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Italian Pages [160] Year 1939
A - VA RESE
RO M A R P I C A T I
IL PARTITO FASCISTA
PANORAMI DI VITA FASCISTA
Collana edita sotto g li auspici del P. N. F.
IL P A R T I TO F A S C I S T A
ARTURO MA R P I C A T I
IL PARTITO FASCISTA O R IG IN E - S V IL U P P O - F U N Z IO N I
A. M O N D A D O R I • M I L A N O ANNO XVII
INDICE P r e f a z i o n e ............................................................
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O r ig in e , svilu ppo e f u n z io n i d e l P a r t it o F a s c is t a :
I
- D all’Antipartito al Partito Nazionale F a s c is ta ................................... 17
II
- Dal Partito allo S t a t o ......
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III - Il Partito nello Stato Fascista. . . IV - I Caduti e i Martiri della Rivoluzione F a s c i s t a .................................. 93 A p p e n d ic e :
I
- Statuto del P. N. F .................. 123
II
- La forza del P. N. F. al 28 otto bre x vi e . f ..................................... 151
III - Bibliografia e s s e n z ia le ......... 152
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PREFAZIONE
Q
uesto volumetto è nato da un breve corso di lezioni che, per incarico del Segretario del Partito, ho tenuto anni or sono all’Istituto Nazionale di Cultu ra fascista. N el parlare ai giovani intesi concisamente rappre sentare la storia del Partito nel quadro drammatico della vita italiana del dopoguerra. Sin dall’inizio il Partito Fascista è stato cosi po co « un partito » nel senso tradizionale, che è im possibile intenderne lo sviluppo senza ricordare la vita della nazione nello stesso periodo. Non che io intenda con ciò considerare il Fasci smo come semplice espressione della guerra e del dopoguerra. Ciò sarebbe errato; ché ben altre espe rienze e problemi e visioni confluiscono nel nucleo possente della personalità del Capo, e si sprigionano e si spandono nell’organizzazione nazionale da Lui fondata e diretta. A ogni modo il 24 maggio del /915 è da considerare come la prima data rivoluzionaria. Dato il carattere specifico del tema, mi fu neces sario soffermarmi su quei punti e su quegli avveni menti della storia del Fascismo che più concorsero a dare una fisionomia definita al Partito, come organi smo autonomo. Non ho voluto togliere al libro il suo carattere fran camente espositivo, ritenendo che ai più giovani, sgom bri delle pesanti ideologie che noi abbiamo dovuto
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rompere dentro noi stessi, per ritrovare il volto scarno e puro della Patria, occorra proporre le cose del Fasci smo nella loro verità e semplicità nativa. Questa è la condizione indispensabile affinché essi intendano questa storia nel suo valore spirituale, co gliendola nell’atto in cui sorse come creazione di spi riti generosi, e fu alimentata da passione e da sangue eroico. Nelle pagine che seguono ho evitato d’intervenire di proposito nella progressiva determinazione storica del Partito con esteriori interpretazioni dottrinarie e tendenti a qualificare, secondo le abituali categorie giuridiche o politiche, la struttura e le funzioni del Partito, bastandomi la rappresentazione del suo pro cesso formativo e dei suoi compiti attuali. Tuttavia è pur necessario dire qui il significato di tali interpretazioni, il conto che bisogna farne. Si discute, in base alla legislazione positiva, se il Partito sia da considerarsi come organo dello Stato; c’è chi accetta senz’altro questa considerazione, e c’è chi - invece - ancora la rigetta. In ogni modo qua lunque sia la soluzione di questo problema giuridi co, essa non reca nessun contributo alla determina zione dell’aspetto politico del Partito nella complessa vita del Regime. Per tale determinazione è certamente più utile ri ferirsi all’attività pratica che il Partito svolge in ordine ai fini della Rivoluzione. Esso acquista rilievo e fisio nomia proprio per quest’ attività che, in ultima analisi, lo individua in seno alla Nazione e lo caratterizza. Non vorrei essere frainteso: ma da questo punto di vista il Partito precede, idealmente, lo Stato, che vive e si perfeziona, prima che in altri, nella con quista volontaria e consapevole dei gregari.
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Per ciò stesso il Partito è sottolineato nello Stato; ma dato il carattere particolare dello Stato Fascista, che mira al compimento della Rivoluzione, il Partito è vertice dello Stato, in quanto le conquiste della Rivoluzione rappresentano le mète immediate del Partito. Si può anche dire che il Partito sia organo dello Stato, ma ammettendo nello stesso tempo che la Rivoluzione sia il compito fondamentale dello Stato Fascista, e che in ordine a questo compito sia appunto attraverso al Partito che lo Stato agisce. Dato ciò gl’iscritti al Partito hanno una posizione spiritualmente privilegiata nella vita del Regime, per ché la loro fede, che deve concretarsi in spirito di di sciplina e di sacrificio, rende possibili i passi e le avanzate della Rivoluzione. Per quello che s’è detto il Partito è - insieme - parte e centro dello Stato. Questa duplice posizione si giu stifica e legittima solo in considerazione della natura singolare dello Stato Fascista. A mio modesto avviso, solo movendo da questa considerazione, anche le indagini giuridiche possono riuscire fruttuose. Se si adoperano invece ancora i vecchi concetti di Stato e di Partito non è possibile, altro che apparentemente, superare la contraddizione. Il Partito è, nel senso chiarito sopra, organo del lo Stato, e, insieme, partito; ma questa sua qualità di partito è dovuta al fatto che in esso s’aduna quella parte d’italiani (sempre più numerosa per l’immissio ne dei giovani) i quali volontariamente si propon gono di anticipare nella loro personale condotta le successive conquiste dello Stato. Dopo la storia del Partito e l’interpretazione delle sue funzioni attuali, mi è parso necessario ricordare, a 13
parte, i Caduti e i Martiri della Rivoluzione Fascista, che costituiscono il luminoso centro ideale della storia del Fascismo. Questo volumetto spero riesca utile soprattutto ai giovani delle scuole, perché ritengo che la storia del Partito Nazionale Fascista debba essere conosciuta profondamente, accanto alla storia della guerra, in una scuola che ambisca realmente alla qualifica di scuola fascista. A rturo M arpicati O ttobre 1938-X V I.
ORIGINE, SVILUPPO E FUNZIONI DEL PARTITO FASCISTA
I D A L L ’A N T IP A R T IT O A L P A R T IT O N A Z IO N A L E F A S C IS T A nel tragico e fatale ’19 l’amarezza di una pace che noi stavamo perdendo a Versaglia disanimava i piu, e il fenomeno del dopoguerra esplo deva anche da noi pauroso, travolgendo nella sua crisi morale, politica, economica, non pure la nostra vita nazionale, ma direi la nostra stessa umanità, e fabbri che e imprese erano travagliate dalle agitazioni ope raie che rallentavano o sospendevano la produzione, e migliaia di disoccupati si riversavano nelle piazze, e si congedavano, abbandonati a se stessi, i combat tenti, facile preda di un bolscevismo torbido ed in cosciente, e lo stato, retto da uomini inferiori al mo mento e incapaci di idee di governo, abdicava alla sua autorità e alla sua funzione: allora si rivelarono la forza e il genio di Benito Mussolini, uomo di pen siero e di azione. Fra le dispute bizantine dei programmi e delle ri forme, Egli riconobbe che la suprema necessità del momento era una, e una sola, condizione al compi mento di tutti i possibili programmi, alla stessa Vita j futura della nazione : agire. A gire per « rivendicare l’intervento, esaltare la vittoria, lottare contro il bol scevismo ». Bisognava esaltare l ’idea nazionale. Il resto sarebbe venuto dopo, e forse da sé. I Fasci sorsero nella sua mente con nome e funuando
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zione guerresca: fasci di combattimento, squadre di combattimento, « il cui programma è racchiuso nella parola», com’egli scriveva nel Popolo d Italia del 6 marzo. Dalla fine della guerra, e ancora in un arti colo del 18 febbraio del ’ i 9, Egli aveva ribadito ai combattenti, con quel suo stile disperato, il dovere di difendere la vittoria dall’attacco della « bestia trion fante ». Perché il verbo si facesse carne, l’idea diven tasse azione, il 2 marzo lanciò dal Popolo d’Italia ai corrispondenti, collaboratori, lettori, cittadini, seguaci del suo giornale, arditi, ex-combattenti o combattenti ancora alle armi, il primo appello per un’adunata da tenersi il 23 marzo in Milano. Adunata! Nome e spirito di guerra: « il 23 marzo sara creato 1 antipar tito _ scriveva Egli nel Popolo d’Italia il 9 dello stes so mese- — sorgeranno cioè i Fasci di combattimen to che faranno fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttore di sinistra». Spirito realistico, Mussolini non pensava ancora a partito. Era una situazione simile a quella del 14. C ’era un nemico da combattere, una guerra da intra prendere: Egli creò i Fasci d’azione rivoluzionaria per imporre la guerra. Anche oggi c’è un nemico da combattere: la guerra civile è la stessa canta di pa tria ad imporla: non c’è necessità, né modo per un partito: occorre riunire quanti vogliono combattere, e combattere. Non esistono pregiudiziali di sorta: quanto potrà accadere dopo, lo vedremo: ora tenia moci «fermi sul terreno dell’interventismo », scrive in un articolo del 18 marzo, nel quale, riallacciandosi all’articolo Audacia, pubblicato nel n. 1 del Popolo d’Italia il 15 novembre 1914, ancora una volta rap presenta la guerra come rivoluzione. La rivoluzione, Egli dice, è incominciata nel maggio del ’15, e conti18
nuata sotto il nome di guerra, per quaranta mesi, oggi si chiama difesa della Vittoria, difesa dei suoi valori. La domenica del 23 marzo, ai convenuti in piazza San Sepolcro, Egli fece tre dichiarazioni in questo senso: « ...N o i accetteremo la battaglia pre cisamente sul fatto guerra, poiché non solo non sia mo pentiti di quello che abbiamo fatto, ma andiamo piu in là ». E in una nota editoriale del 27 marzo del ’19 scriveva: «Sorgono i fasci... Ogni fascio mu nirà i suoi di una tessera per il riconoscimento perso nale, e avrà un regolamento con un solo articolo: il socio che manca consecutivamente tre volte all’adu nata è automaticamente dimesso. Basta. Non c’è bi sogno di altro... N oi vogliamo contare, in poche set timane di lavoro intenso, almeno un migliaio di fasci. È solo creando questa organizzazione snodata, liber taria e potente, che noi potremo agire al momento opportuno. È inutile elencare tutte le riforme, pro spettare tutti i problemi, esporre tutte le soluzioni, se mancano i m ezzi di agitazione e di attuazione. Lo scopo dei Fasci è questo ». Insomma, in principio è l’azione; l ’azione politica; occorre imporsi il dovere di fare. Questo è lo spirito rivoluzionario che potrà riunire e fondere nel Fascismo uomini venuti dai piu opposti movimenti politici e ideali. Perché è uno spi rito, ed è essenziale nella rivoluzione. Infatti, il Fa scismo rappresenta, prima di'ogni altra cosa, una ri voluzione morale. Non anticultura, antipensiero, anti programma, sibbene antipartito e milizia, antiaccademia e imperativo morale di compromettersi fino in fondo per i propri ideali. « Il Fascismo è un movi mento spregiudicato — Egli scriveva il 2 luglio. — Non si vuol capire che il Fascismo cessa di essere tale, non appena si sceglie una speciale pregiudiziale. I
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fasci non sono, non vogliono, non possono diventare un partito. I fasci sono l’organizzazione temporanea di tutti coloro che accettano date soluzioni di dati problemi attuali... Il Fascismo è antiaccademico. Non è politicante. Non ha statuti né regolamenti)) E il 7 aprile aveva detto: « L e pregiudiziali sono delle ma glie di ferro o di stagnola. N on abbiamo la pregiudi ' ziale repubblicana, non quella monarchica; non ab i biamo la pregiudiziale cattolica o anticattolica, socia lista o antisocialista. Siamo dei problemisti, d eg l attualisti, dei realizzatori che si raccolgono intorno ai postulati di un programma comune... Un programma di audacia e di possibile realizzazione immediata». Egli viveva nella realtà dell’ora: il dopoguerra. Pure è errato considerare il Fascismo come semplice espressione del dopoguerra. Mancava il programma per volontà esplicita del suo Capo, ma si guardava ai problemi da affrontare: il programma era nella per sonalità possente di Mussolini e la soluzione era già nella maniera stessa con cui Egli poneva 1 problemi. Ed Egli aveva fuse nel suo spirito due grandi espe rienze umane: quella del sindacalismo e quella della Non si possono leggere senza ammirazione certi accenni programmatici di Mussolini in questo perio do pur cosi decisamente antiprogrammatico. Il fatto è ch’Egli è il realista e il politico per eccellenza, che pur rivolgendosi tutto alla realtà del momento, da dominare e da plasmare, ne sente gli strati piu pro fondi, ne intravvede i valori e le possibilità piu lon tane. Son parole scritte da lui il 18 marzo del 19: « Si apre nella storia un periodo che potrebbe dehmrsi della politica delle masse o della ipertrofia democra tica. Non possiamo metterci di traverso a questo moto. 20
Dobbiamo indirizzarlo verso la democrazia politica e verso la democrazia economica. La prima può ricon durre le masse verso lo stato, la seconda può conci liare, sul terreno comune del maximum di produzione, capitale e lavoro. Da questo travaglio usciranno nuovi valori e nuove gerarchie ». Dopo vent’anni di vita fascista voi sentite la forza profetica di queste parole. E l ’antivigilia del 23 marzo, il venerdì 21, quando fu creato il Fascio di Milano, Egli disse anche: « La nostra rivoluzione, se sarà inevitabile, dovrà avere impronta romana e latina ». Eppure non creava allora il partito, suscitava il movimento. Dubitava di poter conquistare la massa: « Il Fascismo rimarrà sempre un moto di minoranze. Non può diffondersi all’infuori delle città, ma fra poco ognuna delle trecento città d ’Italia avrà il suo Fascio di combattimento». Non sognatore ma poli tico, poca promessa traeva dalla tragicità dell’ora; o, forse, conscio del diffìcile esercizio morale che il Fa scismo comporta, fra l ’utilitarismo e il materialismo trionfanti, scorgeva dubitabile il successo dell’aposto lato. I pochi uomini di piazza San Sepolcro creano una loro commissione esecutiva centrale, nominano Mi chele Bianchi Segretario Generale e si mettono al l’opera: 23 marzo; il 25 si crea il fascio a GenovaSampierdarena e a Torino; il 26 a Verona, a Treviso, a Bergamo; il 28 a Padova, il 30 a Napoli. Il 2 di aprile si ha una prima adunata coi rappresentanti del Piemonte, della Liguria e del Veneto. Ogni giorno che passa è uno sciopero: il 28 a Milano, il 29 a T o rino, il 2 di aprile a Savigliano, a Rovere, a Brescia; il 6 di aprile a Napoli, l ’8 ancora a Torino, il io an cora lo sciopero generale a Roma: e le aggressioni e 21
la guerra civile. Giornate terribili di Poggibonsi, di Milano, di Torino. I Fasci continuano, uno, due al giorno: a Pavia, a Trieste, ad Oneglia, a Mestre, a Brescia, a Recco, a Parma, a Bologna, a Perugia, a Camerino, a Stradella. Sono trascorsi quindici giorni dall’adunata di Milano. Ogni Fascio ha un numero irrisorio di aderenti, per ora: ma sorgono le avan guardie studentesche dei Fasci italiani di combatti mento. Programma: Fiume e lo spirito della vittoria. Gigino Gattuso, il primo caduto delle avanguardie, quindicenne, di Caltanissetta, ucciso in questa città, in un conflitto tra socialisti e fascisti. Il 15 aprile vien dato l’assalto all ’Avanti! con uno « spontaneo movi mento di folla, movimento di combattenti e di po polo »: il primo episodio della guerra civile. Il Popolo d’Italia già più « non è un giornale, ma una fortezza che nessuno potrà espugnare ». # Nei mesi di aprile, maggio e giugno 1 Fasci cre scono nelle maggiori città : si fondano a Firenze e a Roma : si riversano nella campagna, per opera della parte sana della borghesia e della gioventù univer-
sitarla.
Ma anche la risposta delle masse rurali supero le previsioni del Duce. Il popolo italiano, pur sotto il peso di tradizioni millenarie, che parrebbero talvolta tendere a oppri merlo, conserva qualità preziose di gentilezza, di ge nerosità, di umanità superiore che, ben guidate, si convertono nelle virtù eroiche dei nostri combattenti e squadristi. Davanti alla barbarie e al terrore bolsce vico si svegliò anche nelle campagne 1 istinto della 22
difesa sociale, e l’opera purificatrice del Fascismo fu salutata e applaudita come una liberazione. Quello spirito di romanità che Mussolini aveva fin dall’inizio trasfuso nel movimento, s’affina e si po tenzia insieme con lo spirito militare: i giornali fa scisti hanno per titolo nomi di guerra: le squadre di azione ricordano le città irredente, gli eroi e i mar tiri, i simboli della fede; risorgono le legioni, s’edu cano al comando « principi e triari ». L a fede nel l’opera da compiere raccoglie ed unisce piu di quanti non si fosse pensato. L ’8 di maggio sorge una segre teria permanente. G li scioperi continuano a devastare la vita nazionale: nel Biellese il 27 maggio, a Napoli nel giugno; e ancora nel giugno lo sciopero generale dei maestri di tutta Italia; il 20 giugno il ministero Orlando dà le dimissioni: il 22 sale al potere Nitti. L ’azione nefasta di questo uomo è troppo nota per ricordarla qui. Con Nitti saliva al potere lo spirito di distruzione, la negazione dello Stato, il boicottag gio della Vittoria. Si può dire che, d’oggi in avanti, sarà il governo a suscitare l’incosciente azione bolsce vica, e a portare dappertutto una inenarrabile bramo sia di avvilimento e di negazione. Il Fascismo è sorto per tempo; oggi come non mai esso ha un supremo compito di difesa nazionale, una funzione assegnata gli dalla Provvidenza. Sempre piu i giovani e i com battenti, nauseati dal fango che sale, si rivolgono ad esso, ricercano nel Popolo d’Italia l’espressione del lo ro disgusto e della loro protesta. È con N itti che si prepara, nel luglio del ’19, lo sciopero internazionale, lo « scioperissimo », fallito per merito dei Fasci di combattimento, il cui comitato centrale il 17 di luglio, presenti i rappresentanti di tutta Italia, aveva mobi litato spiritualmente e materialmente tutte le forze
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fasciste. Non posso qui, né voglio, tracciare la cronaca di questi mesi : il processo alla guerra, infangata alla Camera con l’inchiesta su Caporetto; l’amnistia ai disertori; il collocamento a riposo di Cadorna e di altri generali, tante volte vittoriosi. Il popolo reagisce contro l’ignominia del governo con l’impresa di d’Annunzio. Furono i granatieri costretti ad evacuare Fiume per ordine di Nitti, che prepararono la spedizione ed invitarono d ’Annunzio ad assumerne il comando. « Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d ’Italia ci assista... ». Il Fascismo fu con d’Annunzio : Nitti mandò un aeroplano sulla città a lanciare manifesti e ordini alle truppe minac ciandole del rigore del codice penale militare : cerco d’impedire ai giornali italiani il servizio di corrispon denza, diffuse comunicati per i quali fu bollato di falso dagli inviati speciali e dagli stessi corrispondenti stranieri residenti in Fiume. In un suo discorso alle legioni, Mussolini disse che ormai c’erano in Italia due governi : quello di Roma esautorato e vinto, l ’altro, l ’auto-governo, che il po polo italiano già ritrovava nell’azione dei Fasci. Questa realtà è vista ora per la prima volta. « La capitale d’Italia è sul Quarnaro — esclama Mussolini — non sul Tevere! ». « Il governo - quello di Nitti uomo nefasto, - è finito ». Passione fiumana e volontà fascista sono la stessa cosa e Nitti le accomuna nello stesso odio. Una riservatissima del ministro della guerra del tem po ai comandanti di corpo d’armata diceva : « L ’azio ne dei Fasci di combattimento, che stanno assumendo carattere sovversivo, vorrebbe trascendere quanto pri ma in manifestazioni violente, traendone pretesto dal-
l’inchiesta di Caporetto e dalla questione di Fium e». Cecità spaventevole da non credersi! A Fiume si difendono i diritti della stirpe contro l’invasione slava e la viltà del governo. A Milano nella mente di Mussolini e dei suoi collaboratori matura la necessità di un mutamento di regime : cosi la poesia della patria spiana la strada alla ragion di stato. Siamo al 25 di settembre. Sono trascorsi sei mesi e gli adunati di San Sepolcro son già legione e milizia. La lotta elettorale dell’ottobre-novembre fu un incen tivo potente per il Fascismo, dovendosi presentare alle urne, per chiarire e approfondire il suo pensiero. Non posso non riportare queste parole di Mussolini pro nunziate in piazza Beigioioso l’n novembre in un contraddittorio : « La vita della società moderna è di una complessità formidabile e ad essa non sono più sufficienti gli organi primordiali del nostro sistema politico. Noi pensiamo che una delle necessità improrogabili della vita moderna sia quella di dare il piu largo posto alle competenze tecniche, e che l’organismo statale debba trasformarsi con l’istituzione dei consigli tecnici na zionali, eletti dalle organizzazioni di mestiere e pro fessionali e dalle associazioni di cultura ». E a un operaio bolscevizzante, sorto a contraddirlo, disse : « N oi siamo italiani. Abbiamo un altra men talità, un’altra anima, un altro passato e se dobbiamo fare la rivoluzione, questa rivoluzione non potrà es sere che profondamente, che schiettamente, che fiera mente italiana». Insomma, dopo sei mesi di Fascismo, il program ma del primo momento è già superato con un balzo avanti : non è più soltanto una guerra contro il bol scevismo e le forze disgregatrici da intraprendere e
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da vincere: è una pace, un ordine nuovo da instau rare. Nella prima adunata dei Fasci raccolti in con gresso a Firenze il 9 di ottobre, il primo congresso fascista, presenti 22 Fasci con diciassettemila iscritti, Mussolini non è piu soltanto il condottiero di una guerra, ma l’uomo di un nuovo destino nazionale. Il bolscevismo s’accanisce contro di lui, e, a chiusura del congresso, un primo attentato comunista vorrebbe assassinarlo. * Mussolini è morto, scrivono i socialisti, vittoriosi nelle elezioni del 16 novembre, avvenute fra scioperi e disordini e violenze d’ogni sorta. Il giorno dopo è arrestato per festeggiare la vittoria bolscevica, san zionata da un nuovo sciopero generale. La sconfitta schedaiola non turbò un attimo il Fascismo: nel gen naio sorge un battaglione volontario studentesco in Roma, una lega studentesca antibolscevica a Napoli, nuclei primi di future e vaste organizzazioni. Sorge anche la prima attività assistenziale dei Fasci: una commissione si reca a Fiume per condurre seco a Milano i bambini poveri. Nitti ordina al comando delle truppe della Venezia Giulia d’impedire il tra sporto di altri fanciulli. Il Fascismo risponde con la sottoscrizione per Fiume. Oltre tre milioni di lire. Il 23 maggio al Lirico di Milano c’è la seconda adu nata nazionale dei Fasci di combattimento : quattor dici mesi dalla fondazione. I Fasci rappresentati sono di già cinquantasei con trentamila iscritti. Ma il nu mero dei Fasci è maggiore: sono 118. Le avanguardie studentesche 22. Il Fascismo è già maturo per abboz zare le prime linee del suo programma : « Postulati 26
teorici e pratici del Fascismo », che saranno, fino al congresso di Roma, una specie di « modesto vangelo per tutti i fascisti italiani ». Il 23 maggio si ha anche il secondo ministero Nitti. Vorrei far la cronaca degli scioperi e dei disordini, in tutte le citta, in tutte le regioni d’Italia: ma credo basti ricordare la rivolta anarchica delle Marche e della Romagna nel giugno del ’20 per dare un’idea della gravità dell’ora. La rivolta di Ancona parve la vittoria definitiva della malefica azione nittiana. Mussolini risponde cercando di affinare e di potenziare il movimento: l ’articolo L ’ora del Fascismo pubblicato nel Popolo d’Italia del 3 luglio è di somma importanza. Il Fascismo non è | ancora, né può ancora essere, un partito; per ciò i : Fasci ancora « non si sentono legati a nessuna specifi ca formula dottrinaria e a nessun dogma tradizionale; perciò si rifiutano di schematizzare e di ridurre nei limiti angusti e artificiosi di un programma intangi bile tutte le mutevoli e multiformi correnti del pen siero e le indicazioni e le esperienze che l’opera del tempo e la realtà delle cose suggeriscono ed impon gono ». Ma la vastità del movimento e la necessità dell’azione reclamano una maggior fusione e una maggior disciplina nell’ordinamento dei Fasci. I Fa sci saranno diretti da un comitato centrale composto di 21 membri, dieci residenti a Milano, undici di altre regioni, eletti dal congresso. I membri di Milano costituiranno la centrale esecutiva per i deliberati piu urgenti. I Fasci eleggeranno nei congressi regionali un rappresentante, e questi costituiranno il Consiglio Nazionale. Sorgono un’altra cinquantina di Fasci, un’altra diecina di avanguardie : ma a Roma i tram circolano con la bandiera rossa; a Torino ed a Vene zia si dà la caccia agli ufficiali. Il governo avvilisce 27
la dignità del paese con l ’abbandono di Valona: « Per l ’anima nazionale Vittorio Veneto sembra divenuta l’ombra d ’un ricordo », scriveva il comitato centrale, e lanciava un proclama come rampogna e monito nell’ora « ottenebrata dal presagio di sventure mag giori ». Il governo rispondeva permettendo l’occupa zione delle fabbriche. Da questo momento la guerra civile si fa piu aspra, più decisa, più sanguinosa. Mussolini è trascinato in tribunale dal « ministro della fogna », come Egli aveva bollato Nitti, che a Fiume d ’Annunzio chiamava « cagoia ». S ’intraprende un processo alle squadre armate: l ’odio del bolscevismo esplode nell’eccidio di palazzo d’Accursio. Ma le gior nate più dolorose e crudeli - preparate con freddo cinismo da Giovanni Giolitti - debbono ancora sopraggiungere: il Natale di sangue fiumano, triste storia di cinque giornate durante le quali « l’Italia celebra la notte di Natale facendo strage di soldati italiani in Fiume d’Italia », e una corazzata italiana bombarda la stanza del Comandante. G l’Italiani non possono leggere i commenti di Mus solini alla tragedia fratricida, preparata e aizzata dal governo, perché la « censura » liberale costringe il Popolo d’Italia ad uscire quasi interamente bianco\ Come sempre nei momenti più gravi, un fervore nuovo anima il Fascismo : nella riunione del comitato centrale dei Fasci dell’8 di gennaio 1921 i problemi che il Fascismo si pone son questi: la questione agraria, il Fascismo di fronte allo Stato, il Fascismo e il Regime, il Fascismo e la politica estera, il Fasci smo di fronte al movimento sindacale. Il 12 di gen naio il Popolo d’Italia annunzia una nuova rivista: Gerarchia, organo decisamente costruttivo di pensie ro, non più foglio di battaglia soltanto. Alle continue 28
agitazioni rosse, ai conflitti, alle imboscate, fanno se guito le vittorie fasciste nei vari paesi: nelle adunate regionali si preparano non solo le armi per la batta glia che ferve, ma si cercano i principi e le idee. Accanto al movimento politico si sviluppa il sinda calismo fascista; ed è proprio a S. Bartolomeo in Bosco, borgo del Ferrarese, che il 28 di febbraio 1921 sorge il primo Sindacato Fascista. La marcia accelerata del Fascismo esaspera la ri volta bolscevica: sono le terribili giornate di Toscana, durante le quali cadde, fra gli altri, Giovanni Berta; e la rivolta di Certaldo; l’insurrezione di Scandicci; 1’imboscata di Empoli; le giornate di Perugia; l’ec cidio del Diana, il nuovo attentato contro Mussolini. « Le cronache sono rosse e arrossate dal latin sangue gentile fascista; ma - commenta Mussolini - non ab biamo la stoffa dei commemoratori. Camminiamo in avanti e guardiamo dinanzi a noi... N on eravamo in molti, nella sala di piazza San Sepolcro, due anni fa... Un centinaio forse... Il Fascismo non aveva molti numeri per conseguire un successo di adesioni e di popolarità. Si chiamava di combattimento, e questa parola, dopo quaranta mesi di guerra, suonava ingrata alle orecchie di molta gente... Dopo due anni di lotte, di varie e tempestose vicende, gettiamo uno sguardo sulla strada percorsa: il punto di partenza ci appare straordinariamente lontano; il Fascismo, do po essersi affermato trionfante nelle grandi città, di laga, straripa nei piccoli paesi e sin nelle più remote campagne... Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza falsa modestia: governare la nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del 29
popolo italiano... Tutto il cantiere fascista è all’opera. Chi porta le pietre, chi le depone, chi dirige e traccia i piani. Avanti fascisti! Fra poco saremo una cosa sola: Fascismo e Italia». * È questo il momento in cui il Capo, che ha sag giato attentamente e tormentosamente la realtà del l’ora, vede sicuro il secondo periodo del Fascismo: il periodo costruttivo che cambierà il movimento in partito. La stessa parola di Mussolini si spiana, per dir cosi: si fa piu alta e luminosa: i suoi discorsi cominciano ad essere capitoli di un nuovo credo po litico, che, notate, l’esperienza sanguinosa di due anni è venuta determinando a poco a poco, e l’esperienza successiva verrà irrobustendo, arricchendo, motivan do, cosicché, esempio unico nella storia, dopo dodici anni dalla marcia su Roma, il Fascismo, come il Capo ha annunciato nel discorso del novembre ’33 alle Corporazioni, non solo non ha esaurita la sua rivoluzione, ma può incominciare una nuova e piu vasta fase rivoluzionaria. Come esempio di questi discorsi mussoliniani, vo glio citare il primo che Egli pronunziò alla Camera dopo che le elezioni del 15 maggi° avevano ormai sanzionato il trionfo fascista. Esso è un compiuto discorso di governo, dove la politica estera, la politica interna, la questione economica, il problema religioso sono esaminati con chiarezza mirabile. A proposito della questione religiosa mi piace ricordare com Egli il 21 giugnio del 1921 già chiariva i futuri termini della conciliazione : « Penso che se il Vaticano ri nuncia definitivamente ai suoi sogni temporalistici... l’Italia, profana o laica, dovrebbe fornire al Vaticano
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gli aiuti, le agevolazioni materiali per scuole, chiese, ospedali o altro, che una potenza profana ha a sua disposizione perché lo sviluppo del cattolicesimo nel mondo, l’aumento di quattrocento milioni di uomini, che in tutte le parti della terra guardano a Roma, è d ’interesse e d’orgoglio anche per noi che siamo ita liani ». 11 2 maggio si costituisce il primo Fascio all’estero : quello di Nuova York. Il sindacalismo fascista è or mai un esercito. Sta ai nemici la scelta delle armi : il Fascismo è deciso a tutto. Si fanno passi per una pacificazione che il Consiglio Nazionale il 12-13 ^u' glio respinge e che Mussolini - tuttavia - vuole come una prova di disciplina nazionale per il Fascismo. Il patto, ritardato dall’eccidio feroce di Sarzana (21 luglio), è firmato il 3 agosto tra i rappresentanti delle parti : i due Gruppi Parlamentari, il Partito Socia lista, la Confederazione Generale del Lavoro e il Consiglio Nazionale dei Fasci. La pacificazione dovrà essere fatalmente smentita dalla realtà e ufficialmente sarà denunziata il 15 no vembre; ma - intanto - ha avuto un grande valore all’interno del Fascismo che, imponendola a se stesso, s’è come maturato e disciplinato. Si preannunzia il partito. E allora oggi che c’è una fede, che c’è un program ma, oggi che l ’esercizio della lotta politica ha fatto del Fascismo non solo un movimento di battaglia e di reazione, ma l’ha reso idea e principio positivo di una nuova creazione politica, oggi si impone stringere le file, unificare i Fasci, coordinare gli sforzi, sop primere quanto vi può essere di arbitrario e di anar chico nell’azione e nei propositi. O ggi occorre creare il partito. 31
Una vasta discussione si iniziò allora sopra 1 gior nali fascisti. Mussolini vi partecipò attivamente fino al 4 di novembre, in cui scrisse sul Popolo d’Italia un articolo famoso: Punti fermi. Occorre, diceva, spersonalizzare il Fascismo, impegnarsi sopra una re sponsabilità collettiva, darsi uno statuto, ritrovarsi in un programma. « Finirà lo spettacolo del fascista li berale, nazionalista, democratico e magari popolare: ci saranno solo dei fascisti. Questa individuazione e un segno di forza e di vita. È una vittoria. » Il 7 di novembre, dal congresso di Roma, usciva il Partito Nazionale Fascista. Erano oltre trecentomila iscritti: un censimento fatto sulla metà di essi diceva che i Fascisti erano, divisi per categorie: commercianti ed esercenti 13.878; industriali 4269; professionisti 9981; impiegati dello stato 7209; impiegati privati 14.989; insegnanti 1680; studenti 19.783; lavoratori del mare 1506; lavoratori dell’industria 23.418; lavoratori della terra 36.847; proprietari terrieri e piccoli agricoltori 18.084; elettori 111. 853; combattenti 87.182; con me daglia d’argento 1011, con medaglia di bronzo 4845, con medaglia d’oro 21; fascisti che occupano cariche pubbliche 1122. Le cooperative fasciste erano 138, i sindacati 614. Il congresso di Roma demandava al Consiglio N a zionale di convocarsi entro l’anno corrente con il compito di dare la forma definitiva al programma ed allo Statuto del Partito Nazionale Fascista. Il Popolo d’Italia del 27 dicembre pubblicava il programma. Mussolini nella prefazione affermava: «Dilatatosi in siffatta guisa il movimento ed avendo assunto di rette responsabilità politiche d’ordine parlamentare ed avendo indirizzato la propria azione sul terreno eco32
nomico e cooperativo, si faceva sempre più manifesto che gli scheletrici postulati teorici e pratici d ’una volta non potevano più bastare. Bisognava precisare, con cretare, approfondire, assumere posizioni di respon sabilità di fronte agli incalzanti problemi della na zione. Da ciò la necessità di costituire il movimento in partito e dare al partito un programma ». Dal 23 marzo 1919 al 7 novembre 1921 il Fascismo è diventato rapidamente vita e volontà della nazione; non ha combattuto contro questo o quel partito, que sta o quella formazione politica, ma contro uno stile, contro uno spirito che era in tutti i partiti e rappre sentava la vecchia Italia non giunta, pur attraverso 1 esperienza della guerra, alla coscienza di se stessa. È stato perciò un punto ideale di raccolta, il nucleo della nuova patria per tutti quelli che l ’avevano con quistata o riconquistata e volevano ingrandirla e dif fonderla fino a identificarla con tutto il popolo ita liano. Per questo il Fascismo è stato anti-partito, movi mento, cioè negazione di tutti i partiti e mobilitazione degli elementi attivi della vita italiana, individuati con un criterio non tecnicamente politico, ma morale. Diventato vita di tutta la nazione, aveva - però bisogno di prepararsi ad organizzare questa vita e quindi - se stesso in Stato. Perciò nasce il partito col quale il Fascismo non vuole distinguersi dagli altri partiti, virtualmente di strutti, ma iniziare « il lavoro preparatorio, veramente politico, che deve abilitarlo a reggere, in parte o in tutto, il governo della nazione». (Il partito fascista, in Popolo d’Italia, 16 novembre 1921.) Insomma il partito nasce già per lo Stato, e per lo Stato Fascista.
II D A L P A R T IT O A L L O S T A T O d
opo il Congresso di Roma, in cui il movimento, abbiamo ricordato, si trasforma m Partito, il Fascismo assume nuovi e più concreti atteggiamen ti, significati, e sviluppi di ordine positivo, merce un’esperienza più larga e più ricca della vita na zionale. , v.. D ’altra parte si compiva, per fatalità di cose, com il Duce aveva notato qualche mese prima, un pro cesso di purificazione di uomini e di chiarimento di idee Nello stesso Congresso di Roma s erano intesi discorsi di una profonda consapevolezza politica; si erano agitati problemi di ordine economico costitu zionale, morale. Poteva dirsi ormai che il Fascismo, come movimento di critica e di ricostruzione, aveva investito tutta la vita italiana. In somma l’ampiezza e lo sviluppo rapidissimo del movimento erano venuti determinando un program ma « opera collettiva», dove non mancava un acuta interpretazione e un pratico vaglio degli statuti dan nunziani di Fiume. Con il suo profondo intuito politico, Mussolini av vertiva che non si doveva fare del programma una ideologia. Si tratta di posizioni teoriche: ci sono pun ti che dovranno essere chiariti: il problema della scuo la il problema cooperativo sindacale, ed altri. Non sono dogmi. Ancora una volta il Fascismo non ha PTJ u ànottro programma - Egli dichiara - è in elabo34
razione e in trasformazione continua: è sottoposto a un travaglio di revisione incessante: unico mezzo per farne un elemento di vita, non un rudere morto ». E c’e inoltre un fatto, anzi indubbiamente il lato piu caratteristico e fondamentale del Fascismo: il programma è innanzi tutto una norma di vita mora le. Non basta avere delle idee, occorre avere la volon tà di realizzarle. Cosi e che il Fascismo, pur tanto di verso ormai dal movimento del ’19, si riallaccia ad esso ed anzi appare rigorosamente conseguenziale con esso. Il Fascismo resta un movimento d azione, un agire, un impegno totale della nostra personalità get tata in avanti. È vano dichiararsi fascisti, ove manchi questo spi rito, nel quale il Fascismo piu propriamente consi ste, ieri come oggi. Altrimenti la Rivoluzione non camminerebbe piu. E invece è in marcia. E il Duce trascina nel moto le generazioni nuove inframezzandole a quelle di Vittorio Veneto e della vigilia fascista. Non è mai stato proprio come per la nostra Rivoluzione, tanto nel senso fìsico che morale, il det to: nel movimento è la vita. Se esaminiamo il programma del ’21, occorre ri conoscere che tutto quanto il Fascismo è venuto ela borando nella teoria e nella pratica, fino ai nostri giorni, vi era contenuto in nuce. Fa meraviglia a noi stessi mentre lo constatiamo e lo documentiamo. Il punto di partenza è la Nazione « sintesi supre ma di tutti i valori materiali e immateriali della stirpe ». Lo Stato è l ’incarnazione giuridica della Na zione : « gli istituti politici sono forme efficaci, in quanto i valori nazionali vi trovino espressione e tu tela ». 35
In questa dichiarazione è il vero spirito politico del Fascismo; che ha avuto di mira non le perfette forme di governo - c’è ancora chi crede ad esse? ma lo sviluppo e il potenziamento della vita naziona le, intesa come somma di valori spirituali e - quindi come potenza e civiltà. Il Duce ebbe, piu volte, a richiamare questo prin cipio di fronte ai sostenitori delle diverse tendenze, emerse nel dibattito sulla costituzione delle Corporazioni. . ., Conseguenza immediata di tale esigenza era per U Fascismo, fin dagl’inizi, la necessità di una trasfor mazione dello Stato: investire di capacita e di re sponsabilità le associazioni professionali, economiche e culturali, limitare i poteri e le mansioni del Parla mento: creare istituti consoni alla realta politica ef fettiva. , Il programma fissava, inoltre, dei capisaldi per la politica estera, per la politica finanziaria, sociale, sco lastica, militare. Dal Congresso di Roma, il Fascismo usciva pre parato alla sua conquista del Paese. Era una massa enorme retta da una fede e da una volontà incrollabili, animata da un fecondo realismo politico II Governo, ottuso come non mai, poco se ne avvide. Basti ricordare la richiesta d’autonzzazione a procedere contro l’on. Mussolini imputato d ’« avere in Milano, nell’estate ed autunno 1919, formato un corpo armato per commettere delitti contro le persone e al fine di incutere pubblico timore». Risum teneaùs, amici?
Il 3 gennaio 1922, quando fu presentata alla Ca mera questa richiesta, in certe sfere governative an-
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cora si credeva che, per distruggere il Fascismo, fosse bastevole un processo contro il suo Capo. Assai piu sensibili i partiti sovversivi combatte rono nel 1922 le loro battaglie piu disperate, orga nizzando scioperi di vastissima trama, squadre di combattimento, imboscate micidiali. Essi s’avvede!vano che il Fascismo minava le loro basi con una ritmica serie di colpi sempre meglio aggiustati. Nel gennaio del 1922, la Segreteria generale del Partito Nazionale Fascista, preludendo ormai ad una vera azione governativa, promulgava lo Statuto per la costituzione e il funzionamento dell’Avanguardia Giovanile, destinata a raccogliere tutti i giovani dai 15 ai 18 anni, per fiancheggiare l’opera dei Fasci, e avviare i giovani all’intelligenza dei problemi che in teressano la vita e lo sviluppo della Nazione. Ancora nel gennaio, il 14, fu pubblicato uno sche ma di Statuto per l ’organizzazione e il funzionamen to dei Gruppi fascisti femminili. Lo stesso giorno si riuniva la Direzione del Partito Nazionale Fascista per stabilire che i fascisti non po tevano essere inscritti ad altri partiti e associazioni po litiche, e per stigmatizzare la criminosa ripresa degli agguati comunisti, culminanti a Bergiola con l’uc cisione dei fratelli Picciati, e a Prato con l ’uccisione di Federico Fiorio, che, morendo, si doleva di non poter far altro per il suo Paese. Mussolini inviava, per la morte dell’eroe, un mes saggio che qui riproduciamo come documento della spiritualità altissima che già pervadeva il Fascismo in quel tempo : « Se il Fascismo non fosse una fede, come darebbe lo stoicismo ed il coraggio ai suoi gre gari? Solo un prode che ha raggiunto le altitudini religiose, solo una fede può suggerire le parole uscite 37
dalle labbra ormai esangui di Federico Florio. Esse sono un documento, esse sono un testamento, sono semplici e gravi come un versetto del Vangelo. I fa scisti di tutta Italia le raccolgano e le meditino m si lenzio, continuando a camminare sempre piu risoluti verso la mèta. Nessun ostacolo a fermerà ». Il 24 si costituiva in Bologna l’Unione federale ita liana delle Corporazioni. . ., , I sindacati operai, organizzati dai Fasci, abbando nando il mito dell’apoliticità, assumevano veste fa scista, riconoscendo, oltre la classe, ’esistenza della Patria e della società. In conseguenza di ciò il apri le era dichiarato festa italiana del lavoro. Nel febbraio un convegno di universitari fascisti, a Bologna, deliberava la costituzione dei Gruppi Uni versitari Fascisti, in ciascun Ateneo. Congressi provinciali dei Fasci mostravano dap pertutto la potenza ormai raggiunta dal Partito Verso la fine del febbraio saliva al potere il Mi nistero Facta, e il 3 marzo, con una vera magistra e azione militare, il Fascismo giuliano capitanato da Giunta, insieme ai legionari dannunziani, e agli ex combattenti, cacciava da Fiume il Zanella spianando cos definitivamente all Itali la via per il possesso della citta olocausta. È il periodo questo dei grandi concentramenti fa scisti, delle rassegne enormi di forze nelle citta l a t e , dinanzi alla borghesia timorosa ed ammirata. Ricorderemo, per esempio, l’adunata di Milano per la celebrazione del 23 marzo, di oltre 30.000 Camicie Il 2, 4 e 5 aprile ha pure luogo, a Milano, il Con vegno del Consiglio nazionale dei Fasci di combatti mento, in cui si discute, principalmente, dell indirizzo
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politico del Partito. Mussolini dichiara che il Fasci smo deve cominciare ad « inserirsi nella vita nazio nale per esserne la forza viva ed operante », anziché abbandonarsi ad una pura e semplice azione violenta che potrebbe essere fatale alla Nazione ancora conva lescente. L ’8 aprile esce il primo numero del settimanale delle Corporazioni sindacali fasciste « Il Lavoro d’I talia » con un proclama ai lavoratori italiani. Il 15 giugno la Segreteria generale delle Avan guardie Giovanili fasciste, d’accordo con la Direzione del Partito, decide la costituzione dell’organizzazione dei Balilla, destinata ad accogliere tutti i fanciulli dai io ai 15 anni. Con audaci colpi di mano il Fascismo occupa mili tarmente vasti centri ribollenti di sovversivismo come Bologna e Ferrara. Ecco allora che nel luglio i socialisti tentano dispe ratamente di opporsi all’incalzante marea fascista, or ganizzando vasti scioperi. Ma la mobilitazione delle Camicie Nere rende vana la loro lotta. Il Ministero Facta deve dimettersi: e del pari numerose ammini strazioni socialiste, specie nei Comuni lombardi, sono costrette ad ammainare la bandiera rossa. In vista dell’ultimo tentativo di uno sciopero gene rale, il Fascismo ordina una grandiosa mobilitazione a Sarzana e lancia un « ultimatum » ai socialisti e al governo. « Se fra 48 ore la minaccia dello sciopero generale non sarà ritirata, o, proclamato lo sciopero, questo, fra 48 ore, non avrà termine, i fascisti italiani lo fa ranno finire non rifuggendo da qualsiasi mezzo, an che il più estremo ». Lo sciopero finiva miseramente. Pertinace, il socia-
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lismo lo riprendeva per il i° di agosto. La mobilita zione fascista, che ne segui, fu enorme. A Milano fu occupato il Palazzo del Comune e venne data alle fiamme la redazione dell ’Avanti! A Genova, con un audace colpo di mano, i fascisti occupavano il porto; a Sampierdarena, a Savona, a La Spezia, le legioni liguri e toscane spezzavano la ribelle tracotan za della gente di mare. A Parma, con cinque giorni di battaglia, i fascisti occupavano il potere. A Livor no la «Disperata» riusciva a mettere ordine nella città dai rossi gettata nella devastazione. In moltissi me città d’Italia il combattimento fu tenace e sangui noso. Ma le organizzazioni socialiste crollavano sotto i potenti colpi di maglio: lo sciopero cadeva stron cato. Già si parlava della Marcia su Roma. In un in tervista concessa al Mattino di Napoli Mussolini di ceva : « La Marcia su Roma è in atto. Non si tratta, intendetemi bene, della marcia delle io o o 300.000 Camicie Nere inquadrate formidabilmente nel Fasci smo. Questa Marcia è strategicamente possibile, attra verso le tre grandi direttrici', la costiera adnatica, quel la tirrenica, e la valle del Tevere, che sono ora total mente in nostro assoluto potere. La Marcia su Roma è in atto, nel senso storico, se non in quello propria mente insurrettivo; è cioè in atto la formazione di una nuova classe politica italiana, alla quale sara pros simamente commesso l’arduo compito dì governare, dico governare, la Nazione ». Il 18 di agosto veniva costituito il Fascio di com battimento di Parigi e durante tutto quel mese s’in gigantiva il Fascismo meridionale. La Marcia su Roma era ormai fatale. « Il fenomeno del proselitismo fascista, che invece 4°
di illanguidire, aumenta in proporzioni sempre mag giori, col passare del tempo dà l’idea di qualche cosa di fatale che è ormai superiore alla volontà degli uo mini. Il fiume del Fascismo continua ad alzare il li vello delle sue acque, che hanno già abbattuto parec chi argini e strariperanno fra poco dovunque. Ora ecco i nostri nemici che fingono rallegrarsi di questo imponente e rapido crescere delle nostre forze e spe rano di vederle, con la stessa rapidità, disperdersi e morire ». « Ma », osserva Mussolini, « il troppo rapido in grossamento delle file costituisce un serio pericolo per i partiti combinati alla moda antica: per i partiti, cioè, che possono essere considerati come vaste assem blee diffuse su tutto il territorio: assemblee di dispu tanti, i quali, disputando, finiscono naturalmente per differenziarsi... Il Fascismo è un’altra cosa. I suoi iscritti sono prima di tutto soldati,... chiedono di combattere, non di discutere ». È un avvenimento che ha del prodigioso, questo. L ’accelerato ingrandirsi del movimento fascista, le sue vittorie, il fatto che, dopo lo sciopero dell’agosto, esso tenesse ormai saldo in mano lo Stato, non diminuì di un briciolo la sua potenza e la sua azione. Anche i Sindacati, investiti di un profondo senti mento politico, lottavano contro le affermazioni del sindacalismo sovversivo; e già nel giugno, nel Cremo nese, erano insorti contro il troppo noto Lodo Bian chi, che tentava di costituire dei veri e propri sovieti. La conquista del potere derivava come, logica con seguenza dal fatto che il Fascismo oramai era e costi tuiva esso il vero potere della Nazione. Tanto che girò per la Penisola la notizia, smentita dal Popolo d’Italia, che il Fascismo preparasse la Marcia su Roma. 41
Il 20 di settembre, a Udine, in occasione della gran de adunata dei Fasci della Venezia Giulia, Mussolini pronunciò un discorso alto, impetuoso, e insieme di quadrate proporzioni, nel quale fra l’altro proclamo con passione divisamenti degni del fiero poeta ro mano della sua giovinezza, Giosuè Carducci: « Ele viamo con animo -puro e sgombro da rancori il nostro pensiero a Roma, che è una delle poche citta dello spirito che ci siano nel mondo:... noi pensiamo di fare di Roma la città del nostro spinto, una citta, cioè, de purata, disinfettata da tutti gli elementi che la cor rompono e la infangano; pensiamo di fare di Roma il cuore pulsante, lo spirito alato dell Italia imperiale che noi sogniamo ». E ancora : « Il nostro programma è sempre: voglia mo governare l’Italia ». « A d un dato momento bisogna che uomini e par titi abbiano il coraggio di assumere la grande respon sabilità, di fare la grande politica, di provare i loro muscoli. » Il 24 di settembre, inaugurandosi a Cremona 50 gagliardetti di Sindacati operai fascisti, Mussolini pronunciò un altro discorso in cui vibra e avanza 1 ala dell’imminente futuro: a Quello che abbiamo fatto è poco a paragone di quello che dobbiamo fare... Noi vogliamo che l’Italia diventi fascista perché siamo stan chi di vederla all’interno governata con principii e con uomini che oscillano continuamente tra la negli genza e la viltà ». Il 4 di ottobre, finalmente, alla sede della Squadra « Antonio Sciesa » di Milano, Mussolini rincalzava : « Il dissidio è fra Nazione e Stato. L ’Italia e una Nazione. L ’Italia non è uno Stato... Ma la Nazione deve darsi allo Stato. E lo Stato non c’è ». 42
Ricordando le azioni di Spezia e di Bolzano, Egli sottolineava come lo Stato vero, attivo ed operoso, non fosse quello rappresentato dal Governo; lo Stato era già il Fascismo. « Ormai lo Stato liberale è una ma schera dietro la quale non c’è nessuna faccia. È un’im palcatura; ma dietro non c’è nessun edificio. Ci sono delle forze; ma dietro di esse non c’è più lo spirito... La Nazione spera in noi. La Nazione si sente rap presentata da noi ». Vero preludio della Marcia, il 2 di ottobre, le forze fasciste occupavano Bolzano cacciandone un tipico rappresentante del Governo in sfacelo: il senatore Credaro. Il 7 di ottobre, dal Popolo d’Italia Mussolini infu riando esclamava: « Cosi non si può andare avanti! La Nazione non può ospitare due governi anzi due Stati. Bisogna dare un solo governo alla Nazione ». Il problema era posto in forma definitiva nell’adu nata di Napoli. Nel discorso ivi tenuto, squillante e sfavillante di suoni e lampeggiamenti di battaglia, Mussolini riget tava ogni offerta di collaborazione, dichiarava che il problema era diventato un problema di forza. Michele Bianchi interrompeva, il giorno seguente, la discussione con la frase, divenuta storica: « lo vi richiamo, egli disse, al senso della misura. Abbiamo ancora parecchi temi da trattare e il tempo fugge. Insomma, fascisti, a Napoli ci piove, che ci state a fare? lo a mezzogiorno dì domani debbo essere a Roma ». Il Convegno di Napoli era stato una rassegna im ponente delle forze fasciste, e insieme un esame se vero e proficuo della ricchezza ideale e dottrinale rag giunta dal Partito. C i si era preoccupati dei proble mi squisitamente governativi, come la questione me43
ridionale e delle isole, i fattori della produzione e del l ’educazione, il problema sindacale e dei combattenti, la politica estera, la questione finanziaria ed economi ca del paese. Larghezza di idee, profondità di vedu te, viva passione e coscienza, avevano tenuto molto in alto la discussione, da cui s’era rivelata, in tutta la sua gagliardia e possibilità, un’effettiva classe dirigente, una larga schiera di uomini, in gran parte giovani o giovanissimi, ma usciti quasi tutti dall’esperienza del la guerra, una schiera formidabile di uomini prepa rati al potere, oltre che decisi alla conquista del po tere. Padrone delle vie e delle piazze, espugnatore in contrastato dei forti e delle trincee rosse, bianche e verdi, atteso con fiducia da tutta Italia, sostenuto da un esercito potente per numero, per disciplina, per capacità rivoluzionaria, Mussolini stabili definitiva mente di marciare su Roma. Si racconta che nel ’21, al Congresso di Roma, qualcuno gli dicesse : « Abbiamo qui 20.000 fascisti armati. Perché non facciamo prigioniero il Gover no? » Egli sorrise e rispose: a Fra un annor>. L ’anno era scaduto. Nella riunione del 29 settembre del ’22 Egli annun ciò la Marcia: il 16 di ottobre nella seduta al Fascio milanese nominò il Quadrumvirato che doveva assu mere il comando delle operazioni: Balbo, Bianchi, De Bono, De Vecchi. In occasione del Congresso di Napoli si precisarono i particolari. Il 27 di ottobre il Quadrumvirato lancia va ai Fascisti di tutta Italia l ’ordine di mobilitazione « puntando disperatamente su Roma ». Lo stesso 27 ottobre il Ministero Facta presentava le dimissioni. Il giorno appresso, quando molte pre44
fetture sono occupate dalle forze rivoluzionarie, e le legioni marciano verso Roma, il Consiglio dei Mini stri decide la proclamazione dello stato di assedio. Ma il Re, tornato a Roma dalla residenza autun' naie, si rifiuta di firmare il decreto già in via di ese cuzione, e di renderlo quindi valido; Facta è perciò costretto a dare il contrordine. A lle 12,45 ^el 28 giun ge a Perugia un telegramma cifrato che ordina di annullare il dispaccio precedente, relativo appunto al la dichiarazione di stato d ’assedio. Il proclama del Quadrumvirato, reso pubblico at traverso le edizioni straordinarie del Popolo d’Italia e degli altri quotidiani della Penisola, infiamma di entusiasmo e di ardore non solo i Fascisti mobilitati, ma la stessa popolazione che sente di vivere le ore della crisi benefica, quella che sana ogni male e de cide la salvezza della grande inferma: l ’Italia. « O ggi l ’esercito delle Camicie Nere riafferma la vittoria mutilata e, puntando disperatamente su Ro ma, la riconduce alla gloria del Campidoglio. Il Fa scismo snuda la sua spada per tagliare i troppi nodi di Gordio che irretiscono e intristiscono la vita ita liana. Chiamiamo Iddio sommo e lo spirito dei nostri cinquecentomila morti a testimoni che un solo im pulso ci spinge, una sola volontà ci raccoglie, una passione sola ci infiamma: contribuire alla salvezza e alla grandezza della Patria ». Il dado era tratto. La battaglia estrema impegna ta. Che sarebbe avvenuto? Sangue fu sparso. Diversi morti che consacrarono le prime ore della grande in surrezione. Le resistenze si delinearono aspre, in mol ti settori, e tenaci. Ma la volontà di spezzarle era d ’ac ciaio. E i nemici la sentirono e ne subirono la forza travolgente. 45
Quello che avvenne è ormai storia che il popolo si tramanda anche oralmente: da Perugia, quartiere del comando della Rivoluzione, l’esercito fascista mosse inesorabilmente verso Roma; in tutta Italia la mobiitazione fu simultanea e potente; occupate le citta, de posti i poteri costituiti, assunto il Governo provviso rio dall’Emilia, dalla Romagna, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalle Puglie, dalla Campania le legioni continuavano ad affluire verso Roma. ^ Dalla sua munita trincea del Popolo d’Italia, il Duce impartiva di ora in ora gli ordini della Marcia: ca mo, preciso, sicuro. Il 29 di ottobre il Re lo chiamava telegraficamente a Roma e gli dava il mandato di formare il Mini stero. , ., La Rivoluzione aveva attinto la sua meta piu gran de: Roma. , Le legioni entravano nella capitale e sfilavano da vanti al Re d’Italia, alla cui augusta presenza, la mattina del 30, Mussolini proclamava con solennità lapidaria degna dell’epica ora: a Reduce dalla batta glia fortunatamente incruenta che si è dovuta impe gnare, porto a Vostra Maestà l’Italia di Vittorio Ve neto, riconsacrata dalla nuova vittoria ». Nella mattinata del 31 le legioni si recavano alla Tomba del Milite Ignoto a santificare, nel rito patrio, l’avvenire della nuova Italia. E li dopo aver celebrato la vittoria, ai piedi del Vittoriano il Duce lanciava al popolo italiano il primo messaggio in cui e trac ciato il programma della formidabile opera di rico struzione nazionale: « Italiani! N el ricordo e nella celebrazione della grande Vittoria delle nostre armi, la Nazione tutta ritrovi se stessa, e adegui la sua coscienza alle dure 46
i necessità del momento. Il Governo intende governare e governerà. Tutte le sue energie saranno dirette ad assicurare la pace all’ interno e ad aumentare il presti gio della Nazione all’estero. Solo con il lavoro, con la disciplina e con la concordia, la Patria supererà defini tivamente la crisi per marciare verso un’epoca di pro sperità e di grandezza ». Il Fascismo s’impadroniva cosi del congegno poli tico dello Stato. Spiritualmente era già diventato espressione ener gica della Nazione, di cui aveva liberato dal lungo silenzio le voci eroiche, quelle piu antiche e le novis sime della guerra, quelle che le avevano sempre addi tato una missione da compiere, e che sembrava do vessero rimanere soffocate nei volumi degli apostoli e degli statisti, nei carmi dei poeti e nei diari dei com battenti fedeli. A questa conquista per cosi dire interiore, il Fasci smo era giunto soprattutto per l’opera del Capo, la cui personalità aveva come raccolto in sé e vivificato tutte le esigenze vitali della millenaria storia italiana, e la cui parola, negli ultimi tempi, era diventata, per i gregari e per il popolo, disciplinatrice, ammonitri ce, religiosamente presaga del compito grandioso a cui il Fascismo s’apprestava. Ma il potere per il Fascismo rappresentava la con quista d’un metodo piu che di una realtà da conser vare, e precisamente del metodo con cui r in n o v a re e ricostruire la vita della Nazione, inquadrandola via via nella originale e potente organizzazione del nuovo Stato.
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Ili IL P A R T IT O N E L L O S T A T O F A S C IS T A
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a conquista del potere iniziava un’epoca nuova per j il Fascismo: piu ardui si facevano i compiti, più vaste le responsabilità. Trasformandosi da mo vimento di popolo in partito di Governo, esso do veva disciplinarsi, approfondirsi, passare dalla critica e da una posizione di carattere generale alla concreta opera governativa, i cui problemi, in quell ora dram matica, erano urgenti e complessi come non mai dalla costituzione del Regno. Dopo quattro anni di guerra ed altrettanti di tene broso dopoguerra, bisognava ricreare l’organismo del lo Stato, logorato e corroso; si dovevano armonizzare in una nuova società le classi stagliatesi e differenzia tesi in una lotta continua ed acerba da un paio di de cenni, lotta che il dopoguerra aveva esasperata; si do veva riordinare la vita spirituale sbandata dalle pas sioni, dagl’interessi, dal nuovo ingresso nel mondo del blocco nazionale Italia, ancora bagnato dal sangue di tutti i suoi figli, dalle Alpi alla Sicilia. Grande e primo vantaggio questo della guerra; ma se i vecchi valori morali si erano perduti in gran parte o mutati, e le vecchie tradizioni s’erano illanguidite o spente, non s’era riusciti tuttavia a sostituirne in effetto altri più cònsoni al nuovo tempo. Si doveva, infine, reagire alla profonda crisi economica, crisi di produ zione, scoppiata nel dopoguerra, che aveva trovato impreparati uomini politici e capitani d industria. Situazione cosi torbida non si era adunque mai
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vista da noi. Nel prevalente parlamentarismo i poteri dello Stato, e soprattutto il potere esecutivo, avevano perso la loro funzione e il loro carattere storico; nella crisi morale ed economica, la grossa borghesia, im pinguata dalla guerra, cosi come la piccola borghesia e le masse proletarie, dopo quattro anni di sforzi san guinosi da un lato e di ben retribuite affannose pro duzioni belliche dall’altro, avevano svigorito in sé, se non del tutto smarrito, la vera coscienza del lavoro e della normale vita italiana, necessariamente modesta: fallimenti di aziende e di banche colpivano i rispar miatori; mentre un’orgia godereccia e spendereccia caratterizzava il primo tempo della pace, che sem brava venuto come in una bella favola. Mussolini si presentava al Parlamento con la co scienza integrale de’ suoi compiti; non solo realiz zare lo Stato nell’ambito delle istituzioni, ma ricreare una coscienza morale e civile fra la generale confu sione incertezza dispersione; risanare la crisi econo mica; ridare il senso austero del lavoro; riprendere con ignita e fierezza la guida della politica estera arrug ginitasi nelle timide mani dei condottieri dell’iniqua pace di Versaglia. ^ Il concetto fascista dello Stato integrale, dello Stato che e vita politica, vita economica, ed insieme vita morale, e che investe tutta la realtà dell’uomo, sorge hn da ora, dalle stesse necessità del tempo. Il dramma di quegli anni, infatti, mostrava aper tamente la fine di un sistema, di un concetto dello Stato e del Governo. Mussolini era davvero l ’uomo della Provvidenza, dotato di una poderosa facoltà di sintesi che gli permetteva di scorgere la mèta e l ’es senza ultima della Rivoluzione, ed insieme ricco di quello spirito di analisi che contraddistingue il vero
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politico, e gli sa suggerire immediatamente 1 azione da compiere momento per momento. Ora grave per il Fascismo! Esso doveva imporsi una piu severa disciplina, una piu devota fede agl ideali per cui aveva combattuto e vinto, il coraggio, la forza d’animo e la capacità di non tradire la Vittoria, ma di adoperarla per il trionfo delle idee che ave vano animato la Rivoluzione. Il Fascismo, essendo il Capo dello Stato Mussolini, era, per dir cosi, assunto dal Governo. Il Partito, allora, doveva trasformarsi in uno strumento obbediente e capace nelle mani del Duce. Nel famoso discorso alla Camera, esaminando uno per uno tutti i problemi della vita morale politica economica e religiosa italiana, con la penetrazione e la limpidezza dell’uomo risoluto ad operare, Mus solini formula anche il compito nuovo del Partito: « Chiunque si erga contro lo Stato sarà punito. Que sto esplicito richiamo va a tutti i cittadini, ed io so che deve suonare particolarmente gradito alle orecchie dei fascisti, i quali hanno lottato e vinto per avere uno Stato che s’imponga a tutti, con la necessaria ine sorabile energia ». Con quel discorso, il Duce riscat tava in pieno il Fascismo, come espressione e valore della Nazione italiana, anziché come puro strumento di una minoranza. « Non bisogna dimenticare c e, al di fuori delle minoranze che fanno della politica militante, ci sono 40 milioni di ottimi italiani... » D i fronte alle possibilità che si offrivano al Partito, essere il segreto custode della Rivoluzione e il padro ne dello Stato, come per es. in Russia; oppure scio gliersi, secondo che andava predicando certa corrente borghese liberaleggiante, in buona o in cattiva fede, Mussolini assegnava al Partito il compito, ertamente più arduo, indubbiamente importante ed efficace, di 5°
essere, in seno alla Nazione, lo strumento dello Stato nascente. Se le sue parole surriferite, infatti, valgono contro la tendenza, per dir cosi, comunista, queste al tre, pronunciate poi nel 1929, servono a chiarire il pensiero del Duce di fronte alla seconda tendenza: « Non si tratta di sapere se il Partito debba esistere o meno; perché se il Partito non ci fosse io lo inven terei e lo inventerei cosi come è il P. N . F., nume roso, disciplinato, ardente, a struttura rigidamente ge rarchica. Si tratta di situare il Partito nello Stato. Ma questo e già stato fatto, o immemori dell’antifascismo, sino dal 1921, nelle dichiarazioni programmatiche del Fascismo, come ha ricordato Michele Bianchi alla Camera, e sin dal 6 gennaio 1927, o ancora molte vol te smemorati, nella mia circolare ai Prefetti, non dimenticata né dimenticabile. « Sin d ’allora io proclamavo che il Partito non è che una forza civile e volontaria agli ordini dello Stato, cosi come la Milizia V . S. N . è una forza ar mata agli ordini dello Stato. Il Partito è la organiz zazione capillare del Regime. La sua importanza è fondamentale. Esso arriva dovunque. Più che esercitare un autorità, esso esercita un apostolato e, con la sola presenza della sua massa inquadrata, esso rappresenta l ’elemento definitivo, caratterizzato, con trollato, in mezzo al popolo. È il Partito con la massa dei suoi gregari che dà all’autorità dello Stato il con senso volontario e l’apporto incalcolabile di una fede. Ogni dualismo di autorità e gerarchia è scomparso ». Cosi nel Gran Rapporto del Fascismo a Palazzo Venezia, il 14 settembre 1929. D i questo importante discorso occorre anche sottolineare un’altra frase : « Il Partito Nazionale Fascista è la forza spirituale del Regime ». 5i
Posizione netta, dunque, ben definita, anche se diffàcile, tanto difficile che la storia del Partito in questi dodici anni può rappresentarsi come la graduale e faticosa conquista di questa sua posizione e di questo suo valore. Non è, perciò, da meravigliarsi se non subito e non tutti intesero cosi; se ci furono, specie nei primi tem pi, incertezze e sbandamenti, se la storia del Partito non è un idillio ma un dramma. Nei primi tempi, in una massa tanto grande pote va ben accadere che qualcuno non ci si ritrovasse in questi compiti nuovi. Del resto non bisogna dimenti care che la situazione generale non era allora quella di oggi. Mentre si tendeva a trasformare il Partito e ad adeguarlo alla nuova funzione, restava tuttavia in piedi una opposizione di partiti, di masse, di giorna li: continuavano le imboscate e gli agguati, le lotte cruente, che mantenevano il Partito nella necessita avuta fino allora di difendersi anche con la violenza. N é ancora gli organismi dello Stato erano fascisti: non si poteva, infatti, in un baleno ricrearli o trasfor marli. Come graduale (non lenta; non si può parlare di lentezza in un’azione che si svolge nel rapidissimo volgere di pochi anni) fu la ricostruzione dello Stato, cosi graduale doveva essere la trasformazione del Par tito. Nelle Provincie accadeva questo: da tempo il Fascismo vi si era imposto come effettivo Governo ed effettiva autorità, contro gli organi dello Stato; ed ora dopo la Marcia, essendo gli organi governativi organi dello Stato fascista, il Fascismo avrebbe do vuto disarmare. Tuttavia per necessità di cose, e per ché gli uomini e g l’istituti - dicemmo - non cambia no in un giorno, gli organi governativi non davano garanzia di esser davvero fascisti. D i qui, allora : dis52
sidi col di una quanto zazione
Fascismo locale, lotte e battaglie e l’apparenza scoraggiante e incorreggibile confusione. È potrebbe chiamarsi il dramma della fascistiz dello Stato.
N é bisogna dimenticare la ressa degli arrivisti e degl’intriganti che, pur fra molti ottimi elementi, sollecito la tessera e l ’ingresso al Partito, aggravan do la sua crisi d ’interna riorganizzazione. E ancora non bisogna dimenticare che mancando il luogotenen te unico che eseguisse gli ordini del Duce, i trium virati e pentarchie che fossero, erano indeboliti da dissensi interni e da contrasti di vedute. Sono mesi di una vita tumultuosa e passionale, durante i quali anche la fusione con i Nazionalisti portò i suoi tur bamenti nelle situazioni locali e nelle condizioni ge nerali. 6 L ’opposizione credette di aver trovato la base della sua lotta; s’inventò il Mussolinismo come un quid politico diverso e contrario al Fascismo; e lo Stato fascista come avversario del Partito fascista. Orbene, la battaglia interna di Mussolini per ria nimare e riordinare il movimento, compiuta fram mezzo le piu ardue cure del Governo e le piu tre mende responsabilità dello Stato, non è, fra le sue molte, la meno importante. I discorsi del ’23 e del 24 sono uno specchio fedele di quest’opera prodigio sa^ Quindici mesi dopo la Marcia su Roma, il 28 gen naio 1924, Egli faceva dell’opera del Partito questa specie di bilancio da cui risulta, meglio che da ogni nostro discorso, la gravità di quegli anni. « Il travaglio del Partito durante tutto l ’anno 1923 e stato formidabile. O ggi che la parola non suscita piu emozione si può dire che, sia pure a scaglioni, e sia pure in successioni di tempi, tutto il Partito è stato 53
sciolto e quindi ricomposto. Sintomatico e confortante è il fatto che questo complesso travaglio di trasforma zione non abbia diminuita la efficienza politica del Partito, pur determinando degli alti e dei bassi sulle situazioni locali. Quella che si potrebbe chiamare in telligente selezione del Partito non ha dato ancora i suoi frutti perché qua e là permangono crisi locali piu o meno importanti: ma li dara. C i sono pero dei luoghi comuni che devono essere tolti immediatamen te dalla nostra circolazione. Bisogna dire senza eufe mismi che la mania del Fascismo e del diciannovismo, a base di vecchie guardie, di^ Fascismo della prima ora e della ventiquattresima è semplicemente ridicola. « Il veteranismo di un movimento che avra, soltan to fra due mesi, e cioè il 23 marzo i924> appena cin" que anni di vita, pur avendo riempito in si breve lasso di tempo tanta parte della storia d Italia, e si potrebbe dire del mondo, il veteranismo, dicevo, non ha alcuna giustificazione. I fascisti della prima ora erano lette ralmente poche diecine. A l Congresso di Firenze, che si tenne nell’ottobre dell infausto 1919* i Fasci rap presentanti di tutta Italia non arrivavano a 40. Finia mola, dunque, coi fascisti della prima e dell’ultima ora 5 questo criterio non può bastare e non basta nella pratica dei casi a distinguere i migliori dai peggiori. Cosi pure deve essere bandito il concetto del purismo fascista, del quale sarebbero banditori e portatori certi spiriti privilegiati, specie di asceti frigidi e incorrotti della Politica. Certo puritanesimo è altamente sospet to. Non è la prima volta che accade, strappando la maschera, di trovare, invece che il volto dell’apostolo, ' la faccia ambigua e sorniona del mistificatore. « Un altro punto sul quale conviene fermare il di54
scorso è l ’antitesi che si vuole creare tra Fascismo e Mussolinismo. Io mi spiego il fenomeno, ma dichiaro che non lo accetto. Me lo spiego, dicevo, pensando che questi mussoliniani si dividono in due categorie, una delle quali, quella in mala fede, supera di gran lunga l’altra dei mussoliniani in buona fede. In realtà il mussolinismo dovrebbe essere per certa gente una specie di viatico e di passaporto per poter in un pri mo tempo combattere Mussolini, il quale, da persona discretamente dotata di esperienza politica, diffida di questi mussoliniani e dichiara che il piu deciso degli antimussoliniani è Mussolini. Certi dissidenti sono pre gati di non abusare oltre del mio nome ». Il Partito non trovava ancora la sua forma e la sua mentalità; essendo ancora partito fra i partiti, es so risentiva, anche per poco, della mentalità da cui il Fascismo cercava di sottrarsi e alla quale cercava anzi di opporsi. Cosi, ad esempio, nella imminente lotta elettorale del 1924, Mussolini doveva ancora ammo nire : « Non voglio che tutto il Partito sia affetto in un breve lasso di tempo da questa malattia. Voglio che un reparto del Partito funzioni nel Parlamento, ma che il Partito resti fuori intatto a controllare e so spingere i suoi rappresentanti. Essere quello che deve essere, e cioè una riserva sempre intatta della Rivolu zione Fascista (24 marzo 1924). » Ma prima che il Partito potesse risolutamente av viarsi a diventare, nella nazione fascistizzata, que sto vivaio sicuro e perenne, una grave prova, fra le altre, dovette sostenere. Alludo all’uccisione del de putato Matteotti. Questa uccisione sfruttata fino al l’osso da tutte le opposizioni, e trasformata in una ridicola questione morale che avrebbe dovuto avere 55
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ragione del Regime e distruggerlo, come si distrusse il governo di Crispi, segnò un’ora suprema, di quelle in cui si provano le fedi e le volontà. Il Duce dovette assistere a viltà e diserzioni; il Fascismo fu investito da una fangosa campagna di odio e di accuse, che non risparmiò nessuno, nemmeno il suo Capo. Le provincie, il cui assetto politico aveva dato, nei primi mesi di Governo, tanta preoccupazione, ritro vano in questo tragico momento la loro funzione e dànno prova della loro fedeltà. Mentre nella citta ancora del Parlamento, in Roma, gli intrighi, i tra nelli, le speranze si accumulano in una grottesca e immonda lotta contro il Fascismo, le provincie bal zano in piedi, e a Bologna, ad esempio, il 19 di giu gno, un’adunata di cinquantamila Fascisti venuti da tutta Italia mostra all’antifascismo romano che il Fa scismo è ancora una muraglia da scalfire. La libertà della stampa e delle opposizioni diventa licenza e de litto. A i primi di agosto si raduna in Roma il Con siglio nazionale del Fascismo. Mussolini, magnifico nella sua tenacia e nella sua forza ferrea, esamina con fredda chiarezza la situazione. « N oi siamo un eser cito, un partito, una massa accerchiata», egli dice. « L a battaglia è delicata ed esige una strategia assai fine ». Strategia che consiste nel continuare l’opera in trapresa di andare verso il popolo, o meglio di rima nerci in mezzo, per resistere al supremo tentativo de gli avversari : isolare il Fascismo nel paese. « N oi dob biamo rispondere a questo piano tattico e strategico dei nostri avversari cercando di evitare questo isola mento nel paese, cioè facendo dell’azione amministra tiva e del sano sindacalismo che ci avvicini alle mas se. Per evitare - poi - l ’isolamento nel Parlamento dob biamo incominciare a contarci fra noi ».
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Accanto all’opera del Governo, il Duce segue gior no per giorno l ’azione del Partito. « Investito im provvisamente dalla bufera, il Partito Nazionale Fa scista ha magnificamente resistito - egli afferma. V i sono state qua e là delle defezioni singole; piccoli vuoti che sono stati colmati con elementi migliori. L ’utilità della grande crisi è anche data dalla libera zione della zavorra. Tale opera di necessaria sele zione dovrà essere metodicamente continuata». Ora si deve dare un governo al Partito, un governo « in grado di governare ». « Se mai fosse concesso di anticipare - dichiara Mus solini - io credo che il nuovo governo dovrà agire sul Partito inflessibilmente, per migliorarlo e renderlo idoneo alle nuove necessità. Non solo bisogna libe rarsi dai fannulloni, dai profittatori, dai violenti senza scopo; ma bisogna che tutto il Partito si raccolga in una disciplina piu severa, meno formale, piu alacre, pili attiva, meno facile a quelle esteriorità che, ripe tendosi, stancano e diventano convenzionali. « Poiché la necessaria intransigenza deve essere in telligente... Il Partito deve agire nei suoi cinquemila comuni, facendo della buona, della saggia, della one sta amministrazione... Andare al popolo, insomma, specie verso quello che fu troppo a lungo dimenticato, con animo puro, senza demagogia, con cuore pater no, per farne un elemento essenziale di solidità della Patria. E soprattutto, assoluto disinteresse, fino alla rinuncia totale. Se noi daremo questo esempio alle nuove generazioni, non v ’è dubbio che il Fascismo rappresenterà un periodo importante nella storia della civiltà italiana ». Questa l ’opera da compiere, con risolutezza. Il Par tito, messo sopra questa strada, può anche « ignora57
re » le opposizioni. Per il resto, quanto ai « revisioni sti », ai « fiancheggiatori », ai fascisti di questa o di quella « tendenza » (parole e programmi e giornali che potevano far pensare che il Fascismo si fosse spez zettato nella tragica ora in tanti gruppi e sottogruppi, perdendo la sua magnifica unità e l’assoluta fede e di sciplina verso il Capo) il Consiglio nazionale del Par tito Fascista, convocato nell’agosto del ’24, per serrare le file e preparare il suo quarto grande Congresso Nazionale, mostrava chiaramente che in seno al Par tito non esistevano tendenze : « Il Fascismo non le ha mai avute, né le avrà mai. Ognuno di noi ha il suo temperamento, ognuno ha le sue suscettibilità, ognuno ha la sua individuale psicologia, ma c’è un fondo comune sul quale tutto ciò viene livellato, e sic come noi non promettiamo qualche cosa di definito per l’avvenire, ma lavoriamo per il presente con tutte le nostre forze, cosi credo che il Partito Nazionale Fascista non sarà mai tediato, vessato e impoverito dalle interminabili discussioni tendenziali, che face vano, una volta, nella piccola Italia di ieri, il piccolo trastullo della non meno piccola Borghesia Italiana ». Per tutto il 1924, assidua e tenace è l’opera di Mus solini per il Partito. Mai, forse, come allora, egli fu in mezzo al Partito, a guidarlo, a sorreggerlo, a pla smarlo. E si comprende : è l’anno decisivo per il Fa scismo, in ogni suo settore; l’azione del Capo deve es sere diuturna, precisa, incessante. Dopo, passata la bufera e intrapresa la nuova strada, il Partito potrà percorrere anche un po’ da sé, a grandi tappe, se gnate da vivaci ricognizioni, la strada tracciatagli dal Duce. Ma allora c’era bisogno di un’assistenza minuta, momento per momento. E ben la conobbero e spe-
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rimeritarono i segretari del Partito dell’epoca che fe delmente eseguirono gli ordini e scattarono ai cenni. A rivedere adesso i documenti di quel periodo, s’in tende quale gigantesca battaglia Mussolini abbia com battuta e vinta nel Parlamento, nel Paese, nel Partito. L ’undici novembre del 1924, convocata la maggioran za parlamentare nella sala Borromini, Egli esaminava i risultati degli ultimi cinque mesi di governo e ritor nava sul problema del Partito. « Poiché seri motivi di critica non vengono avan zati - Egli diceva - su tutti gli altri rami dell’atti vità complessa e continuativa del Governo, si ritorna all’accusa di antimoralizzazione per via del rassismo, dell’illegalismo ». (Noto appena, fra parentesi, che la legalità degli altri si era espressa nell’uccisione di Armando Casalini!). «M a - continua Mussolini - c’è in tutta la compagine del Partito un travaglio di se lezione, di coordinamento, di adattamento ai nuovi compiti. G li inadatti scompaiono. Sono eliminati o se ne vanno. Sintomo di questo cambiamento è il fatto che a Bologna sorge il primo grande Istituto di cul tura universitaria fascista. Bisogna aiutare questo va sto travaglio di trasformazione e di assimilazione, non vessarlo, non irriderlo, non risospingere verso le azioni della violenza gli animi ». E ancora : « Notevole, e in un certo senso confortante è tuttavia il fatto che i fascisti restano fedeli al Partito e al Governo, poi ché comprendono che sono soprattutto essi, i quali, piu degli altri, devono prestare ossequio alle leggi. « Ma devono immediatamente comprendere la ur gente necessità di orientare l’attività pratica del Par tito su questa linea : a) Bisogna sostare con le cerimonie, adunate e sa gre. La frequenza di queste manifestazioni le spoglia 59
di ogni solennità. Il Partito deve dimettere, per cosi dire, gli abiti della festa e del fasto, per darsi tutto alle opere umili quotidiane, concrete, disinteressate, attra verso le quali si determina il consapevole consenso delle moltitudini. Il popolo è un po’ stanco di cerimo nie. Anche in questo caso vale la formula : rare e so lenni. Quanto alla camicia nera, essa non è fatta per tutti i giorni e per tutte le occasioni. Ho dato ordine tassativo alle Autorità competenti di arrestare senz’al tro quanti individui (isolati o in gruppi) portino abu sivamente la camicia nera. ti) Bisogna senza remissione ripulire noi il Partito, da taluni elementi che vivono in margine al Partito elementi spesso raccogliticci e irresponsabili - che sfug gono ai controlli gerarchici e che riescono, troppo di frequente, con azioni avventate, a compromettere il prestigio del Partito, e quindi, di riverbero, quello del Governo ». E di nuovo nel dicembre, al Senato, ritornava sul l’argomento : « Ma se c’è uno che abbia l’ansia di questa disciplina, che abbia lo spasimo di questa epu razione, quello sono io » ; e ricordava le parole pro nunciate il 19 di aprile, immediatamente dopo le ele zioni : « È tempo di dire ai fascisti, di liberarsi da tutti gli elementi che fanno della violenza un fine mentre doveva essere un mezzo. È tempo di dire a tutti i fascisti, che il Partito sarà grande, se saprà subordinare i suoi interessi agli interessi supremi della Nazione ». Ma la verità è che la normalizzazione era l’antifa scismo a non volerla. Incanaglito in una guerra senza quartiere, esso sperava di liquidare il movimento. Le provincie - si, è ben vero, c’erano, qua e là, casi spo radici d’inutile violenza - le provincie piene di fede e 60
di audacia resistevano armate e sorrette da viva fede e da consapevolezza profonda dei fini della Rivolu zione. A l Manifesto degli intellettuali antifascisti, ri spondeva il Congresso filosofico di Bologna, che, col manifesto degli intellettuali fascisti, gettava la prima pietra dell’Istituto nazionale di Cultura fascista; alla diatriba della stampa delle opposizioni s’opponevano piccoli, poveri, ma gagliardi settimanali e quindici nali di giovani ardenti; e lo stesso rassismo era un fe nomeno di questa battaglia. L ’intransigenza, la esi genza della difesa vigile e pronta contro ogni assalto, contro l’aria avvelenata che veniva da Roma, insieme con le future liste ministeriali, le notizie catastrofiche e i prematuri annunzi che il Fascismo sarebbe caduto il giorno dopo; tutto questo creava logica mente la necessità di capi autonomi e pronti. Intanto già dal gennaio del 1923 era sorto, dal Partito, il Gran Consiglio Fascista, organo supremo di propulsione e di coordinamento tra il Partito e lo Stato. Nella sua prima seduta esso aveva creato la Milizia, difesa armata della Rivoluzione. Nella secon da, il 13 gennaio 1923, trasformava la Direzione del Partito ponendo un triumvirato, Bianchi, Sansanelli, Bastianini, a capo della Direzione politica; nelle suc cessive sedute affrontava e impostava tutti i problemi più importanti dell’ora, dalla politica estera alle que stioni coloniali, al Sindacalismo, alle situazioni locali del Fascismo, ai Gruppi di competenza, alla riforma elettorale. In questo tempo il Fascismo provinciale era largamente controllato dal Gran Consiglio per mezzo di Commissari politici. Dopo pochi mesi, nel l’aprile del ’23, il Gran Consiglio riorganizza di nuo vo il Partito, abolendo gli alti Commissari, stabilendo 61
che ogni Direttorio di Federazione provinciale debba eleggere, entro il mese di maggio, un Fiduciario per Provincia, e istituendo per la Direzione del Partito una Giunta esecutiva di undici membri, tramite tra il Gran Consiglio e i Fiduciari provinciali. Costoro saranno segretari delle Federazioni provin ciali fasciste e la loro nomina dovrà essere ratificata dal Gran Consiglio. Fervida è l’opera per potenziare il Sindacalismo fascista, importante la nomina di un gruppo di competenza per la Riforma Costituzionale, che poi darà luogo alla « Commissione dei 18 ». Il Gran Consiglio si occupa, seduta per seduta, di tutte le situazioni provinciali, dalla Sicilia all’Alto Adige, della Milizia, dei Fasci all’Estero, cercando di realizzare quei compiti che il Duce andava indicando al movimento. Importanti queste linee programmatiche d’azione, stabilite nella riunione del 13 ottobre del ’23, giorno in cui, per dissensi interni, la Giunta esecutiva si dimetteva : « Il Gran Consiglio afferma che il P. N . F. ha appena iniziato la sua funzione storica che è quella di dare una nuova classe dirigente alla Nazione, in vista del raggiungimento di quegli obiettivi, interni ed esterni, che costituiscono le mete supreme del Fascismo. Il Partito deve tendere, con sforzo quotidiano, ad aumentare la sua efficienza po litica e morale, attraverso un’opera calda e qualitativa di proselitismo, con le opportune selezioni degli ele menti inidonei e con le iscrizioni per appello o ad honorem di quanti intendono collaborare alla rico struzione della vita nazionale ». Il 15 ottobre 1923 il Gran Consiglio dava un nuo vo ordinamento al Partito affidandone la direzione suprema a un Direttorio di 5 membri. Entro i mesi di novembre e dicembre si sarebbero dovuti convo62
care i Congressi provinciali del Partito per la nomina in ciascuna provincia di un Segretario provinciale, che il Duce avrebbe dovuto convalidare. I Segretari pro vinciali, poi, convocati in Roma il 12 gennaio 1924 in Consiglio nazionale del Partito (che avrebbe do vuto riunirsi normalmente in seguito ogni tre mesi), avrebbero dovuto riferire, in una seduta plenaria, pre senti i componenti del Gran Consiglio del Fascismo, al Direttorio nazionale del Partito sulla situazione psi cologica, economica e politica delle varie provincie, e sulla bontà dei metodi finora usati. Inoltre, questo su premo congresso avrebbe dovuto provvedere a rin novare gli ordinamenti gerarchici e avrebbe dovuto proporre al Duce una rosa di nomi dai quali Egli avrebbe scelto i cinque componenti del Direttorio na zionale definitivo del Partito, da restare in carica per un anno. Le gerarchie del Partito venivano cosi fis sate: Gran Consiglio, Consiglio nazionale, Diretto rio nazionale. Il Direttorio nazionale non potrà pren dere decisioni di natura politica che interessino, oltre il Partito, la Nazione, senza previa autorizzazione del Duce. Per liberare il Direttorio da tutte le ver tenze di ordine politico e morale, viene costituita una Corte di Disciplina, composta di cinque membri, scel ti dal Duce. Tutti i membri del Direttorio del Partito debbono risiedere in Roma: di essi uno avrà la cari ca di Segretario generale del Partito, tre avranno la carica di vice-segretari politici, e uno ha la carica di Segretario generale amministrativo. Dal Direttorio nazionale del Partito dipenderanno un Segretario e un vice-segretario per i Fasci all’Estero. Ma il nuovo Direttorio fascista, il 22 aprile 1924, era dimissionario. Il Gran Consiglio allora, non fa cendo piu nulla di questo piano, nominava un Qua63
drumvirato alle cui dipendenze erano posti numerosi ispettori politici con l ’incarico di controllare il Fa scismo nel paese. Il legame tra centro e periferia era debole. Il 15 ottobre del ’24, per provvedere definiti vamente a sistemare l ’importante questione, il Gran Consiglio decideva di convocare per il 24 maggio del ’25 il IV Congresso nazionale del Partito, che, in ef fetti, fu poi tenuto il 21 di giugno. Le parole di Mussolini, che abbiamo più sopra ri portate, e queste nude notizie dell’opera del Gran Consiglio sono quanto mai eloquenti per rappresen tarci il profondo travaglio del Partito durante questi anni. La vittoria, che, con un’azione decisa e suprema, Mussolini conseguiva il 3 gennaio del ’25, appare portentosa. Durante tutto il mese di dicembre, l’azione anti fascista si era intensificata; la speculazione era arri vata al colmo. Per l’ultimo giorno dell’anno Mussolini convoca il Consiglio dei Ministri e un giornale prepara l ’edi zione straordinaria con la notizia delle dimissioni, con l ’elenco dei successori. Qua e là nelle provincie, a Firenze soprattutto, il Fascismo insorge, pronto alla difesa disperata. Ma il Duce ha prevenuto tutti: la Rivoluzione deve continuare la sua marcia. Alla Camera il 3 gennaio, con uno dei suoi più memorandi discorsi, tagliò il nodo gordiano : « Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo cercando sotto l’Arco di Tito?... Il Fascismo, Governo e Partito, è in piena efficienza. Signori, vi siete fatte delle illu sioni! V oi avete creduto che il Fascismo fosse finito perché io lo comprimevo, che il Partito fosse morto, 64
perché io lo castigavo». - «State certi che nelle 48 ore successive a questo mio discorso la situazione sarà chiarita su tutta la linea ». L ’opposizione crolla cosi, di schianto, e pietosa mente, nel ridicolo. Il Fascismo, Governo e Partito, riprende il suo cam mino piu spedito. Il 1924 è stato una sosta e una pausa piena d ’in segnamenti: il Fascismo s’è guardato in faccia, rin serra le file. Chi potrà arrestarlo? La situazione, chiarita su tutta la linea nel Paese, rischiara ormai a sua volta anche la vita del Partito. Il 12 febbraio 1925 il Gran Consiglio viene nella de terminazione di ritornare al Segretariato generale. Tutti i Direttori provinciali del Partito sono convocati a congresso in Roma per il 21 di aprile. In pochi giorni, come il Gran Consiglio nazio nale del Fascismo rileva il 24 aprile, il Segretario Generale, unico al Comando e alla responsabilità sotto gli ordini del Duce, ha stretto maggiormente le file dei gregari, ha stroncato in modo definitivo gli spo radici conati dei dissidentismi locali, ha restituito al Partito la superba efficienza dei suoi giorni migliori. Il IV Congresso del P. N . F. si tiene finalmente in Roma, il 21 giugno. Forse esso fu il piu impor tante di tutti i Congressi, cosi come fu il piu breve. Apertosi il 21, si chiudeva la sera del ’22 con un discorso del Duce. «Tutto il potere - Egli disse - a tutto il Fascismo. Ormai il P. N . F. è granitico e unanime come non fu mai. Ora è tempo di procedere risoluti ». Il Duce entrava anche nei particolari della tecnica del Partito e bocciava l ’usanza invalsa delle frequenti concessioni di tessere ad honorem. « Credo che siate tutti d ’ac-
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cordo nel ritenere che non si debbano più dare tessere ad honorem. Non vogliamo creare questa specie di giubilati e di senatori del Partito. D ’ora innanzi per avere una tessera ad honorem, bisognerà: o avere scritto un poema più bello della Divina Commedia, od avere scoperto il Sesto Continente, oppure aver tro vato il mezzo di annullare i nostri debiti con gli A n glosassoni ». La parola d ’ordine è: intransigenza assoluta ideale e pratica. La mèta, l’impero spirituale del nuovo Stato Fascista nel mondo. In attuazione di questo grande compito, il Fasci smo inizia la trasformazione costituzionale, la poli tica dei lavori pubblici, imprime un più fecondo im pulso alla politica estera e coloniale, intraprende la fascistizzazione di tutto il Paese, traverso la conqui sta integrale degli organi dello Stato, e promuove la graduale realizzazione del nuovo ordinamento pub blico e sociale iniziato con la Carta del Lavoro. In mezzo a quest’opera grandiosa di governo, il Parti to viene finalmente acquistando in modo deciso una fisionomia inconfondibile e una sua funzione di or dine spirituale e morale incomparabile in seno al Paese. Giacché condizione di ogni opera è la ferrea disci plina dell’organismo, viene superata l’autonomia pro vinciale delle crisi locali. Messi via gli eterni scon tenti, i profittatori, come quanti sono incapaci di com prendere il nuovo momento storico del Fascismo, e perciò del Partito, con un’azione repressiva discipli nare, secondo metodi militareschi, si costituisce la ge rarchia dell’organismo, e nell’autunno del ’26, il Gran Consiglio approva il nuovo Statuto. Il principio elettoralistico, col quale fino allora si 66
procedeva alla nomina delle cariche, viene decisamen te abolito. Il Fascismo afferma netto il suo carattere antidemocratico, la sua tendenza anti-elettoralistica. L ’assunzione di ogni carica sarà d ’ora innanzi per investitura, e cioè dall’alto. Il Duce designa il Segre tario del Partito, il quale nominerà i Segretari pro vinciali. Questi proporranno alla ratifica del centro i membri dei Direttori federali e nomineranno i Segre tari politici dei Fasci comunali. Spariscono in tal mo do i corpi elettoralistici, s’indeboliscono o si stroncano le situazioni personali, si fanno abortire le crisi e le polemiche, si misurano e si spazzano via le resistenze degl’individui fondate sulle clientele e sui « seguiti ». Il Partito diventa un esercito; si chiudono inoltre le iscrizioni, e si arresta cosi la valanga dei profitta tori senza fede, che verrebbero ad inquinare le file. Mussolini in un discorso dell’aprile 1926 ribadisce: « il Partito è la riserva politica e spirituale del Regi me... il Partito deve fascistizzare la Nazione dal basso all’alto e dall’alto al basso, il Partito deve, finalmen te, dare le classi dirigenti fasciste, per tutte le istitu zioni maggiori o minori del regime ». E il Partito infatti comincia un’opera fondamentale diretta ad inquadrare tutte le forze intellettuali sociab e sportive del Paese. Si potenziano gli Istituti di Cultura fascista; passa al Segretario del Partito l ’organizzazione politica dei professori universitari; tutte le attività degli Enti Sportivi vanno concentrandosi nel Comitato Olim pionico; s istituisce l ’Opera Nazionale Dopolavoro; si agevola il riordinamento di tutta la stampa. Il Par tito si occupa dell’Opera Nazionale Balilla che inqua dra ed assiste i giovanissimi; provvede alla costitu zione del Comitato intersindacale centrale e di quelli 67
provinciali, per la risoluzione di vertenze sindacali in senso corporativo, e per la vigilanza dei prezzi. È opera assidua e tenace di alcuni anni di lavoro ed ha per effetto di dilatare l ’influenza del Partito su tutta la vita nazionale e di accelerare il processo unifi catore della Rivoluzione. Accanto all opera del Par tito, la famosa circolare del Duce ai Prefetti, del 5 gennaio del ’27, che stabilisce la netta posizione del Partito nel Regime. Non piu confusione di poteri, non pili contrasto fra Autorità e Gerarchie. Come il Segretario del Partito riceve gli ordini dal Capo del Governo, cosi il Segretario federale riconosce la supe riore autorità del Prefetto nella Provincia. Il Prefetto rappresenta il Governo; il Segretario federale e il Partito. Il Partito, chiuse le porte, si rinnoverà con la gio vinezza. Ogni 21 aprile, con una simbolica e solenne cerimonia, si fa la leva in massa della gioventù, che dalle organizzazioni giovanili, raggiunta 1 età neces saria, entra nel Partito. Ormai anche gli ultimi residui delle opposizioni dileguano. Burocrazia e organi del Governo entrano vivamente e attivamente nell’ambito del Fascismo. Il Partito sempre più e sempre meglio può realizzare i suoi compiti: esso si inserisce nello Stato e rappre senta definitivamente il centro ideale della Rivolu zione; ne costituisce il delicato e supremo organo di assistenza sociale e di educazione morale. La massa degli Istituti, delle Associazioni, degli Enti assorbiti o inseriti via via nell’orbita del Par tito, l’affinamento dei compiti che l’ulteriore svolgi mento della Rivoluzione, anzi il trionfo della Rivo luzione, importa, la sagacia dei capi, sotto la conti nua severa guida del Duce, ne faranno un organismo 68
di eccezionale importanza nel Paese, del tutto diverso da quanto comunemente s’intende per « partito ». Esso raccoglie i combattenti anziani e nuovi della Rivoluzione, penetra successivamente, mercé le sue istituzioni, nella piu capillare realtà sociale, viene a costituire insieme la fiamma inestinguibile dell’idea e il termometro della Nazione. In un campo di atti vità sempre piu vasto, il Partito si preoccupa dell’e ducazione fascista della Nazione; imprime, con le sue manifestazioni, un tono nuovo alla vita, ne affer ma e ne diffonde un nuovo costume. Fin dal 1925, dopo la completa conquista del po tere, Mussolini dichiarò audacemente e fermamente questo compito : « O ggi il Fascismo è un partito, è una milizia, è una corporazione. Non basta: deve diventare un modo di vita! V i devono essere gli Ita liani del Fascismo, come vi sono a caratteri inconfon dibili gli Italiani della Rinascenza e gli Italiani della romanità. Solo creando un modo di vita, cioè, un modo di vivere, noi potremo segnare delle pagine nella storia e non soltanto nella cronaca ». Sono pa role pronunciate al citato IV Congresso nazionale fa scista del 21 giugno 1925. Il quale è l’ultimo congres so del Partito. Non può sfuggire il significato di un fatto come questo. Conquistato fermamente il pote re, messosi in condizioni di poter operare, il Partito con un tal monito dà il bando ai congressi e ai di scorsi dei congressi, e si pone risolutamente al lavoro. Si comprende da tutti che una funzione come questa del P. N . F. resta inconcepibile per ogni altro par tito dei vecchi regimi demoliberali. È una funzione nazionale d’avanguardia, di con trollo politico, di creazione e potenziamento di ener gie individuali, spirituali e pratiche, e a un tempo 69
una collettiva preparazione, assidua, minuta, quoti diana degl’italiani di tutte le classi, e di tutte le età, ai loro doveri rigorosi verso il nuovo Stato fondato dal Duce. L ’Opera Nazionale Dopolavoro accoglie in se la gran massa dei lavoratori educandoli, con manifesta zioni di carattere culturale, turistico, sportivo, a quel la sanità di spirito e di corpo che e una delle mete ansiosamente perseguite dal Fascismo per il bene pre sente e avvenire della stirpe italiana. Il Fascismo, nel suo programma di rinnovamento nazionale, ha sempre avuto, e in primo piano, anche il potenziamento e la difesa fìsica del popolo italiano. L a politica della razza del Regime si è tradotta per tempo in una serie di leggi e provvidenze che hanno via via ricostituite e sviluppate le energie etniche della nazione; leggi e provvidenze che sono state d’esempio ad altri paesi. Anche in questo settore l ’azione del Partito si di mostrò iniziatrice e propulsiva, promovendo i nuovi organi preposti alla difesa della razza e che ora sono inquadrati nel complesso istituzionale dello Stato. È quindi perfettamente logica e naturale la posi zione d’avanguardia assunta dal Partito nel momento in cui la politica della razza entra in una fase rias suntiva e risolutiva, dopo la conquista dell Impero. La Gioventù Italiana del Littorio, sorta nel 1937 dalla fusione dell’ O .N .B . e dei Fasci giovanili di combattimento e posta alle dirette dipendenze del P. N . F., rappresenta la piu originale ed organica iniziativa presa da Partiti o da Governi, nel dopo guerra, in Europa e fuori, per un’educazione inte grale della gioventù. La G. I. L. riassume ed attua tutte le funzioni ine70
renti all’educazione politica, fìsica e premilitare dei giovani, e in collaborazione con la scuola fascista, rinnovata nello spirito e nella struttura, mira alla formazione dell’italiano del tempo fascista. La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, prescelta difesa della Rivoluzione, inquadrata ormai nelle forze armate dello Stato, sorse dal Partito e ad esso è idealmente e indissolubilmente legata. Il Partito, attraverso l ’azione del C. O. N . I. ha im presso un impulso nuovo e possente anche alla vita sportiva. Esso « affinando i suoi particolari istituti, sele zionando continuamente i suoi uomini, permea del suo spirito e della sua attività tutta la vita della Nazione ». Non inganni la necessaria brevità dell’esposizione. Si tratta di un’opera immensa, compiuta attraverso un’azione capillare in tutti i gruppi sociali, dagli operai agl’intellettuali, dai fanciulli agli adulti. Il Partito è dappertutto: ogni borgata, come ha la sua Casa comunale e la sua Parrocchia, ha il suo Fascio di combattimento. Il Segretario del Fascio di combattimento ha l’ob bligo di conoscere i precedenti politici e morali, non ché i mezzi di vita di ciascun gregario, e di esigere che, anche nello svolgimento dell’attività professio nale, siano osservati lo spirito e la disciplina del Fa scismo. Il nuovo Statuto del P. N . F., approvato dal Gran Consiglio del Fascismo nella riunione dell’n mar zo 1938-XVI, precisando e perfezionando l ’organica struttura del Partito, al centro e alla periferia, docu menta l ’inserzione perfetta e profonda del Partito nella compagine dello Stato, che ha nel Partito non solo il suo centro motore, morale e politico, ma un complesso di nuove istituzioni che mentre sono di71
pendenti dal Partito rappresentano gli aspetti piu ori ginali ed operanti dello Stato fascista. In base al nuovo Statuto il Partito Nazionale Fa scista è una milizia civile volontaria agli ordini del Duce, al servizio dello Stato fascista. Il Duce e il capo del P. N . F. Impartisce gli ordini per l’azione da svolgere e, quando lo ritiene necessario, convoca a Gran Rapporto le gerarchie del P. N .F. I compiti del P. N . F. sono: la difesa e il poten ziamento della Rivoluzione fascista; Peducazione po litica degli Italiani. Il Fascista comprende la vita co me dovere, elevazione, conquista e deve avere sempre presente il comandamento del Duce : « Credere, Ob bedire, Combattere ». II P. N . F. è costituito dai Fasci di combattimento. I Fasci di combattimento sono inquadrati nelle provincie del Regno, nei Governi dell’Impero, nelle provincie della Libia e nel possedimento italiano delle Isole dell’Egeo, in Federazioni dei Fasci di combat timento. Presso i Fasci di combatdmento possono es sere costituiti Gruppi rionali fascisti, Settori e Nuclei. I Fasci di combattimento di ciascuna Federazione dei Fasci di combattimento si raggruppano, in ogni provincia, in Zone. Sono organizzazioni del P. N . F. : L ’Associazione fascista Famiglie Caduti, mutilati e feriti per la Rivoluzione; i Gruppi dei Fasci Uni versitari; la Gioventù Italiana del Littorio; i Fasci femminili; l’Associazione fascista della Scuola; l’As sociazione fascista del pubblico impiego; l’Associa zione fascista dei Ferrovieri dello Stato; l’Associazione fascista dei Postelegrafonici; l’Associazione fascista de gli Addetti alle Aziende industriali dello Stato; l ’Ope ra Nazionale Dopolavoro; l’Unione nazionale Uffi72
ciali in congedo d’Italia; il Comitato olimpico nazio nale italiano; la Lega navale italiana. Dipendono direttamente dal P. N . F. : L ’Unione nazionale fascista del Senato; l ’Istituto nazionale di Cultura fascista; l ’Associazione nazio nale Volontari di guerra; la Federazione nazionale Arditi d ’Italia; la Federazione nazionale Volontari garibaldini; le Associazioni d ’Arm a; il Comitato na zionale forestale; l’Ente radio-rurale. Presso ogni Federazione dei Fasci di combattimento sono costituiti: Un Comando federale della Gioventù Italiana del Littorio; un Gruppo dei Fascisti universitari; una Federazione dei Fasci femminili; le Sezioni dell’As sociazione fascista Caduti, mutilati e feriti per la Ri voluzione, delle Associazioni fasciste della Scuola, del Pubblico impiego, dei Ferrovieri, dei Postelegrafonici, degli Addetti alle Aziende industriali dello Stato; un Dopolavoro provinciale; un Gruppo dell’Unione nazione Ufficiali in congedo d ’Italia; una Sezione della Lega navale; un Comitato provinciale del C . O. N . I. ; una Sezione dell’Istituto nazionale di Cultura fascista; una Sezione del Comitato nazionale forestale e un Comitato provinciale dell’Ente radio-rurale. Il P. N .F . è il partito unico del Regime e ha per sonalità giuridica. Hanno anche personalità giuridica le Federazioni dei Fasci di combattimento e i Fasci di combattimento. I Gerarchi del P. N . F. sono : i°) il Segretario del P. N . F.; 2°) i Componenti il Direttorio nazionale del P.N .F .; 3°) gli Ispettori del P. N . F. ; 4°) il Segretario federale; 5°) i Componenti il Direttorio federale; 73
6°) gli Ispettori federali; 7°) il Segretario politico del Fascio di combatti mento; 8°) i Componenti il Direttorio del Fascio di com battimento; 9°) il Fiduciario del Gruppo rionale fascista; io0) i Componenti la Consulta del Gruppo rionale fascista; i i °) il Capo-settore; 12°) il Capo-nucleo. Il Gran Consiglio del Fascismo, organo collegiale supremo, delibera sullo Statuto e sulle direttive del P. N . F. Sono organi consultivi ed esecutivi: i°) il Direttorio nazionale del P. N . F. ; 2°) il Consiglio nazionale del P. N . F. ; 3°) il Direttorio della Federazione dei Fasci di com battimento (Direttorio federale); 4°) il Direttorio del Fascio di combattimento; 5°) la Consulta del Gruppo rionale fascista. Il Segretario del P. N . F. è nominato e revocato con Decreto Reale su proposta del Duce ed è respon sabile verso il Duce degli atti e dei provvedimenti del P. N . F. A l Segretario del P. N . F. spettano il titolo e le funzioni di Ministro Segretario di Stato. Il Segretario del P. N . F. è Segretario del Gran Consiglio del Fascismo ai termini della Legge 9 di cembre 1928, n. 2693, e fa parte della Commissione suprema di Difesa, del Consiglio nazionale delle Cor porazioni, del Comitato corporativo centrale, del Co mitato permanente del grano, del Consiglio superiore dell’Educazione nazionale; è Segretario dei Gruppi dei Fascisti universitari; 74
è Comandante generale della Gioventù Italiana del Littorio; è Presidente dell’Associazione fascista Famiglie Ca duti, mutilati e feriti per la Rivoluzione, dell’Unione nazionale Ufficiali in congedo d’Italia, dell’Opera N a zionale Dopolavoro, del Comitato Olimpico N azio nale, della Lega navale italiana, dell’Ente radio-rurale; ha alle sue dirette dipendenze i Gruppi Fascisti universitari, la Gioventù Italiana del Littorio, i Fasci femminili, le Associazioni del P. N . F. (Associazione fascista della Scuola, del pubblico impiego, dei Fer rovieri, dei Postelegrafonici e degli Addetti alle Aziende dello Stato), l ’Unione nazionale fascista del Senato, l’Istituto nazionale di Cultura fascista, la Fe derazione nazionale italiana Volontari garibaldini, l ’Associazione nazionale Volontari di Guerra, la Fe derazione nazionale Arditi d’Italia, le Associazioni d’Arma, il Comitato nazionale forestale. Il Segretario del P. N . F. rappresenta il P. N .F . a tutti gli effetti. Il Segretario del P. N . F. propone al Duce la no mina e la revoca dei Componenti il Direttorio nazio nale del P. N . F. e dei Segretari federali; nomina e revoca gli Ispettori del P. N . F. e ha fa coltà di attribuire ad uno o piu Ispettori la qualifica di « Ispettori del P. N . F. per l’Africa Italiana » e di « Ispettori del Lavoro per l ’Africa Italiana », nomina e revoca i Componenti i Direttori federali e i gerarchi centrali e provinciali delle organizzazioni del P .N .F ., i dirigenti nazionali delle associazioni dipendenti dal P. N . F., i dirigenti dell’Unione nazionale fascista del Senato, i Revisori della contabilità del P. N . F., i Com missari straordinari presso le Federazioni dei Fasci di combattimento; 75
designa al Duce il Presidente e i Vice-presidenti dell’Istituto nazionale di Cultura fascista, al Ministro delle Corporazioni i rappresentanti del P. N. F. nelle Corporazioni e i Presidenti di Sezione dei Consigli provinciali delle Corporazioni, al Ministro per l’Africa Italiana il Presidente della Consulta coloniale tecnico corporativa per il lavoro e i Vice-presidenti delle Con sulte coloniali tecnico-corporative, al Ministro dell’In terno i rappresentanti del P. N . F. nelle Giunte pro vinciali amministrative ; ha facoltà di costituire i Fasci di combattimento; indirizza l ’attività del Direttorio nazionale e lo convoca e presiede; convoca e presiede il Consiglio nazionale del P. N . F.; emana regolamenti e norme per il funzionamento degli organi, delle organizzazioni del P. N . F. e de gli Enti dipendenti dal P. N . F. ; mantiene il collegamento tra il P. N . F. e gli organi dello Stato; esercita un controllo politico sulle organizzazioni del Regime e sul conferimento ai Fascisti di cariche e di incarichi di carattere politico; ha facoltà di convocare a rapporto i gerarchi e le Camicie Nere del P. N . F. e gli iscritti alle organiz zazioni dipendenti dal P. N . F.; ha facoltà di annullare o modificare i provvedi menti delle dipendenti gerarchie, nei riguardi delle quali ha potere di sostituzione; ha facoltà di esonerare dalle cariche e dagli inca richi di Partito i gerarchi dipendenti. Il Direttorio naz. del P. N . F., presieduto dal Segre tario del P. N . F., è costituito da tre Vice-segretari, da un Segretario amministrativo, da otto componenti. 76
Con decreto del Duce, a richiesta del Segretario del P. N . F., il numero dei Vice-segretari può essere elevato a quattro, e a nove quello dei componenti il Direttorio nazionale. Il Direttorio nazionale del P. N . F. esercita funzioni consultive ed esecutive secondo le direttive del Se gretario del P. N . F. Il Consiglio nazionale del P. N . F. è costituito dal Segretario del P. N . F., dal Direttorio nazionale, da gli Ispettori del P. N . F., dai Segretari federali ed è convocato e presieduto dal Segretario del P. N . F. che fissa l ’ordine del giorno. Il Consiglio nazionale del P. N . F. esercita funzioni consultive su iniziativa del Segretario del P. N . F. I Componenti del Consiglio nazionale del P. N . F. fanno parte della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. La Federazione dei Fasci di combattimento è retta dal Segretario federale. Il Segretario federale attua le direttive ed esegue gli ordini del Segretario del P. N . F.; promuove e con trolla l ’attività dei Fasci di combattimento e delle organizzazioni dipendenti dal P. N . F. ; controlla le organizzazioni del Regime e il conferimento ai Fa scisti delle cariche e degli incarichi nell’ambito della provincia; mantiene il collegamento con gli organi periferici dello Stato e con i rappresentanti degli enti pubblici locali; è Comandante federale della Gioventù Italiana del Littorio; è Segretario politico del Fascio di combattimento del capoluogo; è Presidente del Dopolavoro provinciale e del C o mitato provinciale dell’Ente radio-rurale; fa parte del 77
Comitato di Presidenza del Consiglio provinciale del le Corporazioni e del Comitato dell Opera universi taria nelle città sedi di università; convoca e presiede il Direttorio federale, i rapporti dei gerarchi della provincia, dei Fascisti e degli iscritti alle organizzazioni dipendenti dal P. N . F. nella pro vincia; dirige i Corsi di preparazione politica per i gio vani; propone al Segretario del P. N . F. la nomina e la revoca dei componenti il Direttorio federale fra i qua li designa il Vice-segretario federale e il Segretario federale amministrativo; dei gerarchi provinciali del le organizzazioni del P. N . F. e delle Associazioni dipendenti dal P. N . F .; nomina e revoca gli Ispettori federali, i Segretari politici dei Fasci di combattimento della provincia, i componenti i Direttori dei Fasci di combattimento, i Fiduciari dei Gruppi rionali fascisti, i componenti le Consulte dei Gruppi rionali fascisti, i Capi-settore e i Capi-nucleo; ha facoltà di sciogliere i Direttori dei Fasci di com battimento e le Consulte dei Gruppi rionali fascisti e di procedere alla nomina di Commissari incaricati di reggerli in via temporanea; promuove e regola l ’attività sportiva delle organiz zazioni competenti in relazione alle direttive segnate dal C. O. N . I. I gerarchi provinciali delle organizzazioni del P. N . F. e degli enti dipendenti dal P. N . F. sono subordinati al Segretario federale, che rappresenta il P. N . F. nella provincia a tutti gli effetti. II Vice-segretario federale coadiuva il Federale e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento.
G li Ispettori federali esercitano funzioni ispettive presso le Zone cui sono preposti o assolvono gli in carichi loro affidati dal Segretario federale. Il Fascio di combattimento è retto dal Segretario politico. Il Segretario politico del Fascio di combattimento attua le direttive ed esegue gli ordini del Segretario federale; promuove e controlla l ’attività delle organizzazioni del Partito e del Regime e il conferimento ai Fascisti di cariche e di incarichi nell’ambito del territorio in cui opera il Fascio di combattimento; mantiene il collegamento con gli organi statali e con gli enti pubblici locali; propone al Segretario fe derale la nomina e la revoca dei componenti il Diret torio del Fascio di combattimento fra i quali designa il Vice-segretario politico e il Segretario amministra tivo del Fascio di combattimento, dei Fiduciari dei Gruppi rionali fascisti, dei componenti' la Consulta del Gruppo rionale fascista, dei Capi-settore e dei Capi-nucleo. Se i settori e i nuclei sono inquadrati in Gruppi rionali fascisti le proposte per la nomina dei Capi-settore e dei Capi-nucleo devono essere avan zate sentito il Fiduciario del Gruppo rionale fascista; convoca e presiede il Direttorio del Fascio di com battimento e i rapporti dei Fascisti; propone al Segre tario federale l’istituzione dei Gruppi rionali fascisti e ha facoltà di costituire e sciogliere settori e nuclei; designa i suoi rappresentanti presso il Comitato del l ’Ente comunale di Assistenza. Il Vice-segretario del Fascio di combattimento coa diuva il Segretario politico e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento. Il Gruppo rionale fascista è retto dal Fiduciario. 79
Il Fiduciario del Gruppo rionale fascista attua le di rettive ed esegue gli ordini del Segretario politico del Fascio di combattimento; designa al Segretario politico del Fascio di combattimento un vice-fiducia rio e un Consultore amministrativo, scelti tra i com ponenti della Consulta del Gruppo. Il Direttorio della Federazione dei Fasci di combattimento è costituito da un vice-segretario federale, da un Segretario fede rale amministrativo e da sette componenti. Esercita funzioni consultive ed esecutive sulle direttive del Segretario federale. Il Segretario del P. N . F. ha fa coltà di nominare due vice-segretari federali e di ele vare il numero dei componenti il Direttorio federale a un massimo di nove. Il Direttorio del Fascio di combattimento è costituito da un Vice-segretario poli tico, da un Segretario amministrativo e da sei com ponenti. Il Direttorio del Fascio di combattimento dei capoluoghi di provincia è costituito da un vice-segre tario politico e da sette componenti. Il Segretario del P. N . F. ha facoltà di elevare il numero dei compo nenti a nove. Il Direttorio del Fascio di combatti mento esercita funzioni consultive ed esecutive sulle direttive del Segretario politico del Fascio di combat timento. La Consulta del Gruppo rionale fascista è costituita da un vice-fiduciario, da un consultore am ministrativo e da quattro componenti. Esercita fun zioni consultive ed esecutive sulle direttive del Fidu ciario del Gruppo. _ Le iscrizioni al Partito furono chiuse, agli anziani, nel 1928 per conservare al Partito stesso il carattere di esercito selezionato e, per cosi dire, nativo della Rivoluzione; rimasero e restano aperte solo ai gio vani che, ogni anno, con la Leva fascista, passano nei diversi e successivi gradi della G. I. L . e, da que80
sta, nei ranghi del P. N . F. L a Leva fascista consiste nel passaggio dei Figli della Lupa nelle file dei Ba lilla e delle Piccole Italiane; dei Balilla nelle file degli Avanguardisti; degli Avanguardisti nei Gruppi dei Fascisti universitari o nelle file dei Giovani Fascisti; dei Fascisti universitari e dei Giovani Fascisti nel P. N .F . e nella M. V . S .N .; delle Piccole Italiane nelle file delle Giovani Italiane; delle Giovani Italiane nelle file delle Giovani Fasciste; delle Giovani Fasciste nei Fasci femminili. t Il Fascista presta giuramento nelle mani del Segre tario politico del Fascio di combattimento con la formula : « N el nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del D U C E e di servire con tutte le mie forze e, se e necessario, col mio sangue, la causa della Rivoluzione fascista ». Tuttavia in occasione del Decennale e della Guerra d Africa il Duce ha voluto che le iscrizioni al Partito fossero riaperte per accogliere quanti nel frattempo e in occasione della grande impresa voluta e attuata dal Fascismo si fossero resi degni della Rivoluzione e avessero cooperato ai suoi sviluppi. Il Partito Nazionale Fascista è anche partito di masse. I giovani costituiscono le piu alte speranze del Partito e ne assicurano la continuità ideale e storica. Nella serie delle organizzazioni di cui sono chiamati a far parte dall’infanzia alla giovinezza, essi hanno modo di educarsi e di affinarsi al senso della vita poli tica, di saggiare le loro attitudini e di prepararsi a formare la classe dirigente del domani. I Sindacati, cui fanno capo le categorie dei lavo-
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ratori e dei datori di lavoro, hanno assicurato intanto la produzione nei modi e nelle forme meglio rispon denti all’interesse dello Stato, riconoscendo nella Car ta del Lavoro la tavola fondamentale del nuovo re gime. Su di essi il Partito non solo si e riservato il controllo delle funzioni e degli uomini, in quanto le une sono ricomprese nelle direttive generali impresse dal Capo alla vita del Paese, e gli altri sono tratti dal suo seno nella progressiva selezione di funzioni e di capacità, ma si, è riservato anche il diritto d’inter vento, per sempre meglio adeguare l’opera di tali Istituti alle necessità dell’ora e alle esigenze del Regime. . Giacché, nell’ordinamento fascista, la selezione de gli uomini è determinata non dal voto della maggio ranza o dalla popolarità, ma dal lavoro che ciascuno compie, misuratore di fede e di capacita. Con l’avanzarsi della crisi economica mondiale, il Partito Nazionale Fascista, sempre sollecito ad inten dere il comando della realtà, preoccupandosi delle condizioni economiche generali e obbedendo al comandamento del Duce di andare verso il popolo, in tese la necessità di creare, per il tramite dei propri organismi dipendenti, un’azione di assistenza volta ad integrare, nell’opera quotidiana e minuta, il com pito degli Istituti dello Stato e di tutti i grandi orga nismi vitali, sorti per virtù del Fascismo. L ’azione del Partito in questo settore fu guidata da un principio : creare, coordinare e rendere armonici tutti i mezzi di assistenza per potenziarli al massimo, onde trarne i maggiori risultati. Sorse cosi l’Ente Ope re assistenziali, con una Sezione in ogni provincia. Esso provvide all’organizzazione nazionale delle Co lonie estive e delle altre previdenze a favore dell in82
fanzia (ricordiamo fra tutte la Befana fascista per i bimbi poveri), ed estese la sua azione agli adulti, assi stendo le madri ed i lavoratori con le cucine econo miche, la distribuzione di viveri in natura, di indu menti, di combustibili, il ricovero ai malati e agli sfrattati, i sussidi in denaro; in particolare creò l ’as sistenza di alcune categorie piu bisognose di aiuto (ad esempio le mondariso); e si assunse infine il com pito dell’assistenza invernale. Il comando del Duce di andare verso il popolo, diventò legge ed azione, vita effettiva del Partito. In un secondo momento, quando la crisi mondiale parve ridursi e l’azione assistenziale del Partito en trò nella coscienza e nel costume degli Italiani, il Par tito consegno tale compito agli Enti comunali di A s sistenza, organi alle dipendenze dei Comuni. A questa somma enorme di funzioni occorre pre sieda naturalmente una gerarchia, pronta e fedele, in telligente e disinteressata. Col giganteggiare, nelle opere compiute, della figu ra del Duce, una delle piu grandi fra le recenti con quiste del Partito, è stata, per riflesso naturale, pro prio questa: la cessazione del proselitismo a scopo puramente personale; la morte dei fascismi boriosa mente e faziosamente campanilistici. Il Partito si è spersonalizzato; si è fuso totalitariamente nell’unità solida e compatta del Paese; non c’è una moltitudine di fascismi provinciali e regionali tenuti insieme alla meglio: c’è soltanto un Fascismo italiano devoto ad un giuramento, ad un’idea, a un Duce, al suo Duce. I capi, provinciali o centrali, sono scelti senza pre occupazioni; oggi il più delle volte, quando è possi bile, la scelta cade sui più giovani e giovanissimi, per le ragioni che abbiamo già esposte. Quello che ai
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gerarchi si richiede è soprattutto la fede illuminata dall’intelligenza: un popolo come l’italiano ha biso gno di stimare l’intelligenza dei suoi capi, ma l’in telligenza senza la fede non basta. La gerarchla è an che un fatto di prestigio personale, perché il popolo reclama capi incensurabili per onestà, per dirittura, per devozione all’ideale, ed un capo senza prestigio è come un tronco avulso dalle radici. In un capo, in fine, è necessario un profondo e vivo senso di umanità. La più recente organizzazione del Partito, impron tata ad una nettezza di rapporti, ad una struttura ge rarchica, ad un tono severamente militare, ha mirato a tutto questo. . Il Partito è stato paragonato piu volte alla Chiesa Cattolica; e il paragone non è inesatto, purché non si dimentichi che il Partito rappresenta anche la nuo va aristocrazia politica italiana, fondata non sul censo o sulla nascita o sul mero ingegno com’è negli altri re gimi, bensì sulla fede e l’esercizio di un ideale di vita. Anche qui abbiamo la lapidaria definizione^ del Duce : « Il Partito è come il sangue che deve circo lare in tutti gli organi della vita sociale». G li oigani dello Stato non possono chiedere ai cittadini che l’os servanza della legge; il Partito, invece, come un ca pillare sistema di vasi sanguigni nell’organismo della nazione, permea tutti i rapporti, vivifica del suo spi rito tutti i momenti, anche i più umili, della vita quo tidiana, che sfuggono necessariamente dalla sfera del diritto, unificandoli tutti nei suoi ideali e nei suoi fini. D i grande importanza è l’opera del Partito nella macchina statale, i cui funzionari e impiegati, diret tamente o indirettamente, sono sottoposti alla legge morale e alla disciplina del Partito. La maggior parte degli impiegati, oltre che essere inscritti al Partito, 84
sono inscritti alle Associazioni fasciste, da esso dipen denti (scuola, postelegrafonici, ferrovieri, pubblico impiego, dipendenti dalle aziende industriali dello Stato) che hanno scopi educativi e assistenziali. Per mezzo di queste associazioni, il Partito infonde il sentimento dello Stato, del dovere, della responsabi lità, fra mezzo gli impiegati; trasforma la burocrazia facendone una forza civile; opera nella scuola, dalla primaria alla universitaria, promovendo una solida e integrale coscienza fascista negli insegnanti, dando ad essi unità di indirizzo e di tono, per cui la scuola diventa il centro di diffusione dell’idea rivoluzionaria. Il Partito ha il compito supremo di preparare la classe dirigente; esso affina ed educa gli uomini al comando, seleziona e corregge. Col sistema organico di tutti i suoi istituti, prende il cittadino dalla nascita e l ’accompagna per tutta la sua vita. La G . I. L., con tinuando le migliori tradizioni dello squadrismo, sot toponendo i giovani a un tirocinio di ardui cimenti, di prove di disciplina ed abnegazione, li rende meri tevoli della tessera e del moschetto. Dai Giovani Fascisti e dai Fascisti universitari so no scelti con infinita cura i nuovi gerarchi, per i quali sono stati istituiti appositi Corsi di preparazione poli tica presso ogni Federazione e turni di servizio presso i vari posti di comando. Ultimamente è stata decisa l’istituzione di un Centro di preparazione politica a cui saranno ammessi i giovani selezionati dai Corsi provinciali. L ’organizzazione dei Littoriali, unica al mondo, è veramente importante; come è destinata ad esprimere in tutti i campi i migliori delle nuove generazioni, cosi riunifica tutta la vasta opera del Partito per l’educazione della giovinezza, sicuro pre sidio della vita morale e spirituale del Paese.
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I Littoriali, come dichiarano le norme emanate dal Segretario del Partito, sono stati istituiti per testimo niare la volontà e lo spirito costruttivo dei giovani che si temprano nello studio e nel lavoro. I Littoriali debbono attestare della recuperata virtus romana, che anche nella presenza fisica appariva temibile ai nemici. A i « Littoriali sportivi » si abbinano i « Littoriali della Cultura » e i « Littoriali del Lavoro ». Essi com prendono manifestazioni varie che dimostrano il gra do di maturità raggiunto dalla gioventù prossima al suo ingresso nella vita attiva della Nazione. Si vuole cosi premiare l’estro, l’iniziativa, la origi nalità, la serietà dei Fascisti universitari e dei Giovani Fascisti. A llo scopo di attirare tutta la gioventù a competere cameratescamente, le gare che si riferiscono all arte, alla cultura e al lavoro sono libere a tutti i giovani : a quelle dello sport possono partecipare i vincitori dei campionati nazionali dei Giovani Fascisti. Nessun regime ha affrontato come il Fascismo il problema della giovinezza, non già per adularla, ben sì per formarla effettivamente con un’opera continua e severa e renderla idonea alla continuazione e al potenziamento della Rivoluzione. Come in tutti i momenti della vita privata il Par tito è l’organo educatore della Nazione, così, colla nuova legge sulle Corporazioni, esso investe del suo spirito anche i più delicati ed importanti momenti della vita pubblica sociale. Il Partito fa parte dello stato maggiore delle Corporazioni ed ha i suoi rap presentanti in ciascuna Corporazione. A l di sopra degli interessi del capitale e del lavoro esso rappre senta i superiori interessi della Nazione. 86
È cosí, possiamo dirlo con orgoglio, che senza di struggerlo, il Partito ha ricreato dall’interno lo Stato. Sangue che deve scorrere in tutti gli organi della vita sociale, esso porta la Nazione allo Stato e lo Stato alla Nazione. In questa duplice funzione, esercitata con necessaria tempestiva contemporaneità, risiede e permane la sua essenza rivoluzionaria. E però le conquiste della Nazione, le tappe gra duali del suo cammino, sono raggiunte e convertite in vita e forza dello Stato, per opera del Partito, vigile ed animosa avanguardia del popolo d ’Italia. Esposte e definite le funzioni del Partito nel nuovo Stato resta a illustrare l ’azione da esso svolta sul piano dei problemi internazionali del Fascismo: la conqui sta dell’Impero, l ’autarchia e la lotta antibolscevica. Questa azione è lapidariamente riassunta e definita nella recente Prefazione del Duce all’ultima raccolta degli atti del Gran Consiglio, supremo organo del Regime, che nella sua attività sintetizza gli indirizzi che via via il Partito imprime alla vita della N azio ne (#). È questa la terza prefazione che io scrivo per ac compagnare la raccolta degli atti del Gran Consiglio. Quella dedicata ai pruni dieci anni dell’Era fascista, reca la data del 27 novembre dell’Anno XI. L ’attuale comprende gli ultimi cinque anni che insieme coi precedenti completano il ciclo di quindici anni che va dal gennaio del 1923 al 75 marzo del 1938. Se nel primo periodo furono gettate le granitiche fondamenta dello Stato fascista, colla creazione dei due istituti tipici della Rivoluzione, Milizia e Gran Consiglio, nonché colla prima elaborazione degli or* Foglio d’ ordini del P.
N. F. n. 205, io luglio 1938, xvi e.f. 87
dinamenti corporativi, culminata nella Carta del La voro; se nel secondo periodo, insieme colla riconquista libica e la conciliazione fra Chiesa e Stato, fu accen tuata la fascistizzazione della vita nazionale, il terzo periodo è quello che si potrebbe definire trionfale, poiché consacra il sorgere del secondo impero ro mano, cioè realizza quell’ideale che fu propugnato sino dalla prima adunata dei Fasci italiani di com battimento nel lontano marzo del 1919- Tutte le grandi istituzioni create dal Regime hanno trovato il loro collaudo in questo periodo di prove supreme. La Milizia che aveva già combattuto in Libia, offre la dimostrazione della sua morale e materiale solidità combattendo in terra d’Africa e in terra di Spagna: le divisioni « 28 Ottobre », « 23 Marzo », « i° Feb braio», « 21 Aprile », « 3 Gennaio », « Tevere », si rivelano degne di portare questi nomi legati alle date della Rivoluzione e saldano nel comune sacrificio gli indistruttibili vincoli di cameratismo colle altre glo riose forze armate dello Stato. Le Corporazioni che nel mio discorso del 14 no vembre del 1933 venivano poste dinanzi ai loro com piti storici, rispondendo al dilemma crisi nel sistema o del sistema, che la crisi è del sistema, oggi sono fun zionanti con compiti sempre più aderenti alla realtà della vita economica nazionale: esse effettivamente dirigono e controllano tale vita: colla conciliazione delle vertenze sindacali, la vigilanza sui prezzi, il giudizio sui nuovi impianti industriali e soprattutto colla lotta per l’autarchia, lotta che - lo diciamo per l’ultima volta - sarà condotta a fondo, con quello stile che si chiama: volontà del Fascismo. Il Partito, affinando i suoi particolari istituti, sele zionando continuamente i suoi uomini, permea del
suo spirito e della sua attività tutta la vita della Na zione. Esso concentra ora i suoi sforzi nell’educazione politica delle masse e soprattutto nella preparazione della gioventù attraverso la G. I. L. Chi ha visto i « campi » dei giovani, chi ha assistito alle manovre dei 50 mila a Centocelle, chi ha visto sfilare i batta glioni universitari, chi ha vissuto il fresco entusiasmo delle massaie rurali, ha avuto l’impressione di quel che sia e quel che faccia il Partito. Esso è anche un potente artefice della elevazione fisica e morale della razza, attraverso le centinaia di migliaia di cimenti sportivi e attraverso l’istituzione del Dopolavoro che permette alle grandi masse di accostarsi alle fonti più alte dello spirito nazionale. L ’azione incessante di questi tre specifici formida bili fattori della Rivoluzione - Partito, Milizia, Cor porazione - sta creando un’altra Italia, quella che noi volemmo: la nostra. Questo cambiamento è apparso luminoso in faccia al mondo, durante la guerra africana, durante l’as sedio societario, quando il popolo italiano è stato sem plicemente magnifico di ardimento, di fierezza, di tenacia. Pochi popoli hanno nella loro storia pagine cosi drammatiche, come quelle vissute dal popolo italiano dalla primavera del '35 al luglio del ’36, quando la coalizione ginevrina capitolò! Avemmo appena il tempo per salutare questa vittoria, quando da oltre Mediterraneo giungeva un appello che non poteva essere lasciato senza risposta: dopo che i bolscevichi fecero della guerra di Spagna la « loro » guerra si ricostituirono i battaglioni che erano appena tornati dalla conquista dell’Impero: le nuove gesta sono con segnate alla storia coi nomi di Malaga, Guadalajara, 89
Santander, Bilbao, Tortosa. La pubblicazione degli atti del Gran Consiglio avviene mentre - nonostante l’aiuto franco-russo - la vittoria è afferrata dagli eser citi di Franco. L ’evento è di una importanza storica enorme; è la prima volta - ma sarà anche l’ultima? in cui le Camicie Nere hanno affrontato in campo internazionale le forze bolsceviche e quelle degli im mortali principii; e il primo scontro fra le due Rivo luzioni, fra quella del secolo scorso (anche il bolsce vismo è una involuzione reazionaria) e la nostra: non sappiamo se tale urto possa domani svilupparsi su scala europea e mondiale: quello che sappiamo è che il Fascismo non teme un combattimento che deve decidere le sorti dei continenti. Coloro i quali leggeranno gli atti del Gran Con siglio, rivivranno attraverso le sue schematiche deci sioni eventi di portata storica. Colla creazione dell’Impero la statura politica del l’Italia s’è elevata; il riconoscimento dell’Impero, da parte delle Potenze, è la consacrazione della nostra duplice grande vittoria. La guerra africana ha deter minato anche le linee maestre della politica estera dell’Italia, che ha un respiro mondiale e, pur essendo incline a forme più late di collaborazione, poggia decisamente sull’asse Roma-Berlino e sul triangolo Roma-Berlino-Toì(w. La solidarietà fra Roma e Ber lino ha caratteri cosi definiti che non ha avuto - sin qui - il bisogno di accordi di stile diplomatico. La politica dell’ultimo quinquennio, che il Gran Consiglio ha diretto, coincide con un fatto di carat tere interno, ma di imponente significato: la Bonifica pontina, opera massima alla quale hanno fatto corona altre minori ma non meno importanti, mentre sono in corso di lavori la istriana, la friulana, la foggiana, 90
che aumenteranno lo spazio di cui il popolo italiano ha sempre immenso bisogno. Qui cade acconcio ri cordare l’estremo interesse che il Gran Consiglio ha portato a quello che, in una delle sue riunioni, fu chiamato il problema dei problemi, il problema de mografico. È troppo presto per dire se i provvedi menti adottati e se - soprattutto - il nuovo clima mo rale abbia dato i risultati che si attendevano. Sembra che la discesa sia arrestata e altri sintomi favorevoli non mancano che giustificherebbero un ragionevole ottimismo circa la volontà di vivere e di « continua re » del popolo italiano. Ora la Rivoluzione deve incidere profondamente sul « costume ». A tale riguardo la innovazione del « passo romano » è di una importanza eccezionale. Lo riprova la eco avuta nel mondo. Anche l’aboli zione del « lei » servile e straniero e detestato dai grandi italiani, da Leopardi a Cavour, e del massimo rilievo. Altri passi dovranno essere compiuti in questo settore e sarà facile travolgere i residuali scetticismi dei deficienti nostrani e stranieri che preferirebbero l’Italia facilona, disordinata, divertente, mandolinista del tempo antico e non quella inquadrata, solida, silenziosa e potente dell’Era fascista. Gli stranieri che ci compativano ora ci odiano e di questo odio - am piamente ricambiato del resto - siamo fierissimi. Il potenziamento delle nostre forze armate è stata la cura più assidua del Gran Consiglio. In questi ul timi cinque anni sono stati realizzati imponenti pro gressi come ho documentato recentemente al Senato. Tutta l’atmosfera nella quale si svolge la vita del popolo italiano, ha carattere militare, deve avere e avrà un carattere sempre più militare: il popolo ha l’orgoglio di sapersi mobilitato permanentemente per 91
le opere di pace e per quelle di guerra. Questo colos sale rinnovamento avrà un’altra consacrazione nella costituzione della Camera dei Fasci e delle Corpora zioni, colla quale viene data soluzione logica e mo derna - quindi fascista - al problema della rappresen tanza e alla collaborazione sul piano legislativo fra il governo e gli esponenti diretti delle forze politiche ed economiche della Nazione. Dopo quindici anni di incessante lavoro il futuro è dinanzi a noi colle sue incognite e i nostri program mi: le Camicie Nere, fedeli al comandamento dei nostri Caduti della Rivoluzione, sono degne di vivere questa grande epoca della Storia d’Italia.
PER LA
CONQUISTA D E L L ’ IMPERO
FINO AL 3 0 SETTEM BRE 1 9 3 8 D E L L ’ ANNO X V I (TR U PPE N A ZIO N A L I)
Caduti in c o m b a ttim e n to ............................... M orti in seguito a ferite. . . . . .
■ •
I 571
M orti per cause di servizio e malattie. . F e r i t i .....................................................................
.
2768
.
6928
.
8858
Totale perdite. .
199
PER LA DIFESA D ELLA C IV IL T À IN SPAGNA FINO A L IO OTTOBRE I9 3 8 - X V I
Caduti in c o m b a ttim e n to ............................... Feriti in c o m b attim en to .................................... M orti per causa di s e r v i z i o .......................... Prigionieri (Ufficiali 3 ; T ruppa 3 5 1 ) . . ■ Totale perdite.. 1 2 .14 7
m o rti 0
fe r iti
in
terra spagnola sopra
battenti!
92
278 •
354 1 2 .14 7
4 0 .0 0 0
c
IV I C A D U T I E I M A R TIR I D E L L A R IV O L U Z IO N E F A S C IS T A nstaurazione
d i un n u ovo ordine di vita n azio
nale e, condizione di ciò, di una nuova coscienza civile, ha dato al movimento fascista, come abbiamo narrato, una impronta vigorosamente rivoluzionaria. Quello che oggi è sentimento vivo nella coscienza di tutti, ieri non lo era. I valori che costituiscono la forza morale del popolo italiano, poiché gli danno la chiara nozione del proprio diritto alla storia, alimentati nel cuore di una esigua minoranza, erano dalla grande massa misconosciuti se non odiati. Il Fascismo, nuova fede sorta dall’immane esperienza di guerra e dive nuta fatto concreto e potenza nel grande spirito di Mussolini, in un giro di tempo la cui brevità sorpren de, ha creato un nuovo mondo ideale che è patrimonio ormai non solo degl’italiani, ma d ’una parte eletta dell’umanità. E, come in tutte le grandi conquiste dello spirito, l’avanzata gloriosa del Fascismo è se gnata dal sacrifizio di coloro che per primi aprirono la loro anima alla luce dell’idea e impegnarono nel suo nome la buona battaglia. È stato il sacrifizio dei caduti e dei martiri, che, dando al Fascismo quasi un crisma di movimento religioso, ha trovato subito le vie del cuore del popolo italiano, fondamentalmente sano, seppure distratto e traviato. Coloro che caddero - e sono una legione per strappare il popolo ai miraggi allettanti di false 93
ideologie, mostrarono con la loro audacia e con la loro serenità dinanzi al pericolo e alla morte, quanto alta e nobile fosse la fede che scaldava i loro cuori. Il loro esempio ha guidato tutto il popolo italiano verso gli orizzonti di luce additati dalla parola del Capo; nel loro sacrifizio il Fascismo ha segnato il suo vero trionfo. H a scritto Mussolini : « Che il Fascismo sia una dottrina di vita lo mostra il fatto che ha suscitato una fede; che la fede abbia conquistato le anime lo dimostra il fatto che il Fascismo ha avuto i suoi caduti e i suoi martiri ». Apparirà sempre come un miracolo che i manipoli fascisti, sorti d’improvviso nei luoghi piu saldamente tenuti dal sovversivismo, siano in cosi breve tempo riusciti a sbaragliare le grandi organizzazioni rosse, in mano di capi- senza scrupoli. Come è avvenuto che in paesi, pienamente in balia della teppa rossa, dieci o quindici giovani operai e studenti guidati da un ex-combattente, siano riusciti ad avere il sopravvento sulle forze bolsceviche e sull’inerzia liberale? Se mi racolo c’è, è miracolo di fede. Non e stata soltanto l’audacia a vincere, ma soprattutto la fede illimitata nella bontà della causa, fede nel Fascismo che via via prendeva carattere e figura nella persona e nella pa rola del suo creatore. I fedeli che accorsero al primo richiamo di Mus solini e costituirono le squadre di azione furono il fiore della nostra stirpe. In essi riviveva quel superbo spirito di volontarismo, al quale tanto deve il nostro Risorgimento e che durante la guerra trovò espres sione nei reparti d ’assalto, formidabile arma di com battimento che tutti gli eserciti c’invidiarono. Nel l’occupazione di Fiume si vide ancora una volta pi gliar corpo in una meravigliosa impresa questo misti94
cismo dell’azione e del sacrifizio, che è uno dei tratti piu caratteristici del buon sangue italiano. In tali"' spiriti scese la parola di Mussolini come il verbo di una nuova religione della vita: « La vita come do- ' vere, elevazione, conquista; la vita che dev’essere alta e piena: vissuta per sé, ma soprattutto per gli altri vicini e lontani, presenti e futuri ». _h Cosi i primi fascisti affrontarono la ferocia rossa con l ’ardimento dei veri combattenti e con la serenità dei confessori. Cercarono la lotta aperta, poiché nel conflitto si affermava vittoriosa la loro grande supe riorità morale. Ma trovarono quasi sempre l’agguato e il tradimento; e ciò forse avvenne perché piu ri splendesse l ’altezza della fede nel cui nome combatte vano. La maggior parte di essi cadde senza vedere di dove giungessero i colpi insidiosi e mortali, # È un distintivo di gloria: di fronte alla morte e nelle visioni dell’agonia i Caduti fascisti consacrarono tutti in parole e in atti nobilissimi la santità del loro sentimento. Federico Guglielmo Fiorio - nato a Gaeta - figura leggendaria di squadrista, che col solo prestigio del suo coraggio, a capo di un manipolo di valorosi, tenne lungamente a freno e debellò in Prato una delle più potenti leghe rosse d ’Italia, colpito a tradi mento da un disertore amnistiato, non ebbe parole di odio nemmeno nelle terribili ore straziate dell’ago nia, e negli ultimi istanti non espresse che un ram marico : « Mi dispiace di non poter far altro per il mio Paese ». Sul Popolo d’Italia, subito dopo la morte del valoroso avvenuta il 17 gennaio 1922, Benito Mus solini scriveva : « Se il Fascismo non fosse una fede, 95
chi darebbe lo stoicismo e il coraggio ai suoi gregari? Solo una fede che ha raggiunto altitudini religiose, solo una fede può suggerire le parole uscite dalle lab bra ormai esangui di Federico Fiorio ». A d U go Pepe - di Gaeta - studente ventenne col pito a morte in un’aggressione proditoria dai cosid detti arditi del popolo a Milano, il 23 aprile 1922, la fede purissima dettò le ultime parole d’incoraggia mento alla madre straziata, che lo assisteva tenendo fra le sue le mani del figlio, quasi per trattenere il calore della vita: « Mamma, muoio per la grande idea e per l’Italia. Sono felice di morire, se penso che il mio sacrifizio potrà essere utile un giorno per la pace della patria». Mori il 24 aprile e l ’eroica salma fu consacrata alla gloria dalla commossa parola di Be nito Mussolini: « T u eri un soldato. N oi siamo dei soldati della tua causa. Possiamo ascoltare e racco gliere il grido di tua madre: “ N on vendette, ma giustizia” ». E cosi chiudeva l ’estremo saluto: « A d dio, compagno! Questa parola mi strazia profonda mente, perché ho raccolto, si può dire, il tuo ultimo anelito di vita. Ma tu vivi in noi, tu ci precedi, tu ci sproni, tu c’insegni a compiere, ora e sempre, con nobiltà, con purezza, con sincerità il nostro dovere verso il Fascismo e verso la Patria». Nando Gioia - di Borgonovo Valtidone (Piacen za) - studente nell’Università di Parma, già combat tente, fu colpito a morte in un’imboscata poco lontano dall’abitato di Bilegno (Piacenza) il 16 maggio 1921. Morente lasciò questa nobile consegna ai suoi com pagni: «Se i miei assassini si scopriranno, non vo glio sia loro fatto del m ale»; esalò la giovane vita raccogliendo le ultime forze in un affermazione della sua fede di combattente e di fascista: « Viva l’Italia ». 96
Annibaie Foscari - di Venezia - cavalleresco e ge neroso, il 13 luglio 1921 a Firenze affrontò nel suo covo un comunista che cantava una canzone oltrag giosa alla memoria del purissimo martire Giovanni Berta. Ferito da un colpo di trincetto, nella straziante agonia, mostrò quanto possa la nobiltà della fede congiunta alla nobiltà della stirpe, e negli ultimi mo menti di vita volle baciare il tricolore. Alfeo Giaroli - da Vezzano sul Crostalo (Reggio Emilia) - colpito a morte in conflitto coi comunisti il 2 maggio 1922 a Tabiano di Regnano (Reggio Emi lia), cadde nel grido: « V iva l ’Italia... Viva il Fa scismo ». Armando Fugagnollo - da Vicenza - legionario di Fiume, colpito come un soldato nella trincea nemica a Gozzo Padovano (Vicenza) il 7 luglio 1922 mentre alla testa di una squadra espugnava una casa, di cui i sovversivi avevano fatto un fortilizio, cadde levan do alto il grido del combattimento : « Fascisti, a noi! ». E, poco prima di morire, mormorò : « Viva l ’Italia. Viva il Fascismo! ». Odoardo Amadei - da Cortile di Carpi - invalido di guerra, di ritorno da un’azione fu colpito a Sala Baganza (Modena) il 5 agosto 1922 da un colpo di fucile sparatogli di dietro una siepe. Le sue ultime parole furono raccolte dai compagni : « Mi dispiace morire, perche non posso vedere la Mamma; ma se avessi due vite le darei volentieri per la Patria ». Mario Brumana - da Gallarate - ventenne, investi to con alcuni compagni da una raffica di colpi, al l ’ingresso dell’abitato di Cardano al Campo (Milano) il 7 settembre 1922 raccolse nelle estreme parole tutti i suoi affetti : « Viva l ’Italia. Addio Mamma. Addio compagni. Muoio per la Patria ».
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D i Giacomo Schirò - tfi Piana dei Greci - caduto in impari lotta con una turba di sovversivi, la moti vazione della medaglia d’oro conferitagli di motu proprio del Re, esprime a pieno la nobiltà del sacri fizio eroico : « Ispirato ad alti sentimenti di patriot tismo e di civismo, tenne testa risolutamente ad una turba di sovversivi, che vilmente lo avevano aggre dito, proferendo parole di vilipendio al Re e alla Pa tria. Dopo essersi difeso accanitamente con la baio netta, colpendo anche uno degli avversari, sopraffatto dal numero e respinto dentro la sala di un circolo, cadde crivellato da ben cinquantatrè ferite. Abbando nato a terra morente, ebbe la suprema forza di tra scinarsi per la sala e di raccogliere la bandiera nazio nale, strappata e buttata a terra da quei forsennati, e di avvolgersi in essa. Fulgido esempio del piu puro eroismo, emise l’ultimo respiro stretto ancora fra le pieghe del glorioso simbolo, riconsacrato dal suo san gue generoso. Piana dei Greci, 23 giugno 1920 ». Il padre di lui, Giuseppe Schirò, ha espresso il suo do lore e il suo orgoglio in pagine che non saranno di menticate. # L ’animo fermo di cui davano prova al momento del distacco dalla vita che sorrideva alla loro giovi nezza, era lo stesso animo sereno e audace con cui affrontavano il pericolo e la battaglia. La camicia ne ra era la divisa che consacrava al combattimento e alla morte; il distintivo all’occhiello significava accet tazione di ogni sacrificio. « Mamma, vado forse a morire. Non piangere, ma sii orgogliosa di tuo figlio. Viva l’Italia. Viva il Fascismo », scrisse lo studente Amos Maramotti - da Reggio Emilia - per accomia-
tarsi dalla madre prima di andare con i suoi compa gni all’assalto della Camera del Lavoro di Torino il 26 aprile 1921. Ferito mortalmente spirava il 29 dello stesso mese. Rinaldo Luigi Fedeli - di Grotta d ’Adda - appre standosi a partire per raggiungere Cremona il 27 ot tobre 1922, alla madre -che ansiosa domandava dove si recasse, rispose: « A compiere il mio dovere». Ogni adolescente portava nell’animo la ferma volontà di un temprato milite del dovere. In ambienti saturi di odio essi portarono la loro fede con audacia impavida. Sotto le minacce immi nenti non retrocedettero di un passo. Luigi Platania - da Rimini - ex combattente, più volte ferito e deco rato al valore, non si piegò sotto la minaccia che in combeva su lui, animatore della riscossa fascista nel Riminese: « Conto la mia vita a ore e a minuti^ perche tutti i giorni mi giungono lettere anonime con minacce di morte », diceva a un compagno, poco prima di cadere trafitto per mano di un anarchico la notte del 19 maggio 1921. Manlio Sanvico - da Vii1 Albese (Como) - studente universitario, del Fascio di V ili’Albese, conosceva bene l ’odio dei suoi avver sari, poiché essi non gliel’avevano nascosto. La morte per mano assassina giunse su lui quando i partiti av versi tornarono a illudersi di una impossibile riscossa. Ben sapeva pure Giulio Giordani - da Bologna ex combattente e mutilato, quello che attendeva lui e i suoi compagni in Bologna dominata dal terrori smo rosso. Qualche giorno prima che a Palazzo d’Accursio cadesse crivellato di colpi il 21 novembre 1920, il martire aveva dato al Fascismo il suo atto di fede : « Noi abbiamo accettato il posto di combattimento al quale siamo stati chiamati per un severo spirito di
disciplina. Non abbiamo illusioni e siamo pronti an cora a sacrificarci per un’affermazione di quella fede che la guerra ci ha rivelato e alla quale siamo tenace mente attaccati. Noi abbiamo creduto agli scopi e ai risultati democratici della guerra ed agli stessi cre diamo tuttora. Abbiamo pensato che la guerra era un fatto rivoluzionario che non doveva passare sul mon do senza imprimere alla politica delle Nazioni nuovi orientamenti e nuove direttive, senza accelerare il ritmo del progresso civile e senza instaurare una giu stizia più alta, senza fare un posto più largo ai di ritti del popolo. N oi accettiamo, amici, audacemente e risolutamente la vostra bandiera e vi diciamo: vi è ancora da soffrire e da morire e da vivere per la Pa tria, la civiltà e la giustizia». Tutti ritornarono a combattere intrepidi, anche dopo avere conosciuto lo strazio della carne. Federico Guglielmo Fiorio quando fu ucciso era appena uscito da una vile aggressione, che lo aveva condotto al li mite della vita. La mattina del 24 novembre 1921, egli aveva ricevuto un biglietto anonimo in cui lo sfidavano « se aveva coraggio » a recarsi a un in contro nella notte in piazza del Carcere a Prato; essi sarebbero stati in quattro, gli eroi. Federico accettò la sfida e, senza nulla dire a nessuno, andò solo. Ma non erano in quattro i suoi avversari; un quinto, fingendosi ingenuo passante lo colpi a tradimento con un colpo di rivoltella all’altezza del cuore. Ri mase più di un mese fra la vita e la morte, poi con valescente ritornò a combattere; non erano passati due mesi dalla vile aggressione che una mano assassina troncò quella splendida vita. Rino Daus, ventenne - di Perugia - colpito da un proiettile al viso in un’imboscata, aveva perduto l’oc-
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chio sinistro. Tornò a combattere e lo uccisero con in ganno a Grosseto il 29 giugno 1921 alcuni comunisti che gli andarono incontro cantando « Giovinezza ». Italo Spaggiari - da San Pancrazio Parmense - era usci to incolume da numerose imboscate, nelle quali ave va visto cadere feriti i suoi compagni, sicché, appena diciottenne, era un veterano; fu ucciso a tradimento il 22 marzo 1923 a Vicofertile. Romolo Boselli - da Porto Mantovano - del Fascio di Marmirolo, caduto ucciso il 2 novembre 1921 era già stato gravemente ferito nella aggressione di Soave (Mantova) del 15 maggio dello stesso anno, in cui trovarono morte gloriosa i due diciottenni Arrigo Caleffì - da Mar mirolo (Mantova) - e Giuseppe Morandini - Da San t’Anna d ’Alfaedo (Verona). Luigi Morara - da Imola - segretario del Fascio di Trieste, ucciso a tradi mento da un comunista il 29 agosto del ’23, nel suo luminoso stato di servizio contava numerose ferite riportate in conflitti coi sovversivi. Sigfrido Priori da S. Daniele Ripa Po (Cremona) - ucciso in un con flitto a Pieve d ’Olmo (Cremona) il 4 settembre 1921, era miracolosamente scampato all’aggressione del 6 settembre 1920 a Cremona, in cui caddero Vittorio Podestà - da Lavagna (Genova) - e Luciano Priori cremonese. Come veri soldati per i quali la divisa e le armi sono una consegna di onore, essi sentirono profonda mente il valore simbolico dei segni della loro fede. A l nome del brigadiere Giuseppe Ugolini che, in giornata di sciopero generale a Milano il 24 giugno 1920, assalito da una turba di sovversivi, perché si era rifiutato di consegnare le armi, simbolo dell’onore militare, soccombette dopo una lotta tremenda soste nuta con cuore di leone, si accompagnarono quelli di 101
numerosissimi fascisti caduti per 1 onore delle inse gne della Patria e del Fascismo. Pierino Delpiano - da Torino - cadde ucciso dai sovversivi il 3 dicembre 1919 ^ Torino, perche ne aveva sfidata la rabbia col grido di « V iva l’Italia». Aldo Milano - da S. Bonifacio Veneto (Verona) - ex combattente, fu ucciso l ’8 gennaio 1921 ad Albano (Vercelli), perché volle cancellare le frasi oltraggiose scritte dal sindaco comunista sulla lapide dei Caduti in guerra. Angelo Ridone - da Robbio (Pavia) - con tadino, fu ucciso il 9 luglio 1922 a Casalino (Novara) perché volle impedire che alcuni comunisti calpestas sero il fazzoletto tricolore che essi avevano strappato a un giovanetto. Ettore Buriani - da Passosegni (Bo logna) - diciottenne, fu aggredito a Boschi di Baricella (Bologna) il 16 aprile 1922 da un gruppo di co munisti che prima gli tolsero con la violenza il faz zoletto tricolore da lui portato al taschino della giac ca, e poi g l’ingiunsero di calpestarlo; si rifiuto ed ac cettò la lotta impari: cadde colpito a morte da pal lottole di rivoltella, e nel grido estremo di « Viva l’I talia » raccolse tutto il fervore della sua fede. Pietro Andreoli - di Castagneto (Brescia) - fu accerchiato a Gussago con due camerati da una turba avvinazzata di sovversivi che li ingiuriarono ed imposero loro di gridare « Viva la bandiera rossa » ; i tre animosi gio vani si rifiutarono fieramente, e Andreoli pagò con la vita il suo fermo coraggio. Italo Gambacciani, sedi cenne - nativo di Montelupo Fiorentino - aggredito con un camerata a Pontorma il 17 ottobre 1921 da un gruppo di cosiddetti arditi del popolo, che volevano per trofeo il suo distintivo, si difese arditamente; fu abbattuto a colpi di bastone e di rivoltella. Guido Mi chelassi - da Controguerra - (Teramo) - decorato di 102
due medaglie d’argento al valore, fu ucciso a Contro guerra (Teramo) il 17 settembre 1922 perché volle to gliere dalle mani indegne di un sovversivo il trico lore. Gigino Gattuso, nella sua Caltanissetta, il 24 aprile 1921, reagì fieramente contro un sovversivo, che voleva impossessarsi del nastrino tricolore che portava all’occhiello; ma fu steso a terra da un colpo di rivoltella. Silvio Visentin, nella nativa Boara Po lesine, il 21 maggio 1925 non cedette alla minaccia di un sovversivo che g l’intimava di togliersi il distin tivo fascista; e fu da quello ucciso.
Che cosa sapevano opporre gli avversari a tanta fierezza e a tanta nobiltà? Essi aggredivano aperta mente soltanto se erano in cento contro uno. Tutta una folla ubriacata dalle parole dei predicatori senza patria fu quella che fece scempio di Ferruccio Barlet ta, diciannovenne - di Minervino Murge - l ’undici aprile 1920, reo di avere condannato il turpiloquio comunista. E piu di cento furono i sovversivi che ag gredirono il loro concittadino Riccardo Barbera, pure a Minervino Murge il 23 febbraio 1921, e sperimen tarono nella titanica lotta durata un’ora e mezzo, quanto valesse la prodezza che si opponeva alla loro furia. Una turba forsennata fu quella che assali a Firenze il 28 febbraio 1921 Giovanni Berta, mentre attraversava solo il ponte sospeso alle Cascine; Berta confessò con fierezza la sua fede e si difese come e finché potè; ma fu ferito gravemente e gettato dalla spalletta del ponte, e a lui che cercava di aggrapparsi ai sostegni quelle belve tagliarono le mani. Solo il numero riuscì ad avere ragione di Natale
Tovaglioli - da Cozzo Lomellina - ventenne, guardia campestre, recatosi solo a chiedere conto ai comunisti di Casalvolone (Novara), nel loro covo, il 19 marzo 1922, dei danneggiamenti perpetrati da essi nei campi dei fascisti e dei pacifici cittadini. Piu di duecento furono i sovversivi che uccisero di pugnale e bastone Arrigo Caleffi e Giuseppe Morandini il 15 maggio 1921. Tutto un plotone di cosiddetti arditi del popolo, anarchici, pregiudicati e disertori, aggredì e colpi a morte l ’ardimentoso fascista diciottenne Settimo Leo ni - da Mantova - il 12 agosto 1921. Umberto Ferrari - di Pieve di Coriano (Mantova) - padre di dieci figli, fu barbaramente colpito con randellate e rivoltellate il 22 gennaio 1922 a Revere da un gruppo di trenta comu nisti, e mori il 24 marzo dello stesso anno dopo gravi sofferenze. A Venezia, in Campo Santa Margherita, il 14 giugno 1921, giornata di sciopero generale, fu dalla turba sovversiva massacrato il giovane operaio diciassettenne Spartaco Bello - da Venezia -; ma il suo sacrifìcio segnò la vittoriosa riscossa del fascismo veneziano. U n’orda di socialcomunisti allogeni, in Maresego d’Istria, il 15 maggio 1921, solo dopo fierissi ma resistenza, riuscì ad avere ragione dei fascisti G iu liano Rizzato - da Este (Padova) -, Giuseppe Basadonna - da Fiera di Primiero (Trento) -, Francesco Giachin - da Buie d’Istria (Pola) -. Vinse il numero, ma non il valore. Vittime della fredda ferocia, sovversiva caddero a Torino il 22 settembre 1920 Costantino Scimula - da Pozzomaggiore (Sassari) - e Mario Sonzini - da Oleggio (Novara) -. Furono condannati dal tribunale rosso ad essere arsi negli alti forni e, poiché i forni erano spenti per lo sciopero nelle fabbriche, furono portati in aperta campagna e abbattuti senza pietà, a colpi di
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rivoltella. Pure in giornata di sciopero, fu ucciso a bastonate alle porte di Ravenna il 26 luglio 1922 l’o peraio fascista Giovanni Balestrazzi - di Ravenna -. E cosi tanti altri. Non ha scusante alcuna la cieca ferocia della massa, se non la lunga istigazione vele nosa dei falsi pastori. In grande maggioranza, i martiri fascisti, come apostoli di un’alta missione civile, caddero in imbo scate e in aggressioni proditorie. O ggi a distanza di tempo e in un clima morale e nazionale cosi limpido e puro, un senso di angoscia e quasi d ’incredulità ci prende quando ripensiamo le stragi orribili che fecero scempio del fiore della gioventù italiana. L ’agguato al Palazzo d’Accursio a Bologna del 21 novembre del ’20, segnò lo stile di lotta che assunsero i partiti sov versivi per fronteggiare la riscossa fascista. Episodi crudeli di violenza e di ferocia si seguirono senza ad altro riuscire che ad alimentare di tenacia la volontà eroica delle camicie nere. L ’imboscata del Castello Estense a Ferrara il 20 dicembre 1920 annoverò tre morti e numerosi feriti. N ell’eccidio di Foiano della Chiana del 17 aprile 1921 caddero Aldo Rosselli - da A rezzo -, Dante Rossi - da Bagno di Romagna -, Tolemaide Cinini - da Tresigallo (Ferrara) -; nella proditoria aggressione del 6 marzo 1921 a Casale Mon ferrato caddero Luigi Scaraglio - di Torino - dician novenne e i due veterani torinesi dell’esercito sardo, Costantino Brioglio e Antonio Strucchi, consacrando con il loro sangue il legame fra il Risorgimento e la Rivoluzione fascista. N ell’imboscata delle cave di Se sto del 22 maggio 1921 trovarono la morte sotto i ma cigni rotolati dall’alto Nello Degli Innocenti e Gino Giannini, entrambi lucchesi. L ’imboscata di Empoli del i° marzo e la strage
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di Sarzana del 21 luglio 1921 sono forse le pagine piu tragiche della lotta sostenuta dalle Camicie nere contro le masse avvelenate dalla propaganda sociali sta; orride pagine che bastano a gettare per sempre l’obbrobrio su chi fu responsabile di tanto degradamento umano. A Bergiola, in un’imboscata di co munisti l’8 gennaio 1922 caddero i fratelli Renato ed Eugenio Picciati - da Carrara - studenti, e l ’operaio Giulio Morelli - da Bergiola (Carrara) -; a Megliadino il i° maggio 1922 in un’aggressione proditoria caddero tre belle figure di lavoratori fascisti: A ugu sto Barbetta - da Vighizzano (Padova) -, Luigi Ba rolo - da Ponso (Padova) -, Pietro Zogno - da Megliadino S. Fidenzio (Padova). Le aggressioni proditorie non si contano. Migliaia di fascisti caddero senza aver avuto il tempo di ap prestarsi a difesa. Giuseppe Dresda - da Pulsano (Ta ranto) - ferroviere, e Lucio Bazzani - da Viareggio studente, ambedue diciottenni, furono uccisi a Tori no il 18 dicembre 1922 da comunisti che spararono loro alle spalle; i due fratelli Camillo e Felice Mor tarotti - da Vignale Monferrato - furono ivi uccisi il 26 maggio 1921, mentre rincasavano, da quattro comunisti appostati nell’ombra; Augusto Baccolini da Castel del Rio (Bologna) - e Orlando Antonini da Sarsina (Forlì) - furono massacrati il 24 gennaio 1921 a Modena nell’aggressione dei comunisti al cor teo funebre del fascista Mario Ruini, ucciso tre giorni p r i m a. L ’operaio Valentino Schiavon - da Badia Po lesine - fu ridotto in fin di vita a colpi di bastone e di verghe di ferro da una turba inferocita dopo un’e roica disperata difesa a Badia (Rovigo) il 28 feb braio 1921. Mori il 12 marzo del medesimo anno. Rino Moretti - di S. Biagio di Argenta - a Portomag106
giore, il 28 marzo 1921, mentre accerchiato da una folla di sovversivi - uomini e donne - rivolgeva ad essi calme parole di persuasione, fu ucciso con un colpo di rivoltella sparatogli a bruciapelo alla nuca. Tito Menichetti, volontario di guerra, erede di una nobile tradizione famigliare di patriottismo, fu assassinato a Ponte Moriano di Lucca il 25 marzo 1921 da un co munista, mentre con la calma dei forti rispondeva ferme parole alla canea minacciante. Dino Suigo e Giovanni Torti - entrambi da Castelnuovo Scrivia (Alessandria) - furono colà proditoriamente uccisi dai sovversivi il 15 maggio 1921. Pio Pischiutta - da Venzone (Udine) - diciottenne, cadde ferito a morte in un’aggressione di sovversivi il io maggio 1921, a Por denone. Giuseppe Fenini - di Sozzago (Novara) - fu qui aggredito e ucciso il 16 maggio 1921 sotto gli oc chi della madre. Gilberto Ciberti - da Massa - già legionario fiumano, fu ucciso ivi in un agguato in cui 10 spinse la bieca crudeltà di un comunista, fintosi fascista, nella notte del 25 giugno 1921. Raffaello A li boni - egli pure di Massa - operaio, vi fu ucciso bar baramente sotto gli occhi dei famigliari, l ’8 agosto 1921. Ernesto Curcumi - da Calendasco (Piacenza) fu ucciso a tradimento a S. Lazzaro Alberoni (Pia cenza) il io agosto 1921; era stato comunista, ma si era ricreduto, e consacrò colla vita il suo ritorno alla Patria. Andrea Vercesi - da Montu Beccaria (Pavia) cadde in un’imboscata notturna a S. Damiano al Colle (Pavia) il 15 novembre 1921. Guglielmo Veroli - di Tivoli (Roma) - segretario di quel Fascio, fu ucciso 11 22 aprile 1922, prima che potesse porsi in difesa, dal segretario di quella Camera del Lavoro. Antonio Maserati - da Rivalta di Gazzola (Piacenza) - ex com battente, fu ucciso a Piacenza P i i giugno 1921 in un 107
agguato comunista apprestato con perfidia feroce. Cosi pure Alberto Landini - da Spezia - fu assassinato il 16 febbraio 1922 presso Lerici in un’imboscata in cui si trovò con i suoi compagni sotto il fuoco di nemici invisibili. Duilio Guardabassi, diciottenne studente romano, fu assassinato a Roma il io agosto i 9 23 > un agguato tesogli dai sovversivi. Troppo lungo sarebbe anche il solo enumerare i nomi dei mardri che caddero vittime della viltà e della fredda ferocia comunista. Cadendo però vince vano, perché sulle loro salme insanguinate l ’anima della Patria cominciò a ritrovare se stessa. Essi non vollero altro che questo. # In confronto del numero dei caduti in aggressioni proditorie e in imboscate, il numero dei caduti in aperto combattimento appare scarso. I sovversivi evi tarono quasi sempre la battaglia a viso aperto, perche sapevano che la superiorità morale e il coraggio degli avversari annullava il loro vantaggio del numero. N el l ’epica giornata del 4 agosto 1922 a Milano trovarono la bella morte tre splendide figure di combattenti e di fascisti: Edoardo Crespi - da Azzate (Varese) - cadde in combattimento sul piazzale tra Via Procaccini e V ia Canonica, dove un manipolo di fascisti fu preso da tutti i lati sotto il fuoco dei comunisti; Emilio Tonoli - da Milano - alfiere della squadra « Sciesa », vo lontario di guerra e decorato, e Cesare Melloni, an ch’egli ex combattente e decorato milanese, morirono gloriosamente nell’assalto alla sede dell ’Avanti! Luigi Casciana - da Terranova di Sicilia - fascista e tenente dell’esercito si batté da prode nell’assalto all’Hótel Balkan a Trieste il 13 luglio 1920 e mori per ferite di li 108
a pochi giorni. Ercole Mainardi - da Castelsangiovanni (Piacenza) - ex combattente, fu ucciso al proprio paese la sera del 20 novembre 1921 mentre inseguiva il feri tore di un compagno. Aldo Sette - di Torino - cadde a Milano in una lotta impari il 20 marzo 1921 : era appena spirato nel portone di una casa, che la pietà di una popolana, scesa da un quarto piano, ne avvolse nel tricolore la salma gloriosa. Domenico Serlupi - da Sestri Levante - e Giovanni Zoccoli - da Cagliari il 22 luglio 1921, dopo aver costretto a S. Casciano a Cascina il sindaco socialista ad esporre la bandiera ab brunata per l ’eccidio di Sarzana, mentre la folla av versa sulla piazza tumultuava, furono aggrediti al ri torno in prossimità di S. Frediano e colpiti di rivoltella e di pugnale mentre si apprestavano a disperata di fesa. Il Serlupi mori il 28 dello stesso mese. Walter Branchi - da Felino - cadde a Parma da prode il 29 marzo 1922, in un conflitto tra fascisti e arditi del popolo. Edoardo M eazzi - da Montiere (Grosseto) decorato di quattro medaglie al valore, peri a Fiume il 3 marzo 1922 quasi sulle soglie del Palazzo del Comando di D ’Annunzio apprestato a difesa dai rin negati zanelliani, vinti e scacciati dall’impeto eroico di uno dei piu bei moti rivoluzionari del Fascismo. A Genova il 5 agosto 1922 nell’assalto al palazzo S. Gior gio cadde Primo Martini, di Carrara. Michele Falcone - da Serracapriola (Foggia) - studente, che a Roma nella aggressione sovversiva al corteo che accompa gnava la salma di Enrico Toti aveva, benché ferito, portato in salvo il gagliardetto, fu ucciso il 23 luglio a Viterbo in conflitto coi comunisd. Come rivoluzione antibolscevica ed antiliberale il Fascismo si è trovato a combattere su due fronti. Con tro la ferocia e la prepotenza degli estremisti che rin109
negavano la Patria, il Fascismo condusse la sua lotta con audacia e fermezza. Contro il vecchio mondo po liticante, abulico di fronte alle minacce estremiste, non era possibile altro mezzo che la conquista dello Stato. Ma intanto, sino alla marcia su Roma, non poche volte i fascisti si trovarono di fronte alle forze di polizia ed alle truppe, contro le quali essi mai vol lero fare uso delle armi. Le forze dell’ordine, pur esse esposte alla ferocia rossa, avevano avuto per parte loro numerose vittime. A l nome citato dell’eroico briga diere Ugolini f>i debbono aggiungere quelli del cara biniere Giobbe Cecchin ucciso dalla turba comunista a Trieste il 9 febbraio 1921; delle guardie regie Crimi e Santagata, uccisi a Torino il 24 settembre 1920 e Pasquale Adamas a Casteldebole (Bologna) il 23 gen naio 1921; del carabiniere Giovanni Dinelli, ucciso sulla via di Forno (Massa) il 3 novembre 1921, del carabiniere Sebastiano Sgavicchia, ucciso a Pergola (Pesaro) il 25 giugno 1922; dell’appuntato Tommaso Cavalieri, ucciso a Montecompatri il 21 maggio 1922; del carabiniere Luigi Fino, ucciso a Martina Franca il 3 dicembre 1922 e di altri ancora. Ma le necessità della lotta posero spesso di fronte i fascisti e le Forze armate e, mentre lo scontro fu molte volte evitato per la fermezza e la previdenza dei capi, altre volte il destino volle che le armi si abbassassero sulle schiere fasciste. Caddero cosi a Cittadella il 6 maggio del 1921 Angelo Boscolo Bragadin - da Brentelle (Pado va) - eroico aviatore di guerra piu volte decorato, comandante la «Serenissima» di Venezia, e gli stu denti Gian Vittore Mezzomo - da Feltre - e Giovanni Battista Fumei - da Agordo (Belluno). A Bonferraro P i i settembre 1921, cadde Luigi Frigeri - di Sorga (Verona) - segretario politico di quel Fascio. no
A d Acquanegra il 16 luglio 1922 cadde Giovanni Baroni di Marmirolo (Mantova). Ma l ’episodio piu tragico, oltre quello che diede origine alla strage di Sarzana, fu l ’eccidio di Modena del 26 settembre 1921 in cui caddero nove Fascisti, tutte magnifiche figure di combattenti e di squadristi. Particolarmente dolorose furono le perdite subite nelle giornate gloriose della marcia su Roma, alla vigilia del trionfo fascista. A Bologna cadde, fra gli altri, il 29 ottobre 1922 Gian Carlo Nannini - da Finale Emilia - già valoroso combattente, ferito e de corato. Con alto senso di responsabilità di capo, per evitare un conflitto fra i fascisti e le truppe di una caserma, avanzò allo scoperto in un invito di pace. A l compagno che lo richiamava e gli gridava di co prirsi rispondeva con un largo gesto di saluto : « Non m ’importa di morire ». Nella stessa giornata cadde Oscar Paoletti - da Sulmona (Aquila) - combattente decorato. A Milano fu gravemente ferito alla gola il caporale maggiore dei bersaglieri Feliciano Bignozzi - di Ferrara - mentre accorreva al Popolo d’Italia a portare al Duce la solidarietà del suo reggimento; mori poi a causa delle ferite a Ferrara il 14 luglio 1924. A Verona il 28 ottobre 1922 fu abbattuto, in uno scontro con la forza pubblica, Giacomo Apollonio, da Verona. Angelo Scambelluri - da Taranto -, bella figura di fascista, nei giorni dell’ottobre a Roma ri portò serie ferite, a causa delle quali perdette la vita l ’8 maggio del 1924. Certo, può anche non importare molto conoscere tutte le circostanze in cui perirono i martiri del Fa scismo. Quello che ha valore è il sacrifizio in sé e, direi quasi, l’accettazione del sacrifizio. Se qui ora rievochiamo di volo tali circostanze, è solo per ricorXII
dare a chi dimentica quanto fu dura l’alba delle gior nate che furono poi arrise dal sole. # Furono queste eroiche, leggendarie avventure, as surte dalla particolarità dell’episodio all’epica gran diosità di una vera e propria rivoluzione in marcia, che strinsero al Condottiero gli audaci e fidi cuori dei suoi gregari, nell’anno cruciale del 1924» e seguente; quando di fronte alla viltà dei dubbiosi più ferma e splendente sorse e si affermò la solida rietà dei fedeli. E intorno ai fedeli, neU’avvampante odio di classe, per la più bassa speculazione politica, si moltiplicarono le insidie, le imboscate e gli agguati. In essi numerose e nobilissime le vittime: Armando Casalini - di Forlì - caduto il 12 settembre 1924 a Roma; Angelo Mandolini - di Carnaiola (Terni) morto il 2 novembre 1924 a Ficulle; Giulio Bene detti - di Albegno - morto il 10 ottobre 1924 a Treviolo (Bergamo); Giovanni Villella - di Nicastro morto il 21 aprile 1924 a Nicastro; Mario Rossi - di Felino (Parma) - morto il 7 settembre 1925 a Barbiano di Felino; Ugo Turrini - di Ariano Polesine morto il 22 maggio 1925 in Adria; Aronne Cazzagon - di Camponogara - morto il 2 maggio 1925 a Dolo; Silvio Visentin - di Boara Polesine - morto il 21 maggio 1925 a Boara Polesine; Vitantonio Marti nelli - di Polignano a Mare - morto il 9 aprile 1925 a Conversano; Giovanni Luporini - di Firenze - mor to il 3 ottobre 1925; e tanti, tanti altri. L i anima, paterno ed eroico, Pietro Salvatori - di Montecelio qui caduto il 25 dicembre 1924, assalito da una banda di comunisti: caduto a 74 anni, in un meraviglioso rifiorire di epica giovinezza. 112
Era naturale che quest’onda travolgente di fede, di coraggio, di eroismo, passando vittoriosa per le vie della Patria, varcasse i confini e palpitasse, ani mando di se nuovi apostoli e nuovi martiri, in quelle terre straniere ove il dilagare delle teorie sovversive acuiva l ’odio contro la prorompente Rivoluzione Fa scista. Eroici caduti in terra di Francia, in terra belga, nelle lontane Americhe. Sono centinaia di valorosi che in paese d esilio furono feriti o uccisi per consa crare il loro amore alla Patria, tanto piu forte quanto piu la Patria era lontana e oltraggiata. Fra di essi, ecco don Cesare Caravadossi - di Carcare - ucciso a tradimento il 17 novembre 1928 a Joeuf, vicino a Liegi, da uno sconosciuto, che non gli poteva per donare i suoi sentimenti fascisti schiettamente con fessati; ecco Alfonso Arena - di Canicatti - cancelliere alla Legazione d’Italia, caduto nel Lussemburgo, col pito al cuore da un anarchico il 30 aprile 1929; ecco il romano conte Carlo Nardini, vice console d ’Italia a Parigi, assassinato nel suo ufficio da un comunista il 12 settembre 1927, mentre inerme attendeva al di sbrigo delle sue funzioni. Su questi martiri caduti all’estero, domina alta, severa, ardente, la nobilissima figura di Nicola Bonservizi - di Urbisaglia - corri spondente del Popolo d’Italia e capo del Fascismo italiano in Francia, assassinato a Parigi il 26 marzo 1924, per odio contro il regime. Cosi lo salutò nell’ora del suo glorioso martirio il Duce: «Fascista di pu rissima fede, di coraggio indomito, che ha santificato la causa con la vita e con la morte. Egli praticò la Ia Sag§ la’ Ia santa disciplina, che consiste nel1 obbedire quando ciò dispiace, quando ciò rappre senta sacrificio ». Cosi, balzando dal cuore della Pa-
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tria, si affermò lungo le sue vie e superò i suoi contesi confini, l ’irresistibile marcia delle Camicie Nere. E il cuore della Patria riconosce e saluta tutti i suoi figli caduti all’estero, gagliarda milizia, che si fa ogni giorno numerose di nuove reclute, poiché ogni gior no, si può dire, si procede a nuovi riconoscimenti di morti finora rimasti umilmente nell’ombra. E altri ne cadono continuamente. A diverse migliaia assom mano i mutilati e i feriti per la causa fascista: mu tilati e feriti tutti che il Partito ha affratellati ai congiunti dei morti nella Associazione Fascista delle Famiglie dei Caduti, dei Mutilati e dei Feriti per la Rivoluzione. La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, questa tipica e balda creazione del Regime, ha avuto oltre quattrocento caduti. Spesso anche parenti ed amici dei Caduti della Rivoluzione, rei soltanto di avere comuni con essi il sangue o gli affetti, subirono a loro volta vessazioni e persecuzioni implacabili. Cosi il io ottobre 1920 a Castellaro de Giorgi (Im peria), i sovversivi che uccisero, dopo averne invada la fattoria, il fascista Luigi Magni, non risparmia rono nemmeno i figli Pierino e Francesco, che da essi vennero vilmente feriti. Il 9 agosto 1920, durante uno scontro sanguinoso con sovversivi scioperanti, caddero a Porto Nuovo di Medicina (Bologna), Roberto Paoletti, Gesù Ghe dlni e Luigi Barbieri, i quali si erano rifiutati di abbandonare il lavoro. La moglie di quest’ultimo, che si trovava con lui nei campi, fu selvaggiamente aggredita e ferita. Nel conflitto del 29 agosto 1921 a Baragazza di Castiglione, i rossi si gettavano sulla casa di una “ 4
famiglia notoriamente fascista. Mentre gli uomini si difendevano accanitamente, la teppaglia stendeva morta al suolo Emma Gherardi, moglie e madre di fascisti, e feriva anche la giovinetta Laura Trigali, fidanzata al figlio della stessa Gherardi. E le case dei caduti fascisti Silvio Vaga di Parma e Nazzareno Giovannucci di Livorno non subirono tali numerosi e furiosi assalti, che le famiglie dei gloriosi camerati vissero anni di lotte e di pericoli mortali ? * C e da chiedersi perche la Rivoluzione Fascista non ha richiesto ancor piu gravi sacrifici - e sono stati gravissimi - alle schiere delle Camicie Nere, data la forza delle organizzazioni avversarie e data la bas sezza morale dei suoi capi che non retrocedevano dinanzi a nessun mezzo, e perché, d ’altro canto, non si e avuta da parte fascista quella reazione agli ag guati e alle insidie che le forze del Partito, partico larmente nel 21 e 22, avrebbero potuto rendere tremenda e sanguinosa. L a spiegazione di ciò è da ricercare nella profonda umanità e nella sagacia lun gimirante del Capo. Mai la sua parola si levò ecci tatrice di odio e di vendetta contro le masse traviate; si levò solo per bollare a sangue l ’azione funesta del “ falsi pastori” . N ell’anniversario della strage di Em poli, cosi essa tuonava, ammonimento ai fedeli, ram pogna agli avversari: « Il ricordo della strage orrenda sia monito e insegnamento : serva a temprare gli ani mi per ogni eventualità, serva a prepararli al compi mento di ogni dovere. Basta colla barbarie dei falsi pastori dell’umanità ». Fra il vero popolo e Mussolini non poteva in nes” 5
modo sorgere ostilità o incomprensione. Il popolo è accorso a Lui, perché nel suo grande spirito ha riconosciuto se stesso, potenziato e ingrandito nelle virtù e nelle glorie della sua storia millenaria. Mai nei secoli un indero popolo è stato cosi stretto intorno ad un Capo, come lo è oggi il popolo italiano intorno al suo Duce.
Tutte le grandi imprese hanno i loro eroi, tutte le fedi hanno i loro santi. Il culto degli eroi ha certo radice nel fatto che essi, anche dopo la morte, vivono come forze operanti beneficamente per la causa per la quale sono caduti. Chi affronta la morte per una causa, ha la certezza della continuità della sua opera oltre il limite della vita mortale; e per questa certez za, sigillata dal martirio, egli veramente vive, come forza immateriale, ma di una potenza senza limiti, nella continuità delle generazioni. I fascisti il cui “ presente” splende eterno nel Sa crario dei martiri, sono forze vitali, forze presenti nel Fascismo. Il rito dell’appello dei Caduti per la Causa ha appunto questo alto significato di richiamo alle energie più pure che operano dentro il nostro movimento, a quelle forze che sono più vicine, più congeniali per nobiltà e per dedizione allo spirito del nostro Capo. Nella cappella votiva del Littorio arde una fiam ma che mai si spegnerà. È stata accesa dal Duce col fuoco offertogli da un Balilla. Essa illumina le parole con cui Mussolini ha tramandato all’eternità la gloria dei martiri. Vigila in alto il monito: credere, obbe dire, combattere. Splendono da un lato le parole. Caddero per il Fascismo — vivranno — nel cuore
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del popolo — perennemente. D i fronte, solenne, ri sponde la sicura promessa : Il sacrificio delle Camicie Nere consacra — la Rivoluzione del Littorio — nella certezza del futuro — nella gloria della Patria. # Quest’imminenza e immancabilità di eventi gloria si annunziate e promesse con tanta certezza dal Capo, divennero a un tratto realtà nella conquista dell’Etio pia e nella fondazione dell’Impero. L ’epopea dell’impresa africana parve solcare il cielo d Italia con la rapidità fulminea di un arcobaleno. Essa era invece il frutto prodigioso ma duramente maturato in anni asperrimi di preparazione morale e spirituale del popolo italiano. A l centro di quest’assidua, profonda, vasta opera di educazione e di consapevole esaltazione e disciplina delle forze antichissime, ma sempre fresche e giovani della nostra stirpe, era stato il Partito con tutte le sue istituzioni politiche, sociali, militari; il Partito mo bile e sensibilissimo strumento rivoluzionario nelle mani del Duce. Una tradizione caratteristica dell’Italia, ma creata e tenuta viva per virtù di esigue minoranze, dico il volontarismo, il garibaldinismo, l ’arditismo, divenne con l’ultima guerra d ’Africa un’esplosione piena e totalitaria del paese. Tutto il popolo chiese di essere un esercito : tutti gli atti alle armi chiesero di arruo larsi. Cosi i vecchi combattenti, feriti, mutilati, deco rati delle campagne italo-austriache, poterono gareg giare in dedizione e in valore nel cielo e sulle ambe africane con le nuove generazioni nate ed educate nel clima fascista. Un generale uragano antifascista, col
suo centro a Ginevra, e l’assedio economico di 52 Sta ti, tentarono invano di piegare la volontà di Mus solini, e di strangolare la nazione italiana. Essa, com patta come non mai nella sua storia, dalla reggia a semplice cittadino, resistette vittoriosamente attingen do le vette supreme dell’amor patrio. Essa dimostro al mondo che teneva il sacrifìcio più in alto della stessa gloria. Alla patria il popolo non versò soltanto spontaneo il rivolo del proprio oro domestico, ma con un fervore che ebbe del religioso offerse l’oro della sua anima genuina e fiera. Il Partito seppe essere all’interno l’organizzatore e il disciplinatore di tanta mirabile e formidabile forza nazionale; e in Africa, accanto al suo prode esercito, alla sua aviazione, alla sua marina, alla sua milizia, volle nella stessa persona del Segretario del Partito esprimere il suo pronto spirito di combatti mento e affermare la sua eroica volontà e capacita di vittoria. Ma in quei mesi, in cui si decideva una nuova vita o la morte della Rivoluzione delle Camicie Nere, in cui era posto audacemente in giuoco l’essere o U non essere di grande nazione dell’Italia, chi dominò in crollabilmente fu il Duce; chi si levo^ in alto sui combattenti e sui condottieri vittoriosi, ai quali seppe essere di guida, di conforto, di esempio, fu il Duce. La sua natura eroica sfolgorò in mezzo agl’intrighi internazionali, ed ebbe ragione delle falsità, delle pau re, delle insidie. Fu pari al destino da lui stesso creato. Fu l’Eroe della sua Causa, che, come gli scrisse Ga briele d’Annunzio il 26 settembre 1936, era «quella del Genio latino indomito». È obbedendo alla netta visione di questo suo gemo
latino, ch’Egli, non ancora cessata quasi la guerra in Abissinia, lanciava le sue volontarie gloriose le gioni a sostegno della Spagna nazionale di Franco, insorta contro le forze del bolscevismo e delle demo crazie incoscienti, coalizzate alla dissoluzione d’Eu ropa. Una guerra fascista. Una terribile sanguinosa guerra della civiltà fascista contro l ’idra del comu niSmo barbarico e disgregatore. Da piu di due anni, a centinaia ed a migliaia cadono i nostri volontari per la Spagna di Franco: e cioè per la difesa e il trionfo delle idealità fasciste. La vittoria è dura a cogliersi: ma è certa, e piu sarà feconda di duraturi risultati. Il Duce ha ordinato che i nomi dei Caduti e dei Martiri della conquista dell’Impero e della guerra di Spagna siano incisi, in ciascuna provincia, sulle pa reti degli austeri sacrari dedicati ai Caduti e ai Mar tiri fascisti delle cruente vigilie. Il significato di quest’ordine è chiaro, evidente. La battaglia del Fascismo è sempre una; uno il fine su premo a cui esso tende e tenderà senza requie, dal l’adunata di Piazza San Sepolcro ad oggi, a domani: la potenza, la grandezza, la vera gloria della Patria italiana.
APPENDICE
I S T A T U T O D E L P . N . F. D O T T R IN A P O L IT IC A E SO C IA L E D E L FA SCISM O uand o , nell’ormai lontano marzo del 1919, dalle colonne del Popolo d’Italia io convocai a Milano i superstiti interventisti-intervenuti, che mi avevano seguito sin dalla costituzione dei Fasci d ’azione rivo luzionaria - avvenuta nel gennaio del 1915 - non c’era nessuno specifico piano dottrinale nel mio spirito. Di una sola dottrina io recavo l’esperienza vissuta: quel la del socialismo dal 1903-04 sino all’inverno del 19x4 : circa un decennio. Esperienza di gregario e di capo, ma non esperienza dottrinale. La mia dottrina, anche in quel periodo, era stata la dottrina dell’azione. Una dottrina univoca, universalmente accettata, del socia lismo non esisteva piu sin dal 1905, quando cominciò in Germania il movimento revisionista facente capo al Bernstein e per contro si formò, nell’altalena delle tendenze, un movimento di sinistra rivoluzionario, che in Italia non usci mai dal campo delle frasi, men tre, nel socialismo russo, fu il preludio del bolsce vismo. Riformismo, rivoluzionarismo, centrismo, di questa terminologia anche gli echi sono spenti, men tre nel grande fiume del Fascismo troverete i filoni che si dipartirono dal Sorel, dal Peguy, dal Lagardelle del Mouvement socialiste e dalla coorte dei sindaca listi italiani, che tra il 1904 e il 1914 portarono una
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nota di novità nell’ambiente socialistico italiano, già svirilizzato e cloroformizzato dalla fornicazione giolittiana, con le Pagine libere di Olivetti, La Lupa di Orano, il Divenire sociale di Enrico Leone. Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina: esisteva solo come rancore, ave va ancora una sola possibilità, specialmente in Italia, la rappresaglia contro coloro che avevano voluto la guerra e che dovevano « espiarla ». Il Popolo d’Ita lia recava nel sottotitolo « quotidiano dei combattenti e dei produttori ». La parola « produttori » era già l’espressione di un indirizzo mentale. Il Fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in prece denza, a tavolino; nacque da un bisogno di azione e fu azione; non fu partito, ma, nei primi due anni, antipartito e movimento. Il nome che io diedi all’or ganizzazione ne fissava i caratteri. Eppure chi rilegga, nei fogli oramai gualciti dell’epoca, il resoconto del l’adunata costitutiva dei Fasci italiani di combatti mento, non troverà una dottrina, ma una serie di spunti, di anticipazioni, di accenni, che, liberati dal l ’inevitabile ganga delle contingenze, dovevano poi, dopo alcuni anni, svilupparsi in una serie di posi zioni dottrinali, che facevano del Fascismo una dot trina politica a sé stante, in confronto di tutte le altre e passate e contemporanee. « Se la borghesia, dicevo allora, crede di trovare in noi dei parafulmini si inganna. N oi dobbiamo andare incontro al lavoro... Vogliamo abituare le classi operaie alla capacità diret tiva, anche per convincerle che non è facile mandare avanti una industria o un commercio... Combatte remo il retroguardismo tecnico e spirituale... Aperta la successione del regime noi non dobbiamo essere degli imbelli. Dobbiamo correre; se il regime sarà 124
superato saremo noi che dovremo occupare il suo posto. Il diritto di successione ci viene perché spin gemmo il paese alla guerra e lo conducemmo alla vittoria! L ’attuale rappresentanza politica non ci può bastare, vogliamo una rappresentanza diretta dei sin goli interessi... Si potrebbe dire contro questo pro gramma che si ritorna alle corporazioni. Non im porta!... Vorrei perciò che l ’assemblea accettasse le rivendicazioni del sindacalismo nazionale dal punto di vista economico... ». Non è singolare che sin dalla prima giornata di Piazza San Sepolcro risuoni la parola « corporazio ne » che doveva, nel corso della Rivoluzione, signi ficare una delle creazioni legislative e sociali alla base del regime? Gli anni che precedettero la marcia su Roma fu rono anni durante i quali le necessità dell’azione non tollerarono indagini o complete elaborazioni dottri nali. Si battagliava nelle città e nei villaggi. Si discu teva, ma - quel eh e più sacro e importante - si mo riva. Si sapeva morire. La dottrina - bell’e formata, con divisione di capitoli e paragrafi e contorno di elucubrazioni - poteva mancare; ma c’era a sostituirla qualche cosa di più decisivo: la fede. Purtuttavia, chi rimemori sulla scorta dei libri, degli articoli, dei voti, dei congressi, dei discorsi maggiori e minori, chi sap pia indagare e scegliere, troverà che i fondamenti della dottrina furono gettati mentre infuriava la bat taglia. È precisamente in quegli anni che anche il pensiero fascista si arma, si raffina, procede verso una sua organizzazione. I problemi dell’individuo c dello stato; i problemi dell’autorità e della libertà; i problemi politici e sociali e quelli più specificatamente nazionali; la lotta contro le dottrine liberali, demo125
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cratiche, socialistiche, massoniche, popolaresche fu condotta contemporaneamente alle « spedizioni puni tive ». Ma poiché mancò il «sistema» si negò dagli avversari in malafede al Fascismo ogni capacita di dottrina, mentre la dottrina veniva sorgendo, sia pu re tumultuosamente, dapprima sotto l’aspetto di una negazione violenta e dogmatica come accade di tutte le idee che esordiscono, poi sotto l ’aspetto positivo di una costruzione, che trovava, successivamente negli anni 1926, 1927 ^ 1928, la sua realizzazione nelle leggi e negli istituti del regime. Il Fascismo è oggi nettamente individuato non solo come regime, ma come dottrina. Questa parola va interpretata nel senso che oggi il Fascismo, eserci tando la sua critica su se stesso e sugli altri, ha un suo proprio inconfondibile punto di vista, di riferi mento - e quindi di direzione - dinnanzi a tutti i problemi che angustiano, nelle cose o nelle intelligen ze, i popoli del mondo. Anzitutto il Fascismo, per quanto riguarda, in ge nerale, l’avvenire e lo sviluppo delhumanita, e a parte ogni considerazione di politica attuale, non crede al la possibilità né alla utilità della pace perpetua. Re spinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà - di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla. Tutte le altre prove sono dei sostituti, che non pongono mai l ’uomo di fronte a se stesso, nell’alternativa della vita e della morte. Una dottrina, quindi, che parta dal postulato pregiudiziale della pace, e estranea al Fascismo; cosi come estranee allo spirito del Fascismo, anche se ac cettate per quel tanto di utilità che possano avere in 126
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determinate situazioni politiche, sono tutte le costru zioni internazionalistiche e societarie, le quali, come la storia dimostra, si possono disperdere al vento quando elementi sentimentali, ideali e pratici muo vono a tempesta il cuore dei popoli. Questo spirito antipacifista il Fascismo lo trasporta anche nella vita degli individui. L ’orgoglioso motto squadrista « me ne frego », scritto sulle bende di una ferita, è un atto di filosofia non soltanto stoica, è il sunto di una dot trina non soltanto politica; è l ’educazione al combat timento, l ’accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano. Cosi il Fascista ac cetta, ama la vita, ignora e ritiene vile il suicidio; comprende la vita come dovere, elevazione, conqui sta: la vita che deve essere alta e piena; vissuta per sé, ma soprattutto per gli altri vicini e lontani, pre senti e futuri. La politica « demografica » del regime è la conse guenza di queste premesse. Anche il fascista ama infatti il suo prossimo, ma questo « prossimo » non è per lui un concetto vago e inafferrabile: l’amore per il prossimo non impedisce le necessarie educatrici se verità e ancora meno le differenziazioni e le distanze. Il Fascismo respinge gli abbracciamenti universali e, pur vivendo nella comunità dei popoli civili, li guarda vigilante e diffidente negli occhi, li segue nei loro stati d ’animo e nella trasformazione dei loro interessi, né si lascia ingannare da apparenze mutevoli e fallaci. Una siffatta concezione della vita porta il Fascismo a essere la negazione recisa di quella dottrina che costituì la base del socialismo cosiddetto scientifico o marxiano : la dottrina del materialismo storico, se condo il quale la storia delle civiltà umane si spieghe rebbe soltanto con la lotta d ’interessi fra i diversi
gruppi sociali e col cambiamento dei mezzi e stru menti di produzione. Che le vicende dell’economia scoperte di materie prime, nuovi metodi di lavoro, invenzioni scientifiche - abbiano una loro importanza nessuno nega, ma che esse bastino a spiegare la storia umana escludendone tutti gli altri fattori è assurdo: il Fascismo crede ancora e sempre nella santità e nel l’eroismo, cioè in atti nei quali nessun motivo econo mico - lontano o vicino - agisce. Negato il materia lismo storico, per cui gli uomini non sarebbero che comparse della storia, che appaiono e scompaiono alla superficie dei flutti, Aentre nel profondo si agitano e lavorano le vere forze direttrici, è negata anche la lotta di classe, immutabile e irreparabile, che di que sta concezione economicistica della storia è la natu rale figliazione, e soprattutto è negato che la lotta di classe sia l’agente preponderante delle trasformazioni sociali. Colpito il socialismo in questi due capisaldi della sua dottrina, di esso non resta allora che l’aspi razione sentimentale - antica come l ’umanità - a una convivenza sociale nella quale siano alleviate le soffe renze e i dolori della piu umile gente. Ma qui il Fascismo respinge il concetto di « felicita » econo mica, che si realizzerebbe socialisticamente e quasi automaticamente a un dato momento dell’evoluzione dell’economia, con 1’assicurare a tutti il massimo di benessere. Il Fascismo nega il concetto materialistico di « felicità » come possibile e lo abbandona agli eco nomisti della prima metà del ’700; nega cioè l ’equa zione benessere = felicità, che convertirebbe gli uomi ni in animali di una cosa sola pensosi : quella di essere pasciuti e ingrassati, ridotti, quindi, alla pura e sem plice vita vegetativa. Dopo il socialismo, il Fascismo batte in breccia 128
tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse teoriche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Il Fasci smo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una con sultazione periodica; afferma la disuguaglianza irri mediabile e feconda e benefica degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com’è il suffragio universale. Regimi demo cratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si da al popolo l ’illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un re gime senza re, ma con moltissimi re talora piu esclu sivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno. Questo spiega perché il Fascismo, pur avendo p r im a del 1922 - per ragioni di contingenza - assunto un atteggiamento di tendenzialità repubblicana, vi rinun ciò prima della marcia su Roma, convinto che la questione delle forme politiche di uno Stato non è, °ggi> preminente e che studiando nel campionario delle monarchie passate e presenti, delle repubbliche passate e presenti, risulta che monarchia e repubblica non sono da giudicare sotto la specie dell’eternità, ma rappresentano forme nelle quali si estrinseca l ’evolu zione politica, la storia, la tradizione, la psicologia di un determinato paese. Ora il Fascismo supera l’anti tesi monarchia-repubblica sulla quale si attardò il de mocraticismo, caricando la prima di tutte le insuf ficienze e apologizzando l ’ultima come regime di perfezione. Ora s e visto che ci sono repubbliche inti mamente reazionarie o assolutistiche e monarchie che accolgono le piu ardite esperienze politiche e sociali. 129
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non furono. Senza l’intervento dell’illiberale Napo leone non avremmo avuto la Lombardia e senza 1 aiu to dell’illiberale Bismarck a Sadowa e a Sédan molto probabilmente non avremmo avuto nel ’66 la Venezia e nel 1870 non saremmo entrati a Roma. Dal 1870 al 1915, corre il periodo nel quale gli stessi sacerdoti del nuovo credo accusano il crepuscolo della loro reli gione : battuta in breccia dal decadentismo nella let teratura, dall’attivismo nella pratica. Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, Fascismo. Il secolo «libe rale » dopo avere accumulato un’infinita di nodi gor diani cerca di scioglierli con 1 ecatombe della guerra mondiale. Mai nessuna religione impose cosi immane sacrificio. G li dei del liberalismo avevano sete di san gue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti perché i popoli sentono che il suo agnosticismo nell’economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contem poraneo sono antiliberali ed è supremamente ridicolo volerle perciò classificare fuori della storia; come se la storia fosse una bandita di caccia riservata al libe ralismo e ai suoi professori, come se il liberalismo fosse la parola definitiva e non piu superabile della civiltà. Le negazioni fasciste del socialismo, della demo crazia, del liberalismo, non devono tuttavia far cre dere che il Fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789 che viene in dicate come l ’anno di apertura del secolo demo-libe rale. Non si torna indietro. La dottrina fascista non ha eletto a suo profeta De Maistre. L ’assolutismo mo narchico fu, e cosi pure ogni ecclesiolatria. Cosi « fu132
rono » i privilegi feudali e la divisione in caste impe netrabili e non comunicabili fra di loro. Il concetto di autorità fascista non ha niente a che vedere con lo stato di polizia. Un partito che governa totalita riamente una nazione è un fatto nuovo nella storia. Non sono possibili riferimenti e confronti. Il Fasci smo, dalle macerie delle dottrine liberali, socialistiche, democratiche, trae quegli elementi che hanno ancora un valore di vita. Mantiene quelli che si potrebbero dire i fatti acquisiti della storia, respinge tutto il resto, cioè il concetto di una dottrina buona per tutti i tempi e per tutti i popoli. Ammesso che il secolo X IX sia stato il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia, non è detto che anche il secolo X X debba essere il secolo del socialismo, del liberalismo, della democrazia. Le dottrine politiche passano, i popoli restano. Si può pensare che questo sia il secolo dell’autorità, un secolo di « destra », un secolo fascista; se il X IX fu il secolo dell’individuo (liberalismo significa individualismo), si può pensare che questo sia il secolo « collettivo » e quindi il secolo dello Stato. Che una nuova dottrina possa utilizzare gli elementi ancora vitali di altre dottrine è perfettamente logico. Nessuna dottrina nacque tutta nuova, lucente, mai vista. Nessuna dottrina può vantare una « originalità assoluta ». Essa è legata, non fosse che storicamente, alle altre dottrine che furono, alle altre dottrine che saranno. Cosi il socialismo scientifico di Marx è legato al socialismo utopistico dei Fourier, degli Owen, dei Saint-Simon; cosi il liberalismo dell’8oo si riattacca a tutto il movimento illuministico del ’700. Cosi le dot trine democratiche sono legate all’Enciclopedia. Ogni dottrina tende a indirizzare l’attività degli uomini
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tinui, sollecitati, inevitabili interventi dello Stato nelle vicende economiche, l’inglese Bentham, secondo il quale l ’industria avrebbe dovuto chiedere allo Stato soltanto di essere lasciata in pace o il tedesco H um boldt, secondo il quale lo Stato « ozioso » doveva essere considerato il migliore? Vero è che la seconda ondata degli economisti liberali fu meno estremista della prima e già lo stesso Smith apriva - sia pure cautamente - la porta agli interventi dello Stato nella economia. Se chi dice liberalismo dice individuo, chi dice Fascismo dice Stato. Ma lo Stato fascista è unico ed è una creazione originale. Non è reazionario, ma rivoluzionario, in quanto anticipa le soluzioni di de terminati problemi universali quali sono posti altrove nel campo politico dal frazionamento dei partiti, dal prepotere del parlamentarismo, dall’irresponsabilità delle assemblee; nel campo economico dalle funzioni sindacali sempre più numerose e potenti sia nel set tore operaio come in quello industriale, dai loro con flitti e dalle loro intese; nel campo morale dalla ne cessità dell’ordine, della disciplina, della obbedienza a quelli che sono i dettami morali della patria. Il Fascismo vuole lo Stato forte, organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare. Lo Stato fascista ha rivendicato a sé anche il campo dell’eco nomia e, attraverso le istituzioni corporative, sociali, educative da lui create, il senso dello Stato arriva sino alle estreme propaggini e nello Stato circolano, inqua drate nelle rispettive organizzazioni, tutte le forze po litiche, economiche, spirituali della nazione. Uno Stato che poggia su milioni di individui che lo riconoscono, lo sentono, sono pronti a servirlo, non è lo Stato tirannico del signore medievale. Non ha niente di comune con gli Stati assolutistici di prima o dopo 136
F89. L ’individuo nello Stato fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato, cosi come in un reggimento un soldato non è diminuito, ma moltiplicato per il numero dei suoi camerati. L o Stato fascista organizza la Nazione, ma lascia poi agli individui margini suf ficienti; esso ha limitato le libertà inutili o nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non può essere l ’individuo, ma soltanto lo Stato. Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare reli gione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo « Dio » cosi come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Con venzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancel larlo dagli animi come fa il bolscevismo; il Fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi com’è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo. Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d ’im perio. La tradizione romana è qui un’idea di forza. Nella dottrina del Fascismo l ’impero non è soltanto un’espressione territoriale o militare o mercantile ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente gui da altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio. Per il Fascismo la tendenza all’impero, cioè all’espansione delle nazioni, è una manifestazione di vitalità; il suo contrario, o il piede di casa, è un segno di decadenza : popoli che *37
file degli Avanguardisti; degli Avanguardisti nei G ruppi dei Fascisti universitari o nelle file dei Giovani Fascisti; dei Fa scisti universitari e dei Giovani Fascisti nel P. N . F. e nella M. V. S. N .; delle Piccole Italiane nelle file delle Giovani Italiane; delle Giovani Italiane nelle file delle Giovani Fasci ste; delle Giovani Fasciste nei Fasci Femm inili. Il Fascista presta giuram ento nelle m ani del Segretario po litico del Fascio di combattimento con la form ula: N el nome di Dio e dell’Italia, giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e, se è necessario, col mio sangue, la causa della Rivoluzione fascista.
A rt. io . —■ Il P. N. F. è costituito dai Fasci di combatti mento. I Fasci di combattimento sono inquadrati nelle provincie del Regno, nei Governi dell’Impero, nelle provincie della Libia e nel possedimento italiano delle isole dell’Egeo, in Federazioni dei Fasci di combattimento. Presso i Fasci di combattimento possono essere costituiti G ruppi Rionali fasci sti, Settori e Nuclei. I Fasci di combattimento d i ciascuna Federazione dei Fasci di combattimento si raggruppano, in ogni provincia, in Zone. Sono organizzazioni del P. N . F. : L ’Associazione fascista Famiglie Caduti, m utilati e feriti per la Rivoluzione; i G ruppi dei Fascisti universitari; la Gio ventù Italiana del Littorio; i Fasci fem m inili; l’Associazione fascista della Scuola; l’Associazione fascista del Pubblico im piego; l’Associazione fascista dei Ferrovieri dello Stato; l’As sociazione fascista dei Postelegrafonici; l’Associazione fasci sta degli A ddetti alle Aziende industriali dello Stato; l’Opera N azionale Dopolavoro; l’Unione nazionale Ufficiali in con gedo d ’Italia; il Comitato olimpico italiano; la Lega navale italiana. D ipendono direttam ente dal P. N . F .: L ’Unione nazionale fascista del Senato; l’Istituto nazio nale di C ultura fascista; l’Associazione nazionale Volontari di guerra; la Federazione nazionale A rditi d ’Italia; la Federa zione nazionale Volontari garibaldini; le Associazioni d ’arm a; il Comitato nazionale forestale; l’Ente radio-rurale. Presso ogni Federazione dei Fasci di combattimento sono costituiti :
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U n Com ando Federale della Gioventù Italiana del L it torio; un G ruppo dei Fascisti universitari; una Federazione dei Fasci fem m inili; le Sezioni dell’Associazione fascista Famiglie Caduti, m utilati e feriti per la Rivoluzione, delle Associazioni fasciste della Scuola, del pubblico impiego, dei Ferrovieri, dei Postelegrafonici, degli A ddetti alle aziende industriali dello Stato; u n Dopolavoro provinciale; u n Gruppo dell’U nione nazionale Ufficiali in congedo d ’Italia; una Se zione della Lega navale; un Com itato provinciale del C. O. N . I.; una Sezione dell’Istituto nazionale di C ultura fascista; una Sezione del Comitato nazionale forestale e un Comitato provinciale dell’Ente radio-rurale. A rt. i i . — Il P. N . F. è il partito unico del Regime e ha personalità giuridica. H anno anche personalità giuridica le Federazioni dei Fasci di combattimento e i Fasci di com battim ento. A rt . 12. •— I Gerarchi del P. N . F. sono: i° il Segretario del P. N . F.; 2° i componenti il D irettorio nazionale del P. N . F.; 3° gli Ispettori del P. N . F.; 4° il Segretario federale; 5° i componenti il D irettorio federale; 6° gli Ispettori federali; 7° il Segretario politico del Fascio di combattimento; 8° i com ponenti il D irettorio del Fascio di combatti mento; 9° il Fiduciario del G ruppo rionale fascista; io0 i componenti la Consulta del G ruppo rionale fascista; n ° il Capo-settore; 12° il Capo-nucleo. A rt. 13. — Il G ran Consiglio del Fascismo, organo colle giale supremo, delibera sullo Statuto e sulle direttive del P. N . F. Sono organi consultivi ed esecutivi: i° il D irettorio nazionale del P. N. F.; 2° il Consiglio nazionale del P. N. F.; 30 il D irettorio della Federazione dei Fasci di combatti mento (D irettorio federale);
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Con decreto del Duce, a richiesta del Segretario del P. N . F., il num ero dei vice-segretari può essere elevato a quattro e a nove quello dei componenti il D irettorio Nazionale. Il D irettorio nazionale del P. N . F. esercita funzioni con sultive ed esecutive secondo le direttive del Segretario del P. N . F. A rt . 17. — Il Consiglio nazionale del P. N . F., è costituito dal Segretario del P. N . F., dal D irettorio nazionale, dagli Ispettori del P. N . F., dai Segretari federali ed è convocato e presieduto dal Segretario del P. N . F. che fissa l’ordine del giorno. Il Consiglio nazionale del P. N . F. esercita funzioni consul tive su iniziativa del Segretario del P. N . F. A rt . 18. — I Componenti del Consiglio nazionale del P. N . F. fanno parte della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
A rt. 19. — I vice-segretari del P. N . F. coadiuvano il Se gretario del P. N . F., lo sostituiscono in caso di assenza o di impedimento, sono vice-comandanti generali della Gioventù Italiana del Littorio e fanno parte del Consiglio nazionale delle Corporazioni e del Comitato corporativo centrale. A rt. 20. — Il Segretario amm inistrativo del P. N . F. am m inistra il patrim onio del P. N . F. e ne è responsabile; con trolla le am m inistrazioni delle Federazioni dei Fasci di com battim ento e dei Fasci di combattimento; provvede alla for mazione dei bilanci preventivi e consuntivi del P. N . F., che sottopone all’esame e all’approvazione del Segretario del P. N . F. Il Segretario amm inistrativo del P. N . F. fa parte del Con siglio nazionale delle Corporazioni, del Comitato corporativo centrale e del Comitato centrale per le Opere universitarie. A rt . 21. — Il controllo sulla contabilità del P. N . F. è devoluto ad un collegio di revisori dei conti, costituito da tre componenti nom inati dal Segretario del P. N . F. all’infuori dei componenti il D irettorio nazionale. I revisori devono presentare la loro relazione collegiale al Segretario del P. N . F. ogni anno.
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A rt . 22. — Gli Ispettori del P. N . F. assolvono gli incarichi che il Segretario del P. N . F. loro affida. A rt . 23. — La Federazione dei Fasci di combattimento è retta dal Segretario federale. Il Segretario federale attua le direttive ed esegue gli ordini del Segretario del P. N . F.; prom uove e controlla Fattività dei Fasci di combattimento e delle organizzazioni dipendenti dal P. N . F.; controlla le organizzazioni del Regime e il conferi m ento ai Fascisti delle cariche e degli incarichi nell’ambito della provincia; m antiene il collegamento con gli organi peri ferici dello Stato e con i rappresentanti degli enti pubblici locali; è Com andante federale della Gioventù Italiana del L it torio; è Segretario politico del Fascio di combattimento del capoluogo; è Presidente del Dopolavoro provinciale e del Comitato provinciale dell’Ente radio-rurale; fa parte del Comitato di Presidenza del Consiglio provinciale delle Corporazioni e del Comitato dell’Opera universitaria nelle città sedi di università; convoca e presiede il D irettorio federale, i rapporti dei gerarchi della provincia, dei Fascisti e degli iscritti alle orga nizzazioni dipendenti dal P. N . F. nella provincia; dirige i Corsi di preparazione politica per i giovani; propone al Segretario del P. N . F. la nom ina e la revoca dei componenti il D irettorio federale fra i quali designa il vice-segretario federale e il Segretario federale am m inistra tivo; dei gerarchi provinciali delle organizzazioni del P. N . F. e delle Associazioni dipendenti dal P. N . F.; nom ina e revoca gli Ispettori federali, i Segretari poli tici dei Fasci di combattimento della provincia, i componenti i D irettori dei Fasci di combattimento, i Fiduciari dei Gruppi rionali fascisti, i componenti le Consulte dei G ruppi rionali fascisti, i Capi-settore e i Capi-nucleo; ha facoltà di sciogliere i D irettori dei Fasci di combatti mento e le Consulte dei G ruppi rionali fascisti e di procedere alla nom ina di Commissari incaricati di reggerli in via tem poranea; prom uove e regola l’attività sportiva delle organizzazioni competenti in relazione alle direttive segnate dal C. O. N . I.
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I gerarchi provinciali delle organizzazioni del P. N . F. e degli enti dipendenti dal P. N . F. sono subordinati al Se gretario federale, che rappresenta il P. N . F. nella provincia a tutti gli effetti. II vice-segretario federale coadiuva il Segretario federale e lo sostituisce in caso d i assenza o d i im pedimento. Il Segretario federale amm inistrativo ha in consegna e am m inistra il patrim onio della Federazione dei Fasci d i com battim ento e ne è responsabile. Il controllo sulla contabilità della Federazione dei Fasci di combattimento, del G ruppo dei Fascisti universitari e della Federazione dei Fasci fem m inili è devoluta ad u n collegio di tre revisori nom inati dal Segretario federale all’infuori dei componenti del D irettorio federale. Gli Ispettori federali esercitano funzioni ispettive presso le Zone cui sono preposti o assolvono gli incarichi loro affidati dal Segretario federale. A rt. 24. — Il Fascio di combattimento è retto dal Segretario politico. Il Segretario politico del Fascio di combattimento attua le direttive ed esegue gli ordini del Segretario federale; prom uove e controlla l’attività delle organizzazioni del Partito e del Regime e il conferimento ai Fascisti di cariche e di incarichi nell’ambito del territorio in cui opera il Fascio di combattimento; m antiene il collegamento con gli organi statali e con gli enti pubblici locali; propone al Segretario federale la nom ina e la revoca dei componenti il D irettorio del Fascio di combattimento fra i quali designa il vice-segretario politico e il Segretario am m i nistrativo del Fascio di combattimento, dei Fiduciari dei G ruppi rionali fascisti, dei componenti la Consulta del G rup po rionale fascista, dei Capi-settore e dei Capi-nucleo. Se i settori e i nuclei sono inquadrati in G ruppi rionali fascisti le proposte per la nom ina dei Capi-settore e dei Capi-nucleo devono essere avanzate sentito il Fiduciario del G ruppo rio nale fascista; convoca e presiede il Direttorio del Fascio d i combatti m ento e i rapporti dei Fascisti; propone al Segretario federale l’istituzione dei Gruppi
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rionali fascisti e ha facoltà di costituire e sciogliere Settori e Nuclei; designa i suoi rappresentanti presso il Comitato del l’Ente comunale di Assistenza. Il vice-segretario del Fascio di combattimento coadiuva il Segretario politico e lo sostituisce in caso d i assenza o di impedimento. Il Segretario amm inistrativo ha in consegna e am m inistra il patrim onio del Fascio di combattimento e ne è responsabile. A rt . 25. — Il G ruppo rionale fascista è retto dal Fiduciario. Il Fiduciario del G ruppo rionale fascista attua le direttive ed esegue gli ordini del Segretario politico del Fascio di combattimento; designa al Segretario politico del Fascio di combattimento un vice-fiduciario e un consultore amministrativo, scelti tra i componenti della Consulta del Gruppo. A rt . 26. — Il D irettorio della Federazione dei Fasci di combattimento è costituito da un vice-segretario federale, da un Segretario federale amm inistrativo e da sette componenti. Esercita funzioni consultive ed esecutive sulle direttive del Segretario federale. Il Segretario del P. N . F. ha facoltà di nom inare due vicesegretari federali e di elevare il num ero dei componenti il D irettorio federale a un massimo di nove. Il D irettorio del Fascio di combattimento è costituito da un vice-segretario politico, da un Segretario amm inistrativo e da sei componenti. Il D irettorio del Fascio di combattimento dei capoluoghi di provincia è costituito da un vice-segretario politico e da sette componenti. Il Segretario del P. N . F. ha facoltà di elevare il num ero dei componenti a nove. Il D irettorio del Fascio di combattimento esercita funzioni consultive ed esecutive sulle direttive del Segretario politico del Fascio di combattimento. La Consulta del G ruppo rionale fascista è costituita da un vice-fiduciario, da un Consultore am m inistrativo e da quattro componenti. Esercita funzioni consultive ed esecutive sulle direttive del Fiduciario del Gruppo.
*47 io a .
A rt. 27. — Il Fascista che violi la disciplina politica e m o rale del Partito o sia rinviato a giudizio penale è deferito agli organi disciplinari competenti. A r2. 28. — Le punizioni disciplinari sono: i° la deplorazione; 20 la sospensione a tempo determinato (da un mese a un anno); 30 la sospensione a tem po indeterm inato; 40 il ritiro della tessera; 50 la radiazione; 6° l’espulsione. A rt. 29. — Le punizioni di cui ai nn. 1, 2 e 3 dell art. 28 sono inflitte per m ancanze lievi che non ledano la figura morale del Fascista. . Il ritiro della tessera è inflitto al Fascista che incorra in gravi m ancanze disciplinari e che si renda immeritevole di militare nei ranghi del P . N . F. ' La punizione di cui al n. 5 dell’art 28 e inflitta al Fascista che abbia compiuto azioni o riportato condanne che ledano la sua figura morale. . ,. La punizione, di cui al n. 6 dell’art. 28, e inflitta al tradi tore della Causa della Rivoluzione fascista. Nessuna punizione può essere proposta o inflitta se non dopo aver contestato gli addebiti e vagliato la difesa, salvo nei casi di flagranza. A rt. 3o, _ Presso ogni Federazione dei Fasci di combat tim ento è istituita u n a Commissione federale di disciplina, che è presieduta dal vice-segretario federale ed è form ata da sei componenti effettivi, quattro supplenti e un segretario, estranei al D irettorio federale. La nom ina spetta al Segretario federale. Presso ogni Fascio di combattimento e presso ogni G ruppo rionale fascista è istituita una Commissione di disciplina, for m ata da u n Presidente e da due componenti, estranei al D irettorio del Fascio d i combattimento e alla Consulta del Gruppo, nom inati dal Segretario federale su proposta del Segretario politico del Fascio di combattimento.
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A rt. 31. — Il Segretario del P. N . F. è competente ad in fliggere direttam ente tutti i provvedimenti disciplinari di cui all’art. 28. Il Segretario del P. N . F. ha facoltà di deferire i casi me ritevoli di particolare esame alla Commissione federale di disciplina della Federazione dei Fasci di combattimento in cui il Fascista da giudicare sia iscritto o ad una Corte centrale di Disciplina presieduta da u n vice-segretario del P. N . F., form ata da due componenti effettivi, da due supplenti e da un segretario da lui nominati. I risultati degli accertamenti della Corte centrale di D i sciplina sono sottoposti al Segretario del P. N . F. per le decisioni. II Segretario federale è competente a infliggere, su proposta della Commissione federale di Disciplina, il provvedimento di ritiro della tessera e direttamente, nei casi urgenti, tu tti i provvedimenti disciplinari tranne quelli di cui ai nn. 5 e 6 dell’art. 28. Quando si tratti di provvedimenti di radiazione od espul sione dal P. N . F. il Segretario federale trasmette gli atti, accompagnati dalle sue motivate proposte, al Segretario del P. N . F. La Commissione federale di Disciplina è competente a esa minare i casi deferiti dal Segretario federale al suo giudizio e ad infliggere i provvedimenti disciplinari della deplora zione, della sospensione a tempo determ inato e della sospen sione a tempo indeterm inato. Q uando i risultati degli accer tam enti della Commissione federale di Disciplina im portano la sanzione del ritiro della tessera, della radiazione o del l’espulsione gli atti sono trasmessi al Segretario federale. Le Commissioni di Disciplina istituite presso i Fasci di combattimento e presso i G ruppi rionali fascisti sono compe tenti a esaminare i casi deferiti dal Segretario politico del Fascio di combattimento o dal Segretario federale al quale comunicano i risultati degli accertamenti eseguiti. A rt. 32. — Per i provvedimenti disciplinari inflitti dal Se gretario federale è ammesso il ricorso al Segretario del P. N . F. Per i provvedimenti disciplinari adottati dalla Commissione federale di Disciplina è ammesso il ricorso al Segretario federale.
149 io.
I provvedimenti, non ostante il ricorso, sono im mediata m ente esecutivi. A rt. 33. — Il Fascista che incorra in uno dei provvedi m enti di cui ai nn. 2, 3, 4 e 5 dell’art. 28 deve cessare da ogni attività politica. . . . II Fascista a cui venga inflitto il provvedimento di cui al n. 6 dell’art. 28 deve essere messo al bando della vita pub blica. A rt. 34. — Ai Senatori e ai D eputati i provvedimenti di sciplinari possono essere inflitti soltanto dal Segretario del P . N . F. I D eputati e i Componenti delle Corporazioni incorsi nei provvedimenti disciplinari di cui ai nn. 2 e 3 dell’art. 28 sono sospesi dall’esercizio delle loro funzioni. Dalla data del provvedimento disciplinare rim ane sospeso il godim ento di tutte le concessioni di qualsiasi natura ine renti alla qualità di D eputato o di Componente delle Cor porazioni. A rt . 35. — Il Segretario del P. N . F. ha facoltà di riesami nare la posizione dei Fascisti puniti e può revocare o m odi ficare i provvedimenti disciplinari adottati. II Segretario federale può riesaminare la posizione dei Fa scisti puniti e determ inare la cessazione, la modificazione o la revoca dei provvedimenti adottati da lui o dalla Commis sione federale di Disciplina. Quando si tratti dei provvedi m enti di ritiro della tessera, di radiazione o di espulsione, può avanzare motivate proposte al Segretario del P. N . F. al quale spetta la decisione sulla riammissione. A rt . 36. — Coloro che cessano di appartenere al P .N .F . decadono dalle cariche e dagli incarichi che ricoprono. A rt . 37. — L ’anno fascista ha inizio il 29 ottobre. I l Segretario del P. N . F. Segretario del G ran C onsiglio del F ascismo A C H IL L E S T A R A C E
II L A F O R Z A D E L P A R T IT O N A Z . F A S C IS T A A L 28 O T T O B R E X V I E . F . F orze inquadrate nel P . N . F . e nelle O rganizzazioni DIPENDENTI: Fasci di C o m b a ttim e n to .................................................2. 430. 352 G ru p p i Fascisti U n i v e r s i t a r i ................................. 93. 175 G io v en tù Italian a del L i t t o r i o ................................ 7. 577.381: F ig li della L u p a ......................................1.387.386 B a l i l l a ...................................................... 1.728.263 Piccole i t a l i a n e ......................................1.669.045 A v a n g u ard isti ................................. 876.550 G io vani i t a l i a n e ................................. 386. 867 G io vani f a s c i s t i ...................................... 1.168.693 G io vani f a s c i s t e ................................. 360. 577 Fasci F e m m i n i l i ....................................................... 743.786 M assaie R u r a l i ..................................................................1. 191.086 O p eraie e lav o ran ti a d o m i c i l i o ............................ 309. 945 A ssociazione F ascista d ella S c u o l a ...................... 160.316 Sezione Scuola elem en tare. . . 116.645 Sezione Scuola m e d i a ...................... 36.604 S ezione P rofessori U n iv e rs ita r i. . 2. 885 S ezione Assoc. U n iv e rs..................... 2. 311 S ezione Belle A rti e B iblioteche. 1.871 A ssociazione Fascista del P u b b lico Im p ieg o . . 286.278 A ssociazine F ascista dei F e r r o v ie r i...................... 134.046 A ssociazione Fascista dei Postelegrafonici. . 80. 889 A ssociazione F ascista d egli A d d e tti A zien d e In d u stria li dello S t a t o ....................................... 106.470 O . N . D ..............................................................................3.566.813 U . N . U . C. 1............................................................... 231.946 C. O . N . 1...................................................................... 830.429 L. N . 1............................................................................ 185.772 R ep arti d ’A r m a ....................................................... 467.814
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