Il potere costituente. Saggio sulle alternative del moderno


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ANTONIO NEGRI

IL POTERE COSTITUENTE SAGGIO SULLE ALTERNATIVE DEL MODERNO

ANTONIO NEGRI

ILPOTERE COSTITUENTE

saggio sulle alternative del mcx:lerno

A Suzanne

Capitolo I

POTERE COSTITUENTE: IL CONCETTO DI UNA CRISI

1. Sul concetto giuridico di potere costituente

Problematica giuridica del potere costituente - Potere co• stituente: concetto di una crisi insolubile? - Il progetto di controllo del potere costituente da parte della scienza giuridica - Potere costituente come /onte trascendente: Jellinek e Kelsen; come fonte immanente: da Lassalle a Rawls - Esasperazione irrazionale del potere costituente: Weber e Schmitt - Potere costituente come fonte coestensiva nell'istituzionalismo giuridico - Costituzionalismo contro potere costituente - Radicalità problematica del concetto di potere costituente - Un falso problema: potere costituente e rappresentanza. Parlare del potere costituente è parlare di democrazia. Nell'età moderna i due concetti sono stati spesso coestensivi e comunque inseriti in un processo storico che, avvicinandosi il XX secolo, sempre di più li ha sovrapposti. Vale a dire che il potere costituente non è stato solo considerato la fonte onnipotente ed espansiva che produce le norme costituzionali di ogni ordinamento giuridico ma anche il soggetto di questa produzione, un'attività altrettanto onnipotente ed espansiva. Da questo punto di vista il potere costituente tende a identificarsi con il concetto stesso di politica, nella forma nella quale esso è inteso in una società democratica. Qualificare costituzionalmente, giuridicamente il potere costituente non sarà dunque semplicemente produrre norme costituzionali, strutturare poteri costituiti ma soprattutto ordinare il potere costituente in quanto soggetto, regolare la politica democratica. Senonché la cosa non è semplice. Il potere costituente resi-

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ste infatti alla costituzionalizzazione: «Lo studio del potere costituente presenta dal punto di vista giuridico una difficoltà eccezionale che riguarda la natura ibrida di questo potere ... La potenza che il potere costituente nasconde è ribelle ad un'integrazione totale in un sistema gerarchizzato di norme e di competenze... sempre il potere costituente resta estraneo al diritto». 1 Tanto più difficile diviene la cosa perché anche la democrazia resiste alla propria costituzionalizzazione: la democrazia è infatti teoria del governo assoluto mentre il costituzionalismo è teoria del governo limitato, quindi pratica della limitazione della democrazia. 2 Il nostro problema sarà dunque quello di raggiungere una definizione del potere costituente dentro questa crisi che lo caratterizza. Cercheremo di comprendere il concetto di potere costituente nella radicalità del suo fondamento e nell'estensione dei suoi effetti, fra democrazia e sovranità, fra politica e Stato, fra potenza e potere. Insomma il concetto di potere costituente proprio in quanto concetto di una crisi. In primo luogo vediamo dunque le articolazioni della definizione giuridica del potere costituente: esse ci permetteranno di entrare subito nel mezzo dell'argomento. In secondo luogo considereremo il problema del potere costituente dal punto di vista del costituzionalismo. Che cos'è_, nella prospettiva della scienza giuridica, il potere costituente? E la fonte di produzione delle norme costituzionali, ovvero il potere di fare una costituzione e quindi di dettare le norme fondamentali che organizzano i poteri dello Stato; in altri termini, il potere di istaurare un nuovo ordinamento giuridico e cioè di regolare i rapporti giuridici nel seno di una nuova comunità. 3 «Il potere costituente è un atto imperativo della nazione che sorge dal nulla ed organizza la gerarchia dei poteri». 4 Eccoci, con questa definizione, davanti a un paradosso estremo - un potere che sorge dal nulla e organizza tutto il diritto ... Un paradosso che proprio per la sua estremità è insostenibile. E infatti mai, come a proposito del potere costituente, la scienza giuridica si è esercitata in quel gioco di affermare e negare, di assolutizzare e di limitare che pur è caratteristico del suo lavorio logico. 1 Se il potere costituente è onnipotente, esso dovrà tuttavia essere temporalmente limitato, esser definito e fatto valere come un potere straordinario. Il tempo che è proprio del potere costituente, un tempo dotato di una formidabile capacità di ac8

celerazione, tempo dell'evento e della generalizzazione della singolarità, dovrà essere chiuso, trattenuto, ridotto nelle categorie giuridiche, ristretto nella routine amministrativa. Forse mai quanto nel corso della rivoluzione francese questo imperativo - trasformare il potere costituente in potere straordinario, schiacciarlo sull'evento e chiuderlo in una fattualità solo rivelata dal diritto - è stato tanto affannosamente sentito. Il potere costituente come potere onnipotente è infatti la rivoluzione stessa. «Citoyens, la révolution est fixée aux principes qui l' ont commencée. La Constitution est fondée sur !es droits sacrés de la proprieté, de l'egalité, de la liberté. La révolution est fini», proclamerà Napoleone, con ineguagliabile ironica arroganza, 6 perché affermare che il potere costituente è finito, è un puro non senso logico. Ma è certo tuttavia che quella rivoluzione e quel potere costituente non possono essere giuridicizzati che nella forma del Termidoro: il problema del liberalismo francese, per tutta la prima metà del XIX secolo, continuerà ad essere quello di terminare con la rivoluzione. 7 Ma il potere costituente non è solo onnipotente, esso è anche espansivo, la sua illimitatezza non è solo temporale, è anche spaziale. Orbene, anche quest'ultima sua espressione dovrà essere ridotta, spazialmente ridotta e regolata. Il potere costituente deve esso stesso essere ridotto alla norma di produzione del diritto, interiorizzato nel potere costituito - la sua espansività non si rivelerà che come norma interpretativa, come controllo di costituzionalità, come attività di revisione costituzionale; eventualmente una sua pallida riproduzione potrà essere affidata ad attività referendarie, regolamentari ecc. Con intermittenza, entro limiti e procedure ben definite. 8 Tutto questo dal punto di vista oggettivo: un fortissimo armamentario giuridico copre e snatura il potere costituente. Ne definisce il concetto come essenza insolubile. Se guardiamo la cosa sotto il profilo del diritto soggettivo, la crisi diventa ancor più evidente. Dopo esser stato oggettivamente snaturato, il potere costituente è, per così dire, soggettivamente disseccato. Innanzitutto le caratteristiche singolari della originarietà e dell'inalienabilità sono sfumate e il nesso che storicamente lega il potere costituente al diritto di resistenza (e che del primo definisce, per così dire, la figura attiva) è cancellato 9 - quello che resta è sottoposto a tutte le sevizie possibili. Certo, attratto nel concetto di nazione, il potere costituente sembra mantenere alcuni aspetti di originarietà: ma è noto che si tratta di un sofisma e il concetto di potere costi9

tuente è piuttosto soffocato che sviluppato nel concetto di nazione. 10 Ma neppure questa riduzione è sufficiente, la bestia non sembra ancor domata. Ecco allora che al sofisma ideologico si aggiunge l'opera delle forbici logiche - e la scienza giuridica celebra uno dei suoi capolavori. Il paradigma è sezionato: al potere costituente originario o committente si oppone (segue, si distingue, si contrappone) il potere costituente in senso proprio, assembleare; infine, ai primi due, si oppone il potere costituito. 11 In questo modo il potere costituente è assorbito nella macchina della rappresentanza. 12 L'illimitatezza dell'espressione costituente è limitata nella sua genesi poiché è sottoposta alle regole e ali' estensione relativa del suffragio; nel suo funzionamento, poiché è sottoposta alle regole assembleari; nel suo periodo di vigenza (che si ritiene funzionalmente delimitato, quasi nella forma della «dittatura)) classica, più che con riferimento all'idea ed alle pratiche della democrazia}u - infine e insomma, l'idea di potere costituente è giuridicamente preformata laddove si pretendeva che essa formasse il diritto, è assorbita nell'idea di rappresentanza politica laddove si voleva che essa legittimasse questo concetto. In questo modo il potere costituente, in quanto elemento connesso alla rappresentanza (ed incapace di esprimersi se non attraverso la rappresentanza) viene inserito nel grande disegno della divisione sociale del lavoro.14 È in questo modo dunque che la teoria giuridica del potere costituente dovrebbe risolvere il presunto circolo vizioso della realtà del potere costituente - ma chiudere il potere costituente nella rappresentanza, quando quest'ultima nient'altro è che una ruota della macchina sociale della divisione del lavoro, cos'altro è se non la negazione della realtà del potere costituente, la sua fissazione in un sistema statico, la restaurazione della sovranità tradizionale contro l'innovazione democratica? 15 Troppo facile. Malgrado tutto il problema non può essere tolto, cancellato, vanificato. Esso resta. E resta anche il lavoro di Sisifo degli interpreti giuridici. Come evitare dunque una via teorica che elimini, con il circolo vizioso, anche la realtà della contraddizione fra potere costituente e ordinamento giuridico, fra l'efficacia onnipotente ed espansiva della fonte e il sistema del diritto positivo, della normatività costituita? Come mantenere aperta, pur controllandola, la sorgente della vitalità del sistema? Il potere costituente deve insomma in qualche modo essere mantenuto per evitare che la sua eliminazione si porti 10

via il senso stesso del sistema giuridico e il rapporto democratico che ne deve qualificare l'orizzonte. Il potere costituente e i suoi effetti ci sono - come e dove farli agire? Come comprendere il potere costituente in un dispositivo giuridico? Il problema sarà tutto e solo questo: controllare l'irriducibilità del fatto costituente, dei suoi effetti, dei valori che esprime. Tre sono allora le soluzioni proposte: secondo gli uni, il potere costituente è trascendente rispetto al sistema del potere costituito - la sua dinamica è imposta al sistema dall'esterno; secondo un altro gruppo di giuristi, quel potere è invece immanente, la sua presenza è intima, la sua azione è quella di un fondamento; un terzo gruppo di giuristi, infine, considera la fonte potere costituente né trascendente né immanente, bensì integrata, coestensiva, sincronica del sistema costituzionale positivo. Vediamo una ad una queste posizioni, sottolineando la loro interna articolazione - sembra infatti che in ciascun caso il grado di trascendenza, di immanenza o di integrazione e coestensività possa andare da un minimo a un massimo, determinando singolari e diversi effetti giuridici e costituzionali. Così è per il primo gruppo di autori, quelli cioè che considerano trascendente la fonte potere costituente. Il potere costituente è qui assunto come un fatto che precede l'ordinamento costituzionale ma che poi gli si oppone - nel senso che gli resta storicamente esterno e che può essere qualificato solo dal potere costituito. Questa è in effetti la posizione tradizionale: ma riformata nel senso che la contraddizione è evitata attraverso un dislocamento di piani: mentre l'ordine del potere costituito è quello del Sollen, quello del potere costituente è ordine del Sein, il primo compete alla scienza giuridica, il secondo alla storia o alla sociologia - norma e fatto, validità ed effettività, dover essere ed orizzonte ontologico non s'intrecciano -, il secondo fonda il primo ma attraverso un legame causale immediatamente spezzato, sicché l'autonomia dell'ordinamento giuridico costituito è assoluta. La grande scuola del diritto pubblico tedesco, nella seconda metà del XIX secolo ed all'inizio del nostro, s'è in gran parte illustrata nel sostegno di questa posizione. Secondo Georg Jellinek il potere costituente è esogeno rispetto alla costituzione e risulta dall'empirico-fattizio come produzione normativa. 16 Questa produzione normativa è limitata - meglio, comprende essa stessa la propria autolimitazione, poiché l'empirico-fattizio è quella realtà storica ed etica che, volendo il diritto, kantiana11

mente limita l'estensione del principio esterno al diritto. Il potere costituente, volendo il diritto e la costituzione, non vuole altro che la regolazione, quindi l'autolimitazione, della propria forza. 17 In questo senso la trascendenza del fatto rispetto al diritto può atteggiarsi come differenza di grado minimo - ed è particolarmente interessante notare come la scuola di Jellinek (soprattutto davanti agli effetti della rivoluzione dei consigli nella Germania del primo dopoguerra) non esiti ad assottigliare ancor più questo brano di separazione fra la fonte e l' ordinamento, sostenendo la necessità di accogliere in esso produzioni rivoluzionarie e conseguenti effetti istituzionali, non previsti, anzi senz'altro eccedenti la norma fondamentale della costituzione del Reich. 18 È quanto si rifiuta di fare Hans Kelsen. In lui la trascendenza è massima, assoluta. La caratteristica del diritto è quella di regolare la propria produzione. Solo una norma può determinare e determina il procedimento con cui si produce un'altra norma. La norma che regola la produzione di un'altra norma e la norma prodotta secondo la prescrizione, e che si rappresentano secondo l'immagine spaziale della sovraordinazione e della subordinazione, non hanno nulla a che fare con il potere costituente - le norme seguono le regole della forma giuridica e il potere costituente non ha nulla a che fare con il processo formale della produzione delle norme. Il potere costituente è esso stesso, al limite, qualificato dall'insieme del sistema - la sua realtà fattuale, la sua onnipotenza ed espansività, sono alluse in quel punto del sistema dove la potenza formale del diritto racchiude essa stessa onnipotenza ed espansività: la Grundnonn. 19 E non muta molto la situazione il fatto che, nell'ultimo periodo della produzione scientifica di quest'autore, l'intera vita fattuale, giurisprudenziale, istituzionale del diritto sia assorbita nel processo normativo - questa nuova dinamica non è mai dialettica, al massimo è un ricalco del reale, né il sistema perderà in alcun caso la sua assoluta autonomia. Quanto al potere costituente assisteremo al paradosso di poterlo considerare attivo all'interno di tutta la vita costituzionale ma, cionondimeno, di essere nell'assoluta impossibilità di considerarlo fonte di qualificazione o principio di movimento di alcun aspetto del sistema. 2° Che dire? Poco o nulla resta del potere costituente attraverso e dopo quest'operazione di fondazione formale del diritto e quindi di riduzione etica (come in Jellinek) o sociologica (come in Kelsen) del suo concetto. Il punto di vista della

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sovranità, ancora, si impone contro quello della democrazia, la trascendenza del potere costituente è la sua negazione. Né il risultato sembra essere diverso quando il potere costituente venga considerato come immanente al sistema costituzionale e giuridico. Qui non ci troveremo di fronte all'articolazione di posizioni all'interno di una sola scuola ma a posizioni tanto diverse quanto tipiche di importanti indirizzi teorici. Ora, in questo caso, la densità storica del potere costituente non è a priori espulsa dalla considerazione scientifica ma il rapporto che la scienza del diritto intrattiene con esso non è meno problematico. Se infatti il potere costituente diviene un vero e proprio motore del dinamismo costituzionale (e la scienza ne accetta la presenza), pure, nello stesso tempo, varie operazioni di neutralizzazione sono messe in atto: operazioni di astrazione trascendentale o di concentrazione temporale, al fine che, nel primo caso, l'inerenza del fatto al diritto si diluisca in un orizzonte (si direbbe) provvidenziale oppure, nel secondo caso, si raggrumi in una improvvisa quanto isolata azione innovativa. Il grado minimo e il grado massimo di immanenza si misurano qui rispetto all'estensione depotenziata degli effetti o all'intensità irrazionale e subitanea della causa: se l'efficacia del principio costituente è data, lo è al fine di trattenerla e regolarla. La posizione di incidenza minima del principio costituente, come principio immanente al sistema giuridico, si può studiare tipicamente nelle posizioni di John Rawls. 21 Egli considera infatti il potere costituente all'interno di una sequenza che vede quel principio collocarsi su un secondo stadio, dopo un primo stadio originario nel quale si è realizzato l'accordo contrattuale sui prindpi di giustizia e prima di un terzo e quarto stadio che vedono rispettivamente la posizione di macchine e di gerarchie legislative e l'esecuzione della legge. Si tratta del riassorbimento del potere costituente nel diritto costituito attraverso una macchina a più stadi che, immanentizzando al sistema il potere costituente, ne toglie l'originarietà creativa. Inoltre, la giustizia politica, ovvero la giustizia della costituzione (quella prodotta appunto dal potere costituente) rappresenta sempre un caso di giustizia procedurale imperfetta: vale a dire che nel calcolo delle probabilità l'organizzazione del consenso politico è sempre relativamente indeterminata. Al limite che il potere costituente trova nel marchingegno contrattuale della sua espressione, si aggiunge qui un limite etico-politico sovradeterminato (che è condizione - kantiana - della costituzione del 13

trascendentale). L'immanenza è pallida, di grado minimo, anche se effettiva. 22 Consideriamo ora posizioni in cui il grado di immanenza è più forte. Di nuovo siamo sospinti - dopo questa breve incursione nel mondo anglosassone - verso la scienza giuridica (e, nella fattispecie, anche la scienza politica) del Reich tedesco. Ferdinand Lassalle: la vigenza normativa della costituzione giuridico-formale, egli sostiene, dipende dal grado di adeguazione degli ordini di realtà (materiale e formale, sociologico e giuridico) che è stato posto dal potere costituente. Questo è un potere formativo in senso proprio. La sua straordinarietà è preformativa, la sua intensità si estende come progetto implicito sull'insieme dell'ordinamento. Tenendo conto della resistenza delle condizioni reali e della potenza rivelata dal potere costituente, il processo costituzionale può essere immaginato e studiato come una determinazione mediana fra i due ordini di realtà. 23 Hermann Heller, sempre nell'ambito di quelle tendenze giuridiche che sono vicine al movimento operaio, perfeziona la visione di Lassalle. Il processo del potere costituente diviene qui endogeno, interno allo sviluppo costituzionale. Il potere costituente, inizialmente, imprime il suo dinamismo al sistema costituzionale, poi è esso stesso, dalla costituzione, riformato. Il potere costituente è assorbito dalla costituzione. 24 Non è ormai lontano il momento nel quale Smend può chiamare la costituzione: . 39 Questo sofisma, ovvero quest'agro pensiero, quest'edipica conseguenza dell'apologo di Menenio Agrippa, tolgono, nell'ambito del pensiero del costituzionalismo, la stessa possibilità di procedere nella determinazione del potere costituente. Tanto vale allora utilizzare questa opposizione per identificare nel potere costituente (proprio nella misura in cui esso è il contrario dell'idea costituzionalistica di checks and ba/ance) il segno di un'espressione radicale della volontà democratica. In effetti la prassi del potere costituente è stata la porta attraverso la quale la volontà democratica della multitudo (e conseguentemente la questione sociale) è entrata nel sistema politico - distruggendo o comunque indebolendo alla maniera forte il costituzionalismo. Quest'ultimo definisce l'ordine sociale e politico come l'insieme articolato o di ordini sociali diversi o di poteri giuridici e politicì diversi: il paradigma costituzionalista è sempre quello della «costituzione mista>>, della mediazione della e nella diseguaglianza, quindi un paradigma non democratico. Di contro il paradigma del potere costituente è quello di una forza che irrompe, spacca, interrompe, scardina ogni equilibrio preesistente e ogni possibile continuità. Il potere costttuente è legato all'idea di democrazia come potere assoluto. E quindi, quello del potere costituente come forza irruente ed espansiva, un concetto legato alla precostituzione sociale della totalità democratica. Questa dimensione, preformativa ed immaginaria, si scontra con il costituzionalismo in maniera precisa, forte e duratura. Né in questo caso la storia scarica le contraddizioni del presente - anzi, questa lotta mortale fra democrazia e costituzionalismo, fra potere costituente e tematiche e prassi dei limiti della democrazia, è sempre maggiormente

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presente quanto più la storia matura il suo corso. ◄o Nel concetto di potere costituente c'è dunque l'idea che il passato non spiega più il presente ma che solo il futuro potrà farlo. «Poiché il passato non spiega più l'avvenire, lo spirito marcia nelle tenebre»:41 paradossalmente quest'espressione negativa spiega più di mille altre motivazioni la nascita della «democrazia in Atnerica» - ed è perciò che il potere costituente si forma e si riforma ovunque e continuamente. La pretesa del costituzionalismo di regolare giuridicamente il potere costituente non è solo stolta perché e quando vuole dividerlo - lo è soprattutto quando ne vuole bloccare la temporalità costitutiva. Il costituzionalismo è una dottrina giuridica che conosce solo il passato, è una referenza continua al tempo trascorso, alle potenze consolidate e alla loro inerzia, allo spirito ripiegato - di contro il potere costituente è sempre tempo forte e futuro. Il potere costituente ha sempre, con il tempo, un rapporto singolare. Infatti, il potere costituente è da un lato una volontà assoluta che determina il suo proprio tempo. Vale a dire che il potere costituente rappresenta un momento essenziale nella secolarizzazione del potere e nella laicizzazione del politico. Il potere diviene una dimensione immanente alla storia, dunque, un orizzonte temporale in senso proprio: la rottura con la tradizione teologica è completa. 42 Ma non basta: il potere costituente rappresenta anche una straordinaria accelerazione del tempo. La storia viene concentrata in un presente che si sviluppa irruente, le possibilità vengono strette in un fortissimo nucleo di produzione immediata. Da questo punto di vista il potere costituente si lega strettamente al concetto di rivoluzione. 43 E poiché esso è già collegato a quello di democrazia, eccolo ora presentarsi nelle vesti di motore o di espressione cardinale della rivoluzione democratica. E noi lo vediamo vivere la sistole e la diastole, talora violentissime, che battono nella rivoluzione democratica, fra l'uno e i molti, fra potere e moltitudine, in un tempo che raggiunge sempre concentrazioni fortissime, spesso spasmi. Che cosa potrà avere in comune, questo tempo del potere costituente, con quello inerziale e tradizionale del costituzionalismo? 44 Non è dunque l'approccio costituzionalistico che può darci aiuto nel risolvere il problema della crisi del concetto di potere costituente. 4' A questo punto, tuttavia, occorre porsi una domanda. Ed è la seguente: considerata la profonda ambiguità che la dottrina, sia quella giuridica che quella politico-costituziona19

listica, lascia calare sul concetto di potere costituente, senza riuscire, in entrambi i casi, a risolverla - non sarà quel concetto effettivamente il concetto di una crisi? Sicché, invece di tentarne una soluzione, non sarà più adeguato alla verità il tentativo di meglio identificarne le caratteristiche critiche, il contenuto negativo, l'essenza irresolubile? Eccoci così probabilmente pervenuti all'oggetto proprio di questa nostra ricerca. A verificare cioè quale sia, in primo luogo, la vera natura del potere costituente. Se poi questa natura è critica (come l'analisi dei tentativi di riduzione giuridica o costituzionalistica ha cominciato a mostrarci), dovremo in secondo luogo vedere quale sia il limite sul quale si forma questa crisi. In terzo luogo, se il limite (ovvero le condizioni attuali, insuperate e allo stato insuperabili, della crisi) sia in qualche modo oltrepassabile. Insomma, se nella storia della democrazia e delle costituzioni democratiche il dualismo fra potere costituente e potere costituito non è mai pervenuto alla sintesi, dobbiamo far centro proprio su questa negatività, su questo vuoto di sintesi, per tentare di comprendere il potere costituente. Ma prima di concentrarci su questo punto, mi sia permessa un'ultima annotazione. Essa riguarda il concetto di rappresentanza, che avevamo fin dal principio visto presentarsi come uno degli strumenti giuridico-costituzionali fondamentali per il controllo e la segmentazione del potere costituente. Ora, anche al termine di questo excursus, si ripete questa figura mistificatoria della rappresentanza nel quadro dello sviluppo del concetto del potere costituente. 46 Sorge dunque il dubbio che il concetto di rappresentanza democratica contenga un elemento di continuità con il costituzionalismo, sicché nel primo concetto permangono fondamentali funzioni del secondo. 47 Da questo punto di vista la crisi del concetto di potere costituente non si porrà solo nel suo rapporto con il potere costituito, con il costituzionalismo e con ogni raffinamento giuridico del concetto di sovranità - essa si porrà anche in relazione al concetto di rappresentanza perché, dal punto di vista teorico, almeno, è su questo snodo teorico-pratico che un primo ed essenziale snaturamento e depotenziamento del potere costituente viene operandosi.

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2. Procedura assoluta, costituzione, rivoluzione

Potere costituente e sovranità - Le alternative del pensiero negativo - Il principio costituente in H. Arendt LA deriva del principio nella Arendt - Fra atlantismo e costituzionalismo - La risposta di f. Habermas - LA radicalità del principio ontologico nel sofisma della sovranità - Potere costituente contro sovranità - Potere costituente e democrazia - Potere costituente come procedura assoluta - Reminiscenze spinoziste. Posti di fronte alla crisi del concetto di potere costituente in quanto categoria giuridica, dobbiamo chiederci se - invece di cercare di superare la crisi, come il pensiero giuridico inu tilmente fa - non ci resti che accettarla: sicché quest'accettazione ci conduca a meglio afferrare la natura del concetto. Ora, accettare la crisi del concetto significa cominciare col rifiutare che il concetto di potere costituente possa in qualche modo essere fondato - strappato cioè alla sua natura di fondamento. Questo strappo si dà conclusivamente, lo abbiamo visto, ogni volta che il potere costituente è subordinato alla funzione rappresentativa o al principio di sovranità, ma comincia già a operare quando l'onnipotenza e l'espansività del potere costituente sono sottoposte a limitazioni e/o finalismi costituzionali. Il potere costituente - dicono e decretano - non può essere qualificato che come straordinario - nel tempo - e - nello spazio - non può che essere fissato a una determinazione singolare: un fatto normativo preesistente o una costituzione materiale che si sviluppa coestensivamente! Ma tutto ciò è assurdo: come può un fatto normativo consuetudinario rendere giustizia dell'innovazione? Come può una «classe politica» precostituita essere il garante di una nuova costituzione? 1 Già lo sforzo di chiudere il potere costituente in una gabbia di limitazioni spaziotemporali è insostenibile - ma il tentativo di bloccarlo entro una prefigurazione finalistica diventa addirittura inconcepibile: si può infatti cercare di limitare la portata dell'evento ma non è sicuramente possibile definirne anticipatamente la singolarità innovativa. 2 Queste schermaglie logiche, condotte sul bordo dell'insensatezza, costituiscono in realtà il contenuto di mistificazione che la tecnica e la scienza giuridiche si incaricano poi di raccogliere e di riarticolare nelle teorie della sovranità e della rappresentanza. Il potere costituente - cosl limitato e finaliz21

zato - è allora trattenuto entro trafile gerarchiche di successiva produzione e rappresentanza e concettualmente ricostruito non come causa ma come risultato del sistema. La bilancia del fondamento è rovesciata: la sovranità come suprema potestas è richiamata e ricostruita come fondamento. Ma è fondamento opposto al potere costituente - è un vertice laddove il potere costituente è una base; è una finalità compiuta laddove il potere costituente è senza finalità; è un tempo e uno spazio limitati e fissati, laddove il potere costituente è pluralità multidirezionale di tempi e di spazi; è costituzione formale rigidificata quando il potere costituente è una procedura assoluta. Tutto insomma oppone potere costituente e sovranità - anche, infine, il carattere assoluto che entrambe le categorie pretendono: poiché l'assolutezza della sovranità è concetto totalitario mentre l'assolutezza del potere costituente è quella del governo democratico. In questo modo, dunque, insistendo sul concetto di potere costituente come concetto di una procedura assoluta - onnipotente ed espansiva, illimitata e non finalizzata - possiamo cominciare ad apprezzarne l'originalità della struttura. Ma subito, di nuovo, dobbiamo fronteggiare una critica: quest'assolutezza, si obietta, data in questa forma, che altro è se non l'assolutezza di un'assenza, di un infinito vuoto di possibilità, ovvero di un pieno di possibilità negative? A noi sembra che in questa obiezione il fraintendimento dell'assenza sia moltiplicato dall'incomprensione del concetto di possibilità. Quest'obiezione può essere respinta. Se il concetto di potere costituente è il concetto di un'assenza, perché mai quest'assenza dovrebbe risolversi in un vuoto di possibilità o in un pieno di negatività? Di fatto, qui tocchiamo un punto centrale del dibattito metafisico, quello che verte sul tema della potenza e del suo rapporto al potere. Ora, l'alternativa metafisica nella definizione della potenza e nella lunga tradizione che va da Aristotele alla Rinascenza, da Schelling a Nietzsche} - è appunto quella dell'assenza o del potere, del desiderio o del possesso, del rifiuto o del dominio. Talora quest'alternativa è chiusa: è il caso nel quale il potere è assunto a fondamento come fatto fisico preesistente, come ordine finalizzato o come risultato dialettico. Altre volte, invece, l'alternativa è aperta. Una grande corrente del pensiero politico moderno, da Machiavelli a Spinoza, a Marx, si è illustrata attorno a questa seconda alternativa, che è fondamento del pensiero democratico. 4 In questa tradizione l'assenza di

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precostituzioni e di finalità si combina con la potenza soggettiva della moltitudine, costituendo così il sociale in materialità aleatoria di un rapporto universale, in possibilità di libertà. La costituzione del sociale è una potenza basata sull' assenza, cioè sul desiderio, e il desiderio nutre, inesausto, il movimento della potenza. La potenza umana disegna un dislocamento continuo del desiderio, approfondisce l'assenza sulla quale si produce l'evento innovativo. L'espansività della potenza, e la sua produttività, si basano sul vuoto di limitazioni, sull'assenza di determinazioni positive, su questa pienezza dell'assenza. Il potere costituente si definisce emergendo dal vortice del vuoto, dall'abisso dell'assenza di determinazioni, come un bisogno totalmente aperto. È per questo che la potenza costitutiva non si conclude mai nel potere, né la moltitudine tende a divenire totalità ma insieme di singolarità, molteplicità aperta. Il potere costituente è questa forza che si proietta, su dall'assenza di finalità, come tensione onnipotente e sempre più espansiva. Assenza di presupposti e pienezza della potenza: questo è un ben positivo concetto di libertà. Ora, l'onnipotenza e l'espansività caratterizzano anche la democrazia, poiché caratterizzano il potere costituente. La democrazia è insieme una procedura assoluta della libertà e un governo assoluto. Tenere dunque aperto quello che il pensiero giuridico vorrebbe chiudere, approfondire la crisi del suo lessico scientifico, non ci rende solo il concetto di potere costituente ma ce lo rende come matrice del pensiero e della prassi democratica. L'assenza, il vuoto, il desiderio sono il motore della dinamica politico-democratica in quanto tale. Una disutopia - e cioè il senso di una debordante attività costitutiva, intensa come l'utopia, ma senza illusione, piena altrimenti di materialità.' Hannah Arendt aveva ben compreso questa verità del potere costituente. 6 Vi arriva per una via storta - la contrapposizione della rivoluzione americana e di quella francese - non perciò meno efficace, anzi tanto più forte quanto più paradossale. La tesi delle due rivoluzioni è nota: fu elaborata da Friedrich von Gentz nell'introduzione alla traduzione tedesca delle Reflextions on French Revolution di Edmund Burke 7 ma fu soprattutto ripresa e popolarizzata dall'entourage di John Adams nella campagna presidenziale del 1800, in opposizione a Jefferson. 8 Contro l'orrendo giacobino, dunque, contro la rivoluzione c01ne forza astratta e ideologica, si ergono la rivoluzione e la costituzione americane, fondate sul rispetto e sullo sviluppo 23

delle libertà. Ora, H. Arendt riprende il discorso, spostandone tuttavia l'asse centrale che non è più quello dell'opposizione fra il concreto e l'astratto, ma quello dell'opposizione fra rivoluzione politica e rivoluzione sociale. La prima trascende il sociale, senza annichilirlo, ma producendo un livello di comprensione più alto, di equilibrio e di cooperazione, uno spazio pubblico di libertà. La rivoluzione sociale, di contro, e quella francese in particolare, annulla il politico, subordinandolo a un sociale che, cosl lasciato a se stesso, gira a vuoto in una ricerca di libertà che diviene sempre più cieca e pazza. Laddove il politico non permetta alla società di comprendersi, di costituirsi nella comprensione, ivi saranno follia e terrore ad avere la meglio. I vi il totalitarismo non potrà che affermarsi. Più tardi e a più riprese dovremo tornare su questa tesi delle