Il sapere digitale. Pensiero ipertestuale e conoscenza connettiva 9788820754631

La memoria collettiva ai tempi di Facebook si chiama «inconscio connettivo». Ed è una dimensione digitale che prende for

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Italian Pages 90 [81] [90] Year 2011

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Il sapere digitale. Pensiero ipertestuale e conoscenza connettiva
 9788820754631

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Scanner Collana diretta da Derrick de Kerckhove

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Annalisa Bziffardi, Derrick de Kerckhove

Il sapere digitale Pensiero ipertestuale e conoscenza connettiva

Liguori Editore

Questa opera è protetta dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni. L'utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consul­ tabile sul sito dell'Editore all'indirizzo Internet http:/ /www. liguori.it/ ebook.asp/ areadownload/ eBookLicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all'uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o

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Via Posillipo 394-I 80123 Napoli NA http:/ /www. liguori.it/

© 2011 by Liguori Editore, S.r.l.

Tutti i diritti sono riservati P rima edizione italiana Ottobre 2011

Briffàrdi, Annalisa : Il sapere digitale. Pensiero ipertestuale e conoscenza connettiva! Annalisa Buffardi, Derrick de Kerckhove Napoli: Liguori, 2011 ISBN-13

978-88-207-5463- l

l. Scienza, tecnologia

2. Reti, connessioni

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III. Serie

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Indice l)(

Prennessa

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Introduzione Annalisa Bujfardi

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Capitolo l Il sapere digitale. n web scientifico e la nnennoria leggera Annalisa Buffardi La memoria leggera nell'era del web, p. 8; La selezione delle fonti on line: Google come interfaccia di Internet, p. 1 3; Il web come fonte per la ricerca sociale: il big bang dell'e-research, p. 1 7 ; Monumentalità e mutevolezza nella costruzione del dibattito scientifico, p. 2 2

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Capitolo 2 n pensiero ipertestuale. Sensorialità terziaria e processi cognitivi in Rete Annalisa Bujfardi e Dern'ck de Kerckhove lpertestualità e connettività del pensiero, p. 2 7; Mente, linguaggio, tecnologia, p. 35; La sensorialità terziaria, p. 40

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Capitolo 3 La conoscenza connettiva. Tra scienza e tecnologia Annalisa Bujfardi e Dern'ck de Kerckhove L'ipertestualità della conoscenza scientifica, p. 47; Tecnologia, memoria e oblio, p. 57

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Conclusioni. L'inconscio digitale Derrick de Kerckhove

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Bibliografia

Premessa

Il sapere digitale prende forma tra pubblico e privato, tra comunità e in­ dividuo, tra accesso condiviso e soggettività. Nell'era del tag e del social bookmarking, metaforicamente ciascuno di noi diviene strumento e motore di ricerca, per se stesso e per gli altri. La Rete trasferisce ad ogni singolo utente una dimensione ipertestuale, attraverso la sempre più ampia e con­ divisa esteriorizzazione dei processi mentali individuali. Con la diffusione delle tecnologie digitali viviamo l'emergenza della società ipertestuale. n brain frame ipertestuale non è più semplicemente un frame, è brain structure, brain attitude, più aperto al mondo esterno, oltre la mente umana, esteso dalla macchina alla Rete. È la trasformazione avviata dal web. L'impatto cognitivo dei nuovi strumenti che rivoluziona il nostro approccio alla conoscenza. Si tratta di mutamenti, dalla scrittura alla rivoluzione elettronica, che sono stati oggetto crescente di studi e discussioni. Come si è trasformata la mente umana con la diffusione delle nuove tecnologie? Cosa succede quando il ricercatore sceglie di - o è costretto a - inforcare gli occhiali del suo computer come interfaccia del mondo? Come si definiscono le pratiche di interazione che sostanziano il processo della ricerca, alla luce della nuova e straordinaria fonte scientifica del web? Come si costruiscono le dinamiche di legittimazione dei saperi e di accreditamento dei membri della comunità scientifica nel contesto di apertura e democratizzazione consentito dal web, che potenzialmente libera la pubblicazione scientifica da marchi editoriali e istituzionali? Questo volume raccoglie le intersezioni, e conversazioni, di due percorsi di ricerca segnati da tensioni comuni e da storie generazionali diverse. Rap­ presentano, secondo Annalisa, il tentativo di raccogliere i frutti - e sciogliere qualche dubbio - di un lungo apprendistato scientifico. Ma anche, secondo Derrick, lo sforzo di mettere meglio a fuoco i nodi chiave della propria pro­ posta teorica. Ne è nata una naturale divisione dei compiti, con l'obiettivo di rendere meglio fruibili - e interagibili - i concetti e i fronti culturali sui quali entrambi siamo impegnati. Nel saggio introduttivo, Annalisa Buffardi pre­ senta il pensiero di Derrick de Kerckhove, mettendo in risalto gli aspetti sui quali è incernierato il volume e, nel primo capitolo, offre un inquadramento sistematico dei nodi, metodologici ed epistemologici, che sono affrontati di petto nelle conversazioni a quattro mani dei due capitoli successivi.

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PREM:ESSA

Non sappiamo se questa divisione dei compiti richiami quella del no­ stro cervello, tra emisfero destro logico-razionale e quello sinistro intuitivo­ olistico. La nostra sensazione è che, spesso, ci siamo scambiati i ruoli. Ri­ trovandoci accomunati nel bisogno di pensare la Rete in rete. Annalisa Bujjàrdi e Derrick de Kerckhove Napoli e Toronto, novembre 2 0 1 0

Introduzione di Annalisa Buffardi

Derrick de Kerckhove, comunemente considerato l'erede intellettuale di Marshall McLuhan, è tra i principali studiosi che hanno approfondito l'ar­ gomento delle connessioni tra le tecnologie e la mente umana, investigando le implicazioni determinate dall'uso degli strumenti tecnologici sullo sviluppo della psiche e sulla definizione di nuovi modelli mentali, in un approccio che considera i mezzi di comunicazione «come tecnologie che, investendo il linguaggio e il modo in cui lo utilizziamo, investono anche le nostre strategie di elaborazione delle informazioni» (de Kerckhove, 1 99 1 , p. 2 4). Dallo sviluppo della società di massa alla società di Rete, de Kerckhove illustra il "pensiero digitale" evidenziando le linee di continuità e di innova­ zione rispetto ai precedenti mezzi tecnologici. Come è stato ampiamente dibattuto nel discutere il passaggio dalla tra­ smissione orale alla scrittura e successivamente da questa ai media elettronici, ogni strumento di diffusione e di appropriazione del sapere sollecita un diver­ so percorso conoscitivo che fa leva su differenti processi mentali. McLuhan ( 1 964, p. 1 6), come è noto, ha teorizzato che «il medium è il messaggio» e il «messaggio di un medium, o di una tecnologia, è nel mutamento di propor­ zioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani». Per McLuhan qualsiasi medium produce un'amputazione organica ed un'estensione senso­ fiale, offrendo all'organismo nuovi e più validi supporti, appendici che sono prolungamenti dei sensi. «Le conseguenze individuali e sociali di ogni medium derivano dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da ognuna di tali estensioni» (ivi, p. 1 5), poiché l'uso di tecnologie diverse influisce sull'organizzazione dei sensi umani. Come sottolinea Derrick de Kerckhove, così come la scrittura non costituisce solo una capacità manuale, ma rappre­ senta soprattutto la possibilità di classificare e ordinare il pensiero, allo stesso modo l'utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione interagisce con la nostra capacità di sviluppare nuove strutture e modelli mentali. I media che caratterizzano il periodo elettronico determinano una nuova rivoluzione dei sensi, capovolgono le categorie lineari e ripropongono su scala globale incontri simili a quelli che avvenivano nei villaggi, creando cioè una nuova circolarità dai confini virtuali. ll "villaggio globale" recupera quella che

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INTRODUZIONE

Ong definisce l'oralità secondaria, che deriva dall'introduzione dei media elettronici nelle società alfabetizzate e dal recupero della parola in forma elettronica (ivi, pp. 26-28) . Nella sua analisi Ong si riferisce alla radio e alla televisione, mentre oggi lo sviluppo delle tecnologie introduce quella che de Kerckhove definisce l' oralità terziana, «quella dei sistemi multimediali, della realtà virtuale e della Rete. È un' oralità elettronica, come la 'seconda', ma diversamente da quella si fonda sulla simulazione della sensorialità, piuttosto che sulla sua trasmissione. Attraverso, ad esempio, il 'beep' dei telefonini o dei computer, l'oralità terziaria è caratterizzata da un linguaggio tattile che restituisce un feedback alle nostre azioni, in una sorta di simulazione organica» (irifTa, p. 4 1 ). Per de Kerckhove, la "storia dei sensi" racconta il cambiamento determinato dalle nuove tecnologie, poiché all'astrazione e alla de-sensorializzazione introdotte con l'alfabeto si sostituisce, oggi, una nuova sensorialità che caratterizza il nostro rapporto con i media. Nella lettura l'individuo ricostruisce in maniera astratta e nella propria mente il contenuto della comunicazione, ma la parola elettronica nell'oralità terziaria restituisce all'individuo un nuovo oggetto sensoriale, che si manifesta sullo schermo del computer o anche attraverso la realtà virtuale. Nel periodo dell' oralità terzia­ ria l'individuo può gestire il processo conoscitivo fuori dalla mente, attraverso l'esteriorizzazione delle sue funzioni cognitive, in un percorso che rivaluta il ruolo di tutti i sensi e recupera quelli intermedi, "quelli che non possiamo definire perché non abbiamo una parola per descrivere i sensi intermediari tra il tatto, l'udito, la vista" . Per de Kerckhove piuttosto che di "oralità" si tratta, infatti, più propriamente, di una "sensorialità terziaria" . Gli oggetti digitali che l'individuo incontra sullo schermo del computer possono essere paragonati agli "oggetti mentali" . Il neurobiologo Jean­ Pierre Changeux fa riferimento a tre grandi categorie di oggetti mentali: i percetti, le icone e i concetti. I primi sono relativi all'informazione che percepiamo quando siamo in presenza dell'oggetto sensoriale. Le icone sono le immagini della memoria che ricostruiscono gli oggetti sensoriali, non più fisicamente presenti. Il concetto si manifesta, invece, attraverso l'astrazione, ad esempio nella lettura, e offre quindi un tipo di conoscen­ za diversa, «meno percettiva e meno sensoriale». Nella lettura noi gene­ ralmente ricostruiamo eventi e azioni nella nostra mente, attraverso un processo che non impegna direttamente i sensi. Sullo schermo di un com­ puter vengono proposti oggetti «che forse sono mentali e anche sensoriali perché siamo di fronte all'oggetto». Pur essendo ricostruzioni della realtà, potrebbero pertanto essere paragonati agli oggetti mentali organici e in virtù della loro duplice identità potrebbero sollecitare una conoscenza di tipo sensoriale e concettuale insieme.

INTRODUZIONE

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Se lo schermo televisivo, caratterizzato da un rapporto frontale con il telespettatore, ha inaugurato la cultura di massa, lo schermo del computer introducendo modalità interattive a doppio senso - ha prodotto "l'immersione totale" avviando una nuova "cultura della profondità" (de Kerkchove, 1 99 1 , pp. l 08- 1 09) . Un'espressione della cultura della profondità è rappresentata dalla realtà virtuale, che ci permette di entrare nel mondo del video e dello schermo computer e di sondare l'infinita profondità della creatività umana nella scienza, nell'arte e nella tecnologia (ivi, p. 1 29) . «Inserendo con i media elettronici i nostri corpi fisici nei nostri sistemi nervosi estesi, istituiamo una dinamica mediante la quale tutte le tecnologie precedenti, che sono soltanto estensioni delle mani, dei piedi, dei denti e dei controlli termici del corpo ( . . . ) saranno tradotte in sistemi di informazione» (McLuhan, 1 964, p. 68) . Come sottolinea de Kerckhove, alcuni ricercatori che operano nel settore della Realtà Virtuale pongono particolare attenzione alla creazione di simulazioni credibili del tatto, considerando questo senso come una delle basi dell'intelligenza e della comprensione. Molti ricercatori nel settore dell'intelligenza artificiale sostengono, infatti, che l'autentica elaborazione di informazioni non dovrebbe limitarsi alle operazioni logiche, ma dovrebbe includere anche i nostri sensi, e che solo con l'aggiunta dell'interazione sensoriale possiamo ricostruire al di fuori del nostro corpo il tipo di interiorità che è caratteristico della coscienza umana. n tatto non va, quindi, inteso solo come sensazione della pelle, ma va riferito all'interagire dei sensi, della vista tradotta in suono, del suono in movimento, in gusto e olfatto. Una realtà virtuale è una realtà che si può toccare e sentire, oltreché vedere e udire con i sensi reali. Al nostro pensiero possiamo aggiungere , http : / /www. questia.com.

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Se ciò non dovesse accadere, se le nostre macchine si fermassero improv­ visamente, per sempre, probabilmente la maggior parte dei ricercatori perde­ rebbe la memoria dei propri archivi di studio: schedari, annotazioni e appunti, indici di risorse e collegamenti alla Rete, paper e documenti work in progress, articoli e progetti di ricerca, bibliografie ed e-book, rubriche, corrispondenza elettronica. Promuovendo il computer a workstalion, in realtà, abbiamo affidato completamente alla memoria elettronica una cospicua parte dei risultati del nostro lavoro. E gran parte degli strumenti per continuare la nostra attività. Il problema dell 'accessibilità delle fonti - esterne - rappresenta il proble­ ma delle fonti, come è stato evidenziato, in particolare, relativamente all'ac­ cesso ai dati di ricerca statistici. Infatti, «un'ovvia condizione di accessibilità è data dali 'informazione su ciò che è disponibile e sul modo per recuperarla ( . . . ) sul dove, co me e quando delle statistiche prodotte» (Zajczyk, 1 99 7 pp. 5960) . Una condizione che il collegamento diretto alle banche dati, via web attraverso i nostri computer, rende sempre più agevole. C 'è però un altro livello di accessibilità che emerge dalla pratica della Rete ed è quello che si realizza quando l'informazione ci raggiunge in assenza di una nostra diretta azione di ricerca. In questo caso, attraverso il sistema RSS - Real[y Simple Syndicalion, l'utente riceve direttamente gli aggiornamenti pub­ blicati dai siti di proprio interesse, precedentemente scelti. n sistema funziona attraverso gli RSS readers, definiti programmi "aggregatori", che controllano le novità sui siti selezionati e quindi notificano le pagine che sono variate ripor­ tando un abstract delle nuove informazioni. Piuttosto che navigare tra i diversi siti generalmente consultati, l'utente, pertanto, visualizza un'unica pagina che raccoglie i nuovi contenuti che essi hanno pubblicato. Collaudato nel settore giornalistico e ben usato nel mondo blog e dell'informatica, il servizio appare non adeguatamente diffuso tra i ricercatori scientifici ed accademici, sebbene in aumento nel periodo 2005-2008 (Ware, 2009b).

Monumentalità e mutevolezza nella costruzione del dibattito scientifico

Per ricercatori e studiosi, e più in generale per chiunque sappia esplorare le sue risorse senza perdersi nella moltitudine delle informazioni disponibili, il web, dunque, rappresenta un importante e prezioso universo bibiliografico e documentale. Siti istituzionali, cataloghi on line, periodici elettronici, arti­ coli, working paper, letteratura grigia, dati d'archivio ed ulteriori valide risorse recuperabili attraverso newsgroup, liste di discussione, blog, corsi on line, pagine web personali di esperti o docenti delle aree disciplinari di nostro

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interesse che consentono, spesso in maniera molto rapida, contatti e avvii di collaborazione con altri studiosi, oltre all'accesso ad una apparentemente inesauribile fonte di ricerca. Quanto al sapere personale, tuttavia, avere dati su uno schermo non vuole dire nulla: attribuire loro un significato, connetterli tra loro, appro­ priarsene è un processo la cui logica temporale è diversa, il cui tempo non è comprimibile tecnicamente Gedlowski, 2005 p. 62) . E a volte, come ri­ cordano Gray e Liu (2005), gli strumenti non hanno tenuto il passo con il nostro ritmo, la nostra capacità di catturare il dato, di fotografarlo, di interiorizzarlo. Il tempo dell'uomo - del lavoro scientifico, dell'approfondi­ mento, dell'assimilazione - è solo parzialmente riconducibile alla potenza delle macchine (Buffardi, 2006, p. 68) . La potenza del web sul fronte della conoscenza non può prescindere da tale nostra capacità di "catturare il dato" , dal tempo del lavoro scientifico e dell'approfondimento, ma anche dalla «capacità delle nostre menti di accedere a tutti i campi delle espressioni culturali, selezionandole e ricombinandole, dalla capacità di ricombinare e dare un senso, all'interno delle nostre menti, a tutte le componenti distribu­ ite nei numerosi e differenti campi dell'espressione culturale», ciò che per Castells (cfr. 200 l , pp. 1 90- 1 9 1 ) può dare vita al vero ipertesto. Per il socio­ logo, all'immagine prevalente di un sistema interattivo concreto, comunicato digitalmente e fatto funzionare elettronicamente, in cui tutti i tasselli grandi e piccoli dell'espressione culturale, presente, passata e futura, in tutte le loro manifestazioni, possano coesistere ed essere ricombinati - teoricamente re­ alizzabile nell'era di Internet - dovremmo sostituire l'idea di un ipertesto realizzato attraverso le menti umane. n principio fondante dei nuovi sistemi è per Castells, non la capacità multimediale, ma l'interoperabilità, basata su Internet per accedere e ricombinare tutti i tipi di testi, immagini, suoni, silenzi e vuoti, incluso tutto il campo dell'espressione simbolica racchiusa nel sistema multimediale. Il prodotto dell'interoperabilità è in realtà un iper­ testo individuale, fatto di espressioni culturali, multimodali, ricombinate. n vero ipertesto «non esiste fuori di noi, ma dentro di noi» (ibidem ). Nell'approfondire le modalità di utilizzo della Rete, il già citato studio dell'University College London (Ucl, 2008) sulla Google generation evidenzia l'incapacità degli utenti di ricombinare e tessere i diversi tasselli dell'esperienza di studio nel web, di approfondire i contenuti emersi, di dare un senso alle operazioni di ricerca. Secondo lo studio, gli utenti non adottano strategie di analisi delle fonti, che frequentemente non vengono lette per intero, e mol­ to spesso vengono solo recuperate ed accumulate nel proprio computer. La maggior parte del tempo che gli utenti dedica alla ricerca in Rete è appunto riservato alla ricerca, piuttosto che allo studio dei documenti rintracciati.

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«Oggi ( . . . ) l'ecologia dei media assume una particolare rilevanza in rap­ porto alla diffusione di Internet ( . . . ) . Cruciale diventa allora il problema di educare alla consapevolezza critica circa la selezione e la affidabilità dell'in­ formazione; è noto infatti come il web sia ricco di informazioni di livello e qualità estremamente disomogenee: si possono incontrare pubblicazioni di carattere scientifico, banche dati curate da enti o istituzioni, produzioni multimediali molto efficaci e coerenti sul piano comunicativo, ma anche informazioni superficiali, testi di dubbia o nessuna affidabilità; ridondan­ za, mutevolezza, disomogeneità, frammentarietà, ma anche superficialità, inganno, fraudolenza, plagio, sono tutte caratteristiche ascrivibili al magma informativo diffuso nel web. L'enfasi sulla capacità di valutazione critica dell'informazione diventerà necessariamente una priorità, ineludibile per la Media education ( . . . )» (Galvani, 200 7, pp. 1 1 - 1 2) . Ragionando sul futuro delle Università, David Wiley e John Hilton (2009) , docenti di Tecnologie dell'Istruzione al Brigham Young University, scri­ vono che l'unica strada possibile per competere con la concorrenza che viene dal web è nell'innovazione dell' Open Access. In un contesto di condivisione gratuita e su larga scala dei contenuti digitali, gli autori parlano di daily divide per esprimere il divario che separa la vita quotidiana degli studenti, costantemente connessi attraverso i nuovi strumenti, e l'esperienza che essi invece vivono nelle aule universitarie. L'analisi di Wiley e Hilton non risparmia i casi delle università a distanza, né quelli dei migliori corsi on line offerti dalle istituzioni tradizionali in una formula protetta da password. Per gli autori, l'apertura è infatti condizione per la connessione, poiché documenti non liberamente accessibili non potranno essere collegati e rinviare ad ulteriori documenti. Le università stanno perdendo il monopolio che tradizionalmente hanno avuto in tre aree importanti della formazione e della diffusione dei saperi: nella strutturazione e divulgazione della conoscenza, nella funzione di tuion"ng, nell'accesso alla ricerca dei materiali biblio­ grafici. Utilizzando le potenzialità e gli strumenti del web, possono tuttavia vince­ re la sfida della società della conoscenza. Una delle istituzioni che ha intrapreso questa sfida, guadagnando una posizione di privilegio è il Mit OpenCourseWare. La formula del Mit, al costo di 4 milioni di dollari l'anno, risulta difficilmente sostenibile ed imitabile (Wiley, Hilton, 2009), ma ha aperto la strada ad una pratica di "liberazione dei saperi didattici" all 'insegna dell'Open Access 1 1 •

1 1 Un'esperienza significativa sul fronte dell'innovazione dell'open access è l'italiana Federi­ ca, programma di weblearning dell'Università Federico II di Napoli, che offre, liberamente

e gratuitamente, materiali didattici e risorse per l'approfondimento, realizzati dai docenti dell'Ateneo e disponibili anche in formato podcast, http : / /www.federica. unina.it.

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Quale che sia il modello, l'unica scelta possibile per l'università, oggi, è innovare per rimanere rilevante. E questa innovazione passa per la sola strada possibile: l'apertura e la condivisione delle risorse. Da trattare come elemento fondamentale anche a livello organizzativo (ibidem ). Parafrasando Bolter (200 l ), il primo decennio del nuovo millennio sembra essersi chiuso con una viva tensione tra monumentalità e mutevolezza, tra la necessaria "stabilità" e autorevolezza delle fonti, da una parte, e la sempre più richiesta ed auspicata rapidità di diffusione on line. Oggi, alla lentezza della parola su carta si contrappone l'istantaneità dell'accesso. Un'istantaneità che viene colta attraverso strumenti come blog, wiki e pagine personali e che non è ancora sufficientemente sfruttata da molte istituzioni scientifiche, dalle università e dagli editori (de Kerckhove, 2006). Una questione che investe le dinamiche di legittimazione del sapere dominante. Applicando il concetto di capitale sociale al campo scientifico, Bourdieu (200 l ) ha evidenziato come la produzione del sapere sia il frutto di relazioni e di rapporti di forza tra i rappresentanti della comunità scientifica. Per l'au­ tore, il sapere dominante è quello che nasce all'interno delle comunità "più forti" , che impongono il proprio "punto di vista" e, dunque, costruiscono una rappresentazione legittima del mondo. Internamente a questa comuni­ tà i rapporti di conoscenza e di comunicazione regolano il riconoscimento del "fatto scientifico", e contribuiscono a rafforzare le personalità centrali della rete attraverso un sistema di relazioni, di citazioni, di pubblicazioni che rappresentano un momento di certificazione e di accreditamento (ivi, pp. 7 3-82) . È impossibile non interrogarsi sul ruolo di Internet in un simile processo. Il web moltiplica le occasioni di contatto e agevola le relazioni, ridefinisce i modi e amplia i confini dell'interazione tra i membri della comunità scien­ tifica, rende disponibile un sistema di pubblicazioni libero dai tradizionali circuiti di legittimazione. Tuttavia, gli spazi del sapere appaiono gestiti da organizzazioni scien­ tifiche e centri di ricerca che, pur quando promuovono la libera circolazio­ ne delle conoscenze, agiscono all'interno di una cornice istituzionalizzata, come evidenziato anche recentemente da alcuni studi che mostrano lo scarso impatto, tra i ricercatori scientifici ed accademici, di blog e social network così come di Open source research, a fronte di un complessivo aumento nella diffusione delle fonti scientifiche del web. Dunque la rimodulazione delle interazioni attraverso l'allargamento dei confini geografici e disciplinari, la moltiplicazione delle occasioni di contatto, l'estrema rapidità e riproduci­ bilità nella circolazione delle informazioni e delle pubblicazioni avvengono

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all'interno di spazi istituzionali e già accreditati scientificamente. I principi di "libertà" che caratterizzano tali processi si esprimono all'interno di una dinamica di gestione e di controllo di tipo tradizionale. Spesso, consento­ no la pubblicazione ai ricercatori e agli studiosi solo se già inseriti in una struttura scientifica e di ricerca riconosciuta. La circolazione di contributi indipendenti dai circuiti istituzionali rischia, invece, di essere priva di vali­ dazione e legittimazione scientifica. È, questo, un fronte ancora aperto nella costruzione dei saperi. Internet consente di coniugare i tradizionali approcci scientifici con la partecipazione libera e aperta di tutti gli utenti. La comunità scientifica riconosce e utilizza la forza innovativa della Rete, che permette la circolazione delle idee e del sapere in condizioni libere e, quindi, l'acce­ lerazione dei processi di conoscenza. Tuttavia, riproponendo meccanismi di accreditamento e di controllo delle pubblicazioni, essa tende a riprodurre nel web le dinamiche di convalida del pensiero dominante, delimitando i confini del campo scientifico e selezionando soggetti, teorie e idee. Al potenziale democratico del web (chiunque può pubblicare) necessa­ riamente viene contrapposta un'opera di selezione che riduce e restringe il campo (chi pubblica? E quindi, successivamente: cosa pubblica?) . Alla dirom­ pente "apertura" del web, si contrappone il filtro di una comunità scientifica che regola la comunicazione, che valuta, che accredita e, quindi, legittima. Tale filtro, peraltro, rappresenta un importante strumento di orientamento tra le risorse della Rete e costituisce una risposta al rischio di irifòrmation overload, generato dalla moltiplicazione delle fonti disponibili. Un filtro che per la scienza è funzionale alla necessità di contrastare "l'assenza di filtri del web" e che, però, ha l'effetto di frenare proprio la spinta di innovazione della Rete, il suo potenziale di acceleratore dello sviluppo scientifico.

Capitolo 2

n pensiero ipertestuale Sensorialità terziaria e processi co gnitivi in Rete * di Annalisa Bujfardi e Derrick de Kerckhove

lpertestualità e connettività del pensiero Buffardi : Nell'era delle comunicazioni di massa, attraverso la radio e la

televisione, l'individuo ha sperimentato nuove forme di condivisione col­ lettiva dei messaggi che danno una illusione di partecipazione ma che, in realtà, rispondono ad un criterio unidirezionale in cui emittente e ricevente giocano due ruoli diversi e ben distinti nel processo comunicativo. Anche i meccanismi di feedback e di interazione tra i soggetti della comunicazione rappresentano comunque un'interazione limitata all'interno di un processo in cui l'emittente sceglie i contenuti e predispone le modalità dell'offerta co­ municativa per il "grande pubblico", cioè per un pubblico indifferenziato ed eterogeneo. La comunicazione ipertestuale offre nuove possibilità e realizza diversi scenari in cui i ruoli di emittente e ricevente possono confondersi, e il processo della comunicazione dipende dal "percorso" che di volta in volta il singolo utente sceglie per se stesso, in relazione alle proprie esigenze, preferenze, competenze. Già nel 1 995, Negroponte affermava che il passag­ gio dai vecchi ai nuovi media, dalle tecnologie analogiche a quelle digitali, tende a favorire modalità di fruizione "pull" , oltre a quelle di tipo "push" . Attraverso l'interattività, i new media consentono all'utente di personalizza­ re la fruizione dei contenuti, "tirando fuori" le informazioni maggiormente pertinenti con i propri obiettivi conoscitivi. La televisione e la radio, e in generale i media tradizionali, "spingono" invece i contenuti verso l 'utente, che li riceve passivamente. Nella storia dello sviluppo dei computer, inoltre, la diffusione dell'interfaccia grafica ha introdotto nuove modalità di inte­ razione con le macchine. Come evidenzia Johnson ( 1 997), quando l'utente non è più costretto a digitare diverse combinazioni di simboli alla tastiera

* I temi presentati in questo capitolo sono stati trattati anche in Buffardi, 2004.

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ha l'illusione di compiere direttamente le operazioni desiderate, di avere tutto a portata di mano: «senti di star facendo qualcosa direttamente con i tuoi dati, piuttosto che ordinare al computer cosa fare». La cultura dellJin­ terjàccia descritta da Johnson è caratterizzata da un complesso di elementi cognitivi, tecnologici, simbolici e sociali che intervengono a rappresentare il mutamento culturale dell'età digitale. Mouse, desktop, windows e link rappresentano gli elementi che alimentano un nuovo approccio cognitivo anche attraverso un nuovo linguaggio visivo che fonde tecnologia, arte e scienza, integrandole nella nostra vita quotidiana. La percezione di muoversi all'interno di un ambiente appare, peraltro, "cognitivamente appropriata" poiché, attraverso il web, il singolo computer si colloca effettivamente all'in­ terno di una rete, e di uno spazio, mondiale. Lo schermo del computer ci restituisce uno spazio di visione e di azione nel quale la manipolazione dei dati e degli oggetti digitali non è più solo di natura operazionale. La nostra azione sullo schermo richiama la possibilità di interagire con le in­ formazioni e con le persone. Il feedback, pertanto, non è semplicemente quello della macchina che reagisce al comando, ma quello degli altri indi­ vidui "connessi" , che operano anch'essi sulle informazioni e sugli oggetti che circolano in Rete. Le interfacce digitali, come rileva anche Manovich (200 l ) traducono ed elaborano in bit i prodotti culturali per poi restituirli in forme comprensibili all'uomo, secondo schemi cognitivi condivisi. È il processo di "transcodifica" , che per lo studioso russo significa traduzione di un oggetto in un altro formato. Categorie e concetti culturali vengono sostituiti, a livello di significato e/ o di linguaggio, da nuove categorie e da nuovi concetti che derivano dall'ontologia, dall'epistemologia e dall'uso del computer. Le forme linguistiche e culturali dei nuovi media sono, dunque, il risultato di una fusione tra la logica informatica del computer e il livello culturale dei contenuti mediali. Più recentemente, Manovich (2009) ha de­ scritto il sqflware come «la nuova interfaccia con il mondo, con gli altri, con la nostra memoria, con la nostra intelligenza». Viviamo, afferma Manovich, «in una sqflware sociery immersa in una sqfware culture>>. La cultura contempo­ ranea si esprime, secondo lo studioso, sempre di più attraverso programmi digitali che ci consentono di creare, riprodurre e ridefinire gli stessi oggetti culturali con i quali interagiamo: «un linguaggio universale attraverso cui il mondo comunica». La grammatica di questo linguaggio è nella connettività. Il pensiero della sqflware culture è "pensiero connettivo" . de Kerckhove : Tutto il discorso riguarda il rapporto tra tecnologia, lin­ guaggio e mente. La personalizzazione e il processo di individualizzazione,

dopo l'invenzione della stampa, si affermano sempre di più fino all'avvento

IL PENSIERO IPERTESTUALE. SENSORLillTA TERZIARIA E PROCESSI COGNITM IN RETE

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del telegrafo, che è il primo nemico della scrittura classica e rappresenta l'introduzione dell'elettricità nel linguaggio. La cosiddetta cultura di massa, con la radio e la televisione, ha inaugu­ rato l'era dell'intelligenza collettiva. È collettiva perché tutti possiamo rice­ vere il contenuto della comunicazione nello stesso momento, partecipando così ad una "coscienza sociale" collettiva, molto importante, anche oggi. n problema, tuttavia, è che questa non dovrebbe rappresentare la forma "do­ minante" . Il "discorso dominante" dovrebbe essere, invece, quello della Rete. Nel rapporto tra il linguaggio, la persona e la macchina, la Rete conferisce e consente l'individualizzazione, ma permette anche la collettivizzazione, in una forma distinta dalla collettività espressa dai mezzi di comunicazione di massa, poiché si fonda sulla scelta degli individui. Una "collettivizzazione scelta" si esprime non più attraverso una "forma collettiva" , bensì "con­ nettiva" . Il termine indica la differenza rispetto all'impatto collettivo dei media come la radio e la televisione. La seconda guerra mondiale è legata al potere della radio e del dittatore. Il dittatore è colui il quale "dieta" le parole e quindi indica a tutti cosa fare. La storia dei mezzi di comunicazio­ ne di massa è ricca di questi esempi, anche in tempi più recenti, come nel caso dell"ayatollah Khomeini. n discorso collettivo si sviluppa in due modi: quello commerciale, tipico dell'America, e quello ideologico caratteristico della Russia. In entrambi i casi la coscienza collettiva si afferma con la radio e con la televisione. Oggi siamo in una era diversa, caratterizzata da un accesso straordina­ rio e privilegiato alla memoria di tutti - teoricamente - attraverso la Rete. Il privilegio deriva dalla possibilità di essere "solo" davanti allo schermo e di inserirsi nella memoria comune. Ad esempio, di fronte al monitor del mio computer, posso realizzare il mio sito, inviare le mie e-mail, dare vita ad un mondo che esiste in rapporto a me, anche se è un mondo non privato, poiché tutti possono avere accesso alle informazioni sulla mia vita. Questo fenomeno esprime la grande paura del secolo: la paura della perdita della personalità individuale, così come nel Trecento e nel Quattrocento la grande paura era la perdita dell'anima comune medievale, collegata all'ap­ propriazione del linguaggio. All'oralità corrisponde una forma di collettività locale, alla scrittura corrisponde un'individualizzazione "zperlocale" e anche un "silenzio della comunicazione" che rispecchia e traduce la trasformazio­ ne della comunicazione orale in un "modo del pensiero" . L'uomo letterario - letterario come noi siamo ancora oggi - è padrone della sua parola e della sua coscienza, diventa un "soggetto" davanti all'oggettività del mondo. Siamo nel mondo kantiano, un mondo esterno all'individuo. È l'oggettività del teatro greco e più ancora del teatro di Shakespeare, che mostra che noi

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siamo attori e che il mondo è un grande teatro. N o i siamo capaci di azioni individuali e responsabili di un destino privato, come emerge nel soggetto profondo della tragedia greca. Il mito greco di Oedipus è utile a illustrare questo passaggio. Oedipus viene espulso dalla città in quanto riconosciuto "individualmente" responsabile dei mali della città. Questa individuazione­ esclusione di Oedipus crea l'identità privata. Oedipus diventa il mito fonda­ mentale dell'essere soggettivo. A mio parere la problematica di Oedipus va oltre il pensiero il Freud. Oggi ci interessa sapere quali sono i confini entro cui si afferma la nostra coscienza individuale. La questione oggi è : sono assolutamente interiorizzato o sono esteriorizzato? Di fronte allo schermo inizio ad esteriorizzare il mio pensiero e anche le mie modalità cognitive. Questa è la condizione della connettività. La connettività è la condivisio­ ne sullo schermo del pensiero, del prodotto del pensiero e del prodotto cognitivo di più persone. Funziona come le reti connettive del cervello, poiché sempre, quando pensiamo, organizziamo le idee per alcuni secondi, e poi però affrontiamo altri problemi, consideriamo altre informazioni. È quello che accade quotidianamente a noi esseri umani, che passiamo da una situazione all'altra, ma il trattamento dell'informazione prosegue fino a quando non giungiamo ad una soluzione del problema. La connettività consente la comprensione del pensiero, che non è più un modo silenzioso di parlare a se stessi, ma attribuisce alla parola una forma propria di pensiero tra i soggetti. n pensiero connettivo inizia con la conversazione, in maniera molto semplice, ma con la Rete assume modi differenti, e probabilmente ci consente di pensare ad un altro modo di essere dell'individuo. Eric McLuhan, figlio di Marshall, fornisce un'analisi dettagliata del rapporto tra alfabetizzazione e nuovi media: una volta trasformato in sof­ tware, qualsiasi elemento diventa malleabile, fluido, intercambiabile. Quello digitale è un mondo in continua trasformazione, attualmente in funzione ad una "velocità di curvatura" . n vortice dei nuovi media nel corso dell'ul­ timo decennio ha portato un corrispondente caleidoscopio di stili e forme di consapevolezza. Quando il cambiamento appare relativamente lento, la necessità di una formazione consapevole non è così pressante. Ma quando appaiono nuovi importanti media, ogni tre o quattro anni, essa diventa una questione di sopravvivenza. Ogni nuovo medium porta con sè una nuova cultura e richiede una nuova interpretazione delle identità. È sempre più importante studiare tutte le forme di conoscenza, ora chiamate alfabetiz­ zazione. Multimedia significa semplicemente comporre le literacies, le alfa­ betizzazioni. Quando il discorso si sposta dalla pagina allo schermo e, più significativamente, all'ambiente di Rete, quando avviene una tale decentra­ lizzazione, le definizioni e le relazioni stabili subiscono modifiche sostanziali.

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Nel passaggio dall'individuo alla Rete, il cambiamento nella nostra visione del mondo porta con sé una riconfigurazione radicale nella cultura. Buffardi: Così come l'introduzione della scrittura, la diffusione delle nuove

tecnologie ha consentito una diversa organizzazione del pensiero e delle sue modalità di rappresentazione. Gli studi sul complesso rapporto tra la mente umana e i mezzi di comunicazione sembrano mostrare che i "modi del pensiero" sono fortemente in relazione con i supporti tecnici prevalenti in una determinata epoca come mezzi di trasmissione dell'informazione e di comunicazione. La scrittura, attraverso la linearità del testo, ha introdotto un tipo di pensiero altrettanto lineare, sequenziale e riflessivo. L'ipertesto, invece si basa su una struttura decentrata, multilineare e multisequenziale arricchita di diversi codici espressivi. Attraverso l'ipertesto, il testo è connesso a diversi contesti, che inquadra­ no e guidano l'interpretazione. È chiaro, d'altronde, che qualsiasi elemento informativo nasce all'interno di un contesto specifico e può essere collocato in nuovi ambienti, nutrendosi così di nuovi significati. Per fare un esempio che viene dalla stampa, nel saggio "Questioni di fede" di Peter Berger (2005) , ciascun capitolo si basa su una frase del Credo degli Apostoli. In particolare, il testo della preghiera, opportunamente suddiviso, titola ciascuno dei dodici capitoli del volume. "lo credo . . . " - primo capitolo - " . . . in Dio" , - secondo capitolo - " . . . Padre Onnipotente", "creatore del cielo e della terra", fino all'ultimo capitolo " . . . la resurrezione della carne e la vita eterna" . Leggere l'indice, titolo dopo titolo, equivale quindi a leggere il Credo degli Apostoli. Ma, evidentemente, non equivale a recitare il testo in quanto preghiera. In Rete ciò assume una rilevanza particolare in virtù della possibilità di collegare ciascun documento ad un numero indefinibile di percorsi e di contesti, disegnati, nella pratica del social tagging, anche attraverso il percorso degli utenti. Il contesto si dilata e si interfaccia con nuovi e diversi contesti, meno facilmente relazionabili attraverso i tradizionali strumenti. Come Bolter evidenziava nel 2002 , il volume stampato associa l'ogget­ to-libro al testo. Ciascun volume può infatti ospitare un'opera completa, dall'inizio alla fine, consolidando l'idea del testo come unità chiusa. La tec­ nologia digitale che reinterpreta il libro mitiga il senso di chiusura tipico della tecnologia della stampa. Il testo elettronico è collegato al più vasto mondo di informazioni attraverso la Rete. «Esso non è a contatto con i suoi simili copertina contro copertina, come i volumi su uno scaffale, ma in quanto parte della rete del World Wide Web» (Bolter, 2002 pp. l 0 7- 1 1 2) . Persa l a materialità dell'oggetto-libro, l'identità del testo elettronico si ritrova, secondo gli approcci più ottimistici, esplicitamente nel suo intreccio

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argomentativo, che si sviluppa attraverso riferimenti, collegamenti e appro­ fondimenti ai materiali che lo compongono e che rappresentano insieme l'origine e l'originalità della composizione. Ciò che emerge, chiaramente, è "la natura connettiva dell'ipertesto" Gohnson, 2006), che conferisce significato alle informazioni in ordine alle relazioni tra gli elementi, stabilite in un percorso di associazioni che, in particolare nel web, sono solo in parte indirizzate e suggerite dall'autore. La configurazione del testo compete in parte al lettore, mediante la scelta dei collegamenti da seguire, che possono essere interni al documento o esterni ad esso, attraverso l'offerta della Rete. Ma particolarmente significativa è la riflessione di Manuel Castells , che già nel 200 l suggeriva l'idea di un ipertesto realizzato attraverso le menti umane piuttosto che mediante le macchine. L'ipertesto si realizza secondo il sociologo, utilizzando Internet ma soprattutto attraverso la capacità mate­ riale delle nostre menti di accedere a tutti i campi delle espressioni culturali, selezionandole e ricombinandole in nuove forme e significati (Castells, 200 l , pp. l 90- 1 9 1 ) . n concetto di "contesto" risulta centrale in tale processo di attribuzione e riconfigurazione dei significati. de Kerckhove :

n contesto definisce la coscienza nella cultura orale, ne

rappresenta la principale modalità di conoscenza e di comprensione. La cultura orale deve "essere nel contesto" oppure deve ricostruire il contesto per ricordare gli eventi. In questo senso, essa è naturalmente conservatrice, perché deve ogni volta tornare ai modelli passati per vivere il presente. Un esempio è offerto dalla dimensione della religiosità, poiché la religione è il "grande contesto" . Ciò non vuoi dire che oggi non esiste più il riferimento al contesto, ma esso è più o meno nascosto dietro le tecnologie che utiliz­ ziamo. Il mondo del contesto è il mondo dove la spiegazione della realtà si trova mediante una forma d'interpretazione permanente. È il mondo dell'astrologia non quello dell'astronomia, il mondo della magia più che quello della scienza. La storia di Nabucodonosor offre un utile esempio in tal senso. Durante il banchetto di re Baldassar, improvvisamente apparve una mano d'uomo che iniziò a scrivere sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Il re rimase molto turbato e ordinò di convocare tutti i saggi di Babilonia per interpretare la scrittura. Tutti i sapienti accorsero, ma non riuscirono a leggere e ad interpretare il testo. Così fu convocato il profeta Daniele, che già era stato capo dei maghi, degli indovini e degli astrologi sotto il regno di Nabucodonosor. Tutti conoscevano Daniele, il profeta che sapeva ogni cosa. Il contesto era nella sua mente, quindi poteva leggere quei segni che

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per mancanza di vocali erano impossibili da decifrare, riempiendo i vuoti tra le consonanti scritte sul muro. Questa storia evidenzia che per comprendere il testo nella cultura orale - o più propriamente per capire le altre forme di rappresentazione, poiché i testi sono rari e la scrittura è più o meno assente - c'è bisogno di guardare al contesto. Il testo estrapola l'informazione dal contesto. Una volta libera dal conte­ sto originario, l'informazione può essere inserita in un altro contesto. Questo è anche ciò che accade con la finzione, che è la decontestualizzazione del testo. Tale meccanismo di liberazione del testo rappresenta anche il modo di liberare il soggetto dall'oggetto. Quindi di estrapolare la conoscenza fuori dal soggetto e di esternarla. Storie mitiche, come quella di Thamus e Theuth, illustrano questo passaggio all'esternalizzazione. ll re egizio Thamus contestava all'inventore della scrittura Theuth il carattere ambiguo della sua invenzione. Theuth presentò a Thamus la scrittura come un rimedio contro la perdita della me­ moria, e il re egizio rispose a Theuth: «non basta creare, bisogna conoscere le conseguenze delle proprie invenzioni. Tu pensi di avere individuato un rimedio contro la perdita di memoria, in realtà hai fatto assolutamente il contrario, la tua scoperta indurrà l'oblio nelle anime perché dai alla gente l'illusione di trovare le informazioni al di fuori della loro mente. Gli uomini non ricorderanno più mediante la propria memoria, bensì per mezzo di segni che provengono da fuori». Thamus è un religioso, per lui è importante contenere la vita all'interno del corpo, mentre Theuth ipotizza di collocare all'esterno alcune conoscenze, compresi i principi religiosi: anche la divinità è collocata all'esterno. È un diverso modo di essere dell'individuo. La liberazione del soggetto con il testo si realizza anche nel testo del­ la scienza, attraverso la ricombinazione dell'informazione. Nella genetica i biologi sperimentano nuove combinazioni di geni attraverso l'estrapolazione di alcuni materiali genetici dal Dna di una cellula - portatore dell'informa­ zione genetica e depositario dei caratteri ereditari - e la loro ricollocazione in altre cellule e altre forme di vita. Come per la ricombinazione genetica, dal momento in cui abbiamo sviluppato il testo alfabetico, abbiamo avviato il processo e il principio di ricombinazione culturale, tecnica, scientifica. Naturalmente, ogni invenzione genera anche dei problemi, per la cui riso­ luzione occorrono altre invenzioni, in un processo che è quello della nostra storia: un processo di invenzione permanente. Oggi siamo impegnati a riconsiderare il testo e il contesto. Il problema è quello di non tralasciare il contesto, che continua ad essere importante, pre­ sente e ad avere un significato, anche se non è immediatamente comprensibile come il testo. Ma dobbiamo anche consentire al testo di essere riconosciuto

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come una forma utile di sapere. Siamo nell 'ipertesto. L'ipertesto è la com­ binazione del testo e del contesto, owero la combinazione dei principi di organizzazione mentale che regolano testo e contesto. Pensiamo al "mondo del contesto" attraverso l'esempio dell'oroscopo che la mattina leggiamo sui giornali. Noi siamo consapevoli che quell'oroscopo non ci riguarda se non per il fatto che siamo nati in un determinato giorno e mese, sappiamo che l'oroscopo non si rivolge a noi direttamente, ma sappiamo anche che in un certo modo siamo proprio noi i destinatari del messaggio. Come per tutte le superstizioni, l'attribuzione di senso a partire da un oroscopo, che non ci coinvolge personalmente, è una modalità ipertestuale, in quanto è basato su una strategia di collegamenti con eventi e situazioni che originariamente non sono riconducibili alla nostra vita. Allora, l'oroscopo, l'i-king dei cinesi, la superstizione classica, la religione sono tutti modi del pensiero, e in particolare sono "forme ipertestuali" di pensiero. L'ipertesto, tuttavia, dipende dall'elet­ tricità. Infatti, non esiste l'ipertesto prima della possibilità di moltiplicare i testi compresenti nello stesso ambito di accesso e di creare tra di loro una quantità straordinaria di link anche attraverso l'azione dell'utente. Pertanto, il pensiero ipertestuale è la riscoperta di un pensiero molto più antico praticato da ciascuno di noi nella vita quotidiana, ad esempio con l'oroscopo, ma anche con le altre nostre forme di piccolissime superstizioni che danno all'individuo l'illusione di riconoscere in qualche modo la forma del proprio destino entro un quadro più ampio. Queste sono alcune forme di pensiero ipertestuale, ma l'ipertesto vero e proprio nasce con la possibilità di realizzare sullo schermo, nell'oggettività del mondo, il punto di incontro tra la forma contestuale che individua i link e i singoli testi di ciascuno di quei collegamenti. Nelle parole di Richard Lanham (2006, p. 1 43) : «li centro della rivolu­ zione dei computer, come un nuovo sistema di espressione umana, si trova nel suo codice centrale polivalente. Lo stesso codice che esprime parole, può generare anche immagini o suoni. L'informazione può muovere da una modalità sensoriale all'altra». Ora siamo in una situazione in cui le persone stanno sviluppando ed interiorizzando una sorta di intelligenza ipertestuale che richiama quella delle culture orali. Il modo in cui abbiamo a che fare con ciò che abbiamo dentro la nostra mente è ipertestuale. Qualunque nostro pensiero è una costruzione realizzata a partire da piccoli bit e pezzi archiviati nella nostra mente, che si incontrano quando iniziamo a pensare. È possibile manipolare ciò che pensiamo molto facilmente, modificarlo come in un morphing. È ciò che chiamiamo immaginazione. Parole chiave e tag sono le unità di base, gli elementi costitutivi del contesto cognitivo condiviso che si sta rapidamente sviluppando in tutto il mondo e sui nostri schermi. I tag marcano ogni item e contribuiscono alla di-

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sambiguazione, mentre le parole chiave consentono di costruire le necessarie associazioni nei legami di pertinenza tra gli item. Quindi, possiamo definire un tag come la fase instabile ed emergente di una parola in costante ricerca di identità. Si tratta di un tipo di cyber-design dell'identità della parola. On line, controlliamo la nostra navigazione in un ambiente ipertestuale e ipermedia­ le. In tal modo, semplicemente trasferiamo alle tecnologie del linguaggio le strategie di conoscenza che abbiamo sempre usato nelle nostre menti. Con i tag, diversi e contrapposti livelli coesistono ed emergono insieme nella costruzione del significato: il livello locale e il globale, quello specialistico e quello generalista, lo storico e l'attuale. Il mondo si sta trasformando in un codice ipertestuale, esplorabile e navigabile on line. L'era del tag è anche l'era dell'everyware, così come Adamo Greenfields definisce la condizione col­ legata alla moltiplicata presenza di sensori, intorno a noi, nei contesti urbani, oltre che nel cyberspace. Oggi siamo circondati e immersi nell'informazione. Automaticamente, con i nostri passaggi nelle diverse banche dati del web, lasciamo informazioni che ci riguardano. Dati che tracciano i nostri percorsi e che ci rendono, perciò, facilmente rintracciabili.

Mente, linguaggio, tecnologia Buffardi: n concetto di "esteriorizzazione" è al centro del rapporto uomo­

tecnologie e nel corso dei secoli ha animato molteplici riflessioni, sollecitate anche dallo sviluppo di strumenti sempre più sofisticati - progressivo perfe­ zionamento di "organi" posti al di fuori dell'essere umano - per migliorare le capacità dell'individuo di adattamento all'ambiente. In generale, se le tecnologie possono essere descritte come protesi del corpo umano, i com­ puter rappresentano amplificazioni ed estensioni della nostra mente. Nel­ la specie umana il linguaggio rappresenta il principale mezzo attraverso il quale i membri di una comunità trasmettono di generazione in generazione principi, comportamenti e strategie ritenuti più utili alla sopravvivenza. n linguaggio costituisce tuttavia anche lo strumento attraverso il quale l'indi­ viduo riconosce e descrive il Sé come altro rispetto agli altri Sé del mondo, nel processo di definizione della propria identità. Come si articola il rapporto tra interiorizzazione ed esteriorizzazione attraverso i diversi strumenti, dal linguaggio ai media elettronici? de Kerckhove : Circa 1 700 generazioni di uomini hanno usato il linguaggio

senza altro supporto che il corpo degli oratori e degli ascoltatori. È il lin­ guaggio praticato dalle culture tribali e dalle società orali, dove la diffusione

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della conoscenza è lenta ed il cambiamento sociale si rende evidente entro lunghi periodi di tempo. In quei contesti, nell'immaginario culturale, nelle memorie collettive e nei ricordi individuali, le parole "non riposano mai" . Non possono esser fermate, e non possono essere viste, in alcun luogo. Esse sono sempre "parlate" , trasferite attraverso le persone, che le condividono mediante questa esternalizzazione vibrante. n "silenzio della parola" ' ovvero la lettura silenziosa, segna l'appropriazione del linguaggio e introduce la coscienza delle parole dentro la nostra mente. Fino al VII secolo d.c, con la pratica della scripta continua, non era facile leggere silenziosamente. Il lettore doveva "parlare la parola scritta" per capire la divisione tra le parole, che non erano espresse da segni. La cultura manoscritta continua, quindi, ad essere orale, e conseguentemente, la parola scritta e il pensiero sono esteriorizzati. Il controllo interiore della parola è meno facile e meno rapido di quanto accada attualmente, poiché noi, oggi, impariamo presto a leggere silenziosa­ mente. Il silenzio del linguaggio è la condizione dell'interiorità. n controllo interiore del linguaggio scritto e l'interpretazione della lettura rappresentano due forme di appropriazione che determinano la coscienza privata. La coscienza privata è un teatro interiore, avvia una simulazione all'in­ terno della mente degli individui e in questo spazio mentale viene organiz­ zata la traduzione della lettura in pensiero. n "silenzio" del linguaggio e "l'appropriazione" del linguaggio creano le condizioni per l'individualizza­ zione, che continua ancora oggi nella lettura, ad esempio, dei romanzi e dei giornali. Il giornale infatti non è un mass media come lo sono invece la radio e la televisione, perché esso si legge individualmente, ma questa è un'altra questione. È interessante soffermare l'attenzione sulla crescita e lo sviluppo dell'uso del linguaggio e i suoi fondamenti tecnologici. La lettura silenziosa e la scrittura costituiscono il controllo della mente sulla parola e consento­ no di far emergere l 'identità del singolo lettore. La stampa rappresenta un importante progresso e genera una situazione di rapido cambiamento che, in non più di 3 5 generazioni, conduce alla scoperta e all'uso dell'energia elettrica: l'ennesima avventura del linguaggio. Dall'invenzione del telegra­ fo, le nostre facoltà cognitive - la memoria, l'immaginazione, il pensiero - sono stati riposizionati esternamente. Ma l'individualizzazione continua fino al momento in cui lo schermo della televisione ha preso il controllo. L' oralità secondaria avvia l'esteriorizzazione, che diventa completa quando il rapporto con lo schermo diventa forma di controllo personale dell'utente e non più controllo della macchina sull'utente. È l'inverso nel rapporto di potere. A questo punto, si esteriorizzano la memoria, l'intelligenza, il dise­ gno, l'organizzazione del pensiero, la classificazione delle date, il trattamento dell'informazione. La tecnologia determina un'esteriorizzazione e un'accele-

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razione dei processi di gestione dell'informazione. I sistemi di trattamento dei testi, ma anche di organizzazione della memoria come i motori di ricerca, rappresentano una straordinaria funzione cognitiva che opera come quella della mente, ma viene estesa al di fuori di essa. lo definisco "zpertinenza" il mondo dell'ipertesto. È zpertinente perché permette di rintracciare in­ formazioni difficili da recuperare nelle biblioteche o nella propria libreria domestica. Attraverso la Rete si raccolgono più facilmente le informazioni pertinenti con i propri obiettivi di conoscenza. Allora, l'esteriorizzazione del­ la persona sullo schermo offre la possibilità di condividere con altre persone il contenuto cognitivo. Ho suddiviso l'era dell'elettricità in sette generazioni, che corrispondono ciascuna a un nuovo mezzo di supporto elettronico e di esportazione della lingua. La prima si apre con il telegrafo e la fotografia, cui segue una seconda fase inaugurata dal telefono e dai film muti, poi la radio e i film sonori. La quarta stagione dell'elettricità è quella della televi­ sione e dei mass media, che accompagnano le generazioni cresciute a partire dalla metà degli scorsi anni Cinquanta. Il fax e l'elettronica corrispondono a quelle degli anni Settanta, il pc e il networking caratterizzano quelle dei metà Ottanta. L'ultima generazione è always on, quella del web, che definisce i nostri giovani, nati nell'era del mobile-phone. n telefono cellulare è oggi la tecnologia che veicola il linguaggio più diffusa e con la più profonda pene­ trazione in tutte le culture. Sempre più persone portano in tasca interfacce sofisticate che introducono un nuovo livello cognitivo di connessione. Tutta­ via, sorprendentemente, la questione della telefonia mobile non riguarda solo la parola orale. Le "parole pronunciate" non rappresentano l'unica forma di comunicazione supportata, e le immagini acquistano una significativa importanza. Non è eccessivo affermare che, nel rapporto corpo-linguaggio, gli smartphone avviano una nuova stagione di controllo della nostra vita, ed una sorta di ritorno alla condizione di oralità. Nell'era digitale, l'elettricità diviene informazione, diviene contenuto cognitivo. Buffardi : Come rileva Eddy Carli ( 1 99 7 , p. 1 8) , pochi eventi nel corso

del progresso umano hanno provocato tante controversie quanto il proget­ to di ricreare l'intelligenza umana mediante strumenti artificiali, ovvero di «imitare quanto più è possibile l'attività mentale umana per mezzo di macchine». In questo campo, il progresso ha consentito la creazione di com­ puter sempre più potenti e alcune macchine sembrano 'superare' la stessa mente dell'uomo, relativamente alla velocità di calcolo e di risoluzione di problemi. Tuttavia l'eterno quesito sulla riproducibilità della mente umana riconduce inevitabilmente all'irriproducibilità del mondo dell'esperienza soggettiva. Il problema dell'intenzionalità, della coscienza, della soggettività

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e delle emozioni rappresenta uno dei principali ostacoli ad una soluzione che ipotizzi una completa equivalenza tra i processi della mente e i pro­ cessi delle macchine. Se non di equivalenza si potrebbe, però, parlare di una corrispondenza tra le due tipologie di processi. Una prima riflessione riguarda il versante della percezione degli elementi del mondo reale che, come ampiamente dimostrato dagli studi della Gestaltheory, è soggetta non solo alla mediazione degli organi di senso, ma anche ad una mediazione culturale. Fatta eccezione per una prima fase sensoriale infantile in cui l'elaborazione delle informazioni prescinde dalla categorizzazione e dalla generalizzazione, nella conoscenza del mondo il soggetto interpreta sem­ pre "ciò che è nuovo alla luce di ciò che è noto" . Come dimostrano gli studi sullo sviluppo cognitivo, con lo sviluppo del linguaggio il soggetto diviene capace di inquadrare eventi, situazione ed oggetti al di là della sola percezione sensoriale e di ancorare i nuovi dati a punti di riferimento precedentemente acquisiti. Il pensiero, quindi, interviene nel delicato pro­ cesso di costruzione delle conoscenze come strumento di organizzazione dei dati in entrata. Nella decodifica delle informazioni, il soggetto procede per "ipotesi", partendo dal presupposto che esse «sono vere nella misura in cui si adattano a varie sfaccettature della realtà che ci circonda» (Ei­ besfeldt, 1 993, p. 70) . Il meccanismo dell'adattamento della "cosa vista" alla "cosa interpretata" richiede, comunque, come sottolinea Fodor ( 1 999) un pre-requisito di base: essa deve essere "leggibile" dalla mente umana. Paragonando i meccanismi cognitivi alle macchine di Turing, Fodor pone l'accento sul formato della realtà, sottolineando che il processo della perce­ zione presuppone uno scambio di informazioni tra l'ambiente e la mente umana, scambio che la mente stessa deve essere in grado di recepire. Le informazioni che si presentano alla mente umana in un formato diverso da quello che essa è in grado di leggere, in quanto inaccessibili alla mente stessa sono, per Fodor, informazioni perse e come tali non contribuiscono alla costruzione della realtà. Come sintetizza efficacemente lo studioso, «quel che la percezione deve fare è presentare il mondo in modo da renderlo ac­ cessibile al pensiero» (ivi, p. 7 1 ) . Gli esperimenti della Gestalt mostrano che la percezione di dimensione, colore, etc ., di oggetti presentati in condizioni sperimentali varia a seconda dell'addestramento e dell'esperienza preceden­ te dell'individuo. Come afferma anche Kuhn: «ciò che uno vede dipende sia da ciò che si guarda, sia anche da ciò che la sua precedente esperienza visivo-concettuale gli ha insegnato a vedere» (Kuhn, 1 969, p. 1 4 1 ) . Dato fe­ nomenologico, mediazione degli organi di senso e rielaborazione cognitiva delle informazioni da essi fornite costituiscono la base dei procedimenti di decodifica della realtà.

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Le nuove tecnologie della comunicazione introducono l 'uomo in un nuovo

scenario di conoscenza, in cui la mediazione degli strumenti diventa inevi­ tabilmente un nuovo fattore con cui confrontarsi e di cui tener conto nella pratica di costruzione quotidiana della realtà. All'integrazione tra fattori fisici e fattori cognitivi, automaticamente attivata nella lettura della realtà sensoriale, si affianca il "fattore tecnico", che racchiude le peculiarità degli strumenti utilizzati per la traduzione della realtà nel formato digitale. Qua­ le è il rapporto tra gli oggetti mentali, intesi come prodotto della mente umana, e gli oggetti digitali, ovvero gli oggetti della conoscenza con cui ci confrontiamo attraverso lo schermo di un computer? de Kerckhove : Ho iniziato ad approfondire questi argomenti attraverso il

libro di jean-Pierre Changeux, L'uomo neuronale ( 1 98 3) , quando ho iniziato il mio lavoro sull'alfabeto e il cervello. Changeux ha scritto pagine straordina­ rie sugli oggetti mentali. Le tre grandi categorie su cui egli si sofferma sono i percetti, le icone - o immagini della memoria - e i concetti. I primi sono relativi all'informazione che percepiamo quando siamo in presenza dell'oggetto sensoriale. Le icone sono le immagini della memoria che ricostruiscono gli oggetti sensoriali, non più fisicamente presenti. Il con­ cetto si manifesta, invece, attraverso l'astrazione, ad esempio nella lettura, e offre un tipo di conoscenza diversa, meno percettiva e meno sensoriale. Nella lettura noi ricostruiamo eventi ed azioni nella nostra mente attra­ verso un processo che non impegna direttamente i sensi. Sullo schermo di un computer vengono proposti oggetti che forse sono mentali e anche sensoriali, perché siamo di fronte all'oggetto. Però hanno una caratteristica in più, poiché sono sicuramente oggetti numerici e pertanto si manifestano attraverso una forma cognitiva, come l 'immagine mentale. Credo che sia interessante studiare il rapporto tra gli oggetti mentali organici e gli oggetti mentali tecnici, ovvero digitali. Ci sono alcune corrispondenze significative tra le due tipologie. In primo luogo, entrambe funzionano a elettricità a bassa tensione: per gli oggetti mentali si tratta di elettricità organica, che crea connessioni e possibilità di trasporto del segnale e di formazione delle immagini. Inoltre, sia nel mondo della mente sia in quello digitale è possibile il trattamento dell'informazione per la risoluzione dei problemi. Entrambi consentono, inoltre, di stabilire la "profondità" con cui "guardare" l'oggetto e quindi la profondità dell'elabo­ razione. Nel mondo della digitalizzazione, come nella mente, il processo di ricostruzione degli oggetti opera attraverso una sorta di remake. Remake vuol dire che si ricrea l'oggetto, non lo si replica, né lo si ripete, come accade in un video. Questa è una differenza particolarmente rilevante. Sia gli oggetti

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mentali organici che gli oggetti mentali tecnici, inoltre, appartengono ad un mondo coerente, poiché l'organizzazione dell'immagine mentale avviene in un contesto cognitivo dove i codici vengono generalmente riconosciuti, a meno che non ci siano problemi particolari di perdita di memoria o di schizofrenia. Anche il sistema operativo di un computer generalmente opera in un ambiente in cui c'è una coerenza numerica. C 'è una coerenza sulle linee telefoniche e su tutte le reti, ovvero la coerenza mentale è riproposta nella coerenza del mondo numerico. Altri aspetti interessanti riguardano la memoria. La memoria digitale sembra più affidabile di quella organica, però questa ultima è più complessa e più "intelligente" . Ma sono due forme paragonabili. La Rete svolge la funzione dell'intelligenza delle immagini numeriche perché essa è, insieme, il database, la memoria, l'intelligenza. n rapporto tra la Rete e l'utente, o il gruppo, che ne fa uso è un rapporto di intelligenza con un contenuto di memoria. Da un certo punto di vista, la memoria digitale sembra più affidabile, ma va verificato se sul lungo tempo conserva tale affidabilità, poiché le tecnologie, le macchine e i programmi di utilizzo cambiano, oltre poi ad essere dipendenti dall'elettricità, per cui se si stacca la spina contenuti e informazioni svaniscono. La memoria, an­ che quella di una sola persona, continua con la parola, con la trasmissione orale e con le diverse tecniche di comunicazione. Ciò vuol dire anche che le modalità di trasmissione sono diverse. Ci sono quindi alcune differenze importanti tra gli oggetti mentali e gli oggetti numerici, e per questo è importante considerare gli aspetti comuni e poi analizzare anche in cosa differiscono. Gli studi adesso dovranno concentrarsi su questo.

La sensorialità terziaria Buffardi: Marshall McLuhan ( 1 964), come più volte sottolineato, sostiene

che le innovazioni tecnologiche della comunicazione implicano profondi mutamenti nei modelli di percezione dell'individuo, privilegiando l'uso di particolari sensi in relazione allo sviluppo di specifici media. «ll mezzo è il messaggio» e, dunque, il «messaggio di un medium, o di una tecnologia, è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani» (ivi, p. 1 6) . Le tecnologie della comunicazione producono, inoltre, "amputazioni organiche" ed "estensioni sensoriali", offrendo all'organismo nuovi supporti, appendici che costituiscono una sorta di prolungamento del sistema nervoso centrale nonché protesi del corpo umano. «Le conseguenze individuali e sociali di ogni medium - sostiene McLuhan - derivano dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da ognuna di

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tali estensioni» (ivi, p. l S), poiché l'uso di tecnologie diverse influisce sull'or­ ganizzazione dei sensi umani. Teorie che hanno anticipato e che sono state sviluppate nel dibattito scientifico che accompagna la diffusione dei new media. Qual è l'impatto dei media digitali nelle attività sensoriali? de Kerckhove : Walter Ong ha coniato l'efficace espressione di oralità se­

condaria, riferendosi alla radio e alla televisione, mezzi di comunicazione sui quali si è soffermato Marshall McLuhan. Ciò che risulta interessante, oggi, è proseguire il lavoro di McLuhan nella direzione del passaggio dal regno della televisione al regno dello schermo del computer. L' oralità secondaria è quella del telefono, della radio e della televisione. È un' oralità che fa uso della parola, la parola viva. L'oralità terziaria, quella dei sistemi multimediali, della realtà virtuale e della Rete, è un' oralità elettronica, come la "seconda" , ma si basa sulla simulazione della sensorialità, non più sulla sua trasmissione. Ad esempio, il sonoro dei "beep" delle piccole macchine elettroniche, dal com­ puter al telefonino, è un linguaggio tattile che restituisce un feedback rispetto alle nostre azioni, è una simulazione organica. Il "beep" fa parte di questa oralità terziaria, o meglio "sensorialità terziaria" . È interessante ripercorrere la "storia dei sensi": all'inizio l'alfabeto ha frammentato completamente il logos, la parola del dio, la parola creativa, la parola magica. Conseguente­ mente, l'alfabeto ha desensorializzato la comunicazione umana, fondando se stesso sull'astrazione. Ad esempio, attraverso la lettura l'individuo ricostruisce la sensorialità nella propria mente, come abbiamo già detto a proposito degli oggetti mentali di Changeux. TI logos elettronico dell'oralità terziaria, invece, prevede la ricostruzione sensoriale all'esterno della propria mente, ad esempio su uno schermo, oppure attraverso i guanti della realtà virtuale o altre esten­ sioni tecniche elettroniche. C'è, quindi, una nuova sensorialità, un nuovo rap­ porto con il linguaggio, una sintesi psico-sensoriale, fuori dalla psiche e fuori dalla mente, che vuol dire elettronica. L'oralità terziaria rappresenta anche la contemporaneità immediata tra il desiderio e la sua realizzazione sulla Rete, attraverso lo schermo del computer. La spontaneità e la contemporaneità, il real time è la condizione della oralità terziaria. Ciò è fondamentale, perché il real time, la risposta immediata, è condizione primaria innanzitutto della oralità. L' oralità terziaria si fonda sul logos elettronico, ovvero tattile, visuale, uditivo, anche olfattivo, oltre che di una grande quantità di sensi intermedi che non possiamo descrivere perché non abbiamo una parola per descrivere tutti i sensi intermediari tra il tatto, l'udito, la vista. È una condizione che consente quindi di vedere di più che con l'occhio umano, di osservare dentro la materia, di rivelare lo "spazio siderale", di scoprire realtà nuove attraverso l'estensione dei nostri sensi. Questa è l' oralità terziaria.

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Buffardi: Le nuove tecnologie sono alla base di una profonda trasforma­

zione delle relazioni interpersonali, che sempre di più possono essere libere dai tradizionali vincoli di spazio e di tempo. Attraverso social network, forum on line ed e-mail, ad esempio, è possibile dilatare il tempo dell'interazione, che non solo non richiede più il vincolo della presenza fisica degli interlo­ cutori in uno stesso luogo, ma anche non richiede più la condivisione del momento dell'interazione. Lo sviluppo del web, in particolare attraverso i social network, permette nuove modalità di gestione della propria rete e della propria identità sociale, «l'unione dell'esperienza sociale della nostra vita reale con il cyberspazio, creando così un nuovo spazio sociale ibrido» (Riva, 20 l O, p. 1 6) . de Kerckhove : La socialità cambia notevolmente, a partire dal fatto che

abbiamo la possibilità di un immediato contatto attraverso gli indirizzi di posta elettronica. Personalmente conosco individui che è impossibile repe­ rire se non attraverso la Rete, persone che è difficile incontrare fisicamente, che non rispondono mai al telefono né ai fax, ma generalmente rispondo­ no entro ventiquattro ore ad un messaggio su Internet. Inoltre, è possibile vivere collaborazioni e relazioni professionali - ma secondo alcuni anche affettive - su Internet. Ciò in quanto è possibile avviare una connessione con gli altri individui priva della forme di interattività classica, dell'incontro face to foce. È fondamentale comprendere che quando si lavora insieme in Rete si agisce non nel "tempo reale" ma nel "tempo reale esteso" . Il tempo reale esteso è quello del pensiero. Il tempo del pensiero non è immediato, la soluzione ad un problema non viene alla mente immediatamente, ma sempre dopo un'elaborazione che può durare un certo tempo e anche essere interrotta e intervallata da altre attività. Quando il pensiero viene condiviso da più individui, il processo di elaborazione di ciascuno continua fino a quando si giunge ad una conclusione e, quindi, ad una chiusura del tratta­ mento dell'informazione. n processo di elaborazione del pensiero condiviso attraverso la Rete rappresenta così un altro modo di essere dell'individuo. Attualmente esistono molte comunità virtuali che nascono intorno ad un progetto comune di lavoro. Si tratta di comunità just in time, comunità "di passaggio" che esistono nel momento "dell'uso" , cioè quando si realizza una connessione intorno agli obiettivi, e poi si dissolvono, o cambiano. Comunità fortemente cognitive, così come è cognitivo tutto il contenuto della Rete, per la sua stessa essenza. Second Life è un esempio di delega ad uno schermo delle attività del nostro immaginario, ciò che ho definito "Obiettivo Immaginario" . È un esempio concreto di come le nostre funzioni cognitive, che pensavamo fos-

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sero esclusivamente interne al nostro corpo, emigrano sugli schermi, fuori dalle nostre menti. Quando partecipiamo al mondo virtuale attraverso il punto di vista degli avatar, dimentichiamo spesso che stiamo guardando uno schermo. Proprio come dimentichiamo che stiamo leggendo un libro quando siamo immersi nella lettura, ovvero quando la mente prende davvero il posto di un carattere stampato. Second Life è un grande collettivo dei singoli processi immaginari tradotti in unico motivo comune, un ambiente creato dalla fantasia di tutti i partecipanti, un mondo fittizio che può essere condiviso. Soprattutto, intreccia la mente e lo schermo. Crea un fronte diret­ to tra l'immaginazione che prende forma sullo schermo e l'immaginazione che si sviluppa nella nostra mente. Letteralmente ciò che era nella mente è ora su uno schermo. Buffardi: I confini dello spazio e la percezione del tempo, già mutati con la

diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, sembrano subire una vera e propria rivoluzione con l'avvento delle nuove tecnologie. Passato, presente e futuro possono coesistere ed integrarsi nelle applicazioni informatiche e digi­ tali. La disgregazione di quelle categorie conduce l'individuo a confrontarsi con una dimensione che appare privata dei limiti a cui le precedenti forme di comunicazione ci avevano abituato. Le nuove "narrazioni" non hanno inizio né fine, oppure hanno molti inizi e diverse conclusioni. Al "tempo" di una storia siamo oramai abituati a sostituire il "percorso" che caratterizza uno svolgimento in continuo divenire, oppure una "fase" di un processo multise­ quenziale nel quale le categorie del passato, del presente, del futuro, ma an­ che del virtuale e quindi del mai esistito, del "fuori dal tempo" si affiancano e si intrecciano. Inoltre, la "velocità digitale" conduce ad una accelerazione del pensiero e delle decisioni. Dalle mail alle quali sembra imperativo rispondere entro le ventiquattro ore, alle informazioni che possiamo recuperare on line con estrema velocità e facilità, alle reti dei social network che ci mettono in contatto rapido con amici, conoscenti e sconosciuti, è diffusa la percezione di disporre di un tempo limitato per agire. Oggi, però, le decisioni non sono solo immediate. Appaiono anche reversibili. n poter tornare indietro è un importante elemento simbolico delle nuove tecnologie. C ancellare un foglio mentre si scrive, cambiare un percorso di lettura, annullare un'azione. n volume La conquista del tempo (de Kerckhove, 2003), suggerisce l'idea di una sorta di "appropriazione" di una dimensione che in senso tradizionale è da intendersi come prescritta, immutabile ed immodificabile. de Kerckhove : Ci sono diversi modi di parlare di conquista del tempo.

Uno di questi è legato sicuramente agli sviluppi della scienza medica, e

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in particolare agli studi sulle cellule staminali, di cui ho discusso lunga­ mente con un medico italiano, Angelo Vescovi, durante il World Economie Forum, a Davos, qualche anno fa. Proprio a partire da quelle discussioni ho iniziato a pensare alla straordinaria ipotesi di estensione della vita. Sappiamo già che la vita media degli individui, dal medioevo ad oggi, è aumentata notevolmente. Nei paesi sviluppati l'aspettativa media di vita oggi è di 80-90 anni, e la ricerca medica sembra consentire di estendere ulteriormente tale durata. "Conquista del tempo" significa però anche "ripensare" il tempo. Come è evidente nella musica attraverso i megahertz o con i nanosecondi, quan­ to più sono "stretti" i "momenti", tanti più "momenti" possiamo avere a disposizione. Un'altra modalità di conquista immediata del tempo è offerta dall'eliminazione della distanza, che ci consente di "guadagnare" momenti importanti altrimenti spesi per i viaggi e per le telecomunicazioni in gene­ re. Un importante traguardo nella conquista del tempo è dato poi dalla possibilità di riconoscere la relatività nella fisica del tempo. L'affascinante idea di "tornare indietro" nel tempo oggi non è inimmaginabile, possiamo pensare di non essere irreversibili, e ciò è legato ad un cambiamento psico­ logico significativo. n mondo dell'arte offre altri esempi, possiamo parlare di conquista del tempo del musicista, o dell'artista interattivo e multimediale. Un pezzo di musica registrata, come una fotografia, ferma il tempo ed è un modo di formalizzare e di inquadrare il "tempo" nei tempi della musica. n musicista interagisce con gli strumenti che fermano il tempo, imprime una diversa pressione tattile sui tasti e attraverso quella pressione assegna una diversa cadenza alla musica, imprime diverse variazioni di lunghezza tra le pause e tra i "tempi" del real lime, in pratica può gestire e maneggiare le forme del tempo. In questo senso, l'elaborazione musicale e artistica in genere è una forma di conquista del tempo. Buffardi: Nell'arte e nella scienza, l'innovazione digitale apre nuovi scenari

e introduce significativi mutamenti. Per quanto riguarda il primo ambito, i nuovi strumenti digitali consentono una trasformazione dei processi e dei prodotti artistici, senza considerare i cambiamenti che intervengono nei modelli culturali e la rivoluzione espressiva che si accompagna alla diffusione e all'utilizzo di nuove tecniche di rappresentazione. de Kerckhove : Le tecnologie cambiano sempre il processo creativo. Per

esempio, la televisione ha modificato e superato la classica "tavolozza" dei colori dell'artista. La scelta dei colori televisivi è diversa da quella dell'artista, ma è diversa anche da quella dei computer e questo già esprime una forma

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di contenuto artistico poiché impegna una sensibilità artistica, un'estetica del colore. Il colore elettronico ispira in maniera nuova l'artista, che deve tra l'altro considerare i limiti di definizione dell'immagine in trasmissione, ad esempio nelle videoconferenze. Quindi c'è una diversa sensibilità dell'artista video, e ovviamente non solo sul piano classico del colore. Questa sensibi­ lità riguarda le modalità di ricostruzione sullo schermo, le nuove possibilità date dall'interattività, il sampling delle forme musicali o dei testi, il "collage" generale che rappresenta il web, l'ipertestualità, e quindi le vie di accesso e di interazione tra le diverse parti della forma artistica. Inediti strumenti e possibilità nuove che probabilmente gli stessi creativi devono ancora speri­ mentare a fondo. Oggi il web si è sviluppato a tal punto che è ancora più difficile per gli artisti capirne le modalità di utilizzo, anche se ci sono espe­ rienze straordinarie in tal senso. lo penso che per la creazione artistica, oltre ai cambiamenti determinati dalle nuove tecnologie, sia importante quella che ho definito "l'arte dell'intelligenza" , ovvero l'arte di impostare le giuste configurazioni di connessioni, e quindi di realizzare un ipertesto funzionale e di dare vita all'arte della comunità nella Rete. Questa è un'arte, è un nuovo medium d'arte. La connettività e la comunità rappresentano due forme d'ar­ te di oggi, che vanno sviluppate e comprese: l'arte della connessione - l'arte dell'intelligenza del software - e l'arte della comunità.

Capitolo 3 La conoscenza conne ttiva. Tra scienza e tecnologia di Annalisa Bujfardi e Derrick de Kerckhove

L'ipertestualità della conoscenza scientifica Buffardi: La grande trasformazione avviata dal web ha coinvolto la ricerca

scientifica, oggi sempre più fondata su una straordinaria possibilità di accesso a fonti e documenti, immediatamente disponibili allo studioso attraverso un dispositivo digitale ed un collegamento ad Internet. Nel 2003 l'Atkins Report della National Science Foundation evidenziava l'emergere di una nuova vi­ sione della scienza, fondata sullo sviluppo della cyberùifrastructure e su ambienti digitali completi e funzionali per il ricercatore, in termini di network e di interazioni, di dati e informazioni, di strumenti e di tecniche. Ambienti di ricerca dotati di sofisticati strumenti per l'analisi dei dati, collegati ad altri gruppi di ricercatori, a biblioteche e ad archivi elettronici. Una infrastruttura di ricerca caratterizzata dalla sempre maggiore collaborazione tra laborato­ ri transnazionali e interdisciplinari per il rapido accesso alle informazioni, che consente nuovi modelli di analisi per lo studio dei complessi fenomeni sociali, per la produzione e l'elaborazione di ampi corpus di dati: survey, censimenti, risorse bibliografiche, materiali iconografici e video, simulazioni, oltre all'integrazione di tali molteplici e diversi dati nell'analisi. Pensando alla nuova disponibilità e accessibilità di fonti e materiale documentario, già nel 1 99 7 Dowler scriveva che il nuovo spazio di ricerca fondato sulla condivisione dei dati tra gli scienziati sociali genera un ambiente che è l'equi­ valente del laboratorio dei fisici. Peraltro, l 'innovazione di Internet nella pratica di ricerca si colloca nella scia delle trasformazioni già avviate con l'utilizzo degli strumenti informatici e multimediali. Già prima dell'avvento di Internet, la diffusione del computer ha condotto verso nuove modalità di composizione del testo, si è configurato come strumento per la conser­ vazione e l'organizzazione dei dati e ha offerto all'uomo una memoria e una capacità di elaborazione prima impensabile. n passaggio dal libro allo schermo, dalla trama lineare al percorso ipertestuale, è stato oggetto di

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numerose riflessioni che hanno assunto, di volta in volta e nei diversi autori che hanno studiato il fenomeno, toni di smisurato entusiasmo come di apo­ calittico terrore di fronte alla grande trasformazione che accompagnava la diffusione dei bit. Brainftames (de Kerckhove, 1 99 7) evidenzia come la nostra "cornice di rappresentazione del mondo" venga modificata dall'utilizzo delle tecnologie, dalla scrittura alla rivoluzione elettronica. Se pensiamo alla co­ noscenza scientifica, è interessante interrogarsi su come cambia il brainframe del ricercatore anche in relazione ai recenti sviluppi della Rete, sempre più aperta e sempre più strumento di connessione tra persone, tra pensieri, tra contesti, tra spazi che si collocano "oltre il senso del luogo" . de Kerckhove : Nell'epoca orale la conoscenza era patrimonio della comu­

nità, aveva origine nella collettività e in essa era condivisa. Quando la scrit­ tura prende potere sul linguaggio, la conoscenza si realizza e prende forma dentro l'individuo. Ciò corrisponde ad un processo di individualizzazione del sapere. Oggi la conoscenza è passata dal dominio privato al dominio pubblico. Con la Rete, si esprime attraverso un'interazione che mette insieme la comunità d'accesso con l'impatto individuale. Tale intreccio tra accesso condiviso e soggettività crea nuove condizioni d'interazione tra gli individui, nuove modalità che rappresentano la grammatica della Rete. Il nostro pensiero è ipertestuale. Attraverso il web, noi proiettiamo all'esterno tale modalità del pensiero. La Rete porta la connettività dentro la collettività e, contemporaneamente, dentro l'individualità. Essa trasferi­ sce a ciascuno di noi una dimensione ipertestuale: siamo noi strumenti di ricerca, motori di ricerca e cursori per noi, e anche per gli altri. Con la diffusione delle tecnologie digitali, stiamo vivendo il passaggio che accom­ pagna l'emergenza della società ipertestuale. Il brain frame ipertestuale non è più semplicemente un frame, è brain structure, brain attitude. È più aperto al mondo esterno, è un'apertura che già va oltre la mente umana. Il brainframe oggi è esteso dalla macchina alla Rete. Tuttavia frame è una parola troppo limitata, non c'è più un framing definitivo, non c'è più una funzione, bensì un random access. È sempre più diffusa l'istantaneità nello scambio del sapere. In generale, la connessione tra gli individui oggi avviene sempre di più nel momento dell'uso. È un cambiamento di notevole portata, che accompagna la moltipli­ cazione fenomenale dell'intelligenza e l'accelerazione della quantità di co­ noscenza. Tuttavia, la questione della "quantità" si pone, come è noto, in termini problematici. Alla moltiplicazione della conoscenza si accompagna una do­ manda di selezione, di verifica, di "qualificazione". Montaigne diceva che

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è preferibile una testa ben fatta ad una testa ben piena. Quando si conosce

l'informazione contenuta nei libri, occorre essere capaci di gestire le tante fonti per poter giungere ad una conclusione valida. Oggi, in una società ipertestuale, fino a che punto una comunità scientifica gestisce le molte­ plici e diverse fonti di conoscenza? Contano molto il talento, l'interesse, la passione. I nuovi strumenti elettronici interagiscono con tali caratteristiche individuali. Ad esempio Google desk trova per te, dentro la tua memoria per­ sonalizzata, le cose che tu non puoi ricordare. Google ricerca dentro la tua estensione mentale. La conoscenza che deriva dall'esperienza individuale del mondo si caratterizza per una sua condizione di apertura, è costantemente soggetta a revisioni, cambiamenti, sviluppi. La Rete evidenzia questo carattere di apertura e consente una modalità di appropriazione dei saperi che, come l'esperienza individuale, è costantemente aperta a sviluppi. Per esempio Wikipedia è il modello perfetto della conoscenza, è work in progress, e si esprime attraverso un modo connettivo nella collettività. Infatti Wikipedia è collettiva, il web in generale è collettivo, ma la costruzione del sapere è connettiva. Wikipedia si rivolge a tutta la collettività e dà forma ad una conoscenza che è il prodotto della connettività tra gli individui, poiché ciascuno può ope­ rare correzioni e revisioni. Wikipedia è un esempio molto pertinente della condizione attuale della conoscenza. Buffardi: In letteratura è stato più volte sottolineato come nella rappre­

sentazione dei percorsi di conoscenza prevalga un'immagine razionale della scienza, che nasconde, come scriveva Merton (2000, p. 1 4) «le intuizioni, le false partenze, gli errori, le conclusioni approssimative, i felici accidenti che ingombrano il lavoro di ricerca». L'immagine prevalente è quella di un percorso lineare. L'aspetto casuale della scoperta, l'apporto del pensiero creativo e l'incontro con il dato valido ma non previsto, ovvero il valore della serendipity, restano invece oscurati dietro «le norme ideali del protocol­ lo scientifico, che non raccontano le cose così come si sono effettivamente svolte» (Bourdieu, 200 l , p. 3 3) . Ciò che tale racconto non sempre narra è anche il confronto interno alla comunità scientifica, la conversazione tra ricercatori sui temi di studio, in generale il "senso intuitivo della ricerca" che caratterizza il repertorio contingente della comunicazione scientifica informale di Gilbert e Mulkay ( 1 984) . In particolare a questo livello, il contributo del web sembra introdurre rilevanti trasformazioni, attraverso una nuova pratica di pubblicazione di documenti non ufficiali della ricerca scientifica. La comunicazione via web agevola il contatto tra gli studiosi e la circolazione delle informazioni, apre

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nuovi spazi per la conversazione scientifica, per il confronto sui percorsi di ricerca, consente la pubblicazione di dati e risultati parziali o in progress. Wouters e De Vries, nel loro studio del 2004 sull'utilizzo delle fonti on line nelle pubblicazioni scientifiche, Formali)! citing the Web, hanno eviden­ ziato che il web modifica l'organizzazione del lavoro dei ricercatori e sta chiaramente diventando il principale strumento di accesso a documenti, dati e materiali bibliografici. Gli open archives istituzionali sembrano sempre più diffusi e utilizzati in ambito scientifico e accademico. Un esempio è quello dei Social Science Data Archives, rete di ricerca tra istituzioni per lo più accademiche, che rende disponibili on line dati grezzi oltre che report finali. La mission è esplicitamente dedicata allo sviluppo delle scienze sociali attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie per la raccolta, la condivisione, l'archiviazione e la diffusione dei dati a livello internazionale. Appare invece limitato l'impatto di strumenti come blog e social network, che potenzialmente consentono di agevolare la comunicazione scientifica for­ male e informale. L'STM report del 2009 evidenzia infatti che solo una piccola parte di studiosi legge i circa l 000- 1 500 blog scientifici del web e il tempo di lettura che essi vi dedicano è complessivamente basso. La Rete consente nuove opportunità di condivisione e di conversazione scientifica che senz'altro modificano le pratiche di ricerca. Gli spazi del sapere più frequentati appaiono però gestiti da organizzazioni scientifiche e centri di ricerca che, pur quando promuovono la libera circolazione delle conoscenze, agiscono all'interno di una cornice istituzionale. de Kerckhove : La conversazione scientifica trova senz'altro nuovi spazi

on line, ma non è una novità del web. È assolutamente nota la diffusione dei Caffè letterari nella Francia, Olanda, Londra del 1 700, l'incontro tra i docenti e i ricercatori al tempo di Descartes, che viaggiò tra le principali piazze culturali d'Europa, ad Amsterdam e a Stoccolma con Cristina di Svezia. C 'è una lunga tradizione di collaborazione in campo scientifico, non è una novità di oggi. Voltaire scriveva a molti amici e studiosi, di diverse discipline, su importanti questioni scientifiche del suo tempo, ad esempio a d'Alembert, Diderot, d'Holbach, La Mettrie. La condivisione è sempre fonte di nuovi stimoli e porta nuove opportu­ nità allo sviluppo del pensiero. Ad esempio, io ho dedicato venti anni della mia attività alla ricerca sull'alfabeto, venti anni nei quali ho interagito, via web e non solo, con colleghi, amici e studiosi. Il risultato dei miei studi è anche il frutto delle mie conversazioni e dei miei incontri con loro, degli stimoli che ne ho ricavato e delle sollecitazioni che ho ricevuto, del confronto sui temi delle mie ricerche.

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Oggi la conversazione scientifica diviene più facile e frequente, come più agevole diviene la circolazione di informazioni e il contatto tra gruppi di ricerca. Sicuramente il web ci offre grandi possibilità per il progresso della scienza e della conoscenza, anche in assenza di grandi finanziamenti. Ad esempio una piccola città, priva di istituzioni scientifiche tradizionali, può dare vita ad una comunità d'interesse di ricerca ed interagire con altri studiosi e con altri contesti scientifici. Le comunità emergono dalla condivi­ sione di interessi e non più dalla co-spazialità. È una condizione d'incontro molto più veloce e potente, anche se la compresenza continua ad essere essenziale. Il modello Wikipedia si applica anche alla ricerca scientifica e si esprime nelle possibilità di collaborazioni a distanza, sempre più facili e aperte alla pluralità di contributi. Oggi è diffuso un intenso sentimento di condivisione e un forte desiderio di contribuire. Lo scienziato sempre di più lavora in gruppo, è sempre più frequente il piacere di lavorare e fare ricerca insieme invece che in isolamento. Questo è un altro cambiamento più umano che tecnico. L' esternalizzazione della nostra conoscenza privata diviene sempre più ampia e condivisa. Per esempio, gli studenti sono sempre più inclini a usare e consultare google più che la biblioteca. È un modo pertinente sul piano anche tecno-psicologico. È un draging q{ the mind outside the head. lo credo che ciò si applichi anche alla ricerca scientifica, ed evidenzia però il suo lato oscuro e problematico. Non si può negare l 'importanza, anche in un sistema open access, della difesa dell' autorship, così come del reading committee. L'ipertestualità della conoscenza scientifica oggi diviene una fonte di repu­ tazione, ma produce anche un leggero malessere verso la facile diffusione di idee che sono il frutto di intensi lavori di ricerca. In molti casi i docenti e i ricercatori non sono ancora pronti ad una strategia open access di divulgazione della propria attività scientifica e di ricerca, anche se oggi ne fanno sempre di più uso. Nel caso dell open source nel mondo accademico della ricerca, fino a che punto lasciamo l'individuo privo dei diritti di copyright? Fino a che punto lasciamo condividere a tutti gli utenti un prodotto inedito e originale senza il riconoscimento del diritto d'autore? '

Buffardi : Il modello degli open notebook science

definiti anche open source research è fondato sulla convinzione che la condivisione e la collaborazione, più che il segreto e la concorrenza, conducano allo sviluppo delle scienze. Essi traggono esplicitamente ispirazione dal movimento dell' open source sqf tware, con l'obiettivo di condividere tutti i risultati di ricerca, attraverso la diffusione non solo dei report finali ma anche dei progetti work in progress e dei dettagli sperimentali. Come evidenziato nel Jisc report del 2009, il -

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modello è stato adottato però da una piccola, "quasi evanescente", mino­ ranza di ricercatori e anche se si può ipotizzare un aumento del numero di studiosi orientati verso tale tipologia di modelli aperti, è probabilmente corretto prevedere che l'impatto resterà limitato e circoscritto. La prevalente preoccupazione per la salvaguardia dei diritti di proprietà intellettuale spinge alla riservatezza e limita le opzioni di pubblicazione Gisc, 2009) . Ma alla condivisione e al confronto interno alla comunità di ricer­ ca, si affianca oggi l'esigenza di apertura della comunicazione scientifica al più ampio pubblico, protagonista e partecipe dei risultati della ricerca in un'epoca in cui la presenza della scienza e della tecnologia è sempre più evidente e pervasiva nella vita quotidiana degli individui. La Big Science, sempre più "impresa" sociale ed economica che necessita di finanziamenti e di consenso pubblico, si trova a negoziare la propria rilevanza, legittimità e desiderabilità attraverso l'articolazione, nella comunicazione scientifica, delle contrapposte tensioni tra controllo e trasparenza, tra filtri e diffusione libera. Il coinvolgimento della più ampia cittadinanza e le intersezioni tra scienza, economia e politica rendono però evidente anche la problematicità di una diffusione senza filtri dei risultati della ricerca. La segretezza delle informazioni scientifiche è un'ulteriore e parallela tendenza nella comunica­ zione della scienza contemporanea: all'interno della comunità scientifica per preservare dal rischio del plagio; nei confronti dei settori esterni alla scienza per salvaguardare dagli eventuali rischi di strumentalizzazione; rispetto al pubblico di cittadini per evitare errate interpretazione di risultati parziali e provvisori. Alla tensione verso la diffusione libera, aperta e partecipata, si contrappone quindi una altrettanto forte tensione verso la segretezza e la chiusura, un freno alla libera circolazione di informazioni scientifiche il cui impatto pubblico è particolarmente evidente. n web gioca un ruolo impor­ tante in tale pratica di negoziazione. L'architettura aperta, flessibile e distri­ buita della Rete consente il libero accesso alle scienze e la partecipazione al dibattito pubblico. L'innovazione dell' Open Access rappresenta tra le principali novità della Rete che rende possibile, insieme alla più ampia diffusione di materiali scientifici e di ricerca, la democratizzazione della conoscenza e lo sviluppo del discorso scientifico attraverso le più agevoli modalità di confronto, scambio e discussione. Modelli come quello di Wikipedia aprono, inoltre, alla partecipazione di tutti gli utenti, svincolando la diffusione di notizie scientifiche anche dal marchio istituzionale. Al controllo editoriale e istituzionale viene contrapposto il criterio della trasparenza e della revisione degli utenti, in un modello che conduce allo sviluppo collaborativo delle conoscenze. Tutti possono controllare, modificare, integrare, sviluppare le notizie, le idee e i percorsi pubblicati in Rete.

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Parallelamente, il volume cartaceo continua a rappresentare un formato che condensa affidabilità e autorevolezza, praticità d'uso, portabilità, sem­ plicità di consultazione. Piuttosto che alla "fine del libro", annunciata da più parti nei primi anni di diffusione della Rete, assistiamo oggi alla coesistenza e all'integrazione dei formati, a nuove strategie di collaborazione e partnership tra soggetti come le università, le biblioteche, gli editori, e alla comparsa di nuovi soggetti "aggregatori di contenuti" alla Google. Il web scientifico sembra ancora alla ricerca di un nuovo formato, teso tra l'ipertestualità della Rete e la linearità del testo, tra l'etica hacker e i principi regolativi, tra il libero scambio e il libero mercato, tra la trasparenza e il controllo, tra la persistenza dei filtri istituzionali e la libera diffusione, tra la gestione politica dell'informazione e l'accelerazione democratica della Rete. de Kerckhove :

È una questione di velocità e di condensazione. L'università

continua ad essere un deceleratore di informazione. Rispetto alla diffusione via web, la pubblicazione su carta sembra rallentare la conoscenza scienti­ fica, nel tentativo di conferire stabilità al sapere. Tale stabilità è necessaria, ma occorre ragionare nei termini di "collaborazione di contrari" : la velocità della Rete da una parte e la "permanenza archiviata" del libro dall'altro. Alla fine vincerà il libro, perché continua ad essere maggiormente affidabile. La Rete non offre le medesime garanzie. Il grande problema della Rete è che risulta molto più fragile del libro. Una considerazione che richiama il passaggio fondamentale dal solido al liquido ed esprime una condizione precaria. Anche in Rete, si verifica una divisione tra tag e web semantico, proiezio­ ne delle due funzioni principali dei nostri emisferi cerebrali. L'associatività pertinente, che emerge con l'uso e attraverso una bottom-up social classffication, consente la circolazione dei contenuti del web attraverso categorie scelte dagli utenti e prive di relazioni gerarchiche. Come nella mente umana, tutto si incrocia con tutto. Il social bookmarking si caratterizza per una forte contestualizzazione rispetto al semantic web che risulta, invece, particolarmen­ te strutturato. Quest'ultimo non risponde alla visione espressa, tra gli altri, da David Weinberger (2007) , il quale in Everything is Miscelleanous evidenzia che le classificazioni tradizionali impediscono il collegamento tra elementi categoricamente distanti. Tale suddivisione nel modo di funzionare della Rete richiama quella del nostro cervello, tra emisfero destro logico-razionale e quello sinistro intuitivo-olistico. È una divisione che fa parte del nostro essere biologico e che evidenzia due funzioni fondamentali del nostro essere:

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una d'analisi razionale e l'altra di "cattura" emozionale. Trovo interessante questa dimensione umana - o animale - che si ritrova anche nel sofisticato strumento web. La libera circolazione non è chiaramente definita ed è sempre in rela­ zione con il desiderio di controllo, in un processo che corrisponde al conflitto tra la parte destra e quella sinistra del web. Nella problematica del governrnent qf Internet si ritrova una forte tensione tra la libertà totale e l'appropriazione. Lo spirito fondamentale di Internet è information wants to be free. Tale spirito è però accompagnato da persistenti discussioni sugli standard, sul controllo, sul modo di fare open access. lnjòrmation wants to be fiee, ma senza perdere l' autorship, senza sacrificare l'autore. Il progresso della conoscenza richiede la collaborazione tra le università e le istituzioni di ricerca da una parte e la Rete dall'altra: tra la scienza tra­ dizionale e la scienza "volante", fluida. Tale collaborazione rappresenta ed esprime un meccanismo di funzionamento del discorso scientifico che sem­ bra oggi più pertinente rispetto all'idea di un confronto a eliminazione. Il problema della Rete lasciata a se stessa è che è sociale senza esserlo. È vero che essa consente scambi accademici e pertanto si potrebbe ritenere superfluo l'incontro foce toface, più difficile e più costoso, tra scienziati di paesi diversi. Ma è solo nel faccia-a-faccia che si capiscono le correnti di pensiero parallele, le chiacchierate, il "buzi' degli specialisti. Le contact hours creano una socializzazione nella realtà della compresenza che non è possibile in Rete. La moltiplicazione di conferenze e convegni cui assistiamo, pur in assenza di finanziamenti, testimonia la necessità di "incontrarsi" anche tra chi è abituato a lavorare a distanza. I gruppi di lavoro in rete hanno bisogno di presenza fisica. Abbiamo bisogno di interfaccia umana. Tuttavia, è anche assolutamente chiaro che la scienza tradizionale inte­ ragisce con la Rete. Per le università le possibilità offerte dal web sono mol­ teplici e vanno sfruttate. lnnanzitutto, la didattica on line è un'opportunità importante. In secondo luogo, il web offre molteplici e più facili opportunità di collaborazione. La Rete è un'area di servizio ma non cambia le strutture pedagogiche classiche. La burocrazia a volte può frenare l'innovazione e anche l'università può rallentare l'innovazione scientifica. Tale possibilità è parte del mondo del sapere, dell'ambito della conoscenza sempre fluida. Oggi la Scienza vive un passaggio che sembra corrispondere alla tran­ sizione dalla scienza puramente filosofica del ' 700 all'empirismo di Claude Bernard (le A1ilieu intérieur), per il quale contava la prova di laboratorio piut­ tosto che la teoria. Bernard diceva che poiché non aveva mai visto l'anima, non poteva credere nella sua esistenza.

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Adesso siamo sempre più oltre l'empirismo classico. Siamo alla simu­ lazione. Inoltre, la scienza cerca dimensioni quasi "poetiche" , sperando che la poesia diventi realtà. Un tempo il buco nero era poesia pura, un'idea. Adesso è chiaro che il buco nero esiste, e la poesia si trasforma in realtà. Certamente la fisica dei quanti conduce la mente alla "poesia dei para­ dossi" e delle possibilità inaspettate della mente. Diceva il "profeta" della fisica quantica, Giordano Bruno: "non è la materia che crea il pensiero, è il pensiero che crea la materia" . Siamo in un periodo di dubbi. ll "Codice da Vinci" è stato un fenomeno editoriale perché esprimeva un dubbio generalizzato sulla storia della fede. Già la scrittrice Nathalie Sarraute, ne l!Ère du soupçon ( 1 956), affermava che abbia­ mo perso fiducia nella consistenza dell'essere, nella conoscenza della materia. Le certezze scientifiche sono soggette a dubbio come la fede religiosa. La scienza diventa sempre più flessibile finché non trova possibili rispo­ ste. Lo scienziato immagina un mondo più o meno coerente con i paradigmi tradizionali della scienza per tramandare la conoscenza scientifica. In questo processo pone al cuore della realtà ciò che chiamiamo "teoria" ed esprime una tendenza verso l'interculturalità e la flessibilità della periferia disciplina­ re. Un'interdisiciplinarietà sempre in discussione negli ambienti scientifici e accademici, e che però non può essere negata. La scienza sarà sempre divisa nei "gruppi immaginanti" , ad esempio la fisica dei quanti versus quella delle string theory. Spesso non si tratta di gruppi in diretta contrapposizione, ma di sistemi che hanno per oggetto questioni ben delimitate e dai confini sempre più chiusi, che impediscono il dialogo con gli altri "gruppi" . Nonostante l'unità della scienza, la specializzazione rende il dialogo interdisciplinare sempre meno facile. Diceva McLuhan: «misticism is tomorrow's science dreamt today>>. L'accelerazione dello scambio scientifico in Rete conduce alla trasversa­ lità della scienza, è possibile molto più facilmente andare alla periferia della disciplina, far emergere nuovi elementi, avviare diversi percorsi di appro­ fondimento. La periferia delle discipline oggi diventa più flessibile. La sem­ plificazione nell'accesso alle informazioni corrisponde ad una facilitazione attraverso lo schermo e ad un'accelerazione della funzione cognitiva. La fluidità, su cui anche Zygmunt Bauman si sofferma, è un concetto particolarmente significativo e sembra caratterizzare la società contempo­ ranea. Tale fluidità passa dalla macchina alla mente e viceversa. C'è un rapporto sempre più intimo tra il nostro corpo (assisted by computer) e un mondo cognitivo sempre più ricco e sempre più condiviso. Definisco questa fase "era post-galileiana" perché attualmente, con il passaggio dal solido al liquido, si crea una situazione di fluidità, che è esat-

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tamente ciò a cui Galileo Galilei si opponeva. Secondo Galilei, la natura creata da Dio, diviene poi da Lui autonoma: la natura è solida, non cam­ bia, è affidabile, non ha più bisogno del Creatore. Così possiamo separare il pensiero creativo da quello dell'osservatore. Un razionalismo molto di­ scusso, ad esempio dalla Chiesa. Probabilmente senza credervi, il cardinale Bellarmino (e di conseguenza il Papa) difendeva la parte mitica, l'idea del Creatore, fondamentale per l'unità e la stabilità dell' Europa e per la cultura occidentale. Il "momento post-galileiano della liquidità" rappresenta una fase di precarietà scientifica, paragonabile quasi alla instabilità della crisi finanziaria-economica o a quella determinata dal terrorismo. Con la fisica dei quanti e con la rivoluzione paradigmatica di Kuhn, il mondo solido diviene labile, flessibile, fluido. Nell'era del quantum l'osservato muta sotto l'effetto dell'osservatore. Così nel nostro futuro la storia cambia sotto la pressione dell'osservazione, del pensiero: se prima eravamo vittime della storia, oggi siamo capaci di fare storia. Dobbiamo allora sapere che mondo vogliamo creare. Quando questo succede, e sappiamo che stiamo già pensando all'uso tecnico del quantum physics, c'è una virtualizzazione, non solo tecnica ma anche dell'essere umano, della presenza umana sul pianeta, una virtualizzazione che arriva ad una ricostruzione della storia, ad un ro­ vesciamento del nostro rapporto con la storia. Siamo noi che scriviamo la storia, e costruiamo il mondo in cui vogliamo vivere. Mark Kingwell (2000) parla di " 77ze world we wanf' : il mondo che vogliamo creare. L'etica hacker è una delle sorgenti di questa voglia di "the world we wanf' . Credo che la vera sfida oggi sia quella di una partecipazione al discorso globale su ciò che sia necessario fare, di una assunzione di responsabilità. Ad esempio avere una coscienza ecologica e dunque una responsabilità verso le sorti del nostro pianeta. Oppure porsi in una prospettiva veramente globale di incontro tra culture diverse. Parafrasando Kingwell, "the science we wanf' costruisce il discorso scien­ tifico. L'elusiva "grande unified theory " della fisica potrebbe essere la base infor­ mazionale della natura e della materia, sebbene il momento dell'inizio conti­ nui a essere sconosciuto e inconoscibile. La superstring theory cerca di conciliare la teoria della relatività generale di Einstein, che ha il compito di spiegare il comportamento degli oggetti di grandi dimensioni come stelle, galassie, etc, con la meccanica quantistica fondata da Max Planck, che ha per oggetto il mondo atomico e subatomico. Nel 1 995 il fisico teorico Edward Witten scopri che le cinque versioni della teoria delle superstringhe erano connesse tra di loro, ed esse furono raggruppate in un unico schema concettuale cui si diede il nome di M-theory, "madre di tutte le teorie" . Il problema è sem-

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pre quello di verificare se il modello si adatti alla realtà, ma al di là della difficoltà di alcuni controlli sperimentali, la questione è che l'oggetto della scienza risiede in ciò che abbiamo scelto di sapere. Siamo giudici e parte del processo. Non possiamo essere più avanti di questa constatazione. La grande unffied theory è un'informazione, un "fluido" che si organizza con l'emergenza della conoscenza ma, come nell'indeterminazione quantica, è precisamente questa conoscenza che guida e che sceglie i parametri da stu­ diare. Non possiamo liberarci dalla prigione del linguaggio anche nella fisica di base dell'essere. La presenza dello scienziato nella scienza è sufficiente per sostenere che non esiste oggettività senza dubbio. Qualsiasi tentativo di giungere ad una conoscenza oggettiva può essere inteso come "oggettività consensuale", che nasce dall'accordo su ciò che si voglia intendere oggettivo. Sempre di più, oggi, lo scienziato parla della condizione della sua presenza dentro la ricerca. Una riflessività sempre più diffusa. Con una battuta potrei dire che oggi in tutti gli igloo eskimesi le famiglie sono composte da genitori, figli . . . e un'antropologa! Oggi tutta la ricerca, l'intero percorso che facciamo sulla Rete, è una personalizzazione del mondo. Così la personalizzazione del ricercatore diviene parte di un processo molto più generalizzato in cui egli riconosce di non essere un dio. Con l'apparire della fisica dei quanti, stiamo passando dal solido al liquido e quindi all'incerto, al precario, fino alla definizione della fisica come una disciplina non più basata sull'atomo e sulla gravità - la fisica di New­ ton - ma sul quantum, che è solido e liquido insieme, materia e movimento. L'informazione diviene la definizione della natura: non c'è più la terra, ma l'informazione sulla terra. L'informazione diviene la base di tutto. Noi stiamo riversando la nostra conoscenza nella Rete, stiamo scambiando con lo schermo i nostri processi cognitivi.

Tecnologia, memoria e oblio Buffardi: Il principale mezzo di informazione oggi è il web e gli uten­

ti recuperano le notizie della Rete prevalentemente attraverso i motori di ricerca. Tra i ricercatori, come evidenzia l'indagine di C arol Tenopir del 2007 , si assiste ad una crescente diffusione del searching e alla parallela ri­ duzione di importanza del browsing. Piuttosto che navigare dalla home page delle riviste, gli studiosi giungono direttamente all'interno del sito web, al livello di uno specifico articolo. Tenopir mostra, comunque, la molteplicità delle vie di accesso utilizzate dai ricercatori, per i quali repository bibliografici e database specializzati continuano a rappresentare l'opzione più utilizzata

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per rintracciare articoli tematici, poco prima dei motori di ricerca del web. Per i giovani, invece, questi ultimi rappresentano la modalità principale di accesso alle informazioni, come viene evidenziato da diverse ricerche, tra cui quella dell'University College London del 2008 . I motori di ricerca sono uno straordinario strumento di conoscenza, un'innovazione necessaria che è anche la risposta all'injòrmation overload della Rete e divengono spesso fonte di serendipity. Tuttavia, oggi è Google, più che i motori di ricerca in generale, a dominare le nostre modalità di esplorazione on line. Nei discorsi comuni e anche nella letteratura scientifica, Google e "Internet" divengono spesso sinonimi. Si tratta però di un colosso economico, che detiene il potere di selezionare e di evidenziare informazioni e dati alla moltitudine di utenti. Ciò rappresenta un'ombra nella presunta democrazia del web? Occorrerebbe una maggiore pluralità degli agenti di selezione? de Kerckhove : C 'è sempre una tensione dialettica tra l'espressione di un

monopolio (di potere o di mercato) e la risposta dei cittadini. Wikileaks è una risposta al monopolio del potere (politico) sull'informazione. Google tenta di essere il one-stop service per tutte applicazioni. A questo proposito, Chris Anderson, direttore di WIRED e già noto per la sua teoria della cosiddetta "Lunga Coda", afferma: il "web è morto" . Tesi che richiama l'attenzione sulla diffusione del traffico legato agli application store. È chiaro che si tratta di una provocazione. Tuttavia credo che abbiamo superato il punto più alto della convergenza. La tecnologia e il mercato vanno ora verso la divergenza di prodotti, piattaforme e servizi. È vero che lo sviluppo degli smartphone conduce verso un'integrazione di diverse funzioni, ma i piccoli schermi dei telefonini rendono poco appetibile la lettura, spingendo verso la diversificazione dei dispositivi. L' iPad, nato per competere con la carta nella lettura dei giornali spinge verso tale diversificazione. Non è invece per niente piacevole leggere un saggio, come questo, sullo schermo di un iPad o di un iPhone. Credo che per le piattaforme della Rete, si riproponga una riflessione simile. Per esempio interpreto Twitter come una risposta della gente (e della Rete) al controllo dell'informazione. Lo sviluppo e la maturazione della Rete richiedono e producono la sua propria dialettica. Come dico spesso: la critto­ grafia esiste solo per sfidare gli hackers e per sviluppare la Rete. Buffardi: Anche la nostra memoria si sta progressivamente trasferendo

nel web. Una memoria digitale che però può essere facilmente cancellata. Diversi web archives tentano di rispondere al pericolo di perdere una consi­ derevole mole di dati e informazioni del nostro tempo, affidate esclusiva­ mente al web e non adeguatamente archiviate. La tecnologia può divenire

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obsoleta, i siti possono chiudere, i materiali possono essere deliberatamente cancellati. Strategie più o meno indirette di oscuramento da parte di chi detiene il potere politico, economico, culturale possono condurre verso una centralizzazione delle scelte di oblio. de Kerckhove: Roger Fiddler, ex direttore tecnico di quello che è stato il potente gruppo editoriale Knights-Ridder, parlava già di "amnesia digitale" . ll

pericolo è assolutamente attuale e corrisponde ad un rischio con cui dobbia­ mo confrontarci. Non solo in caso di guasti del sistema elettrico (accadono, ogni tanto, durante i black-out in America) ma anche con i migliori sistemi di archivio. Il disco materiale più affidabile non garantisce più di 1 1 O anni di funzionamento. È preferibile non considerare la Rete come una memoria a lungo termine e continuare a pubblicare ciò che riteniamo importante su carta, per tutelarci dalla fragilità di qualsiasi tipo di archivio elettronico. Il rischio della perdita della memoria digitale caratterizza il nostro tem­ po. L'estrema sintesi della questione è nelle parole di Jacques Derrida: in caso di disastro nucleare il pericolo non è la nostra morte, ma la perdita degli archivi. Alla Library rif Congress, qualche anno fa, con Brewster Khale abbiamo discusso a lungo sulle modalità di archiviazione dei contenuti della Rete. Khale suggeriva di riprendere una serie di snapshots in tempo reale, di fotografare tutta la Rete in un momento T., e trasferirla in un potente database. Naturalmente il problema di cui si è discusso è anche quello delle procedure di selezione: una questione che riguarda anche le scelte di archi­ viazione delle biblioteche tradizionali. L'unica garanzia che il potere non riesca a dominare la selezione delle informazioni (come hanno fatto tutti i regimi politici con la loro propria storia) è la salvaguardia delle democrazie e le risposte che la stessa Rete offre attraverso i suoi strumenti: l'emergenza dei "figli" di Wikileaks. Buffardi: Un'emergenza che appartiene all'intersezione tra società e tecno­

logia. Latour, scriveva, nel 1 993: seguendo gli uomini e le macchine, non li troveremo mai separati gli uni dalle altre. Vedremo assemblaggi, crisi, com­ promessi, traduzioni, sostituzioni e concatenazioni sempre più complicate che coinvolgono un numero sempre maggiore di elementi, una trama composta di persone, cose, infrastrutture informative che convergono su di un unico processo (Latour, 1 993). Su questa via è impossibile trovare un solo ambito in cui gli oggetti esistano senza essere «pieni di persone», così come alcuna società umana può funzionare senza poggiare su materia e tecnologie. Ogni mediazione fra gli uomini, fra le persone e le cose, e fra le cose e le cose, si compie utilizzando gli strumenti tecnici che al loro interno ricomprendono

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l'insieme di attori eterogenei, ahneno in forma simbolica (ibidem). "L'efficacia e il successo" di un artefatto non dipendono, quindi, da proprietà intrinseche delle macchine e delle applicazioni informatiche, ma sono correlate ad un processo di mediazione che include le strategie adottate dai diversi attori. Nelle "pratiche" che sostanziano l'essenza delle tecnologie, i confini tra tec­ nologia, scienza e società divengono sfumati nell'intreccio tra attori umani e non umani, artefatti tecnologici, infrastrutture. de Kerckhove : McLuhan diceva che gli artisti anticipano gli effetti degli

oggetti e delle innovazioni tecnologiche. Per esempio, segnalava che George­ Pierre Seurat, e la corrente pointilliste precedono l'avvento della televisione. n fondatore del movimento futurista Filippo Tommaso Marinetti aveva intuito che l'elettricità avrebbe cambiato per sempre la nostra percezione dello spazio e del tempo. Penso che l'innovazione della Rete sia stata anticipata da alcuni poeti e scrittori come, ad esempio, James Joyce e Ezra Pound, e contempo­ raneamente condizioni il modo di fare scienza oggi. Un modo confermato dalla progressione della Rete, che non ha esaurito il suo corso. Attualmente già siamo oltre, con lo sviluppo degli smartphone, e dei tablet touch tipo iPad, ad esempio, che danno una flessibilità fisica totalmente nuova. n telefonino è sempre più complesso, più connesso, e ci rende sempre più rintracciabili. n modo RF1D Radio Frequenry ldentffication Device è un'espressione sofisticata di tale tendenza di sviluppo. I tag, dispositivi elettronici su cui si basa l'RF1D, attribuiscono un indirizzo ai prodotti dell'industria e del commercio, a ciò che acquistiamo. I chip di RF1D sono assolutamente semplici, piccoli pezzetti di calcolatori che possono leggersi a distanza e che testimoniano ed archiviano le nostre azioni, dove siamo stati e cosa abbiamo fatto. Ciò testimonia l'in­ terconnettività, caratteristica del nostro tempo, tra tutte le cose, un'intimità globale e quasi fisica, un'estensione mondiale del nostro corpo. Ciò è secondo me molto intrigante, per non dire inquietante. La storia di Internet è un'emergenza ed appare quasi come una te­ leologia delle strutture elettroniche che attraversa l'immaginario umano. Ovvero l'immaginario umano funziona come un sogno di sviluppo tecnolo­ gico, il quale suscita innovazioni che avvengono in parte perché sono state così sognate, e in parte perché sono già incluse nella tecnologia di base, l'elettricità. Non è possibile sognare lo sviluppo innovativo senza la base tecnologica dell'elettricità, ma allo stesso modo non è possibile sviluppa­ re questa base senza il sogno. È per questo che devo sempre tornare alla significativa differenza tra la lettera dell'alfabeto, la scrittura e l'elettricità. La grande trasformazione che si svolge tra sogno e tecnologia, è la base di tutte le innovazioni. -

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Fanno parte di questa intersezione anche i possibili rischi della Rete. n pericolo più grave è il controllo politico dell'informazione. Un rischio reale è anche quello di perdere tutte le informazioni, a causa di killer virus oppure a seguito di operazioni di cancellazione involontarie o non dipendenti da noi. Meno forte è, invece, il rischio della falsificazione dei dati, poiché è molto più difficile nascondersi nel mondo pubblico della scienza on line che non nel la­ boratorio isolato. Provocatoriamente potrei dire che la quantità di false notizie sulla Rete è inferiore rispetto a quelle che possiamo riscontrare tra i metodi più tradizionali di diffusione della scienza classica. In ogni caso, l'affidabilità dei membri di una comunità scientifica svolge la funzione di garantire l'atten­ dibilità del "fatto scientifico" . Un altro rischio è quello di perdere la paternità intellettuale delle nostre opere o dei prodotti della nostra creatività. È il rischio della diffusione di informazioni senza controllo, senza autorship. Un pericolo che va oltre la comunità scientifica è il rischio di perdi­ ta di autorità politica, connesso al corso dello sviluppo politico-sociale. La lotta contro il terrorismo post 1 1 settembre, promossa dall'ex presidente Bush, implica una modalità di controllo dell'informazione particolarmente rischiosa, considerato che pone la "persona digitale" in uno stato di costante sorveglianza e ciononostante non garantisce risultati perché poco affidabile e precisa. Ma non è Bush che ha inventato l'homeland security, è l'elettricità che ha inventato Bush. L'emergenza del tipo di potere nasce dalle condizioni socio-politiche: così come l'opera d'arte non è unicamente il frutto dell'in­ venzione o della decisione - spesso incosciente - dell'artista, allo stesso modo la "persona politica" emerge da un condizionamento contemporaneo: Bush è l'espressione di una strategia dell'elettricità che prende potere su di noi. Buffardi: L'intersezione tra uomini e macchine è portata all'estremo in

quello che tu definisci "punto di essere" . Risposta dell'elettricità al punto di vista imposto dalla scrittura, il "punto di essere" richiama invece la consape­ volezza dell' essere-nel-mondo, che a sua volta conduce ad una nuova respon­ sabilità globale e quindi alla consapevolezza delle scelte. Nell'interazione con le tecnologie digitali sviluppiamo un diverso senso del luogo e del tempo e una nuova percezione del senso del nostro corpo, che nasce dall'estensione tattile della nostra esperienza del mondo. n "punto di essere" esprime il senso di un'interconnessione tra le menti che coinvolge i sentimenti, le attitudini, il pensiero, il cuore. Si colloca tra il nostro corpo e le tecnologie, tra il nostro corpo e il mondo, tra luoghi, tra spazi, tra persone. The world we want nasce da tale consapevolezza del nostro essere-nel-mondo, orienta le nostre scelte e la costruzione di quel mondo che vogliamo. In questa immagine appaiono insieme, strettamente interconnessi, tecnologie, società e uomini.

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de Kerckhove : lo intendo il "punto di essere" come il modo di passare

dall'intelligenza all'emozione, e di considerare la dimensione sociale più che quella puramente intellettuale relativa alla trasformazione avviata dai nuovi strumenti tecnologici. È il modo di coinvolgere il corpo e anche di indivi­ duare potenziali soluzioni alla problematica geo-politica attuale, all'intensi­ ficarsi del terrorismo, ai problemi che nascono dai divides che caratterizzano il mondo. Amo molto la cartografia emozionale del pianeta realizzata da Maurice Benayoun. Non perché essa costituisca la rappresentazione precisa delle emozioni del pianeta - è una carta simbolica - ma come opera artistica che, in Rete, attraverso lo scanning e il sampling di migliaia di città, fornisce una mappa delle emozioni che esprime il punto di essere e la conoscenza del nostro senso di malessere. Il punto di essere è la coincidenza tra l'origine del pensiero e l'origine del sentire fisicamente la nostra presenza nel mondo. La "sensazione del mondo" non si ferma, è sempre più ampia. Possiamo essere distanti e vici­ ni, allo stesso tempo. Dal punto locale posso proiettarmi nella dimensione globale. Questa è una delle possibilità di un rapporto giocale nel mondo. n punto di essere è espresso nella nostra sensibilità multisensoriale, nel nostro essere immersi in un mondo invece di esserne spettatori. È l'unico punto dove sono, ma è un punto che comprende anche il punto di fuga tattile, la sparizione delle proporzioni. n mio "cursore fisico" non è collocato in un punto specifico, non più secondo la dimensione spazio-temporale tradizio­ nale, ma risulta essere indeterminato e localizzato insieme. L'aura del santo è un esempio del punto di essere, è il potere del santo di cambiare il mondo senza toccarlo, perché già tocca il mondo col suo essere. Sulla Rete siamo tra la periferia e il centro, siamo in beetwen, ad esempio attraverso il braccio transatlantico della piazza virtuale tra Salerno e To­ ronto. Il punto di essere cambia l'allargamento del sé e si nutre di continui feedback, però l'origine continua ad essere fisica, nel nostro corpo. William Bogard scriveva che a differenza della visione, che si concentra nella mente, la tattilità è distribuita in tutto il corpo (occhi compresi), in strati di inten­ sità variabile. n tatto non è uno dei cinque sensi, bensì una competenza di tutti i sensi, una qualità di apertura e di sensibilità. La tattilità comporta non solo l'esterecezione (percezione rivolta all'esterno, verso l'ambiente), ma anche la propriocezione, il senso interno che il corpo ha di se stesso e dello sforzo necessario per muoversi o resistere al movimento. Le nuove tecnologie rendono particolarmente evidente il coinvolgimento del corpo. Noi siamo immersi nella marea di dati: un ambiente paradossalmente tattile. Electricity is touch, diceva McLuhan. n tatto è la nostra attività più intima e quella che maggiormente favorisce l'interrelazione. La relazionalità della gente è

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l'incontro dei punti di essere e dipende dalla fisicità dell'incontro faccia-a­ faccia. Ci sono ovviamente diversi tipi di contatti face-to foce. Una relazione amorosa è densa di "raffinamento tattile" , ma anche gli incontri casuali e brevi sono carichi di informazione sensoriale, ne trasmettono sicuramente più di quanta possa attraversare il contatto con gli "amici" , più o meno conosciuti, di Facebook. La nostra duplicazione virtuale fa parte di una realtà cosiddetta "au­ mentata", ma non può essere confusa con la realtà propria.

Conclusioni L'inconscio digitale di Demck de Kerckhove

L'inconscio digitale è la surnma dei dati disponibili in Rete. L'inconscio collettivo, secondo Cari Jung è fondato sull'informazione-ambiente, che sostiene la costruzione nella memoria collettiva dei miti e degli archetipi. La differenza sostanziale tra l'inconscio collettivo e quello digitale risiede nelle peculiarità dell'ambiente Rete, nel quale oggi siamo immersi, che si caratterizza per la sua portata globale, per la straordinaria velocità attraver­ so cui consente l'accesso alle informazioni, per la possibilità istantanea di raccogliere e far emergere al livello cosciente una grande collezione di dati, correlati in diverse configurazioni in tempo quasi reale. Ciò caratterizza la sua dimensione collettiva. L'inconscio connettivo prende forma nella moltiplicazione di dati e reti personali, attraverso social network e sistemi di riferimenti automatizzati sulle nostre attività sociali, economiche e culturali. L'inconscio connettivo nella vita quotidiana è già ben conosciuto e descritto dalla psicologia, ed emerge ad esempio nel concetto di intuizione. Linda H. Liu (20 1 1 ) si sofferma su tali argomenti riflettendo sull' inconscio cibernetico, definito dall'autrice anche digita[ unconscious. Nel suo testo Tlze Freudian Robot: Digita[ Media and the Future rif the Unconscious evidenzia la neces­ sità per la psicoanalisi e per la psicologia generale di interrogarsi sul rapporto fra la Rete e la mente. Liu ritorna sulla problematica della scrittura: A common perception there is that psycho anaiysis has Iittle to do with digitai media and that digitai media have nothing to do with psychoanalysis. I believe I offer in this book indisputabie evidence that digitai media and psycho anaiysis have been mutualiy entangied from the very beginning. The pivot of that entangiement is the changing identity and roie of Ianguage and writing after aiphabetical writing made an ideographic turn in the mid-twentieth century. This raises the fundamental question of how human-machine relationships can be rethought at the Ievel of the unconscious. And this is where a com­ parative and cross-discipiinary approach proves necess ary and particuiariy fruitful.

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All'interno di tale approccio, è interessante soffermarsi su come, nel contesto della "mente aumentata", l'inconscio digitale rappresenti un ele­ mento del sapere digitale, il sapere che emerge e si diffonde attraverso la Rete. lnnanzitutto, occorre definire il concetto di "mente aumentata" , che rappresenta il fondamento delle pratiche del nostro inconscio digitale. La "Mente aumentata" (Augmented A1ind) è l'ambiente cognitivo attivo, personale e collettivo, che le tecnologie elettroniche hanno tessuto intorno a noi, in particolare attraverso Internet e in generale attraverso l'elettricità. Funziona sia come memoria estesa, sia come processore di intelligenza per tutti gli utenti delle tecnologie elettroniche, dal telegrafo al cloud computing, a Twitter. Collega le persone, invece di separarle, come ha fatto l'alfabeto, e introduce qualsiasi singola voce in uno spazio fluido di informazione definibile per i bisogni individuali, così come per quelli collettivi e connettivi. Può assumere diverse forme, mette in comune risorse personali entro servizi come W-ikipedia o esternalizza e oggettiva i nostri processi mentali in ambienti immaginari ma vivi come, ad esempio, Second Lifè. Essendo sostenuta da fonti varie e di diversa tipologia, che appaiono agli utenti spesso imprevedibili, la mente aumentata è caratterizzata da vari livelli di funzionamento, per la maggior parte inconsci. Per illustrare tale concetto può essere utile richiamare alcuni concetti e fare riferimento ad alcuni siti web che, considerati insieme, evidenziano la nostra immersione nei dati del web e una trasformazione nel nostro rapporto con le informazioni.

l . lnnanzitutto va evidenziata la possibilità di recuperare in Rete dati im­ prevedibili a partire dalla selezione e correlazione di informazioni raccolte e disponibili per altri usi. Un esempio è la mappa quotidiana delle attività criminali in una grande città americana, visualizzabile on line, a partire dai dati statistici disponibili per aree. I siti di riferimento possono essere Spot Cri me 1 , oppure Trulia 2 , con le sue dettagliate cn me maps. Le statistiche rappresentano un modo per accedere alle informazioni. Riflettendo sulla Rete, ciò che emerge è la velocità con cui esse sono pubblicate on line e l'evidente flessibilità con cui i dati disponibili possono essere utilizzati per nuovi interrogativi e per nuovi scopi. '

2 . Un secondo elemento interessante emerge dalle simulazioni reticolari dei dati disponibili. La rappresentazione delle correlazioni tra le informa­ zioni disponibili on line rivela i rapporti -profondamente inclusi nella Rete1

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http : / /www. spotcrime.com/tx/dallas http : / /www. trulia.com/ crime /#!dallas-tx/ 1 3 / 3 2 . 7 7 846,-96. 80049/Dallas,TX/

CoNcLUSIONI. L'INcoNscio DIGITALE

tra le diverse banche dati del web. Per esempio, un sito esemplare, Visual Complexiry 3, propone la visualizzazione, talvolta esaltante, di oltre mille reti che appartengono a diverse categorie, dai social network alle reti neurali. Ovviamente, la rappresentazione può far emergere una dimensione poco conosciuta all'utente, non sempre immediatamente comprensibile ed imma­ ginabile. Anche in questo caso, come in tutte le circostanze di ricerca, il contesto e le disposizioni dell'utente conferiranno una definizione pertinente a questa dimensione dell'inconscio connettivo. 3 . ll terzo esempio è DigJtal Mirror4. Un sito che evidenzia nuovi modi di investigare nella sfera individuale e che rimette in questione la definizione della nostra identità attraverso le nostre reti relazionali on line. Sottoponendo e autorizzando un'analisi automatica di circa tre o quattro mesi delle nostre relazioni attraverso e-mail, Facebook, Twitter, altri social network e blog, il sito consente un'indagine sulle nostre pratiche casuali o deliberate in Rete. Digita[ A1irror offre una rappresentazione interessante e spesso inquietante del nostro comportamento in Rete: chi sono veramente on line? 4. Un ulteriore concetto utile nell'articolazione degli elementi che caratteriz­ zano e alimentano il nostro inconscio digitale è rappresentato dalla "teoria del meme" , elaborata a partire dal suggerimento di Richard Dawkins ( 1 976) . La meme theory spiega le pratiche di trasmissione culturale per analogia con quelle della genetica. Nella cultura, e particolarmente attraverso i nuovi media, l'informazione, in forma e contenuto, viene trasferita secondo regole di imitazione e trasformazioni ripetibili. Un meme è un'unità informativa e rappresenta per la cultura ciò che il gene è per la genetica. 5. Wikileaks esprime una tendenza irreversibile di trasparenza della cultura dell'elettricità, avviata con il matrimonio del linguaggio con l'elettricità sulle linee del telegrafo. La Rete, fonte sempre crescente di definizione del no­ stro inconscio, è anche il luogo dell'emergenza. La tendenza fondamentale dell'elettricità va oggi verso la trasparenza. Quali che siano le condizioni di pubblicazione di determinate rivelazioni, esse viaggiano in Rete verso la più larga diffusione. E soprattutto, coinvolgono un'opinione pubblica sem­ pre più ampia. Tradizionalmente ristretta alle questioni locali, attualmente l'opinione pubblica diviene globale, come è stato mostrato dalle recenti ri­ velazioni di Wikileaks e dalle rivoluzioni nei paesi arabi. Facebook ha giocato un ruolo determinante nella prima rivoluzione dei Tunisini e Twitter in quella di Egitto. 3 www. 4

. Vl• sualcompl extty.com

http : / l gigaom.com/20 l 0/08/ l 0/ digital-rnirro r-wants-to-show-you-the-real-you

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SAPERE DIGITALE

6 . Un ulteriore elemento emerge attraverso l'esempio di Google Transparency5. Uno strumento con il quale Google afferma di perseguire la trasparenza nelle procedure di ricerca, rendendo disponibile all'utenza l'informazione relativa ai contenuti che sono stati rimossi su richiesta dei governi nazionali. Dunque, con il transparency report, Google illustra le condizioni attraverso cui opera nei diversi Paesi e nei vari contesti sociali e politici. Ciò è molto importante, ma non va trascurato che la questione della trasparenza va posta anche in altri termini. Gli utenti del web generalmente non sanno che, per facilitare l'accesso personalizzato e al fine di indirizzare verso risposte sempre più pertinenti con i nostri obiettivi di ricerca, Google filtra le richieste con oltre 50 parametri utili a costituire un nostro profilo individuale. Tale sistema appare funzionale poiché, negli obiettivi, consente all'utente di ottenere, nel minore tempo possibile, risposte orientate alle proprie esigenze. Tuttavia, è anche vero che, privilegiando configurazioni personali, la medesima richiesta effettuata allo stesso momento da utenti differenti potrebbe condurre a risul­ tati diversi. Se la risposta che l'utente ottiene è la migliore rispetto ai propri interessi, tale criterio potrebbe non apparire problematico. Genera, però, perplessità, poiché l 'utente, solitamente, non ne è a conoscenza. Sebbene sia teoricamente consentito escludere dalla ricerca i parametri personalizzati, nella pratica ciò è possibile solo attraverso un comando nascosto tra i criteri di Google Advanced. Si potrebbe anche affermare che tutta la Rete gioca il ruolo dell'inconscio per l'umanità perché, come l'inconscio collettivo, costituisce una presenza latente d'informazione complessa e imprevedibile. Ho scelto questi esempi innanzitutto per la loro dimensione poco nota, benché decisamente utile per rivelare la parte inconscia che sostiene la Rete. Ciò pone un problema, non solo di conoscenza, ma anche di identità e di privacy. Attualmente diversi Paesi si interrogano su come inserire nelle proprie giurisdizioni il "diritto all'oblio" , per evitare che la memoria digitale possa generare problemi agli utenti, riproponendo eventi o dichiarazioni del loro passato. La questione è fondamentale: è opportuno, in nome della libertà del web, trascurare le di­ verse forme di privacy? Estremizzando, tale scelta potrebbe condurre ad un tipo di società attualmente appena immaginabile, destinata probabilmente ad una forte coesione sociale. Oppure possiamo ancora affidare la nostra privacy alla neutralità del casellario giudiziario tradizionale, che registra solo le azioni legalmente riconosciute come criminali. Oggi, tuttavia, agiamo nel contesto di quella sorta di grande "casellario generale" che si chiama Facebook.

5

http : / /www. google. com/transparencyreport/

CoNcLUSIONI. L'INcoNscio DIGITALE

6g

Attualmente il Reputation Capitai è allargato a sfere relazionali sempre più ampie e, come tutta l'informazione in Rete, circola velocemente. On line possiamo recuperare facilmente commenti e informazioni su qualsia­ si tipo di attività, di prodotto e di servizio realizzati dalle aziende private così come dai governi. La nostra reputazione personale o corporativa è un bene prezioso e sempre fragile. Necessariamente oggi, il reputation capita! si alimenta nella Rete e con essa deve confrontarsi. Si ripropone, così, on line il concetto sociale molto antico della vergogna. Nell'era dell'informazione istantanea, dice McLuhan", il rumore è "the rea! thing' . La velocità della circolazione del rumore trapassa tutti i controlli e produce sempre conseguenze. Siamo tutti "appendici del rumore" come dice Max Picard ( 1 989). Va precisato, tuttavia, che le notizie false sono gene­ ralmente smentite velocemente. Le informazioni che corrispondono al vero, invece, conducono a conseguenze, alcune sostanziali come, per esempio gli eventi nei paesi arabi. n "rumore" di Twitter porta con sé tutti gli altri ru­ mori attraverso il passaparola elettronico. L'inconscio connettivo della Rete genera i suoi effetti sociali, sempre più pertinenti, adeguati ai contesti e alla domanda sociale. Ciò è tanto più vero nei momenti di emergenza. Perché soffermarsi sull'inconscio digitale nel contesto di una riflessione sul sapere digitale? Credo che sia importante, per la ricerca sociologica, riconoscere ed analizzare le diverse forme di sapere della Rete. n sapere di­ gitale non è un prodotto, è prima di tutto un processo. E questo processo di costruzione, ricostruzione e ricombinazione permanente non può trascurare la necessità di estrapolare dall'inconscio gli elementi utili alla conoscenza e al comportamento sociale.

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