Il binario indifferente: uomo e donna o GLBTQ?

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CHIA,RA ATZORI'

Il BINAII0 INDlfFER:ENTE 1

SOOIRF. • Disordini legati a patologie recessive (che richiedono cioè la presenza contemporanea dell'anomalia su entrambi i cromosomi per manifestarsi) legate al cromosoma X: sono logicamente più rappresentate nei maschi, che possiedono solo una X (quella di derivazione materna). Se questo cromosoma porta il tratto malato, l'assenza della seconda X (nella femmina XX, eventualmente sana) che controbilanci la patologia rende sempre possibile la manifestazione della patologia stessa nel maschio. • Aspettativa di vita: le donne vivono di più F>M. • Ritardo mentale: apparentemente maggiore frequenza nei maschi M>F. • Autismo (gruppo di situazioni variegate in cui vi è una difficoltà a mettersi in relazione con gli altri, sia attraverso il linguaggio che con espressioni fisiche e comportamentali) M>F. • Dislessie ( difficoltà di lettura sia come apprendimento che come interpretazione) M>F. • Variabilità fenotipica (ampiezza di dispersione di caratteri): maggiore tra i maschi M>F.

Importanza degli ormoni A proposito degli ormoni, che come abbiamo visto sono sostanze secrete dal corpo, veicolate dal sangue e in grado di esercitare effetti in organi anche distanti da quelli in cui vengono prodotte, è importante acquisire la nozione che gli ormoni cosiddetti« maschili» (androgeni) e femminili (so28

prattutto estrogeni, progesterone) sono secreti in entrambi i sessi [Attanasio-Boretta 2]. Ciò che è peculiare è non solo la quantità differenziata negli uomini e nelle donne, misurabile nel sangue o in altri liquidi corporei, ma anche la distribuzione dei «ricevitori» (recettori) ormonali stessi nei due sessi e nelle diverse fasi dell'età della vi~. Queste differenze quantitative e di distribuzione, e le fluttuazioni temporali, rendono atto di molte delle differenze tra i due sessi. Ad esempio, gli estrogeni sono enormemente più rappresentati nelle donne in età fertile che negli uomini, e così il progesterone. Al contrario, il testosterone è molto pi~ rappresentato negli uomini che nelle donne. E proprio del linguaggio comune indicare un maschio particolarmente esuberante, aggressivo, assertivo, come maschio « con il testosterone alto ». L'ossitocina, pur essendo presente in uomini e donne, presenta quantitativi differenti, specie in alcune situazioni specifiche, ad esempio al termine della gravidanza, durante e dopo il parto, in cui è responsabile della contrazione delle pareti dell'utero. Altri ormoni maschili (DHEA, androstenedione ), pur presenti in entrambi i sessi, determinano caratteristiche chiaramente differenti: un eccesso nelle donne può determinare irsutismo (eccesso di peli). L'andamento di un altro ormone dal nome quasi impronunciabile (allopregnenolone) è la principale causa dell'irritabilità della sindrome premestruale in cui la sua rapida caduta di concentrazione nei giorni immediatamente precedenti la mestruazione causa la cosiddetta sindro29

me premestruale, quella particolare instabilità emotiva e « caratteriale » femminile che pesa così gravemente nella vita di molte donne e nella relazione di molte coppie. E si potrebbe continuare con molti altri esempi inerenti altri ormoni meno conosciuti dal pubblico« medio», come la prolattina, il cortisolo, la vasopressina, per i quali pure esistono situazioni, sia fisiologiche che patologiche, chiaramente differenziate in ambito di medicina di genere. Gli ormoni comunque non esauriscono l' eziologia del dimorfismo sessuale anche se la loro importanza cruciale è evidente nelle linee guida per il trattamento ormonale della cosiddetta« disforia di genere» (GID), cioè nelle indicazioni fornite all' équipe dei medici che seguono con particolare cura e attenzione il trattamento ormonale di quelle persone che desiderano affrontare il cosiddetto « cambio di sesso» [Hembree 3]. Si tratta di aggiustamenti farmacologici o chirurgici, fino all'amputazione o protesizzazione genitale (SRS, Sex Reassipiement Surgery, chirurgia per la riassegnazione del sesso), utilizzate per trattare uomini e donne affetti da un grave disturbo della percezione della propria identità sessuata. Questi pazienti, che come abbiamo già visto erano chiamati transessuali, oggi vengono designati come soggetti affetti da GID e definiti da una sigla: MtF (Male to Female, da maschi a femmine) e FtM (Female to Male, da femmine a maschi). Inutile sottolineare che si tratta sempre di aggiustamenti morfologici, cosmetici (protesi di silicone, iniezioni, chirurgia appunto in grado di modificare l'aspetto esteriore), che non sono mai 30

in grado di modificare il messaggio genetico che impronta ogni cellula che costituisce quell'individuo, e che quindi ne codifica in maniera incontrovertibile il sesso biologico originale, maschile o femminile. Questo aspetto è ben documentato dalla medicina forense o dalla criminologia, in cui al di là di ogni intervento mascherante o apparenza esteriore dall'analisi del cariotipo e del DNA è sempre possibile risalire al sesso genetico. Molte domande sorgono spesso quando si accenna al tema della transessualità o disforia di genere (GID) perché, pur trattandosi di un fenomeno assolutamente minoritario e raro dal punto di vista epidemiologico, è tuttavia soggetto a elevata esposizione mediatica, senza che vengano chiariti alcuni elementi di fondo. Ad esempio, esistono evidenze di correlazione tra GID (FtM, MtF) e le anomalie genetiche inerenti gli ormoni sessuali, che sono i responsabili, come abbiamo visto, di tante caratteristiche della sessualizzazione sia prenatale che postnatale di ogni individuo? I dati raccolti in un recente studio che coinvolgeva 242 transessuali (74 MtF, 168 FtM) e 275 soggetti di controllo (106 maschi, 169 femmine), focalizzato sui principali geni legati agli ormoni sessuali, studiati in coorte (come recettori di androgeni, AR, recettori per estrogeni alfa e beta, ERab, Aromatasi, CYP19, recettore per il progesterone PGR ecc.), concludono che le anomalie genetiche inerenti gli ormoni sessuali non sono necessariamente collegabili alla disforia di genere [Ujike 4]. La conclusione sottolinea che la transessualità non è ascrivibile a un problema primariamente biologico, genetico, inerente in particolare ad anomalie dei geni che per antonomasia determinano 31

la sessualizzazione del corpo e del ceivello, cioè i recettori o gli enzimi coinvolti nell'azione degli ormoni sessuali. La genesi di questa patologia, di cui come vedremo è in fase di accesa discussione la depatologizzazione nella nuova revisione dei manuali di riferimento (DSM-V e ICD-11), appare quindi di tipo multifattoriale, con una preponderanza degli aspetti «ambientali» e relazionali, anche se per la nota importanza ormonale del testosterone nella sessualizzazione prenatale del ceivello, la propensione a considerare una possibile sessualizzazione atipica rimane una ipotesi plausibile nello sviluppo della disforia [Swaab 5). Dal punto di vista biologico esistono i disturbi dello sviluppo biologico sessuale, i cosiddetti DSDs (Disorders of Sexual Development): anche in questo caso è di fondamentale importanza chiarire che la fisiologia non va confusa con la patologia e i due mondi sono chiaramente definibili in ambito biomedico. Per una recente autorevole e relativamente concisa rassegna dei disturbi della differenziazione sessuale (DSDs) si può fare riferimento a Lee [6). Ecco alcuni esempi chiarificatori: A) Sesso cromosomico. La fisiologia indica che il cariotipo 46:XX = femmina, mentre il cariotipo 46XY = maschio. La patologia genetica sia su cromosomi sessuali (esempio 4 7XXY Klinefelter, 45XO Turner, mosaicismi) sia su altri geni codificanti per ormoni coinvolti nella cascata ormonale (sindrome adreno-genitale, traslocazioni parziali di frammenti del 32

cromosoma Y ecc.) non sono fisiologia ma patologia. B) Sesso gonadico. La fisiologia ci indica che con la presenza di testicoli normoconformati siamo di fronte a un maschio, in presenza di ovaie a una femmina. La patologia embriologica o endocrino-guidata come la sindrome di Mayer Hauser, o di Rokitansky, l'assenza o la mutazione dei recettori per androgeni (PAIS), l'assunzione di estroprogestinici (EP) in gravidanza, la sindrome adrenogenitale (CAI-1, deficienza 17alfa-idrossilasi) indicano invece situazioni nori fisiologiche. Si tratta, appunto, di malattie, cioè di situazioni patologiche suscettibili di complesse manovre terapeutiche correttive spesso con necessità di collegialità multidisciplinare per la delicatezza dell'impatto psicologico sia sul soggetto che sul nucleo familiare. C) Sesso fenotipico. Come abbiamo visto per vari aspetti di dimorfismo, come la sessualizzazione prenatale degli emisferi, la morfologia dei genitali alla nascita, l'ossatura, l'altezza, la muscolatura, la distribuzione dei peli, il timbro della voce pre- e postpuberale, esiste una fisiologia, mentre pseudoermafroditismo, ermafroditismo, irsutismi, ginecomastie ecc. non sono fisiologia ma patologia e richiedono una accurata presa in carico per le evidenti ricadute non solo mediche ma anche psicologiche e sociali che ne derivano. D) Sesso psicologico. La percezione di appartenere a un dato genere sessuale, dalla metà degli anni Cinquanta in poi è stata definita 33

« identità di genere». Fisiologicamente, una cosiddetta femmina identitaria «sa» di appartenere al genere femminile, e così il maschio identitaria al genere maschile; esiste il transessualismo (GID) in cui, come abbiamo già accennato sopra, il soggetto si sente intrappolato in un corpo« sbagliato». Questa non è una situazione fisiologica ma tuttora è catalogata come patologia in entrambi i manuali di riferimento (ICD-10 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, e DSM-IV dell'American Psychiatric Association) [ Cohen Kettenis 7, Bradley 8). Come ci si può ragionevolmente attendere, vista la stretta interdipendenza tra corporeità, psichismo, le patologie dello sviluppo sessuale sono significativamente associate a elevati livelli di patologia psicologica e psichiatrica [Schutzmann 9). Un messaggio fondamentale da non sottovalutare è che è possibile descrivere scientificamente, grazie a criteri genetici, endocrinologici, oggettivabili quello che è uno sviluppo fisiologico da quello che è uno sviluppo patologico della sessuazione biologica [Nabhan 10, Asscherman 11).

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Capitolo 4 ASPETTI DI SESSUAZIONE PSICHICA

Sesso « psicologico » Sulla differenza biologica, di cui abbiamo tratteggiato alcuni aspetti essenziali (genetici, fenotipici, cerebrali, endocrinologici), si costruisce l'io relazionale, culturale, sociale, attraverso l'interazione con ambiti via via sempre più ampi, a cerchi concentrici: madre, padre, famiglia, scuola, altre agenzie educative, amicizie, relazioni sociali ... Non esiste un'identità sessuata astratta, né un corpo contenitore di una attività psichica (psichismo) sganciata dalla dimensione neurosensoriale: la « finestra corporea» è in continuo e costante divenire, plasmata dal dialogo neurochimico sia del suo ambiente interno che di quello esterno circostante, con il quale è in continuo contatto, attraverso i cinque sensi. E non si tratta di un indifferenziato magma unisex in ebollizione, proprio perché esiste un centro interno di organizzazione, non «misurabile» in senso metrico o pesabile con la bilancia, tuttavia direttamente sperimentabile da ciascuno: il «sé». È l'io, un io sessuato, profondamente caratterizzato dall'impronta XX, XY in ogni sua singola cellula costitutiva e nella modalità peculiare in cui le cellule sono interconnesse in una ontologi35

ca dicotomia, maschile e femminile. Questo « io sessuato», che caratterizza ogni uomo e ogni donna, emerge progressivamente e si definisce gradualmente, acquisendo normalmente una sempre maggiore consapevolezza in un processo che si estende per tutto l'arco della vita, chiamato sessuazione. La sessuazione, psichica e psicologica, può essere definita come quel processo di scoperta dell'altro che mi svela e nel contempo costruisce chi sono, sempre in un imprescindibile sistema dicotomico binario (M/F, uomo donna, maschile femminile), le cui tappe di progressione, da Freud [1] a Erickson [2] in poi, sono state relativamente ben descritte rispettivamente dalla psicanalisi e dalla psicologia evolutiva. Queste tappe oggi sono comunemente accettate come ragionevole oggettivazione di un processo reale che riguarda ogni essere umano, con caratteristiche di flessibilità e variabilità descrittiva tipiche di ogni scienza non esatta [Butler & McManus 3]. Da Freud mutuiamo l'esistenza delle cosiddette «fasi» (orale, anale, genitale, edipica, di latenza ecc.) nel processo di sessuazione inconscia. Risulta oggi perciò difficile eludere l'importanza simbolica della scoperta del dimorfismo sessuale strettamente attinente al corpo nella costruzione dell'io, sia quando ciò awenga in una situazione di fisiologia e tanto più nel caso di situazioni patologiche (ad esempio ambiguità urogenitali legate a malformazioni o malattie genetiche). Rimanendo nel campo della fisiologia, anche a livello non accademico, ma divulgativo, i concetti di« invidia del pene», l'importanza simbolica del36

lo scoprirsi «puntuti» (dotati di genitali maschili) rispetto all'evidenza per le bambine di scoprirsi «perforate» (dotate di vagina) è sicuramente un patrimonio che rientra nel campo dell'esperienza, non scolastico, accessibile a tutti, condiviso da ogni fascia culturale. La rilevanza del vedersi, dello scoprire la propria immagine corporea - e nello stesso tempo dei rischi connessi al rimanere fissati nella contemplazione del proprio «io» senza aprirsi all'alterità - è codificata fin dall'antico mito di Narciso, il personaggio che affogò nel tentativo di baciare la propria immagine riflessa nell'acqua, immagine della quale, dopo averla scoperta, si era innamorato e con la quale passava il suo tempo negandosi alla relazione con l'altro. Rispetto alle interconnessioni tra corporeità, cervello, identità, si deve a Lacan, psicanalista postfreudiano, la valorizzazione della « fase dello specchio», cioè quella in cui, in concomitanza con l'apprendimento verbale, il bambino, posto davanti a uno specchio, scopre nell'immagine riflessa di avere un corpo e realizza di esistere come esteriorità vivendo, secondo lui, un momento fondante nella costruzione dell'identità, strettamente interconnesso con quello dell'acquisizione del linguaggio. Attorno al vissuto comune della centralità simbolica dei genitali, caratterizzato da un'ubiquitaria protezione della propria intimità, pur nella variabilità di espressione nel modo di coprirsi o scoprirsi, si costruiscono sentimenti fondamentali quali il senso del pudore, norme igieniche, più banalmente le norme relazionali di convivenza «civile» fin dal momento dell'acquisizione del 37

controllo degli sfinteri, pur con differenze anche notevoli nei diversi luoghi geografici e nei tempi della storia. Il corpo e le sue cavità, i suoi punti di « ingresso » e di «uscita» indubbiamente costituiscono ben più che confini corporei e vanno a costruire, volenti e nolenti, anche degli invisibili ma importanti confini psichici. Sempre dalla psicoanalisi con Jung ci è aperto l'orizzonte dell'esplorazione dei cosiddetti« schematismi ancestrali» (gli· archetipi), con Adler la considerazione dell'importanza del desiderio di potenza e della susseguente necessità di gestire il senso di inferiorità riferito alla inevitabile percezione delle « differenze », di cui la differenza per antonomasia, quella sessuale, è l'espressione più basilare e pregnante. Ancora, Lacan è approdato al mistero del linguaggio come modalità tipicamente umana di comunicazione per contenuti e modalità, introducendo una concettualizzazione dell'essere umano come « soggetto indicibilmente desiderante». Autori classici come Winnicott [4] e Bowlby [5] identificano molto precocemente la rilevanza delle fasi sequenziali di simbiosi, attaccamento alla madre, processo di separazione, differenziazione, imitazione, appartenenza al gruppo dei pari rispetto alle tappe psicodinamiche di accesso all'identità sessuata e nel bambino. Globalmente e sinteticamente, non potendomi certo addentrare in un campo così complesso, ampio e sfaccettato come quello delle scienze della psiche, richiamerò solo l'attenzione sul fatto che esiste un'enorme ricchezza di contributi da parte della psicanalisi e della psicologia nelle sue 38

variegate scuole ed indirizzi (psicodinamico, comportamentale, transazionale, sistemico ... ) nel descrivere un processo di sessuazione psichica intrinsecamente legato alle vicende del corpo. Questa costante interconnessione corpo-psiche ne plasma costantemente riarrangiamenti e frontiere, a partire da vicende prenatali (il famoso« brodo relazionale materno» in cui è immerso l'embrione durante la fase di formazione del sistema nervoso e sensoriale) con un percorso che continua ininterrotto per tutta la durata della vita. Rispetto a una «fisiologia» della sessuazione psichica, non è inutile richiamare l'attenzione sull'evidenza dell'esistenza di una patologia della sessuazione, non solo rispetto all'identificazione, attaccamento, percezione di appartenenza riguardo al proprio genere sessuale (abbiamo già visto la disforia di genere, o GID), ma anche rispetto alla perdita o distorsione di un equilibrio in parte già acquisito, in quelle situazioni che rappresentano la manifestazione patologica degli esiti devastanti sulla formazione di un'identità sessuata equilibrata, legati ad esempio ad abusi, violenze, condizionamenti, mobbing. Questa destabilizzazione «patologica» di un centro soggettivo di equilibrio vale in ogni fase della vita ma con conseguenze di più difficile decifrazione quanto più precoce è l'epoca in cui si verificano (pensiamo al drammatico evento della pedofilia). Ancora una volta, la perturbabilità della sessuazione psichica, il suo essere un evento dinamico, vengono a sottolinearne la caratteristica strettamente «relazionale» e il suo delicato equilibrio. L'internalizzazione, vale a dire il progressivo stra39

tificarsi nella memoria e nel vissuto personale delle esperienze relazionali, sia prenatali che postnatali, sia coscienti che inconsce, di imitazione, di differenziazione, avviene comunque a partire da un « hardware biologico » già segnato dal dimorfismo sessuale. Questo dato (il dimorfismo biologico «fissato» rispetto alla dinamica evolutiva ed estremamente variegata, imprevedibile delle possibili esperienze di relazione nel corso della vita) rende ragione dello spettro pressoché infinito di possibili esiti psichici quando gli elementi ambientali, relazionali entrano in qualche maniera in conflitto, anziché armonizzarsi, con il dato biologico di partenza. E qui si tocca il vero e proprio epicentro del «mistero» dell'identità sessuata umana, cioè il fenomeno squisitamente ed essenzialmente umano della possibilità di un orientamento sessuale (desiderio) multiforme e sostanzialmente aperto a 360 gradi, ma sempre orientabile, guidabile [Fromm 6]. La «pulsione», quel « moto verso» che si definisce desiderio, non può certamente pretendere di essere definito scientificamente. Eppure esiste e lo «conosciamo», nella sua inesauribile indicibilità. Rispetto al significato del desiderio, alla sua possibile «stratificazione», direzione, qualifica, potenza, profondità, intensità, rispetto alla sua innegabile presenza nel cuore umano, risulta utile, anziché tentare di descriverlo o definirlo, aprirsi a un'ulteriore domanda: di quale desiderio stiamo parlando? (Affetto? Amicizia? Eros? Agape?). Autori non banali hanno scritto saggi densissimi 40

su questo tema, senza certamente arrivare a esaurirne la portata e le sfaccettature [Lewis 7]. Filosofi di ogni orientamento, e particolarmente in epoca moderna autori della fenomenologia, hanno approfondito il tema con interpretazioni e apporti interessantissimi. Vorrei tuttavia richiamare la necessità di non sganciare la speculazione filosofica dal suo necessario presupposto: l' « io realmente sessuato» (un uomo, una donna vivi, veri, reali) da cui quella riflessione sul desiderio deve prendere avvio [Stein 8]. Su questo punto nodale si concentra il perno critico di ogni confronto, proprio perché non esiste un'attività psichica (compresa la capacità di desiderare) che sia autonoma o sganciata dalla corp~reità bioanatomica: questa è sottostante, preesistente, intrinsecamente connivente e condizionante lo psichismo (il desiderare) stesso [Marini 9]. Questa evidenza, che non esiste desiderio senza corpo e psiche desiderante, non è un'opinione personale, è un dato oggettivabile: se viene trascurato, genera molte delle incomprensioni e incomunicabilità attuali, visto il complesso intreccio di fattori bio-anatomo-neurosensoriali tratteggiato in precedenza, intreccio che fonda il costituirsi reale e non una speculazione teorica o astratta dell'identità sessuata. Cercando un'impossibile ma necessaria sintesi di quello che è quindi per le scienze psicologiche il processo di sessuazione psichica, su alcuni capisaldi essenziali si può scientificamente convergere in una sorta di consenso. Innanzitutto la rilevanza nella sessuazione della triade relazionale fondante che coinvolge neces41

sariamente la dimensione parentale: per ogni essere umano l'esistenza di un padre, di una madre, biologici e simbolici, con i quali inevitabilmente bisogna« fare i conti», in termini di presenza, assenza, qualità e caratteristiche relazionali. Di estrema significatività rispetto al processo di sessuazione di ogni singolo soggetto è la caratteristica « triangolazione » relativa di questa triade: padre e madre nella loro relazione di coppia e nella relazione individuale con il figlio a sua volta inevitabilmente dotato di identità sessuata. Entrano in questa triangolazione implicazioni di tipo simbolico estremamente complesse, che coinvolgono il tema del rapporto generazionale, della genitorialità e della filiazione [Lacroix 10, Hadjadi 11]. I dati sull'importanza di un'equilibrata triangolazione madre-padre-figlio nella formazione di una fisiologica identità sessuata vengono confermati dalla quantità di riscontri della perturbazione della triade relazionale fondante nel caso dei disturbi dell'identità di genere dell'infanzia (GID) [Nicolosi 12]. Interessante qui sottolineare come l'esito del GID çomunque rimane «aperto» nell'età adulta, a sottolineare quindi che questa triade relazionale fondante rappresenta una predisposizione (costellazione familiare) ma non una predeterminazione dall'esito univoco, rigido, quasi esistesse un algoritmo obbligatorio nella strutturazione dell'identità di genere stessa [Wallien & Cohen Kettenis 13]. In questo senso appare di particolare rilevanza il richiamo da parte dell'American College of Pediatricians (ACP) dell'aprile 2010 a non enfatizza42

re o predefinire come esito gli stati di confusione dell'identità sessuale che si possono verificare nell'età pediatrica e dell'adolescenza. Autori come Zucker e Bradley [14], in particolare, hanno mostrato come i disordini dell'identità di genere tendono a perdere d'intensità con il fiorire della pubertà, se non vengono rafforzati dai genitori o da altre persone. Un secondo punto di possibile consenso sulla sessuazione psichica è costituito dall'osservazione che alla maturazione dell'identità sessuata psichica concorrono, oltre a fattori biologici, fattori educativi e fattori culturali. Dal punto di vista psicologico la sessuazione culturale e sociale è innegabilmente un « processo in progress », un « già e non ancora» che non è possibile definire scientificamente cristallizzato in senso.assoluto in nessuna fascia di età. Infatti la « localizzazione » di quello che Freud chiamava « inconscio » oggi dai neurofisiologi-neurobiologi viene descritta non tanto da un nucleo, quanto dall'interazione tra i lobi frontali e il sistema limbico, sedi della cognitività e dell'apprendimento, creatività e sogni, localizzabili con le moderne apparecchiature neuroradiologiche o meglio neurofunzionali (ad esempio la PET). I lobi frontali sono modificabili dall'esperienza, e l'esperienza modifica il sistema limbico, il rinencefalo è plastico: ogni esperienza nuova, ripetuta, ogni attività cognitiva e di apprendimento, svolge una vera e propria azione biochimica sull' encefalo plastico e modifica le strutture cerebrali [Garrirlo 15].

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Capitolo 5 ASPETTI CULTURALI/SOCIOLOGICI: IL RUOLO SESSUALE

Più complesso è il tema del ruolo, inteso come risultato comportamentale, espressione esteriore della propria identità sessuata. Qui entra in gioco la stretta interazione dell'individuo con l'ambiente, la cultura nel senso più ampio del termine, e il ruolo è quindi molto legato a fenomeni di apprendimento e internalizzazione (volontaria o involontaria) di aspetti culturali. Il ruolo è qualcosa di tuttavia ben più complesso di un protocollo appreso, implica il fare propri aspetti culturali, condizionamenti, memorie, materiali « immateriali » che per alcuni si « trasmetterebbero» in modo addirittura simile ai geni, quasi fossero una sorta di « geni comportamentali» ( chiamati « memi » dallo zoologo Dawkins ). I ruoli, compresi i comportamenti sessuali, tuttavia non sono« obbligatori», pur rispondendo, per alcuni, ai soli criteri di « geni egoisti». Infatti, anche ritenendo che gli uomini siano semplici robot semoventi che servono gli interessi egoistici dei loro geni, Dawkins stesso annota: « Siamo stati costruiti come macchine dei geni e coltivati come macchine dei memi, ma abbiamo il potere di ribellarci ai nostri creatori: noi, unici sulla terra, possiamo ribellarci alla tirannia dei replicatori egoisti». Secondo alcuni autori vi è in 45

queste frasi un'involontaria descrizione e apologia «scientifica» del mistero del libero arbitrio [Bruti I]. Rispetto al ruolo sessuale, espressione dell'identità sessuata evidentemente condizionata sotto il profilo storico e geografico, studi antropologici e sociologici mostrano variegate combinazioni culturali, etniche, ma confermano una ubiquitaria dicotomia uomo/ donna, un sistema binario imprescindibile dove comunque A (Maschio) non è B (Femmina). La logica potrebbe aggiungere che se A non è uguale a B, allora A+B non può essere uguale ad A+A oppure a B+B. Tuttavia la mole delle testimonianze, studi (e favole) raccolta a proposito dei ruoli, la ricchezza espressiva delle modalità con cui si esprime e si manifesta nei fatti l'identità sessuata maschile e femminile nei diversi momenti storici e nelle specifiche aree geografiche, rende oggi difficile affidare a un'equazione così lineare l'evidenza della differenza ontologica tra i sessi. In generale, si deve a Derrida, letterato francofono nato nel 1930 e cresciuto in Algeria, formato e docente alla Sorbona di Parigi prima e poi in California, l'idea del sistema binario come sovrastruttura culturale occidentale, « di potere», un paradigma da abbattere. I suoi scritti su linguaggio, arte, etica, politica, si sono imposti dagli anni Sessanta anche come modalità di feroce critica degli studi dell'antropologo Claude Lévi-Strauss. Questo professore di antropologia sociale, appassionato di etnografia, grande viaggiatore, nella sua mole di scritti in parte riconducibili ad appunti di viaggio, autobiografia, e antropologia (o filosofia per non ad46

detti ai lavori?) al contrario, aveva evidenziato proprio nel sistema di opposizione binario inscritto nella mente di ogni individuo una sorta di tratto comune della natura umana stessa, non catalogabile come sovrastruttura culturale occidentale [Derrida 2]. La tendenza a un discorso narrativo « personale », che fa assurgere ad essenza, per sua natura inaccessibile, ciò che è esperienza personale e soggettiva, tende a far perdere di vista, a sfumare e a confondere il profilo di fondo che invece riemerge sempre quando è onestamente ricercato: la dicotomia basilare sintetizzata dalla parola «sesso». Rispetto alla gradualità del processo di sessuazione culturale e « sociale » - che in qualche modo reitera, rende socialmente evidenti e conferma la gradualità del processo di sessuazione fisico-biologica e psichica - i cosiddetti « riti di passaggio» per l'accesso all'età adulta, alla sessualità agita, alla procreazione, sono descritti in ogni epoca storica e in ogni collocazione geografica; non è necessario dettagliarne le complesse tessiture per riscontrare sempre e comunque una imprescindibile e ontologica dicotomia di base: il sesso. L'antropologia duale, del binario, esprime in sé una chiamata alla relazione, al legame, alle fecondità, di cui la separazione legata, al sesso appare il presupposto imprescindibile. E importante notare dunque che il destino che la parola sesso ha assunto nell'ultimo secolo, acquisendo una connotazione negativa, è storicam·ente legato a una interpretazione arbitraria centrata su categorie di contrapposizione violenta di stampo politico47

ideologico marxista, primariamente mutuate dal1' opera di Michel Foucault (1926-84) [Foucault 3] e di Laqueur [4]. Mentre, al di là di ogni valutazione politica, la nozione etimologica di « sesso » (dal latino sexus) descrive invece in modo pregnante ciò che il neologismo «genere» nella sua ambiguità tende a sfuggire: solo nella parola sesso è definito ciò che è ontologicamente, radicalmente separato, differente [Heritier 5]. Sempre a proposito di sesso « culturale » e « sociologico », nell'attuale società dell'immagine, le tecniche di comunicazione ideate e sfruttate dalla pubblicità sulla scorta di competenze psicologiche (messaggi visivi e verbali, liminali e subliminali) sono sicuramente in grado d'influenzare culturalmente il processo di modificazione del concetto di identità sessuata. Dagli anni Sessanta in poi si è progressivamente persa la coincidenza di significato tra sesso e genere. Il sesso viene definito come fondato in senso biologico, mentre genere affonderebbe il suo significato negli aspetti culturali, nello psichismo (identità di genere) e sul desiderio considerato come un motore a sé stante del comportamento (orientamento sessuale) [Galeotti 6]. Rispetto al ruolo (comportamenti culturalmente indotti) è interessante notare che è propria della società consumistica l'attitudine a esacerbare ed esaltare i comportamenti desideranti compulsivi inducendo comportamenti « consumistici » proprio facendo leva sulla inducibilità e dirigibili tà del desiderio stesso attraverso messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa, spessissimo attraverso stimoli con allusioni sessua48

li ed erotiche più o meno esplicite, liminali o subliminali. La persona e specificamente l'uomo e la donna nella loro identità sessuata sono in continua interrelazione con il mondo, in una rete plastica e mutevole di scambi e messaggi che a loro volta sono modificati e mutevoli sulla base dell'influenza di quella stessa presenza, unica, irripetibile, sessuata [Guardini 7]. La commistione e l'interdipendenza anche intesa in senso utilitaristico della realtà del desiderio e della realtà della « governabilità» (propria, ma anche per condizionamento da parte di terzi) del desiderio stesso è quindi un ulteriore dato di fatto su cui appare utile soffermare la propria attenzione, nel parlare di identità sessuata. Un esempio concreto è rappresentato da uno dei messaggi diffusi come campagna per la cosiddetta lotta all'omofobia. Si tratta di un'applicazione di quella tecnica di sollecitazione comunicativa chiamata in gergo « dissonanza cognitiva»: la foto mostra un bebè con un braccialetto che identifica il neonato come biologicamente «omosessuale» (nozione scientificamente insostenibile). Il messaggio veicolato è che « omosessuali si nasce» e questo avviene attraverso un'immagine affettivamente accattivante ed emotivamente coinvolgente. Una foto simile in tempi diversi avrebbe potuto essere interpretata come razzista (identificazione del bracciale come « etichetta») oppure «sessista» (se i sessi sono due, maschile e femminile, trattasi di un « terzo sesso»?). Quali effetti può indurre culturalmente nella costruzione dell'identità sessuata individuale e collettiva una campagna mediatica? Certamente 49

il grado di « intensità di esposizione» al messaggio voluto incide, ma non potrà mai prescindere, rispetto all'esito, dalla struttura propria del ricevente quel messaggio, che lo vedrà e farà proprio a partire dalla sua struttura sessuata biologica, psichica, culturale specifica e individuale, e per di più collocata in un preciso «momento» spazio-temporale ed emotivo unico e irripetibile che andrà ad arricchire, modificandolo da quel momento in poi, lo stesso vissuto identitario del ricevente. Questo semplice esempio vuole solo sottolineare la complessità e inestricabilità dei fattori biopsico-culturali che costituiscono l'identità sessuata nell'homo sapiens, un mammifero dotato di caratteristiche e gradi di libertà che gli animali non possiedono, in particolare la capacità di simbolizzazione e razionalizzazione. L'essere umano infatti è soggetto alla pulsione, caratteristica di moto dell'animo che è per sua natura libera, orientabile, educabile, creativa, non riducibile all'istinto che è invece un comportamento obbligato, tipicamente animale, addestrabile ma non libero [Guardini 8]. La distinzione tra il moto pulsionale e il moto istintuale sottolinea l'importanza, anche nel comportamento sessuale, della caratteristica tipicamente umana di esercitare la libertà, nonostante i tentativi divulgativi per ridurre il comportamento sessuale umano a un semplice « meccanismo relativamente semplice che provvede alla reazione erotica quando gli stimoli fisici e psichici sono sufficienti », secondo la celebre definizione di Kinsey, etologo esperto di vespe, sulla quale si spesero entusiastici commenti [Ernst 9]. 50

Un esempio semplice, efficace anche per illustrare le differenze di possibile comportamento sessuale istintivo e pulsionale rispettivamente nei mammiferi e nell'essere umano, è costituito dall'osservazione del comportamento di « accoppiamento» (istintivo) da parte di un cane maschio di piccola taglia nei confronti di una femmina in calore di grande taglia. I tentativi da parte del piccoletto di « coprirla » non sono modificabili dalla razionalizzazione rispetto alla valutazione del divario di taglia. E neppure possiamo antropomorfizzare il suo comportamento, supponendo che si tratti, ad esempio, di un chihuahua innamorato, o invaghito di una grande, maestosa labrador. Il piccolo cane maschio semplicemente percepisce con l'organo vomero-nasale (una sorta di olfatto primordiale) presente nel suo naso la presenza di ferormoni della fecondità di quella femmina e il suo istinto metterà in moto compulsivamente comportamenti di «accoppiamento» in modo non libero e volontario, ma coercitivamente indotti dall' imprinting istintuale biologico. Un cane può così, istintivamente, mettere in atto comportamenti copulatori contro un lampione, contro il polpaccio di un ignaro passante, eventualmente nei confronti di un altro maschio, se contaminati dagli stessi ferormoni sessuali dispersi da una qualche femmina feconda. Un animale inoltre può essere addestrato a reprimere o esprimere comportamenti indotti mediante premi o castighi, oppure attuare comportamenti apparentemente «omosessuali» in assenza di femmine, e comunque essere condizionato da situazioni di cattività. Negli animali che vivono 51

naturalmente in gruppo gli etologi ci insegnano eh~ esistono dinamiche ancora più complesse. E di non molto tempo fa la notizia che in uno zoo esistevano foche maschio con comportamenti definiti « omosessuali » e questo attirava la curiosità di molti visitatori, sollecitati dall'ipotesi divulgata che questo indicasse la naturalità del comportamento omosessuale tra gli animali. Curiosamente, vi fu una protesta dell'attivismo quando dopo l'introduzione di una femmina in cattività il comportamento si modificò: questo sembrava avere violato l' « orientamento gay» delle foche, e si dimenticava di notare che « naturalmente » i comportamenti naturali presuppongono che vi sia la disponibilità della possibilità di una situazione normale presente in natura (tipicamente, copresenza di individui appartenenti a entrambi i sessi) e non restrizioni o limitazioni esterne ed esteriori legate a una situazione di cattività. Come accennato, i comportamenti sessuali degli animali che vivono in branco, o ·in condizioni di cattività, possono esprimere elevati livelli di complessità e di significato relazionale, ma sempre limitatamente a un concetto di dominanza, sudditanza, e nell'ambito di una particolare pregnanza del valore gerarchicamente dominante dell'istinto di sopravvivenza e di propagazione della specie mai con i gradi di espressione della libertà paragonabili a quella dell'essere umano [Lorentz 10, Gould 11]. Biologicamente parlando esiste una minima condivisione con i mammiferi (non umani) di residui di organo vomero-nasale (paleo-rinencefalo, responsabile dell'istinto sessuale, e accoppiamento in risposta ai ferormoni della fertilità) e di 52

comportamenti sessuali etologicamente significativi, spontanei o indotti, come dimostrato da studi particolarmente significativi che riguardano, in tal senso, lupi, scimmie bonobo, animali in cattività. La peculiarità del cervello umano infatti esprime invece qualcosa di molto più ampio di una semplice rete neurochimica o di un meccanismo istintuale: libertà e volontà hanno molto da dire anche nel campo del comportamento sessuale. In estrema sintesi, possiamo riconoscere solo all'uomo e alla donna la possibilità tipicamente umana di avere la libertà di guidare la pulsione e di potere « fare all'amore», indipendentemente dalla situazione di fertilità/infertilità della « femmina».

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Capitolo 6 EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI GENERE: UNA STORIA DA MANUALE

Dalla descrizione dell'identità sessuata come integrazione di fattori biologici, psicologici e culturali, possiamo ora addentrarci in quella che è una breve descrizione dell'evoluzione del concetto di genere (inteso in senso maschile e femminile, corrispondente all'essere uomo, essere donna) che si trasforma a partire dalla metà del secolo scorso in «generi» G (gay), B (bisexual), L (l,esbian), T (transexual) per poi sfociare negli anni Novanta nel concetto di transgender, e arrivare alla cosiddetta cultura dell'identità Q (queer), nella quale oggi tutti siamo immersi, pur senza rendercene pienamente conto. Come accennato in questa breve carrellata, faremo capo a due manuali di riferimento, il Diagnostic and Statistica[ Manual of mental Disorders (DSM-N del 1994) e quello della classificazione delle malattie stilata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l'International Classi.fication of Diseases (ICD-10 del 1992). Questi manuali sono attualmente in fase di revisione e diventeranno a breve nella loro nuova stesura rispettivamente DSM-V e ICD-11. Attraverso l'analisi delle diverse versioni, comparse a partire dal 1973, innanzitutto si assiste a una progressiva intersezione tra biologia e psico55

logia e alla valorizzazione della sessuologia come scienza. È di rilievo storico notare come all'inizio del secolo scorso Freud, padre della psicoanalisi come scienza, e padre concettuale della cosiddetta « bisessualità originaria», non conosceva la struttura o il funzionamento del DNA (séoperto come struttura negli anni Cinquanta) e certamente non si era ancora sviluppata l'endocrinologia come specializzazione [Freud 1]. Lo psicanalista viennese, tuttavia, aveva descritto le tappe di sessuazione psichica che hanno posto e mantenuto il fondamento per la sessuologia «scientifica» dei decenni a venire. Si deve a un europeo, Hirshfeld nel 1923, il conio dell'espressione« transessualismo», parola che allora non distingueva travestitismo, omosessualità effeminata e transessualismo ma che dà l'avvio alla letteratura «scientifica» sul comportamento sessuale. In particolare la letteratura «scientifica» si concentra in una rivista della quale costituiscono per decenni il cuore del comitato editoriale pochi rappresentanti, e tra questi Benjamin, Stoller e Money, celebrati come « i tre re» della sessuologia come scienza [Green 2]. Vediamone un breve profilo. Harry Benjamin, autore di un controverso ed esplosivo testo sulla disforia di genere [Benjamin 3], geriatra, endocrinologo, darà origine negli Stati Uniti all'omonima fondazione come esperto di transessualismo, per il quale detta linee guida di tipo diagnostico e di trattamento che rimangono tuttora di riferimento pur con notevoli vicen56

de ed eventi intercorrenti. Tra questi eventi controversi l'apertura (e la chiusura) di una clinica per la riattribuzione del sesso presso la prestigiosa Johns Hopkins Universify, in cui collaborerà con Money.

Robert Stoller, psicanalista, studioso di transessualità, identifica, più o meno negli stessi anni, il « genere » come il grado di mascolinità o di femminilità presente in ciascuno, in paragone al sesso biologico. Aleggia in tutta l'opera di Stoller il concetto freudiano di « bisessualismo psichico» [Stoller 4,5]. fohn Money (1921-2006), psicologo, è il principale teorico del genere come pura costruzione culturale ed educativa, a prescindere dalla rilevanza biologica [Money 6]. Per lui la biologia al massimo può essere responsabile di quello che lui definisce, in sens