In  0,03 A), non adatti per la protezione contro i contatti diretti; coordinati con l’impianto di terra secondo In  50/R, garantiscono protezione contro i contatti indiretti;  interruttori differenziali ad alta sensibilità (In: 0,01 … 0,03 A) o “a sensibilità fisiologica” per la protezione contro i contatti indiretti e protezione aggiuntiva contro i contatti diretti. In relazione al tempo di intervento gli interruttori differenziali sono classificati come:  interruttori differenziali istantanei o rapidi o generali;  interruttori differenziali di tipo S selettivi o, impropriamente, ritardati. Gli interruttori differenziali selettivi (interruttori magnetotermici differenziali, interruttori differenziali puri o blocchi differenziali) prevedono il ritardo di intervento e si installano a monte di altri interruttori differenziali rapidi per garantirne la selettività e circoscrivere il fuori servizio alla sola porzione di impianto colpita da un eventuale guasto.

Fig. 4.21 Magnetotermico con modulo differenziale.

122

Capitolo 4

Il tempo di intervento non è regolabile: è impostato in conformità a una caratteristica tempo-corrente prefissata, con un ritardo intrinseco alle piccole correnti, tendente a scomparire con l’aumentare della corrente. Le Norme CEI EN 61008-1 e CEI EN 61009-1 stabiliscono i tempi di intervento relativi al tipo di interruttore differenziale e al valore In.

4.7.3 Fusibili Le Norme che riguardano i fusibili sono costituite principalmente dalla CEI EN 60269-1 (32-1) “Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua. Parte 1: Prescrizioni generali”, CEI EN 60269-3 (32-5) “Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua. Parte 3: Prescrizioni supplementari per i fusibili per uso da parte di persone non addestrate (fusibili principalmente per applicazioni domestiche e similari)” e CEI EN 60269-4 (32-7) “Fusibili a tensione non superiore a 1.000 V per corrente alternata e a 1.500 V per corrente continua. Parte 4 - Prescrizioni supplementari per le cartucce per la protezione di dispositivi a semiconduttori”. I fusibili (fig. 4.22) sono delle apparecchiature che hanno il compito di proteggere i circuiti elettrici dai cortocircuiti e dai sovraccarichi. Le Norme CEI definiscono i fusibili come quei dispositivi che mediante la fusione di uno o più elementi fusibili a tal fine progettati e proporzionati aprono il circuito nel quale è inserito, interrompendo la corrente quando essa supera un valore specificato per una durata sufficiente. Il fusibile comprende tutte le parti che costituiscono il dispositivo completo. Segnalino Lama

Capsula superiore

Segnalino

Segnalino

Quarzo

Capsula superiore

Elemento di fusione Segnalino Quarzo Corpo

Quarzo Elemento di fusione Corpo

Elemento di fusione Corpo Capsula inferiore

Capsula inferiore

Fig. 4.22 Alcuni tipi di fusibili.

L’elemento di protezione è composto da due parti, una fissa e una mobile: la parte fissa è rappresentata dal portafusibile al quale si connettono i conduttori del circuito; la parte mobile è invece costituita dal fusibile vero e proprio che, ad intervento avvenuto, deve essere rimosso e sostituito. Il fusibile è anche chiamato cartuccia. Le caratteristiche generali dei fusibili si possono distinguere nel seguente modo. 

  



Il potere di interruzione o di cortocircuito è il massimo valore di corrente che il fusibile è capace di interrompere in determinate condizioni di funzionamento del circuito. La corrente nominale è quel valore di corrente che un fusibile può sopportare senza provocare la fusione o il riscaldamento eccessivo della cartuccia. La tensione nominale di un fusibile rappresenta il valore massimo di tensione di esercizio alla quale il fusibile può essere sottoposto. Il campo di intervento o di funzionamento viene stabilito strettamente dalle norme e dà la possibilità all’operatore di scegliere il tempo di intervento del fusibile a seconda del valore della corrente che transita nel circuito. Il tempo di intervento di un fusibile è quell’intervallo di tempo che inter-

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 123

corre dal raggiungimento del valore massimo della corrente nominale senza fusione dell’elemento al momento in cui si verifica la fusione. È possibile classificare i fusibili in tre diversi modi. Il primo distingue il tipo di persona che può entrare in contatto con il fusibile (è definito anche specifico campo di impiego); in sostanza le norme considerano se essi vengono utilizzati da persone esperte oppure inesperte. Queste due diverse situazioni venivano precedentemente chiamate rispettivamente “per uso industriale” e “per uso domestico e similare” e l’unica particolarità rilevante di questa classificazione è che i fusibili per uso domestico, se posseggono le caratteristiche adeguate, possono essere utilizzati anche in ambiente industriale. Una seconda classificazione riguarda la loro capacità di interrompere la corrente: si distinguono cartucce di tipo “a” da cartucce di tipo “g”. Mentre le prime sono per uso combinato (vengono usate insieme ai relè termici), sono in grado di interrompere correnti di poco superiori a quelle nominali e sono contrassegnate dalla colorazione verde, le cartucce del secondo tipo sono per uso generale, hanno la capacità di interrompere qualsiasi corrente superiore al loro valore nominale, fino al limite della loro capacità di rottura, e sono generalmente marcate dal colore nero. La terza modalità di classificazione considera infine le diverse categorie di applicazione; nei diversi impieghi il carico da proteggere può essere prevalentemente di tipo induttivo (motori e trasformatori) o di tipo resistivo. Per queste diverse situazioni i fusibili vengono contrassegnati dall’unione delle lettere minuscole “a” e “g” (aventi lo stesso significato delle precedenti) e da quelle maiuscole “G” e “M”, rispettivamente per impiego generale e per protezione di motori. 4.7.4 Soluzioni modulari combinate Si trovano nei cataloghi delle ditte produttrici delle combinazioni di apparecchi, finalizzate alla sicurezza dell’utente e alla protezione dell’utilizzatore. Una prima soluzione riguarda una presa di corrente interbloccata con un interruttore magnetotermico bipolare ad un polo protetto. Essa si presenta come un complesso, funzionante alla tensione di 230 V in corrente alternata, che accoppia meccanicamente ed elettricamente in un solo corpo una normale presa, avente corrente nominale 10 A o 16 A e contatto di terra, con un interruttore automatico magnetotermico di uguale corrente nominale in modo da realizzare contemporaneamente tutte le condizioni di sicurezza e protezione necessarie. Queste ultime, nello specifico, si possono riassumere in: 

l’interruttore, connesso a monte della presa, la protegge dalle sovracorrenti (fino a 3000 A) e non può essere chiuso se non a spina completamente inserita;  all’atto dell’estrazione della spina, l’interruttore si apre automaticamente ancora prima che gli spinotti si separino dagli alveoli. Grazie a questa particolarità costruttiva l’interruzione della corrente risulta sempre affidata ai contatti dell’interruttore e, in conseguenza di ciò, gli spinotti e gli alveoli rimangono sempre al massimo della loro efficienza in quanto non sono soggetti ad archi di apertura che ne deteriorerebbero la struttura. La seconda soluzione consiste nell’affiancare alla struttura precedente uno sganciatore differenziale ad altissima sensibilità. In questo modo la presa risulta essere protetta, sia rispetto all’inserzione di utilizzatori in cortocircuito,

124

Capitolo 4

sia contro i pericoli di elettrocuzione per difetto di isolamento da parte delle persone che ne vengono in contatto.

4.8 Apparecchi di comando non automatici Gli apparecchi di comando non automatici per installazioni fisse, interne o esterne, e per uso domestico e similare sono regolamentati dalla Norma CEI EN 60669-1 (CEI 23-9) che ne indica le proprietà e l’uso. Alcune definizioni riportate dalla Norma ritornano utili per la comprensione degli impianti elettrici successivi e, parzialmente, si possono elencare in:  

         



Apparecchio  dispositivo atto a stabilire o interrompere la corrente in uno o più circuiti elettrici. Apparecchio a pulsante  apparecchio di comando con un organo di manovra destinato ad essere manovrato da una forza esercitata da una parte del corpo umano, generalmente il dito o il palmo della mano, che ha immagazzinato l’energia per il suo ritorno, ad esempio una molla. Apparecchio a comando momentaneo  dispositivo di interruzione che ritorna automaticamente al suo stato iniziale dopo la manovra. Apparecchio a tirante  apparecchio il cui dispositivo di manovra è un cordone che deve essere tirato per cambiare lo stato dei contatti. Cambiamento di posizione  spostamento dei contatti mobili da una posizione di funzionamento ad un’altra. Morsetto  parte conduttrice di un polo composta da uno o più organi di serraggio ed isolata se necessario. Morsetto a vite  morsetto per la connessione di conduttori esterni, rigidi o flessibili, il cui serraggio avviene con viti. Tensione nominale  tensione assegnata all’apparecchio dal costruttore. Corrente nominale  corrente assegnata all’apparecchio dal costruttore. Apparecchio per montaggio incassato  apparecchio previsto soprattutto per montaggio in una scatola di montaggio incassata. Apparecchio per montaggio semi-incassato  apparecchio previsto soprattutto per montaggio in un scatola di montaggio semi-incassata. Apparecchio per montaggio su pannello  apparecchio previsto soprattutto per montaggio su un pannello che ha un’apertura dalla quale sporge la superficie dell’apparecchio prevista per essere accessibile. Parte attiva  conduttore o parte conduttrice destinato ad essere sotto tensione nel servizio ordinario, comprendente il conduttore di neutro, ma, per convenzione non il conduttore PEN. Un conduttore di protezione (PE) non è un conduttore attivo.

La Norma indica nelle caratteristiche nominali che gli apparecchi devono avere di preferenza le tensioni nominali di 250 V e 400 V e che i valori 230 V, 380 V e 440 V possono essere utilizzati. Se vengono considerati gli apparecchi a contatto momentaneo o quelli temporizzati, le tensioni normalizzate sono 130 V e 250 V, ma se vengono usate altre tensioni nominali, esse non devono essere inferiori a 120 V. Gli apparecchi, inoltre, devono avere di preferenza i valori di corrente nominale di 6 A, 10 A, 16 A, 20 A, 25 A, 32 A, 40 A, 45 A e 63 A e la corrente nominale non deve essere minore di 6 A, salvo quando sono ammesse correnti nominali di 1 A, 2 A e 4 A (ammesse per apparecchi a contatto momentaneo e per apparecchi a comando elettromagnetico a distanza e per quelli a tempo ritardato). Gli apparecchi di comando non automatici per installazione elettrica fissa per uso domestico e similare possono essere classificati in diversi modi.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 125

A seconda dei possibili schemi di collegamento (fig. 4.23) essi si classificano in:  interruttori unipolari (a),  interruttori bipolari (b),  interruttori tripolari (c),  interruttori tripolari con neutro apribile (d),  deviatori (e),  interruttori a due circuiti con una sola entrata (commutatori) (f),  deviatori unipolari con una posizione di arresto (g),  deviatori bipolari (h),  invertitori unipolari (i).

2

2

4

2

4

6

2

4

6 8

1

1

3

1

3

5

1

3

5 7

a

b

2

3 1

2

c

3

2

3

1

e

d

1

f

g

3

54 1

6 2

h

2

4 1

3

i

Questa classificazione non vieta che due o più apparecchi, aventi schema anche diverso, possono essere montati su un corpo comune; essa, inoltre, viene applicata anche agli apparecchi a pulsante e a comando momentaneo con una posizione di apertura definita. Gli apparecchi di comando non automatici possono avere la distanza di apertura dei contatti:    

normale, ridotta, ridottissima, senza distanza di apertura dei contatti (dispositivi di commutazione a semiconduttore).

A seconda del grado di protezione contro i contatti con parti in tensione, essi possono essere:  

non protetti, protetti.

Secondo il grado di protezione contro la penetrazione nociva dell’acqua, gli apparecchi di comando non automatici possono essere: 

ordinari, cioè con un grado di protezione IPX0 (il termine ordinario viene usato solo con riferimento alla protezione contro gli effetti nocivi dovuti alla penetrazione dell’acqua);  apparecchi con grado di protezione IPX4;  apparecchi con grado di protezione IPX5.

Fig. 4.23 Classificazione in base agli schemi di connessione.

126

Capitolo 4

A seconda del tipo di azionamento, essi si distinguono in:     

rotativi; a leva; a bilanciere; a pulsante; a tirante. A seconda del sistema di montaggio, essi si differenziano in:

    

sporgenti; da incasso; semi incassati; per pannello; per stipiti.

Secondo il sistema di installazione come conseguenza del progetto dell’apparecchio: 

apparecchi con calotta o placca di copertura che può essere tolta senza spostamento dei conduttori (tipo A);  apparecchi con calotta o placca di copertura che non può essere tolta senza spostamento dei conduttori (tipo B). Se è il tipo di morsetto a fare la differenza, essi si distinguono in:   

apparecchi con morsetti a vite; apparecchi con morsetti senza vite solo per conduttori rigidi; apparecchi con morsetti senza vite per conduttori rigidi e flessibili.

Gli apparecchi di comando a livello commerciale, a seconda del particolare tipo di frutto, possono essere:    

modulari (componibili) da incasso; modulari da parete o esterno; monoblocco da incasso; volanti.

4.8.1 Interruttore L’interruttore è un apparecchio elettrico in grado di aprire e chiudere un circuito sotto carico; è caratterizzato da due possibili posizioni (contatto aperto e contatto chiuso), nelle quali deve rimanere in mancanza di forze esterne (pressione sull’attuatore da parte di un operatore). A seconda del numero di poli che interrompe si diversifica in:  

unipolare (interruzione di un polo); bipolare (interruzione di due poli).

L’interruttore unipolare è un apparecchio non automatico e, dal punto di vista della progettazione d’impianti, viene considerato come un punto (o posto) unico di comando, viene cioè utilizzato per comandare (una o più lampade) da un solo punto; generalmente viene utilizzato per impianti luce di piccoli locali (bagni, camerette, cucina, ripostiglio ecc.) oppure per il comando di singoli accessori (cappa aspirante, camino, lampada dello specchio ecc.).

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 127

Costruttivamente, l’interruttore unipolare è composto da un corpo che contiene internamente il contatto elettrico, mentre sulla parte anteriore reca il meccanismo di manovra (tasto) e in quella posteriore i morsetti per il collegamento dell’apparecchio al circuito elettrico. I contatti possono essere realizzati in lega d’argento per prevenire l’eventuale incollaggio in chiusura in caso di cortocircuito; il cinematismo di scatto deve invece possedere una elevata resistenza meccanica, mentre il tasto di manovra deve essere caratterizzato da ben precise posizioni in apertura e in chiusura ed evitare posizioni intermedie.

Fig. 4.24 Lampada comandata da un interruttore unipolare. La figura 4.24 schematizza l’impianto di una lampada comandata da un interruttore unipolare. I dati elettrici che contraddistinguono un interruttore sono, oltre al numero di poli comandati, la natura della corrente che transita (continua o alternata), la tensione nominale (fino a 250 V c.a.) e il valore della corrente nominale (10 A). La normativa prescrive infine che gli interruttori operino in modo tale da determinare la chiusura e l’apertura su tutti i poli con un’unica manovra; la manovra deve interessare tutti i conduttori attivi (di fase), con l’esclusione del conduttore di protezione (terra) ed eventualmente del conduttore neutro. In caso di alimentazione composta dal conduttore di fase e dal conduttore neutro (sistema monofase), l’interruttore deve essere inserito sul conduttore di fase; è possibile utilizzare interruttori unipolari in uffici o edifici (nei quali si espletano lavori di vario tipo) in un sistema di alimentazione bifase solamente su impianti di illuminazione installati in ambienti asciutti e su circuiti con potenze non superiori a 1000 W. Il commutatore, chiamato anche interruttore a due circuiti ad una sola entrata oppure doppio interruttore, è un apparecchio che permette di comandare due gruppi di lampade dallo stesso punto. Nell’evoluzione delle apparecchiature elettriche esso, come apparecchio di comando singolo, è nato con la versione monoblocco, ma con l’avvento degli apparecchi di tipo modulare non ha più ragione di esistere. Infatti, mentre nel caso di apparecchi non modulari esso costituiva un apparecchio predefinito, attualmente il commutatore è sostituito da due singoli interruttori disposti sul medesimo supporto (anche se nei cataloghi è possibile trovare un modulo commutatore unipolare a doppio tasto con posizioni 1-0-2).

128

Capitolo 4

4.8.2 Prese e spine di corrente La presa a spina è un apparecchio elettrico che consente un rapido collegamento di utilizzatori volanti o mobili con la linea di alimentazione (fig. 4.25). Le Norme definiscono le prese e le spine in base alle loro caratteristiche: 

Fig. 4.25 Presa a spina di corrente. 

  

 

la presa a spina fissa è un dispositivo che consente il collegamento, per un numero qualsiasi di volte, tra un cavo flessibile e un impianto fisso; il dispositivo comprende la presa fissa e la spina; la presa a spina mobile è un dispositivo che permette il collegamento, per un numero qualsiasi di volte, tra due cavi flessibili; il dispositivo comprende la presa mobile e la spina; la presa fissa è la parte destinata a essere collegata con l’impianto fisso; la presa mobile è la parte indissolubilmente legata, o destinata a essere collegata, al cavo flessibile di alimentazione; la spina è la parte indissolubilmente legata, o destinata a essere collegata, a un cavo flessibile, a sua volta collegato a un apparecchio utilizzatore o a una presa mobile; la spina fissa è la parte incorporata o fissata all’apparecchio utilizzatore, o destinata a essere ad esso fissata; il cordone prolungatore è un cavo flessibile terminante da un lato con una presa mobile e dall’altro con la spina.

Le Norme che regolamentano le prese e le spine per uso domestico sono la CEI 23-50 “rese a spina per usi domestici e similari. Parte 1: Prescrizioni generali” che si applica alle spine ed alle prese fisse o mobili per sola corrente alternata, con o senza contatto di terra, con tensione nominale al di sopra di 50 V ma non superiore a 440 V e con corrente nominale non superiore a 32 A, destinate agli usi domestici e similari, sia all’interno che all’esterno e la CEI 23-57 “Spine e prese per uso domestico e similare. Parte 2: Requisiti particolari per adattatori”. Premesso che gli apparecchi e le scatole devono essere progettati in modo che, nell’impiego usuale, il loro funzionamento sia sicuro e senza pericolo per le persone e l’ambiente circostante, le prese e spine devono avere i valori nominali di tensione e di corrente ed essere del tipo indicato nella tabella 4.10. Tab. 4.10 Caratteristiche nominali degli apparecchi. Tipo

Tensione nominale [V]

Corrente nominale [A]

2P (spina 2P + T (spine e prese)

250

10 16

2P (prese per apparecchi utilizzatori

250

10

2P + T (prese a ricettività multipla)

250

16

La Norma CEI 23-50 distingue nella sua classificazione gli apparecchi, le prese e le spine. Gli apparecchi sono classificati considerando il loro grado di protezione contro la penetrazione dannosa dell’acqua, la presenza del contatto di terra, il metodo di connessione del cavo e il tipo di morsetti. 

In base al grado di protezione rispetto all’acqua si hanno apparecchi protetti contro gli spruzzi (grado di protezione IPX4), contro i getti (grado di protezione IPX5) e ordinari con grado di protezione non superiore a IPX0 o IPX1, se montati su una superficie verticale per uso normale.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 129



In funzione invece della presenza del contatto di terra si hanno apparecchi senza contatto di terra, apparecchi con contatto di terra.  In relazione al tipo di collegamento si hanno apparecchi smontabili e apparecchi non smontabili.  In relazione al tipo di morsetti si hanno apparecchi con morsetti a vite, apparecchi con morsetti senza vite (solo per conduttori rigidi) e apparecchi con morsetti senza vite (per conduttori rigidi e flessibili). Le prese, a loro volta, sono classificate secondo il grado di protezione contro i contatti con parti in tensione, quando installate nelle condizioni di impiego usuale, la presenza di involucri, la presenza di schermi, il sistema di installazione e il sistema di installazione in funzione del progetto. 



 



In relazione al loro grado di protezione contro i contatti con parti in tensione, esse si differenziano in prese con protezione normale e con protezione aumentata (le prese con protezione aumentata possono essere con o senza schermi) (fig. 4.26). In riferimento alla presenza di involucri, si distinguono in aperte e chiuse (per le prese non chiuse la protezione contro i contatti diretti e indiretti è assicurata dall’involucro entro il quale l’apparecchio viene montato). A seconda alla presenza di schermi, esse possono essere senza schermi e con schermi. In dipendenza con il sistema di installazione, le prese si distinguono in sporgente, da incasso, da semi-incasso, a pannello, per stipiti, portatili, da tavolo (singole o multiple), per incasso nel pavimento, prese per apparecchi. In base al sistema di installazione in funzione del progetto, esse possono essere prese fisse con calotta o placca di copertura o parti di esse che possono essere tolte senza spostamento dei conduttori (tipo A), prese fisse con calotta o placca di copertura o parti di esse che non possono essere tolte senza spostamento dei conduttori (tipo B).

Alveoli schermati

Alveoli calzati

Fig. 4.26 Presa a spina di corrente.

Ancora, le prese in base alla loro possibile ricettività si distinguono in:  

a ricettività singola; a ricettività multipla (fig. 4.27).

Le spine (fig. 4.28) sono distinte a seconda della classe dell’apparecchio utilizzatore al quale esse devono essere collegate e si classificano in:   

per apparecchi utilizzatori di Classe 0, per apparecchi utilizzatori di Classe I, per apparecchi utilizzatori di Classe II.

Nello specifico, si intende appartenente alla Classe 0 un componente dotato di isolamento principale e non provvisto di alcun dispositivo per il collegamento delle masse a un conduttore di protezione; nel caso di guasto dell’isolamento principale la protezione rimane affidata alle caratteristiche dell’ambiente in cui è posto il componente. Si parla di appartenenza alla Classe I quando il componente è dotato sia di isolamento principale sia di un dispositivo per il collegamento delle masse a un conduttore di protezione. Appartiene alla Classe II un componente dotato di un doppio isolamento o di un isolamento rinforzato e non provvisto di alcun dispositivo per il collegamento a un conduttore di protezione. Gli apparecchi in derivazione devono portare le indicazioni seguenti: 

Fig. 4.27 Presa a ricettività multipla.

corrente nominale in ampère;

Fig. 4.28 Spine volanti di classe I.

130

Capitolo 4

  

tensione nominale in volt; simbolo per il tipo di corrente; nome del costruttore o del venditore responsabile e loro marchio di fabbrica o loro marchio di identificazione;  riferimento di tipo, che può essere un numero di catalogo;  simbolo per il grado di protezione contro la penetrazione dei corpi solidi estranei, se maggiore di IP2X;  simbolo per il grado di protezione contro la penetrazione dannosa di acqua se applicabile, nel qual caso il simbolo per il grado di protezione contro la penetrazione dei solidi deve essere marcato anche se non maggiore di IP2X. Occorre considerare anche la disposizione degli alveoli e degli spinotti. Se gli alveoli e gli spinotti sono simmetrici, l’accoppiamento presa e spina viene definito reversibile (fig. 4.29), in quanto permette di connettere la spina alla presa in più di un modo. Se invece gli alveoli e gli spinotti sono asimmetrici l’accoppiamento presa e spina si definisce di tipo polarizzato o irreversibile e può essere effettuato solamente in un modo. Alcune prese di sicurezza hanno gli alveoli completamente segregati e le loro parti in tensione sono accessibili solamente da parte di una spina adeguata. Quando questa è completamente inserita, si effettua il contatto, garantito da particolari molle a spirale. Schermo di sicurezza Morsetto fermacavo antitrazione

Collare di tenuta Impugnatura Diaframmi separazione conduttori

Fig. 4.29 Parti di una presa e di una spina volanti di tipo reversibile. Occorre inoltre tenere presenti una serie di prescrizioni normative: 

Tutte le parti esterne delle prese e delle spine devono essere di materiale isolante. Non deve essere possibile stabilire connessioni tra uno spinotto di una spina e un alveolo di una presa, finché uno qualsiasi degli altri spinotti rimane accessibile. Quando le prese o le spine sono equipaggiate con i relativi cavi, come nell’uso ordinario, le parti in tensione non devono essere accessibili al dito di prova mentre la spina viene introdotta anche solo parzialmente nella corrispondente presa.  Normalmente tutte le viti di fissaggio di calotte, cuffie o morsetti, che devono essere manovrate per l’installazione o per la manutenzione, devono essere facilmente accessibili. Non deve essere possibile rimuovere i coperchi, le calotte o le cuffie senza l’ausilio di un utensile. Le custodie devono racchiudere completamente il complesso dei morsetti, le estremità del cavo e il fermacavo. Inoltre non deve essere possibile per l’utente modificare la posizione del contatto di terra, se non rendendo le prese o le spine inutilizzabili.  Il morsetto di terra viene contrassegnato dallo specifico simbolo e deve essere collegato al conduttore di protezione di colore giallo/verde. Durante

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 131

l’inserzione di una spina nella relativa presa, prima che i contatti attivi vadano in tensione, deve stabilirsi il contatto tra alveolo e spinotto di terra: in questo modo la massa dell’apparecchio utilizzatore viene collegata a terra prima che l’apparecchio vada in tensione. Durante la fase di estrazione lo spinotto di terra è l’ultimo a disconnettersi. I contatti di terra devono essere in grado di sopportare una corrente uguale a quella specificata per i contatti di fase.  È opportuno curare il cablaggio in modo tale che siano evitati possibili contatti accidentali tra parti in tensione di polarità diversa. Scorrendo i cataloghi delle ditte produttrici di apparecchi elettrici è possibile ritrovare diversi tipi di prese di corrente e apparecchi di derivazione per applicazioni varie (fig. 4.30).

Fig. 4.30 Diverse versioni di prese per energia.

132

Capitolo 4

  

            

Prese bipolari con contatto di terra da 10 A con interasse di 19 mm e alveoli di diametro 4 mm. Prese bipolari con contatto di terra da 16 A con interasse di 26 mm e alveoli di diametro 5 mm. Prese bipolari con contatto di terra da 10 A con interasse di 19 mm e alveoli di diametro 4 mm, con scaricatore di tensione incorporato. Questo tipo di presa protetta presenta un ingombro di due moduli ed è costituita da una presa di corrente da 10 A 250 V in corrente alternata affiancata da un modulo contenente uno scaricatore a stato solido con funzione di protezione da sovracorrenti di rete. I due moduli sono già collegati insieme internamente e un apposito led verde segnala l’efficienza della protezione. In caso di intervento avvenuto, lo scaricatore, pur consentendo il funzionamento dell’apparecchio collegato, non lo protegge più. Questo tipo di presa viene impiegato per l’alimentazione di apparecchiature contenenti componenti elettronici come TV, HI-FI, computer ecc. Prese bipolari con contatto di terra da 10 e 16 A con interassi 19 e 26 mm. Prese di sicurezza bipolari con contatto di terra da 10 A irreversibili e con alveoli segregati. Prese di corrente UNEL bipolari con contatti di terra laterali da 10/16 A. Prese di corrente tipo UNEL bipolari con contatti di terra laterali e centrale da 10/16 A per spine UNEL e spine 10 A con interasse 19 mm. Prese di corrente standard Spagna bipolari da 16 A con alveoli di diametro 4 x 4,8 mm e interasse 19 mm. Prese di corrente standard Spagna bipolari con contatto di terra da 10/16 A con alveoli di diametro 4 x 4,8 mm interasse 19 mm. Prese di corrente standard euroamericano bipolari da 16 A per spinotti tondi di diamentro 4 x 4,8 mm e interasse 19 mm e spinotti lamellari. Prese di corrente standard USA bipolari con contatto di terra da 15 A 125 V in corrente alternata. Prese di corrente standard Francia bipolari da 10/16 A. Prese di corrente mignon bipolari con alveoli di diametro 3 mm e interasse di 13 mm, per circuiti ausiliari e similari da 6 A e 24 V (SELV). Connettori pentapolari normalizzati DIN per HI-FI. Connettori 8 poli irreversibili per circuiti di segnalazione, fonici con tensione 24 V in corrente alternata e 2 A (SELV). Predispositori a jack con due contatti in chiusura a tensione 48 V e corrente 10 A.

4.8.3 Deviatore Corpo apparecchio Morsetto di collegamento Contatti fissi Tasto Molla di richiamo Contatti mobili Contatti fissi Morsetto di collegamento

Fig. 4.31 Deviatore di tipo modulare. Il deviatore è un apparecchio che permette di indirizzare la corrente che lo attraversa su due uscite alternative. Sostanzialmente rappresenta un ampliamento dell’interruttore, sul quale, anziché un solo morsetto di uscita, ne sono

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 133

previsti due. I deviatori vengono impiegati sempre in coppia e svolgono la funzione di comandare una o più lampade da due punti differenti. Azionando cioè indifferentemente uno dei due deviatori si ha la possibilità di accendere o spegnere le lampade installate. La figura 4.31 mostra le principali caratteristiche costruttive di un deviatore del tipo componibile I morsetti presenti sulla parte posteriore del corpo si denominano centrale, primo laterale e secondo laterale. Dovendoli utilizzare per il comando di lampade, i deviatori devono essere collegati nel modo seguente (fig. 4.32): 

il morsetto centrale del primo deviatore viene connesso al filo di fase della linea di alimentazione;  i due morsetti laterali del primo deviatore vengono collegati ai due morsetti laterali del secondo deviatore (primo laterale con primo laterale e secondo laterale con secondo laterale);  il morsetto centrale del secondo deviatore viene collegato al portalampade.

Fig. 4.32 Lampada comandata da due deviatori. Il deviatore possiede le stesse caratteristiche elettriche dell’interruttore: tensione nominale 250 V in corrente alternata, corrente nominale 10 A.

4.8.4 Invertitore L’invertitore è un apparecchio elettrico che viene utilizzato sempre in combinazione con due deviatori qualora sia necessario comandare l’utilizzatore da più di due punti; in sostanza per ogni punto di comando in più, oltre i due, bisogna inserire un invertitore. Gli invertitori non sono mai installati nell’impianto come prime o ultime apparecchiature, ma sono connessi tra i due deviatori (fig. 4.33). Costruttivamente l’invertitore è formato da un corpo (spesso in ceramica o in PVC) alloggiato nel contenitore di resina. Sulla parte anteriore del corpo è situato il meccanismo di manovra (tasto), mentre sulla parte posteriore sono collocati i morsetti di collegamento. Questi, anziché essere in numero di sei, sono quattro e presentano (all’interno) due ponticelli che collegano ciascun

134

Capitolo 4

morsetto mancante rispettivamente al morsetto laterale della fila opposta. All’interno del corpo sono presenti due contatti di tipo deviato che vengono azionati simultaneamente: essi hanno il compito di invertire la sequenza di collegamento dei fili in entrata. Succede per esempio che  se i fili entranti provengono dal primo deviatore e si collegano ai morsetti di entrata dell’invertitore con la sequenza primo laterale del deviatore = morsetto di entrata di destra e secondo laterale del deviatore = morsetto di entrata di sinistra  dopo aver azionato l’invertitore si riscontrerà che il primo laterale del deviatore esce ora dal morsetto di sinistra e il secondo laterale da quello di destra. In questo modo ogni invertitore, congiuntamente ai due deviatori inseriti nello stesso impianto, potrà determinane lo spegnimento e l’accensione delle lampade. È importante che il collegamento di una coppia di morsetti (per esempio i due centrali) dell’invertitore sia effettuato sullo stesso deviatore (morsetti laterali), mentre l’altra coppia (morsetti laterali dell’invertitore) sia connessa al secondo deviatore; all’atto del collaudo, se si fossero scambiati i collegamenti, ci si troverebbe con una posizione dell’invertitore che non consente il comando degli utilizzatori dagli altri punti.

Fig. 4.33 Lampada comandata da due deviatori e un invertitore.

4.9 Impianti con comando a relè, interruttore, commutatore a tempo La Norma CEI EN 60669-2-2 (23-62) regolamenta gli apparecchi di comando non automatici per installazione elettrica fissa per uso domestico e similare: in questo caso gli interruttori con comando a distanza (RCS). Se vengono classificati in base al tipo di azionamento, possono essere:  

a bobina di corrente (per RCS prioritari); a bobina di tensione (per RCS prioritari).

Se vengono classificati in base al sistema di installazione come conseguenza del progetto dell’apparecchio, possono essere: 

RCS del tipo a spina (comprende due parti, la prima che serve da base e comprende i morsetti, l’altra rimovibile che comprende i circuiti di interruzione e di comando; le due parti si adattano per mezzo di connessioni elastiche e possono essere unite o separate con o senza l’aiuto di un utensile).

Se vengono classificati in base al tipo di meccanismo di interruzione, possono essere:

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 135

 

ad azione diretta; ad azione sequenziale (comprende diversi contatti di interruzione o inversione generalmente comandati per mezzo di una camma che permette diverse combinazioni di circuito mediante impulsi successivi. Il numero di impulsi è dato dal numero di scanalature della camma);  con meccanismo bistabile (contenente un meccanismo di comando che, quando non è eccitato elettricamente o manovrato meccanicamente, resta stabile nella sua posizione di funzionamento e varierà la sua posizione di funzionamento mediante eccitazione o manovra);  con meccanismo monostabile (contenente un meccanismo di comando che, con eccitazione elettrica o manovra meccanica, varia la posizione di funzionamento dell’interruttore che resta nella sua condizione mentre l’RCS è eccitato o manovrato, e ritorna alla posizione antecedente l’eccitazione o la manovra dell’RCS dopo che l’eccitazione o la manovra è interrotta). Se vengono classificati in base al tipo di alimentazione del circuito di comando, possono essere:  

RCS alimentati da impulsi; RCS alimentati in permanenza.

Ancora di movimentazione Contatto comune Contatto NC

Se vengono classificati in base al progetto dell’interruttore, possono essere: 

RCS elettromagnetici (provvisti di una bobina comandata per mezzo di impulsi o che può essere eccitata in permanenza per mezzo di un circuito di comando);  RCS elettronici (contenenti componenti elettronici e/o una combinazione di componenti elettronici ed una bobina o bobine, comandati per mezzo di una o più elementi elettronici periferici). Nell’accezione tradizionale del termine l’interruttore con comando a distanza viene chiamato relè e può essere genericamente definito come un apparecchio elettromagnetico composto di tre parti: elettrica, magnetica e meccanica (fig. 4.34). La parte elettrica è costituita da uno o più contatti deputati a chiudere un circuito, determinando l’alimentazione del carico. La parte magnetica è costituita da una bobina che, percorsa da corrente, crea un campo magnetico che attrae una piastrina di ferro dolce (componente della parte meccanica). La parte meccanica è un insieme di piccoli congegni di metallo plastificato che determina il collegamento tra la bobina e i contatti; essa ha la funzione, una volta che la bobina riceve un impulso, di cambiare la posizione dei contatti. Le principali caratteristiche di un relè si possono così riassumere:  La tensione nominale della bobina rappresenta il valore nominale della tensione di alimentazione per il quale il relè è stato costruito.  La tensione di alimentazione della bobina si può differenziare, con bobina a regime termico e con la temperatura ambiente a 20 °C, in tensione minima di funzionamento (valore mediante il quale il relè funziona con sicurezza), tensione massima di funzionamento (valore estremo al quale il relè può essere sottoposto per rispettarne le prescrizioni relative al suo riscaldamento), tensione di mantenimento (valore di tensione che permette alla bobina, una volta eccitata, di mantenere il carico), tensione di rilascio (valore di tensione al quale la bobina sicuramente si diseccita), tensione di non funzionamento (valore di tensione che non permette alla bobina di eccitarsi) e campo di funzionamento (valori di tensione compresi tra quelli della tensione minima e massima).

Morsetti bobina Bobina Contatto NA Molla antagonista

Fig. 4.34 Parti costituenti un relè.

136

Capitolo 4

4.9.1 Relè passo-passo Negli impianti di illuminazione viene normalmente utilizzato il relè passopasso, comandato da uno o più pulsanti. In relazione al tipo di contatto di cui sono dotati e al tipo di sequenza attuata, i relè passo-passo possono svolgere funzioni di:     

interruttore unipolare; interruttore bipolare; deviatore; commutatore a 4 sequenze; deviatore a 4 sequenze.

Negli impianti civili si usano prevalentemente relè interruttori unipolari e relè commutatori: i primi permettono di sostituire gli apparecchi tradizionali per il comando di tipo interrotto, deviato e invertito; i secondi svolgono invece essenzialmente un comando di commutazione. I relè interruttori sono contraddistinti dalla presenza di uno o più contatti, di una sola camma e da due posizioni di lavoro (contatto aperto e contatto chiuso). I relè commutatori sono invece caratterizzati da due contatti, due camme e quattro posizioni di lavoro (tutti e due i contatti aperti, tutti e due i contatti chiusi, solamente il primo contatto chiuso e solamente il secondo contatto chiuso). I relè si possono differenziare anche in base al valore di tensione di alimentazione della bobina, intendendo implicitamente che la tensione del circuito sul quale viene inserito il contatto è sempre di 230 V: 

se la bobina viene alimentata con una tensione uguale a quella del contatto o dei contatti, il relè viene denominato a eccitazione comune;  se la bobina viene alimentata con una tensione minore di quella del contatto (per esempio 12 V), il relè viene denominato ad eccitazione separata. Fig. 4.35 passo.

Relè a impulso passo-

Sono commercializzati relè passo-passo in esecuzione normale o del tipo modulare che può essere montato su scatola per frutti unificata (fig. 4.35). Nel comparare questo sistema di comando (denominato indiretto per la necessità di eccitare la bobina per far chiudere o aprire il contatto) con quello tradizionale o diretto (composto da interruttore, deviatori o invertitori) si deve porre attenzione alle seguenti considerazioni:

Fig. 4.36 Lampada comandata da relè a impulso passo-passo.

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 137



l’installazione di relè può risultare economicamente vantaggiosa solo qualora i punti di comando siano numerosi; essi determinano una semplificazione dell’impianto, in quanto tutti i pulsanti utilizzati vengono collegati in parallelo tra di loro;  se si utilizza un relè a eccitazione separata, il circuito di comando (bobina e pulsanti) viene percorso da una corrente e sottoposto ad una tensione molto basse, determinando maggiori condizioni di sicurezza per l’utente;  sempre nelle condizioni del punto precedente, i conduttori usati per il collegamento dei componenti del circuito di comando possono venire dimensionati con valori di sezione molto più bassi, riducendo sensibilmente i costi. La figura 4.35 illustra una lampada comandata da due pulsanti mediante un relè 230 V.

4.9.2 Temporizzatore Il temporizzatore è un particolare tipo di relè che, utilizzato generalmente  negli ambienti civili  per il comando dell’illuminazione di scale e pianerottoli di uno stabile, provoca lo spegnimento automatico delle lampade dopo un tempo stabilito. Esso viene anche utilizzato per impianti di illuminazione di cantine, accessi ad uffici e per impianti di aspirazione centralizzata per cucine e bagni (fig. 4.37).

Selettore funzioni

Regolazione tempo

LED di segnalazione

Possibilità utilizzo pulsanti luminosi

Alimentazione 230 V c.a.

Contatto NO

Fig. 4.37 Relè luci scale multifunzione elettronico. Si possono reperire in commercio temporizzatori a orologeria, ad ampolla di mercurio, a motorino sincrono ed elettronici che si diversificano innanzi tutto per il tipo di meccanismo che determina la temporizzazione, per esempio: 

quelli di tipo ad orologeria sfruttano il movimento di una serie di ingranaggi azionati da un bilanciere;  quelli a mercurio sfruttano la velocità di fuoriuscita dell’aria contenuta all’interno di un cilindretto cavo (l’aria è pressata da uno stantuffo di ferro dolce di forma cilindrica che ricade, dopo essere stato attratto dall’elettromagnete), che aziona tramite una movimentazione una ampolla di mercurio che funge da contatto. I temporizzatori si diversificano anche per il tipo di contatti di cui sono dotati; per esempio tutti hanno contatti elettrici formati da laminette di rame (o un relè come nel caso del temporizzatore elettronico), mentre il temporizzatore a mercurio sostituisce i contatti tradizionali con una determinata quantità di mercurio contenuto in un’ampolla.

138

Capitolo 4

Infine, ciò che contraddistingue i temporizzatori elettronici è che essi sono costituiti da componenti elettronici a stato solido, eccetto il relè in uscita, e ciò consente una notevole silenziosità dovuta essenzialmente al loro funzionamento, basato sulla carica e scarica di un condensatore. Altre particolarità, riscontrabili su tutti i temporizzatori, sono una regolazione del tempo di funzionamento e un commutatore per selezionare il funzionamento (lampade temporizzate, lampade sempre accese e, in alcuni modelli, temporizzatore disinserito). 4.10 Impianti con regolatori di luminosità, crepuscolari e orari

4.10.1 Variatore di luminosità Il variatore di luminosità (dimmer) è un interruttore elettronico che consente di regolare in modo continuo il flusso luminoso emesso da una lampada a incandescenza, da una lampada alogena o da una lampada fluorescente. Esso si basa sull’azione di elementi semiconduttori, che effettuano una parzializzazione (tolgono una parte) dell’onda sinusoidale: in pratica, a seconda dell’inserzione, si determina una variazione di fase più o meno elevata e conseguentemente si stabilisce il punto di inizio della corrente. Le grandezze elettriche che caratterizzano un variatore di luce sono:    

Fig. 4.38 Variatori di luminosità.

la tensione nominale (230 V); la frequenza (50 Hz); la potenza che può essere controllata (60 ÷ 500 W); il campo di regolazione, espresso come percentuale della potenza del carico (0 ÷ 95%).

I vari modelli di variatore (fig. 4.38) si differenziano sia per il modulo che per il meccanismo di manovra: possono essere cioè di tipo monoblocco o modulare e inoltre possono essere azionati da manopola (potenziometro) ruotabile o da un pulsante. Nel tipo a manopola l’uso che se ne può fare è duplice: premendo la manopola, oppure ruotandola sino alla fine della corsa (generalmente si provoca un click), si determina l’apertura del circuito e quindi lo spegnimento della lampada; ruotando invece solamente la manopola, si effettua la variazione di luminosità; possono essere anche del tipo ad interruzione e del tipo a deviazione. Nella versione con pulsante il variatore di luminosità effettua anche tutte le funzioni di comando (interruzione, deviazione, inversione, telecomando a relè). Il funzionamento avviene nel seguente modo: se si tiene premuto in modo prolungato il pulsante, si agisce sulla regolazione della luminosità, aumentandola oppure diminuendola; se si preme in modo rapido il pulsante, si causa l’accensione o lo spegnimento della lampada. Questo tipo di variatore presenta inoltre una memorizzazione elettronica della variazione scelta, che rimane tale fintantoché non si effettua un’altra regolazione. Infine è possibile collegare in parallelo con il pulsante dell’apparecchio altri pulsanti ed estendere la regolazione e il comando ad altri punti. Tutti i variatori di luminosità devono esser equipaggiati con un filtro, per sopprimere i radiodisturbi. 4.10.2 Interruttore crepuscolare Il funzionamento dell’interruttore crepuscolare si basa su un elemento fotosensibile il quale, per mezzo di un circuito amplificatore, determina la chiusura dei

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 139

contatti di un relè in uscita, ogni volta che la luminosità dell’ambiente nel quale è installato scende al di sotto del valore del limite di soglia, prestabilito in fase di regolazione. L’interruttore crepuscolare viene impiegato per comandare automaticamente, in relazione all’illuminazione naturale del luogo, impianti di illuminazione di giardini, strade, vetrine, insegne pubblicitarie ecc. L’apparecchio è in genere caratterizzato da una soglia di intervento regolabile (per esempio da 1 a 50 lux) e dalla possibilità di ritardare tale intervento (per esempio da 0 a 20 secondi). Lo scopo dell’eventuale ritardo di intervento è di rendere l’apparecchio insensibile a fonti di luce transitorie e brevi (lampi di temporale, luci di macchine in transito ecc.) per evitare spegnimenti inopportuni dell’impianto di illuminazione. L’interruttore crepuscolare può essere alimentato a 230 V o a 24 V e può avere un grado di protezione contro gli spruzzi di acqua e contro la pioggia (IP 54) tale da renderlo idoneo a installazioni direttamente su muro o su palina, mediante apposita staffa (fig. 4.39). A seconda delle necessità è possibile scegliere tra interruttori crepuscolari con un solo programma (le lampade si accendono al calare della sera e si spengono all’alba) e interruttori crepuscolari forniti di più programmi (per esempio quattro). In quest’ultimo caso le varie opzioni di funzionamento si possono schematizzare come segue:

Fig. 4.39 Interruttore crepuscolare.

 

le lampade vengono accese al calare della sera e spente all’alba; in caso di debole illuminazione naturale le lampade vengono spente, e accese nel caso opposto (per esempio entrata di tunnel stradali, vetrine, acquari, cicli giornalieri negli allevamenti);  le lampade si riaccendono automaticamente al calar della sera dopo uno spegnimento volontario determinato da un pulsante o da un orologio programmatore (per esempio in impianti di illuminazione per vetrine o per il comando di insegne luminose);  le lampade si spengono automaticamente quando sopraggiunge l’alba, dopo una accensione volontaria determinata da pulsanti o da orologio programmatore (per esempio negli impianti di uffici, laboratori, cortili ecc.). 4.10.3 Orologio programmatore L’orologio programmatore o interruttore orario è un apparecchio utilizzato per il comando automatico di impianti di illuminazione pubblica, di vani scale, insegne pubblicitarie e vetrine; viene ampiamente usato inoltre negli impianti di riscaldamento per regolare la temperatura secondo fasce orarie programmate (fig. 4.40). In linea generale quindi esso trova una adeguata applicazione in tutte quelle situazioni nelle quali comandi operativi o funzionali di apparecchi debbano essere programmati durante la giornata o la settimana. La predisposizione dei comandi si determina mediante l’inserimento o lo spostamento sul quadrante, messo in movimento da un sistema ad orologeria interno, di particolari piolini chiamati cavalieri. Durante la rotazione del quadrante, i cavalieri con la loro forma diversificata provocano lo spostamento in avanti o indietro di una levetta a beccuccio, cui corrisponde la chiusura o l’apertura del contatto elettrico interno. Il meccanismo ad orologeria può essere del tipo senza riserva di carica o del tipo con riserva di carica. Nel primo caso esso impiega un piccolo motore sincrono auto avviante sincronizzato sulla frequenza di rete. Nel secondo caso invece il movimento è elettronico ed è sincronizzato per mezzo di un oscillatore al quarzo. La riserva di carica è stabilita in genere in 40 ore.

Fig. 4.40 Orologio programmatore.

140

Capitolo 4

La programmazione può essere di tipo (ciclo) giornaliero, per esempio 48 operazioni massime con intervallo minimo di 30 minuti, oppure di tipo (ciclo) settimanale, per esempio 42 operazioni massime con intervallo minimo di 4 ore. Vengono commercializzati programmatori di tipo elettronico, sempre a ciclo giornaliero/settimanale, che sopportano una potenza massima di 2 kW. Le caratteristiche generali che contraddistinguono un programmatore elettronico sono:           

ciclo giornaliero/settimanale con 4 inserzioni e disinserzioni giornaliere; tensione di impiego 230 V in corrente alternata a frequenza 50 Hz; contatto in commutazione libero da tensione con 10 A a cos uguale a 1 oppure con 5 A con cos pari a 0,5; tempo minimo tra un intervento ed il successivo di un minuto; precisione di intervento pari a 1 s; temperatura di esercizio da 10 °C a 55 °C; classe di isolamento II; una riserva di carica per 30 giorni; indicazione permanente sul quadrante a cristalli liquidi dell’ora, del giorno della settimana e del carico inserito/disinserito; visione a richiesta del programma impostato; comando manuale.

4.11 Impianti di segnalazione acustica e luminosa Gli impianti di segnalazione vengono installati in tutti i luoghi nei quali sia necessario richiamare l’attenzione sulla propria presenza o su una richiesta di udienza. Le segnalazioni possono essere di tipo acustico e/o di tipo luminoso e utilizzano:      

suonerie, ronzatori, sirene, quadretti indicatori luminosi, quadretti indicatori a cartellino, guida luce.

4.11.1 Pulsante Il pulsante è un apparecchio di comando caratterizzato da una sola posizione di riposo corrispondente alla situazione di contatto aperto nella quale il pulsante deve rimanere fintantoché non viene premuto. Il pulsante è un apparecchio utilizzato prettamente negli impianti di comando relè o negli impianti di segnalazione, dove è sufficiente un piccolo impulso per determinare il cambiamento di stato dei contatti dell’apparecchio principale o per determinare una segnalazione acustica o luminosa. Esso è sempre un apparecchio di tipo unipolare, caratterizzato da una corrente nominale da 2 A fino a 10 A. Oltre ad essere in versione da incasso, da parete e volante, esso può avere il comando a bilanciere, a tasto, a tirante e a tasto con targa. Spesso riporta, stampato sul tasto di azionamento, un simbolo specifico (per esempio una lampada accesa per indicare la sua inserzione su un circuito di illuminazione, una suoneria per indicare il suo impiego su un circuito di segnalazione).

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 141

Il pulsante infine può essere corredato di un segnalatore con gemma rossa (lampadina 230 V c.a.) per meglio essere visto in un ambiente buio. Vengono inoltre prodotti pulsanti con due contatti: un contatto normalmente aperto NO (Normally Open) e uno normalmente chiuso NC (Normally Closed), che vengono impiegati negli impianti civili per il comando dall’esterno dell’edificio dell’elettroserratura del cancello. Nella figura 4.41 sono rappresentati alcuni tipi di pulsanti. 4.11.2 Suoneria, ronzatore L’apparecchio che effettua la chiamata negli impianti di segnalazione acustica è la suoneria. Normalmente viene alimentata a bassissima tensione mediante un trasformatore monofase, ma è possibile installare anche suonerie con una tensione di alimentazione di 130 o 230 V; inoltre si trovano in commercio suonerie funzionanti in corrente alternata e continua. A seconda del principio di funzionamento o della specifica parte che entra in vibrazione, le suonerie si diversificano in:      

a scintilla, a reazione magnetica, polarizzata, ronzatore, cicalino, elettronica.

Fig. 4.41 Tipi di pulsanti.

In base alle esigenze di installazione, le suonerie possono essere in versione da parete, da incasso su scatola tonda e a moduli componibili; si possono differenziare anche in suoni mono e bitonali. Le suonerie di uso più comune sono quelle a scintilla e il loro funzionamento può essere riassunto nel modo seguente: 

premendo il pulsante di chiamata, si determina la chiusura del circuito sull’elettromagnete che attrae un’ancorina terminante con un martelletto;  mentre il martelletto batte sul coperchio dell’apparecchio (timpano), determinando il suono, l’ancorina nel suo spostamento interrompe l’alimentazione dell’elettromagnete (nell’interruzione si verifica una piccola scintilla e da questo fenomeno prende il nome la suoneria);  diseccitandosi, l’elettromagnete rilascia l’ancorina, la quale, tornando nella sua posizione iniziale, richiude il circuito sull’elettromagnete;  il ciclo si ripete fintantoché non si rilascia il pulsante per cui il suono emesso è intermittente. La figura 4.42 riporta alcuni tipi di suonerie. I timpani, a seconda del timbro sonoro e dell’intensità desiderati, possono essere realizzati in acciaio, bronzo, alluminio e in resina. Qualora un suono di alta intensità possa disturbare, vengono impiegati i ronzatori, che sono particolari suonerie senza timpano e martelletto che sfruttano la vibrazione dell’ancorina (normalmente la vibrazione viene amplificata dal coperchio) per emettere un ronzio. Le caratteristiche delle suonerie elettroniche consistono essenzialmente: nella modularità (occupano 2 moduli), nella possibilità di emettere tre diversi suoni, differenziati in continui ed intermittenti e pilotati da tre punti diversi di chiamata; nella possibilità di regolare il volume del suono desiderato; da un’alimentazione a 12 V indifferentemente in corrente continua o in corrente alternata.

Fig. 4.42 Tipi di suonerie.

142

Capitolo 4

4.11.3 Quadro indicatore a cartellini In tutti gli ambienti di lavoro in cui possa presentarsi la necessità di chiamare il personale di servizio, per esempio in scuole, uffici ecc., trovano applicazione apparecchi di segnalazione denominati quadri indicatori; sono apparecchi da incasso o da parete e vengono alimentati a bassissima tensione (12 V). I quadri indicatori sono collegati con un certo numero di pulsanti dislocati nei punti dai quali è necessario effettuare la chiamata, e con uno o più pulsanti di annullamento. Mentre un tempo era di uso frequente il quadro indicatore a cartellini con annullamento meccanico (con una manovella di metallo che provocava meccanicamente la caduta dei cartellini), attualmente la quasi totalità degli apparecchi utilizza per lo meno un pulsante per l’annullamento elettrico. Il quadro indicatore a cartellini risulta essere il più semplice tipo di quadro indicatore, nel quale vengono azionate delle piastrine, recanti un numero, che indicano così il punto di chiamata. All’interno del quadro indicatore si trova un numero di bobine corrispondente a quello dei cartellini eccitate dalla chiusura del circuito operata dal relativo pulsante, attraggono l’ancorina, determinando l’apparizione del numero del cartellino. A ciascun numero corrisponde un ben specifico ufficio o aula scolastica, cosicché la persona di servizio può identificare facilmente chi ha effettuato la chiamata. Normalmente, i quadri indicatori a cartellino, sono dotati anche di una suoneria o un ronzatore. La suoneria è collegata in serie con gli elettromagneti e rimane in funzione solo durante l’azionamento del pulsante. Il personale di servizio, dopo aver recepito la segnalazione, può riportare il quadro indicatore in stato di riposo, premendo il pulsante di annullamento. Quest’ultimo eccita un ulteriore elettromagnete, il quale, attraendo un’ancorina collegata ad un perno metallico, provoca la caduta del cartellino.

4.11.4 Quadro indicatore luminoso Nel quadro indicatore luminoso la chiamata determina l’accensione di lampadine situate internamente all’apparecchiatura, illuminando in tal modo i numeri sovraimpressi alle diverse caselle del quadrante. L’interno del quadro indicatore luminoso è più complesso di quello a cartellini e comprende normalmente dei relè bistabili, un relè serie, dei contatti multipli, delle lampadine e un ronzatore (fig. 4.43). I contatti multipli, in numero corrispondente a quello dei relè bistabili, offrono la possibilità di ripetere la segnalazione su apparecchi secondari (altri quadri luminosi o singole lampade di segnalazione). Ronzatore Lampadina schermata

Relè polarizzato bistabile Pulsante annullamento

Fig. 4.43 Quadro indicatore luminoso. Il funzionamento di un quadro indicatore luminoso è riassumibile nel seguente modo:

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 143



premendo un pulsante di chiamata qualsiasi, si alimenta la relativa bobina di attrazione;  il contatto multiplo si chiude determinando l’alimentazione della lampadina e rende visibile il numero di chiamata;  il ronzatore rimane in funzione per tutto il tempo durante il quale il pulsante viene premuto, per poi tacitarsi;  a comunicazione recepita, premendo il pulsante di annullamento, si alimenta la seconda bobina (di rilascio) che provoca lo spegnimento della lampadina.

4.11.5 Trasformatore monofase Il trasformatore monofase è formato da un avvolgimento primario collegato alla linea di alimentazione e da un avvolgimento secondario connesso al carico da alimentare, avvolti entrambi su di un nucleo entro cui si genera un flusso magnetico concatenato con entrambi i circuiti; il funzionamento si basa sul principio della mutua induzione (fig. 4.44).  I1

U1

E1

Primario

I2

N1

N2

E2

U2

Secondario

Fig. 4.44 Circuito schematico di un trasformatore. Rimandando a testi specifici per una completa trattazione dei principi fisici alla base del trasformatore, in questa sede si ritiene più opportuno definire solamente i principali parametri e grandezze di interesse pratico, quali:   

 

la tensione primaria nominale è la tensione di alimentazione assegnata dal costruttore al trasformatore per il suo funzionamento specifico; la tensione secondaria nominale è la tensione misurabile ai capi dell’avvolgimento secondario, quando esso è alimentato con i dati nominali; la potenza nominale è il prodotto della tensione secondaria nominale per la corrente secondaria nominale; nel caso in cui il trasformatore sia in possesso di più di un avvolgimento secondario o sia del tipo a prese multiple, la potenza nominale è la somma dei prodotti della tensione secondaria nominale per la corrente secondaria nominale dei circuiti che possono essere caricati contemporaneamente; la frequenza nominale viene assegnata dal costruttore per il suo funzionamento specifico. la corrente secondaria nominale è la corrente, con tensione primaria nominale e con frequenza nominale, assegnata dal costruttore per un funzionamento specifico; se essa non viene dichiarata, può essere calcolata considerando la potenza nominale e la tensione secondaria nominale.

Si definisce trasformatore di isolamento l’apparecchiatura in cui gli avvolgimenti primario e secondario sono separati da un isolamento doppio o rinforzato per limitare, nel circuito alimentato dall’avvolgimento secondario, rischi

144

Capitolo 4

dovuti a contatti accidentali simultanei con la terra e con le parti attive e con le masse che possono trovarsi sotto tensione in caso di guasti all’isolamento. Un trasformatore di sicurezza è invece un trasformatore destinato ad alimentare circuiti a bassissima tensione di sicurezza (non superiore a 50 V in corrente alternata). Negli ambienti di tipo civile e similari i trasformatori che più vengono impiegati sono quelli tradizionali, di isolamento e di sicurezza. Il trasformatore per campanelli è un apparecchio classificabile come trasformatore di sicurezza fisso destinato all’alimentazione di campanelli per uso domestico, relè, dispositivi di segnalazione e similari con carico applicato per brevissimi periodi e circuiti di allarme. È consentita l’applicazione continuativa di un piccolo carico come quello di spie luminose. La tensione nominale secondaria non deve essere superiore a 24 V in corrente alternata (i valori standard sono 8, 10, 12, 16, 24 V in corrente alternata, 6, 12 V in corrente continua). I valori preferenziali della corrente secondaria nominale sono 0,5, 1, 1,5, 2 A, mentre la tensione nominale e la potenza primaria nominale non devono essere superiori rispettivamente a 250 V e a 100 VA. Un’ultima versione è rappresentata dal trasformatore per apparecchi di illuminazione di Classe III, anch’esso del tipo di sicurezza. I valori preferenziali della tensione secondaria nominale sono 6, 12, 24 V in corrente alternata, mentre la tensione a vuoto non deve superare 50 V anche se avvolgimenti secondari indipendenti, previsti a questo scopo sono collegati in serie. 4.11.6 Elettroserratura

Fig. 4.45 Due tipi di elettroserratura.

L’elettroserratura è un apparecchio che utilizza un elettromagnete per azionare l’apertura di un portone di entrata o di un cancello; generalmente incorpora anche un meccanismo per l’azionamento diretto dal posto di installazione dotato, a seconda dell’installazione su cancello o su portone, di un pulsante o leva di sbloccaggio oppure di una toppa per l’apertura con chiave. Considerando poi la posizione di montaggio rispetto all’apertura della porta o cancello si avranno elettroserrature destre e sinistre. Costruttivamente l’elettroserratura si presenta costituita da un corpo principale denominato gruppo cassa e da un corpo secondario chiamato gruppo controbocchetta (fig. 4.45). All’interno del corpo principale (gruppo cassa) sono alloggiati l’elettromagnete di apertura, la molla di carica e tutti i vari meccanismi di bloccaggio e sbloccaggio, mentre fuoriescono dal corpo due perni chiamati scrocco di carica e scrocco di tenuta. Il secondo corpo (gruppo controbocchetta), se presente, è munito di due aperture delle stesse dimensioni dei due perni del corpo principale. Esso ha il compito, trattenendo gli scrocchi di carica e di tenuta, di bloccare il portone o il cancello nella posizione di chiusura. Occorre rilevare che, in fase di installazione, bisogna scegliere adeguatamente la sezione dei conduttori da utilizzare, in quanto la bobina dell’elettromagnete, presentando una elevata induttanza, assorbe una corrente relativamente alta (generalmente 1 A). Infine, sempre in fase di installazione, è opportuno utilizzare conduttori flessibili e proteggerli nel tratto di passaggio tra il muro e il battente della porta. Un’altra soluzione consiste nel dotare le elettroserrature, da incassare nel telaio delle porte di edifici condominiali, di contatti mobili (provvisti di mollette che determinano il contatto tra parte fissa e parte mobile). Infatti, i conduttori non sono, in questo modo, alloggiati all’interno di una tubatura di tipo pesante che corre parallelamente alla fascia orizzontale della porta, bensì corrono all’interno del telaio dell’anta. La continuità elettrica tra l’elettroserratura e il resto dell’impianto avviene appunto mediante dei morsetti situati nell’inter-

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 145

capedine del telaio della porta, dal lato dove sono posizionate le cerniere che stabiliscono la movimentazione dell’uscio. Quando la porta è chiusa i contatti mobili stabiliscono tra loro il contatto, rendendo possibile l’azionamento dell’elettroserratura. Una particolare elettroserratura prevede l’installazione della parte in movimento sullo stipite della porta: si tratta di un dispositivo sempre composto di un elettromagnete, che però viene installato nella parte fissa dell’uscio. In questo modo non vi sono cavi che attraversano il battente o riporti tramite i contatti mobili di cui si è visto in precedenza. È in sostanza una elettroserratura all’incontrario: l’elettromagnete non è contenuto nel gruppo cassa, bensì nel gruppo controbocchetta e la parte mobile (scrocco di carica e di tenuta) è montata sul battente dell’uscio. 4.12 Apparecchi particolari

4.12.1 Prese a ricettività multipla e adattatori In questi ultimi anni è sempre più frequente l’impiego di prese bivalenti o a ricettività multipla per poter effettuare un collegamento sia con spine da 10 A che da 16 A. Oltre alle Norme già citate, è opportuno considerare la CEI 23-57 “Spine e prese per uso domestico e similare. Parte 2: Requisiti particolari per adattatori”. Un adattatore viene definito come un dispositivo mobile d’interposizione a doppio innesto costituito da organi aventi la funzione di una spina e di una o più prese e avente la funzione di connettere da un lato una presa e dall’altro una o più spine accoppiabili o non. Un adattatore multiplo è un apparecchio portatile che permette il collegamento simultaneo di più di una spina a tutte le parti presa dell’adattatore. È possibile distinguere: 

adattatori semplici, aventi una sola funzione di spina e una sola funzione di presa;  adattatori doppi, aventi una funzione di spina e due funzioni di presa rispondente o non alle stesse prescrizioni dimensionali. La figura 4.46 illustra alcuni tipi di adattatori. In relazione alla protezione contro i contatti diretti, l’adattatore viene classificato nel suo complesso secondo l’elemento avente il più basso grado di protezione. Per gli adattatori semplici la corrente nominale è la minore tra quelle della funzione di spina e della funzione di presa, mentre per quelli doppi la potenza massima derivabile è pari a 1,5 kW. A livello costruttivo il profilo della parte spina dell’adattatore deve mantenersi costante per un’altezza di almeno 10 mm o 15 mm (a seconda del tipo). Se la spina dell’adattatore è provvista di contatto di terra, la presa o le prese dello stesso devono essere provviste di contatto di terra. Se la spina dell’adattatore è sprovvista di contatto di terra, la presa o le prese non devono consentire l’introduzione di spine con contatti di terra. 4.12.2 Apparecchi speciali di derivazione Fanno parte di questo gruppo le prese coassiali per impianto televisivo, le prese telefoniche, i connettori EDP e telefonici e i connettori Thinnet tap.

Fig. 4.46 Alcuni tipi di adattatori.

146

Capitolo 4

Le prese coassiali fanno riferimento alla CEI EN 50083-4 “Impianti di distribuzione via cavo per segnali televisivi, segnali sonori e servizi interattivi. Parte 4: Apparecchiature passive a larga banda per impianti di distribuzione con cavi coassiali” e vengono impiegate negli impianti di antenna singoli o centralizzati. Si possono trovare in due versioni (fig. 4.47), entrambi con diametro 9,5 mm o 13 mm:  

Fig. 4.47 Prese coassiali.

Fig. 4.48 Connettori Thinnet tap e MMJ.

presa coassiale derivata, presa coassiale passante.

Le prese passanti e terminali, con attenuazione resistiva 20 dB, vengono impiegate in impianti a più prese in cascata (distribuzione a catena). Le prese direzionali a linee accoppiate vengono impiegate in impianti di tipo collettivo con prese in cascata (distribuzione a catena) e assicurano un perfetto adattamento di impedenza, una protezione dell’impianto dalle tensione pericolose provenienti dai ricevitori connessi alle prese di utente, un disaccoppiamento tra due prese adiacenti. La presa TV diviene di tipo terminale di linea se viene collegata all’uscita una resistenza di chiusura di 75 . Inoltre, se vengono utilizzate in impianti per ricezione via satellite, sono schermate e alloggiate in un contenitore pressofuso. L’impedenza caratteristica di tutte le prese coassiali è di 75 , mentre il Rapporto Onde Stazionarie è minore di 1,5. Con i dispositivi EDP (Electronic Data Processing) è possibile installare, anche in impianti già esistenti, connettori per la trasmissione dati e costruire reti locali per elaborazione dati, telefonia, comunicazioni videofoniche. Essi incorporano un connettore e sono modulari, cosicché è possibile installarli singolarmente oppure affiancarli ad altri apparecchi della serie. I frontali sono muniti di targhetta portanumeri per identificare immediatamente i circuiti. Essi sono prodotti come connettori telefonici/EDP oppure come semplici connettori EDP e presentano una presa frontale diversa a seconda dello specifico standard di collegamento (tipo MMJ, RJ11/12/45, con attacco a baionetta jack BNC per crimpatura cavi RG58, RG59/62, RG93 o per saldatura degli stessi, per trasmissione dati tipo IBM Cabling System adatto alle reti Token Ring, con attacco a vite jack Twinax per saldatura cavi biassiali, a 9 o a 25 contatti). Infine i connettori Thinnet tap rappresentano un sistema di interconnessione che viene impiegato per il collegamento di computer in una rete locale. Si applicano in modo molto semplice al cavo coassiale senza l’ausilio di specifici utensili e consentono di collegare e scollegare i computer senza interrompere la rete. Il sistema impiega una connessione a spostamento di isolante per la terminazione su cavo coassiale RG58 da 50 e deve essere completato sull’ultimo connettore con un apposito terminatore per la chiusura della rete. La figura 4.48 riporta un dispositivo Thinnet tap e un MMJ. 4.12.3 Termostati ambiente I termostati ambiente sono degli apparecchi che controllano la temperatura ambiente per mezzo di un sensore elettronico che comanda un relè di uscita. Essi vengono alimentati alla tensione di rete e presentano generalmente sulla parte anteriore tutte le manopole per la regolazione graduate, questo per mantenere la semplicità operativa dei tradizionali termostati meccanici, e i led di segnalazione (termostato alimentato o non e stato ON-OFF dei contatti di uscita). In commercio è possibile trovare una versione di tipo semplice che con-

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 147

sente, mediante lo spostamento del commutatore nelle posizioni “giorno/notte”, di inserire o meno la riduzione di temperatura fissa 4 °C. Una seconda versione, più sofisticata, presenta il commutatore che permette la predisposizione del termostato al controllo del riscaldamento invernale o del condizionamento estivo (fig. 4.49), mentre la riduzione di temperatura, che è presente e regolabile in valore e durata, si ottiene agendo su due altre piccole manopole graduate; un pulsante permette l’inserimento/disinserzione o l’avvio del ciclo automatico. I contatti del relè incorporato, con portata 5 A, consentono di comandare caldaie, pompe di circolazione e similari senza dover ricorrere a contattori o circuiti ausiliari. I termostati ambiente per funzionare correttamente non devono trovarsi vicini ad elementi che irradiano calore durante il normale funzionamento, come per esempio a variatori di luminosità, relè passo-passo statici, spie di segnalazione ecc. Per una corretta installazione e per ottenere quindi una estrema precisione d’intervento, è opportuno evitare posizionamenti in situazioni che possano influire sulla lettura della temperatura ambiente. È consigliabile pertanto:    



Fig. 4.49 Termostato ambiente.

installare il termostato su pareti interne, piuttosto che su quelle perimetrali, meno influenzate dalla temperatura esterna; evitare l’installazione in corrispondenza di porte o finestre o in luoghi soggetti a correnti d’aria, o a irraggiamento solare; evitare l’installazione in nicchie o luoghi chiusi quali ripostigli; non ostacolare la libera circolazione dell’aria verso la sonda termica (coprendola con mobili o tappezzeria), normalmente collocata nella zona anteriore dell’apparecchio; installare il termostato ad un’altezza di circa 1,5 m dal filo del pavimento.

4.12.4 Cronotermostati elettronici I cronotermostati sono una evoluzione tecnologica dei termostati elettronici; nell’esecuzione da incasso fanno parte della nuova generazione degli apparecchi modulari (occupano normalmente tre moduli), vanno a sostituire senza nessun problema i termostati e i cronotermostati esistenti e consentono, garantendo un comfort maggiore, di soddisfare anche le esigenze di risparmio energetico. Si possono trovare, in riferimento al sistema di alimentazione, in due versioni:  

con alimentazione mediante batterie, con alimentazione mediante tensione di rete.

Nella parte anteriore un display a cristalli liquidi visualizza in modo chiaro tutte le informazioni che durante il normale funzionamento il cronotermostato elabora (ora, giorno della settimana, temperatura e programma attuato) e altre informazioni si possono avere su richiesta (data, sequenza programmi ecc.). Il suo funzionamento si basa su tre temperature impostabili, definite temperatura antigelo (per esempio 7 °C, fissa), temperatura comfort (per esempio 20 °C, regolabile) e temperatura economy (per esempio 17 °C, regolabile). La programmazione e il controllo della stessa si gestiscono mediante un’azione diretta sui pulsantini e sui commutatori frontali che generalmente accompagnano l’apparecchio (fig. 4.50). Alcuni tipi di cronotermostati permettono anche di visualizzare i consumi attraverso il numero di ore di funzionamento della caldaia o condizionatore durante le ultime 24 ore e/o dall’inizio della stagione (ore totali di funzionamento). Tale dato può risultare utile per stabilire il consumo energetico

Fig. 4.50 Cronotermostato.

148

Capitolo 4

dell’impianto, in quanto dalla lettura del consumo ore (di solito riportato in targa sul motore delle caldaie) basterà moltiplicarlo per il numero di ore di funzionamento per avere il totale dei consumi in litri (gasolio) o metricubi (metano) dell’impianto. Altri tipi, ancora più sofisticati (il loro funzionamento è completamente controllato da un microprocessore), hanno la possibilità di essere comandati a distanza tramite un combinatore telefonico. In questi casi, l’insieme combinatore telefonico e cronotermostato consente, mediante la normale linea telefonica, di gestire tutte le funzioni con la semplice tastiera del telefono. Il cronotermostato elettronico può trovare applicazione:   

nell’impianto di riscaldamento dove comanda il bruciatore, nell’impianto di riscaldamento dove comanda la pompa di circolazione, nell’impianto di riscaldamento e di condizionamento dove comanda il ventilatore,  negli impianti con ventilconvettori per riscaldamento/raffreddamento,  nell’impianto di riscaldamento dove comanda la valvola di zona. Essi non devono essere collocati in prossimità di fonti di calore, di areazione o vicino a finestre. Inoltre è opportuno installarli ad un’altezza di 1,5 m dal pavimento. 4.12.5 Rivelatore di fumo

Fig. 4.51 Rivelatore di fumo.

Il rivelatore di fumo viene alimentato generalmente con una tensione di 12 V in corrente continua o alternata ed è un apparecchio modulare intercambiabile con innesto a scatto con ingombro di tre moduli (fig. 4.51). È in grado di rilevare la presenza di fumo all’interno di ambienti per mezzo di un sensore ottico ad infrarossi, inserito in una opportuna camera a labirinto. La presenza di fumi bianchi determina all’interno della camera la variazione delle normali condizioni di riflessione della luce infrarossa (effetto Tyndall) che viene elaborata da parte di un dispositivo per la segnalazione della condizione di pericolo. Individuata la presenza di fumo, l’apparecchio attiva i rilevatori ottico (led) ed acustico (ronzatore), incorporati, e chiude il contatto di un relè in uscita, senza potenziale e parimenti incorporato nell’apparecchio, che consente di comandare attuatori esterni (ulteriori avvisatori ottici o acustici, aspiratori, porte e finestre motorizzate, centrali di allarme, elettrovalvole ecc.). Il rivelatore di fumo, installato su pareti verticali, presenta un grado di protezione IP 41, ma va comunque utilizzato in ambienti asciutti, non polverosi e con temperatura compresa tra 0 °C e 40 °C. È ammessa nell’ambiente una umidità relativa massima dell’80%. Il rivelatore deve essere ubicato in una posizione interessata dalla circolazione naturale dell’aria in prossimità del soffitto, evitando la vicinanza con i luoghi di cottura dei cibi. È possibile sintetizzare il suo funzionamento nel modo seguente: 

collegata l’alimentazione ai morsetti di entrata, il led verde si illumina immediatamente a piena luce, mentre il led rosso emette brevi guizzi di luce a cadenza di circa 25 s (questo comunica che il rivelatore è operativo);  in caso di presenza di fumo nel locale (la prova può essere fatta avvicinando alla griglia frontale del rivelatore una sigaretta accesa) il led rosso passa dalla condizione di intermittenza allo stato di piena luce, il ronzatore interno emette un ronzio persistente e il contatto del relè di uscita si chiude;  lo stato di allarme viene mantenuto dal rivelatore per circa 3 s, trascorsi i

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 149

quali il rivelatore ritorna nella condizione di funzionamento normale per passare, immediatamente dopo, ancora nella condizione di allarme, per ulteriori 30 s e così di seguito fintantoché nell’ambiente persisterà la presenza del fumo. 4.12.6 Rivelatore di gas e ossido di carbonio In ambito domestico è possibile avere due situazioni particolarmente pericolose che derivano dalla utilizzazione di gas: il pericolo di esplosione, derivante da una concentrazione anomala dei gas combustibili rispetto alla quantità di aria presente nel locale, e il pericolo di intossicazione, derivante dalla formazione di monossido di carbonio data dalla combustione dei gas e l’insufficiente aerazione del locale. Per il pericolo di esplosione, i limiti massimi dei valori pericolosi, che non devono mai essere superati e considerano il rapporto tra percentuale di gas e quantità di aria presente, vengono fissati dai cosiddetti Limiti Inferiori di Esplosività (LIE) in 5% per il metano e 2,1% per il GPL. Considerando che in un locale non sempre la concentrazione di gas è uniforme in tutte le zone, un buon rivelatore di gas deve intervenire prima che si raggiunga la concentrazione limite. Inoltre è buona norma impiegare il rivelatore in un ambiente con temperatura tra i 5 °C e i 35 °C. In riferimento al pericolo di intossicazione, occorre considerare che a bassissime concentrazioni il monossido di carbonio produce dei comuni fastidi (mal di testa, nausea, stanchezza), difficilmente collegabili con esso. Ma se i primi sintomi possono essere confusi con stati di indisposizione molto comuni e quindi sottovalutati, quando la concentrazione aumenta, essa provoca un innalzamento del livello di monossido di carbonio nell’emoglobina del sangue e conseguentemente determina una incapacità del sistema ematico di trasportare ossigeno alle fibre muscolari e al sistema nervoso. I danni che possono derivare da una situazione del genere sono molto pericolosi e, passando da possibili danni irreversibili al cervello, possono provocare la morte. In genere la pericolosità dell’avvelenamento dipende dalla concentrazione di monossido e dal tempo di esposizione ad essa. I sistemi di rilevamento delle fughe di gas (fig. 4.52) si basano sull’impiego di specifici sensori i quali sono parte di un sistema elettronico ad alta tecnologia, collegati in certi casi a circuiti di autodiagnostica a microprocessore.

Metano

Valvola

CO

GPL

Fig. 4.52 Impianto tipico. I rivelatori di fughe di gas normalmente impiegati sono essenzialmente di due tipi: 

catalitico,

150

Capitolo 4



a semiconduttore. Il rivelatore con sensore catalitico sfrutta il fenomeno fisico di catalisi del gas da rilevare e viene anche chiamato a “filo caldo”. Il rivelatore con sensore a semiconduttore sfrutta la variazione di stato fisico e di conseguenza elettrico della giunzione a semiconduttore. In questo secondo tipo, per il controllo e la regolazione delle variazioni dei parametri degli elementi sensibili c’è tutta una parte elettrica di taratura e misura che permette di selezionare la sensibilità dello strumento di base in relazione allo specifico gas da rilevare. All’atto dell’installazione del rivelatore occorre considerare il tipo di gas, cosicché se il gas utilizzato è metano (più leggero dell’aria) il rivelatore deve essere installato in alto a circa 30 ÷ 40 cm dal soffitto, se il gas utilizzato è GPL o propano (più pesante dell’aria) il rivelatore deve essere installato in basso a 30 ÷ 40 cm dal livello di pavimento. Per il rivelatore di monossido di carbonio il posizionamento deve essere compreso tra 140 ÷ 180 cm di altezza dal livello del pavimento, evitando di posizionarlo vicino a fonti di calore o altre sorgenti che possano alterare repentinamente lo stato dell’ambiente. Per i rilevatori di fuga di gas è buona norma osservare le seguenti indicazioni: 

la distanza tra l’apparecchio rivelatore e le caldaie o i fornelli non deve essere superiore a 4 m;  non devono esserci ostacoli o barriere (mobili, colonne ecc) tra il sensore e la sorgente di gas;  non deve essere utilizzato in ambienti nei quali vengano utilizzate con frequenza bombolette spray, sorgenti di vapore, solventi o alcool;  non si deve danneggiare l’apparecchio durante le normali operazioni di pulizia con urti o con sostanze solventi. L’utilizzo di una elettrovalvola conferisce inoltre una maggiore sicurezza contro le fughe di gas che normalmente provengono dagli apparecchi utilizzatori (rubinetti, condotte interne). L’arresto rapido del flusso di gas deve avvenire sulla condotta principale, all’esterno del locale controllato. Non va infine dimenticato che la normativa prescrive che nei locali dove sono installati gli apparecchi a gas (con l’esclusione di quelli stagni a tiraggio naturale o forzato) deve affluire una quantità di aria pari a quella che serve alla regolare combustione del gas e alla ventilazione del locale. Al riguardo devono essere presenti delle aperture sulle pareti esterne del locale da ventilare rispondenti ai seguenti requisiti: 

sezione libera totale netta di passaggio pari ad almeno 6 cm² per ogni kW di portata termica installata, con un minimo di 100 cm²;  bocche di apertura sia all’interno che all’esterno della parete non ostruibili;  le bocche di areazione devono essere situate ad una quota prossima al livello del pavimento ed essere protette con griglie o reti metalliche. Infine può rendersi necessario in questi locali anche l’evacuazione dell’aria viziata e la conseguente immissione di una pari quantità di aria pulita; ciò può essere ottenuto con un dispositivo elettromeccanico (elettroventilatore) o naturalmente con apposite bocche di apertura, entrambi nel rispetto delle prescrizioni vigenti. 4.12.7 Rivelatore di fughe di acqua I rivelatori di fughe di acqua sono generalmente prodotti in due versioni: con

Elementi utilizzati negli impianti elettrici civili 151

alimentazione a 12 V in corrente continua e a 230 V in corrente alternata. L’apparecchio a tensione 12 V c.c. è costituito normalmente da tre elementi, connessi tra loro per realizzare un unico sistema complesso con capacità di sorveglianza e gestione dell’allarme antiallagamento; tali elementi sono:   

dispositivo di controllo sensore ed attuazione elettrovalvola, sensore acqua, elettrovalvola bistabile.

Il sensore, installato a pavimento, rileva la presenza di acqua (superiore al millimetro) e trasmette l’allarme al dispositivo di controllo, che a sua volta trasmette l’impulso di chiusura all’elettrovalvola. Sul frontale del dispositivo di controllo è normalmente presente un led che rimane acceso per la durata della fuga dell’acqua (allarme), inoltre lo stesso dispositivo di comando mette a disposizione un contatto in scambio che può essere impiegato per il comando di un allarme locale (suoneria) e/o per un trasferimento del segnale. Il contatto lavora solamente ed esclusivamente quando il sensore rileva la presenza dell’acqua, quando questa situazione cessa esso si porta in posizione di riposo. All’atto dell’installazione è opportuno considerare quanto segue:  

  

  

il dispositivo di comando da incasso non necessariamente deve essere ubicato in corrispondenza del sensore; il sensore, installato a parete e verticalmente, deve trovarsi a filo del pavimento, appoggiato con la parte inferiore direttamente sul piastrellato (esso può essere ruotato in modo che non trasmetta falsi allarmi durante i lavaggi del pavimento); il collegamento tra sensore e attuatore deve essere realizzato esclusivamente tramite un cavo schermato; l’elettrovalvola deve essere inserita sul percorso compiuto dalla tubazione che si vuole interrompere; nel caso in cui venga utilizzata una sola elettrovalvola, questa deve essere inserita nel punto più vicino al contatore, oppure subito prima della diramazione dell’impianto; nel caso di più elettrovalvole, si può progettare un controllo selettivo sulle singole zone, eliminando il più possibile il disservizio; nel caso di più elettrovalvole installate, il numero degli attuatori deve essere uguale a quello delle elettrovalvole; il numero di sensori è strettamente legato alla quantità di superficie da proteggere.

Questa apparecchiatura denominata altrimenti acquastop correda l’ultima generazione di elettrodomestici per la casa; infatti nelle lavastoviglie e nelle lavabiancheria viene inserito tale dispositivo che determina la chiusura della valvola di mandata dell’acqua, quando il sensore rileva delle disfunzioni che potrebbero causare degli allagamenti. 4.12.8 Aspiratori Durante una normale giornata domestica l’aria interna agli appartamenti si inquina in diversi modi: per l’attività stessa delle persone che abitano, per i vapori della cucina, per il fumo, le esalazioni di materiali vari, concentrazoni di polveri ecc. Da tutto questo scaturisce la necessità di ventilare, cioè controllare la qualità dell’aria negli ambienti chiusi. La Legge n. 27 del 1975 “Norme per interventi straordinari di emergenza per l’attività edilizia” prescrive l’installazione, nei servizi igienici ubicati in ambienti non direttamente aerati ed illumi-

152

Capitolo 4

nati dall’esterno (bagni ciechi), di un adeguato sistema di ventilazione forzata, che assicuri un ricambio medio orario non inferiore a 5 volte la cubatura degli ambienti stessi. Il ricambio dell’aria in un ambiente si può effettuare aprendo la finestra oppure impiegando un aspiratore. Il primo sistema comporta degli inconvenienti soprattutto nella stagione invernale dove un brusco raffreddamento dell’ambiente può portare conseguenze per la salute e determina un maggior consumo di energia (e quindi una maggior spesa) affinché l’impianto di riscaldamento riporti in temperatura l’ambiente. Se invece si usa un aspiratore, i sistemi di cambio d’aria possono essere:      

Fig. 4.53 Aspiratore elicoidale.

aspiratore da parete con scarico in canalizzazione; per vincere la resistenza data dalla canalizzazione occorre installare un aspiratore centrifugo; aspiratore da parete con scarico all’esterno; nel caso di ventilazione a parete (scarico diretto) è preferibile scegliere un elicoidale; aspiratore da vetro con scarico esterno; anche nel caso di installazione a finestra è preferibile indirizzarsi verso il modello elicoidale; aspiratore da cappa in canalizzazione; aspiratore da canalizzazione; deve essere lontano dalla bocca di aspirazione; aspiratore per impianti centralizzati, con o senza condotto.

Gli aspiratori elicoidali (fig. 4.53) agiscono sull’aria, aspirandola da una parete e convogliandola verso quella opposta, lungo la direzione del proprio asse. Le loro prestazioni sono in funzione del numero delle pale e dell’inclinazione delle stesse rispetto l’asse. Non è possibile impiegare questo tipo di aspiratore in canalizzazioni che presentano resistenza al passaggio dell’aria, ma è particolarmente indicato per l’estrazione o l’immissione dell’aria a bocca libera. Gli aspiratori elicoidali sono abitualmente utilizzati come estrattori di aria viziata installati sul vetro o in aperture praticate nei muri e comunicanti direttamente con l’esterno. Gli aspiratori centrifughi sono fondamentalmente composti da due parti: la ventola (o turbina) e la coclea. Essi aspirano l’aria parallelamente al loro asse e la sospingono in direzione perpendicolare all’asse stesso. La forma e il numero delle pale della ventola sono variabili secondo le prestazioni richieste all’aspiratore. Per deboli pressioni le pale sono abitualmente inclinate all’indietro in modo da muovere l’aria con poca velocità e quindi silenziosamente. Per notevoli pressioni le pale sono inclinate in avanti e gli apparecchi possono fornire pressioni molto elevate per aspirare o indirizzare l’aria in canalizzazioni che producono una notevole resistenza o in circuiti che prevedono l’impiego di filtri, batterie alettate ecc. Gli aspiratori centrifughi assiali presentano la caratteristica di provocare uno spostamento dell’aria lungo il proprio asse come gli aspiratori assiali, ottenendo contemporaneamente una elevata pressione. In questo modo possono essere installati direttamente sui condotti di aspirazione in modo semplice e veloce. Sono costituiti da una coclea circolare, nella quale ha sede una ventola, e dei raddrizzatori di flusso che convogliano l’aria in uscita in un moto laminare uniforme, così da aumentarne notevolmente le prestazioni.

5 Impianti caratteristici negli edifici civili

Gli impianti elettrici negli edifici di abitazione civile e in quelli del settore terziario, che si riscontrano con maggiore frequenza, si possono suddividere in quattro gruppi:    

impianti di illuminazione e forza motrice; impianti di segnalazione; impianti citofonici; impianti videocitofonici.

5.1 Impianti di illuminazione e forza motrice Nei paragrafi che seguono vengono presi in esame gli impianti di illuminazione e forza motrice; gli esempi proposti vengono presentati con una sequenza che segue le caratteristiche di quantità dei punti di accensione e dello specifico tipo di comando (diretto, indiretto e automatico).

5.1.1 Impianto interrotto e presa di corrente Per impianto interrotto si intende un impianto elettrico dove l’alimentazione di un utilizzatore (una lampada o una presa di derivazione su circuito luce) viene interrotta da un apparecchio di comando. L’apparecchio di comando che tipicamente viene utilizzato per tale impianto è l’interruttore. La presa di corrente viene derivata direttamente dall’alimentazione (su circuito forza motrice) e serve ad alimentare delle apparecchiature mobili, portatili o elettrodomestici. Nella moderna impiantistica anche la presa può essere inserita su circuito luce ed essere anch’essa interrotta (comandata da un interruttore); servirà quindi ad alimentare eventuali abat-jour, lampade a stelo o da tavolo, in sostituzione delle tradizionali lampade centrali a soffitto.

5.1.2 Impianti tipici con interruttori e prese di corrente Impianto di una lampada comandata da un interruttore; una presa 2P + T 10 A La tavola 5.1 illustra un circuito di illuminazione e uno di derivazione. Il funzionamento del primo si basa sulla chiusura e sull’apertura del contatto dell’interruttore unipolare: a contatto aperto la lampada risulta essere spenta, perché l’interruzione del contatto non permette il passaggio della corrente; a contatto chiuso la lampada risulta essere accesa. Il secondo circuito comprende una presa bipolare con contatto di terra che, essendo collegata direttamente alla linea di alimentazione, ha i morsetti sempre sotto tensione. Questo impianto trova applicazione nelle situazioni nelle quali una lampada deve essere comandata da un solo punto. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti:

154

Capitolo 5

 

un interruttore unipolare; un punto luce costituito da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza;  una presa a spina di portata 10 A bipolare con contatto di terra. Impianto di due lampade comandate da un interruttore; una presa 2P + T 10 A Anche i circuiti che compongono la tavola 5.2 sono di illuminazione e di derivazione. Il loro funzionamento, simile a quello della tavola precedente, si differenzia soltanto per la presenza di due punti luce comandati dallo stesso interruttore unipolare. I corpi illuminanti sono collegati in parallelo tra loro, cioè sono derivati in modo da essere sottoposti alla stessa tensione. Questo tipo di impianto si adotta nei casi in cui due lampade sono situate in zone distanziate, ma devono essere comandate da un solo punto. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore unipolare; due punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza;  una presa a spina di portata 10 A bipolare con contatto di terra.  

Impianto per bagno: una lampada comandata da un punto; un aspiratore comandato da un punto; una lampada comandata da un punto; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A comandata da interruttore automatico bipolare Nella tavola 5.3 si ripropongono due circuiti di illuminazione già presentati in tavole precedenti, ma con l’aggiunta di una presa bipolare di portata adatta alla derivazione di utenze fino a 16 A. Oltre ai circuiti già menzionati è presente una presa a spina bipolare comandata da un interruttore automatico. La caratteristica di questo circuito è quella di proteggere l’utilizzatore derivato dalla presa contro eventuali sovraccarichi e cortocircuiti. La funzione di protezione viene svolta dall’interruttore automatico magnetotermico che seziona il collegamento della presa dalla linea di alimentazione. Si deve fare attenzione, all’atto dell’installazione, a collegare esattamente fase e neutro ai corrispondenti morsetti dell’interruttore bipolare automatico: un solo polo di esso è protetto e deve essere quello connesso al conduttore di fase. È presente inoltre un aspiratore per l’espulsione dei vapori e il ricambio dell’aria comandato da un interruttore posizionato all’ingresso del bagno. Per quanto concerne il circuito della presa comandata da interruttore automatico, la sua utilizzazione è generalmente prevista per la derivazione di elettrodomestici; la sua particolarità è quella di poter sezionare il circuito derivato a valle della presa dal rimanente impianto e di consentire l’inserimento e l’estrazione della spina a circuito aperto e di consentire inoltre la manutenzione dell’elettrodomestico derivato staccandolo dall’alimentazione mediante l’interruttore stesso.      

Le apparecchiature utilizzate nell’esempio sono: tre interruttori unipolari; due punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza; una derivazione passante per l’aspiratore; due prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra; una presa a spina con portata 16 A bipolare con contatto di terra; un interruttore automatico bipolare con un polo protetto di portata 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 155

Impianto di due gruppi di lampade comandati da un doppio interruttore; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A La tavola 5.4 prevede l’inserzione di due gruppi di lampade, situati nel medesimo apparecchio illuminante, comandati da un doppio interruttore o commutatore. È l’impianto classico che si riscontra nelle sale da pranzo, nelle quali l’illuminazione principale è affidata ad un lampadario composto da 6 - 8 e più lampade. Il posto di comando è unico e da esso si determina l’accensione di uno dei due gruppi o di entrambi. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un commutatore (doppio interruttore); due punti luce costituiti il primo da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza, il secondo da due corpi illuminanti con lampada ad incandescenza;  due prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra;  una presa a spina di portata 16 A bipolare con contatto di terra.  

5.1.3 Impianto deviato e invertito Per impianto deviato si intende una installazione che prevede il comando da due punti, tramite appunto due apparecchi che si chiamano deviatori. È il tipico impianto che viene installato in un locale che ha due ingressi, oppure nella camera da letto singola con comando dalla porta e vicino al letto (in prossimità del comodino). L’inserzione di un impianto invertito trova applicazione nei locali di disbrigo o corridoi oppure nelle camere da letto matrimoniali che prevedono tre o più punti di comando; oltre a due deviatori questa installazione prevede l’impiego di una terza apparecchiatura che è appunto l’invertitore.

5.1.4 Impianti tipici con deviatori, invertitori e prese di corrente Impianto di tre lampade comandate da due deviatori; due prese bipolari 2P + T 10 A Nella tavola 5.5, oltre alle solite prese a spina, è presente un circuito di illuminazione comprendente tre punti luce comandati simultaneamente da due punti. Quando i punti di comando di un utilizzatore sono due, è indispensabile utilizzare anziché degli interruttori, due deviatori. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: due deviatori; tre punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza;  due prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra.  

Impianto di una presa 2P + T 10 A comandata da due deviatori (uno a perella); tre prese 2P + T 10 A L’esercizio proposto nella tavola 5.6 è caratterizzato da una presa di portata 10 A (alla quale è possibile collegare un apparecchio di illuminazione a stelo o da tavolo) comandata da due punti, uno di questi del tipo da incasso e l’altro volante (a perella). L’impianto comprende inoltre tre prese da 10 A usufruibili per alimentare utilizzatori fissi, mobili e portatili. Premendo indistintamente il

156

Capitolo 5

tasto del deviatore da incasso o quello del deviatore a perella, si determina la chiusura del circuito con la conseguente alimentazione dell’apparecchio illuminante.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono: due deviatori, di cui uno a perella; una presa a spina con portata 10 A bipolare con contatto di terra; tre prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra.

Impianto di una presa 2P + T 10 A comandata da tre punti; due prese 2P + T 10 A comandate ciascuna da un interruttore; due prese 2P + T 10 A L’esercizio di tavola 5.7 è un’estensione di quello precedente. Se i punti di comando aumentano a tre, oltre a due deviatori bisogna utilizzare un invertitore che viene collegato tra i primi due. L’invertitore, come già precisato, presenta sulla parte posteriore quattro morsetti che si devono collegare due a due ai morsetti (che costituiscono i punti laterali del contatto) dei due deviatori; le due coppie di morsetti dell’invertitore si diversificano in superiori e centrali (osservando l’apparecchio in posizione diritta). In altri apparecchi l’identificazione delle due coppie si effettua verificando la dimensione delle viti di fissaggio dei conduttori (di diametro o colore diversi a seconda che siano relative ai morsetti superiori o a quelli centrali). Nell’installazione che viene proposta completano l’impianto, oltre alle prese collegate direttamente alla linea di alimentazione, due prese che controllano ciascuna, tramite un interruttore, delle lampade mobili o da tavolo come ad esempio le abat-jour. Il funzionamento del primo ramo dell’impianto si esplica nel modo seguente: premendo indistintamente uno dei due deviatori oppure l’invertitore, si provoca la chiusura del circuito con la conseguente alimentazione dell’utilizzatore inserito nella presa.    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: due deviatori; un invertitore; due prese a spina con portata 10 A bipolari con contatto di terra; tre prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra.

Impianto di due lampade comandate da quattro punti; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A Si estendono ulteriormente i punti di comando a quattro (tav. 5.8), ipotizzando un corridoio di una certa lunghezza come applicazione di questo impianto. In questo caso, ma è una regola che prosegue inalterata, si aggiunge un altro invertitore. Premendo il tasto di comando di uno dei due deviatori o di uno dei due invertitori, si provoca l’accensione o lo spegnimento delle lampade. Nell’eseguire il montaggio dell’impianto si deve considerare che la coppia di morsetti dell’invertitore  che negli impianti precedenti si collegava ai due morsetti laterali del secondo deviatore  adesso si collega alla prima coppia di morsetti del secondo invertitore. Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: due deviatori; due invertitori; due punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza;  due prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra;  una presa a spina di portata 16 A bipolare con contatto di terra.   

Impianti caratteristici negli edifici civili 157

N

L

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PE

N

L

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Tav. 5.1 Impianto di una lampada comandata da un interruttore; una presa 2P + T 10 A.

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Capitolo 5

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N L

PE

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Tav. 5.2 Impianto di due lampade comandate da un interruttore; una presa 2P + T 10 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 159

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PE N

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C

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C

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B

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D

D

C

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Tav. 5.3 Impianto per bagno: una lampada comandata da un punto; un aspiratore comandato da un punto; una lampada comandata da un punto; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A comandata da interruttore automatico bipolare.

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Capitolo 5

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A2

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N

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Tav. 5.4 Impianto di due gruppi di lampade comandati da un doppio interruttore; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 161

N

L PE

N L

PE

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A

A

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A

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A A A

Tav. 5.5 Impianto di tre lampade comandate da due deviatori; due prese bipolari 2P + T 10 A.

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Capitolo 5

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L PE

N L

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A

Tav. 5.6 Impianto di una presa 2P + T 10 A comandata da due deviatori (uno a perella); tre prese 2P + T 10 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 163

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N L

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B

B

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C

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B

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C

Tav. 5.7 Impianto di una presa 2P + T 10 A comandata da tre punti; due prese 2P + T 10 A comandate ciascuna da un interruttore; due prese 2P + T 10 A.

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Capitolo 5

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A

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Tav. 5.8 Impianto di due lampade comandate da quattro punti; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 165

5.1.5 Impianti con comando indiretto mediante relé passo-passo e a tempo Nei paragrafi precedenti si sono analizzati dei circuiti che tipicamente ricadono nella categoria dei sistemi a comando diretto. La caratteristica di questi impianti è che l’operatore agisce sulle apparechiature che comandano direttamente l’utenza: gli interruttori, deviatori, invertitori, sui quali si agisce, sono sottoposti alla stessa tensione e sono percorsi dalla medesima corrente degli utilizzatori (lampade o prese dalle quali si derivano delle utenze fisse o mobili). Negli impianti a comando indiretto, la persona che vuole accendere una lampada va ad agire generalmente su di un pulsante; è quindi il pulsante che controlla a sua volta l’utenza, tramite un servomeccanismo (relè o temporizzatore) in modo quindi indiretto, rispetto all’azione dell’operatore. Il relè passo-passo trova applicazione nell’illuminazione di ambienti con molti accessi, per esempio corridoi, disimpegni, grandi saloni, dove necessitano molti punti di comando (in genere superiore a due-tre punti); il temporizzatore viene impiegato invece nell’illuminazione di vano scale, pianerottoli, bagni e servizi nei locali del terziario.

5.1.6 Impianti tipici con relé passo-passo e a tempo Impianto di una lampada comandata da tre punti attraverso un relè interruttore ad eccitazione diretta; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A L’esercizio proposto nella tavola 5.9 utilizza un relè interruttore, comandato da pulsanti, al posto delle tradizionali apparecchiature a comando diretto. Il relè, del tipo ad eccitazione diretta (o comune), è caratterizzato da una tensione di alimentazione uguale sia per la bobina che per il contatto. Il funzionamento si può schematizzare nel seguente modo: • premendo indifferentemente uno dei tre pulsanti, si eccita la bobina; • questa, attraendo l’ancorina, determina la chiusura del contatto, provocando l’accensione della lampada. Risulta evidente che ad una chiusura ulteriore di uno dei tre pulsanti, si provoca un altro intervento della bobina con l’effetto di aprire il contatto e di provocare lo spegnimento della lampada. Questo tipo di relè si definisce passo-passo o ciclico, in quanto ogni azione sui pulsanti determina alternativamente l’apertura o la chiusura del contatto. I pulsanti (che consentono il comando della lampada da tre posti distanziati) sono collegati in parallelo tra loro e questo conferisce all’impianto una notevole semplicità di esecuzione.     

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: tre pulsanti; un relè interruttore ad eccitazione diretta (comune); un punto luce costituito da un corpo illuminante; due prese a spina di portata 10 A bipolari con contatto di terra; una presa a spina di portata 16 A bipolare con contatto di terra.

Impianto di due gruppi di lampade comandati da tre punti attraverso un relè commutatore ad eccitazione diretta; una presa 2P + T 10 A L’impianto presentato nell’esercizio di tavola 5.10 propone il comando di due gruppi di lampade effettuato mediante un relè commutatore. Viene impiegato un relè a eccitazione diretta che funziona nel seguente modo: • premendo indistintamente uno dei tre pulsanti, si provoca l’eccitazione della bobina del relè con la conseguente accensione delle lampade;

166

Capitolo 5

• azionando una seconda volta un qualsiasi pulsante, si provoca una ulteriore eccitazione della bobina del relè, con la conseguente apertura di uno dei due contatti interni (il gruppo di lampade collegato al contatto si spegne); • se si aziona per una terza volta un pulsante, i contatti del relè invertono la loro posizione, provocando lo scambio di funzionamento dei due gruppi di lampade; • infine, con una quarta pressione su uno dei tre pulsanti, si determina l’apertura di entrambi i contatti e il conseguente spegnimento dei due gruppi di lampade. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: tre pulsanti; un relè commutatore ad eccitazione diretta (comune); due punti luce costituiti il primo da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza, il secondo da due corpi illuminanti;  una presa a spina di portata 10 A bipolare con contatto di terra.   

Impianto di un gruppo di lampade comandato da quattro punti attraverso un relè interruttore ad eccitazione separata; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A La tavola 5.11 ripropone un gruppo di lampade comandato da un relè interruttore. La differenza che si riscontra è che in questo caso il relè è del tipo ad eccitazione separata. La sua caratteristica risiede nella bobina alimentata con una bassissima tensione, mentre il contatto e le lampade presentano una tensione di alimentazione uguale a quella della linea.      

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti; un relè interruttore ad eccitazione separata; due punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante; una presa a spina di portata 10 A bipolare con contatto di terra; una presa a spina di portata 16 A bipolare con contatto di terra.

Impianto di due gruppi di lampade comandati da tre punti attraverso un relè commutatore ad eccitazione separata Anche l’impianto di tavola 5.12 è caratterizzato dalla diversa alimentazione dei circuiti del relè, pur tuttavia il funzionamento è uguale a quello delle tavole precedenti    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; tre pulsanti; un relè commutatore ad eccitazione separata; due punti luce costituiti ciascuno da due corpi illuminanti.

Impianto di luce scale comandato da quattro punti attraverso un relè a tempo (ad ampolla di mercurio) La tavola 5.13 propone un primo impianto con un relè temporizzatore ad ampolla di mercurio. Esso viene impiegato normalmente per il comando di lampade per l’illuminazione di vano scale e pianerottoli.

Impianti caratteristici negli edifici civili 167

Il funzionamento si può riassumere come segue: • premendo indifferentemente uno dei quattro pulsanti, si determina l’eccitazione della bobina, la quale provoca lo scambio dei contatti elettrici interni; • tutte le lampade si accendono e rimangono accese per il tempo impostato precedentemente sul dispositivo di taratura; • trascorso tale tempo, i contatti, ritornando nella posizione di riposo, determinano lo spegnimento delle lampade e la predisposizione del temporizzatore per un ulteriore azionamento.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: quattro pulsanti; un relè temporizzatore ad ampolla di mercurio; tre punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante.

Inserzione vari tipi di temporizzatori La tavola 5.14 riassume le inserzioni di vari tipi di temporizzatori per l’illuminazione di vani scale usati comunemente nell’impiantistica civile. Se da un lato si può notare lo stesso collegamento del montante (pulsanti e lampade ai vari piani), risulta invece diversificata la connessione con i vari tipi di temporizzatore e con la linea di alimentazione. È interessante inoltre rilevare che, per i temporizzatori di tipo meccanico, i morsetti risultano essere tre e un solo conduttore di alimentazione è a loro connesso; i temporizzatori elettronici e a motorino vengono invece alimentati da tutti e due i conduttori della linea. Ogni apparecchiatura ha un suo particolare schema di montaggio che deve essere rispettato nel collegamento. Impianto luce nei garages con crepuscolare e relè a tempo L’esercizio che viene proposto con la tavola 5.15 riguarda il comando di tre lampade, situate esternamente all’edificio, mediante un interruttore crepuscolare e un temporizzatore. L’impianto prevede a monte anche un interruttore automatico bipolare per l’esclusione di tutte le apparecchiature in caso di inutilizzo. La caratteristica principale è quella di determinare, mediante un qualsiasi pulsante, l’accensione e lo spegnimento automatico delle lampade dopo un certo tempo, vincolato però dal livello di illuminazione dell’ambiente esterno; per cui se si preme un pulsante si mette in funzione il temporizzatore, ma le lampade non si accendono se non viene dato il consenso anche dal crepuscolare. L’applicazione proposta è quella dell’illuminazione del vano di accesso ai garages di un edificio. Tipicamente in parallelo ai pulsanti è possibile collegare un contatto del decoder comandato dal telecomando di apertura del cancello; l’utente con il suo trelecomando, oltre a comandare l’apertura del cancello di accesso ai garages, comanda l’accensione delle lampade, sempre che il livello d’illuminamento ambiente sia tale per cui l’interruttore crepuscolare dia il consenso.     

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un interruttore crepuscolare; un relè a tempo; tre pulsanti; tre punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante.

168

Capitolo 5

A

A

A

N

L

PE

L N

PE

A

A

A

A

A

A

A

A

Tav. 5.9 Impianto di una lampada comandata da tre punti attraverso un relè interruttore ad eccitazione diretta; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 169

A A2

A2

N

L

A

PE

A

A1

N

L

A1

A2

A2

A

PE

A

A

A1 A2 A2

A

A

A

Tav. 5.10 Impianto di due gruppi di lampade comandati da tre punti attraverso un relè commutatore ad eccitazione diretta; una presa 2P + T 10 A.

170

Capitolo 5

N

L

PE

N

L

A

A

PE

A2

A

A1

A

A2

A

A1

A

A

A

A2

A

A1

A

A

Tav. 5.11 Impianto di un gruppo di lampade comandato da quattro punti attraverso un relè interruttore ad eccitazione separata; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 171

A1 A1

A

A1

N

L

PE

PE

A1 N L

A2

A

A2

A

A

A1

A1

A2

A2

A

A

A2

A

A2

A

A

Tav. 5.12 Impianto di due gruppi di lampade comandati da tre punti attraverso un relè commutatore ad eccitazione separata.

172

Capitolo 5

A

A

A

A

KT A

N

PE

KT

KT L

PE

A A

A KT N L

A A

KT

A

A A

A

A

Tav. 5.13 Impianto di luce scale comandato da quattro punti attraverso un relè a tempo (ad ampolla di mercurio).

N

L

+

230

N

N

REX (ampolla di mercurio)

L

L

ELTAS (orologeria)

N

N

3

L

2

L

1

SERAI (elettronico)

L

230 P +

ORIOLO 59 (orologeria)

230

MOLVENO (elettronico)

N

L

N

L

2

3

4

1

2

3

ORBIS (pendolo)

1

SYNCHRONOSTATIC (motorino)

Impianti caratteristici negli edifici civili 173

Tav. 5.14 Inserzione vari tipi di temporizzatori.

174

Capitolo 5

A

N

PE

I1

K1

K1 L

I1 PE

N L

K1

K2

I1

I2

K2

A

I2

K2

K1

A

A A

A

A

K1

K2

I1

A

A

A

I2

A

A

A

A

Tav. 5.15 Impianto luce nei garages con crepuscolare e relè a tempo.

Impianti caratteristici negli edifici civili 175

5.1.7 Impianti con comando indiretto e automatico mediante regolatori di luminosità, crepuscolari e orari Nelle installazioni civili va sempre più esaurendosi l’utilizzo di punti luce centralizzati (lampadario centrale a soffitto con più lampade suddivise in due gruppi) con comando mediante commutatore. Tale sistema è stato soppiantato da impianti che prevedono l’installazione di lampade più potenti (generalmente alogene), che vengono pilotate da variatori di luminosità. L’illuminazione d’accento di spazi domestici e soprattutto di negozi e locali di intrattenimento è oramai appannaggio quasi esclusivo di lampade alogene a bassa tensione (12 o 24 V) comandate anch’esse da variatori di luminosità. Per l’illuminazione delle vetrine dei negozi è oramai d’uso corrente l’interruttore crepuscolare combinato con orologi programmatori che controllano lampade di ogni genere (a incandescenza e a scarica nei gas). Altra applicazione dove l’interruttore crepuscolare è usato è l’illuminazione esterna e stradale in genere: i lampioni stradali si accendono e si spengono automaticamente al variare della luminosità dell’ambiente in cui operano. Al riguardo, la Norma CEI EN 60669-2-1 “Apparecchi di comando non automatici per installazione elettrica fissa per uso domestico e similare. Parte 2: Prescrizioni particolari. Sezione 1: Interruttori elettronici” tiene conto degli interruttori elettronici e degli elementi periferici elettronici associati, destinati agli impianti elettrici fissi per uso domestico e similare, sia per interno che per esterno. Essa trova applicazione negli impianti di lampade comandate da interruttori elettronici, nei circuiti per regolare la luminosità delle lampade (variatori) o la velocità dei motori (per esempio ventilatori), e in altri impianti, per esempio dove sono presenti dispositivi di comando di riscaldamento, con una tensione di funzionamento non superiore a 250 V in corrente alternata ed una corrente nominale fino a 16 A incluso. Il comando e la regolazione derivano dall’azione di una persona che determina la funzione elettrica agendo su un organo di comando, su una superficie o un elemento sensibile per mezzo di sfioramento, prossimità, rotazione, di un fenomeno ottico, acustico, termico o di una influenza di altro tipo. Questa norma si applica anche agli interruttori elettronici per i quali il comando o la regolazione avviene con mezzi fisici, ad esempio luce, velocità del vento, presenza di persone ecc. Gli interruttori elettronici, in relazione al tipo di azionamento, possono essere: rotativi, a leva, a bilanciere, a pulsante, a tirante, a sfioramento, a prossimità, a fenomeni ottici, a fenomeni acustici, a influenze esterne di altro tipo.

5.1.8 Impianti tipici con regolatori di luminosità, interruttori crepuscolari e orologi programmatori Impianto di una lampada alogena (I) comandata da un variatore di luminosità; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A L’esercizio di tavola 5.16 presenta due nuovi apparecchi elettrici: un variatore di luminosità e una lampada ad incandescenza con alogeni. Il variatore di luminosità svolge la funzione di comandare la lampada da un punto (funziona quindi da interruttore) ed inoltre, mediante il suo meccanismo di regolazione, permette di dosare il flusso luminoso emanato dalla lampada. La lampada è del tipo ad incandescenza con l’aggiunta di elementi alogeni; essa si caratterizza per un rendimento e una durata nettamente superiori alle tradizionali lampade a incandescenza. 

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un variatore di luminosità;

176

Capitolo 5



un punto luce costituito da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza con alogeni;  due prese a spina di portata 10 A e una 16 A bipolari con contatto di terra. Inserzione di vari tipi di variatori di luminosità Nella tavola 5.17 sono evidenziate le diverse modalità di inserzione di un variatore di luminosità. Si può prevedere l’utizzazione di diversi tipi di apparecchi, dal variatore che controlla la sola luminosità, a quello corredato di interruttore, a quello con deviatore incorporato fino al dimmer con memoria. Normalmente il più utilizzato è quello provvisto di interruttore incorporato per il comando da un solo punto. Per il comando da più punti si impiega il dimmer con memoria, con il quale si può da ogni punto regolare l’intensità luminosa e contemporaneamente controllare l’apertura e la chiusura del circuito. Per questioni economiche si può impiegare in alternativa il variatore deviatore insieme a invertitori e deviatori; in questo caso si risparmia denaro ma si ha però la possibilità di regolazione da un solo punto. Inserzione di lampade comandate da un interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare L’applicazione di tavola 5.18 riguarda il comando di tre lampade, situate esternamente all’edificio (tipicamente l’ingresso di un edificio civile), mediante un interruttore crepuscolare. L’impianto prevede a monte anche un interruttore automatico bipolare per l’esclusione di tutte le apparecchiature in caso di inutilizzo. La caratteristica principale è quella di determinare automaticamente l’accensione e lo spegnimento delle lampade, in base al livello di illuminazione dell’ambiente esterno.  

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare e un interruttore crepuscolare; tre punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza.

Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da interruttore automatico attraverso orologio programmatore L’impianto costituente la tavola 5.19 si compone di quattro lampade alogene alimentate a bassissima tensione che illuminano le vetrine di un negozio, comandate da un orologio programmatore. Anche in questo caso completa l’impianto un interruttore automatico bipolare, con il compito di disinserire le apparecchiature dalla linea di alimentazione in caso di non utilizzo. Gli apparecchi illuminanti, normalmente utilizzati per illuminare le vetrine dei negozi, sono del tipo per controsoffitto; l’apparecchio può essere alimentato alla tensione di rete oppure a bassissima tensione di sicurezza (SELV, Safety Extra Low Voltage). Nel caso di alimentazione non superiore a 25 V l’apparecchio è derivato tramite un trasformatore di sicurezza avente i morsetti primari protetti contro i contatti diretti. L’apparecchio a sua volta può essere di classe II (a doppio isolamento), di classe I (involucro metallico, collegato a terra), o infine con involucro isolante non di classe II (con un solo isolamento); nei primi due casi il controsoffitto non deve essere collegato al conduttore di protezione PE, mentre nel terzo caso (apparecchio isolato con un solo isolamento principale) il controsoffitto deve essere collegato a terra. Per quanto concerne i conduttori di derivazione tra la cassetta e le apparecchiature illuminanti, si ricorda che si devono impiegare cavi a doppio isola-

Impianti caratteristici negli edifici civili 177

mento N1VV-K oppure cavi con semplice isolamento H07V-K protetti da tubo PVC isolante o entro tubo metallico collegato a terra. Nell’esempio proposto viene ipotizzato l’impiego di apparecchi di classe II derivati tramite trasformatore di sicurezza.   

Le apparecchiature utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un orologio programmatore; quattro punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza ad alogeni a bassissima tensione e trasformatore di sicurezza.

Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da orologio programmatore tramite relè ausiliario di potenza (contattore) L’impianto della tavola 5.20 è composto da quattro lampade alogene alimentate alla tensione di rete, per l’illuminazione esterna delle vetrine di un negozio; ipotizzando un carico che superi il valore di 10 A (taratura nominale delle apparecchiature di comando di uso civile, tra le quali anche l’orologio programmatore), risulta impossibile alimentare direttamente tramite l’orologio programmatore le lampade alogene previste. Si rivela indispensabile quindi l’impiego di un relè di potenza per servoassistere l’impianto utilizzatore; nell’esercizio proposto i due contattori che comandano i due gruppi di carichi sono comandati dall’orologio programmatore a sua volta comandato da un interruttore. Vi è la possibilità tramite due deviatori di commutare il funzionamento da manuale (comandato dai deviatori) in automatico (con comando mediante l’orologio). Le apparecchiature utilizzate sono le seguenti: un interruttore unipolare e un orologio programmatore; quattro punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza con alogeni funzionante alla tensione di rete;  due relè di potenza (contattori);  due deviatori.  

Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da interruttore automatico attraverso orologio programmatore e crepuscolare Nella tavola 5.21 si prevede, nella medesima applicazione del negozio, l’inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da interruttore automatico attraverso orologio programmatore e crepuscolare. Lo scopo è quello di attivare l’impianto quando la luminosità dell’ambiente scende al di sotto del valore stabilito, ma contemporaneamente di disattivarlo ad una certa ora. Questo si ottiene collegando i due contatti degli apparecchi (orologio e crepuscolare) in AND tra loro: le vetrine saranno illuminate quando il consenso verrà dato sia dal crepuscolare che dall’orologio (tarato per esempio per attivare il carico dalle ore 16 alle ore 24). Nella stagione estiva le lampade si accenderanno quindi per esempio dalle 21 alle 24, mentre d’inverno dalle 16 alle 24.    

Le apparecchiature utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un orologio programmatore; un interruttore crepuscolare; quattro punti luce costituiti ciascuno da un corpo illuminante con lampada ad incandescenza ad alogeni a bassissima tensione e trasformatore di sicurezza.

178

Capitolo 5

N

L

N

L

PE

A

PE

A

A

A

A

Tav. 5.16 Impianto di una lampada alogena (I) comandata da un variatore di luminosità; due prese 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

N

L

N

PE

N

L

Variatore più deviatori

PE

L

Variatore più interruttore

PE

Solo variatore

N

L

PE N

L

mediante pulsanti

Variatore con comando e regolazione a distanza

PE

Variatore con deviatore incorporato

P

L1

L

L2

Impianti caratteristici negli edifici civili 179

Tav. 5.17 Inserzione di vari tipi di variatori di luminosità.

180

Capitolo 5

N A

N

L

A

PE

A

A

A

A

L

PE

A

A

A

A

A

Tav. 5.18 Inserzione di lampade comandate da un interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare.

Impianti caratteristici negli edifici civili 181

I

I

I

I

PE

PE

N

L

N

L

A

A

A

I

A

I A

I

I A

A

I

A

A

A

I A

I A

A

I

Tav. 5.19 Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da interruttore automatico attraverso orologio programmatore.

182

Capitolo 5

I I1 K3

D2

I

I K2

D2

N

K1

L

I1

PE

PE

MAN

D1AUTO

K1 K2

D1 N L

K1

K3

MAN

K3

D2

I1

K2

A1

I

K3

A2

I

I

A1

I A1

I A2

A2

I

K1

K2

D1

A1

I A1

I A2

A2

I

Tav. 5.20 Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da orologio programmatore tramite relè ausiliario di potenza (contattore).

Impianti caratteristici negli edifici civili 183

I

I

I

I

I

A

N

PE

K1 L

I1 PE

N

L

K2

A

K2

A

I1

K1

K1

A

I

A

I A

I A

A

I

K1

A

K2

A

A

I1

A

I A

I A

A

I

Tav. 5.21 Inserzione di lampade alogene a 12 V comandate da interruttore automatico attraverso orologio programmatore e crepuscolare.

184

Capitolo 5

5.1.9 Impianti con lampade a scarica nei gas e nei vapori Nel paragrafo che segue vengono presi in esame diversi schemi di inserzione di lampade a scarica nei gas e nei vapori, proponendo, per quanto possibile, degli esempi aderenti a quelle che sono le applicazioni nell’impiantistica civile. Tali lampade vengono infatti impiegate nei grandi ambienti del terziario, dove, essendo presenti numerosi punti luce, il risparmio energetico prodotto da tali fonti luminose ha un grosso peso nell’economia dell’impianto. Tale risparmio di energia che caratterizza le lampade a scarica nei gas e nei vapori controbilancia la maggiore spesa dell’installazione iniziale. Insostituibili sono peraltro le lampade a scarica a vapori di sodio e di mercurio nell’illuminazione stradale ed esterna in genere, dove hanno soppiantato completamente le lampade ad incandescenza.

5.1.10 Impianti tipici con lampade a scarica Impianto di una lampada fluorescente rettilinea con reattore normale e starter comandata da due deviatori; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A Il primo esempio di impianti che utilizzano lampade a scarica nei gas e nei vapori viene proposto in tavola 5.22. Nel caso qui trattato la lampada utilizzata non ha un’accensione istantanea, ma per provocare l’innesco della scarica è necessario l’impiego di uno starter. Ad esso è affidato il compito di preriscaldare gli elettrodi della lampada, collegandoli inizialmente in serie, in modo da aumentare l’emissione elettronica interna e facilitare in tal modo l’innesco della scarica. Durante il normale funzionamento della lampada lo starter automaticamente si disinserisce. Le apparecchiature utilizzate nell’impianto sono le seguenti: due deviatori; un punto luce costituito da una lampada fluorescente rettilinea con reattore normale e starter;  una presa a spina con portata 10 A bipolare con contatto di terra;  una presa a spina con portata 16 A bipolare con contatto di terra.  

Impianto di una lampada fluorescente circolare con reattore normale e starter comandata da due deviatori; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A L’impianto presentato in questa tavola (tav. 5.23) differisce dal precedente in quanto utilizza una lampada fluorescente tubolare circolare. Nel suo insieme il funzionamento rimane esattamente uguale al precedente. Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: due deviatori; un punto luce costituito da una lampada fluorescente circolare con reattore normale e starter;  una presa a spina con portata 10 A bipolare con contatto di terra;  una presa a spina con portata 16 A bipolare con contatto di terra.  

Impianto di lampade fluorescenti (rettilinea e circolare) con reattore tachistart comandate da tre pulsanti attraverso un relé commutatore ad eccitazione separata Se si vogliono trasformare delle lampade ad accensione non istantanea in lam-

Impianti caratteristici negli edifici civili 185

pade ad accensione istantanea, si può corredarle di una striscia metallica, disposta su tutta la lunghezza della lampada, e collegarle ad un diverso reattore denominato tachistart. È questo l’intento della presente tavola (tav. 5.24) in cui si trova anche un relè commutatore ad eccitazione separata comandato da tre punti, mediante pulsanti.    

Le apparecchiature che vengono utilizzate sono: un trasformatore; tre pulsanti; un relè commutatore ad eccitazione separata; due punti luce costituiti, il primo da una lampada fluorescente rettilinea con reattore tachistart, il secondo da una lampada fluorescente circolare con reattore tachistart.

Impianto di lampade fluorescenti (rettilinea e circolare) con reattore rapidstart comandate da tre pulsanti attraverso un relè commutatore ad eccitazione diretta Un secondo metodo per avere delle lampade con pronta accensione è quello di utilizzare lampade denominate rapidstart collegate a un apposito alimentatore anch’esso denominato rapidstart. Anche in questo impianto (tav. 5.25) è presente un relè commutatore, del tipo però ad eccitazione diretta che non necessita quindi di trasformatore.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: tre pulsanti; un relè commutatore ad eccitazione diretta; due punti luce costituiti, il primo da una lampada fluorescente rettilinea con reattore rapidstart, il secondo da una lampada fluorescente circolare con reattore rapidstart.

Impianto di una lampada fluorescente rettilinea con reattore ad autotrasformatore (quando la tensione U < 200 V) e starter comandata da tre punti Quando la tensione di alimentazione è inferiore a 200 V, nelle lampade fluorescenti non può avvenire l’innesco della scarica. In queste situazioni occorre corredare l’impianto di un particolare alimentatore ad autotrasformatore, con la funzione di elevare la tensione e permettere quindi l’innesco della scarica (tav. 5.26).   

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: due deviatori; un invertitore; un punto luce costituito da una lampada fluorescente rettilinea con reattore ad autotrasformatore e starter.

Impianto di una lampada fluorescente con reattore normale e starter termico comandata da tre pulsanti attraverso un relé interruttore ad eccitazione diretta Nelle situazioni in cui la presenza di basse temperature ambientali rende difficoltoso l’innesco della scarica è necessario l’utilizzo di starter termici. La tavola 5.27 mostra un impianto che non si diversifica nel funzionamento dai precedenti, se non per l’impiego di questo particolare starter.

186

Capitolo 5

  

Le apparecchiature utilizzate sono le seguenti: tre pulsanti; un relè interruttore ad eccitazione diretta; un punto luce costituito da una lampada fluorescente rettilinea con reattore normale e starter termico.

Impianto di lampade fluorescenti rettilinee con reattore bilampada e starter comandate da un interruttore Nella tavola 5.28 si presentano due lampade fluorescenti con accensione non istantanea collegate in serie tra loro ed alimentate da un reattore bilampada. Questo è il caso in cui, anziché utilizzare due reattori (uno per lampada), è possibile inserirne uno solamente; l’aspetto tecnico da tenere in considerazione è dato dal fatto che la potenza del reattore deve corrispondere alla somma della potenza delle due lampade installate. Il fatto di poter collegare due lampade ad un unico reattore infine permette di utilizzare apparecchi illuminanti bilampada e di semplificare i colleganti con le apparecchiature interne. Lo svantaggio consiste nel non funzionamento di alcuna delle due lampade nel caso di guasto al reattore, evenienza che non si verifica nell’inserzione monolampada.  

Gli apparecchi utilizzati sono i seguenti: un interruttore; un punto luce costituito da due lampade fluorescenti rettilinee con reattore bilampada e starter.

Impianto di lampada a catodo freddo per insegna luminosa comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare Il tipo di lampada fluorescente che si propone nell’impianto di tavola 5.29 viene definito a catodo freddo per la particolare struttura dei suoi elettrodi. La lampada è costituita da un tubicino che viene sagomato per rappresentare forme e parole diverse. Nel caso in questione il tubo sagomato riporta la scritta di un locale pubblico e l’accensione e lo spegnimento sono controllati automaticamente da un interruttore crepuscolare. L’impianto presenta anche un interruttore automatico bipolare che svolge la funzione di sezionamento, oltre che di protezione, cioè di escludere il crepuscolare e la lampada dal funzionamento quando questo non risulta più necessario. Si rammenta che la Norma CEI 64-8/7 stabilisce che per le lampade a catodo freddo ad alta tensione si preveda la protezione contro i contatti diretti nel seguente modo: per le parti con tensione superiore a 1 kV, cioè l’alimentatore della lampada, il punto mediano dell’avvolgimento secondario del trasformatore elevatore deve essere collegato a terra tramite un conduttore di protezione; è ammessa in alternativa la messa a terra del punto estremo dell’avvolgimento secondario, nel caso di un trasformatore con tensione secondaria nominale a vuoto non superiore a 5 kV. Allo stesso punto di collegamento del conduttore di terra devono essere collegate le masse dell’impianto mediante collegamenti equipotenziali.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un interruttore crepuscolare; una insegna luminosa costituita da una lampada fluorescente a catodo freddo con autotrasformatore a dispersione di flusso.

Impianti caratteristici negli edifici civili 187

Impianto di lampada fluorescente a catodo caldo non preriscaldato (slimline) comandata da interruttore automatico bipolare La lampada slimline è caratterizzata da un’accensione istantanea e viene alimentata da un apposito reattore. Nell’impianto proposto (tav. 5.30) viene comandata manualmente da un interruttore bipolare automatico. Generalmente viene impiegata per l’allestimento di soffitti luminosi o per l’illuminazione di vetrine.  

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un punto luce costituito da una lampada fluorescente a catodo caldo non preriscaldato (slimline) e reattore.

Impianto di lampada a vapori di mercurio (Hg) ad alta pressione con polveri fluorescenti comandata da interruttore automatico bipolare Dopo aver presentato esempi di impianti utilizzanti lampade a scarica nei gas, dalla tavola 5.31 si prendono in considerazione alcuni tipi di lampade a scarica nei vapori di più frequente uso. La lampada a vapori di mercurio ad alta pressione (denominata anche con bulbo fluorescente) oggetto della presente tavola viene comandata da un interruttore bipolare automatico. Per migliorare l’emissione luminosa, sono presenti all’interno della fonte luminosa delle particolari polveri fluorescenti che convertono in luce visibile le radiazioni luminose ultraviolette che caratterizzano la lampada a vapori di mercurio. Al di là del funzionamento, per altro di facile comprensione, si fa osservare che la lampada, una volta alimentata, impiega alcuni minuti per raggiungere l’emissione nominale del flusso luminoso.  

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un punto luce costituito da una lampada a vapori di mercurio con bulbo fluorescente e reattore.

Impianto di tre lampade a vapori di mercurio (Hg) a luce miscelata comandate da interruttore automatico bipolare L’esercizio di tavola 5.32 propone tre lampade a vapori di mercurio a luce miscelata comandate da un interruttore automatico bipolare. Esse vengono utilizzate per l’illuminazione di un magazzino o comunque di una grande area e vengono posizionate ad una altezza superiore ai 5 metri. Sono lampade che raggiungono immediatamente l’emissione nominale del flusso luminoso ed inoltre, per la loro particolare costruzione, non necessitano dell’uso di un reattore esterno.  

Le apparecchiature utilizzate nell’impianto sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; tre punti luce costituiti ciascuno da una lampada a vapori di mercurio a luce miscelata.

Impianto di lampada a vapori di mercurio (Hg) a ioduri metallici comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare La lampada a vapori di mercurio a ioduri metallici presenta la particolarità di avere un accenditore per provocare l’innesco della scarica. In questo esercizio

188

Capitolo 5

(tav. 5.33) viene proposta insieme ad un interruttore crepuscolare, il quale, a seconda dell’intensità della luce esterna (naturale), determina la sua accensione o il suo spegnimento. Completa l’impianto un interruttore automatico bipolare con la funzione, oramai nota, di proteggere le apparecchiature presenti e di escludere la lampada e il crepuscolare dal funzionamento, qualora le necessità del momento lo richiedano.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un interruttore crepuscolare; un punto luce costituito da una lampada a vapori di mercurio a ioduri metallici con accenditore e reattore.

Impianto di lampada a vapori di sodio (Na) ad alta pressione comandata da interruttore automatico attraverso crepuscolare L’impianto di tavola 5.34 è praticamente uguale al precedente, se non fosse per l’impiego di una lampada a vapori di sodio ad alta pressione che impiega un accenditore a due fili. La somiglianza risulta anche dal fatto che il reattore della lampada a vapori di mercurio della tavola precedente può essere utilizzato per alimentare anche una lampada a vapori di sodio di uguale potenza.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un interruttore crepuscolare; un punto luce costituito da una lampada a vapori di sodio ad alta pressione con accenditore e reattore.

Impianto di lampada a vapori di sodio (Na) a bassa pressione comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare Questa ultima tavola sulle lampade a scarica nei gas (tav. 5.35) propone una lampada a vapori di sodio a bassa pressione comandata da un interruttore crepuscolare. Anche questa lampada è caratterizzata da un tempo di riscaldamento relativamente lungo prima di raggiungere la massima emissione. È normalmente impiegata per illuminare raccordi stradali e autostradali e comunque tutti i luoghi nei quali esistono condizioni potenzialmente pericolose. Si riconosce per la sua caratteristica emissione a luce monocromatica con forte prevalenza del colore giallo.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: un interruttore automatico bipolare; un interruttore crepuscolare; un punto luce costituito da una lampada a vapori di sodio a bassa pressione con reattore.

Impianti caratteristici negli edifici civili 189

PE

N

L

PE

N

L

A

A

A

A

A

A

A

Tav. 5.22 Impianto di una lampada fluorescente rettilinea con reattore normale e starter comandata da due deviatori; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

190

Capitolo 5

PE

N

L

PE

N

L

A

A

A

A

A

A

A

Tav. 5.23 Impianto di una lampada fluorescente circolare con reattore normale e starter comandata da due deviatori; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A.

Impianti caratteristici negli edifici civili 191

A2 N PE

L

PE

N

L

A

A1

A

A

A

A2

A1

A

A

A

A

A1

A2

A

Tav. 5.24 Impianto di lampade fluorescenti (rettilinea e circolare) con reattore tachistart comandate da tre pulsanti attraverso un relé commutatore ad eccitazione separata.

192

Capitolo 5

A2

N PE

L

A

A

A

A2

A

A1

A

A1

PE

N L

A

A

A

A2

A1

A

Tav. 5.25 Impianto di lampade fluorescenti (rettilinea e circolare) con reattore rapidstart comandate da tre pulsanti attraverso un relè commutatore ad eccitazione diretta.

Impianti caratteristici negli edifici civili 193

N

N PE

L

A

A

A

A

A

L

PE

A

A

A

A

Tav. 5.26 Impianto di una lampada fluorescente rettilinea con reattore ad autotrasformatore (quando la tensione U < 200 V) e starter comandata da tre punti.

194

Capitolo 5

A

N PE

L

A

A

A

A

A

N

L

PE

A

A

A

A

A

Tav. 5.27 Impianto di una lampada fluorescente con reattore normale e starter termico comandata da tre pulsanti attraverso un relé interruttore ad eccitazione diretta.

Impianti caratteristici negli edifici civili 195

N

PE L

L N

A

PE

A

A

A

A

Tav. 5.28 Impianto di lampade fluorescenti rettilinee con reattore bilampada e starter comandate da un interruttore.

196

Capitolo 5

PE

N

PE L

L

N

A

A

A

A

A

A

Tav. 5.29 Impianto di lampada a catodo freddo per insegna luminosa comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare.

Impianti caratteristici negli edifici civili 197

PE

N

L

L

N

PE

A

A

A

A

A

Tav. 5.30 Impianto di lampada fluorescente a catodo caldo non preriscaldato (slimline) comandata da interruttore automatico bipolare.

198

Capitolo 5

N

L

A

PE

Hg

A

A

Hg

N L

PE

A

A

Hg

Tav. 5.31 Impianto di lampada a vapori di mercurio (Hg) ad alta pressione con polveri fluorescenti comandata da interruttore automatico bipolare.

Impianti caratteristici negli edifici civili 199

Hg A

Hg A

Hg

N

L

PE

A

Hg

A

Hg

A

A

Hg

Hg

A

Hg

PE

N L

A

A

Hg

Tav. 5.32 Impianto di tre lampade a vapori di mercurio (Hg) a luce miscelata comandate da interruttore automatico bipolare.

200

Capitolo 5

A

N

L

PE

A

Hg

A

N

L

A

Hg

PE

A

A

Hg

A

Tav. 5.33 Impianto di lampada a vapori di mercurio (Hg) a ioduri metallici comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare.

Impianti caratteristici negli edifici civili 201

Na

PE N

PE L

L

N

A

A

A

A

Na

A

A

A

Na

Tav. 5.34 Impianto di lampada a vapori di sodio (Na) ad alta pressione comandata da interruttore automatico attraverso crepuscolare.

202

Capitolo 5

PE N

PE L

L

N

A

A

A

A

Na

Na

A

A

A

Na

Tav. 5.35 Impianto di lampada a vapori di sodio (Na) a bassa pressione comandata da interruttore automatico bipolare attraverso crepuscolare.

Impianti caratteristici negli edifici civili 203

5.2 Impianti di segnalazione Gli impianti di segnalazione trovano applicazione in tutti i luoghi ove sia necessario richiamare l’attenzione sulla propria presenza o su una richiesta di udienza. Le segnalazioni possono essere di tipo acustico o di tipo visivo: mediante suonerie, ronzatori e sirene si possono realizzare circuiti di segnalazione acustica per la richiesta di udienza, per segnalare la presenza di persone o per rilevare situazioni di allarme; con quadretti indicatori luminosi, a cartellino o con impianti a guida luce, si compongono impianti per la richiesta di intervento di personale (fattorini, assistenti, infermiere, ecc.). Questi impianti sono generalmente collegati ad un trasformatore che consente di alimentare le varie apparecchiature con una bassissima tensione. La Norma CEI 64-8/4 distingue i sistemi a bassissima tensione in: • SELV (denominata in passato BTS): bassissima tensione di sicurezza (Safety Extra Low Voltage). • PELV: bassissima tensione di protezione (Protection Extra Low Voltage). • FELV (denominata in passato BTF): bassissima tensione di funzionamento (Functional Extra Low Voltage). Le sorgenti da cui si può derivare un sistema SELV o PELV sono: Un trasformatore di sicurezza. Una sorgente che presenta un grado di sicurezza equivalente a quello del trasformatore di sicurezza (per esempio un gruppo motore-generatore).  Una sorgente elettrochimica (per esempio una batteria) o una qualsiasi altra fonte indipendente da circuiti e tensioni più elevate (per esempio un gruppo elettrogeno), o una sorgente di tipo elettronico dove in ogni caso la tensione nominale non superi i 50 V in corrente alternata e i 120 V in corrente continua.  

Per i circuiti SELV e PELV le parti attive devono essere separate, le une dalle altre e dagli altri sistemi, mediante separazione di protezione, assicurando altresì una separazione elettrica non inferiore a quella esistente tra i due avvolgimenti, primario e secondario, di un trasformatore. I conduttori devono essere separati materialmente da quelli di altri sistemi (non far parte di uno stesso cavo o contenuti in una stessa tubazione), tranne i casi in cui i cavi siano provvisti di una guaina supplementare, oltre al loro isolamento principale; infine, possono convivere con altri circuiti, a condizione che i conduttori SELV e PELV siano provvisti di isolamento per la massima tensione presente nel cavo, o nel raggruppamento di cavi all’interno di uno stesso tubo di protezione. Le spine e le prese dei sistemi SELV e PELV non devono essere compatibili tra loro né con prese e spine di altri sistemi; inoltre per i sistemi SELV le apparecchiature non devono essere connesse al conduttore di protezione o a masse di altri sistemi (tale collegamento è ammesso invece per le apparecchiature derivate da sistemi PELV). Nei sistemi a bassissima tensione di sicurezza (SELV), se la tensione supera i valori di 25 V in c.a e di 60 V in c.c è prevista la protezione dai contatti diretti mediante barriere e isolamento in grado di sopportare una tensione di 500 V per 1 minuto; per i sistemi PELV è comunque previsto l’impiego di tali soluzioni preventive, per assicurare la protezione dai contatti diretti nelle medesime condizioni. È buona norma inoltre utilizzare, dove sia possibile, apparecchiature di classe II (con isolamento doppio o rinforzato) senza però connettere la carcassa dell’apparecchio al conduttore di terra (seguendo le indicazioni poste sull’apparecchio stesso, che ne vietano il collegamento al conduttore PE).

204

Capitolo 5

I sistemi FELV, infine, pur essendo caratterizzati da una bassissima tensione di alimentazione pari a quella degli altri due sistemi (la tensione è sempre inferiore a 50 V in c.a. e 120 V in c.c.), possono entrare a far parte di impianti i cui componenti elettrici non soddisfano le condizioni di protezione dei sistemi SELV e PELV; in questo caso la protezione contro i contatti diretti può essere svolta dalle consuete barriere o involucri, oltre a un isolamento corrispondente alla tensione minima di prova richiesta per il circuito primario. La protezione dai contatti indiretti viene ottenuta mediante la messa a terra delle masse dei componenti elettrici, sul conduttore di protezione del circuito primario; in alternativa può essere collegata una parte attiva del circuito FELV al conduttore di protezione del circuito primario, se quest’ultimo è provvisto di protezione di sgancio automatico dell’alimentazione. In ogni caso, la stessa Norma CEI 64-8/4 recita “...I trasformatori per campanelli non devono essere necessariamente trasformatori di sicurezza: le suonerie possono essere anche alimentate a tensione di rete purché l’impianto sia adeguatamente protetto contro i contatti diretti ed indiretti”. Di fatto, si possono eseguire impianti di segnalazione quali l’allarme per i bagni (costituito da pulsante a tirante, con suoneria alloggiata nel locale cucina) o il campanello d’ingresso funzionanti a 230 V anziché a 12 V. Negli esercizi che seguono si è scelto il sistema FELV, impiegando un trasformatore normale per l’alimentazione dell’impianto e con un conduttore attivo del secondario del trasformatore stesso collegato al conduttore di protezione.

5.2.1 Impianti di segnalazione acustica Le esercitazioni che seguono illustrano la varie tipologie di impianti che impiegano segnalazioni acustiche. Alcune applicazione prevedono l’utilizzo di semplici suonerie e ronzatori, mentre altre associano ad impianti di segnalazione il comando di elettroserrature. Questi ultimi sono da considerarsi una anticipazione dell’evoluzione di tali applicazioni, che verranno prese in considerazione in seguito e riguardano gli impianti citofonici e videocitofonici che vanno ad inglobare tali apparecchiature. Nei negozi e nei locali del terziario in genere è diffuso l’impiego di suonerie monotono o bitonali per la segnalazione dell’apertura della porta d’accesso. L’ingresso di una persona viene rilevato da un contatto di finecorsa o da un sensore di presenza situato in prossimità dell’entrata; grazie appunto a tali apparecchiature di comando la suoneria viene attivata e segnala la presenza.

5.2.2 Impianti tipici con segnalazioni acustiche Impianto di suoneria comandata da due pulsanti e di due suonerie comandate da un pulsante In questo esempio applicativo (tav. 5.36) vengono proposti due circuiti comprendenti: il primo, due pulsanti che comandano una suoneria; il secondo, un pulsante con due suonerie. Sia i pulsanti, per ottenere un comando da più punti, che le suonerie, per essere alimentate con lo stesso valore di tensione, vengono collegati in parallelo. Il funzionamento consiste semplicemente nell’ottenere una segnalazione acustica, dovuta all’attivazione di una o due suonerie, mediante la pressione che l’operatore esercita su un pulsante. I due impianti vengono presentati in un unica tavola per la loro semplicità,

Impianti caratteristici negli edifici civili 205

ma il loro campo di applicazione è diversificato: vengono installate due suonerie comandate da un pulsante nei luoghi in cui è necessario effettuare una segnalazione contemporanea in due punti diversi, mediante comando da un unico punto; l’impianto di una suoneria comandata da due pulsanti viene utilizzato invece per avere una segnalazione acustica che può essere effettuata da due diverse postazioni.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; tre pulsanti; tre suonerie.

Impianto di suonerie per chiamata e risposta La tavola 5.37 illustra un impianto utilizzato per la comunicazione acustica tra due luoghi distanti tra loro. Alcuni esempi di utilizzo possono comprendere impianti di montacarichi (per comunicare alla persona del piano sottostante o soprastante che il carico è stato effettuato) oppure il caso di un laboratorio artigiano, attiguo all’abitazione. Questo esercizio inoltre può essere considerato preparatorio al tipo di impianti di segnalazione che impiegano apparecchi citofonici e, a differenza di questi, si caratterizza per un basso costo di installazione.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; due pulsanti; due suonerie.

Impianto di due suonerie comandate da un pulsante attraverso un commutatore Questo impianto (tav. 5.38) si caratterizza per essere costituito da un commutatore, oltre che dai tradizionali pulsanti e suonerie. Mediante questa configurazione è possibile selezionare la chiamata su due differenti luoghi, predisponendo la comunicazione su entrambi o su uno dei due.    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; un pulsante; un commutatore (doppio interruttore); due suonerie.

Impianto di suonerie per la campana di una scuola In questo impianto (tav. 5.39) più suonerie vengono comandate da un unico pulsante; è l’esempio più semplice, senza prendere in considerazione orologi automatici per il comando programmato delle stesse. Un particolare da rilevare in questa installazione è quello del collegamento delle suonerie. Se si esegue un collegamento parallelo tradizionale, derivando dai due capi di una suoneria i conduttori che collegano la successiva e così via, si ha alla fine una suoneria alimentata da una tensione diversa (minore) da quella nominale di funzionamento. Questo fenomeno è dovuto alla caduta di tensione che si ha in linea e tale caduta è tanto più elevata quanto più lunga è la linea stessa. Con quanto proposto, la tensione ai capi di tutte le suonerie risulta essere invece la medesima.

206

Capitolo 5

  

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; un pulsante; sei suonerie.

Impianto di suoneria comandata da due punti; elettroserratura comandata da due pulsanti Questo esercizio (tav. 5.40) propone una suoneria, inserita all’interno di un appartamento, comandata da un pulsante situato sulla porta d’ingresso e da un secondo pulsante posizionato all’esterno dell’edificio in prossimità dell’ingresso. Inoltre l’impianto si compone anche di una elettroserratura, posizionata sul portone d’ingresso, che può essere comandata da un pulsante posto all’interno dell’appartamento e da uno situato nel vano scala. La particolarità di questo impianto è costituita dalla possibilità per l’utente, di comandare a distanza l’apertura della porta d’ingresso dopo aver ricevuto la chiamata.    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti; una suoneria; una elettroserratura.

Impianto di due elettroserrature comandate da quattro punti interni all’edificio; un pulsante comanda la sola elettroserratura esterna Questo impianto (tav. 5.41), in linea generale, è una estensione del precedente per quanto riguarda la possibilità di comandare l’apertura delle porte di accesso di un edificio (portone e cancello). A differenza della precedente, questa tavola presenta, oltre alla possibilità di comandare le due elettroserrature da tutti i pulsanti interni all’edificio, anche quella di azionare la sola elettroserratura del cancello, mediante un doppio pulsante situato nell’area esterna.    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti; un pulsante doppio; due elettroserrature.

Impianto di suonerie in un edificio a tre appartamenti La tavola 5.42 illustra un impianto di segnalazione in un edificio a tre appartamenti. I punti di comando sono collocati nel seguente modo: uno situato accanto alla porta d’ingresso di ciascun appartamento, l’altro inserito in una pulsantiera posta sul portone dell’edificio. Nella pulsantiera è inserita anche una lampada avente la funzione di illuminare le targhe portanome. Nella moderna impiantistica questa installazione viene normalmente associata o inglobata ad un sistema citofonico o videocitofonico, dove il trasformatore è tipicamente sostituito dall’alimentatore del sistema citofonico.    

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; tre pulsanti; tre suoneria; una pulsantiera con tre pulsanti e una lampada di segnalazione interna.

Impianti caratteristici negli edifici civili 207

5.2.3 Impianti di segnalazione luminosa Le esercitazioni che seguono illustrano la varie tipologie di impianti che impiegano segnalazioni luminose. Si va da impianti che impiegano semplici quadretti indicatori a cartellini meccanici o luminosi, per poi proporre impianti a guida luce per le diverse applicazioni in uffici, alberghi o locali di cura. Una estensione di queste applicazioni è costituita dai sistemi che impiegano la tecnologia BUS a cui si farà cenno nel capitolo successivo.

5.2.4 Impianti tipici con segnalazioni luminose Impianto di quadretto indicatore a cartellini a tre indicazioni Nella tavola 5.43 si presenta un primo esempio di segnalazione visiva. L’apparecchio utilizzato è composto da tre cartellini, aventi impresso un numero diverso, che si rendono visibili quando viene eccitata la corrispondente bobina, mediante l’azionamento del relativo pulsante. Inoltre, l’apparecchio è corredato di una quarta bobina, che, quando viene eccitata, aziona un dispositivo meccanico che fa ricadere il cartellino nella posizione di riposo, rendendolo non più visibile.   

Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti; un quadro indicatore a cartellini.

Impianto di quadretto indicatore luminoso a tre indicazioni In questo secondo esempio di utilizzo di segnalazioni visive (tavv. 5.44 ÷ 5.45), l’apparecchio principale è costituito da un quadro indicatore luminoso. A differenza del precedente, la visualizzazione del numero che fa capo alla chiamata avviene mediante l’accensione di una lampadina. Il funzionamento dell’impianto si può riassumere nel seguente modo: • premendo un pulsante, si determina l’eccitazione della corrispondente bobina di chiamata; • essa, chiudendo il contatto multiplo, provoca l’accensione della lampadina, rendendo visibile il numero impresso sulle finestrelle dell’apparecchiatura; • contemporaneamente si predispone il circuito per l’eccitazione della bobina di annullamento chiamata e si determina la chiusura momentanea del contatto del relè serie che provoca l’azionamento del ronzatore; • se viene premuto il pulsante di annullamento, si eccita la bobina di apertura e si determina il conseguente spegnimento della lampadina. Si fa osservare che il ronzatore rimane in funzione solamente per il periodo nel quale si tiene premuto il pulsante di chiamata.   

Le apparecchiature utilizzate sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti; un quadro indicatore luminoso.

Impianto di segnalazione a guida luce in uffici Le tavole 5.46 ÷ 5.48 rappresentano un impianto di segnalazione con apparec-

208

Capitolo 5

chi a guida luce installato in locali adibiti ad uffici. Il funzionamento di un impianto di questo tipo può essere spiegato nel modo seguente: • l’impiegato dell’ufficio 1, azionando il pulsante di chiamata S1C, determina l’eccitazione del relè di chiamata K1C e del relè serie KS; • il relè serie comanda il ronzatore R, situato nel locale di servizio; questa soluzione è adottata per la facilità di coordinazione tra le impedenze dei due relè (chiamata e serie) che non tra quella tra relè e ronzatore; • l’eccitazione del relè di chiamata determina l’attivazione della lampada fuori porta HF, che indica l’ufficio da cui è partita la chiamata, della lampada di conferma chiamata HC, situata all’interno dell’ufficio con la funzione di confermare l’attivazione dei segnali di chiamata, della lampada di piano HQ, che indica il piano dal quale è partita la chiamata (questo segnale è indispensabile quando le chiamate possano pervenire da più piani) e lampada direzionale HDsx (situata nel corridoio), la quale indica la direzione da seguire per arrivare alla chiamata; • quando si rilascia il pulsante S1C si tacita la segnalazione acustica, mentre permangono tutte le segnalazioni ottiche; • l’inserviente, partendo dal locale di servizio e seguendo le indicazioni luminose HQ, HDsx e HF, entra nell’ufficio che ha effettuato la chiamata; • azionando ora il pulsante di annullamento S1A, si azzera la segnalazione.          

Le apparecchiature elettriche utilizzate in questo impianto sono le seguenti: un trasformatore monofase; quattro pulsanti di chiamata; quattro pulsanti di annullamento; quattro relè bistabili di chiamata; un relè serie monostabile; quattro lampade di chiamata; quattro lampade di conferma chiamata; due lampade di direzione; una lampada di ripetizione chiamata al piano; un ronzatore.

Impianto di segnalazione a guida luce per camere d’albergo L’impianto delle tavole 5.49 ÷ 5.51 rappresenta delle apparecchiature a guida luce utilizzate nelle stanze di un albergo. Una delle caratteristiche degli impianti installati negli alberghi è quella di predisporre la ricezione delle chiamate da parte del personale di servizio anche quando questo si trova all’interno delle varie camere; inoltre l’impianto permette la segnalazione della presenza del personale all’interno della camere in modo da poterlo individuare con facilità. Il funzionamento di un impianto di questo tipo è il seguente: • il cliente 1, azionando il pulsante di chiamata S1C, determina l’eccitazione del relè di chiamata K1C e del complesso ad intermittenza KIt e KRa; • il relè KRa comanda il ronzatore R, situato nel locale di servizio; il ronzatore può essere disinserito solo mediante l’inserimento della spina a jack S1J nell’apposita presa della camera dalla quale è stata effettuata la chiamata; • l’eccitazione del relè di chiamata determina l’attivazione della lampada fuori porta HF, che indica la camera da cui è partita la chiamata, della lampada di conferma chiamata HTc (situata all’interno della camera e con la funzione di confermare l’attivazione del segnale di chiamata) e la lam-

Impianti caratteristici negli edifici civili 209

pada direzionale HDdx (situata nel corridoio), la quale indica la direzione da seguire per arrivare al luogo della chiamata; • quando si rilascia il pulsante S1C permangono sia la segnalazione acustica intermittente, che tutte le segnalazioni ottiche; • l’inserviente, partendo dal locale di servizio e seguendo le indicazioni luminose HDdx e HF, entra nella camera dalla quale è partita la chiamata; • agendo sul predispositore a jack S1J l’inserviente può ora annullare la chiamata, inserire il funzionamento della lampada fuori porta HI di presenza inserviente e predisporre il circuito della ripetizione della chiamata acustica in modo da rilevare, per mezzo dell’accensione ad intermittenza della lampada HQr, ulteriori chiamate da altre stanze.            

Le apparecchiature elettriche utilizzate in questo impianto sono le seguenti: un trasformatore monofase; tre pulsanti di chiamata; tre relè bistabili di chiamata; un relè ausiliario in corrente continua; un complesso ad intermittenza; tre lampade di chiamata; tre lampade di conferma chiamata; tre lampade per ripetizione della chiamata nel locale; due lampade di direzione; tre lampade di presenza inserviente nel locale; tre predispositori a jack; un ronzatore.

Impianto di segnalazione a guida luce per cliniche e ospedali Questo impianto (tavv. 5.52 ÷ 5.54) illustra le apparecchiature a guida luce utilizzate nelle stanze di cliniche e ospedali. Se negli impianti precedenti era sufficiente la conferma dell’invio della chiamata, per quanto riguarda gli ospedali è necessario garantire anche che la chiamata è stata ricevuta dal personale di turno. Questa segnalazione viene definita di tranquillizzazione e viene inviata dall’infermiere al paziente. Il funzionamento di un impianto di questo tipo è il seguente: • il paziente della camera 1, azionando il pulsante di chiamata S1C, determina l’eccitazione del relè di chiamata K1C e del relè serie KS; • il relè serie comanda il ronzatore R, situato nel locale di servizio e contemporaneamente inserisce il funzionamento del relè bistabile (di tranquillizzazione) KTC; • l’eccitazione del relè di chiamata determina l’attivazione della lampada direzionale HDsx o HDdx (situate nel corridoio), la quale indica la direzione da seguire per arrivare al luogo di chiamata, mentre l’eccitazione del relè KTC provoca l’accensione della lampada di chiamata in corso HAt, situata nel locale di servizio e del complesso KIt e KRa; • a questo punto vengono attivate anche le lampade ad intermittenza di ripetizione della chiamata HQc, di fuori porta HF (che indica la camera da cui è partita la chiamata), di conferma chiamata HTc, situata all’interno della camera, e la lampada di tranquillizzazione HSL; • quando si rilascia il pulsante S1C si tacita la segnalazione acustica, mentre permangono tutte le segnalazioni ottiche (sia continue che intermittenti); • l’infermiere, azionando il pulsante St, determina la commutazione delle segnalazioni intermittenti a segnalazioni continue (in modo particolare il passaggio della segnalazione della lampada HSL da intermittente a

210

Capitolo 5

continua avverte il paziente della ricezione della chiamata) ed inoltre provoca l’annullamento della chiamata in corso (lampada HAt); • inoltre, lo stesso infermiere, partendo dal locale di servizio e seguendo le indicazioni luminose HDsx o HDdx e HF, può individuare la camera dalla quale è partita la chiamata; agendo ora sul predispositore a jack S1J l’operatore può annullare la chiamata, inserire il funzionamento della lampada fuori porta HI di presenza infermiere e predisporre sia il circuito della ripetizione della chiamata acustica (in modo da rilevare per mezzo dell’accensione ad intermittenza della lampada HQr ulteriori chiamate da altre stanze) che quello di tranquillizzazione; • nel caso in cui sopraggiungessero ulteriori chiamate, l’infermiere, premendo il pulsante STc, determina la commutazione del funzionamento delle lampade da intermittenti a continue, avvertendo (comunicazione di tranquillizzazione) l’altro paziente dell’avvenuto ricevimento della chiamata.                  

Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti: un trasformatore monofase; due pulsanti di chiamata; due pulsanti di tranquillizzazione; un pulsante di tranquillizzazione nel locale di servizio al piano; due predispositori a jack; un complesso ad intermittenza; due relè bistabili di chiamata; un relè serie monostabile; un relè di tranquillizzazione; due lampade di chiamata; due lampade di conferma chiamata; due lampade di direzione; una lampada di ripetizione chiamata al piano; due lampade di ripetizione chiamata nel locale; due lampade di tranquillizzazione; due lampade di presenza infermiere; una lampada indicatrice di complesso intermittente inserito; un ronzatore.

Impianti caratteristici negli edifici civili 211

N

L

B

A

A

N

L

PE

A

A

PE

B

B

B

A

B

A

A

B

B

Tav. 5.36 Impianto di suoneria comandata da due pulsanti e di due suonerie comandate da un pulsante.

212

Capitolo 5

PE N

L

A

B

A

N

L

A

A

PE

B

B

B

A

B

A

A

B

B

Tav. 5.37 Impianto di suonerie per chiamata e risposta.

Impianti caratteristici negli edifici civili 213

N

L

PE

N

L

PE

Tav. 5.38 Impianto di due suonerie comandate da un pulsante attraverso un commutatore.

214

Capitolo 5

N

L

N

L

PE

PE

Tav. 5.39 Impianto di suonerie per la campana di una scuola.

Impianti caratteristici negli edifici civili 215

N

L PE

L

N

A

B

PE

B

A

B

A

A

B

A

B

B

A

A

B

Tav. 5.40 Impianto di suoneria comandata da due punti; elettroserratura comandata da due pulsanti.

216

Capitolo 5

S3

Esterna

PE

S3 L

PE

N

S3 L

N

S2

S1

S1

S2

S4

Interna

S4

S5

S5

Interna

Esterna

S2

S1

S4

S5

Tav. 5.41 Impianto di due elettroserrature comandate da quattro punti interni all’edificio; un pulsante comanda la sola elettroserratura esterna.

Impianti caratteristici negli edifici civili 217

SA

C

B

A

SB

SA PE

SB SA

SA

SB

N

PE L

L

N

H

SC

SA A

SC

A

SB

SB B

SC

B

SC C

H

C

SC

H SC SB SA

Tav. 5.42 Impianto di suonerie in un edificio a tre appartamenti.

218

Capitolo 5

S3

3

PE

S2

N

L

N

L

SA

S1

1

S1

PE

2

S2

SA

A

S3

SA

S1

S2

S3

Tav. 5.43 Impianto di quadretto indicatore a cartellini a tre indicazioni.

Impianti caratteristici negli edifici civili 219

L

+

N

-

PE

A

2

3

1

C

S1

A

2

3

2

C

S2

A

2

3

3

S3

C

A

A

SA

Tav. 5.44 Impianto di quadretto indicatore luminoso a tre indicazioni. Schema funzionale.

220

Capitolo 5

N

L

S1 SA

PE

S2

S3

SA

S1

S2

S3

Tav. 5.45 Impianto di quadretto indicatore luminoso a tre indicazioni. Schemi di montaggio e unifilare-topografico.

2(-)

L N

PE

1(+)

K1A

S1A

7

HC

8

UFFICIO 1

K1C

S1C

5

HF

K2A

S2A

7

HC

8

UFFICIO 2

K2C

S2C

5

HF

K3A

S3A

7

HC

8

UFFICIO 3

K3C

S3C

5

HF

K4A

S4A

7

HC

8

HF

UFFICIO 4

K4C

S4C

5

HDdx

R

HDsx

HQ

KS

KS

COMMESSO

Impianti caratteristici negli edifici civili 221

Tav. 5.46 Impianto di segnalazione a guida luce in uffici. Schema funzionale.

K1

S1A

HF

5 7 8 + -

K2

S2A

S2C

S1C

HC

UFFICIO 2

UFFICIO 1

HF

5 7 8 + -

HC

HQ

R

HDsx

PE

2(-)

LN

1(+)

KS

COMMESSO

HDdx

HF

5 7 8 + -

HC

S3A

K3

S3C

UFFICIO 3

5 7 8 + -

HF

HC

K4

S4A

S4C

UFFICIO 4

222 Capitolo 5

Tav. 5.47 Impianto di segnalazione a guida luce in uffici. Schema di montaggio.

Impianti caratteristici negli edifici civili 223

K4

S4A

K3

HF K2 HF K1

HQ

R

HDsx

HF

HC S1A

S1C

UFFICIO 1

HC

S2A

S2C

UFFICIO 2

COMMESSO

KS

HDdx

HF

HC

S3C

UFFICIO 3

S3A

HC

S4C

UFFICIO 4

Tav. 5.48 Impianto di segnalazione a guida luce in uffici. Schema unifilare-topografico.

2(-)

LN

5

PE

1(+)

HQr

HI K1A

S1J

9

K1C

8

CAMERA 1

HTc

HF

S1C

HQr

5

HI K2A

S2J

9

K2C

8

CAMERA 2

HTc

HF

S2C

HQr

5

HI K3A

S3J

9

K3C

8

CAMERA 3

HTc

HF

S3C

KIt

KRa

5

R

HDdx

INSERVIENTE CORRIDOIO

HDsx

KRa

224 Capitolo 5

Tav. 5.49 Impianto di segnalazione a guida luce per camere d’albergo. Schema funzionale.

K1

HTc

+ -58 9

S1J

CAMERA 1

S1C

HI

K2

HTc

HDsx

HF

HQr

+ -58 9

S2J

CAMERA 2

CORRIDOIO

S2C

HI

HF

HQr

HDdx

K3

HTc

+ -58 9

S3J

CAMERA 3

S3C

HI

HF

HQr

INSERVIENTE

R

PE

1(+)

LN

KRa 2(-)

KIt

Impianti caratteristici negli edifici civili 225

Tav. 5.50 Impianto di segnalazione a guida luce per camere d’albergo. Schema di montaggio.

K1

HTc

S1C

HDsx

HI

HF

HQr

K2

HTc

CORRIDOIO

S2J

S1J

S2C

CAMERA 2

CAMERA 1

HI

HF

HQr

HDdx

K3

HTc

S3C

S3J

CAMERA 3

HI

HF

HQr

R

KIt

KRa

INSERVIENTE

226 Capitolo 5

Tav. 5.51 Impianto di segnalazione a guida luce per camere d’albergo. Schema unifilare-topografico.

2(-)

L N

PE

1(+)

STc

6

10

HI

S1J

HQr

12

K1C

S1C

13

CAMERA 1

K1A

HSL

HTc HF

10

HDsx

4

STc

6 10

HI

S2J

HQr HSL

HF

12

CAMERA 2

K2A

HTc

10

HDdx

K2C

S2C

13

KS

4

KTA

10 HQc

KRa

KIt

KTC

HAt

KS

KS

R

LOCALE SERVIZIO CORRIDOIO

KRa

6

St

Impianti caratteristici negli edifici civili 227

Tav. 5.52 Impianto di segnalazione a guida luce per cliniche e ospedali. Schema funzionale.

K1

HI

HDsx

HDdx

CORRIDOIO

HI

STc

HQr

HF

4 6 1012 - +

KT

KS

LOCALE SERVIZIO

KRa

PE

HF

St

KIt

1(+)

+ 12 10 6 4 13

STc

HSL

HAt

HQc

R

L N

+ 12 10 6 4 13

HQr

S1J

CAMERA 1

HTc

S1C

2(-)

S2J

CAMERA 2

K2

HSL

HTc

S2C

228 Capitolo 5

Tav. 5.53 Impianto di segnalazione a guida luce per cliniche e ospedali. Schema di montaggio.

Impianti caratteristici negli edifici civili 229

S1C

K2

HSL

HI

HDdx HDsx

CORRIDOIO

LOCALE SERZIZIO

HF

STc

HI

HF

STc HSL

St

HQr

HAt HTc

K1

CAMERA 1

S1J

HQc

R

KIt

KT

KRa KS

HQr

S2J

HTc

CAMERA 2

S2C

Tav. 5.54 Impianto di segnalazione a guida luce per cliniche e ospedali. Schema unifilare-topografico.

230

Capitolo 5

5.3 Impianti citofonici Gli impianti citofonici coprono un settore molto vasto dell’impiantistica degli ambienti domestici e del terziario e gestiscono la comunicazione tra brevi distanze. La loro composizione, fatta di elementi di diversa natura e funzione (alimentatori, cavi, apparecchi citofonici, serrature elettriche ecc.), fa sì che essi siano regolamentati da norme di differente tipo. Le pulsantiere esterne e gli involucri, per esempio, devono fare riferimento alla Norma CEI EN 60529 (CEI 70-1) “Gradi di protezione degli involucri (Codice IP)”; questa norma stabilisce un sistema di classificazione dei gradi di protezione degli involucri per materiale elettrico la cui tensione nominale non supera 72,5 kV. Gli alimentatori devono osservare le disposizioni della Norma CEI EN 60065 (CEI 92-1) “Apparecchi audio, video ed apparecchi elettronici similari Requisiti di sicurezza”. La tipologia di impianto deve fare riferimento alla Norma CEI 103-1/12 “Impianti telefonici interni. Parte 12: Protezione degli impianti telefonici interni”. L’installazione degli impianti deve invece considerare le Norme CEI 64-8/1 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 1: Oggetto, scopo e principi fondamentali” e CEI 64-8/4 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 4: Prescrizioni per la sicurezza”. Gli impianti citofonici, a seconda dello scopo e delle specifiche apparecchiature utilizzate, si diversificano in quattro tipologie: • Impianti di citofoni in coppia: prevedono l’interconnessione di due citofoni derivati da un alimentatore. Questa è la soluzione più semplice utilizzante apparecchi citofonici per mettere in comunicazione due vani dello stesso edificio. I due citofoni in coppia possono essere interconnessi con tre o quattro fili, in relazione alla distanza che li separa (lunga oppure corta). • Impianti di citofoni intercomunicanti: sono un ampliamento del tipo di impianto precedente; essi permettono una comunicazione reciproca tra un numero anche elevato di citofoni. • Impianti di citofoni con portiere elettrico: sono i più utilizzati in ambito domestico, in quanto permettono di creare una comunicazione tra un certo numero di derivati, interni ad un edificio, e l’esterno. A differenza degli impianti a coppia e intercomunicanti, essi si compongono anche di un posto esterno, formato da una pulsantiera e da un porter. • Impianti di citofoni con centralino: questo tipo di installazione richiede la presenza di una persona (portiere) che, ricevuta una richiesta di comunicazione, inoltra la chiamata ai vari interni.

5.3.1 Impianti tipici di citofoni in coppia e intercomunicanti Le tavole 5.55 ÷ 5.59 riportano esempi di connessione di citofoni in coppia di diverse aziende produttrici, mentre la tavola 5.60 propone un esempio di più citofoni intercomunicanti; in questo caso possono essere impiegati gli stessi apparecchi utilizzati per le inserzioni precedenti, equipaggiando i citofoni con pulsanti ausiliari, fino ad un massimo, generalmente, di alcune decine di interni. Se si vuole il segreto di comunicazione occorre inserire nel circuito un particolare apparecchio che ha il compito di inibire la comunicazione con gli altri interni, quando sussista una comunicazione in corso. Il tipico funzionamento di un sistema intercomunicante è il seguente:

Impianti caratteristici negli edifici civili 231

• Premendo uno dei pulsanti di chiamata situati sul corpo del citofono si mette in funzione il ronzatore del citofono con il quale si vuole comunicare. • Quindi, se la persona chiamata alza il microtelefono, determina la commutazione dei contatti interni all’apparecchio, inserendo il circuito fonico. • Da notare che in alcuni casi, il circuito di chiamata viene interrotto. Infatti se la persona chiamata alza il microtelefono, determina la commutazione dei contatti interni all’apparecchio, disinserendo il circuito di chiamata e inserendo il solo circuito fonico. Le apparecchiature elettriche utilizzate nell’impianto sono le seguenti:  due o più citofoni;  un alimentatore;  cavo multifilare per il collegamento delle apparecchiature.

5.3.2 Impianti tipici di citofoni con portiere elettrico Questo tipo di impianto permette ad un certo numero di citofoni, interni alle abitazioni, di collegarsi ad un derivato esterno, normalmente situato in prossimità dall’ingresso dello stabile, quando da esso sopraggiunga una chiamata. Il funzionamento specifico dell’impianto si può descrivere nel seguente modo: • premendo uno dei pulsanti situati sulla pulsantiera esterna, si determina l’attivazione del ronzatore; • se la persona chiamata intende rispondere, alzando il microtelefono, stabilisce l’inserimento del circuito di conversazione, collegando tra loro i trasduttori interni ed esterni; • se la persona interessata intende far entrare chi ha effettuato la chiamata, premendo un apposito pulsante o leva di commutazione (normalmente contrassegnati da un simbolo riproducente una chiave), attiva l’elettroserratura con la conseguente apertura della porta d’ingresso. Completano la dotazione dell’impianto una o più lampade inserite nella pulsantiera esterna, aventi la funzione di illuminare le targhe portanome. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti: due citofoni;  un posto esterno con due pulsanti e lampada di illuminazione targhe portanome;  cavo multifilare per il collegamento delle apparecchiature;  una elettroserratura. Gli impianti citofonici con portiere elettrico, inoltre, si distinguono in sistemi a “4+n fili”, sistemi a “1+1 fili” e sistemi a “BUS”. Sistema 4+n fili Il primo tipo di impianto permette di realizzare il servizio di portiere elettrico impiegando 4 fili (2 per l’andata e il ritorno del circuito fonico, 1 per la massa di alimentazione del citofono e 1 per pilotare l’elettroserratura) più un conduttore per ogni chiamata. L’impianto può essere realizzato con chiamata tradizionale oppure con tono di chiamata elettronica (fig. 5.1). Tra i vari apparecchi per postazioni interne è inoltre possibile l’impiego di citofoni con funzioni particolari (commutatore condizione di privacy e led per controllo porta ingresso, tasto di inserzione circuito fonico, possibilità di aggiunta tasti direttamente sulla cappa del citofono) e svariati accessori (gong

232

Capitolo 5

tritonale, kit regolazione chiamata ecc.). È possibile connettere i vari citofoni, oltre che al posto esterno, anche tra di loro, realizzando così impianti intercomunicanti; in questo caso, i sistemi con chiamata tradizionale si adattano per realizzare nuovi impianti con il segnale di chiamata su un ronzatore dedicato interno al citofono.

4 + (n-2) 5

4 + (n-1) 5 4+n

5+n 2 Fig. 5.1 Sistema 4+n fili.

Sistema 1+1 fili Il sistema 1+1 fili è disponibile solamente con chiamata elettronica ed è caratterizzato dalla semplicità di cablaggio, appunto con soli 2 fili per ciascun utente. Oltre che per la realizzazione di nuovi impianti, trova largo impiego nei vecchi immobili sotto la tutela dei “Beni Ambientali” in cui non sono possibili opere murarie e dove è già in funzione l’impianto di sola chiamata (tasto più suoneria). Senza aggiungere altri conduttori nella colonna montante e negli appartamenti il servizio esistente può essere trasformato in servizio di portiere elettrico. In questi impianti solo il citofono chiamato è abilitato alla conversazione con il visitatore (nessun altro utente può inserirsi nella comunicazione in corso) e ad avviare il comando di apertura dell’elettroserratura. Lo schema di questo tipo di impianto citofonico è visualizzabile nella figura 5.2. Posto esterno Urmet Art. 5150/57

Fig. 5.2 Sistema 1+1 fili.

2

Citofono Urmet Art. 5810/31

1 4 3 2 9 6 11 7 1

Elettroserratura N F

1 7 11 6 9 2

0 12

1 ÷ 9999 citofoni

Centralino (opzionale)

Fino a 999 Targhe

Fig. 5.3 Sistema a cablaggio semplificato.

Trasformatore Urmet Art. 900

Citofono Urmet Art. 5810/31

Sistema a cablaggio semplificato o a BUS Con l’impiego del Sistema a cablaggio semplificato (SCS) si ha l’integrazione nell’impianto di prodotti differenti e quasi sempre incompatibili tra loro, inoltre, non esistono più limiti alla configurazione degli impianti citofonici se non quelli legati alla fantasia dell’esecutore condizionata ovviamente alle caratteristiche tecniche delle apparecchiature utilizzate. Si arriva quindi a configurazioni che usano sistemi digitali che consentono una serie di servizi speciali digitando determinati codici sulla tastiera del posto esterno, riducendo notevolmente il numero di cavi (cinque fili comuni) e il tempo di installazione, pur consentendo la comunicazione con 10.000 interni. Un esempio di sistema a cablaggio semplificato che impiega tecnologia digitale è visualizzato nella figura 5.3. Le tavole 5.61 ÷ 5.65 riportano alcuni esempi, di diverse aziende produttrici, dell’inserzione di citofoni collegati con portiere elettrico. La tavola 5.66 propone un inserzione 1+1 fili.

11 10 8 19 230V

9 10 11 7 12 13 14 3

AP 7

1

ALIMENTATORE BTICINO ART. TX30

12V

8

CITOFONO BTICINO ART. TX21

L

N

8

1

9 10 11 7 12 13 14 3

CITOFONO BTICINO ART. TX21

Impianti caratteristici negli edifici civili 233

Tav. 5.55 Collegamento di citofoni in coppia - BTicino.

4

5

6

7

8

7 6+ 3-

2

1 230 0

ALIMENTATORE ELVOX ART. 831/131

0 15

N

L

2

3

4

5

6

7

A 1

3

A 1

2

CITOFONO ELVOX ART. 801

CITOFONO ELVOX ART. 801

234 Capitolo 5

Tav. 5.56 Collegamento di citofoni in coppia - Elvox.

1

3

7 12 5

L

N

-

+

FARFISA ART. 220K

ALIMENTATORE

230 0 110

2

9

1

3

7 12 5

6

9

6

2

CITOFONO FARFISA ART. 826

CITOFONO FARFISA ART. 826

Impianti caratteristici negli edifici civili 235

Tav. 5.57 Collegamento di citofoni in coppia - Farfisa.

2

8

+

3

9

6 11 7 12

+J

ALIMENTATORE LT TERRANEO ART. 670M

0 230 -

N L

1

5 4 10 T1 T1 T2 T2

CITOFONO LT TERRANEO ART. 600

1

2

8

3

9

6 11 7 12

5 4 10 T1 T1 T2 T2

CITOFONO LT TERRANEO ART. 600

236 Capitolo 5

Tav. 5.58 Collegamento di citofoni in coppia - LT Terraneo.

10

9

6

2

1

11 8

7

CITOFONO URMET ART. UT5400/31

N

L

-J

+6 -6 0

12 18

ARTT. UT 9001/1 9006/1

ALIMENTATORE URMET

0 230

10

9

6

2

1

11 8

7

CITOFONO URMET ART. UT5400/31

Impianti caratteristici negli edifici civili 237

Tav. 5.59 Collegamento di citofoni in coppia - Urmet.

10 9

6

2

1 11 8

7

T1 T2 G/T

7

ARTT. UT 9001/1 9006/1

7

11 8

0 12 18

1 11 8

1

+6 -6

2

2

ALIMENTATORE URMET

-J

6

6

0 230

10 9

CITOFONO URMET MOD. 1030

10 9

N

L

T1 T2 G/T

CITOFONO URMET MOD. 1030

238 Capitolo 5

Tav. 5.60 Collegamento di citofoni intercomunicanti - Urmet.

CITOFONO URMET MOD. 1030

T1 T2 G/T

Impianti caratteristici negli edifici civili 239

9 10 11 7 12 13 14 3 1

POSTO ESTERNO BTICINO ART. TX105F

9 10 11 7 12 13 14 3 1

F 10

7

U

8

CITOFONO BTICINO ART. TX21

8

CITOFONO BTICINO ART. TX21

Tav. 5.61 Impianto citofonico con portiere elettrico - BTicino.

L N AP 7 12V

11 10 8

19 230V

ALIMENTATORE BTICINO ART. TX30

240

Capitolo 5

A 1 A 1

2

3

4

5

6

7

2

3

4

5

6

7

CITOFONO ELVOX ART. 801 CITOFONO ELVOX ART. 801

Tav. 5.62 Impianto citofonico con portiere elettrico - Elvox.

9

L N 0 15

8

7 6+ 3-

2

1 230 0

ALIMENTATORE ELVOX ART. 831/131

8

7

6

Impianti caratteristici negli edifici civili 241

FARFISA ART. 337/C

POSTO ESTERNO

6

2

9

1

3

5

CITOFONO FARFISA ART. 924

6

2

9

1

3

5

CITOFONO FARFISA ART. 924

Tav. 5.63 Impianto citofonico con portiere elettrico - Farfisa.

1

N L 230 0 110

-

+

ALIMENTATORE FARFISA ART. 220K

2

3

4

2

+

8

3

+J

9

ALIMENTATORE LT TERRANEO ART. 672

0 230 -

N L

1

3

1

+

6 11 7 12

4

LT TERRANEO ART. 2659

POSTO ESTERNO

2

5 4 10 T1 T1 T2 T2

CITOFONO LT TERRANEO ART. 600

1

2

8

3

9

6 11 7 12

5 4 10 T1 T1 T2 T2

CITOFONO LT TERRANEO ART. 600

242 Capitolo 5

Tav. 5.64 Impianto citofonico con portiere elettrico - LT Terraneo.

Impianti caratteristici negli edifici civili 243

10

9

6

2

1

11 8

7

CITOFONO URMET ART. UT5400/31

10

9

6

2

1

11 8

7

CITOFONO URMET ART. UT5400/31

Tav. 5.65 Impianto citofonico con portiere elettrico - Urmet.

2

L N 0 230

-J

+6 -6 0

12 18

ALIMENTATORE URMET ARTT. UT 9001/1 9006/1

-

+

1

2

POSTO ESTERNO

4

3

URMET ART. 900

TRASFORMATORE

0 12

1

URMET ART. 5150/57

L

N

2

9

6 11 7

ART. 5810/31

1

2

9

6 11 7

1

CITOFONO URMET ART. 5810/31

244 Capitolo 5

Tav. 5.66 Impianto citofonico con portiere elettrico sistema 1+1 fili - Urmet.

Impianti caratteristici negli edifici civili 245

5.4 Impianti videocitofonici Gli impianti videocitofonici permettono, oltre alle funzioni tipiche dei sistemi citofonici, di vedere, tramite un monitor, chi ha effettuato la chiamata. La configurazione più semplice è quella che prevede l’installazione di un monitor collegato ad una unità di ripresa alloggiata nella pulsantiera esterna, entrambi asserviti ad una unità di controllo-alimentazione. Oltre ai problemi connessi alla distribuzione del segnale audio, vi sono quelli che riguardano la buona ricezione del segnale video.

5.4.1 Collegamenti e installazione degli impianti videocitofonici In presenza di un impianto che prevede più posti di ricezione, i monitor possono essere collegati con due differenti sistemi: il collegamento serie e il collegamento parallelo. Nel collegamento serie, i monitor vengono alimentati e collegati come i citofoni per quanto riguarda i collegamenti audio e dei servizi ausiliari e la distribuzione del segnale video avviene tramite un cavo coassiale con impedenza caratteristica di 75 . Il cavo coassiale entra nel primo monitor ed esce dallo stesso per collegarsi al secondo e così via. La distribuzione video secondo il collegamento parallelo, viene inve-ce effettuata utilizzando una ulteriore apparecchiatura denominata distributore video. Questa soluzione viene adottata quando si devono installare più videocitofoni nello stesso piano di uno stabile, dove quindi il collegamento serie risulta poco vantaggioso. I distributori video possono a loro volta essere di tipo normale o di tipo amplificato; l’utilizzo del primo tipo si riscontra per impianti con linee lunghe fino a 100 m, mentre per lunghezze superiori, per poter mantenere un valore di segnale sufficiente ad una buona ricezione dell’immagine, si utilizzano distributori video amplificati. Occorre ricordare che per qualsiasi tipo di distribuzione, sia serie che parallelo, la linea deve mantenere una impedenza costante, per cui il cavo coassiale deve essere equipaggiato con una resistenza di chiusura di 75 . Negli esercizi dimostrativi che seguono, la distribuzione video è fatta con il sistema serie, tranne che per il videocitofono BTicino, che utilizza il distributore per la connessione in parallelo. Tutti gli impianti videocitofonici possono, a seconda delle esigenze installative, venire realizzati secondo l’uno o l’altro sistema di distribuzione video. Ogni impianto, tra quelli che si propongono come esempi, possiede caratteristiche proprie e caratteristiche funzionali comuni con gli altri impianti videocitofonici. Anche in questa situazione si è scelto di analizzare impianti semplici che siano immediatamente comprensibili, considerando che, qualora vi sia la necessità di installare un impianto videocitofonico, sarà indispensabile la consultazione del manuale in dotazione a ogni tipo di apparecchiatura utilizzata. È bene ricordare inoltre che l’azione di posizionamento dell’unità di ripresa è una operazione da effettuare con cura: non bisogna montare il posto esterno in luoghi nei quali fonti luminose intense colpiscano direttamente la telecamera. Una forte luce, colpendo direttamente la telecamera, può infatti provocare il danneggiamento dello strato fotosensibile del vidicon con conseguente decadimento dell’immagine. L’altezza dal piano stradale o dal marciapiede del posto esterno deve essere compresa tra 160 e 165 cm. Si accenna infine alla necessità di dotare la telecamera di obiettivi adatti al tipo di funzione che deve svolgere: ogni casa costruttrice fornisce solitamente delle tabelle che aiutano appunto nella scelta dell’obiettivo. Normalmente ogni confezione di apparecchiature viene corredata di un manualetto di installazione

246

Capitolo 5

e utilizzo che risulta essere indispensabile per l’installazione del videocitofono. Le caratteristiche salienti degli impianti videocitofonici sono descritte di seguito. • Alimentazione dei monitor e dell’unità esterna in bassa tensione. • Comunicazione audio e video riservata, in quanto può essere inserito un solo utente per volta, escludendo gli altri interni. • Protezione elettronica dell’elettroserratura, per cui dopo circa due secondi che si tiene premuto il pulsante che la comanda, essa viene diseccitata onde evitare che si surriscaldi o si guasti. • Comando dell’apriporta con collegamento dal posto esterno. • Comando ausiliario per il controllo di accensione di luci scale o altri ausiliari dal monitor. • Possibilità di estensione dei posti esterni e relative unità di ripresa fino a una decina, con selezione automatica dell’ingresso da cui parte la chiamata. • Inserimento del posto esterno da monitor anche senza chiamata dall’esterno. • Regolazione delle caratteristiche audiovisive del monitor. • Sistema di preaccensione (stand by) che permette la visione istantanea dell’immagine captata dalla telecamera appena effettuata la chiamata; l’unità di ripresa oltre ad essere dotata di otturatore per la protezione del tubo di ripresa e del sistema stand by per la visione rapida, può essere corredata altresì di circuito di climatizzazione anti appannamento e di dispositivo antiscasso dello stesso posto esterno. • Possibilità di interconnessione con altri ausiliari di comando e ripetizione di chiamata. • Il posto esterno è dotato di lampade di illuminazione che si inseriscono contemporaneamente all’attivazione dell’unità di ripresa. Il funzionamento viene attivato semplicemente su comando della pulsantiera esterna che, oltre ad avvisare con un segnale acustico dell’avvenuta chiamata sia all’esterno che al monitor corrispondente, inserisce la comunicazione. L’apertura dell’apriporta, mediante il pulsante che equipaggia il posto interno, determina lo spegnimento del sistema, oppure il circuito si disattiva automaticamente con sistema temporizzato. La durata della comunicazione è variabile nell’ambito di un periodo di tempo di accensione che può essere regolato fino ad un massimo di 90 secondi. La priorità della comunicazione spetta all’ultimo utente interpellato, che esclude il precedente. Vi è la possibilità di installare telecamere supplementari o in versione esterna alla targa. Particolare interesse riveste il sistema videocitofonico senza cavo coassiale. Questo sistema, infatti, permette di sostituire un vecchio impianto citofonico con uno videocitofonico, utilizzando i cavi già presenti. Questa modalità di installazione trova piena applicazione in tutti quei luoghi nei quali esigenze o ostacoli di natura estetica e/o logistica escludono l’esecuzione di opere murarie di qualsiasi genere. 5.4.2 Impianti tipici di videocitofoni Esempi di inserzioni di videocitofoni collegati con portiere elettrico delle marche più diffuse sono riportati nelle tavole 5.67 ÷ 5.72. Le apparecchiature elettriche utilizzate sono le seguenti:  due videocitofoni;  un posto esterno con due pulsanti, lampade di illuminazione targhe portanome, unità di ripresa;  una unità di alimentazione e controllo;  cavo multifilare per il collegamento delle apparecchiature;  una elettroserratura.

Impianti caratteristici negli edifici civili 247

1 2 3 4 5 6 7 8

1 2 1 2

17

0

N

19

230

L

0

230

ALIMENTATORE BPT ART. VAS/100

BPT ART. VA/100

1B 1A 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

CENTRALINA DI CONTROLLO

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

75

10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

MONITOR BPT ART. VM/100 BPT ARTT. AZ/95, VT/100

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

UNITÀ DI RIPRESA E GRUPPO FONICO

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

MONITOR BPT ART. VM/100

Tav. 5.67 Impianto videocitofonico - BPT.

N

L

248

Capitolo 5

Tav. 5.68 Impianto videocitofonico - BTicino.

2

+

1

TRASFORMATORE

BTICINO ART. E94/24

15 13 3 19 11 20 23 18 21 22 4 10 8 9 6 7 16 17

10 9 5 4 17 1 21 20 19 15 13 12 18

1 2 + 3 2 1 1 2 4 3 5 6

R S

L N

UNITÀ DI RIPRESA E GRUPPO FONICO

3

BTICINO ARTT. 15750, 15649, 15132,15250

ALIMENTATORE BTICINO ART. 15701

MONITOR BTICINO ART. 15760

10 9 5 4 17 1 21 20 19 15 13 12 18

MONITOR BTICINO ART. 15760

DEVIATORE VIDEO BTICINO ART. 15711

75

Impianti caratteristici negli edifici civili 249

Tav. 5.69 Impianto videocitofonico - Elvox.

0

230

ALIMENTATORE ELVOX ART. 5481

1 2 3 + SB Ca Cb 9 B CP CR V V A B S1 6 7 8 15 0 R +U

N L

M V A B 5 7 8 6

MONITOR ELVOX ART. 5400 ELVOX ART. 5420

MONITOR ELVOX ART. 5400

M2 V2 M1 V1 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

M2 V2 M1 V1 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

TARGA PER VIDEOCITOFONO

75

250

Capitolo 5

ALIMENTATORE FARFISA ART. 381K

MONITOR FARFISA ART. 480/41M

75

14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 2 1 3 1

14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 2 1 3 1

Y2 Y1 F O A

N L

L N

A O F Y V M F C 9 10a 10b 11 12 13 14 A S

MONITOR FARFISA ART. 480/41M

Tav. 5.70 Impianto videocitofonico - Farfisa.

UNITÀ DI RIPRESA FARFISA ART. 485K

Impianti caratteristici negli edifici civili 251

ART. MT 10

75

9 10 5 4 1 21 18 20 19 15 13 17

TRASFORMATORE

1 2 + 3 2 1 1 2 4 3 5 6

R S

L N

UNITÀ DI RIPRESA E GRUPPO FONICO

13 11 3 19 4 20 23 18 21 22 10 15 8 9 6 7 16 17

LT TERRANEO ARTT. TC10, 2147, 2657, 2132

ART. MT 10

9 10 5 4 1 21 18 20 19 15 13 17

ART. PSO 10

GRUPPO ELETTRONICO LT TERRANEO

MONITOR LT TERRANEO

MONITOR LT TERRANEO

Tav. 5.71 Impianto videocitofonico - LT Terraneo.

252

Capitolo 5

R1 R2 R4

V5 V4 V3 V2

MONITOR URMET ART. 7081/1

V5 V4 V3 V2

1 2 6 10 7 9 X1 X2 Y1 Y2

1 2 6 10 7 9 X1 X2 Y1 Y2

N

1 2 +6 -6

+6 -6 ST/BY

R2 R1

R1 R1

+TC

+TC

+LA

+LA

-LA

-LA SIN

URMET ARTT. 5150, 7072

L SN

UNITÀ DI RIPRESA E GRUPPO FONICO

ALIMENTATORE URMET ART. 7073

75

R1 R2 R4

MONITOR URMET ART. 7081/1

Tav. 5.72 Impianto videocitofonico - Urmet.

6 Impianti particolari

In questo capitolo vengono analizzati gli impianti elettrici particolari: in questa categorizzazione si vogliono comprendere tutti gli impianti che non sono di particolare competenza di un operatore elettrico, pur tuttavia sono presenti nella moderna impiantistica civile, negli edifici commerciali, dei servizi e del terziario in genere. Un accenno a tali sistemi può contribuire quindi alla formazione professionale di un tecnico impiantista elettrico, pur se tali installazioni abbisognano di un approfondimento specifico in ogni ambito per essere affrontati in modo da ottemperare ai requisiti di un impianto svolto ad opera d’arte. Tali impianti verranno suddivisi in:        

Impianto telefonico. Impianti di ricezione TV. Impianti di sicurezza antintrusione. Impianti di allarme tecnici. Impianti per bagni e docce. Impianti di luce d’emergenza. Impianti per box e posti auto. Impianti con tecnologie BUS e wireless.

6.1 Impianto telefonico La presa telefonica unificata in questi ultimi anni, oltre ad essere utilizzata per il tradizionale allacciamento del telefono, viene impiegata per una serie di nuovi servizi (Internet, videotel, fax, telescrittura, teleconferenza ecc.), i quali stanno trovando un sempre maggiore consenso da parte degli utenti e sono strettamente collegati allo sviluppo tecnologico telematico. La predisposizione di spazi abitativi e di lavoro, conformi a queste nuove utilizzazioni dell’impianto telefonico, comporta uno studio ed una progettazione più accurata. In un edificio, per comodità di identificazione, si può suddividere l’impianto in quattro parti: 1) 2) 3) 4)

Tubazioni per il raccordo del corpo edilizio alla rete telefonica esterna; Nicchia per i terminali della rete telefonica esterna; Tubazioni e canalizzazioni di ascesa e scatole di derivazione; Tubazioni per diramazioni d’utenza e punti telefono.

6.1.1 Tubazione per il raccordo del corpo alla rete telefonica esterna Le caratteristiche della rete telefonica stradale e del corpo da allacciare variano a seconda dei casi; è necessario perciò che le imprese costruttrice ed installatrice si accordino con l’ufficio tecnico dell’azienda distributrice dei servizi tele-

254

Capitolo 6

fonici, per concordare le opere da svolgere. Normalmente l’impresa costruttrice deve predisporre una tubazione interrata di materiale plastico con diametro interno non inferiore a 100 mm tra la sede stradale ed il fabbricato. Il percorso dei cavi all’interno dell’edificio, anch’esso da concordare con la società telefonica, deve essere facilmente ispezionabile e liberamente accessibile; si preferiscono quindi tracciati in locali comuni, quali corridoi, disimpegni ecc. Gli eventuali percorsi, attraversanti locali privati e muri, devono essere effettuati all’interno di tubi che garantiscano la protezione e il facile sfilamento dei cavi. I tubi possono essere posati esternamente ai muri, fissati con graffe e devono avere percorsi rettilinei; in corrispondenza di variazioni di direzione, il tubo deve essere interrotto per una lunghezza di 55 cm circa; dopo la posa del cavo, deve essere ricostruito con un tubo curvo spaccato. Il diametro interno del tubo deve avere le seguente dimensioni:  fino a 100 collegamenti, tubo da 60 mm;  oltre 100 collegamenti, tubo da 100 mm. 6.1.2 Nicchia per i terminali della rete telefonica esterna Il terminale del cavo, proveniente dalla rete telefonica stradale, è posto generalmente in un armadietto con sportello a serratura, fornito dalla società telefonica, e deve essere alloggiato dal personale dell’impresa costruttrice in una nicchia; è previsto generalmente un terminale di cavo per ogni scala. Le nicchie, costruite nel locale del piano sotterraneo o seminterrato sottostante al vano scala, sono in corrispondenza della partenza dei tubi di salita. I terminali di rete, collocati nella nicchia, devono essere accessibili dal personale della società telefonica in ogni momento. 6.1.3 Tubazioni e canalizzazioni di ascesa e scatole di derivazione Dall’armadietto, nel quale sono alloggiati i terminali di rete, devono partire dei tubi di ascesa, in modo da consentire la posa dei doppini di collegamento tra i singoli utenti e la rete telefonica esterna. Queste tubazioni devono raggiungere i vari piani dell’edificio e terminare in corrispondenza dei pianerottoli, sui quali vengono messe in opera delle scatole di derivazione poste a 25 ÷ 35 cm dal pavimento; dalle scatole si dipartono le diramazioni orizzontali per gli utenti. I tubi devono essere di materiale plastico, privo di rugosità interne, e non devono presentare strozzature e curve di raggio inferiore a 10 volte il loro diametro. Negli edifici destinati ad abitazione, per ciascun vano scala devono essere predisposti 2 tubi affiancati del diametro interno di 31 mm. Negli edifici con particolari caratteristiche (grattacieli, uffici, industrie ecc.) è consigliabile esaminare congiuntamente, impresa costruttrice e società telefonica, quale possa essere la soluzione adottabile. Le scatole di derivazione devono essere poste in opera dall’impresa costruttrice ad ogni piano dell’edificio; devono essere di materiale plastico e devono essere munite di coperchio di non facile manomissione. Le loro dimensioni minime sono stabilite in 200 x 140 x 70 mm. 6.1.4 Tubazioni per diramazione d’utente e punti telefono I tubi di materiale plastico per le diramazioni d’utente devono avere un diametro interno pari a 16 mm. All’ingresso dell’appartamento deve essere posata una batteria di 3 scatole

Impianti particolari 255

telefoniche unificate da incasso (fig. 6.1), avente la funzione di contenere sia la protezione dell’impianto che eventuali accessori. È da questa batteria che inizia la distribuzione telefonica nell’appartamento, la quale deve essere progettata con la disposizione dei punti telefono già prestabilita. I punti telefono, che saranno costituiti da scatole telefoniche unificate, devono essere posizionati ad una altezza compresa tra i 25 e i 35 cm dal pavimento; saranno collegati tra loro tramite un tubo da 16 mm, che può passare sotto il pavimento (in questo caso è richiesto un tubo in plastica pesante), oppure può essere incassato a parete. Il tubo deve formare un anello chiuso, in modo da favorire la distribuzione in qualsiasi senso. L’allacciamento sarà a cura della società telefonica, che potrà eseguire anche i lavori di distribuzione sulle varie prese utente, altrimenti eseguiti dalla ditta che cura l’impianto elettrico; dovrà essere comunque l’impresa costruttrice a far passare all’interno dei tubi il doppino telefonico. Nei tratti intercorrenti tra l’armadietto, situato alla base dei tubi di ascesa, e la prima scatola dell’appartamento e tra questa e l’ultima scatola, il cavetto telefonico non deve avere interruzioni. I collegamenti devono essere numerati presso l’armadietto e preferibilmente devono riportare il numero interno dell’appartamento. All’interno di ogni scatola si deve lasciare una ricchezza di conduttore di circa 40 cm. È consigliabile predisporre in ogni stanza un minimo di due punti telefono; oltre alle scatole già previste nell’ingresso e in corrispondenza dei punti telefono, se ne devono predisporre anche in corrispondenza di brusche variazioni di direzione del percorso dei tubi di plastica. Bisogna ricordare inoltre che le Norme CEI stabiliscono che qualsiasi tubo nicchia o scatola di derivazione, utilizzati per impianti telefonici, devono rimanere ad esclusiva disposizione degli impianti stessi e non possono in alcun caso essere occupati da conduttori di altri servizi (energia elettrica, suonerie, citofoni, televisione ecc.). Si deve infine prevedere una possibile integrazione tra impianto telefonico ed impianto elettrico, predisponendo in prossimità di ogni punto telefono delle prese elettriche per l’eventuale alimentazione di apparecchiature telematiche. Le prese telefoniche possono essere del tipo tradizionale oppure RJ11, RJ12 o RJ45 (fig. 6.2) e il collegamento delle varie prese telefoniche si effettua con due modalità operative: 1) Collegamento parallelo di tutte le prese ai due poli dell’alimentazione telefonica: tutti gli apparecchi possono ricevere e ascoltare la comunicazione telefonica da un qualsiasi apparecchio connesso al circuito. 2) Collegamento con segreto di comunicazione: l’apparecchio che viene impiegato per la comunicazione esclude gli eventuali apparecchi collegati a valle del collegamento, come da schema di figura 6.3.

Fig. 6.1 cata.

Scatola telefonica unifi-

Fig. 6.2 Presa telefonica tipo RJ.

Fig. 6.3 Inserzione di prese telefoniche tipo RJ. Schema prese telefoniche L2 TX

L2

L1 TS

TX 2

Collegamento prese telefoniche L1 L2

L1 TS T

L1 L2 TS TX

RJ11 6 Posizioni 4 Contatti

RJ12 6 Posizioni 6 Contatti

L1 L2 TS TX

L1 L2 TS TX

Nota Se si estrae la spina di un apparecchio, con questo collegamento, le utenze a valle sono scollegate. Occorre quindi fare un ponte tra L1 e TS.

256

Capitolo 6

6.1.5 Esempi di impianti telefonici Gli esempi che vengono proposti si riferiscono ad un appartamento di abitazione civile e ad un ufficio. Nel primo esempio (fig. 6.4) sono installate delle scatole unificate telefoniche: due in ogni camera, una nella cucina, due nel soggiorno e una nello studio, oltre alle tre poste nell’ingresso. Le scatole sono collegate tra loro mediante tubo in PVC di tipo pesante da pavimento e costituiscono un anello facente capo alla scatola di derivazione d’appartamento. Si evidenzia infine che all’interno del tubo di distribuzione è già predisposto il cavo e che dalle scatole viene derivato il numero necessario di prese telefoniche in base alle esigenze specifiche dell’utente. Nel secondo esempio (fig. 6.5) le scatole unificate telefoniche sono collocate nelle adiacenze di ogni posto di lavoro e, analogamente al primo esempio, fanno capo alle tre scatole di derivazione principale, formando un anello chiuso di distribuzione. Con opportuni centralini si possono realizzare impianti che oltre alle funzioni tradizionali di smistamento delle chiamate ai vari uffici, si integrano con l’impianto citofonico e videocitofonico (realizzato con i sistemi analogico, digitale e 2 fili). Per esempio l’impiego di un centralino telefonico di tale natura consente di disporre delle seguenti funzioni:

Fig. 6.4 Esempio di distribuzione telefonica in un appartamento.

  

Telefoniche; Citofoniche da tutti i telefoni dell’impianto; Videocitofoniche;

*

Bagno

* * *

TP TP Camera

* Soggiorno TP TP

TP Camera

* *

* Studio

TP

* *

Scatola telefonica unificata

*

TP

TP Cucina

*

Impianti particolari 257

*

*

TP

*

TP

TP

Direzione TP TP

* *

*

Open space

Bagno Front office

TP

*

*

TP TP

Sgabuzzino

* * *

*

   

*

Scatola telefonica unificata

Intercomunicazione tra tutti i telefoni connessi; Sorveglianza acustica degli ambienti; Attivazione di dispositivi (fino a 9) da locale o remoto; Videocontrollo.

La principale caratteristica dei telefoni di questa nuova generazione, distribuiti da varie società produttrici di materiale elettrico, è dunque la possibilità di integrare, con l’ausilio di un centralino, le funzioni videocitofoniche ed intercomunicanti con quelle telefoniche e di accedere alle principali funzioni di tipo videocitofonico (accensione luce scale, apertura serratura, attivazione del posto esterno e accensione telecamera) con dei tasti dedicati.

6.2 Impianti di ricezione TV Uno dei settori che più di altri ha avuto e ha tuttora una notevole crescita tecnologica e uno sviluppo vertiginoso è quello delle telecomunicazioni; è grazie alle nuove reti telefoniche, alle reti informatiche locali, i ponti radio, piuttosto che i satelliti geostazionari o le reti in fibra ottica, che è oggi possibile scambiare in tempo reale un’enorme quantità di dati, da un angolo all’altro della terra. La TV digitale da satellite ha trasformato il concetto stesso di TV: la TV tematica offre canali settoriali dedicati alla trasmissione di determinati argomenti quali per esempio lo sport, i cartoni, il cinema, le notizie; la pay per view per-

Fig. 6.5 Esempio di distribuzione telefonica in un ufficio.

258

Capitolo 6

mette all’utente la visione a pagamento di spettacoli ed eventi che vengono scelti tra innumerevoli offerte televisive. Per non parlare delle prossime trasmissioni di programmi e servizi via cavo che trasformeranno il televisore in un vero e proprio elemento interattivo. Anche per gli impianti di distribuzione dei segnali televisivi è stata adottata una serie di nuove norme che stabiliscono standard, caratteristiche e requisiti per la realizzazione degli impianti e per le apparecchiature da impiegare. Gli impianti per la ricezione dei segnali TV e per i servizi multimediali, devono essere costruiti e mantenuti nelle condizioni di funzionalità e sicurezza previsti dalla normativa vigente. Le norme prescrivono le caratteristiche elettriche e meccaniche che permettono all’impianto di soddisfare i requisiti di funzionalità e sicurezza che anche la legge impone. In particolare, si ricordano le Norme CEI EN 50083 1 ÷ 10, la Guida CEI 100-7 e la Guida CEI, Impianti d’antenna: come far installare gli impianti per la televisione e i relativi servizi interattivi; direttive tecniche ed esecutive - 1a Edizione, novembre 2001. La Norma EN 50083 “Impianti di distribuzione via cavo per segnali televisivi e sonori” è stata recepita come norma tecnica CEI andando a sostituire la vecchia 12-15. Secondo quanto prescritto dalla Norma EN 50083, le prese coassiali d’utente e i connettori mobili devono assicurare: 

   

Una elevata efficacia di schermatura che impedisca a qualsiasi campo elettromagnetico presente nell’ambiente di interferire sul segnale TV che trasporta anche dati, oltre al segnale audio-video. Un adeguato adattamento di impedenza al fine di evitare riflessioni di segnale indesiderate. Disaccoppiamento tra le varie uscite. Disaccoppiamento tra più prese collegate in cascata per attenuare eventuali segnali di disturbo provenienti dai vari ricevitori collegati. Requisiti di compatibilità elettromagnetica secondo le prescrizioni della direttiva EMC.

Un impianto di ricezione TV (impianto televisivo) è un insieme di apparecchi che hanno la funzione di captare dei segnali, emessi da apparecchi trasmettitori, e trasferirli in appositi decodificatori che li trasformano in immagini e suoni. I segnali vengono irradiati con una lunghezza d’onda portante di un certo valore ed occupano uno spazio determinato (banda di frequenza). È indispensabile a questo punto distinguere tra due tipologie di canali televisivi: il sistema DTT e il sistema satellitare. 6.2.1 Sistema in Tecnica Digitale Terrestre A differenza del sistema di trasmissione del segnale televisivo analogico, che viene elaborato in forma continua e trasmesso via etere sotto forma di onda elettromagnetica, il sistema in tecnica digitale indica la natura numerica di un segnale, tv, radio, multimediale o la tipologia di un apparecchio predisposto alla creazione, archiviazione, trattamento e riproduzione di contenuti audio, video, fotografici, grafici, multimediali in genere. I segnali del sistema DTT (Digital Terrestrial Television), sono stati pensati per avere una notevole robustezza a varie situazioni di propagazione e impiantistica. Generalmente sono più robusti dei segnali TV analogici; quindi, normalmente l’impiantistica legata all’introduzione di questa tecnologia trasmissiva sarà equivalente o meno critica di quella legata al sistema televisivo analogico. In qualche caso si espliciterà la richiesta di utilizzare componentistica dichiarata compatibile DTT, in quanto alcune peculiarità del sistema, quali ad esem-

Impianti particolari 259

pio l’uso della banda del canale a radio frequenza, sono diverse. Sicuramente nel caso della componentistica passiva, in particolare delle antenne, il sistema DTT è compatibile con il sistema AM-VSB. Contrariamente a quanto succede con la TV analogica dove un canale trasmissivo di 7 MHz o di 8 MHz, contiene un solo programma, vengono inviati nella stessa banda più programmi in forma digitale. Il segnale DTT viene trasmesso nelle bande di frequenza normalmente riservate alla trasmissione dei segnali televisivi. In Italia viene utilizzata la banda III in VHF e le bande IV e V in UHF. In banda III il segnale ha una larghezza di banda di 7 MHz, in banda IV e V il canale ha una larghezza di banda di 8 MHz. Va peraltro segnalato che il Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze per la radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale (PNAF-DVB) (Delibera n. 15/03/CONS) prevede in futuro una ricanalizzazione ad 8 MHZ della Banda III per uniformità col resto d’Europa. La canalizzazione e la larghezza di banda utilizzate sono le stesse che normalmente vengono utilizzate per la trasmissione dei programmi TV analogici. La tabella 6.1 riporta i valori dei limiti di canale in rapporto al canale. Tab. 6.1 Canali televisivi terrestri con le corrispondenti lunghezze d’onda.

Banda III

Bande IV e V

Canale D E F G H H1 H2 21 22 23 24 25 26 …. 63 64 65 66 67 68

Limiti canale (MHz) 174 ÷ 181 182,5 ÷ 189,5 191 ÷ 198 200 ÷ 207 209 ÷ 216 216 ÷ 223 223 ÷ 230 470 ÷ 478 478 ÷ 486 486 ÷ 494 494 ÷ 502 502 ÷ 510 510 ÷ 518 …. …. 806 ÷ 814 814 ÷ 822 822 ÷ 830 830 ÷ 838 838 ÷ 846 846 ÷ 854

L’impianto di ricezione dei segnali TV può avere realizzazioni molto diverse in funzione delle situazioni ambientali nelle quali si trova ad operare. Nella figura 6.6 che segue è esemplificato questo concetto: il sistema di antenna e la presa TV della villetta unifamiliare sono equivalenti a quelle di un condominio. Il terminale di testa (centralina TV) e l’impianto di edificio non sono equivalenti. In entrambe le situazioni, schematizzando, si possono evidenziare 5 funzioni: 1) Sistema di antenne per la ricezione dei segnali (via terrestre, via satellite). 2) Terminale di testa (solo segnali via terrestre, anche segnali via satellite ecc.). 3) Impianto di edificio (per bande adatte ai sistemi via terrestre, via terrestre

260

Capitolo 6

più satellite, multi cavo ecc.). 4) Impianto di appartamento. 5) Ricevitore (STB, ricevitore TV). 1

2

3 5 4

1

2

3 5 Fig. 6.6 Impianto di ricezione DTT in una villetta unifamiliare e in un condominio.

4 a) Villetta unifamiliare

b) Condominio

Sistema di antenne riceventi In generale si suppone che l’impianto sia a norma e correttamente funzionante. Nel caso questo non sia vero, è necessario un intervento di bonifica. A questo proposito si ricorda l’obbligo di certificazione dell’impianto da parte dell’installatore previsto dalla legge. In molti casi, quando i trasmettitori dei segnali di interesse dell’utente sono posti negli stessi siti di trasmissione dei segnali TV analogici che l’utente normalmente riceve con le stesse polarizzazioni e trasmettono su frequenze “libere”, il sistema di antenne riceventi è con molte probabilità già adeguato per la ricezione dei segnali DTT. Quando i trasmettitori dei segnali DTT sono posti in altri siti o in diverse polarizzazioni sarà necessario un intervento per l’aggiunta di una antenna per ogni nuovo sito o nuova polarizzazione di interesse dell’utente. In molti casi potrebbe essere conveniente l’installazione di antenne di canale per diminuire la possibilità di interferenze, specialmente nel caso di sistemi di amplificazione di edificio a larga banda. Nel caso di aggiunta di antenne di canale, si indica l’uso di antenne dichiarate dal costruttore adatte all’uso di segnali DTT: questo per evitare le disequalizzazioni che non danneggiano molto i segnali analogici, ma che possono dare fastidio ai segnali DTT. Terminale di testa Il terminale di testa normalmente è diverso fra i sistemi per impianti collettivi e per impianti singoli, se non altro per il livello del segnale in uscita al sistema di amplificazione. Negli impianti singoli, in molti casi, quando il livello del segnale in antenna è sufficiente, il sistema di amplificazione non è presente ma le antenne sono connesse direttamente al ricevitore. Quando il sistema di amplificazione è presente, a parte il livello del segnale di uscita, non ci sono sostanziali differenze tecniche fra l’amplificazione di un impianto singolo o di uno collettivo.

Impianti particolari 261

Normalmente incidono considerazioni di tipo economico che spingono negli impianti singoli ad amplificazioni a larga banda, normalmente meno costose, mentre negli impianti collettivi, specialmente se di grandi dimensioni, sono spesso presenti impianti canalizzati. Nel caso di impianti canalizzati, ogni segnale DTT richiede un nuovo amplificatore di canale (o filtro amplificato di canale) o un convertitore di canale. Per altro anche un nuovo canale TV analogico richiederebbe esattamente la stessa cosa. Per gli impianti con amplificazione a larga banda, quando siano presenti interferenze co-canale provenienti da trasmettitori di diversi siti o di polarizzazioni diverse, fra segnali DTT e segnali TV analogici o altri segnali DTT, bisognerà effettuare una o se necessario più di una delle seguenti operazioni in funzione del fatto che il segnale interferente sia da utilizzare comunque nell’impianto o meno:   

Attenuare l’interferenza TV analogica mediante filtri elimina canale. Convertire il canale analogico su una frequenza libera Convertire il canale DTT su una frequenza libera.

Impianto di edificio e di appartamento Gli impianti di edificio e di appartamento devono essere anch’essi a norma. Si sottolineano in questo caso due aspetti: la schermatura dell’impianto e gli adattamenti di impedenza. La Guida 100-7 del CEI richiede un coefficiente di schermatura di almeno 75 dB per gli impianti di edificio nelle bande interessate dal sistema DTT. Questo si ottiene con cavi adeguati, componenti passivi adeguati e soprattutto con una cura installativa notevole. Una calza del cavo coassiale male collegata fa precipitare il coefficiente di schermatura dell’impianto. Sovente questi effetti si vedono dopo un po’ di tempo che l’installazione è stata effettuata, a causa di ossidazione delle superfici ecc. Questo può comportare che l’interferenza che con tanta cura si è eliminata dal sistema ricevente entra attraverso il cavo. I segnali DTT sono vulnerabili agli echi corti, dell’ordine di 0,15 s. Negli impianti fissi, questi echi possono essere soprattutto causati da disadattamenti di impedenza, come ad esempio da code di cavi coassiali non terminati. Quasi tutti i produttori di materiali per questo tipo di installazioni forniscono degli esempi per la corretta installazione dei materiali. In particolare per prevenire questo tipo di problemi è importante inserire le terminazioni a 75  in tutti i punti consigliati e non lasciare delle code di cavo collegate senza terminazione. La Guida 100-7 del CEI riporta inoltre l’isolamento a RF che deve esserci fra le varie prese dell’impianto di distribuzione dei segnali TV e multimediali. Questo è un dato importante che permette evitare interferenze fra un ricevitore ed un altro collegati sullo stesso impianto. Misure che caratterizzano il segnale DTT I parametri che caratterizzano principalmente il segnale DTT sono:    

Signal Level (Livello del segnale). Rapporto C/N (Carrier/Noise, portante/rumore). BER (Bit Error Ratio). MER (Modulation Error Ratio).

Altri parametri possono essere valutati (per esempio, CSI - Channel Status Information) e molti strumenti di misura permettono simili valutazioni.

262

Capitolo 6

Signal Level Il livello del segnale ricevuto è uno dei parametri principali che permette di valutare se il ricevitore (STB) è nelle condizioni di lavorare correttamente. Viene misurato sia per i segnali analogici sia per i segnali digitali in dBV (o in dBmV; 1 dBmV= 60 dBV; 0 dBV = 1 V). Nei canali analogici viene attribuito a questo parametro il valore di picco della portante video che è raggiunto durante la trasmissione dei segnali di sincronismo. Nel caso di segnali digitali questo valore è dato dal livello complessivo del segnale misurato nell’intera banda del canale, che nel caso DTT è di 7 o 8 MHz. Se misurato con strumenti che hanno le specializzazioni per i sistemi DTT il valore deve essere compreso fra 31 dBV e 80 dBV per la modulazione 64 QAM codice interno 2/3. Rapporto C/N (Carrier/Noise) È una definizione impropria, in quanto non ha molto senso parlare di una unica carrier nel sistema DTT. Il valore C è la quantità di segnale utile che è compresa nella banda del canale interessato, mentre N è il rumore Gaussiano che interferisce con il segnale utile all’interno della stessa banda. Si misura in dB. BER (Bit Error Ratio) I sistemi televisivi digitali trasmettono il loro contenuto in forma digitale. Le trasmissioni televisive digitali sono quindi un flusso di informazioni elementari chiamate “bit”, che vengono trasferite dal trasmettitore al ricevitore utilizzando le modulazioni più adatte al mezzo trasmissivo che si deve usare. Il BER, chiamato anche tasso di errore è il rapporto fra il numero di bit (informazioni elementari) sbagliati che giungono nel punto in cui si effettua la misura ed il numero totale di bit trasmessi. Questi valori sono fondamentali per capire se il sistema funziona correttamente. È fondamentale il valore di questo parametro prima del correttore d’errore Reed Solomon, che non deve essere peggiore di 2 x 10-4. Questo valore corrisponde alla condizione QEF (Quasi Error Free). Gli strumenti riportano queste misure in varie forme e in vari punti della catena del sistema di ricezione. Ogni strumento indica sul suo manuale, modulazione per modulazione, codice interno per codice interno la corrispondenza fra il valore QEF e la misura di BER effettuata prima del correttore Reed Solomon. Molti strumenti forniscono anche informazioni relative al BER dopo il correttore Reed Solomon. Poiché gli errori in quel punto del sistema ricevente devono essere molto pochi, quindi una stima completa richiederebbe molto tempo, di solito viene riportata una valutazione del genere: migliore di N x 10-8 , oppure zero. Altri strumenti riportano in funzione della qualità del segnale ricevuto delle informazioni quali:   

Fail: qualità del segnale ricevuto inutilizzabile. Marg: qualità del segnale ricevuto insufficiente. Pass: qualità del segnale ricevuto sufficiente.

Queste informazioni semplificano le analisi da parte dell’installatore, per contro in caso di necessità bisognerà comunque valutare tutti i parametri significativi dei sistema di ricezione per comprendere bene i problemi. MER (Modulation Error Ratio) Il parametro MER è definito nella specifica ETR 290 (linee guida sui metodi di misura per i sistemi DVB). Questa figura di merito è calcolata valutando la completa degradazione del segnale che è presente all’ingresso del circuito di decisione di un ricevitore e

Impianti particolari 263

fornisce una indicazione della capacità di decodificare correttamente il segnale. È espresso in dB, e più è alto il suo valore migliore è la qualità del segnale ricevuto. In presenza del solo rumore “gaussiano”, MER coincide con C/N. Contenuto del segnale DTT Il contenuto del segnale DTT che occupa la banda di un normale programma TV analogico, si chiama Transport Stream (TS) o Multi Program Transport Stream (MPTS) nel caso in cui contenga più programmi e/o servizi, anche se nel gergo viene chiamato Multiplex.

Codifica Segnale Video Video 11

Segnale Audio 1

Codifica Video 1

Codifica Audio Video 1

000011....000110.... Segnale Dati 1

Segnale Audio 2

Segnale Audio 3

Codifica Audio Video 12

TS MUX

Codifica Audio Video 13

000011....000110.... Segnale Dati 2

Codifica Segnale Video Video 21

Codifica Video 2 1

Un MPTS può contenere al suo interno più programmi video, audio, informazioni relative ai programmi trasmessi, per esempio l’EPG (Electronic Program Guide) e altre sequenze di dati, per esempio per servizi interattivi. Nella figura 6.7 è riportato uno schema di principio di come può essere composto il contenuto informativo di un MPTS. I vari servizi audio, video vengono digitalizzati e codificati nel blocco chiamato nella figura “Codifica”, poi vengono inviati ad un blocco chiamato TS MUX (Transport Stream MUltipleXer), che forma il flusso digitale da inviare al sistema che prepara i dati per la trasmissione. Nella figura sono esemplificati due canali video, tre canali audio, due flussi dati. Nella realtà i MPTS vengono composti dagli operatori televisivi secondo le esigenze di trasmissione con un numero di programmi variabile, che può arrivare anche a 6 ÷ 7 canali video, oppure ad una quarantina di canali radio ecc..

Fig. 6.7 Schema di principio del contenuto di un sistema DTT.

264

Capitolo 6

6.2.2 Impianti satellitari Gli impianti satellitari sono impianti per la ricezione dei programmi che provengono dai satelliti geostazionari, cioè da quei satelliti che ruotano attorno alla Terra alla distanza di 36.000 km ed hanno una velocità angolare identica a quella della Terra. I satelliti geostazionari situati davanti ad una determinata zona della Terra sembrano fermi rispetto all’osservatore e si possono quindi ricevere con una antenna fissa puntata nella esatta direzione del satellite preferito (fig. 6.8).

Fig. 6.8 Orbita geostazionaria per ricezione satellitare.

Un impianto fisso è composto da tre elementi fondamentali:   

la parabola, il convertitore (detto anche LNB), il ricevitore (analogico o digitale).

Parabola Un’antenna parabolica è un’antenna ad apertura, dotata di specchio parabolico (riflettore), che può essere utilizzata sia in trasmissione che in ricezione (fig. 6.9). Il funzionamento del disco parabolico, in ricezione, è quello di riflettere i segnali provenienti dal satellite e concentrarli sull’LNB, quest’ultimo è l’elemento attivo che realmente esegue la ricezione e la conversione del segnale. La direttività, e quindi il guadagno di una antenna parabolica, dipende dal rapporto tra il suo diametro efficace e la lunghezza d’onda utilizzata nella ricetrasmissione: tanto più elevato è tale rapporto tanto più elevato è il guadagno e la direttività.

Fig. 6.9 Antenna parabolica.

Piccole antenne riceventi (diametri dell’ordine di 60 cm in poi) sono utilizzate, per esempio, per ricevere trasmissioni televisive da satelliti posti in orbita geostazionaria. Grandi antenne (diametri che raggiungono anche più di 30 m) sono usate per comunicazioni tra satelliti e loro stazioni di controllo. La qualità del segnale trasmesso non è identico in tutte le zone e dipende anche dal satellite che si vuol ricevere, ciò impone agli utenti l’acquisto di parabole di dimensioni diverse in relazione al luogo geografico. I satelliti dif-

Impianti particolari 265

fondono i segnali in un’area molto vasta ma, all’interno di quest’area, il segnale non è percepito allo stesso modo in tutti i punti. Di solito, il segnale diminuisce man mano che ci si sposta dal centro verso le zone periferiche. Il segnale dei satelliti europei, per esempio, è più forte al centro dell’Europa e si indebolisce sempre di più man mano che ci si sposta verso l’esterno. Ecco perché (per esempio, su alcuni trasponder di Astra) chi vive nelle regioni del nord Italia, dove il segnale è abbastanza nitido, può acquistare una parabola di circa 60 cm, mentre per chi abita nelle città del Sud Italia, potrebbe essere necessaria una parabola del diametro di quasi 150 cm. Tra i satelliti che si posso captare nel nostro Paese, i più noti sono EutelSat (denominato anche Hot Bird) ed Astra, le cui posizioni orbitali sono rispettivamente 13 gradi ad Est e 19.2 gradi Est. Rispetto a quanto detto sulla dimensione della parabolica, occorre precisare che fa eccezione il satellite EutelSat Hot Bird; il segnale trasmesso da questo satellite, infatti, è molto potente ed è in grado di coprire tutta l’Europa senza perdite di segnale rilevanti per le zone periferiche. Per la ricezione del segnale da questo tipo di satellite può andar bene una parabola di media grandezza che si aggira tra i 60 e gli 80 cm (teoricamente, ma per molti versi anche in pratica, è possibile usare antenne dell’ordine di 40 cm). Nella tabella 6.2 si riassume il diametro di un antenna parabolica in funzione della densità di segnale. Tab. 6.2 Rapporto tra diametro di un’antenna parabolica e densità di segnale.

dBW 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54

diametro teorico [m] 2,02 1,80 1,60 1,43 1,27 1,14 1,05 0,80 0,72 0,72 0,64 0,57 0.51 0,45 0,40

diametro consigliato [m] 2,5 2,0 1,80 1,50 1,50 1,20 1,20 1,20 1,0 1,0 0,9 0,8 0,8 0,7 0,6

Quando usata in ricezione essa è dotata di un elemento ricevente che incorpora un amplificatore a basso rumore e, spesso, un convertitore di frequenza (in tal caso l’elemento integrato prende il nome di Low Noise Block Converter, LNBC o semplicemente LNB). Quando usata in trasmissione l’antenna parabolica è dotata di un elemento trasmittente che prende il nome di illuminatore (o feeder), che spesso è costituito da una piccola antenna a tromba. Antenna prime-focus L’antenna prime-focus (fig. 6.10) è una antenna parabolica a riflessione, di sezione circolare, ricavata sezionando un paraboloide con un piano perpendicolare all’asse dello stesso. Il fuoco si trova in asse con l’antenna e pertanto al centro di essa. Il LNB per captare i segnali provenienti dal satellite è montato, pertanto in corrispondenza del centro del disco. Commercialmente, le antenne prime focus sono generalmente di diametro

266

Capitolo 6

maggiore delle antenne offset. Per la superficie maggiore, l’antenna primefocus è meno sensibile a piccole irregolarità della superficie, anche se, a causa dell’angolo di apertura più piccolo, necessita di un puntamento e di un’installazione più accurati rispetto alle più comuni antenne offset. Tuttavia, a causa della posizione di montaggio più orizzontale, rispetto alle antenne offset la pioggia o neve si possono raccogliere facilmente sul disco dell’antenna condizionando negativamente la ricezione dei segnali provenienti dal satellite. Inoltre, il LNB e i bracci di sostegno di questo coprono con la loro ombra parte del segnale che giunge dal satellite che non colpisce pertanto la superficie del riflettore.

Fig. 6.10 Antenna prime-focus.

Antenna offset Un’antenna satellitare di tipo offset (fig. 6.11) è un particolare tipo di antenna per la ricezione di segnali provenienti da satelliti geostazionari ed è molto diffusa per la ricezione della televisione via satellite. Un’antenna offset è formata essenzialmente da un riflettore (di sezione ellittica), in acciaio, alluminio o materiale plastico, ricavato dalla superficie di un paraboloide tagliandola con un piano non perpendicolare all’asse del paraboloide stesso. Pertanto il fuoco del paraboloide, dove sarà collocato il ricevitore LNB non è in corrispondenza del centro dell’antenna ma spostato di un angolo di offset rispetto alla verticale della parabola.

Fig. 6.11 Antenna offset.

Il vantaggio di questa tecnica costruttiva rispetto ad una tradizionale antenna prime-focus è che il segnale che proviene dal satellite colpisce la totalità della superficie del riflettore che non è coperto dall’ombra del convertitore LNB o dei bracci che lo sostengono. La superficie delle antenne offset in commercio non è circolare, ma ellittica. L’angolo di offset generalmente si aggira intorno ai 20-25 gradi, pertanto le parabole offset sono montate più verticalmente rispetto ad una parabola prime focus. Questo si traduce in ulteriore vantaggio (soprattutto nei paesi con latitudine elevata): la posizione quasi verticale dell’antenna riduce il rischio che possa deformarsi a causa dell’accumulo di neve sul piatto.

Impianti particolari 267

Antenna toroidale Le antenne toroidali (fig. 6.12) sono delle particolari antenne satellitari la cui superficie di riflessione è studiata in modo tale da non avere un solo punto di fuoco ma piuttosto una linea nella quale si forma il fuoco a seconda dell’incidenza del raggio da cui proviene il segnale da satelliti posti in posizione diversa tra loro.

Fig. 6.12 Antenna toroidale.

In questo modo con un’unica antenna è possibile raccogliere il segnale proveniente da satelliti distinti. Ovviamente per ogni posizione satellitare si formerà un fuoco diverso in corrispondenza del quale sarà necessario montare l’apposito LNB. L’angolo ottimale per la ricezione dei satelliti può variare a seconda dei modelli in commercio e del disegno della superficie di riflessione da 15°-20° fino a 40°-45°. Le antenne toroidali con un angolo maggiore generalmente sono di tipo gregoriano, ossia hanno una doppia superficie riflettente allo scopo di ottimizzare la linea in cui si verifica la formazione dei fuochi. Convertitore LNB (Low Noise Block Converter) Il LNB è il blocco convertitore a basso rumore che, nella tecnologia di trasmissione televisiva satellitare, è collocato nel fuoco dell’antenna parabolica ricevente. Il LNB (fig. 6.13) è il primo componente attivo (il disco della parabola è un componente passivo) che il segnale incontra nel suo percorso verso l’apparecchio televisivo; ha il compito di ricevere il segnale proveniente dal satellite, amplificare e operare la conversione di frequenza, ovvero traslare entrambe le bande “in blocco” in una banda di frequenza inferiore: la conversione di frequenza Gamma della 1ª frequenza intermedia (First Intermediate Frequency). Ciò è necessario in quanto i satelliti illuminano la Terra con un segnale la cui frequenza, dell’ordine della decina di gigahertz, è difficilmente trasportabile con un cavo coassiale. Con il blocco di conversione l’intera gamma di ricezione è trasferita a una frequenza a un ordine da 5 a 10 volte inferiore (tra gli 0,9 e i 2,1 gigahertz) e meglio gestibile. Il segnale così convertito è trasferito al ricevitore satellitare tramite l’utilizzo di un cavo coassiale. I componenti principali che costituiscono un LNB sono:   

l’Amplificatore, l’Oscillatore, il Convertitore di Frequenza.

Il LNB è un componente attivo e necessita pertanto di un’opportuna alimentazione elettrica. La tensione di alimentazione di questo componente è com-

Fig. 6.13 Convertitore LNB.

268

Capitolo 6

presa tra 13 e 18 V. Negli impianti centralizzati questa tensione viene fornita dal centralino TV satellite mentre negli impianti individuali è fornita dai ricevitori SAT e trasferita all’LNB tramite lo stesso cavo coassiale che collega i due componenti, centralino e LNB oppure ricevitore e LNB. Questa tecnica viene chiamata telealimentazione. Il LNB che oggi viene impiegato sia in impianti individuali che centralizzati viene definito come l’LNB universale. Tale denominazione è dovuta al fatto che al suo interno l’LNB universale include tutti i circuiti necessari sia alla conversione di frequenza, sia alla selezione di banda e polarizzazione. Moderni LNB universali usano principalmente le polarizzazioni lineari e hanno anche la possibilità di selezionare un range di frequenze di ingresso (due per ogni polarizzazione dette Banda Bassa e Banda Alta) utilizzando un segnale di controllo chiamato tono di commutazione a 22 kHz che è sovrapposto (o meno) al tono in tensione (tab. 6.3). Tab. 6.3 Rapporto tra tensione, polarizzazione e banda nei convertitori LNB. Tensione 13 V c.c. 18 V c.c. 13 V c.c. + 22 kHz 18 V c.c. + 22 kHz

Polarizzazione Verticale Orizzontale Verticale Orizzontale

Banda Bassa Bassa Alta Alta

In pratica il LNB fornirà in uscita un gruppo di transponder diversi a seconda della tensione utilizzata. In totale vi sono quindi Quattro Gruppi di trasponder, ciascun canale può appartenere ad uno di questi gruppi di trasponder, in base alla frequenza e alla polarizzazione di trasmissione. Esistono vari tipi di LNB, a seconda di quale banda possono ricevere. In particolare esistono LNB per la banda s, c e ku (banda tradizionale della TV satellitare). Gli LNB per la banda ku si dividono in LNB universali (polarizzazione verticale ed orizzontale) e LNB a polarizzazione circolare. Gli LNB banda ku universali sono di gran lunga più economici e diffusi. Oggi esistono diversi tipi di LNB universale in funzione dell’impiego: 

Universali normali (singoli); sono adatti ad impianti di ricezione individuali.  LNB twin out; sono utilizzati per collegare due ricevitori satelliti ad una stessa antenna parabolica. Esistono anche a 4 (quad) oppure 8 (octo) uscite.  Universali Monoblock; sono LNB per la ricezione di due satelliti con lo stesso decoder ed una sola parabola. Esistono a 1, 2 e 4 uscite indipendenti.  LNB Quattro; sono impiegati in tutti i tipi di impianto collettivi. Attenzione a distinguerli dai Quad. I Quattro non hanno quattro uscite indipendenti ma forniscono in uscita le quattro bande che poi devono essere utilizzate attraverso uno apposito centralino.  LNB SCR ad uscita singola; sono utilizzati per gestire indipendentemente fino a 4 decoder SCR. Questi tipi di LNB permettono di utilizzare un solo cavo di discesa, ma occorre avere dei decoders compatibili. Le caratteristiche significative di un LNB sono: la cifra di rumore dichiarata dal costruttore, la frequenza degli oscillatori locali e il guadagno. In commercio si possono trovare LNB con cifra di rumore compresa tra 0,1 ed 1 dB, il valore minore corrisponde ad una qualità migliore. In pratica questo parametro indica quanto rumore apporti ai segnali in transito il processo di amplificazione che il convertitore applica su di esso. Minore cifra di rumore significa segnale meno disturbato. Gli LNB a più bassa cifra di rumore sono più adatti alla ricezione dei canali HD, essendo questi ultimi più

Impianti particolari 269

sensibili ai disturbi e al rumore. Gli oscillatori locali sono invece a 9,75 GHz per la banda bassa (compresa tra 10,7 e 11,7 GHz) e 10,6 GHz per la banda alta (compresa tra 11,7 e 12,75 GHz). Essi servono per ridurre drasticamente la frequenza dei segnali. Come si è visto in precedenza, in seguito a questa riduzione i segnali potranno essere trasferiti dove necessario, utilizzando uno specifico cavo coassiale. La terza caratteristica è il guadagno che solitamente è compreso tra 40 e 60 dB. Relativamente al guadagno non si deve pensare che quando questo è maggiore, l’LNB sia migliore. Questo parametro del convertitore è un fattore che deve essere considerato di volta in volta nel contesto progettuale di ogni singolo impianto collettivo. Esistono comunque amplificatori di Linea che consentono di amplificare il segnale, se la lunghezza dei cavi (e quindi l’attenuazione) è eccessiva. solitamente vanno installati a metà percorso. Ricevitori satellitari e decoder (STB Set Top Box) La funzionalità più comune offerta da un ricevitore satellitare è la ricezione della televisione trasmessa via satellite, quindi la compatibilità con uno o più standard televisivi satellitari. Il televisore infatti è sempre compatibile con gli standard televisivi per la televisione analogica terrestre (oggi anche il digitale terrestre) in quanto è la tipologia di televisione più diffusa, la tecnologia base utilizzata ad esempio dalla televisione pubblica. Solo saltuariamente il televisore è compatibile con altri standard televisivi come ad esempio quelli per la televisione satellitare. Il ricevitore (fig. 6.14) si presenta come un box in metallo e/o plastica di dimensioni mai superiori a quelli di un videoregistratore. Il ricevitore satellitare è un apparecchio in grado di ricevere e trasformare i segnali che vengono ricevono dai convertitori (LNB) in semplici segnali televisivi. La principale funzione è quella di sintonizzare le frequenze che il convertitore è in grado di trasportare per mezzo di un cavo coassiale. Dopodiché il ricevitore memorizza i diversi canali e li rende disponibili sul televisore. Si può riferire a trasmissioni analogiche o digitali. Il ricevitore satellitare richiede l’impiego di un’installazione che non presenta enormi difficoltà. È necessario che al ricevitore venga collegato il cavo coassiale tramite un connettore standard chiamato connettore F, ed eventualmente anche le prese scart che servono per il tv color, il lettore dvd e il decoder esterno. Attualmente per collegare ricevitori e TV in alta definizione (HD) si utilizza un cavo per lo standard digitale definito HDMI. Con la televisione satellitare, al contrario della televisione terrestre e via cavo, è possibile ricevere televisioni di altre nazioni in quanto tratta aree geografiche continentali. Inoltre la televisione satellitare ha una buona ricezione nella quasi totalità delle zone. 6.2.3 Componenti attivi degli impianti di ricezione TV Antenne Un’antenna ricevente può essere definita come un apparecchio in grado di rilevare l’energia di un campo elettromagnetico e in grado di fornire, ai capi dei propri morsetti, un segnale utilizzabile nel ricevitore TV. Nello scegliere e installare un’antenna si deve tenere in considerazione che l’efficienza ottenibile è condizionata sia da caratteristiche intrinseche, proprie dell’antenna stessa,

Fig. 6.14 Ricevitore satellitare.

270

Capitolo 6

che da un insieme di fattori esterni che variano a seconda delle situazioni. Le caratteristiche intrinseche di una antenna sono definite da:   

guadagno, angolo di apertura, rapporto tra sensibilità nella direzione di ricezione e in quella opposta. I principali fattori esterni si possono invece suddividere in due tipi:



Fattori strutturali. Comprendono caratteristiche quali l’altezza dell’edificio sul quale viene installata l’antenna, le potenziali barriere (costituite da fabbricati vicini), la lunghezza dell’impianto e la quantità di utenze.  Fattori di ricezione. Sono caratterizzati dal livello di intensità dei segnali in arrivo, dalla loro lunghezza d’onda e dall’eventuale presenza di disturbi. La normativa stabilisce che l’impedenza di ingresso e di uscita di tutti gli elementi attivi e passivi sia di 300 , per cavo in piattina, e di 75 , per cavo coassiale. Le antenne devono essere costruite con materiali inossidabili e in lega leggera, in modo da poter resistere alle sollecitazioni atmosferiche. In linea generale sono costituite da elementi di alluminio o acciaio zincocromato e verniciato. Esistono in commercio vari tipi di antenne la cui conformazione è strettamente legata alla banda di frequenza che devono ricevere. La parte più importante di ogni antenna è il dipolo: elemento capace di captare le onde elettromagnetiche, di rendere disponibile ai suoi capi una tensione e di inviarla all’impianto televisivo. Il dipolo può essere realizzato in versione semplice (rettilinea), ripiegata o in altre forme che comunque consentano un suo orientamento perpendicolare al piano di provenienza del segnale. Ai capi del dipolo viene collegato il cavo coassiale, il quale, a sua volta, viene connesso al miscelatore o al centralino dell’impianto TV. La figura 6.15 schematizza un’antenna con riflettore a griglia, montata su palo e con cavo coassiale.

Cavo coassiale Fig. 6.15 Antenna con riflettore a griglia montata su palo, con cavo coassiale.

Palo Il dipolo non viene usato da solo ma si combina generalmente con un riflettore (situato posteriormente) e con uno o più direttori (posti anteriormente). In linea generale si costruiscono antenne per la ricezione di canali VHF e UHF terrestri e antenne paraboliche per i canali satellitari.

Impianti particolari 271



Antenne VHF: possono essere strutturate sia per la ricezione di un solo canale (monocanali) che per la ricezione di più canali della stessa banda (a larga banda).  Antenne UHF: si distinguono in direttive a larga banda, a pannello, per gruppi di canali e a larga banda con riflettore a cortina o diedro.  Antenne paraboliche: possono essere costruite in acciaio o alluminio, in versioni di diverso diametro (60, 80, 100, 120, 150 cm). La figura 6.16 riporta i diagramma di direttività, rispettivamente di un’antenna VHF e di una UHV.

Fig. 6.16 Diagrammi di direttività. Antenna VHF

Antenna UHF

Terminale di testa Il terminale di testa è quell’insieme di apparecchiature interposto tra l’antenna e la rete di distribuzione dei segnali. La sua funzione è di adattare i segnali entranti e distribuirli alle varie prese d’utenza e può essere costituito, a seconda dello specifico impianto, da miscelatori, demiscelatori, filtri, attenuatori, convertitori di canale, amplificatori e preamplificatori d’antenna. Miscelatore Il miscelatore è una apparecchiatura che ha la funzione di combinare e trasmettere, attraverso un unico cavo, un determinato numero di segnali anche di canali diversi. Può essere del tipo:   

a larga banda, quando copre tutta la gamma di frequenze televisive; di banda, quando somma segnali di più bande di frequenza; di canale, quando lascia passare solamente le frequenze di alcuni canali.

I miscelatori possono essere in versione da palo, da sottotetto, oppure essere incorporati direttamente sull’antenna. Le loro caratteristiche sono: 

la perdita di passaggio, o attenuazione, la quale è definita come la perdita di segnale che si ha nell’apparecchiatura;  la banda passante, definita come l’intervallo di frequenza di utilizzo;  la separazione fra gli ingressi, definita come elevata attenuazione per le frequenze non volute che, per evitare fenomeni di interferenza tra i vari canali, deve essere di circa 20 dB. La figura 6.17 riporta un miscelatore di banda e canale. Fig. 6.17 canale.

Miscelatore di banda e

272

Capitolo 6

Demiscelatore È un dispositivo che compie la funzione inversa del miscelatore e separa in uscita i segnali, convogliati da un unico ingresso. Lo stesso miscelatore può essere usato come demiscelatore, quando vengono invertiti gli ingressi con le uscite. Filtro È quell’apparecchiatura che svolge la funzione di modificare il segnale del circuito sul quale è collocata. A seconda dello specifico filtro si possono avere per esempio attenuazioni di tutti i canali, eccetto di quello sul quale il filtro è sintonizzato; oppure il filtro può consentire il passaggio di frequenze di una determinata banda, attenuando tutte le altre. Attenuatore È un dispositivo resistivo che consente di ridurre il valore di un segnale. Esso è normalmente impiegato in tutte quelle situazioni in cui un segnale in arrivo è troppo intenso e crea interferenze su altri canali. Convertitore Il convertitore ha la funzione di trasferire un segnale televisivo su un canale diverso da quello sul quale viene emanato. La trasposizione del segnale è necessaria quando: 

si vogliono ricevere più canali incompatibili tra loro, oppure con frequenze molto vicine;  l’impianto di distribuzione è particolarmente lungo;  ci si trova in presenza di un segnale molto forte che viene ricevuto direttamente dalla TV e solo secondariamente attraverso l’antenna. Amplificatore e preamplificatore d’antenna Sono apparecchiature elettroniche che amplificano il segnale in arrivo, se l’entità di questo segnale risulta insufficiente per assicurare una buona qualità delle immagini riprodotte dall’apparecchio televisivo (fig. 6.18). Le caratteristiche di queste due apparecchiature sono le seguenti:  

Fig. 6.18 Centralino TV B I - III IV - V - UHF 40 DB.

  

il guadagno (è il valore di amplificazione del segnale ed è misurato in decibel); il fattore di rumore (rappresenta la caratteristica di aumento del rumore ed è anch’esso misurato in decibel); l’impedenza dell’apparecchio; la banda passante (intervallo di frequenza che viene amplificato); tensione di alimentazione.

La loro installazione può essere fatta, analogamente a quella del miscelatore, sul palo o nel sottotetto. Risulta evidente che, in presenza di segnali deboli anche dopo l’installazione di un amplificatore, si deve ricorrere ad un diverso posizionamento dell’antenna, in modo da determinare un diverso rapporto di ricezione. Frequentemente gli amplificatori sono dotati di attenuatori su ogni ingresso. La loro funzione è di predeterminare una situazione ottimale, prima dell’amplificazione dei segnali. Il guadagno è strettamente legato al numero di prese inserite nell’impianto: più grande è l’impianto, maggiore deve essere il guadagno dell’amplificatore. I preamplificatori di antenna sono normalmente telealimentati mediante il cavo coassiale. In questa situazione anche i miscelatori, i filtri, gli attenuatori ecc. devono essere predisposti per una tale alimentazione.

Impianti particolari 273

Centralino Negli impianti di ricezione televisivi, il centralino è il cuore dell’impianto; esso è principalmente costituito da un alimentatore e da un miscelatore; inoltre, a seconda dei modelli, può contenere filtri, amplificatori, attenuatori ecc. Sul mercato sono reperibili centralini monoblocco e centralini di tipo modulare; questi ultimi risultano essere molto più versatili dei primi, in quanto consentono di accoppiare più componenti di diversa natura in base al tipo di installazione che si desidera; con la presenza di un centralino modulare, canali televisivi si possono sostituire o aggiungere senza difficoltà. 6.2.4 Elementi passivi degli impianti di ricezione TV Dopo l’antenna e le apparecchiature che compongono il terminale di testa, gli elementi costituenti un impianto di ricezione TV sono: i partitori, utilizzati per dividere il segnale TV in più vie; le cassette di derivazione, aventi la funzione di dividere la linea entrante in tante derivazioni quante sono le prese; le prese d’utenza, utilizzate per connettere l’apparecchio televisivo alla linea di ricezione; il cavo coassiale, usato per collegare le apparecchiature fra loro. Partitore Il partitore (fig. 6.19) viene utilizzato per ottenere da una linea in entrata due o più linee in discesa. Detto in altri termini, esso è utilizzato per dispensare l’energia del segnale tra due o più linee di distribuzione. Le caratteristiche del partitore, denominato anche divisore, sono: 

la quantità di uscite, che rappresenta il numero di linee uscenti e che si possono utilizzare;  l’attenuazione, che indica la perdita di segnale, misurata in dB, dovuta all’apparecchiatura; essa è tanto maggiore quanto più elevato è il numero di derivazioni;  il disaccoppiamento, che rappresenta il rapporto tra segnale in entrata e il valore del segnale di disturbo: è espresso come una diminuzione o attenuazione che il rumore subisce passando da una presa all’altra. Operativamente tanto maggiore è il disaccoppiamento, tanto più elevata è l’attenuazione del segnale di disturbo. Vengono prodotti partitori a una, due o più vie; nel caso che una delle uscite non venga utilizzata, essa deve essere chiusa con una resistenza terminale del valore di 75 . Derivatore Il derivatore o deviatore viene impiegato negli impianti centralizzati e serve per ripartire la linea di distribuzione in più prese d’utente, senza interrompere la discesa verso altre derivazioni. Si producono derivatori per una, due, tre o quattro prese d’utenza che possono essere del tipo ibrido-direzionale o resistivo. Mentre i deviatori resistivi hanno un comportamento uguale per tutte le bande di frequenza, quelli direzionali presentano una attenuazione di prelievo che decresce con l’aumentare della frequenza, compensando quindi la perdita dovuta al cavo. Le caratteristiche che contraddistinguono il derivatore sono:   

perdita di passaggio; disaccoppiamento; perdita di prelievo.

Fig. 6.19 Partitore a due vie.

274

Capitolo 6

Prese A seconda delle caratteristiche dell’impianto di distribuzione, si possono impiegare prese di tipo:   

semplice, passante, terminale.

Inoltre anche le prese, come i derivatori, possono essere del tipo resistivo o ibrido-direzionale: in questo caso valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza. Mentre nelle prese di tipo resistivo, appunto perché tali, i morsetti possono essere utilizzati indifferentemente come entrate ed uscite della linea passante, nelle prese di tipo direzionale passante i morsetti di ingresso e di uscita devono essere opportunamente contrassegnati e non possono essere utilizzati indifferentemente. Le prese di tipo induttivo offrono i seguenti vantaggi: 

  



sono equipaggiate con un condensatore collegato in serie all’accoppiatore induttivo, rispondendo quindi ai dettami delle Norme CEI in materia di isolamento tra montante e presa d’utenza; presentano la possibilità di variare la quantità di segnale verso il televisore, permettendo di compensare le perdite dovute al cavo coassiale; permettono la regolazione dal punto di installazione, caratteristica utile per ottimizzare le varie sezioni di impianto; offrono la possibilità di collegare fino ad un massimo di 8 ÷ 10 prese in cascata, con ridottissime differenze di segnale tra la presa più vicina e quella più lontana dall’antenna; sono dotate di un ingresso laterale per il cavo coassiale, che evita lo schiacciamento dello stesso all’interno della scatola per frutti.

Prese multiple multifunzione Vengono inoltre commercializzate prese multifunzione che possono collegare utenze per la distribuzione di segnali audio e video, analogici e digitali, terrestri, da satellite e via cavo. 

Presa TV-RD-SAT a due uscite. L’apparecchio è corredato di due uscite IEC 169-2, una con connettore maschio e uno femmina, per il collegamento a due utenze, nella banda di frequenze 5 ÷ 2400 MHz. La loro applicazione è prevista per tipologie a più prese in cascata, in derivazione, miste (cascata/derivazione) e multi-switch per la distribuzione di canali terrestri e satellitari miscelati. Le utenze possono essere la TV terrestre, la radio terrestre, la TV via cavo, la comunicazione interattiva alberghiera, la TV e radio satellitare.  Presa TV-RD-SAT1-SAT2 a quattro uscite. L’apparecchio è corredato di due uscite, una maschio e una femmina IEC 169-2, due connettori di tipo F femmina IEC 169-24, per il collegamento a quattro utenze, nella banda di frequenze 4 ÷ 2150 MHz. Si possono derivare utenze quali radio e TV terrestre, radio e TV satellitari analogici e/o digitali. La figura 6.20 riporta le parti componenti una presa TV-RD-SAT1-SAT2 a quattro uscite.

Impianti particolari 275

Fig. 6.20 Parti costituenti una presa TV-RD-SAT1-SAT2 a quattro uscite. Cavo coassiale Per collegare i vari elementi di un impianto di ricezione TV viene utilizzato un cavo denominato coassiale (fig. 6.21); in linea generale esso presenta una impedenza di 75 . Questa caratteristica si rivela necessaria per evitare disturbi di qualsiasi genere che si potrebbero verificare se si utilizzassero cavi non schermati o piattine. Il cavo coassiale è formato da due parti:  

un’anima interna di filo di rame, una calza, concentrica rispetto al conduttore interno.

Fig. 6.21 Cavi coassiali.

I due conduttori sono isolati tra loro mediante una guaina di polietilene (espanso o compatto). Secondo le Norme CEI l’attenuazione in un cavo coassiale non deve superare i 12 dB per ogni 100 m di lunghezza. La sua impedenza deve risultare costante e quindi si deve aver cura di chiudere tutte le colonne montanti di distribuzione con una resistenza di 75  e inoltre si devono evitare curve troppo strette. Infine, è da evitare l’installazione nelle stesse condutture e scatole di derivazione di conduttori elettrici e cavi di distribuzione TV; se ciò non risultasse possibile la tensione deve essere inferiore a 50 V. 6.2.5 Esempi applicativi di impianti TV La distribuzione del segnale può essere effettuata su un’unica presa d’utente oppure può essere suddivisa su più prese. Nel primo caso si parla di impianto singolo, mentre nel secondo caso la scelta può ricadere su un insieme di più impianti singoli oppure su un impianto centralizzato. Se l’apparato antennacentralina deve servire più utenze, si ha la possibilità di scegliere fra diverse modalità di distribuzione:   

in cascata, in derivazione, misto.

276

Capitolo 6

Impianto di ricezione di TV terrestre in un condominio La figura 6.22 mostra un esempio di impianto di ricezione TV terrestre in un condominio su due piani; ogni appartamento è dotato di quattro prese (cucina, soggiorno, camera singola, camera matrimoniale). La distribuzione è di tipo misto cascata/derivazione. L’impianto è costituito, oltre che dall’antenna ricevente, da una centrale di amplificazione e miscelazione dei segnali televisivi, installato nel sottotetto dell’edificio e alimentato dalle utenze condominiali. Questa configurazione è molto semplice: prevede il collegamento delle apparecchiature tramite un cavo coassiale che parte dall’amplificatore/miscelatore, fino ad un partitore che divide la linea in due montanti. All’interno di ogni appartamento un apparecchio deviatore smisterà i segnali su prese normali, passanti o terminali dotate di resistenza di chiusura.

VHF + UHF

Appartamento 4

Appartamento 3 Secondo piano

Appartamento 2

Appartamento 1 Primo piano

Fig. 6.22 Ricezione di canali terrestri con distribuzione mista cascata/ derivazione.

Impianto di ricezione di programmi terrestri e satellitari in abitazione singola La tipologia installativa di questo esempio di impianto (fig. 6.23) prevede una distribuzione separata dei due sistemi televisivi, terrestre e satellitare, con prese dedicate. Al piano terra (zona giorno) si prevedono una presa per tipo sia in soggiorno che in cucina, mentre al secondo piano (zona notte) la stessa dotazione si ha nelle camere e nello studio. La tipologia è mista cascata/derivazione per il segnale terrestre e multi-switch per il satellitare.

Impianti particolari 277

H1 V1

H2

V2

VHF + UHF

Cameretta

Studio

Camera doppia

Studio

Camera doppia

Cucina

Soggiorno

Cucina

Soggiorno

Primo piano

Piano terra

Impianto di ricezione di TV terrestre e satellitare in un condominio La figura 6.24 visualizza un esempio di impianto di ricezione TV sia terrestre che satellitare. La caratteristica di questo sistema è quella di impiegare delle prese a due vie che implementano entrambi i segnali dei canali terrestre e satellitare in un’unica apparecchiatura. Si tratta di una abitazione monofamiliare su due piani in cui ogni locale ha piena autonomia di sintonia dei canali potendo addirittura inserire un ricevitore satellitare in ogni stanza. L’impianto è costituito, oltre che dall’antenna terrestre e dalla parabola satellitare, da una centrale di amplificazione e miscelazione dei segnali televisivi terrestri che vengono poi convogliati in una seconda centralina assieme a quelli satellitari. Il montante è costituito da quattro cavi coassiali che fanno capo a due scatole di derivazione (una per ogni piano). Nelle scatole di derivazione sono alloggiati un commutatore a quattro linee e quattro uscite derivate, oltre a i necessari deviatori e partitori. Un’ultima notazione va fatta sul tipo di prese che vengono impiegate: 

in ogni stanza della zona notte si usano prese a due uscite, una per la TV terrestre e l’altra per la TV satellitare;  lo stesso vale per i locali cucina e sala da pranzo, provvisti ciascuno di una doppia presa;

Fig. 6.23 Ricezione di canali terrestri e satellitari.

278

Capitolo 6



nel soggiorno vengono impiegate prese a quattro uscite che consentono la derivazione di segnali su utenze quali televisore, apparecchio radio e ricevitore SAT sia analogici che digitali, oltre che videoregistrare;  nella camera matrimoniale, sala da pranzo e soggiorno i punti presa vengono raddoppiati. Da ciascuna presa vi è la commutazione tra le quattro bande SAT mediante l’inserzione di tensione a 13 V o 18 V e/o tono a 22 kHz.

FM + VHF + UHF

Terrestre + H1

Terrestre + H2

Terrestre + V1

Terrestre + V2 Primo piano

Cameretta 1

dc

dc Cameretta 2

Camera matrimoniale

Camera matrimoniale

Studio

Piano terra Sala da pranzo

dc

dc

dc

dc

Soggiorno

Sala da pranzo dc

Fig. 6.24 Ricezione di canali terrestri e satellitari in configurazione multi-switch.

Cucina

dc

Soggiorno

Impianti particolari 279

6.3 Impianti di sicurezza Gli impianti di sicurezza si possono dividere in due grosse sezioni: gli impianti antintrusione, cioè quelli che controllano che non si verifichino effrazioni in specifici ambienti, e gli impianti di allarme tecnici, cioè quelli che controllano pericoli derivanti da fattori tecnici quali fughe di gas, incendi, allagamenti, sovratemperature. 6.3.1 Impianti antintrusione Gli impianti antintrusione sono stati protagonisti in questi ultimi anni di una notevole diffusione di installazione e di un incessante sviluppo tecnologico. Indubbiamente l’esigenza sempre più marcata di salvaguardare persone e cose, che non sia soddisfatta dalle sole protezioni tradizionali quali la recinzione o le porte blindate, ha incrementato notevolmente questa nicchia dell’impiantistica elettrica. Attualmente l’installatore nel momento in cui deve progettare e installare un impianto antintrusione si trova a dover valutare tutta una serie di fattori molto diversi tra loro. Deve considerare di fatto sia il tipo di ambiente nel quale verrà installato il sistema sia le esigenze specifiche espresse dall’utente. Inoltre, la vasta gamma di prodotti oggi in commercio rendere ancor più difficile e complesso il processo decisionale per questo tipo di sistemi. Le modalità di installazione possono impiegare tipologie:   

tradizionali (con elementi discreti), con tecnologia BUS, wireless (senza fili).

Tralasciando le specifiche esigenze degli utenti, gli ambienti da proteggere sono divisibili in due macro categorie:  

ambienti di tipo civile e abitativo, ambienti di tipo commerciale e industriale.

Negli impianti per ambienti di tipo civile e abitativo è fondamentale considerare l’ubicazione del fabbricato e i valori che si vogliono proteggere. Nel caso di appartamenti inseriti in zone fortemente popolate può risultare sufficiente un sistema con segnalazioni acustiche interne ed esterne. Qualora fossero appartamenti ad alto rischio e beni con valori di notevole entità, risulta più efficace e opportuna l’installazione di sistemi di sicurezza completi di sensori, sirene e avvisatori via telefono o radio. Se si considerano poi le ville isolate, il sistema corretto risulta essere quello misto, composto cioè sia da elementi perimetrali sia da elementi volumetrici, corredato anche da un combinatore telefonico o un collegamento telefonico per l’invio di messaggi di allarme alle forze dell’ordine o ai soggetti preposti alla sorveglianza. Negli impianti di tipo commerciale e industriale saranno presenti, oltre agli elementi che già si trovano negli ambienti ad alto rischio, tipi diversi di sensori: a microonde per i punti più critici, a infrarossi o a doppia tecnologia per i punti a media pericolosità, e ancora del tipo contro l’apertura e lo sfondamento di muri e vetri. Saranno indubbiamente presenti anche sirene interne autoalimentate senza temporizzazione, avvisatori telefonici, ponte radio. In questi ambienti, considerando che il sistema installato dovrà essere disattivato parzialmente o totalmente durante l’orario di lavoro o di apertura al pubblico, dovrà essere previsto un efficace apparato antimanomissione.

280

Capitolo 6

Il principio di funzionamento di un sistema antintrusione si basa sulla possibilità di percepire, tramite appositi rilevatori, una presenza estranea nell’ambiente protetto. Il segnale d’allarme generato dal rivelatore viene trasmesso ad una centrale in grado di comandare gli opportuni mezzi d’allarme, sirene e combinatore telefonico. Gli impianti antintrusione si configurano in differenti modi, determinati dalle caratteristiche strutturali dell’ambiente e dalle esigenze personali; si possono dividere in linea generale in tre esecuzioni specifiche: 

Impianto di tipo volumetrico. L’impianto di tipo volumetrico si distingue per l’emissione di onde (radar) ad una specifica frequenza (per esempio a 9,47 GHz), in modo da saturare lo spazio da proteggere, e per rilevare, a seconda dello specifico apparecchio rivelatore, un movimento o la presenza di una persona.  Impianto di tipo perimetrale. L’impianto di tipo perimetrale è costituito da più elementi di rivelazione, collegati in serie tra loro con un conduttore, e posizionati nei punti di accesso lungo il perimetro della zona da proteggere.  Impianto di tipo misto. L’impianto di tipo misto, in definitiva il più usato, è rappresentato dall’insieme delle due soluzioni precedenti. In relazione alla tipologia di apparecchi impiegabili, gli elementi che costituiscono un impianto antintrusione possono essere:     

Rivelatori di allarme attivi. Rivelatori di allarme passivi. Segnalatori di allarme. Centrali di allarme e tastiere remote. Linee.

Rivelatori di allarme attivi Quando i luoghi da proteggere sono numerosi ma situati nella medesima zona, è preferibile utilizzare un sistema antintrusione di tipo volumetrico. In questo caso si impiegano rivelatori attivi (per la loro capacità di ravvisare uno spostamento o una presenza non desiderata). Essi si dividono in:   

rivelatori a microonde, rivelatori a infrarosso, rivelatori a doppia tecnologia.

Rivelatori a microonde La caratteristica applicativa che contraddistingue i rivelatori a microonde è il volume di presenza all’interno dell’area da proteggere. Il principio di funzionamento si basa sull’effetto Doppler che consiste in un apparato capace di emettere e percepire dei segnali (onde radar) ad una specifica frequenza; quando viene colpito, l’oggetto causa una riflessione di tali segnali. Si possono verificare allora diverse ipotesi operative: 

se l’oggetto rispetto alla sorgente è immobile, la frequenza del segnale è stabile, cioè il dispositivo antintrusione non rileva alcuna situazione anormale;  se l’oggetto si muove, avvicinandosi o allontanandosi rispetto all’emettitore di onde, si verifica una variazione in più o in meno nella frequenza risultante del segnale. In modo particolare, se si avvicina alla sorgente, l’oggetto determinerà una compressione della frequenza provocando un segnale più alto; se al contrario si allontana, il segnale risultante sarà più basso.

Impianti particolari 281

I rivelatori a microonde (fig. 6.25) sono costituiti essenzialmente da due elementi di cui uno trasmittente e l’altro ricevente. L’elemento trasmittente è equipaggiato con un circuito oscillante a diodo di Gunn, il quale genera un campo magnetico ad alta frequenza; l’elemento ricevente è invece costituito da un circuito elettronico a diodo Schottky, il quale rileva le variazioni di frequenza, trasformandole in impulsi elettrici, e indirizza tali impulsi alla centrale di controllo. I rivelatori a microonde generano quindi nell’ambiente in cui sono installati un campo elettromagnetico e, se tutti gli oggetti nel campo controllato sono immobili, il segnale di frequenza emesso è sempre uguale (mantiene cioè inalterato il valore di frequenza emesso), rilevando una situazione di quiete (normale).

m 15 x 15 Vista dall’alto Se invece qualcosa si muove, avvicinandosi o allontanandosi dai sensori, il valore di frequenza del segnale percepito non è più corrispondente a quello emesso e viene generato un allarme. Ogni rivelatore è caratterizzato da uno specifico campo di copertura, identificato come diagramma di copertura. I rivelatori a microonde sono apparecchi che presentano caratteristiche di grande affidabilità, dovute soprattutto alla loro difficile manomissione e alla loro grande capacità di percepire qualsiasi movimento all’interno dell’area che controllano.

Vista laterale Fig. 6.25 Rivelatore a microonde con diagrammi di copertura.

Rivelatore a infrarosso I rivelatori all’infrarosso non saturano l’ambiente nel quale sono installati, ma intervengono quando rilevano i movimenti che si svolgono nelle zone dove agiscono i loro raggi (il cui numero, lunghezza e forma variano a seconda del sistema ottico adottato), unitamente con la ricezione della temperatura corporea.

Fig. 6.26 Rivelatore a infrarosso con diagrammi di copertura.

Vista dall’alto

Vista laterale

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Capitolo 6

In figura 6.26 sono riportati un rivelatore a infrarosso e le zone di copertura orizzontale e verticale dell’apparecchio. Ogni corpo esistente in natura, dotato di una certa temperatura, emette radiazioni e il valore massimo di emissione, per quanto riguarda il corpo umano, corrisponde ad una lunghezza d’onda che risiede nel campo dell’infrarosso (approssimativamente 10 micron). La caratteristica peculiare di questi sensori è quella di provocare il segnale di allarme solo quando rilevano nel medesimo istante un movimento associato ad un corpo che emette calore. Essi rimangono indifferenti quindi alle emanazioni di calore di apparecchi quali termosifoni, stufe ecc.: apparecchi presenti nella zona protetta e caratterizzati da una temperatura, ma sprovvisti di caratteristiche dinamiche. Questo tipo di rivelatori è costituito principalmente da un insieme di lenti con forte capacità di concentrazione (lente di Fresnel); esso è in grado di convergere su elementi fotosensibili le radiazioni rilevate che vengono trasformate in impulsi elettrici diretti alla centrale elettronica di controllo. I sensori all’infrarosso possono essere utilizzati per una protezione di tipo localizzato, cioè essi in questo caso operano nello spazio di una limitata porzione di area, lasciando il transito libero nelle altre zone dello stesso ambiente. Inoltre, se in un ambiente ne sono installati più di uno, non interferiscono tra loro. I sensori all’infrarosso sono costituiti in sostanza da un apparecchio ricevitore, mentre la persona che si muove nell’ambiente funge da trasmettitore. In termini operativi si può descrivere una situazione tipica nel seguente modo: 

i sensori dividono l’area protetta in un certo numero di zone di cui soltanto alcune sensibili alle radiazioni infrarosse;  un corpo passa da una zona all’altra e provoca con il suo movimento una variazione dell’energia infrarossa che arriva al ricevitore (l’indicazione del fascio sensibile che ha rilevato il movimento è normalmente segnalata dall’accensione di un led, il quale a sua volta permette in fase di installazione il controllo del corretto orientamento dell’apparecchio sensore);  un opportuno circuito elettronico esamina l’ampiezza della variazione, la durata di tale variazione e stabilisce di non intervenire se tale variazione è lenta (dovuta a sorgenti di calore statiche), oppure attiva l’allarme se la variazione è risultata elevata (dovuta alle variazioni di temperatura causate da un corpo in movimento). Ultimamente si sono diffuse delle barriere a infrarosso attivo per applicazioni di controllo del passaggio e installabili sia in ambiente interno sia esterno: esse sono composte da un ricevitore ed un trasmettitore e sono disponibili in misure di 50, 100, 150 e 200 cm. Normalmente possono coprire distanze fino a 30 metri in interno e 15 metri in esterno, grazie all’utilizzo di speciali lenti sul trasmettitore. Sono autosincronizzanti, questo evita il collegamento filare tra il trasmettitore ed il ricevitore, e possono essere alimentate da 12 a 24 V sia in corrente continua che in corrente alternata. L’uscita è a relè con contatto pulito che supporta fino a 1 A oppure con relè statico optoisolato. Sia sul trasmettitore che sul ricevitore è presente il contatto tamper antintrusione. Le barriere a raggi infrarosso rappresentano un efficiente sistema di sicurezza e controllo per la protezione di passaggi o spazi soggetti ad installazioni automatizzate come porte automatiche, bussole antirapina ecc. e per il rilevamento e controllo su passaggi generici carrai o pedonali, ideale, vista la loro grande capacità di portata fino a 15 metri, all’esterno per cancelli industriali. È ovviamente molto importante che il ricevitore e il trasmettitore della barriera siano ben allineati per ottenere il miglior risultato in termini di ricezione

Impianti particolari 283

del segnale. Un errato allineamento può portare ad un malfunzionamento anche dopo un certo periodo di tempo oppure in diverse condizione di luce. La figura 6.27 riporta due tipiche installazioni delle barriere a infrarosso attivo.

Barriere infrarosso attivo

Rivelatore a doppia tecnologia Nei casi in cui i sensori a microonde si rivelino inadeguati perché provocano falsi allarmi in presenza di movimenti non significativi ai fini della sicurezza (ad esempio per la circolazione di aria calda proveniente da termosifoni), o i sensori all’infrarosso presentino insensibilità all’avvicinamento di corpi, insomma, in tutte quelle situazioni in cui l’ambiente è difficilmente proteggibile da uno solo dei sistemi precedentemente esaminati, si ricorre ai sensori a doppia tecnologia. Essi infatti riuniscono in un’unica apparecchiatura sensori a microonde e all’infrarosso e intervengono quando entrambi rilevano un movimento. Rivelatori di allarme passivi I rivelatori passivi costituiscono una parte essenziale degli impianti di sicurezza di tipo perimetrale e si contraddistinguono in:    

rivelatori di vibrazioni, contatti magnetici, rivelatori di movimento per tapparelle, rivelatori a pressione.

Rivelatori di vibrazioni Si fondano sul principio secondo il quale un intruso che penetra attraverso porte, finestre ecc. produce delle vibrazioni. Queste vibrazioni vengono captate dai sensori che attivano il segnale d’allarme. Il più comune è costituito da elementi (lamine) che reagiscono ad una accelerazione delle masse alle quali sono collegati. Nello specifico la lamina recepisce le vibrazioni e le amplifica fino a quando la stessa, nel suo movimento elastico, provoca l’interruzione di un contatto che a sua volta attiva l’allarme. Sono reperibili in commercio anche rivelatori a vibrazioni il cui principio di funzionamento si basa sullo spostamento di una piccola quantità di mercurio contenuto in una ampolla: il mercurio muovendosi provoca l’interruzione della continuità elettrica e di conseguenza l’allarme. Vi sono poi rivelatori a sensore inerziale costituiti da un involucro in cui sono sistemate più lamine di materiale conduttore. Questi elementi lamellari sono disposti parallelamente fra di loro e separati da un certo spazio.

Fig. 6.27 Esempi di utilizzo delle barriere a infrarosso attivo.

284

Capitolo 6

All’interno di questi elementi poggiano per il principio di gravità le estremità di quattro barrette di materiale conduttore. L’insieme di questi elementi lamellari e di queste barrette forma il sensore inerziale, che è possibile connettere, mediante un dispositivo di interfaccia, alla centralina dall’allarme. Vengono prodotti inoltre particolari sensori a vibrazioni per l’installazione sul vetro delle finestre. Tali apparecchi, formati da un sensore piezoelettrico e da un circuito elettronico, rilevano l’eventuale rottura del vetro. Essi intervengono di norma esclusivamente in seguito alla rottura del vetro, mentre sono insensibili a tutte le altre vibrazioni. La figura 6.28 riporta un esempio di rivelatore di vibrazioni per installazione sul vetro di una finestra.

Fig. 6.28 Rivelatore di vibrazioni per installazione su vetro di finestre. Rivelatori a contatto magnetico Il sensore a contatto magnetico incorpora tutte le caratteristiche specifiche di un impianto antintrusione. Per questo motivo esso è molto diffuso e viene installato su porte, finestre e comunque su tutte le parti mobili perimetrali presenti nell’area da proteggere (fig. 6.29). Questi apparecchi sono formati da laminette metalliche magnetiche sigillate in una ampolla riempita con un gas inerte. In presenza di un campo magnetico (condizione di normale funzionamento) le lamine si polarizzano e determinano la chiusura del contatto elettrico. Quando tale campo viene neutralizzato (condizione di intrusione), le lamine, per la loro elasticità, provocano l’apertura del contatto e attivano il meccanismo di allarme. È buona norma curare che nell’installazione di questi sensori la distanza tra il rivelatore e il magnete non risulti superiore ai 4 ÷ 5 mm, altrimenti cessa l’influenza del campo magnetico. Parti di un rivelatore a contatto magnetico

Fig. 6.29 magnetico.

Rivelatore a contatto

Rivelatori per tapparelle Un primo tipo è costituito da un contenitore nel quale sono alloggiati un rullo a camme con avvolto un filo di nylon e una molla a nastro; tirando il filo, il rullo

Impianti particolari 285

a camme gira e aziona un microinterruttore che provoca l’allarme. L’apparecchio trova posto all’interno del cassonetto e il filo di nylon va fissato alla estremità inferiore della serrandina (fig. 6.30). Il motivo dell’efficacia di questo rivelatore risiede nella possibilità di posizionare la serranda ad una qualsiasi altezza, proteggendola dallo stappo e dal taglio e non solamente dal sollevamento.

Fig. 6.30 Rivelatore per tapparelle a filo di nylon. Un secondo tipo di contatto di protezione per tapparelle è quello basato sul principio dell’asta oscillante: essa viene azionata solo quando il sollevamento della serranda provoca l’aumento del diametro del rullo all’interno del cassonetto provocando l’allarme. Rivelatore a pressione Un ultimo tipo di sensore è rappresentato dai rivelatori a pressione costituiti da tappeti con elementi di contatto (fig. 6.31), normalmente aperti, che si chiudono se sottoposti ad una leggera pressione. Questi rivelatori vengono forniti in esecuzione da interni o da esterni e con dimensioni che possono variare da 3 x 760 x 5000 a 4 x 400 x 700 mm.

Fig. 6.31 Rivelatore a pressione a tappeto.

Segnalatori di allarme Sono apparecchi che, una volta azionati dall’impianto di sicurezza per l’intervento di un sensore, segnalano in svariati modi la penetrazione di qualcuno nella zona protetta. I segnalatori di allarme si possono contraddistinguere in:     

segnalatore acustico, segnalatore ottico, segnalatore autoalimentato, combinatore telefonico, segnalatore via radio.

286

Capitolo 6

Segnalatore acustico Il segnalatore acustico può essere del tipo da interno o da esterno; è normalmente costituito da una sirena elettronica o elettromeccanica. La scelta tra le due sarà determinata dalle esigenze personali di sicurezza. La figura 6.32 riporta una sirena piezoelettrica da interno funzionante alla tensione di 24 V.

Fig. 6.32 Sirena piezoelettrica da interno 24 V.

In linea di massima è da tenere in considerazione che una sirena elettronica produce un suono con frequenza molto elevata e molto fastidioso per chi è nelle immediate vicinanze, una sirena elettromeccanica invece produce un suono ad una frequenza più bassa che è udibile a maggiore distanza. Se la zona protetta è coperta da una assicurazione, è prassi normale installare la sirena, di potenza adeguata, all’esterno dell’edificio in cui si trovano i locali o la zona da proteggere, e orientarla verso una pubblica via di transito. In un impianto tipico sono previste sia sirene da interno che da esterno. Segnalatore ottico Il segnalatore ottico può essere a luce continua o lampeggiante (fig. 6.33); esso serve a rendere visibile immediatamente il luogo dal quale proviene la segnalazione di allarme. Questo segnalatore è sempre associato a una sirena in modo da combinare una segnalazione ottica ad una acustica.

Fig. 6.33 Segnalatore ottico lampeggiante funzionante a 230 V.

Segnalatore autoalimentato I segnalatori autoalimentati sono costituiti da contenitori metallici al cui interno è inserita una sirena elettronica o elettromeccanica e un accumulatore, avente la funzione di mantenere in funzione la sirena anche se vengono tagliati i fili di alimentazione. Commercialmente si trovano segnalatori autoalimentati con lampeggiatore incorporato per applicazione esterna e segnalatori senza lampeggiatore per un uso interno. Combinatore telefonico I segnalatori a chiamata telefonica, o combinatori telefonici, hanno la funzione di trasmettere automaticamente la comunicazione di allarme, tramite la rete

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telefonica pubblica, a dei numeri preselezionati. Il combinatore telefonico è un apparecchio (che deve avere l’omologazione dal Ministero delle Comunicazioni) generalmente programmato per la chiamata fino a 7 diversi numeri telefonici e, compatibilmente con l’entità dell’impianto (e quindi della zona sotto protezione), si possono predisporre sequenze o chiamate diversificate; per esempio si può predisporre una sequenza di numeri telefonici per avvisare il personale di custodia, oppure la sede centrale, oppure il comando di polizia più vicino. Il dispositivo chiama uno dopo l’altro i numeri memorizzati e trasmette un messaggio precedentemente registrato. Il contenitore che incorpora il combinatore telefonico, oltre a possedere lo spazio per l’inserzione di una batteria per il funzionamento autonomo, deve essere protetto contro ogni tentativo di scasso. La figura 6.34 riporta un combinatore telefonico con terminale per il collegamento di centrali d’allarme o tasti d’emergenza. In esso tutti i numeri telefonici e i messaggi sono memorizzati su memoria non volatile. È possibile memorizzare sei numeri telefonici di 32 cifre ciascuno, 4 messaggi per un totale di 32 secondi.

Fig. 6.34 Combinatore telefonico.

Segnalatore via radio Il segnalatore a chiamata via radio può essere di tipo economico o di tipo sofisticato: quello in versione economica è costituito da un trasmettitore che invia un semplice beep-beep, rilevabile fino ad una certa distanza; quello nella versione sofisticata si compone invece di una vera e propria radiotrasmittente che si collega automaticamente con vari istituti di sorveglianza. Centrali di allarme e tastiere remote Le centrali sono gli elementi che coordinano i vari componenti dell’impianto, determinando la comunicazione o meno del segnale di allarme: attivano cioè i segnalatori ottici o acustici locali oppure predispongono l’invio del messaggio d’allarme tramite i combinatori telefonici. Generalmente le centrali emettono un segnale di preallarme per avvisare il personale di vigilanza e solo successivamente inseriscono l’allarme vero e proprio. Le centrali di allarme si possono distinguere in amplificate o a microprocessore. Le caratteristiche e le prestazioni comuni nelle due versioni sono: 

la possibilità di suddividere l’impianto in più zone (nelle centrali con microprocessore si arriva a parzializzare l’impianto fino a 96 zone);  l’alimentazione, che si può differenziare in alimentazione con batterie a secco (6,5 ÷ 24 Ah), alimentazione collegata sia alla linea elettrica che a batterie a secco, alimentazione da linea elettrica stabilizzata e da batterie a secco provviste di carica batterie;

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una protezione meccanica contro l’apertura del coperchio; una protezione di carattere elettrico contro il taglio o il cortocircuito di conduttori;  l’inserzione e la disinserzione mediante chiavi meccaniche o elettroniche;  una linea di inserzione temporizzata con tempi di entrata e di uscita regolabili;  regolazione della durata del segnale di allarme. Per quanto riguarda le centrali a microprocessore le prestazioni sono notevolmente più ampie in quanto permettono inoltre la memorizzazione degli eventi, l’autodiagnostica mediante un pacchetto hardware e software evoluto, la trasmissione attraverso modem su linea dedicata o l’utilizzo di interfacce parallele per una teletrasmissione esterna. La ripetizione dei comandi di inserzione e gestione del sistema d’allarme centrale può essere comandata in modo remoto tramite delle tastiere o delle chiavi elettroniche. Infine, sottintendendo che l’installazione della centrale d’allarme deve essere effettuata in luoghi difficilmente accessibili, si evidenzia che la validità dell’impianto derivi dal numero di zone controllate: più elevato è il numero delle zone, maggiori sono le possibilità di configurazione dell’impianto. Linee Alle centrali si possono connettere i sensori di allarme, collegandoli, a seconda delle necessità, alle diverse linee di rilevazione. Linea istantanea Rileva un allarme in modo immediato. La centralina si collega ai sensori presenti e, in caso di allarme, è programmata per mettere in funzione immediatamente l’allarme. Linea ritardata La centralina prevede una prima fase di preallarme, segnalata acusticamente da un buzzer e otticamente da un led posto sul pannello di comando, e una fase di allarme vera e propria. Lo scopo di questo tipo di linea è quello di concedere un tempo di ingresso e uscita. Tamper Il sistema di allarme può essere equipaggiato di una linea tamper per la protezione dei dispositivi contro la manomissione. L’apertura dell’involucro del rivelatore (e quindi del microswitch) oppure la mancata ricezione del segnale di sopravvivenza (data dal taglio dei fili) favoriscono la trasmissione del segnale di sabotaggio o di supervisione. Regole per una corretta installazione Una corretta ed adeguata installazione deve seguire delle precise regole, determinate dal tipo di apparecchi da collegare, dal tipo di ambiente da proteggere, dall’estetica del luogo ed infine dalle esigenze del committente. In linea di massima si devono osservare le seguenti direttive. 

Esaminare con il cliente le caratteristiche funzionali dell’impianto e, se non facente parte di un preciso capitolato, determinare la dislocazione delle apparecchiature e la distribuzione delle linee di collegamento.  Considerando che è di uso frequente l’installazione degli apparecchi con cavo a vista oppure l’utilizzo di canaline portacavo di tipo a battiscopa o di

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dimensioni ridotte, è bene evitare percorsi paralleli a cavi di alimentazioni elettriche utilizzare le medesime condutture. Risulta utile predisporre nell’impianto delle scatole rompitratta, protette contro le manomissioni e opportunamente dimensionate, in modo da effettuare una logica distribuzione dei conduttori, evitando così una loro inadeguata sezionatura. I cavi schermati devono essere attentamente confezionati, avendo cura di attorcigliare la calza esterna, in modo da evitare possibili contatti con altri conduttori e con parti dell’impianto. I contatti magnetici devono essere installati in modo da costituire una sinergia ottimale tra magnete e contatto; inoltre è indispensabile montare il contatto esternamente sulla parte mobile della porta in modo da spezzare nettamente il campo magnetico, qualora si verifichi un’intrusione. È opportuno installare i rivelatori a vibrazioni in modo da ottenere la massima sollecitazione per le vibrazioni provocate dagli urti in caso di scasso. È buona norma di installazione, per evitare possibili falsi allarmi provocati da scariche elettriche o da radiofrequenze, collegare lo schermo del cavo al polo negativo della centrale e non collegarlo dalla parte del sensore. I sensori a microonde devono essere installati in modo da essere insensibili a tende oscillanti, insetti o qualunque altra cosa che possa dar luogo ad un falso allarme; inoltre è importante non posizionarli nelle adiacenze di lampade a scarica nei gas, in quanto il movimento del gas provoca l’attivazione dell’allarme. È indispensabile non posizionare oggetti di grossa mole lungo la direttrice dei raggi dei rivelatori a microonde, in quanto questi oggetti bloccano l’azione del sensore. Al momento dell’installazione devono essere regolate la sensibilità e la portata dei sensori a microonde, perché il loro campo di azione può attraversare piccoli tramezzi o vetrate, provocando l’intervento dell’allarme anche per movimenti in luoghi che non occorre proteggere; questo particolare aspetto è da tenere in considerazione in quanto, con un attento posizionamento dei sensori, si possono proteggere simultaneamente più ambienti, con ovvia riduzione dei costi. Bisogna considerare che, quando sono presenti più sensori a microonde, possono interferire tra loro; in situazioni del genere è buona norma utilizzare una taratura su frequenze diversificate. È necessario installare i sensori a infrarosso in posizioni nelle quali non possano essere colpiti direttamente dai raggi solari o da altre fonti di calore. L’installazione dei sensori a infrarosso avviene normalmente in prossimità di luoghi di accesso, quali porte e finestre, e ad una altezza media di 2,5 m. Tutti i rivelatori attivi e passivi e i segnalatori possono essere dotati di un dispositivo antimanomissione (contro il taglio dei fili e l’apertura del coperchio) il quale, collegato in serie con gli altri sensori, fa capo in centrale all’ingresso del circuito di autoprotezione 24 ore. Il dispositivo è costituito da un contatto NC. I segnalatori acustici senza lampeggiatore vengono installati solo in zone interne e devono essere posti, insieme ai conduttori di alimentazione, in luoghi non visibili e difficilmente accessibili. I segnalatori autoalimentati con lampeggiatore incorporato vengono invece di norma installati all’esterno, in luoghi inaccessibili e ben visibili.

6.3.2 Impianti di allarme tecnici Gli allarmi tecnici sono dei circuiti elettrici ed elettronici destinati a segnalare, localmente mediante segnali ottici o acustici oppure a distanza mediante invio di

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Capitolo 6

messaggi su rete telefonica o LAN, pericoli derivanti da fattori tecnici quali fughe di gas, incendi, allagamenti, sovratemperature ecc. Inoltre, comandano il blocco automatico degli erogatori riducendo così i possibili danni provocati dalle perdite e dalle fughe anomale di sostanze dalle varie apparecchiature. Oltre all’imprescindibile necessità di efficienti impianti antintrusione in grado di rilevare i più diversi tentativi di effrazione viene sempre più avvertita l’esigenza di affidabili tecnologie per la protezione contro incendi, propagazione di fumi e perdite di gas. Si può affermare che i due tipi di impianto si sono sviluppati contemporaneamente, tanto che alcune centraline sono già predisposte per supportare su linee diverse sia sensori antintrusione che sensori per la rivelazione di fuoco, fumo e gas. Rivelatori per allarmi tecnici Oltre ad utilizzare una centralina elettronica di comando e sistemi di allarme, rappresentati da sirene, dispositivi ottici e combinatori telefonici (analogamente agli impianti antintrusione), gli impianti di allarme tecnici utilizzano particolari e specifici sensori. Questi dispositivi si suddividono in:    

rivelatori di fumo del tipo fotoelettrico o ionizzato; rivelatori di calore di tipo differenziale o a temperatura fissa; rivelatori di fughe di gas metano, GPL e CO; rivelatori di allagamento e per congelatore.

L’attivazione dell’allarme può essere provocata, oltre che dai sensori, anche da opportuni comandi a pulsante, situati in posizioni strategiche (ben visibili e facilmente accessibili). Nella tabella 6.4 vengono riassunte le corrette posizioni di installazione dei rivelatori. Tab. 6.4 Posizionamento sensori allarmi tecnici. Corretto posizionamento dei rilevatori di allarme tecnici Descrizione Rilevazione gas metano (CH4) Rilevazione gas propano (GPL) Rilevazione monossido di carbonio (CO) Rilevazione di fumo Rilevazione di calore Rilevazione di acqua (H2O)

Posizionamento Altezza 15 ÷ 30 cm dal soffitto, distanza di max 6 m dal centro del pericolo. Altezza 20 ÷ 40 cm dal pavimento, distanza di max 3 m dal centro del pericolo. Posizione non vincolante, in quanto il monossido di carbonio avendo peso uguale a quello dell’aria, segue i moti convettivi della stessa. Altezza 15 ÷ 30 cm dal soffitto, distanza di max 6 m dal centro del pericolo. Altezza 15 ÷ 30 cm dal soffitto, distanza di max 6 m dal centro del pericolo. Posizione non vincolante del rilevatore, mentre è necessario installare la sonda in prossimità dei luoghi da proteggere e ad un max di 2 mm dal pavimento.

Impianti particolari 291

Rivelatore fotoelettrico di fumi I rivelatori di fumo fotoelettrici (fig. 6.35) sono rivelatori di fumo che utilizzano i cambiamenti in un fascio di luce come un indicatore di un incendio. Questi allarmi sensibili al fumo sono ideali per il rilevamento di incendi fumanti che possono bruciare lentamente a basse temperature, come il materasso e gli incendi mobili, o gli incendi in agguato sotto i tappeti e nei drappeggi. Il rivelatore fotoelettrico di fumi è essenzialmente composto da una camera di misura, comunicante con l’ambiente esterno mediante accessi a forma di labirinto, il cui funzionamento si basa sull’effetto Tyndall. La forma a labirinto ha la funzione di impedire l’accesso della luce esterna e il funzionamento si basa sull’emissione di un fascio luminoso da parte di un diodo emettitore infrarosso posto ad una certa angolazione (fig. 6.36): la ricezione di una determinata quantità di energia luminosa da parte di un fotodiodo ricevitore stabilisce il corretto funzionamento del rivelatore. La segnalazione di funzionamento corretto è data da un led verde, posto sulla calotta, che lampeggia. Nel momento in cui il fascio luminoso è attraversato da fumo o da particelle in sospensione, l’energia luminosa che investe il diodo ricevitore aumenta dando una segnalazione di allarme che provoca l’accensione di un led rosso; a questo punto il led verde si spegne.

Fig. 6.35 Rivelatore fotoelettrico di fumi.

Trappola ottica

Fonte luminosa infrarosso Campo di visibilità del diodo

Fotodiodo

I rivelatori di questo tipo sono modelli “ON/OFF” con la particolarità di autoregolarsi la soglia di intervento all’atto dell’accensione. Per ottenere l’autoregolazione è sufficiente spegnere il rivelatore e lasciarlo in posizione di riposo per circa due minuti. È importante attendere alla riaccensione altri due minuti durante i quali non va effettuato nessun test disponibile. Il motivo è che in questi due minuti il sensore filtra a campione tutti i segnali al fine di evitare falsi allarmi o disturbi. Durante il campionamento il led verde è spento. Alla fine del ciclo di campionamento il led verde inizia a lampeggiare ed il sensore è pronto ad operare. Se trascorsi i due minuti il led verde non lampeggia, il rivelatore è da considerarsi guasto oppure, se dopo i due minuti il rivelatore va in allarme, significa che è sporco. Infine, a seconda dello stile di funzionamento del rilevatore di fumo fotoelettrico, il sensore può leggere la luce che si disperde a causa delle condizioni di fumo o registrare un’oscurità improvvisa del fascio. La rivelazione di fumo occupa un posto privilegiato fra le tecniche disponibili per avere una diagnosi precoce d’incendio. La Norma Europea EN 54 redatta dal CEN Comitato Europeo di Normalizzazione, infatti, definisce i rivelatori di fumo come quei rivelatori che reagiscono alle particelle volatili e agli aerosoli prodotti dalla combustione.

Fig. 6.36 Funzionamento di un rivelatore fotoelettrico di fumi.

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Capitolo 6

Rivelatore di fumo a camera di ionizzazione Il rivelatore a camera di ionizzazione si basa sulla ionizzazione (causata da una piccola sorgente radioattiva) dell’aria presente internamente; essi vengono impiegati in quei luoghi dove non si ha:    

umidità dell’aria superiore al 95%, sviluppo di vapori e gas, notevoli correnti d’aria, elevate concentrazioni di polveri.

Quindi, i rivelatori a camera di ionizzazione sono molto indicati laddove si preveda un principio di incendio con combustione molto lenta, con emissione di fumo e gas di combustione. Queste condizioni si verificano quando si ha combustione di prodotti solidi quali filati, carta, legno, gomma, materie plastiche ecc., specialmente se questi sono accatastati. Il principio di funzionamento (fig. 6.37) di un rivelatore di fumo a camera di ionizzazione può essere spiegato come segue: 

Il rivelatore è costituito da due piastre elettriche cariche di particelle e da una sorgente radioattiva (Americio 241 o Radio 226).  Le particelle ionizzano l’aria e, in assenza di fumo, si hanno tante cariche positive quanto quelle negative. Le cariche vengono attratte dalle due piastre in maniera tale da formare una piccola corrente di ionizzazione che può venire facilmente misurata con strumenti elettronici.  In presenza di incendio, le molecole di fumo entrano nella camera e neutralizzano gli ioni provocando un abbassamento della corrente di ionizzazione.  Questa variazione di corrente viene rilevata da un circuito elettronico che genera il segnale per attivare l’allarme. L’impiego di questo rivelatore può essere migliorato utilizzando due rivelatori identici: uno esposto all’aria e uno chiuso, nel quale l’umidità e la pressione atmosferica siano fisse. In questo modo si riducono i problemi dovuti all’umidità che influisce in maniera rilevante su questo tipo di rivelatori poiché l’umidità incide sulla ionizzazione dell’aria. Se l’umidità o la pressione atmosferica diminuiscono, si ha una variazione su entrambi i rivelatori. Dalla continua comparazione dei valori, tra quello esposto all’aria e quello controllato, sarà disponibile una differenza di potenziale che verrà elaborata e inviata al circuito d’allarme.

A

Amperometro

12 V Camera di analisi

Fig. 6.37 Funzionamento di un rivelatore di fumi a camera di ionizzazione. Sorgente radioattiva

In un rilevatore antincendio sono contenuti mediamente 5 millesimi di grammo di ossido di americio e, vista l’elevata tossicità di questo elemento, è

Impianti particolari 293

importante sottolineare che nel nostro Paese le sorgenti di Americio 241 presenti sono caratterizzate da sorgenti sigillate con attività compresa tra 0,04 0,75 millicurie (non si richiede pertanto l’obbligo del nulla osta). Sussiste l’obbligo di assicurare un’adeguata manutenzione e periodici controlli sulla sorgente; i controlli devono essere effettuati a cura degli installatori o di personale specializzato, secondo procedure predeterminate e con idonei mezzi, nel rispetto delle misure di protezione, in quanto l’americio 241 è un nuclide alfa-emittente, incluso fra i radioisotopi aventi radiotossicità molto elevata. Rivelatore differenziale Essi hanno la peculiarità di essere sensibili anche a temperature basse, purché l’aumento di temperatura sia di almeno 10 ÷ 15 °C al minuto. In presenza di materiale altamente infiammabile, quindi, è consigliata l’installazione di sensori di tipo differenziale (denominati anche rivelatori termovelocimetrici), i quali sono in grado di rilevare i veloci incrementi di temperatura. I rivelatori termovelocimetrici dispongono di un elemento sensibile tarato per un determinato gradiente di temperatura, misurato in °C/min. Il principio di funzionamento (fig. 6.38) in base al quale operano si rifà a precise caratteristiche dei termistori o della resistenza elettrica dei cavi o al principio di espansione dei liquidi.

57 °C 21 °C

Schermo di protezione Elemento termistore di riferimento

Elemento termistore sensibile direttamente al calore dell’ambiente

Essi intervengono quando il gradiente di temperatura, cui è sottoposto l’elemento sensibile, raggiunge il valore di taratura, in conseguenza di un incremento della temperatura ambiente. Il tempo d’intervento è funzione della variazione di temperatura ed è tanto più breve quanto più rapida è la sua variazione. I rivelatori termovelocimetrici risultano insensibili alle variazioni lente della temperatura ambiente per un effetto di compensazione tra l’elemento sensibile di misura in contatto con l’esterno e quello di riferimento. Questa è una caratteristica positiva nelle applicazioni dove la temperatura ambiente in condizioni normali varia lentamente entro i limiti molto estesi. I rivelatori termovelocimetrici trovano un’applicazione ottimale nella protezione di ambienti con rischio d’incendio a fiamma viva. Rivelatore termico a temperatura fissa I rivelatori di calore sono in grado di avvertire variazioni anomale di temperatura (propagazione di incendi). In queste situazioni occorre però considerare che un incendio si può propagare immediatamente oppure rimanere in condizioni di latenza per un certo periodo: la scelta del tipo di sensore è quindi determinata dal grado di protezione che si vuole raggiungere e, primariamente, dal tipo di ambiente da proteggere.

Fig. 6.38 Funzionamento di un rivelatore termovelocimetrico.

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Capitolo 6

I rivelatori a temperatura fissa rappresentano il tipo di sensori meno costoso reperibile in commercio; essi possono utilizzare come elemento sensibile un termistore oppure un fusibile o una lamina bimetallica o l’espansione termica di un liquido. A seconda delle varie versioni, la temperatura di taratura varia dai 52 ai 70 ÷ 130 °C. La loro capacità di intervento è molto lenta e questa caratteristica può rappresentare un pregio nei casi in cui una rapida variazione della temperatura ambiente dipenda da normali condizioni di utenza come quelle tipiche di locali caldaie e cucine, mentre è un difetto se il rapido incremento di temperatura è legato a una situazione di incendio. Un altro difetto riscontrabile nei rivelatori termostatici risiede nell’inerzia termica dell’elemento sensibile, per cui anche in caso di elevati gradienti di temperatura, la temperatura ambiente può superare di molto il valore di taratura dell’elemento sensibile prima che il rivelatore intervenga. È per tutto questo che l’impiego di questo tipo di rivelatore trova la sua collocazione ottimale nella rivelazione di fuochi aperti con fiamme e in tutte le situazioni dove si prevede, in caso d’incidente, uno sviluppo tumultuoso dell’incendio. Rivelazione ottica di fiamma Nella rivelazione ottica di fiamme si utilizzano le radiazioni elettromagnetiche emesse dalle fiamme per segnalare una situazione di pericolo. Al sensore spetta, quindi, il compito di convertire il segnale ottico in un segnale elettrico. Risulta importante ai fini dell’affidabilità di tale tecnica di rivelazione fare un netta distinzione tra i segnali provenienti da una fiamma reale e quelli che provengono da altre situazioni ottiche, simulanti la fiamma, ma che nulla hanno a che vedere con un incendio. Si tratta, in definitiva, di filtrare la luce solare, le luci riflesse, i lampi e altre interferenze ottiche. Per questo la sensibilità dei rivelatori è selettiva nell’intorno di un determinato valore nella gamma delle radiazioni elettromagnetiche dall’ultravioletto all’infrarosso. Infatti, la radiazione ultravioletta risulta essere più debole ed è facilmente assorbita dalla stessa presenza delle particelle di fumo o da altre particelle di diversa natura. Può verificarsi pertanto che un sensore non sia sufficientemente attivato per intervenire. I rivelatori ottici di fiamma possono essere distinti in due tipi:  

rivelatori ottici di radiazioni con singolo canale, rivelatori ottici di radiazioni con doppio canale.

Il rivelatore ottico di fiamma a singolo canale trova la sua ottimale applicazione nella protezione di ambienti dove vi sono materiali contenenti carbonio e che bruciano con fiamma. I rivelatori ottici di radiazioni con doppio canale sono equipaggiati con due sensori piroelettrici sensibili a radiazioni all’infrarosso in due differenti lunghezze d’onda. Il primo sensore reagisce alle radiazioni all’infrarosso nello spettro caratteristico dell’anidride carbonica prodotte da materiali contenenti carbonio come legno, prodotti petroliferi, plastica, alcool ecc.. Il secondo sensore effettua continuamente il monitoraggio di sorgenti esterne d’interferenza, che emettono segnali simili alla fiamma, come luce solare, luce artificiale o radiazioni come quelle emesse da corpi caldi. I segnali provenienti dai due sensori vengono paragonati in ampiezza e sincronismo di fase in un circuito elettronico. Tale controllo conferisce al rivelatore una notevole immunità da influenze esterne simulanti la presenza di fiamme.

Impianti particolari 295

Rivelatori lineari di fumo I rivelatori di fumo, come quelli di calore, possono essere distinti in relazione alla zona di rivelazione, in due classi: 

rivelatori puntiformi che rispondono al fenomeno rivelato in vicinanza di una regione assimilabile a un punto fisso di sorveglianza;  rivelatori lineari che rispondono al fenomeno rivelato nell’intero territorio di una linea ideale continua fissa. I rivelatori lineari di fumo funzionano secondo il principio della riduzione dell’intensità luminosa provocata dalla presenza di fumo (fig. 6.39): se il fumo intercetta anche parzialmente il fascio ottico, il segnale elettrico generato da un sensore fotosensibile si modifica generando un segnale di allarme.

3V Fascio di luce

Fonte luminosa Fotocellula

Fig. 6.39 Funzionamento di un rivelatore lineare di fumo.

I rivelatori lineari di fumo trovano un’applicazione ottimale nella protezione di ambienti come capannoni, autorimesse, ambienti con forti correnti d’aria, cavidotti ecc.. Rivelatori di fughe di gas metano, GPL e CO Il rilevatore di fughe di gas è un dispositivo elettronico utilizzato per verificare la presenza di gas nocivi per la salute all’interno delle nostre abitazioni (fig. 6.40). I rivelatori di gas sono costituiti da un materiale semiconduttore avvolto su di un elemento riscaldante. Quest’ultimo svolge la funzione di elettrodo e innalza la temperatura del dispositivo, stabilizzandone il funzionamento. Il semiconduttore assorbe i gas pericolosi formatisi (per combustione o per fuga) e aumenta in tal modo sensibilmente la propria conducibilità elettrica. Insieme al semiconduttore viene collegata in serie alla linea di alimentazione una resistenza, denominata resistenza zavorra. In presenza di gas nell’ambiente, la resistenza del semiconduttore diminuisce, determinando così un aumento del valore di tensione ai capi della resistenza zavorra: si inserisce di conseguenza la segnalazione di allarme. I più recenti rivelatori di gas utilizzano, al posto del semiconduttore, un particolare sensore denominato pellistore. Spesso, in un ambiente domestico, pochi apparecchi ed un semplice collegamento ad essi garantiscono la sicurezza dalle fughe di gas (metano o GPL). Il rivelatore generalmente impiegato è realizzato con un sensore estremamente selettivo che riduce al massimo la possibilità di interventi intempestivi. Un ripetitore di segnale ed una elettrovalvola a riarmo manuale (fig. 6.41) consentono di bloccare l’ingresso del gas. Se l’installazione in cucina di un rilevatore di fughe gas metano e di una elettrovalvola è integrata con il sistema antifurto tramite un’interfaccia canale ausiliario e un comunicatore telefonico, la sicurezza domestica cresce ulteriormente. Per esempio, accertata la presenza del pericolo, l’interfaccia canale ausiliario definisce questi passaggi:

Fig. 6.40 Rivelatore di fughe di gas metano.

Fig. 6.41 Elettrovalvola.

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invia un segnale di allarme sul sistema antifurto, un attuatore a relè; fa chiudere immediatamente l’elettrovalvola d’intercettazione e nel contempo si attiva;  il comunicatore telefonico effettua le telefonate ai numeri memorizzati fino a quando la chiamata viene ricevuta. Un messaggio vocale commenta il tipo di anomalia e l’utente può intervenire. Per evitare malfunzionamenti, occorre osservare delle elementari regole ed evitare di installare il rivelatore:     

dietro o sotto pensili o mensole che ostacolino la naturale circolazione dell’aria nell’ambiente; in prossimità di aeratori (distanza minima 2 metri); sulla verticale del piano di cottura o di sorgenti di vapore; in luoghi che potrebbero essere raggiunti da spruzzi d’acqua; dovunque le condizioni ambientali siano diverse da quelle di funzionamento indicate.

Rivelatori di allagamento Il rivelatore di allagamento risulta particolarmente utile nei locali con presenza di apparecchiature di lavaggio (lavatrice, lavastoviglie) e consente di avvisare in caso di fuoriuscita di liquidi. In caso di rilevamento di una perdita d’acqua il dispositivo emette un segnale acustico intermittente della durata di 5 secondi. Se la condizione di allarme persiste il dispositivo emette un segnale acustico di allarme continuo, un led rosso si illumina e l’uscita a relè viene attivata. Cessata la causa di allarme il dispositivo rientra automaticamente in condizione di riposo. Le sonde remote di rilevazione devono essere posizionate con i contatti metallici rivolti verso il basso e ubicate in luoghi in cui si prevede che si possa generare un allagamento (fig. 6.42). In caso di pavimentazioni con pendenze, le sonde dovranno essere posizionate nella parte più bassa.

Rivelatore con autoalimentazine Sonda

Fig. 6.42 Posizionamento di una sonda di un rivelatore di allagamento.

Le principali caratteristiche di un rivelatore di allagamento sono:  

alimentazione 12 V c.a.; sonda di rilevamento (è possibile collegare ad ogni singolo dispositivo fino a tre sonde);

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   

led rosso per una indicazione visiva di allarme; avvisatore acustico; uscita per pilotaggio elettrovalvola (contatto di relè NO); pulsante test.

Rivelatori per congelatore Il rivelatore per congelatore è in grado di segnalare un eccessivo aumento della temperatura interna dell’apparecchio congelatore. Il rivelatore attiva l’allarme quando all’interno di un congelatore la temperatura sale sopra la soglia dei -12 °C. È utile la sua installazione all’interno di locali o apparecchi dove è necessario mantenere una certa soglia di temperatura (cella frigorifera, congelatore ecc.).

Rivelatore

Sonda di temperatura

La figura 6.43 illustra un esempio di utilizza di una sonda di temperatura e del suo rivelatore. La principali caratteristiche si possono riassumere nei punti che seguono:         

alimentazione con batteria alcalina da 9 V tipo 6LR61; tensione nominale di funzionamento di 9 V; tensione a batteria scarica di 7,1 V ± 5%; temperatura di funzionamento tra 10 e + 55 °C; grado di protezione pari a IP30; protezione antisabotaggio contro lo strappo e l’apertura; portata radio pari a 80 m in campo libero; dimensione 90 x 70 x 35 mm; autonomia pari a 3 anni in condizioni di normale utilizzo.

6.3.3 Esempi applicativi di impianti di sicurezza A seconda delle caratteristiche strutturali e del tipo di attività svolta, si possono distinguere impianti antintrusione piccoli, medi, e grandi. Seguono degli esempi. Impianto tradizionale di piccole dimensioni Le caratteristiche di un impianto di piccole dimensioni sono normalmente associate a una serie di contatti magnetici o a una serie di contatti per tapparelle, abbinati a più rivelatori volumetrici ad infrarosso oppure a microonde. In questo tipo di impianti la segnalazione di allarme viene svolta da una normale sirena con l’aggiunta, in casi particolari, di una seconda sirena autoali-

Fig. 6.43 Esempio di utilizzo di una sonda di temperatura e del suo rivelatore.

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mentata. L’impianto può essere anche predisposto per il collegamento a chiavi esterne (elettroniche o meccaniche). La centrale elettronica controlla fino ad un massimo di otto zone (fig. 6.44). L’impiego più frequente lo si riscontra negli appartamenti e nei negozi di piccole dimensioni. Le apparecchiature impiegate nell’esempio sono:      

una centrale antintrusione a 4 zone autoalimentata 24 h; un comando a chiave protetto contro la manomissione; un rivelatore a microonde; un rivelatore magnetico; cinque rivelatori di vibrazione o inerziale; una sirena.

Impianto tradizionale di medie dimensioni L’impianto antintrusione di medie dimensioni è caratterizzato da una centrale con scheda a 6 ÷ 12 zone. Alla centrale possono essere collegate una o più linee di contatti magnetici o di contatti per tapparelle, associati ad un certo numero di sensori volumetrici ad infrarosso e a sensori a microonde. La segnalazione di allarme in questo tipo di impianti viene affidata ad una o più sirene, sia di tipo normale che autoalimentate, a un combinatore telefonico oppure a un allarme via radio. L’inserzione del sistema di allarme viene effettuata mediante una o più chiavi di tipo elettronico. Le apparecchiature impiegate nell’esempio di figura 6.45 sono:

Fig. 6.44 Impianto di allarme in un appartamento.

       

una centrale antintrusione a 6 zone autoalimentata 24 h; un comando a chiave protetto contro la manomissione; un rivelatore a microonde; due rivelatori magnetici; tre rivelatori di vibrazione o inerziale; un rivelatore ad infrarosso; un segnalatore via telefono protetto contro la manomissione; una sirena e una sirena autoalimentata e protetta contro la manomissione.

MG

Comando a chiave protetto V

Sirena A A

4 24

V

M

M

V

V

MG

V V

4 24

Centrale Antifurto 4 zone, 24 h autonomia Rivelatore volumetrico a microonde Rivelatore puntuale di vibrazioni Rivelatore puntuale magnetico

Impianti particolari 299

MG

MG

Comando a chiave protetto Sirena A

M

A

V

6 24

Centrale Antifurto 6 zone, 24 h autonomia Combinatore telefonico protetto

6 24

Sirena autoalimentata protetta V

M

I

MG I V V

Rivelatore volumetrico a microonde Rivelatore volumetrico a infrarosso Rivelatore puntuale magnetico Rivelatore puntuale di vibrazioni

Fig. 6.45 Impianto di allarme in un negozio.

6.4 Impianti per bagni e docce La Norma CEI 64-8-7 stabiliscono specifici provvedimenti da adottare nei locali contenenti bagni o docce, dove il rischio relativo ai contatti elettrici è aumentato dalla riduzione della resistenza del corpo e dal contatto dello stesso con il potenziale di terra. I locali da bagno vengono suddivisi in quattro zone pericolose, fuori dalle quali l’ambiente è considerato di tipo normale. Nella figura 6.46 sono riportate le zone di rispetto per un bagno con vasca o doccia. Le zone sono così suddivise:  

Zona 0: volume interno alla vasca da bagno o al piatto doccia. Zona 1: delimitata dalla vasca o dal piatto doccia e fino ad una altezza dal pavimento di 2,25 m.  Zona 2: compresa tra la superficie della zona 1 e una superficie parallela situata a 0,60 m dalla stessa e fino a 2,25 m di altezza.  Zona 3: compresa tra la superficie della zona 2 e la superficie parallela a 2,40 m di distanza, con 2,25 m di altezza. Le Zone 1, 2, 3 non si estendono all’esterno del locale attraverso le aperture, se queste sono provviste di serramenti, mentre nel caso di cabine prefabbricate la Zona 0 si estende a tutto l’interno della cabina stessa.

300

Capitolo 6

Fig. 6.46 Dimensioni delle quattro Zone di classificazione con vista laterale e in pianta. Vista in pianta

Vista laterale

Vasca da bagno con parete fissa e Vasca da bagno con porta che interessa le zone 2 e 3

Zona 3

Zona 2 Zona 1

Zona 3

0,6 m 2,40 m

Zona 0 < 0,15 m

0,6 m Zona 0

Doccia con parete fissa

Zona 0 Zona 1

Zona 0 Zona 1 2,40 m

0,6 m

2,40 m

0,6 m

Zona 1

Zona3

2,40 m

Zona 2

Zona 3

2,40 m

Doccia Zona 1 Zona 2

0,6 m

Zona 2

0,6 m

2,25 m

Doccia

0,6 m

Zona 3

2,25 m

2,40 m 0,6 m

Zona 2

Zona 3

Zona 0 Zona 1

Zona 2

Zona 0 Zona 1

Zona 1 Zona 2

Variante con vano sottovasca

2,25 m

Vasca da bagno

Zona 3 Zona 0 0,6 m

Doccia senza piatto doccia

Zona 1 Zona 2

Zona 3

Zona 1 0,6 m

0,6 m Zona 2

0,6 m

Zona 2 2,40 m

Zona 3

2,40 m

Doccia senza piatto, ma con parete fissa

2,25 m

Zona 1 0,6 m

Doccia senza piatto doccia con parate fissa

2,40 m

Zona 3 0,6 m

2,40 m

La stessa Norma CEI 64-8/7 per i locali da bagno prevede che l’installatore si attenga alle prescrizioni di seguito presentate. Masse estranee e collegamento equipotenziale Tutte le masse estranee, cioè le parti conduttrici non facenti parte dell’impianto elettrico suscettibili di introdurre il potenziale di terra, devono essere collegate ad un conduttore equipotenziale, avente sezione di 2,5 mm² - se sullo stesso è prevista una protezione meccanica (tubo) - o di 4 mm², se non è protetto. Sono da collegare all’impianto equipotenziale le tubazioni dell’acqua calda, fredda, del gas, degli scarichi e dei termosifoni; tale collegamento viene effettuato normalmente all’ingresso del bagno. La vasca da bagno non essendo in contatto con i ferri del cemento armato del solaio non è una massa estranea e dunque non deve essere collegata all’insieme equipotenziale. Ugualmente i pavimenti non isolati, ma non metallici, non si considerano masse estranee. Il collegamento equipotenziale delle Zone 1, 2 e 3 deve essere in collegamento con tutti i conduttori di protezione delle masse di queste zone. Si sottolinea infine che infissi di grandi dimensioni vanno anch’essi collegati all’impianto equipotenziale, in quanto potenzialmente sono a contatto con le masse delle strutture di calcestruzzo.

Impianti particolari 301

Grado di isolamento delle apparecchiature Nella Zona 1 e 2 la protezione sarà IPX4 o, IPX5 nel caso di bagni pubblici o comunità, dove sia prevista la pulizia con getti d’acqua. Nella Zona 3 la protezione prevista è IPX1 o IPX5 nei casi sopracitati. Condutture, cavi e cassette di derivazione Nella Zona 0 non sono ammesse condutture. Sono previste condutture in vista o a parete ad una profondità non superiore a 5 cm dall’intonaco nelle Zone 1,2 e 3; tali condutture non devono essere metalliche e devono essere limitate a quelle necessarie alla alimentazione delle apparecchiature presenti nel locale da bagno. Nelle zone 1, 2 e 3 è inoltre sconsigliato l’uso di cavi in vista salvo quelli di sistemi SELV o di tratte brevi per il collegamento di apparecchi utilizzatori. Non sono ammesse cassette di derivazione o di giunzione nelle Zone 0, 1 e 2. Dispositivi di protezione, sezionamento e comando Nella Zona 0 non è ammessa l’installazione di alcuna apparecchiatura. Nella Zona 1 si possono installare solo apparecchiature di comando, protezione e sezionamento di sistemi SELV, a 12 V in c.a. e 30 V in c.c., la cui sorgente di sicurezza è installata esternamente alle Zone 0, 1 e 2. In tale zona è possibile installare, per esempio nei campeggi, delle gettoniere assimilabili a interruttori. Nella Zona 2 vi è la sola eccezione per l’installazione di interruttori alimentati da circuiti SELV con le caratteristiche sopraevidenziate e di prese a spina alimentate da circuiti con trasformatore di isolamento di classe II. Sono ammessi gli interruttori che equipaggiano gli utilizzatori installati in questa zona. In Zona 3 si possono installare apparecchi che sono protetti con separazione galvanica singola o derivati da circuiti SELV o derivati da interruttori automatici differenziali con corrente Id < 30 mA. Altre apparecchiature elettriche Nella Zona 0 non si possono installare apparecchi utilizzatori di alcun tipo. mentre nelle altre zone è possibile installare qualsiasi apparecchio derivato da circuito SELV. Nella Zona 1 si possono installare soltanto scaldacqua. Nella Zona 2 oltre agli scaldacqua si possono derivare apparecchi di illuminazione e di riscaldamento di classe I, oltre ad unità di classe I come per esempio compressori per vasche da idromassaggio purché derivati da interruttori automatici differenziali con Id < 30 mA. Si possono inoltre installare apparecchiature di classe II. Apparecchiature per idromassaggio possono essere inoltre installate anche nella Zona 1 sottostante la vasca da bagno se collegate al sistema equipotenziale e accessibili soltanto con l’aiuto di attrezzi. Sono ammessi anche elementi riscaldanti annegati nel pavimento se ricoperti da griglia metallica o relativo schermo metallico messi a terra e saldamente collegati all’impianto equipotenziale. Nella figura 6.47 sono evidenziate le installazioni tipiche in un locale da bagno: elettrodomestici, lampade, interruttori e prese.

302

Capitolo 6

Scaldacqua Pulsante a tirante

2,40 m

0,60 m

Zona 3

Zona 2

2,25 m

Zona 1 Lampade

0,60 m

2,40 m

Zona 2

Zona 3

Zona 0

Interruttori e prese

Lavatrice

Fig. 6.47 Installazione di apparecchiature elettriche in un bagno, con le relative Zone di protezione.

6.5 Impianti di riscaldamento Con l’emanazione della Legge n. 46/90 anche l’impianto di riscaldamento rientra negli impianti tecnologici per i quali è prevista la progettazione e l’esecuzione da parte di personale specializzato. Tale progettazione deve essere supportata da certificazione di conformità alla regola dell’arte. Nelle competenze di un elettricista impiantista rientreranno quindi anche gli allacciamenti e la predisposizione delle apparecchiature elettriche facenti parte dell’impianto di riscaldamento; occorrerà avere dimestichezza con termostati, programmatori, valvole di miscelazione e di zona. Innanzitutto è bene avere chiaro quali siano i principali tipi di impianti di riscaldamento che si possono avere, in particolare per le applicazioni di tipo civile.   

Impianti di riscaldamento con circolazione a gravità. Impianti di riscaldamento con circolazione mediante pompa. Impianti di riscaldamento a distanza (teleriscaldamento), configurate come reti cittadine, di quartiere o condominiali.

Per quanto concerne le apparecchiature per la produzione dell’acqua calda si distingueranno a seconda del tipo di combustibile (solido o liquido) con caldaie funzionanti a carbone o legna, a gasolio oppure a metano. Pur non volendo entrare nel merito dei metodi e dei tipi di distribuzione dell’acqua, si ricorda che una ulteriore caratteristica degli impianti di riscaldamento è la parzializzazione dell’impianto stesso in zone.

Impianti particolari 303

Nei locali adibiti ad abitazione civile, normalmente l’impianto è monozona, data la particolare compattezza dell’ambiente da riscaldare; si possono altresì riscontrare degli impianti dove il riscaldamento dell’ambiente viene parzializzato in zona giorno e zona notte. Gli impianti di riscaldamento suddivisi in zone si ritrovano maggiormente nelle case a schiera, dove sussistono vari piani sovrastanti, utilizzati in modo diverso nell’arco della giornata: il piano scantinato con la taverna e il box auto; il piano terra con la zona giorno; il primo piano con la zona notte; il sottotetto adibito a luogo di ricreazione o di studio. La parte elettrica di un impianto di riscaldamento riguarda l’alimentazione della caldaia, la regolazione e la parzializzazione del sistema. 6.5.1 Allacciamento della caldaia Per quanto riguarda l’allacciamento della caldaia, viene normalmente eseguito mediante una linea, derivata dalla stessa linea di forza motrice, protetta con un interruttore automatico magnetotermico. Per gli appartamenti situati in condomini di nuova costruzione, la tendenza è quella di situare le caldaie in terrazzi riparati ma esterni all’edificio, onde evitare l’insorgenza di problemi legati alle esalazioni di fumi o gas tossici all’interno dell’abitazione. Per le case a schiera disposte su più livelli, la tendenza è quella di situare il generatore di calore nel sottotetto mansardato o nel piano interrato. In ogni caso sono previsti dei bocchettoni per l’aerazione nel locale dove viene situata la caldaia. Queste caldaie sono spesso di tipo pensile con accumulo a camera stagna e tiraggio forzato. L’eventuale termostato ambiente o cronotermostato viene connesso ad una apposita morsettiera, che, nel caso tali apparecchiature fossero assenti viene ponticellata. La Legge n. 373 del 30.04.76 prevede la regolazione del calore fornito all’impianto utilizzatore, governata mediante sonde che rilevano le variazioni di temperatura dell’ambiente esterno, tale prescrizione non riguarda comunque gli impianti autonomi delle singole abitazioni, tuttavia non è male prendere in considerazione tale accorgimento in ogni caso, per ottimizzare i consumi e contribuire al risparmio energetico. 6.5.2 Parzializzazione e regolazione dell’impianto La parzializzazione dell’impianto si ha quando l’abitazione viene suddivisa in varie zone di influenza dell’impianto di riscaldamento, o quando si sia in presenza di un impianto centralizzato di un condominio; mediante valvole a quattro vie e valvole di zona si suddivide il circuito idraulico in vari spezzoni che vengono collegati ai due collettori complanari di mandata e ritorno. La regolazione della temperatura è gestita tramite termostati, programmatori e sonde di temperatura: la temperatura ambiente (interna ed esterna) è rilevata mediante sonde termometriche e termostati, mentre i programmatori servono per l’accensione dell’impianto in ore stabilite. Sono inoltre molto diffusi gli apparecchi che inglobano la funzione termica e temporale per la regolazione degli impianti di riscaldamento in un solo oggetto: i cronotermostati sono oggi prodotti in vari modelli anche autoalimentati (mediante pile tampone), che non abbisognano di alimentazione dalla rete. Sistema monozona Nella figura 6.48 è riprodotto lo schema dell’impianto di riscaldamento in un

304

Capitolo 6

appartamento, che utilizza un cronotermostato per il controllo del sistema, strutturato in una sola zona. La funzione temporale del cronotermostato verrà programmata in modo da azionare la pompa di ricircolo della caldaia, quando si ritiene necessario mettere in funzione l’impianto di riscaldamento; ciò avverrà però condizionatamente al livello di temperatura ambiente presente, rilevato dal termostato inglobato nello stesso cronotermostato. In genere si possono avere programmazioni diverse per i sette giorni della settimana con impostazioni differenziate del livello di temperatura giorno-notte e con funzioni antigelo (intervento di attivazione dell’impianto da parte del cronotermostato quando la temperatura ambiente scende al di sotto di 7 °C) e di azionamento manuale senza dover cancellare le programmazioni impostate. Fig. 6.48 Impianto di riscaldamento con regolazione mediante cronotermostato.

Sistema parzializzato con valvole di zona Si possono strutturare sistemi parzializzati, dove la regolazione avviene mediante valvole di zona interfacciate con termostati e programmatori. Termosifone Valvola a quattro vie per impianto monotubo

Valvola di sfogo aria

Alimentazione Caldaia Cronotermostato

Pompa di ricircolo

Saracinesca

Collettore complanare

Nella figura 6.49 viene visualizzato uno schema dell’impianto di riscaldamento del tipo a zone, che può essere impiegato in condomini o in case a schiera. L’azionamento della pompa di ricircolo dell’acqua dell’impianto di riscaldamento si ha quando il contatto ausiliario controllato da una delle due valvole di zona dà il consenso. I due contatti che controllano la caldaia (pompa di ricircolo) sono in parallelo, in modo da azionare l’impianto quando richiesto da una qualsiasi delle zone. Le valvole di zona sono ciascuna a loro volta azionate da un cronotermostato, che le mette in funzione, facendo quindi fluire l’acqua calda nella zona dell’impianto interessata. Anche in questo caso si possono avere, da parte dei cronotermostati, le stesse programmazioni viste per l’impianto precedente.

Impianti particolari 305

Una variante che è possibile apportare al circuito di regolazione è quella di utilizzare un solo programmatore a più vie e un semplice termostato ambiente per ogni zona da controllare; in questo modo non sarà necessario installare un cronotermostato per ogni zona, contribuendo in tal modo ad un considerevole risparmio sui costi dell’apparecchiatura di controllo.

Termosifone

Cronotermostato

Valvola di sfogo aria

Valvola a quattro vie Valvola di zona

Alimentazione Caldaia

Pompa di ricircolo

Saracinesca

Collettore complanare

Fig. 6.49 Impianto di riscaldamento con regolazione mediante cronotermostato e valvole di zona. Sistema parzializzato con valvole miscelatrice e di zona Il terzo esempio di impianto che viene presentato (fig. 6.50) utilizza la valvola miscelatrice; questa valvola viene impiegata in abbinamento con due rivelatori di temperatura (uno esterno all’edificio ed uno in prossimità della valvola miscelatrice) i quali sono connessi ad una centralina di controllo che governa la motorizzazione della valvola miscelatrice stessa. La caratteristica saliente è quella di far circolare l’acqua nell’impianto modulandone la temperatura mediante la miscela dell’acqua di mandata e di ritorno, regolando la temperatura in modo ottimale in quanto nella regolazione, oltre alla temperatura ambiente interna all’edificio, viene considerata anche la temperatura esterna (con orientamento verso nord). Con tali sistemi si governano generalmente gli impianti centralizzati, mentre per gli impianti autonomi, o dove l’orientamento delle sonde esterne (verso nord) non tiene conto delle condizioni di temperatura ambiente di altri locali, dislocati con orientamento diverso, si utilizzano in aggiunta le valvole termostatiche. Tali apparecchiature vengono montate sui radiatori in guisa delle normali valvole manuali; sono provviste di un dispositivo sensibile alla temperatura ambiente (che può anche essere posto a una certa distanza dal radiatore onde non essere condizionato dallo stesso), che miscela correttamente l’acqua che affluisce al singolo radiatore.

306

Capitolo 6

Termosifone

Valvola di sfogo aria

Valvola a quattro vie Termostato Valvola di zona

Alimentazione Caldaia

Pompa di ricircolo Sonda esterna Saracinesca

Sonda termom. Valvola misc.

Fig. 6.50 Impianto di riscaldamento con regolazione mediante termostato, valvole di zona, valvola miscelatrice e sonde.

Collettore complanare

6.6 Impianti di luce d’emergenza In tutte le situazioni in cui, per la mancanza improvvisa di energia elettrica, possono subentrare potenziali pericoli per le cose e per le persone presenti, è indispensabile predisporre un impianto di illuminazione di emergenza. In particolare gli impianti elettrici situati nei luoghi di pubblico spettacolo e di intrattenimento, intesi come luoghi adibiti al ricevimento del pubblico, sono soggetti alla normativa CEI 64-10. Altre normative che contengono disposizioni in materia sono le Norme CEI 64-8, 64-4 e 34-22, i D.P.R. n. 547 del 27.4.1955, n. 246 del 26.5.1987, la Legge n. 406/80, il D.M. del 1.2.1986 e le Norme UNI EN 81 del 1.7.1987. Si considerano luoghi di pubblico ricevimento:                

sale di spettacolo, conferenza, riunioni, audizione; magazzini di vendita, centri commerciali; bar, ristoranti, self-service; alberghi, pensioni familiari; sale giochi, sale da ballo; scuole, istituti, colonie di vacanza; biblioteche, musei, archivi; sale di esposizione, fiere; circhi, teatri tenda; ospedali, stabilimenti sanitari; luoghi di culto; pubblica amministrazione, banche, uffici; luoghi sportivi al coperto; luoghi sportivi all’aperto; parcheggi coperti; strutture gonfiabili;

Impianti particolari 307

 

stazioni ferroviarie; palazzi, condomini, case di abitazione.

Si definisce quindi l’illuminazione di emergenza quella destinata a funzionare quando l’illuminazione ordinaria viene a mancare; essa comprende l’illuminazione di riserva e l’illuminazione di sicurezza. La prima è definita come quella parte dell’illuminazione di emergenza che consente di continuare o terminare una determinata attività; la seconda è definita invece come quella parte dell’illuminazione di emergenza destinata ad assicurare che i mezzi di evacuazione possano essere sempre efficacemente identificati e usati con sicurezza. Gli apparecchi per l’illuminazione di riserva sono generalmente disposti su tutta l’area interessata, analogamente agli apparecchi per l’illuminazione ordinaria. Quelli invece riguardanti l’impianto di illuminazione di sicurezza sono quasi sempre situati in prossimità delle uscite di emergenza. Vengono commercializzate plafoniere autonome a bandiera (fig. 6.51) che integrano una doppia funzionalità: la segnalazione della via di fuga, e l’illuminazione di rinforzo, come previsto dalle normative. Utilizzano la tecnologia dei LED ad alta efficienza, che ottimizzano il consumo energetico e garantiscono lunga durata.

Fig. 6.51 Apparecchi di illuminazione e segnalazione d’emergenza.

6.6.1 Apparecchi illuminanti Indipendentemente dal fatto che l’impianto sia di illuminazione di riserva o di sicurezza, gli apparecchi illuminanti possono essere:   

a illuminazione permanente; a illuminazione non permanente; di tipo combinato.

Un apparecchio di emergenza a illuminazione permanente utilizza la medesima lampada dell’impianto di illuminazione ordinaria che viene alimentata in situazione normale dalla linea principale, mentre - in caso di emergenza - viene collegata su una linea di riserva. Le lampade inserite in questo tipo di apparecchi illuminanti trovano impiego in modo particolare nella segnaletica luminosa, indicante il percorso per evacuare i locali. In un apparecchio ad illuminazione non permanente le lampade per l’emergenza sono in funzione solamente quando l’illuminazione normale viene a mancare. Infine l’apparecchio di tipo combinato contiene due o più corpi illuminanti, almeno uno dei quali alimentato dal circuito di emergenza e gli altri dall’alimentazione ordinaria. In base al tipo di alimentazione gli stessi apparecchi si possono suddividere in apparecchi con alimentazione autonoma e con soccorritore. Gli apparecchi con l’alimentazione autonoma utilizzano una sorgente, a corrente continua (batteria o accumulatore), situata nello stesso apparecchio (fig. 6.42). Nell’eventualità di mancanza della tensione di linea un dispositivo collega la batteria all’inverter, il quale trasforma la corrente da continua ad alternata e determina l’alimentazione della lampada (fluorescente) mediante un appropriato limitatore. Al ripristino della tensione della linea principale, lo stesso dispositivo scollega la batteria dall’inverter, collegandola ad un carica batterie automatico in modo da mantenerla sempre efficiente. A seconda della funzione specifica, la lampada rimarrà ancora accesa oppure si spegnerà. Una caratteristica molto importante di queste soluzioni di emergenza è la loro applicabilità a lampade già preesistenti, consentendo così

Fig. 6.52 Apparecchio di illuminazione d’emergenza a incandescenza con alimentazione autonoma.

308

Capitolo 6

una notevole facilità di installazione ed una spesa molto limitata. In figura 6.53 viene riprodotto lo schema di inserzione di una apparecchio illuminante con inserzione permanente o di solo intervento d’emergenza. ACCENSIONE PERMANENTE 230 V c.a. Carica

Dispositivo di controllo

230 V c.a. Comando 18 ÷ 36 W Interruttore emergenza

ACCENSIONE DI EMERGENZA 230 V c.a. Carica

Dispositivo di controllo 18 ÷ 36 W Interruttore emergenza

Fig. 6.53 Collegamento di apparecchi per inserzione permanente o di emergenza.

La seconda distinzione riguarda apparecchi collegati a gruppi elettrogeni o a batterie di accumulatori (soccorritori). Questi sistemi di alimentazione di emergenza vengono situati in appositi locali e sono collegati alle lampade tramite una propria linea elettrica, indipendente da quella principale. È da considerare però che un impianto di questo tipo comporta scarsa affidabilità: esiste infatti la possibilità che un eventuale incendio o una manomissione dolosa possano rendere inutilizzabile l’impianto, proprio nella circostanza per la quale esso è stato previsto. Un ultimo elemento non trascurabile riguarda l’elevato costo, rispetto alla soluzione precedente, per la predisposizione di un simile impianto. 6.6.2 Prescrizioni normative generali Nell’esecuzione di un impianto di luce di emergenza occorre tener conto delle seguenti disposizioni principali: 

l’impianto comprende la sorgente, gli apparecchi e i circuiti che collegano il primo ai secondi;  l’impianto di sicurezza non deve alimentare altri apparecchi che non siano necessari alla sicurezza delle persone, ad esempio circuiti per telecomandi;  non è consentito l’azionamento manuale dell’illuminazione di sicurezza dal personale di servizio;  gli apparecchi con alimentazione autonoma possono essere impiegati solamente nei locali con capienza non superiore a 500 persone;

Impianti particolari 309



con l’attuale normativa la durata di accensione degli apparecchi con alimentazione autonoma è stabilità in 1 ora, a differenza delle 2 ore prescritte dalle norme precedenti;  l’illuminazione di sicurezza deve garantire un illuminamento pari a 2 lux sul piano orizzontale (ad 1 metro dal pavimento) e di 5 lux in prossimità di porte e scale di accesso.

6.7 Impianti per box e posti auto Il Decreto Ministeriale del 1/2/1986 indica quali sono le Norme di sicurezza antincendio da osservare per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e strutture simili. Nella sua parte introduttiva vengono redatte delle definizioni per chiarire la differenza esistente tra luoghi apparentemente simili o svolgenti la medesima funzione di ricovero autoveicoli a motore. Con il termine autorimessa si intende un’area coperta, con servizi annessi, avente il solo scopo di servire da ricovero, sosta e manovra per i veicoli. Le tettoie aperte come minimo su due lati non possono essere considerate autorimesse. Per box invece si intende un volume circoscritto da strutture resistenti al fuoco con una superficie non superiore ai 40 m². Si intendono di tipo misto quelle autorimesse situate in un edificio svolgente anche altri usi, per esempio un condominio. Si intendono infine di tipo isolato quelle autorimesse situate in edifici svolgenti solamente la funzione di autorimessa. A seconda di come vengono disposti gli spazi interni è possibile avere: 1) Autorimesse del tipo a box • che si affacciano su spazio a cielo aperto (indipendentemente dalla loro capacità); • con capacità di parco macchine superiore a 9 veicoli e che non si affacciano su spazio a cielo libero; • con capacità di parco macchine non superiore a 9 veicoli, indipendentemente da dove si affacciano. 2) Autorimesse del tipo a spazio aperto • con capacità di parco macchine superiore a 9 veicoli; • con capacità di parco macchine non superiore a 9 veicoli. 6.7.1 Autorimesse con capacità di parco macchine non superiore ai nove autoveicoli Se l’autorimessa non accoglie più di nove veicoli (fig. 6.54), le norme antincendio prescrivono tutta una serie di regole che si possono riassumere nel modo seguente. • In caso di autorimesse di tipo misto: La resistenza al fuoco delle strutture principali (portanti) deve essere almeno R 60.  Se ci sono strutture di separazione, queste devono essere come minimo REI 60.  Si ricorda che il grado di resistenza al fuoco viene espresso mediante una sigla alfanumerica che indica le caratteristiche termomeccaniche, quali la stabilità (R), la tenuta (E), l’isolamento termico (I) e il tempo di conservazione espresso in minuti. I tempi standardizzati sono 15, 30, 45, 60, 90, 120 e 180 minuti.  Se sono previste porte di accesso a locali con diverso uso, esse devono 

310

Capitolo 6

essere metalliche, piene e a chiusura automatica.

Fig. 6.54 Tipologie di autorimesse con meno di nove posti auto.

• In caso di autorimesse di tipo isolato: Per le strutture principali e di suddivisione interna, è sufficiente che queste siano di materiale non combustibile.  Se sono previste pareti di divisione dei box, queste devono essere costruite con strutture uguali o superiori a REI 30.  L’altezza minima deve essere uguale o superiore a 2 m. 

L’areazione naturale deve presentare una capacità di superficie uguale o maggiore a 1/30 della superficie totale in pianta dell'autorimessa. • Per ogni singolo box devono esserci delle aperture permanenti, ricavate anche nella porta di chiusura mediante fori e griglie, aventi una superficie complessiva minima pari a 1/100 della superficie totale in pianta del box. L’impianto elettrico non richiede particolari prescrizioni, se non l’osservanza delle indicazioni della Norma CEI 64-8, in quanto i luoghi non presentano né rischi maggiori in caso di incendio né pericolo di esplosione. Le Norme CEI 64-50 e 64-2 inoltre indicano che:  non è necessario il comando di emergenza;  è consigliabile installare gli apparecchi di comando e in derivazione ad una altezza uguale o superiore a 1,5 m;  se le condutture vengono installate ad un’altezza inferiore a 1,5 m dal pavimento, esse devono essere protette contro il danneggiamento meccanico installando condotti o tubi metallici oppure incassando nella parete tubi isolati;  la linea elettrica che arriva al box viene derivata dallo stesso contatore dell’appartamento e quindi deve essere considerata come colonna montante e può essere costituita da cavi unipolari inseriti in un tubo e differenziati per ogni box oppure da un cavo multipolare inserito in un canale comune e servente tutti i box;

Impianti particolari 311



se la linea di alimentazione è unica (per esempio perché fa parte dei servizi di condominio oppure è derivata da un contatore specifico) le linee di singoli box non vengono separate;  gli apparecchi normalmente installati all'interno di un box sono un apparecchio di illuminazione e una presa a spina, protetti da un interruttore magnetotermico differenziale (protezione dai contatti diretti e dalle sovracorrenti);  se è già presente un interruttore differenziale che protegge la colonna montante dell’appartamento è sufficiente collegarsi a valle di esso, evitando di installare un secondo interruttore;  la linea di alimentazione deve contenere la caduta di tensione al di sotto del 4% (Norma CEI 64-8). Per quanto riguarda i conduttori, la tabella 6.5 riassume le sezioni minime ammesse dei cavi a seconda della lunghezza della tratta. Tab. 6.5 Sezione dei cavi da utilizzare nelle autorimesse. Sezione minima dei cavi che alimentano i singoli box Corrente nominale interruttore [A]

10

16

Sezione cavo [mm2]

Lunghezza max linea * [m]

1,5 (**)

L < = 30

2,5

30 < L < = 46

4

46 < L < = 72

1,5 (***)

L < = 15

2,5 (****)

15 < L < = 31

4

31 < L < = 46

6

46 < L < = 72

(*) Comprendente anche i circuiti realizzati all’interno dell'autorimessa. (**) Con cavo multipolare con isolamento in PVC e con canale con più di sei cavi alloggiati, scegliere la sezione 2,5 mm². (***) In caso di cavo multipolare, situato in canale, impiegare la sezione minima di 2,5 mm² (****) Con cavo multipolare con isolamento in PVC e con canale con più di quattro cavi alloggiati, scegliere la sezione 4 mm².

Le Norme da osservare sono: • CEI 64-8 - Terza edizione per caratteristiche generali e protezioni. • CEI 20-19 - Fascicolo 662 per cavi isolati con gomma. • CEI 20-20 - Fascicolo 663 per cavi isolati in polivinilcloruro. • CEI 23-3 - Fascicolo per interruttori automatici. • CEI 23-5 - Fascicolo 306 per prese a spina. • CEI 23-9 - Fascicolo 823 per apparecchi di comando. • CEI 23-12 Fascicolo S/469 prese a spina tipo CEE. • CEI 23-14 - Fascicolo 297 per tubi flessibili in PVC. • CEI 23-16 - Fascicolo S/430 per prese a spina di tipo complementare. • CEI 23-19 - Fascicolo 639 per canali portacavi a battiscopa. • CEI 23-25 - Fascicolo 1176 prescrizioni generali per tubi. • CEI 23-42 - Fascicolo 2394-E interruttori differenziali senza segnalatori di sovracorrente incorporati.

312

Capitolo 6

• CEI 23-44 - Fascicolo 2396 interruttori differenziali con segnalatori di sovracorrente incorporati. • CEI 23-50 - Fascicolo 2688 prese a spina per usi domestici e similari. Parte 1 Prescrizioni generali. • CEI 64-50 - Fascicolo 2615 C guida per l’inserimento negli edifici residenziali degli impianti elettrici utilizzatori. • CEI 17-13/1 Fascicolo 1433 per quadri BT. La figura 6.55 visualizza la dislocazione delle apparecchiature elettriche in una autorimessa.

3

1

2

4

5 6

7

8

Fig. 6.55 Dislocazione apparecchiature elettriche.

1 = Protezione con tegolo metallico (corretto) 2 = Cassetta in resina (errato) 3 = Tubo PVC (corretto) 4 = Aerazione 5 = Tubo PVC pesante (errato) 6 = Cassetta metallica (corretto) 7 = 1,5 m zona esposta a danneggiamento meccanico 8 = Tubo PVC pesante (corretto)

6.7.2 Posti macchina interni per più di nove macchine Le Norme antincendio nel caso di posti interni per più di nove macchine (fig. 6.56) sono più restrittive e prescrivono tutta una serie di regole, alcune delle quali vengono riassunte in quanto segue. • Per le autorimesse di tipo misto le strutture che dividono l’autorimessa dalle altre parti dell’edificio devono possedere una resistenza al fuoco pari a REI 90. • Le strutture interne delle autorimesse di tipo misto invece devono presentare una resistenza al fuoco uguale a R 90. • Per le autorimesse di tipo isolato è sufficiente che le strutture interne siano incombustibili. • L’altezza dei locali deve essere uguale o maggiore a 2,4 m, considerando un’altezza minima sotto trave di 2 m. • Nel caso di autorimesse private con capienza fino a 15 autovetture comunicanti con locali di abitazione di edifici aventi un’altezza inferiore ai 24 m, queste devono essere munite di aperture metalliche piene con congegno di autochiusura.

Impianti particolari 313

• Le autorimesse devono possedere un sistema per il deflusso rapido ed organizzato verso l’esterno.

Fig. 6.56 Tipologie di autorimesse con più di nove posti auto.

L’impianto elettrico di sicurezza in questi casi deve essere del tipo AD-FT adatto a luoghi di classe 3 con pericolo di esplosione. In questo ambito rientrano anche i box raggruppati in numero superiore a 9 con corsia di accesso da spazio chiuso e i vani destinati a posti macchina con capienza superiore a 9 veicoli.

Fig. 6.57 Tipologie di autorimesse con più di nove posti auto.

Gli apparecchi elettrici (fig. 6.57) devono essere ridotti all’essenziale, individuato in:  

impianto di illuminazione generale, alcune prese di corrente.

314

Capitolo 6

Tab. 6.6 Condutture ammesse da utilizzare nelle autorimesse. Tipi di condutture ammesse per l’alimentazione dei singoli box Provvedimenti aggiuntivi contro il pericolo di incendio

Tipo di conduttura In tubo incassato entro muratura sia metallico che in resina A vista, in tubo metallico con chiusura IP 40

Nessuno

Cavi con isolamento minerale con guaina metallica esterna continua Cavi multipolari con conduttore di protezione concentrico Cavi con schermi metallici sulle singole anime Cavi con isolamento minerale con guaina metallica continua ricoperta esternamente da guaina in materiale combustibile Cavi multipolari in vista con conduttore di protezione incorporato Conduttore in canali o in tubo metallico con grado di protezione inferiore a IP 40 Condutture in canali o tubo non metallico con chiusura non inferiore a IP 40 e resistenti al calore anormale e al fuoco fino a 850 °C Binari elettrificati

Usare solo tipi non propaganti la fiamma conformi a Norma CEI 20-35 se posati singolarmente o distanziati da altri cavi paralleli di almeno 25 cm Usare solo tipi non propaganti l’incendio conformi a Norma CEI 20-22 se posati a distanza inferiore di 25 cm da altri cavi paralleli Stesse misure suddette, inoltre proteggere i circuiti terminali con differenziale avente Idn  0,5 A

Stesse misure suddette ma non è necessario il differenziale per la protezione dei circuiti terminali se la chiusura non è inferiore a IP 40

Condotti a barre L’impianto elettrico deve essere derivato dal contattore dei servizi generali della casa per facilitare l’interruzione di emergenza e deve rispettare i seguenti dettami:  

 

 

Non sono ammesse prese ed interruttori installati a meno di 1,5 m dal pavimento. Le prese a spina devono essere disposte in modo tale da evitare il ricorso a cordoni di prolunga (una ogni 4-5 metri al massimo ed eventualmente sui pilastri se l’ambiente è vasto. I cavi, gli apparecchi e le scatole devono essere protetti dai pericoli d’urto o disposti in modo tale da evitare questo pericolo. I cavi non armati installati fino a un’altezza di 2,5 m sui piani di calpestio, devono essere protetti con tubi, canalette o con cunicoli tali da poter resistere alle azioni meccaniche cui possono essere sottoposti. Al di sopra di tali altezze si possono installare anche cavi con guaina a parete di tipo non propagante la fiamma purché distanziati di almeno 2,5 cm. Gli apparecchi illuminanti devono avere un grado di protezione uguale o maggiore a IP44, a meno che non siano installati ad altezze superiori a 3,5 m dal pavimento, cioè al di sopra della zona AD. I tipi di condutture ammesse sono indicati nella tabella 6.6. Altre prescrizioni generali per le condutture sono:



Tensione nominale dei cavi non inferiore a 450/750 V.

Impianti particolari 315



     

 

Sezione non inferiore a: • 1,5 mm² per circuiti di potenza; • 0,75 mm² per circuiti di segnalazione o telecomando; • 0,5 mm² per circuiti di telecomunicazione e similari. Condutture incassate nella muratura con percorsi orizzontali o verticali. Cavi infilati entro tubi metallici con guaina esclusivamente di tipo antiabrasivo (kY o Rz) se sono prevedibili danni durante l’infilaggio. Rapporto tra diametro interno del tubo e diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi contenuto non inferiore a 1,4. Tubi metallici solo di tipo protetto contro la corrosione. Protezione contro gli urti dei cavi mediante tubo di tipo pesante fino a 2,5 m dal piano di movimentazione. Cavi a parete solo del tipo con guaina con interdistanza fra i sostegni non inferiore a: • 20 volte il diametro per tratte orizzontali; • 30 volte il diametro per tratte verticali di protezione. Vietato usare il neutro come conduttore di protezione. Passaggi in ambienti ordinari protetti da barriere taglia fiamma.

Le Norme da osservare, oltre alle precedenti, sono: • CEI 64-2 - Fascicolo 1431 - Impianti nei luoghi con pericolo di esplosione. • CEI 64-2/A - Fascicolo 1432 - Idem c.s. - Appendici. • CEI 70-1 - Fascicolo 1915 - Gradi di protezione degli involucri. • CEI 23-18 - Fascicolo 532 - Interruttori differenziali. • CEI 20-22 - Fascicolo 1025 - Prove dei cavi non propaganti l’incendio. • CEI 20-35 - Fascicolo 688 - Prove dei cavi non propaganti le fiamme. • DM 16-2-82 - Luoghi controllati da VVF. • DM 1-2-82 - Norme di sicurezza antincendi per autorimesse.

6.8 Impianto di sonorizzazione La funzione degli impianti di sonorizzazione è quella di elevare l’intensità dei segnali acustici, emessi da una sorgente, per renderne possibile l’ascolto anche nei punti in cui, per la distanza dalla sorgente, per la grandezza dell’ambiente e per il rumore di fondo, il livello sonoro risulta essere insufficiente. La suddetta funzione si diversifica a seconda che lo scopo sia:  

di rinforzare i suoni, per esempio, in teatri o sale di conferenza; la diffusione ad alto livello, per esempio, la chiamata di persone in ambienti industriali o per comizi in piazze;  la diffusione a basso livello, per esempio, sottofondi musicali in alberghi, piscine, magazzini di vendita;  di tipo misto, cioè, diffusione di sottofondi musicali con possibilità di intervento per comunicazioni di carattere commerciale o di situazioni di allarme. Un sistema di distribuzione audio è composto principalmente da sorgenti di segnale e organi di ripresa, da amplificatori o apparati di elaborazione e da diffusori del suono. Le sorgenti di segnale hanno il compito di generare o trasformare un segnale elettromeccanico (onda sonora) in un segnale elettrico. Esse sono rappresentate da sintonizzatori o filodiffusori, da giradischi, da registratori magnetici e da microfoni. I diffusori hanno invece la funzione di trasformare i segnali elettrici, potenziati dall’amplificatore, in vibrazioni meccaniche da trasmettere all’aria, formando così suoni con intensità tale da poter essere uditi.

316

Capitolo 6

6.8.1 La progettazione del sistema sonoro Nello studio e nella progettazione del sistema sonoro è importante focalizzare alcuni passi essenziali. Questi si possono così riassumere:  

analizzare le caratteristiche dell’ambiente da sonorizzare; quantificare le dimensioni dell’area da sonorizzare e, in base ai tali dati, scegliere i diffusori e l’amplificatore;  scegliere il tipo più idoneo di collegamento tra diffusori e amplificatore e i cavi corrispettivi. Caratteristiche qualitative dell’ambiente La potenza acustica necessaria per la sonorizzazione è strettamente legata al tipo di ambiente nel quale l’impianto viene installato. Un primo importante fattore è rappresentato dai vari coefficienti di assorbimento dei materiali presenti; un secondo aspetto è invece il rumore di fondo, il quale rappresenta l’elemento base per la determinazione del livello di pressione acustica da realizzare. Si deve osservare che, mentre il primo aspetto è un dato predefinito dal tipo di struttura e quindi non modificabile, il secondo rappresenta la base per il dimensionamento dell’impianto. Tab. 6.7 Livelli medi di rumore di fondo ambientale. Ambienti

Rumore [db]

Ambienti

Rumore [db]

Auditorium

55 ÷ 70

Parco pubblico

40 ÷ 50

Aula universitaria

40 ÷ 65

Piazza medie dimensioni

70 ÷ 80

Aula scolastica

30 ÷ 60

Piazzale stabilimento industriale

65 ÷ 85

Balera

60 ÷ 80

Piscina coperta

50 ÷ 60

Camera d’albergo

20 ÷ 30

Piscina scoperta

40 ÷ 60

Camera d’ospedale

10 ÷ 20

Reparto di lavorazione

70 ÷ 95

Campi gioco

70 ÷ 80

Sala conferenze

50 ÷ 60

Campo gioco coperto

55 ÷ 70

Sala d’attesa

20 ÷ 30

Corridoio d’albergo

20 ÷ 30

Sala di ritrovo

65 ÷ 75

Corridoio d’ospedale

10 ÷ 20

Sala mensa

35 ÷ 45

Cortile caserma

50 ÷ 60

Seggiovia

20 ÷ 30

Cortile scolastico

65 ÷ 80

Spiaggia organizzata

65 ÷ 80

Discoteca

65 ÷ 90

Stadio

90 ÷ 100

Grande magazzino

35 ÷ 45

Stazione ferroviaria

75 ÷ 90

Lungomare o lungolago

40 ÷ 60

Supermarket di medie dimensioni

50 ÷ 60

Luogo di culto di medie dimensioni

30 ÷ 45

Supermarket di grandi dimensioni

60 ÷ 70

Molo portuale

70 ÷ 80

Teatro di medie dimensioni

30 ÷ 40

Negozio di vendita

20 ÷ 30

Teatro/arena aperto

60 ÷ 70

Open space ufficio pubblico

30 ÷ 45

Terrazza ristorante

40 ÷ 50

Palestra scolastica

60 ÷ 70

Ufficio

20 ÷ 40

Impianti particolari 317

È importante sapere che ad ogni raddoppio di potenza (espressa in watt) la pressione acustica aumenta di 3 dB; chiaramente, ad ogni dimezzamento di potenza segue una diminuzione della pressione acustica di 3 dB. Inoltre è da tenere presente che, quando la distanza raddoppia, la pressione acustica diminuisce di 6 dB e, ovviamente, ad ogni dimezzamento della distanza corrisponde un aumento di 6 dB. Infine è importante ricordare che il valore minimo di variazione della pressione acustica per far prevalere un suono su un altro è di 3 dB. La tabella 6.7 riassume dei valori tipici di esempio del livello di rumore di fondo presente in vari ambienti. Una esatta rilevazione di tale valore la si può avere utilizzando uno specifico strumento denominato fonometro. Esempio di scelta dei diffusori e dell’amplificatore Sapendo che, nel dimensionamento di un impianto acustico, i dati di partenza sono quelli dati dalle aree da sonorizzare e dal valore di rumore, la procedura può essere rappresentata dalla seguente sequenza. Ipotizzando la sonorizzazione di 20 aule con dimensioni 5 x 8 m e di un cortile con un fronte di 60 m e profondo 30 m: 

Dalla tabella 6.6 si ricava il valore di rumore, che risulta essere in questo caso di 30 ÷ 60 dB per ciascuna aula e di 65 ÷ 80 dB per il cortile.  Vengono considerate le condizioni più sfavorevoli, cioè un rumore di 60 dB per ciascuna aula e di 80 dB per il cortile.  A questi valori vengono aggiunti 3 dB (come considerato in precedenza) per far prevalere il segnale sul rumore; la pressione acustica risulta esse quindi per ogni aula di: Pacustica = 60 + 3 = 63 db e per il cortile: Pacustica = 80 + 3 = 83 db 

Tali valori sono in pratica i livelli di pressione acustica occorrenti al diffusore per arrivare nel punto più lontano di ascolto.  Viene determinata quindi la pressione acustica che deve avere ciascun diffusore ad 1 m di distanza dalla bocca; in base alla figura 6.48 vengono rilevate le attenuazioni della pressione acustica che in questo caso sono: • per i 7 m di ciascuna aula (8 - 1) di circa 17 dB; • per i 29 m del cortile (30 - 1) di circa 29 dB.  I valori di attenuazione vengono sommati ai valori di pressione acustica e risultano essere per ciascuna aula di: Pacustica = 63 + 17 = 80 db e per il cortile di: Pacustica = 83 + 29 = 112 db 

infine, si effettua la scelta del tipo di diffusori (a parete, a soffitto, a colonna sonora) per le aule e (trombe) per il cortile.

Se si considera che ogni diffusore presenta una specifica intensità sonora, rappresentata mediante un angolo di diffusione e corrispondente ad un determinato fronte di copertura, risulta evidente come sia necessario verificare, dopo aver scelto i tipi di diffusori, se nell’area considerata non siano presenti zone d’ombra.

318

Capitolo 6

Fig. 6.58 Diagramma della attenuazione della pressione acustica in funzione della distanza.

60

50

Attenuazione della pressione acustica [db]

40

30

20

10

0 1

2

3

4 5

10

20

30 40 50

100

200

300 400

1000

Distanza dalla sorgente del suono [m]

160°

160

140°

110°

150

120°

100°

100

90°

80° 85°

Fig. 6.59 Diagramma dell’ampiezza del fronte sonorizzato in funzione della distanza e dell’angolo di dispersione.

90 80 70 60

Distanza del diffusore [m]

50 40 30 20 10 0 10

20

30

40

50

Ampiezza della zona sonorizzata [m]

60

70

80

90

100

110

120

130 140

170 180

190

200

Impianti particolari 319

Fig. 6.60 Area sonorizzata da una tromba.

60 m

Zona d’ombra

Zona d’ombra 30 m

53 m

Fig. 6.61 Area sonorizzata da due trombe.

60 m

Zona d’ombra

Zona d’ombra

Zona d’ombra

30 m

75 m

320

Capitolo 6

La verifica viene effettuata con l’ausilio di opportuni diagrammi (fig. 6.49), mediante i quali è possibile constatare se l’ampiezza del fronte sonorizzato copre l’intera area. Le figure 6.60 e 6.61, in riferimento all’esempio analizzato, rappresentano come possono cambiare i rapporti tra copertura sonora e zone d’ombra. Se viene utilizzata una tromba con una pressione acustica massima di 115 dB, dalla figura 6.60 si nota che, per una profondità di 30 m e con una tromba avente un angolo di dispersione di 120 gradi, il fronte coperto è di soli 53 m. In questa situazione l’area non viene completamente coperta, ma presenta consistenti zone d’ombra. La soluzione la si deduce allora dalla figura 6.61, che mostra come sia necessario impiegare due trombe per ottenere una sonorizzazione più uniforme. Una volta stabilite la quantità di diffusori e le loro caratteristiche risulta abbastanza semplice scegliere l’amplificatore adatto. Operativamente la somma delle potenze dei vari diffusori indica il valore di potenza che deve avere l’amplificatore. Ma è bene tenere presente che l’amplificatore può avere altre caratteristiche (numero degli ingressi e uscite, possibilità di controllo differenziato del volume, dei toni ecc.): queste dovranno essere vagliate in base alle esigenze specifiche cui l’impianto dovrà svolgere. Collegamento tra diffusori e amplificatori Il collegamento tra l’amplificatore e i diffusori può essere del tipo ad impedenza costante o del tipo a tensione costante. 

Collegamento ad impedenza costante. Viene utilizzato normalmente in quegli impianti HI-FI dove è presente un numero ridotto di diffusori e dove le linee di distribuzione non hanno lunghezze superiori ad alcune decine di metri. Affinché i diffusori possano sfruttare completamente la loro potenza, è necessario che l’impedenza totale degli stessi sia uguale a quella dell’amplificatore. Commercialmente risulta ovvio che normalmente tutti gli amplificatori vengano equipaggiati con più uscite, aventi valori diversi di impedenza, in modo da presentare una maggior versatilità di impiego. I collegamenti dei diffusori possono essere eseguiti con circuiti serie, parallelo o di tipo misto.  Collegamento a tensione costante. Questa inserzione presenta invece la caratteristica di poter supportare tipi diversi di diffusori, purché essi siano corredati da un proprio trasformatore d’impedenza. I circuiti primari di tutti i trasformatori risultano essere collegati in parallelo alla linea di uscita dell’amplificatore e quindi alla medesima tensione. Questo tipo di collegamento risulta essere il più usato, perché permette di utilizzare diffusori di potenza diversa, svolgente anche funzioni diverse. La sezione dei conduttori deve essere scelta adeguatamente in base alla potenza dell’impianto. In questa logica è buona norma tenere in considerazione che è meglio scegliere una sezione più elevata che non una sottodimensionata, onde evitare, nei grandi impianti, perdite di potenza. 6.8.2 Esempio di diffusione sonora nel terziario Sempre più spesso negli ambienti dei servizi, per un maggior comfort ambientale, vengono diffusi motivi di sottofondo musicali. L’esempio proposto, che impiega apparecchiature di una nota azienda di produzione di materiali elettrici, può avere applicazione in ambienti interni come la casa, l’ufficio, l’albergo, lo studio medico, dove l’adozione di un

Impianti particolari 321

sistema di diffusione sonora offre la possibilità di sonorizzare i diversi locali, permettendo di escludere a piacere, agendo sui moduli locali di comando, gli ambienti dove non si abbia interesse all’ascolto. Il segnale viene fornito al modulo centrale stereofonico da una qualsiasi sorgente sonora quale ad esempio una radio portatile, impianto HI-FI, un lettore CD. Ogni modulo locale di comando permette di comandare e regolare il volume del segnale da diffondere ed il bilanciamento dei diffusori. L’applicazione è corredata inoltre di un sistema interfonico (integrato nei moduli locali) che permette l’invio di messaggi agli altri ambienti, funzione molto utile per la ricerca delle persone e lo scambio di informazioni. La figura 6.62 visualizza un esempio di sistema di diffusione sonora per interni con configurazione mono o stereofonica e la regolazione e il comando dei diffusori in modo locale.

Fig. 6.62 Configurazione mono e stereofonica di diffusione sonora.

L N Diffusione stereofonica

Diffusione monofonica

2 x 1,5 mm2

Alimentatore

+24 Vp DC GNDp

L N

+24 Vp DC GNDp

+24 Vp DC GNDp

Diffusori amplificati

+24 Vs DC GNDs Remote Local Mute MIC. EN MIC. SIGN. BF. IN. GNDs

Diffusore amplificato Remote Local Mute MIC. EN MIC. SIGN. BF. IN. GNDs

Remote Local Mute MIC. EN MIC. SIGN. BF. IN. GNDs

6 x 0,5 mm2 2 x 1,5 mm2

7 x 0,5 mm2

Sorgente sonora

Modulo locale di comando

Modulo centrale di comando

LED livello picco di segnale

LED stato di funzionamento

Regolazione sensibilità livello di ingresso

6 x 0,5 mm2

Regolazione bilanciamento (solo per impianti stereofonici)

Microfono incorporato

Presa RCA (canale sx)

Presa RCA (canale dx)

Interruttore ON/OFF

Fig. 6.63 Modulo centrale di comando per diffusione sonora.

Modulo locale di comando

LED stato di funzionamento

ON/OFF Regolazione volume

Pulsante interfono

Fig. 6.64 Modulo locale di comando per diffusione sonora.

322

Capitolo 6

Scatola Diffusore

Fig. 6.65 Diffusore amplificato. Griglia frontale

Il sistema si compone di:  

Alimentatore 230 V~ 50-60 Hz, tensione d’uscita 24 V d.c. Modulo centrale di comando (fig. 6.63) al quale viene connessa la fonte di segnale da diffondere.  Modulo locale di comando (fig. 6.64) per diffusori da inserirsi per ogni postazione che si vuole amplificare.  Diffusori amplificati da 10 W musicali (fig. 6.65) in numero corrispondente ai punti di ascolto e al sistema di diffusione (mono o stereofonico). 6.9 Impianti con tecnologie BUS e wireless I sistemi BUS si sono affacciati sul mercato in questi ultimi anni come alternativa e completamento dei sistemi tradizionali. Essi si basano su un cavetto composto di quattro fili (due di alimentazione e due di comunicazione) che consente di soddisfare tutte le funzioni di competenza dei sistemi precedenti. Tutti i componenti di un sistema BUS si caratterizzano per contenere un apparato a microprocessore che consente loro di comunicare: l’efficacia dell’impianto dipende dalla corretta configurazione dei suoi dispositivi. I segnali digitali, generati e inviati sul BUS, vengono denominati telegrammi e contengono informazioni di vario genere, come per esempio indirizzo del destinatario, del mittente, dati e modalità operative. Per gestire correttamente tutte queste informazioni è necessario un protocollo, cioè un insieme di regole che eviti interpretazioni errate. Questo viene espletato da un software memorizzato nei microprocessori contenuti negli apparecchi impiegati. In Europa si stanno sviluppando e diffondendo tre tipologie di bus normalizzati che coinvolgono nel loro sviluppo un composito gruppo di società produttrici di materiali elettrici:   

Batibus (Batiment Bus). EIB (European Installation Bus). Esprit-HS (ESPRIT Home System).

Alcune aziende promuovono inoltre una propria configurazione di apparecchiature che impiegano la tecnologia BUS ma con un sistema denominato proprietario: tale sistema si avvale di un protocollo di comunicazione sviluppato dalla casa costruttrice, che può implementare e far “parlare” solo apparecchia-

Impianti particolari 323

ture da essa prodotte; non possono quindi essere connesse apparecchiature di altre aziende produttrici di materiali elettrici. In questo scenario esistono anche sistemi definiti “proprietari” i quali, pur avendo un proprio e distinto protocollo, possono comunicare con i sistemi multiproprietari per mezzo di apposite interfacce. Il BUS di comunicazione può avere una struttura di configurazione che supporta per ogni linea un massimo di 128 dispositivi (comando, segnalazione, attuazione) con uno sviluppo massimo in lunghezza di 1000 m. Più linee possono comunicare tra loro tramite degli accoppiatori di linea per condividere, ad esempio, un comando generale; il numero massimo di linee che si possono configurare è di 240, suddivise in 15 aree. Lo schema di figura 6.66 rappresenta un esempio di struttura BUS dello standard EIB.

Fig. 6.66 Configurazione logica di un sistema BUS standard EIB.

I sistemi di sicurezza e controllo hanno trovato, infine, la loro massima evoluzione negli impianti di tipo wireless (senza fili), disponibili oggi per effettuare un sistema completamente senza fili, con periferiche e dispositivi progettati per comunicare in radiofrequenza. Tutti gli elementi sono caratterizzati dall’autoapprendimento, funzione che semplifica il lavoro dell’installatore e permette di eliminare programmazioni di tipo software o configurazione mediante dip-switch o ponticelli. Nei sistemi di sicurezza con tecnologia wireless il cuore del sistema è la centrale; essa svolge anche il compito di testare costantemente l’efficacia dei sensori installati e di avvisare tempestivamente l’utente di eventuali anomalie riscontrate. Si posso realizzare configurazioni dei sistemi che contemplano vari tipi di impianti (allarme, automazione, controllo, ecc.) e di integrare, tramite interfacce contatti e interfacce a radiofrequenza, apparecchiature con tecnologia filare e via radio (fig. 6.67).

324

Capitolo 6

Alimentatore

Interfaccia contatti

Unità di back-up

Rivelatore IR

Inseritore

Chiave a transponder

Contatto magnetico

Interfaccia radio

Rivelatore IR

Centrale di controllo

Contatto magnetico

Accoppiatore di linea

Alimentatore

Comando tapparelle

Termostato

Tapparelle

Comando luci

Attuatore

Termoregolazione

Controllo carichi

Attuatore

Luci Presa

230 V a.c.

Fig. 6.67 Esempio di sistema misto controllo e antintrusione con tecnologia BUS.

Nella tabella 6.8 si propone una panoramica delle applicazioni, nel settore residenziale e del terziario, di sistemi che impiegano tecnologia BUS o wireless. 6.9.1 Sicurezza Con la tecnologia BUS e wireless gli ambienti domestici e del terziario, denominati in genere civili, vengono protetti e salvaguardati con l’installazione di sistemi che si possono sintetizzare nelle seguenti applicazioni:     

Antintrusione. Allarmi tecnici. Videocontrollo. Antipanico e telesoccorso. Controllo accessi.

Impianti particolari 325

Tab. 6.8 Tabella delle applicazioni dei sistemi bus e wireless.

Laboratorio

Luogo di culto

Scuola Università

x

x

x

x

Allarmi tecnici (gas, fumi, acqua)

x

x

Antipanico

x

x

Sicurezza Cminicazione videocitofonica Comfort

x

x

Autoaccesnsione

x

x x

Segnalazione porta aperta Attivazione comando luci scale

x

Switch telecamere interne

x

x

Termoregolazione

x

x

Diffusione sonora

x

x

Automazione luci

x

x

Automazione tapparelle/serrande

x

x

Scenari

x

x x

Controllo remoto

Automazione scenari e azioni programmate

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

Verifica stato temperatura

x

x

x

x

Programmazione clima

x

x

x

x

Segnalazioni di allarme

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

x

Diagnostica dispositivi

x

x

Controllo carichi

Attivazione gruppi e scenari

x

x

Controllo accessi Funzioni base

x

Centro commerciale

Ufficio

x

Bar Pub

Negozio

x

Antintrusione

Ristorante Hotel

Seconda casa

x

Funzione

Palestra Piscina

Villa

x

Tipologia

Risparmio

Terziario

Appartamento

Residenziale

Gestione energia

x

x

x

Programmazione carichi

x

x

x

x

x

x

326

Capitolo 6

Antintrusione Con la tecnologia BUS è possibile realizzare impianti di allarme antintrusione; mediante una centrale si effettuano tutte le operazioni di programmazione, configurazione e diagnostica e invio messaggi, tramite un comunicatore telefonico. Il sistema è facilmente comandabile attraverso chiavi e card a transponder, smart card e telecomandi a radiofrequenza, che inseriscono, disinseriscono o parzializzano l’allarme. Si possono personalizzare le funzioni del tempo di intervento dei rivelatori e dei sensori perimetrali, la soglia di rilevamento, e la sensibilità. Interessante è la produzione da parte di alcune case costruttrici di particolari centrali dotate di un monitor LCD che aiuta nella visualizzazione sullo stato del sistema di allarme, ma può anche gestire contemporaneamente luci, tapparelle, temperatura, scenari, automazioni e controllo carichi. Altra soluzione innovativa è quella che impiega per la gestione un pannello touch-screen che funziona come una sorta di interfaccia utente verso le funzioni del sistema. Il corredo antintrusione comprende ovviamente sensori ad infrarosso e perimetrali, che possono essere connessi al BUS mediante un’opportuna interfaccia, mentre per quanto concerne la segnalazione ci si può avvalere di comunicatori su rete fissa o GSM. Ovviamente tutti i dispositivi del sistema antintrusione sono protetti contro i tentativi di manomissione, inclusa la sconnessione e il cortocircuito della linea di collegamento. Altra peculiarità da segnalare, a tale proposito, è quella di alcuni apparecchi di rilevazione che sono corredati di un particolare dispositivo antitamper: il sensore è equipaggiato di un apparato ottico IR che consente l’autoprotezione, emettendo posteriormente un raggio ad infrarossi che allerta il sistema al minimo tentativo di manomissione dell’apparecchiatura. Allarmi tecnici Gli allarmi tecnici disponibili in configurazione BUS o radiofrequenza sono:  Rivelatori di gas (GPL e metano), che è in grado di rilevare se nell’ambiente è presente una quantità di gas in eccesso, avvisando con un segnale acustico e luminoso e azionando l’elettrovalvola che controlla il flusso del gas dal contatore o dalla bombola.  Rivelatore di monossido di carbonio, che avvisa anch’esso in caso di pericolo con un segnale acustico e luminoso, e, se connesso a delle elettrovalvole, provvede a chiudere l’erogazione del gas o spegnere la caldaia.  Rivelatore di fumo. Produce una segnalazione acustica o luminosa nell’evenienza di presenza anomala di fumo e comanda le eventuali utenze per l’evacuazione dei fumi (apertura di vasistas o avvio di aspiratori), oltre all’invio di messaggi su rete telefonica o via radio.  Rilevatore di allagamento. La presenza di liquidi in luoghi e situazioni potenzialmente pericolosi viene rilevata mediante appositi sensori e attiva le operazioni di segnalazione e di attivazione di utenze che bloccano l’erogazione del liquido.  Rilevatore per celle frigorifere. Viene installato all’interno di locali o apparecchi dove è necessario mantenere una certa soglia di temperatura; il rivelatore attiva l’allarme quando all’interno di un congelatore la temperatura sale sopra la soglia dei - 12 °C. Videocontrollo La commercializzazione di piccolissime telecamere che occupano lo spazio di due o anche un solo modulo delle normali serie standard di apparecchiature elettriche civili, consentono il controllo di ambienti domestici, in una configurazione che ben si accorda con il sistema di protezione antintrusione e si integra perfettamente anche con l’impianto videocitofonico. Nel caso di applicazioni del terziario (uffici, negozi, banche), il segnale rilevato potrà infine essere tra-

Impianti particolari 327

smesso anche tramite modem a delle centrali remote di videosorveglianza, per poter prendere le opportune decisioni del caso. Antipanico e telesoccorso Per gli usi domestici, le due applicazioni si possono principalmente legare alla sicurezza delle persone sole e non del tutto autosufficienti. Ecco allora che la possibilità di trasmettere a distanza dei segnali o dei messaggi per la richiesta di aiuto, a delle persone care, rassicura questa categoria di individui. Tali applicazioni sono volte anche a proteggere da eventuali rapine le attività commerciali: mediante un pulsante o un telecomando, l’operatore può attivare l’allarme o inviare una segnalazione remota alle Forze dell’ordine o agli Istituti di sorveglianza. Controllo accessi È possibile realizzare, in ambito residenziale, terziario e alberghiero dei sistemi di controllo accessi per la gestione flessibile di utenze. In un laboratorio, in una stanza d’albergo, in un ufficio, potranno accedere, per esempio, soltanto le persone abilitate mediante l’utilizzo di particolari smart card o di appositi dispositivi di telecomando. Le card potranno essere sempre attive, a scadenza, attive soltanto in determinate fasce orarie o per un certo numero di accessi; la loro programmazione verrà effettuata tramite un dispositivo connesso ad un PC. Il sistema consente varie applicazioni: 

Card a scadenza. Si possono utilizzare come chiave della camera nel settore alberghiero, nei camping e residence; l’ospite potrà utilizzarle solo per il tempo di permanenza concordato, dopo di che diventeranno inutilizzabili.  Card a fascia oraria. Vengono impiegate per gestire l’accesso a centri benessere, palestre, piscine, ecc.; i clienti potranno accedere soltanto nelle ore loro dedicate prefigurate nella smart card in loro possesso.  Card a scalare. Il loro utilizzo come carte prepagate, ricaricabili, è previsto per applicazioni che prevedono l’accesso per un numero limitato, predeterminato di volte, quali per esempio i parcheggi, o le palestre. Il badge, tramite un particolare lettore, servirà dunque a comandare l’apertura dell’elettroserratura che gestisce l’accesso al locale da controllare. Il lettore potrà servire anche da sensore di controllo accesso se coordinato con un sistema antintrusione. Al posto della smart card di tipo magnetico è possibile utilizzare dei dispositivi a transponder che trasmettono il codice al dispositivo inseritore, che, una volta riconosciuto il codice e verificata la possibilità di accedere al locale, attiva l’attuatore che comanda l’elettroserratura. Con opportuno software di gestione, si possono effettuare analisi dei dati sull’accesso degli individui alle strutture controllate. Sempre più spesso le strutture ricettive, richiedono per la gestione ottimizzata ed efficace dei propri servizi, sistemi che semplifichino l’operatività quotidiana e che riducano le spese gestionali: si richiedono soluzioni che ottimizzino le prestazioni, contemplino il risparmio energetico, garantendo un elevato livello di comfort per il cliente. Un’applicazione che viene sempre più utilizzata in ambito alberghiero è quella di utilizzare la card per attivare l’alimentazione di tutti i carichi all’interno della stanza d’albergo. Quando il cliente entra nella stanza, con la stessa card che ha utilizzato per aprire la porta, comanda l’attivazione dell’interruttore generale; quando esce dalla stanza, se dovesse aver dimenticato delle luci accese, le stesse si disinseriranno automaticamente nel momento in cui si preleva la card dal lettore.

328

Capitolo 6

Lettore a trasponder con tasca

Lettore a trasponder

Dispositivo ingressi/uscite BUS

Segnalazione porta aperta

Pulsante reset chiamata cameriera

Luce principale Pulsante non disturbare

Tirante bagno

12-24 V

Termostato elettronico

Stacco carichi

Fig. 6.68 Esempio di sistema a BUS per la gestione di camere d’albergo.

Pulsante luce principale

Luce cortesia

Contatto finestra

Segnalazione Pulsante chiamata frigo-bar cameriera

Dalla console della portineria sarà possibile, mediante software gestiti tramite personal computer, verificare la presenza o meno dei clienti all’interno delle stanze e una corretta gestione delle stesse. In figura 6.68 viene proposto un sistema di gestione di camere d’albergo con una configurazione che permette di implementare il comando di prese, luci di cortesia, chiamata cameriera e allarme bagno; si possono inoltre aggiungere funzioni di risparmio energetico quale per esempio la disattivazione del riscaldamento-condizionamento a seguito del rilevamento di una finestra aperta. Il tutto è supervisionato dalla reception, mediante software di supervisione e gestione che consente il controllo di tutti gli eventi e lo “storico” del cliente per tutto il periodo della sua permanenza. 6.9.2 Comunicazione videocitofonica Grazie alla gamma di centrali disponibili, è possibile effettuare l’integrazione tra il sistema videocitofonico e quello di automazione e antintrusione ottenendo un sistema integrato che viene gestito attraverso un’unica centrale. La risposta alle chiamate potrà essere effettuata direttamente dal monitor o dai citofoni vivavoce, mentre, attraverso le telecamere da incasso o la targa esterna sarà possibile visualizzare nel videocitofono la persona che ha effettuato la chiamata. Le funzioni principali che possono essere realizzate sono le seguenti: 

Risposta chiamate. Nell’evenienza di una chiamata da un posto esterno (targa esterna o pulsante di chiamata pianerottolo), il videocitofono emette una segnalazione acustica e contemporaneamente si ha l’accensione del monitor LCD che visualizza colui che ha chiamato.  Autoaccensione. Questa funzione consente di attivare la comunicazione audio-video sul posto esterno senza che sia pervenuta una chiamata, per effettuare un controllo della zona esterna all’abitazione.  Segreto di conversazione. La comunicazione con il posto esterno è possibile solamente se è arrivata una chiamata o se si è effettuata un’autoaccensione; non si possono ascoltare altre comunicazioni in corso o effettuare l’autoaccensione mentre c’è una conversazione in corso.  Segnalazione di “porta aperta”. Questa funzione consente di visualizzare sul videocitofono una segnalazione che si attiva quando la porta o il cancello esterno sono aperti.

Impianti particolari 329

Videocitofono Deviatore di montante

Deviatore di piano video

Web server Router

Internet

Linea ADSL

Targa esterna Alimentatore Interfaccia telecamera

Alimentatore Interfaccia contatti Interfaccia

Rilevatore IR Sirena

Telecamera   





Telecamera

Combinatore telefonico

Comando elettroserratura. Attraverso questo comando si attiva il relè di Fig. 6.69 Esempio di sistema a BUS integrato antintrusione, conapertura della serratura della porta o del cancello esterno. Comando luci scale. Attraverso questo comando è possibile attivare un relè trollo e videocitofonico. esterno collegato a una o più lampade da accendere. Funzione ausiliaria. Questo comando può essere utilizzato per attivare servizi o dispositivi esterni quali, ad esempio, luci di cortesia, automatismi, scenari, ecc. Chiamata fuoriporta. È possibile differenziare il suono di una chiamata proveniente dal pulsante fuoriporta, distinguendola da quella proveniente dal posto esterno. Suonerie supplementari. Qualora ci sia la necessità di trasmettere la segnalazione acustica di chiamata in punti diversi è possibile installare dei ripetitori di suoneria esterni.

Gli impianti videocitofonici possono essere integrati in un unico sistema comprendente anche controlli di sicurezza. Nella figura 6.69 viene presentato un sistema che prevede l’attivazione automatica delle telecamere dello impianto videocitofonico a seguito di una avvenuta effrazione; si ha la visualizzazione sul posto videocitofono interno e su un PC remoto, tramite un modem che trasferisce via Internet le informazioni. 6.9.3 Comfort ambientale Alla voce comfort ambientale si tendono a raggruppare tutte quelle funzioni che, all’interno dell’edificio, generano situazioni di benessere, quelle comodità che rendono appunto confortevole il vivere all’interno del proprio ambiente:    

Rilevatore NC

Termoregolazione. Diffusione sonora. Automazione luci. Automazione tapparelle e serrande.

330

Capitolo 6

  

Scenari. Automazione scenari e azioni programmate. Controllo carichi.

Termoregolazione La possibilità di gestire il clima in modo avanzato, è oggigiorno una funzione indispensabile: mediante i già citati pannello touch-screen o la centrale di nuova generazione, con l’ausilio di termostati o cronotermostati, si possono parzializzare gli impianti di riscaldamento e generare l’opportuno clima nei vari ambienti. Ci si può avvalere inoltre di sonde di temperatura esterne per una gestione flessibile del riscaldamento e del raffrescamento degli ambienti domestici e di lavoro. La gestione della temperatura è perfettamente integrata con le altre funzioni implementate nel sistema BUS; il controllo del clima può essere quindi legato a scenari, funzioni logiche e situazioni ambientali. Diffusione sonora Da un qualsiasi punto è possibile attivare nella casa la diffusione sonora per ascoltare il programma preferito alla radio o la riproduzione di un brano musicale di sottofondo. Ogni punto di ascolto può essere inserito, disinserito e regolato autonomamente. Negli edifici deputati ad accogliere i servizi del terziario un sottofondo musicale e la possibilità di inviare messaggi vocali viene sempre più utilizzata e correda quindi la dotazione dei sistemi BUS. Automazione luci La flessibilità, intesa come possibilità di poter programmare e riprogrammare a piacere funzioni e controlli, è la caratteristica principale dei sistemi a BUS. Ciascun componente, anche un semplice pulsante, è in grado di ricevere e trasmettere sul cavo BUS segnalazioni e comandi codificati che vengono raccolti e interpretati dagli apparecchi a cui sono destinati. I singoli dispositivi di comando, segnalazione, attuazione, possono essere connessi in qualsiasi punto del BUS ed è la centrale, opportunamente programmata o le singole apparecchiature preventivamente configurate che producono l’associazione a funzioni e collegamenti logici. Modificando la programmazione della centrale o la configurazione dei singoli dispositivi, si modificano le condizioni operative dell’impianto senza intervenire sui cablaggi; in ogni momento è possibile riprogrammare il sistema e l’impiego dei vari componenti, per rispondere alle esigenze di destinazione e uso dei locali. La notevole flessibilità del sistema prevede la creazione di gruppi di dispositivi che condividono una funzione, per esempio uno stesso attuatore può essere comandato da vari comandi, oppure attraverso la creazione degli scenari si può avere la contemporanea attivazione di più funzioni nel medesimo istante. Non si avranno più apparecchi di comando quali l’interruttore, il deviatore, il pulsante, bensì comandi che potranno assumere la funzione di interruttore, deviatore, pulsante a seconda delle esigenze installative. Automazione tapparelle e serrande Oltre alla già accennata automazione dell’illuminazione, si possono inoltre comandare tapparelle, serrande e bascule dei box auto, attivare ventilatori o alzare e abbassare tende da sole. Il comando può essere manuale o determinato da sensori o trasduttori opportunamente interfacciati con il BUS. Se per esempio l’anemometro che controlla la velocità del vento o il sensore di pioggia intercettano delle condizioni meteorologiche sfavorevoli, il sistema può autonomamente effettuare la chiusura di tutti i serramenti motorizzati che controlla.

Impianti particolari 331

Scenari È possibile creare degli scenari che determinano, quando attivati, delle funzioni precedentemente stabilite; la contemporanea attivazione di tali funzioni dà luogo ad una particolare ambientazione. Se, per esempio, è stato creato lo scenario “mattino”, con un solo comando, è possibile alzare le tapparelle delle camere, accendere le luci di cortesia nel disimpegno, disinserire il circuito perimetrale antintrusione, alzare la temperatura ambiente nel bagno. Automazione scenari e azioni programmate La funzione evento determina la programmazione di attività ad un determinato orario o al verificarsi di una certa condizione. Un esempio di applicazione può essere l’attivazione dell’impianto di irrigazione o l’illuminazione esterna ad una determinata ora e con determinate condizioni ambientali. Oppure al suono della sveglia mattutina, si accendono le luci delle abat-jour, si attiva la musica di sottofondo mediante la diffusione sonora, si alzano le serrande e si accende lo scaldasalviette del bagno. La creatività e la fantasia installativa non hanno limiti nella progettazione e nell’integrazione delle varie funzioni implementate dal sistema a BUS. Controllo carichi La grande mole di elettrodomestici presenti nelle moderne case di abitazione e il notevole consumo di energia elettrica che determinano, abbisogna di una gestione più ponderata e soprattutto di evitare il distacco dell’interruttore generale dovuto a sovraccarico della linea di alimentazione.

Fig. 6.70 Esempio di sistema a BUS per il comfort ambientale in un centro commerciale.

Comando luci con pulsante semplice

Alimentatore

BUS

Centrale con monitor LCD

Attuatore

Luce vetrina A

230 V ac

Rilevatore IR

Luce vetrina B Comando luci

Luce vetrina C

Luce vetrina D Attuatore

IN/OUT 1

IN/OUT 2

Comando luci

Attuatore Comando motori

Luce 1

Luce 2

Luce 3

Luce 4

Luce Sinottico Diffusione Fontana bagni sonora

332

Capitolo 6

È possibile prevenire il distacco del magnetotermico a monte dell’impianto per sovraccarico, garantendo l’alimentazione delle apparecchiature ritenute più importanti. Vengono previste delle priorità di distacco che consentono, in caso di eccessivo carico, prima dell’intervento del magnetotermico, di scollegare via via i carichi (elettrodomestici) configurati come meno importanti. Per esempio il congelatore e il frigorifero avranno di certo la precedenza sul PC che sta scaricando musica da Internet o sulla lavastoviglie; questi ultimi saranno i carichi che verranno staccati dal sistema, per evitare lo sgancio del magnetotermico generale, a fronte di un consumo non commisurato alla fornitura elettrica in dotazione. La figura 6.70 visualizza un esempio di comfort ambientale in un centro commerciale dove, da un locale di controllo, si effettua la gestione, il controllo e la supervisione degli spazi comuni: dall’illuminazione degli ambienti, l’apertura-chiusura delle serrande, l’accensione-spegnimento della diffusione musicale e l’erogazione della fontana nella piazzetta del parcheggio nelle diverse fasce orarie. Dal locale di controllo inoltre, è possibile monitorare la presenza di persone nei vari locali, tramite rivelatori ad infrarossi e comandare di conseguenza le varie luci. L’esempio proposto attiva due scenari: il primo che attiva la diffusione sonora, l’erogazione della fontana e apre le serrande degli ingressi; il secondo che chiude le serrande degli ingressi e spegne l’illuminazione interna del centro commerciale. 6.9.4 Controllo remoto È possibile comandare e verificare da remoto lo stato dei dispositivi ed interagire con essi per modificarne i parametri e la programmazione. Con l’ausilio di un telefono fisso, con il cellulare o mediante un collegamento via Internet è possibile collegarsi al sistema BUS; software sviluppati appositamente consentono la supervisione delle attività dell’ambiente domestico o del terziario e la modifica dei parametri. Da remoto sarà quindi possibile ad esempio, accendere le luci del giardino, accendere le luci di casa in modalità “presenza” per scoraggiare le effrazioni nella casa non abitata, attivare l’impianto di irrigazione, verificare la presenza di malfunzionamenti rilevati dai sensori, registrare la chiamata al videocitofono di persone in nostra assenza, attivare scenari e gruppi di funzioni, regolare la climatizzazione e la temperatura dei locali. 6.9.5 Risparmio Alla voce risparmio vanno ricondotte tutte le attività tese ad ottimizzare le risorse energetiche degli ambienti civili: 

Gestione energia. La regolazione e parzializzazione dei locali da riscaldareraffrescare, la loro gestione anche da remoto, il distacco della fonte di generazione del calore o condizionamento nel caso di apertura di porte e finestre; l’operazione di riarmo dell’interruttore differenziale, che si è sganciato, per esempio, per un fulmine caduto in prossimità dell’abitazione, operata da remoto, dopo che il sistema ha inviato un messaggio di allarme, può evitare fastidiosi contrattempi; il disinserimento di carichi non necessariamente indispensabili, nel momento in cui si supera la dotazione di fornitura energetica, evitando la caduta dell’interruttore automatico generale di alimentazione. Queste sono alcune delle funzioni che si possono effettuare.

Impianti particolari 333



Programmazione carichi. Per evitare i picchi di consumo nelle ore critiche, i fornitori di energia elettrica tendono a far pagare meno l’energia consumata in ore particolari (di solito notturne). Ecco allora che la lavastoviglie o la lavabiancheria possono essere programmate per funzionare a determinate ore, come pure la pompa di ossigenazione dell’acquario o l’irrigazione del giardino. Il tutto come sempre, può essere coordinato con altre funzioni di allarme, di comfort o automazione integrati nello stesso sistema BUS.

Nella figura 6.71 si propone una applicazione del sistema BUS in una palazzina uffici dove ci sono degli spazi condivisi: la portineria, le parti condominiali e di disimpegno, i corridoi, il vano scale e ascensore. Si potranno cablare con un sistema a BUS anche le singole parti di pertinenza di ogni azienda, pur prevedendo dei comandi generali per lo spegnimento delle luci e la chiusura delle tapparelle di tutto l’edificio, con attivazione dalla portineria.

Fig. 6.71 Esempio di sistema a BUS in una palazzina uffici.

Rilevatori IR

BUS 1

Unità ausiliaria Combinatore

Unità di back-up

Inseritore

Chiave a transponder

Centrale LCD

Attuatore Sirena da esterno

Linea telefonica

Alimentatore

Modulo vivavoce

16

8

Alimentatore

9 Termostati

5 10 Citofono vivavoce Accoppiatore di linea Comando OFF generale

Targa esterna

BUS 2 Attuatore 4 uscite

Alimentatore

Comandi a pulsante semplice

Tapparelle Tapparelle Tapparelle entrata uffici sala riunioni

230 V

Risc.

Termoregolazione

Attuatore 4 uscite

Luci

N.B. La dotazione del BUS 2 si ripete per ogni altro insieme di uffici di altre aziende

7 Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico

La grande diffusione di apparecchiature e novità tecnologiche ha comportato un notevole aumento del consumo di energia elettrica anche per usi domestici. In ogni abitazione infatti sono oggi presenti elettrodomestici di ogni genere; ogni casa è dotata di frigorifero e lavatrice, di lavastoviglie e cucina elettrica e di un numero sempre maggiore di piccoli elettrodomestici per la cucina e per la pulizia. Di pari passo è cresciuto l’uso dei mezzi di comunicazione e la loro integrazione con procedure computerizzate e telematiche anche nelle abitazioni residenziali oltre che nel settore terziario. L’impianto elettrico non può quindi essere considerato come una semplice installazione di alcuni apparecchi illuminanti e di alcune prese di alimentazione. Molte sono oggi le problematiche che si debbono affrontare: la protezione di persone e cose, il benessere ed il comfort ambientale, la comunicazione sia all’interno sia con l’esterno, il controllo e la programmazione delle apparecchiature elettriche e, da non sottovalutare, il coordinamento estetico degli impianti con l’arredamento dei locali.

7.1 Impianti elettrici negli edifici civili Fino a qualche tempo fa, nelle mansioni dell’installatore elettrico, non rientravano quelle inerenti la predisposizione di impianti antifurto, antincendio, telefonico, televisivo e di diffusione sonora. Allo stato attuale invece è necessario prevedere tutta una serie di potenzialità installative, predisponendo una rete di canalizzazioni sotto intonaco (sotto traccia), che potranno essere successivamente utilizzate. In un moderno appartamento non viene più tollerato un cavo televisivo o telefonico fissato esternamente lungo i battiscopa dei vari locali. Quando si parla di impianto elettrico, perciò, si comprendono in esso anche tutte queste installazioni particolari che oramai sono dotazione normale di capitolato e vengono eseguite, se non dalla stessa ditta, sicuramente in collaborazione tra vari esecutori. L’installatore elettrico deve quindi possedere anche conoscenze generali relative agli impianti di riscaldamento e condizionamento, di sollevamento e trasporto acque, di trasporto e utilizzazione gas, per quel che riguarda le possibili collaborazioni con i tecnici dei vari settori specifici; con tali tecnici deve confrontarsi, allo scopo di ottenere un risultato impiantistico che dal punto installativo ed estetico sia il più unitario e uniforme possibile. Tutte queste problematiche, inerenti settori che esulano dal semplice impianto elettrico tradizionale, comportano una maggiore professionalità degli installatori, i quali dovranno possedere una qualificazione adeguata. Questa tendenza, oltre che dalla situazione operativa, viene anche sostenuta

336

Capitolo 7

dalle recenti disposizioni legislative. La legge che stabilisce le norme per la sicurezza degli impianti e il successivo regolamento di attuazione definiscono i soggetti abilitati all’esercizio della professione ed i requisiti che tale personale deve possedere. La legge trova applicazione in tutti gli edifici civili e, secondo tale legge “[...] per edifici adibiti ad uso civile [...] si intendono le unità immobiliari o la parte di esse, destinate ad uso abitativo, a studio professionale o a sede di persone giuridiche private, associazioni, circoli o conventi e simili”. Per gli impianti elettrici sono soggetti all’applicazione della legge “[...] anche gli edifici adibiti a sede di società, ad attività industriale, commerciale o agricola o comunque di produzione e di intermediazione di beni o servizi, gli edifici di culto nonché gli immobili destinati ad uffici, scuole, luoghi di cura, magazzini o depositi o in genere a pubbliche finalità, dello Stato o di enti pubblici territoriali, istituzionali o economici”. Per gli impianti tecnologici (elettrico, radiotelevisivo, di riscaldamento e climatizzazione, idrosanitario, di distribuzione gas, di sollevamento di cose e persone e antincendio) viene prescritta la redazione di un vero e proprio progetto, che - dopo essere stato approvato ed eseguito - dovrà essere collaudato e verificato per poter ottenere l’agibilità dell’edificio. Questa legge quindi si prefigge lo scopo di una maggiore affidabilità delle installazioni delegando alle ditte affidatarie dei lavori la responsabilità in ordine ad eventuali disfunzioni degli impianti. È dunque di primaria importanza definire che cosa si intenda per progetto. Il progetto di un impianto elettrico è il complesso di studi che deve considerare in primo luogo le prestazioni che l’impianto deve fornire: la situazione ambientale e di funzionamento a cui è asservito, le implicazioni in ordine alle norme e alle leggi che regolamentano la sua costituzione, la sua classificazione, le caratteristiche delle apparecchiature che lo compongono e quindi la redazione di un capitolato e la definizione di uno schema elettrico. In un secondo tempo rientra nella progettazione la definizione delle modalità di installazione, delle verifiche e dei collaudi da effettuare. Nel progetto preliminare gli sforzi saranno concentrati sulle caratteristiche del futuro impianto: destinazione d’uso dell’edificio o struttura, eventuali vincoli da rispettare, norme tecniche da osservare, dati principali di progetto, soluzioni impiantistiche da adottare in relazione alla protezione di persone e cose e in particolare in luoghi con maggior rischio di esplosione o incendio. Nel progetto definitivo saranno relazionati in modo analitico i capitolati di fornitura dei vari impianti, avvalendosi anche di schemi planimetrici che indichino la consistenza dei lavori eseguiti. Per gli impianti elettrici la normativa di riferimento è la seguente: • Norma CEI 64-8 (Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 1: Oggetto, scopo e principi fondamentali. Parte 2: Definizioni. Parte 3: Caratteristiche generali. Parte 4: Prescrizioni per la sicurezza. Parte 5: Scelta ed installazione dei componenti elettrici. Parte 6: Verifiche. Parte 7: Ambienti ed applicazioni particolari). Stabilisce quali siano le principali direttive che governano l’esecuzione degli impianti elettrici nelle unità abitative e similari; esistono anche altre tipologie di impianti, eseguite sempre nelle unità abitative e similari e in particolare per i locali da bagno o per doccia, nei locali di pubblico spettacolo, per i locali ad uso medico, nei luoghi con maggior pericolo di esplosione e incendio, che devono osservare regole diverse. • Norma CEI 64-50 (Edilizia residenziale. Guida per l’esecuzione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione per impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati. Criteri generali).

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 337

• Norma CEI 64-53 (Edilizia residenziale. Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati. Criteri particolari per edifici ad uso prevalentemente residenziale). • Norma CEI 64-54 (Edilizia residenziale. Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati. Criteri particolari per i locali di pubblico spettacolo) • Norma CEI 64-55 (Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati. Criteri particolari per le strutture alberghiere). • Norma CEI 64-56 (Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici. Criteri particolari per locali ad uso medico). • Norma CEI 81-1(Protezione delle strutture contro i fulmini). Gli impianti elettrici da prendere in considerazione, in fase di progetto, si possono suddividere, per tipologia, in: • impianto di forza motrice; • impianto luce; • impianto telefonico; • impianto TV; • impianto antintrusione; • impianto di rilevamento fumi e fughe di gas; • impianto di segnalazione, di chiamata, citofonico e videocitofonico; • impianto servizi generali e spazi comuni condominiali; • impianto luce esterna; • impianto nella cantina, nel solaio, nel box e scantinato con più di nove posti macchina; • impianto locale contatori e colonna montante; • impianto ascensore; • impianto centrale termica; • impianto EDP; • impianto luce d’emergenza; • impianto di sonorizzazione; • impianto richiesta di udienza o guida-luce; • impianto di terra; • impianto contro le scariche atmosferiche. La guida CEI 64-50 e la Norma 64-8 stabiliscono le quote di installazione delle apparecchiature (fig. 7.1); in particolare l’altezza delle prese deve essere di almeno 17,5 cm dal piano di calpestio e l’asse di inserzione non deve essere orizzontale bensì verticale; per le prese derivate su zoccoli o canaline l’asse di inserzione può essere abbassato ad una quota di almeno 7 cm dal piano di calpestio (minimo 12 cm per le prese telefoniche); per le prese montate su torrette la quota minima è di 4 cm. In osservanza alla legge n. 13 del 9/1/89, del DM n. 236 del 14/6/89 e della Circolare n. 1669/UL del 22/6/89, riguardanti gli accorgimenti per l’eliminazione delle barriere architettoniche, le quote di installazione proposte sono quelle di figura 7.2. Si ricorda che tali precauzioni devono essere adottate negli spazi comuni condominiali (vano scale, luoghi di riunione, porticati, scantinato), negli spazi esterni, nei locali pubblici; deve inoltre essere previsto un comando di segnalazione acustica in prossimità della tazza wc e della vasca o doccia dei bagni riservati ai portatori di handicap.

338

Capitolo 7

Fig. 7.1 Quote di installazione delle apparecchiature secondo le norme h [cm] CEI 64-50 e 64-8. 265

1) Prese o passacordone per alimentazione cappa di aspirazione cucina h =265 cm. 1

2) Pulsante a tirante e passacordone o presa aspiratore bagno h =225 cm. 3) Suoneria h =160÷205 cm. 4) Passacordone per alimentazione scaldacqua h =180 cm.

225

2

5) Centralino unità abitativa h =160 cm.

205

3

6) Prese e comandi luce nelle cantine e nei box h =150 cm.

180

4

7) Citofono, videocitofono h =140 cm.

160 150 140

5 6 7

8) Prese e comandi nei servizi e sul piano di lavoro della cucina h =110÷120 cm.

120

8

90 80

9 10

11) Cassette di derivazione h = 30 cm.

30

11

13) Prese telefoniche montate su canale o zoccolo battiscopa h  12 cm.

17,5

12

12

13

7 4

14 15

9) Comandi punti luce, prese (ad altezza maniglie porte) h = 90 cm. 10) Prese e comandi punti luce testaletto h = 70÷80 cm.

12) Prese a spina, TV, TP, trasporto segnali h  17,5 cm.

14) Prese montate su canale o zoccolo battiscopa h  7 cm. 15) Prese montate su torrette h4 cm.

h [cm]

140

1 2

120

3

110

4 1) Centralino unità abitativa h =60÷140 cm (altezza consigliata 75÷140 cm). 2) Campanelli e pulsanti di comando h =40 ÷140 cm (altezza consigliata 60÷140 cm). 3) Citofono, vidocitofono h =110÷130 cm (altezza consigliata 110÷120 cm).

Fig. 7.2 Quote di installazione delle apparecchiature per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

4) Prese a spina, TV, TP, trasporto segnali h =45÷115 cm (altezza consigliata 60÷110 cm).

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 339

Nella casa del futuro, inoltre, verranno sempre più utilizzate procedure che consentano l’ottimizzazione del consumo di energia elettrica. Sono oramai patrimonio comune le installazioni che utilizzano - per il controllo dell’impianto elettrico - centrali “intelligenti” a microprocessore, per il controllo dell’impianto elettrico; queste centrali sono collegate a vari sensori e attuatori mediante particolari linee denominate BUS. Tramite queste linee, costituite da doppini, cavi coassiali, cavi multifilari e cavi normali, il microprocessore può governare l’intero sistema di gestione della casa: si può per esempio accendere la lavatrice tramite il telefono o avvisare il portiere che abbiamo riscontrato una segnalazione di allarme nel nostro appartamento. Tutto questo però, se da un lato rappresenta un affascinante futuro non tanto lontano, dall’altro rimarca maggiormente il problema di una maggiore dipendenza dalla gestione politica dell’informazione e dell’energia.

7.2 Esempio di dimensionamento dell’impianto elettrico di un appartamento L’analisi delle problematiche fin qui effettuata richiede ora una risoluzione pratica. Viene quindi proposto il dimensionamento dell’impianto elettrico di un appartamento tipo, senza la presunzione di esaurire un argomento che, come si è detto, dipende da una molteplicità di fattori e di esigenze. Nel progetto che segue si sono scelti, a titolo di esempio, gli apparecchi di tipo modulare, facenti parte della serie Living prodotta dall’azienda BTicino (fig. 7.3). La tavola 7.1 riporta la planimetria dell’appartamento con la distribuzione degli arredi nei vari locali. Strettamente collegato alla planimetria dell’appartamento e caratteristica iniziale di lavoro, a questo punto deve essere stilato un capitolato di offerta lavori redatto dal cliente o dalla Direzione Lavori. Se questo capitolato non esiste, è la ditta installatrice stessa che lo deve redigere, tenendo presente le esigenze del committente, conformemente alle norme di settore e alle consuetudini della regola dell’arte, in modo che siano contemplati tutti i lavori che si andranno ad eseguire. La fase di lavoro successiva prevede il disegno di uno schema sulla planimetria dell’appartamento, in modo da visualizzare la distribuzione e la localizzazione di massima dei punti luce e dei punti di comando dei vari utilizzatori (tav. 7.2). Quindi i vari locali dell’appartamento vengono passati in rassegna per determinare la dislocazione precisa di tutte le apparecchiature. I locali scelti nell’esempio proposto sono elencati nel seguente ordine: • • • • • • • •

disimpegno, sgabuzzino; studio; soggiorno; cucina, terrazzo; camera matrimoniale; camera singola; bagno, bagno di servizio; ingresso.

Non sono contemplati in questo esempio, ma sono sicuramente parte integrante di un qualsiasi progetto, i locali cantina e garage e le zone comuni dell’edificio. Fase successiva del dimensionamento è quella di fissare per ciascun locale la consistenza dell’impianto indicando la dotazione di minima delle apparecchiature da installare e la rete di canalizzazioni necessaria per la loro connessione; viene inoltre suggerita una dotazione supplementare denominata ad alta

340

Capitolo 7

funzionalità. Fig. 7.3 Apparecchi modulari BTicino serie Living.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 341

Fig. 7.3 Segue.

342

Capitolo 7

Fig. 7.3 Segue.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 343

Fig. 7.3 Segue.

CAMERA MATRIMONIALE

CAMERA SINGOLA

BAGNO

DISIMPEGNO

SGABUZZINO

STUDIO

BAGNO

INGRESSO

TERRAZZO

CUCINA

SOGGIORNO

344 Capitolo 7

Tav. 7.1 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: schema planimetrico.

9 10

*

8

7 *

5 6

6

5 4

2 1

CAMERA MATRIMONIALE

8 7

CAMERA SINGOLA

3

4

2

3

4

3

*

3

1

1

BAGNO

2 3

6

Q

6

BAGNO

4

5

2

3

9

8

7

1

INGRESSO

V *

4

* = Scatola telefonica unificata

1

DISIMPEGNO

1 2

1

2

SGABUZZINO

STUDIO

5 4

5

2 3

1 * * *

6 7 8

TERRAZZO

2

1

6

9 8 7

10 5

3 4 *

13

9

12 11

CUCINA

15 14

5

2

1

4

SOGGIORNO

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 345

Tav. 7.2 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: riepilogo generale piani di installazione (punti luce e di comando).

346

Capitolo 7

7.2.1 Disimpegno, sgabuzzino Non sono previste prescrizioni particolari per il disimpegno e lo sgabuzzino, se non quelle di una illuminazione con punti di comando funzionali e ben accessibili in entrata o in uscita da ogni stanza; nel disimpegno in modo particolare si presenta tale esigenza in quanto è il luogo di passaggio tra la zona giorno e la zona notte e i servizi. Nello sgabuzzino è prevista anche la dislocazione della centralina del sistema antintrusione. Come si può vedere dalla tavola 7.3, in questi locali si prevedono le installazioni di: • un punto luce a soffitto (punto A) comandato da tre pulsanti attraverso relè interruttore del tipo passo-passo; • un punto luce (punto B) comandato da un interruttore; • una presa 2P + T 10 A; • una presa 2P + T 16 A; • un rivelatore passivo a infrarossi collegato alla centrale antifurto; • una centrale antifurto autoalimentata a 5 zone; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.

Quantità

LOCALE: disimpegno - sgabuzzino

Codice Impianto

Tab. 7.1 Quantificazione delle tipologie degli impianti nel disimpegno - sgabuzzino.

Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

2

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

H

Punto comando c.s. con pulsante e relè interruttore con bobina alla tensione di rete, compresa la quota del relè e della relativa linea.

3

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

X

Rivelatore ad infrarosso posato in opera con tubo PVC corrugato flessibile incassato compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2.

1

Z

Centrale antintrusione a 5 zone autoalimentata 24 h.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

6

AR

Dorsale linea f.m. 2(1 x 4) + 1G4 ø25.

m

6

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 347

     

Nella tabella 7.1 sono sintetizzati i vari impianti per stilare un preventivo. Le dotazioni supplementari possono essere costituite da: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; lampada segnapasso. l’impianto di illuminazione del disimpegno può essere sostituito con comandi diretti (deviatori e invertitore) al posto dell’impianto con relè passo-passo e pulsanti.

7.2.2 Studio Il vano studio, di frequente riscontro nei moderni appartamenti, è il luogo deputato al lavoro, allo studio, e dove ci si reca per guardare la televisione, per conversare in un posto più raccolto in modo confidenziale. L’illuminazione di questo locale dipende dall’uso prevalente previsto, per cui si dimostra utile predisporre una molteplicità di punti luce e di comando. Nello studio si devono considerare eventuali potenziamenti della linea telefonica per l’installazione di strumenti telematici legati all’uso di computer; per l’alimentazione delle apparecchiature informatiche è bene prevedere l’utilizzo di prese provviste di scaricatore e protette da interruttori differenziali ad altissima sensibilità. Nel caso di appartamento adibito a sede di uffici si prevedono reti preferenziali dedicate all’alimentazione delle apparecchiature informatiche e l’utilizzo di connettori EDP per l’interconnessione di computer tramite rete di comunicazione. Nell’esempio proposto (tav. 7.4) la dotazione prevista è rappresentata da: • • • • • • • • • •

    

un punto luce a soffitto (punto A) comandato da un interruttore; una presa 2P + T 10 A (presa B) comandata da interruttore; una presa 2P + T 10 A; due prese 2P + T 10 A con scaricatore incorporato per l’alimentazione di computer e TV; una presa 2P + T 16 A; una presa TV a bassa attenuazione; un ripartitore TV a tre vie; una presa TP; un rivelatore antintrusione a microonde collegato con la centrale antifurto; relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.

Si possono anche prevedere le seguenti dotazioni supplementari: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; connettori EDP; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out;

Capitolo 7

   

programmatore settimanale per il comando di apparecchiature elettriche; orologio elettronico; stazione meteorologica per il controllo di temperatura e umidità; rivelatore di fumo.

Tab. 7.2 Quantificazione delle tipologie degli impianti nello studio. Codice Impianto

LOCALE: studio

Quantità

348

Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

1

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

O

Punto presa c. s. con scaricatore incorporato.

2

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

U

Punto presa TV formato da tubazione ø25 mm, cassetta di derivazione e cavo coassiale 75

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

1

W

Rivelatore a microonde posato in opera con tubo PVC corrugato flessibile incassato compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

1

AQ

Dorsale linea f.m. 2(1 x 2,5) + 1G2,5 ø20.

m

1

Nella tabella 7.2 sono sintetizzati i vari impianti per stilare un preventivo.

7.2.3 Soggiorno Di questo locale, più che degli altri, è molto importante conoscere l’eventuale dislocazione dell’arredamento, per poter installare correttamente le varie apparecchiature. Inoltre è importante predisporre vari settori di illuminazione sfruttabili a seconda delle situazioni, mediante l’installazione di più punti luce dislocati in più zone del locale. I punti luce potranno essere a soffitto, a parete, oppure del tipo a presa comandata, controllati in modo tradizionale, mediante dimmer o telecomandi. Nell’esempio di tavola 7.5 la dotazione (sintetizzata nella tabella 7.3) è la seguente:

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 349

Quantità

Codice Impianto

LOCALE: soggiorno Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

2

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

G

Punto comando c.s. ma con variatore di luminosità.

1

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

O

Punto presa c. s. con scaricatore incorporato.

3

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

U

Punto presa TV formato da tubazione ø25 mm, cassetta di derivazione e cavo coassiale 75

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

3

AB

Punto programmatore + termostato ambiente.

1

AC

Punto stazione meteorologica.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

3

AQ

Dorsale linea f.m. 2(1 x 2,5) + 1G2,5 ø20.

m

3

• • • • • • • • • • • •

un punto luce a parete (punto A) comandato da un interruttore; un punto luce a soffitto (punto B) comandato da un interruttore; una presa 2P + T 10 A (presa C) comandata da un variatore di luminosità; una presa 2P + T 10 A; una presa 2P + T 16 A; tre prese 2P + T 10 A con scaricatore incorporato, per l’alimentazione di TV, segreteria telefonica, impianto HI-FI; un programmatore settimanale per il controllo dell’impianto di riscaldamento; un termostato ambiente; una stazione meteorologica per il controllo di temperatura e umidità; una presa TV a bassa attenuazione; una presa TP con due scatole unificate ausiliarie interconnesse con il resto dell’impianto telefonico; relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.

Tab. 7.3 Quantificazione delle tipologie degli impianti nel soggiorno.

350

Capitolo 7

Le dotazioni supplementari possono essere: prese DIN per impianto HI-FI; light dimmer in sostituzione degli interruttori per il comando di eventuali lampade alogene;  telecomandi portatili a raggi infrarossi per il comando delle luci;  rivelatore antintrusione volumetrico o per tapparelle o inerziale collegato con la centrale antifurto;  rivelatore di fumo.  

7.2.4 Cucina, terrazzo In questi ambienti, in particolare nella cucina, si trova il maggior numero di utilizzatori fissi. Particolare cura deve essere rivolta al dimensionamento dell’impianto per evitare modifiche successive; è inoltre sconsigliabile, in zone caratterizzate dalla presenza di liquidi e vapori, l’uso di canaline o cavidotti non sotto intonaco per la derivazione di apparecchiature elettriche. Occorre quindi che la dislocazione dei vari elettrodomestici e mobili della cucina sia concorde con quella delle prese e dei punti di comando dell’impianto elettrico. In cucina si deve tenere in considerazione il maggior rischio di folgorazioni, dovuto all’intensivo utilizzo di apparecchi elettrici fissi e mobili; a tale proposito è utile asservire le prese a interruttori automatici e differenziali di protezione. In un ambiente dove sovente si riscontra la presenza di fumi e gas è utile prevedere inoltre l’impiego di apparecchi gas-stop, acqua-stop e di rilevatori di fumo; tali apparecchiature, oltre a rilevare le eventuali anomalie dello stato ambientale, devono essere in grado di emettere segnali di allarme e di azionare i dispositivi di chiusura di erogazione del gas e dell’acqua. Nell’esempio proposto dalla tavola 7.6, la dotazione standard è costituita da: • un punto luce a soffitto (punto A), posizionato sopra il tavolo, comandato da un interruttore; • un punto luce a soffitto (punto B), di illuminazione generale, comandato da un interruttore; • un punto luce a parete (punto I), comandato da un interruttore per l’illuminazione del piano di lavoro; • un punto luce a parete (punto A sul terrazzo), comandato da un interruttore, con grado di protezione IP55; • una presa 2P + T 10 A (presa C) comandata da un interruttore automatico bipolare da 10 A per l’alimentazione del frigorifero; • una presa 2P + T 10 A (presa D) comandata da temporizzatore, per l’alimentazione temporanea e programmabile di piccoli elettrodomestici; • una presa 2P + T 16 A (presa E) comandata da un interruttore automatico bipolare da 16 A per l’alimentazione della lavastoviglie; • una presa 2P + T 10 A (presa F) comandata da un interruttore automatico bipolare da 10 A per l’alimentazione della caldaia; • una presa 2P + T 16 A (presa G) comandata da un interruttore automatico bipolare da 16 A per l’alimentazione di cucina e forno elettrico; • una derivazione passante per aspiratore (H) comandata da un interruttore automatico bipolare da 10 A; • quattro prese 2P + T 10 A, tra le quali una in esecuzione IP 45 per il terrazzo; • una presa 2P + T 10 A con scaricatore per l’alimentazione della TV; • una presa 2P + T 10/16 A bipasso posizionata sul piano di lavoro; • una presa TV a bassa attenuazione; • una presa telefonica;

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 351

• un rivelatore fughe di gas che controlla l’elettrovalvola di chiusura dell’erogazione del gas metano; • un rivelatore di fumo; • una suoneria (S) di allarme bagno; • una sirena autoalimentata in esecuzione antiscasso da esterni che segnala l’intervento del sistema antintrusione; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.    

   

Ulteriori apparecchiature che si possono installare sono: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; suoneria esterna con suono differenziato da quello del ronzatore citofonico e dell’allarme bagni, per distinguere le chiamate effettuate dall’esterno da quelle dalla porta dell’appartamento; citofono per ricevere la chiamata anche in cucina oltre che dall’ingresso tramite il videocitofono; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; orologio elettronico; rivelatore antintrusione volumetrico o perimetrale collegato con la centrale antifurto.

Nelle tabelle 7.4 e 7.5 sono sintetizzati i vari impianti per potere stilare il preventivo.

Tab. 7.4 Quantificazione delle tipologie degli impianti nel terrazzo.

Descrizione tipologia impianto

Quantità

Codice Impianto

LOCALE: terrazzo

B

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione, in esecuzione IP55.

1

D

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m, in esecuzione IP55.

1

L

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m, in esecuzione IP55.

1

Sirena autoalimentata per impianto antintrusione completa di custodia antiscasso, batteria tampone, tubo PVC flessibile e conduttori collegati alla centrale antifurto, compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2

1

AO

Capitolo 7

LOCALE: cucina

Quantità

Tab. 7.5 Quantificazione delle tipologie degli impianti nella cucina.

Codice Impianto

352

Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

3

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

3

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

M

Presa c.s. comandata da interruttore automatico bipolare 10 A.

2

N

Presa c.s. comandata da temporizzatore.

1

O

Punto presa c. s. con scaricatore incorporato.

1

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

Q

Punto presa c. s. bipasso 10/16 A.

1

R

Punto presa c. s. comandata da interruttore automatico bipolare 16 A.

2

T

Fornitura e posa in opera di aspiratore Vortice con comando tramite interruttore automatico bipolare 10 A.

1

U

Punto presa TV formato da tubazione ø25 mm, cassetta di derivazione e cavo coassiale 75

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

1

AD

Rilevatore di fumi completo di dispositivo di segnalazione acustica.

1

AE

Rilevatore di fughe di gas completo di dispositivo di segnalazione acustica e di dispositivo di comando elettrovalvola gas.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

5

AR

Dorsale linea f.m. 2(1 x 4) + 1G4 ø25.

m

5

7.2.5 Camera matrimoniale Per la camera matrimoniale si deve prevedere un punto luce per l’illuminazione generale (a soffitto, a parete, con presa comandata per lampada da tavolo o a stelo) che deve essere comandato da almeno tre punti (in prossimità dell’ingresso e dei due comodini); si può prevedere una gestione dell’impianto di illuminazione generale tramite comandi di tipo tradizionale (deviatori e invertitori), oppure con variatore continuo di luminosità con controllo e regolazione mediante pulsanti, o ancora con dimmer telecomandato ad infrarossi. Si devono

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 353

predisporre poi dei punti luce localizzati in prossimità dei due comodini ed ulteriori punti luce derivati da prese o prese comandate. Nella tabella 7.6 sono sintetizzati i vari impianti per poter stilare un preventivo.

Quantità

Codice Impianto

LOCALE: camera matrimoniale Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

1

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

E

Punto comando c.s. ma con deviatore.

2

F

Punto comando c.s. ma con invertitore.

1

G

Punto comando c.s. ma con variatore di luminosità.

1

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

6

O

Punto presa c. s. con scaricatore incorporato.

1

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

U

Punto presa TV formato da tubazione ø25 mm, cassetta di derivazione e cavo coassiale 75

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

1

W

Rivelatore a microonde posato in opera con tubo PVC corrugato flessibile incassato compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2.

1

AA

Punto orologio elettronico.

1

AD

Rilevatore di fumi completo di dispositivo di segnalazione acustica.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

2

AQ

Dorsale linea f.m. 2(1 x 2,5) + 1G2,5 ø20.

m

2

Nell’esempio proposto (tav. 7.7) si prevede, infatti, l’installazione delle seguenti apparecchiature: • un punto luce a parete (punto A) comandato da due deviatori e due invertitori; • una presa 2P + T 10 A (presa B) comandata da variatore di luminosità;

Tab. 7.6 Quantificazione delle tipologie degli impianti nella camera matrimoniale.

354

Capitolo 7

• due prese 2P + T 10 A (prese C e D) comandate ciascuna da un interruttore per l’alimentazione delle abatjour; • tre prese 2P + T 10 A; • una presa 2P + T 16 A; • una presa 2P + T 10 A con scaricatore per l’alimentazione della TV; • una presa TV a bassa attenuazione; • una presa TP; • un rivelatore di fumo; • un orologio elettronico; • un rivelatore antintrusione a microonde collegato con la centrale antifurto; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.      



Si possono inoltre aggiungere le seguenti apparecchiature: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; lampada segnapasso; light dimmer continuo con comando e regolazione da più punti mediante pulsanti, in sostituzione di invertitori e deviatori, per il comando di eventuali lampade alogene; telecomando ad infrarossi per luci; presa DIN per HI-FI.

7.2.6 Camera singola Nella cameretta, come nella camera matrimoniale, si devono prevedere punti di illuminazione generale e parziale, utilizzando le stesse procedure di installazione già descritte. Occorre rilevare però l’esigenza di comfort necessari per un locale che oltre che per dormire viene impiegato anche per il gioco e lo studio. Nella tavola 7.8 vengono indicate ad esempio le seguenti intallazioni: • un punto luce a parete (punto A) comandato da due deviatori; • una presa 2P + T 10 A (presa B) comandata da variatore di luminosità; • una presa 2P + T 10 A (presa C) comandata da interruttore per l’alimentazione della abatjour; • due prese 2P + T 10 A; • una presa 2P + T 10 A con scaricatore per l’alimentazione della TV; • una presa 2P + T 16 A; • una presa TV a bassa attenuazione; • una presa TP; • un orologio elettronico; • un rivelatore di fumo; • rivelatore antintrusione a microonde collegato con la centrale antifurto; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione. 

Si possono inoltre aggiungere le seguenti apparecchiature: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetoter-

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 355

     



mico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; lampada segnapasso; presa DIN per HI-FI; light dimmer continuo con comando e regolazione da più punti mediante pulsanti, in sostituzione di invertitori e deviatori, per il comando di eventuali lampade alogene; telecomando a infrarosso per luci.

Quantità

Codice Impianto

LOCALE: camera singola Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

1

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

E

Punto comando c.s. ma con deviatore.

2

G

Punto comando c.s. ma con variatore di luminosità.

1

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

4

O

Punto presa c. s. con scaricatore incorporato.

1

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

U

Punto presa TV formato da tubazione ø25 mm, cassetta di derivazione e cavo coassiale 75

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

1

W

Rivelatore a microonde posato in opera con tubo PVC corrugato flessibile incassato compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2.

1

AA

Punto orologio elettronico.

1

AD

Rilevatore di fumi completo di dispositivo di segnalazione acustica.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

6

AQ

Dorsale linea f.m. 2(1 x 2,5) + 1G2,5 ø20.

m

6

Nella tabella 7.7 sono sintetizzati i vari impianti per poter stilare un preventivo.

Tab. 7.7 Quantificazione delle tipologie degli impianti nella camera singola.

356

Capitolo 7

7.2.7 Bagno, bagno di servizio Si è già visto nel capitolo precedente come la normativa preveda delle installazioni particolari nei locali da bagno. Risulta quindi indispensabile conoscere l’ubicazione dei sanitari e in particolare delle vasche e delle docce.

Quantità

LOCALE: bagno - bagno di servizio

Codice Impianto

Tab. 7.8 Quantificazione delle tipologie degli impianti nel bagno principale e di servizio.

Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

4

C

Punto comando con interruttore unipolare tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

4

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

2

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

R

Punto presa c. s. comandata da interruttore automatico bipolare 16 A.

1

S

Punto alimentazione scalda acqua protetto con interruttore automatico bipolare da 16 A.

1

T

Fornitura e posa in opera di aspiratore Vortice con comando tramite interruttore automatico bipolare 10 A.

1

AM

Punto di chiamata dal bagno sopra la vasca o doccia, con pulsante a tirante e ronzatore in zona giorno.

2

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

5

AR

Dorsale linea f.m. 2(1 x 4) + 1G4 ø25.

m

5

Nella tabella 7.8 sono sintetizzati i vari impianti per poter stilare un preventivo, mentre la tavola 7.9 evidenzia la composizione dell’impianto nei due bagni, che possiedono entrambi la seguente dotazione di apparecchiature: • un punto luce a soffitto (punti A e C) comandato da un interruttore; • un punto luce a parete per la specchiera (punti B e D) comandato da un interruttore; • un pulsante a tirante (S) per allarme che comanda la suoneria in cucina; • una presa 2P + T 10 A. Nel bagno cieco di servizio sono installate inoltre: • una derivazione passante per aspiratore (C) subordinata all’accensione della lampada a soffitto; • una presa 2P + T 16 A (presa E) comandata da un interruttore automatico bipolare da 16 A per l’alimentazione della lavatrice;

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 357

• una derivazione passante (punto F) comandata da un interruttore automatico bipolare da 16 A per l’alimentazione dello scaldacqua; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.       

 

Eventuali altre apparecchiature che si possono installare in questo locale sono: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; lampada segnapasso; presa con trasformatore d’isolamento per rasoio; aspiratore temporizzato al posto di quello normale, che rimanga in funzione, per un periodo di tempo regolabile, oltre lo spegnimento della lampada a cui è subordinato; un rivelatore di fughe di gas; rivelatore antintrusione per tapparelle o inerziale collegato con la centrale antifurto.

7.2.8 Ingresso L’ingresso è il luogo dove solitamente vengono installati i centralini. A seconda delle esigenze si possono sezionare i vari impianti in varie linee: a monte si installa in genere un interruttore magnetotermico-differenziale con sensibilità adeguata alla protezione contro eventuali folgorazioni (Id = 0,03 A); si ripartisce poi il montante in più linee di alimentazione, protette ciascuna da un interruttore automatico opportunamente tarato in relazione al tipo e valore dei carichi derivati. L’impianto elettrico acquista più pregio quanto più è sezionato, ma questo comporta ovviamente costi più elevati. La figura 7.4 mostra la configurazione del centralino per l’alimentazione dell’appartamento preso ad esempio. Nella tavola 7.10 vengono evidenziate le apparecchiature installate nell’ingresso (sintetizzate nella tabella 7.9): • un centralino d’appartamento (Q) contenente i vari interruttori di protezione e sezionamento oltre a trasformatore e alimentatore per i circuiti funzionanti in bassissima tensione (segnalazioni e circuito videocitofonico); • un punto luce a soffitto (punto A) comandato da tre pulsanti attraverso relè interruttore passo-passo; • una presa 2P + T 10 A; • una presa 2P + T 16 A; • un apparecchio videocitofonico comunicante con l’esterno; • una presa telefonica; • un pulsante con targa portanome illuminato, che comanda la suoneria (C); • suoneria con suono differenziato da quello del ronzatore del videocitofono, per distinguere le chiamate effettuate dall’esterno da quelle dalla porta dell’appartamento;

358

Capitolo 7

• apparecchio videocitofonico, in sostituzione di quello citofonico; • rivelatore passivo a infrarossi antintrusione collegato con la centrale antifurto; • chiave elettronica o a carta magnetica con protezione antiscasso per l’inserimento-esclusione del circuito antintrusione collegato alla centrale; • relative scatole portafrutti e di derivazione con canalizzazioni atte a contenere i conduttori necessari per la connessione dei vari apparecchi e delle linee dorsali di alimentazione.        

Fig. 7.4 Centralino d’appartamento con suddivisione delle varie linee.

Inoltre si possono installare: prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico; prese 2P + T 10 A e 16 A protette con interruttore automatico magnetotermico e differenziale ad alta sensibilità (10 mA); segnalatore di massima corrente; lampada di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di black out; lampada segnapasso; programmatore per comando luci esterne; temporizzatore luce scale o esterna; rivelatore di fumo.

Linea montante proveniente dal vano contatori ø 6mm2

In = 25A Id = 0,03 A

In = 16 A

In = 10 A

In = 6 A

In = 6 A

Linea circuito segnalazioni ø 1,5 mm2

Linea circuito allarmi ø 1,5 mm2

Linea circuito luce ø 2,5 mm2

Linea circuito prese 10/16 A ø 4 mm2

30 VA 230/12 V

Alimentatore videocitofonico

Linea circuito videocitofonico cavetto multipolare con cavo coassiale

Id

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 359

Tab. 7.9 Quantificazione delle tipologie degli impianti Quantità

Codice Impianto

LOCALE: ingresso Descrizione tipologia impianto

A

Punto luce con cavo N07V-K sez. 1,5 mm2 posato in opera entro tubazioni in PVC corrugato flessibile comprese le scatole di derivazione.

1

H

Punto comando con pulsante in chiusura tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m, compresa la quota del relè interruttore con bobina alla tensione di rete.

3

I

Punto presa 2 x 10 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 1,5 mm2, presa bipolare da 10 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

P

Punto presa 2 x 16 A + T realizzato in tubo PVC incassato, conduttori N07V-K sez. 2,5 mm2, presa bipolare da 16 A con terra centrale tipo componibile, su supporto in resina entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, tubo PVC flessibile e conduttori compresi a partire dalla derivazione posta in dorsale, questa esclusa, percorso 5 m.

1

V

Punto presa TP formato da tubazione ø20 mm, cassetta di derivazione e doppino telefonico intrecciato

1

X

Rivelatore ad infrarosso posato in opera con tubo PVC corrugato flessibile incassato compreso cavetto schermato 6 x 0,5 mm2.

1

Y

Chiave elettronica per inserzione circuito antintrusione.

1

AF

Posto esterno di portiere videocitofonico, completo di telecamera con obiettivo 8,5 mm, con regolazione di fuoco, pulsantiera in scatola e gruppo fonico, più scatola da incasso, completo di collegamenti.

1

AG

Alimentatore per impianto videocitofonico.

1

AH

Cavo multifilare + cavo coassiale per videocitofono.

AI

Posto interno da incasso videocitofonico completo di citofono e monitor, con pulsante apriporta.

1

AL

Pulsante di chiamata con porta etichetta installato presso la porta d’ingresso entro scatola incassata e placca in alluminio o in resina, completo di linea fino alla suoneria, questa inclusa entro scatola incassata.

1

AN

Centralino d’appartamento con n. 1 interruttore differenziale magnetotermico bipolare da 25 A sensibilità 30 mA, n. 4 interruttore magnetotermico bipolare per le varie linee, n. 1 trasformatore di sicurezza 230/12 V per impianti di chiamata, completo di scatola da incasso con portello.

1

AP

Dorsale linea luce 2(1 x 2,5) ø20.

m

3

AR

Dorsale linea f.m. 2(1 x 4) + 1G4 ø25.

m

3

AS

Montante dal contatore al centralino 2(1 x 6) + 1G6 ø26

m

10

m

10

360

Capitolo 7

A

3

4

I

A

A

A

1

B

B

DISIMPEGNO

A 5 24

SGABUZZINO

A

2

Tav. 7.3 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nello sgabuzzino, disimpegno.

1 STUDIO

A

TV

M

TP

*

B

5

4

3

* = Scatola telefonica unificata

A

B

2

Tav. 7.4 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nello studio.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 361

4

* = Stazione meteorologica * = Scatola telefonica unificata

8

3

2

A

*

*

*

1

TP

A B

TV

C

5

6

7

*

SOGGIORNO

B

9

C

Tav. 7.5 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nel soggiorno.

TP *

10/16

7 D

8

9

A

2

* = Scatola telefonica unificata

TV 3 4

TERRAZZO

S 2

B

A

C

5

1

6

C

B I

CUCINA

A 15 14 1 A

D

E

E F G H

I

10

11

12

F H

G

13

I

Tav. 7.6 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature in cucina, terrazzo.

362

Capitolo 7

M

2 CAMERA MATRIMONIALE

10

9

* = Scatola telefonica unificata

B

TV

A

TP

*

D

8

7

D

6

C

5

4

C

A

A

3

B

A

1

Tav. 7.7 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nella camera matrimoniale.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 363

B

1

A

2

3 B

* = Scatola telefonica unificata

M

8

TP 7

6

5

C

C

A

CAMERA SINGOLA

A

TV

4

Tav. 7.8 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nella camera singola.

364

Capitolo 7

S C

F F

BAGNO

D 4

D 1

BAGNO B

B

A

A

2

S

3

5

E

C

C

6

9

7

8

Tav. 7.9 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nel bagno, bagno di servizio.

5

I INGRESSO

A 2

3

TP

*

V

4

A

C

A

A

A

1

C

6

Q

Tav. 7.10 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: disposizione apparecchiature nell’ingresso.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 365

7.3 Redazione dello schema unifilare dell’impianto Fa parte del progetto il dimensionamento dei conduttori di connessione delle varie apparecchiature che deve tenere conto della normativa vigente per quanto concerne le sezioni dei conduttori, la caduta di tensione massima ammissibile e il numero di conduttori presenti all’interno di una stessa canalizzazione. Si ricorda che un buon impianto prevede un certo numero di canalizzazioni vuote, a disposizione di installazioni future e costituenti una maglia collegante in modo uniforme tutte le scatole di derivazione. Il regolamento d’attuazione della Legge n. 46 del 5/3/90 indica all’art. 4 in quali casi sia obbligatoria la redazione del progetto dell’impianto elettrico. Ne sono escluse le utenze domestiche inferiori a 6 kW di unità abitative inferiori a 400 m2, tuttavia è buona norma allegare come documentazione lo schema unifilare dei vari impianti anche se non esplicitamente richiesto. Tale documentazione, infatti, rendendo più agevole eventuali interventi di manutenzione, giova grandemente all’immagine di professionalità della ditta affidataria dei lavori, consentendole altresì di indicare in maniera puntuale i lavori eseguiti, sui quali essa certifica la conformità dell’impianto alla regola dell’arte. Nell’esempio applicativo proposto si è scelto di suddividere i vari impianti in vari schemi, per renderli più chiari e leggibili (indicati come tavole 7.11 ÷ 7.14). Si possono così intravvedere la disposizione degli arredi proposta in tavola 7.1, unitamente alla dislocazione delle varie apparecchiature e ai circuiti di interconnessione tra le varie cassette di derivazione e di contenimento dei frutti. 7.3.1 Impianto luce L’impianto luce (tav. 7.11) è costituito dai punti luce a soffitto, a parete e dalle prese comandate dalle quali verranno derivate le sorgenti luminose mobili. I conduttori di derivazione di ogni punto luce (uno di comando di colore rosso, uno di neutro di colore blu e uno di protezione PE di colore giallo-verde) avranno una sezione di 1,5 mm2 (sezione minima ammessa dalle Norme CEI) e saranno collocati all’interno di un tubo corrugato sotto intonaco di ø16 mm. Le apparecchiature di comando saranno collegate a conduttori di sezione 1,5 mm2 (di colore nero, grigio o marrone il conduttore di fase e altri colori, tranne il blu e il giallo-verde quelli di comando) entro tubo corrugato di ø16 mm. I tratti di linea che all’interno di ogni stanza collegano le varie cassette di derivazione e le linee dorsali in arrivo dal centralino saranno costituite da conduttori di sezione di 2,5 mm2 all’interno di tubo corrugato posato sotto intonaco a parete o a pavimento. Il conduttore di protezione PE è lo stesso utilizzato per la linea di forza motrice e quindi non viene indicato in questo schema. Alla stessa linea luce viene anche collegato l’aspiratore del bagno di servizio in quanto è azionato dall’accensione del punto luce del locale. L’impianto è protetto nel centralino da un interruttore automatico da 10 A. Il collegamento dei vari punti luce ai relativi punti di comando avviene direttamente mediante i conduttori contenuti in un tubo corrugato steso a livello pavimento del piano superiore. I percorsi delle altre tubazioni sono sempre parallele al pavimento quando sono sotto traccia a parete, mentre per le calate assumeranno una direzione verticale. Per le interconnessioni tra cassette dove il tubo corrugato (di tipo pesante) viene posato a livello pavimento, si sceglie la via più breve, anche con direzione diagonale, avendo cura di mantenere dei raggi di curvatura sufficientemente ampi da permettere un’agevole inserzione dei conduttori.

366

Capitolo 7

7.3.2 Impianto forza motrice L’impianto di forza motrice (tav. 7.12) è costituito dalle prese da 10 A, dalle prese da 16 A, dalle prese bipasso 10/16 A e dalle prese comandate da interruttori automatici; sono alimentate inoltre dalla stessa linea tutte le apparecchiature ausiliarie quali i programmatori e gli orologi, le stazioni meteorologiche, le lampade di emergenza, gli aspiratori per cucina, lo scaldacqua, l’elettrovalvola di chiusura del gas metano. I conduttori di derivazione delle prese da 10 A (uno di fase di colore nero, grigio o marrone, uno di neutro di colore blu e uno di protezione PE di colore giallo-verde) avranno una sezione di 1,5 mm2 (sezione minima ammessa dalle Norme CEI) e saranno all’interno di tubo corrugato sotto intonaco di ø16 mm. Le prese da 16 A, le prese bipasso 10/16 A e le prese 16 A comandate saranno collegate a conduttori di sezione 2,5 mm2 (di colore nero, grigio o marrone per il conduttore di fase, blu per il conduttore neutro e giallo-verde per il conduttore PE) entro tubo corrugato di ø20 mm. I tratti di linea all’interno di ogni stanza che collegano le varie cassette di derivazione saranno costituiti da conduttori di sezione di 2,5 mm2 all’interno di tubo corrugato da ø20 mm posato sotto intonaco a parete o a pavimento. Le linee dorsali in arrivo dal centralino per ogni stanza saranno costituite da conduttori di sezione 4 mm2 posati entro tubo corrugato da ø25 mm. L’impianto è protetto nel centralino da un interruttore automatico da 16 A.

7.3.3 Impianto antintrusione e impianto TV L’impianto antintrusione (tav. 7.13) è costituito da una centrale a cinque zone con una riserva di alimentazione di 24 ore in caso di mancanza di tensione e da rivelatori di tipo volumetrico. In particolare nelle due stanze da letto e nello studio sono installati dei rivelatori a microonde, mentre nel disimpegno e nell’ingresso sono previsti dei rivelatori a infrarossi. La centrale viene alimentata da una linea dedicata di sezione 1,5 mm2 e i conduttori sono all’interno di una tubazione autonoma in PVC corrugato da ø16 mm; il collegamento dei rivelatori viene effettuato mediante cavetto schermato multifilare (6 x 0,5) infilato in tubo corrugato da ø16 mm, utilizzato allo scopo per il solo impianto antintrusione. La sirena posizionata sul terrazzo è del tipo autoalimentato antiscasso. L’impianto televisivo (tav. 7.13) è costituito da una tubazione da 25 mm di diametro nella quale corre un cavo coassiale da 75  che collega le varie prese TV di tipo terminale o passante. La linea in arrivo dall’antenna viene ripartita in tre linee mediante un ripartitore a tre vie dislocato nello studio dell’appartamento. Le relative scatole di derivazione, scatole per frutti e tubazioni devono essere utilizzate esclusivamente per il solo impianto TV. Un interruttore automatico da 6 A protegge l’impianto antintrusione, mentre per l’alimentazione dei dispositivi che governano il circuito TV si utilizza la stessa linea di alimentazione della forza motrice.

7.3.4 Impianti servizi vari L’impianto di segnalazione (tav. 7.14) prevede, in una prima installazione, l’impiego di un pulsante con targa portanome alla porta dell’appartamento che comanda una suoneria; un secondo impianto è quello del videocitofono collegato al posto esterno con l’unità di ripresa, dove è ubicato anche un secondo

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 367

punto di chiamata facente capo alla suoneria elettronica del videocitofono stesso. In questo modo è possibile differenziare la chiamata dal piano da quella esterna all’edificio. I due circuiti vengono alimentati, il primo da un trasformatore per campanelli protetto contro i cortocircuiti, il secondo da un alimentatore videocitofonico. Nel caso vi fossero altri appartamenti e quindi altri posti videocitofonici interni, l’alimentatore fa capo al circuito dei servizi comuni. Un altro settore dell’impianto di segnalazione è costituito dalla suoneria posizionata in cucina e comandata dai due pulsanti a tirante installati nei bagni. Questo impianto, come quello di rilevazione fumi e gas, può funzionare a 12 V come a 230 V a seconda delle apparecchiature utilizzate. Si ricorda che nei bagni i pulsanti a tirante (sia che funzionino a 12 V sia che funzionino a 230 V) vanno posizionati, per precauzione, ad una altezza superiore a 225 cm, se installati nella Zona 1 in osservanza alla Norma CEI 64-8. I rilevatori di fumo installati nell’esempio sono apparecchiature autonome, provviste di sensore, di allarme visivo e di allarme sonoro; il rilevatore di gas inoltre è provvisto di un dispositivo di ripetizione del segnale d’allarme, che comanda la chiusura dell’elettrovalvola di erogazione del metano, in caso di fughe di gas. Infine l’impianto telefonico (tav. 7.14) è costituito da tubazioni in PVC corrugato contenenti un doppino intrecciato che forma un anello che unisce le varie scatole di derivazione; il filo non viene interrotto nel caso la scatola telefonica unificata sia solo una predisposizione e non venga da essa derivata una presa TP. All’ingresso della linea telefonica si predispongono tre scatole unificate telefoniche interconnesse tra loro; oggigiorno il cavetto viene già inserito nella tubazione (tubo corrugato di diametro 20 mm) dall’elettricista, mentre i tecnici dell’azienda telefonica devono soltanto effettuare l’allacciamento esterno della linea e degli apparecchi telefonici. Gli schemi degli impianti sono visualizzati nelle successive tavole 7.11 ÷ 7.14.

7.4 Capitolato e preventivo di spesa Ultimato il dimensionamento dell’impianto elettrico, si può ricorrere a tecniche computerizzate (si trovano in commercio pacchetti applicativi prodotti dalle stesse ditte produttrici di materiale elettrico) per la stesura del computo materiale e del preventivo di spesa. Il preventivo può essere redatto in modo analitico, sommando le spese di tutto il materiale occorrente ed aggiungendovi le spese per manodopera, oppure può essere calcolato sul prezzo standardizzato delle tipologie di impianti. In ogni caso è bene tenere in considerazione che il preventivo di spesa è un problema che riguarda non solo lo specifico prezzo unitario dell’apparecchiatura o del materiale, ma è spesso correlato ad aspetti di gestione aziendale e di acquisizione di lavori, generalmente offerti con gare d’appalto. Sono disponibili comunque tabelle di tempi e prezzi, edite a cura delle varie associazioni di artigiani e professionisti e dalle Camere di Commercio, che è opportuno consultare per un primo approccio con la materia. Per quanto riguarda il dimensionamento dell’esempio proposto, il computo del materiale è riassunto per tipologie d’installazione nelle tabelle 7.1 ÷ 7.9 diviso per ogni locale, mentre la tabella 7.10 riassume tutte le installazioni e riporta il prezzo unitario e totale delle varie tipologie d’impianto.

368

Capitolo 7

Tav. 7.11 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: impianto luce.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 369

* = Stazione meteorologica

Tav. 7.12 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: impianto forza motrice.

C.V. = Cavetto multipolare con cavo coassiale

C.T. = Cavetto telefonico unificato (doppino intrecciato)

* = Scatola telefonica unificata

370 Capitolo 7

Tav. 7.13 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: impianto antintrusione, impianto TV.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 371

C.TV = Cavo coassiale 75 

Tav. 7.14 Dimensionamento impianto elettrico di un appartamento: impianto di segnalazione, impianto videocitofonico, impianto telefonico, impianto rilevazione fumi e gas.

372

Capitolo 7

Tab. 7.10 Quantificazione tipologie impianti e relativo preventivo di spesa.

Cucina terrazzo

Bagno bagno servizio

Camera matrimoniale

Camera singola

Ingresso

N. totale

1 6 6 -

Soggiorno

2 1 3 1 1 1

Prezzo

Studio

A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V W X Y Z AA AB AC AD AE AF AG AH AI AL AM AN AO AP AQ AR AS

Sgabuzzino disimpegno

Codice impianto

Tipologia locali

Unitario [€]

1 2 2 2 1 1 1 1 1 1 -

2 2 1 2 3 1 1 3 1 1 3 3 -

3 1 3 1 2 1 2 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 5 5 -

4 4 2 1 1 1 1 2 5 5 -

1 2 2 1 1 6 1 1 1 1 1 1 1 2 2 -

1 1 2 1 4 1 1 1 1 1 1 1 6 6 -

1 3 1 -

15 1 15 1 4 1 3 6 20 1 2 1 8 8 1 3 1 2 5 8 3 2 1 1 2 1 1 3 1 1 1 10 1 1 2 1 1 31 12 19 10

11,80 29,10 21,80 33,50 23,30 26,80 24,20 25,40 26,20 40,30 38,40 117,80 50,80 29,40 30,40 44,80 36,60 97,90 71,30 35,30 164,20 158,00 193,40 433,80 133,20 229,30 115,90 171,10 226,20 1.015,10 305,50 7,60 377,70 50,80 48,30 251,00 254,10 1,20 2,40 2,60 3,10

1 1 1 1 1 1 10 1 1 1 3 3 10

Totale parziale [€] 177,00 29,10 327,00 33,50 93,20 26,80 72,60 152,40 524,00 40,30 76,80 117,80 406,40 235,20 30,40 134,40 36,60 195,80 356,50 282,40 492,60 316,00 193,40 433,80 266,40 229,30 115,90 513,30 226,20 1.015,10 305,50 76,00 377,70 50,80 96,60 251,00 Prezzo totale [€] 254,10 37,20 Riporto 8.708,30 28,80 IVA 1.741,66 49,40 10.449,96 31,00 Totale

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 373

7.5 Collaudi e verifiche a termine lavori e documentazione finale Terminata la fase progettuale, si passa all’esecuzione degli impianti, avendo cura di annotare le eventuali modifiche al progetto apportate nel corso della lavorazione. Terminata anche questa fase si dovranno effettuare le verifiche del caso, quindi si procederà a stilare la documentazione da consegnare al committente. La norma CEI 64-8/6 prevede due fasi successive di verifica: • Gli esami a vista eseguiti in corso di realizzazione dei lavori e prima della messa in servizio dell’impianto. • Le misure e le prove strumentali intese come accertamento di valori mediante opportuni strumenti, le prime, e l’effettuazione di misure sull’impianto per accertarne l’efficienza, le seconde. Tali verifiche vanno effettuate prima della messa in servizio dell’impianto. Gli esami da attuare sugli impianti comprendono: • Analisi degli schemi e dei piani di installazione. • Verifica della consistenza, della funzionalità e dell’accessibilità degli impianti. • Controllo dello stato degli isolanti e degli involucri. • Controllo degli ostacoli e delle misure di protezione mediante distanziamento nei luoghi accessibili solamente a persone addestrate. • Accertamento dell’idoneità del materiale e degli apparecchi. • Verifica dei contrassegni d’identificazione dei marchi e delle certificazioni. • Verifica del grado di protezione degli involucri. • Controllo preliminare dei collegamenti a terra dei componenti di classe 1. • Controllo dei provvedimenti di sicurezza nei bagni. • Verifica impianto AD-FT nei locali caldaia alimentati a gas metano. • Verifica dei tracciati per le condutture incassate. • Controllo di sfilabilità dei cavi e delle dimensioni dei tubi e dei condotti. • Idoneità delle connessioni dei conduttori e degli apparecchi. • Verifica dell’isolamento nominale dei cavi e della separazione fra condutture differenti. • Controllo delle sezioni minime dei conduttori e dei colori distintivi. • Dispositivi di sezionamento e di interruzione conformi a norma CEI 64-8. • Apparecchi per il comando e l’arresto di emergenza. • Apparecchi di comando e prese di corrente. • Controllo della idoneità e della funzionalità dei quadri. • Controllo del dimensionamento e dei provvedimenti di protezione dei quadri. • Controllo della idoneità, della funzionalità e della sicurezza degli impianti ausiliari SELV-PELV-FELV. • Controllo della funzionalità e della sicurezza degli impianti di antenna TV. • Controllo dei provvedimenti di sicurezza nei locali di uso medico. • Controllo dei provvedimenti di sicurezza nei luoghi a maggior rischio in caso d’incendio. Per quanto riguarda le misure e le prove strumentali, si effettueranno: • Prove di continuità dei circuiti di protezione. • Prove di funzionamento alla tensione nominale. • Prove di intervento dei dispositivi di sicurezza e di riserva.

374

Capitolo 7

• Misura delle correnti di dispersione a terra e della corrente di primo guasto. • Prove di intervento degli interruttori differenziali. • Misura della resistenza d’isolamento dell’impianto e verifica della protezione per separazione elettrica. • Misura della resistenza di un dispersore di piccola estensione. • Misura della resistenza di un dispersore di media o grande estensione. • Misura dell’impedenza totale dell’anello di guasto. • Misura della corrente presunta di cortocircuito tra fase e neutro. • Misura della caduta di tensione. • Misura dell’illuminamento medio. • Misura dei segnali in uscita alle prese TV. Normalmente la documentazione presentata al committente a termine lavori si riassume in:     

Certificato di conformità degli impianti alla regola d’arte. Progetto. Relazione dettagliata indicante le tipologie dei materiali utilizzati. Schema dell’impianto realizzato. Certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali della ditta esecutrice dei lavori.  Eventuali certificazioni delle verifiche effettuate. Nella figura 7.5 viene fornito un esempio di certificato di conformità, redatto da una ditta esecutrice di impianti elettrici, comprendente anche la relazione sulla tipologia dei materiali utilizzati, la descrizione impianto e le marche di materiali installati. La figura 7.6 mostra un esempio di certificato dei requisiti tecnico-professionali della ditta affidataria dei lavori.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 375

Fig. 7.5 Certificato di conformità redatto da una ditta esecutrice di impianti elettrici.

376

Capitolo 7

Fig. 7.5 Segue.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 377

Fig. 7.5 Segue.

378

Capitolo 7

Fig. 7.6 Esempio di certificato dei requisiti tecnico-professionali della ditta affidataria dei lavori.

Progettazione, verifica e certificazione dell’impianto elettrico 379

Fig. 7.6 Segue.

380

Capitolo 7

Fig. 7.6 Segue.

Appendice A Normativa e Legislazione Nella presente Appendice sono riportati l’elenco dei Comitati tecnici e una sintesi delle principali Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano per gli impianti elettrici e le apparecchiature utilizzate. Inoltre, vengono riportate alcune Leggi concernenti le norme per la sicurezza degli impianti e il regolamento per la loro attuazione.

A.1 Elenco dei Comitati tecnici Denominazione Comitato Tecnico CEI

Numero CT

Applicazione delle Norme e testi di carattere generale

CT 0

Terminologia, grandezze e unità e loro simboli letterali

CT 1/25 ex CT 1, 24, 25

Macchine rotanti

CT 2

Strutture delle informazioni, documentazioni e segni grafici

CT 3

Motori primi idraulici

CT 4

Turbine a vapore

CT 5

Materiali conduttori

CT 7

Tensioni, correnti e frequenze normali / Coordinamento degli isolamenti

CT 8/28

Trazione

CT 9

Fluidi isolanti

CT 10

Impianti elettrici ad alta tensione e di distribuzione

CT 11

Apparecchi per la misura dell’energia elettrica e per il controllo del carico

CT 13

Trasformatori

CT 14

Materiali isolanti - Sistemi di isolamento

CT 15/98 ex CT 15, 98

Contrassegni dei terminali e altre identificazioni

CT 16

Grossa apparecchiatura

CT 17

Impianti elettrici di navi ed unità fisse/mobili fuori costa (offshore)

CT 18

Cavi per energia

CT 20

Accumulatori e pile

CT 21/35

Elettronica di potenza

CT 22

Apparecchiatura a bassa tensione

CT 23

Macchine ed apparecchiature per saldatura elettrica

CT 26

382

Appendice A

Elettrotermia

CT 27

Elettroacustica/Ultrasuoni

CT 29/87 ex CT 29

Materiali antideflagranti

CT 31

Fusibili

CT 32

Condensatori

CT 33

Lampade e relative apparecchiature

CT 34

Isolatori

CT 36

Scaricatori

CT 37

Trasformatori di misura

CT 38

Condensatori e resistori per apparecchiature elettroniche

CT 40

Tecnica delle prove ad alta tensione

CT 42

Equipaggiamento elettrico delle macchine industriali

CT 44

Strumentazione nucleare

CT 45/345 ex CT 45, 345

Cavi simmetrici e coassiali, cordoni, fili, guide d’onda, connettori per radiofrequenze ed accessori per comunicazioni e segnalamento

CT 46

Dispositivi a semiconduttore e microcircuiti integrati

CT 47

Componenti elettromeccanici per apparecchiature elettroniche

CT 48

Circuiti stampati/Tecniche di montaggio superficiale

CT 52/91

Conduttori per avvolgimenti

CT 55

Fidatezza

CT 56

Telecomunicazioni associate ai sistemi elettrici di potenza

CT 57

Apparecchi utilizzatori elettrici per uso domestico

CT 59/61

Apparecchiature elettriche per uso medico

CT 62

Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione

CT 64

Controllo e misura nei processi industriali

CT 65

Sicurezza degli strumenti di misura, controllo e da laboratorio

CT 66

Macchine elettriche dei veicoli stradali elettrici

CT 69

Involucri di protezione

CT 70

Apparecchiature laser

CT 76

Sistemi di rilevamento e segnalazione per incendio, intrusione, furto, sabotaggio e aggressione

CT 79

Apparati e sistemi per la navigazione e le radiocomunicazioni

CT 80

Protezione contro i fulmini

CT 81

Sistemi di conversione fotovoltaica dell’energia solare

CT 82

Strumenti di misura delle grandezze elettromagnetiche

CT 85

Normativa e Legislazione 383

Fibre ottiche

CT 86

Sistemi di generazione a turbina eolica

CT 88

Prove relative ai rischi da fuoco

CT 89

Superconduttività

CT 90

Relè elettrici a tutto o niente

CT 94 ex CT 94, 95

Relè di misura e dispositivi di protezione

CT 95

Trasformatori di sicurezza ed isolamento

CT 96 ex SC 14

Sistemi e apparecchiature audio, video e multimediali

CT 100

Elettrostatica

CT 101

Radiotrasmissioni

CT 103 ex SC 103

Condizioni ambientali. Classificazioni e metodi di prova

CT 104

Celle a combustibile

CT 105

Esposizione umana ai campi elettromagnetici

CT 106 ex CT 211

Sicurezza delle apparecchiature elettroniche per telecomunicazioni

CT 108

Coordinamento degli isolamenti per apparecchiature

CT 109

Sistemi bus per edifici

ex CT 83 CT 205

Compatibilità elettromagnetica

ex CT 110 CT 210

Sistemi e tecnologie elettrotecniche, elettroniche

CT 214

Rivelatori di gas

ex CT 116 CT 216

Azionamenti elettrici

CT 301/22G ex CT 301, SC 22G

Interferenze elettromagnetiche

CT 304

Apparati e sistemi terminali di telecomunicazioni

CT 305

Interconnessione di apparecchiature di telecomunicazione

CT 306

Aspetti ambientali degli impianti elettrici

CT 307

Impatto ambientale di materiali e prodotti elettrici

CT 308

A.2 Principali Norme CEI CT 0 APPLICAZIONE DELLE NORME E TESTI DI CARATTERE GENERALE CEI 0-1

2002-09 Prima

I

Adozione di nuove norme come base per la certificazione dei prodotti nei paesi membri del CENELEC

CEI 0-2

2002-09 Seconda

I

Guida per la definizione della documentazione di progetto degli impianti elettrici Alla presente Guida è allegata la seconda edizione dell’applicativo software CEINFO 0-2 per la definizione della documentazione di progetto degli impianti elettrici nelle situazioni reali

CEI 0-3

1996-11 Prima

I

Legge 46/90 Guida per la compilazione della dichiarazione di conformità e relativi allegati

384

Appendice A

CEI 0-3;V1

1999-01

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 0-4/1

1998-04 Prima

I

Documenti CEI normativi e non normativi Parte 1: Tipi, definizioni e procedure

CEI 0-5

Prima 1997-10

I

Dichiarazione CE di conformità Guida all’applicazione delle Direttive Nuovo Approccio e della Direttiva Bassa Tensione (Memorandum CENELEC N°3)

CEI ES 59004 0-6

1998-12 Prima

I/E

Qualificazione delle imprese di installazione di impianti elettrici

CEI UNI EN 45510-1 0-7

1999-07 Prima

I/E

Guida per l’approvvigionamento di apparecchiature destinate a centrali per la produzione dell’energia elettrica Parte 1: Clausole comuni

CEI 0-10

2002-02 Prima

I

Guida alla manutenzione degli impianti elettrici

CEI 0-11

2002-09 Prima

I

Guida alla gestione in qualità delle misure per la verifica degli impianti elettrici ai fini della sicurezza

CEI 0-12

2002-10 Prima

I

Approccio per processi e indicatori della qualità per le aziende del settore elettrotecnico ed elettronico Linee guida generali all’applicazione delle Norme ISO 9000: 2000

CEI EN 61140 0-13

2004-05 Prima

I/E

Protezione contro i contatti elettrici - Aspetti comuni per gli impianti e le apparecchiature

CT 1/125 TERMINOLOGIA, GRANDEZZE E UNITÀ (EX CT 1/24/25) CEI 1

1997-09 Prima

I

Glossario 1° Elenco di termini

CEI 24-1

1997-05 Settima

I

Simboli letterali da usare in elettrotecnica

CEI 24-2

1997-05 Prima

I

Simboli letterali da usarsi in elettrotecnica Parte 4: Simboli delle grandezze relative alle macchine elettriche rotanti

CEI UNI ISO 31-2

2002-11 Prima

I

Grandezze ed unità di misura Fenomeni periodici e connessi

CEI UNI ISO 31-3

2002-11 Prima

I

Grandezze ed unità di misura Meccanica

CEI UNI ISO 31-5 25-3

2002-11 Prima

I

Grandezze ed unità di misura Elettricità e magnetismo

CEI UNI ISO 31-12 25-4

2002-11 Prima

I

Grandezze ed unità di misura Numeri caratteristici

CEI UNI ISO 31-13 25-5

2002-11 Prima

I

Grandezze ed unità di misura Fisica dello stato solido

CT 2 MACCHINE ROTANTI CEI EN 60034-1 2-3

2000-10 Quinta

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 1: Caratteristiche nominali e di funzionamento

CEI EN 60034-1/A11 2-3;V1

2003-02

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60034-4 2-5

1998-05 Terza

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 4: Metodi per determinare dalle prove le grandezze delle macchine sincrone

CEI EN 60034- 2 2-6

1999-11 Seconda

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 2: Metodi per la determinazione, mediante prove, delle perdite e del rendimento delle macchine elettriche rotanti (escluse le macchine per veicoli di trazione)

Normativa e Legislazione 385

CEI EN 60034-6 2-7

1997-09 Seconda

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 6: Metodi di raffreddamento (Codice IC)

CEI EN 60034-8 2-8

2003-03 Terza

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 8: Marcatura dei terminali e senso di rotazione

CEI EN 50209 2-9

1999-08 Seconda

I/E

Prove di isolamento di barre e matasse delle macchine ad alta tensione

CEI 2-10

1997-10 Prima

I

Metodi di prova per la misura delle caratteristiche fisiche dei materiali delle spazzole per macchine elettriche

CEI EN 60034-7 2-14

1997-09 Seconda

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 7: Classificazione delle forme costruttive e dei tipi di installazione nonché posizione delle morsettiere (Codice IM)

CEI EN 60034-7/A1 2-14;V1

2001-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60034-12 2-15

2003-02 Terza

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 12: Caratteristiche di avviamento dei motori asincroni trifase a gabbia, ad una sola velocità

CEI EN 60034-5 2-16

2001-10 Seconda

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 5: Gradi di protezione degli involucri delle macchine rotanti (progetto integrale) (Codice IP) – Classificazione

CEI EN 60034-15 2-17

1998-11 Seconda

E

Macchine elettriche rotanti Parte 15: Livelli di tensione di tenuta ad impulso delle macchine rotanti a corrente alternata con bobine statoriche preformate

CEI 2-18

1997-09 Prima

I

Guida per l’impiego e l’esercizio di macchine sincrone a rotore liscio raffreddate in idrogeno

CEI 2-19

1997-09 Prima

I

Dimensioni delle spazzole e dei portaspazzole per macchine elettriche

CEI EN 60276 2-20

1997-05 Prima

I

Definizioni e nomenclatura per spazzole di carbone, portaspazzole, commutatori e collettori ad anello

CEI EN 60034-16-1 2-21

1997-09 Prima

I

Macchine elettriche rotanti Parte 16: Sistemi di eccitazione per macchine sincrone Capitolo 1: Definizioni

CEI EN 60034-3 2-22

1997-09 Prima

I

Macchine elettriche rotanti Parte 3: Prescrizioni specifiche per macchine sincrone a rotore liscio (turboalternatori)

CEI EN 60034-14 2-23

1998-11 Seconda

E

Macchine elettriche rotanti Parte 14: Vibrazioni meccaniche di macchine con altezza d’asse uguale o superiore a 56 mm Misura, valutazione e limiti della intensità di vibrazione

CEI EN 60034-9 2-24

1998-10 Seconda

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 9: Limiti di rumore

CEI EN 60034-18-1 2-25

1996-09 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 18: Valutazione funzionale dei sistemi di isolamento Sezione 1: Principi direttivi generali

CEI EN 60034-18-1/A1 2-25;V1

1997-12

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60034-18-21 2-26

1996-09 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 18: Valutazione funzionale dei sistemi di isolamento Sezione 21: Procedure di prova per avvolgimenti a filo – Valutazione termica e classificazione

CEI EN 60034-18-21/ A1/A2 2-26;V1

1997-12

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

386

Appendice A

CEI EN 60034-18-31 2-27

1996-09 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 18: Valutazione funzionale dei sistemi di isolamento Sezione 31: Procedure di prova per avvolgimenti preformati – Valutazione termica e classificazione di sistemi di isolamento utilizzati in macchine fino a 50 MVA e 15 kV, estremi inclusi

CEI EN 60034-18-31/ A1 2-27;V1

1998-11

E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60034-22 2-28

1997-11 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 22: Generatori a corrente alternata per gruppi elettrogeni azionati da motori a combustione interna a pistoni

CEI UNI EN 45510-2-6 2-29

2000-06 Prima

E

Guida per l’approvvigionamento di apparecchiature destinate a centrali per la produzione dell’energia elettrica Parte 2-6: Apparecchiature elettriche. Generatori

CEI EN 60034-18-22 2-30

2001-08 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti Parte 18-22: Valutazione funzionale dei sistemi di isolamento - Procedure di prova per avvolgimenti a filo Classificazione di modifiche e sostituzione di componenti dell’isolamento

CEI EN 50347 2-31

2002-01 Prima + Ec1

I/E

Motori asincroni trifase di uso generale con dimensioni e potenze normalizzate Grandezze da 56 a 315 e numeri di flangia da 65 a 740

CEI EN 61986 2-32

2002-11 Prima

I/E

Macchine elettriche rotanti. Tecniche di carico equivalente e di sovrapposizione Prove indirette per la determinazione delle sovratemperature

CT 3 STRUTTURE DELLE INFORMAZIONI, DOCUMENTAZIONI E SEGNI GRAFICI CEI 3

1998-09 Seconda

I

Schemi dei circuiti elettrici degli impianti di segnalamento ferroviario

CEI 3-8

1997-05 Seconda

I

Sigle e segni grafici per i piani schematici degli impianti di segnalamento ferroviario

CEI EN 60617-2 3-14

1997-11 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 2: Elementi dei segni grafici, segni grafici distintivi ed altri segni di uso generale

CEI EN 60617-3 3-15

1997-11 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 3:Conduttori e dispositivi di connessione

CEI EN 60617-4 3-16

1997-10 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 4: Componenti passivi

CEI EN 60617-5 3-17

1997-10 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 5: Semiconduttori e tubi elettronici

CEI EN 60617-6 3-18

1997-11 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 6: Produzione, trasformazione e conversione dell’energia elettrica

CEI EN 60617-7 3-19

1998-03 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 7: Apparecchiature e dispositivi di comando e protezione

CEI EN 60617-8 3-20

1998-03 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 8: Strumenti di misura, lampade e dispositivi di segnalazione

CEI EN 60617-9 3-21

1997-10 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 9: Telecomunicazioni: Apparati di commutazione e periferiche

CEI EN 60617-10 3-22

1998-03 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 10: Telecomunicazioni: Trasmissione

CEI EN 60617-11 3-23

1998-03 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 11: Schemi e piani d’installazione architettonici e topografici

CEI EN 60617-13 3-24

1997-06 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 13: Elementi analogici

Normativa e Legislazione 387

CEI 3-25

1997-09 Prima

I

Segni grafici per schemi Parte 1°: Generalità

CEI EN 60617-12 3-26

1999-11 Seconda

I/E

Segni grafici per schemi Parte 12: Elementi logici binari

CEI 3-27

1997-06 Seconda

I

Segni grafici da utilizzare sulle apparecchiature Indice, sommario e compilazione dei singoli fogli

CEI 3-28

1997-09 Seconda

I

Principi generali per l’elaborazione di segni grafici da utilizzare sulle apparecchiature

CEI 3-31

1997-09 Prima

I/E

Segni grafici per impianti idroelettrici

CEI EN 60848 3-35

2004-03 Seconda

E

Specifica di linguaggio GRAFCET per diagrammi funzionali in sequenza

CEI EN 61082-1 3-36

1998-05 Prima

I

Preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica Parte 1: Prescrizioni generali

CEI EN 61175 3-37

1997-06 Prima

I/E

Designazione di segnali e connessioni

CEI EN 61082-2 3-38

1997-06 Prima

I/E

Preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica Parte 2: Schemi orientati alla funzione

CEI EN 61082-3 3-39

1997-06 Prima

I/E

Preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica Parte 3: Schemi, tabelle e liste delle connessioni

CEI EN 61360-1 3-40

2002-08 Seconda

I/E

Tipi normalizzati di elementi di dati con schema di classificazione per componenti elettrici Parte 1: Definizioni - Principi e metodi

CEI EN 61286 3-41

1997-07 Prima

I/E

Tecnica dell’informazione Insieme di caratteri grafici codificati da usare nella preparazione di documenti utilizzati nell’elettrotecnica e per lo scambio di informazioni

CEI EN 61082-4 3-42

1997-07 Prima

I/E

Preparazione di documenti utilizzati in elettrotecnica Parte 4: Documenti di disposizione e di installazione

CEI EN 61346-1 3-43

1997-07 Prima

I/E

Sistemi industriali, installazioni e apparecchi e prodotti industriali Principi di strutturazione e designazioni di riferimento Parte 1: Regole di base

CEI EN 61666 3-44

1998-05 Prima

I/E

Sistemi industriali, installazioni e apparecchiature e prodotti industriali Identificazione dei terminali all’interno di un sistema

CEI EN 61355 3-45

1998-08 Prima

I/E

Classificazione e designazione dei documenti per impianti, sistemi ed apparecchiature

CEI EN 61360-2 3-46

2003-02 Seconda

E

Tipi normalizzati di elementi di dati con schema di classificazione per componenti elettrici. Parte 2: Schema di un dizionario EXPRESS

CEI EN 61346-2 3-47

2001- 05 Prima

I/E

Sistemi industriali, installazioni e apparecchi e prodotti industriali Principi di strutturazione e designazioni di riferimento Parte 2: Classificazione degli oggetti e classi di codifica

CEI EN 62027 3-48

2001-05 Prima

I/E

Preparazione liste dei componenti

CEI EN 62023 3-49

2001-07 Prima

I/E

Strutturazione dell’informazione tecnica e documentazione

CEI EN 60417-2 3-50

2001-11 Prima

E

Segni grafici da utilizzare sulle apparecchiature Parte 2: Segni originali

CEI EN 62079 3-51

2002-01 Prima

I/E

Preparazione di istruzioni - Struttura, contenuto e presentazione

388

Appendice A

CEI EN 82045-1 3-52

2002-06 Prima

I/E

Gestione dei documenti Parte 1: Principi e metodi

CEI EN 81714-2 3-53

2002-09 Prima

E

Creazione dei segni grafici da utilizzare nella documentazione tecnica di prodotti Parte 2: Specifiche per segni grafici nella forma adatta al calcolatore inclusi i segni grafici per le referenze delle librerie e requisiti per il loro interscambio

CEI EN 81714-3 3-54

2002-10 Prima

E

Creazione di segni grafici da utilizzare nella documentazione tecnica di prodotti Parte 3 : Classificazione dei nodi di connessione, reti e loro codifica

CT 7 MATERIALI CONDUTTORI CEI 7-1

1997-09 Terza

I

Conduttori di rame e di leghe di rame per linee elettriche aeree

CEI 7-2

1997-09 Quarta

I

Conduttori di alluminio, alluminio-acciaio, lega d’alluminio e lega di alluminioacciaio per linee elettriche aeree

CEI 7-6

1997-04 Terza

I

Norme per il controllo della zincatura a caldo per immersione su elementi di materiale ferroso destinati a linee e impianti elettrici

CEI 7-10

1997-09 Prima

I

Conduttori di acciaio rivestito di rame a filo unico ovvero cordati destinati a linee aeree di telecomunicazione ed a linee di trasporto di energia

CEI 7-11

1997-09 Prima

I

Conduttori di acciaio rivestito di alluminio a filo unico o a corda per linee elettriche aeree

CEI EN 60889 7-12

1997-06 Prima

I

Filo d’alluminio trafilato crudo per conduttori di linee elettriche aeree

CEI EN 61232 7-13

1997-10 Prima

I/E

Fili d’acciaio rivestiti di alluminio per utilizzo elettrico

CEI EN 61232/A11 7-13;V1

2001-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 61395 7-14

1999-09 Prima

I/E

Conduttori per linee elettriche aeree Procedure di prova di assestamento per conduttori cordati

CEI EN 50183 7-15

2000-06 Prima

I/E

Conduttori per linee aeree - Fili in lega d’alluminio-magnesio-silicio

CEI EN 50189 7-16

2000-06 Prima

I/E

Conduttori per linee aeree - Fili di acciaio zincato

CEI 7-17

2000-06 Prima

I

Guida alla scelta dei piani di campionamento da utilizzare nel collaudo della morsetteria per linee aeree

CEI EN 50182 7-18

2002-04 Prima

I/E

Conduttori per linee aeree Conduttori a fili circolari cordati in strati concentrici

CEI EN 62219 7-19

2002-10 Prima

I/E

Conduttori per linee elettriche aeree - Conduttori cordati, a strati concentrici, con fili sagomati

CEI EN 50326 7-20

2003-03 Prima

I/E

Conduttori per linee elettriche aeree - Caratteristiche dei grassi

CT 8/28 TENSIONI, CORRENTI E FREQUENZE NORMALI / COORDINAMENTO DEGLI ISOLAMENTI CEI 8-6

1998-04 Prima

I

Tensioni nominali dei sistemi elettrici di distribuzione pubblica a bassa tensione

CEI EN 60059 8-7

2000-09 Prima

I/E

Correnti nominali IEC

I

Guida per l’esecuzione delle prove sui trasformatori di potenza

CT 14 TRASFORMATORI CEI 14

1997-10 Prima

Normativa e Legislazione 389

CEI EN 60076-1 14-4/1

1998-09 Terza

I/E

Trasformatori di potenza Parte 1: Generalità

CEI EN 60076-1/A12 14-4/1;V1

2002-05

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60076-2 14-4/2

1998-09 Terza

I/E

Trasformatori di potenza Parte 2: Riscaldamento

CEI EN 60076-3 14-4/3

2002-05 Terza

I/E

Trasformatori di potenza Parte 3: Livelli di isolamento, prove dielettriche e distanze isolanti in aria

CEI EN 60076-5 14-4/5

2001-12 Terza

I/E

Trasformatori di potenza Parte 5: Capacità di tenuta al corto circuito

CEI 14-4/8

2001-11 Prima

E

Trasformatori di potenza Guida di applicazione

CEI EN 60076-10 14-4/10

2002-01 Prima

I/E

Trasformatori di potenza Parte 10: Determinazione dei livelli di rumore

CEI EN 60289 14-5

1997-09 Seconda

I

Reattori

CEI EN 60289/A11 14-5;V1

2002-05

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 14-7

1997-10 Prima

I

Marcatura dei terminali dei trasformatori di potenza

CEI 14-8

1999-03 Seconda

I

Trasformatori di potenza a secco

CEI 14-8;V1

2002-05

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60214 14-10

1997-09 Prima

I

Commutatori sotto carico

CEI 14-11

1997-09 Prima

I

Guida di applicazione per commutatori sotto carico

CEI 14-12

1998-04 Prima

I

Trasformatori trifase di distribuzione di tipo a secco 50 Hz, da 100 kVA a 2500 kVA, con una tensione massima per il componente non superiore a 36 kV Parte 1: Prescrizioni generali e prescrizioni per trasformatori con una tensione massima per il componente non superiore a 24 kV

CEI 14-13

1998-04 Prima

I

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVA, 50 Hz, con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 1: Prescrizioni generali e prescrizioni per trasformatori con tensione massima Um per il componente non superiore a 24 kV

CEI 14-13;V1

1998-09

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 14-14

1997-09 Prima

I

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVA, 50 Hz con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 2: Trasformatori per distribuzione con muffole sul lato alta tensione e/o bassa tensione Sezione 1: Prescrizioni generali

CEI 14-15

1997-09 Seconda

I

Guida di carico per trasformatori immersi in olio

CEI 14-16

1997-09 Prima

I

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVA, 50 Hz, con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 3: Prescrizioni supplementari per trasformatori con tensione massima per il componente uguale a 36 kV

390

Appendice A

CEI 14-17

1997-09 Prima

I

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVa, 50 Hz, con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 4: Determinazione della potenza nominale equivalente di un trasformatore avente correnti di carico non sinusoidali

CEI 14-18

1997-12 Prima

I|

Trasformatori trifase di distribuzione di tipo a secco 50 Hz, da 100 a 2500 kVA, con una tensione massima per il componente non superiore a 36 kV Parte 2: Prescrizioni supplementari per i trasformatori con una tensione massima per il componente uguale a 36k V

CEI EN 50195 14-19

2003-04 Seconda

I/E

Codice per l’impiego in condizioni di sicurezza di apparecchiature elettriche totalmente racchiuse in un contenitore riempito di askarel

CEI EN 50225 14-20

2003-04 Seconda

I/E

Codice per l’impiego in condizioni di sicurezza di apparecchiature elettriche immerse in olio che possono essere contaminate con PCB

CEI 14-21

1997-12 Prima

E

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500kVA, 50 Hz con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 2: Trasformatori per distribuzione con muffole sul lato alta tensione e/o bassa tensione Sezione 2: Muffole di tipo 1 per impiego sui trasformatori di distribuzione in conformità alle prescrizioni dell’HD 428.2.1 S1

CEI 14-22

1998-10 Prima

I

Trasformatori trifase di distribuzione di tipo a secco 50 Hz, da 100 a 2500 kVA, con una tensione massima per il componente non superiore a 36 kV Parte 3: Determinazione della potenza nominale equivalente di un trasformatore avente corrente di carico non sinusoidale

CEI 14-23

2000-04 Prima

E

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVA, 50 Hz con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 2: Trasformatori per distribuzione con muffole sul lato alta tensione e/o bassa tensione Sezione 3: Muffole di tipo 2 per uso sui trasformatori di distribuzione che osservino le prescrizioni della HD 428-2-1

CEI R014-001 14-24

2000-06 Prima

I/E

Guida per la valutazione dei campi elettromagnetici attorno ai trasformatori di potenza

CEI EN 61378-1 14-25

2001-03 Prima

I/E

Trasformatori di conversione Parte 1: Trasformatori per applicazioni industriali

CEI EN 61378-2 14-25/2

2002-12 Prima

I/E

Trasformatori per conversione Parte 2: Trasformatori per applicazioni in HVDC

CEI EN 50216-1 14-26/1

2002-05 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 1: Generalità

CEI EN 50216-2 14-26/2

2002-05 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 2: Relè Buchholz per trasformatori e reattori immersi in liquido isolante, con conservatore

CEI EN 50216-2/A1 14-26/2;V1

2003-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50216-3 14-26/3

2002-05 Prima

I/E

Accessori per trasformatori e reattori Parte 3: Relè di protezione per trasformatori e reattori immersi in liquido isolante, sigillati ermeticamente, senza cuscino di gas

CEI EN 50216-3/A1 14-26/3;V1

2003-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50216-4 14-26/4

2002-05 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 4: Accessori di base (terminale di terra, dispositivi di svuotamento, tappi di riempimento, pozzetto termometrico, rulli di scorrimento)

CEI EN 50216-5 14-26/5

2002-05 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 5: Indicatori di livello del liquido isolante, manometri e indicatori del flusso di circolazione del liquido isolante

Normativa e Legislazione 391

CEI EN 50216-5/A1 14-26/5;V1

2003-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50216-6 14-26/6

2002-07 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 6: Apparecchi refrigeranti -Radiatori rimovibili per trasformatori immersi in olio

CEI EN 50216-7 14-26/7

2002-09 Prima

I/E

Accessori per trasformatori di potenza e reattori Parte 7: Pompe elettriche per l’olio dei trasformatori

CEI 14-27

2002-06 Prima

I/E

Trasformatori trifase per distribuzione a raffreddamento naturale in olio, di potenza 50-2500 kVA, 50 Hz con tensione massima Um per il componente non superiore a 36 kV Parte 6: Requisiti e prove per casse a onde, in pressione

CEI EN 60076-4 14-28

2003-03 Prima

I/E

Trasformatori di potenza Parte 4: Guida per l’esecuzione di prove con impulsi atmosferici e di manovra Trasformatori di potenza e reattori

CEI EN 50299 14-29

2003-04 Prima

I/E

Sistemi di connessione a cavo immersi in olio per trasformatori e reattori con tensione massima per l’apparecchiatura Um da 72,5 kV a 550 kV

CT 16 CONTRASSEGNI DEI TERMINALI E ALTRE IDENTIFICAZIONI CEI 16-1

1997-09 Prima

I

Individuazione dei conduttori isolati

CEI EN 60445 16-2

2000-07 Terza

I/E

Principi base e di sicurezza per l’interfaccia uomo-macchina, marcatura e identificazione Identificazione dei morsetti degli apparecchi e delle estremità di conduttori designati e regole generali per un sistema alfanumerico

CEI EN 60073 16-3

2003-04 Quinta

I/E

Principi fondamentali e di sicurezza per l’interfaccia uomo-macchina, la marcatura e l’identificazione - Principi di codifica per gli indicatori e per gli attuatori

CEI EN 60446 16-4

2000-02 Seconda

I/E

Principi base e di sicurezza per l’interfaccia uomo-macchina, marcatura e identificazione. Individuazione dei conduttori tramite colori o codici numerici

CEI EN 60447 16-5

1997-06 Seconda

I

Interfaccia uomo-macchina Principi di manovra

CEI 16-6

1997-05 Prima

I

Codice di designazione dei colori

CEI 16-7

1997-06 Prima

I

Elementi per identificare i morsetti e la terminazione dei cavi

CEI EN 61293 16-8

1997-06 Prima

I/E

Marcatura delle apparecchiature elettriche con riferimento ai valori nominali relativi alla alimentazione elettrica

CT 17 GROSSA APPARECCHIATURA CEI 17-1

1998-09 Quinta

I

Interruttori a corrente alternata a tensione superiore a 1000 V

CEI 17-1;V1

1999-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-2 17-5

1998-10 Sesta

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 2: Interruttori automatici

CEI EN 60947-2/A1 17-5;V1

1999-02

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-2/Ec 17-5;Ec

2001-01

I

Errata Corrige (si veda il titolo della Norma base) Trattasi di Errata Corrige al solo testo Italiano

CEI EN 60947-2/A2 17-5;V2

2002-07

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

392

Appendice A

CEI EN 60298 17-6

1998-12 Quinta

I/E

Apparecchiatura prefabbricata con involucro metallico per tensioni da 1 kV a 52 kV

CEI EN 60298/A11 17-6;V1

2000-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 17-6;V2

2000-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60265-1

2000-02 Terza

I/E

Interruttori di manovra e interruttori di manovra-sezionatori per alta tensione Parte 1: Interruttori di manovra e interruttori di manovra-sezionatori per tensioni nominali superiori a 1 kV e inferiori a 52 kV

CEI EN 60265-2 17-9/2

1998-12 Seconda

I

Interruttori di manovra e interruttori di manovra-sezionatori per alta tensione Parte 2: Interruttori di manovra e interruttori di manovra-sezionatori per tensioni nominali uguali o superiori a 52 kV

CEI EN 60265-2/A2 17-9/2;V1

1999-11

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-3 17-11

2000-08 Quarta

I/E

Apparecchiatura a bassa tensione Parte 3: Interruttori di manovra, sezionatori, interruttori di manovra-sezionatori e unità combinate con fusibili

CEI EN 60947-3/A1 17-11;V1

2002-03

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60439-1 17-13/1

2000-11 Quarta

I/E

Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) Parte 1: Apparecchiature soggette a prove di tipo (AS) e apparecchiature parzialmente soggette a prove di tipo (ANS)

CEI EN 60439-2 17-13/2

2000-11 Seconda

I/E

Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri elettrici per bassa tensione) Parte 2: Prescrizioni particolari per i condotti sbarre

CEI EN 60439-2/Ec 17-13/2;Ec

2001-01

I

Errata Corrige (si veda il titolo della Norma base) Trattasi di Errata Corrige al solo testo Italiano

CEI EN 60439-3 17-13/3

1997-09 Prima

I

Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) Parte 3: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate di protezione e di manovra destinate ad essere installate in luoghi dove personale non addestrato ha accesso al loro uso. Quadri di distribuzione (ASD)

CEI EN 60439-3/A2 17-13/3;V1

2001-10

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60439-4 17-13/4

1998-04 Prima

I

Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) Parte 4: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate per cantiere (ASC)

CEI EN 60439-4/A2 17-13/4;V1

2000-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60517 17-15

1999-02 Quarta

I/E

Apparecchiatura di manovra con involucro metallico con isolamento in gas per tensioni nominali uguali o superiori a 72,5 kV

CEI EN 60517/A11 17-15;V1

2000-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50005 17-17/1

1998-04 Prima

I

Apparecchiatura industriale a tensione non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1200 V in corrente continua Individuazione dei morsetti e numero caratteristico. Regole generali

CEI EN 50011 17-17/2

1998-04 Prima

I

Apparecchiatura industriale a tensione non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1200 V in corrente continua Individuazione dei morsetti, numero caratteristico e lettera caratteristica su particolari contattori ausiliari

Normativa e Legislazione 393

CEI EN 50012 17-17/3

1998-04 Prima

I

Apparecchiatura industriale a tensione non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1200 V in corrente continua Individuazione dei morsetti e numero caratteristico per contatti ausiliari di particolari contattori

CEI EN 50013 17-17/4

1998-04 Prima

I

Apparecchiatura industriale a tensione non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1200 V in corrente continua Individuazione dei morsetti e numero caratteristico per particolari ausiliari di comando

CEI 17-20

1998-04 Prima

I

Morsettiera per interruttori a tensione fino a 72,5 kV

CEI EN 60694 17-21

1997-11 Seconda

I/E

Prescrizioni comuni per l’apparecchiatura di manovra e di comando ad alta tensione

CEI EN 60694/A1/A2 17-21;V1

2002-07

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50042 17-28

1997-10 Prima

I

Apparecchiatura industriale a bassa tensione Marcatura dei terminali per componenti elettronici e per contatti esterni associati

CEI EN 50043 17-30

1997-10 Prima

I

Apparecchiatura industriale a bassa tensione Grandezze e calibri per connessioni piatte

CEI EN 50041 17-31

1997-10 Prima

I

Apparecchiatura industriale a bassa tensione Ausiliari di comando - Interruttori di posizione 42,5 x 80 - Dimensioni e caratteristiche

CEI EN 50047 17-33

1997-10 Prima

I

Apparecchiatura industriale a bassa tensione Ausiliari di comando - Interruttori di posizione 30 x 55 - Dimensioni e caratteristiche

CEI EN 61095 17-41

1998-04 Seconda

I/E

Contattori elettromeccanici per usi domestici e similari

CEI EN 61095/A1 17-41;V2

2001-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60427 17-42

2001-09 Seconda

I/E

Prove sintetiche per interruttori a corrente alternata ad alta tensione

CEI 17-43

2000-08 Seconda

I

Metodo per la determinazione delle sovratemperature, mediante estrapolazione, per le apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) non di serie (ANS)

CEI EN 60947-1 17-44

2000-07 Terza

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 1: Regole generali

CEI EN 60947-1/A1 17-44;V1

2002-01

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-1/A2 17-44;V2

2002-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-5-1 17-45

1998-10 Seconda

I/E

Apparecchiatura a bassa tensione Parte 5: Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Sezione 1: Dispositivi elettromeccanici per circuiti di comando

CEI EN 60947-5-1/A1/ A2/A12 17-45;V1

2000-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-5-1/Ec 17-45;Ec

2001-05

I/E

Errata Corrige (si veda il titolo della Norma base) Trattasi di Errata Corrige al solo testo Italiano

CEI EN 60420 17-46

1997-09 Prima

I

Interruttori di manovra e interruttori-sezionatori combinati con fusibili ad alta tensione per corrente alternata

394

Appendice A

CEI EN 60947-6-1 17-47

1998-05 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 6: Apparecchiature a funzioni multiple Sezione Uno - Apparecchiature di commutazione automatica

CEI EN 60947-6-1/A2 17-47;V2

1998-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-7-1 17-48

2003-12 Seconda

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 7-1: Apparecchiature ausiliarie - Morsetti componibili per conduttori di rame

CEI EN 60947-4-1 17-50

2002-01 Seconda

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 4-1: Contattori e avviatori - Contattori e avviatori elettromeccanici

CEI EN 60947-4-1/A1 17-50;V1

2004-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-6-2 17-51

1998-05 Prima

I/E

Apparecchiatura a bassa tensione Parte 6: Apparecchiatura a funzioni multiple Sezione Due - Apparecchi integrati di manovra e protezione (ACP)

CEI EN 60947-6-2/A1 17-51;V1

1998-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-6-2/A2 17-51;V2

2000-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 17-52

1997-09 Prima

I

Metodo per la determinazione della tenuta al cortocircuito delle apparecchiature assiemate non di serie (ANS)

CEI EN 60947-5-2 17-53

1999-03 Seconda

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 5: Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Sezione 2: Interruttori di prossimità

CEI EN 60947-5-2/A1 17-53;V1

2000-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-7-2 17-62

2003-12 Seconda

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 7-2: Apparecchiature ausiliarie - Morsetti componibili per conduttori di protezione in rame

CEI EN 60439-5 17-64

1998-04 Prima

I/E

Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri bt) Parte 5: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate destinate ad essere installate all’esterno in luoghi pubblici - Cassette per distribuzione in cavo (CDC)

CEI EN 60439-5/A1 17-64;V1

1999-04

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60947-5-4 17-65

1998-06 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 5: Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Sezione 4: Metodi di valutazione della prestazione dei contatti a bassa energia Prove speciali

CEI EN 60947-5-5 17-66

1998-09 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 5: Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Sezione 5: Dispositivo elettrico di arresto di emergenza con blocco meccanico

CEI EN 60947-4-2 17-69

2001-01 Seconda

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 4-2: Contattori e avviatori - Regolatori e avviatori a semiconduttori in c.a.

CEI EN 60947-4-2/A1 17-69;V1

2002-11

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 17-70

1999-04 Prima

I

Guida all’applicazione delle norme dei quadri di bassa tensione

CEI EN 50298 17-71

1999-09 Prima

I/E

Involucri vuoti per apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione Prescrizioni generali

Normativa e Legislazione 395

CEI EN 50319 17-74

2000-10 Prima

I/E

Dispositivi di prossimità Prescrizioni per dispositivi di prossimità con uscita analogica

CEI EN 60947-5-3 17-75

2000-10 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 5-3: Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Prescrizioni per dispositivi di prossimità con comportamento definito in condizioni di guasto (PDF)

CEI EN 60947-5-6 17-76

2000-10 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di manovra Interfaccia in corrente continua per sensori di prossimità e amplificatori di manovra (NAMUR)

CEI EN 60947-4-3 17-77

2001-08 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 4-3: Contattori e avviatori Regolatori a semiconduttori in c.a. e contattori per carichi diversi da motori

CEI EN 60715 17-78

2002-03 Prima

I/E

Dimensioni delle apparecchiature a bassa tensione Profilati di supporto normalizzati per il sostegno dei dispositivi elettrici

CEI EN 50295 17-81

2002-05 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Sistemi di interfaccia per apparecchi di comando Interfaccia per Attuatori e Sensori (AS-i)

CEI EN 50274 17-82

2002-09 Prima

I/E

Apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione –Protezione contro le scosse elettriche Protezione dal contatto diretto accidentale con parti attive pericolose

CEI EN 60947-7-3 17-84

2004-02 Prima

I/E

Apparecchiature a bassa tensione Parte 7-3: Apparecchiature ausiliarie - Prescrizioni di sicurezza per morsetti componibili a fusibili

CT 20 CAVI PER ENERGIA CEI 20-11

2000-10 Quarta

I

Caratteristiche tecniche e specifiche e requisiti di prova delle mescole per isolanti e guaine per cavi energia e segnalamento

CEI 20-11;V1

2002-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/1

2003-07 Sesta

I

Cavi con isolamento reticolato con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 1: Prescrizioni generali

CEI 20-19/2

2000-07 Quinta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 2 - Metodi di prova

CEI 20-19/2;V1

2003-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/3

1997-06 Quinta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 3: Cavi isolati con gomma siliconica resistenti al calore

CEI 20-19/3;V1

1999-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/4

1996-12 Quarta

I

Cavi con isolamento reticolato con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 4: Cavi flessibili

CEI 20-19/4;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/4;V2

2003-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/6

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 6: Cavi per saldatrici ad arco

CEI 20-19/6;V1

1999-07

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/7

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 7: Cavi resistenti al calore, per cablaggi interni, per una temperatura massima del conduttore di 110 °C

CEI 20-19/7;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

396

Appendice A

CEI 20-19/8

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 8: Cavi sotto guaina di policloroprene o altro equivalente elastomero sintetico, per catene decorative

CEI 20-19/8;V1

1999-07

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/9

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 9: Cavi unipolari senza guaina, per installazione fissa, a bassa emissione di fumi e di gas tossici e corrosivi

CEI 20-19/9;V1

1999-07

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/10

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 10: Cavi flessibili isolati in EPR e sotto guaina di poliuretano

CEI 20-19/11

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 11: Cavi flessibili con isolamento in EVA

CEI 20-19/11;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/12

1999-05 Prima

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 12: Cavi flessibili isolati in EPR resistenti al calore

CEI 20-19/13

1997-10 Prima

I

Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 470/750 V Parte 13: Cavi unipolari e multipolari, con isolante e guaina in mescola reticolata, a bassa emissione di fumi e di gas tossici e corrosivi

CEI 20-19/13;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-19/14

2004-06 Seconda

I

Cavi con isolamento reticolato con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 14: Cavi per applicazioni con requisiti di alta flessibilità

CEI 20-19/15

2002-06 Prima

I

Cavi isolati in gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 15: Cavi multipolari resistenti al calore con isolamento e guaina di gomma siliconica

CEI 20-19/16

2002-0 Prima

I

Cavi isolati in gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V Parte 16: Cavi resistenti all’acqua sotto guaina di policloroprene o altro elastomero sintetico equivalente

CEI 20-20/1

2003-12 Sesta

I

Cavi con isolamento termoplastico con tensione nominale non superiore a 450/ 750 V Parte 1: Prescrizioni generali

CEI 20-20/2

2000-07 Quinta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 2: Metodi di prova

CEI 20-20/2;V1

2004-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/3

1996-07 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 3: Cavi senza guaina per posa fissa

CEI 20-20/3;V1

2002-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/4

1996-11 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 4: Cavi con guaina per posa fissa

CEI 20-20/5

1996-07 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 5: Cavi flessibili

CEI 20-20/5;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/5;V2

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/7

1996-07 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 7: Cavi unipolari senza guaina per cavetteria interna, con massima temperatura in servizio continuo di 90 °C

CEI 20-20/7;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

Normativa e Legislazione 397

CEI 20-20/8

2002-06 Quinta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 8: Cavi unipolari senza guaina per catene decorative

CEI 20-20/9

1996-07 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 9: Cavi senza guaina per installazione a bassa temperatura

CEI 20-20/9;V1

2002-04

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/10

2002-11 Quinta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 10: Cordoni estensibili

CEI 20-20/11

1996-12 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 11: Cavi per apparecchi di illuminazione

CEI 20-20/11;V1

2002-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/12

1996-07 Quarta

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 12: Cavi flessibili resistenti al calore

CEI 20-20/12;V1

2002-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-20/13

1997-12 Prima

I

Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Parte 13: Cavi Flessibili con guaina di PVC resistenti all’olio con due o più conduttori

CEI 20-20/13;V1

2002-11

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-22/0

2002-11 Prima

I

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 0: Generalità e scopo

CEI 20-22/2

1999-01 Quarta

I

Prove d’incendio su cavi elettrici Parte 2: Prova di non propagazione dell’incendio

CEI 20-22/2;V1

2001-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50266-2-1/2/3/ 4/5/Ec 20-22/3;Ec

2002-05

I/E

Errata Corrige (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50266-1 20-22/3-0

2001-10 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 1: Apparecchiatura

CEI EN 50266-2-1 20-22/3-1

2002-01 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 2-1: Procedure: Categoria A F/R

CEI EN 50266-2-2 20-22/3-2

2002-01 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 2-2: Procedure: Categoria A

CEI EN 50266-2-3 20-22/3-3

2002-01 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 2-3: Procedure: Categoria B

CEI EN 50266-2-4 20-22/3-4

2002-01 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 2-4: Procedure: Categoria C

CEI EN 50266-2-5 20-22/3-5

2002-01 Prima

I/E

Metodi di prova comuni per cavi in condizioni di incendio - Prova di propagazione della fiamma verticale di fili o cavi montati verticalmente a fascio Parte 2-5: Procedure: Cavi di piccole dimensioni - Categoria D

CEI 20-22/4

1997-09 Quarta

I

Prove d’incendio su cavi elettrici Parte 4: Metodo per la misura dell’indice di ossigeno per i componenti non metallici

CEI 20-22/5

1997-09 Quarta

I

Prove d’incendio su cavi elettrici Parte 5: Metodo per la misura dell’indice di temperatura per i componenti non metallici

398

Appendice A

CEI 20-27

2000-05 Seconda

I

Cavi per energia e per segnalamento Sistema di designazione

CEI 20-27;V1

2001-12

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 20-34/0-1

2001-04 Prima

I

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici Parte 0. metodi di prova per applicazioni generali. Sezione 1: prove

CEI EN 60811-1-1 20-34/1-1

2001-06 Terza

I/E

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici Parte 1: Metodi di prova per applicazioni generali Sezione 1: Misure degli spessori e delle dimensioni esterne. Prova della determinazione delle proprietà meccaniche

CEI EN 60811-1-1/A1 20-34/1-1;V1

2002-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60811-1-2 20-34/1-2

2001-06 Terza

I/E

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici e ottici Parte 1: Metodi di prova per applicazioni generali Sezione 2: Trattamenti di invecchiamento accelerato

CEI EN 60811-1-3 20-34/1-3

2001-06 Terza

I/E

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici Parte 1: Metodi di prova per applicazioni generali Sezione 3: Misura della massa volumica - Prove di assorbimento d’acqua - Prova di ritiro a caldo

CEI EN 60811-1-3/A1 20-34/1-3;V1

2002-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60811-1-4 20-34/1-4

2001-06 Terza

I/E

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici Parte 1: Metodi di prova per applicazioni generali Sezione 4: Prove a bassa temperatura

CEI EN 60811-1-4/A2 20-34/1-4;V1

2002-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60811-2-1 20-34/2-1

1999-05 Terza

I/E

Metodi di prova per materiali isolanti e di guaina dei cavi elettrici e ottici Parte 2: Metodi di prova per mescole elastomeriche Sezione 1: Prove di resistenza all’ozono, di allungamento a caldo e di immersione in olio

CEI EN 60811-2-1/A1 20-34/2-1;V1

2002-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60269-1 32-1

2000-05 Quinta

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 1: Prescrizioni generali

CEI EN 60282-1 32-3

1998-06 Quinta

I/E

Fusibili a tensione superiore a 1000 V Parte 1: Fusibili limitatori di corrente

CEI EN 60269-2 32-4

1997-12 Terza

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 2: Prescrizioni supplementari per i fusibili per uso da parte di persone addestrate (fusibili principalmente per applicazioni industriali)

CEI EN 60269-2/A1 32-4;V1

1999-05

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60269-2/A2 32-4;V2

2004-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60269-3 32-5

1997-12 Terza

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 3: Prescrizioni supplementari per i fusibili per uso da parte di persone non addestrate (fusibili principalmente per applicazioni domestiche e similari)

CEI EN 60127-1 32-6/1

1998-02 Terza

I/E

Fusibili miniatura Parte 1: Definizione per fusibili miniatura e prescrizioni generali per cartucce di fusibili miniatura

CT 32 FUSIBILI

Normativa e Legislazione 399

CEI EN 60127-1/A1 32-6/1;V1

2000-09

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60127-2 32-6/2

1998-12 Terza

I/E

Fusibili miniatura Parte 2: Cartucce

CEI EN 60127-2/A2 32-6/2;V1

2001-09

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60127-3 32-6/3

1997-12 Quarta

I/E

Fusibili miniatura Parte 3: Cartucce per fusibili sub-miniatura

CEI EN 60127-4 32-6/4

1997-12 Prima

I/E

Fusibili miniatura Parte 4: Cartucce modulari universali (UMF)

CEI EN 60127-4/A1/ A2 32-6/4;V1

2004-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60127-5 32-6/5

1998-02 Terza

I/E

Fusibili miniatura Parte 5: Guida per la determinazione della qualità delle cartucce per fusibili miniatura

CEI EN 60127-6 32-6/6

1998-04 Seconda

I/E

Fusibili miniatura Parte 6: Supporti per cartucce di fusibili miniatura

CEI EN 60269-4 32-7

1997-05 Seconda

I

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 4 -Prescrizioni supplementari per le cartucce per la protezione di dispositivi a semiconduttori

CEI EN 60269-4/A1 32-7;V1

1998-09

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 60691 32-9

1997-04 Seconda

I/E

Protettori termici non riutilizzabili Prescrizioni e guida di applicazione

CEI EN 60691/A2 32-9;V1

2001-09

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 32-10

2001-02 Seconda

I/E

Guida per la specifica della temperatura e della sovratemperatura ammissibile per parti di apparecchiature elettriche, in particolare per i morsetti

CEI 32-12

2000-10 Terza

I

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 2-1: Prescrizioni supplementari per fusibili per uso da parte di persone addestrate(fusibili principalmente per applicazioni industriali) Sezioni da I a V: Esempi di fusibili normalizzati

CEI 32-13

2004-06 Seconda

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 3-1:Prescrizioni supplementari per fusibili per uso da parte di persone non addestrate (fusibili principalmente per applicazioni domestiche e similari) Sezioni da I a IV

CEI 32-15

2000-06 Prima

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Coordinamento tra fusibili e contattori/avviatori Guida di applicazione

CEI EN 60269-4-1 32-16

2004-01 Prima

I/E

Fusibili a tensione non superiore a 1000 V per corrente alternata e a 1500 V per corrente continua Parte 4-1: Prescrizioni supplementari per cartucce per la protezione di dispositivi a semiconduttori. Sezioni da I a III: Esempi di cartucce normalizzate

CEI EN 60127-10 32-17

2004-04 Prima

I/E

Fusibili miniatura Parte 10: Guida per l’utilizzatore dei fusibili miniatura

CT 64 IMPIANTI ELETTRICI UTILIZZATORI DI BASSA TENSIONE (FINO A 1000 V IN C.A. E A 1500 V IN C.C.) CEI 64

1999-01 Prima

I

Effetti della corrente attraverso il corpo umano

400

Appendice A

CEI 64-7

1998-07 Terza

I

Impianti elettrici di illuminazione pubblica

CEI 64-8/1

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 1: Oggetto, scopo e principi fondamentali

CEI 64-8/2

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 2: Definizioni

CEI 64-8/3

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 3: Caratteristiche generali

CEI 64-8/4

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 4: Prescrizioni per la sicurezza

CEI 64-8/5

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 5: Scelta ed installazione dei componenti elettrici

CEI 64-8/6

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua. Parte 6: Verifiche

CEI 64-8/7

2004-06 Quinta

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Parte 7: Ambienti ed applicazioni particolari

CEI 64-12

1998-02 Prima

I

Guida per l’esecuzione dell’impianto di terra negli edifici per uso residenziale e terziario

CEI 64-12;V1

2003-06

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 64-14

1996-12 Prima

I

Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori

CEI 64-14;V1

2000-10

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 64-15

1998-10 Prima

I

Impianti elettrici negli edifici pregevoli per rilevanza storica e/o artistica

CEI R064-004 64-16

1999-07 Prima

I

Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua Protezione contro le interferenze elettromagnetiche (EMI) negli impianti elettrici

CEI 64-17

2000-02 Prima

I

Guida all’esecuzione degli impianti elettrici nei cantieri

CEI 64-17;Ec

2000-04

I

Errata Corrige (si veda il titolo della Norma base)

CEI 64-50

2001-01 Terza

I

Edilizia residenziale Guida per l’esecuzione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione per impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati Criteri generali

CEI 64-50;V1

2002-10

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI 64-51

1999-02 Prima

I

Guida all’esecuzione degli impianti elettrici nei centri commerciali

CEI 64-52

1999-04 Prima

I

Guida alla esecuzione degli impianti elettrici negli edifici scolastici

CEI 64-53

2001-11 Prima

I

Edilizia residenziale Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati Criteri particolari per edifici ad uso prevalentemente residenziale

Normativa e Legislazione 401

CEI 64-54

2002-02 Prima

I

Edilizia residenziale. Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati. Criteri particolari per i locali di pubblico spettacolo

CEI 64-55

2002-02 Prima

I

Edilizia ad uso residenziale e terziario Guida per l’integrazione nell’edificio degli impianti elettrici utilizzatori predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati Criteri particolari per le strutture alberghiere

CEI 64-56

2003-03 Prima

I

Edilizia ad uso residenziale e terziario Guida per l’integrazione degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti ausiliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici Criteri particolari per locali ad uso medico

CT 70 INVOLUCRI DI PROTEZIONE CEI EN 60529 70-1

1997-06 Seconda

I/E

Gradi di protezione degli involucri (Codice IP)

CEI EN 60529/A1 70-1;V1

2000-06

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 61032 70-2

1998-10 Seconda

I/E

Protezione delle persone e delle apparecchiature mediante involucri Calibri di prova

CEI EN 50102 70-3

1996-05 Prima

I/E

Gradi di protezione degli involucri per apparecchiature elettriche contro impatti meccanici esterni (Codice IK)

CEI EN 50102/A1 70-3;V1

1999-07

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CT 81 PROTEZIONE CONTRO I FULMINI CEI 81-1

1998-02 Terza

I/E

Protezione delle strutture contro i fulmini

CEI 81-4

1996-12 Prima

I

Protezione delle strutture contro i fulmini Valutazione del rischio dovuto al fulmine

CEI 81-4;V1

1998-10

I

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50164-1 81-5

2000-01 Prima

I/E

Componenti per la protezione contro i fulmini (LPC) Parte 1: Prescrizioni per i componenti di connessione

CEI EN 61663-1 81-6

2000-05 Prima

I/E

Protezione delle strutture contro i fulmini - Linee di telecomunicazione Parte 1: Installazioni in fibra ottica

CEI R0BT-003 81-7

2001-11 Prima

E

Prescrizioni relative alla resistibilità per le apparecchiature che hanno un terminale per telecomunicazioni

CEI 81-8

2002-02 Prima

I

Guida d’applicazione all’utilizzo di limitatori di sovratensioni sugli impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione

CEI EN 61663-2 81-9

2003-09 Prima

I/E

Protezione delle strutture contro i fulmini - Linee di telecomunicazione Parte 2: Linee in conduttori metallici

CT 94 RELÈ ELETTRICI A TUTTO O NIENTE (EX CT 94/95, EX CT 41) CEI EN 60255-23 94-1

1997-11 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 23: Caratteristiche funzionali dei contatti

CEI EN 61812-1 94-2

1998-02 Prima

I/E

Relè a tempo per uso industriale Parte 1: Prescrizioni e prove

CEI EN 61812-1/A11 94-2;V1

1999-07

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 50205 94-3

2002-10 Seconda

I/E

Relè con contatti a guida forzata (meccanicamente vincolati)

402

Appendice A

CEI EN 61810-1 94-4

2004-02 Seconda

I/E

Relè elementari elettromeccanici Parte 1: Requisiti generali e di sicurezza

CEI EN 61811-1 94-6

2000-02 Prima

I/E

Relè a tutto o niente elettromeccanici a tempo non specificato di qualità assicurata Parte 1: Specifica generica

CEI EN 61811-50 94-7

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 50: Specifica settoriale -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata

CEI EN 61811-51 94-8

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 51: Specifica di dettaglio in bianco -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata - Tipi e costruzione non normalizzati

CEI EN 61811-52 94-9

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 52: Specifica di dettaglio in bianco -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata Due contatti di commutazione, superficie di ingombro 20 mm x 10 mm

CEI EN 61811-53 94-10

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 53: Specifica di dettaglio in bianco -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata - Due contatti di commutazione, superficie di ingombro 14 mm x 9 mm

CEI EN 61811-54 94-11

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 54: Specifica di dettaglio in bianco -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata - Due contatti di commutazione, superficie di ingombro 15 mm x 7,5 mm

CEI EN 61811-55 94-12

2003-05 Prima

E

Relè elettromeccanici a tutto o niente Parte 55: Specifica di dettaglio in bianco -Relè elettromeccanici a tutto o niente per telecomunicazioni di qualità assicurata - Due contatti di commutazione, superficie di ingombro 11 mm x 7,5 mm (max)

CEI EN 62246-1 94-13

2003-05 Prima

E

Contatti a lamina magnetica (contatti reed) Parte 1 : Specifica generica

CEI EN 61811-10 94-14

2004-03 Prima

E

Relè elettromeccanici di qualità assicurata Parte 10: Specifica settoriale - Relè per applicazioni industriali

CEI EN 61811-11 94-15

2004-03 Prima

E

Relè elettromeccanici di qualità assicurata Parte 11: Specifica di dettaglio in bianco - Relè per applicazioni industriali

CT 95 RELÈ DI MISURA E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE CEI EN 60255-6 95-1

1998-05 Prima

I

Relè elettrici Parte 6: Relè di misura e dispositivi di protezione

CEI EN 60255-21-1 95-2

1997-11 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 21: Prove di vibrazione, urti, scosse e tenuta sismica applicabili ai relè di misura e ai dispositivi di protezione Sezione 1: Prove di vibrazione (sinusoidale)

CEI EN 60255-21-2 95-3

1997-11 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 21: Prove di vibrazione, urti, scosse e tenuta sismica applicabili ai relè di misura e ai dispositivi di protezione Sezione 2: Prove di urti e di scosse

CEI EN 61733-1 95-4

1997-12 Prima

E

Relè di misura e dispositivi di protezione Interfaccia di protezione tra dispositivi di comunicazione Parte 1: Generalità

CEI EN 60255-21-3 95-5

1998-02 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 21: Prove di vibrazione, di scossa, di urto e sismiche sui relè di misura e dispositivi di protezione. Sezione 3: Prove sismiche

CEI EN 60255-22-2 95-6

1998-02 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e i dispositivi di protezione Sezione 2: Prove di scarica elettrostatica

Normativa e Legislazione 403

CEI EN 60255-3 95-7

1999-04 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 3: Relè di misura e dispositivi di protezione a una sola grandezza di alimentazione d’entrata a tempo dipendente o indipendente

CEI EN 60255-8 95-8

1999-07 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 8: Relè elettrici termici

CEI EN 50263 95-9

2000-08 Prima

I/E

Compatibilità Elettromagnetica (EMC) Norma di prodotto per i relè di misura e i dispositivi di protezione

CEI EN 60255-25 95-10

2001-01 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 25: Prove di emissione elettromagnetica per relè di misura e dispositivi di protezione

CEI EN 60255-22-3 95-11

2001-07 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22-3: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e i dispositivi di protezione Prove di disturbo con campi elettromagnetici irradiati

CEI EN 60255-5 95-12

2001-11 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 5: Coordinamento dell’isolamento per i relè di misura e per i dispositivi di protezione. Prescrizioni e prove

CEI EN 60255-22-6 95-13

2001-11 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22-6: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e sui dispositivi di protezione. Immunità ai disturbi condotti, indotti da campi in radiofrequenza

CEI EN 60255-22-4 95-14

2002-12 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22-4: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e sui dispositivi di protezione. Prove di immunità ai transitori elettrici veloci / treni di impulsi

CEI EN 60255-22-5 95-15

2002-12 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22-5: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e dispositivi di protezione. Prova a impulso

CEI EN 60255-24 95-16

2003-02 Prima

E

Relè elettrici Parte 24: Formato comune per lo scambio di dati di transitori (COMTRADE) per le reti elettriche

CEI EN 60255-22-7 95-17

2003-09 Prima

I/E

Relè elettrici Parte 22-7: Prove di disturbo elettrico sui relè di misura e sui dispositivi di protezione Prove di immunità alla frequenza di rete

CT 96 TRASFORMATORI DI SICUREZZA ED ISOLAMENTO (EX SC 14D) CEI EN 61558-1 96-3

1998-09 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 1: Prescrizioni generali e prove

CEI EN 61558-1/A11 96-3;V1

2003-08

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 61558-2-1 96-4

1998-12 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-1: Prescrizioni particolari per trasformatori di separazione per uso generale

CEI EN 61558-2-7 96-5

1998-12 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-7: Prescrizioni particolari per trasformatori per giocattoli

CEI EN 61558-2-7/A11 96-5;V1

2003-03

I/E

Variante (si veda il titolo della Norma base)

CEI EN 61558-2-17 96-6

1998-12 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-17: Prescrizioni particolari per trasformatori per alimentazioni a commutazione

CEI EN 61558-2-6 96-7

1998-12 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-6: Prescrizioni particolari per trasformatori di sicurezza per uso generale

CEI EN 61558-2-4 96-8

1998-12 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-4: Prescrizioni particolari per trasformatori d’isolamento per uso generale

404

Appendice A

CEI EN 61558-2-2 96-9

1999-01 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-2: Prescrizioni particolari per trasformatori di comando

CEI EN 61558-2-5 96-10

1999-01 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-5: Prescrizioni particolari per trasformatori per rasoi e unità di alimentazione per rasoi

CEI EN 61558-2-8 96-11

1999-07 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-8: Prescrizioni particolari per trasformatori per campanelli e suonerie

CEI EN 61558-2-3 96-12

2000-06 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-3: Prescrizioni particolari per trasformatori di accensione per bruciatori a gas e ad olio

CEI EN 61558-2-13 96-13

2000-06 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-13: Prescrizioni particolari per autotrasformatori per uso generale

CEI EN 61558-2-20 96-14

2001-09 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-20: Prescrizioni particolari per piccoli reattori

CEI EN 61558-2-23 96-15

2001-09 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-23: Prescrizioni particolari per trasformatori per cantieri

CEI EN 61558-2-15 96-16

2001-10 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-15: Prescrizioni particolari per trasformatori di isolamento per alimentazione di locali ad uso medico

CEI EN 61558-2-19 96-17

2001-10 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-19: Prescrizioni particolari per trasformatori di attenuazione dei disturbi

CEI EN 61558-2-12 96-18

2002-06 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-12 : Prescrizioni particolari per trasformatori a tensione costante

CEI EN 61558-2-9 96-19

2003-06 Prima

I/E

Sicurezza dei trasformatori, delle unità di alimentazione e similari Parte 2-9: Prescrizioni particolari per trasformatori per apparecchi portatili di classe III per lampade a incandescenza

A.3 Legge 5 marzo 1990, n. 46 (1) Norme per la sicurezza degli impianti (2) 1. Ambito di applicazione. - 1. Sono soggetti all’applicazione della presente legge i seguenti impianti relativi agli edifici adibiti ad uso civile: a) gli impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore; b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche; c) gli impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie; d) gli impianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’acqua fornita dall’ente distributore; e) gli impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore; f) gli impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili; g) gli impianti di protezione antincendio. 2. Sono altresì soggetti all’applicazione della presente legge gli impianti di cui al comma 1, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi.

Normativa e Legislazione 405

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 marzo 1990, n. 59. (2) Per il regolamento di attuazione, vedi il D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447. 2. Soggetti abilitati. - 1. Sono abilitate all’installazione, alla trasformazione, all’ampliamento e alla manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 tutte le imprese, singole o associate, regolarmente iscritte nel registro delle ditte di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011, e successive modificazioni ed integrazioni, o nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443. 2. L’esercizio delle attività di cui al comma 1 è subordinato al possesso dei requisiti tecnico-professionali, di cui all’articolo 3, da parte dell’imprenditore, il quale, qualora non ne sia in possesso, prepone all’esercizio delle attività di cui al medesimo comma 1 un responsabile tecnico che abbia tali requisiti. 3. Requisiti tecnico-professionali. - 1. I requisiti tecnico-professionali di cui all’articolo 2, comma 2, sono i seguenti: a) laurea in materia tecnica specifica conseguita presso una università statale o legalmente riconosciuta; b) oppure diploma di scuola secondaria superiore conseguito, con specializzazione relativa al settore delle attività di cui all’articolo 2, comma 1, presso un istituto statale o legalmentericonosciuto, previo un periodo di inserimento, di almeno un anno continuativo, alle dirette dipendenze di una impresa del settore; c) oppure titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno due anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore; d) oppure prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa del settore, nel medesimo ramo di attività dell’impresa stessa, per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell’apprendistato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1. 4. Accertamento dei requisiti tecnico-professionali. - [1. L’accertamento dei requisiti tecnico-professionali è espletato per le imprese artigiane dalle commissioni provinciali per l’artigianato. Per tutte le altre imprese è espletato da una commissione nominata dalla giunta della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e composta da un minimo di cinque ad un massimo di nove membri dei quali un membro in rappresentanza degli ordini professionali, un membro in rappresentanza dei collegi professionali, un membro in rappresentanza degli enti erogatori di energia elettrica e di gas ed i restanti membri designati dalle organizzazioni delle categorie più rappresentative a livello nazionale degli esercenti le attività disciplinate dalla presente legge; la commissione è presieduta da un docente universitario di ruolo di materia tecnica o da un docente di istituto tecnico industriale di ruolo di materia tecnica. 2. Le imprese, alle quali siano stati riconosciuti i requisiti tecnico-professionali, hanno diritto ad un certificato di riconoscimento, secondo i criteri stabiliti dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 15] (3) (4). (3) Con D.M. 11 giugno 1992 (Gazz. Uff. 18 giugno 1992, n. 142) sono stati approvati i modelli dei certificati di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali delle imprese e del responsabile tecnico ai fini della sicurezza degli impianti. (4) Abrogato dall’art. 7, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392. 5. Riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali. - [1. Hanno diritto ad ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali, previa domanda da presentare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla commissione provinciale per l’artigianato, coloro che dimostrino di essere iscritti, alla medesima data, da almeno un anno nell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, come imprese installatrici o di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1. 2. Hanno altresì diritto ad ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnicoprofessionali, previa domanda da presentare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, coloro che dimostrino di essere iscritti, alla medesima data, da almeno un anno nel registro delle ditte di cui al regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011, e successive modificazioni ed integrazioni, come imprese installatrici o di manutenzione negli impianti di cui all’arti-

406

Appendice A

colo 1] (5). (5) Abrogato dall’art. 7, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392. 6. Progettazione degli impianti. 1. - Per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui ai commi 1, lettere a), b), c), e) e g), e 2 dell’articolo 1 è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti, iscritti negli albi professionali, nell’ambito delle rispettive competenze. 2. La redazione del progetto per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui al comma 1 è obbligatoria al di sopra dei limiti dimensionali indicati nel regolamento di attuazione di cui all’articolo 15. 3. Il progetto di cui al comma 1 è depositato: a) presso gli organi competenti al rilascio di licenze di impianto o di autorizzazioni alla costruzione quando previsto dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti; b) presso gli uffici comunali, contestualmente al progetto edilizio, per gli impianti il cui progetto non sia soggetto per legge ad approvazione. 7. Installazione degli impianti. - 1. Le imprese insiallatrici sono tenute ad eseguire gli impianti a regola d’arte utilizzando allo scopo materiali parimenti costruiti a regola d’arte. I materiali ed i componenti realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza dell’Ente italiano di unificazione (UNI) e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), nonché nel rispetto di quanto prescritto dalla legislazione tecnica vigente in materia, si considerano costruiti a regola d’arte. 2. In particolare gli impianti elettrici devono essere dotati di impianti di messa a terra e di interruttori differenziali ad alta sensibilità o di altri sistemi di protezione equivalenti. 3. Tutti gli impianti realizzati alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere adeguati, entro tre anni da tale data, a quanto previsto dal presente articolo. 8. Finanziamento dell’attività di normazione tecnica. - 1. Il 3 per cento del contributo dovuto annualmente dall’Istituto nazionale per la assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) per l’attività di ricerca di cui all’articolo 3, terzo comma, del decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597, è destinato all’attività di normazione tecnica, di cui all’articolo 7 della presente legge, svolta dall’UNI e dal CEI. 2. La somma di cui al comma 1, calcolata sull’ammontare del contributo versato dall’INAIL nel corso dell’anno precedente, è iscritta a carico del capitolo 3030, dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per il 1990 e a carico delle proiezioni del corrispondente capitolo per gli anni seguenti. 9. Dichiarazione di conformità. - 1. Al termine dei lavori, l’impresa installatrice è tenuta a rilasciare al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all’articolo 7. Di tale dichiarazione, sottoscritta dal titolare dell’impresa installatrice e recante i numeri di partita IVA e di iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, faranno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati nonché, ove previsto, il progetto di cui all’articolo 6. 10. Responsabilità del committente o del proprietario. - 1. Il committente o il proprietario è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 ad imprese abilitate ai sensi dell’articolo 2. 11. Certificato di abitabilità e di agibilità. - 1. Il sindaco rilascia il certificato di abitabilità o di agibilità dopo aver acquisito anche la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto, salvo quanto disposto dalle leggi vigenti. 12. Ordinaria manutenzione degli impianti e cantieri. - 1. Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e del rilascio del certificato di collaudo, nonché dall’obbligo di cui all’articolo 10, i lavori concernenti l’ordinaria manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1. 2. Sono altresì esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e del rilascio del cer-

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tificato di collaudo le installazioni per apparecchi per usi domestici e la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità di cui all’articolo 9. 13. Deposito presso il comune del progetto, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo. - 1. Qualora nuovi impianti tra quelli di cui ai commi 1, lettere a), b), c), e), e g), e 2 dell’articolo 1 vengano installati in edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di abitabilità, l’impresa installatrice deposita presso il comune, entro trenta giorni dalla conclusione dei lavori, il progetto di rifacimento dell’impianto e la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto da altre norme o dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 15. 2. In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto e la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo, ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento. Nella relazione di cui all’articolo 9 dovrà essere espressamente indicata la compatibilità con gli impianti preesistenti. 14. Verifiche. - 1. Per eseguire i collaudi, ove previsti, eper accertare la conformità degli impianti alle disposizioni della presente legge e della normativa vigente, i comuni, le unità sanitarie locali, i comandi provinciali dei vigili del fuoco e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) hanno facoltà di avvalersi della collaborazione dei liberi professionisti, nell’ambito delle rispettive competenze, di cui all’articolo 6, comma 1, secondo le modalità stabilite dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 15. 2. Il certificato di collaudo deve essere rilasciato entro tre mesi dalla presentazione della relativa richiesta. 15. Regolamento di attuazione. - 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge è emanato, con le procedure di cui all’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento di attuazione. Nel regolamento di attuazione sono precisati i limiti per i quali risulti obbligatoria la redazione del progetto di cui all’articolo 6 e sono definiti i criteri e le modalità di redazione del progetto stesso in relazione al grado di complessità tecnica dell’installazione degli impianti, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica, per fini di prevenzione e di sicurezza. 2. [Presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato è istituita una commissione permanente, presieduta dal direttore generale della competente Direzione generale del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, o da un suo delegato, e composta da sei rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie imprenditoriali e artigiane interessate, da sei rappresentanti delle professioni designati pariteticamente dai rispettivi consigli nazionali e da due rappresentanti degli enti erogatori di energia elettrica e di gas] (6). 3. [La commissione permanente di cui al comma 2 collabora ad indagini e studi sull’evoluzione tecnologica del comparto] (6) (7). (6) Comma abrogato dall’art. 7, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392. (7) Vedi, anche, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 608, riportato alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato, e le relative tabelle annesse. 16. Sanzioni. - 1. Alla violazione di quanto previsto dall’articolo 10 consegue, a carico del committente o del proprietario, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione di cui all’art. 15, una sanzione amministrativa da lire centomila a lire cinquecentomila. Alla violazione delle altre norme della presente legge consegue, secondo le modalità previste dal medesimo regolamento di attuazione, una sanzione amministrativa da lire un milione a lire dieci milioni. 2. Il regolamento di attuazione di cui all’articolo 15 determina le modalità della sospensione delle imprese dal registro o dall’albo di cui all’articolo 2, comma 1, e dei provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi, dopo la terza violazione delle norme relative alla sicurezza degli impianti, nonché gli aggiornamenti dell’entità delle sanzioni amministrative di cui al comma 1. 17. Abrogazione e adeguamento dei regolamenti comunali e regionali. - 1. I comuni e le regioni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti, qualora siano in contrasto con la presente legge. 18. Disposizioni transitorie. - 1. Fino all’emanazione del regolamento di attuazione di

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cui all’articolo 15 sono autorizzate ad eseguire opere di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 le imprese di cui all’articolo 2, comma 1, le quali sono tenute ad eseguire gli impianti secondo quanto prescritto dall’articolo 7 ed a rilasciare al committente o al proprietario la dichiarazione di conformità recante i numeri di partita IVA e gli estremi dell’iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 2. La dichiarazione di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti la dichiarazione di conformità di cui all’articolo 9. 19. Entrata in vigore. - 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

A.4 D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447 Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46, in materia di sicurezza degli impianti. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’art. 87, quinto comma, della Costituzione; Visto l’art. 15 della legge 5 marzo 1990, n. 46, recante norme per la sicurezza degli impianti; Visto l’art. 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell’adunanza generale del 27 giugno 1991; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 novembre 1991; Sulla proposta del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato; Emana il seguente regolamento: 1. Ambito di applicazione. - 1. Per edifici adibiti ad uso civile, ai fini del comma 1 dell’art. 1 della legge 5 marzo 1990, n. 46, di seguito denominata «legge», si intendono le unità immobiliari o la parte di esse destinate ad uso abitativo, a studio professionale o a sede di persone giuridiche private, associazioni, circoli o conventi e simili. 2. Sono soggetti all’applicazione della legge, per quanto concerne i soli impianti elettrici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), della legge, anche gli edifici adibiti a sede di società, ad attività industriale, commerciale o agricola o comunque di produzione o di intermediazione di beni o servizi, gli edifici di culto, nonché gli immobili destinati ad uffici, scuole, luoghi di cura, magazzini o depositi o in genere a pubbliche finalità, dello Stato o di enti pubblici territoriali, istituzionali o economici. 3. Per impianti di utilizzazione dell’energia elettrica si intendono i circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina con esclusione degli equipaggiamenti elettrici delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere. Nell’ambito degli impianti elettrici rientrano anche quelli posti all’esterno di edifici se gli stessi sono collegati ad impianti elettrici posti all’interno. Gli impianti luminosi pubblicitari rientrano altresì nello stesso ambito qualora siano collegati ad impianti elettrici posti all’interno. 4. Per impianto radiotelevisivo ed elettronico si intende la parte comprendente tutte le componenti necessarie alla trasmissione ed alla ricezione dei segnali e dei dati ad installazione fissa funzionanti in bassissima tensione, mentre tutte le componenti funzionanti a tensione di rete nonché i sistemi di protezione contro le sovratensioni sono da ritenersi appartenenti all’impianto elettrico. Per gli impianti telefonici interni collegati alla rete pubblica, continua ad applicarsi il decreto 4 ottobre 1982 del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 10 gennaio 1983, con riferimento all’autorizzazione, all’installazione e agli ampliamenti degli impianti stessi. 5. Per impianto del gas a valle del punto di consegna si intende l’insieme delle tubazioni e dei loro accessori dal medesimo punto di consegna all’apparecchio utilizzatore, l’installazione ed i collegamenti del medesimo, le predisposizioni edili e/o meccaniche

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per la ventilazione del locale dove deve essere installato l’apparecchio, le predisposizioni edili e/o meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della combustione. 6. Per impianti di protezione antincendio si intendono gli idranti, gli impianti di spegnimento di tipo automatico e manuale nonché gli impianti di rilevamento di gas, fumo e incendio. 2. Requisiti tecnico-professionali. - 1. Con la dizione «alle dirette dipendenze di un’impresa del settore» di cui all’art. 3, comma 1, lettere b) e c), della legge deve intendersi non solo il rapporto di lavoro subordinato ma altresì ogni altra forma di collaborazione tecnica continuativa nell’ambito dell’impresa artigiana da parte del titolare, dei soci o dei familiari. 3. Certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali. - {1. Il certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali è rilasciato alle imprese artigiane dalla commissione provinciale per l’artigianato che ha provveduto all’accertamento dei requisiti a norma dell’art. 4 della legge o al riconoscimento degli stessi a norma dell’art. 5, comma 1. 2. Alle altre imprese singole o associate o al responsabile tecnico di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge, il certificato di riconoscimento è rilasciato dalla camera di commercio competente presso la quale è stata presentata la domanda di cui all’art. 5, comma 2, della legge o presso la quale si è concluso positivamente l’accertamento di cui all’art. 4 della legge ad opera della commissione nominata dalla giunta della medesima camera di commercio. 3. Il certificato è rilasciato sulla base di modelli approvati con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, che fisserà altresì le modalità per l’effettuazione di periodiche verifiche circa la permanenza in capo alle imprese dei requisiti tecnico-professionali} (1). 4. Progettazione degli impianti. - 1. Fatta salva l’applicazione di norme che impongono una progettazione degli impianti, la redazione del progetto di cui all’art. 6 della legge è obbligatoria per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento dei seguenti impianti: a) per gli impianti elettrici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), della legge, per tutte le utenze condominiali di uso comune aventi potenza impegnata superiore a 6 kW e per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 mq; per gli impianti effettuati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA rese dagli alimentatori; b) per gli impianti di cui all’art. 1, comma 2, della legge relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione qualora la superficie superi i 200 mq; c) il progetto è comunque obbligatorio per gli impianti elettrici con potenza impegnata superiore o uguale a 1,5 kW per tutta l’unità immobiliare provvista, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o maggior rischio di incendio; d) per gli impianti di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), della legge, per gli impianti elettronici in genere, quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione nonché per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc dotati di impianti elettrici soggetti a normativa specifica CEI o in edifici con volume superiore a 200 mc e con un’altezza superiore a 5 metri; e) per gli impianti di cui all’art. 1, comma 1, lettera c), della legge, per le canne fumarie collettive ramificate, nonché per gli impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora; f) per gli impianti di cui all’art. 1, comma 1, lettera e), della legge, per il trasporto e l’utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 34,8 kW o di gas medicali per uso ospedaliero e simili, nel caso di stoccaggi; g) per gli impianti di cui all’art. 1, comma 1, lettera g), della legge, qualora siano inseriti in un’attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e comunque quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10.

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2. I progetti debbono contenere gli schemi dell’impianto e i disegni planimetrici, nonché una relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell’installazione, della trasformazione o dell’ampliamento dell’impianto stesso, con particolare riguardo all’individuazione dei materiali e componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare. Si considerano redatti secondo la buona tecnica professionale i progetti elaborati in conformità alle indicazioni delle guide dell’Ente italiano di unificazione (UNI) e del CEI. 3. Qualora l’impianto a base di progetto sia variato in opera, il progetto presentato deve essere integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante tali varianti in corso d’opera, alle quali, oltre che al progetto, l’installatore deve fare riferimento nella sua dichiarazione di conformità. 5. Installazione degli impianti. - 1. I materiali e componenti costruiti secondo le norme tecniche per la salvaguardia della sicurezza dell’UNI e del CEI, nonché nel rispetto della legislazione tecnica vigente in materia di sicurezza, si considerano costruiti a regola d’arte. 2. Si intendono altresì costruiti a regola d’arte i materiali ed i componenti elettrici dotati di certificati o attestati di conformità alle norme armonizzate previste dalla legge 18 ottobre 1977, n. 791, o dotati altresì di marchi di cui all’allegato IV del decreto del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato 13 giugno 1989, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1989. 3. Gli impianti realizzati in conformità alle norme tecniche dell’UNI e del CEI, nonché alla legislazione tecnica vigente si intendono costruiti a regola d’arte. 4. Nel caso in cui per i materiali e i componenti gli impianti non siano state seguite le norme tecniche per la salvaguardia della sicurezza dell’UNI e del CEI, l’installatore dovrà indicare nella dichiarazione di conformità la norma di buona tecnica adottata. 5. In tale ipotesi si considerano a regola d’arte i materiali, componenti ed impianti per il cui uso o la cui realizzazione siano state rispettate le normative emanate dagli organismi di normalizzazione di cui all’allegato II della direttiva n. 83/189/CEE, se dette norme garantiscono un livello di sicurezza equivalente. 6. Per interruttori differenziali ad alta sensibilità si intendono quelli aventi corrente differenziale nominale non superiore ad 1A. Gli impianti elettrici devono essere dotati di interruttori differenziali con il livello di sensibilità più idoneo ai fini della sicurezza nell’ambiente da proteggere e tale da consentire un regolare funzionamento degli stessi. Per sistemi di protezione equivalente ai fini del comma 2 dell’art. 7 della legge, si intende ogni sistema di protezione previsto dalle norme CEI contro i contatti indiretti. 7. Con riferimento alle attività produttive, si applica l’elenco delle norme generali di sicurezza riportate nell’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 1989. 8. Per l’adeguamento degli impianti già realizzati alla data di entrata in vigore della legge è consentita una suddivisione dei lavori in fasi operative purché l’adeguamento complessivo avvenga comunque nel triennio previsto dalla legge, vengano rispettati i principi di progettazione obbligatoria con riferimento alla globalità dei lavori e venga rilasciata per ciascuna fase la dichiarazione di conformità che ne attesti l’autonoma funzionalità e la sicurezza. Si considerano comunque adeguati gli impianti elettrici preesistenti che presentino i seguenti requisiti: sezionamento e protezione contro le sovracorrenti, posti all’origine dell’impianto, protezione contro i contatti diretti, protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA. 6. Attività di normazione tecnica. - 1. L’UNI ed il CEI svolgono l’attività di elaborazione di specifiche tecniche per la salvaguardia della sicurezza di cui all’art. 7 della legge, anche sulla base di indicazioni del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato - Direzione generale della produzione industriale e di osservazioni della commissione permanente di cui all’art. 15, comma 2, della legge ed inviano semestralmente alla Direzione generale predetta la descrizione dei lavori svolti in tale settore, per l’attribuzione delle somme, di cui all’art. 8 della legge, che verranno erogate secondo criteri da determinarsi con regolamento del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro. 7. Dichiarazione di conformità.- 1. La dichiarazione di conformità viene resa sulla

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base di modelli predisposti con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentiti l’UNI e il CEI. 2. La dichiarazione di conformità è rilasciata anche sugli impianti realizzati dagli uffici tecnici interni delle ditte non installatrici, intendendosi per uffici tecnici interni le strutture aziendali preposte all’impiantistica. 3. {Copia della dichiarazione è inviata dal committente alla commissione provinciale per l’artigianato o a quella insediata presso la camera di commercio} (2). 8. Manutenzione degli impianti. - 1. Per la manutenzione degli impianti di ascensori e montacarichi in servizio privato continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 5 della legge 24 ottobre 1942, n. 1415. 2. Per interventi di ordinaria manutenzione degli impianti si intendono tutti quelli finalizzati a contenere il degrado normale d’uso nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportino la necessità di primi interventi, che comunque non modifichino la struttura essenziale dell’impianto o la loro destinazione d’uso. 9. Verifiche. - 1. Per l’esercizio della facoltà prevista dall’art. 14 della legge, gli enti interessati operano la scelta del libero professionista nell’ambito di appositi elenchi conservati presso le camere di commercio e comprendenti più sezioni secondo le rispettive competenze. Gli elenchi sono formati annualmente sulla base di documentata domanda di iscrizione e approvati dal Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. 2. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentiti gli ordini e i collegi professionali, sono adottati schemi uniformi di elenchi e di sezioni a cui dovranno adeguarsi gli elenchi e le sezioni predisposti dalle camere di commercio. 3. I soggetti direttamente obbligati ad ottemperare a quanto previsto dalla legge devono conservare tutta la documentazione amministrativa e tecnica e consegnarla all’avente causa in caso di trasferimento dell’immobile a qualsiasi titolo, nonché devono darne copia alla persona che utilizza i locali. 4. All’atto della costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente gli impianti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, della legge, il committente o il proprietario affiggono ben visibile un cartello che, oltre ad indicare gli estremi della concessione edilizia ed informazioni relative alla parte edile, deve riportare il nome dell’installatore dell’impianto o degli impianti e, qualora sia previsto il progetto, il nome del progettista dell’impianto o degli impianti. 10. Sanzioni. - 1. Le sanzioni amministrative, di cui all’art. 16, comma 1, della legge, vengono determinate nella misura variabile tra il minimo e il massimo, con riferimento alla entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione. 2. Le sanzioni amministrative sono aggiornate ogni cinque anni con regolamento del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sulla base dell’evoluzione tecnologica in materia di prevenzione e sicurezza e della svalutazione monetaria. 3. Le violazioni della legge accertate, mediante verifica o in qualunque altro modo, a carico delle imprese installatrici sono comunicate alla commissione di cui all’art. 4 della legge, competente per territorio, che provvede all’iscrizione nell’albo provinciale delle imprese artigiane o nel registro delle ditte in cui l’impresa inadempiente risulta iscritta, mediante apposito verbale. 4. La violazione reiterata per più di tre volte delle norme relative alla sicurezza degli impianti da parte delle imprese abilitate comporta altresì, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell’iscrizione delle medesime imprese dal registro delle ditte o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovraintendono alla tenuta dei registri e degli albi. 5. Dopo la terza violazione delle norme riguardanti la progettazione e i collaudi, i soggetti accertatori propongono agli ordini professionali provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi. 6. All’applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo provvedono gli uffici provinciali dell’industria, del commercio e dell’artigianato. ______________________________________________________________________ Note: (1) Abrogato dall’art. 7, D.P.R. 18 aprile 1994, n.392. (2) Comma abrogato dall’art. 7, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392.

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A.5 D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392 Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento delle imprese ai fini della installazione, ampliamento e trasformazione degli impianti nel rispetto delle norme di sicurezza. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione; Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Vista la legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed in particolare l’articolo 2, commi 7, 8 e 9; Vista la legge 5 marzo 1990, n. 46; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 febbraio 1994; Considerato che i termini per l’emissione del parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono scaduti in data 5 aprile 1994; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell’adunanza generale del 13 aprile 1994; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 aprile 1994; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato; Emana il seguente regolamento: 1. Oggetto del regolamento. - 1. Il presente regolamento disciplina il procedimento di accertamento, riconoscimento e certificazione dei requisiti tecnico-professionali nei confronti delle imprese abilitate alla trasformazione, all’ampliamento ed alla manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 della legge 5 marzo 1990, n. 46, e procedimenti collegati. 2. Definizioni. - 1. Ai sensi del presente regolamento, per «legge», si intende la legge 5 marzo 1990, n. 46; per «camera di commercio», si intende la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 3. Denuncia di inizio di attività da parte delle imprese. - 1. Le imprese abilitate ai sensi dell’articolo 2 della legge che intendono esercitare alcune o tutte le attività di installazione, ampliamento, trasformazione e manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 della legge, presentano, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’articolo 2, decimo comma della legge 24 dicembre 1993, n. 537, denuncia di inizio delle attività stesse indicando, con riferimento alle lettere dell’articolo 1 e alle relative singole voci, quali esse effettivamente siano e dichiarandosi in possesso dei requisiti di cui all’articolo 3 della legge. 2. Le imprese artigiane presentano la denuncia direttamente alle commissioni provinciali per l’artigianato, unitamente alla domanda di iscrizione al relativo albo ai fini del riconoscimento della qualifica artigiana; le altre imprese presentano la denuncia direttamente alla camera di commercio, che provvede all’iscrizione nel registro delle ditte di cui al testo unico 20 settembre 1934, n. 2011. 3. Le imprese alle quali siano stati riconosciuti i requisiti tecnico-professionali, hanno diritto ad un certificato di riconoscimento secondo modelli approvati con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Il certificato è rilasciato, secondo competenza, dalle commissioni provinciali e dalla camera di commercio, che svolgono anche le attività di verifica di cui all’articolo 19 citato. 4. Copia della dichiarazione di conformità di cui all’articolo 9 della legge, sottoscritta anche dal responsabile tecnico, è inviata a cura dell’impresa alla camera di commercio nella cui circoscrizione l’impresa stessa ha la propria sede. 4. Verifiche. - 1. Le verifiche previste dall’articolo 14, comma 1, della legge dovranno essere effettuate dai comuni aventi più di diecimila abitanti nella misura non inferiore al 10% del numero di certificati di abitabilità o agibilità rilasciati annualmente. 5. Dichiarazione di conformità. - 1. I responsabili degli uffici tecnici delle aziende

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non installatrici che posseggono i requisiti tecnico-professionali previsti dall’articolo 3 della legge, e che siano preposti alla sicurezza e alla realizzazione degli impianti aziendali possono rilasciare, per tali impianti, la dichiarazione di conformità prevista dall’articolo 9 della legge e dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447. 6. Adeguamento mediante atto di notorietà e dichiarazione sostitutiva. - 1. Per gli impianti comuni degli edifici di civile abitazione già conformi al dettato della legge al momento della entrata in vigore della medesima, per lavori completati antecedentemente, i responsabili dell’amministrazione degli stessi possono dimostrare l’avvenuto adeguamento mediante atto di notorietà, sottoscritto davanti ad un pubblico ufficiale, nel quale siano indicati gli adeguamenti effettuati. 2. I proprietari delle singole unità abitative che siano nella condizione di cui al comma precedente possono produrre analoga dichiarazione, che ha valore sostitutivo del certificato di conformità di cui all’articolo 9 della legge. 7. Norme abrogate. - 1. Ai sensi dell’articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono abrogati gli articoli 4, 5, 15, commi 2 e 3, della legge 5 marzo 1990, n. 46, e gli articoli 3, e 7, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447. 8. Entrata in vigore. - 1. Il presente regolamento entra in vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.6 Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 494 "Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili" (G.U. n. 223 del 23.09.1996 S.O. n. 156) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146; Vista la legge 6 febbraio 1996, n. 52, ed in particolare l’articolo 6, comma 3; Vista la direttiva 92/57/CEE, del Consiglio del 24 giugno 1992, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE); Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 luglio 1996; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell’8 agosto 1996; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, della sanità, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dell’interno e per la funzione pubblica e gli affari regionali; Emana il seguente decreto legislativo: Art. 1. Campo di applicazione 1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera a).

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Appendice A

2. Le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, di seguito denominato decreto legislativo n. 626/1994, e della vigente legislazione in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro si applicano al settore di cui al comma 1, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel presente decreto legislativo. 3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell’articolo 23 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali; e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato. Art. 2. Definizioni 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per: a) cantiere temporaneo o mobile, in appresso denominato cantiere: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di genio civile il cui elenco è riportato all’allegato I; b) committente: il soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione; c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato dal committente per la progettazione o per l’esecuzione o per il controllo dell’esecuzione dell’opera; d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale concorre alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione; e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell’opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 4; f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell’opera, di seguito denominato coordinatore per l’esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 5. Art. 3. Obblighi del committente o del responsabile dei lavori 1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione esecutiva dell’opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626/1994; determina altresì, al fine di permettere la pianificazione dell’esecuzione in condizioni di sicurezza, dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, la durata di tali lavori o fasi di lavoro. 2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione esecutiva dell’opera, valuta attentamente, ogni qualvolta ciò risulti necessario, i documenti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b). 3. Il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva, designa il coordinatore per la progettazione, che deve essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10, in ognuno dei seguenti casi: a) nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea se l’entità presunta del cantiere è pari ad almeno 100 uomini/giorni; b) nei cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a); c) nei cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b); d) nei cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera c), se l’entità presunta del cantiere sia superiore a 300 uomini-giorni; e) nei cantieri di cui all’articolo 13. 4. Nei casi di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima di affidare i lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che deve essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10.

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5. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10, può svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l’esecuzione dei lavori. 6. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l’esecuzione dei lavori; tali nominativi devono essere indicati nel cartello di cantiere. 7. Il committente o il responsabile dei lavori può sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente se in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4. 8. Il committente o il responsabile dei lavori, nelle ipotesi di cui all’articolo 11, comma 1: a) chiede alle imprese esecutrici l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; b) chiede alle imprese esecutrici, anche tramite il coordinatore per l’esecuzione e ferme restando la responsabilità delle singole imprese esecutrici, l’indicazione dei contratti collettivi applicati ai lavoratori dipendenti e una dichiarazione in merito al rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali previsti dalle leggi e dai contratti. Art. 4. Obblighi del coordinatore per la progettazione 1. Durante la progettazione esecutiva dell’opera, e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione: a) redige o fa redigere il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 12 e il piano generale di sicurezza di cui all’articolo 13; b) predispone un fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e dell’allegato II al documento U.E. 260/5/93. 2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), è preso in considerazione all’atto di eventuali lavori successivi sull’opera. 3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della sanità e dei lavori pubblici, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro di cui all’articolo 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, come sostituito e modificato dal decreto legislativo n. 626/ 1994, in seguito denominata commissione prevenzione infortuni, possono essere definiti i contenuti del fascicolo di cui al comma 1, lettera b). Art. 5. Obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori 1. Durante la realizzazione dell’opera, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori provvede a: a) assicurare, tramite opportune azioni di coordinamento, l’applicazione delle disposizioni contenute nei piani di cui agli articoli 12 e 13 e delle relative procedure di lavoro; b) adeguare i piani di cui agli articoli 12 e 13 e il fascicolo di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute; c) organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; d) verificare l’attuazione di quanto previsto all’articolo 15; e) proporre al committente, in caso di gravi inosservanze delle norme del presente decreto, la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere o la risoluzione del contratto; f) sospendere in caso di pericolo grave ed imminente le singole lavorazioni fino alla comunicazione scritta degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. 2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della sanità e dei lavori pubblici, sentita la commissione prevenzione infortuni è emanato l’elenco delle inosservanze da ritenersi gravi agli effetti dell’applicazione di quanto previsto al comma 1, lettera e). 3. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 2, la proposta di cui al comma 1, lettera e), è comunque obbligatoria in caso di reiterata inosservanza di norme la cui violazione è punita con la sanzione dell’arresto fino a sei mesi.

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Art. 6. Responsabilità dei committenti e dei responsabili dei lavori 1. La designazione del responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 3. 2. La designazione di coordinatori per la progettazione e di coordinatori per l’esecuzione dei lavori non esonera il committente e il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 4 e 5. Art. 7. Obblighi dei lavoratori autonomi 1. I lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri: a) utilizzano le attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni del titolo III del decreto legislativo n. 626/1994; b) utilizzano i dispositivi di protezione individuale conformemente a quanto previsto dal titolo IV del decreto legislativo n. 626/1994; c) si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza. Art. 8. Misure generali di tutela 1. I datori di lavoro, durante l’esecuzione dell’opera, osservano le misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626/1994, e curano, in particolare: a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrità; b) la scelta dell’ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione; c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali; d) la manutenzione, il controllo prima dell’entrata in servizio e il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; e) la delimitazione e l’allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose; f) l’adeguamento, in funzione dell’evoluzione del cantiere, della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro; g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi; h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo, all’interno o in prossimità del cantiere. Art. 9. Obblighi dei datori di lavoro 1. I datori di lavoro: a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all’allegato IV; b) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori; c) curano che lo stoccaggio e l’evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente. 2. La redazione ovvero l’accettazione e la gestione da parte dei singoli datori di lavoro dei piani di sicurezza e coordinamento secondo quanto definito dall’articolo 12, costituisce adempimento delle norme previste dall’articolo 4, commi 1, 2 e 7, e dall’articolo 7, commi 1, lettera b), e 2 del decreto legislativo n. 626/94. Art. 10. Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori 1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) diploma di laurea in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno; b) diploma universitario in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni; c) diploma di geometra o perito industriale, nonché attestazione da parte di datori di

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lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni. 2. I soggetti di cui al comma 1 devono essere altresì in possesso di attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall’ISPESL, dagli ordini professionali degli ingegneri o degli architetti, o dai collegi dei geometri o dal Consiglio nazionale dei periti industriali, dalle Università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia. 3. Il contenuto e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all’allegato V. 4. L’attestato di cui comma 2 non è richiesto per i dipendenti in servizio presso pubbliche amministrazioni che esplicano nell’ambito delle stesse amministrazioni le funzioni di coordinatore. 5. L’attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami del corso o diploma di laurea, equipollenti ai fini della preparazione conseguita con il corso di cui all’allegato V o l’attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario con le medesime caratteristiche di equipollenza. 6. Le spese connesse con l’espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti. 7. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti. Art. 11. Notifica preliminare 1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette all’organo di vigilanza territorialmente competente, prima dell’inizio dei lavori, la notifica preliminare elaborata conformemente all’allegato III, e, successivamente, gli eventuali aggiornamenti, nei seguenti casi: a) cantieri in cui la durata presunta dei lavori è superiore a 30 giorni lavorativi e in cui sono occupati contemporaneamente più di 20 lavoratori; b) cantieri la cui entità presunta è superiore a 500 uomini/giorni; c) cantieri i cui lavori comportino rischi particolari il cui elenco è contenuto nell’allegato II. 2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell’organo di vigilanza territorialmente competente. 3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in attuazione dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 626/1994 hanno accesso ai dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza. Art. 12. Piano di sicurezza e di coordinamento 1. Il piano contiene l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure esecutive, gli apprestamenti e le attrezzature atti a garantire, per tutta la durata dei lavori, il rispetto delle norme per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori nonché la stima dei relativi costi. Il piano contiene altresì le misure di prevenzione dei rischi risultanti dalla eventuale presenza simultanea o successiva delle varie imprese ovvero dei lavoratori autonomi ed è redatto anche al fine di prevedere, quando ciò risulti necessario, l’utilizzazione di impianti comuni quali infrastrutture, mezzi logistici e di protezione collettiva. Il piano è costituito da una relazione tecnica e prescrizioni operative correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione. 2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dei lavori pubblici e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione prevenzione infortuni, possono essere definiti i contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento; per il settore pubblico, tale decreto si applica fino all’emanazione del regolamento di cui all’articolo 31 della legge 11 febbraio 1994, n. 109. 3. I datori di lavoro delle imprese appaltatrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad

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attuare quanto previsto nei piani di cui al comma 1 e all’articolo 13. 4. Copie del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano di cui all’articolo 13 sono messe a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza almeno dieci giorni prima dell’inizio dei lavori. 5. L’impresa che si aggiudica i lavori può presentare al coordinatore per l’esecuzione dei lavori proposta di integrazione al piano di sicurezza e al piano di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso, le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi pattuiti. 6. Le disposizioni del presente articolo e quelle dell’articolo 13 non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio. Art. 13. Piano generale di sicurezza 1. Nei lavori la cui entità complessiva presunta sia superiore a 30.000 uomini/giorni, fermo restando l’obbligo di redazione del piano di cui all’articolo 12, comma 1, il coordinatore per la progettazione redige o fa redigere, all’atto della progettazione e comunque prima della fase di richiesta di presentazione delle offerte per l’esecuzione dei lavori da parte delle imprese appaltatrici, anche un piano generale di sicurezza nel quale sono definiti, in relazione al cantiere interessato, almeno i seguenti elementi: a) modalità da seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni; b) protezioni o misure di sicurezza contro i possibili rischi provenienti dall’ambiente esterno; c) servizi igienico-assistenziali; d) protezioni o misure di sicurezza connesse alla presenza nell’area del cantiere di linee aeree e condutture sotterranee; e) viabilità principale di cantiere; f) impianti di alimentazione e reti principali di elettricità, acqua, gas ed energia di qualsiasi tipo; g) impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche; h) misure generali di protezione contro il rischio di seppellimento da adottare negli scavi; i) misure generali da adottare contro il rischio di annegamento; l) misure generali di protezione da adottare contro il rischio di caduta dall’alto; m) misure per assicurare la salubrità dell’aria nei lavori in galleria; n) misure per assicurare la stabilità delle pareti e della volta nei lavori in galleria; o) misure generali di sicurezza da adottare nel caso di estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalità tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto; p) misure di sicurezza contro i possibili rischi di incendio o esplosione connessi con lavorazioni e materiali pericolosi utilizzati in cantiere; q) disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 14; r) disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera c); s) valutazione, in relazione alla tipologia dei lavori, delle spese prevedibili per l’attuazione dei singoli elementi del piano; t) misure generali di protezione da adottare contro gli sbalzi eccessivi di temperatura. 2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione prevenzione infortuni, può, con proprio decreto, modificare e integrare l’elenco degli elementi di cui al comma 1; per il settore pubblico, tale decreto si applica fino all’emanazione del regolamento di cui all’articolo 31 della legge 11 febbraio 1994, n. 109. 3. Il piano generale di sicurezza è trasmesso a cura del committente a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l’esecuzione dei lavori. Art. 14 Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza 1. Nei casi di cui agli articoli 12 e 13 ciascun datore di lavoro consulta preventivamente i rappresentanti per la sicurezza sui piani ivi previsti; tali rappresentanti hanno il diritto di ricevere i necessari chiarimenti sui contenuti dei piani di cui agli articoli 12 e 13 e di formulare proposte al riguardo. 2. I rappresentanti per la sicurezza sono consultati preventivamente sulle modifiche significative da apportarsi ai piani di cui agli articoli 12 e 13.

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Art. 15. Coordinamento della consultazione e partecipazione dei lavoratori 1. Nei cantieri ove si svolgono i lavori di cui all’articolo 13, comma 1, in cui siano presenti più imprese, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di assicurare il coordinamento tra i rappresentanti per la sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere. Art. 16. Modalità di attuazione della valutazione del rumore 1. L’esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore può essere calcolata in fase preventiva facendo riferimento ai tempi di esposizione e ai livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla commissione prevenzione infortuni. 2. Sul rapporto di valutazione va riportata la fonte documentale a cui si è fatto riferimento. 3. Nel caso di lavoratori adibiti a lavorazioni e compiti che comportano una variazione notevole dell’esposizione quotidiana al rumore da una giornata lavorativa all’altra può essere fatto riferimento, ai fini dell’applicazione della vigente normativa, al valore dell’esposizione settimanale relativa alla settimana di presumibile maggiore esposizione nello specifico cantiere, calcolata in conformità a quanto previsto dall’articolo 39 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. Art. 17. Modalità attuative di particolari obblighi 1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore all’anno, l’adempimento di quanto previsto dall’articolo 14 costituisce assolvimento dell’obbligo di riunione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 626/1994, salvo motivata richiesta del rappresentante per la sicurezza. 2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore a 6 mesi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui al titolo I, capo IV, del decreto legislativo n. 626/1994, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro, in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, può essere sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l’esame dei piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. 3. Fermo restando l’articolo 22 del decreto legislativo n. 626/1994, i criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria. 4. I datori di lavoro, quando è previsto nei contratti di affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall’articolo 4, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n. 626/1994. Art. 18. Aggiornamento degli allegati 1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della sanità, sentita eventualmente la Commissione prevenzione infortuni, si provvede ad adeguare gli allegati I, II, III e IV in conformità a modifiche adottate in sede comunitaria. Art. 19. Norme transitorie 1. In sede di prima applicazione del presente decreto i requisiti di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, non sono richiesti per le persone che alla data di entrata in vigore del presente decreto: a) sono in possesso di attestazione, comprovante il loro inquadramento in qualifiche che consentono di sovraintendere altri lavoratori e l’effettivo svolgimento di attività qualificata in materia di sicurezza sul lavoro nelle costruzioni per almeno quattro anni, rilasciata da datori di lavoro pubblici o privati; l’attestazione è accompagnata da idonea documentazione comprovante il regolare versamento dei contributi assicurativi per i periodi di svolgimento dell’attività;

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b) dimostrano di avere svolto per almeno quattro anni funzioni di direttore tecnico di cantiere, documentate da certificazioni di committenti pubblici o privati e in tal caso vidimate dalle autorità che hanno rilasciato la concessione o il permesso di esecuzione dei lavori. 2. I soggetti di cui al comma 1 devono, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, frequentare il corso di cui all’articolo 10, comma 2, la cui durata è fissata in 60 ore. 3. Copia degli attestati di cui al comma 1, lettere a) e b), deve essere trasmessa all’organo di vigilanza territorialmente competente. Art. 20. Contravvenzioni commesse dai committenti e dai responsabili dei lavori 1. Il committente e il responsabile dei lavori sono puniti: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 3, commi 1, secondo periodo, 3 e 4; 4, comma 1; 5, comma 1, lettere a), b) e c); b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 3, comma 8; 5, comma 1, lettera d); 11, comma 1; 13, comma 3. Art. 21. Contravvenzioni commesse dai coordinatori 1. Il coordinatore per la progettazione è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione dell’articolo 4, comma 1. 2. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è punito: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione dell’articolo 5, comma 1, lettere a), b) c) ed e); b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione dell’articolo 5, comma 1, lettera d). Art. 22. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro 1. I datori di lavoro sono puniti: a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 9, comma 1, lettera a), e 12, comma 3; b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 12, comma 4, e 14, commi 1 e 2. Art. 23. Contravvenzioni commesse dai lavoratori autonomi 1. I lavoratori autonomi sono puniti con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 7, comma 1, e 12, comma 3. Art. 24. Oneri 1. Agli oneri derivanti dagli obblighi di adeguamento per le pubbliche amministrazioni si farà fronte con le ordinarie risorse di bilancio di ciascuna amministrazione. Art. 25. Entrata in vigore 1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore sei mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

A.7 Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 Ministero dello Sviluppo Economico - Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005,

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recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici (Gazzetta ufficiale 12/03/2008) testo in vigore dal: 27-3-2008 IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO di concerto con IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione; Visto l’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria; Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visti gli articoli 8, 14 e 16 della legge 5 marzo 1990, n. 46, recante norme per la sicurezza degli impianti; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 392, recante il Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento delle imprese ai fini della installazione, ampliamento e trasformazione degli impianti nel rispetto delle norme di sicurezza; Vista la legge 5 gennaio 1996, n. 25, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative nel settore delle attività produttive ed altre disposizioni urgenti in materia e successive modificazioni; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558, recante il regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all’albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, recante il regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio e successive modificazioni; Visto l’articolo 1-quater del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228, recante proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare. Visto l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2007, n. 17; Udito il parere del Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, espresso nell’adunanza generale del 7 maggio 2007, n. 159/2007; Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 17 della legge n. 400 del 1998, effettuata con nota n. 0018603-17.8.2/1 del 16 novembre 2007; Adotta il seguente regolamento: Art. 1. Ambito di applicazione 1. Il presente decreto si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. Se l’impianto è connesso a reti di distribuzione si applica a partire dal punto di consegna della fornitura. 2. Gli impianti di cui al comma 1 sono classificati come segue: a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere; b) impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere; c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali; d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie; e) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei

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locali; f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili; g) impianti di protezione antincendio. 3. Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti in attuazione della normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica, non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle disposizioni del presente decreto. Art. 2. Definizioni relative agli impianti 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) punto di consegna delle forniture: il punto in cui l’azienda fornitrice o distributrice rende disponibile all’utente l’energia elettrica, il gas naturale o diverso, l’acqua, ovvero il punto di immissione del combustibile nel deposito collocato, anche mediante comodato, presso l’utente; b) potenza impegnata: il valore maggiore tra la potenza impegnata contrattualmente con l’eventuale fornitore di energia, e la potenza nominale complessiva degli impianti di autoproduzione eventualmente installati; c) uffici tecnici interni: strutture costituite da risorse umane e strumentali preposte all’impiantistica, alla realizzazione degli impianti aziendali ed alla loro manutenzione i cui responsabili posseggono i requisiti tecnico-professionali previsti dall’articolo 4; d) ordinaria manutenzione: gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale d’uso, nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessità di primi interventi, che comunque non modificano la struttura dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore; e) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica: i circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina con esclusione degli equipaggiamenti elettrici delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere. Nell’ambito degli impianti elettrici rientrano anche quelli di autoproduzione di energia fino a 20 kW nominale, gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, nonché quelli posti all’esterno di edifici se gli stessi sono collegati, anche solo funzionalmente, agli edifici; f) impianti radiotelevisivi ed elettronici: le componenti impiantistiche necessarie alla trasmissione ed alla ricezione dei segnali e dei dati, anche relativi agli impianti di sicurezza, ad installazione fissa alimentati a tensione inferiore a 50 V in corrente alternata e 120 V in corrente continua, mentre le componenti alimentate a tensione superiore, nonché i sistemi di protezione contro le sovratensioni sono da ritenersi appartenenti all’impianto elettrico; ai fini dell’autorizzazione, dell’installazione e degli ampliamenti degli impianti telefonici e di telecomunicazione interni collegati alla rete pubblica, si applica la normativa specifica vigente; g) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas: l’insieme delle tubazioni, dei serbatoi e dei loro accessori, dal punto di consegna del gas, anche in forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori, l’installazione ed i collegamenti dei medesimi, le predisposizioni edili e meccaniche per l’aerazione e la ventilazione dei locali in cui deve essere installato l’impianto, le predisposizioni edili e meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della combustione; h) impianti di protezione antincendio: gli impianti di alimentazione di idranti, gli impianti di estinzione di tipo automatico e manuale nonché gli impianti di rilevazione di gas, di fumo e d’incendio; i) CEI: Comitato Elettrotecnico Italiano; l) UNI: Ente Nazionale Italiano di Unificazione. Art. 3. Imprese abilitate 1. Le imprese, iscritte nel registro delle imprese di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581 e successive modificazioni, di seguito registro delle imprese, o nell’Albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, di seguito albo delle imprese artigiane, sono abilitate all’esercizio delle attività di cui all’articolo 1, se l’imprenditore individuale o il legale rappresentante ovvero il responsabile tecnico da essi preposto con atto formale, è in possesso dei requisiti professionali di cui all’articolo 4. 2. Il responsabile tecnico di cui al comma 1 svolge tale funzione per una sola impresa e

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la qualifica è incompatibile con ogni altra attività continuativa. 3. Le imprese che intendono esercitare le attività relative agli impianti di cui all’articolo 1 presentano la dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, indicando specificatamente per quali lettera e quale voce, di quelle elencate nel medesimo articolo 1, comma 2, intendono esercitare l’attività e dichiarano, altresì, il possesso dei requisiti tecnico-professionali di cui all’articolo 4, richiesti per i lavori da realizzare. 4. Le imprese artigiane presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unitamente alla domanda d’iscrizione all’albo delle imprese artigiane per la verifica del possesso dei prescritti requisiti tecnico-professionali e il conseguente riconoscimento della qualifica artigiana. Le altre imprese presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unitamente alla domanda di iscrizione, presso l’ufficio del registro delle imprese. 5. Le imprese non installatrici, che dispongono di uffici tecnici interni sono autorizzate all’installazione, alla trasformazione, all’ampliamento e alla manutenzione degli impianti, relativi esclusivamente alle proprie strutture interne e nei limiti della tipologia di lavori per i quali il responsabile possiede i requisiti previsti all’articolo 4. 6. Le imprese, di cui ai commi 1, 3, 4 e 5, alle quali sono stati riconosciuti i requisiti tecnico-professionali, hanno diritto ad un certificato di riconoscimento, secondo i modelli approvati con decreto del Ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato dell’11 giugno 1992. Il certificato è rilasciato dalle competenti commissioni provinciali per l’artigianato, di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, e successive modificazioni, o dalle competenti camere di commercio, di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni. Art. 4. Requisiti tecnico-professionali 1. I requisiti tecnico-professionali sono, in alternativa, uno dei seguenti: a) diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta; b) diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa al settore delle attività di cui all’articolo 1, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d) è di un anno; c) titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d) è di due anni; d) prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell’operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell’apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1. 2. I periodi di inserimento di cui alle lettere b) e c) e le prestazioni lavorative di cui alla lettera d) del comma 1 possono svolgersi anche in forma di collaborazione tecnica continuativa nell’ambito dell’impresa da parte del titolare, dei soci e dei collaboratori familiari. Si considerano, altresì, in possesso dei requisiti tecnico-professionali ai sensi dell’articolo 4 il titolare dell’impresa, i soci ed i collaboratori familiari che hanno svolto attività di collaborazione tecnica continuativa nell’ambito di imprese abilitate del settore per un periodo non inferiore a sei anni. Per le attività di cui alla lettera d) dell’articolo 1, comma 2, tale periodo non può essere inferiore a quattro anni. Art. 5. Progettazione degli impianti 1. Per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g), è redatto un progetto. Fatta salva l’osservanza delle normative più rigorose in materia di progettazione, nei casi indicati al comma 2, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta mentre, negli altri casi, il progetto, come specificato all’articolo 7, comma 2, è redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice. 2. Il progetto per l’installazione, trasformazione e ampliamento, è redatto da un profes-

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sionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste, nei seguenti casi: a) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), per tutte le utenze condominiali e per utenze domestiche di singole unità abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 mq; b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori; c) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o qualora la superficie superi i 200 mq; d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio, nonché per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc; e) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione; f) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), dotati di canne fumarie collettive ramificate, nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora; g) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), relativi alla distribuzione e l’utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 50 kW o dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio; h) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), se sono inseriti in un’attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10. 3. I progetti degli impianti sono elaborati secondo la regola dell’arte. I progetti elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano redatti secondo la regola dell’arte. 4. I progetti contengono almeno gli schemi dell’impianto e i disegni planimetrici nonché una relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell’installazione, della trasformazione o dell’ampliamento dell’impianto stesso, con particolare riguardo alla tipologia e alle caratteristiche dei materiali e componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare. Nei luoghi a maggior rischio di incendio e in quelli con pericoli di esplosione, particolare attenzione è posta nella scelta dei materiali e componenti da utilizzare nel rispetto della specifica normativa tecnica vigente. 5. Se l’impianto a base di progetto è variato in corso d’opera, il progetto presentato è integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti, alle quali, oltre che al progetto, l’installatore è tenuto a fare riferimento nella dichiarazione di conformità. 6. Il progetto, di cui al comma 2, è depositato presso lo sportello unico per l’edilizia del comune in cui deve essere realizzato l’impianto nei termini previsti all’articolo 11. Art. 6. Realizzazione ed installazione degli impianti 1. Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte. 2. Con riferimento alle attività produttive, si applicano le norme generali di sicurezza di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989 e le relative modificazioni. 3. Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 si considerano adeguati se dotati di sezionamento e protezione contro le

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sovracorrenti posti all’origine dell’impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA. Art. 7. Dichiarazione di conformità 1. Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all’articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all’allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all’articolo 5. 2. Nei casi in cui il progetto è redatto dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice l’elaborato tecnico è costituito almeno dallo schema dell’impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell’opera da eseguire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti introdotte in corso d’opera. 3. In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di conformità, e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento, ma tengono conto della sicurezza e funzionalità dell’intero impianto. Nella dichiarazione di cui al comma 1 e nel progetto di cui all’articolo 5, è espressamente indicata la compatibilità tecnica con le condizioni preesistenti dell’impianto. 4. La dichiarazione di conformità è rilasciata anche dai responsabili degli uffici tecnici interni delle imprese non installatrici di cui all’articolo 3, comma 3, secondo il modello di cui all’allegato II del presente decreto. 5. Il contenuto dei modelli di cui agli allegati I e II può essere modificato o integrato con decreto ministeriale per esigenze di aggiornamento di natura tecnica. 6. Nel caso in cui la dichiarazione di conformità prevista dal presente articolo, salvo quanto previsto all’articolo 15, non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito - per gli impianti eseguiti prima dell’entrata in vigore del presente decreto da una dichiarazione di rispondenza, resa da un professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un’impresa abilitata di cui all’articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione. Art. 8. Obblighi del committente o del proprietario 1. Il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti indicati all’articolo 1, comma 2, ad imprese abilitate ai sensi dell’articolo 3. 2. Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell’impianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite. 3. Il committente entro 30 giorni dall’allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d’uso, consegna al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell’impianto, resa secondo l’allegato I, esclusi i relativi allegati obbligatori, o copia della dichiarazione di rispondenza prevista dall’articolo 7, comma 6. La medesima documentazione è consegnata nel caso di richiesta di aumento di potenza impegnata a seguito di interventi sull’impianto, o di un aumento di potenza che senza interventi sull’impianto determina il raggiungimento dei livelli di potenza impegnata di cui all’articolo 5, comma 2 o comunque, per gli impianti elettrici, la potenza di 6 kW. 4. Le prescrizioni di cui al comma 3 si applicano in tutti i casi di richiesta di nuova fornitura e di variazione della portata termica di gas. 5. Fatti salvi i provvedimenti da parte delle autorità competenti, decorso il termine di

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cui al comma 3 senza che sia prodotta la dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7, comma 1, il fornitore o il distributore di gas, energia elettrica o acqua, previo congruo avviso, sospende la fornitura. Art. 9. Certificato di agibilità 1. Il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7, nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti. Art. 10. Manutenzione degli impianti 1. La manutenzione ordinaria degli impianti di cui all’articolo 1 non comporta la redazione del progetto né il rilascio dell’attestazione di collaudo, né l’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 8, comma 1, fatto salvo il disposto del successivo comma 3. 2. Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e dell’attestazione di collaudo le installazioni per apparecchi per usi domestici e la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità. 3. Per la manutenzione degli impianti di ascensori e montacarichi in servizio privato si applica il decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 e le altre disposizioni specifiche. Art. 11. Deposito presso lo sportello unico per l’edilizia del progetto, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo. 1. Per il rifacimento o l’installazione di nuovi impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g) ed h), relativi ad edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di agibilità, fermi restando gli obblighi di acquisizione di atti di assenso comunque denominati, l’impresa installatrice deposita, entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori, presso lo sportello unico per l’edilizia, di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 del comune ove ha sede l’impianto, la dichiarazione di conformità ed il progetto redatto ai sensi dell’articolo 5, o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti. 2. Per le opere di installazione, di trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse ad interventi edilizi subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il soggetto titolare del permesso di costruire o il oggetto che ha presentato la denuncia di inizio di attività deposita il progetto degli impianti da realizzare presso lo sportello unico per l’edilizia del comune ove deve essere realizzato l’intervento, contestualmente al progetto edilizio. 3. Lo sportello unico di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, inoltra copia della dichiarazione di conformità alla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura nella cui circoscrizione ha sede l’impresa esecutrice dell’impianto, che provvede ai conseguenti riscontri con le risultanze del registro delle imprese o dell’albo provinciale delle imprese artigiane, alle contestazioni e notificazioni, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, delle eventuali violazioni accertate, ed alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie ai sensi degli articoli 20, comma 1, e 42, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Art. 12. Contenuto del cartello informativo 1. All’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente gli impianti di cui all’articolo 1 l’impresa installatrice affigge un cartello da cui risultino i propri dati identificativi, se è prevista la redazione del progetto da parte dei soggetti indicati all’articolo 5, comma 2, il nome del progettista dell’impianto o degli impianti. Art. 13. Documentazione 1. I soggetti destinatari delle prescrizioni previste dal presente decreto conservano la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di uso e manutenzione e, in

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caso di trasferimento dell’immobile, a qualsiasi titolo, la consegnano all’avente causa. L’atto di trasferimento riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza e contiene in allegato, salvo espressi patti contrari, la dichiarazione di conformità ovvero la dichiarazione di rispondenza di cui all’articolo 7, comma 6. Copia della stessa documentazione è consegnata anche al soggetto che utilizza, a qualsiasi titolo, l’immobile. Art. 14. Finanziamento dell’attività di normazione tecnica 1. In attuazione dell’articolo 8 della legge n. 46/1990, all’attività di normazione tecnica svolta dall’UNI e dal CEI è destinato il tre per cento del contributo dovuto annualmente dall’Istituto nazionale per la assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) per l’attività di ricerca ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597. 2. La somma di cui al comma 1, calcolata sull’ammontare del contributo versato dall’INAIL è iscritta a carico di un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico per il 2007 e a carico delle proiezioni del corrispondente capitolo per gli anni seguenti. Art. 15. Sanzioni 1. Alle violazioni degli obblighi derivanti dall’articolo 7 del presente decreto si applicano le sanzioni amministrative da euro 100,00 ad euro 1.000,00 con riferimento all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione. 2. Alle violazioni degli altri obblighi derivanti dal presente decreto si applicano le sanzioni amministrative da euro 1.000,00 ad euro 10.000,00 con riferimento all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione. 3. Le violazioni comunque accertate, anche attraverso verifica, a carico delle imprese installatrici sono comunicate alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, che provvede all’annotazione nell’albo provinciale delle imprese artigiane o nel registro delle imprese in cui l’impresa inadempiente risulta iscritta, mediante apposito verbale. 4. La violazione reiterata tre volte delle norme relative alla sicurezza degli impianti da parte delle imprese abilitate comporta altresì, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell’iscrizione delle medesime imprese dal registro delle imprese o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi. 5. Alla terza violazione delle norme riguardanti la progettazione ed i collaudi, i soggetti accertatori propongono agli ordini professionali provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi. 6. All’irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo provvedono le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. 7. Sono nulli, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice Civile, i patti relativi alle attività disciplinate dal presente regolamento stipulati da imprese non abilitate ai sensi dell’articolo 3, salvo il diritto al risarcimento di eventuali danni. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 22 gennaio 2008 Il Ministro dello sviluppo economico Bersani Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Pecoraro Scanio Visto, il Guardasigilli (ad interim): Prodi Registrato alla Corte dei conti il 22 febbraio 2008 Ufficio di controllo atti Ministeri delle attività produttive, registro n. 1, foglio n. 182.

Appendice B Listino impianti elettrici

MANO D’OPERA PER OPERE ELETTRICHE Nel prezzo si intendono compresi e compensati, oltre alle retribuzioni immediate, le retribuzioni e gli oneri aggiuntivi, il trattamento di fine rapporto, gli oneri di gestione ed ogni altro onere stabilito dalla legislazione e dai contratti collettivi di lavoro vigenti nelle varie località e nel tempo in cui si svolgono i lavori, nonché le spese generali (con un minimo del 14% ed un massimo del 20%) e l’utile d’impresa (del 10%), per prestazioni effettuate durante l’orario normale di lavoro. Ogni operaio deve essere munito degli attrezzi specifici del proprio mestiere e di dotazione personale antinfortunistica. Il prezzo orario della mano d’opera si applica alla sola ora di effettivo lavoro. OPERAIO DI V° LIVELLO (SPECIALIZZATO PROVETTO) all’h E

24,76

all’h E

23,40

all’h E

22,53

OPERAIO DI IV° LIVELLO (SPECIALIZZATO)

OPERAIO DI III° LIVELLO (QUALIFICATO)

CAVO SENZA GUAINA, FLESSIBILE, POSA FISSA, H05V-K, PVC Fornitura e posa in opera di cavo senza guaina, unipolare flessibile in rame, armonizzato HAR, tipo H05V-K; conforme alle prescrizioni CEI 20-20; 300 ÷ 450 V, isolato a base di PVC, non propagante la fiamma (CEI 20-35 e varianti), temperatura caratteristica 70 °C, posato entro idonea tubazione o canalina predisposte; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere di: siglatura funzioni, capicorda, morsetti, legatura ed ancoraggi, eseguiti con idonei materiali, scorta, sfridi ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavo senza guaina, flessibile H05V-K, sezione 0,5 mmq al m E

0,42

al m E

0,43

cavo senza guaina, flessibile H05V-K, sezione 0,75 mmq

CAVO SENZA GUAINA, FLESSIBILE, POSA FISSA, N07V-K, PVC Fornitura e posa in opera di cavo senza guaina, unipolare flessibile in rame, armonizzato HAR, tipo N07V-K; conforme alle prescrizioni CEI 20-20 e 20-22, CENELEC HD 21 IEC 02; 450 ÷ 750 V, isolato a base di PVC, non propagante la fiamma (CEI 2035 e varianti), temperatura caratteristica 70 °C, posato entro idonea tubazione o canalina predisposte, incassate, esterne o in cunicoli orizzontali o verticali; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s. cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 1,5 mmq al m E

0,58

al m E

0,66

al m E

0,90

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 2,5 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 4 mmq

430

Appendice B

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 6 mmq al m E

1,22

al m E

1,60

al m E

2,03

al m E

2,83

al m E

3,42

al m E

4,41

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 10 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 16 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 25 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 35 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 50 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07V-K, sezione 70 mmq CAVO SENZA GUAINA, FLESSIBILE, POSA FISSA, N07G9-K, PVC Fornitura e posa in opera di cavo senza guaina, unipolare flessibile in rame, nazionale, tipo N07G9-K; conforme alle prescrizioni CEI 20-35, CEI 20-22 II, CEI 20-37 e 20-38, 450 ÷ 750 V, isolato a base di PVC, non propagante l’incendio (CEI 20-22), a ridottissima emissione di gas tossici e di fumi ed assenza di acido cloridrico (CEI 20-38), temperatura caratteristica 70 °C, posato entro idonea tubazione o canalina predisposte, incassate, esterne o in cunicoli orizzontali o verticali; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s. cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 1,5 mmq al m E

0,65

al m E

0,81

al m E

1,28

al m E

1,44

al m E

2,01

al m E

2,55

al m E

3,45

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 2,5 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 4 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 6 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 10 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 16 mmq

cavo senza guaina, flessibile N07G9-K, sezione 25 mmq

CAVO POSA MOBILE, H07RN-F, NEOPRENE Fornitura e posa in opera di cavo unipolare o multipolare flessibile in rame, armonizzato HAR, tipo H07RN-F, (o nazionale, tipo FG1K, FG1OK); conforme alle prescrizioni CEI 20-19; CENELEC HD 22-4.S2, 450 ÷ 750 V, isolato in gomma con guaina esterna in policloroprene, non propagante la fiamma (CEI 20-35 e varianti), temperatura caratteristica 60 °C, per posa mobile o in idonea tubazione o canalina predisposte, incassate, a vista o in cunicoli orizzontali o verticali; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s.

Listino impianti elettrici 431

cavo H07RN-F, sezione 1x25 mmq al m E

4,90

al m E

5,90

al m E

7,12

al m E

8,75

al m E

10,90

al m E

2,28

al m E

2,65

al m E

3,50

al m E

5,20

al m E

6,90

al m E

8,90

al m E

2,67

al m E

3,10

al m E

3,80

al m E

4,60

al m E

8,10

al m E

10,33

cavo H07RN-F, sezione 1x35 mmq

cavo H07RN-F, sezione 1x50 mmq

cavo H07RN-F, sezione 1x70 mmq

cavo H07RN-F, sezione 1x95 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3X1,5 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3x2,5 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3x4 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3x6 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3x10 mmq

cavo H07RN-F, sezione 3x16 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x1,5 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x2,5 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x4 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x6 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x10 mmq

cavo H07RN-F, sezione 4x16 mmq

432

Appendice B

cavo H07RN-F, sezione 4x25 mmq al m E

14,40

CAVO POSA FISSA, FG10OM1 0,6 ÷ 1 kV Fornitura e posa in opera di cavo multipolare flessibile in rame, nazionale, tipo FG10OM1, conforme alle prescrizioni CEI 20-13 e 20-22 III, 0,6 ÷ 1 kV, isolato in mescola elastomerica di qualità M10, con guaina esterna in materiale termoplastico di qualità M1, non propagante l’incendio (CEI 20-35), a ridottissima emissione di gas tossici e di fumi ed assenza di acido cloridrico (CEI 20-37 e 20-38), temperatura caratteristica 85 °C, per posa fissa in idonea tubazione o canalina predisposte, incassate, a vista o in cunicoli orizzontali o verticali; per assicurare i servizi speciali di sicurezza e segnalamento durante e dopo l’incendio; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s. cavo FG10OM1, sezione 2x1,5 mmq al m E

2,79

al m E

3,00

al m E

3,56

al m E

3,67

al m E

5,01

al m E

3,20

al m E

3,56

al m E

4,34

al m E

4,44

al m E

6,46

cavo FG10OM1, sezione 2x2,5 mmq

cavo FG10OM1, sezione 2x4 mmq

cavo FG10OM1, sezione 2x6 mmq

cavo FG10OM1, sezione 2x10 mmq

cavo FG10OM1, sezione 3x1,5 mmq

cavo FG10OM1, sezione 3x2,5 mmq

cavo FG10OM1, sezione 3x4 mmq

cavo FG10OM1, sezione 3x6 mmq

cavo FG10OM1, sezione 3x10 mmq

CAVO ANIME NUMERATE, FLESSIBILE, FROR, PVC Fornitura e posa in opera di cavo multipolare flessibile in rame, nazionale, tipo FROR, 300 ÷ 450 V; conforme alle prescrizioni CEI 20-20; ad anime riunite e numerate, per controlli e segnalamenti, isolato a base di PVC con guaina esterna in PVC, non propaganti l’incendio (CEI 20-35) ed a ridotta emissione di acido cloridrico (CEI 20-37/2), temperatura caratteristica 70 °C, posato entro idonea tubazione o canalina predisposte; misurazione schematica fra centro quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere di: siglatura funzioni, capicorda, morsetti, legatura ed ancoraggi, eseguiti con idonei materiali, scorta, sfridi ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavo FROR, sezione 7x1 mmq al m E

2,74

al m E

2,89

cavo FROR, sezione 10x1 mmq

Listino impianti elettrici 433

cavo FROR, sezione 12x1 mmq al m E

3,05

al m E

3,36

al m E

3,87

al m E

3,36

al m E

3,56

al m E

4,08

al m E

4,44

al m E

4,60

al m E

4,08

al m E

4,65

al m E

5,94

al m E

6,25

al m E

7,23

cavo FROR, sezione 14x1 mmq

cavo FROR, sezione 16x1 mmq

cavo FROR, sezione 7x1,5 mmq

cavo FROR, sezione 10x1,5 mmq

cavo FROR, sezione 12x1,5 mmq

cavo FROR, sezione 14x1,5 mmq

cavo FROR, sezione 16x1,5 mmq

cavo FROR, sezione 7x2,5 mmq

cavo FROR, sezione 10x2,5 mmq

cavo FROR, sezione 12x2,5 mmq

cavo FROR, sezione 14x2,5 mmq

cavo FROR, sezione 16x2,5 mmq

CAVETTO TELEFONICO IN RAME STAGNATO, PER INTERNO Fornitura e posa in opera di cavetto o cavo telefonico per interni tipo TRR e per esterni tipo TE/GHR, conforme alle prescrizioni CEI 20-22 II, CEI 20-37/2, CEI 20-35, UNEL 36713; in rame stagnato, isolato e guaina in PVC, a coppie; posto in opera in idonee tubazioni predisposte, tipo PVC flessibile marchiato pesante, misurazione schematica fra cassetta TELECOM e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s. cavetto telefonico, 2cp +T TRR al m E

0,99

al m E

1,07

cavetto telefonico, 4cp TRR

434

Appendice B

cavetto telefonico, 6cp TRR al m E

1,19

al m E

1,71

al m E

2,27

al m E

2,91

al m E

2,63

al m E

3,63

al m E

4,29

cavetto telefonico, 11cp TRR

cavetto telefonico, 21cp TRR

cavetto telefonico, 26cp TRR

cavetto telefonico, 10cp TE/GHR

cavetto telefonico, 20cp TE/GHR

cavetto telefonico, 30cp+1 TE/GHR

CAVETTO RIGIDO CITOFONICO IN RAME STAGNATO, PVC Fornitura e posa in opera di cavetto multiplo in rame stagnato, rigido, per impianto citofonico o impianto di portiere elettrico, isolato in PVC, posto in opera in idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra alimentatore e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere di siglatura funzioni e giunzioni eseguite con idonei materiali, scorta, sfridi ed accessorio necessario per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavetto citofonico, sezione 2+Tx0,6 mmq al m E

0,98

al m E

1,50

al m E

2,01

al m E

2,01

al m E

2,01

cavetto citofonico, sezione 2x2+Tx0,6 mmq

cavetto citofonico, sezione 3x2+Tx0,6 mmq

cavetto citofonico, sezione 4x2+Tx0,6 mmq

cavetto citofonico, sezione 5x2+Tx0,6 mmq

CAVETTO RIGIDO VIDEOCITOFONICO, RAME STAGNATO, PVC Fornitura e posa in opera di cavetto schermato multiplo in rame stagnato, rigido, più doppino telefonico e/o cavo coassiale, per impianto videocitofonico o sorveglianza a monitor, isolato in PVC, se interrato a doppia guaina antiroditori, posto in opera in idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra alimentatore e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s. cavetto ELVOX, RG59+3x1+9x0,50 al m E

2,74

al m E

2,74

cavetto URMET RG59+2x0,75+6x0,50+6x0,35

Listino impianti elettrici 435

cavetto TERRANEO 2x1,5+3x2x0,35 al m E

2,74

CAVO COASSIALE DISCESA D’ANTENNA SATELLITARI Fornitura e posa in opera di cavo coassiale schermato da 75 ohm, per TV; conforme alle prescrizioni CEI 46-1; ad invecchiamento ridotto: conduttore centrale rame rosso elettrolitico ricotto di diametro 0,75 mm, isolante a dielettrico compatto in polietilene - PE di Ø 0,36 mm, calza rame stagnata elettrolitico ricotto, guaina esterna in PVC, posto in opera entro idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra centralino TV e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere, scorta, sfridi ed accessorio necessario per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavo coassiale BC SM 1C SAT, impedenza 75 ohm, 18 dB/100 m a 800 MHz al m E

1,37

al m E

1,11

cavo coassiale BC SM 08 SAT, impedenza 75 ohm, 24 dB/100 m a 800 MHz

CAVETTO SCHERMATO PER ALLARME, ANTINCENDIO, PVC Fornitura e posa in opera di cavetto in rame rosso elettrolitico, flessibile, schermato, per impianto d’allarme, isolato e guaina in PVC, non propagante l’incendio e a bassa emissione di gas tossici e corrosivi, CEI 20-11 e CEI 20-22 II, colore grigio RAL 9010 e colore azzurro RAL 5015 (0,6/1 kV), posto in opera in idonea tubazione o canale predisposta; misurazione schematica fra centrale e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere di siglatura funzioni e giunzioni eseguite con idonei materiali, scorta, sfridi ed accessorio necessario per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavetto schermato, sezione 2x0,22 mmq, RAL9010 al m E

0,64

al m E

0,70

al m E

0,88

al m E

0,93

al m E

0,86

al m E

0,93

al m E

1,14

al m E

1,21

al m E

1,47

al m E

1,40

cavetto schermato, sezione 4x0,22 mmq RAL 9010

cavetto schermato, sezione 6x0,22 mmq RAL 9010

cavetto schermato, sezione 8x0,22 mmq RAL 9010

cavetto schermato, sezione 4x0,22 mmq RAL 5015

cavetto schermato, sezione 6x0,22 mmq RAL 5015

cavetto schermato, sezione 2x0,50+4x0,22 mmq RAL 5015

cavetto schermato, sezione 2x0,50+6x0,22 mmq RAL 5015

cavetto schermato, sezione 2x0,50+8x0,22 mmq RAL 5015

cavetto schermato, sezione 2x0,75+4x0,22 mmq RAL 5015

436

Appendice B

cavetto schermato, sezione 2x0,75+6x0,22 mmq RAL 5015 al m E

1,45

CAVETTO PER ALTOPARLANTI, PVC Fornitura e posa in opera di cavetto (piattina) rosso/nero, in rame rosso elettrolitico, isolante in PVC di qualità TI2, per impianto audio, CEI 20-11 e CEI 20-29, posto in opera in idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra amplificatore e cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere di: siglatura funzioni, capicorda, morsetti, legatura ed ancoraggi, eseguiti con idonei materiali, scorta, sfridi ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavetto, audio, sezione 2x0,5 mmq al m E

0,66

al m E

0,70

al m E

0,73

al m E

0,95

al m E

1,08

cavetto, audio, sezione 2x0,75 mmq

cavetto, audio, sezione 2x1 mmq

cavetto, audio, sezione 2x1,5 mmq

cavetto, audio, sezione 2x2,5 mmq

CAVETTO SCHERMATO PER TRASMISSIONE DATI Fornitura e posa in opera di cavetto multicoppie in rame stagnato, flessibile, a coppie singolarmente schermate a nastro di alluminio, per impianto di trasmissione dati, isolato in polietilene a bassa densità LDPE, per trasmissioni più veloci e su notevoli distanze, posto in opera in idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra centrale dati e terminale. CEI 20-11, colore nero RAL 9005 e grigio RAL7035. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere di siglatura funzioni e giunzioni eseguite con idonei materiali, scorta, sfridi ed accessorio necessario per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavetto tipo RG 58 C/U, 19x0,18 CuSn, nero al m E

1,02

al m E

1,03

al m E

1,03

al m E

1,05

al m E

1,24

al m E

1,50

al m E

1,45

cavetto tipo RG 58 C/U, 19x0,18 CuSn n.p.i. grigio

cavetto tipo RG 59 B/U, 0,58 CW nero

cavetto tipo RG 59 B/U, 0,58 CW n.p.i. grigio

cavetto schermato, tipo RG 62 A/U, 0,64 CW nero

cavetto schermato, tipo RG 11 A/U,7x0,40 CuSn nero

cavetto schermato, tipo TWINAX, 7x0,32 Cu/CuSn nero

Listino impianti elettrici 437

CAVETTO SCHERMATO PER RETI LOCALI Fornitura e posa in opera di cavetto multicoppie in rame rosso elettrolitico ricotto, flessibile, isolante in polietilene a bassa densità LDPE, separatore globale in nastro poliestere spessore 23 micro, schermatura in alluminio-poliestere spessore 25/23 micro, guaina esterna PVC di qualità TM2. Normativa CEI 46-5, CEI 20-11, CEI 20-35. Impiego, trasmissione voce e dati ad alta velocità (fino a 100 Mbyte) utilizzati per cablaggi strutturati. Messa in opera in idonea tubazione predisposta; misurazione schematica fra centrale dati e dispositivi satelliti. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere di: siglatura funzioni, capicorda, morsetti, legatura ed ancoraggi, eseguiti con idonei materiali, scorta, sfridi ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cavetto UTP 4x2XAWG24/1 non schermato al m E

1,03

al m E

1,14

al m E

1,30

al m E

1,45

al m E

1,99

al m E

2,50

cavetto UTPM 4x2xAWG24/1 non schermato, zero alogene

cavetto FTPM 4x2xAWG24/1 schermato alluminio

cavetto FTPM 4x2xAWG24/1 LSZH schermato alluminio, zero alogeni

cavetto S/FTP 4x2xAWG24/1 schermato alluminio + treccia, zero alogeni

cavetto s/ftpm 4x2xawg24/1 sch. alluminio + treccia, zero alogeni

TUBO IN PVC PIEGHEVOLE, MARCHIATO, PESANTE Fornitura e posa in opera di tubo isolante a base di PVC, conforme alle prescrizioni CEI EN 50086-2-2 (CEI 23-55), classificazione 3321 e varianti; marchiato, pesante, pieghevole, corrugato, autoestinguente, nero o grigio RAL 7035; misurazione schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. tubo PVC pesante, pieghevole, d. 16 mm (d.i. 10,7), (confezione 100 m) al m E

1,33

al m E

1,45

al m E

1,86

al m E

2,04

al m E

2,61

al m E

3,25

tubo PVC pesante, pieghevole, d. 20 mm (d.i. 14,1), (confezione 100 m)

tubo PVC pesante, pieghevole, d. 25 mm (d.i. 18,3), (confezione 50 m)

tubo PVC pesante, pieghevole, d. 32 mm (d.i. 24,3), (confezione 25 m)

tubo PVC pesante, pieghevole, d. 40 mm (d.i. 31,2), (confezione 25 m)

tubo PVC pesante, pieghevole, d. 50 mm (d.i. 39,6), (confezione 25 m)

sovrapprezzo tirafilo in percentuale, (conf. 25 ÷ 100 m) 300%

438

Appendice B

TUBO IN PVC PIEGHEVOLE PER CLS Fornitura e posa in opera di tubo a base di PVC, conforme alle prescrizioni CEI EN 50086-2-2 (CEI 23-55), classificazione 3422 e varianti, pieghevole, corrugato, autorinvenente, non autoestinguente, colore arancione per immersione nel calcestruzzo; misura schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. tubo PVC, pieghevole, per cls, d. 20 mm (d.i. 14,1), (confezione 100 m) al m E

2,22

al m E

2,69

al m E

2,89

al m E

3,25

tubo PVC, pieghevole, per cls, d. 25 mm (d.i. 18,3), (confezione 50 m)

tubo PVC, pieghevole, per cls, d. 32 mm (d.i. 24,3), (confezione 25 m)

tubo PVC, pieghevole, per cls, d. 40 mm (d.i. 31,2), (confezione 25 m)

sovrapprezzo tirafilo in percentuale (conf. 25 ÷ 100 m) 300% CAVIDOTTO IN PVC FLESSIBILE SPIRALATO, DA INTERNO Fornitura e posa in opera di tubo a base di polietilene alta densità, flessibile a doppia parete (liscio all’interno, corrugato all’esterno), con manicotto di congiunzione avente resistenza allo schiacciamento di 750 Newton. Conforme alle prescrizioni CEI EN 50086-2-4 (CEI 23-29), NF C 68-171, corrugato a spirale, autoestinguente, colore rosso o blu a seconda del tipo di impianto da realizzare, da interno, misurazione schematica fra quadri e/o cassetta o pozzetti di derivazione. cavidotto PVC spiralato, d. 50 mm (d.i. 42), (confezione 50 m) al m E

3,00

al m E

3,51

al m E

3,87

al m E

4,44

cavidotto PVC spiralato, d. 63 mm (d.i. 51), (confezione 50 m)

cavidotto PVC spiralato, d. 75 mm (d.i. 62), (confezione 50 m)

cavidotto PVC spiralato, d. 90 mm (d.i. 75), (confezione 50 m)

GUAINA FLESSIBILE IN PVC, IP55 Fornitura e posa in opera di guaina flessibile, conforme alle prescrizioni EN 50086-2-3 (CEI 23-56), in PVC autoestinguente, liscia o spiralata, colore: nero, grigio RAL 7035, o azzurro per alte temperature, IP55. Nel prezzo si intende c.s. guaina PVC, IP55, d. 16 mm (d.i. 12), (confezione 30 m) al m E

3,72

al m E

4,08

al m E

4,60

al m E

5,47

guaina PVC, IP55, d. 20 mm (d.i. 16), (confezione 30 m)

guaina PVC, IP55, d. 26 mm (d.i. 20), (confezione 30 m)

guaina PVC, IP55, d. 32 mm (d.i. 28), (confezione 30 m)

Listino impianti elettrici 439

guaina PVC, IP55, d. 40 mm (d.i. 35), (confezione 30 m) al m E

6,30

GUAINA FLESSIBILE IN ACCIAIO, IP55 Fornitura e posa in opera di guaina flessibile in acciaio zincato a doppia graffatura con rivestimento esterno in PVC plasticato, autoestinguente con anima in PVC rigido e superficie interna semiliscia, resistente agli urti, alle intemperie ed agenti chimici a campi di temperatura da 10 °C a 60 °C. Resistenza allo schiacciamento 350N, IP67, conforme alle norme CEI 23-14. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 16 mm (d.i. 10), (confezione 50 m) al m E

6,15

al m E

6,92

al m E

8,16

al m E

9,55

al m E

13,84

al m E

17,51

guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 20 mm (d.i. 16), (confezione 50 m)

guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 25 mm (d.i. 21), (confezione 50 m)

guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 32 mm (d.i. 27), (confezione 25 m)

guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 43 mm (d.i. 35), (confezione 25 m)

guaina in acciaio, flessibile, IP55, d. 48 mm (d.i. 40), (confezione 25 m)

TUBO IN PVC RIGIDO MARCHIATO, PESANTE, IP40 Fornitura e posa in opera di tubo a base di PVC, IP40, con collante, conforme alle prescrizioni CEI EN 50086-2-1 (CEI 23-54), classificazione 2321 e varianti; marchiato, pesante, rigido, liscio, autoestinguente, grigio RAL 7035; misurazione schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, raccordi, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. tubo PVC p. rigido, d. 16 mm (d.i. 13,0) al m E

3,77

al m E

4,29

al m E

4,91

al m E

5,37

al m E

6,82

al m E

8,16

tubo PVC p. rigido, d. 20 mm (d.i 16,9)

tubo PVC p. rigido, d. 25 mm (d.i 21,4)

tubo PVC p. rigido, d. 32 mm (d.i. 27,8)

tubo PVC p. rigido, d. 40 mm (d.i. 35,4)

tubo PVC p. rigido, d. 50 mm (d.i. 44,3)

440

Appendice B

TUBO IN PVC RIGIDO ATOSSICO, PESANTE, IP40 Fornitura e posa in opera di tubo a base di PVC, IP40, con collante, conforme alle prescrizioni CEI EN 50086-1-1994, CEI EN 50086-2-1-1996 e varianti; marchiato, pesante, rigido, liscio, autoestinguente privo di alogeni, grigio RAL 7035; misurazione schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione. Nel prezzo si intende c.s.ompreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, raccordi, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il. lavoro finito a regola d’arte. tubo PVC p. rigido, d. 16 mm (d.i. 13,0) al m E

4,65

al m E

5,63

al m E

6,46

al m E

7,80

al m E

9,81

al m E

11,88

tubo PVC p. rigido, d. 20 mm (d.i 16,9)

tubo PVC p. rigido, d. 25 mm (d.i 21,4)

tubo PVC p. rigido, d. 32 mm (d.i. 27,8)

tubo PVC p. rigido, d. 40 mm (d.i. 35,4)

tubo PVC p. rigido, d. 50 mm (d.i. 44,3)

CANALINA IN PVC, MARCHIATA Fornitura e posa in opera di canalina in PVC rigido, marchiata, autoestinguente, resistente agli acidi, olii, grassi, indeformabile per temperature comprese tra 20 °C e 60 °C, reazione al fuoco classe 1, conforme alle prescrizioni CEI 23-32 e varianti; tipo porta cavi e porta apparecchi, per posa a parete e/o sospesa; compreso coperchio, angoli, giunti, con idoneo sistema di aggancio, scatole di derivazione, IP40, coperchio apribile solo con attrezzo o possibilità di rinforzo con apposite traversine di contenimento cavi fino all’altezza di 2,25 m; dimensioni standard od equivalenti DIN; bianca o grigia RAL 7035; misurazione schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione principale. Nel prezzo si intende c.s. canalina PVC dimensioni mm 50x40 con coperchio al m E

11,10

al m E

12,14

al m E

13,43

al m E

14,87

al m E

17,71

al m E

13,94

al m E

17,04

canalina PVC dimensioni mm 60x40 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 80x40 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 100x40 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 120x40 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 60x60 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 80x60 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 100x60 con coperchio

Listino impianti elettrici 441

al m E

19,11

al m E

21,17

al m E

23,96

al m E

32,23

al m E

23,24

al m E

30,99

al m E

33,57

al m E

37,70

al m E

3,87

al m E

4,91

al m E

6,71

canalina PVC dimensioni mm 120x60 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 150x60 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 200x60 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 100x80 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 120x80 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 150x80 con coperchio

canalina PVC dimensioni mm 200x80 con coperchio

setto separatore altezza mm 40

setto separatore altezza mm 60

setto separatore altezza mm 80

BATTISCOPA, CANALINA IN PVC, A SCOMPARTI Fornitura e posa in opera di battiscopa e cornice, canalina in PVC rigido, a più scomparti, marchiato, autoestinguente, resistente agli acidi, olii, grassi, indeformabile per temperature comprese tra 20 °C e 60 °C, reazione al fuoco classe 1, conforme alle prescrizioni CEI 23-32; tipo porta utenze e porta apparecchi; compreso coperchio, coperchio di sicurezza, angoli, giunti, tappi e con idoneo sistema di aggancio, scatole di derivazione, IP40; colore: bianco, marron, grigio, beige; misurazione schematica fra quadri e/o cassetta di derivazione principale. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, pezzi speciali ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. battiscopa PVC, scomp. 3, dimensioni mm 70x20 (opp. 68x22 mm) al m E

13,69

Cadauno E

15,49

Cadauno E

12,81

scatola portafrutto per battiscopa PVC, scomp. 3

torretta portafrutto per battiscopa PVC, scomp. 3

442

Appendice B

CASSETTE DI DERIVAZIONE, DA PARETE, IP557 POSA IN VISTA Fornitura e posa in opera di cassette di derivazione rettangolari da parete, con guarnizione e coperchio a viti, grado di protezione IP55, in materiale termoplastico autoestinguente, conformi alle norme IEC 695.2.1, CEI 50.11, protezione meccanica 7, con appositi passacavi, grigio RAL 7035. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, coperchio fissato a vite ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cassette da parete IP55, rotonda diam. mm 80 o simile Cadauno E

3,10

Cadauno E

4,49

Cadauno E

7,64

Cadauno E

10,85

Cadauno E

9,30

Cadauno E

12,91

Cadauno E

14,77

Cadauno E

17,04

Cadauno E

19,52

Cadauno E

23,50

cassette da parete IP55, rotonda diam. mm 80 o simile, con morsetti 5x4

cassette da parete IP55, dimensioni mm 100x100x50 o simile

cassette da parete IP55, dimensioni mm 100x100x50 o simile con morsetti 5x4

cassette da parete IP55, dimensioni mm 150x110x70 o simile

cassette da parete IP55, dimensioni mm 150x110x70 o simile con morsetti 4x16

cassette da parete IP55, dimensioni mm 190x140x70 o simile

cassette da parete IP55, dimensioni mm 190x140x70 o simile con morsetti 4x25

cassette da parete IP55, dimensioni mm 240x190x90 o simile

cassette da parete IP55, dimensioni mm 240x190x90 o simile con morsetti 4x35

CASSETTE DI DERIVAZIONE, DA INCASSO Fornitura e posa in opera di cassette di derivazione da incasso rettangolari, in polistirolo antiurto, autoestinguente, conformi alle norme IEC 695.2.1 e CEI 50.11. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, coperchio fissato a vite ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cassette da incasso, dimensioni mm 92x92x45 Cadauno E

2,32

Cadauno E

2,43

Cadauno E

2,63

cassette da incasso, dimensioni mm 118x96x50

cassette da incasso, dimensioni mm 118x96x70

cassette da incasso, dimensioni mm 152x98x70

Listino impianti elettrici 443

Cadauno E

3,41

Cadauno E

3,87

cassette da incasso, dimensioni mm 160x130x70

SCATOLE PORTAFRUTTO, DA PARETE, IP55 Fornitura e posa in opera di scatole portafrutto rettangolari, da parete, con coperchio, IP55, in resina antiurto, protezione meccanica 7, grigio RAL 7035. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, coperchio fissato a vite ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. scatola frutti da parete IP55, con coperchio, 2 moduli Cadauno E

4,96

Cadauno E

2,32

scatola frutti da parete IP55, con coperchio, 3 moduli

SCATOLE PORTAFRUTTO, DA PARETE, IP40 Fornitura e posa in opera di scatole portafrutto rettangolari, da parete, IP40, in resina antiurto, protezione meccanica 7, grigio RAL 7035. Nel prezzo si intende c.s. scatola frutti da parete IP40, senza coperchio, 2 moduli Cadauno E

6,51

Cadauno E

11,47

scatola frutti da parete IP40, senza coperchio, 3 moduli

CASSETTE PER CENTRALINI, DA INCASSO Fornitura e posa in opera di cassette per centralini da incasso rettangolari, in polistirolo antiurto, autoestinguente. Nel prezzo si intende c.s. cassette per centralini da incasso, 6 moduli, con coperchio Cadauno E

9,30

Cadauno E

11,47

Cadauno E

14,41

cassette per centralini da incasso, 8 moduli, con coperchio

cassette per centralini da incasso, 12 moduli, con coperchio

SCATOLE PORTAFRUTTO, DA INCASSO Fornitura e posa in opera di scatole portafrutto da incasso rettangolari, in polistirolo espanso arancio, antiurto, autoestinguente. Nel prezzo si intende c.s. scatola frutti da incasso, 3 moduli, dim. mm 66x104x48 Cadauno E

2,53

Cadauno E

3,62

Cadauno E

4,18

scatola frutti da incasso, 4 moduli, dim. mm 68x128x50

scatola frutti da incasso, 6 moduli, dim. mm 120x104x50

444

Appendice B

CASSETTA DA INCASSO PER MONTANTI Fornitura e posa in opera di cassetta da incasso sotto intonaco in materiale plastico, antiurto, autoestinguente, conforme alle norme IEC 60670 e CEI 23.48, completa di coperchio basso infrangibile IP40, di separatori, di etichette adesive e di viti nichelate piombabili. Nel prezzo si intende c.s. cassetta da incasso dim.260x260x121 mm Cadauno E

29,60

Cadauno E

44,47

cassetta da incasso dim.520x260x121 mm

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO PDI 4,5 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico con potere di interruzione 4,5 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898 – CEI EN 60947-1 - CEI EN 60947-2, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, la quota parte per l’eventuale cablaggio con idonei conduttori, la siglatura, i capicorda ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x6 A curva C Cadauno E

22,66

Cadauno E

22,94

Cadauno E

22,94

Cadauno E

22,51

Cadauno E

22,51

Cadauno E

22,94

Cadauno E

27,46

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x10 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x16 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x20 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x25 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x32 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 4,5 kA 2x40 A curva C

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO PDI 6 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico con potere di interruzione 6 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898 – CEI EN 60947-1 - CEI EN 60947-2, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, tipo a scatto modulare da 17,5mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, la quota parte per l’eventuale cablaggio con idonei conduttori, la siglatura, i capicorda ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx2 A curva C Cadauno E

33,74

Cadauno E

33,74

Cadauno E

31,41

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx4 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx6 A curva C

Listino impianti elettrici 445

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx10 A curva C Cadauno E

28,59

Cadauno E

28,59

Cadauno E

29,08

Cadauno E

13,44

Cadauno E

29,43

Cadauno E

35,44

Cadauno E

35,44

Cadauno E

35,44

Cadauno E

37,07

Cadauno E

36,29

Cadauno E

34,87

Cadauno E

31,62

Cadauno E

31,62

Cadauno E

31,62

Cadauno E

31,62

Cadauno E

31,62

Cadauno E

39,47

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx16 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx20 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx25 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx32 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx40 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx50 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 1P+Nx63 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x2 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x4 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x6 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x10 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x16 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x20 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x25 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x32 A curva C

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x40 A curva C

446

Appendice B

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x50 A curva C Cadauno E

39,47

Cadauno E

39,47

int. Aut. Magn. Term. 6 kA 2x63 A curva C

INTERRUTTORE DIFFERENZIALE PURO, CL. AC - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore differenziale puro, senza sganciatori magnetotermici, conforme alle prescrizioni CEI EN 61008-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, bipolare, 240 V, ad alta e media sensibilità, 6 kA, classe AC per corrente alternata, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17.5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, la quota parte dell’eventuale cablaggio con idonei conduttori, la siglatura, i capicorda ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. int. Differenziale Puro cl. AC 2x25 A - 0,01 A Cadauno E

56,64

Cadauno E

38,90

Cadauno E

51,55

Cadauno E

69,36

Cadauno E

42,79

Cadauno E

49,64

Cadauno E

66,81

Cadauno E

47,60

Cadauno E

63,84

int. Differenziale Puro cl. AC 2x25 A - 0,03 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x40 A - 0,03 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x63 A - 0,03 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x25 A - 0,3 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x40 A - 0,3 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x63 A - 0,3 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x40 A - 0,5 A

int. Differenziale Puro cl. AC 2x63 A - 0,5 A

INTERRUTTORE DIFFERENZIALE PURO, CL. A - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore differenziale puro, senza sganciatori magnetotermici, conforme alle prescrizioni CEI EN 61008-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, bipolare, 240 V, ad alta e media sensibilità, 6 kA, classe A per corrente alternata e pulsante con componente continua, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Differenziale Puro cl. A 2x25 A - 0,03 A Cadauno E

58,76

Cadauno E

67,66

int. Differenziale Puro cl. A 2x40A - 0,03A

int. Differenziale Puro cl. A 2x63A - 0,03A

Listino impianti elettrici 447

Cadauno E

94,37

Cadauno E

56,22

Cadauno E

61,30

Cadauno E

86,74

int. Differenziale Puro cl. A 2x25A - 0,3A

int. Differenziale Puro cl. A 2x40A - 0,3A

int. Differenziale Puro cl. A 2x63A - 0,3A

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. AC, PDI 4,5 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 4,5kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe AC per corrente alternata, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, la quota parte per l’eventuale cablaggio con idonei conduttori, la siglatura, i capicorda ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x6 A curva C - 0,03 A Cadauno E

75,31

Cadauno E

59,76

Cadauno E

59,48

Cadauno E

59,48

Cadauno E

61,95

Cadauno E

61,95

Cadauno E

67,11

Cadauno E

57,78

Cadauno E

57,36

Cadauno E

57,36

Cadauno E

57,71

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x16 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

448

Appendice B

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x25 A curva C - 0,3 A Cadauno E

57,71

Cadauno E

59,97

Cadauno E

64,49

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 4,5 kA 2x40 A curva C - 0,3 A

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. AC, PDI 6 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 6 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe AC per corrente alternata, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx2 A curva C - 0,03 A Cadauno E

71,00

Cadauno E

71,00

Cadauno E

68,73

Cadauno E

68,73

Cadauno E

65,84

Cadauno E

65,84

Cadauno E

66,40

Cadauno E

66,40

Cadauno E

75,16

Cadauno E

77,63

Cadauno E

77,63

Cadauno E

74,32

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx4 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx16 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx50 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx63 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x2 A curva C - 0,03 A

Listino impianti elettrici 449

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x4 A curva C - 0,03 A Cadauno E

73,61

Cadauno E

72,13

Cadauno E

68,95

Cadauno E

68,95

Cadauno E

68,95

Cadauno E

68,95

Cadauno E

71,35

Cadauno E

79,19

Cadauno E

81,66

Cadauno E

81,66

Cadauno E

68,88

Cadauno E

68,88

Cadauno E

66,61

Cadauno E

63,72

Cadauno E

63,72

Cadauno E

64,28

Cadauno E

64,28

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x16 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x50 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x63 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx2 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx25 A curva C - 0,3 A

450

Appendice B

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx32 A curva C - 0,3 A Cadauno E

66,47

Cadauno E

72,47

Cadauno E

74,88

Cadauno E

74,88

Cadauno E

72,19

Cadauno E

71,49

Cadauno E

70,01

Cadauno E

66,82

Cadauno E

66,82

Cadauno E

66,82

Cadauno E

66,82

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx40 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx50 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 1P+Nx63 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x2 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl AC, 6 kA 2x25 A curva C - 0,3 A

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. AC, PDI 10 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 10 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe AC per corrente alternata, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x2 A curva C - 0,03 A Cadauno E

78,27

Cadauno E

78,27

Cadauno E

75,02

Cadauno E

71,28

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x4 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x10 A curva C - 0,03 A

Listino impianti elettrici 451

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x16 A curva C - 0,03 A Cadauno E

71,28

Cadauno E

71,28

Cadauno E

71,28

Cadauno E

73,68

Cadauno E

83,00

Cadauno E

85,48

Cadauno E

85,48

Cadauno E

76,16

Cadauno E

76,16

Cadauno E

72,90

Cadauno E

69,16

Cadauno E

69,16

Cadauno E

69,16

Cadauno E

69,16

Cadauno E

71,07

Cadauno E

80,32

Cadauno E

82,72

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x50 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x63 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x2 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x25 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x40 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. AC, 10 kA 2x50 A curva C - 0,3 A

452

Appendice B

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. A, PDI 4,5 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 4,5 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe A per corrente alternata e pulsante con componente continua, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x6 A curva C - 0,03 A Cadauno E

140,07

Cadauno E

69,79

Cadauno E

69,37

Cadauno E

69,37

Cadauno E

69,65

Cadauno E

69,65

Cadauno E

79,83

Cadauno E

84,35

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x25 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 4,5 kA 2x40 A curva C - 0,3 A

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. A, PDI 6 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 6 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe A per corrente alternata e pulsante con componente continua, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx2 A curva C - 0,03 A Cadauno E

86,40

Cadauno E

86,40

Cadauno E

84,06

Cadauno E

81,24

Cadauno E

81,24

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx4 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx16 A curva C - 0,03 A

Listino impianti elettrici 453

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx20 A curva C - 0,03 A Cadauno E

81,74

Cadauno E

81,74

Cadauno E

95,23

Cadauno E

101,23

Cadauno E

101,23

Cadauno E

101,23

Cadauno E

89,72

Cadauno E

89,01

Cadauno E

87,53

Cadauno E

84,27

Cadauno E

84,27

Cadauno E

84,27

Cadauno E

84,27

Cadauno E

97,42

Cadauno E

105,26

Cadauno E

105,26

Cadauno E

105,26

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx50 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx63 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x2 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot .Diff. cl. A, 6 kA 2x4 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot .Diff. cl. A, 6 kA 2x6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x16 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot Diff. cl. A, 6 kA 2x25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x50 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x63 A curva C - 0,03 A

454

Appendice B

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx2 A curva C - 0,3 A Cadauno E

80,89

Cadauno E

80,89

Cadauno E

78,56

Cadauno E

75,73

Cadauno E

75,73

Cadauno E

76,22

Cadauno E

76,22

Cadauno E

86,33

Cadauno E

92,33

Cadauno E

92,33

Cadauno E

92,33

Cadauno E

84,21

Cadauno E

83,43

Cadauno E

82,02

Cadauno E

78,77

Cadauno E

78,77

Cadauno E

78,77

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx25 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx40 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx50 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 1P+Nx63 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x2 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

Listino impianti elettrici 455

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x25 A curva C - 0,3 A Cadauno E

78,77

Cadauno E

88,52

Cadauno E

96,36

Cadauno E

96,36

Cadauno E

96,36

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x40 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x50 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 6 kA 2x63 A curva C - 0,3 A

INTERRUTTORE AUTOMATICO MAGNETOTERMICO DIFFERENZIALE CL. A, PDI 10 kA, C - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di interruttore automatico magnetotermico differenziale, con potere di interruzione 10 kA, conforme alle prescrizioni CEI EN 60898, CEI EN 60947-1, CEI EN 60947-2, CEI EN 61009-1, CEI EN 61008-2-1, CEI EN 61009-2-1, CEI EN 81009-1, 230 ÷ 400 V, curva C (U) con corto circuito Im tra 5 ÷ 10 In, per protezione cavi e utilizzatori classici, con incorporato sganciatore differenziale ad alta e media sensibilità, classe A per corrente alternata e pulsante con componente continua, protetto contro le sovratensioni impulsive, tipo a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022; montato all’interno di quadro elettrico. Nel prezzo si intende c.s. int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x2 A curva C - 0,03 A Cadauno E

93,67

Cadauno E

93,67

Cadauno E

90,42

Cadauno E

86,68

Cadauno E

86,68

Cadauno E

86,68

Cadauno E

86,68

Cadauno E

99,82

Cadauno E

109,08

Cadauno E

109,08

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x4 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x6 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x10 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x16 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x20 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x25 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x32 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x40 A curva C - 0,03 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x50 A curva C - 0,03 A

456

Appendice B

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x63 A curva C - 0,03 A Cadauno E

109,08

Cadauno E

88,17

Cadauno E

88,17

Cadauno E

84,91

Cadauno E

81,17

Cadauno E

81,17

Cadauno E

81,17

Cadauno E

81,17

Cadauno E

90,21

Cadauno E

100,17

Cadauno E

100,17

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x2 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x4 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x6 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x10 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x16 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x20 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x25 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x32 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x40 A curva C - 0,3 A

int. Aut. Magnetot. Diff. cl. A, 10 kA 2x50 A curva C - 0,3 A

CONTATTORE DI POTENZA, AC1 - 17,5 mm Fornitura e posa in opera di contattore di potenza in corrente alternata per l’inserimento o il disinserimento di linee in circuiti di potenza tipo resistivo quali riscaldamento, illuminazione, condizionamento ecc., conforme alle norme CEI EN 61095; montato all’interno di quadro elettrico. Corpo in materiale isolante, autoestinguente, ad alta resistenza alla temperatura; morsetti protetti contro i contatti accidentali; portate in AC1, sfasamento max 0,95; bobina a 110 ÷ 230 V ca.Il prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, la siglatura, i capicorda ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. contattore potenza, AC1 2x16 A, bobina 110 ÷ 230 V ca Cadauno E

29,94

Cadauno E

32,55

Cadauno E

42,94

Cadauno E

56,23

contattore potenza, AC1 2x25 A, bobina 110 ÷ 230 V ca

contattore potenza, AC1 2x40 A, bobina 110 ÷ 230 V ca

contattore potenza, AC1 2x63 A, bobina 110 ÷ 230 V ca

Listino impianti elettrici 457

CENTRALINO DA PARETE, IP40 Fornitura e posa in opera di centralino locale da parete, IP40, in resina autoestinguente, completo di pannello frontale e portellino fumé, colore grigio RAL 7035; conforme alle prescrizioni CEI 23-48, CEI 23-49, CEI 23-51; per apparecchiatura a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa, i supporti di fissaggio, le guide porta apparecchiatura, morsettiere, cablaggio ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. centralino IP40, 4 moduli, 140x220x100 (LxHxP) Cadauno E

14,67

Cadauno E

22,79

Cadauno E

33,45

Cadauno E

42,47

Cadauno E

47,42

Cadauno E

76,92

Cadauno E

88,08

Cadauno E

110,10

Cadauno E

169,77

centralino IP40, 8 moduli, 180x220x100 (LxHxP)

centralino IP40, 12 moduli, 210x220x100 (LxHxP)

centralino IP40, 18 moduli, 400x250x100 (LxHxP)

centralino IP40, 24 moduli, 2 file, 300x350x100 (LxHxP)

centralino IP40, 36 moduli, 3 file, 350x600x110 (LxHxP)

centralino IP40, 48 moduli, 4 file, 350x720x110 (LxHxP)

centralino IP40, 54 moduli, 3 file, 470x670x110 (LxHxP)

centralino IP40, 72 moduli, 4 file, 470x830x110 (LxHxP)

CENTRALINO DA PARETE, IP55 Fornitura e posa in opera di centralino locale da parete, IP55, in resina autoestinguente, completo di pannello frontale e portellino fumé, colore grigio RAL 7035; conforme alle prescrizioni CEI 23-48, CEI 23-49, CEI 23-51; per apparecchiatura a scatto modulare da 17,5 mm su profilato EN 50022. Nel prezzo si intende c.s. centralino IP55, 4 moduli, 140x220x110 (LxHxP) Cadauno E

22,30

Cadauno E

25,06

Cadauno E

42,07

Cadauno E

56,32

Cadauno E

62,82

centralino IP55, 8 moduli, 180x220x110 (LxHxP)

centralino IP55, 12 moduli, 270x220x110 (LxHxP)

centralino IP55, 18 moduli, 400x280x130 (LxHxP)

centralino IP55, 24 moduli, 2 file, 300x400x130 (LxHxP)

458

Appendice B

centralino IP55, 36 moduli, 3 file, 300x530x130 (LxHxP) Cadauno E

89,99

Cadauno E

105,75

Cadauno E

136,81

Cadauno E

192,53

centralino IP55, 48 moduli, 4 file, 300x650x130 (LxHxP)

centralino IP55, 54 moduli, 3 file, 470x600x130 (LxHxP)

centralino ip55, 72 moduli, 4 file, 470x700x130 (LxHxP)

PUNTI ALLACCIAMENTI VARI DA INCASSO (APPARECCHI IN PRESSOFUSO) Fornitura e posa in opera di allacciamento riferiti a punti luce, punti di comando e punti utilizzatori, comprendenti: cassetta di derivazione in poliestere antiurto di dimensioni 92x92 mm completa di morsetti a serraggio indiretto, tubazioni flessibili in PVC pesante diametro minimo 20 mm, conduttori unipolari tipo N07V-K di sezione minima 1,5 mmq, apparecchio di comando modulare componibile 10-16 A/250 V, supporto in resina, placca in metallo pressofuso di colore a scelta della D.L., posto entro scatola porta apparecchi in resina, di dimensioni 104x64mm. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto comando interrotto Cadauno E

23,37

Cadauno E

26,21

Cadauno E

26,21

Cadauno E

36,80

Cadauno E

40,35

Cadauno E

53,07

Cadauno E

24,79

Cadauno E

23,37

Cadauno E

26,21

Cadauno E

27,63

Cadauno E

17,69

punto comando interrotto luminoso

punto comando interrotto con interruttore bipolare

punto comando deviato

punto comando deviato luminoso

punto comando invertito

punto a relè (compreso relè)

punto comando a pulsante per comando di più punti luce

punto comando a pulsante luminoso per comando di più punti luce

punto con comando a tirante

punto luce semplice

Listino impianti elettrici 459

punto luce di emergenza Cadauno E

15,56

Cadauno E

58,50

Cadauno E

56,29

Cadauno E

25,31

Cadauno E

26,73

Cadauno E

28,15

Cadauno E

29,57

Cadauno E

34,34

punto luce modulare di emergenza

punto chiamata fuori porta, completo di suoneria o ronzatore, interni

punto presa FM da 2x10 A+T

punto presa FM da 2x16 A+T

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo UNEL

punto presa FM da 2x10 A+T e 2x10/16 A+T, tipo bipasso in combinazione

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso o UNEL. Protetta da interruttore differenziale da 10/30 MA Cadauno E

132,66

posto di lavoro tipo 1 composto da: 1 presa 2x10/16 A+T tipo bipasso; 2 prese 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

84,57

posto di lavoro tipo 2 composto da: 1 presa 2x10/16 A+T tipo bipasso, 2 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

161,07

posto di lavoro tipo 2 composto da: 3 prese 2x10/16 A+T tipo bipasso, 3 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

106,53

posto di lavoro tipo 2 composto da: 3 prese 2x10/16 A+T tipo bipasso, 3 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

175,27

Cadauno E

27,44

Cadauno E

43,58

Cadauno E

51,00

punto presa telefonica tipo RJ 11

punto presa telefonica tipo RJ45

punto presa trasmissione dati tipo RJ45

460

Appendice B

punto presa trasmissione dati tipo a connettore Cadauno E

58,10

Cadauno E

43,90

Cadauno E

132,99

Cadauno E

143,64

punto presa TV

punto comando termostato

punto comando rivelatore di GAS

PUNTI ALLACCIAMENTI VARI DA INCASSO (APPARECCHI STANDARD) Fornitura e posa in opera di allacciamento riferiti a punti luce, punti di comando e punti utilizzatori, comprendenti: cassetta di derivazione in poliestere antiurto di dimensioni 92x92 mm completa di morsetti a serraggio indiretto, tubazioni flessibili in PVC pesante diametro minimo 20 mm, conduttori unipolari tipo N07V-K di sezione minima 1,5 mmq, apparecchio di comando modulare componibile 10-16 A/250 V, supporto in resina, placca in tecnopolimero di colore a scelta della D.L., posto entro scatola porta apparecchi in resina, di dimensioni 104x64 mm. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto comando interrotto Cadauno E

21,03

Cadauno E

23,59

Cadauno E

23,59

Cadauno E

33,12

Cadauno E

36,91

Cadauno E

47,76

Cadauno E

22,31

Cadauno E

21,03

Cadauno E

23,59

Cadauno E

24,87

Cadauno E

17,69

punto comando interrotto luminoso

punto comando interrotto con interruttore bipolare

punto comando deviato

punto comando deviato luminoso

punto comando invertito

punto a relè (compreso relè)

punto comando a pulsante per comando di più punti luce

punto comando a pulsante luminoso per comando di più punti luce

punto con comando a tirante

punto luce semplice

Listino impianti elettrici 461

punto luce di emergenza Cadauno E

17,69

Cadauno E

55,50

Cadauno E

50,66

Cadauno E

22,79

Cadauno E

24,06

Cadauno E

25,34

Cadauno E

26,61

Cadauno E

31,59

punto luce modulare di emergenza

punto chiamata fuori porta, completo di suoneria o ronzatore, interni

punto presa FM da 2x10 A+T

punto presa FM da 2x16 A+T

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo UNEL

punto presa FM da 2x10 A+T e 2x10/16 A+T, tipo bipasso in combinazione

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso o UNEL. Protetta da interruttore differenziale da 10/30 MA Cadauno E

122,10

posto di lavoro tipo 1 composto da: 1 presa 2x10/16 A+T tipo bipasso; 2 prese 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

77,80

posto di lavoro tipo 2 composto da: 1 presa 2x10/16 A+T tipo bipasso, 2 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

148,19

posto di lavoro tipo 2 composto da: 3 prese 2x10/16 A+T tipo bipasso, 3 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

98,00

posto di lavoro tipo 2 composto da: 3 prese 2x10/16 A+T tipo bipasso, 3 prese tipo 2x10/16 A+T tipo UNEL, 1 presa RJ45 per punto telefonico (solo predisposizione), 2 prese RJ45 per punto trasmissione dati (solo predisposizione) Cadauno E

161,25

Cadauno E

24,10

Cadauno E

40,00

Cadauno E

48,00

punto presa telefonica tipo RJ11

punto presa telefonica tipo RJ45

punto presa trasmissione dati tipo RJ45

462

Appendice B

punto presa trasmissione dati tipo a connettore Cadauno E

55,10

Cadauno E

40,90

Cadauno E

123,40

Cadauno E

135,00

punto presa TV

punto comando termostato

punto comando rivelatore di GAS

PUNTI UTILIZZATORI IN ESECUZIONE A VISTA IP44 Fornitura e posa in opera di allacciamento riferiti a punti luce, punti di comando e punti utilizzatori, comprendenti: cassetta di derivazione in PVC stagna antiurto di dimensioni 100x100 mm completa di morsetti a serraggio indiretto, tubazioni in PVC rigido autoestinguente pesante diametro minimo 20 mm, conduttori unipolari tipo N07V-K di sezione minima 1,5 mmq, apparecchio di comando modulare componibile 10-16 A/250 V, in contenitori con grado di protezione IP44. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto comando interrotto Cadauno E

43,90

Cadauno E

46,74

Cadauno E

72,95

Cadauno E

83,60

Cadauno E

36,47

Cadauno E

29,37

Cadauno E

39,47

Cadauno E

21,95

Cadauno E

18,40

Cadauno E

39,28

Cadauno E

40,35

punto comando interrotto luminoso

punto comando deviato

punto comando deviato luminoso

punto a relè (compreso relè)

punto comando a pulsante per comando di più punti luce

punto comando a pulsante luminoso per comando di più punti luce

punto luce semplice

punto luce di emergenza

punto presa FM da 2x16 A+T

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso

Listino impianti elettrici 463

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo UNEL con terminali di terra laterali (Schuko) Cadauno E

41,41

Cadauno E

46,90

Cadauno E

49,39

punto presa FM da 2x10 A+T e 2x10/16 A+T, tipo bipasso in combinazione

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso o UNEL. Protetta da fusibile

punto presa FM da 2x10/16 A+T, tipo bipasso o UNEL. Protetta da interruttore differenziale da 10/30 MA Cadauno E

147,19

Cadauno E

126,53

Cadauno E

59,72

punto di alimentazione batteria presa FM

punto comando strumentazione

PUNTI UTILIZZATORI A VISTA IP55 - IP67 Fornitura e posa in opera di allacciamento riferiti a punti luce, punti di comando e punti utilizzatori, comprendenti: cassetta di derivazione in PVC stagna antiurto di dimensioni 100x100 mm completa di morsetti a serraggio indiretto, tubazioni in PVC rigido autoestinguente pesante diametro minimo 20 mm, conduttori unipolari tipo N07V-K di sezione minima 1,5 mmq, apparecchio di comando modulare componibile 10-16 A/250 V, in contenitori con grado di protezione IP55 - IP67. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto comando interrotto Cadauno E

51,00

Cadauno E

52,42

Cadauno E

91,67

Cadauno E

36,80

Cadauno E

35,38

Cadauno E

22,98

punto comando interrotto luminoso

punto comando deviato

punto comando a relè

punto comando a pulsante per comando punto relè

punto luce semplice

PUNTI DI ALIMENTAZIONE MACCHINE A VISTA IP67 Fornitura e posa in opera di punti di alimentazione macchina in esecuzione a vista, grado di protezione IP67, costituito da: cassetta di derivazione in lega leggera, tubazione in acciaio zincato di diametro minimo 25 mm, serie leggera, completo di raccordi, giunzioni e quanto altro necessario ad eseguire un’installazione in accordo con le normative vigenti, cavi multipolari di tipo a doppio isolamento di sezione adeguata al carico o come indicata negli elaborati di progetto. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto alimentazione macchina fino a 3 kW Cadauno E

105,23

464

Appendice B

punto di alimentazione macchina da 3 kW a 5,5 kW Cadauno E

119,43

Cadauno E

160,42

Cadauno E

181,73

Cadauno E

199,48

Cadauno E

234,99

Cadauno E

270,49

Cadauno E

306,00

Cadauno E

341,51

Cadauno E

387,67

punto alimentazione macchina da 5,5 kW a 7,5 kW

punto alimentazione macchina da 7,5 kW a 11 kW

punto alimentazione macchina da 11 kW a 17,5 kW

punto alimentazione macchina da 17,5 kW a 25 kW

punto alimentazione macchina 25 kW a 32 kW

punto alimentazione macchina 32 kW a 37,5 kW

punto alimentazione macchina 37,5 kW a 55 kW

punto alimentazione macchina oltre 55 kW

ALIMENTATORE DI LINEA Fornitura e posa in opera di accoppiatore di linea, 640 mA, completo di bobina integrata, di tipo modulare a 7 unità modulare, tensione nominale di alimentazione 230 V ac, tensione nominale di contatto secondario: SELV (bassissima tensione di sicurezza) 29 V dc, allacciamento primario tramite morsetti senza viti da 1 mmq a 2,5 mmq, allacciamento secondario tramite contatto su striscia dati, grado di protezione IP20, completo di ogni accessorio di montaggio e collegamento. Nel prezzo si intende c.s. Cadauno E

440,01

ACCOPPIATORE DI LINEA E CAMPO Fornitura e posa in opera di accoppiatore di linea necessario per eseguire il collegamento fra le diverse linee/campi funzionali, con funzione di suddivisione galvanica delle linee bus, le une dalle altre, apparecchio modulare da 4 unità modulari, collegamento alla linea principale tramite morsetti BUS e alla linea secondaria tramite contatti sulla striscia dati. Grado di protezione IP20, completo di ogni accessorio di montaggio e collegamento. Cadauno E

441,96

INTERFACCIA RS232 Fornitura e posa in opera di interfaccia RS232, con funzione di collegamento con un PC, tramite connettore Sub D a nove 9, per l’indirizzamento, la parametrizzazione, la visualizzazione e la diagnosi dei componenti BUS. Collegamento al BUS tramite contatto su striscia dati. Interfaccia RS232. Cadauno E

321,68

APPARECCHIO DI INTERFACCIA RS232 Fornitura e posa in opera di interfaccia RS232, con funzione di collegamento con un PC, tramite connettore Sub D a nove 9, per l’indirizzamento, la parametrizzazione, la visualizzazione e la diagnosi dei componenti BUS. Apparecchio da applicare ad un accoppiatore BUS, completo di cornice di montaggio. Interfaccia RS232. Cadauno E

162,55

Listino impianti elettrici 465

CAVETTO BUS DI CONTROLLO Cavetto Bus di controllo, comando e regolazione formato da 4 conduttori a 2 coppie (rosso-nero per il collegamento dei componenti bus e bianco-giallo per un ulteriore alimentazione SELV o come cavetto bus di riserva) schermate e ritorte. Cavo tipo YCY11 di sezione 2x2x0,8 mmq, tensione di prova tra conduttore e schermo 4 kV, temperatura di esercizio sul cavo 70°, diametro esterno circa 6,1 mm Cadauno E

1,58

ACCOPPIATORE BUS Accoppiatore Bus UP110 per montaggio incassato in scatole tonde da 60 mm, necessario al collegamento alla linea BUS di elementi di comando o attuazione. Collegamento alla linea BUS tramite morsetto BUS. Cadauno E

137,80

PROTEZIONE DI SOVRATENSIONE Protezione contro le sovratensioni, per gli apparecchi bus, inserita nell’apparecchio stesso oppure collegata direttamente al morsetto BUS dell’apparecchio BUS. La sovratensione viene scaricata collegando il conduttore di terra giallo/verde alla presa successiva. Tensione nominale 24 V dc, corrente nominale 6 A, corrente impulsiva di dispersione nominale 5 kA, livello di protezione 350 V. Cadauno E

86,25

STRISCIA DATI 190 LUNGHEZZA 214 mm Striscia dati 190. Viene incollata sulla guida ad omega e stabilisce il collegamento fra apparecchio ed apparecchio mediante i contatti a pressione degli apparecchi stessi. La striscia è del tipo a quattro piste, due per la tensione BUS, due per il collegamento dell’alimentatore alla bobina. Striscia dati di lunghezza 214 mm, per 12 u.m. Cadauno E

26,13

STRISCIA DATI 190 LUNGHEZZA 243 mm Striscia dati 190. Viene incollata sulla guida ad omega e stabilisce il collegamento fra apparecchio ed apparecchio mediante i contatti a pressione degli apparecchi stessi. La striscia è del tipo a quattro piste, due per la tensione BUS, due per il collegamento dell’alimentatore alla bobina. Striscia dati di lunghezza 243 mm, per 14 u.m. Cadauno E

26,56

MODULI PRINCIPALI - SISTEMA DUEMMEGI Fornitura e posa in opera di sistema di alimentazione comando e controllo tipo BUS, in esecuzione modulare, composto da modulo di gestione dell’intero sistema BUS attraverso le funzioni and, or, not, passo-passo, marcia-arresto, orologio, temporizzazione ecc.; moduli di ingresso e uscita digitali, moduli di ingresso e uscita analogici tipo 0-10 V o 4-20 mA, moduli ausiliari per la realizzazione di comandi e controlli delle apparecchiature in campo. MODULO DI GESTIONE Modulo di gestione dell’intero sistema BUS attraverso le funzioni and, or, not, passo-passo, marcia-arresto, orologio, temporizzazione ecc. tipo DUEMMEGI serie Contatto art. MCPMOD/Plus. Cadauno E

849,92

MODULO DI GESTIONE Modulo di gestione dell’intero sistema BUS attraverso le funzioni and, or, not, passo-passo, marcia-arresto, orologio, temporizzazione ecc. Accessoriato con porta RS485 per operare tramite protocollo MODBUS ed altri. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. MCPMOD/Plus. Cadauno E

1.058,17

MODULO DI REGOLAZIONE Modulo di regolazione e trasmissione della temperatura a distanza, funzionamento attraverso un set-point di temperatura tipo DUEMMEGI serie Contatto art. CLIMA o CLIMA /S. Cadauno E

199,63

MODULO DI ATTUAZIONE Modulo di attuazione con 4 contatti in ingresso e 4 contatti in uscita. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. MOD4-4R. Cadauno E

278,98

466

Appendice B

ALIMENTATORE SWITCHING Alimentatore switching a basso profilo, completo di controllo per sovraccarico, sovratemperatura interna, corto circuito e tensione di uscita. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. ABP/2.5-115-230/24 V. Cadauno E

138,91

ALIMENTATORE SWITCHING Alimentatore switching a basso profilo, completo di controllo per sovraccarico, sovratemperatura interna, corto circuito e tensione di uscita. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. ABP/6,5-115-230/24 V. Cadauno E

219,34

ALIMENTATORE SWITCHING Alimentatore switching a basso profilo, completo di controllo per sovraccarico, sovratemperatura interna, corto circuito e tensione di uscita. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. ABP/12.5-115-230/24 V. Cadauno E

295,49

PROGRAMMATORE DI INDIRIZZI Programmatore di indirizzi all’interno dei moduli di comando con capacità diagnostica del sistema. Tipo DUEMMEGI serie Contatto art. FXPRO. Cadauno E

283,24

MODULO DI GESTIONE Modulo di gestione dell’intero sistema BUS attraverso le funzioni and, or, not, passo-passo, marcia-arresto, orologio, temporizzazione ecc. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DFRS. Cadauno E

192,71

MODULO ALIMENTATORE Modulo alimentatore 230 V 50 Hz 20 VA, tensione di uscita sistema BUS 18 V, esecuzione modulare per profilo DIN tipo DUEMMEGI serie Domino art. DFPW. Cadauno E

198,03

MODULO DI ATTUAZIONE Modulo di attuazione con 4 contatti in ingresso digitali per contatti NA. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DF4I. Cadauno E

110,15

MODULO DI ATTUAZIONE Modulo di attuazione con 4 contatti in ingresso digitali per contatti NA e virtuali. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DF4I/V. Cadauno E

131,46

Cadauno E

190,04

Cadauno E

219,33

MODULO DI COMANDO Modulo di comando a 2 relè. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DF2R.

MODULO DI COMANDO Modulo di comando a 4 relè. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DF4R.

MODULO DI COMANDO PER TAPPARELLE Modulo di comando per 2 tapparelle o tende avvolgibili motorizzate. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DFTP. Cadauno E

190,04

Cadauno E

187,37

MODULO DIMMER Modulo dimmer di comando lampade. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DFDM.

Listino impianti elettrici 467

MODULO OROLOGIO Modulo orologio. Tipo DUEMMEGI serie Domino art. DFCK. Cadauno E

187,38

SOFTWARE DI SUPERVISIONE Software di supervisione in ambiente Windows fino a 1024 punti.Tipo DUEMMEGI serie Domino art. BD-TOOLS. Cadauno E

1.031,25

POSTO DI LAVORO FONIA/DATI Fornitura e posa in opera di posto di lavoro fonia/dati, composto da una o più prese di telecomunicazione RJ45 cat.5 Enhanced (presa RJ45 tipo AMP 406372-1 e placca 503 autoportante AMP), esclusa la fornitura e posa del cavo UTP e comprensiva di: - terminazione dei cavi UTP sulle prese di telecomunicazione e sul patch panel all’interno dell’armadio di distribuzione; - etichettatura delle prese di telecomunicazione e del pannello precaricato all’interno dell’armadio di distribuzione; - certificazione di ogni link UTP con reflettometro in base alla norma EN50173 Link Classe D; - stampa, per ogni link UTP, del report di tutte le misure effettuate dal reflettometro, con evidenziata la conformità alla norma sopracitata; - accessori di montaggio, esclusa la fornitura della scatola 503. posto di lavoro con 1 presa RJ45 Cadauno E

36,15

Cadauno E

59,39

Cadauno E

82,63

Cadauno E

100,71

posto di lavoro con 2 prese RJ45

posto di lavoro con 3 prese RJ45

posto di lavoro con 4 prese RJ45

ARMADIO DI DISTRIBUZIONE RACK 19" A PAVIMENTO Fornitura e posa in opera di armadio di distribuzione rack 19" a pavimento, atto al contenimento dei patch panel, relativi al cablaggio orizzontale, al cablaggio di dorsale ed al raccordo verso il sistema telefonico, e degli apparati per l’attivazione della rete locale. L’armadio è formato da una struttura metallica con zoccolo H 100 mm, porta in vetro temperato completa di serratura con chiave, coppia di montanti rack 19", ed è dimensionato per garantire un’espansione minima del 50% per numero di prese di telecomunicazione e numero di porte degli apparati di rete. La fornitura comprende: - posizionamento e montaggio meccanico dell’armadio; - accessori vari di complemento; - ogni onere ed accessorio per l’esecuzione del lavoro a regola d’arte. armadio 24 unità, dimensioni minime 125x60x60 cm (HxLxP), in opera Cadauno E

774,69

Cadauno E

1.032,91

armadio 43 unità, dimensioni minime 210x60x60 cm (HxLxP), in opera

ARMADIO DI DISTRIBUZIONE RACK 19" A PARETE Fornitura e posa in opera di armadio di distribuzione rack 19" a parete, atto al contenimento dei patch panel, relativi al cablaggio orizzontale, al cablaggio di dorsale ed al raccordo verso il sistema telefonico, e degli apparati per l’attivazione della rete locale. L’armadio è formato da una struttura metallica con elementi di fissaggio a parete, porta in vetro temperato completa di serratura con chiave, coppia di montanti rack 19", ed è dimensionato per garantire un’espansione minima del 50% per numero di prese di telecomunicazione e numero di porte degli apparati di rete. La fornitura comprende: - posizionamento e fissaggio dell’armadio alla parete; - accessori vari di complemento; - ogni onere ed accessorio per l’esecuzione del lavoro a regola d’arte.

468

Appendice B

armadio 9 unità, dimensioni minime 50x60x50 cm (HxLxP), in opera Cadauno E

464,81

Cadauno E

516,46

armadio 15 unità, dimensioni minime 75x60x50 cm (HxLxP), in opera

PATCH PANEL CON 24 PRESE RJ45 UTP PER CABLAGGIO ORIZZONTALE Fornitura e posa in opera di Patch panel 1 unità, con 24 prese RJ45 UTP cat.5 Enhanced (tipo AMP 406330-1) per la terminazione dei cavi UTP del cablaggio orizzontale, completo di dadi e viti a gabbia per il fissaggio ai montanti rack 19" e comprensivo del montaggio meccanico all’interno dell’armadio di distribuzione. patch panel con 24 prese RJ45 per cablaggio orizzontale, in opera Cadauno E

149,77

PATCH PANEL CON 24 PRESE RJ45 UTP PER CABLAGGIO DI DORSALE E/O RACCORDO AL SISTEMA TELEFONICO Fornitura di patch panel 1 unità, con 24 prese RJ45 UTP cat.5 Enhanced (tipo AMP 406330-1) per la terminazione dei cavi telefonici relativi al cablaggio di dorsale e/o al raccordo verso il sistema telefonico, completo di dadi e viti a gabbia per il fissaggio ai montanti rack 19" e comprensivo del montaggio meccanico dell’armadio di distribuzione e della terminazione del cavo telefonico sulle prese RJ45 (2 coppie su ogni presa). patch panel con 24 prese RJ45 per cablaggio di dorsale..., in opera Cadauno E

206,58

CONNETTORE OTTICO SC DUPLEX CON BUSSOLA DA PANNELLO Fornitura e posa in opera di connettore ottico SC Duplex per Fibra Ottica multimodale, per la terminazione dei cavi ottici relativi al cablaggio di dorsale, composto da due connettori SC (tipo AMP 503692-1) ed una bussola SC Duplex da pannello (tipo AMP 504640-1) e comprensivo di: - terminazione di due Fibre Ottiche multimodali sui connettori; - certificazione del Link Ottico con Power meter per verificarne la rispondenza alla norma EN50173 Link ottico; - stampa, per ogni link UTP, del report di tutte le misure effettuate dal reflettometro, con evidenziata la conformità alla norma sopracitata. connettore ottico SC Duplex con bussola da pannello, in opera Cadauno E

82,63

PANNELLO GUIDA PATCH 1 UNITÀ Fornitura e posa in opera di pannello guida patch 1 unità con cinque anelli metallici per una corretta gestione dei patch cord all’interno dell’armadio di distribuzione, completo di dadi e viti a gabbia per il fissaggio ai montanti rack 19" e comprensivo del montaggio meccanico. pannello guida patch 1 unità, in opera Cadauno E

27,37

PANNELLO DI ALIMENTAZIONE ELETTRICA Fornitura di pannello di alimentazione elettrica rack 19", con sei prese UNEL ed interruttore luminoso, completo di dadi e viti a gabbia per il fissaggio ai montanti rack 19" e comprensivo del montaggio meccanico all’interno dell’armadio di distribuzione. pannello di alimentazione elettrica 6 prese UNEL Cadauno E

100,71

PATCH CORD E WORK AREA CABLE CON CAVO BILANCIATO UTP Fornitura di Patch cord e Work Area Cable cat.5 Enhanced (tipo AMP 941761), composti da cavo UTP 4 coppie cat.5 Enhanced terminato su ambo i lati con connettori RJ45 maschio, per la permutazione sull’armadio di distribuzione e per il collegamento del terminale alla presa di telecomunicazione. patch cord UTP lunghezza 1 m Cadauno E

4,23

Listino impianti elettrici 469

patch cord UTP lunghezza 2 m Cadauno E

5,16

Cadauno E

5,94

Cadauno E

8,52

work Area Cable UTP lungh. 3 m

work Area Cable UTP lungh. 5 m

PATCH CORD OTTICO BIFIBRA Fornitura di Patch cord ottico bifibra (tipo AMP 349565), composto da cavo ottico bifibra multimodale 50/125 terminato su ambo i lati con connettori SC Duplex, per la permutazione sull’armadio di distribuzione. patch cord ottico bifibra 50/125 SC/SC, lunghezza 1 m Cadauno E

35,12

Cadauno E

37,18

patch cord ottico bifibra 50/125 SC/SC, lunghezza 2 m

CAVO BILANCIATO UTP CAT.5 ENHANCED CON GUAINA LSZH Fornitura e posa in opera, entro cavidotti predisposti (esclusi dalla presente voce), di cavo bilanciato UTP 4 coppie cat.5 Enhanced (Tipo AMP 57538-2), con guaina LSZH (Low Smoke Zero Halogen), per la distribuzione orizzontale dall’armadio di distribuzione alla presa di telecomunicazione. cavo UTP 4 coppie cat.5 Enhanced LSZH, in opera al m E

1,19

CAVO MULTICOPPIA TELEFONICO Fornitura e posa in opera, entro cavidotti predisposti (esclusi dalla presente voce), di cavo telefonico multicoppia TsR (Tipo Alcatel TsR-R), con guaina in PVC conforme Norme CEI 20-22., per cablaggio di dorsale e/o raccordo al sistema telefonico. cavo telefonico TsR-R 50 coppie, in opera. al m E

7,23

al m E

10,07

cavo telefonico TsR-R 100 coppie, in opera.

CAVO OTTICO MULTIMODALE Fornitura e posa in opera, entro cavidotti predisposti (esclusi dalla presente voce), di cavo ottico per interno/esterno (tipo AMP 2-59962X-7, X = numero di fibre ottiche) con Fibre Ottiche multimodali 50/125 inserite all’interno di tubetto loose protetto da filati di vetro e guaina esterna LSZH, per cablaggio di dorsale. cavo ottico in/out con 4 F.O. multimodali 50/125, in opera. al m E

6,20

al m E

7,23

al m E

8,26

cavo ottico in/out con 8 F.O. multimodali 50/125, in opera.

cavo ottico in/out con 12 F.O. multimodali 50/125, in opera.

SWITCH FAST ETHERNET Fornitura e posa in opera di Switch gestito SNMP ed RMON (Tipo HP ProCurve 4000M o 25xx) con porte Fast Ethernet dual speed 10BaseT/100BaseTX autosensing, adatto all’inserimento su slot liberi, di moduli di uplink Gigabit Ethernet 1000BaseT e 1000BaseSX/LX. Completo di montaggio meccanico sull’armadio di distribuzione e verifica del corretto funzionamento.

470

Appendice B

switch HP 2512 - 12 porte 10/100 con 2 slot liberi Cadauno E

1.032,91

Cadauno E

1.446,08

Cadauno E

3.604,87

switch HP 2524 - 24 porte 10/100 con 2 slot liberi

switch hp 4000m - 40 porte 10/100 con 5 slot liberi

PULSANTIERA ESTERNA PER CITOFONO Fornitura e posa in opera di pulsantiera da incasso o da parete per posto di chiamata esterno del tipo normale, completa di posto esterno fonico amplificato, con regolatore di guadagno, contenitore da incasso o da parete, eventuale tettuccio antipioggia, dispositivo di illuminazione, pulsanti e cartellini, completo di lampade. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere per il collegamento alla linea predisposta, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. pulsantiera esterna a 1 pulsante Cadauno E

97,47

Cadauno E

107,12

Cadauno E

116,68

Cadauno E

127,06

Cadauno E

136,62

Cadauno E

147,66

Cadauno E

169,54

Cadauno E

198,95

pulsantiera esterna a 2 pulsanti

pulsantiera esterna a 3 pulsanti

pulsantiera esterna a 4 pulsanti

pulsantiera esterna a 5 pulsante

pulsantiera esterna a 6 pulsanti

pulsantiera esterna a 8 pulsanti

pulsantiera esterna a 10 pulsanti

PULSANTIERA ESTERNA PER CITOFONO, ANTIVANDALISMO Fornitura e posa in opera di pulsantiera da incasso o da parete per posto di chiamata esterno del tipo antivandalo, completa di posto esterno fonico amplificato, con regolatore di guadagno, contenitore da incasso o da parete, eventuale tettuccio antipioggia, dispositivo di illuminazione, pulsanti e cartellini, completo di lampade. Nel prezzo si intende c.s. pulsantiera esterna a 1 pulsante, antivandalismo Cadauno E

108,03

Cadauno E

119,02

Cadauno E

129,64

pulsantiera esterna a 2 pulsanti, antivandalismo

pulsantiera esterna a 3 pulsanti, antivandalismo

Listino impianti elettrici 471

pulsantiera esterna a 4 pulsanti, antivandalismo Cadauno E

141,18

Cadauno E

151,80

Cadauno E

164,08

Cadauno E

188,38

Cadauno E

221,06

pulsantiera esterna a 5 pulsante, antivandalismo

pulsantiera esterna a 6 pulsanti, antivandalismo

pulsantiera esterna a 8 pulsanti, antivandalismo

pulsantiera esterna a 10 pulsanti, antivandalismo

CITOFONO PER POSTO INTERNO Fornitura e posa in opera di citofono per posto interno da parete o da tavolo, completo di ronzatore e tasti di servizio, per impianti di portiere elettrico e/o centralino di portineria con o senza posto esterno, tipo e colore approvato dalla D.L. Nel prezzo si intende c.s. citofono a 1 tasto + apriporta Cadauno E

31,20

Cadauno E

48,45

Cadauno E

8,21

citofono a 5 tasti + apriporta

tasto e pulsante supplementare

ALIMENTATORE PER CITOFONO Fornitura e posa in opera di alimentatore stabilizzato per impianti citofonici, tensione di ingresso 230 V 50 Hz, completo di trasformatore 30 VA autoprotetto da corto circuito e sovraccarico, tipo modulare 17,5 mm a scatto su guida DIN EN 50022. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. alimentatore per citofono Cadauno E

98,69

COMMUTATORE SU CITOFONO INTERNO Fornitura e posa in opera di commutatore per l’esclusione del posto esterno quando si effettua una chiamata interna. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. commutatore su citofono interno Cadauno E

106,12

CENTRALINO CITOFONICO Fornitura e posa in opera di centralino citofonico in versione unico da incasso tavolo, da incasso parete e da esterno parete, con possibilità di chiamata selettiva su apparecchi derivati in conversazione segreta, completo di indicatore delle chiamate tramite ronzatore e LED, tipo e colore approvato dalla D.L. Garanzia tre anni dal collaudo tecnico dell’impianto. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. centralino citofonico fino a 10 linee Cadauno E

441,17

472

Appendice B

centralino citofonico fino a 20 linee Cadauno E

521,47

Cadauno E

649,85

Cadauno E

740,78

Cadauno E

838,29

Cadauno E

934,63

centralino citofonico fino a 30 linee

centralino citofonico fino a 40 linee

centralino citofonico fino a 50 linee

centralino citofonico fino a 60 linee

PUNTO USCITA IMPIANTO CITOFONO CON SCATOLA DI DERIVAZIONE Fornitura e posa in opera di punto uscita per impianto citofonico, da incasso o da parete, comprensivo di cavetto citofonico multipolare e tubazione in PVC diam. 25 mm, scatola di derivazione e quanto altro necessita. Il prezzo si intende da scatola di derivazione principale inclusa fino al punto di utilizzo, inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita citofono interno, con scatola di derivazione Cadauno E

33,60

Cadauno E

50,40

punto uscita citofono esterno, con scatola di derivazione

PUNTO USCITA IMPIANTO CITOFONO DALL’ALIMENTATORE Fornitura e posa in opera di punto uscita per impianto citofonico, da incasso o da parete, comprensivo di cavetto citofonico multipolare e tubazione in PVC diam. 25 mm, scatola di derivazione e quanto altro necessita. Il prezzo si intende da scatola di derivazione principale inclusa fino al punto di utilizzo, inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita, citofono interno, dall’alimentatore Cadauno E

33,60

Cadauno E

50,40

punto uscita citofono esterno, dall’alimentatore

POSTO ESTERNO CON VIDEOCITOFONO ANTIVANDALISMO Fornitura e posa in opera di pulsantiera da incasso o da parete per posto di chiamata esterno con videocitofono, tipo antivandalismo, completa di modulo di chiamata con tastiera a membrana, con possibilità di estensione numerica di funzioni e/o tastiera alfanumerica; modulo audio completo di altoparlante, microfono, preamplificatore con regolatore di guadagno, pulsanti di servizi ausiliari; modulo video con obiettivo afocale fissa, gruppo di riscaldamento per evitare l’appannamento del vetrino, microinterruttore per la segnalazione di una eventuale apertura; contenitore da incasso o da parete, eventuale tettuccio antipioggia, dispositivo di illuminazione pulsanti o cartellini. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere per il collegamento alla linea predisposta, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. posto esterno con videocitofono a 2 pulsanti, antivandalismo Cadauno E

499,07

Cadauno E

530,60

posto esterno con videocitofono a 4 pulsanti, antivandalismo

Listino impianti elettrici 473

VIDEOCITOFONO POSTO INTERNO Fornitura e posa in opera di monitor, da incasso o da parete per posto di chiamata interno con monitor 4", schermo fumé, comandi per luce scale, apriporta, suoneria e tasti di servizio, intercomunicante fino a tre unità; commutatore video. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere per il collegamento alla linea predisposta, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. posto interno con videocitofono, a 4 pulsanti, in B/N Cadauno E

417,52

Cadauno E

612,19

posto interno con videocitofono a 4 pulsanti, a colori

ALIMENTATORE PER VIDEOCITOFONO Fornitura e posa in opera di alimentatore stabilizzato per impianti videocitofonici, tensione di ingresso 230 V 50 Hz, completo di trasformatore 30 VA autoprotetto da cortocircuito e sovraccarico, tipo modulare 17,5 mm a scatto su guida DIN EN 50022. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. alimentatore per videocitofono, 60 VA Cadauno E

220,20

COMMUTATORE SU VIDEOCITOFONO INTERNO Fornitura e posa in opera di commutatore per l’esclusione del posto esterno quando il videocitofono effettua una chiamata interna. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. commutatore su videocitofono interno Cadauno E

163,47

PUNTO USCITA IMPIANTO VIDEOCITOFONO, DALL’ALIMENTATORE Fornitura e posa in opera di punto uscita per impianto citofonico, da incasso o da parete, comprensivo di cavetto citofonico multipolare e tubazione in PVC diam. 32 mm, scatola di derivazione e quanto altro necessita. Il prezzo si intende comprensivo di “QUOTA PARTE” di linea di distribuzione a partire dall’alimentatore, con propria tubazione, scatole di derivazione e linea di alimentazione. Inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita videocitofono interno, dall’alimentatore Cadauno E

33,60

Cadauno E

84,00

punto uscita videocitofono interno, dall’alimentatore, max 25 m

CENTRALE D’ALLARME A MICROPROCESSORE NON ESPANDIBILE Fornitura e posa in opera di centrale d’allarme antifurto di piccole o medie dimensioni, certificata ed eseguita secondo le norme vigenti CEI 79-2 completa di minimo 3 massimo 8 ingressi escludibili singolarmente, 4 uscite per sirene o segnalazioni esterne, controllo separato del tempo di entrata ed uscita, segnalazione di manomissione, ingresso per chiave elettronica o tastiera. Alimentatore 230 V ac 1 Ah, capacità batteria alloggiabile 6 Ah, contenitore a portello con micro di protezione ed antistrappo. Nel prezzo di intendono compreso e compensati gli oneri per l’allacciamento alle linee predisposte, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. centrale a microprocessore 4 ingressi Cadauno E

356,72

Cadauno E

436,64

centrale a microprocessori 8 ingressi

474

Appendice B

CENTRALE D’ALLARME A MICROPROCESSORE ESPANDIBILE Fornitura e posa in opera di una centrale d’allarme antifurto espandibile, versione base 16 ingressi. Certificata ed eseguita secondo le norme vigenti CEI 79-2, completa di tastiera di comando e programmazione LCD, possibilità di installazione chiave elettronica riprogrammabile, uscite di allarme associabili: codice installatore, codice supervisore, trasmettitore telefonico digitale con sintesi vocale, memoria ultimi 1000 eventi, possibilità di attivazione a gruppi; massima espansione 128 zone. Alimentazione 12 V dc; alimentatore 3 Ah. Nel prezzo di intendono compreso e compensati gli oneri per l’allacciamento alle linee predisposte, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. centrale espandibile 16 zone Cadauno E

965,24

Cadauno E

158,54

modulo espansione 8 ingressi

RIVELATORE PASSIVO AD INFRAROSSO Fornitura e posa in opera di contatti magnetici NC da incasso o a giorno, due fili per il contatto e due per l’antimanomissione. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. contatto magnetico da incasso NC 4 fili Cadauno E

28,59

Cadauno E

29,46

Cadauno E

35,74

contatto magnetico a giorno NC 4 fili

contatto magnetico NC a giorno in alluminio 4 fili

RIVELATORE PASSIVO AD INFRAROSSO Fornitura e posa in opera di rivelatore passivo infrarosso, a microprocessore, focalizzazione con lente di Fresnel, completo di contatti di protezione contro l’apertura e la rimozione, led di segnalazione, compensazione automatica della temperatura, regolazione della sensibilità. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. rivelatore volumetrico portata 13 x 13 m Cadauno E

70,71

Cadauno E

86,26

Cadauno E

188,85

Cadauno E

87,79

rivelatore volumetrico portata 18 m

rivelatore volumetrico a soffitto portata diam. 15 m

rivelatore volumetrico a tenda corridoio portata 25 m

RIVELATORE A DOPPIA TECNOLOGIA Fornitura e posa in opera di rivelatore a doppia tecnologia, infrarosso e microonda, conforme alle prescrizioni CEI 79-2, completo di contatti di protezione contro l’apertura e la rimozione, led di segnalazione. Compensazione elettronica della temperatura, filtro per disturbi sia su PIR che su MW. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. volumetrico infrarosso + microonda a cavità portata 11x9 Cadauno E volumetrico infrarosso + microonda a cavità portata 18x18

103,36

Listino impianti elettrici 475

Cadauno E

161,65

TRASMETTITORE TELEFONICO Fornitura e posa in opera di trasmettitore telefonico con trasmissione in sintesi vocale, 2 ingressi di allarme, agenda di 9 numeri telefonici da 21 cifre ciascuna, controllo carica batterie e presenza linea telefonica. Alloggiamento batteria 12 V dc - 6 Ah. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. trasmettitore telefonico Cadauno E

270,45

ALIMENTATORI Fornitura e posa in opera di alimentatore supplementare per sistemi d’allarme, box metallico completo di serratura, alloggio batteria 6 Ah - 12 V dc. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. alimentatore da 15 Ah - 12 V dc Cadauno E

71,89

Cadauno E

121,24

Cadauno E

96,37

alimentatore da 3Ah - 12 V dc

alimentatore da 2Ah - 12 V dc

SIRENA DA INTERNO Fornitura e posa in opera di una sirena da interno, protezione antiapertura ed antistrappo. Coperchio in alluminio, 115 dB (a 1 metro). Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. sirena da interno Cadauno E

59,37

SIRENA DA ESTERNO Fornitura e posa in opera di una sirena da esterno autoprotetta e autoalimentata in un contenitore metallico, potenza 109 dB a 3 metri. Alloggiamento batteria 12 V - 6 Ah. Protezione antischiuma, protezione antiapertura e antistrappo; completo di lampeggiante. Nel prezzo si intende c.s. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. sirena da esterno Cadauno E

162,43

BARRIERE A MICROONDE DA ESTERNO Fornitura e posa in opera di barriera a microonde da esterno, composto da un trasmettitore TX ed un ricevitore RX, regolazione apertura raggio di copertura, regolazione tempo di intervento allarme. Alimentazione 12 V dc. Alloggiamento batterie da 12 V 2 Ah. Completo di staffa e palo di fissaggio e trasformatore. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. barriera a microonde da esterno portata fino a 60 m Cadauno E

1.521,68

Cadauno E

1.638,26

Cadauno E

1.910,26

barriera a microonde da esterno portata fino a 120 m

barriera a microonde da esterno portata fino a 200 m

476

Appendice B

BARRIERE AD INFRAROSSI ATTIVI DA ESTERNO Fornitura e posa in opera di barriere raggi attivi a doppio fascio di rivelazione controllo automatico del guadagno, con compensazione automatica dei segnali, velocità di rivelazione/intervento selezionabile. Alimentazione 12-30 V dc; completo di staffa di fissaggio. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. barriera ad infrarossi da esterno portata fino a 50 m Cadauno E

666,80

Cadauno E

725,10

Cadauno E

783,38

barriera ad infrarossi da esterno portata fino a 100 m

barriera ad infrarossi da esterno portata fino a 200 m

SISTEMI DI COMANDO Fornitura e posa in opera di serratura elettronica a microprocessore a tastiera, programmazione relè passo-passo o temporizzabile. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. tastiera con inserimento impianto on/off e parzializzazioni Cadauno E

274,34

ACCUMULATORI RICARICABILI Fornitura e posa in opera batterie per sistemi d’allarme e impianti antincendio, batterie ricaricabili ermetiche al piombo 12 V dc. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme alle prescrizioni CEI 79-2. batterie da 2 Ah - 12 V dc Cadauno E

19,42

Cadauno E

22,84

Cadauno E

62,17

Cadauno E

69,94

batterie da 6 Ah - 12 V dc

batterie da 17 Ah - 12 V dc

batterie da 24 Ah - 12 V dc

TELECAMERA A CIRCUITO CHIUSO Fornitura e posa in opera di telecamera (bianco/nero o a colori) a circuito chiuso, ad alta risoluzione, regolazione automatica del livello di luminosità, sensore di ripresa 1/3" CCD, sensibilità 1 lux, risoluzione 480 linee, sincronizzazione interna/esterna. Alimentazione: 12-24 V cc o 230 V ac. Nel prezzo si intende c.s. telecamera bianco/nero 12-24 V cc, 230 V dc Cadauno E

383,14

Cadauno E

763,95

telecamera a colori 12-24 V cc, 230 V dc

MONITOR DI SISTEMA Fornitura e posa in opera di monitor di sistema per sorveglianza, da tavolo, 230 V ac 20 W, regolazione frontale di luminosità e contrasto. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte.

Listino impianti elettrici 477

monitor tavolo bianco/nero 9" Cadauno E

340,39

Cadauno E

340,39

Cadauno E

754,23

Cadauno E

1.227,52

monitor tavolo bianco/nero 12"

monitor a colori da tavolo 14"

monitor a colori da tavolo 21"

SELETTORE CICLICO, INTERFACCIA TELECAMERE Fornitura e posa in opera di selettore ciclico a 4 ingressi telecamere ed allarme, 2 uscite, regolatore del tempo di scansione, funzionamento manuale e automatico. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. selettore ciclico 4 ingressi, 2 uscite, allarmato Cadauno E

634,16

Cadauno E

1.518,97

selettore ciclico 16 ingressi, 4 uscite, allarmato

VIDEOREGISTRATORE DIGITALE Fornitura e posa in opera di videoregistratore digitale su hard disk da 30 Gb espandibile, zoom elettronico 2X. Alimentazione 230 V ac. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. videoregistratore digitale, 30 Gb, 230 V ac Cadauno E

7.830,70

PUNTO USCITA, IMPIANTO SORVEGLIANZA A MONITOR, DALLA CENTRALE Fornitura e posa in opera di punto uscita di impianto di sorveglianza a monitor, da incasso o da parete, completo di cavo videocitofonico a 4x2 da 0,6 mmq, conduttori più coassiale 75 ohm e tubazione in PVC diametro 25 mm, scatola frutto, frutto. Il prezzo si intende comprensivo di “QUOTA PARTE” di linea di distribuzione a partire dalla centrale chiamata, con propria tubazione, scatole di derivazione e linea di distribuzione. Inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita dalla centrale per monitor Cadauno E

46,60

Cadauno E

46,60

punto uscita dalla centrale per loop

RIVELATORE TERMOVELOCIMETRICO PER CENTRALE ANALOGICA Fornitura e posa in opera di rivelatore termovelocimetrico di temperatura, differenziale, incremento di 6 °C a minuto primo, soglia fissa di intervento a 57 °C, da soffitto o da incasso, di tipo analogico adatto per l’inserimento in una linea principale di un modulo tecnica digitale “bus”, con le seguenti caratteristiche: sicura reazione alla temperatura; rivelazione della grandezza caratteristica dell’incendio e trasferimento del relativo valore di misura elettrico alla centrale; adeguamento alla soglia di allarme alle caratteristiche ambientali; segnalazione dello stato del sensore; identificazione del sensore in centrale in caso di allarme o di guasto. Completo di base standard. Conforme EN 54. Nel prezzo si intende compreso e compensata la fornitura e la posa dello zoccolo di base, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. rivelatore da 12 a 24 V dc, analogico Cadauno E

102,26

478

Appendice B

RIVELATORE OTTICO DI FUMO Fornitura e posa in opera di rivelatore ottico di fumo, completo di LED per la segnalazione di funzionamento e di avvenuto intervento. Completo di base standard. Conforme EN 54. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. rivelatore da 12 a 24 V dc, da soffitto con base standard Cadauno E

107,24

Cadauno E

123,56

Cadauno E

118,90

rivelatore da 12 V dc, da soffitto con base a relè

rivelatore da 12 a 24 V dc, da incasso con base standard

RIVELATORE OTTICO DI FUMO PER CENTRALE ANALOGICA Fornitura e posa in opera di rivelatore ottico di fumo, da soffitto o da incasso, di tipo analogico adatto per l’inserimento in una linea principale di un modulo con tecnica digitale “bus”, con le seguenti caratteristiche: sicura reazione al fumo; rivelazione della grandezza caratteristica dell’incendio e trasferimento del relativo valore di misura elettrico alla centrale; adeguamento alla soglia di allarme alle caratteristiche ambientali; segnalazione dello stato del sensore; identificazione del sensore in centrale in caso di allarme o di guasto. Completo di base standard. Conforme EN 54. Nel prezzo si intende compreso e compensata la fornitura e la posa dello zoccolo di base, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. rivelatore da 12 a 24 V dc, analogico completo di base, termovelocimetrico Cadauno E

169,41

RIVELATORE A BARRIERA A RAGGI INFRAROSSI Fornitura e posa di rivelatore ottico di fumo lineare, basato sul principio dell’oscuramento, composto da un trasmettitore a luce infrarossa modulata e da un ricevitore opposto per grandi distanze, o da in ricetrasmettitore e riflettore per medie distanze, con le seguenti caratteristiche: insensibile alla luce ambiente; insensibile all’attraversamento momentaneo di un corpo opaco, ritardo d’intervento 5 s; elevata sensibilità al fumo anche a bassa densità, al fuoco e al calore; temperatura di funzionamento < 60 °C; grado di protezione IP65; protezione contro l’inversione di polarità; orientabilità 15 °C in tutte le direzioni; regolazione di preallarme, di allarme e della sensibilità; LED di controllo degli stati di preallarme e di allarme; gruppo ottico interno per l’allineamento col raggio trasmesso; contatti separati dei relè di preallarme e di allarme; circuiti di uscita per il collegamento remoto di LED per stato relè di preallarme. Conforme EN54. Nel prezzo si intende c.s. rivelatore a barriera da 12 a 24 V dc, TX e RX, portata 100 m Cadauno E

1.505,36

Cadauno E

1.272,21

rivelatore a barriera da 12 a 24 V dc, TX e RX, portata 50 m

CENTRALE SEGNALAZIONE AUTOMATICA DI ALLARME INCENDIO Fornitura e posa in opera di centrale analogica per la segnalazione automatica di allarme in caso di incendio, certificata ed eseguita secondo le norme vigenti, costituita da 1) FUNZIONI: identificazione del singolo rivelatore in allarme con relativa visualizzazione; ripetuto controllo della segnalazione per evitare falsi allarmi; predisposizione del sistema per segnalazioni manuali tramite appositi pulsanti; possibilità di segnalazione di preallarme nelle zone presidiate o di allarme diretto in caso di mancanza di presidio; presenza di adeguati canali di comando per gli avvisatori acustici ed ottici di allarme; segnalazione di manomissione o rimozione del rivelatore e/o dei cavi; segnalazione di batteria scarica; sistema di diagnosi per l’autocontrollo della centrale e di tutte le linee. 2) DATI TECNICI: alimentazione 230 V ac 50 Hz; autonomia di 24 ore; 2 batterie ermetiche ricaricabili 12 V da 17 Ah. Conforme EN 54. Nel prezzo si intende c.s. centrale a 1 loop 99 riv. max Cadauno E

3.034,24

Cadauno E

4.523,81

centrale a 2 loop 198 riv. max

Listino impianti elettrici 479

SEGNALATORE LUMINOSO ALLO XENO Fornitura e posa in opera di segnalatore luminoso allo xeno. Alimentazione 20-30 V. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme EN 54. segnalatore luminoso con lampada allo xeno(20-30 V) Cadauno E

1.422,00

SIRENA PIEZOELETTRICA, CON LAMPEGGIATORE Fornitura e posa in opera di sirena piezoelettrica per interno o per esterno IP65, con lampeggiatore collegato all’attuatore normale d’allarme. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme EN 54. sirena da 12 a 24 V dc 3 W Cadauno E

157,76

CASSONETTO OTTICO ACUSTICO Fornitura e posa di cassonetto ottico acustico avvisatore o ripetitore di reparto di allarme in atto, con indicazioni luce fissa e ronzatore. Alimentazione da 12 a 24 V dc. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme EN 54. panello ottico acustico con scritte intercambiabili.Da 12 a 24 V dc. Cadauno E

153,88

ELETTROMAGNETE PER PORTE TAGLIAFUOCO Fornitura e posa in opera di elettromagnete per porte tagliafuoco, corpo in acciaio nichelato con base in termoplastico, completi di controplacca con pulsante di sblocco.alimentazione a 24 V. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. elettromagnete con sblocco 50 kg Cadauno E

161,64

Cadauno E

169,41

elettromagnete con sblocco 100 kg

RIVELATORE DI GAS Fornitura e posa in opera di rivelatore di gas a principio catalitico a pellistore; a due soglie di intervento ben definite con opportune tolleranze mediante taratura iniziale, la seconda soglia non modificabile da parte dell’utente; completo di led per corretta alimentazione e per la segnalazione di avvenuto intervento; istruzioni leggibili: nome del costruttore, tipo di gas rivelato e segnalato, grado IP55; fornito di foglio istruzioni contenente almeno le seguenti informazioni: istruzioni sul posizionamento; interventi da porre in atto in caso d’allarme. Nel prezzo si intende c.s. rivelatore di gas per metano, da 12 a 24 V dc Cadauno E

297,65

Cadauno E

181,08

Cadauno E

442,21

rivelatore di gas per metano, 230 V ac

rivelatore di gas per GPL, da 12 a 24 V dc

CENTRALE SEGNALAZIONE AUTOMATICA FUGHE DI GAS Fornitura e posa in opera di centrale per la segnalazione automatica di fughe di gas completa di 1) FUNZIONI: ingressi per rivelatori di vario tipo, max. 3 per zona; uscite con relè ermetico per comando aspiratori, elettrovalvole, allarme acustico; segnalazione di preallarme, segnalazione ottica ed acustica di guasto centrale e interruzione di alimentazione; possibilità di intervento immediato o ritardato, continuo o impulsivo; segnalazione di manomissione o rimozione dei rivelatori. 2) DATI TECNICI: alimentatore 230 V ac 50 Hz 13 V dc; capacità batteria alloggiabile 7 Ah; relè di uscita non alimentato. centrale a 2 zone

480

Appendice B

Cadauno E

864,20

PULSANTE SEGNALAZIONE D’ALLARME INCENDIO Fornitura e posa in opera di pulsante per la segnalazione d’allarme in caso di incendio ad azionamento automatico alla rottura del vetro della cassetta sicurezza, da parete o da incasso, composto da pulsante NC, cassa di contenimento, scritte di avviso in lingua italiana, tipo modulante 17,5 mm su profilato EN 50022. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere per il collegamento alla linea predisposta, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. Conforme EN 54. pulsante a rottura vetro convenzionale Cadauno E

1,82

Cadauno E

109,69

pulsante a rottura vetro indirizzato

SIRENA PIEZOELETTRICA, DA INTERNO Fornitura e posa in opera di sirena piezoelettrica da interno, per montaggio sporgente, funzionante a 12-24 V cc, 200 mA. sirena da interno, potenza acustica 95 dB Cadauno E

60,73

SIRENA PIEZOELETTRICA AUTOALIMENTATA, DA ESTERNO Fornitura e posa in opera di sirena piezoelettrica da esterno, autoalimentata ed autoprotetta, in contenitore metallico verniciato e trattato anticorrosione, con retina antischiuma, antimanomissione e antistrappo; con le seguenti caratteristiche: alimentazione 12-24 V cc; programmazione modulazione e tempi di suonata; capacità batterie alloggiabile 2x2 Ah. Nel prezzo si intende compreso e compensato l’onere per il collegamento alla linea predisposta, ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. sirena da esterno, potenza acustica 115 dB Cadauno E

142,54

ALIMENTATORE CIRCUITO SEGNALAZIONE D’ALLARME Fornitura e posa in opera di alimentatore per circuito segnalazione d’allarme antincendio costituito da trasformatore 220/12V, raddrizzatore, batteria di accumulatori al nichel-cadmio, collegata in tampone, relè bistabile con autonomia di funzionamento in allarme per due ore, tipo a scatto modulare 17,5 mm su profilato EN 50022. Nel prezzo si intende c.s. alimentatore da 12 V dc, 24 Ah Cadauno E

206,58

PUNTO USCITA, IMPIANTO ALLARME INCENDIO, CON SCATOLA DERIVAZIONE Fornitura e posa in opera di punto uscita da incasso o da parete, per impianto segnalazione d’allarme in caso di incendio; comprensivo di cavetto schermato 2x0,75 mmq, non propagante l’incendio e tubazione in PVC diametro 20 mm, scatola portafrutto. Il prezzo si intende da scatola di derivazione principale inclusa fino al punto utilizzo, inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita, con scatola derivazione per pulsante segnalazione d’allarme Cadauno E

23,36

Cadauno E

23,36

punto uscita, con scatola derivazione per sirena piezoelettrica

PUNTO USCITA, IMPIANTO ALLARME INCENDIO, DAL PRESIDIO Fornitura e posa in opera di punto uscita da incasso o da parete, per impianto segnalazione d’allarme in caso di incendio; comprensivo di cavetto schermato 2x0,75 mmq, non propagante l’incendio e tubazione in PVC diametro 20 mm, scatola portafrutto. Il prezzo si intende comprensivo di “QUOTA PARTE” di linea di distribuzione a partire da posto presidiato principale, con propria tubazione, scatole di derivazione e linea di alimentazione. Inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita, dal presidio per pulsante segnalazione d’allarme

Listino impianti elettrici 481

Cadauno E

36,07

Cadauno E

36,07

punto uscita, dal presidio per sirena piezoelettrica

PUNTO USCITA, IMPIANTO INCENDIO, CON SCATOLA DI DERIVAZIONE Fornitura e posa in opera di punto uscita rivelatore fumo o temperatura, da soffitto o da incasso, per impianto sicurezza incendio; comprensivo di cavetto schermato 2x0,75 mmq, non propagante l’incendio, a bassa emissione di gas tossici e corrosivi; tubazione in PVC diametro 20 mm, scatola frutto, frutto. Il prezzo si intende da scatola di derivazione principale inclusa fino al punto utilizzo, inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per rivelatore fumo o termovelocimetrico Cadauno E

23,36

Cadauno E

23,36

punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per rivelatore a barriera

punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per segnalatore luminoso allo xeno Cadauno E

23,36

Cadauno E

23,36

punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per sirena e lampeggiatore

punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per pannello ottico acustico Cadauno E

23,36

Cadauno E

23,36

punto uscita, impianto incendio, con scatola derivazione per elettromagnete

PUNTO USCITA, IMPIANTO INCENDIO, DALLA CENTRALE Fornitura e posa in opera di punto uscita rivelatore fumo o temperatura, da soffitto o da incasso, per impianto sicurezza incendio; comprensivo di cavetto schermato 2x0,75 mmq, non propagante l’incendio, a bassa emissione di gas tossici e corrosivi; tubazione in PVC diametro 20 mm, scatola frutto, frutto. Il prezzo si intende comprensivo di “QUOTA PARTE” di linea di distribuzione a partire dalla centrale, con propria tubazione, scatole di derivazione e linea di alimentazione. Inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per rivelatore fumo o termovelocimetrico Cadauno E

36,07

Cadauno E

36,07

Cadauno E

36,07

Cadauno E

36,07

Cadauno E

36,07

punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per rivelatore a barriera

punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per segnalatore luminoso allo xeno

punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per sirena e lampeggiatore

punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per pannello ottico acustico

punto uscita, impianto incendio, dalla centrale per elettromagnete

482

Appendice B

Cadauno E

36,07

PUNTO USCITA, IMPIANTO FUGHE GAS, DALLA CENTRALE Fornitura e posa in opera di un punto uscita da incasso o da parete, per impianto segnalazione automatica d’allarme in caso di fughe di gas, comprensivo di cavetto schermato 2x2 da 0,75 mmq e tubazione PVC diametro 20 mm, scatola frutto, frutto. Il prezzo si intende comprensivo di “QUOTA PARTE” di linea di distribuzione a partire dal centralino, con propria tubazione, scatole di derivazione e linea di alimentazione. Inoltre nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. punto uscita dalla centrale per uscita, rivelatore gas Cadauno E

39,42

Cadauno E

39,42

punto uscita dalla centrale per uscita, elettrovalvola gas

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE FLUORESCENTE AD INCASSO Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante per fissaggio ad incasso, entro qualsiasi controsoffitto con profondità fino a 100 mm, corpo in lamiera in acciaio stampato, verniciato bianco, ottica parabolica in alluminio semispeculare tipo “darklight”, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. Nel prezzo si intende c.s. app. illu. fluorescente incasso, 1x18 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

95,10

Cadauno E

95,55

Cadauno E

121,37

Cadauno E

159,63

Cadauno E

90,86

Cadauno E

122,40

Cadauno E

154,94

Cadauno E

176,78

Cadauno E

111,56

Cadauno E

141,00

Cadauno E

110,24

app. illu. fluorescente incasso, 2x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 3x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 4x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 1x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 3x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 4x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 2X58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 1x18 W, con reattore elettronico

Listino impianti elettrici 483

app. illu. fluorescente incasso, 2x18 W, con reattore elettronico Cadauno E

137,24

Cadauno E

150,29

Cadauno E

168,47

Cadauno E

125,09

Cadauno E

158,81

Cadauno E

167,85

Cadauno E

196,26

Cadauno E

139,45

Cadauno E

222,87

app. illu. fluorescente incasso, 3x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 4x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 1x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 2x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 3x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 4x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 2x58 W, con reattore elettronico

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE FLUORESCENTE AD INCASSO Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante per fissaggio ad incasso, entro qualsiasi controsoffitto con profondità fino a 100 mm., corpo in lamiera in acciaio stampato, verniciato bianco, ottica parabolica verniciata bianca, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. app. illu. fluorescente incasso, 1x18 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

91,30

Cadauno E

93,41

Cadauno E

99,16

Cadauno E

146,67

Cadauno E

95,03

Cadauno E

120,85

Cadauno E

148,36

app. illu. fluorescente incasso, 2x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 3x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 4x18 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 1x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 3x36 W, con reattore elettromeccanico

484

Appendice B

app. illu. fluorescente incasso, 4x36 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

165,80

Cadauno E

101,74

Cadauno E

132,32

Cadauno E

120,50

Cadauno E

127,56

Cadauno E

136,34

Cadauno E

158,55

Cadauno E

124,98

Cadauno E

148,04

Cadauno E

160,80

Cadauno E

186,10

Cadauno E

129,11

Cadauno E

169,91

app. illu. fluorescente incasso, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 2x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente incasso, 1x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 2x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 3x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 4x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 1x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 2x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 3x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 4x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente incasso, 2x58 W, con reattore elettronico

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE FLUORESCENTE A PLAFONE Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante per fissaggio a plafone, corpo in lamiera in acciaio stampato, verniciato bianco, ottica parabolica in alluminio satinato tipo “darklight”, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. app. illu. fluorescente plafone, 2x18 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

88,86

Cadauno E

113,83

Cadauno E

144,10

app. illu. fluorescente plafone, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 3x36 W, con reattore elettromeccanico

Listino impianti elettrici 485

app. illu. fluorescente plafone, 4x36 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

164,41

Cadauno E

103,76

Cadauno E

131,13

Cadauno E

226,60

Cadauno E

257,84

Cadauno E

109,04

Cadauno E

147,70

Cadauno E

235,64

Cadauno E

252,70

Cadauno E

129,70

Cadauno E

207,27

Cadauno E

262,46

Cadauno E

284,73

app. illu. fluorescente plafone, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 3x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 4x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 3x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 4x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 3x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 4x58 W, con reattore elettronico

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE FLUORESCENTE A PLAFONE Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante per fissaggio a plafone, corpo in lamiera in acciaio stampato, verniciato bianco, ottica parabolica verniciata bianca, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. app. illu. fluorescente plafone, 2x18 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

70,69

Cadauno E

92,58

Cadauno E

145,98

app. illu. fluorescente plafone, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 3x36 W, con reattore elettromeccanico

486

Appendice B

app. illu. fluorescente plafone, 4x36 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

161,25

Cadauno E

85,20

Cadauno E

111,98

Cadauno E

175,05

Cadauno E

199,56

Cadauno E

98,48

Cadauno E

114,10

Cadauno E

197,53

Cadauno E

212,36

Cadauno E

104,55

Cadauno E

129,00

Cadauno E

221,97

Cadauno E

235,42

app. illu. fluorescente plafone, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 3x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 4x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 3x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 4x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 3x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 4x58 W, con reattore elettronico

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE STAGNO IP65 IN POLICARBONATO Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante stagno IP65, per fissaggio a plafone, corpo in policarbonato autoestinguente, diffusore stampato ad iniezione in un unico pezzo in policarbonato, ottica interna prismatizzata antiabbagliamento, riflettore in lamiera di acciaio verniciata bianca oppure in alluminio purissimo lucido, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. app. illu. fluorescente stagno, 1x18 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

41,94

Cadauno E

50,62

app. illu. fluorescente stagno, 2x18 W, con reattore elettromeccanico

Listino impianti elettrici 487

app. illu. fluorescente stagno, 1x36 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

48,45

Cadauno E

60,02

Cadauno E

53,51

Cadauno E

66,52

Cadauno E

62,19

Cadauno E

70,14

Cadauno E

68,69

Cadauno E

78,81

Cadauno E

70,14

Cadauno E

86,04

app. illu. fluorescente stagno, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente stagno, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente stagno, 1x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente stagno, 2x18 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente stagno, 1x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente stagno, 2x36 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente stagno, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettronico

APPARECCHIO DI ILLUMINAZIONE STAGNO IP65 ACCIAIO INOX Fornitura e posa in opera di apparecchio illuminante stagno IP65, per fissaggio a plafone, corpo in acciaio inox, diffusore in vetro temperato, ottica interna prismatizzata antiabbagliamento, riflettore in alluminio purissimo lucido, cablato, rifasato, con starter e fusibile di protezione, marchio IMQ, completo di tubi fluorescenti ad alta resa cromatica ed accessori di fissaggio. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. app. illu. fluorescente stagno, 1x36 W, con reattore elettromeccanico Cadauno E

128,27

Cadauno E

139,55

Cadauno E

146,78

Cadauno E

159,80

Cadauno E

146,78

app. illu. fluorescente stagno, 2x36 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente stagno, 1x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettromeccanico

app. illu. fluorescente stagno, 1x36 W, con reattore elettronico

488

Appendice B

app. illu. fluorescente stagno, 2x36 W, con reattore elettronico Cadauno E

155,10

Cadauno E

164,14

Cadauno E

171,36

app. illu. fluorescente stagno, 1x58 W, con reattore elettronico

app. illu. fluorescente plafone, 2x58 W, con reattore elettronico

CONTENITORE A RACK PER APPARECCHIATURE AUDIO Fornitura e posa in opera di armadio a rack per apparecchiature audio, in lamiera piegata e verniciata RAL con trattamento anticorrosione, in esecuzione chiusa con porta in cristallo, pannello di aerazione, zoccolo, pannelli di chiusura laterale e posteriore. Il prezzo si intende si intende c.s. armadio rack 19", dim.600x416x600 mm (8U) Cadauno E

394,64

Cadauno E

584,96

Cadauno E

644,23

Cadauno E

688,85

Cadauno E

871,52

armadio rack 19", dim.600x772x600 mm (16U)

armadio rack 19", dim.600x1126x600 mm (24U)

armadio rack 19", dim.600x1394x600 mm (30U)

armadio rack 19", dim.600x1929x600 mm (42U)

PREAMPLIFICATORE Fornitura e posa in opera di preamplificatore dotato di sei ingressi bilanciati elettronicamente con sensibilità regolabile micro linea, controlli di sensibilità, toni (acuti, medi, bassi) e volume separati per ogni ingresso e controllo volume generale. Alimentazione phantom sui primi quattro ingressi inseribile con microswitch. Uscita preaut. Send Return per eventuale processore larsen. Alimentazione 230 V ac 50 Hz, o con batteria da 24 V cc, montaggio su rack 19". Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. preamplificatore, c.s.d. Cadauno E

619,12

MIXER AUTOMATICO Fornitura e posa in opera di MIXER automatico per migliorare sensibilmente la qualità dell’audio in tutte quelle applicazioni di rilevazione della voce dove si usano più microfoni. La soglia di attivazione deve essere regolata in funzione del rumore ambiente. Tensione di alimentazione 230 V ca 50 Hz, consumo 200 VA, potenza in uscita RMS 150 W- 4, 8 ohm 50 V, 100 V, potenza in uscita IHF 225 W 4, 8 ohm 50 V, 100 V. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. mixer amplificato 150 W Cadauno E

1.966,15

Cadauno E

1.254,99

mixer non amplificato 150 W

Listino impianti elettrici 489

UNITÀ DI POTENZA Fornitura e posa in opera di UNITÀ DI POTENZA RP UP 6/12/24, con ingresso bilanciato ed una uscita LINK. La circuitazione elettronica dell’insieme ha caratteristiche di qualità e sicurezza nel funzionamento ed è completa di interruttore “stacco-terra” (sul retro). La carpenteria metallica è idonea sia per montaggio appoggiata sul tavolo o a montaggio su rack 19", l’apparecchio è previsto per il funzionamento con la rete di distribuzione a 230 V ca 50 Hz e con batteria da 24 V cc. Uscite altoparlanti a impedenza e tensione costante 4-8-16 ohm, 50-100 V. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. unità di potenza RP UP 6, 60 W Cadauno E

598,21

Cadauno E

711,16

Cadauno E

1.003,99

unità di potenza RP UP 12, 120 W

unità di potenza RP UP 24, 240 W

SORGENTI SONORE Fornitura e posa in opera di registratore stereo a doppia cassetta con autoreverse, duplicazione ad alta velocità, riproduzione continua e riduttore di rumore. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. registratore stereo autoreverse Cadauno E

597,52

LETTORE MULTI CD A 5 DISCHI Fornitura e posa in opera di lettore multi Cd a 5 dischi, per 32 brani programmabili, memoria della programmazione, ascolto ripetuto di un brano, di un disco, dei 5 dischi o della sequenza programmata, telecomando ad infrarossi ecc. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. lettore multi Cd a 5 dischi Cadauno E

591,24

CASSA ACUSTICA DA PARETE Fornitura e posa in opera di cassa acustica da parete 2 vie con regolatore di potenza da 3 a 45 W, 100 V, corpo realizzato in ABS e staffa orientabile, sensibilità 91 dB, risposta in frequenza Hz: 60/22.000, n. altoparlanti 1 Woofer 5,5" 1 Tweeter 1/2", dim.238x180x150. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. cassa acustica da parete, 3/45 W, 100 V Cadauno E

172,21

COLONNE SONORE IN ALLUMINIO PER INTERNO/ESTERNO Fornitura e posa in opera di cassa acustica da parete per interno o per esterno, in profilato di alluminio, n. 5 altoparlanti diam. 80 mm, potenza (r.m.s.) 7,5-15-30 W 100 V, sensibilità 93 dB, risposta in frequenza 200-16,000 Hz. Dimensioni 120x555x77 mm.; con 10 altoparlanti diam 80 mm, dimensioni 120x950x77 mm.corpo in alluminio altoparlanti realizzati in ABS e staffa orientabile. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. colonna RP C2 per interni, potenza 7,5-15-30 W Cadauno E

212,79

Cadauno E

294,92

colonna RP C9 per interni, potenza 10-20-40.W

490

Appendice B

colonna sonora RP C2 per esterno, potenza 20 W Cadauno E

238,73

Cadauno E

327,69

colonna sonora RP C3 per esterno, potenza 400 W

TROMBA ESPONENZIALE DA ESTERNO Fornitura e posa in opera di tromba esponenziale da esterno. potenza 10, 20, 30 W, a sezione rettangolare e rotonda, corpo in ABS antiurto, completa di staffa. Colore grigio RAL 9002. Nel prezzo si intende compreso e compensato ogni onere ed accessorio necessario per la posa ed ogni altro onere per dare il lavoro finito a regola d’arte. tromba, come sopra, 10 W, dimensioni 180x120x260 mm Cadauno E

85,76

Cadauno E

131,22

Cadauno E

212,65

tromba, come sopra, 20 W, dimensioni 340x150x400 mm

tromba, come sopra, 30 W, stagna, rotonda dimensioni diametro 255x280 mm

Bibliografia

Fellin L., Forcolini G., Palladino P., Manuale di illuminotecnica, Tecniche nuove, Milano, 1999. Figini G., Torelli U., Impianti elettrici civili, manuale di applicazione delle norme CEI, Hoepli, Milano, 2000. Manzoni L., La luce, Reggiani Editore. Milano, 1992 Moncada Lo Giudice G., De Lieto Vollaro A., Illuminotecnica, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 1999. Norme CEI, Edizioni CEI Comitato Elettrotecnico Italiano, Milano. Ortolani G., Venturi E., Esercitazioni pratiche, 2a edizione, volume 1, Hoepli, Milano, 2005. Ortolani G., Venturi E., Esercitazioni pratiche, 2a edizione, volume 2, Hoepli, Milano, 2006. Ortolani G., Venturi E., Esercitazioni pratiche per operatore elettrico, Hoepli, Milano, 2004. Ortolani G., Venturi E., Manuale di elettrotecnica e automazione, 2a edizione, Hoepli, Milano, 2010. Ortolani G., Venturi E., Impianti elettrici civili, 2a edizione, volume 1, Hoepli, Milano, 2007. Cataloghi e Pubblicazioni: Alcatel cavi, Alfacavi, Arno canali, Ave, Beghelli, BTicino, Carlo Bezzi, CEAT cavi industrie, Disano, Fabbrica Italiana Relè, Finder, Gewiss, Ilesa, Legrand, Osram, OVA, Philips Lighting, Scame, Sylvania, Vimar, Vortice.