Il peccato di Adamo e Eva. Storia della ipotesi di Beverland 8845926338, 9788845926334

Quale fu veramente il peccato di Adamo? Per secoli (molto prima, e dopo, che il libertino olandese Beverland la fissasse

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Il peccato di Adamo e Eva. Storia della ipotesi di Beverland
 8845926338, 9788845926334

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i peradam

Ant one l l oGe r bi

I lpec c a t o diAda moedEv a

Adelphi

Quale fu veramente il peccato di Adamo? Per secoli (molto prima, e dopo, che il libertino olandese Beverland la fissasse, alla fine del Seicento, in una «forma acida, sacrilega, canzonatoria»), un'ipotesi «scandalosa» ha attraversato, in modo esplicito o sotterraneo, le controversie di teologi, rabbini, alchimisti, cabalisti, filosofi, senza dimenticare poeti e pittori, nonché «la folla confusa degli umili e dei pii»: che quel peccato consistesse nella conoscenza carnale di Eva. Con conseguenze vastissime su quelli che furono e sono i nostri «dolenti e ansiosi interrogativi sulla natura del Male»: nel caso si accolga tale ipotesi, infatti, è lo stesso piacere fisico a diventare «la radice prima» di ogni iniquità, e tutti noi, figli di Adamo, meritiamo di essere dannati in quanto «intimamente, essenzialmente contagiati» da quel peccato. Da Filone Giudeo ai romantici tedeschi, da San Tommaso a Paracelso, dai Catari alle «torturate alchimie della carne e dello spirito» di Baudelaire, Antonello Gerbi ripercorre la storia delle «infinite diatribe» (e delle «idiozie, le sudicerie e i tormentati arzigogoli») che quei pochi versetti hanno generato, con una capacità di fare storia delle idee che in Italia è stata sua e di pochi altri: ne risulta un libro al tempo stesso brillante e documentato, caustico ed erudito, spiritoso e profondo, che appassiona e induce a riflettere. Antonello Gerbi (1904-1976), storico delle idee, già capo dell'Ufficio studi della Banca commerciale italiana, è noto soprattutto per un'opera considerata ancora oggi come una pietra miliare nella storia delle Americhe: La disputa del Nuovo Mondo, ripubblicata da Adelphi nel 2000. Apparso nel 1933, Il peccato di Adamo ed Eva viene qui riproposto in una nuova edizione che accoglie le annotazioni manoscritte via via radunate dall'autore nel corso di quarant'anni.

«Si trova qui, molto raramente nelle zone più basse, più sovente man mano che si sale, una pietra limpida e di un'estrema durezza, sferica e di grossezza variabile - un vero cristallo, ma, caso straordinario e sconosciuto nel resto del pianeta, un cristallo curvo! È chiamato, nella lingua di Porto-delle-Scimmie, peradam» (René Daumal, Il Monte Analogo).

«Con Beverland, la tesi del carattere sessuale del peccato raggunge la sua maggior virulenza anti-religiosa. Il peccato non è più peccato; il divieto è stimolo, eccitamento al peccare; e tutta l'ira di Dio non può impedire che il "peccato" sia ripetuto, sia replicatamente commesso e goduto, ogni giorno, per ogni dove. Il peso delle maledizioni non fiacca l'impeto lussurioso della bestia umana. Questa, anzi, accettato il castigo, trova nel rinnovare il delitto un sollievo, un'acre vendetta, una voluttà di sfida, una accettabile compensazione. Pare quasi che Dio, con la sua punizione, si sia disarmato, abbia esaurito le sue armi di repressione; e che l'eterno Adamo, dannato al lavoro e alla morte, abba lietamente trovato nel grembo d'Eva la pace del riposo e la gioia della vita. Si Eva nobiscum, quis contra nos?».

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l. Frontespizio dell'opera di Beverland sul peccato originale.

Antonello Gerbi

IL PECCATO DI ADAMO ED EVA STORIA DELLA IPOTESI DI BEVERLAND

A cura di Sandro Gerbi

ADELPHI EDIZIONI

©

201 1

ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO WWW.ADELPHI.IT

ISBN 978-88-459-263�

INDICE

13

Prefazione

I

l. Definizione 2. Favore dell'opinione e ostilità dei teologi 3. Pierre Bayle 4. Beverlandismo religioso e beverlandismo libertino

5. Filone Giudeo 6. Carattere ultra-letterale dell'ipotesi 7. Spiritualità e mondanità dell'ipotesi 8. L'ipotesi nell'antichità e nell'epoca moderna

15 16 18 20 21 24 25 26

II

9. 10.

Corrente ebraica e corrente cristiana Clemente Alessandrino e l'impazienza d'Adamo

11.

27

Il peccato e la morte

28 30

1 2. 1 3. 1 4. 15. 1 6. 1 7. 18.

Peccato e morte nel Seicento Origene e il beverlandismo ingenuo Ambrogio e il beverlandismo « milanese » Agostino e la teoria della propagazione Il Serpente Tentatore La generazione senza peccato carnale Gli organi della generazione e la teoria della concupiscenza. Engelbert Kliipfel 19. Traducianesimo e intellettualismo

32 35 39 44 47 48 51 55

III

20. Teodoro di Mopsvestia e gli ottimisti 2 1 . I Pelagiani. Giuliano d'Eclano e il naturalismo 22. San Zenone di Verona e la circoncisione 23. Le ragioni dei fratelli Ballerini e la tesi estrema dello pseudo-Atanasio 24. Fausto di Riez e la superbia punita 25. Bar-Cepha vescovo siro 26. Le origini del beverlandismo càtaro 27. La « prostitutio Adami » e l' antinomia della vita sessuale nel sistema manicheo 28. I Bogomili e il Serpente seduttore . In proprio 29. Càtari dualisti e monarchiani: il Dio seduttore e il serpente libertino 30. Il carattere diabolico della generazione e l'ascetismo dei Càtari 3 1 . San Tommaso e Duns Scoto .

58 61 63 68 70 71 74 76 78 80 84 85

IV

32. Le virtù afrodisiache del pomo 33. Fortune recenti della tesi dei pomi afrodisiaci

89 91

34. Lo pseudo-Epifanio, il bizantino Glyca e l' elefante 35. Fautori e avversari, nel Settecento, della tesi dei pomi afrodisiaci; e suo elemento « umano » 36. Leone Ebreo 37. Montaigne, Teofilo Folengo e l'Aretino 38. Le arti plastiche. Gli italiani, gli olandesi e il Gossaert 39. Le arti plastiche. I tedeschi del Cinquecento 40. L'ipotesi nell'Italia del Seicento. Il Loredana e il Malipiero

93 96 99 104 l 07 112 116

v

41. 42. 43. 44. 45. 46.

Cornelio Agrippa Teofrasto Paracelso Robert Fludd Adrian Beverland Gli attacchi di Salden, e le sue fonti Il cucchiaio di legno del Victoria and Albert Museum 4 7. Adamo e i Preadamiti di Isaac de La Peyrère 48. Il peccato originale nel poema di Milton 49. Franz Mercur van Helmont

1 21 1 25 1 27 1 32 1 34 1 38 1 40 1 45 150

VI

50. Da Hamann a Kant 5 1 . La coscienza al posto del peccato 52 . Gli epigoni immediati di Kant: Schiller e Schelling 53. L'ipotesi nella letteratura alla fine del Settecento 54. Novalis e il suo beverlandismo ambiguo 55. Mangiare e conoscere

1 53 1 56 1 58 1 60 1 63 1 66

56. 57. 58. 59.

Mangiare e amare Sensualità e misticismo Verginità e possibilità Hegel. Il trionfo e la fine dell'ipotesi

168 171 174 176

VII

60. Soeren Kierkegaard e l'angoscia del peccato 61. L'ipotesi dopo Hegel. Schopenhauer e Baudelaire 62. Illegittimità storica dell'ipotesi di Beverland 63. Significati eterni dell'ipotesi di Beverland

180 186 193 196

APPENDICE

L'allegorismo indeterminato a) Il Cardinal Caetani b) Sir Thomas Burnet e i microscopisti d' Olanda c) L'arminianistaJean Leclerc (Joh. Clericus)

207 209 210 22 5

Testo e traduzione del racconto della Caduta nella Genesi 229 Quarant'anni di appunti di Sandro Gerbi

237

Indice delle tavole

259

Indice dei nomi

261

IL PECCATO DI ADAMO ED EVA

. . . le spectacle ennuyeux de l 'immortel péché. BAUDELAIRE

Le 'stampelle' ( r l ) racchiudono gli incrementi testuali inse­ riti dall'Autore successivamente all'uscita della prima edizione ( 1933). Le parentesi quadre segnalano gli interventi del Cura­ tore .

PREFAZIONE

Nel mio studio sulla Politica del Romanticismo1 ho narrato come la spiegazione che diede del peccato originale il libertino olandese Beverland ( « peccatum Kar' E:çoxl)v est coeundi pruritus atque perfectio » ovvero « il peccato per eccellenza è la voglia di copulare e la sua realizzazione ») sia giunta a conoscenza di Ha­ mann e di Herder - come, discutendone tra loro, quei due promotori del pensiero romantico l'abbia­ no fatta centro di audaci speculazioni sul posto dell'uomo nell'Universo, sulla sua storia e sul suo de­ stino - come Hamann ne sia rimasto per tutta la vita ossessionato, e Herder, pur rifiutandola, non abbia mai saputo completamente dimenticarla - come , infine, un'eco e un ulteriore approfondimento di questa interpretazione si ritrovi il1 un importante seritto di Kan t. Mi pare di aver così dimostrato che la tesi del ca­ rattere sessuale del primo peccato ha avuto una non l. A. Gerbi, La politica del IWmanticismo. Le origini, Laterza, Bari,

1 932, pp. 72 sgg.

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Il peccato di Adamo ed Eva

trascurabile importanza in quell'amplissimo moto dei decenni 1 760 - 1 790, dal cui fermento doveva u­ scire il vero e proprio Romanticismo; e di avere stabi­ lito: a) attraverso l'influenza di Beverland, un altro nesso del libertinismo del Seicento col realismo dei romantici; b) per l'intima natura della tesi in discus­ sione, un'altra fonte delle miscele romantiche di sensualità e religione. Mi restava da dimostrare come l'ipotesi di Beverland abbia operato nei secoli, pro e contro la trascendenza divina. Ed anche, poiché non ho trovato che ne sia mai stata fatta la storia, tracciar­ la per la prima volta a grandi linee. Essa appartiene, per un verso, alla storia delle idee religiose, per l'altro a quella delle idee morali. Ma questo studio, in particolare, vuole essere solo un piccolo contributo alla storia di quel concetto di col­ pa, che è quasi il nesso tra la religione e la morale, e di cui essa narra il progressivo affinarsi e « umaniz­ zarsi » nei secoli. Sono esclusi da questo disegno i particolari sulla vita di Beverland, e sulle interpretazioni di Hamann, di Herder e di Kant, cose tutte che, chi ne abbia vo­ glia, può leggere nel mio libro sopra ricordato. *

La divisione in paragrafi è contraria al mio gusto, che inclina piuttosto alla narrazione continuata, sen­ za pausa alcuna. Ma non ho voluto mascherare in nessun modo la frammentarietà di questi appunti. A. G.

I

Io sentii mormorare a tutti: « Adamo » . Purg., XXXII , 37

l. Definizione

« Ipotesi di Beverland » chiamo quella interpreta­ zione del terzo capitolo della Genesi, secondo la qua­ le il frutto proibito da Dio ad Adamo sarebbe stato il godimento di Eva, e il peccato d'Adamo, quindi, sa­ rebbe consistito, substantialiter, nel desiderare e nel possedere la « compagna » datagli da Dio. Come si vedrà nei seguenti paragrafi, altri nume­ rosi autori, prima e dopo Beverland, hanno sostenu­ to quella interpretazione; quasi tutti ebbero maggior fama e diffusione che il libertino di Middelburg; e son tra essi alcuni degli intelletti più alti, delle co­ scienze più austere che il genere umano possa vanta­ re. Tuttavia, poiché con il nome appunto di « ipotesi beverlandiana » quella congettura interpretativa fu nota a Hamann e a Herder; poiché, soprattutto, essa rappresenta il solo titolo di Beverland al ricordo dei posteri, mentre (per le sue ultime metamorfosi al­ meno) essa sarebbe capace di diminuire piuttosto che di accrescere la gloria di quegli altri grandi uo­ mini che l'hanno sostenuta o accettata, mi pare si

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n peccato di Adamo ed Eva

possa continuare a chiamarla così. « Teoria del carat­ tere sessuale della proibizione divina e del conse­ guente peccato d'Adamo » o « Teoria sessuale del peccato originale » sarebbe più esplicito. Ma una si­ mile definizione - anche a lasciar da parte indiscrete suggestioni di recenti teorie sulle origini del senti­ mento religioso 1 mal si accorderebbe col tono vela­ to e misterioso, che hanno adottato quasi tutti coloro che se ne sono occupati, fino a Beverland almeno. -

2. Favore dell'opinione e ostilità dei teologi La prima cosa che stupisce chi si metta a osseiVare da vicino l'ipotesi beverlandiana, è il fatto che essa, ancora ai giorni nostri, abbia una fortuna così ambi­ gua e piena di contrasti. Nella coscienza comune, l'i­ potesi è estremamente diffusa, anzi è accettata come verità nota e pacifica. Chiedete a dieci persone quale sia stato il fallo d'Adamo: nove vi risponderanno con una ingenua professione di beverlandismo, o con un silenzio, un impaccio, un rossore anche più eloquen­ ti e « beverlandiani » . In molti casi quell'interpreta­ zione è ritenuta perfettamente ortodossa, in moltissi­ mi è accolta senza il menomo dubbio che altre spiel. S. Freud, Totem et Tabou, trad. frane. di S. Jankélévitch, Payot, Paris, 1 924, specialmente pp. 201 sgg. [trad. it. Totem e tabù, in opere, vol. VII, a cura di C.L. Musatti, Boringhieri, Torino, 1975, specialmente pp. 1 50 sgg. ] . Per Freud tuttavia il peccato origi­ nale è un parricidio: ibid. , pp. 2 1 1 - 1 2 [trad. it. cit., pp. 156-58] . Per E. Georg si è trattato invece di un incesto, perché Eva era stata tratta dal corpo d'Adamo, era figlia d'Adamo « secondo la Bibbia» ( Verschollene Kulturen: das Menschheitserlebnis, Ablauf und Deutungsversuch, Voigthinder, Leipzig, 1930, p. 1 40). Ma appena dieci pagine prima il Georg aveva preferito il peccato di bestiali­ tà: « Gli uomini si differenziano malamente (Ad. ed Eva, Gen . I I , 21/23) e s i mescolano con gli animali (peccato originale) » ( ibid., p. 1 30; cfr. qui, p. 82).

Favore dell'opinione e ostilità dei teologi

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gazioni esistano. La pittura, l a scultura, la letteratura sembran confermarla con allusioni innumerevoli e, direbbe un giurista, « testuali e costanti ». Il « dolce peccato », il « frutto proibito », la « tentazione d'Eva » son locuzioni a tutti familiari, e di senso univoco. D ' altra parte, i teologi e gli storici della teologia, non solo la rifiutano con sdegno; ma s'affannano ad ignorarla, e, quando proprio non possono eluderla, ne parlano con evidente disagio. Questo hanno sem­ pre fatto, così gli antichi come i moderni, così i catto­ lici come i protestanti. Il riserbo e l'anatema sono costanti, uniformi, perpetui. Herder, di cui ho parla­ to altrove, 1 è un caso tipico, ma non il solo. Il frate minore Bonaventura Luchi, da Brescia, teneva all'U­ niversità di Padova, nel novembre 1 754, una disserta­ zione De nuditate protoplastorum, che cominciava col deludere le possibili impure curiosità degli uditori: « non è stata mia intenzione emulare i tentativi di co­ loro i quali saccheggiano senza pudore le parole di Mosè e le interpretano in qualunque modo ».2 Il cat­ tolico Feldmann, nella sua opera monumentale Pa­ radies und Si1ndenfall,3 cerca di sbrigarsi in poche ri­ ghe delle « riflessioni addirittura immorali e delle descrizioni_ di questo tipo » , che sarebbero « docu1 . Gerbi, La politica del Romanticismo, cit. , pp. 78-90. 2. B. Luchi, De nuditate protoplastorum, typis Seminarii, Patavii, 1 755, pp. II-III. Quali sian quelle interpretazioni impudiche è chiaramente detto a p. x, dove l'autore parla delle « libidinose » interpretazioni di Filone e dei Manichei. Quella teoria che identifica il serpente con la voluttà « rivela non tanto l'intenzio­ ne dell'Autore quanto la malizia del Commentatore » (pp.

XXXIX-XL) .

3. Titolo completo: Paradies und Sundenfall. Der Sinn der biblischen Erziihlung nach der Auffassung der Exegese und unter Berilcksich­ tigung der ausserbiblischen Ueberlieferungen, Aschendorffsche Ver­ lagsbuchandlung, Miinster i.W. , 1 9 1 3 (Alttestamentliche Abhand­ lungen, IV).

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n peccato di Adamo ed Eva

menti immortali della frivolità dei loro autori, e la cui menzione ci si potrebbe benissimo risparmia­ re » . 1 Il protestante Harnack, nel suo altrettanto mo­ numentale Lehrbuch der Dog;mengeschichte, ha rari ac­ cenni all' ipotesi beverlandiana, e schiva anch'egli l'ar­ gomento: a proposito di Sant'Agostino scrive testual­ mente: « Sarebbe ora facile dimostrare che, ogni qualvolta pensa al peccato originale, egli pensa prin­ cipalmente proprio a questo, vale a dire al piacere della riproduzione; tuttavia non è opportuno citare qui il materiale » . 2 Credo di poter promettere a chi volesse indagare sistematicamente la storia di questa dannatissima « i­ potesi » un lavoro ricco di scoperte e di sempre vivo interesse. Le poche note che seguono vorrebbero soltanto delinearne qualche tratto, segnarne qual­ che caratteristica. 3. Pierre Bayle Un altro motivo della ricerca che stiamo per intra­ prendere sta nella indiscutibile possibilità che alcuni almeno di quei lontani « precursori » di Beverland ab­ bian potuto esser noti ai più tardi rielaboratori e raffinatori dell'ipotesi. Beverland stesso non si fonda su precedenti. Ma parecchi predecessori ricorda il l. Ibid. , pp. 5 1 7-18. Altri sarcasmi a p. 46 nota, ecc. 2. A. von Hamack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, 4a ediz., Mohr, Tiibingen, 1909- 1 9 1 0 , vol. III, p. 2 1 1 , nota 8; cfr. ibid. , vol. III, pp. 218-19, nota 2, e p. 647, nota l. E anche: « Per appurare in che consista il peccato di Adamo, la maggior parte dei Padri se­ gue Gen. 3 . . . Sussiste tuttavia la tendenza a riconoscere quale vero peccato il piacere sessuale, per l'esattezza l' accoppiamento provocato da Eva. I più hanno contrastato questa tendenza per rispetto del racconto biblico, limitandosi al massimo a qualche accenno in tale direzione » ( ibid. , vol. II, p. 1 37, nota 2).

Pierre Bayle

19

Didionnairedel Bayle che, com'è noto, fu uno dei libri più letti sino alla fine del secolo decimottavo. Bayle è contrario all'ipotesi, o per lo meno si dice contrario; ma, con la consueta sua maliziosa imparzialità, riferi­ sce undique gli argomenti in favore. Nell'articolo « A­ bel » , 1 e nell'articolo « Eve »2 è ricordato come un fait certain ( « non dispiaccia a qualche rabbino ») che Ada­ mo non consumò il suo matrimonio che dopo l'uscita dal Paradiso, vale a dire, non solo dopo il peccato, ma anche dopo la punizione.3 L'argomento principe di Bayle è che la libido è comune all'uomo con le bestie, alle quali pure nessuno s'è mai sognato d'imputare il peccato originale.4 La libido non è dunque il peccato. Anzi, il libertino Bayle - prontissimo sempre a insi­ nuare predicozzi immorali fra le tesi cozzanti dei teo­ logi - trae di qui lo spunto per una difesa della libido, e delle « passioni » in genere, che sono necessarie « al bene naturale della società » come una « tavola di sal­ vezza dopo il naufragio » (intendi: il naufragio della pura, serena ragione) . Indebolitasi la ragione, non c'era « miglior ripiego che quello delle passioni, tra l. P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, 6a ediz. , J.-L. Brand­ muller, Baie, 1 74 1 , vol. I, p. 1 7 a. L'articolo «Adam » suscitò pro­ teste e scandali (si veda Suite des réjlections sur le prétendu jugement du public, in firie al Dictionnaire, cit., vol. IV, p. 66 2) . 2. lbid. , vol. II, p. 418. 3. Si vedrà oltre (par. 1 7) l'importanza di questa distinzione. 4. Voce « Eve», nota F (Dictionnaire, ci t., vol. II, pp. 420-2 1). L'ar­ gomento è diretto contro Agostino, secondo il quale (si veda qui, par. 1 8), se non ci fosse stato il peccato, l'atto generativo a­ vrebbe potuto compiersi senza alcuna libido, in perfetta serenità razionale. Ma già Pietro Pittavino aveva demolito l'argomento di Bayle, osservando che la sensualità non è peccato nelle bestie perché ad esse manca la ragione, ed è peccato nell'uomo in quanto travolge la ragione ( Sententiarum, II, 2 1 ; ] .-P . Migne, Pa­ trologiae cursus completus. Series latina, vol. CCXI, col. l027). [D'o­ ra in avanti solo Migne, PL, a meno che non venga indicata, con PG, la Series graeca] .

20

Il peccato di Adamo ed Eva

cui l'amore è senza alcun dubbio la principale, e in certo qual modo l'anima del mondo ». 1

4. Beverlandismo religioso e beverlandismo libertino In quello stesso articolo « Eve » (nota B, comma

IV), Bayle, dopo aver ribadito la sua convinzione che

Eva uscì dal Paradiso vergine, e dopo aver dimostra­ to con buoni argomenti che non restò a lungo vergi­ ne dopo la cacciata dal Paradiso (comma II), sog­ giunge: « Ma ciò che si deve principalmente condan­ nare è l'errore profano e libertino di coloro che so­ stengono che l'albero della scienza del bene e del male non era altro che il piacere dell'amore . . . Cor­ nelio Agrippa non è il primo ad aver spacciato questa sciocchezza: i càtari, i manichei, i priscillianisti, i ba­ silidiani lo avevano di molto preceduto:2 e pare se­ condo il libro del conte di Gabalis che si tratti di uno dei dogmi della cabala ».3 Nelle righe che seguono son citati Filone Giudeo, Robert Fludd, e, poco oltre, Leone Ebreo. Questo concorso di cabalisti e neoplatonici non deve trarci in errore. La tesi del carattere sessuale del peccato originale è giunta a Hamann e a Herder at­ traverso Beverland, e nella forma acida, sacrilega, canzonatoria datale da Beverland ( tant'è vero che ne parlan sempre come dell' ipotesi beverlandiana ) . Sarà sempre da tener presente, dunque, che non è una tradizione neoplatonica o cabalistica che arriva ai primi romantici - e, in generale, ritengo si sia esal. Su di che cita Lucrezio e un paio di giornalisti (Bayle, Diction­

naire, ci t., s. v. « Eve ») . 2. E qui cita Beverland, De peccatu originali, 44, 45, qui e mai al­ trove. 3. Bayle, Dictionnaire, cit. , vol. II, p. 419 b.

Filone Giudeo

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gerata l'influenza su di loro di queste tradizioni -, ma una tesi che, dopo aver avuto per secoli una por­ tata teosofico-mistica, era stata di recente rielaborata e riscritta in tono scettico e libertino, e che, soltanto in questa sua ultima forma, li suggestiona o li scanda­ lizza. Tutti quei « precursori » di Beverland credono nel Peccato e in Dio. I loro sforzi ermeneutici, se so­ no spesso indiscreti, non sono mai deliberatamente osceni e blasfematorii. La differenza è essenziale. 5. Filone Giudeo La prima origine della ipotesi non potrebbe essere più alta e grandiosa. Se si astrae da possibili preceden­ ti rabbinici (rimasti ignoti all'Occidente) , è a Filone Giudeo che essa risale, alla confluenza della tradizio­ ne ebraica con la tradizione ellenica. Nella mente di Filone l'insegnamento della Bibbia viene a contatto con quello di Platone (diretto, e filtrato attraverso i neoplatonici) ; e ha origine quel metodo di interpreta­ zione allegorica che traduce le plastiche favole orien­ tali in vaghe parabole di filosofica saggezza. L'inter­ pretazione sensuale e sessuale di Genesi III nasce così, dall 'incrociò dell'ebraismo con la grecità, nell'Ales­ sandria del primo secolo.1 Un autore citato da Bayle scrive che Filone fu non plane alienus dall'accettarla.2 In realtà, egli ne è planissimeresponsabile. l. È curioso osservare che una genesi consimile ha avuto la paro­ la libertino, inventata da Calvino, il quale avrebbe avuto presenti, da una parte i libertini romani e dall'altra un passo degli Atti degli Apostoli, VI, 9, secondo cui i libertini sarebbero coloro « il cui spirito si è emancipato oppure è rimasto estraneo al genio delle nazioni classiche, gli Ebrei e i Greci » (F.-T. Perrens, Les libertins en France au XVI/e siècle, Chailley, Paris, 1 896, p. 9) . 2. Si tratta di J. Moeller, Tractatus de hermaphroditis, Berlino, 1 699, p. 1 73 (cfr. qui, p. 1 00, nota 2) .

22

n peccato di Adamo ed Eva

Nel De mundi opificio narra Filone di Adamo: « Quando fu plasmata anche la donna, ed egli vide una figura uguale alla sua e una forma della sua stes­ sa specie, rimase affascinato da quella vista e le si av­ vicinò per farle gioiosa accoglienza . . . poi soprag­ giunse l'amore, che riunisce e riporta alla fusione quelle che sono in qualche modo le due parti divise di un unico essere dimezzato; e l'amore fa nascere in ognuna delle due il desiderio di unirsi all 'altra per procreare un essere simile a loro. Ma questo deside­ rio generò anche il piacere fisico, che è la radice pri­ ma di iniquità e prevaricazione; ed è a causa sua che gli uomini scambiano una vita immortale e felice per una vita mortale e infelice » . 1 E tutto questo non è una favola, un 'ingegnosa in­ venzione: « Queste non sono finzioni mitiche, come quelle di cui si dilettano poeti e sofisti, bensì modi di rendere visibili i prototipi, modi che richiamano all'interpretazione allegorica consistente in spiega­ zioni che si imperniano sui significati riposti » . Le la­ tenti congetture sono la specialità di Filone che vi si tuf­ fa con delizia. « Seguendo una congettura verosimile si dirà con consequenzialità che il serpente in que­ stione è simbolo del piacere».2 Stabilito questo punto, con pochi e non obbligati passaggi, si arriva senza diffi coltà alla formula allegorica che tutto salva, tutto spiega, e vigerà per secoli: « in effetti, dentro di noi l'intelletto svolge il ruolo di uomo, la sensazione il l. Filone Giudeo, Lucubrationes quotquot haberi potuerunt. . , ap. E­ piscopiurn jun., Basileae, 1558, De mundi opificio, p. 48; nell'ed. parigina infolio delle opera omnia, 1 640, p. 35 [citiamo dall'ed. italiana, Tutti i trattati del commentario allegorico alla Bibbia. La crea­ zione del mondo, trad. it. di C. Kraus Reggiani, Rusconi, Milano, 1994, pp. 41-42] ; cfr. Feldrnann, Paradies und Sundenfal� cit., pp. 5 1 1-12. 2. Filone Giudeo, De mundi opificio, cit., p. 50; ed. Parigi, p. 36 [trad. it. cit. , p. 43] . .

Filone Giudeo

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ruolo di donna » . 1 A questa interpretazione Filone resta fedele in tutte le altre sue opere;2 e con essa può procurarsi il piacere di colpire infinite volte il ser­ pente-voluttà, che striscia, si nutre di terra, è veleno­ so, ed è causa degli appetitus ventris i quali « stuzzica­ no il ventre e insieme accrescono e sollecitano i desi­ deri carnali »3 - e che tutto infetta di sé: « nulla infatti può sfuggire alla violenza del desiderio erotico, ma esso divora e distrugge ogni cosa, come la fiamma col legno ».4 Su questo punto l'energia di Filone è meravigliosa: alla fine del trattatello De mercede meretricis non accipien­ da in sacrarium, prende a parte il voluttuoso, lo immo­ bilizza con stringenti rimproveri, e gli rovescia sul ca­ po la sequela di ben 1 46 epiteti diffamatorii: «Vorrei tu sapessi che, se sarai amante del piacere, sarai anche l. lbid., pp. 52-53; ed. Parigi, p. 38 [trad. it. cit., p. 44] . Inesatta­ mente ricorda questa teoria F. Eenens, in un suo sciocco liberco­ lo (il paradis terrestre, Van Meenen, Bruxelles, 1 860, p. 142, citan­ do la Bible di de Genoude, l, 21 ) , nel quale si sforza di dimostrare che tutta la storia della Genesi è una menzogna priva di verosimi­ glianza scientifica; che quindi la missione redentrice di Cristo è una pura favola; e infine che « l'uomo, lasciato a sé stesso, è l'arbi­ tro del propri� destino» (p. 287) , come conclusione. Lo Eenens, del resto, accanitissimo contro il senso letterale, non si preoccupa di interpretazioni allegoriche, con le quali forse teme qualcosa potrebbe salvarsi. E la sua pedantesca prise à partiedi ogni versetto si limita, per fortuna, a ridicolizzarne il senso palese. 2. Cfr. ugis allegorias, ed. Basilea, pp. 83, 99, 1 0 1 , 1 32-33; De che­ rubim, p. 1 65; De agricultura, pp. 285-86; Quis rerum divinarum haeres sit, pp. 674-75, ecc. 3. De mundi apificio, ed. Basilea, p. 51 [trad. it. cit. , p. 43] . Il nesso tra il regime alimentare e l'istinto sessuale preoccupa anche al­ tre volte Filone: « Il calore interno, derivato dall'assunzione de­ gli alimenti, attrae dalle vicinanze un altro fluido il cui corso, direttosi verso i genitali, suscita pruriti ed eccitamenti incessan­ ti» (De specialibus legibus... , ed. Basilea, p. 1 053) . 4. De decalogo, II, ed. Basilea, p. 1 040.

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fl peccato di Adamo ed Eva

subdolo, sfrontato, scomposto .. »1 e via di seguito con altri 143 aggettivi che devono aver dato un bel da fare a Sigismondo Gelenio traduttore, e costituiscono cer­ to un memorabile sfoggio di vigore nell'invettiva, un record di virtuosismo vocabolaristico. .

6. Carattere ultra-letterale dell 'ipotesi

Già nell'esegesi filoniana si notano alcuni caratte­ ri che resteranno poi costanti attraverso le vicissitudi­ ni della ipotesi. Il primo è il suo carattere ultra-lettera­ le. Ad litteram, il divieto si riferisce a un frutto, a un pomo. E il peccato, formaliter di disubbidienza, si concreta substantialiter nel mangiare una mela. La tesi sessuale serve, in un primo tempo, a sfuggire agli attacchi dei filosofi pagani (come per esempio Cel­ so, Jerocle, Giuliano, Luciano) e degli gnostici, per i quali sarebbe stato argomento di facili ironie la seve­ rità di quel Dio che per un sol pomo danna Adarno, Eva e la loro discendenza, senza contare il serpente. In un secondo tempo, immediatamente successivo e logicamente tutt'uno col primo, essa permette di sa­ lire a sublimi simboleggiamenti, dimenticando di pro­ posito quella che è la materiale verità della narrazione mosaica. Quanto più si svolgerà e raffi nerà, con le teo­ rie sulla colpa e sulla grazia, l'interpretazione della forma del peccato adamitico (disubbidienza, concupiscenza, orgoglio, debolezza, prevaricazione, ecc . ) , tanto meno sembrerà elevata quella prima interpreta­ zione, che ha riguardo solo all' oggetto, al contenuto del peccato, e tanto meno interesserà le menti dei teologi - fino a cadere in dimenticanza durante quasi tutto il Medio Evo. Ma all'origine, non dimentichiamolo, l ' i­ potesi rappresenta uno sforzo per svincolarsi dalla I . Ibid. , pp. 1 1 65-66.

Spiritualità e mondanità dell'ipotesi

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schiavitù della lettera, e per rendere a tutti comprensi­ bile, a tutti compresente, a tutti interiore, il peccato del primo uomo: in una parola, essa è uno sforzo (in­ genuo quanto si vuole) per spiritualizzarlo. 7. Spiritualità e mondanità dell'ipotesi

Questa tendenza « spirituale aveva tuttavia in sé stessa dei limiti, che già son percepibili in Filone, e che attengono a due diversi ordini di motivi. Anzitut­ to, il desiderio sessuale, sia pure inteso cosmicamente o metafisicamente, sia pure adoprato come semplice metafora riassuntiva d' ogni concupiscenza, è un ele­ mento così corporeo, sanguigno e brutale, che mal si adatta ad essere elaborato in concetti, a esser ingrana­ to in un sistema di sottili relazioni teologiche. Ma anche più grave è il secondo limite, che è il limi­ te di tutti i tentativi razionalistici in teologia morale. L' ipotesi beverlandiana è, fin dalle origini, sostanzial­ mente razionalistica: vuole eliminare un'apparente assurdità (la severa, crudele ingiustizia di Dio) , dando a tutto il racconto della Genesi un che di plausibile, di normale, di_quotidiano. Il peccato in essa non è più quell'enorme crimine commesso una volta sola e gra­ vante per l'eternità, ma un atto della vita di tutti, una comune necessità. Questa universalizzazione del pec­ cato ha favorito senza dubbio la inserzione (sporadica e imperfetta come vedremo) della ipotesi nei sistemi della colpa ereditaria, ma ne ha anche diminuito al­ quanto la terribilità, ne ha profanato il mistero. In modo del tutto analogo (anzi sostanzialmente identico) , l'ipotesi ha potuto, sì, allearsi con correnti ascetiche e fornire argomenti per il celibato, per la castità, anche per la castrazione ( Origene) . Ma quan­ do, col maturarsi del Rinascimento, la carne non fos»

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n peccato di Adamo ed Eva

se più stata maledetta e il Peccato non fosse più senti­ to come peccato, quando la Natura avesse vinto l'A­ scesi - ecco che l'ipotesi beverlandiana avrebbe trat­ to a rovina anche il dogma del peccato originale, o per lo meno ne avrebbe favorito la dissoluzione criti­ ca. Avreb!>e aperto la via all 'uomo bramoso di libe­ rarsene. E vero che da gran tempo i dottori della Chiesa la avevano prudentemente abbandonata. Ma ormai i laici s'erano impadroniti delle questioni teo­ logiche e non chiedevano il permesso a nessuno per torcerle, smontarle o deriderle. 8. L 'ipotesi nell'antichità e nell'epoca moderna L'ipotesi dunque va considerata partitamente nel­ la sua fase an tica (da Filone ad Agostino e alla Scola­ stica) e nella moderna (da Leone Ebreo e da Corne­ lio Agrippa in poi) . Tra le due, soli sottilissimi nessi visibili sono oscure tradizioni cabalistiche e rabbini­ che, incerte opinioni popolari e, sul tardi, qualche rappresentazione plastica. Nella fase antica, l'ipotesi beverlandiana, con le sue varie sub-interpretazioni, esprime con mirabile plasticità la fede nell'ereditarietà del peccato, la con­ vinzione che tutti meritano d' esser dannati, poiché tutti sono intimamente, essenzialmente contagiati dal peccato d'Adamo: in conclusione, rincalza la tesi più rigorosa e pessimistica circa l'uomo e il suo desti­ no. Nei tempi moderni, essa perde rapidamente la sua virulenza. Riaffermata in tono serio, e, s'intende, simbolico, nel 1 532 e nel 1 535, l'ipotesi è oggetto d' oscena derisione nel 1 678, stimolo all'immanenza verso il 1770, primo passo alla signoria della Ragione nel 1786.

II

9. Corrente ebraica e corrente cristiana Da Filone, come è noto, discendono due diverse correnti speculative: una ebraica e una cristiana. La distinzione vale anche per la storia dell'ipotesi bever­ landiana. La seconda corrente riceve ininterrotti contributi dalle scuole neoplatoniche, da svariate e­ resie, e anche, per reazione, da polemisti anticristia­ ni: i suoi rappresentanti sono uomini di grandissima dottrina e �i fede conquistata con lungo travaglio, difesa con strenua energia. Si chiamano Clemente Alessandrino, Origene, Sant'Ambrogio, Sant'Agosti­ no, San Zenone di Verona. La corrente ebraica, meno facile a studiarsi, segue la linea dell'esegesi razionalistica e letterale; e, di rabbino in rabbino, di cabalista in cabalista, discen­ de fino a Maimonide e a Leone Abrabanel. Per nulla inferiore alla cristiana quanto a meticolosa, e anche cavillosa, sottigliezza interpretativa, se ne distingue nettamente per aver rivolto il suo interesse agli svi­ luppi mistici, cosmologici, e magari fisiologici della ipotesi - piuttosto che a quelli morali e soteriologici

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ll peccato di Adamo ed Eva

che preoccupano i cristiani. Il Peccato nella tradizio­ ne ebraica è sempre considerato come un fatto stori­ co, in armonia con la Genesi; mentre per i cristiani, seguaci di San Paolo, esso è anzitutto un mistero del­ la fede, l' atto per cui tutti muoiono in Adamo (/ Cor., XV, 2 2 ) . Cominciamo dai cristiani. l O. Clemente Alessandrino e l ' i mpazienza d 'Adamo

Clemente Alessandrino (circa 1 50-2 1 5 ) , che nelle sue interpretazioni « risente molto del metodo alle­ goristico degli Elleni, specie di Filone », 1 complica un po' l'esegesi del Giudeo. Al posto della semplice antitesi di « senso » e « mente » (da cui potevano de­ dursi solo delle massime morali) , introduce tutta u­ na serie di simboli: il Serpente sarebbe il malo Desi­ derio, il Giardino la Donna, e il Frutto Proibito infine sarebbe il Matrimonio.2 Di qui s'imporrebbero subi­ to corollari favorevoli al celibato e ali' ascesi, del tutto estranei a Filone. Ma Clemente riesce a resistere alla forza trascinante delle deduzioni con un caratteristi­ co compromesso: il peccato d'Adamo è stato carna­ le, sì, e commesso con Eva; ma Dio non aveva e non ha proibito assolutamente la relazione: l'avrebbe an­ zi permessa, più tardi. Il Peccato sarebbe dunq·ue peccato d'impazienza o di fretta: Adamo, mosso da mala bramosia, avrebbe l. P.G. Franceschini, Manuale di patrologia, Hoepli, Milano, 1919, pp. 140-4 1 ; A . e M. Croiset, Manuel d 'histoire de la littérature grecque, 6a ediz., Fontemoing, Paris, s.d., p. 787 r cfr. H. Lietzmann, Ge­ schichte der Alten Kirche, recensito da A Omodeo in « La Critica » , vol. XXXV, 1937, p . 3021. 2. Feldmann, Paradies und Silndenfal� cit., p. 5 1 3 , che cita Migne, PG, vol. VIII, coll. l 226, 223 ( rectius 22 1 ) , 562, ma poco puntual­ mente. In favore del matrimonio, Stromati, III, 1 2 (Migne, PG, vol. VIII, col. 1 1 86) .

Clemente Alessandrino e l'impazienza d 'Adamo

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prima del tempo (della maturità) richiesto e preso TJÌV tOU ya�ou xaptV [ « la gioia del matrimonio »] .1 Clemente insomma non dice che il Peccato sia la ge­ nerazione qua talis ( « Essi dicono . . . che il serpente poi avrebbe . . . persuaso Adamo ad acconsentire al­ l'unione con Eva . . . così si calunnia di nuovo la crea­ zione » ) ; ma solo in quanto essa fu precipitata ( « pe­ rò essi si lasciarono eccitare prima di quanto fosse loro conveniente, giovani com'erano, fuorviati da un inganno: e allora giusto fu il verdetto di Dio contro di loro ») . 2 Questa attenuazione è tipica della tempe­ ranza di Clemente nel dogma e nell'esegesi, qualità che lo ha reso tanto antipatico a un pessimista in­ transigente per programma quale Schopenhauer,3 quanto simpatico a uno spirito scettico e sorridente quale Anatole France.4 È, anzi, doppiamente tipica: come conciliazione di tesi opposte, e come implicita condanna della fretta, delle soluzioni impulsive e precipitose. Se Adamo ci avesse pensato due volte . . . Che cosa avrebbe perso ad aspettare un pachino? Stando saldo su questa posizione, è facile a Cle­ mente distinguersi dagli eretici (Marcioniti e altri) fautori dell ' ÈyK patEt a [ « continenza »], o magari dell. Feldmann, Paradies und Sundenfall, cit., sempre a p. 513, cita Migne, PG, vol. VIII, coll. 1 1 93 sgg., 1 206, e soggiunge: «Questa spiegazione sembra essere di origine ellenistico-egizia in base al citato capitolo 1 7 (di Clemente) ». Cfr. J. Turmel, Histoire des dogmes (vol. 1: Le péché originel. La rédemption) , Rieder, Paris, 1931, p. 43. 2. Clemente Alessandrino, Stromati, III, 17 (Migne, PG, vol. VIII, col. 1 206) . 3. A. Schopenhauer, Die Welt als Wille und Vorstellung, par. 60 (Le monde comme volonté et représentation, trad. frane. di A. Burdeau, Alcan, Paris, 1 894- 1 898, vol. l, p. 344) , e Suppl., cap. 48 (vol. III, pp. 429, 432 sgg. ) . 4. A. France, La ROtisserie de la Reine Pédauque, Calmann-Lévy, Paris, s.d. [1 9 1 7?], pp. 57-58.

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Il peccato di Adamo ed Eva

la ayvEia [ « castità))]. Egli polemizza più volte contro quelle dottrine estremiste; e gli riesce così di restare, su questo punto almeno, nella linea dell'ortodossia. 1 1 . n peccato e la morte Sostanzialmente ortodossa è anche la sua interpre­ tazione formale del Peccato, che segue e accentua la linea pessimistica della tradizione. Da essa anzi Cle­ mente trae più volte lo spunto per tradurre nei ter­ mini più suggestivi l'antica dottrina paolina che il peccato è la morte ( Gen. , II, 17; III, 22; Romani, V, 1 2) . Morte non solo spirituale, ma anche fisica: « A Salomè che lo interrogava: Fino a quando durerà la Morte?, il Signore rispose: Fino a quando voi, donne, genererete ».1 La morte altro non è che « la congiun­ zione al corpo dell'anima dedita al peccato, la vita invece è la separazione dal peccato ».2 Nella disputa sull'ipotesi beverlandiana (e cioè, sulla natura carnale del primo peccato) , è in gioco, dunque, anzitutto, la posizione della « carne » nell'U­ niverso. Se la carne è del demonio, se la carne è mor­ te, la Chiesa deve dannarla senza esitare. Ma ne avrà la forza? E, quando la carne sia maledetta, come poI . Clemente, Stromati, III, 6 (Migne, PG, vol. VIII, coli. 1 1 49-50) e III, 9 ( ibid. , coli. 1 1 65-66) (dal Vangelo degli Egiziani, e citato da Schopenhauer, ed. Paris, vol. III, p. 429 ) . Clemente dà alla frase un senso rag�onevole e naturale: « a nascita segue morte, universalmente ». E stato già osservato che in Clemente il pecca­ to è « così naturale da perdere la sua serietà misteriosa » (J.-F. Denis, De la philosophie d 'Origène, lmpr. Nationale, Paris, 1884, p. 438, su cui si veda E. de Faye, Origène. Sa vie, son oeuvre, sa pensée, 3 voli., E. Leroux, Paris, 1 923-1928, vol. II, pp. 220-28 ) . 2. Clemente, Stromati, IV, 3 (Migne, PG, vol. VIII, coli. 1 223-2 4) . Cfr. « morte dell'anima è detto il peccato », Stromati, III, 9 ( ibid. , coli. 1 1 67-68) .

n peccato e la morte

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trà continuare il mondo? Agostino dirà di non pen­ sarci, che non è affar nostro. Anzi, meglio se non continuerà: verrà più presto la Civitas Dei. Ma il dub­ bio resta: non sarebbe l'assoluta castità una forma di suicidio del genere umano intero, un rifiuto colletti­ vo ?i questa vita che pure ci viene da Dio? E su questo punto, forse, che meglio appare l'inti­ mo dissidio che ha sempre travagliato la Chiesa - e che non può essere eliminato perché consustanziale alla sua essenza. Istituzione divina operante sulla ter­ ra, essa si trova sempre a dover conciliare l'inconcilia­ bile, la sua missione_ trascendente con la sua esistenza politica, il rigore della sua dottrina ultramondana con la sua volontà di lottare e di affermarsi in questo mon­ do, il suo pessimismo col suo ottimismo. L'atto sessua­ le è peccato ed è morte quando il singolo sia di fronte a Dio; l'atto sessuale è vita, elementare ma irrefutabile, naive et péremptoire (tanto per citare un poeta « cattoli­ co ») - quando l'uomo sia tra i suoi simili, nelle società del genere umano. L'istinto che lo determina, consi­ derato con rigore filosofico, è la prima forma deli' atti­ vità « meramente economica » (Croce) , la forma più elementare, la più vicina alla mera animalità (come la Politica è la più complessa e più vicina alla pura etici­ tà) , e perciò ·sempre in pericolo d'essere espulsa dai rigoristi, di vedersi negata ogni spiritualità. Ma, per quanto perseguita e maledetta, sospettata persino nel matrimonio (concessione alle esigenze etiche) , e per­ sino nel primo uomo (tentativo di prova teologica) , essa, proprio come la Natura, tamen usque recurret. E la Chiesa finisce, dopo lotte memorande, con u­ na tipica transazione: finisce a tollerarla, guidarla, benedirla nei laici, per proibirla rigorosamente ai clerici. L'equazione: desiderio sessuale = peccato d'Adamo= morte, è uno degli episodi meno noti di quelle lotte.

1 2. Peccato e morte nel Seicento Il peccato ha per conseguenza la mortalità presso la « maggior parte » dei Padri: 1 la mortalità ora fisica, ora spirituale, ora entrambe. Anche questo concetto pa� lino di « mortalità conseguente al peccare » merite­ rebbe un'analisi e una storia meglio particolareggiata. Mi limito qui a ricordare la straordinaria diffusione che esso rebbe col Did des trois morts et des trois uifs,l 2 riebbe nel Cinquecento3 e più nel Seicento, sia per la sua efficacia oratoria, sia per le spiegazioni razionali­ stiche che permetteva di introdurre nel racconto bi­ blico - per due motivi cioè in netto contrasto fra loro. Il primo infatti tendeva ad aggravare il terrore del Pec­ cato, il secondo lo riduceva a un accidente naturale, a un'imprudenza dietetica. Di questo basti ricordare l'esempio di Spinoza: « La condizione fatta ad Adamo consisteva, dunque, soltanto in questo, che Dio gli ril. Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit. , vol. II, p. 1 38; R. Ruetschi, Geschichte und Kritik der kirchlichen Lehre von der ursprii ng­ lichen Vollkommenheit und von Sundenfal� Brill, Leiden, 1 88 1 , p. 41, secondo cui l'antica Chiesa greco-orientale avrebbe accolto la tesi della Genesi e di Paolo con l'aggiunta che « ha negoziato di nuovo questa morte per ogni uomo tramite il suo stesso peccato ». Anche secondo H.H.B. Ayles, uno dei più recenti sostenitori della ipotesi, Adamo si sarebbe trovato dinanzi al dilemma: « Pos­ terity or immortality » (A Critica[ Commentary on Genesis II, 4-111, 25, Clay & Sons, London, 1 904, menzionato in Feldmann, Para­ dies und Sundenfal� cit. , pp. 5 1 8-19) . 2. r Con gioco di parole sul morso di Adamo e la Morte: « car de son mors vint nostre mors »: si veda Alphabet de la mort di Hol­ bein, a 5 (cfr. E. Mai e, L :4rt religieux de la fin du Moyen Age en France, Colin, Paris, 1931 , pp. 378-80, con altri esempi) l . 3 . r Cfr. Durer. Des Meisters Gemiilde, Kupferstiche und Holzschnitte, a cura di V. Scherer, 3a ediz., Deutsche Verlags-Anstalt, Stutt­ gart-Leipzig, s.d., incisioni a pp. 93 (La morte) e 1 1 1 (Lo stemma della morte); Ma.J.e, L :4rt religieux de la fin du Moyen Age, cit. , p. 287, fig. 158 l .

Peccato e morte nel Seicento

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velò come il mangiare di quel frutto significasse la morte, così come rivela anche a noi con l'intelletto naturale che il veleno è mortifero» . 1 Quanto al primo motivo, sfrut­ tato in centomila prediche, preferisco ricordare il cu­ riosissimo esempio che ne offre il quadro della Caduta d 'Adarrw2 di quel bizzarro e sugoso pittore che fu il Wa­ genfeldt ( 1 610-1671 ) , in cui, contro tutta la tradizione iconografica, il serpente non è un serpente, né un gio­ vane, né una figura femminile, né un demonio, ma u­ no scheletro.3 ril tema comunque riappare, contil. B. de Spinoza, lettera 19, in opera, a cura diJ. van Vloten eJ.P.N. Land, Nijhoff, Hagae Comitum, 1883, vol. ll, p. 68 [trad. it. di A Droetto, Epistolario, Einaudi, Torino, 195 1 , p. I I I ] . 2 . [Adamo, Eva e la Morte, un tempo alla Kunsthalle di Amburgo, oggi irreperibile (tav. 2) ] . 3. Cfr. qui, p. 1 1 4, nota 2. La stessa ossessione di morte è negli altri quadri del Wagenfeldt (pure ad Amburgo nella Kunsthal­ le) , tutti a macchie sfumate e impastate: nel Battesimo, di una li­ vida tristezza che ricorda i Crespi della serie dei Sacramenti (a Dresda) , e in cui il bambino pare una piccola mummia; e nella Morte (si veda tav. 3) , terrificante conclusione di predica baroc­ ca, in cui si vedono un Santo (il Battista?) , uno scheletro, un demone e la Vergine turbinare (trasparenti come una sovraim­ pressione cinematografica) sopra il letto dell'agonizzante, bian­ chissimo in volto. Lo schema è ripreso dalla celebre incisione di Rembrandt, La Morte di Maria r e da Vérard, Ars morien di, su cui Male, L 'Art religieux de lafin du Moyen Age, cit. , pp. 382-871. Ma lo spirito è toto coelo diverso. Quella ha la solennità di una apoteosi. Questo stringe con la tristezza di un incubo. Il solo ravvicina­ mento possibile è con un disegno diJacopo Ligozzi ( 1 543-1627) , ora all'Accademia di Venezia (si veda tav. 4) , in cui Eva calpesta il tentatore (in forma strisciante umano-serpentina: cfr. « Essa stessa ti schiaccerà la testa », Gen ., III, 15) e uno scheletro chio­ mato s'arrampica dietro ai due seduti sul legno della Croce. In Wagenfeldt, però, tentatore e scheletro fan tutt'uno. fNel '600, la Morte appare simultaneamente al Peccato: « u­ no scheletro s'impadroniva di Adamo ed Eva nel momento in cui stavano per cogliere il frutto proibito: da allora la Morte regnò padrona nel mondo » (E. Male, L 'Arl religieux après le Concile de Trente, Colin, Paris, 1932, p. 219) ; cfr. R Bernheimer, Wzld Men in

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n peccato di Adamo ed Eva

nuando la tradizione medioevale dei Trionfi della Morte e delle Danze Macabre, con gli scheletri che the Middle Ages. A Study in An, Sentiment, and Demmwlogy, HaiVard University Press, HaiVard, 1952, p. 183 e fig. 50, e nota a p. 2 1 6 1 . Un motivo non lontano è quello che, senza la esplicita mediazio­ ne di Adamo, lega sensualità e morte, oltre che r nella leggenda di Don Giovanni , il quale seduce le donne e sfida i morti: « il tema re­ ligioso ... si fonde con la passione carnale» (G. Maraii6n, DcmJuan. Ensayos sobre el urigen de su leyenda, Espasa-Calpe, Buenos Aires, 1940, p. 86) l: a) in molta altra letteratura ( « La Débauche et la Mort son t deux aimables filles», Baudelaire, LesF/eurs du mal: Les deux bonnes soeurs; oppure anche « Deux anges destructeurs marchent à son còté, l Doux et cruels tous deux, - la n1ort, - la volupté»,A de Mus­ set, La Caupe et !es livres, IV; o le due tentatrici, La Luxure e la Mart, che ballano insieme alla fine della Tentation de Saint Antoine, di Flau­ bert, Paris, 1891 , pp. 272-75); b) nell'iconografia dell'alto Medio Evo (a Vézelay « il vecchio scultore ... ha unito nel proprio inferno la Dissolutezza e la Morte»: E. Male, Li1.rt religieux du Xlle sièck en France, Colin, Paris, 1928, p. 376); e c) in numerosissimi quadri, per esempio nel Baldung Gnin che è a Basilea, in cui una Morte, gialla e secca, con occhi rossi piangenti, bacia furiosamente una donna bianchissima e formosa che si denuda, o nel Niklaus Manuel Deutsch ( 1484-1530), pure a Basilea, dove si vede una Morte impu­ dica che alza le gonne di una ragazza vestita di nero e rossiccio; mentre i loro volti si confondono in un bacio, la mano della ragazza prende e stringe la mano protesa della Morte ( tavv. 5 e 6). In sostanza, si tratta sempre di anticipazioni dei motivi ro­ mantici del Vampiro e del bacio mortifero. Il Manuel ha altri quadri di simile accento, e tra questi una Salomè che può ricor­ dare alla lontana quelle di Gustave Moreau (su cui si veda M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Soc. Editrice « La Cultura», Milano, 1 930, pp. 293-301) . Su una delle più tipiche incisioni di Félicien Rops, quella per il frontespizio dell' Initiaticm Sentimentale del Péladan, si vede una Morte travestita da Cupido, carnosa al seno e ai fianchi, scheletrica nel resto, staccarsi da un fondo, sul quale si dirama l'albero del Be­ ne e del Male con relativo serpente. ll nesso macabro-erotico, fre­ quentissimo nell'ispirazione del Rops, si complica qui di richiami al Primo Peccato, si giustifica con un sottinteso beverlandiano (cfr., nel catalogo di M. Exteens, L 'oeuure gravé et lithographié de Félicien Rops, Pellet, Paris, 1928, i nn. 438, 440, 465, 516, 710, 776, 789, 795, 863, 866, tutti più o meno apertam ente beverlandiani) .

Origene e il beverlandismo ingenuo

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accompagnan le famose nudità sulle tombe in S. Pie­ tro d'Urbano VIII e Alessandro VII: dalle stampe po­ polari la strana ossessione raggiunge i sepolcri dei pontefici. Il Bernini riprende da gran virtuoso il moti­ vo caro ai menestrelli erranti 1 . 1

1 3 . Origene e il beverlandismo ingenuo Origene ( 1 85-254) è il martire dell'ipotesi bever­ landiana. Persuaso della natura sessuale del Peccato, del primo e di ogni peccato, travolto da una materia­ listica interpretazione di Matteo,.XIX, 1 22 - soppresse in sé ogni parte peccaminosa, e s' acquistò così nei secoli quell'equivoca celebrità, che ancor dura (Her­ der ricordava soltanto lui insieme a Beverland) ,3 e che non gli avrebbero altrimenti assicurato le nume­ rosissime sue opere esegetiche, dogmatiche, parene­ tiche e polemiche. Quando si pensa che Origene credeva di lavar la macchia del peccato originale ca­ strandosi, e Hamann consigliava invece di pulirla col matrimonio; che Origene sperava di redimersi sop­ primendo la sua posterità potenziale, e Hamann in­ vece per filiorum generationem - si misura il progresso compiuto verso rumanità, anzi la totale inversione di valori che nella storia dell'ipotesi si riflette.4 l. r Maie, L 'Art religieux après le Concile de Trente, cit. , p. 227; cfr. L. Gillet, Histoire artistiques des Ordres Mendiants. L 'Art religieux du XIIIe au XVI/e siècle, Flammarion, Paris, 1939, p. 234 1 . 2. « Vi sono pure eunuchi che si castrarono da sé per raggiunge­ re il Regno dei cieli. Chi può comprendere, comprenda » . 3. Cfr. Gerbi, L a politica del Romanticismo, cit., p . 79. 4. Per Tertulliano, per Atanasio, per Sant'Agostino (in una fase almeno del suo pensiero ) il matrimonio non si distingue dalla fornicazione ( si vedano i testi e le opere citate da Schopen­ hauer, ed. cit., vol. III, pp. 420-32. Il pessimismo programmati­ co di Schopenhauer si delizia di passi patristici. E al tempo

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n peccato di Adamo ed Eva

Anche Origene allegorizza la storia d'Adamo, come Filone e come Clemente, 1 ma a lui i simboli non lascia­ no mai dimenticare che in ogni rapporto sessuale peccato,2 che il peccato anche

personale in

è uriginale sì,

in Adamo, ma

è è

ognuno di noi.3 In lui anzi si nota,

forse per la prima volta, un atteggiamento verso l'ipote­ si che diventerà in altri consuetudine: l'atteggiamento di chi è perfettamente sicuro nella sua interpretazione, e pure schiva di parlarne, e non si cura di darne ragicr nata spiegazione. Quando non è respinta con alte grida di scandalo (il che accade solo nell'età moderna) , l'iper tesi beverlandiana

è

di solito accolta come la cosa più

naturale del mondo.4 Medium non datur.

stesso, com'è noto, Schopenhauer afferma che « l'istinto sessua­ le è la sostanza della volontà di vivere, il suo concentrato ... la sua più perfetta manifestazione», ecc., vol. III, p. 325 e passim) . Ma ancora per San Tommaso il matrimonio avrà il carattere « di un'indulgenza verso l'impennarsi dei piaceri della carne» (Har­ nack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, ci t., vol. III, pp. 615-16) . l. Feldmann, Paradies und Sundenfal� ci t., p. 515; Harnack, Lehr­ buch der Dogmengeschichte, cit. , vol. l, p. 681 , nota 3 rcfr. Orno­ dea, recensione cit. a Lietzmann, p. 302 1 . 2 . Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit. , p . 68 1 , nota 3: « anche lui, come già Agostino, ha supposto nel coito in quanto tale una profanazione; si veda in Rom. V 9, VII 4, in Levit. horn. VIII 3, in Num. horn. 2 ». 3. San Paolo insegna che il peccato « si è trasmesso da un solo uomo a tutti i suoi discendenti, mentre secondo Origene il pec­ cato è personale» (Denis, De la philosophie d 'Origène, cit., p. 201 ; cfr. p. 264) . « Nei passi in cui Mosè sembra parlare di Adamo, viene da lui descritta la natura umana », Origene, Contra Celsum, IV, 40 (Migne, PG, vol. XI, coli. 1093-94) , perché « tutti gli uo­ mini che nascono e che sono nati in questo mondo erano nei lombi di Adamo, quando ancora si trovava in Paradiso » (Grige­ ne, Commentarium in Epistulam Beati Pauli ad Romanos, V, l; Mi­ gne, PG, vol. XIV, coli. 1009-10) . 4. Con l'ulteriore conseguenza che, non essendo assicurata a prove o a ragionamenti, più volte essa viene da uno stesso auto­ re dimenticata o ingenuamente contraddetta.

37

Origene e il beverlandismo ingenuo

Ma, al tempo stesso, chi ne parla, trova tanto faci­ le, tanto banale la trasformazione fatta subire al po­ mo di cui parla Mosè , quanto misterioso e carico di profondissimi sensi il mito così riveduto e ridipinto . Anche Ori gene ( dice il più minuzioso degli autori che lo hanno studiato) vorrebbe farci credere « di a­ ver scoperto nell 'espulsione di Adamo ed Eva qual­ che mistero molto più profondo del mito di Fedro, senza dirci quale fosse questa meraviglia » . 1 E vero che in lui si tratta di un espediente polemico contro il pagano Celso . Ma la convinzione d ' Origene non può esser dubbia. Celso comica dicacitate ridens aveva preso in giro il serpente e tutto il seguito della storia. Orsù - replica Origene -, « confrontiamo queste pa­ role con quelle che so n dette nel Simposio di Platone a proposito dell 'Amore » , e il candido lettore dovrà ,

convincersi che « tutte si ricollegano, senza intenzio­ ni in decorose , ad un' interpretazione allegorica » . 2 Su di che vien raccontato il mito di Poro e di Penia, il mito narrato da Diotima a Socrate ( Convito, 203 B -

l . Denis, De la philosophie d 'Origène, cit. , pp. 1 89-90, che cita Contra Celsum, IV, 40: « esso contiene un significato misterioso molto più straordinario di quanto Platone riferisce sull' anima che, privata delle ali, precipita quaggiù » (Migne, PG, vol. XI, coll. 1 095-96) . Si ricordi anche il 1tepì 'A pxrov, IV, 1 6, dove, so­ stenuta la necessità dell 'interpretazione allegorica, per elimi­ nare le ingenuità della Scrittura, proprio a proposito d'Adamo e d'Eva, Origene conclude: « nessuno dubiterà che qui sono simbolicamente indicati alcuni misteri » (Migne, PG, vol. XI, coli. 377-78) . E nel Commentarium in Evangeliumjohannis, XIX, IV, 23: « se qualcuno però si scandalizzasse perché abbiamo ap­ plicato alla conoscenza di Dio il paragone proveniente dalle parole: "Adamo conobbe Eva, sua moglie", allora in primo luo­ go tenga presente quel passo [di Paolo] che dice: "Questo mi­ stero è grande " » (Ephes. , V, 32; Migne, PG, vol. XIV , coll. 531 -32; cfr. ibid. , col. l O 19) . 2. Origene, Contra Celsum, IV, 39 (Migne, PG, vol. XI, coll. 1 089-90) .

n peccato di Adamo ed Eva

38 204

C) immediatamente dopo che essa ha definito

l 'Amore « un gran demone »

Al banchetto

( 202 E ) .

natalizio d'Mrodite , Penia ( la mise­

ria) si giace accanto a Poro addormentato e ne con­ cepisce Eros. Questi perciò nasce povero, squallido e scalzo (cfr. la punizione d'Adamo) , amante di sa­ pienza e pure medio tra la sapienza e l ' ignoranza ( cfr. lo

scientes bonum et malum) .

Ora, se non si ram­

menta quali fossero gli arbitrii del sincretismo, e se, soprattutto, non si tiene presente la ipotesi beverlan­ diana, può apparire strano che questo mito, delizio­ samente dipinto coi più luminosi colori del

Simposio,

soffuso di ironia e di lontane nostalgie, possa ricor­ dare a Origene le cupe allegorie bibliche e la trage­ dia immensa della Caduta. Eppure, tanto vicino alla storia di

Genesi III gli pare il mito

platonico, che egli

avanza l' ipotesi che Platone, trovandosi in Egitto, vi abbia conosciuto « qualche studioso dei misteri giu­ daici e, avendone appresi alcuni da loro, li abbia in parte conservati, dissimulandone però altri per mez­ zo di allegorie » . Ma l ' approfondire questa spiegazio­ ne, dice Origene con la consueta tattica elusiva, « non riguarda questa sede )) , e rimanda al suo com­ mentario sulla

Genesi.1

Qualche altro accenno, a conferma, si trova nella

VI Omelia sul Levitico,

là dove Origene accenna alle

tuniche di pelle che Dio fece ad Adamo ed Eva. An­ che queste tuniche furono argomento di sottilissime disputazioni (eran di pelle d' animali? ma Dio non uccide e non concia; metaforizzan la carne e il cor­ po? ma Adamo era già di pelle e d' ossa,

Gen. , Il,

23-24; rappresentan allegorice la mortalità di cui i pro­ toplasti furono rivestiti? sarebbero peggio che la ca­ micia di Nesso) e di ingenue rappresentazioni figu-

1 . Ibidem (Migne, PG, vol. XI, coli. 1091-92 ) . Il Commentario sulla Genesi è in gran parte perduto.

A mbrog;io e il beverlandismo « milanese »

39

rative . 1 Origene dice che le tuniche dovevan ( oporte­ bat) esser di pelle in segno della mortalità conseguita al peccato , e della fragilità « che derivava dalla corru­ zione della carne » . 2 Di contro a queste testimonianze, deve ricordarsi che, nel riprendere il suo tema favorito della univer­ sale peccaminosità del senso, Origene adopra talvol­ ta argomenti che sono in apparente contraddizione con la ipotesi beverlandiana. « Quindi il corpo del peccato è il nostro corpo » egli scrive , e continua difilato: « poiché neppure è scritto che Adamo abbia conosciuto sua moglie Eva . . . se non dopo il pecca­ to » . 3 La

cognitio non

è dunque il peccato; lo segue,

forse ne è conseguenza. Si delinea qui un ordine di successione, se non proprio un ordine causale, che anticipa altre interpretazioni cristiane e rabbiniche (cfr. qui, p.

90) - una dissociazione del Peccato

dal­

l' atto peccaminoso del senso (legati tuttavia da stret­ ti vincoli logici e genetici) , che sarà feconda di conse­ guenze speculative .

14. A mbrog;io e il beverlandismo « milanese » Questi sviluppi ebbero luogo, circa un secolo e mezzo dopo, nella Chiesa d' Occidente .

I Padri Lati­

ni, come è noto, abbandonarono molte delle preoc-

l . Nel Battistero della Marienkirche a Francoforte sull' Oder è un bacino d'ottone del 1 376, su cui si vede un angelo scendere a consegnare due tuniche ad Adamo ed Eva nudi e intirizziti (si veda la tav. 7) . Cfr. anche Huet, Origeniana, II, c. II, Qu. xn, n. 8 (Migne, PG, vol. XVII, coli. 1 058-59) . 2. Origene, Homiliae in Leviticum (Migne, PG, vol. XII, col. 469 ) ; cfr. Origene, In Genesim (Migne, PG, vol. XII, coli. 101-102) r e Male, L 11 rt religieux du Xl/e siècle, c it., p . 1 371 . 3. Origene, Commentarium in Epistulam Beati Pauli ad Romanos, V, 9 (Migne, PG, vol. XIV, col. 1 047) .

n peccato di Adamo ed Eva

40

cupazioni esegetiche e cosmologiche dei Padri Gre­ ci, e si tormentarono invece su questioni più vive e urgenti, di grazia, di moralità, di individuale condot­ ta di vita. L' ipotesi beverlandiana, nata e cresciuta in Alessandria, segue questa metamorfosi nei sistemi di Ambrogio, d'Agostino, dei loro avversari e dei loro discepoli. Ambrogio è stato colui che introdusse in Occiden­ te i metodi di interpretazione biblica familiari ai Dot­ tori d' Oriente ; 1 Ambrogio

fu

studiosissimo di Cle­

mente, d' Origene, e, soprattutto, di Filone;2 e Am­ brogio chiama il peccato originale, peccato di con­ cupiscenza e di lubricità.3 Ma la sua caratteristica è che, su questo punto, che pure è essenziale, egli evi­ ta quanto può di prender posizione;4 e , quando la prende , si attiene a un ' esegesi che smorza e addolci­ sce la storia della seduzione e del primo fallo . Così , nel libro

De Paradiso,

esposta l ' interpretazione lette­

rale, Ambrogio soggiunge che plerique ne propongo­ no un 'altra allegorica; e q11esta è quella di Filone ( che egli cita) ; ma lascia al lettore libera scelta tra le due .5 Il serpente egli spiega come la

delectatio corpora­

lis, comprendente la lussuria e la gola, e a buon dirit­ to quindi condannato prima d' Eva (il senso) , la qua-

l . G. Boissier, La fin du Paganisme. Étude sur les demières luttes reli­ gieuses en Occident au quatrièrne siècle, Hachette, Paris, 1 898, vol. I, p. 310. 2. Franceschini, Manuale di patrologia, cit. , pp. 347-48, 355. 3. Ibid. , p. 364; Feldmann, Paradies und Sundenfall, cit. , p. 515. 4. Anche il Tunnel, riferendo la dottrina ambrosiana che da A­ damo ereditiamo la concupiscenza, aggiunge un prudente «for­ se perché i nostri primi genitori hanno peccato di lussuria » (His­ toire des dogm.es, ci t., p. 69) . 5. Ambrogio, De Paradiso, II, 1 1 (Migne, PL, vol. XIV col. 295) e XV, 73 (Migne, PL, vol. XIV col. 329) ; inclina all'allegorica in XIV (Migne, PL, vol. XIV col. 455) . ,

,

,

Ambrogio e il beverlandismo « milanese »

41

le a sua volta è condannata prima d'Adamo (la men­ te) . 1 Una chiara teoria del peccato, insomma, manca in Ambrogio :2 ora egli accentua come essenza del Pec­ cato la

superbia animi,

ora « sottolinea la debolezza

della carne come un fattore essenziale » .3 Ma quello che è più curioso, è che anche questa debolezza non è sempre

sensuale : può esser soltanto affettiva. Perché

il serpente - si chiede una volta Ambrogio - si valse d'una femmina per sedurre Adamo? Perché non ha tentato da solo, a tu per tu con Adamo, la sua opera di corruzione? Il Santo risponde con troppo facile e troppo comune saggezza: risponde come risponderà la Carmen di Bizet: Quando occorra frodare un uo­ mo, sia questo Adamo o Sansone o Salomone stesso ,

con la tenerez­ za e le moine caratteristiche del garbo mulie!Jre, ha saputo

ci vuole una donnetta: « E così la donna,

attrarre a sé l'uomo - che il serpente non aveva osato tentare -, dopo averlo ammansito con il cibo

e con la

forza del proprio amore » . 4

È

questa una spiegazione tutta bonaria,5 e, vor­

remmo dire,

milanese :

Adamo mangiò anche lui

pro

l . Ibid. , XV, 73-74 (Migne, PL, vol. XIV, col. 329) . 2. r Cfr. A. O. Lovejoy, Essays in the History of Ideas, Johns Hop­ kins Press, Baltimore, 1948, p. 296 nota l . 3 . Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit., vol. III, pp. 49-50. 4. Ambrogio, Expositio in Psalmum CXVIII, XV, 18 (Migne, PL, vol. XV, col. 1490) . La stessa teoria, con lo stesso esempio di Salomo­ ne, si ritroverà nel Seicento, nell'Evadei Malipiero (si veda qui, p. 1 20) : « potrebbe addursi in difesa dell'huomo, che la Donna è a­ nimai così potente nello farci prevaricare, che spesse volte il Dia­ volo medesimo non potendo vincer le virili forze, elegge per di­ roccare la fede, o la continenza nostra il sesso femminile » (F. Ma­ lipiero, L 'Eva, Pietro Turrini, Venezia, 1 640, p. 9 1 ) . 5. rÈ già in San Gerolamo, il che scandalizza leggermente John Donne, Complete Poetry and Selected Prose, a cura di J. Hayward, The Nonesuch Press, London, 1939 ( 1 609) , p. 458; cfr. ibid., p. 556l .

42

Il peccato di Adamo ed Eva

bono pacis conjugalis, per far piacere alla consorte , per non stare a « piantar grane » . Agostino stesso, che pu­ re ha un così tremendo concetto del peccato, la rie­ cheggia una volta almeno: « Così capitò anche ad A­ damo. Dopo che sua moglie, fuorviata, ebbe assag­ giato il frutto proibito e ne diede a lui perché ne mangiassero insieme, egli

non volle rattristarla,

pen­

sando che, priva del suo conforto, essa potesse strug­ gersi di dolore sentendosi alienata dal suo cuore e finisse per morire a causa di quel contrasto » . 1 Anche questa tesi, di sapore già lievemente umoristico , fu resa grottesca più tardi, quando un interprete, appa­ rentemente ammogliato a una Tessa, sostenne che Adamo mangiò il frutto proibito, non per far piacere alla mogliera, ma perché questa, tagliato un ramo intero dell ' albero, se ne fece un grosso bastone , col quale obbligò il marito a trangugiare il pomo ! 2 Secondo Ambrogio, invece, quali arti Eva abbia a­ doperato per indurre in colpa Adamo, meglio si vede dalle conseguenze del fatto: quando si videro nudi, e - continua il Santo con frasi che hanno una lontana assonanza con quelle di Kant descriventi i primi rapidi progressi della civiltà e del raffi nato piacere - « inizia­ rono a indagare le cose del mondo e quelle concepite dalla mano dell 'uomo, con cui coprire la nudità della loro mente intrecciando piacere a piacere, e le incon­ sistenti voluttà di questo mondo, come foglia a foglia

l . Ambrogio, De Genesi ad litteram, XI , 42 (Migne, PL, vol.

XXXIV, coli. 453-54) . Un' eco d'Agostino è in Malebranche (De

la recherche de la Verité, I, 5; ed. Flammarion, Paris, s.d., vol. I, p. 38) , che parla « di una naturale tenerezza (d'Adamo) per la pro­ pria moglie e di un anormale timore di addolorarla » r passo ag­ giunto nelle edizioni successive, non esisteva nella prima: Ch.-A. Sainte-Beuve, Port-Royal, Hachette, Paris, 1 925, vol. V, p. 386 nota l. 2. Bayle, Dictionnaire, cit. , s. v. « Eve » (vol. Il, p. 420) , che cita G. Salden, Otia theologica, Boom, Amsterdam, 1 684, p. 607.

A mbrog;io e il beverlandismo « milanese »

43

con cui coprire l'intimità genitale » . 1 Anche più espli­ cito è Ambrogio nella Epistola

63.

Con la solita sua

veemenza, egli va fulminando contro i monaci aposta­ ti Sarmazione e Barbaziano che predicavano essere nullo il valore dell' astinenza e della castità: « Quale vergine non piangerebbe, ascoltando che non esiste alcun premio per la sua integrità . . . ? Quale vedova, do­ po aver capito che la sua vedovanza non reca alcun frutto, preferirebbe mantenersi fedele al coniuge e vivere nella mestizia anziché darsi ad una vita più alle­ gra? Quale donna, vincolata dal matrimonio, se sentis­ se che la castità non è tenuta in alcun conto, non si la­ scerebbe tentare da una facile trascuratezza del corpo e dell' anima? » . Contro queste tesi di fornicazione, il Santo ha un 'arma formidabile: l' esempio di

Genesi /Il,

degli insidiosi allettamenti del serpente e del « piacere infuso in Adamo ed Eva » . - « Se dawero lo stesso ser­ pente è il piacere, è per questo motivo che le passioni varie e lubriche e - si potrebbe dire - contaminate dal veleno della corruzione fanno parte del piacere. Sap­ piamo dunque che, ingannato dall' appetito del piace­ re, Adamo disubbidì all 'ordine di Dio e al bene della grazia. Come, dunque, può riportarci nel Paradiso il piacere, se proprio esso ce ne privò? » .2 Il primo peccato resta un peccato di lussuria. Ma Adamo ha delle attenuanti. Vi è caduto perché è sta­ to troppo buono. La carne è male, sì; ma i figli d'Ada­ mo non sono senz ' altro dei malvagi. L' anatema sfu­ ma in un sorriso d' ambrosiana indulgenza. 3

l . Ambrogio, De Paradiso, XIII, 63 (Migne, PL, vol. XIV, col. 324) , dove è rifiutata l'interpretazione letterale. 2. Ambrogio, Epistularum Classis l, LXIII (Anno 396) ; Migne, PL, vol. XVI , coli. 1 242-43, 1 244. 3. r Ambrogio sarebbe anche il primo a definir la Colpa origi­ nale una « felix ruina », un peccato fruttifero di bene: si veda Lovejoy, Essays, cit. , pp. 287-88 1 .

15. Agostino e la teoria della propagazione Tutti questi accenni, elementari o sottintesi, trova­ no in Agostino un ferreo sistematore . Agostino, il ca­ tecumeno e il discepolo d'Ambrogio, elabora così profondamente

l' ipotesi, e ne deduce con tanto rigo­

re le ultime conseguenze, che , dopo di lui, lo spunto originale viene quasi dimenticato . Non più interessa che cosa realmente abbia fatto il padre Adamo, ma quale fosse il suo animo nel momento del peccato, e come abbia potuto peccare, e perché tutti sian colpe­ voli con lui, e in che modo il sacrifizio del Redentore liberi dal peccato. Il tema della concupiscenza carna­ le sfuma in quello (cattolico ortodosso,

non

agosti­

niano) della carenza di grazia; e rimarrà nell' ombra fino al secolo

XVI .

Agostino non ci offre una tesi unica e ben de­ finita; la sua posizione oscilla con gli anni. Ma sem­ pre resta in essa fondamentale il nesso di « pecca­ to d'Adamo » con « mala concupiscenza carnale » . Qualche volta i due conce tti si identificano, più spesso la concupiscenza è fatta conseguenza imme­ diata del peccato . Nel primo caso (peccato = concu­ piscenza) , non siamo lon tani dagli allegorismi ales­ sandrini. 1 La concupiscenza genitale è la ribelle e ripugnante alla

lex mentis.2

lex peccati

Eva è la nostra

stessa carnalità3 e si può concludere, pare , che una

l . r Cfr. ClJ. Glacken, Traces on the Rhodian Shore, University of California Press, Berkeley-Las Angeles, 1 967, p. 200; analoga­ mente injohn Scotus, ibid. , p. 2 1 2 1 . 2 . Esempi in Agostino, Contra secundamJuliani responsionem imper­ fectum opus, II, 1 89 (Migne, PL, vol. XLV, col. 1 223; i volumi delle opere di Sant'Agostino corrispondono ai seguenti del Migne, PL: il I al XXXII, il II al XXXIII, il III ai XXXIV-XXXV, il IV ai XXXVI-XXXVII, il V ai XXXVIII-XXXIX, il VI al XL, il VII al XLI, l'VIII al XLII, il IX al XLIII, il X ai XllV-XLV, l'XI al XLVI) . 3 . « Ma perché Dio disse questo? Perché è attraverso la carne

Agostino e la teoria della propagazione

45

energica vigilanza su sé stessi permette di tenersi puri dal peccato . Ma nel secondo ( concupiscenza

=

effetto del pec­

cato ) non c ' è speranza di salvezza: il peccato produ­ ce immediatamente quegli istinti che gli son mezzi di propagazione e peccato essi stessi: il malo desiderio, accesosi una volta in Adamo, s' alimenta di sé e con sé si moltiplica e si diffonde. Tutto il genere umano, l egato in diuturna complicità, è una massa damnata. ... E la terribile teoria della propagazione per l' atto gene­ rativo, teoria a rinforzo della quale Agostino adope­ ra anche argomenti traducianistici, già familiari a Tertulliano , 1 e alla quale pare egli sia giunto nel

396-397 sotto

l' influenza degli scritti dell 'Ambrosia­

stro, che egli attribuiva a Ilario di Poi tiers. 2

che l'uomo cade. Eva è per noi la nostra carne interiore » (Ago­ stino, Enarratio in Psalmum 48; Migne, PL, vol. XXXVI , col. 548) . l . ll traducianesimo di Tertulliano consiste nel tenere uniti corpo e anima nell'atto generativo: « nel compito solenne dei sessi . . . tanto l'anima quanto l a carne posseggono una funzione: l'anima con la passione; la carne con l'azione; l'anima, con l'istinto, la carne con l'atto » (E. Buonaiuti, n Cristianesimo nell'Africa Romana, Laterza, Bari, 1928, pp. 145-46, il quale cita De anima, 27, e ricorda l'analoga teoria d'Agostino) . Cfr. Franceschini, Manuale di patro­ logia, cit., p. 43�, nota 3; Turmel, Histoire des dogmes, cit. , pp. 1 45 sgg. rTertulliano concepisce come simultanea la conoscenza del bene e del male, e il raggiungimento della maturità sessuale: si veda il passo in G. Boas, Essays on Primitivism and related Ideas in the Middle Ages, Johns Hopkins Press, Baltimore, 1948, p. 18, e The Cult ofChildhood, The Warburg Institute, London, 1966, p. 1 8 1 . 2. Ilario è una delle principali autorità d'Agostino sul punto del peccato originale (Franceschini, Manuale di patrologia, cit. , pp. 345-46) . Così descrive il Buonaiuti la teoria agostiniana della massa dannata: « Il peccato originale è da allora (si in tenda: do­ po il 396-397) descritto come una infezione che si propaga ine­ sorabile di padre in figlio attraverso l'atto della riproduzione, il quale, svolgendosi in uno stato di turbamento organico che è conseguenza diretta della colpa e colpa esso stesso, determina la trasmissione di questa colpa nella nuova creatura. Questa, in-

46

fl peccato di Adamo ed Eva

L'audacia di questa teoria è tale, e così spaventose le sue conseguenze, che Agostino stesso esita qual­ che volta a professarla, e magari anche arriva a con­ fessare la sua incertezza. Come il peccato si trasmetta insieme alla carne e all ' anima, è un tremendo miste­ ro: « o discendono dall' uomo entrambe viziate, op­ pure come in un vaso viziato l ' una si corrompe nel­ l 'altra . . . Quale delle due possibilità sia la vera, vorrei impararlo anziché spiegarlo, per non correre il ri­ schio di insegnare qualcosa che non so » . 1 Un esplici­ to rifiuto, però, non si trova mai.

corsa nella medesima reità del primo padre peccatore, porterà la traccia della caduta originaria così nel corpo, nel persistente e irriducibile pungolo della sensualità irragionevole, come nell'anima, concepita, per esigenza logica del sistema, trasmes­ sa per le vie della generazione. L'umanità è dunque uno sciagu­ rato conglomerato di dannati », ecc. (fl Cristianesimo nell'Africa Romana, cit. , pp. 373-74 nota) . Cfr. , contra, Tunnel, Histoire des dogmes, cit. , pp. 61 nota, 98 sgg. E il citato Denis (De la philosophie d 'Origène, p. 514) : « Appena commesso il peccato, Adamo non ebbe più il controllo dei sensi e, se volete sapere - dice Sant'A­ gostino - ciò che i nostri primi antenati provarono in quel mo­ mento, osservate ciò che hanno nascosto ( si vis scire quid sense­ rint, vide quid texerint) ». Il Denis non ha citazione. Il passo agosti­ niano più vicino è nel Senno CLI, v: « Ciò che nascosero, quello sentirono » . Ecco da cosa deriva il peccato originale, ecco per­ ché nessuno nasce senza peccato » (Migne, PL, vol. XXXIX, col. 817) . Osserva ancora il Denis: « dopo Filone circolava la creden­ za (?) che caduta e generazione fossero una sola e medesima cosa ». Agostino dice soltanto che sono unite nella propagazio­ ne. Analogo argomento a pudore trae il luterano F.W.C. Umbreit (Die Sunde. Beitrag zur Theolog;ie des Alten Testaments, Hamburg und Gotha, Jena, 1 853, pp. 2 1 -22) : la vergogna è prima conse­ guenza della colpa « e con questo si allude implicitamente, nel modo più sottile e delicato, a come attraverso la percezione del­ le differenze sessuali, nella "conoscenza della donna" da parte dell'uomo, si fosse creata la condizione necessaria alla procrea­ zione da parte della coppia umana » . l . Agostino, Contra]ulianum Pelag;ianum, V, IV, 1 7 (Migne, PL, vol. XLIV, col. 794) .

1 6. fl Serpente Tentatore Eva peccò sedotta dal Serpente . 1 Tale è l ' accento di carnale concupiscenza che Agostino imprime a quel peccato, che i suoi avversari manichei osarono attribuir­ gli questa enormità: Eva avrebbe peccato col Serpente « con cubi tu corporali » . 2 A buon diritto si scandalizza Agostino , e subito provvede a dileguare ogni sospetto l. r su serpenti prebiblici, o comunque abiblici, si veda The Paintings ofMichelangelo, a cura di L. Goldscheider, Oxford Uni­ versity Press, New York, s. d., ma 1 948, p. 18, nota 1 7 l . 2. rUn'eco in Voltaire, La Pucelle d 'Orléans, XX: « si pretende addirittura che (il serpente) abbia fatto a Eva ancor di peg­ gio » l . La tesi fu anche degli eretici Arcon tici, i quali, secondo Epifania (Adversus Haereses, l, 111, haer. 40; Migne, PG, vol. XLI, coll. 683-84) , affermavano « che il Diavolo, accostatosi ad Eva, avesse avuto con lei lo stesso tipo di rapporti che ha di solito il marito con la moglie, e che da lei abbia generato Caino e Abe­ le ». Si vedano anche qui i paragrafi 28 e 29 (pp. 78 sgg.) sui Càtari. Secondo il Rivino r Serpens iste antiquus Seductor, ad men­ tem Doctorum Judaeorum et Christianorum exhibitus, Fleischen, Lip­ siae, 1 685 l alcuni rabbini avrebbero sostenuto « che il serpente concepì un amore per Eva vedendola sul fatto con il marito » (menzionato da Bayle, Dictionnaire, cit. , vol. II, p. 419 b) r più precisamente Salomone Jarchi « ha affermato che il Serpente, avendo visto Adamo ed Eva tutti nudi, mentre si facevano le ca­ rezze più tenere che un marito può fare alla propria moglie, concepì tanto di quell 'amore per Eva che, solo per riuscire a sposarla, ideò la sua impresa, immaginando che Adamo avreb­ be mangiato per primo il frutto e che sarebbe morto nello stesso istante » (P. Bayle, Oeuvres diverses, Compagnie des Libraires, La Haye, 1 737, vol. l, p. 592) . L' atto sessuale avrebbe dunque pre­ ceduto il Peccato. Ossia, che è quel che importa, il Peccato non è l 'atto sessuale, conforme del resto a tutta la tradizione ebraica, che non vede peccato. nell'atto sessuale: cfr. qui, pp. 193-94 l . Queste quasi incredibili violenze alla lettera testimoniano tutta­ via della ossessione di sessualità che incombe sul mito d'Adamo) e, da venti secoli ormai, ha cercato di permearlo da ogni parte, attraverso ogni possibile spiraglio. Cfr. l'interpretazione di Filo­ ne (qui, pp. 2 1 23) che fu seguita da Maimonide e da altri rabbi­ ni, anche moderni (Luchi, De nuditate protoplastorum, cit. , p. XL) . -

fl peccato di Adamo ed Eva

48 allegorizzando

moraliter la corruzione operata dal ser­

pente: « come avviene quando i cattivi discorsi cor­

rompono i costumi (/ Cor., XV, 33) , così la voglia di peccare è giunta alla mente della donna » . 1

Con la stessa ambiguità morale-sessuale è descrit­ to il serpente nel

De Civitate Dei.

Il Diavolo scelse per

la sua insidia il serpente , « animale viscido che si muove con spire tortuose , perché adatto al suo in­ tento >> ( cfr. qui, pp.

1 23-24) ;

e con esso « inganne­

volmente rivolse la parola alla donna, cominciando cioè dalla parte più debole della coppia umana per giungere con gradualità all'intero ».2 Non una paro­ la giustifica letteralmente l ' ipotesi beverlandiana; e tutto il periodo la suggerisce.

l 7. La generazione senza peccato carnale In verità non si può dire che per Agostino, peccato originale

=

atto sessuale di Adamo. Agostino evita ac­

curatamente di legarsi a quella catena di deduzioni che trascina ali' assoluta e universale astinenza. 3 Ma è

Che cosa sia il serpente per Agrippa, per Beverland, ecc., vedre­ mo oltre. l . Agostino, Contrajulianum Pelagianum, VI, 22 (Migne, PL, vol. XLIV, col. 864) . Ma sulla natura di quella libido non può cader dubbio: la libidine per eccellenza è quella « con la quale si ecci­ tano le parti oscene del corpo » (Agostino, De Civ. Dei, XIV 1 6; Migne, PL, vol. XLI col. 424) . 2. Ibid. , XIV 1 1 (Migne, PL, vol. XLI col. 419) . 3. Ecco alcune affermazioni nettamente anti-beverlandiane, in parte sostenute dallo scrupolo di salvare la legittimità degli amo­ ri coniugali: « che la causa del male originale non sia né il matri­ monio né l'adulterio lo chiarisce a sufficienza la realtà stessa » ( Contra secundam]uliani responsionem imperfectum opus, V, 2 1 ; Mi­ gne, PL, vol. XLV, col. 1 455) ; « il male non è il matrimonio, ben­ sì il peccato dei primi uomini, trasmesso ai posteri per generazio­ ne » ( Contra ]ulianum Pelagianum, II, 33; Migne, PL, vol. XLIV, ,

,

,

,

La generazione senza peccato carnale certo che, nel suo sistema, il peccato quella

x

per cui, mentre prima

49

substantialiter è

di essa l' istinto genera­

tivo si manifestava senza desiderio e senza orgasmo,

dopo di essa l ' istinto generativo si manifesta con moti in composti e vergognosi. Quella x, e niente altro. L'i­ stinto

era

sottomesso alla volontà, mite e placido e

dolce, tanto che Adamo avrebbe potuto fecondare Eva senza toglier le la verginità,1 ed è divenuto violen­ to e crudele e osceno. Non

è forse superfluo ricorda­

re che, anche secondo Agostino, quel mellifluo istin­ to generativo non ebbe mai applicazione. Agostino

col. 697; idem in De Civ. Dei, XIV 3; Migne, PL, vol. XLI, col. 405) . Tutto il libro XIV del De CivitateDeivuol mostrare che « l'o­ rigine del peccato sta nell'anima e non nel corpo, e che la sog­ gezione alla morte derivata dal peccato non sia stata peccato ma pena » (titolo del cap. 3) . Buonaiuti (ll Cristianesimo nell'Africa Romana, cit. , p. 32, nota 2, e p. 16) dice la « identificazione del peccato originale e della concupiscenza sessuale » « uno dei ca­ pisaldi della antropologia agostiniana » . l . « Così allora i l seme virile poté esser calato nell'utero della moglie, salva l'integrità dell 'organo femminile, come oggi, salva l'integrità dell'utero di una vergine, viene emesso il flusso di san­ gue mestruale » (De Civ. Dei, XIV 26, ricordato anche da Bayle, Dictionnaire, cit., vol. II, p. 420 a) . E, poco prima: « il marito pote­ va abbandonarsi al grembo della sposa senza lo stimolo allettan­ te del desiderio, con tranquillità d'animo e senza violare l'inte­ grità del corpo (Aeneid. , VIII, 406) » (Migne, PL, vol. XLI, col. 434) . Secondo Rufina Palestinese, prima del peccato non v'era nemmeno desiderio di prole; questo - continua audacemente Rufina - nacque dopo, dalla osse:rvazione reciproca delle parti ge­ nitali: (( prima della disubbedienza ignoravano completamen­ te cosa fosse il desiderio di procreare dei figli . . . quando poi, dopo il peccato, osseiVarono la nudità - non di tutto il corpo, voglio dire, ma di quella parte che anche Cam guardava mentre Noè dormiva -, allora soltanto acquisirono il desiderio di pro­ creare e, accortisi della propria nudità, coprirono con foglie di fico quelle parti vergognose » (De Fide, XXX ; Migne, PL, vol. XXI, col. 1 1 40) . r La tesi fu ripresa dal « giansenista » italiano Tamburini: si veda A.C. Jemolo, ll Giansenismo in Italia prima del­ la Rivoluzione, Laterza, Bari, 1 928, pp. 329-30 e nota 3 1 . ,

,

50

fl peccato di Adamo ed Eva

ritiene infatti che il peccato, e l ' esilio, precedettero ogni esperimento di un così puro mezzo di propaga­ zione ( ibidem ) . Questa teoria, che potrebbe dirsi della « troppo lun­ ga pazienza d'Adamo » , trova consenziente, com'è no­ to, la dottrina ortodossa, nonché il Bayle, ma strappa un sorriso di rammarico al benedettino Benedictus Schmier, il quale osseiVa che, se una prole fosse stata concepita da Adamo ed Eva ante peccatum, essa si sa­ reb!?e perpetuata sine peccato, in purezza ed innocen­ za. E questo il quinto corollario della quaestio Vigesima­ sexta del suo Malum Pessimum, id estPeccatum in genere et in specie, ecc . : « Se Adamo, prima di peccare, avesse concepito Caino o un altro dei suoi discendenti, a quest'individuo sarebbe stata trasmessa la purezza ori­ ginale, senza che in alcun modo vi si opponesse il pec­ cato, commesso successivamente; infatti quale ostaco­ lo allora avrebbe potuto impedire che dalla forza, non ancora distrutta, del proprio seme soprannaturale A­ damo trasmettesse la sua giovanile innocenza ai figli e alle figlie? » . 1 Benedictus Schmier non ha fatto una grande sco­ perta. San Tommaso, nell' infinito suo sillogizzare e suddistinguere e sfilacciare ogni argomento, e ogni filo sezionare e tripartire e quadripartire con dubbii incredibili e sottilissimi, era già andato più in là: e dimostrato che, se Eva sola, e non Adamo, avesse peccato « il peccato originale non sarebbe stato tra­ smesso ai discendenti: al contrario lo sarebbe stato se avesse peccato Adamo e non Eva » .2

l . B. Schmier, Malum Pessimum, id est Peccatum in genere et in spe­ cie. . . , Mayr, Salzburg, 1 733, p. 203. 2. San Tommaso, Summa Theologica. Summae secundae prima, quae­ stio 81 (tipis Petri Fiaccadori, Parma, 1 853, vol. II, p. 300) . Cfr. il trattatello di Isotta Nogarola (secolo XV) , Chi abbia maggiormente peccato, Adamo od Eva, per Nozze, Venezia, 185 1 ; Tunne l, Histoire

18. Gli organi della generazione e la teoria della concupiscenza Un corollario di questa tesi

è la diversa condizione

degli organi genitali prima e dopo la caduta. « Dio ha ben creato le

membra generationis

-

ma

pudenda esse

so n diventate solo col peccato » .1 La libidine stessa non divenne vergognosa che col peccato: « Infatti la

pudenda libidine

non sarebbe tale se non fosse nata

dal peccato o da questo contaminata . . . Ecco da cosa

è

derivato il peccato originale » . 2 E, analogamente :

des dogmes, cit. , pp. 194-95, per altri riferimenti scolastici re It Was AllAdam 's Fault, in « Time », 8 aprile 1940, p. 35 1 . l. Agostino, De Civ. Dei, XIV 17, menzionato anche da Bayle, Dic­ tionnaire, cit. , s. v. « Adam », nota C (vol. I, p. 72 a) e da Hamack, ùhrbuch derDogmengeschichte, cit., vol. ID, pp. 210-1 1 , nota 8, il qua­ le prosegue: « Resta oscuro se e in che modo funzionassero nello stato primitivo » r cfr. Bayle, Oeuvres diverses, cit., vot l, p. 561 1 . Nel capitolo 24 (De Civ. Dei, XIV) Agostino s'indugia a dimostrare che quei certi membri potrebbero essere mobili ad nutum abbenché non abbiano un'armatura ossea come le mani e i piedi! E ricorda, tra l'altro, coloro che sanno muovere una, o anche ambedue le o­ recchie, o la zazzera, e i ventriloqui, e altri che da altro orifizio « e­ mettono . . . a piacimento numerosi suoni al punto che sembrano cantare anche con quell'apparato », e coloro che sudano a piacere, e un caso di fachirismo, ecc. (Migne, PL, vol. XLI coli. 432-33; il Turmel, Histaire des dogmes, cit., p. 143 nota, critica queste ragioni) . Si può citare ancora ad abundantiam: « prima erano le stesse mem­ bra, ma non erano oggetto di pudore » (De Civ. Dei, XIIT , 1 3, e XIV 1 7; Migne, PL, vol. XLI coli. 386 e 425) ; « quelle membra che, de­ gne d'onore prima del peccato, divennero vergognose dopo il pec­ cato » ( Sermo CX; Migne, PL, vol. XXXIX, col. 638) ; cfr. Ser­ mo CXXII e Cl1 (Migne, PL, vol. XXXIX, coli. 680-8 1 , 817) ; De peccatorum meritis et remissione, l, 1 6 (Migne, PL, vol. XllV, coli. 120-2 1 ) . rLa tesi tradizionale di Agostino trapassa nella più tarda scolastica di Pier Lombardo e Alberto Magno: cfr. L. Feuerbach, Pierre Bayle: ein Beitrag zur Geschichte der Philosophie und Menschheit, Frommanns, Stuttgart, 1905, p. 283, nota 251 . 2. Agostino, Contra secundam Juliani responsionem impeifectum o­ pus, II, 42 (Migne, PL, vol. XLV, col. 1 1 60) . ,

,

,

,

52

ll peccato di Adamo ed Eva

« Dunque questa concupiscenza . . . non preesisteva al grande peccato del primo uomo, ma cominciò ad e­ sistere allora, e infettò la natura umana, per così di­ re, là dove essa assorbe il peccato originale » . 1 Questa teoria, che approfondisce quella dell ' impa­ zienza d 'Adamo (cfr. qui, par. 10) , e secondo cui in definitiva il peccato consisterebbe nel compier l 'atto con inclinazione anziché con indifferenza, con trasporto anziché con freddezza, è stata sempre oggetto di facili scherni. 2 La sua importanza per la storia della ipotesi sta tuttavia nell'aver decisamente staccato l' atto dalla sua materialità, dai membri che ne sono strumento, dalla libidine che ne è espressione, e nell ' averlo con­ dannato per il piacere con cui è compiuto , per l ' ade­ sione spirituale con cui è compiuto ; non dunque perché malo in sé, ma perché è male, è radice anzi d' ogni male, il compiacimento nella concupiscenza, il tuffar l ' anima nei vortici della libido. Essa sposta ri­ solutamente l 'interesse da quel che Adamo ha fatto a quel che Adamo ha voluto, e rende così il Peccato più interiore e più vero. La violazione del divieto esterno ( « non mangiare quel frutto » ) si traduce e s ' appro­ fondisce in una paurosa descrizione della forza ele­ mentare del sesso e del turbamento che esso porta nella volontà.3 La catena del peccato solo in un punto si spezza: quando un Uomo venga generato senza concupiscen­ za da una Vergine concetta senza macchia. n duplice

l . Ibid. , VI, 41 (Migne, PL, vol. XLV, col. 1 605) . 2. Basti ricordare, tra i contemporanei d'Agostino, Giuliano d'E­ clano (Tunnel, Histoire des dogmes, cit., p. 1 42; cfr. p. 1 2 1 ) e, tra i più recenti, il nominato Eenens, Le paradis terrestre, cit. , p. 263. 3. L' argomento di teologia morale è puntellato con argomenti di psicologia descrittiva, ricavati da un personaggio fittizio, Ada­ mo, in cui però è simboleggiata la nostra comune umanità. Co­ sicché, in sostanza, l' origine del male vien riposta realmente nella coscienza del singolo.

Gli organi della generazione

53

immenso miracolo è necessario a rompere la solidarie­ tà d' ogni uomo con Adamo. In uno dei suoi passi più « beverlandiani », Agostino, dopo avere accennato alle membra divenute pel peccato pudende (cfr. qui il pas­ so, pp. 51-52) , continua con un inno al Signore: « Ecco perché il Signore, che concepì la vergine, non volle es­ sere concepito allo stesso modo. Espiò il peccato colui che nacque senza il peccato; lo espiò chi non venne da esso. Ecco perché uno solo e uno solo: uno solo per la morte, uno solo per la vita. Il primo uomo per la morte, il secondo uomo per la vita. Ma per quale motivo per la morte, quell'uomo? Perché soltanto uomo. Per quale motivo per la vita, quest'uomo? Perché Dio e uomo » .1 L'uomo-Dio è, per la sua essenza, libero dal pec­ cato originale, libero dalla morte e dall ' animalità. L'uomo-Dio : Gesù Cristo per Sant'Agostino; il gene­ re umano, e ogni suo individuo per Herder, per Kant, per tutto il romanticismo. ENGELBERT KLUPFEL. Questa dottrina fu ripresa, con aperti intenti polemici anti-beverlandiani, da un Engelbert Kliipfel, che nel l 769 pubblicò in Friburgo un grosso « Li ber apologeticus adversus nuperrimum accusatorem » col titolo De eximiis dotilms humanae na­ turae ante peccatum. Il suo sforzo principale è appunto di provare .che prima del peccato Adamo era senza appetiti carnali o, come usava dire con parola più va­ ga, di sapore luterano, senza concupiscenza.2 Il Kliipfel non manca d' eloquenza: « Chi potrà pensare o chi o­ serebbe dichiarare, riguardo a Dio, sommo Creatore, che proprio da lui l'uomo è stato creato - sua immagi­ ne incorrotta, non contaminata da alcuna malvagità - con una caratteristica o disposizione tale che ne del. Agostino, Senno CU, v (Migne, PL, vol. XXXI X, col. 917) . 2. Ma: « in questo contesto la concupiscenza va intesa soprattut­ to come appetito carnale » (E. Khipfel, De eximiis dotibus huma­ nae naturae ante peccatum, Satron, Friburgo, 1 769, p. 298) .

54

ll peccato di Adamo ed Eva

rivassero ininterrottamente desideri vergognosi, pas­ sioni immonde e le più spaventose ignominie? Non ricadrebbero forse su Dio creatore gli atti indecorosi, gli slanci opposti dell' animo, e i sentimenti perver­ si? » . E qui la minaccia d'eresia: « Certamente Calvino trionferebbe, e Dio sarebbe indicato come la causa del peccato; il che è sacrilego e anche blasfemo » . 1 La copula c'era, ma in ordinejustitiae, e senza libido. Su di che son citati numerosi padri, dottori e teologi, da San Fulgenzio a San Tommaso, per concludere che tutti son d'accordo: « che l'uomo non può essere stato crea­ to con la concupiscenza » . 2 I contemporanei di Kliipfel, però, non rammarica­ van davvero quella copula in ordine justitiae. In una raccoltina di poesie erotiche, pubblicata dieci anni dopo il libro De eximiis dotibus, si leggon dei versi che sembran proprio una replica a Engelbert:

On nous rebat que la concupiscence, N'eu t pas eu part à nos accouplements, Si, respectant la divine défense, Le premier homme eut été moins gourmand; Mais que chacun, dans l' état d'innocence, Eut engendré sans charnel mouvement. S'il est ainsi, la faute originelle N'a fai t tort à la race mortelle; Il nous revient meme un grand bien par là: Et quandje pense au plaisir q'on y gagne, ]e loue Adam,je bénis sa compagne, Etje rends grace au serpent qui parla.3 l . lbid. , pp. 314-15. 2. Ibid. , p. 32 1 . San Fulgenzio (Epistula de bono conjugali ) taliafa­ tur: « Tra le cose buone che Dio ha creato è infatti contemplata la casta unione della moglie con il marito, là dove nelle opere di Dio non può trovar luogo la libidine » ( ibid. , p. 315; cfr. pp. 3182 1 , 326, 350, 358) . 3. [ « Ci viene ripetuto che la concupiscenza non sarebbe inter­ venuta nei nostri accoppiamenti se, rispettando la proibizione

19. Traducianesimo e intellettualismo In Agostino giunge all ' apogeo quella tendenza

è è stato l 'inventore del pec­ cato originale ereditario. Se il peccato è a tutti imputa­ che era implicita nel traducianesimo, tanto che si

potuto dire1 che Agostino

bile, non per la colpa personale d' ognuno, ma per­ ché Adamo ha peccato; se dunque esso

è peccatum o­

riginale originatum, in ogni nato di donna, per il sol è nato di donna, ed era in germe, anima e

fatto che

corpo, nei lombi d'Adamo2 (così che anche gli infan­ ti non battezzati son preda dell 'inferno) , ne segue

immediate che è l 'istinto generativo che perpetua e tra­ duce il peccato. Ma da questo nasce subito una sorta di beverlandi­ smo indiretto o riflesso, un'oscura tendenza, ora re­ pressa ora travestita, a veder nell' istinto generativo il Peccato stesso. Il passaggio non

è logicamente neces­

sario, e tali sono le difficoltà etiche ed esegetiche che s'incontrano al di là, che i più riluttano a farlo, o tre­

è vero che la ge­ nerazione potrebbe essere soltanto il mezz o di propa­ gazione di un peccato non-sessuale, è anche vero mando v' accennano appena. Ma, se

che ogni c � sa dura nella sua essenza e per la sua es-

divina, il primo uomo fosse stato meno ghiotto. Ma se ciascuno, nello stato d'innocenza, generò senza movimento carnale, l' er­ rore originale non ha fatto torto alla razza mortale; ce ne viene anzi un gran bene: e allorché penso al piacere che ne traiamo, lodo Adamo, benedico la sua compagna, e ren�o grazie al ser­ pente che parlò » ] Les Muses en belle humeur, ou Elite de poésies li­ !Jres, Rome, 1 779, p. 1 9 1 . Si noti il ricorrere del tema del serpen­ te benefattore (si veda qui, p. 77) . l . Tunnel, Histoire des dog;mes, ci t. , p. 79. 2. « Nei lombi di Adamo erano presenti tutti quelli che sarebbe­ ro nati da lui in forza della concupiscenza carnale » (Agostino, Contra secundamjuliani responsionem imperfectum opus, I, 48; Mi­ gne, PL, vol. XLV, col. 1 070) .

56

ll peccato di Adamo ed Eva

senza; e un peccato che discende per li lombi, non può aver lungi dai lombi la sua prima origine . 1 Ago­ stino stesso non sempre riesce a tener ben distinti i due concetti; e, a proposito di propagazione per l 'at­ to generativo, dice di quest'atto stesso: « Onde la car­ ne stessa, che viene concepita nella viziosa concupi­ scenza, risulta contaminata e corrotta: e dal contatto con essa l ' anima, quando vi

è

infusa, trae una mac­

chia, che la inquina e la rende colpevole: e questa macchia rappresenta

il vizio della concupiscenza, ovvero

il peccato originale» . 2 La distinzione cui s'attacca Agostino in extrernis, po­ stulando in Adamo ante peccatum un istinto generativo sine concupiscentia, salva la lettera ( e ricorda perciò la soluzione rabbinica, qui, par. 25) , ma solo a prezzo di trasferire in quel concetto fittizio la contraddizione che è tra i due concetti di generazione (in sé non pecca­ to, ma solo mezzo di trasmissione del peccato) e di

bidinosa concupiscenza

li­

( peccato in sé, e causa di pec­

cato) . Voler la prima senza la seconda, vuoi dire confinarsi nell' isola delle astrazioni, postulare che la pura morale possa esistere senza il momento della vo­ lontà propria e personale, che la « voce di Dio » ( o , come si dirà poi, i l Dovere, l a Legge) regni e governi senza né inclinazioni né istinti. Quella ideale, purissi­ ma prima condizione adamitica

è l'immagine antici­

pata delle società senza passioni né lotte , rette dalla sola Ragione; o delle tragedie scritte secondo tutte le « regole » , caste nel gelo delle tre unità. Quando anche ci fosse stata la libido ( arriva a soste­ nere una volta Agostino) , « qualora

ce

nefosse bisogno,

essa sorgerebbe seguendo il cenno tranquillissimo l. Cfr. anche la posizione cronologica del Peccato, come indica­ ta da Fausto di Riez (qui, par. 24) . 2. Hamack, Lehrbuch der Dog;mengeschichte, cit. , vol. III, p. 647, nota l, senza citazione.

57

Traducianesimo e intellettualismo

della volontà, senza opprimere i! pensiero con l'im­ peto turbolento della voluttà » . 1 E il colmo dell'intel­ lettualismo. Agostino stesso ricorda, proprio a pro­ posito di questo pacifico dominio sui sensi, un para­ gone di Cicerone, nei libri De Republica, là dove si parla de imperiorum differentia, e si distingue la monar­ chia patema dalla dispotica. 2 Strettamente connessa a questa tesi dei « membri ubbidienti » è l'altra, secondo cui Adamo ed Eva, do­ po che ebbero peccato, arrossirono e si coprirono per la « disubbidienza » dei membri « naturali » - di­ sobbedienza che fu il giusto contrappasso della loro disubbidienza al Padre : « così da meritare di perdere il controllo delle membra con cui procreare i figli ».3 Agostino s'accorge qui che incede per ignes, e richia­ ma la pudica parola del vescovo Giovanni Costanti­ nopolitano: « E si erano coperti con foglie di fico per nascondere l'immagine del peccato » - e prega di non obbligarlo a maggiori e più impudiche precisio­ ni: « Cercate di capire, vi prego. E cercate di far capi­ re gli uomini che seguono il vostro orientamento, e non vogliate costringerci a discutere più a lungo, quasi impudentemente, di cose vergognose ».4 « Ci siamo intesi? » sembra dire il Santo: « Bene, e allora non ne p�rliamo più » .

l . Agostino, Contra secundam ]uliani responsionem imperfectum o­ pus, V, 1 7 ( Migne, PL, vol. XLV, col. 145 1 ) . 2 . Agostino, De Civ. Dei, XIV, 23 (Migne, PL, vol. XLI, col. 430) . 3. Agostino, De nuptiis et concupiscentia, I, 5-6 (Migne, PL, vol. XLN, coli. 417- 1 8; cfr. vol. XLI, col. 425) ; Contra duas epistolas Pe­ lagianorum, I, 32-33 (Migne, PL, vol. XLN coli. 564-65) . La stessa tesi (e una spiegazione del pudore dai moti disubbidienti) , in ContraJulianum Pelagianum, II, 15-16 (Migne, PL, vol. XLN coli. 684-85; vol. XLV, col. 1 445; vol. XXXIV, coli. 430 e 448) . 4. Migne, PL, vol. XLN, col. 685. ,

,

III

20. Teodoro di Mopsvestia e gli ottimisti La teoria di Agostino, in sé e per le conclusioni in essa implicite, doveva provocare vivaci contrasti e rea­ zioni. In un suo contemporaneo, Teodoro di Mop­ svestia (350-428) , il più illustre rappresentante della scuola d'Antiochia, uomo di fervida vita amorosa e avventurosa, troviamo il primo cenno, forse, di quel­ la che potrebbe dirsi la dottrina dialettica del pecca­ to d'Adamo. Teodoro (le cui dottrine furon colpite d' anatema) , in antitesi al pessimismo agostiniano, sostiene l'universale bontà della creazione. Tutto, anche il Peccato, era nel piano divino, e quindi tutto è salutare e provvidenziale. « Dio pronunziò il divieto per sollevare Adamo dal gradino dell'infanzia, e que­ sto divieto provocò necessariamente la Lotta e la Ca­ duta ».1 Il nesso che gli esegeti s' erano affannati di l . Hamack, Lehrbuch derDogmengeschichte, cit. , vol. II, p. l 52; Tur­ mel, Histoire des dogmes, cit. , pp. 76, 287-88; Franceschini, Ma­ nuale di patrologia, cit. , pp. 459-60, che dice Teodoro per questa dottrina precursore di Pelagio; cfr. Migne, PG, vol. LXVI, col. 634. Alle coll. 639-40 è asserito che l' albero proibito era proprio

Teodoro di Mopsvestia e gli ottimisti

59

stabilire, sulla fede di I Cor. , XV, 22, tra la colpa d'A­ damo e il sacrifizio di Cristo, seiVe allora ad attenua­ re, quasi direi a riscattare la colpa d'Adamo, la cui disobbedienza rientrava in un piano così grandioso e salutifero. 1 Già Origene aveva scritto: « Infatti se ipotizziamo che la donna non sia stata ingannata e che Adamo non avesse peccato . . . nemmeno Cristo sarebbe sceso nella polvere della morte né sarebbe morto, non esi­ stendo il peccato, né sarebbe stato necessario che morisse per amore del genere umano » . 2 E questa corrente vien subito rafforzata con motivi gnostici, e manichei, e razionalistici, secondo i quali il Peccato sarebbe stato un bene, in quanto rappresenta il pri­ mo passo verso la Gnosi, o in quanto, come dice Giu­ liano Imperatore,3 la conoscenza del Bene e del Ma­ le fu certamente un guadagno per l'umanità, e quin­ di il Diavolo persuasore deve dirsi amico e non nemi­ co degli uomini.4 I Manichei, poi, che aderiscono completamente alla ipotesi beverlandiana,5 riprenquel fico delle cui foglie Adamo ed Eva si coprirono: « l'albero a proposito del quale avevano ricevuto l' ordine era un fico » (cfr. qui, pp. 9 1-92, 95-96) . l . r Sulla felix culpa, cfr. Lovejoy, Milton and the Paradox of the Fortunate Fall ( 1 937) , in Essays, cit. , pp. 277-95; e E.L. Tuveson, Millennium and Utopia. A Study in the Background of the Idea of Progress, University of Califomia Press, Berkeley-Las Angeles, 1949, pp. 97, 1 00, 1 1 7, 145, 1 8 l l . 2 . Origene, Commentarium in Evangelium johannis, I , 2 2 (Migne, PG, vol. XIV, coli. 57-58) . 3. Cirillo Alessandrino, Contrajulianum (Migne, PG, vol. LXXVI, coli. 643-44) . 4. Feldmann, Paradies und Sundenfall, cit., pp. 554-55. 5. Nel sistema manicheo « il primo uomo divenne schiavo del piacere sessuale » (Hamack, Lehrbuch der Dog;mengeschichte, ci t., vol. II, p. 520) . Cfr. anche il passo d'Agostino (De moribus Mani­ chaeorum, XIX, 73) , citato da E. Buonaiuti, La prima coppia uma­ na nel sistema manicheo, Roma, 1 9 1 7 (estratto da « Rivista di Studi

60

Il peccato di Adamo ed Eva

dendo l'antica tradizione della setta degli Ofiti, per cui il Serpente era un Agatodemone, 1 vedono in lui uno degli elementi di luce. Agostino non esiterà a replicare a Fausto Manicheo: « Tu consideri il ser­ pente stesso come un dio ».2 In questa tesi, che ha anche riscontri rabbinici3 e che in certo modo prelude alle interpretazioni « otti­ mistiche » di Hamann e di Kant, si sente urgere un' e­ sigenza razionalistica o genericamente umana, una rivolta (non ancora aperta) contro la maledizione a­ scetica. L'uomo voleva vivere e non si rassegnava a pensare, né che la conoscenza del bene e del male fosse delitto, né che fosse peccato l'amore, né che fosse punizione il lavoro. La Conoscenza, l'Amore, il Lavoro . . . Non eran questi i suoi beni supremi, il suo orgoglio, la sua stessa ragion di vita? Spentasi la pri­ ma fiammata di rinunzia e d' ascetismo, il mondo as­ sumeva più sereni colori. Uscire in esso dal Paradiso, uscirne tenendo per mano Eva, non era per il novel­ lo Adamo una caduta così spaventosa, una sorte così lacrimevole. Un' eco lontana di questa nuova pace, contenuta nei limiti dell'ortodossia puritana, mi paOrientali », VII) , pp. 15-16 r e W. Young, Eros Denied, Weiden­ feld & Nicholson, London, 1 965, p. 162 1 . l . Gli Ofiti sono una setta gnostica del II secolo . r Ne parla il Rivino e se ne scandalizza Bayle, Oeuvres diverses, cit. , vol. I, p. 592 1 . Gli Arcontici (su cui si veda qui, p. 47, nota 2) , anch' essi in tinti di gnosticismo, son l'ultima loro propaggine nel IV seco­ lo. Beverland (Histoire de l'état de l 'homme dans le péché origine� 6a ediz., dans le Monde , Amsterdam, 1 74 1 , pp. 1 1 2- 1 3 ) ricorda ta­ le tesi come di Basilide, lo gnostico (Il secolo) . 2. Agostino, Contra Faustum Manichaeum, l, 3; XV, 9 ( Migne, PL, vol. VIII, coli. 208-209, 3 1 3 ) , menzionato da Feldmann, Paradies und Sundenfall, ci t. , p. 555. Si aggiunga: De natura boni contra Ma­ nicheos, 35 ( ibid. , p. 562) . r E ci fu chi mise il serpente al di sopra del Messia: cfr. Bayle, Oeuvres diverses, cit. , vol. I, p. 594 b 1 . 3 . Bayle, Dictionnaire, ci t. , s . v. « Eve » , nota C , vol. II, p. 420 a.

I Pelagiani. Giuliano d 'Eclano e il naturalismo

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re si possa sentire fin nella chiusa sublime del Paradi­ so Perduto : Some natural tears they dropped, but wiped them soon; The world was all before them, wbere to cboose Tbeir piace of rest, and Providence their guide. Tbey, band in band, with wandering steps and slow, Tbrougb Eden took their solitary way. 1

2 1 . I Pelagiani. Giuliano d 'Eclano e il naturalismo I Pelagiani, pur combattendo contro il rigorismo di Agostino, ne adottarono la identificazione di pec­ cato e concupiscenza. Ma nel loro sistema quell'e­ quazione rovesciava il suo significato: restando nella metafora matematica, si potrebbe dire che cambiava di segno. Quantità negative per Agostino, Peccato e Concupiscenza diventavan per loro qualcosa di posi­ tivo, o almeno di adiàforo. 2 I Pelagiani eran portati così a svalutare tanto il peccato di concupiscenza, ri­ dotto, quando ci fosse, a un peccatuccio per excessum, quanto il significato che Agostino voleva dare al pu­ dore, e le distinzioni che egli stabiliva tra generazio­ ne e libido. Il più energico in questa direzione è stato l . John Milton, Paradise Lost, XII, in fine [Paradiso perduto, trad. it. di R. Sanesi, Mondadori, Milano, 2005: « Lacrime naturali sci­ volarono l dai loro occhi, ma le asciugarono subito ; il mondo l sta­ va davanti a loro, dove guidati dalla Provvidenza l scegliere il luogo in cui fermarsi: la mano nella mano, l per la pianura dell 'Eden a passi lenti e incerti l presero il loro cammino solita­ rio » ] . Un tipico teologo razionalista conclude più bonariamen­ te che, pesato il pro e il contro, « per il genere umano la caduta di Adamo costituisce nel complesso più un bene che un male »: J .D. Michaelis, Gedanken il ber die Lehre der heiligen Schrift von Siinde und Genugthuung als eine der Vernunft gemiisse Lehre, Cramer, GOt­ tingen-Bremen, 1 779 (ma: l a ediz. della prima parte, 1 748; del­ la seconda, 1 752) , p. 575. 2. r Cfr. Young, Eros Denied, cit. , p. 1 6 1 1 .

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Giuliano d'Eclano, un combattivo seguace di Pela­ gio, vescovo deposto e profugo in Oriente presso l'a­ mico Teodoro di Mopsvestia. 1 Anche per lui, tutta la creazione è buona; e quindi la creatura è buona, e buona è la sua volontà, e buono il suo istinto e buono il matrimonio. Non ci sono parti vergognose. Il pu­ dore è pura convenzione e costume. Il rossore d'A­ damo non prova nulla. Ma, gli obbiettavano, non è stato preceduto dalla concupiscenza? . . . E non è que­ sta peccato? . . . La replica è rovinosa per gli obbiettanti. Giuliano d'Eclano ricorda prima l'insegnamento di Pelagio: la concupiscenza nasce ex operibus camis, non ex sub­ stantia camis, viene dall'uomo e non da Dio. Ma, im­ perterrito, va anche oltre quell'insegnamento. Pro­ cede rifiutando compromessi e distinzioni. Né quel­ le di Pelagio accetta né quella di Agostino tra nuptiae e concupiscentia. E afferma arditamente che il matri­ monio non è pensabile senza istinto sessuale, che quindi la concupiscenza è in sé « indifferente e inno­ cente », e solo il suo uso la fa giudicabile: può essere intra modum, e allora è buona, ed è certo che anche Cristo la ebbe: può andare in excessum, e allora è cat­ tiva, come pare sia stata quella di Adamo. 2 Con Giuliano d'Eclano la Natura reclama il suo diritto, e, valendosi dell'istituto nuziale e dell'ipotesi beverlandiana combinati, mette in pericolo il con­ cetto stesso del Peccato. Essa non gli riconosce altra realtà che quella di infrazione a una norma moderal . Harnack, Lehrbuch der Dogrnengeschichte, cit. , vol. III, pp. 185-87; Turmel, Histoire des dog;mes, cit. , pp. 1 1 7, 1 4 1 , 287. 2. Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit. , vol. III, pp. 1 9394. Cfr. Denis, De la philosophie d 'Origène, cit., pp. 498, 502-503. Agostino battagliò contro questa indistinzione di concupiscen­ za e lussuria nel suo Contra]ulianum Pelagianum, IV, 13 (Migne, PL, vol. XLIV, col. 769) . Cfr. Contra secundamjuliani responsionem imperfectum opus, I, 71 (Migne, PL, vol. XLV, coll. 1 094-95) .

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trice. Da qualitativo il Peccato si fa quantitativo. Col procedimento tipico del naturalismo, esso viene sot­ tratto così alla teologia, sottoposto a misure di più e di meno, e in realtà volatilizzato.

22. San Zenone di Verona e la circoncisione Nel suo secondo trattato Della speranza, della fede e della carità, Zenone di Verona - piacevolissimo e flo­ rido scrittore, contemporaneo d'Agostino, e, come lui, venuto dall'Mrica nell'Italia del Nord - descrive quel falso amore, lascivo e lubrico, che i pittori raf­ figurano ignudo ed alato e cieco (d' ogni attributo Zenone dà il commentino morale) , e anche « fornito di dardi e di faci, perché agli illeciti amori è sempre unita la spada » . E di questo Amore, proprio di que­ sto paganissimo Cupido, comincia a descrivere le malefatte così: « Costui il petto d'Eva accese con le sue faci. Costui uccise Adamo con le sue frecce » . 1 Il mezzo a ciò idoneo - è detto altrove con ineccepibile sagacia etimologica - fu « quell'invidioso calunniato­ re, il quale , perché insensibilmente serpeggia, ha preso il nome di serpente » . 2 M a dove· più esplicita appare l'ipotesi beverlandia­ na è nel Trattato XIII, Della circoncisione: operazione l . San Zenone di Verona, Della speranza, della fede e della carità, l,

VIII (p. l 7 della bellissima edizione di Verona, presso Dionigi

Ramanzini, 1 784, volgarizzata dal marchese GJ. Dionisi) . Cfr. anche Eva sedotta dalla lussuria nel trattato Della pudicizia (l, IV, 6, p. 36) . Un 'eco della tesi clementina è nel trattato (VI) Dell'im­ pazienza, dove è detto d'Adamo che « dopo che per isciagurato consentimento dalla lubricità dell'invidioso serpente ebbe tolta in prestito l'impazienza, e del pomo della sacra pianta ebbe gu­ stata la nativa dolcezza », acquistò dolori infiniti e precoce mor­ talità (p. 51 ) . 2. Della speranza, dellafede e della carità, cit., l, xn, l (p. 77) .

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n peccato di Adamo ed Eva

questa che « non tanto non promette la salute, quanto il luogo dimostra e l'origine del peccato.1 Impercioc­ ché quando Adamo spiccò ( decerpsit) con questo membro l'illecito pomo, per tal mezzo indusse il dirit­ to della morte nel genere umano. Necessariamente adunque diede Iddio questo segno al popolo lussurio­ so, acciocché denotando lui il luogo della madre col­ pa, conosca di dover fuggire anche gli altri delitti ».2 l . fTanto viene spontaneo questo avvicinamento, questa « loca­ lizzazione » del peccato, che chi rifiuta l'ipotesi beverlandiana si trova imbarazzato a giustificare il pudore . Non basta, dice Pu­ fendorf, venirci a raccontare che il pudore è conseguenza del peccato d'Adamo, perché « essendo il peccato del primo uomo consistito nel mangiare il frutto proibito, pare che questa onta debba essere collegata alla bocca e al mangiare piuttosto che a qualunque altro membro e atto naturale », il che lo porta a di­ scutere dell'origine sociale del pudore ( d 'institution : cfr. A Ger­ bi, La politica del SeUecento. Storia di un 'idea, Laterza, Bari, 1 928, p. 10) e a dargli infine un 'origine combinata naturale-sociale, conforme a tutto l'indirizzo del suo pensiero (Le droit de la natu­ re et des gens, trad. frane. diJ. Barbeyrac, veuve de Pierre de Coup, Amsterdam, 1 734, vol. II, pp. 223 sgg.) l. 2. Della speranza, della fede e della carità, cit. , I, XIII, 5 (p. 85) . Al solito Zenone non porta argomenti, e parla come se l'interpre­ tazione fosse pacifica. Poco oltre, ribadisce che il rimedio della circoncisione è inefficace: « essendo che s'egli cura Adamo, e' non può certo con tal rimedio Eva curare, in cui sta del delitto tutta la somma ». Cfr. Turmel, Histoire des dogmes, cit. , pp. 62, 65 nota, e Harnack, Lehrlnlch der Dog;mengeschichte, cit., vol. II, p. 1 3 7, nota 2, il quale cita Bigelmair, Zeno, Ashendorf, Miinster i.W. , 1904, p. 1 09, e in altro luogo (vol. III, p. 5 1 , nota 3) parla della stessa tesi che Zenone « ingenuo e piuttosto audace » osa espri­ mere, mentre altri molti ssimi (?) Padri l' avevano solo supposta .. senza osare esprimerla. E da notare che Filone, De circumcisione, non aveva fatto il minimo cenno a questa utilità dell'operazione, che egli si contenta di legittimare con ragioni igieniche, euge­ netiche e morali (ed. Basilea, pp. l094 sgg.) . Agostino dice una volta che « la legge scopri anche questo (il peccato originale) , e ne indicò l' annullamento attraverso la circoncisione del bambi­ no » ( Contra secundam juliani responsionem imperfedum opus, Il, 221 ; Migne, PL, vol. XLV, col. 1 239) . Ancora verso il mezzo del

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È curioso osseiVare che Zenone, forse il più candi­ do espositore della ipotesi, e certo, come appare in tutta la sua opera, uomo senza peli sulla lingua, è sta­ to anche uno dei primi a materializzare sessualmen­ te un altro dei misteri della religione: il parto di Ma­ ria. A lui risale infatti la tesi della « concezione auri­ colare », che egli deduce per analogia dalla corruzio­ ne del serpente: « con la persuasiva strisciandosi il diavolo per l' orecchia, ferito aveva ed ucciso Eva » . 1 Attraverso l'orecchio di Eva era entrato il male nel secolo XIX, Schelling ricorda la sola spiegazione di Filone, e ne accetta la parte moralistica. La circoncisione rappresenterebbe « la limitazione del principio selvaggio » (Philosophie der Offenba­ rung, XXIX, in Siimmtliche Werke, J.G. Cotta' scher Verlag, Stutt­ gart-Augsburg, 1858, vol. XIV, pp. 1 33-35) . Più vicino a Zenone, che ignora, è Beverland, État de l 'homme, cit. , pp. 122 sgg., 1 83-89. l. Della speranza, dellafede e della carità, cit., l, XIII, 10 (p. 88) , e II, VII, 4; VIII, 2. Cfr.: « anche riguardo l' atto di concepimento ci si profuse nelle più ardite raffigurazioni. Secondo Zenone di Ve­ rona Maria ha concepito dall'orecchio (l, XIII, l O - questa im­ magine era molto diffu sa) , secondo Aponius dalla bocca (Ex­ pian. in Cant. Cantic. I; XII, p. 429 f. ) » (Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit., vol. II, p. 476, nota 3) . Aponia - nel luogo sopra citato (Propaganda Fide, Roma, 1 843, pp� 249-50) - cita Ps. , CXIX, 1 3.1 , e parafrasa: « Ho aperto la mia bocca e ho inala­ to l'aria, poiché ho desiderato i Suoi comandamenti, mentre l'angelo me li recava )) . Sul portale nord (sinistro) della Marien­ kapelle di Wiirzburg è forse la più ingenua rappresentazione ( 1 425) di questo dogma: Dio, in alto, pronunzia il verbo fecon­ datore in un tubo flessibile, vero portavoce o telefono, che ter­ mina in forma di colomba, e che Maria ha devotamente inserito nell'orecchio. Il Bambino scivola giù lungo il tubo (si veda la tav. 8) . Ai due lati di quello stesso portale, quasi a commentarne il senso mistico e allegorico, stettero per secoli le due grandi statue di Adamo ed Eva, così candide e dolentemente umane, scolpite da Tilman Riemenschneider ( 1 43 1 - 1 433) e oggi con­ servate nel Luitpold Museum (si veda la tav. lO) . r Cfr. E.Jones, The Madonna s Conception through the Ear, in Essays in Applied Psy­ cho-Analysis, Hogarth Press, London, 1 95 1 , vol. II, pp. 266-3571 .

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mondo. Attraverso l'orecchio di Maria doveva venire al mondo il Redentore. Verbum carofactum est significa che la parola di Dio Padre si è mutata per via nel Bambino. Maria concepì acusticamente. Così, anche quel prodigio fisiologico, legato ai dogmi del parto verginale e della concezione immacolata di Maria (e­ sente dal peccato originale) , si giustificava mediante un riferimento al mistero dei misteri, alla Caduta d'Adamo. Eva è già la prefigurazione di Maria. L'annunzio angelico rovescia il nome della prima peccatrice, in­ verte le sorti segnate al genere umano. Il nesso è accolto dalla teologia più ortodossa, tra­ passa nei simboli e nei dogmi, nei poemi e sulle cat­ tedrali della cristianità. Ai piedi della Vergine in Pa­ radiso, Bernardo indica a Dante la bellissima madre dei viventi: La piaga, che Maria richiuse ed unse, Quella ch 'è tanto bella da' suoi piedi È colei che l'aperse e che la punse.1

rNell'Annunciazione dell'Angelico (al Prado) , A­ damo ed Eva lacriman contriti awiandosi all'esilio: e il loro pianto accompagna in lontana sordina le note celesti dell'annunzio angelico l . rin altri quadri si ve­ de Maria offrire al Bambino una paradisiaca mela « una nuova Eva ed un nuovo Adamo che pongon ril . Par. , XXXI I, 4-6. Con queste « parole sante » inizia il suo par­ lar Bernardo. Notare che Eva redenta è ancora « tanto bella » . Alla fine del Faust, un'altra Eva peccatrice, « una poenitentium, sonst Gretchen genannt » [ « una delle penitenti, già chiamata Gretchen »] intercede per il peccatore e ne ottiene la grazia. Tra il silenzio d' Eva ai piedi di Maria e l'ardente preghiera di Gretchen, si misura tutta la distanza da un mondo per cui la carne è peccato a un mondo in cui l' amore è redenzione. Gretchen alla fine si confonde con Maria: « das Ewig-Weibliche l Zie h t uns hinan » [ « L' eterno Elemento Femminile l ci trae ver­ so l'alto » , trad. it. di F. Fortini, Mondadori, Milano, 1 999] .

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medio alle ferite inflitteci dai nostri primi genitori » - mentre ai piedi della Madonna della Vittoria (1496) del Mantegna (ora al Louvre) è la scena della Cadu­ ta, e sopra la Vergine « il grande pergolato di agrumi e uccelli che cantano in coro - il Paradiso riconqui­ stato » 1 . 1 E in fronte al maggior tempio che la cristianità alr bia eretto alla Vergine Immacolata, sul portale prin­ cipale del Duomo di Milano, proprio sotto la epigra­ fe dedicatoria « Mariae Nascenti » è scolpita in altori­ lievo la Nascita - d'Eva.2 l. rT. Comito, Renaissance Gardens and the Discovery ofParadise, in «] oumal of the History of Ideas », vol. XXXI I ( 1971 ) , 4, pp. 491 , 494 1 . 2. Si veda l a tav. 9. L a scultura, s u disegno di G.B. Crespi, fu ese­ guita da Gaspare Vismara ( 1 633-1 635) . Il disegno della facciata è dovuto, come è noto, al Pellegrini ( 1 567-1 587) . r un paralleli­ smo più sottile e meno esplicito è al portale di Neully-en-Donjon (Allier) , secondo Male, L 'Art religieux du XIIe siècle, cit. , p. 430, fig. 246; e moraleggiante in Male, L 'Art religieux de lafin du Mayen Age, cit. , pp. 288-89; uno anche più arzigogolato si è voluto trovare con l' albero dijesse : Male, L 'Art religieux du XIIIe siècle, Colin, Pa­ ris, 1902, p. 1 67, nota 2, pp. 194, 202. Dal nesso ha origine il dogma dell'Immacolata Concezione (la Vergine non poteva es­ ser meno pura di Eva! ) : cfr. ibid. , p. 208 (e, dello stesso, L 'Art reli­ gieux après le_ Concile de Trente, cit. , p. 43) ; i! che si estese poi a Sant'Anna (L 'Art religieux de lafin du Moyen Age, cit. , p. 219) l . r Cfr. Petrarca: « Sola tu fosti eletta, l Vergine benedetta, l Che 'l pianto d' Eva in allegrezza tomi » ( Canzoniere, CCCLXVI, 34-36) ; Boccaccio: Maria è la « medicina . . l Del mal che già commise il protoplaustro l Disubbidiendo in nostra e sua rovi­ na » (Le rime - L 'amorosa visione - La caccia di Diana, a cura di V. Branca, Laterza, Bari, 1939, p. 70) ; Manzoni: « Tu ci togli al fallo d 'Eva . . . » ( Sul nome di Maria, 1 1 -12) l . r Quando la Chiesa insorse a combattere contro la Riforma, tipizzata come Eresia, nel polarizzare polemico di Bene-Male, attribuì al nemico temporale (luteranesimo) i caratteri del Ne­ mico Eterno, del Diavolo-Serpente calpestato da Eva: altra pro­ va della proteiforme duttilità della leggenda (Male, L 'Art reli­ gieux après le Concile de Trente, cit. , p. 38) ; in Baudelaire (Fleurs du .

23.

Le ragioni

deifratelli Ballerini e la tesi estrema dello pseudo-Atanasio

Vien fatto a questo punto di domandarsi: donde veniva a San Zenone, vescovo di Verona, quella dot­ trina così eretica, e pure espressa con tanto tranquil­ la, icastica precisione? I fratelli Pietro e Girolamo Ballerini, frati veronesi, nella seconda delle loro Dis­ sertationes de S. Zenonis operibus, actis, cultu et aetate ( 1 739) , spendono un intero capitolo, il quarto, per rendersene conto e purificare il Santo da questo erf(}­ re che « chiunque può vedere quanto sia estraneo al senso letterale della Genesi e all'interpretazione dei Padri della Chiesa ». 1 Secondo loro, la fonte ne è Clemente Alessandri­ no, che l'errore menziona nella sua polemica contro Cassiano e altri eretici, senza peraltro esplicitamente rifiutarlo, anzi lasciando un forsitan pieno di tolleran­ za. E, proseguendo nella ricerca, scrivono: « Da dove poi o quelli o Clemente abbiano tratto questa teoria, è assolutamente ignoto; ma sembra che essa si sia dif­ fusa a partire da qualche libro apocrifo, o piuttosto dall'interpretazione di certi Ebrei, ai quali senza dubbio riteniamo faccia allusione il vescovo di Siria Mosè Bar-Cepha quando, nel capitolo 19 della pri­ ma parte del Commentario De situ Paradisi (alla pagi­ na 464 del XVII tomo dell'edizione lionese della Bi­ blioteca patristica) , scrive quanto segue: "Alcuni pensano che non fosse il frutto di un albero quello che Adamo assaggiò, ma l'unione sessuale, attraver­ so cui congiunse il proprio corpo con quello della moglie . . . e che quel famoso ordine, non mangiate da mal, À une Madone) il serpe calpestato dalla Madonna è l' insie­ me diabolico dei cattivi istinti l . l . P . e G. Ballerini, Dissertationes , II, 4 (Migne, PL, vol. XI , col. 1 2 1 , Proleg. ) . . . .

Le ragioni dei fratelli Ballerini

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quell'albero, non volesse dire nient' altro che non unite­ vi sessualmente, ma vivete con purezza ed immuni da qual­ siasi istinto erotico, e il giorno in cui mangerete quei frutti morirete significasse il giorno in cui congiungerete i vostri corpi" » . Ma i quidam di Bar-Cepha non sono i soli: e che altri rabbini abbian seguito questa inter­ pretazione, ricavano i fratelli Ballerini da Leone E­ breo (cfr. qui, par. 36) ; e opinano finalmente che del­ l' argomento Zenone si sia valso per meglio convin­ cer gli Ebrei ai quali è diretto il Trattato XIII del pri­ mo libro. 1 I l vero motivo non è però toccato. Il vero motivo è nella facilità con cui l'ipotesi si presenta e si fa accet­ tare. Tanto essa è difficile a sostenere con argomenti critici, quanto pronto è il sollievo superficiale che es­ sa dà a chi provi l'imbarazzo di interpretare quell' al­ bero proibito, dotato di così affascinanti e pericolosi attributi. Quell'imbarazzo è tale che ha condotto ad esegesi anche meno sostenibili della beverlandiana. Non c'è stato persino chi ha sostenuto che di nessun frutto gustò Adamo in Paradiso? Lo dice lo pseu­ do-Atanasio autore delle Quaestiones ad Antiochum ducem. La cinquantesima domanda è appunto: « Qua­ lefu l'albero di cui Adamo mangiò i frutti? » . E la rispo­ sta suona: ·« Nemmeno su questo punto i Padri con­ cordano, e a ragione. Infatti, ciò che la sacra Scrittu­ ra nascose volutamente, nessuno ha potuto precisar­ lo con esattezza. Perciò alcuni ritengono che quel frutto fosse un fico, altri un frutto spirituale (queste tre parole mancano al testo greco) , altri ancora la contemplazione di Eva ( TJÌv 'tiìç Euaç 8Eropiav) » . E, quasi a provare fino a che punto la Scrittura possa l . Ibidem (Migne, PL, vol. XI, coll. 1 22-23) ; ma debolmente spie­ gano che della stessa interpretazione Zenone si sia valso in Trat­ tati, come il II del libro l, che non sono affatto contro gli Ebrei (cfr. coll. 3 1 7-18 nota) .

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essere stravolta, e fino a che punto il formale osse­ quio alla lettera sopporti le violenze dell'interprete, prosegue: « Alcuni so n anche del parere che Adamo in Paradiso non abbia mangiato nulla (J.lllÒaJ.lroç) » . 1 La difficoltà è così superata, anzi soppressa. Tutto è salvo, e tutto è perduto, con questa tesi severissima, che diremo del digiuno d 'Adamo. 24. Fausto di Riez e la superbia punita Deriva la sua interpretazione da Sant'Agostino il vescovo e abate Fausto di Riez (morto prima del ' 500) , il quale combatté con pari energia il « pestife­ ro » pelagianesimo e la fatalistica, immorale teoria della predestinazione. 2 Anche per lui, come per Ago­ stino, la generazione è il luogo di nascita del peccato ereditario, che sorge « tramite la passione che incita alla generazione maledetta e tramite l 'amplesso di entrambi i genitori colmo di lusinghe ».3 Ma non è propriamente il peccato. Il peccato è d' orgoglio, d'orgoglio d'esser Dio, orgoglio cui segue immedia­ tamente l'avvilimento e la disperazione: « infatti l'uo­ mo, esaltatosi in un primo momento, si è poi abbat­ tuto e confuso . E proprio mentre pregustava la condizione di uguaglianza col Signore, ha perso il controllo sul proprio corpo, poiché dalla superbia nacque l'incontinenza. Difatti egli mostrò chiara. .

l . Migne, PG, vol. XXVIII, coll. 629-30. 2. Hamack, Lehrbuch derDogmengeschichte, cit. , vol. III, p. 248. 3. Ibid. , p. 249, nota 4, senza citazione (ma De gratia Dei et libero arbitrio, I, 2, in Migne, PL, vol. LVIII, col. 788) ; continua indican­ do nell' attrazione del sesso e nel vizio della lussuria la causa del malum originale: « Riconosci la causa del peccato originale, nato dal piacere del concepimento e dal vizio della passione » ( ibi­ dem) . Fulgenzio sostenne le stesse tesi (Tunnel, Histoire des dog­ rnes, ci t. , p. 197) .

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mente cosa in lui fosse stato corrotto, quando per la vergogna si copri. Prima venne l' arroganza, poi su­ bentrò il turbamento. Desideroso di divinità, comin­ ciò ad essere schiavo della libidine » . 1 L'interesse di queste « variazioni su Sant'Agosti­ no » è nel nesso che esse stabiliscono tra il peccato originale e quel ritmo di esaltazione e di avvilimento che è tipico dell'anelito romantico. Il mito della Ge­ nesi suscita in Fausto le stesse ansie che susciterà in Hamann e in Herder: tra il bestiale e il divino il desti­ no dell'uomo oscilla sempre nella breve curva del delitto d'Adamo. La differenza, intuitiva, è che quell 'uomo, detto splendidamente divinitatis ambi­ tiosus, resta per Fausto un folle criminale, una vittima di Satana, mentre per i romantici è l'uomo in tutta la sua gloria, nella pienezza della sua divina e dolorosa libertà. La punizione del superbo si tramuta nel pro­ gresso del genere umano. E l'Adamo confuso, dan­ nato dal Fausto del primo Medio Evo viene alla fine, in persona d'un altro Fausto, assunto nel regno dei cieli: « Colui che s'affatica in uno sforzo diuturno », sarà, morendo, redento.

25. Bar-Cepha vescovo siro Praticamente nulla si sa di Mosè Bar-Cepha (figlio di Pietro) , vescovo di Siria, se non che visse verso la metà del nono secolo,2 e che è l'autore di un Commen­ tarius de Paradiso, di cui ci è conservata una traduzione latina. Bar-Cepha è l'epigono tipico: ripete e tempera, l . Fausto di Riez, De gratiaDei et libero arbitrio, l, 2 (Migne, PL, vol. LVIII, col. 788) . Cfr. Gerbi, La politica del Rnmanticismo, ci t., pp. l 0-1 1 . Poco oltre, con cronologica precisione: « Il peccato nac­ que a metà tra il concepimento e la concupiscenza » . 2. Cfr. Migne, PG, vol. CXI, col. 482.

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commenta e concilia, e quando deve respingere una tesi (per esempio la beverlandiana) si affida regolar­ mente all'argomento più debole. Esposta la tesi ses­ suale nei termini riferiti dai fratelli Ballerini a scarico di San Zenone (cfr. qui, par. 23) , continua: « l'assoluta falsità di questa opinione è provata a sufficienza dal fatto che essi furono scacciati dal Paradiso del tutto vergini »1 - che è appunto quel che bisognerebbe pro­ vare. Ma, ammessa questa duratura verginità, come conciliarla con quel chiarissimo e imbarazzante: Cre­ scite et multiplicamini ? Bar-Cepha aveva a disposizione l'espediente agostiniano, la copula sine concupiscentia e senza violenza. Ma, espediente per espediente, ne preferisce uno anche più radicale e anche meno so­ stenibile: e invece della copula sine concupiscentia so­ stiene la generazione senza copula. Non son davve­ ro gli esempi che gli mancano: gli angeli, anzitutto, « non si congiungono in amplesso » , eppure son mi­ gliaia e migliaia: « perciò nemmeno gli uomini si sa­ rebbero congiunti se non avessero peccato »,2 e si sa­ rebbero del pari moltiplicati. E poi, Adamo ed Eva, essi stessi eran nati forse da un amplesso? No. E allo­ ra, perché seguire un altro sistema? . . . E, infine, ci son degli animali, certe specie di vermi e di zanzare,3 che si moltiplicano a quel modo. Ma quale sia quel mol . M. Bar-Cepha, Commentarius de Paradiso, in Bibliotheca Vete­ rum Patrum, a cura di M. de la Bigne, Parigi, 1589, vol. l, p. 422. La debolezza dell ' argomento non era sfuggita a Beverland: « Moise Barcepha, che non abbiamo mai letto , ma che comun­ que citiamo . . . dice, per respingere l'opinione che avanziamo . . . che i nostri primi genitori furono cacciati dal Paradiso es­ sendo ancora in stato virginale, cosa �mpossibile da provare per loro come per le nostre figlie » (Etat de l'homme, ci t., pp. 1 02- 1 03 nota) . 2. Bar-Cepha, Commentarius de Paradiso, ci t., vol. I, p. 43 1 . 3 . « Vermiun1 genus et culicum » .

Bar-Cepha vescovo siro

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do, descritto, o meglio definito soltanto per privatio­ nem, Bar-Cepha non ce lo vuoi dire: « questo non toc­ ca a me spiegar lo » . Quello che ci dice (e gli sembra così d'aver prevenuto ogni possibile abbiezione) è che, già, il con cubito non basta mica a far figli! A che cosa è seiVito ad Abramo? A niente. E sì che ci si era dedicato per tanti anni ! 1 Un'altra specie di compromesso tenta Bar-Cepha poco oltre. Perché Adamo ed Eva mangiarono i pomi vietati? Per libido, risponde. Ma il suono di questa pa­ rola non deve trarci in inganno. La libido di Bar-Cepha è, semplicemente, la ghiottoneria. E quello che egli in­ tende, si è che mangiarono, non per fame (avevan tanti altri alimenti a portata di mano! ) , ma per vizio di gola. Vero è che subito dopo nacque in essi la concu­ piscenza; ma questa è spiegata, non come la pena se­ guita al peccato (al modo di Sant'Agostino) ; e nem­ meno, al modo d'altri, come effetto delle virtù farma­ ceutiche dei pomi, ma come un sintomo d' indigestio­ ne, una manifestazione della pancia piena: « in realtà, coloro che si abbandonano alla ghiottoneria sono propensi a cedere all'istinto sessuale, poiché sono go­ losi, schiavi del ventre, ed infine anche inclini all'u­ briachezza, che sono i più gran vizi e peccati. All'istin­ to sessuale -si accompagnano la fornicazione, l'adulte­ rio, l'unione carnale con uomini: e anche questi sono atti vergognosi. E furono aperti gli occhi di entram­ bi » . 2 Su di che è citata l'Epistola di Giacomo (l, 15: Concupiscentia cum conceperit, paritpeccatum) ;3 ed è tronl. Letteralmente, e citando Gen. , XV, 2: « giovò forse ad Abramo l'amplesso per generare dei figli? Assolutamente no, dal mo­ mento che egli vi si dedicò invano per tanti anni » (Bar-Cepha, Commentarius de Paradiso, cit. , p. 432) . 2. /bid. , p. 465 . Cfr. la spiegazione di Leclerc, qui, pp. 227-28. 3. [ « Quando il desiderio sessuale concepisce, genera il pecca­ to »] .

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cato ogni tentativo di ulteriori illazioni col dire che i protoplasti si vergognarono d'una parte del corpo sol­ tanto perché l'affetto che in essa si manifesta è dei più violenti.1

26. Le origini del beverlandismo càtaro Ma dall' Oriente altri soffi spirituali giungevano sull'Europa che s'andava faticosamente risveglian­ do. Dove non discendeva la parola dei Padri e dei Dottori, tra le masse ignare delle sciocche sottigliez­ ze di un Bar-Cepha, avide di più umane e accessibili spiegazioni del male e del dolore, tra i poveri, gli af­ flitti, le vittime della Chiesa corrotta e ladra, si diffon­ deva con fulminea rapidità, verso l'undicesimo seco­ lo, la grande Eresia, l'eresia càtara, il Manicheismo rinato. La fiamma che Agostino aveva creduto di sof­ focare - alimentata da contingenze favorevoli quali lo sdegno per il « concubinato » dei preti, il risorgere dello spirito razionalistico, lo stato di rilassatezza in cui era caduto il sistema dogmatico ortodosso - di­ vampava in brevi anni per tutto l'Occidente. A spen­ gerla basteranno appena i rigori dell'Inquisizione da un lato, l 'immenso lavoro di ricostruzione dei grandi teologi del XII e XIII secolo dall 'altro. L'eresia càtara è completamente « beverlandiana » nell'interpretazione del Peccato e della Caduta.2 Il che è tanto più significativo in quanto per i Càtari l' origine del male nel mondo è il problema essenzia­ le, e la sua soluzione è uno dei punti principalissimi l . Ibid. , pp. 466-67. 2. Devo le prime notizie sul « beverlandismo » dei Càtari, e utili indicazioni per studiarlo, alla grandissima cortesia e al benevolo interessamento del sen. Benedetto Croce e del conte Alessan­ dro Casati.

Le origini del beverlandismo càtaro

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e caratteristici delle loro dottrine. Diffusasi tra le ple­ bi agricole e gli artigiani tessitori di Germania, di Francia e d'Italia, l' eresia andò man mano perdendo alcuni dei suoi elementi dogmatici, per dare invece sempre maggior risalto a quelli morali:1 tra i quali, come è noto, fondamentale quello (da cui essa deri­ vò il nome) di una rigida purezza giungente alla con­ danna di ogni rapporto sessuale e all'aperta indiffe­ renza per le sorti eventuali del genere umano. Nel « beverlandismo » dei Càtari si vede dunque con par­ ticolare evidenza come l'elemento razionalistico del­ l'ipotesi (in quanto spiegazione del male) sia stato sopraffatto e cancellato dalla sua tendenza asceti­ co-mistica (la generazione come peccato) . L' ele­ mento razionalistico non riprenderà ad agire che parecchi secoli più tardi, quando la Ragione si senti­ rà forte abbastanza per rifiutare la posizione ancilla­ re, ed anzi, salita in signoria, oserà licenziare asceti­ smo e misticherie. Le origini dell'eresia càtara ci portano in pieno Manicheismo, più indietro ancora, al primo confuso pullulare di dottrine gnostiche. Ancora una volta, troviamo che il « beverlandismo » nasce dal connu­ bio di teorie elleniche con miti orientali. Filone me­ scola la Bibbia e Platone: e da lui discende il « bever­ landismo » classico, ufficiale, dei Padri della Chiesa. Lo gnosticismo mescola i dogmi cristiani con le dot­ trine di Platino. Il Manicheismo mescola a sua volta le tesi gnostiche con i miti della Persia. E da essi di­ scende l' oscuro « beverlandismo » delle sette ereti­ che, e in particolare quello dei Pauliciani e dei Bogo­ mili, le due maggiori sette gnostiche d'Oriente,2 i l. G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali nella società medievale italiana (secoli Xl-XIV), Vallecchi, Firenze, 1922, p. 1 5 1 ; cfr., sul valore spirituale deli' eresia, ibid. , pp. 1 94-96. 2. I. von Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte des Mittelalters,

fl peccato di Adamo ed Eva

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precursori diretti, immediati della grande eresia càtara.

27. La prostitutio Adami » e l 'antinomia della vita sessuale nel sistema manicheo «

I Pauliciani, che congiungono idealmente gli gno­ stici dell'antichità a quelli del Medio Evo, sorsero ver­ so il IV e V secolo per iniziativa di un Paolo e di un Giovanni, « figli di Callinice, una donna dei pressi di Samosata, dedita al Manicheismo » . 1 Ma soltanto al principio del IX secolo si precisò la loro dottrina, con la predicazione di Sergio, la più alta figura della setta, che per trentaquattro anni catechizzò l'Asia Minore. Sergio si opponeva all'immoralismo teorico e pratico di Baane lo Sporco ( ò pu1tap6c;) - il quale predicava la santità degli istinti sfrenati - e imprimeva così alla set­ ta il suo carattere di rigoroso ascetismo. Nessuna difficoltà presentava l'inserzione di questo ascetismo nel fondamentale dualismo di buono e cattivo spirito: « il corpo dell'uomo è la sede e la fonte del male, e ciò che gli dà forza e nutrimento, come i cibi, è sementa di peccato (1tOVT\piac; yEoopyiov) (Fozio, II, 1 60) ». Ma più diffi cile da capire è quest'altra frase di una missiva Beck, Miinchen, 1 890, vol. l, p. 1 1 3 (il II vol. contiene i docu­ menti) . Cfr. r AJ. Toynbee, A Study ofHistory, Oxford University Press, London, 1935-1939, vol. IV, pp. 364 sgg., 371 , 624-34 (con interessanti osservazioni, ma senza riferimenti al Peccato) l E. Vacandard, L 1nquisition, Bloud, Paris, 1 9 1 2, p. 8 1 , che cita Louis Duchesne, Histoire ancienne de l'Eglise, Pontemoing, Paris, 1907, vol. I, pp. 555-56. l. Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, ci t., vol. l, p. 3. Il nome di Pauliciani verrebbe da una corruzione di « Paulojohanniti » ; m a più tardi essi pretesero di derivare, ora dall' armeno Paolo, uno dei loro maestri, ora dall' apostolo Paolo. Cfr. Bayle, sub voce (Dictionnaire, cit. , vol. III, pp. 624 sgg.) r e Chr. Dawson, The Making ofEurope, Sheed & Ward, London, 1 936, pp. 1 7 1 -72 1 .

La prostitutio A dami «

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di Sergio, conseiVataci da Pietro di Sicilia e da Fazio:

« La prima prostituzione, che ci ha trasmesso Ada­ mo, è un benefizio; ma la seconda è quella maggior prostituzione, di cui anche l'Apostolo dice (/ Cor. , VI, 18) "chi fornica pecca contro il suo proprio cor­ po" » . 1 Il passo è così commentato dal Doellinger: « Sembra dunque che i Pauliciani (come i Manichei, i Bogomili e i Càtari d' Occidente) abbiano inteso con il frutto proibito, di cui gli uomini godettero, la congiunzione sessuale, e poiché essi potevano ascri­ vere quella proibizione soltanto al Demiurgo, neces­ sariamente la sua violazione doveva apparir loro co­ me una specie di emancipazione dalla tirannica si­ gnoria di Satana, e conseguentemente come un be­ nefizio. Ma nelle parole di Sergio sembra esser anche un altro pensiero: che anche l'esercizio continuato di quella prostituzione, introdotta dapprima da Ada­ mo, sia qualcosa di buono e di benefico, e così l'ha inteso anche Pietro di Sicilia »2 - il che, evidentemen­ te, è diffi cile da conciliare con le prediche scagliate contro lo « sporco » Baane. Quel che più interessa, tuttavia, è riascoltare in queste lambiccate teologie un'antichissima e venera­ bile bestemmia, la tesi del serpente benefattore, del Diavolo amico dell'uomo contro Dio, del seduttore prometeico: tesi destinata a ben più alti destini quando in quello spirito malo alleato dell'uomo si riuscirà a veder l'uomo stesso nella sua indipenden­ za, il dolente ribelle colmo di proteiVa amarezza - e che ci seiVe ora a meglio scorgere quanto grave sia la contraddizione imperfettamente avvertita anche dal Doellinger. Contraddizione veramente insanabile. Un sistema dualistico, come il manicheo e tutte queste sue deril. Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit., vol. l, p. 18.

2. Ibid., pp. 1 8-19. Questa estensione mi sembra sforzata.

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vazioni, spiega facilmente , per postulato, l'origine del male; ma la persistenza del male è in esso tanto misteriosa quanto in un sistema monistico. Se il De­ miurgo, il Dio Creatore dell'Antico Testamento, è fin da principio identificato con Satana, è chiaro che le sue creazioni, l'uomo e il mondo, devono essere cattivi ; le sue leggi, ingiuste. Ma, allora, l'avere in­ franto il Divieto, è stato bene, è bene. 1 E, se l'infrazio­ ne è quello che vuole l'ipotesi beverlandiana - il con­ servare il genere umano al mondo, il conservare e mantenere questo mondo, cioè il male, è legato al ri­ petere quell'atto, quell'infrazione che è bene. La car­ ne è benedetta perché si è ribellata al principio crea­ tore del male, ne ha troncato il volere e interrotto l'opera; è maledetta, perché quell'opera essa conti­ nua e perpetua. Il beverlandismo, ecco il punto debole del sistema pauliciano; o, meglio che il punto debole, il bever­ landismo è il punto che ne scopre la debolezza, la debolezza comune a tutti i rozzi sistemi dualistici, in­ capaci di qualificare un'attività come quella sessuale, tipicamente necessaria e pure non morale né immo­ rale.

28. I Bogomili e il Serpente seduttore in proprio A questo tragico dilemma sfuggono i Bogomili, e, dopo di essi, i Càtari, attenuando il lato dogmatico del « beverlandismo » e svolgendolo invece in forma di leggenda. I colori orientali mascherano le incoel . r Sulla felix culpa in Leibniz, si veda W. Stark, America: Ideal and Reality. The United States of 1 776 in Contemporary European Phi­ losophy, Kegan Paul, London, 1947, p. 5; in Milton, si vedaJ.C. Ulreich, Jr, A Paradise Within: The Fortunate Fall in « Paradise Lost », in «journal of the History ofldeas » , vol. XXXII ( 1 971 ) , 3, pp. 351-66 1 .

I Bogomili e il Serpente seduttore in proprio

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renze logiche. La teoria dei Bogomili, nata al princi­ pio del secolo XI dalla fusione di dottrine dello gno­ sticismo siro con altre dei Messaliani, 1 si compendia in un mito: Satanael, figlio primogenito e rivale di Dio, creò l'uomo con acqua e argilla; ma il suo soffio immise nel serpente, che divenne perciò astuto. In­ capace egli, pertanto, d'animare il suo uomo, si rivol­ se a Dio. Gli promise che l'uomo sarebbe appartenu­ to a loro due in comune, e che la sua progenie avreb­ be riempito i cieli prendendo il posto degli angeli cacciati; e ne richiese l'aiuto. Il buon Dio mandò dal Plèroma una scintilla vitale, che animò la statua di Satanael, 2 e così Egli fece anche per la Donna. Ma Satanael, presto pentitosi di quanto aveva promesso, pensò di rovinare le nuove creature. « In forma di serpente egli sedusse Eva e si giacque con essa car­ nalmente, affinché il suo seme avesse la prevalenza su quello di Adamo ». Eva partorì così i due gemelli, Caino e Calomena. Satanael però non aveva previsto gli ulteriori sviluppi: Adamo, preso da gelosia, si giac­ que egli pure con Eva, e generò Abele. 3 Caino uccise l . Credevano i Messaliani che in ogni uomo, accanto all'anima trasmessa da Adamo, un'altra ce ne fosse, malvagia, di natura demoniaca. I · Bogomili furono perseguitati nel 1 1 1 1 , per aver causato agitazioni a Costantinopoli: ancora nel l 230 il Patriarca Germano deplorava la loro attività r cfr. Dawson, The Making of Europe, cit., p. 1 76 e nota; e RG. Collingwood, The New Leviathan; or, Man, Society, Civilization and Barbarism, Clarendon Press, Ox­ ford, 1942, pp. 360-61 1 . 2 . Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, ci t. , vol. I , p . 39. 3. Ibid. , pp. 39-40. Cfr., oltre le classiche tesi manichee (Adamo ed Eva stessi, figli del diavolo Sacla e di sua moglie: Agostino, De Haeresibus, XLVI; Bayle, Dictionnaire, cit. , s. v. « Manichéens », no­ ta B, vol. III, p. 303) , quelle più vicine degli Arcontici, e quelle imputate ad Agostino dai Pelagiani (qui, par. 1 6) . Adamo avreb­ be imitato il serpente, mentre, secondo la tesi attribuita ai rabbi­ ni dal Rivino, il serpente avrebbe imitato Adamo.

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poi il fratellastro; ma ormai Adamo aveva preso l'av­ vio, e il genere umano era inevitabile. Notevole è in questa storia la vanificazione del frutto proibito. Il limite posto da Dio all 'uomo, tra Dio e l'uomo, doveva scomparire quando due o tre entità divine, rivali e nemiche tra loro, si davan la ma­ no per completare l'uomo medesimo, con l' arrière­ pensée di servirsene una contro l'altra. Ma anche più notevole è la parte attiva che si assume il serpente: senza più il pomo da porgere come illecebra, il serpe fa a meno anche di Adamo e ricorre a mezzi di sedu­ zione più diretti. Questa spiegazione fu trovata molto plausibile. Tutta l'eresia càtara la accetta in pieno.1

29. Càtari dualisti e monarchiani: il Dio seduttore e il serpente libertino Ecberto, verso la fine del secolo XII, narra delle congreghe di Càtari, già numerose sul Basso Reno, intorno a Colonia e a Bonn; e ne fa conoscere le sin­ golari teorie, quella, tra le altre, secondo cui le ani­ me degli eletti altro non sono che gli angeli peccato­ ri e cacciati.2 « Anche la dottrina, secondo cui il frut­ to proibito del Paradiso sarebbe stato la congiunzio­ ne dei sessi, non era stata notata prima di Ecberto ».3 La derivazione dai Pauliciani e dai Bogomili pare sicura; la somiglianza delle loro dottrine, speciall . r Echi in Voltaire: « Questo ipocrita serpente fece mangiare a Eva una mela maledetta; si pretende addirittura che le abbia fatto ancor di peggio »: La Pucelle d 'Orléans, XX; cfr. qui, par. 1 6 1 . 2. Altro riflesso della tesi che il Dio della Bibbia è cattivo. L'An­ gelo ribelle e caduto ha tra questi eretici la sua prima riabilita­ zione. Tanto lontane origini hanno il byronismo, la figura lettera­ ria del Bel Tenebroso, la pietosa ammirazione per l'Ange Déchu, ecc.! 3. Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit. , vol. I, p. 1 1 2.

Càtari dualisti e monarchiani

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tnente con quelle dei Càtari monarchiani, è decisi­ va.1 Si sa che quegli eretici erano molto numerosi in Tracia dove avevano i quartieri d'invemo i mercena­ ri occidentali (tedeschi, francesi, danesi, inglesi emi­ grati per fuggire la signoria normanna, ecc.) assolda­ ti dagli imperatori greci. I contatti, anche prima del­ le Crociate, eran dunque facili e frequenti. Il trapas­ so sarebbe avvenuto già verso la metà dell'XI secolo. 2 Elementi di beverlandismo si trovano presso quasi tutte le sette càtare, così presso i monarchiani (sud­ divisi a loro volta in Concorrezesi e Bagnolesi) come presso i dualisti (Albigesi e Albanesi) . I dualisti, quelli cioè che vedono nel Dio dell'Anti­ co Testamento lo spirito malo senz'altro, il creatore dell'odio, della frode, della tenebra, e in quello del Nuovo Testamento invece lo spirito buono, puro e casto, hanno il merito di aver fatto uno sforzo per le­ gittimare il divieto, inteso sempre come divieto ses­ suale: Dio, nella sua malizia, avrebbe imposto quel divieto, in sé buono, sapendo che sarebbe stato viola­ to.3 La contraddizione pauliciana (si veda qui, p. 78) è evitata, ma a quale prezzo! L'Autore del Divieto si muta nel Seduttore stesso ! . . . « Alcuni altri originari della Bulgaria . . . sostengono che sia Lucifero quel Dio che secondo la Genesi avrebbe creato il cielo e la terra . . . e pensano che abbia anche plasmato la don­ na per Adamo, allo scopo di indurlo tramite lei a peccare, e sostengono inoltre che la fomicazione fu il cibarsi del frutto proibito » . 4 1 . /bid., pp. 1 1 3-14. 2. /bid. , pp. 1 1 4, 1 3 1 . 3. /bid. , p. 1 45. 4. Auftiihlung der Siitze der Albigenser der Sede de Bagnolo und der Sede de Concoreggio qui habent haeresim suam de Sclavonia (Cod. Scotor., Vienna) , in Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit. , vol. II, p. 612. Cfr. la fine del passo qui citato a p. 82.

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E vicinissimi a questa spiegazione restano gli Alba­ nesi, una setta di Càtari dualisti slavi (ma diffusi an­ che in Italia) , di cui si legge in un codice del XIV se­ colo: « convinzioni erronee che generalmente i Pata­ rini di Bosnia credono e tramandano . . . Così sosten­ gono che fosse la donna il frutto dell'albero della vita (sic) mangiato da Adamo, il quale così la conobbe carnalmente, e perciò fu cacciato dal Paradiso » . 1 I monarchiani, invece, Bagnolesi e Concorrezesi, s'attengono piuttosto al congiungimento diretto del serpe con Eva. La coda di un rettile avrebbe introdot­ to il male nel mondo. « Queste cose si possono do­ mandare . . . riguardo ai Concorrezesi . . . Se credi che il serpente si sia giaciuto con Eva e quindi sia nato Caino » . 2 Più diffusamente così espone un codice laurenziano le « credenciae Concorriciorum » : Luci­ fero e soci fecero l'uomo « e gli diedero il nome di Adamo, e da lui estrassero Eva e ordinarono loro di non mangiare di quel frutto; e intendono il frutto come il fatto che il serpente pose la sua coda nel ses­ so di Eva e questa concepì Caino; e quando Eva si fu congiunta col serpente , cioè (visibile sutura delle due diverse spiegazioni) dopo aver mangiato il frut­ to, allora essa conobbe le delizie di questo mondo, e diede ad Adamo da mangiare di quel frutto, cioè (ancora . . . ) si congiunse con lui, e proprio quegli stessi che l'avevano proibito, li incoraggiarono evi­ dentemente ( ! . .. ) a mangiarlo ».3 Né molto diversamente, salvo l' aggiunta del lubri­ co particolare di Eva che compie l' educazione sesl . Ibid. , vol. I, pp. 242-43 nota. 2. Cod. Casanat. H. 111. 34, riportato in Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit. , vol. II, p. 320. 3. Cod. 13 Biblioth. Mugell. de Nem. Salvi Burce, riportato in Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit. , vol. II, p . 60. Cfr. ibid. , vol. I, pp. 1 62-63.

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suale di Adamo, in un Codice della Biblioteca Civica di Cesena: « In verità delirano coloro i quali ritengo­ no che il peccato di Adamo sia avvenuto in questo modo per istigazione del serpente. Dicono infatti che il serpente si sia avvicinato alla donna e con la propria coda l'abbia sedotta, e abbia così introdotto in lei il libidinoso prurito della carne, e suppongono che da questo accoppiamento sia nato Caino. Dico­ no poi che la donna, ormai avvezza alla lussuria, si sia recata da Adamo e gli abbia mostrato come unirsi a lei, e lo abbia persuaso a farlo. Così peccarono, in­ gannati dal serpente . Affermano che in questo consi­ steva il gustare l 'albero della conoscenza del bene e del male, che era stato loro proibito, e a questo ha alluso secondo loro Mosè, sotto il velo delle parole, con l'immagine del frutto proibito; perciò sembra loro verosimile che l'uomo e la donna, subito dopo, abbiano coperto le loro parti vergognose, per far sa­ pere che proprio con quelle parti peccarono ». 1 E in qualche formulazione provenzale, la tesi assu­ me persino la netta lapidaria espressione che sarà propria di Beverland: « Perpetuo ha affermato . . . che il frutto proibito ai nostri progenitori non fu nient'al­ tro che il piacere del coito; ha aggiunto che quello stesso frutto fu offerto da Adamo alla moglie ».2

l . lbid., vol. II, pp. 274-75. Tra i moderni, solo i l pazzoide E . Georg, ch'io sappia, segue questa versione, richiamandosi vaga­ mente al Talmud: « il Talmud dice chiaro e tondo che il serpen­ te si è accoppiato con Eva », ecc., Verschollene Kulturen, cit., p. 1 33. Cfr. qui, p. 1 6, nota l . 2 . Ausziige aus den Acten der Inquisition zu Carcassonne, Aussagen Einzelner (Coli. Do a t, Paris) , in Doellinger, Beitriige zur Sektenge­ schichte, cit., vol. II, p. 34. Cfr. Vacandard, L 1nquisition, cit., p. 1 1 1 : « Questo frutto che fu loro proibito - insegnava a Tol osa Pierre Garcias - era semplicemente il piacere della carne » .

30. Il carattere diabolico della generazione e l'ascetismo dei Càtari Ma quello che più stupisce in tutti questi referti d'eresia, si è che i pii cronisti, non di rado teologi o inquisitori, sembrano completamente ignorare la tradizione « ortodossa » della ipotesi beverlandiana: non ne parlano che con scandalo e meraviglia, o al massimo con un certo compiacimento maligno, il compiacimento di mostrare in quali ridicoli errori s' awolga l'eresia. E tuttavia, nella pura dottrina càta­ ra almeno, sono tesi che sembrano ispirate dal più rigoroso Agostino: « la propagazione della specie u­ mana è la conseguenza della seduzione diabolica, e si perpetua nel tempo per mezzo di quel medesimo peccato, che i primi antenati han commesso » . 1 Tutti gli uomini quindi son solidali con l'anima di Adamo, la quale si trasmette con la generazione: « ogni bim­ bo nasce con un dèmone in sé » . Ogni donna gravida ha il diavolo nel ventre.2 Un codice viennese del Trecento ci dà tutti i parti­ colari desiderabili: il diavolo fece il Paradiso, e poi « il diavolo maligno, introducendosi nel serpente malvagio, ingannò l'angelo che aveva aspetto di don­ na e sparse sul suo capo la concupiscenza del pecca­ to, e la concupiscenza di Eva fu come una fornace ardente. E subito il diavolo, uscendo da una canna sotto for­ ma di serpente,3 soddisfece la propria lussuria con l. Doellinger, Beitriige zur Sektengeschichte, cit. , vol. l, p. 1 63. 2. Ibidem ; e vol. II, p. 267: « quando mulier est praegnans, habet diabolum in corpore » . 3. Una nota marginale spiega a questo punto che « il serpente non aveva l' aspetto di un serpente, ma di un uomo; infatti si rese simile ad un bel giovane e, per ordine del diavolo, entrò nel Pa­ radiso attraverso una canna e ingannò la donna e fornicò con lei per mezzo della coda » (il « pulcher adolescens » aveva dun­ que una coda?) , « il serpente fu creato dalla bava del diavolo,

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Eva tramite la coda, e per questo motivo coloro che di preferenza mettono in pratica propositi diabolici all 'infinito non vengono chiamati figli di Dio, bensì figli del diavolo e figli del serpente. Poi il diavolo sparse la propria concupiscenza sul capo dell'angelo che era nel corpo di Adamo, ed entrambi si ritrova­ rono affetti da una lussuriosa concupiscenza, gene­ rando insieme figli del diavolo e del serpente in sae­ cula saeculorum » .1 Complicate e ferine genealogie, che ricordan l'av­ vinghiarsi di mostri ambigui nei capitelli e sui doc­ cioni dei duomi coevi. Ma ormai più salde dottrine tenevano il campo. Il tripartito argomentare di Tom­ maso tritura le strane fiabe degli eretici. L' Oriente è vinto ancora una volta. Il lesto narrare di miti vivaci e scabrosi si spegne nel gelo aguzzo delle quaestiones ; si riduce a balbettio, poi, per secoli, al silenzio.

3 1 . San Tommaso eDuns Scoto Nella Scolastica, per quel pochissimo che ho scor­ so, l'ipotesi beverlandiana non ha importanti svilup­ pi. Nel secondo libro delle Sentenze di Pietro Pittavi­ no (XII secolo) rileggiamo le antiche allegorie di Fi­ lone ( « così nell'anima di ogni persona la sensualità rappresenta il serpente, la parte inferiore dell 'intel­ letto rappresenta la donna e quella superiore l'uo­ mo. E come allora vi fu un'unione carnale tra uomo perché ?iscese da essa mentre il diavolo dormiva » ( ibid., vol. Il, p. 88) . E questa una rara anticipazione delle immagini pittori­ che del serpente quale adolescente (si veda qui, p. l 09) , e delle temerarie congetture di Paracelso (qui, pp. 1 25-26) . l . Johannis et Apostoli et Evangelistae interrogatio in coena saneta re­ gni coelorum de ordinatione mundi, et de Principe et de Adam ( Codex Vindob. membr. 1 1 37, fol. 1 58) , in Doellinger, Beitriige zur Sek­ tengeschichte, cit. , vol. II, p. 88.

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e donna, così nell'anima avviene un'unione spiritua­ le . . . » ) , 1 debitamente complicate e fatte oggetto di o­ gni sorta di arguzie logiche e di esercitazioni in vacuo bombinantes. Dopo Pier Lombardo e i grandi dottori del Duecento, si accettò comunemente la tesi che E­ va peccò per orgoglio, e Adamo o per debolezza o per orgoglio. Si attennero alla debolezza, intesa nel senso « milanese » di Sant'Ambrogio, Ugo di San Vit­ tore, Pier Lombardo, San Bonaventura, Duns Scoto, e, con esplicita affermazione che l'amore d'Adamo verso la moglie era amor amicitiae, e non concupi­ scenza, Alessandro di Hales - e poi in generale tutti i francescani.2 Credettero invece nell'orgoglio d'Ada­ mo Alberto Magno, e, con varianti, San Tommaso, e dietro di lui i domenicani e la teologia ortodossa. 3 Nella teoria del peccato, San Tommaso procede sulle orme d'Agostino. Vero è che ii1 lui viene forte­ mente accentuato il lato negativo della colpa, il lan­ g;uor, e anche la concupiscentia, ma come fomes soltan­ to. Così che sempre più perde interesse quel che sia stato il peccato in materiali, e, dall'esame attentissimo delle sue condizioni formali, si svolge la dottrina del­ la « carenza della grazia » . « E così il peccato originale in pratica è la concupiscenza (genericamente inte­ sa) , ma nella forma è la carenza della grazia origina­ le ».4 Tutte le potentiae dell'uomo ne sono infette, ma l. P. Pittavino, Sententiarum, Il, 21 (Migne, PL, vol. CCXI, col. 1 026) . 2. Tunnel, Histoire des dogmes, cit. , pp. 191-92. 3. Ibid. , p. 193. Questo quanto all ' originale originans ; il peccatum originale originatum è fatto consistere generalmente ( ibid. , pp. 200 sgg.) nella « concupiscenza », quale descritta da Agostino. Si eccettui Sant'Anselmo ( « non v'è maggiore colpa nel seme di quanta ce ne sia in uno sputo » ) , la cui dottrina an ti-agostiniana finì col trionfare ( ibid. , p. 218) . 4. San Tommaso, Summa Theologica. Summae secundaeprima, quae­ stio 82 (ed. cit. , vol. II, p. 302) .

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tre in special modo: « l'infezione del peccato origina­ le interessa soprattutto queste tre facoltà, vale a dire la potenza generativa, la forza del desiderio e il senso del tatto », questo in particolare perché « il piacere si realizza nel tatto » , e tutte e tre in generale perché « concorrono all'atto per mezzo del quale si trasmet­ te la corruzione » . 1 D 'altra parte Tommaso, distinguendo e polemiz­ zando (contro Gregorio Nisseno) , ammette che nel­ lo stato d'innocenza ci fosse la « generatio per coi­ tum », e ai soliti argomenti agostiniani aggiunge quello ricavato da Genesi II che dice la donna creata per aiutare l'uomo ( « in adjutorium viri » ) . Così spie­ ga il Dottor Angelico a che cosa dovesse adjuvare quell' adjutorium: « a nient'altro se non alla riprodu­ zione che avviene tramite l'accoppiamento; dal mo­ mento che in qualsiasi altra azione l'uomo poteva essere aiutato in modo più appropriato da un altro uomo piuttosto che da una donna »2 - opinione che certo farebbe andar su tutte le furie le femministe dei giorni nostri, ma non manca di teologica acutezza. Duns Scoto parla di carestiajustitiae debitae ( « caren­ za della grazia dovuta » ) , e la concupiscenza non è per lui che il materiale peccati. 3 Anzi, a furia di limare il peccato con distinzione sopra distinzione, il Dottor Sottile lo attenua e lo estenua tanto che quasi scom­ pare e si può parlare di un suo « pelagianesimo » . « Ri­ lassatissima » è in lui la concezione della colpa che a­ vrebbe avuto « la sua radice nel disordinato amore l. Ibid. , quaestio 83, IV (ed. cit. , vol. II, p. 306) .

2. /bid., Summaeprimae, quaestio 93, II (ed. cit. , vol. I, p. 387) . Cfr. le opinioni consone di Durando e le contrastanti di Suarez, in Tunnel, Histoire des dogmes, cit. , p. 1 85. 3. Hamack, Lehrbuch derDogmengeschichte, cit., vol. III, p. 645, nota 2; Ruetschi, Geschichte und Kritik derkirchlichen Lehre, cit., pp. 78-79; Tunn el, Histoire des dogmes, cit. , pp. 207 sgg. Materiale peccati può tradursi « la materia prima del peccato », cui la volontà dà forma.

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d'Adamo per la moglie postagli al fianco » . Ma disor­ dinato come? Libidine non era, perché nello stato originario non è pensabile libido. Un'altra azione in sé immorale, neppure, per la stessa ragione. Resta solo che fosse disordinato in quanto « violazione di un comando impostogli per metterlo alla prova >> 1 - co­ moda via per la quale l'interpretazione allegori­ co-sessuale ritorna placidamente d'accordo con la più stretta interpretazione letterale. Il peccato fu ses­ suale, sì, ma fu peccato solo in quanto Adamo ha di­ sobbedito al Signore. A questa seconda parte della tesi, in cui Duns Sco­ to non si allontana da San Tommaso, si è attenuto anche Dante. Quando in Paradiso Adamo gli appa­ re, Dante brama di chiedergli, tra l'altro, « la propria cagion del gran disdegno » ; e Adamo, intesa la sua i­ nespressa domanda, risponde: Or, figliuol mio, non il gustar del legno Fu per sé la cagion di tanto esilio, Ma solamente il trapassar del segno.2

l. Hamack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, cit. , vol. III, p. 646 no­ ta, che cita Karl Werner, Die Scholastik des spiiteren Mittelalters, W. Braumiiller, Wien, 1 881-1887, vol. II, p. 412. 2. Dante, Par. , XXVI , 1 1 3- 1 7. Eva è per lui « la bella guancia / ll cui palato a tutto 'l mondo costa » (Par. , XIII, 38-39) .

IV

32.

Le

virtù afrodisiache del pomo

L'esegesi rabbini ca è tutta uno sforzo, durato seco­ li, per mettere d' accordo la lettera della Scrittura e i profondi sensi allegorici che in essa si intravedevano, o si introducevano. L'influenza di Filone non è mai cessata; ma lo spirito razionalistico ha sempre decisa­ mente prevalso. Tipicamente razionalistica la solu­ zione della difficoltà nel caso di Genesi l/1 1 La spiega­ zione del fatto preoccupa assai più che la morale da trame. Il q�id del Peccato prevale sul quare. Di pecca­ to ereditario od originale in senso cristiano, non è l. Turmel ( Histoire des dogmes, cit. , pp. 20 sgg.) osserva che nessun altro dei più antichi libri del Vecchio Testamento fa allusione alla storia della caduta. Il che è riprova che l' in teres­ se per questo mito cominciò e si svolse solo in era cristiana, o meglio post-paolina. « L'Antico Testamento, nei suoi libri po­ steriori al documento jahvista, non fornisce le prove del fatto che una dottrina della caduta sia stata tratta dalla Genesi » (F.R. Tennant, The Sources oftheDoctrines oftheFall and Origina[ Sin, Cambridge University Press, Cambridge, 1 903, p. 94, cita­ to nel volume collettaneo Le Legs d 1srae·z, Payot, Paris, 1 9 3 1 , p. 400 ) .

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fl peccato di Adamo ed Eva

mai questione. Il problema è puramente storico: che cosa fece Adamo. La lettera dice che Adamo mangiò un frutto. Il senso riposto vuole che Adamo abbia ceduto alla vo­ luttà carnale. Vero l'uno, e vera l'altra. Adamo ha mangiato un frutto nel senso proprio, preciso e vege­ tale della parola. E questo gli ha fatto male, ha cor­ rotto la sua natura (tesi che diremo: del pomo marcio) . Oppure: e questo frutto ha scatenato in lui gli istinti sessuali (tesi del pomo afrodisiaco) . 1 Presa alla lettera questa esegesi ci porta fuori dell'ipotesi beverlandia­ na: ci porta vicinissimo alla tesi agostiniana della concupiscenza conseguenza o pena del peccato (inteso qui ad litteram come mangiamento del pomo) . Ma è bene awertire subito che, di solito, non è fatta distin­ zione tra i due momenti, e per peccato d'Adamo è inteso promiscuamente il « furto dei frutti » e la con­ seguente « violenza carnale » . Tra il primo e la secon­ da è un vincolo di causalità fisica e fisiologica, privo di interesse spirituale. Il peccato che s'inizia col pri­ mo crimine si compie e si perfeziona nel secondo. Due sono i crimini per il giurista o lo storico: per il moralista fan tutt'uno. l. Questa a sua volta potrebbe suddividersi, secondo che è l' a­ spetto del frutto che suscita i desideri erotici, o il contenuto chi­ mico, i succhi che esso racchiude. Cfr. qui, p. 92, nota l e p. 152 re la tesi più recente secondo cui il frutto proibito sarebbe stato u­ na banana (sul cui significato psicanalitico basti citare la nota canzonetta I have no bananas) : « Nelle chiacchiere del popolo d'Egitto - scrive Pietro Martire, che fu in Egitto nel l501-1502 - questo (il plàtano, o banana) è il frutto del nostro primo padre Adamo, con cui infamò il genere umano » (Decades, VII, 9; ed. Buenos Aires, 1 944, p. 549) . Cfr. qui, pp. 1 36-37, nota 6. « Quale fu il frutto che Adamo morse incautamente? si propende per la ghianda »: J .B. Roxo, Theurgia generai y especifica de las graves cali­ dades . . . de las mas preciosas piedras del Universo, ecc., A. Marin, Madrid, 1 747, citato da G. Maraii6n, Las ideas biologicas del Padre Feij6o, Espasa-Calpe, Madrid, 1 934, pp. 2 1 7, 325 1 .

Fortune recenti della tesi dei pomi afrodisiaci

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Nemmeno a questa tesi è mancata la interpretazio­ ne ottimistica e provvidenziale che considera la rive­ lazione dell'istinto sessuale, operata dal pomo gale­ otto, quale una cosa molto utile e molto dilettevole: « pare che quelle genti abbian creduto che la mac­ china di Adamo ed Eva fosse talmente elaborata da aver bisogno che le parti alcoliche del frutto proibito sturassero alcune ostruzioni, senza di che essi sareb­ bero rimasti per sempre insensibili e impotenti, co­ me coloro di cui fa menzione il Titolo "de frigidis et maleficiatis" » . 1

33. Fortune recenti della tesi dei pomi afrodisiaci Una simile tesi si prestava purtroppo ad ogni sorta di impudiche variazioni, che è superfluo indagare.2 D'altra parte, il suo preteso naturalismo la raccoman­ dava agli interpreti del decimosettimo e decimottavo secolo, e la sua aria scientifica le ha procurato dei difen­ sori nel decimonono e anche ai giorni nostri. Fin nel 1907 c'è stato chi ha sostenuto che i frutti dell'albero proibito eran di quelli che « distruggono l'innocenza infantile e promuovono il commercio sessuale ».3 E ul . Bayle, Dictionnaire, ci t., s. v. « Eve » (vol. II, p. 420 a) r la cui fonte principale in proposito è il Rivino: si veda anche Bayle, Oeuvres diverses, ci t., vol. I, p. 593 b l . 2 . Anche lo Zschokke, nell' articolo « Adam » del Kirchenlexicon, dice i racconti dei talmudisti « addirittura sconci » r e A. Brock-Utne, ricercando in senso prettamente filologico quale sia stato l ' « effetto » dei pomi, rifiuta subito « i concetti troppo cavillosi » : Der Gottesgarten. Eine vergleichende Religionsgeschichtliche Studie, Jacob Dybwad, Osio, 1 936, p. 58 1 . 3 . Feldmann, Paradies und Sundenfall, cit. , p . 47, che cita Mythi­ sche Reste in der Paradieserziihlung, in « Archiv fiir Religionwissen­ schaft », vol. X ( 1 907) , pp. 347-65, e soggiunge « Per la più alta critica a questo caratteristico campione cfr. W. Schmidt, Die Uroffenbarung ibid. (Kempten, 191 1 ) l. 593-5 » .

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Il peccato di Adamo ed Eva

no storico del motivo d'Adamo e d'Eva nelle arti pla­ stiche riferisce seriamente che l' indagine moderna ( die neuere Farschung) ritiene d'avere identificato il frutto fatale nel « Manzanillo » (Hippomane mancinella) dei Tropici. 1 Non meno sorprendente è la sua (riten­ go veramente e solamente sua) spiegazione della fo­ glia difico : dopo aver riparlato della efficacia erotica dei frutti, domanda: « che cosa di più naturale ( was lag niiher) che i due, per combattere queste sensazioni e­ rotiche, che, secondo ogni verosimiglianza, salivano fino allo spasimo ( sich wahrscheinlichst bis zur Schmen.­ haftigkeit steigenden) , abbian strappato delle foglie di piante umide di rugiada o di pioggia, come mezzo le­ nitivo e rinfrescante? ».2 Un riscontro, ma in tono tutto moralistico, di que­ ste ingegnosissime interpretazioni, si può appena trovare nei lambiccati concetti dei secentisti. Il Lore­ dano spiega che « con ragione ricorreva all' ombra degli arbori colui che non haveva potuto resistere al calore del senso » ;3 e il Malipiero disserta sulle foglie di fico: « La foglia di quest'Arbore naturalmente ri­ stretta alla nostra carne la punge, e l'affligge, donde nacque, che Adamo elesse tale indumento quasi per aspro cilicio perpetuo . . . » . 4 l . J. Kirchner, Die Darstellung des ersten Menschenpaares in der bil­ denden Kunst, von der iiltesten Zeiten bis aufunsere Tage, Ferd. Enke, Stuttgart, 1 903, p. 1 7. Poco prima menziona la tradizione ebrai­ ca secondo cui il frutto sarebbe stato una specie di fico « i cui frutti verdi chiari, con polpa rossa, eccitarono sentimenti eroti­ ci » ( ibid. , pp. 1 6-1 7) . Cfr. qui, pp. 58-59, nota l , e p. 1 52. 2. Kirchner, Die Darstellung des ersten Menschenpaares, cit., p. 37. Con lo stesso bisogno di fresco, l'autore spiega perché Adamo ed Eva si sian nascosti, all'ombra! Gen. , III, 8, dice che, avendo udito la voce di Dio, si nascosero per il terrore. 3. G.F. Loredana, L 'Adamo, per Gioseffo Longhi, Bologna, 1 676, p. 40. 4. Malipiero, L 'Eva, cit. , p. 95.

Lo pseudo-Epifanio, il bizantino Glyca e l'elefante 93 Più cauta nella forma, ma non dissimile nel con­ cetto, è la spiegazione della vergogna offerta da Schmidt, anch 'egli incline alla tesi dei frutti afrodi­ siaci (cfr. qui, p. 92, nota l ) : Adamo ed Eva « vennero a conoscenza dello scopo fisico della differenza dei sessi prematuramente ( vorzeitig) e perciò ( sic, deshalb) con travolgente sensualità ( in ilbermiichtiger Sinnlich­ keit) » . 1 Si riconosce in queste bizzarrie di un'esegesi materiale e sottile ad un tempo, la deformazione, o la caricatura, della ormai lontana teoria, dell'impa­ zienza d' Adamo2 - tradotta nei termini più fisiologici e più grossolani.

34. Lo pseudo-Epifanio, il bizantino Glyca e l'elefante In verità, la tradizione cristiana si è mantenuta sempre diffi d ente verso questa spiegazione. Se il co­ sidetto Physiologus (più precisamente: Ad Physiolo­ gum) fosse certamente di Sant'Epifania, il vescovo di Costanza nell 'isola di Cipro, potremmo annoverare tra gli aderenti almeno un Padre della Chiesa. Ma già il Migne catalogava il Physiologus tra le opere dubbie e spurie, e oggi sembra anche più probabile che non gli appartenga. Il Physiologus è una breve operetta in cui son descritti sommariamente diversi animali, e delle qualità d'ognuno vien data una traduzione bi­ blico-allegorica. Il serpente, per esempio, è allego­ rizzato in quattro sensi, ma in nessuno di questi son l . Menzionato da Feldmann, Paradies und Sundenfall, cit. , pp. 595-96 nota, che dice P. Riessler aderì a questa spiegazione. 2. Cfr. qui, pp. 28-29. Eppure già Agostino aveva detto ridicola l'opinione di coloro che fan consistere il peccato nella prematu­ ra consumazione del matrimonio da parte di Adamo ed Eva, matrimonio voluto, sì, da Dio, ma per più tardi ! Cfr. anche Tur­ mel, Histoire des dogmes, ci t., p. 39 e pas_sim.

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n peccato di Adamo ed Eva

tracce di beverlandismo. 1 L' elefante, invece, porta l'incauto allegorista a ritenere che l'albero del Para­ diso sia stata l'afrodisiaca mandragora. Dice l'ignoto autore, della elefantessa: « La femmina va in cerca della pianta chiamata mandragora, l'assaggia e, in­ fiammata dalla bramosia di accoppiarsi, si avvicina al maschio e l'offre anche a lui. Il maschio, 11on appena la mangia, arde di desiderio e si accoppia con la fem­ mina: quando poi è ormai imminente l'ora del par­ to, l'elefantessa entra in un lago e prova l'acqua e, quando questa le sfiora le ma!llm elle, partorisce » ; e soggiunge nell' Interpretatio : « E evidente che il proge­ nitore Adamo non ha assaggiato allo stesso modo di Eva il frutto dell'albero dell'obbedienza: essa infatti lo offri all'uomo il quale, non appena lo ebbe man­ giato, capì di aver trasgredito il comando del Signo­ re. Cosa rappresenta dunque il parto (dell' elefantes­ sa) ? il peccato; e il lago in cui essa ha partorito? il Paradiso » . 2 L'allegoria è contorta e sforzata, e quasi si direbbe che lo pseudo-Epifanio voglia farci credere che Eva abbia, non solo carnalmente peccato, ma anche par­ torito in Paradiso. Nel qual caso, poiché è pacifico che due soli furono i cacciati, bisognerebbe supporre che l'infante sia stato abbandonato in Paradiso, aux l . Sebbene il Luchi, De nuditate protoplastorum, cit. , pp.

XLIII-XLIV, voglia trovarcele, sforzando un passo a p. 53 dell'ed.

citata nella nota seguente. 2. Phisiologus, p. 14 dell'ed. di Roma, 1 587, commentata da Con­ salo Pance de Leon, e dedicata a Sisto V. rCfr. Male, L 'Art reli­ gieux du XII/e siècle, cit. , p. 341 . Giulio Salino, Polyhistor. , XXVIII, De Mauritania, de elefantibus (Lione, 1 560, pp. 363-66) , che pure parla delle abitudini sessuali degli elefanti, nulla sa di questa loro particolarità. r L 'elefante è esempio di continenza sessua­ le in una pagina di Saint François de Sales (lntroduction à la vie dévote, III, 39; ed. a cura di H. Bordeaux, Nelson, Paris, s.d., p. 279) : cfr. più oltre, p. 169, nota 41 .

Lo pseudo-Epifanio, il bizantino Glyca e l'elefante 95 bons soins del Padre Eterno. Il commentatore, poi, tanto per non essere da meno del suo autore, vuoi render meglio credibile tutta la storia ricordandoci che le mandragore, per l'appunto, sono frequenti verso l' Oriente, ad proximum Paradisi locum. 1 Qualche maggiore interesse può offrire questa storia d'Adamo e della mandragora, se si tien conto che il passo relativo dello pseudo-Epifanio è stato co­ piato da quello sfacciato compilatore che fu il croni­ sta bizantino Michael Glyca.2 Nei suoi Annali (�i�Àoç X P OVtKTt) SOnO lunghissime disquisizioni sulla morta­ lità d'Adamo, sui frutti da mangiare o non mangiare, sulle tuniche di pelle, eccetera, ma nulla che riguar­ di da vicino l' ipotesi. Glyca accetta anzi la tesi che l'al­ bero fosse un fico: « una teoria segreta, che abbiamo appreso da saggissimi vecchi, sostiene che senza dub­ bio l'albero del peccato fu quello le cui foglie i pec­ catori usavano per coprirsi 3 Invece, quando discor».

l . [ « In un luogo prossimo al Paradiso » ] Phisiologus, ed. ci t. , p. 15. In un'altra nota del medesimo Pance de Leon si legge: « In­ fatti, a causa dell'assaggio del frutto proibito l' atto della genera­ zione fu seguito per natura dal desiderio libidinoso, di cui altri­ menti sarebbe stato del tutto privo. Si veda Niceta, che ragiona dottamente su tale questione nel commento all'undicesima ora­ zione di Gregorio di Nazianzo, De Baptisrrw (citazione imprecisa; forse Niceta Serronio, Expositio in orationes Sancti Gregorii Na­ zianzeni, expositio in orationem XL; Migne, PL, vol. CXXVII, col. 1 288: "e infatti le ghiottonerie ci spingono all' ingordigia, l'ingordigia alla libidine ... ") . Ma in verità Adamo non conobbe sessualmente Eva per tutto il tempo in cui rimase in Paradiso, come hanno affermato il nostro Epifania nel secondo libro del­ l'Adversus Haereses, Tertulliano nel De velandis virginibus, e molti altri ancora » . E di qui sarebbe sorta « celebris illa quaestio >>, se in Paradiso si potesse generare, e in qual modo, su di che il com­ mentatore cita Agostino, Gerolamo, Bar-Cepha, e nota il dissen­ so dei padri latini dai greci. 2. Fiorì nella prima metà del secolo XII; l'opera sua fu composta nel l l 43-1 1 56. 3. M. Glyca, Annales, Weber, Bonn, 1 836, p. 187; cfr. tutta la par-

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re dell'elefante, si getta in pieno nella tesi del po­ mo-mandragora: « e l'elefante non s'accende di ca­ lore erotico se non mangia la mandragora, come ri­ feriscono gli esperti di tali questioni. Infatti, prima che ciò accada, non prova alcun desiderio di accop­ piamento. Perciò la femmina prende la mandrago­ ra, la mangia e l'offre al maschio, e dopo questa inte­ sa si accostano all'atto sessuale. Ma tale comporta­ mento deve essere evidentemen te ( sic) attribuito anche a quegli esseri umani che furono creati per primi: in­ fatti anche loro, prima di assaggiare il frutto proibito, dominavano i loro impulsi erotici. Dopo, invece, Ada­ mo si accoppiò con Eva e lei generò Caino » .1 Ma l'innesto è troppo materiale, e non porta a nes­ sun nuovo pensiero, e nemmeno a qualche nuova bizzarria. 35. Fautori e avversari, nel Settecento, della tesi dei pomi afrodisiaci; e suo elemento >. 2 l . Roscellino [Paolo Treves] , Adamo ed Eva, « Il Lavoro », l o di­ cembre 1 933. 2. A. Pincherle, in « La Cultura », XII, 3, 1 933, pp. 702-705. Nel maggio del '33, Gerbi e Pincherle si scrissero: il primo replican­ do alle critiche, il secondo precisando le (Carte Gerbi, ASI-BCI, faldone 8) .

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Articolata l'analisi di Alessandro Levi, apparsa in francese sulla belga « Revue de l'Institut de Sociolo­ gie ». Filosofo del diritto e zio di Gerbi (fratello della madre) , Levi riconosceva nel nipote una vastità di dot­ trina e una brillantezza fuori dal comune. Ma non na­ scondeva che, al di là della sua 'rivalutazione' di Bev­ erland, quell'anticipare alla fine del Settecento il mo­ vimento romantico - ovvero la rivincita del sentimen­ to contro i teoremi della ragione - era alquanto origi­ nale e poteva dare adito a contestazioni. 1 Chiude questa rassegna u n breve intervento del 'maestro' , Benedetto Croce, sulla « Critica » . Anche il filosofo napoletano nutriva qualche perplessità sul ruolo centrale attribuito da Gerbi a Beverland, « uno scrittore insignificante e versante nell'osceno » . Ma concludeva che ll peccato di Adamo ed Eva « è fondato su molta erudizione, è avvivato dal brio di svariate osservazioni e, con tutto ciò, presentato dall' autore come una sequela di semplici appunti sull'argomen­ to, laddove il lettore si avvede che è assai di più e di meglio ».2 Quasi una medaglia sul campo! *

Dal '33, Gerbi si dedicava pienamente al suo nuo­ vo lavoro di economista, trascurando gli studi stori­ co-filosofici. Li avrebbe ripresi solo dopo la fine del ' 38 in Perù, dove, « per sottrarlo alle persecuzioni razziali », la Comit (ovvero Mattioli) lo aveva trasferil . A. Levi, L 'hypothèse de Beverland et les origines du romantisme, in « Revue de l 'Institut de Sociologie » , Bruxelles, XIII, 3, 1 933, pp. 549-52 (recensione congiunta della Politica del Romanticismo e del Peccato di Adamo ed Eva) . 2. B. C. [Benedetto Croce] , recensione a Gerbi, n peccato di Ada­ mo ed Eva, in « La Critica » , vol. XXXI , 20 settembre 1 933, pp. 377-78.

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to. Ma qui le sue ricerche subivano « una radicale al­ terazione. Abbandonato, per necessità di cose e per le deficienze delle biblioteche di Lima, lo studio sul­ le idee politiche dell'Ottocento » , Gerbi « era preso dalla nuova realtà in cui gli toccava di vivere, e si vol­ geva, dapprima allo studio della situazione economi­ ca del Perù . . . e poi a vari aspetti della vita peruviana e americana » . Nasceva così il Gerbi « americanista », oggi ben conosciuto e tradotto in varie lingue, con le due opere principali apparse dopo il suo rientro in Italia, nel '48: La disputa del Nuovo Mondo ( 1 955) , in cui « è tracciata per la prima volta la derivazione da Buffon e da de Pauw della grande disputa settecente­ sca e ottocentesca sulla validità fisica delle Ameri­ che »; e La natura delle Indie Nove ( 1 975) , che ne rap­ presenta l'antefatto cinquecentesco. 1 Eppure l'interesse per i suoi primi lavori, e in par­ ticolare per quello su Beverland, non scemava. Lo confermano non solo le annotazioni sulla « copia d'autore » del Peccato, che vanno dagli anni Trenta ai primi anni Settanta, ma anche fugaci 'riemersioni' del tema nella corrispondenza di Gerbi: ad esempio, con il compagno di scuola e di banca, Giovanni Ma­ lagodi ( direttore di una consociata della Comi t a l . Notizie tratte dall ' appunto autobiografico citato qui, alla nota l . Il volume La disputa del Nuovo Mondo. Storia di una pole­ mica (1 750-1 900), dopo le prime edizioni (ridotte ) apparse in Perù tra il '43 e il '46, fu pubblicato in Italia da Ricciardi nel 1 955 (e postumo, in versione ampliata dall'autore, nel 1 983; reprint Adelphi nel 2000) . Il volume La natura delle Indie Nove. Da Cristoforo Colombo a GonzaloFernandez de Oviedo, pur concepi­ to e in parte scritto durante il decennale soggiorno peruviano, uscì, sempre da Ricciardi, nel l975, un anno prima della mor­ te di Gerbi. Entrambi i saggi sono stati tradotti in spagnolo (Fondo de Cultura Economica, Messico: Disputa, 1 960 e 1 982; Natura, 1 978) e in inglese (University of Pittsburgh Press, ri­ spettivamente 1 973 e 1 985) ; la Disputa anche in portoghese (Companhia das Letras, Brasile, 1 996) .

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Buenos Aires durante la guerra) oppure con il cugi­ no Piero Treves, fratello del citato Paolo e storico dell'an ti chità. Ecco un paio di spezzoni epistolari diretti a Piero, che nei primi anni Cinquanta risiedeva a Londra e spesso riceveva ordini d'acquisto di libri da parte di Antonello. Il primo cenno è in una lettera del l 5 set­ tembre 1950: A proposito di libri: Olga Howe [cfr. qui, p. 1 38, nota 2] mi ha mandato un elegante catalogo di un libraio Edwards, The Wharf, Newbury, Berks., che ha in vendita due opere di Beverland, tra cui il Peccato originale. Francamente, il prezzo mi pare troppo elevato (Lg. 8/ 1 0/-) , e non posso chiederti di andare a vedere se la legatura ( russia gilt) giustifica l'esorbitante richiesta. Ma nella nota illustrativa si dice che è uscito in questo anno 1950 un libro di EJ. Dingwall intitolato Very Peculiar People, che conterrebbe la biografia di Beverland. Questo probabilmente lo potrai trovare con facilità e comprarlo, sempre che il prezzo sia ragionevole, ossia che non si tratti di una pubblicazione sous le manteau per amatori di libri turpi.1

Il Beverland non veniva acquistato, in compenso il Dingwall sì, come si deduce dalla seconda lettera, di qualche mese successiva: Ho avuto il Dingwall, al quale ho già scritto per fargli sapere che, lungi dall' essere egli il primo ad occuparsi di Adriano Beverland, già da vent'anni me ne sono occupa­ to io in due diversi volumi e, modestia a parte, con qual­ che maggior costrutto. Ma, come raccolta di notizie biol . Gerbi a Piero Treves, Milano, 15 settembre 1 950 (Carte Ger­ bi, ASI-BCI, faldone 57) . Per un elenco delle opere di Beverland possedute da Gerbi, cfr., anche in rete, il catalogo del Fondo Antonello Gerbi presso il Centro Apice dell' Università degli Studi di Milano (con date e prezzo di acquisto) .

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bibliografiche, anche quello servirà per le future edizioni di Adamo ed Eva. 1

Quattro anni dopo ( 1 955) , Beverland tornava a galla in una bella pagina della prima edizione italia­ na della Disputa del Nuovo Mondo. Il pretesto era costi­ tuito da un parallelo fra il libertino di fine Seicento e l'altrettanto oscuro Corneille de Pauw di un secolo dopo, « feroce » protagonista della Disputa per aver esteso la ' maledizione' del grande Buffon, contro la natura e gli animali americani, agli indigeni locali, infrolliti e ammosciati dai nefasti influssi del Conti­ nente: Occorre a volte uno scrittore di basso rango per sconsacra­ re e ravvivare un tema d'alta portata. Chi era Beverland? Un libertino olandese (come de Pauw) : senza avere un' om­ bra del genio dei teologi che s' eran tormentati lungo grossi infolio sul dogma del peccato originale, scriveva un opusco­ lo scurrile, in cui ne dava l'interpretazione più eretica e più popolare. Scandalizzava, turbava, provocava repliche e confutazioni; e spesso si evitava di citarlo (come doveva suc­ cedere con de Pauw) ; ma il suo brio maligno e beffardo diffondeva la sacrilega « ipotesi >> e la portava ad agire su menti e in ambienti chiusi alle disquisizioni dei Padri o di­ mentichi di ·quei tremendi dubbi ermeneutici. 2 *

l . Gerbi a Piero Treves, Milano, 24 aprile 1951 (Carte Gerbi, ASI-BCI, faldone 5 7) . 2 . A. Gerbi, La disputa del Nuovo Mondo, Ricciardi, Milano 1955, p. 72 (il passo figura anche nell'ed. 1 983, a p. 92 e, ovviamente, nel reprint Adelphi) . Un ulteriore cenno al Peccato di Adamo ed Eva (dove, secondo l'autore, « più volte è sfiorato il tema dell'in­ nocenza o innata malvagità del "selvaggio " » ) è nelle prime ri­ ghe dell'Avvertenza della Disputa. Beverland fa capolino anche in due note della Natura delle Indie Nove.

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Vent'anni più tardi, nel maggio del ' 76, al ricevere da Mario Praz una cartolina 'adamitica' , Gerbi reci­ terà il proprio inconscio epitaffio: Caro Praz, grazie della Sua del 1 4 con allegata l Eva col serpente. Quassù a Civenna [sul lago di Como] , dove ho uno chalet e dove sono venuto a passare la convalescenza, non ho che pochi libri (per lo più d'argomento Sud-americano) [e] non ho potuto controllare la fonte, che mi è peraltro nota. Il ricordo e l'implicito ammonimento a riprendere quel filone di studi, mi sono giunti oltremodo graditi. Se il Cielo ed il diabete mi lasceranno ancora una manciata di vita, chissà. 1 '

Due mesi dopo, invece, il 26 luglio 1 976, Gerbi soccombeva alla malattia.

2. Criteri editoriali seguiti nella presente ristampa La riedizione attuale del Peccato di Adamo ed Eva, pur non essendo quella che l'autore avrebbe auspi­ cato (riscrittura completa) , è ispirata al massimo ri­ spetto filologico delle sue volontà. In sostanza, nel testo sono state inserite tutte le sue annotazioni deci­ frabili, evidenziandole con delle 'stampelle' ( r l ) ; tra parentesi quadre sono invece gli interventi del cura­ tore. Chi volesse consultare anche gli appunti mano­ scritti non utilizzati, perché frammentari o comun­ que poco chiari, potrà prendere visione della « copia d'autore » (su cui ho lavorato) , ora depositata presso l'Archivio Storico di Intesa Sanpaolo. Lo stesso vale l . Gerbi a Praz, Civenna, 27 maggio 1976 (Carte Gerbi, ASI-BCI, faldone 55) .

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per i ritagli di giornale, estratti e imbustati con l'indi­ cazione, per ciascuno, della pagina di provenienza. I testi in lingua originale (per lo più in latino e in tedesco) sono stati tutti da me tradotti, per rendere più agevole e scorrevole la lettura. Qua e là si deve allo stesso autore la traduzione: in questi rari casi - e me ne scuso - è impossibile segnalarne la paternità, a meno di consultare l'edizione del '33. Ringrazio la dottoressa Anna Però, che mi ha affiancato nella complessa versione italiana delle citazioni in latino medioevale. Ho indicato nelle note un 'edizione ita­ liana solo laddove me ne sono servito specificamente. Non quando ho introdotto qualche variante o para­ frasi, sia per l'irrilevanza quantitativa sia per non ap­ pesantire ulteriormente l'apparato delle note. N el caso di testi poetici, è stata conservata la lingua originale. In nota le singole traduzioni. Se mie, sono evidenziate dalle semplici parentesi quadre . Se ho utilizzato un'edizione a stampa, ne ho riportato i da­ ti bibliografici. *

Una curiosità editoriale. Alla fine del ' 33, Raffaele Mattioli cedette la rivista « La Cultura » (con il famo­ so logo dello « struzzo » ) a Giulio Einaudi. Cessava praticamente la pubblicazione di libri (ultimo libro uscito, nel maggio '34, gli Studi sul concettismo di Ma­ rio Praz) . I fondi di magazzino - almeno così avven­ ne per le copie rimaste invendute del Peccato di Ada­ mo ed Eva - passarono all'editore Rocco Carabba di Lanciano, il quale incollò a mano una propria eti­ chetta sulla copertina e sul frontespizio del libro, ri­ mettendolo in circolazione. Come è noto, Carabba ebbe poi gravi difficoltà economiche e nel 1950 ne fu dichiarato il fallimento. Ebbene, per vie misteriose

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circa vent'anni fa il libraio-editore Colonnese di Na­ poli venne in possesso di un centinaio di copie del Peccato etichettate Carabba e le mise in vendita a 1 0 mila lire l'una. Io ne comprai, ahimè, solo dieci, or­ mai volatilizzate. Sul mercato dell'usato, però, se ne trovano ancora alcuni esemplari, a prezzi oscillanti fra i 1 8 (Colonnese) e i 52 euro.

3. Bibliografia negativa In fondo alla prima edizione italiana della Disputa del Nuovo Mondo ( 1955) , e anche nella prima tradu­ zione inglese ( 1973) , Gerbi aveva inserito una « Bibliografia negativa » . N ella sua idea, infatti, pote­ va essere proficua una lista degli scritti che non ho visto, ma che, sulla fede di rinvii o di repertori, ritengo contengano materiali utili per arricchire e svolgere in qualche parte la storia della polemica. Può darsi benissimo che alcuni di questi scritti risultino inutili, ripetitorii o magari del tutto estranei all'argomento. Ma una confessione d'ignoranza è alla ra­ dice di ogni programma di ricerche.

In una sua conferenza molto più tarda ( 1975) dopo aver già deciso che la nuova edizione della Di­ sputa (apparsa postuma nel 1983) avrebbe potuto fare a meno di questo divertissemen t- Gerbi ne spiegò la vera origine. In passato, prima di aver pubblicato la Disputa, si era irritato con alcuni autori che aveva­ no riconosciuto l'esistenza dell' annosa polemica sul­ la presunta inferiorità delle Americhe, ma « ne ave­ vano poi sfiorato appena i molteplici aspetti » . Ne era scaturita, quasi un monito, la « Bibliografia negati­ va » di cui stiamo parlando:

Quarant 'anni di appunti

25 3

che non è, come scherzosamente fingeva di credere l'ami­ co Lewis Hanke [insigne americanista] , la lista dei libri da non leggere, ma l' elenco di quei testi che non avevo potu­ to vedere e che supponevo contenessero elementi utili per la storia della 'Disputa': insomma, uno sprone ai cu­ riosi ed un invito agli sperati critici, che, con mia delusio­ ne, non hanno raccolto l' amichevole sfida. 1

Ben diverso, owiamente, il significato della « Biblio­ grafia negativa » qui riprodotta, che ritengo possa in­ teressare tutti gli studiosi del peccato originale. Si trat­ ta dei libri che Gerbi aveva via via acquistato e messo da parte per riscrivere flpeccato di Adamo edEva (oggi si trovano presso la Biblioteca dell'Università degli Stu­ di di Milano o presso il Centro Apice della stessa Uni­ versità) . Ho voluto mantenere la vecchia denomina­ zione solo per l'evidente assonanza con la menzionata « Bibliografia negativa » della Disputa. Per meglio 'sto­ ricizzare' l' elenco, ho anche recuperato dallo scheda­ rio della biblioteca di Gerbi le singole date di acquisi­ zione (figurano qui, dopo i singoli riferimenti biblio­ grafici) . Quando la data non risulta e figura viceversa l'indicazione [s.d.] , ciò significa che il libro è entrato a far parte della sua biblioteca prima della metà degli anni Quaranta, allorché Gerbi cominciò a schedare i volumi mari mano che ne entrava in possesso. S'inten­ de che qualche volume della lista può comunque esse­ re menzionato nelle nuove note di questa edizione del Peccato di Adamo ed Eva, perché 'spulciato' rapida­ mente al momento dell'acquisto. *

l . A. Gerbi, Significato storico e attualità della Visputa del Nuovo Mondo : nella sua raccolta di scritti n mito del Perù, a cura di S. Gerbi, Franco Angeli, Milano 1 988, p. 1 68 (testo di una confe­ renza tenuta in varie università americane, tra il gennaio e il febbraio del l975) .

254

Q]Jarant 'anni di appunti

Ambrogio, Sant' , L 'Esamerone, ossia dell'origine e natura delle cose, Introduzione e traduzione di Emiliano Pasteris, SEI, Torino, 1937 [29 dicembre 1 972] . Aquila, Johannes, Das Weltanlitz. Betrachtungen iiber die Kernfrage alles Menchenungliicks und des Menschenheiles: Siindenfall und Erlosung. Wahn oder Wahrheit ?, Karl Vo­

gelsang, Wien, 1919 [3 marzo 1 974] . Ashbee, Henry Spencer, Bibliography ofProhibited Books, 3 voli., Introduzione di G. Legman, Brussel, New York, 1962 [26 giugno 1 966] . Baggesen,Jens Immanuel, Adam undEva oderdie Geschichte des Siindenfalls. Ein humoristiches Epos in zwolf Biichern,

GJ. GOschen, Leipzig, 1 826 [26 febbraio 1 961 ] . [Behn, Mra, attribuito a] , The Ten Pleasures of Marriage, and the Second Part, The Confession ofthe New Married Cou­ ple, a cura di John HaiVey, The Navarre Society, Lon­

don, 1922 [28 aprile 1950] . Bettoni, Efrem, Il peccato originale è una favola ?, Nuova Ac­ cademia, Milano, 1959 [ 1 2 dicembre 1 964] . Blenkinsopp, Joseph, Sexuality and the Christian Tradition, Sheed & Ward, Lo n don & Sidney, 1 970 [ 1 7 aprile 1971 ] . Blomme, Robert, La doctrine du péché dans les écoles théologi­ ques de la première moitié"du X/le siècle, Université de Lou­ vain, Louvain, 1958 [9 ottobre 1966] . The Book of Adam and Eve, also called The Conjlict of Adam and Eve with Satan, a cura del reverendo S.C. Malan,

Williams and Norgate, London, 1 882 [25 maggio 1957] . Boullet, Jean, La belle et la bete, Terrain Vague, s.I. [Paris] , 1958 [ 1 2 maggio 1974] . Bouvier, Horace R. , Le mythe du Paradis Perdu. Essai critique d 'exégèse comparée, Faculté de Théologie, Genève, 1944 [28 settembre 1963] . Budde, Karl, Die Biblische Paradiesesgeschichte, Topelmann, Giessen, 1932 [s.d.] . Coppens,Joseph, La connaissance du bien et du mal et le péché

Quarant'anni di appunti

255

du Paradis. Contribution à l 'interpretation de Gen., II-III,

Duculot, Gembloux, 1948 [9 gennaio 19 5 3] . C [raddock] , Ida, Heavenly Bridegrooms. An Unintentional Contribution to the Erotogenetic Interpretation ofReligion, In­ troduzione di Theodore Schroeder, Alienista e Neuro­ logo, New York, 1 9 1 8 [9 gennaio 1975] . Dacqué, Edgar, Das verlorene Paradies. Zur Seelengeschichte des Menschen, 3a ediz., Wissenschaftliche Buchgemein­ schaft, Tiibingen, 1952 [8 settembre 1 957] . Deane, John Bathurst, The Worship of the Serpent traced throughout the World; attesting the Temptation and Fall of Man by the Instrumentality of a Serpent Tempter, 2a ediz.,

Rivington, London, 1 833 [s. d.] . Dingwall, Eric john, Very Peculiar People. Portrait Studies in the Queer, the Abnormal and the Uncanny, Rider & Co., London, s.d. [ 1 950] [14 aprile 1951 ] . Evans, Jessi e Maud, « Paradise Lost » and the Genesis Tradi­ tion, Clarendon Press, Oxford, 1968 [5 ottobre 1968] . Giamatti, Angelo Bartlett, The Earthly Paradise and the Re­ naissance Epic, Princeton University Press, Princeton, NJ., 1 966 [3 aprile 1 967] . Gleichen-Russwurm, Alexander, Eva mit den Apfel: Frauenraub, Frauenkauf, Frauenrecht, Drei Masken Ver­ lag, Miinchen-Berlin, 1928 [25 maggio 1958] . Graves, Robert, Adam 's Rib and Other Elements in the Hebrew Creation Myth. A New View, Thomas Yoseloff, New York, 1958 [7 dicembre 1 960] . Grelot, Pierre, Réjlexions sur le problème di péché origine[, Cas­ terman, Toumai, 1968 [ 1 6 marzo 1969] . Haag, Herbert, fs Originai Sin in Scripture ?, Introduzione di Bruce Vawter, Sheed & Ward, New York, 1969 [7 giu­ gno 1 969] . Harris, J. Rende l, Origin and Meaning ofAppie Cults, estrat­ to da « The Bullettin of thejohn Rylands Library », V, l e 2, agosto 1 9 1 8 - marzo 1919, opuscolo della Manches­ ter University Press, 1 9 1 9 [ I l aprile 1975] .

256

�arant 'anni di appunti

Hays, Hoffman Reynolds, The Dangerous Sex. The Myth of FeminineEvil, Methuen, London, 1966 [5 marzo 1 967] . Hirsch, Emanuel, Schopfung und Sunde in der naturlich-ge­ schichtichlen Wirklichkeit des einzelnen Menschen. Versuch einer Grundlegung christlicher Lebensweisung, Mohr,

Tiibingen, 1931 [24 aprile 1954] . Humbert, Paul, Études sur le récit du Paradis et de la Chute dans la Génèse, Sécretariat de l'Université, Neuchatel, 1940 [2 luglio 1970] . Jean, Charles-F., Le péché chez les Babyloniens et les Assyriens, Alberoni, Piacenza (e Geuthner, Paris) , 1925 [ 4 febbra­ io 1955] . Kirchner, Josef, Die Darstellung des ersten Menschenpaares in der bildenden Kunst von der iiltesten

Zeit bis auf unsere Tage,

Ferd. Enke, Stuttgart, 1 903 [28 aprile 1972] . Koch, Hugo, Virgo Eva. Virgo Maria. Neue Untersuchungen uber die Lehre von derjungfrauschaft und der Ehe Mariens in

de Gruyter, Berlin-Leipzig, 1937 [feb­ braio 1954] . Labourdette, M.-M., Le péché originel et les origines de l'hom­ me, Alsatia, Paris, 1953 [5 marzo 1 967] . La leggenda d 'Adamo ed Eva, testo inedito del secolo XIV, a cura di Alessandro D'Ancona, Romagnoli, Bologna, 1 870 [s. d.] . Lépicier, Alexius Maria, Tradatus de Beatissima Virgine Ma­ ria Matre Dei, 3a ediz., Lethielleux, Parisiis, s. d. [ 1 906?] [5 agosto 1956] . Leeuwenhoek, Antony van, A Colledion of Writings, a cura di Clifford Do beli, Dover Publications, New York, 1 960 [3 agosto 1963] . Lewis, C.S., The Screwtape Letters, Geoffrey Bles, London, 1943 [9 gennaio 1975] . Ligier, Louis, Péché d 'Adam et péché du monde, 2 voli. , Au­ bier, Paris, 1 960 [6 febbraio 1 966] . Martin, Raymond M., La controverse sur le péché originel au début du XIVe siècle, Spicilegium Sacrum Lovaniense, Louvain, 1930 [ 1 5 febbraio 1 953] . der iiltesten Kirche,

Qylarant 'anni di appunti

257

Merolli, Raffaele, Il Peccato Originale in dialetto romanesco, Tipografia Nazionale, Roma, 1 884 [27 gennaio 1956] . Noonan, John T., Jr, Contraception et mariage. Evolution ou contradiction dans la pensée chrétienne, Éditions du Cerf, Paris, 1969 [8 marzo 1 970] . Olivero, Luigi, Adamo ed Eva in America alla vigilia del secon­ do diluvio universale, Atlantica Editrice, Roma, 1946 [ 1 2 gennaio 1 963] . Otto, Rudolf, Siinde und Urschuld, und andere Aufsiitze zur Theologie, Beck, Miinchen, 1 932 [5 agosto 1 956] . Le péché, É tudes de Mare Oraison, François Coudreau, ecc., Desclée de Brouwer, s.I. [Paris] , 1959 [6 febbraio 1 966] . Petit, Jacques, Adam premier homme et Eve son épouse, Pierre Fanlac, Périgueux, 1946 [31 dicembre 1969] . Reik, Theodor, Myth and Guilt. The Crime and Punishment of Mankind, Hutchinson, London, 1 958 [ 1 1 marzo 1962] . - The Creation of Woman. A Psychoanalytic Inquiry into the Myth ofEve, George Braziller, New York, 1 960 [ l O aprile

1 960] . - The Compulsion to Confess. On The Psychoanalysis of Crime and Punishment, Grove Press, New York, 1961 [30 no­

vembre 1 963] . Renaldo, Anne (pseud.) , La première bionde du rrwnde (flfaut bien que génèse se passe), Éditions de Paris, Paris, 1957 [ 1 6 ottobre 1960] . Révész-Alexander, Magda, Eva. Maria. Venus. Symbolen van het vrouwelijk Wezen, Mouton & Co. , 's Gravenhage, 1968 [ 1 8 ottobre 1 969] . Roehrich, Lurz, Adam und Eva. Das erste Menschenpaar in Volkskunst und Volksdichtung, Mueller & Schindler, Stuttgart, 1 968 [ 1 8 ottobre 1 969] . Rondet, Henri, Originai Sin. The Patristic and Theological Background, Ecclesia Press, Shannon, 1 972 [24 marzo 1975] .

258

Qy-arant 'anni di appunti

Saintyves, Pierre, Les Vièrges Mères et les naissances miraculeu­ ses, Librairie Critique Nourry, Paris, 1 908 [8 dicembre 1 960] . Sala, B., Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, ossia La Natura innocente ed il peccato originale, Bonfiglio, Milano, 1925 [s.d.] . Schmidt, Hans, Die Erziihlung von Paradies und Siindenfal� Mohr, Tiibingen, 1931 [s.d.] . Smith, Eric, Some Versions of the Fall. The Myth of the Fall of Man in English Literature, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, 1973 [5 luglio 1 974] . T ennan t, F [ rederick] R [o bert] , The Sources of the Doctrines ofthe Fall and Originai Sin, Cambridge University Press, Cambridge, 1 903 [s.d.] . - The Origin and Propagation of Sin, being the Hulsean Lectu­ res delivered before the University of Camlnidge in 1 901-2, 2a

ediz., Cambridge University Press, Cambridge 1906 [ l o gennaio 1 950] . - The Concept of Sin, Cambridge University Press, Cam­ bridge, 1 9 1 2 [s.d.] . - Miracle and its Philosophical Presuppositions - Three Lectures delivered in the University ofLondon, 1 924, Cambridge Uni­

versity Press, Cambridge, 1925 [ l o gennaio 1950] . Tiirck, Hermann, Pandora und Eva. Menschwerdung und Schopfertum im griechischen und jiidischen Mythus, Verus Verlag, Weimar, 1931 [ 1 2 maggio 1963] . Williams, Norman Powell, The Ideas of the Fall and of Orig­ inai Sin. A Historical and Criticai Study, Longman, Greens & Co., London, 1 938 [3 marzo 1974] .

INDICE DELLE TAVOLE

l.

Frontespizio della sesta edizione francese ( dans le Monde, 1 74 1 ) dell 'opera di Beverland (État de l 'homme dans le péché originel) . L'incisione è firmata: « P. Yver sculp. 1 741 » . Il frontespizio dell'edizione tedesca del 1 746, differente nei fregi del cartiglio, è riprodotto nel vol. I di B. Stern, fllustrierte Geschichte d. Erotisr.hen Literatur aller Zeiten und Voelker, Wien - Leipzig (Privatdruck d. Gesellsch. Oesterr. Bibliophilen, XII) , 1908.

2.

Wagenfeldt, Adamo, Eva e la Morte (Kunsthalle, Amburgo) [oggi irreperibile] .

3.

Wagenfeldt, La Morte del Peccatore (Kunsthalle, Amburgo) . © THE BRIDGEMAN ART LIBRARY

4.

l ALINARI

Jacopo Ligozzi, Adamo, Eva, il Tentatore e la Morte (Gallerie dell'Accademia, Venezia) . © ROGER-VIOLLET

l ALINARI

r « Tras de la Cruz esci el Diablo - behind the Cross is

always the Devii, as Cervantes said » (H. Zinsser, As I

Indice delle tavole

260

Remember Him. The Biography of R S. , Little, Brown & Co. , Boston, 1 940, p. 5) l .

5. Niklaus Manuel Deutsch, La Morte, in aspetto di soldato, ab!Jraccia una ragazza (K.unstmuseum, Basilea) . © HANS HINZ

l ARTOTHEK l ALINARI

6. Hans Baldung Gnin, La Morte bacia una donna nuda (Kunstmuseum, Basilea) . © HANS HINZ

l ARTOTHEK l ALINARI

r Cfr. il disegno riprodotto in Deutsche Zeichner von der Gotik bis zum Rokoko, testo di O. Hagen, Piper, Miinchen, 192 1 , tav. 39; e le sculture dell'Abbazia di St.-Pierre de Moissac, in Romanische Bildnerei, a cura di W. Hausenstein, Piper, Miinchen, 1922, tav. 9 1 .

7. L �ngelo porta le camicie ad Adamo ed Eva (sul fon­ te battesimale della Marienk.irche di Francoforte sull' O der) . 8. La Concezione Auricolare (Marienkapelle, Wiirzburg) . © FOTO MARBURG

l ART RESOURCE, NY

9. La Nascita di Eva sul tempio di Maria nascente (portale principale del Duomo di Milano) . 10. Tilman Riemenschneider, Eva (già sulla porta del­ la Marienkapelle, ora al Luitpold Museum, Wiirz­ burg) . © ULLSTEIN BILD

l ALINARI

1 1 . Hans Holbein il Giovane, Adamo ed Eva (Kunst­ museum, Basilea) . © HANS HINZ

l ARTOTHEK l ALINARI

1 2. Gossaert, detto Mabuse, Adamo ed Eva (Galleria del Palazzo Reale di Hampton Court; il Lord Cham­ berlain ha dato gentilmente il permesso per la ri­ produzione) . 13. Gossaert, detto Mabuse, Ercole e Omfale (The Barber Institute of Fine Arts, University of Birmingham) .

Indice delle tavole

261

© THE BARBER INSTITUTE O F FINE ARTS, UNIVERSITY OF BIRMINGHAM

l

THE BRIDGEMAN ART LIBRARY

l

ALI NARI

14. Gossaert, detto Mabuse, disegno rappresentante Adamo ed Eva (Albertina, Vienna) . © ALBERTINA, VIENNA

1 5 . Hans Baldung Griin , La Tentazione d 'Eva, 1519 (The Israel Museum,Jerusalem) . © VERA

&

ARTURO SCHWARZ COLLECTION OF DADA

AND SURREALIST ART

l ALINARI

l THE BRIDGEMAN ART LIBRARY

16. Sebald Beham, Adamo ed Eva, 1 520, o dopo. 1 7. Adamo ed Eva al centro del macrocosmo di Robert F1udd ( opera, l, l , Oppenheim, 1 6 1 7, p. 9) . 18. Il cucchiaio del Victoria and Albert Museum (Vic­ toria an d Albert Museum, Londra) . © VICTORIA AND ALBERT MUSEUM

19.

Cristoforo Solari (bottega di) , Eva (Museo del Duo­ mo di Milano) . © ALINARI

Questa bella Eva, sensuale e malinconica, sospirosa e do­ mestica, probabilmente di ispirazione leonardesca, sta qui a rappresentare l'interpretazione italiana del mito. Ricor­ dando anche quanto s'è detto a proposito di Sant'Am­ brogio, si può chiamarla l ' « Eva di Milano » .

INDICE DEI NOMI

I numeri in corsivo si riferiscono alle note.

Non sono compresi in questo indice né i nomi di Adamo ed Eva, né quelli di altri personaggi della Storia Sacra (Cristo, Maria, Satana, Caino, ecc.) . JUJbéville, Claude, padre, 141 Addison,Joseph, 21 1 Agostino, Sant', 18, 1 9, 26-2 7, 31, 35-36, 40, 42, 44-49, 51-52, 53, 55-58, 59, 60-63, 64, 7a-7I , 73-74, 79, 84, 86, 93, 95, 99, 1 20, 154, 156, 221, 225, 228, 241, 245 Agrippa Cornelio, 20, 26, 48, 107, 1 13, 121-25, 127-28, 135, 183, 212 Alatorre, Antonio, 151 Alberto Magno, 51, 86 Alcuino di York, 108 Alessandro vn, papa, 35 Alessandro di Hales, 86 Allen, Don Cameron, 149 Allendy, René, 169, 1 76 Allendy, Yvonne, 169 Altdorler, Albrecht, 1 1 4 Altmeyer,Jean:Jacques, 1 79 Ambrogio, Sant' , 27, 39-44, 86, 1 18 Ambrosiastro, 45

Anselmo, Sant', 86 Antoni, Carlo, 244 Aponio, 65 Aretino, Pietro, l 05-106, 116, 117 Arinos de Melo Franco, Affonso, 141 Atanasio di Alessandria, 35 Avitus Alcinus, vescovo di Vien­ na, 222 Ayles, Herbert Henry Baker, 32, 189 Baader, Franz von, 1 60, 1 64, 168, 180-81, 182 Baane lo Sporco, 76-77 Bacon, Franc�, l03 Baldung Griin, Hans, 34, 1 14 Ballerini, Girolamo, 69, 72 Ballerini, Pietro, 69, 72 Bandinelli, Baccio, 114 Bar-Cepha, Mosè, 68-69, 71-74, 95, 110, 119, 195, 221 Barbaziano, 43 Barbeyrac,Jean, 64

266

Indice dei nomi

Basilide, 60 Baudelaire, Charles, 34, 67, 188-93 Bauer, Georg Lorenz, 186 Bauer, RobertJ., 168-69 Bayle, Pierre, 18-21, 42, 47, 49, 50, 51, 60, 76, 79, 91, 99, 100101, 109, 114, 1 16, 117, 1 19, 121-22, 128, 133, 134, 137, 142, 211, 213, 215, 220, 222-23, 227 Becker, Felix, 111 Beham, Sebald, 1 13, 1 14 Bemporad, Gabriella, 166 Benamozegh, Elia, 194 Benedicenti, Alberico, 191 Bergerac, Cyrano de, 216 Bergier, Nicolas-Sylvestre, 220 Bergson, Henri, 185, 201 Bemal, Ralph, 139 Bernardo, San, 66 Bernheimer, Richard, 33 Bernini, Gian Lorenzo, 35 Beverland, Adrian, 1 3-16, 18, 20-21 , 25-27, 30, 35-36, 38-40, 48, 53, 55, 59-60, 62-63, 6465, 69, 72, 74-75, 78, 81, 8385, 90, 94, 99-100, 104, 107, 1 1 1 , 113, 1 15-16, 1 1 8, 121-22, 124-29, 1 32-35, 138-39, 14446, 150, 153-55, 160-65, 168, 1 71, 172, 174-75, 178, 180, 18283, 187, 193, 196-97, 203-204, 208-209, 213, 22 7, 240-42, 246-49 Bigelmair, Andreas, 64 Bizet, Georges, 41 Blount, Charles, 208, 222 Boas, George, 45, 131 Boccaccio, Giovanni, 67, l 08 Bock, Elfried, 11 O Boesylve, Francesco de, 21 7 BOhme,Jakob, 160, 187 Bois,Jules, 122

Boissier, Gaston, 40 Bologna, Marco, 242 Bonaventura, San, 86 Bonnet, Charles, 215 Bordeaux, Henry, 94 Bossert, Adolphe, 213 Bourignon, Antoinette, l 00 Branca, Vittore, 67 Breughel, Pieter, 132 Brock-Utne, Albert, 91, 107, 137, 195-96 Brouwer, Adriaen, 132, 138 Bro�e, 111omas, 1 34, 1 36 Bruno, Giordano, 103, 212 Buffon, Georges-Louis Leclerc, conte di, 211, 215-16, 247, 249 Buonaiuti, Ernesto, 45, 49, 59 Burdeau, Auguste, 29 Bumet, llhomas, 207-208, 21012, 216, 21 8-22, 224, 225, 228 Byron, George Gordon, Lord, 162, 193 Caetani, Costantino, 119, 207209, 228 Calvino, Giovanni , 21, 54, 1 13 Campailla, Tomaso, 216 Campanella, Torr.unaso, l 03 Canella, Mario F., 1 70 Carabba, Rocco, 251-52 Caramella, Santino, l 01 Casati, Alessandro, 74 Cassiano, 68 Cazamian, Louis, 136 Ce�o, 24, 37, 15� 221 Chaunu, Pierre, 216 Cherbury, Herbert of, 131, 222 Cicerone, 57 Cirillo Alessandrino, 59 Clemente Alessandrino, 27-29, 30, 36, 63, 68, 187, 221 Clericus, Johannes, si veda Le­ clerc,Jean

Indice dei nomi

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Clerk, Hendrik de, 11 O Coleridge, Samuel Taylor, 137, 201 Collingwood, Robin George, 79, 201 Colonnese, Gaetano, 252 Colami, Eugenio, 242 Comito, Terry, 67 Comparetti, Domenico, l 05 Considérant, Vìctor, 1 78-79 Contant, Paul, l 06 Cooper, Robert W., 201 Cosimo li de' Medici, 214 Cowper, William , 133 Cranach, Lucas, detto il Vecchio, 105 Crépet, Eugène, 188 Crespi, Giovan Battista, 67 Crespi, Giuseppe Maria, 33 Crew, Francis Albert Eley, 215 Croce, Benedetto, 31, 74, 1 13, 167, 188, 202, 242, 246 Croiset, Alfred, 28 Croiset, Maurice, 28 Curll, Edmund, l51

Earle,John, 131 Ecberto di Schonau, 80 Eenens, Ferdinand, 23, 52 Eerdmans, William B., 186 Eichhom,Johann Gottfried, 96, 158, 159 Einaudi, Giulio, 251 Einaudi, Luigi, 242 Engel, 1 86 Epifania, Sant' , 47, 93, 95, 197 Erasmo da Rotterdam, 113, 1 15, 225 Eriugena,Johannes Scotus, 44 Esdra, 197

Dalenpatius, pseudonimo di François de :Plantade, 216 Dante Alighieri, 66, 88, 1 50, 186 Dassdorf, Karl Wùhelm, 1 64 Daudin, Henri, 215 Dawson, Christopher, 76, 79, 203 De Ruggiero, Guido, 180 Debus, Allen G., 128 Delbos, Vìctor, 158 Denis,Jacques-François, 30, 363 7, 46, 62 Dermenghem, Émile, 187-88 Desmarets, Daniel, 1 35 Dingwall, Eric John, 248 Dionisi, Giovannijacopo, 63 Diotima, 37

Faye, Eugène de, 30 Feldmann, Joseph, 1 7, 22, 2829, 32, 36, 40, 59-60, 91, 93, 96, 107, 109, 123, 128, 153-54, 158, 160 Filone, 1 7, 20-23, 25-28, 36, 40, 46, 64-65, 75, 89, 99-102, 135, 146, 221 Filostrato, 154 Flatt,Johann Friedrich, 159 Flaubert, Gustave, 34 Flora, Francesco, 134 Fludd, Robert, 20, 1 27-30, 131, 135, 1 36, 140, 150, 164, 212 Folengo, Teofilo, 104-105, 1 15, 1 17, 118

Doellinger, Ignaz von, 75- 76, 77, 79-85 Donne,John, 41, 141 Douady,Jules, 149 Douglas, R Langton, 137 Droetto, Antonio, 33 Duchesne, Louis, 76 Duns Scoto, Giovanni, 85-88 Durando di San Porciano, Guglielmo, 87 Dfuer, Albrecht, 1 1 4

268

Indice dei nomi

Fortirll, Fr.anco, 66 Fozio, 76-77 Fracastoro, Girolamo, 212 Fr.ance, Anatole, 29 Franceschini, Pietro Girolamo, 28, 40, 45, 58 Franck, Adolphe, 122 François de Sales, Saint, 94, 169 Freud, Sigmund, 16, 1 72, 184 Fugger, fcuT.Uglia, JJ4 Fulgerucio, San, 54, 70 Furlan, Tullio, 186

Gossaert, Jan, detto Mabuse, 107, 109, 1 1 1-12 Graaf, Reinier de, 213, 214-15, 216-1 7, 218 Graef, Hans Gerhard, 163 Granelli, Giovanrri , l 06, 118 Gregorio di Nazianzo, 95 Gregorio Nisseno, 87, 96 Grozio, Ugo, 159 Guyau,Jean-Marie, 144 Guyénot, Émile, 215-16

Garcias, Pierre, 83 Garden, Georg, 215 Gary, Marianne, 168 Gassendi, Pierre, 128, 140 Gelenio, Sigismondo, 24 Genoude, Antoine-Eugène de, 23 Gentile, Giovanrri, 2J2 Georg, Eugen, 16, 83 Germano, patriarca, 79 Gerolamo, San, 41, 95 Giacomo il Giusto, 73 Giobbe, 135, 196 Giovanna d'Arco, 123 Giovanni Costantinopolitano, vescovo, 57 Giuliano d'Eclano, 52, 61-62,

Haller, Albrecht von, 215 Hamann, Johann Georg, 1 315, 20, 35, 60, 71, 125, 1 34, 153-56, 168, 1 73, 1 8�1, 1 85, 1 87, 240 Hamm ,Johan, 213 Hanke, Lewis, 253 Hamack, Adolf von, 1 8, 32, 36, 41, 56, 58-59, 62, 64-65, 70, 8788 Hartmann, Eduard von, 1 87 Harvey, W"ùliam, 212, 218 Hawthome, Nathaniel, 157 Hayward,John, 41 Hazard, Paul, 141 Hegel, Georg W"ùhehn Fried­ rich, 152, 176-78, 1 80, 185- 86 Heinse, Wùhelm, 161 Hehnont, Franz Mercur van, 100, 128, 150-51, 152, 164, 212 Hemsterhuys, Frans, 164 Herbert, George, 131 Herder, Johann Gottfried von, 13-15, 17, 20, 53, 71, 97, 98, 99, 131, 134, 144, 154-56, 159, 1 74-76, 195, 221 , 240 Hildburgh, Walter Leo, 1 13 Hobbes, Thomas, 222 Hoehn, Heinrich, 114

99

Giovanni di Callinice, 76 Giuliano l'Apostata, 24, 59, 154 Giulio Solino, 94 Glacken, ClarenceJ ., 44 Glass, Bentley, 211 Glyca, Michael, 93, 95, 96, 218 Gode-von Aesch, Alexander Gottfried Friedrich, 213-14, 216-1 7 Goethe,Johann Wolfgang von, 127, 157, 1 62, 163, 1 75 Goldscheider, Ludwig, 47

Indice dei nomi Holbein il Giovane, Hans, 32, 1 1 1 , 1 13 Hooke, Robert, 214 Home,Jan van, 212, 213 Howe Poliakoff, Olga, 138, 248 Huet, Pierre-Daniel, 39 Hug,Johann Leonhard, 186 llario di Poitiers, 45 Imbriani, Vittorio, 1 77 Jacobi, Friederich Heinrich, 1 78 Jacopo della Quercia, l 09 Jankélévitch, Samuel, 16 Jemolo, Arturo Carlo, 49, 226 Jerocle, 24, 154 Jones, Emest, 65 Justi, Ludwig, 114 Kant, Immanuel, 1 3-14, 42, 53, 60, 98, 99, 120, 125, 144, 15356, 157, 158, 159, 160, 164-65, 1 76, 180, 182, 225, 241 Keynes, Geoffrey, 137 Kierkegaard, S0ren, 1 75, 18085 King, Wùliam, 21 9 Kirchner,Josef; 92, 107, 110-1 1, 113 EJuckhohn, Paul, 1 64, 1 72 EJiipfel, Engelbert, 53-54 Kraus Reggiani, Clara, 22 La Peyrère, Isaac de, 140, 141, 142-45 La Piana, Giorgio, 199 Laclos, Pierre-Ambroise-François Choderlos de, 190, 1 92 Land,Jan Pieter Nicolaas, 33 Lanovius, Franciscus, 128 Lawrence, David Herbert, 1 74

269

Leclerc, Jean, 73, 98, 207-208, 225-28 Leeuwenhoek, Antonyvan, 213, 214-16 Legouis, Émile, 136 Leibniz, Gottfried Wilhelm von, 78, 215 Lenfant,Jacques, 21 1 Lennhoff, Eugen, 129 Leone Ebreo, 20, 26-27, 69, 99100, 101, 103-104, 107, 1 1 3, 159 Lessing, Gotthold Ephraim, 159 Levi, Alessandro, 246 Lévi-Strauss, Claude, 1 70 Leydekker, Melchior, 21 1 Lietzmann, Hans, 28, 36 Ligozzi,Jacopo, 33, 110 Lintott, Bemard, 151 Loredana, Giovanni Francesco, 92, 1 16, 1 1 7, 1 1 8-19 Lovejoy, Arthur 0., 41, 43, 59, 201, 21 6 Luca di Leida, 1 1 O Luchi, Bonaventura, 17, 47, 94, 97, 98, 208, 225-26, 227 Luciano, 24, 154 Lucrezio, 20, 21 7 Luisa, regina, 164 Lutero, Martin, 1 1 3 Luzzi, Giovanni, 229 Mabuse, si veda Gossaert,Jan Macaulay, Thomas Babington, 222 Magliabechi, Antonio, 214 Maimonide, 27, 47, 99, 100, 221 Maistre, Joseph de, 167, 187, 192, 201 Malagodi, Giovanni, 247 Male, Émile, 32-35, 39, 67, 94, 108, 110-11, 114-15, 138, 197, 22 7

270

Indice dei nomi

Malebranche, Nicolas, 42, 215 Malipiero, Federico, 41, 92, 1 1 6-17, 120 Manes o Manete, eresiarca, 218 Mann, Thomas, 185 Manuel, Niklaus Deutsch, 34 Maraii6n, Gregorio, 34, 90 Maresio, Daniele, si veda Desmarets, Daniel Margherita di Francia, 124 Masolino da Panicale, l 08 Mattioli, Raffaele, 242-43, 246, 251 McKee, David Rice, 140 Meit, Konrad, 1 1 1 Menruwng, llans, l 32 Merker, Paul, 158 Mersenne, Marin, 128 Michaelis, Johann David, 61, 96-97 Michelangelo Buonarroti, l 08109 Migne, Jacques-Paul, 19, 28-30, 36-49, 51-53, 57-60, 62, 64, 68-71, 86, 93, 95-96, 99, 155, 195, 197, 218 Milton, John, 61, 78, 96, 1 1 9, 145-50, 193 Moeller,Jacob, 21, 135 Monboddo, James Burnett, Lord, 220 Montaigne, Michel de, 103-104, 140, 203 Montanari, Guido, 239 Montrnort, llenri-Louis llabert de, 216 Moore, George Foot, 199 Morley, llenry, 147 Mosè Bar-Cepha, si veda Bar­ Cepha, Mosè Mosè, 1 7, 36, 37, 83, 1 0 1 , 193, 208, 21 1 ' 220, 224, 226 Mostaert,Jan, 109

Musatti, Cesare Ludovico, 16 Musset, Alfred de, 34 Nauert, CharlesJ.,Jr, 121, 123 Needham,Joseph, 214 Niccolò da Cusa, 207 Niceta Serronio, 95 Nicolini, Fausto, 142 Nogarola, Isotta, 50 Nordenskiold, Erik, 212, 215 Novalis, pseudonimo di Georg Friedrich vov Hardenberg, 128, 1 63-65, 166, 167-68, 169, 170, 1 71, 172-73, 1 74, 1 75-76, 191 Omodeo, Adolfo, 28, 36, 164, 203 Origene, 25, 27, 35-40, 59, 96, 207, 208, 221 Ostade, Adrian van, 1 38 Palma il Vecchio, 116 Palmer, Robert Roswell, 220 Paolo, San, 28, 32, 36-3 7, 76, 140, 1 79, 195 Paolo di Callinice, 76 Paolo l'Anneno, 76 Paracelso, Teofrasto, 85, 121, 125-28, 16� 182, 212 Parny, Évariste-Désiré, 162 Pascal, Blaise, 241 Paulus, Heinrich Eberhard Gottlob, 186 Pauw, Corneille de, 142, 247, 249 Péladan,Joséphin, 34 Pelagio, 58, 62, 70, 79, 87 Pellegrini, Pellegrino Tibaldi, detto il, 67 Perassi, Emilia, 243 Però, Anna, 251 Perrault, Charles, 1 70

Indice dei nomi Perrens, François-Tommy, 21 Pertici, Roberto, 241 Petrarca, Francesco, 67 Pia, Pascal, l 06 Pier Lombardo, 51, 86 Pietro di Sicilia, 77 Pigault-Lebrun, Charles-Antoine-Guillame, 162 Pincherle, Alberto, 245 Pino, Francesca, 239, 242-43 Pittavino, Pietro, 19, 85, 86 Platone, 21, 37-38, 75, 100-101, 103 Ploch, Richard A, 151 Plotino, 75, 122 Pocar, Eivino, 185 Poe, Edgar Allan , 192 Poliakoff, Olga, si veda Howe Poliakoff, Olga Pommier,Jean, 167 Ponce de Leon, Gonsalo, �95 Porfirio, l54 Postel, Guillaume, 123 Praz, Mario, 34, 136-37, 1 72, 1 74, 192, 242-43, 250-51 Prezzolini, Giuseppe, 167 pseudo-Atanasio, 69 pseudo-Epifanio, 93-95 Pufendorl, Samuel von, 64, 227 Pulver, Max, 182 �er�ouch, �ur, 131 Raffaello Sanzio, l 09 Ra�on, Félix, 137 Redi, Francesco, 218 Reinsch, Gabriele, 186 Rembrandt, Harmenszoon van Rijn, 33, 213 Reynold, Gonzague de, 188-89 Riemenschneider, Tilman, 65, 114 Riessler, Paul, 93, 186

271

Rivinus, Andreas, 47, 60, 79, 91 Rizzo, Antonio, 114 Ronsard, Pierre, l 04 Rops, Félicien, 34, 189 Rose, William, 215 Rousseau, Jean-Jacques, 144, 155-56, 159 Roxo,Juan Bernardino, 90 Ruetschi, Rudolf, 32, 87, 97 RuEfirri, Francesco, ll5, 164 Rufino, 49 Ryssenius, Leonardus, 135 Sade, Marchese de, 145, 171, 187, 192 Sadeur,Jacques, 100, 137 Saint-Hyacinthe, Thémiseul de, 133 Sai:t;1te-Beuve, Charles-Augus­ tin, 42 Salamon, Bemard, 109 Salden, Willem, 42, 78, l 01, 134, 135, 136 Salomè, 30 Salomone, 41, 105 Samuel, Richard, 165 Sanesi, Roberto, 61 Sansone, 41 Sarmazione, 43 Saurat, Denis, 148-49, 204 Schack, Tage, 180 Schelling, Friedrich Wìlhelm Joseph von, 65, 158-60 Scherer, Valentin, 32 Schiller, Friedrich, 154, 158 Schinz, Albert, 156 Schlegel, August Wùhehn von, 164 Schlegel, Caroline, 164 Schlegel, Friedrich, 172 Schleiermacher, Friedrich, 160 Schmerber, Hugo, 107 Schmidt, Wùhehn, 91, 93, 186

272

Indice dei nomi

Schmier, Benedictus, 50 Schmitt, Cari, 1 75 Schopenhauer, �ur, 29, 3� 35-36, 162, 169, 186-87 Schubert, Franz, 1 72 Scotus, John, si veda Eriugena, Johannes Scotus Sergio, 76-77 Shakespeare, Wùliam, 137, 206 Sidrac, anatomista, 21 1 Sitwell, Osbert, 137 Socrate, 37 Solov' ev, Vladimir Sergeevi.C, 186 Soriano, Mare, 1 70 Spenlé, Edouard, 1 72 Spini, Giorgio, 116 Spinoza, Baruch, 32, 33, 103 Spitz, Lewis W., 121 Stalpert van der Wyel, Cornelis, 213 Steele, Richard, 2 1 1 Steffens, Henrik, 160 Stensen, Niels, 212 Strachey, Lytton, 136 Straus, Wùliam L.,Jr, 21 1 Suarez, Fr.anc�o, 87 Swammerdarn,Jan, 212, 213-16 Swieten, Gerard van, 191 Taylor, Eva Germaine Rimington, 21 1 Temkin, Owsei, 21 1 Tennant, Frederick Robert, 89 Teodorico, vescovo, 123 Teodoro di Mopsvestia, 58, 62 Tertulliano, 35, 45, 95 11rierne, tnrich, 1 1 1 Tiziano, 109 Toland,John, 208, 222 Tornrnaso, San, 36, 50, 54, 8588, 135, 228 Toynbee, Arnold Joseph, 76, 187

Treves, Paolo, 244, 245 Treves, Piero, 248, 249 Tulp, Nicolaes, 213 Turrnel, Joseph, 29, 40, 45-46, 50-52, 55, 62, 64, 70, 86-87, 89, 1 13, 208 Tuveson, Ernest Lee, 59, 214, 222 Ugo di San Vittore, 86 Ulreich,John C.,Jr, 78, 150 Urnbreit, Friedrich Wilhehn Cari, 46 Urbano VITI, papa, 35 Vacandard, Elphège, 76, 83 Valentino, eresiarca, 218 Vallisneri, Antonio, 215 Van der Goes, Hugo, 109, 1 1 0 Van Eyck, Hubert, 1 1 2, 1 32 Van Eyck,Jan, 1 1 2, 1 32 Vasari, Giorgio, 112 Vega, Garcilaso de la, l 03 Vérard, Antoine, 33 Vico, Giambattista, 142 Vigny, Alfred de, 155, 157, 186 Vigouroux, Fulcran Grégoire, 208 V"�rnara, Gaspare, 67 Vittoria, regina, 140 Vloten,Johannes van , 33 Volpe, Gioacchino, 75 Voltaire, pseudonimo di Fr.ançois-Marie Arouet, 4 7, 80, 162, 191 , 21 1-12, 214, 216 Vossius, Gerardus, 121 Wagenfeldt, Otto, 33 Wahl,Jean, 184 Weigelius, Valentin, 1 34, 137 Werner, Ka.rl, 88 Wìdenrnann , Helene, 157

Indice dei nomi Wieland, Christoph Martin, 21314 Wùley, Basil, 146 Wùliams, Arnold, 147 Wmdelband, Wùhehn, 212 Witte, de, 1 86 Wren, Christopher, 215 Young, Wayland, 60-61, 113

2 73

Zanco, Aurelio, 148 Zappi, Giambattista Felice, 162 Zenone di Verona, San, 27, 63, 64, 65, 68-69, 72 Zinzendorf, Nikolaus Ludwig von, 160, 1 64 Zockler, Otto, 160 Zschokke,Johann Heinrich Da­ vid, 91

FINITO DI STAMPARE NEL SETTEMBRE 201 1 IN AZZATE DAL CONSORZIO ARTIGIANO « L.V.G. »

Printed in Italy