Il sogno
 8843049178, 9788843049172

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BUSSOLE Chiare. essenziali. accurate: le guide di Carocci per orientarsi nei principali temi della cultura contemporanea

PSICOLOGIA IL SOGNO Perché studiare i sogni? Siamo in grado di capire a cosa servono? Da più di un secolo lo studio di questa particolare attività di pensiero è oggetto di indagine scientifica. A partire da Freud, che considerava il sogno la chiave di volta per comprendere l'inconscio, fino alle ricerche nell'ambito delle neuroscienze cognitive, si è man mano affermata l'idea che il sogno possa servire alla comprensione dei processi mentali. Questo libro propone al lettore. anche non esperto. un excursus lungo i principali approcci teorici che hanno tentato di studiare quello che rimane ancora oggi uno degli aspetti più affascinanti del pensiero umano. Miranda Occhionero insegna Psicologia generale all'Università degli Studi di Bologna. Svolge la propria attività di ricerca nell'ambito della psicofisiologia del sogno e del sonno e della psicologia dei processi cognitivi. Per i tipi della Carocci ha curato (con P. Cicogna) il manuale Psicologia generale (2007).

777.2

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BUSSOLE/ 356 PSICOLOGIA

2a ri stampa, maggio 2015 la edizione, aprile 2009 ©copyright 2009 by Ca rocci editore S.p.A., Ro ma ISBN

978-88-430-4917-2

Riprod uzione vi etata ai sensi d i legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regola re a utorizzazione, è vietato ripro d u rre q u esto volume anche pa rzialme nte e con q u alsiasi mezzo, co mpresa la fotocopia, anche per uso i n terno o didattico. l lettori che d es i derano i n formazio n i sui volumi pu bblicati d alla casa editrice possono rivolge rsi d i retta mente a: Carocci editore Corso Vittorio Eman u ele 00186 Roma tel 06 42 81 84 17 fax o 6 42 74 79 31

11,

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Miranda Occhionero

Il sogno

Carocci editore

A mia figlia Virginia

Ringraziamenti Tutto quello che ho imparato sui sogni è il frutto di anni di ricerca e di studio nel Lab oratorio di Psicofìsiologia del sogno e del sonno del dipartimento di Psicologia dell'Università di Bologna. A Marino Bosi­ nelli, Corrado Cavallero, Piercarla Cicogna e Vincenzo N atale va la mia gratitudine. Per questo lavoro devo esprimere un ringraziamento particolare a Pier­ carla Cicogna per la sua costante presenza intellettuale e affettiva.

Indice Introduzione

7

1.

Lo studio scientifico del sogno

1.1.

Una definizione fenomenologica

9

9

1.2.

l m etodi di raccolta dei sogni

1.3.

l m etodi di indagine

10

2.

Il sogno nel la psicoana lisi

2.1.

Il sogno nella m etapsicologia di Freud

2.2.

Il sogno nella psicologia analitica di Jung

2.3.

La bi-logica di Matte Bianco

50

2.4. Il sogno nella pratica clinica

58

18

3.

Il sogno nel le neuroscienze

3.1.

Gli studi psicofisiologici

3.2.

L'approccio cognitivo

3.3.

L'approccio neurobiologico

G lossario

Bi b liografia

29 44

62

62

71

3.4. Quando i sogni scompaiono

Concl usioni

29

76 go

99

102

105

5

Introduzione Sono quasi convinto di non essere sveglio. Non so se non sogno quando sono vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita formano in me un ibrido, un'intersezione dalla quale il mio essere cosciente prende fisionomia per interpenetrazione.

F. Pessoa

Da diversi anni insegno Psicologia generale all'Università e mi occupo nella mia attività di ricerca di psicofìsiologia dei processi mentali duran­ te il sonno. Spesso mi trovo a confrontarmi con studenti che per varie ragioni mi chiedono riferimenti bibliografici sul sogno . Questa richie­ sta presenta qualche difficoltà ad essere soddisfatta perché la maggior parte della letteratura scientifica in questo ambito è in lingua inglese ed è difficile trovare in italiano strumenti che spieghino, in maniera esau­ stiva e comprensibile per un pubblico di studiosi el o curiosi della mate­ ria, alcuni concetti chiave sul sogno . La motivazione a scrivere questo testo è stata proprio quella di fornire al lettore una sintesi sulle principa­ li problematiche affrontate dai ricercatori che si sono cimentati in questo ambito di ricerca. Nel fare questo ho cercato di utilizzare un linguaggio rigoroso ma nello stesso tempo chiaro e comprensibile anche per chi è mosso dalla semplice curiosità di leggere un piccolo saggio su uno degli aspetti più interessanti (e in parte misteriosi) della nostra vita mentale. È evidente che l'obiettivo del lavoro non era quello di affron­ tare in maniera estesa l'argomento, nel qual caso l'impostazione dell'o­ pera sarebbe stata del tutto diversa. Quello che ho tentato di fare è stato di dare un quadro molto sintetico ma (spero) abbastanza completo di come il sogno è stato affrontato nella scienza del xx secolo . E infatti proprio il xx secolo si apre con la pubblicazione di una delle opere, forse dell"' opera" , più importanti su questo argomento che è appunto l'In­ terpretazione dei sogni di Sigmund Freud. Il libro è diviso in tre capitoli, che seguono un percorso non cronologi­ co bensì concettuale. 7

Nel primo ho cercato di illustrare come è nata e si è sviluppata la ricer­ ca sul sogno e quali tecniche sono state tentate nel corso degli anni allo scopo di trovare una modalità di studio " oggettivo " per un processo mentale che non è possibile indagare direttamente. Il secondo capitolo affronta l'argomento del sogno dal punto di vista della teoria psicoanalitica analizzando, oltre naturalmente al pensiero di Freud, il punto di vista di due studiosi che hanno approfondito due aspetti molto diversi del legame tra sogno e inconscio: J ung, interessa­ to a enfatizzare il ruolo del sogno nella situazione attuale inconscia del paziente , in una dimensione rappresentativa simbolica che diventa espressione non solo dell'inconscio individuale ma anche dell'inconscio collettivo; Matte Bianco che, seguendo una prospettiva teorica comple­ tamente diversa, svii uppa la sua riflessione non sui co ntenuti bensì sull'analisi della struttura del pensiero onirico introducendo il concet­ to di bi-logica. Il terzo capitolo cerca di presentare un quadro della ricerca sul sogno nell'ambito più allargato delle neuroscienze cognitive. Queste ricerche hanno permesso notevoli progressi, sia per quanto riguarda l'aspetto legato ai cambiamenti metabolici che si osservano a tutti i livelli del Sistema Nervoso Centrale nel corso del sonno , sia per quanto riguarda l'organizzazione e le caratteristiche del processo onirico, permettendo un ampliamento notevole delle nostre conoscenze e aprendo prospetti­ ve molto interessanti per la ricerca futura.

8

1.

Lo studio scientifico del sogno Tutti i sogni sognati sono veri e tutti i sogni raccontati sono falsi. Non esiste il sogno: esiste una traduzione verbale nel linguaggio della veglia di quella" esperienza multisensoriale

(è la formulazione degli psicologi) detta sogno, che è avvenuta nel mondo del sonno[ . . . ]. Anche il sogno esiste

simulata"

solo quando non esiste più. E la sola persona competente, il sognatore, non sogna più quando racconta il sogno.[ ...] Il sogno

è irrecuperabile perché si estende nei parametri dell'e­

sistenza onirica che ci sono familiari solo quando sogniamo, ma che non possiamo conoscere da svegli. Noi possiamo acce­ dere solo alla traduzione nel linguaggio della realtà del giorno di ciò che avviene durante la notte. Ed

è come la descrizione

letteraria di un quadro, o il resoconto verbale di un pezzo musicale. Noi sappiamo che la visione di un quadro

è, come

dire, irrimpiazzabile dalla lettura di un articolo di critica d'ar­ te [ . . . ] ma continuiamo a illuderci che esista una pacifica omologia fra il sogno sognato e il sogno raccontato.

G.Almansi

1.1. Una definizione fenomenologica Quando raccontiamo un sogno siamo soliti riportare un racconto in una forma verbale passata, "h o sognato . . . " , " stavo sognan do che . . . " , " una vol ta sognai. che . . " Queste formulazioni verbali specificano già da subito uno dei proble­ mi che deve affro ntare il ricercatore che vuole cimentarsi in questo ambito. Il sogno è un oggetto per sua stessa natura inconoscibile e dunque ne possiamo avere solo un accesso indiretto attraverso il ricor­ do, verbale o scritto. Esso è un'esperienza soggettiva interna e non può essere direttamente indagato perché è impossibile accedere al suo conte­ nuto originario anche da parte del sognatore stesso. È noto che a tutti, nel corso della propria vita onirica, è accaduto al mattino di avere l' im­ pressione che il sogno fosse in realtà molto più complesso e articolato di quanto si è in grado di ricordare. Dunque il primo passo da fare è cercare di definire qual è quel prodot­ to mentale che noi chiamiamo sogno. In termini "ortodossi " il sogno fa riferimento ad un prodotto mentale .

.

9

che deve avere caratteristiche piuttosto precise: è un'esperienza menta­ le complessa, presenta una qual ità allucinatoria multisensoriale con prevalenza di attività allucinatoria visiva , attiva partecipazione del sognatore, con una trama articolata che ha la caratteristica principale di essere vissuto dal soggetto con una percezione di realtà. Questa defi­ nizione si avvicina fortemente a quello che comunemente si intende soprattutto nella nostra cultura come sogno e corrisponde quindi molto bene a quello che le persone identificano con tale termine. In ambito più strettamente scientifico molto spesso si preferisce una definizione più ampia. In realtà quando vogliamo studiare il sogno come prodotto mentale che si verifica nel corso del sonno non sempre possiamo rimanere vincolati alla descrizione sopra citata perché non sempre il prodotto onirico presenta tutte quelle caratteristiche. Diven­ ta perciò necessario considerare qualsiasi attività mentale che si osservi nel corso del sonno anche se si presenta come un prodotto senza una trama specifica, con contenuti non sempre ben articolati, talvolta addi­ rittura senza perdita di consapevolezza, come accade nel cosiddetto " sogno lucido ". Il termine "lucido " è stato coniato da Frederick Van Eeden e sta ad indicare la lucidità mentale che caratterizza talvolta un sogno, ovvero il rendersi conto di stare sognando. Un'altra caratteristi­ ca del sogno lucido è data dalla possibilità di ragionare in modo analo­ go a quanto accade durante la veglia. Esistono vari livelli di lucidità. In alcuni casi si hanno situazioni ibride in cui accanto a momenti di luci­ dità si alternano momenti in cui si ritorna a perdere consapevolezza; in altri si verifica una situazione di alto livello di lucidità fino ad arrivare ad essere in grado di manipolare il sogno orientando gli accadimenti nella direzione preferita. Assumendo quindi una posizione più articolata siamo in grado di definire meglio le caratteristiche del prodotto menta­ le onirico nei suoi differenti aspetti e probabil mente possiamo avvici­ narci maggiormente sia ai processi cognitivi coinvolti nella sua genesi, sia alle caratteristiche peculiari dell'organizzazione del pensiero in quel­ la particolare condizione di vigilanza che caratterizza il sonno. 1. 2. l metodi di raccolta dei sogni Lo studio del sonno e dell'at­ tività onirica è stato negli anni contraddistinto da periodi di grande interesse, soprattutto in ambito clinico , e periodi di relativo abbando-

lO

no , questi ultimi spiegabili probabilmente dalla notevole difficoltà di trovare un approccio sperimentale adeguato che ne consentisse lo studio in ambito sia biologico sia psicologico-comportamentale. Nella psicofisiologia sperimentale lo studio di un processo mentale quale quello onirico presenta notevoli difficoltà metodologiche correla­ te alle caratteristiche intrinseche che presenta un fatto mentale così speciale qual è il sogno . Sicuramente uno dei problemi principali che hanno avuto i ricercatori che si sono occupati dello studio del sogno è stato quello di cercare un metodo per l'acquisizione di protocoll i onirici e che questo metodo avesse la validità scientifica sufficiente. Se è vero che in diversi ambiti della psicologia sperimentale molto spesso ci si trova davanti a bias sperimentali ineliminabili, questo è particolarmente vero nello studio del sogno per le ragioni che esporremo qui di seguito. In primo luogo , quando si affronta sperimentalmente un argomento come il sogno, si è consapevoli che esiste il grande problema di non esse­ re a conoscenza diretta dell'oggetto di studio : il sogno in quanto tale non è direttamente conoscibile né osservabile. Esso avviene in condizio­ ni psicofisiologiche molto particolari ed è costituito da contenuti che sono legati strettamente alle memorie ( autobiografiche e non) del soggetto che li sta elaborando. Il sogno è un'esperienza soggettiva che nella sua integrità non può essere conosciuta se non dal soggetto duran­ te il suo svolgimento. Questo fatto ne complica ulteriormente lo studio perché quando il soggetto che ha sognato si svegl ia e ricorda il sogno le cose potrebbero essere notevolmente diverse. Lo sono certamente dal punto di vista fisiologico perché dal sonno alla veglia si assiste ad un cambio del livello di vigilanza del soggetto. Questo comporta modifica­ zioni che potrebbero avere ricadute molto importanti sul piano cogni­ tivo. In secondo luogo tale passaggio determina un cambiamento dello stato di coscienza e dei meccanismi di funzionamento dei processi di memoria che potrebbero produrre modificazioni sostanziali del sogno, nel senso che il ricordo può essere notevolmente diverso dal prodotto originale elaborato in un tempo e in condizioni psicofisiologiche diver­ si. Per il ricercatore è un problema fondamentale ma nello stesso tempo ineliminabile, nel senso che chiunque voglia affrontare questo oggetto di studio deve assumersi la responsabilità che le osservazioni da lui effet11

tuate si riferiscono al ricordo del sogno e non al sogno così come esso è stato prodotto durante il sonno (Bosinelli, 1991a) . Il problema circa la reale natura del sogno è stato affrontato all' inizio della ricerca psicofìsiologica attraverso una serie di studi correlazionali volti a trovare indici psicofìsiologici che potessero essere correlati all' at­ tività onirica. In effetti una serie di caratteristiche dei protocolli onirici e il confronto tra queste e la fase di sonno in cui si riscontravano hanno portato i ricercatori a concludere che il racconto del sogno si riferiva effettivamente ad un'esperienza che non era in relazione al momento del risveglio, bensì poteva riguardare l'esperienza onirica vera e propria. A questo proposito è stata determinantia una serie di esperimenti che si riferivano all'incorporazione di stimoli presentati durante il sonno e incorporati nell 'attività onirica del soggetto. Il resoconto, con l' eviden­ te incorporazione di uno stimolo, forniva la riprova che l'esperienza si riferiva al momento del sonno in cui c'era stata la somministrazione dello stimolo medesimo. Attualmente c'è accordo tra tutti i ricercatori nell'ambito delle ricerche sulla psicofìsiologia del sogno nell'accettare che il resoconto verbale, pur con i pesanti limiti imposti dalla necessità di tradurre un'esperienza fenomenica multisensoriale in un racconto verbale o scritto , sia una versione, seppure incompleta, dell 'esperienza onirica (Cicogna, 1998) . l diari Il diario rappresenta senz' altro il modo più conosciuto e forse anche più semplice di raccontare (e di ricordare) un sogno. Molti di noi hanno qualche volta trascritto un sogno che ritenevano partico­ larmente bello o significativo o magari semplicemente molto strano. Ci sono poi persone che tengono diari molto accurati della propria attività onirica annotando data del sogno , descrizione, imp ressioni e pensieri ad esso collegati. In letteratura non è infrequente trovare arti­ sti che danno una grande importanza alla propria attività onirica. Nel 1867 a Parigi il marchese Hervey de Saint-Denys - letterato, esper­ to sinol ogo e onirologo - pubblicò in fo rma anonima un' opera dal titolo Les reves et les moyens de les diriger; observations pratiques (I sogni e i modi di dirigerli; osservazioni pratiche) in cui erano stati riuniti 22 album di immagini relative a sogni raccolti per 1 . 946 notti. Attraverso questo ricco diario (molto noto agli studiosi dell'epoca e di cui peraltro

1.2.1.

12

era a conoscenza lo stesso Freud) studiò i suoi sogni e perfezionò una tecnica basata sulla suggestione attraverso la quale era in grado di otte­ nere sogni lucidi. Il regista Federico Fellini ha tenuto un diario onirico (Il libro dei sogni) dalla fine degl i anni sessanta fino al 1990 . I n questo lavoro il regista annotava i propri sogni sotto forma di disegni , appunti buttati lì, in modo del tutto libero e senza tanta cura della forma espressiva. Ne emerge una ricca raccol ta di idee , tem i, spunti narrativi , personaggi che poi troveranno la propria forma espressiva definitiva nella produ­ zione cinematografica del regista. Questi sono due esempi, tra i tanti che avremmo potuto fare, dell' inte­ resse che i sogni hanno sempre suscitato nelle persone, inducendole a tenere raccolte diaristiche. SCHEDA 1 Resoconto di u n sogno tratto da una ra ccolta dia ristica Titolo: Dolci amari Mi trovo davanti al tabacchi nella zona Abissinia di Riccione. Entro con l'inten­ to di comprare un pacco di caramelle, precisamente un pacchetto di Alpen­ liebe. il commesso mi indica dove sono esposte le caramelle e sceglie lui il pacchetto senza chiedermi quale volevo. Come se non bastasse, non mi dà il pacchetto ma lo apre e me ne dà una sola! Mi avvicino alla cassa chiedendo il motivo di questo strano gesto. Mi dice che a causa della politica dei prezzi, deve vendere una caramella alla volta perché il guadagno è inferiore alla vendita. Mi spiega anche le varie percentuali (mi ricordo un 33°/o)... intanto è "apparsa" un'altra commessa: è Deborah, quella che presentava Bim Bum Bam, una decina di anni fa ... ! Chiedo quanto devo pagare ... mi dice 1 euro per ogni caramella! Mostro la mia disapprovazione ... il commesso sembra compiangermi e me ne dà un'altra...! Sono da questo gesto arrabbiato per il modo in cui sono stato trattato. Lascio tutto lì e me ne vado. Salgo in macchi­ na, che avevo parcheggiato proprio davanti al tabacchi, ma la trovo con il muso in mezzo alla strada con la portiera socchiusa; sembrava che qualcuno l'avesse spostata. Inserisco le chiavi, l'auto fa fatica a partire... sta arrivando una macchina ed io sono ancora in mezzo alla strada. Finalmente riesco a partire, faccio manovra e, siccome non ero contento delle caramelle appena

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comprate, decido di parcheggiare al supermercato di fronte e acquistare un sacchetto decente di caramelle. Accade un inconveniente: davanti al parcheg­ gio si trova la vetrata del supermercato, entro con troppa foga nel parcheggio e non riesco a frenare, andando proprio conto il vetro spaccandolo. Preso dall'imbarazzo faccio retromarcia e scappo... mi sveglio... adesso ho voglia di caramelle!

Fonte: Sog n o tratto da l d i a rio d ei sog n i di uno stude nte. P u b b l icato n e l la tesi di laurea de l d ott. P. Ta rta ro, Attività onirica ed emozioni. Genesi del sogno lucido.

Prima che venissero scoperte le tecniche di indagine basate sulle rileva­ zioni psicofìsiologiche l'unico modo di cui poteva disporre il ricercato­ re per lo studio del sogno era quello di utilizzare resoconti attraverso la raccolta diaristica. È evidente che questo metodo presuppone che il soggetto trascriva al mattino il/i sogni di cui conserva il ricordo; talvol­ ta invece della trascrizione si può utilizzare anche una registrazione e quindi il soggetto racconta il suo sogno. La raccolta diaristica presenta un grosso limite dovuto al fatto che i sogni vengono raccolti al mattino al risveglio e quindi non è possibile fare alcuna correlazione tra fase del sonno e caratteristiche del sogno , giacché non si è a conoscenza delle condizioni psicofìsiologiche in cui è avvenuto il risveglio, e inoltre non si è certi che il sogno ricordato al mattino sia l'ultimo e non possa esse­ re stato fatto in momenti diversi nel corso della notte. Questo metodo può però presentare alcuni vantaggi. Intanto lascia il soggetto in una condizione molto ecologica non disturbando il sonno con risvegli notturni; è perciò un metodo per nulla intrusivo. Inoltre, a differenza del laboratorio, in cui i sogni vengono raccolti dopo risvegli programmati in precisi stadi di sonno, e quindi il materiale raccolto è costituito da sogni interrotti dalla procedura sperimentale, il sogno raccolto tramite il diario è più completo e quindi si presta meglio all'a­ nalisi di alcuni aspetti qualitativi quali, ad esemp io, la bizzarria o la rappresentazione di sé. Da ultimo è importante ricordare che con la raccolta di diari è possibile ottenere molti sogni da uno stesso soggetto o da diversi soggetti e pertanto si può lavorare su campioni molto ampi, consentendo analisi più dettagliate delle caratteristiche dei sogni, in particolare per alcuni aspetti del sogno che accadono raramente ma 14

che possono essere molto interessanti da studiare. Ad esempio, l'utiliz­ zo dei diari può essere assai efficace nello studio dei sogni ricorrenti, cioè sogni che si ripetono con una certa frequenza nella vita di un indivi­ duo. Questi sogni sono caratterizzati dal fatto che hanno una struttura narrativa molto simile, con personaggi, situazioni e vissuti emozionali analoghi, tanto che il sognatore può addirittura avere una qualche consapevolezza onirica di rico noscere il sogno e quindi di ave re un pensiero riflessivo sul fatto che sta accadendo una cosa nota, già vissuta un'altra volta. I diari possono essere molto utili nello studio degli incubi, che fortuna­ tame nte non sono molto frequenti e possono richiedere raccolte di sogni anche molto prolungate nel tempo prima di poter avere materia­ li di studio sufficienti. Da ultimo, il diario si presta molto bene nello studio dei cosiddetti sogni lucidi. In questa particolarissima condizio­ ne la persona recupera durante il sonno il contatto con la realtà, ripristi­ na il livello di autoconsapevolezza e perciò " sogna sapendo di stare sognando " , secondo la definizione data da Stephen LaBerge ( 2007) , considerato il maggiore studioso dei sogni lucidi (LaBerge lavora all'U­ niversità di Stanford, dove ha fondato il Lucidity lnstitute, un centro di ricerca specializzato sul fenomeno dei sogni lucidi) . Per tutte queste tipologie di sogni sarebbe impossibile l'indagine di laboratorio perché non abbiamo la possibilità di poter registrare in labo­ ratorio un soggetto per periodi molto lunghi, con il rischio peraltro di non osservare lo stesso il fenomeno voluto ( oltretutto sarebbe un' ope­ razione assai costosa) . Lo studio del sogno in ambito scienti­ fico, e in particolare negli studi di psicofisiologia del sonno e del sogno, ha introdotto la difficile problematica metodologica di trovare un crite­ rio oggettivo per l'acquisizione di un materiale che per sua natura è lega­ to alla soggettività della persona. In termini generali, il problema dell'i­ dentificazione di un paradigma sperimentale forte per l'acquisizione oggett iva di dati provenienti dal " mondo interno " , cioè dal mondo dell'esperienza soggettiva, è presente in molti ambiti di studio della psicologia. Basti pensare a tutta la ricerca sulle immagini mentali, alla ricerca sui processi di pens iero e in particolare sulla soluzione dei

1.2.2.

l resoconti sperimentali

15

problemi. Negli ultimi anni, grazie all'imponente progresso tecnologi­ co nelle neuroscienze , si tenta sempre di più di accedere ai co rrel ati neurofisiologici del mondo interno, talvolta con grandi risultati, altre volte in modo alquanto discutibile. Partiamo dal fatto che quando studiamo il sogno abbiamo di fatto un materiale di cui non ci è noto l' input originale, che è stato generato peraltro da un sistema cognitivo in condizioni psicofìsiologiche comple­ tamente diverse. Infatti noi studiamo il resoconto del sogno fornito da persone sveglie. Perciò il problema è duplice. Da una parte dobbiamo mettere il soggetto nella condizione di produrre un resoconto quanto più possibile accurato che assicuri la massima fedeltà tra l 'esperienza onirica realmente vissuta, di cui lui solamente è a conoscenza, e la sua traduzione attraverso il linguaggio. Dall 'altra abb iamo la necessità, come ricercatori, di trovare un modo omogeneo per l'analisi del testo così ottenuto. Nonostante non sia mai stata prodotta una standardizzazione del para­ digma di acquisizione del materiale onirico, nel corso degli anni è stata acquisita dai differenti laboratori di psicofìsiologia una certa omogenei­ tà procedurale. È evidente che quando si raccoglie un protocollo oniri­ co in un laboratorio del sogno bisogna porre attenzione ad una serie di problemi relativi al luogo in cui il soggetto dorme e dunque sogna, e cioè un laboratorio, e alle modalità attraverso le quali si raccolgono i resoconti. Com'è fatto un laboratorio di psicofisiologia del sogno ? In generale si tratta di laboratori costituiti da una o più camere insonorizzate, o comunque molto silenziose, dove c'è un letto nel quale il soggetto dorme, e da una stanza dove gli sperimentatori lavoreranno nel corso della notte . Il soggetto viene preparato con l'applicazione di elettrodi che serviranno a registrare una polisonnografia ( PsG ) , cioè un elettroen­ cefalogramma* ( E EG ) , un elettro-oculogramma ( EoM ) , e un elettro­ miogramma ( EMG ) , parametri fisiologici fondamentali per capire l'ar­ chitettura del sonno del soggetto e scegliere in quale fase del sonno raccogliere il materiale onirico ( in alcuni casi può essere utile registrare anche altri parametri come la frequenza cardiaca, l' elettrocardiogram­ ma - E CG, la frequenza respiratoria, la conduttanza cutanea) . S ulla base del disegno di ricerca* si decide di svegliare il soggetto una o più volte 16

nel corso della notte per raccogliere l' attività mentale relativa ad una determinata fase di sonno. Per svegliarlo si utilizza un segnale acustico attraverso un interfono, senza mai entrare nella stanza del soggetto. Una volta accertatisi che quest'ultimo si è svegliato (attraverso i parametri oggettivi della PSG e soggettivi perché il soggetto risponde allo speri­ mentatore) , gli si chiede di raccontare nel maggiore dettaglio possibile quello che aveva in mente. Il racconto viene registrato on line senza alcuna interruzione con tutte le eventuali incertezze, interruzioni, ripe­ tizioni. S olo alla fine del racconto libero si possono porre alcune domande che possono riguardare semplici chiarimenti, oppure ineren­ ti a specifiche caratteristiche del sogno (qualità dell 'immagine visiva, presenza di emozioni, presenza di bizzarrie ecc. ) . È evidente che quan­ to migliore sarà il ricordo spontaneo, non forzato dalle richieste dello sperimentatore, tanto maggiore sarà la " bontà" del materiale onirico , perché meno inquinato dall' interferenza sia delle domande dello speri­ mentatore , sia degli eventuali riarrangiamenti che potrebbero essere fatti dal soggetto per migliorare il resoconto. Da quanto detto emerge chiaramente che quando si vuole studiare il sogno in condizioni sperimentali la preparazione deve essere molto accurata a partire dalla scelta dei soggetti. Infatti in generale si scelgono persone in buone condizioni di salute, buoni dormitori, che non assu­ mano farmaci che abbiano anche minimi effetti sui processi cognitivi, e che ovviamente non facciano uso di sostanze psicotrope . I noltre ai soggetti vengono richieste informazioni specifiche relative alla presen­ za, attuale o passata, di disturbi del sonno ed ancora è preferibile sceglie­ re soggetti che abbiano una buona capacità di ricordare i sogni. In gene­ rale si considera una buona memoria onirica quando una persona afferma di ricordare abbastanza spesso i propri sogni (cioè un ricordo spontaneo al mattino di due/tre sogni a settimana) . I soggetti scelti vengono poi istruiti sulla natura del compito che devono svolgere attra­ verso un addestramento specifico sulle modalità della notte (orario di arrivo in laboratorio e preparazione per la registrazione psicofisiologi­ ca) , dei risvegli, dell' intervista, del resoconto dell' attività mentale ( dettaglio , accuratezza e così via) . Questa fase dell 'addestramento è estremamente importante perché quando si racconta un evento si danno per scontati alcuni aspetti che invece nel racconto del sogno 17

non possono essere omessi. Per far comprendere al soggetto la modali­ tà con cui si descrive il sogno , talvolta è utile dirgli che dovrà fare un racconto estremamente dettagliato , come se dovesse racco ntare un film ad una persona che non lo ha visto . S i specifica inoltre che non dovrà omettere alcun particolare del ricordo, anche se esso può risulta­ re ininfluente o poco aderente alla narrazione, cercando di precisare tutti gli aspetti dell'evento, cioè il luogo in cui si svolgeva la scena oniri­ ca, le persone el o gli oggetti presenti, lo svolgimento dell'azione. In laboratorio si utilizza in genere il racconto di un sogno campione o si mostra una breve sequenza di un film della quale si chiede al sogget­ to una dettagliata descrizione. L'addestramento di solito avviene duran­ te la prima notte che il soggetto trascorre in laboratorio, notte che nel gergo sperimentale viene definita " di adattamento " , perché consente al soggetto di prendere familiarità con il laboratorio e con gl i speri­ mentatori. Questa notte è particolarmente utile anche agli sperimenta­ tori perché consente loro di valutare la tipologia del sonno del soggetto mediante la registrazione PSG e di verificare se il soggetto ha un buon adattamento alla situazione sperimentale. N o n sempre soggetti che pure avevano assicurato di non avere grossi problemi di ambientamen­ to sono riusciti realmente ad adattarsi sia al laboratorio sia al compito sperimentale. Per alcuni di noi infatti può essere difficile addormentar­ si in un letto al quale non si è abituati, in un laboratorio di un diparti­ mento universitario con monitoraggio costante e quindi con un certo grado - seppure piccolo - di fastidio, derivante dalla presenza di elettro­ di sul viso e sul cuoio capelluto e dalla presenza di persone estranee che ci controllano mentre dormiamo. A questo si aggiunge talvolta l' imba­ razzo, che può essere maggiore di quanto si pensava, di essere indagati su un aspetto della nostra vita mentale solitamente molto privato qual è il mondo dei nostri sogni. 1.3. l metodi di indagine Come abbiamo già accennato, il sogno è un'esperienza assolutamente privata e soggettiva che ci vede spettato­ ri unici. Quello che accade nella testa del sognatore nel corso della notte viene tradotto al mattino in condizioni di veglia in modi molto diversi per ragioni molto diverse. Da un punto di vista metodologico lo studio del sonno può seguire un approccio sperimentale e un approccio clini18

co; è evidente che questi due approcci hanno scopi e significati del tutto differenti. In realtà i metodi di indagine del sogno e del suo significato hanno radi­ ci antichissime in qualsiasi civiltà. Che i sogni potessero dire qualcosa sia sulla vita del singolo individuo (anticipare malattie, presagire even­ ti fausti o infausti) , dare in qualche modo consigli sul comportamento o su scelte da fare nella vita di veglia ha avuto quasi sempre una rilevan­ za fondamentale nelle diverse civiltà. Sappiamo di grandi strateghi che hanno fatto scelte decisive a seguito di un sogno; tutta la nostra cultura religiosa ha tra le sue pagine più significative le interpretazioni di sogni. La cultura mitologica classica fonda anch'essa molte delle sue interpre­ tazioni ricorrendo all' oniromanzia. Perciò in un contesto non scienti­ fico è sempre stato importante trovare delle chiavi di lettura di questo complesso prodotto della nostra vita interiore. L'indagine scientifica dell'attività onirica è assai più recente e dal punto di vista della psicologia sperimentale inizia in modo sistematico a parti­ re dalla scoperta del sonno con movimenti oculari rapidi (Rapid Eyes Movement - R E M ) , cioè negli anni cinquanta (Aserinsky, Kleitman, 1953 ) . La scoperta del sonno R E M contrapposto al sonno senza movi­ menti oculari rapidi (Non RapidEyes Movement - N RE M ) diede avvio ad una serie di ricerche in cui si enfatizzavano differenze di tipo qualitati­ vo e quantitativo. La fase REM, per le sue caratteristiche elettropoligra­ fiche*, veniva considerata la fase onirica per eccellenza, mentre il sonno NR E M in un modo un po' gene rico veniva considerato silente da un punto di vista dell' attività onirica attribuendo all'attività mentale presente in questa fase caratteristiche di tipo pensiero-simile. SCHEDA 2 Tre esempi di sogn i ra ccolti i n la boratorio e catalogati nella Drea m Da ta Ba nk

(ooe)

del dipa rtimento di Psicologia dell'Un iversità di Bologn a

Resoconto di sogno in addormentamento Vedevo una faccia come una specie di Frankestein, però molto distorta. Era molto squadrata e piena di rughe parallele in fronte e sulle guance. Avevo chiaro che si trattasse di un sogno. Però quello che mi si rappresentava davan­ ti. .. ogni tanto apparivano come dei fori dove dietro si intravedeva un'imma-

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gine più luminosa, più colorata, però non definita, come delle specie di picco­ le finestrelle su un'altra immagine oltre quella che mi si raffigurava in testa. Prima e durante l'ultima immagine, da quando cercavo di addormentarmi, si alternano immagini più luminose e più sbiadite come forate da questi buchi più luminosi e più colorati (come due diapositive, una davanti e una dietro e quella davanti con dei fori dalla quale intravedo quella dietro più luminosa). Mi suonava nelle orecchie molto spesso un ritornello che ho ascoltato diver­ se volte, un ritornello di campane che è l'inizio di una canzone.

EMOZIONI: no. TESTING DI REALTÀ: mantenuto. CONDIZIONI DI VIGILANZA: impressione di cadere nel sonno. Resoconto di sogno in Stadio 4 NREM Sognavo che ero nella mia casa e questa casa era molto grande, era un castel­ lo, cioè era la mia casa, ma aveva tutte le stanze come adesso, solo che erano tutte grandi. Questo a livello di sensazione cioè, perché mi sembra non ci sia niente che... vedo che questa casa effettivamente è così grande. La cosa brut­ ta era che nella camera di mio padre, mia madre non c'era, sì non c'era, c'era un animale, come un cane, però era come un mostro perché era un po'... non aveva pelo, era grande come un cane, però era liscio come un crostaceo, era lucido e aveva... boh... aveva dei denti molto grandi, degli artigli e... boh... ecco e quest'animale, cioè ero io che avevo paura perché quest'animale non faceva niente. C'era mia sorella mi sembra, però ... boh... come quando era piccola non come è adesso, mia mamma no, e c'era quest'animale, poi non c'era nessuno. lo avevo molta paura di quest'animale anche se era buono, ma siccome avevo paura, adesso mi ricordo, l'ho chiuso in una stanza.

EMOZIONI: paura, più che altro disagio, perché sapevo che era buono, inquie­ tudine.

TESTING DI REALTÀ: perduto. CONDIZIONI DI VIGILANZA: dormivo. Resoconto di sogno in Stadio REM Sono dentro a uno spogliatoio della squadra di calcio nella quale gioco e sono lì che sto parlando con i miei compagni che poi si trasformano in bambini. Entra un ragazzo che è l'amico del fratello di uno che gioca con me ed entra fumando la pipa. Allora io gli chiedo se per favore può andar fuori, lui rispon-

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de di no e così iniziamo a litigare e niente dopo finisce che io e lui iniziamo a combattere in pratica dentro lo spogliatoio, però io ho l'handicap di aver appena finito la doccia e quindi di essere scalzo e quindi scivolare, mentre lui è favorito perché ehiaramente ha le scarpe. lo sono scivolato a terra e lui in pratica sta cercando di colpirmi con dei pugni però io riesco a ripararmi. Niente, poi dopo... no, finisce così mi sono sveglia­ to proprio in questo istante. C'era anche il ragazzo che gioca con me che cerca di avvisarmi che questa persona è molto cattiva, poi ci sono anche le altre persone che guardano, che sono i miei compagni di squadra, che mentre assistono a questa lotta sono ridiventati adulti. La parte dove i miei compagni sono diventati bambini, siamo sempre nello spogliatoio, non c'è molto di più da dire, più che altro lo spogliatoio però è come nella realtà quindi non penso che sia interessante. Comunque ha le pareti gialle, la panca azzurra, no le panche sono gialle come le pareti, poi c'è il tavolo per il massaggio azzurro ... ecco io sono, quando entra questo tipo con la pipa, io sono appoggiato in pratica lì sopra questo tavolo. Subito prima ero nello spogliatoio con i compagni che erano prima grandi, poi piccoli, poi di nuovo grandi. Il mio amico mi segnala che il tipo è cattivo parlandomi, cioè a parte che io me ne accorgo perché mi rendo conto che quando inizia questa lotta, questa persona può avere dei pugni veramente violenti, cioè forti insomma che io riesco ad evitare, comunque mi rendo conto che basta uno per farmi molto male, e lui sì me lo comunica a voce- stai atten­ to perché ha questo pugno forte- e me lo dice mentre sto già facendo la lotta.

EMOZIONI: un po' di paura perché effettivamente questo tipo era molto violento. TESTING DI REALTÀ: la scena mi sembrava reale, mi vedevo, vedevo anche il viso. BIZZA RRIA: no, era veramente tutto molto reale, non colgo la bizzarria dei compagni che diventano piccoli, la colgo adesso da sveglio. loro si trasfor­ mano in bambini di dieci anni circa. Ad occhio erano undici o dodici, e non li vedevo distintamente... cioè so che sono loro come gruppo. Questo mio amico giusto distintamente [sic] è anche quello che fa la lotta con me. Quest'ultimo ha la pipa e nella realtà esiste questa persona però ... c'è un'altra bizzarria che mi sono ricordato adesso...

CONDIZIONI DI VIGILANZA: dormivo.

Cosa si intendeva con questa distinzione ? In sostanza si stabiliva una causalità tra un evento fisiologico (la particolare attivazio ne cerebrale 21

accompagnata dai movimenti oculari presente nella R E M ) e un evento mentale (l'allucinazione onirica) ( Dement, Kleitman, 1957) . Le eviden­ ze sperimentali accumulatesi nel corso degli anni hanno reso sempre più debole questo modello dicotomico e hanno costretto i ricercatori ad una revisione critica di questo modello. I n generale , quando parliamo di metodo nel pensiero scientifico ci riferiamo alla possibilità di studiare un qualsiasi fenomeno e di fornire dei dati che abbiano la caratteristica di essere oggettivi e quindi riprodu­ cibili, di essere misurabili e di poter essere inquadrati all' interno di un modello teorico generale. Lo studio e l'analisi di un protocollo onirico deve quindi essere trattato come un qualsiasi dato sperimentale sul quale si possano fare le suddette misurazioni. Per fare questo è evidente che bisognava trovare criteri di analisi che fossero in grado di soddisfa­ re i requisiti sopra citati. Nel 1966 Calvin H all e Robert Van de Castle (Hall , van de Castle , 1966a) tentarono per primi di costruire una serie di scale con lo scopo di mettere a punto un sistema di analisi di studio dei sogni. Questo meto­ do ancora oggi conserva la sua validità e viene utilizzato da molti ricer­ catori per la descrizione delle caratteristiche dei sogni, anche se potreb­ be essere criticato per la ragione che ha una formulazione teorica ibrida. Si tratta infatti di quindici scale descrittive e di sei scale teoriche che hanno come riferimento generale il modello psicoanalitico. A Le scale descrittive analizzano il sogno da un punto di vista della sua struttura e dei suoi contenuti. Esse sono: • Scala dell'ambiente. Con questa scala si valutano il luoghi del sogno, per quanto riguarda sia gli ambienti interni sia quelli esterni. Viene inol­ tre valutato il livello di familiarità che il soggetto riesce ad attribuire all'ambiente. • Scala degli oggetti. Serve a descrivere e suddividere in sottoscale tutti gli oggetti presenti nella scena onirica. • Scala dei personaggi. In questa scala sono classificati tutti i perso­ naggi presenti nella scena onirica distinguendo singole persone o grup­ pi non identi ficati prec isamente. N ella descrizione sono comprese tutte quelle caratteristiche che comunemente utilizziamo per descrive­ re una persona (sesso , età presunta, tratti somatici , relazioni con il sognatore) . 22

• Scala dell'interazione sociale. Per questo campo è prevista una scala per l'aggressività, una scala per l' amichevolezza e una scala relativa al sesso. Questi tre ambiti vengono valutati all'interno delle relazioni che si stabiliscono tra i diversi personaggi. • Scala delle azioni. Vengono descritte tutte le azioni svolte all'inter­ no del sogno contestualmente al personaggio che le svolge. • Scale del successo e delfallimento. Qualora nel sogno compaiano situazioni problematiche, queste scale ne valutano l'esito, cioè stabili­ scono se esse hanno avuto un esito e di quale tipo. • Scale della buona o cattiva sorte. In queste scale si valuta la presenza di situazioni che si potrebbero definire legate al caso, al destino o alla fortuna. • Scala delle emozioni. Questa scala valuta cinque emozioni differen­ ti e il sognatore deve indicare per ciascun perso naggio presente nel sogno il coinvolgimento per una o più emozioni specifiche. • Scala dei modificatori. I n generale l ' uso che il sognatore fa degli aggettivi per descrivere gli oggetti della scena onirica. • Scala temporale. Con questa scala vengono indicati tutti i riferi­ menti alla dimensione temporale. • Scala dei negativi. La scala misura tutte le volte che il sognatore utilizza termini che esprimono negazione. B Le sei scale teoriche hanno un significato più complesso e cercano di identificare alcune caratteristiche del sogno che potrebbero fungere da indicatori di costrutti psicodinamici p resenti nel sogno. Tre di queste scale si riferiscono al complesso di castrazione, al desiderio di castrazione e all' invidia del pene. Due scale si riferiscono all' oral ità e prevedono una scala per le attività legate al mangiare e al bere e alle attività che coinvolgono parti del corpo, come le labbra o la bocca in generale anche se non connesse ad attività legate al cibo (es. parlare) . L'ultima scala è quella della regressione e analizza le situazioni che potrebbero essere legate al periodo dell'infanzia. Questa classificazione, che ha ormai più di quarant'anni, ha avuto un notevole successo nella ricerca nell'ambito della psicologia sperimenta­ le. In generale il grado di attendibilità di questi material i si giudica dal grado di concordanza che c'è tra i diversi giudici (si chiamano così gli sperimentatori che effettuano la siglatura del sogno) . Gli autori oltre ad

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aver stilato la scala l'hanno anche vali data su un campione di mille sogni (cinquecento forniti da un campione di donne e cinquecento da un campione di uomini) raccolti con la tecnica del diario. L'analisi dei protocolli ha fornito dati interessanti soprattutto per quanto riguarda alcune differenze di caratteristiche oniriche legate al genere e all'età. Per quanto riguarda il genere, le donne fanno sogni a più elevato contenuto verbale con ambientazioni per lo più familiari e con un'elevata presenza di vissuti em otivi . I sogni degl i uomini sono contraddistinti da una maggiore interazione sia sociale sia fisica, hanno livelli di aggressività più alti e vi è una maggiore incidenza di sogni a contenuto sessuale. Per quanto riguarda l'età anche nel campione di Van de Casde (Hall, Van de Casde, 19 66a) l'elemento dominante è dato dalla presenza di animali, domestici e non, nei sogni dei bambini. Altre scale hanno analizzato i contenuti seguendo categorie più genera­ li. Ad esempio Foulkes (1962) ha osservato l'attività mentale conside­ rando due categorie. Una prima categoria si riferisce ad un'attività mentale più tipicamente onirica (dream-like) , caratterizzata da grande vividezza sensoriale, da cambiamenti dell' identità del soggetto , da elementi ambientali non corrispondenti alla realtà. La seconda catego­ ria comprende un'attività mentale più simile al pensiero della veglia (thought-like) . Foulkes è anche autore di una Dream-like Fantasy Scale (1971) che è una scala ordinale dove coloro che analizzano il protocollo onirico dispongono di otto livelli, ciascuno dei qual i definisce le carat­ teristiche del sogno (livello 1 " nessun contenuto " ; livello 8 "contenuto percettivo, allucinatorio, bizzarro ") . Alcuni autori hanno messo a punto sistemi di classificazione che tengo­ no conto solo di alcune caratteristiche del sogno quali la bizzarria (Revonsuo, Salmivalli, 1995) o le emozioni (Schredl , Doli , 1998) . I protocolli onirici possono essere studiati anche con analisi psicolingui­ stiche per capire come trattare il testo "sogno " . Tali analisi consentono sia di valutare alcuni aspetti della qualità del protocollo onirico, sia di capire la modalità di pensiero nella produzione onirica. Ad esempio in questo tipo di siglature vengono utilizzate scale visive che identificano sostantivi visivi, modificatori visivi, azione visiva e relazioni spaziali; scale uditive per l'analisi del linguaggio implicito ed esplicito, scale di bizzarria per l'analisi della discontinuità e delle improbabilità. Salzaru24

lo e Cipolli ( 1 974) hanno messo a punto un' analisi psicolinguistica fondata sulle regole della grammatica generativo-trasformazionale di Chomsky ( teoria li nguistica che propone un' analisi del li nguaggio fondata su una descrizione formalizzata della grammatica e delle strut­ ture sin tattiche) (1965) . I protocolli onirici vengono suddivisi in frasi sulle quali viene effettuata un'anal is i sin tattica che considera unità morfologiche complete e incomplete, fonti di memoria legate al sonno o alla veglia, forma linguistica del resoconto misurata con indicatori di forma sintattica e di selezione lessicale. Un altro aspetto interessante della ricerca su resoconti onirici è valutare se vi siano differenze tra i sogni raccolti in laboratorio e i sogni raccolti al mattino a casa propria con la tecnica del diario o con registrazioni. Sempre Hall e Van de Castle (1966b) hanno condotto una ricerca in cui si confrontavano queste due tipologie di sogni. Come c'era da aspettarsi, i sogni raccolti a casa sono più ricchi (anche perché a differenza dei sogni in laboratorio non vengono interrotti dallo sperimentato re) , più vividi sul piano percettivo e con trame più articolate. Il sogno di laboratorio presen­ ta, al contrario, spesso riferimenti alla situazione sperimentale con conte­ nuti che possono sembrare più banali e meno coinvolgenti sul piano emotivo. Certamente gl i autori propongono una spiegazione che va nella direzione di ipotizzare che in laboratorio è particolarmente attiva una censura che privilegia contenuti socialmente accettabili. È una spiegazio­ ne a nostro avviso solo parziale perché in fondo i soggetti che raccolgono i loro sogni per un esperimento, anche se a casa, sono consapevoli che essi verranno letti e analizzati da estranei. Probabilmente una spiegazio­ ne un po' più articolata dovrebbe tenere in considerazione anche il fatto che i processi di memoria forse ci fanno selezionare, e quindi rendere più memorabil i, sogni ad elevato coinvolgimento emotivo che probab il­ mente sono più significativi nell'economia psichica del sognatore. Come si può facilmente intuire da quanto detto sopra, trovare un meto­ do per l'analisi di un sogno è impresa alquanto difficile e i ricercatori , in genere di scuola cognitivista, hanno avuto sempre il problema di fornire dati obiettivi e confrontabili sulle caratteristiche di un sogno . Sono così stati fatti diversi tentativi purtroppo non sempre con risulta­ ti convergenti, anche per l'indubbia difficoltà legata alle caratteristiche del sogno. 25

Già nel 1 970 , durante il congresso dell' A P S S (Association for the Psychophysiological S tudy of Sleep) , questa situazione era emersa in tutta la sua complessità. E infatti durante il congresso si iniziò a pensa­ re ad uno strumento standardizzato per l'analisi dei protocolli onirici che fosse il risultato di un accordo congiunto tra tutti i ricercatori del settore. Il risultato non fu raggiunto, ma almeno ci si rese conto della grande eterogeneità delle scale adottate dai diversi ricercatori, metten­ do in evidenza differenze che facevano riferimento a costrutti teorici e metodologici molto diversi. Su alcuni punti si è trovata però una certa convergenza. Un elemento che generalmente viene tenuto in considerazione da tutti i ricercatori riguarda la lunghezza del protocollo onirico (Antrobus , F isher, 1965; Foulkes, Schmidt, 1983 ) . Questa dimensione viene considerata un indi­ ce di quantità, nel senso che può essere un indicatore della quantità di tracce di memoria che si sono rese disponibili per la generazione del sogno; può essere trattata anche come un indice in grado di modificare gli aspetti qualitativi del sogno, soprattutto per quanto riguarda l' even­ tuale presenza di contenuti bizzarri. Quando infatti si raccoglie un sogno, specie in laboratorio, dobbiamo sempre tenere presente che il soggetto è sveglio da pochissimo tempo, con livelli di coscienza non ottimali e quindi il suo racconto non sempre ha la fluidità narrativa della descrizione di un evento che si può fare da svegli. Anche se il soggetto è stato precedentemente addestrato ad esse­ re preciso e a riferire tutto quello che ricorda, spesso il protocollo oniri­ co presenta ripetizioni sia di parole sia di concetti espressi magari in modo molto confuso. Occorre inoltre tenere conto che, nel raccontare il sogno, il soggetto deve per così dire convertire o n line in un racconto verbale una produzione mentale che è stata esperita come rappresenta­ zione mentale con caratteristiche soprattutto visive; si tratta dunque di un'operazione non sempre facile . I l conteggio delle parole c i fornisce anche u n indicatore della ricchezza del sogno : sogni più lunghi quantitativamente sono in genere a conte­ nuto più ricco, con maggiore presenza di eventi e immagini, e possono condizionare la presenza di una delle più interessanti caratteristiche del sogno, e cioè la bizzarria. La bizzarria onirica è stata studiata sempre come una caratteristica 26

fondamentale del sogno e anzi le ricerche che hanno enfatizzato molto la differenza tra sogno REM e sogno NRE M identificavano nella bizzar­ ria uno dei fattori principali che poteva contraddistinguere un'attività mentale durante il sonno come oniro-simile versus un'attività mentale con caratteristiche pensiero-simili. Le classificazioni e le spiegazioni della bizzarria onirica nella letteratura sperimentale sul sonno e sul sogno sono molte e differiscono a seconda della prospettiva di studio. In ambito cognitivista, al di là delle differenze metodologiche, l'orienta­ mento teorico generale tende a spiegare le bizzarrie oniriche come viola­ zioni di organizzazione del pensiero rispetto a come si sviluppa durante la veglia. Questi particolari aspetti dell'allucinazione onirica sarebbero espressione del basso livello di funzionamento dei processi associativi in presenza di input mnestici numerosi e scollegati. La bizzarria non viene tuttavia considerata una caratteristica costante e dominante del sogno perché, come è stato dimostrato, sia con materiale raccolto con il meto­ do dei diari, sia con la ricerca sperimentale di laboratorio, buona parte della produzione onirica non presenta bizzarria (Cicogna et al , 2007) . Secondo una prospettiva più neurobiologica la bizzarria sarebbe ascri­ vibile alla casualità dell'attivazione di tracce di memoria a cui i processi cognitivi superiori non riescono a dare un'organizzazione adeguata e corrispondente a quella di una sceneggiatura che simuli il mondo reale (Hobson et. al, 1987; Hobson, Pace-Schott, Stickgold, 2000) . La diffe­ renza sostanziale risiede solo nel ritenere la bizzarria una caratteristica imprescindibile e costante dell'attività onirica. In entrambi gli approcci la bizzarria è scollegata da un valore intrinseco di tipo motivazionale e affettivo come nelle teorie psicoanalitiche, ed è soltanto il prodotto di un sistema cognitivo che lavora a basso regime, con un basso livello di controllo del flusso dei pensieri e delle immagi­ ni. Il limite di questi modelli è quello di fornire una spiegazione globa­ le del fenomeno , in qualunque fo rma si presenti, come se la vasta gamma di violazioni rispetto al mondo reale fosse uniformemente spie­ gabile con una generale carenza funzionale dei processi cognitivi duran­ te il processo di generazione del sogno. In realtà i tipi di " errori " che si presentano nella sceneggiatura onirica potrebbero essere il prodotto di un malfunzionamento di differenti e 27

specifici processi cognitivi. Se il sogno è una " simulazione allucinatoria multimodale del mondo " (Foulkes, 1985 e 1990) , le distorsioni oniriche possono riguardare tutti gli aspetti della realtà (la rappresentazione per immagini, l'organizzazione spazio-temporale, le leggi fisiche, le leggi logiche ecc. ) . Ciascuno di questi aspetti potrebbe essere spiegato sulla base di meccanismi diversi che non funzionano allo stesso regime della veglia. Recentemente i ricercatori Revonsuo ( 1 9 9 9 ) e Revo nsuo e Tarkko ( 2002) hanno fornito un'interessante interpretazione della bizzarria onirica sulla base del concetto di legame ( binding) , che fa riferimento all'integrazione dei diversi livelli di informazione necessari per la costru­ zione di oggetti fenomenicamente unificati. Secondo questo concetto la bizzarria potrebbe essere il risultato di ricombinazioni inusuali di elementi che si rendono disponibili nell'allucinazione onirica. A questo proposito gli autori distinguono errori di caratteristiche figurali quan­ do gli elementi percettivi non vengono correttamente legati all' infor­ mazione semantica congruente; errori contestuali quando elementi di per sé coerenti non vengono integrati in un contesto adeguato; errori di montaggio delle sequenze temporali quando si osserva discontinuità temporale nella sceneggiatura onirica. Questa interpretazione è molto interessante e può avere sviluppi profi­ cui per la comprensione della bizzarria, cioè di un contenuto assai signi­ ficativo che caratte rizza il prodotto onirico in sé; inoltre può essere molto utile per la comprensione del funzionamento della memoria. Il sogno potrebbe rappresentare un buon modello di dissociazione fisio­ logica tra i diversi sistemi e sottosistemi mnestici e potrebbe fornire uno strumento utile per cercare di comprendere le relazioni cognitive che conco rrono a darci una rappresentazione unificata e integrata del mondo.

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2.

Il sogno nella psicoanalisi Il simbolo è anche una categoria dell'invisibile. La decifrazio­ ne dei simboli ci conduce verso le insondabili profondità del respiro primordiale, il simbolo collega all'immagine visibile la parte dell'invisibile intuita occultamente.

P. Klee

2.1. Il sogno nel la meta psicologia di Freud Con la nascita della psicoanalisi il sogno da evento magico-simbolico diventa un even­ to mentale centrale in una teoria scientifica che ha l'obiettivo di spiega­ re il funzionamento mentale e in cui l'elemento rivoluzionario è costi­ tuito dalla scoperta dell' inconscio. Prima della psicoanalisi il sogno è stato sempre discusso nel pensiero occidentale senza però attribuire ad esso significati che andavano al di là di quello filosofico . S ul piano più strettamente medico esso veniva considerato un evento mentale in qualche misura espressione di un'at­ tività psichica distorta o inferiore, nella migliore delle ipotesi parago­ nata al pensiero psicotico. Alcuni autori (Binz, Maury, Striimpell; cita­ ti in Freud, Introduzione alla psicoanalisi, 1 9 1 5-17; vol . 8 , p. 262) addirittura non attribuivano al sogno neanche lo statuto di att ività cognitiva, ritenendo che esso fosse semplicemente una produzione casuale non degna di alcuna indagine scientifica, un' idea che purtrop­ po vive ancora oggi in alcuni modelli neurobiologici (cfr. CAP. 3 ) . Molti storici e d epistemologi fissano l a nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione esaustiva di un sogno utilizzato da Freud nell'In­ terpretazione dei sogni come sogno " campione " . Si tratta del celebre sogno personale, della notte tra il 23 e il 24 luglio 18 95, noto come " il sogno di Irma ". La sua interpretazione rappresenta l'inizio dello svilup­ po della teoria freudiana sul sogno. SCHEDA 3 Sogno del23-24 luglio 1895 Un grande salone, molti ospiti, che stiamo ricevendo, tra questi, Irma, che pren­ do subito in disparte come per rispondere alla sua lettera e rimproverarla di non

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accettare ancora la "soluzione". Le dico: « se hai ancora dolori è veramente soltanto colpa tua.» Lei risponde: «Sapessi che dolori ho alla gola, allo stoma­ co, al ventre, mi sento tutta stretta.» Mi spavento e la guardo: è pallida, gonfia. Penso: dopo tutto forse non tengo conto di qualche cosa di organico. La porto alla finestra e le guardo la gola. lrma mostra una certa riluttanza, come le donne che portano la dentiera. Penso che non ne ha proprio bisogno. La bocca poi si apre bene, e vedo a destra una grande macchia bianca e in un altro punto, accanto a strane forme increspate, che imitano evidentemente le conche nasa­ li, estese croste grigiastre. Chiamo subito il dottor M., che ripete la visita e conferma... il dottor M. ha un aspetto assolutamente diverso dal solito: è molto pallido, zoppica, non ha barba al mento... Anche il mio amico Otto si trova ora accanto a Irma e l'amico Leopold la percuote sul corsetto e dice: « C'è una zona di ottusità in basso a sinistra», e indica inoltre un tratto di cute infiltrato sulla spalla sinistra (cosa che anch'io sento nonostante il vestito)... M. dice: « N on c'è dubbio, è un'infezione; ma non importa; sopraggiungerà una dissenteria e il veleno sarà eliminato... » Inoltre sappiamo subito da dove proviene l'infezione. Qualche tempo fa, per un'indisposizione, l'amico Otto le ha fatto un'iniezione con un preparato di propile, propilene... acido propionico... trimetilamina (ne vedo la formula davanti ai miei occhi, stampata in grassetto) ... Non si fanno iniezioni con tanta leggerezza... probabilmente anche la siringa non era pulita.

Fonte: S. Fre u d , L 'interpretazione dei sogni (1899) ; vo l . 3, p p. 108-g.

A partire da quella interpretazione prende avvio un percorso scientifico che porta Freud ad abbandonare la psicopatologia in generale, così come l'aveva esercitata con Charcot e con Breuer, soprattutto il meto­ do ipnotico, e a strutturare una percorso autonomo. Nel 1896 egli infat­ ti usa per la prima volta il termine psicoanalisi per indicare: • un procedimento per l' indagine di alcuni processi mentali che sono altrimenti inaccessibili per altra via; • un metodo terapeutico attraverso il quale è possibile curare alcune nevros1; • un insieme di concezioni psicologiche che lo porteranno a formu­ lare una teoria del funzionamento della psiche. Il 4 novembre 1899 viene pubblicata, con la data del 1900 , Die Traum­ deutung (L 'interpretazione dei sogni) , senz' altro l' opera che può essere 30

considerata il manifesto della psicoanalisi e che condizionerà la cultu­ ra, non solo scientifica, di tutto il Novecento. Essa è forse lo scritto che più di ogni altro definisce la teoria psicoanalitica nelle sue caratteristi­ che costitutive essenziali. A tale opera Freud arrivò dopo aver termina­ to la sua autoanalisi che si era basata in modo significativo sull 'inter­ pretazione dei propri sogni. A questa prima edizione ne seguirono altre otto (l'ultima del 1930 costituisce l' edizione sulla quale ha lavorato Cesare Musatti per la traduzione italiana per l'editore Boringhieri) , ognuna delle quali arricchita da modificazioni e revisioni, a testimo­ niare la rilevanza che lo stesso Freud aveva attribuito al suo lavoro. L'importanza di questo scritto è evidente già quando si analizza la sua complessa genesi che, per usare un termine freudiano, risulta " sovrade­ termi nata " , ovvero implica contemporaneame nte più significati . Questioni diverse si intrecciano nell'origine di quest' opera: questioni di tecnica, di teoria, ma anche autobiografiche. D al punto di vista dell'evol uzione del percorso culturale di F reud sappiamo, come lui stesso dice, che «L 'interpretazione dei sogni, essen­ zial mente già pronta all'inizio del 1896, fu stesa soltanto nell'estate del 1899» (Per la storia del movimento psicoanalitico, 1914; vol . 7 , p. 3 9 5) e nasce sostanzialmente dall'esigenza di sostituire la tecnica dell' ipnosi (che Freud aveva utilizzato insieme a Breuer) con quella delle associa­ zioni libere, dove il paziente era invitato a comunicare al terapeuta qualsiasi cosa si prese ntasse alla sua mente. Contemporaneamente a questo passaggio Freud decise di inserire i sogni all'i nterno del suo lavoro clinico. L'autore stesso , in una lettera all'amico Fliess (giugno 1900) , si diverte a pensare ad una lapide sulla casa dove aveva fatto questo sogno: «Non credi che sulla casa un giorno si potrà leggere questa lapide ? In questa casa il 24 luglio 1895 al Dr. Sigmund Freud si svelò il segreto del sogno>> . Già dal 1 8 9 5 nell' opera Progetto di una psicologia compaiono alcuni paragrafi in cui Freud affronta l' argomento sogno e in cui inizia a rendersi conto dell'eno rme importanza di questo elemento per la comprensione dell' inconscio. L'elemento autobiografico importante nella genesi dell'interpretazio­ ne viene riferito dallo stesso Freud sempre in una lettera a Fliess e riguar­ da la morte del padre: «La mia reazione alla morte di mio padre, dunque 31

all'avvenimento più importante, alla perdita più straziante nella vita di un uomo» (vol. 3 , p. 5 ) . N ella Traumdeutung, senz' altro uno dei più complessi scritti d i Freud, l'autore esamina tutta la produzione scientifica precedente sulla natura dei sogni e sulla loro possibilità di essere materiale utile per la conoscen­ za della psiche dell'individuo e, nel famoso capitolo settimo, espone la sua psicologia dei processi onirici; questo cap itolo diventerà una sorta di manifesto della teoria psicoanalitica. L'opera definisce in modo orga­ nico il sogno, sia nel suo significato teorico, cioè nella funzione che esso ha come processo psichico, sia nella sua funzione clinica, come strumen­ to che consente l'accesso a quella particolare organizzazione psichica rappresentata dall'inconscio. Grazie alla psicoanalisi il sogno diventa a pieno titolo materia di studio scientifico e per la prima volta si pongono le basi per la comprensione di questa attività di pensiero che occupa circa un terzo della nostra vita mentale (giacché trascorriamo un terzo della nostra vita dormendo) . F reud era ben consapevole delle critiche che avrebbe potuto attirarsi parlando di sogno e po neva attenzione alla natura indeterminata di questa attività mentale in relazione al fatto che essa non è neppure diret­ tamente conoscibile, poiché quello che si può studiare è costituito dal solo ricordo che se ne ha e dal racconto che se ne fa in tempi successivi al suo accadimento. Freud supera questo problema dell'incertezza della natura del sogno sostenendo che «come sogno debba valere precisamen­ te ciò che il sognatore racconta, a prescindere da tutto ciò che egli può aver dimenticato o modificato nel ricordo» (vol. 8 , p. 261) . Anche se presenta contenuti assolutamente personali e soggettivi che necessitano del setting terapeutico per essere interpretati, il sogno assume importan­ za perché attraverso di esso si arriva a costruire l'oggettività della realtà psichica. E, come sostiene Semi (1 988 ) , Freud attribuisce al sogno " il valore di prova del funzionamento psichico inconscio ". Quindi il sogno ha rilevanza per due ragioni: da una parte ha un' importanza clinico­ terapeutica nella misura in cui il suo essere interpretabile ci consente di comprendere l'esperienza del sognatore-paziente; dall'altra è un punto centrale sul piano teo rico per la comprensione del funzionamento psichico in generale. Freud definisce il sogno «il modo con il quale la psiche reagisce agl i 32

stimol i che agiscono durante lo stato di sonno» (vol . 8 , p . 265) . La funzione fondamentale del sogno sarebbe quindi quella di proteggere il sonno, consentendo di elaborare gli stimoli psichici che potrebbero causarne un' interruzione. A partire da questa definizione generale Freud sostiene che il sogno è un'allucinazione la cui generazione è lega­ ta ad un desiderio non realizzato. Ma qual i sono le fo nti originarie ? Cosa si intende per desideri non realizzati ? La radice del sogno per F reud è costituita dai desideri rimossi che riemergono nel teatro affettivo attuale. Ai desideri rimossi fanno da stimolo per l'attivazione stimoli esterni, stimoli somatici o anche resti di esperienze diurne. Consideriamo il primo elemento da cui prende avvio il lavoro dell' ap­ parato psichico: il sogno rappresenta la realizzazione allucinatoria di un desiderio. Ciò che innesca il sogno è il desiderio, che attraverso i conte­ nuti del sogno viene appagato; è importante sottolineare che nel sogno la realizzazione del desiderio non si verifica come sola fantasia o pensie­ ro ma come realtà, anche se realtà allucinatoria onirica. Mentre sognia­ mo non siamo consapevoli che quello che stiamo sognando è un nostro

FI G U RA l Fonti o rigina rie del sogno nel m odello psicoanalitico SOG NO LATENTE I NCO NSC I O FONTI: • •

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CO N SCIO

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prodotto mentale, ma viviamo quella situazione come se stesse realmen­ te accadendo; in questa accezione potrebbe essere persino discusso il carattere allucinatorio del sogno, giacché quello che sogniamo è realtà a tutti gli effetti e prendiamo consapevolezza delle sue caratteristiche allucinatorie solamente expost, al risveglio. Per Freud i desideri infantili rimossi nel sogno trovano una possibilità di realizzazione in forma allucinatoria. È evidente che, trattandosi di desideri inconsci, essi si esprimono nel sogno in maniera camuffata per non generare quell'angoscia che porterebbe al risveglio. Ciò avverrà attraverso trasformazioni che ne mascherano la reale portata simbolica. Per la comprensione di queste trasformazioni è cruciale la distinzione che F reud fa tra contenuto latente e contenuto manifesto del sogno, che rimanda alla modificazione che i pensieri inconsci (contenuto latente) subiscono nella loro riformulazione onirica (contenuto manifesto) . Quando il paziente racconta il sogno l'analista ha a che fare unicamen­ te con il racconto del sogno , quindi con il suo contenuto manifesto ; man mano che l' analisi procede vengono alla luce i pensieri latenti. L'anal ista si trova nella condizione quindi di dover compiere un ribal­ tamento , ovvero un cammino inverso, dal contenuto manifesto ai pensieri latenti. Per questo l' analisi del sogno ha una valenza anche teorica, perché consente di comprendere il lavoro onirico e i suoi meto­ di. Attraverso il confronto latente/manifesto non emerge solo la modi­ ficazione, ma vengo no alla luce anche i modi della modificazione, e dunque le modalità con cui opera l' inconscio. Quindi il sogno latente equivale al contenuto latente costituito dai pensieri che hanno originato il sogno e che sono costituiti dall'insieme di significati che esprimono uno o più desideri inconsci. Il contenuto latente, nella sua traduzione in sogno manifesto , è l' espres­ sione adeguata di desideri inconsci. Il sogno manifesto costituisce inve­ ce l'esperienza fenomenica del sognatore. S ogno latente e sogno manifesto , dice Freud, «Stanno davanti a noi come due esposizioni del medesimo contenuto in due lingue diverse, o meglio, il co ntenuto manifesto ci appare come una traduzione dei pensieri del sogno in un diverso modo di espressione di cui dobbiamo imparare a conoscere caratteri e regole sintattiche, confrontando l' origi­ nale con la traduzione» (vol. 3, p. 257) . 34

Il contenuto latente è rapp resentato dunque dall 'insieme di pensieri che costituiscono il nucleo centrale e di partenza del sogno (o del sinto­ mo nell' isteria) . Questo nucleo centrale è molto complesso e articola­ to e attraverso una serie di processi si trasformerà nella sceneggiatura ontnca. Freud comprende quindi che il problema principale da affrontare con la materia sogno verte sulla sua interpretazione ( Traumdeutung) . Per interpretare un sogno è necessario capire i meccanismi di trasformazio­ ne-generazione. Freud sa bene che nella storia delle culture i sogni sono stati da sempre oggetto di interpretazioni e di questo abb iamo ampia testimonianza sia nei testi sacri sia nei testi dell'epica classica. A questo riguardo egli parte dali' analisi del metodo che adottavano i sacerdoti dell'antico Egitto (interpretazione simbolica del sogno) e porta come esempio il sogno di Giuseppe: «Sette vacche grasse alle quali seguono sette vacche magre che divorano le prime: è una sostituzione simbolica della predizione di sette anni di carestia in Egitto, che divoreranno tutta l'abbondanza accumulata nei sette anni fortunati» (vol . 3 , p. 100 ) . In questo caso si opera sostanzialmente una sostituzione in toto di un contenuto con un altro. Sempre tenendo come esempio la tradizione culturale, Freud analizza un altro metodo che definisce di «decifrazione, perché tratta il sogno come una specie di linguaggio cifrato in cui ogni segno viene tradotto, secondo una chiave prestabilita, in un altro segno di significato cono­ sciuto >> ( ibid. ) . Ad esempio: «Ho sognato una lettera , ma anche un funerale, eccetera; consulto ora un "libro dei sogni " e trovo che " lette­ ra" va tradotto con " dispiacere ", funerale con "fidanzamento "» (ibid. ) . È evidente che nel primo caso la traduzione simbolica è affidata alla competenza e saggezza di colui che interpreta, mentre nel secondo caso noi possiamo avvalerci di un codice fisso di significati noti i quali tutti possono essere in grado di decifrare un sogno (è quello che in effetti accade in tutti i libri a divulgazione popolare di interpretazione dei sogni) . Scrive ancora Freud ( ivi, p . 102 ) : N o n v' è d u b b i o c h e i d u e p roce d i m e nti po po l a ri d ' i nte rp reta z i o n e d e l s o g n o s o n o i n uti l izza b i l i p e r la trattazio n e s c i e ntifi ca d e l l 'a rgo m e nto. I l m etod o s i m bo l i co è d i

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a p p l icazio n e l i m itata e i n ca pa ce d i u n a sp iegazi o n e g e n e ra l e. N e l m etod o d i d ecifra ­ zio n e la cosa p i ù i m po rta nte sa re bbe l 'atte n d i bi l ità d e l la . .ch iave" d e l l i b ro d e i sog n i , m e ntre d i c i ò m a n ca q ua lsia s i ga ra nzia.

Freud non può accettare questi metodi troppo semplici per la sua concezione dello psichismo umano. N ella cultura popolare poi c'è una visione totalmente passiva del sognatore giacché, il sogno è inteso quasi sempre come segno divino e arriva al sognatore in quanto semplice lato­ re del messaggio che una divinità vuole inviare agli esseri umani. «Il mio metodo infatti non è comodo come il popolare metodo di decifrazio­ ne , che traduce il contenuto del sogno in base ad una chiave fissa; anzi sono quasi rassegnato al fatto che lo stesso contenuto possa rivestire un significato diverso, secondo le persone e il contesto>> (ivi, p. 106) . Freud considera il sogno un processo psichico e in quanto tale deve esse­ re studiato tenendo il sognatore come unico artefice del sogno e perciò con un ruolo attivo nell'interpretazione dello stesso (ivi, p. 275) : P ro ce d ia m o d u n q u e n e l n ostro lavo ro co n l ' i potes i c h e i l s o g n o s i a u n fe n o m e n o psich ico. I n ta l ca so esso è u na p rod uzio n e e u n ' es p ress io n e d e l sognato re, ta l e p e rò da n o n d i rci n u l la , da ris u lta rci i n co m p re n s i b i l e. O ra , cosa fate vo i n e l caso c h e io m i es p ri m a i n m o d o p e r vo i i n co m p re n s i b i l e? M i i nte rro gate, n o n è ve ro? Pe rc h é n o n d ovre m mo fa re lo stesso e c h i ed e re a l sog nato re c h e cosa i l s u o sogno s i g n ific h i ?

In questa ottica è il sognatore stesso che, attraverso libere associazioni al contenuto manifesto del sogno , produce gl i elementi significativi per la sua interpretazione . Il ruolo dell' analista è quello di guidare il paziente nel suo percorso. Questo passaggio è cruciale perché permette a Freud di fondare il legame tra sogno e attività mentale inconscia e di dire successivamente che il sogno è "la via regia all'inconscio ". Il contenuto man ifesto si riferisce al lavoro finito , ovvero al testo del sogno così come esso viene riportato alla coscienza del sognatore. Su questo testo è necessario mettere in atto tre processi, che percorrono a ristroso la strada di generazione-trasformazione (lavoro onirico) . Esso deve essere in primo luogo scomposto e diviso in tutte le sue parti che rappre­ senteranno il materiale da utilizzare per le libere associazioni del sognato­ re; deve essere contestualizzato rispetto all'attualità della vita del sognato-

re; deve essere riferito alla sua esperienza infantile così come egli la ricorda e la ricostruisce. Questa forma distorta è stata chiamata da Freud sogno manifesto ed è costituita dal materiale che si presenta al ricordo del sogna­ tore. N el modello psicoanalitico il sogno manifesto non ha alcun valore, essendo esso la totale sostituzione del vero materiale di interesse che è possibile raggiungere solo attraverso l'analisi del sogno. La componente manifesta del sogno serve come punto di partenza, consiste in qualcosa che è presente ma che di per sé lascia inaccessibile il significato del sogno. Attra­ verso le associazioni libere, che ad esso si collegano, si rende accessibile e interpretabile il materiale autentico e nascosto e dunque il materiale incon­ scio che è stato il vero primum movens del sogno. Pertanto la tecnica asso­ ciativa consente di introdurre una distinzione fondamentale nel processo di formazione del sogno, e cioè la distinzione tra contenuto onirico mani­ festo, che è dato dalla narrazione del sogno così come esso viene ricordato dal sognatore, e pensieri onirici latenti che ci consentono di accedere all'in­ conscio del soggetto. L'interpretazione è lo strumento attraverso il quale l'analista percorre a ritroso il complesso processo che dal contenuto laten­ te costruisce il contenuto manifesto e dunque il ricordo del sogno così come esso viene riportato dal paziente durante la seduta analitica. È del tutto evidente che tra elemento onirico manifesto ed elemento onirico latente esiste una relazione che in termini generali può essere definita dalla modalità di rappresentazione, che nel sogno è data in maniera preponderante alla rappresentazione visiva. I meccanismi di trasformazione dal contenuto latente a quello manife­ sto costituiscono il cosiddetto lavoro onirico. Il lavoro onirico è dunque il prodotto di una serie di processi psichici attraverso i quali si dà possib il ità al desiderio ( forza generatrice del sogno) di esprimersi, ma in una modalità distorta e difficilmente rico­ noscibile dalla coscienza consapevole del sognatore. Esso è costituito da quel complesso di operazioni che trasformano le fonti del sogno (stimoli attuali, pensieri o episodi diurni, pensieri del sogno) in un prodotto che è il sogno manifesto . La deformazione dei pensieri del sogno è l'effetto di tale lavoro. Questi meccanismi operano secondo le leggi del processo primario (funzionamento della dinamica inconscia) ad eccezione dell'elaborazione secondaria (che opera secondo le leggi del processo secondario, corrispondenti a quelle del pensiero vigile) . 37

Con il termine processo primario Freud indica tutti quei meccanismi psichici che coinvolgono soprattutto le dimensioni associative a carat­ tere emotivo. Il processo primario ha caratteristiche peculiari, assai diverse da quelle delle operazioni cognitive che si utilizzano nel ragionamento consape­ vole. Esso: a) igno ra la contraddizione; b) ignora la negazione; c) presenta tendenze dotate di mobilità (carica che si sposta) ; d) è aerano, cioè non considera la dimensione temporale. Con il termine processo secondario Freud indica quei processi di revisio­ ne che organizzano la sequenza narrativa del pensiero vigile e che sono responsabili dell' " aggiustamento " più o meno coerente della trama ontnca. I principali meccanismi del lavoro onirico individuati da Freud sono: • la condensazione e la diffusione; • lo spostamento d'accento; • la drammatizzazione o raffigurabilità; • la trascrizione simbolica; • l'elaborazione secondaria. La condensazione è un meccanismo che fonde in un'unità più immagi­ ni e/ o più significati. Al contrario, la diffusione è il meccanismo opposto per il quale un solo contenuto onirico si distribuisce e si esprime attra­ verso più immagini o rappresentazioni. Questi processi definiscono situazioni anche molto diverse fra loro che possono riguardare sia i contenuti sia l'attività immaginativa onirica e spiegano tanto il sogno nella sua interezza quanto frammenti o singoli elementi di esso. Consi­ deriamo le condensazioni che possono riguardare le persone all'interno di un sogno. Ad esempio nel personaggio onirico di Irma (cfr. S C H E DA 3 a p. 29 ) sono condensate almeno sei persone femminili le cui figure emergono durante il lavoro associativo. Conseguenza della condensa­ zione è che in ogni sogno vi è una molteplicità di significati e che ogni immagine del sogno può essere sovradeterminata. Un altro esempio di condensazione può riferirsi alle parole. In sogno possono comparire neologismi che successivamente in vegl ia ricordiamo come parole bizzarre del tutto prive di senso. Attraverso le associazioni ci si rende conto che queste formazioni verbali derivano da una procedura di distorsione di parole note che produce la fusione di due (o più) parole

in una. L'applicazione della condensazione in questo contesto può esse­ re considerata come un modo "laconico " di articolare un pensiero più complesso. Parlando di questo genere di condensazioni linguistiche, Freud richiama l'attenzione sul fatto che la rielaborazione inconscia linguistica viene prodotta attraverso connessioni che riguardano sia il piano puramente lessicale delle parole (ad es . assonanze , rime) , sia il piano dei riferimenti di significato concettuale e/ o emotivo (questo tema verrà poi indagato in maniera estesa e approfondita con lo studio dei lapsus verbali e dei meccanismi di formazione dei motti di spirito) . Lo spostamento d'accento si riferisce ad un trasferimento dell'intensità e della centralità di una rappresentazione nella trama del sogno ad un'al­ tra rappresentazione che è invece periferica o marginale nella sceneggia­ tura complessiva. Anche in questo caso la rappresentazione centrale è legata a quella periferica da una catena associativa che si può ricavare dal sognatore durante l'analisi. Per comprendere il processo di spostamen­ to si può fare riferimento ad un'immagine che consideri il sogno come fatto di contenuti centrali e periferici e che questi contenuti abbiano disposizioni differenti quando si confronta il contenuto manifesto e il contenuto latente . Quello che è centrale o importante nei pensieri latenti può venire rappresentato solo in modo indiretto e periferico. Al contrario, aspetti marginali dei pensieri latenti potrebbero essere posti al centro del contenuto manifesto: «Il sogno (contenuto manifesto) [ . . . ] è diversamente centrato : il suo contenuto è impe rniato su elementi diversi dai pensieri del sogno>> (vol . 3, p. 283) . In questo modo nel sogno manifesto si ha una modificazione di accento in virtù della quale un elemento del tutto marginale viene investito dell'importanza che spet­ terebbe ad un elemento centrale. Con il meccanismo di drammatizzazione viene preso in considerazione il problema della rappresentabilità onirica come rappresentabilità preva­ lentemente visiva. I passaggi necessari alla trasformazione del contenuto latente in contenuto manifesto devono considerare un aspetto cruciale della generazione del sogno che è legato al fatto che esso si manifesta come allucinazione visiva. Questo passaggio necessita di una riformula­ zione del testo linguistico del contenuto latente in formato figurale: «Lo spostamento avviene di regola nel senso che un'espressione incolore e astratta del pensiero onirico viene scambiata con un'altra, plastica e 39

concreta» (ivi, p. 3 12) . La drammatizzazione può essere paragonata alla scena teatrale, dove a partire da una sceneggiatura (cioè da un testo scrit­ to) il regista, assieme allo scenografo, opera le trasformazioni che rendo­ no possibile la scena concreta all'interno della quale si svolge l'azione. Con il meccanismo della trascrizione simbolica Freud intende la presen­ za nella scena onirica di oggetti che compaiono al posto di altri e come rappresentanti di questi; essa può essere considerata una forma partico­ lare di spostamento. La differenza con altri meccanismi di trasforma­ zione del sogno è il fatto che con il metodo delle associazioni libere non si è in grado di interpretare questi oggetti. Attraverso il processo di simbolizzazione si attua in modo allucinatorio quel desiderio rimos­ so che non è stato possibile esprimere e che compare nel sogno sotto mentite spoglie evitando così il confl itto con le istanze di realtà (Io e S uper-Io) : in questo senso il sogno è " il guardiano del sonno " . Duran­ te l ' analisi, però , il simbolo onirico diventa uno strumento molto importante perché anziché nascondere rivela, e quindi aiuta nel lavoro di interpretazione. Freud parte dalla convinzione che la censura non sia l' unica responsabile dei meccanismi di deformazione onirica. Questa convinzione è conseguente all' osservazione clinica che non sempre i singoli elementi di un sogno producono catene associative e spesso questi elementi per così dire " silenti " sul piano associativo debbono essere tradotti senza alcun aiuto. Dice Freud: «Chiamiamo " simbolica" una simile relazione costante fra un elemento onirico e la sua traduzio­ ne, e " simbolo" del pensiero onirico inconscio l'elemento onirico stes­ so» (vol. 8, p. 3 22) . Il simbolo dà possibilità all'analista di interpretare il sogno anche quando il sognatore non è in grado di fornire alcuna lettura del simbolo stesso. Per quanto riguarda le caratteristiche dei simboli, sapp iamo che Freud assegnava il ruolo predomi nante alle rappresentazioni riguardanti il corpo umano e i grandi temi della vita, nascita, morte, sessualità. Nonostante questa costanza di significati dei simboli Freud avverte che la traduzione simbolica è corretta solo nella relazione psicoanalitica, e cioè essa deve essere utilizzata all' interno di una cornice che comprende un'approfondita conoscenza del sognato­ re; essa quindi non si sostituisce alla tecnica associativa, ma rappresen­ ta un' importante integrazione nella comprensione delle dinamiche psichiche del sognatore. 40

Purtroppo questa attenzione che Freud ha sottolineato non sempre è stata sufficientemente considerata e soprattutto nel pensiero comune si assiste spesso ad interpretazioni simbol iche di sogni totalmente arbi­ trarie e prive di alcun fondamento scientifico. Il processo di elaborazione secondaria corrisponde ad un meccanismo di " revisione " o rimaneggiamento del sogno con l' intento di costruire una trama relativamente coerente e comprensibile. Questo processo elimina, aggiunge, cerca di creare una specie di sogno ad occhi aperti. Interviene sui prodotti elaborati dagli altri meccanismi (ma può anche util izzare fantasie precostituite) al fine di generare un prodotto che renda intelligibile la narrazione onirica. Turti questi meccanismi costituiscono la censura onirica, che definisce la differenza tra sogno nel suo significato profondo e sogno come espe­ rienza consapevole. Freud con questo termine intende quel processo psichico che consente di nascondere e camuffare la reale natura del desi­ derio che trova appagamento nel sogno e che lo rende incomprensibile; il risultato è che il significato reale del sogno non corrisponde mai al suo contenuto manifesto. La censura onirica è l'equivalente notturno del processo di rimozione. N ello spiegare i concetti della psicoanalisi Freud spesso si serve di esempi e talvolta addirittura di metafore. Nel caso della censura, egli utilizza la metafora delle notizie di politica che appaiono sui giornali e che spesso vengono censurate sia attraverso palesi omissioni sia attraverso operazioni di modificazione, distorsione o allusione. Come si procede nella lettura e interpretazione dei sogni durante il trat­ tamento psicoanalitico ? F reud sostiene che due sono le strade che consentono l'interpretazione del sogno: la tecnica delle libere associa­ zioni e l'analisi simbolica. Il metodo associativo consente di ripercorrere in un certo qual modo a ritroso le tappe che hanno portato al contenuto manifesto e quindi di ritornare ai significati autentici che sono stati i generatori del sogno . Questo importante strumento clinico «impone il lavoro dell'interpreta­ zione al sognatore stesso , rifiuta di prendere in considerazione, per ogni elemento onirico, quello che viene in mente all'interprete e accet­ ta quello che viene in mente al sognatore>> (vol. 3 , p. 101, nota del 1914) . La tecnica associativa prescinde dalla consapevolezza che il sognatore ha di tutti i contenuti del sogno: attraverso di essa però è possibile accede41

re ad essi con la scomposizione del sogno in piccoli frammenti che servi­ ranno da esca per produrre il materiale associativo . È evidente che la tecnica associativa ha alle spalle un assunto teorico molto forte che attra­ versa tutto il modello psicoanalitico, e cioè che la vita psichica sia guida­ ta da uno stretto determinismo ovvero che nessun nostro atto psichico sia arbitrario e privo di significato, ma che sia possibile sempre creare connessioni ai nostri comportamenti e darne sp iegazioni significative. N e discende che anche il sogno, per quanto incomprensibile, incomple­ to, privo di signi ficato apparente, può diventare assolutamente comprensibile e interpretab ile nel suo significato affettivo. N atural­ mente il passaggio dalla pura e semplice connessione associativa all' af­ fermazione che gli elementi associati fanno effettivamente parte dei motivi che hanno prodotto nel sogno un determinato contenuto non è affatto ovvio. Freud è però convinto che attraverso le associazioni libe­ re ci si avvicini molto ai motivi effettivi del sogno. Ad esempio nel caso di un altro sogno campione della Traumdeutung, il sogno della " monografia botanica", si possono analizzare quattro cate­ ne associative risultato di un complesso processo di condensazione. SCHEDA 4 Sogno della m onografia bota n ica H o scritto una monografia su una specie [lasciata imprecisata] di pianta. Il libro mi sta davanti, sto voltando una tavola a colori ripiegata. All'esemplare è allegato un campione secco della pianta.

Fonte: S. Fre u d , L 'interpretazione dei sogni, vo l . 3, p. 261.

La prima associazione prende avvio da un evento diurno , cioè da una monografia sui ciclamini che Freud aveva intravisto in una libreria il giorno precedente; la seconda si collega alla monografia sulla cocaina che Freud aveva scritto, la terza allude alla monografia sul sogno (cioè alla Traumdeutung) che Freud stava scrivendo e l'ultima parte da un collegamento all'erbario del ginnasio e dunque ad una memoria seman­ tica remota. Ciascuna catena associativa rivelerà una serie di significati che sveleranno il contenuto affettivo del sogno. 42

L'analisi simbolica può essere definita come un aspetto particolare del meccanismo di spostamento, con il risultato che un contenuto latente viene simbol izzato in un al tro contenuto nella versione fornita dal sogno manifesto ; in sostanza il sogno si serve del simbolismo per la rappresentazione mascherata di pensieri latenti che non possono essere altrimenti espressi. Questo è uno dei concetti forse più distorti dell'in­ terpretazione dei sogni. Se è vero che Freud nella sua opera discute il significato simbolico generale di alcuni oggetti/situazioni che possono osservarsi nei sogni, non bisogna commettere l'errore di considerare queste traduzioni simboliche per sé stesse. F reud sottolinea la natura plastica e plurisignificante della trasformazione simbolica e avverte che una corretta interpretazione non può prescindere dallo specifico setting analitico e quindi da un'approfondita conosce nza del paziente e del contesto relazionale in cui il simbolo è stato utilizzato. In questa accezione il sogno si presenta dunque come un materiale sovradeterminato che esprime molto ma comunica poco e sta all'abili­ tà dell'analista renderne comprensibili i livelli attraverso una decodifi­ ca sintattica. Lo svil uppo d el pensiero freu d ia n o Lo sviluppo del pensiero freudiano passa attraverso una profonda rielaborazione del significato che il sogno assume sia nella teoria sia nella pratica psicoanalitica. I n questa direzione vale la pena ricordare il contributo d i Melanie Klein. Nella sua opera, La psicoanalisi dei bambini (193 2) , si osserva un note­ vole cambiamento nella teoria di Freud con uno spostamento d' accen­ to dalla spiegazione pulsionale verso una teoria relazionale. Klein sposta in questa direzione il significato del sogno che non è più e non è solo l'accesso alle memo rie passate del pazie nte ma assume significato nell 'attualità del presente, e cioè nella relazione analitica. In una direzione analoga si colloca anche il lavoro di Wilfred R. Bion ( 1963 ) . Secondo l'autore l'importanza del sogno risiede nella sua capa­ cità di divenire, attraverso la rappresentazione del mondo interno, una preziosa fonte di conoscenza dell'uomo. Con il sogno l'uomo acquisi­ sce la possibilità di sviluppare la sua vita mentale lungo un continuum che va dallo stato di vegl ia (luogo del pensiero conscio) allo stato di sonno (luogo del pensiero inconscio) . 2.1.1.

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In anni più recenti Mauro Mancia ha proposto una lettura molto origi­ nale del sogno all 'interno della teoria psicoanal itica. Secondo questo autore, «sognare significa poter oggettivare in un teatro privato la rela­ zione tra oggetti interni e in questa misura darsi un fondamentale stru­ mento di conoscenza di sé di cui la mente ha bisogno per mantenere un contatto con le sue parti interne da cui scaturisce la coscienza di sé>> (Mancia, 2004, p. 10 1) . In questo modo il sogno diventa una sorta di collante tra le memorie più antiche, appartenenti sia all'inconscio non rimosso sia all' inconscio rimosso (cfr. PA R . 2 . 2 ) , e le attuali esperienze rel azionali, venendo a costituire un luogo di continuità emotiva della vita mentale e permet­ tendo una sorta di chiusura del cerchio che consente di comprendere la storia affettivo-evolutiva dell'individuo. In questa veste il sogno conti­ nua ad essere non tanto la via regia per l' inconscio quanto la via regia per la comprensione della storia personale di un individuo, comprensione che per essere completa deve andare anche oltre i ricordi espliciti verso le regioni più antiche e primitive della nostra storia personale. Oltre a questi significati il sogno ne ha anche uno molto particolare che è quello di essere un elemento di rappresentazione di tutti quegli oggetti interni che acquistano significato di "sacralità" per l' individuo. Mancia ( 1 987) parla infatti di sogno come " rel igione della mente " , prendendo il significato etimologico della parola religione (re-ligare) e intendendo il sogno come quel processo mentale che consente di " lega­ re " ciò che vi è di significativo nelle emozioni e negli affetti, anche i più antichi, che concorrono a definire lo sviluppo della nostra mente e della nostra individualità. 2.2. Il sogno nel la psicologia ana l itica di Jung Una riflessio­ ne autonoma e per molti versi alternativa sul significato del sogno è stata prodotta da uno dei più importanti collaboratori iniziali di Freud ed esponente egli stesso di rilievo del pensiero psicoanalitico , Cari Gustav 1 ung, psichiatra e psicoanalista svizzero . La sua tecnica e teoria sono state chiamate "psicologia analitica" per segnare una netta distinzione con la teoria psicoanalitica di Freud. All'inizio della sua carriera scientifica 1 ung collaborò strettamente con Freud, per poi arrivare ad una separazione nel 1912, con la pubblicazio44

ne di La libido: simboli e trasformazioni. In questa opera viene descritto il suo punto di vista ed emergono le principali differenze con Freud. L'aspetto che differenzia maggiormente i due autori è relativo al concet­ to di inconscio . Freud afferma che l'inconscio alla nascita è un conteni­ tore vuoto che durante la vita si riempie di contenuti che non possono essere gestiti a livello cosciente: esso è quindi il luogo del " rimosso ". Al contrario, J ung sostiene che l'inconscio già dalla nascita è una struttura con una sua auto nomia, non è vuoto ma contiene forme unive rsal i all'interno delle quali si organizza l'esperienza individuale. Un altro punto critico riguarda la rigidità della teoria psicoanalitica, giudicata da J ung un modello che tiene un po' troppo a margine la persona nel suo contesto vitale. Per J ung è fondamentale considerare la persona all 'interno del suo contesto, perché solo così si riesce a coglier­ ne la reale dimensione esistenziale. Per questa ragione egli fonda la sua "psicologia analitica " con l' amb izio ne di pensare ad uno strumento che non sia solo una terap ia per guarire le psicopatologie , ma anche una sorta di filosofia di vita, un "percorso di individuazione ", cioè uno strumento conoscitivo atto a consentire un migl iore adattamento ai problemi esistenziali e paterne cogliere tutte le potenzialità di espressio­ ne e specificità. J ung inoltre definisce il concetto di psicologia analitica spostando il nucleo della sua riflessione scientifica dal percorso storico-personale del singolo individuo al percorso storico-collettivo dell' umanità. In questa nuova dimensione viene completamente rivisto il concetto di inconscio che non è più solo quello individuale, prodotto dai processi di rimozio­ ne, ma preesiste in ogni individuo sotto forma di inconscio collettivo. Quest'ultimo assume per la psicologia analitica j unghiana un' impor­ tanza fondamentale giacché in questa teoria lo sviluppo e la complessi­ tà della psiche umana sono da intendersi come il risultato di aspetti in parte unici e soggettivi e in parte collettivi; l'inconscio collettivo costi­ tuisce una parte più profonda e quindi più significativa rispetto all'in­ conscio individuale. Un altro aspetto fondamentale della psicologia analitica junghiana è connesso ai concetti di simbolo e di archetipo. La nozione di simbolo è centrale nella teoria j unghiana. Il simbolo svolge una funzione di collegamento fra la realtà dell'inconscio e quella 45

della coscienza e contribuisce così ai processi di formazione e di indivi­ duazione. J ung ipotizza l'esistenza, in ciascuno di noi, di " immagini primordiali ", presenza collettiva che prescinde dall'esperienza e concor­ re, come un contenitore originario dell'immaginazione, alla formazio­ ne dei simboli. È evidente che tutte le cose che ci circondano potenzial­ mente possono essere considerate dei simboli (e probabilmente lo sono anche) , ma alcune hanno una valenza universale e questi simboli sono chiamati da J ung archetipi. L'etimo della parola " archetipo " rimanda al concetto di modello origi­ nario, di modello dal quale si sviluppa qualcosa, quindi l'archetipo può essere considerato come una forma o una rappresentazione virtuale del mondo e delle vicende della vita e corrisponde al prodotto dell' esperien­ za umana nel corso della sua evol uzione. In questa accezione esso rappresenta una memoria collettiva che si configura nell 'inconscio collettivo e che trova la sua traduzione nella letteratura, nelle mitologie e nelle epopee dei popoli, nelle favole e nei sogni; per questa ragione J ung non lega il significato dei sogni solo alla storia personale del singo­ lo, ma li vede strettamente legati all'inconscio collettivo . Gli archetipi sono parte fondante dell'inconscio collettivo, universale, comune a tutti gli esseri umani e pertanto preesistono rispetto all'esperienza individua­ le. Questo punto è stato talvolta oggetto di critiche poiché si sottolinea una prospettiva forse troppo etnocentrica, che universalizza gli archeti­ pi culturali europei in archetipi di tutta l'umanità. L'archetipo è un concetto che insiste su una definizione dell 'individuo non come una struttura razionale e per certi versi isolata. Al contrario, l'archetipo afferma che in ognuno di noi esiste una vita collettiva che si esprime attraverso le pratiche, le tradizioni, le religioni, l'etica che rego­ la e condiziona i rapporti dei singoli all'interno di una collettività. Ad esempio , all'interno di questa dinamica, l'archetipo della " grande madre " dovrebbe essere il medesimo con poche variazioni in tutte le persone, poiché in tutti i bambini, a prescindere dalla cultura di appar­ tenenza, vi è l'aspettativa interiore di un individuo che si prenda cura di loro e questo dovrebbe essere parte dell' istinto umano di sopravvi­ venza (e non solo, visto che è presente nella maggior parte degli anima­ li) . Ogni bambino può crescere solo se una madre o comunque qualcu­ no si occuperà in modo p rivilegiato di lui. Ed è evidente che ogni 46

bambino è condizionato dall' idea, fornitagli dalla propria cultura di appartenenza, di quello che una madre dovrebbe essere e dovrebbe fare. L'insieme di tutti questi effetti produce la rappresentazione della figura condivisa, l'archetipo. Si realizza così quella che Jung chiama " funzio­ ne trascendente " con lo scopo di proiettare l'individuo al di fuori di sé, sul piano di un pensiero inconscio collettivo . La coscienza in questo modo riesce a sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti del proprio disagio che può essere rielaborato, attraverso i simboli, da un punto di vista diverso, " trascendentale " . Inoltre, attraverso la compren­ sione di queste strutture collettive di senso, che rimandano alle origini più arcaiche dell'umanità, l' individuo può integrare i valori universali custoditi dalla propria cultura di appartenenza, trovando una modalità personale di attuarli. I sostenitori del modello j unghiano, caratterizzati da un minor misticismo, sostengono che l'inconscio collettivo possa essere adeguatamente immaginato come emergente in ciascun indivi­ duo dall'istinto e dalla cultura condivisi e dall'esperienza comune. Il processo di generalizzazione nella mente umana unisce questi tratti ed esperienze comuni in un substrato dell ' inconscio che diventa molto simile in tutte le culture. Un'altra caratteristica del modello junghiano è che esso è antinomico: la polarità coscienza-inconscio è intrinseca a tutta l'esperienza psichica. Il conflitto, il disagio psichico rappresentano l'impossibilità di sostene­ re questa antinomia. Il simbolo, operando una si ntesi creativa delle antinomie, ha una capacità trascendente: permette di passare da uno stato ad un altro , in un percorso di evoluzione . La simbol izzazione consente dunque il dialogo tra le istanze consce e inconsce poiché media e porta ad aspetti conoscitivi nuovi e ha a che fare con la dimensione trasformativa dell'energia psichica. La simbol izzazione pe rmette un percorso metaforico di individuazione in cui l'Io viene a contatto con gli archetipi, consente all'individuo di amalgamare in un tutt' uno la propria personalità per divenire ciò che autenticamente è, e permette di trovare il vero Sé. Sia il concetto di inconscio collettivo sia quello di archetipo sono stret­ tamente legati al significato che Jung attribuisce ai sogni (1916-1948) . Gran parte della riflessione j unghiana infatti si articola attorno a questa temat ica e la lettura che J ung dà al significato dei sogni è strettamente 47

connessa a questa nuova visione della dinamica psichica dell'uomo. Il sogno è espressione non solo dell'inconscio individuale, ma assume la sua massima importanza in quanto espressione dell'inconscio colletti­ vo. In questo caso Jung si riferisce ai " grandi sogni " ovvero a sogni che, al di là del loro significato soggettivo e personale, possono essere letti per il senso più profondo come idee generali il cui significato è da ricercar­ si nella cultura di appartenenza (vale nza transpe rsonale) . L' aspetto fondamentale del sogno non sta solo nella sua valenza per il singolo individuo, quanto nel suo esprimere i problemi inerenti all'uomo in generale , problemi che vengono espressi util izzando figure collettive che si ripetono in modo analogo in tutti i sogni. In opposizione a quanto affermato da F reud, J ung afferma che non sempre è possibile considerare il sogno come la soddisfazione allucina­ toria di un desiderio rimosso, proponendo un'analogia con il pensiero conscio: così come è multiforme l'origine dei pensieri della vita psichi­ ca cosciente possiamo dire, con altrettanta certezza, che anche il moti­ vo propulsore dei sogni non può essere unico e quindi non sempre il sogno può essere letto come soddisfazione allucinatoria di un desiderio. Rispetto al sogno, inoltre, J ung modifica l'approccio causale di Freud: più che cercare le origini del sogno, lo psicoanalista svizzero è interessa­ to a capire che scopo ha il sogno nella vita mentale dell'uomo, cerca la causa finalis di questa attività di pensiero. Questo punto di vista si muove nella direzione opposta a quella proposta da Freud. Come già detto, F reud sostiene che il sogno si sviluppa a partire dai desideri rimoss i , legati soprattutto all ' infanzia, e la sua interp retazione è un percorso a ritroso attraverso le libere associazioni e l'interpretazione dei simboli in esso presenti. Il sogno viene dunque considerato da un punto di vista causale . Il punto di vista finalistico di J ung invece muove da una visione che attribuisce al sogno un suo intrinseco valore. J ung non inter­ preta il simbolo onirico, ma gli attribuisce il valore di una parabola: i simboli non nascondono , bensì insegnano . I n questa ottica il sogno consente una lettura della vita psich ica dell' individuo proiettata in avanti, dove l' hic et n une del presente viene considerato in direzione prospettica verso la vita futura dell'individuo. J ung ritiene che i sogni possano avere significati molteplici e non possa­ no essere interpretati se l' operatore non dispone di esaurienti informa48

zioni sulla vita e sulla effettiva situazione del sognatore, e se non possie­ de una buona conoscenza dei simboli e quindi della mitologia e della storia delle religioni. I sogni possono esprimere paure, ma anche deside­ ri, possono dare un quadro del tutto real istico della situazione del sognatore, possono essere profetici , creativi, di avvertimento o parapsi­ cologici. Questa molteplicità si esprime anche nelle funzioni che il sogno ha per la vita psichica. Il sogno ha una funzione compensatrice reattiva. Il sogno per J ung è un prodotto dell'inconscio e rappresenta una compensazione rispetto ai contenuti della coscienza. Esso non può essere considerato solamente come sede del rimosso, non vi è distinzione tra il contenuto latente e il contenuto manifesto, ma viene assunto dal punto di vista fenomenolo­ gico nella sua totalità. La funzione compensatrice consente di regolare l'attività psichica attraverso la comprensione di contenuti che non sarebbe possibile cogliere in modo cosciente , introducendo elementi che appartengono alla dimensione collettiva propria di ciascuno di noi. In questo modo stabilisce un nesso complementare tra coscienza e inconscio e ripristina la giusta relazione tra istanze inconsce e coscienza. In situazioni non patologiche la funzione di compensazione si esprime in quello che J ung definisce l'" autogoverno psicologico dell'individuo " (J ung, 1 9 16-1 948 , p. 3 5 ) co nducendo ad una mediazione tra istanze differenti. Il sogno rispo nde dunque alla tendenza della psicologia umana verso l' autoguarigione. Un'altra importante funzione del sogno è quella prospettica. A diffe­ renza di quanto sostenuto da Freud, J ung non ritiene che il sogno deri­ vi necessariamente da meccanismi di rimozione; egli considera il sogno una struttura psichica dotata di totale autonomia rispetto alla coscien­ za. La sua funzione prospettica si esprime attraverso il ruolo che il sogno ha come anticipatore inconscio di future azioni consce , come se nel sogno si preparasse una sorta di previsione rispetto ad una realtà futura di cui non si ha al momento una chiara consapevolezza. Questa funzio­ ne è resa possibile in virtù del fatto che il sogno ha la capacità di legare percezioni, pensieri , elementi di memoria, che non hanno forza suffi­ ciente per poter essere elaborati dalla coscienza. Rispetto a questa funzione J ung comunque esprime una certa cautel a, sia negando al 49

sogno il ruolo di vero e proprio pensiero profetico, sia ribadendo l' at­ tenzione che si deve porre nell'attribuire eccessiva importanza all'incon­ scio ai fini della vita reale. Il sogno ci consente semplicemente di scor­ gere le linee di sviluppo di pensieri relativi ad eventi che ancora non si realizzano, ma che si manifestano già a livello onirico. Mentre Freud analizza i sogni con il metodo dell'associazione libera, Jung ricorre al metodo dell 'amplificazione. Per Jung il sogno ha un significato analogico che va amplificato accostandogli temi più ampi che permettano al sognatore di estendere il sogno. Un aspetto rilevan­ te dell'interpretazione onirica junghiana è rappresentata dall ' impor­ tanza attribuita alle " serie oniriche " : un dato sogno può essere compre­ so solo nel contesto di quelli che lo precedono o che lo seguono, e talvolta va collocato nell ' intera produzione onirica dell 'i ndividuo analizzato. L'analisi dei sogni, nella concezione di J ung, concentra la sua attenzio­ ne soprattutto sulla natura archetipica di questo contenuto mentale perché più di altri aiuta nella comprensione dell'inconscio. Il sogno è composto di materiale per così dire semplice (i cosiddetti " resti diurni ") e di materiale molto complesso che ha la sua origine nell'inconscio di ciascun individuo. Ma l'aspetto più complesso del sogno è costituito dal suo linguaggio che, essendo del tutto simbolico e metaforico, necessita di un' interpretazione. Quando il sogno utilizza immagini archetipiche esce dal suo significato strettamente individuale e manifesta il suo signi­ ficato universale; in questo modo, attraverso l'interpretazione, il proble­ ma espresso nel sogno viene spostato dal piano individuale a quello collettivo. Il sogno assolve così la sua funzione terapeutica che è quella di riportare in un sistema di interpretazione generale i problemi del singolo individuo . 2.3. La bi- logica di Matte B ianco lgnacio Matte Bianco, psicoa­ nalista cileno, è stato uno dei maggiori studiosi dell'opera di Freud. Il suo è un contributo teorico molto importante, volto ad una riformula­ zione in termini logico-matematici della teoria freudiana, che mette in risalto le differenze di funzionamento cognitivo dei sistemi conscio e inconscio. La sua opera più completa ed esaustiva, che rappresenta in qualche modo la conclusione di una riflessione teorica iniziata molto 50

tempo prima, è senz' altro L 'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, pubblicata nel 1975 (in Italia è stata tradotta nel 1981) . Lo scopo dell' opera è di giungere ad una formal izzazione concettuale delle caratteristiche dell'inconscio attraverso un approccio teorico di tipo logico-matematico . La scoperta dell'inconscio secondo l'autore impone infatti una riflessione di natura epistemologica. Così scrive Matte Bianco nella Prefazione: Qu esto l i b ro è s critto per ps i coa n a l isti e per fi losofi matematici. Mi re n d o co nto c h e l e esige nze d i q u esti d u e g ru ppi d i l etto ri sono d ive rge nti e i n u na ce rta m is u ra - se n o n i n evita b i l m e nte - a p pa i o n o co m e esc l u d e rs i m u tua m e nte. Pu rtro p po n o n posso fa r n u l la p e r evita re q u esta d iffi co ltà , p o i c h é m i s e m b ra c h e è l ' a rgo m e nto stesso c h e d eve ess e re co n s i d e rato n e i t e r m i n i d e i d u e p u nti d i vi sta . [ . . . ] Cre d o c h e l ' u s o i n p s i coa na l i s i d i co n cetti mate m atici p recis i p e rm etta l o svi l u p po d i u n a visio n e d e l la m e nte n u ova , p i ù a m p ia e d i u n g ra d o m a gg i o re d i p re cis i o n e e co n d u ca a d u n a s i ntesi u n ita ria d i a rgo m e nti a p pa re nte m e nte d is pa rati.

E qualche pagina più avanti nell'Introduzione (pp. 5-6) afferma: Credo ris po n d a a ve rità d i re che n e l m o m ento attua l e g ra n pa rte d e g l i a na l isti te n d e a d evita re la teo rizzazio n e p e r co n ce ntra rs i - co m e freq u e nte m e nte s i se nte d i re - s u i fatti c l i n ici. Qu esto atteggia m ento m i sem b ra i n ge n uo e q u e l l i c h e lo a d otta n o sem b ra ­ n o ess e re i n co nsa pevo l i c h e d i fatto sta n no ca m pa n d o d i re n d ita : la re n d ita d i q u a l ­ c u n a l tro . N o n s e m bra no in effetti re n d e rs i co nto c h e i fatti c h e sco p ro n o n o n so n o p recisa m ente a ltro che q u e l l i che l e teo rie cu i a d e risco no perm etto no l o ro d i sco p ri re.

L'autore vuole sostanzialmente puntare l'attenzione sul problema che la teoria psicoanalitica ha imposto con la scoperta dell' inconscio , e cioè quello di considerare questo aspetto del mentale non applicando le stes­ se leggi che regolano i processi consci, che in generale sono utilizzate nello studio di tutte le altre scienze. In questa direzione l'interesse di Matte Bianco è rivolto non solo ai contenuti dell'inconscio (non solo e non principalmente) , ma alla sua struttura intesa come apparato logico affiancato e intersecato a quello cosciente. La sua analisi parte dal pensiero aristotelico, proprio del sistema conscio e caratterizzato dalle categorie di spazio-tempo e dal principio di non 51

contraddizione, da lui definito " pensiero asimmetrico ", per arrivare all'analisi del pensiero inconscio, dove la logica tradizionale lascia spazio a un'altra modalità di pensiero definito " s immetrico " . L' analisi del modello freudiano dal punto di vista logico e delle modalità di funzio­ namento cognitivo fatta da Matte Bianco è molto interessante ai fini di questo libro e ai fini della comprensione dei processi onirici, perché permette di ampliare la teoria di Freud sui processi di pensiero durante il sogno e di introdurre concetti nuovi che attualmente vengono dibat­ tuti nell'ambito delle scienze cognitive. Sappiamo che F reud attraverso la scoperta dell' inconscio afferma che in esso funzionano processi di pensiero del tutto diversi da quelli che operano nella coscienza e che seguono le regole della logica classica aristotelica. Matte Bianco parte proprio dall'esame delle caratteristiche che Freud stesso esplicitamente attribuisce all'inconscio. Queste carat­ teristiche sono: • assenza di contraddizione; • condensazione; • spostamento; • assenza di coordinate spazio-temporali; • sostituzione della realtà esterna con quella psichica interna, ovvero assenza dell'esame di realtà. Secondo Matte Bianco vi sarebbero altre caratteristiche da lui identifi­ cate attraverso l'attenta lettura dell'Interpretazione dei sogni, che sono: • la co-occorrenza di contraddittori; • l'alternanza di assenza e presenza di successione temporale; • l'interpretazione dei nessi logici in termini di simultaneità; • l'interpretazione della relazione di causalità in termini di successione; • l' interpretazione di situazioni alternative con relazioni di equiva­ lenza-identità e di congiunzione; • la somiglianza; • la co-occorrenza nei sogni di pensiero e non-pensiero; • l'apparente profonda disorganizzazione della struttura del pensiero. In termini logici tutte queste caratteristiche possono essere riassunte nel modo seguente: nel sistema inconscio si verifica il non rispetto del prin­ cipio di contraddizione e l'assenza dei concetti di dubbio, di certezza e di tempo. Da un punto di vista filosofico dire che un processo è atem52

porale, come si sostiene sia l'inconscio, è una sorta di contraddizione in termini: un processo per sua natura è qualcosa che si sviluppa lungo una li nea temporale. Questo non vuoi dire che nell 'inconscio non vi sia una dimensione temporale, ma solo che talvolta l'inconscio si compor­ ta ignorando questa dimensione, come se non fosse presente né neces­ saria. La scoperta dell' inconscio permette quindi di affrontare in termi­ ni totalmente nuovi i processi di pensiero dell'uomo. Le due modalità di ragionamento, logico e bi-logico, non sono affatto incompatibili ma coesistono e guidano i nostri modi di pensare che non si esauriscono semplicemente all'interno della logica classica. In termini epistemologici i processi di pensiero possono essere pensati considerando tre tipi di logica: • la logica classica aristotelica; • la logica simmetrica; • la bi-logica, espressione della co-presenza della logica classica assie­ me a quella simmetrica (Negri, 1991) . La logica classica aristotelica in termini molto generali può essere descrit­ ta come un insieme di rapporti asimmetrici. Ad esempio noi percepia­ mo (e pensiamo) ad un oggetto come ad un'entità concreta che si diffe­ renzia da tutte le altre avendo una sua identità e una propria struttura spaziale rispetto a tutto il resto dell'universo. Detto in altri termini, il pensiero cosciente si muove in uno spazio tridimensionale e in un tempo lineare. La logica simmetrica invece esce completamente da queste due dimen­ sioni. Essa è regolata da due principi: il principio di generalizzazione e il principio di simmetria. Il principio di generalizzazione afferma che: «Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto , concetto) come se fosse un membro o un ele mento di un insieme o classe che contiene al tri membri; tratta questa classe come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come sottoclasse o sottoinsieme di una clas­ se ancor più generale e così via» (Matte Bianco , 1975, trad. it. p. 43 ) . «Nella scelta di classi e di classi sempre più ampie il sistema inconscio preferisce quelle funzioni proposizionali che in un aspetto esprimono una general ità crescente e in altri conservano alcune caratteristiche particolari della classe individuale da cui sono partite» (ivi, p. 44) . 53

Il principio di simmetria afferma che: «Il sistema inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla rela­ zione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come fossero simmetriche» ( ibid. ) . Per esempio , Giovanni è padre di Pietro è una relazio ne as immetrica, poiché il suo inverso è Pietro è figlio di Giovanni. «Il secondo principio [di simmetria] afferma che il sistema inconscio tende a trattare ogni relazione come se fosse simmetrica. In conseguenza di questo , nell 'esempio , se Giovanni è padre di Pietro, Pietro è padre di Giovanni. Nella logica aristotelica questo è un assur­ do; nella logica del sistema inco nscio è la norma» ( ibid. ) . «Esso rappresenta la più formidabile deviazione dalla logica sulla quale è stato fondato tutto il pensiero scientifico e filosofico dell 'umanità» (ibid. ) . Franco Fornari (cit. in Bodei, 2000) in una recensione a L 'in­ conscio come insiemi infiniti, aveva indicato come esempio di simme­ tria il verso dantesco "Vergine madre, Figlia del Tuo Figlio ", dove si stabilisce la doppia equivalenza di elementi incompatibili madre/ver­ gine e madre/figlio. Le conseguenze di questo apparato logico sono che viene abol ito il concetto di successione e viene assunta un'identità tra le parti e il tutto, in modo che quando si considerano gli elementi di una classe essi posso­ no essere trattati indifferentemente come identici tra loro e nel contem­ po identici alla classe di appartenenza. Questo principio abolisce qual­ siasi concetto di successione e dunque di organizzazione tempo rale degli eventi e inoltre, trattando le parti analogamente al tutto, abolisce anche il concetto di spazio. In sostanza, nel sistema inconscio cadono i concetti di spazio e di tempo (lineare) ed è evidente che i due principi sopra descritti rendono nullo il principio di contraddizione. Matte Bianco definisce il sistema di logica dell' inconscio un " sistema anaclitico " utilizzando l'aggettivo nel suo significato etimologico ( dal greco " stendersi su ", " appoggiarsi su ") , cioè un sistema autonomo ma che necessita della logica aristotelica, senza la quale non esisterebbe. Detto in altri termini, noi abbiamo bisogno della logica aristotelica come categoria di pensiero per poter spiegare la logica simmetrica. È evidente a questo punto che l'inconscio si struttura come una moda­ lità di organizzazione del pensiero e quindi della mente e non solo come un luogo di contenuti rimossi; la mente funziona in virtù della coesi54

stenza di questi due sistemi logici, i quali entrano entrambi nella costi­ tuzione della coscienza dell 'individuo. L'inconscio inteso come una struttura del mondo psichico dell 'indivi­ duo è un luogo dello psichico in cui la realtà viene trattata in modo specifico e diverso da come essa viene trattata nella vita cosciente . Abbiamo visto che questa struttura, oltre ad avere contenuti che sono in larga parte specifici per ciascun individuo e facenti parte della sua storia personale, ha alcune regole di funzionamento . Finora abbiamo consi­ derato come Matte Bianco ha anal izzato queste regole di funziona­ mento . Se dunque la mente è organizzata secondo una bi-logica, senza la quale non potremmo essere in grado banalmente di comprendere il nostro comportamento in tutta la sua complessità, vi è un terreno parti­ colarmente favorevole per studiare l'inconscio , che è costituito dal sogno, essendo esso un processo mentale in cui vengono a fo ndersi processi di pensiero asimmetrici e processi di pensiero simmetrici. Cosa accade nel sogno ? È esperienza comune fare sogni del tutto normali, indistinguibili da un qualsiasi processo di pensiero cosciente. Tuttavia il sogno viene spesso descritto come una costruzione di pensieri non semp re logici , interpretazioni semantiche non sempre univoche, significati apparentemente poco ch iari , anche perché il sogno ha il "vantaggio " di poter eludere i vincoli imposti dalla realtà. In queste circostanze si osserva una violazione delle regole su cui si basa la logica del pensiero cosciente (il principio di contraddizione e l' organiz­ zazione spazio-temporale) . Nella letteratura onirica questa condizione viene di solito definita con il term ine di " bizzarria onirica " o di " implausibilità" . Se s i analizzano queste violazioni, abbandonando l a logica aristotelica classica, si può vedere come il sogno, che può apparire come un insieme illogico e mal coordinato di pensieri, è in realtà molto comprensibile quando viene letto come prodotto di una logica concettuale " multidi­ mensionale ", una bi-logica che interconnette la logica classica asimme­ trica con quella simmetrica dell'inconscio. Questa interconnessione, tra l'altro, spiega anche la grande differenza che c'è tra sogno e follia, alla quale spesso ed erroneamente il sogno viene associato; nella follia, infat­ ti, non si realizza una interconnessione bensì un'alternanza tra queste due logiche portando ad una disintegrazione dell'identità. 55

Qui di seguito riportiamo alcuni esempi di lavoro del processo onirico secondo i principi della bi-logica. • Processo di condensazione. N e i sogni è possibile concentrare e fonde­ re in poche immagini una notevole quantità di pensieri che così vengo­ no compressi in un unico elemento rappresentativo. In questa operazio­ ne si perde la dimensione di successione dei diversi pensieri che da successivi diventano simultanei e realizzano un'unica rappresentazione visiva producendo un disturbo del legame logico così come viene comu­ nemente inteso nel pensiero vigile (e del resto questo era già chiaro a Freud, il quale sottolineava come nel sogno il nesso logico veniva ripro­ dotto sul piano allucinatorio visivo come simultaneità) . La perdita di successione non va interpretata però come una perdita di coerenza logi­ ca verso una struttura caotica e priva di significato; se consideriamo questa condizione alla luce di uno spazio multidimensionale siamo in grado di comprendere la simultaneità: «Perciò , ogni elemento che rappresenta una condensazione di vari altri si potrebbe metaforica­ mente paragonare ad un volume presente più volte. In questo modo ciò che appariva caotico diventa perfettamente ordinato>> (Matte Bian­ co, 1975, trad. it. p. 464) . • Rappresentazione dello spazio onirico multidimensionale. Per com­ prendere la dimensione spaziale onirica, secondo Matte Bianco, biso­ gna abbandonare l ' idea dell 'organizzazione dei pensieri nella vita cosciente in termini di contiguità all'interno di una cornice tridimen­ sionale, adottando la metafora dei volumi presenti più volte. • Rappresentazione della dimensione temporale. Per quanto riguarda la dimensione temporale, ovvero la successione ordinata di pensieri lungo un asse lineare che prevede un prima e un poi, nel sogno si entra in una dimensione temporale che risponde ad una logica circolare dove vi è una sorta di simultaneità del pensiero inconscio, una specie di organiz­ zazione a scatola cinese dove i pensieri sono organizzati uno dentro l'al­ tro , venendo meno la dimensione temporale intesa come successione lineare di eventi. Nel sogno essa viene sostituita dalla simultaneità. In questo modo, ad esempio, si realizza in forma allucinatoria la presenza di ubiquità da parte del sognatore che normalmente nel racconto del sogno si esprime con la forma verbale: " ero in un posto e nello stesso tempo in un altro " . Questa espressione chiarisce più di ogni altra il 56

concetto di superamento dello spazio tridimensionale e del tempo lineare verso uno spazio a più dimensioni. Questi aspetti della struttura del pensiero onirico, al di fuori del model­ lo psicoanalitico , potrebbero essere molto interessanti anche per i modelli cognitivi quando analizziamo alcune caratteristiche nel sogno quali, ad esempio, le bizzarrie sia di contenuto sia di struttura. Nei sogni si possono osservare bizzarrie formali che si manifestano come fusioni di caratteristiche percettive appartenenti a categorie differenti oppure fusioni in cui si ha una condensazione di caratteristiche percettive e semantiche appartenenti ad oggetti diversi. Allo stesso modo possono realizzarsi bizzarrie di grandezza dove si assiste ad una sorta di mancan­ za di allineamento percettivo di immagini diverse, come se esse fossero collocate su contesti spazial i non allineati dal punto di vista classico tridimensionale. Seguendo il discorso di Matte Bianco , in queste circostanze viene meno il concetto di spazio come dimensione tridimensionale e la bizzarria diventa comprensibile solo se si assume un punto di vista di spazio multidimensionale. Un altro elemento di grande interesse nell'interpretazione in termini bi­ logici della bizzarria riguarda la rappresentazione di personaggi nella scena onirica e quella del sognatore che Freud definiva con il termine di " identificazione " . N el sogno spesso si osservano situazioni in cui all' immagine di una persona vengono attribuite caratteristiche visive o significati che appartengono ad un'altra. La condensazione di figure diverse è ancora una volta un modo per eludere i vincol i dello spazio tridimensionale. Lo stesso si può dire per il principio contrario di diffu­ sione, di cui una forma complessa è senza dubbio lo sdoppiamento del sognatore, che può comparire nel sogno in un ruolo duplice e svolgere simultaneamente due parti in una sorta di allucinazione autoscopica (percezione allucinatoria psicosensoriale complessa dell'immagine del proprio corpo proiettata nello spazio visivo esterno) . Alla luce di queste osservazioni appare evidente che se si vuole compren­ dere il sogno applicando solo le categorie del pensiero logico cosciente si cade in un errore epistemologico , perché si util izza un sistema di interpretazione del fenomeno che non è in grado di spiegare comples­ sivamente i processi che lo determinano. 57

L'importanza della riflessione di Matte Bianco risiede nel fatto che egli ha discusso l' opera freudiana ce rcando di mette re in evidenza qual i siano le caratteristiche strutturali del sistema inconscio in relazione con il pensiero cosciente , essendo questi due sistemi i costituenti della strut­ tura psichica dell'uomo che possono essere compresi solo all'interno di una dinamica complessa che l'autore definisce bi-logica. L'opera di Matte Bianco è interessante - per l'evoluzione del pensiero freudiano - per l' importanza che viene attribuita alla struttura del pensiero inconscio , che trova la sua massima espressione nel sogno. Così come nell'inconscio, anche nel sogno non è possibile sostenere che non vi sia nessuna regola: nel sogno può accadere che vengano meno i nessi logici del pensiero cosciente. È vero però che nel sogno opera in maniera combinata un doppio sistema completamente diverso ma altrettanto strutturato , la cui comp rensione ci aiuta a ricostruire la complessità del pensiero umano. Al di là del significato specifico che il pensiero di Matte Bianco riveste all'interno della teoria psicoanalitica, il suo contributo ha una grande risonanza sul piano ps icol ogico per la discussione sui rapporti tra processi di pensiero consapevoli e processi emotivi, detto in altri termi­ ni tra ragionamento e affetti, intesi come due polarità che definiscono lo sviluppo della coscienza e dell'identità. In questa prospettiva i proces­ si consci e i processi inco nsci non sono altro che le due modal ità di espressione di questi due modi (o mondi) : la dimensione finita e asim­ metrica è data dalla coscienza e non può prescindere dalle quattro cate­ gorie classiche (tre spaziali e una temporale) , mentre la dimensione infi­ nita (affetti ed emozioni) definisce il luogo dell'unità senza tempo. Più in generale, il pensiero di Matte Bianco ha fornito anche un grande contributo alla riflessione filosofica (rapporto tra essere e divenire) ed estetica (percezione dell'opera d'arte) in una sintesi che vuole sottoli­ neare la presenza nell'uomo di due modi di essere: il modo asimmetri­ co (o eterogenico o dividente) e il modo simmetrico (o indivisi bile) . 2.4. I l sogno nel l a pra tica c l inica È indubbio che il sogno conservi ancora oggi una grande importanza nella pratica psicoterapeu­ tica, non solo di matrice culturale psicodinamica. Al di là di tutti i ruoli e i significati che sono stati attribuiti a questa complessa funzione 58

mentale, sicuramente tutti riconoscono al sogno una sua signifìcatività specifica, vale a dire riconoscono che il sogno non rappresenta solo un elemento passivo nella vita del sognatore, ma partecipa attivamente ai pensieri , alle emozioni e ai sentimenti della vegl ia condizionandola talvolta anche molto . Quindi , chi in maniera più palese, chi obtorto collo, è costretto ad ammettere che il sogno ha sicuramente un signifi­ cato psicologico che è più o meno strettamente legato alle funzioni fisio­ logiche del sonno. Una delle principali ragioni della grande originalità della psicoanalisi sta nell ' aver per prima intuito il ruolo che i sogni occupano nella vita psichica dell'uomo e quindi la speciale importanza che essi possono rivestire come strumento clinico . Come abbiamo visto in modo più approfondito nei paragrafi precedenti, il sogno rappresenta uno degli strumenti principali per consentire al terapeuta di arrivare a quei ricor­ di che permettono di comprendere le ragioni della nevrosi del paziente e di aprire la strada verso la guarigione. Negli ultimi anni, da parte degli psicoanalisti si è aperto un dibattito nuovo dal punto di vista cl inico e teorico attorno al problema del ruolo del sogno nella vita psich ica del paziente. L' argomento sogno viene affrontato in modo molto differente rispetto alla teoria classica freu­ diana, anche grazie alle conoscenze che le neuroscienze hanno fornito sui processi e sui sistemi di memoria e sull' influenza che le emozioni esercitano su questi processi. Un fattore molto importante che ha in qualche modo determinato una ridefìnizione del concetto di inconscio nella teoria psicoanalitica e nella pratica clinica è legato alla ricerca sulla memoria e all'individuazione di due sistemi di memoria che lavorano parallelamente e in maniera inte­ grata nell'adulto ma che , dal punto di vista evolutivo, hanno temp i di maturazione mol to differenti e sedi neuroanatom iche specifiche . Questi due sistemi vengono indicati con il termine d i " memoria impli­ cita " (o non cosciente) e " memoria esplicita " (o dichiarativa) (Zola­ Morgan, Squire, 1993 ) . La memoria implicita è non consapevole e d è implicata nell' acquisizio­ ne di procedure e nell 'elaborazione delle esperienze emozionali. Dal punto di vista evolutivo il suo processo di maturazione inizia già in epoca gestazionale e rappresenta l'unica possibilità di apprendimento 59

dall'esperienza di cui dispone il neonato fino a circa due anni. Questo tipo di memo ria ha la caratteristica di elaborare le prime esperie nze senza però che esse possano essere in nessun modo ricordate né verba­ lizzate. I processi che caratterizzano questo tipo di memoria sono lega­ ti ad apprendimenti procedurali (cioè ad app rendimenti di schemi motori e comportamentali in generale) e ad apprendimenti emotivi e affettivi (inerenti le relazioni del bambino con le persone che lo accudi­ scono e in particolare con la madre) . Il processo di immagazzinamento di queste tracce è perciò di tipo preverbale e presimbolico e va a costi­ tuire quello che è stato definito da Mancia (2007) " inconscio precoce non rimosso " e che caratterizza le relazioni primarie e le fantasie del bambino molto piccolo, prima dei tre anni. In questa fase evolutiva il bambino non sviluppa ancora capacità simboliche e non attiva ancora i processi di memoria esplicita, mentre invece sono già funzionanti tutti i processi di memoria implicita che non hanno la possibilità attraverso il rico rdo di essere simbol izzati né verbal izzati . T ali memorie , pur inconsapevoli e implicite, costituiscono parte integrante della vita affet­ tiva, cognitiva e relazionale del bambino, soprattutto nel loro significa­ to all'interno della relazione con la madre. In sede terapeutica i conte­ nuti dell' inconscio non rimosso non sono pertanto recuperabili con modalità analoghe a quanto avviene per l' inconscio rimosso, proprio perché sono stati immagazzinati nei sistemi di memoria sotto forma di memoria implicita; non potendo essere elaborati a livello della coscien­ za, non potranno neanche essere ricordati. L'inconscio non rimosso ha la possibilità di manifestarsi, e quindi di essere " interpretabile " nella relazione paziente-analista, attraverso due modalità. Da una parte interpretando tutte quelle caratteristiche della comunicazione non legate al contenuto semantico, e cioè la dimensio­ ne strutturale legata alla p roso dia e alla musicalità della parola, la gestua­ lità, i comportamenti emozionali che accompagnano le relazioni inter­ personali. Dall'altra, attraverso l'analisi dei contenuti del sogno come luogo in cui queste memorie impl icite presimbol iche trovano una possibilità di rappresentazione. Freud stesso aveva intuito l' importanza di questo tipo di memoria. Nell'opera Ricordare, ripetere, rielaborare (vol . 7, p . 3 5 5) scrive : «per una specie particolare di situazioni assai importanti che si verificano in un'epoca assai remota dell'infanzia [ . . . ] 60

non è in genere possibile suscitare il ricordo. Si arriva a prenderne cono­ scenza attraverso i sogni)) . In questa ottica il sogno può rappresentare per l'analista uno strumento privilegiato all' interno del setting tera­ peutico perché, essendo il contenitore unico sia dell ' inconscio non rimosso sia di quello rimosso , consente di ricostruire l ' intera storia personale del paziente a partire dalle più precoci esperienze inconsce non rimosse , e così rende possibile una completa ricostruzione della vicenda esistenziale del paziente. Anche all'interno di modelli non strettamente psicoanalitici, il sogno continua ad avere una grande importanza nella pratica clinica. Attual­ mente l'approccio più seguito è quello di considerare il sogno non solo per i suoi contenuti latenti ma anche per i contenuti manifesti. In questo modo il sogno, svincolato da un rigido setting psicodinamico, consente al terapeuta, non necessariamente psicoanalista, di effettuare una lettu­ ra delle caratteristiche fenomenologiche del sogno. L'elemento centrale non è più solo l'interpretazione del contenuto latente, quanto il signifi­ cato che il sogno assume nella dinamica relazionale paziente-terapeuta. Questo spostamento di focus è molto rilevante perché comporta una ridefinizione teorica dell'importanza del sogno fino ad arrivare ad un superamento della distinzione tra contenuto manifesto e contenuto latente. In altri termini, il sogno viene letto più nei suoi significati comu­ nicativi che in quelli rappresentativi, con un superamento del modello sogno latente/manifesto verso un allargamento del suo significato all'in­ terno dell'esperienza relazionale clinica (T rom bini, 2008) .

61

3 . Il sogno nelle neuroscienze Si trattava, come certamente ormai si

è capito, di rimettere in

gioco il famoso poligrafo, noto anche come rilevatore di menzogne, o, in termini più scientifici, apparecchio che serve a registrare simultaneamente varie funzioni psicologiche e fisiologiche o, con maggior dettaglio descrittivo, strumento di registrazione di fenomeni fisiologici il cui tracciato si ottiene elettricamente su un foglio di carta umido impregnato di iodetto di potassio e amido. Collegato alla macchina da un groviglio di cavi, bracciali e ventose, il paziente non soffre, deve soltanto dire la verità, e [ . . . ] non credere all'asserzione universale che dal principio dei tempi continua a rintronarci le orecchie con quella frottola che la volontà può tutto, ecco qui, per non andare lontano, un esempio che lo nega smacca­ tamente, giacché quella tua formidabile volontà, per quanto ti fidi di lei, per quanto tenace si sia dimostrata fino ad oggi, non potrà controllare le contrazioni dei tuoi muscoli, bloccare la sudorazione sconveniente, impedire la palpitazione delle palpebre, disciplinare la respirazione.

J. Saramago

3.1. G li studi psicofisiologici La ricerca psicofisiologica ha avuto un ruolo molto importante nello studio del sonno all' interno di un approccio multidisciplinare che ha tenuto conto sia dei contributi delle discipline biologiche (biochimica, fisiologia, neurologia, farmacologia) sia di quelli derivanti dalla ricerca psicologica (neuropsicologia, psico­ logia cognitiva , psicoanal isi) . Tutti questi studi hanno negli anni prodotto un importante corpus di dati, anche se restano ancora aperte molte questioni sulla natura e sul significato psicobiologico sia del sonno sia del sogno. A partire dalla scoperta del polimorfismo elettroe ncefal ografico del sonno con l ' i ndividuazio ne della fase R E M è possibile delineare lo sviluppo parallelo di due principali linee della ricerca psicofisiologica. La prima si è prevalentemente rivolta allo studio della fisiol ogia del sonno e alle condizioni neurofisiologiche associate all'attività onirica, la seconda ha avuto come oggetto d'indagine lo studio dell'attività oniri62

ca come processo mentale, alla stregua di quanto avviene per altri processi cognitivi , e l'individuazione dei meccanismi coinvolti nella generazione del sogno. Come è noto, la psicofisiologia del sonno e del sogno ha avuto inizio nel 1953 con la scoperta della fase REM da parte di due ricercatori america­ ni, Eugene Aserinsky e N athaniel Kleitman. In questo primo periodo l' interesse dei ricercatori era orientato prevalentemente allo studio delle caratteristiche elettrofisiologiche del sonno. L' introduzione delle tecni­ che di registrazione elettropoligrafica ha così consentito di chiarire la natura polimorfa del sonno, permettendo l'identificazione dei vari stadi REMI N REM , il loro ciclico alternarsi nel corso della notte , i diversi pattern di attivazione della corteccia cerebrale. Nel 1953 nel laboratorio di fisiol ogia di Chicago Aserinsky, lavorando sui movimenti oculari lenti insieme a Kleitman, scoprì casualmente la presenza di movimenti oculari rapidi nei bambini molto piccoli in una precisa fase del sonno, poi denominata sonno REM . Il sonno REM, come abbiamo già detto, presentava un tracciato elettroencefalografico (EEG) per molti aspetti simile a quello della veglia, caratterizzato da onde di bassa ampiezza ed elevata frequenza ( desincronizzazione elettroencefa­ lografica) , e un tracciato elettro-oculografico (EOG) con movimenti oculari rapidi che potevano presentarsi singolarmente o a treni. Il resto del sonno venne definito sonno N REM per l' assenza di movimenti oculari rapidi, nonostante presentasse al suo interno una marcata etero­ geneità dal punto di vista elettroencefalografico , con una progressiva sincronizzazione, cioè con onde che diventavano via via più lente e più ampie . Negli stessi anni, nel laboratorio di neurofisiologia di Lione, Michel J ouvet scoprì, a sua volta, una nuova condizione neurofisiologi­ ca del sonno che chiamò " sonno paradosso " (sommeilparadoxal) , che altro non era che il sonno REM scoperto da Aserinsky. Il termine "para­ dosso " voleva proprio sottolineare la forte incongruenza tra stato di atti­ vazione della corteccia cerebrale e condizione di sonno. Successivamente, sempre Aserinsky condusse uno studio su 50 soggetti dal quale emerse che , in segu ito a risvegli eseguiti nella fase REM, i soggetti riportavano in un'altissima percentuale di casi (circa l'83o/o) la presenza di attività mentale prima del risveglio con caratteristiche tipi­ che del sogno: drammatizzazione, vivacità percettiva, perdita dell'esa-

me di realtà, emozioni. Nelle altre fasi del sonno la percentuale di ricor­ do di sogni si abbassava drasticame nte al 14 °/o circa, con un' attività mentale caratterizzata per lo più da esperienze pens iero-s imili, o comunque meno vivide sul piano percettivo di quelle rilevate in sonno R E M . Questi risultati fecero pensare al sonno R E M come stadio del sognare e al N REM come stadio " silente " dal punto di vista dell'attività mentale; le caratteristiche dei rispettivi tracciati E EG non fecero altro che rafforzare questa supposizione. In una rassegna sistematica del 1953 , Glenn V. Ramsey aveva già mostra­ to che studi precedenti alla scoperta di Aserinsky e Kleitman si erano occupati di raccogliere l'attività mentale immediatamente dopo un risveglio provocato dalla comparsa di determinate variabili fisiologiche. A questo scopo veniva utilizzata una prima classificazione degl i stadi di sonno messa a punto da Loomis, Harvey e Hobart ( 1937) sulla base del solo tracciato E EG . I risultati di tali studi, forse un po' trascurati , in realtà erano molto interessanti: il sognare non era infatti limitato all' at­ tività E EG che caratterizzava la fase di sonno più tardi identificata come sonno REM, ma poteva comparire in associazione con altri tipi di trac­ ciato. Sulla base delle prime osservazioni sui REM , William Dement, sempre del laboratorio di Chicago , si interrogò sul significato del suddetto evento fisiologico, ipotizzando un possibile collegamento con l'attività mentale presente nel sonno. Egli sosteneva infatti che la presenza stessa dei movimenti oculari rapidi fosse l'indicatore fisiologico diretto dell'e­ sperienza visiva. Insieme a Kleitman iniziò uno studio con soli 5 sogget­ ti, i quali venivano svegliati in fase R E M : su 10 risvegli, 9 volte i soggetti raccontavano un sogno. Indagando il sonno N REM (compreso lo stadio di sonno profondo sincronizzato) a seguito della domanda " S tavi sognando ? " ottennero una percentuale di ricordo pari al 1o0/o. Studi successivi confermarono l'ipotesi forte che il sonno R E M fosse lo stadio di sonno praticamente esclusivo in cui si verificavano esperienze oniriche (tanto che si parla, accanto alla scoperta fisiologica del 1953, della scoperta psicofisiologica del 1957 di Dement, assunta veramente come un dogma) . Fu in questo contesto che prese forma l'equazione D = D , ovvero Desyncronized Sleep Dreaming Sleep (sonno desincro­ nizzato = sonno del sogno) , che determinò il consolidarsi di assunzioni =

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teoriche non proprio esatte, le quali guidarono e condizionarono forte­ mente la ricerca successiva. Il sonno REM veniva considerato "come una misura oggettiva del sognare " (Dement e Kleitman intitolarono il lavo­ ro del 1957 The Relation ofEye Movements during Sleep to Dream Acti­ vity: An Objective Methodfor the Study ofDreaming - tra d. La relazione

tra movimenti oculari durante il sonno e attività onirica: un metodo obiet­ tivo per lo studio del sogno) . In realtà, ciò che si era scoperto era solamente un metodo sperimentale che consentiva un avvicinamento temporale all' accadimento dell'e­ vento oggetto di studio, dal momento che permetteva di accedere al sogno immediatamente dopo il momento della sua produzione (limi­ tando gli effetti di rielaborazione e ristrutturazione legati al recupero della memoria) . Era illusorio parlare di obiettività: l'unico dato obiet­ tivo era il tracciato che evidenziava la fase R E M, ma nulla che si riferisse all'oggetto " sogno " . L a nuova tecnologia d i registrazione poligrafica consentì notevoli progressi nella comprensione del sonno e degli eventi ad esso correlati: mentre Dement e Kleitman (1957) classificarono il sonno sulla base delle variazioni congiunte di parametri elettropoligrafici ed elettro-oculo­ grafici, qualche anno più tardi Berger ( 1961) introdusse l' elettromio­ gramma ( E M G ) che permise di evidenziare un rilassamento muscolare generale nella condizione di sonno rispetto alla veglia, e un'accentuata caduta del tono muscolare durante la fase REM . Nel 1968 Rechtschaffen e Kales pubblicarono il Manual ofStandardi­

zed Terminology, Techniques and Scoringfor Sleep Stages ofHuman Subjects, contenente le norme internazionali standard per la registra­ zione e la siglatura dei diversi stadi di sonno sulla base delle variazioni congiunte di tre parametri fisiologici: elettroencefalogramma, elettro­ culogramma, elettromiogramma. Oltre alla già esistente suddivisione in sonno R E M e NREM, quest'ultimo venne suddiviso in quattro stadi (stadio 1, 2, 3, 4) caratterizzati in generale da una progressiva sincroniz­ zazione del tracciato E EG . S i ebbe così l a possibil ità di tracciare un quadro complessivo delle variazioni dell'attivazione corticale durante il sonno che consentì di identificare pattern differenti di onde e di clas­ sificarle sulla base della loro ampiezza (misurata in mV) e frequenza ( misurata in Hz) . 65

In sintesi, le frequenze al di sopra dei 15 Hz sono definite " onde rapide ", mentre quelle al di sotto di 3 · 5 Hz " onde lente " . Le principali bande in ordine di frequenza decrescente sono: • banda {3 (beta) , generalmente sopra i 15 Hz, costituita da onde rapi­ de di bassa ampiezza. Questo ritmo si osserva in condizioni di elevata vigilanza; • banda a (alpha) , compresa tra 11 e 8 Hz, tipica della veglia rilassata ad occhi chiusi; • banda e (theta) , compresa tra 7·5 e 3 · 5 Hz. Questa frequenza carat­ terizza buona parte del sonno nell'uomo adulto; • banda b (delta) , in condizioni fisiologiche essa rappresenta la più bassa frequenza EEG, meno di 3· 5 Hz con ampiezza elevata (superiore ai 100 mV) . Questa frequenza è caratteristica del sonno profondo nell' uo­ mo adulto. In linea generale, si può affermare che ad una crescente sincronizzazio­ ne corticale corrisponde una progressiva riduzione del livello di vigi­ lanza. Nel 2oo7 l'American Academy of Sleep Medicine (AASM) ha pubblica­ to un nuovo manuale di scoring con alcune modifiche rispetto a quello di Rechtschaffen e Kales. Le differenze relative alla stadiazione del sonno riguardano prevalentemente una nuova siglatura del sonno N REM e del sonno ad onde lente che vengono definiti con le sigle N1, N 2, N 3 dove i numeri indicano i livelli di sincronizzazione del traccia­ to, dal più basso dell'addormentamento (N1) al più elevato del sonno profondo (N3 ) . Sulla base di queste misurazioni è stato possibile iden­ tificare all'interno del sonno cinque precise condizioni: • Stadio 1 ( o N 1 nella nuova classificazione dell' AAS M ) : stadio dell' addormentamento o del risveglio. In questo stadio tendono a scomparire le onde alpha caratteristiche della veglia quieta e iniziano a comparire le onde theta. I movimenti oculari rapidi, tipici della veglia, vengono sostituiti da movimenti lenti (Slow Eye Movements-SEMs) . Lo stadio 1 occupa di solito il 5°/o del sonno ed è uno stadio di transizione con caratteristiche differenti a seconda che sia disce ndente ( fase dell'addormentamento) o ascendente (fase del risveglio ) . Per ciò che riguarda l' EEG il tracciato dello Stadio 1 è il medesimo di quello che compare in fase REM. 66

• Stadio 2 (o N2 nella nuova classificazione dell'AAS M ) : rappresenta circa il 45o/o del sonno umano. Oltre ad onde theta sono caratteristici di questo stadio i " fusi " del sonno (onde di 14 Hz di ampiezza dappri­ ma crescente e poi decrescente) e i complessi K (onde bifasiche ad alto voltaggio) . È ormai tradizione consolidata tra i ricercatori circoscrivere l'inizio del sonno vero e proprio nell'ambito dello stadio 2 discendente quando si osservano i fusi. • Stadio 3 ( o N3 nella nuova classificazione dell' AAS M ) . Questa condizione del sonno costituisce soprattutto una fase di transizione tra lo stadio 2 e lo stadio 4 e occupa solo il 7°/o circa del sonno totale. Ad esso corrisp onde una riduzione complessiva della frequenza e un aumento dell'ampiezza con una crescente sincronizzazione del traccia­ to elettroencefalografico. Il ritmo prevalente è quello delta. • Stadio 4 (o N3 nella nuova classificazione dell'AAS M ) . Quando la durata percentuale di attività delta supera il 50°/o , si parla di stadio 4· È l o stadio più profondo del sonno durante il quale il tracciato EEG raggiunge la massima sincronizzazione. Questo stadio costituisce il 13°/o del sonno di un adulto giovane e si osserva quasi esclusivamente nella prima parte della notte. La dicitura sws ( Slow Wave Sleep sonno ad onde lente) viene generalmente usata per indicare complessivamente la quota di sonno negl i stadi 3 e 4, visto che hanno in comune lo stesso ritmo delta ad onde lente. Date le caratteristiche EEG, il sonno profondo è sempre stato considera­ to quiescente da un punto di vista fisiologico e, per estensione forse prematura o comunque non fondata, empiricamente " muto " dal punto di vista dei contenuti psichici, in contrapposizione al sonno REM che si è sempre pensato essere caratterizzato dalla presenza continuativa di attività onirica. Altri elementi caratteristici del sonno ad onde lente sono rappresentati da un'attività elettrodermica notevol mente accen­ tuata, dalla liberazione dell'ormone della crescita e dalla presenza preva­ lente di paraso nnie , una classe di disturbi del sonno che incl ude il sonnambulismo, il parlare nel sonno, l'enuresi e il pavor nocturnus*. • Stadio REM o più semplicemente "sonno REM " (noto anche come "sonno desincronizzato ", "sonno paradossale " o "sonno attivo ") . È lo stadio del sonno caratterizzato da un tracciato EEG desincronizzato con onde simili a quelle che si osservano in vegl ia ad occhi chiusi o in -

67

stadio 1 . Generalmente in questa condizione si registrano boujfées (scari­ che) di movimenti oculari rapidi all'EoG e una completa atonia della muscolatura scheletrica all'EMG. Nel sonno REM, oltre alle caratteristi­ che accennate, si registrano notevoli variazioni del sistema neurovege­ tativo (variazioni della pressione arteriosa, irregolarità del ritmo respi­ ratorio) e del sistema muscolare somatico ( scosse miocloniche, movimenti oculari rapidi) . I cicl i N REMI REM si alternano nel corso della notte 4- 5 volte. Anche se la durata di ciascun ciclo si mantiene abbastanza costante (90 minuti circa) , la percentuale e la durata degli stadi all'interno di un ciclo varia­ no: nella prima parte della notte si registra un'elevata quantità di sonno profondo e una ridotta quantità di sonno REM , che tende a crescere progressivamente nella seconda parte della notte, fino ad un'alternanza di stadio 2 e sonno REM. Queste ricerche sperimental i hanno consentito l'acquisizione di una mole enorme di informazioni in merito alla fisiologia del sonno. Tutta­ via, hanno anche comportato una perdita di interesse nella ricerca scien­ tifica del sogno in quanto tale, a favore di un approccio che enfatizza i correlati fisiologici del sognare, del ricordo del sogno, della deprivazio­ ne di sonno e di altre concomitanti fisiologiche dello stato di sonno. Gli anni sessanta hanno segnato un'importante svolta nella ricerca sul sogno grazie alle ricerche condotte da David Foulkes . Modificando sempl icemente la consegna data al soggetto immediatamente dopo il risveglio (da " Raccontami il sogno che stavi facendo " a " Che cosa c'era nella tua mente al momento del risveglio ? " ) , Foulkes ottenne percen­ tuali di ricordo molto maggiori di quelle attese in tutte le fasi di sonno (8o-too0/o in REM , 50-70o/o in N RE M , 80-90°/o in addormentamento) . Questa ricerca consentì di dire che in tutte le fasi di sonno era possibile riscontrare la presenza di attività mentale e che l'elemento discrimi­ nante più forte era rappresentato dalla percentuale di ricordo. Sebbene i res oconti N REM fossero più pensiero-simili rispetto a quelli RE M , nell'ambito dei resoconti N REM vi erano più esperienze oniro-simili che pensiero-simili. Una precisazione fondamentale da parte di Foulkes (1962) riguardò la frequenza di resoconti N REM (in particolare stadi 3 e 4) : essa non risultava inferiore qualora il sonno lento non fosse precedu­ to da una fase REM , in contrasto con l' ipotesi di Dement e Kleitman, 68

FI G U RA 2 Va riazioni del tra cciato el ettroen cefalografico nei diversi sta d i del son no

Veglia

Attività a Ifa

Attività beta

Stad io 1 del sonno

Attività th eta

Stad io

2

del son no

Co m p l esso K

Seco n d i

Stad io 3 d e l son no

Attività d elta

Stad io

4

del son no

Attività d elta

Son no

REM

Attività t h eta

Attività beta

6g

secondo la quale i casi di esperienze mentali fuori del sonno R E M altro non sarebbero che residui di fasi REM precedenti. Il gruppo di Chicago, data la significativa associazione tra il sonno R E M e la forma onirica più vivida, vivace e memorizzabile, si interrogò su un'eventuale relazione con la presenza di movimenti oculari rapidi. Così, per tutti gli anni sessanta e la prima metà dei settanta, la ricerca psicofisiologica cercò di determinare se, alle variazioni fisiologiche del S istema Nervoso Centrale ( s N c ) e del S istema Nervoso Autonomo ( S NA) caratterizzanti il sonno REM, potessero corrispondere variazioni nella struttura del sogno. In un certo senso dunque , nonostante la scoperta dell'attività mentale anche in sonno NR E M, il sonno R E M e il sogno relativo continuavano ad essere il centro d'interesse, se non esclu­ sivo , certamente privilegiato. Dement formulò inoltre l' ipotesi dello scanning (esplorazione) , secondo la quale i movimenti oculari rapidi segnalavano l' imagery visiva del sogno. Secondo Aserinsky, la distin­ zione proposta da Mo ruzzi ( 1 963 ) in R E M tonica e R E M fasica non rispecchiava la stima visiva del sognatore, ma aveva implicazioni più generali per l'attività mentale in R EM, nel senso che i movimenti ocula­ ri rapidi erano solo i segni maggiormente accessibili di un più generaliz­ zato pattern di attivazione intermittente.

FI G U RA 3 A rchitettu ra del son n o. An damento dei diversi sta di di son no n el corso della notte

Il

Veg l ia

Vegl ia

So n n o R E M

Il

Sta d i o l N R E M

So n n o R E M

Sta d io 2 N R E M

E]

Sta d io 3 N R E M

So n n o N RE M

Sta d i o 4 N R E M

2

70

3

4

5

6

7

8

9

O re di So n n o

Tale concetto è stato ampiamente elaborato con il modello dicotomico tonico/fasico introdotto da Molinari e Foulkes ( 1 969) che prevedeva la distinzione del sonno REM in REM tonica (in assenza di REM ) e REM fasi­ ca (in presenza di R E M ) , dal momento che in quest'ultima i movimen­ ti oculari rapidi non sono continui ma si presentano a scariche. Sulla base di questo modello dicotomico vennero ricercati e studiati altri eventi fasici di breve durata: onde a dente di sega e M E MA (Middle Ear Muscle Activity) , ma non fu trovata alcuna variazione significativa corrispondente nell'esperienza onirica. Anche Antro bus ( 1991) provò, in maniera piuttosto convincente , che l'attività fasica si aggiunge ad un'attivazione corticale/ cognitiva generale, piuttosto che avere qual­ che proprietà specifica in sé. Dal momento che, in seguito a questi e altri più recenti dati empirici (Antrobus, 1983 ; Foulkes , Schmidt , 1983 ; Cavallero et al. , 1 9 92) che dimostrarono la presenza di attività onirica NREM, il sonno REM non poteva più essere considerato il substrato fisiologico costante del sogna­ re, ci si chiese se fosse possibile rintracciare, all'interno sia del sonno REM sia del sonno NR EM, eventi neurofìsiologici o stati associati al sognare. 3. 2. L 'a pproccio cognitivo Accanto a questi aspetti più stretta­ mente neurofisiologici, in questo periodo iniziavano le prime ricerche sperimentali sui correlati funzionali dell'attività onirica. Il dato empi­ rico più interessante era che i soggetti svegl iati durante la fase R E M riportavano percentual i di ricordo di sogni notevolmente più elevate rispetto a quelle osservate dopo risvegli N R E M , e questa osservazione trovava riscontro neurofisiologico nella notevole attivazione corticale che si osservava in fase R E M . Come è stato già spiegato nel paragrafo precedente, a questo parametro elettroencefalografico si aggiungeva la presenza di movimenti oculari rapidi , assunti come indice fisiologico per l'attività di imagery e quindi di attività mentale. A partire dalla fine degli anni settanta gli psicologi di scuola cognitivi­ sta iniziarono a studiare i processi mentali che occorrono nel corso del sonno, focal izzandosi essenzial mente sugl i aspetti cognitivi ad essi correlati. In particolare la fase R E M, essendo caratterizzata da un'attivi­ tà corticale desincronizzata e al contempo da una diffusa inibizione delle afferenze sensoriali, veniva considerata la condizione ottimale per 71

la generazione di un'attività mentale oniro-simile. I n NR E M invece, poiché la co rteccia è meno attiva e le sogl ie sensoriali più basse , ci si aspettava di trovare un'attività mentale più di tipo pensiero-simile. Una svolta importante allo studio dei processi mentali durante il sonno è rappresentata dalle ricerche di Foulkes . Il punto cruciale, secondo Foulkes, era che lo studio del sogno andava riformulato in termini sia metodol ogici sia teorici, ponendo l' attenzione non solo ai co rrelati cognitivi associati ad una particolare condizione fisiologica, ma soprat­ tutto alle caratteristiche dell'attività onirica intesa come processo menta­ le con la caratteristica di svolgersi in una particolare condizione di vigi­ lanza qual è il sonno. Il modello proposto da Foulkes (1985) considerava tre processi cogniti­ vi principali coinvolti nella generazione del sogno: attivazione mnesti­ ca, pianificazione, organizzazione consapevole. Secondo questo modello il meccanismo d'innesco del processo onirico partiva da una più o meno diffusa attivazione dei contenuti mnestici immagazzinati nei sistemi di memoria, e la diffusione di tale attivazione era legata in qualche misura al substrato fisiologico (livelli di attivazione del Sistema Nervoso Centrale) . Su questa attivazione mnestica operava un processo di pianificazione (planner) che metteva in atto una selezio­ ne delle fonti di memoria, tra quelle resesi disponibili, che sarebbero state processate. Il planner consentiva dunque una prima selezione del mate­ riale attivato e una prima organizzazione di una narrativa onirica dotata di significato , e creava perciò una sorta di prima stesura del sogno. I n questa accezione s e l'attivazione delle prime tracce d i memoria poteva anche essere considerata casuale, l'attivazione delle memorie che via via concorrevano alla costruzione del sogno era in qualche modo guidata da quelle precedentemente attivate e condizionava le successive. Questi primi livelli di organizzazione della trama onirica si realizzavano attraver­ so processi non consapevoli; quello che noi esperiamo come sogno era il risultato invece dell'organizzazione conscia che dà luogo alla rappresen­ tazione fenomenica dell 'esperienza così come essa si presenta a noi al risveglio. L'aspetto più interessante, soprattutto dal punto di vista episte­ mologico , è che per la prima volta veniva proposto un modello che tenta­ va di spiegare la generazione dell'attività mentale durante il sonno indi­ pendentemente dalla condizione fisiologica ad esso sottostante. 72

Il modello di Foulkes è stato riesaminato da Cicogna e Bosinelli ( 2001) . Gli autori specificano meglio gli aspetti legati all'attivazione delle trac­ ce di memoria spiegando ne l'organizzazione a partire dal modell o di architettura della memoria proposto da Schacter e Tulving ( 1 9 94) , secondo cui la memoria a lungo termine è costituita da 4 sottosistemi ( S istema procedurale, S istema di rappresentazione percettiva - P R S , Sistema semantico, Sistema episodico) . Nella generazione del sogno vengono chiamati in causa il PRS , l a memo­ ria semantica e la memoria episodica. È noto che il PRS elabora le carat­ teristiche fisico-percettive , pre-semantiche di uno stimolo, il Sistema semantico rende possibile la rappresentazione di concetti, fatti , schemi generali del mondo e il Sistema episodico conserva la rappresentazione di eventi di cui si è avuta esperienza diretta, organizzati all' interno di una matrice temporale soggettiva. Questa distinzione è interessante perché il modello prevede una dissociabilità dei sistemi, nel senso che essi possono lavorare in modalità seriale (la codifica all' interno di un sistema dà luogo ad un output che può diventare input per un altro sistema) , in modalità parallela (la stessa informazione può venire elabo­ rata e conservata con caratteristiche differenti da più sistemi producen­ do all' interno del Sistema nervoso centrale effetti multipli e paralleli) , e in modalità indipendente (l'informazione può essere recuperata da ciascun sistema senza che vi sia un corrispondente recupero di elemen­ ti di quell ' informazione da altri sistemi) (Tulving, 1 9 9 6) . Questo modello di architettura della memoria, condiviso dagli psicologi cogni­ tivisti, è utile perché consente di chiarire alcuni aspetti delle bizzarrie oniriche spiegabili in termini di possibili dissociazioni nel recupero di informazioni da differenti sistemi dovute alla perdita del legame esisten­ te tra le suddette caratteristiche. Come precedentemente sottolineato, il processo di pianificazione rende possibile una prima organizzazione del materiale mnestico disponibile per la generazione del sogno con meccanismi di controllo che consentono successive riorganizzazioni, e infine l'organizzazione conscia rende possibile la traduzione di questo materiale in immagini, linguaggio, emozioni che costituiscono l' espe­ rienza fenomenica onirica. Secondo Cicogna e Bosinelli (2001) il rendimento percettivo dell' espe­ rienza onirica del sogno è sottoposto ad una serie di vincoli imposti dallo 73

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1....._

visuo-spaziale

Reiterazione immagini

articolatorio

Reiterazione verbale Ricordi personali Eventi

Conoscenze generali

Sistema episodico

(implicita)

Integrazione multimodale contestualizzata

semantico

(implicita)

percettiva (PRS)

Buffer episodico

Sistema

procedurale

rappresentazione

attentivo di tutte le operazioni cognitive di tipo intenzionale.

intercorrono tra di essi. Nell'ellisse è rappresentato l'esecutivo centrale, processo che presiede al controllo

Le frecce sono bidirezionali e indicano non solo i diversi sottosistemi di memoria ma anche le relazioni che

Taccuino

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Sistema

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Memoria di lavoro

Esecutivo centrale Attenzione Processi strategici Controllo automatismi

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schermo mentale della memoria di lavoro ( Working Memory - wM) , vincoli che determinano un' ulteriore elaborazione del materiale dando luogo alla versione per così dire definitiva del prodotto onirico . È da notare che questo complesso meccanismo non opera in maniera seriale tra i diversi livelli, e tra essi esiste un'interazione continua. Se l' attivazio­ ne mnestica procede in un primo tempo con un meccanismo dal basso (bottom-up ) , risente successivamente dell'organizzazione dall'alto (top­ down) del planner e dell'organizzazione conscia che rendono possibile l'attivazione di network mnestici coerenti con i precedenti. La traduzio­ ne simultanea in immagini, linguaggio, emozioni, che costituisce l' espe­ rienza onirica consapevole , potrebbe essere in grado a sua volta di influenzare l'avanzamento del sogno attraverso operazioni di controllo e selezione delle informazioni che pervengono alla coscienza. È evidente che i processi mentali che hanno luogo durante il sonno risentono della generale condizione di attivazione del substrato neuro­ fìsiologico che non sempre riesce ad elaborare al meglio le informazio-

FI G U RA 5 Modello cogn itivo del sogno

Processi consci

Monitora ggio = Esperienza fenomenica = sogno I m magi n i , p a ro l e , co ntesto, se n sa zi o n i , a utoco nsa pevol e zza

Trad uzione i n i m magini, pa role, contesto spa zio-tem porale Processi i n consci

[

Processi d i memoria

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I nte rp retazione I nteg razione Pian ificazione

Attivazione delle fo nti d i memoria Siste m a d i ra p p re se nta zione pe rcettiva ( PRS)

J

Si ste ma sema ntico Siste ma e p i sodico

75

ni disponibili. La quantità di elementi mnestici da organizzare associa­ ta alle capacità limitate del sistema rende possibile talvolta l' intrusione all'interno della trama onirica di elementi comunemente definiti bizzar­ rie, che poco o nulla hanno a che fare dal punto di vista della coerenza narrativa con quanto precedentemente organizzato e che possono inter­ rompere la logica interna del sogno. Da quanto detto sopra emerge che i modell i cognitivi ammettono la possibilità ( dimostrata da molti lavori sperimentali) della presenza di un'attività mentale durante tutte le fasi di sonno alla cui base si assume che vi sia un unico sistema generatore . Le differenze che sono state osservate tra i resoconti onirici raccolti nelle diverse condizioni fisiolo­ giche di sonno (lunghezza, emozioni, self, bizzarria) vengono spiegate da questi modell i solo in termini quantitativi , come risultato di un differente impegno del sistema. Nel tentativo di chiarire tali aspetti, nel paragrafo successivo verrà esplo­ rata meglio la problematica relativa ai processi mentali durante il sonno mettendo a confronto i modelli psicofisiologici con le recenti acquisi­ zioni provenienti dalle neuroscienze e in particolare dalla ricerca che utilizza le tecniche di neuroimaging. Seguendo un approccio interdisci­ plinare, si cercherà di chiarire se sia possibile e utile un'integrazione di questi due modelli per spiegare i meccanismi di generazione dell'attivi­ tà onirica nel corso della notte. 3.3. L 'a pproccio neurobiol ogico A partire dagli anni settanta si è sviluppata soprattutto in Nord America un' impostazione teorica di impianto neurobiologico che ha fornito le basi sperime ntali per la formulazione di un modello, noto come modello di Attivazione/Sinte­ si, proposto dal gruppo di ricerca diretto da Allan Hobson (Hobson, McCarley, 1977) . Hobson e i suoi collaboratori , studiando la modifi­ cazioni neurofisiologiche che si accompagnano al sonno R E M, avevano attribuito la produzione del sogno all'attivazione delle cellule giganti pontine che, attraverso impulsi eccitatori ascendenti verso la corteccia cerebrale , avrebbero generato l' attivazione casuale di elementi di memoria. Su tale attivazione casuale la corteccia cerebrale effettuerebbe passivamente una parziale e incompleta organizzazione narrativa che si esprime nel prodotto onirico. Tale incompleta organizzazione spiega76

va tra l'altro la presenza delle bizzarrie oniriche. Il modello assumeva uno stretto isomorfismo* mente-cervello in base al quale è possib ile stabil ire un' anal ogia tra livello fisiologico e livello psicologico di una determinata funzione cognitiva: si suppone, ad esempio , che la perce­ zione soggettiva di immagini oniriche corrisponda necessariamente ali' attivazione di neuroni della corteccia visiva occipitale (via ponto­ genicolo-occipitale - PGO ) . Un'altra assunzione del modello riguarda­ va il fatto che la produzione onirica fosse strettamente legata al sonno REM , escludendo fermamente che vi possa essere un'attività onirica al di fuori della REM . Dunque i l sonno REM - e per estensione l'attività onirica i n esso presen­ te - viene innescato da specifiche popolazioni neuronali a trasmissione colinergica detti neuroni REM-on e interrotto da neuroni inibitori a trasmissione aminergica (noradrenergici e serotoninergici) detti REM­ o./f. I neuroni REM-on sono local izzati principalmente nel tegmento mesopontino e i neuroni REM-off nel focus coeruleus e nel nucleo del rafe dorsale. S ulla base di queste osservazioni gl i autori asserirono che i meccanismi colinergici troncoencefal ici determ inavano sia il sonno REM sia il sogno; conseguentemente proposero che il sonno REM e l' at­ tività onirica non fossero controllati da meccanismi corticali. Già nel 1962 Jouvet aveva dimostrato che il proencefalo non era necessario per la generazione del sonno REM . I nfatti il preparato troncoencefalico isolato era in grado di generare la fase REM (i movimenti oculari, le onde PGO associate e, in sostanza, tutti gli eventi visivi presenti in sonno REM) direttamente dai neuroni del tronco encefalico. Secondo questo modello i sogni vengono attivamente innescati a livel­ lo pontino e passivamente elaborati a livello corticale: le aree cerebrali semplicemente danno una qualche organizzazione a questo materiale mnestico casualmente attivato. In seguito , sempre Hobson e collaboratori (Hobson, 1992; H obson, Pace-Schott, Stickgold, 2000) , tenendo conto di ulteriori acquisizioni in ambito neurofisiologico, hanno proposto una versione più articola­ ta del modello di Attivazione/S intesi, denominato AIM (A = Activation - attivazione; 1 lnput source - fonti di entrata; M Modulation - modu­ lazione) . L'obiettivo era quello di tentare di colmare alcune lacune nel collegamento tra livello neurofisiologico e livello mentale, evidenziate =

=

77

da un notevole corpus di ricerche soprattutto sul sonno N REM, ricon­ cettualizzando il problema della relazione tra sonno REM e sogno. I n questa nuova versione il concetto d i attivazione s i riferisce ai diversi stati di arousal* che possono caratterizzare il Sistema nervoso centrale a livel­ lo della formazione reticolare* troncoencefalica e a livello corticale. Tali livelli di arousal vengono assunti come presupposto fisiologico della capacità del sistema nervoso di manipolare le informazioni sensoriali in entrata (Input) e di regolare i differenti livelli di processamento mediati dai neurotrasmettitori* aminergici e colinergici (Modulation) . Secondo gli autori questo modello è in grado di spiegare il funziona­ mento del brain-mind (cervello-mente) nei diversi stati di consapevo­ lezza. In particolare durante il sonno REM il livello di attivazione consi­ derato cruciale è dato dalla freque nza di scarica dei neuroni della formazione reticolare troncoencefalica. Tale attivazione, attraverso la via ponto-genicolo-occipitale (PGO ) , è responsabile della generazione dei movimenti oculari che rappresentano l' input endogeno dell' imagery onirica. Il fattore Modulazione (spostato verso la regolazione coliner­ gica sostenuta dalle cellule REM-on del tronco encefalico) condiziona la regolazione di processi quali attenzione, autoconsapevolezza, orien­ tamento , emozioni, memoria. I tre livelli ( A , 1 , M ) subiscono impor­ tanti modificazioni nei diversi stati di vigilanza e in particolare è possi­ b ile trovare organizzazioni differenti in veglia, in sonno N REM e in sonno REM . Secondo gli autori l'importanza di questo modello risiede nel fatto che le tre condizioni fisiologiche considerate (veglia, sonno N REM, sonno REM) , oltre che da distinti stati fisiologici, sono contrad­ distinte da caratteristiche dell'attività mentale qualitativamente diver­ se. Va sottolineato tuttavia che in questo modello la fase REM continua ad essere considerata condizione quas i esclusiva per l'attività mentale ontnca. È evidente che questi autori, assumendo uno stretto isomorfìsmo mente­ cervello, ritengono legittimo stabilire un'analogia funzionale tra livello fisiologico e livello psicologico di una determinata funzione cognitiva e ammettono la possibilità di spiegare le caratteristiche cognitive dell' allu­ cinazione onirica con una relazione causale tra i due livelli. Anche se con accenti differenti e chiamando in causa altre strutture implicate nella produzione del sogno, l'equazione REM-sogno viene riproposta anche da 78

altri autori, tra cui Nielsen (2ooo) con il modello della " REM fantasma". Negli ultimi due decenni il sogno ha trovato un interesse crescente, da parte dei ricercatori , grazie a nuove tec niche di studio del Sistema Nervoso Centrale. Nonostante le tecniche poligrafiche presentino molti vantaggi (sono economiche, innocue, rapide, ripetibili) , hanno tuttavia il limite di non essere in grado di fornire informazioni neuroa­ natomiche dettagliate su singole strutture o circuiti. Per questa ragione negl i ultimi anni le tecniche di medicina nucleare (neuroimaging, in particolare la Tomografia a emissione di positroni, PET ) si sono impo­ ste nello studio del S NC . Lo studio funzionale del Sistema Nervoso Centrale attraverso lo Stati­ stica/ Parametric Mapping ( s P M ) ha reso possibile la realizzazione di mappe tridimensionali del cervello in vivo (Nofzinger et al. , 1998) . Inol­ tre le metodiche di neuroimaging consentono la misurazione di nume­ rosi indici metabolici del funzionamento neuronale quali il metaboli­ smo cereb rale del gl ucosio e dell'ossigeno, il flusso ematico nei suoi valori globali e regionali, la localizzazione di farmaci ecc. La loro appli­ cazione allo studio delle basi neurali delle funzioni cognitive ha deter­ minato in pochi anni un notevole incremento delle co noscenze . Nell 'ambito della psicofisiologia del sonno e del sogno , affiancate al tradizionale E EG, tali tecniche di osservazione funzionale del S NC hanno permesso di localizzare meglio i processi fisiologici che hanno luogo nel sonno e di valutarne le differenze tra le diverse fasi. Come è stato ampiamente discusso nel precedente paragrafo , l' assun­ zione teorica sonno desincronizzato sogno, che ha guidato la ricerca per decenni, veniva supportata dalla presenza di un indice fisiologico quale la desincronizzazione corticale che mostrava un livello di attiva­ zione della corteccia molto alto, simile a quella che si poteva osservare durante la veglia. All'opposto, il sonno NRE M (e in particolare il sonno delta) è sempre stato considerato silente dal punto di vista dell' attivazio­ ne cognitiva in virtù della progress iva sincronizzazione del tracciato elettroencefalografico , indice di condizione di ipoattivazione della corteccia. In neuropsicologia le tecniche di brain mapping hanno permesso un avanzamento cruciale della ricerca, consentendo la localizzazione delle sedi neuroanatomiche responsabili di particolari deficit cognitivi. Sulla =

79

scia di questi risultati, i ricercatori hanno esteso l'uso di queste tecniche a soggetti normal i volontari per studiare lo stato neurofunzionale del cervello durante l'esecuzione di un determinato compito cognitivo in condizioni di veglia e recentemente, nonostante le notevoli difficoltà di ordine tecnico , anche per studiare il cervello durante il sonno. I n questo modo s i è reso possibile per l a prima volta l o studio funzionale non solo della corteccia (come avveniva con l' EEG) ma di tutto il S NC, permettendone la visualizzazione durante le diverse fasi del sonno. Nell'esaminare le osservazioni effettuate su soggetti normali sono state privilegiate le ricerche che presentavano dati sulla fase REM e il sonno delta. La scelta di queste due fasi risponde ad una necess ità specifica che è quella di confrontare due pattern di attivazione corticale massima­ mente differenti durante il sonno, dalla massima des incronizzazione (fase REM ) alla massima sincronizzazione ( sws ) . Uno dei primi lavori a utilizzare lo studio del flusso ematico cerebrale ( Cerebral Blood Flow - CB F ) come indice di attivazione metabol ica è stato quello di Townsend, Prinz e Orbrist ( 1973 ) . Gli autori hanno trovato un aumento di flusso durante la fase REM rispetto al N REM e un progressivo decremento, parallelo al rallentamento delle frequenze EEG, durante il sonno ad onde lente. Nel 1990 Maquet e collaboratori, in uno studio in cui si anal izzava lo stato neurofunzionale del s N c facendo un confronto veglia-sonno, riscontrarono nel sonno ad onde lente una riduzio ne del metabolismo cereb rale gl obale rispetto alla vegl ia. Durante il sonno REM invece, il metabolismo del gl ucosio si presentava altrettanto elevato che nella vegl ia. Secondo Maquet , il consumo di gl ucosio ri fletteva l'attività sinaptica media durante il periodo di captazione del tracciante radioattivo che diminuiva nel sonno ad onde lente e aumentava di nuovo durante il sonno parados­ sale. Risultati analoghi, sempre considerando il C B F globale, sono stati osservati anche da Madsen, Vorstrup ( 1 991) . Il decremento del meta­ bolismo cerebrale durante il sonno N REM è stato più volte repl icato (Franck et al. , 1987; Buchsbaum et al. , 1989; Heiss et al. , 1985) : il C B F globale, il metabolismo dell'02 e quello glucidico subiscono u n decre­ mento progressivo nel passaggio dallo stadio 1 allo stadio 4, sempre rispetto alla vegl ia. I nizial mente si pensava che tale ipoattivazione progressiva fosse diffusa a tutto l'encefalo, ma con la tecnica della S P M Bo

è stato possibile localizzare le strutture corticali e sottocorticali specifi­ camente ipoattivate durante il sonno delta ( B raun et al. , 1992 e 1997; Maquet et al. , 1990 e 1997; Maquet, 2000) . In generale tutti il lavori che hanno indagato la funzionalità del S NC nel sonno delta rispetto alla veglia possono essere così riassunti: a) le

FI G U RA 6 E misfero cere b rale - s uperficie l a terale

FI G U RA 7 Emisfero cere b rale - superficie m ediale

81

aree sottocorticali mostrano una riduzione significativa del metaboli­ smo a livello delle seguenti strutture: parte dorsale del ponte, mesence­ falo, talamo, gangli della base, ipotalamo, proencefalo basale; b) a livel­ lo corticale si riscontra un decremento metabolico più marcato nelle aree frontali (corteccia orbitofrontale) , in corteccia cingolata anteriore, precuneo, lobo temporale mediale destro. A questo proposito Maquet et al. (1997) hanno sottolineato in modo particolare la deattivazione della corteccia orbitale e ventromediale entrambe implicate nei proces­ si di integrazione delle informazioni. Queste osservazioni sono state confermate anche da uno studio di Hofle et al. ( 1997) . Per inciso la ricerca di H ofle ha anche osservato incrementi di flusso regionale in corteccia visiva primaria e secondaria così come in corteccia uditiva secondaria e nel lobulo parietale inferiore sinistro; questi risultati non sono stati replicati da altri lavori, ma potrebbero essere indicativi del ruolo di queste aree nell'attività onirica presente in sws. Rispetto al sonno N R E M comunque la fase R E M continua ad avere un ruolo predominante come oggetto di indagine anche nell'ambito degli studi di neuroimmagine . Nel confronto tra le suddette condizioni Maquet et al. (1996) hanno evidenziato incrementi di flusso nella regio­ ne posteriore dell' opercolo parietale destro, nell'amigdala e nell' adia­ cente corteccia entorinale, nel talamo , nel mesencefalo dorsale e nel tegmento pontino e al contrario decrementi di flusso soprattutto in corteccia prefrontale e nel giro parietale sop ramarginale. Allo stesso modo N ofzinger e collaboratori ( 1997) hanno documentato un incre­ mento metabolico a livello del sistema proencefalo basale-ipotalamo­ neocorteccia, sottolineando l'attivazione delle regioni limbiche e para­ limbiche ( ipotalamo laterale, amigdala, corteccia cingolata, corteccia orbitofrontale, entorinale e insulare) . Il gruppo di Braun ( 1 997) ha svolto fo rse la ricerca più completa in questo ambito confrontando i diversi pattern di attivazione durante il sonno sia rispetto alla veglia sia tra le diverse fasi di sonno. Gli autori considerano separatamente tre gruppi di strutture: a) strutture sotto­ tentoriali centro-encefaliche (cervelletto, tronco cerebrale* , gangli della base, talamo , proencefalo basale) . A questo livello il confronto R E M ­ s w s ha evidenziato un incremento significativo del metabolismo durante la fase R E M ; questo dato replica quelli presenti nella letteratura 82

neurofìsiologica classica, giacché era noto il ruolo di queste regioni nella desincronizzazione e nei livelli di arousal (Moruzzi, Magoun, 1949); b) strutture limbiche e paralimbiche (amigdala, ippocampo e giro para­ ippocampale, corteccia temporale mesiale, insulare, cingolata) . Queste regioni mostrano un notevole aumento del metab olismo in REM mentre sono significativamente deattivate durante il sonno delta; c) strutture neocorticali (corteccia motoria primaria, sensoriale prima­ ria, associativa eteromodale) . Rispetto allo stato funzio nale della neocorteccia si osserva un pattern di attivazione differenziato vegl ia­ sonno tra aree associative eteromodal i frontoparietali (ipoattivate) e corteccia occipito-temporale (attivata sia in REM sia in sws) . Questa dissociazione funzionale si manifesta con una sostanziale uniformità già in addormentamento e persiste per tutta la durata del sonno, indipen­ dentemente dallo stadio; gli autori hanno perciò interpretato questo dato come una caratteristica peculiare del sonno diper sé, indipenden­ temente dalla fase considerata. Braun et al. ( 1998 ) in un altro studio hanno confermato una dissociazione tra cortecce associative eteromo­ dal i e cortecce associative primarie ( occipital i e temporali) . Rispetto a queste strutture si osserva una sostanziale analogia funzionale tra le due condizioni REMI sws con una ipoattivazione delle aree associative fron­ toparietali e un'attivazione delle aree unimodali che processano l' infor­ mazione a livello modalità-specifico. Quindi, rispetto alle aree cortica­ li* associative (eteromodali) , le differenze più eclatanti si osservano tra condizione di sonno e condizione di veglia: se infatti la fase REM rappre­ senta uno stato di attivazione cerebrale general izzata con l'esclusione specifica dei sistemi esecutivi , che durante la vegl ia partecipano ai processi di integrazione di informazioni complesse, è anche vero che il sonno ad onde lente non può essere considerato una co ndizio ne di decremento generalizzato dell 'attività neuronale. I dati presentati rendono possibile, seppure con molte cautele, tentare un'interpretazione dei pattern di attivazione cortico-sottocorticale in funzione delle caratteristiche dell'attività mentale presente durante il sonno. Il modello cognitivo presentato nella prima parte del paragrafo sostene­ va che la fase di innesco del processo di generazione del sogno è rappre­ sentato dall'attivazione mnestica. È noto dalla letteratura sulla neuroa83

natomia della memoria che le regioni limbica e paralimbica hanno un ruolo fondamentale nell'elaborazione delle tracce mnestiche soprattut­ to nella memoria a lungo termine (Zola-Morgan, Squire, 1993 ) . L' os­ servazione che tali aree sono attivate durante la fase REM in misura signi­ ficativamente maggiore rispetto al sonno delta può dare indicazioni su due aspetti. Il primo è legato al ruolo che questa fase di sonno potrebbe ave re nei processi mnestici, ossia alla possibilità che essa abbia una funzione attiva nel consolidamento dell' informazione che è stata acqui­ sita durante la veglia. A questo proposito Maquet et al. ( 2ooo) hanno documentato addirittura incrementi di attivazione in REM rispetto alla veglia quando un soggetto viene sottoposto a prove cognitive prima del sonno, sostenendo che tale iperattivazione possa riflettere il processa­ mento di tracce mnestiche implicate nell'apprendimento e lo sviluppo di nuovi network neurali implicati in tale apprendimento. L'altro e più importante aspetto è legato più propriamente alla produ­ zione onirica. L'attivazione di queste aree potrebbe infatti essere il correlato neurofunzionale dell'attivazione di tracce mnestiche che si rendono disponibili per la costruzione del sogno. Il fatto che in REM e in sws sia stata riscontrata una differenza significativa di attivazione, che vede la fase REM con un pattern di attivazione maggiore, indiche­ rebbe un diverso impegno di queste regioni. La fase REM rappresente­ rebbe una condizione neurofunzionale privilegiata, poiché ha maggio­ re disponibilità di materiale mnestico da utilizzare per la produzione onirica. Dal punto di vista della fenomenologia onirica tale condizione neurofunzionale potrebbe spiegare una serie di caratteristiche sia quan­ titative sia qualitative del prodotto onirico. In primo luogo i sogni sono generalmente più lunghi e con una sceneggiatura più ricca e articolata. In secondo luogo la probabilità di ricordare l'attività mentale prodotta è maggiore; i sistemi di memoria a lungo termine sono più attivati in REM e si potrebbe così sp iegare la maggiore facilità di recupero dei prodotti mentali elaborati durante il sonno , con una maggiore percen­ tuale di ricordo di sogni in questa fase ( Occhionero, 2004) . La diversa attivazione osservata in REMI sws potrebbe inoltre dare indicazioni anche su alcuni aspetti legati alla presenza di bizzarrie e di incongruen­ ze narrative. In sws la condizione di ipoattivazione mnestica potrebbe dare luogo ad un quadro di dissociazione tra sistemi con l'attivazione 84

di un contenuto dal sistema semantico, senza che vi sia una parallela attivazione delle caratteristiche fisico-percettive del medesimo contenu­ to nel P R S . Ad esempio , ci può capitare di sognare un amico che però ha il volto di uno sconosciuto o ancora avere la sensazione che un perso­ naggio sia presente nella scena onirica anche se non se ne ha ricordo in termini visuo-percettivi (nel ricordo utilizziamo forme verbali del tipo " ero sicuro che ci fosse X anche se non lo vedevo ") . In fase R E M invece le incongruenze sarebbero il risultato della difficoltà del sistema cogni­ tivo di organizzare in maniera coerente la diffusa attivazione mnestica. Quindi, per quanto riguarda l' incongruenza, se da un punto di vista della resa fenomenica non si osservano differenze significative nelle due condizioni, i processi cognitivi responsabili sono di natura total­ mente differente: in sonno delta si avrebbero situazioni di mera giustap­ posizione di tracce mnestiche parzialmente attivate, mentre in sonno REM risulterebbero deficitari i meccanismi di elaborazione e di integra­ zione, con risultati che vanno da un' incongruenza contestuale fino a vere e proprie impossibilità. Infine, in fase R E M si osserva una maggio­ re presenza di distorsioni spazio-temporal i rispetto all'sws . Tali distor­ sioni potrebbero essere attribuite ai processi di elaborazione che si trova­ no nella condizione di dover gestire e organizzare una considerevole quantità di contenuti, spesso organizzati in sequenze tempo rali complesse e contesti differenti, con conseguente difficoltà nelle opera­ zioni di montaggio e controllo della trama onirica. Sempre a livello dei sistemi limbico* e paralimbico l' interazione funzio­ nale dell'amigdala e della corteccia cingolata anteriore potrebbe inoltre spiegare l'elevata percentuale di vissuti emotivi nell'attività mentale del sonno R E M ( Gallagher, Chiba, 1996) . Anche le ricerche condotte i n ambito psicofis iol ogico hanno osservato, confrontando l' attività mentale REM vs. sws, una differenza significativa a favore della REM sia per quanto riguarda la presenza di emozioni sia per il loro grado di intensità ( Cicogna et al. , 2000) . Per quanto riguarda gl i aspetti legati all'elaborazione e integrazione delle tracce mnestiche (operazioni del planner) assumono importanza le strutture mediali temporo-occipitali (imagery) e le strutture parietali inferiori (qualità spaziali) che dovrebbero essere implicate nella tradu­ zione in immagini e parole e che fo rniscono le coordinate spazio85

temporali entro cui si sviluppa la sceneggiatura del sogno (Solms, 1997) . In particolare la traduzione in immagini sarebbe di competenza delle aree associative visive ( extrastriate) che determinano la rappresentabi­ lità percettiva della scena onirica e l'organizzazione nel visual buffer* dei contenuti attivati. A questo livello la problematica relativa ai pattern di attivazione durante il sonno delta è abbastanza controversa, così come rimane da chiarire il decremento di attivazione osservato in corteccia visiva primaria durante la REM ( B raun et al. , 1997 e 1998) . Gli autori sostengono di aver effettuato un confronto tra sonno REM e sws perché in quest' ultimo stadio la produzione di im magi ni mentali visive è improbabile. È stato documentato però che un' attività onirica con caratteristiche visive è presente in sonno delta ( Cavallero et al. , 1992; Cicogna et al. , 1998) . Al contrario, tuttora non c'è accordo riguardo all'implicazione della corteccia visiva primaria nell' imagery visiva giac­ ché alcuni autori sostengono che l'attivazione delle sole cortecce asso­ ciative visive sia necessaria per la produzione di immagini me ntali (Farah, 2000) , mentre altri considerano necessario il contributo della corteccia striata (Kosslyn et al. , 1995) . Il terzo livello (organizzazione consapevole) coinvolge le funzioni di controllo e di selezione delle informazioni che pervengono alla coscien­ za. A questo livello le funzioni di controllo (cortecce eteromodali) mani­ festano il loro funzionamento a basso regime, uniforme nei diversi stadi, che potrebbe rendere ragione della singolarità dell'esperienza onirica. È esperienza comune che, fatta eccezione per i sogni lucidi (cfr. CAP. l) e per alcune situazioni in addormentamento ( Bosinell i, 1991b ) , durante il sogno i meccanismi di autoregolazione e di giudizio (coscienza riflessi­ va) sono inefficaci; rimangono solo le funzioni attribuite alla coscienza primaria, che si limita a registrare il controllo della scena allucinata, senza integrarlo con le conoscenze del sognatore, in particolare quelle meta­ cognitive, ammettendo così che molte bizzarrie vengano interpretate come possibili e plausibili rappresentazioni del mondo . L'assenza di meccanismi di autoregolazione e di giudizio si traduce anche nella perdi­ ta dell'esame di realtà; questa particolare condizione si realizza allorquan­ do viene meno quel livello di consapevolezza che ci consente di attribui­ re correttamente l'origine endogena ad un atto mentale e rappresenta la conditio sine qua non perché si realizzi l'allucinazione onirica. 86

Un'ultima considerazione va fatta a proposito della rappresentazione di sé, che esprime uno degli aspetti probabilmente più peculiari dell' allu­ cinazione onirica e uno dei tratti qualitativi che maggiormente differen­ ziano la produzione onirica nelle diverse condizioni di sonno (Occhio­ nero et al. , 2000 e 2005) . Lo sviluppo del concetto di sé richiede una serie di operazioni cognitive complesse che hanno un processo matura­ rivo lento (Foulkes, 1982 e 1999 ) . Perché si realizzi è necessario che vi sia la possibilità di un'elaborazione cognitiva di memorie e di conoscenze integrate nei sistemi mnestici; questo processo è strettamente legato all'a­ bilità di rappresentarsi tali conoscenze a livello immaginativo. Anche in questo caso potrebbe essere possibile pensare che in sws una parziale attivazione dei sistemi mnestici interessati alla rappresentazione simbo­ lica di sé renda difficile il processo di integrazione di queste conoscenze in una modalità rappresentativa unitaria, venendosi a realizzare situazio­ ni di rappresentazioni di sé incomplete (sé come solo agente di pensie­ ro, sé visto dall'esterno secondo una prospettiva da osservatore esterno, fenomeni di sdoppiamento di sé) . I n R E M la particolare situazione neurofìsiologica consente invece un'organizzazione più complessa, che spiega la rappresentazione di sé con un' autopercezione simile a quella della veglia, modalità che si osserva solo ed esclusivamente nel sogno. Il modello neurobiologico di Hobson precedentemente discusso vole­ va avere la pretesa di fornire una spiegazione dell'attività mentale nei diversi stati di coscienza a partire da tre indicatori biologici del funzio­ namento del S N C , ovvero l'attivazione corticale, i livelli di elaborazione degli input percettivi (in veglia) o endogeni (in sonno) e la modulazio­ ne neurotrasmettitoriale troncoencefalica ( aminergica/ colinergica) . Sulla base di questi tre parametri l'autore ha costruito un modello che spiegherebbe i livelli di funzionamento sia del cervello (brain) che della mente (mind) . È evidente la riproposizione di una visione riduzionista che riduce il problema della spiegazione delle funzioni cognitive ad una mera localizzazione anatomica. Parimenti Nielsen (2000) ha assun­ to che ogni forma di attività mentale onirica possa essere attribuita ad una supposta fase REM fantasma (phantom o covert REM) , le cui caratte­ ristiche sono rintracciabil i durante tutto il corso del sonno e che sareb­ bero responsabili dell'attivazione cerebrale e della conseguente genera­ zione dell'attività allucinatoria onirica. 87

D'altro canto la ricerca che si avvale delle tecniche di neuroimmagine ha avuto senza dubbio il merito di migl io rare le conoscenze in campo neurocognitivo con l'identificazione di aree cereb rali principalmente, se non esclusivamente, coinvolte in alcune abilità (linguaggio, percezio­ ne , coordinazione visuo-senso-motoria, attenzione) . Queste abilità cognitive hanno però due caratteristiche fondamentali: a) hanno un preciso correlato anatomico nelle aree corticali primarie ( motorie , sensitive, visive, uditive, del linguaggio) ; b) in molti casi non necessita­ no di un controllo consapevole del processo. È evidente il salto di quali­ tà quando si vuole cercare una causalità analoga tra specifici pattern di attivazione cerebrale e processi cognitivi di natura complessa, come il caso specifico dell' attività onirica, che è il risultato di un'attivazione concertata e dinamica di molte strutture cerebrali che, singolarmente prese, spiegano poco o nulla di questo fenomeno. L'operazione di tentare di superare il problema mente-cervello formu­ lando modelli unificanti (e perciò stesso riduttivi) presenta a nostro avviso alcuni rischi di ordine sia metodologico sia epistemologico (Occhionero, Esposito, 2000 ) . Dal punto di vista metodologico occorre sottolineare alcuni problemi relativi alle procedure di acquisizione dei dati. Le tecniche di neuroim­ magine presentano il grande pregio di una elevata risoluzione spaziale, consentendo di avere mappe abbastanza dettagliate dello stato funzio­ nale del cervello durante l'esecuzione di determinati compiti cognitivi. Sappiamo anche però che compiti cognitivi di natura complessa dipen­ dono dall'integrazione di sistemi che spesso si trovano in aree anatomi­ camente separate , ma funzionalmente correlate. Il sogno rappresenta senz'altro una situazione in cui il S N C presenta modificazioni che, a diverso titolo, coinvolgono strutture corticali e sottocorticali differen­ ti; tali modificazioni subiscono variazioni dinamiche in tempi rapidis­ simi, nell'ordine dei millisecondi. La scarsa risoluzione temporale delle tecniche di neuroimmagine diventa quindi un limite molto importan­ te quando si discutono i correlati cognitivi dell'attivazione cerebrale , giacché uno strumento che non consente una raffinata risoluzione temporale rischia di fornire una rappresentazione molto distorta e lontana da quella che crediamo di aver descritto (Damasio, 1994) . Consapevoli di questo limite, le ultime ricerche in questo settore cerca88

no di utilizzare tecniche diverse (come ad esempio la Stimolazione Magnetica Transcranica, T M S ) , che invece ha un'ottima risoluzione temporale. Con questa tecnica di indagine si stimola (o si inibisce) la corteccia cerebrale per studiarne l'attività. In campo clinico viene utiliz­ zata nel trattamento di patologie neurologiche o psichiatriche. Nell'am­ bito delle neuroscienze cognitive tale strumento consente di capire se una data area cerebrale è cruciale per un determinato compito cogniti­ vo . I dati, per così dire, sovrapposti di entrambe le metodiche dovreb­ bero dare una visione migliore di quello che sta realmente accadendo quando eseguiamo un compito cognitivo . C'è da dire che l'utilizzo di queste sofisticate apparecchiature nello studio del sonno è reso estrema­ mente difficoltoso dal fatto che non è facile chiedere ai soggetti di dormire in situazioni così disagiate ( il soggetto deve stare completa­ mente immobile e viene monitorato con apparecchiature di registrazio­ ne molto complesse e fastidiose. Per queste ragioni coloro che accetta­ no di partecipare a questi esperimenti vengono fortemente deprivati di sonno allo scopo di farli dormire poi in laboratorio, nonostante tutto l'armamentario di registrazione) . Dal punto di vista epistemologico, appare molto scorretto considerare il sogno come una semplice somma di attivazioni che possiamo osserva­ re a livello di singole strutture o circuiti. Esso infatti si colloca ad un livello di organizzazione molto elevato e la sua resa fenomenologica è vincolata all' interazione reciproca di molte strutture che concorrono ad assicurare la globalità della rappresentazione onirica. Per questa ragio­ ne ci sembra più prudente, allo stato attuale delle conoscenze, pensare che il pattern di attivazione cerebrale sia da considerare semplicemente il prerequisito funzionale dell'attività mentale durante il sonno. Se è vero che il brain mapping può consentirci di comprendere alcuni aspet­ ti del processo onirico, non è tuttavia sufficiente a spiegare gli aspetti più complessi di questa attività mentale (organizzazione , pianificazione, processi di natura logico-inferenziale, organizzazione spazio-tempora­ le, sviluppo narrativo ) il cui esito è il sogno, così come perviene alla nostra consapevolezza, sia durante il suo svolgimento sia da svegli come ricordo. In quest'ottica un tentativo più articolato di comprendere la natura complessa dei processi cognitivi che concorrono a generare l' at­ tività onirica è stato fatto da Solms (2000 ) . Sulla base della letteratura Bg

neuropsicologica, neurofarmacologica e psichiatrica, l'autore tenta di costruire un modello che propone di superare l'analogia R E M sogno discutendo i dati a favore della possibilità che la fase REM e il sognare siano due condizioni dissociabil i, come già sostenuto da più parti nell'amb ito della psicologia cognitiva, e sottolineando il ruolo delle diverse strutture cortico-sottocorticali, ciascuna delle quali può solo parzialmente spiegare i diversi aspetti del costrutto onirico. È evidente, e si potrebbe dire ovvio, che un certo stato di attivazione del S N C sia il presupposto biologico dei livelli di attivazione del sistema cognitivo; altra cosa è affermare che l' attivazione cereb rale sia causai­ mente associata ai processi cognitivi che in esso hanno luogo. Per questa ragione appare scorretto proporre una simmetria mente-cervello non solo quando si affronti il problema del sognare, ma per tutti i processi mentali; sarebbe come ammettere identità tra processi visivi e perce­ zione visiva, tra stimolazione dei recetto ri dol orifici e percezione del dolore e così via. Riteniamo così necessario, allo stato attuale della ricer­ ca neuroscientifìca, tenere distinti i livelli di attivazione di network di cellule nervose dalle configurazioni mentali che sono il correlato feno­ menico complesso delle modifìcazioni biologiche ad esse sottostanti (Franzini , 2000) . =

3. 4. Quando i sogni scompaiono Un metodo classico che può consentire di stabilire eventuali relazioni tra processi mentali e struttu­ re cerebrali è il metodo della correlazione anatomo-clinica su pazienti con lesioni cerebral i focali. N el nostro caso, se fosse vera l'assunzione che il sogno e il sonno R E M siano controllati dagli stessi meccanismi troncoencefalici, sarebbe possibile con questo metodo dimostrare che lesioni a tali strutture sopprimono sia la fase R E M sia l'attività onirica. Lesioni estese a livello pontino in effetti sopprimono il sonno R E M ; il dato deriva da osservazioni effettuate sia sui gatti sia sull'uomo. Tutta­ via, per quanto riguarda l'uomo, non sempre è possibile indagare l'atti­ vità onirica perché lesioni pontine molto estese sono spesso accompa­ gnate a comp romissione dei livelli di vigilanza. Perciò l' ipotesi del controllo troncoencefal ico potrebbe essere messa in discussione se si riuscisse a dimostrare che l'attività onirica subisce alterazioni in presen­ za di lesioni encefaliche che non coinvolgono il tronco cerebrale. go

I primi due casi clinici riportati in letteratura di alterazione dell'attività onirica sono stati descritti rispettivamente da Charcot ( 1883) e da Wil b rand ( 1887) . Considerate le molte analogie dal punto di vista neuropsicologico, la letteratura classica ha raggruppato i due casi assie­ me sotto la dizione di " S indrome di Charcot-Wilbrand " definita come un disturbo comprendente un'agnosia* associata a perdita dell'abilità a rivisualizzare le immagini. A questi due sintomi se ne associano altri , che sono stati considerati minori, e che sono la prosopagnosia* , l' amne­ sia topografica e la perdita della componente visiva dell'attività onirica. Murri e collaboratori (1984) hanno definito questa sindrome come l' as­ sociazione di perdita dell'abilità di mettere assieme immagini visive o memorie e la perdita della capacità di sognare. Questo quadro neuro­ psicologico potrebbe co rrispondere ad una lesione che coinvolge le regioni posteriori. La sindrome di Charcot per il neuropsicologo pone un interrogativo interessante, ovvero: si può pensare che l'attività onirica in cui sia assen­ te la componente visiva abbia un correlato anatomo-clinico costante ? Le osservazioni condotte su reperti autoptici nella prima metà del seco­ lo sostenevano che un tale deficit era compatibile con una lesione dell'a­ rea 19 occipitale di entrambi gli emisferi e questa sindrome veniva defi­ nita come amnésie des occipitaux (Critchley, 1953) . Effettivamente la localizzazio ne occipitale è stata confermata anche dalle più recenti tecniche di neuroimmagine ( Bischof, Bassetti, 2004) . Recentemente la ricerca in ambito neuropsicologico ha descritto molti casi di prosopagnosia e di amnesia topografìca accompagnate da assen­ za di visual imagery nel sogno. Secondo il modello di Kosslyn (1980) la percezione visiva comporta un' attivazione di rappresentazioni visive esterne ( bottom-up) mentre l' imagery visiva coinvolge un'attivazione interna (top-down) delle medesime rappresentazioni. Farah (1989) ha proposto un modello che presuppone due moduli cognitivi separati, uno per le rappresentazioni delle immagini visive nella memoria a lungo termine (Long Term Memory, LTM ) e un altro per la generazione delle stesse immagini nel visual buffe r (Short Term Memory, S T M ) . Questi due processi hanno luogo in sedi anatomicamente distinte: le aree occi­ pital i controllano la rappresentazione delle immagini e un'eventuale lesione si manifesta con l'agnosia visiva , mentre la generazione delle 91

immagini è controllata da aree parietali di sinistra; in quest'ultimo caso la lesione comporta un'incapacità di produrre immagini mentali. Un altro problema connesso al disturbo dell'attività onirica durante il sonno è legato ai disturbi di memoria. Se un paziente dice di non sogna­ re più, questa condizione riflette un'assenza di sogni o un'incapacità a ricordarli ? In altre parole, l'assenza di attività onirica è un disturbo del sogno oppure è conseguenza di un disturbo di memoria ? Attual mente la memoria non viene più considerata come un sistema unico. Le informazioni vengono elaborate da sistemi diversi (Tulving, 1996) e all' interno di ciascun sistema si possono identificare sottosiste­ mi che possono andare incontro a selettiva compromissione (Warring­ ton, McCarthy, 1987) . Seguendo questa impostazione, la cessazione dell 'attività onirica potrebbe essere considerata una sindrome amnesi­ ca categoria-specifica. La letteratura neuropsicologica finora non ha fornito risultati univoci sulla relazione tra assenza di attività onirica e disturbi di memoria. C'è invece una ricca letteratura clinica relativa alle sindromi amnesiche (S indrome di Korsakoff, encefaliti, demenze) che sono spesso accom­ pagnate da assenza o estrema povertà dell'attività mentale durante il sonno (Greenberg et al. , 1968; Kramer, Roth , Trinder, 1975) . Quello che si può ricavare da queste osservazioni è che l'assenza di sogni nei pazienti potrebbe essere sempl icemente un artefatto della generale amnesia, anche perché raramente si osserva una specifica associazione di mancato ricordo dei sogni (anoneiria) e amnesia, mentre nella maggio­ ranza dei casi questi due disturbi si presentano separatamente. Sempre a proposito di correlazioni anatomo-cliniche Do ricchi e Viola­ ni ( 1992) hanno analizzato la letteratura neuropsicologica cercando di chiarire i rapporti tra local izzazione del danno cerebrale e deficit cogni­ tivi corrispondenti. Nei casi (43) di cessazione dell'attività onirica presi in considerazione , sono risultate più frequenti le lesioni posteriori (parietali, temporali , occipitali) dell'emisfero sinistro. I soggetti che avevano subito una perdita selettiva della componente visiva dei sogni avevano lesioni molto dive rse . I risultati di questa anal isi sembrano confermare le osservazioni fatte su altri gruppi di pazienti. La perdita dell'attività onirica testata con risvegli effettuati in sonno R E M era maggiore nei pazienti con lesioni posteriori rispetto a pazienti 92

con lesioni anteriori. Sembrerebbe che la localizzazione del danno cere­ brale lungo l'asse postero-anterio re sia un indice attendibile; lesioni frontali non sembrano giocare un ruolo critico nella perdita dell' espe­ rienza onirica, mentre le aree temporo-occipitali e più in generale poste­ riori sembrano quasi sempre danneggiate nei soggetti che hanno perso completamente la capacità di sognare. Cathala e collaboratori ( 1983 ) hanno messo a confronto i resoconti di protocolli onirici di due gruppi di pazienti svegliati durante la fase R E M . Il primo gruppo era costituito da 9 pazienti con lesioni parietali e il secondo da 7 con lesione frontale. Il 69°/o dei pazienti del primo gruppo non ricordava nulla al risvegl io (contro i1 14°/o dei soggetti del gruppo di controllo composto da sogget­ ti non cerebrolesi) , mentre nel gruppo di pazienti frontali la percentua­ le di assenza di ricordo era inferiore (34 o/o) . Anche in un'altra rice rca (Murri et al. , 1984) gli autori concludevano che solo per i soggetti con danno posteriore la percentuale di assenza di ricordo onirico era maggiore sia rispetto al gruppo di controllo, sia rispetto ai pazienti con lesione anteriore. Lo stesso risultato era stato osservato sempre dagli stessi autori in una ricerca successiva (198 5) . Solms (1997) h a effettuato una revisione molto attenta della letteratura sull'attività mentale nel corso del sonno, proponendo che il sogno venga attivamente generato da meccanismi corticali. È noto dalla neurofìsio­ logia che una parte del lobo frontale è collegata con la regione limbica attraverso un circuito di neuroni che hanno come neurotrasmettitore la dopamina (circuito dopaminergico mesocorticale- mesol imbico) . Questo circuito viene considerato il principale sito d'azione di molte sostanze stimolanti (es. amfetamine) come anche di alcuni farmaci antipsicotici (es. aloperidolo) . Uno degli effetti principali della terapia antipsicotica è la perdita di interesse nei confronti del mondo esterno. In sostanza i farmaci antipsicotici - bloccando l'attivazione di questo circuito - producono una sorta di leucotomia* chim ica. Accanto a questo dato è stato osservato che i sintomi positivi della schizofrenia (allucinazioni, delirio, pensiero disorganizzato, agitazione) , artificial­ mente indotti dalla L- dopam ina, dalle amfetamine e dalla cocaina, possono essere spiegati come iperattivazione di questo sistema. Le les ioni che interessano tale circuito si manifestano dal punto di vista comportamentale con riduzione di interesse per l'ambiente circo93

stante, perdita di iniziativa, notevole riduzione della capacità immagi­ nativa. La perdita di iniziativa (adinamia) è anche il più frequente effet­ to collaterale della leucotomia prefrontale orbitale mediale. Queste osservazioni assumono rilevanza alla luce della questione se l'attività onirica presente nel corso del sonno sia in qualche modo da mettere in relazione all'attivazione di questo sistema dopaminergico. Una prima osservazione da fare è che l'attività onirica cessa completa­ mente in seguito ad una sezione delle fibre di questo circuito. La sezione, o l'inibizione chimica di queste vie, riduce i sintomi positivi della schizo­ frenia, sintomi che per molto tempo sono stati parago nati al sogno (Hobson, 1988) . Inoltre, l'attivazione chimica di questo circuito (con L-dopa, amfetamine, cocaina) produce non solo una sintomatologia che simula una patologia psicotica ma anche un'eccessiva attività onirica, molto frequente e tipicamente caratterizzata da grande vividezza percet­ tiva, senza che vi sia una concomitante modificazione dell'intensità, della frequenza e della durata del sonno R E M . I farmaci che bloccano questo circuito hanno un analogo effetto inibitorio sulla produzione onirica. Tutte queste osservazioni suggeriscono che il sistema dopaminergico mesocorticale-mesolimbico giochi un ruolo molto importante, se non addirittura causale, nel processo di generazione dei sogni. Un altro settore che può fornire contributi indiretti alla comprensione di questi fenomeni è quello della ricerca sulla neurofìsiologia delle ep ilessie. È noto che le crisi epilettiche notturne che occorrono gene­ ral mente durante la fase R E M si possono manifestare sotto forma di incubi ricorrenti, ovvero di esperienze allucinatorie stereotipate ( Penfìeld, 1938; Penfìeld, Rasmussen, 1955) ; molto spesso gli incubi ricorrenti sono causati da attività epilettiformi con focus temporale o parietale. La relazione causale tra questa forma di epilessia e gl i incubi rico rrenti e ra stata riprodotta sperimental mente già da Penfìel d, in forma di dreamy state (stato sognante) , stimolando la corteccia tempo­ rale. Un'ulteriore conferma di questo legame viene dal fatto che sia le crisi epilettiche sia i fenomeni allucinatori rispondono bene alla terapia anticonvulsivante e/ o alla lobotomia temporale. Dalle osservazioni riportate, provenienti da ambiti disciplinari diversi, si può avanzare l'ipotesi che il sogno possa essere innescato da meccani­ smi cereb rali che sono dissociabili dai meccanismi che controllano il 94

sonno R E M . Come già detto precedentemente, il modello di attivazio­ ne-sintesi di Hobson attribuiva la imagery onirica ad una sintesi corti­ cale passiva di impulsi random provenienti dal tronco encefal ico . Quanto descritto sopra, assieme alla crescente quantità di dati prove­ nienti dalle ricerche di neuroimmagine (cfr. paragrafo precedente) suggerisce invece che il processo di produzione onirica comporti l'atti­ vazione associata di diverse strutture proencefaliche. Queste strutture comprendono le aree ipotalamiche anteriore e laterale, l'amigdala, le aree striatali ventro-settali, le cortecce infralimbica, prelimbica, orbita­ frontale, cingolata anteriore, entorinale e insulare (Braun et al. , 1997; Maquet et al. , 1996; Nofzinger et al. , 1997) . Accanto a questi pattern di attivazione si osserva, durante la fase REM , un' ipoattivazione della corteccia visiva primaria e di quella prefrontale dorsolaterale (Braun et al. , 1998) . Questi pattern di attivazione/ipoatti­ vazione sono in linea con l 'osservazione che le anormalità modal ità­ specifiche dell' imagery si osservano solo nelle lesioni della corteccia visi­ va associativa; le immagini mentali visive oniriche sono preservate nei pazienti con cecità corticale* (da lesione della corteccia visiva primaria) , mentre i pazienti prosopagnosici e quelli con acromatopsie (lesione V4) non distinguono le facce né percepiscono i colori neanche nei sogni ( Charcot, 1883; Solms, 1997) . I pazienti emiplegici (con lesione alla corteccia motoria primaria) hanno normali esperienze somatosenso­ riali e somatomoto rie nei sogni ( B rown , 1989) , così come i pazie nti afasici ( da lesione perisilviana sinistra) hanno una normale esperienza verbale onirica (Schanfald, Pearlman, Greenberg, 1985) . Tutti i lavori fin qui citati indicano che il sonno REM e l'attività onirica sono condizioni dissociabili, perché controllate da meccanismi cerebra­ li differenti. Occorre ancora chiarire però il fatto che senza alcun dubbio la condizione R E M rimane in qualche modo più strettamente associata all'attività onirica rispetto agl i altri stadi di sonno. Una possibilità di spiegazione può essere fornita dall'osservazione che i diversi stati cere­ brali correlati all'attività onirica comportano tutti un certo grado di atti­ vazione durante il sonno. Il livello più elevato è lo stato " paradosso " della R E M , in cui la corteccia è attivata benché addormentata. È stato dimostrato inoltre che esiste un'attività mentale onirica anche nelle transizioni veglia-sonno (addormentamento) e nella transizione sonno95

veglia (risveglio) , così come è ben documentata la presenza di attività mentale in sws . Poiché la lesione alle vie dopam inergiche frontali ventromesiali interrompe la produzione onirica senza alcuna ricaduta sul sonno REM (Jus et al. , 1973) è evidente che il meccanismo dopami­ nergico dream-on (generatore del sogno) è dissociabile dal meccanismo colinergico REM-on (generatore del sonno R E M ) . L'attività onirica, alla luce di queste osservazioni, non può essere considerata una funzione intrinseca del sonno R E M (e del meccanismo troncoencefalico ad esso sotteso) . Essa sembrerebbe la conseguenza di diverse forme di attivazio­ ne cereb rale durante il sonno, in cui sarebbero implicati due processi: uno che regola l'attivazione corticale durante il sonno e che è responsa­ bile dei diversi pattern elettroencefalografici, l'altro che è responsabile della produzione onirica di per sé. Inoltre, la imagery onirica non è isomorficamente correlata con un' at­ tivazio ne aspecifica a partenza troncoencefal ica come sostenevano gli autori del modello di attivazione-sintesi. Essa sembra, piuttosto, il risul­ tato di specifici meccanismi corticali che partecipano attivamente nella sua elaborazione e quindi essa rappresenta il prodotto di un complesso processo cognitivo analogo a quanto si osserva in veglia. S ol ms ( 1997) sulla base di questi dati avanza l' ipotesi che la natura essenziale del processo onirico sia determinata dal funzionamento inte­ grato delle seguenti strutture: • strutture media/i temporo-occipitali. Contribuiscono alla costruzio­ ne degli aspetti visivi della produzione onirica. I danni a queste regioni danno luogo ad un'attività mentale onirica caratterizzata da assenza di visual imagery. Questi casi di anoneiria visiva suggeriscono che sistemi di memoria modalità-specifici siano implicati nel normale processo di generazione del sogno. In questa attivazione sono coinvolte le aree occi­ pitali associative ma non la co rteccia visiva primaria. Il fatto che quest' ultima non sia attivamente impl icata nella produzione onirica può essere spiegato tenendo presente che il sogno è un processo cogni­ tivo generato internamente piuttosto che esternamente; • strutture parietali inferiori. Contribuiscono all'elaborazione degli aspetti legati alla qualità spaziale della produzione onirica. Una lesione a questo livello sopprime il sogno in toto suggerendo così che l' orga­ nizzazione spaziale sia una componente primaria del processo onirico; g6

• connessionifronto-diencefaliche. Le osservazioni di anoneiria globa­ le nel caso di lesione di questi circuiti, così come l'associazione a sinto­ matologia disinibitoria, potrebbe far pensare che il normale processo onirico sia impossibile senza il contributo attivo di meccanismi inibi­ tori e facilitatori di ordine superiore. Tali osservazioni rendono abba­ stanza riduttiva la conclusione di Hobson secondo cui il significato del sogno è di tipo fisiologico e non psicologico. Se consideriamo la compo­ nente psicologica come l'equivalente di un'attivazione corticale di ordi­ ne elevato diventa difficile accettare la nozione che l'attività mentale onirica sia un evento fisiologico generato random da meccanismo tron­ coencefalici; • strutturefrontali e limbiche. Queste strutture sono incluse nel siste­ ma riflessivo del modell o di monitoraggio della realtà (reality monito­ ring) di Johnson (1991) . Lesioni a questo livello comportano eccessiva attività onirica e pensiero dream-like. Il cardine di tale patologia è l'in­ capacità a distingue re l'attività mentale onirica da quella prodotta durante la veglia; ciò starebbe ad indicare che il ruolo fondamentale di queste strutture è la selettività, a dimostrare che esse controllano e rego­ lano la qualità delle nostre attività cognitive rispetto all'esame di realtà. I pazienti con attività onirica eccessiva e co n pensieri oniro-simili durante la veglia tendono ad interpretare i pensieri astratti come perce­ zioni concrete. È possibile che le strutture fronto-limbiche, durante il sonno, inibiscano in maniera selettiva l'attenzione verso stimoli percet­ tivi esterni e che questo meccanismo venga meno quando esse sono lesionate (a questo proposito vedi anche i modelli di attenzione seletti­ va; Posner, D river, 1992) . La possibilità che i circuiti fronto-limbici esercitino un'analoga influenza inibitoria sul sistema corticale moto rio durante il sonno normale trova una prova indiretta anche in quei pazienti con lesioni talamiche anteriori e dorsomediali che agiscono sui loro sogni (Lugaresi et al. , 1986; Gallassi et al. , 1992) ; • strutture temporali e limbiche. È noto dalla clinica sulle epilessie che le crisi temporal i danno luogo frequentemente ad incubi. Questa si ndrome (e il dreamy state ad essa associato durante l'ideazi one in condizioni di veglia) candiderebbe queste regioni ad un ruolo specifi­ co nell'attività regolatoria sui meccanismi di produzione onirica. Inol­ tre l ' osservazione che i sogni possano essere innescati da un' attività

97

epilettica, che di solito occorre durante il sonno N RE M , conferma ulte­ riormente la possibilità che un' attività mentale sia presente durante tutto il corso del sonno e che non sia possibile confinarla alle sole fasi di sonno R E M . Volendo tentare una visione d'insieme di tutte queste osservazioni, si può pensare che stimoli che si rendono attivi durante il sonno non svegliano il soggetto, da una parte perché diversi meccanismi mnestici e percettivi ( occip ito-temporo-parietali) trasformano questi stimoli simbolicame nte e li convertono in allucinazione visuo-spaziale , e dall 'altra perché i meccanismi riflessivi ( fronto-limbici) falliscono nell'attribuire carattere di realtà ad un'allucinazione. Da quanto è stato detto risulta chiaro che, nonostante i progressi, non è stato finora possibile localizzare e circoscrivere l'attività onirica ad una specifica area cerebrale: tutti i tentativi in questo senso sembrano desti­ nati all' insuccesso. Ad esempio gli sleep neurons ipotizzati da Johnson nel 1923 e poi successivamente identificati in varie strutture (Locus coeruleus e formazione reticolare pontina) mancano della specificità esclusiva richiesta dal modello. Questi neuroni appartengono, infatti, a reti neuronali "polifunzionali" implicate nella regolazione di attività diverse, sia somatiche sia vegetative. Anche i tentativi di etichettare il sonno dal punto di vista neurochimico, stabilendo così una corrispon­ denza biunivoca tra mediatore chimico e stato comportamentale (sero­ tonina-sonno N R E M ; noradrenalina-sonno R E M ) , sono stati travolti dall' identificazione di neurotrasmettitori e neuromodulatori aventi ruoli funzionali multipli e solo in parte sovrapponibili. In questa ottica un approccio eccessivamente riduzionistico non è corretto nello studio del sonno , che è da considerarsi un fenomeno complesso che né un mediatore, né un tipo di neurone, né un centro nervoso possono rias­ sumere o contenere.

gB

Conclusioni Scrivere un libro sul sogno può essere una scelta piuttosto azzardata, nel senso che può esporre facilmente a diverse critiche. Cosa si cerca di spie­ gare studiando un'attività mentale che, per sua natura, è un'esperienza assolutamente soggettiva dal punto di vista del processo cognitivo e per così dire " privata " dal punto di vista affettivo ed emotivo ? (Eracl ito affermava che tutte le persone da svegl ie partecipano ad un mondo comune mentre i dormienti vivono ciascuno in un universo privato) . Sono i due lati del problema sogno. Ancora oggi, nonostante i progres­ si enormi che si sono avuti sulle conoscenze relative al funzionamento del cervello, i neuroscienziati non sanno rispo ndere alla " madre " di tutte le domande: perché sogniamo ? (e ancor prima, perché dormia­ mo ?) . Con una provocazione si potrebbe rispondere che dormiamo per la semplice ragione che abbiamo bisogno di sognare, ma è una rispo­ sta parziale e in qualche modo circolare ( sogniamo perché stiamo dormendo) . I n maniera del tutto autonoma, e talvolta ideologicamente separata dal resto della comunità scientifica, la teoria psicoanalitica è l'unica teoria scientifica tuttora in grado di rispondere a questa domanda. Per la psicoanalisi il sogno è uno dei luoghi privilegiati del nostro teatro affet­ tivo in cui si mette in scena la drammatizzazione (in greco la parola b(}a�ta indica l'azione) di quel complesso sistema di emozioni e pulsio­ ni che può essere espresso solo attraverso la modal ità inconscia. Esso quindi assolve alla funzione psicobiologica di regolato re dell'equilibrio psichico dell 'individuo. Il neuroscienziato invece non ha ancora risposte né sul sonno né sul sogno. O meglio, le risposte ci sono e sono però parziali. In primo luogo l'obiettivo dei ricercatori di questo settore è quello di comprendere l'or­ ganizzazione strutturale e i meccanismi cognitivi sottostanti questo processo mentale, che avviene apparentemente al di fuori di ogni neces­ sità evolutiva e di adattamento all 'ambiente. Alcuni liquidano il sogno come un fenomeno assolutamente irrilevan­ te per l'economia cognitiva: l'attività mentale durante il sonno è un semplice epifenomeno del sonno stesso. Detto in altri termini, il cervel99

lo, in quanto tale, non può non produrre fatti cognitivi anche se non ve ne è nessuna necessità. Non esiste alcuna condizione (se non il coma irreversibile) in cui il cervello dell'uomo non sia in grado di produrre una qualche attività mentale. Durante il sonno le particolari condizio­ ni psicofisiologiche (nello specifico il pressoché totale distacco dall' am­ biente esterno) in qualche modo " costringono " il cervello a produrre un'attività mentale che non risponde a funzioni di adattamento e di risposta all'ambiente esterno. N o n essendo quindi finalizzata all'azione, essa è dunque una semplice attivazione di tracce di memoria che vengo­ no organizzate in maniera più o meno coerente dal sognatore. Detto in questi termini, la ricerca sul sogno non dovrebbe addirittura esistere giacché il sogno, in questa accezione, sarebbe una sorta di inutile corol­ lario al vero fenomeno di interesse che è invece il sonno. Questo approccio estremamente riduzionista forse può essere messo in crisi da un argomento molto forte che potrebbe essere indicato come una sorta di determinismo biologico . È difficile pensare che un sistema così articolato , e al tempo stesso regolato , come è l'uomo dedichi un terzo della propria esistenza, e quindi delle sue risorse energetiche, ad una condizione fisiologica così complessa come il sonno e che all'inter­ no di questa condizione si produca un'attività cognitiva di nessuna rilevanza per l 'economia psichica e cognitiva dell'individuo quale il sogno. Se non siamo in grado di rispondere , certamente non a breve termine e nonostante i grandi passi che si vanno facendo, alla domanda sul perché sogniamo, possiamo essere autorizzati a continuare a studiare il sogno, senza avere la sensazione di occuparci di un argomento buono solo per la letteratura, per diverse ragioni. Tra queste , negl i ultimi anni, sta diventando sempre più oggetto di dibattito scientifico ed epistemologi­ co il problema della relazione sogno-coscienza. Il sogno è uno stato mentale e come tale ha a che fare con la coscienza, meglio, esso è uno stato della coscienza, essendoci ormai un accordo generale tra tutti i ricercatori nel considerare la coscienza come un universo a molti livelli di complessità. Come afferma Tononi (2003) , quando sogniamo quel­ la nostra realtà interna allucinatoria viene vissuta esattamente come la nostra realtà da svegli e siamo in grado di discriminare le due cose solo expost, ovvero quando, una volta svegli, realizziamo che si trattava di un 100

sogno. In questi termini l'esperienza onirica è espressione del fatto che la coscienza prescinde dalla funzione di relazione con il mondo esterno ed è espressione " del cervello e del cervello soltanto " (ivi, p. 1 2) . Sicuramente da un punto di vista strettamente darwiniano dobbiamo assumere che la coscienza si è sviluppata nel corso dell'evoluzione per migliorare le nostre capacità di adattamento all 'ambiente. Ma probabil­ mente c'è dell'altro . Se una qualche forma di coscienza persiste a prescindere dal grado di contatto che abbiamo con l'ambiente esterno (e nel sonno il livello di sensibil ità agli stimoli esterni è drasticamente ridotto) , allora dobbiamo pensare alla coscienza come proprietà che emerge dalla struttura del cervello e ne condiziona il funzionamento a qualsiasi l ivello di vigilanza. Attualmente non disponiamo di una teoria che possa spiegarci la compless ità di un fenomeno così articol ato . Tuttavia lo studio del sogno forse potrà produrre dati sia per compren­ dere il sogno come processo mentale che ha una sua autonomia e una sua importanza funzionale per l 'economia della mente , sia aprire utili prospettive di ricerca per cercare di comprendere il complesso proble­ ma della coscienza.

101

Glossario Afasia

Disturbo del linguaggio caratterizzato da deficit di comprensione e/o

di produzione del linguaggio verbale. Agnosia

Disturbo neuropsicologico caratterizzato dall'incapacità di ricono­

scere oggetti , animali o persone in assenza di un disturbo degli o rgani di senso . Aree corticali

Regioni che definiscono le diverse funzioni della corteccia cere­

brale. Si suddividono in primarie (unimodali) , deputate alla ricezione degli stimoli provenienti dall'ambiente (aree visive, uditive, olfatti ve, gustative, della sensibilità) e alla trasmissione motoria (area motoria primaria) , e aree secondarie associative (eteromodali) , deputate all'integrazione degli stimoli di provenienza corticale e sottocorticale. Arousa l

Termine usato in psicofisiologia per indicare il livello di attivazione

fisiologica e comportamentale dell'organismo. Bias sperimentale

Con ques to termine si definisce una distorsione, nello

studio di un problema, dovuta ad un preconcetto. In ambito sperimentale le conseguenze si manifestano con la presenza di un errore sistematico nelle osservazioni effettuate. Cecità cortical e

Deficit visivo conseguente a lesione della corteccia visiva

primaria (area occipitale) in assenza di lesioni delle vie visive. Disegno di ricerca

Nella ricerca scientifica definisce la struttura logica di un

esperimento . Consente di pianificare le modalità di raccolta e organizzazione dei dati relativi allai fenomeno/i oggetto della ricerca. El ettroen cefa l ogra m m a ( E EG)

S trumento che registra l'attività elettrica di

una popolazione neuronale. Tale registrazione viene eseguita attraverso l' ap­ plicazione di elettrodi allo scalpo del paziente. Il tracciato che si ottiene è la rappresentazione grafica dei potenziali d'azione generati dall'attività neurona-

102

le, i quali formano onde definite sulla base dell'ampiezza (millivolt) , della frequenza (cicli al secondo) e della durata (millisecondi) . L'assenza totale delle onde cerebrali indica la mancanza di attività cerebrale ed equivale alla morte cerebrale dell'individuo . Elettropoligrafia

Tecnica di registrazione di parametri fisiologici quali l'atti­

vità elettrica dei neuroni corticali (elettroen cefalo gramma) , l'attività dei muscoli oculomotori (elettro-oculogramma) , l'attività della muscolatura ( elettromiogramma), l'attività cardiaca (elettrocardiogramma) . Epistemol ogia (o filosofia del la scienza)

Branca della filosofia che si occupa

degli aspetti teorici della conoscenza scientifica. Formazione reticolare

Porzione centrale del tronco cerebrale deputata a rice­

vere informazioni dalle vie sensoriali afferenti e ad inviare proiezioni diffuse alla corteccia cerebrale. lsom orfismo

In ambito psicologico con questo termine si fa riferimento a

teorie che assumono una corrispondenza causale tra stati cerebrali e stati mentali . Leucotomia (o l obotomia)

Intervento chirurgico volto a interrompere alcune

vie nervose della corteccia prefrontale per la cura delle psicosi o della corteccia temporale per il trattamento di forme gravi di epilessia. Si parla di l. farmaco­ logica in riferimento a farmaci il cui meccanismo d'azione è quello di blocca­ re la trasmissione nervosa delle strutture sopraddette. Neurotrasmettitore

(es. dopamina, nor-adrenalina, serotonina, acetilcolina)

Sostanze chimiche rilasciate dai neuroni allo scopo di propagare o inibire la trasmissione dell'impulso nervoso. Pavor noctu rnus (lett. terrore notturno)

prevalentemente i bambini tra i

2

Disturbo del sonno che interessa

e i 6 anni . La sintomatologia è caratterizza­

ta da risveglio improvviso con pianto, sudorazione ed espressione di terrore. L'attacco dura pochi minuti e dopo il bambino riprende regolarmente il sonno . Le cause di questo fenomeno non sono note.

10 3

Prosopagnosia

Disturbo neuropsicologico in cui i pazienti non sono in

grado di riconoscere visivamente le persone a loro familiari. Sistema lim bico

Porzione del Sistema Nervoso Centrale che svolge il ruolo di

regolato re dei comportamenti correlati alla sopravvivenza della specie . A questa funzione se ne aggiungono altre di tipo cognitivo legate in particolar modo ai processi di memoria e alla risposta emozionale. Tronco cerebrale

Rappresenta il prolungamento cefalico del midollo spinale.

La sua attività si esplica attraverso la regolazione di tutte le funzioni vegetati­ ve fondamentali (respirazione, attività cardiaca, pressione arteriosa, livelli di vigilanza) . Visual buffer

Campo visivo mentale nel quale vengono rappresentate le

immagini mentali.

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