I Giunta a Madrid. Vicende e documenti 9788862276344, 9788862276351

All'interno del panorama tipografico-editoriale italiano rinascimentale non c'è dubbio che un ruolo di spicco

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Italian Pages 298 [325] Year 2013

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SOMMARIO
PRESENTAZIONE
INTRODUZIONE
BIBLIOGRAFIA SEGNALETICA ESSENZIALE
REGESTI DEI DOCUMENTI
CRITERI SEGUITI NELLA TRASCRIZIONE
DOCUMENTI
INDICE DEI NOMI
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I Giunta a Madrid. Vicende e documenti
 9788862276344, 9788862276351

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I GIUNTA A MADRID Vicende e documenti M A RCO S A N T ORO

bi bli ot ec a d i « pa r at esto » · 9.

P I S A · ROM A F A B RI Z I O SERRA E D I T O R E MMXI I I

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BIBLIOTECA DI « PARATESTO »  

collana diretta da marco santoro 9.



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Comitato scientifico Rosa Marisa Borraccini, Anna Giulia Cavagna, Giuseppe Lipari, Giuseppe Mazzocchi, Paola Pallottino, Carmela Reale, Giancarlo Volpato Comitato scientifico internazionale Frédéric Barbier, Pedro Cátedra, Robert Darnton, Georges Güntert, George Landow, Ursula Rautenberg, Mercedes López Suárez, Maria Antonietta Terzoli, Gennaro Toscano

I GIUNTA A MADRID Vicende e documenti M A RCO S A N T ORO

P I S A · RO M A F A B RI Z I O SERRA E D I T O R E MMXI I I

Volume pubblicato con il contributo del prin 2008 “Mobilità dei mestieri del libro in Italia tra il Quattrocento e il Seicento”. * Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2013 by Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma. Fabrizio Serra editore incorporates the Imprints Accademia editoriale, Edizioni dell’Ateneo, Fabrizio Serra editore, Giardini editori e stampatori in Pisa, Gruppo editoriale internazionale and Istituti editoriali e poligrafici internazionali. www.libraweb.net Uffici di Pisa : Via Santa Bibbiana 28, I 56127 Pisa, tel. +39 050 542332, fax +39 050 574888, [email protected]

Uffici di Roma : Via Carlo Emanuele I 48, I 00185 Roma, tel. +39 06 70493456, fax +39 06 70476605, [email protected]

* Stampato in Italia · Printed in Italy issn 1828-8693 isbn 978-88-6227-634-4 e-isbn 978-88-6227-635-1

SOMMARIO Presentazione

ix

Introduzione 1. Un documento 2. Giulio Giunta stampatore 3. Giulio Giunta libraio-editore 4. Giulio Giunta imprenditore e possidente 5. Tommaso Giunta 6. Una grande “famiglia”

xi xi xiii xx xxi xxiv xxviii

Bibliografia segnaletica essenziale

xxxiii

Regesti dei documenti Criteri seguiti nella trascrizione

1 13

Documenti

15

Indice dei nomi

283

PRESENTAZIONE

A

ll ’interno del panorama tipografico/editoriale italiano rinascimentale non v’è dubbio che un ruolo di spicco sia stato rivestito dalla famiglia dei Giunta. In origine mercanti fiorentini, probabilmente attivi sul versante del commercio della lana e iscritti all’arte dei “medici e speziali” dalla metà del xv secolo, per il notevole fiuto negli affari compresero ben presto le interessanti potenzialità di guadagno offerte dal comparto librario, vistosamente rinvigorito dalla recente straordinaria invenzione della stampa. Non a caso uno dei suoi membri, Lucantonio, decise di avviare la nuova attività tipografica non a Firenze ma a Venezia, già indiscussa leader del microcosmo editoriale in virtù di molteplici fattori non solo culturali ma soprattutto politici e logistico/commerciali. Ben presto, tuttavia, nella città toscana cominciò ad operare il fratello di Lucantonio, Filippo, che, anche perché sempre più insofferente nei confronti del congiunto col quale aveva stretto una società, nel 1497 diede autonomamente alla luce la raccolta in greco del sofista Zenobio. Già quindi alla fine del xv secolo in due dei maggiori centri produttivi e distributivi del libro della penisola i Giunta avevano cominciato a farsi conoscere e, sia pure fra non poche difficoltà, nel giro di pochi anni erano riusciti a farsi valere in un settore economico non privo di competizione e di aspre procedure concorrenziali. Lucantonio e Filippo, in sostanza, sia pure in virtù di scelte culturali e imprenditoriali dissimili, segnarono possiamo dire fin dagli esordi alcune delle caratteristiche salienti dell’incisiva presenza del casato nel contesto tipografico editoriale dell’epoca. Fra queste, sorvolando sulle implicazioni legate alle scelte produttive specifiche e sulle opzioni poste in essere nel commercio librario, varrà la pena sottolinearne quanto meno due : da un canto il poderoso spirito imprenditoriale e, dall’altro, la rivalità fra diversi componenti la famiglia stessa, rivalità spesso sconfinata nella litigiosità. Due componenti collegate, in effetti, sintomo eloquente di intraprendenza, di capacità propositiva, di inclinazione a scelte audaci, talvolta anche temerarie e spavalde, confortate e “controllate” però da accurata conoscenza della situazione e saggia politica di investimenti. Due componenti, va aggiunto, non a caso tradotte in vistosa tendenza alla mobilità e alla meditata politica di espansione dell’azienda in zone, aree e territori diversi, anche di là dei confini italiani. Venezia e Firenze, dunque, ma presto anche Lione, Burgos, Salamanca, e altre piazze sulle quali intervenire col commercio librario. Ma, la storia dei Giunta è troppo nota per essere qui nuovamente ripercorsa o vagamente sintetizzata. Forse meno si sapeva del ramo trasferitosi a Madrid e qui divenuto operativo dalla fine del Cinquecento fino alla metà del secolo successivo. Forse poco si conosceva dell’attività di Giulio, Giulio Giunta de’ Modesti, come gradiva essere chiamato (« essendo sotto il nome di Giulio Giunta e Giulio Giunta de’ Modesti, sono tutte una stessa cosa e uno stesso nome », cfr. Documento n. 24), in virtù del titolo lasciatogli in eredità dal ricco zio materno Filippo di Iacopo di Michele de’ Modesti nel 1590. 1 Ed è appunto su Giulio e su suo nipote Tommaso che  





1   Cfr. I Giunti tipografi editori di Firenze 1571-1625, a cura di Luigi Silvestro Camerini, Firenze, GiuntiBarbèra, 1979, pp. 23-24.

x i giunta a madrid si è voluto incentrare questo studio, basato sostanzialmente sulla documentazione rinvenuta presso l’Archivo Historico de Protocolos di Madrid, partendo dal principio di privilegiare in questa sede le “carte”, di cercare di restare, come dire ?, dietro le quinte e di riconoscere ed enfatizzare il ruolo di reali protagonisti della “storia” giuntina qui ripercorsa appunto i documenti, gli atti, le procure, ecc. Certo, si è ben consapevoli che molte, forse troppe, questioni avrebbero meritato apposite focalizzazioni, ma si è preferito rinviare ad altra sede una serie di approfondimenti proprio per non rubare la scena ai documenti, per consentire al lettore di fruire senza alcuna mediazione delle informazioni ivi contenute. Ci si augura che possa essere opzione apprezzata e soprattutto che la ricca messe degli “atti” qui raccolti possa fungere da prezioso supporto non solo per conoscere meglio la vicenda dei Giunta madrileni ma anche o, se si vuole, soprattutto per avere conferme o nuovi ragguagli su procedure, logiche, costumi del complesso quanto affascinante microcosmo librario. Poco altro da aggiungere, se non alcuni doverosi quanto sinceri ringraziamenti e una necessaria avvertenza. L’avvertenza consiste nel fare presente che, per quanto le radici di questo lavoro siano lontane nel tempo, all’epoca di un’esperienza di “visiting professor” presso l’Università Complutense di Madrid nel 2008, lo stimolo a condurlo in porto si collega al progetto prin 2008 “Mobilità dei mestieri del libro in Italia fra Quattrocento e Seicento”, del quale sono stato Coordinatore nazionale, efficacemente e sapientemente coadiuvato dai colleghi Marisa Borraccini, unità dell’Università di Macerata, Giuseppe Lipari, unità dell’Università di Messina, Carmela Reale, unità dell’Università della Calabria, e Giancarlo Volpato, unità del’Università di Verona. Non v’è dubbio che proprio la tematica dell’itineranza di editori, tipografi e librai ha ulteriormente incentivato la mia ricerca sui Giunta madrileni, classica esemplificazione di una mobilità dovuta a sollecitazioni e intraprendenza imprenditoriali. Ed eccoci ai ringraziamenti. Innanzitutto voglio ricordare Massimo Marini, brillante dottorando di ispanistica, che ha curato con grande attenzione e padronanza la traduzione dei documenti dallo spagnolo in italiano, facendosi per altro carico dell’allestimento degli Indici finali del volume. Profonda gratitudine va espressa alla dottoressa Marta Trobat Bernier dell’Archivo Historico de Protocolos di Madrid non solo per avermi egregiamente coadiuvato nella trascrizione dei documenti ma anche per essere stata prodiga di consigli e di suggerimenti. D’altro canto tutto il personale del succitato archivio ha mostrato grande disponibilità, agevolando le mie ricerche, come d’altronde il personale di altri archivi spagnoli, fra i quali quello di Simancas. Un ringraziamento infine a tutti i colleghi che a vario titolo e in occasioni diverse con generoso affetto e grande competenza mi hanno aiutato a sciogliere dubbi più o meno consistenti e a chiarire complesse questioni con approdi che, come detto, avranno ben diversa visibilità in un altro mio studio destinato ad altra sede. Mi esimo dal citarli tutti, ma non posso non ricordare almeno, fra gli spagnoli, Maria de las Nieves Muñiz Muñiz, Manuel Pedraza, Fermín de los Reyes, Mercedes López Suárez.  

INTRODUZIONE 1. Un documento Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io, Martín Rubio, figlio legittimo di Martín Rubio e di Ana de Rueda, sua moglie, abitanti della cittadina di Cañaveral, della diocesi di Cuenca, residente in questa Corte, dico di aver trattato e concordato con il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, ugualmente residente in questa Corte, di entrare nella sua casa e al suo servizio come apprendista e per ulteriori attività, all’effetto di servirlo nella tipografia che possiede in questa città di Madrid, per tutto ciò che si proporrà in essa riguardante la composizione e per le altre cose che mi ordinerà e che saranno lecite e oneste, per il tempo e il termine di tre anni e mezzo compiuti, che decorrono e vengono conteggiati dal giorno ventisei del mese di settembre appena passato del corrente anno millecinquecentoquattro [sic], dal quale sono al suddetto servizio, e che durante il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo mi dovrà dare da mangiare e da bere, e letto e biancheria pulita, e vestirmi e calzarmi e tutto ciò di cui vi sarà bisogno, e oltre a questo mi dovrà far diventare compositore, di modo che alla fine del suddetto tempo sappia comporre molto bene tutto ciò di cui vi fosse bisogno, con la supervisione degli operai della suddetta arte, sotto l’obbligo che sotto si dirà. Pertanto concedo e riconosco con questa carta che approvando e ratificando quanto sopra detto e come cosa che è e diventa di mia utilità e profitto, entro a servizio come apprendista in casa del suddetto Giulio Giunti e prometto, e mi impegno con la mia persona e i beni avuti e da avere, di servirlo e che per il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo lo servirò bene e fedelmente per tutto quel che si presentasse nella suddetta tipografia e per le altre cose che siano lecite e oneste, senza che da parte mia vi sia alcuna mancanza e senza assentarmi dal suddetto servizio per andare da nessuna parte senza l’ordine del suddetto Giulio Giunti ; e se me ne andassi e mi assentassi dal suddetto servizio, che il suddetto Giulio Giunti possa inviare una persona a mie spese che mi riporti al suddetto servizio, e durante il tempo che dovessi mancare da esso, debba e possa mettere, e metta, una persona a mie spese che lo servisse nella suddetta tipografia per ciò a cui io lo servivo, e dandomi come deve darmi durante il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo da mangiare e da bere, e letto e biancheria pulita e i vestiti e le calzature di cui vi fosse bisogno, e curarmi da qualsiasi malattia che avessi durante il suddetto tempo, sempre se non supererà un mese perché, se durasse di più, le spese per essa non devono essere a suo carico ma al mio ; e in più mi deve insegnare il suddetto mestiere di compositore con la supervisione di operai della suddetta arte, o darmi il salario che guadagnano simili operai o tre ducati al mese e da mangiare e un letto e biancheria pulita fino a che non finisca di imparare. E io, il suddetto Giulio Giunti, che sono presente, accetto questa scrittura come in essa è contenuto, e dico che ricevo al mio servizio il suddetto Martín Rubio affinché mi serva nella suddetta tipografia durante il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo, che decorrono e vengono conteggiati dal suddetto giorno ventisei del mese di settembre di quest’anno, e per le altre cose che gli ordinerò e che fossero lecite e oneste, e mi impegno con la mia persona e i beni avuti e da avere che durante il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo terrò il suddetto Martín Rubio nella mia casa e al mio servizio e lo impiegherò nella suddetta tipografia per quel che fosse necessario, affinché impari la suddetta arte del compositore, e durante il suddetto periodo gli darò da mangiare e da bere e un letto e biancheria pulita e tutti i vestiti e le calzature di cui vi fosse bisogno, e lo farò curare da tutte le malattie che dovesse avere e  



xii

i giunta a madrid

che Dio dovesse mandargli, sempre che la malattia non superi il suddetto mese, e farò di lui un operaio della suddetta arte di compositore con la supervisione di operai di questa, di modo che la sappia e se ne intenda e possa guadagnare la giornata che guadagnano gli altri operai e, laddove no, io mi impegnerò e mi impegno a dargli per ogni mese del periodo che impiegherà per imparare il suddetto mestiere, superato il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo, tre ducati di salario, e in più da mangiare e un letto e biancheria pulita e dargli un buon trattamento. E per mantenere, osservare e compiere tutto ciò entrambe le parti, ciascuna per quel che le concerne, impegnamo le nostre persone e i beni avuti e da avere, e diamo pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà di qualsiasi parte sia, e ai giudici della sua Casa e Corte e a ognuno di essi dinanzi al quale comparisse questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e ci vincoliamo, e specialmente verso i signori magistrati della sua Casa e Corte e verso ciascuno di loro, e rinunciamo al nostro proprio statuto locale e al privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva ci obblighino e ci sollecitino al compimento e pagamento di quanto detto e contenuto in questa scrittura, a ogni parte per quel che le concerne, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore, e a quella che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta, e altresì io, il suddetto Martín Rubio, poiché minore di venticinque anni, sebbene maggiore di venti, giuro su Dio Nostro Signore e con un segno di croce che mi sono fatto con la mia mano destra, di mantenere e osservare, compiere e considerare valida questa scrittura e non fare reclamo né contraddirla, andare e venire contro di essa, né chiedere il beneficio di restituzione in integrum in ragione della suddetta minore età, né adducendo l’inganno, il timore, la costrizione, il timore né la lesione, perché confesso che la faccio e la concedo di mia propria, libera e consenziente volontà, e che in essa non vi è dolo né cose simili, e anzi diventa di mia utilità e profitto, e non addurrò nessun’altra causa e ragione, pena l’essere uno spergiuro e le altre pene in cui incorrono coloro che infrangono, e per questo non chiederò assoluzione né mitigazione a giudice né a prelato che la possa concedere, e se motu proprio o in altra maniera mi venisse concessa non farò uso di essa pena il suddetto castigo, e che questa scrittura resti comunque valida, e faccio tanti giuramenti e un altro ancora. A testimonianza della qual cosa roghiamo questa carta dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid e Corte di sua Maestà addì sei del mese di novembre dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo testimoni Sancho Sanz de Jáuregui e Alonso Rodríguez, servitori del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, e Gaspar de los Reyes, libraio, e Pero Tenorio, notaio, che stanno e risiedono in questa Corte, e i suddetti Alonso Fernández [sic] e Sancho Sanz de Jáuregui giurarono formalmente di conoscere il suddetto Martín Rubio e che è lui stesso che dichiara, e io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, ed entrambi i concedenti firmarono coi loro nomi in questo registro [...]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e farla rogare, due reali. (Cfr. Documento n. 38)

Q

 esto il testo di un documento conservato presso l’Archivo Historico de Prou tocolos di Madrid : un testo che, sia pure incardinato su procedure e logiche a noi non ignote e in buona parte standardizzate nell’ambiente lavorativo legato al microcosmo librario, riveste un certo interesse per una serie di motivi, che proviamo a schematizzare. Si tratta, per adoperare una terminologia dei nostri tempi, di una sorta di contratto a “tempo determinato”, che pone sulla scena un datore di lavoro, Giulio Giunti  

introduzione xiii de’ Modesti, e un prestatore d’opera, Martin Rubio. L’accordo prevede che Giulio Giunti garantisca per un periodo di tre anni e mezzo vitto e alloggio, con fornitura per altro di biancheria pulita, di vestiti e di scarpe, e soprattutto che insegni al giovane il mestiere di compositore (“far diventare compositore, di modo che alla fine del suddetto tempo sappia comporre molto bene tutto ciò di cui vi fosse bisogno”) così da porlo nella condizione di guadagnare quanto gli altri operai oppure, in alternativa, di percepire il salario equivalente a quello degli altri operai o di tre ducati al mese. Dal canto suo il giovane si impegna, per il periodo stabilito, a « servirlo nella tipografia che possiede in questa città di Madrid, per tutto ciò che si proporrà in essa riguardante la composizione e per le altre cose che mi ordinerà e che saranno lecite e oneste ». Interessanti le clausole sulle eventuali malattie e sulle possibili « assenze ingiustificate » : Giulio assicura di curarlo, di farlo curare « da tutte le malattie che dovesse avere e che Dio dovesse mandargli », « sempre che la malattia non superi il […] mese » e Martin, da parte sua, si obbliga a non assentarsi « dal suddetto servizio per andare da nessuna parte senza l’ordine del suddetto Giulio Giunti » e, in caso di sua assenza ingiustificata dal servizio, ad accettare che « il suddetto Giulio Giunti possa inviare una persona a mie spese che mi riporti al suddetto servizio, e durante il tempo che dovessi mancare da esso, debba e possa mettere, e metta, una persona a mie spese che lo servisse nella suddetta tipografia ». Vi è infine un’altra puntualizzazione nell’accordo che merita una sia pure rapida sottolineatura : Rubio ha venti anni, e per tale ragione suggella, per così dire, il contratto con un solenne e vincolante giuramento (« giuro su Dio Nostro Signore e con un segno di croce che mi sono fatto con la mia mano destra, di mantenere e osservare, compiere e considerare valida questa scrittura e non fare reclamo né contraddirla, andare e venire contro di essa, né chiedere il beneficio di restituzione in integrum in ragione della suddetta minore età »). D’altro canto il ricorso al giuramento per i minori di venticinque anni è di prassi : tra gli altri anche Tommaso Giunta, sul quale si tornerà più avanti, nella scrittura del 14 giugno 1594, particolarmente “delicata”, a causa della sua età anche in questo caso intorno ai venti anni, ricorre alla formula del solenne impegno religioso (cfr. Documento n. 35 ). Dunque, una regolare scrittura redatta avanti ad un notaio, Pedro de Prado, alla presenza di testimoni, in virtù della quale possiamo agevolmente dedurre le diverse e articolate modalità dell’accordo, ripetute più volte. Ma principalmente da questo documento prendiamo atto che Giulio Giunti gestisce una tipografia, all’interno della quale lavorano diversi artieri : siamo a Madrid nel novembre 1594, ma si fa esplicitamente riferimento al settembre del medesimo anno (« per il tempo e il termine di tre anni e mezzo compiuti, che decorrono e vengono conteggiati dal giorno ventisei del mese di settembre appena passato del corrente anno millecinquecentoquattro [sic, ma 1594], dal quale sono al suddetto servizio »).  







































2. Giulio Giunta stampatore Ma, procediamo con ordine, e registriamo innanzitutto l’esistenza di altri contratti analoghi nella ricca e succulenta documentazione presente presso l’archivio madrileno. A distanza di circa due anni dalla scrittura con Rubio, il 7 giugno 1596, prima quindi della scadenza del summenzionato accordo, Giulio assume un altro

xiv i giunta a madrid apprendista, Juan de Hontiveros, secondo “patti” molto simili a quelli precedentemente riportati (cfr. Documento n. 47). Qualcosa, però, cambia e sembra fare anche capolino la necessità o quanto meno il desiderio, avvertito da entrambe le parti, di intese più precise. Ma ecco le tre maggiori novità. Innanzitutto la durata : si passa dai tre anni e mezzo ai cinque anni. Poi, al di là dello specifico obbligo da parte di Giulio di procurare alla fine del quinquennio un abito di particolare pregio (« alla fine del suddetto periodo [mi deve fornire] un vestito di veintidoseno nero, che valga fino a duecento reali »), si precisa la peculiare competenza nella quale dovrà divenire esperto Juan : nel « mestiere della pressa », vale a dire in quella del torcoliere. Infine, prendiamo atto che Juan doveva essere più giovane di Martin e poco più che diciottenne. Nel corso del 1597 altri due apprendisti vengono “contrattualizzati” : il 22 settembre viene assunto Macías de Ríos e il 7 ottobre Juan Maldonado.  













Macías de Ríos, figlio di Juan de Ríos, defunto, e di María Domínguez, sua moglie, abitante della città di Salamanca, trovandomi al momento in questa Corte di sua Maestà, concedo e riconosco con questa carta che di mia propria, libera e consenziente volontà mi metto e mi sistemo [in interlinea : a servizio e come apprendista] col signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, per il tempo e il termine di quattro anni e mezzo, che decorrono e si contano da oggi, giorno della data di questa carta in poi e fino al compimento, affinché durante essi mi si mostri e mi si insegni nella sua tipografia il mestiere di battitore o torcoliere di stampa, quello di questi al quale meglio mi adatterò e che vorrò apprendere, senza che mi si nasconda cosa alcuna, durante i quali suddetti quattro anni e mezzo mi impegno a servirlo nel suddetto mestiere e per quanto mi ordinerà in più e sarà necessario fare nella suddetta tipografia e nelle cose a essa attinenti e nella sua casa, che siano lecite e oneste, in ragione della qual cosa, oltre a insegnarmi il suddetto mestiere, mi deve dare da vestire, e calzare, per tutto il necessario e come si è soliti dare agli altri apprendisti, e da mangiare, e un letto e biancheria pulita, e alla fine del suddetto periodo mi deve dare un vestito del valore di centocinquanta reali, e avermi insegnato il suddetto mestiere di battitore o di torcoliere, essendo io capace di apprenderlo, e se non lo imparassi perché non mi è stato insegnato da parte del suddetto Giulio Giunti, mi deve dare il salario che si suol dare a un altro operaio fino a che non lo imparerò, e se per demerito mio, se non apprendessi per non esserne capace, in tal caso non deve essere obbligato il suddetto Giulio Giunti a cosa alcuna, a parte darmi il suddetto vestito, come è detto (cfr. Documento n. 53)  

Per Macías de Ríos, per altro il meno giovane fra i vari apprendisti ricordati in questi documenti, infatti è ventunenne, il mestiere da intraprendere è quello del battitore o del torcoliere : in ogni caso, si tratta di attività di stampa in senso stretto e non di composizione. Il 7 ottobre 1597 viene “registrato” un nuovo “contratto di apprendistato”, anche questa volta della durata di quattro anni e mezzo, fra Giulio e Juan Maldonado, quest’ultimo ancor più giovane di Juan de Hontiveros. Sostanzialmente immutate le condizioni del rapporto ; come nel caso di Martin Rubio, anche qui l’apprendistato concerne l’attività di compositore :  





durante il quale suddetto periodo mi deve tenere nella sua casa e al suo servizio e darmi da mangiare, un letto, biancheria pulita, da vestire e calzare il necessario, come si è soliti dare agli altri apprendisti, e farmi insegnare presso la sua tipografia il mestiere della composizione, in maniera che alla fine del suddetto periodo lo sappia e me ne intenda e, qualora no, mi

introduzione

xv

deve dare da lavorare presso di essa e quanto guadagna un altro operaio fino a quando non lo saprò e non me ne intenderò molto bene, essendone io capace. E oltre a quanto sopra detto mi deve dare alla fine del suddetto periodo un vestito del colore che io vorrò fino al valore di più o meno centocinquanta reali (cfr. Documento n. 54)

Andrà appena rilevato che, laddove nel caso di Juan de Hontiveros era presente alla firma del contratto il padre del giovane, Pedro, in qualità di tutore, all’accordo fra Juan Maldonado e Giulio, a causa dell’età addirittura inferiore ai diciotto anni di Juan, « poiché minore di venticinque anni, sebbene maggiore di diciassette », partecipa anche Francisco Sánchez, tipografo residente a Madrid, che agisce quale fideiussore e principale pagatore per il giovanissimo apprendista. Nel giro di tre anni, in sostanza, ben quattro apprendisti, due destinati ad apprendere l’arte della composizione e due proiettati a imparare le tecniche di stampa, in qualità di battitori o torcolieri, vengono assunti da Giulio a riprova di una sua palese attività tipografica. D’altro canto, un’ulteriore conferma del ruolo di stampatore del fiorentino ci viene elargita da un accordo del 14 aprile 1595 :  





Nella città di Madrid addì quattordici del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantacinque, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentò da una parte il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dall’altra Francisco de Robles, fonditore di caratteri, parimenti residente nella Corte, e dissero che essi hanno convenuto e concordato e con la presente convengono e concordano e si accordano per quanto segue. Primo, che il suddetto Francisco de Robles si accorda con il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti per il tempo e il termine di sei anni compiuti prossimi venturi, che devono cominciare a decorrere e a contarsi da oggi, giorno della data di questa carta in poi, durante i quali si impegna e si fa carico di fondere i caratteri che gli chiederà e gli ordinerà il suddetto Giulio Giunti nelle matrici di questo, così per il canto come di ogni altra sorta, e di giustificare le matrici e le forme che gli daranno per questo, e tutto il resto che riguarda la fusione dei caratteri, la qual cosa farà bene e fedelmente, e tutto come meglio saprà e conoscerà, a soddisfazione del suddetto Giulio Giunti. Item, che durante [in interlinea : il suddetto periodo] il suddetto Francisco de Robles non potrà fondere né fonderà alcun altro carattere per un’altra persona o persone con le matrici e le attrezzature del suddetto Giulio né con nessun’altra se non con la licenza e il consenso e il permesso per iscritto del suddetto Giulio, né darà modelli, né lettere né matrici, né li presterà né li potrà prestare né dare a nessuno se non con la suddetta licenza e consenso, pena il castigo che più avanti verrà dichiarato. Item, che il suddetto Giulio Giunti deve essere obbligato e si obbliga affinché durante il suddetto tempo dei suddetti sei anni darà da fare e da fondere al suddetto Francisco de Robles continuamente e, non facendo ciò, il giorno in cui rimarrà fermo e non avrà da lavorare poiché non gli dà l’occorrente e i materiali necessari lo dovrà pagare, da disoccupato, come se lavorasse. Item, che il suddetto Giulio Giunti deve pagare al suddetto Francisco de Robles le fusioni e quant’altro facesse in merito ad esse al prezzo contenuto in una scrittura che il suddetto Francisco de Robles fece a Salamanca con Guillermo Foquel, agente del suddetto Giulio Giunti, nota ad entrambe le parti, e gli deve pagare al rispetto in base all’andamento dei lavori […]. A testimonianza della qual cosa rogarono questa carta e di essa due copie conformi, per ogni parte e per ogni tutore del proprio diritto la sua, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti il suddetto giorno, mese e anno sopraddetti, essendo presenti come testimoni a  

xvi

i giunta a madrid

quanto detto Tommaso Giunti e Sancho Sanz de Jáuregui e Alonso Fernández, residenti in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere i concedenti sopraddetti, che firmarono con i loro nomi. [...] Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Francisco de Robles [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e farlo rogare, due reali (cfr. Documento n. 42).

Per sei anni, quindi, il fonditore di caratteri, Francisco de Robles, si impegna a lavorare esclusivamente per Giulio, a non realizzare per nessun altro caratteri, matrici, ecc. e a non fornire modelli e a non prestare propri prodotti ad altri stampatori. Insomma, Francisco viene assunto a pieno titolo quale lavorante dell’officina, senza potere svolgere la sua attività autonomamente e fuori dal controllo di Giulio. Non a caso quest’ultimo si obbliga per tutto il periodo stabilito a “stipendiare” Francisco al prezzo convenuto in una precedente scrittura redatta a Salamanca, anche nel caso in cui non gli dovesse procurare lavoro né richiedere la realizzazione di caratteri, matrici o altro. Se i summenzionati accordi risalgono al quadriennio 1594-97, in effetti, attenendoci per il momento alla documentazione presentata in questa sede, l’attività tipografica del fiorentino a Madrid dovrebbe risalire quanto meno al gennaio 1591, allorché dinanzi al notaio Pedro Prado si stipula una cessione da parte di Pero López de Arriaga a favore di Giulio. Si tratta, come sarà agevole prendere atto, di una “cessione” alquanto complessa, che coinvolge vari personaggi : Giulio Giunta, Pero López de Arriaga, Cornelio Bonart, 1 Antonio Voto e, in qualche misura indirettamente, Luca Giunta (cfr. Documento n. 1). La vicenda inizia quanto meno nel 1580, allorché Antonio Voto richiede l’esecuzione forzata dei beni di Cornelio Bonart, per un debito di 4.659 reali che quest’ultimo gli deve. I beni del Bonart, ormai defunto, vengono posti all’asta per consentire il saldo del debito con il Voto e li acquista Pero López de Arriaga. Successivamente, però, Giulio Giunta il 25 luglio 1590 avvia una causa contro Pero López, reclamando la legittima proprietà di suddetti beni in ragione di debiti contratti dal Bonart sia verso di lui (per pagamento fitto casa, ecc.) sia verso il fratello Luca, nel frattempo defunto. Per farla breve (ma il lettore potrà seguire i vari passaggi leggendo il documento), si addiviene ad una pacifica mediazione fra Giulio e Pero (significativa la dichiarazione di quest’ultimo « per tirarmi fuori dalle cause »), che prevede la cessione al fiorentino dei beni e la riscossione da parte di Pero di 2.500 reali, pari a 85.000 maravedi, versati da Giunta. Siamo, come detto, al 25 gennaio 1591 e l’aspetto di tutta la questione per noi più interessante è che una parte, forse la più consistente, dei beni, oggetto della disputa è costituita da quattro torchi con le loro attrezzature : e certo se Giulio li reclama e li ottiene non è per inaugurare un museo. Ma c’è di più. Sempre nel 1591, ma nel luglio, ben tre documenti (nn. 9, 10 e 11)  







1   Il nome originale di questo tipografo fiammingo era probabilmente Cornelius Bonart, o Boonaert. Secondo le informazioni raccolte da Fidalgo, Bonart giunse a Salamanca nel 1550, portato lì da Matías Gast, genero di Giovanni Giunta. Anche Bonart si imparentò con i Giunta, sposando un’altra figlia di Matías, Jerónima Gast de Junta. Alla morte del suocero, gestì la tipografia di famiglia assieme al cognato Diego de Robles, sposato a sua volta con Isabel Gast de Junta. Cfr. Lorenzo Ruiz Fidalgo, La imprenta en Salamanca (1501-1600), Madrid, Arco Libros, 1994.

introduzione xvii ci informano di un’altra questione relativa ad attrezzature di stampa. Questa volta sono in ballo tre torchi, in merito ai quali Alonso de Neyla, figlio di María de Neyla, moglie del tipografo Giovanni Maria da Terranova, riconosce che la madre fece e concesse al suddetto Giulio Giunta di certi torchi con le loro forme e attrezzature dinanzi ad Antonio de Vera, notaio pubblico collegiato della suddetta città di Salamanca, visto che il suddetto Giulio Giunta era possessore dei beni di Luca Giunta, suo fratello, e di Cornelio Bonart, mercanti e stampatori di libri, ormai defunti, per sentenze e atti rilasciati in contraddittorio giudizio, e nell’amministrazione e tutela che alla suddetta María de Neyla si affidò dei suddetti suoi figli si fecero suoi fideiussori i suddetti Cornelio Bonart e Luca Giunta, e si impegnarono affinché rendesse debito conto dei pagamenti coi loro beni (cfr. Documento 9)

Nei tre documenti successivi, il 10, 11 e 12, si chiariscono ulteriormente i termini della complessa questione 1 e non solo si “chiude” la vertenza ma, cosa che qui più può interessare, si descrive la cessione in maniera leggermente più analitica, « suddetti tre torchi con tutto ciò a essi appartenente, e gli altri beni e cose di legno, tavole, ferro, piombo, stagno, metallo » (cfr. Documento 10), a conferma di un’attrezzatura ben più ricca dei puri e semplici torchi. In sintesi, Giulio, alla fine del 1591, è in possesso di sette torchi, variamente corredati di caratteri, supporti, ecc. e non può quindi non essere considerato uno stampatore a tutti gli effetti. D’altro canto, possiamo aggiungere un’ulteriore prova dell’attività tipografica del fiorentino nella città di Madrid, utilizzando un documento del 27 agosto 1592 (n. 14) :  





Sappiano quanti vedranno questo contratto di affitto che io, Juan de Ribero, abitante di questa città di Madrid, dimorante nella calle de Tocha nelle mie proprie case, riconosco con questo contratto di affittare, e do in affitto, al signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente presso la Corte di sua Maestà, quanto segue : una casa che io ho sul retro delle suddette mie case, in cui vivo, che affaccia con una porta sulla strada che va dal fronte della porta di Antón Martín alle porte, che ciò che in tal modo gli affitto è dalla porta del vicolo della casa principale in poi, fino alla suddetta strada, in cui c’è un grande cortile con otto vani e in più una tettoia che è ingraticciata, che si deve ricoprire, che è lunga sessantacinque piedi, che si deve dividere nella parte in cui vorrà il suddetto signor Giulio Giunti, quattro finestre sul cortile intonacate col gesso da aprire una volta divisa la tettoia, e una porta sul suddetto cortile dalla quale si entrerà in essi, e la porta sulla strada si deve spostare da dove al momento è stata tracciata, che sta di fronte al cortile, e deve diventare ingresso quel che ora è vano e al posto suo deve essere vano qual che al momento è ingresso, tutto questo a mie spese ed entro i tempi e nella forma sotto dichiarata. La qual casa gli affitto per il tempo e il termine di un anno intero, il prossimo a seguire che [in interlinea : deve] cominciare a  



1  Sostanzialmente le questioni tra Giulio e i Terranova erano due : da una parte, la vendita di tre torchi, appartenenti al defunto Giovanni Maria, marito di Maria de Neyla e padre di Alonso, che la vedova aveva ceduto a Giulio Giunta. Dall’altra, quella relativa alla gestione del patrimonio dei figli di María de Neyla alla morte del marito : essendo rimasta vedova e con i figli ancora piccoli, si offrirono di aiutarla Cornelio Bonart e Luca Giunta, che si costituirono fideiussori per lei. Tuttavia, sembra che María non seppe amministrare bene il denaro a sua disposizione e ben presto si trovò in difficoltà economiche. Morti Bonart e Luca Giunta, essendo passati i loro beni a Giulio Giunta, questi teme di ritrovarsi con i creditori alle calcagna per colpa della cattiva amministrazione di María de Neyla. Chiede perciò al figlio Alonso de Neyla, divenuto ormai maggiorenne, di garantirgli che non gli verrà chiesto denaro per ripagare i debiti contratti dalla madre in virtù del ruolo di fideiussori che si erano assunti Cornelio Bonart e Luca Giunta.  



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decorrere e a contarsi dal primo giorno del prossimo mese di ottobre di questo anno corrente novantadue, fino al suo compimento, e al prezzo e importo di cento ducati in reali, che valgono trentasettemilaquattrocento maravedì, pagati in questo modo : cinquanta di questi ducati subito, anticipati sul momento, e gli altri cinquanta rimanenti, compiuti sei mesi da quando verrà ad abitare nella suddetta casa, che devono essere per il suddetto primo giorno di ottobre come è stato detto, e per allora devo avergli liberato la suddetta casa e averla finita di ricoprire, e aver rifinito le suddette finestre e tutto il resto di cui deve godere secondo quanto detto. Ed è condizione che la suddetta casa gliela affitto e gliela do in locazione per il suddetto tempo e prezzo per aprire in essa una stamperia di libri e qualunque altra mercanzia vorrà, purché non sia carbone  

Giulio, dunque, prende in affitto, per installarvi l’officina, una casa di dimensione non certo ridotte, in un luogo centrale e per un costo di un certo impegno. Ma, una volta preso atto che Giulio assumeva personale, acquisiva attrezzature e fittava locali per la tipografia, eccoci ad un’ultima prova della sua attività di stampatore. Il 4 gennaio 1593 (cfr. Documento 15), fra’ Alonso de Critana, « frate professo dell’ordine di San Jerónimo, amministratore generale del monastero di San Lorenzo el Real e ministro dei libri del Nuovo Ufficio Divino in nome del suddetto monastero e convento di esso, residente nel monastero di San Jerónimo della città di Madrid », riconosce con regolare procura che Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta città di Madrid e Corte di sua Maestà, possa « chiedere e domandare, ricevere e riscuotere dal signor decano e dal capitolo, dai canonici e dai dignitari della santa chiesa della città di Oviedo e dai loro beni e rendite, e da ognuno di essi e della suddetta santa chiesa e da chi di diritto potrà e dovrà, novemilasettecentoventisei reali e ventuno maravedì che i suddetti mi devono e sono obbligati a pagare alla fine del corrente mese di gennaio ». Il motivo del diritto di Giulio ? La stampa da realizzare e da proseguire del « Nuovo Ufficio Divino » : 1  















gli do questo e gliene faccio lettera di credito in ragione e come dovuto pagamento dei maravedì che deve avere per le stampe che ha fatto e deve fare dei libri del suddetto Nuovo Ufficio Divino, che sono in maggior quantità, sulla qual cosa rinuncio all’eccezione, al non aver visto né ricevuto, e alle due leggi della prova della consegna come in esse è contenuto (cfr. Documento n. 15)

E ancora un altro documento. Il 2 ottobre 1593 (cfr. Documento n. 20), dinanzi al notaio Pedro de Prado, e alla presenza dei testimoni Tommaso Giunta, Andrès Gutiérrez e Sancho Sanz de Jáuregui, Giulio rilascia ricevuta al « signor dottore Villagutierre Chumacero » per « cento ducati in reali, che valgono trentasettemilaquattrocento maravedì […] per conto di una certa stampa di libri che su suo ordine fa ». Non mancano riferimenti al rifornimento, alla vendita e ai costi della carta. Nel continuare a rispettare l’ordine cronologico, possiamo cominciare da quanto attestato nel documento del 16 luglio 1591 :  









Nella città di Madrid addì sedici del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantuno, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti, è comparso Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, che io il notaio faccio fede di conoscere, e ha detto e stabilito che si 1   Nuevo Rezado nel testo spagnolo. Massimo Marini, seguendo l’odierna dicitura risalente al Concilio Vaticano ii, ha deciso di tradurre con Nuovo Ufficio Divino e non con Breviario Romano.

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riteneva e si è ritenuto soddisfatto e ripagato in tutte le sue volontà, ha dichiarato di aver ricevuto dal padre fra’ Alonso, dell’ordine di Santo Agostino, duecentodiciassette reali in denaro contante, i quali gli paga come somma residua delle seicentotrentacinque risme di carta che il suddetto Giulio Giunta vendette al padre fra’ Pedro de Rojas, vescovo di Astorga, per stampare un libro di un padre religioso delle Indie che ha stampato María Ruiz, tipografa in questa Corte, a quattordici reali la risma, nella quali rientrano seicento risme che i suddetto Giulio Giunta era obbligato a dare al suddetto signor vescovo, le quali vennero consegnate a più riprese alla suddetta, dandole per ventitré di esse tredici risme di carta bastarda a ventiquattro reali la risma, che equivalgono alle suddette ventitré a quattordici reali, e poiché c’era nelle suddette risme qualche foglio bastardo di Genova, dieci di esse gli vennero pagate a due ducati, di modo che ha consegnato tutte le suddette seicentotrentacinque risme alla suddetta, le quali, al suddetto prezzo di quattordici reali fanno e ammontano a ottomilaottocentonovanta reali, e con i suddetti duecentodiciassette reali che al momento riceve si è finito di rifondere di tutta la suddetta somma a più riprese, e in ragione del fatto che la consegna al momento non risulta, rinunciò all’accezione della non numerata pecunia, e al non averlo visto né ricevuto, e alle due leggi del diritto che trattano in merito a tale questione, come in esse è contenuto (Cfr. Documento n. 8)

Altrettanto interessante è quanto si può evincere non solo da una scrittura del 18 febbraio 1598, in merito sia ai quantitativi dei quali poteva disporre il fiorentino sia al valore commerciale delle balle di carta (cfr. Documento n. 56), ma soprattutto dall’obbligazione del 10 maggio del 1604 (cfr. Documento n. 71), dove è indicato con precisione il prezzo della singola risma fabbricata nel monastero del Paular nonché la quantità certo non ridotta acquistata da Giulio. io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco che devo e mi impegno a pagare al priore, ai monaci e al convento del monastero del Paular, dell’ordine dei Certosini, a chi succedesse nel loro diritto, millecentocinquanta reali, e sono in ragione di cento risme di carta bianca fabbricata nel suddetto monastero del Paular, concordata a undici reali e mezzo la risma, che ho ricevuto in mio possesso dal suddetto monastero per mano del fratello Gil del Río, per le quali sono soddisfatto circa il prezzo e rispettato nella mia volontà per la suddetta carta.

Nel chiudere il discorso su Giulio stampatore, potrà giovare ricordare altri due documenti : uno del 5 dicembre del 1600 e l’altro del 28 aprile 1607.  

Nella città di Madrid addì cinque del mese di dicembre dell’anno milleseicento, in presenza di me notaio pubblico e dei testimoni sottoscritti si presentarono Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte, e Francisco López, mercante di libri, abitante di questa città, e dissero che essi oggi, suddetto giorno, fecero e concessero una scrittura di capitolato in merito alla stampa delle Historias Generales de las Indias dinanzi a me il suddetto notaio e ai testimoni. E in uno dei capitoli di essa si dice e si dichiara che nella prima stampa delle suddette Historias non si devono stampare altro che ottocento copie sole di essa, come chiaramente constava e risultava dalla suddetta scrittura, alla quale si riferivano. E ora dicono e dichiarano che la stampa delle suddette Historias si fa nel numero di mille copie, le quali devono tutte entrare in possesso del suddetto Francisco López per maggiore sicurezza sua, e che dal notaio siano vendute a condizione che duecento copie delle suddette mille si distribuiscano per conto del suddetto Giulio Giunti. E il suddetto Francisco López si impegnava e si impegnò affinché, entrando in suo possesso le suddette duecento copie delle suddette Historias, le venderà dopo aver esaurito le ottocento copie rimanenti, e che darà l’intero ricavato di

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esse al suddetto Giulio Giunti, e a chi per lui dovesse averlo, pacificamente e senza dilazione né indugio alcuno, sottostando agli obblighi, alle sottomissioni, al potere ai tribunali e agli altri vincoli contenuti nella suddetta scrittura di capitolato (Cfr. Documento n. 60). Nel nome di Dio, amen. Sappiano quanti vedranno la presente scrittura di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante della città di Madrid, stando al momento in questa città di Firenze, stabilisco e riconosco con questa presente carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come per legge si richiede ed è necessario, a Francisco Beltrán de Chabarría, aiuto guardia dei gioielli della Maestà della Regina, e a María Atunis, mia servitrice, e a chiunque di essi specialmente ed espressamente affinché per me e a mio nome possano richiedere, esigere, ricevere, avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso dai signori priore, frati e convento del monastero di San Lorenzo el Real, che la Maestà cattolica del Re don Filippo, che sta[in interlinea : in cielo], fondò vicino alla sua residenza di El Escorial, e dal padre fra’ Juan de Madrid, suo amministratore generale in suo nome, al cui carico si trovano i conti dei libri del Nuovo Ufficio Divino, e da qualsiasi altra persona a cui carico si trovasse la riscossione e il pagamento di quanto si dirà, ovverosia di ogni qualsivoglia maravedì fosse necessario per la stampa del libri del Nuovo Ufficio Divino, che è a mio carico, così come per la carta, l’inchiostro, le forme e le altre cose e i materiali necessari per la stampa dei suddetti libri e per tutto il resto che nell’interim in cui io fossi assente dalla suddetta città fosse necessario (Cfr. Documento n. 76).  

Dunque, al di là del fatto che da queste scritture è agevole evincere che Giulio ancora nel 1600 e addirittura nel 1607 prosegue la sua attività di stampatore, quanto meno due annotazioni meritano di essere qui inserite, sia pure in modo telegrafico. La prima riguarda un’informazione contenuta nel documento del 1607 : Giulio in questo periodo non è a Madrid ma a Firenze e pertanto conferisce a persone di fiducia, Francisco Beltrán de Chabarría e María Atunis, la procura a richiedere e ad incassare quanto dovuto dal monastero di San Lorenzo « per la stampa dei libri del Nuovo Ufficio Divino, che è a mio carico, così come per la carta, l’inchiostro, le forme e le altre cose e i materiali necessari per la stampa dei suddetti libri ». La seconda concerne una procedura di accordo non certo sconosciuta, ma che è bene rilevare allorché se ne presenta il caso. Il fiorentino e il libraio Francisco López, entrambi residenti in Madrid, si sono accordati per la stampa del Historias Generales de las Indias prevedendone una tiratura di 800 copie. Successivamente l’intesa muta e si prevede di aumentare a 1.000 il numero di copie e le 200 in più saranno sì consegnate al López per essere esitate, ma il ricavato della loro vendita sarà consegnato al Giunta a una precisa condizione : che prima di calcolare la parte spettante al fiorentino, López dovrà avere smerciato tutte le prime ottocento copie.  







3. Giulio Giunta libraio-editore Ma Giulio svolse anche attività commerciale, nelle vesti di libraio e/o di editore ? Insomma, stampò per altri oppure si impegnò anche a commercializzare libri propri o di altri ? In proposito possono esserci nuovamente utili le testimonianze presenti in alcuni dei preziosi documenti rintracciati nell’Archivo Historico de Protocolos della capitale spagnola. Solo qualche esempio. Il 10 maggio 1594 Giulio conferisce una procura a Pedro de Osuna affinché « possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere, in giudizio e fuori di esso, da Diego Hernández Pablo, abitante della suddetta città di Logroño, e dai suoi beni,  





introduzione xxi e da chi per lui debba dare e pagare tutto ciò, ovverosia ogni qualsivoglia maravedì che gli debba e risultasse dovere ed essere obbligato a pagare » (cfr. Documento n. 31). La ragione per la quale Giulio ha da riscuotere denaro è che ha inviato a Diego Hernández varie copie dei « libri Passionari per la Settimana Santa con note per il canto […] affinché li vendesse per lui nella diocesi di Calahorra ». Poco dopo un mese, il 15 giugno del medesimo anno, il fiorentino concede « piena procura […] al signor Gian Battista Pallavicino, residente ad Alicante, e alla persona o alle persone che sostituisse, specialmente affinché in [suo, cioè del Giunta] nome […] possa chiedere e domandare, ricevere e riscuotere tutto questo dalla suddetta nave, commissario di bordo e padrone di essa e da chi per legge dovrà dare e pagare ». La nave in questione è la Lomellina e la ragione per la quale Giunta reclama un risarcimento è che « poiché nel porto di Livorno, sulla nave Lomellina, venne caricata una certa quantità di libri a me appartenenti della stampa del Nuovo Ufficio Divino, e sebbene il commissario di bordo e padrone della suddetta nave e gli ufficiali di essa dovevano portare i suddetti libri ben custoditi e con l’accortezza opportuna, non fecero quanto ordinato né vogliono dar conto di ciò, in particolare di due balle che insieme ad altre sette vennero caricate sulla suddetta nave, con le quali veniva portata a termine una stampa di messali stampati a Venezia che qui mi avevano commissionato, e a causa di ciò i suddetti messali non sono disponibili e sono da consegnare, e da questo mi è derivato [cassato : e] un danno di quattrocento ducati, oltre alla perdita delle suddette due balle » (Cfr. Documento n. 37). Particolarmente interessante la scrittura del 24 dicembre 1594 fra Giulio Giunti de’ Modesti e Guillermo Robile « che disse di essere di Lione, in Francia, soggiornante nella suddetta Corte, a nome di Jean-Baptiste Regnauld, abitante della suddetta città di Lione, figlio ed erede di Jeanne Giunti » e più avanti vi si tornerà per le persone che vi sono coinvolte. Al momento, si possono rimarcare soltanto due passaggi del documento, « poiché il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha avuto conti, debiti e crediti con la suddetta Jeanne Giunti e con il suddetto Jean-Baptiste Regnauld, tanto per libri stampati che gli hanno inviato quanto per altre cose », « sono tra i suddetti Giulio Giunti de’ Modesti e la suddetta Jeanne Giunti e il suddetto Jean-Baptiste Regnauld, tanto per i libri che gli hanno inviato quanto per i denari che ha riscosso per loro e quanto per qualsiasi altra cosa » (cfr. Documento n. 41), giacché attestano una chiara attività di libraio (o quanto meno di « agente » libraio) svolta da Giulio. Non è il caso di indugiare ulteriormente ; può solo essere utile sottolineare che in vari casi il fiorentino rilascia procure a persone fidate, affinché tutelino i suoi interessi anche fuori della città di Madrid, interessi inerenti appunto ad un’attività legata alla vendita e alla diffusione di pubblicazioni del Giunta stesso o di altri.  

































4. Giulio Giunta imprenditore e possidente Un quesito che spesso ci si pone allorché si cercano di ricostruire le biografie degli artieri del libro nel periodo rinascimentale è quello relativo alla loro fisionomia socio-economica. Ora, come è noto, accanto a stampatori nonché librai e talvolta editori/librai o editori/stampatori da considerare senza alcun dubbio benestanti, all’epoca non erano pochi coloro i quali non riuscivano certo a condurre una vita

xxii i giunta a madrid agiata. Quale il tenore di vita e la posizione sociale del nostro Giulio ? Ancora una volta i documenti rintracciati e qui riportati possono essere di grande aiuto. Innanzitutto va rilevato che le davvero numerose procure di riscossione di somme da parte del fiorentino per lo più (ma non solo) in relazione alla sua attività professionale sono già eloquente prova di un giro di affari non di poco conto, che vede il Nostro creditore non solo sulla piazza di Madrid ma anche in diversi centri sia spagnoli che europei. Ora, posto che in altra sede, come accennato nella Presentazione, avremo modo di approfondire alcune questioni, fra le quali quella dell’effettivo valore e del potere di acquisto delle diverse monete (dai ducati ai maravedi, ecc.), può indubitabilmente essere funzionale per quanto si sta dicendo l’utilizzo delle informazioni deducibili dalle carte dell’archivio madrileno inerenti quanto meno a tre vicende, concernenti tre tipologie di “affari” diverse, senza soffermarci per altro sulla consistente documentazione relativa alla commenda della Magdalena. La prima concerne la proprietà di tre cavalli, la seconda l’acquisto di una casa, la terza possedimenti fuori di Madrid. Il giorno 8 luglio 1597 si presenta dinanzi al solito notaio Pedro Prado di Madrid il nostro Giulio per dichiarare, alla presenza di testimoni, di avere comprato nella città di Baeza da un tal Diego de Aranda un « cavallo bigio pomellato, con una balzana sul piede destro, con una stella sulla fronte, dell’età di cinque anni », e di essersi impegnato, tramite regolare scrittura del 21 giugno del medesimo anno innanzi al notaio di Baeza Luis de Ayala, a utilizzarlo solo all’interno del regno di Castiglia. Giulio inoltre aggiunge di avere comprato sempre a Baeza (ma da altri venditori) altri due cavalli, che descrive, da servirsene sempre solo all’interno del regno. La testimonianza del Giunta è avvalorata, come detto, da testimoni e soprattutto dalla dichiarazione dello stesso notaio Prado (Cfr. Documento n. 52). Proprietario di cavalli, dunque, ma anche di case. Il 14 novembre 1603 in Madrid dinanzi al notaio Santiago Fernández viene stipulato, con atto estremamente accurato e articolato, al quale poi, detto per inciso, fanno da significativo corredo due obbligazioni (cfr. Documenti 63 e 64), un acquisto da parte di Giulio di un « casa signorile » appartenuta al marchese Melchor de Herrera. Ecco parte dell’atto :  











noi, don Iñigo de Herrera y Velasco, marchese di Auñón, e io, donna Ana de Herrera, marchesa di Auñón, sua moglie, abitanti di questa città di Madrid, genero e figlia che io, il suddetto marchese e marchesa, siamo del signor Melchor de Herrera e della signora donna Francisca de Padilla, sua moglie, marchesi di Auñón […] vendiamo e diamo in vendita reale e per eredità perpetua per sempre al signor Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, per lui e per i suoi eredi e successori, e per chi in qualsiasi maniera avrà da lui diritto a ereditare, i suoi beni, ovverosia, una casa signorile che noi i suddetti marchesi abbiamo e possediamo come patrimonio rimasto alla scomparsa del suddetto signor marchese Melchor de Herrera in questa città di Madrid, parrocchia di San Juan che il suddetto signor marchese Melchor de Herrera ebbe ed ereditò da Andrés de Ribera, defunto, suo fratello, e confina su due lati con due strade, il viale che va a Palazzo, e un’altra che sale da questa fino alla chiesa di Santa María di questa città, e da un’altra parte con le case di Juan Girardo e Pedro García, tutto ciò come e nella forma in cui il signor marchese Melchor de Herrera la possedeva e l’abbiamo posseduta e la possediamo e la teneva e la possedeva ed era appartenuta al suddetto Andrés Feto de Ribera, senza fare eccezione né fare riserva per essa di cosa alcuna, con tutte le sue entrate e uscite, diritti e servitù, esenzioni e libertà e qualsiasi

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diritto sulle pareti in comune, affaccio e dominio e tutti gli altri che gli appartenessero nella forma in cui si trovano al presente, e come libera dal censo perpetuo ed esentati, per vincolo e maggiorascato, da ipoteche e obbligazioni speciali né generali di alcun genere, né altro onere né alcun impedimento, e in quanto libera e non soggetta a obbligo di ospitalità per alloggio della Corte, cui non è sottoposta né limitatamente né perpetuamente perché esente da ciò per privilegio particolare, che gli consegneremo convalidato con ogni formalità entro i primi due mesi dalla data di questa scrittura senza dover essere sollecitati a ciò. E, non facendolo, pagheremo al suddetto Giulio Giunti l’interesse sul valore della suddetta esenzione, e come libera dal suddetto dovere di ospitalità gliela garantiamo e gliela vendiamo per il prezzo e importo di quattromilacento ducati da undici reali, per il quale con il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ci siamo accordati e l’abbiamo stimata (cfr. Documento n. 62)

Non si tratta certo di un miniappartamento (e ne fa fede per altro anche il prezzo) e la proprietà prevede anche « altre due casette che stanno nella parte di sotto, che sono di Juanes Girardo e Pedro García, come proprietà loro libera da ogni obbligazione, ipoteca e gravame, vincolo » (cfr. Documento n. 63), come lo stesso Giulio precisa nell’obbligazione con Maria Landi (« mi vendono delle case signorili nel viale che va a Palazzo, parrocchia di San Juan, confinanti con il suddetto viale e con un’altra strada che sale e va verso Santa María, e due case piccole nella parte dabbasso, di Juanes Girardo e Pedro García, lasciate dal signor marchese di Auñón, Melchor de Herrera, defunto ». Cfr. Documento n. 64). Per quanto concerne, infine, la terza tipologia di prova dello stato socio-economico di Giulio, si potrà fare riferimento al Documento n. 36 del 15 giugno 1594. Si tratta di una procura conferita dal Nostro a Filippo Giunta, suo fratello, Bernardo Fontane, suo nipote, Antonio Padovani, tutti residenti a Firenze, e a Bastiano Petrazzi, contadino a Carmignano, in Toscana, affinché tutelino i suoi interessi, con specifico riferimento all’uso e all’utilizzo di un pozzo, situato in una sua proprietà :  









Sappiano quanti vedranno questa presente carta di procura che nella città di Madrid, Corte della Maestà Cattolica, addì quindici del mese di giugno dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, si presentò presonalmente il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, e disse che, poiché in un podere e patrimonio che ha a Carmignano, in Toscana, c’è un pozzo d’acqua accanto alla casa del suddetto suo podere, il quale suddetto pozzo, per uso e rifornimento è il suo proprio, senza che nessun’altra persona né persone l’abbiano o l’abbiano avuto giammai in comune né per rifornimento alcuno, e gli è giunta notizia che alcune persone, contro ragione e giustizia, pretendono di intromettersi nell’uso e rifornimento dal suddetto pozzo e con la sua acqua, alla qual cosa non si deve dar modo, e pertanto concedo e dico che nella via e forma in cui meglio per legge abbia luogo conferisce tutta la sua piena e sufficiente procura, come la possiede e per legge in tal caso si richiede, a Filippo Giunta, suo fratello, e Bernardo Fontane, suo nipote, e Antonio Padovani, abitanti di Firenze, e a Bastiano Petrazzi, contadino, che si occupa del suddetto podere e terreno, e a ciascuno di essi per sé in solidum, con eguali poteri e facoltà, che ciò che uno inizi l’altro possa proseguire, finire e concludere, e sostituire al loro posto uno, due o più procuratori, e revocarli e costituirne altri nuovi, specialmente perché in nome del suddetto mandante, rappresentando la sua persona, possano controbattere a tutte le persone che pretendessero di avere diritto all’uso e al rifornimento presso il suddetto pozzo e alla sua acqua, e chiedere che si dichiari che non

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deve aver luogo, essendo come è mio proprio, e che nessuna persona ha avuto né ha diritto al suddetto pozzo, né all’uso né al rifornimento da esso, e addurre e provare, chiedere e opporsi in merito a quel che converrà e che sarà necessario fare ora, sia con i cittadini che con la gente comune (Cfr. Documento n. 36)

In sintesi, emerge con chiarezza, anche senza ricorrere ad una valutazione delle diverse somme di denaro alle quali si fa riferimento nei documenti, che Giulio Giunta dovette appartenere ad una borghesia, potremmo dire oggi, media e medio-alta, che riuscì ad accumulare una discreta sostanza di beni, consistente in terreni, case, ecc., e ad espletare la sua attività imprenditoriale nel campo librario con risultati economici non trascurabili (va appena ricordato, a riguardo, che dovette assumere e mantenere non pochi lavoranti). 5. Tommaso Giunta Il 27 gennaio 1619 muore Giulio Giunta e noi disponiamo di un importantissimo documento del 16 febbraio 1619, nel quale tra le altre cose sono puntualizzate le ultime volontà testamentarie del fiorentino. Varrà la pena, proprio per le numerose informazioni ivi contenute, soffermarvisi con la dovuta attenzione. Tommaso, come di consueto in casi simili, esordisce entrando subito nel merito della questione :  

io, Tommaso Giunti, stampatore del Re nostro signore, residente a Corte, figlio di Bernardo Giunti, dico che Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, che riposi nella santa gloria, morì di morte naturale in questa Corte il ventisette gennaio appena passato di questo anno milleseicentodiciannove. Questi in differenti occasioni durante questo ultimo viaggio a questa Corte dalla città di Firenze, di cui era originario, siccome ormai vecchio, desideroso e bramoso di predisporre le cose della sua anima come cattolico cristiano e di predisporre quelle del suo patrimonio, me le comunicò per portarlo a esecuzione, e avendo cominciato a disporlo la malattia della quale morì lo incalzò così velocemente che non ebbe tempo di dichiarare e spacificare [sic] con la distinzione e chiarezza opportune. E in ragione del fatto che gli mancava il suddetto tempo e avendomi comunicato le cose che riguardavano le sue disposizioni circa la sua anima e circa il suo patrimonio, e sapendo quanto io l’amassi e conoscessi tutti i suoi affari, mi diede la procura per fare il suo testamento e le sue disposizioni dinanzi a Pedro de Aguilera, notaio di sua Maestà presso questa Corte, il suddetto giorno ventisette di gennaio di quest’anno. E sebbene in esso si segnalino alcune delle cose principali e necessarie, volendo – e lo voglio – compiere la sua volontà e fare il suo testamento, per giustificazione dello stesso chiedo che venga inserita in questa scrittura la suddetta procura, e io il notaio l’ho inserita, e dice quanto segue.

Al di là dell’origine fiorentina, della parentela con Tommaso (zio), del luogo e della data di morte, dei recenti viaggi in Firenze, queste righe iniziali ci dicono subito che Giulio, fratello di Bernardo, evidentemente in punto di morte, “rilascia” una procura a Tommaso per stilare il suo testamento innanzi al notaio Pedro de Aguilera, con disposizioni sul cui merito ci si esime dal soffermarsi ma che in qualche misura si vogliono parzialmente richiamare, per le notizie che contengono. Prima, però, sarà bene cogliere un’altra informazione molto importante posta in esordio del documento : Tommaso è stampatore del Re. Giulio Giunti (cfr. Documento n. 87) in estrema sintesi lascia quattromila ducati  

introduzione xxv a Tommaso per ripagarlo della sua quasi trentennale collaborazione, lo nomina esecutore testamentario, con possibilità di scelte non secondarie (non solo in merito alla parte e al luogo della sepoltura), visto che ripone in lui piena fiducia (« poiché è più o meno da ventotto anni che si è occupato della mia casa e della mia attività », fiducia, se si vuole, ulteriormente comprovata dal fatto di averlo coinvolto molto spesso come testimone per atti vari e procure) e soprattutto, lo designa come unico erede dei suoi beni (« E, compiuto quanto sopra detto, per l’avanzo che restasse e sussistesse di tutti i miei beni, diritti e azioni, tanto di quelli che ho in questa Corte e Regni di Spagna quanto di quelli che mi spettassero e mi appartenessero a Firenze e in altri luoghi a qualsiasi titolo e ragione, istituisco come mio unico e universale erede per tutti essi, senza eccezione né riserva per cosa alcuna, il suddetto Tommaso Giunti, mio nipote, figlio del suddetto Bernardo, mio fratello, affinché erediti ciò tutto per intero ; e vorrei avere molto più da lasciargli, perché dichiaro di non avere eredi legittimi, ascendenti né discendenti, né qualcuno con il quale io abbia obblighi e che ami più del suddetto Tommaso Giunti »). Ma c’è dell’altro. Lo indica con chiarezza quale successore di tutti i propri affari tipografico-editoriali (in specie per la stampa del Nuovo Ufficio Divino), raccomandandolo non solo al Re ma anche al « padre priore e gli altri padri del monastero di San Lorenzo el Real e il signor commissario generale della Santa Cruzada », perché si degnino « di proseguire il contratto con il suddetto Tommaso Giunti, per tutto ciò in cui li ho serviti e per le grandi spese che ho affrontato per installare in questa Corte la tipografia ». Tale “eredità”, per altro, viene ulteriormente ribadita e rivendicata dallo stesso Tommaso più avanti :  



















Dichiaro che il suddetto Giulio Giunti mio zio lo dice in virtù della sua procura, tenendo in alta considerazione l’affetto, la puntualità e le sincerità con cui mi occupai dei suoi affari e dei suoi conti, dell’amministrazione e della conservazione di essi, mi esonera dal rendere conto degli affari e di quanto proveniente dalla imprenta real e dal Nuovo Ufficio Divino e dalle altre cose che in questa Corte e fuori di essa e del Regno avevo avuto a contratto per suo conto, perché di tutti i proventi era completamente soddisfatto, poiché in tutto si era agito bene ed erano davvero in regola. E così fece il suddetto esonero dai conti : essendo – com’è – corretto, così lo accetto a mio favore e ordino che si compia a suo nome.  

Dichiaro che il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, riconoscendo le suddette giuste cause e altre, e soprattutto l’affetto che aveva per me e di trovarsi senza eredi legittimi, né ascendenti né discendenti, mi istituì nella suddetta procura come suo unico erede e supplicò sua Maestà di farmi mercede e che continuassi al suo servizio, cosa che attualmente sto facendo per il Nuovo Ufficio Divino, presso la suddetta imprenta real, e [supplicò] il padre priore del suddetto convento di San Lorenzo el Real e gli altri religiosi di esso e il signor commissario generale della Santa Crociata di farmi la mercede di continuare con me la stampa del Nuovo Ufficio Divino.

D’altro canto Tommaso da molto tempo è stato designato da Giulio suo sostituto, se così si può dire, nella carica di tipografo reale. In merito risale al 14 giugno 1594 una dichiarazione di Tommaso dinnanzi al notaio Pedro de Prado (cfr. Documento n. 35) :  

io Tommaso Giunti, fiorentino, residente in questa Corte del Re nostro signore […] dico che

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i giunta a madrid

in quanto sua Maestà ha concesso e concede la mercede a Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, residente nella suddetta Corte, che è presente, di dargli il titolo di suo tipografo per lui o per la persona da lui nominata, e per certe ragioni il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha posto e pone il suddetto ufficio e mercede e ha fatto e fa emettere il suo titolo a mio nome sulla fiducia e a condizione che io debba fare e faccia una scrittura di dichiarazione di ciò, concedo pertanto e riconosco con questa carta che, nella via e forma per legge più comoda e che più vada a favore del suddetto Giulio Giunti, di confessare e dichiarare che il conferimento a mio nome della suddetta mercede e titolo del suddetto ufficio di tipografo di sua Maestà è sulla fiducia e per ordine del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e per lui, senza che io abbia in esso né in parte di esso né nell’uso profitto da esso in altra cosa oltre al nome, e così il di lui suddetto ufficio e titolo e tutti i diritti e profitti che in esso avessi appartengono e devono essere e sono per il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti come cosa sua propria, senza che io possa chiedere né richiedere cosa alcuna di esso in nessun momento, né acquisire diritto a ciò per nessun suo trascorso né in virtù del suddetto titolo né in altra maniera […]. E altresì, poiché sono minore di venticinque anni, sebbene maggiore di venti, per maggiore validità e corroborazione di questa scrittura, giuro su Dio Nostro Signore e sulla Santa Maria sua Benedetta Madre e con un segno di croce, che mi feci con la mano destra, di mantenere e osservare, compiere e considerare valida questa scrittura

Tommaso, dunque, che fino al 1593 risulta ancora residente a Salamanca (cfr. Documento n. 21), nel 1594, all’età di venti anni, ottiene dallo zio il titolo di tipografo reale, senza che ciò implichi, tuttavia, alcun vantaggio o guadagno diretti, giacché diritti e profitti di stampa rimarranno prerogativa di Giulio. Ma, prima di soffermarci ancora brevemente su Tommaso, chiudiamo con due interessanti informazioni recuperabili dal documento del 16 febbraio 1619. La prima concerne l’attenzione, se si vuole la generosa attenzione di Giulio nei confronti di ex servitori, della vedova di Cornelio Bonard, Jerónima Gast, e di parenti. Appunto ad alcune parentele è legata la seconda informazione. Prendiamo infatti atto dell’esistenza di due nipoti : Maria Gast, vedova di Diego Giunta, e Teresa. Latitano completamenti riferimenti ad altri parenti italiani o di altre aree europee. Col passare degli anni Tommaso, maturatosi alla scuola di Giulio, comincia ad accrescere la propria autonomia, incoraggiato e confortato per altro dallo stesso zio. Prova ne sia che, al di là del coinvolgimento prevedibilmente sempre crescente all’interno dell’attività legata alla stamperia reale, ancor prima della scomparsa di Giulio, il nipote “firma” vari colophon a partire dalla fine del xvi secolo, 1 viene responsabilizzato con varie procure e inoltre, in occasione del viaggio dello zio a Firenze, in pratica prende in mano le redini della tipografia e di tutta l’attività commerciale. Significativi, per l’attività del nipote di Giulio, quanto meno i due documenti 80 e 81, il primo del 9 maggio 1611 e il secondo di pochi giorni dopo, il 16 maggio, entrambi relativi al De la conveniencia de las dos Monarquias Catholicas di Juan de la Puente. Si tratta di un accordo fra Tommaso e Juan de la Puente per la pubblicazione di un’opera di quest’ultimo e della corrispettiva ricevuta del pagamento pattuito fra i due, attestata dal notaio Bartolomé Paradinas. Ed ecco le coordinate dell’accordo, fra « il padre fra’ Juan de la Puente, dell’ordine si San Domenico, cro 



1   Yolanda Clemente San Román, Tipobibliografía madrileña : la imprenta en Madrid en el siglo xvi, Kassel, Reichenberger, 1998, p. 37.  

introduzione xxvii nista di sua Maestà, residente nella sua Corte, e […] Tommaso Giunti, sotto la cui responsabilità si trova la tipografia reale, che vive nella Carretera de San Francisco di questa città [Madrid] » (cfr. Documento n. 80). L’autore si impegna a :  



dare e pagare dodici reali per ogni risma di carta che verrà impiegata per la stampa del suddetto libro al suddetto Tommaso Giunti, e che l’ammontare della suddetta impressione alla tale tariffa glielo dovrà pagare e glielo pagherà nella seguente maniera. Duecento ducati in contanti subito, che sono quelli di cui sopra è stato detto, si devono dare in anticipo, e che dal giorno della consegna di essi trascorreranno i due mesi e mezzo entro i quali si deve cominciare a fare la suddetta stampa, e dal giorno in cui sarà fatta la stampa, che ammonta ai suddetti duecento ducati per la suddetta tariffa di dodici reali ogni risma, ogni settimana si dovranno pagare al suddetto Tommaso Giunti duecentocinquanta reali fino alla fine di questa, per il tempo che rimarrà per la suddetta stampa, da proseguire, come si è detto, senza posa né per colpa di Tommaso Giunti né dei suoi operai, né tralasciando di stampare durante ciascun giorno il suddetto fascicolo e mezzo, con dichiarazione che se per colpa del suddetto padre fra’ Juan de la Puente, per colpa della carenza di carta per la stampa o di denari per la suddetta stampa, in tal caso debbano essere a carico del suddetto padre fra’ Juan il danno e le spese che ne deriveranno al suddetto Tommaso Giunti per la suddetta causa, e terminata la suddetta stampa, fatto il conto di ciò a cui essa ammonterà e parimenti dei libri fallati e di quelli difettosi, come sopra dichiarato, e delle spese che ci saranno state per questa, conteggiati i suddetti duecento ducati anticipati e a quanto ammonteranno i duecentocinquanta reali che si devono pagare per ogni settimana conformemente a quanto sopra detto, il suddetto padre fra’ Juan de la Puente dovrà pagare e pagherà subito in contanti ciò di cui rimarrà debitore, e il suddetto Tommaso Giunti gli deve consegnare e gli consegnerà la suddetta stampa, quelli fallati e quelli difettosi nella forma concordata. § Item, che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente dovrà dare la carta sulla quale si dovrà fare la suddetta stampa, tanto quella piccola quanto quella grande, in maniera che per quanto concernerà la carta nemmeno una parte di essa dovrà essere e sarà a carico del suddetto Tommaso Giunti, bensì del suddetto padre fra’ Juan de la Puente, il quale si impegna formalmente, come per legge può e deve. § Item, il suddetto padre fra’ Juan dà come suo fideiussore, a garanzia di quanto da parte sua sopra detto e che adempirà senza alcun fallo a quanto compete alla sua parte, Domingo Navarro, servitore di sua Maestà, ufficiale impiegato nell’ufficio della camera, il quale è stato ed è presente a quanto detto, accettando come accetta tutto quanto sopra detto (cfr. Documento 80)

Dal canto suo Tommaso si assume i seguenti impegni :  

Primo, che il suddetto Tommaso Giunti debba stampare il suddetto libro nella suddetta tipografia reale in-folio su due colonne, con interlinee ai margini, uno dentro e l’altro fuori, e a metà delle colonne altre due interlinee con caratteri nuovi, silvio e corsivo, con i margini e le postille che avrà il suddetto libro, con tipi da nove punti. § Item, che il suddetto libro si deve cominciare a stampare due mesi e mezzo dopo che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente abbia dato e consegnato al suddetto Tommaso Giunti duecento ducati in reali di undici reali ciascuno, e che dal giorno in cui si comincerà la suddetta stampa, che come si è detto deve essere quello in cui si compiranno i suddetti due mesi e mezzo dopo il suddetto pagamento, si deve lavorare senza posa alla suddetta stampa presso un torchio, dove si deve mettere lui […] suddetto libro, di modo che durante ogni giorno lavorativo si debbano stampare e si stampino un quaderno e mezzo in millecento copie al giorno, venticinque di esse su fogli grandi, essendosi il suddetto Tommaso Giunti

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impegnato, come si impegna, a dare alle stampe le suddette millecento copie complete e intere, e che se per qualche disattenzione o errore della tipografia qualcuna delle suddette millecento copie uscisse fallata e incompleta, debba pagare e paghi al suddetto padre fra’ Juan de la Puente il prezzo del libro o dei libri che così usciranno fallati, rispetto al costo che gli comporterà la suddetta stampa, e che se si eccedesse con alcuni in più oltre i suddetti millecento, li dovrà pagare il suddetto padre fra’ Juan nella stessa misura, senza che per questa causa né nessun’altra il suddetto Tommaso Giunti possa rimanere né rimanga con nessuno dei libri in eccesso. Anzi, dovrà consegnare e consegnerà tutti questi al suddetto padre fra’ Juan de la Puente, che glieli pagherà come si è detto al riguardo, eccetto quelli che per legge si devono dare ai revisori e la copia destinata all’autore, secondo la consuetudine. § Item, che il suddetto Tommaso Giunti debba consegnare e consegni tutti quelli difettosi al suddetto fra’ Juan de la Puente, senza che resti in suo possesso alcun quaderno di essi, pagandoli alla [cassato : suddetta] tariffa  

Accordi precisi, dunque, che in estrema sintesi prevedono da parte dell’autore non solo il pagamento di una cifra consistente secondo una precisa tempistica ma anche la tempestiva fornitura della carta per la stampa. Eventuali ritardi di pagamento o di fornitura della carta prevedono sanzioni e penalità. Tommaso dal canto suo si impegna non solo a rispettare precisi ritmi di realizzazione, a “imprimere” quotidianamente millecento copie di fogli, venticinque dei quali in formato in folio, evitandone accuratamente errori, ma anche a eseguire la stampa secondo le meticolose indicazioni dell’autore relative al carattere, ai corpi, all’impaginazione, ecc. Tommaso diresse la Imprenta real per pochi anni, giacché nel 1624 morì prematuramente, lasciando la gestione dell’attività nelle mani della moglie Teresa, alla morte della quale, avvenuta nel 1656, succedette il figlio Bernardo, morto appena due anni dopo : con la scomparsa di quest’ultimo sembra concludersi l’attività dei Giunta a Madrid. 1  

6. Una grande “famiglia” Due sono i personaggi sui quali finora ci siamo soffermati : Giulio e Tommaso Giunta, zio e nipote. Non sono tuttavia gli unici esponenti della famiglia Giunta che abbiamo avuto occasione di incrociare nei documenti richiamati in queste pagine o riportati in quelle successive. Innanzitutto ricordiamo Luca, fratello di Giulio, attivo a Salamanca e defunto nel 1591, che è tirato in ballo soprattutto nei documenti dei primi anni Novanta del ’500 per crediti e pendenze varie maturate a Salamanca. Poi ecco la moglie di Luca, Lucrezia ; Filippo, fratello di Giulio, residente a Firenze ; sempre a Firenze il nipote Bernardo Fontane. Emblematica per il costume di matrimoni contratti fra le persone appartenenti ai medesimi ambienti professionali la vicenda di Maria Gast, vedova di Giacomo Giunta (abitante in Salamanca, figlio di Luca Antonio Giunta di Venezia), che risulta tra gli eredi di quel Matías Gast 2 impli 





1   Juan Delgado Casado, Diccionario de impresores españoles (siglos xv-xvii), Madrid, Arco Libros, 1992. 2   Matías Gast e la moglie Lucrecia de Junta ebbero sei figli : Jerónima, che si sposò con il tipografo fiammingo Cornelio Bonart ; Isabel, sposatasi con Diego de Robles ; Lucrecia, data in moglie allo zio Luca Giunta, fratello di Giulio ; Catalina, sposa di Jerónimo de Millis ; María, che si unì in matrimonio con il cugino Diego Giunta, nipote di Bernardo il Veneziano ; Filippo, di cui non si hanno notizie.  











introduzione xxix cati nella questione del commercio librario con il Messico. Tra l’altro Maria è anche la madre (« tutrice e curatrice ») di Simón e Teresa. Non è del tutto chiaro il grado di parentela con l’altra Maria Gast, ricordata nel testamento di Giulio, che risulta vedova di Diego. Incontriamo poi altri due nipoti fiorentini, Modesto e Cosimo, ai quali Giulio conferisce la procura per il processo in corso con gli eredi per i beni del defunto Luca Antonio Giunti nel 1604. Presente anche Bernardo, padre di Tommaso e debitore insieme a Giovan Battista Ciotti nei confronti di Guillaume Rouillé di Lione (cfr. Documento n. 86). E ancora, Filippo, Jeanne, Maddalena, Nicola. Insomma, una grande famiglia, non aliena per altro, come tutte le “buone” famiglie che si rispettino, dall’essere turbata da problemi, tensioni e liti per eredità, come in qualche misura comprovano ad esempio i Documenti 63, 64 e 81. Ma sarà il caso a questo punto, per chiudere queste pagine, di disimpegnarci dalla documentazione acquisita nell’archivio madrileno, per concederci pochissimi accenni alle vicende complessive dei Giunta spagnoli, a beneficio di coloro, pochi davvero, che non ne sono già informati, e contestualizzare in questo modo le notizie e le informazioni desunte dai documenti presenti nell’Archivo Historico de Protocolos di Madrid. Va appena precisato che ovviamente per quanto seguirà si sono doverosamente utilizzati gli stimolanti e documentati studi di vari studiosi italiani e stranieri, puntualmente ricordati nella Bibliografia segnaletica essenziale. Mi piace però aggiungere che ho voluto beneficiare anche delle ricerche condotte da Massimo Marini, 1 per altro validissimo traduttore dei testi spagnoli riprodotti più avanti. Tre le sedi di insediamento dei Giunta in terra spagnola : Burgos, Salamanca e Madrid. Il primo a operare in terra iberica stabilmente fu a partire dal secondo decennio del xvi secolo 2 Giovanni ( Juan de Junta), figlio di Filippo il Vecchio, fratello minore di Bernardo, Benedetto e Jacopo, e quindi zio di Filippo il Giovane, Jacopo, Giulio e Bernardo il Veneziano. Eppure secondo Ruiz Fidalgo la data dell’inizio della presenza a Salamanca di Juan va posticipata. « La prima notizia sulla presenza di Giovanni in Spagna è del 1520, anno in cui gli venne concessa una licenza reale per stampare, assieme ai tipografi-editori Bernardino de Castronovo e Gaspare Rosignoli, le Siete Partidas di Alfonso X ». 3 Nel 1523 anche il fratello Bernardo si recò in Spagna così da cominciare a consolidare gli affari di famiglia, per altro rafforzati dalla società stretta fra Giovanni e Alexandre de Cánova, 4 che restò suo compagno  









1   Massimo Marini, Tradurre materiali e documenti sui Giunta in Spagna, tesi di laurea magistrale. Relatore : prof. Patrizia Botta. Correlatori : prof. Marco Santoro, dott. Aviva Garribba, Roma, Sapienza Università di Roma, a.a. 2007/2008. 2   Cfr. Marta de la Mano Gonzáles, Mercaderes e impresores de libros en la Salamanca del siglo xvi, Salmanca, Ediciones Universidad de Salamanca, 1998, p. 37 3   Per il documento, datato 24 gennaio 1520, cfr. Lorenzo Ruiz Fidalgo, La imprenta en Salamanca (1501-1600), Madrid, Arco Libros, 1994, p. 53. William A. Pettas aggiunge che i tipografi burgalesi protestarono vivacemente per la licenza, tanto che Juan reputò più opportuno non avvalersene subito e far stampare qualche copia delle Siete Partidas a Venezia presso la tipografia dello zio Lucantonio (cfr. William Pettas, History and Bibliography of the Giunti..., New Castel (de), Oak Knoll, 2005, p. 20). Cfr. Massimo Marini, Tradurre materiali e documenti sui Giunta in Spagna, cit., p. lvii. 4   Alexandre era un editore-libraio borgognone (per nascita o per antenati). Pettas ipotizza che in un primo momento, essendo più anziano e con più esperienza di Juan de Junta, lo zio Lucantonio lo abbia affiancato al nipote in Spagna per guidarlo nelle decisioni. Dall’arrivo di Bernardo le cose però cambiano. I nuovi accordi, confermati definitivamente nel 1532, vedono Cánova relegato a un ruolo subalterno,  



xxx i giunta a madrid e socio per molti anni, curando i suoi affari e firmando contratti a nome suo anche quando il Giunta era in viaggio. A Burgos, nel 1527, vede la luce la prima edizione impressa da Giovanni, che dopo qualche anno inizia a stampare anche a Salamanca. Risalgono al 1532, infatti, un Manuale Ecclesiae Salmanticensis e un Missale ad usum alme ecclesie Salmanticensis, seguiti nel corso degli anni da molte altre pubblicazioni1. Promotore di pubblicazioni per lo più liturgiche, da un lato, e giuridiche, dall’altro, ma non alieno dallo stampare anche opere letterarie e di divulgazione e pratica religiosa, Giovanni mantenne sempre stretti contatti con i parenti fiorentini e con quelli attivi a Lione, in specie con Giacomo. D’altro canto Juan fu implicato in un lungo processo nella città francese che vide protagonisti i soci di « una compagnia libraria di Salamanca tra il 1534 e il 1569. Tra i librai coinvolti vi erano Giovanni Giunta […], il suo socio e amico da lunga data Alejandre Canova e, all’origine di tutta la vicenda, il libraio lionese di origine tedesca Gaspar Trechsel ». 2 Se Filippo (Felipe de Junta) fu attivo a Burgos, a Salamanca lavorò Luca Giunta, conosciuto in Spagna come Lucas de Junta, uno dei figli del fiorentino Bernardo di Filippo Giunta e di Dorotea de’ Modesti, e dunque fratello di Giulio Giunta e nipote di Giovanni Giunta. La famiglia decise di allontanarlo da Firenze inviandolo in Spagna dove lo raggiunse il fratello Giulio. « Nel 1575 compare per la prima volta in un documento spagnolo ». 3 Luca si concentrò sul commercio librario, stipulando per suo conto e per quello dei suoi parenti in Spagna e all’estero numerosi contratti con tipografi ed editori del tempo. « Nel 1576 fu coinvolto in uno scandalo familiare, che, secondo alcuni, contribuirebbe a spiegare le ragioni del suo allontanamento da Firenze. 4 Approfittando della familiarità con la casa della cugina Lucrecia, Luca diede inizio a una relazione amorosa con la figlia di questa, che si chiamava anch’essa Lucrecia. Lo scandalo venne suscitato da una serie di ragioni : in primo luogo, dalla giovane età della nipote, che all’epoca aveva solo dodici anni, 5 mentre lo zio ne aveva circa quaranta ; in secondo, dalla stretta parentela dei due ; in terzo, dal fatto che la relazione in un primo momento fosse clandestina, al di fuori del sacro vincolo del matrimonio. Quando venne scoperto, Luca fu costretto a chiedere la dispensa del papa Gregorio XIII per poter sposare la nipote. Nel 1577 venne concesso un nulla osta, a condizione che Luca rispondesse pubblicamente a una serie di otto domande. Fatto ciò, poté sposarsi. 6 Una volta risolti i suoi problemi con la giustizia,  















mentre primeggia Juan, che evidentemente aveva acquisito sufficiente esperienza (cfr. William Pettas, History and Bibliography of the Giunti ..., pp. 20-21). Cfr. Massimo Marini, Tradurre materiali e documenti sui Giunta in Spagna, cit., p. lviii. 1   Cfr. Lorenzo Ruiz Fidalgo, La imprenta en Salamanca cit., p. 54. 2   Cfr. Livia Castelli, I Giunta di Lione. 1519-1598, tesi per il “Dottorato di ricerca in scienze librarie e documentarie”. Sapienza Università di Roma. xxiv ciclo. Coordinatore Prof. Marco Santoro. Al di là del processo è possibile che Juan si recò a Lione per aiutare l’attività del cugino Giacomo ( Jacques Giunta), soggiornandovi sino alla morte di questi, per gestire gli affari insieme alle sue figlie, dato che Jacques morì senza eredi maschi. Va appena aggiunto che Pettas ipotizza che Giovanni lasciò la Spagna a causa di alcuni dissapori con la moglie Isabel. Cfr. William Pettas, History and Bibliography of the Giunti (Junta), cit., p. 30. 3   Cfr. Massimo Marini, Tradurre materiali e documenti sui Giunta in Spagna, cit., p. lxx. 4   Cfr. Pettas, History and Bibliography of the Giunti, cit., p. 48. 5   Lucrecia Gast de Junta risulta battezzata nel 1564. Ibidem. 6   La giuria era composta da fra’ Luís de León, che formulava le domande ; un notaio che presenziava ;  



introduzione xxxi Luca divenne titolare di un esercizio proprio, e nel 1580 pubblicò le opere di esegesi in latine di fra’ Luís de León Cantica Canticorum explanatio e Psalmum vigesimum sextum explanatio, delle quali si ristamparono diverse edizioni. La sua tipografia rimase attiva fino al 1584 e tra le altre cose, stampò le opere di Garcilaso e Juan de Mena commentate dal Brocense. Dal 1584 non si sa più niente di lui fino alla sua morte, avvenuta nel 1590 ». 1  

e il giudice ecclesiastico Juan Diego Morales in qualità di presidente. Alle domande di fra’ Luís de León, Luca confessò di essere a conoscenza già da prima del fatto della proibizione di sposarsi tra parenti stretti, e che aveva compiuto un gesto tale spinto « dall’amore, dallo stimolo della carne e dalla continua frequentazione e conversazione che egli aveva in casa sua ». Quando gli venne accennato all’esigua dote della nipote, egli rispose di non essere interessato a ciò, ma di essere spinto solo da un sentimento di amore, promettendo di impegnarsi per il mantenimento della moglie e l’incremento della sua dote. Purtroppo, nulla ci è dato di sapere circa il pensiero della giovane Lucrecia, sposa a dodici anni, sull’argomento. Che si sappia, a lei non venne posta alcuna domanda (ivi, pp. 48-50). 1   Cfr. Massimo Marini, Tradurre materiali e documenti sui Giunta in Spagna, cit., p. lxx.  



BIBLIOGRAFIA SEGNALETICA ESSENZIALE Decio Decia, Battaglie di tipografi nel Cinquecento. I Giunti e i Torrentino. Notizie e documenti estratti dal lavoro di laurea. Annali delle edizioni dei Giunti di Firenze, Firenze, Tip. Galileiana, 1913. Luigi Silvestro Camerini, Il testamento di Tomaso Giunti, « Atti e memorie della regia Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova », 43 (1926/27), pp. 191-210. Ester Pastorello, A proposito del testamento di Tomaso Giunti, « La Bibliofilia », xxxii (1930), pp. 55-58. Luigi Silvestro Camerini, In difesa di Lucantonio Giunta dall’accusa di contraffattore delle edizioni di Aldo Romano, « Atti e memorie della regia Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova », 50 (1933/34), pp. 165-194. Alberto Tenenti, Luc’Antonio Giunti il Giovane stampatore e mercante, in *Studi in onore di Armando Sapori, Milano, Istituti Editoriale Cisalpino, 1957, vol. 2º, pp. 1021-1060. Annali dei Giunti, a cura di Paolo Camerini, Firenze, Sansoni, 1962-63. Claudia Di Filippo Bareggi, Giunta, Doni, Torrentino : tre tipografie fiorentine fra repubblica e principato, « Nuova rivista storica », lviii (1974), 3-4, pp. 318-348. Decio Decia, I Giunti tipografi editori di Firenze 1497-1570. Parte I : Annali 1497-1570. A cura e con un saggio introduttivo di Renato Delfiol. Parte ii : Commentario agli annali 1497-1570. « Giunta » e correzioni. Con un’appendice sulle filigrane delle edizioni giuntine del primo trentennio di Luigi Silvestro Camerini, Firenze, Giunti-Barbèra, 1978. I Giunti tipografi editori di Firenze 1571-1625, a cura di Luigi Silvestro Camerini, Firenze, Giunti-Barbèra, 1979. Carlo Dionisotti, Stampe giuntine, in Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980, pp. 176-192. William A. Pettas, The Giunti of Florence. Merchant Publishers of the Sixteenth Century, San Francisco, Bernard M. Rosenthal, 1980. Christian Péligry, Les éditeurs lyonnais et le marché espagnol au xvi° et xvii° siècle, in *Livre et lecture en Espagne et en France sous l’Ancien régime, colloque de la Casa de Velázquez, Paris, a.d.p.f., 1981. Roberto L. Bruni, Edizioni fiorentine seicentesche dei Giunti, « Copyright », 1986-1987, pp. 2128. Gustavo Bertoli, Conti e corrispondenza di don Vincenzo Borghini con i Giunti stampatori e librai di Firenze, « Studi sul Boccaccio », 21 (1993), pp. 279-358. Anastasio Rojo Vega, Impresores, libreros y papeleros en Medina del Campo y Valladolid en el siglo xvii, Valladolid, Junta de Castilla y Leon, 1994. Gustavo Bertoli, Organizzazione del lavoro tipografico, lettura in piombo e correzione dei preliminari del contratto fra Scipione Ammirato e Filippo Giunti per la stampa delle Istorie fiorentine, « La Bibliofilia », xcvii (1995), 2, pp. 163-186. William Pettas, A sixteenth century Spanish bookstore : the inventory of Juan de Junta, Philadelphia, American Philosophical Society, 1995 William Pettas, The Giunti and the Book Trade in Lyon, in *Libri tipografi biblioteche. Ricerche storiche dedicate a Luigi Balsamo, a cura dell’Istituto di biblioteconomia e paleografia dell’Università degli studi di Parma, Firenze, Olschki, 1997, pp. 169-192. Marta de la Mano González, Mercaderes e impresores de libros en la Salamanca del siglo xvi, Salamanca, Ediciones universidad, 1998. Massimo Ceresa, Giunta, dbi, lvii (2001), pp. 93-104.  







































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Andrea Ottone, L’attività editoriale dei Giunti nella Venezia del Cinquecento, « Dimensioni e problemi della ricerca storica », 2 (2003), pp. 43-80. Vicente Bota Bécares, La compañía de libreros de Salamanca 1530-1534, Salamanca, semyr, 2003. Angela Nuovo, Il commercio librario nell’Italia del Rinascimento, 3ª ed., Milano, Angeli, 2003 William Pettas, History and Bibliography of the Giunti (Junta) printing family in Spain : 1526 1628, New Castel (de), Oak Knoll, 2005. Marco Santoro, Storia del libro italiano, nuova ed. riveduta e ampliata, Milano, Bibliografica, 2008. Gérard Morisse, Le commerce du livre lyonnais en Castille au xvie siècle, « Revue française d’histoire du livre », 131 (2010), p. 5-43. William Pettas, The Giunti of Florence : a Renaissance printing and publishing family. A history of the Florentine firm and a catalogue of the editions, New Castle (de), Oak Knoll Press, 2013. Alfonso Ricca, Giunta, in *Dizionario degli editori, tipografi, librai itineranti in Italia tra Quattrocento e Seicento, coordinato da Marco Santoro, a cura di Rosa Marisa Borraccini, Giuseppe Lipari, Carmela Reale, Marco Santoro, Paolo Volpato, in corso di stampa.  











REGESTI DEI DOCUMENTI Notaio : Pedro de Prado.  

[Documento n. 1] – Cessione concessa da Pedro López de Arriaga a favore di Giulio Giunti de’ Modesti per 4.809 reali provenienti dai beni che erano appartenuti a Cornelio Bonart, defunto, che fu abitante di Salamanca, tra i quali si trovavano quattro torchi per la stampa che questi aveva venduto al citato Giulio Giunti. 25/01/1591. [Documento n. 2] – Accordo realizzato da fra’ Luis de León, definitore generale dell’ordine di Sant’Agostino e cattedratico di Bibbia presso l’Università di Salamanca, e Giulio Giunta, possessore dei beni che erano appartenuti a Cornelio Bonart, defunto, per il quale Giunta deve pagare al primo 1000 reali per questi beni ; e cessione e rinuncia che il suddetto religioso fa a favore di Giunta per il resto della somma che gli doveva Bonart. 25/01/1591.  

[Documento n. 3] – Petizione rivolta da Giulio Giunta al giudice Arce de Otálora affinché Salvador de Ayala giuri e dichiari quanto contenuto in questa petizione in merito alla procura sulla fiducia che suo fratello Luca Giunta diede al suddetto Salvador de Ayala per riscuotere 3.334 reali dai beni di Alonso Manrique de Lara. E atto disposto dal giudice Otálora affinché Salvador de Ayala giuri e dichiari quanto si chiede. 03/04/1591. [Documento n. 4] – Dichiarazione e giuramento realizzati da Salvador de Ayala su quanto contenuto nella precedente petizione di Giulio Giunta. 06/04/1591. [Documento n. 5] – Petizione rivolta da Giulio Giunta al giudice Arce de Otálora affinché ordini a Salvador de Ayala di concedere una pubblica scrittura a suo favore dichiarando che quanto contenuto nella dichiarazione che questi fece è certo, e faccia retrocessione con procura per continuare la causa iniziata per la riscossione del debito che Alonso Manrique de Lara aveva contro suo fratello, Luca Giunta. E atto di Otálora affinché venga concessa la scrittura citata. 25/05/1591. [Documento n. 6] – Retrocessione e rinuncia per 3.334 reali concessa da Salvador de Ayala a favore di Giulio Giunta, e procura che conferisce a questi per riscuotere la suddetta somma dai beni di Alonso Manrique de Lara, abitante di Salamanca, che questi doveva a Luca Giunta, defunto. 27/05/1591. [Documento n. 7] – Accettazione realizzata da Giulio Giunta per la retrocessione e rinuncia precedentemente concessa da Salvador de Ayala. 30/05/1591.

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[Documento n. 8] – Ricevuta di pagamento e quietanza concessa da Giulio Giunta a favore del padre fra’ Alonso de Herrera, per 217 reali come somma residua di 635 risme di carta che Giunta vendette al vescovo di Astorga, Pedro de Rojas, per la stampa di un libro di un religioso delle Indie, che stampò a Madrid la tipografa Mari Ruiz. 16/07/1591. [Documento n. 9] – Obbligazione concessa da Alonso de Neyla, prebendario della cattedrale di Salamanca, per sé stesso e a nome delle sue sorelle, María e Jerónima de Neyla, e per Jerónimo de la Carrera, suo cognato, Gabriel Cornejo e Antonio de la Rua, per consegnare a Giulio Giunta una scrittura concessa dalle sue sorelle e da suo cognato nella quale approvino e ratifichino la scrittura di vendita di alcuni torchi con le loro attrezzature che la loro madre, María de Neyla, aveva disposto a favore del citato Giulio Giunta. 17/07/1591. [Documento n. 10] – Approvazione e ratifica di Alonso de Neyla, prebendario della cattedrale di Salamanca, per sé stesso e a nome delle sue sorelle, María e Jerónima de Neyla, abitanti di Salamanca, della scrittura di vendita di tre torchi con le loro attrezzature che la loro madre, María de Neyla, aveva concesso a favore di Giulio Giunta. 17/07/1591. [Documento n. 11] – Ricevuta di pagamento e quietanza concessa da Alonso de Neyla per sé stesso e a nome dei suoi genitori, ormai defunti, e delle sue sorelle a favore di Giulio Giunta, per 500 reali provenienti da un’obbligazione che questi aveva contratto a favore di María de Neyla, madre di Alfonso de Neyla, per il prezzo di alcuni torchi che gli vendette. 26/07/1591. [Documento n. 12] – Ricevuta di pagamento concessa da Pedro de Baños, ufficiale giudiziario, a favore di Giulio Giunta, per 100 reali che questi doveva pagare a María de Neyla e a Juan de Terranova [Giovanni Maria de Terranova], suo marito. 16/01/1592. [Documento n. 13] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Dante de Castellón, residente a Salamanca, affinché in suo nome possa riscuotere da Nicostrata Colonna, moglie di Antonio de Barrientos, correggitore della città di Gaeta, nel regno di Napoli, 2.050 reali castigliani che gli deve. 12/08/1592. [Documento n. 14] – Affitto concesso da Juan de Ribero a favore di Giulio Giunti de’ Modesti per una casa situata al lato dell’ospedale di Antón Martín, per un anno e per 100 ducati, per impiantarvi una tipografia. 27/08/1592. [Documento n. 15] – Procura concessa da fra’ Alonso de Critana, amministratore generale del Monastero di San Lorenzo el Real del Escorial e ministro dei libri del Nuovo Ufficio Divino, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, affinché in suo nome possa riscuotere dal capitolo della Cattedrale di Oviedo 9.726 reali e 21 maravedì che gli deve per la vendita che effettuò all’arcidiacono di questa, Gonzalo de Solís, di 1000 manuali di sacramenti, 13 messali e 1000 libretti di messe e cessione di questa somma di denaro a Giulio Giunti per conto

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di quanto gli deve per le stampe che ha fatto e che deve fare dei libri del Nuovo Ufficio Divino. 04/01/1593 [Documento n. 16] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Juan Gutiérrez e Juan Alvear, avvocati del collegio di Madrid, e di Pedro López de Arriaga, affinché lo rappresentino in qualsiasi processo, causa e affare che ha e potrà avere. 08/01/1593. [Documento n. 17] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti, come cessionario di fra’ Alonso de Critana, a favore di Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, affinché in suo nome possa riscuotere dal capitolo della cattedrale di Oviedo 9.726 reali e 21 maravedì ; e cessione ad Antonio Voto di questa somma di denaro, che questi gli aveva pagato in precedenza. 09/01/1593.  

[Documento n. 18] –P  rocura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Juan de Iriarte, suo servitore, affinché in suo nome possa riscuotere, cedere e trasferire importo in denaro e beni che gli appartenga in qualità di possessore, quale è, dei beni di Cornelio Bonart, tipografo, defunto. 22/01/1593. [Documento n. 19] –R  icevuta di pagamento e quietanza tra Giulio Giunti de’ Modesti e Dante de Castellón, che fu al servizio del primo nell’amministrazione dei libri del Nuovo Ufficio Divino che questi ha in commissione, per i servigi prestati e per il salario percepito da essi. 02/10/1593. [Documento n. 20] –R  icevuta di pagamento e quietanza concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Villagutierre Chumacero, fiscale di sua Maestà, per 100 ducati che questi gli paga per il dottor Mercado, medico di camera di sua Maestà, per conto della stampa di libri che questi gli commissionò. 02/10/1593. [Documento n. 21] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Tommaso Giunta, residente a Salamanca, affinché in suo nome possa presentare dinanzi al tribunale della suddetta città una lettera del giudice Arce de Otálora contro Lázaro Rodríguez affinché mostri dei documenti, e fare le pratiche giudiziarie necessarie affinché di compia quanto disposto in essi. 11/12/1593. [Documento n. 22] – S aldo dei conti che Giulio Giunti de’ Modesti fa con Lázaro Rodríguez, abitante di Salamanca, per il denaro che è stato sotto la sua custodia per la riscossione delle rendite della commenda della Magdalena di Salamanca nell’anno 1593, in virtù di una procura conferita da Giunta, commenda che questi ha in consegna e amministrazione da Rodrigo Vázquez Arce, governatore di Castiglia. Approvazione del suddetto saldo dei conti da parte di Lázaro Rodríguez e Giulio Giunti. 08/01/1594. [Documento n. 23] –R  icevuta di pagamento concessa da Alonso de la Puebla, chierico presbitero e curato della

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i giunta a madrid chiesa parrocchiale di San Sebastián di Madrid, a nome di Romolo Cincinnato, pittore di sua Maestà, e di Isabel Soto sua moglie, residenti a Guadalajara, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, per 1000 ducati che questi gli doveva. 01/04/1594.

[Documento n. 24] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti, per sé stesso e come cessionario e creditore verso i beni di suo fratello Luca, a favore di Juan de Aranda Moscoso, tesoriere generale di sua Maesta a città del Messico, affinché a suo nome possa riscuotere qualsiasi partita di denaro, di libri e di altri beni che gli spettassero ; e affinché possa realizzare il saldo dei conti con vari mercanti di libri della suddetta città per tutti i libri ricevuti per ordine di Luca Giunta ; e con Francisco de Paz, chierico, abitante del Messico, a cui carico fu la riscossione e l’amministrazione di questo, per tutto quanto riscosso da essi. 17/04/1594.  



[Documento n. 25] –R  icevuta di pagamento e quietanza tra Giulio Giunti de’ Modesti e Pedro López de Arriaga, che ebbe a carico gli affari del primo, per la qual cosa ognuno doveva consegnare all’altro in ragione di tali affari. 17/04/1594. [Documento n. 26] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Pedro López de Arriaga affinché in suo nome possa andare a Salamanca ad accordarsi con altri circa l’amministrazione e la riscossione dei proventi e delle rendite per l’anno 1594 della commenda della Magdalena, che Giulio Giunti ha in consegna da Rodrigo Vázquez Arce, commendatore di essa. 21/04/1594. [Documento n. 27] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Pedro López de Arriaga affinché in suo nome possa riscuotere da Lázaro Rodríguez, abitante di Salamanca, a cui carico fu l’amministrazione e la riscossione dei proventi e delle rendite della commenda della Magdalena per l’anno 11593, alcuni residui delle suddette rendite che restavano da dargli. 21/04/1594. [Documento n. 28] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Tommaso Giunta affinché a suo nome possa andare a Salamanca e accordarsi con altri circa l’amministrazione e la riscossione dei proventi e delle rendite per l’anno 1594 della commenda della Magdalena, che Giulio Giunti ha in consegna da Rodrigo Vázquez Arce, commendatore di questa. 23/04/1594. [Documento n. 29] –P  rocura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Tommaso Giunta affinché a suo nome possa riscuotere da Lázaro Rodríguez, abitante di Salamanca, a cui carico era stata l’amministrazione e riscossione dei proventi e delle rendite della commenda della Magdalena per l’anno 1593, alcuni residui delle suddette rendite che restavano da dargli. 23/04/1594. [Documento n. 30] –P  rocura rogata da Pedro de Baños, ufficiale giudiziario della Casa e Corte, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, affinché in suo nome possa riscuotere da Sebastián de Galdo, contabile dei Consigli Reali, 10.000 maravedì corrispondenti al secondo pagamento dell’anno

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1594 del salario per il suo lavoro ; e cessione di questa somma al citato Giulio Giunti come saldo di un debito che aveva con lui. 28/04/1594.  

[Documento n. 31] –P  rocura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Pedro de Osuna, che sta a Logroño, affinché a suo nome possa riscuotere da Diego Hernández Pablo il denaro che gli deve per i libri di canto per la Settimana Santa che Giulio Giunti inviò lui affinché glieli vendesse nel vescovado di Calahorra. 10/05/1594. [Documento n. 32] –P  rocura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Anibal Cambi [Annibale Cambi] affinché a suo nome possa riscuotere certe quantità di pane e maravedì provenienti dai frutti e rendite della commenda della Magdalena ; e cessione delle suddette quantità ad Annibale Cambi. 10/05/1594.  

[Documento n. 33] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Cosimo Giunti e Maddalena Giunti, sua madre, abitanti di Firenze, affinché a suo nome possano riscuotere da Carlo Jornini, abitante della suddetta città, 600 scudi che è obbligato a pagargli in virtù di un contratto che si fece in questa città l’anno 1592. 04/06/1594. [Documento n. 34] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, affinché a suo nome possa riscuotere da Pedro Gómez de Cuenca, libraio, 100 ducati che questi gli deve in virtù di una scrittura di obbligazione : e cessione che gli fa di questa somma. 04/06/1594.  

[Documento n. 35] –D  ichiarazione concessa da Tommaso Giunti, nipote di Giulio Giunti de’ Modesti, su come questi gli ha conferito e ha fatto emettere per lui, sulla fiducia, il titolo di tipografo reale che possiede. 14/06/1594. [Documento n. 36] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Filippo Giunta, suo fratello, Bernardo Fontane, suo nipote, Antonio Padovani, abitanti di Firenze, e Bastiano Petrazzi, contadino, affinché a suo nome possano agire giudiziariamente contro tutte le persone che pretendessero di avere diritto all’uso e all’approvvigionamento dell’acqua di un pozzo della tenuta che possiede a Carmignano. 15/06/1594. [Documento n. 37] –P  rocura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Juan Bautista Palavesino [Gian Battista Pallavicino], residente ad Alicante, affinché a suo nome possa riscuotere dal padrone della nave Lomellina, nel porto di Livorno, due balle della stampa dei libri del nuovo Ufficio Divino appartenenti a Giunti. 15/06/1594. [Documento n. 38] –C  ontratto di apprendistato di Martín Rubio con Giulio Giunti de’ Modesti, affinché questi gli insegni nella sua tipografia il mestiere della composizione per tre anni e mezzo. 06/11/1594.

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[Documento n. 39] – Obbligazione concessa da Benito Munier, mercante, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti per pagargli 56.000 maravedì per dieci pezze di cammellotto d’Oriente che gli comprò. 14/11/1594. [Documento n. 40] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, affinché a suo nome possa riscuotere da Gabriel Fernández, ceraiolo di sua Maestà, 2.316 reali che gli deve, e cessione di questa somma al suddetto Voto. 21/12/1594. [Documento n. 41] – Obbligazione concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Guillermo Rovile [Guillaume Rouillé] a nome di Juan Bautista Regnauld [Jean Baptiste Regnauld], abitante di Lione (Francia), figlio ed erede di Juana Giunti [Jeanne Giunti], defunta, per la quale il primo si compromette e si impegna a pagare al secondo una certa somma di denaro che gli deve per dei libri stampati che questi e sua madre gli avevano inviato ; e ricevuta di pagamento e quietanza che Guillaume Rouillé, in nome di Jean Baptiste Regnauld, concede per la suddetta somma ricevuta da Giulio Giunti. 24/12/1594.  

[Documento n. 42] – Accordo tra Giulio Giunti de’ Modesti e Francisco de Robles, fonditore di caratteri, affinché per sei anni questi fonda i caratteri che il primo gli ordinerà, tanto per il canto quanto d’altro tipo. 14/04/1595. [Documento n. 43] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore del signore Difevorrochi [Deifebo Rocchi], affinché a suo nome possa riscuotere dal Guillermo Raimundo Granolheads (?) 326.232 maravedì che gli deve. 03/10/1595. [Documento n. 44] – Proroga d’affitto concessa dalla contessa di Castellar, Beatriz Ramírez de Mendoza, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, di un appartamento situato in una casa di sua proprietà ubicata nella parrocchia di San Yusto per tre anni. 06/10/1595. [Documento n. 45] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Tommaso Giunti affinché a suo nome possa riscuotere i proventi e le rendite della commenda della Magdalena, che Giulio ha in amministrazione e in consegna dal commendator Rodrigo Vázquez Arce, per l’anno 1596 e per altri anni in arretrato. 02/03/1596. [Documento n. 46] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Ambrosio Spinola [Ambrogio Spinola] affinché in suo nome possa riscuotere un credito a Lisbona. 11/03/1596. [Documento n. 47] – Contratto di apprendistato di Juan de Hontiveros con Giulio Giunti de’ Modesti affinché questi gli insegni nella sua tipografia il mestiere del torchio per cinque anni. 07/06/1596.

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[Documento n. 48] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Jerónimo de Miles [Jerónimo de Millis] affinchè a suo nome possa riscuotere i beni dello stampatore di libri Cornelio Bonart, defunto, appartenenti al suddetto Giulio Giunti. 21/08/1596. [Documento n. 49] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti, in qualità di cessionario del padre fra’ Alonso de Critana per l’amministrazione e della custodia dei libri del Nuovo Ufficio Divino, a favore di Juan de Angulo affinché a suo nome possa presentare nella città di Murcia una rogatoria di pagamento per riscuotere dai beni del libraio Jusepe Domenego [Giuseppe Domenego] 800 ducati, 22 reali e 11.000 maravedì per diversi crediti. 22/08/1596. [Documento n. 50] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Juan de Angulo, affinché a suo nome possa riscuotere da varie persone, abitanti e residenti nella città di Toledo, diverse somme di maravedì che gli devono. 22/08/1596. [Documento n. 51] – Affitto concesso da Mari Flores, vedova di Domingo Martín, che fu fonditore di bronzo, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, di una casa situata nella calle de Fuencarral di Madrid per un anno. 25/09/1596. [Documento n. 52] – Testimonianza realizzata dal notaio Pedro de Prado su istanza di Giulio Giunti de’ Modesti che i tre cavalli comprati a Baeza ( Jaén), uno a Diego de Aranda e due a Francisco de Castejón, li vuole per servirsene nei Regni di Castiglia e non per portarli fuori di essi. 08/07/1597. [Documento n. 53] – Contratto di apprendistato di Macías de Ríos con Giulio Giunti de’ Modesti affinché questi gli insegni nella sua tipografia il mestiere di battitore e inchiostratore di stampa, quel che preferisse, per quattro anni e mezzo. 22/09/1597. [Documento n. 54] – Contratto di apprendistato di Juan Maldonado con Giulio Giunti de’ Modesti affinché questi gli insegni nella sua tipografia il mestiere della composizione per quattro anni e mezzo. 07/10/1597. [Documento n. 55] – Obbligazione concessa da Tommaso Giunti, tipografo di sua Maestà, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti a pagargli 129.542 maravedì per l’amministrazione del suo patrimonio per l’anno 1597, in cui Giulio Giunti stette fuori dalla Corte, in Andalusia. 18/02/1598. [Documento n. 56] – Obbligazione concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Agustín Marín, genovese, che su sua istanza prese a suo credito 700 ducati per la fiera dell’apparizione di Plasencia dell’anno 1597, di pagargli tutto ciò che avesse speso alla suddetta fiera. 18/02/1598

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[Documento n. 57] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Diego Mollinedo, suo servitore, affinché a suo nome possa saldare i conti con García de Malla e Lucas Hernández per quanto afferente all’amministrazione dei libri del Nuovo Ufficio Divino, così come per riscuotere qualsiasi somma gli di dovesse a tale merito. 21/02/1598. Notaio : Juan Moreno.  

[Documento n. 58] – Dichiarazione concessa da Giulio Giunti de’ Modesti e Francisco López, mercante di libri, nella quale dispongono che per la prima stampa dell’opera intitolata Historias Generales de las Indias devono essere tirate mille copie. 05/12/1600. [Documento n. 59] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Jerónimo de Miles mercante di libri, affinché in suo nome possa concedere scritture di obbligazione per pagare fino a 500 ducati per l’acquisto di carta alle persone che gliela venderanno. 05/12/1600. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 60] – Vendita concessa dai marchesi di Auñón, Iñigo de Herrera y Velasco e Ana de Herrera a favore di Giulio Giunti de’ Modesti di una casa proveniente dai beni che rimasero alla scomparsa del marchese di Auñón Melchor de Herrera, situata nel viale ampio che va a Palazzo, a Madrid, per 4.100 ducati, per pagare con essi la rendita che devono dare annualmente a Francisca de Padilla, marchesa di Auñón e vedova del citato Melchor de Herrera. 14/11/1603. [Documento n. 61] – Obbligazione concessa da Lorenzo Cárdenas e da sua moglie, Juana de Padilla, fratelli dei marchesi di Auñón, Iñigo de Herrera y Velasco e Ana de Herrera, per l’adempimento del mandato fiduciario e dell’obbligazione che Francisca de Padilla, marchesa di Auñón, ha contratto nella scrittura di vendita di una casa che venne concessa a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, situata nel viale che va a Palazzo, a Madrid. 14/11/1603. [Documento n. 62] – Obbligazione concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di María de Landi, vedova di Francisco de Zárate, che fu dama d’onore dell’imperatrice, per il pagamento di 4.100 ducati che gli presta per pagare con essi ai marchesi di Auñón Iñigo de Herrera y Velasco e Ana de Herrera il prezzo della casa che gli vendono, situata nel viale che va a Palazzo, a Madrid. 14/11/1603. [Documento n. 63] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore dei suoi nipoti, Modesto Giunti e Cosimo Giunti, residenti a Firenze, affinché lo rappresentino nella causa intentata contro gli eredi di Lucantonio Giunti, defunto, abitante di Venezia, per dei beni. 21/01/1604.

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[Documento n. 64] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Bastián Giaconi, suo cassiere, e di Bastián Petrachi, suo fittavolo, affinché lo rappresentino nella causa intentata contro gli eredi di Lucantonio Giunti, defunto, abitante di Venezia, per dei beni. 21/01/1604. [Documento n. 65] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore del dottor Antonio de Ulloa y Toro affinché in suo nome possa riscuotere da determinate persone certe somme di maravedì. 26/01/1604. Notaio : Juan de la Cotera  

[Documento n. 66] – Real cedola di Filippo III che ordina al suo giudice della Casa e Corte e correggitore di Madrid, il dottor Silva de Torres, di richiedere a Giulio Giunti de’ Modesti il pagamento dei 2.500 ducati che gli vennero prestati per due anni, in virtù di una precedente real cedola da parte del tesoriere del Consiglio delle Indie, Diego de Vergara Gaviria, per la stampa dell’opera intitolata Historia General de las Indias. 06/04/1604. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 67] – Riconoscimento concesso da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di María de Torres, del censo che ha sulla casa che comprò da María Hernández, situata nella calle del Ángel, a Madrid. 21/04/1604. [Documento n. 68] – Riconoscimento concesso da Giulio Giunti de’ Modesti a favore degli eredi di Diego López de Ribadeneyra, defunto, del censo che ha sulla casa che comprò da María Hernández, situata nella calle del Ángel, a Madrid. 21/04/1604 [Documento n. 69] – Obbligazione concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore del Monastero del Paular per il pagamento di 1.150 reali per il prezzo di 100 risme di carta fabbricata nel citato monastero. 10/05/1604. [Documento n. 70] – Dichiarazione e cessione concessa da Jerónimo de Salazar per l’acquisto che fece da Francisco de Cillero e da sua moglie, Juana Hernández, di una casa situata nella calle del Ángel, a Madrid, con determinati oneri e censi istituiti su di essa, per Giulio Giunti de’ Modesti, il quale gli diede il denaro con cui pagò la suddetta vendita ; e che per questo è proprietario della citata casa. 18/05/1604.  

[Documento n. 71] – Riconoscimento concesso da Giulio Giunti de’ Modesti a favore degli eredi di Diego López de Ribadeneyra del censo che ha sulla casa che comprò da Francisco Cillero e da sua moglie, Juana Hernández, situata nella Carrera di san Francisco, a Madrid. 01/06/1604.

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[Documento n. 72] – Riconoscimento concesso da Giulio Giunti de’ Modesti a favore degli eredi di Diego López de Ribadeneyra del censo che ha sulla casa che comprò da Francisco de Cillero e da sua moglie, Juana Hernández, situata nella calle del Ángel, a Madrid. 01/06/1604. [Documento n. 73] – Procura conferita da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Diego de Mollinedo, suo servitore, residente a Valladolid, affinché in suo nome chieda che Diego Pérez, mercante di libri, riconosca qualsiasi documento da lui firmato a favore di Giunti per il denaro che ha pagato per lui ; e con essa possa riscuotere qualsiasi somma che gli fosse dovuta. 22/09/1604.  

Notaio : Francisco Testa.  

[Documento n. 74] – Procura concessa da Giulio Giunti de’ Modesti, che sta a Firenze, a favore di Francisco Beltrán de Chavarría, aiuto guardia dei gioielli della regina, e a María de Atunis [María de Antúnez], serva del primo, affinché in suo nome possa riscuotere dai religiosi del Monastero di San Lorenzo di El Escorial e da fra’ Juan di Madrid, amministratore generale dei suddetti religiosi, a cui carico è il conto dei libri del Nuovo Ufficio Divino, i maravedì necessari per la stampa e impressione di questi libri, che è a carico di Giulio Giunti. 27/04/1607. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 75] – Istituzione del censo stipulato da Tommaso Giunti a nome di suo zio, Giulio Giunti de’ Modesti, residente a Firenze, a favore di Juan Ruiz Cotorro, chierico presbitero e cappellano del Monastero delle Carmelitane Scalze di Ocaña, in merito ad alcune case situate nella Carrera de San Francisco, a Madrid, per l’importo di 1.500 ducati che Giulio Giunti doveva a suo padre, Juan Ruiz Cotorro, usciere di camera di sua Maestà, defunto. 26/10/1609. [Documento n. 76] – Procura concessa da María Gaste [Gast], vedova di Giacomo Giunti, quale tutrice e curatrice dei suoi figli Simón e Teresa Giunti, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, residente a Firenze, affinché in suo nome e in quello dei suoi figli possa riscuotere dagli eredi ed esecutori testamentari di Lucantonio Giunti, padre del suo defunto marito, i 256.130 maravedì che gli spettano dei suoi beni. E cessione di questa somma al citato Giulio Giunti de’ Modesti, al quale li deve. 17/11/1609. Notaio : Alejo Sáez de Herrera  

[Documento n. 77] – Ricevuta di pagamento concessa da Antonio de Soto, sua moglie Mariana de Castro e Jerónimo López de Castro, fratello di questa, a favore di Tommaso Giunti, in nome di Giulio Giunti de’ Modesti, di 7.000 reali che gli deve quali eredi di Francisco López, mercante di libri. 16/02/1611.

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Notaio : Bartolomé Díaz Paradinas.  

[Documento n. 78] – Accordo realizzato tra il padre fra’ Juan de la Puente, dell’ordine di San Domenico, cronista di sua Maestà, e Tommaso Giunti, a cui carico è la tipografia reale, per stampare il libro del citato religioso, intitolato Conbenicie [sic] de las Dos Monarquías Católicas. 09/05/1611. [Documento n. 79] – Ricevuta di pagamento concessa da Tommaso Giunti a favore del padre fra’ Juan de la Puente, dell’ordine di San Domenico, cronista di sua Maestà, di 200 ducati per la stampa del libro del citato religioso intitolato Conbenicie [sic] de las Dos Monarquías Católicas. 16/05/1611. Notaio : Alejo Sáez de Herrera  

[Documento n. 80] – Liquidazione e saldo dei conti realizzata tra Jerónimo López de Castro e Mariana de Castro, eredi di Francisco López, e Tommaso Giunti, in nome di Giulio Giunti de’ Modesti, per quanto ricavato dalla stampa dell’opera Historia General de las Indias, composta da Antonio de Herrera [s. d., ma dicembre 1611]. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 81] – Procura concessa da María Gaste [Gast], vedova di Giacomo Giunti, quale tutrice e curatrice dei suoi figli Simón e Teresa Giunti, a favore di Giulio Giunti de’ Modesti, residente a Firenze, affinché in suo nome e in quello dei suoi figli possa riscuotere dagli eredi ed esecutori testamentari di Lucantonio Giunti, padre del suo defunto marito, i 268.845 maravedì che gli spettano dei suoi beni. E cessione di questa somma al citato Giulio Giunti de’ Modesti, al quale li deve. 14/01/1612. Notaio : Alejo Sáez de Herrera  

[Documento n. 82] – Approvazione del saldo dei conti per i proventi della stampa dell’opera Historia General de las Indias, di Antonio de Herrera, da parte di Jerónimo López de Castro e sua sorella, Mariana de Castro, eredi di Francisco López, mercante di libri, e di Tommaso Giunti, in nome di Giulio Giunti de’ Modesti. E ricevuta di pagamento e quietanza concessa da Tommaso Giunti, in nome di Giulio Giunti de’ Modesti, a favore di Jerónimo López de Castro e Mariana de Castro, per 187.880 maravedì. 20/02/1612. [Documento n. 83] – Ricevuta di pagamento e quietanza concessa da Jerónimo López de Castro, uno degli eredi di Francisco López, a favore di Tommaso Giunti, in nome di Giulio Giunti de’ Modesti, di 96.954 maravedì. 27/02/1612.

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Notaio : Julián Lozano.  

[Documento n. 84] – Obbligazione concessa da Martín de Córdoba, mercante di libri, a favore di Jerónimo Lanza, Tommaso Giunti ed Esteban Bril per il pagamento di 20.967 reali per una partita di libri che comprò da loro. 12/02/1615. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 85] – Copia del testamento di Giulio giunti de’ Modesti, concesso in forza di procura da suo nipote, Tommaso Giunti. 16/02/1619. Incorpora a sua volta la copia della procura per testare concessa da Giulio Giunti de’ Modesti a favore di Tommaso Giunti, nella quale nomina questi suo unico erede, ed esecutori testamentari lo stesso e Juan Belluga de Moncada. 16/02/1619. Notaio : Jerónimo Sánchez de Aguilar.  

[Documento n. 86] – Obbligazione concessa da Pedro de Alicante a favore di Tommaso Giunti per il pagamento di 670 reali che gli prestò. 19/07/1619. Notaio : Santiago Fernández.  

[Documento n. 87] – Ricevuta di pagamento concessa da Alonso Freile a nome di Pedro de la Mora e Francisco Fernández Alfonso, esecutori testamentari di Juan Ruiz Cotorro, chierico presbitero, e a nome di Jerónimo Ruiz Cotorro, figlio naturale ed erede di Juan Ruiz Cotorro, a favore di Tommaso Giunti, quale erede di Giulio Giunti de’ Modesti, per 715 reali delle rendite decorse di alcuni censi. 23/04/1622. [Documento n. 88] – Vendita reale realizzata dal correggitore di Madrid Juan de Quiñones a favore di Tommaso Giunti, di alcune case situate nella Carrera di San Francisco a Madrid, di diversi attrezzi di stampa e di altri beni mobili provenienti dai beni che furono di suo zio Giulio Giunti de’ Modesti, defunto. 03/10/1622.

CRITERI SEGUITI NELLA TRASCRIZIONE

S

ono state prese come base le Normas para la Transcripción de Documentos Históricos Hispanoamericanos, approvate nella Primera Reunión Interamericana sobre Archivos (Washington D.C., 9-27 ottobre 1961). 1 Si vuol rispecchiare con la massima fedeltà il testo originale e, al contempo, renderne agevole la lettura. Ortografia In generale, sono state trascritte fedelmente tutte le lettere che compaiono nei documenti originali, mantenendo inalterato l’uso di c, ç e z, di b, u e v (che non sempre si distinguono facilmente), di g, j e x, di i (corta o lunga) e y, di c e q, della h superflua (che non si inserisce laddove manca). Le consonanti doppie sono mantenute, tranne che in posizione iniziale. La u e la v, impiegate indistintamente come vocale e consonante, sono state trascritte in conformità al loro valore fonetico. La R maiuscola con il valore fonetico di rr si trascrive con quest’ultima grafia, tranne che ad inizio parola ; ciò nonostante, la R in posizione iniziale si riproduce fedelmente nei nomi propri o in altre parole che richiedano la maiuscola iniziale, in accordo con l’attuale ortografia. Alla ñ viene restituita la tilde.  

Punteggiatura, maiuscole e minuscole, accentazione È stata aggiunta la punteggiatura ritenuta opportuna per chiarire la sintassi, seguendo l’uso moderno. Nell’uso delle maiuscole e minuscole, si osservano le norme e pratiche abituali dell’ortografia attuale. Per facilitare la lettura dei documenti, l’accentazione ha seguito le attuali norme della Real Academia Española. È stata aggiunta la dieresi della u dove questa si pronuncia dopo la g (p. es. : averigüe).  

Separazione delle parole, contrazioni e abbreviature La separazione delle parole è stata adeguata all’ortografia attuale. Si riproducono fedelmente alcune contrazioni obsolete che abitualmente vengono mantenute nelle edizioni di testi antichi : del (per de él), della, dellos/as, deste/a, destos/as. In altri casi, si separano le parole, inserendo le lettere omesse in corsivo ; p. es. : “que el” (per quel), “ante el” (per antel), “que está” (por questá), “que estáis” (por questáis), “me es” (per mes), “sobre ello” (per sobrello), “de España” (per despaña), “de entrambos” (per dentrambos). Le abbreviature sono state sciolte, completandole con le lettere omesse, secondo la forma più usata nel documento.  





Omissioni e aggiunte Sono state inserite tra parentesi quadre le omissioni evidenti e le lettere o parole che risultano illeggibili, per guasti meccanici o come conseguenza della legatura, ma che possono comunque dedursi. In caso di impossibilità assoluta di lettura, sono state utilizzate le parole strappato, macchiato, illeggibile, ecc., tra parentesi quadre. Gli errori nella grafia di parole concrete (secondo il sistema ortografico impiegato nel documento originale) e le ripetizioni indebite, sono state trascritte fedelmente, seguite dalla menzione sic tra parentesi quadre. Si 1   Si possono consultare in Vicenta Cortés Alonso, La escritura y lo escrito : paleografía y diplomática de España y América en los siglos xvi y xvii, Madrid, Instituto de Cooperación Iberoamericana, 1986, pp. 97-99.  

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segnalano anche con la corrispondente indicazione tra parentesi quadre le lettere o parole cassate, o inserite in interlinea (solitamente riportate alla fine del documento originale), e gli elementi marginali. Segni tipografici Le firme e rubriche sono state trascritte con la menzione firmato e rubricato tra parentesi quadre, ed i sigilli e altri segni dei notai con la menzione sigillo e segno, tra parentesi quadre. L’uso ricorrente del segno della croce ad inizio documento è stato riportato mediante il segno tipografico †. Quando è stato necessario annotare i distinti caratteri che indicano la divisione paragrafale, si è ricorso al segno tipografico §. Non si mantiene il segno =. Il segno di paragrafo (¶), utilizzato come simbolo delle migliaia, è stato trascritto come un punto. Il cambio di foglio è stato segnalato mediante una barra inclinata e, di seguito, la menzione del foglio con la cifra corrispondente.

[Documento n. 1 : 25/01/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Cessione a Giulio Giunta [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura di cessione e il resto in essa contenuto che io, Pero López de Arriaga, residente nella Corte di sua Maestà, dichiaro che: in quanto Cornelio Bonart, che fu abitante della città di Salamanca, e altri dovevano ed erano obbligati a pagare ad Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, quattromilaseicentocinquantanove reali castigliani d’argento in ragione e come somma residua di certe partite di libri che da questa Corte erano stati inviati al suddetto Cornelio, come viene dichiarato in modo più che particolareggiato nella scrittura di obbligazione che in relazione a ciò stipularono in questa città di Madrid il giorno quattro del mese di marzo dell’anno passato millecinquecentottanta, dinanzi a Gregorio de Segovia, notaio; in virtù di essa, da parte del suddetto Antonio Voto, si richiese l’esecuzione forzata contro il suddetto Cornelio Bonart e i suoi beni per il suddetto importo dei suddetti quattromilaseicentocinquantanove reali, e si fece di certi beni del suddetto Cornelio Bonart, i quali, siccome era morto, vennero muniti di un difensore; con questi si proseguì e si istruì la causa e processo fino a che ciò valutato il signor giudice Arce de Otálora proclamò e pronunciò la sentenza, con la quale ordinò di mettere all’asta i beni confiscati e qualsiasi altro che sembrasse essere suo, e di soddisfare il suddetto Antonio Voto del suddetto capitale più le spese. Conformemente alla stessa si fece la rogatoria di pagamento, in virtù della quale furono venduti e finirono a me, il suddetto Pero López de Arriaga, come miglior offerente, tutti i beni del suddetto Cornelio Bonart che si trovarono e sembrarono essere rimasti, che sono quelli contenuti nelle ordinanze di esecuzione e liquidazione del capitale più le spese, e che ammontarono in tutto a quattromilaottocento- [cassato : cinquanta] nove reali, coi quali fu pagato il suddetto Antonio Voto e mi si diede il possesso dei suddetti beni. E avendoli e possedendoli a questo titolo, [cassato : e buona fede] il venticinque di luglio dell’anno passato millecinquecentonovanta, Giulio Giunta, fiorentino, residente nella suddetta Corte, avviò una certa causa nei confronti / (fol. 19 v.) dei suddetti beni, e contro di me come padrone e possessore di essi, per cinque crediti che risultava avere verso i suddetti beni per diverse somme che il suddetto Cornelio Bonart gli doveva, come pure dell’affitto e delle riparazioni di alcune case nella suddetta città di Salamanca che aveva pagato per lui, così come delle spese funerarie che dopo la sua morte aveva sostenuto per lui, e di una certa somma di maravedì di cui il suddetto Cornelio era rimasto debitore nei confronti di Luca Giunta, suo fratello, defunto, che al suddetto Giulio Giunta era stata aggiudicata, e di novecentomila maravedì che degli interessi, cambi, responsioni e provvigioni di una certa partita che [Deifebo Rocchi] e compagnia, in virtù di una certa lettera e cedola del suddetto Cornelio, avevano portato e riportato sui cambi, il suddetto Giulio aveva subìto e pagato perché i suddetti [Deifebo Rocchi] e compagnia li avevano riscossi da lui, dandogli procura in rem propriam, con cessione di tutte le loro azioni per rifarsi sui beni del suddetto Cornelio Bonarte. Per tutti i quali diritti e somme il suddetto Giulio Giunta pretendeva di avere in qualità di obbligazione e ipoteca tutti i beni del suddetto Cornelio, e chiese che io, il suddetto Pero López de Arriaga, come possessore di essi, fossi condannato a pagargli tutti i suddetti importi o gli cedessi e consegnassi tutti i suddetti beni per averli e possederli per diritto di pegno e ipoteca fintanto che tutti i suddetti importi non gli fossero stati dati e pagati. Dopodiché, il ventisette di luglio del suddetto anno novanta, il suddetto Giulio Giunta mi fece un’altra causa nella quale disse che il suddetto Cornelio Bonardo gli aveva venduto quattro torchi da stampa con tutta la loro attrezzatura al prezzo e importo di centoventi ducati, che per questi gli aveva dato e pagato, e  



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anche se secondo la clausola del costituto glieli aveva consegnati ed egli era rimasto signore e possessore / (fol. 20 r.) di essi, tuttavia erano rimasti al suddetto Cornelio Bonart e mi erano stati consegnati tra gli altri beni contenuti nella suddetta asta, e senza decadimento della prima causa chiese che io, il suddetto Pero López de Arriaga, fossi condannato a dargli, consegnargli e restituirgli i suddetti quattro torchi con la loro attrezzatura come suoi propri, acquistati coi suoi denari. E delle suddette due cause venne data notifica a me e al suddetto difensore, e si fece opposizione a esse, e da parte mia tra le altre cose si argomentò che io avevo pagato al suddetto Antonio Voto i suddetti quattromilaottocentonove reali per i quali mi erano stati aggiudicati i suddetti torchi e gli ulteriori beni del suddetto Cornelio [cassato : al suddetto Antonio Voto] ed ero succeduto nel suo diritto, e che per la suddetta somma dovevo essere preferito al suddetto Giulio Giunta e prima di ogni cosa mi si doveva pagare. E la causa si concluse e venne ammessa come prova, e da parte del suddetto Giulio Giunta si presentarono le scritture e le ricevute che aveva come fondamento delle suddette pretese, e si fecero accertamenti probatori e, conclusasi la causa in via definitiva, dal signor giudice Arce de Otálora fu emessa e pronunciata la sentenza con la quale ordinò che tutti i suddetti beni e qualsiasi altro del suddetto Cornelio Bonart fossero venduti da pubblici banditori nei termini di legge e venissero aggiudicati alla persona che più avesse offerto per essi e che, con quanto se ne fosse ricavato, prima di ogni altra cosa fosse pagato il suddetto Giulio Giunta della somma che nell’esecuzione della sentenza fosse stata stabilita e ritenuta necessaria per le suddette riparazioni [in interlinea : delle suddette case], e di settantasettemilacinquecentoquarantanove maravedí degli affitti delle stesse, e che dopo venisse ripagato dal suddetto Pero López de Arriaga dei suddetti quattromila e ottocentonove reali, e dopo fosse ripagato il suddetto Giulio Giunta dei [cassato : i] cinquantacinquemilatrecentottantanove maravedi che gli si dovevano per le suddette spese funebri, e dei [cassato : i] quarantacinquemila maravedi che il suddetto / (fol. 20 v.) Cornelio Bonart doveva al suddetto Luca Giunta che al suddetto Giulio Giunta erano stati assegnati, e dei novecentotrentatremilacinquecentottantanove maravedì dei suddetti interessi, cambi e rivalse, provvigioni e responsioni che aveva subìto e pagato per il suddetto Cornelio Bonart fino alla fiera di giugno del suddetto anno novanta, con l’aggiunta di tutti gli interessi che di lì in poi fossero maturati fino all’effettivo e intero pagamento e soddisfazione. A condizione che tra i suddetti beni che cosi si dovevano vendere e mettere all’asta non rientrassero i suddetti quattro torchi con le loro attrezzature, i quali dichiarò essere e appartenere al suddetto Giulio Giunta e, come tali, mi condannò a darglieli, consegnarglieli e restituirglieli ; tuttavia, qualora una volta pagate al suddetto Giulio Giunta le suddette somme per le quali era preferito non restassero beni con cui poter essere pagato io, il suddetto Pero López de Arriaga, della suddetta somma che così pagai al suddetto Antonio Voto, in tal caso i suddetti quattro torchi con le loro attrezzature sarebbero stati venduti e messi all’asta nella medesima forma degli altri beni del suddetto Cornelio, e con quanto se ne fosse ricavato sarebbero stato pagati i suddetti creditori fino alla somma raggiunta, conformemente alle priorità e ai luoghi e ai tempi dichiarati nella suddetta sentenza. La quale suddetta sentenza venne notificata a tutte le parti e nessuna di esse ricorse in appello. E così passò in giudicato, secondo quanto tutto ciò di cui sopra più dettagliatamente consta e compare nel processo e negli atti del suddetto dibattimento e causa che si è dibattuta e che si dibatte davanti al signor giudice Arce de Otálora e davanti a Miguel Sánchez, cancelliere provinciale di questa Corte a cui mi riferisco. E poiché si deve portare la suddetta sentenza alla pura e dovuta esecuzione, si devono vendere i suddetti beni per fare il suddetto pagamento conformemente a essa, e sebbene sia stata fatta un’accurata escussione, non è stato trovato né si trova alcun altro bene del suddetto Cornelio / (fol. 21 r.) Bonart, oltre a quelli che furono aggiudicati a me, il suddetto Pero López de Arriaga, secondo quanto consta e risulta anche dal suddetto processo e dagli atti, [cassato : e dovendo essere prefe 











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rito] dovendo il suddetto Giulio Giunta essere preferito nelle suddette due somme come nella suddetta sentenza si ordina, io, il suddetto Pero López de Arriaga, temo che quando giungeranno il tempo e il luogo in cui dovrò essere pagato non resterà alcun bene e, qualora ne restino, saranno talmente pochi che con essi non potrò essere ripagato di tutta la suddetta somma che così mi si deve e che pagai al suddetto Antonio Voto, e rimarrà da darmi buona parte, se non la maggiore di essa. E così, per questo, come perché tutte le conclusioni delle cause e delle esecuzioni delle sentenze sono solite essere, e sono, incerte, per tirarmi fuori dalle cause ed evitare il suddetto rischio, ho convenuto e concertato con il suddetto Giulio Giunta che per tutto l’importo che così mi si deve e devo avere, conformemente alla suddetta sentenza, il suddetto Giulio Giunta mi dia e paghi duemilacinquecento reali, che valgono ottantacinquemila maravedi, e con essi mi riterrò soddisfatto e mi ritirerò dalla suddetta causa e da ogni pretesa che ho verso la suddetta aggiudicazione, e consentirò che in conformità alla suddetta sentenza i suddetti quattro torchi con tutte le loro attrezzature siano dati, consegnati e restituiti al suddetto Giulio Giunta, e tutti gli altri beni vengano venduti e messi all’asta conformemente alla suddetta sentenza, e tutto ciò che se ne ricaverà venga dato e consegnato al suddetto Giulio Giunta affinché venga pagato immediatamente di ciò che in tal modo gli si deve e si ordina di pagare con la suddetta sentenza, senza che sia necessario attendere i luoghi e i tempi in essa contenuti, e si faccia cessione nella dovuta forma al suddetto Giulio Giunta, e gli si dia la procura in rem propriam. E rinuncio a tutti i miei diritti affinché possa avere e riscuotere per se stesso tutto ciò che nella suddetta sentenza si ordina di pagare a me, e per questo stipulerò una scrittura con sufficiente valore legale. Pertanto, nella via e forma conveniente per legge e a richiesta di ulteriore validità a favore del suddetto Giulio Giunta, sancisco e riconosco di aver ricevuto dal suddetto Giulio Giunta, a compimento del suddetto accordo e per la suddetta ragione e causa, i suddetti duemilacinquecento reali in denaro contante, coi quali mi considero soddisfatto ed esaudito in tutte le mie volontà, in quanto li ricevetti e li ebbi con me e in mio potere realmente ed effettivamente, e in ragione del fatto che al presente non risulta il pagamento di essi, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto, contato né ricevuto, e alle due leggi del diritto che trattano della prova della consegna come in esse è contenuto. E, soddisfatto e ripagato dei suddetti duemilacinquecento reali, emetto ricevuta di pagamento per essi al suddetto Giulio Giunta / (fol. 21 v.) nella forma avente il sufficiente valore legale che per legge si richiede, e accontentandomi come mi accontento di essi per tutto il suddetto diritto e pretesa, per mezzo di questa carta cedo, faccio rinuncia e trasferisco al suddetto Giulio Giunta o a chi ne facesse le veci i suddetti quattromilaottocentonove reali che così mi si devono [cassato : di capitale e spese] e che pagai al suddetto Antonio Voto per l’asta dei suddetti beni, e il diritto e l’azione che per questa ragione e in virtù dei suddetti atti e sentenza ho e mi appartiene verso i beni del suddetto Cornelio Bonart [cassato : e desisto e mi sollevo dalla] e il possesso che di essi avevo e mi venne dato. E do piena procura in rem propriam al suddetto Giulio Giunta che potrà avere e riscuotere per se stesso i beni del suddetto Cornelio Bonart, e da colui che di diritto potrà e dovrà, i suddetti quattromilaottocentonove reali che così mi si dovevano e per la suddetta sentenza è stato ordinato di pagarmi, ragion per cui potrà fare e farà tutte le richieste, gli atti e i passi necessari, giudiziari ed extragiudiziari, e darà ricevute di pagamento [cassato : che per tutto ciò e per quanto da esso dipende e la legge] perché d’ora in poi mi tolgo e mi sollevo da ogni diritto e pretesa che in qualsivoglia maniera avrei potuto avere e ho e mi spetta per chiedere e riscuotere i suddetti quattromilaottocento- [cassato : cinquanta] nove reali, e dalle suddette esecuzioni, liti e cause e da tutto ciò, e dai diritti e azioni reali e personali utili e necessari a ciò, e ad ogni cosa e parte di ciò che possiedo. Tutto questo io lo cedo, vi faccio rinuncia e lo trasferisco al suddetto Giulio Giunta e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio signore di tutto ciò e procu 







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ratore e attore nel fatto e in rem propriam, affinché subentri in tutto ciò e lo abbia, lo porti, lo chieda e lo riscuota come potrei farlo io. E nel caso sia necessario voglio, acconsento e approvo che conformemente alla suddetta sentenza del suddetto signor giudice, che è passata in giudicato, abbia, riscuota e gli si consegnino i suddetti quattro torchi con le loro attrezzature che così comprò il suddetto Cornelio Bonart, e faccia di essi e con essi come di cosa sua propria, e che gli altri beni del suddetto Cornelio si vendano e mettano all’asta conformemente alla suddetta sentenza, e tutto ciò che se ne ricaverà si dia e si consegni al suddetto Giulio Giunta, affinché venga ripagato di ciò che in questo modo gli si deve e si ordina di pagargli conformemente alla suddetta sentenza, e per mezzo di questa carta rinuncio a ciò che conformemente ad essa dovevo avere io, e glielo trasmetto nel tempo e nel luogo in essa dichiarati e per la ragione sopra espressa ; e confesso che i suddetti azioni e diritti ed esito incerto dai quali così mi sollevo, e cedo e trasferisco al suddetto Giulio Giunta, non valgono più dei suddetti duemilacinquecento reali che per essi mi ha dato e pagato né valgono tanto, e se valessero o potessero valere di più, di tale differenza e maggior valore lo omaggio e gli faccio donazione rimuneratoria perfetta che il diritto chiama inter vivos, senza condizione né impedimento alcuno e per sempre, con l’insinuazione e i requisiti e nella forma che per legge si richiede per la donazione perfetta in ragione di questo accordo e degli ulteriori dovuti riguardi che a ciò mi muovono, dalla prova della qual cosa lo dispenso e, sebbene non ve ne sia motivo, gli faccio la suddetta donazione e mi obbligo di non revocarla, fare reclamo né contraddirla, né ora né in nessun tempo, per nessuno dei casi stabiliti dalla legge e per nessun altro che mi competa. In ragione di ciò rinuncio all’insinuazione dei cinquecento soldi, e al ricorso per frode, e alla parte maggiore o minore della metà del giusto prezzo, e alla legge dell’ordinamento reale che tratta del suddetto danno e della corresponsione del giusto prezzo, / (fol. 22 r.) come in esse è contenuto, e prometto di non avvalermi né approfittare per questo caso dei suddetti ricorsi, in quanto confesso e dichiaro che non solo non ricevo alcun danno, ma molto beneficio e manifesta utilità per le cause e ragioni sopra elencate e poiché l’esito è incerto, e perché questa cessione gliela faccio a suo rischio e pericolo, che riscuota o no, senza rimanere obbligato, e non lo sono, all’evizione né alla garanzia dei suddetti maravedi né di parte alcuna di essi, ma solo a considerare buona e valida questa cessione e procura in rem propriam e detta obbligazione come certa e vera, e i suddetti quattromilaottocentonove reali come dovuti, non pagati e non riscossi [in interlinea : ceduti, né trasferiti], né cosa alcuna né parte di essi, che a ciò mi obbligo con i miei beni mobili e immobili avuti e da avere. E darò per buona e valida questa scrittura e non andrò né verrò né reclamerò contro di essa in nessun tempo e in nessuna maniera, pena il non avere udienza e il non essere ammesso in giudizio né fuori di esso, l’essere obbligato a pagare al suddetto Giulio Giunta gli interessi sul capitale con le spese e i danni che su ciò siano maturati, tutto questo con il raddoppio in nome dell’interesse, della solenne stipula e della pena convenzionale e la penale pagata, o non sia valido ciò che è stato detto. E consento e approvo che gli si consegni la suddetta scrittura di obbligazione e tutte le ulteriori garanzie che per la preservazione del suo diritto volesse avere, e che gli si paghino e consegnino i maravedì e i beni che conformemente alla suddetta sentenza si ordina di pagargli e consegnargli, e ciò che conformemente a questa cessione e procura lo riguarda, e per questo gli si diano tutte le rogatorie e i mandati necessari senza che sia necessaria altra garanzia né requisito alcuno, ma che faccia e disponga in tutto ciò come in fatto e causa propri. E per l’esecuzione e compimento di quanto detto, per mezzo di questa carta do piena procura a ogni qualsivoglia tribunale e giudice secolare e competente di questi regni e domini di sua Maestà e ai signori giudici della sua Casa e Corte e ad ognuno di essi, alla cui giurisdizione mi sottometto, rinunciando come rinuncio alla mia residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit  



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convenerit de iurisditione omnium iudicum affinché con ogni azione e rigore di legge e in via maggiormente esecutiva mi costringano e mi sollecitino al compimento e pagamento di quanto contenuto in questa scrittura, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da me accettata, rispetto alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale, diritto e ordinamento che vada a mio favore, affinché non sia valido per me, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non è valida. A testimonianza di ciò ho stipulato questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che è stata fatta e rogata nella suddetta città di Madrid e Corte di sua Maestà addì venticinque del mese di gennaio dell’anno millecinquecentonovantuno, essendo presenti come testimoni / (fol. 22 v.) a ciò che è stato detto Diego Maldonado e Martín Alonso e Alonso de Prada, notai di sua Maestà, e Hipólito de León, residenti a Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome in questo registro. Appare in interlinea : delle suddette case, ceduti né trasferiti. Appare emendato : capitale, ottocento, nove reali, in quattro, a, sia valido. Appare cassato : o diceva, cinquanta, e buona fede, al suddetto Antonio Voto, i, i, e dovendo essere preferito, di capitale e spese, e desisto e mi sollevo dalla, che per tutto ciò e per quanto da esso dipende, e la legge, non sia. E o diceva, cinquanta, va emendato anche, otto.  





Pero López de Arriaga [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, tre reali. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 19 r. - 22 v., 6ª foliazione. [Documento n. 1] [Al margen superior izquierdo] Cesión a Julio de Junta. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública scriptura de çesión y lo demás en ella contenido vieren como yo, Pero López de Arriaga, residente en Corte de su Magestad, digo que por quanto Cornelio Bonart, vecino que fue de la çiudad de Salamanca, y otros devían y estaban obligados a pagar a Antonio Boto, guardaxoyas de su Magestad, quatro mill y seisçientos reales y çinquenta y nueve reales de plata castellanos por raçón y de resto de ciertas cantidades de libros que desta Corte se le avían ynviado al dicho Cornelio, como más que particular se declara en la scriptura de obligación que sobre ello otorgaron en esta villa de Madrid en quatro días del mes de março del año pasado de mill y quinientos y ochenta, ante Gregorio de Segovia, escrivano, en virtud de la qual, por parte del dicho Antonio Boto se pidió execución contra el dicho Cornelio Bonart e sus vienes por la dicha quantía de los dichos quatro mill y seisçientos e zinquenta y nueve reales, e se hiço en çiertos bienes del dicho Cornelio Bonart, los quales, por ser muerto, se proveyeron de defensor, con el qual se siguió y sustançió el pleito y causa hasta que visto por el señor alcalde Arçe de Otálora dio e pronunçió sentençia, por la qual mandó hazer el remate de los bienes executados y de otros qualesquier que paresçiesen ser suyos, e pago al dicho Antonio Boto del dicho prinzipal y costas, y conforme a ella se dio requisitoria de pago, en virtud de la qual se bendieron y remataron en mí, el dicho Pero López de Arriaga, como en mayor ponedor, todos los bienes que del dicho Cornelio Bonart se allaron y paresçió aver quedado, que son los contenidos en los autos de execuçión y remate en prinçipal y costas, que montó todo quatro mill y ochoçientos y [tachado : çinquenta] nueve reales, de los quales, aviendo echo pago al dicho Antonio Boto, se me dio la posesión de los dichos vienes. E teniéndolos e poseyéndolos con este título, [tachado : e buena fee] en veynte y cinco de julio del año pasado de mill e quinientos e noventa, Julio de Junta, florentín, residente en la dicha Corte, puso zierta demanda contra / (fol. 19 v.) los dichos bienes y contra mí como tenedor e posehedor dellos, por çinco pretensiones  



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que pareçe tenía contra los dichos vienes de diversas cantidades que el dicho Cornelio Bonart le devía, ansy de los alquileres e reparos de çiertas casas en la dicha zibdad de Salamanca que por él avía pagado como de gastos funerales que después de su muerte por él avía echo, y de zierta partida de maravedís que el dicho Cornelio avía quedado diviendo a Lucas de Junta, su hermano, dyfunto, que al dicho Julio de Junta se le avía adjudicado, y de noveçientas mill maravedís que de los yntereses, canvios, responsiones e corretajes de zierta partida que deyfevorroqui e compañía, en virtud de çierta letra y çédula del dicho Cornelio, avían traydo e llebado sobre canvios, el dicho Julio avía padesçido e pagado por averlos cobrado dél los dichos deyfevorroqui y compañía, y dádole poder en causa propia con çesión de todas sus actiones para los cobrar de los bienes del dicho Cornelio Bonarte. Por todas las quales pretensiones y partidas el dicho Julio de Junta pretendía tener e que tenía obligados e ypotecados todos los bienes del dicho Cornelio, e pidió que yo, el dicho Pero López de Arriaga, como posehedor dellos, fuese condenado a que le pagase todas las dichas partidas o le dejasse y entregase todos los dichos vienes para que los tubiese e poseyese por derecho de prenda e ypoteca hasta tanto que todas las dichas partidas se le diesen y pagasen. Después de lo qual, en veynte y siete de julio del dicho año de noventa, el dicho Julio de Junta puso otra demanda en que dixo que el dicho Cornelio Bonardo le avía vendido quattro prensas de ynprimir con todos sus aparejos por presçio e quantía de çiento e veynte ducados, que por ellas le avía dado y pagado, y aunque por la cláusula del constituto se las avía entregado y él avía quedado por señor e posehedor / (fol. 20 r.) dellas, todavía se avían quedado en poder del dicho Cornelio Bonart e se me avían entregado entre los demás bienes contenidos en el dicho remate, y sin perjuizio de la primera demanda pidió que yo, el dicho Pero López de Arriaga, fuese condenado a le dar y entregar y restituir las dichas quatro prensas con sus aparejos como suyas propias conpradas con sus dineros. Y de las dichas dos demandas me fue dado traslado y al dicho defensor, e se respondió a ellas, y por mi parte entre otras cosas se alegó que yo avía pagado al dicho Antonio Boto los dichos quatro mill y ochoçientos y nueve reales en que se me avían rematado las dichas prensas y los demás bienes del dicho Cornelio [tachado : al dicho Antonio Boto] y avía suçedido en su derecho, e que por la dicha cantidad avía de ser preferido al dicho Julio de Junta y ante todas cosas se me avía de mandar pagar. Y el pleyto fue concluso e se reszibió a prueba, e por el dicho Julio de Junta se presentaron las escripturas e recaudos que tenía para fundamento de las dichas pretensiones, e se hizieron provanças, e concluso el pleyto en difinitiva por el dicho señor alcalde Arçe de Otálora fue dada e pronunziada sentençia, por la qual mandó que todos los dichos bienes y otros qualesquier del dicho Cornelio Bonart se bendiesen por públicos pregones por los términos del derecho y se rematasen en la persona que por ellos más diese, y de lo que dellos proçediese, primero y ante todas cosas, fuese pagado el dicho Julio de Junta de la cantidad que en la execución de la sentençia se liquidase y averiguase ser menester para los dichos reparos [interlineado : de las dichas casas], y de setenta y siete mill y quinientos y quarenta y nueve maravedís de los alquileres dellas, y que luego fuese pagado por el dicho Pero López de Arriaga de los dichos quatro mill y ochoçientos y nueve reales, y luego fuese pagado el dicho Julio de Junta de [tachado : los] çinquenta y çinco mill treçientos y ochenta y nueve maravedís que se le debían de los dichos gastos funerales, y de [tachado : los] quarenta y zinco mill maravedís que el dicho / (fol. 20 v.) Cornelio Bonart devía al dicho Lucas de Junta que al dicho Julio de Junta le estavan adjudicados, y de los noveçientos y treynta y tres mill quinientos y ochenta y nueve maravedís de los dichos yntereses, canbios e recanvios, corretajes e responsiones que avía padesçido y pagado por el dicho Cornelio Bonart hasta la feria de junio del dicho año de noventa, con más todo lo que adelante corriese hasta la real y entera paga y satisfaçión. Con que en los dichos bienes que ansí se avían de vender e rematar no entrasen las dichas quatro prenssas con sus aparejos, las quales declaró ser e pertene 







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zer al dicho Julio de Junta como tales, me condenó a que se las diese, entregase e restituyese ; con que si pagado el dicho Julio de Junta de las dichas cantidades en que hera preferido no quedasen vienes de que poder ser pagado yo, el dicho Pero López de Arriaga, de la dicha cantidad que ansí pagué al dicho Antonio Boto, en tal caso las dichas quatro prensas con sus aparejos se vendiesen e rematasen en la forma que los demás vienes del dicho Cornelio, y de lo que dellos proçediese fuesen pagados los dichos acrehedores hasta en la cantidad que alcançasen conforme a sus anterioridades y los lugares y tienpos en la dicha sentençia declarados. La qual dicha sentençia fue notificada a todas las partes y por ninguna dellas fue apelado. E ansí passó y quedó en autoridad de cossa juzgada, según que todo lo susodicho más largamente consta y pareçe por el processo e autos del dicho pleyto e causa que se a tratado y trata ante el dicho señor alcalde Arçe de Otálora y ante Miguel Sánchez, escrivano de provincia en esta Corte, a que me refiero. E porque aviéndose de llevar la dicha sentençia a pura y devida execusión se an de bender los dichos bienes para hazer el dicho pago conforme a ella, y aunque se a echo diligente escusión no se an allado ni allan otros bienes algunos del dicho Cornelio / (fol. 21 r.) Bonart más de los que se remataron en mí, el dicho Pero López de Arriaga, según asimismo consta y pareçe por el dicho proçesso y autos, [tachado : y aviendo de ser preferido] y aviendo el dicho Julio de Junta de ser preferido en las dichas dos cantidades como por la dicha sentençia se manda, yo, el dicho Pero López de Arriaga, me temo que quando llegue el tienpo y lugar en que tengo de ser pagado no quedarán bienes ningunos, y quando algunos queden serán tan pocos que dellos no pueda ser pagado de toda la dicha cantidad que ansí se me deve y pagué al dicho Antonio Boto, e se me quedará a dever mucha parte quando no sea la mayor della. E ansí por esto como porque los fines de los pleytos y execuçiones de las sentençias suelen ser y son dudosos, por quitarme de pleytos y evitar el dicho riesgo me he conbenido y conçertado con el dicho Julio de Junta de que por toda la cantidad que ansí se me deve y tengo de aver conforme a la dicha sentençia, el dicho Julio de Junta me dé y pague dos mill y quinientos reales, que valen ochenta y çinco mill maravedís, y que con ellos me contente y aparte del dicho pleyto e pretensión que tengo por el dicho remate, y consienta que conforme a la dicha sentençia las dichas quatro prensas con todos sus aparejos se den y entreguen e restituyan al dicho Julio de Junta, e todos los demás vienes se vendan y rematen conforme a la dicha sentencia, e todo lo que dellos proçediere se le dé y entregue al dicho Julio de Junta para ser pagado de lo que ansí se le deve y manda pagar por la dicha sentençia desde luego, sin que sea neçesario aguardar los lugares y tienpos en ella contenidos, y haga çesión en forma al dicho Julio de Junta y le dé poder en causa propia, e renunçio todos mis derechos para que pueda aver y cobrar para sí mismo todo lo que por la dicha sentençia se me manda pagar, e para esto haga escriptura en forma bastante. Por tanto, en la vía e forma que de derecho aya lugar e para más valer en favor del dicho Julio de Junta se requiere, otorgo y conozco que he reçibido del dicho Julio de Junta, en cunplimiento del dicho conçierto e por la dicha razón y causa, los dichos dos mill y quinientos reales en dineros de contado, de los quales me doy por contento y entregado a toda mi voluntad, por quanto los rezibí e pasé a mi parte y poder realmente y con hefecto, y en razón que de presente no pareçe la paga dellos, renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia e del aver no visto, contado ni recibido, e las dos leyes del derecho que hablan en raçón de la prueba del entrego como en ellas se contiene. Y como contento e pagado de los dichos dos mill y quinientos reales, otorgo carta de pago dellos al dicho Julio de Junta / (fol. 21 v.) en la más bastante forma que de derecho se requiere, y contentándome como me contento con ellos por todo el dicho derecho e pretensión, por esta carta çedo, renunçio e traspasso en el dicho Julio de Junta para él y quien dél oviere causa, los dichos quatro mill y ochoçientos e nueve reales que ansí se me deven [tachado : de prinzipal y costas] e pagué al dicho Antonio Boto por el remate de los dichos bienes, y el derecho y abçión que por esta  





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razón y en virtud de los dichos autos e sentençia tengo e me perteneçe contra los bienes del dicho Cornelio Bonart [tachado : e me desisto e aparto de la] e posesión que dellos tenía e me fue dada, y le doy poder cunplido en causa propia al dicho Julio de Junta para que para él mismo pueda aver y cobrar de los bienes del dicho Cornelio Bonart, y de quien y con derecho pueda y deva, los dichos quatro mill y ochoçientos y nueve reales que ansí se me devían e por la dicha sentençia me están mandados pagar, y en razón dello pueda haser e haga todos los pedimientos, autos y diligençias neçesarios, judiçiales y estrajudiçiales, y dé cartas de pago, [tachado : que para todo ello y lo dello dependiente, y el derecho] porque desde luego me quito e aparto de todo el derecho e pretensión que en qualquier manera podía tener e tengo e me perteneze para pedir y cobrar los dichos quatro mill y ochoçientos [tachado : y çinquenta] e nueve reales, y de los dichos execusiones, pleytos y caussa y todo ello y los derechos e abçiones reales e personales útiles y neçesarios que para ello y cada cosa e parte dello tengo, los çedo, renunçio e traspasso en el dicho Julio de Junta y le pongo en mi derecho e lugar e hago señor de todo ello e procurador actor en su fecho e causa propia para que en todo ello suçeda y lo aya, lleve, pida y cobre según que yo lo pudiera haser. Y en caso neçesario quiero, consiento y tengo por bien que conforme a la dicha sentençia del dicho señor alcalde, questá pasada en cosa juzgada, aya, cobre e se le entreguen las dichas quatro prensas con sus aparejos que ansí conpró el dicho Cornelio Bonart, y haga dellas y en ellas como de cosa suya propia, y que los demás bienes del dicho Cornelio se le vendan y rematen conforme a la dicha sentencia, e todo lo que dellos proçediese se dé y entregue al dicho Julio de Junta para que sea pagado de lo que ansy se le deve y manda pagar conforme a la dicha sentençia, e de lo que conforme a ella yo tengo de aver e por esta carta le renunçio e traspasso y en el tienpo lugar en ella declarado e por la razón arriva dicha ; y confieso que la dicha abçión y derecho y dudoso suçeso de que ansy me aparto, y çedo e traspaso al dicho Julio de Junta, no vale más de los dichos dos mill y quinientos reales que por ello me a dado e pagado ni tanto, y si más vale o puede valer de la tal demasía e más valor le hago graçia e donaçión pura perfeta que el derecho llama entre bibos, sin condiçión ni contradiçión alguna y para siempre jamás, e con la ynsinuaçión e requisitos y en la forma que de derecho se requiere para donaçión perfeta por razón deste conzierto y otros justos respetos que a ello me mueben, de la prueba de lo qual le relievo, y aunque no aya causa para ello le hago la dicha donaçión e me obligo de no la revocar, reclamar ni contradesir agora ni en tienpo alguno por ninguno de los casos establezidos en derecho y por otro alguno que me conpeta, en razón de lo qual renunçio la ynsinuaçión de los quinientos sueldos, y el remedio del engaño, y el más o el menos de la mitad del justo presçio, y la ley del ordenamiento real que trata de la dicha lesión y suplimiento del justo presçio, / (fol. 22 r.) como en ellas se contiene, e prometo de no me ayudar ni aprovechar en este casso de los dichos remedios por quanto confieso y declaro que no tan solamente reçibo lesión alguna sino mucho beneficio e manifiesta utilidad por las causas e razones arriva dichas e ser el sucesso dudoso, e porque esta çesión se la hago a su riesgo e abentura quier cobre quier no, sin quedar como no quedo obligado a la eviçión ni seguridad de los dichos maravedís ni parte alguna dellos, más de a solo a dar por buena y firme esta çesión e poder en caussa propia y a que la dicha obligaçión es zierta e verdadera, y los dichos quatro mill y ochoçientos e nueve reales me son devidos e no pagados y que no los tengo cobrados [interlineado : çedidos, ni traspasados], ni cosa alguna ni parte dellos, que a esto me obligo e a mis vienes muebles e rayzes avidos e por aver, e a que abré por buena y firme esta escriptura e que no yré ni berné ni reclamaré contra ella en nyngún tienpo ni por alguna manera, so pena que demás de que sobre ello no sea oydo ni admetido en juiçio ni fuera del, sea obligado a pagar al dicho Julio de Junta el ynterés prinçipal con las costas y daños que sobre ello se le recrecieren, todo ello con el doblo por nombre de ynterés e solene estipulación y pena convencional, y la pena pagada o no todavía  









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vala lo que dicho es. E consiento e tengo por bien se le entregue la dicha escriptura de obligaçión e todos los demás recaudos que para conservaçión de su derecho quiera tener, y que se le haga pago y entreguen los maravedís y los bienes que conforme a la dicha sentençia se le mandan pagar y entregar y lo que conforme a esta zesión e poder a de ver, e para ello se den las requisitorias e mandamientos neçesarios sin que sea neçesario otro recaudo ni requisito alguno, sino que use e haga en todo ello como en fecho e causa propia. Y para la execuçión e cunplimiento de lo que dicho es, por esta carta doy poder cunplido a todas y qualesquier justiçias e jueses seglares y conpetentes destos reynos e señoríos de su Magestad e señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos, a cuya jurisdiçión me someto, renunçiando como renunçio mi domiçilio e propio fuero y la ley sit conbenerid de juridiçione omniun judicun para que por todo remedio y rigor de derecho e vía más executiba me conpelan e apremien al cunplimiento e paga de lo contenido en esta escriptura, como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada por mí consentida, cerca de lo qual renunçio todas y qualesquier leyes, fueros e derechos e hordenamientos que sean en mi favor para que me non valan, con la ley e derecho en que dize que general renunciaçión de leyes fecha non vala. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano y testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid y Corte de su Magestad a beynte y çinco días del mes de henero de mill y quinientos e noventa e un años, siendo presentes por testigos / (fol. 22 v.) a lo que dicho es Diego Maldonado y Martín Alonso e Alonso de Prada, escrivanos de su Magestad, e Ypólito de León, residentes en Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, y firmolo de su nombre en este registro. Va entre renglones : de las dichas casas, çedidos ni traspasados. Va enmendado : prinçipal, ochoçientos, nueve reales, en quatro, a, valga. Va testado : o dizía, çinquenta, y buena fee, al dicho Antonio Boto, los, los, y aviendo de ser preferido, de prinçipal y costas, e me desisto e aparto de la, que para todo ello y lo dependiente, y el derecho, no valga. Y o dizía, çinquenta, va enmendado asimismo, ocho. Pero López de Arriaga [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, tres reales.  





A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 19 r. - 22 v., 6ª foliación. * [Documento n. 2 : 25/01/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Cessione che fece il padre maestro fra’ Luís de León a Giulio Giunta. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura e cessione e il resto in essa contenuto che io, il maestro fra’ Luís de León, dell’ordine di Sant’Agostino [in interlinea : e definitore generale di esso], e cattedratico di [Bibbia] presso l’Università di Salamanca, attualmente residente presso il monastero e convento del suddetto ordine di questa città di Madrid dedicato a San Filippo, dichiaro che: è stata richiesta e fatta esecuzione [cassato : e messa all’asta] dei beni di Cornelio Bonart, tipografo e mercante di libri, abitante della città di Salamanca, su richiesta di Antonio Voto, guardia dei gioielli del re nostro Signore, per la somma di quattromilaseicentocinquantanove reali che risulta gli doveva, in virtù di una scrittura di obbligazione, stipulata dal suddetto Cornelio Bonart e da altri in questa città di Madrid il giorno quattro del mese di marzo dell’anno passato millecinquecentottanta dinanzi a Gregorio de Segovia, notaio. Essendosi istruita la causa con un difensore dei suddetti beni che venne nominato, poiché il suddetto Cornelio Bonart era morto, venne pronunciata la sentenza definitiva dal signor dottor Arce de Otálora, della Corte di sua Maestà, giudice presso la sua Casa e Corte, che ordinava di pignorare e mettere all’asta i beni confiscati al suddetto Cor 



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nelio Bonart e di ripagare il suddetto Antonio Voto del capitale più le spese per la suddetta esecuzione forzata. Aggiudicatisi in virtù di questa sentenza tutti i beni del suddetto Cornelio Bonart per il capitale più le spese a Pero López de Arriaga, residente in questa Corte, il suddetto diede pagamento effettivo al suddetto Antonio Voto per la suddetta somma capitale e centocinquanta reali di spese, [cassato : risulta che gli diede] e datogli il possesso dei suddetti beni e tenendoli e possedendoli a questo titolo, sembra che da parte di Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, / (fol. 23 v.) il venticinque luglio dell’anno passato millecinquecentonovanta, si avviò una certa causa a proposito dei suddetti beni del suddetto Cornelio Bonart e contro il suddetto Pero López de Arriaga, in qualità di tenutario e possessore di essi, per cinque crediti che sembra avesse verso i suddetti beni, per diverse somme che il suddetto Cornelio Bonart gli doveva per certi affitti e riparazioni di alcune case nella suddetta città di Salamanca che aveva pagato per lui, [cassato : come per] e per le spese funerarie che dopo la sua morte aveva sostenuto per lui, e per una somma di maravedì di cui il suddetto Cornelio Bonart era rimasto debitore verso Luca Giunta, suo fratello, che era stata assegnata al suddetto Giulio Giunta, suo fratello, e per novecentomila [in interlinea : e rotti] maravedì che degli interessi, cambi, responsioni e provvigioni di una certa somma che [Deifebo Rocchi] e compagnia, in virtù di una certa lettera e cedola del suddetto Cornelio, avevano portato e riportato sui cambi, e il suddetto Giulio aveva subìto e pagato per averle riscosse da lui i suddetti [Deifebo Rocchi] e compagnia, e gli era stata data procura in rem propriam con la cessione di tutte le loro azioni per averli e riscuoterli dai beni del suddetto Cornelio Bonart. E per tutti questi crediti e somme pretendeva di avere e di possedere in obbligazione e ipoteca tutti i beni del suddetto Cornelio, e chiese che il suddetto Pero López de Arriaga, come possessore di essi, fosse condannato a pagargli tutte le suddette somme o gli lasciasse e consegnasse i suddetti beni affinché li tenesse e possedesse come diritto di pegno e ipoteca fintanto che non lo avessero pagato. Dopodiché, il ventisette di luglio del suddetto anno novanta, il suddetto Giulio Giunta avviò un’altra causa nella quale diceva che il suddetto Cornelio Bonart gli aveva venduto quattro torchi da stampa con tutta la loro attrezzatura al prezzo e importo / (fol. 24 r.) di centoventi ducati che per essi aveva dato e pagato, e anche se per la clausola del costituto glieli aveva consegnati ed egli era rimasto signore e possessore di esse, tuttavia erano rimasti in possesso del suddetto Cornelio ed erano stati consegnati insieme agli altri beni contenuti nella suddetta aggiudicazione al suddetto Pero López de Arriaga. E senza decadimento della prima causa, chiese che il succitato fosse condannato a dargli, consegnargli e restituirgli i suddetti quattro torchi con la loro attrezzatura come suoi propri comprati con i suoi denari. E delle suddette cause si ordinò di dare e si diede notifica al suddetto difensore e al suddetto Pero López de Arriaga, ed essi fecero opposizione e produssero prove contro di ciò, e la causa si rinviò a giudizio e dal signor giudice furono ammesse le prove, e dal suddetto Giulio Giunta vennero presentate le scritture e le garanzie che aveva a fondamento dei suddetti crediti, e si fecero alcuni accertamenti probatori. Stando in questo stato la causa, il giorno undici del mese di agosto del suddetto anno passato cinquecentonovanta, si procedette contro di lui da parte mia, che mi opponevo con un’obbligazione e scrittura pubblica [in interlinea : che venne presentata], stipulata dal suddetto Cornelio nella [in interlinea : suddetta] città di Salamanca il venti dicembre dell’anno passato cinquecentottantasei dinanzi ad Antonio de Vera, notaio pubblico del collegio della suddetta città, secondo la quale mi era rimasto debitore di duemilaottocento reali da pagare a metà quaresima dell’anno ottantasette. E chiesi che con qualsiasi bene rimasto del suddetto Cornelio Bonart fossi ripagato per la precedenza dei suddetti duemilaottocento reali, nella via e forma che per legge fosse più conveniente, con le spese. Della suddetta / (fol. 24 v.) opposizione e richiesta si ordinò di dare notifica alle altre parti [cassato : e si notificò al suddetto Giulio de] e da parte del suddetto Giulio Giunta si rispose  











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a ciò con la pretesa [cassato : che non] e l’argomentazione che non si doveva ammettere e si doveva respingere ai fini processuali perché nel momento in cui era stata presentata il dibattimento si era già concluso ed era nella fase di decidersi e di determinarsi in via definitiva, e che doveva comunque essere preferito e pagato con i suddetti beni prima di me [cassato : del suddetto], il suddetto maestro fra’ Luís de León, e di qualsiasi altro creditore, poiché era il più tempestivo e con più privilegi di legge e per altre ragioni, [cassato : e da parte mia] delle quali si ordinò di darmi notifica, e da parte mia venne fatta richiesta per il rilascio di certe garanzie e ricevute. E stando la questione in questo stato [in interlinea : il primo di dicembre del suddetto anno cinquecentonovanta], da parte mia venne presentata un’istanza nella quale, senza che venisse meno il mio diritto e il credito che avevo sui suddetti beni per la somma [cassato : contenuta e an] che avevo chiesto, consentii e approvai che si consegnassero al suddetto Giulio [in interlinea : Giunta] i beni del suddetto Cornelio Bonart, a patto che ciò non venisse considerato una rinuncia alle richieste che avevo fatto verso i suddetti beni né [in interlinea : mi] arrecasse danno alcuno. Ed essendo concluso il suddetto dibattimento e causa, ciò valutato il suddetto signor giudice Otálora proclamò e pronunciò la sentenza, con la quale ordinò che tutti i [cassato : suddetti] beni del suddetto Cornelio Bonart che si era aggiudicato il suddetto Pero López de Arriaga fossero venduti da pubblici banditori secondo i termini di legge e venissero aggiudicati alla persona che più avesse offerto per essi, e che con il ricavato, prima di tutto, fosse ripagato il suddetto Giulio Giunta della somma che nell’esecuzione della sentenza fosse stata stabilita e ritenuta necessaria per le riparazioni delle suddette case / (fol. 25 r.) che il suddetto Cornelio aveva avuto dal capitolo della chiesa cattedrale di Salamanca, e dei settantasettemilacinquecentoquarantanove maravedì degli affitti di esse che il suddetto Giulio Giunta aveva pagato come fideiussore del suddetto Cornelio, e poi venisse ripagato il suddetto Pero López de Arriaga dei quattromilaottocentonove reali che aveva pagato al suddetto Antonio Voto per l’asta dei suddetti beni, e poi venisse ripagato il suddetto Giulio Giunta dei cinquantacinquemilatrecentottantanove maravedì che gli si dovevano per le suddette spese funerarie e dei quarantacinquemila maravedì che il suddetto Cornelio Bonart doveva a Luca Giunta, che erano assegnati al suddetto Giulio, e dei novecentotrentatremilacinquecentottantanove maravedì dei suddetti interessi, cambi e rivalse, provvigioni e responsioni che aveva subìto e pagato per il suddetto Cornelio Bonart fino alla fiera di giugno del suddetto anno novanta, con in più tutto ciò che di lì in avanti fosse maturato fino alla reale ed intera paga e soddisfazione, a condizione che tra i suddetti beni che così si dovevano vendere e mettere all’asta non rientrassero i suddetti quattro torchi con la loro attrezzatura perché dichiarò che erano appartenevano al suddetto Giulio Giunta, e condannò il suddetto Pero López de Arriaga a darglieli [cassato : e pagarglieli] e consegnarglieli e restituirglieli. A condizione che, se ripagato il suddetto Giulio Giunta delle somme per le quali doveva essere preferito non fossero rimasti beni con cui poter essere ripagato da lui il suddetto Pero López de Arriaga della suddetta somma che così aveva pagato al suddetto Antonio Voto, in tal caso le suddette quattro pres- / (fol. 25 v.) se con la loro attrezzatura fossero vendute e messe all’asta nella forma degli altri beni del suddetto Cornelio e con il ricavato fossero ripagati i suddetti creditori fino alla [cassato : suddetta] somma raggiunta [cassato : la quale suddetta sentenza venne notificata a tutte le parti e di essa anche se da t, con gli altri mi venne trasmessa], facendo salvo il mio diritto, affinché sui suddetti duemilaottocento reali che pretendevo che mi desse il suddetto Cornelio Bonardo chiedessi e perseguissi la mia giustizia come, quando e contro chi avrei giudicato opportuno. La suddetta sentenza venne notificata a tutte le parti e nessuna di esse ricorse in appello e così passò in giudicato, eccetto per me, che ricorsi in appello per vizio di forma, come più dettagliatamente tutto consta e compare nel processo e negli atti del suddetto dibattimento e causa che si è dibattuta e si dibatte dinanzi al suddetto signor giudice Arce de Otálora e di 





















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nanzi a Miguel Sánchez, cancelliere provinciale in questa Corte, a cui mi riferisco. E poiché si deve portare la suddetta sentenza alla pura e dovuta esecuzione, si devono vendere i suddetti beni per fare il suddetto pagamento conformemente a essa e, sebbene sia stata fatta un’accurata escussione, non è stato trovato né si trova alcun altro bene del suddetto Cornelio Bonart oltre a quelli aggiudicati al suddetto Pero López de Arriaga, e dovendo essere preferito, come nella suddetta sentenza si ordina, il signor Giulio Giunta [in interlinea : e il suddetto Pero López de Arriaga] per le suddette somme, io il suddetto [cassato : Pero López de Arriaga temo] padre maestro fra’ Luís de León temo che [cassato : nel caso] quando verrà ordinato di pagarmi dai suddetti beni i suddetti duemilaottocento reali e giungerà il tempo di riscuoterli non resterà alcun bene e, qualora ne restino, saranno talmente pochi che con essi non potrò essere ripagato di tutta la suddetta somma che così il sud- / (fol. 26 r.) detto Cornelio Bonardo mi doveva ancora dare, e rimarrà da darmi buona parte, se non la maggiore di essa. E così per questo, come perché le conclusioni dei processi e delle esecuzioni delle sentenze sono solite essere, e sono, incerte e costose, per tirarmi fuori dalle cause ed evitare il suddetto rischio ho convenuto e concertato col suddetto Giulio Giunta che per tutta la somma che così mi deve e devo avere conformemente alla suddetta obbligazione, e per tutti i diritti che in ragione di ciò ho o posso avere verso i beni del suddetto Cornelio Bonart, mi dia e paghi mille reali, che valgono trentaquattromila maravedì, pagati in quattro anni, ogni anno duecentocinquanta reali, e che per questo faccia formale scrittura, e che con ciò mi accontento e mi ritiro dalla suddetta causa e dal credito che ho verso i suddetti beni, e lo cedo e vi rinuncio a favore del suddetto Giulio Giunta affinché possa averlo e riscuoterlo, chiedere e domandare a suo rischio, e per questo gli do formale procura in rem propriam [cassato : e consento che i suddetti beni gli vengano dati e gli siano venduti e i suddetti quattro torchi gli vengano consegnati conformemente alla suddetta sentenza]. E per questo accordo e come adempimento di questo concerto il suddetto Giulio Giunta ha fatto e stipulato, dinanzi al presente notaio di questa carta, scrittura a mio favore [cassato : per il pagamento] oggidì in questa data, in cui si è obbligato a pagarmi i suddetti mille reali nella forma succitata, accettando la quale e approvando il suddetto accordo [cassato : io il suddetto] e ritirandomi come mi ritiro dall’appello o appelli che da parte mia sono stati interposti alla suddetta sentenza, e consentendola e considerandola come passata in giudicato, io il suddetto padre maestro fra’ Luís de León, nella via e forma più conveniente per legge e a richiesta di ulteriore validità a favore del suddetto Giulio Giunta / (fol. 26 v.) sancisco e riconosco per mezzo di questa carta di cedere, rinunciare e trasferire al suddetto Giulio Giunta ogni diritto e azione reale e personale, titolo, voce e risorsa che ho e che mi appartiene, può e deve appartenere, verso i beni e il patrimonio, i diritti e le azioni e l’eredità che sono rimaste per la fine e morte del suddetto Cornelio Bonardo, e così anche a quelli che con la suddetta esecuzione e [in interlinea : sentenza di] messa all’asta e in virtù di essa vennero aggiudicati al suddetto Pero López de Arriaga come a qualsiasi altro risultino appartenere in virtù della suddetta scrittura di obbligazione e in qualsivoglia altra maniera, affinché in tutto ciò subentri e lo abbia e ne goda nella maniera che spetta a me e lo possa avere e tenere. E naturalmente con questa carta do lui piena procura in rem propriam come si richiede affinché egli stesso possa avere e riscuotere, [cassato : il suddetto diritto e pre] chiedere e domandare i suddetti beni a qualunque persona che gli debba pagare i suddetti duemilaottocento reali, che appartengono a me e dovevo avere in virtù della suddetta scrittura di obbligazione, e in ragione di ciò fare tutte le istanze, gli atti e i passi necessari, giudiziari ed extragiudiziari, e dare ricevute di pagamento, che tutto ciò che da esso dipende gli cedo, rinunciandovi, e gli trasferisco tutti i miei diritti e azioni utili e necessari, reali e personali, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio signore di tutto ciò e attore proprio nel fatto e in rem propriam, affinché subentri in tutto ciò, richieda e riscuota come potrei farlo io. Questo per la  















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ragione che, come si è detto, mi dà e paga ed è obbligato a darmi e a pagarmi per la suddetta scrittura di obbligazione i suddetti mille reali entro i suddetti termini, con i quali mi accontento per il suddetto diritto ed esito incerto, e confesso che non valgono di più né tanto, / (fol. 27 r.) e se valgono o possono valere di più, di tale differenza e maggior valore lo omaggio e gli faccio donazione rimuneratoria perfetta e irrevocabile che il diritto chiama inter vivos, per sempre senza condizione né impedimento alcuno, e con l’insinuazione e i requisiti e nella forma con il sufficiente valore legale che per legge si richiede, in ragione di questo accordo [cassato : se] e degli ulteriori dovuti riguardi che a ciò mi muovono, dalla prova della qual cosa lo dispenso e, sebbene non ve ne sia motivo, gli faccio la suddetta donazione e mi obbligo di non revocarla, reclamare né impedire, né ora né in nessun tempo e per nessuno dei casi stabiliti dalla legge, né chiedendo la restituzione né per nessun altro che competa. In ragione della qual cosa rinuncio alla insinuazione dei cinquecento soldi e al ricorso per frode, e alla parte maggiore o minore della metà del giusto prezzo, e alla legge dell’ordinamento reale che tratta del suddetto danno e della corresponsione del giusto prezzo, come in esse è contenuto. Prometto di non avvalermi né approfittare per questo caso dei suddetti ricorsi né di alcun altro, in quanto confesso e dichiaro che non solo non ricevo alcun danno, ma molto beneficio e manifesta utilità per le cause e ragioni sopra elencate e poiché l’accaduto è incerto, e perché questa cessione gliela faccio a suo [cassato : estro] rischio e senza [cassato : rimanere] obbligarmi, e non lo sono, all’evizione e al risarcimento di essa né dei suddetti duemilaottocento reali, ma solo a considerare buona e valida questa cessione e procura in causa pro- /(fol. 27 v.) pria e la suddetta obbligazione come certa e vera, e i suddetti duemilaottocento reali come dovuti a me dal suddetto Cornelio Bonart e dai suoi beni, non riscossi, né cosa alcuna né parte di essi, [in interlinea : salvo se alcuna cosa risultasse riscossa da ricevute di pagamento mie], [al margine sinistro : che mi sembra che potranno essere fino a trecento o quattrocento reali, o poco più o poco meno]; questo e [cassato : che darò per buona e valida] di non andare né venire, né dichiarare né contraddire [in interlinea : questa scrittura] in nessun tempo né in alcuna maniera pena il non avere udienza e il non essere ammesso in giudizio né fuori di esso, l’essere obbligato a pagare al suddetto Giulio Giunta gli interessi sul capitale e ogni cosa o parte di esso, con le spese e i danni che su ciò siano maturati o venissero richiesti, con il raddoppio in nome dell’interesse, e con la pena e l’aggiustamento convenzionali, e la solenne stipula, obbligo tutti i miei beni spirituali e temporali avuti e da avere e la penale pagata, o non sia valido ciò che è stato detto. E consento e approvo che gli si consegni la suddetta scrittura di obbligazione e tutte le ulteriori garanzie che per la preservazione del suo diritto volesse avere, e che gli si paghino e consegnino i maravedì e i beni che conformemente alla suddetta sentenza si ordina di pagargli e consegnargli [in interlinea : e ciò che conformemente a questa cessione e procura vi ha a che fare], e per questo si diano le rogatorie e i mandati necessari e senza che sia necessario nessun altro mandato né [in interlinea : re-] quisito che tale piena procura e cessione che per quanto detto si richiede. Questa stessa io conferisco e concedo al suddetto Giulio Giunta nella forma con il sufficiente valore legale più consona al suo diritto, e per l’esecuzione di ciò con questa carta do pieni poteri a ogni qualsivoglia [in interlinea : giudice e] tribunale ecclesiastico competenti dinanzi ai quali questa carta comparirà, con la richiesta di fare giustizia affinché con ogni azione e rigore di legge e in forma camerae e sub poenis camerae mi costringano e mi sollecitino all’osservanza e al compimento di tutto quanto contenuto in questa scrittura, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da me accettata. E confesso di avere licenza per poter fare / (fol. 28 r.) e disporre del suddetto debito e degli altri miei con libero arbitrio e volontà. E riguardo a quanto sopra espresso rinuncio alla mia residenza e al relativo statuto locale e a tutte le ulteriori leggi, statuti locali e diritti che vadano a mio favore, affinché non siano validi per me, con la legge e dirit 



















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to in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non [è valida]. A testimonianza di ciò ho stipulato questa carta dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, che fu fatta e rogata nella città di Madrid nel suddetto monastero di san Filippo, addì venticinque del mese di gennaio dell’anno millecinquecentonovantuno, essendo presenti come testimoni Antonio González, servo del suddetto Giulio Giunta, e Pero Gutiérrez, servo del padre provinciale del suddetto ordine di Sant’Agostino e Juan Martínez, servitore del suddetto monastero, residenti a Corte. Io, il suddetto Giulio Giunta, che ho presenziato a tutto ciò che è stato detto, dico che accetto questa scrittura di cessione così come in essa è contenuto e dichiarato, e firmai col mio nome, testimoni i suddetti. E io, il notaio, faccio fede di conoscere i suddetti stipulanti, e che il suddetto padre maestro firmò col suo nome in questo registro. Va cancellato : o diceva, e messa all’asta, risulta che gli diede, come per, si notificò al suddetto Giulio Giunta di non, del suddetto, e da parte mia, suddetti, e pagargliele, io il, Pero López de Arriaga temo, sentenza, e consento che i suddetti beni gli vengano dati e siano venduti e i suddetti quattro torchi gli siano consegnati conformemente alla suddetta sentenza, per il pagamento, io il suddetto, il suddetto diritto e pre, se, su estro [sic], rimanere, che darò per buona e valida, non sia valida. Va in interlinea : e definitore generale di esso, e rotti, che venne presentata, suddetta, il primo di dicembre del suddetto anno cinquecentonovanta, Giunta, mi, suddetti, suddetta, la quale suddetta sentenza venne notificata a tutte le parti e di esso anche se da t, con gli altri mi venne trasmessa, e il suddetto Pero López de Arriaga, sentenza di, salvo se alcuna cosa risultasse riscossa da ricevute di pagamento mie, che potranno essere fino a trecento o quattrocento reali, o poco più o poco meno, questa scrittura, e ciò che conformemente a questa cessione e procura deve avere, re, giudice e, e quando, i, e, che sta, se, sia valida. Fra’ Luís de León [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, quattro reali.  



A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 23 r. - 28 r., 6ª foliazione. [Documento n. 2] [Al margen superior izquierdo] Çesión que hizo el padre maestro fray Luis de León a Julio de Junta. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder y çesión y lo demás en ella contenido vieren como yo, el maestro fray Luis de León, de la orden de señor San Agustín [interlineado : y difinidor mayor della], catredastiçio de blibia [sic] en la universidad de Salamanca, estante al presente en el monesterio y convento de la dicha orden desta villa de Madrid de la adbocaçión del señor San Felipe, digo que por quanto aviéndose pedido y echo execuçión [tachado : y remate] en vienes de Cornelio Bonart, ynpresor e mercader de libros, veçino de la zibdad de Salamanca, a pedimiento de Antonio Boto, guardaxoyas del Rey nuestro señor, por quantía de quatro mill seisçientos y çinquenta y nuebe reales que pareçe le devía, en virtud de una scriptura de obligaçión otorgada por el dicho Cornelio Bonart y otros en esta villa de Madrid a quatro días del mes de março del año pasado de mill y quinientos y ochenta, ante Gregorio de Segovia, escrivano, y aviéndose sustançiado la causa con defensor que de los dichos bienes se nonbró, por ser muerto el dicho Cornelio Bonart, se sentençió de remate el dicho pleyto por el señor liçençiado Arçe de Otálora, del Consejo de su Magestad, alcalde en su Casa y Corte, mandando haser trance y remate de los bienes executados del dicho Cornelio Bonart e pago al dicho Antonio Boto del prinçipal y costas de la dicha execuçión, e rematádose en virtud desta sentençia todos los bienes del dicho Cornelio Bonart en prinzipal y costas en Pero López de Arriaga, residente en esta Corte, y el susodicho echo paga real al dicho Antonio Boto de la dicha cantidad de prinzipal y ziento y çinquenta reales de costas,  



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[tachado : pareçe se le dio] y dádosele la posesión de los dichos vienes y teniéndolos e poseyéndolos con este título, pareçe que por parte de Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, / (fol. 23 v.) en veynte y çinco de julio del año pasado de mill e quinientos e noventa, se puso zierta demanda a los dichos bienes del dicho Cornelio Bonart y al dicho Pero López de Arriaga, como tenedor e posehedor dellos, de çinco pretensiones que pareze tenía contra los dichos bienes, de diversas cantidades que el dicho Cornelio Bonart le devía de çiertos alquileres e reparos de unas casas en la dicha zibdad de Salamanca que por él avía pagado, [tachado : como de] y de los gastos funerales que después de su muerte por él avía echo, y de una partida de maravedís que el dicho Cornelio Bonart avía quedado dibiendo a Lucas de Junta, su hermano, que estava adjudicada al dicho Julio de Junta, y de nobezientos [interlinado : y tantos] mill maravedís que de los yntereses, canvios e responsiones y corretajes de zierta partida que deyfevorroqui y compañía, en bertud de zierta letra y çédula del dicho Cornelio, avían traydo e llebado sobre canbios, y el dicho Julio avía padesçido e pagado por averlas cobrado de los dichos deyfevorroqui y compañía, y dádole poder en causa propia con çesión de todas sus abçiones para los aver e cobrar de los vienes del dicho Cornelio Bonart, por todas las quales pretensiones e partidas pretendía tener e que tenía obligados e ypotecados todos los bienes del dicho Cornelio, y pidió que el dicho Pero López de Arriaga, como posehedor dellos, fuese condenado a que le pagase todas las dichas partidas o le dejase y entregase los dichos bienes para que los tubiese e poseyese por derecho de prenda e ypoteca hasta tanto que se le pagasen. Después de lo qual, en veynte y siete de julio del dicho año de noventa, el dicho Julio de Junta puso ottra demanda en que dexía que el dicho Cornelio Bonart le avía vendido quatro prensas de ynprimir con todos sus aparejos por presçio y quantía / (fol. 24 r.) de çiento y veynte ducados que por ellas le había dado y pagado, y aunque por la cláusula del constituto se las avía entregado y él avía quedado por señor e posehedor dellas, todavía se avían quedado en poder del dicho Cornelio y se avían entregado entre los demás vienes contenidos en el dicho remate al dicho Pero López de Arriaga, y sin perjuiçio de la primera demanda, pidió que el susodicho fuese condenado a le dar y entregar e restituir las dichas quattro prensas con sus aparejos como suyas propias conpradas con sus dineros. Y de las dichas demandas fue mandado dar y se dio traslado al dicho defensor y al dicho Pero López de Arriaga, e por ellos fue respondido y alegado contra ello, y la causa se concluyó e por el dicho señor alcalde fue rezibida a prueba, e por el dicho Julio de Junta se presentaron las escripturas e recaudos que tenía para fundamento de las dichas pretensiones, e se hizieron ziertas provanças. Y estando en este estado el pleyto, en honze días del mes de agosto del dicho año pasado de quinientos e noventa, se salió a el por mi parte oponiéndome con una obligaçión y scriptura pública [interlineado : que se presentó], otorgada por el dicho Cornelio en la [interlineado : dicha] zibdad de Salamanca, en veynte de dizienbre del año pasado de quinientos y ochenta y seis por ante Antonio de Vera, scrivano público del número de la dicha zibdad, por la qual me avía quedado a dever dos mill y ochozientos reales pagaderos a mediado quaresma del año de ochenta y siete, y pediendo que de qualesquier vienes que ubiesen quedado del dicho Cornelio Bonart fuese pagado por su anterioridad de los dichos dos mill y ochoçientos reales, por la bía e forma que de derecho mejor ubiese lugar, con las costas. De la qual dicha / (fol. 24 v.) opusiçión y pedimiento se mandó dar traslado a las ottras partes, [tachado : y se notificó al dicho Julio de] y por parte del dicho Julio de Junta se respondió a ello pretendiendo [tachado : que no] y alegando que no se avía de admitir y se avía de repeler del proceso porque al tienpo que se avía presentado estava el pleyto concluso y en estado de verse y determinarse en difinitiva, y que sin enbargo avía de ser preferido e primeramente pagado en los dichos bienes [tachado : que el dicho] que yo, el dicho maestro fray Luis de León, ni que otro ningún acrehedor, por ser mejor en tiempo e más previlegiado en derecho y otras razones, [tachado : y por mi parte] de que se  

















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me mandó dar traslado, e por mi parte se pidió carta requisitoria para sacar ziertas scripturas y recaudos. Y estando el negoçio en este estado, [interlineado : en primero de diziembre del dicho año de quinientos e noventa] por mi parte se presentó una petiçión en que, sin perjuizio de mi derecho y pretensión que tenía contra los dichos bienes por la cantidad [tachado : contenida e an] que tenía pedido, consentí e tube por bien que se entregasen al dicho Julio [interlineado : de Junta] los bienes del dicho Cornelio Bonart, con que por esto no fuese visto apartarme del pedimiento que tenía echo conttra los dichos bienes ni perjudicar- [interlineado : me] en cosa alguna. Y estando el dicho pleyto e causa concluso, visto por el dicho señor alcalde Otálora dio y pronunçió sentençia, por la qual mandó que todos los [tachado : dichos] bienes del dicho Cornelio Bonart que en el dicho Pero López de Arriaga se avían rematado, se bendiesen por públicos pregones por los términos del derecho y se rematasen en la persona que por ellos más diese, y de lo que dellos proçediese, primero y ante todas cosas, fuese pagado el dicho Julio de Junta de la cantidad que en la execuçión de la sentençia lyquidase y averiguase ser menester para los reparos de las dichas casas / (fol. 25 r.) que el dicho Cornelio avía tenido del cavildo de la yglesia catredal de Salamanca, y de setenta y siete mill y quinientos e quarenta y nueve maravedís de los alquileres dellas que el dicho Julio de Junta avía pagado como fiador del dicho Cornelio, e luego fuese pagado el dicho Pero López de Arriaga de los quatro mill y ochoçientos e nueve reales que avía pagado al dicho Antonio Boto por el remate de los dichos bienes, e luego fuese pagado el dicho Julio de Junta de çinquenta y çinco mill trezientos y ochenta y nueve maravedís que se le devían de los dichos gastos funerales y de quarenta y çinco mill maravedís que el dicho Cornelio Bonart devía a Lucas de Junta, que estavan adjudicados al dicho Julio, e de las noveçientas e treynta e tres mill quinientos y ochenta y nuebe maravedís de los dichos yntereses, canvios e recanvios, corretajes e responsiones que avía padesçido e pagado por el dicho Cornelio Bonart hasta la feria de junio del dicho año de noventa, con más todo lo que adelante corriese hasta la real y entera paga e satisfaçión, con que en los dichos vienes que ansí se abían de bender e rematar no entrasen las dichas quatro prensas con sus aparejos porque éstas declaró ser e pertenezer al dicho Julio de Junta, e condenó al dicho Pero López de Arriaga a que se las diese [tachado : e pagase] y entregase e retituyesse. Con que si pagado el dicho Julio de Junta de las cantidades en que fuera preferido no quedasen vienes de que poder ser pagado por el el dicho Pero López de Arriaga de la dicha cantidad que ansy pagó al dicho Antonio Boto, en tal caso las dichas quatro pren- / (fol. 25 v.) sas con sus aparejos se bendiesen e rematasen en la forma que los demás vienes de los dichos Cornelio y de lo que dellas proçediesen fuesen pagados los dichos acrehedores hasta en la [tachado : dicha] cantidad que alcançase, [tachado : la qual dicha sentençia fue notificada a todas las partes y della aunque por t, con los demás pasó por mi], y me reservo mi derecho a salvo para que sobre los dichos dos mill y ochoçientos reales que pretendía me devía el dicho Cornelio Bonardo pidiese y siguiese mi justiçia como y quando y conttra quien viese me conbenía. La qual dicha sentençia fue notificada a todas las partes y por ninguna dellas fue apelado ansí passó en autoridad de cosa juzgada, ezeto que por mi parte se apeló della en forma, según que todo más largamente consta y pareçe por el proçesso y autos del dicho pleyto e causa que se a tratado y trata ante el dicho señor alcalde Arçe de Otálora y ante Miguel Sánchez, escrivano de provinçia en esta Corte, a que me refiero. E porque aviéndose de llevar la dicha sentençia a pura y debida execuçión se an de vender los dichos vienes para haser el dicho pago conforme a ella, y aunque se a echo diligente escursión no se an allado ni se allan otros vienes algunos del dicho Cornelio Bonart más de los que se remataron en el dicho Pero López de Arriaga, y aviendo de ser preferido como por la dicha sentençia se manda, el dicho señor Julio de Junta [interlineado : y el dicho Pero López de Arriaga] en las dichas cantidades, yo el dicho [tachado : Pero López de Arriaga me temo] padre maestro fray Luis de León, me temo que [tachado : en  





















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caso] quando se me manden pagar de los dichos bienes los dichos dos mill y ochoçientos reales y llegue el tienpo para los cobrar no quedarán vienes ningunos, y quando algunos queden serán tan pocos que dellos no pueda ser pagado de toda la dicha cantidad que ansí me quedó di- / (fol. 26 r.) viendo por el dicho Cornelio Bonardo, y se me quedará a dever mucha parte quando no sea la mayor della. E ansí por esto como porque los fines de los pleytos y execuçiones de las sentençias suelen ser y son dudosos y costosos, por quitarme de pleytos y evitar el dicho riesgo me he conbenido y conçertado con el dicho Julio de Junta de que por toda la cantidad que ansí me deve y tengo de aver conforme a la dicha obligaçión, e por todo el derecho que por razón dello tengo o puedo tener a los bienes del dicho Cornelio Bonart, me dé y pague mill reales, que valen treynta y quatro mill maravedís, pagados en quatro años, cada año duçientos y çinquenta reales, y que para ello haga scriptura en forma, y que con esto me contento y aparte del dicho pleyto e pretensión que tengo a los dichos bienes, y lo çeda y renunçie en el dicho Julio de Junta para que lo pueda aver y cobrar, pedir e demandar a su riesgo, e para ello le dé poder en causa propia en forma [tachado : y consienta que los dichos bienes se le den y se bendan y las dichas quatro prensas se le entreguen conforme a la dicha sentençia]. Y en esta conformidad y en cumplimiento deste conzierto el dicho Julio de Junta a echo y otorgado, por ante el presente escrivano desta carta, scriptura en mi favor [tachado : para la paga] oy día de la fecha desta, en que se obligó a pagarme los dichos mill reales en la forma susodicha, la qual açetando y aprobando el dicho conzierto [tachado : yo el dicho] y apartándome como me aparto de la apelaçión o apelaçiones que por mi parte se ayan ynterpuesto de la dicha sentençia, y consintiéndola y teniéndola por pasada en autoridad de cosa juzgada, yo el dicho padre maestro fray Luis de León, en la vía y forma que de derecho aya lugar e para más valer en favor del dicho Julio de Junta / (fol. 26 v.) se requiere, otorgo y conozco por esta carta que zedo, renunçio y traspasso en el dicho Julio de Junta todo el derecho y abçión real y personal, título, boz e recurso que tengo y me perteneze, puede e deve pertenezer, a los bienes e hazienda, derechos y abçiones y herencia que quedaron por fin e muerte del dicho Cornelio Bonardo, ansí a los que por la dicha execuçión e [interlineado : sentençia de] remate y en birtud della se remataron en el dicho Pero López de Arriaga como a otros qualesquier que paresçieren ser suyos en virtud de la dicha scriptura de obligaçión y en otra qualquier manera, para que en todo ello suçeda y lo aya e lleve y goze según y de la manera que a mí me perteneze y lo pueda aver y llebar. Y desde luego por esta carta le doy poder cumplido en causa propia como se requiere para que para él mismo pueda aver y cobrar, [tachado : el dicho derecho y pre] pedir e demandar a los dichos vienes y a qualquier persona que lo deva pagar los dichos dos mill y ochoçientos reales que a mí me pertenezen y avía de aver en virtud de la dicha scriptura de obligaçión, y en raçón dello haser todos los pedimientos, autos e diligençias neçesarias, judiçiales y estrajudiçiales, y dar cartas de pago, que para todo ello dependiente le çedo, renunçio y traspaso todos mis derechos e abçiones útiles y neçesarios, reales e personales, y le pongo en mi derecho y lugar e hago señor de todo ello e propio actor en su fecho e causa propia para que en todo ello suçeda, pida y cobre según que yo lo pudiera hazer, esto por razón que como dicho es me da y paga y está obligado a me dar y pagar por la dicha scriptura de obligaçión los dichos mill reales a los dichos plazos, con los quales me contento por el dicho derecho y dudoso suçeso, e confieso que no vale más ni tanto, / (fol. 27 r.) y si más bale o puede baler de la tal demasía e más valor le hago graçia y donaçión pura, perfeta yrrevocable que el derecho llama entre bivos, para siempre jamás sin condiçión ni contradiçión alguna, y con la ynsinuaçión y requisitos y en la más bastante forma que de derecho se requiere, por razón deste conzierto [tachado : sy] y otros justos respetos que a ello me mueben, de la prueba de lo qual le reliebo y aunque no aya causa para ello le hago la dicha donaçión y me obligo de no la revocar, reclamar ni contradesir agora ny en tienpo alguno por ninguno de los casos esta 











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bleçidos en derecho, ni pidiendo restituçión ni por otro alguno que conpeta. En razón de lo qual renunçio la ynsinuaçión de los quinientos sueldos y el remedio del engaño, y el más o el menos y de la mitad del justo presçio y la ley del ordenamiento real que trata de la dicha lesión y suplimiento del justo presçio, como en ellas se contiene, prometo de no me ayudar ni aprovechar en este caso de los dichos remedios ni otro alguno, por quanto confiesso y declaro que no tan solamente rezibo lesión alguna sino mucho benefiçio e manifiesta utilidad por las causas y razones arriva dichas y ser el suçeso dudosso, y porque la dicha çesión se la hago a su [tachado : estro] riesgo y sin [tachado : quedar] obligarme como no me obligo a la eviçión y saneamiento della ni de los dichos dos mill y ochoçientos reales, más de aver por buena y firme esta çesión e poder en causa pro- / (fol. 27 v.) pia y a que la dicha obligaçión es zierta e verdadera, y los dichos dos mill y ochoçientos reales me son debidos por el dicho Cornelio Bonart y sus vienes y no los tengo cobrados ni cosa alguna ni parte dellos, [interlineado : salvo si alguna cosa paresçiere cobrado por cartas de pago mías], [al margen izquierdo : que me pareçe podrá ser hasta trecientos o quatroçientos reales poco más o menos], que esto, y [tachado : a que abré por buena y firme] a que no yré ni berné, ni declararé ni contradiré [interlineado : esta scriptura] en ningún tienpo ni por alguna manera so pena que demás de que sobre ello no sea oydo ni admetido en juizio ni fuera del, sea obligado a pagar al dicho Julio de Junta el interés prinzipal dello y cada cosa y parte dello, con las costas y daños que sobre ello se le recrezieren y fuere pedido, con el doblo por nombre de interés e pena e postura conbenzional e solene estipulaçión, obligo a todos mis vienes espirituales e tenporales avidos e por aver y la pena pagada o no todavía, bala lo que dicho es. Y consiento e tengo por vien se le entregue la dicha scriptura de obligaçión y todos los demás recaudos que para conservaçión de su derecho quiera tener, y que se le haga pago y entreguen los maravedís y bienes que conforme a la dicha sentençia se le mandan pagar y entregar [interlineado : y lo que conforme a esta çesión e poder a de aver], e para ello se den las requisitorias y recaudos neçesarios y sin que sea neçesario otro ningún recaudo ni [interlineado : re-] quisito que quan cunplido poder e çesión para lo que dicho hes se requiere, e el mismo le hago y otorgo al dicho Julio de Junta en la más bastante forma que a su derecho convenga, y para la execuçión dello por esta carta doy poder cunplido a todas y qualesquier [interlineado : juezes y] justiçias eclesiásticas y conpetentes ante quienes esta carta paresziere, y della pedido cunplimiento de justiçia para que por todo remedio e rigor de derecho y en forma camere e su penis camere me conpelan y apremien a la guarda e cunplimiento de todo lo contenido en esta escriptura, como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada e por mí consentida, y confiesso que tengo liçençia para poder haser / (fol. 28 r.) y disponer de la dicha deuda y de otros mis vienes con libre alvedrío e voluntad. Y cerca de lo susodicho renunçio mi domiçilio e propio fuero e todas las demás leyes, fueros e derechos que sean en mi favor, que no me valan, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non basla [sic]. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano público y testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid dentro del dicho monesterio de San Felipe, a veynte y zinco días del mes de henero de mill y quinientos y noventa e un años, siendo presentes por testigos Antonio Gonçáles, criado del dicho Julio de Junta, y Pero Gutiérrez, criado del padre provinçial de la dicha orden de San Agustín, e Juan Martínez, criado del dicho monesterio, estantes en Corte. Yo, el dicho Julio de Junta, que presente estoy a todo lo que dicho es, digo que açepto esta scriptura de çesión según y como en ella se contiene y declara, y lo firmé de mi nombre , testigos los dichos. E yo, el escrivano, doy fee que conozco a los dichos otorgantes, y firmolo el dicho padre maestro de su nombre en este registro. Va testado : o dizía, y remate, pareçe se le dio, como de, se notificó al dicho Julio de Junta que no, que el dicho, y por mi parte, dichos, e pagase, yo el, Pero López de Arriaga me temo, sentençia, y consienta que los dichos bienes  



















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se le den y se bendan y las dichas quatro prensas se le entreguen conforme a la dicha sentençia, para la paga, yo el dicho, el dicho derecho y pre, sy, suestro, quedar, a que abré por buena y firme, non valga. Va entre renglones : y difinidor mayor della, y tantos, que se presentó, dicha, a primero de diziembre del dicho año de quinientos e noventa, de Junta, me, dichos, dicha la qual dicha sentençia fue notificada a todas las partes y della aunque por t, con las demás pasó por mi, y el dicho Pero López de Arriaga, sentençia de, salvo si alguna cosa paresçiere cobrado por cartas de pago mías, que me pareçe podrá ser hasta tresçientos o quatroçientos reales poco más o menos, esta scriptura, y lo que conforme a esta çesión e poder a de aver, re, juezes y, y quando, los, e, que está, se, valga. Frai Luis de León [firmado y rubricado]. Julio de Junta [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, quatro reales.  

A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 23 r. - 28 r., 6ª foliación. * [Documento n. 3 : 03/04/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Chiede che si giuri e dichiari. [Io] Giulio Giunta, residente in questa Corte, dichiaro che: in merito all’esecuzione forzata che io chiesi nei confronti [cassato : io] delle persone e dei beni di Luca Giunta, mio fratello, defunto, e Lucrezia Giunta, sua moglie, abitanti nella città di Salamanca, per l’ammontare di cinquecentonovantatremilatrecentottantasette maravedì che per delle scritture di obbligazione mi dovevano, la quale suddetta esecuzione si fece conformemente alle leggi per tutti i suddetti beni, debiti, diritti e azioni che di essi rimasero e, per sentenza definitiva data da Vostra Grazia, furono aggiudicati a Pedro de Arriaga come miglior offerente per quattrocentomila maravedì, il suddetto Pedro de Arriaga cedette a me la suddetta aggiudicazione e io la accettai e presi possesso di tutti i beni che che [sic] al momento si trovarono di quelli contenuti nella suddetta aggiudicazione, ed essendo stato notificato, e trascorso il termine, Vostra Grazia mi diede la licenza di far uso dei suddetti beni, come più dettagliatamente è contenuto nel processo che è in possesso del presente notaio, al quale mi riferisco. Ed è così che don Alonso de Manrique de Lara, ormai defunto, che fu abitante della suddetta città di Salamanca, doveva al suddetto Luca Giunta per una scrittura di obbligazione tremilatrecentotrentaquattro reali, e per riscuoterli diede una procura in rem propriam a Salvador de Ayala, residente al presente in questa Corte, in fede e sulla fiducia e, pur se in realtà il suddetto Luca Giunta in base alla suddetta procura in rem propriam confessa che glieli dà per altrettanti che gli doveva, non è così, né il suddetto Salva- / (fol. 106 v.) dor de Ayala li doveva avere né gli si dovevano ; piuttosto, se li avesse riscossi, era e doveva essere per darli e consegnarli al suddetto Luca Giunta come suo proprio patrimonio, senza che gli dovesse restare cosa alcuna di essi né spettargli, poiché tutto era, come ho detto, in fede e sulla fiducia. Il suddetto Salvador de Ayala sembra non averli riscossi e la suddetta procura in rem propriam è a favore del suddetto Salvador de Ayala dovendo esserlo a mio, per averli e riscuoterli come beni del suddetto Luca Giunta e come a colui che di diritto spettano, e per finire di essere ripagato di tutto ciò che mi doveva. Pertanto, prego Vostra Grazia di ordinare al suddetto Salvador de Ayala di giurare e dichiarare in virtù di questa istanza conforme alla legge e pena la stessa di darmi notifica di ciò che avrà giurato e dichiarato, affinché io chieda in merito ciò che mi corrisponde per diritto, per il quale chiedo giustizia e per esso ecc. Giulio Giunta [firmato]. Giuri Nella città di Madrid, addì tre del mese di aprile del millecinquecentonovantuno, dinanzi al signor giudice Otálora e dinanzi a me, il presente notaio, si lesse e si presentò questa istanza.  



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E, presane visione il signor giudice, ordinò che ne giuri e dichiari il contenuto come in essa richiesto. Sánchez [firmato e rubricato]. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 106 r. - v., 6ª foliazione. [Documento n. 3] [Al margen superior izquierdo] Pide que uno jure y declare. Julio de Junta, residente en esta Corte, digo que por execuçción que yo pedí contra [tachado : yo] las personas y bienes de Lucas de Junta, mi hermano, difunto, y Lucreçia de Junta, su muger, veçinos de la çiudad de Salamanca, por quantía de quinientos y nobenta y tres mill y treçientos y ochenta y siete maravedís que por escrituras de obligación me devían, la qual dicha execuçión se hiço conforme a derecho en todos los dichos bienes, deudas, derechos y acçiones que dellos quedaron, y por sentençia de remate dada por Vuestra Merced se remataron en Pedro de Arriaga como mayor ponedor en quattroçientos mill maravedís, y el dicho Pedro de Arriaga çedió en mí el dicho remate y yo le açeté y tomé la posesión en todos los bienes que que [sic] al presente se hallaron de los contenidos en el dicho remate, y aviendo sido notificado y pasado el término Vuestra Merced me dio liçençia para husar de los dichos bienes, como más largamente se contiene en el proçesso questá en poder del presente escrivano, a que me refiero. Y es assí que don Alonso Manrrique de Lara, ya difunto, veçino que fue de la dicha çiudad de Salamanca, devía al dicho Lucas de Junta por escritura de obligaçión tres mill y treçientos y treinta y quatro reales, y para los cobrar dio un poder en causa propia a Salvador de Ayala, estante al presente en esta Corte, en fee e confiança, y aunque en realidad de verdad el dicho Lucas de Junta por el dicho poder en causa propia confiesa que se los da por otros tantos que él le devía no es así, ni el dicho Salva- / (fol. 106 v.) dor de Ayala los avía de aver ni se le devían, antes si los cobrara eran y avían de ser para se los dar y entregar al dicho Lucas de Junta como propia haçienda suya sin que a él le hubiese de quedar cosa alguna dellos ni perteneçerle, por ser todo como dicho tengo en fee e confiança, el qual dicho Salvador de Ayala pareçe no averlos cobrado y el dicho poder en causa propia se está a favor del dicho Salvador de Ayala, aviéndolo destar en el mío para los aver y cobrar como bienes del dicho Lucas de Junta y a quien de derecho le perteneçen y para acavar de ser pagado de todo lo que me devía. Por tanto a Vuestra Merced suplico mande que el dicho Salvador de Ayala jure y declare al tenor deste pedimiento conforme a la ley y so la pena della y que de lo que jurare y declarare se me dé traslado para que yo pida çerca dello lo que a mi derecho conbiniere, sobre que pido justicia y para ello, etc. Julio de Junta [firmado]. Jure En la villa de Madrid a tres días del mes de abrill de mill e quinientos y noventa y un años, ante el señor alcalde Otálora e ante mí el presente escrivano se leyó e presentó esta petición. E por el dicho señor alcalde bista mandó que el contenido en ella jure y declare a el tenor della como por ella se pide. Sánchez [firmado y rubricado].  

A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 106 r. - v., 6ª foliación. * [Documento n. 4 : 06/04/1591]  

[Al margine sinistro] Dichiarazione. † Nella città di Madrid il giorno sei del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantuno, io il notaio infrascritto lessi e notificai a Salvador de Ayala, residente in questa Corte,

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in persona, l’istanza contenuta prima della presente, fatta da Giulio Giunta e l’ordinanza a lui fornita dal signor giudice Otálora, e lo ammonii di giurare e dichiarare secondo la suddetta ordinanza, e ciò fece compiutamente e, interrogato circa la suddetta istanza disse che è vero che il suddetto Luca Giunta, defunto, mentre era in vita concesse a suo favore la procura in rem propriam che l’istanza dice per avere e riscuotere da don Alonso Manrique i tremilatrecentotrentaquattro reali in essa contenuti che gli doveva in virtù di una scrittura di obbligazione e che, anche se nella suddetta procura il suddetto Luca Giunta disse e affermò che erano in ragione di altrettanti che gli doveva, in realtà non doveva a questi che dichiara alcun maravedì, né gliene deve, bensì gli diede e gli consegnò la suddetta procura di obbligazione sulla fiducia e per l’effetto che per suo ordine e in suo nome si chiedessero e riscuotessero dal suddetto don Alonso de Manrique i suddetti tremilatrecentotrentaquattro reali ; però le suddette procura e obbligazione non sono in suo possesso perché li presentò e richiese esecuzione in virtù di esse nella città di Salamanca dinanzi al suo tribunale contro il suddetto don Alonso per il suddetto debito, e le suddette riscossioni rimasero in possesso del cancelliere che seguì la causa. A quanto ricorda il suddetto cancelliere viveva nella strada principale della suddetta città, e colui che dichiara fece di questo mandato fiduciario una ricevuta al suddetto Luca Giunta firmata col suo nome, per consegnargli quanto fosse derivato dal suddetto debito come cosa sua. Se rinvenuta, questa dichiarazione e la suddetta ricevuta vanno considerate un tutt’uno, che finora non ha riscosso né è entrato in possesso di alcun maravedì della suddetta somma, e anzi gli si devono alcune spese che anticipò nella suddetta causa di esecuzione e, qualora necessario, se gli verrà ordinato, farà retrocessione di qualsiasi diritto, se la [sic] possiede, alla persona che conformemente alla legge lo dovrà avere. E ciò dichiarò e disse che quanto ha detto / (fol. 107 v.) è la verità sotto la responsabilità del giuramento che fece e firmò col suo nome. Salvador de Ayala [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Io, Pedro de Prado, notaio del Re nostro signore, residente presso la sua Corte e provincia, fui presente a ciò che è stato detto e apposi qui la mia sigla affinché resti costanza di ciò, a testimonianza [parafa] della verità [rubricato]. Pedro de Prado [firmato e rubricato].  

[Al margine inferiore destro, in senso verticale] Giulio Giunta. Dichiarazione di Salvador de Ayala sull’affare con don Alonso Manrique. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 107 r. - v., 6ª foliazione. [Documento n. 4] [Al margen superior izquierdo] Declaraçión. † En la villa de Madrid a seis días del mes de abril de mill y quinientos e noventa e un años, yo el escrivano ynfraescripto ley e notifiqué el pedimiento antes desto contenido fecho por Julio de Junta y auto a él proveydo por el señor alcalde Otálora a Salvador de Ayala, residente en esta Corte, en su persona, y le aperzibí jure y declare como por el dicho auto, y para este efecto reçibí dél juramento en forma de derecho y ello hizo cunplidamente, e preguntado al thenor del dicho pedimiento dixo que es verdad que el dicho Lucas de Junta, dyfunto, en su bida otorgó en su favor el poder en causa propia que el pedimiento dize para aver y cobrar de don Alonso Manrrique los tres mill treçientos y treynta y quatro reales en el contenydos y que le devía en virtud de una escriptura de obligaçión, y que aunque en el dicho poder el dicho Lucas de Junta dixo y confesó que heran por razón de otros tantos que le devía, en realidad de verdad no le devía a éste que declara maravedís ningunos ni se los deve, sino que el dicho poder e obligación se lo dio y entregó en confiança y para efeeto de que por su orden y en su nonbre se pidiesen y cobrasen del dicho don Alonso Manrrique los dichos tres mill

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y trezientos y treynta y quatro reales, pero que el dicho poder y obligaçión no están en su poder porque los presentó e pidió execuçión en birtud dello en la zibdad de Salamanca ante la justiçia della contra el dicho don Alonso por la dicha deuda, y quedaron los dichos recaudos en poder del escrivano ante quien passó la causa, que a lo que se acuerda bibía el dicho scrivano en la rua de la dicha zibdad, y que desta confianza hizo éste que declara una çédula firmada de su nonbre al dicho Lucas de Junta para le acudir con lo que proçediese de la dicha deuda como cosa suya, y que si paresçiere esta declaraçión y la dicha çédula se entienda ser todo una misma cosa, y que hasta agora no a cobrado ni entrado en su poder maravedís ningunos de la dicha partida, antes se le deven algunas costas que puso en el dicho pleyto de execuçión, y que en caso que sea neçesario siéndole mandado ará rettroçesión de algún derecho si la [sic] tiene en la persona que conforme a derecho lo aya de aver, y esto declaró y dixo que lo que tiene dicho / (fol. 107 v.) hes la verdad so cargo del juramento que hizo y firmolo de su nonbre. Salvador de Ayala [firmado y rubricado]. Ante my, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Yo, Pedro de Prado, scrivano del Rey nuestro señor, residente en su Corte y provinçia, fuy presente a lo que dicho es y fize aquí mi signo para que dello conste, en testimonio [signo] de verdad [rubricado]. Pedro de Prado [firmado y rubricado]. [Al margen inferior derecho, en sentido vertical] Julio de Junta. Declaraçión de Salvador de Ayala del negoçio con don Alonso Manrrique. A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 107 r. - v., 6ª foliación. * [Documento n. 5 : 25/05/1591]  

Io Giulio Giunta, residente in questa Corte, in merito alla causa con Salvador de Ayala, dico che come persona alla quale è stato dato il possesso di tutti i beni, diritti e azioni di Luca Giunta, defunto, per cessione dell’aggiudicazione che mi fece Pedro López de Arriaga, e in virtù della licenza che da Vostra Grazia ho per far uso del suddetto possesso, chiesi, e Vostra Grazia ordinò, che il suddetto Salvador de Ayala, residente al momento in questa Corte, dichiarasse con un giuramento se era vero che una procura in rem propriam che gli aveva dato il suddetto Luca Giunta per riscuotere da don Alonso de Manrique de Lara, defunto, abitante della città di Salamanca, tremilatrecentotrentaquattro reali che gli doveva, gli era stata data sulla fiducia. E il suddetto Salvador de Ayala, in adempimento a quanto da Vostra Grazia ordinato, con un giuramento ha dichiarato essere così quanto sopra detto e che in realtà il suddetto Luca Giunta non gli doveva cosa alcuna e che è disposto, nel caso in cui sia necessario, a fare retrocessione del diritto sul suddetto debito, laddove ne abbia. Pertanto supplico Vostra Grazia, in virtù del mio suddetto possesso, licenza e dichiarazione di quanto sopra detto, di ordinargli, costringerlo e sollecitarlo a stipulare subito una scrittura pubblica a mio favore in cui dichiari quanto sopra detto, e a farmi la suddetta formale retrocessione con procura per continuare e proseguire la causa che dice di aver intentato in merito al suddetto debito e a fare in ragione della riscossione di esso tutto quanto si convenga e sia necessario, con le clausole, garanzie e convalide formali necessarie, sulla qual cosa chiede giustizia e per esso, ecc. Il dottor Juan de Valdés [firmato e rubricato]. Giulio Giunta [firmato e rubricato]. / (fol. 108 v.) La stipuli o ne renda conto Nella città di Madrid addì venticinque del mese di maggio dell’anno millecinquecentonovantuno, dinanzi al signor giudice Otálora e dinanzi a me notaio si presentò e venna letta questa petizione e, ciò valutato dal suddetto signor giudice, si ordinò che colui che è men-

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zionato in essa stipuli la scrittura che con essa gli si richiede o renda conto del perché non lo deve fare alla prima udienza, con l’ammonimento che si farà giustizia. Sánchez [firmato e rubricato]. [Al margine inferiore destro in senso verticale] Giulio Giunta. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 108 r. - v., 6ª foliazione. [Documento n. 5] Julio de Junta, residente en esta Corte, en el pleyto con Salbador de Ayala, digo que como persona a quien está dada la posesión de todos los bienes, derechos y acçiones de Lucas de Junta, difunto, por çesión del remate que en mí hiço Pedro López de Arriaga, y en birtud de la liçençia que de Vuestra Merced tengo para husar de la dicha posesión, yo pedí y Vuestra Merced mandó, que el dicho Salvador de Ayala, estante al presente en esta Corte, con juramento declarase si era verdad que un poder que el dicho Lucas de Junta le avía dado en causa propia para cobrar de don Alonso Manrrique de Lara, difunto, vezino de la çiudad de Salamanca, tres mill y treçientos y treynta y quatro reales que le devía se le que avía dado en confiança, y el dicho Salbador de Ayala encunplimiento de lo por Vuestra Merced mandado, con juramento a declarado ser así lo susodicho y que en realidad de verdad el dicho Lucas de Junta no le devía cosa alguna y que está presto en caso neçesario de haçer retroçesión del derecho de la dicha deuda, si alguno tiene. Por tanto a Vuestra Merced suplico, en birtud de la dicha mi posesión, liçençia y declaraçión del susodicho, le mande, conpela y apremie a que luego haga y otorgue escritura pública en mi favor en que declare lo susodicho, y me haga la dicha retroçesión en forma con poder para seguir y proseguir el pleyto que diçe tiene començado sobre la dicha deuda y haçer en raçón de la cobrança della todo aquello que conbenga y sea neçesario con las cláusulas, seguridades y firmeças neçesarias en forma, sobre que pide justiçia y para ello, etc. El liçençiado, Juan de Valdés [firmado y rubricado]. Julio de Junta [firmado y rubricado]. / (fol. 108 v.) Otórguela o dé razón En la villa de Madrid a veinte y çinco días del mes de mayo de mill e quinientos e noventa e un años, ante el señor alcalde Otálora y ante mí el scrivano se presentó e leyó esta petiçión, e por el dicho señor alcalde vista mandó que el en ella conthenido otorgue la scriptura que por ella se le pide o dé razón porque no lo deba hazer a la primera audiençia, con perzibimiento se probea justiçia. Sánchez [firmado y rubricado]. [Al margen inferior derecho, en sentido vertical] Julio de Junta. A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 108 r. - v., 6ª foliación. * [Documento n. 6 : 27/05/1591]  

[Al margine superiore sinistro] A Giulio Giunta. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno la presente scrittura di dichiarazione, retrocessione e procura in rem propriam e il resto in essa contenuto che io, Salvador de Ayala, residente presso la Corte di sua Maestà, in merito agli affari di Juan de Castro Gago e Juan de Lago, dichiaro che: in virtù di una procura in rem propriam che Luca Giunta, mercante di libri e tipografo, ormai defunto, che Dio l’abbia in gloria, che fu abitante della città di Salamanca, mi diede e concesse mentre era in vita per poter avere e riscuotere da don Alonso Manrique de Lara,

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abitante della suddetta città di Salamanca, e dai suoi beni, tremilatrecentotrentaquattro reali che il suddetto don Alonso gli doveva in virtù di una scrittura di obbligazione dinanzi a un notaio, confessando e dichiarando che erano in ragione di altrettanti che mi doveva secondo quanto nella suddetta procura è contenuto, a cui mi riferisco, in virtù della suddetta procura e obbligazione si fecero dietro mia istanza alcuni accertamenti nei confronti del suddetto don Alonso Manrique nella suddetta città di Salamanca dinanzi al suo tribunale e dinanzi ad Antonio de Vera, notaio collegiato, e ad altri dei quali al presente non ho memoria, se non che la suddetta procura e obbligazione venne presentata dinanzi al suddetto tribunale e si fecero alcuni accertamenti. Ed è così che [cassato : in realtà], pur se la suddetta procura mi fu data e in essa il suddetto Luca Giunta dichiarò che avessi e riscuotessi la suddetta somma di maravedì per altrettanti maravedì che mi doveva, in realtà fu e mi venne data sulla fiducia, perché non mi doveva alcun maravedì fino alla suddetta azione né al presente, ma [in interlinea : fu] solo per il fine e l’effetto di riscuotere in base alla suddetta disposizione i suddetti maravedì e che con essi io accorressi in suo aiuto, e di ciò gli rilasciai una certa dichiarazione firmata col mio nome. Ed essendo la suddetta riscossione rimasta nello stato in cui era, senza che venisse riscossa cosa alcuna del suddetto debito e, morto e passato a miglior vita il suddetto Luca Giunta, da parte di Giulio Giunta, suo fratello, residente in questa Corte, venne richiesta un’esecuzione forzata contro i suoi beni e quelli di Lucrezia Giunta, sua moglie, per l’ammontare di cinquecentonovantatremilatrecentottantasette maravedì che per scrittura di obbligazione gli dovevano. Essa venne eseguita conformemente alla legge per tutti i beni, debiti, diritti e azioni / (fol. 103 r.) che di essi rimasero e restarono e gli appartenevano, e sentenziandosi la causa in via definitiva, con ordine di ripagare il suddetto [cassato : Luca] [in interlinea : Giulio] Giunta del suddetto capitale, perché lo richiese, e delle spese in virtù di questa sentenza. Vennero aggiudicati i suddetti beni, debiti, diritti e azioni a Pero López de Arriaga, residente in questa Corte, come miglior offerente per quattrocentomila maravedì. Il suddetto Pero López de Arriaga cedette la suddetta aggiudicazione al suddetto Giulio Giunta, e questi l’accettò e prese possesso dei beni che al momento si trovarono tra quelli contenuti nella suddetta aggiudicazione. La suddetta aggiudicazione e cessione venne notificata e trascorse il termine di legge di nove giorni e si diede licenza per fare uso dei suddetti beni, come più dettagliatamente consta e risulta al processo e dagli atti della causa che si tiene dinanzi al suddetto giudice Arce de Otálora e dinanzi a Miguel Sánchez, cancelliere provinciale in questa Corte. Stando l’affare in questo stato, da parte del suddetto Giulio Giunta si avanzò una certa istanza [in interlinea : contro di me] dinanzi al signor giudice Otálora e dinanzi al suddetto Miguel Sánchez, cancelliere provinciale, nella quale chiese che, atteso che la suddetta procura era sulla fiducia e, nel caso in cui riscuotessi i suddetti maravedì dal suddetto don Alonso de Manrique, dovevano essere dati e consegnati al suddetto Luca Giunta come suo proprio patrimonio senza che mi dovesse restare alcuna parte di essi né spettarmi, e la suddetta procura in causa propria era a mio favore pur dovendo essere a suo, per averli e riscuoterli come beni del suddetto / (fol. 103 v.) Luca Giunta e a chi di diritto spettano, per finire di essere ripagato di tutto ciò che gli doveva e per la suddetta sentenza definitiva si ordina di pagargli, chiedendo al suddetto signor giudice di ordinare che io, il suddetto Salvador de Ayala, giurassi secondo la suddetta istanza, e si dichiara di dargli autorizzazione per richiedere ciò che al suo diritto corrispondesse. E dal suddetto signor giudice venne disposto e ordinato che giurassi e dichiarassi secondo la suddetta istanza, e a compimento di ciò da parte mia si fece una certa dichiarazione dinanzi al presente notaio di questa carta di ciò che in verità accadeva in merito e, fatta la suddetta dichiarazione, da parte del suddetto Giulio Giunta venne richiesto al suddetto signor giudice di ordinare che, atteso che io avevo dichiarato il suddetto mandato fiduciario, ed egli doveva avere i suddetti maravedì e gli spettavano per la suddetta aggiudicazione e per essere ripa 









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gato dei suddetti cinquecentonovantatremilatrecentottantasette maravedì di capitale più le spese di cui così gli era debitore, conformemente alla suddetta dichiarazione, gli facessi e rogassi una scrittura nella quale dichiarassi tutto quanto sopra espresso e gli facessi retrocessione in forma di procura per continuare e proseguire la causa avviata sul suddetto debito e per fare per la riscossione quanto opportuno e necessario con le clausole, le garanzie e le convalide necessarie. E ciò valutato il signor giudice ordinò che io, il suddetto Salvador de Ayala, facessi e stipulassi la scrittura che da parte del suddetto Giulio Giunta si richiedeva o che alla prima udienza fornissi la ragione del perché non dovevo adempiere, con l’ammonizione che si sarebbe fatta giustizia, secondo quanto più dettagliatamente consta e risulta alla suddetta i- / (fol. 104 r.) stanza, dichiarazione e atti per questo fatti e disposti, che chiedo al presente notaio di porre e incorporare in questa scrittura affinché resti costanza di essi, e io il presente notaio, essendomi stati consegnati a questo effetto, li ho messi e li ho incorporati, che dicono alla lettera come segue. Qui l’istanza e dichiarazione e richiesta e atti Pertanto io, il suddetto Salvador de Ayala, in adempimento a quanto disposto e ordinato dal suddetto signor giudice Otálora e approvando e ratificando la suddetta dichiarazione da me fatta, e adempiendo al suddetto mandato fiduciario che a me diede e fece del suddetto debito [cassato : il suddetto] e riscossione di esso il suddetto Luca Giunta, e confessando come confesso essere così tutto ciò che sopra viene riferito e dichiarato, concedo e riconosco con questa carta che nella via e forma per legge più conveniente e che sia più utile e vantaggiosa a favore del suddetto Giulio Giunta, retrocedo [in interlinea : e rinuncio] a lui [cassato : per] e a chi da lui avrà titolo, come persona che deve averlo per la causa e ragione sopra espressa e per essere ripagato dei suddetti cinquecen- tonovantatremilatrecentottantasette maravedì di cui il suddetto Luca Giunta e sua moglie gli sono e gli rimasero debitori, i suddetti tremilatrecentotrentaquattro reali che così deve ed è obbligato a pagare il suddetto don Alonso de Manrique de Lara, con i suoi beni in virtù della suddetta scrittura di obbligazione, e che mi appartenevano in virtù della suddetta procura in rem propriam che il suddetto Luca giunta mi aveva dato e concesso, con ogni qualsivoglia diritto e azione reale o personale che abbia o possa avere e abbia acquisito sui suddetti maravedì / (fol. 104 v.) e contro i beni e gli eredi del suddetto don Alonso Manrique. E do piena e sufficiente procura al suddetto Giulio Giunta, in rem propriam, affinché egli o chi da lui avrà titolo li possa richiedere e riscuotere e fare di ciò e in ciò come di cosa e in cosa propria, e di quanto riceverà e riscuoterà dare i suoi saldi e le sue ricevute di pagamento e quietanze, affinché possa proseguire la suddetta causa ed esecuzione o intentarne di nuove e su ciò fare le istanze, gli atti e le indagini necessari dinanzi a qualsiasi tribunale fino a che non avrà effetto il pagamento e la soddisfazione dei suddetti tremilatrecentotrentaquattro reali, che di tutto questo e di ciò che da questo dipende. Con questa carta gli cedo, rinunciandovi, e gli trasferisco tutti i diritti e le azioni che ho e mi spettano e mi possono spettare sui suddetti maravedì in virtù della suddetta procura in rem propriam e in altra maniera, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio attore proprio in questo. Ciò per la ragione che, come si è detto, la suddetta procura in rem propriam mi fu data sulla fiducia e per il solo fine ed effetto di richiedere e riscuotere a mio nome e a mio titolo i suddetti maravedì, riscossi i quali, tutti o in parte, li avrei restituiti al suddetto Luca Giunta o a colui che in suo nome li dovesse avere, senza che mi dovesse restare né spettare cosa alcuna, e il suddetto Giulio Giunta li deve avere e riscuotere per le ragioni sopraddette e in adempimento di quanto ordinato dal suddetto signor giudice. E per dare ciò per buono e valido e non fare reclamo né contraddirlo, obbligo la mia persona e i beni avuti e da avere, purché con questo non mi trovi a essere obbligato al risarcimento [in interlinea : del suddetto debito] né ad alcuna altra cosa oltre al dare per buona e valida in  







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qualsiasi momento questa dichiarazione e retrocessione e non fare reclamo né contraddirla né revocarla e purché il suddetto Giulio Giunta, accettando questa scrittura e dovendo far uso di essa, si faccia carico della proprietà del suddetto debito come creditore del suddetto Luca Giunta, suo fratello. E una volta riscossi / (fol. 105 r.) li deve avere e così, per aver fatto questa retrocessione e procura, non mi arrecherà danno né mi verrà richiesta cosa alcuna, e se mi venisse richiesta farei opposizione e mi metterei al riparo e in salvo, indenne da tutto ciò, poiché faccio questo costretto e sollecitato, e per le cause e ragioni sopraddette. E per l’esecuzione e compimento di ciò con questa carta do pieni poteri a ogni qualsivoglia tribunale e giudice secolare e competente, dei regni e domini di sua Maestà e ai signori giudici della sua Casa e Corte e a ognuno di essi, affinché con ogni azione e rigore di legge in via più esecutiva mi costringano e mi sollecitino all’adempimento [cassato : e pagamento] di ciò che è stato detto, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da me accettata. A tale proposito, rinuncio alla mia residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, e a ogni qualsivoglia altra legge, statuto locale e diritto e ordinamento che vada a mio favore, affinché per me non siano validi, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non è valida. A testimonianza della validità della qual cosa rilascio questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti e di essa do le notifiche necessarie in copia conforme, affinché in virtù di ciò e della suddetta obbligazione si chiedano e si riscuotano i suddetti tremilatrecentotrentaquattro reali dal suddetto don Alonso de Manrique e dai suoi beni. / (fol. 105 v.) La quale fu fatta e rogata nella città di Madrid, Corte di sua Maestà, addì ventisette di maggio dell’anno millecinquecentonovantuno, essendo presenti come testimoni Baltasar de Urbina e Juan Franco [ ?] e Juan Montero, residenti a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il concedente e firmo a suo nome. Appare in interlinea : fu, Giulio, contro di me, e rinuncio, del suddetto debito. Ed emendato : su mia istanza, la mia, sotto, stato a me, sia valida. E cancellato : Luca, per tu, e pagamento, non sia valida. Salvador de Ayala [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, tre reali.  









A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 102 v. - 105 v., 6ª foliazione. [Documento n. 6] [Al margen superior izquierdo] A Julio de Junta. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta presente scriptura de declaraçión, retroçesión y poder en causa propia y lo demás en ella contenido vieren como yo, Salvador de Ayala, residente en Corte de su Magestad, en los negoçios de Juan de Castro Gago y Juan de Lago, digo que por quanto Lucas de Junta, mercader e ynpresor de libros, ya dyfunto, que sea en gloria, veçino que fue de la zibdad de Salamanca, en su bida me dio y otorgó un poder en causa propia para poder aver y cobrar de don Alonso Manrrique de Lara, vezino de la dicha çibdad de Salamanca, y de sus vienes, tres mill e trecientos e treynta e quatro reales que el dicho don Alonso le devía en virtud de una scriptura de obligaçión ante escrivano, confesando y declarando que heran por razón de otros tantos que me devía según en el dicho poder se contiene, a que me refiero, y en virtud del dicho poder y obligaçión se hizieron a mi ynstançia ziertas diligençias contra el dicho don Alonso Manrrique en la dicha çiudad de Salamanca ante la justiçia della y ante Antonio de Vera, escrivano del número della, e otros de que al presente no tengo memoria, más de que el dicho poder y obligaçión se presentó ante la dicha justiçia y se hizieron algunas diligençias. Y es ansí que [tachado : en realidad de verda] aunque el dicho poder se me dio y en el, el dicho Lucas de Junta confesó que ubiese y cobrase la dicha suma de maravedís por otros tantos maravedís que me devía, en realidad de verdad fue y se  

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me dio en confiança porque no me devía maravedís algunos a la dicha haçión ny al presente sino [interlineado : que fue] solo para fin y efeto de que por la dicha orden se cobrasen los dichos maravedís y le acudiese con ellos, de que le hize zierta çédula firmada de mi nombre. Y aviéndose quedado la dicha cobrança en el estado en que estava sin que se cobrase cosa alguna de la dicha deuda, y muerto e pasado desta presente vida el dicho Lucas de Junta, por parte de Julio de Junta, su hermano, residente en esta Corte, se pidió execuçión conttra sus vienes y de Lucreçia de Junta, su mujer, por quantía de quinientas e noventa e tres mill e trezentos y ochenta y siete maravedís que por scripturas de obligaçión le devían, y aviéndose echo conforme a derecho en todos los bienes, deudas, derechos e abçiones / (fol. 103 r.) que dellos quedaron e fincaron e les perteneszían y sentençiádose la causa de remate, mandándole haser pago al dicho [tachado : Lucas] [interlineado : Julio] de Junta del dicho prinçipal, porque la pidió, y las costas y en virtud desta sentençia, rematándose todos los dichos bienes, deudas, derechos e abçiones en Pero López de Arriaga, residente en esta Corte, como en mayor ponedor, en quatrozientas mill maravedís, y el dicho Pero López de Arriaga çedido el dicho remate en el dicho Julio de Junta y açeptádose por él e tomado la posesión de los bienes que de presente se hallaron de los contenidos en el dicho remate, y aviéndose notificado el dicho remate y çesión e pasado el término de los nueve días de la ley y dádose liçençia para usar de los dichos vienes, como más largamente consta e pareçe por el prozesso e autos de la causa que pasó ante el dicho alcalde Arçe de Otálora y ante Miguel Sánchez, escrivano de provinzia en esta Corte, y estando el negoçio en este estado, por parte del dicho Julio de Junta se hizo zierto pedimiento [interlineado : contra mí] ante el dicho señor alcalde Otálora e por ante el dicho Miguel Sánchez, escrivano de provinzia, en que pidió que atento que el dicho poder avía sido en confiança, y que en caso que cobrara los dichos maravedís del dicho don Alonso Manrrique avían de ser para se los dar y entregar al dicho Lucas de Junta como propia hazienda suya sin que a mí me ubiese de quedar cosa alguna dellos ni pertenezerme, y el dicho poder en causa propia se estava en mi favor aviéndolo destar en el suyo para los haver y cobrar como vienes del dicho / (fol. 103 v.) Lucas de Junta y a quien de derecho le perteneçen, para acavar de ser pagado de todo lo que le devía e por la dicha sentençia de remate le está mandado pagar, pidiendo al dicho señor alcalde mandase que yo, el dicho Salvador de Ayala, jurase al tenor del dicho pedimiento, y declarado se le diese traslado para pedir lo que su derecho conbiniese. E por el dicho señor alcalde fue proveydo e mandado jurasse y declarase al tenor del dicho pedimiento, y en cumplimiento dello por mí se hizo zierta declaraçión ante el presente escrivano desta carta de lo que çerca dello pasava con verdad, y fecha la dicha declaraçión por parte del dicho Julio de Junta se pidió al dicho señor alcalde mandase que, atento que yo tenía declarado la dicha confiança y él avía de aver y le perteneszían los dichos maravedís por el dicho remate y por ser pagado de las dichas quinientas e noventa e tres mill trezentos y ochenta y siete maravedís de prinzipal y las costas de que ansí le hera deudor y conforme a la dicha declaraçión, le hiziese y otorgase escriptura en que declarase todo lo susodicho y le hiziese retroçesión en forma con poder para seguir e proseguir el pleyto que estava començado sobre la dicha deuda y haser en la cobrança dello todo lo que convenga e sea neçesario con las cláusulas y seguridad y firmezas neçesarias. E por el dicho señor alcalde visto mandó que yo, el dicho Salvador de Ayala, hiziese e otorgase la escriptura que por parte del dicho Julio de Junta pidía o a la primera audiençia diese razón porqué no lo devía cumplir con perzibimiento se provería justiçia, según que más largamente consta e pareçe por el dicho pe- / (fol. 104 r.) dimiento, declaraçión e autos sobre ello fechos e proveydos, que pido al presente escrivano ponga e yncorpore en esta escriptura para que dellos conste, e yo el presente escrivano, aviéndoseme entregado para este efecto, los puse e yncorporé, su tenor a la letra es como se sigue.  







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Aquí el pedimiento e declaraçión e petiçión e autos Por tanto yo, el dicho Salvador de Ayala, en cunplimiento de lo proveydo e mandado por el dicho señor alcalde Otálora y aprobando y ratificando la dicha declaraçión por mí echa, y cumpliendo con la dicha confiança que en mí puso e hiço de la dicha deuda [tachado : el dicho] y cobrança della el dicho Lucas de Junta, y confesando como confiesso ser ansí todo lo de suso referido y declarado, otorgo y conozco por esta carta que en la vía e forma que de derecho mexor lugar aya e más útil e provechoso sea y haga en favor del dicho Julio de Junta, retroçedo [interlineado : e renunçio] en él [tachado : por] y en quien dél oviere causa, como persona que lo a de aver por la causa e razón susodicha e para ser pagado de los dichos quinientos e noventa e tres mill y trezientos e ochenta y siete maravedís de que el dicho Lucas de Junta e su muger le son y quedaron deudores, los dichos tres mill trezientos e treynta e quatro reales que ansí deve y está obligado a pagar el dicho don Alonso Manrrique de Lara y sus vienes en virtud de la dicha escriptura de obligaçión, e a mí me perteneszían en virtud del dicho poder en causa propia que el dicho Lucas de Junta me avía dado y otorgado, y todo e qualquier derecho y abçión real o personal que tenga y pueda tener e aya adquerido a los dichos maravedís / (fol. 104 v.) y contra los bienes y herederos del dicho don Alonso Manrrique, y doy poder cumplido y bastante al dicho Julio de Junta, en causa propia, para que él o quien dél oviere causa los pueda pedir y cobrar y hazer dello y en ello como de cosa y en cosa propia, y de lo que rezibiere y cobrare dar sus carta e cartas de pago e finyquito, y para que pueda proseguir el dicho pleito y execuçión o yntentarle de nuebo y sobre ello haser los pedimientos, autos y diligençias neçesarias ante qualesquier justiçias hasta que tenga efeeto la paga e satisfaçión de los dichos tres mill a trezentos e treynta y quatro reales, que para todo ello y lo dello dependiente por esta carta le çedo, renunçio e traspaso todos los derechos y açiones que tengo e me pertenezen y pueden pertenezer a los dichos maravedís en virtud del dicho poder en causa propia y en otra manera, y le pongo en mi derecho e lugar e hago propio actor en ello, esto por la razón que como dicho hes el dicho poder en causa propia se me dio en confiança y para solo fin y efeeto de que en mi nombre y en mi caveça se pidiesen y cobrasen los dichos maravedís, y cobrados todos o parte dellos acudiese con ellos al dicho Lucas de Junta o a quien en su nombre lo oviese de aver, sin que a mí me ubiese de quedar cosa alguna ni perteneçerme, y el dicho Julio de Junta los a de aver y cobrar por las razones arriva dichas y en cumplimiento de lo mandado por el dicho señor alcalde. E para lo aver por bueno e firme e no lo reclamar ni contradesir obligo mi persona y bienes avidos e por aver, con que por esto no sea visto quedar obligado a saneamiento [interlineado : de la dicha deuda] ni a otra cosa alguna más de aver por buena y firme en todo tiempo esta declaraçión y retroçesión e no la reclamar ni contradesir ni revocar, y con que el dicho Julio de Junta, azetando esta escriptura y aviendo de usar della, se aya de obligar que la dicha deuda le perteneze como acrehedor del dicho Lucas de Junta, su hermano, y que cobrándose / (fol. 105 r.) la a de aver, y que ansí, por aver echo esta retroçesión y poder, no me berná daño ni me será pedido cosa alguna, y si se me pidiere saldría a la causa y me sacara a paz y a salvo ymdene de todo ello, pues lo hago conpulso y apremiado y por las causas e razones arriva dichas. E para la execuçión e cunplimiento dello por esta carta doy poder cunplido a todas e qualesquier justiçias e juezes seglares y conpetentes de los reynos e señoríos de su Magestad e señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos, para que por todo remedio e rigor de derecho e bía más executiva me conpelan e apremien al cunplimiento [tachado : e paga] de lo que dicho hes, como por sentenzia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, çerca de lo qual renunçio mi domizilio e propio fuero e la ley sit conbenerid de juridiçione omniun judicum, e todas ottras qualesquier leyes, fueros e dere 









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chos e hordenamientos que sean en mi favor, que me non balan, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. En testimonio e fyrmeza de lo qual otorgo esta carta ante el escrivano y testigos ynfraescriptos y della los treslados neçesarios en un tenor, para que en virtud dello y de la dicha obligaçión se pida y cobren los dichos tres mill e trezentos y treynta y quatro reales del dicho don Alonso Manrrique e sus vienes. / (fol. 105 v.) Que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid, Corte de su Magestad, a veinte y siete días del mes de mayo de mill e quinientos e noventa e un años, siendo presentes por testigos Balthasar de Urbina y Juan Franco [ ?] e Juan Montero, residentes en Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, e fírmolo de su nombre. Ba entre renglones : fue, Julio, contra mí, e renunçio, de la dicha deuda. Y enmendado : a mi ynstançia, mi, so, sido a me, valga. Y testado : Lucas, por to, e paga, non valga. Salvador de Ayala [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, tres reales.  







A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 102 v. - 105 v., 6ª foliación. * [Documento n. 7 : 30/05/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Accettazione. Nella città di Madrid il trenta maggio dell’anno millecinquecentonovantuno, dinanzi a me il presente notaio e ai testimoni infrascritti, il signor Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, che io il notaio conosco, avendo visto e preso conoscenza della scrittura di cui sopra concessa da Salvador de Ayala, ha dichiarato che la accettava e l’ha accettata così come in essa è scritto, e ha impegnato se stesso e i suoi beni avuti e da avere per il fatto che i suddetti tremilatrecentotrentaquattro reali che in conformità alla suddetta scrittura deve avere e riscuotere gli spettano per la causa e la ragione di cui in essa si fa menzione, e che per averla fatta al suddetto Salvador de Ayala non deriverà danno né gli verrà richiesta cosa alcuna, in nessun momento, e che se gli fosse richiesta lo metterebbe al riparo e in salvo indenne da ciò a sue spese e a suo carico, in quanto come si è detto deve avere e gli spetta il suddetto debito per la ragione contenuta nella suddetta scrittura, la qual cosa rispetterà pena il raddoppio e le spese. E per l’esecuzione di ciò diede potere ai giudici competenti, rinunciò alle leggi a suo favore e recepì ciò come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato. E si è così rogata, essendo testimoni Martín Alonso, notaio, Juan Montero e Martín González, residenti a Corte, e io il notaio conosco il concedente e lo firmo in suo nome. Giulio Giunta [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Senza diritti. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fol. 105 v., 6ª foliazione. [Documento n. 7] [Al margen superior izquierdo] Aceptaçión. En la villa de Madrid a treynta de mayo de mill e quinientos e noventa e un años, ante mí el presente scrivano y testigos ynfraescriptos, el señor Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, e a quien yo el scrivano conozco, aviendo visto y entendido la escriptura de suso otorgada por Salvador de Ayala, otorgó que la aceptava y açeptó según y como en ella se contiene, y se obligó y a sus vienes avidos e por aver que los dichos tres mill e treçientos e treynta y quatro reales que conforme a la dicha escriptura a de aver y cobrar le pertenezen por la causa e razón de que en ella se haze minçión, y que por la aver echo al dicho Salvador

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de Ayala no le berná daño ni será pedido cosa alguna en ningún tiempo, y que si se le pidiere que le sacará a paz e a salvo yndene dello a su costa e misión por quanto como dicho es tenga de aver e le perteneçe la dicha deuda por la razón contenida en la dicha escriptura, lo qual cumplirá so pena del doblo y costas. Y para execuçión dello dyo poder a los juezes conpetentes, renunçió las leyes en su favor y lo resçivió por sentencia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada. Y se otorgó ansí, siendo testigos Martín Alonso, scrivano, e Juan Montero, e Martín Gonçález, residentes en Corte, e yo el scrivano conozco al otorgante, e fírmolo de su nombre. Julio de Junta [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Sin derechos. A.H.P.M. Protocolo 1.349, fol. 105 v., 6ª foliación. * [Documento n. 8 : 16/07/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Ricevuta di pagamento. Nella città di Madrid addì sedici del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantuno, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti, è comparso Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, che io il notaio faccio fede di conoscere, e ha detto e stabilito che si riteneva e si è ritenuto soddisfatto e ripagato in tutte le sue volontà, ha dichiarato di aver ricevuto dal padre fra’ Alonso, [in interlinea : de Herrera] dell’ordine di Santo / (fol 128 r.) Agostino, duecentodiciassette reali in denaro contante, i quali gli paga come somma residua delle seicentotrentacinque risme di carta che il suddetto Giulio Giunta vendette al padre fra’ Pedro de Rojas, vescovo di Astorga, per stampare un libro di un padre religioso delle Indie che ha stampato Marí[a] Ruiz, tipografa in questa Corte, a quattordici reali la risma, nelle quali rientrano seicento risme che il suddetto Giulio Giunta era obbligato a dare al suddetto signor vescovo, le quali vennero consegnate a più riprese alla suddetta, dandole per ventitré di esse tredici risme di carta bastarda a ventiquattro reali la risma, che equivalgono alle suddette ventitré a quattordici reali, e poiché c’era nelle [cassato : qualche] suddette risme qualche foglio bastardo di Genova, dieci di esse gli vennero pagate a due ducati, [cassato. e con], di modo che [cassato : di] ha consegnato tutte le suddette seicentotrentacinque risme alla suddetta, le quali, al suddetto prezzo di quattordici reali fanno e ammontano a ottomilaottocentonovanta reali, e con i suddetti duecentodiciassette reali che al momento riceve si è finito di rifondere di tutta la suddetta somma a più riprese. E in ragione del fatto che la consegna al momento non compare, rinunciò all’eccezione della non numerata pecunia, e al non averla vista né ricevuta, e alle due leggi del diritto che trattano in merito a tale questione, come in esse è contenuto. E poiché soddisfatto e appagato in tutto e ripagato di tutta la suddetta somma, rilasciò ricevuta di pagamento e quietanza col sufficiente valore legale che per legge si richiede, affinché non li possa chiedere nuovamente in nessun / (fol. 128 v.) tempo, pena il raddoppio e le spese, e per questo obbligò la sua persona e i suoi beni avuti e da avere e la reputò come sentenza passata in giudicato, [cassato : essendo presenti come testimoni] così che questa ricevuta di pagamento e le altre che risulteranno a tale titolo siano e si considerino un tutt’uno e una stessa cosa. Così stabilì essendo presenti come testimoni Juan Montero, Tommaso Giunta e Nicolás Ruiz, residenti a Corte, e la firmò il suddetto concedente. Appare cancellato : alcun, e con di, m [sic], essendo presenti come testimoni, non sia valida. Appare in interlinea : Herrera, sia valida. Giulio Giunta [firmato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, un reale e mezzo [rubricato].  











A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 127 v. - 128 v., 6ª foliazione.

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[Documento n. 8] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago. En la villa de Madrid a diez e seis días del mes de julio de mill y quinientos e noventa e un años, ante mí el escrivano y testigos ynfraescriptos, paresçió presente Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, a quien yo el escrivano doy fee que conozco, y dixo y otorgó que se dava y dio por contento e pagado a toda su voluntad, confesó aver reçibido del padre fray Alonso [interlineado : de Herrera], de la horden de señor San / (fol. 128 r.) Agustín, duçientos y diez e siete reales en dineros de contado, los quales le paga por resta de seisçientas e treynta e zinco rezmas de papel que el dicho Julio de Junta vendió al padre fray Pedro de Rojas, obispo de Astorga, por la ynprisión de un libro de un padre religiosso de las Yndias que a ynpreso Mari Ruiz, inpresora en esta Corte, a catorçe reales cada rezma, en las quales entran seisçientas rezmas que el dicho Julio de Junta estava obligado a dar al dicho señor obispo, las quales se le entregaron en bezes a la susodicha, dándole por las veynte y tres dellas treze rezmas de papel bastardo a veynte y quatro reales la rezma, que monta lo mismo que las dichas veynte y tres a catorçe reales, y por aver avido en las [tachado : algún] dichas rezmas algún papel bastardo de Xénova se le pagaron las diez dellas a dos ducados, [tachado : y con] de forma que [tachado : de] todas las dichas seisçientas y treynta y çinco rezmas a entregado a la susodicha, las quales, al dicho presçio de catorçe reales, suman y montan ocho mill y ochoçientos y noventa reales, y con los dichos duzientos y diez e siete reales que de presente rezibe está acavado de pagar de toda la dicha suma en diferentes bezes, y en razón de la entrega que de presente no pareze, renunció la eçeçión de la ynnumerata pecunia, aver no visto ni reçibido, e las dos leyes del derecho que sobre esta razón hablan, como en ellas se contiene. Y como contento e pagado de todo e pagado de toda la dicha suma otorgó carta de pago y finiquito quan bastante de derecho se requiere para no los poder pedir ni repetir en tienpo / (fol. 128 v.) alguno so pena del doblo y costas, e para ello obligó su persona e bienes avidos e por aver y lo llebó por sentençia pasada en cosa juzgada, [tachado : syendo presentes por testigos] con que esta carta de pago y las demás que paresçieren en esta razón sean y se entiendan ser todas una y de una misma cosa, y lo otorgó ansí siendo presentes por testigos, Juan Montero, e Tomás de Junta y Nicolás Ruiz, residentes en Corte, y firmolo el dicho otorgante. Va testado : algún, y con, de, m [sic], siendo presentes por testigos, non valga. Va entre renglones : Herrera, valga. Julio de Junta [firmado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrla a otorgar, real y medio [rubricado].  













A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 127 v. - 128 v., 6ª foliación. * [Documento n. 9 : 17/07/1591]  

[Al margine superiore sinistro] A Giulio Giunta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che noi, Alonso de Neyla, chierico prebendario presso la chiesa cattedrale della città di Salamanca, come mandante, e Jerónimo de la Carrera, suo cognato, e Gabriel Cornejo, maggiordomo di don Sancho de la Cerda, e Antonio de la Rua, agente a Corte, tutti abitanti della suddetta città di Salamanca, come suoi fideiussori e pagatori principali ed esecutori di quanto contenuto in questa scrittura facendo nostro proprio, come facciamo, il debito e fatto altrui e tutti congiuntamente e di comune accordo in vece di uno e ognuno di noi e dei nostri beni e per sé e per il tutto in solidum, rinunciando come rinunciamo alle leggi e alle autentiche de duobus rex [sic] e

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presente de fideiussoribus e al ricorso e beneficio dell’escussione e alla divisione e deposito delle spese e all’epistola de verbo Adriano e le ulteriori leggi e diritti che trattano in merito al comune accordo, come in esse è contenuto, e io, il suddetto Alonso de Neyla, rinuncio altresì al capitolo odoardus de solutionibus suam de poenis e al cavalierato di San Pietro e San Paolo, diciamo che in quanto oggi, giorno della data di questa carta, dinanzi al notaio di essa, io, il suddetto prebendario Alonso de Neyla, per me e per ciò che mi concerne, in vece e a nome di donna María de Neyla, moglie di me [sic], il suddetto Jerónimo de la Carrera, e donna Jerónima de Neila, mie sorelle che siamo e restiamo figli di Juan María de Terranova [Giovanni Maria da Terranova] e María de Neyla, sua moglie, e dando la parola e la garanzia pro rato et grato, per esse feci e rilasciai a favore del signor Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, una scrittura di approvazione e ratifica di una certa vendita che la suddetta María de Neyla, per suo conto e come amministratrice dei suddetti suoi figli, fece e concesse al suddetto Giulio Giunta di certi torchi con le loro forme e attrezzature dinanzi ad Antonio de Vera, notaio pubblico collegiato della suddetta città di Salamanca, visto che il suddetto Giulio Giunta era possessore dei beni di Luca Giunta, suo fratello, e di Cornelio Bonart, mercanti e stampatori di libri, ormai defunti, per sentenze e atti rilasciati in giudizio contraddittorio. E nell’amministrazione e tutela che alla suddetta María de Neyla si affidò dei suddetti suoi figli si fecero suoi fideiussori i suddetti Cornelio Bonart e Luca Giunta, e si impegnarono affinché rendesse debito conto dei pagamenti coi loro beni, mi impegnai, per me e per le suddette mie sorelle, che in ragione delle suddette garanzie, da noi né da alcuna altra persona sarebbe stata chiesta cosa alcuna al suddetto Giulio Giunta né a chiunque altro che nel tempo sarebbe stato possessore dei suddetti beni o di parte di essi, e che io e le suddette mie sorelle lo avremmo lasciato in pace e in salvo, indenne da tutto questo e con altre clausole e dichiarazioni, secondo quanto più dettagliatamente sé contenuto nella suddetta scrittura, impegnandomi a portare entro quindici giorni una scrittura di [cassato : dichiarazione] approvazione e ratifica di tutto quanto sopra detto fatta dalle suddette mie sorelle, e per questo avrei dato garanzie in questa Corte a suo piacimento / (fol. 131 v.) e nella forma sotto dichiarata. Pertanto tutti e quattro i mandatari e fideiussori, adempiendo quanto sopra detto sotto il suddetto comune accordo e rinuncia alle leggi, concediamo e stabiliamo con questa carta, dichiarando che io, il suddetto Alonso de Neyla, dichiaro di essere maggiore di venticinque anni, e così lo giurò formalmente in verbo sacerdotis, di impegnarci a portare e consegnare al signor Giulio Giunta in questa Corte, entro i primi quindici giorni che seguiranno, che decorrono e si contano da oggi, giorno della data e rogito di questa carta, una scrittura rilasciata dalle suddette donna María e donna Gerónima de Neyla, sorelle, e dal suddetto Jerónimo de la Carrera, con la quale approvino e ratifichino la suddetta scrittura, rilasciandola per quanto a essi compete con le stesse clausole e con tutte le garanzie necessarie, e la sottomissione generale a tutti i tribunali e specialmente ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà e a qualunque di essi, e a piacimento e soddisfazione del suddetto signor Giulio Giunta e del suo legale. Ciò non facendo, trascorso il suddetto termine, possiamo essere pignorati, noi e chiunque di noi, per i tremilasettecento reali per i quali il suddetto Giulio Giunta subì un pignoramento su istanza della suddetta María de Neyla, che sono sotto fermo e depositati fino a che non darà garanzie di aver diritto ad essi in virtù della rimozione dalle suddette fideiussioni. E, a patto che si facciano le suddette scritture e si adempia alla presente, il suddetto Giulio Giunta reputa giusto che gli si consegnino e che si tolga il suddetto fermo e, a nostra richiesta e istanza, affinché si restituiscano e stiano nel suddetto deposito [in interlinea : se non si compie quanto sopra detto] dobbiamo poter subire pignoramento per la suddetta somma, affinché si restituiscano al suddetto deposito e restino sotto fermo fintanto che non sarà rilasciata e, [in interlinea : rilasciata], consegnamo la suddetta scrittura al suddetto Giulio Giunta nella suddetta forma. E trascorso il suddetto  





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termine, il suddetto Giulio Giunta potrà inviare una persona per la riscossione dei suddetti maravedì con cinquecento maravedì di salario di andata, soggiorno e ritorno da questa Corte con la riscossione fatta dei suddetti tremilasettecento reali, per il quale suddetto salario possiamo essere sottoposti a pignoramento come capitale senza poter chiedere limite né moderazione alcuna. E in merito ai giorni che tale persona si sarà trattenuta per la riscossione sia creduto Giulio Giunta con il suo giuramento o la persona che andrà per lui a fare le pratiche senza altra garanzia alcuna, perché nel suddetto giuramento lo differiamo da subito come decisorio in giudizio, e vogliamo che sia garanzia sufficiente, senza che per doverla fare siamo citati né convocati e senza che per sottoporci a esecuzione per i suddetti tremilasettecento reali sia necessario ammonirci né fare altra pratica alcuna, oltre al fatto che consti essere passato il suddetto termine, e che il suddetto Giulio Giunta o chi / (fol. 132 r.) avrà una sua procura dichiari con un giuramento il mancato adempimento della consegna della suddetta scrittura. In quanto, a condizione che così si facesse, ha reputato e reputa giusto che si tolga il suddetto fermo e si provveda con i suddetti tremilasettecento reali alla suddetta María de Neyla e ai suoi figli su istanza e richiesta di essi, i suddetti fideiussori, tutta la qual cosa compiremo e pagheremo pena il raddoppio e le spese e la penale pagata e quella ancora da pagare, sia valido quanto detto. E in adempimento ed esecuzione di ciò, impegnamo le nostre persone e i beni mobili e immobili avuti e da avere, e diamo pieni poteri a ogni qualsivoglia tribunale o giudice secolare competente dei regni e domini di sua Maestà e ai signori giudici della sua Casa e Corte e a ciascuno di essi, e io, il suddetto prebendario Alonso de Neyla, do potere a tutti i giudici ecclesiastici di qualsiasi parte siano, alla cui giurisdizione ci sottoponiamo, rinunciando alla nostra residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit de iurisditione affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più esecutiva ci costringano e ci sollecitino all’adempimento e al pagamento di tutto ciò che è stato detto come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da noi accettata e a me, il suddetto prebendario Alonso de Neyla, in forma camerae e sub poenis camerae apostolicae latissimae aestendenda, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto e ordinamento che vada a nostro favore affinché non siano validi per noi né ci avvantaggino, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non è valida. A testimonianza della qual cosa stipuliamo questa carta nella maniera che è stata detta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti il giorno mese e anno sotto contenuti, che preghiamo di siglare, / (fol. 132 v.) che fu fatta e rilasciata nella città di Madrid e Corte del Re nostro signore addì diciassette del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantuno, essendo presenti come testimoni Françisco de la Concha, notaio, e Juan Montero e Françisco de Barrio, residenti a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere i concedenti, che firmarono con il loro nome. Appare cancellato o diceva : dichiarazione, non sia valida. Appare in interlinea : non compiendo quanto sopra detto, rilasciata, sia. Valido. Alonso de Neyla [firmato e rubricato]. Jerónimo de la Carrera Maldonado [firmato e rubricato]. Antonio de la Rua [firmato e rubricato]. Gabriel Corneo [firmato rubricato]. Fu presso di me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali, con il rogito.  



A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 131 r. - 132 v., 6ª foliazione. [Documento n. 9] [Al margen superior izquierdo] A julio de Junta. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como nos, Alonso de Neyla, clérigo raçionero en la yglesia catredal de la çiudad de Salamanca, como prinçipal, y Gerónimo de la Carrera,

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su cuñado, y Gabriel Cornexo, mayordomo de don Sancho de la Çerda, y Antonio de la Rua, agente en Corte, todos veçinos de la dicha çiudad de Salamanca, como sus fiadores e prinzipales pagadores y cunplidores de lo en esta escriptura contenido, haziendo como hazemos de deuda y fecho ageno nuestro propio y todos juntamente de mancomún a boz de uno y cada uno de nos e de nuesttros vienes por sí e por el todo yn solidum, renunçiando como renunçiamos las leyes e auténticas de duobus rex e presente de fidejusoribus y el remedio e benefiçio de la escursión y división e depósito de las espensas y epístola del vervo Adriano e las demás leyes e derechos que hablan en razón de la mancomunidad, como en ellas se contiene, e yo, el dicho Alonso de Neyla, renunçio otrosí el capítulo oduardus de soluzionybus suam de penis y el cavallerato de San Pedro y San Pablo, dezimos que por quanto oy día de la fecha desta carta por ante el escrivano della, yo, el dicho raçionero Antonio de Neyla, por mí e por lo que me toca y en boz y en nombre de doña María de Neyla, muger de mí [sic], el dicho Gerónimo de la Carrera, y doña Gerónima de Neila, mis hermanas, hijos que somos y quedamos de Juan María de Terranova e María de Neyla, su muger, e prestando boz y cauçión de rato grato por ellas hize y otorgué en favor del señor Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, una scriptura de aprovaçión y ratificaçión de çierta venta que la dicha María de Neyla, por sí y como curadora de los dichos sus hijos, hizo y otorgó al dicho Julio de Junta de çiertas prensas con sus moldes y aparejos por ante Antonio de Vera, escrivano público del número de la dicha çibdad de Salamanca, y me obligué que por quanto el dicho Julio de Junta fuera posehedor de los bienes de Lucas de Junta, su hermano, y Cornelio Bonart, mercaderes e ynpresores de libros, ya difuntos, por sentençias y autos dados en contraditorio juizio, y en la curaduría y tutela que a la dicha María de Neyla se le disçernió de los dichos sus hijos salieron por sus fiadores los dichos Cornelio Bonart e Lucas de Junta, e se obligaron a que daría buena quenta con pago de sus vienes, me obligué por mí e por las dichas mis hermanas a que en razón de las dichas fianças por nos ni por otra persona alguna no le sería pedido al dicho Julio de Junta ni a otro qualquier posehedor que por tienpo fuese de los dichos bienes o parte dellos cosa alguna, y que yo e las dichas mis hermanas le sacaríamos a paz e a salvo yndene de todo ello y con otras cláusulas y declaraçiones, según más largamente se contiene en la dicha scriptura, obligándome a que dentro de quinze días trahería scriptura de [tachado : declaraçión] aprobaçión e ratificaçión fecha por las dichas mis hermanas de todo lo susodicho, e para ello daría fianças en esta Corte a su satisfaçión / (fol. 131 v.) y en la forma que de yuso yrá declarado. Por tanto todos quatro prinzipales e fiadores, cunpliendo lo susodicho devaxo de la dicha mancomunidad e renunçiaçión de leyes, otorgamos y comzertamos por esta carta, confesando como yo, el dicho Alonso de Neyla, confieso ser mayor de veynte y zinco años y ansí lo juró en forma ynbervo saçerdotis, nos obligamos que dentro de quinze días primeros siguientes que corren y se quentan desde oy día de la fecha e otorgamiento desta carta traeremos y entregaremos al dicho señor Julio de Junta en esta Corte escriptura otorgada por las dichas doña María e doña Gerónima de Neyla, hermanas, e por el dicho Gerónimo de la Carrera, por la qual aprueben e ratifiquen la dicha scriptura, y por lo que a ellos toca la otorguen con las mismas claúsulas y con todas las firmezas neçesarias e sumisión general a todas las justiçias y en espezial a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad y a qualquier dellos, y a contento y satisfaçión del dicho señor Julio de Junta e su letrado, y no lo cunpliendo ansí que pasado el dicho término podamos ser executados nos e qualesquier de nos por los tres mill e seteçientos reales por que el dicho Julio de Junta fue executado a pedimiento de la dicha María de Neyla, que están embargados e depositados hasta que dé fianzas para estar a derecho con él en razón de sacarle de las dichas fianças, y devajo de que se an de haser las dichas escripturas y cunplir con el tenor desta el dicho Julio de Junta tiene por bien se le entreguen e alçe el dicho embargo, e a nuestro ruego e ynstançia e para que se buelban y estén en el dicho depósito, [interlineado : no cunpliendo lo susodicho] hemos de poder ser y executados por la dicha cantidad para que se  



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buelban al dicho depósito y estén enbargados hasta tanto que se otorgue, y [interlineado : otorgada] entreguemos la dicha scriptura al dicho Julio de Junta en la dicha forma, e pasado el dicho término pueda el dicho Julio de Junta ynviar persona a la cobrança de los dichos maravedís con quinientos maravedís de salario de yda, estada y buelta a esta Corte con la cobrança echa de los dichos tres mill e seteçientos reales, por el qual dicho salario podamos ser executados como prinzipal sin que podamos pedir tasa ni moderaçión alguna, y çerca de los días que se detubiere la tal persona en la cobrança sea creydo el dicho Julio de Junta por su juramento o la persona que por él fuere a haser las diligenzias sin otro recaudo alguno, porque en el dicho juramiento lo difirymos desde luego como deçisorio en juiçio e queremos sea bastante recaudo, sin que por averle haser seamos zitados ni llamados e sin que para executarnos por los dichos tres mill e seteçientos reales sea neçesario aperçibirnos ni haser otra diligençia alguna más de que conste se pasado el dicho término, y que el dicho Julio de Junta o quien / (fol. 132 r.) su poder oviere declare con juramento no aver cunplido con traerle la dicha scriptura, por quanto devajo de que ansí se avía de cunplir a tenido e tiene por bien se alçe el dicho enbargo e se acuda con los dichos tres mill y seteçientos reales a la dicha María de Neyla e sus hijos, e a ynstançia e pedimiento dellos, los dichos fiadores, todo lo qual cunpliremos e pagaremos so pena del doblo y costas y la pena pagada e no todavía, vala lo que dicho es. E para el complimiento y execuçión dello obligamos nuesttras personas y bienes muebles e rayzes avidos e por aver e damos poder cunplido a todas qualesquier justiçias e juezes seglares y conpetentes de los reynos e señoríos de su Magestad e señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos, e yo, el dicho raçionero Alonso de Neyla, doy poder a todos los juezes eclesiásticos de qualquier parte que sean, a cuya jurisdiçión nos sometemos, renunçiando nuestro domizilio e propio fuero e la ley sit conbenerid de jurisdiçione para que por todo remedio e rigor de derecho y bía más executiba nos conpelan e apremien al cunplimiento e paga de todo lo que dicho es como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por nos consentida, y a mí, el dicho raçionero Alonso de Neyla, en forma camere e su penis camere apostolice latissime estendenda, çerca de lo qual renunçiamos todas e qualesquier leyes, fueros e derechos e hordenamientos que sean en nuestro favor para que no nos balan ni aprovechen, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non bala. En testimonio de lo qual otorgamos esta carta en la manera que dicha es ante el escrivano y testigos ynfraescritos el día mes e año avaxo contenido, al qual rogamos que la signase, / (fol. 132 v.) que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid y Corte del Rey nuestro señor a diez e siete días del mes de julio de mill y quinientos e noventa e un años, siendo presentes por testigos Françisco de la Concha, scrivano, e Juan Montero y Françisco de Barrio, residentes en Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco a los otorgantes, e firmáronlo de sus nonbres. Ba testado o dizía : declaraçión, no valga. Ba entre renglones : no cunpliendo lo susodicho, otorgada, valga. Alonso de Neyla [firmado y rubricado]. Gerónimo de la Carrera Maldonado [firmado y rubricado]. Antonio de la Rua [firmado y rubricado]. Gabriel Cornejo [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales, con el otorgamiento.  





A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 131 r. - 132 v., 6ª foliación. * [Documento n. 10 : 17/07/1591]  

[Al margine superiore sinistro] A Giulio Giunta. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io, Alonso de Neyla, chierico prebendario della chiesa cattedrale della città di Salamanca e cittadino di questa, residente

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al momento in questa città di Madrid, Corte di sua Maestà, confessando come confesso di essere maggiore di venticinque anni e di non essere sotto tutela né amministrazione, e così lo giuro formalmente in verbo sacerdotis, per me e per quanto mi riguarda e in vece e a nome di donna María de Neyla, moglie di Jerónimo de la Carrera, che con altro nome si è chiamata Victoria de Terranova, e di donna Jerónima de Neyla, mie sorelle, che tutti siamo e restiamo figli legittimi di Juan María de Terranova, defunto, e di María de Neyla, sua moglie, abitanti della suddetta città di Salamanca, per le quali e per ognuna di esse presto la parola e la garanzia pro rato iudicatum solvendi che rimarranno e saranno sancite in questa scrittura e la approveranno e ratificheranno e, qualora no, io lo compierò e pagherò personalmente con i miei beni spirituali e temporali avuti e da avere, che per questo impegno, dichiaro che: a seguito della morte e scomparsa del suddetto Giovanni Maria da Terranova, nostro padre, venne nominata come tutrice e curatrice della mia persona e dei miei beni e di quelli degli altri miei fratelli la suddetta María de Neyla, nostra madre, dinanzi al tribunale reale della suddetta città di Salamanca e dinanzi a Pedro Gudínez e Antonio de Vera, notai collegiati di essa. Per le suddette cure e tutela, e per fare i dovuti pagamenti per esse, diede come fideiussori e pagatori principali Luca Giunta, mercante, e Cornelio Bonart, stampatore / (fol. 133 v.) di libri, ormai defunti, che furono abitanti della suddetta città: e così, nominata tutrice e curatrice, fatta precedere a tale scopo una licenza del tribunale della suddetta città, che informava circa il profitto che ne derivava ai suddetti minori, e la suddetta María de Neyla fece formale e reale vendita da sé e quale tutrice e curatrice dinanzi al suddetto Antonio de Vera, notaio, il ventiquattro gennaio dell’anno passato cinquecentottantasei, di tre torchi con le loro forme, piombi, lettere, matrici e altre attrezzature e cose riguardanti la stampa, che erano rimasti del suddetto Giovanni Maria da Terranova, nostro padre, al prezzo di duecentoquarantunomilaottocentosettantasei maravedì. Dei figli ed eredi che rimasero del suddetto Giovanni Maria da Terranova mio padre, morì ragazzo e senza figli Juan Bautista de Terranova [Giovan Battista da Terranova] e, prima della sua morte, Lunardo Nicolo, magistrato, che fu abitante della città di Medina del Campo, fece a tutti noi donazione di certi beni dei quali aveva preso possesso dai suddetti nostri genitori per certi diritti e, se qualcuno fosse morto, gli altri che fossero rimasti sarebbero succeduti nei suddetti beni, la quale suddetta donazione fu concessa dinanzi al suddetto Pedro Gudínez, notaio, il diciannove marzo del cinquecentosettantasette. Dopodiché, per mezzo di sentenze e rogatorie emesse dal signor dottore Arce de Otálora, del Consiglio di sua Maestà, giudice nella sua Casa e Corte, in giudizio contraddittorio, passate in giudicato, furono venduti e aggiudicati e venne ordinato di consegnarli e di darne possesso al suddetto Giulio Giunta, per sé e come cessionario di altre persone / (fol. 134 r.) e creditori di tutti i beni rimasti dei suddetti Luca Giunta e Cornelio Bonart, per conto e come parte di pagamento di molte somme e importi di maravedì che gli dovevano e di cui gli erano rimasti debitori al tempo della loro morte. Avendoli e possedendoli a questo titolo, da parte sua si fece una certa istanza presso il tribunale della suddetta città di Salamanca e dinanzi a Pedro Ruano, notaio collegiato di questa, facendo relazione di quanto sopra detto e di quanto la suddetta María de Neyla, mia madre, aveva arrecato danno e impoverito la sua azienda, e che poiché gli si chiedeva il pagamento per le suddette tutele, ricorrendo ai beni dei suddetti Luca Giunta e Cornelio Bonart, dei quali era possessore. E così la obbligava a lasciarlo in pace e al riparo indenne, lui e i suddetti beni, e chiese che fosse condannata a questo e a dargli la garanzia e la promessa di indegnità, affinché i suddetti beni in nessun momento, in ragione delle suddette garanzie, corressero alcun rischio, e nemmeno il suddetto Giulio Giunta o la persona che gli fosse succeduta per essi. E la stessa istanza ed eccezione presentò in una certa causa di esecuzione che la suddetta María de Neyla, mia madre, richiese contro il suddetto Giulio Giunta per certe somme di maravedì dinanzi al signor giudice Alonso Pérez de Baraiz e

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dinanzi a Felipe Enríquez, cancelliere provinciale in questa Corte, nella quale si ordinò la messa all’asta per tremilasettecentottanta reali e si ordinò di fornire le garanzie per risultare in diritto, in ragione di quanto sopra detto, con il suddetto Giulio Giunta e con Pedro López de Arriaga, in quanto era tenutario dei beni del suddetto Cornelio Bonart, secondo quanto ciò che sopra è detto più dettagliatamente e contenuto nelle suddette scritture, processi e atti menzionati sopra, / (fol. 134 v.) ai quali mi riferisco. E poiché la mia volontà e quella delle mie suddette sorelle è stata ed è di approvare e ratificare la suddetta vendita e di assicurare al suddetto Giulio Giunta che i suddetti beni dei suddetti Luca Giunta, suo fratello, e Cornelio Bonart che così gli vengono aggiudicati e dati in possesso per i suddetti debiti e diritti saranno per lui certi e sicuri per quanto attiene le suddette garanzie che nelle suddette tutele delle nostre persone e beni che alla suddetta María de Neyla, nostra madre, si affidarono fecero e concessero, e che né in ragione di ciò né di tutto quel che è stato detto gli sarà chiesto costo né saldo, né richiesta altra cosa alcuna in nessun momento, per questo si farà scrittura a suo piacimento, perché a questa condizione accetta che si provveda alla suddetta María de Neyla, nostra madre, e a me e agli altri suoi figli con i suddetti tremilasettecentottanta reali e con altri cinquecento reali coi quali fece salvo il suo diritto nella suddetta sentenza definitiva contro il suddetto Giulio Giunta, che sono sotto deposito per la mancata consegna delle garanzie. Pertanto, con la presente, concedo e riconosco che da parte mia e in vece e a nome delle suddette donna María e donna Jerónima de Neyla, mie sorelle, dalle quali ho ricevuto garanzia, e come cessionari quali siamo del suddetto Lunardo Nicolo ed eredi del suddetto Giovan Battista da Terranova, approvo e ratifico e do per buona e per ben fatta la suddetta scrittura di vendita che la suddetta María de Neyla, nostra madre, per sé e in quanto nostra tutrice e curatrice, fece a favore del suddetto Giulio Giunta, per lui e per i suoi eredi e successori dei suddetti tre torchi con tutto ciò a essi appartenente, e degli altri beni e cose di legno, tavole, ferro, piombo, stagno, metallo al suddetto prezzo delle suddette [sic] duecentoquarantunomilaottocentosettantasei maravedì, / (fol. 135 r.) e per buono e ben fatto il pagamento che dei suddetti maravedì si fece alla suddetta nostra madre, così come nella suddetta scrittura di vendita è contenuto e dichiarato. E così pure come se da me e dagli altri miei fratelli fosse fatta e stipulata, mi impegno e mi ritengo impegnato, in solidum e facendo, in caso di necessità, di debito e fatto altrui il mio proprio per quanto concerne le mie suddette sorelle, al rispetto e all’osservanza della suddetta scrittura di vendita e all’evizione, garanzia e risarcimento dei suddetti torchi e beni e di tutto ciò in essa contenuto, col valore legale che al suddetto Giulio Giunta e a chi succederà nel suo diritto converrà, e con gli stessi vincoli e validità contenuti e dichiarati nella suddetta scrittura. E con questa carta cedo, rinuncio e trasferisco al suddetto Giulio Giunta e a chi da lui ne avrà titolo ogni diritto e azione che ho o posso avere e può competere a me e alle mie suddette sorelle in virtù delle suddette garanzie, e ad ognuna e tutte loro, verso i beni dei suddetti Luca Giunta e Cornelio Bonart, e del suddetto Giulio Giunta, come tenutario e possessore di essi, e le considero nulle e di nessun valore ed effetto [in interlinea : e liberi da esse i suddetti beni, diritti e azioni e il suddetto Giulio Giunta come signore e possessore di essi] come se non fossero stati fatti né stipulati. E prometto e mi impegno affinché né io né le suddette mie sorelle né alcuna di loro né altri, in mio nome né nel loro, né ora né in alcun momento, useremo né ci approfitteremo delle suddette garanzie e obbligazioni che così fecero e concessero i suddetti Luca Giunta e Cornelio Bonart e ciascuno di loro nelle suddette cure e tutele che vennero affidate alla suddetta María de Neyla, nostra madre, né di alcuna di esse, e che né in virtù di esse né di alcuna di esse, né in ragione di averle fatte al suddetto Giulio Giunta né ai beni, diritti / (fol. 135 v.) e azioni che rimasero dei suddetti Luca Giunta e Cornelio Bonart, che sono e appartengono e sono stati aggiudicati al suddetto Giulio Giunta, che ne ha preso possesso in virtù delle suddette sentenze, rogatorie e  

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messe all’asta né cosa alcuna né parte di essi, né ad alcun altro che nel tempo sarà tenutario o possessore di essi in loro nome sarà chiesto né domandato conto né saldo delle suddette tutele e cure e beni di esse né i proventi, né le rendite di essi né altra cosa alcuna in ragione di ciò, in nessun momento e in alcuna maniera. E se qualcosa sarà chiesto e domandato, o se sarà fatta qualche causa o fermo giudiziario per la suddetta ragione al suddetto Giulio Giunta o per i suddetti beni o parte di essi, o a qualsivoglia persona che su di essi nel tempo sia succeduta o per i suddetti torchi e gli altri beni contenuti nella suddetta scrittura di vendita, io e le mie sorelle e ognuno e chiunque di noi in solidum per il tutto entreremo in causa e lo difenderemo prendendo parola e autorità e seguendola a nostro onere e spese in tutte le istanze, sino a finirla e terminarla e a lasciare tutto questo risolto, e lo lasceremo in pace e in salvo, indenne da tutto ciò, in maniera che resti nel quieto e pacifico possesso, senza impedimento alcuno. E lo stesso faranno i nostri eredi e successori per il suddetto Luca Giunta e per chiunque altro che, dopo di lui, sarà possessore dei suddetti beni e per i suoi, anche se né a noi né a essi verranno richiesti l’evizione e il risarcimento né si sbrigherà altra pratica alcuna, anche se si dovrà fare per legge, pena doverlo pagare. E io e le mie suddette sorelle e chiunque di noi e dei nostri eredi e successori [in interlinea : gli pagheremo] l’interesse sul capitale per tutto ciò, e tutto quel che a tale riguardo sarà chiesto e domandato, con in più tutte le spese e i danni che su ciò graveranno, tutto ciò col raddoppio in nome dell’interesse / (fol. 136 r.) e la solenne stipula convenzionale accordata tra le parti e la penale e le spese pagate e ancora da pagare, sia valido quanto detto. Per così adempiere, pagare e considerare definitiva la qual cosa, impegno la mia persona e i beni spirituali e temporali, mobili e immobili, avuti e da avere, in forma camerae apostolicae e sub poenis camerae, rinunciando al capitolo odoardus de solutionibus suam de poenis e a qualsiasi altro ausilio e beneficio che mi spetti e agisca a mio favore affinché non siano validi per me né mi avvantaggino. A tale ragione, e per l’esecuzione di tutto quanto detto, con questa carta do pieno potere a ogni qualsivoglia tribunale e giudice competente dinanzi al quale fosse chiesta esecuzione e compimento per vie legali di quanto qui contenuto, alla cui giurisdizione mi sottometto e sono vincolato, rinunciando al mio statuto locale, giurisdizione e residenza e al mio statuto locale [sic] e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di giustizia e in via più esecutiva mi costringano e mi sollecitino al compimento e al pagamento di tutto questo, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da me accettata, che come tale ricevo e concedo, e a tale proposito rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto canonico e civile che sia a mio favore affinché non sia valido per me, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. E a testimonianza e validità di tutto ciò, stipulai questa carta dinanzi a Pedro de Parado, notaio pubblico del Re nostro signore, uno di quelli che risiedono presso la sua Corte e nella provincia di essa, il quale pregai di scriverla e di siglarla con la sua parafa e di dare una copia, due o più al suddetto Giulio Giunta, fiorentino, a custodia e conservazione del suo diritto. / (fol. 136 v.) La quale fu fatta e rogata nella città di Madrid e Corte del Re nostro signore, addì diciassette del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantuno, essendo presenti come testimoni Alonso de Prada, notaio, e Antonio Vázquez, e Hipólito de León, residenti a Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : e liberi da esse i suddetti beni, diritti e azioni e il suddetto Giulio Giunta come signore e possessore di essi, gli pagheremo, sia valido. Alonso de Neyla [firmato e rubricato]. Fu presso di me, Pedro de Prado, notaio [firmato e rubricato]. Diritti, due reali.  



A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 133 r. - 136 v., 6ª foliazione.

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[Documento n. 10] [Al margen superior izquierdo] A julio de Junta. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como yo, Alonso de Neyla, clérigo raçionero en la yglesia catredal de la çiudad de Salamanca e vezino della, estante al presente en esta villa de Madrid, Corte de su Magestad, confesando como confieso ser mayor de veynte y çinco años y no estar devaxo de curaduría ni administraçión, y ansí lo juro en forma ynberbo saçerdotis, e por mí y por lo que me toca y en boz y en nombre de doña María de Neyla, muger de Gerónimo de la Carrera, que por ottro nombre se ha llamado Victoria de Terranova, y de doña Gerónima de Neyla, mis hermanas, hijos ligítimos que todos somos e quedamos de Juan María de Terranova, dyfunto, e María de Neila, su muger, veçinos de la dicha çiudad de Salamanca, por las quales y cada una dellas presto boz y cauçión de rato judicatun solbendi que estarán y pasarán por esta escriptura y la aprobarán e ratificarán y otorgarán sobre ello escriptura en forma, donde no que yo lo cunpliré y pagaré por mi persona y bienes espirituales e tenporales avidos e por aver que para ello obligo, digo que por quanto después de la muerte e fallezimiento del dicho Juan María de Terranova, nuestro padre, se proveyó por tutora y curadora de mi persona y bienes y los demás mis hermanos la dicha María de Neyla, nuestra madre, ante la justiçia real de la dicha çiudad de Salamanca e por ante Pedro Gudínez e Antonio de Vera, escrivanos del número della, en las quales dichas curadurías e tutela e para quedar a buena quenta con pago dellas dio por sus fiadores e prinzipales pagadores a Lucas de Junta, mercader e a Cornelio Bonarte, ynpresor / (fol. 133 v.) de libros, ya dyfuntos, veçinos que fueron de la dicha çiudad de Salamanca, e ansí proveída por tal tutora y curadora, aviendo para ello preçedido liçençia de la justiçia de la dicha çiudad porque le constó por ynformaçión de la utilidad que se siguía a los dichos menores, e dicha María de Neyla hizo benta real en forma por sí y como tal tutora y curadora por ante el dicho Antonio de Vera, escrivano, en veynte y quatro de henero del año pasado de quinientos y ochenta y seis, de tres prensas con sus moldes, plomos, letras, matriçes y otros aparejos y cosas tocantes a la enprenta, que avían quedado del dicho Juan María de Terranoba, nuestro padre, en presçio de duçientos y quarenta e un mill y ochoçientos y setenta e seis maravedís, y de los hijos y herederos que quedaron del dicho Juan María de Terranova, mi padre, se murió moço y sin hijos Juan Bautista de Terranova, y antes de su muerte Lunardo Nicolo, merino, veçino que fue de la villa de Medina del Canpo, nos hizo donaçión a todos de çiertos vienes que de los dichos nuesttros padres avía tomado posesión por çiertos derechos, y que si alguno muriese los demás que quedasen suçediésemos en los dichos vienes, la qual dicha donaçión pasó ante el dicho Pedro Gudínez, escrivano, a los dezinueve de março de quinientos e setenta y siete, después de lo qual por sentençias y requisitorias dadas por el señor liçençiado Arçe de Otálora, del Consejo de su Magestad, alcalde en su Casa y Corte, en contraditorio juiçio que están pasadas en cosa juzgada, fueron vendidos e rematados e mandados entregar y dado posesión al dicho Julio de Junta por sí y como çesionario de otras personas / (fol. 134 r.) y acrehedores de todos los bienes que quedaron de los dichos Lucas de Junta y Cornelio Bonart, a quenta y parte de pago de muchas sumas y quantías de maravedís que le devían y quedaron deudores al tiempo de su falleçimiento, e teniéndolos e poseyéndolos por este título por su parte se hizo çierto pedimiento ante la justiçia de la dicha çiudad de Salamanca y ante Pedro Ruano, escrivano del número della, haziendo relaçión de lo susodicho y que la dicha María de Neyla, mi madre, avía venido en quiebra y diminuçión de su hazienda, e que al tienpo que se le tomase quenta de las dichas curadurías se avía de acudir a los vienes de los dichos Lucas de Junta y Cornelio Bonart, cuyo posehedor le hera, y ansí estava obligada a le sacar a paz e a salvo yndene a él y a los dichos bienes, y pidió fuese condenada a ello e a que

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le diese seguridad y fianças de yndignidad para que los dichos bienes en ningún tiempo en raçón de las dichas fianças no corriesen riesgo alguno ni el dicho Julio de Junta o la persona que por él suçediese en ellos, y el mismo pedimiento y exçeçión opuso en çierto pleyto de exsecuçión que la dicha María de Neyla, mi madre, pidió contra el dicho Julio de Junta por ziertas quantías de maravedís ante el señor alcalde Alonso Pérez de Baraiz y ante Felipe Enríquez, escrivano de provinçia en esta Corte, de que se mandó haser remate por tres mill e setezientos y ochenta reales e se le mandó dar fiança para estar a derecho en razón de lo susodicho con el dicho Julio de Junta y con Pedro López de Arriaga, como tenedor que hera de los bienes del dicho Cornelio Bonart, según que lo susodicho más largamente se contiene en las dichas escripturas y proçesos e autos de que de suso se hasen minzión, / (fol. 134 v.) a que me refyero. Y porque mi voluntad y de las dichas mis hermanas a sido y es de aprovar e ratificar la dicha venta y asegurar al dicho Julio de Junta que los dichos vienes que ansí le están adjudicados e dada posesión de los dichos Lucas de Junta, su hermano, y Cornelio Bonart por las dichas deudas y derechos le serán çiertos e seguros por lo que toca a las dichas fianças que en las dichas curadurías que a la dicha María de Neyla, nuestra madre, se le disçirnieron de nuestras personas e vienes hizieron y otorgaron, y que en razón dello ni de lo demás que dicho es no le será pedido quenta ni alcançe ni repetido otra cossa alguna en ningún tienpo e para ello hazer scriptura a su satisfaçión, porque devajo desto tiene por vien se le acuda a la dicha María de Neyla, nuestra madre, e a mí e a los demás sus hijos con los dichos tres mill e seteçientos y ochenta reales, y con otros quinientos reales de que se le reservó su derecho a salvo en la dicha sentençia de remate contra el dicho Julio de Junta, que están deposytados en defeeto de no dar las dichas fyanzas. Por tanto, por el tenor de la presente, otorgo y conozco que por mí y en boz y en nombre de las dichas doña María y doña Gerónima de Neyla, mis hermanas, por quien tengo prestada cauçión, y como çesionarios que somos del dicho Lunardo Nicolo y herederos del dicho Juan Bautista de Terranoba, apruebo e ratifico e tengo por buena e bien fecha la dicha escriptura de venta que la dicha María de Neyla, nuestra madre, por sí y como tal tutora y curadora nuestra, hiço en favor del dicho Julio de Junta para él y sus herederos e suçesores de las dichas tres prensas con todo lo a ellas perteneziente, y demás vienes y cosas de madera, tablas, hierro, plomo, estaño, metal, en el dicho presçio de las dichas duzientas y quarenta y un mill ochoçientos e setenta y seis maravedís, / (fol. 135 r.) y por buena y bien fecha la paga que de los dichos maravedís se hizo a la dicha nuestra madre, según y como en la dicha escriptura de venta se contiene y declara, y bien ansí como si por mí y los demás mis hermanos fuera fecha y otorgada me obligo y he por obligado, yn solidum e haziendo en caso neçesario por lo que toca a las dichas mis hermanas, de deuda y fecho ageno propio mío, a la guarda y cunplimiento de la dicha escriptura de venta y a la eviçión, seguridad y saneamiento de las dichas prensas y bienes y de todo lo en ella contenido en la más bastante forma que al dicho Julio de Junta e a quien en su derecho suçediere convenga y con las mismas fuerças e firmezas que en la dicha escriptura se contiene y declara. E por esta carta çedo, renunçio y traspasso en el dicho Julio de Junta y en quien dél oviere causa todo el derecho y açión que tengo y puedo tener y conpeternos a mí y a las dichas mis hermanas en virtud de las dichas fianças y cada una y qualquier dellas contra los bienes de los dichos Lucas de Junta y Cornelio Bonart, y el dicho Julio de Junta, como tenedor e poseedor dellos, y las doy por ningunas y de ningún valor y efeeto [interlineado : y por libres dellas a los dichos vienes, derechos y abçiones y al dicho Julio de Junta como señor e posehedor dellos] como si no se ubieran fecho ni otorgado. Y prometo e me obligo que yo ni las dichas mis hermanas ni alguna dellas ni ottro en mi nombre ni en el suyo agora ni en tienpo alguno no usaremos ni nos aprovecharemos de las dichas fianças y obligaçión que ansí hiçieron y otorgaron los dichos Lucas de Junta y Cornelio Bonart y cada uno dellos en las dichas curadurías y tutelas que se le disçirnieron a la dicha María de Neyla, nuestra madre,  

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ni alguna dellas, y que en virtud dellas ni de ninguna dellas ni por razón de averlas echo al dicho Julio de Junta ni a los bienes, derechos / (fol. 135 v.) e abçiones que quedaron de los dichos Lucas de Junta y Cornelio Bonart, que son y perteneçen y están adjudicados al dicho Julio de Junta, y tomada posesión en virtud de las dichas sentencias, requisitorias e remates ni cossa alguna ni parte dellos, ni a otro ningún tenedor e posehedor que por tienpo fuere dellos en su nombre no le será pedido ni demandado quenta ni alcançe de las dichas tutelas y curadurías y bienes dellas ni frutos, ni rentas dellos ni otra cosa alguna en razón dello en ningún tienpo ni por alguna manera, y que si alguna cossa le fuere pedido y demandado o puesto algún pleyto o embargo en la dicha razón al dicho Julio de Junta o a los dichos bienes o parte dellos o a qualquier persona que en ellos por tienpo suçeda o en las dichas prensas e demás bienes contenidos en la dicha escriptura de benta, que yo e las dichas mis hermanas e cada uno e qualquier de nos yn solidum por el todo saldremos a la causa y le defenderemos tomando la voz e autoría y siguiéndolo a nuestra costa y espensas en todas ynstancias hasta lo fenezer y acavar e se lo dejar todo ello libre, y le sacaremos a paz e a salvo yndene de todo ello de tal manera que quede en quieta e pazifica posesión e sin contradiçión alguna. E lo mismo arán nuestros herederos e suçesores por el dicho Lucas de Junta y otro qualquier posehedor que después dél fuere de los dichos bienes y los suyos, aunque nos ni ellos no seamos requeridos de heviçión y saneamiento ni se haga otra diligençia alguna aunque de derecho se deva hazer so pena de le pagar, e que yo e las dichas mis hermanas y qualquier de nos e de nuestros herederos e suçesores [interlineado : le pagaremos] el ynterés prinzipal de todo ello e todo lo que en la dicha razón se pidiere e demandare con más todas las costas y daños que sobre ello se recreçieren, todo ello con el doblo por nombre de interés / (fol. 136 r.) y solene estipulaçión conbenzional y asentada entre las partes y la pena y costas pagada e no todavía vala lo que dicho es. Para lo qual ansí cunplir, pagar y aver por firme obligo mi persona y bienes espitiruales e tenporales muebles e raíçes avidos e por aver en forma camere apostólice y su penis camere, renunçiando el capítulo oduardus de soluzionybus suam de penis y ottro qualquier ausilio e benefiçio que me conpeta e haga en mi favor para que me non balan y aprovechen. En esta razón e para la execuçión de todo lo que dicho hes por esta carta doy poder cunplido a todas e qualesquier justiçias y juezes conpetentes e ante quien de lo aquí contenido fuere pedido execuçión y cunplimiento de justicia, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, renunçiando mi propio fuero, jurisdiçión y domizilio e propio fuero [sic] e la ley sit conbenerid de juridizione onyun judicum, para que por todo remedio e rigor de derecho e vía más executiba me conpelan y apremien al cunplimiento y paga de todo ello como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, que por tal reçibo e otorgo, y renunçio cerca desto todas e qualesquier leyes, fueros e derechos canónicos, çebiles que sean en mi favor para que me non valan, con la ley e derecho en que dize que general renunziaçión de leyes fecha non vala. Y en testimonio y firmeza de todo lo qual otorgué esta carta ante Pedro de Prado, escrivano público del Rey nuestro señor, uno de los que residen en su Corte e provinçia della, al qual rogué que la escriviese y la signase con su signo y della dé un treslado, dos o más al dicho Julio de Junta, florentín, para en guarda y conserbaçión de su derecho. / (fol. 136 v.) Que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid y Corte del Rey nuestro señor, a diez e siete días del mes de julio de mill y quinientos e noventa e un años, siendo presentes por testigos Alonso de Prada, scrivano, y Antonio Vázquez, e Ypólito de León, residentes en Corte, e yo el escribano doy fe que conozco al otorgante, y firmolo de su nombre. Va scripto entre renglones : y por libres dellas a los dichos bienes derechos y abçiones, y al dicho Julio de Junta como señor e posehedor dellos, le pagaremos, valga. Alonso de Neyla [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado, escrivano [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales.  



A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 133 r. - 136 v., 6ª foliación.

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i giunta a madrid * [Documento n. 11 : 26/07/1591]  

[Al margine superiore sinistro] Ricevuta di pagamento a Giulio Giunta. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid, addì ventisei del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantuno, dinanzi a me il presente notaio e ai testimoni infrascritti, si è presentato Alonso de Neyla, chierico prebendario della chiesa cattedrale della città di Salamanca e abitante di questa, residente al momento in questa Corte, per sé e per ciò che lo riguarda, e a nome di María de Neyla, vedova, che fu moglie di Giovanni Maria da Terranova, defunto, che Dio l’abbia in gloria, suoi genitori, e di donna María de Neyla, [cassato : mia] moglie di Jerónimo de la Carrera, e di donna Jerónima de Neyla, sue sorelle, tutti abitanti della città di Salamanca, e in virtù della procura siglata da notaio pubblico che ho da esse, che ha dato e consegnato a me, il presente notaio, affinché la metta e la incorpori a questa scrittura, in cui si dichiara quanto segue. Qui la procura La quale suddetta procura è autentica e vera, concorda con l’originale, e in virtù di essa e del suo fruitore, il suddetto prebendario Alonso de Neyla ha dichiarato che riceveva e ha ricevuto dal signor Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, cinquecento reali, che valgono diciassettemila maravedì, i quali gli paga in virtù della suddetta procura e per ciò che gli spetta, e sono per altrettanti che la suddetta María de Neila in una certa esecuzione forzata chiese per sé e in nome dei suddetti suoi figli dinanzi al signor giudice Varaiz e a Felipe Enríquez, cancelliere provinciale in questa Corte, contro il suddetto Giulio Giunta, per certe somme di maravedì, le venne riservato questo suo diritto ver- / (fol. 139 v.) so di lui e i suoi beni per chiederli e riscuoterli come avesse reputato conveniente. E avendogli dato ordine di pagamento per essi presso Lázaro Rodríguez, abitante della suddetta città di Salamanca, e non avendo né accettato né pagato, il quale suddetto ordine di pagamento rimane in originale agli atti del processo, ora il suddetto Giulio reputa giusto darglieli e pagarglieli, poiché derivano da una certa obbligazione che il suddetto Giulio Giunta aveva contratto in favore della suddetta María de Neyla per il prezzo di certi torchi che gli vendette. E con i suddetti cinquecento reali [Alonso de Neyla] si ritiene soddisfatto, ripagato e rispettato in ogni sua volontà, poiché li ha ricevuti e li riceve realmente ed effettivamente, duecento reali ora, sul momento, dinanzi a me notaio e ai testimoni in reali contanti, che hanno contato e ricontato, della cui consegna e del cui pagamento io il notaio faccio fede, mentre i restanti trecento reali li ha ricevuti precedentemente. E in ragione del fatto che al presente non risulta il pagamento di essi, ha rinunciato all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto, e alle due leggi del diritto che trattano in merito alla prova della consegna come in esse è contenuto. E poiché soddisfatto e ripagato dei suddetti cinquecento reali, ha rilasciato per essi formale ricevuta di pagamento e quietanza col sufficiente valore legale che per legge si richiede e ha riscattato il suddetto Giulio Giunta e i suoi beni dai suddetti cinquecento reali e dal suddetto ordine di pagamento e obbligazione ora e sempre. Si è impegnato, per quanto lo riguarda, e ha impegnato la suddetta María de Neyla e donna María e donna Jerónima sua madre e le sue sorelle, e ognuna di loro e i loro beni avuti e da avere, obbligato a ciò dall’accordo comune e dalla rinuncia / (fol. 140 r.) alle leggi della suddetta procura, acciocché i suddetti maravedì gli sono stati pagati come si conviene dal suddetto Giulio Giunta e a non tornare a chiederglieli un’altra volta in nessun momento né in alcuna maniera, pena, oltre al non essere ammessi in giudizio né fuori di esso, il pagamento a lui di  

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tutto ciò che a tale titolo sarà loro richiesto e domandato, col raddoppio e la penale pagata e ancora da pagare, sia valido quanto detto. Per tutta la qual cosa si è impegnato, lui e i suoi beni spirituali e temporali e beni personali e beni mobili e immobili della suddetta sua parte, avuti e da avere, e ha dato potere a ogni tribunale e giudice competenti di qualsiasi luogo o giurisdizione essi siano, affinché in tal modo gliela facciano rispettare, compiere e pagare come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da lui accettata e non appellata, con ogni azione e rigore di legge, in merito alla qual cosa ha rinunciato alla sua residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit de iurisditione. E per sé rinunciò ad altre, e al capitolo odoardus de solutionibus suam de poenis e a ogni qualsivoglia legge, statuto locale o diritto, o ordinamento che vada a suo favore e del quale possa servirsi, che non siano validi per lui e per la suddetta sua parte, con la legge e il diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa rilasciò questa carta dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni infrascritti il suddetto giorno, mese e anno, essendo presenti come testimoni / (fol. 140 v.) a quanto detto Gabriel Cornejo e Juan Montero e Antonio González, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, e che ha firmato col suo nome. Alonso de Neyla [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali. A.H.P.M. Protocollo 1.349, fols. 139 r. - 140 v., 6ª foliazione. [Documento n. 11] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago a Julio de Junta. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a veynte y seis días del mes de julio de mill y quinientos e noventa e un años, ante mí el presente escrivano y testigos ynfraescriptos paresçió presente Alonso de Neyla, clérigo raçionero de la yglesia cattredal de la çiudad de Salamanca y vezino della, estante al presente en esta Corte, por sí y por lo que le toca en nonbre de María de Neyla, biuda muger que fue de Juan María de Terranova, defunto, que sea en gloria, y sus padres, y de doña María de Neyla, [tachado : mi] muger de Gerónimo de la Carrera, y de doña Gerónima de Neyla, sus hermanas, todos veçinos de la dicha çiudad de Salamanca, e por virtud del poder que dellas tiene signado de escrivano público, que dio y entregó a mí el presente escrivano para que le ponga e yncorpore en esta escriptura, su tenor del qual es éste que se sigue. Aquí el poder El qual dicho poder ba çierto y verdadero, concuerda con el original, y en virtud del y del usando, el dicho raçionero Alonso de Neyla otorgó que resçivía e resçivió del señor Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, quinientos reales que valen diez e siete mill maravedís, los quales le paga en virtud del dicho poder y por lo que a él toca, y son por otros tantos que a la dicha María de Neila, en çierta execuçión que pidió por sí y en nonbre de los dichos sus hijos ante el señor alcalde Varaiz y Felipe Enrríquez, escrivano de provinçia en esta Corte, contra el dicho Julio de Junta, por ziertas sumas de maravedís, se le reservó su derecho a salvo con- / (fol. 139 v.) ttra él y sus vienes para los pedir y cobrar como viese le conbenía, e por averle dado librança dellos en Lázaro Rodríguez, veçino de la dicha çiudad de Salamanca, y no la aver açeptado ni pagado, la qual dicha librança queda originalmente en el dicho proçesso, e agora el dicho Julio de Junta tiene por vien de se los dar y pagar, los quales proçeden de çierta obligación que el dicho Julio de Junta avía echo en favor de la dicha María de Neila del presçio de ziertas prensas que le vendió, y de los dichos quinientos reales se dio por contento, pagado y entregado a toda su voluntad por quanto los a reçivido y reçive realmente y con effeeto, los duçientos reales agora de presente ante mí el escrivano  

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i giunta a madrid

e testigos en reales de contado, que los sumaron y montaron, de cuya entrega e paga yo el escrivano doy fee, y los trescientos reales restantes a reçivido antes de agora, y en razón de la entrega dellos que de presente no pareçe, renunçió la exçeçión de la ynnumerata pecunia, aver no visto ni reçivido y las dos leyes del derecho que hablan en razón de la prueba del entrego, como en ellas se contiene. Y como contento e pagado de los dichos quinientos reales otorgó dellos carta de pago e finyquito en forma quan bastante de derecho se requiere y por libre al dicho Julio de Junta y a sus vienes de los dichos quinientos reales y de la dicha librança y obligación para syenpre xamás, y se obligó por lo que a él toca y obligó a la dicha María de Neyla y doña María y doña Gerónima, su madre y hermanas, y cada una dellas e sus vienes avidos e por aver a él obligado devaxo la mancomunidad e renunçiaçión / (fol. 140 r.) de leyes del dicho poder, que los dichos maravedís le son bien pagados por el dicho Julio de Junta y que no le serán bueltos a pedir otra vez en ningún tienpo ni por alguna manera so pena que demás de que sobre ello no seamos oydos en juiçio ni fuera del, le pagaremos todo lo que en la dicha razón se le pidiere e demandare, con el doblo y costas y la pena pagada o no todabía, bala lo que dicho es. A todo lo qual se obligó e a sus vienes espirituales e tenporales y bienes personas y bienes muebles e raízes de los dichos sus partes avidos e por aver, y dio poder a todas las justiçias y juezes conpetentes de qualquier parte e jurisdiçión que sean para que se lo fagan ansí guardar, cumplir e pagar como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y por ellos consentida e no apelada y por todo remedio e rigor de derecho, cerca de lo qual renunçió su domizilio e propio fuero y la ley sit conbenerid de jurisdizione, y por sí renunçió otros y el capítulo oduardus de soluzionybus suam de penis y todas otras qualesquier leyes, fueros e derechos, hordenamientos que sean en su favor y de que se pueda aprovechar, que le non balan y a los dichos sus partes, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de la ley fecha non vala. En testimonio de lo qual otorgó esta carta ante mí, el scrivano público y testigos ynfraescriptos, el dicho día mes y año, estando presentes por testigos / (fol. 140 v.) a lo que dicho es Gabriel Cornexo e Juan Montero y Antonio Gonçález, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, y firmolo de su nombre. Alonso de Neyla [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales. A.H.P.M. Protocolo 1.349, fols. 139 r. - 140 v., 6ª foliación. * [Documento n. 12 : 16/01/1592]  

[Al margine superiore sinistro] A Giulio Giunta. [Al margine destro] 16 gennaio. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid addì sedici del mese di gennaio dell’anno millecinquecentonovantadue, dinanzi a me notaio e ai testimoni si presentò Pedro de Baños, ufficiale giudiziario di questa Corte, e disse che su richiesta di María de Neyla, abitante della città di Salamanca, come curatrice dei suoi figli, e di Giovan Battista da Terranova, suo marito, defunto, egli fece esecuzione forzata a Giulio Giunta, fiorentino, residente in questa Corte, per l’importo di duecentoquarantunomilaottocentosettantasei maravedì da una parte e, dall’altra, per quarantatremiladuecento maravedì, poco più o poco meno, come è contenuto nelle pratiche delle suddette esecuzioni che stanno e si evadono dinanzi a Felipe Enríquez, cancelliere provinciale in questa Corte, a cui si riferisce. E da parte del suddetto Giulio Giunta gli si chiese di accontentarsi di cento reali, la decima delle suddette esecuzioni, offrendogli di gratificarlo in altro modo, e a questa condizione egli ricevette i suddetti cento reali e con essi si accontentò per la decima di entrambe le suddette esecuzioni e per ognuna di esse,

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e ora gli viene chiesto di rilasciare scrittura e ricevuta del pagamento di ciò. Ed egli lo ha ritenuto giusto alla condizione sopra detta: e così ha certificato con questa carta di aver ricevuto dal suddetto Giulio Giunta [in interlinea : e per la suddetta ragione] i suddetti cento reali in denaro contante, e in ragione del fatto che al presente non risulta il pagamento ha rinunciato all’eccezione del non aver visto né ricevuto, e alle leggi della prova della consegna. E con ciò, con la condizione della suddetta offerta che gli si fece, si considerò esaudito, ripagato e soddisfatto della decima che poteva appartenergli e gli appartiene sulle suddette esecuzioni: e solleva e dispensa il suddetto Giulio Giunta dalla restante parte, qualsiasi somma sia, e gli rilascia formale ricevuta di pagamento e quietanza. E a conferma di ciò impegna la sua persona e i beni avuti e da avere e ha così disposto, essendo testimoni Juan de Ribas e Francisco de la Concha, e Juan de Cola, notai, residenti a Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome. In interlinea : per la suddetta ragione. Pedro de Baños [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  



A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 15 r. [Documento n. 12] [Al margen superior izquierdo] A Julio de Junta [Al margen superior derecho] 16 henero. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a diez e seis días del mes de henero de mill y quinientos e noventa y dos años, ante mí el escrivano y testigos paresçió presente Pedro de Baños, alguaçil desta Corte, y dixo que por quanto a pedimiento de María de Neyla, vezina de la çiudad de Salamanca, como curadora de sus hijos, e de Juan Bautista de Terranova, su marido, dyfunto, él hizo execuçión a Julio de Junta, florentín, residente en esta Corte, por quantía de duçientas y quarenta y un mill y ochoçientos y setenta y seis maravedís por una parte, y quarenta y tres mill y duzientos maravedís poco más o menos por otra, como se contiene en los processos de las dichas execuçiones que están y pasan ante Felipe Enrríquez, escrivano de provinçia en esta Corte, a que se refiere, y por parte del dicho Julio de Junta se le pidió se contentase por la dézima de las dichas execuçiones con zien reales ofreziéndole que en otra cosa se le gratificaría, y devajo desto él resçibió los dichos çien reales y con ellos se contentó por la dézima de entranbas las dichas execuçiones y cada una dellas, e agora se le pide otorgue scriptura y carta de pago dello y él lo tuvo por vien devajo de lo susodicho, y ansí otorgó por esta carta que resçibido del dicho Julio de Junta [interlineado : por la dicha razón] los dichos çien reales en dineros de contado, y en razón de la entrega que de presente no pareçe renunçió la exçeçión del aver non visto ni reçibido y las leyes de la prueba del entrego, y con ellos y devajo del dicho ofreçimiento que se puso con él se dio por contento, pagado e satisfecho de la dézima que le pudiera y perteneçer y perteneçe de las dichas execuçiones, y de lo demás haze, quita y suelta al dicho Julio de Junta en qualquier cantidad que sea, y le otorgó carta de pago e finiquito en forma, e para lo aver por firme e obligó su persona y bienes avidos y por aver, y lo otorgó así, siendo testigos Juan de Rybas e Françisco de la Concha, e Juan de Cola, escrivanos, estantes en Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, e firmolo de su nombre. Entre renglones : por la dicha razón. Pedro de Baños [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 15 r.

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i giunta a madrid * [Documento n. 13 : 12/08/1592]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine superiore destro] 12 agosto. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente alla Corte di sua Maestà, con questa carta riconosco di dare la mia piena sufficiente procura, come la possiedo e come per legge in tal caso si richiede ed è necessario, a Dante de Castellón, residente nella città di Salamanca, assente come se fosse presente, specialmente affinché per me e in mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona e al mio posto possa avere e riscuotere, ricevere, avere e citare in giudizio e fuori di esso dalla [cassato : dove né cos] signora Nicostrata Colonna, moglie del signor Antonio de Barrientos, capitano di guerra per conto di sua Maestà della città di Gaeta, nel Regno di Napoli, e residente nella città di Alba de Tormes o dovunque sia, duemila- [in interlinea : e cinquanta] reali castigliani, che valgono sessantanovemilasettecento maravedì, [in interlinea : che mi deve] per duemila reali che ricevette Marco Colonna, suo fratello, da Marco Antonio Musefi a Valencia, in virtù di una mia lettera di credito che su sua istanza gli diedi nella suddetta Valencia. I quali suddetti duemila reali il suddetto Marco Antonio Musefi mi chiamò a pagare con una sua lettera nei sopraddetti duemilacinquanta reali a Mateo Enríquez de Herrera, residente in questa Corte. E il loro pagamento e soddisfazione deve darmelo la sopraddetta come cosa che su suo ordine, e per esso, fu data, [cassato : come consta]. E ricevuti e riscossi i suddetti maravedì al mio posto potrà dare formale ricevuta di pagamento e quietanza che così varranno e saranno valide come se io le dessi, ricevessi e riscuotessi ; in ciò potrà fare i debiti passi fino a che non avrà effetto il pagamento, che gli do quanta piena procura si richiede con le sue incidenze e dipendenze, e con l’esonero necessario. E nel dare per buona e valida questa procura e ciò che in virtù di essa sarà fatto, impegno / (fol. 320 v.) la mia persona e i miei beni avuti e da avere. Così ho disposto dinanzi al notaio e ai testimoni, fatta e rogata nella città di Madrid addì dodici del mese di agosto dell’anno millecinquecentonovantadue, essendo presenti come testimoni Pero López de Arriaga e Tommaso Giunti e Juan de Iriarte, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, e che firmò col suo nome. Appare cancellato : dove né cos, come consta, non sia valido. E in interlinea : cinquanta, che mi deve, sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  













A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 320 r. - v. [Documento n. 13] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio de Junti. [Al margen superior derecho] 12 de agosto. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doy mi poder cunplido y bastante como lo tengo y de derecho en tal casso se requiere y es neçesario a Dante de Castellón, residente en la çiudad de Salamanca, ausente como si fuese presente, espeçialmente para que por mí y en mi nombre y como yo mismo representando mi persona y para mí pueda aver y cobrar, resçivir, aver y demandar en juiçio y fuera del de [tachado : donde ni cos] la señora Nicostrata Colonna, muger del señor Antonio de Barrientos, capitán a guerra de la çiudad de Gaetta, en el Reino de Nápoles, por su Magestad, y ella estante en la billa de Alva  

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de Tormes o do quiera que esté, dos mill [interlineado : y çinquenta] reales castellanos, que balen sesenta y nueve mill y seteçientos maravedís, [interlineado : que me deve] por dos mill reales que resçivió Marco Colonna, su hermano, de Marco Antonio Musefi en Balençia, por birtud de una letra de créditto mía que a su ynstancia le di en la dicha Balençia, los quales dichos dos mill reales el dicho Marco Antonio Musefi me sacó a pagar por su letra en los sobredichos dos mill y çinquenta reales en Mateo Enrríquez de Herrera, residente en esta Corte, y la paga y satisfación dellos toca a pagármela a la susodicha como cossa que de su horden, y para ello se dieron, [tachado : como consta] y resçividos y cobrados los dichos maravedís me pueda dar dellos cartas de pago y quitanças en forma que balan y sean tan firmes como si yo las diesse y lo resçiviesse y cobrasse, sobre ello pueda hazer las diligençias neçesarias hasta que tenga effectto la paga, que quan cunplido poder para ello se requiere se lo doy con sus ynçidençias e dependençias con la relevaçión neçesaria, y para aver por bueno y firme este poder y lo que en virtud del fuere fecho obligo / (fol. 320 v.) mi persona y bienes avidos y por aver y lo otorgué anssí ante el escrivano y testigos, que fue fecho y otorgado en la villa de Madrid a doze días del mes de agosto de mill y quinientos y noventa y dos años, siendo presentes por testigos Pero López de Arriaga y Tomás de Juntti y Juan de Yriarte, estantes en esta Corte, e yo el escrivano que doy fee que conozco al dicho otorgante, lo firmó de su nombre. Ba testado : donde ni cos, como consta, no bala. Y entre renglones : y çinquenta, que me deve, bala. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  









A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 320 r. - v. * [Documento n. 14 : 27/08/1592]  

[Al margine superiore sinistro] Affitto a Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore destro] 27 agosto. [Al margine sinistro] Fatto per Giulio [rubricato]. † Sappiano quanti vedranno questo contratto di affitto che io, Juan de Ribero, abitante di questa città di Madrid, dimorante nella calle de Tocha [sic] nelle mie proprie case, riconosco con questo contratto di affittare, e do in affitto, al signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente presso la Corte di sua Maestà, [cassato : per lui e per ciò che lui vorrà] quanto segue : una casa che io ho sul retro delle suddette mie case, in cui vivo, che affaccia con una porta sulla strada che va da davanti all’ingresso [in interlinea : dell’ospedale] di Antón Martín alle porte. Ciò che in tal modo gli affitto è [in interlinea : quel che c’è] dalla porta del vicolo della casa principale in poi, fino alla suddetta strada, in cui c’è un grande cortile con otto vani e in più una tettoia che è ingraticciata, e va riscoperta, lunga sessantacinque piedi, che si deve dividere nella parte in cui vorrà il suddetto signor Giulio Giunti, quattro finestre sul cortile intonacate col gesso da aprire una volta divisa la tettoia, [in interlinea : senza mettere finestre eccetto una] e una porta sul suddetto cortile dalla quale si entrerà in essi. E la porta sulla strada si deve spostare da dove al momento è stata tracciata, che sta di fronte al cortile, e deve diventare ingresso quel che ora è vano e al posto suo deve essere vano qual che al momento è ingresso, tutto questo a mie spese ed entro i tempi e nella forma sotto dichiarata. La qual cosa gli affitto per il tempo e il termine di un anno intero, il prossimo a seguire che [in interlinea : deve] cominciare a decorrere e a contarsi dal primo giorno del prossimo mese di ottobre di questo anno corrente novantadue fino al suo compimento, al prezzo e importo di cento ducati in reali, che valgono trentasettemilaquattrocento maravedì, pagati in questo modo : cinquanta di questi ducati subito, anticipati sul momento, e gli altri cinquanta rimanenti, compiuti sei mesi da quando verrà ad abitare nella suddetta casa, che  













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devono essere / (fol. 340 v.) per il suddetto primo giorno di ottobre come è stato detto. E per allora devo avergli liberato la suddetta casa e averla finita di ricoprire, e aver rifinito le suddette finestre e tutto il resto di cui deve godere secondo quanto detto. Ed è condizione che la suddetta casa gliela affitto e gliela do in locazione per il suddetto tempo e prezzo per aprire in essa una stamperia di libri e qualunque altra mercanzia vorrà, purché non sia carbone, che questo non lo deve poter mettere né immagazzinare in essa, tranne quello di cui si avrà bisogno per i consumi domestici. Item, a condizione che, se il suddetto Giulio Giunti vorrà la suddetta casa per un altro anno ancora allo stesso prezzo, io sia obbligato a dargliela, avvisando un mese prima del compimento del suddetto anno per il quale ora gliela affitto e pagando l’affitto nella medesima forma e maniera di questa locazione. Item, a condizione che il suolo della suddetta tettoia lo [in interlinea : debba] pavimentare in calce, mattone o pietra, come io, il suddetto Juan de Ribero, meglio crederò. Item, a condizione che il suddetto Giulio Giunta, quando uscirà dalla suddetta casa, la lasci pulita e ben tenuta: e se ci sarà qualche danno alla suddetta casa per colpa sua, deve farlo riparare a sue spese; e se avrà aperto qualche altra finestra nella suddetta tettoia per sua comodità che sia obbligato a rimurarla [cassato : e ze] a sue spese; a condizione che se dovesse fare la tale finestra debba essere così alta che nessuno vi si possa affacciare. Item, a condizione che io, il suddetto Juan de Ribero, debba poter avere la chiave della porta sul vicolo e uscire ed entrare da essa quando vorrò, senza che possa essermi impedito. Item, a condizione che, se durante l’anno di questa locazione io, il suddetto Juan de Ribero, volessi vendere o vendessi le suddette mie case, non lo possa fare se non con l’obbligo, prima d’ogni cosa, di doversi compiere il suddetto anno, [in interlinea : che, se necessario, le obbliga e le ipoteca specialmente ed espressamente a questo effetto]. Item, a condizione che, se la suddetta casa avesse necessità di alcune riparazioni durante questa loca- / (fol. 341 r.) zione, io debba essere obbligato a farle a mie spese. Alle quali suddette condizioni e a ciascuna di esse gli do in affitto la suddetta casa, per il suddetto tempo e prezzo e nella forma sopraddetta: e dei suddetti cinquanta ducati della prima rata mi reputo soddisfatto ed esaudito in ogni mia volontà, in quanto li ho ricevuti in scudi d’oro e reali d’argento e sono passati a me e in mio potere in presenza del notaio e dei testimoni di questo contratto, che li hanno contati e ricontati, della cui consegna e pagamento io il notaio faccio fede. E poiché contento e pagato, gli rilascio per essi ricevuta di pagamento [cassato : per essi] e mi impegno con i miei beni avuti e da avere a mantenergli certa e sicura la suddetta casa durante il tempo di questa locazione, e a dargliela sgombra e rifinita nella forma sopra detta per la fine del mese di settembre del presente anno, perché vi possa vivere e goderne conformemente a questa locazione, e a non togliergliela né per più né per meno né per lo stesso che un’altra persona mi potrà dare per l’affitto né in altro modo, pena dargliene un’altra casa così, e così bella, e in un luogo così buono e per lo stesso tempo e prezzo. E se per la fine del suddetto mese di settembre non gliel’avessi data, aggiustata e sgomberata, possa prendere e affittare a mie spese un’altra casa al prezzo e ai prezzi per cui la troverà, e per ciò che costerà in più mi possa fare esecuzione forzata e per ciò che ho e avrò ricevuto per questa locazione e per le spese e i danni che saranno derivati, pagato o meno tutto ciò, sia comunque valido quanto detto. E io, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, che sono presente a tutto quanto detto, accetto questa scrittura [cassato : e prendo] così come in essa è contenuto, e prendo e ricevo in locazione dal suddetto signor Juan de Ribero le suddette case sopra dichiarate e per il tempo e prezzo e alle condizioni e nella forma e maniera che viene dichiarata sopra. E mi impegno con i miei beni avuti e da avere ad osservare, compiere e pagare tutto ciò che mi compete ed è a mio carico ; e di pagare al suddetto Juan de Ribero e a chi / (fol. 341 v.) avrà la sua procura i cinquanta ducati restanti di questa locazione nel termine sopra detto e, dovendo prendere le suddette case per un altro anno pagherò il suddetto affitto nella ma 











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niera e nella forma del primo anno, e rispetterò le suddette condizioni per quel che mi riguarda ed è a mio carico, pena le spese e i danni che su ciò graveranno. E per l’esecuzione di questo contratto e ciò che in esso è contenuto ognuno di noi, le suddette parti, per quel che gli concerne e per ciò a cui qui si obbliga, diamo pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà e signori magistrati della sua Casa e Corte e a ognuno di essi, alla cui giurisdizione ci sottoponiamo, rinunciando come rinunciamo alla nostra residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più esecutiva ci costringano e sollecitino al compimento e al pagamento di quanto detto, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto a nostro favore, e a quella che dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa entrambe le suddette parti stipulano questa carta nella maniera detta e di essa fanno due copie conformi, a ogni parte la sua per quanto spetta al suo diritto, dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, fatta e rogata nella suddetta città di Madrid addì ventisette del mese di agosto dell’anno millecinquecentonovantadue, essendo presenti come testimoni a quanto detto Pero López de Arriaga e Simón Moreno, sensale, e Iñigo de Yance, residenti a Corte. E io il notaio conosco i concedenti, che firmarono con i loro nomi. Appare in interlinea : dell’ospedale, quel che c’è, senza imposte, eccetto una, deve cominciare, debba, che se è necessario lo obbliga e ipoteca specialmente ed espressamente a questo effetto. E appare cancellato o diceva : per lui e per ciò che lui vorrà, e ze, per essi, e prendo, non sia valido. Juan de Ribero [firmato e rubricato]. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  



A.H.P.M. Protocollo 1.351, fol. 340 r. - v. [Documento n. 14] [Al margen superior izquierdo] Arrendamiento a Julio de Junti Modesti. [Al margen superior derecho] 27 agosto. [Al margen izquierdo] Fecha para Julio [rubricado]. † Sepan quantos esta carta de arrendamiento vieren como yo, Juan de Rybero, veçino desta villa de Madrid, morador en la calle de Tocha [sic] en mis casas propias, conozco por esta carta que arriendo e doy en arrendamiento al señor Julio de Junti Modesti, florentín, residente en Corte de su Magestad, [tachado : para él y para lo que él quisiere] conviene a saver, una casa que yo tengo a la trasera de las dichas mis casas en que bibo, que sale con puerta a la calle que baja de frontero de de la puerta [interlineado : del ospital] de Antón Martín a las puertas, que lo que ansí le arriendo es [interlineado : lo que ay] desde la puerta del callejón de la casa prinzipal adelante hasta la dicha calle, en que ay un patio grande con ocho pieças y más un colgadiço que está echo de tapias, que se a de cubrir, que tiene sesenta y çinco pies de largo, en que se a de haser un atajo a la parte donde quisiere el dicho señor Julio de Junti, y quattro bentanas al patio ronpidas la tapia quarneçidas de yeso, [interlineado : sin poner bentanas sino fuere una], y una puerta al dicho patio por donde se entre a ellos, y la puerta de la calle se a de mudar de donde al presente está ttraçado, que es en frente del patio, y a de quedar echo portal la que agora es pieça y en lugar desta pieça lo a de ser la que al presente hes portal, todo ello a mi costa dentro del tiempo y en la forma que de yuso yrá declarado. Lo qual le arriendo por tienpo y espaçio de un año cunplido primero siguiente que [interlineado : a de] començar a correr y se contar desde primero día del mes de otubre que viene deste presente año de noventa y dos hasta ser cunplido e por presçio y quantía de zien ducados en reales, que balen treynta y siete mill y quattro zientos maravedís, pagados en esta  









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manera : los zinquenta ducados dellos luego de presente adelantados y los otros zinquenta restantes cunplidos seys meses de como entrare a bibir en la dicha casa, que an de ser / (fol. 340 v.) para el dicho día primero de otubre como está dicho, y para entonçes le tengo de tener la dicha casa desembaraçada y acabada de cubrir y echo las dichas bentanas y todo lo demás de que a de goçar según está dicho. Y es condiçión que la dicha casa se la alquilo y arriendo por el dicho tienpo e presçio para poner en ella enprenta de libros y otras qualesquier mercadurías que quisiere, con que no sea carbón, que esto no lo a de poder meter ni enterrar en ella sino fuere el que ubiere menester para el gasto de casa. Yten, con condiçión que si el dicho Julio de Junti quisiere la dicha casa por otro año más por el mismo presçio que yo sea obligado a dársela, avisando un mes antes que se cunpla el dicho año por que agora se la arriendo y pagando el alquiler y en la misma forma e manera deste arrendamiento. Yten, con condiçión que el suelo del dicho colgadiço lo [interlineado : tengo] de solar de yeso e de ladrillo o piedra, como mexor me paresçiere a mí, el dicho Juan de Ribero. Yten, con condiçión que el dicho Julio de Junta, al tiempo que saliere de la dicha casa, la a de dejar linpia y bien tratada, y si algún daño ubiere en la dicha casa por culpa suya lo a de hazer reparar a su costa, y si ubiere avierto otra alguna bentana en el dicho colgadiço para su comodidad que sea obligado a la bolver [tachado : y ze] a zerrar a su costa, y con condiçión que si hiziere la tal bentana a de ser tan alta que ninguno se pueda asomar a ella. Yten, con condiçión que yo, el dicho Juan de Ribero, tengo de poder tener llave a la puerta del callexón y salir y entrar por ella quando quisiere, sin que se me pueda ynpedir. Yten, con condiçión que si durante el año deste arrendamiento yo, el dicho Juan de Ribero, quisiere bender o bendiere las dichas mis cassas no lo pueda haser sino fuere con la carga de que se aya de cunplir el dicho año ante todas las cosas, [interlineado : que si es neçesario para este efeeto las obliga e ypoteca espeçial y espresamente]. Yten, con condiçión que si la dicha casa tubiere neçesidad de algunos reparos neçesarios durante este arrenda- / (fol. 341 r.) miento que yo tengo de ser obligado a los hazer a mi costa. Con las quales dichas condiçiones y cada una dellas le arriendo la dicha casa e por el dicho tiempo e presçio y en la forma susodicha, e de los dichos zinquenta ducados de la primera paga me doy por contento y entregado a toda mi voluntad, por quanto los reçibí e pasé a mi parte e poder en presençia del escrivano e testigos desta carta en escudos de oro y reales de plata, que los sumaron e montaron, de la entrega e paga de los quales yo el escrivano doy fee, e como contento e pagado dellos le otorgo carta de pago [tachado : dellos] e me obligo a mis vienes avidos e por haver que durante el tiempo deste arrendamiento le aré zierta y segura la dicha casa y se la daré desembarazada y acavada en la forma arriba dicha para en fin del mes de septiembre deste presente año, para que la pueda bibir e goçar conforme a este arrendamiento, e no se la quitar por nos ni por menos ni por el tanto que otra persona por ella me dé en renta ni en otra manera, so pena de le dar otra tal e tan buena casa en tan buena parte e por el mismo tiempo e presçio, e si no se la diere adereçada y desembaraçada para en fin del dicho mes de septiembre pueda a mi costa tomar e alquilar otra casa por el presçio e presçios que la allare, e por lo que más costare me pueda executar e por lo que tengo e tubiere reçibido para este arrendamiento e por las costas y daños que sobre ello se le recrezieren, lo qual pagado o no, que todabía balga lo que dicho hes. E yo el dicho Julio de Junti de Modesti, que presente estoy a todo lo que dicho hes, açepto esta scriptura [tachado : y tomo] según y como en ella se contiene, e tomo e reszibo en arrendamiento del dicho señor Juan de Ribero las dichas casas suso declaradas e por el tienpo e presçio y con las condiçiones y de la forma e manera que de suso está declarado, e me obligo a mis vienes avidos e por haver de guardar, cunplir e pagar todo lo que me toca y es a mi cargo, e de pagar al dicho Juan de Ribero o a quien / (fol. 341 v.) su poder oviere los zinquenta ducados restantes deste arrendamiento al plazo arriva dicho, e aviendo de tomar las dichas casas por otro año pagaré el dicho alquiler en la manera e forma que el primero  











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año, y cunpliré las dichas condiçiones en lo que me toca y es a mi cargo so pena de las costas e daños que sobre ello se le recrezieren. Y para la execuçión deste contrato y lo en el contenido cada una de nos las dichas partes por lo que le toca e aquí se obliga damos poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad e señores alcaldes de su Casa e Corte y cada uno dellos a cuya jurisdiçión nos sometemos, renunçiando como renunçiamos el nuestro domiçilio e propio fuero y la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicum para que por todo remedio y rigor de derecho y bía más executiva nos conpelan e apremien al cunplimiento e paga de lo que dicho es, como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada e por nos consentida, cerca de lo qual renunçiamos todas y qualesquier leyes, fueros e derechos de nuestro favor y la que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. En testimonio de lo qual ambas las dichas partes otorgamos esta carta en la manera que dicha es y della dos treslados en un tenor, para cada parte el suyo e para lo que toca a su derecho, ante el escrivano público e testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid a veynte y siete días del mes de agosto de mill e quinientos e noventa y dos años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Pero López de Arriaga y Simón Moreno, corredor, y Yñigo de Yanze, estantes en Corte, e yo el escrivano conozco a los otorgantes, y firmáronlo de sus nonbres. Va entre renglones : del ospital, lo que ay, sin poner bentanas, si no fuere una, a de començar, tengo, que si es neçesario para este efecto las obliga e ypoteca espeçial y espresamente, valga. Y va testado o dizía : para él y para lo que le quisiere, y ze, dellos, y tomo, no valga. Juan de Ribero [firmado y rubricado]. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 1.351, fol. 340 r. - v.  



* [Documento n. 15 : 04/01/1593]  

[Al margine superiore sinistro] 1593. Procura a Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore destro] Fatto [rubricato]. † IHS Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam e cessione che io fra’ Alonso de Critana, frate professo dell’ordine di San Girolamo, amministratore generale del monastero di San Lorenzo el Real, che il Re nostro signore istituisce e sovvenziona vicino alla sua residenza dell’Escorial, e ministro dei libri del Nuovo Ufficio Divino in nome del suddetto monastero e convento di esso, residente nel monastero di San Jerónimo della città di Madrid, fuori dalle sue mura, riconosco con questa carta di dare e concedere la mia piena e sufficiente procura, come la possiedo e come meglio e più compiutamente la posso concedere e per legge in tal caso si richiede, al signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta città di Madrid e Corte di sua Maestà [cassato : che è presente e accetta], specialmente affinché a nome mio e come io stesso, rappresentando la mia persona, e per lui e come in fatto e causa suoi propri, possa chiedere e domandare, ricevere e riscuotere dal signor decano e dal capitolo, dai canonici e dai dignitari della santa chiesa della città di Oviedo e dai loro beni e rendite, e da ognuno di essi e della suddetta santa chiesa e da chi di diritto potrà e dovrà, novemilasettecentoventisei reali e ventuno maravedì che i suddetti mi devono e sono obbligati a pagare alla fine del corrente mese di gennaio, per una scrittura stipulata a mio favore, da loro e a nome del suddetto decano e capitolo e dei prebendari della suddetta santa chiesa, [in interlinea : don Gonzalo de Solís, arcidiacono di Benavente presso di essa] dinanzi a Francisco Martínez, notaio pubblico collegiato del municipio della suddetta città di Madrid, il giorno venti del mese di giugno dell’anno appena passato novantadue. Ossia : ottomilasettecentottantadue e mezzo in ra 





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gione e per il costo di mille manuali di sacramenti in-quarto, a otto reali, e tredici messali in-folio con xilografie, rilegati in cuoio levigato, a cinquantadue reali e mezzo cadauno, [in interlinea : che da me comprarono] e i restanti trentacinquemilacinquecento maravedì al raggiungimento dei suddetti novemilasettecentoventisei reali e ventuno maravedì in ragione di mille calendari liturgici da due messe e il canone che furono aggiunti per i suddetti manuali, come viene dichiarato nella suddetta obbligazione, e in una cedola di consegna di essi che il suddetto don Gonzalo de Solís [in interlinea : fece], datata ventitré luglio del suddetto anno, dove ognuno dei suddetti calendari aveva cinque fogli che, contati rispetto ai suddetti manuali si sommarono e si aggiunsero ai suddetti trentacinquemilacinquecento maravedì. E insieme ai suddetti ottomilaseicentottantadue reali e mezzo a cui ammontarono i suddetti manuali e messali, fa in tutto novemilasettecentoventisei reali e ventuno maravedì, che valgono trecentotrentamilasettecentocinque maravedì, come risulta dalla suddetta obbligazione e cedola che gli consegno in originale. Affinché, ricevuti e riscossi i suddetti maravedì e qualsiasi cosa o parte di ciò, possa dare per questo le sue formali ricevute di pagamento, quietanze ed estinzioni, che valgano e siano valide, col sufficiente valore legale, così come se io stesso le avessi date e stipulate e avessi ricevuto e riscosso. E in merito alla riscossione potrà comparire in giudizio, lui o un suo mandatario, dinanzi a qualsivoglia tribunale e giudice che su ciò potranno e dovranno avere cognizione, e chiedere esecuzioni forzate e farle giurare, bandi, vendite e aste di beni, prendere possesso di essi e fare tutti gli atti e passi giudiziari ed extragiudiziari convenienti fino alla reale / (fol. 590 r.) paga e riscossione dei suddetti maravedì e di ogni cosa e parte di essi, e con le spese ed i salari della persona che si occuperà della riscossione, e fare qualsiasi pratica, tutto così come potrei farlo io, che per tutto ciò e per quel che ne dipende gli cedo, faccio rinuncia e trasferisco tutti i miei diritti e azioni reali e personali, utili, diretti, misti ed esecutivi, e lo colloco nel mio diritto e lo faccio attore proprio in ciò nella forma col sufficiente valore legale che si richiede. Gli do questo, e gliene faccio lettera di credito, in ragione e come dovuto pagamento dei maravedì che deve avere per le stampe che ha fatto e deve fare dei libri del suddetto Nuovo Ufficio Divino, che sono in maggior quantità, sulla qual cosa rinuncio all’eccezione, al non aver visto né ricevuto, e alle due leggi della prova della consegna come in esse è contenuto e mi impegno con i beni della suddetta amministrazione e del suddetto monastero e convento, spirituali e temporali, avuti e da avere, a dare per buona e valida questa procura e cessione: e i suddetti novemilasettecentoventi[in interlinea : sei reali e vent-] uno maravedì di cui sopra si fa menzione mi sono dovuti in virtù delle suddette garanzie e non li ho ceduti né trasferiti ad altra persona; saranno per lui certi e sicuri, pagati conformemente alla suddetta obbligazione e, qualora risultasse il contrario, fatti i debiti passi per la riscossione e non potendo riscuotere, glieli pagherò con i suddetti beni, non appena ciò risulterà, alla restituzione e riconsegna delle suddette riscossioni e pratiche. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid, dentro al suddetto monastero di San Jerónimo di questa, addì quattro del mese di / (fol. 590 v.) gennaio, anno del Signore millecinquecentonovantatré, essendo presenti come testimoni di quanto detto Pero López de Arriaga e Gregorio de Villasante e Alonso Alviz, residenti alla Corte di sua Maestà. E io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome. Appare in interlinea : don Gonzalo de Solís, arcidiacono di Benavente presso di essa, che da me comprarono, fece, sia valido. E o dice : sei reali e venti. E cancellato o diceva : che è presente e accetta, non sia valido. Fra’ Alonso de Critana [firmato e rubricato]. Fu dinanzi me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  











A.H.P.M. Protocollo 1.350, fols. 589 r. - 590 v.

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[Documento n. 15] [Al margen superior izquierdo] 1593. Poder a Julio de Junti Modesti. [Al margen superior derecho] 4 henero. [Al margen izquierdo] Fecho [rubricado]. † JHS Sepan quantos esta carta de poder en causa propia y çesión vieren como yo, fray Alonso de Critana, frayle professo de la orden de San Gerónimo, procurador general del monesterio de San Lorenço el Real, que el Rey nuestro señor funda y dota çerca de su villa del Escurial, y administrador de los libros del Nuevo Reçado en nombre del dicho monesterio y convento del, residente en el monesterio de señor San Gerónimo de la villa de Madrid, estramuros della, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cunplido y bastante como lo tengo e mexor e más cunplidamente lo puedo otorgar y de derecho en tal caso se requiere al señor Julio de Junti Modesti, florentín, residente en la dicha villa de Madrid y Corte de su Magestad, [tachado : que está presente e açeptante] espezialmente para que en mi nonbre e como yo mismo representando mi persona e para él y como en su fecho e causa propria pueda pedir e demandar, rezibir, aver y cobrar de los señores deán y cavildo, canónigos e dignidades de la santa yglesia de la çiudad de Oviedo e de sus vienes e rentas, y de cada uno dellos y de la dicha santa yglesia y de quien y con derecho pueda y deva, nuebe mill y setecientos e veynte e seis reales e veynte un maravedís que los susodichos me deven y están obligados a pagar en fin deste presente mes de henero por escriptura que en mi favor otorgó, por sí y en nombre del dicho deán y cavildo e prebendados de la dicha santa yglesia, [interlineado : don Gonçalo de Solís, arçediano de Benavente en ella], por ante Françisco Martínez, scribano público del número e ayuntamiento de la dicha villa de Madrid, en beynte días del mes de junio del año próximo pasado de noventa y dos, es a saver los ocho mill y seiscientos y ochenta y dos reales / (fol. 589 v.) y medio por razón e de presçio de mill manuales en quarto de sacramentos, a ocho reales, y treze misales in folio con estanpas de madera enquadernados en becerro llano, a çinquenta y dos reales y medio cada uno, [interlineado : que de mí conpraron], y los treynta y çinco mill e quinientos maravedís restantes a cunplimiento de los dichos nueve mill seteçientos e veinte e seis reales e veinte y un maravedís por razón de mill quadernillos de dos misas y el canon que se añadieron para los dichos manuales, como se declara en la dicha obligaçión y una çédula del rezibo dellos que el dicho don Gonçalo de Solís [interlineado : hiço], su fecha a veynte e tres de julio del dicho año, que cada uno de los dichos quadernillos tubo çinco pliegos, que contados al respeto de los dichos manuales sumaron y montaron los dichos treinta y çinco mill y quinientos maravedís, y juntos con los dichos ocho mill e seisçientos y ochenta y dos reales e medio que montaron los dichos manuales e misales suma todo los dichos nuebe mill seteçientos veynte e seis reales e veinte e un maravedís, que balen tresçientas e treinta mill seteçientos y çinco maravedís, como pareçe por la dicha obligación y çédula que le entrego originalmente. Y para que rezibidos y cobrados los dichos maravedís e qualquier cosa e de parte dello pueda dar dello sus cartas de pago, finiquito e quitanças en forma que valgan e sean tan firmes y bastantes como si yo mismo las diese e otorgasse y lo rezibiese e cobrase, y sobre la cobrança pueda pareçer por sí o su procurador en juizio ante qualesquier justiçias e juezes que dello puedan e deban conozer, e pedir execuçiones y las jurar, e pregones, bentas e remates de bienes e tomar la posesión dellos, e hazer todos los demás autos e diligençias judiçiales y extrajudiçiales que convengan hasta la real / (fol. 590 r.) paga y cobrança de los dichos maravedís y cada cosa y parte dellos e costas y salarios de la persona que fuere a la cobrança, e haser qualesquier diligençias, todo así e según e como yo lo podría haser, que para todo ello y lo dello dependiente le çedo, renunçio e traspaso todos mis derechos e abçiones reales e personales, útiles, diretos e mistos y executibos, e le pongo en mi derecho  







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e lugar e hago propio actor en ello en la más bastante forma que se requiere, esto por razón que se los doy e libro a buena quenta de los maravedís que a de aver de las ynprisiones que a echo y a de haser de los libros del dicho Nuebo Reçado, que son en más cantidad, sobre que renunçio la exçeçión del aver no visto ni reçibido e las leyes de la prueba del entrego como en ellas se contiene, y me obligo e a los bienes de la dicha administraçión e del dicho monesterio y convento, espirituales e tenporales, avidos e por haver, de haver por bueno e firme este poder e çesión, y que los dichos nuebe mill e seteçientos e veynte [interlineado : y seis reales e veynte] e un maravedís de que de suso se haze minçión me son devidos en virtud de los dichos recaudos e que no los tengo çedidos ni traspasados a otra persona, e que le serán ziertos e seguros y pagados conforme a la dicha obligaçión, e paresçiendo lo contrario y aviendo echo las diligençias neçesarias para la cobrança e no pudiendo cobrar se los pagaré de los dichos bienes luego que conste dello, bolviéndome y entregándome los dichos recaudos o diligençias. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano y testigos ynfraescriptos, que fue fecha e otorgada en la dicha villa de Madrid dentro del dicho monesterio de señor San Gerónimo della, a quatro días del mes de / (fol. 590 v.) henero año del Señor de mill e quinientos e noventa y tres años, siendo presentes por testigos a lo que dicho hes Pero López de Arriaga e Gregorio de Billasante e Alonso Alviz, estantes en Corte de su Magestad, e yo el scrivano doy fee que conozco al otorgante e firmolo de su nombre. Ba entre renglones : don Gonçalo de Solís arçediano de Benavente en ella, que de mí conpraron, hiço, valga. Y o diz : y seis reales e veynte. Y testado o dizía : que está presente e açeptante, no balga. Fray Alonso de Critana [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  







A.H.P.M. Protocolo 1.350, fols. 589 r. - 590 v. * [Documento n. 16 : 08/01/1593]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine superiore] destro] 8 gennaio. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid, addì otto del mese di gennaio dell’anno millecinquecentonovantatré, in presenza di me notaio e dei testimoni infrascritti, si presentò il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e disse che dava e diede tutta la sua piena procura, libera, completa, sufficiente, così come egli ce l’ha e la possiede e per legge è necessario a Juan Gutiérrez e Juan de Alvear, avvocati del collegio di questa Corte, e a Pero López de Arriaga, residente in essa, e a ciascuno e a chiunque di essi, per sé e in solidum, generale per tutte le liti, cause e affari, attuati e da attuare, tanto civili quanto penali, per quanti ne ha e pensa di avere e tenere con qualsiasi persona e le tali persone contro di lui in qualsiasi maniera, tanto in accusa quanto in difesa. E affinché possa comparire e compaia in giudizio e fuori di esso, dinanzi a ogni qualsivoglia giudice e tribunale ecclesiastico e secolare, dei Regni e Domini di sua Maestà, e dinanzi a essi e a qualunque di essi fare qualsiasi causa e istanza, richiesta, protesta, citazione, chiamata, e negare quelle poste dalla parte avversa, e presentare testimoni come prova, scritture e verifiche e qualsiasi altra maniera di prova, e contraddire quelle della parte avversa, e chiedere esecuzioni forzate, e giurare le ordinanze, le vendite e le aste dei beni, e prendere possesso di essi. E in sua vece fare qualsiasi giuramento, di calunnia e decisorio, e di dire la verità, e assistere a quelli delle altre parti e richiederne la pubblicazione nelle suddette cause. E concluderle, e chiedere, ascoltare la sentenza o le sentenze interlocutorie e definitive, accettare quelle che da lui verranno date e appellate, e ricorrere in appello per quelle contrarie, eseguire

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tale appello, ricorso, laddove per legge si dovrà seguire, e nominare chi lo segua. E per richiedere le spese, giurarle e ricevere e dare ricevute di pagamento per esse, e fare su ciò tutti gli altri atti e le pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che converranno e sarà necessario fare e che egli stesso farebbe e potrebbe fare essendo presente, con la possibilità di giurare e sostituire e con la formale esenzione dalle spese, e dall’impegno della sua persona e dei suoi beni, che per mantenere valido ciò che così nel suo nome farà, si impegnò specialmente ed espressamente. E così stabilì, e firmò col suo nome, essendo testimoni Tommaso Giunta e Miguel Martínez de Murguía e Cristóbal Palomino, residenti in questa Corte. E io il notaio conosco il concedente. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado. A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 591 r. [Documento n. 16] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio de Junti. [Al margen superior derecho] 8 henero. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a ocho días del mes de henero de mil y quinientos y noventa y tres años, en presencia de mí el scrivano y testigos de yusoescritos, pareció presente el señor Julio de Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, y dixo que dava y dio todo su poder cumplido, libre, llenero, bastante, según él lo ha yiene y de derecho es necessario a Juan Gutiérrez e Juan de Alvear, procuradores del número desta Corte, y Pero López de Arriaga, residente en ella, e a cada uno e qualesquier dellos por sí e yn solidun generalmente para en todos pleitos, caufas, y negocios, movidos y por mover, assí civiles como criminales, quantos él tiene y espera aver y tener con qualesquíer personas y las tales personas contra él en qualquier manera, assí en demandando como en defendiendo, y para que pueda parecer y parezca en juyzio y fuera del ante todos y qualesquier juezes y juslicias ecclesiásticas y seglares de los Reynos y Señoríos de su Magestad, y ante ellos y qualesquier dellos hazer qualesquier demandas y pedimientos, requerimientos, protestaciones, citaciones, emplazamientos, y negar los de encontrario puestas, y en prueva presentar testigos, escrituras y provanças y otra qualquier ma­nera de prueva, y contradezir las de en contrario, y pedir execuciones,y jurar las provisiones, ventas, y remates de bienes, y tomar la posesión delIos, y en su aáima hazer qualesquier juramentos de calumnia y decissorio, y de verdad de dezir y verlos hazer a las otras partes, y pedir publicación en los dichos pleitos, y concluirlos, y pedir, oyr sentencia o sentencias interlocutorias y difinitivas, y consentir en las que por él se dieren y apelaren, y suplicar de las en contrario, y seguir la tal apelación, suplicación, donde con derecho se deva seguir, y dar quien la siga, y para pedir costas, jurarlas, y recebir, y dar cartas de pago dellas, y hazer sobre ello todos los otros autos y diligencias, judiciales y extrajudiciales que convengan y menester sean de se hazer, y que él mismo haría y hazer podría presente siendo, con poder jurar y sostituir y con relevación de costas, y obligación de su persona y bienes, en forma, que para aver por firme lo que assí en fu nombre hiziere especial y expresamente obligó y otorgó assí y firmó de su nombre, siendo testigos Tomás de Junta y Miguel Martínez de Murguía y Cristóbal Palomino, estantes en esta Corte, e yo el escrivano conozco al otorgante. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 591 r.

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i giunta a madrid * [Documento n. 17 : 09/01/1593]  

[Al margine superaiore sinistro] Procura in rem propriam ad Antonio Voto. [Al margine superiore destro] 9 gennaio. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam e cessione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente presso la corte di sua Maestà, come cessionario quale sono del padre fra’ Alonso de Critana, frate professo dell’ordine di San Girolamo e amministratore generale del monastero di San Lorenzo el Real, ministro dei libri del Nuovo Ufficio Divino, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura come la possiedo e come meglio e più compiutamente la posso conferire e per legge si richiede al signor Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, e a colui che avrà la sua procura e mandato. In special modo affinché in mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona e quella del suddetto padre fra’ Alonso de Critana, del quale io sono cessionario, e per il suddetto signor Antonio e come in fatto suo e rem propriam possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere dal signor decano e dal capitolo e dai prebendari della santa chiesa della città di Oviedo e dai loro beni e rendite, e da ciascuno di essi e da chi per legge dovrà pagare ciò, novemilasettecentoventisei reali e ventuno maravedì castigliani d’argento, che valgono trecentotrentamilasettecentocinque maravedì, che come tale cessionario quale sono del suddetto padre fra’ Alonso de Critana, e conformemente a una scrittura di obbligazione concessa dal signor don Gonzalo de Solís, arcidiacono di Benavente presso la suddetta santa chiesa in nome del suddetto decano e del capitolo e dei prebendari, siglata da Francisco Martínez, notaio pubblico del collegio e del municipio di questa suddetta città, e a una cedola firmata col suo nome, mi devono e sono obbligati a pagarmi entro la fine del corrente mese di gennaio per la ragione e causa contenute nella suddetta obbligazione e cedola, datate venti giugno e ventitré luglio dello scorso anno / (fol. 596 v.) novantadue, le quali do e consegno in originale, con la suddetta procura e cessione che per la riscossione il suddetto padre fra’ Alonso de Critana stipulò a mio favore, affinché in virtù di tutto ciò e di questa procura abbia, chieda e riscuota i suddetti maravedì entro il suddetto termine e conformemente alle suddette scrittura e cedola, e faccia uso delle suddette garanzie così come potrei farlo io. E ricevuto e riscosso, possa dare per essi le sue ricevute di pagamento e quietanza e le ulteriori opportune, che saranno valide e considerate efficaci e sufficienti come se io le avessi date e concesse. E riguardo alla riscossione potrà comparire in giudizio dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice ecclesiastico o secolare che di ciò potrà e dovrà avere cognizione, e chiedere esecuzioni forzate e farle giurare, bandi, vendite e aste di beni, e prendere possesso di essi e fare tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie opportuni e necessari da fare fino all’effettivo pagamento e alla riscossione dei suddetti maravedì e delle spese e salari della persona che sarà andata a riscuotere, che per tutto ciò e per ciò che ne dipende gli cedo, faccio rinuncia e trasferisco tutti i miei diritti e azioni reali e personali utili, diretti, misti ed esecutivi, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio attore proprio in ciò nella forma avente il sufficiente valore legale che si richiede. Questo per la ragione che il suddetto signor Antonio Voto mi ha dato e pagato altrettanta somma e importo, duecento- [cassato : novantacinque] mila- [cassato : duecentocinque] maravedì, pagati con una lettera di cambio presso il Banco di Pedro de Villamor e Francisco de Ibarra di questa Corte, e i [in interlinea :cento-] trenta- [cassato :cinque] mila- [cassato : cinquecento] [in interlinea : settecentocinque] maravedì rimanenti per il raggiungimento dei suddetti trecentotrentamilasettecentocinque maravedì me li pagò in reali contanti, per tutta la qual  











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cosa mi reputo e mi considero nei confronti del suddetto Antonio Voto ben contento / (fol. 597 r.) e soddisfatto in ogni mia volontà, in quanto li ricevetti realmente ed effettivamente nella suddetta forma. E sebbene il pagamento sia certo, siccome al momento non risulta, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto, alle leggi della prova della consegna come in esse è contenuto. E mi impegno, io e i miei beni mobili e immobili avuti e da avere, a dare per buona e valida questa procura e cessione; ed i suddetti trecentotrentamilasettecentocinque maravedì di cui sopra si fa menzione mi sono dovuti in virtù delle suddette garanzie e non li ho ceduti né trasferiti ad altra persona alcuna, e saranno certi e sicuri, e ben pagati al suddetto signor Antonio Voto e a chi da lui avrà parte in virtù delle suddette garanzie e di questa procura e cessione. E qualora accadesse il contrario e con qualsivoglia pratica che avesse fatto per la riscossione non potesse riscuotere o gli risultasse incerto il pagamento, glieli pagherò io non appena [cassato : del] consti ciò, in reali contanti, pacificamente, senza fare alcuna causa [cassato : in ], riconsegnandomi le suddette garanzie con le spese che per la suddetta ragione avesse sostenuto, coi danni e le perdite che gliene fossero derivati. Per l’esecuzione della qual cosa con questa carta do pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà e ai signori giudici della sua Casa e Corte, alla cui giurisdizione mi sottopongo, rinunciando alla mia residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva mi costringano e mi sollecitino al compimento e al pagamento di quanto detto come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me accettata. In merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge e diritto a mio favore, affinché non siano validi, e alla legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. / (fol. 597 v.) A testimonianza della qual cosa ho stipulato questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che è stata fatta e rogata nella città di Madrid addì nove del mese di gennaio dell’anno millecinquecentonovantatré, testimoni presenti a quanto detto Tommaso Giunta e Pedro de Urbina e Miguel Martínez de Murguía, residenti a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome in questo registro. Appare cancellato : del, in, non sia valido. E o diceva : novantacinquemila [sic], cinque, cinque, non sia valido. Appare in interlinea : cento, settecentocinque, sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali.  









A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 596 r. - 597 v. [Documento n. 17] [Al margen superior izquierdo] Poder en causa propia a Antonio Boto. [Al margen superior derecho] 9 henero. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder en causa propia y cesión vieren como yo, Julio de Junti de Modesti, florentín, residente en Corte de su Magestad, como çesonario que soi del padre fray Alonso de Critana, fraile profeso de la orden de señor San Gerónimo y procurador general del monesterio de San Lorenço el Real y administardor de los libros del Nuebo Reçado, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cunplido como lo tengo e mejor e más cunplidamente lo puedo otorgar e de derecho se requiere al señor Antonio Boto, guardajoyas de su Magestad, e a quien su poder e causa tubiere espezialmente para que en mi nonbre como yo mismo representando mi persona y la del dicho padre fray Alonso de Critana, cuyo çesonario yo soi, e para el dicho señor Antonio y como en su fecho y causa propia pueda pedir e demandar, rezibir, aver e cobrar de los señores deán y cavildo e prebendados de la santa yglesia de la ciudad de Obiedo e de sus vienes e rentas y de cada

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uno dellos y de quien y con derecho lo deva pagar, nuebe mill e seteçientos e veinte y seis reales e beynte e un maravedís de plata castellanos, que valen treçyentas y treynta mill seteçientos y çinco maravedís, que como tal çesonario que soi del dicho padre fray Alonso de Critana y conforme a una escriptura de obligaçión otorgada por el señor don Gonçalo de Solís, arçediano de Benavente en la dicha santa yglesia, en nonbre del dicho deán y cavildo e prebendados, que está signada de Françisco Martínez, escrivano público del número e ayuntamiento desta dicha villa, y a una çédula firmada de su nonbre, me deven y están obligados a pagar para en fin deste presente mes de henero por la razón y causa contenida en la dicha obligaçión y çédula, sus fechas a veinte de junio y a beynte y tres de julio del año pasado / (fol. 596 v.) de noventa y dos, las quales originalmente, con el dicho poder y çesión que para la cobrança otorgó en mi favor el dicho padre fray Alonso de Critana, le doy y entrego para que en virtud de todo ello y deste poder aya, pida y cobre los dichos maravedís al dicho plazo y conforme a la dicha scriptura y çédula, e use de los dichos recaudos según y como yo lo pudiera haser, e rezibidos y cobrados pueda dar dellos sus cartas de pago e finiquito y las demás que convengan, que valgan e sean por firmes y bastantes como si yo las diese y otorgase, y sobre la cobrança pueda parezer en juiçio ante qualesquier justiçias e juezes eclesiásticas o seglares que dello puedan y deban conoçer e pedir execuçiones y las jurar, e pregones, ventas e remates de bienes, e tomar la posesión dellos e hazer todos los demás autos e diligençias judiziales y esttrajudiçiales que convengan y neçesario sean de se hazer hasta la real paga y cobrança de los dichos maravedís, costas y salarios de la persona que fuere a la cobrança, que para todo ello y lo dello dependiente le çedo, renunçio e traspaso todos mis derechos e abçiones reales e personales, útiles, diretos, mistos y executibos, e le pongo en mi derecho e lugar e hago propio actor en ello en la más bastante forma que se requiere, esto por razón que el dicho señor Antonio Boto me a dado e pagado otra tanta suma y cantidad, las duçientas [tachado : y nobenta y çinco] mill [tachado : duçientos y çinco] maravedís librados en el banco de Pedro de Villamor e Françisco de Ybarra, desta Corte, y los [interlineado : çiento] treynta [tachado : y çinco] mill [tachado : e quinientos] [interlineado : seteçientos e zinco] maravedís restantes a cunplimiento de las dichas trezientas e treynta mill seteçientos e zinco maravedís me los pagó en reales de contado, de todo lo qual me doy e otorgo del dicho señor Antono Boto por bien contento / (fol. 597 r.) y entregado a toda mi voluntad por quanto los rezibí realmente y con efeeto en la dicha forma, e aunque la paga es çierta porque de presente no pareçe renunçio la exçeçión de la ynnumerata pecunia e del haver no visto ni rezibido y las leyes de la prueva del entrego, como en ellas se contiene, e me obligo e a mis vienes muebles e rayzes avidos e por haver de haver por bueno e firme este poder e çesión, y que las dichas treçientas e treynta mill seteçientos e çinco maravedís de que de suso se haze minçión me son debidos en virtud de los dichos recaudos e que no los tengo çedidos ni traspasados a ottra persona alguna y que serán çiertos e seguros y bien pagados al dicho señor Antonio Boto e a quien por él fuere parte en virtud de los dichos recaudos e deste poder y çesión, e paresçiendo lo conttrario y con qualquier diligençia que aya echo para la cobrança no pudiendo cobrar o saliéndole ynzerta la paga se los pagaré yo luego [tachado : del] que conste dello en reales de contado llanamente sin pleyto alguno [tachado : en], bolviéndome los dichos recaudos con las costas que en la dicha raçón ubiere fecho, daños e menoscavos que se le obieren seguido, para la execuçión de lo qual por esta carta doy poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad e señores alcaldes de su Casa e Corte, a cuya jurisdiçión me someto, renunçiando mi domizilio e propio fuero e la ley sit conbenerid de jurisdiçone oniun judicum, para que por todo rigor de derecho y bía más executiba me conpelan e apremien al cunplimiento e paga de lo que dicho es como por sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, çerca de lo qual renunçio todas e qualesquier  















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leyes e derechos de mi favor para que non balan con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. / (fol. 597 v.) En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano e testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid y Corte de su Magestad, a nueve días del mes de henero de mill y quinientos e noventa y tres años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es Tomás de Junta y Pedro de Urbina e Miguel Martínez de Murguía, estantes en Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, e firmolo de su nonbre en este registro. Ba testado o dizía : del, en, no valga. Y o dizía : y nobenta y zinco mill, y zinco, y zinco, no balga. Ba entre renglones : ciento, setecientos y çinco, balga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales.  





A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 596 r. - 597 v. * [Documento n. 18 : 22/01/1593]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Juan de Iriarte. [Al margine superiore destro] 22 gennaio. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunta de’ Modesti, fiorentino, residente presso la Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, come la possiedo e come meglio e più compiutamente posso conferire e per legge in tal caso si richiede, e più può e deve valere, a [cassato: voi] Juan de Iriarte, mio servitore, residente presso la suddetta Corte, specialmente affinché in mia vece e a mio nome e come me stesso rappresenta[n]do la mia persona e per me possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso da ogni qualsivoglia persona di qualsivoglia parte e qualità essa sia ogni qualsivoglia maravedì e altre cose che mi fossero dovute e mi appartenessero e io dovessi avere per me [in interlinea : fatto in rem propriam] e come possessore quale sono dei beni di Cornelio Bonarte, tipografo e mercante di libri, ormai defunto, che fu abitante della città di Salamanca, [in interlinea : che mi sono stati aggiudicati ed è stato ordinato di consegnarmi] per sentenze e rogatorie dei signori giudici di questa Corte, pronunciate ed emesse in giudizio contradditorio, tanto per obbligazioni quanto per adempimenti, saldi di conti, locazioni e affitti di case, contratti di libri e altre garanzie e accadimenti e in qualsiavoglia maniera mi sia dovuto e mi spetti. E affinché di quanto avrà ricevuto e riscosso possa dare e concedere le sue formali ricevute di pagamento e saldo e quietanza, e tutte le altre necessarie le quali, e ciascuna di esse, saranno valide e così efficaci e sufficienti e valide come se io stesso le avessi date e concesse e li avessi ricevuti e riscossi e fossi a ciò presente. E affinché in merito alla riscossione possa comparire in giudizio dinanzi qualsivoglia giudice e tribunale che di ciò potrà e dovrà avere cognizione, e chiedere dispense e giurarle, bandi, arresti, vendite e aste di beni, e prendere possesso di essi e di qualunque altro bene / (fol. 615 v.) che mi appartenga, e continuarli e fare tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziari ed extragiudiziari necessari, e fare uso di qualunque rogatoria che sia stata data o si darà a mio favore così come io potrei farlo. E altresì gli do la suddetta procura affinché in mio nome possa vendere, [in interlinea : cedere e trasferire] e disporre di qualsivoglia bene, diritto e azione rimasto del suddetto Cornelio Bonarte che mi spetta e mi è stato aggiudicato per le suddette sentenze e rogatorie come uno dei suoi creditori e cessionario di altri, per scritture e garanzie che io possiedo e che sono state presentate nel processo dei creditori verso i suddetti beni che si tiene e si svolge dinanzi a Miguel Sánchez, cancelliere provinciale presso questa Corte ; i quali suddetti beni, diritti e azioni [in interlinea : e qualunque cosa o  









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parte di essi] possa [egli] vendere e trasferire alla persona o alle persone e per il prezzo in maravedì che gli sembrerà opportuno e reputerà giusto, a credito o in contanti, e ricevere e riscuotere i maravedì quando così li venderà, e dare di essi le suddette ricevute di pagamento e, se il pagamento di quanto avrà ricevuto e riscosso non risultasse al momento, possa [egli] darsi per soddisfatto di ciò e rinunciare alle leggi che trattano in merito alla prova della consegna e alle altre che riguardano questo caso come in esse si dichiara, facendomi desistere dal diritto su tali beni e facendovi rinuncia a favore dei tali compratori, e dare il possesso di essi confessando che quello per il quale si accorderanno è il giusto e vero prezzo, e costituirmi mandatario e impegnarmi alla garanzia di ciò, o cedendo loro [in interlinea : solamente] i miei diritti e azioni reali e personali, che io possiedo, come gli sembrerà opportuno, e affinché in ragione di ciò possa fare e faccia in mio nome tutte le scritture opportune dinanzi a qualsivoglia notaio e testimoni con tutte le clausole, i vincoli e le convalide, potere e sottomissione a qualsivoglia tribunale e giudice, rinuncia alle leggi e agli statuti locali e alla mia residenza che per la loro validità fossero opportune e gli venissero richieste. Che, essendo da lui fatte e/o determinate, sin d’ora le concedo, approvo e ratifico e do per buone e per ben fatte, e mi impegno a rispettarle e a compierle / (fol. 616 r.) a eseguire e attendere a esse come se stessero in questa procura. E altresì gli do questa suddetta procura generale per tutti i miei processi e cause [in interlinea : e affari] civili e criminali mossi e da muovere che io ho e penso di avere con qualunque persona, e queste contro di me, e affinché in merito a essi tanto in accusa come in difesa possa comparire e compaia dinanzi a qualsivoglia tribunale e giudice ecclesiastico o secolare che su ciò potrà e dovrà avere cognizione, e fare qualsiasi causa, denuncia, istanza, richiesta, citazione, convocazione [cassato : e chiedere] e viceversa rispondere a tutto, e fare qualsiasi giuramento necessario circa la verità dei fatti e chiederlo e vederlo fare alle altre parti, presentare testimoni, scritture e riscontri e qualsiasi altro genere e sorta di prova, mettere in dubbio e contraddire quelli avversi, e chiedere pubblicazioni, conclusioni, restituzioni e ricusare giudici e cancellieri e farli rimuovere, e chiedere e udire le sentenze interlocutorie e definitive, e accettarle a mio favore e fare appello e ricorso per quelle avverse e seguire ciò e nominare chi lo segua in tutti i gradi, e fare tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che fosse conveniente e necessario fare, e tutto ciò che io farei e potrei fare essendo presente, che gli do e conferisco quanta più piena procura per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario secondo le clausole consuete, e la facoltà di sostituire per quanto concerne le cause uno, due o più mandatari, e dargli la revoca e costituirli nuovamente, che per dare per buona e valida questa procura e ciò che in virtù di essa fosse fatto, e non andare né venire contro di essa nel tempo necessario, impegno la mia persona e i beni mobili e immobili avuti e da avere. A testimonianza della qual cosa ho stipulato questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che è stata fatta e rogata nella città di Madrid, Corte di sua Maestà, addì ventidue del mese di gennaio del- / (fol. 616 v.) l’anno millecinquecentonovantatré, essendo presenti come testimoni a quanto detto Pero López de Arriaga e Tommaso Giunta e Miguel Martínez de Murguía, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : fatto in rem propriam, che mi sono stati aggiudicati ed è stato ordinato di consegnarmi, cedere e trasferire, e qualunque cosa o parte di essi, solamente, e affari, sia valido. E cancellato o diceva : voi, e chiedere, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  









A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 615 r. - 616 v.

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[Documento n. 18] [Al margen superior izquierdo] Poder a Juan de Yriarte. [Al margen superior derecho] 22 henero. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junta de Modesti, florentín, residente en Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cunplido como lo tengo e mexor e más cunplidamente puedo otorgar e de derecho en tal caso se requiere e más puede e deve valer a [tachado : bos] Juan de Yriarte, mi criado, residente en la dicha Corte, espezialmente para que por mí y en mi nonbre e como yo mismo representado mi persona e para mí pueda pedir e demandar, reçivir, aver y cobrar en juiçio e fuera del de todas e qualesquier personas de qualquier parte y calidad que sean todos e qualesquier maravedís y otras cossas que se me deban e pertenezcan e yo aya de haver por mí [interlineado : fecho en causa propia] y como posehedor que soy de los bienes de Cornelio Bonarte, mercader e ynpresor de libros, ya dyfunto, veçino que fue de la zibdad de Salamanca, [interlineado : que me están adjudicados e mandados entregar] por sentençias e requisitorias de los señores alcaldes desta Corte dados e librados en conttraditorio juizio, ansí por obligaçiones como cunplimientos, feneszimientos de quentas, arrendamientos y alquileres de casas, asientos de libros y otros recaudos y suçesos y en qualquier manera que se me deba e pertenezca, y para que de lo que reçiviere y cobrare pueda dar y otorgar sus cartas de pago e finiquito y quitanças en forma y lastos a los que pagaren por otros con çesión de derechos y abçiones en forma y todas las demás que sean neçesarias, las quales y cada una dellas valgan e sean tan firmes y bastantes y balederas como si yo mismo las diesse y otorgase y lo reçiviese y cobrase e a ello presente fuesse, e para que sobre la cobrança pueda pareçer en juiçio ante qualesquier juezes e justiçias que dello puedan e deban conozer, e pedir exençiones y las jurar, pregones, prisiones, ventas e remates de vienes e tomar la posesión dellos e de otros qualesquier vienes / (fol. 615 v.) que me pertenezcan y la continuar, e hazer todos los demás autos e diligençias judiçiales y estrajudiçiales que sean neçesarios, e usar de qualesquier requisitorias que se ayan dado y dieren en mi favor según y como yo lo pudiera hazer, y otrosí le doy el dicho poder para que en mi nonbre pueda bender, [interlineado : çeder e traspasar] e disponer de qualesquier vienes, derechos e abçiones que quedaron del dicho Cornelio Bonarte que a mí me pertenezen y hestán adjudicados por las dichas sentençias e cartas requisitorias como a uno de sus acrehedores y çessonario de otros por escripturas e recaudos que yo tengo y están presentadas en el prozesso de acrehedores a los dichos bienes, que está y pasa ante Miguel Sánchez, escrivano de provinçia en esta Corte, los quales dichos vienes, derechos e abçiones [interlineado : y qualquier cosa y parte dellos] pueda vender e traspasar a la persona o personas e por el presçio de maravedís que le paresçiere e bien bisto le fuere, al fiado o de contado, y rezibir e cobrar los maravedís porque ansí los bendiere y dar dello las dichas cartas de pago, y si la paga de lo que ansí reçiviere e cobrare no paresçiere de presente se pueda dar por entregado dello e renunçiar las leyes que hablan en razón de la prueba del entrego y las demás que tocan a este caso como en ellas se contiene, desistiéndome del derecho de los tales vienes y renunçiándolo en los tales conpradores, e confesando ser el justo e berdadero presçio aquel en que se conçertaren y dar la posesión dellos, y constituirme por ynquilino y obligarme al saneamiento dello, o çediéndoles [interlineado : solamente] mis derechos e abçiones reales y personales que yo tengo como le paresçiere, y para que en razón dello pueda hazer e haga en mi nonbre todas las scripturas que convengan por ante qualquier escrivano e testigos con todas las fuerças, vínculos e firmezas, poder e sumisión a qualesquier justiçias e juezes, e renunçiaçión de leyes e fueros e de mi domizilio e vezindad que para su validaçión con 











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venga y le sea pedido, que siendo por él fechos y o tasadas desde agora las otorgo, apruebo e ratifico e tengo por buenas e bien fechas, e me obligo de las guardar e cunplir, / (fol. 616 r.) estar y pasar por ellas como si en este poder fueran, y otrosy le doy este dicho poder generalmente para en todos mis pleytos e causas [interlineado : e negoçios] çebiles y criminales mobidos e por mover que yo tengo y espero tener con qualesquier personas y las tales conttra mí e para que en razón dellos e qualquier dellos ansí en demandando como en defendiendo pueda parezer e parezca ante qualesquier justiçias e juezes eclesiásticas e seglares que dello puedan y deban conozer, e poner qualesquier demandas, querellas, pedimientos, requerimientos, zitaçiones, enplazamientos [tachado : e pedir] e responder a todo de lo de contrario, y hazer qualesquier juramentos neçesarios de verdad de ser e los pedir e ver haser a las otras partes, presentar testigos, scripturas e provanças y otro qualquier género e manera de prueba, tachar y contradesir lo de contrario, e pedir publicaçiones, conclusiones, restituçiones e hazer recusaçiones de juezes o escrivanos e apartarse dellas, y pedir e oir sentençias ynterlocutorias e difinitivas y consentir las en mi favor e apelar e suplicar de las en contrario y lo seguir e dar quien lo siga en todas ynstançias, e haser todos los demás autos e diligençias judiçiales y estrajudiçiales que convengan e sean neçesarios de se haser e todo lo que yo aría e podría haser siendo presente, que quan cunplido poder para ello se requiere se lo doy e otorgo con sus ynzidençias e dependençias e anexidades y con la relebaçión de derecho neçesaria so las claúsulas acostunbradas, e facultad de sostituir en lo que toca a pleytos un procurador, dos o más y los revocar y criar de nuebo, que para haver por bueno e firme este poder y lo que en virtud del fuere fecho e no yr ni benir contra ello en tiempo neçesario, obligo mi persona e bienes muebles e rayzes avidos e por haver. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano y testigos ynfraescriptos, que fue fecha e otorgada en la villa de Madrid y Corte de su Magestad a veynte e dos días del mes de henero de / (fol. 616 v.) mill y quinientos e nobenta y tres años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Pero López de Arriaga y Tomás de Junta e Miguel Martínez de Murguía, estantes e redidentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba scripto entre renglones : fecho y causa propia, que me están adjudicados e mandados entregar, çeder e traspasar, e qualquier cosa y parte dellos, solamente, e negoçios, valga. Y testado o dizía : bos, e pedir, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  







A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 615 r. - 616 v. * [Documento n. 19 : 02/10/1593]  

[Al margine superiore sinistro] Quietanza tra Giulio Giunti e Dante de Castellón. [Al margine superiore destro] 2 ottobre. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid e Corte del Re nostro signore, addì due del mese di ottobre dell’anno millecinquecentonovantatré, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentarono da una parte Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dall’altra Dante de Castellón, residente in essa, e dissero così che il suddetto Dante de Castellón è stato al servizio di Giulio Giunti de’ Modesti dal trenta marzo dell’anno passato ottantatré fino a ora; durante il suddetto tempo si è occupato dell’amministrazione dei libri del Nuovo Ufficio Divino dei quali il suddetto Giulio Giunta ha la commessa e di altri a lui appartenenti e di altre cose che gli ha ordinato e incaricato e, essendoci tra loro divergenze circa il salario e in ragione della soddisfazione e la paga che il suddetto Dante de Castellón ha potuto meritare e merita ogni anno, e affinché egli renda conto al suddetto Giulio Giunti

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della suddetta amministrazione e di tutto ciò che fosse a suo carico, posero e rimisero la suddetta divergenza in merito a quanto doveva spettargli come salario durante il suddetto tempo nelle mani di Jerónimo Resta, nominato dal suddetto Giulio Giunti, e Nicolás Chichapora, nominato dal suddetto Dante de Castellón. E poiché i due non erano d’accordo nominarono come terzo Francisco Lamberty, tutti residenti in questa Corte, i quali di comune accordo dichiararono e ordinarono che, oltre a quanto il suddetto Dante de Castellón aveva e ha ricevuto, Giulio Giunti gli dia altri cinquanta ducati come ausilio per il viaggio di ritorno alla sua terra, / (fol. 1236 v.) e che con questo si diano l’un all’altro e viceversa formale ricevuta di pagamento e quietanza di tutti i debiti e crediti che tra essi ci sono stati e ci sono fino al giorno di oggi. Pertanto entrambi, tutti di comune accordo, hanno stabilito che approvano e ratificano tutto quanto sopra detto e si considerano contenti e ripagati e rispettati e soddisfatti in ogni loro volontà ; ovvero, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti di tutto ciò che è stato a carico del suddetto Dante de Castellón e che entrò in suo potere durante il suddetto tempo, così come di quanto proveniente dai suddetti libri e dall’amministrazione di essi, come di qualsiasi altro maravedì e cose che ha riscosso e ricevuto appartenenti al suddetto Giulio Giunti, per suo ordine e procura e in qualsiasi altra maniera e per qualsiasi altra ragione durante il suddetto tempo che è stato al suo servizio, in quanto confessa e dichiara che di tutto questo gli ha dato soddisfazione e debito conto con il pagamento e la consegna reale ed effettiva dei libri [in interlinea : e delle cose] che erano [in interlinea : e sono rimasti] invenduti, e il suddetto Dante de Castellón si ritiene contento, soddisfatto e ripagato dei suddetti cinquanta ducati che così è stato ordinato di dargli dai suddetti giudici e arbitri in merito tutto quanto gli si doveva e doveva avere del suo salario per tutto il suddetto tempo che così è stato al servizio del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e in beneficio e amministrazione dei suddetti libri, in quanto [in interlinea : gli sono stati pagati i suddetti cinquanta ducati in reali contanti e il resto] gli è stato corrisposto ed egli stesso si è ripagato di ciò con le sue mani con quanto derivato dai suddetti libri e da altre cose. E in ragione di quanto detto ciascuna parte, per quel che le concerne, ha rinunciato all’eccezione della non numerata pecunia, al non aver visto né ricevuto e alle leggi della prova della consegna e a ogni errore di conto, dolo o frode, come in esse è contenuto. / (fol. 1237 r.) E poiché contenti, soddisfatti e ripagati ognuno del suo diritto e di tutti i suddetti debiti e crediti, servizio e amministrazione, una parte all’altra e vice- [in interlinea : versa] ha dato e concesso formale ricevuta di pagamento e quietanza e affrancamento col sufficiente valore legale richiesto per legge, liberato e sollevato da tutti i suddetti diritti e pretese, servizio e amministrazione e debiti e crediti di cui sopra si fa menzione per sempre, affinché né una parte all’altra né viceversa possa chiedere nuovamente in nessun tempo né in alcun modo in ragione di ciò cosa alcuna, poiché ognuna delle suddette parti è contenta, soddisfatta e ripagata l’una dell’altra e viceversa per tutto ciò e per tutti i suddetti debiti e crediti fino al giorno odierno, e se chiedessero e domandassero qualcosa per sé e a loro nome, oltre a non avere udienza in giudizio né fuori di esso, saranno obbligati a pagare tutto ciò che così avessero chiesto e domandato col raddoppio e le spese e i danni, interessi e detrimento che in merito a ciò gli deriveranno e graveranno, la penale pagata e quella non ancora pagata, sia valido quanto detto. E per l’adempimento e compimento di tutto quanto detto ognuna delle suddette parti per quel che gli concerne si è impegnata di persona e coi suoi beni mobili e immobili, i diritti e le azioni, e qualora necessario si è ritirata e desiste da qualsiasi diritto e azione che ha e che potrebbe avere una parte contro l’altra e vice- / (fol. 1237 v.) versa fino al giorno odierno, data di questa carta, per qualsiasi ragione e causa. E per l’esecuzione di ciò con questa carta diedero pieni poteri a tutti i tribunali e giudici di sua Maestà di qualunque parte siano dinanzi ai quali comparisse questa carta e di essa fosse richiesto l’adempimento secondo giustizia, alla cui giurisdizione si sono sottoposti affinché con ogni azione e rigo 









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re di legge e in via maggiormente esecutiva li constringano e sollecitino al- [in interlinea : l’osservanza] e al compimento di tutto quel che si dice e in questa scrittura è contenuto, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da essi accettata, in merito alla qual cosa hanno rinunciato alla loro residenza e al relativo statuto locale e alla legge sit convenerit e a ogni qualsivoglia altra legge, statuto locale e diritto che vada a loro favore, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa hanno stipulato questa carta dinanzi a me notaio e ai testimoni sottoscritti, il suddetto giorno, mese e anno sopraddetti, essendo presenti come testimoni a quanto detto Jerónimo Sánchez e Tommaso Giunta e Miguel Martínez de Murguía, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere i suddetti concedenti, che firmarono col loro nome. Appare in interlinea : e delle cose, e sono rimaste, l’osservanza, sia valido. E o dice : all’altra. E o dice : gli sono stati pagati i suddetti cinquanta ducati in reali contanti e il resto. Emendato : ottobre. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Dante de Castellón [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  









A.H.P.M. Protocollo 1.350, fols. 1236 r. - 1237 v. [Documento n. 19] [Al margen superior izquierdo] Finiquito entre Julio Junti y Dante de Castellón. [Al margen superior derecho] 2 otubre. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid y Corte del Rey, nuestro señor, a dos días del mes de optubre de mill y quinientos e nobenta e tres años, ante mí el scrivano y testigos yusoescriptos paresçieron presentes Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, de la una parte, y Dante de Castellón, estante en ella, de la otra, e dixeron que hes ansí que el dicho Dante de Castellón a estado en serviçio del dicho Julio Junti de Modesti desde treynta de março del año pasado de ochenta y tres hasta agora, durante el qual dicho tiempo a entendido en la administraçión de los libros del Nuevo Reçado que el dicho Julio Junti tiene en comisión y otros a él pertenezientes y otras cosas que le a ordenado y encargado, e teniendo entre ellos diferençia sobre y en razón del salario, satisfaçión e paga que el dicho Dante de Castellón pudo meresçer e meresçe en cada un año e para que él diese quenta al dicho Julio Junti de la dicha administraçión e de todo lo que fue a su cargo, pusieron y conprometieron la dicha diferençia en lo que tocava a lo que pudía [sic] meresçer de salario durante el dicho tiempo en manos de Gerónimo Resta, nonbrado por el dicho Julio Junti, y Nicolás Chichapora, nonbrado por el dicho Dante de Castellón, e por no se aver conformado los dos nonbraron por terçero a Françisco Lanberty, todos residentes en esta Corte, los quales de una conformidad declararon e mandaron que sobre lo que el dicho Dante de Castellón tenía e tiene rezibido le dé el dicho Julio Junti otros zinquenta ducados para ayuda a su camino de yrse a su tierra, / (fol. 1236 v.) y que con esto se den el uno al otro y el otro al otro carta de pago e finiquito en forma de todos los dares e tomares que entre ellos a abido e ay hasta el día de oy. Por ende, anbos todos de una conformidad otorgaron que aprueban e ratifican todo lo susodicho e se dan por contentos e pagados y entregados e satisfechos a toda su voluntad, es a saver, el dicho Julio Junti de Modesti de todo aquello que fue a cargo del dicho Dante de Castellón y entró en su poder durante el dicho tienpo, ansí de lo proçedido de los dichos libros e administraçión dellos como de otros qualesquier maravedís y cosas que cobró e rezibió pertenesçientes al dicho Julio Junti e por su orden e poder y en otra qualquier manera y por otra qualquier razón durante el dicho tienpo que a estado en su serviçio, por quanto confiesa y declara que de todo ello le a dado satisfaçión e quenta con pago y entregádole

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los libros [interlineado : y cosas] que estaban [interlineado : e quedaron] en ser realmente e con efeeto, y el dicho Dante de Castellón se da por contento, satisfecho e pagado de los dichos zinquenta ducados que ansy se le mandaron dar por los dichos juezes árbittros e de todo lo que se le devía e ubo de haver de su salario de todo el dicho tienpo que ansí a estado en serviçio del dicho Julio Junti de Modesti y en benefiçio e administraçión de los dichos libros, por quanto [interlineado : se le an pagado los dichos çinquenta ducados en reales de contado y lo demás] se le a echo bueno y él mismo se hizo pagado dello por su mano de lo proçedido de los dichos libros e otras cosas, y en razón de lo que dicho hes, cada parte por lo que le toca, renunciaron la exçeçión de la non numerata pecunia, aver no visto ni reçibido e las leyes de la prueba del entrego e todo error de quenta, dolo e mal engaño, como en ellas se contiene. / (fol. 1237 r.) Y como contentos, satisfechos e pagados cada uno de su derecho e de todos los dichos dares e tomares, serviçio e administraçión se dieron y otorgaron la una parte a la otra y la otra [interlineado : a la otra] carta de pago e finiquito e liberaçión en forma quan bastante de derecho se requiere, e por libres y quitos de todos los dichos derechos e pretensiones, serviçio y administraçión y dares e tomares de que de suso se haze minçión para sienpre xamás, e para no se poder pedir ni repetir en razón dello cosa alguna la una parte a la otra ni la otra a la otra en tienpo alguno ni por alguna manera, por quanto cada una de las dichas partes están contentos, satisfechos e pagados el uno del otro y el otro del otro de todo ello e de todos los dichos dares e tomares hasta el día de oy, e si alguna cosa se pidieren y demandaren por sí o por otra persona por ellos y en su nonbre que demás de que sobre ello no sean oydos en juiçio ni fuera del sean obligados a pagar todo lo que ansí se pidieren y demandaren con el doblo y costas e daños, yntereses e menoscabos que sobre ello se les siguieren e recreçieren, la qual pena pagada e no todavía, balga lo que dicho es. E para la guarda y cumplimiento de todo lo que dicho es cada una de las dichas partes por lo que le toca obligaron sus personas e bienes muebles e rayzes, derechos e abçiones, y en caso neçesario se apartaron e desistieron de qualquier derecho e abçión que tengan e les pueda pertenezer la una parte contra la otra y la otra / (fol. 1237 v.) contra la otra hasta oy día de la fecha desta carta por qualquier razón e causa, e para la execuçión dello por esta carta dieron poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad e de qualesquier partes que sean ante quien esta carta paresziere e della fuere pedido cunplimiento de justiçia, a cuya jurisdiçión se sometieron para que por todos los remedios e rigores del derecho e vía más executiba les conpelan e apremien a [interlineado : a la guarda] e cunplimiento de todo lo que dicho es y en esta scriptura se contiene como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por ellos consentida, çerca de lo qual renunziaron su domizilio e propio fuero e la ley sit conbenerid de jurisdiçione e todas otras qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en su favor, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. En testimonio de lo qual otorgaron esta carta ante mí el scrivano e testigos yusoescriptos, el dicho día, mes e año susodichos, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Gerónimo Sánchez e Thomás de Junta e Miguel Martínez de Murguía, estantes e residentes en esta Corte, e yo el scrivano, doy fee que conozco a los dichos otorgantes, e firmáronlo de sus nonbres. Va entre renglones : y cosas, e quedaron, a la guarda, valga. Y o diz : a la otra. E o diz : se le an pagado los dichos çinquenta ducados en reales de contado y lo demás. Enmendado : otubre. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Dante de Castellón [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  

















A.H.P.M. Protocolo 1.350, fols. 1236 r. - 1237 v.

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i giunta a madrid * [Documento n. 20 : 02/10/1593]  

[Al margine superiore sinistro] Ricevuta di pagamento. [Al margine superiore destro] 2 ottobre. † Nella città di Madrid addì due del mese di ottobre dell’anno millecinquecentonovantatré, alla presenza di me notaio e dei testimoni sottoscritti, si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dichiarò e disse di aver ricevuto dal signor dottore Villagutierre Chumacero, fiscale di sua Maestà nel tribunale dei signori giudici della sua Casa e Corte e Real Consiglio di Guerra, cento ducati in reali, che valgono trentasettemilaquattrocento maravedì, i quali gli paga attraverso il signor dottor Mercado, medico di camera di sua Maestà, per conto di una certa stampa [cassato : che gli è] di libri che su suo ordine fa, e dei suddetti cento ducati si è considerato contento e rispettato e soddisfatto in ogni sua volontà, in quanto li ha ricevuti e presi con sé e in proprio potere con effetto [in interlinea : in reali contanti], e in ragione del fatto che al presente non risulta il pagamento, rinunciò all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto, e alle leggi che trattano in merito alla consegna e alla prova di essa, come in esse è contenuto. E poiché contento e ripagato dei suddetti cento ducati stipulò per essi una formale scrittura di pagamento e quietanza e ricevuta e affrancò il suddetto signor dottor Mercado e i suoi beni per sempre. E per non tornare a chiedere un’altra volta nel tempo, a convalida e compimento di ciò, si impegnò di persona e coi suoi beni avuti e da avere, e considerò ciò come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e così l’ha concesso, essendo presenti come testimoni a quanto detto Tommaso Giunta e Andrés Gutiérrez e Sancho Sanz de Jáuregui, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome in questo registro. Appare cancellato o diceva : che gli è, non sia valido. E appare emendato, quattrocento. E in interlinea : in reali contanti, sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  







A.H.P.M. Protocollo 1.350, fol. 1238 r. [Documento n. 20] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago. [Al margen superior derecho] 2 otubre. † En la villa de Madrid a dos días del mes de ottubre de mill y quinientos e noventa y tres años, en presençia de mí, el escrivano e testigos de yusoescriptos, paresçió presente Julio Junto de Modesti, florentín, residente en esta Corte, e otorgó e dixo aver rezibido del señor liçençiado Villagutierre Chumaçero, fiscal de su Magestad en el tribunal de los señores alcaldes de su Casa y Corte y Real Consejo de Guerra, çien ducados en reales que valen treynta e siete mill y quatroçientos maravedís, los quales le paga por el señor doctor Mercado, médico de cámara de su Magestad, a quenta de çierta ynprisión [tachado : que le está] de libros que de su orden haze, y de los dichos çien ducados se dio por contento y entregado e satisfecho a toda su voluntad, por quanto los a rezibido e pagado a su parte e poder realmente e con efecto [interlineado : en reales de contado], y en razón de la entrega que de presente no pareçe renunçió la exçeçión de la ynnumerata pecunia, aver no visto ni reçibido, e las leyes que hablan en razón de la entrega e prueva della, como en ellas se contiene. Y como contento e pagado de los dichos çien ducados otorgó dellos carta de pago e finiquito e rezibo en forma e por libre al dicho señor doctor Mercado e a sus vienes para sienpre jamás, e para no los bolver a pedir otra vez en tienpo, e para la firmeza e cunplimiento dello obligó su persona y  



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vienes havidos e por haver y lo reszibió por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y lo otorgó ansí, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Tomás de Junta y Andrés Gutiérrez e Sancho Sanz de Jáuregui, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre en mi registro. Ba testado o dizía : que le está, no valga. Y ba enmendado, quatroçientos. Y entre renglones : en reales de contado, valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 1.350, fol. 1238 r. * [Documento n. 21 : 11/12/1593]  

[Al margine superiore sinistro] 93. Procura di Giulio Giunti a Tommaso Giunta. [Al margine superiore destro] 11 dicembre. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid addì undici del mese di dicembre dell’anno millecinquecentonovantatré, dinanzi a me notaio e ai testimoni sottoscritti, si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dichiarò e disse che conferiva tutta la sua piena procura, come la possiede e per legge e in tal caso si richiede, a Tommaso Giunta, residente nella città di Salamanca, e alla persona o persone che lo sostituissero, specialmente perché in suo nome e come egli stesso, rappresentando la sua persona, possa presentare dinanzi al tribunale della suddetta città di Salamanca e a ogni qualsivoglia altro fosse necessario, una rogatoria del signor giudice Arce de Otálora, datata in questa città di Madrid addì diciassette novembre di questo anno corrente, contro Lázaro Rodríguez, abitante della suddetta città, perché esibisca certe ricevute di pagamento e altre cose e una carta e ordinanza reale di sua Maestà emanata dai signori del suo Real Consiglio e controfirmata da Miguel de Andarza Zabala, suo notaio di camera, datata in questa città di Madrid al giorno odierno, affinché si adempia e compia così come in essa si contiene, e possa richiedere il compimento della suddetta ordinanza reale e rogatoria a tale riguardo. E affinché abbia effetto ciò che in essa è contenuto potrà fare e farà tutti gli atti e le pratiche, le istanze e le richieste che siano opportuni e necessari fintanto che non avrà effetto quanto contenuto nella suddetta ordinanza reale e rogatoria, e [potrà] richiederla e portarla come testimonianza e fare tutto quel che / (fol. 1403 v.) sia opportuno e necessario facendo uso di questa procura o di quella che prima d’ora gli ha dato per far uso della suddetta rogatoria, senza che sia necessaria una nuova procura né un suo ordine, che questo stesso giorno gli dà e concede quello che per ciò si richiede ed è necessario, con le sue incidenze e dipendenze e annessi e con la dispensa per legge necessaria, e la facoltà di sostituire uno, due o più procuratori, e di revocarla e costituirne altri di nuovo, giurare e istruire processi per tutto ciò che fosse necessario e con libera e generale amministrazione. E per dare per buona e valida questa procura e tutto ciò che in virtù di essa fosse fatto e non andare né venire contro di essa in nessun momento, impegnò la sua persona e i beni avuti e da avere e così stabilì e firmò col suo nome, essendo presenti come testimoni a quanto detto Sancho Sanz de Jáuregui e Miguel Martínez de Murguía e Jerónimo Sánchez, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il concedente. Appare cancellato : suddetto. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu presso di me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  

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[Al margen superior izquierdo] 93. Poder de Julio Junti a Tomás de Junta. [Al margen superior derecho] 11 de diziembre. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a onçe días del mes de diziembre de mill y quinientos y nobenta y tres años, ante my el scrivano y testigos de yusoescriptos pareçió presente Jullio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, y otorgó y dixo que da todo su poder cumplido como lo tiene y de derecho en tal caso se requiere a Tomás de Junta, residente en la çiudad de Salamanca, y a la persona o personas que sostituyese, especialmente para que en su nonbre y como él mesmo representando su persona pueda presentar ante la justicia de la dicha çiudad de Salamanca y otras qualesquier que sea necesario una carta requisitoria del señor alcalde Arze de Otálora, su fecha en esta villa de Madrid a diez y siete de noviembre deste presente año, contra Lázaro Rodríguez, vezino de la dicha ciudad, en razón de que exiba çiertas cartas de pago y otras cossas y una carta y provisión real de su Magestad librada de los señores del su Real Consejo y refrendada de Miguel de Andarza Zabala, su escribano de cámara, su fecha en esta villa de Madrid oy dicho día, para que se guarde y cumpla según y como en ella se contiene, y pueda pedir cumplimiento de la dicha real provisión y requisitoria y sobre ello, y para que tenga efecto lo en ellas contenido pueda hazer y aga todos los autos y diligencias, pedimientos y requerimientos que conbengan y sean necesarios hasta tanto que tenga efecto lo contenido en la dicha real provisión y requisitoria, y lo pedir y sacar por testimonio y hazer todo aquello que / (fol. 1403 v.) conbenga y sea necesario usando deste poder u del que antes de agora le tiene dado para usar de la dicha requisitoria, sin que sea necesario nuebo poder ni orden suya, que el que para ello se requiere y es necesario, ese mismo le da y otorga con sus incidencias y dependencias y anexidades y con la relebación de derecho necesario, y faculta de sustituir un procurador, dos o más y los rebocar y criar otros de nuebo, jurar e ynjuiçiar en todo lo que fuere necesario y con libre y general administración, y por aver por vueno y firme este poder y todo lo que en birtud del se yciere y no yr ni benir contra ello en tiempo alguno, obligó su persona y bienes avidos y por aver y lo otorgó así y firmó de su nombre, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Sancho Sanz de Jáuregui e Miguel Martínez de Murguía e Gerónimo Sánchez, estantes e residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al otorgante. Es testado : dicho. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  

A.H.P.M. Protocolo 1.350, fols. 1403 r. - v. * [Documento n. 22 : 08/01/1594]  

[Al margine superiore sinistro] ‘94. Tra Giulio Giunti e Lázaro Rodríguez. [Al margine superiore destro] 8 gennaio. [Al margine sinistro] Fatto. † Saldo dei conti con Lázaro Rodríguez dei maravedì della commenda della Magdalena di Salamanca che il signor Giulio Giunti de’ Modesti ha messo sotto la sua custodia, nella seguente maniera. Addebito Gli vengono addebitati centottantaduemilatrecentotrentasette maravedì a cui sono ammontati il censo e i tributi, e la segale, le trote e le galline che la suddetta commenda ha in questo anno 1593, in questa maniera.

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Addebito Primo, del censo che la suddetta commenda possiede sulle case di Antonio Galíndez de Carvajal, che stanno a Salamanca accanto alla Magdalena. 3.000 Item, novemila maravedì per i quali venne affittato il forno di Salamanca 9.000 Item, 11.220 maravedì per i quali vennero affittate le decime della Magdalena, da pagare alla Pasqua di Risurrezione e ad agosto del ’94. 11.220 Item, 7.400 maravedì che ha come rendita presso il villaggio di Francos, 7.000 di censo e 400 per 200 armenti 7.400 Item, tre galline in un podere a Rollán, oltre al pane che si riscuote 1.024 [Somma] 30.824 / (fol. 7 v.) La pagina precedente ammonta a 30.824 Item, 40 reali per il tributo che si riscuote da ogni abitante di Rollán che costituisce un nucleo familiare 1.360 Item, settemila maravedì che si riscuotono presso Torre de Juan Pacheco 7.000 Item, da un podere ad Alba , cento reali 3.400 Item, a Torre de Alóndiga, cinquantamila maravedì e quattro reali di trote e quattro galline 51.360 1 Item, novemilacinquecentoventi maravedì del prezzo di 35 fanegas di segale al prezzo fissato, che è di otto reali, dalla rendita di Bercimuella 9.520 Item, 150 maravedì e due galline che paga come tributo il monastero di Alba 1.289 Item, a Ciudad Rodrigo, sedicimila, in un podere che chiamano La Torrecilla 16.000 Item, nella suddetta città, in un’altro podere che chiamano Alcaceren, 9.000 maravedì e due galline 9.136 Item, nella suddetta città, dal pascolo di Guinestrosa, 51.000 maravedì ; la tassa su di essa è a carico di sua Signoria 51.000 Item, 72 reali per 36 galline che sono dovute dai poderi di Perosillo Ralo e Aldea del Obispo 2.448 [Somma] 182.337 / (fol. 8 r.) Di modo che i suddetti importi ammontano a centottantaduemilatrecentotrentasette maravedì CLXXXIIMCCCXXXVII In più gli vengono addebitati venti giorni di salario durante i quali si è impiegata una persona che il signor Giulio inviò per conoscere lo stato in cui versava l’affare della suddetta commenda poiché il suddetto Lázaro Rodríguez non aveva voluto rendere conto, che si stima essere di un ducato al giorno. VIIMD In più gli vengono addebitati duemilacentocinquantuno fanegas e due celemines 2 di grano e  

1   Fanega : antica misura di capacità per aridi usata in Spagna, variabile a seconda delle regioni. In Castiglia corrispondeva a 55,5 litri (cfr. Sebastián Carbonell, Dizionario fraseologico completo italiano-spagnolo e spagnolo-italiano, Milano, Hoepli, 1983, sub voce). 2   Celemín : antica misura di capacità per aridi usata in Spagna, corrispondente a 4,625 litri (cfr. Sebastián Carbonell, Dizionario fraseologico completo italiano-spagnolo e spagnolo-italiano, Milano, Hoepli, 1983, sub voce).  



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milleventisette fanegas e dieci celemines di orzo a cui ammontarono i tributi e gli affitti della suddetta commenda che, venduti al prezzo fissato, ammontano a un milione e duecentotrentatremilasettecentotrentaquattro maravedì, in questa maniera. A Machacón, in un podere, trentotto fanegas di pane a metà. Grano, 19 fanegas ; orzo, 19 fanegas. Item, a Francos 42 fanegas di grano e 21 d’orzo. Grano, 42 ; orzo, 21. Item, a Villagonzalo, in un altro podere, 30 fanegas di grano e quindici d’orzo. Grano 30 ; orzo, 15. Item, a Frades, quattordici fanegas di grano. Grano, 14. Item, a Rollán, in un podere, sessanta fanegas di grano e quindici fanegas d’orzo. Grano, 60 ; orzo, 15. [Somma] Grano, 165 fanegas ; orzo, 70 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII / (fol. 8 v.) Somma precedente : grano, 165 fanegas ; orzo, 70 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII. Item, nel suddetto villaggio di Rollán possiede da ciascun contadino che lavori un cahiz 1 di grano da sei fanegas, e ha avuto in quest’anno novantatré, 22 contadini, che ammonta a 132 fanegas. Grano, 132. Item, a Tardaáguila, 86 fanegas e 8 celemines di grano e 43 fanegas e 4 celemines d’orzo. Grano, 86 fanegas, 8 celemines ; orzo, 43 fanegas, 4 celemines. Item, a Castellanos de Moriscos, 120 fanegas di grano e 60 di orzo. Grano, 120 ; orzo, 60. Item, a Villamayor, ventiquattro fanegas di grano. Grano, 24. Item, a Perosillo Ralo, centocinquantaquattro fanegas di grano e quattro celemines e settantasei fanegas e otto celemines d’orzo. Grano, 154 fanegas, 4 celemines ; orzo, 76 fanegas, 8 celemines. Item, ad Armenteros, 44 fanegas di grano e ventidue d’orzo. Grano, 44 ; orzo, 22. Item, ad Alba de Tormes, cinquantotto fanegas di pane a metà. Grano, 29 ; orzo, 29. Item, a Torre de Alándiga [sic], quattrocento fanegas di grano. Grano, 400. Item, a Vercimuella, trentacinque fanegas di grano. Grano, 35. Item, a Gallegos del Crespo, venticinque fanegas di pane, metà di grano e metà d’orzo. Grano, 12 fanegas ; orzo, 12 fanegas. Item, nel fondo di Alba, 240 fanegas di grano, sono stati arrestati i debitori. Grano, 240. [Somma] Grano, 1442 fanegas ; orzo, 313 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII / (fol. 9 r.) Somma precedente : grano, 1442 fanegas ; orzo, 313 fanegas CLXXXIXMDCCCXXXVII. Item, a Ciudad Rodrigo, in un podere che chiamano La Torrecilla, 100 fanegas d’orzo. Orzo, 100. Item, ad Alameda, alla frontiera col Portogallo, cinquecentosessanta fanegas di pane a metà. Grano, 280 ; orzo, 280. Item, ad Aldea del Obispo, alla frontiera col Portogallo, centosessantasei fanegas e otto celemines di grano e ottantatré fanegas e quattro celemines d’orzo. Grano, 166 fanegas, 8 celemines ; orzo, 83 fanegas, 4 celemines.  



































1   Cahiz (nell’originale, « cay ») : antica misura di capacità per aridi usata in Spagna, variabile a seconda delle regioni. In Castiglia corrispondeva a 666 litri, e quindi 12 fanegas (cfr. Sebastián Carbonell, Dizionario fraseologico completo italiano-spagnolo e spagnolo-italiano, Milano, Hoepli, 1983, sub voce).  





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Item, a San Giraldilla, 80 fanegas di pane a metà. Grano, 40 ; orzo, 40. Item, a Pascual Harina, ventidue fanegas di grano e undici d’orzo. Grano, 22 ; orzo, 11. Item, a La Serna, quattrocento fanegas di pane a metà. Grano, 200 ; orzo, 200. [Somma] Grano, 2.151 fanegas, 2 celemines ; orzo, 1.027 fanegas, 10 celemines. I quali suddetti importi ammontano a 2.151 fanegas, 2 celemines di grano e 1.027 fanegas, 10 celemines di orzo, che al prezzo fissato valgono i suddetti unmilioneduecentotrentatremilaseicentotrentaquattro [sic] maravedì. I milione CCXXXIIIMDCXXXIIII Tutto l’addebito ammonta a I milione 423.471 maravedì. I milione CCCCXXIIIMCCCCLXXI Registrazione a credito Dà conto [in interlinea : e si giustifica] di aver pagato al signor Giulio e a differenti persone per mezzo di sue lettera di cambio e del suo salario e del consumo di orzo e delle riparazioni del podere di Alba. Maravedi, in questa maniera Al signor Giulio, in contanti, millecinquecento ducati, di cui c’è la ricevuta di pagamento. 392.700 Item, a Tommaso Giunti, diecimila reali, di cui c’è la ricevuta di pagamento. 340.000 [Somma] 732.700 / (fol. 9v.) Somma precedente 732.700 Item, a Carvajal, cittadino di Salamanca, per una lettera del signor Giulio, tremila reali. 102.000 Item al suddetto, con una lettera, duemila reali. 68.000 Item, a Juan Boyer, cittadino di Medina del Campo, con una lettera, settecento reali. 23.800 Item, trecentotrentasei reali per venti fanegas di grano che il signor Giulio diede con una lettera ai figli del signor Juan Henríquez. 11.424 Item, del suo salario, duecento ducati. 74.800 Item, per i consumi d’orzo, duemilatrecentosessanta maravedì, gli vengono messi in conto e niente altro. 2.360 Item gli vengono messi in conto cinquantamilaseicentoquaranta maravedì per gli stessi che si spesero quest’anno novantatré per le riparazioni del podere di Alba, dei quali suddetti maravedì mi deve consegnare il suddetto Lázaro Rodríguez ricevuta di pagamento dei mugnai di come sono stati messi in conto, e resta approvata questa partita, per cui al suddetto Giulio si devono mettere questi maravedì in conto e, qualora non soddisfacesse, al signor governatore. 50.640 Item, gli vengono messi in conto 20 reali che pagò dei diritti delle carte emesse per le riparazioni del podere. 1.680 [Somma] 1.066.404 / (fol. 10 r.) Di modo che i suddetti importi ammontano a unmilionesessanta-seimilaquattrocentoquattro maravedì. I milione LXVIMCCCCIIII  









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Item gli vengono messi in conto tremila reali che diede in contanti al signor Giulio, dei quali ha una ricevuta di pagamento. Item gli vengono messi in conto duecentocinquantacinquemilasessantasette maravedì che ha dato in contanti in questo giorno, con i quali questo conto viene pareggiato e il signor Giulio Giunti viene pagato di tutto ciò che doveva avere dai ricavi della suddetta commenda lo scorso anno novantatré. CCLVMLXVII I milione CCCCXXIIIMCCCCLXXI Approvazione di questo conteggio. Nella città di Madrid, risiedendo in essa la Corte e i Consigli di sua Maestà, addì otto del mese di gennaio dell’anno del Signore millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, si presentarono da una parte il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dall’altra Lázaro Rodríguez, abitante della città di Salamanca, che sta nella suddetta Corte, e dissero che è così che il suddetto Lázaro Rodríguez, per ordine e procura del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, ha riscosso e beneficiato dei ricavi della commenda della Magdalena che dallo scorso anno millecinquecentonovantatré il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha in consegna e amministrazione dal signor Rodrigo Vázquez Arce, governatore di Castiglia, e [cassato : da esso] fra di loro, d’accordo, hanno fatto e saldato tale conto per addebito e accredito, che hanno dato e consegnato a me, il presente notaio, affinché lo metta e incorpori in questa scrittura, che dichiara in merito al suddetto conteggio quanto segue.  

Qui il conto Le suddette parti dissero che tale suddetto conto sopra incorporato era stato fatto con ogni chiarezza e soddisfazione e, come tale, dichiararono di approvarlo, accettarlo e ratificarlo / (fol. 10 v.) come buono e ben fatto e si impegnano a rispettarlo e a compierlo e a non fare reclamo né a contraddirlo, andare e venire contro di esso in nessun tempo, salvo vi fosse un errore di conto che, se ci fosse, in qualunque momento risultasse, si deve rifare. E il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha confessato di aver ricevuto ed essere così ripagato di tutti i ricavi dei proventi della suddetta commenda per il suddetto anno cinquecentonovantatré [cassato : che furono tu] la cui riscossione fu a carico del suddetto Lázaro Rodríguez, in quanto li ha ricevuti nelle somme e nella forma contenuta e dichiarata nel suddetto conteggio e saldo. E oggi, il suddetto giorno, ha ricevuto da lui duecentocinquantacinquemilasessantasette maravedì [cassato : de] in reali contanti dell’ultimo importo dei suddetti conti, con i quali si finì di pagargli tutto il ricavato dei suddetti frutti e rendite del suddetto anno novantatré, in merito alla qual cosa rinunciò all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto e alle leggi della prova della consegna come in esse è contenuto, e a qualsiasi dolo o inganno. E come contento, soddisfatto e ripagato di tutto quanto sopra detto concesse al suddetto Lázaro Rodríguez formale ricevuta di pagamento e quietanza e affrancamento per lui e per i suoi beni [in interlinea : della suddetta riscossione e amministrazione] per sempre, per non potergli chiedere né richiedere cosa alcuna in nessun momento per la suddetta ragione, pena non avere udienza su ciò e il pagamento di tutto quel che nella suddetta ragione potesse e domandasse [sic], con il raddoppio e le spese ; ma si intenda, ed è dichiarazione, che per quanto concerne la somma dei cinquantamilaseicentoquaranta maravedì che gli vanno accreditati nel suddetto conteggio [cassato : per le riparazioni] di spese sostenute per le riparazioni del podere di Alba, per il suddetto Giulio Giunti rimase valido il suo diritto poiché, non consegnandogli il suddetto Lázaro Rodríguez le ricevute di pagamento e non avendole il [interlunea : suddetto] signor governatore di Castiglia messe in conto, li deve pagare e saldare il suddetto Lázaro Rodríguez con la suddetta sua persona e i  











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suoi beni, e il suddetto Lázaro Rodríguez [cassato : che è presente] ha accettato tutto quanto sopra detto e si è impegnato [cassato : con la sua persona e i beni mobili] entro i prossimi tre mesi seguenti a dare e consegnare nella suddetta città di Salamanca al suddetto Giulio Giunti o alla persona alla quale egli lo ordinasse una ricevuta di pagamento dei mugnai del suddetto podere di Alba, di come mise in conto i suddetti cinquantamilaseicentoquaranta maravedì che essi erano obbligati a pagare, i quali diede come registrazione di credito e partita di scarico, con diciotto di spese per le riparazioni del suddetto podere, e che con questo il suddetto signor governatore di Castiglia, Rodrigo Vázquez Arce, o la persona che al suo posto controllasse i conti, li riceverà e glieli metterà in conto pacificamente senza alcuna replica; e se non lo facesse, il suddetto Lázaro Rodríguez glieli pagherà di persona e con i suoi beni [in interlinea : con le spese] non appena ciò consterà, pacificamente e senza fare causa alcuna, in quanto a tale condizione vennero annessi come registrazione di credito e partita di scarico nel suddetto conto. E poiché il suddetto signor Giulio Giunti aveva fatto causa al suddetto Lázaro Rodríguez in ragione dei suddetti conti dinanzi al signor giudice Arce de Otálora e a Felipe Escobar, cancelliere provinciale in questa Corte, si ritira e rinuncia ad essa e la considera nulla e di nessun valore ed effetto. Ed entrambe le parti dichiarano che, poiché nel suddetto conto, nella registrazione di credito che dà il suddetto Lázaro Rodríguez, gli ha condonato una somma di trecentonovantaduemilasettecento maravedì, questi sono e provengono da un’obbligazione della stessa somma che il suddetto Giulio Giunti aveva fatto al suddetto Lázaro Rodríguez dinanzi a Francisco Alvárez, notaio collegiato della città di Salamanca, datata trenta settembre dello scorso anno millecinquecentonovantadue, di cui gli ha consegnato ricevuta di pagamento. E il suddetto Giulio Giunta de’ Modesti confessò altresì di aver ricevuto dal suddetto Lázaro Rodríguez tutte le carte e le scritture e le garanzie che gli aveva consegnato per la riscossione e l’amministrazione dei ricavi della suddetta commenda, conformemente a una scrittura che in merito a ciò fu rogata da me il presente notaio in questa città di Madrid addì ventisei del mese di marzo dello scorso anno millecinquecentonovantatré, / (fol. 11 r.) eccetto la procura che il suddetto Giulio Giunti ha dal suddetto signor governatore e una scrittura sulle decime della Magdalena, che queste restano in possesso del suddetto Lázaro Rodríguez per la riscossione di alcuni residui e proventi della suddetta commenda, dei quali gli ha fatto interamente addebito e li deve consegnare per il giorno di Nostra Signora ad agosto del corrente anno novantaquattro al suddetto Giulio Giunti o a chi questi incaricasse nella suddetta città di Salamanca, e solamente deve poter usare la suddetta procura in merito ai residui che provenissero dal suddetto anno novantatré, perché al di fuori di ciò non deve poter usare la suddetta procura né altra alcuna che finora abbia avuto dal signor Giulio Giunti de’ Modesti, perché da subito le considera revocate [in interlinea : in merito a tutto il resto]. E altresì il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti rinuncia a qualsiasi diritto e pretesa che abbia e potesse avere verso il suddetto Lázaro Rodríguez circa l’affitto e la rendita della suddetta commenda della Torre de Alándiga [sic], ed entrambe le parti, ciascuna per la parte che gli spetta, in osservanza e a compimento di quanto detto, si impegnarono di persona e con i beni mobili e immobili avuti e da avere, e con questa carta diedero piena procura a ogni tribunale e giudice di sua Maestà e ai magistrati della sua Casa e Corte, alla cui giurisdizione si sono sottoposti, e a chiunque dinanzi al quale comparisse questa carta, e rinunciarono al proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione affinché con ogni azione e rigore di legge e in via maggiormente esecutiva li obblighino / (fol. 11 v.) e li sollecitino al compimento e pagamento di quanto detto, ogni parte per quel che gli spetta, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, in merito alla qual cosa rinunciarono a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a loro favore, con la legge e il diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. Ed entrambe le parti così dichiararono dinanzi a me il notaio  







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e ai testimoni sottoscritti e di ciò fecero due copie conformi, a ogni parte la sua, essendo presenti a tutto quanto detto come testimoni a quanto detto [sic] Miguel Martínez de Murguía, e Sancho Sanz de Jáuregui e Antonio Aragón, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere i suddetti concedenti, che firmarono col loro nome. Appare in interlinea : della suddetta riscossione e amministrazione, suddetto, con le spese, in merito a tutto il resto. Ed emendato : quattro, del, in la quale, del in, sia valido. E cancellato o diceva : da esso, che furono tu, per le riparazioni, che è presente, con la sua persona e i beni mobili, no sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Lázaro Rodríguez [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  





A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 7 r. - 11 v. [Documento n. 22] [Al margen superior izquierdo] 94. Entre Julio Junti y Lázaro Rodríguez. [Al margen superior derecho] 8 henero. [Al margen izquierdo] Fecho. † Quenta que se toma a Láçaro Rodríguez de los maravedís que an estado a su cargo por el señor Julio de Junti de Modesti, de la encomienda de la Madalena de Salamanca, en la manera seguiente. Cargo Háçesele cargo de çiento y ochenta y dos mill y trescientos y treinta y siete maravedís que montaron los censos y tributos, y çentenos y truchas y gallinas que la dicha encomienda tiene este año de 1593, en esta manera. Cargo Primeramente, del çenso que la dicha encomienda tiene sobre las casas de Antonio Galíndez de Caravaxal, que están en Salamanca junto a la Madalena. 3.000 Yten, nuebe mill maravedís en que estubo arrendado el horno de Salamanca. 9.000 Yten, 11.220 maravedís en que estubo arrendados los diezmos de la Madalena, la paga dellos es a Pascoa de flores y agosto de 94. 11.220 Yten, 7.400 maravedís que tiene de renta en el lugar de Francos, los 7.000 de censo y los 400 de 200 manojos. 7.400 Yten, tres gallinas en una heredad en Rollán, además de pan que se cobra. 1.204 [Suma] 30.824 / (fol. 7 v.) Suma la plana de atrás 30.824 Yten, 40 reales del tributo que se cobra de cada vezino de Rollán que haze lumbre. 1.360 Yten, siete mill maravedís que se cobran en la Torre de Juan Pacheco. 7.000 Yten, de una heredad en Alva, çien reales. 3.400 Yten, en la Torre de Alóndiga, çinquenta mill maravedís y quatro reales de truchas y quatro gallinas. 51.360 Yten, nuebe mill y quinientos y veinte maravedís del preçio de 35 fanegas de çenteno a la tasa, que es a ocho reales, de la renta de Berçimuella. 9.520 Yten, 150 maravedís y dos gallinas que paga el monesterio de Alva de tributo. 1.289 Yten, en Çiudad Rodrigo, diez y seis mill, en una heredad que llaman La Torreçilla. 16.000

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Yten, en la dicha çiudad, en otra heredad que llaman Alcaçeren, 9.000 maravedís y dos gallinas. 9.136 Yten, en la dicha çiudad de la deesa de Guinestrosa, 51.000 maravedís, la alcavala della es a cargo de su Señoría. 51.000 Yten, 72 reales por 36 gallinas que se deven de la heredad de Perosillo Ralo y Aldea del Obispo. 2.448 [Suma] 182.337. / (fol. 8 r.) Por manera que suman las dichas partidas çiento y ochenta y dos mill y trezientos y treynta y siete maravedís. CLXXXIIMCCCXXXVII Más se le haze cargo de veinte días de salario en que se ocupó una persona que ynbió el señor Julio a saver el estado que tenía la hazienda de la dicha encomienda por no haverla querido el dicho Lázaro Rodríguez dar quenta, que se quenta ha ducado cada día. VIIMD Más se le haze cargo de dos mill y çiento y çinquenta y una fanegas y dos celemines de trigo y mill y veynte y siete fanegas y diez celemines de çevada que montaron los tributos y arrendamientos de la dicha encomienda, que vendidas a la tasa montan un quento y dozientas y treynta y tres mill y seisçientos y treynta y quatro maravedís, en esta manera. En Machacón, en una heredad, treynta y ocho fanegas de pan por mitad. Trigo, 19 fanegas ; cevada, 19 fanegas. Yten, en Francos, 42 fanegas de trigo y 21 de çevada. Trigo, 42 ; çevada, 21. Yten, en Villagonçalo, en otra heredad, 30 fanegas de trigo y 15 de çevada. Trigo, 30 ; çevada, 15. Yten, en Frades, catorze fanegas de trigo. Trigo, 14. Yten, en Rollán, en una heredad, sesenta fanegas de trigo y quinze fanegas de çevada. Trigo, 60 ; çevada, 15. [Suma] Trigo, 165 fanegas ; çevada, 70 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII / (fol. 8 v.) Suma de atrás : trigo, 165 fanegas ; çevada, 70 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII. Yten, en el dicho lugar de Rollán tiene de cada labrador que labrare un cays de trigo de a seis fanegas, a tenido este año de nobenta y tres, 22 labradores, montan 132 fanegas. Trigo, 132. Yten, en Tardaáguila, 86 fanegas y 8 çelemines de trigo y 43 fanegas y 4 çelemines de çevada. Trigo, 86 fanegas, 8 çelemines ; Çevada, 43 fanegas, 4 çelemines. Yten, en Castellanos de Moriscos, 120 fanegas de trigo y 60 de çevada. Trigo, 120 ; çevada, 60. Yten, en Villamayor, veinte y quatro fanegas de trigo. Trigo, 24. Yten, en Perosillo Ralo, çient y çinquenta y quatro fanegas de trigo y quatro çelemines y setenta y seis fanegas y 8 çelemines de çebada. Trigo, 154 fanegas, 4 çelemines ; Çevada, 76 fanegas, 8 çelemines. Yten, en Armenteros, 44 fanegas de trigo y veinte y dos de çevada. Trigo, 44 ; çevada, 22. Yten, en Alva de Tormes, çinquenta y ocho fanegas de pan, por mitad. Trigo, 29 ; çevada, 29. Yten, en la Torre de Alándiga, quatroçientas fanegas de trigo. Trigo, 400. Yten, en Verçimuella, treynta y çinco fanegas de trigo. Trigo, 35.  























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Yten, en Gallegos de Crespo, veinte y çinco fanegas de pan, por mitad trigo y çevada. Trigo, 12 fanegas ; çevada, 12 fanegas. Yten, en la hazena de Alva, 240 fanegas de trigo, están presos los que deben. Trigo, 240. [Suma] Trigo, 1442 fanegas ; Çevada, 313 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII / (fol. 9 r.) Suma de atrás : trigo, 1442 fanegas ; çevada, 313 fanegas. CLXXXIXMDCCCXXXVII Yten, en Çiudad Rodrigo, en una heredad que llaman La Torrecilla, 100 fanegas de çevada. Çevada, 100. Yten, en Alameda, Raya de Portugal, quinientas y sesenta fanegas de pan por mitad. Trigo, 280 ; çevada, 280. Yten, en Aldea del Obispo, Raya de Portugal, çiento y sesenta y seis fanegas y ocho çelemines de trigo y ochenta y tres fanegas y quatro çelemines de çevada. Trigo, 166 fanegas, 8 çelemines ; çevada, 83 fanegas, 4 çelemines. Yten, en San Giraldilla, 80 fanegas de pan por mitad. Trigo, 40 ; çevada, 40. Yten, en Pascual Harina, veinte y dos fanegas de trigo y onze de çevada. Trigo, 22 ; çevada, 11. Yten, en La Serna, quatroçientas fanegas de pan por mitad. Trigo, 200 ; çevada, 200. [Suma] Trigo, 2.151 fanegas, 2 celemines ; çevada, 1.027 fanegas, 10 çelemines. Las quales dichas partidas suman 2.151 fanegas, 2 celemines de trigo y 1.027 fanegas, 10 çelemines de çevada, que a la tasa valen los dichos un quento y dozientas y treynta y tres mill seisçientos y treynta y quatro maravedís. I quento CCXXXIIIMDCXXXIIII Suma todo el cargo I quento 423.471 maravedís. I quento CCCCXXIIIMCCCCLXXI Data Da por quenta [interlineado : y descargo] aver pagado al señor Julio y a diferentes personas por su letra y de su salario y merma de çevada y reparos de la hazina de Alva. Maravedís, en esta manera Al señor Julio, en dineros, mill y çinquenta ducados, ay carta de pago. 392.700 Yten, a Tomás de Junti diez mill reales, ay carta de pago. 340.000 [Suma] 732.700 / (fol. 9 v.) Suma de atrás, 732.700 Yten, a Caravaxal, vezino de Salamanca, por letra del señor Julio, tres mill reales. 102.000 Más al dicho, por letra, dos mill reales. 68.000 Yten, a Juan Boyer, vezino de Medina del Campo, por letra, seteçientos reales. 23.800 Yten, treçientos y treinta y seis reales de veinte y quatro fanegas de trigo que dio por letra del señor Julio a los hijos del señor Juan Henrríquez. 11.424 Yten, de su salario, dozientos ducados. 74.800 Yten, de las mermas de la çevada, dos mill y trezientos y sesenta maravedís, se le pasan en quenta y no más. 2.360 Más se le reçiven en quenta çinquenta mill y seisçientos y quarenta maravedís por los mismos que se gastaron este año de nobenta y tres en los reparos de la hazena de Alva, de los  





















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quales dichos maravedís me a de entregar el dicho Láçaro Rodríguez carta de pago de los molineros de cómo se los a reçivido en quenta, y queda pasada esta partida con que al dicho Julio se le ayan de reçivir estos maravedís en quenta y el señor presidente donde no que satisfará. 50.640 Yten, se le reçiven en quenta 20 reales que pagó de los derechos de los papeles causados en los reparos de la hazena. 1.680 [Suma] 1.066.404 / (fol. 10 r.) Por manera que suman las dichas partidas un quento y sesenta y seis mill y quatroçientos y quatro maravedís. I quento LXVIMCCCCIIII Más se le reçiven en quenta tres mill reales que dio de contado al señor Julio, de que tiene carta de pago. CIIM Más se le reçiven en quenta dozientas y çinquenta y çinco mill y sesenta y siete maravedís que dio de contado este día, con los quales queda ajustada esta quenta y pagado el dicho señor Julio de Junti de todo lo que hubo de aver de los frutos de la dicha encomienda el año pasado de quinientos y nobenta y tres. CCLVMLXVII I quento CCCCXXIIIMCCCCLXXI Aprobaçión desta quenta. En la villa de Madrid, residiendo en ella la Corte e Consexos de su Magestad, a ocho días del mes de henero año del Señor de mill y quinientos e noventa y quatro años, ante mí e scrivano público e testigos yusoescriptos, pareçieron presentes de la una parte el señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, y de la otra Lázaro Rodríguez, vezino de la zibdad de Salamanca, estanteen la dicha Corte, e dixeron que es ansy que el dicho Lázaro Rodríguez, con orden y poder del dicho Julio Junti de Modesti, a cobrado y benefiçiado los frutos de la encomienda de la Magdalena que el año pasado de mill y quinientos e nobenta y tres que el dicho Julio Junti de Modesti tiene en arrendamiento y administraçión del señor Rodrigo Bázquez Arçe, presidente de Castilla, y [tachado : dello] entre anbos de acuerdo an fecho e feneçido quenta dello por cargo y descargo, la qual dieron y entregaron a mí, el presente escrivano, para que la ponga e yncorpore en esta escriptura, su tenor de la qual dicha quenta a la letra es el siguiente. Aquí la quenta La qual dicha quenta suso yncorporada las dichas partes dixeron estar echa con toda claridad e satisfaçión y como tal otorgaron que la aprueban, consienten e ratifican / (fol. 10 v.) por buena y bien fecha y se obligan de estar e pasar por ella y no la reclamar ni contradezir, yr ni benir contra ella en tiempo alguno salvo error de quenta, que éste aviéndolo en qualquier tiempo que parezca se a de deshazer, y el dicho Julio Junti de Modesti confesó aver rezibido y estar pagado de todo lo proçedido de los frutos de la dicha encomienda del dicho año de quinientos e noventa e tres [tachado : que fueron to] cuya cobrança fue a cargo del dicho Lázaro Rodríguez, por quanto los a rezibido en las partidas e por la forma que se contiene y declara en la dicha quenta e fenezimiento, e oy dicho día a rezibido de él duçientas e çinquenta y çinco mill e sesenta y siete maravedís de la [tachado : de] última partida de las dichas quentas en reales de contado, con que se le acavó de pagar todo lo proçedido de los dichos frutos e rentas del dicho año de noventa y tres, sobre lo qual renunçió la eçeçión de la non numerata pecunia y del haver no visto ni reçibido e las leyes de la prueva del entrego como en ellos se contiene, e todo dolo y engaño, y como contento, satisfecho e pagado de todo lo susodicho otorgó al dicho Lázaro Rodríguez carta de pago e finiquito e liberaçión en forma a él y a sus vienes [interlineado : de la dicha cobrança e administraçión] para sien 







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pre jamás, para no le poder pedir ni repetir cosa alguna en ningún tiempo en la dicha razón so pena que sobre ello no sea oydo e de le pagar todo lo que en la dicha razón pudiere e demandare con el doblo y costas, pero entiéndese y es declaraçión, que en lo que toca a la partida de los çinquenta mill e seisçientos e quarenta maravedís que le ban echos buenos en la dicha quenta [tachado : en los reparos] de gastos fechos en los reparos de la azena de Alva le quedó al dicho Julio Junti de Modesti su derecho a salvo para que no le entregando cartas de pago el dicho Lázaro Rodríguez y no se le reçibiendo en quenta por el [interlineado : dicho] señor presidente de Castilla se los a de pagar e haser buenos el dicho Lázaro Rodríguez por la dicha su persona e bienes, y el dicho Lázaro Rodríguez [tachado : que presente es] azetó todo lo susodicho y se obligó [tachado : con su persona e bienes muebles] que dentro de tres meses primeros siguientes dará y entregará al dicho Julio Junti o a la persona que él ordenare en la dicha zibdad de Salamanca carta de pago de los molineros de la dicha azena de Alva de como les reszibió en quenta de lo que ellos estavan obligados a pagar los dichos çinquenta mill y seisçientos y quarenta maravedís que dio por data y descargo con diez e ocho de gastos en reparos de la dicha azena, y que con esto el dicho señor presidente de Castilla, Rodrigo Bázquez Arçe, o la persona que por él le tomare la quenta se los rezibirá e pasará en quenta llanamente sin réplica alguna, e no lo haziendo que el dicho Lázaro Rodríguez se los pagará por la dicha su persona e vienes [interlineado : con las costas] luego que conste dello, llanamente syn pleito alguno, por quanto debajo desto se le rezibieron en data y descargo en la dicha quenta. E porque el dicho señor Julio de Junti tenga movido pleyto al dicho Lázaro Rodríguez por razón de las dichas quentas ante el señor alcalde Arçe de Otálora y Felipe de Escovar, escrivano de provinçia en esta Corte, se aparta y desiste del y le da por ninguno y de ningún balor y efeto, y anbas partes declaran que por quanto en la dicha quenta, en la data que da el dicho Lázaro Rodríguez les a echo buena partida de trezientas e noventa y dos mill e setezientos maravedís, éstos son y proçeden de una obligaçión de la misma suma que el dicho Julio de Junti le tenía echa al dicho Lázaro Rodríguez ante Françisco Alvárez, escrivano del número de la çiudad de Salamanca, su fecha a treynta de septiembre del año pasado de mill quinientos e noventa y dos, que le a entregado carta de pago, y el dicho Julio Junta de Modesti confesó asimismo aver rezibido del dicho Lázaro Rodríguez todos los papeles e escripturas e recaudos que le avía entregado para la cobrança e administraçión de los frutos de la dicha encomienda, conforme a una scriptura que sobre ello passó ante mí el presente scrivano en esta villa de Madrid a veynte e seis días del mes de mayo del año pasado del mill y quinientos e nobenta e tres, / (fol. 11 r.) ezeto el poder que el dicho Julio Junti tiene del dicho señor presidente y una escriptura de los diezmos de la Magdalena, que éstas quedan en poder del dicho Lázaro Rodríguez para la cobrança de algunos rezagos e frutos de la dicha encomienda, de que les a echo cargo por entero y los a de entregar para el día de Nuestra Señora de agosto deste presente año de noventa y quatro al dicho Julio Junti o a quien él le ordenare en la dicha zibdad de Salamanca, y solamente a de poder usar del dicho poder para en quanto a los rezagos que proçedieren del dicho año de noventa y tres, porque fuera desto no a de poder usar el dicho poder ni de otro alguno que tenga del dicho Julio Junti de Modesti asta agora, porque desde luego los da por reloçados [interlineado : para en quanto a todo lo demás]. Y otrosy el dicho Julio Junti de Modesty se aparta de qualquier derecho e pretensión que tenga e pudiese tener contra el dicho Lázaro Rodríguez sobre el arrendamiento e renta de la dicha encomienda de la Torre de Alándiga, y anbas partes, cada una por lo que le toca, para la guarda y cumplimiento de lo que dicho hes, obligaron sus personas e bienes muebles e rayzes avidos e por haver, e por esta carta dieron poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad y alcaldes de su Casa y Corte e cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión se sometieron, e renunçiaron su propio fuero e previlegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione para que  











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por todos los remedios e rigores del derecho y bía más executiba les conpelan / (fol. 11 v.) y apremien del cunplimiento e paga de lo que dicho es, cada parte de lo que le toca, como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada, cerca de lo qual renunçiaron todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en su favor, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. Y anbas partes lo otorgaron ansí ante mí el escrivano y testigos yusoescriptos e dello dos treslados en un tenor, para cada parte el suyo, siendo a todo lo que dicho hes presentes por testigos a lo que dicho es [sic] Miguel Martínez de Murguía, e Sancho Sanz de Jáuregui e Antonio Aragón, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doi fee que conozco a los dichos otorgantes, e firmáronlo de sus nonbres. Ba entre renglones : de la dicha cobrança e administraçión, dicho, con las costas, para en quanto a todo lo demás. Y enmendado : quatro, del, en, la qual, del, en, valga. Y testado o dizía : dello, que fueron tos, con los reparos, que presentes, con su persona e bienes muebles, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Lázaro Rodríguez [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  





A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 7 r. - 11 v. * [Documento n. 23 : 01/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Ricevuta di pagamento a Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine sinstro] Fatta. † Nella città di Madrid il primo giorno del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni infrascritti si presentò Alonso de la Puebla, chierico presbitero, curato della chiesa parrocchiale [in interlinea : di San Sebastián] di questa suddetta città, a nome di Romolo Cincinnato, pittore di sua Maestà, [in interlinea : e Isabel de Soto, sua moglie], residenti nella città di Guadalajara, in virtù della procura generale che da essi ha [cassato : che fu concessa e venne stipulata] per riscuotere e dare ricevute di pagamento e per altre cose, che fu fatta e venne stipulata dinanzi a Bartolomé de Prices, notaio pubblico collegiato della suddetta città di Guadalajara, che porta la data del giorno dieci del mese di marzo del corrente anno novantaquattro, che mostrò e si offrì di dargli qualora fosse necessario, e facendo uso di essa dichiarò che si considerava e si considera contento e ripagato e dichiarò di aver ricevuto dal signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino residente in questa Corte, mille ducati in reali, che valgono trecentosettantaquattromila maravedì, i quali gli paga a nome del suddetto Romolo Cincinnato e in virtù della suddetta procura, per conto di [in interlinea : una somma maggiore] che il suddetto Giulio Giunti gli deve per obbligazioni e garanzie. E con i suddetti mille ducati si considerò contento, rispettato e soddisfatto in ogni sua volontà, in quanto li ha ricevuti [cassato : in questa maniera] dalle mani del padre fra’ Alonso de Critana, dell’ordine di San Girolamo e amministratore generale del monastero di San Lorenzo el Real, a nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, in questa maniera. / (fol. 189 v.) Ottomilanovecento reali l’ultimo giorno del mese di marzo del corrente anno in reali e scudi d’oro, e i millecento reali per il raggiungimento dei suddetti mille ducati con una lettera di cambio del suddetto padre fra’ Alonso de Critana dal suddetto Giulio Giunti de’ Modesti presso il Banco di Pedro de Villamor e Compagnia. E in ragione del fatto che la consegna al momento non risulta, rinunciò all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto, e alle leggi della prova della consegna come in esse è contenuto. E in quanto contento e rispettato [in interlinea : e ripagato] dai suddetti mille ducati, concesse per essi formale ricevuta di pagamento e quietanza col sufficiente valore legale che per legge si richiede e affranca il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti  











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e i suoi beni per sempre. E attestò per il suddetto Romolo Cincinnato e Isabel de Soto, sua moglie, in virtù della sua suddetta procura, che i suddetti mille ducati gli sono stati ben pagati e che non si tornerà a chiederli un’altra volta in nessun momento, pena il raddoppio e le spese, e che sia sempre valido quanto detto. E così concesse essendo presenti come testimoni a quanto detto Alonso de Vega, che vive nel monastero di San Girolamo di questa città, e Alonso de Soto e Bernabé Gonzáles, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome. Appare in interlinea : di San Sebastián, Isabel de Soto sua moglie, una somma maggiore, e ripagato, sia valido. Appare cancellato : e venne stipulata, in questa maniera, non sia valido. Alonso de la Puebla [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  



A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 189 r. - v. [Documento n. 23] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago a Julio Junti de Modesty. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a primero día del mes de abrill de mill e quinientos e noventa y quatro años, ante mí el scrivano público e testigos ynfraescriptos paresçió presente Alonso de la Puebla, clérigo presvítero, cura propio de la yglesia perroquial [interlineado : de San Sebastián] desta dicha villa, en nombre de Rómulo Chinchinato, pintor de su Magestad, [interlineado : y Ysavel de Soto, su muger], residentes en la zibdad de Guadalajara, por virtud del poder que dellos tiene [tachado : que passó e se otorgó] general para cobrar y dar cartas de pago y otras cosas que pasó y se otorgó ante Bartolomé de Prizes, escrivano público del número de la dicha zibdad de Guadalajara, su fecha en ella a diez días del mes de março deste presente año de noventa y quatro, del qual hizo demostraçión y se ofrezió a darle sienpre que sea neçesario, y del usando otorgó que se dava y dio por contento e pagado y confesó aver reçibido del señor Julio Junti de Modesti, florentín e residente en esta Corte, mill ducados en reales, que valen trezientos e setenta y quatro mill maravedís, los quales le paga en nombre del dicho Rómulo Chinchinato y en virtud del dicho poder, a buena quenta de [interlineado : mayor suma] que el dicho Julio Junti le deve por obligaçiones e recaudos, y de los dichos mill ducados se dio por contento, entregado e satisfecho a toda su boluntad, por quanto los a rezibido [tachado : en esta manera] por mano del padre fray Alonso de Critana, de la orden de señor San Gerónimo y procurador general del monasterio de San Lorenço el Real, en nombre del dicho Julio Junti de Modesty, en esta manera. / (fol. 189 v.) Los ocho mill y noveçientos reales en postrero día del mes de março deste presente año en reales y escudos de oro, y los mill y çien reales a cunplimiento de los dichos mill ducados en una librança del dicho padre fray Alonso de Critana por el dicho Julio de Junti de Modesty en el banco de Pero de Billamor y Compañía, y en razón de la entrega que de presente no pareçe renunçió la exçeçión de la non numerata pecunia e del haver no visto ni reçibido, y las leyes de la prueba del entrego como en ellas se contiene. Y como contento y entregado [interlineado : e pagado] de los dichos mill ducados otorgó dellos carta de pago e finiquito en forma quan bastante de derecho se requiere e por libre al dicho Julio Junti de Modesty e a sus bienes para syenpre jamás, y obligó al dicho Rómulo Chinchinato y Ysavel de Soto, su muger, en virtud del dicho su poder que los dichos mill ducados le son bien pagados e no serán bueltos a pedir otra vez en tiempo alguno so pena del doblo y costas, e que todavía balga lo que dicho es. Y lo otorgó ansí siendo presentes por testigos a lo que dicho es Alonso de Bega, abytante en el monesterio de San Gerónimo desta villa, y Alonso de Soto y Bernavé Gonçáles, estantes e residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco  











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al otorgante, e firmolo de su nombre. Ba entre renglones : de San Sebastián, Ysavel de Soto su muger, mayor suma, e pagado, valga. Ba testado : e se otorgó, lo en esta manera, no valga. Alonso de la Puebla [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 189 r. - v. * [Documento n. 24 : 17/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine superiore destro] 17 aprile. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura e il resto in essa contenuto che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella [in interlinea : città di Madrid], Corte del Re nostro signore, per me stesso e per quanto mi attiene e come cessionario [in interlinea : e creditore] quale sono dei beni di Luca Giunta, mio fratello, [in interlinea : defunto], che fu abitante della città di Salamanca, riconosco con questa carta di dare e conferire tutta la mia piena procura, libera, sufficientemente integra come la possiedo e per legge in tal caso si richiede ed è necessaria, al signor Juan de Aranda Moscoso, tesoriere generale di sua Maestà della città e Regno del Messico, nelle Indie, che al presente sta in questa Corte, e alla persona o persone che sostituisse e nominasse in virtù di questa procura, specialmente e generalmente affinché in mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona, possa chiedere e domandare, ricevere avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso, da ogni qualsivoglia persona di qualsiasi qualità essa sia, così della suddetta città e Regno del Messico come di un’altra qualsiasi città, paese o villaggio delle suddette Indie, ogni qualsivoglia maravedì, [in interlinea : pesos, oro, argento], libro e ogni qualsivoglia mercanzia e cosa di qualsiasi qualità essa sia e che mi sia dovuta e mi appartenga e io debba avere, tanto per me stesso e per il mio proprio fatto, quanto in ragione d’essere creditore e cessionario dei beni del suddetto Luca Giunta, mio fratello, e in qualsiasi altra maniera, come in virtù di qualsiasi ordinanza di esecuzione o di pagamento come di qualsiasi cessione, carta, conto, procura in rem propriam, ordine e lettera missiva, obbligazione, cedola e qualsiasi altra garanzia che vi sia o sia stata emessa o si emetterà e in qualsiasi maniera mi siano dovuti e appartengano e li debba avere e riscuotere. E altresì / (fol. 216 v.) affinché possa chiedere [cassato : saldare e] regolare i conti e saldarli con qualsiasi persona, e specialmente con Diego Navarro Maldonado e Pero Muñoz de Prado, Diego de Sanromán, Diego de Ayón e Alonso Losa e Pablo de Ribera, mercanti di libri e abitanti della suddetta città e Regno del Messico, e con i loro eredi e qualsiasi altra persona che per essi debba saldarli, per tutte le casse di libri che ricevettero e gli vennero consegnate per ordine del suddetto Luca Giunta in qualsiasi maniera a nome di Cornelio Bonart, e degli eredi di Matías Gast e Vincenzo de Millis e qualsiasi altra persona e persone che su commissione o in altra forma debbano saldare il suddetto conto. E così pure possa chiedere, regolare e saldare i conti con Francisco de Paz, chierico, abitante della suddetta città del Messico, per tutto ciò che avrà riscosso e fosse a suo carico dei proventi dei suddetti libri e per altre cose, come persona che finora ha avuto la sua procura per la riscossione e l’amministrazione di ciò, facendo ai suddetti e a ciascuno di essi l’addebito e gli addebiti che siano giusti e ricevendone gli accrediti che si dovranno ricevere e dei quali mostreranno le garanzie e, qualora necessario, nominando per questo contabili e chiedendo alle altre parti di nominarne, e qualora non fosse fatto di nominarne d’ufficio, approvando e accettando i tali conti o reclamando per quelli per i quali più convenisse. E affinché possa riscuotere la somma o le somme residuali che si  









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calcoleranno e, dal suddetto Francisco de Paz, qualsiasi rogatoria, cedola reale e altre garanzie e carte che siano o siano entrate in suo possesso attinenti alla suddetta amministrazione e riscossione e il resto che è stato detto. E nel caso in cui fosse rimasto qualcuno dei suddetti libri ne potrà [cassato : fare] beneficiare e farli vendere nella forma e nell’ordine che gli parrà, e in merito a ciò e al / (fol. 217 r.) resto sopra riferito fare gli accordi convenienti che vorrà e che gli sembreranno giusti e le scritture e le garanzie necessarie, ricevendo e riscuotendo tutto ciò che proviene e che proverrà da essi e in ragione dei suddetti accordi si [cassato : devono] debba e bisogni pagare, che per questo gli conferisco piena procura e ampia commissione con libera e generale amministrazione, come si richiede per legge e io stesso la possiedo e potrei farlo. E affinché di quanto ricevesse e riscuotesse possa dare e concedere le sue ricevute di pagamento e quietanza e, qualora necessario, di rivalsa sul debitore, con cessione di azioni, e siano valide come se io le facessi e concedessi e li ricevessi e li riscuotessi, e affinché in ragione di quanto sopra detto e ogni cosa e parte di esso qualora necessario possa comparire e compaia dinanzi qualsivoglia tribunale e giudice competente ordinario e speciale e, laddove convenisse e fosse necessario, fare qualsiasi causa, accusa e denuncia, fare qualsiasi istanza, richiesta, giuramento di verità, pronunciarlo e vederlo fare alle altre parti, chiedere esecuzioni forzate, depositi, pignoramenti e aste di beni, entrare in essi e continuarli, cederli e trasferirli, fare accertamenti probatori con testimoni e scritture, mettere in dubbio e contraddire quelli contrari, accettare e ricorrere in appello, ricusare giudici e cancellieri e farli rimuovere, fare tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che siano convenienti e necessarie da fare, facendo e disponendo in merito al beneficio e amministrazione e riscossione dei suddetti libri e delle altre cose dette tutto ciò che gli sembrerà opportuno e giusto senza limitazione alcuna, che gli do e conferisco quella stessa procura che per questo si richiede ed è necessaria, con le sue incidenze e dipendenze / (fol. 217 v.) e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire uno, due o più procuratori, e rimuoverli e costituirne di nuovi con simile o più limitata procura ; affinché possa revocare, se lo volesse, qualsiasi procura o procure che io avessi dato per la suddetta amministrazione o riscossione, con la solennità richiesta per legge, che tutto ciò che da lui sarà fatto, riscosso e attuato lo approvo e lo ratifico, lo do per buono, e mi impegno, io e i miei beni mobili e immobili avuti e da avere, a osservare e adempiere ciò e a non andare né venire contro ciò in nessun momento né in alcuna maniera. E dichiaro che, in merito alle garanzie che sono state prodotte su mia richiesta e procura, le quali ho dato per presentare e attuare la suddetta riscossione e amministrazione, essendo sotto il nome di Giulio Giunta e Giulio Giunti de’ Modesti, sono tutte una stessa cosa e uno stesso nome, che di entrambi mi sono servito per centinaia di questioni e successioni di eredità, e così lo dichiaro affinché non vi sia impedimento alcuno e per maggior sicurezza, e io il presente notaio faccio fede che è così quanto sopra detto. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che venne fatta e rogata nella città di Madrid addì diciassette del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, testimoni presenti a quanto detto Pero López de Arriaga e Miguel Martínez de Murguía e Sancho Sanz de Jáuregui, che stanno e risiedono a Corte, e io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente e che è lui stesso a concedere, e che firmò col suo nome in questo registro. Appare in interlinea : città di Madrid, e creditore, defunto, pesos, oro, argento. Appare in interlinea : città di Madrid, e creditore, defunto, pesos, oro, argento, [sic] sia valido. E cancellato : fare, devono, gli, non sia valido. Giulio Giunti de Modesti [firmato e rubricato]. Fu presso di me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  











A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 216 r. - 217 v.

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[Documento n. 24] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio Junti. [Al margen superior derecho] 17 abril. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder y lo demás en ella contenido vieren como yo, Julio Junti de Modesty, florentín, residente en la [interlineado : villa de Madrid], Corte del Rey nuestro señor, por mí mismo y por lo que me toca y como çessonario [interlineado : y acrehedor] que soy de los vienes de Lucas de Junta, mi hermano, [interlineado : difunto], veçino que fue de la zibdad de Salamanca, conozco por esta carta que doy e otorgo todo mi poder cunplido, libre e llenero bastante como lo tengo y de derecho en tal caso se requiere y es neçesario, al señor Juan de Aranda Moscosso, thesorero general de su Magestad de la zibdad y Reyno de México, en las Yndias, estante al presente en esta Corte, y a la persona o personas que sustituyere e nonbrare en virtud deste poder, espezial e generalmente para que en mi nombre e como yo mismo representando mi persona pueda pedir e demandar, rezibir, haver y cobrar en juiçio e fuera del de todas e qualesquier personas de qualquier calidad que sean, ansy de la dicha zibdad e Reyno de México como de otras qualesquier zibdades, villas e lugares de las dichas Yndias, todos y qualesquier maravedís, [interlineado : pesos, oro, plata], libros y otras qualesquier mercaderías y cosas de qualquier calidad que sean y que a mí se me deban e pertenezcan e aya de haver ansí por mí mismo y por my caso propio, como en razón de ser acrehedor e çesonario en los vienes del dicho Lucas de Junta, mi hermano, y en otra qualquier manera, y ansí en virtud de qualesquier requisitorias de excecuçión o pago como de qualesquier çesiones, cartas, quentas, poderes en causa propia, órdenes y cartas mesivas, obligaçiones, çédulas y otros qualesquier recaudos que aya e se ubieren dado e dieren y en qualquier manera que se me deba e pertenezca y lo aya de haver y cobrar. Y otrosy / (fol. 216 v.) para que pueda pedir [tachado : fenezer e] e tomar quenta e la fenezer con qualesquier personas, y especialmente con Diego Navarro Maldonado y Pero Muñoz de Prado, Diego de Sanromán, Diego de Ayón y Alonso Losa y Pablo de Ribera, mercaderes de libros e avitantes en la dicha zibdad y Reyno de México, y con sus herederos y otras qualesquier personas que por ellos la deban dar, de todas las caxas de libros que reçibieron y se les entregaron por horden del dicho Lucas de Junta en qualquier manera debaxo del nonbre de Cornelio Bonart, y de los herederos de Matías Gasti y Biçençio de Milis [ ?] y otras qualesquier persona e personas en comisión o en otra forma, y deban dar la dicha quenta, y ansimismo pueda pedir, tomar y fenezer quentas con Françisco de Paz, clérigo, avitante en la dicha ziudad de México, de todo aquello que ubiere cobrado y sea a su cargo de lo prozedido de los dichos libros y otras cosas, como persona que a tenido poder suyo para la cobranza y administración dello hasta agora, haçiendo a los susodichos y qualquier dellos el cargo y cargos que justos sean y reçibiéndoles los descargos que se deban rezivir y de que mostraren recaudos, y nonbrando para ello en caso nezesario contadores pidiendo en las otras partes nonbren, y en defeto de no lo hazer que se nonbre de ofiçio, y aprobando consintiendo las tales quentas o reclamando dellas que la más conbenga. Y para que pueda cobrar el alcanze o alcanzes que se hiçieren y del dicho Françisco de Paz qualesquier requisitorias, zédulas reales y otros recaudos y papeles que estén y ayan entrado en su poder tocantes a la dicha administraçión y cobranza y lo demás que dicho es, y en caso que aya en ser algunos de los dichos libros los pueda [tachado : hazer] benefiçiar y hazer bender en la forma y por la horden que le pareçiere, y sobre ello y lo / (fol. 217 r.) demás arriba referido hazer los conçiertos conbenençias que quisiere y bien bisto le fuere y las escripturas y recaudos nezesarios, reçiviendo y cobrando todo lo prozedido y que proçediere dellos y por razón de los dichos conçiertos se [tachado : an] deba y aya de pagar, que para ello le doy cumplido poder y amplia comisión  















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con libre y general administraçión y como se requiere de derecho y yo mismo lo tengo y lo podría hazer, y para que de lo que reçibiere y cobrare pueda dar y otorgar sus cartas de pago y finiquito y lasto si nezesario fuere, con zesión de açiones, y balgan como si yo las diese y otorgase y los reçibiese y cobrase, y para que en razón de lo susodicho y cada cosa y parte dello siendo nezesario pueda parezer y parezca ante qualesquier justiçias y juezes competentes ynferiores y superiores, y donde conbenga y nezesario sea poner qualesquier demandas, acusaçiones y querellas, hazer qualesquier pedimientos, requerimientos, juramentos de berdad, deçir y los ber hazer a las otras partes, pedir execuçiones, embargos, tranzes y remates de bienes, tomar la posesión dellos y la continuar, zeder y traspasar, hazer probanzas por testigos y scripturas, tachar y contradeçir las de contrario, hazer consentimientos y apelaçiones, recusaçiones de juezes y scrivanos y apartarse dellas, y hazer todos los demás autos y deligençias xudiçiales y exstrajudiçiales que conbengan y nezesarios sean de se hazer, haçiendo y dispuniendo çerca del benefiçio y administraçión y cobrança de los dichos libros y de lo demás que dicho es todo aquello que le pareçiere y bien bisto le fuere sin limitaçión alguna, que el poder que para ello se requiere y es nezesario, ese mismo le doy e otorgo con sus ynçidençias y dependençias / (fol. 217 v.) y anexidades, e con la relebaçión de derecho neçesaria y facultad de sostituir un procurador, dos o más y los rebocar y criar de nuevo con semexante o más limitado poder para que pueda rebocar si quisiere qualquier poder o poderes que yo aya dado para la dicha administraçión o cobrança, con la solenidad que se requiere de derecho, que todo lo que por él fuere fecho, cobrado y autuado lo apruebo y ratifico, tengo por bueno, y me obligo y a mis bienes muebles y raízes havidos y por aver destar y pasar por ello y no yr ni benir contra ello en tiempo alguno ni por alguna manera, y declaro que por quanto los recaudos que se an despachado a mi pedimiento y poder, de que e dado para los presentar y azer la dicha cobrança y administraçión, an sido debajo del nonbre de Julio de Junta y Julio Junti de Modesti, todo es una misma cosa y un mismo nonbre y que de entravos me he nombrado por çientos respetos y suçesión de herençia, y ansí lo declaro para que no aya ynpedimento alguno e mayor abundamiento en caso neçesario, yo el presente escrivano doy fee ser ansí lo susodicho. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano e testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid a diez e siete días del mes de abrill de mill e quinientos e nobenta y quatro años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es, Pedro López de Arriaga e Miguel Martínez de Murguía y Sancho Sanz de Jáuregui, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano, doy fee que conozco al dicho otorgante e que es el mismo que lo otorga, e firmolo de su nonbre en este registro. Ba entre renglones : villa de Madrid, y acrehedor, difunto, pesos, oro, plata. Ba entre renglones : villa de Madrid, y acrehedor, difunto, pesos, oro, plata, [sic] balga. Y testado : hazer, an, le, no balga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  





A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 216 r. - 217 v. * [Documento n. 25 : 17/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Quietanza tra Giulio Giunti de’ Modesti e Pero López de Arriaga. [Al margine superiore destro] 17 aprile. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid addì diciassette del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio e ai testimoni si presentarono da una parte il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dall’altra Pero López de Arriaga, agente di commercio presso di essa, e dissero che è così che fino a ora Pero López de Arriaga

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ha sbrigato e ha avuto a carico gli affari del suddetto signor Giulio Giunti, con un salario di diecimila maravedì all’anno, e oltre alla suddetta tutela ha fatto alcune riscossioni, [in interlinea : tanto] presso i Banchi di questa Corte come nella città di Salamanca e [cassato : di] in altre parti, e il suddetto Giulio Giunti ha via via dato al suddetto Pero López de Arriaga alcune [cassato : persona] somme di denaro per conto del suddetto suo salario e le spese che sosteneva nei suddetti affari e per altre cose, ed essendosi riuniti per sistemare i conti in ragione di ciò e di tutti i debiti e crediti che ci sono stati e ci furono tra di loro fino al giorno sette del marzo scorso del corrente anno novantaquattro, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti è rimasto e rimane debitore verso il suddetto Pero López de Arriaga di diciottomilanovecentoquarantanove maravedì, con i quali vengono saldati e conclusi i conti tra di loro fino al suddetto giorno sette di marzo. E il suddetto Pero López de Arriaga rimane ed è contento e ripagato di tutto ciò che doveva avere del suddetto suo salario, delle spese processuali e di altre cose fino al suddetto giorno, e il suddetto Giulio [cassato : di] Giunti di tutto ciò che il suddetto Pero López de Arriaga ha ricevuto e riscosso per suo ordine in questa Corte e fuori di essa e di cui era debitore per suoi libri e per una cedola a parte / (fol. 218 v.) e di tutti gli altri debiti e crediti che tra di essi ci sono stati fino al suddetto giorno sette di marzo, in maniera che non rimane né resta debitore in tutto ciò tranne che per i diciottomilanovecentoquarantanove maravedì della somma residua finale. E se vi fosse qualche debito o credito dal suddetto giorno sette di marzo in poi, va inteso [cassato : di] come un nuovo conto tra di essi, perché il suddetto conto finisce e viene saldato fino al suddetto giorno, debiti e crediti, come è stato detto. Ed entrambe le parti, ognuna per quel che le concerne, dichiarando, approvando e ratificando tutto quanto sopra detto e considerandosi, come si considerano, rispettate, contente, soddisfatte e ripagate di quel che a ognuno spetta, in quanto lo hanno ricevuto e affrancato l’un l’altro e viceversa realmente e con effetto, rinunciarono a tale proposito all’eccezione della non numerata pecunia, al dolo o alla frode, all’errore di conto e alle leggi sulla consegna e sulla prova di essa, e a qualsiasi altro ausilio o beneficio che gli competa al suddetto riguardo, si diedero e concessero l’una con l’altra e viceversa ricevuta di pagamento e quietanza e pieno affrancamento e considerarono se stessi e i loro beni affrancati per sempre, per non potersi più chiedere né richiedere in ragione di ciò cosa alcuna in alcun momento, pena dover pagarsi l’un l’altro e viceversa tutto ciò che si fossero chiesto e domandato con il raddoppio e le spese e i danni che fossero gravati, pagata la qual cosa / (fol. 219 r.) o non ancora, sia valido quanto detto. E per maggior sicurezza diedero per nulla e di nessun valore ed effetto ogni qualsivoglia scrittura, contratto di libri e cedola che abbiano l’uno verso l’altro e viceversa fino al suddetto giorno sette di marzo per non poterne far uso, e il suddetto Pero López de Arriaga, co- [in interlinea : stitu-] endosi come vero e pacifico debitore dei diciottomilanovecentoquarantanove maravedì di somma residua finale di saldo dei suddetti conti, debiti e crediti tra di essi, si impegnò a darli e pagarli al suddetto signor Giulio Giunti de’ Modesti e a colui che avesse la sua procura sempre che glieli chiederà e voglia riscuoterli, senza che sia necessario precettarlo per il pagamento né fare con lui altra pratica alcuna, pena l’esecuzione forzata e le spese della riscossione. Ed entrambe le parti, ognuna per quel che le concerne, a compimento ed esecuzione di quanto detto, si impegnarono con le loro persone e i beni mobili e immobili avuti e da avere e diedero pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà, di qualsiasi parte e giurisdizione sia, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a ciascuno di essi, alla cui giurisdizione si sottoposero e si vincolarono, rinunciando come rinunciarono alla loro residenza e al relativo statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni a- / (fol. 219 v.) zione e rigore di legge e in via maggiormente esecutiva li obblighino e sollecitino a rispettarlo e osservarlo, compierlo e pagarlo così, come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, in merito alla qual cosa rinunciarono a ogni qualsivoglia  











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legge, statuto locale e diritto che vada a loro favore, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa entrambe le suddette parti, ognuna per quel che le concerne, stipularono questa carta nella maniera detta e di essa fecero due copie conformi, a ogni parte e a ogni tutore del loro diritto la sua, dinanzi a me il presente notaio, essendo presenti come testimoni a quanto detto Miguel Martínez de Murguía e Sancho Sanz de Jáuregui, Juan de Oyarzun, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il suddetto notaio conosco i concedenti, e firmarono col loro nome. Appare in interlinea : tanto, stitu. Emendato : e, sia valido. Appare cancellato o diceva : di, persone, di, di, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Pero López de Arriaga [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali.  





A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 218 r. - 219 v. [Documento n. 25] [Al margen superior izquierdo] Finyquito entre Julio Junty de Modesti y Pero López de Arriaga. [Al margen superior derecho] 17 abril. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a diez y siette días del mes de abril de mill y quinientos y nobentta y quattro años, ante mí el scrivano y testigos paresçieron presenttes, de la una parte, el señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Cortte, y Pero López de Arriaga, soliçitador de negoçio en ella, de la ottra, y dixeron que es ansí que el dicho Pero López de Arriaga a soliçitado y tenido a cargo los negoçios del dicho señor Julio Junti hasta agora con salario de diez mill maravedís al año, y demás de la dicha solicitud a hecho algunas cobranças, [interlineado : así] en los bancos desta Cortte como en la çiudad de Salamanca y [tachado : de] ottras partes, y el dicho Julio Junti le a ydo dando al dicho Pero López de Arriaga algunas [tachado : persona] partidas de dineros por quentta del dicho su salario y gastos que hazía en los dichos negoçios y ottras cossas, y aviéndose juntado a quentas en razón dello y de todos los dares y tomares que entre ellos a avido y hubo hasta siete días del mes de março pasado deste presente año de nobenta y quattro, le a alcançado y alcança el dicho Julio Junti de Modesti al dicho Pero López de Arriaga por diez y ocho mill y nueveçientos y quarenta y nueve maravedís, con los quales quedan feneçidas y rematadas quentas entre ellos hasta el dicho día siete de março, y el dicho Pero López de Arriaga queda y está contento y pagado de todo lo que hubo de aver del dicho su salario, gastos de pleitos y ottras cossas hasta el dicho día, y el dicho Julio [tachado : de] Juntti de todo lo que el dicho Pero López de Arriaga a resçivido y cobrado de su horden en esta Cortte y fuera della y estava deudor en sus libros y por çédulas apartte / (fol. 218 v.) y de todos los demás dares y tomares que entre ellos a avido hasta el dicho día siette de março, de manera que no le queda ni resta deviendo de todo ello más de los dichos diez y ocho mill nueveçientos y quarenta y nueve maravedís de final alcançe, y desde el dicho día siete de março en adelantte si hubiere algún dar y tomar se a de entender [tachado : de] que es quenta nueba entre ellos porque hasta el dicho día queda fenesçida y rematada la dicha quenta, dares y tomares, como está dicho. Y ambas partes, cada una por lo que le toca, confesando, aprobando y ratificando todo lo susodicho y dándose como se dan por entregados, contentos, satisfechos y pagados de lo que a cada uno toca, por quanto lo an resçivido y hecho bueno el uno al ottro y el otro al ottro realmente y con effectto, sobre lo qual renunçiaron la eçeçión de la non numerata pecunia, dolo y mal engaño, herror de quenta y las leyes de la entrega y prueva della, y otro qualquier augilio y benefiçio que les conpetta en la dicha razón, se dieron y otorgaron el uno al ottro y el ottro al ottro cartta de pago y finyquitto y plena liveraçión y por libres a ellos y a sus bienes para sienpre jamás para  









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no se poder pedir ni repetir cossa alguna en razón dello en ningún tiempo, so pena de pagarse el uno al ottro y el ottro al ottro todo aquello que se pidieren y demandaren con el doblo y costas y daños que se les recresçieren, lo qual pagado / (fol. 219 r.) o no que todabía valga lo que dicho es. Y a mayor abundamiento dieron por ninguno y de ningún balor y effectto todos y qualesquier escripturas, asienttos de libros y çédulas que tengan el uno contra el ottro y el ottro contra el ottro hasta el dicho día siette de março para no poder ussar dellos, y el dicho Pero López de Arriaga, cons- [interlineado : titu-] yéndose por verdadero y llano deudor de los dichos diez y ocho mill nuebeçientos y quarenta y nueve maravedís de final alcançe y fenesçimiento de las dichas quentas, dares y tomares entre ellos, se obligó de los dar y pagar al dicho señor Julio Junti de Modesti y a quien su poder obiere para cada y quando que se los pida y quiera cobrar dél, sin que sea neçesario requerirle para la paga ni hazer con él ottra diligençia alguna, ni mostrar otro recaudo más de sola esta escriptura, porque de todo ello le relieva, los quales le dará y pagará puestos en esta Cortte en su poder en reales de contado sin pleito ni contienda alguna, so pena de execuçión y costas de la cobranza. Y ambas partes, cada una por lo que le toca, para el cunplimiento y execuçión de lo que dicho es, obligaron sus personas y bienes muebles y rayzes avidos y por aver y dieron poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad, de qualquier parte e jurisdiçión que sean, y señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos, a cuya jurisdiçión se sometieron y obligaron, renunçiando como renunçiaron su domizilio e propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de juridiçioneoniun judicum, para que por todos los re- / (fol. 219 v.) medios y rigores del derecho y bía más executiba les conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir y pagar, como sentençia dyfinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada, çerca de lo qual renunçiaron todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en su favor, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. En testimonio de lo qual ambas las dichas partes, cada una por lo que le toca, otorgaron esta carta en la manera que dicha es y della dos treslados en un tenor, para cada parte e guarda de su derecho el suyo, ante mí el presente escrivano, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Miguel Martínez de Murguía y Sancho Sanz de Jáuregui, Juan de Oyarçun, estantes y residentes en esta Cortte, e yo el dicho escrivano conozco a los otorgantes, y firmaron de sus nonbres. Ba entre renglones : así, titu. Enmendado : y, valga. Ba testado o dizía : de, persona, de, de, no balga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pero López de Arriaga [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales.  







A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 218 r. - 219 v. * [Documento n. 26 : 21/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine destro] 21 aprile. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte del Re nostro signore, riconosco con questa carta di dare e conferire tutta la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiedo e per legge si richiede, a Pero López de Arriaga, residente nella suddetta Corte, specialmente affinché a mio nome e come me stesso, rappresentando la mia persona, possa andare nella città di Salamanca e convenire [cassato : nella città] e accordarsi con qualunque persona o persone di qualsiasi qualità esse siano, in ragione della riscossione e amministrazione dei proventi della commenda della Magdalena, dell’ordine di Alcántara, che io ho in consegna dal signor dottor Rodrigo Vázquez Arce, governatore di Castiglia, il quale accordo o accor 

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di possa fare e faccia per i proventi e le rendite del corrente anno novantaquattro, per la riscossione e l’amministrazione di essi, che è giunto il momento di portare a compimento la suddetta consegna, e nella forma e nella maniera e con le condizioni e dichiarazioni che gli sembreranno opportune e giudicherà giuste, segnalandogli il salario che gli sembrerà giusto e per il quale si accorderà con la tale persona o persone, e conferirgli formale procura per la riscossione e l’amministrazione di tutti i proventi e le rendite dovuti e appartenenti alla suddetta commenda nel corrente anno, così di pane, di vino, di decime, dei pascoli come di tutto il resto che la suddetta commenda possiede e io devo avere in virtù della suddetta consegna, affinché possa ricevere e riscuotere a mio nome dalla tale persona o persone con le quali si accorderà e alle quali incaricherà la suddetta riscossione e amministrazione, di qualsiasi somma di maravedì che darà e offrirà e che si accorderà di dare o prestare / (fol. 228 v.) per conto di quanto si ricava e si ricaverà dai proventi della suddetta commenda. E di dare di ciò la sua ricevuta o le sue ricevute di pagamento, che varranno come se le avessi date io, e la procura e la facoltà affinché [cassato : si deve] le tali persona e persone si considerino ripagati di ciò con i primi proventi o pane riscossi o venduti della suddetta commenda. E in ragione di quanto detto e di ciascuna cosa e parte di questo possa fare e faccia a mio nome ogni scrittura o scritture e garanzie che [cassato : siano nece] convengano e che gli siano chieste dinanzi a qualsiasi notaio o notai, con tutti gli impegni, i vincoli e le convalide, potere e sottomissione a qualsivoglia tribunale e giudice, e rinuncia al mio proprio statuto locale e a tutte le leggi e i diritti a mio favore, e con le ulteriori clausole e requisiti che fossero necessari e richiesti per la sua validità e con le tali persona o persone concerterà e concorderà, che lo approvo e ratifico e do per buono secondo il modo in cui da lui sarà fatto e concesso, da ora per allora e da allora per ora, e mi obbligo a rispettare e a seguire ciò e a compierlo e a pagarlo proprio così come se da me fosse stato fatto e concesso, concordato e concertato, e gli do e conferisco quanta piena e sufficiente procura per questo si richiede con le sue incidenze e dipendenze, e libera e generale amministrazione, e con l’esonero per legge necessario. E nel dare per buona e valida questa procura e tutto quel che in virtù d’essa fosse fatto, mi impegno con la mia persona e i miei beni avuti e da avere e do potere a tutti i tribunali di sua Maestà, e specialmente a quelli cui la suddetta scrittura o scritture si sottoponessero, affinché me la facciano compiere e pagare come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore e al mio proprio statuto locale e privilegio, e alla legge sit convenerit de iurisditione e a quella che proibisce la generale rinuncia. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni, che fu fatta e rogata nella [cassato : suddetta] città di Madrid addì ventuno del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, testimoni presenti a quanto detto Sancho Sanz de Jáuregui e Diego de Santiago e Jerónimo Sánchez, che stanno e risiedono a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò con il suo nome. Cancellato : nella città, si deve, sia nece, suddetta, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  







A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 228 r – v. [Documento n. 26] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio Junti. [Al margen superior derecho] 21 abrill. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo Julio Junti de Modesty, florentín, residente en esta Corte del Rey nuestro señor, conozco por esta carta que doy e otorgo todo mi poder cunplido, libre llenero bastante como lo tengo e de derecho se requiere, a Pedro

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López de Arriaga, residente en la dicha Corte, espezialmente para que en mi nombre e como yo mismo, representando mi persona, pueda yr a la zibdad de Salamanca y se conbenir [tachado : a la zibdad] y conçertar con qualesquier persona o personas de qualquier calidad que sean, en raçón de la cobrança y administraçión de los frutos de la encomienda de la Magdalena, de la orden de Alcántara, que yo tengo en arrendamiento del señor liçençiado Rodrigo Bázquez Arçe, presidente de Castilla, el qual conçierto o conçiertos pueda haser e haga para los frutos e rentas deste presente año de nobenta y quatro, cobrança y administraçión dellos, que es el tienpo que falta por cunplir del dicho arrendamiento, y en la forma y de la manera y con las condiçiones y declaraçiones que le paresçiere y bien visto le fuere, señalándole el salario que paresçiere ser justo y con la tal persona o personas conçertare, y darle poder en forma para la cobrança e administraçión de todos los frutos e rentas debidos e pertenesçientes a la dicha encomienda este presente año, así de pan, bino, menudos, çensos, yerbas como todos los demás que la dicha encomienda tiene e yo he de haver en virtud del dicho arrendamiento, e para que en mi nombre pueda rezibir y cobrar de la tal persona e personas, con quien se conçertare y encargare la dicha cobrança y administraçión, qualquier cantidad de maravedís que diere y ofreçiere y se conçertare que aya de dar o prestar / (fol. 228 v.) a quenta de lo proçedido e que proçediere de los frutos de la dicha encomienda, y dar dello sus carta o cartas de pago que valgan como si yo las diese, e poder e facultad para que [tachado : se ha] la tal persona o personas se hagan pagados dello de los primeros frutos o pan que se cobraren e vendiere de la dicha encomienda, y en razón de lo que dicho es y cada una cosa y parte dello pueda haser e haga en mi nonbre todas las escriptura o escripturas e recaudos que [tachado : sean neçe] convengan y le sea pedido por ante qualquier scrivano o scrivanos, con todas las fuerças, bínculos e firmezas, poder e sumisión a qualesquier justiçias e juezes, y renunçiaçión de mi propio fuero e de todas las leyes e derechos de mi favor e con las demás cláusulas e requisitos que sean neçesarios y para su balidaçión se requieran y con la tal persona o personas conçertare y asentare, que según y de la manera que por él fuere fecho y otorgado lo apruebo e ratifico e tengo por bueno, desde agora para entonçes y de entonçes para agora, y me obligo destar e pasar por ello y lo cunplir e pagar bien, ansí como si por mí fuera fecho y otorgado, y asentado y conçertado, y quan cunplido e bastante poder para ello se requiere, ese mismo le doi e otorgo con sus ynzidençias y dependençias y libre e general administraçión, y con la relebaçión de derecho neçesaria, y para haver por bueno e firme este poder e todo lo que en virtud del fuere fecho, otorgado y conçertado por el dicho Pero López de Arriaga, e no ir ni benir contra ello, obligo mi persona e vienes havidos e por haver e doy poder a todas las justiçias de su Magestad, y espeçialmente a las que fuere sometido por las dichas scriptura o escripturas, para que me lo hagan cunplir e pagar como sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada, sobre lo qual renunçio todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor y mi propio fuero e previllegio, y la ley sit conbenerid de jurisdiçione y la que proybe la general renunçiaçión. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el scrivano e testigos, que fue fecha y otorgada en la [tachado : dicha] villa de Madrid a beynte e un días del mes de abrill de mill e quinientos e noventa e quatro años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es Sancho Sanz de Jáuregui e Diego de Santiago y Gerónimo Sánchez, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Testado : a la zibdad, se ha, sea neçes, dicha, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  









A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 228 r. - v.

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i giunta a madrid * [Documento n. 27 : 21/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid addì ventuno del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e disse e stabilì di conferire tutta la sua piena procura, come la possiede e per legge in tal caso si richiede ed è necessaria, a Pero López de Arriaga, residente nella suddetta Corte, specialmente affinché a suo nome e come lui stesso, rappresentando la sua persona, possa chiedere, ricevere e riscuotere da Lázaro Rodríguez, abitante della città di Salamanca, e da qualsiasi altra persona in cui possesso si trovi, una scrittura di affitto che il signor dottore Rodrigo Vázquez Arce, governatore della Castiglia, fece e concesse a favore del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti in merito ai proventi della sua commenda della Magdalena per il tempo di due anni, e [cassato : un] una procura che gli diede per l’amministrazione e la riscossione dei suddetti proventi e rendite, la quale scrittura rimase ed è in possesso del suddetto Lázaro Rodríguez, con l’effetto di riscuotere alcuni [in interlinea : residui] che erano rimasti da dargli delle rendite della suddetta commenda dello scorso anno novantatré, la cui riscossione e amministrazione ebbe a carico per ordine del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, ed è obbligato a restituirgliela per il giorno di Nostra Signora nell’agosto prossimo [cassato : e poiché necessaria], ed è necessaria [in interlinea : al momento] per il beneficio e amministrazione delle rendite e dei proventi della suddetta commenda di questo anno corrente. E nel riceverla possa dare la sua ricevuta [in interlinea : o] ricevute di pagamento, e siano valide come se lui le desse e concedesse e fosse presente, e darne copia di essa al suddetto Lázaro, / (fol. 229 v.) Rodríguez, od obbligare il suddetto Giulio Giunti a dargli e consegnare entro un mese, o il termine per il quale si accorderà con lui, la stessa scrittura o un’altra copia siglata dal notaio dinanzi al quale fu stilata o da un altro, con la solennità che si richiede per il suddetto effetto di riscuotere i suddetti residui, e in merito a ciò fare la scrittura o le scritture necessarie con i vincoli e le convalide e le rinunncie alle leggi che converranno e, in giudizio o fuori di esso, [fare] tutte le istanze e gli atti e le pratiche necessarie e che lo stesso Giulio Giunti farebbe e potrebbe fare essendo presente, che così come egli lo farà lo approva e ratifica e dà per buono, e gli dà e conferisce quanta sufficiente procura per questo si richiede con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire [cassato : in ciò] uno due o più procuratori, e revocarli e costituirne di nuovi. E nel darla per buona e valida e non andare né venire contro di essa in nessun momento, si è impegnato con la sua persona e i beni avuti e da avere e così l’ha concesso, essendo presenti come testimoni a quanto detto Sancho Sanz de Jáuregui e Diego de Santiago e Jerónimo Sánchez, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò con il suo nome. Appare cancellato o diceva : un, e poiché necessaria, in ciò, non sia valido. E in interlinea : al momento, o, sia valido. E o dice : residui. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  

















A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 229 r. - v. [Documento n. 27] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio Junti. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a veynte e un días del mes de abrill de mill y quinientos e noventa y quatro años, ante mí el escrivano público e testigos yusoescriptos paresçió presente Julio

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Junti de Modesty, florentín, residente en esta Corte, y dixo y otorgó que da todo su poder cunplido, como lo tiene y de derecho en tal caso se requiere y es neçesario, a Pedro López de Arriaga, residente en la dicha Corte, espezialmente para que en su nonbre y como él mismo, representando su persona, pueda pedir, rezibir y cobrar de Lázaro Rodríguez, vezino de la çibdad de Salamanca, y de otra qualquier persona en cuyo poder esté una escriptura de arrendamiento que el señor liçençiado Rodrigo Bázquez Arçe, presidente de Castilla, hizo y otorgó en favor del dicho Julio Junti de Modesty de los frutos de su encomienda de la Magdalena por tienpo de dos años, y [tachado : un] poder que le dio para la administraçión y cobrança de los dichos frutos e rentas,la qual escriptura quedó y está en poder del dicho Lázaro Rodríguez, para efecto de cobrar algunos [interlineado : reçagos] que se le quedaron dibiendo de las rentas de la dicha encomienda del año pasado de noventa e tres, cuya cobrança e administraçión tubo a cargo por orden del dicho Julio Junti de Modesty, y está obligado a se la bolver para el día de Nuestra Señora de agosto que biene [tachado : e por ser neçesaria], y es neçesaria [interlineado : de presente] para el benefiçio e administraçión de las rentas e frutos de la dicha encomienda deste presente año, y del rezibo della pueda dar sus carta [interlineado : o] cartas de pago, e balgan como si él las diese y otorgase e presente fuese, y darle un traslado della al dicho Lázaro / (fol. 229 v.) Rodríguez, o obligar al dicho Julio Junti a que dentro de un mes, u del término que con él conçertare, le dará y entregará la misma escriptura o otro traslado signado del escrivano ante quien passó u de otro, con la solenidad que se requiere para el dicho efecto de cobrar los dichos reçagos, y sobre ello haser la scriptura o escripturas neçesarias con las fuerças y firmezas e renunçiaçión de leyes que convengan, y en juizio e fuera dél todos los pedimientos e autos e diligençias neçesarias y que el mismo Julio Junti aría e podría haser siendo presente, que según por él fuere fecho lo aprueba e ratifica y tiene por bueno, y quan y bastante poder para ello se requiere, ese mismo le da y otorga con sus ynzidençias e dependençias y anegidades, y con la relebaçión de derecho neçesaria e facultad de sustituir [tachado : en lo qual] un procurador, dos o más y los rebocar e criar de nuevo, y para lo haver por bueno e firme e no yr ni venir contra ello en tiempo alguno obligó su persona e bienes havidos e por haver y lo otorgó ansí, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Sancho Sanz de Jáuregui e Diego de Santiago y Gerónimo Sánchez, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba testado o dizía : un, ser neçesaria, en lo qual, no valga. Y entre renglones : de presente, o, valga : Y o diz : reçagos. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  



















A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 229 r. - v. * [Documento n. 28 : 23/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Tommaso Giunti. [Al margine superiore destro] 23 aprile. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte del Re nostro signore, riconosco con questa carta di dare e conferire tutta la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come io la possiedo e per legge si richiede, a Tommaso Giunta, residente nella suddetta Corte, specialmente affinché a mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona, possa andare nella città di Salamanca e convenire e accordarsi con qualunque persona o persone, di qualsiasi qualità esse siano, in ragione della riscossione e dell’amministrazione dei proventi della commenda

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della Magdalena, dell’ordine di Alcántara, che io ho in consegna dal signor dottor Rodrigo Vázquez Arce, governatore della Castiglia, i quali accordo o accordi potrà fare e farà per i proventi e le rendite di questo anno corrente novantaquattro, per la riscossione e l’amministrazione di essi, che è giunto il momento della scadenza della suddetta consegna, e nella forma e maniera e con le condizioni e dichiarazioni che gli sembreranno opportune e reputerà giuste, segnalando il salario che gli sembrerà giusto e per il quale con le tali persona o persone si accorderà, e conferirgli formale procura per la riscossione e l’amministrazione di tutti i proventi e le rendite dovute e appartenenti alla suddetta commenda questo anno corrente, tanto di pane e di vino, quanto delle decime, dei pascoli e di tutto il resto che la suddetta commenda possiede e io devo avere in virtù della suddetta consegna. E affinché possa ricevere e riscuotere a mio nome dalla tale persona o persone con le quali si accorderà e alle quali incaricherà la suddetta riscossione e amministrazione qualsiasi somma di maravedì che darà e offrirà e che si accorderà di dare o prestare per conto di quanto si ricava e si ricaverà dai proventi della suddetta commenda, e dare di ciò la sua ricevuta o le sue ricevute di pagamento che varranno come se le avessi date io, e la procura / (fol. 237 v.) e la facoltà affinché le tali persona e persone si considerino ripagati di ciò con i primi proventi o pane riscossi o venduti della suddetta commenda. E in ragione di quanto detto e di ciascuna cosa e parte di questo possa fare e faccia a mio nome, dinanzi a notaio, ogni scrittura o scritture e garanzie che convengano e che gli siano chieste, con tutti gli impegni, i vincoli e le convalide, potere e sottomissione a qualsivoglia tribunale e giudice, e rinuncia al mio proprio statuto locale e a tutte le leggi a mio favore, e con le ulteriori clausole e requisiti che fossero necessari e richiesti per la sua validità e con le tali persona o persone concerterà e concorderà, che lo approvo e ratifico e do per buono secondo il modo in cui da lui sarà fatto e concesso, e mi obbligo a rispettare e a seguire ciò e a compierlo e pagarlo proprio così come se da me fosse stato fatto e concesso, concordato e concertato, e gli do e conferisco quanta piena e sufficiente procura per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e libera e generale amministrazione, e con l’esonero per legge necessario. E nel dare per buona e valida questa procura e tutto quel che in virtù d’essa fosse fatto e concesso e concertato dal suddetto Tommaso Giunta, mi impegno con la mia persona e i beni mobili e immobili avuti e da avere di non andare né venire contro di essa in nessun momento. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, che fu fatta e rogata nella [cassato : suddetta] città di Madrid addì ventitré del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo presenti come testimoni a quanto detto Sancho Sanz de Jáuregui, Pedro Galíndez e Jerónimo González, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato o diceva : suddetta, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  



A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 237 r. - v. [Documento n. 28] [Al margen superior izquierdo] Poder a Tomás de Junti. [Al margen superior derecho] 23 abrill. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesty, florentín, residente en esta Corte del Rey nuestro señor, conozco por esta carta que doy e otorgo todo mi poder cunplido, libre llenero bastante como lo tengo y de derecho se requiere, a Tomás de Junta, residente en la dicha Corte, espezialmente para que en mi nombre y como yo mismo, representando mi persona, pueda yr a la zibdad de Salamanca y se conbenir e conçertar con

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qualesquier persona o personas, de qualquier calidad que sean, en razón de la cobrança y administraçión de los frutos de la encomienda de la Magdalena, de la orden de Alcántara, que yo tengo en arrendamiento del señor liçençiado Rodrigo Bázquez Arçe, presidente de Castilla, el qual conzierto o conçiertos pueda hazer y haga para los frutos e rentas deste presente año de noventa y quatro, cobrança y administración dellos, que es el tiempo que falta por cunplir del dicho arrendamiento, y en la forma e manera y con las condiçiones y declaraçiones que le paresçiere e bien visto le fuere, señalándole el salario que paresçiere ser justo y con la tal persona o personas conçertare, y darle poder en forma para la cobrança y administraçión de todos los frutos e rentas debidos e pertenesçientes a la dicha encomienda este presente año, así de pan, vino, menudos como de çensos, yerba e todos los demás que la dicha encomienda tiene e yo de haver en virtud del dicho arrendamiento, e para que en mi nombre pueda rezibir e cobrar de la tal persona o personas, con quien se concertare y encargare la dicha cobrança y administraçión, qualquier cantidad o cantidades de maravedís que diere y ofreziere y se concertare que aya de dar o prestar a quenta de lo proçedido e que proçediere de los frutos de la dicha encomienda, y dar dello sus carta o cartas de pago que valgan como si yo las diese, y poder / (fol. 237 v.) y facultad para que la tal persona o personas se hagan pagados dello de los primeros frutos o pan que se cobraren o bendieren de la dicha encomienda, y en razón de lo que dicho es y cada una cosa y parte dello pueda hazer y haga en mi nonbre todas las escripturas e recaudos que convengan y le sea pedido por ante escrivano, e con todas las fuerças, vínculos e firmezas poder e sumisión a qualesquier justiçias e juezes e renunçiaçión de mi propio fuero e de todas las leyes de mi favor, y con las demás cláusulas e requisitos que sean neçesarios y para su balidaçión se requiere y con las tales persona o personas conçertare y asentare, que según e de la manera que por él fuere fecho y otorgado lo apruebo e ratifico e tengo por bueno, y me obligo destar y pasar por ello y lo cunmplir e pagar bien ansí como sy por my fuera fecho y otorgado, asentado e conçertado, y quan cunplido e bastante poder que para ello se requiere, ese mismo le doy e otorgo con sus inçidencias y dependençias e libre e general administraçión, y con la relebaçión de derecho neçesaria, e para haver por bueno e firme este poder e todo lo que en birtud del fuere fecho y otorgado e concertado por el dicho Tomás de Junta, e no ir ny benir contra ello en tiempo alguno, obligo mi persona e bienes muebles e raízes avidos e por haver. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el scrivano público y testigos yusoscriptos, que fue fecha y otorgada en la [tachado : dicha] villa de Madrid a veinte e tres días del mes de abrill de mill e quinientos e noventa y quatro años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Sancho Sanz de Jáuregui, Pero Galíndez e Gerónimo Gonçález, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba testado o dizía : dicha, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 237 r. - v. * [Documento n. 29 : 23/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura al suddetto. [Al margine superiore destro] 23 aprile. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid addì ventitré del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e disse e dichiarò di dare tutta la sua piena procura, come la possiede e per legge in tal caso si richiede, a Tommaso Giunta, residente

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in questa Corte, specialmente affinché a suo nome e come lui stesso, rappresentando la sua propria persona, possa chiedere, ricevere e riscuotere da Lázaro Rodríguez, abitante della città di Salamanca, e da qualunque altra persona o persone in cui possesso si trovi, una scrittura di consegna che il signor dottor Rodrigo Vázquez Arce, governatore di Castiglia, commendatore della Magdalena, fece e concesse a favore del suddetto Giulio Giunti per i proventi della suddetta commenda per il periodo di due anni, e la procura che gli diede per l’amministrazione e la riscossione dei suddetti proventi e rendite, la quale suddetta scrittura rimase ed è in possesso del suddetto Lázaro Rodríguez, con l’effetto di riscuotere alcuni residui che rimanevano da dargli sulle rendite della suddetta commenda per lo scorso anno novantatré, la cui riscossione e amministrazione ebbe a carico per ordine del suddetto Giulio Giunti, ed è obbligato a restituirgliela e al momento è necessaria per [cassato : la] il beneficio, l’amministrazione e la riscossione dei proventi e delle rendite della suddetta commenda di questo anno corrente. E nel riceverla possa dare ricevuta di pagamento che sia valida come se egli l’avesse data e concessa e fosse presente, e si dia al suddetto Lázaro Rodríguez una copia della suddetta scrittura e il suddetto Giulio Giunti si impegni affinché entro un mese, / (fol. 238 v.) o entro il termine per il quale si accorderà con lui, gli darà e consegnerà la suddetta scrittura o un’altra copia siglata dal notaio dinanzi al quale transitò o venne emessa, con la solennità che si richiede all’effetto di riscuotere i suddetti residui. E in merito a ciò fare la scrittura o scritture necessarie, con gli obblighi, i vincoli e le convalide, le rinunce alle leggi convenienti e, in giudizio e fuori di esso, tutte le istanze, le richieste, gli atti e le pratiche necessari e che egli farebbe essendo presente, che quel che da lui sarà fatto lo approva e ratifica e dà per buono cosi com’è, e gli dà e conferisce quanta piena e sufficiente procura per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire uno, due o più procuratori, e di revocarli e costituirne di nuovi. E nel dare ciò per buono e valido e non andare né venire contro di esso in nessun momento, impegnò la sua persona e i beni avuti e da avere e così concesse, essendo presenti come testimoni a quanto detto Sancho Sanz de Jáuregui, Pedro Galíndez e Jerónimo González, che stanno e risiedono a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò con il suo nome. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pero de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  

A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 238 r. - v. [Documento n. 29] [Al margen superior izquierdo] Poder al dicho. [Al margen superior derecho] 23 abrill. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a veinte e tres días del mes de abrill de mill e quinientos e noventa e quatro años, ante mí el scrivano público e testigos yusoscriptos paresçió presente Julio Junti de Modesty, florentín, residente en esta Corte, e dixo y otorgó que da todo su poder cunplido, como lo tiene y de derecho en tal caso se requiere, a Tomás de Junta, residente en esta Corte, espezialmente para que en su nonbre e como él mismo, representando su propia persona, pueda pedir, rezibir y cobrar de Lázaro Rodríguez, vecino de la zibdad de Salamanca, y de otra qualquier persona o personas en cuyo poder esté una scriptura de arrendamiento que el señor liçençiado Rodrigo Bázquez Arçe, presidente de Castilla, comendador de la Magdalena, hizo y otorgó en favor del dicho Julio Junti de los frutos de la dicha su encomienda por tienpo de dos años, e poder que le dio para la administraçión y cobrança de los dichos frutos e rentas, la qual dicha scriptura quedó y está en poder del dicho Lázaro Rodríguez, para efecto de cobrar algunos rezagos que se le quedaron debiendo de las rentas

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de la dicha encomienda del año pasado de noventa y tres, cuya cobrança y administraçión tubo a cargo por orden del dicho Julio Junti, y está obligado a se la bolver y de presente es neçesaria para [tachado : la] el benefiçio, administraçión y cobrança de los frutos e rentas de la dicha encomienda deste presente año, e del rezibo della pueda dar carta de pago, e balga como si él la diese y otorgase e presente fuese, y darle un traslado de la dicha scriptura al dicho Lázaro Rodríguez o obligar al dicho Julio Junti a que dentro de un mes, / (fol. 238 v.) u del término que con él conçertare, le dará y entregará la dicha scriptura o ottro traslado signado del scrivano ante quien pasó o sacado, con la solenydad que se requiere para efeeto de cobrar los dichos rezagos, y sobre ello hazer las scriptura o scripturas neçesarias con las fuerças, vínculos y firmezas, renunçiaçión de leyes que convenga, y en juiçio e fuera del todos los pedimientos, requerimientos, autos y deligençias neçesarios y que él aría presente siendo, que según por él fuere fecho lo aprueba e ratifica e tiene por bueno, e quan cunplido y bastante poder para ello se requiere, ese mismo le da y otorga con sus ynçidençias y dependençias y anexidades, y con la relebaçión de derecho neçesaria e facultad de sustituir un procurador, dos o más y los rebocar e criar de nuebo, e para lo haver por bueno e firme e no yr ni benir contra ello en tiempo alguno obligó su persona e bienes havidos y por haver y lo otorgó así, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Sancho Sanz de Jáuregui, Pero Galíndez e Gerónimo González, estantes e residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pero de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real e medio.  

A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 238 r. - v. * [Documento n. 30 : 28/04/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Giulio Giunti. [Al margine sinistro] Secondo termine di fine agosto, 10.000. Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura e cessione che io, Pedro de Baños, ufficiale giudiziario della Casa e Corte del Re nostro signore, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiedo e per legge si richiede, a Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, e a chi da lui l’avrà e da lui la deve avere, specialmente affinché in mio nome e come me stesso, rappresentando la mia persona, e come in suo fatto e rem propriam, possa chiedere e riscuotere dal signor Sebastián de Galdo, contabile dei Consigli di sua Maestà, e da qualsiasi altra persona a cui carico risulti tutto ciò, ovverosia dare e pagare i diecimila maravedì del secondo termine di questo anno novantaquattro, che scade alla fine di agosto, dei trentamila maravedì che possiedo e mi vengono dati come onere ogni anno per i miei servigi, [cassato : e nel caso in cui non sia pagato entro il suddetto termine potrà riscuotere il termine seguente o in qualsiasi altro entro il quale mi si debba e bisogni pagare fintanto che realmente si sia ripagato dei suddetti diecimila maravedì] che io gli do e ordino di pagare, gli cedo, vi faccio rinuncia e gli trasferisco, con tutti i miei diritti e azioni reali e personali, utili e diretti, e qualsiasi altro mi appartenga, e per altrettanti di cui gli sono debitore per avermeli prestati in reali contanti, per i quali mi reputo e considero ben contento e appagato in ogni mia volontà. E poiché al momento non ne risulta la consegna, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto e alle leggi sulla prova della consegna come in esse è contenuto, e affinché di quanto riceverà e riscuoterà possa dare le sue ricevute di pagamento e quietanza e le ulteriori garanzie necessarie, e siano valide come se io le avessi date e fossi presente. E in ragione della riscossione potrà fare e faccia tutti gli atti e le pratiche  

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necessari, tanto giudiziari quanto / (fol. 205 v.) extragiudizialmente, che per questo lo faccio procuratore attore e lo colloco nel mio diritto e al mio posto. E se per la riscossione fosse necessaria qualunque altra garanzia, gliela darò e consegnerò a suo piacimento, e quanta piena e compiuta procura per quanto sopra detto si richiede io gli do e conferisco, con le sue incidenze e dipendenze e con libera e generale amministrazione. E prometto e garantisco di persona coi miei beni avuti e da avere che i suddetti diecimila maravedì mi sono dovuti e mi devono essere pagati entro il suddetto tempo e termine e per la causa sopraddetta, e che non li ho ceduti né trasferiti ad altra persona alcuna, e che per essi né per parte di essi gli sarà fatta alcuna causa né alcun fermo giudiziario, e anzi saranno per lui sicuri e pagati e, qualora no, non appena consterà il contrario e non gli si paghino i suddetti maravedì, glieli darò e pagherò io di persona e coi miei beni, se soltanto consterà che li ha chiesti e che vi è un qualche impedimento nella riscossione, con in più le spese e i danni che su ciò saranno gravati. E per l’esecuzione di ciò do potere a ogni tribunale di sua Maestà, rinuncio alle leggi a mio favore e lo accetto e considero come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta nella maniera sopraddetta dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid addì ventotto del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantaquattro, testimoni presenti a quanto detto Pero López de Arriaga e Pedro Galíndez e Diego Moreno, che stanno e risiedono in questa Corte, e io il notaio conosco il concedente e firmò col suo nome. Appaiono cancellate due righe e due mezze [righe] che iniziano con : e nel caso ; e finiscono con : maravedì ; non siano valide. Pedro de Baños [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Senza diritti.  







A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 250 r. - v. [Documento n. 30] [Al margen superior izquierdo] Poder a Julio Junti. [Al margen izquierdo] Término segundo de fin de agosto, 10.000. Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder e çesión vieren como yo, Pedro de Baños, alguaçil de la Casa y Corte del Rey nuestro señor, conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cunplido, libre llenero bastante como lo tengo y de derecho se requiere, a Julio Junti de Modesti, florentín, residente en la dicha Corte, y a quien dél le tubiere e por él lo deba aver, espezialmente para que en mi nombre e como yo mismo, representando mi persona e para como en su fecho y causa propia, pueda pedir y cobrar del señor Sebastián de Galdo, pagador de los Consejos de su Magestad, y de otra qualquier persona a cuyo cargo sea de lo dar y pagar, es a saver los diez mill maravedís del término segundo deste año de noventa y quatro, que se cunple en fyn de agosto, de los treynta mill maravedís que yo tengo e se me dan de gajes en cada un año con el dicho mi ofiçio, [tachado : y en caso que no se pague el dicho término pueda cobrar el término adelante y otro qualquier que se me deba y aya de pagar hasta tanto que realmente se aya echo pagado de los dichos diez mill maravedís] que yo se los doi e libro, çedo, renunçio e traspaso e todos mis derechos y açiobnes [sic] reales e personales, útiles e diritos, y otros qualesquier que me pertenezcan, e por ottros tantos de que soi deudor por havérmelos prestado en reales de contado, de que me doi y otorgo por bien contento e pagado a toda mi voluntad, y porque en la entrega al presente no pareçe renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia e del aver non visto ni reçibido y las leyes de la prueva del entrego, como en ellas se contiene, y para que de lo que reçibiere y cobrare pueda dar sus cartas de pago e finiquito y los demás recaudos neçesarios e balgan como si yo las diese e presente fuese, y en razón de la cobrança pueda haser e haga todos los autos  

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y diligençias neçesarios, ansí judiçial como / (fol. 205 v.) estrajudiçialmente, que para ello le hago procurador actor y le pongo en mi derecho e lugar, e si fuere neçesario para la cobrança otros qualesquier recaudos se los daré y entregaré a su satisfaçión, y quan cunplido y bastante poder para lo susodicho se requiere, ese mismo le doi e otorgo con sus inzidençias y dependençias y libre e general administraçión, y prometo e me obligo con mi persona e bienes havidos e por haver que los dichos diez mill maravedís me serán debidos e por pagar al dicho tienpo e plazo e por la causa susodicha, y que no los tengo çedidos ni traspasados a otra persona alguna, y que en ellos ni en parte dellos no le será puesto pleyto ni enbargo alguno, antes le serán çiertos e pagados, donde no que luego que conste de cosa en contrario e que no se le pagan los dichos maravedís se los daré y pagaré yo por mi persona e bienes, con solo que conste que los a pedido o que ay algún ynpedimento en la cobrança, con más las costas e daños que sobre ello se le recreçiere, e para la execuçión dello doy poder a todas las justiçias de su Magestad, renunçio las leyes de mi favor y lo rezibo e llebo por sentençia definitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada. En testimonio de lo qual otorgué esta carta en la manera que dicha es ante el scrivano público e testigos ynfrascriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid a veinte y ocho días del mes de abrill de mill e quinientos e noventa e quatro años, testigos que fueron presentes a que lo que dicho es Pero López de Arriaga y Pero Galíndez y Diego Moreno, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano conozco al otorgante e firmolo de su nombre. Ban testados tres renglones y dos medios, que empiezan, y en caso, y acavan, maravedís, no valgan. Pedro de Baños [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmao y rubricado]. Sin derechos. A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 250 r. - v. * [Documento n. 31 : 10/05/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Pedro de Osuna. Nella città di Madrid e Corte del re nostro signore, addì dieci del mese di maggio dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentò / (fol. 288 v.) si presentò [sic] Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, e dichiarò e disse che conferiva tutta la sua piena procura, come la possiede e per legge in tal caso si richiede, a Pedro de Osuna, residente nella città di Logroño, e alla persona o persone che sostituirà, specialmente affinché a nome del suddetto Giulio Giunti e come lui stesso, rappresentando la sua persona, possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere, in giudizio e fuori di esso, da Diego Hernández Pablo, abitante della suddetta città di Logroño, e dai suoi beni e da chi per lui debba dare e pagare tutto ciò, ovverosia ogni qualsivoglia maravedì che gli debba e risultasse dovere ed essere obbligato a pagare di quanto ricavato dai libri Passionari per la Settimana Santa con note per il canto che il suddetto Giulio Giunti gli inviò affinché li vendesse per lui nella diocesi di Calahorra. E tanto dal suddetto Diego Hernández quanto da qualsiasi altra persona che risulterà doverli, li potrà chiedere e riscuotere, e così potrà chiedere riscuotere e ricevere tutti i libri che saranno rimasti di quelli che gli inviò, e dare di tutto questo e di ciascuna cosa e parte di questo le sue ricevute di pagamento e quietanza e, qualora necessario, di rivalsa sul debitore con la cessione di diritti, e siano valide come se il suddetto Giulio Giunti le avesse date e concesse e li ricevesse e riscuotesse. E in ragione di ciò, qualora fosse necessario, potrà comparire dinanzi qualsivoglia tribunale e giudice competente e avviare qualsiasi causa, fare qualsiasi istanza, richiesta, citazione, fermo giudiziario, giuramento, esecuzione forzata, [cassato : gos] pignoramento e asta di beni, e prendere parte a essi e continuarli, provare e mettere in dubbio tutto quel che  

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convenga, ricorrere in appello e ricusare, e tutti gli ulteriori atti e pratiche e cose necessarie che il suddetto Giulio Giunti farebbe e potrebbe fare essendo presente, che gli dà e conferisce quanta piena e sufficiente procura per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire del tutto o in parte in questa procura una, due o più persone, e revocarle e istituirne di nuove. E nel dare per buona e valida questa procura e ciò che in virtù di essa fosse fatto si impegnò di persona e coi beni avuti e da avere, e così concesse e firmò col suo nome, essendo presenti come testimoni a quanto detto Claudio Corllet e Tommaso Giunta e Sancho Sanz, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente. Appare emendato : esecuzioni. E cancellato : gos. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  



A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 288 r. - v. [Documento n. 31] [Al margen superior izquierdo] Poder a Pedro de Ossuna. En la villa de Madrid y Corte del Rey nuestro señor, a diez días del mes de mayo de myll e quinientos e nobenta e quatro años, ante mí el scrivano público e testigos ynfraescriptos paresçió presente / (fol. 288 v.) paresçió presente [sic] Julio Junti de Modesty, florentín, residente en la dicha Corte, y otorgó e dixo que da todo su poder cunplido, como lo tiene y de derecho en tal caso se requiere, a Pedro de Ossuna, estante en la zibdad de Logroño, y a la persona o personas que sustituyere, espeçialmente para que en nombre del dicho Julio Junti e como él mismo, representando su persona, pueda pedir e demandar, rezibir, haver y cobrar, en juiçio e fuera del, de Diego Hernández Pablo, veçino de la dicha çibdad de Logroño, y de sus vienes, e de quien por él lo deva dar y pagar, es a saver todos e qualesquier maravedís que le deba y paresçiere dever e ser obligado a pagar de lo proçedido de los libros pasionarius de punto de canto para la Semana Santa que el dicho Julio Junti le envió para que se los bendiese en el obispado de Calaorra, y ansí del dicho Diego Hernández, como de otras qualesquier personas que paresçiere deverlo, los pueda pedir y cobrar, y ansimismo pueda pedir, cobrar e rezivir todos los libros que estubieren en ser de los que ansí le enbió, y dar de todo ello y de cada cosa y parte dello sus cartas de pago e finyquito y lasto, si neçesario fuere, con çesión de abçiones, y balgan como si el dicho Julio Junti las diese y otorgase y lo rezibiese e cobrasse, y en razón dello siendo neçesario pueda pareçer ante qualesquier justiçias e juezes conpetentes, e poner qualesquier demandas, e haser qualesquier pedimientos, requerimientos, zitaçiones, enbargos, juramentos, execuçiones, [tachado : gos] trançes e remates de vienes, e tomar la posesión dellos y la continuar, provar y tachar todo lo que convenga, haser apelaçiones y recusaçiones e todos los demás autos y diligençias y cosas neçesarias y que el dicho Julio Junti aría e podría haser siendo presente, que quan cunplido e bastante poder para ello se requiere, ese mismo lo da y otorga con sus ynzidençias y dependençias y anegidades, y con la relebaçión de derecho neçesaria y facultad de sustituir en todo o en parte este poder a una persona, dos o más y los revocar e criar de nuevo, y para haver por bueno e firme este poder y lo que en virtud del fuere fecho obligó su persona e vienes avidos y por haver, y lo otorgó ansí e firmó de su nonbre, siendo presentes por testigos a lo que dicho hes Claudio Corllet y Tomás de Junta y Sancho Sanz, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante. Ba enmendado : execuçiones. Y testado : gos. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  





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* [Documento n. 32 : 10/05/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura e cessione ad Annibale Cambi. [Al margine superiore destro] 10 maggio. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam e cessione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella Corte del Re nostro signore, riconosco con questa carta e dico che, poiché io ho in consegna e amministrazione dal signor dottor Diego Vázquez Arce, governatore di Castiglia e commendatore della commenda della Magdalenda, dell’ordine di Alcántara, i proventi e le rendite dovuti e appartenenti alla suddetta commenda per il tempo di due anni, che si compiono nel corrente anno novantaquattro, per un certo prezzo e a certe condizioni, come è contenuto nella scrittura che a tale proposito fu stilata dinanzi ad Alonso de Cienfuegos, notaio di sua Maestà, in questa città di Madrid addì diciotto del mese di agosto dello scorso anno novantadue, alla quale mi riferisco, e ho concordato e mi sono accordato con Annibale Cambi, residente nella suddetta Corte, di cedergli e trasferirgli gli importi di pane e maravedì sotto dichiarati ricavati dai proventi della suddetta commenda, pertanto, portando ciò a compimento, concedo e riconosco con questa carta di dare e conferire tutta la mia piena procura, come la possiedo e in tal caso si richiede ed è necessario e, qualora necessario, sostituisco il suddetto Annibale Cambi e chi da lui l’avrà in quella che ho dal suddetto governatore affinché a mio nome, rappresentando la mia persona, e per il suddetto Annibale Cambi e per chi vorrà lui e come in suo fatto e rem propriam, possa chiedere e domandare, ricevere e riscuotere in giudizio e fuori di esso le somme e gli importi di maravedì e di pane di cui sotto si farà menzione, dalle persone e nella forma seguente. § Primo, da Antonio de Espinosa, mandante, e Jerónimo Sánchez, notaio del collegio e della Municipalità della città di Salamanca, abitanti di essa, e da Juan Batista, abitante del villaggio di Fresno, e da Juan Pascual, abitante di Sanchituerto, giurisdizione della suddetta città, suoi fideiussori e da qualunque di essi e dai loro beni, poiché obbligati per il comune accordo e in solidum, e da chi per loro dovrà pagare tutto ciò, ovverosia trecentoventi fanegas di grano e cinquantamila maravedì in denaro che i suddetti sono obbligati a pagare il corrente anno novantaquattro per la rendita e l’affitto del terreno del podere di Alándiga, che è della suddetta commenda della Maddalena, entro il prossimo giorno di Nostra Signora ad Agosto del corrente anno novantaquattro, come consta dalla scrittura di affitto che su ciò venne stipulata / (fol. 291 v.) dinanzi ad Alonso Sánchez, notaio collegiato della città di Alba, addì sei del mese di novembre del suddetto anno cinquecentonnovantadue, la quale gli consegno in originale. [Al margine sinistro] LM.

CCCXX fanegas di grano

§ Item, da Juan Polo, abitante di La Serna, giurisdizione della suddetta città di Alba, e dai suoi beni, e da chi per lui dovrà e dovesse pagare, quattrocento fanegas di pane, di grano e orzo a metà, che il suddetto deve ed è obbligato a pagare entro il suddetto prossimo giorno di Nostra Signora ad agosto del corrente anno, per il terreno del suddetto villaggio di La Serna, che ha in affitto ed è della suddetta commenda della Magdalena, e io lo devo avere e mi spetta in virtù della suddetto affitto, e per la suddetta riscossione gli consegno ciò che si stipulò col suddetto Juan Polo, siglato da Andrés Jiménez, notaio collegiato della suddetta città di Alba, datato quindici gennaio del suddetto anno novantadue.

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i giunta a madrid CC fanegas grano, CC orzo

§ Item, da Macías Hernández, abitante del villaggio di Castellanos de Morisco, giurisdizione della suddetta città di Salamanca, e dai suoi beni e da chi per lui dovrà pagare, cento fanegas di grano e cinquanta fanegas d’orzo che al suddetto deve della rendita del podere che la suddetta commenda possiede in un terreno del suddetto villaggio, entro il suddetto giorno di Nostra Signora ad agosto di questo suddetto anno, come risulta dalla scrittura di affitto del suddetto terreno che gli si fece, che parimenti consegno siglata da Antonio Velázquez, notaio collegiato della suddetta città di Salamanca, datata ventisette ottobre dello scorso anno cinquecentonovantuno. C fanegas grano, L orzo § Che tutto ciò che così deve riscuotere in virtù dei suddetti affitti e dalle persone sopra riferite somma e ammonta a seicentoventi fanegas di grano e duecentocinquanta d’orzo e cinquantamila maravedì in denaro. [Al margine sinistro] LM. DCXX fanegas, grano, CCL [orzo] § Tutta la qual cosa potrà chiedere e riscuotere in virtù delle suddette scritture e conformemente a esse con qualsiasi spesa e consumo che in ragione di ciò gli deriverà e gli graverà e i suddetti obbligati, e chiunque di loro, dovranno e saranno obbligati a pagare e cedere e trasferire le suddette somme e qualsiasi / (fol. 292 r.) cosa o parte di esse a qualsiasi persona e persone, e fare e disporre di questo e in questo come di cosa e in cosa sua propria, che per tutto questo gli cedo, rinunciandovi, e trasferisco tutti i miei diritti e azioni reali e personali utili, diretti e misti ed esecutivi, e qualsiasi altro che mi appartenga ; questo per la ragione che mi ha dato e pagato e saldato in un conto tra di noi i suddetti cinquantamila maravedì, e ciò a cui ammontò il suddetto grano e orzo al prezzo fissato da sua Maestà, di tutta la qual cosa mi considero e reputo ben contento e rispettato in ogni mia volontà dal suddetto Annibale Cambi, in quanto li ricevetti da lui in reali contanti realmente ed effettivamente. E in ragione del fatto che al presente non risulta il pagamento, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e al non aver visto né ricevuto, e alle leggi della prova della consegna come in esse è contenuto; e affinché di quanto riceverà e riscuoterà possa dare le sue ricevute di pagamento e quietanza e, qualora necessario, di rivalsa sul debitore a coloro che pagheranno come fideiussori, e qualsiasi altra garanzia che convenga, e in ragione della riscossione possa comparire in giudizio dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competente, e dinanzi a essi e a chiunque di essi fare qualsiasi istanza, richiesta, citazione, fermo giudiziario, giuramento, esecuzione forzata, pignoramento e asta di beni, prendere parte a essi e continuarli, ricorrere in appello e ricusare, e tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che convengano e siano necessari da fare e io farei essendo presente, fino alla reale paga e riscossione dei suddetti maravedì e del pane, che gli do e conferisco quanta piena procura ho e si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi e libera e generale amministrazione e con l’esonero necessario, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio procuratore attore in ciò nella forma avente il sufficiente valore legale che si richiede. E io mi impegno, con i miei beni avuti e da avere, a considerare buona e valida questa cessione e procura e tutto ciò che in virtù d’essa fosse fatto, attuato e riscosso, e che i suddetti importi di grano, orzo e maravedì sopra riferiti mi sono dovuti e li devo avere in virtù della suddetta consegna che così mi fece il suddetto signor governatore dei suddetti proventi della suddetta sua commenda, e che non li ho ceduti né trasferiti ad altra persona, e che saranno per lui certi, sicuri e ben pagati nei suddetti tempi e termini, e per essi né per parte di essi non gli sarà fatta causa né fermo giudiziario alcuno e, qualora così non fosse, non appena consterà il contra- / (fol. 292 v.) rio in qualsiasi maniera glieli darò e pagherò  

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di persona e coi suddetti miei beni o i maravedì che per essi mi ha dato e pagato, quel che più vorrà e sceglierà a sua elezione e volontà, con [in interlinea : più] le spese e i danni che in ragione di ciò gli fossero derivati e gravassero, la cui liquidazione e verifica lascio e deferisco da subito al suo giuramento o di chi avesse la sua procura. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid, Corte del Re nostro signore, addì dieci del mese di maggio dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo presenti come testimoni a quanto detto Pedro Galíndez [cassato : Sancho Sanz de Jáuregui] [in interlinea : e Gerónimo Sánchez] e Tommaso Giunta, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome in questo registro [cassato : di questa carta]. Appare cancellato o diceva : Sancho Sanz de Jáuregui, non sia valido. Appare in interlinea : più, e Jerónimo Sánchez, sia valido. Appare cancellato : di questa carta, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  













A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 291 r. - 292 v. [Documento n. 32] [Al margen superior izquierdo] Poder y çessión a Aníbal Canvi. [Al margen superior derecho] 10 mayo. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder en causa propia y cesión vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en Corte del Rey nuestro señor, conozco por esta carta y digo que por quanto yo tengo en arrendamiento y administrazión del señor licenciado Diego Vázquez Arze, presidente de Castilla y comendador de la encomienda de la Madalena, de la horden de Alcántara, los frutos y rentas devidos y pertenezientes a la dicha encomienda por tiempo de dos años, que se cumplen el presente año de noventa y quatro, e por çierto preçio e condiçiones, como se contiene en la escritura que sobre ello passó ante Alonso de Çienfuegos, escrivano de su Magestad, en esta villa de Madrid a diez y ocho días del mes de agosto del año pasado de quinientos y noventa y dos, a que me refiero, y estoy convenido y conzertado con Aníval Canvi, residente en la dicha Corte, de le zeder y trespasar las cantidades de pan y maravedís que de yuso yrán declaradas, proçedidas de los frutos de la dicha encomienda, por ende, puniéndolo en efeto, otorgo y conozco por esta carta que doy y otorgo todo mi poder cunplido, como lo tengo y en tal caso se requiere y en caso nesçesario sustituyo el que tengo del dicho señor presidente, al dicho Aníbal Canbi y a quien dél le tubiere para que en mi nombre, representando mi persona, y para el dicho Aníbal Canbi y quien él quisiere y como en su fecho y causa propia, pueda pedir y demandar, recivir y cobrar en juiçio y fuera del las sumas y cantidades de maravedís y pan que de yuso se hará minçión, de las personas y por la forma siguiente. § Primeramente, de Antonio de Espinosa, prinçipal, y Gerónimo Sánchez, escrivano del número y Ayuntamiento de la ciudad de Salamanca, y veçinos della, y Juan Vatista, vezino del lugar de Fresno, y Juan Pasqual, vezino de Sanchituerto, jurisdiçión de la dicha çiudad, sus fiadores y de qualquier dellos y sus vienes, como obligados de mancomún e yn solidun y de quien por ellos lo deva pagar, conbiene a saver treçientas y veinte fanegas de trigo y çinquenta mill maravedís en dinero que los susodichos están obligados a pagar este presente año de noventa y quatro de renta y arrendamiento del heredamiento de la torre de Alándiga, que es de la dicha encomienda de la Magdalena, para el día de Nuestra Señora de agosto que viene deste presente año de noventa y quattro, como consta por la escritura de arrendamiento que sobre ello pasó / (fol. 291 v.) ante Alonso Sánchez, scrivano del número

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i giunta a madrid

de la villa de Alva, a seis días del mes de nobiembre del dicho año de quinientos e noventa y dos, la qual originalmente le enttrego. [Al margen izquierdo] LM.

CCCXX fanegas trigo

§ Ytten, de Juan Polo, vezino de La Serna, jurisdiçión de la dicha villa de Alva, y de sus vienes, y de quien por ello deva y aya de pagar, quattroçientas fanegas de pan, por mitad trigo y zevada, que el susodicho deve y está obligado a pagar para el dicho día de Nuestra Señora de agosto que viene deste presente año, por el término del dicho lugar de La Serna, que tiene en arrendamiento y es de la dicha encomienda de la Madalena, e yo lo tengo de haver e me perteneze en virtud del dicho arrendamiento, y para dicha cobranza le enttrego el que se hiço al dicho Juan Polo signado de Andrés Ximénez, scrivano del número de la dicha villa de Alva, su fecha a quinze de henero del dicho año de noventa y dos.

CC fanegas trigo, CC çevada

§ Yten, de Maçías Hernández, vezino del lugar de Castellanos de Morisco, jurisdiçión de la dicha çiudad de Salamanca, y de sus vienes y de quien por él lo deva pagar, çien fanegas de trigo y çinquenta fanegas de çevada que el susodicho deve de la renta de la heredad que la dicha encomienda tiene en término del dicho lugar para el dicho día de Nuestra Señora de agosto deste dicho año, como pareze por la escritura de arrendamiento que se le hiço de la dicha heredad, que ansímismo le enttrego signada de Antonio Velázquez, escrivano del número de la dicha çiudad de Salamanca, su fecha a veinte e siete de otubre del año pasado de quinientos e noventa e un años. C fanegas trigo, L çevada § Que todo lo que ansí a de cobrar en birtud de los dichos arrendamientos e de las personas suso referidas suma e monta seisçientas e veinte fanegas de trigo y doçientas y çinquenta de cevada y çinquenta mill maravedís en dinero. [Al margen izquierdo] LM. DCXX fanegas, trigo, CCL § Todo lo qual pueda pedir y cobrar en virtud de las dichas escrituras y conforme a ellas con qualesquier costas e gastos que en razón dello se le siguieren y recreçieren, y los dichos obligados e qualquier dello deban e sean obligados a pagar y zeder y trespasar las dichas cantidades y qualquier / (fol. 292 r.) cosa y parte dellas a qualquier persona o personas, e hazer e disponer dello y en ello como de cosa y en cosa suya propia, que para todo ello le çedo, renunçio e traspaso todos mis derechos e abçiones reales y personales, útiles, diretos e mistos y executivos, y otros qualesquier que me pertenezcan, esto por razón que me a dado y pagado y hecho bueno en quentas entre nos los dichos çinquenta mill maravedís y lo que montó el dicho trigo y zevada a la tasa de su Magestad, de todo lo qual me doy y otorgo del dicho Aníval Canvi por vien contento y entregado a toda mi voluntad por quanto lo resçiví dél en reales de contado realmente y con efecto, y en razón de la entrega que de presente no pareze renunzio la exçeçión de la non numerata pecunia y del haver non visto ni resçivido y las leyes de la prueva del entrego, como en ella se contiene, y para que de lo que resçiviere y cobrare pueda dar sus cartas de pago y finiquito y lasto si nesçesario fuere a los que pagaren como fiadores y ottros qualesquier recaudos que convengan, y en razón de la cobranza pueda parezer en juiçio ante qualesquier justiçias e juezes conpetentes, y ante ellos y qualquier dellos hazer qualesquier pedimientos, requerimientos, çitaçiones, enbargos, juramentos, execuçiones, tranzes e remates de bienes, tomar la posesión dellos e la continuar, hazer apelaçiones e recusaçiones e todos los demás autos e diligenzias judiçiales y esttrajudiçiales que convengan e nesçesario sean de se hazer e yo haría presente siendo, hasta la real paga y cobranza de los dichos maravedís y pan, que quan cunplido poder tengo e se requiere, ese mismo le doy e otorgo con sus inzidençias e dependençias e anexidades e

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libre e general administtrazión y con la relebaçión nesçesaria, y le pongo en mi derecho e lugar e hago procurador actor en ello en la más bastante forma que se requiere, y me obligo e a mis bienes avidos e por haver de haver por buena e firme esta zesión y poder e todo lo que en virtud del fuere fecho, autuado e cobrado, e que las dichas cantidades de trigo, zevada y maravedís arriva referidos me son devidos y los tengo de haver en virtud del dicho arrendamiento, que ansí me hizo el dicho señor presidente, de los dichos frutos de la dicha su encomienda, e que no los tengo zedidos ni trespasados a otra persona, y que le serán ciertos, seguros e bien pagados a los dichos tiempos y plazos, y en ellos ni en parte dellos no le será puesto pleyto ni enbargo alguno, donde no que luego que conste de lo conttra- / (fol. 292 v.) rio en qualquier manera se lo daré e pagaré por la dicha mi persona y bienes o los maravedís que por ello me ha dado e pagado, qual más quisiere y escogiere a su elezión y voluntad, con [interlineado : más] las costas e daños que en razón dello se le siguieren y recrezieren, cuya liquidazión y aberiguaçión dexo y defiero desde luego en su juramento o de quien su poder obiere. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el scrivano público y testigos ynfraescritos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid, Corte del Rey nuestro señor, a diez días del mes de mayo de mill e quinientos e noventa e quattro años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Pero Galíndez [tachado : Sancho Sanz de Jáuregui] [interlineado : y Gerónimo Sánchez] y Tomás de Junta, estantes e residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre en este registtro [tachado : desta carta]. Va testado o dizía : Sancho Sanz de Jáuregui, no valga. Va enttre renglones : más, y Gerónimo Sánchez, valga. Va testado : desta carta, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  













A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 291 r. - 292 v. * [Documento n. 33 : 04/06/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura. [Al margine sinistro]. Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella Corte della Maestà Cattolica, concedo e riconosco con questa carta di dare la mia piena procura, come la possiedo e per legge in tal caso si richiede, a Cosimo Giunti, figlio di Giacomo, defunto, e a Maddalena Giunti, sua madre, abitanti della città di Firenze, e a ciascuno di essi per sé in solidum, specialmente perché a mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona, possano chiedere e domandare, ricevere e riscuotere da Carlo Jornini, abitante della suddetta città di Firenze, e dai suoi beni e da chi per lui dovrà pagare tutto ciò, ovverosia seicento scudi che il suddetto è obbligato a pagare conformemente a un contratto fatto nella suddetta città di Firenze il sedici dicembre dello scorso anno millecinquecentonovantadue dinanzi a Nicola de Tornacurtis, notaio pubblico di essa, [in interlinea : e per la ragione e causa in esso contenute]. I quali suddetti seicento scudi potranno chiedere e riscuotere nell’ordine e nella forma contenute e dichiarate nel suddetto contratto, che è di quaranta scudi per ciascun anno a decorrere dalla data di questo, dei quali [cassato : suddetti seicento ducati] potrà riscuotere tanto quel che è decorso quanto quel che deve decorrere fino alla reale paga e riscossione; e affinché di quel che riceveranno e riscuoteranno possano dare le loro formali ricevute di pagamento e quietanza, e siano valide come se le avessi date io e fossi presente. E in ragione della suddetta riscossione possa comparire, qualora necessario, dinanzi a qualsivoglia tribunale e giudice, magistrati e corti di giustizia e ufficiali che potranno e dovranno avere cognizione di ciò, e fare qualsiasi istanza e richiesta,  



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giuramento, protestazione, esecuzione forzata, fermo giudiziario, arresto, pignoramento e asta di beni, e prendere parte a essi e continuarli, cedere e trasferire, fare appelli e ricusazioni e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari fino alla reale paga e riscossione, e chiedere e farsi dare copia autenticata del suddetto contratto e qualsiasi altra garanzia che per questo sia conveniente, che io gli do e conferisco quanta [com-]piuta e sufficiente procura per questo si richiede, / (fol. 341 r.) con le sue incidenze e dipendenze e annessi e con l’esonero per legge necessario, sotto la clausola de iudicium sisti iudicatum solvi. E nel ritenere buona e valida questa procura e tutto ciò che in virtù d’essa fosse fatto, attuato e riscosso, e non andare né venire contro di essa mi impegno di persona e coi beni avuti e da avere. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti, che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid addì quattro del mese di giugno dell’anno millecinquecentonovantaquattro, testimoni presenti a quanto detto Alejandro de la Flor e Sancho Sanz de Jáuregui e Gaspar de Montoya, che stanno e risiedono a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare in interlinea : e per la ragione e causa in esso contenute, sia valido. E cancellato : suddetti seicento ducati, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  



A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 340 v. - 341 r. [Documento n. 33] [Al margen superior izquierdo] Poder. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesty, florentín, residente en Corte de la Magestad Católica, otorgo y conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cunplido, como lo tengo y de derecho en tal caso se requiere a Cosme Junti, hijo de Jacome, difunto, y a Magdalena Junty, su madre, veçinos de la çiudad de Florençia, y a cada uno dellos por sí yn solidun, espezialmente para que en mi nombre y como yo mismo, representando mi persona, puedan pedir e demandar, rezibir y cobrar de Carlo Jornini, vezino de la dicha zibdad de Florençia, e de sus vienes y de quien por ello deba pagar, es a saver seisçientos escudos que el susodicho está obligado a me pagar conforme a un contrato fecho en dicha zibdad de Florençia en diez y seis de diziembre del año pasado de mill e quinientos e noventa e dos ante Nicolás de Tornacurtis, notario público della, [interlineado : y por la razón y causa en el contenida], los quales dichos seisçientos escudos puedan pedir y cobrar por la orden e forma que en el dicho contrato se contiene y declara, que es en cada un año, contando desde la fecha del, quarenta escudos, de los quales [tachado : dichos seisçientos ducados] pueda cobrar ansí lo corrido como lo que corriere hasta la real paga y cobrança, y para que de lo que rezibieren y cobraren puedan dar sus cartas de pago e finiquito y quitanças en forma y balgan como si yo los diere y presente fuesse, y en razón de la dicha cobrança pueda parezer, siendo neçesario, ante qualesquier justiçias e juezes, magistrados e tribunales y ofiçiales que dello puedan y deban conozer, e hazer qualesquier pedimientos e requerimientos, juramentos, protestaçiones, execuçiones, enbargos, prisiones, trançes e remates de vienes, e tomar la posesión dellos y la continuar, çeder e traspasar, haser apelaziones e recusaçiones e todos los demás autos e diligençias neçesarios hasta la real paga y cobrança, y pedir y sacar el dicho contrato y otros qualesquier recaudos que para ello conbengan, que quan plido [sic] y bastante poder para ello se requiere, / (fol. 341 r.) ese mismo le doy e otorgo con sus inzidençias e dependençias y anegidades y con la relebaçión de derecho neçesaria, so la cláusula de judicium sisti judicatum solvi, y para haver por bueno e firme este poder e todo lo que en virtud del fuere fecho, autuado y cobrado, e no yr ni  



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benir contra ello obligo mi persona e vienes havidos e por haver. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano e testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid a quatro días del mes de junio de mill e quinientos e noventa y quatro años, testigos que fueron presentes a lo que dicho hes Alexandro de la Flor y Sancho Sanz de Jáuregui y Gaspar de Montoya, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Va entre renglones : y por la razón y causa en el contenida, valga. Y testado : dichos seisçientos ducados, no valga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 340 v. - 341 r. * [Documento n. 34 : 04/06/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Cessione ad Antonio Voto. [Al margine sinistro] Fatta. Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam e cessione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella Corte del Re nostro signore, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiedo e per legge si richiede, al signor Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà e del principe nostro signore, residente nella suddetta Corte, specialmente affinché a mio nome e come me stesso, rappresentando la mia persona, e per lui e come in fatto suo e rem propriam, possa chiedere e domandare, ricevere e riscuotere in giudizio e fuori di esso, da Pedro Gómez de Cuenca, libraio, abitante di questa città di Madrid, e dai suoi beni e da chi per lui dovrà pagare tutto ciò, ovverosia cento ducati che il suddetto mi deve ed è obbligato a pagarmi in virtù e [in interlinea : conformemente e per la ragione contenuta in] una scrittura di obbligazione che venne stilata dinanzi a Sebastián de Aleas, notaio, il cui termine scade entro il prossimo settembre dell’anno corrente, la quale gli consegno in originale con questa procura, affinché di ciò che riceverà e riscuoterà possa dare le sue ricevute di pagamento e quietanza e, qualora necessario, di rivalsa sul creditore. E siano valide come se io le avessi date e fossi presente, e possa chiedere e riscuotere ciò con qualsiasi spesa che in ragione di questo si produrrà e graverà. E, in virtù e conformemente alla suddetta scrittura, cederla e trasferirla, chiedere e domandare / (fol. 341 v.) dinanzi a qualsivoglia tribunale e giudice che di ciò potrà e dovrà avere cognizione, e in ragione di ciò fare qualsiasi istanza, richiesta, giuramento, esecuzione forzata, fermo giudiziario, pignoramento e asta di beni, e prendere possesso di essi, e fare tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari fino al reale pagamento e riscossione, che per tutto questo e ciò che da questo dipende lo faccio attore procuratore e gli cedo, rinunciandovi, e trasferisco i miei diritti e azioni reali e personali, utili, diretti, misti ed esecutivi, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto nella forma avente il sufficiente valore legale che per legge si richiede. Questo per la ragione che mi ha dato e pagato altrettanta somma e importo in reali contanti di cui mi reputo e considero ben contento e rispettato da lui in ogni mia volontà, in quanto la ricevetti e passai in mio potere realmente ed effettivamente, in merito alla qual cosa rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia, e al non aver visto né ricevuto e alle leggi della prova della consegna come in esse è contenuto, e mi impegno, io e i miei beni avuti e da avere, a dare per buona e valida questa cessione e procura e tutto ciò che in virtù di essa venisse fatto, attuato e riscosso, e che i suddetti cento ducati mi sono dovuti e non li ho ceduti né trasferiti né ho in altra maniera alcuna disposto di essi, e che saranno certi, sicuri e pagati per il signor Antonio Voto entro il termine e conformemente alla suddetta scrittura, e per essi né per parte di essi egli avrà alcuna causa, fermo giudiziario né impedimento e, qualora così non fosse, perché dovesse avere necessità  

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di fare una qualche pratica per la riscossione, glieli darò di persona e coi miei beni, che a questo mi impegno, con le spese e i danni che su ciò graveranno. E per l’esecuzione di ciò do pieni poteri a ogni qualsivoglia tribunale e giudice di sua Maestà, rinuncio alle leggi a mio favore e al mio statuto locale e privilegio, e alla legge sit convenerit de iurisditione e a quella che proibisce la generale rinuncia, e lo ricevo e accolgo come sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato [cassato : in merito alla]. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta dinanzi al notaio e ai testimoni infrascritti nella suddetta città di Madrid addì quattro del mese di giugno dell’anno millecinquecentonovantaquattro, testimoni che furono presenti a quanto detto : Alejandro de la Flor, e Sancho Sanz de Jáuregui e Gaspar de Montoya, che stanno e risiedono a Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, e che firmò con il suo nome. Appare cancellato o diceva : in merito alla, non sia valido. E in interlinea : conformemente e per la ragione contenuta in. Ed emendato : nessuna, sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  









A.H.P.M. Protocollo 1.351, fols. 341 r. - 341 v. [Documento n. 34] [Al margen superior izquierdo] Çesión a Antonio Boto. [Al margen izquierdo] Fecha. Sepan quantos esta carta de poder en causa propia y zesión vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en Corte del Rey nuestro señor, conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cuplido, libre llenero bastante como lo tengo y de derecho se requiere, al señor Antonio Boto, guardajoyas de su Magestad y del prínçipe nuestro señor, residente en la dicha Corte, espezialmente para que en mi nonbre y como yo mismo, representando mi persona, e para él y como en su fecho y causa propia, pueda pedir e demandar, rezibir y cobrar en juizio e fuera del de Pero Gómez de Cuenca, librero, vezino desta villa de Madrid, e de sus vienes, y de quien por él lo deba pagar, es a saber çient ducados que el susodicho me deve y está obligado a pagar en virtud e [interlineado : conforme e por la razón contenida en] una scriptura de obligaçión que pasó ante Sebastián de Aleas, escrivano, cuyo plazo se cunple para septiembre próximo deste presente año, la qual originalmente le entrego con este poder, para que de lo que rezibiere y cobrare pueda dar sus cartas de pago e finiquito e lasto, si neçesario fuere, e valgan como si yo las diese e presente fuese, y lo pueda pedir e cobrar con qualesquier costas que en razón dello se siguieren y recrezieren y en virtud y conforme a la dicha scriptura, y la çeder e traspasar, pedir e demandar / (fol. 341 v.) ante qualesquier justiçias e juezes que dello puedan y deban conozer, y en razón dello haser qualesquier pedimientos, requerimientos, juramentos, execuçiones, enbargos, trançes e remates de vienes, e tomar posesión dellos, e haser todos los demás autos y diligençias neçesarios hasta la real paga y cobrança, que para todo ello y lo dello dependiente le hago actor procurador, y le çedo, renunçio e traspaso mis derechos e abçiones reales e personales, útiles, directos e mistos y executivos, y le pongo en mi derecho e lugar en la más bastante forma que se requiere, esto por razón que me a dado y pagado otra tanta suma y cantidad en reales de contado, de que me doi e otorgo del por bien, contento y entregado a toda mi voluntad, por quanto lo rezibí e pasé a mi parte e poder realmente y con efeeto, sobre que renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia e del aver no visto ni recibido y las leyes de la prueba del entrego, como en ellas se contiene, e me obligo y a mis vienes havidos e por haver de haver por buena e firme esta çesión y poder y todo lo que en virtud della fuere fecho, autuado e cobrado, y que los dichos çien ducados me son devidos y no los tengo çedidos ni traspasados ni en ottra manera alguna dispuesto dellos, y que serán ciertos e seguros y pagados al dicho señor  

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Antonio Boto al plazo y conforme a la dicha scriptura, y en ellos ni parte dellos no le será puesto pleyto, enbargo ni contradiçión alguna, donde no que porque tenga nezesidad de haser diligençia alguna para la cobrança se los daré y pagaré por mi persona e vienes, que para ello obligo, con las costas e daños que sobre ello se le recrezieren, y para la execuçión dello doy poder cunplido a todas las justicias e juezes de su Magestad, renunçio las leyes de mi favor e mi propio fuero e previllegio, y la ley sit conbenerid de juridiçione y la que proybe la general renunçiaçión, y lo reszibo e llebo por sentençia difinitiva de juez conpetente y pasada en cosa juzgada [tachado : çerca de lo]. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano e testigos ynfraescriptos, en la dicha villa de Madrid a quatro días del mes de junyo de mill y quinientos e noventa y quatro años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es Alexandro de la Flor y Sancho Sanz de Jáuregui y Gaspar de Montoya, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Ba testado o dizía : çerca de lo, no valga. Y entre renglones : conforme e por la razón contenida en. Y enmendado : ninguna, balga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  







A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 341 r. - 341 v. * [Documento n. 35 : 14/06/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Scrittura di dichiarazione stipulata da Tommaso Giunti. [Al margine superiore destro] 14 giugno. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io Tommaso Giunti, fiorentino, residente in questa Corte del Re nostro signore, come persona libera e non soggetta a tutela né amministrazione né potestà paternale, dico che in quanto sua Maestà ha concesso e concede la mercede a Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, residente nella suddetta Corte, che è presente, di dargli il titolo di suo tipografo per lui o per la persona da lui nominata, e per certe ragioni il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha posto e pone il suddetto ufficio e mercede e ha fatto e fa emettere il suo titolo a mio nome sulla fiducia e a condizione che io debba fare e faccia una scrittura di dichiarazione di ciò, concedo, pertanto, e riconosco con questa carta che, nella via e forma per legge più comoda e più favorevole al suddetto Giulio Giunti, confesso e dichiaro essere il conferimento a mio nome della suddetta mercede e titolo del suddetto ufficio di tipografo di sua Maesta sulla fiducia e per ordine del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e per lui, senza che io abbia in esso né in parte di esso né nell’uso profitto da esso in altra cosa oltre al nome, e così il di lui suddetto ufficio e titolo e tutti i diritti e profitti che in esso avessi appartengono e devono essere e sono per il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti come cosa sua propria, senza che io possa chiedere né richiedere cosa alcuna di esso in nessun momento, né acquisire diritto a ciò per nessun suo trascorso né in virtù del suddetto titolo né in altra maniera. E per maggior sicurezza con questa carta conferisco piena procura, in rem propriam come si richiede, a Giulio Giunti de’ Modesti e a chi avrà il suo ordine e la sua procura, affinché come io stesso e come in suo fatto e rem propriam possa far uso del suddetto ufficio e suo titolo, e chiedere, ricevere e riscuotere i diritti e i profitti e fare e disporre di ciò e in ciò / (fol. 378 v.) come di cosa e in cosa sua propria, come è; e in ragione di ciò [fare] gli atti e le pratiche necessarie in giudizio e fuori di esso, che per tutto questo e quanto a esso annesso e da esso dipendente, qualora necessario, gli cedo, faccio rinuncia e trasferisco tutti i diritti e le azioni reali e personali, utili, diretti, misti ed esecutivi che ho e che mi possono appartenere in qualsiasi maniera rispetto suddetto ufficio, uso e vantaggio da esso, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto e lo faccio signore e pro-

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curatore attore in ciò nella forma avente quanto più sufficiente valore legale che per legge si richiede in quanto, come detto, è suo e gli appartiene e io non ho in ciò niente più del nome, e sotto la tale fiducia e su di essa si deve mettere e si mette a mio nome il suddetto ufficio e il suo titolo. E mi impegno con tutti i miei beni avuti e da avere a dare per buona e valida questa scrittura e tutto quanto in essa contenuto, e a non andare né venire né reclamare contro di essa in nessun momento né in alcuna maniera, pena, oltre al non avere udienza né essere ammesso in giudizio né fuori di esso a tale merito, l’essere obbligato e impegnarmi a pagare al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti l’interesse sul capitale con le spese e i danni, gli interessi e le perdite che su ciò saranno gravati, con il raddoppio in nome dell’interesse e la solenne stipula concordata tra le parti, pagata o no tale penale sia comunque valido quanto detto. E altresì, per maggior sicurezza e soddisfazione del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mi impegno affinché sempre e ogniqualvolta da lui e da chi succedesse nel suo diritto mi fosse chiesto e si volesse che io facessi e concedessi qualche altra dichiarazione in ragione di quanto sopra detto o un’altra procura o procure semplici o in rem propriam, [cassato : a favore] o che [cassato : rinunciassi] rinunciassi [in interlinea : e abbandonassi] il suddetto ufficio a favore del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, o di qualsiasi altra persona o persone che lui volesse o reputasse giuste, o che concedessi qualsiasi altra garanzia che convenisse al suo diritto, farò e concederò tutto questo a suo piacimento senza alcuna replica, pena la / (fol. 379 r.) stessa punizione sopra detta, e che a ciò possa essere costretto e sollecitato da ogni rigore e arresto. E per esecuzione di tutto quanto detto e ciascuna cosa e parte di esso con questa carta do pieni poteri a tutti i tribunali e giudici di sua Maestà di qualsiasi parte siano e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e Cancellerie e a ognuno di essi, alla cui giurisdizione mi sottopongo e mi vincolo, rinunciando come rinuncio al mio proprio statuto locale e privilegio, alla legge sit convenerit de iurisditione, affinché con ogni mezzo e rigore di legge e in via più esecutiva mi costringano e mi sollecitino al compimento e alla soddisfazione di tutto quanto è detto e contenuto in questa scrittura, proprio come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me accettata, che come tale la ricevo: in merito a ciò, rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore, con la legge e il diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. E altresì, poiché sono minore di venticinque anni, sebbene maggiore di venti, per maggiore validità e corroborazione di questa scrittura, giuro su Dio Nostro Signore e sulla Santa Maria sua Benedetta Madre e con un segno di croce, che mi feci con la mano destra, di mantenere e osservare, compiere e considerare valida questa scrittura, così come in essa è contenuto, e di non andare né venire né reclamare contro di essa in ragione della suddetta minore età né adducendo l’inganno o la lesione, né il timore né la persuasione da parte del suddetto Giulio Giunti né di altra persona alcuna, perché confesso e dichiaro che la faccio e concedo di mia propria, libera e consenziente volontà, e che in essa non vi è dolo né cose simili. E non chiederò beneficio di restituzione in integrum né mi aiuterò né mi approfitterò di nessun altro rimedio né mezzo, anche se di fatto o per legge mi competa, pena l’essere uno spergiuro e l’incorrere in un caso di condotta disonorevole, e pena gli ulteriori castighi nei quali incorrono coloro che vanno contro il loro proprio giuramento, senza per questo [cassato :giuramento] / (fol. 379 v.) chiedere assoluzione né attenuanti a sua Santità né al suo nunzio delegato né ad altro giudice né prelato che [cassato : si] la possa dare e concedere. E se mi venisse concessa motu pro- [interlineato : prio] o ad effectum agendi, non farò uso di essa pena [in interlinea : il suddetto] castigo di spergiuro, e che sia sempre valido quanto detto, e sia e resti obbligato all’osservanza e al compimento di ciò. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta nella maniera sopraddetta dinanzi al notaio e ai testimoni sottoscritti, la quale venne fatta e rogata suddetta città di Madrid addì quattordici del mese di [cassato : marzo] [in interlinea : giugno] dell’anno millecinqnecentonovantaquattro, testimoni presen 

















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ti a quanto detto Francisco de la Concha e Jerónimo López e Juan Alvarez, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il concedenre, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : e abbandonassi, il suddetto, marzo, suddetta, sia valido. E cancellato : a favore, rinunciassi, giuramenti, marzo, suddetta, non sia valido. E in interlinea : prio. E cancellato : si. Tommaso Giunti [firmato e rubricato] . Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali.  







A.H.P.M., Protocollo 1.351, fols. 378 r. 379 v. [Documento n. 35] [Al margen superior izquierdo] Scriptura de declaraçión que otorgó Tomaso de Junty. [Al margen superior derecho] 14 junio. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como yo Tomaso Junty, florentín, residente en esta Corte del Rey nuestro señor, como persona libre y no sujeto a curaduría ni administraçión ni dominio paternal, digo que por quanto su Magestad a echo y haze merçed a Julio Junti de Modesti, mi tío, residente en la dicha Corte, que está presente, de darle título de su ynpresor para él o la persona que él nonbrare, e por çiertos respectos el dicho Julio Junti de Modesty a puesto y pone el dicho ofiçio y merçed y a echo y haze despachar el título dél en mi caveça en confiança y devajo de que yo aya de hazer e haga escriptura de declaraçión dello, por tanto otorgo y conozco por esta carta que en la vía e forma que mexor a lugar de derecho e más haga en favor del dicho Julio Junti, confieso y declaro que el ponerse en mi caveça la dicha merçed y título del dicho ofiçio de ynpresor de su Magestad es en confiança y por orden del dicho Julio Junti de Modesty e para él, sin que yo tenga en ello ni parte dello ni en el uso ni aprovechamiento dello otra cosa más del nonbre, e ansí el dicho ofiçio e título del e todos los derechos e aprovechamientos que en el uviere pertenezen e an de ser y son para el dicho Julio Junti de Modesti como cosa suya propia, sin que yo pueda pedir ni repetir cosa alguna dello en ningún tienpo, ni adquerir derecho a ello por ningún transcurso del ni en virtud del dicho título ni en otra manera, e a mayor abundamiento por esta carta le doi poder cunplido, como se requiere en causa propia, al dicho Julio Junti de Modesty, e a quien su orden y poder tubiere, para que como yo mismo y como en su fecho y causa propia pueda usar del dicho ofiçio e título del, y pedir, reçibir e cobrar los derechos y aprovechamientos y hazer e disponer dello y en ello / (fol. 378 v.) como de cosa y en cosa suya propia, como lo es, y en razón dello los autos y deligençias neçesarias en juizio e fuera del, que para todo ello y lo a ello anexo y dependiente en caso que sea neçesario le çedo, renunçio y traspasso todos los derechos e abçiones reales e personales, útiles, diretos e mistos y executivos que tengo e me pueden pertenezer en qualquier manera al dicho ofiçio, uso y aprovechamiento del, e le pongo en mi derecho e lugar e hago señor y procurador actor en ello en la más bastante forma que se requiere, por quanto como está dicho es suyo e le perteneze e yo no tengo en ello más del nonbre, e debajo desta confiança se a de poner e pone en mi my caveça el dicho ofiçio e título del, e me obligo e a todos mis vienes havidos y por haver de haver por buena e firme esta scriptura e todo lo en ella contenido, e de no yr ni benir ni reclamar contra ella en ningún tiempo ni por alguna manera, so pena que demás de que sobre ello no sea oydo ni admetido en juizio ni fuera del sea obligado e me obligo a pagar al dicho Julio Junti de Modesty el ynterés prinçipal con las costas e daños, yntereses e menoscavos que sobre ello se le recreçieren, con el doblo por nonbre de ynterés y solene estipulaçión asentada entre las partes, la qual pena pagada o no todavía valga lo que digo es. Y ottrosí, para más seguridad e satisfaçión de el dicho Julio Junti de Modesty, me obligo que sienpre y cada y quando que por él o por quien en su derecho suçediere me fuere pedido y quisieren que yo haga y otorgue

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otra alguna declaraçión en razón de lo susodicho o otro poder o poderes sinples o en causa propia, [tachado : en favor] o que [tachado : renunçie] renunçie [interlineado : e haga dejaçión de] el dicho ofiçio en favor del dicho Julio Junti de Modesti u de otra qualquier persona o personas que él quisiere y por vien tubiere, o que otorgue otros qualesquier recaudos que a su derecho convengan, çerca dello los aré y otorgaré a su satisfaçión sin réplica alguna, so la / (fol. 379 r.) misma pena arriva dicha, e que a ello pueda ser conpelido y apremiado por todo rigor e prisión, e para la execuçión de todo lo que dicho es y cada cosa y parte dello por esta carta doi poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualesquier partes que sean y a los señores alcaldes de su Casa y Corte y Chançillerías y cada uno dellos, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, renunçiando como renunçio mi propio fuero e previllegio, la ley sit conbenerid de juridiçione, para que por todos los remedios e rigores del derecho e bía más executiba me conpelan e apremien al cunplimiento y satisfaçión de todo que dicho es y en esta scriptura se contiene, bien ansí como si fuese sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, que por tal la rezibo, çerca de lo qual renunçio todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. Y otrosy, por ser menor de beynte y çinco años aunque mayor de veinte, para más fuerça y corroboraçión desta scriptura, juro por Dios Nuestro Señor y por Santa María su Vendita Madre e por una señal de cruz, en que puse mi mano derecha, de tener e guardar, cunplir e aver por firme esta scriptura, según y como en ella se contiene, e no yr ni benir ni reclamar contra ella por razón de la dicha menor hedad ni alegando engaño ni lesión, temor ni persuasión del dicho Julio Junti ni de otra persona alguna, porque confieso y declaro que la hago e otorgo de mi propia, libre y agradable voluntad, y que en ella no ay dolo ni espeçie dello, y no pediré benefiçio de restituçión yn yntegrun ni me ayudaré ni aprovecharé de otro ningún remedio ni recurso, aunque de fecho o de derecho me conpeta, so pena de perjuro y de caer en caso menos valer y so las demás penas en que yncurren los que ban contra su propio juramento, e deste [tachado : juramento] / (fol. 379 v.) no pedir absoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni a su nunçio delegado ni otro juez ni prelado que [tachado : se] la pueda dar y conçeder, y si de pro- [interlineado : -pio] motuo o ad efetun agendi me fuere conçedida no usaré della so [interlineado : la dicha] pena de perjuro, y que todavía valga lo que dicho es, y sea y quede obligado a la guarda y cunplimiento dello. En testimonio de lo qual otorgué esta carta en la manera que dicha es ante el escrivano y testigos yusoescriptos, que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid a catorçe días del mes de [tachado : março] [interlineado : junio] de mill y quinientos e nobenta y quatro años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es Françisco de la Concha e Gerónimo López e Juan Alvarez, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba scripto entre renglones : e haga dejaçión de, la dicha, junio, valga. Y testado : en favor, renunçie, juramentos, março, dicha, no valga. Y entre renglones : pio. Y testado : se. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales.  

























A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 378 r. - 379 v. * [Documento n. 36 : 15/06/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura di Giulio Giunti. [Al margine superiore destro] 15 giugno. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa presente carta di procura che nella città di Madrid, Corte della Maestà Cattolica, addì quindici del mese di giugno dell’anno millecinquecentono-

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vantaquattro, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni infrascritti, si presentò presonalmente [sic] il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, e [cassato : o] dichiarò che: poiché in un podere e patrimonio che ha a Carmignano, in Toscana, c’è un pozzo d’acqua accanto alla casa del suddetto suo podere, il quale suddetto pozzo, per uso e rifornimento è il suo proprio, senza che nessun’altra persona né persone l’abbiano o l’abbiano avuto giammai in comune né per rifornimento alcuno, e gli è giunta notizia che alcune persone, contro ragione e giustizia, pretendono di intromettersi nell’uso e rifornimento dal suddetto pozzo e con la sua acqua, alla qual cosa non si deve dar modo, e pertanto stabilì e dichiarò che, nella via e forma in cui meglio per legge abbia luogo, conferisce tutta la sua piena e sufficiente procura, come la possiede e per legge in tal caso si richiede, a Filippo Giunta, suo fratello, e Bernardo Fontane, suo nipote, e Antonio Padovani, abitanti di Firenze, e a Bastiano Petrazzi, contadino, che si occupa del suddetto podere e terreno, e a ciascuno di essi per sé in solidum, con eguali poteri e facoltà, che ciò che uno inizi l’altro possa proseguire, finire e concludere, e sostituire al loro posto uno, due o più procuratori, e revocarli e costituirne altri nuovi, specialmente perché in nome del suddetto mandante, rappresentando la sua persona, possano controbattere a tutte le persone che pretendessero di avere diritto all’uso e al rifornimento presso il suddetto pozzo e alla sua acqua, e chiedere che si dichiari che non deve aver luogo, essendo come è mio proprio, e che nessuna persona ha avuto né ha diritto al suddetto pozzo, né all’uso né al rifornimento da esso. E addurre e provare, chiedere e opporsi in merito a quel che converrà e che sarà necessario fare ora, sia con i cittadini che con la gente comune; e in ragione di ciò comparire ed entrare in qualsiasi processo e tribunale e dinanzi a qualsiasi magistrato, giudice e ufficiale, e dinanzi a essi e a chiunque di essi fare, mostrare e presentare qualsiasi istanza, scritto replica, contratto e scrittura e prova, e veder presentare quelli della parte avversa e metterli in dubbio e contraddirli, e fare qualsiasi giuramento di calunni o decisorio, e chiederlo e vederlo fare alle altre parti, fare qualsiasi appello o accettazione, ricusazione e obiezione e, insomma, tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziari ed extragiudiziari che convenga e sia necessario fare fino alla definizione di tutto ciò, e tutto quel che egli farebbe e potrebbe fare essendo presente, che gli dà e conferisce quanta più piena e sufficiente procura per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e li esonera in forma di legge secondo le clausole di essa. Promise di dare per buona e valida questa procura e tutto ciò che in virtù di essa fosse fatto e attuato, sotto l’espressa obbligazione che fece della sua persona e beni avuti e da avere. A testimonianza della qual cosa così concesse dinanzi a me notaio, essendo presenti come testimoni Tommaso Giunti e Sancho Sanz de Jáuregui e Alejandro de la Flor, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato, o, un, no sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, un reale e mezzo.  

A.H.P.M., Protocollo 1.351, fols. 398 r. [Documento n. 36] [Al margen superior izquierdo] Poder de Julio Junti. [Al margen superior derecho] 15 junio. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta presente carta de poder bieren como en la villa de Madrid, Corte de la Magestad Católica, a quinze días del mes de junio de mill y quinientos y nobenta y quatro años, ante mí el scrivano público y testigos ynfraescritos paresció presonalmente [sic] el señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en la dicha Corte, y [tachado : o] dijo que  

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por quanto en una heredad y patrimonio que tiene a Carmignano, en Toscana, ay un poço de augua junto a la cassa de la dicha su heredad, el qual dicho poço, uso y aprovechamiento del es suyo propio, sin que ninguna ottra persona ni personas tengan ni ayan tenido jamás en el común ni aprovechamiento alguno, y a venido a su notiçia que algunas personas, contra razón y justiçia, pretenden yntroduçirse en el usso y aprovechamiento del dicho poço y augua del, a que no se deve dar lugar, por tanto otorgo y digo que en la vía y forma que mejor aya lugar de derecho da todo su poder cumplido vastante, como lo tiene y de derecho en tal casso se requiere, a Pacohelipo Jiunte, su hermano, y Bernardo Fontane, su sobrino, y Antonio Padobani, beçinos de Florenzia, y a Bastrano Petrazi, labrador, que asiste en la dicha heredad y eredamiento, y a cada uno dellos por sí yn solidun con ygual poder y facultad, que lo que uno comenzare el otro lo pueda proseguir, fenezer y acavar, y sustituyr en su lugar un procurador, dos o más, y aquellos rebocar y otros de nuevo criar, especialmente para que en nonbre del dicho constituyente, representando su persona, puedan contradezir a todas las personas que pretendieren tener derecho al uso y aprovechamiento del dicho pozo y agua del, y pedir se declare no aver lugar por ser como es mío propio, y que ninguna persona a tenido ni tiene derecho al dicho pozo ni al uso ni aprovechamiento del, y alegar y probar, pedir y oponer cerca de lo que conbenga y neszesario sea de se hazer aora, sea con los bezinos como con particulares, y en razón dello pareszer y entrar en qualesquier juizios y tribunales y ante qualesquier ministros, juezes y ofiziales, y ante ellos y qualquier dellos haçer, mostrar y presentar qualesquier pedimientos, scriptos y replicatos, contratos y scripturas y provanças, y ber presentar lo de contrario ser lo tachar y contradesir, e haser qualesquier juramentos de calunia o dezesorio, y los pedir y ber hazer a las otras partes, hacer qualesquier apelaciones o consentimientos, recussaciones y ojeciones, y finalmente todos los demás autos y deligençias judiciales y estrajudiciales que convengan y neszesario sea de se hazer hasta la difiniçión de todo ello, y todo aquello que él aría y hazer podría presente siendo, que quan cunplido y bastante poder para ello se requiere, ese mismo le da y otorga con sus incidencias y dependencias y anejidades, y le relebo en forma de derecho so las cláusulas del, prometió de aver por bueno e firme este poder y todo lo que en virtud del fuere fecho y autuado so espresa obligación que hizo de su persona e bienes avidos y por aver. Y en testimonio dello lo otorgó así ante mí el scrivano, siendo presentes por testigos Tomás Junti y Sancho Sanz de Jáuregui y Alexandro de la Flor, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante y firmolo de su nonbre. Ba testado, o, un, no bala. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, real y medio. A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 398 r. * [Documento n. 37 : 15/06/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Procura del suddetto Giulio Giunti. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella Corte di sua Maestà dichiaro che: nel porto di Livorno, sulla nave Lomellina, venne caricata una certa quantità di libri a me appartenenti della stampa del Nuovo Ufficio Divino e, sebbene il commissario di bordo e padrone della suddetta nave e gli ufficiali di essa dovevano portare i suddetti libri ben custoditi e con l’accortezza opportuna, non fecero quanto ordinato né vogliono dar conto di ciò, in particolare di due balle che insieme ad altre sette vennero caricate sulla suddetta nave, con le quali veniva portata a termine una stampa di messali stampati a Venezia che qui mi avevano commissionato. E

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a causa di ciò i suddetti messali non sono disponibili e sono da consegnare, e da questo mi è derivato [cassato : e] un danno di quattrocento ducati, oltre alla perdita delle suddette due balle. Pertanto dichiaro e riconosco con questa carta di dare e concedere la mia piena procura, come la possiedo e per legge si richiede, al signor Gian Battista Pallavicino, residente ad Alicante, e alla persona o alle persone che sostituisse, specialmente affinché in mio nome, rappresentando la mia persona, possa chiedere e domandare, ricevere e riscuotere tutto questo dalla suddetta nave, commissario di bordo e padrone di essa e da chi per legge dovrà dare e pagare, ovverosia le suddette balle e il conto per esse e tutti i danni e le diminuzioni che me ne sono derivati e sono gravati per le suddette ragioni e in qualsiasi altra maniera. E in ragione di ciò [potrà] comparire dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice e magistrato che dovrà avere cognizione di ciò, e avviare qualsiasi causa e lite, fare qualsiasi istanza, richiesta, protesta, giuramento, verifica e accertamento probatorio con testimoni e scritture e in qualsiasi altra maniera, e qualsiasi fermo giudiziario e sequestro, esecuzione forzata e arresto, ricusazione e appello, e tutti gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che convenissero ed egli farebbe essendo presente, che gli do e conferisco la procura che per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario. E promise di dare per buona e valida questa procura e tutto ciò che in virtù di essa venisse fatto e attuato, e di non andare né venire contro di essa in nessun momento, sotto l’espressa obbligazione che fece della sua persona e dei suoi beni avuti e da avere. E cosi dichiarò dinanzi a me notaio e ai testimoni, essendo presenti come testimoni a quanto detto Tommaso Giunti e Sancho Sanz de Jáuregui e Alejandro de la Flor, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, il quale firmò con il suo nome a Madrid, addì quindici del mese di giugno dell’anno millecinquecentonovantaquattro. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  

A.H.P.M., Protocollo 1.351, fol. 398 v. [Documento n. 37] [Al margen superior izquierdo] Poder del dicho Julio Junti. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder bieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en Corte de su Magestad, digo que por quanto en el puerto de Liborno, en la nave Lomelina, se cargaron cierta cantidad de libros a mí pertenescientes de la ynpresión del Nuevo Rezado, y deviendo el maestre y patrón de la dicha nave y ofiziales della traer los dichos libros a buen recaudo y con el recato que conbiene, no lo hizieron mandado ni dan quenta dellos, particularmente de dos balas que en suma de siete se cargaron en dicha nave en que venía el cunplimiento de una ynpresión de misales que acá tenía ynpressos en Venezia a cuya causa están yndispuestos y por cunplir los dichos missales, y me ha venido [tachado : y] de daño destas de quattrocientos ducados, demás de la pérdida de las dichas dos valas, por tanto otorgo y conozco por esta carta que doy y otorgo mi poder cunplido como lo tengo y de derecho se requiere al señor Juan Batista Palabesino, residente en Alicante, y a la persona o personas que sostituyere, especialmente para que en mi nonbre, representando mi perssona, pueda pedir y demandar rescivir y cobrar de la dicha nave, maestro y patrón della y de quien y con derecho lo deva dar y pagar, es a saver las dichas valas y la quenta dellas y todos los daños y menoscavos que se me an seguido y recrescido por las dichas raçones y en otra qualquier manera, y en raçón dello pareszer ante qualesquier justiçias e juezes ministros que dello puedan conozer, y poner qualesquier demandas y querellas, haçer qualesquier pedimientos, requerimientos, protestaciones, juramentos, averiguaciones y provancas por  

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testigos y escripturas y en otra qualquier manera, y qualesquier envargos y secrestos, execuçiones y prisiones, recussaciones e apelaciones y todos los demás autos y delijenzias judiciales y estrajudiciales que convengan y él aría presente siendo, que el poder que para ello se requiere ese mismo le doy y otorgo con sus yncidencias y dependencias y anejidades y con la relebazión de derecho neszesario, y prometió de haver por bueno e firme este poder y todo lo que en virtud del fuere fecho y autuado e no yr no benir contra ello en tienpo alguno, so espresa obligación que hizo de su persona y bienes avidos y por aver, y lo otorgó assí ante mí el scrivano y testigos, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Tomás Junti y Sancho Sanz de Jáuregui y Alexandro de la Flor, estantes y residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee conozco al dicho otorgante, el qual lo firmó de su nonbre en Madrid a quinze días del mes de junio de mill e quinientos e noventa y quatro años. Julio Junti de Modesty [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio. A.H.P.M. Protocolo 1.351, fols. 398 v. * [Documento n. 38 : 06/11/1594]  

[Al margine superiore sinistro] 94. Contratto con Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore destro] 6 novembre. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io, Martín Rubio, figlio legittimo di Martín Rubio e di Ana de Rueda, sua moglie, abitanti della cittadina di Cañaveral, della diocesi di Cuenca, residente in questa Corte, dichiaro di aver trattato e concordato con il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, ugualmente residente in questa Corte, di entrare nella sua casa e al suo servizio come apprendista e per ulteriori attività, all’effetto di servirlo nella tipografia che possiede in questa città di Madrid, per tutto ciò che si proporrà in essa riguardante la composizione e per le altre cose che mi ordinerà e che saranno lecite e oneste, per il tempo e il termine di tre anni e mezzo compiuti, che decorrono e vengono conteggiati dal giorno ventisei del mese di settembre appena passato del corrente anno millecinquecentoquattro [sic], dal quale sono al suddetto servizio. E durante il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo mi dovrà dare da mangiare e da bere, e letto e biancheria pulita, e vestirmi e calzarmi e tutto ciò di cui vi sarà bisogno, e oltre a questo mi dovrà far diventare compositore di modo che, alla fine del suddetto tempo, sappia comporre molto bene tutto ciò di cui vi fosse bisogno, con la supervisione degli operai della suddetta arte, sotto l’obbligo che sotto si dirà. Pertanto concedo e riconosco con questa carta che approvando e ratificando quanto sopra detto e come cosa che è e diventa di mia utilità e profitto, entro a servizio e come apprendista in casa del suddetto Giulio Giunti e prometto, e mi impegno con la mia persona e beni avuti e da avere, di servirlo e che per il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo lo servirò bene e fedelmente per tutto quel che si presentasse nella suddetta tipografia e per le altre cose che siano lecite e oneste, senza che da parte mia vi sia alcuna mancanza / (fol. 1090 v.) e senza assentarmi dal suddetto servizio per andare da nessuna parte senza l’ordine del suddetto Giulio Giunti. E se me ne andassi e mi assentassi dal suddetto servizio, che il suddetto Giulio Giunti possa inviare una persona a mie spese che mi riporti al suddetto servizio e, durante il tempo che dovessi mancare da esso, debba e possa mettere, e metta, una persona a mie spese che lo serva nella suddetta tipografia per ciò a cui io lo servivo. E darmi come mi deve dare durante il suddetto tempo dei suddetti tre anni e mezzo da mangiare e da bere, letto e biancheria pulita, e i vestiti e le calzature di cui vi fosse

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bisogno, e curarmi da qualsiasi malattia che avessi durante il suddetto tempo, sempre se non supererà un mese perché, se durasse di più, le spese per essa non devono essere a suo carico ma al mio. E in più mi deve insegnare il suddetto mestiere di compositore con la supervisione di operai della suddetta arte, o darmi il salario che guadagnano simili operai o tre ducati al mese e da mangiare e un letto e biancheria pulita fino a che non finisca di imparare. E io, il suddetto Giulio Giunti, che sono presente, accetto questa scrittura come in essa è contenuto, e dico che ricevo al mio servizio il suddetto Martín Rubio affinché mi serva nella suddetta tipografia durante il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo, che decorrono e vengono conteggiati dal suddetto giorno ventisei del mese di settembre di quest’anno, e per le altre cose che gli ordinerò e che fossero lecite e oneste. E mi impegno, con la mia persona e i beni avuti e da avere durante il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo, a tenere il suddetto Martín Rubio nella mia casa e al mio servizio e ad impiegarlo nella suddetta tipografia per quel che fosse necessario, affinché impari la suddetta arte del compositore. / (fol. 1091 r.) E durante il suddetto periodo gli darò da mangiare e da bere e un letto e biancheria pulita e tutti i vestiti e le calzature di cui vi fosse bisogno, e lo farò curare da tutte le malattie che dovesse avere e che Dio dovesse mandargli, sempre che la malattia non superi il suddetto mese, e farò di lui un operaio della suddetta arte di compositore con la supervisione di operai di questa, di modo che la sappia e se ne intenda e possa guadagnare la giornata che guadagnano gli altri operai e, qualora no, io mi impegnerò e mi impegno a dargli per ogni mese del periodo che impiegherà per imparare il suddetto mestiere, superato il suddetto periodo dei suddetti tre anni e mezzo, tre ducati di salario, e in più da mangiare e un letto e biancheria pulita e dargli un buon trattamento. E per mantenere, osservare e compiere tutto ciò entrambe le parti, ciascuna per quel che le concerne, impegnamo [cassato : le] le nostre persone e i beni avuti e da avere, e diamo pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà di qualsiasi parte sia, e ai giudici della sua Casa e Corte e a ognuno di essi dinanzi al quale comparisse questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e ci vincoliamo, e specialmente verso i signori magistrati della sua Casa e Corte e verso ciascuno di loro, e rinunciamo al nostro proprio statuto locale e al privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva ci obblighino e ci sollecitino al compimento e pagamento di quanto detto e contenuto in questa scrittura, a ogni parte per quel che le concerne, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore, e a quella che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta. E altresì io, il suddetto Martín Rubio, poiché minore di venticinque anni, sebbene maggiore di venti, giuro su Dio Nostro Signore e con un segno di croce che mi sono fatto con la mia mano destra, di mantenere e osservare, compiere e considerare valida questa scrittura e non fare reclamo né contraddirla, andare e venire contro di essa, né chiedere il beneficio di restituzione in integrum in ragione della suddetta minore età, né adducendo l’inganno, il timore, la costrizione, il timore [sic] né la lesione, perché confesso che la faccio e la concedo di mia propria, libera e consenziente volontà, e che in essa non vi è dolo né cose simili, e anzi diventa di mia utilità e profitto, e non addurrò nessun’altra causa e ragione, pena l’essere uno spergiuro e le altre pene in cui incorrono coloro che infrangono. E per questo non chiederò assoluzione né mitigazione a giudice né a prelato che la possa concedere, e se motu proprio o in altra maniera mi venisse concessa non farò uso di essa pena il suddetto castigo, e che questa scrittura resti comunque valida, e faccio tanti giuramenti e un altro ancora. A testimonianza della qual cosa roghiamo questa carta dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, / (fol. 1091 v.) che fu fatta e rogata nella suddetta città di Madrid  

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e Corte di sua Maestà addì sei del mese di novembre dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo testimoni Sancho Sanz de Jáuregui e Alonso Rodríguez, servitori del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, e Gaspar de los Reyes, libraio, e Pero Tenorio, notaio, che stanno e risiedono in questa Corte. E i suddetti Alonso Fernández [sic] e Sancho Sanz de Jáuregui giurarono formalmente di conoscere il [cassato : concedente e che era il mio] suddetto Martín Rubio e che è lui stesso che dichiara. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, ed entrambi i concedenti firmarono coi loro nomi in questo registro. Appare cancellato o diceva : i concedenti, e che era il mio, non sia valido. E appare cancellato : n. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Martín Rubio [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  





A.H.P.M. Protocollo 1.353, fols. 1090 r. - 1091 v. [Documento n. 38] [Al margen superior izquierdo] 94. Asiento con Julio Junti de Modesti. [Al margen superior derecho] 6 noviembre. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como yo, Martín Rubio, hijo ligítimo de Martín Rubio y de Ana de Rueda, su muger, vezinos de la villa de Cañaveral, de la dióçesis de Quenca, residente en esta Corte, digo que yo he tratado y conçertado con el señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente asimismo en esta Corte, de entrar en su casa y serviçio por aprendiz e para más valer para efeeto que le aya de servir en la enplenta que tiene en esta villa de Madrid, en todo lo que en ella se ofreçiere tocante a la conpusiçión y en lo demás que me mandare que sea lízito y onesto, por tienpo y espaçio de tres años y medio cunplidos, que corren y se quentan desde veinte y seis días del mes de septienbre próximo pasado deste presente año de mill y quinientos y quatro que estoy en el dicho serviçio, y que durante el dicho tienpo de los dichos tres años y medio me aya de dar de comer y beber, y cama y ropa linpia, y de bestir y calçar todo lo que ubiere menester, e demás desto me aya de sacar ofiçial de conponedor de manera que al cavo del dicho tienpo sepa muy bien conponer todo lo que fuere menester a vista de ofiçiales del dicho arte, so la obligaçión que de yuso se dirá. Por ende otorgo y conozco por esta carta que aprovando e ratificando lo susodicho y como cosa que hes y se convierte en mi utilidad e provecho entro en serviçio e aprendiz en casa del dicho Julio Junti e prometo e me obligo con mi persona e vienes havidos e por haver de le servir e que le sirbiré el dicho tienpo de los dichos tres años y medio bien e fielmente en todo lo que se ofreçiere en la dicha enprenta y en lo demás que sea lízito y onesto, sin que de mi parte aya falta ninguna / (fol. 1090 v.) e sin ausentarme del dicho serviçio a ninguna parte sin orden del dicho Julio Junti, e si me fuere e ausentare del dicho serviçio que el dicho Julio Junti pueda ynbiar una persona a mi costa que me trayga al dicho serviçio, y durante el tienpo que faltare del aya e pueda poner e ponga una persona a mi costa que sirba en la dicha enplenta de lo que yo servía, e dándome como me a de dar durante el dicho tiempo de los dichos tres años e medio de comer e bever, e cama y ropa lavada y los bestidos y calçado que ubiere menester, y curarme de qualquier enfermedad que tubiere durante el dicho tiempo, como no pase de un mes, porque si más durare no a de ser el gasto della por su quenta sino por la mía ; e más me a de dar enseñado el dicho ofiçio de conponedor a vista de ofiçiales del dicho arte, o darme el salario que ganan semexantes ofiçiales o tres ducados cada mes y de comer y cama y ropa lavada hasta que acave deprenderlo. E yo, el dicho Julio Junti, que estoy presente, açepto esta scriptura como en ella se contiene, e digo que rezibo en mi serviçio al dicho Martín Rubio para que me sirba en la dicha ynplenta durante el dicho tiempo  

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de los dichos tres años y medio, que corren y se quentan desde los dichos veinte y seis días del dicho mes de septienbre deste año, y en lo que más le mandare que sea lízito y onesto, e me obligo con mi persona e vienes avidos e por haver que durante el dicho tiempo de los dichos tres años y medio terné al dicho Martín Rubio en mi casa y serviçio e le ocuparé en la dicha enplenta lo que fuere neçesario para que deprenda el dicho arte de conponedor, / (fol. 1091 r.) y durante el dicho tienpo le daré de comer y beber y cama y ropa lavada y todos los bestidos y calçados que ubiere menester, y le aré curar de todas las enfermedades que tubiere e Dios le diere, como no pase de el dicho un mes la enfermedad, y le sacaré ofiçial de el dicho arte de conponedor ha visto de ofiçiales della, de manera que lo sepa y entienda e pueda salir con la jornada que salen los demás ofiçiales, donde no sea obligado y me obligo de le dar por cada mes del tienpo que tardare en deprender el dicho ofiçio, pasado el dicho tienpo de los dichos tres años y medio, tres ducados de salario, e más de comer y cama e ropa lavada y hazele buen tratamiento. Para lo qual ansí tener, guardar e cunplir, ambas partes, cada una por lo que le toca, obligamos [tachado : las] nuestras personas e bienes avidos e por aver e damos poder cumplido a todas las justiçias e jueçes de su Magestad de qualquier parte que sean e alcaldes de su Casa e Corte y cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión nos sometemos e obligamos, y espeçialmente a los eñores alcaldes de su Casa e Corte e cada uno dellos, e renunçiamos nuestro propio fuero e previllegio e la ley sit convenerit de jurisdiçione omniun judicum para que por todo rigor de derecho e vía más executiva nos conpelan y apremien al cunplimiento e paga de lo que dicho es y en esta scriptura se contiene, cada parte de lo que le toca, como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por nos consentida, sobre lo qual renunçiamos todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en nuestro favor y la que proybe la general renunçiaçión fecha de leyes, y otrosy yo, el dicho Martín Rubio, por ser menor de veinte y zinco años, aunque mayor de veinte, juro por Dios Nuestro Señor e por una señal de cruz, en que puse mi mano derecha, de tener e guardar, cunplir e aver por firme esta scriptura e no la reclamar ni contradesir, yr ni benir contra ella ni pedir benefiçio de restituçión yn yntegrun por razón de la dicha menor de hedad, ni alegando engaño, temor, fuerça, temor [sic] ni lesión, porque confieso que la hago y otorgo de mi propia, libre y agradable voluntad, e que en ella no ay dolo ni espeçie dello, antes se convierte en mi utilidad y provecho, e no alegaré otra ninguna causa ni razón, so pena de perjuro y de las otras penas en que yncurren los que quebrantan, y deste no pediré absoluçión ni relaxaçión a juez ni a prelado que la pueda conçeder, y si de propio motuo o en otra manera me fuere conçedida no usaré della so la dicha pena, e que todavía esta scriptura sea e quede firme, e tantos juramentos hago e uno más. En testimonio de lo qual otorgamos esta carta ante el escrivano público e testigos yusoescriptos, / (fol. 1091 v.) que fue fecha y otorgada en la dicha villa de Madrid y Corte de su Magestad a seis días del mes de noviembre de mill y quinientos e noventa y quatro años, siendo testigos Sancho Sanz de Jáuregui y Alonso Rodríguez, criados del dicho señor Julio Junti de Modesty, y Gaspar de los Reyes, librero, y Pero Tenorio, notario, estantes y residentes en esta Corte, y los dichos Alonso Fernández y Sancho Sanz de Jáuregui juraron en forma conozer al [tachado : otorgante e ser el mi] dicho Martín Rubio e ser el mismo que lo otorga, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho Julio Junti de Modesty, y anbos otorgantes lo firmaron de sus nonbres en este registro. Ba testado o dizía : los otorgantes, e se el mi, no bale. Y ba enmendado : n. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Martín Rubio [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  







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[Documento n. 39 : 14/11/1594] [Al margine superiore sinistro] Obbligazione a Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine sinistro] Fatta. 56.000.  

† Sappiano quanti vedranno questa scrittura di obbligazione che io, Benito Munier, mercante, abitante di questa città di Madrid, riconosco con questa carta di dare e di impegnarmi a dare e a pagare e che darò e pagherò effettivamente al signor Giulio Giunti de’ Modesti fiorentino, residente in questa Corte, o a chi per questo avrà la sua procura e in virtù di questa dovrà avere, dunque, cinquantaseimila maravedì, i quali sono in ragione e come prezzo di dieci pezze di cammellotto [cassato : d’Oriente] nero trapuntato, che vengono da Oriente, che comprai e ricevetti al prezzo di cinquemilaseicento maravedì per ogni pezza, che sommò e ammontò al suddetto importo, per le quali mi considero e dichiaro contento e rispettato in ogni mia volontà, e rinuncio all’eccezione della cosa non vista, al dolo o alla frode e alle leggi sulla prova della consegna come in esse è contenuto. E per la suddetta ragione mi impegno, io e i miei beni mobili e immobili, diritti e azioni, avuti e da avere, a dargli e pagargli i suddetti cinquantaseimila maravedì entro un anno prossimo venturo, a decorrere da oggi, giorno della data e rogito di questa carta, ogni quattro mesi la terza parte dei suddetti maravedì di modo che da oggi, giorno suddetto, entro quattro mesi gli devo pagare la terza parte di essi, ed entro otto un’altro terzo e a dodici l’altro, messi in suo possesso e pagati in questa Corte in reali contanti, pacificamente e senza fare alcuna opposizione, pena l’esecuzione forzata e le spese della riscossione. E a compimento di ciò impegno [in interlinea : la suddetta] mia persona e i miei beni e do pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà, di qualsiasi parte essi siano, alla cui giurisdizione mi sottometto e mi vincolo, e specialmente ai signori magistrati della sua Casa e Corte, e a ognuno di essi, e agli altri giudici dinanzi ai quali comparisse questa carta, e rinuncio al mio proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva mi costringano e mi sollecitino a mantenere, osservare, compiere e pagare così tutto ciò, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me accettata, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore affinché non siano validi per me, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa stipulai questa carta nella maniera detta dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni infrascritti nella suddetta città di Madrid, addì quattordici del mese di novembre dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo presenti come testimoni Cristóbal Pico e Juan Pérez González, che stanno e risiedono in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, e che firmò col suo nome. Appare in interlinea : la suddetta. E cancellato : d’Oriente. Benito Munier [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato].  







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[Documento n. 39] [Al margen superior izquierdo] Obligaçión a Julio Junti de Modesty. [Al margen izquierdo] Fecha. 56.000. † Sepan quantos esta carta de obligaçión vieren como yo, Benito Munier, mercader, veçino desta villa de Madrid, conozco por esta carta que debo e me obligo de dar e pagar e que daré

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y pagaré con efeeto al señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, o a quien para ello su poder oviere y por ello deba aver, hes a saber çinquenta y seis mill maravedís, los quales son por razón e de presçio de diez piezas de chamelote [tachado : de Lebante] negro de puntadas, como vienen de Lebante, que le conpré e rezibí a presçio de zinco mill y seisçientos maravedís cada pieça que sumó y montó la dicha quantía, de las quales me doi e otorgo dél por contento y entregado a toda mi voluntad, e renunçio la exçeçión de la cosa non vista, dolo y mal engaño e las leyes de la prueba del entrego como en ellas se contiene, e por la dicha razón me obligo e a mis vienes muebles e rayzes, derechos e abçiones avidos e por haver de le dar e pagar los dichos zinquenta y seis mill maravedís dentro de un año próximo siguiente, contado desde oy día de la fecha e otorgamiento desta carta, cada quatro meses la terçia parte de los dichos maravedís, de manera que desde oy dicho día en quatro meses le tengo de pagar la terçia parte dellos, y a los ocho otra terçia parte y a los doze la otra, puestos e pagados en su poder en esta Corte en reales de contado, llanamente sin pleito alguno, so pena de execuçión y costas de la cobrança, y para el cunplimiento dello obligo [interlineado : la dicha] mi persona e bienes e doi poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, y espeçialmente a los señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos e a los demás juezes ante quienes esta carta paresçiere, e renunçio mi propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione para que por todo rigor de derecho e bía más executiva me conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar bien ansí como si fuese sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, sobre lo qual renunçio todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor para que me non valan, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión de leyes fecha non vala. En testimonio de lo qual otorgué esta carta en la manera que dicha es ante el escrivano público e testigos ynfraescriptos, en la dicha villa de Madrid a catorze días del mes de noviembre de mill y quinientos e noventa y quatro años, siendo presentes por testigos Cristóval Pico e Juan Pérez e Pero Gonçález, estantes e residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba entre renglones : la dicha. Y testado : de Lebante. Benito Munier [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado].  







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* [Documento n. 40 : 21/12/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Ad Antonio Voto. Cessione. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura [cassato : vedranno che io e cesso] in rem propriam e cessione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e concedere la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiedo e in tal caso per legge / (fol. 1289 r.) si richiede, al signor Antonio Voto, guardia dei gioielli di sua Maestà, e a chi avrà la sua procura o da lui la dovrà avere, specialmente affinché in mio nome, rappresentando la mia persona, e per lui e come in suo fatto e causa propria, possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere, giudizialmente ed extragiudizialmente da Gabriel Fernández, ceraiolo di sua Maestà, e da chi per lui dovrà pagare tutto ciò, ovverosia duemilatrecentosedici reali, che valgono settantottomilasettecentoquarantaquattro maravedì, che mi deve ed è obbligato a pagarmi entro il giorno di Natale del corrente mese e anno in virtù di una cedola firmata col suo nome, e per la ragione e causa di cui in essa si fa menzione, la quale consegno in originale affinché in  

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virtù d’essa e di questa procura e cessione chieda, riceva e riscuota i suddetti settantottomilasettecentoquarantaquattro maravedì e li ceda, trasferisca, e faccia e disponga di essi come di cosa sua propria e secondo e nella maniera in cui io lo potrei fare, che con la presente cedo, faccio rinuncia e trasferisco al suddetto Antonio Voto e a chi da lui ne avrà titolo tutti i miei diritti, azioni reali e personali, utili, diretti, misti ed esecutivi e qualsiasi altro che mi appartenga verso la suddetta somma, in virtù della suddetta cedola e lettera di credito e in qualsiasi altra maniera. Questo per la ragione che il suddetto Antonio Voto mi ha dato e pagato altrettanta somma e importo in reali contanti, che vennero sommati e contati, per i quali mi considero e mi dichiaro ben contento e rispettato in ogni mia volontà ; e in ragione del fatto che al momento non ne risulta la consegna, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia, e al non aver visto né ricevuto e alle leggi della prova della consegna, come in esse è contenuto. E per quanto ricevesse e riscuotesse possa dare le sue ricevute di pagamento e quietanza e qualsiasi altra garanzia, e siano valide come se io le dessi e le concedessi; e in ragione della riscossione e affinché abbia effetto possa fare e faccia qualsiasi richiesta e rimo- / (fol. 1289 v.) stranza, e compaia dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competenti, e faccia qualsiasi istanza, giuramento, petizione, fermo giudiziario, pignoramento e asta di beni e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari, fino al reale pagamento e riscossione, che gli do e conferisco la procura che per questo si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e libera e generale amministrazione, e lo colloco nel mio diritto e al mio posto, e lo faccio attore proprio in ciò per la suddetta ragione. E mi impegno a dare per buona e valida questa procura e cessione e quel che in virtù di essa venisse fatto, e che i suddetti maravedì mi sono dovuti e non ho disposto di essi in alcuna maniera, e che saranno certi e sicuri e ben pagati al suddetto Antonio Voto o a chi per lui li dovrà avere entro il suddetto termine e conformemente alla suddetta cedola, e in questo non gli verrà posto alcun impedimento e, qualora così non fosse, in qualunque dei suddetti casi io glieli darò e pagherò di persona e coi suddetti miei beni, che a questo e al resto sopra detto mi impegno e, non appena così risultasse, con le spese e i danni che su ciò saranno gravati. E concedo formale obbligazione con potere a tutti i tribunali di sua Maestà addì ventuno del mese di dicembre dell’anno millecinquecentonovantaquattro, essendo testimoni Antonio de Roza, chierico, e Juan de Cestona e Pedro González, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Viene cancellato : vedranno che io e cesso. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  



A.H.P.M. Protocollo 1.353, fols. 1288 v. - 1289 v. [Documento n. 40] [Al margen superior izquierdo] A Antonio Boto. Çesión. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder [tachado : vieren como yo y zeso] en caussa propia y zesión vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cunplido, libre llenero bastante como lo tengo e de derecho en tal casso / (fol. 1289 r.) se requiere al señor Antonio Boto, guardajoyas de su Magestad, y a quien su poder tubiere y por él lo deba haver, espeçialmente para que en mi nombre, representando mi persona, e para él e como en su fecho e causa propia, pueda pedir e demandar, rezibir, aver y cobrar judiçial y estrajudiçialmente de Graviel Fernández, çerero de su Magestad, e de quien por él lo deba pagar, hes a saver dos mill e trezientos e diez y seis reales, que valen setenta y ocho mill e seteçientos y quarenta y quatro maravedís, que me deve y está obligado a pagar para el día de Navidad deste presente mes  

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y año en virtud de una çédula firmada de su nombre, e por la razón y causa de que en ella se haze minçión, la qual originamente le entrego para que en virtud della e deste poder y çesión pida, reziba y cobre los dichos setenta y ocho mill y seteçientos y quarenta y quatro maravedís e los zeder e traspasar e haser e disponer dellos como de cosa suya propia e según e de la manera que yo los puedo haser, que por la presente zedo, renunçio e traspasso en el dicho Antonio Boto y en quien dél ubiere causa, todos mis derechos, abçiones reales e personales, útiles, diretos e mistos y executivoa y otros qualesquier que me pertenezcan a la dicha cantidad en virtud de la dicha çédula y librança y en otra qualquier manera, esto por razón que el dicho Antonio Boto me a dado e pagado otra tanta suma y cantidad en reales de contado, que lo sumaron e montaron, de que me doy e otorgo del por bien contento y entregado a toda mi voluntad, y en razón de la entrega que de presente no pareçe renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia, e aver no visto ni reçivido y las leyes de la prueba del entrego, como en ellas se contiene. E para que de lo que rezibiere e cobrare pueda dar sus cartas de pago e finiquito y otros qualesquier recaudos y balgan como si yo los diese y otorgase, y en razón de la cobrança e para que tenga efeeto pueda haser e haga qualesquier requerimientos e pro- / (fol. 1289 v.) testaçiones e parezer ante qualesquier justiçias e juezes conpetentes, y haçer qualesquier pedimientos, juramentos, execuçiones, enbargos, trançes e remates de bienes e todos los demás autos y diligençias neçesarios hasta la real paga y cobrança, que el poder que para ello se requiere, ese mismo le doy e otorgo con sus ynçidençias e dependençias y libre e general administraçión, e le pongo en mi derecho e lugar e hago propio actor en ello por la dicha razón, e me obligo de haver por bueno e firme este poder y çesión y lo que en virtud del fuere fecho, e que los dichos maravedís me son debidos e no tengo dispuesto dellos en manera alguna, e que serán ziertos e seguros e bien pagados al dicho señor Antonio Boto o a quien por él los deba aver al dicho plazo y conforme a la dicha zédula, y en ello no le será puesto ynpedimento alguno, donde no que en qualquier de los dichos casos yo se los daré e pagaré por la dicha mi persona e vienes, que para ello y lo demás arriba dicho obligo e luego que conste dello con las costas e daños que sobre ello se le recreçieren, y para ello otorgo obligaçión en forma con poder a todas las justiçias de su Magestad aparejada execuçión y renunçiaçión de las leyes de mi favor y fuerça de sentençia pasada en cosa juzgada. En testimonio de lo qual otorgué esta carta en la manera que dicha es ante el escrivano e testigos ynfraescriptos, en la villa de Madrid y Corte de su Magestad a veinte e un día del mes de diziembre de mill e quinientos e noventa e quatro años, siendo testigos Antonio de Roça, clérigo, e Juan de Çestona y Pedro Gonçález, residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Es testado : beren como yo y zesso. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  

A.H.P.M. Protocolo 1.353, fols. 1288 v - 1289 v. * [Documento n. 41 : 24/12/1594]  

[Al margine superiore sinistro] Scrittura tra Giulio Giunti e Guillermo Rovile [Guillaume Rouillé] Rovile, a nome di Juan Baptista [Jean-Baptiste] Regnauld. [Al margine superiore destro] 24 dicembre. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid, Corte di sua Maestà Cattolica, addì ventiquattro del mese di dicembre dell’anno millecinquecentonovantaquattro, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti, si presentarono da una parte Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, e Guillaume Rouillé, che disse di essere di Lione, in Francia, soggiornan-

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te nella suddetta Corte, a nome di Jean-Baptiste Regnauld, abitante della suddetta città di Lione, figlio ed erede di Jeanne Giunti, defunta, in virtù della procura che da lui gli è stata conferita nella suddetta Lione addì due del mese di aprile di questo suddetto anno, dinanzi a Pedro Begule il Giovane, notaio pubblico di essa, una copia della quale, tradotta dalla lingua latina alla castigliana da Tomás Gracián Dantisco, apostolico e real notaio e scrivano che per ordine di sua Maestà traduce le scritture dei suoi Consigli e tribunali, che diede e consegnò a me il presente notaio affinché la ponessi e la incorporassi in questa scrittura, e per la suddetta richiesta io il notaio la misi e incorporai, e dice quanto segue. Qui la procura La quale suddetta procura è certa e veritiera e concorda con l’originale da cui venne ripresa, della qual cosa io il presente notaio faccio fede, e in virtù di essa e facendone uso, dall’altra parte, il suddetto Guillaume Rouillé, entrambe le suddette parti e ciascuna di esse dissero che poiché il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ha avuto conti, debiti e crediti con la suddetta Jeanne Giunti e con il suddetto Jean-Baptiste Regnauld, tanto per libri stampati che gli hanno inviato quanto per [in interlinea : denari che ha riscosso per loro e] per altre cose, ed avendo convenuto di saldare i conti e avendoli fatti e verificati [in interlinea : e finiti] per tutto ciò, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti [cassato : par] è in debito e deve dare / (fol. 1316 v.) come somma residua di tutti i [in interlinea : suddetti] conti, debiti e crediti fino alla data di oggi [cassato :per] milletrentotto scudi, nove soldi e due denari d’oro, a quattrocento maravedì per ogni scudo, che valgono quattrocentoquindicimilatrecentottanta maravedì, con i quali vengono finiti e liquidati tutti i conti, debiti e crediti [cassato : che fino a oggi] che fino a oggi, giorno della data di questa, ci sono stati e ci sono tra i suddetti Giulio Giunti de’ Modesti e la suddetta Jeanne Giunti e il suddetto Jean-Baptiste Regnauld, tanto per i libri che gli hanno inviato quanto per i denari che ha riscosso per loro e quanto per qualsiasi altra cosa. In maniera che, per tutto ciò non è loro debitore di più dei suddetti milletrentotto scudi, nove soldi e due denari per la suddetta balla, per i quali il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti si costituisce manifestamente [cassato : loro pacifico] debitore [cassato : e sono di] del suddetto Jean-Baptiste Regnauld, di per sé e come tale figlio ed erede della suddetta sua madre, e per i suddetti libri stampati che così gli ha inviato si considera il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ben contento e rispettato in ogni sua volontà, in quanto confessa di averli ricevuti compiuti e terminati e in buone condizioni. In merito alla qual cosa, qualora fosse necessario, rinunciò alla legge ed eccezione del dolo e inganno, al non aver visto né contato e alle leggi della prova della consegna, come in esse è contenuto. E ambe le parti, approvando e ratificando tutto quanto sopra detto e dichiarato, sono d’accordo che il suddetto Giulio [cassato : di] Giunti de’ Modesti deve [in interlinea : e si impegna] a pagare al suddetto Jean-Baptiste Regnauld, o a chi avrà la sua procura e per lui dovrà averli, i suddetti milletrentotto scudi, nove sol- / (fol. 1317 r.) di e due denari nella suddetta proporzione di quattrocento maravedì per scudo in due anni e mezzo, ovverosia da oggi, giorno della data di questa carta, entro un anno, i quattrocento scudi per questo, e dal suddetto giorno, entro un altro anno, altri quattrocento scudi, e il residuo per il raggiungimento di tutta la suddetta somma entro altri sei mesi, dati e pagati in questa Corte in maravedì contanti o scudi d’oro, in suo possesso o di chi per lui li dovrà avere, a spese e rischio del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti [in interlinea : pena esecuzione forzata e spese]. E con questo, il suddetto Guillaume Rouillé, nel suddetto nome, concesse ricevuta di pagamento e quietanza e pieno [cassato : ria] affrancamento al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti per tutti i suddetti debiti e crediti che fino al giorno d’oggi ha avuto con la suddetta sua parte e con la suddetta sua madre, poiché restano ripagati per tutto ciò con i suddetti milletrentotto scudi, nove soldi e due denari che deve loro pagare nella forma sopraddetta, in merito alla qual cosa rinunciò a qualsiasi legge ed eccezione del diritto, errore di conto, dolo  























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o inganno che vadano contro. Ed entrambe le parti per così osservare, compiere e pagare e considerare valido, si impegnarono, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti con la sua persona e i beni mobili e immobili, i diritti e le azioni avuti e da avere, e il suddetto Guillaume Rouillé per la persona e i beni avuti e da avere del suddetto Jean-Baptiste Regnauld, sua parte, dando pieni poteri, ogni parte per quel che le concerne, a ogni tribunale e giudice secolare e competente di qualunque parte esso sia, alla cui giurisdizione si sottomisero e si vincolarono, e specialmente ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà e a ciascuno di essi; e rinun- / (fol. 1317 v.) ciarono al loro proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva, li costringano e sollecitino a mantenere e osservare e compiere e pagare ciò così, ogni parte per quel che le concerne, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, in merito alla qual cosa rinunciarono a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a loro favore, con quella in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. A testimonianza della qual cosa stipularono questa carta nella maniera detta e in due copie, a ogni parte la sua, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti il suddetto giorno, mese e anno, essendo presenti come testimoni Tommaso Giunti e Alonso Fernández e Pedro González, residenti in questa Corte, e Jean Artauld, francese, che pure sta nella Corte. E i suddetti Tommaso Giunti e Jean Artauld giurarono formalmente di conoscere il suddetto Guillaume Rouillé e che è lo stesso a concedere senza alcuna cautela. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, ed entrambi i concedenti, e uno dei suddetti testimoni del riconoscimento, firmarono coi loro nomi. Appare scritto in interlinea : denari che ha riscosso per loro e, e finiti, suddetti, e si impegna, pena esecuzione forzata e spese. E cancellato : par, per, che fino a oggi, loro pacifico, e sono di, ria, di. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Guillaume Rouillé [firmato e rubricato]. Come testimone, Tommaso Giunta [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali.  



A.H.P.M. Protocollo 1.353, fols. 1316 v. - 1317 v. [Documento n. 41] [Al margen superior izquierdo] Scriptura entre Julio Junti y Guillermo Rovile, en nonbre de Juan Baptista Regnauld. [Al margen superior derecho] 24 de diziembre. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid, Corte de su Magestad Cathólica, a veynte y quatro días de mes de dizienbre fin del año de mill y quinientos e noventa y quatro años, ante mí el scrivano y testigos ynfraescriptos paresçieron presentes Julio Junti de Modesti, florentín, residente en la dicha Corte, de la una parte, y Guillermo Robile, veçino que dixo ser de León, de Françia, estante en la dicha Corte, en nonbre de Juan Baptista Regnauld, veçino de la dicha çiudad de León, hijo y heredero de Juana de Junti, difunta, y por virtud del poder que dél tiene otorgado en la dicha León a dos días del mes de abrill deste dicho año ante Pedro Begule el moço, notario público della, el traslado del qual, traduçido de lengua latina en castellana por Thomás Gracián Dantisco, apostólico y real notario y scrivano que por mandado de su Magestad traduze las scripturas de sus Consejos e tribunales, y dio y entregó a mí el presente scrivano para que le ponga e yncorpore en esta scriptura, e del dicho pedimiento yo el escrivano le puse e yncorporé, e su tenor es el siguiente. Aquí el poder El qual dicho poder ba çierto e verdadero y concuerda con el original de donde se sacó, de que yo el presente scrivano doy fee, y en virtud del e del usando el dicho Guillermo Rovile

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de la otra parte, anbas las dichas partes y cada una dellas dixeron que por quanto el dicho Julio Junti de Modesti a tenido quentas, dares y tomares con la dicha Juana de Junti y con el dicho Juan Baptista Regnauld, ansí de libros ynpresos que le an enviado como de [interlineado : dineros que a cobrado por ellos y] otras cosas, y aviéndose juntado a quenta e féchola y averiguádola [interlineado : y feneçídola de] todo ello, el dicho Julio Junti de Modesti [tachado : par] es alcançado e resta debiendo / (fol. 1316 v.) de resto de todas las [interlineado : dichas] quentas, dares y tomares hasta el día de oy [tachado : por] mill y treynta y ocho escudos, nuebe sueldos y dos dineros de oro de a quatroçientos maravedís por cada escudo, que valen quatroçientos y quinze mill trezientos y ochenta maravedís, con los quales quedan fenezidas y rematadas todas las quentas, dares y tomares [tachado : que hasta oy] que asta oy día de la fecha desta a abido y ay entre los dichos Julio Junti de Modesty y la dicha Juana de Junti y el dicho Juan Baptista Regnauld, ansí de libros que le an enviado como de dineros que ha cobrado por ellos como de qualquier otra cosa, de manera que de todo ello no le es deudor de más de los dichos mill y treynta y ocho escudos, nuebe sueldos y dos dineros de la bala susodicha, de los quales el dicho Julio Junti de Modesti se constituye por [tachado : su llano] deudor [tachado : e son de] manifiesto del dicho Juan Baptista Regnauld, por sí y como tal hijo y heredero de la dicha su madre, y de los dichos libros ynpresos que ansí le a enviado se da el dicho Julio Junti de Modesty por bien contento y entregado a toda su boluntad por quanto confiesa averlos reçibido cunplidos y acavados y bien acondiçionados, sobre lo qual en caso neçesario renunçio la ley y exçeçión del dolo y engaño, aver no bisto ni contado y las leyes de la prueva del entrego, como en ellas se contiene. E anbas partes aprobando e ratificando todo lo susodicho y declarado son de acuerdo que el dicho Julio [tachado : de] Junti de Modesty aya [interlineado : y se obliga] de pagar al dicho Juan Baptista Regnauld, o a quien su poder obiere e por ello deba aver, los dichos mill e treynta y ocho escudos, nuebe suel- / (fol. 1317 r.) dos y dos dineros de a la dicha razón de quatroçientos maravedís por escudo en dos años y medio, es a saber de oy día de la fecha desta carta en un año los quatroçientos escudos dello, y desde el dicho día en otro año otros quatroçientos escudos, y la resta a cunplimiento de toda la dicha suma cunplidos otros seis meses, puestos y pagados en esta Corte en maravedís de contado o escudos de oro en su poder o de quien por él lo deba aver, a costa y riesgo del dicho Julio Junti de Modesti, [interlineado : so pena de execuçión y costas], y con esto el dicho Guillermo Rubile, en el dicho nonbre, otorgó carta de pago e finiquito e plena [tachado : ria] liberaçión al dicho Julio Junti de Modesti de todos los dichos dares y tomares que hasta el día de oy a tenido con el dicho su parte y con la dicha su madre, por quanto quedan pagados de todo ello con los dichos mill y treynta y ocho escudos, nuebe sueldos y dos dineros que le a de pagar en la forma susodicha, sobre lo qual renunçio qualesquier leyes y eçeçiones de derecho, error de quenta, dolo y engaño que sean en contrario, y anbas partes para lo ansí guardar, cunplir e pagar y aver por firme obligaron, el dicho Julio Junti de Modesty su persona e vienes muebles e rayzes, derechos y abçiones abidos y por aver, y el dicho Guillermo Rovile la persona y bienes avidos e por aver del dicho Juan Baptista Regnauld, su parte, y dieron poder cunplido, cada parte por lo que le toca, a todas las justiçias e juezes seglares y conpetentes de qualquier parte que sean, a cuya jurisdiçión se sometieron y obligaron, y espeçialmente a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad y cada uno dellos, e renun- / (fol. 1317 v.) çiaron su propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicum para que por todo rigor de derecho y bía más executiva les conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar e cunplir e pagar, cada parte lo que le toca, como si fuese sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada, sobre lo qual renunçiaron todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en su favor con la que dize que general renunçiaçión fecha de leyes non vala. En testimonio de lo qual otorgaron esta carta en la manera que dicha es y della dos traslados,  























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para cada parte el suyo, ante mí el scrivano e testigos ynfraescriptos el dicho día, mes y año, siendo presentes por testigos Tomás de Junti y Alonso Fernández y Pero Gonçález, residentes en esta Corte, y Juan Artauld, françés, asimismo estante en Corte, y los dichos Tomás de Junti y Juan Artauld juraron en forma conozer al dicho Guillermo Rubile e ser el mismo que lo otorga sin cautela alguna, y yo el scrivano doy fee que conozco al dicho Julio Junti de Modesty, e anbos otorgantes lo firmaron de sus nonbres, e uno de los dichos testigos del conozimiento. Ba scripto entre renglones : dineros que a cobrado por ellos y, y feneçídola de, dichos, y se obliga, so pena de execuçión y costas. Y testado : par, por, que hasta oy, su llano, e son de, ria, de. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Guillermo Rovile [firmado y rubricado]. Por testigo, Tomás Junti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales.  



A.H.P.M. Protocolo 1.353, fols. 1316 v - 1317 v. * [Documento n. 42 : 14/04/1595]  

[Al margine superiore sinistro] 95. Accordo tra Giulio Giunti e Francisco de Robles. [Al margine superiore destro] 14 aprile. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid addì quattordici del mese di aprile dell’anno millecinquecentonovantacinque, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentò da una parte il signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dall’altra Francisco de Robles, fonditore di caratteri, parimenti residente nella Corte, e dissero di aver convenuto e concordato e, con la presente, di convenire, concordare ed accordarsi per quanto segue. Primo, il suddetto Francisco de Robles si accorda con il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti per il tempo e il termine di sei anni compiuti prossimi venturi, che devono cominciare a decorrere e a contarsi da oggi, giorno della data di questa carta in poi, durante i quali si impegna e si fa carico di fondere i caratteri che gli chiederà e gli ordinerà il suddetto Giulio Giunti nelle matrici di questo, per il canto come di ogni altra sorta, e di giustificare le matrici e le forme che gli daranno per questo e tutto il resto che riguarda la fusione dei caratteri, la qual cosa farà bene e fedelmente, tutto come meglio saprà e conoscerà, a soddisfazione del suddetto Giulio Giunti. § Item, che durante [in interlinea : il suddetto periodo] il suddetto Francisco de Robles non potrà fondere né fonderà alcun altro carattere per un’altra persona o persone con le matrici e le attrezzature del suddetto Giulio né con nessun’altra se non con la licenza e il consenso e il permesso per iscritto del suddetto Giulio, [cassato : pena] né darà modelli, né lettere né matrici, né li presterà né li potrà prestare né dare a nessuno se non con la suddetta licenza e consenso, pena il castigo che più avanti verrà dichiarato. / (fol. 289 v.) § Item, che il suddetto Giulio Giunti deve essere obbligato e si obbliga affinché durante il suddetto tempo dei suddetti sei anni darà da fare e da fondere al suddetto Francisco de Robles continuamente e, non facendo ciò, il giorno in cui rimarrà fermo e non avrà da lavorare poiché non gli dà l’occorrente e i materiali necessari lo dovrà pagare, da disoccupato, come se lavorasse. § Item, che il suddetto Giulio Giunti deve pagare al suddetto Francisco de Robles [cassato : p] le fusioni e [cassato : cos] quant’altro facesse in merito ad esse [cassato : del] al prezzo contenuto in una scrittura che il suddetto Francisco de Robles fece a Salamanca con Guillermo Foquel, agente del suddetto Giulio Giunti, nota ad entrambe le parti, e deve pagarlo al riguardo in base all’andamento dei lavori.  









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§ Item, che le suddette parti e ciascuna di esse per quel che le concerne, compiranno e osserveranno questo accordo e contratto e tutto ciò che in esso è contenuto alla lettera e senza darne un’altra interpretazione pena [dover dare], ogni [cassato : venti] [in interlinea : quaranta-] mila maravedì, la metà di essi alla parte obbediente e l’altra metà all’ospedale degli italiani di questa Corte, e il pagamento, che pagheranno, di tutte le spese e i danni e gli interessi e le perdite che per colpa di una parte deriveranno all’altra, e viceversa, la qual cosa pongono e pattuiscono come pena convenzionale e solenne stipula per contratto scritto. E in virtù di essa acconsentono a subire esecuzioni forzate e che si proceda fino al reale ed effettivo pagamento senza che, opponendosi a questo, possano avere udienza né ottenere che si rimetta al giudizio di terzi né altra azione alcuna, e pagata o no la suddetta pena, o rimessa in virtù di cortese liberalità, comunque e in ogni caso restino obbligati al compimento di quanto detto e contenuto in questa scrittura. Ed entrambe le parti, ognuna per quel che le concerne, per così osservare, compiere e pagare tutto ciò, si impegnarono con le loro persone e i beni mobili / (fol. 290 r.) e immobili avuti e da avere. E altresì dissero che è condizione [cassato : e dichiararono] e accordo tra le suddette parti che, qualora volessero e convenissero che questo contratto e accordo, compiuti i suddetti sei anni, dovesse continuare per altri sei anni, dovrà essere e stipularsi alle stesse condizioni e dichiarazioni dette; e se non volessero che duri oltre i primi sei anni, scaduti i cinque facciano dichiarazione di non volere che continui, affinché durante il restante anno ciascuna delle suddette parti si provveda e si munisca di ciò di cui ha bisogno. Tutta la qual cosa e ogni cosa di ciò si impegnarono a osservare e a compiere e a considerare valida secondo quanto detto e in questa scrittura contenuto, pena il suddetto castigo, spese e danni. E per l’esecuzione di ciò diedero pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà di qualsiasi parte sia, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a ognuno di essi dinanzi al quale questa carta comparisse, alla cui giurisdizione si sottomisero e si vincolarono, e rinunciarono al loro proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva li costringano e li sollecitino a mantenere e osservare, compiere e pagare in questo modo, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da essi accettata, che per tale la riceveranno. E in merito a ciò rinunciarono a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a loro favore, e a quella che proibisce la generale rinuncia. A testimonianza della qual cosa stipularono questa carta in due copie conformi, per ogni parte e per ogni tutore del proprio diritto la sua, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti / (fol. 290 v.) il suddetto giorno, mese e anno sopraddetti, essendo presenti come testimoni a quanto detto Tommaso Giunti e Sancho Sanz de Jáuregui e Alonso Fernández, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere i concedenti sopraddetti, che firmarono con i loro nomi. Appare cancellato o diceva : pena, cos, del, venti, e dichiararono. In interlinea : il suddetto periodo, quaranta. Emendato : tor, to. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Francisco de Robles [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  











A.H.P.M. Protocollo 1.355, fols. 289 r – 290 v. [Documento n. 42] [Al margen superior izquierdo] 95. Conçierto entre Julio Junti y Françisco de Robles. [Al margen superior derecho] 14 abrill. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a catorze días del mes de abril de mill y quinientos y nobenta y çinco años, ante mí el scrivano y testigos ynfraescriptos paresçió presente el señor Julio Junti de

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Modesti, florentín, residente en esta Corte, de la una parte, y Françisco de Robles, fundidor de letras, asimismo residente en esta Corte, de la otra, e dixeron que ellos están conbenydos y conçertados e por la presente se conbienen y conçiertan y asientan lo siguiente. Primeramente, que el dicho Françisco de Robles asienta con el dicho Julio Junti de Modesti por tienpo y espaçio de seis años cunplidos primeros siguientes, que an de començar a correr y se contar desde oy día de la fecha desta carta en adelante, durante los quales se obliga y encarga de fundir las letras que el dicho Julio Junti le pidiere y ordenare en sus matriçes, ansí de canto como de todas las demás suertes, y justificar las matrizes que le dieren y moldes para ello y lo demás tocante a la fundiçión de letras, lo qual ará bien y fielmente y todo lo mejor que supiere y entendiere a satisfaçión del dicho Julio Junti. § Yten, que durante [interlineado : el dicho tiempo] el dicho Françisco de Robles no pueda fundir ni fundirá letras ningunas para ottras persona ni personas en las matrizes y aparejos del dicho Julio ni en otras ningunas sino fuere con liçençia y consentimiento y permisión del dicho Julio por escripto, [tachado : so la pena que] ni dará pruebas ni letras ni matrizes ni los prestará ni pueda prestar ni dar a nayde si no fuere con la dicha liçençia y consentimiento so la pena que adelante yrá declarada. / (fol. 289 v.) § Yten, que el dicho Julio Junti a de ser obligado y se obliga a que durante el dicho tiempo de los dichos seis años dará que hazer y fundir al dicho Françisco de Robles continuamente, y no lo haziendo que el día que holgare e no tubiere que travajar por falta de no le dar recaudo y materiales neçesarios le aya de pagar de baçío como si travajara. § Yten, que el dicho Julio Junti a de pagar al dicho Françisco de Robles [tachado : p] las fundiçiones y [tachado : cos] lo demás que hiziere a ellos tocante [tachado : del] al presçio contenido en una scriptura que el dicho Françisco de Robles hizo en Salamanca con Guillermo Foquel, factor del dicho Julio Junti, que es notoria a las dichas partes, y le a de yr pagando al dicho respecto como lo fuere trabajando. § Yten, que las dichas partes y cada una dellas por lo que le toca, cunplirán y guardarán este conçierto y asiento e todo lo en el contenido a la letra sin le dar otro entendimiento, so pena de cada [tachado : veynte] [interlineado : quarenta] mill maravedís, la mitad dellos para la parte obediente y la otra mytad para el ospital de los ytalianos de esta Corte, y de pagar y que pagarán todas las costas y daños yntereses e menoscavos que por culpa de la una parte se siguieren a la otra, y de la otra a la otra, lo qual ponen y asientan por pena conbençional y solene estipulaçión asentada entre escriptos, y por ella quieren y consienten ser executados y que se proçeda hasta la real y efetiva paga sin que sobre la contradiçión dello puedan ser oydos ni reduçidos a albedrío de buen barón ni otro remedio alguno, y la dicha pena pagada o no o graçiosamente remitida todavía y en todo caso queden obligados al cunplimiento de lo que dicho es y en esta escriptura se contiene. Y anbas partes, cada una por lo que le toca, para lo ansí guardar, cunplir e pagar, obligaron sus personas y vienes muebles / (fol. 290 r.) y rayzes avidos e por haver, y ottrosí dixeron que es condiçión [tachado : y declararon] y conçierto entre las dichas partes que si quisieren y acordaren que este asiento y conçierto, cunplidos los dichos seis años, pase adelante por otros seis años aya de ser y entenderse con las mismas condiçiones y declaraçiones que está dicho, y si no quisieren que dure por más tienpo de los seis años primeros, que cunplidos los çinco dellos ayan de hazer declaraçión que no quieren que pase adelante, para que en el año restante cada una de las dichas partes se provea y acomode de lo que a menester. Todo lo qual y cada cosa dello se obligaron de guardar y cunplir y aver por firme según dicho es y en esta scriptura se contiene, so la dicha pena, costas e daños, y para la execuçión dello dieron poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que  















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sean, y señores alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos ante quien esta carta paresciere, a cuya jurisdiçión se sometieron y obligaron, e renunciaron su propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicum para que por todo rigor de derecho y bía más executiba les conpelan e apremien a lo ansí tenere guardar, cunplir e pagar como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por ellos consentida, que por tal la reziban, y cerca dello renunziaron todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en su favor y la que proybe la general renunçiaçión. En testimonio de lo qual otorgaron esta carta y della dos treslados en un tenor, para cada parte e guarda de su derecho el suyo, ante mí el escrivano e testigos ynfraescriptos / (fol. 290 v.) el dicho día, mes y año susodichos, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Tomás de Junti y Sancho Sanz de Jáuregui y Alonso Fernández, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco a los susodichos otorgantes, e firmáronlo de sus nonbres. Ba testado o dizía : so la pena que, cos, del, veynte, y declararon. Entre renglones : el dicho tienpo, quarenta. Enmendado : tor, to. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Françisco de Robles [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  





A.H.P.M. Protocolo 1.355, fols. 289 r. - 290 v. * [Documento n. 43 : 03/10/1595]  

[Al margine superiore sinistro] Procura e cessione a Deifebo Rocchi. [Al margine superiore] 3 ottobre.[Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam e cessione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura come io ce l’ho, la possiedo e per legge in tal caso si richiede, al signor Deifebo Rocchi, residente nella suddetta Corte, e a chi da lui l’avrà, specialmente affinché per me e a mio nome, rappresentando la mia persona, e per lui stesso come in suo fatto e rem propriam possa chiedere, ricevere, avere e riscuotere dal signor Guillermo Raimundo Granoleadhs [ ?],residente nella suddetta Corte, e da chi per lui dovrà pagare tutto ciò, ovverosia trecentoventiseimiladuecentotrentadue maravedì che mi deve per una cedola scaduta firmata col suo nome, datata undici settembre di questo anno corrente, del valore di diciottomilionisettecento-quarantunomilaottocentosettantadue maravedì [cassato : che mi deve per una cedola firmata a suo nome] di licencia de saca 1 di sua Maestà, come risulta dalla suddetta cedola, che gli consegno in originale con questa procura. E per la riscossione di ciò e per disporre di ciò e in ciò come di cosa e in cosa sua propria gli cedo, faccio rinuncia e trasferisco i miei diritti e azioni reali e personali, utili, diretti, misti ed esecutivi e qualsiasi altro mi appartenga. Questo per la ragione che il suddetto / (fol. 1009 v.) Deifebo Rocchi mi ha dato e pagato altrettanta somma e importo emessi con lettera di credito presso il Banco di Antonio Suárez de Vitoria e Compagnia, della quale mi considero e dichiaro ben contento e rispettato e soddisfatto in ogni mia volontà. E poiché la consegna al momento non risulta, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia, al non aver visto né ricevuto e alle leggi della consegna e della prova di essa, come esse è contenuto. E affinché di quanto ricevesse e riscuotesse possa dare e concedere la sua ricevuta o ricevute di pagamento e formale quietanza e qualsiasi altra garanzia necessaria, e siano valide come se io le avessi date e concesse. E se in ragione della suddetta riscossione fosse necessario essere uditi in giudizio, possa farlo dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competente o in  



1   Licencia de saca: promulgato a partire dal 1552, questo provvedimento autorizzava i mercanti stranieri che ne erano in possesso all’esportazione di oro ed argento dalla Spagna [NdT].

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qualsiasi altra maniera, a mio nome o nel suo, e fare qualsiasi istanza, richiesta, esecuzione forzata, giuramento, fermo giudiziario, pignoramento e asta di beni e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari, fino al reale pagamento e alla riscossione, come in suo fatto e rem propriam, che gli do e conferisco quella stessa procura che per questo possiedo e si richiede, con libera e generale amministrazione, e lo faccio procuratore attore in ciò e lo colloco nel mio diritto e al mio posto per la causa e la ragione sopraddette. E mi impegno, io e i miei beni, diritti e azioni, a considerare valida / (fol. 1010 v.) questa procura e cessione, e che i suddetti trecentoventiseimilduecentotrentadue maravedì mi sono dovuti e saranno certi, sicuri, e pagati al suddetto Deifebo Rocchi o a chi per lui dovrà averli e, qualora no, io glieli darò e pagherò, non appena consti ciò e abbia fatto qualsiasi pratica, con in più le spese e i danni che gliene deriveranno e graveranno, sulla sua parola e dichiarazione, senza altra garanzia alcuna. A testimonianza della qual cosa così concessi dinanzi al notaio e ai testimoni, nella città di Madrid, addì tre del mese di ottobre dell’anno millecinquecentonovantacinque, essendo testimoni Diego Rodríguez y de la Guarda, cavaliere di sua Maestà, e Domingo López e Alonso Fernández, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato o diceva : che mi deve per una cedola firmata a suo nome, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  

A.H.P.M. Protocollo 1.355, fols. 1009 r. - 1010 r. [Documento n. 43] [Al margen superior izquierdo] Poder y zessión a Deyfebo Rochi. [Al margen superior] 3 ottubre. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder en causa propia y zesión vieren como yo, Julio Junti de Modesti, residente en esta Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cumplido según que lo yo he y tengo e de derecho en tal casso se requiere, al señor Deyfebo Roqui, residente en la dicha Corte, y a quien dél le tubiere, especialmente para que por mí y en mi nonbre, representando mi persona y para él mismo y como en su fecho e causa propia, pueda pedir, reçivir, haver y cobrar del señor Guillermo Raymundo Granoleadhs ( ?),residente en la dicha Corte, y quien por él lo deba pagar, es a saver trezientas y beynte y seis mill duzientos y treinta y dos maravedís que me debe por una zédula firmada de su nonbre de plazo pasado, su fecha a honze de septienbre deste presente año, de la balor de diez y ocho quentos seisçientas y quarenta y un mill y ochocientos y setenta y dos maravedís [tachado : que me debe por una çédula firmada de su nonbre] de liçençia de saca de su Magestad, como por la dicha zédula pareçe, que originalmente le entrego con este poder, y para la cobranza dello e hazer e disponer dello y en ello como de cosa y en cosa suya propia le çedo, renunçio e traspaso mis derechos y abçiones reales y personales, útiles, diretos, mistos y executivos y otros qualesquier que me pertenezcan, esto por razón que el dicho / (fol. 1009 v.) Deyfebo Rochi me a dado y pagado otra tanta suma y cantidad librados en el banco de Antonio Suárez de Vitoria y Compañía, de que me doi e otorgo dél por bien contento y entregado e satisfecho a toda mi voluntad, e porque la entrega no pareze de presente renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia, aver no bisto ni rezibido y las leyes de la entrega e prueba della, como en ellas se contiene. E para que de lo que rezibiere y cobrare pueda dar y otorgar su carta o cartas de pago e quitança en forma y otros qualesquier recaudos necesarios e balga como si yo las diese y otorgase, y si en razón de la dicha cobranza fuere neçesario entender en juizio pueda ante qualesquier justiçias e juezes conpetentes o en otra qualquier manera hazer, en mi nonbre o en el suyo, qualesquier pedimientos, requierimientos, execuçiones, juramentos, enbargos, trançes e remates de bienes e todos  



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los demás autos y diligençias neçesarias hasta la real paga y cobranza y como en su fecho y causa propia, que el poder que para ello tengo y se requiere, ese mismo le doi y otorgo con libre e general administraçión, e le hago procurador actor en ello e pongo en mi derecho e lugar por la causa e razón susodicha, e me obligo e a mis vienes, derechos y abçiones de haver por firme / (fol. 1010 v.) este poder y zesión, y que las dichas trezientas y beynye y seis mill duzientos y treynta y dos maravedís me son debidos y serán ciertos, seguros y pagados al dicho Deyfebo Rochi o a quien por él lo deba haver, donde no que yo se los daré e pagaré, luego que conste dello y con qualquier diligençia que haga, con más las costas e daños que sobre ello se le siguieren y recrecieren a su dicho e declaraçión, sin otro recaudo alguno. En testimonio de lo qual lo otorgué ansí ante el scrivano y testigos, en la billa de Madrid a tres días del mes de otubre de mill y quinientos e noventa y çinco años, siendo testigos Diego Rodríguez y de la Guarda, cavallo de su Magestad, e Domingo López e Alonso Fernández, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba testado o dizía : que me debe por una çédula firmada de su nonbre, no balga. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio. A.H.P.M. Protocolo 1.355, fols. 1009 r. - 1010 r.  

* [Documento n. 44 : 06/10/1595]  

[Al margine superiore sinistro] Scrittura in cui protrae la locazione a Giulio Giunti per altri tre anni, a 250 ducati. [Al margine superiore] 6 ottobre. [Al margine sinistro] Fatto. † Nella città di Madrid, addì sei del mese di ottobre dell’anno millecinquecentonovantacinque, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentarono da una parte la signora donna Beatriz Ramírez de Mendoza, contessa di Castellar, vedova, che fu moglie del signor don Fernando de Saavedra, conte di Castellar, defunto, che Dio l’abbia in gloria, e dall’altra il signor Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte, e dichiararono che, poiché la suddetta signora contessa affittò e diede in locazione al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti un appartamento della sua dimora principesca che ha in questa suddetta villa nella parrocchia di San Yuste, confinante con le case del Conte di Puñoenrostro e le case di don Fernando de Luján, che è l’appartamento della torre e della galleria che dà sulla strada angusta che scende dalla piazza di San Salvador, per un certo tempo, prezzo e condizioni, così come è contenuto nella scrittura che a tale merito fu stesa dinanzi a me notaio, in questa città di Madrid addì ventiquattro dello scorso mese di luglio del corrente anno, alla quale si riferiscono, che approvano e ratificano e lasciano valida e in vigore in tutto e per tutto come in essa è contenuto. E affinché il suddetto Giulio Giunti possa meglio / (fol. 1024 v.) sistemare e riparare il suddetto appartamento della casa, sono d’accordo e concertano che il suddetto affitto la suddetta signora contessa glielo conceda per altri tre anni, oltre al periodo contenuto nel suddetto affitto, alle stesse condizioni e dichiarazioni e al prezzo di duecento cinquanta ducati l’anno per questi tre anni, in maniera che ciascuno di questi ultimi tre anni deve pagare cinquanta ducati in più per ognuno di essi rispetto ai primi cinque, la quale suddetta pigione dovrà convertire e impiegare nelle riparazioni e sistemazioni del suddetto appartamento, nell’ordine e forma e nella maniera che si dichiara nella suddetta scrittura di locazione di cui sopra si fa menzione. Questo nonostante la presenza di una clausola in cui si dice che, se dovesse spendere più di mille ducati, ai quali ammonta la pigione, e di cinque ducati [sic], che questo sia a spese del suddetto Giulio Giunti, perché egli può comunque spendere la pigione dei suddeti tre anni per i quali di nuovo glielo affitto per la suddetta riparazione e costruzione, insieme ai suddetti mille ducati, conformemente alla suddetta

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scrittura, per conto della suddetta signora duchessa, e se spendesse più dei suddetti millesettecentocinquanta ducati a cui ammontano i suddetti otto anni, questo dovrà essere e sarà a spese del suddetto Giulio Giunti, senza che la suddetta / (fol. 1025 r.) signora contessa sia obbligata a pagargli né a corrispondergli cosa alcuna di ciò che spenderà in più. E qualora spendesse meno dei suddetti millesettecentocinquanta ducati il suddetto Giulio Giunti le deve pagare ciò che non spenderà, conformemente alla suddetta scrittura di locazione. Ed entrambe le parti, ognuna per quel che le concerne, si impegnarono, e impegnarono i loro beni e rendite, all’osservanza e adempimento di questo accordo e di quanto contenuto nella suddetta scrittura pacificamente, senza lite né eccezione alcuna, pena l’esecuzione forzata e le spese e i danni. E con questa carta diedero pieni poteri a ogni tribunale e giudice di sua Maestà, di qualsiasi parte sia, dinanzi al quale comparisse questa carta, alla cui giurisdizione si sottomisero e si vincolarono, e rinunciarono al loro proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione, affinché li costringano e sollecitino al compimento e al pagamento di ciò con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva, come per sentenza passata in giudicato e da essi accettata, in merito alla qual cosa rinunciarono a ogni legge e diritto a loro favore e a quella che proibisce la generale rinuncia. E la suddetta signora contessa rinunciò altresì alle leggi di Velleiano, senatus consultus [sic] e di Toro, e alla Partida, che tratta in favore delle donne, del cui beneficio fu avvisata da me il presente notaio. Ed / (fol. 1025 v.) entrambe le parti così stabilirono, in due copie conformi, a ogni parte la sua, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti, il giorno, mese e anno sopraddetti, essendo presenti come testimoni a quanto detto Francisco González de Villanueva e Pero de Miñón e Tomás de Santiago, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere i suddetti concedenti, che firmarono col loro nome. E la contessa del Castellar [rubricato]. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, due reali. A.H.P.M. Protocollo 1.355, fols. 1024 r. - 1025 v. [Documento n. 44] [Al margen superior izquierdo] Scriptura en que se alarga el arrendamiento a Julio Junti por tres años más, a 250 ducados. [Al margen superior] 6 ottubre.[Al margen izquierdo] Fecho. † En la villa de Madrid a seis días del mes de ottubre de mill y quinientos e nobenta y cinco años, ante mí el scrivano y testigos ynfraescriptos paresçieron presentes, de la una parte la señora doña Beatriz Ramírez de Mendoça, condesa de Castellar, biuda muger que fue del señor don Fernando de Saavedra, conde de Castellar, difunto, que sea en gloria, y de la otra el señor Julio Junti de Modesti, residente en esta Corte, e dixeron que por quanto la dicha señora condessa arrendó e dio en arrendamiento al dicho Julio Junti de Modesti un quarto de sus casas prinçipales que tiene en esta dicha villa en la perroquia de Sant Yuste, en linde de casas de Conde de Puñoenrrostro y casas de don Fernando de Luxán, que es el quarto de la torre y galería que cae a la calle angosta que baja de la plaça de San Salbador, por çierto tienpo, presçio y condiçiones, según y como se contiene en la escriptura que sobre ello pasó ante mí el presente escrivano, en esta dicha villa de Madrid en veinte y quatro días del mes de julio pasado deste presente año, a que se refieren, la qual aprobando e ratificando y dejando en su fuerça y bigor en todo y por todo como en ella se contiene, e para que el dicho Julio Junti pueda mejor / (fol. 1024 v.) aderezar y reparar el dicho quarto de casa, son de acuerdo y conçierto que el dicho arrendamiento se le haze la dicha señora condessa por otros tres años más del tienpo contenido en el dicho arrendamiento con las mismas condiçiones y declaraçiones e por presçio de duçientos y çinquenta ducados cada año destos tres años, de manera que en cada uno destos tres años últimos a de pagar çinquenta ducados más en cada

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uno dellos que los çinco primeros, los quales dichos alquileres a de conbertir y gastar en el reparo y adereço del dicho quarto por la orden e forma e de la manera que se declara en la dicha escriptura de arrendamiento de que arriba se haze minçión, esto no obnstante estante la condiçión della en que dize que si gastare más de mill ducados que monta el alquiler y de çinco ducados, que esto fuese a quenta del dicho Julio Junti, porque tanbién a de poder gastar el alquiler, y de los dichos tres años por que de nuevo se lo arriendo, en el dicho reparo y edifiçio, juntamente con los dichos mill ducados, conforme a la dicha scriptura, por quenta de la dicha señora condesa, y si gastare más de los mill y seteçientos y çinquenta ducados que montan los dichos ocho años, esto aya de ser y sea por quenta del dicho Julio Junti, sin que la dicha / (fol. 1025 r.) señora condessa sea obligada a pagarle ni hazerle bueno cosa alguna de lo que más gastare, y lo que menos gastare de los dichos mill y seteçientos y çinquenta ducados el dicho Julio Junti le a de pagar lo que no gastare, conforme a la dicha escriptura de arrendamiento. Y anbas partes, cada una por lo que le toca, se obligaron y a sus vienes e rentas de guardar y cunplir este conçierto y arrendamiento y lo contenido en la dicha scriptura llanamente, sin pleito ni exçeçión alguna, so pena de execuçión y costas e daños, y por esta carta dieron poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean ante quienes esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión se sometieron y obligaron, e renunçiaron su propio fuero e prebillegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione para que le conpelan y apremien al cunplimiento e paga dello por todo rigor de derecho y bía más executiva, como por sentençia pasada en cosa juzgada o por ellos consentida, sobre lo qual renunçiaron todas las leyes e derechos de su fabor y la que proybe la general renunçiaçión, y la dicha señora condesa renunçió asimismo las leyes del Beleiano, senatus consultus y de Toro e Partida que hablan en favor de las mugeres, de cuyo benefiçio fue avisada por mí el presente scrivano, y / (fol. 1025 v.) anbas partes lo otorgaron ansí y dos treslados en un tenor, para cada parte el suyo, ante mí el escrivano y testigos ynfraescriptos el día, mes y año susodichos, estando presentes por testigos a lo que dicho es Françisco González de Billanueba y Pero de Miñón y Thomás de Santiago, residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco a los dichos otorgantes, e firmáronlo de sus nombres. Y la condesa de Castellar [rubricado]. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales. A.H.P.M. Protocolo 1.355, fols. 1024 r. - 1025 v. * [Documento n. 45 : 02/03/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Tommaso Giunti. [Al margine superiore] 2 marzo. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di [cassato : affitto] [in interlinea : procura] che io, Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come io la possiedo e per legge in tal caso si richiede, a Tommaso Giunti, residente in questa Corte, specialmente affinché a mio nome e come me stesso, rappresentando la mia persona e per me, possa chiedere e domandare, ricevere, avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso da qualsiasi persona, chiesa, monastero, consiglio, fittavolo e da altre persone particolari di qualsiasi qualità esse siano, ogni qualsivoglia maravedì, pane, grano, orzo, galline e tutti gli ulteriori proventi all’ingrosso o al dettaglio, dovuti e appartenenti alla commenda della Magdalena, dell’ordine di Alcántara, che io ho in amministrazione e in consegna dal signor dottor Rodrigo Vázquez Arce, governatore di Castiglia, commendatore di essa, per una  



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scrittura stesa da Pedro de Salazar, notaio di sua Maestà. I quali suddetti proventi e rendite potrà richiedere e riscuotere, tanto per quel che si deve e si dovrà della rendita di questo anno corrente cinquecentonovantasei, quanto per quel che si dovesse come arretrato degli anni passati in cui io ho avuto nella suddetta consegna e amministrazione la suddetta commenda, e per tutti gli accordi di essa [in interlinea : con scritture e senza]. E altresì, affinché a mio nome possa chiedere, prendere e saldare i conti con qualunque fittavolo, maggiordomo e persona a cui carico sia stata e sia la riscossione dei suddetti frutti e rendite e di parti di essa, addebitandogli tutto quel che avessero riscosso e fosse stato a loro carico, e ricevendo la registrazione o le registrazioni a scarico che siano giuste e che mostreranno e di cui daranno ragione e garanzie sufficienti, e accettare i tali conteggi e saldi di essi, o di esse, / (fol. 323 v.) reclamare come gli sembrerà opportuno e reputerà giusto, e ricevere e riscuotere dalla tale persona o persone la somma residua o le somme residue che gli si addebiteranno. E di quanto riceverà e riscuoterà darà e concederà a mio nome le sue ricevute di pagamento, quietanza e, qualora necessario, di rivalsa sul debitore con cessione di azioni, e saranno valide [in interlinea : e siano così valide e sufficienti] come se io le avessi date e concesse e ricevessi e riscuotessi tutto ciò. E se il pagamento non risultasse, [potrà] considerarsi soddisfatto dinanzi al notaio e ai testimoni, e rinunciare all’eccezione della non numerata pecunia e alla leggi che trattano in ragione della consegna e della prova di essa, come in esse è contenuto. E altresì, affinché a mio nome possa vendere e scontare il pane della suddetta commenda che viene [in interlinea : raccolto e] immagazzinato [in interlinea : nella suddetta città di Salamanca e] negli [in interlinea : altri distretti e] poderi della suddetta commenda e che si raccogliesse e si avesse da qui in avanti, e che io dovessi avere e mi appartenesse conformemente alla suddetta consegna, la qual cosa potrà vendere [in interlinea : subito] alla persona o alle persone e al prezzo o ai prezzi che gli sembreranno opportuni, non eccedendo rispetto alla prammatica di sua Maestà, e ricevere e riscuotere l’importo o gli importi ai quali così lo venderà, e dare di ciò le sue ricevute di pagamento. E altresì, affinché a mio nome possa affittare e affitti alla persona o alle persone con cui pervenisse a un accordo qualsiasi terreno e podere e rendita della suddetta commenda per il tempo e al prezzo in pane, denaro e decime, da pagare entro i termini e nella forma e alle condizioni e dichiarazioni che gli sembreranno giusti, che vorrà e per i quali si accorderà. E in ragione di quanto detto e di ogni cosa di questo facciano e concedano a mio nome le scritture e i contratti che fossero necessari con i vincoli, le convalide, la procura e la sottomissione a qualsiasi tribunale e la rinuncia alle leggi e al mio proprio statuto locale e privilegio, le pene, le clausole e le dichiarazioni, i salari che convenissero e che gli venissero chiesti e che vorrà e gli sembreranno giusti, e con l’obbligazione / (fol. 324 r.) da parte mia e dei miei beni al compimento e pagamento secondo quanto farà Tommaso Giunti, che approvo e ratifico e do per buoni e ben fatti sin d’ora per allora e da allora per ora, e mi impegno per tutto ciò che con essi sarà prescritto, contrattato e negoziato. E altresì, affinché possa emettere e ricevere qualsiasi garanzia, scrittura o documento riguardante la suddetta commenda e i suoi beni e rendite e far uso di essi e di ognuno di essi: e se in ragione di quanto detto e di qualsiasi cosa di questo fosse necessario ricorrere in giudizio possa a mio nome comparire dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competente e ordinario, inferiore e superiore, ecclesiastico e secolare, e dinanzi a essi e a qualunque di essi [in interlinea : o in altra maniera] fare e inoltrare qualsiasi causa, denuncia, istanza, richiesta, giuramento, accertamento probatorio, accusa, obiezione, esecuzione forzata, fermo giudiziario, arresto, vendita e asta di beni, consenso e trasferimento di essi, appelli, ricusazioni, accettazioni e tutti gli altri atti e pratiche, giudiziari ed extragiudiziari, che converranno e sarà necessario fare, e che io farei essendo presente, che gli do e concedo quanta piena e sufficiente procura [in interlinea : possiedo e] si richiede per quanto così detto e per ogni cosa di esso, con le sue incidenze e  















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dipendenze e annessi e libera e generale amministrazione, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire una, due o più persone, e dar loro la revoca e costituirne altre con simile o più limitata procura, e per dare tutto ciò come buono e valido mi impegno, coi miei beni, diritti e azioni. A testimonianza della qual cosa così stabilii / (fol. 324 v.) dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni infrascritti. Fatta e rogata nella città di Madrid e Corte di sua Maestà addì due del mese di marzo dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni Pero López de Arriaga e Pedro González e Juan de Angulo, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : con scritture e senza, e siano così valide e sufficienti, raccolto e, nella suddetta città di Salamanca, e altri distretti e, e riscuotesse, subito, in altra maniera, possiedo e. E al margine : procura, commenda, sia valido. E cancellato o diceva : affitto, e giu. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e ribricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e ribricato]. Diritti e rogito, due reali.  





A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 323 r. - 324 v. [Documento n. 45] [Al margen superior izquierdo] Poder a Thomás Junti. [Al margen superior] 2 março. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de [tachado : arrendamiento] [interlineado : poder] vieren como yo, Julio Junti de Modesti, residente en esta Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cunplido, libre llenero bastante según que yo le tengo y de derecho en tal casso se requiere, a Thomás Junti, residente en la dicha Corte, espeçialmente para que en mi nombre e como yo mismo, representando mi persona e para mí, pueda pedir e demandar, reçibir, haver e cobrar en juiçio e fuera del de qualesquier personas, yglesias, monesterios, conçejos, renteros e otras personas particulares de qualquier calidad que sean, todos e qualesquier maravedís, pan, trigo, cevada, gallinas e todos los demás frutos granados e menudos devidos e pertenesçientes a la encomienda de la Magdalena, de la orden de Alcántara, que yo tengo en administraçión y arrendamiento del señor liçençiado Rodrigo Vázquez Arçe, presidente de Castilla, comendador della, por escriptura que pasó fecho ante Pedro de Salazar, escrivano de su Magestad, los quales dichos frutos e rentas pueda pedir e cobrar ansí lo que se deve e deviere de la renta deste presente año de quinientos e noventa y seis como lo que se debiere de atrasado de los años pasados que yo he tenido en el dicho arrendamiento y administraçión la dicha encomienda y en todos los partidos della [interlineado : y por scripturas o sin ellas]. Y otrosí, para que enmi nonbre pueda pedir, tomar e fenezer quenta con qualesquier renteros, mayordomos e personas a cuyo cargo aya sido e sea la cobrança de los dichos frutos e rentas o parte dellas, haziéndoles cargo de todo lo que ubieren cobrado e sido a su cargo y rezibiéndoles el descargo y descargos que justos sean y de que mostraren y dieren razón y recaudos sufiçientes, y consentir las tales quentas e fenezimientos dellos, o dellas / (fol. 323 v.) reclamar como le paresçiere y bien visto le fuere, y rezibir y cobrar de las tales persona o personas el alcançe o alcançes que se les hizieren, y de lo que reciviere y cobrare dé y otorgue en mi nombre sus cartas de pago, finyquitos y lastos, si neçesario fuere, con çesión de abçiones, y balgan [interlineado : y sean tan firmes y bastantes] como si yo las diese y otorgase y lo rezibiese y cobrase, y si la paga no paresçiere ante el scrivano y testigos darse por entregado, y renunçiar la exçeçión de la non numerata pecunia y leyes que ablan en razón de la entrega y prueba della, como en ellas se contiene. Y otrosí, para que en mi nonbre pueda vender e benefiçiar el pan de la dicha encomienda que está [interlineado : recogido y] enpanerado [interlineado : en la dicha ciudad de Salamanca y], en los [interlineado : demás partidos y]  













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heredamientos de la dicha encomienda, e que se recogiere y ubiere de aquí adelante e yo de haver e me pertenezca conforme al dicho arrendamiento, lo qual pueda vender [interlineado : de contado] a la persona o personas y al presçio o presçios que le paresçiere, no exçediendo de la premágtica de su Magestad, y rezibir e cobrar el presçio y presçios por que ansí lo vendiere, y dar dello las dichas cartas de pago. Y otrosí, para que en mi nonbre pueda arrendar y arriende a la persona o personas con quien se conçertare qualquier término y heredamiento y renta de la dicha encomienda por el tienpo y presçio de pan, dineros y menudos y a pagar a los plazos y en la forma y con las condiçiones e declaraçiones que vien bisto le fuere y quisiere y conçertare, y en razón de lo que dicho es y cada cosa dello haga y otorgue en mi nonbre las scripturas e contratos que sean neçesarios con las fuerças, firmezas, poder e sumisión a qualesquier justiçias y renunçiaçión de leyes e de mi propio fuero e previllegio, penas, cláusulas y declaraçiones, salarios que conbengan y le sea pedido y quisiere y bien bisto le fuere, y con obligaçión / (fol. 324 r.) de mi parte e bienes al cunplimiento e paga de los que según y de la manera que por el dicho Tomás Junti fueren fechas, las apruebo e ratifico e tengo por buenas e bien fechas desde agora para entonzes y de entonzes para agora, e me obligo a todo aquello que por ellos fuere obligado, asentado e tratado. Y otrosy, para que pueda sacar e rezibir qualesquier recaudos, escripturas e papeles tocantes a la dicha encomienda e a sus vienes e rentas e usar dellas e de cada una dellas, y si en razón de lo que dicho es y qualquier cossa dello fuere neçesario entender en juizio pueda en mi nombre parezer ante qualesquier justiçias e jueçes conpetentes e ordinarios, inferiores e superiores, eclesiásticas e seglares, e ante ellos e qualquier dellos [interlineado : o en otra manera] haser e poner qualesquier demandas, querellas, pedimientos, requerimientos, juramentos, provanças, tachas, contradiçiones, execuçiones, enbargos, prisiones, ventas e remates de bienes, azeptaçiones e traspassos dellos, apelaçiones, recusaçiones, consentimientos y todos los demás autos e diligençias judiçiales y extrajudiçiales que conbengan y neçesario sea de se hazer e yo aría presente siendo, que quan cunplido e bastante poder para lo ansí dicho y cada cosa dello [interlineado : tengo y] se requiere, ese mismo le doy e otorgo con sus ynçidençias y dependençias e anegidades e libre e general administraçión, y con la relebaçión de derecho neçesaria y facultad de sustituir una persona, dos o más, rebocarlos e criar otros con semexante e más limitado poder, e para lo haver todo por bueno e firme me obligo e a mis vienes, derechos y abçiones. En testimonio de lo qual lo otorgué ansí / (fol. 324 v.) ante el scrivano público e testigos ynfraescriptos, que fue fecha y otorgada en la villa de Madrid y Corte de su Magestad a dos días del mes de março de mill y quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos Pero López de Arriaga y Pero Gonçález y Juan de Angulo, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Ba scripto entre renglones : y por scripturas, o sin ellas, y sean tan firmes y bastantes, recogido y, en la ciudad de Salamanca, y demás partidos y, y cobrare, de contado, en otra manera, tengo y. Y en la marjen : poder, encomienda, valga. Y testado o dizía : arrendamiento, y ju. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  











A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 323 r. - 324 v. * [Documento n. 46 : 11/03/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Ad Ambrogio Spinola. [Al margine superiore] 11 marzo. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta e scrittura pubblica che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte di sua Maestà dichiaro che: il signor Ambrogio

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Spinola, residente nella suddetta Corte, su mia istanza e preghiera [cassato : per farmi] pagò per me alla fiera di ottobre dello scorso anno cinquecentonovantacinque ad Annibale Cambi, ugualmente residente in questa Corte, seicentottanovemilacentonovanta maravedì, per milleottocentoventinove ducati, sedici soldi e sei denari che da Lisbona mi sollecitarono a pagare Carlo Velluti e il mandante Cambi con una loro lettera del quindici luglio del suddetto anno novantacinque, da me accettata, e da un’altra parte quattrocentotrentacinquemilaottocentootto maravedì, per millecentosessanta ducati e quattro soldi e otto denari che mi sollecitarono i suddetti Velluti e Cambi per una loro lettera del suddetto giorno, parimenti da me accettata. i quali suddetti due importi, con in più tremilasettecentotrentasette maravedì della provvigione, il tutto per un ammontare di unmilionecentosessantacinquemilaquindici maravedì il suddetto signor Ambrogio Spinola, per il suddetto mio ordine e per mio conto e sul suddetto suo credito, prese a cambio nella suddetta fiera di ottobre nella suddetta Lisbona, richiedendone il pagamento con gli interessi a Juan Bautista Gallo, Antonio de Sanromán e Francisco de Ibarra / (fol. 395 v.) Compagnia a quattrocentotrenta reais e mezzo per ducato, che è il prezzo al quale allora si cambiava nella suddetta Lisbona, con l’ordine che si rivalessero per essi alla fiera di febbraio di questo anno novantasei, e io ho chiesto e pregato il suddetto Ambrogio Spinola di accettare di pagare alla suddetta fiera di febbraio, che al momento si tiene nella città di Medina del Campo, quanto fosse stato richiesto per il suddetto conto, e che per mio conto e sul suddetto suo credito lo prenda a cambio per la suddetta Lisbona o per qualsiasi altra parte e piazza di scambio di questi Regni e fuori di essi, alle persone e al prezzo che troverà e che più gli rimanesse comodo, dando per questo le lettere di cambio [cassato : che] e gli ordini che vorrà e che gli sembrerà giusto, e alla girata di ritorno di questa, sempre che il suddetto Ambrogio Spinola e chi da lui avrà mandato lo vorrà e reputerà giusto, [in interlinea : pagherò] tutto ciò che sarà dovuto e a cui ammonteranno il capitale e i cambi, le spese, le commissioni e le provvigioni che saranno per ciò dovute e da ciò originate, sulla sua parola e dichiarazione. La qual cosa ha considerato e considera giusta e, affinché stia certo che compirò quanto sopra detto, e riconoscendo l’opera buona che per questo mi ha fatto e mi fa nel fornirmi il suo credito, stabilisco e riconosco con questa carta di impegnarmi con la mia persona e i beni, i diritti e le azioni avuti e da avere, di dare e pagare, e che darò e pagherò effettivamente, al suddetto signor Ambrogio Spinola o a chi avrà la sua procura e per essa lo dovrà avere, tutto ciò a cui ammonteranno il capitale, le spese, le responsioni, le provvigioni e le commissioni della suddetta somma e delle somme di cui per la suddetta ragione e per il suddetto conto è stato sollecitato e si solleciterà il pagamento e si pagheranno e si prenderanno a cambio, in qualsiasi maniera, secondo la forma e nell’ordine in cui il suddetto Ambrogio Spinola, e chi da lui avrà mandato, diranno e dichiareranno / (fol. 396 r.) sulla parola o con un semplice conteggio che a tale merito daranno e mostreranno, per cui lo dispongo e mi rimetto a esso come a giudizio, senza che sia necessario mostrare né presentare le lettere di cambio né da chi si presero, né dove né per dove né a quale prezzo si cambiava né altro riscontro probatorio, testimonianza né garanzia alcuna se a questo fosse obbligato di fatto o per legge, uso, stile e costume: perché da tutto questo io lo esonero e deve restare [cassato : esonerato] e resta esonerato affinché per ciò che così dirà e dichiarerà che devo e sono obbligato a pagare per la suddetta ragione o conto che darà firmata a suo nome, possa essere e sia sottoposto a esecuzione forzata e costretto al pagamento di esso e di ogni cosa di esso, subito e dove e quando il suddetto Ambrogio Spinola o chi da lui avrà mandato lo chiederà e lo vorrà riscuotere da me e dai miei beni, senza che sia necessario intimarmelo né ammonirmi circa il pagamento, né fare altra pratica alcuna, che io dispongo e voglio che sia [cassato : giunto] [in interlinea : trascorso] il termine il giorno stesso in cui così vorrà riscuoterlo. E rinuncio alla legge che dice che colui che deve sottostare e pagare secondo l’altrui parola e dichiarazione  











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si possa pentire prima d’impugnare la richiesta dell’attore, e mi impegno coi suddetti miei beni a dargli e pagargli tutto ciò in questa Corte in reali contanti, messi in suo possesso e pagati pacificamente, in modo puro e semplice senza alcuna lite né eccezione, [cassato : pena l’esecuzione forzata e le spese della riscossione] e come debito liquido e obbligazione con guarentigia. E per il compimento e l’esecuzione di quanto detto, con questa carta do pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà di qualsiasi parte essi siano e ai magistrati della sua Casa e Corte e a ciascuno di coloro dinanzi ai quali comparisse questa carta, alla cui giurisdizione mi sottometto e mi vincolo, e rinuncio al mio proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de / (fol. 396 v.) iurisditione omnium iudicum affinché con ogni rigore di legge e in via maggiormente esecutiva mi costringano e mi sollecitino a così mantenere e osservare, compiere e pagare, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e da me accettata, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore e a quella che proibisce la generale rinuncia. A testimonianza della qual cosa così stabilii dinanzi a notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti nella città di Madrid, addì undici del mese di marzo dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni Pedro Cano e Pedro González e Pero Ruiz, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato o diceva : per farmi, esonerato, giunto, pena l’esecuzione forzata e le spese della riscossione. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  



A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 395 r. - 396 v. [Documento n. 46] [Al margen superior izquierdo] A Ambrosio Spínola. [Al margen superior] 11 março. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta e pública scriptura vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte de su Magestad, digo que por quanto el señor Anbrosio Spínola, residente en la dicha Corte, a mi ynstançia e ruego [tachado : por me hazer] pagó por mí en feria de otubre del año pasado de quinientos e noventa y çinco a Aníbal Canbi, asimismo residente en esta Corte, seisçientas y ochenta y nuebe mill y çiento e noventa maravedís, por ducados mill ochoçientos y beynte y nuebe, diez y seis sueldos y diez dineros que de Lisboa me sacaron a pagar Carlos Beluti y prinçibal [sic] Canbi por su letra de quinze de julio del dicho año de noventa y çinco, por mí azeptada, y por otra parte quatroçientas y treynta y çinco mill y ochenta y ocho maravedís, por ducados mill y çiento y sesenta y quatro sueldos y ocho dineros que me sacaron los dichos Veluti y Canvi por su letra del dicho día, que asimismo fue por mí azeptada, las quales dichas dos partidas, con más tres mill y seteçientos y treinta y siete maravedís del corretaxe, que todo montó un quento, çiento e sesenta y çinco mill y quinze maravedís, el dicho señor Anbrosio Spínola, por la dicha mi orden y quenta e sobre el dicho su crédito, tomó a canvio en la dicha feria de otubre para la dicha Lisboa sacándolos a pagar en mayor suma a Juan Baptista Gallo, Antonio de Sanromán e Françisco de Ybarra / (fol. 395 v.) Compañía a quatroçientos y treynta rays y medio por ducado, que es el presçio a como entonzes se canbiaba para la dicha Lisboa, con orden que se baliesen dellos y de feria de hebrero deste año de noventa y seis, e yo pedido e rogado al dicho Anbrosio Spínola la tenga por bien de pagar en la dicha feria de hebrero, que de presente se haze en la villa de Medina del Canpo, lo que por la dicha quenta se oviere sacado, y que por mi quenta e sobre el dicho su crédito lo tome a canvio para la dicha Lisbona o para otra qualquier parte y plaça destos Reinos e fuera dellos, a las personas y al  

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presçio que lo allare e mexor se le acomodare, dando para ello las letras de canvio [tachado : que] y órdenes que quisiere y bien visto le fuere, e que a los retornos della e siempre que el dicho Anbrosio Espínola y quien por él fuere parte quisiere e por vien tubiere [interlineado : pagare] todo aquello que se debiere e montare el prinçipal y canbios, costas, encomiendas e corretages que dello se debieren y causaren a su dicho e declaraçión, el qual lo a tenido e tiene por bien, e para que esté çierto e seguro que cumpliré lo susodicho e reconoçiendo la buena obra que en ello me a echo y haze y en acomodarme con su crédito, otorgo y conozco por esta carta que me obligo con mi persona y vienes, derechos e abçiones avidos e por haver de dar e pagar y que daré e pagaré con efeeto al dicho señor Anbrosio Espínola, o a quien su poder obiere e por ello deba aver, todo aquello que montare el prinçipal y canvios, costas, responsiones, corretaxes y encomiendas de la dicha partida e partidas que por la dicha razón y quenta se an sacado e sacaren a pagar y pagaren e tomaren a canvio, en qualquier manera según y en la forma y por la orden que el dicho Anbrosio Spínola, e quien por él fuere parte, lo dixeren y declararen / (fol. 396 r.) por su palabra o quenta sinple que dello dieren e mostraren, en que lo dejo y difiero como en juizio sin que sea neçessario mostrar ni presentar las letras de canvio ni de quien se tomó, ni a donde ni para donde ni a qué presçio se canbiaba ni otra provança, testimonio ni recaudo alguno, por esto que de fecho o de derecho, uso, estilo o costunbre a ello fuese obligado, porque de todo ello le reliebo y a de quedar [tachado : relebado] y queda relebado para que por lo que ansí dixere y declarare, que debo e soy obligado a pagar por la dicha raçón o quenta que diere firmada de su nonbre, pueda ser y sea executado y conpelido a la paga dello y de cada cosa dello luego y cada e quando que el dicho Anbrosio Spínola o quien por él fuere parte lo pidiere y quisiere cobrar de mí e mis bienes, sin que sea neçesario requerirme ni aperzibirme sobre la paga ni haser otra diligençia alguna, que yo pongo e quiero que sea [tachado : llegado] [interlineado : pasado] el plazo el tal día que ansí lo quisiere cobrar, e renunçio la ley que dize que el que queda de estar e pagar por el dicho e declaraçión agena se pueda arrepentir antes del pleyto contestado, e me obligo e a los dichos mis vienes de se lo dar e pagar todo ello en esta Corte en reales de contado puesto e pagado en su poder llanamente, de llano en llano sin pleito ni exçeçión alguna, [tachado : so pena de exeçuçión y costas de la cobrança] e como deuda líquida y obligaçión guarentija. E para el cunplimiento y execuçión de lo que dicho es por esta carta doy poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean e alcaldes de su Casa y Corte y cada uno dellos ante quienes esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, e renunçio mi propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de / (fol. 396 v.) juridiçione oniun judicum para que por todo rigor de derecho y bía más executiba me conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar, como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, sobre lo qual renunçio todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor y la que proybe la general renunçiaçión. En testimonio de lo qual lo otorgué ansí ante el scrivano público e testigos yusoescriptos en la villa de Madrid a onze días del mes de março de mill e quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos Pedro Cano y Pero Gonçález e Pero Ruiz, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nonbre. Ba testado o dizía : e por me hazer que, relebado, llegado, so pena de execuçión y costas de la cobrança. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  













A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 395 r. - 396 v.

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* [Documento n. 47 : 07/06/1596]  

[Al margine superiore sinistro] 96. Contratto con Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore] 7 giugno. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura di contratto a servizio e apprendistato che io, Pedro de Ontiveros, abitante della città di Medina del Campo, trovandomi al momento in quella di Madrid, Corte di sua Mestà, come padre e legittimo tutore quale sono di Juan de Hontiveros, mio figlio, che è presente, e io il suddetto Juan de Hontiveros, con la licenza che chiedo al suddetto mio padre per poter assieme a lui fare e stipulare questa scrittura e vincolarmi con essa, e io il suddetto Pedro de Hontiveros gliela do e concedo come si richiede, e io il sopraddetto la accetto, facendo uso di essa stabiliamo e riconosciamo con questa carta di collocare e impiegare me, il suddetto Juan de Hontiveros, come apprendista e a servizio e per ulteriori attività presso il signor Giulio Giunti de’ Modesti, residente nella suddetta Corte, per il tempo e il termine di cinque anni compiuti prossimi a venturi, che devono cominciare a decorrere e a contarsi da oggi, giorno della data di questa carta in poi, fino al compimento, durante il quale suddetto periodo lo devo servire nella sua casa e tipografia e nelle cose a essa afferenti e in tutto il resto che mi ordinerà che sia lecito e onesto. E il suddetto Giulio Giunti mi deve dare da mangiare, un letto, biancheria pulita e da vestire e calzare il necessario e come si è soliti dare agli altri apprendisti, e [cassato : farmi insegnare] alla fine del suddetto periodo [mi deve dare] un vestito di veintidoseno 1 nero, che valga fino a duecento reali, e farmi insegnare nella suddetta sua tipografia il mestiere della pressa di modo che, alla fine del suddetto periodo, lo sappia e me ne intenda e possa lavorare e guadagnare la giornata ordinaria come qualsiasi altro operaio. E se per colpa del suddetto Giulio Giunti non lo sapessi né lo avessi appreso, sarà obbligato a darmi da lavorare nella sua casa e tipografia e darmi la stessa somma che guadagna un altro operaio fino quando non lo saprò e me ne intenderò e, nel caso in cui io non fossi capace di poterlo apprendere, adempia con il darmi il suddetto vestito e con l’aver fatto la sua parte per ciò a cui era obbligato. Ed entrambi congiuntamente e di comune accordo in nome di ognuno, e ciascuno di noi per sé e per il tutto in solidum, rinunciando come rinunciamo alle leggi dell’obbligazione in comune / (fol. 760 v.) [in interlinea : e al ricorso e beneficio della] escussione e della divisione, come in esse è contenuto, ci impegnamo con i nostri beni avuti e da avere affinché io, il suddetto Juan de Hontiveros, servirò il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti nella maniera sopra detta e bene e fedelmente durante il suddetto periodo dei cinque anni senza andarmene né assentarmi né fargli alcuna mancanza : prima di tutto, per ciò che mi fosse incaricato e venisse messo nelle mie mani gli renderò un buono e puntuale servigio, e non gli sottrarrò cosa alcuna, pena dovergliela dare e pagare dalle nostre persone e beni; e se me ne andassi o mi assentassi stabiliamo e consentiamo che a nostre spese e di chiunque di noi possa mandarmi a cercare e farmi portare dove vorrà che io stia. E io, il suddetto Juan de Hontiveros, trascorsi i suddetti [cassato : quattro] [in interlinea : cinque] anni, dovrò servire e recuperare ciò che in questo spenderà, ogni settimana od ogni mese un tanto, e il tempo durante il quale sarò assente o malato in modo da non poter essere al servizio del suddetto Giulio Giunti, lo dovrò recuperare ugualmente dopo che sarà scaduto il suddetto tempo dei suddetti cinque anni, che vanno contati dalla data di questa scrittura. E circa quanto si spenderà per riportarmi e dei torti compiuti verso il suddetto Giulio Giunti  









1   Veintidoseno : stoffa di 2200 fili in ordito (cfr. S. Carbonell, Dizionario fraseologico completo spagnoloitaliano, sub voce).  

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de’ Modesti per qualunque delle cause sopraddette, vogliamo che sia creduto il suo giuramento, per cui lo manteniamo e differiamo come in giudizio senza altra garanzia alcuna, in quanto in questa forma siamo e rimaniamo d’accordo e di concerto e ci impegnamo a osservare e compiere ciò alla lettera, adempiendo il suddetto Giulio Giunti per quel che compete alla sua parte. E per l’esecuzione di quanto detto e contenuto in questa scrittura diamo pieni poteri a tutti i tribunali e/o giudici di sua Maestà di qualsiasi parte siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a ognuno di quelli dinanzi ai quali comparisse questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e vincoliamo, e rinunciamo [cassato : a ogni qual] al nostro proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva ci costringano / (fol. 761 r.) e ci sollecitino a mantenerlo e osservarlo, compierlo e pagarlo così, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo e ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore e a quella che proibisce la generale rinuncia. E ad ulteriore garanzia e validità io, il suddetto Juan de Hontiveros, essendo minore di venticinque anni, sebbene maggiore di diciotto, giuro e prometto per Dio Nostro Signore e con un segno della croce tale e quale a questa †, che mi faccio con la mia mano destra, di osservare, compiere e considerare valida questa scrittura e quanto in essa contenuto, e non andare né venire né reclamare contro di essa né chiedere la reintegrazione in ragione della suddetta minore età né adducendo l’inganno, la lesione, la costrizione né la circonvenzione, perché confesso e dichiaro che la faccio e concedo di mia propria, libera e consenziente volontà, e che in essa non vi è dolo, inganno né lesione, e anzi diventa di mia utilità e vantaggio, e non addurrò altra causa né ragione alcuna, anche se mi dovesse competere di fatto o di diritto, pena l’essere uno spergiuro e incorrere in un caso di condotta disonorevole e le altre pene in cui incorrono coloro i quali rompono simili giuramenti. E per questo non chiederò assoluzione né mitigazione a giudice né a prelato che me la possa concedere e, se motu proprio o in altra maniera mi venisse concessa, non farò uso di essa, pena il suddetto castigo, e che comunque e in ogni caso questa scrittura sia e resti valida, e tanti giuramenti faccio / (761 v.) [cassato : e un altro ancora] nella suddetta forma. A testimonianza della qual cosa così stabilimmo dinanzi al notaio e ai testimoni nella città di Madrid addì sette del mese di giugno dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni Domingo de Polanco e Pedro de Ribas, seggiolaio nella Calle Mayor, e Juan de Angulo, servo del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, residenti in questa Corte. E i suddetti Pedro de Ribas e Juan de Angulo giurarono formalmente di conoscere i suddetti concedenti e che erano gli stessi che concessero senza alcuna cautela, e il suddetto Juan de Hontiveros firmò. E per il suddetto suo padre, il quale disse di non saper scrivere, firmò su sua richiesta uno dei suddetti testimoni. Appare scritto in interlinea : cinque. E al margine : e il ricorso e il beneficio della]. Emendato : ten. Appare cancellato o diceva : farmi insegnare, quattro, ogni qual. Come testimone, Juan de Angulo [firmato e rubricato]. Juan de Ontiveros [firmato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  











A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 760 r. - 761 v. [Documento n. 47] [Al margen superior izquierdo] 96. Asiento con Julio Junti de Modesti. [Al margen superior] A 7 junio. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública scriptura de asiento a serviçio y aprendiz vieren como yo, Pedro de Hontiberos, veçino de la villa de Medina del Canpo, estante al presente en la de Madrid, Corte de su Magestad, como padre e ligítimo administrador que soy de Juan de

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Hontiveros, mi hijo, que está presente, e yo el dicho Juan de Hontiberos, con liçençia que pido al dicho mi padre para juntamente con él hazer y otorgar esta escriptura y obligarme en ella, e yo el dicho Pedro de Hontiberos se la doi y conçedo como se requiere, e yo el sobredicho la açepto, e della usando otorgamos y conoçemos por esta carta que ponemos y asentamos por aprendiz e a serviçio e para más valer con el señor Julio Junti de Modesti, residente en la dicha Corte, a mí el dicho Juan de Hontiberos por tienpo y espaçio de çinco años cunplidos primeros siguientes, que an de començar a correr y se contar desde oy día de la fecha desta carta en adelante hasta ser cunplidos, durante el qual dicho tienpo le tengo de servir en su casa y enplenta y cosas a ella tocantes y en todo lo demás que me mandare que sea líçito y onesto, y el dicho Julio Junti me a de dar de comer, cama y ropa labada y de bestir y calçar lo neçessario e como se suele dar a otros aprendizes, y [tachado : hazerme enseñar] al fin del dicho tiempo un bestido de beynteydoseno negro de balor de hasta duçientos reales, y haçerme enseñar en la dicha su enplenta el ofiçio de la prensa de manera que al fin del dicho tiempo lo sepa y entienda e pueda travaxar y haçer la xornada ordinaria como otro qualquier ofiçial, y si por culpa del dicho Jullio Junti ni lo supiere y hubiere deprendido sea obligado de darme que travaxar en su casa y enplenta y darme el mismo partido que ganare otro ofiçial asta que lo sepa y entienda, y en caso que yo no sea capaz para lo poder deprender cumpla con darme el dicho bestido y haber echo de su parte lo que hera obligado, y anbos juntamente de mancomún a voz de uno y cada uno de nos por sí y por el todo yn solidun, renunçiando como renunçiamos las leyes de la mancomunidad / (fol. 760 v.) [interlineado : y el remedio e benefiçio de la] hescursión y división, como en ellas se contiene, nos obligamos y a nuestros bienes avidos e por aver que yo el dicho Juan de Ontiberos serviré al dicho Julio Junti de Modesti en la manera susodicha y bien e fielmente durante el dicho tiempo de los dichos çinco años sin me yr ni ausentar ni haçerle falta alguna, antes de todo lo que me encargare e viniere a mis manos daré buena quenta e razón, e no le aré menos cosa alguna so pena de se lo dar e pagar por nuestras personas e vienes, e si me fuere o ausentare ponemos y consentimos que a nuestra costa e de qualquier de nos pueda enviar por mí e hazerme traer donde quiera que estubiere, e que yo el dicho Juan de Hontiveros aya de servir y desquitar lo que en esto gastare después de cunplidos los dichos [tachado : quatro] [interlineado : çinco] años cada semana o cada mes un tanto, y el tienpo que estuviere ausente o enfermo, de suerte que no pueda acudir al serviçio del dicho Julio Junti, lo aya de cunplir asimismo después de cunplido el dicho tienpo de los dichos çinco años, que se an de contar desde la fecha desta escriptura, y çerca de lo que se gastare en traerme y de las faltas que por qualquier de las causas susodichas hiziere al dicho julio Junti de Modesti queremos sea creído por su juramento, en que lo dejamos e difirimos como en juiçio sin otro recaudo alguno, por quanto en esta formo [sic] somos y estamos conbenidos y conçertados y nos obligamos de lo guardar y cunplir a la letra, cunpliendo el dicho Julio Junti lo que le toca de su parte. E para la execuçión de lo que dicho es y en esta escriptura se contiene damos poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean, y señores alcaldes de su Casa e Corte e cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión nos sometemos y obligamos, e renunçiamos [tachado : todas e quales] nuestro propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione onimun judicun, para que por todos los remedios e rigores del derecho y bía más breve y executiba nos conpelan / (fol. 761 r.) y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por nos consentida, sobre lo qual renunçiamos todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en nuestro favor y la que proybe la general renunçiaçión, e para más fuerça e firmeza yo el dicho Juan de Ontiberos, por ser menor de veinte y çinco años aunque mayor de diez y ocho, juro e prometo por Dios Nuestro Señor e por una señal de cruz tal como ésta †, en que pongo mi mano  









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derecha, de guardar, cunplir e haver por forme [sic] esta scriptura y lo en ella conthenido, e no yr ni benir ni reclamar ni pedir restituçión contra ella por razón de la dicha menor hedad ni alegando engaño, lesión, fuerça ni persuasión, porque confieso e declaro que la hago y otorgo de mi propia, libre e agradable voluntad, e que en ella no ay dolo, engaño ni lesión antes, se convierte en mi utilidad y provecho, e no alegaré otra causa ni razón alguna aunque de fecho e de derecho me conpeta, so pena de perjuro y de caer en caso de menos valer y en las otras penas en que yncurren los que quebrantan semexantes juramentos, y del no pediré absuluçión ni relaxaçión a juez ni perlado que me la pueda conçeder, y si de propio motuo o en otra manera me fuere conçedida no usaré della so la dicha pena y que todavía y en todo casso esta escriptura sea y quede firme, e tantos juramentos hago / (fol. 761 v.) [tachado : e uno más] de la forma dicha. En testimonio de lo qual lo otorgamos ansí ante el scrivano e testigos en la villa de Madrid a siete días del mes de junio de mill y quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos Domingo de Polanco y Pedro de Ribas, sillero, en la calle Mayor, e Juan de Angulo, criado del dicho Julio Junti de Modesti, residentes en esta Corte, y los dichos Pedro de Ribas e Juan de Angulo juraron en forma conozer a los dichos otorgantes y ser los mismos que lo otorgan sin cautela alguna, y firmolo el dicho Juan de Hontiberos, e por el dicho su padre, el que dixo no saber scrivir, a su ruego lo firmó uno de los dichos testigos. Ba scripto entre renglones : çinco. Y en la marjen : y el remedio y benefiçio de la. Enmendado : ten. Ba testado o dizía : hazerme enseñar, quatro, todas e quales. Por testigo, Jhoan de Angulo [firmado y rubricado]. Juan de Hontiberos [firmado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  









A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 760 r. - 761 v. * [Documento n. 48 : 21/08/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Gerónimo Miles [Jerónimo de Millis]. [Al margine superiore destro] 21 agosto. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid addì ventuno del mese di agosto dell’anno millecinquecentonovantasei, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, e dichiarò che per sentenza vista e riesaminata e per altre garanzie gli sono state aggiudicate, è stato ordinato di dargli tutti i beni, diritti e azioni dovuti e appartenenti a Cornelio Bonart, stampatore di libri, defunto, e per questo è stata emessa una formale rogatoria dal signor dottor Arce de Otálora, del Consiglio di sua Maestà, magistrato nella sua Casa e Corte, dinanzi a Miguel Sánchez, cancelliere provinciale presso di essa, nella quale gli si dà licenza per riscuotere e far uso dei suddetti beni, come è notorio. Pertanto stabilì di dare la sua piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiede e per legge si richiede, a Jerónimo de Millis, abitante della città di Salamanca, e a chi egli sostituirà, specialmente affinché a suo nome e come egli stesso, rappresentando [in interlinea : la sua persona] possa chiedere, ricevere, avere e riscuotere dai beni e dagli eredi di don Lope de Herrera, abitante della suddetta suddetta [sic] città, qualsiasi maravedì che dovesse o avesse ordinato di dare e pagare al suddetto Cornelio Bonart o ai suoi eredi in qualsiasi maniera e per qualsiasi ragione o causa, poiché [cassato : a] gli appartengono e li [cassato : devo] deve avere in virtù della suddetta sentenza e rogatoria. E affinché di quanto ricevesse e riscuotesse dia e conceda la sua o le sue ricevute di pagamento, quietanza e qualsiasi altra garanzia che si debba dare e, non risultando al momento il pagamento, considerarsi soddisfatto e rinunciare alle leggi ed eccezioni di legge / (fol. 1079 v.) che trattino di questo caso, e siano valide e così valevoli come se egli le avesse date e concesse, e ricevesse  





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e riscuotesse ciò in ragione della suddetta riscossione dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competenti o in altra maniera. E [possa] fare qualsiasi istanza, richiesta, giuramento, esecuzione forzata, fermo giudiziario, vendita e asta di beni, accertamento probatorio e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari, fino al reale ed effettivo pagamento, che [Giulio Giunti] gli conferì e concesse quella stessa procura che per questo possiede e si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire una, due o più persone, revocare i sostituti e costituirne altri con una procura simile o più limitata, e si impegnò con i suoi beni a considerare il tutto giusto e valido. A testimonianza della qual cosa così stabilì, essendo presenti come testimoni a quanto detto Francisco Esteban Cortés e Juan de Angulo e Francisco Gallardo, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato o diceva : a, devo, na. Ed emendato : rappresentando. E in interlinea : persona. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu presso di me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, un reale e mezzo.  





A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 1079 r. - v. [Documento n. 48] [Al margen superior izquierdo] Poder a Gerónimo Miles. [Al margen superior derecho] 21 agosto. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a veynte y un días del mes de agosto de mill y quinientos e noventa y seis años, ante mí el scrivano público y testigos yusoescriptos paresçió presente Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, e dixo que por sentençia de vista y revista y otros recaudos le están adjudicados y mandado se le acuda con todos los vienes, derechos y acçiones devidos e pertenesçientes a Cornelio Bonart, ynpresor de libros, difunto, y dado para ello requisitoria en forma por el señor liçençiado Arçe de Otálora, del Consejo de su Magestad, alcalde en su Cassa y Corte, por ante Miguel Sánchez, scrivano de provinçia en ella, en que se le da liçencia para cobrar y usar de los dichos vienes, como es notorio. Por ende otorgó que da su poder cunplido, libre llenero vastante como lo tiene y de derecho se requiere, a Gerónimo de Myles, veçino de la çiudad de Salamanca, y a quien él sostituyere, espeçialmente para que en su nombre y como él mismo, representando [interlineado : su persona], pueda pedir, resçivir, haver y cobrar de los vienes y herederos de don Lope de Herrera, veçino de la dicha dicha [sic] çiudad, qualesquier maravedís que debiere o ubiere mandado dar y pagar al dicho Cornelio Bonart o a sus herederos en qualquier manera y por qualquier razón y caussa, por quanto [tachado : a] le pertenesçen y los [tachado : tengo de] a de haver en virtud de la dicha sentençia y requisitoria, y para que de lo que resçibiere y cobrare dé y otorgue su carta o cartas de pago, finiquito y otros qualesquier recaudos que se deban dar, y no paresçiendo la paga de presente darse por entregado, y renunçiar las leyes y ecepçiones de derecho / (fol. 1079 v.) que sobre este casso hablan, y balgan y sean tan firmes como si él las diese y otorgase y lo resçiviese y cobrasse en raçón de la dicha cobrança ante qualesquier justiçias e jueçes conpetentes o en otra manera, e azer qualesquier pedimientos, requirimientos, juramentos, execuçiones, embargos, ventas e remates de vienes, provanças y todos los demás autos e diligençias nesçesarias hasta la real yy efetiba paga, que el poder que para ello tiene y se requiere, ese mismo le dio e otorgó con sus inçidençias e dependençias y anegidades, y con la relevaçión de derecho nesçesaria y facultad de sostituir una persona, dos o más, rebocar los sustitutos y criar otros con semejante o más limitado poder, y se obligó y a sus vienes de lo haver todo por bueno e fyrme. En testimonio de lo qual lo otorgó ansí, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Françisco Esteban Cortés y Juan de Angulo y Françisco Gallardo, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee  





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que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Va testado o dizía : a, tengo, na. Y enmendado : representando. Y entre renglones : persona. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, real y medio.  





A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 1079 r. - v. * [Documento n. 49 : 22/08/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Juan de Angulo per la riscossione di Murcia. [Al margine superiore] 22 agosto. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte di sua Maestà, come cessionario quale sono del padre fra’ Alonso de Critana, dell’ordine di San Girolamo, a cui carico è l’amministrazione e la riscossione del Nuovo Ufficio Divino, riconosco con questa carta di dare e concedere la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come io la possiedo e per legge in tal caso si richiede, a Juan de Angulo, residente nella suddetta Corte, giovane, di corpo minuto, con la barba rossiccia, con alcuni nei sul volto, dell’età più o meno di ventidue anni, specialmente affinché a mio nome, rappresentando la mia persona, in quanto tale cessionario, possa presentare e presenti dinanzi al tribunale della città di Murcia e a qualsiasi altro tribunale e giudice di sua Maestà, di qualsiasi parte sia, e dove e come convenga, un’ingiunzione di pagamento data ed emessa dal signor dottor Arce de Otálora, del Consiglio di sua Maestà, magistrato presso la sua Casa e Corte, dinanzi a Felipe de Escobar, cancelliere provinciale presso di essa, che gli consegno in originale, contro la persona e i beni di Giuseppe Domenego, libraio, e Juan Martínez, pasticciere, suo fideiussore, abitanti della suddetta città di Murcia, per la somma di ottocento ducati di capitale e ventidue reali di spese processuali, e undicimila maravedì, dall’altra parte, per i salari delle persone che sono andate a eseguire e ad intimargli la messa all’asta dei beni e per i due giorni in cui si occuparono di questo, per la spesa di cinquecento maravedì al giorno, e il salario per quelli in cui è stata impiegata una persona che andasse con la suddetta ingiunzione di pagamento allo stesso proposito, fino ad aver effettuato l’intero e compiuto pagamento, secondo quanto risulta da essa, e chiedere l’adempimento di questa, e che si faccia [cassato : al capi] il pagamento del suddetto capitale più le spese e i salari determinati e che si determinarono e si devono pagare conformemente alla suddetta rogatoria e alla sentenza definitiva in essa inserita. E [possa] ricevere / (fol. 1083 v.) e riscuotere tutto e ogni cosa di questo a mio nome, e di quel che ricevesse e riscuotesse [possa] dare e concedere la sua ricevuta o le sue ricevute di pagamento e quietanza e, se necessario, di rivalsa sul debitore, con la cessione di azioni. E siano valide e siano così efficaci come se io stesso le avessi date e concesse e ricevessi e riscuotessi; e non risultandone al momento il pagamento [possa] considerarsi soddisfatto e rinunciare alle leggi e alle eccezioni di diritto che trattano in merito alla consegna e alla prova di essa. E in ragione della riscossione dei suddetti maravedì di capitale, salari e spese e dell’adempimento della suddetta rogatoria possa fare e faccia qualsiasi istanza, richiesta, vendita e messa all’asta di beni, cessione e trasferimento di essi, giuramento, accertamento probatorio, appello, ricusazione, fermo giudiziario, rimozione del fermo giudiziario e accettazione [cassato : e tu] di proscioglimento e tutti gli altri atti e pratiche necessari fino al reale ed effettivo pagamento e riscossione, che gli do e concedo quella stessa procura che per questo possiedo e si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e con l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire per quel che concerne il dibattimento processuale e nient’altro, revocare  



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i sostituti e costituirne altri. E nel considerare tutto buono e valido mi impegno coi miei beni, diritti e azioni. A testimonianza della qual cosa così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti nella città di Madrid, addì ventidue del mese di agosto dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni Antonio López Cervela e Tommaso Giunti e Chiro Garillano ( ?), residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare cancellato o diceva : al capi, e tu. Emendato : la suddetta rogatoria. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  





A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 1083 r. - v. [Documento n. 49] [Al margen superior izquierdo] Poder a Juan de Angulo para la cobrança de Murçia. [Al margen superior] 22 agosto. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte de su Magestad, como çesionario que soy del padre fray Alonso de Critana, de la orden de señor San Gerónimo, a cuyo cargo está la administraçión y cobrança del Nuevo Reço, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cunplido, libre llenero bastante según que yo le tengo e de derecho en tal casso se requiere, a Juan de Angulo, residente en la dicha Corte, mançebo, pequeño de cuerpo, barbitaheño, con algunos lunares en el rostro, de hedad de hasta veinte y dos años poco más o menos e espeçialmente para que por mí y en mi nonbre, representando mi persona, como tal çesionario pueda presentar e presente ante la justiçia de la çiudad de Murçia y otras qualesquier justiçias e juezes de su Magestad, de qualquier parte que sean, y donde y como conbenga, una carta requisitoria de pago, a mi pedimiento dada y librada por el señor liçençiado Arçe de Otálora, del Consejo de su Magestad, alcalde en su Casa y Corte, ante Felipe de Escobar, scrivano de provinçia en ella, que originalmente le entrego, contra las personas y vienes de Jusepe Domenego, librero, e Juan Martínez, pastelero, su fiador, veçinos de la dicha çiudad de Murçia, por quantía de ochoçientos ducados de prinçipal y veinte y dos reales de costas proçesales, y honze mill maravedís por otra parte de los salarios de las personas que an ydo a executar e zitar de remate de vienes y dos días que se ocuparon en ello, a razón de quinientos maravedís por día y salario de los que se ocupare la persona que fuere con la dicha requisitoria de pago al mismo respeto, hasta aver echo entero y cunplido pago, según por ella pareçe, y pedir cumplimiento della, e que se haga [tachado : al prin] pago del dicho prinzipal y costas y salarios causados e que se causaron y deban pagar conforme a la dicha requisitoria y a la sentençia de remate en ella ynserta, y lo rezibir / (fol. 1083 v.) y cobrar todo ello y cada cosa dello en mi nonbre, y de lo que rezibiere y cobrare dar y otorgar sus carta o cartas de pago e finiquito y lasto si neçesario fuere con çesión de abçiones, y balgan e sean tan firmes y bastantes como si yo mismo las diese y otorgase y lo rezibiese y cobrase, y no paresçiendo la paga de presente darse por entregado e renunçiar las leyes y exçeçiones de derecho que hablan sobre la entrega y prueba della, y en razón de la cobranza de los dichos maravedís de prinçipal, salarios y costas e del cunplimiento de la dicha requisitoria pueda hazer e haga qualesquier pedimientos, requerimientos, ventas e remates de bienes, çesiones e traspassos dellos, juramentos, provanzas, apelaçiones, recusaçiones, enbargos, desenbargos e consentimientos [tachado : e to] de soltura e todos los demás autos y diligençias neçesarios hasta la real y efetiva paga y cobranza, que el poder que para ello tengo e se requiere, ese mismo le doi e otorgo con sus inzidençias e dependençias e anegidades y con la relebaçión de derecho neçesaria y falcultad de sustituir en lo que toca a enjuiziar e no más, rebocar los sustitutos e criar otros, e para lo aver todo por bueno e firme me obligo e a mis vienes, derechos y abçio 



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nes. En testimonio de lo qual lo otorgué ansí ante el scrivano público e testigos yusoscriptos, en la villa de Madrid a veinte y dos días del mes de agosto de mill e quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos Antonio López Çervela y Thomás Junti y Chiro Garillano ( ?), residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Ba testado o dizía : al prin, e to. Enmendado : la dicha requisitoria. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  





A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 1083 r. - v. * [Documento n. 50 : 22/08/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Procura al suddetto per riscuotere a Toledo. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa città di Madrid, Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come la possiedo e per legge in tal caso si richiede, a Juan de Angulo, residente nella suddetta Corte, che è giovane, di corpo minuto, con la barba rossiccia, con alcuni nei sul volto, dell’età più o meno di ventidue anni, specialmente affinché a mio nome e come io stesso, rappresentando la mia persona, e per me, possa chiedere, ricevere, avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso dalle persone che sotto verranno dichiarate, abitanti e residenti nella città di Toledo, e dai loro beni e da chi per loro dovrà in qualsiasi maniera pagare tutto ciò, ovverosia le somme di maravedì che mi devono e sono obbligati a pagarmi, per scadenza dei termini, in virtù di scritture e garanzie in questa maniera. § Da Diego Rodríguez, libraio, quaranta ducati per una scrittura dinanzi ad Andrea Aldrete, notaio di sua Maestà, fatta in questa villa di Madrid il dodici aprile dello scorso anno cinquecentonovantatré. XL ducati § Da Baltasar de Fuensalida, cento reali castigliani d’argento per un’obbligazione dinanzi a Juan Bautista Ochoa, notaio pubblico di Toledo, datata diciassette settembre dell’ [cassato : suddetto] anno [in interlinea : appena trascorso cinquecentonovantacinque]. C reali § Da don Luis Gaitán de Ayala, centocinquanta reali d’argento per un obbligazione dinanzi al suddetto notaio, il tredici ottobre del suddetto anno novantacinque. CL reali § Dall’alfiere Francisco de Ayala de Avalos, cento reali per una scrittura dinanzi allo stesso notaio, fatta il quattordici del suddetto mese di ottobre e anno millecinquecentonovantacinque. C reali § Da don Luis de Aguilar, cento reali per un’obbligazione dinanzi allo stesso notaio, il quindici del suddetto mese e anno. C reali § Da don Diego Ordóñez de Cobides, novecento reali per un’obbligazione dinanzi allo stesso notaio, datata ventisette del suddetto mese e anno. DCCCC reali / (fol. 1084 v.) Da Diego Rodríguez de Salcedo, libraio, novantaquattro reali come residuo di una somma maggiore di questo importo, di cui diede atto dinanzi a Juan Fernández, notaio pubblico di Toledo, addì ventiquattro di luglio di questo anno. XCIIII reali I quali suddetti importi e ciascuno di essi possa avere e riscuotere, con le spese e i salari che saranno determinati e che si debbano pagare conformemente alle suddette obbligazioni e garanzie, che gli consegno in originale, e di quanto riceverà e riscuoterà [possa] dare e con 



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cedere la sua ricevuta o le sue ricevute di pagamento, quietanza e, se necessario, di rivalsa sul debitore, con cessione di azioni, e siano così valide ed efficaci come se io stesso le dessi e concedessi e li ricevessi e riscuotessi. E non risultandone al momento il pagamento [possa] considerarsi soddisfatto, e rinunciare alle leggi e alle eccezioni di diritto che trattano di questo caso; e in ragione della suddetta riscossione e di qualsiasi cosa di essa, dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competenti o in altra maniera, [possa] fare qualsiasi istanza, richiesta, giuramento, esecuzione forzata, fermo giudiziario, vendita e messa all’asta di beni, cessione e trasferimento di essi, appelli, ricusazioni e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari fino al reale ed effettivo pagamento e riscossione, che gli do e conferisco quella stessa procura che per questo possiedo e si richiede per legge, con le sue incidenze e dipendenze e annessi, e l’esonero per legge necessario e la facoltà di sostituire per quel che riguarda il dibattimento processuale e nient’altro, revocare i sostituti e costituirne altri. E nel considerare ciò buono e valido mi impegno coi miei beni, diritti e azioni. A testimonianza della qual cosa così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti nella città di Madrid, Corte di sua Maestà, addì ventidue del mese di agosto dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni Antonio López Cervela e Tommaso Giunti e Chiro Garillano ( ?), residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. È cancellato : suddetto. E in interlinea : appena passato cinquecentonovantacinque. Emendato : tre, diritti. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, un reale e mezzo.  







A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 1084 r. - v. [Documento n. 50] [Al margen superior izquierdo] Poder al dicho para cobrar en Toledo. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta billa de Madrid, Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doi e otorgo mi poder cunplido, libre llenero bastante según que yo le tengo e de derecho en tal caso se requiere, a Juan de Angulo, residente en la dicha Corte, que es mançebo, pequeño de cuerpo, barbitaheño, con algunos lunares en el rostro, de hedad de hasta veinte y dos años poco más o menos, espeçialmente para que por mí y en mi nombre e como yo mismo, representando mi persona e para mí, pueda pedir, rezibir, aver e cobrar en juiçio e fuera del de las personas que de yuso yrán declaradas, veçinos e residentes en la çiudad de Toledo, e de sus vienes e de quien por ellos lo deba pagar en qualquier manera, es a saver las quantías de maravedís que me deben y están obligados a pagar de plazos pasados por escripturas e recaudos, en esta manera. § De Diego Rodríguez, librero, quarenta ducados por scriptura ante Andrea Aldrete, scrivano de su Magestad, fecha en esta villa de Madrid en doze de abrill del año pasado de quinientos e noventa y tres. XL ducados § De Baltasar de Fuensalida, çien reales de plata castellanos por obligaçión ante Juan Baptista Ochoa, scrivano público de Toledo, su fecha en diez y siete de septiembre del [tachado : dicho] año [interlineado : próximo pasado de quinientos e noventa y çinco]. C reales § De don Luis Gaytán de Ayala, çiento y çinquenta reales de plata por obligaçión ante el dicho scrivano, en treze de otubre del dicho año de noventa y çinco. CL reales § Del alférez Françisco de Ayala de Avalos, çien reales por scriptura ante el mismo scrivano, fecha en catorze del dicho mes de otubre e año de quinientos e noventa y çinco. C reales  



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§ De don Luis de Aguilar, çien reales por obligaçión ante el mismo escrivano, en quinze del dicho mes y año. C reales § De don Diego Ordóñez de Cobides, noveçientos reales por obligaçión ante el mismo scrivano, su fecha en veinte y siete del dicho mes y año. DCCCC reales / (fol. 1084 v.) De Diego Rodríguez de Sauçedo, librero, noventa y quatro reales de resto de mayor suma que desta partida, e reconoçió ante Juan Fernández, scrivano público de Toledo, en veinte y quatro de julio deste año. XCIIII reales Las quales dichas partidas e cada una dellas pueda aver e cobrar, con las costas e salarios que se causaren e deban pagar conforme a las dichas obligaçiones e recaudos, que originalmente le entrego, e de lo que rezibiere e cobrare dar y otorgar su carta o cartas de pago, finiquito y lasto si neçesario fuere, con çesión de abçiones, y balgan y sean tan firmes y bastantes como si yo mismo las diese y otorgase y lo rezibiese y cobrase, e no paresçiendo la paga de presente darse por entregado, e renunçiar las leyes y exçeçiones de derecho que sobre este caso ablan, y en razón de la dicha cobrança e qualquier cosa dello, ante qualesquier justiçias e juezes conpetentes o en otra manera, haser qualesquier pedimientos, requerimientos, juramentos, execuçiones, enbargos, ventas e remates de bienes, çesiones e traspasos dellos, apelaçiones, recusaçiones e todos los demás autos e diligençias neçesarias hasta la real y efetiba paga e cobrança, que el poder que para ello tengo e de derecho se requiere, ese mismo le doy e otorgo con sus yncidencias e dependencias e anegidades, y con la relebaçión de derecho nescesaria y facultad de sustituir en lo que toca a enjuiziar e no más, rebocar los sustitutos e criar otros, e para lo aver por bueno e firme me obligo e a mis bienes, derechos y abçiones. E en testimonio de lo qual lo otorgué ansí ante el scrivano público e testigos yusoscriptos en la villa de Madrid, Corte de su Magestad, a veinte y dos días del mes de agosto de mill y quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos Antonio López Cerbela e Tomás Junti y Chiro Garillano ( ?), residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Es testado : dicho. Y entre renglones : próximo pasado de quinientos e noventa y çinco. Enmendado : tres, derechos. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, real y medio.  







A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 1084 r. - v. * [Documento n. 51 : 25/09/1596]  

[Al margine superiore sinistro] Affitto a Giulio Giunti. [Al margine superiore destro] 25 settembre. † Sappiano quanti vedranno questo contratto di affitto che io, Mari Flores, vedova, che fui moglie di Domingo Martín, fonditore di bronzo, defunto, che Dio l’abbia in gloria, abitante di questa città di Madrid nella calle de Fuencarral, riconosco con questa carta di [cassato : dare e concedere la mia piena procura libera lle] affittare e di dare in affitto al signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, Corte [sic] di sua Maestà, per lui e per chi lui vorrà, delle case di mia proprietà che possiedo nella calle de Fuencarral, accanto alla porta di questa città, che hanno due appartamenti e un portico e il suo cortile, che gli affitto per il periodo e il termine di un anno pieno prossimo venturo, che deve cominciare a decorrere e a contarsi dal giorno ventisei di questo mese corrente di settembre in poi fino al compimento, per il prezzo e l’importo di diciotto ducati di undici reali ciascuno: sei ducati di questi pagati subito in contanti, dei quali mi considero e reputo ben contenta e rispettata  

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in ogni mia volontà, poiché li ho ricevuti realmente ed effettivamente [in interlinea : in reali d’argento] in presenza del notaio e dei testimoni di questa carta, della cui consegna e pagamento io il notaio faccio fede; e altri sei ducati che mi deve pagare da oggi, giorno della data di questa carta, entro [cassato : quattro] [in interlinea : sei] mesi; e gli altri sei ducati rimanenti alla fine dell’anno di questa locazione. / (fol. 1225 v.) Ed è condizione che, se compiuto il suddetto anno non avessi bisogno della suddetta casa per viverci e la dovessi affittare a un’altra persona, non gliela potrò togliere per lo stesso prezzo durante tutto il tempo che la volesse e io non ne avessi bisogno per viverci e, purché la tratti bene e alla detta condizione gli faccio il suddetto affitto, e mi impegno coi miei beni a mantenergli certa e sicura la suddetta casa durante il suddetto periodo di questa locazione, e di non togliergliela per più né per meno né in altra maniera, pena dovergli dare un’altra casa uguale e altrettanto bella e in un luogo altrettanto buono e per lo stesso tempo, prezzo e condizione, e in più pagargli tutte le spese e i danni che gliene deriveranno e saranno gravati. E io, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, che sono presente a quanto detto, accetto questa scrittura e prendo e ricevo in affitto da voi, la suddetta Mari Flores, vedova, le suddette case per il suddetto periodo [cassato : e prezzo] del suddetto anno e per il suddetto prezzo e alle condizioni e secondo quanto contenuto in questa scrittura e mi impegno, io e i miei beni avuti e da avere, a pagarvi i dodici ducati rimanenti della pigione del suddetto anno entro i termini e nella maniera sopraddetta, ovverosia sei ducati di questi da oggi, giorno della data di questa carta, entro i primi sei mesi a seguire, e gli altri sei ducati rimanenti alla fine del suddetto anno. E se se la tenessi e me la lasciaste per più tempo in affitto, conformemente alla condizione di cui sopra vi pagherò la suddetta pigione entro gli stessi tempi / (fol. 1226 r.) e termini e nello stesso ordine e forma di questo primo anno, e alla fine ve la lascerò libera e sgombra [cassato : ed entrambe le p] pacificamente e senza alcuna opposizione. Ed entrambe le parti, ciascuna per quel chele concerne, per così compiere e pagare, obblighiamo noi e i nostri beni. E per l’esecuzione di ciò diamo pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà di qualsiasi parte essi siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a ciascuno di coloro dinanzi ai quali comparirà questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e vincoliamo, e rinunciamo al nostro proprio statuto locale e al privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium udicum, affinchè con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva ci costringano e ci sollecitino a mantenere e osservare, compiere e pagare così, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me [sic] accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore e a quella che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta. E io, la suddetta Mari Flores, rinuncio altresì alle leggi di Velleiano, senatus consultus [sic] e di Toro, e alla Partida che tratta a favore delle donne, del cui ausilio e beneficio sono stata avvisata dal presente notaio. A testimonianza della qual cosa così abbiamo stabilito, in due copie conformi, a ogni parte la sua, dinanzi al notaio e ai testimoni sottoscritti nella suddetta città di Madrid, addì venticinque del mese di settembre dell’anno millecinquecentonovantasei, essendo presenti come testimoni / (fol. 1226 v.) a quanto detto Tommaso Giunti e Bernardo de Salas e Diego de Mollinedo, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere i suddetti concedenti, e il suddetto Giulio Giunti firmò, e per la suddetta Mari Flores, che disse di non saper scrivere, firmò su sua istanza un testimone. Appare cancellato o diceva : dare e concedere la mia piena procura libera lle, quattro, prezzo, ed entrambe le p. E in interlinea : in reali d’argento, sei. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Come testimone, Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  











A.H.P.M. Protocollo 1.356, fols. 1225 r. - 1226 v.



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i giunta a madrid [Documento n. 51]

[Al margen superior izquierdo] Arrendamiento a Julio Junti. [Al margen superior derecho] 25 septiembre. † Sepan quantos esta carta de arrendamiento vieren como yo, Mari Flores, biuda muger que fui de Domingo Martín, fundidor de bronze, difunto, que sea en gloria, veçina desta villa de Madrid en la calle de Fuencarral, conozco por esta carta que [tachado : doy e otorgo mi poder cunplido libre lle] arriendo e doy en arrendamiento al señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en esta Corte, Corte [sic] de su Magestad, para él e quien él quisiere, unas casas que yo tengo mías propias en la dicha calle de Fuencarral, junto a la puerta desta villa, que tienen dos aposentos y un portal y su corral, les quales le arriendo por tienpo y espaçio de un año cunplido primero siguiente, que a de començar a correr y se contar desde veynte y seis días deste presente mes de septienbre en adelante hasta ser cunplido, e por presçio y quantía de diez y ocho ducados de a honze reales cada uno, pagados los seis ducados dellos luego de contado, de que me doy e otorgo por bien contenta y entregada a toda mi voluntad, por quanto los rezibí realmente y con efeeto [interlineado : en reales de plata] en presençia del scrivano e testigos desta carta, de cuya entrega y paga yo el scrivano doy fee, y otros seis ducados me a de pagar de oy día de la fecha desta carta en [tachado : quatro] [interlineado : seis] meses, y los otros seis ducados restantes al fin del año deste arrendamiento, / (fol. 1225 v.) y es condiçión que si cunplido el dicho año no ubiere menester la dicha casa para mi bibienda y la ubiere de alquilar a otrapersona no se la pueda quitar por el mismo presçio todo el tienpo que la quisiere e yo no la ubiere menester para mi bibienda, y tratándola bien y con la dicha condiçión le hago el dicho arrendamiento, e me obligo e a mis bienes de le hazer çierta e segura la dicha casa durante el dicho tienpo deste arrendamiento, e de no se la quitar por más ni por menos ni por el tanto ni en otra manera, so pena de le dar otra tal e tan buena casa en tan buena parte e por el mismo tienpo e presçio y condiçión con más pagarle todas las costas e daños que se le siguieren e recreçieren. E yo, el dicho Julio Junti de Modesti, que soy presente a lo que dicho es, açepto esta escriptura e tomo e rezibo en arrendamiento de bos la dicha Mari Flores, biuda, las dichas casas por el dicho tienpo [tachado : e presçio] del dicho año e por el dicho presçio y condiçiones e según que en esta scriptura se contiene, e me obligo e a mis bienes de bos pagar los doze ducados restantes de alquiler del dicho año a los plazos y en la manera susodicha, es a saber los seys ducados dellos de oy día de la fecha de esta carta en seis meses primeros siguientes, y los otros seis ducados restantes en fin del dicho año, y si más tienpo la tubiere e me la dexáredes en arrendamiento conforme a la condiçión de suso bos pagaré el dicho alquiler a los mismos tienpos / (fol. 1226 r.) e plazos e por la misma orden e forma que este primero año, y al fin bos la dexaré libre e desenbaraçada [tachado : y anbas p] llanamente sin pleito alguno. Y anbas partes, cada una por lo que le toca, para lo ansí cunplir e pagar, nos obligamos e a nuestros vienes, e para la execuçión dello damos poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean y señores alcaldes de su Casa y Corte e cada uno dellos ante quienes esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión nos sometemos, y obligamos e renunçiamos nuestro propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicun, para que por todo remedio e rigor de derecho e vía más breve e executiba nos conpelan e apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, sobre lo qual renunçiamos todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en nuestro favor y la que proybe la general renunçiaçión de leyes fecha, e yo, la dicha Mari Flores, renunçio otrosy las leyes del Beleyano, senatus consultus e de Toro e Partida que hablan en favor de las mugeres, de  











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cuyo augilio e benefiçio fuy avisada por el presente scrivano. En testimonio de lo qual lo otorgamos ansí, e dos traslados en un tenor, para cada parte el suyo, ante el scrivano e testigos yusoscriptos en la dicha villa de Madrid a veinte y çinco días del mes de septienbre de mill e quinientos e noventa y seis años, siendo presentes por testigos / (fol. 1226 v.) a lo que dicho es Thomás Junti y Bernardo de Salas y Diego de Mollinedo, residentes en esta Corte, e yo el escrivano doy fee que conozco a los dichos otorgantes, e firmolo el dicho Julio Junti, e por la dicha María Flores, que dixo no saber escrivir, a su ruego lo firmó un testigo. Ba testado o dizía : doy e otorgo mi poder cunplido libre lle, quatro, presçio, y anbas p. Y entre renglones : en reales de plata, seis. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Por testigo, Tomás Junti. [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  



A.H.P.M. Protocolo 1.356, fols. 1225 r. - 1226 v. * [Documento n. 52 : 08/07/1597]  

[Al margine superiore sinistro] Testimonianza di istanza di Giulio Giunti. [Al margine superiore destro] 8 luglio. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid addì otto del mese di luglio dell’anno millecinquecentonovantasette, dinanzi a me notaio e ai testimoni infrascritti si presentò Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città, in case adibite al gioco della pelota, e dichiarò di aver comprato nella città di Baeza da Diego de Aranda, abitante e consigliere municipale presso di essa, un cavallo bigio pomellato, con una balzana sul piede destro, con una stella sulla fronte, dell’età di cinque anni e che per inviare testimonianza di come lo voleva per questi Regni di Castiglia e non per fuori, fece una scrittura e si fece suo fideiussore Alonso Barranco, maniscalco, abitante di Martos, nella suddetta città di Baeza, il ventuno di giugno di questo anno dinanzi a Luis de Ayala, notaio del collegio di essa. E parimenti comprò nella suddetta città di Baeza da Francisco de Castejón, abitante di essa, un altro cavallo castano scuro, con una stella sulla fronte, dell’età di cinque anni, e un altro castagnino chiaro sferrato, con una stella sulla fronte, dalla signoria di Jódar, i quali suddetti cavalli tiene in questa Corte e li vuole per questi Regni di Castiglia e non per portarli fuori di essi. E affinché consti quanto sopra detto chiese a me, il suddetto notaio, di dargliene testimonianza in maniera che faccia fede. E io il presente notaio faccio fede che oggi, il suddetto giorno, ho visto in questa città di Madrid, nelle case di dimora del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e a passeggio dinanzi a esse, i tre cavalli con i segni sopraddetti e che il suddetto Giulio [cassato : Espinola] [in interlinea : Giunti] dice di aver comprato / (fol. 726 v.) dalle persone sopra riferite e possiede e di cui si serve, il quale faccio fede di conoscere ed essere abitante di questa città di Madrid, ed avere in essa la sua casa e famiglia, essendo presenti come testimoni Juan Martínez, che disse di essere un servo del suddetto Francisco Castejón, abitante di Baeza, e Diego de Mollinedo, servo del suddetto Giulio Giunti, che giurarono formalmente di conoscere i suddetti cavalli e che erano gli stessi che il suddetto Giulio Giunti comprò dalle persone di cui sopra si dice, e che li tiene presso la sua casa e si serve di essi e non li vuole portar fuori da questi Regni [cassato : ed è abitante di questa città e ha]. E affinché ciò consti [in interlinea : per mezzo della suddetta istanza], emisi la presente a Madrid il suddetto giorno, mese e anno sopraddetti [sic], e il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti firmò col suo nome. Cancellato : e abitante di questa città e ha, Espinola. E in interlinea :castano. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  











A.H.P.M. Protocollo 1.357, fols. 726 r. - v.

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i giunta a madrid [Documento n. 52]

[Al margen superior izquierdo] Testimonio de pedimiento de Julio Junti. [Al margen superior derecho] 8 julio. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a ocho días del mes de julio de mill y quinientos e noventa y siete años, ante mí el scrivano e testigos ynfrascriptos paresçió presente Julio Junti de Modesti, vezino desta villa, en casas propias al juego de la pelota, e dixo que él conpró en la çiudad de Baeça de Diego de Aranda, vezino y beynteyquatro della, un cavallo ruçio rodado, el pie derecho calçado, con una estrella en la frente, de hedad de çinco años, que para enviar testimonio de cómo le quería para estos Reynos de Castilla y no para fuera dellos, hizo escriptura y salió por su fiador Alonso Barranco, herrador, vezino de Martos, en la dicha zibdad de Baeça, en veinte e uno de junio deste año por ante Luis de Ayala, scrivano del número della, y ansimismo conpró en la dicha zibdad de Baeça de Françisco de Castejón, vezino della, otro cavallo castaño escuro, con estrella en la frente, de edad de çinco años, y otro castañuelo claro y descalçados con estrella en la frente de la señoría de Jódar, los quales dichos cavallos tiene en esta Corte y los quiere para estos Reynos de Castilla e no para sacar dellos, y para que conste de lo susodicho pidió a mí, el dicho escrivano, se lo dé por testimonio en manera que haga fee, e yo el presente escrivano doy fee que oy dicho día e visto en esta dicha villa de Madrid, en las casas de la morada del dicho Julio Junti de Modesti y paseándolos por delante dellas, los tres cavallos de las señas susodichas y que el dicho Julio [tachado : Espínola] [interlineado : Junti] dize aver conprado / (fol. 726 v.) de las personas arriba refereridas y los tiene y se sirve dellos, al qual doy fee que conozco e que es vezino desta villa de Madrid e tiene en ella su casa y familia, siendo presentes por testigos Juan Martínez, criado que dixo ser del dicho Françisco Castejón, vezino de Baeça, e Diego de Mollinedo, criado del dicho Julio Junti, que juraron en forma conozer los dichos cavallos e ser los mismos que el dicho Julio Junti conpró de las personas que de suso se dize, y que los tiene en su casa y se sirbe dellos e no los quiere para salir fuera destos Reinos, [tachado : y es vezino desta villa y tiene] y para que dello conste [interlineado : del dicho pedimiento] di la presente en Madrid el dicho día, mes y año susodichos, y lo firmó el dicho Julio Junti de Modesti de su nonbre. Testado : y vezino desta villa y tiene, Espínola. Y entre renglones : Junti, del dicho pedimiento. Y enmendado : castaño. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  













A.H.P.M. Protocolo 1.357, fols. 726 r. - v. * [Documento n. 53 : 22/09/1597]  

[Al margine superiore sinistro] Contratto a servizio con il signor Giulio Giunti e a bottega. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa scrittura di contratto di apprendistato che io, Macías de Ríos, figlio di Juan de Ríos, defunto, e di María Domínguez, sua moglie, abitante della città di Salamanca, trovandomi al momento in questa Corte di sua Maestà, concedo e riconosco con questa carta che di mia propria, libera e consenziente volontà mi metto e mi sistemo [in interlinea : a servizio e come apprendista] col signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente nella suddetta Corte, [in interlinea : che è presente] per il tempo e il termine di quattro anni e mezzo, che decorrono e si contano da oggi, giorno della data di questa carta in poi e fino al compimento, affinché durante essi mi si mostri e mi si insegni  



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nella sua tipografia il mestiere di battitore o torcoliere di stampa, quello di questi al quale meglio mi adatterò e che vorrò apprendere, senza che mi si nasconda cosa alcuna. Durante i quali suddetti quattro anni e mezzo mi impegno a servirlo nel suddetto mestiere e per quanto mi ordinerà in più e sarà necessario fare nella suddetta tipografia e nelle cose a essa attinenti e nella sua casa, che siano lecite e oneste, in ragione della qual cosa, oltre a insegnarmi il suddetto mestiere, mi deve dare da vestire e calzare, per tutto il necessario e come si è soliti dare agli altri apprendisti, [cassato : e alla fine del suddetto periodo del suddetto tempo e letto e biancheria] e da mangiare, e un letto e biancheria pulita. E alla fine del suddetto periodo mi deve dare un vestito del valore di centocinquanta reali, e avermi insegnato il suddetto mestiere di battitore o di torcoliere, essendo io capace di apprenderlo: e [cassato : non sapendolo] se non lo imparassi perché / (fol. 1047 bis v.) non mi è stato insegnato da parte del suddetto Giulio Giunti, mi deve dare il salario che si suol dare a un altro operaio fino a che non lo imparerò; e se per demerito mio, se non apprendessi per non esserne capace, in tal caso non deve essere obbligato il suddetto Giulio Giunti a cosa alcuna, a parte darmi il suddetto vestito, come è detto. E mi impegno a servirlo bene e fedelmente durante il suddetto periodo, senza andarmene né assentarmi dal suo servizio né sottrargli cosa alcuna, pena il potermi far riportare a sue spese dove vorrà che io stia, e affinché per ciò che spendesse per questo sia creduto con un suo giuramento, [in interlinea : per cui lo ammetto e mi rimetto a esso senza altra garanzia alcuna]. E se gli sottrarrò qualcosa gliela darò e pagherò con la mia persona e i miei beni, e in più gli pagherò le altre cose tas [sic] e danni che gliene deriveranno e saranno gravati; e [cassato : non] mi impegno e sarò obbligato ad adempiere e a servirlo in più per il tempo in cui sarò assente. E io, il suddetto Giulio Giunti, presente a quanto detto, dichiaro che accetto questa scrittura e ricevo nella mia casa e a servizio [in interlinea : e come apprendista] voi, il suddetto Macías de Ríos, per il suddetto periodo dei suddetti quattro anni e mezzo, [cassato : e per] e mi impegno durante essi a tenervi nella mia casa e al mio servizio e nella mia tipografia, e a darvi da mangiare e un letto e biancheria pulita, e da vestire e vi calzerò per tutto quanto necessario e come si suol dare agli altri apprendisti. E vi farò insegnare nella suddetta tipografia il suddetto mestiere di battitore o torcoliere della pressa, quel che vorrete di più e sceglierete e vi rimarrà più comodo, senza nascondervi cosa alcuna, essendo [cassato : per questo] capace di apprenderlo. Perché, non essendolo, non devo essere obbligato ad alcuna cosa: [cassato : eccetto] e se per causa mia, non [cassato : di] avendovelo fatto insegnare, o non avendovi impiegato in questo, non lo apprenderete, in tal caso, se alla fine del suddetto periodo non lo saprete né ve ne intenderete, vi darò da lavorare nella mia casa e vi pagherò quanto guadagna e viene pagato un operaio del suddetto mestiere, fino a che non lo saprete e ve ne intenderete. E alla fine dei suddetti quattro anni e mezzo vi darò il suddetto vestito del valore di centocinquanta reali, secondo quanto dichiarato sopra, / (fol. 1048 r.) pena l’esecuzione forzata e le spese. Ed entrambe le parti, per mantenere e osservare, compiere e pagare così tutto ciò, ci impegnamo con le nostre persone e i beni [cassato : e diamo p] avuti e da avere, e diamo pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà, di qualsiasi parte siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a ciascuno di quelli dinanzi ai quali comparirà questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e ci vincoliamo, e rinunciamo al nostro proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione, affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva ci costringano e ci sollecitino a mantenere e osservare, compiere e pagare così, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore, e a quella che proibisce la generale rinuncia. E io, il suddetto Macías de Ríos, poiché minore di venticinque anni, anche se maggiore di ventuno, giuro  



















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su Dio Nostro Signore e con un segno della croce come questa †, che mi sono fatto con la mia mano destra, di mantenere e osservare, compiere e pagare e considerare valida questa scrittura [cassato : in ogni momento] e non andare né venire né reclamare contro di essa in nessun momento in ragione della suddetta minore età, né adducendo l’inganno, [cassato : costrizione], lesione, costrizione, timore né circonvenzione, perché confesso che la faccio e la concedo di mia propria, libera e consenziente volontà e che in essa non vi è dolo né cose simili, e anzi è di mia utilità e profitto. E non addurrò né mi approfitterò di alcun altro rimedio né azione, anche se mi spettasse di fatto o di diritto, né chiederò per questo giuramento assoluzione né mitigazione a sua Santità né al suo nunzio delegato né ad altro giudice né prelato che me la possa dare e concedere. E se motu proprio o in altra maniera mi venisse concessa, non mi avvarrò di essa pena [cassato : la suddetta] l’essere uno spergiuro e incorrere in un caso di condotta disonorevole, e che questa scrittura sia e rimanga comunque valida e non possa impedire l’effetto, l’esecuzione e il compimento di essa, e faccio tanti giuramenti, e un altro ancora, nella forma suddetta. A testimonianza della qual cosa entrambe le parti, ognuna per quel che le concerne, abbiamo stipulato questa carta nella maniera detta dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, in due copie conformi, a ogni parte la sua, che fu fatta e da noi concessa / (fol. 1048 v.) nella città di Madrid addì ventidue del mese di settembre dell’anno millecinquecentonovantasette, essendo presenti come testimoni a quanto detto Tomás de Marucena ( ?) e Rodrigo Pérez e Juan Alonso, servi del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti. E io il notaio faccio fede di conoscere i suddetti concedenti, che firmarono col loro nome. Appare scritto in interlinea : che è presente, per cui lo ammetto e mi rimetto a esso senza altra garanzia alcuna, e come apprendista. Emendato : me, vi, se, altri, temos [sic]. E cancellato o diceva : e alla fine del suddetto periodo del suddetto tempo e letto e biancheria, non sapendolo, non, e per, per questo, eccetto, e diamo p, in ogni momento, costrizione, la suddetta. E in interlinea : a servizio e come apprendista. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Macías de Ríos [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  















A.H.P.M. Protocollo 1.357, fols. 1047 bis r. - 1048 v. [Documento n. 53] [Al margen superior izquierdo] Asiento a serviçio con el señor Julio Junti y a ofiçio. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de siento de aprendiz bieren como yo, Maçías de Ríos, hijo de Juan de Ríos, difunto, e María Domínguez, su muger, vezino de la çiudad de Salamanca, estante al presente en esta Corte de su Magestad, otorgo y conozco por esta carta que de mi propia, libre y agradable voluntad me pongo e asiento [interlineado : a serviçio e por aprendiz] con el señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en la dicha Corte, [interlineado : que está presente] por tienpo y espaçio de quatro años y medio, que corren y se quentan desde oy día de la fecha desta carta en adelante y asta ser cunplidos, para que durante ellos se me muestre y enseñe en su enplenta el ofiçio de batidor o tirador de la prensa, a qual dellos más me acomodare e quisiere deprender, sin que se me encubra cosa alguna, durante los quales dichos quatro años y medio me obligo de le servir en el dicho ofiçio y en lo que más me mandare e fuere neçesario hazer en la dicha enplenta y cosas a ella tocantes y en su casa que sea lízito e onesto, por razón de lo qual, demás de enseñarme el dicho ofiçio, me a de dar de bestir y calçar todo lo neçesario y según se suele dar a otros aprendizes, [tachado : y al dicho fin del dicho tienpo y cama e ropa] y de comer y cama e ropa labada, e al fin del  





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dicho tienpo me a de dar un bestido de balor de çiento y çinquenta reales, y enseñado el dicho ofiçio de batidor o tirador, siendo yo capaz para lo deprender, e [tachado : no lo saviendo] dexándolo de saver por causa de / (fol. 1047 bis v.) no se me enseñar de parte del dicho Julio de Junti me a de dar el salario que se suele dar a otro ofiçial hasta que lo sepa, e si por demérito mío de no ser para ello no le deprendiere en tal caso no a de ser obligado el dicho Julio Junti a cosa alguna más de a darme el dicho bestido, como está dicho. E me obligo de le servir bien y fielmente durante el dicho tienpo sin me yr ni ausentar de su serviçio ni hazerle menos cosa alguna, so pena que a mi costa me pueda hazer traer donde quiera que estubiere y para lo que gastare en ello sea creydo por su juramento, [interlineado : en que lo dejo e difiero sin otro recaudo alguno], y si alguna cosa le hiziere menos se lo daré e pagaré por mi persona e bienes, e más le pagaré las otras cosas tas [sic] e daños que se le siguieren y recreçieren, y el tienpo que estubiere ausente [tachado : no] sea obligado e me obligo de lo cunplir y servir de más. E yo, el dicho Julio Junti, que presente estoy a lo que dicho es, digo que açepto esta scriptura e rezibo en mi casa y serviçio [interlineado : e por aprendiz] a bos, el dicho Maçías de Ríos, por el dicho tienpo de los dichos quatro años y medio, [tachado : e para] e me obligo que durante ellos hos terné en mi casa y serviçio y enplenta y hos daré de comer y cama e ropa labada, y bestir y calçar todo lo neçesario y según se suele dar a otros aprendizes, y hos aré enseñar en la dicha enplenta el dicho ofiçio de batidor o tirador de la prensa, qual más quisiéredes y escogiéredes e os acomodáredes, sin encubriros cosa alguna, siendo [tachado : para ello] capaz para lo deprender, porque no lo siendo no tengo de ser obligado a cosa alguna, [tachado : ezepto] y si por mi causa de no [tachado : de] hazéroslo enseñar o no os ocupar en ello dejáredes deprenderlo, que en tal casso, sy al fin del dicho tienpo no lo supiéredes y entendiéredes, os daré que travajar en mi casa y os pagaré lo mismo que gana e se paga a un ofiçial del dicho ofiçio hasta que lo sepays y entendáis, y al fin de los dichos quatro años y medio hos daré el dicho bestido de balor de a çiento e zinquenta reales, según que de suso ba declarado, / (fol. 1048 r.) so pena de execuçión y costas, e anbas partes para lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar obligamos nuestras personas e vienes [tachado : e damos p] avidos e por aver, e damos poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean y señores alcaldes de su Casa y Corte e cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión nos sometemos, y obligamos e renunçiamos nuestro propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de juridiçione para que por todo remedio y rigor de derecho y bía más brebe y executiba nos conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar, como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por nos consentida, sobre lo qual renunçiamos todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en nuestro favor y la que proybe la general renunçiaçión, e yo el dicho Maçías de Ríos, por ser menor de veinte y çinco años aunque mayor de veinte y uno, juro por Dios Nuestro Señor y por una señal de cruz tal como ésta †, en que puse mi mano derecha, de tener e guardar, cunplir e pagar y aver por firme esta scriptura [tachado : en todo tienpo] e no ir ni benir ni reclamar contra ella en ningún tienpo por razón de la dicha menor hedad, ni alegando engaño, [tachado : fuerça] lesyón, fuerça, temor ni persuasión, porque confieso que la hago y otorgo de mi propia, libre y agradable voluntad e que en ella no ay dolo ni espeçie dello antes se conbierte en mi utilidad e provecho, e no alegaré ni me aprovecharé de otro remedio ni recurso alguno aunque de fecho o de derecho me conpela, ni deste juramento pediré absoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni a su nunçio delegado no otro juez ni prelado que me la pueda dar y conçeder, e si de propio motuo o en otra manera me fuere conçedida no usaré della so [tachado : la dicha] pena de perjuro e de caer en caso de menos baler, y que todavía esta escriptura sea y quede firme e no pueda ynpedir el efeeto, execuçión y cunplimiento della, e tantos juramentos hago e uno más de la forma dicha. En testimonio de lo qual anbas partes, cada una por lo que le toca, otorgamos esta carta en la  























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manera que dicha es ante el escrivano público e testigos yusoescriptos, e dos traslados en un tenor, para cada parte el suyo, que fue fecha e por nos otorgada / (fol. 1048 v.) en la villa de Madrid a veinte y dos días del mes de septienbre de mill y quinientos e noventa y siete años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Tomás de Maruçena ( ?) y Rodrigo Pérez y Juan Alonso, criados del dicho Julio Junti de Modesti, e yo el escrivano doy fee que conozco a los dichos otorgantes, e firmáronlo de sus nonbres. Ba scripto entre renglones : que está presente, en que lo dejo e difiero sin otro recaudo alguno, e por aprendiz. Enmendado : me, os, si, otros, temos. Y testado o dizía : y al dicho fin del dicho tienpo y cama e ropa, no lo saviendo, no, e para, para ello, ezepto, e damos p, en todo tiempo, fuerça, la dicha. Y entre renglones : a serviçio e por aprendiz. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Maçías de Ríos [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  









A.H.P.M. Protocolo 1.357, fols. 1047 bis r. - 1048 v. * [Documento n. 54 : 07/10/1597]  

[Al margine superiore sinistro] Accordo con Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore] 7 ottobre. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura di contratto di apprendistato che io, Juan Maldonado, figlio di Nuflo de Tapia, che sto e risiedo in questa Corte, riconosco con questa carta di sistemarmi come apprendista e per ulteiori attività presso il signor Giulio Giunti de’ Modesti, tipografo, residente nella suddetta Corte, che è presente, per il periodo e il termine di quattro anni e mezzo, che decorrono e si contano dal primo giorno di questo mese corrente di ottobre in poi, fino al compimento. Durante il quale suddetto periodo mi deve tenere nella sua casa e al suo servizio e darmi da mangiare, un letto, biancheria pulita, da vestire e calzare il necessario, [in interlinea : così] come si è soliti dare agli altri apprendisti, e farmi insegnare presso la sua tipografia il mestiere della composizione, in maniera che alla fine del suddetto periodo lo sappia e me ne intenda e, qualora no, mi deve dare da lavorare presso di essa e quanto guadagna un altro operaio, fino a quando non lo saprò e non me ne intenderò molto bene, essendone io capace. E oltre a quanto sopra detto mi deve dare alla fine del suddetto periodo un vestito del colore che io vorrò fino al valore di più o meno centocinquanta reali. E io il suddetto Juan Maldonado, come mandante e come cosa che si converte ed è di mia utilità e profitto e approvando e ratificando quanto sopra detto mi impegno. E io, Francisco Sánchez, tipografo, [cassato : sono stato] residente in questa Corte, presente a quanto detto e intervenuto in ciò, mi impegno come suo fideiussore e principale pagatore, facendo come per questo faccio di debito e fatto altrui il mio proprio. Ed entrambi congiuntamente di comune accordo, in nome di uno, e ciascuno in solidum per il tutto, rinunciamo alle leggi dell’obbligazione in comune e al ricorso, al beneficio dell’escussione e della divisione, e a tutti gli altri che riguardano questo caso, come in essi è contenuto. E io, il suddetto Juan Maldonado, servirò il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti nel suddetto mestiere della composizione e in tutto il resto che mi ordinerà e che sarà lecito e onesto durante il suddetto periodo dei suddetti / (fol. 1136 v.) quattro anni e mezzo, bene e fedelmente senza sottrargli nulla né venirgli meno in alcun modo, né andarmene né assentarmi. E se lo facessi che mi possa far riportare dove vorrà che io stia a mie spese o di chiunque di noi: e io il suddetto Francisco Sánchez glielo riporterò fino a che non finirà di compiere il suddetto periodo e, se risulterà che gli avesse sottratto qualcosa, gliela pagherò o gliene  



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darò una equivalente, poiché a questa condizione lo accolsi quale apprendista nella sua tipografia, officina e al suo servizio. E in più gli pagheremo le altre spese e i danni che gliene deriveranno e saranno gravati, per questo ci impegnamo con le nostre persone e beni, diritti e azioni. [Al margine destro] Accettazione. E io il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti lo accetto e mi impegno, io e i miei beni, durante il suddetto periodo dei suddetti quattro anni e mezzo a tenere nella mia casa e al mio servizio il suddetto Juan Maldonado e a dargli da mangiare, un letto e biancheria pulita e da vestire e calzare quanto necessario e come si suol dare agli altri apprendisti. E al termine del suddetto periodo gli darò il suddetto vestito del colore che vorrà, del valore dei suddetti centocinquanta reali, e in più gli farò insegnare il suddetto mestiere della composizione di modo che alla fine del suddetto periodo lo sappia e se ne intenda, essendone capace. E qualora no, gli darò da lavorare e quel che guadagnano gli altri operai fino a che non lo saprà e se ne intenderà molto bene, secondo quanto detto. E gli riserverò un buon trattamento, pena le spese e i danni. Ed entrambe le parti, ciascuna per quel che le concerne, per l’esecuzione di quanto detto e contenuto in questa scrittura, con questa carta diamo pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà, di qualsiasi parte essi siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte, e a ciascuno di coloro dinanzi ai quali comparirà questa carta, alla cui giurisdizione ci sottomettiamo e ci vincoliamo, e rinunciamo al nostro proprio statuto locale e privilegio, e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva ci costringano e ci sollecitino a mantenerla, osservarla, compierla e pagarla, considerarla valida così. E in merito a quanto Giulio Giunti spenderà per riportare me, il suddetto Juan Maldonado, come sul fatto di non essermi assentato prima di compiere il suddetto periodo, devo essere creduto [io, Giulio Giunti] con un mio giuramento o di colui che avrà la mia procura, per la qual cosa noi i sud- / (fol. 1137 r.) detti [Juan Maldonado e Francisco Sánchez] lo disponiamo e lo differiamo come in giudizio senza altra garanzia alcuna, e come se tutto ciò fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da noi accettata, in merito alla qual cosa rinunciamo a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a nostro favore e a quella che proibisce la generale rinuncia. E io il suddetto Juan Maldonado, poiché minore di venticinque anni, sebbene maggiore di diciassette, per maggiore sicurezza di questa scrittura, giuro e prometto su Dio Nostro Signore e con un segno della croce come questa † , di osservarla e compierla e considerarla valida e non reclamare né contraddirla, andare né venire contro di essa né chiedere la reintegrazione in integrum in ragione della suddetta minore età né in altra maniera, anche se di fatto o di diritto mi spettasse, né chiedere l’assoluzione o la mitigazione per questo giuramento a sua Santità né ad altro giudice né prelato che me la potesse concedere, pena l’essere uno spergiuro e incorrere in un caso di condotta disonorevole, e che comunque e in ogni caso questa scrittura sia e resti valida. A testimonianza della qual cosa così stabilimmo, in due copie conformi, a ogni parte la sua, dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, nella città di Madrid, addì sette del mese di ottobre dell’anno millecinquecentonovantasette, essendo presenti come testimoni Juan de Ayllón de Bellosillo e Macías de Ríos e Diego de Villanueva, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, e i suddetti testimoni giurarono formalmente di conoscere gli altri concedenti e che erano gli stessi che concedono senza alcuna cautela, e tutti i suddetti concedenti firmarono col loro nome. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Francisco Sánchez [firmato e rubricato]. Juan Maldonado [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali. A.H.P.M. Protocollo 1.357, fols. 1136 r. - 1137 r.

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[Al margen superior izquierdo] Asiento con Julio Junti de Modesti. [Al margen superior] 7 otubre. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública escriptura de asiento de aprendiz vieren como, yo Juan Maldonado, hijo de Nuflo de Tapia, estante e residente en esta Corte, conozco por esta carta que asiento por aprendiz e para más baler con el señor Julio Junti de Modesti, ynpresor, residente en la dicha Corte, que está presente, por tienpo y espaçio de quatro años y medio, que corren y se quentan desde primero día deste presente mes de otubre en adelante hasta ser cunplidos, durante el qual dicho tienpo me a de tener en su casa y serviçio y darme de comer, cama, ropa labada y bestir y calçar lo neçesario, [interlineado : tal] y como se suele dar a otros aprendizes, y hazerme enseñar en su enplenta el ofiçio de la conpusiçión, de manera que al cavo del dicho tienpo le sepa y entienda, donde no me a de dar que trabajar en ella y lo mismo que gana otro ofiçial hasta tanto que lo sepa y entienda muy bien, siendo yo capaz para ello, y demás de lo susodicho me a de dar al fin del dicho tienpo un bestido de la color que yo lo quisiere de balor de hasta çiento y çinquenta reales poco más o menos, e yo el dicho Juan Maldonado, como prinzipal y como cossa que se conbierte y es en mi utilidad e probecho e aprobando e ratificando lo susodicho me obligo, e yo, Françisco Sánchez, ynpresor, [tachado : he estado] residente en esta Corte, que presente estoy a lo que dicho es y he ynterbenido a ello, me obligo como su fiador e prinzipal pagador, haziendo como para ello hago de deuda e de fecho ageno mío propio, e anbos juntamente de mancomún a boz de uno e cada uno yn solidun por el todo, renunçiando las leyes de la mancomunidad y el remedio, el benefiçio de la escursión y dibisión e todas las demás que tocan a este caso, como en ellas se contiene. E yo, el dicho Juan Maldonado, serviré al dicho Julio Junti de Modesti en el dicho ofiçio de la conpusiçión y en todo lo que demás mandare que sea lízito y onesto, durante el dicho tienpo de los dichos / (fol. 1136 v.) quatro años y medio, e bien e fielmente sin le hazer menos cossa ni falta alguna ni me yr ni ausentar, e si lo hiziere que a mi costa e de qualquier de nos me pueda hazer traer donde quiera que estubiere, e yo el dicho Françisco Sánchez le traeré hasta que acave de cunplir el dicho tienpo, e si constare averle echo menos alguna cosa se lo pagaré o su valor, por quanto devajo desto le rezibí por tal aprendiz y en su enplenta, casa y serviçio, e más le pagaremos las otras costas e daños que se le siguieren e recreçieren, e para ello obligamos nuestras personas e vienes, derechos y abçiones. [Al margen derecho] Açeptaçión. E yo el dicho Julio Junti de Modesti lo açepto e me obligo e a mis vienes que durante el dicho tienpo de los dichos quatro años y medio terné en mi casa y serviçio al dicho Juan Maldonado y le daré de comer, cama e ropa labada y de bestir y calçar lo neçesario y como se suele dar a otros aprendizes, y al cavo del dicho tiempo le daré el dicho bestido de la color que lo quisiere de balor de los dichos çiento e zinquenta reales, e más le aré enseñar el dicho ofiçio de la conpusiçión de manera que al fin del dicho tienpo le sepa y entienda, siendo capaz para ello, donde no le daré que trabajar y lo que ganan otros ofiçiales hasta que lo sepa y entienda muy bien, según ba dicho, y le aré buen tratamiento so pena de las costas e daños. E anbas partes, cada una por lo que le toca, para la execuçión de lo que dicho es y en esta scriptura se contiene, por esta carta damos poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean e señores alcaldes de su Casa e Corte e cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión nos sometemos y obligamos, e renunçiamos nuestro propio fuero e previllegio e la ley sit conbenerid de juridiçione oniun judicun, para que por todo remedio e rigor de derecho e bía más breve y executiba nos conpelan y apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar, aver por firme, y cerca de lo qual el dicho Julio Junti gastare en traer a mí,  



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el dicho Juan Maldonado, y en no me ausentarme antes de cunplir el dicho tiempo, tengo de ser creydo por mi juramento o quien mi poder oviere, en que nos los suso- / (fol. 1137 r.) dichos lo dejamos e diferimos como en juiçio sin otro recaudo alguno, e como si todo ello fuese sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por nos consentida, sobre lo qual renunçiamos todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en nuestro favor y la que proybe la general renunçiaçión, e yo el dicho Juan Maldonado, por ser menor de veinte y çinco años aunque mayor de diez y siete, para más fuerça y desta scriptura, juro e prometo por Dios Nuestro Señor e por una señal de cruz tal como ésta †, de la guardar y cunplir e aver por firme e no la reclamar no contradesir yr ni benir contra ella ni pedir restituçión yn yntegrun por razón de la dicha menor hedad ni en otra manera, aunque de fecho o de derecho me conpeta, ni deste juramento pedir absoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni otro juez ni prelado que me la pueda conçeder, so pena de perjuro y de caer en caso de menos valer e que todabía y en todo caso esta scriptura sea e quede firme. En testimonio de lo qual lo otorgamos ansí, y dos traslados en un tenor, para cada parte el suyo, ante el scrivano público e testigos yusoscriptos, en la villa de Madrid a siete días del mes de otubre de mill y quinientos e noventa y siete años, siendo presentes por testigos Juan de Ayllón de Bellosillo e Macías de Ríos e Diego de Billanueba, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho Julio Junti de Modesti, y los dichos testigos juraron en forma conozer a los demás otorgantes e ser los mismos que lo otorgan sin cautela alguna, e todos los dichos otorgantes lo firmaron de sus nonbres. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Françisco Sánchez [firmado y rubricado]. Juan Maldonado [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales. A.H.P.M. Protocolo 1.357, fols. 1136 r. - 1137 r. * [Documento n. 55 : 18/02/1598]  

[Al margine superiore sinistro] Obbligazione al signor Giulio Giunti de’ Modesti. [Al margine superiore destro] 18 febbraio. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa scrittura di obbligazione che io, Tommaso Giunti, tipografo di sua Maestà, residente in questa Corte, riconosco con questa carta di dovere e impegnarmi a dare e a pagare, e che darò e pagherò effettivamente, al signor Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte, o a colui che avrà la sua procura e per questa dovrà averli, centoventinovemilacinquecentoquarantadue maravedì di buona moneta usuale e corrente in questi Regni, i quali sono e gli devo in ragione di altrettanti di cui [cassato : le zeto] gli risulto debitore nel suo conto del libro cassa che ho tenuto [cassato : della sua attività dello scorso anno] dei denari [cassato : suoi] che riscossi e pagai [in interlinea : suoi] lo scorso anno millecinquecentonovantasette, trovandosi il suddetto Giulio in Andalusia, fuori da questa Corte. E finito questo conto, [in interlinea : d’accordo tra di noi] gli resto e gli rimango debitore dei suddetti centoventinovemilacinquecentoquarantadue maravedì [in interlinea : e sebbene potrebbe riscuoterli subito da me, per agevolarmi e per farmi un favore considera giusto che glieli dia e paghi entro il termine che sotto verrà dichiarato], per la qual cosa mi costituisco suo chiaro e accertato debitore, e mi considero e reputo ben contento per ciò, rispettato e soddisfatto in ogni mia volontà. E poiché la consegna e il pagamento al momento non risulta rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi sulla consegna e sulla prova di essa come in esse è contenuto, all’inganno e all’errore di conto, e mi impegno, io e i miei beni mobili e immobili, diritti e azioni avuti e da avere, a dargli e pagargli i suddetti centoventinovemilacinquecentoquarantadue maravedì tutti  











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insieme in un pagamento pagamento [sic] da oggi, giorno della data di questa carta, entro i due mesi prossimi venturi, pagati e messi in suo possesso in questa Corte in reali contanti, a mie spese e a mio rischio, pacificamente e senza fare alcuna opposizione, pena l’esecuzione forzata e le spese della riscossione. E con questa carta do pieni poteri a tutti i tribunali / (fol. 237 v.) e i giudici di sua Maestà di qualsiasi parte siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte e a chiunque dinanzi al quale comparirà questa carta, alla cui giurisdizione mi sottometto e mi vincolo; e rinuncio al mio proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva mi costringano e mi sollecitino a mantenere, osservare, compiere e pagare così, come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me accettata, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore affinché per me non sia valido, con la legge e diritto in cui si dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non sia valida. E poiché sono minore di venticinque anni, sebbene maggiore di ventidue, giuro su Dio Nostro Signore e con un segno della croce come questa †, di mantenere e osservare, compiere e pagare e considerare valida questa scrittura così come da essa sono obbligato, e che contro di ciò non andrò né verrò né reclamerò, io né altri in mio nome, né in ragione della mia minore età né adducendo l’inganno, la lesione né altra causa alcuna, perché confesso e dichiaro che la faccio e concedo di mia propria, libera e consenziente volontà, e che in essa non vi è dolo, inganno, né cose simili, e anzi si converte in mia utilità e profitto, perché potendo riscuotere subito da me i suddetti maravedì, ha reputato e reputa giusto aspettare per essi il termine sopra dichiarato, e io li impiego e dispongo per cose / (fol. 238 r.) riguardanti la mia persona e i miei affari. E non addurrò né mi approfitterò di alcuna altra azione né ricorso, anche se di fatto o di diritto mi spettassero, né chiederò assoluzione né mitigazione per questo giuramento a sua Santità né al suo nunzio delegato e giudice diocesano, né al vicario né ad altro giudice né prelato che me la potesse concedere e, se motu proprio o in altra maniera mi fosse concessa, non farò uso di essa pena l’essere uno spergiuro e incorrere in un caso di condotta disonorevole, e che quanto contenuto in questa scrittura sia e resti comunque valido e non possa impedire l’effetto, l’esecuzione e il compimento di essa. A testimonianza della qual cosa concessi ciò dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti, nella città di Madrid, Corte di sua Maestà, addì diciotto del mese di febbraio dell’anno millecinquecentonovantotto, essendo presenti come testimoni a quanto detto Tomás de Norueña e Juan de Ayllón Bellosilli [sic] e Andrés de la Parra, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : suoi, d’accordo tra di noi, e sebbene potrebbe riscuoterli subito da me, per praticità e per farmi un favore considera giusto che glieli dia e paghi entro il termine che sotto verrà dichiarato, sia valido. E cancellato o diceva : lo zeto, della sua attività dello scorso anno, non sia valido. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  



A.H.P.M. Protocollo 1.358, fols. 237 r. - 238 r. [Documento n. 55] [Al margen superior izquierdo] Obligaçión al señor Julio Junti de Modesti. [Al margen superior derecho] 18 hebrero. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de obligaçión vieren como yo, Thomás Junti, ynpresor de su Magestad, residente en esta Corte, conozco por esta carta que devo e me obligo de dar y pagar e que daré e pagaré con efeeto al señor Julio Junti de Modesti, florentín, residente en

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la dicha Corte, o a quien su poder obiere e por ello deba haver, çiento e veinte y nuebe mill e quinientos e quarenta y dos maravedís de buena moneda usual y corriente en estos Reinos, los quales son y le devo por razón de otros tantos que [tachado : le zeto] me a alcançado en la quenta de caja que tube [tachado : de su hazienda el año pasado] suya, de dineros [tachado : suyos] que cobré e pagué [interlineado : suyos] el año pasado de mill e quinientos e noventa y siete, estando el dicho Julio Junti fuera desta Corte en la Andaluçía, e fenezida la quenta dello, [interlineado : entre nos de acuerdo] le resto e quedo debiendo los dichos çiento e veinte e nuebe mill y quinientos e quarenta y dos maravedís, [interlineado : y aunque luego los pudiera cobrar de mí, por me hazer comodidad y buena obra tiene por bien se los dé y pague al plazo que de yuso yrá declarado], de que me constituyo por su llano e verdadero deudor, e me doy e otorgo dellos por bien contento, entregado e satisfecho a toda mi voluntad, e porque la entrega e paga de presente no pareçe renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia y las leyes de la entrega e prueba della, como en ella se contiene, mal engaño y error de quenta, e me obligo e a mis vienes muebles e rayzes, derechos e abçiones avidos e por aver de le dar e pagar los dichos çiento veinte y nuebe mill e quinientos e quarenta y dos maravedís todos juntos en una paga paga [sic], para de oy día de la fecha desta carta en dos meses primeros siguientes, puestos e pagados en su poder en esta Corte en reales de contado, a mi costa e riesgo, llanamente sin pleito alguno, so pena de execuçión y costas de la cobranza, e por esta carta doy poder cunplido a todas las justiçias / (fol. 237 v.) e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean, e señores alcaldes de su Casa e Corte e cada uno dellos ante quien esta carta paresçiere, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, e renunçio mi propio fuero e previllegio e la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicun, para que por todo remedio e rigor de derecho e bía más breve y executiva me conpelan e apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, sobre lo qual renunçio todas y qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor para que me non valan, con la ley e derecho en que dize que general renunçiaçión fecha de leyes non vala, e por ser menor de veinte y çinco años aunque mayor de veinte y dos, juro por Dios Nuestro Señor e por una señal de la cruz tal como ésta †, de tener e guardar, cunplir e pagar y aver por firme esta escriptura según y como por ella boi obligado, y que contra ella no yré ni berné ni reclamaré por mí ni otro en mi nonbre por razón de la dicha menor hedad ni alegando engaño, lesión ni otra causa ni razón alguna, porque confieso e declaro que la hago e otorgo de mi propia, libre e agradable voluntad, e que en ella no ay dolo, engaño, ni espeçie dello, antes se convierte en mi utilidad e provecho, porque pudiendo cobrar luego de mí los dichos maravedís a tenido e tiene por bien de esperarme por ellos al plazo de suso declarado, e yo los enpleo y conçierto en cosas / (fol. 238 r.) tocantes a mi persona de trato, e no alegaré ni me aprovecharé de otro remedio ni recurso alguno aunque de fecho o de derecho me conpeta, ni deste juramento pediré absoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni a su nunçio delegado provisor, ni vicario ni otro juez ni prelado que me la pueda conçeder, y si de propio motuo o en otra manera me fuere conçedida no usaré della so pena de perjuro e de caer en caso de menos valer, e que todavía esta escriptura e lo en ella contenido sea e quede de firme e no pueda ynpedir el efeeto, execuçión y cunplimiento della. En testimonio de lo qual lo otorgué ante el scrivano público e testigos yusoescriptos, en la villa de Madrid, Corte de su Magestad, a diez y ocho días del mes de hebrero de mill y quinientos e noventa y ocho años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Thomás de Norueña y Juan de Ayllón Bellosillo y Andrés de la Parra, residentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Va scripto entre renglones : suyos, entre nos de acuerdo, y aunque luego los pudiera cobrar de mí por me hazer comodidad y buena obra tiene por bien se los dé y pague al plazo que de yuso yrá declarado, bale. Y testado o dizía : le zeto, de su hazienda  















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el año pasado, no vale. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales. A.H.P.M. Protocolo 1.358, fols. 237 r. - 238 r. * [Documento n. 56 : 18/02/1598]  

[Al margine superiore sinistro] Scrittura ad Agustín Marín. [Al margine superiore] 18 febbraio. [al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, residente in questa Corte di sua Maestà, dichiaro che: il signor Agustín Marín, genovese, parimenti residente in questa Corte, su mia richiesta e istanza e per agevolarmi e farmi un favore, prese a cambio in questa Corte sul suo credito e per mio conto e interesse per Plasencia, fiera dell’Apparizione dello scorso anno cinquecentonovantasette, settecento scudi di marco a quattrocentoventicinque maravedì lo scudo, che è il prezzo per il quale in quel tempo si cambiava per la suddetta fiera, il valore dei quali mi diede e pagò in una partita di importo maggiore, della quale mi considero e reputo ben contento, rispettato e soddisfatto in ogni mia volontà [in interlinea : in quanto li ricevetti realmente ed effettivamente], e poiché la consegna e il pagamento al momento non risultano, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi della consegna e della prova di essa come in esse è contenuto, e dei suddetti settecento scudi il suddetto Agustín Marín diede le sue ricevute e lettere di cambio a carico del procuratore di Jerónimo Serra, da pagare parimenti con l’ordine di rivalersi da qui. Pertanto stabilisco e riconosco con questa carta che [in interlinea : approvando e ratificando quanto sopra detto], mi impegno con la mia persona e i beni mobili e immobili avuti e da avere che alle girate di ritorno della suddetta fiera della [cassato : Pasqua] Apparizione darò e pagherò al suddetto Agustín Marín o a colui che avrà la sua procura e per essa lo dovrà avere, tutto quel che si sarà dedotto e si dedurrà [in interlinea : dalla suddetta fiera] al cambio della suddetta somma, per il prezzo del suddetto Jerónimo Serra o per qualsiasi altra persona o persone, e al prezzo e termine così come sarà contenuto nelle ricevute e lettere di cambio che a tale merito daranno, dirette al suddetto Agustín Marín o a qualsiasi altra persona o persone che ora vengono a pagarlo, o a qualsiasi altra persona, atteso che devono venire e si devono dare sul suddetto suo credito. La quale o le quali, in qualsiasi / (fol. 239 v.) forma vengano, le considero e reputo sin da ora accettate e riconosciute e le accetto e riconosco affinché in virtù di esse, o senza di esse, con la semplice dichiarazione del suddetto Agustín Marín e di chi da lui avrà titolo in cui dica e dichiari a quanto [in interlinea : per la suddetta ragione sia stato ordinato di pagare] ammonta il suddetto debito di capitale e cambi [in interlinea : e interessi], possa essere e sia sottoposto a esecuzione forzata e si proceda fino a fare il pagamento come per debito conseguente vero e accertato, e obbligazione con guarentigia del termine pagato, senza che sia necessario, né il suddetto obbligato, a [in interlinea : provare né] mostrare né presentare alcuna garanzia [in interlinea : in questa Corte né nella suddetta fiera] circa da chi prese a cambio la suddetta somma [in interlinea : da chi] né a che prezzo [cassato : si cambiava nella suddetta fiera dell’Apparizione], né fare nessun riconoscimento né comprovare con le suddette ricevute di cambio né senza di esse, né rendere conto d’altro né di ragione alcuna, nel caso in cui per legge, usanza e consuetudine fosse obbligato a ciò, perché da tutto ciò lo esonero e resta esonerato. E voglio che in merito a quanto dirà e dichiarerà rispetto a quanto sopra detto gli si dia, e gli si darà, piena fiducia e credito in giudizio e fuori di esso, in merito alla qual cosa rinuncio alla legge che dice che colui che deve sottostare e pagare secondo l’altrui parola e dichiarazione si possa pentire  



















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prima d’impugnare la richiesta dell’attore, e tutte le altre che vadano a mio favore. E se nel pagamento vi fosse una dilazione, tanto per decisione esecutiva come in altra maniera, gli darò e pagherò i cambi e i danni che saranno gravati fino al giorno del reale e intero pagamento perché, se non gli venisse pagato il giorno stesso in cui giungesse il termine, lo possa [in interlinea : cambiare di nuovo] e prendere e riscuotere a cambio da qualsiasi altra persona o persone e nelle parti e nei luoghi che vorrà e che più gli risulteranno comodi, una e più volte fino a che effettivamente non gli sia stato estinto e pagato, la qual cosa deve poter fare senza detrimento della decisione esecutiva, restando come deve restare questa scrittura e la decisione esecutiva di essa nella sua forza e vigore per potermi sottoporre a esecuzione forzata e riscuotere il capitale e i cambi come e quando vorrà e reputerà giusto, e far uso delle suddette azioni congiuntamente e abbandonare quelle che vorrà e proseguirne altre fino al reale pagamento e all’estinzione del suddetto debito. E poi- / (fol. 240 r.) ché per la garanzia di questa somma io, il suddetto Giulio Giunti, avevo dato, impegnato e ipotecato al suddetto Agustín Marín, con delle mie cedole, quaranta fardi di carta, di cui ventisei li avevo nelle mie case e i restanti quattordici venivano da fuori, diretti a Nicolás de Negro, è dichiarazione che questa obbligazione la faccio senza detrimento della suddetta ipoteca e garanzia e che i suddetti quaranta fardi di carta sono e restano in mio possesso, e mi impegno a darli e tenerli a disposizione affinché, se al momento in cui giungerà il suddetto debito non gli dessi e pagassi tutto ciò a cui ammonterà, si possa rivalere e fare esecuzione forzata verso di essi e verso gli altri beni fino a che effettivamente lo avrò estinto e pagato, e fare uso di [cassato : qualunque delle suddette azio] di [sic] questa azione e delle altre contenute in questa scrittura, e abbandonare quelle che vorrà, e proseguirne altre a sua scelta e a sua volontà fino a che effettivamente abbia estinto e pagato il suddetto debito con i cambi e le rivalse e le altre cose e gli interessi maturati, che se fosse necessario nuovamente gli impegno e ipoteco per il compimento e il pagamento di ciò i suddetti quaranta fardi di carta, e senza che l’obbligazione generale costituisca deroga per quella speciale né il contrario. E per l’esecuzione di quanto detto e contenuto in questa scrittura do pieni poteri a tutti i tribunali e i giudici di sua Maestà di qualsiasi parte siano, e ai signori magistrati della sua Casa e Corte, e a ciascuno di coloro dinanzi ai quali comparirà questa scrittura, alla cui giurisdizione mi sottometto e mi vincolo, e rinuncio al mio proprio statuto locale e privilegio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum affinché con ogni azione e rigore di legge e in via più breve ed esecutiva mi costringano e mi sollecitino a mantenerlo, osservare, compiere e pagare così, / (fol. 240 v.) come per sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o da me accettata, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore e a quella che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta. A testimonianza della qual cosa così concessi dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti nella città di Madri, addì diciotto del mese di febbraio dell’anno millecinquecentonovantotto, essendo presenti come testimoni a quanto detto Antonio de Soto e Juan Alonso e Francisco Gutiérrez, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare scritto in interlinea : in quanto li ricevetti realmente ed effettivamente, approvando e ratificando quanto sopra detto, dalla suddetta fiera, per la suddetta ragione sia stato ordinato di pagare, provare né in questa Corte né nella suddetta fiera né da chi, cambiare di nuovo, sia valido. E cancellato o diceva : Pasqua, si cambiava nella suddetta fiera dell’Apparizione, qualunque delle suddette azio, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti e rogito, due reali.  







A.H.P.M. Protocollo 1.358, fols. 239 r. - 240 v.

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i giunta a madrid [Documento n. 56]

[Al margen superior izquierdo] Scriptura a Agustín Marín. [Al margen superior] 18 hebrero. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como yo, Julio Junti de Modesty, florentín, residente en esta Corte de su Magestad, digo que por quanto el señor Agustín Marín, ginobés, asimismo residente en esta Corte, a mi ruego e ynstançia e por me hazer comodidad y buena obra, tomó a canvio en esta Corte sobre su crédito e por mi quenta y daño para Plasençia feria de apariçión del año pasado de quinientos e noventa y siete, seteçientos escudos de marcos a quatroçientos e veinte y çinco maravedís por escudo, que es el presçio a como a la saçón se canbiaba para la dicha feria, la balor de los quales me dio y pagó en partida de mayor suma, de que me doi e otorgo por bien contento, entregado e satisfecho a toda mi voluntad [interlineado : por quanto lo reçibí realmente y con efeeto], e porque de la entrega e paga de presente no pareçe renunçio la exçeçión de la non numerata pecunia y las leyes de la entrega, y prueba della como en ellas se contiene, y de los dichos seteçientos escudos el dicho Agustín Marín dio sus cartas y letras de canbio sobre el procurador de Gerónimo Serra, a pagar asimismo con orden que se baliese de aquí. Por ende otorgo y conozco por esta carta que [interlineado : aprobando y ratificando lo susodicho], me obligo con mi persona e vienes muebles e rayzes avidos e por haver que a los retornos de la dicha feria de [tachado : Pasqua] apariçión daré e pagaré al dicho Agustín Marín o a quien su poder oviere e por ello deva aver todo aquello que se oviere sacado y sacare [interlineado : de la dicha feria] a la en contra de la dicha partida, por el presçio del dicho Gerónimo Serra o por otra qualquier persona o personas e al presçio e plazo e según y como se contubiere en las cartas y letras de canbio que sobre ello dieren dirigidas al dicho Agustín Marín o a otra qualquier persona o personas e agora bengan a pagar a él o a otra qualquier persona, atento que an de benir y se an de dar sobre el dicho su crédito, la qual o las quales en qualquier / (fol. 239 v.) forma que bengan, desde luego las doy e tengo por açeptadas e reconoçidas y las açepto e reconozco para que con ellas, o sin ellas con sola la sinple declaraçión del dicho Agustín Marín e quien por él fuere parte en que diga e declare lo que [interlineado : por la dicha razón se oviere sacado a pagar e] monta el dicho dévito de prinçipal y canvios [interlineado : e daños], pueda ser e sea executado e se proçeda hasta hazer el pago como por deuda seguida llana y averiguada y obligaçión guarentigia de plazo pagado, sin que sea neçesario ni el susodicho obligado a [interlineado : probar ni] mostrar ni presentar recaudo alguno [interlineado : en esta Corte ni en la dicha feria] de quien tomó a canvio la dicha partida [interlineado : de quien] ni a que presçio [tachado : se canbiaba en la dicha feria de apariçión], ni hazer ningún reconozimiento ni conprobaçión con las dichas cartas e letras de canvio ni sin ellas, ni dar otra quenta ni razón alguna caso que de derecho, estilo o costunbre a ello fuese obligado, porque de todo ello le relievo e queda relebado, y quiero que a lo que sobre lo susodicho dixere y declarare se le aya de dar y dé entera fee e crédito en juiçio e fuera del, sobre lo qual renunçio la ley que dize que el que queda destar e pagar por la dicha declaraçión agena antes del pleito contestado se pueda arrepentir, e todas demás que sean en mi favor, y si en la paga oviere dilaçión ansí por vía executiba como en otra manera, le daré y pagaré todos los canvios e daños que se le recreçieren hasta el día de la real y entera paga, porque no se lo pagando el mismo día que llegare el plazo lo a de poder [interlineado : recanbiar y] tomar y sacar a canbio de qualquier persona o personas e para las partes e lugares que quisiere e mexor se le acomodare, una e más vezes hasta que con efeeto se le aya estinguido e pagado, lo qual a de poder haser sin perjuiçio de la vía executiva, e quedando como a de quedar esta scriptura e la vía executiba della  





















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en su fuerça e vigor para me poder executar e cobrar prinzipal e canbios como e quando quisiere e por bien tubiere, e usar de los dichos remedios juntos e dejar el que quisiere e proseguir otro hasta la real paga e ynstinçión del dicho dévito. E por- / (fol. 240 r.) que en resguardo desta partida yo, el dicho Julio Junti, avía dado, obligado e ypotecado al dicho Agustín Marín por mis çédulas quarenta balones de papel, los veinte y seis dellos que tenía en mis casas y los catorze restantes que benían de fuera, dirigidos a Nicolás de Negro, es declaraçión que esta obligaçión la hago sin perjuiçio de la dicha ypoteca e resguardo y que los dichos quarenta balones de papel están e quedan en mi poder, e me obligo de los dar e tener de manifiesto para que si al tiempo que viniere el dicho dévito no le diere e pagare todo aquello que montare, se pueda baler y executar en ellos y en los demás mis vienes hasta que con efeeto lo aya estinguido e pagado, e usar de [tachado : qualquier de los dichos rem] de este remedio e de los demás contenidos en esta scriptura, e dejar el que quisiere, e proseguir el otro a su eleçión e voluntad hasta que con efecto aya estinguido e pagado el dicho dévito con los canvios e recanvios y otras costas e daños que se recreçieren, que si es neçesario de nuebo le obligo e ypoteco al cumplimiento e paga dello los dichos quarenta balones de papel, e sin que la obligaçión general derogue a la espeçial ni por el contrario. E para la execuçión de lo que dicho es y en esta escriptura se contiene por esta carta doy poder cunplido a todas las justiçias e juezes de su Magestad de qualquier parte que sean, y señores alcaldes de su Casa e Corte y cada uno dellos ante quien esta carta paresciere, a cuya jurisdiçión me someto y obligo, e renunçio mi propio fuero e previllegio y la ley sit conbenerid de jurisdiçione oniun judicum para que por todo remedio e rigor de derecho e bía más breve y executiva me conpelan e apremien a lo ansí tener e guardar, cunplir e pagar / (fol. 240 v.) como por sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada o por mí consentida, sobre lo qual renunçio todas e qualesquier leyes, fueros e derechos que sean en mi favor y la que proybe la general renunçiaçión fecha de leyes. En testimonio de lo qual lo otorgué ansí ante el escrivano público e testigos yusoescriptos, en la villa de Madrid a deziocho días del mes de hebrero de mill y quinientos e noventa y ocho años, siendo presentes por testigos a lo que dicho es Antonio de Soto e Juan Alonso e Françisco Gutiérrez, residentes en esta Corte, e yo e scrivano doy fee que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Ba scripto entre renglones : por quanto lo rezibí realmente y con efeeto, aprobando e ratificando lo susodicho, de la dicha feria, por la dicha razón se oviere sacado a pagar e, provar ni en esta Corte ni en la dicha feria ni de quien, recanbiar, bale. Y testado o dizía : Pasqua, se canbiaba en la dicha feria de apariçión, qualquiera de los dichos rem, no vale. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos e yrlo a otorgar, dos reales.  





A.H.P.M. Protocolo 1.358, fols. 239 r. - 240 v. * [Documento n. 57 : 21/02/1598]  

[Al margine superiore sinistro] Procura a Diego de Mollinedo. [Al margine superiore destro]. 21 febbraio. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte di sua Maestà, riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come io la possiedo e per legge in tal caso si richiede, a Diego de Mollinedo, mio servitore, che al momento sta nella città di Salamanca, specialmente perché per me e in mio nome, rappresentando la mia persona, possa fare e saldare i conti con García de Malla e Lucas Hernández, abitanti della suddetta città, e con

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ciascuno di essi e con qualunque altra persona o persone, [in interlinea : tanto] per quel che concerne i libri del Nuovo Ufficio Divino e i proventi di essi quanto per qualsiasi altra cosa registrata a credito e per le ricevute di addebito e di scarico o in altra maniera, e consentirle e approvarle od opporsi a esse, ricevere e riscuotere qualsiasi saldo o saldi di debito [in interlinea : che farà] in maravedì e in altre cose, [cassato : che farà] e [in interlinea : tutto quel che ] mi si deve e mi si dovrà pagare per la suddetta ragione o in qualsiasi altra maniera e per qualsiasi altra [cassato : ragione e] causa, [in interlinea : dai suddetti o da qualsiasi altra persona]. E di ciò che riceverà e riscuoterà dia e conceda la sua o le sue ricevute di pagamento, quietanza e, qualora necessario, rivalsa sul debitore, con cessione di azioni e, non risultando al momento il pagamento, rinunciare all’eccezione della non numerata pecunia, alle leggi della consegna e della prova di essa, e tutto ciò sia valido e sia così efficace come se io lo avessi fatto e concesso e lo ricevessi e riscuotessi. E affinché in ragione della suddetta riscossione e del resto che si è detto e di qualsiasi cosa di ciò, possa dinanzi a qualsiasi tribunale e giudice competente fare e predisporre qualsiasi causa, istanza, richiesta, giuramento, esecuzione forzata, fermo giudiziario, vendita e asta / (fol. 257 v.) di beni, accertamento probatorio, appello, ricusazione, richiesta di scritture e uso di esse, parteciparvi e continuarli, e fare tutti gli altri atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che fossero necessari e che io farei essendo presente, poiché conferisco e do al suddetto Diego de Mollinedo quanta piena e sufficiente procura per questo possiedo e si richiede, con le sue incidenze e dipendenze e annessi e con l’esonero per legge necessario, la facoltà di sostituire per quel che riguarda il dibattimento processuale, revocare i sostituti e metterne altri; e nel considerare tutto come buono e valido mi impegno con i miei beni avuti e da avere. A testimonianza della qual cosa così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni nella città di Madrid, Corte di sua Maestà, addì ventuno del mese di febbraio dell’anno millecinquecentonovantotto, testimoni presenti a quanto detto Tomás de Norueña e Juan Alonso e Francisco Gutiérrez, residenti in questa Corte. E io il notaio faccio fede di conoscere il suddetto concedente, che firmò col suo nome. Appare in interlinea : tanto, che farà, tutto quel che, dai suddetti o da qualsiasi altra persona. Ed emendato e al margine : e dovrà. E cancellato o diceva : che farà, ragione e. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Pedro de Prado [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  

















A.H.P.M. Protocollo 1.358, fols. 257 r. - v. [Documento n. 57] [Al margen superior izquierdo] Poder a Diego de Mollinedo. [Al margen superior derecho] 21 hebrero. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, ressidente en esta Corte de su Magestad, conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cumplido, libre llenero vastante según que yo lo tengo y de derecho en tal casso se requiere, a Diego de Mollinedo, mi criado, estante al pressente en la çiudad de Salamanca, espeçialmente para que por mí y en mi nombre, representando mi persona, pueda haçer e feneçer quentas con Garçía de Malla y Lucas Hernández, veçinos de la dicha çiudad, e cada uno dellos y con qualquier otra persona o personas, [interlineado : así] de lo tocante a libros del Nuevo Reçado y proçedido dellos como de otras qualesquier cosas datales e reçivos por cargo y descargo o en otra manera, y las consentir y aprovar u dellas reclamar y pedir, reçivir y cobrar qualquier alcançe o alcançes [interlineado : que hiziere] de maravedís y ottras cossas, [tachado : que hiçiere] y [interlineado : todo aquello que] se me deve e deviere pagar por la dicha raçón o en otra qualquier manera y por otra qualquier [tachado : raçón y] causa [interlineado : por  











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los susodichos o otras qualesquier personas], y de lo que reçiviere y cobrare dé y otorgue su carta o cartas de pago, finiquito y lasto si neçesario fuere, con cessión de abçiones, y no pareçiendo la paga de pressente renunçiar la exçeçión de la non numerata pecunia y las leyes de la entrega e prueba della, y todo ello balga y sea tan firme como si yo lo hiçiesse y otorgasse y lo reçibiesse y cobrasse, e para que en raçón de la dicha cobrança y lo demás que dicho es y qualquier cossa dello ante qualesquier justiçias e jueçes conpetentes o en otra qualquier manera pueda haçer y poner qualquier demandas, pedimientos, requerimientos, juramentos, execuçiones, envargos, ventas y remates / (fol. 257 v.) de vienes, provanças, apelaçiones, recussaçiones, sacar scripturas e ussar dellas, tomar possesiones y las continuar, y haçer todos los otros autos y deligençias judiçiales o extrajudiçiales que sean neçesarias y yo haría presente siendo, que quan cumplido e bastante poder para ello tengo y se requiere, tal le otorgo y doy al dicho Diego de Mollinedo con sus inçidençias y dependençias y anegidades y con la relebaçión de derecho neçesaria, facultad de sostituyr en lo que toca a enjuyçiar, revocar los sostitutos y poner otros, y para lo haber todo por bueno e firme me obligo y a mis vienes avidos y por aver. En testimonio de lo qual lo otorgué anssí ante el scrivano público e testigos en la villa de Madrid, Corte de su Magestad, a veinte e un días del mes de hebrero de mill y quinientos y noventa y ocho años, testigos que fueron presentes a lo que dicho es Thomás de Norueña y Juan Alonso y Françisco Gutiérrez, ressidentes en esta Corte, e yo el scrivano doy fe que conozco al dicho otorgante, e firmolo de su nombre. Va entre renglones : así, que hiziere, todo aquello que, por los susodichos, o otras qualesquier personas. Y enmendado y en la marjen : e deviere. Y testado o dizía : que hiziere, razón y. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Pedro de Prado [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  





A.H.P.M. Protocolo 1.358, fols. 257 r. - v. * [Documento n. 58 : 05/12/1600]  

† Nella città di Madrid addì cinque del mese di dicembre dell’anno milleseicento, in presenza di me notaio pubblico e dei testimoni sottoscritti si presentarono Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte, e Francisco López, mercante di libri, abitante di questa città, e dichiararono che essi oggi, suddetto giorno, fecero e concessero una scrittura di capitolato in merito alla stampa delle Historias Generales de las Indias dinanzi a me il suddetto notaio e ai testimoni. E in uno dei capitoli di essa si dice e si dichiara che nella prima stampa delle suddette Historias non si deve stampare altro che ottocento copie sole di essa, come chiaramente constava e risultava dalla suddetta scrittura, alla quale si riferivano. E ora dicono e dichiarano che la stampa delle suddette Historias si fa nel numero di mille copie, le quali devono tutte entrare in possesso del suddetto Francisco López per maggiore sicurezza sua, e che dal notaio siano vendute a condizione che duecento copie delle suddette mille si distribuiscano per conto del suddetto Giulio Giunti. E il suddetto Francisco López si impegnava e si impegnò affinché, entrando in suo possesso le suddette duecento copie delle suddette Historias, a venderle dopo aver esaurito le ottocento copie rimanenti, e che darà l’intero ricavato di esse al suddetto Giulio Giunti, e a chi per lui dovesse averlo, pacificamente e senza dilazione né indugio alcuno, sottostando agli obblighi, alle sottomissioni, al potere ai tribunali e agli altri vincoli contenuti nella suddetta scrittura di capitolato. E così stabilirono e firmarono coi loro nomi, essendo presenti come testimoni Tommaso Giunta e Bartolomé Bardeci e Guillermo Yasón [Jasson], che stanno nella suddetta città, e io, il notaio, che faccio fede di conoscere i concedenti. Giulio Giunti

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Modesti [firmato e rubricato]. Francisco López [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Juan Moreno, notaio [firmato e rubricato]. A.H.P.M. Protocolo 2.238, fols. 1203 r. [Documento n. 58] † En la villa de Madrid a çinco días del mes de diziembre de mill y seysçientos años, en presençia de mí el escrivano público e testigos yussoescriptos pareçieron presentes Jullio Junti de Modesti, residente en esta Corte, e Françisco López, mercader de libros, vezino desta villa, e dixeron que ellos oy dicho día hizieron y otorgaron una escriptura de capitulaçiones çerca de la ynpresión de las Historias Generales de las Yndias ante mí el dicho escrivano e testigos, y por uno de los capítulos della se dize y declara que en la primera ynpresión de las dichas Historias no se an de ynprimir más de solamente ochoçientos cuerpos dellas, como largamente constaba e pareçía de la dicha escriptura, a que se referían, ahora dizen y declaran que la ynpresión de las dichas Historias se haze a número de mill cuerpos, todos los quales an de entrar en poder del dicho Françisco López para más seguridad suya, y que por scrivano se vendan con que los dozientos cuerpos de los dichos mill se an de distribuir por quenta del dicho Jullio Junti, y el dicho Françisco López se obligaba y obligó de que entrando en su poder los dichos doçientos cuerpos de las dichas Historias las venderá después de estar consumidos los ochoçientos cuerpos restantes, y con lo proçedido dellos enteramente acudirá al dicho Jullio Junti e a quien por él lo oviere de aver, llanamente y sin dilaçión ni retençión alguna, debaxo de las obligaçiones, sumisiones, poderío a las justiçias e las demás fuerças en la dicha escriptura de capitulaçiones contenidas. E lo otorgaron ansí e firmaron de sus nombres, syendo presentes por testigos Tomás de Junta e Bartolomé Bardeçi e Guillermo Yason, estantes en la dicha villa, e yo el escrivano, que doy fee conozco a los otorgantes. Julio Junti Modesti [firmado y rubricado]. Françisco López [firmado y rubricado]. Ante mí, Joan Moreno, scrivano [firmado y rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 2.238, fols. 1203 r. * [Documento n. 59 : 05/12/1600]  

† Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, residente in questa città di Madrid, Corte di sua Maestà, stabilisco e riconosco con questa carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come per legge in tal caso si richiede, a Jerónimo de Millis, mercante di libri, abitante della città di Medina del Campo, assente come se fosse presente, specialmente perché per me e in mio nome e come me stesso, rappresentando la mia persona, possa contrarre per me obbligazioni fino alla somma di cinquecento ducati e non di più, per pagarli – che li pagherò – alla persona e persone [cassato : che lo, con le quali si accorderà] che vorranno darli in carta entro i termini e al prezzo per il quale si accorderà. E in merito a ciò [possa] fare – e faccia – dinanzi al notaio la scrittura e le scritture di obbligazione che gli venissero richieste [cassato : affinché glieli paghi], obbligandomi in esse al pagamento dei suddetti cinquecento ducati laddove ed entro i termini concordati, con le pene e le indicazioni dei giorni e dei salari, l’obbligazione della mia persona e dei miei beni, la rinuncia alle leggi con sottomissione ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà e della Real Cancelleria di Valladolid e a chiunque di essi, e con tutte le ulteriori clausole che per la sua legittimità e validità fossero richieste. Le quali, essendo fatte e concesse dal suddetto Jerónimo de Millis a mio nome, da ora per  



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allora io le concedo e do per buone, legittime e valide, io le lodo e approvo e ratifico se e come se de verbo ad verbum fossero state qui inserite e incorporate, affinché possa ricevere la suddetta somma in lettere di credito e considerarsi soddisfatto di essa. E se la consegna non avvenisse, dinanzi al notaio [possa] rinunciare all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi della prova e del pagamento, che / (fol. 1024 r.) considererò valida questa procura e tutto ciò che in virtù d’essa venisse fatto e concesso. Mi impegno con la mia persona e i beni immobili e mobili, i diritti e le azioni avuti e da avere, e do pieni poteri a ogni qualsivoglia tribunale e giudice di sua Maestà di qualsiasi statuto e giurisdizione fosse, e specialmente ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà e della Real Cancelleria di Valladolid e a chiunque di essi, alla cui giurisdizione mi sottometto. E rinuncio al mio proprio statuto locale e alla giurisdizione, al domicilio e alla cittadinanza e alla legge si [sic] convenerit, affinché mi sollecitino all’esecuzione e al compimento di questa procura e delle scritture e scrittura di obbligazione che in virtù di essa venissero fatte e concesse dal suddetto Jerónimo de Millis, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente data contro di me e da me accettata e passata in giudicato, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni qualsivoglia legge, statuto locale e diritto che vada a mio favore, e specialmente a quella che dice che la generale rinuncia alle leggi fatta non è valida. A testimonianza della qual cosa concessi questa carta dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni sottoscritti nella città di Madrid, addì cinque del mese di dicembre dell’anno milleseicento, essendo presenti come testimoni Tommaso Giunta e Bartolomé de Berdeci e Guillermo Jasson che stanno nella suddetta città e io, il notaio, che faccio fede di conoscere il concedente, che firmò col suo nome nel registro. Appare cancellato : che lo, con le quali si accorderà, affinché glieli paghi. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Juan Moreno, notaio [firmato e rubricato].  

A.H.P.M. Protocolo 2.238, fols. 1203 v. - 1204 r. [Documento n. 59] † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, residente en esta villa de Madrid, Corte de su Magestad, otorgo e conozco por esta carta que doy e otorgo mi poder cunplido, libre llenero vastante qual de derecho en tal caso se requiere, a Gerónimo de Milles, mercader de libros, veçino de la villa de Medina del Campo, ausente, como si fuese presente, espeçialmente para que por mí y en mi nombre e como yo mismo, representando mi persona, me pueda obligar hasta en cantidad de quinientos ducados e no más, para los pagar e que los pagaré a las persona e personas [tachado : que lo, con quien se concertare] que los quisieren dar en papel a los plaços e por el preçio que se concertare, e çerca dello haçer e haga las scriptura e scripturas de obligaçión ante escrivano que le fueren pedidas [tachado : para que los pagare], obligándome en ellas a la paga de los dichos quinientos ducados allí e adonde e a los plaços que fuere concertado, con las penas e posturas de días y salarios, obligaçión de mi persona y bienes, renunçiaçiones de leyes e con sumisión a los señores alcaldes de la Casa e Corte de su Magestad e de la Real Chançillería de Valladolid e a qualquiera dellos, e con todas las demás cláusulas que para su firmeça y validaçión se requieran, las quales, siendo fechas y otorgadas por el dicho Gerónimo de Myles en mi nombre, yo desde aora para entonces las otorgo y eé por buenas, firmes y balederas, yo las loo e apruebo e ratifico si e como si de berbo ad verbun aquí fueran ynsertas e yncorporadas, e para que pueda reçevir en sí la dicha cantidad en papel y darse por entregado della, y si la entrega no fuere ante escrivano renunçiar la exçepçión de la ynnumerata pecunia y leyes de la prueba e paga, e de que / (fol. 1204 r.) abré por firme este poder y todo lo que en virtud del fuere hecho e otorgado, obligo mi persona y bienes rayzes y muebles, derechos y  



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actiones avidos y por aver, e doy poder cumplido a todas y qualesquier justiçias e juezes de su Magestad de qualquier fuero e juridiçión que fueren y espeçial a los señores alcaldes de la Cassa e Corte de su Magestad e de la Real Chançillería de Valladolid e a qualquier dellos, a cuya jurisdiçión me someto, e renunçio mi propio fuero e juridiçión, domiçilio e vezindad e la ley si convenerid, para que me apremien a la execuçión e cunplimiento deste poder y de las escripturas e escriptura de obligaçión que en virtud del fueren hechas y otorgadas por el dicho Gerónimo de Miles, como si fuese sentençia difinitiva de juez conpetente dada contra mí e por mí consentida e passada en cossa juzgada, cerca de lo qual renunçio todas y qualesquier leyes, fueros y derechos que sean en mi fabor y espeçial la que dize que general renunçiaçión fecha de leyes non bala. En testimonio de lo qual otorgué esta carta ante el escrivano público e testigos yussoescriptos en la villa de Madrid, a çinco días del mes de diziembre de mill y seysçientos años, syendo presentes por testigos Tomás de Junta y Bartolomé de Berdeçi e Guillermo Jasson, estantes en la dicha villa, e yo el escrivano, que doy fee que conozco al otorgante, el qual lo firmó de su nombre en el registro. Va testado : que lo, con quien se concertare, para que los pagare. Julio Junti Modesti [firmado y rubricado]. Ante mí, Joan Moreno, scrivano [firmado y rubricado].  

A.H.P.M. Protocolo 2.238, fols. 1203 v. - 1204 r. * [Documento n. 60 : 14/11/1603]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti de’ Modesti. Vendita. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura di vendita e alienazione perpetua che noi, don Iñigo de Herrera y Velasco, marchese di Auñón, e io, donna Ana de Herrera, marchesa di Auñón, sua moglie, abitanti di questa città di Madrid, genero e figlia che io [sic], il suddetto marchese e marchesa, siamo del signor Melchor de Herrera e della signora donna Francisca de Padilla sua moglie, marchesi di Auñón, in presenza e con licenza che io, la suddetta marchesa donna Ana, chiedo al suddetto marchese don Iñigo, mio signore, per concedere e giurare questa scrittura, la quale io il suddetto marchese do e concedo alla suddetta marchesa donna Ana, mia moglie, all’effetto per il quale me la chiede, di cui sono a conoscenza, e la considererò valida in ogni circostanza, e io la suddetta marchesa la accetto, facendo uso di essa, dichiariamo che il suddetto signor marchese Melchor de Herrera, defunto, in virtù della facoltà che ebbe dal Re nostro signore, facendo uso di essa e di quanto consentito dal diritto, dalle leggi e dallo statuto locale del Re, fece e istituì per noi il vincolo e maggiorascato della signoria di Auñón, delle tenute e dei pascoli, dei termini e delle giurisdizioni e delle altre cose contenute nel suddetto vincolo e maggiorascato, nel quale chiamò e nominò come prima erede me, la suddetta donna Ana de Herrera, marchesa di Auñón, come sua figlia maggiore ed erede diretta / (fol. 1253 v.) per il suddetto vincolo e maggiorascato, come afferma la scrittura della sua istituzione che venne rogata in questa città di Madrid il trenta ottobre dell’anno passato millecinquecentonovantadue dinanzi a Gaspar Testa, che era notaio del collegio di questa suddetta città. E all’epoca in cui si dispose e si stabilì che noi, i suddetti marchese e marchesa, dovessimo contrarre matrimonio, si fece una formale scrittura di ciò, con la quale divenne effettivo, e la suddetta scrittura venne rogata in questa città l’undici novembre dell’anno passato cinquecentonovantaquattro dinanzi a Gonzalo Fernández, che era notaio del collegio di questa suddetta città. E poi, il suddetto signor marchese Melchor de Herrera preparò il suo testamento segreto dinanzi al suddetto Gonzalo Fernández, e parimenti dispose certi codicilli segreti, durante la cui disposizione morì. Tutto venne aperto con la solennità necessaria dal signor don Francisco Arias Maldonado, del Consiglio di sua Maestà, giudice della sua

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Carta [sic] e Corte, dinanzi a Diego Hernández, cancelliere provinciale presso di essa, il venti febbraio dell’anno passato milleseicento, i quali vennero resi pubblici. E tra le altre disposizioni che con il suddetto testamento e codicilli ordinò e dispose vi era che si vendessero i suoi beni, (fol. 1254 r.) vitalizi e censi e gli altri patrimoni che fossero rimasti alla sua morte, e che con i proventi ottenuti da tale vendita venissero pagati i suoi debiti e le legittime alle signore donna María de Padilla e donna Juana de Padilla, figlie sue e della suddetta marchesa donna Francisca e parimenti eredi, e tutti gli ulteriori debiti e i suoi creditori ; e che con quanto fosse avanzato, in qualsiasi quantità, venissero comprate delle rendite affinché restassero vincolate alla sua casa e maggiorascato ; e dispose altre cose e nominò come suoi esecutori testamentari la suddetta marchesa donna Francisca de Padilla, sua moglie, e i signori don Luis de Mercado, Agustín Alvárez de Toledo, don Francisco Arias Maldonado, del Consiglio di sua Maestà, e il padre fra’ Felipe de Ocampo, e Bautista de Arreguia, suo contabile ; così dicono, tra altre cose, i suddetti testamento e codicilli ai quali ci riferiamo. Ed è così che fra i suddetti esecutori testamentari e noi i suddetti marchesi ci fu una causa circa la disposizione dei beni che erano rimasti del suddetto signor marchese, poiché pretendevamo che i suddetti beni fossero vincolati in ragione del suddetto maggiorascato e dei suddetti nostri accordi matrimoniali, mentre i suddetti esecutori testamentari / (fol. 1254 v.) [pretendevano] che fossero liberi e non soggetti al suddetto maggiorascato, e che si dovevano vendere e pagare secondo il loro valore per le suddette legittime e per i debiti e il resto disposto nel suddetto testamento e nei codicilli. La quale [causa] fu dibattuta dinanzi al signor Andrés de Ayala, defunto, che era del Consiglio di sua Maestà, giudice della sua Casa e Corte, e Martín Urraca de Baños, cancelliere provinciale presso di essa. Il suddetto giudice, visto quanto chiesto e addotto dalle parti, dispose un atto con il quale dichiarò quali beni del suddetto vincolo e maggiorascato solamente le tenute di Auñón, Berlinches e Valdemoro, i pascoli e i canali di irrigazione e le singole case e i palazzi di questa suddetta città e che gli altri beni, vitalizi e censi erano liberi e venissero venduti, e col loro ricavato venissero pagati alla signora marchesa donna Francisca de Padilla i seimila ducati di rendita che ogni anno deve avere conformemente agli accordi matrimoniali che tra sua signoria e il suddetto marchese Melchor de Herrera si fecero al tempo del loro sposalizio, e gli altri debiti che il suddetto signor marchese aveva, come nel suddetto atto e sentenza è contenuto. La quale [sentenza] venne confermata dai signori del Consiglio / (fol. 1255 r.) ai quali ci riferiamo e, conformemente a essa noi, i suddetti marchese e marchesa, essendoci impegnati al pagamento di tutti i suddetti debiti e all’adempimento dei suddetti testamento e codicilli, ci accordiamo, pattuiamo e concertiamo con i suddetti esecutori testamentari e ci incarichiamo e assumiamo e ci facciamo carico del pagamento i suddetti debiti. E i suddetti testamentari hanno svincolato i patrimoni del suddetto marchese, che sono rimasti a noi, e ci sono stati consegnati, in quanto immediati successori ed eredi del suddetto signor marchese, defunto, al suddetto effetto di vendere il suddetto patrimonio e fare il suddetto pagamento, mossi a ciò dal suddetto atto e sentenza, come è contenuto nella transazione e nell’accordo che a tale merito abbiamo fatto con i suddetti esecutori testamentari in questa città il quattordici febbraio dell’anno passato seicentouno dinanzi a Sebastián de Aleas, che era notaio del collegio di questa città. La quale suddetta scrittura di transazione approvarono e confermarono i signori del Consiglio di sua Maestà con un atto emesso il diciannove febbraio dell’anno passato seicentouno; questa e altre cose sono contenute nel suddetto atto, / (fol. 1255 v.) al quale ci riferiamo, che con le ulteriori garanzie consegnamo al notaio di questa carta affinché vengano qui incorporate e io il notaio le ho incorporate, e dicono quanto segue.  





Qui le garanzie, si trovano oltre La copia di tutta la qual cosa è esatta e concorda con gli originali, e così certifico io il presente notaio. E noi i suddetti marchese e marchesa, in quanto eredi universali e semplici

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amministratori di tutti i beni e del patrimonio che sono rimasti a noi per la morte del suddetto signor marchese Melchor de Herrera, e in quanto obbligati ad adempiere a quanto dispose e ordinò coi suddetti testamento e codicilli e a pagare alla suddetta marchesa donna Francisca de Padilla, nostra suocera e madre, i suddetti seimila ducati di rendita ogni anno in ragione della sua dote e controdote e di altri diritti, con gli altri debiti che sono tutti a nostro carico conformemente ai suddetti atti e alla transazione, a compimento di questa noi stessi, come tali eredi del suddetto signor marchese Melchor de Herrera, stabiliamo con questa presente carta / (fol. 1256 r.) che, per noi e per i nostri eredi e successori e per colui che da noi e per essi avrà titolo e causa in qualsiasi maniera, vendiamo e diamo in vendita reale a seguito di eredità e per sempre al signor Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, a lui e ai suoi eredi e successori, e a chi in qualsiasi maniera avrà da lui diritto a ereditare, i suoi beni, ovverosia, una casa signorile che noi i suddetti marchesi abbiamo e possediamo come patrimonio rimasto alla scomparsa del suddetto signor marchese Melchor de Herrera in questa città di Madrid, parrocchia di San Juan, nel viale che va a Palazzo, che il suddetto signor marchese Melchor de Herrera ebbe ed ereditò da Andrés de Ribera, defunto, suo fratello, e confina su due lati con due strade, il viale che va a Palazzo e un’altra, che sale da questa fino alla chiesa di Santa María di questa città; e da un’altra parte con le case di Juanes Girardo e Pedro García, tutto ciò come e nella forma in cui il signor marchese Melchor de Herrera la possedeva e l’abbiamo posseduta e la possediamo e la teneva e la possedeva ed era appartenuta al suddetto Andrés Feto [sic] de Ribera, senza fare eccezione / (fol. 1256 v.) né fare riserva per essa di cosa alcuna, con tutte le sue entrate e uscite, diritti e servitù, esenzioni e libertà e qualsiasi diritto sulle pareti in comune, affaccio e dominio e tutti gli altri che gli appartenessero nella forma in cui si trovano al presente, e come libera dal censo perpetuo ed esentati, per vincolo e maggiorascato, da ipoteche e obbligazioni speciali né generali di alcun genere, né altro onere né alcun impedimento, e in quanto libera e non soggetta a obbligo di ospitalità per alloggio della Corte, cui non è sottoposta né limitatamente né perpetuamente perché esente da ciò per privilegio particolare, che gli consegneremo convalidato con ogni formalità entro i primi due mesi dalla data di questa scrittura senza dover essere sollecitati a ciò. E, non facendolo, pagheremo al suddetto Giulio Giunti l’interesse sul valore della suddetta esenzione, e come libera dal suddetto dovere di ospitalità gliela garantiamo e gliela vendiamo per il prezzo e importo di quattromilacento ducati da undici reali, per il quale con il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti ci siamo accordati e l’abbiamo stimata, che i suddetti quattromilacento ducati / (fol. 1257 r.) dichiariamo e confessiamo essere il suo prezzo, e che la vendita di questa casa la facciamo all’effetto di dare e pagare i quattromilacento ducati stessi alla signora donna Francisca de Padilla, marchesa di Auñón, nostra madre e suocera, come saldo dei conti per quanto fino a oggi decorso dei seimila ducati di rendita che abbiamo l’obbligo di pagare e paghiamo ogni anno ; di essi, tremila ducati in perpetuo e i rimanenti tremila ducati a vita, in ragione della sua dote e dei suoi crediti, conformemente agli accordi matrimoniali che vennero fatti tra la suddetta signora marchesa e il marchese Melchor de Herrera, che vennero stipulati dinanzi a Fernando de Santamaría, notaio pubblico del collegio di Toledo, il quattro gennaio dell’anno passato cinquecentotrentotto, al quale noi ci riferiamo, e questa vendita ha avuto esito per effettuare questo pagamento e altrimenti non lo avrebbe avuto. E così, per il rispetto di cui la signora marchesa gode e a cui ha diritto per poter vivere, se volesse, nella suddetta casa, le abbiamo chiesto il permesso, e sua signoria lo ha dato, per effettuare questa vendita, nella quale accettò di entrare, per ricevere la suddetta somma di quattromilacento ducati al suddetto effetto / (fol. 1257 v.) del pagamento dei suddetti redditi decorsi dei suddetti seimila ducati di rendita.  

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E io, la suddetta marchesa donna Francisca de Padilla, che sono stata e sono presente al rogito di questa scrittura e mi devo impegnare in essa nella maniera contenuta, confesso che insieme a me è stata trattata questa vendita, con il suo effetto e prezzo. E poiché io, la suddetta marchesa, ho diritto di dimora presso la suddetta casa, di mia volontà acconsento che si faccia ed effettui, e desisto e mi sollevo dal diritto di dimora in essa perché mi si danno e pagano i suddetti quattromilacento ducati del suo prezzo per [in interlinea : il suddetto pareggio dei conti] [cassato : pagarmi con essi e mi pagano] per ciò che fino ad oggi mi si deve di quanto decorso dei suddetti seimila ducati di rendita. Questo perché realmente e veramente sono legittima creditrice verso i beni e le proprietà del suddetto marchese Melchor de Herrera mio signore, come è noto, e così lo garantisco; e se constasse il contrario e venisse determinato e ordinato di restituire i suddetti quattromilacento ducati del prezzo di questa vendita io li restituirò con le spese e i danni che fossero maturati a chi, quando, e nella forma che venisse determinata e stabilita. E noi, i suddetti marchese e marchesa, / (fol. 1258 r.) con questa garanzia e a questo effetto facciamo la suddetta vendita e acconsentiamo e vogliamo che il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti dia e paghi i suddetti quattromilacento ducati alla suddetta signora marchesa donna Francisca de Padilla. E io, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, che sono presente al rogito di questa scrittura, confesso che la vendita della suddetta casa e il pagamento sono stati trattati in questa forma insieme a me, e così voglio dare e pagare e do e pago i suddetti quattromilacento ducati del prezzo della suddetta casa alla suddetta signora marchesa donna Francisca de Padilla, per il suddetto effetto, in presenza dei suddetti marchese e marchesa. E noi i suddetti marchese e marchesa così vogliamo e acconsentiamo. E io, la suddetta marchesa donna Francisca de Padilla, secondo questo accordo e per il suddetto pareggio dei conti sui redditi decorsi fino a oggi, come è stato detto, circa i suddetti seimila ducati di rendita, ricevo e ho ricevuto i suddetti quattromilacento ducati dal suddetto Giulio Giunti de’ Modesti in reali, che sono stati contati in presenza del notaio pubblico di questa carta, al quale chiediamo di far fede di questo pagamento con le formalità previste. E io il presente / (fol. 1258 v.) notaio faccio fede e certifico che i suddetti marchesi don Iñigo e donna Ana hanno detto di acconsentire che venissero pagai alla suddetta signora marchesa donna Francisca i suddetti quattromilacneto ducati in conto dei suddetti redditi decorsi dei suddetti seimila ducati di rendita, e sua signoria della suddetta marchesa li ha ricevuti e sono stati consegnati dalle mani del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti in reali contanti, che sono stati contati in presenza mia e dei testimoni di questa carta realmente ed effettivamente e ne è entrata in possesso. E io la suddetta marchesa donna Francisca, in quanto ripagata dei suddetti quattromilacento reali, concedo ricevuta di pagamento per essi tanto agli effetti di questa vendita quanto per riceverli per conto di ciò che fino a oggi è decorso dei suddetti seimila ducati di rendita, che non tornerò a chiedere un’altra volta. E noi i suddetti marchese e marchesa approviamo il pagamento e, insieme alla suddetta signora marchesa donna Francisca de Padilla, riceviamo al suddetto effetto i suddetti quattromilacento ducati, dei quali io il presente notaio parimenti faccio fede. E poiché restiamo esenti da responsabilità per questo, ed effettuato il pagamento a cui siamo obbligati, / (fol. 1259 r.) per maggior sicurezza diamo parimenti ricevuta di pagamento al signor Giulio Giunti de’ Modesti, a cui favore parimenti assicuriamo che questo pagamento e questa vendita sono stati effettuati correttamente per questo caso essenziale e necessario e per il legittimo creditore verso i beni e le proprietà che possediamo, che dobbiamo pagare prima di chiunque altro, e siamo soddisfatti, contenti e legittimamente ripagati nella forma suddetta dei suddetti quattromilacento ducati del prezzo della vendita della suddetta casa, e accettiamo a nostro favore la ricevuta di pagamento che la suddetta marchesa donna Francisca ci dà per i suddetti redditi, e chiediamo al presente notaio di darci una copia di questa  



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scrittura come scarico della suddetta somma. E io, la suddetta marchesa donna Francisca, a ulteriore garanzia mi impegno con questa scrittura a favore del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti al risarcimento dei danni sulla cosa venduta per la suddetta casa nella forma che in essa sarà contenuta, poiché tale è l’accordo con gli altri che si impegneranno per essa. E noi, i suddetti marchesi don Iñigo de Herrera y Velasco e donna Ana de Herrera, sua moglie, confessiamo per noi e a nome dei nostri eredi e successori e dei successori per il suddetto casato e titolo / (fol. 1259 v.) di Auñón che i suddetti quattromilacento ducati del prezzo di questa vendita sono ciò che giustamente vale e non vale di più, perché sebbene prima della partenza di questa Corte di sua Maestà da questa città e anche dopo, e tuttora, abbiamo fatto diverse pratiche per vendere la suddetta casa, non abbiamo trovato chi ci abbia dato per essa una tale somma, anche se le pratiche si sono fatte pubblicamente e segretamente, con ogni perizia e secondo la qualità della suddetta casa, i suddetti quattromilacento ducati pagati in contanti sono il loro vero e giusto prezzo. E io, la suddetta marchesa donna Francisca, come avente diritto a dimorarvi, così confesso parimenti. E noi, i suddetti marchesi, principali venditori, sotto questa confessione e accordo che è certo, solleviamo il compratore dalla sua verifica, e se valesse qualcosa in più, e dichiariamo che lo vale, gliene facciamo omaggio come remunerazione per le buone opere ricevute, e questa donazione dichiariamo essere giusta e non eccedere la somma che la legge prevede, e la consideriamo insinuata e gli diamo potere perché la insinui, e rinunciamo alle leggi delle insinuazioni e dell’inganno della compravendita, all’eccezione dei quattro anni / (fol. 1260 r.) e all’ordinamento reale fatto nelle Cortes di Alcalá de Henares dal nobile re don Alfonso e alla legge seconda, altrimenti detta de recidendo venditione, e a tutte le ulteriori leggi e diritti che trattano degli inganni della compravendita a più o meno della metà del giusto prezzo affinché non siano valide per noi e non ci servano a confutare questa vendita, perché in ogni tempo deve restare valida, stabile e sicura, senza impedimento in qualsiasi caso, civile o penale, in cui risultasse o venisse dichiarato il contrario. E perciò desistiamo, e facciamo desistere i nostri eredi e successori e i successori per il suddetto casato e maggiorascato di Auñón, dalla signoria diretta, azione e proprietà e da qualsiasi diritto di evizione e di risarcimento che abbiamo sulla suddetta casa. E a garanzia di ciò, contro qualsivoglia terzo, cediamo, facciamo rinuncia e trasferiamo il tutto al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e a chi succedesse nel suo diritto, senza riservarci né lasciarci cosa alcuna. E parimenti, per maggior giurisdizione sulla suddetta casa che così gli vendiamo, dichiariamo che se avessimo qualche censo perpetuo o rimanessimo con qualche possesso o preminenza su due case piccole / (fol. 1260 v.) che stanno più giù della suddetta nostra casa, attaccate a essa, e avessimo qualche titolo o scrittura o scritture di ciò, glieli consegnamo perché sia signore di ciò come lo siamo noi e faccia uso di ciò come della suddetta casa che così gli vendiamo. Per tale ragione non si deve aumentare né ribassare il prezzo di questa vendita perché a questo carattere è stata effettuata e si effettua e così è stato concordato, e quindi gli ulteriori diritti di qualsiasi diritto utile e dominio diretto che abbiamo e ci appartenesse verso le suddette due casette a noi e al suddetto Andrés de Ribera, defunto, lo diamo al suddetto Giulio Giunti, e cediamo ogni qualsivoglia diritto che abbiamo affinché abbia tutto e lo riscuota per se stesso, e per questo lo surroghiamo e lo mettiamo al nostro posto. E diamo potere al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti a o chi succedesse nel suo diritto affinché faccia uso e disponga liberamente e a suo arbitrio, come volesse e gli sembrasse opportuno, della suddetta casa e di qualsivoglia parte di essa, e affinché prenda possesso di essa e di ciò che a essa è annesso per sua autorità o per legge come gli sembrerà opportuno, poiché vogliamo sia attestato che ne ha / (fol. 1261 r.) preso possesso con la consegna di questa scrittura e la copia che di essa chiediamo al presente notaio di siglare, in segno della qual cosa e per ulteriore titolo verso la suddetta casa gli consegneremo tutte le garanzie che avremo affinché facciano fede, e a ciò ci impegnamo. E

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per il periodo entro il quale realmente e veramente prenderà possesso di essa ci costituiamo, noi e i nostri eredi e i successori del nostro casato e maggiorascato come suoi inquilini, tenutari e possessori affinché allorquando fossimo trovati in possesso della suddetta casa o di parte di essa sia considerato a suo nome e non in altra maniera. E noi, i suddetti marchesi don Iñigo de Herrera y Velasco e donna Ana de Herrera, sua moglie, sotto la suddetta licenza e come principali venditori, ci vogliamo impegnare al risarcimento, alla garanzia e alla buona fede di questa vendita e di questa casa, per il cui risarcimento diamo come nostro fideiussore la suddetta signora marchesa donna Francisca de Padilla, nostra madre e suocera, residente nella suddetta città ; e io, la suddetta donna Francisca, voglio esserlo. E noi, i suddetti marchesi, come principali e io, la suddetta / (fol. 1261 v.) marchesa, come loro fideiussore [in interlinea : e principale pagatrice], tutti e tre di nostra volontà e confessando come con- [cassato : fessiamo noi] fesso io, la suddetta fideiussore, che questa vendita è giusta e per un caso giusto e necessario e di utilità per tutti, mi voglio impegnare e mi impegno e tutto di comune accordo e per voce di uno e ciascuno di noi e per i nostri beni di per sé in solidum e per il tutto, rinunciando come rinunciamo alle due autentiche presente de fideiussoribus e hoc ita de duobus rex [sic] debendi, al beneficio della divisione e dell’escussione e all’epistola del divo Adriano e a tutte le ulteriori leggi e diritti del comune accordo, come in essi è contenuto, che in ogni momento e accadimento questa vendita sarà buona, stabile e certa, e non contraddetta da nessuna legge né dai successori nel casato e maggiorascato di Auñòn. E la suddetta casa certa e sicura in pace ed esente da ogni calunnia, pignoramento o impedimento a goderne, per sempre, con la suddetta libertà ed esenzione perpetua dal dovere di ospitalità per la Corte, come viene riferito, per il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e per i suoi eredi e successori e per chi succederà nel suo diritto. E né per essa né per parte di essa si avranno cause / (fol. 1262 r.) liti e calunnie da parte di nessuna persona in causa in nessun momento e, se succedesse, noi e chiunque di noi e dei nostri eredi, ognuno per il tutto in solidum, andremo in difesa in quel processo o in quella querela a nostre spese, essendo convocati o no, e lo continueremo in tutti i gradi di giudizio e le istanze fino a concluderlo e a lasciare il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti nel quieto e pacifico possesso della suddetta casa o della parte di essa per la quale si fosse verificata la calunnia o l’impedimento a goderne nella suddetta esenzione perpetua dal dovere di ospitalità. E in mancanza di ciò, non potendo o non volendo, ci impegnamo, ognuno in solidum, e obblighiamo i nostri eredi e successori, a dargli un’altra casa uguale in un posto altrettanto buono, di qualità e possesso altrettanto buoni, e con la suddetta esenzione perpetua dal dovere di ospitalità, e di valore uguale a quello avuto quando risultasse e non potessimo risolvere o risarcire, o del valore che avrà allora, di qualsiasi qualità o importo sia, così come il tempo lo avrà prodotto, come qualsivoglia beneficio, lavoro e riparazione e accrescimento che in essa avrà fatto, volontari e necessari, di qualsiasi qualità, ingenza e stima siano, con in più tutte / (fol. 1262 v.) le spese, i danni e gli interessi che gliene deriveranno e che matureranno. Tutto ciò per qualsiasi importo dichiarato da Giulio Giunti con un giuramento, per il quale lo differiamo, o differiamo gli eredi e successori, universali o particolari, della suddetta casa, e lo dispensiamo dalle altre garanzie necessarie, che per questo ci costituiamo e dichiariamo suoi pacifici debitori da ora per allora. E se fosse il caso di fare il pagamento lo faremo in questa città di Madrid, in suo potere pacificamente e senza liti, e se fosse necessario mandare a riscuotere fuori da questa suddetta città, dove fossimo noi e i nostri beni, consentiamo che venga o mandi a riscuotere, che pagheremo chi vi andasse cinquecento maravedì di salario per ogni giorno di occupazione, per ogni andata, permanenza e ritorno che effettuasse e che faranno fino a che non verranno pagati, e da essi vogliamo poter subire esecuzione forzata per il capitale, e non chiederemo loro clemenza, e differiamo la loro liquidazione alla dichiarazione della persona che per questo andrà, fatta giudizialmente o extragiudizialmente, e lo dispensiamo  





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dalle altre garanzie necessarie, e in nessun forma e in nessun caso metteremo scuse né ci esimeremo dal compiere tutto o in parte ciò che conformemente a questa scrittura dobbiamo compiere, rinunciando e distogliendo la nostra considerazione da qualsiasi ne avessimo. E per il compimento ed esecuzione di tutto quanto detto, impegnamo le nostre persone e tutti i nostri beni avuti / (fol. 1263 r.) e da avere di qualsiasi qualità, quantità o specie siano, che tutti vogliamo che siano e rimangano obbligati per sempre ; e diamo potere ai tribunali competenti di sua Maestà di qualsiasi parte, e specialmente ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà, al correggitore e ai suoi luogotenenti di questa città di Madrid e a chiunque di essi sia e fosse, al cui statuto locale ci sottomettiamo, rinunciando a quello nostro e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché sollecitino e costringano noi e i nostri beni con ogni rigore e giudizio esecutivo, anche se fossimo noi e i nostri beni fuori dalla loro giurisdizione e residenza, al compimento e al pagamento di quanto detto e di ogni cosa di esso, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata come tale, in merito alla qual cosa rinunciamo a tutte le leggi e i diritti a nostro favore e a quella generica che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta. E noi, le suddette marchese donna Francisca e donna Ana, rinunciamo alle leggi degli imperatori, iuriconsultus senatus [sic] e a quella di Velleiano, e alla nuova costituzione, alle leggi di Toro e alla Partida e alle ulteriori a favore delle donne, dei cui effetti ci ha avvisato il notaio di questa carta, / (fol. 1263 v.) della qual cosa gli chiediamo di far fede. E io il notaio la faccio e certifico che dissi loro circa l’effetto di esse e, a conoscenza di ciò, noi le suddette vi facciamo rinuncia. E io, la suddetta marchesa donna Ana de Herrera, poiché sposata e minore di venticinque anni e maggiore di venti, giuro dinanzi a Dio e a una croce tale e quale a questa †, che mi feci con la mano, e ai santi quattro vangeli, che in ogni momento e circostanza compirò e considererò valida questa scrittura e ogni cosa di essa, e in nessun caso né in nessuna circostanza la contraddirò dicendo che fui ingannata, indotta o forzata, né per la minore età né per altra causa, che non ce n’è stata nessuna né ce n’è, e così confesso che la faccio e concedo di mia propria e consenziente volontà, e che non ho fatto reclamo né lo farò per iscritto o a voce, né per questo giuramento chiederò lo scioglimento né la mitigazione a sua Santità né al suo nunzio né a nessun altro giudice che me li potesse concedere ; e nel caso in cui suo motu o ad effectum agendi o in altra maniera mi venissero concessi non farò uso di essi contro quanto contenuto in questa scrittura, né per tralasciare di adempiervi chiederò che sia pagata con la mia dote e controdote né con altri beni, che rinuncio a qualsiasi azione e diritto avessi per intentare e chiedere ciò, e faccio ancora un giuramento con la stessa solennità affinché sempre questa scrittura / (fol. 1264 r.) sia giurata, per la cui validità e conclusione dico sì giuro e amen. E senza invalidare il tutto, nel caso in cui vi si volesse fare opposizione, o per qualsiasi cosa inerente a essa, nessuna ragione addotta da me o da altri abbia udienza o sia ammessa in giudizio né fuori di esso e, senza invalidare il tutto, si osservi, si compia ed esegua in tutto questa scrittura e ogni cosa di quanto in essa contenuto. E io, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, presente a tutto quanto contenuto in questa scrittura e fatto il pagamento dei suddetti quattromilacento ducati per i quali mi si vende la suddetta casa, stabilisco di accettare questa vendita e questa scrittura a mio favore e ricevo in acquisto la suddetta casa per il suddetto prezzo e con la condizione di garanzia e risarcimento riferita, e prenderò subito possesso di essa, per la qual cosa chiedo a qualsivoglia tribunale di proteggermi per sempre, e al notaio di questa carta di rendermene testimonianza. E tutti i quattro concedenti stipuliamo così questa scrittura dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni / (fol. 1264 v.) di cui sotto, e consentiamo che il suddetto notaio dia a ciascuna delle parti le copie che chiederemo di essa, siglate e nella debita forma. Nella città di Madrid addì quattordici del mese di novembre dell’anno milleseicentotré, testimoni il dottor Pedro Garrido de Arrichavala e il dottor Alonso de la Parra Hurtado e Pedro López de Ayala, impiegato del pre 



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sente notaio. E io il notaio faccio fede di conoscere i signori concedenti, che firmarono con i loro nomi. In interlinea : la suddetta città e conto [sic]. Ed emendato : mi, mos, en, e , sia valido. E cancellato : con essi pagarmi e mi pagano, fessiamo noi, non sia valido. Donna Francisca de Padilla [firmato e rubricato]. E la marchesa di Auñón [rubricato]. E il marchese di Auñón [rubricato]. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, dodici reali.  





A.H.P.M. Protocollo 1.988, fols. 1253 r. - 1264 v. [Documento n. 60] [Al margen superior izquierdo] Jullio Junti de Modesti. Venta. [Al margen izquierdo] Fecha. † Sepan quantos esta pública scritura de venta y enagenaçión perpetua vieren como nos, don Yñigo de Herrera y Velasco, marqués de Auñón, y yo, doña Ana de Herrera, marquesa de Auñón, su muger, vezinos desta villa de Madrid, yerno y hija que yo, el dicho marqués y marquesa, somos de el señor Melchor de Herrera y la señora doña Françisca de Padilla, su muger, marqueses de Auñón, en presenzia y con liçenzia que yo, la dicha marquesa doña Ana, pido al dicho marqués don Yñigo, mi señor, para otorgar y jurar esta escritura, la qual yo el dicho marqués doy y conçedo a la dicha marquesa doña Ana, mi muger, para el efeto que me la pide, de que soy sabidor, y la abré por firme en todo acaezimiento, y yo la dicha marquesa la açepto, e husando della dezimos que el dicho señor marqués Melchor de Herrera, difunto, en virtud de la facultad que tuvo del Rey nuestro señor, husando della y de lo permitido por derecho, leyes y fuero del Rey, nos hizo y fundó vínculo y mayorazgo del estado de Auñón y de las villas y dehesas, términos y juridiçiones y otras cosas en el dicho vínculo y mayorazgo contenidas, en el qual llamó y nonbró por primera subçesora a mí, la dicha doña Ana de Herrera, marquesa de Auñón, como su hija mayor y subçesora derechamente / (fol. 1253 v.) en el dicho vínculo y mayorazgo, como lo dize la escriptura de su fundaçión que pasó en esta villa de Madrid en treynta de otubre del año passado de mill y quinientos y noventa y dos ante Gaspar Testa, scrivano que fue del número desta dicha villa. Y al tiempo que se capituló y asentó, que nos, los dichos marqués y marquesa, huviésemos de contraer matrimonio, se hizo escritura de la forma del, con la qual tuvo efeto, y pasó la dicha escritura en esta villa en honze de novienbre del año pasado de quinientos y noventa y quatro ante Gonçalo Fernández, scrivano que fue del número de esta dicha villa, y después el dicho señor marqués Melchor de Herrera otorgó su testamento çerrado ante el dicho Gonçalo Fernández, y otorgó ansimismo çiertos cobdiçilios çerrados, debaxo de cuya disposiçión fallesçió, que todo fue abierto con la solenidad nesçesaria por el señor don Françisco Arias Maldonado, del Consejo de su Magestad, alcalde de su Carta [sic] y Corte, ante Diego Hernández, que fue scrivano de provinçia en ella, en veinte de febrero del año passado de mill y seisçientos, los quales se publicaron, y entre otras cossas de las dispusiçiones que por el dicho testamento y codizilios mandó y dispuso fue que se vendiesen sus bienes, / (fol. 1254 r.) juros y çensos y otra hazienda que por su fallesçimiento quedasen, y que con el presçio que proçediesse de la tal benta se pagasen sus deudas y las ligítimas de las señoras doña María de Padilla y doña Juana de Padilla, sus hijas y de la dicha marquessa, doña Françisca y herederas ansimismo, y todas las demás deudas a sus acrehedores, y lo que sobrase en qualquiera cantidad se conprase de renta para que quedase vinculada en su casa y mayorazgo, y dispuso otras cosas, y nonbró por sus albaçeas y testamentarios a la dicha marquessa doña Françisca de Padilla, su muger, y a los señores don Luis de Mercado, Agustín Alvarez de Toledo, don Françisco Arias Maldonado, del Consejo de su Magestad, y al padre fray Felipe de Ocanpo, y a Bautista de Arreguia, su contador, ansí lo dizen y otras

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cosas los dichos testamentos y cobdizilios, a que nos referimos. Y es anssí que los dichos testamentarios y nos los dichos marquesses tuvimos pleito sobre la declaraçión de los bienes que avían quedado del dicho señor marqués, sobre que pretendíamos que los dichos bienes heran vinculados en razón del dicho mayorazgo y capitulaçiones de nuestro matrimonio, y los dichos testamentarios / (fol. 1254 v.) que heran libres y no subjetos al dicho mayorazgo y que se havían de bender y pagar de su valor las dichas ligítimas y deuda y lo demás dispuesto por el dicho testamento y cobdizilios, que pendió ante el señor liçençiado Andrés de Ayala, difunto, que fue del Consejo de su Magestad, alcalde de su Cassa y Corte, y Martín Urraca de Baños, scrivano de provinçia en ella, en el qual el dicho alcalde, visto lo pedido y alegado por las partes pronunçió auto por el qual declaró tan solamente por bienes del dicho vínculo y mayorazgo las villas de Auñón, Berlinches y Valdemoro, dehesas de açequia y casa sola y las casas prinçipales desta dicha villa, y que los demás bienes, juros y çensos heran libres y que se vendiesen, y de su valor pagasen a la dicha señora marquessa doña Françisca de Padilla los seis mill ducados de renta que en cada un año ha de haver, conforme a las capitulaçiones matrimoniales que entre su señoría y el dicho señor marqués Melchor de Herrera hizieron al tienpo de su casamiento, y las demás deudas que el dicho señor marqués devía, como en el dicho auto y sentenzia se contiene, que fue confirmada por los señores del Consejo, / (fol. 1255 r.) a que nos referimos. En conformidad de lo qual nos, los dichos marqués y marquessa, haviéndonos obligado a la paga de todas las dichas deudas y cunplimiento del dicho testamento y cobdizilios, tomamos acuerdo, asiento y conzierto con los dichos testamentarios y nos encargamos y tomamos a nuestra quenta pagar las dichas deudas, y los dichos testamentarios alçaron mano de la hazienda de el dicho marqués, y quedamos y nos entregamos en ella como ynmediatos subçesores y herederos del dicho señor marqués, difunto, para el dicho efeto de vender la dicha hazienda y hazer el dicho pago, por estar a ello convençidos por el dicho auto y sentenzia, como se contiene en la transaçión y conçierto que sobre ello tomamos con los dichos testamentarios en esta villa en catorze de febrero del año pasado de seisçientos y uno ante Sebastián de Aleas, escrivano que fue del número desta dicha villa, la qual dicha escriptura de transaçión aprobaron y confirmaron los señores del Consejo de su Magestad por auto que pronunziaron en diez y nueve de febrero del año pasado de seisçientos y uno, como esto y otras cossas en el dicho auto se contienen, / (fol. 1255 v.) a que nos referimos, el qual y los demás recaudos entregamos al scrivano desta carta para que los yncorpore en ella e yo el escrivano los yncorporé, y son del tenor siguiente. Aquí los recaudos, están adelante El treslado de todo lo qual va çierto y concuerda con los originales, y ansí lo çertifico yo el presente escrivano. Y nos los dichos marqués y marquesa, como herederos huniversales y meros administradores de todos los bienes y hazienda que nos quedaron por fallesçimiento del dicho señor marqués Melchor de Herrera, y como obligados a cunplir lo que dispuso y mandó por el dicho testamento y cobdizilios y pagar a la dicha señora marquesa dona Françisca de Padilla, nuestra suegra y madre, los dichos seis mill ducados de rentas en cada un año por razón de su dote y arras y otros derechos, y a las demás deudas, que todas están a nuestro cargo conforme a los dichos autos y transaçión, para cuyo cunplimiento por nos mismos, como tales herederos del dicho señor marqués Melchor de Herrera, otorgamos por esta presente carta / (fol. 1256 r.) que, por nos y nuestros herederos y subçesores y por el que de nos y dellos tuviere título y caussa en qualquier manera, vendemos y damos en venta real por juro de heredad para sienpre jamás al señor Jullio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, para él y sus herederos y subçesores y quien tuviere su derecho y de heredar sus bienes en qualquier manera, conviene a saber, una cassa prinçipal que nos los dichos marqueses tenemos y posehemos como hazienda que quedó por fallesçimiento del

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dicho señor marqués Melchor de Herrera en esta villa de Madrid, perroquia de San Juan, en la calle ancha de Palaçio, que la huvo y heredó el dicho señor marqués Melchor de Herrera de Andrés de Ribera, difunto, su hermano, y alinda por dos partes con dos calles, la ancha que va a Palaçio y otra que sube della hazia la yglesia de Santa María de esta villa, y por otra parte casas de Juanes Girardo y Pedro Garzía, todas ellas según y de la forma que el dicho señor marqués Melchor de Herrera las poseya y hemos poseydo y posehemos y las tenía y poseya y pertenesçieron a el dicho Andrés Feto [sic] de Ribera, sin eçeptar / (fol. 1256 v.) ni reservar della cosa alguna, con todas sus entradas y salidas, derechos y servidunbres, esençión y libertad y qualesquier derechos de medianerías, vistas y señorío y todo lo demás que le pertenezca de la forma que están al presente, y por libres de çenso perpetuo y al quitar, vínculo y mayorazgo, ypoteca y obligaçiones espeçiales ni generales de ninguna calidad, que no la tienen ni otra carga ni ynpedimento alguno, y por libres y no subjetas a guésped de aposento de Corte, que no le tienen limitada ni perpetuamente porque son libres del por previllegio particular, que le entregaremos despachado en toda forma dentro de dos meses primeros de la fecha desta scritura sin ser requeridos para ello, y no lo haziendo pagaremos al dicho Jullio Junti el ynterés del valor de la dicha exsençión, y por tales libres del dicho guésped de aposento las asiguramos y bendemos por presçio y quantía de quatro mill y çien ducados de a honze reales en que con el dicho Jullio Junti de Modesti las tenemos conçertadas e ygualadas, los quales dichos quatro mill y çien ducados / (fol. 1257 r.) de su presçio declaramos y confesamos son y que la venta desta casa la hazemos para efeto de dar y pagar los mismos quatro mill y çient ducados a la señora doña Françisca de Padilla, marquesa de Auñón, nuestra madre y suegra, a buena quenta de lo que hasta oy está corrido de los seis mill ducados de renta que tenemos obligaçión de le pagar y pagamos cada año, los tres mill ducados dellos perpetuos y los tres mill ducados restantes durante su vida por razón de su dote y pretensiones, conforme a las capitulaçiones matrimoniales que se hizieron entre la dicha señora marquessa y marqués, Melchor de Herrera que pasaron ante Fernando de Santamaría, scrivano público del número de Toledo, en quatro de henero del año pasado de quinientos e treinta e ocho, a la qual nos referimos, y para hazer esta paga tuvo efeto esta venta y no lo tuviera de otra manera. Y así, para el respeto de que la dicha señora marquesa tiene eleçión y derecho para poder bibir si quisiere la dicha cassa, le pedimos consentimiento y su señoría lo dio con la qual se haze esta venta, en la qual fue acuerdo huviese de entrar y reszibir la dicha cantidad de quatro mill y çien ducados para el dicho efeto / (fol. 1257 v.) de paga de los dichos réditos corridos de los dichos seis mill ducados de renta. Y yo, la dicha marquesa doña Françisca de Padilla, que he hestado y estoy presente al otorgamiento de esta scritura y me he de obligar en ella en la forma que conterna, confiesso se trató comigo esta venta y su efeto y presçio, y porque yo la dicha marquessa soy ynteresada en la bibienda de la dicha casa, de mi voluntad consiento se haga y efetúe y me desisto y aparto del derecho de la bibenda della porque se me dan y pagan los dichos quatro mill y çien ducados de su presçio para [interlineado : la dicha buena quenta] [tachado : con ellos pagarme y me pagan] lo que hasta oy se me deve de lo corrido de los dichos seis mill ducados de renta, esto porque real y berdaderamente soy a los bienes y hazienda del dicho marqués Melchor de Herrera, mi señor acrehedor ligítimo, como es notorio y así lo asiguro, y si constare de lo contrario y fuere determinado y mandado bolver con los dichos quatro mill y çien ducados del presçio desta venta yo los bolveré con las costas y daños que se recreçieren a quien y quando y de la forma que fuere determinado y juzgado. Y nos, los dichos marqués y marquessa, / (fol. 1258 r.) con este siguro y para este efeto hazemos la dicha venta y consentimos y queremos que el dicho Jullio Junti de Modesti dé y pague los dichos quatro mill y çien ducados a la dicha señora marquesa doña Françisca de Padilla. Y yo, el dicho Jullio  



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Junti de Modesti, que estoy presente al otorgamiento desta escriptura, confieso se trató en esta forma la venta de la dicha casa y paga de su presçio comigo, y así quiero dar y pagar y doy y pago los dichos quatro mill y çien ducados del presçio de la dicha cassa a la dicha señora marquessa doña Françisca para el dicho efeto en presenzia de los dichos marqués y marquessa, y nos los dichos marqués y marquesa lo queremos y consentimos anssí. E yo la dicha marquesa doña Françisca de Padilla, con esta conformidad y para la dicha buena quenta de los réditos corridos hasta oy, como dicho es, de los dichos seis mill ducados de renta, reszibo y reszibí los dichos quatro mill y çien ducados del dicho Jullio Junti de Modesti en reales, que los montaron en presenzia del escrivano público de esta carta, a quien pedimos dé fee desta paga y solenidad, y yo el presente / (fol. 1258 v.) escrivano doy fee y çertifico que los dichos marqueses don Yñigo y doña Ana dixeron consentían se pagase a la dicha señora marquessa doña Françisca los dichos quatro mill y çien ducados para quenta de los dichos réditos corridos de los dichos seis mill ducados de renta, y su señoría de la dicha marquesa los reszibió y se entregó en ellos de mano del dicho Jullio Junti de Modesti en reales de contado, que los montaron en mi presenzia y de los testigos desta carta realmente y con efeto y se apoderó en ellos, e yo la dicha marquesa doña Françisca, como pagada de los dichos quatro mill y çien ducados doy carta de pago dellos ansí para el efeto desta venta como para rezibillos en quenta de lo que hasta oy está corrido de los dichos seis mill ducados de renta, los quales no bolveré a pedir otra vez, y nos los dichos marqués y marquesa aprobamos la paga, y juntamente con la dicha señora marquessa doña Françisca de Padilla, rezibimos para el dicho efeto los dichos quatro mill y çien ducados, de que ansimismo yo el presente scrivano doy fee, y porque quedamos descargados della y fecha paga dello, que tenemos obligaçión, / (fol. 1259 r.) a mayor abundamiento damos anssimismo carta de pago al dicho Jullio Junti de Modesti, en cuyo fabor ansimismo asiguramos que esta paga y benta es bien fecha, y para casso preçiso y neçesario y acrehedor ligítimo a los bienes y hazienda que posehemos y a quien devemos pagar primero que a otro ninguno, y estamos satisfechos, contentos y ligítimamente pagados en la forma dicha de los dichos quatro mill y çien ducados del presçio de la venta de la dicha cassa, y açetamos en nuestro fabor la carta de pago que la dicha marquesa doña Françisca nos da de los dichos réditos, y pedimos al presente escrivano nos dé un treslado desta scritura para descargo de la dicha cantidad, y yo la dicha marquesa doña Françisca, a mayor abundamiento me obligaré en esta scritura en fabor del dicho Jullio Junti de Modesti al saneamiento de la dicha cassa en la forma que en ella se conterna, por ser ansí conzerto con los demás que en ella se obligaren. Y nos, los dichos marqueses don Yñigo de Herrera y Belasco y doña Ana de Herrera, su muger, confesamos por nos y en nonbre de nuestros herederos y subçesores y los subçesores en la dicha casa y estado / (fol. 1259 v.) de Auñón que los dichos quatro mill y çien ducados del presçio desta venta es el que justamente vale y no vale más, porque aunque antes de yda la Corte de su Magestad desta villa y después y de presente hemos fecho diversas diligençias para vender la dicha cassa, no hemos hallado quien nos aya dado por ella tanta cantidad, aunque las diligençias se an fecho pública y secretamente, con todo cuydado y según la calidad de las dichas casas, los dichos quatro mill çien ducados pagados de contado es su berdadero y justo presçio. E yo, la dicha marquesa doña Françisca, como ynteresada en su bibienda, lo confiesso así ansimismo, y nos los dichos marqueses, vendedores prinçipales, debaxo desta confisión y trato que es çierto y de su averiguaçión, relevamos al conprador, si algo más vale que confesamos no haze dello, le hazemos grazia en remuneraçión de buenas obras rezibidas, y esta donaçión confesamos ser justa y que no exçede de la cantidad que el derecho dispone, y la havemos por ynsignuada y damos poder para que la ynsignúe, y renunziamos las leyes de las ynsinuaçiones y de engaños de conpras y bentas, eçesión de los quatro años / (fol.

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1260 r.) y el hordenamiento real fecho en las Cortes de Alcalá de Henares por el noble Rey don Alonso y la ley sigunda o diçe de reçidendo bendiçione, y todas las demás leyes y derechos que hablan sobre engaños de conpras y bentas en más o menos de la mitad del justo presçio para que no nos valan ni aprovechen para contradezir esta venta, porque en todo tiempo a de quedar y estar firme, estable y çierta, sin enbargo de qualquier casso, mayor o menor, que resulte y alegue en contrario. Y desde luego nos desistimos y desistimos a nuestros herederos y subçesores y a los subçesores en la dicha casa y mayorazgo de Auñón, del señorío direto, açión y propiedad y qualesquier derechos de eviçión y saneamiento que tenemos en la dicha casa y para su seguridad contra qualesquier terçeros, y todo lo çedemos, renunçiamos y traspasamos en el dicho Jullio Junti de Modesti y en quien subçediere en su derecho, sin reservar ni quedar en nos cossa alguna. Y ansimismo, para mayor señorío de la dicha cassa que así le vendemos, declaramos que si tenemos algún çenso perpetuo o al quitar con qualquier señorío y preheminenzia sobre dos casas chicas / (fol. 1260 v.) que están más abaxo de las dichas nuestras casas y pegadas a ellas, y tenemos algún título o scriptura o scrituras dello, se lo entregaremos para que sea señor dello como nosotros lo somos y huse dello como de la dicha casa que así le vendemos, por cuya razón no se a de acreçentar ni bajar el presçio desta venta porque con esta calidad se efetuó y efetúa y es ansí conzerto, y el demás derecho desde luego de qualquier derecho útil y direto dominio que tengamos y nos pertenezca contra las dichas dos casillas a nos y al dicho Andrés de Ribera, difunto, se lo damos al dicho Jullio Junti y çedemos todo y qualquier derecho que tengamos para que todo lo aya y cobre para sí mismo, y para ello le subrrogamos y ponemos en nuestro lugar, y damos poder al dicho Jullio Junti de Modesti o a quien subçediere en su derecho para que huse y disponga libremente y a su albedrío y como quisiere y le paresçiere de la dicha cassa y qualquier parte della, y para que tome la posesión della y lo a ella anexo por su autoridad o de justiçia como le paresçiere, la qual queremos sea visto haver / (fol. 1261 r.) tomado con la tradiçión de esta escriptura y treslado que della pedimos al presente escrivano le dé signado, en cuya señal y para más título de la dicha casa le entregaremos los recaudos que tuviéremos para él en manera que hagan fee, y a ello nos obligamos, y en el ynterin que real y verdaderamente aprehende la posesión della nos y a nuestros herederos y a los subçesores en nuestra casa y mayorazgo por sus ynquilinos, tenedores y posehedores para que cada y quando fuéremos hallados en la posesión de la dicha casa o parte della sea visto ser en su nonbre y no de otra manera. Y nos, los dichos marqueses don Yñigo de Herrera y Velasco y doña Ana de Herrera, su muger, debajo de la dicha liçenzia y como prinzipales vendedores, nos queremos obligar al saneamiento, seguridad y buena fee desta venta y cassa, en el qual saneamiento damos por nuestro fiador a la dicha señora marquesa doña Françisca de Padilla, nuestra madre y suegra, residente en esta villa, y yo la dicha doña Françisca lo quiero ser, y nos los dichos marqueses como prinzipales, e yo la dicha / (fol. 1261 v.) marquesa como su fiadora [interlineado : y prinçipal pagadora], todos tres de nuestra voluntad y confesando como lo con- [tachado : fesamos nos] fieso yo, la dicha fiadora, que esta venta es justa y para caso justo nesçesario y de utilidad a todos me quiero obligar y obligo y todo de mancomún y a boz de uno y cada uno de nos y nuestros bienes por sí yn solidun y por el todo, renunçiando y renunziamos las dos auténticas presente de fidejusoribus y hoc yta de duobus rex debendi, benefiçio de la division y escusión y epístola del dibo Adriano y todas las demás leyes y derechos de la mancomunidad, como en ellas se contiene, que en todo tienpo y acaeçimiento esta venta será bien fecha, estable y çierta, y no contradicha por ningún derecho ni los subçesores en la casa y mayorazgo de Auñón y la dicha cassa zierta y sigura y de paz y libre de toda mala boz, enbargo e ynpedimiento de la gozar para sienpre jamás, con la dicha libertad y exsençión perpetua de guésped de aposento, como va referido, al dicho Jullio Junti de Modesti y a sus herederos e subçesores y a quien subçediere en su derecho, y en ella  



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ni en parte della no se pondrá pleyto, / (fol. 1262 r.) litigio ni mala boz por ninguna persona ni causa en ningún tiempo, y si subçediere nosotros y qualquier de nos y nuestros herederos, cada uno por el todo yn solidun, saldremos a la defensa del tal pleito o mala boz a nuestra costa, siendo o no requeridos, e lo proseguiremos en todos juizios e ynstanzias hasta lo acabar de dexar al dicho Jullio Junti de Modesti en la quieta e pazifica posesión de la dicha casa o la parte della en que se le pusiere la tal mala la boz o ynpedimiento en gozar de la dicha exsençión perpetua de guésped, y en su defeto, por no poder o no querer, nos obligamos, cada uno yn solidun, y obligamos a nuestros herederos y subçesores que le daremos y le darán otra tal casa de tan buen sitio, calidad y señorío y con la dicha exsençión perpetua de guésped, y de tanto valor según y como entonçes quando le saliere y azierta y sanear no se la pudiéremos estuviere o el valor que entonçes tuviere, de qualquier calidad y cantidad que sea, así que el tiempo lo huviere causado, como qualesquier benefiçios, labores y reparos y acreçentamientos que en ella huviere fecho, voluntarios nesçesarios, de qualquier calidad, labor y estimaçión que sea, con más todas / (fol. 1262 v.) las costas, daños e yntereses que se le siguieren y recrezieren, todo ello en qualquier cantidad que sea que declare el dicho Jullio Junti con juramento, en que lo diferimos, o de los herederos y subçesores en la dicha casa huniversales o particulares, lo diferimos y relevamos de otro recaudo nesçesario, que dello nos constituimos y hazemos sus llanos deudores desde agora para entonçes, y si llegara caso de hazer la paga la haremos en esta villa de Madrid en su poder llanamente sin pleito, y siendo nesçesario ynbiar a la cobranza fuera desta dicha villa donde estubiéremos y nuestros bienes, consentimos benga u enbíe a la cobranza, que a quien fuere pagaremos quinientos maravedís de salario por cada día de ocupazión de todas las ydas, hestadas y bueltas que hiziere y harán hasta que se le pagen, e por ellos queremos ser executados como por el prinzipal, y dellos no pediremos moderaçión, y su liquidaçión diferimos en la declaraçión de la persona que a ello fuere, fecha judiçial u estrajudiçialmente, e relebamos del otro recaudo nesçesario, y de ninguna forma ni por ningún caso pondremos escusa ni exsençión en lo cunplir todo o parte o aquello que conforme a esta escritura devemos cunplir, que qualquiera que tengamos renunçiamos y apartamos de nuestro fabor. Y para el cunplimiento y execuçión de todo lo que dicho es, obligamos nuestras personas e todos nuestros bienes avidos / (fol. 1263 r.) y por haver de qualquier calidad, cantidad y espeçie que sean, que todos queremos estén y queden obligados para sienpre jamás, y damos poder a las justiçias conpetentes de su Magestad de qualesquier partes, y espeçial a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad, corregidor y sus tenientes desta villa de Madrid y qualquier dellos que son y fueren, a cuyo fuero nos sometemos, y renunçiamos el nuestro propio y la ley sid conbenerit de jurisdiçione oniun judicun, para que nos apremien y compelan y a nuestros bienes por todo rigor y vía executiva, aunque estemos y nuestros bienes fuera de su jurisdiçión y domizilio, al cunplimiento y paga de lo que dicho es y cada cosa dello, como si fuera sentenzia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y declarada por tal, sobre que renunçiamos todas las leyes y derechos de nuestro fabor y la general que proybe la renunziaçión de leyes fecha generalmente. Y nos, las dichas marquesas doña Françisca y doña Ana, renunçiamos las leyes de los enperadores, jurisconsultus senatus y el Veliano, y nueva costituçión leyes de Toro y Partida y las demás del fabor de las mugeres, de cuyo efeto nos avisó el escrivano desta carta, / (fol. 1263 v.) de que le pedimos dé fee, e yo el scrivano la doy y çertifico que las dixe al efeto dellas, y como sabidores del, nos las susodichas, las renunçiamos. E yo, la dicha marquesa doña Ana de Herrera, por cassada y menor de veinte y zinco años y mayor de veinte, juro a Dios y a una cruz tal como ésta †, en que puse mi mano, y a los santos quatro evangelios, que en todo tiempo y acaezimiento cunpliré y abré por firme esta escriptura y cada cosa della, y por ningún caso ni en ningún acaezimiento la contradiré diziendo que fuy e engañada, ynduzida ni forçada, ni por menor hedad ni

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otra causa, que ninguna ha avido ni ay, y ansí lo confieso y que la hago y otorgo de mi propia y agradable voluntad, y que no la tengo reclamada ni reclamaré por escripto ni de palabra, ni deste juramento pediré ausoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni a su nunçio ni a otro ningún juez que me la pueda conçeder, y caso que de su motuo o ad efetun agendi o en otra manera se me conçeda no husaré della contra lo contenido en esta escriptura, ni para la dexar de cunplir pediré sea pagada de mi dote y arras ni otros bienes, que qualquier açión y derecho que tenga para lo yntentar y pedir renunçio y hago un juramento más con la misma solenidad para que sienpre esta escriptura / (fol. 1264 r.) esté jurada, para cuya fuerça y conclusión digo sí juro y amen, y sin enbargo de todo, si llegare el caso de quererla contradezir o qualquier cosa della, ninguna razón que alegue ni otro en mi nombre sea oyda ni admitida en juizio ni fuera del, y sin enbargo de todo se guarde, cunpla y execute en todo esta escriptura y cada cosa de lo en ella contenido. E yo, el dicho Jullio Junti de Modesti, que estado presente a todo lo contenido en esta escriptura y he fecho la paga de los dichos quatro mill y çien ducados por que se me vende la dicha cassa, otorgo açepto esta venta y escriptura en mi fabor y rezibo en conpra la dicha cassa por el dicho presçio y con la calidad de siguridad y saneamiento referido, y della tomaré luego posesión, en la qual pido a qualesquier justiçias me anparen para sienpre jamás, y al escrivano desta carta me lo dé por testimonio. Y todos quatro otorgantes otorgamos ansí esta escriptura ante el escrivano público y testigos / (fol. 1264 v.) de yuso, y consentimos que el dicho escrivano dé a cada una de las partes los treslados que pidiéremos della signados y en forma, en la villa de Madrid a catorze días del mes de novienbre de mill y seisçientos y tres años, testigos el liçençiado Pedro Garrido de Arrichavala y el liçençiado Alonso de la Parra Hurtado y Pedro López de Ayala, ofiçial de mí el presente escrivano, y yo el escrivano doy fee que conozco a los señores otorgantes, que lo firmaron de sus nonbres. Entre renglones : la dicha villa y quenta. Y enmendado : mi, mos, en, e, vala. Y testado : con ellos pagarme y me pagan, fesamos nos, no vala. Doña Françisca de Padilla [firmado y rubricado]. Y la marquesa de Auñón [rubricado]. E el marqués de Auñón [rubricado]. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, doze reales.  





A.H.P.M. Protocolo 1.988, fols. 1253 r. - 1264 v. * [Documento n. 61 : 14/11/1603]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti de’ Modesti. Scrittura. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid addì quattordici del mese di novembre dell’anno milleseicentotré, dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni, i signori don Lorenzo de Cárdenas, abitante di questa città di Madrid, e donna Juana de Padilla, sua moglie, in sua presenza e con la sua licenza, la quale gli chiese per concedere e giurare questa scrittura, la quale il suddetto don Lorenzo le concesse ed essa accettò, e facendo uso di essa entrambi di comune accordo e nelle veci di uno e di ognuno di essi e dei loro beni per essi in solidum e per il tutto, rinunciando – e rinunciarono – alle due autentiche hoc ita de duobus e presente de fideiussoribus, al beneficio della divisione e dell’escussione e all’epistola del divo Adriano, e a tutte le ulteriori leggi a cui devono rinunciare coloro i quali si impegnano di comune accordo, entrambi d’accordo dichiararono che i signori marchesi di Auñón, don Iñigo de Herrera y Velasco e donna Ana de Herrera sua moglie, loro fratelli, vendono e danno in vendita reale a Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa suddetta città, una casa signorile che hanno in essa, lasciata dal signor marchese di Auñón, Melchor de Herrera, suo padre e suocero, che la ebbe ed ereditò dal signor Andrés de Ribera, suo fratello, che si trova in questa città nel viale che

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va a Palazzo, che dà su esso e su un altro che sale da questa strada verso Santa María, / (fol. 1265 v.) e con altre due casette che stanno nella parte di sotto, che sono di Juanes Girardo e Pedro García, come loro proprietà libera da ogni obbligazione, ipoteca e gravame, vincolo e maggiorascato e dal l’obbligo di ospitalità per alloggio della Corte, con tutto il possesso che gli appartiene, al prezzo di quattromilacento ducati, pagati in contanti all’effetto di pagarli alla signora marchesa d’Auñón, donna Francisca de Padilla, loro madre e suocera, per conto di ciò che è decorso dei seimila ducati di rendita all’anno che i suddetti marchesi le pagano come sua dote e per altri crediti, la quale consente la vendita per il diritto di dimora che aveva sulla suddetta casa, e riceve i suddetti quattromilacento ducati al suddetto effetto e dà ricevuta di pagamento per essi e si impegna, come fideiussore e mandante del comune accordo dei suddetti marchesi, al risarcimento della suddetta casa nella forma che la scrittura di questa contiene, che venne stipulata dinanzi a me il presente notaio oggi, giorno della data di questa. E la suddetta marchesa ha chiesto loro di darle garanzia affinché, nel caso in cui la suddetta marchesa come fideiussore, in ragione del risarcimento e dell’impegno che assume nella suddetta vendita, dovesse pagare una qualche somma / (fol. 1266 r.) e rendere disponibile la suddetta casa o qualsiasi altra cosa in ragione del compimento di tutto ciò che la suddetta vendita dice di compiere, vogliano pertanto essere loro, quali suoi fideiussori, a compierlo, poiché per mezzo di questa garanzia che essi fanno ha avuto effetto la suddetta vendita. E stabiliscono con questa carta che di loro volontà e nella via più opportuna vogliono impegnarsi e rimanere impegnati per sempre e si impegnano affinché, se la suddetta marchesa donna Francisca, in ragione dell’obbligazione e garanzia che ha fatto nella suddetta vendita, in qualsiasi circostanza dovesse risarcire la suddetta casa o qualsiasi parte di essa o quanto edificato o il valore aggiunto acquisito nel tempo o il suo valore, tutto questo con le spese e i danni che saranno gravati, compiendolo e pagandolo puntualmente secondo la forma a cui è obbligata dalla suddetta vendita, senza scusa alcuna essi come suoi fideiussori quali vogliono essere e sono per il suddetto comune accordo, facendo come fanno di debito altrui il loro, si impegnano ad adempiere a tutto quel che la suddetta marchesa donna Francisca doveva compiere, / (fol. 1266 v.) conformemente alla suddetta scrittura, interamente e puntualmente secondo la maniera in cui sua signoria lo doveva compiere, senza che si faccia alcuna escussione verso sua signoria né verso i suoi beni, perché a tutto ciò a cui è obbligata per la suddetta vendita si vogliono impegnare e si sono impegnate le loro signorie di comune accordo e a nome di uno, e ciascuno di essi per sé in solidum e per il tutto, congiuntamente con la signora marchesa donna Francisca de Padilla, senza che sia necessario fare verso di lei escussione né divisione, rinunciando come per questo rinunciano alle due autentiche hoc ita de duobus rex [sic] debendi e presente de fideiussoribus e all’epistola del divo Adriano, e a tutte le ulteriori leggi, statuti locali e diritti del comune accordo come in essi è contenuto, per [cassato : tan] rimanere, e rimangono e vogliono rimanere, obbligati a tutto e alle stesse cose a cui è obbligata la suddetta signora marchesa donna Francisca de Padilla come tali suoi fideiussori nella suddetta vendita, la quale dichiarano di aver visto e compreso, e sono soddisfatti del contenuto. E in quanto al suo adempimento la danno per inserita de verbo ad verbum / (fol. 1267 r.) in questa scrittura e chiedono a me, il presente notaio, di leggergliela e gliel’ho letta come in essa contenuto in presenza dei testimoni e di questo faccio fede. E in quanto a conoscenza di ciò che contiene e di ciò a cui in essa è obbligata la suddetta signora marchesa, le vogliono garantire e le garantiscono che compirà tutto quanto contenuto, o che essi lo compiranno per lei, secondo la maniera in cui la suddetta marchesa deve farlo, contro la qual cosa non addurranno eccezione né faranno causa penale o civile, né metteranno scuse per questo in nessun caso; che qualsiasi gli si offra, di qualsiasi qualità sia, vi rinunciano e si esimono dal considerarla, e non approfitteranno di ciò in nessuna circostanza, perché vogliono essere e restare obbligati a tutto quanto riferito [cassato : per la cui ese 



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cuzione hanno impegnato le loro persone e tutti i beni avuti e da avere] nella suddetta vendita, tanto nel capitale quanto nel pagamento di qualsiasi spesa e salario fosse causato o gravasse in ragione del suo adempimento, / (fol. 1267 v.) la qual cosa e il suddetto capitale, [in interlinea : spese e salari], qualora si dovessero pagare, li pagheranno in questa città a chi, quando e nella forma e somma che dovrà essere pagata senza mettere – né metteranno – scuse o proroghe. Ed essendo necessario mandare a riscuotere fuori da questa città, consentono e considerano giusto che vada o invii chi riterrà opportuno a riscuotere o a fare qualunque altra pratica in ragione di ciò, in qualsiasi luogo in cui si trovassero loro e i loro beni, che a chi andrà pagheranno cinquecento maravedì di salario per ogni giorno di occupazione, per tutti i viaggi di andata, le permanenze e i ritorni che farà fino a ottenere la riscossione del capitale, spese e salari per intero, al cui pagamento vogliono essere sollecitati come per il capitale, la cui liquidazione rimettono alla dichiarazione della persona che andrà a fare ciò, ed esonerano da qualsiasi altra garanzia o verifica necessaria. E per i suddetti salari non chiederanno moderazione perché confessano che sono giusti e il minimo che si possa dare a una persona che andasse a fare le suddette riscossioni e pratiche. Per l’esecuzione / (fol. 1268 r.) e compimento di tutta la qual cosa si impegnarono con le loro persone e tutti i loro beni avuti e da avere e diedero poteri ai tribunali competenti di sua Maestà e specialmente [cassato : ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà], [in interlinea : al] correggitore e ai suoi luogotenenti di questa città di Madrid, e a chiunque di essi sia o fosse, al cui statuto locale ci sottomettiamo e rinunciamo al nostro proprio e alle leggi sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché ci costringano e ci sollecitino con i nostri beni e con ogni rigore di legge e in giudizio esecutivo, anche se noi e i nostri beni fossimo al di fuori della loro giurisdizione e residenza, all’adempimento e al pagamento di quanto detto e di ogni cosa di questo come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, in merito alla qual cosa rinunciarono a tutte le leggi e diritti a loro favore e a quella generica che proibisce la generale rinuncia alle leggi fatta. E io, la suddetta donna donna [sic] Juana de Padilla rinuncio alle leggi degli imperatori, iuriconsultus senatus, e a quella di Velleiano e alla nuova costituzione, / (fol. 1268 v.) alle leggi di Toro e alla Partida e alle altre a favore delle donne, dei cui effetti la avviso io il presente notaio; ed essendone a conoscenza vi fece rinuncia, della qual cosa faccio fede. E in quanto sposata e minore di venticinque anni e maggiore di diciassette, giuro davanti a Dio e a una croce tale e quale a questa †, che mi sono fatta con la mia mano, e ai santi quattro vangeli, che in ogni momento e circostanza adempirò e considererò valida questa scrittura e ogni cosa di essa, e in nessun caso né in nessuna circostanza la contraddirò dicendo che fui ingannata, indotta o forzata, né per la minore età né per altra causa, che non ce n’è stata nessuna né ce ne sarà. E così confessa che la fa e concede di sua propria e consenziente volontà, e che non ha fatto reclamo né lo farà per iscritto né a voce, né per questo giuramento chiederà lo scioglimento né la mitigazione a sua Santità né al suo nunzio né a nessun altro giudice che glielo possa concedere. E nel caso in cui suo motu o ad effectum agendi o in altra maniera le venissero concessi, non farà uso di essi contro quanto contenuto in questa / (fol. 1269 r.) scrittura, né per tralasciare di adempiervi chiederà che sia pagata con la sua dote né con la sua controdote né con altri beni, che rinunciò a qualsiasi azione e diritto di cui godesse per tentare e chiedere ciò, e fece ancora un giuramento con la stessa solennità, affinché questa scrittura sia sempre giurata, in forza e a conclusione della quale disse sì giuro e amen. E senza detrimento del tutto, se si presentasse il caso di dover contraddire questa o qualsiasi cosa di essa, nessuna ragione addotta da lei né da altri a suo nome sia ammessa né ascoltata in giudizio e fuori di esso, e senza detrimento del tutto sia osservato, compiuto ed eseguito quanto contenuto in questa scrittura e ogni cosa di quanto in essa contenuto. E così è stato stabilito dinanzi a me notaio pubblico e ai testimoni, essendo testimoni Juan López y de Ayala e Lucas Martínez  





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de Cerezo e il dottor Alonso de la Parra Hurtado, che stanno a Corte, e ciò firmarono i signori concedenti, i quali faccio fede di conoscere. Cancellato : per la cui esecuzione hanno impegnato le loro persone e tutti i beni avuti e da avere, ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà, non sia valido. Donna Juana de Padilla [firmato e rubricato]. Don Lorenzo de Cárdenas [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Senza diritti.  

A.H.P.M. Protocollo 1.988, fols. 1265 r. - 1269 r. [Documento n. 61] [Al margen superior izquierdo] Julio Junti de Modesti. Escritura. [Al margen izquierdo] Fecha. † En la villa de Madrid a catorze días de el mes de novienbre de mill y seisçientos e tres años, ante mí el scrivano público y testigos los señores don Lorenço de Cárdenas, vezino desta villa de Madrid, y doña Juana de Padilla, su muger, en su presenzia y con su liçenzia que le pidió para otorgar y jurar esta scritura, la qual el dicho don Lorenço le conçedió y ella la açetó, y husando della entranbos de mancomún y a boz de uno y cada uno dellos y y sus bienes por sí yn solidun y por el todo renunçiando y renunçiaron las dos auténticas hoc yta de duobus y presente de fidejusoribus, benefiçio de la división y escusión y epístola del dibo Adriano, e todas las demás leyes que deven renunziar los que se obligan de mancomun, entranbos de un acuerdo dixeron que los señores marqueses de Auñón, don Yñigo de Herrera y Velasco y doña Ana de Herrera, su muger, sus hermanos, venden y dan por venta real a Jullio Junti de Modesti, vezino desta dicha villa, una casa prinzipal que tienen en ella que quedaron del señor marqués de Auñón, Melchor de Herrera, su padre y suegro, y ellas huvo y heredó del señor Andrés de Ribera, su hermano, que están en esta dicha villa en la calle ancha de Palaçio, que alinda con ella y con otra que sube desta calle hazia Santa María, / (fol. 1265 v.) y con otras dos casillas que por la parte de abajo están, que son de Juanes Girardo y Pedro Garzía, como hazienda suya por libres de toda obligaçión, ypotecas y cargas, vínculos y mayorazgo y de guésped de aposento de Corte, con todo el señorío que le pertenesçe por presçio de quatro mill y çien ducados pagados de contado para efeto de los pagar a la señora marquessa de Auñón, doña Françisca de Padilla, su madre y suegra, por quenta de lo que está corrido de los seis mill ducados de renta cada año que los dichos marqueses le pagan por su dote y otras pretensiones, la qual consiente la venta por el derecho que tenía a la bibienda de la dicha cassa, y reszibe los dichos quatro mill çien ducados para el dicho efeto y da carta de pago dellos, y se obliga como fiadora y prinzipal de mancomun de los dichos marqueses al saneamiento de la dicha casa en la forma que la escritura della contiene, que pasó ante mí el presente scrivano oy día de la fecha desta, y la dicha marquesa les ha pedido la fíen para que si llegare el caso de que la dicha marquesa como fiadora, en razón del saneamiento y obligaçión que haze en la dicha venta, huviere de pagar alguna cantidad / (fol. 1266 r.) o hazer zierta la dicha casa u otra qualquier cosa en razón del cunplimiento de todo lo que la dicha venta dize lo cunplirá, y ansí de ser ellos como sus fiadores lo cumplirán lo quieren hazer, porque mediante esta fiança que ellos hazen tuvo efeto la dicha venta, y otorgan por esta carta que de su voluntad y en la vía que más aya lugar y a que se quieren obligar y quedar obligados para sienpre jamás, se obligan que si la dicha marquesa doña Françisca, en razón de la obligaçión y fiança que tiene fecha en la dicha venta, en qualquier acaezimiento huviere de sanear la dicha casa o qualquier parte della o lo edificado o más valor que el tiempo hubiere causado o su valor, todo ello con las costas y daños que se le recrezieren lo cunplirá y pagará puntualmente según y de la forma que por la dicha venta está obligada sin escusa alguna ellos como sus fiadores que quieren ser y son debajo de la dicha mancomunidad, haziendo y

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hazen de deuda agena suya se obligan de cunplir todo lo que la dicha marquesa doña Françisca devía cunplir / (fol. 1266 v.) conforme a la dicha escriptura, entera y puntualmente según y de la manera su señoría lo devía cunplir, sin que se haga escusión en su señoría ni en sus bienes, porque a todo quanto está obligada por la dicha venta se quieren obligar y obligaron su señoría de mancomún y a boz de uno y cada uno dellos por sí yn solidun y por el todo juntamente con la dicha señora marquesa doña Françisca de Padilla, sin que sea nesçesario hazer en ella escusión ni división, renunçiando como para ello renunziaron las dos auténticas hoc yta de duobus rex debendi y presente de fidejusoribus y epístola del dibo Adriano, y todas las demás leyes, fueros y derechos de la mancomunidad como en ellas se contiene, por [tachado : tan] quedar y quedan y quieren quedar y estar obligados a todo y lo mismo a que está obligada la dicha señora marquesa doña Françisca de Padilla en la dicha venta como tales sus fiadores, la qual confiesan haver visto y entendido y están satisfechos de lo que contiene, y en quanto a su cunplimiento la dan por ynserta de berbo ad berbun / (fol. 1267 r.) en esta escriptura, y piden a mí, el presente scrivano, se la lea y se la ley como en ella se contiene en presençia de los testigos, y dello doy fee, y como sabidores de lo que contiene y de lo a que en ella está obligada la dicha señora marquesa la quieren fiar y fían que cunplirá todo lo que contiene, o ellos lo cunplirán por ella, según y de la manera que la dicha marquesa lo deve cunplir por la dicha escritura, de la forma que si ellos estuvieran obligados en ella lo devieran hazer, contra lo qual no alegarán exçesión ni causa mayor ni menor, ni pondrán escusa en ello por ningún casso, que qualquiera que se ofrezca de qualquier calidad que sea lo renunzian y apartan de su fabor y no se aprovecharán dello en ningún acaezimiento, porque quieren estar y quedar obligados a todo lo referido [tachado : para cuya execuçión obligaron sus personas y todos sus bienes avidos y por haver] en la dicha venta, así en lo prinzipal como en la paga de qualesquier costas y salarios que se causaren y recrezieren en razón de su cunplimiento, (fol. 1267 v.) lo qual y el dicho prinzipal, [interlineado : costas y salarios], si llegare caso de lo pagar, lo pagarán en esta villa a quien y quando y de la forma y en la cantidad que se deviere pagar sin poner ni pondrán escusa ni larga, y siendo nesçesario enbiar a la cobrança fuera desta villa consienten y tienen por bien vaya o enbíe la persona que le pareziere a lo cobrar o a hazer qualesquier diligenzias en razón dello a qualesquier partes donde ellos y sus bienes estuvieren, que a quien fuere pagarán quinientos maravedís de salario por cada día de ocupaçión de todas las ydas, estadas y bueltas que hiziere hasta conseguir la cobrança de prinzipal, costas y salarios enteramente, a cuya paga quieren ser apremiados como por el prinzipal, cuya liquidaçión difieren en la declaraçión de la persona que a ello fuere y relievan de todo otro recaudo y averiguaçión nesçesaria, y de los dichos salarios no pedirán moderaçión porque confiesan son justos y lo menos que se puede dar a persona que fuere a la dicha cobrança y diligençias, para la execuçión / (fol. 1268 r.) y cunplimiento de todo lo qual obligaron sus personas y todos sus bienes avidos e por haver y dieron poder a las justiçias conpetentes de su Magestad y espezial [tachado : a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad], [interlineado : al] corregidor y sus tenientes desta villa de Madrid y qualquier dellos que son y fueren, a cuyo fuero nos sometemos y renunçiamos el nuestro propio y las leyes sid conbenerit de jurisdiçione onium judicum, para que nos apremien y conpelan y a nuestros bienes y derecho por todo rigor y vía executiva, aunque estemos y nuestros bienes fuera de su jurisdiçión y domizilio, al cunplimiento y paga de lo que dicho es y cada cosa dello como si fuera sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y declarada por tal, sobre que renunziaron todas las leyes y derecho de su fabor y la general que proyve la renunziaçión de leyes fecha generalmente. E yo la dicha doña doña [sic] Juana de Padilla renunçio las leyes de los enperadores, jurisconsulto senatus, y el Veliano y nueva constituçión, / (fol. 1268 v.) leyes de Toro y Partida y las demás del fabor de las mujeres, de cuyo efeto le aviso yo el presente scrivano y como sabidora dellas las renunçió, de que doy fee, y  









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por casada y menor de veinte y zinco años y mayor de diez y siete, juro a Dios y a una cruz tal como ésta †, en que puse mi mano, y a los santos quatro evangelios, que en todo tiempo y acaezimiento cunpliré y abré por firme esta scriptura y cada cosa della, y por ningún caso ni en ningún acontezimiento la contradirá diziendo fue engañada, ynduzida ni forçada, ni por menor hedad ni otra causa que ninguna a avido ni aya, y ansí lo confiesa y que la haze y otorga de su propia y agradable voluntad, y que no la tiene reclamada ni reclamará por escrito ni de palabra, ni deste juramento pedirá ausoluçión ni relaxaçión a su Santidad ni a su nunçio ni a otro ningún juez que se la pueda conçeder, y caso que de su motuo o ad fetun agendi o en otra manera se le conçeda no husará della contra lo contenido en esta / (fol. 1269 r.) escriptura, ni para la dejar de cunplir pedirá sea pagada de su dote ni arras ni otros bienes, que qualquier açión y derecho que tenga para lo yntentar y pedir renunçió y hizo un juramento más con la misma solenidad para que sienpre esta escriptura esté jurada, para cuya fuerça y conclusión dixo sí juro y amen, y sin enbargo de todo, si llegare el caso de quererla contradezir o qualquier cosa della, ninguna razón que alegare ni otro en su nombre no sea oyda ni admitida en juizio ni fuera del, y sin enbargo de todo se guarde, cunpla y execute lo contenido en esta escriptura y cada cosa de lo en ella contenido. Y es otorgada ansy ante mí, el escrivano público y testigos, siendo testigos Juan López y de Ayala y Lucas Martínez de Zerezo y el liçençiado Alonso de la Parra Hurtado, estantes en Corte, y lo firmaron los señores otorgantes, a los quales doy fee que conozco. Testado : para cuya execuçión obligaron sus personas e todos sus bienes avidos y por aver, a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad, no vala. Doña Juana de Padilla [firmado y rubricado]. Don Lorenço de Cárdenas [firmado y rubricado]. Passó ante mí,  

Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Sin derechos. A.H.P.M. Protocolo 1.988, fols. 1265 r. - 1269 r. * [Documento n. 62 : 14/11/1603]  

[Al margine superiore sinistro] Donna María de Landi. Obbligazione. [Al margine sinistro] L’ho data siglata. † Sappiano quanti vedranno questa scrittura di obbligazione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco che devo e mi impegno a pagare alla signora donna Maria Landi, vedova del signor don Francisco de Zárate, defunto, cavaliere dell’ordine di Santiago, residente in questa città, che fu dama d’onore della Maestà dell’imperatrice, quattromilacento ducati [cassato : che valgono] da undici reali, e sono in ragione di altrettanti che per farmi mercede mi presta all’effetto di pagare con essi ai signori marchesi di Auñón, don Iñigo de Herrera y Velasco e donna Ana de Herrera, sua moglie, altrettanti quattromilacento ducati per i quali le signorie loro mi vendono delle case signorili nel viale che va a Palazzo, parrocchia di San Juan, confinanti con il suddetto viale e con un’altra strada che sale e va verso Santa María, e due case piccole nella parte dabbasso, di Juanes Girardo e Pedro García, lasciate dal signor marchese di Auñón, Melchor de Herrera, defunto, che vada in cielo, che le ebbe ed ereditò dal signor Andrés de Ribera, suo fratello, per la quale suddetta somma mi sono accordato con loro. E a questo effetto mi fa la mercede la suddetta signora donna Maria de Landi, in presenza del notaio / (fol. 1270 v.) di questa carta, al quale chiedo di far fede di tutto, e io il presente notaio certifico che il suddetto don Lorenzo de Cárdenas, in nome e al posto della suddetta signora donna Maria de Landi, che confessò così e che era denaro suo, consegnò al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti i suddetti quattromi 

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lacento ducati in scudi d’oro e reali d’argento, che vennero contati e consegnati al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, e ne prese possesso realmente in presenza mia e dei testimoni di cui sotto. E io il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, poiché mi sono stati consegnati i suddetti quattromilacento ducati, ne do ricevuta di pagamento e mi impegno a ripagarli tutti insieme e in una soluzione, a mie spese e rischio e in buona moneta d’oro o d’argento e non in altra, in questa città e a lei, pacificamente e senza far opposizione, pena le spese, il giorno primo di dicembre prossimo di questo anno milleseicentotré, puntualmente senza dilazioni né scuse. E qualora fosse necessario mandarli a riscuotere fuori da questa città di Madrid, dove io o i miei beni fossimo, consento e reputo giusto che si possa inviare una persona a riscuotere tutto o una parte o a fare qualsivoglia pratica in ragione dell’adempimento, che a chi vi andasse pagherò per ogni giorno d’impiego, per ogni viaggio d’andata, permanenza e ritorno che farà, cinquecento maravedì di salario, che confesso essere quanto giustamente merita, e li guadagni anche se fosse occupato alla riscossione del salario stesso, / (fol. 1271 r.) per i quali voglio subire esecuzione forzata ed essere obbligato come per il capitale e per la sua liquidazione. E per le leghe di cammino mi rimetto alla dichiarazione della tale persona, fatta giudizialmente o extragiudizialmente, ed esonero da ogni altra garanzia necessaria. E per il suo adempimento mi impegno con la mia persona e tutti i beni avuti e da avere e, senza rinnegare questa generale obbligazione, al contrario, impegno e ipoteco per maggior garanzia della paga riferita la suddetta casa che così compro dai suddetti marchesi sopra riferita, la quale da ora per quando sarà fatta la vendita a mio favore e ne avrò preso possesso voglio che resti e sia tacitamente ed espressamente ipotecata e la ipoteco per la garanzia e il risarcimento di questo debito e non disporrò di essa a suo detrimento, e se lo facessi non sia valido come se tale alienazione non fosse stata fatta, perché fino a che questa scrittura non si compierà e si pagherà deve essere tacitamente ed espressamente ipotecata nella forma riferita, la quale dichiaro di non aver ipotecato né impegnato in nessuna forma né in nessun caso, e se constasse voglio essere punito e obbligato al pagamento, per la cui esecuzione [cassato : impegno la mia persona] do potere ai tribunali competenti di sua Maestà e specialmente ai giudici della Casa e Corte, al correggitore e ai suoi luogotenenti di questa città di Madrid e a chiunque di coloro che lo sono e lo saranno, al cui statuto locale mi sottometto, e rinuncio al mio statuto, alla giurisdizione e alla residenza e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, in merito alla qual cosa rinuncio a tutte le leggi a mio favore e a quella genrale. / (fol. 1271 r.) A validità della qual cosa così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni nella città di Madrid, addì quattordici del mese di novembre dell’anno milleseicentotré, essendo testimoni Francisco Molero e Roque del Campo, Lucas Martínez del Cerezo, che stanno a Corte. E firmò il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere. Cancellato : che valgono, impegno la mia persona, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Senza diritti.  



A.H.P.M. Protocollo 1.988, fols. 1270 r. - 1271 v. [Documento n. 62] [Al margen superior izquierdo] Doña María de Landi. Obligaçión. [Al margen izquierdo] Dila signada. † Sepan quantos esta carta de obligaçión vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, otorgo que devo y me obligo de pagar a la señora doña María Landi, biuda del señor don Françisco de Çárate, difunto, cavallero de la horden de Santiago, resi-

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dente en esta villa, que fue dueña de honor de la Magestad de la enperatriz, quatro mill y çien ducados [tachado : que valen] de a honze reales, y son por razón de otros tantos que por me hazer merçed me presta para efeto de con ellos pagar a los señores marqueses de Auñón, don Yñigo de Herrera y Velasco y doña Ana de Herrera, su muger, otros tantos quatro mill y çien ducados en que sus señorías me venden unas casas prinzipales en la calle ancha de Palaçio, perrochia de San Juan, linderos la dicha calle ancha y otra que sube y va hazia Santa María, y dos casas chicas por la parte de abajo de Juanes Girardo y Pedro Garzía, que quedaron del señor marqués de Auñón, Melchor de Herrera, difunto, que esté en el zielo, que las huvo y heredó del señor Andrés de Ribera, su hermano, que en la dicha cantidad las tengo conçertadas con ellos, y para este efeto me haze merçed la dicha señora doña María de Landi de prestarme los dichos quatro mill y çien ducados, los quales rezibí de su merçed por mano del señor don Lorenço de Cárdenas, vezino desta villa, que confesó y dixo los paga de hazienda y como hazienda de la dicha señora doña María de Landi, en presenzia del scrivano / (fol. 1270 v.) desta carta, a quien pido dé fee de todo, y yo el presente scrivano çertifico que el dicho don Lorenço de Cárdenas, en nonbre y por la dicha señora doña María de Landi, y así lo confesó y que es dinero suyo, entregó al dicho Jullio Junti de Modesti los dichos quatro mill y çien ducados en escudos de oro y reales de plata, que los montaron, y se entregó en ellos el dicho Jullio Junti de Modesti y los pasó a su poder realmente en mi presençia y de los testigos de yusso, y yo el dicho Jullio Junti de Modesti, como entregado de los dichos quatro mill y çien ducados, doy carta de pago dellos y me obligo de los pagar juntos y en una paga y a mi costa y riesgo y en buena moneda de oro o plata y no en otra y en esta villa y en su poder, llanamente sin pleyto, so pena de las costas, el día primero de dizienbre primero deste año de mill y seisçientos y tres, puntualmente sin larga ni escusa, y siendo nesçesario ynbiar a la cobrança fuera desta villa de Madrid, donde yo o mis bienes estuviéremos, consiento y tengo por bien que pueda enbiar una persona a la cobrança de todo o parte o a hazer qualesquier diligençias en razón de su cunplimiento, que a quien fuere pagaré por cada día de ocupazión de todas las ydas, estadas y bueltas que hiziere quinientos maravedís de salario, que confieso es lo que justamente meresçe, y lo gane aunque esté ocupado en la cobrança de los mismos salarios, / (fol. 1271 r.) por los quales quiero ser executado y conpelido como por el prinçipal y su liquidaçión, y de las leguas del camino difiero en la declaraçión de la tal persona fecha judizial y estrajudiçialmente y relievo de todo otro recaudo nesçesario, y para su cunplimiento obligo mi persona y todos mis bienes avidos y por haver, y sin denegar esta general obligaçión y por el contrario obligo e ypoteco para mayor seguridad de la paga referida la dicha casa que así conpro de los dichos marqueses de suso referida, la qual desde agora para quando esté fecha la venta en mi fabor y tomado la posesión della quiero quede y esté tázita y espresamente ypotecada y la ypoteco a la seguridad y saneamiento desta deuda y no dispondré della en su perjuizio, y si lo hiziere no valga como si no se huviera fecho la tal enagenaçión, porque hasta que esta escriptura se cunpla y pague de estar tázita y espresamente ypotecada en la forma referida, la qual declaro no tengo ypotecada ni obligada en ninguna forma ni a ningún caso, y si constare quiero ser castigado y conpelido a la paga, para cuya execuçión [tachado : obligo mi persona] doy poder a las justiçias conpetentes de su Magestad y espezial a alcaldes de Casa y Corte, corregidor y sus tenientes desta villa de Madrid y qualquier dellos que son y fueren, a cuyo fuero me someto, y renunçio mi propio fuero, jurisdiçión e domizilio y la ley sid convenerit de jurisdiçione oniun judicun, como si fuese sentenzia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y declarada por tal, sobre lo qual renunçio todas las leyes de mi fabor y la general. / (fol. 1271 v.) En firmeza de lo qual lo otorgué ansí ante el scrivano público y testigos en la villa de Madrid, a catorze días del mes de novienbre de mill y seisçientos y tres años, siendo testigos Françisco Molero y Roque del Canpo, Lucas Martínez del Zerezo, estantes  



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en Corte, y lo firmó el otorgante, al qual yo el escrivano doy fee que conozco. Testado : que balen, obligo mi persona, no vala. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Sin derechos.  

A.H.P.M. Protocolo 1.988, fols. 1270 r. - 1271 v. * [Documento n. 63 : 21/01/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti de’ Modesti. Procura. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco di conferire la mia piena procura a Modesto Giunti e a Cosimo Giunti, miei nipoti, che risiedono a Firenze, e a ciascuno di essi in solidum, affinché a mio nome e nel processo che ho in corso con gli eredi e i beni di Lucantonio Giunti, defunto, abitante di Venezia, e col suo procuratore legale in merito alla difesa di certi beni miei di cui si impossessò dicendo che gli dovevo una certa somma di maravedì e al resto contenuto nel processo pendente presso il tribunale della suddetta città di Firenze e, nel suddetto processo, dinanzi al suddetto tribunale e agli altri competenti, facciano a mio nome la difesa e l’opposizione necessaria e in essa le istanze, protesti, ammonizioni, risposte, citazioni, riconvenzioni, presentazioni di garanzie come prova e al di fuori di essa, avallando quanto a favore, contraddicendo quanto contrario come gli parrà opportuno. Facciano giuramenti, chiedano atti e sentenze interlocutorie e definitive e facciano appelli, accettazioni, recla- / (fol. 1484 v.) mi, ricusazioni, ritiri, sospensioni, tolgano il sequestro, chiedano, ottengano e ricevano ordinanze per fare accertamenti probatori e altre cose, testimonianze e altre garanzie, e facciano uso di essi dove e come convenga, fino a che il suddetto processo non si finisca e si concluda. Facciano tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari in giudizio e fuori di esso in qualsiasi istanza, che per tutto ciò ad esso pertinente gli do piena procura con generale amministrazione e formale esonero, facoltà di istruire processi e giurare e sostituire per tutto chi gli parrà e come gli parrà ; e considererò valida questa procura e tutto ciò che con essa venisse fatto in ogni momento e a ciò mi impegno io con i miei beni. E così stabilii nella città di Madrid addì ventuno del mese di gennaio dell’anno milleseicentoquattro, testimoni Juan García e Melchor de Atienza e Vicente de Angulo, residenti a Madrid. E il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Senza diritti.  

A.H.P.M. Protocollo 1.992, fols. 1484 r.- v. [Documento n. 63] [Al margen superior izquierdo] Julio Junti de Modesti. Poder. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, otorgo doy mi poder cunplido a Modesto Junti y a Cosme Junti, mis sobrinos, que residen en Florenzia, y a cada uno dellos yn solidun, para que en mi nombre y en el pleito que trato con herederos y bienes de Luca Antonio Junti, difunto, veçino de Benecia, y su procurador, sobre la defenssa de ziertos bienes míos de que tomó posesión por dezir le devo ciertas quantías de maravedís y lo demás contenido en el pleito que está pendiente ante la justiçia de la dicha ciudad de Florenzia, en el qual dicho pleito ante la dicha justiçia y otras conpetentes hagan en mi nombre la defensa y contestaçión necesaria, y en ella pedimientos, protestos, aperzivimientos, respuestas, zitaciones, reconvençiones, presentaçiones de

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recaudos en prueva e fuera della, abonen lo en favor, contradigan lo de en contrario como les parezca, hagan juramentos, pidan autos y sentençias ynterlocutorias y difinitivas e agan apelaçiones, consentimientos, recla- / (fol. 1484 v.) maçiones, recusaçiones, apartamientos, suspensiones, desenbargos, pidan, ganen y recivan requissitorias para hacer provanças y otras cossas, testimonios y otros recaudos, y ussen dellos donde y como convengan hasta que el dicho pleito se fenezca y acave, agan todos los demás autos y diligençias neçessarios en juiçio y fuera del en qualquier ynstanzia, que para todo y lo a ello anexo le doy cunplido poder con general administrazión y relevazión en forma, facultad de enjuiciar e jurar y sostituir para todo en quien y como le pareziere, y este poder y todo quanto con el fuere fecho abré por firme en todo tiempo y a ello me obligo y a mis bienes. Y lo otorgué anssí en la villa de Madrid a veinte y un días del mes de henero de mill y seiscientos y quatro años, testigos Juan Garçía y Melchor de Atienza y Vizente de Angulo, estantes en Madrid, y el otorgante, que yo el scrivano doy fee que conozco, lo firmó. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Sin derechos. A.H.P.M. Protocolo 1.992, fols. 1484 r.- v. * [Documento n. 64 : 21/01/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Il suddetto. Procura. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco di conferire la mia piena procura come per legge si richiede a Bastián Giaconi, mio cassiere, e a Bastián Petrachi, mio fittavolo, e a chiunque di essi in solidum, affinché a mio nome e nel processo che ho in corso con i beni e gli eredi di Lucantonio Giunti, defunto, abitante di Venezia, e il suo procuratore legale, in merito alla difesa di certi beni miei di cui si impossessò dicendo che gli dovevo certe quantità di maravedì e al resto contenuto nel processo pendente presso il tribunale della suddetta città di Firenze e, nel suddetto processo dinanzi al suddetto tribunale e le altre competenti facciano la difesa e l’opposizione necessaria e, in essa le istanze, protesti, ammonizioni, risposte, citazioni, riconvenzioni, presentazioni di garanzie come prova e fuori da essa, avallando quanto a favore, contraddicendo quanto contrario come gli parrà opportuno. Facciano giuramenti, chiedano atti e sentenze / (fol. 1485 v.) interlocutorie e definitive e facciano appelli, accettazioni, reclami, ricusazioni, ritiri, sospensioni, tolgano il sequestro, chiedano, ottengano e ricevano ordinanze per fare accertamenti probatori e altre cose, [cassato : per fare accertamenti probatori] testimonianze e altre garanzie, e facciano uso di essi dove e come convenga, fino a che il suddetto processo non si finisca e si concluda di tutto punto. Facciano tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari in giudizio e fuori di esso in qualsiasi istanza, che per tutto ciò ad esso pertinente gli do piena procura con generale amministrazione e formale esonero e facoltà di istruire processi, giurare e sostituire chi gli parrà, e considererò valida questa procura e tutto ciò che con essa venisse fatto in ogni momento e a ciò mi impegno io con i miei beni. E così stabilii dinanzi al notaio e ai testimoni nella città di Madrid il 21 gennaio del milleseicentoquattro, testimoni Juan García e Vicente de Angulo e Melchor de Atienza, residenti in Madrid. E firmò il concedente, che faccio fede di conoscere io, il presente notaio. Cancellato : per fare accertamenti probatori, non sia valido. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Senza diritti.  



A.H.P.M. Protocollo 1.992, fols. 1485 r. - v.

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[Documento n. 64] [Al margen superior izquierdo] El dicho. Poder. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, otorgo doy mi poder cunplido como de derecho se requiere a Bastián Giaconi, mi cassero, y a Bastián Petrachi, mi rentero, y a qualquier dellos y solidun, para que en mi nonbre en el pleito que trato con vienes y herederos de Luca Antonio Junti, difunto, vezino de Venecia, y su procurador, sobre la defenssa de ciertos vienes míos de que tomó possesión por dezir le devo ciertas quantías de maravedís y lo demás contenido en el pleito que passa ante la justiçia de la dicha çibdad de Florençia, en el qual dicho pleito ante la dicha justiçia y otras conpetentes agan la defenssa y contestación necessaria, y en ella pedimientos, protestos aperzivimientos, respuestas, zitaçiones, reconvenciones, presentaciones de recaudos en prueva y fuera della, abonen lo en favor, contradigan lo de en contrario como les pareziere, agan juramentos, pidan autos y sentencias / (fol. 1485 v.) interlocutorias e difinitivas, agan apelaçiones, reclamaciones, recusaciones, apartamientos, suspensiones, desenvargos, pidan, y ganen y recivan requisitorias para hacer provanzas y otras cossas, [tachado : para haçer provanças] testimonios y otros recaudos, y ussen dellos donde y como convenga, y asta que el dicho pleito se fenezca y acave de todo punto haga todos los pedimientos, autos y diligencias necessarias en juicio y fuera del con qualquier ynstancia, que para todo y lo a ello anexo le doy cunplido poder con general administración y relevación en forma y facultad de enjuiçiar, jurar y sostituir en quien le pareziere, y este poder y quanto con el fuere fecho abré por firme en todo tiempo y a ello me obligo y a todos mis vienes. Y lo otorgué anssí ante scrivano y testigos en la villa de Madrid a veinte y un días del mes de henero de mill y seiscientos y quatro años, testigos Juan Garzía y Bizente de Angulo y Melchor de Atienza, estantes en Madrid, y lo firmó el otorgante, que doy fee que conozco yo, el presente scrivano. Testado : para haçer provanzas, no bale. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Sin derechos.  



A.H.P.M. Protocolo 1.992, fols. 1485 r. - v. * [Documento n. 65 : 26/01/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti. Procura. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco di conferire la mia piena procura come per legge si richiede al dottor don Antonio de Ulloa de Toro, dell’ordine di San [cassato : tiago] Giovanni, che al momento risiede in questa città di Madrid : e per me stesso chieda, riscuota e riceva le somme di maravedì dalle seguenti persone e beni. Da Lope Carza Cuero e dai suoi beni e da chi dovrà pagare, undicimiladuecentoventi maravedì che deve in virtù di una scrittura di obbligazione che concesse a favore di Juan Ramírez, locandiere, abitante della cittadina di Porcuna, il ventitré febbraio dell’anno passato novantasette, dinanzi a Miguel García, notaio. Il quale suddetto Juan Ramírez mi cedette il suddetto debito con una scrittura di procura in rem propriam che concesse a mio favore il dieci luglio del suddetto anno dinanzi ad Antonio González, notaio. Dal quale suddetto Lope de Carza e dal suddetto Juan Ramírez la riscossi conformemente alla suddetta procura e obbligazione e alle condizioni di essa e di chi di diritto potrà e dovrà. Da Juan de Martos e Juan Jiménez Solano e Juan de Caraballos de Torrendojimeno [cassato : çales] e dai loro beni  





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e di chiunque di essi e di chi di diritto potrà e dovrà, / (fol. 1549 v.) quarantaquattromilatrenta maravedì che devono pagarmi per la causa dichiarata in una scrittura di obbligazione che a mio favore concessero nella cittadina di Porcuna il dodici febbraio dell’anno passato novantasette dinanzi ad Antonio González, notaio. Da Simón Gutiérrez, centonovantaquattro reali che deve pagarmi in ragione di una cedola che fece, che è firmata da Antonio González, per quello di Cristóbal Ruiz y de la Cueva, trentuno reali che mi deve in virtù di un’altra obbligazione. Le garanzie dei suddetti debiti sono in possesso di Juan Canada, abitante di Torrendojimeno, come consta da una dichiarazione da lui fatta dinanzi a Bartolomé Palomino, notaio, la quale consegno in originale. Le quali suddette garanzie e somme di maravedì riscuota e riceva come potrei io, con le spese e i salari che si dovranno, che giurerà e liquiderà. Approvo il pagamento che di ciò gli si farà e faccia uso di qualsiasi condizione e riserva delle suddette garanzie conformemente a esse in merito all’accomodamento del pagamento e della riscossione di quanto sopra detto; prenda con qualunque persona di qualunque qualità qualunque accordo o accomodamento e patto, facendo in esso qualsivoglia scioglimento, remissione e dilazione alla condizione e per la somma che gli sembrerà opportuno, che nella forma in cui lo farà, tratterà e concorderà lo adempirò e considererò valido. In merito a tutto e a ciascuna di queste cose / (fol. 1550 r.) conceda qualsivoglia ricevuta di pagamento e quietanza, di rivalsa sul debitore, di accordo, di concessione, di azione e le altre scritture e garanzie che per questo chiederanno, con i vincoli e le rinunce alle leggi necessarie e quella della non numerata pecunia, i salari, le sottomissioni e poteri ai tribunali, le condizioni, le dichiarazioni e tutto il resto che fosse necessario, che nella forma in cui lo concederà lo approvo e ratifico e adempirò come in esso sarà contenuto. In merito alla tale riscossione comparirà dinanzi a qualsiasi giudice competente di qualsiasi parte, farà le istanze, protesti, citazioni, richieste, giuramenti, pignoramenti, sequestri, chiederà esecuzioni, arresti, vendite, aste di beni, prenderà possesso di essi, farà accertamenti probatori, intimerà e otterrà, darà in possesso di qualsivoglia notaio e di altre persone qualsivoglia scrittura e altre garanzie e farà uso di tutto come potrei io; farà ricusazioni, appelli e suppliche e, fino a che la suddetta riscossione non avrà effetto compiuto, farà tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari in qualsiasi istanza, che per tutto e per ciò a esso pertinente gli conferisco piena procura conformemente all’amministrazione e al formale esonero, e la facoltà di istruire processi, giurare e sostituire per l’ambito giudiziario chi e come gli parrà. E questa procura e tutto ciò che con essa sarà fatto lo considererò valido in ogni momento, e in adempimento di ciò mi impegno con la mia persona e con tutti i miei beni avuti e da avere, do potere ai tribunali di sua Maestà, specialmente a quelli cui sarò sottoposto, al cui statuto locale mi sottometto, rinunciando come rinuncio al mio. E accolgo questo come sentenza passata in giudicato, rinuncio [in interlinea : a tutte] le leggi e i diritti a mio favore e a quella generale. E così stabilii / (fol. 1550 v.) nella città di Madrid il venti- [cassato : quattro] sei di gennaio dell’anno seicentoquattro, testimoni Juan García, Juan de Valladolid e Melchor de Atienza, residenti a Madrid. E il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Giulio Giunti de’ Modesti, [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  



A.H.P.M. Protocollo 1.992, fols. 1549 r. - v. [Documento n. 65] [Al margen superior izquierdo] Jullio Junti. Poder. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vecino desta villa de Madrid, otorgo doy mi poder cunplido como de derecho se requiere al liçençiado

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don Antonio de Ulloa de Toro, del ávito de San [tachado : tiago] Juan, que de presente reside en esta villa de Madrid, y para mí mismo pida, cobre y reciba las quantías de maravedís de las personas y vienes siguientes. De Lope Carça Quero y sus vienes y quien lo deba pagar, onçe mill duçientos y veinte maravedís que deve en virtud de una escritura de obligaçión que otorgó en fabor de Juan Ramírez, mesonero, vecino de la villa de Porcuna, en veinte y tres de ebrero del año passado de noventa y siete, ante Miguel Garçía, escribano, el qual dicho Juan Ramírez, me cedió la dicha deuda por escritura de poder en caussa propia que otorgó en mi fabor en diez de julio del dicho año ante Antonio Gonçález, escribano, del qual dicho Lope de Carça y del dicho Juan Ramírez lo cobré conforme al dicho poder y obligaçión y condiciones de ello y de quien con derecho pueda y deba. De Juan de Martos y Guan Ximénez Solano y Juan de Caraballos de Torredonximeno [tachado : çales] y sus vienes y qualquier dellos y de quien y con derecho pueda y deba, / (fol. 1549 v.) quarenta y quatro mil y treinta maravedís que deven pagarme por la caussa que dice una escritura de obligaçión que en mi fabor otorgaron en la villa de Porcuna en doçe de hebrero del año passado de noventa y siete ante Antonio Gonçález, escribano. De Simón Gutiérrez, çiento y noventa y quatro reales que deve pagarme por la raçón que de una çédula que iço, que está firmada de Antonio Gonçález, por el de Cristóbal Ruiz y de la Cueba, treinta y un reales que me deve en virtud de otro conoçimiento. Los recaudos de las dichas deudas están en poder de Juan Canada, veçino de Torredonximeno, como consta por una declaraçión por él fecha ante Bartolomé Palomino, escribano, la qual entrego original. Los quales dichos recaudos y quantías de maravedís cobre y reçiba como yo pudiera con las costas y salarios que se devieren que xure y liquide, apruebo la paga que dello se le yciere y use de qualesquier condiçiones y calidades de los dichos recaudos conforme a ellos sobre la comodidad de paga y cobrança de lo susodicho, tome con qualesquier personas de qualquier calidad qualquier conçierto o comodidad y convenençia, aciendo en el qualquier suelta, quita y espera a la calidad y en la cantidad que le pareçiere, que de la forma que lo yçiere, tratare y conçertare lo cunpliré y abré por firme, sobre todo lo qual y cada cossa / (fol. 1550 r.) dello otorgue qualesquier escrituras de pago finiquito, lastos, conçiertos, conçesiones, açiones y otras escrituras y recaudos como del pidieren, con las fuerças y renunçiaçiones de leyes neçesarias y de la no numerata pecunia, salarios, sumisiones y poderío de justiçias, condiçiones, declaraçiones y todo lo demás que fuere neçesario, que de la forma que lo otorgare lo apruebo y ratifico y cunpliré como en ello se contubiere, sobre cuya cobranza parezca ante qualesquier jueces conpetentes de qualesquier partes, aga pedimientos, protestos, citaçiones, requerimientos, juramentos, enbargos, secrestos, pida execuçiones, prisiones, ventas, remates de vienes, tome la posesión dellos, aga probanças, saque y gane, dé poder de qualesquier escribanos y otras personas qualesquier escrituras y otros recaudos y use de todo como yo pudiera, aga recusaciones, apelaciones y suplicaciones, y asta que la dicha cobrança tenga cunplido efeto aga todos los demás autos y diligençias necesarias en qualquier ynstançia, que para todo y lo a ello anexo le doy cunpido poder conforme a la administraçión y relebación en forma, y facultad de enjuiciar, jurar y sostituir para lo judiçial en quien y como le pareciere, y este poder y todo quanto con el fuere fecho abré por firme en todo tienpo, y para su cunplimiento obligo mi persona y todos mis vienes avidos y por aver, doy poder a las justiçias de su Magestad y especial a las que fuere sometido, a cuyo fuero me someto, renunçiando como renunçio el mío, recíbolo por sentencia pasada en cossa juzgada, renuncio [interlineado : todas] las leyes y derechos de mi fabor y la general. Y lo otorgué anssí / (fol. 1550 v.) en la villa de Madrid a veinte y [tachado : quatro] seis de henero de seisçientos y quatro años, testigos Juan García, Juan de Valladolid y Melchor de Atienza, estantes en Madrid, y el otorgante, que yo el escrivano doy fee que  







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conozco, lo firmó. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real. A.H.P.M. Protocolo 1.992, fols. 1549 r. - v. * [Documento n. 66 : 06/04/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Francisco López, mercante di libri. [Al margine superiore] Ricevuta di pagamento. † Don Filippo, per la grazia di Dio re di Castiglia, del León, d’Aragona, delle due Sicilie, di Gerusalemme, del Portogallo, della Navarra, di Granada, di Toledo, di Valencia, della Galizia, di Maiorca, di Siviglia, di Sardegna, di Córdoba, della Corsica, di Murcia, di Jaén, dell’Algarve, di Algecira, di Gibilterra, delle Isole Canarie, delle Indie orientali e occidentali, delle isole e della terra ferma del mare oceano, Arciduca d’Austria, Duca di Borgogna, del Brabante e di Milano, Conte di Habsburg, delle Fiandre, del Tirolo e di Barcellona, Signore di Biscaglia e di Molina, etc. Dottor Silba de Torres, magistrato della mia Casa e Corte e consigliere municipale della città di Madrid, quando venne incaricata a Giulio Giunti de’ Modesti la stampa della Historia general de las Indias, gli venne offerto di prestargli per due anni millecinquecento ducati per realizzarla ; e secondo quell’accordo venne emanato ordine di pagamento con una mia cedola in pena camerae del mio Consiglio delle Indie. In virtù di essa glieli pagò Diego de Vergara Gaviria, mio tesoriere nel suddetto mio Consiglio e, poiché il termine è scaduto ed è mia volontà che si riscuotano, vi ordino che avendo ricevuto questa mia carta facciate intimazione e intimiate al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mandante, e a Francisco López, mercante di libri, abitante di questa suddetta città, suo fideiussore, e a chiunque di essi, di darvi e pagarvi subito i duemilacinquecento ducati, che valgono novecentotrentasettemilacinquecento maravedì. E non facendo e non compiendo ciò, gli facciate per essi esecuzione forzata, conformemente alla legge, verso le loro persone e beni come per maravedì e affare mio, e la proseguirete secondo i termini di legge, facendo per questo tutte le esecuzioni forzate, gli arresti, i fermi giudiziari, i sequestri, le vendite, i pignoramenti e le aste di beni, e gli ulteriori atti e pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie che converrà fare, fino a che realmente ed effettivamente non avrete riscosso i suddetti maravedì. E una volta riscossi li invierete a questa Corte e li consegnerete in questa città alla persona che avrà la procura dal suddetto Diego de Vergara Gaviria, che con la sua ricevuta di pagamento e copia di questa mia carta considererò affrancati i sopraddetti per la suddetta cifra, affinché né ora né in alcun momento gli si chieda né domandi cosa alcuna. E ordino / fol. 277 v.) che lo registrino i miei amministrativi contabili insediati nel suddetto Consiglio, che per questo vi do piena procura come per legge in tal caso si richiede. Emessa a Valladolid, il sei aprile [dell’anno] milleseicentoquattro. Io, il Re [rubricato]. Io, Pedro Ledesma, segretario del Re nostro signore, la feci scrivere su suo ordine [rubricato]. Lo registrò, Marcos de Plaza [firmato e rubricato]. Il Conte di Lemos e di Andrade [rubricato]. Dottor Francisco Arias Maldonado y Sotomayor [firmato e rubricato]. Il dottor Ailla Gutierre [firmato e rubricato]. Il dottor Bernardo de Olmedilla [firmato e rubricato].  

[Al margine sinistro : D’ufficio] Al giudice di Madrid, che riscuota da Giulio Giunti de’ Modesti e Francisco López, suo fideiussore, 2.500 ducati che gli vennero prestati per la stampa della Historia General de las Indias e li invii a questa Corte in possesso di Diego de Vergara Gaviria, tesoriere di Vostra Maestà.  

A.H.P.M. Protocolo 1.820, fols. 277 r. - v.

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[Documento n. 66] [Al margen superior izquierdo] Françisco López, mercader de libros. [Al margen superior] Carta de pago. † Don Phelipe por la graçia de Dios, Rey de Castilla, de León, de Aragón, de las dos Siçilias, de Jerusalem, de Portugal, de Navarra, de Granada, de Toledo, de Valençia, de Galiçia, de Mallorcas, de Sevilla, de Zerdeña, de Córdova, de Córzega, de Murçia, de Jaén, de los Algarves, de Aljezira, de Jibraltar, de las Yslas de Canaria, de las Indias orientales y occidentales, yslas y tierra firme del mar océano, Archiduque de Austria, Duque de Borgoña, de Bravante y Milán, Conde de Abspurg, de Flandes, de Tirol y de Barçelona, Señor de Vizcaya y de Molina, etc. Licenciado Silba de Torres, alcalde de mi Cassa y Corte y corregidor de la villa de Madrid, quando se encargó a Jullio Junti de Modesti la ympressión de la Ystoria General de las Yndias se le ofreçió que se le prestarían por dos años dos mill y quinientos ducados para haçerla, y en aquella conformidad se le libraron por zédula mía en penas de cámara de mi Consejo de las Yndias, en cuya virtud se los pagó Diego de Vergara Gaviria, mi reçeptor en el dicho mi Consejo, y porque el plaço es passado y mi voluntad es que se cobren, os mando que aviendo reçivido esta mi carta hagáis requirir y requirays al dicho Jullio Junti de Modesti, prinçipal, y a Françisco López, mercader de libros, veçino de essa dicha villa, su fiador, y qualquier dellos, a que luego os den y paguen los dichos dos mill y quinientos ducados, que valen noveçientas y treinta y siete mill y quinientos maravedís, y no lo haçiendo y cumpliendo les hareys execuçión por ellos conforme a derecho en sus personas y bienes como por maravedís y haçienda mía, y la prosiguiréis por los términos de la ley, haçiendo para ello todas las execuçiones, prissiones, envargos, secrestos, ventas, trançes y remates de bienes, y los demás autos y diligençias judiçiales y extrajudiçiales que convengan de se hazer, hasta que realmente y con effecto ayáis cobrado los dichos maravedís, y cobrados e que sean los enbiareys a esta Corte o entregareys en essa villa a la persona que tubiere poder del dicho Diego de Vergara Gaviria, que con su carta de pago y traslado desta mi carta doy por libres a los sobredichos de la dicha cantidad para que aora ni en tiempo alguno no se les pida ni demande cossa alguna, y mando / (fol. 277 v.) que tomen la raçón mis contadores de quentas que ressiden en el dicho Consejo, que para ello os doy poder cumplido qual de derecho en tal casso se requiere. Dada en Valladolid, a seys de abrill de mill y seisçientos y quatro [años]. Yo, el Rey [rubricado]. Yo, Pedro de Ledesma, secretario de Rey nuestro señor, la fize escrevir por su mandado [rubricado]. Tomó la razón, Antonio de Salinas [firmado y rubricado]. [Sello]. Tomó la razón, Marcos de Plaça [firmado y rubricado]. Registrada, Alonso de Aybar [firmado y rubricado]. Por chançiller, Sebastián de la Vega [firmado y rubricado]. El conde de Lemos y de Andrade [rubricado]. Liçençiado Françisco Arias Maldonado y Sotomayor [firmado y rubricado]. El licenciado Ailla Gutierre [firmado y rubricado]. El doctor Bernardo de Olmedilla [firmado y rubricado]. [Al margen izquierdo : De ofiçio] Al corregidor de Madrid, que cobre de Jullio Junti de Modesti y Françisco López, su fiador, 2.500 ducados que se le prestaron para la impressión de la Historia General de las Yndias y los embíe a esta Corte a poder de Diego de Vergara Gaviria, reçeptor de vuestra Magestad.  

A.H.P.M. Protocolo 1.820, fols. 277 r. - v.

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i giunta a madrid * [Documento n. 67 : 21/04/1604]  

[Al margine superiore sinistro] María de Torres. Riconoscimento. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di riconoscimento di censo redimibile che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, dichiaro che María Hernández, vedova di Alonso Martín [cassato : defunto] Ponpo, defunto, abitante di questa città, mi vendette una casa in questa città nella strada che chiamano del Ángel, nel quartiere di San Francisco, nella parrocchia di San Andrés, che confina con la casa di Luis de Ribera e con le case di Andrés de Henao, contadino, e con le case di Diego de Mollinedo, tutti abitanti di questa città, con l’onere di una gallina di censo perpetuo ogni anno, con diritto alla vigesima e con l’onere di duecento ducati di capitale a censo, di cui si pagano rendite a quattordici [al migliaio], 1 a María Torres, vedova di Gabriel Sagarcola, defunto, abitante di questa città. I quali redditi mi feci carico di pagare da oggi, giorno della data di questa scrittura, in poi, e il suo capitale quando giudicherò opportuno redimerlo, poiché istituito sulla suddetta casa e scaturito dal prezzo al quale la suddetta María de Torres vendette la suddetta casa alla suddetta María Hernández, e mi feci carico di riconoscere questo censo a favore della suddetta María de Torres, come lo riferisce la vendita della suddetta casa che la suddetta María Hernández concesse a mio favore in questa città addì ventuno del mese di aprile [in interlinea : di questo anno] milleseicentoquattro, alla quale mi riferisco. / (fol. 1748 v.) E adempiendo come voglio adempiere col fare il suddetto riconoscimento, stabilisco con questa carta che di mia volontà riconosco come proprietaria del suddetto censo di duecento ducati di capitale la suddetta María de Torres, e si impegna [sic] a suo favore a pagarle i redditi decorsi da oggi, giorno della data di questa scrittura, in poi nei termini e nella parte e con la penale di spese e salario [cassato : che conformemente] e sottomissione che conformemente alla scrittura dell’istituzione del suddetto censo deve pagare, nella qual cosa non addurrà scusa né eccezione e se ne avesse vi rinuncia, perché come è stato detto confessa che comprò la tale suddetta casa dalla suddetta María Hernández con l’onere del pagamento del capitale e delle rendite / (fol. 1749 r.) del suddetto censo di duecento ducati di capitale, la scrittura e le condizioni del quale e tutto quel che contiene compirò come in essa si dichiara, la quale considero inserita in questa scrittura e la esonero dal mostrarla e da ogni altra garanzia necessaria. E con questa scrittura soltanto voglio essere sottoposto a esecuzione forzata e obbligato al pagamento delle sue rendite, per la cui esecuzione e per il cui adempimento impegno la mia persona e i beni avuti e da avere e do potere ai tribunali competenti di sua Maestà di qualsiasi parte, [cassato : e special] al cui statuto locale mi sottometto, e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché mi sollecitino con ogni rigore a compiere quanto detto come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni legge, statuto locale e diritto in mio favore e a quella generale. E in forza di ciò così stabilii dinanzi al notaio e ai testimoni / (fol. 1749 v.) nella città di Madrid addì ventuno del mese di aprile dell’anno milleseicentoquattro, essendo testimoni Vicente de Angulo e Jácome de Castro e Pedro González, residenti nella suddetta città. E il suddetto concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Appare in interlinea : di questo anno. Appare cancellato : defunto, che conformemente, e special. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  









A.H.P.M. Protocollo 1.992, 1748 r. - 1749 v. 1

  a quattordici al migliaio : interesse sul censo corrispondente al 7,14% [NdT].  



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[Documento n. 67] [Al margen superior izquierdo] María de Torres. Reconozimiento. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de reconoçimiento de çenso al quitar bieren como yo, Jullio Junti de Modesti, veçino desta villa de Madrid, digo que María Hernández, biuda de Alonsso Martín [tachado : difunto] Ponpo, difunto, veçina desta villa, me bendió una cassa en esta villa en la calle que dicen del Anxel, al barrio de San Françisco, en la perroquia de San Andrés, que alinda con casas de Luis de Ribera y casas de Andrés de Henao, labrador, y casas de Diego de Mollinedo, todos veçinos desta villa, con cargo de una gallina de çensso perpetuo cada año, con derecho de veintena y con cargo de duçientos ducados de prinçipal a zensso de que se pagan réditos a catorce el millar, a María de Torres, biuda de Grabiel de Sagarcola, difunto, veçina desta villa, los quales me encargué de pagar sus réditos desde oy día de la fecha desta escriptura en adelante y su prinçipal quando me pareçiere redimirle, por estar fundado sobre la dicha casa y proçeder del presçio en que la dicha María de Torres le bendió la dicha cassa a la dicha María Hernández, y me encargué de reconoçer este çensso a favor de la dicha María de Torres, como lo refiere la venta de la dicha cassa que la dicha María Hernández otorgó en mi favor en esta villa en beinte y un días del mes de abrill [interlineado : deste año] de mill y seisçientos y quatro, a la qual me refiero, / (fol. 1748 v.) y cumpliendo como quiero cumplir con açer el dicho reconoçimiento otorgo por esta carta que de mi boluntad reconozco por señora del dicho çensso de duçientos ducados de prinçipal a la dicha María de Torres, y se obliga en su favor de pagarle los réditos que le corrieren desde oy día de la fecha desta escriptura en adelante a los plaços y en la parte y con la pena de costas y salarios [tachado : que conforme] y sumissión que conforme a la escriptura de la fundaçión de el dicho çensso debe pagar, en que no pondrá escussa ni eceçión, y si la tubiere la renunçia porque como dicho es confiessa compró la tal dicha cassa de la dicha María Hernández con la carga de la paga de prinçipal y réditos / (fol. 1749 r.) del dicho çensso de duçientos ducados de prinçipal, la escriptura del qual y condiçiones della y todo lo que contiene cumpliré como en ella se declara, la qual doy por ynserta en esta escriptura y relievo de enseñalle, y con sola esta escriptura de reconoçimiento aré la paga de sus réditos y relievo de la enseñar y todo otro recaudo neçesario, y con sola esta escriptura quiero ser executado y conpelido a la paga de sus réditos, para cuya execuçión y cunplimiento obligo mi persona y todos mis bienes havidos y por aver y doy poder a las justiçias competentes de su Magestad de qualesquier partes, [tachado : y espeçial] a cuyo fuero me someto, y renunçio el mío y la ley si conbenerid de juridiçione onnium judicum para que me apremien por todo rigor a cumplir lo que dicho es como si fuera sentençia difinitiva de juez competente passada en cossa juzgada y declarada por tal, sobre que renunçio todas las leyes, fueros y derechos de mi favor y la general. Y para su fuerça lo otorgué assí ante el scrivano y testigos / (fol. 1749 v.) en la villa de Madrid a veinte y un días del mes de abril de mill y seisçientos y quatro años, siendo testigos Viçente de Angulo y Jacome de Castro y Pedro Gonçález, estantes en la dicha billa, y el dicho otorgante, que yo el scrivano doy fee conozco, lo firmó. Va entre renglones : deste año. Va testado : difunto, que conforme, y espeçial. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  









A.H.P.M. Protocolo 1.992, 1748 r. - 1749 v.



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i giunta a madrid * [Documento n. 68 : 21/04/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Gli eredi di Diego López de Ribadeneyra. Riconoscimento di censo perpetuo. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di riconoscimento di censo perpetuo in enfiteusi che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, dichiaro di aver comprato da María Hernández, vedova di Alonso Martín Ponpo, defunto, abitante di questa città, una casa sua nel quartiere di San Francisco, nella parrocchia di San Andrés, nella strada chiamata del Ángel, che confina con le case di Luis de Ribera e con le case di Andrés de Henao, contadino, e con le case di Diego de Mollinedo, tutti abitanti di questa città, al prezzo di duecentosessantacinque ducati, con l’onere di una gallina di censo perpetuo ogni anno, con [in interlinea : diritto di] licenza [cassato : di d] e vigesima tutte le le [sic] volte che si vendesse e di riconoscere il suddetto censo, il quale è e appartiene / (fol. 1750 v.) agli eredi e ai beni di Diego López de Ribadeneyra, defunto, che fu abitante di questa città, al cui favore devo fare il riconoscimento di ciò conformemente alla vendita che a mio favore concesse la sopraddetta, che venne rogata in questa città dinanzi al notaio di questa carta oggi, giorno della data di essa. Per la qual cosa stabilisco che di mia volontà e a nome dei miei eredi e successori riconosco gli eredi e i beni del suddetto Diego López de Ribadeneyra, defunto, quali proprietari della suddetta gallina di censo annuale perpetuo, con diritto di vigesima e al diretto dominio sulla suddetta casa. E mi impegno a pagare in suo favore / (fol. 1751 r.) quanto decorso del suddetto censo fino a oggi, e quanto decorrerà da qui in poi a una gallina l’anno, a dare e a prendere e a riconoscere e che riconoscerò questo censo di dieci anni in dieci anni, e ogni anno pagherò la suddetta gallina. E se restassi per tre senza pagarla, sollecito che la suddetta casa incorra nella pena del sequestro. Mi impegno anche affinché, se la vendessi, chiederò licenza per effettuare la vendita e pagherò la vigesima del suo prezzo, e se tralasciassi / (fol. 1751 v.) di farlo che incorra nella medesima pena del sequestro. E inoltre adempirò in tutto alle condizioni e a quanto contiene la scrittura dell’istituzione del suddetto censo perpetuo, contro la quale non andrò per nessuna via né la contraddirò, e la considero vagliata e inserita in questa scrittura ed esonero dal mostrarla. E con questa soltanto voglio essere sollecitato all’esecuzione e al compimento di tutto quanto detto, ed esonero da altra garanzia ne- / (fol. 1752 r.) cessaria, per il cui compimento ed esecuzione mi impegno con la mia persona e con tutti i miei beni avuti e da avere. E do potere ai tribunali competenti di sua Maestà, al cui statuto mi sottometto, e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché mi sollecitino a compierlo come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, in merito alla qual cosa rinuncio alle leggi e ai diritti a mio favore e a quella generale. E così stabilii / (fol. 1732 v.) nella città di Madrid addì ventuno del mese di aprile dell’anno milleseicentoquattro, essendo testimoni Jácome de Castro e Pedro González e Vicente de Angulo, che stanno nella suddetta città. E il concedente, che io il suddetto notaio faccio fede di conoscere, firmò. Appare in interlinea : diritto di. E appare cancellato : di d. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  





A.H.P.M. Protocollo 1.992, fols. 1750 r. - 1752 v.



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[Documento n. 68] [Al margen superior izquierdo] Los herederos de Diego López de Ribadeneyra. Reconoçimiento de zenso perpetuo. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de reconoçimiento de çensso perpetuo yntitiossi vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vezino desta billa de Madrid, digo que yo conpré de María Hernández, biuda de Alonso Martín Ponpo, difunto, vezina desta billa, una casa en ella en el barrio de San Françisco, en la perroquia de San Andrés, en la calle que dizen del Angel, que alindan con cassas de Luis de Ribera y cassas de Andrés de Henao, labrador, y cassas de Diego de Mollinedo, todos vezinos desta villa, por preçio de duçientos y sesenta y çinco ducados, con cargo de una gallina de çensso perpetuo cada año, con [interlineado : derecho de] liçençia [tachado : de d] y beintena todas las las [sic] vezes que se vendiere y de reconozer el dicho censo, el qual es y perteneze / (fol. 1750 v.) a los herederos y azienda de Diego López de Ribadeneyra, difunto, que fue vezino de esta villa, cuyo fabor debo azer reconocimiento del conforme a la benta que en mi fabor otorgó la susodicha, que pasó en esta billa ante el escrivano desta carta oy día de la fecha della, por la qual otorgo que de mi voluntad y en nonbre de mis herederos y subçessores y reconozco a los herederos y azienda del dicho Diego López de Ribadeneyra, difunto, por señor de la dicha gallina de çensso perpetuo cada año, con derecho de beyntena y del direto dominio de la dicha cassa, y me obligo en su fabor de pagar / (fol. 1751 r.) lo que del dicho çensso está corrido asta oy y corriere de aquí adelante a gallina por año, de dar y tomar y reconozer y reconozeré este çensso de diez en diez años y cada año pagaré la dicha gallina, y si estubiere tres sin la pagar arreo cayga la dicha cassa en pena de comisso. Tanbién me obligo de que si la bendiere pediré liçençia para efetuar la venta y pagaré la beintena de su prescio, y si lo dexare / (fol. 1751 v.) de azer cayga en la misma pena de comisso. E más cunpliré en todo las condiçiones y lo que contiene la escriptura de la situaçión del dicho çensso perpetuo, contra la qual por ningún camino no iré ni contradiré, y doi por vista e ynserta en esta escritura y reliebo de la enseñar, y con sola esta quiero ser conpelido a la execuçión y cunplimiento de todo lo que dicho es y reliebo de otro recaudo nes- / (fol. 1752 r.) cessario, para cuyo cunplimiento y execuçión obligo mi perssona y todos mis vienes avidos y por aber y doi poder a las justiçias conpetentes de su Magestad, a cuyo fuero me someto, y renunçio el mío y la ley sit conbenerit de jurisdiçione oniun judicun para que me apremien a lo cunplir como si fuera sentençia difinitiba de juez conpetente passada en cosa juzgada y declarada por tal, sobre que renunçio todas las leyes y derechos de mi fabor, y la general. Y lo otorgué ansí / (fol. 1752 v.) en la billa de Madrid a veynte y un días del mes de abrill de mill y seisçientos y quatro años, siendo testigos Jacome Castro y Pero Gonçález y Biçente de Angulo, estantes en la dicha billa, y el otorgante, que yo el dicho scrivano doy fee conozco, lo firmó. Va entre renglones : derecho de. Y ba testado : de d. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  







A.H.P.M. Protocolo 1.992, fols. 1750 r. - 1752 v. * [Documento n. 69 : 10/05/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Il Monastero del Paular. Obbligazione [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa scrittura di obbligazione che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco che devo e mi impegno a pagare al priore, ai

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i giunta a madrid

monaci e al convento del monastero del Paular, dell’ordine dei Certosini, o a chi succedesse nel loro diritto, millecentocinquanta reali: e sono in ragione di cento risme di carta bianca fabbricata nel suddetto monastero del Paular, concordata a unidici reali e mezzo la risma, che ho ricevuto in mio possesso dal suddetto monastero per mano del fratello Gil del Río, per le quali sono soddisfatto circa il prezzo e rispettato nella mia volontà per la suddetta carta. E poiché al momento non ne risulta la ricevuta rinuncio all’eccezione della consegna e alle leggi del diritto, e con la suddetta carta concedo ricevuta di pagamento e mi costituisco pacifico debitore dei suddetti millecentocinquanta reali, che pagherò al suddetto monastero o a chi ne avrà la procura entro i prossimi quattordici mesi compiuti a decorrere da oggi, in questa città : la metà di essi da oggi giorno della data di questa entro sette mesi, e l’altra metà alla fine dei suddetti quattordici mesi, ogni pagamento tutto insieme, senza dilazioni, pacificamente, senza fare opposizione / (fol. 126 v.) pena le spese. Per il cui adempimento mi impegno con la mia persona e con tutti i miei beni avuti e da avere e do poteri ai tribunali competenti di sua Maestà di qualsiasi luogo, [cassato : e li p] al cui statuto locale mi sottometto, e rinuncio al mio e alla legge si [sic] convenerit de iurisditione omnium iudicum affinché mi sollecitino con ogni rigore a compiere quanto sopra detto, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale. Rinuncio a tutte le leggi, statuti locali e diritti a mio favore e a quella generale. E a validità di ciò così stabilii dinanzi al notaio e ai testimoni di cui sotto / (fol. 127 r.) nella città di Madrid addì [cassato : ho] dieci del mese di maggio del milleseicentoquattro, essendo testimoni Diego Méndez e il dottor Arichaval e Mateo Vázquez, abitanti e residenti di questa città. E il suddetto concedente, che faccio fede di conoscere, firmò. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  





A.H.P.M. Protocollo 1.990, fols. 126 r. - 127 r. [Documento n. 69] [Al margen superior izquierdo] El Monasterio del Paular. Obligaçión. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de obligación vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, otorgo que devo y me obligo de pagar al prior, monxes y conbento del monesterio del Paular, de la horden de la Cartuja, o a quien sucediere en su derecho, mill y çiento y çinquenta reales, y son por razón de çien resmas de papel blanco fabricado en el dicho monesterio del Paular, concertado a onçe reales y medio cada resma, el qual tengo resçivido en mi poder del dicho monesterio por mano del hermano Xil del Río, de que estoy satisfecho del precio y entregado del dicho papel a mi voluntad, y porque su resçibo no parece de presente renunçio eceçión de entrego y leyes del derecho, y del dicho papel doy carta de pago y me constituyo llano deudor de los dichos mill çiento y çinquenta reales, los quales pagaré al dicho monesterio o a quien tuviere su poder dentro de catorze meses cumplidos primeros que corren desde oy, en esta villa, la mitad dellos de oy día de la fecha desto en siete meses, y la otra mitad a fin de los dichos catorçe meses cada paga junta, sin larga, llanamente, sin pleito, / (fol. 126 v.) so pena de las costas, para cuyo cunplimiento obligo mi persona e todos mis bienes avidos e por aver y doy poder a las justiçias competentes de su Magestad de qualesquier partes, [tachado : y le p] a cuyo fuero me someto, y renunçio el mío y la ley si conbenerid de juridiçione omnium judicum para que me apremien por todo rigor a cunplir lo que dicho es, como si fuera sentençia difinitiba de juez competente passada en cossa juzgada y declarada por tal, renunçio todas las leyes, fueros e derechos de mi favor y la general. E para su fuerça lo otorgué anssí ante el escrivano y testigos de yuso / (fol.  

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127 r.) en la villa de Madrid a [tachado : ho] diez días del mes de mayo de mill y seisçientos y quatro, siendo testigos Diego Méndez y el liçençiado Arichaval y Mateo Vázquez, vezinos y estantes en esta villa, y el dicho otorgante, que doy fe conozco, lo firmó. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  

A.H.P.M. Protocolo 1.990, fols. 126 r. - 127 r. * [Documento n. 70 : 18/05/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti de’ Modesti. Scrittura di dichiarazione e cessione di una casa. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura che io, Gerónimo de Salazar, abitante della città di Burgos, residente in questa città di Madrid, dichiaro che Francisco Cillero, muratore, e Juana Hernández, sua moglie, abitanti di questa città, che risiedono a Valladolid, mi vendettero una casa che avevano in questa città nella calle del Ángel, nel quartiere di San Francisco, con tutto quanto a essa pertinente, che confina con le case di Juan de Lucena, guantaio, e le case che furono di Gaspar Suárez Franco, residente a Toledo, che danno sulla Carrera de San Francisco, che le ebbero da María de Cereceda, vedova di Juan de Rueda, che fu procuratore legale del collegio di questa città, defunto, al prezzo di trecentocinquanta ducati, con l’incarico di pagare la vigesima e l’alcabala 1 e tre reali e una gallina di censo perpetuo che si pagano agli eredi di Diego López de Ribadeneyra, e i suddetti trecentocinquanta ducati del prezzo della suddetta vendita ; millequarantotto reali pagati, di cui mi feci carico per due censi che la suddetta casa ha come principali imposte dei venditori, uno di settecentosessanta reali e un altro di duecentoottantotto reali da quattordici di capitale; e ammontano i redditi a duemilacinquecentoquarantacinque maravedì ogni anno, entrambi a favore del curato e dei beneficiati dalla chiesa parrocchiale di San Andrés di questa suddetta città, e con la condizione di accettarli e di continuare a pagare ciò che per essi fosse decorso / (fol. 268 v.) dal giorno della vendita in poi e cinquecento reali che pagai loro per saldo del conto del prezzo, prima di effettuare la vendita. E i duemilatrecentodue reali rimanenti glieli pagai in contanti, e con ciò vennero saldati i suddetti trecentocinquanta ducati, e vennero ripagati per tutto il suddetto importo nella forma riferita, e io mi feci carico del capitale e dei redditi dei suddetti censo, vigesima, e alcabala e di riconoscere quelli redimibili e quelli perpetui, e di adempiere a tutto quanto contenuto nella suddetta scrittura di vendita che a mio favore rogarono e io accettai nella città di Valladolid il quindici febbraio scorso di questo anno seicentoquattro dinanzi a Juan Ruiz, notaio di sua Maestà, residente presso la sua Corte. E mi riferisco alla suddetta vendita, e stabilisco con questa carta che di mia volontà, e nella via in cui meglio avrà luogo e forma che si compia per sempre ciò che contenesse, confesso di aver cercato di comprare la suddetta casa per [cassato : Giulio Giu] il signor Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, ed egli mi diede e consegnò il denaro con cui pagai di tasca sua l’importo che la vendita dice che pagai. E volle che mi facessi carico dei suddetti censi e vigesima e alcabala, e così è certo e lo dispenso dal verificarlo affinché venga dispensato da ciò. E voglio che questa confessione sia valida come se la facessi in giudizio con un giuramento dinanzi a giudice competente, e il suddetto Giulio Giunti mi diede e consegnò il suddetto importo che pagai in contanti / (fol. 269 r.) col suo stesso denaro, e  



1   Alcabala : tassa che si pagava sulle vendite e permute. (cfr. Sebastián Carbonell, Dizionario fraseologico completo italiano-spagnolo e spagnolo-italiano, Milano, Hoepli, 1983, sub voce).  

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con esso effettuai il pagamento, e così confesso e rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi del diritto e concedo ricevuta di pagamento per questo. E per il rispetto mostratogli volle che si mettesse, come si mise, a mio nome la vendita, con il presupposto e la condizione che stipulassi questa scrittura a suo favore, e perciò dichiaro che è sua e per lui e i suoi eredi e chi gli succederà nel suo diritto verso la suddetta casa, secondo quanto contenuto nella suddetta vendita, e può disporne e voglio che ne disponga come di una sua proprietà. E desisto da qualsiasi diritto acquisito verso di essa per essere stata fatta a mio favore la suddetta vendita, e la do e cedo al sopraddetto, e voglio che in virtù di questa scrittura con la sua autorità o come gli parrà opportuno prenda e acquisisca possesso della suddetta casa, la quale si è vista acquisita con questa scrittura che gli consegno e la suddetta scrittura di vendita fatta a mio favore, che tutto gli serva come titolo e con esso rimanga lui perfettamente signore e la suddetta possesione realmente acquisita. Nell’interim mi costituisco come suo inquilino, tenutario e possessore affinché essendone trovato in possesso sia considerato a suo nome e non in altra maniera. E mi impegno che la suddetta casa per il fatto e la causa mia sarà per lui sicura e non ho fatto alcuna opposizione, calunnia né impedimento in nessun momento per nessuna causa mia, e se succedesse io mi metterò a sua difesa e gliela renderò sicura, di modo che come sua proprietà ne goda pacificamente. E se a causa mia ciò non fosse così, gli darò un’altra casa, e il suo valore per i lavori e le migliorie operati in essa, obbligatori o necessari, e per il maggior valore determinato dal tempo con tutte le spese, danni e interessi che saranno gravati, che per tutto mi costituisco pacifico debitore, qualora accadesse per causa e fatto mio. E in merito a tutto il resto gliela do, e dichiaro che è sua, come lo è, a suo rischio e pericolo, rispetto alla qual cosa io non ebbi né più né meno che da compiere il suo ordine e la sua volontà, e pagare con il suo denaro e prendere su suo incarico quanto contenuto nella suddetta vendita. E quindi, fatta questa scrittura, resto libero ed esente da garanzia, a parte i suddetti fatti e causa miei ; voglio che si compia questa scrittura in tutto come in essa contenuto, e non la contraddirò per nessuna causa né eccezione, rinunciando a qualsivoglia ne abbia. E per il suo compimento ed esecuzione mi impegno con la mia persona e i beni avuti e da avere e do potere ai tribunali competenti di sua Maestà, al cui statuto locale mi sottometto, e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit di iurisditione omnium iudicum, affinché mi sollecitino con ogni rigore all’adempimento di quanto detto, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato o dichiarata tale; rinuncio a tutte le leggi, gli statuti locali e ai diritti a mio favore e a quella generale. E a convalida di ciò così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni di cui sotto / (fol. 269 v.) nella città di Madrid addì diciotto del mese di maggio dell’anno milleseicentoquattro, essendo testimoni Domingo Demian Duxana e Jácome de Castro e Antonio de Mercado, che stanno nella suddetta città. E il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Cancellato : Giulio Giu, non sia valido. Jerónimo de Salazar [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  



A.H.P.M. Protocollo 1.990, fols. 268 r. - 269 v. [Documento n. 70] [Al margen superior izquierdo] Jullio Junti de Modesti. Escriptura de declaración y zesión de una casa. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta pública escriptura vieren como yo, Gerónimo de Salazar, veçino de la çiudad de Burgos, estante en esta billa de Madrid, digo que Françisco Çillero, albañir, y Juana Hernández, su muger, veçinos desta villa, que residen en Valladolid, me bendieron una casa que tenían en esta villa en la calle del Anjel, al barrio de San Françisco, con todo lo

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a ella perteneçiente, que alinda con cassas de Juan de Luçena, guantero, y cassas que fueron de Gaspar Suárez Franco, residente de Toledo, que salen a la Carrera de San Françisco, que las ubieron de María de Cereçeda, biuda de Juan de Rueda, que fue procurador del número desta villa, difunto, por presçio de treçientos y çinquenta ducados, con cargo de pagar beintena y alcavala y de tres reales y una gallina de censso perpetuo que se paga a los herederos de Diego López de Ribadeneira, y los dichos treçientos y çinquenta ducados del presçio de la dicha venta, pagados mill y quarenta y ocho reales de que me encargué de dos çensos que la dicha cassa tiene de prinçipal ynpuestos por los bendedores, uno de seteçientos y sesenta reales y otro de duçientos y ochenta y ocho reales de prinçipal a catorze, y montan los réditos dos mill y quinientos y quarenta y çinco maravedís cada año entranbos a favor del cura y benefiçiados de la yglessia perroquial de San Andrés desta dicha villa, y con calidad de reconoçellos y yr pagando lo que dellos fuere corriendo / (fol. 268 v.) desde el día de la venta en adelante y quinientos reales que les pagué por buena quenta del presçio, antes de hefetuar la venta, y dos mill y treçientos y dos reales restantes con que se ajustan los dichos treçientos y çinquenta ducados les pagué de contado, y lo quedaron de todo el dicho presçio en la forma referida, y yo encargado del prinçipal y réditos de los dichos censsos, veyntena y alcavala y de reconozer los al quitar y perpetuos, y cumplir en todo lo contenido en la dicha escriptura de venta que en mi favor otorgaron y yo acepté en la çiudad de Valladolid en quinçe de hebrero pasado deste año de seisçientos y quatro ante Juan Ruiz, escrivano de su Magestad, ressidente en su Corte, y me refiero a la dicha venta, y otorgo por esta presente carta que de mi boluntad y en la vía que más aya lugar e forma que se cumpla para siempre xamás lo que contubiere, confiesso traté de comprar la dicha casa para [tachado : Jullio Ju] el señor Jullio Junti de Modesti, veçino desta villa de Madrid, y él me dio y entregó el dinero que pagué de su propia haçienda en la cantidad que la venta diçe pagué, y quiso me encargasse de los dichos zenssos al quitar y perpetuo, que él los tomaría a su cargo, cumpliría y pagaría y tanbién la dicha beintena y alcavala, y assí es çierto y le relievo de lo aberiguar para que esté relevado dello. Y quiero balga esta confissión como si la hiçiera judiçialmente con juramento ante juez conpetente, y la dicha cantidad que pagué de contado el dicho Jullio Junti / (fol. 269 r.) de Modesti me la dio y entregó de su propio dinero y con él hiçe la dicha paga, y assí lo confieso y renunçio eceçión de non numerata pecunia y leyes del derecho y doy carta de pago dello, y por respeto de que le mobieron quiso se pusiese como se puso la venta en mi caveça con presupuesto y calidad avía de otorgar en su favor esta escriptura, y assí declaro es suya y para él y sus herederos y quien subçediere en su derecho la dicha cassa, según en la dicha benta la contiene, y como de haçienda suya puede disponer y quiero disponga, y me disisto de qualquier derecho que a ella adquirí por açerse en mi favor la dicha benta y se lo doy y çedo al susodicho, y quiero que en birtud desta escriptura por su autoridad o como le paresiere tome y aprehenda la posesión de la dicha casa, la qual se ha visto aver aprehendido con esta escriptura que le entrego y la dicha escriptura de venta en mi favor fecha, que todo le sirba de título y con ello perfetamente quede señor y realmente aprehendida la dicha posesión, y en el ynter me constituyo por su ynquilino, tenedor y posehedor para que siendo allado en la posesión sea visto ser en su nombre y no de otra manera. Y me obligo que la dicha cassa por mi fecho y causa le será çierta y no puesto pleito, mala voz ni ynpedimiento en ningún tiempo por ninguna caussa mía, y si subçediere yo saldré a la defensa y se la aré çierta, de manera que como haçienda suya la goçe paçíficamente y en defeto y por la dicha mi causa le daré otra tal casa, y su balor y de lo que en ella ubiere labrado y mejorado, forçoso o neçesario, y el tiempo lo ubiere causado de más balor y todas las costas, daños e yntereses que se le recreçieren, que de todo me ago llano deudor, siendo por la dicha mi causa y fecho. Y en todo lo demás se la doy y declaro es suya, como lo es a su riesgo y bentura, respeto de que yo no tube más entrada ni salida de haçer su horden  

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y boluntad, y pagar con su dinero y tomar por su cargo lo contenido en la dicha benta. Y assí hecha esta escriptura quedo libre y esento de siguridad, más de por el dicho mi fecho y causa, quiero se cunpla esta escriptura en todo como en ella se contiene, y por ninguna causa ni eçeçión la contradiré, y qualquiera que tenga renunçio. Y para su cunplimiento y execuçión obligo mi persona e todos mis bienes avidos e por aver y doy poder a las justiçias conpetentes de su Magestad, a cuyo fuero me someto, y renunçio el mío y la ley si conbenerid de juridiçione omnium judicum para que me apremien por todo rigor a cumplir lo que dicho es, como si fuera sentençia difinitiba de juez competente pasada en cosa juzgada y declarada por tal, renunçio todas las leyes, fueros y derechos de mi favor y la general. Y para su fuerça lo otorgué anssí ante el escrivano público e testigos de yusso, / (fol. 269 v.) en la villa de Madrid a diez y ocho días del mes de mayo de mill y seisçientos y quatro años, siendo testigos Domingo Demian Duxana e Jacome de Casttro y Antonio de Mercado, estantes en la dicha billa, y el otorgante, que yo el escrivano doy fee conozco, lo firmó. Testado : Jullio Ju, no vala. Gerónimo de Salazar [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  

A.H.P.M. Protocolo 1.990, fols. 268 r. - 269 v. * [Documento n. 71 : 01/06/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Gli eredi e i beni di Diego López de Ribadeneyra. Riconoscimento di censo. † Sappiano quanti vedranno questa carta di riconoscimento di censo in enfiteusi che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, dichiaro di avere e possedere una casa signorile in questa città di Madrid nella Carrera de San Francisco, parrocchia di San Andrés, che confina con altre case mie che ho avuto e comprato da Francisco Cillero, muratore, e Juana Hernández, sua moglie, che furono di Gaspar Suárez Franco e dei suoi fratelli, abitanti di Toledo, comprate dai suddetti su mio ordine e con i miei averi da Diego de Cereceda, abitante di questa città, in cui favore si fece e si stipulò una vendita nella forma e al prezzo in essa contenuti in questa città, il quattordici dicembre dell’anno passato milleseicentotré. E il suddetto Diego de Cereceda dichiarò che mi apparteneva con una scrittura rogata a San Lorenzo el Real il ventinove dei suddetti mese e anno dinanzi a Miguel Rodríguez notaio e, tra gli altri oneri con cui la suddetta casa si comprò, che a me tocca adempiere e pagare, c’è la vigesima che in ragione della suddetta vendita si dovrebbe ai possessori del censo perpetuo che ha la suddetta casa, / (fol. 466 v.) i quali sono gli eredi e il patrimonio di Diego López de Ribadeneyra, defunto, abitante di questa città; e il censo annuale di ventotto reali e quattro galline [cassato : cad], per la qual cosa stabilisco che per mia volontà e a nome dei miei eredi e successori riconosco quali possessori dei ventotto reali e delle quattro galline all’anno di censo perpetuo, gli eredi e al patrimonio del suddetto Diego López de Ribadeneyra, defunto, con diritto alla vigesima e al diretto dominio sulla suddetta casa. E mi impegno a pagare, e pagherò, a loro favore i redditi decorsi e che decorreranno d’ora in avanti conformemente alla vendita della suddetta casa che a mio favore è stata fatta dinanzi al notaio di questa carta. Ed effettuerò il pagamento a chi dovrà averlo in questa vendita di accordo, e riconoscerò il suddetto censo perpetuo [cassato : ogni] [in interlinea : di dieci in dieci] anni con il suddetto diritto alla vigesima, e glielo consegnerò siglato a nostre spese tutte le volte che dovessi vendere e disporre della / (fol. 467 r.) suddetta casa signorile. Chiederò licenza e pagherò la vigesima e quanto decorso del suddetto censo e lo venderò con lo stesso onere, e adempirò in tutto le condizioni della scrittura principale  





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dell’istituzione del suddetto censo e pagherò in virtù di essa, senza che preceda altra garanzia, dalla qual cosa lo dispenso, i redditi di questo suddetto censo, senza che vi preceda altra garanzia che questa sola scrittura, che a essa rimetto la sua esecuzione, e dispenso da altra garanzia necessaria e confesso essere certo quanto in essa contenuto, e dalla verifica lo dispenso. E in adempimento ed esecuzione di ciò impegno la mia persona e tutti i miei beni avuti e da avere e do potere ai tribunali competenti di sua Maestà affinché sollecitino me e chi succedesse nei miei diritti e beni al compimento di quanto detto e a ogni cosa di esso, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, per la qual cosa mi sottometto al loro statuto locale e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum e a tutte le ulteriori leggi e diritti a mio favore e a quella generale. E in forza di ciò così stabilii / (fol. 467 v,) nella città di Madrid il primo giorno del mese di giugno dell’anno milleseicentoquattro, essendo testimoni don Antonio de Ulloa y Toro, dell’ordine di San Giovanni, e Tommaso Giunti e Jácome de Castro, residenti nella suddetta città. E il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale. A.H.P.M. Protocollo 1.990, fols. 466 r. - 467 v. [Documento n. 71] [Al margen superior izquierdo] Los herederos y bienes de Diego López de Ribadeneyra. Reconoçimiento de zenso. † Sepan quantos esta carta de reconocimiento de çensso ynfitiossi vieren como yo, Julio Junti de Modesti, veçino desta villa de Madrid, digo que yo tengo y posseo una cassa prinçipal en esta villa de Madrid en la Carrera de San Françisco, perroquia de San Andrés, que tiene por linderos otras cassas mías que ube y conpré de Françisco Çillero, alvañir, y Juana Hernández, su muger, que fueron de Gaspar Suárez Franco y sus hermanos, vezinos de Toledo, las quales conpró de los susodichos de mi orden y con mi hazienda Diego de Çereçeda, veçino desta billa, en cuyo fabor se hizo y otorgó venta en la forma y por el preçio en ella contenido en esta billa en catorze de diziembre del año passado de seysçientos y tres, y el dicho Diego de Çereçeda declaró pertenesçerme por escriptura otorgada en San Lorenço el Real a beynte y nuebe del dicho mes y año ante Miguel Rodríguez, escrivano, y entre otras cargas con que la dicha cassa se conpró, que a mí me tocan de cunplir e pagar, es la veyntena que por razón de la dicha venta se debiere al señor de çensso perpetuo que la dicha cassa tiene, / (fol. 466 v.) que lo es los herederos y azienda de Diego López de Ribadeneyra, difunto, veçino desta billa, y el çensso cada año veinte y ocho reales y quatro gallinas [tachado : cad], por lo qual otorgo que de mi boluntad y en nonbre de mis herederos y subçessores reconozco a los herederos y azienda del dicho Diego López de Ribadeneira, difunto, por señor de los dichos veinte y ocho reales y quatro gallinas cada año de censso perpetuo, con derecho de beyntena y del direto dominio de la dicha cassa. E me obligo en su fabor de pagar e pagaré los réditos que están corridos y corrieren de oy en adelante, conforme a la benta que en mi fabor está fecha de la dicha casa ante el escrivano desta carta, y aré la paga a quien lo ubiere de aber en esta benta pleito, e reconozeré el dicho censso perpetuo [tachado : cada] [interlineado : de diez en diez] años con el dicho derecho de beintena, y le entregaré signado a nuestra costa todas las bezes que ubiere de bender e disponer de la / (fol. 467 r.) dicha cassa prinçipal, pediré liçençia y pagaré la beyntena y corrido del dicho çensso e lo benderé con el mismo cargo, y cunpliré en todo las condiçiones de la escriptura prinçipal de la fundaçión del dicho çensso e pagaré en birtud desta sin otro recaudo, de que le relebo, los réditos deste  





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dicho çensso, sin que preçeda más recaudo que sola esta escritura, que en ella difiero su execuçión, y relebo de otro recaudo neçessario e confiesso ser çierto lo en ella contenido, y de lo aberiguar le reliebo. Y para su cunplimiento y execuçión obligo mi perssona e todos mis vienes abidos e por aber e doi poder a las justiçias conpetentes de su Magestad para que me apremien, y a quien subçediere en mi derecho y bienes, al cunplimiento de lo que dicho es y cada cossa dello como si fuera sentençia difinitiba de juez conpetente passada en cossa juzgada y declarada por tal, para lo qual me someto a su fuero y renunçio el mío y la ley sit conbenerit de jurisdiçione oniun judicun y todas las demás leyes e derechos de mi fabor y la general. Y para su fuerça lo otorgué ansí / (fol. 467 v.) en la billa de Madrid a primero día del mes de junio de mill e seysçientos y quatro años, siendo testigos don Antonio de Ulloa y Toro, del ábito de San Juan, e Tomás Junti e Jacome de Castro, estantes en la dicha billa, y el otorgante, que yo el escrivano doy fee conozco, lo firmó. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real. A.H.P.M. Protocolo 1.990, fols. 466 r. - 467 v. * [Documento n. 72 : 01/06/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Eredi e beni di Diego López de Ribadeneyra. Riconoscimento di censo perpetuo. [Al margine superiore sinistro] 3 reali, 1 gallina. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di riconoscimento di censo in enfiteusi che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, dichiaro che Jerónimo de Salazar, abitante di Burgos, comprò per me e con il mio denaro da Francisco de Cillero, muratore, e Juana Hernández, sua moglie, abitanti di questa città, che risiedono a Valladolid, una casa in questa città, nella calle del Ángel, quartiere di San Francisco, parrocchia di San Andrés, che confina con la casa de Juan Lucena, tagliapietre, e con altre mie case signorili, grandi, che ebbi e comprai da Gaspar Suárez Franco, consigliere della municipalità di Toledo, al prezzo di trecentocinquanta ducati, pagando millequarantotto reali di capitale dei due censi, di cui si pagano redditi a quattordici [al migliaio] al prete e ai beneficiari della suddetta chiesa di San Andrés, e il resto del conto, con un ricarico di tre reali e una gallina di censo perpetuo, si paga ogni anno con diritto di licenza e vigesima agli eredi e ai beni di Diego López de Ribadeneyra, defunto, abitante di questa città, e con l’onere di pagare la suddetta vigesima e alcabala che fosse dovuta in ragione della suddetta vendita, che venne rogata a Valladolid / (fol. 648 v.) lo scorso quindici febbraio di quest’anno dinanzi a Juan Ruiz, notaio. E il suddetto Jerónimo de Salazar ha dichiarato con una scrittura dinanzi al notaio di questa carta lo scorso diciotto maggio di quest’anno che era mia e che aveva comprato per me la suddetta casa e con il mio denaro e di essa mi fece formale cessione. E tra le altre cose [ha dichiarato] che io riconoscessi il suddetto censo perpetuo e mi facessi carico di pagarlo dal suddetto giorno diciotto del febbraio scorso di quest’anno in avanti, e voglio farlo. E stabilisco con questa carta e confesso che è vero quanto riferito, e dal verificarlo dispenso il possessore del suddetto censo e riconosco quali possessori dei suddetti tre reali e una gallina di censo perpetuo ogni anno, e [riconosco] la proprietà e il diritto alla vigesima e il diretto dominio sulla suddetta casa ai suddetti eredi e beni di Diego López de Ribadeneyra per sempre, a cui favore mi impegno a pagare e pagherò il suddetto censo dal suddetto giorno diciotto di [cassato : maggio] febbraio [in interlinea : di quest’anno] in avanti [cassato : di], in questa città e a loro, pacificamente senza fare opposizione; e riconoscerò il suddetto / (fol. 469 r.) censo di dieci anni in dieci anni e consegnerò il riconoscimento siglato e a mie spese. E qualora vendessi la suddetta casa chiederò licenza e pagherò i redditi decorsi del suddetto censo per 





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petuo e vigesima che si dovranno al prezzo per il quale la venderò, di cui farò giuramento, e adempirò alle condizione e a tutto quanto contenuto nella scrittura dell’istituzione del suddetto censo perpetuo. E dispenso il suo possessore dall’esibirlo per dover riscuotere dai miei beni ed eredi tutto quanto detto, perché mi impegno a pagare a suo favore in virtù di questa sola scrittura, alla quale rimetto l’adempimento e l’esecuzione di tutto quanto detto, e dispenso da altre garanzie necessarie, che qualunque sia necessaria oltre a questa io non la chiederò né per questo mi esimerò dal pagamento e dall’adempimento, per il quale mi impegno con la mia persona e con tutti i miei beni avuti e da avere. Do potere ai tribunali competenti del Re nostro signore affinché sollecitino me e chi succedesse nel mio diritto e nei miei beni al compimento di quanto detto e di ogni cosa di esso come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, per la qual cosa mi sottometto al loro statuto locale e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum e a tutte le ulteriori leggi e diritti a mio favore e a quella generale. E in forza di ciò così stabilii / (fol. 469 v.) nella città di Madrid, il primo giorno del mese di giugno dell’anno milleseicentoquattro, essendo testimoni don Antonio de Ulloa y Toro, dell’ordine di San Juan, e Jácome de Castro e Tommaso Giunti, residenti a Madrid. E firmò il concedente, che faccio fede di conoscere. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale. A.H.P.M. Protocollo 1.990, fols. 468 r. - 469 v. [Documento n. 72] [Al margen superior izquierdo] Herederos y bienes de Diego López de Ribadeneyra. Reconoçimiento de zenso perpetuo. [Al margen superior izquierdo] 3 reales, 1 gallina. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de de reconocimiento de çensso ynfitiossi vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, veçino desta billa de Madrid, digo que Gerónimo de Salaçar, veçino de Burgos, conpró para mí y con mi dinero de Françisco Çillero, albañir, e Juana Hernández, su muger, beçinos desta billa, que residen en Valladolid, una cassa en esta billa en la calle del Angel, varrio de San Françisco, perroquia de San Andrés, que alinda con cassa de Juan Luçena, cantero, y otras cassas grandes prinçipales mías que ube y conpré de Gaspar Suárez Franco, regidor de Toledo, por preçio de tresçientos y çinquenta ducados pagados, mill y quarenta y ocho reales de prinçipal de dos censos, de que se pagan réditos a catorze al cura y benefiçiados de la dicha yglesia de San Andrés, y la resta de contado, con cargo de tres reales y una gallina de çensso perpetuo que se paga cada año con derecho de liçençia y beyntena a los herederos y azienda de Diego López de Ribadeneyra, difunto, beçino desta billa, y con cargo de pagar la dicha beyntena y alcabala que se debiese por razón de la dicha venta, que la otorgaron en Valladolid / (fol. 468 v.) a quinze de hebrero pasado deste año ante Juan Ruiz, scrivano. Y el dicho Jerónimo de Salazar declaró por escriptura ante el scrivano desta carta en diez y ocho de mayo passado deste año, ser mía y aber conprado para mí la dicha cassa y con mi dinero y me hizo della çessión en forma, y entre otras cossas que yo reconosçiese el dicho çensso perpetuo e me encargasse de lo pagar desde el dicho día diez y ocho de hebrero pasado deste año en adelante, y lo quiero azer. Y otorgo por esta carta e confiesso ser çierto lo referido, y de lo aberiguar reliebo al señor del dicho çenso y le reconozco por señor de los dichos tres reales y una gallina de çensso perpetuo cada año, y del señorío y derecho de beyntena e direto dominio de la dicha cassa a los dichos herederos y bienes de Diego López de Ribadeneyra para sienpre jamás, en cuyo fabor me obligo de pagar e pagaré el dicho çensso desde el dicho día diez y ocho de [tachado : mayo] hebrero [interlineado : deste  



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año] en adelante [tachado : de] en esta billa en su poder, llanamente sin pleyto, e reconozeré el dicho / (fol. 469 r.) çensso de diez en diez años y entregaré el reconozimiento signado y a mi costa, y sienpre que benda la dicha cassa pediré liçençia e pagaré los réditos corridos del dicho çenso perpetuo y beyntena que se debiere del presçio por que lo vendiere, que juraré el que fuere, y cunpliré las condiçiones y todo lo que contubiere la escritura de la fundaçión del dicho çensso perpetuo, y reliebo al señor del de le mostrar para aber de cobrar y mis bienes y herederos todo lo que dicho es, porque me obligo en su fabor de pagar en birtud de sola esta escriptura en que difiero e el cunplimiento y execuçión de todo lo que dicho es, y reliebo de otro recaudo nescesario que qualquiera que sea nesçesario más que este no lo pediré ni por ello me escussaré de la paga y cunplimiento, para el qual obligo mi perssona y todos mis bienes abidos e por aber, e doi poder a las justiçias conpetentes del Rey nuestro señor para que me apremien y a quien subçediere en mi derecho y bienes al cunplimiento de lo que dicho es y cada cosa dello como si fuera sentençia difinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada y declarada por tal, para lo qual me someto a su fuero y renunçio el mío y la ley sit conbenerit de jurisdiçione oniun judicun y todas las demás leyes y derechos de mi fabor y la general. Y para su fuerça lo otorgué ansí / (fol. 469 v.) en la billa de Madrid, a primero día del mes de junio de mill y seysçientos y quattro años, siendo testigos don Antonio de Ulloa e Toro, del ábito de San Juan, y Jacome de Castro y Tomás Junti, estantes en Madrid, y lo firmó el señor otorgante, al qual doy fee conozco. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  

A.H.P.M. Protocolo 1.990, fols. 468 r. - 469 v. * [Documento n. 73 : 22/09/1604]  

[Al margine superiore sinistro] Giulio Giunti. Procura. [Al margine sinistro] Fatta. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di questa città di Madrid, stabilisco di conferire la mia piena procura come per legge si richiede a Diego Mollinedo, mio servitore, che risiede nella città di Valladolid, affinché a mio nome chieda giudizialmente ed extragiudizialmente, come gli parrà opportuno, che Diego Pérez, mercante di libri, che risiede a Medina del Campo, riconosca con un giuramente qualsiasi lettera missiva, ordine di pagamento, saldo di conti e qualsiasi altra riscossione firmati a suo nome in mio favore per il denaro che ho pagato per lui e, riconosciuti dinanzi a qualsivoglia tribunale competente, chieda esecuzione forzata per qualsiasi somma e importo di maravedì e di altre cose che mi debba o dovesse per le suddette riscossioni e le segua fino che non siano terminate, e riscuota la sua somma, qualunque fosse, con le spese e i salari dovuti conformemente a esse. E in più riscuota dal suddetto Diego Pérez trentatré opere di San Isidoro su carta ben lavorata, e avendo disposto per esse il prezzo che giustamente valgono per la somma di [cassato : cento] cinquant- / (fol. 243 v.) uno reali cadauna, o l’importo per il quale si accorderà e gli do facoltà per questo, poco o molto quel che fosse, tutto ciò voglio che riceva e riscuota dal suddetto e dai suoi beni e da chi dovesse in qualsiasi forma, come a me si dovrebbe pagare. E approvo il pagamento che gli si farà, del cui ottenimento darà ricevuta di pagamento, quietanza e rivalsa sul debitore con cessione di azioni a altre garanzie, con le clausole, vincoli e rinunce alle leggi necessarie e alla non numerata pecunia : siano valide come se io le avessi concesse e le certifico. In merito e agli effetti di tal cosa faccia istanze, protesti, esecuzioni forzate, sequestri di beni, prenda possesso, faccia uso di essi, li ceda, faccia accertamenti probatori, dia consensi, sospensioni e si ritiri, richieda  



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qualsiasi garanzia, faccia uso di esse, faccia ricusazioni, appelli e suppliche e tutti gli ulteriori atti e pratiche necessari in giudizio e fuori di esso, fino a che tutto non abbia avuto effetto, che per questo gli conferisco piena procura con generale amministrazione ed esonero formale con facoltà di istruire processi, giurare e sostituire in giudizio. / (fol. 244 r.) E questa procura, e tutto quanto con essa venisse fatto, considererò valida in ogni momento, e a questo mi impegno io con tutti i miei beni. E cosi stabilii nella città di Madrid addì ventidue del mese di settembre dell’anno milleseicentoquattro, testimoni Antonio de Mercado e Tommaso Giunti e Vicente de Angulo, residenti a Madrid. E firmò il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere. Cancellato : cento. Giulio Giunti de’ Modesti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, un reale.  

A.H.P.M. Protocollo 1.991, fols. 243 r. - 244 r. [Documento n. 73] [Al margen superior izquierdo] Jullio Junti. Poder. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de poder vieren como yo, Jullio Junti de Modesti, vezino desta villa de Madrid, otorgo doy mi poder cunplido como se requiere de derecho a Diego Mollinedo, mi criado, que resside en la zibdad de Valladolid, para que en mi nonbre pida judicial u estrajudicialmente, como le parezciere, que Diego Pérez, mercader de libros, que resside en Medina del Canpo, reconozca con juramento qualesquier cartas missivas, libranzas, fenezimientos de quentas y otros qualesquier recaudos que estén firmados de su nonbre en mi favor del dinero que e pagado por él, y reconocidos ante qualesquier justiçias conpetentes pida execuçión por qualesquier sumas y quantías de maravedís y otras cossas que me deva o deviere por los dichos recaudos e las siga asta que se fenezcan, y cobre su cantidad en qualquiera que fuere con las costas y salarios que se debieren conforme a ellos, y más cobre del dicho del dicho Diego Pérez treinta y tres obras de San Ysidoro en papel vien tratados, y aviendo dispuesto dellas el presçio que justamente valen a razón de [tachado : çiento] zinquenta / (fol. 243 v.) y un reales cada una o la cantidad en que las conçertare, y le doy facultad para ello, poco o mucho, lo que fuere, todo quiero lo reçiva y cobre del susodicho y sus vienes y quien lo deva en qualquier forma como a mí se me debía pagar, y apruevo la paga que se le hiziere, de cuyo recivo dé cartas de pago, finiquito, lasto con cessión de açiones y otros recaudos, con las cláusulas, fuerzas y renunciaciones de leyes necesarias y de la no numerata pecunia, valgan como si yo las otorgase y las sertifico, sobre e efeto de lo qual aga pedimientos, protestos, exsecusiones, envargos, tome posesiones, use dellas, çédalas, aga provanças, consentimientos, suspensiones, apartamientos, saque qualesquier recaudos, use dellos, aga recussaçiones, apelaçiones y suplicaçiones y todos los demás autos y diligençias necesarios en juiçio y fuera del, hasta que todo tenga efeto, que para ello le doy cunplido poder con general administraçión y relevaçión en forma y facultad de enjuiçiar, jurar y sustituir para lo judizial, / (fol. 244 r.) y este poder y todo quanto con el fuere fecho abré por firme en todo tiempo, y a ello me obligo y a todos mis vienes. Y lo otorgué anssí en la villa de Madrid a veinte y dos días del mes de setienbre de mill y seisçientos y quatro años, testigos Antonio de Mercado y Tomás Junti y Vicente de Angulo, estantes en Madrid, y lo firmó el otorgante, que yo el scrivano doy fee que conozco. Testado : ciento. Julio Junti de Modesti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, un real.  



A.H.P.M. Protocolo 1.991, fols. 243 r. - 244 r.

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i giunta a madrid * [Documento n. 74 : 27/04/1607]  

† Nel nome di Dio, amen. Sappiano quanti vedranno la presente scrittura di procura che io, Giulio Giunti de’ Modesti, abitante della città di Madrid, stando al momento in questa città di Firenze, stabilisco e riconosco con questa presente carta di dare e conferire la mia piena procura, libera e sufficientemente integra come per legge si richiede ed è necessario, a Francisco Beltrán de Chavarría, aiuto guardia dei gioielli della Maestà della Regina, e a María Atunis, mia servitrice, e a chiunque di essi, specialmente ed espressamente affinché per me e a mio nome possano richiedere, esigere, ricevere, avere e riscuotere in giudizio e fuori di esso dai signori priore, frati e convento del monastero di San Lorenzo el Real, che la Maestà cattolica del Re don Filippo, che sta [cassato : medesimo] [in interlinea : in cielo], fondò vicino alla sua residenza di El Escorial, e dal padre fra’ Juan de Madrid, suo amministratore generale in suo nome [sic], al cui carico si trovano i conti dei libri del Nuovo Ufficio Divino, e da qualsiasi altra persona a cui carico si trovasse la riscossione e il pagamento di quanto si dirà, ovverosia di ogni qualsivoglia maravedì fosse necessario per la stampa dei libri del Nuovo Ufficio Divino, che è a mio carico, così come per la carta, l’inchiostro, le forme e le altre cose e i materiali necessari per la stampa dei suddetti libri e per tutto il resto che nell’interim in cui io / (fol. 26 v.) fossi assente dalla suddetta città fosse necessario. E di quanto riceveranno e riscuoteranno possano dare e diano la loro ricevuta e le loro ricevute di pagamento e quietanza, le quali siano valide e tanto legittime, sufficienti e valevoli come se io le avessi date e concesse e mi fossi trovato presente a ciò. E in merito alla suddetta riscossione ed esazione possano fare e facciano tutti gli atti e le pratiche e il resto che fosse opportuno e necessario, che quel che gli do è una ratifica e un’approvazione, come ratifico e approvo ogni qualsivoglia ricevuta di pagamento che avessero dato in ragione di quanto sopra detto, le quali considero buone, legittime, sufficienti e valide come se da me fossero state fatte e concesse e [considero] come correttamente dati e pagati i maravedì contenuti nelle suddette ricevute di pagamento perché, quanta piena e sufficiente procura come per legge si richiede per tutto quanto detto, questa stessa io concedo e conferisco ai suddetti Francisco Beltrán de Chavarría, aiuto guardia gioielli della Maestà della Regina, e a María de Atunes, mia servitrice, e a chiunque di essi, con tutte le sue incidenze e dipendenze e con libera e generale amministrazione / (fol. 27 r.) e li dispenso in forma di legge. E nel considerare ciò valido mi impegno con la mia persona e i miei beni avuti e da avere. Fatta e concessa nella città di Firenze, addì ventisette del mese di [cassato : a] aprile dell’anno milleseicentosette, Paolo Quinto, pontefice massimo,e sotto il dominio del serenissimo don Ferdinando de’ Medici, granduca di Toscana. Testimoni presenti a quanto detto il signor Baccio Marquide ( ?) Boalatierra, dottore in legge, e Francesco Segaloni, notaio pubblico fiorentino, i quali insieme al suddetto concedente io il notaio faccio fede di conoscere. E io, Lorenzo Muzio, notaio pubblico e uno del collegio di questa città di Firenze, fui presente a quanto detto e lo feci scrivere e lo firmai col mio nome e lo siglai con la mia parafa, a testimonianza di verità. Ott. ( ?) per me, Valerium Laschium, in Archivo publico florentino, die 28 aprilis 1607. Jacobus de Añelius J.C. concertatur vidit. Nos Joannis Battista Davius, civis ac notarius publicus florentinus nec non ad praesens proconsul collegis iudicum et notariorum civitatis Florentia, fiden facimus et atestamur suprascritum D. Laurentium Mutuim de supraditi mandato instrumento rogato es qui illud dubscrisit et signavit fuisset notariorum publicum florentinum inquirun fidem, datum Flo 









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rentiae año mense inditione et die supradicto. Cancellato : medesimo. In interlinea : in cielo. Concorda con l’originale. Francisco Testa  



A.H.P.M. Protocolo 2.629, fols. 26 r. - 27 r. [Documento n. 74] † En el nombre de Dios, amen. Sepan quantos la presente escriptura de poder vieren como yo, Julio Junti de Modesti, veçino de la villa de Madrid, estante al presente en esta çiudad de Florençia, otorgo e conozco por esta presente carta que doy y otorgo todo mi poder cunplido, libre llenero bastante qual de derecho se requiere y es neçesario, a Françisco Beltrán de Chabarría, ayuda de guardajoyas de la Magestad de la Reyna, y a María Atunis, mi criada, y a qualquier dellos especial y espresamente para que por mí y en mi nonbre pueda pedir, recaudar, recibir, aber y cobrar en juycio y fuera del de los señores prior, frayles y conbento del monesterio de San Lorenço el Real, que su Magestad católica del Rey don Felipe, que está [tachado : mismo] [interlineado : en el çielo], fundó cerca de su billa de El Escurial, y del padre fray Juan de Madrid, su procurador jeneral en su nonbre, y a cuyo cargo está la cuenta de los libros del Nuebo Reçado, y de otras qualesquier personas a cuyo cargo sea la cobranza y paga de lo que se dirá, conbiene a saber todos y qualesquier marabedís que fueren neçesarios para la ynprenta de los libros del Nuevo Reçado, que está a mi cargo, ansí para papel, tinta, moldes y demás cosas y materiales neçesarias y para la ynprensión [sic] de los dichos libros y para todo lo demás que en el ynterin que yo / (fol. 26 v.) estubiere ausente de la dicha villa fuere neçesario, e de lo que reçibiere e cobrare pueda dar y dé su carta e cartas de pago e finiquito, las quales balgan y sean tan firmes, bastantes y balederas como si yo las diese y otorgase y me hubiera allado presente ellas, e sobre la dicha cobranza y recaudanza pueda hazer y aga todos los autos y dilijençias y lo demás que conbengan y sea neçesario, el qual les doy es ratificaçión y probaçión, como ratifico e apruebo todas e qualesquier cartas de pago que hubieren dado en razón de lo susodicho, las quales doy por buenas, firmes, bastantes y balederas como si por mí fueran fechas y otorgadas y por bien dados y pagados los maravedís contenidos en las dichas cartas de pago, porque quan cunplido y bastante poder como de derecho se requiere para todo lo que dicho es otro tal y tan cunplido y el mismo doy y otorgo a los dichos Françisco Beltrán de Chabarría, ayuda de guardajoyas de la Magestad de la Reyna, y a María de Atunes, mi criada, y a qualquier dellos con todas sus ynçidençias y dependençias y con libre y jeneral administración / (fol. 27 r.) y lo reliebo en forma de derecho, y para lo aber por firme obligo mi persona y bienes abidos y por aber. Que fue fecho y otorgado en la çiudad de Florençia, beinte y siete días del mes de [tachado : a] abril de mil y seiscientos y siete años, Pablo Quinto, pontífice máximo, y el serénimo don Fernando de Medemicedes, gran duque de Toscana, dominante. Testigos que fueron presentes a lo que dicho es el señor Bacho Marquide ( ?) Boalatierra, dotor de leyes, y a Françisco Segaloni, escribano público florentino, a los quales y al dicho señor otorgante yo, el escribano, doy fe que conozco. E yo, Laurencio Mucio, escribano público y uno del número desta ciudad de Florençia, que a lo que dicho es presente fuy y lo fiçe escribir y lo firmé de mi nonbre y signé de mi signo, en testimonio de berdad. Ott. ( ?) per me, Valerium Laschium, in Archivo público florentino, die 28 aprilis 1607. Jacobus de Añelius J.C. concertatur vidit. Nos, Joannis Battista Davius, civis ac notarius publicus florentinus nec non ad praesens proconsul collegis judicum et notariorum çivitatis Florentia, fiden facimus et atestamur suprascritum D. Laurentium Mutuim de supraditi mandato instrumento rogato es qui illud subscrisit et signavit fuisseet es notariorum publicum florentinum inquirun fidem, datum  









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i giunta a madrid

Florentie año mense inditione et die supradicto. Testado : mismo. Entre renglones : en el çielo. Concuerda en el original. Françisco Testa.  



A.H.P.M. Protocolo 2.629, fols. 26 r. - 27 r. * [Documento n. 75 : 26/10/1609]  

[Al margine superiore sinistro] Il dottor Juan Ruiz Cotorro. Censo. [Al margine superiore sinistro] 26 ottobre 1609. [Al margine sinistro] Preso siglato. † Sappiano quanti vedranno questa pubblica scrittura di imposizione e di istituzione di censo redimibile che io, Tommaso Giunti, residente in questa Corte, nipote di Giulio Giunti de’ Modesti, che risiede nella città di Firenze, e a suo nome e in virtù della procura che da lui ho per fare questo contratto, concessa nella medesima città di Firenze lo scorso ventinove maggio di questo anno seicentonove dinanzi a Filippo Botilio, notaio di Firenze, procura tradotta e firmata da Tomás Gracián Dantisco, notaio traduttore di questa Corte, la quale traduzione firmata di suo pugno dice quanto segue. Qui la procura La copia della suddetta procura e traduzione è esatta e concorda con la traduzione firmata dal suddetto Tomás Gracián Dantisco, la quale mi è stata consegnata. E io il suddetto Tommaso Giunti, facendo uso della suddetta procura in nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, dichiaro che per un’obbligazione stipulata in questa città il ventidue aprile dell’anno passato millecinquecentonovantuno dinanzi a Melchor Ruiz, notaio di / (fol. 1193 v.) sua Maestà, abitante di Valladolid, si impegnò a pagare [in interlinea : il suddetto Giulio Giunti mio zio] millecinquecento ducati, che valgono cinquecentosessantaduemilacinquecento maravedì, a Juan Ruiz Cotorro, usciere di camera di sua Maestà, defunto, il cui figlio ed erede è il dottor Juan Ruiz Cotorro, chierico presbitero, che sta in questa Corte, che al momento è cappellano nel monastero delle monache carmelitane scalze di Ocaña, istituito come tale nel testamento durante la cui disposizione venne a mancare, fatto dinanzi al notaio di questa carta il venticinque novembre dell’anno passato milleseicentosette. I quali il suddetto dottor Juan Ruiz Cotorro mi ha chiesto di pagargli in qualità di erede, il cui pagamento ho comunicato al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti mio zio che risiede nella suddetta città di Firenze con delle lettere; e questi ha preso la risoluzione di fare censo per il suddetto importo, poiché non aveva a disposizione i contanti ed era debitore della suddetta somma, come risulta dall’obbligazione, la quale dice quanto segue.  

Qui l’obbligazione La copia della suddetta obbligazione è esatta / (fol. 1194 r.) e concorda con l’originale, e così certifico io il notaio. Conformemente a tale suddetta obbligazione il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, è pacifico debitore verso il suddetto Juan Ruiz Cotorro, defunto, e verso il suo erede, della suddetta somma di millecinquecento ducati. E il suddetto dottor Juan Cotorro, chierico, in qualità di erede del suddetto Juan Ruiz Cotorro, suo padre, ha voluto riscuotere i suddetti millecinquecento ducati e fare esecuzione per essi. Ed essendo, come è, giusta e dovuta la suddetta somma e per evitare il fastidio, la decima e le spese e la vendita di beni che doveva risultare, non avendo disponibilità di pagare in contanti, mi impegnai [cassato : p] con il suddetto dottor Juan Ruiz a istituire il censo per i suddetti millecinquecento ducati come pagamento del suo debito per il suddetto mio zio, sui beni e nella forma che contiene questa scrittura, e voglio farlo. E stabilisco con questa carta che in nome del  

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suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, e dei suoi eredi e successori, concedo in eredità perpetua e dispongo come censo redimibile, quale / (fol. 1994 v.) pagamento dei suddetti millecinquecento ducati al suddetto dottor Juan Ruiz Cotorro, chierico cappellano delle carmelitane scalze di Ocaña, in qualità di figlio ed erede del suddetto Juan Ruiz Cotorro, usciere di camera, suo padre, settantacinque ducati di censo di rendita annuale a undici reali ogni ducato, che decorrono da oggi, giorno della data di questa scrittura, in poi. Obbligo a quanto detto la mia parte e i suoi eredi a pagare a lui e ai suoi, a metà anno trentasette ducati e mezzo in ogni pagamento; e il primo gli verrà fatto [cassato : n] il ventisei aprile e il secondo il ventisei ottobre venturo del primo anno milleseicentodieci. E con questi ducati gli altri pagamenti che decorreranno in seguito saranno puntuali e pacifici, senza far opposizione, con le spese che graveranno, ogni pagamento tutto insieme in buona moneta corrente, ogni pagamento dato e pagato / (fol. 1195 r.) in questa città di Madrid; al suddetto dottor Juan Ruiz Cotorro o di chi avesse il suo diritto, a spese e a rischio del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti. E non compiendo ciò, ed essendo necessario uscire da questa città di Madrid per riscuotere o per fare altra pratica per l’esecuzione di questa scrittura, lo obbligo a pagare chi andrà con i suoi propri beni, dove fossero lui o i suoi beni, cinquecento maravedì di salario per ogni giorno di occupazione nell’andare, nel soggiornare e nel tornare, fino a riscuotere il capitale, le spese e i salari dovuti, qualora fosse impiegato per riscuotere. E per la tal cosa non chiederà moderazione e rimetto la liquidazione alla dichiarazione con giuramento di colui che andrà a riscuotere, e lo esonero da ogni altra garanzia necessaria. E per i suddetti salari voglio essere sottoposto a esecuzione forzata come per il capitale. E tali suddetti settantacinque ducati annuali di rendita e censo con la suddetta consegna di pagamenti, pena le spese e i salari, concedo e dispongo nel suddetto nome e per l’importo dei suddetti millecinquecento ducati del suddetto debito contenuto / (fol. 1195 v.) nella suddetta obbligazione, che in nome della mia parte dichiaro essere debito dovuto e che giustamente doveva essere pagato, e che la mia parte al momento non aveva disponibilità di pagarla e che avrebbe potuto il titolare del debito sottoporlo a esecuzione forzata e procurargli molte spese, danni, sprechi e altri fastidi, e che per evitare ciò e per dargli soddisfazione è molto utile fare questo censo all’interesse del venti [al migliaio] 1 che si dispone, e piuttosto una comodità che un danno, la qual cosa è nota. E rinuncio in merito a ciò a ogni eccezione di ricevuto pagamento, inganno e a tutte le altre del caso, e a quella della non numerata pecunia e della prova della consegna come è contenuto, non invalidanti la giusta causa, piana e certa, a cui l’obbligazione si riferisce, in virtù della quale si doveva fare esecuzione e pagamento, sollecitazione personale e vendita di beni, che tutto giustifica / (fol. 1196 r.) l’istituzione di questo censo; e dichiarò che l’avrebbe considerata valida e completa in ogni circostanza. Di modo che l’importo del capitale di questo censo sono i suddetti millecinquecento ducati del [in interlinea : la suddetta obbligazione, che viene pagata in questo atto], per i quali a maggior garanzia mi considero soddisfatto e dichiaro essere il prezzo della suddetta rendita giusto, perché risulta concessa e disposta venti al migliaio conformemente alla nuova prammatica. E nel caso in cui i suddetti millecinquecento ducati fossero chiesti in giudizio e si verificasse l’aggravio di un concorso di creditori, il suddetto debito doveva aver luogo dal ventidue aprile dell’anno passato millecinquecentonovantuno [in interlinea : in cui si contrasse la suddetta obbligazione], questo stesso termine e diritto consento e voglio che abbia questo censo, in qualsiasi circostanza, verso il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, e le sue proprietà, nel cui nome lo dispongo e lo istituisco generalmente per lui e per tutti / (fol. 1196 v.) i suoi beni avuti e da avere. E specialmente, e come segnalata garanzia, una casa signorile che possiede  





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  venti al migliaio : interesse sul censo corrispondente al 5% [NdT].  

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in questa città di Madrid nella Carrera de San Francisco, che dispone di cortile, giardino, cantina, stalla, che ebbe e comprò da Gaspar Suárez Franco, abitante di Toledo, con una scrittura dinanzi al notaio di questa carta, che confina con le case che furono di Francisco Beltrán e le case di Benito García e Juan Ruiz de Ascona, e di fronte alla suddetta strada pubblica della Carrera de San Francisco, la quale vale più o meno cinquemila ducati e ha duemilaquattrocento ducati di capitale a censo redimibile che si paga a Luis Meléndez come congiunto di donna Bárbula de Rivero, e a donna María de Rojas e agli eredi di Santiago de Vera. E in più la suddetta casa ha un censo perpetuo verso gli eredi di Diego López de Ribadeneyra con diritto di licenza e vigesima, ed è libera da altri censi, ipo- / (fol. 1997 r.) teche, cbbligazioni, registri e altri oneri speciali e generali, [cassato : e parimenti al momento]. E verso di essa e quanto a essa annesso [in interlinea e cassato : statuti locali e utilizzi di esso] e ogni cosa di esso in solidum, proprietà e usufrutto, istituisco e dispongo questo censo, capitale e rendite, salari e spese per intero, e in quanto all’importo di esso rimando al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti mio zio e ai suoi eredi il dominio, il possesso e la proprietà di essa e lo cedo al titolare di questo censo, e gli do potere affinché di essa o di parte di essa o di qualsiasi altro bene del suddetto mio zio prenda possesso con questo censo, di sua autorità o per mezzo di giustizia, che sia attestato che ne ha preso possesso con il rogito di questa scrittura, la quale gli consegno e chiedo di dargliela siglata come titolo di questo censo, del quale disporrà come di suo bene. E nell’interim durante il quale ne prenderà possesso [cassato : mi] costituisco il suddetto mio zio e i suoi eredi come suoi usuari, tenutari e possessori affinché, essendo trovati in suo possesso, sia considerato essere a suo nome e non in altra maniera. E lo obbligo a rendergli certo e sicuro in ogni momento questo censo sul quale è stato disposto, e in nessuna maniera gli è stata fatta né gli si farà alcuna opposizione né verrà calunniato in alcun modo; e se si facesse, in ogni momento una e più volte lui e i suoi eredi lo difenderanno a loro spese in qualsiasi tribunale e istanza e la proseguiranno sino a finirla e a terminarla di tutto punto, e a lasciare nel pacifico possesso e godimento di questo censo e di questi beni verso i quali è stato disposto come signore, o gli darà un altro censo uguale così ben disposto o i suoi capitali, rendite, salari e spese che gli saranno dovuti, e in più i danni che gli deriveranno per qualsiasi somma, tutto insieme / (fol. 1198 r.) in un pagamento, datogli in possesso in questo modo, a spese e rischio della mia parte, pena le spese con le quali ha depositato i pagamenti. E in più adempirà, e a ciò lo obbligo, alle seguenti condizioni. § Che il suddetto, mia parte, e i suoi eredi possano redimere questo censo quando vorranno facendo, e faranno, la suddetta redenzione pagando, e pagheranno, il capitale e le rendite, i salari e le spese che nella circostanza saranno dovuti, tutto insieme e in un pagamento, in buona moneta d’oro o d’argento, e non in altra, in questa città di Madrid, in casa e in possesso del titolare di questo censo a spese e rischio della suddetto mia parte. E volendo fare la redenzione in un’altra maniera non sia valido, né abbia udienza in giudizio né fuori di esso, e rinuncio in suo nome a qualunque eccezione, diritto, consuetudine o decreto concessi o da concedere in contrario. Che il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mia parte e zio, e i suoi eredi manterranno la suddetta casa sulla quale è stato disposto questo censo ben tenuta / (fol. 1198 v.) e munita di tutto il necessario, in maniera che venga migliorata e non peggiorata: e se capitasse qualche accidente alle suddette case le riparerà la suddetta mia parte rimettendole nello stato in cui erano prima che il suddetto accidente capitasse, subito, nel momento in cui capiterà. E se non lo facesse, consento in suo nome che il titolare di questo censo lo faccia fare a spese del suddetto mia parte e dei suoi eredi, e per quel che costerà lo possa sottoporre a esecuzione forzata e gli venga fatto il pagamento con questa scrittura e con una sua dichiarazione con giuramento in cui dirà quanto ha speso, che per essa lo rimetto a suo nome, lo esonero da altra garanzia e non addurrà nessuna eccezione nell’adempimento e pagamento di questo.  





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§ Che non alienerà, farà partizione né dividerà il suddetto Giulio Giunti, mia parte, / (fol. 1199 r.) la suddetta casa sulla quale è stato disposto il censo né parte alcuna di essa. E se lo facesse, non sia valido né arrechi danno a questa scrittura e, se succedesse, si deve fare senza detrimento di questa condizione, con l’onere di questo censo per intero. E qualsiasi terzo che in essa o in parte [di essa] subentri per alienazione o eredità o in altra forma deve farlo con il suddetto onere e riconoscendo subito interamente questo censo, o lascerà la suddetta casa o la parte di essa per la quale fosse subentrato, senza che gli valga dire che riconoscerà l’importo del valore per il quale fosse subentrato, che comunque deve riconoscerlo tutto o lasciare la suddetta casa o la parte di essa per la quale fosse subentrato dopo il tale terzo o terzi. / (fol. 1199 v.) E la suddetta mia parte e i suoi successori riconosceranno questo censo ogni dieci anni, e consegneranno i riconoscimenti siglati a loro spese, e a ciò in nome della mia parte voglio che siano sollecitati con rigore, e rinuncio a qualsiasi eccezione a loro favore. Che il titolare di questo censo riscuota dal suddetto, mia parte, e dai suoi eredi, e dalla suddetta casa sulla quale è stato disposto e di qualsiasi altro suo bene, proprietà e usufrutto, che ha o avesse avuto e deve avere, e da qualsiasi cosa di questo in solidum sempre, malgrado qualsiasi passaggio di tempo, in giudizio esecutivo, malgrado goda del diritto a essa qualunque terzo che fosse subentrato in questo censo, il quale giudizio esecutivo sarà inteso e usato contro gli eredi / (fol. 1200 r.) del suddetto mia parte e i terzi che fossero subentrati nella suddetta casa sulla quale è stato disposto e negli altri che da lui erediteranno, e riscuota da essi, come dal suddetto mia parte, sempre e interamente i redditi, i salari e le spese nell’interim durante il quale il capitale non sarà redento. E anche quando ciò accadrà dovrà pagarsi per intero, nonostante qualsiasi accidente, carestia, nuova imposta, alcabala e altre spese che sopraggiungano in ragione dell’alienazione della suddetta casa o di una parte. § Che non cercherà la suddetta mia parte né i suoi eredi per nessuna via di pagare questo suddetto censo in beni tassati né che gli venga dato in spezie, né opporrà altra ragione né la opporranno i suoi eredi per trascurare di pagare nella forma sopraddetta. E qualsiasi vi opponessero, diritto o consuetudine o altra cosa che adducessero in contrario non sia valida; e rinuncio in suo nome a tale vantaggio. § Che se capitasse di dividersi questo censo tra più di un possessore, ciascuno di coloro che avranno parte in esso dovranno riscuotere e riscuoteranno la loro parte dal suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e dai suoi beni, con la pena della consegna del pagamento, salario e spese e il compimento delle condizioni e di quanto contenuto in questa scrittura, nonostante gli spetti e abbiano poca parte in esso, perché ciascuno di coloro che ne avranno una lo devono riscuotere sotto la stessa pena e come se avessero questo censo per intero. § Che se risultasse che la suddetta casa sulla quale si è disposto questo censo non fosse del suddetto mia parte o che su di essa vi fosse qualche onere o imposta particolare / (fol. 1220 v.) o generale di qualsiasi tipo, non appena risultasse questo per informazione o testimonianza di notaio fatta senza citazione del suddetto mia parte con essa e con questa scrittura senza altra garanzia, che da questa e dalla suddetta citazione dispenso il titolare di questo censo, faccia esecuzione forzata al suddetto Giulio Giunti e ai suoi eredi per il capitale, le rendite, i salari e le spese che gli saranno dovuti in qualsiasi somma. E in più lo potrà far punire penalmente e per l’una e l’altra [cassato : q] via, che potrà far uso e variare quella che vorrà, abbia effetto il suddetto pagamento e la garanzia di questo censo; e rinuncio in suo nome da subito a qualsiasi eccezione di cui disponga. § Che non sia necessario mostrare ricevute di pagamento dei pagamenti di questo censo oltre i tre anni successivi agli ultimi che venissero chiesti. § Per le quali suddette condizioni e per tutto il resto contenuto in questa scrittura e ogni  

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cosa di questo obbligo la suddetta mia parte a compiere con la puntualità e nella forma dette in questa scrittura, senza addurre, né addurrà, per questo scusa né eccezione. E rinuncio e desisto dall’avvalermi di qualunque ne abbia, perché assicuro e dichiaro essere per sua utilità e accordo tra le parti, e come tale o nella via / (fol. 1201 r.) per legge più comoda che si deve compiere inderogabilmente. E la suddetta mia parte e i suoi eredi lo compiranno e a questo obbligo loro e tutti i loro beni, diritti e azioni avuti e da avere, senza derogare la generale e speciale situazione. E per l’esecuzione di ciò do potere ai tribunali competenti di sua Maestà e specialmente ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà, al correggitore e ai suoi luogotenenti di questa città di Madrid e a chiunque di essi in solidum è e sarà, al cui statuto sottometto il suddetto, mia parte, e i suoi beni. E in suo nome metto la condizione / (fol. 1201 v.) particolare che, se accadesse di doversi richiedere qualche esecuzione forzata o fare un’altra pratica giudiziaria per il compimento di questa scrittura, consento e voglio, in nome della mia parte, che si faccia con qualsiasi persona abbia in questa città la riscossione della sua proprietà o il beneficio della sua casa o che si occupi in questa città o Corte di qualunque dei suoi affari, servitore suo che presti servizio presso la sua casa o che abbia la sua corrispondenza o percepisca il salario da lui; che chiunque vi fosse in questa città o Corte segnalo da subito come parte con chi in suo nome si faccia qualsiasi notifica, richiesta, citazione e altre ammonizioni e pratiche di qualsiasi tipo, anche se richiedessero una più speciale facoltà e presenza personale. E ciò che in questa forma venisse fatto sarà per la mia parte tanto dannoso quanto se venisse fatto a lui stesso, e non causino né producano alcuna invalidazione, ed abbia effetto con questo ciò che venisse preteso e iniziato. Ciò pongo come condizione particolare di questo censo affinché vi sia in qualsiasi circostanza una parte con cui fare quanto sopra detto. Ma se non vi fossero persone della suddetta qualità in questa Corte segnalo come parte legittima, in mancanza di coloro con cui farlo, il procuratore generale di questa città di Madrid, con il quale si faranno i suddetti atti e si preparerà il suddetto provvedimento ai suoi danni nel caso in cui in questa città si debbano fare pratiche con la proprietà e i beni del suddetto mia parte. E sotto / (fol. 1202 r.) il compimento di questa condizione faccio la suddetta sottomissione speciale e generale, e rinuncio allo statuto locale, alla giurisdizione e alla residenza della mia parte e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché lo sollecitino a compiere quanto detto e ogni cosa di esso con ogni rigore e giudizio esecutivo, anche se lui e i suoi beni fossero fuori dalla loro giurisdizione e residenza, come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato e dichiarata tale, in merito alla qual cosa rinuncio a ogni legge, statuto locale e diritto a suo favore, e a quella che proibisce la generale rinuncia alle leggi e a ogni qualsivoglia eccezione e caso civile o penale a suo favore, affinché con nessuna cosa si possa aiutare contro l’adempimento di questa scrittura. / (fol. 1202 v.) E il suddetto dottor Juan Ruiz Cotorro, che fu presente a questa scrittura in qualità di figlio ed erede del suddetto Juan Ruiz Cotorro, suo padre, la cui eredità ha accettato e accetta, mi consegna il testamento del suddetto suo padre affinché lo inserisca in questa scrittura, e io il suddetto notaio ho inserito e dice quanto segue. Qui il testamento Stabilì di accettare a suo favore questa istituzione di censo [in interlinea : con la quale si considera] considera [sic] ripagato del suddetto debito e [cassato : con esso si considera ripagato di ciò] [in interlinea : si accontenta] con le condizioni e nella forma che questa scrittura contiene, di cui è a conoscenza, perché è stato presente a tutto ed è accordo fatto [in interlinea : con lui]. Con questo si considera soddisfatto e lo chiede come scrittura quale titolo del suddetto censo, ed entrambi così stabilirono, essendo come è concertazione fatta di comune accordo tra di loro dinanzi a me il notaio e ai testimoni, nella città di Madrid addì ventisei del mese  







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di ottobre dell’anno milleseicentonove, essendo testimoni Juan Vázquez Román e Juan de Mata, impiegato del notaio, e Jorge González, che stanno a Corte. E i concedenti, i quali io il presente notaio faccio fede di conoscere, firmarono coi loro nomi. Appare cancellato : p, y, n, e parimenti al momento, statuti locali e utilizzi di esso, con esso si considera ripagato di ciò, non sia valido. In interlinea : il suddetto Giulio Giunti, mio zio, la suddeta obbligazione la quale resta pagata con questa scrittura con cui si fece la suddetta obbligazione, egli si considera, come, si accontenta, con ciò, sia valido. Ed emendato : qualsiasi, con, pagato. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Il Dottor Juan Ruiz Cotorro [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti dodici reali, faccio fede di ciò [rubricato].  





A.H.P.M. Protocollo 2.005, fols. 1193 r. - 1202 v. [Documento n. 75] [Al margen superior izquierdo] El liçençiado Juan Ruiz Cotorro. Zenso. [Al margen superior derecho] 26 de otubre 1609. [Al margen izquierdo] Sacado signado. † Sepan quantos esta pública escritura de situaçión y fundaçión de çenso al quitar bieren como yo, Tomás Junti, residente en esta Corte, sobrino de Jullio Junti de Modesti, que reside en la çiudad de Florençia, y en su nombre y en virtud del poder que dél tengo para haçer este contrato, otorgado en la misma çiudad de Florençia en veinte y nueve de mayo passado deste año de seisçientos y nueve ante Felipe Botilio, notario de Florençia, el qual poder traduçido y firmado de Tomás Graçián Dantisco, notario tradutor en esta Corte, la qual traduçión firmada de su mano es del tenor siguiente. Aquí el poder Va çierto el traslado de el dicho poder y traduçión y concuerda con la traduçión firmada del dicho Tomás Graçián Dantisco, que se me entregó. Y yo el dicho Tomás Junti, usando del dicho poder en nombre del dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, digo que por obligaçión otorgada en esta villa en veinte y dos de abrill del año pasado de quinientos y noventa y uno ante Melchor Ruiz, escrivano de / (fol. 1193 v.) su Magestad, veçino de Balladolid, se obligó de pagar [interlineado : el dicho Julio Junti, mi tío], a Juan Ruiz Cotorro, uger de cámara de su Magestad, difunto, cuyo hixo y heredero es el liçençiado Juan Ruiz Cotorro, clérigo presbítero, estante en esta Corte, que es capellán al presente en el monesterio de monxas carmelitas descalzas de Ocaña, que le ynstituyó por tal en el testamento debajo de cuya dispusiçión fallesçió, que otorgó ante el escrivano desta carta en veinte y çinco de nobienbre de el año passado de mill y seisçientos y siete, mill y quinientos ducados que valen quinientas y sesenta y dos mill y quinientos maravedís, los quales el dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro como tal heredero me a pedido le pague, cuya paga e comunicado con el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, que reside en la dicha çiudad de Florençia, por cartas, el qual tomó resoluçión de que por la dicha cantidad se hiçiese çensso por no tener comodidad de pagar de contado y ser deudor de la dicha suma, como de la obligaçión pareçe, la qual es del tenor siguiente.  

Aquí la obligaçión Va çierto el traslado de la dicha obligaçión / (fol. 1194 r.) y concuerda con la original, y así lo çertifico yo, el escrivano. Conforme a la qual dicha obligaçión el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, es llano deudor al dicho Juan Ruiz Cotorro, difunto, y a su heredero, de la dicha suma de mill y quinientos ducados, y el dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro, clérigo, como tal heredero del dicho Juan Ruiz Cotorro, su padre, a querido cobrar los dichos mill y qui-

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nientos ducados y executar por ellos, y por ser como es çierto justo y debida la dicha suma y escusar la molestia, déçima y costas y benta de bienes que abía de resultar, por no tener comodidad de pagar de contado me condené [tachado : p] con el dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro de fundar el çenso de los dichos mill quinientos ducados en pago de su deuda por el dicho mi tío sobre los bienes y en la forma que conterna esta escritura y lo quiero haçer. Y otorgo por esta carta que en nombre del dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, y de sus herederos y sucesores, bendo por juro de heredad y sitio de çenso al quitar por / (fol. 1194 v.) paga de los dichos mill y quinientos ducados al dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro, clérigo capellán de las descalzas carmelitas de Ocaña, como tal hijo y heredero del dicho Juan Ruiz Cotorro, uger de cámara, su padre, setenta y çinco ducados de çenso y renta cada año, de a onçe reales cada ducado, que corren desde oy día de la fecha desta escritura en adelante, que obligo al dicho mi parte y a sus herederos le pagarán a él y a los suyos por medios años en cada paga treinta y siete ducados y medio, y la primera paga le hará [tachado : n] a veinte y seis de abril y la segunda a veinte y seis de otubre siguiente del año primero de mill y seisçientos y diez, y por estos ducados las demás pagas que adelante corrieren puntual y llanamente sin pleyto, con las costas que se recreçieren, cada paga junta en buena moneda corriente, cada paga puesta y pagada / (fol. 1195 r.) en esta villa de Madrid en poder de el dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro o quien tubiere su derecho a costa y riesgo de el dicho Jullio Junti de Modesti, y no lo cumpliendo y siendo neçesario salir desta villa de Madrid a cobrar o haçer otra diligençia de la esecuçión desta escritura le obligo pagará a quien fuere de su propia haçienda donde estubiere o sus bienes quinientos maravedís de salario por cada día de ocupaçión de ydas, estadas y bueltas hasta cobrar prinçipal, costas y salarios que le corran, aunque se ocupe en su cobranza, de que no pedirá moderaçión, y difiero la liquidazión en la declaraçión con juramento del que fuere a cobrar y relievo del otro recaudo nezesario, y por los dichos salarios quiero sea executado como por el prinçipal, los quales dichos setenta y çinco ducados de renta y çenso cada año con la dicha consignaçión de pagas, pena de costas y salarios, vendo y sitúo en el dicho nonbre por presçio de los dichos mill y quinientos ducados de la dicha deuda contenida / (fol. 1195 v.) en la dicha obligaçión, que en nombre de mi parte confieso es deuda devida y que justamente se devía aver pagado, y que mi parte de presente no tenía comodidad de pagarla y que pudiera el señor de la deuda executarle y haçerle muchas costas, daños y gastos y otras molestias, y que por escusallo y acomodársele es muy útil haçer este çensso al presçio de a veinte que se sitúa y antes comodidad que daño, lo qual es notorio, y renunçio sobre ello todas las eçepçiones de reçivo de la paga, engaño y todas las demás deste caso, y la de no numerata pecunia y prueba de resçivo como se contiene, no enbargante la causa justa, llana y aberiguada que la dicha obligaçión refiere, en cuya virtud se abía de haçer execuçión y pago, apremio personal y benta de bienes, que todo justifica la / (fol. 1196 r.) ynpussiçión de este çenso, y en todo acaeçimiento confessó la tiene firme y entera, de manera que el presçio del principal deste çensso son los dichos mill e quinientos ducados de [interlineado : la dicha obligaçión, la qual queda pagada con esta atuazión], de los quales a mayor abundamiento me doy por entregado de ellos y confieso es el presçio justo de la dicha renta porque sale bendida y situada a veinte el millar conforme a la nueva pregmática. Y porque si los dichos mill e quinientos ducados se pidieren en juiçio y suçediera recreçerse concurso de la dicha deuda abía de tener el lugar de a veinte y dos de abril de el año pasado de mill y quinientos y nobenta y un años [interlineado : que se hizo la dicha obligaçión], este mismo lugar y derecho consiento y quiero tenga este çenso en qualquier acaeçimiento contra el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, y su haçienda, en cuyo nonbre lo sitúo y fundo generalmente sobre él y todos / (fol. 1196 v.) sus bienes avidos y por aver, y espeçial y por señalado fundamento sobre una cassa prinçipal que tiene en esta villa de Madrid en la Carrera de San Françisco, que tiene patio, jardín, cueva, caballeriça, que  







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ubo y conpró de Gaspar Suarço Franco, veçino de Toledo, por escritura ante el escrivano desta carta, que alinda con casas que fueron de Françisco Beltrán y casas de Benito Garçía y Juan Ruiz de Ascona, y por delante la dicha calle pública de la Carrera de San Françisco, las quales balen çinco mill ducados poco más o menos y tienen dos mill y quatroçientos ducados de prinçipal a çensso al quitar que se paga a Luis Meléndez como conjunta persona de doña Bárbula de Rivero, y a doña María de Rojas y a los herederos de Santiago de Bera. Y más tiene la dicha cassa çenso perpetuo a los herederos de Diego López de Rivadeneyra con derecho de liçençia y veintena, y es libre de otros çenssos, ypo- / (fol. 1197 r.) tecas, obligaçiones, memorias y ottras cargas espeçiales y generales, [tachado : y ansimismo de presente] y sobre ella y lo a ella anejo [interlineado y tachado : fueros y aprovechamientos dello] y cada cossa dello yn solidun, propieddad [sic] y usufruto, ympongo y sitúo este çensso, prinçipal y réditos, salarios y costas enteramente, y en quanto a la cantidad del disisto al dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, y a sus herederos, del señorío, posesión y propiedad della y lo zedo en el señor deste zenso, y le doy poder para que en ello o en parte dello o en otros qualesquier vienes del dicho mi tío tome possesión deste zenso por su autoridad o de justiçia que sea visto aver prehendido con el otorgamiento de esta escriptura, la qual le entrego y pido se le dé signada para título de este çenso, de el qual disponga como de haçienda propia, y en el ynter que la aprehende [tachado : me] constituyo al dicho mi tío y a sus herederos por / (fol. 1197 v.) sus ynquilinos, tenedores y posehedores para que siendo hallados en la posesión sea visto ser en su nombre y no de otra manera. Y le obligo que este çenso y bienes sobre que ba situado en todo tiempo y acaecimiento le será çierto y siguro, y de ninguna manera puesto ni se le pondrá pleyto ni mala boz de ninguna forma, y si se pusiere en qualquier tiempo una y más beçes saldrá y sus herederos a la defenssa a su costa en qualquier tribunal e ynstançia y lo proseguirá hasta lo feneçer y acavar de todo punto y dejar en la paçífica posesión y gozo de este çenso y bienes sobre que está situado al señor del, o le dará ottro tal çensso tan bien situado o su prinçipal, réditos, salarios y costas que se le debieren y más los daños que se le recreçieren en qualquier cantidad, junto / (fol. 1198 r.) en una paga en esta manera en su poder, a costa y riesgo de mi parte, so la pena de los salarios con que tiene consignadas las pagas, y más cumplirá, y a ello le obligo, las condiçiones siguientes. § Que el dicho mi parte y sus herederos an de redimir este çensso quando quisieren, haçiendo y harán la dicha redençión pagando y pagarán prinçipal y réditos, salarios y costas que a la saçón se debieren, todo junto en una paga, en buena moneda de oro o plata y no en otra en esta dicha villa de Madrid, en cassa y poder del señor deste çensso a costa y riesgo del dicho mi parte, y queriendo haçer la redençión de otra manera no balga ni sea oydo en juiçio ni fuera del, y renunçio en su nombre qual exçeçión, derecho, estilo o decretos conçedidos o por conçeder de contrario, que el dicho Julio Junti de Modesti, mi parte y tío, y sus herederos ternán la dicha cassa sobre que ba situado este çensso benefiçiada (fol. 1198 v.) y reparada de todo lo neçessario, de manera que bayan en aumento y no en diminuçión, y si suçediere algún caso fortuyto en las dichas casas las reparará el dicho mi parte bolbiéndolas a poner en el estado que estaban antes que el tal caso fortuyto suçediera luego al punto que susçeda, y no lo haçiendo consiento en su nombre que el señor deste çensso lo aga haçer a costa del dicho mi parte y de sus herederos, y por lo que costare le pueda executar y se le aga el pago con esta escritura y su declaraçión con juramento en que diga lo que gastó, que en ella lo difiero en su nombre, reliebo de otro recaudo y ninguna exçeçión pondrá en el cunplimiento y paga dello. § Que no enajenará, partirá ni dibidirá el dicho Julio Junti, mi parte, / (fol. 1199 r.) las dichas casas sobre que ba fundado este çensso ni parte alguna dellas, y si lo hiçiere no balga ni pare perjuiçio a esta escritura, y si suçediere acersse sin enbargo desta condiçión a de ser con la  





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carga deste çensso enteramente, y qualquier terçero que en ella o en parte subçeda por enajenaçión o herençia o en otra forma a de ser con la dicha carga y de reconoçer enteramente luego este çensso o a dejarles la dicha cassa o la parte en que della ubiere suçedido sin que le balga deçir reconoçerá por la cantidad del balor en que ubiere suçedido, que sin enbargo a de reconoçer por el todo o dexar la dicha cassa o parte della en que ubiere suçedido y adelante el tal terçero o terçeros. / (fol. 1199 v.) Y el dicho mi parte y sus suçesores reconoçerán este çensso de diez en diez años y entregarán los reconoçimientos signados a su costa, y a ello en nombre de mi parte quiero sean apremiados con rigor y qualquier exeçión en su fabor renunçio, que el señor deste çensso le cobre del dicho mi parte o de sus herederos y de la dicha cassa sobre que ba situado y de otros qualesquier sus bienes que tiene y tubiere abidos y por aber, propiedad y usufruto, y qualquiera cossa dello yn solidun siempre, no enbargante qualquier transcursso de tiempo por bía executiba y el derecho della le goçe qualquier terçero que suçediere en este çensso, la qual bía executiba se entienda y usse della contra los herederos / (fol. 1200 r.) del dicho mi parte y terçeros que suçedieren en la dicha cassa sobre que ba fundado y en los demás que dél heredaren, y cobre dellos como del dicho mi parte y sienpre enteramente réditos, salarios y costas en el ynter que el prinçipal no se redimiere, que quando suçeda tanbién se a de pagar enteramente, no enbargando qualesquier casos fortuytos, esterelidades, nuebas ynpusiçiones, alcabalas y otros gastos que se recrezcan por raçón de henajenar la dicha casa o parte. § Que no yntentará el dicho mi parte ni sus herederos por ninguna bía que se pague este dicho çenso en bienes tasados ni que se le dé en espeçias, ni opondrá otra causa ni la opondrán sus herederos para dejar de pagar en la forma dicha, y qualquier que opongan o derecho o costunbre o otra cosa que aleguen en contrario no balga, y lo renunçio en su nombre de su fabor. § Que si suçediere dibidirse este çenso en más de un posedor, cada uno de los que en el tubieren parte an de cobrar y cobren su parte del dicho Julio Junti de Modesti y sus bienes, con la pena de consignaçión de paga, salarios y costas y cunplimiento de condiçiones y de lo que contiene esta scritura, no enbargante les toque y tengan poca parte en el, porque cada uno de los que en el tubieren alguna lo an de cobrar con la misma pena y de la forma que si tubieran este zenso enteramente. § Que si constare que la dicha casa sobre que ba situado este çensso no es del dicho mi parte o que sobre ella ay alguna carga o ynpusiçión espeçial / (fol. 1200 v.) o general de qualquier calidad, luego que dello conste por ynformaçión o testimonio de scrivano fecho sin çitaçión del dicho mi parte con ello y esta escritura sin otro recaudo, que dello y de la dicha çitaçión reliebo al señor deste çensso, le execute al dicho Julio Junti y sus herederos por el prinçipal, réditos, salarios y costas que se le debieren en qualquier cantidad, y más le pueda haçer castigar criminalmente y por una y otra [tachado : q] bía, que pueda usar y bariar la que quisiere, tenga efeto la dicha paga y seguro deste zenso, y qualquier exçeçión que tenga renunçio en su nombre desde luego. § Que no sea neçesario mostrar cartas de pago de las pagas deste çensso de más tiempo que de tres años arreo los últimos que se pidieren. § Las quales dichas condiçiones y todo lo demás contenido en esta scritura y cada cossa dello obligo al dicho mi parte cumplirá con la puntualidad y en la forma que ba dicha en esta scritura, sin poner ni pondrá en ello escusa ni exçeçión, y qualquiera que tenga renunçio y aparto de su fabor porque aseguro y declaro es en su utilidad y conçierto entre partes, y como tal o por la / (fol. 1201 r.) vía que de derecho mejor lugar aya se a de cumplir ynbiolablemente, y el dicho mi parte y sus herederos lo cunplirán y a ello los obligo y a todos sus bienes, derechos y aciones abidos y por aver, sin derogar la general y espeçial situaçión,  

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y para su execuçión doy poder a las justiçias competentes de su Magestad y espeçial a los señores alcaldes de la Cassa y Corte de su Magestad, corregidor y sus tenientes desta villa de Madrid y qualquier dellos yn solidun que son y fueren, a cuyo fuero someto al dicho mi parte y a sus bienes, y en su nombre pongo condizión / (fol. 1201 v.) particular que si suçediere pedirse alguna execuçión o haçer otra diligençia judiçial del cunplimineto desta scritura consiento y quiero, en nombre de mi parte, se aga con qualquier persona que tenga en esta villa la cobrança de su haçienda o benefiçio de su casa o que entienda en esta villa o Corte en qualesquier sus negoçios, criado suyo que asista en su cassa o que tenga su correspondençia o llebe su salario, que qualquiera que aya en esta villa o Corte señalo desde luego por parte con quien en su nombre se agan qualesquier notificaçiones, requerimientos, çitaçiones y otros aperçibimientos y diligençias de qualquier calidad, aunque requieran más espeçial facultad y presençia personal, y lo que desta forma se hiziere por la mi parte el mismo perjuizio que si con él mismo se hiziere, y no causen ni agan nulidad alguna, y tenga efeto con ello lo que se pretendiese y començare y esto pongo por condiçión particular deste zenso para que aya parte en qualquier acaezimiento con quien se aga lo susodicho. Pero si las personas de la dicha calidad no ubiere en esta Corte señalo por parte lixítima, a falta dellos con quien se aga, el procurador general desta villa de Madrid, con el qual se agan los dichos autos y parar el dicho perjuiçio en casso que en esta billa se ayan de haçer diligençias con haçienda y bienes del dicho mi parte, y debaxo / (fol. 1202 r.) del cumplimiento desta condizión hago la dicha sumissión espeçial y general, y renunçio el fuero, jurisdiçión y domiçilio de mi parte y la ley sid conbenerid de jurisdiçione omniun judicum para que le apremien a cumplir lo que dicho es y cada cosa dello por todo rigor y bía executiva, aunque esté fuera de su jurisdiçión y domiçilio él y sus bienes, como si fuera sentençia difinitiba de juez competente passada en cossa juzgada y declarada por tal, sobre que renunçio todas las leyes, fueros y derechos de su fabor y la que proybe la general renuniaçión de leyes y otras qualesquier exçeçiones y casos mayores o menores de su fabor para que de ninguna cossa se pueda ayudar contra el cunplimiento desta scritura. / (fol. 1202 v.) Y el dicho liçençiado Juan Ruiz Cotorro, que estubo presente a esta escritura como tal hixo y heredero de el dicho Juan Ruiz Cotorro, su padre, cuya herençia tiene açetada y açeta y me entrega el testamento de el dicho su padre para que lo ynsiera en esta escritura, que yo el dicho scrivano ynserí y es del tenor siguiente. Aquí el testamento Otorgó açeta en su favor esta ympusiçión de çensso, [interlineado : de que se da por] por [sic] pagado de la dicha deuda y [tachado : con el se da por pagado della] [interlineado : se contenta] con las calidades y en la forma que esta escritura contiene, de que es savida, porque a todo a estado presente y es conçierto hecho [interlineado : con él], con ello se satisfaçe y lo pide por scriptura para título del dicho çenso, y entranbos lo otorgaron ansí por ser como es conçierto hecho de todo acuerdo entre ellos ante mí el scrivano y testigos, en la villa de Madrid a veinte y seis días del mes de otubre de mill y seisçientos y nueve años, siendo testigos Juan Bázquez Román y Juan de Mata, ofiçial de mí el scrivano, y Jorge Gonçález, estantes en esta Corte, y los otorgantes, a quien yo el presente scrivano doy fee conozco, lo firmaron de sus nombres. Va testado : p, y, n, y ansimismo de presente, fueros y aprovechamientos dello, y con el se da por pagado dello, no balga. Entre renglones : el dicho Julio Junti mi tío, la dicha obligaçión la qual queda pagada con esta scritura que se hizo la dicha obligaçión, el se da, por, se contenta, con él, balga. Y enmendado : quier, con, pagado. Tomás Junti [firmado y rubricado]. El Liçençiado Juan Ruiz Cotorro [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, doze reales, doy fee dello [rubricado].  













A.H.P.M. Protocolo 2.005, fols. 1193 r. - 1202 v.

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i giunta a madrid * [Documento n. 76 : 17/11/1609]  

[Al margine superiore sinistro] 3° idem. Gasta [sic] fu dinanzi a me, Santiago Fernández. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura in rem propriam che io, María Gast, vedova, che fui moglie di Giacomo Giunti, che fu figlio di Lucantonio Giunti, di Venezia, e il [sic] Giacomo Giunti fu abitante della città di Salamanca, ed io lo sono della città di Medina del Campo e al momento risiedo in questa di Madrid, Corte di sua maestà, per me e come tutrice e curatrice delle persone e beni di Simón e Teresa Giunti, figli miei e del suddetto mio marito, la cui tutela e cura mi fu affidata dal tribunale della suddetta città di Medina del Campo, dinanzi al notaio pubblico di essa il cinque aprile dell’anno passato seicentosette, che la suddetta tutela e cura è certa e nota, facendo uso di essa, per me e per i miei figli, stabilisco con questa carta di conferire la mia piena procura come è necessario per legge al signor Giulio Giunti de’ Modesti, che risiede / (fol. 1538 v.) nella città di Firenze, affinché in mio nome e dei suddetti miei figlio e come noi, io ed essi, potremmo, chieda, riceva e riscuota o dichiari di aver ricevuto in giudizio e fuori di esso dai beni ed eredi ed esecutori testamentari del suddetto Lucantonio Giunti, defunto, e da chi e quando si dovranno riscuotere e a cui carico fosse il pagamento in qualsiasi maniera, i duecentocinquantaseimilacentotrenta maravedì che io e i suddetti miei figli dobbiamo avere del suo patrimonio, dei quali darà ricevute di pagamento, quietanza e altre garanzie necessarie con le clausole e i vincoli necessari. E farà le opportune pratiche giudiziarie fino alla riscossione, e disporrà di esso come di sua proprietà, che per tutto gli do piena procura con generale amministrazione e lo colloco al mio posto e in quello dei miei figli, e gli cedo formalmente i nostri diritti e azioni reali e personali ed esecutivi. E se fossero opportune e necessarie più garanzie e giustificazioni di questa procura, mi impegno a dargliele da parte mia o dei miei figli, a mie spese o dei miei figli, e farà uso di questa procura e cessione in rem propriam / (fol. 1359 r.) come gli parrà, e terrà per sé la suddetta somma, in ragione di altrettanti duecentocinquantaseimilacentotrenta maravedì che [cassato : in] il suddetto signor Giulio Giunti de’ Modesti mi ha prestato, dato e pagato in differenti momenti e occasioni per il sostentamento dei miei figli e ad altri effetti e per altre spese e consumi che si sono determinati in merito al sequestro che è stato fatto e che si sta facendo dei beni del suddetto Lucantonio Giunti e dei suoi eredi ad Alicante e in altri luoghi. Di modo che della suddetta somma di duecentocinquantaseimilacentotrenta maravedì sono soddisfatta, e li ho ricevuti dal signor Giulio Giunti in reali contanti dal dieci aprile dell’anno passato milleseicentotré fino a oggi, per i quali mi considero soddisfatta, e con me i miei figli. E poiché la consegna non risulta, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia, alla prova della ricevuta, della consegna e alle leggi del diritto, e in quanto soddisfatta concedo ricevute di pagamento per essi e garantisco, e con me i miei figli, che la suddetta / (fol. 1359) somma sarà certa o io e i suddetti miei figli gliela pagheremo con le spese e a ciò mi impegno e do potere ai tibunali competenti di sua Maestà, al cui statuto locale mi sottometto, e con me i miei figli, e rinuncio al mio e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché ci sollecitino all’adempimento di questo come per sentenza passata in giudicato. Rinuncio alle leggi e ai diritti a mio favore e alla legge generale degli imperatori, senatus consultus, Velleiano, e alla nuova e vecchia costituzione, alle leggi di Toro e alla Partida, e alle altre a mio favore, di cui mi avvisò il notaio di questa carta, e così certifico io il notaio, e io la suddetta María Gast vi rinuncio. E così stabilii dinanzi al notaio e ai testimoni nella città di Madrid, addì diciassette del mese di novembre dell’anno milleseicentonove, essendo testimoni Andrés de la Parra e Miguel Ruiz / (fol. 1360 r.) e Francisco de Torresilla, che stanno a Madrid. E la firmò la concedente, che io  

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il notaio faccio fede di conoscere. María Gast. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández. Appare cancellato : in. Concorda. Santiago Fernández [firmato e rubricato].  

A.H.P.M. Protocollo 2.010, fols. 1358 r. - 1360 r. [Documento n. 76] [Al margen superior izquierdo] 3º yden. Gasta [sic] pasó ante mí, Santiago Fernández. † Sepan quantos esta carta de poder en causa propia bieren como yo, María Gaste, viuda mujer que fui de Jacome de Junti, que fue hijo de Luca Antonio Junti, de Beneçia, y el Jacome Junti fue veçino de la çiudad de Salamanca, y yo lo soy de la villa de Medina del Canpo y de presente resido en esta de Madrid, Corte de su Magestad, por mí y como tutora y curadora de las personas y bienes de Simón y Teresa Junti, mis hijos y del dicho mi marido, cuya tutela y curaduría me fue disçernida por la justiçia de la dicha villa de Medina del Canpo por ante el escrivano público della en cinco de abril del año pasado de seiscientos y siete, que la dicha tutela y curaduría es çierta y notoria, y usando della por mí y los dichos mis hijos otorgo por esta carta doy mi poder cunplido como es nescesario de derecho al señor Jullio Junti de Modesti, que reside / (fol. 1358 v.) en la çiudad de Florencia, para que en mi nonbre y de los dichos mis hijos y como nosotros, yo y ellos, pudiéramos, pida, resçiba y cobre o confiese aver resçibido en juicio y fuera del de los vienes y erederos y testamentarios del dicho Luca Antonio Junti, difunto, y de quien y como se deban cobrar y a cuyo cargo fuere la paga en qualquier manera, conviene a saver duçientas y cinquenta y seis mill ciento y treinta maravedís que yo e los dichos mis hijos abemos de aver de su açienda, de los quales dé cartas de pago, finiquito y otros recaudos con las cláusulas y fuerzas nescesarias, y aga las dilijencias judiçiales que convengan asta cobrar y disponga dello como de açienda propia, que para todo le doy cunplido poder con general administraçión y le pongo en mi lugar y de mis hijos y le cedo nuestros derechos y aciones reales y personales y executibos en forma, y si conbiniere y fuere nescesario más recaudos y justificaçión que este poder de mí o mis hijos me obligo entregárselo y se lo entregaré a mi costa y de mis hijos, y esta çesión y poder en causa propia use / (fol. 1359 r.) del como le paresçiere, y aya para sí la dicha cantidad por raçón de otros tantos duçientos y çinquenta y seis mill y çiento y treinta maravedís que [tachado : en] el dicho señor Jullio Junti de Modesti me a socorrido, dado y pagado en diferentes tienpos y veçes para alimentos de los dichos mis hijos y para otros efetos y costas y gastos que se an ofreçido cerca de el enbargo que está echo y se ba aciendo de los vienes del dicho Luca Antonio Junti y sus herederos en Alicante y otras partes, de manera que de la dicha suma de duçientos y çinquenta y seis mill çiento y treinta maravedís estoy pagada y los e rescibido del dicho señor Jullio Junti en reales de contado desde diez de abril del año pasado de mill y seiscientos y tres asta oy, de los quales me doy por pagada por mí y mis hijos, y porque el entrego no pareçe renunçio exsceçión de no numerata pecunia, prueba de rescibo, entrego y leyes del derecho, y como pagada doy cartas de pago dellos y me obligo y a mis hijos que la dicha / (fol. 1359 v.) suma le será cierta o yo se la pagaré con costas y a los dichos mis hijos y a ello me obligo, y doy poder a las justiçias conpetentes de su Magestad, a cuyo fuero me someto y a mis hijos, y renunçio el propio y la ley sit conbenerit de juridicione oniun judicun para que nos apremien a lo cunplir como por sentencia pasada en cosa juzgada, renunçio las leyes y derechos de mí y su favor y la general y las leyes de los enperadores, senatus consultus, Veliano, nueva y biexa constituçión, leyes de Toro y Partida y las demás de mi favor, de que me avisó el escrivano desta carta, y ansí lo certifico yo el escribano, y yo la dicha María Gaste las renuncio, y lo otorgué ansí ante el escrivano y testigos en la billa de Madrid a diez y siete días del mes de nobienbre de mill y seiscientos  

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y nueve años, siendo testigos Andrés de la Parra y Miguel Ruiz / (fol. 1360 r.) y Françisco de Torrescilla, estantes en Madrid, y lo firmó la otorgante, a la qual yo el escrivano doy fee que conozco. María Gaste. Pasó ante mí, Santiago Fernández. Va testado : en. Concuerda. Santiago Fernández [firmado y rubricado].  

A.H.P.M. Protocolo 2.010, fols. 1358 r. - 1360 r. * [Documento n. 77 : 16/02/1611]  

[Al margine superiore sinistro ] Ricevuta di pagamento che diedero Antonio de Soto e Jerónimo López de Castro di 7.000 reali a favore di Giulio Giunti. † Nella città di Madrid addì sedici del mese di febbraio dell’anno milleseicentoundici, dinanzi a me notaio e ai testimoni si presentarono il contabile Antonio de Soto, come marito e persona congiunta di donna Mariana de Castro, e Jerónimo López de Castro, fratello della suddetta donna Mariana, entrambi figli ed eredi di Francisco López, mercante di libri ormai defunto che fu abitante di questa città, e stabilirono di aver ricevuto dal signor Tommaso Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte, settemila reali, che valgono duecentotrentottomila maravedì, che paga loro per Giulio Giunti de’ Modesti, fiorentino, in acconto di una somma maggiore che deve loro come eredi del suddetto Francisco López, perché è stato precettato dinanzi a Juan del Campillo, cancelliere provinciale. E dei suddetti settemila reali si considerarono ben contenti, rispettati e soddisfatti nella loro volontà, poiché confessarono di averli ricevuti dal suddetto Tommaso Giunti nel suddetto nome per mano di Cosme Juepi [sic], fiorentino, in reali contanti realmente e con effetto. E in ragione del fatto che la loro consegna al momento non risulta, rinunciarono all’eccezione del diritto e a quella della non numerata pecunia e alle leggi della consegna e della prova del pagamento e alle ulteriori di questo caso, come contenuto in esse. E in quanto soddisfatti di ciò concessero a suo favore formale ricevuta di pagamento e si impegnarono a considerarsi ben ripagati e a non chiederglieli un’altra volta in alcuna maniera. E così stabilirono dinanzi a me notaio, essendo testimoni Nicolás Gómez e Francisco Martínez e Lucas Castellanos, residenti a Corte. E i concedenti, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmarono. Jerónimo López de Castro [firmato e rubricato]. Antonio de Sotomayor [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Alejo de Herrera [firmato e rubricato]. Ricevetti per i diritti un reale e basta, di cui faccio fede [rubricato]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fol. 37 r. [Documento n. 77] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago que dieron Antonio de Soto y Gerónimo López de Castro de 7.000 reales en favor de Julio de Junti. † En la billa de Madrid a diez y seis días del mes de hebrero de mill y seisçientos y onze años, ante mí el scrivano y testigos pareçieron el contador Antonio de Soto, como marido y conjunta persona de doña Mariana de Castro, y Gerónimo López de Castro, hermano de la dicha doña Mariana, ambos hijos y herederos de Françisco López, mercader de libros, ya difunto, bezino que fue desta villa, y otorgaron haver reçivido del señor Thomás Junti de Modesti, residente en esta Corte, siete mill reales que balen dosçientos y treinta y ocho mill maravedís, que les paga por Julio Junti de Modesti, florentín, a buena quenta de mayor suma que les deve como herederos del dicho Françisco López, porque está executado ante

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Juan del Campillo, scrivano de provinçia, y de los dichos siete mill reales se dieron por bien contentos, entregados y satisfechos a su voluntad porque confesaron haverlos reçivido del dicho Tomás Junti en el dicho nombre por mano de Cosme Juepi, florentín, en reales de contado realmente y con efeto, y en razón de la entrega dellos por no parezer de presente renunçiaron la eçepçión del derecho y de la non numerata pecunia y leyes de la entrega y prueba de la paga y las demás deste casso, como en ella se contiene, y como satisfechos dellos otorgaron en su favor carta de pago en forma y se obligaron a que están bien pagados y no se los pedirán otra bez en manera alguna. Y lo otorgaron ansí ante mí el scrivano, siendo testigos Nicolás Gómez y Françisco Martínez y Lucas Castellanos, residentes en Corte, y los otorgantes, a quien yo el escrivano doy fee que conozco, lo firmaron. Jerónimo López de Castro [firmado y rubricado]. Antonio de Sotomayor [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Alexo de Herrera [firmado y rubricado]. Reçiví de derechos un real y no más, de que doy fee [rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fol. 37 r. * [Documento n. 78 : 09/05/1611]  

[Al margine superiore sinistro] Scrittura di accordo tra le parti. [Al superiore destro] 9 maggio 1611. [Al margine sinistro] Fatta per Tommaso Giunti [rubricato]. † Nella città di Madrid, il nove maggio dell’anno milleseicentoundici, in presenza di me notaio pubblico e dei testimoni infrascritti, si presentarono da una parte il padre fra’ Juan de la Puente, dell’ordine si San Domenico, cronista di sua Maestà, residente nella sua Corte, e, dall’altra, Tommaso [cassato : di] Giunti, sotto la cui responsabilità si trova la tipografia reale, che vive nella Carretera de San Francisco di questa città, e dichiararono e stabilirono che all’effetto di stampare un libro che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente deve stampare nella suddetta tipografia, che si chiama Conbeniçie [sic] de las dos Monarquías Cathólicas, affinché abbia effetto la sua stampa, convengono che si faccia alle condizioni e nella forma e maniera seguenti. § Primo, che il suddetto Tommaso Giunti debba stampare il suddetto libro nella suddetta tipografia reale in-folio su due colonne, con interlinee ai margini, dentro e fuori, e a metà delle colonne altre due con caratteri nuovi, silvio e corsivo, con i margini e le postille che avrà il suddetto libro, con tipi da nove punti. § Item, che il suddetto libro si deve cominciare a stampare due mesi e mezzo dopo che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente abbia dato e consegnato al suddetto Tommaso Giunti duecento ducati in reali da undici reali ciascuno e che, dal giorno in cui si comincerà la suddetta stampa, che come si è detto deve essere quello in cui si compiranno i suddetti due mesi e mezzo dopo il suddetto pagamento, si deve lavorare senza posa alla suddetta stampa [cassato : che è] presso un torchio, dove si deve mettere lui [al margine destro : Occhio. La ricevuta di pagamento di questi CC ducati venne rogata il16 maggio del 1611 dinanzi a me [rubricato]]. Il suddetto Tommaso mi inviò una sua cedola della quale io, il notaio di cui sopra, il 21 maggio del suddetto anno 1611 [deteriorato] / (fol. 98 v.) suddetto libro di modo che, durante ogni giorno lavorativo, si debbano stampare e si stampino un quaderno e mezzo in millecento copie al giorno, venticinque di esse su fogli grandi, essendosi il suddetto Tommaso Giunti impegnato, come si impegna, a dare alle stampe le suddette millecento copie complete e intere. E se per qualche disattenzione o errore della tipografia qualcuna delle suddette millecento copie uscisse fallata e incompleta, debba pagare e paghi al suddetto  





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padre fra’ Juan de la Puente il prezzo del libro o dei libri che così usciranno fallati, rispetto al costo che gli comporterà la suddetta stampa. E se si eccedesse con alcuni in più oltre i suddetti millecento, li dovrà pagare il suddetto padre fra’ Juan nella stessa misura, senza che per questa causa né nessun’altra il suddetto Tommaso Giunti possa rimanere né rimanga con nessuno dei libri in eccesso: anzi, dovrà consegnare e consegnerà tutti questi al suddetto padre fra’ Juan de la Puente, che glieli pagherà come si è detto al riguardo, eccetto quelli che per legge si devono dare ai revisori e la copia destinata all’autore, secondo la consuetudine. § Item, che il suddetto Tommaso Giunti debba consegnare e consegni tutti quelli difettosi al suddetto fra’ Juan de la Puente, senza che resti in suo possesso alcun quaderno di essi, pagandoli alla [cassato : suddetta] tariffa di dodici reali ogni risma, che è il prezzo della stampa, come sotto verrà dichiarato. § Item, che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente debba dare e pagare dodici reali per ogni risma di carta che verrà impiegata per la stampa del suddetto libro al suddetto Tommaso Giunti, e che l’ammontare della suddetta impressione alla tale tariffa glielo dovrà pagare e glielo pagherà nella seguente maniera. Duecento ducati in contanti subito, che sono quelli di cui sopra è stato detto, si devono dare in anticipo: e dal giorno della / (fol. 101 r.) consegna di essi trascorreranno i due mesi e mezzo entro i quali si deve cominciare a fare la suddetta stampa; e dal giorno in cui sarà fatta la stampa, che ammonta ai suddetti duecento ducati per la suddetta tariffa di dodici reali ogni risma, ogni settimana si dovranno pagare al suddetto Tommaso Giunti duecentocinquanta reali fino alla fine di questa, per il tempo che rimarrà per la suddetta stampa, da proseguire, come si è detto, senza posa né per colpa di Tommaso Giunti né dei suoi operai, né tralasciando di stampare [cassato : il suddetto] durante ciascun giorno il suddetto fascicolo e mezzo. Con dichiarazione che, se per colpa del suddetto padre fra’ Juan de la Puente, per colpa della carenza di carta per la stampa o di denari per la suddetta stampa, in tal caso debbano essere a carico del suddetto padre fra’ Juan il danno e le spese che ne deriveranno al suddetto Tommaso Giunti per la suddetta causa e, terminata la suddetta stampa, fatto il conto di ciò a cui essa ammonterà e parimenti dei libri fallati e di quelli difettosi, come sopra dichiarato, e delle spese che ci saranno state per questa, conteggiati i suddetti duecento ducati anticipati e a quanto ammonteranno i duecentocinquanta reali che si devono pagare per ogni settimana conformemente a quanto sopra detto, il suddetto padre fra’ Juan de la Puente dovrà pagare e pagherà subito in contanti ciò di cui rimarrà debitore, e il suddetto Tommaso Giunti gli deve consegnare e gli consegnerà la suddetta stampa, quelli fallati e quelli difettosi nella forma concordata. § Item, che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente dovrà dare [in interlinea : e darà] la carta sulla quale si dovrà fare la suddetta stampa, tanto quella piccola quanto quella grande, in maniera che per quanto concernerà la carta nemmeno una parte di essa dovrà essere e sarà a carico del suddetto Tommaso [cassato : di] Giunti, bensì del suddetto padre fra’ Juan de la Puente, il quale si impegna formalmente, come per legge può e deve. § Item, il suddetto padre fra’ Juan dà come suo fideiussore, a garanzia di quanto da parte sua sopra detto e di adempimento senza alcun fallo a quanto compete alla sua parte, Domingo Navarro, servitore / (fol. 101 v.) di sua Maestà, ufficiale impiegato nell’ufficio della camera, il quale è stato ed [in interlinea : è] presente a quanto detto, accettando come accetta tutto quanto sopra detto : che il padre fra’ Juan de la Puente, da parte sua, è obbligato ad adempiere, affinché abbia effetto la suddetta stampa ; e che il suddetto Tommaso Giunti ha titolo e diritto a essere pagato per quanto così capitolato e sarà da parte sua affidabile e preciso. Il suddetto Domingo Navarro si disse e si costituì quale fideiussore e principale e vero pagatore del suddetto padre fra’ Juan de la Puente, facendo come fece di debito e di fatto altrui il  













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suo proprio, e senza che sia necessario che [in interlinea : si] faccia nei confronti del suddetto padre fra’ Juan de la Puente nessun’altra pratica, d’ufficio né per legge necessaria, rinunciando [in interlinea : all’escursione e alla divisione], alle leggi dell’obbligazione in comune hoc hita de fideiussoribus e de duobus reis debendi e all’epistola del divo Adriano, e al deposito delle spese e alle altre a suo favore, per cui il suddetto padre fra’ Juan adempirà a ciò a cui da parte sua è obbligato, come a ciò che [in interlinea : sopra] è stato capitolato e concordato col suddetto Tommaso Giunti. E qualora non adempisse, quale fideiussore del suddetto padre fra’ Juan lo adempirà e pagherà con la sua persona e beni mobili e immobili avuti e da avere, che per questo impegna. Ed entrambi i suddetti, Tommaso Giunti e Domingo Navarro, per quel che a ciascuno compete, impegnarono le loro persone e i beni mobili e immobili avuti e da avere all’osservanza e al compimento, e diedero e conferirono tutta la loro piena procura a ogni qualsivoglia giudice e tribunale di sua Maestà di qualsiasi parte sia, alla cui giurisdizione si sottoposero, rinunciando come rinunciarono al loro statuto locale, giurisdizione e residenza, e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, affinché con ogni azione e rigore di legge li costringano all’adempimento e al pagamento di quanto sopra detto come se fosse giudizio e sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato. E così lo dissero e stabilirono tutti e tre i sopraddetti, e consentirono che si desse una copia conforme a ciascuna delle suddette parti. E così dissero e stabilirono, essendo presenti come testimoni a quanto detto Juan Flamenco e Bartolomé García e Miguel Ruiz e Francisco Jiménez, abitanti e residenti in questa suddetta città. E i suddetti [cassato : signori] concedenti, che io il presente notaio faccio fede di conoscere, firmarono con i loro nomi in questo registro. Appare cancellato :la suddetta. In interlinea : all’escursione e alla divisione, sia valido quanto emendato. Juan de la Puente [firmato e rubricato]. Domingo Navarro [firmato e rubricato]. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Bartolomé Paradinas, notaio [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  











A.H.P.M. Protocollo 1.559, fols. 98 r. - v. e 101 r. - v., 2ª foliazione. [Documento n. 78] [Al margen superior izquierdo] Scriptura de conzierto entre partes. [Al superior derecho] 9 de mayo 1611. [Al margen izquierdo] Fecha para Tomás Junti [rubricado]. † En la villa de Madrid a nuebe de mayo de mill y seiscientos y onze años, en presencia de mí el escrivano público y testigos ynfrascritos parescieron presentes, de la una parte, el padre fray Juan de la Puente, de la orden de Santo Domingo, coronista de su Magestad, residente en su Corte, y de la otra, Tomás [tachado : de] Junti, a cuyo cargo está la ynprenta real, que bibe en la Carrera de San Francisco desta dicha villa, y dixeron y otorgaron que para effeto de ynpremir un libro que el dicho padre fray Juan de la Puente a de ynpremir en la dicha enprenta, que se llama Conbeniçie de las dos Monarquías Cathólicas, y para que tenga effeto su ynpressión se conbienen que se haga con las condiciones y en la forma y manera siguiente. § Primeramente, que el dicho Tomás Junti aya de ynprimir el dicho libro en la dicha enprenta real de a folio en dos colunas, con regletas a las márjenes, una dentro y otra fuera, y en mitad de las colunas otras dos regletas de letra nueba de atanasia y cursiba, con las márjenes y cotas que tubiere el dicho libro, de letra de brebiario. § Yten, que el dicho libro se a de enpezar a ynprimir a dos meses y medio después que el dicho padre fray Juan de la Puente aya dado y entregado al dicho Tomás Junti dosçientos ducados en reales de a onze reales cada uno, y que desde el día que se comenzare la dicha ynpressión, que como dicho es a de ser el en que se cunpliere los dichos dos meses y medio  

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después de la dicha paga, no se a de alzar mano de la dicha ynpressión [tachado : que es] en una prenssa, que es en la que se a de poner el [al margen derecho : Ojo. Otorgose la carta de pago destos CC ducados en 16 de mayo de 1611, ante mí [rubricado]. El dicho Tomás me enbió çédula suya de que yo, el escrivano de suso, en 21 de mayo de dicho año 1611 [deteriorado] / (fol. 98 v.) dicho libro, de manera que en cada un día de trabajo se aya de ynpremir y enprima pliego y medio a mill y çiento de jornada, los veynte y çinco dellos de papel grande, quedando obligado como se obliga el dicho Tomás Junti a dar ynpressos los dichos mill y çien cuerpos cabales y enteros, y que si por algún descuydo o falta de la enprenta alguno de los dichos mill çien cuerpos saliere falto y no cabal aya de pagar y pague al dicho padre fray Juan de la Puente el presçio del libro o libros que ansí salieren faltos, al respeto de la costa que le tubiere la dicha ynpresión, y que si sobraren algunos demás de los dichos mill y çiento los aya de pagar el dicho padre fray Juan al mismo respeto, sin que por esta causa ni otra alguna el dicho Tomás Junti se pueda quedar ni quede con ninguno de los libros que sobraren, sino que todos ellos los aya de entregar y entregue al dicho padre fray Juan de la Puente, pagándoselos como dicho es al dicho respeto, ezeto los que de derecho se deben dar a los corretores y capilla, conforme a la costumbre. § Yten, que el dicho Tomás Junti aya de entregar y entregue todos los defetos al dicho fray Juan de la Puente, sin que quede en su poder ningún pliego dellos, pagándole al [tachado : dicho] respeto de doze reales de cada resma, que es el presçio de la ynpressión, como abajo yrá declarado. § Yten, que por cada resma de papel que entraren en la ynprissión del dicho libro aya de dar y pagar el dicho padre fray Juan de la Puente al dicho Tomás Junti doze reales, y que lo que al dicho respeto montare la dicha ynpressión se la aya de pagar y pague en esta manera. Luego dosçientos ducados de contado, que son los que arriba queda dicho, se an de dar adelantados, y que desde el día de la / (fol. 101 r.) entrega dellos corran los dos meses y medio en que se a de comenzar e hazer la dicha ynpressión, y desde el día que estubiere echa ynpressión, que montó los dichos dosçientos ducados al dicho respeto de doze reales cada resma, se ayan de yr pagando al dicho Tomás Junti dosçientos y çinquenta reales cada semana al fin della por el tienpo que restare de la dicha impresión, no alçándose, como dicho es, la mano della por falta del dicho Tomás Junti ni de sus ofiçiales, ni dexando de imprimir [tachado : el dicho] en cada un día el dicho pliego y medio, con declaraçión que si por falta del dicho padre fray Juan de la Puente por defeto de faltar papel original o dineros para la dicha ynpressión, en tal caso aya de ser por quenta del dicho padre fray Juan el daño y costas que se hiziere al dicho Tomás Junti por la dicha caussa, y acabada la dicha ynpressión, echa la quenta de lo que ella montare y ansimismo de los libros faltos y de los defetos, como arriba queda declarado, y de lo que obiere caído a quenta della, contados los dichos dosçientos ducados adelantados y lo que montaren los dosçientos y çinquenta reales que se an de pagar cada semana conforme a lo arriba dicho, el dicho padre fray Juan de la Puente aya de pagar y pague luego de contado lo que restare debiendo, y el dicho Tomás Junti le a de entregar y entregue la dicha ynpressión, faltas y defetos en la forma que queda asentado. § Yten, que el dicho padre fray Juan de la Puente aya de dar [interlineado : y dé] el papel en que se obiere de hazer la dicha ynpressión, ansí el chico como el grande, de manera que en lo que tocare al papel ni a ninguna parte del aya de ser ni sea por quenta del dicho Tomás [tachado : de] Junti sino por la del dicho padre fray Juan de la Puente, el qual se obliga en forma, como de derecho puede y debe. § Yten, da por su fiador el dicho padre fray Juan, para seguridad de lo susodicho y por su parte y que cunplirá sin falta ninguna lo que toca de su parte, a Domingo Nabarro, criado  











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/ (fol. 101 v.) de su Magestad, ofiçial que reside en el ofiçio de la cámara, el qual a estado y [interlineado : está] presente a lo que dicho es, acetando como açeta todo lo susodicho, que de su parte está obligado a cunplir el dicho padre fray Juan de la Puente para que tenga effeto la dicha ynpresión y el dicho Tomás Junti tenga ación y derecho a que se le pague lo que así está capitulado y esté por su parte cierto y seguro, el dicho Domingo Nabarro dixo y otorgó como tal fiador y prinçipal y llano pagador del dicho padre fray Juan de la Puente, haçiendo como hizo de deuda y casso ajeno suyo propio y sin que sea necesario que no a de [interlineado : se] hazer en el dicho padre fray Juan de la Puente ni otra diligencia alguna, de oficio ni derecho necesario, renunciando [interlineado : la escursión y división], las leyes de la mancomunidad oc hita de fidejusoribus y de duobus reis debendi y la epístola del dibo Adriano, y depósito de las espensas y las demás de su fabor, de que el dicho padre fray Juan cunplirá con lo que de su parte es obligado, como a lo que [interlineado : de suso] ba capitulado y conzertado con el dicho Tomás Junti, donde no lo cunpliendo quee [sic] como tal su fiador del dicho padre fray Juan lo cunplirá y pagará con su persona y bienes muebles e raízes abidos y por aber, que para ello obliga, y anbos a dos los susodichos Tomás Junti y Domingo Nabarro, por lo que a cada uno toca, a guardar e cunplir obligaron sus personas y bienes muebles e rayzes abidos y por aber, y dieron y otorgaron todo su poder cunplido a todas e qualesquier juezes e justiçias de su Magestad de qualesquier partes que sean, a cuya jurisdiçión se sometieron, renunçiando como renunçiaron su propio fuero, jurisdiçión y domiçilio y la ley sid conbenerid de juridiçione oniun judicun, para que por todos los remedios y rigores del derecho les conpelan al cunplimiento e paga de lo susodicho como si fuese juiçio y sentençia dififinitiva de juez conpetente pasada en cosa juzgada, y ansí lo dixeron y otorgaron todos tres lo [sic] susodichos y consintieron que se dé un treslado, a cada una de las dichas partes un tenor, y ansí dixeron y otorgaron, estando presentes por testigos a lo que dicho es Juan Flamenco y Bartolomé García y Miguel Ruiz y Francisco Ximénez, veçinos y estantes en esta dicha villa, y los dichos [tachado : señores] otorgantes, de que yo el presente escrivano doy fee que conozco, lo firmaron de sus nonbres en este registro. Va testado : el dicho. Entre renglones : escursión ni divissión, valga lo enmendado. Juan de la Puente [firmado y rubricado]. Domingo Navarro [firmado y rubricado]. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Ante mí, Bartolomé Paradinas, scrivano [firmado y rubricado]. Derechos, real y medio.  













A.H.P.M. Protocolo 1.559, fols. 98 r. - v. y 101 r. - v., 2ª foliación. * [Documento n. 79 : 16/05/1611]  

[Al margine superiore sinistro] Ricevuta di pagamento. † Nella città di Madrid, addì sedici del mese di maggio dell’anno milleseicentoundici, in presenza di me notaio pubblico e dei testimoni infrascritti si presentò Tommaso Giunti, sotto la cui responsabilità si trova la tipografia reale, residente in questa Corte, e disse e dichiarò che riceveva e aveva ricevuto dal padre fra’ Juan de la Puente, dell’ordine di San Domenico, cronista di sua Maestà, per mano dei [in interlinea : signori] padre fra’ Hernando del Castillo, del suddetto [in interlinea : ordine] di San Domenico, e Benito García de Trasmiera, abitante e consigliere municipale di questa città, duecento ducati in reali da undici reali ogni ducato, che sono quelli che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente è obbligato a dare e pagare al suddetto Tommaso [cassato : di] Giunti, concedente, per conto della stampa del libro che il suddetto padre fra’ Juan de la Puente ha redatto, che si intitola e chiama Conbenizie [sic] de las Dos Monarquías Cathólicas, come è contenuto e dichiarato nella scrittura di accordo,  





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obbligazione e condizione / (fol. 99 v.) che venne depositata in questa suddetta città di Madrid dinanzi a me il presente notaio, addì nove di questo suddetto corrente mese di maggio, alla quale mi riferisco. E in virtù della suddetta scrittura e conformemente a essa si considerava e si considera ben contento, ripagato e rispettato in ogni sua volontà, realmente ed effettivamente, dal suddetto padre fra’ Juan de la Puente, con i suddetti ducento ducati in reali, confessando come confessa di averli ricevuti in reali contanti realmente ed effettivamente. E poiché la consegna e il pagamento al momento non risultano, rinuncia alle due leggi e all’eccezione di legge, alla consegna, alla prova e al pagamento e alle altre che trattano di questo caso; e attestò e attesta che i duecento ducati in reali sono e saranno ben dati e pagati e non si tornerà a chiederli un’altra volta. E per il suddetto importo, come si è detto, concesse la suddetta ricevuta di pagamento alla presenza di me il presente notaio, essendo testimoni Luis Rodríguez, tipografo, e Francisco Jiménez, e Jorge González, servi del suddetto Tommaso [cassato : di] Giunta, abitanti e residenti in questa suddetta città. E il suddetto concedente, che io il presente notaio faccio fede di conoscere, firmò col suo nome in questo registro. Appare in interlinea : signori. Ed emendato : mille, sia valido. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Francisco Jiménez [firmato e rubricato]. Dinanzi a me, Bartolomé Paradinas, notaio [firmato e rubricato]. Diritti, un reale e mezzo.  





A.H.P.M. Protocollo 1.559, fols. 99 r.- v., 2ª foliazione. [Documento n. 79] [Al margen superior izquierdo] Carta de pago. † En la villa de Madrid a diez y seis días del mes de mayo de mill y seisçientos y honze años, en presençia de mí el scrivano público y testigos ynfrascritos paresçió presente Tomás Junti, a cuyo cargo está la enprenta real, residente en esta Corte, y dixo y otorgó que rezibía e rezibió del padre fray Juan de la Puente, de la orden de Santo Domingo, coronista de su Magestad, por mano de los [interlineado : señores] padre fray Hernando del Castillo, de la dicha [interlineado : orden] de Santo Domingo, y de Benito García de Trasmiera, vezino e regidor desta villa, dosçientos ducados en reales, de a onze reales cada ducado, que son los que el dicho padre fray Juan de la Puente está obligado a dar y pagar al dicho Tomás [tachado : de] Junti, otorgante, para en quenta de la ynpressión del libro que el dicho padre fray Juan de la Puente a conpuesto, que se yntitula y llama Conbenizie de las Dos Monarquías Cathólicas, como se contiene y declara en la scriptura de conzierto, obligaçión y condiçiones / (fol. 99 v.) que passó en esta dicha villa de Madrid ante mí el presente scrivano, en nuebe días deste dicho presente mes de mayo, a que me refiero, y en virtud de la dicha scriptura y conforme a ella se daba y dio por bien contento, pagado y entregado a toda su boluntad, realmente y con effeto, del dicho padre fray Juan de la Puente, de los dichos doçientos ducados en reales, por confesar como confiesa aberlos rezibido en reales de contado realmente y con effeto, y porque la entrega y paga de presente no pareze renunçio las dos leyes y ezebçión del derecho, entrega, prueba e paga e las demás que en este casso hablan, e se obligaba y obligó que los dichos dosçientos ducados en reales son y serán bien dados y pagados y no serán tornados a pedir otra bez, y de la dicha quantía como dicho es otorgó la dicha carta de pago en presencia de mí el presente scrivano, siendo testigos Luis Rodríguez, ynpressor, y Françisco Ximénez y Jorge González, criados del dicho Tomás [tachado : de] Junti, vezinos y estantes desta dicha villa, y el dicho otorgante, que yo el presente scrivano doy fee que conozco, lo firmó de su nonbre en el registro. Va entre renglones : señores. Y enmendado : mill, valga. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Françisco Jiménez [firmado y rubricado]. Ante mí, Bartolomé Paradinas, scrivano [firmado y rubricado]. Derechos real y medio.  









A.H.P.M. Protocolo 1.559, fols. 99 r - v., 2ª foliación.



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* [Documento n. 80 : s. d., ma dicembre 1611]  

[Al margine superiore sinistro] Conto † Liquidazione e conto che è stato fatto tra il signor Tommaso Giunti, a nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, abitante di Firenze, del quale ha la procura, da una parte e, dall’altra, donna Mariana de Castro, vedova, e Jerónimo López de Castro, suo fratello, figli ed eredi di Francisco López, mercante di libri defunto, in ragione di quanto ricavato dalla stampa della Historia General de las Indias, composta da Antonio de Herrera, e del denaro che è stato dato e di libri di altre specie che l’una e l’atra parte di sono date finora e delle spese per la suddetta stampa, nella seguente maniera. Addebito Primo, si addebitano al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti [cassato : tredicimilacentotredici reali] quindicimilacentotredici reali per altrettanti che ricevette dal suddetto Francisco López, di cui gli diede ricevuta di pagamento il quattro aprile del milleseicentouno dinanzi a Juan Moreno, notaio. 513.842 Item, gli vengono addebitati settemilatrecentoquarantacinque reali che ricevette dal suddetto Francisco López, di cui gli diede ricevuta di pagamento il sette giugno seicentouno dinanzi ad Antonio Fernández, notaio collegiato. 249.730 Item, gli vengono addebitati ottantamilaseicentosessantatré reali che ricevette dal suddetto Francisco López il [Somma] 763.572 / (fol. 614 v.) tredici ottobre del seicentouno dinanzi ad Antonio Fernández, notaio. 294.549 Item, duemilacinquecento ducati che vennero pagati a Diego de Vergara Gaviria per altrettanti che si dovevano al Consiglio delle Indie, che [li] aveva prestati per la stampa di questo libro, di cui diede ricevuta di pagamento al suddetto Francisco López dinanzi a Juan de la Cotera, notaio collegiato, il ventisette aprile seicentoquattro. 937.500 Item, gli vengono addebitati centosessantacinque reali che pagò il suddetto Francisco López a Gabriel González per l’alcabala di un censo che venne stipulato per pagare la somma prima di questo [conto]. 5.610 Item, gli vengono addebitati quattromilaquattrocento reali che vennero pagati al dottor Carrillo su mandato di pagamento del suddetto Giulio Giunti il venticinque aprile seicentoquattro, il quale in virtù di ciò diede ricevuta di pagamento al suddetto Francisco López il due agosto del seicentoquattro. 149.600 Item, sedici reali che vennero pagati a Juan de la Cotera per i diritti delle ricevute di pagamento dei duemilacinquecento ducati. 1.544 Item, trenta reali che vennero pagati a Juan de Obregón, che fece la scrittura di censo. 1.020 Item, cento reali che vennero dati a Jerónimo de Salazar per il viaggio [Somma] I milione 388.816 / (fol. 615 r.) a Siviglia su ordine del suddetto Giulio. 3.400 Item, gli vengono addebitati quattromilanovecentonovantuno reali e tredici maravedì di quanto decorso del censo di tre anni, due mesi e otto giorni che pagò il suddetto Francisco López a Andrés de Trujillo, argentiere, poiché fu la persona indicata come fideiussore, come era nel suddetto censo del suddetto Giulio Giunti. 169.713  

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Item, gli vengono addebitati quarantaduemilaottocentosei maravedì, che fanno milleduecentocinquantanove reali, di quelli decorsi che il suddetto Francisco López pagò dal ventidue di giugno del seicentosette fino al dodici agosto del seicentootto, che sono un anno e cinquantatré giorni, dei duemilaquattrocento ducati che mancavano per redimere il censo che si pagava al suddetto Andrés Trujillo. 42.806 Item, gli vengono addebitati millecinquecento ducati che il suddetto Francisco López redense ad Andrés de Trujillo come fideiussore del suddetto Giulio Giunti, perché anche se il censo era di duemila ducati il suddetto Francisco López ne redense millecinquecento in due acconti, seicento ducati il ventidue giugno del seicentosette, e novecento ducati il dodici agosto del seicentootto dinanzi a Juan Cal[v]o, notaio di sua Maestà, nei suddetti giorni. 562.500 Item, gli vengono addebitati centosessanta- [Somma] 778.419 / (fol. 615 v.) cinquemilaseicentonovantanove maravedì per venti importi di spese fatte per la rilegatura e il trasporto e altre piccole cose riguardanti le suddette Historias compresi nelle suddette somme, duemila reali per la quarta parte del guadagno e trecentodieci Historias vendute a differenti prezzi, per tutta la qual cosa si considerarono soddisfatte e d’accordo entrambe le parti. 165.699 [Somma] 165.999 Di modo che l’addebito che si fa al suddetto Giulio Giunti somma e ammonta, come risulta dagli importi di sopra, a tremilioninovantaseimilacinquecentosei maravedì. [Al margine destro] Addebito, 3 milioni, 96.506. Per il quale suddetto addebito dà come registrazione a credito e viene messo in conto al suddetto Giulio Giunti quanto segue. Registrazione a credito Primo, duemilacinquecento ducati che il suddetto Francisco López riscosse da Diego de Bergara Gabiria, tesoriere del Consiglio delle Indie, per procura di Giulio Giunti, che il suddetto Consiglio delle Indie prestò per la stampa di questa Historia. 937.500 Item, duemila ducati che il suddetto Francisco López ricevette dal censo di Andrés Trujillo. 750.000 Item, quattromilaquattrocento reali, che sono gli stessi che il suddetto Francisco López pagò al dottor Carrillo su mandato di pagamento del suddetto Giulio Giunti, perché in verità questa somma, anche se venne pagata dal suddetto Francisco López, fu con i denari che ricevette dal suddetto Giulio Giunti, che glieli diede a questo effetto, dei quali non vi è garanzia. E poiché glieli addebita si detraggono in questa partita registrandoli contemporaneamente in dare e avere. 149.600 Item, cinquemilacinquecento reali che vennero riscossi da padre fra’ Alonso de San Fulgencio, dell’ordine di San Girolamo, su mandato di pagamento di Tommaso Giunti, accettato dal suddetto padre, di cui gli diedero ricevuta di pagamento dinanzi a [cassato : Alejo de Herrera] [in interlinea : Juan Cal[v]o], notaio [sic], il ventitré del mese di febbraio dell’anno milleseicentodieci, concessa dal suddetto Jerónimo López e da Antonio de Soto, suo cognato. 187.000 Item, settemila reali che Tommaso Giunti, in nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, pagò agli eredi del suddetto Francisco López il sedici febbraio dell’anno milleseicentoundici dinanzi ad Alejo de Herrera, notaio. 238.000  



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Item, ottantamilaseicentoquarantotto maravedì per cinquantacinque opere di fra’ Luis e altrettanti catechismi, e venti opere di San Isidoro e quattro di Antonio Gómez, Variarum, e diciotto [Somma] 574.000 / (fol. 616 v.) opere di fra’ Luis de León in cantica che nell’anno seicentoquattro consegnò. Con ciò vengono liquidati tutti i conti dei libri dati dal suddetto Giulio Giunti al suddetto Francisco López, eccetto le Historias,. 80.648 Item, quattromilaottocentodieci maravedì che vennero pagati per la correzione della Historia de las Indias al dottor Mármol. 4.810 Item, duecentocinquanta reali per due Historias che al suddetto Francisco López toccava pagare delle venti che vennero inviate nelle Indie, a Portobelo, perché anche se le suddette dieci Historias ammontavano a più, col consenso delle parti vennero messe a questo prezzo. 8.500 Item, diciassettemiladuecentocinquantadue reali per i quali vennero vendute trecentodieci Historias de las Indias, vendute dal suddetto Francisco López in diversi luoghi, conformemente a un memoriale che di ciò ha dato firmato di suo pugno Pedro Marañón. E le parti, d’accordo, convennero che venissero messe per questa somma. 586.568 [Somma] 680.526 Di modo che la registrazione a credito somma e ammonta / (fol. 617 r.) a duemilioninovecentoquarantaduemilaseicentoventisei maravedì, detraendo i quali dai tremilioninovantaseimilacinquecentosei maravedì dell’addebito, il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti avanza ed è in debito per centocinquantatremilaottocentottanta maravedì, che deve portare in reali ai suddetti eredi del suddetto Francisco López. [Somma] 1.687.500 / (fol. 616 r.) [Al margine destro] La registrazione a credito ammonta a due milioni, 942.626. L’addebito ammonta a 3 milioni, 95.506. Debito del signor Giulio Giunti 153.880 maravedì. Con la qual cosa il suddetto conto è correttamente e fedelmente fatto per quanto noi ne sappiamo e intendiamo, e lo firmiamo con i nostri nomi. Jerónimo López de Castro [firmato e rubricato]. Donna Mariana de Castro [firmato e rubricato]. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 614 r. - 617 r. s.d., ma dicembre 1611 [Documento n. 80] [Al margen superior izquierdo] Cuenta. † Liquidaçión e cuenta que se ha hecho entre el señor Tomás de Junti, en nonbre de Julio Junti de Modesti, vezino de Florençia, de quien tiene poder, por la una parte, e de la otra doña Mariana de Castro, viuda, y Gerónimo López de Castro, su hermano, hijos y herederos de Françisco López, difunto, mercader de libros, en raçón de lo proçedido de la ynpresión de la Ystoria General de las Yndias, conpuesta por Antonio de Herrera, y dinero que se a dado e libros de otras facultades que de la una y otra parte se an dado hasta aora y costas de la dicha ynpresión, en la manera siguiente. Cargo Primeramente se haçe cargo al dicho Julio Junti de Modesti de [tachado : treçe mill çiento  

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e treçe reales] quinçe mill çiento e treçe reales por tantos que recivió del dicho Françisco López, de que le dio carta de pago en quatro de abril de seisçientos e uno ante Juan Moreno, scrivano. 513.842 Yten, se le haçe cargo de siete mill tresçientos e quarenta y çinco reales que recivió del dicho Françisco López, de que le dio carta de pago en siete de junio de seisçientos e uno ante Antonio Fernández, scrivano del número. 249.730 Yten, se le haçe cargo de ochenta mill e seisçientos y sesenta e tres reales que reçivió del dicho Françisco López e [Suma] 763.572 / (fol. 614 v.) trece e otubre de seiscientos y uno ante el dicho Antonio Fernández, scrivano. 294.549 Yten, dos mill e quinientos ducados que se pagaron a Diego de Vergara Gabiria por otros tantos que se devían al Consejo de Yndias que avía enprestado para la ynpresión deste libro, de que dio carta de pago al dicho Françisco López ante Joan de la Cotera, scrivano del número, en veinte e siete de abril de seisçientos e quatro. 937.500 Yten, se le haçe cargo de çiento y sesenta y cinco reales que pagó el dicho Françisco López a Gabriel Gonçález del alcabala de un çenso que se tomó para pagar la partida antes desta. 5.610 Yten, se le haçe cargo de quatro mill e quatroçientos reales que se pagaron al dotor Carrillo por librança del dicho Julio de Junti de beinte e çinco de abril de seisçientos e quatro, el qual en birtud della dio carta de pago al dicho Françisco López en dos de agosto de seisçientos e quatro. 149.600 Yten, diez y seis reales que se pagaron a Joan de la Cotera por los derechos de las cartas de pago de los dos mill e quinientos ducados. 1.544 Yten, treinta reales que se pagaron a Joan de Obregón, que hiço la scriptura de censo. 1.020 Yten, çien reales que se dieron a Gerónimo de Salaçar por la ida [Suma] I quento 388.816 / (fol. 615 r.) / a Sivilla de horden del dicho Julio. 3.400 Yten, se le haçe cargo de quatro mill e nobeçientos y noventa e un reales y treçe maravedís de los corridos del çensso de tres años, dos meses y ocho días que pagó el dicho Françisco López a Andrés de Truxillo, platero, que fue la persona que le dio como fiador que hera en el dicho çenso del dicho Julio Junti. 169.713 Yten, se le haçe cargo de quarenta e dos mill ochoçientos e seis maravedís, que haçen mill e dosçientos e çinquenta e nueve reales de los corridos que el dicho Françisco López pagó desde veinte e dos de junio de seisçientos e siete hasta doçe de agosto de seisçientos e ocho, que son un año e çinquenta e tres días de los mill e quatroçientos ducados que faltavan de redimir del çenso que se pagaba al dicho Andrés Truxillo. 42.806 Yten, se le haçe cargo de mill e quinientos ducados que el dicho Françisco López redimió a Andrés de Truxillo como fiador del dicho Julio Junti, porque aunque el çenso hera de dos mill ducados el dicho Françisco López redimió los mill e quinientos en dos partidas, seisçientos ducados en veinte e dos de junio de seisçientos y siete e los noveçientos ducados en doçe de agosto de seisçientos y ocho ante Joan Calbo, scrivano de su Magestad, en dichos días. 562.500 Yten, se le haçe cargo de çiento e sesenta e [Suma] 778.419 / (fol. 615 v.) çinco mill seisçientos e noventa e nuebe maravedís por veinte partidas de gastos hechos de enquadernaçiones y portes y otras cosas menudas tocantes a las dichas Historias conprehen-

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didos en las dichas partidas, dos mill reales de la quarta parte de la ganançia de treçientas e diez Ystorias vendidas a diferentes preçios, de todo lo qual se dieron por satisfechas anbas las partes de un acuerdo. 165.699 [Suma] 165.699 Por manera que suma y monta el cargo que se haçe al dicho Julio Junti, como pareçe de las partidas de suso, tres quentos, noventa e seis mill quinientos e seis maravedís. [Al margen derecho] Cargo, 3 quentos, 96.506. Para el qual dicho cargo da en datta y se le reçive en quenta al dicho Julio Junti lo siguiente. Datta Primeramente dos mill e quinientos ducados que cobró el dicho Françisco López de Diego de Bergara Gabiria, reçeptor del Consejo de Yndias, por poder del dicho Julio Junti, que el dicho Consejo de Yndias prestó para la ynpresión desta Ystoria. 937.500 Yten, dos mill ducados que el dicho Françisco López reçivió del censso de Andrés de Truxillo. 750.000 Yten, quatro mill e quatroçientos reales, que son los mismos que el dicho Françisco López pagó al doctor Carrillo por librança del dicho Julio de Junti, porque en realidad de verdad esta cantidad, aunque los pagó el dicho Françisco López, fueron dineros que recivió del dicho Julio de Junti, que se los dio para este efeto de que no avía recaudo, y porque dellos le carga se baxan en esta partida entrada por salida. 149.600 Yten, çinco mill e quinientos reales que se cobraron del padre fray Alonso de San Fulgençio, de la orden de San Gerónimo, por librança de Tomás Junti, aceptada por el dicho padre, de que le dieron carta de pago ante [tachado : Alexo de Herrera] [interlineado : Juan Calbo, scrivano], scrivano [sic], en veinte y tres días del mes de febrero de mill seisçientos y diez años, otorgada por el dicho Gerónimo López y Antonio de Soto, su cuñado. 187.000 Yten, siete mill reales que pagó a los herederos del dicho Françisco López Tomás Junti, en nombre del dicho Julio de Junti de Modesti, en diez y seis de febrero de mill seisçientos e onçe años ante Alexo Herrera, scrivano. 238.000 Yten, ochenta mill seisçientos e quarenta y ocho maravedís por çinquenta e çinco obras de fray Luis y otros tantos catacismos, e veinte obras de San Ysidoro y quatro de Antonio Gómez, Bariarun, y diez y ocho [Suma] 574.600 / (fol. 616 v.) obras de fray Luis de León yn cántica que en el año de seisçientos y quatro entregó, con que quedan rematadas todas cuentas de libros dados por el dicho Julio de Junti al dicho Françisco López, eçepto las Ystorias. 80.648 Yten, quatro mill e ochoçientos y diez maravedís que se pagaron por la correçión de la Ystoria de las Yndias al liçençiado Mármol. 4.810 Yten, dosçientos y çinquenta reales por dos Ystorias que tocaron a pagar al dicho Françisco López de las veinte que se ynbiaron a las Yndias, a Portobelo, porque aunque montaba más las dichas diez Ystorias, de consentimiento de las partes se puso en este preçio. 8.500 Yten, diez y siete mill y doscientos y çinquenta e dos reales en que se bendieron tresçientas y diez Historias de las Yndias, vendidas por el dicho Françisco López en diferentes partes, conforme un memorial que dellos tiene dado Pedro Marañón firmado de su mano, y las partes de conformidad se convinieron en que se pusiesen en esta cantidad. 586.568 [Suma] 680.526  



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Por manera que suma y monta / (fol. 617 r.) la datta dos quentos, noveçientas e quarenta y dos mill seisçientos e veinte e seis maravedís, que baxados de los tres quentos, noventa e seis mill quinientos e seis maravedís del cargo, y resta y es alcançado el dicho Julio Junti de Modesti por çiento y çinquenta e tres mill ochoçientos e ochenta maravedís con que a de acudir en reales a los dichos herederos del dicho Françisco López. [Suma] 1.687.500 / (fol. 616 r.) [Al margen derecho] Monta la datta 2 quentos, 942.626. Monta el cargo 3 quentos, 96.506. Alcançe contra el señor Julio Junti 153.880 maravedís. Con lo qual la dicha cuenta está bien e fielmente hecha a nuestro saver y entender, e lo firmamos de nuestros nombres. Jerónimo López de Castro [firmado y rubricado]. Doña Mariana de Castro [firmado y rubricado]. Tomás Junti [firmado y rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 614 r. - 617 r. 12 dicembre 2012 (informazione dalla Trobat) * [Documento n. 81 : 14/01/1612]  

[Al margine superiore sinistro] Idem. † Sappiano quanti vedranno questa carta di procura che io, María Gast, residente in questa Corte, vedova di Giacomo Giunti, defunto, che fu figlio di Lucantonio Giunti, di Venezia, e il suddetto Giacomo Giunti fu abitante della città di Salamanca e io lo sono di Medina del Campo, per me come curatrice delle persone e beni di Simón e Teresa Giunti, figli miei e del suddetto mio marito, la cui cura mi venne affidata dal tribunale di questa città dinanzi al notaio di questa carta, di cui io il notaio faccio fede, e come tale curatrice e facendo uso di tale ufficio per me e per i miei figli, stabilisco con questa carta di conferire piena procura come è necessario per legge al signor Giulio Giunti de’ Modesti, che risiede nella città di Firenze, affinché a nome mio e dei suddetti miei figli chieda, riceva e riscuota, e confessi di aver / (fol. 1361 r.) ricevuto giudizialmente o extragiudizialmente, nella via opportuna, dai beni ed eredi ed esecutori testamentari del suddetto Lucantonio Giunti, defunto, e da chi dovesse pagare in qualsiasi maniera, duecentosessantottomilaottocentoquarantacinque maravedì che dobbiamo avere dal patrimonio del suddetto Lucantonio Giunti come aiuto per le spese necessarie e di cui abbiamo bisogno io e i suddetti miei figli. E questa somma consento, da parte mia e dei miei figli, che gli venga data e pagata immediatamente dalle persone che dovessero pagarla, e io e i miei figli ne approviamo il pagamento. E darà ricevute di pagamento, di quietanza e di rivalsa sul debitore e le altre garanzie con le clausole i vincoli e le convalide, le rinunce alle leggi de non numerata pecunia e le altre che gli venissero chieste, e siano valide come se io e i miei figli le concedessimo, e le ratifico. E in merito alla riscossione provveda, agisca e faccia le pratiche giudiziarie ed extagiudiziarie necessarie, fino a riscuotere interamente il suddetto patrimonio con le spese, del quale farà uso e disporrà / (fol. 1362 r.) come gli sembrerà opportuno, che per questo gli do piena procura, lo colloco al posto mio e dei miei figli, e gli cedo formalmente i miei diritti e azioni reali, personali e misti. Questo in ragione di altrettanti duecentosessantottomilaottocentoquarantacinque maravedì che su ordine del suddetto signor Giulio Giunti ci ha prestato e pagato in suo nome in questa Corte Tommaso Giunti, suo nipote, per le suddette spese necessarie a me e ai miei figli, dal mese di novembre dell’anno passato seicentonove fino a tutto il mese di dicembre dell’anno passato seicentoundici, di cui io e i miei figli siamo soddisfatti. E poiché

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al momento non risulta, rinuncio all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi del diritto, e concedo ricevuta di pagamento per la suddetta somma e garantisco, insieme ai miei figli, che la riscossione di ciò sarà certa e sicura e, in mancanza, io e i miei figli glieli pagheremo con le spese in questa Corte, e a questo mi impegno e do potere ai tribunali competenti / (fol. 1362 v.) affinché ci sollecitino ad adempiere come a sentenza passata in giudicato. In forza di ciò così stabiliscono dinanzi al presente notaio e ai testimoni nella città di Madrid, addì quattordici del mese di gennaio del milleseicentododici, essendo testimoni il dottor Francisco Salgado e Jorge González de Guitián e Pedro Freyre de Andrada, che stanno a Madrid. E firmò la concedente, che io il presente notaio faccio fede di conoscere. María Gast. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández. Concorda. Santiago Fernández [firmato e rubricato]. A.H.P.M. Protocollo 2.010, fols. 1361 r. - 1362 r. [Documento n. 81] [Al margen superior izquierdo] Iden. † Sepan quantos esta carta de poder bieren como yo, María Gaste, residente en esta Corte, biuda de Jacome Junti, difunto, que fue hijo de Luca Antonio Junti, de Benezia, y el dicho Jacome Junti fue vezino de la ziudad de Salamanca e yo lo soy de Medina del Campo, por mí como curadora de las personas y bienes de Simón y Teresa Junti, mis hijos y del dicho mi marido, cuya curaduría me fue disçernida por la justiçia desta villa ante el escrivano desta carta, de que yo el escrivano doy fee, y como tal curadora y usando del ofiçio de tal por mí y los dichos mis hijos, otorgo por esta carta doy poder cumplido como es neçessario de derecho al señor Julio Junti de Modesti, que resside en la ciudad de Florenzia, para que en mi nombre y de los dichos mis hijos pida, resçiva y cobre y confiesse aver / (fol. 1361 r.) rescivido judiçial o extrajudiçialmente por la bía que combenga de los bienes y herederos y testamentarios del dicho Luca Antonio Junti, difunto, y de quien lo deviere pagar en qualquier manera duçientas y sessenta y ocho mill ochoçientos y quarenta y zinco maravedís que avemos de aver de la hazienda del dicho Luca Antonio Junti para ayuda de gastos nezessarios y preçissos míos y de los dichos mis hijos, y esta suma conssiento por mí y mis hijos se le dé y pague luego por las personas que lo debieren pagar y apruebo la paga por mí y mis hijos, y dé cartas de pago, finiquito, lasto y otros recaudos con las cláusulas y fuerças y firmezas, renunçiaçiones de leyes de non numerata pecunia y otras que se pidieren, y balgan como si yo y mis hijos las otorgáramos y las ratifico, y sobre la cobrança procure y autúe y haga las diligençias judiçiales y extrajudiçiales neçesarias hasta cobrar enteramente la dicha hazienda con costas, de lo qual use y disponga / (fol. 1362 r.) como le paresçiere, que le doy para ello cunplido poder, pongo en mi lugar y de mis hijos y zedo nuestros derechos y aziones reales y perssonales y mistos en forma, esto por raçón de otras tantas doçientas y sessesenta [sic] y ocho mill ochoçientos y quarenta y zinco maravedís que de horden del dicho señor Julio Junti nos a socorrido y pagado en su nombre en esta Corte Tomás Junti, su sobrino, para los dichos gastos prezissos míos y de mis hijos, desde el mes de nobiembre del año passado de seisçientos y nuebe hasta todo el mes de diçiembre del año passado de seisçientos y honçe, de que yo y mis hijos estamos entregados, y porque no pareze de presente renunçio ezepçión de la non numerata pecunia y leyes del derecho, y doy carta de pago de la dicha suma y me obligo y a mis hijos que la cobrança dello le será çierta y segura, y en defeto yo y mis hijos se lo pagaremos con las costas en esta Corte, y a ello me obligo y doy poder a las justiçias competentes / (fol. 1362 v.) de su Magestad para que nos apremien a lo cumplir como sentenzia passada en cossa juzgada, en cuya fuerça lo otorgan anssí ante el pressente

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scrivano y testigos en la villa de Madrid a catorce días del mes de henero de mill y seisçientos y doçe, siendo testigos el dotor Françisco Salgado y Jorge González de Guitián y Pedro Freyre de Andrada, estantes en Madrid y lo firmó la otorgante, a la qual yo el pressente scrivano doy fee conozco. María Gasti. Passó ante mí, Santiago Fernández. Concuerda. Santiago Fernández [firmado y rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 2.010, fols. 1361 r. - 1362 r. * [Documento n. 82 : 20/02/1612]  

[Al margine superiore sinistro] Jerónimo López e donna Mariana de Castro. Scrittura con Giulio Giunti. † Nella città di Madrid addì venti del mese di febbraio dell’anno milleseicentododici, dinanzi a me notaio e ai testimoni si presentarono, da una parte, Jerónimo López de Castro e donna Mariana de Castro, vedova, che fu moglie del contabile Antonio de Soto, che sono e rimasero eredi unici e universali di Francisco López, mercante di libri ormai defunto, che fu abitante di questa città e, dall’altra, Tommaso Giunta a nome di Giulio Giunti de’ Modesti, del quale ha la procura che, affinché risulti, mi ha dato e mi ha chiesto di incorporare qui ; e io il notaio l’ho messa e incorporata, e dice quanto segue.  

Qui la procura Conformemente alla suddetta procura il suddetto Tommaso Giunta, a nome del suddetto Giulio Giunta, da parte sua e, dall’altra, il suddetto Jerónimo López de Castro e donna Mariana de Castro, dissero che hanno fatto e liquidato un conto in ragione di quanto ricavato dalla stampa della Historia General de las Indias composta da Antonio / (fol. 605 v.) de Herrera, per la quale avevano costituito una società i suddetti Francisco López e Giulio Giunti con una scrittura di società dinanzi a Juan Moreno, notaio di sua Maestà, il cinque dicembre dell’anno passato milleseicentocinque, che venne rogata per questo, e per libri di altra specie che vennero dati da una parte all’altra, per le spese di stampa e di vendita delle Historias e per altre cose. La consegnano firmata coi loro nomi in originale a me notaio e mi hanno chiesto di metterla qui: e io il notaio l’ho messa, e dice quanto segue. Qui il conto Il quale suddetto conto per sé e a nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti approvano, accettano e danno per buono e ben fatto e vogliono che sia osservato in ogni momento così come [cassato : po] avrebbe dovuto essere osservato se per farlo avessero nominato contabili per le loro parti e fosse stato approvato giudizialmente e da essi accettato, essendo com’è certo e veritiero e, non essendoci errore a danno di nessuna delle parti, così vogliono osservarla. E il suddetto Tommaso Giunti impegnò il suddetto Giulio Giunti ad acconsentire, ed egli a / (fol. 606 r.) suo nome acconsente da subito come se realmente e veramente così gli venisse ordinato con una sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, e confessa che il saldo che con essa si presenterà al suddetto Giulio Giunti è corretto e veritiero e come tale lo pagherà in contanti ai suddetti eredi del suddetto Francisco López, e per essi vuole essere pacificamente precettato. E a causa del fatto che delle suddette Historias oggigiorno c’è un’intera partita in possesso dei suddetti e altre sono state vendute e, poiché questo non è stato menzionato nel suddetto conto, si dichiara che i suddetti eredi devono consegnare al suddetto Tommaso Giunta nel suddetto nome le Historias in essere. E poiché di queste ai suddetti eredi spetta la quarta parte, conformemente alla suddetta  

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società, a beneficio di ciò il suddetto Tommaso Giunta deve dare e pagare ai suddetti mille reali in contanti, di modo che, insieme ai centocinquantatremilaottocentottanta maravedì del suddetto saldo, quel che così deve pagare loro somma e ammonta a centottantasettemilaottocentottanta maravedì. E nel pagarglieli / (fol. 606 v.) i suddetti eredi gli devono consegnare le suddette Historias che sono in essere, e inoltre gli devono dare soddisfazione per le Historias che avessero venduto per la somma di cinquanta reali cadauna, detraendo la quarta parte che spetta agli eredi. Con la qual cosa si esimono l’una e l’altra parte da ogni qualsivoglia dare e avere che ci sia stato fino al giorno d’oggi, e il suddetto Tommaso Giunta nel suddetto nome dà loro ricevuta di pagamento e quietanza per tutto ciò, tanto dei conti in sospeso mentre Francisco López era in vita quanto poi qui. E, per lo stesso accordo, gli eredi del suddetto Francisco López la danno al suddetto Giulio Giunti, perché entrambe le parti confessano con questo conto di essere soddisfatte, e rinunciano in ragione di ciò a qualsiasi legge di cui potrebbero avvalersi e si concedono formale quietanza, e si impegnano e impegnano il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti a non andare contro ciò in alcun modo; e se lo facessero non sia valido per loro, né abbiano udienza a tale merito in giudizio o fuori di esso : anzi, supplicano qualsiasi tribunale dinanzi al quale si provasse a chiedere qualcosa di dichiarare con una sua sentenza il doversi, / (fol. 607 r.) come si deve e bisogna, osservare questa quietanza, così come in essa e nel suddetto conto si dichiara. E per l’adempimento, pagamento e osservanza di quanto detto e di ogni cosa e parte di ciò impegnarono, il suddetto Tommaso Giunti la persona e i beni del suddetto Giulio Giunti sua parte, e i suddetti Jerónimo López e donna Mariana de Castro le loro persone e beni mobili e immobili avuti e da avere. E per l’esecuzione e il compimento di ciò, per sé e nel suddetto nome, diedero tutta la loro piena procura a qualsiasi giudice e tribunale dei Regni e Domini di sua Maestà dinanzi al quale venisse presentata questa scrittura e per quanto in essa contenuto venisse chiesta esecuzione e compimento di giustizia, alla giurisdizione dei quali, e di ciascuno di essi, si sottomisero. E rinunciarono per sé e nel suddetto nome al loro proprio statuto locale, giurisdizione e residenza, e alla legge si convenerit [sic], affinché con ogni rigore di legge e giudizio esecutivo li costringano a ciò come se fosse sentenza definitiva di giudice competente passata in giudicato, e rinunciarono a qualsiasi legge a loro favore e a quella generale del diritto. E così stabilirono dinanzi a me notaio pubblico, essendo testimoni Francisco de Robles e Pedro Marañón e Luis de Camargo, residenti a Corte. E i concedenti, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmarono. Appare emendato : de Castro. E cancellato : po. Jerónimo López de Castro [firmato e rubricato]. Donna Mariana de Castro [firmato e rubricato]. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Alejo de Herrera [firmato e rubricato]. Ricevetti come diritti quattro reali e nient’altro, dei quali faccio fede [rubricato].  





A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 605 r. - 607 r. * [Documento n. 82] [Al margen superior izquierdo] Gerónimo López e doña Mariana de Castro. Scriptura con Julio Junti. † En la villa de Madrid a veinte días del mes de febrero de mill e seiscientos e dose años ante mí el scrivano e testigos parecieron de la una parte Gerónimo López de Castro e doña Mariana de Castro, viuda, muger que fue del contador Antonio de Soto, herederos únicos e universales que son e quedaron de Françisco López, mercader de libros, ya difunto, vezino

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que fue desta villa, y de la otra Tomás de Junta, en nombre de Julio Junti de Modesti, de quien tiene poder, que para que conste lo dio a mí el escrivano e me pidió aquí le yncorpore, e yo el escrivano le pusse e yncorporé, cuyo thenor es el siguiente. Aquí el poder En conformidad del dicho poder el dicho Tomás de Junta, en nonbre del dicho Julio de Junta, por su parte, e de la otra los dichos Gerónimo López de Castro e doña Mariana de Castro, dixeron que tienen fecha e liquidada cuenta en raçón de lo proçedido de la ynpresión de la Ystoria General de las Yndias conpuesta por Antonio / (fol. 605 v.) de Herrera, en que tenían compañía los dichos Françisco López e Julio de Junti por escriptura de compañía ante Joan Moreno, scrivano de su Magestad, en çinco de diçienbre del año passado de mill e seisçientos e cinco, que para ella se dio, e libros de otras facultades que de una a otra parte se dieron, costas de la ynpresión e venta de las Historias y otras cosas, la qual firmada de su nonbre originalmente entregan a mí el escrivano e me pidieron aquí la ponga, e yo el escrivano la pusse, cuyo thenor es el siguiente. Aquí la cuenta La qual dicha cuenta por sí y en nombre del dicho Julio Junti de Modesti aprueban, consienten e dan por buena e bien fecha e quieren se guarde en todo tiempo según e como se [tachado : po] devía guardar si para la hazer ovieran nonbrado contadores por su parte e judiçialmente se oviera aprobado e por ellos fuera conssentida, por ser como es cierta e verdadera y no aver herror contra ninguna de las partes e ansí quieren guardarla, y el dicho Tomás de Junti obligó al dicho Julio Junti consentirá, y él en / (fol. 606 r.) su nonbre consiente desde luego como si real e verdaderamente ansí se le mandara por sentençia difinitiba de juez conpetente pasada en cosa juzgada, e confiessa que el alçançe que por ella se le hiziere al dicho Julio Junti, es çierto e verdadero e como tal lo pagará de contado a los dichos herederos del dicho Françisco López, e para ellos quiere se le execute llanamente. Y a caussa de que de las dichas Ystorias oy en día ay entera cantidad dellas en poder de los dichos herederos y otras se an bendido y en quanto a esto no se a mençionado en esta cuenta, se declara que los dichos herederos an de entregar al dicho Tomás de Junta en el dicho nonbre las Ystorias que oviere en ser, e porque destas les toca a los dichos herederos la quarta parte conforme a la dicha conpañía por este benefiçio a de dar e pagar el dicho Tomás de Junta a los susodichos de contado mill reales, por manera que juntos con los çiento e çinquenta e tres mill ochoçientos e ochenta maravedís del dicho alcançe suma e monta lo que ansí les a de pagar çiento e ochenta y siete mill e ochoçientos e ochenta maravedís, y pagándoselos / (fol. 606 v.) los dichos herederos le an de entregar las dichas Ystorias que ay en ser, y demás le an de satisfaçer de las Ystorias que ubiere vendidas a raçón de çinquenta reales cada una, baxando la quarta parte que toca a los dichos herederos. Con lo qual se apartan la una e otra parte de todos e qualesquier dares e tomares que ayan tenido hasta el día de oy, y el dicho Tomás de Junta en el dicho nombre les da carta de pago e finiquito de todo ello, ansí de cuentas pendientes durante la vida del dicho Françisco López como después acá, y en la misma conformidad los herederos del dicho Françisco López la dan al dicho Julio de Junti porque confiesan con esta quenta anbas partes están satisfechas, e renunçian en raçón de qualesquier leyes de que se podían aprobechar e se dan finequito en forma, y se obligan y obligan al dicho Julio de Junti de no ir contra ello en manera alguna, e si lo hiçieren no les vala, ni sobre ello sean oydos en juiçio ni fuera del, antes suplican a qualesquier justiçias ante quien se yntentare a pedir alguna cosa por su sentençia declaren deverse / (fol. 607 r.) como se deve y a de guardar este finiquito, según e como en el y en la dicha cuenta se declara. E para el cumplimiento, paga y guarda de lo que dicho es y de cada  

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una cosa y parte dello obligaron el dicho Tomás Junti la persona y bienes del dicho Julio Junti, su parte, y los dichos Gerónimo López y doña Mariana de Castro sus personas e bienes muebles y raíçes avidos y por aver. E para la execuçión y cumplimiento dello,por sí y en el dicho nonbre,dieron todo su poder cumplido a qualesquier jueçes e justiçias de los Reinos e señoríos de su Magestad ante quien esta escriptura se presentare y de lo en ella contenido pedido execuçión y cunplimiento de justicia, a la jurediçión de las quales y de cada una dellas se sometieron e renunçiaron por sí y en el dicho nombre su propio fuero, jurediçión y domiçilio y la lei si convenerit para que por todo rigor de derecho y bía executiba a ello les conpelan como si fuese sentençia difinitiba de juez competente pasada en cosa juzgada, y renunciaron qualesquier leyes de su fabor e la general del derecho, e lo otorgaron ansí ante mí el escrivano público, siendo testigos Françisco de Robles e Pedro Marañón e Luis de Camargo, residentes en Corte, y los otorgantes, a quien yo el escrivano doy fee que conozco, lo firmaron. Va enmendado : de Castro. Testado : po. Jerónimo López de Castro [firmado y rubricado]. Doña Mariana de Castro [firmado y rubricado]. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Alexo de Herrera [firmado y rubricado]. Reciví de derechos quatro reales e no más, de que doy fee [rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 605 r. - 607 r. * [Documento n. 83 : 27/02/1612]  

[Al margine superiore sinistro] Tommaso Giunti per Giulio Giunti. Ricevuta di pagamento. † Nella città di Madrid addì ventisette del mese di febbraio dell’anno milleseicentododici, dinanzi a me notaio e ai testimoni si presentò Jerónimo López de Castro, uno degli eredi rimasti per il decesso e morte di Francisco López, mercante di libri, che fu abitante di questa città, e dichiarò che il suddetto suo padre ebbe un certo conto con Giulio Giunti de’ Modesti e per liquidarlo Tommaso Giunti, in suo nome, lo liquidò dinanzi a me notaio il venti del presente mese e anno. E per questo il suddetto Jerónimo López e donna Mariana de Castro, sua sorella, avanzavano dal suddetto Giulio Giunti centottantasettemilaottocentottanta maravedì ; e oltre alla suddetta somma devono avere e vengono accreditati ai suddetti eredi cinquemilatrecentoquattro maravedì della quarta parte di ventisei Historias che sono risultate vendute oltre alle trecentodieci dichiarate nel suddetto conto, di modo che quel che devono avere ammonta tutto insieme a centonovantatremilacentottantaquattro maravedì, dei quali gli spetta / (fol. 637 v.) per la sua metà novantaseimilacinquecentonovantaquattro maravedì, che il suddetto Tommaso Giunti nel suddetto nome vuole pagare a lui. Pertanto stabilisco di aver ricevuto dal suddetto Tommaso Giunti, in nome del suddetto Giulio Giunti, suo zio, i suddetti novantaseimilacinquecentonovantaquattro maravedì, dei quali si considerò ben contento, rispettato e soddisfatto nella sua volontà, in quanto confessò di averli ricevuti e di averli presi con sé e in suo possesso realmente e con effetto. E in ragione del fatto che al momento non risulta la consegna di essi, rinunciò all’eccezione e alla pecunia e alle leggi della consegna e della prova del pagamento e alle ulteriori che trattano di tale materia, come in esse e in ciascuna di esse è contenuto. E poiché soddisfatto, gli concesse formale ricevuta di pagamento e quietanza, con la qual cosa confessò di essere / (fol. 638 r.) interamente ripagato e soddisfatto per ogni diritto che, come uno dei due eredi del suddetto Francisco López, aveva verso il suddetto Giulio Giunti, e per non richiedergli cosa alcuna. E si impegno a considerarsi ben ripagato e a non chiederglieli un’altra volta in nessuna maniera e, se glieli chiedesse, glieli restituirà pacificamente, alla qual cosa si impegnò formalmente, diede potere ai tribunali e la considerò come sentenza definitiva passata in giudicato. E lo stabilì  

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dinanzi a me notaio, essendo testimoni Jerónimo Fernández, notaio collegiato, e Francisco Martínez e Martín Uriarte, residenti a Corte. E il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, firmò. Jerónimo López de Castro [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Alejo de Herrera, [firmato e rubricato]. Ricevetti diritti, due reali e nient’altro, dei quali faccio fede [rubricato]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 637 r. - 638 r. [Documento n. 83] [Al margen superior izquierdo] Tomás de Junti por Julio Junti. Carta de pago. † En la villa de Madrid a veinte y siete días del mes de febrero de mill e seisçientos e doçe años, ante mí el scrivano e testigos pareçió Gerónimo López de Castro, uno de los herederos que quedaron por la fin y muerte de Françisco López, mercader de libros, su padre, vezino que fue desta villa, e dixo que el dicho su padre tuvo çierta cuenta con Julio Junti de Modesti y para la liquidar Tomás de Junti, en su nombre, la liquidó ante mí el scrivano en veinte del presente mes y año, e por ella el dicho Gerónimo López e doña Mariana de Castro, su hermana, le alcançaron al dicho Julio de Junti en çiento y ochenta e siete mill ochoçientos e ochenta maravedís, y demás de la dicha cantidad an de aver y se les açen buenos a los dichos herederos çinco mill tresçientos e quatro maravedís de la quarta parte de veinte y seis Historias que an pareçido más vendidas de las tresçientas e diez que se declara en la dicha cuenta, por manera que todo junto lo que an de aver monta çiento e noventa e tres mill e çiento e ochenta e quatro maravedís, de que le cave / (fol. 637 v.) de su mitad noventa e seis mill quinientos e noventa y quatro maravedís, los quales el dicho Tomás de Junti en el dicho nombre le quiere pagar. Por tanto otorgo aver reçivido del dicho Tomás de Junti, en nombre del dicho Julio de Junti, su tío, los dichos noventa e seis mill quinientos e noventa e quatro maravedís, de los quales se dio por bien contento, entregado y satisfecho a su boluntad por quanto confesó abellos reçivido e pasado a su parte e poder realmente y con efeto, y en raçón de la entrega dellos por no pareçer de presente renunçió la eçebçión e la pecunia e leyes de la entrega e prueba de la paga y las demás que en raçón dello hablan, como en ellas y en cada una dellas se contiene, e como satisfecho le otorgó carta de pago e finiquito en forma con que confesó está / (fol. 638 r.) enteramente pagado y satisfecho de todo el derecho que como uno de dos herederos del dicho Françisco López tenían contra el dicho Julio de Junti para no le pedir cosa alguna, e se obligó a que está bien pagado y no se le pedirá otra vez en manera alguna, y si se le pidiere lo bolberá llanamente, a que se obligó en forma, dio poder a las justiçias e lo reçivió por sentençia difinitiba pasada en cosa juzgada, e lo otorgó ante mí el scrivano, siendo testigos Gerónimo Fernández, scrivano del número, y Françisco Martínez e Martín Uriarte, residentes en Corte, y el otorgante, a quien yo el scrivano doy fee que conozco, lo firmó. Jerónimo López de Castro [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Alexo de Herrera [firmado y rubricado]. Reçiví derechos, dos reales y no más, de que doy fee [rubricado]. A.H.P.M. Protocolo 2.754, fols. 637 r. - 638 r. * [Documento n. 84 : 12/02/1615]  

[Al margine superiore sinistro] Jerónimo Lanza e Tommaso Giunti. Obbligazione. [Al margine sinistro] Fatto. † Sappiano quanti vedranno questa carta di obbligazione che io, Martín de Córdoba, mercante di libri, residente in questa Corte, stabilisco che devo e mi obbligo a pagare ventimila-

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novecentosessantasette reali da trentaquattro maravedì ciascuno, che valgono settecentododicimilaottocentosettantotto maravedì, in questa maniera : novemilasettecentosettantasette reali a Jerónimo Lanza e Tommaso Giunti, residenti in questa Corte, pagati in questa maniera : tremilasettecentosessantasette reali per la fine del mese di aprile del presente anno milleseicentoquindici e i rimanenti seimila reali glieli pagherò per metà da oggi, giorno della data di questa scrittura, a un anno e per l’altra metà da oggi, il suddetto giorno, a due anni, pagati ai suddetti Lanza e Giunti o a colui che avrà la loro procura in questa città di Madrid. E i rimanenti undicimiladuecento reali per il raggiungimento della suddetta somma di ventimilanovecentosessantasette reali li darò e li pagherò a Esteban Bril, mercante di libri, abitante di Lione di Francia, residente in questa Corte, per altrettanti che Bernardo Giunti e Giovan Battista Ciotti, di Venezia, devono agli eredi di Guillaume Rouillé di Lione di Francia, come risulta da una scrit- / (fol. 77 v.) tura per duemilanovecentoquindici lire tornesi e otto soldi e due denari, moneta di Francia che, ridotte d’accordo e di concerto alla moneta di questi Regni, ammontano ai suddetti undicimiladuecento reali e sono in ragione e come somma residua di tutti i libri che i suddetti eredi di Rouillé hanno inviato a questa casa di Madrid dalla Compagnia dei suddetti Giunti e Ciotti e per loro conto, i quali aveva ricevuto Alberto Puche come loro agente, come più dettagliatamente consta nella suddetta scrittura di obbligazione che il suddetto Alberto Puche come tale agente e procuratore dei suddetti Giunti e Ciotti e Compagnia stipulò a favore dei suddetti eredi di Rouillé dinanzi a me notaio addì ventitré del mese di ottobre dell’anno passato seicentotredici. Mi impegno a riscuotere la suddetta obbligazione dal suddetto Esteban Bril con ricevuta di pagamento sua, data a nome dei suddetti eredi di Rovile e in virtù della procura che da essi ha ; la quale suddetta ricevuta di pagamento deve dare a favore dei suddetti Giunti e Ciotti e del suddetto Alberto Puche, obbligato a ciò come tale procuratore dei suddetti. E gliela devo consegnare dalla data di questa / (fol. 78 r.) scrittura scrittura entro un mese, e a ciò voglio essere sollecitato con rigore e giudizio esecutivo. I quali suddetti ventimilanovecentosessantasette reali mi impegno a dare e pagare ai sopraddetti nella forma suddetta in ragione e come prezzo di una partita di libri che ho comprato dai sopraddetti, e la suddetta somma si è raggiunta in questa maniera : novemilanovecentosettantaquattro lire di Venezia, a cui ammontò una partita di libri stampati dall’Italia, che le suddette novemilanovecentosettantaquattro lire fanno milleseicentosettantadue ducati di Venezia e un tomino, che calcolato a otto reali a ducato ammonta a tredicimiladuecentonovantotto reali. 13.298 Item, un’altra partita di libri stampati dalla Francia e dalla Germania, che ammontò a millecentoquattordici lire e undici soldi tornesi, moneta di Francia, / (fol. 78 v.) alla quota di tre reali e mezzo ogni lira, che ammonta a tremilanovecentouno reali. 3.901 Item, un’altra partita di libri stampati in Spagna, che ammontò a centocinquantasette risme che, alla quota di ventiquattro reali ciascuna, ammonta tremilasettecentosessantotto reali. 3.768 Che tutti i suddetti importi ammontano ai suddetti ventimilanovecentosessantasette reali e, oltre e al di là dei libri delle suddette tre partite mi hanno dato e consegnato come riparazione per i prezzi che erano stati aumentati nella suddetta memoria e per i libri difettosi e macchiati che c’erano e per altri incompleti che ce n’erano, la somma di duemiladuecento lire di Venezia / (fol. 79 r.) in libri di Venezia. Con la quale suddetta riparazione io rimango contento e soddisfatto e non ho né mi resta né mi deve restare nessun diritto né nessuna azione per chiedere loro di farmi uno sconto sui prezzi aumentati che ci sono nella memoria dei suddetti libri che così compro da loro, di rifondermi i difetti che vi fossero nelle copie, nei quaderni e nei quinterni, né di cambiarmi quelli macchiati, perché per tutto ciò rimango interamente ripagato e soddisfatto con la suddetta riparazione. E questi suddetti libri che  







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così compro da loro sono i medesimi che per ordine del signor dottor Vareda, luogotenente del correggitore di questa città, [cassato. gli si] hanno ricevuto a nome e come mandatari di Bernardo Giunti e Giovan Battista Ciotti e Compagnia, rimasti in essere e invenduti tra quelli che aveva in suo possesso Alberto Puche, defunto, che fu loro agente in questa città. [al margine sinistro : salario] E per i suddetti libri mi reputo soddisfatto perché li ricevo [al margine sinistro : ipoteca dei libri] / (fol. 79 v.) e passo in mio possesso in presenza del presente notaio e dei testimoni di questa carta, della quale consegna e ricezione io il notaio faccio fede. E in quanto soddisfatto per essi do loro ricevuta di pagamento e, se fosse necessario uscire fuori da questa città o mandare a fare la suddetta riscossione o fare alcuna pratica per l’esecuzione di questa scrittura, possano i suddetti Tommaso Giunti e Jerónimo Lanza in nome delle loro parti andare o inviare un persona a mie spese con salario di quindici reali per ogni giorno di andata, permanenza e soggiorno. E per il suddetto salario voglio essere sottoposto a esecuzione forzata come per il capitale ; e in quanto ai giorni nei quali la tale persona venisse impiegata per la suddetta riscossione mi rimetto da subito al loro giuramento decisorio e li esonero da altra garanzia, e voglio che il suddetto salario sia conteggiato anche se venisse impiegato per la riscossione del suo stesso salario. E oltre alla generale obbligazione che farò della mia persona e beni, senza derogarla, anzi al contrario, obbligo e ipoteco per il pagamento e la garanzia di questo debito i suddetti libri, che siano per sempre obbligati e ipotecati in questo debito e passino con il medesimo carico a qualsiasi terzo possessore. E per il pagamento e il compimento di quanto detto mi impegno con la mia persona e i beni immobili e mobili avuti e da avere e do potere ai tribunali e ai giudici di sua Maestà di qualsiasi luogo essi siano, al cui statuto locale mi sottometto, e come speciale sottomissione mi sottometto ai signori giudici della Casa e Corte di sua Maestà, al correggitore e al suo luogotenente di questa città di Madrid e ai suoi luogotenenti, e rinuncio al mio statuto locale, giurisdizione e residenza e alla legge sit convenerit de iurisditione omnium iudicum, e accolgo ciò come sentenza passata in giudicato ; rinuncio alle leggi e ai diritti a mio favore e a quella generale. E noi, i suddetti Jerónimo Lanza e Tommaso Giunti, in nome di Bernardo Giunti e Giovan Battista Ciotti e in virtù delle procure che da essi abbiamo, come è noto, che siamo stati presenti a quanto sopra detto e contenuto e dichiarato in questa scrittura, stabiliamo di farla in nome delle nostre parti per far uso di essa come in essa contenuto. E tutti e tre così stabiliamo dinanzi al presente notaio e ai testimoni / (fol. 80 v.) nella città di Madrid addì dodici del mese di febbraio dell’anno milleseicentoquindici, essendo testimoni Pedro Marañón e Felipe Dávila e Juan de Moratas, che stanno in questa Corte. E firmò il concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere; e parimenti firmarono Jerónimo Lanza e Tommaso Giunti, che parimenti conosco. Cancellato : gli si. Emendato : mi considero, cure che. Martín de Córdova [firmato e rubricato]. Jerónimo Lanza [firmato e rubricato]. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Julián Lozano, notaio [firmato e rubricato]. Diritti, tre reali, e non mi presi altro, faccio fede [rubricato].  











A.H.P.M. Protocolo 3.258, fols. 77 r. - 80 v. [Documento n. 84] [Al margen superior izquierdo] Jerónimo Lanza y Tomás Junti. Obligaçión. [Al margen izquierdo] Fecho. † Sepan quantos esta carta de obligaçión vieren como yo, Martín de Córdoba, mercader de libros, residente en esta Corte, otorgo debo y me obligo de pagar veinte mill y noveçientos y sesenta y siete reales de a treinta y quatro maravedís cada uno, que valen seteçientos y

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doze mill y ochoçientos y setenta y ocho maravedís, en esta manera. Los nuebe mill y sieteçientos y sesenta y siete reales a Jerónimo Lanza y Tomás Junti, residentes en esta Corte, pagados en esta manera ; los tres mill y seteçientos y sesenta y siete reales para en fin del mes de abril deste presente año de mill y seisçientos y quinze, y los seis mill reales restantes les pagaré la mitad dellos para de oy día de la fecha desta scriptura en un año y la otra mitad de oy dicho día en dos años, pagados a los dichos Lanza y Junti o a quien su poder obiere en esta villa de Madrid. Y los honze mill y duçientos reales restantes a cunplimiento de la dicha suma de veinte mill nuebezientos y sesenta y siete reales daré y pagaré a Esteban Bril, mercader de libros, veçino de León de Franzia, residente en esta Corte, por tantos que Bernardo Junti y Juan Bautista Çioti, de Benenzia, deben a los herederos de Guillermo Robilli, de León de Françia, como pareze por una es- / (fol. 77 v.) critura, de dos mill y nuebeçientos y quinze libras torneses y ocho sueldos e dos dineros, moneda de Franzia, que reduçidas de acuerdo y conzierto a la moneda destos Reynos montan los dichos honze mill y duçientos reales y son por raçón y de resto de todos los libros que los dichos herederos de Robilli an ynbiado a esta cassa de Madrid de la Conpañía de los dichos Junti y Zioti y por su quenta, los quales abía resçibido Alberto Puche como su ajente, como más largamente consta por la dicha escriptura de obligaçión que el dicho Alberto Puche, como tal ajente fator de los dichos Junti y Zioti y Conpañía otorgó en fabor de los dichos herederos de Robilli por ante mí el scrivano en veinte y tres días del mes de otubre del año pasado de seisçientos y treze, la qual dicha obligaçión me obligo de cobrar del dicho Esteban Bril con carta de pago suya dada en nombre de los dichos herederos de Robilli y en birtud del poder que dellos tiene, la qual dicha carta de pago a de dar en fabor de los dichos Junti y Zioti y del dicho Alberto Puche, en ella obligado como tal fator de los susodichos, y se la he de entregar de la fecha desta / (fol. 78 r.) escriptura en un mes, y a ello quiero ser apremiado con rigor y bía executiba. Los quales dichos veinte mill y nuevezientos y sesenta y siete reales me obligo de dar y pagar a los susodichos en la forma dicha por raçón y de presçio de una partida de libros que he conprado a los susodichos, que montan la dicha suma en esta manera. Nuebe mill y nuebeçientos y setenta y quatro libras de Venenzia que montó una partida de libros de ynprisiones de Ytalia, que las dichas nuebe mill y nuebezientas y setenta y quatro libras hazen mill y seisçientos y sesenta y dos ducados de Venenzia y un tomín ( ?), que contado a ocho reales por ducado montan treze mill y duçientos y noventa y ocho reales. 13.298 Yten, otra partida de libros de ynprisiones de Françia y Alemania, que montó mill y ziento y catorze libras y honze sueldos torneses, moneda de Franzia, / (fol. 78 v.) a raçón de a tres reales y medio cada libra, que montan tres mill y nuebeçientos y un reales. 3.901 Yten, otra partida de libros de ynprisiones de España, que montó çiento y zinquenta y siete rezmas, a raçón de a veinte y quatro reales cada una, montan tres mill y seteçientos y sesenta y ocho reales. 3.768 Que todas las dichas partidas montan los dichos veinte mill noveçientos y sesenta y siete reales, y además y açiende de los libros de las dichas tres partidas me an dado y entregado por refaçión de los prezios que abía subidos en la dicha memoria y libros que abía faltos y mareados y de otros que abía tuncados, cantidad de dos mill y doçientas y treinta libras de Venenzia / (fol. 79 r.) en libros de Venezia, con la qual dicha refaçión yo quedo contento y satisfecho y no tengo ni me queda ni a de quedar derecho ni açión ninguna para les pedir que me hagan vaxa de los presçios subidos que ay en la memoria de los dichos libros que ansí les conpro, ni que me cunplan las faltas que tubieren de querpos, pliegos ni quadernos, ni me truequen los mareados, porque de todo hello quedo enteramente pagado y satisfecho con la dicha refaçión, y estos dichos libros que ansí les conpro son los mesmos que por mandamiento del señor liçençiado Vareda, teniente de corexidor desta dicha villa, [tachado :  





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se le] an reszibido en nombre y como procuradores de Bernardo Junti y Juan Bautista Zioti y Conpañía, que quedaron suyos en ser y por vender de los que tenía en su poder Alberto Puche, difunto, su ajente que fue en esta dicha villa, [al margen izquierdo : salario] y de los dichos libros me doy por entregado porque los reszibo [al margen izquierdo : ypoteca de los libros] / (fol. 79 v.) y paso a mi poder en presençia del presente escrivano y testigos desta carta, de la qual entrego y reszibo, yo el scrivano doy fe, y como entregado dellos les doy carta de pago. Y si fuere nezesario salir fuera desta dicha villa o ynbiar a la dicha cobranza o hazer alguna dilijençia de la execuçión desta escriptura puedan los susodichos Tomás Junti y Jerónimo Lanza, en nombre de sus partes, yr o ynbiar una persona a mi costa con salario de quinze reales en cada un día de ida, estada y buelta, y por el dicho salario quiero ser executado como por el prinçipal, y en quanto a los días que la tal persona se ocupare en la dicha cobranza desde luego lo dexo diferido en su juramento dezisorio y le reliebo de otro recado, y quiero que el dicho salario les cora [sic] aunque se ocupe en su cobranza del mismo salario. Y demás de la general obligaçión que de mi persona y bienes en esta scriptura haré, la qual no derogando ni por el contrario obligo e ypoteco a la paga y seguridad desta deuda los dichos libros que ansí e conprado de los susodichos, que son los mismos que oy dicho día les entregué, de que me otorgaron carta de pago ante el presente scrivano oy dicho día, y se los entregué por mandamiento de la justiçia, / (fol. 80 r.) para que los dichos libros sienpre estén obligados e ypotecados a esta deuda y pasen con la misma carga a qualquier terçero posehedor. Y para la paga y cunplimiento de lo que dicho es obligo mi persona y bienes rayzes y muebles abidos e por aver y doy poder a las justiçias e juezes de su Magestad de qualesquier partes que sean, a cuyo fuero me someto, y por espezial sumisión me someto a los señores alcaldes de la Casa y Corte de su Magestad, corexidor y teniente desta villa de Madrid y sus tenientes, y renunçio mi fuero, jurisdiçión y domizilio y la ley sit convenerid de jurisdiçione oniun judicun, y resçíbolo por sentençia pasada en cosa juzgada, renunzio las leyes y derechos de mi fabor y la general. Y nos, los dichos Jerónimo Lanza y Tomás Junti, en nombre de Bernardo Junti y Juan Bautista Zioti y en birtud de los poderes que dellos tenemos, que es notorio que hemos estado presentes a lo susodicho y que se contiene y declara en esta scriptura, otorgamos la azemos en nombre de nuestros partes para usar della como en ella se contiene, y todos tres lo otorgamos ansí ante el presente scrivano y testigos / (fol. 80 v.) en la villa de Madrid a doze días del mes de hebrero de mill y seisçientos y quinze años, siendo testigos Pedro Marañón y Felipe Dábila y Juan de Moratas, estantes en esta Corte, y lo firmó el otorgante, que yo el scrivano doy fe conozco, y ansimismo lo firmaron Jerónimo Lanza y Tomás Junti, que asimismo conozco. Testado : se le. Enmendado : me doy, deres que. Martín de Córdova [firmado y rubricado]. Gerónimo Lanza [firmado y rubricado]. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Julián Lozano, scrivano [firmado y rubricado]. Derechos, tres reales, y no llevé más, doy fe [rubricado].  







A.H.P.M. Protocolo 3.258, fols. 77 r. - 80 v. * [Documento n. 85 : 16/02/1619]  

[Al margine superiore] Giudizio esecutivo di Tommaso Giunti contro il patrimonio di Giulio Giunti de’ Modesti. Corretto. † Nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo e della sovrana Regina degli angeli, la sua benedettissima Madre Nostra Signora, sappiano quanti vedranno questa carta di testamento che io, Tommaso Giunti, stampatore del Re nostro signore, residente a [cassato : es] Corte, figlio  

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di Bernardo Giunti, dico che Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, che riposi nella santa gloria, morì di morte naturale in questa Corte il ventisette gennaio appena passato di questo anno milleseicentodiciannove. Questi in differenti occasioni durante questo ultimo viaggio a questa Corte dalla città di Firenze, di cui era originario, siccome ormai vecchio, desideroso e bramoso di predisporre le cose della sua anima come cattolico cristiano [al margine sinistro : 55.000, 28.000, 2.100, 1.275, 1.400, 214. [Suma] 90.089] / (fol. 655 v.) e di predisporre quelle del suo patrimonio, me le comunicò per portarlo a esecuzione; e avendo cominciato a disporlo, la malattia della quale morì lo incalzò così velocemente che non ebbe tempo di dichiarare e spacificare [sic] con la distinzione e chiarezza opportune. E in ragione del fatto che gli mancava il suddetto tempo e avendomi comunicato le cose che riguardavano le sue disposizioni circa la sua anima e circa il suo patrimonio, sapendo quanto io l’amassi e conoscessi tutti i suoi affari, mi diede la procura per fare il suo testamento e le sue disposizioni dinanzi a Pedro de Aguilera, notaio di sua Maestà presso questa Corte, il suddetto giorno ventisette di gennaio di quest’anno. E sebbene / (fol. 634 r.) in esso si segnalino alcune delle cose principali e necessarie, volendo – e lo voglio – compiere la sua volontà e fare il suo testamento, per giustificazione dello stesso chiedo che venga inserita in questa scrittura la suddetta procura: e io il notaio l’ho inserita, e dice quanto segue. [Al margine sinistro] Procura. Nel nome della Santissima Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, e della sovrana Regina degli angeli, Madre di Nostro Signore Gesù Cristo, la quale supplico di pregare il suo prezioso Figlio di dirigere le mie cose a gloria e servizio suo e degli altri santi del cielo, sia noto a coloro che vedranno questa pubblica scrittura di procura per fare testamento che io, Giulio Giunti de’ / (fol. 634 v.) Modesti, residente in questa Corte, trovandomi come mi trovo a letto malato di malattia corporale, nella mia facoltà di giudizio e di naturale intendimento, dico di aver comunicato le cose della mia anima e dell’alleggerimento della mia coscienza a Tommaso Giunti, mio nipote, figlio di Bernardo mio fratello, stampatore del Re nostro signore, che attualmente si trova presso la suddetta imprenta real, del quale poiché è un così buon nipote ho piena fiducia [che] farà per me tutto ciò che riguarderà la mia anima, suffragi e discarico di essa, poiché in vita l’ho sperimentato e visto; poiché è più o meno da ventotto anni che si è occupato della mia casa e della mia attività, con miglioramento e beneficio di essa, facendosi carico / (fol. 655 r.) di tutti gli affari e i lavori che durante il suddetto periodo ci sono stati, che senza di lui e le sue buone cure non si sarebbero potuti condurre; per avermi aiutato con la sua persona e con il suo patrimonio; che, oltre a restituirglielo, gli sono debitore di tutti i suddetti ventotto anni in cui è stato presso la suddetta imprenta real senza aver ricevuto finora altro che il pasto ordinario e pochi reali; per la qual cosa deve ben meritare quattromila ducati oltre a quanto ricevuto, il cui riconoscimento e pagamento di essi voglio che gli venga fatto e lo dichiaro e consento come debito dovuto. Inoltre riconosco che se qualcosa ho avuto e ho, è perché lo ha ottenuto Tommaso Giunti, mio nipote, / (fol. 655 v.) con la sua industria e la sua buona intelligenza ; e così, soddisfatto e riconoscendo questa verità, tenendola nella debita considerazione affinché sia pagato, e desideroso che vengano approntate e disposte le cose della mia anima e del mio patrimonio, stabilisco con questa carta di conferire la mia piena procura, quella che per legge si richiede ed è necessaria, a Tommaso Giunti, mio nipote, affinché faccia e prepari il mio testamento e ultima volontà e in esso ordini e faccia compiere subito dopo che io sarò morto le cose in suffragio, messe ed elemosine, della mia anima, quelle che gli parrà opportuno, e renda grazie alle persone con le quali ho delle obbligazioni e faccia loro i lasciti che desidera e quelli obbligatori ; e liquidi e riscuota tutto ciò che mi fosse / (fol. 656 r.) dovuto, occupandosi – e se ne occuperà – di ciò il suddetto Tommaso Giunti, e facendo – e farà – le pratiche necessarie in qualsiasi caso. E prepari e faccia il suddetto mio testamento come ho comunicato a lui e come gli parrà opportuno e, una volta preparato, faccia il codicillo o i codicilli e disponga,  





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prepari e porti alla dovuta esecuzione ciò che convenisse per chiarezza di tutto ciò che spetta al suffragio della mia anima, a compimento dei miei obblighi senza limitazione in cosa alcuna, che io so che ha intera notizia delle mie cose e che le saprà soddisfare, approntare, liquidare e riscuotere, e gliele affido. E quanto disporrà si compia ed esegua come / (fol. 656 v.) mia ultima volontà ; e nomino e segnalo come mia sepoltura, affinché vi venga sepolto o depositato il mio corpo, il monastero di San Francisco di questa città di Madrid, nella parte e luogo che reputerà opportuno il suddetto Tommaso Giunti, mio nipote, il quale avrà per fare i suddetti testamento e codicilli il termine di legge e quanto oltre fosse necessario, che io glielo prorogo senza limite alcuno. E lo nomino, insieme al signor Juan Belluga de Moncada, mio curatore ed esecutore testamentario, e chiunque di essi in solidum, ai quali do piena procura affinché entro il termine di legge e dopo che fosse trascorso, che glielo prorogo senza limitazione, compiano il suddetto testamento e codicilli per le / (fol. 657 r.) cose della mia anima e il resto che conterranno : che si porti tutto a esecuzione e si facciano le scritture e le pratiche necessarie. E, compiuto quanto sopra detto, per l’avanzo che restasse e sussistesse di tutti i miei beni, diritti e azioni, tanto di quelli che ho in questa Corte e Regni di Spagna quanto di quelli che mi spettassero e mi appartenessero a Firenze e in altri luoghi a qualsiasi titolo e ragione, istituisco come mio unico e universale erede per tutti essi, senza eccezione né riserva per cosa alcuna, il suddetto Tommaso Giunti, mio nipote, figlio del suddetto Bernardo, mio fratello, affinché erediti ciò tutto per intero ; e vorrei avere molto più da lasciargli, perché dichiaro / (fol. 657 v.) di non avere eredi legittimi, ascendenti né discendenti, né qualcuno con il quale io abbia obblighi e che ami più del suddetto Tommaso Giunti mio nipote. E revoco qualsiasi altro testamento o codicillo o procura per fare testamento che prima di questa io abbia fatto e conferito, per iscritto o a voce o in altra forma, che solo questa e ciò che con essa si farà e preparerà ordino e voglio che si osservi e si compia ed esegua come mia ultima volontà, che per questo e per ciascuna cosa di questo gli do [procura] come si conviene, con generale amministrazione e senza limitazione in cosa alcuna e per tutto in generale e per ogni cosa in particolare e in speciale. E ciò che farà, concederà e preparerà e disporrà per testamento o codicillo lo considero / (fol. 657 r. bis) come ben fatto e ordino che si compia come se io avessi lasciato disposto e preparato così quale mia ultima volontà, che lo è. E io supplico umilmente sua Maestà, a remunerazione dei miei servigi, di dare al suddetto Tommaso Giunti, mio nipote, la ricompensa che ritenesse opportuna ; e parimenti supplico il padre priore e gli altri padri del monastero di San Lorenzo el Real e il signor commissario generale della Santa Crociata di degnarsi di proseguire il contratto con il suddetto Tommaso Giunti, per tutto ciò in cui li ho serviti e per le grandi spese che ho affrontato per installare in questa Corte la tipografia, che ha determinato il mio rimanere povero e l’esserlo anche Tommaso Giunti, mio nipote, al quale / (fol. 657 v. bis) raccomando parimenti di rappresentare i miei servigi e di fare istanza affinché gli si dia una qualche ricompensa, che io ben l’ho meritata, e così lo dichiaro per l’estremo frangente in cui mi trovo. E dichiaro che il suddetto Tommaso Giunti mi ha sempre dato debito conto del pagamento di quanto ha maneggiato per me, della qual cosa sono soddisfatto : e così, nessuna persona glielo chiederà né glielo potrà chiedere e, nel caso in cui glielo chiedessero, si stia a quanto dirà lui senza giuramento, per la qual cosa mi rimetto a lui e lo esonero dal dover rendere ulteriormente conto e ragione, che non voglio ne renda. E non faccio una più espressa menzione di cose perché il suddetto mio nipote lo dichiarerà e lo preparerà minuziosamente con il conoscimento che ha di tutto, e perché io gliel’ho comunicato e voglio / (fol. 658 r.) che si compia ciò che farà come mia ultima volontà. E in forza di ciò così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni nella città di Madrid, addì ventisette del mese di febbraio dell’anno milleseicentodieci, essendo testimoni Angelo Tavano e Juan Bernal e Francisco de Losada e Antonio Díaz e Pedro Pablo Tarcego, residenti in questa Corte. E il  









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concedente, che io il notaio faccio fede di conoscere, non firmò per la gravità della sua malattia. Firmò un testimone su sua istanza, Angelo Tavano. Fu dinanzi a me, Pedro Aguilera. Appare cancellato : depositato. Emendato : riz. Io, il suddetto Pedro de Aguilera, notaio di sua Maesta, abitante di questa città di Madrid, fui presente a quanto detto, e in fede / (fol. 658 v.) di ciò firmai e siglai a testimonianza di verità. Pedro de Aguilera. [Al margine sinistro] Prosegue. La suddetta procura è corretta e così certifico io, il notaio pubblico ; e facendone uso io, il suddetto Tommaso Giunti, a nome del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, che la conferì nel pieno delle sue facoltà, credendo ciò che ritiene e crede la Santa Madre Chiesa di Roma, desiderando che la sua anima intraprenda il cammino di salvezza e che le cose che mi lascia dette si compiano, stabilisco di fare e preparare il suddetto suo testamento nella forma seguente. § Raccomando l’anima del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, a Dio Nostro Signore, che la creò e la redense col suo prezioso sangue ; egli (fol. 659 r.) volle che al suo corpo fosse messo l’abito di San Francesco e con esso fosse sepolto nella chiesa del monastero di San Francisco stesso o depositato in esso nel luogo che reputassi opportuno. E così viene compiuto, e il suo corpo viene deposto col suddetto abito di San Francesco nel monastero omonimo, nella cripta della cappella del dottor Juan Emilio Alemán, dedicata a San Giovanni ; deposto il ventotto del suddetto mese di gennaio dinanzi al suddetto Pedro de Aguilera, notaio : così volle ed è stato eseguito. § Dichiaro che lasciò al mio arbitrio e alla mia volontà la sepoltura e i suffragi per la sua anima e, compiuto ciò che [cassato : è] con me comunicò, ordinai che il suo corpo fosse ac- / (fol. 659 v.) compagnato dalla croce della parrocchia di San Andrés, dal curato e dal beneficiato, e da diciotto chierici di essa e in più da dodici frati del suddetto monastero di San Francisco, e da altri dodici del monastero de la Victoria, e da altri dodici del monastero dei Carmelitani Calzati, e altri dodici del monastero del Colegio de Atocha e i Niños de la Doctrina. E così si fece, e gli vennero detti una messa corpore praesenti, con diacono e suddiacono, veglia e litania, con la musica del suddetto convento di San Francisco e in più il suo novendiale; e durante questo nove messe cantate, e alla fine un’altra messa cantata con diacono e suddiacono e la musica del suddetto convento, / (fol. 660 r.) tutto per la sua anima, e per questo vennero pagati i diritti e le elemosine abituali. § Ordino inoltre, in esecuzione di quanto mi comunicò il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, che si dicano per la sua anima ottocento messe lette : cento nel suddetto convento di San Francisco, che sono state dette ; quattrocento nella chiesa del monastero di San Lorenzo el Real e duecento nella parrocchia, che è la suddetta chiesa di San Andrés di questa città. E delle cento restanti, cinquanta nel convento agostiniano di Recoletos e altre cinquanta messe dai Basiliani. Con ciò ci si uniforma alle suddette ottocento messe lette, che / (fol. 660 v.) verranno dette a breve e tutte per la sua anima. § Ordino che vengano fatte dire dalle persone verso le quali mio zio ha una qualche obbligazione cento messe lette: cinquanta nella chiesa del convento della mercede di questa città, e le dirà padre fra’ Juan de Cortegada, religioso sacerdote del suddetto convento, al quale verrà data l’elemosina per esse; e le altre cinquanta nella chiesa del convento di Nuestra Señora de la Victoria di questa città, e venga pagata l’elemosina abituale. § Fu sua volontà che si dicessero alcune messe per l’anima, e in esecuzione di ciò subito dopo morto gli vennero dette diciotto messe per l’anima in altari privilegiati, / (fol. 661 r.) e venne pagata l’elemosina per esse. § Dispongo come elemosina per la canonizzazione di San Isidro e della beata María de la Cabeza, sua moglie, dodici reali una tantum.  

















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§ [In interlinea] Invio alla santa casa di Gerusalemme otto reali di elemosina una tantum. § Ordino, in esecuzione di quanto il suddetto mio zio mi ha comunicato, che si dicano per le anime dei suoi genitori nella chiesa del monastero dei monaci di San Benedetto che chiamano Badia, nella suddetta città di Firenze, cento messe lette ; avviserò e darò credito affinché si facciano dire a breve. § Dispongo per i lasciti obbligatori mezzo reale ciascuno, con la qual cosa li separo dai beni del suddetto mio zio. § Dichiaro che servì il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, María de Antúnez / (fol. 661 v.) la quale, nonostante sia stata già interamente ripagata per i suoi servigi, mio zio, per l’affetto che il suddetto provava per lei, mi comunicò di dargli qualcosa in elemosina: e ordino che le si diano duecento reali una tantum e, se deve qualcosa al suddetto mio zio come residuo dei conti o in altra forma, glielo abbono. Ella dodici anni fa terminò il suo servizio e le sono stati pagati i suoi salari, senza che le si debba alcuna cosa. § Ordino, in esecuzione di quanto il suddetto mio zio mi comunicò, che vengano dati a Jerónima Gast sua debitrice, residente in questa Corte, vedova di Cornelio Bonardo, cento ducati una tantum come dono per la necessità in cui si trova e che le siano di un qualche aiuto, i quali devono essere dati [al margine sinistro : Jerónima Gast, vedova di Cornelio Bonardo, 100 ducati.] / (fol. 662 r.] a poco a poco comodamente, senza che possa immediatamente sollecitarli. § Dichiaro che fu ed è volontà del suddetto mio zio dichiarare, facendolo io a suo nome, che ha avuto diverse faccende di affari con persone particolari, nelle quali egli era debitore e creditore verso altre persone e volle che, se reputassi in coscienza mia di dovere delle somme o che gli si dovessero, riscuotessi e pagassi quanto reputassi opportuno ; e così, a discarico della sua coscienza, farò ciò che per tale ragione con ogni giustificazione si dovrà fare in qualsiasi luogo e tempo in base alle delucidazioni e ai chiarimenti che troverò e a come disporrò dei beni del suddetto Giulio / (fol. 662 v.) Giunti, perché con i miei non devo trovarmi obbligato a ciò né mi impegno per alcuna cosa. § Dichiaro che il suddetto mio zio che il suddetto mio zio [sic], soddisfatto per il molto e lungo tempo, per l’amore, la fedeltà e la cura con cui lo servii e desideroso di ripagarmene, non avendolo fatto e ritrovandosi debitore e legittimamente obbligato ordina che, oltre al cibo e ad alcuni denari che ho preso per vestirmi, col suo patrimonio mi vengano pagati quattromila ducati una tantum. Accetto con la sua procura la dichiarazione che fa e il suddetto ordine di pagamento dei suddetti quattromila ducati e, portando a esecuzione la sua volontà, ordino che dal suddetto suo patrimonio [al margine sinistro : A Tommaso Giunti, 4.000 ducati.] / (fol. 663 r.) mi vengano pagati subito come debito giusto e dovuto, riservando – e riservo – i diritti che verso il suddetto mio zio e il suo patrimonio ho per questa e altre ragioni. § Dichiaro che il suddetto mio zio mi comunicò lo stato in cui si trovavano i conti con Maria Gast, sua nipote, vedova di Diego Giunta, e dichiarò – e io dichiaro in suo nome – che la suddetta María Gast avrebbe dovuto dargli, per prestiti e aiuti che le aveva fornito, alcune somme di maravedì, dalle quali era sua volontà detrarre e farle sconto per duemila ducati, con i quali si sistemava quanto aveva riscosso per differenti importi a suo nome e per altre cause che a ciò lo muovevano. E così, a esecuzione della sua volontà, dichiaro [al margine sinistro : María Gast, 2.000 ducati.] / /fol. 663 v.) che le vengano detratti e scontati da quanto risultasse dovere al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti mio zio con scritture autenticate i suddetti duemila ducati. Ciò una tantum e non a discapito di qualsiasi diritto che la suddetta María Gast vantasse verso i beni del suddetto mio zio, che resta a lei riservato.  









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§ Dichiaro che il suddetto mio zio ebbe la volontà, e me la comunicò, nutrendo un particolare affetto verso Teresa Giunti, sua nipote, insieme a degli obblighi particolari, desiderando in occasione del suo matrimonio fargliene una buona dimostrazione e non avendo portato ciò a esecuzione per le ristrettezze in cui si trovava, di darle dal suo patrimonio una tantum, come aiuto per le suddette spese del suo matrimonio e come sua proprietà, settecento [al margine sinistro : A Teresa Giunti, 800 ducati.] / (fol. 664 r.) o ottocento ducati : che vorrebbe fare di più per lei, come lo ha fatto per altri debiti di minor impegno. E come esecuzione di ciò ordino che le si diano e paghino a breve ottocento ducati una tantum. [Al margine sinistro : 800 ducati]. § Ordino che a Pedro Pablo, servitore del suddetto mio zio, che è stato a suo servizio dall’Italia, vengano liquidati i suoi conti, e gli venga pagato quanto per essi gli si fosse rimasti debitori ; e in più gli vengano dati subito dieci ducati una tantum. § Dichiaro che il suddetto mio zio volle che i suoi esecutori testamentari fossimo io, il suddetto Tommaso Giunti, dichiarante, e il signor Juan Belluga de Moncada, dignitario e abitante della città di Toledo, che sta in questa Corte, e come tali ci nominò e ci diede la procura per far uso di questo ufficio in solidum, come si dice nella suddetta procura allegata. In esecuzione di ciò lo nomino e mi nomino quale suo esecutore testamentario in solidum, e gli do e mi do piena procura per eseguire e adempiere a questo suo testamento e a quanto per la suddetta sua procura ordina in esso entro / (fol. 664 v.) il termine di legge e dopo, che lo prorogo per tutto quanto sarà necessario, senza limitazione alcuna di tempo né di cosa riguardante la sua disposizione, eredità, adempimento, liquidazione e riscossione di ciò. In merito a tale cosa dobbiamo poter fare ognuno in solidum le pratiche giudiziarie ed extragiudiziarie e le scritture opportune fino a che non avrà effetto, che per tutto gli do e mi do la procura necessaria con generale amministrazione. § Dichiaro come il suddetto Giulio Giunti, mio zio, lo dice in virtù della sua procura, tenendo in alta considerazione l’affetto, la puntualità e le sincerità con cui mi occupai dei suoi affari e dei suoi conti, dell’amministrazione e della conservazione di essi, mi esonera dal rendere conto degli affari e di quanto pro- / (fol. 665 r.) veniente dalla imprenta real e dal Nuovo Ufficio Divino e dalle altre cose che in questa Corte e fuori di essa e del Regno avevo avuto a contratto per suo conto, perché di tutti i proventi era completamente soddisfatto, poiché in tutto si era agito bene ed erano davvero in regola. E così fece il suddetto esonero dai conti : essendo – com’è – corretto, così lo accetto a mio favore e ordino che si compia a suo nome. § Dichiaro che il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, mio zio, riconoscendo le suddette giuste cause e altre, e soprattutto l’affetto che aveva per me, e di trovarsi senza eredi legittimi, né ascendenti né discen- / (fol. 665 v.) denti, mi istituì nella suddetta procura come suo unico erede e supplicò sua Maestà di farmi mercede e che continuassi al suo servizio, cosa che attualmente sto facendo per il Nuovo Ufficio Divino, presso la suddetta imprenta real; e [supplicò] il padre priore del suddetto convento di San Lorenzo el Real e gli altri religiosi di esso e il signor commissario generale della Santa Crociata di farmi la mercede di continuare con me la stampa del Nuovo Ufficio Divino. Apprezzo molto la mercede che mi fece e la accetto. E mi costituisco in virtù della suddetta sua procura come tale suo unico erede e, umilissimamente, supplico sua Maestà e il suddetto padre priore / (fol. 666 r.) e gli altri padri e il signor commissario di farmi la suddetta mercede, poiché l’esperienza della cura con la quale ho servito e sto servendo la merita, e io la riceverò assai grandemente, tanto perché è questa l’occupazione che ho avuto durante tutta la mia vita quanto perché in essa, a causa della fedeltà e della cura con cui ho servito, sono indebitato e con molte obbligazioni. E non  









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si giudichi che io faccia questa clausola e accettazione di eredità – né la faccio – pacificamente, ma con beneficio di inventario. § Revoco e annullo, come fa il suddetto Giulio Giunti de’ Modesti mio zio con la suddetta sua procura / (fol. 666 v.) sopra inserita, qualsiasi altro testamento o codicillo o procura per farlo o altro genere di disposizione verbale che abbia fatto : che nessuna cosa di ciò sia valida né faccia fede salvo questo testamento e la suddetta procura che fu la sua ultima e postrema volontà. E così ordino che si compia, e come tale e in forza di ciò così stabilii dinanzi al notaio pubblico e ai testimoni nella città di Madrid, addì sedici del mese di febbraio dell’anno milleseicentodiciannove, essendo testimoni Juan de García, e Bernardo de Sandoval, e Alonso Martínez, e Juan Ibarra e Pedro de Aguilera, residenti in questa Corte. E il concedente, che io / (fol. 667 r.) il notaio faccio fede di conoscere, firmò col suo nome. Tommaso Giunti. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández. Cancellato : è. In interlinea : invio alla casa santa di Gerusalemme otto reali di elemosina una tantum, sia valido. Io il suddetto Santiago Fernández, notaio di sua Maestà e del collegio di questa città di Madrid, fui presente e lo siglai [siglo] a testimonianza di verità. Santiago Fernández [firmato e rubricato].  





A.H.P.M. Protocolo 2.032, fols. 633 r. - 634 v., 655 r. - 667 r. [Documento n. 85] [Al margen superior] Pleito executivo de Tomás Junti contra la hazienda de Jullio Junti de Modesti. Corregido. † En el nombre de Nuestro Señor Jesucristo y de la soverana Reina de los ángeles su venditíssima Madre Nuestra Señora, sepan los que vieren esta carta de testamento como yo, Thomás Junti, ympressor de el Rey nuestro señor, ressidente en [tachado : es] Corte, hijo de Bernardo Junti, digo que Jullio Junti de Modesti, mi tío, que sancta gloria aya, falleçió naturalmente en esta Corte a los veinte y siete de henero próximo passado deste año de mill y seisçientos y diez y nueve, el qual en diferentes ocassiones en esta última venida a esta Corte desde la çiudad de Florençia, de donde hera natural, por estar ya viexo, deseosso y çeloso de disponer las cossas de su alma como católico cristiano [al margen izquierdo : 55.000, 28.000, 2.100, 1.275, 1.400, 214. [Suma] 90.089] / (fol. 633 v.) y hordenar las de su haçienda lo comunicó conmigo para lo poner en execuçión, y haviéndolo començado a disponer le apretó la emfermedad de que murió tan azeleradamente que no tubo espaçio para lo declarar y expaçificar [sic] con la distinçión y claridad que combenía, y respecto de faltarle el dicho tiempo y mediante tenerme comunicadas las cossas que tocavan a la dicha su dispossiçión de alma y haçienda y con la esperiençia que tenía de lo que yo le amava y conoçimiento de todos sus negoçios me dio poder para hacer su testamento y dispossiçión ante Pedro de Aguilera, escrivano de su Magestad en esta Corte, el dicho día veinte y siete de henero deste año, y aunque / (fol. 634 r.) en el deja señaladas algunas de las cossas prinçipales y necessarias, quiriendo y quiero cumplir su voluntad y haçer su testamento para su justificaçión pido se ynsiera en esta scriptura el dicho poder, y lo ynserí yo, el scrivano, y es del tenor siguiente. [Al margen izquierdo] Poder. En el nombre de la santíssima trinidad, Padre y Hijo y Spíritu Sancto y de la soberana Reyna de los ángeles, Madre de Nuestro Señor Jesucristo, a quien suplico ruegue a su preçiosso Hijo encamine mis cossas a honrra y serviçio suyo y de los demás sanctos del çielo, sea notorio a los que vieren esta pública scriptura de poder para testar como yo, Jullio Junti de / (fol. 634 v.) Modesti, ressidente en esta Corte, estando como estoy emfermo en la cama de emfermedad corporal, en mi juiçio y entendimiento natural, digo que yo tengo comunicado las cosas de mi alma y descargo de mi conçiençia con Thomás Junti, mi sobrino, hijo de Bernardo, mi hermano, ympressor del Rey nuestro señor, que oy  



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día está en la dicha emprenta real, que como tan buen sobrino tengo entera satisfaçión, hará por mí todo aquello que tocare a mi alma, sufraxios y descargo della, como en vida lo e sperimentado y visto, pues a veinte y ocho años poco más o menos que a tenido quenta de mi cassa y haçienda de el aumento y venefiçio della, cargando de el / (fol. 655 r.) toda la negoçiaçión y los travaxos que en el dicho tiempo a avido, que sin él y su buen cuidado no se pudieran haver llevado por haver acudido con su perssona y haçienda, que demás de la recuperaçión della le soy deudor de todos los dichos veinte y ocho años que a estado en la dicha emprenta real sin que hasta aora aya reçivido más que la comida hordinaria y algunos pocos reales por quenta dello, que mereçer a muy bien quatro mil ducados de más de lo reçivido, cuyo agradeçimiento y paga dellos quiero se le haga y lo conssiento y comfiesso assí por deuda devida, y más reconozco que si algo e tenido y tengo es mediante averlo ganado el dicho Thomás Junti, mi sobrino, / (fol. 655 v.) con su yndustria y buena yntelligençia, y assí satisfecho y conoçido desta verdad y dejándola en su lugar para que se le pague y çelosso se prebenga y dispongan las cossas de mi alma y haçienda, otorgo por esta carta doy mi poder cumplido, el que de derecho se requiere y es neçesario al dicho Thomás Junti, mi sobrino, para que haga y hordene mi testamento y última voluntad y en el mande y haga cumplir luego que yo fallezca las cossas de sufragios, missas y limosnas por mi alma, las que le pareçiere, y regraçie a las perssonas a quien tengo obligaçiones y les haga las mandas que quisiere y a las forçossas, y liquide y cobre todo aquello que a mí se me / (fol. 656 r.) deviere, entregándose y se entregue dello el dicho Thomás Junti, y haçiendo y haga las diligençias neçessarias en qualesquier cassos, y hordene y haga el dicho mi testamento como con él tengo comunicado y le pareçiere, y una vez hordenado haga cobdiçilio o cobdiçilios y disponga, hordene y lleve a devida execuçión lo que combiniere para claridad de todo lo que a los sufraxios de mi alma, cuplimiento de mis obligaçiones toca, sin limitaçión en cossa alguna que yo sé tiene entera notiçia de mis cossas y que las sabrá satisfaçer y prevenir, liquidar y cobrar, y se lo fío, y como lo dispussiera se cumpla y execute como / (fol. 656 v.) mi última voluntad, y nombro y señalo por mi entierro para que sea enterrado o depossitado mi cuerpo el monasterio de San Françisco desta villa de Madrid, en la parte y lugar que pareçiere al dicho Thomás Junti, mi sobrino, el qual tenga para haçer el dicho testamento y cobdiçilos el término del derecho y todo el que más fuere neçessario, que yo se lo prorrogo sin limitaçión alguna, y le nombro, y al señor Juan Belluga de Moncada, por mis albaçeas y testamentarios y a qualquier dellos yn solidum, a los quales doy poder cumplido para que en el término del derecho y después de passado, que se los prorrogo sin limitaçión, cunplan el dicho testamento y cobdiçilios en las / (fol. 657 r.) cossas de mi alma y lo demás que contuvieren, que se ponga todo en execuçión y se hagan las escripturas y diligençias que sean neçessarias, y cumplido lo sussodicho y en el remanente que quedare y fincare de todos mis bienes, derechos y acçiones, ansí los que tengo en esta Corte y Reinos de España como los que me tocaren y perteneçieren en Florençia y otras partes por qualesquier títulos y raçón, ynstituyo por mi único y universal heredero en todos ellos, sin exceptaçión ni reservaçión en cossa alguna, al dicho Thomás Junti, mi sobrino, hijo del dicho Bernardo, mi hermano, para que lo herede todo ello enteramente, y quisiera tener mucho más que dejalle, porque declaro / (fol. 657 v.) no tengo heredero forçosso, asçendiente ni desçendiente, ni a quien más obligaçiones y particular amor que al dicho Thomás Junti, mi sobrino, y revoco otro qualquier testamento o cobdiçilio o poder para testar que antes deste yo aya hecho y otorgado, por escripto o de palabra o en otra forma, que solo éste y lo que con el se hiçiere y hordenare mando y quiero se guarde y cumpla y execute como mi última voluntad, que para ello y cada cossa dello se le doy qual combiene con general administraçión y sin limitaçión en cossa alguna y para todo general y para cada cossa particular y espeçial, y lo que hiçiere, otorgare y hordenare y dispusiere por testamento o cobdiçilio lo doy / (fol. 657 r. bis) por bien hecho y mando se

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cumpla como si yo lo dexara ansí dispuesto y hordenado como mi última voluntad, que lo es. Y yo suplico umildemente a su Magestad que por remuneraçión de mis serviçios aga al dicho Thomás Junti, mi sobrino, la merçed que fuere servido, y lo mismo suplico al padre prior y demás padres del monasterio de San Lorenço el Real y al señor comissario general de la Santa Cruçada sean servidos proseguir el assiento con el dicho Thomás Junti, respecto a lo que e servido y los grandes gastos que hiçe en poner en esta Corte la emprenta, que me cuesta el quedar pobre y estarlo el dicho Thomás Junti, mi sobrino, al qual / (fol. 657 v. bis) mando ansimismo los dichos mis serviçios que repressente y haga ynstançia para que se le haga alguna merçed que yo tengo bien mereçido, y anssí lo declaro por el passo en que estoy. Y declaro que el dicho Thomás Junti siempre me a dado buena quenta con pago de lo que a manixado por mí, de que estoy satisfecho, y ansí ninguna perssona se la pida ni pueda pedir, y casso que se la pidan se esté a lo que él dixere sin juramento, en que lo difiero y relievo de otra quenta y raçón, que no quiero la dé. Y no ago más expressa minçión de cossas porque el dicho mi sobrino lo declarará y hordenará por menudo por la çiençia que tiene de todo, y porque yo le tengo comunicado y quiero / (fol. 658 r.) se cumpla lo que hiçiere como mi última boluntad, y para su fuerça lo otorgué ansí ante el escrivano público y testigos en la villa de Madrid, a veinte y siete días del mes de febrero [sic] de mill y seisçientos y diez y nueve años, siendo testigos Angelo Tavano y Juan Bernal y Françisco de Lossada y Antonio Díaz y Pedro Pablo Tarçego, residentes en esta Corte, y el otorgante, a quien yo el escrivano doy fee conozco, no lo firmó por la gravedad de su emfermedad, firmó un testigo a su ruego, Angelo Tavano. Passó ante mí, Pedro de Aguilera. Ba testado : depossitado. Enmendado : riz. Yo, el dicho Pedro de Aguilera, escrivano de su Magestad, vezino desta villa de Madrid, pressente fui a lo que dicho es, y en fee / (fol. 658 v.) dello lo firmé y signé en testimonio de verdad. Pedro de Aguilera. [Al margen izquierdo] Prosigue. Va çierto el dicho poder y ansí lo çertifico yo, el escrivano público, y ussando del yo, el dicho Thomás Junti, en nombre del dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, que le otorgó estando en su juiçio natural, creyendo lo que tiene y cree la Santa Madre Yglesia de Roma, deseando que su alma tenga carrera de salbaçión y que las cossas que me dexa comunicadas se cumplan, otorgo que hago y hordeno el dicho su testamento en la forma siguiente. § Encomiendo el alma del dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, a Dios Nuestro Señor, que la crió y redimió por su preçiossa sangre, el qual / (fol. 659 r.) quisso que su cuerpo se pussiesse en el hávito de San Françisco y con el enterrado en la yglessia del mismo monasterio de San Françisco o depossitado en el en la parte que me pareçiesse, y assí está cumplido y depossitado su cuerpo en el dicho ávito de San Françisco, en el mismo monasterio, en la vóveda de la capilla del doctor Juan Emilio Alemán, de la abbocaçión de San Juan, por depóssito en veinte y ocho de el dicho mes de henero ante el dicho Pedro de Aguilera, escrivano, que anssí lo quisso y se executó. § Declaro que dexó a mi albedrío y voluntad el entierro y sufraxios de su alma, y cumplido lo que [tachado : es] conmigo comunicó, mandé fuesse a- / (fol. 659 v.) compañado su cuerpo con la cruz de la parrochia de San Andrés, cura y benefiçiado, y diez y ocho clérigos della, y más doçe frailes del dicho monesterio de San Françisco, y otros doçe del monasterio de la Victoria, y otros doçe del monesterio del Carmen Calçado, y otros doçe del monasterio del Collegio de Atocha y los Niños de la Doctrina, y se hiço ansí, y se le dixo una missa de cuerpo pressente con diácono y subdiácono, vigilia y letanía, con la música del dicho comvento de San Françisco y más su novenario, y en el nueve missas cantadas, y al cavo del otra misa cantada con diácono y subdiácono y la música del dicho comvento, / (fol. 660 r.) todo por su alma, y se pagó los derechos y limosnas acostumbradas por ello.  





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§ Mando más, en execuçión de lo que communicó conmigo el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, se digan por su alma ochoçientas missas reçadas, çiento en el dicho combento de San Françisco, que están dichas, y quatroçientas en la yglesia del monasterio de San Lorenço el Real, y doçientas en la parrochia que es la dicha yglessia de San Andrés desta villa, y las çiento restantes, en el combento de Recoletos Agustinos çinquenta, y en los vasilios otras çinquenta misas, con que se ajusta las dichas ochoçientas missas reçadas, que / (fol. 660 v.) se dirán con brevedad y todas por su alma. § Mando se digan por las perssonas a quien el dicho mi tío tiene alguna obligaçión çien missas rezadas, en la yglessia del comvento de la merçed desta villa çinquenta, y las dirá el padre fray Juan de Cortegada, religiosso saçerdote de el dicho comvento, a quien se dé la limosna dellas, y las otras çinquenta en la yglessia del comvento de Nuestra Señora de la Victoria desta villa, y se pague la limosna acostumbrada. § Fue su boluntad se dixessen algunas missas del alma, y en execuçión dello luego que murió se le dixeron diez y ocho missas del alma en altares previlegiados, / (fol. 661 r.) y se pagó la limosna dello. § Mando de limosna a la canoniçaçión de San Ysidro y de la veata María de la Caveça, su muger, doze reales por una vez. § [Interlineado] Mando a la cassa santa de Jerusalem ocho reales de limosna por una vez. § Mando, en execuçión de lo que el dicho mi tío comunicó conmigo, se digan por las almas de sus padres en la yglessia del monasterio de monxes de San Benito que diçen de Badía, en la dicha çiudad de Florençia, çien missas rezadas, avisaré y daré crédito para que en el se hagan desçir con brevedad. § Mando a las mandas forçossas a cada una medio real, con que las aparto de los bienes del dicho mi tío. § Declaro sirvió al dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, María de Antúnez, / (fol. 661 v.) la qual, no embargante que está pagada enteramente de sus serviçios, por el amor que el dicho mi tío la tenía me comunicó se la diesse algo de limosna, mando se le den doçientos reales por una vez, y si algo deve al dicho mi tío de resto de quentas o en otra forma se lo perdono, la qual a onçe años salió de su serviçio y está pagada de sus salarios, sin que se le deva cossa alguna. § Mando, en execuçión de lo que el dicho mi tío comunicó conmigo, se den a Gerónima Gaste su deuda [sic], residente en esta Corte, viuda de Cornelio Bonardo, çien ducados por una vez graçiossos por la neçesidad en que está y le sea algún socorro, los quales se le an de yr dando [al margen izquierdo : Gerónima Gasti, viuda de Cornelio Bonardo, 100 ducados.] / (fol. 662 r.) poco a poco con comodidad, sin que pueda luego apretar por ellos. § Declaro fue y es la boluntad del dicho mi tío deçir y declarar, como yo lo ago en su nombre, que a tenido diferentes cossas de negoçios con perssonas particulares en que él hera deudor y acreedor a otras perssonas, y quisso que si pareçiese en conçiençia mía dever algunas cantidades o devérselas a él cobrasse y pagase lo que me pareçiesse, y ansí por descargo de su alma haré lo que en esta raçón con toda justificaçión se deviere haçer en qualesquier partes y tiempos, según la luz y claridad que yo hallare y me acordare aviendo vienes del dicho Jullio / (fol. 662 v.) Junti, porque de los míos no a de ser visto quedar obligado a ello ni me obligo a cossa alguna. § Declaro que el dicho mi tío que el dicho mi tío [sic], satisfecho de lo mucho y largo tiempo, amor, fidelidad y cuidado con que le serví y deseosso de me lo pagar, por no haverlo hecho y hallarse deudor y obligado ligítimamente, manda que demás de la comida y algu 

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nos dineros que e tomado para me vestir de su haçienda se me paguen quatro mill ducados por una vez, açepto la comfissión que haçe por su poder y la dicha manda de paga de los dichos quatro mill ducados, y poniendo en execuçión su boluntad mando que de la dicha su haçienda [al margen izquierdo : A Tomás Junti, 4.000 ducados.] / (fol. 663 r.) se me paguen luego como deuda justa y devida, reservando y reservo los derechos que contra el dicho mi tío y su haçienda tengo por esta y otras raçones. § Declaro que el dicho mi tío comunicó conmigo el estado en que estava de quenta con María Gasti, su sobrina, viuda de Diego de Junta, y declaró, y yo declaro en su nombre, le podrá dever la dicha María Gasti de socorros y ayudas que la abía hecho algunas cantidades de marabedís, de los quales hera su boluntad se le vaxassen y descontasen dos mill ducados, en que regulava lo que havía cobrado en diferentes partidas en su nombre y otras causas que le movían, y anssí en execuçión de su boluntad declaro [al margen izquierdo : María Gasti, 2.000 ducados.] / (fol. 663 v.) se le baxen y desquenten de lo que pareçiere dever al dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, por escripturas auténticas los dichos dos mill ducados, esto por una vez y sin perjuizio de qualquier derecho y la dicha María Gasti pretenda contra los bienes del dicho mi tío, que le queda reservado. § Declaro tubo voluntad el dicho mi tío y me la comunicó, que tenía particular amor a Teresa Junti, su sobrina, junto con obligaçiones particulares, y que deseó en la ocasión de su cassamiento açer una buena demostraçión y por las apreturas en que se allava no lo avía puesto en execuçión, y que para ayuda los dichos gastos de su casamiento y caudal suyo se le diessen de su haçienda por una vez seteçientos [al margen izquierdo : A Teresa Junti, 800 ducados.] / (fol. 664 r.) o ochoçientos ducados que quisiera haçer más por ella, como lo a hecho por otras deudas de menos obligaçiones, y en execuçión dello mando se le den y paguen con brebedad ochoçientos ducados por una vez. [Al margen izquierdo : 800 ducados.] § Mando a Pedro Pablo, criado del dicho mi tío, que le bino sirviendo de Ytalia, se liquide su quenta y se le pague lo que della se le restare deviendo, y más se le den diez ducados por una vez luego. § Declaro que quiso el dicho mi tío fuesen sus testamentarios yo, el dicho Thomás Junti, otorgante, y el señor Juan Velluga de Moncada, jurado y vezino de la çiudad de Toledo, estante en esta Corte, y por tales nos nombró y dio poder para ussar este ofiçio yn solidum, como en el dicho poder ynserto se diçe, en execuçión dello lo nombro y me nombro por tales sus testamentarios yn solidum, y le doy y me doy poder cumplido para executar y cumplir este su testamento y lo que por el dicho su poder manda en el / (fol. 664 v.) término del derecho, y después de passado, que le prorrogo todo el que es neçessario, sin limitaçión alguna de tiempo ni de cossa que toca a su dispossiçión, herençia, cumplimiento, liquidaçión y cobro dello, sobre lo qual avemos de poder haçer cada uno yn solidum las diligençias judiçiales y extrajudiçiales y scripturas combinientes hasta que tenga efecto, que para todo le doy y me doy el poder neçessario con general administraçión. § Declaro como el dicho Jullio Junti, mi tío, lo diçe en virtud de su poder, açiendo estimaçión del amor, puntualidad y verdad con que acudí a sus negoçios y quentas, autoridad y conservaçión dello, relevarme de que diesse quentas de lo que de negoçios y pro- / (fol. 665 r.) çedido de la emprenta real y Nuevo Reçado y otras cossas en esta Corte y fuera della y del Reino avía tenido de contrato por su caveça, porque de lo que en todo avía proçedido tenía entera satisfaçión de lo bien que en todo se havía ussado y realmente lo tenía ajustado, y ansí hiço la dicha relevaçión de quenta, por ser como es ansí çierto lo azepto en mi favor y mando en su nombre se cumpla. § Declaro que el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, reconoçiendo las dichas y otras justas caussas y sobretodo el amor que me tenía y hallarse sin herederos forçossos, asçendientes  







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ni desçen- / (fol. 665 v.) dientes, me ynstituyó en el dicho poder por su heredero único y suplicó a su Magestad me hiçiese merçed y que continuase en su serviçio, lo que actualmente estoy haçiendo, del Nuevo Reçado en la dicha emprenta real, y al padre prior del dicho comvento de San Lorenço el Real y a los demás religiossos del y al señor comissario general de la Sancta Cruçada me hiçiesen merçed de continuar conmigo la ympresión del Nuevo Reçado, estimo mucho la merçed que me hiço y la açepto, y me ynstituyo en virtud del dicho su poder por tal su heredero único, y humildíssimamente suplico a su Magestad y al dicho padre prior / (fol. 666 r.) y demás padres y señor comissario me haga la dicha merçed, pues la esperiençia del cuidado con que e servido y estoy sirviendo tiene mereçimiento para ello, y yo la reçiviré mui grande, y ansí por ser esta ocupaçión que e tenido toda mi vida como porque en ella mediante la fidelidad y cuidado con que e servido estoy adeudado y con muchas obligaçiones, y no se a visto por esta cláusula y açeptaçión de herençia açerla ni la hago llana sino con benefiçio de ymventario. § Revoco y anulo, como el dicho Jullio Junti de Modesti, mi tío, haçe por el dicho su poder de / (fol. 666 v.) susso ynsserto, otro qualquier testamento y cobdiçilio o poder para lo haçer u otro género de dispossiçión verbal que tenga hecha, que ninguna cossa dello valga ni haga fee salvo este testamento y el dicho su poder que fue su última y postrimera voluntad, y ansí mando se cumpla, y como tal y para la fuerça dello lo otorgué ansí ante el escrivano público y testigos en la villa de Madrid, a diez y seis días del mes de febrero de mill y seisçientos y diez y nueve años, siendo testigos Juan de Garçía, y Bernardo de Sandoval, y Alonsso Martínez, y Juan Yvarra y Pedro de Aguilera, ressidentes en esta Corte, y el otorgante, que yo / (fol. 667 r.) el scrivano doy fee conozco, lo firmó de su nombre. Thomás Junti. Pasó ante mí, Santiago Fernández. Testado : es. Entre renglones : mando a la cassa santa de Jerusalem ocho reales de limosna por una vez, valga. Yo, el dicho Santiago Fernández, scrivano de su Magestad y número desta villa de Madrid, presente fui y lo signé [signo] en testimonio de verdad. Santiago Fernández [firmado y rubricado].  



A.H.P.M. Protocolo 2.032, fols. 633 r. - 634 v., 655 r. - 667 r. * [Documento n. 86 : 19/07/1619]  

[Al margine superiore sinistro] Tommaso Giunti. Obbligazione. [Al margine superiore] 19 luglio 1619. † Sappiano quanti vedranno questa carta di obbligazione che io, Pedro de Alicante, abitante della città di Soria, residente a Corte, stabilisco con questa carta di dovere e di impegnarmi a dare e a pagare e che darò e pagherò realmente ed effettivamente al signor Tommaso Giunti, abitante di questa città, [in interlinea : tipografo di sua Maestà], seicentosettanta reali da trentaquattro maravedì ciascuno, i quali gli devo e sono in ragione di altrettanti che mi ha dato e prestato in reali contanti, per i quali mi reputo rispettato e soddisfatto nella mia volontà, poiché li ho ricevuti in un ordine di pagamento di maggiore importo per padre fra’ Juan de Sampedro, amministratore dei libri del Nuovo [Ufficio Divino], al quale rimase una ricevuta di pagamento, che questa e quella sono una medesima cosa. A ulteriore garanzia rinuncio all’eccezione e alle leggi del diritto e per essi gli do e concedo ricevuta di pagamento; e per questa ragione sono e mi costituisco quale pacifico e reale debitore per i suddetti seicentosettanta / (fol. 637 v.) reali e come tale li darò e pagherò al suddetto signor Tommaso Giunti e a colui che avesse la sua procura o ne avrà diritto, metà di essi in marocchino per la tipografia reale di questa Corte, accordati per otto reali la dozzina, pagando il suddetto Tommaso Giunti quattro reali la parte al di sopra del consueto, che il resto rimane per me. E il marocchino  

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deve essere buono tale e quale a quello che gli ho consegnato oggi, giorno della data di questa, la cui somma mi ha pagato nel suddetto ordine di pagamento con cento reali che mi ha dato in contanti, che tutto il suddetto ordine di pagamento viene a essere di milleduecento reali ; e se non fosse tale, non deve avere l’obbligo di riceverlo e deve restare sul mio conto, e mi rimetto alla dichiarazione del suddetto Tommaso Giunti, [in interlinea : ciò è per il giorno di Ognissanti di quest’anno]. E l’altra metà dei suddetti settecentosettanta reali per il giorno di San Giovanni a giugno dell’anno venturo milleseicentoventi, sempre in maroc- / (fol. 638 r.) chino, buono tale e quale come detto e al prezzo sopra dichiarato. E non adempiendo, acconsento che il suddetto Tommaso Giunti e colui che succedesse nel suo diritto possa comprare il suddetto marocchino dove e al prezzo per cui lo troverà. E per ciò che costerà in più dei suddetti otto reali la dozzina e per le spese che dovesse avere e per il trasporto che dovesse pagare e per il denaro che avessi ricevuto in anticipo acconsento a essere sottoposto a esecuzione forzata e che si faccia ricevuta e intero pagamento rimesso alla dichiarazione del suddetto Tommaso Giunti, e lo esonero da altre garanzie necessarie. E, qualora fosse necessario uscire da questa Corte a riscuotere o a fare altre pratiche per l’esecuzione di questa scrittura, paghi alla persona che andasse a fare ciò quindici reali di salario per ogni giorno per il quale si trattenesse e si occupasse di ciò, per l’andata la permanenza e il ritorno, contando i giorni di cammino nella proporzione di otto leghe ciascuno ; e per i suddetti salari acconsento a essere sottoposto a esecuzione forzata come per il capitale. Per l’adempimento della qual cosa mi impegno con la mia persona e con i miei beni immobili e mobili, i diritti e le azioni avuti e da avere e do poteri ai tribunali e ai giudici del Re nostro signore, al cui statuto locale mi sottometto e rinuncio al mio : considero ciò come sentenza passata in giudicato, rinuncio alle leggi a mio favore e a quella generale. E così stabilii dinanzi al notaio e ai testimoni nella città di Madrid addì diciannove del mese di luglio dell’anno milleseicentodiciannove, essendo testimoni Jerónimo Martínez e Juan Martínez, residenti in questa Corte e abitanti di Soria, che giurarono dinanzi a Dio di conoscere il concedente e di essere lo stesso ivi espresso, e parimenti fu testimone [cassato : Marco] Ángelo Tobar, residente in questa Corte. E per il suddetto concedente, che disse di non saper firmare, lo fece un testimone. In interlinea : questo per il giorno di Ognissanti di questo anno, tipografo di sua Maestà. E cancellato : Marco. Altresì, il suddetto Pedro de Alicante si impegnò affinché, se dopo aver compiuto quanto contenuto in questa scrittura il suddetto Tommaso Giunti volesse che continui a portare altro marocchino per la suddetta ti- / (fol. 639 r.) pografia, lo porterà e lo consegnerà in questa Corte come e ai prezzi contenuti in questa scrittura, e si impegna al compimento successivo con gli stessi vincoli, pene, poteri, salari, sottomissioni e il resto qui dichiarato. Testimoni suddetti. E il suddetto Tommaso Giunti si impegnò a ricevere il suddetto marocchino e a pagare l’importo a cui ammonteranno in questa Corte ai [cassato. prezzi] [sic] ed entro i termini che concorderanno, se saranno buoni tali e quali a quelli ricevuti. E firmò col suo nome, e faccio fede di conoscerlo. Testimoni suddetti. Appare cancellato : prezzi. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Jerónimo Martínez [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Jerónimo Sánchez de Aguilar [firmato e rubricato].  















A.H.P.M. Protocolo 4.726, 637 r. - 639 r. [Documento n. 86] [Al margen superior izquierdo] Tomás Junti. Obligaçión. [Al margen superior] 19 julio 1619. † Sepan quantos esta carta de obligaçión vieren como yo, Pedro de Alicante, vezino de la ziudad de Soria, estante en esta Corte, otorgo por esta carta que debo y me obligo de dar y pagar y daré y pagaré realmente y con efeto al señor Tomás Junti, vezino desta villa, [interlineado :  

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ynpresor de su Magestad], seiszientos y setenta reales de a treinta y quatro maravedís cada uno, los quales le debo y son por raçón de otros tantos que me a dado y prestado en reales de contado, de que me doy por entregado y contento a mi boluntad por los aber resçivido en una librança de mayor postura en el padre fray Juan de Sampedro, administrador de los libros del Nuevo Çerrado [sic], quedándole carta de pago, esta y ella es una misma cosa, y a mayor abundamiento renuncio la exçezión y leyes del derecho y dellos le doy e otorgo carta de pago, y por esta razón soy y me constituyo llano y real deudor de los dichos seiszientos y setenta / (fol. 637 v.) reales y como tal se los daré y pagaré al dicho señor Tomás Junti y a quien su poder ubiere y en él diere en derecho, la mitad dellos en baldreses para la enplenta real desta Corte, conçertados a ocho reales la dozena, pagando el dicho Tomás Junti quatro reales de parte por arriba al ordinario, que lo demás queda por mi quenta, y el baldrés a de ser tal y tan bueno como el que le e entregado oy día de la fecha desta, cuya cantidad me a pagado en la dicha librança en çien reales que me a dado de contado, que toda la dicha librança biene a ser mill y duzientos reales, y si no fueren tales no a de tener obligaçión a rezibillos y an de quedar para mi quenta, y lo difiero en la declarazión del dicho Tomás Junti, [interlineado : esto para el día de Todos Santos deste año] ; y la otra mitad de los dichos seiszientos y setenta reales para el día de San Juan de junio del año benidero de mill y seisçientos y veynte, en los mismos bal- / (fol. 638 r.) dreses, tales y tan buenos como está dicho y al presçio de suso declarado, y no lo cunpliendo consiento que el dicho Tomás Junti y quien suçediere y en su derecho pueda conprar los dichos baldreses donde y al prezio que los allare. Y por lo que costare más de a los dichos ocho reales la dozena y costas que tubieren y portes que pague y dinero que tubiere rezibido adelantado, consiento sea executado por ello y que se haga rezibo y entero pago diferido en la declarazión del dicho Tomás Junti, y de otro recado nezesario le reliebo, y siendo nezesario salir desta Corte a cobrar o a haçer otra dilixenzia de la execuçión desta escritura pague a la persona que a ello fuere quinze reales de salario cada día de los que en ello se detubiere y ocupare de yda, estada y buelta, contando en los días de camino a razón de a ocho leguas cada uno, y por los dichos salarios consiento ser executado como por el prinzipal. Para el cunplimiento / (fol. 638 v.) de lo qual obligo mi persona y bienes rayçes y muebles, derechos y aziones abidos y por aber y doy poder a las justiçias y juezes del Rey nuestro señor, a cuyo fuero me someto, renunçio el propio, rezíbolo por sentençia pasada en cosa juzgada, renunçio las leyes de mi fabor y la general. Y lo otorgué ansí ante el scrivano y testigos en la villa de Madrid a diez y nuebe días del mes de julio de mill y seisçientos y diez y nuebe años, siendo testigos Jerónimo Martínez y Juan Martínez, estantes en esta Corte y bezinos de Soria, que juraron a Dios conozer al otorgante y ser el mismo aquí contenido, y ansimismo fue testigo [tachado : Marco] Anjelo Tobar, estante en esta Corte, y por el dicho otorgante, que dixo no saber firmar, lo fizo un testigo. Entre renglones : esto para el día de Todos Santos desde año, ynpresor de su Magestad. Y testado : Marco. Otrosí, se obligó el dicho Pedro de Alicante que si después de aber cunplido con el tenor desta escritura quisiere el dicho señor Tomás Junti que prosiga en traer más baldreses para la dicha yn- / (fol. 639 r.) plenta lo trayrá y entregará en esta Corte según como y a los prezios que en esta escritura se contiene, y al cunplimiento se obliga para adelante con las mismas fuerças, penas, poderíos, salarios, sumisiones y lo demás aquí declarado. Testigos dichos. Y el dicho Tomás Junti se obligó a rezibir los dichos baldreses y pagar la cantidad que montaren en esta Corte a los [tachado : prezios] y plaços que acordaren, siendo tales y tan buenos como los que a rezibido, y lo firmó de su nombre, y doy fee le conozco. Testigos dichos. Va testado : prezios. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Gerónimo Martínez [firmado y rubricado]. Passó ante mí, Gerónimo Sánchez de Aguilar [firmado y rubricado].  













A.H.P.M. Protocolo 4.726, 637 r. - 639 r.

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i giunta a madrid * [Documento n. 87 : 23/04/1622]  

[Al margine superiore sinistro] Tommaso Giunti. Ricevuta di pagamento. [Al margine superiore destro] 23 aprile 622. [Al margine sinistro] Fatta. † Nella città di Madrid addì ventitré del mese di aprile dell’anno milleseicentoventidue, in presenza di me notaio e dei testimoni, Alonso Freile, abitante della città di Ocaña, residente in questa Corte, in nome dei dottori Pedro de la Mora e Francisco Fernández Alfonso, chierici presbiteri, abitanti della suddetta città di Ocaña, divenuti curatori ed esecutori testamentari per il decesso e morte del dottor Juan Ruiz Cotorro, chierico presbitero, e parimenti in nome di Jerónimo Ruiz Cotorro, figlio naturale ed erede del suddetto dottor Juan Ruiz Cotorro, che l’essere i tali esecutori testamentari ed erede consta dal testamento che il suddetto dottor Cotorro fece dinanzi a Pedro de Guzmán, notaio pubblico del collegio della suddetta città di Ocaña, fatto in essa il nove di questo mese e anno, e in virtù della procura che ha dai suddetti esecutori testamentari ed erede, che gliela diedero e conferirono dinanzi al medesimo notaio, datata diciannove di questo mese e anno, di cui consegna copia siglata dal suddetto Pedro de Guzmán, notaio, facendo uso della concessione confessa di aver ricevuto dal signor Tommaso Giunti de’ Modesti, residente in questa Corte, come erede di Giulio Giunti de’ Modesti, suo zio, abitante di questa città, settecentoquindici reali che gli pagò per altrettanti che deve delle rendite decorse per i censi che pagava al suddetto dottore / (fol. 929 v.) Juan Ruiz Cotorro per altrettanta somma ciascun anno, che il suddetto anno si compie domani, domenica ventiquattro di questo mese e anno, e per i suddetti settecentoquindici reali è rispettato nella sua volontà. E nonostante così sia certo, poiché al momento non risulta, rinuncia alle leggi della consegna, della prova e del pagamento e all’eccezione della non numerata pecunia e alle leggi del diritto, e per essi venne concessa ricevuta di pagamento in nome dei suddetti esecutori testamentari ed erede a favore del suddetto Tommaso Giunti de’ Modesti, che paga il suddetto censo ogni anno con una scrittura davanti a notaio e nella forma nota. E garantì, e con lui la sua parte, che il pagamento è ben fatto e non gli si chiederà un’altra volta, pena la restituzione con le spese. E così disse e firmò, essendo testimoni Juan López de Legaria, sarto, e Juan de Espinosa, abitante di questa città, che giurarono formalmente davanti a Dio e a una croce di conoscere il suddetto Alonso Freile, concedente, e che era lo stesso che concede questa ricevuta di pagamento, senza frode. Altresì fu testimone Antonio de Velasco, residente in questa Corte, e firmò uno dei testimoni del riconoscimento. Alonso Freyle [firmato e rubricato]. Juan Espinosa [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti, due reali. A.H.P.M. Protocollo 2.031, fols. 929 r. - v. [Documento n. 87] [Al margen superior izquierdo] Thomás Junti. Carta de pago. [Al margen superior derecho] 23 de abril 622. [Al margen izquierdo] Fecho. † En la billa de Madrid a beinte y tres días del mes de abril de mil y seisçientos e veinte y dos años, en presençia de mí el scrivano e testigos, Alonso Freile, veçino de la billa de Ocaña, residente en esta Corte, en nombre de los licenciados Pedro de la Mora e Françisco Fernández Alfonsso, clérigos presbíteros, vecinos de la dicha billa de Ocaña, albaceas y testamentarios que quedaron por fin e muerte de el licenciado Joan Ruiz Cotorro, clérigo presbítero, y en nombre ansimismo de Jerónimo Ruiz Cotorro, hijo natural y heredero del dicho licenciado

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Juan Ruiz Cotorro, que el ser tales testamentarios y heredero consta por el testamento que el dicho liçençiado Cotorro otorgó ante Pedro de Guzmán, scrivano público del número de la dicha villa de Ocaña, fecho en ella en nueve deste mes y año, y en birtud del poder que de los dichos testamentarios y heredero tiene, que se lo dieron y otorgaron ante el mismo scrivano, su fecha en diez y nueve deste dicho mes y año, de que entrega treslado signado del dicho Pedro de Guzmán, scrivano, usando del otorgo conffiesa aber reçivido del señor Tomás Junti de Modesti, residente en esta Corte, como heredero de Julio Junti de Modesti, su tío, vecino desta villa, seteçientos e quinçe reales que le pagó por otros tantos que debe de los réditos corridos de çenssos que pagava al dicho licenciado / (fol. 929 v.) Joan Ruiz Cotorro de otra tanta suma en cada un año, que el dicho año se cunple mañana domingo veinte y quatro deste mes y año, y de los dichos seteçientos y quinçe reales está entregado a su boluntad, y no enbargante que ansí es cierto, porque no parece de presente renuncio las leyes de la entrega, prueva e paga y la ecepçión de la non numerata pecunia y leies del derecho, y dellos se otorgó carta de pago en nombre de los dichos testamentarios y heredero en favor del dicho Tomás Junti de Modesti, que paga el dicho çenso cada un año por scriptura ante scrivano y en forma que es notorio, y se obligó y a sus partes que la paga es bien fecha y no se pedirá otra vez, pena de lo bolver con costas, y ansí lo dixo y firmó, siendo testigos Joan López de Legaria, sastre, y Juan de Spinossa, veçino desta billa, que juraron a Dios y a una cruz en forma conoçer el dicho Alonso Freile, otorgante, y ser el mismo que otorga esta carta de pago sin fraude, otrosí fue testigo Françisco Antonio de Velasco, residente en esta Corte, y lo firmó uno de los testigos del conozimiento. Alonso Freyle [firmado y rubricado]. Joan Spinosa. [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos, dos reales. A.H.P.M. Protocolo 2.031, fols. 929 r. - v. * [Documento n. 88 : 03/10/1622]  

[Al margine superiore sinistro] Tommaso Giunti, proprietario della Imprenta Real. Vendita giudiziaria. [Al margine superiore destro] 3 ottobre 1622. [Al margine siniistro] Fatto. † Io il dottor Juan de Quiñones, luogotenente del correggitore di questa città di Madrid e delle terre circostanti per sua Maestà, rendo noto a qualsivoglia tribunale e persona particolare che dinanzi al dottor Sánchez de León, che fu luogotenente del correggitore di questa città, mio predecessore, venne dibattuta la causa di esecuzione forzata su richiesta di Tommaso Giunti, abitante di questa città, contro il patrimonio di Giulio Giunti de’ Modesti, defunto, per l’importo di quattromila ducati, la quale esecuzione forzata venne ordinata e, per farvi opposizione con una parte legittima, venne istituito un difensore dei suoi beni e si continuò fino alla sentenza definitiva e all’ordinanza di pagamento; e in virtù di essa si misero a bado una casa signorile e le sue dipendenze, con il giardino, in questa città / (fol. 625 v.) nella Carrera de San Francisco e certe forme, attrezzi e strumenti della imprenta real [sic] e altri beni mobili, e la suddetta casa signorile e dipendenze vennero messe all’asta per cinquemila ducati, con gli oneri dei censi perpetui che avevano e cinquantatremilacinquecento reali di censo redimibile ; e i suddetti attrezzi della imprenta real e gli ulteriori beni mobili per ventottomila reali, somma pagata in contanti. E il resto delle suddette case e di questa messa all’asta, con la licenza per far uso del suddetto patrimonio, l’ha avuto il suddetto Tommaso Giunti / (fol. 626 r.) dall’anno seicentodiciannove, e in ultimo aveva convenuto che gli si consegnassero i suddetti beni come vendita reale in solutum, per farne uso come di una sua proprietà senza limitazione alcuna né obbligo di restituirla né di dare parte di  

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essa né [cassato : altro j] in altro modo. In merito alla qual cosa vennero rifatte le pratiche con un difensore qualora potesse esserci un altro riscattatore che offrisse di più e vennero messi all’asta pubblica, e il difensore non ha detto alcuna cosa per impedirlo, né c’è stato un maggior offerente. Perciò disposi un atto di consegna dei suddetti beni e che gli venisse fatta vendita reale e formale autorizzazione per essi, / (fol. 626 v.) [in interlinea : col presupposto di possedere, e la possiede, licenza dal proprietario dei suddetti censi perpetui per formale sentenza] come consta da tutti i suddetti atti [in interlinea : e da questa], che dicono quanto segue :  







Qui il giudizio esecutivo e gli ulteriori atti [In interlinea : Licenza per vendere] E in esecuzione dell’ultimo atto mediante la giustificazione dei precedenti, facendo uso del tale mio ufficio di giudice, stabilisco con questa carta di fare vendita reale e do e consegno a tale titolo al suddetto Tommaso Giunti, abitante di questa città, per lui e per i suoi eredi e per chi avesse il suo diritto: le suddette case signorili appartenute al suddetto Giulio Giunti de’ Modesti, che hanno la porta principale sulla Carrera / (fol. 627 r.) de San Francisco; e altre tre casette annesse, attaccate l’una all’altra, comprese nella suddetta casa signorile, che vanno dall’angolo, che è la stessa Carrera de San Francisco, verso la strada o via che anticamente chiamavano de los Zurradores, con il giardino, il cortile e l’estensione che possiede la suddetta casa signorile, tutto questo come è al momento, che confina con la suddetta Carrera de San Francisco e l’antica calle de los Zurradores; e una casa e cortile grande che contiene il legname di Nicolás Gutiérrez, capomastro, abitante di questa città, con le en- / (fol. 627 v.) trate e uscite, diritti di servitù, di affaccio, di dominio e di preminenza, l’acqua, le acque piovane e tutto il resto che alle suddette case signorili e dipendenze e giardino e ciò che in esso è contenuto appartiene ed è appartenuto di fatto e di diritto in qualsiasi maniera, con l’onere dei censi perpetui che ci sono e dei cinquantatremila reali di censi redimibili in differenti importi, e di riconoscerli tutti e pagarli, e così qualsiasi obbligo di ospitalità per la Corte o imposta per l’incomodo, se ve ne fosse alcuno, che tutto ciò resta a carico del suddetto Tommaso Giunti e dei suoi eredi / (fol. 628 r.) al prezzo di [cassato : i due] cinquemila ducati da undici reali, dai quali si sottraggono e si abbonano i suddetti cinquantatremilatrecento reali di censi redimibili che ci sono su di esse, restando da pagare solamente millecinquecento reali. E in più gli vendo, come detto, le suddette lettere, casse, forme, attrezzi e strumenti di stampa e gli ulteriori beni mobili espressi nel mandato di pagamento e negli ulteriori atti sopra inseriti per la suddetta somma di ventottomila reali, tutti i suddetti beni come stavano al tempo dell’asta e come possono stare / (fol. 628 v.) al momento, al suddetto prezzo di ventottomila reali per i quali vennero assegnati. Che, pagandoli insieme ai millecinquecento reali che avanzano delle suddette case, ammonta il tutto a ventinovemilacinquecento reali in contanti, i quali ventinovemilacinquecento reali dispongo che prenda il suddetto Tommaso Giunti, intesi per conto e come parte del pagamento per questo importo dei suddetti quattromila ducati del suo debito, e lo deve accettare così in base a questa vendita, affinché venga ripagato di esso per questa parte, e non li chieda né possa / (fol. 629 r.) chiederli ancora. E posto che così resta ripagato di questa somma come certamente resta, e impegnato veramente e realmente per i suddetti censi che ci sono sulle suddette case e quelli redimibili per la suddetta somma di cinquantatremilacinquecento reali, che deve pagare, riconoscere e redimere quelli redimibili quando volesse, e rimarrà – e rimane – a suo carico qualsiasi altro onere che le suddette case avessero, gli consegno come pagamento della suddetta somma di ventinovamilacinquecento reali per conto dei suddetti quattromila ducati del suo debito, decima e spese e le altre / (fol. 629 v.) uscite che avesse avuto e delle quali abbia garanzia e documentazione, che tutto deve essere parte del prezzo delle suddette case e beni. E particolarmente i duecentoventicinque ducati che ha pagato alla parte del  



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Collegio Imperiale della Compagnia di Gesù di questa città per i diritti di vigesima che pretendeva sulla prima assegnazione, la cessione di essa e il diritto alla vigesima di questa vendita, che per tutto ha il beneplacito e la licenza del suddetto Collegio e la ricevuta di pagamento per la suddetta somma, come risulta dalla scrittura inserita / (fol. 630 r.) di sopra, che sono tutte spese che doveva pagare lo stesso patrimonio ed eredità di Giulio Giunti de’ Modesti. E tutto insieme, l’uno con l’altro, deve fare e fa il prezzo della suddetta casa signorile e delle dipendenze e degli ulteriori beni; e l’uno insieme all’altro ho riconosciuto essere quanto giustamente valgono la suddetta casa signorile e le dipendenze e il giardino e il resto, ivi compreso, e i suddetti attrezzi di stampa e gli altri beni mobili, perché ciò che fino a oggi ha pagato il suddetto Tommaso Giunti ammonta e deve pagare dei suddetti censi redimibili, novantamilaottantanove reali / (fol. 630 v.) nei quali sono compresi i suddetti cinquantatremilacinquecento reali di capitale dei suddetti censi redimibili, e i ventinovemilacinquecento reali di cui viene ripagato per conto del suo debito e la decima cui ammonta tutto il suddetto debito principale, e i duecentoventicinque ducati cui ammonta la vigesima e in più duecentoquattordici reali di spese, che fanno la suddetta somma di novantamilaottantanove reali che giustificano e fanno il giusto prezzo di tutti i suddetti beni, per i quali secondo le pratiche e i bandi precedenti sembra non vi sia inganno, / (fol. 631 r.) che rinuncia a opporsi a ciò e desiste dall’eredità del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti e agli altri interessati a essa per qualsiasi diritto che pretendessero di avere verso la suddetta casa signorile e le dipendenze e il giardino e i suddetti attrezzi della suddetta imprenta real e i suddetti beni mobili, che nessuno gli deve restare né gli resta. E tutti questi diritti li cede al suddetto Tommaso Giunti e ai suoi eredi e, come pagamento della suddetta somma di novantamilaottantanove reali, gli consegna realmente e veramente la suddetta casa signorile con le dipendenze e il giardino e le loro pertinenze, e i suddetti strumenti di stampa e gli altri beni mobili espressi negli atti sopra inseriti, tutto ciò come in essi / (fol. 631 v.) viene dichiarato, liberamente e pacificamente, senza limitazione né riserva. E di tutto ciò mette in possesso – e sia messo agli atti che ne restano in possesso – lui e i suoi eredi in solutum per sempre, liberamente come loro proprietà; e di tutto gli dà possesso reale e attuale come ce l’ha e in cui si trova al momento, e nuovamente lo preserva in essa, e sia messo agli atti che resta preservato, messo e introdotto nel possesso di ciò realmente, effettivamente e veramente col rilascio di questa scrittura che gli consegna. E ordina a me notaio di dargliela siglata, come titolo di quanto sopra detto, che deve esserlo, e lo dichiara legittimo e lo esenta dal produrne altri, e in virtù di esso goda, faccia uso e disponga di tutto come di patrimonio suo, liberamente e pacificamente, senza onere né condizione di tornare a restituirla né a consegnarla, né di rendere conto della proprietà né dei frutti / (fol. 632 r.) a terzi, che con l’eredità del suddetto Giulio Giunti de’ Modesti costituisce come suoi inquilini e obbliga al risarcimento e alla garanzia di questa vendita giudiziaria, che la rispetterà per sempre senza alcuna opposizione nella forma col maggior valore legale che il caso richiede. E chiede a qualsivoglia tribunale e ordina a qualsiasi persona di proteggerlo e difenderlo in tutto, e in nessuna maniera ne sia turbato il godimento, pena l’essere costretti a una vendita giudiziaria dal giudice competente e per la quale saranno puniti con rigore, ogni cinquantamila maravedì per la camera di sua Maestà. E a garanzia e vincolo di ciò interpone la sua autorità giudiziaria. E di tutto gli diede il suddetto possesso e fece la suddetta consegna e presa di possesso effettiva, e il suddetto Tommaso Giunti, che era presente, lo / (fol. 632 v.) accettò con i suddetti oneri di censi perpetui e redimibili [in interlinea : che deve soddis [sic] pagare e riconoscere], e richiese questo a testimonianza siglata, quale titolo dei suddetti beni, per potere con esso goderne [in interlinea : lui] e i suoi eredi, e disporne per la vendita o in altra maniera quando e come vorranno a loro piacimento. E il suddetto signor luogotenente del correggitore ordinò di darglielo, ed entrambi così stabilirono e firmarono, e faccio fede che  



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li conosco, nella città di Madrid addì tre del mese di ottobre dell’anno milleseicentoventidue, essendo testimoni Lorenzo Montesoso e Felipe Sierra e Bernardo Sánchez Sagrameña. [Al margine sinistro] Jta. [ ?] giudiziaria. Cancellato : trezo. E in interlinea : che deve soddisfare e riconoscere, e di essa. Il dottor Juan de Quiñones [firmato e rubricato]. Tommaso Giunti [firmato e rubricato]. Fu dinanzi a me, Santiago Fernández [firmato e rubricato]. Diritti di questa vendita, sei reali.  





A.H.P.M. Protocollo 2.032, fols. 625 r. - 632 v. [Documento n. 88] [Al margen superior izquierdo] Tomás Junti, dueño de la enprenta real. Venta judizial. [Al margen superior derecho] 3 de otubre de 1622. [Al margen izquierdo] Fecho. † El doctor Juan de Quiñones, teniente de corregidor desta villa de Madrid y su tierra por su Magestad, ago notorio a qualesquier justiçias, personas particulares que ante el liçençiado Sánchez de León, que fue theniente de corregidor desta villa, mi antecesor, se siguió pleito de execuçión de pedimiento de Thomás Junti, vezino desta villa, contra la haçienda de Jullio Junti de Modesti, difunto, por quantía de quatro mill ducados, la qual execuçión se mandó haçer, y para la seguir con parte lixítima se crió defensor a sus vienes y se continuó asta sentençia de remate y mandamiento de pago, y en virtud del se trajo al pregón unas casas prinçipales y acesorias con xardín en esta villa / (fol. 625 v.) en la Carrera de San Françisco y çiertos moldes, adreços y pertrechos de la enprenta real y ottros vienes muebles, y se remataron las dichas casas prinçipales y acesorias en cinco mill ducados con la carga de los censos perpetuos que thenían y çinquenta y tres mill y quinientos reales de çenso al quitar, y los dichos pertrechos de enprenta y demás vienes muebles en veinte y ocho mill reales pagados de contado esta suma, y el resto de las dichas casas y deste remate y liçençia para usar de la dicha haçienda la a thenido el dicho Tomás Junti / (fol. 626 r.) desde el año de seisçientos y diez y nueve, y avía últimamente azedido se le aga entrego de los dichos vienes por venta real ynsolutum para usar dellos como hacienda suya propia sin limitaçión alguna ni obligaçión de lo restituyr ni dar parte dellos ni [tachado : otro j] en otra manera, sobre lo qual se bolbió a acer dilixençia con defensor para que diese sacador de mayor postura y se trajeron en almoneda pública, y no a dicho el defensor cosa alguna que lo ynpida ni a avido mayor ponedor, por lo qual provey auto de enttrego de los dichos vienes y que se le hiçiese venta real y despacho en forma de ellos, / (fol. 626 v.) [interlineado : presupuesto tener y tiene lizencia del dueño de los dichos zensos perpetuos por sentenzia en forma] como consta de todos los dichos autos [interlineado : y della], que son del thenor siguiente.  





Aquí el pleito executivo y demás autos [Interlineado : Lizençia para vender] Y en execuçión del auto último mediante la justificaçión de los antecedentes, usando de mi ofizio de tal juez, otorgo por esta carta ago venta real y doy y entrego por título de tal al dicho Tomás Junti, veçino desta villa, para él y sus herederos y quien tubiere su derecho las dichas casas prinçipales que fueron del dicho Jullio Junti de Modesti, que tienen puerta prinçipal a la Carrera / (fol. 627 r.) de San Françisco, y otras tres casillas necesarias juntas unas con otras ynclusas en la dicha casa prinçipal, que están desde la esquina que es la misma Carrera de San Françisco açe la calle o rua que antiguamente deçían de los Zurradores, con el jardín, patio y ensancha que la dicha casa prinçipal tiene, todo ello como está de presente, que alinda con la dicha Carrera de San Françisco y calle antigua de los Çurradores, y una casa y corral grande en que se encierra madera de Niculás Gutiérrez, maestro de obras,  

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veçino desta villa, con en- / (fol. 627 v.) tradas y salidas, derechos de serbidunbres, vistas, señorío preheminençias, aguas, lluvias y todo lo demás que a las dichas casas principales y acesorias y xardín y lo en ello yncluso perthenece y a perthenecido de fecho y derecho en qualquier manera con la carga de los çensos perpetuos que tienen y de los çinquenta y tres mill reales de censos al quitar en diferentes partidas, y de los reconozer todos y pagarlos y qualquier carga de guésped de Corte o repartimiento por yncómodo si algo ubiere, que todo esto queda al cargo del dicho Tomás Junti y de sus herederos / (fol. 628 r.) por presçio de [tachado : los dos] çinco mill ducados de a onçe reales, de los quales se quitan y desquitan los dichos çinquenta y tres mill y quinientos reales de censos al quitar que ay sobre ellas y quedan pagaderos mill y quinientos reales solamente. Y más le vendo, como dicho es, las dichas letras, cajas, moldes, adreços y pertrechos de enprenta y demás vienes muebles espresados en el mandamiento de pago y demás autos de suso ynsertos en la dicha suma de veinte y ocho mill reales todos los dichos vienes como estavan al tienpo del remate y pueden estar / (fol. 628 v.) de presente en el dicho preçio de veinte y ocho mill reales en que se remataron pagados y los mill y quinientos reales que sobran de las dichas casas, que todo açe suma de veinte y nueve mill y quinientos reales de contado, los quales veinte y nueve mill y quinientos reales le aplico tome y a de ser visto tomar el dicho Tomás Junti por quenta y parte de pago en esta cantidad de los dichos quatro mill ducados de su deuda, y lo a de açeptar ansí al pie de esta venta para que en este parte quede pagado della y no los pida ni pueda / (fol. 629 r.) pedir otra vez. Y presupuesto que así queda pagado desta suma que es çierto queda, e lo y encargado verdadera y realmente de los dichos censos perpetuos que ay sobre todas las dichas casas y los al quitar en la dicha suma de çinquenta y tres mill y quinientos reales que a de pagar, reconozer y los al quitar redimir quando quisiere, y quedar y quedan a su cargo ottras qualesquier cargas que las dichas casas tengan, le enttrego por paga de la dicha suma de veinte y nueve mill y quinientos reales a quenta de los dichos quatro mill ducados de su deuda, dézima y costas y otros / (fol. 629 v.) gastos que ubiere tenido y de que tenga recaudo y raçón, que todo a de ser parte de preçio de las dichas casas y bienes, y particularmente los duçientos y veinte y çinco ducados que tiene pagados a la parte del Colegio Ynperial de la Compañía de Jesús desta villa por los derechos que pretendía de veintenas del primer remate, zesión del y el derecho de veyntena desta venta, que para todo tiene veneplácito y liçençia del dicho Colegio y carta de pago de la dicha suma, como pareçe de la escriptura que está ynserta / (fol. 630 r.) de suso, que todos son gastos que abía de pagar la misma haçienda y herençia del dicho Jullio Junti de Modesti, y todo junto, uno con otro, a de haçer y haçe preçio de las dichas casas prinçipales y acesorias y demás vienes, y junto uno y ottro tengo reconozido es lo que justamente valen las dichas casas prinçipales y acesorias y xardín y lo demás en ello yncluso, y los dichos adreços de enplenta y demás vienes muebles, porque monta lo que asta oy tiene pagado el dicho Tomás Xunti y a de pagar a los dichos censos al quitar noventa mill y ochenta y nueve reales, / (fol. 630 v.) en que se yncluyen los dichos çinquenta y tres mill y quinientos reales de prinçipal de los dichos çensos al quitar, y los veinte y nueve mill y quinientos reales de que queda pagado por quenta de su deuda y la dézima que monta toda la dicha deuda prinçipal, y los duçientos y veinte y çinco ducados que monta la veintena y más duçientos y catorçe reales de costas, que haçen la dicha suma de noventa mill y ochenta y nueve reales que justifican y açen preçio justo de todos los dichos vienes, en que según las dilixençias y pregones que an precedido pareçe no ay engaño, / (fol. 631 r.) que renunçia y las ojeçiones del, y disiste a la herençia del dicho Julio Junti de Modesti y los demás ynteresados a ella de qualquier derecho que pretendan tener a las dichas casas prinçipales y acesorias y jardín y los dichos adereços de la dicha enprenta real y los dichos vienes muebles, que ninguno les a de quedar ni queda, y todos estos derechos los çede en el dicho Tomás Junti y en sus herederos, y por paga de la dicha suma de noventa mill  

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y ochenta y nueve reales le enttrega real y verdaderamente las dichas casas principales y acesorias con su jardín y ensanchas y los dichos pertrechos de la enprenta y demás vienes muebles espresados en los autos de suso ynsertos, todo ello como en ellos / (fol. 631 v.) se declara libre y llanamente sin limitaçión ni reservaçión, y en todo ello le apodera y sea visto quedar apoderado y sus herederos yn solutun para sienpre libremente como en propiedad propia suya, y de todo le da posesión real y actual como la tiene y en que está de presente, y de nuevo le anpara en ella y sea visto quedar anparado, puesto y aprehendido en ella real, autual y berdaderamente con el otorgamiento desta escriptura, que le entrega y manda a mí el escrivano se la dé signada para título de lo susodicho, que lo a de ser y declara por lixítimo y relieba de otro, y en birtud dello lo goze, use y disponga de todo como de haçienda suya, libre y llanamente, sin carga ni calidad de lo bolber a restituyr ni enttregar, ni dar quenta de propiedad ni de frutos / (fol. 632 r.) a ningún terzero, a los quales y a la herençia del dicho Jullio Junti de Modesti constituye sus ynquilinos y la obliga al saneamiento y seguridad desta venta judizial, que lo tendrá para sienpre sin contradizión alguna en la más vastante forma que el caso requiere, y pide a qualesquier justiçias y manda a qualesquier personas le anparen y defiendan en todo, y de ninguna manera le perturve en el gozo dello, pena de forzadores a ventas judiziales de juez conpetente y de que serán castigados con rigor y de cada çinquenta mill maravedís para la cámara de su Magestad, y a la seguridad y fuerza dello ynterpone su autoridad judizial. Y de todo le dio la dicha posesión y hiço el dicho enttrego y apoderamiento real, y el dicho Tomás Junti, que estava presente, lo / (fol. 632 v.) aceptó con las dichas cargas de censos perpetuos y a quitar [interlineado : que a de satis [sic] pagar y reconocer], y lo pidió por testimonio signado para título de los dichos vienes y poder con el [interlineado : él] y sus herederos gozarlos y disponer dellos por venta o en ottra manera quando y como quisieren a su boluntad, y el dicho señor theniente de corregidor se lo mandó dar, y enttranbos lo otorgaron ansí y firmaron, y doy fee que los conozco, en la villa de Madrid a tres días del mes de otubre de mill y seisçientos y veinte y dos años, siendo testigos Lorenço Montesoso y Phelipe Sierra y Vernardo Sánchez Sagrameña. [Al margen izquierdo] Jta. ( ?) judizial. Testado : trezo. Y entre renglones : que a de satisfaçer y reconozer, y della. El doctor Juan de Quiñones [firmado y rubricado]. Tomás Junti [firmado y rubricado]. Pasó ante mí, Santiago Fernández [firmado y rubricado]. Derechos desta venta, seis reales.  







A.H.P.M. Protocolo 2.032, fols. 625 r. - 632 v.



INDICE DEI NOMI*

A

guilar, Luis de, [50] 160. Aguilera, Pedro (de), xxiv ; [85] 263, 265, 268. Aldrete, Andrea, [50] 160. Aleas, Sebastián de, [34] 119 ; [60] 185. Alicante, Pedro de, 12 ; [86] 273, 274. Alonso, Juan, [53] 168 ; [56] 177 ; [57] 180. Alonso, Martín, [1] 19 ; [7] 43. Alvárez, Francisco, [22] 87. Álvarez, Juan, [35] 123. Álvarez de Toledo, Agustín, [60] 185. Alvear, Juan de, 3 ; [16] 68. Alviz, Alonso, [15] 66. Andarza Zabala, Miguel de, [21] 81. Angulo, Juan de, 7 ; [45] 148 ; [47] 154 ; [48] 157 ; [49] 158 ; [50] 160. Angulo, Vicente de, [63] 205 ; [64] 206 ; [67] 212 ; [68] 214 ; [73] 225. Añelius, Jacobus de, [74] 226. Antúnez, María de, xx ; [74] 226 ; [85] 266. Aragón, Antonio, [22] 88. Aranda, Diego de, xxii ; 7 ; [52] 165. Aranda Moscoso, Juan de, 4 ; [24] 95. Arce de Otálora, alcalde, 1, 3 ; [1] 15, 16 ; [2] 23, 25 ; [3] 33 ; [4] 35 ; [5] 36 ; [6] 38 ; [10] 50 ; [21] 81 ; [22] 87 ; [48] 156 ; [49] 158. Arias Maldonado y Sotomayor, Francisco, [60] 184, 185 ; [66] 210. Arias Maldonado, Francisco, v. Arias Maldonado y Sotomayor, Francisco Arichaval, dottor, [69] 216. Arreguia, Bautista de, [60] 185. Arriaga, Pero, v. López de Arriaga, Pedro. Artauld, Jean, [41] 137. Atienza, Melchor de, [63] 205 ; [64] 206 ; [65] 208. Atunes, María, v. Antúnez, María de. Atunis, María, v. Antúnez, María de. Auñón, marchese di, v. Herrera y Velasco, Íñigo de ; Herrera, Melchor de.  







































































Auñón, marchesa di, v. Herrera, Ana de ; Padilla, Francisca de. Ayala, Andrés de, [60] 185. Ayala, Luis de, [52] 165. Ayala, Salvador de, 1 ; [3] 33 ; [4] 34, 35 ; [5] 36 ; [6] 37, 38, 39, 40 ; [7] 43. Ayala de Avalos, Francisco de, [50] 160. Ayllón de Bellosillo, Juan de, [54] 171 ; [55] 174. Ayón, Diego de, [24] 95.  













Baños, Pedro de, 2, 4 ; [12] 58, 59 ; [30] 109,  



110. Bardeci/Berdeci, Bartolomé de ( ?), [58] 181 ; [59] 183. Barranco, Alonso, [52] 165. Barrientos, Antonio de, 2 ; [13] 60. Barrio, Francisco de, [9] 47. Batista, Juan, [32] 113. Bega, Alonso de, [23] 94. Begule, Pedro il Giovane, [41] 136. Belluga de Moncada, Juan, 12 ; [85] 264, 267. Beltrán de Chavarría. Francisco, xx ; [74] 226. Berdeci, v. Bardeci. Bernal, Juan, [85] 264. Bonardo, Cornelio, v. Bonaert, Cornelius. Bonaert, Cornelius, xvi, xvii, xxvi, xviii n. ; 1, 3, 7 ; [1] 15, 16, 17, 18 ; [2] 23, 24, 25, 26, 27 ; [9] 46 ; [10] 50, 51 ; [18] 73 ; [24] 95 ; [48] 156 ; [85] 266. Bonart, Cornelio, v. Bonaert, Cornelius. Bonarte, Cornelio, v. Bonaert, Cornelius. Botilio, Filippo, [75] 228. Boto, Antonio, v. Voto, Antonio. Bril, Esteban, 12 ; [84] 259. Brocense, v. Sánchez de las Brozas, Francisco. Boyer, Juan, [22] 85.  





























* I numeri in cifre romane rimandano alle pagine dell’introduzione. I numeri in cifre arabe tra parentesi quadre indicano il numero di documento, cui fa seguito, fuori parentesi, il numero di pagina della traduzione italiana.

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Calvo, Joan, [80] 248.





Camargo, Luis de, [82] 255. Cambi, Annibale, 5 ; [32] 113, 114 ; [46] 150. Campillo, Juan del, [77] 240. Campo, Roque del, [62] 203. Canada, Juan, [65] 208. Cano, Pedro, [46] 151. Cánova, Alexandre de, xxix, xxx. Caraballos, Juan de, [65]. Cárdenas, Lorenzo de, 8 ; [61] 197, 200 ; [62] 202. Carrera, Jerónimo de la, 2 ; [9] 45, 46, 47 ; [10] 50 ; [11] 56. Carrillo, dottor, [80] 247, 248. Carza Cuero, Lope, [65] 207. Castellanos, Lucas, [77] 240. Castellar, conte di, v. Saavedra, Fernando. Castellar, contessa di, v. Ramírez de Mendoza, Beatriz. Castellón, Dante de, 2 ; [13] 60 ; [19] 76, 77, 78. Castejón, Francisco de, 7 ; [52] 165. Castillo, fra’ Hernando del, [79] 245. Castro, Jácome de, [67] 212 ; [68] 214 ; [70] 218 ; [71] 221 ; [72] 223. Castro, Mariana de, 10, 11 ; [77] 240 ; [80] 247, 249 ; [82] 254, 255 ; [83] 257. Castro Gago, Juan de, [6] 37. Castronovo, Bernardino de, xxix. Cerda, don Sancho de la, [9] 45. Cereceda, Diego de, [71] 220. Cereceda, María de, [70] 217. Cestona, Juan de, [40] 134. Chichapora, Nicolás, [19] 77. Cienfuegos, Alonso de, [32] 113. Cillero, Francisco, 9, 10 ; [70] 217 ; [71] 220 ; [72] 223. Cincinnato, Romolo, 4 ; [23] 93, 94. Ciotti, Giovan Battista, xxix ; [84] 259, 260. Cola, Juan de, [12] 59. Colonna, Marco, [13] 60. Colonna, Nicostrata, 2 ; [13] 60. Concha, Francisco de la, [9] 47 ; [12] 59 ; [35] 123. Córdoba, Martín de, 12 ; [84] 258. Corllet, Claudio, [31] 112. Cornejo, Gabriel, 2 ; [9] 45 ; [11] 57. Cortegada, fra’ Juan de, [85] 265. Cotera, Juan de la, [80] 247.  





















































Critana, fra’ Alonso de, xviii, xix ; 2, 3, 7 ; [15] 65, 66 ; [17] 70 ; [23] 93 ; [49] 158.











D

ávila, Felipe, [84] 260. Davius, Joannis Battista, [74] 226. Demián Duxana, Domingo, [70] 218. Díaz, Antonio, [85] 264. Díaz Paradinas, Bartolomé, xxvi ; [78] 243 ; [79] 246. Domenego, Giuseppe, 7 ; [49] 158. Domínguez, María, xiv ; [53] 166.  







E

nríquez, Felipe, [10] 51 ; [11] 56 ; [12] 58. Enríquez de Herrera, Mateo, [13] 60. Escobar, Felipe, [22] 87 ; [49] 158. Espínola, Ambrosio, v. Spinola, Ambrogio. Espinosa, Antonio de, [32] 113. Espinosa, Juan de, [87] 276. Esteban Cortés, Francisco, [48] 157. Estrozi, Vinçençio, v. Strozzi, Vincenzo.  





Fernández, Alonso, xii, xvi ; [38] 130 ; [41]  



137 ; [42] 140 ; [43] 143. Fernández, Antonio, [80] 247. Fernández, Gonzalo, [60] 184. Fernández, Gabriel, 6 ; [40] 133. Fernández, Jerónimo, [83] 258. Fernández, Santiago, xxii ; [60] 191 ; [61] 200 ; [62] 203 ; [63] 205 ; [64] 206 ; [65] 208 ; [67] 212 ; [68] 214 ; [69] 216 ; [70] 218 ; [71] 221 ; [72] 223 ; [73] 225 ; [75] 233 ; [76] 238, 239 ; [81] 253 ; [85] 268 ; [87] 276 ; [88] 280. Fernández Alfonso, Francisco, 12 ; [87] 276. Fernández de Castro y Andrade, Pedro v. Lemos, Conde de Filippo III d’Asburgo, 9 ; [66], 210. Filippo II d’Asburgo, xx ; [74] 227. Flamenco, Juan. [78] 243. Flor, Alejandro de la, [33] 118 ; [34] 120 ; [36] 125 ; [37] 127. Flores, Mari, 7 ; [51] 162, 163. Foquel, Guillermo, xv ; [42] 139. Fontane, Bernardo, xxiii, xxviii ; 5 ; [36] 125. Franco, Juan, [6] 40. Freile, Alonso, 12 ; [87] 276. Freyre de Andrada, Pedro, [81] 253. Fuensalida, Baltasar de, [50] 160.  































































G

aitan de Ayala, Luis, [50] 160. Galdo, Sebastián de, [30] 109.



indice dei nomi Galíndez, Pedro, [28] 106 ; [29] 108 ; [30] 110 ; [32] 115. Galíndez de Carvajal, Antonio, [22] 83. Gallardo, Francisco, [48] 157. Gallo, Juan Bautista, [46] 150. García, Bartolomé, [78] 243. García, Benito, [75] 230. García, Juan (de), [63] 205 ; [64] 206 ; [65] 208 ; [85] 268. García, Miguel, [65] 207. García, Pedro, xxii, xxiii ; [60] 186 ; [61] 198 ; [62] 202. García de Trasmiera, Benito, [79] 245. Garigliano, Ciro ( ?), [49] 159 ; [50] 161. Garrido de Arrichavala, Pedro, [60] 190. Gast, Catalina, xviii n. Gast, Filippo, xviii n. Gast, Isabel, xviii n. Gast, Jerónima, xvi n., xxvi, xxviii n. ; [85] 266. Gast, María, vedova di Giacomo Giunta, xxviii, xxix ; 11 ; [76] 238, 239 ; [81] 252, 253. Gast, María, vedova di Diego Giunta, xxvi, xxviii n., xxix ; [85] 266. Gast, Matías, xxviii ; [24] 95. Giaconi, Bastián, 9 ; [64] 206. Girardo, Juanes, xxii, xxiii ; [60] 186 ; [61] 198 ; [62] 202. Giunta Benedetto, xxix. Giunta Bernardo (di Bernardo), xxiv, xxv, xxix ; [84] 259, 260 ; [85] 263, 264. Giunta, Bernardo (di Filippo il Vecchio), xxix, xxx. Giunta, Bernardo (di Tommaso), xxviii. Giunta, Bernardo il Veneziano, xxviii n., xxix. Giunta, Cosimo, xxix ; 5, 8 ; [33] 117 ; [63] 205. Giunta, Diego, xxvi, xxviii n. ; [85] 266. Giunta, Filippo il Vecchio, ix, xxix. Giunta, Filippo il Giovane, xxiii, xxviii ; 5 ; [36] 125. Giunta, Filippo (Felipe de Junta), xxix, xxx. Giunta, Giacomo ( Jacques), xxviii, xxx ; 11 ;[33] 117 ; [76] 238 ; [81] 252. Giunta, Giovanni ( Juan de Junta), xxix, xxx.  

































































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Giunta, Giulio, ix, xi-xxvi, xxviii, xxx ; 1-12 ; [1] 15, 16, 17, 18 ; [2] 23- 28 ; [3] 33 ; [4] 35 ; [5] 36, 37 ; [6] 37, 38, 39, 40 ; [7] 43 ; [8] 44, [9] 45, 46, 47 ; [10] 49- 52 ; [11] 56 ; [12] 58, 59 ; [13] 60 ; [14] 61, 62, 63 ; [15] 65 ; [16] 68, 69 ; [17] 70, 71 ; [18] 73, 74 ; [19] 76, 77, 78 ; [20] 80 ; [21] 81 ; [22] 82, 83, 85-88 ; [23] 93 ; [24] 95, 96 ; [25] 98-100 ; [26] 101, 102 ; [27] 104 ; [28] 105, 106 ; [29] 107, 108 ; [30] 109 ; [31] 111, 112 ; [32] 113, 115 ; [33] 117, 118 ; [34] 119, 120 ; [35] 121, 122 ; [36] 124, 125 ; [37] 126, 127 ; [38] 128-130 ; [39] 132 ; [40] 133, 134 ; [41] 135, 136, 137 ; [42] 139, 140 ; [43] 142, 143 ; [44] 144, 145 ; [45] 146, 148 ; [46] 149, 151 ; [47] 153, 154 ; [48] 156, 157 ; [49] 158, 159 ; [50] 160, 161 ; [51] 162, 163 ; [52] 165 ; [53] 166, 167, 168 ; [54] 170, 171 ; [55] 173 ; [56] 176, 177 ; [57] 179, 180 ; [58] 181 ; [59] 182, 183 ; [60] 184, 186, 187191 ; [61] 197 ; [62] 202, 203 ; [63] 205 ; [64] 206 ; [65] 207, 208 ; [66] 210 ; [67] 212 ; [68] 214 ; [69] 215, 216 ; [70] 217 ; [71] 220, 221 ; [72] 222, 223 ; [73] 224, 225 ; [74] 226 ; [75] 228-231, 233 ; [76] 238 ; [77] 240 ; [80] 247249 ; [81] 252 ; [82] 254, 255 ; [83] 257 ; [85] 262, 263, 265-268 ; [87] 276 ; [88] 277-279. Giunta, Jacopo (di Filippo il Vecchio), xxix. Giunta, Jacopo (di Bernardo di Filippo il Vecchio), xxix. Giunta, Jeanne, xxi, xxix ; 6 ; [41] 136. Giunta, Luca (Lucas de Junta), xvi, xvii, xviii, xxx, xxxi ; 1, 4 ; [1] 15, 16 ; [2] 24, 25 ; [3] 33 ; [4] 35 ; [5] 36 ; [6] 37, 38, 39, 40 ; [9] 46 ; [10] 50, 51, 52 ; [24] 95. Giunta, Lucantonio, ix, xxviii, xxix ; 8, 9 ; [63] 205 ; [64] 206 ; [76] 238 ; [81]. Giunta, Lucrezia, xxviii, xxx ; [3] 33 ; [6] 38. Giunta, Maddalena, xxix ; 5 ; [33] 117. Giunta, Modesto, xxix ; 8 ; [63] 205. Giunta, Nicola, xxix. Giunta, Simón, xxix ; 10, 11 ; [76] 238 ; [81] 252. Giunta, Teresa, xxvi, xxix ; 10, 11 ; [76] 238 ; [81] 252 ; [85] 267. Giunta, Tommaso, xiii, xvi, xviii, xxiv, xxv, xxvii, xxviii ; 3-7, 10-12 ; [8] 44 ; [13] 60 ; [16] 69 ; [17] 71 ; [18] 74 ; [19] 78 ; [20] 80 ; [21] 81 ; [22] 85 ; [28] 105, 106 ; [29] 107 ; [31] 112 ; [32] 115 ; [35] 121, 123 ; [36] 125 ; [37] 127 ; [41] 137 ; [42] 140 ; [45] 146, 147 ; [49] 159 ; [50] 161 ;  

















































































































































































































































































286

i giunta a madrid

[51] 163 ; [55] 173, 174 ; [58] 181 ; [59] 183 ; [71] 221 ; [72] 223 ; [73] 225 ; [75] 228, 233 ; [77] 240 ; [78] 241-243 ; [79] 245, 246 ; [80] 247249 ; [81] 252 ; [82] 254, 255 ; [83] 257 ; [84] 258- 260 ; [85] 262-268 ; [86] 273-274 ; [87] 276 ; [88] 277-280. Giunti, v. Giunta. Giunti de’ Modesti, Giulio, v. Giunta, Giulio. Gómez, Antonio, [80] 249. Gómez, Nicolás, [77] 240. Gómez de Cuenca, Pedro, [34] 119. González, Antonio, [2] 28 ; [11] 57 ; [65]. González, Bernabé, [23] 94. González, Gabriel, [80] 247. González, Jerónimo, [28] 106 ; [29] 108. González, Jorge, v. González de Guitián, Jorge. González de Guitián, Jorge, [75] 233 ; [79] 246 ; [81] 253. González, Martín, [7] 43. González, Pedro, [40] 134 ; [41] 137 ; [45] 148 ; [46] 151 ; [67] 212 ; [68] 214. González de Villanueva, Francisco, [44] 145. Gracián Dantisco, Tomás, [41] 136 ; [75] 228. Granoleadhs ( ?), Guillermo Raimundo, [43] 142. Gregorio XIII, papa, xxx. Gregorio de Segovia, notaio, [1] 15 ; [2] 23. Gudínez, Pedro, [10] 50. Gutierre, Ailla, [66] 210. Gutiérrez, Andrés, xviii ; [20] 80. Gutiérrez, Francisco, [56] 177 ; [57] 180. Gutiérrez, Juan, 3 ; [16] 68. Gutiérrez, Nicolás, [88] 278. Gutiérrez, Pedro, [2] 28. Gutiérrez, Pero, v. Gutiérrez, Pedro. Gutiérrez, Simón, [65] 208. Guzmán, Pedro de, [87] 276.  





































































Henao, Andrés de, [67] 212 ; [68] 214.

Henríquez, Juan, [22] 85. Hernández, Diego, [60] 184. Hernández, Juana, 9, 10 ; [70] 217 ; [71] 220 ; [72] 222. Hernández, Lucas, 8 ; [57] 179. Hernández, Macías, [32] 114. Hernández, María, 9 ; [67] 212 ; [68] 214.  















































Ibarra, Francisco de, [17] 70 ; [46] 150.  

Ibarra, Juan, [85] 268. Iriarte, Juan de, 3 ; [13] 60 ; [18] 73.  



Jasson, Guillermo, [58] 181, 183 ; [59] 184.  

Jiménez, Andrés, [32] 113. Jiménez, Francisco, [78] 243 ; [79] 246. Jiménez Solano, Juan, [65] 207. Jornini, Carlo, 5 ; [33] 117. Juepi, Cosme, [77] 240. Junta, v. Giunta. Junti, v. Giunta.  



L

ago, Juan de, [6] 37. Lamberty, Francisco, [19] 77. Landi, María de, xxiii ; 8 ; [62] 202. Lanza, Jerónimo, 12 ; [84] 258-260. Laschium, Valerium, [74] 226. Ledesma, Pedro, [66] 210. Lemos, Conte di, [66] 210 León, fra’ Luis de, xxx n., xxxi ; 1 ; [2] 23, 25, 26, 28 ; [80] 249. León, Hipólito de, [1] 19 ; [10] 52. López, Domingo, [43] 143. López, Francisco, xix, xx ; 8, 10, 11 ; [58] 181, 182 ; [66] 210 ; [77] 240 ; [80] 247-249 ; [82] 254, 255 ; [83] 257. López, Jerónimo, [35] 123 ; López de Arriaga, Pero, xvi ; 1, 3, 4 ; [1] 15, 16, 17, 19 ; [2] 24, 25, 26, 28 ; [3] 33 ; [5] 36 ; [6] 38 ; [10] 51 ; [13] 60 ; [14] 63 ; [15] 66 ; [16] 68 ; [18]  

















Hernández Pablo, Diego, xx, xxi ; 5 ; [31] 111. Herrera, Alejo de, v. Sáez de Herrera, Alejo. Herrera, Alonso de, 2 ; [8] 44. Herrera, Ana de, xxii ; 8 ; [60] 184, 188-190 ; [61] 197 ; [62] 202. Herrera, Antonio de, 10, 11 ; [80] 247 ; [82] 254. Herrera, Lope de, [48] 156. Herrera, Melchor de, xxii, xxiii ; 8 ; [60] 184187 ; [61] 197 ; [62] 202. Herrera y Velasco, Íñigo de, xxii ; 8 ; [60] 184, 187-189 ; [61] 197 ; [62] 202. Hontiveros, Juan de, xiv, xv ; 6 ; [47] 153, 154. Hontiveros, Pedro de, xv ; [47] 153.











































indice dei nomi 74 ; [24] 96 ; [25] 98, 99, 100 ; [26] 101 ; [27] 104 ; [30] 110 ; [45] 148. López de Ayala, Pedro, [60] 190. López y de Ayala, Juan, [61] 199. López de Castro, Jerónimo, 10, 11 ; [77] 240 ; [80] 247, 249 ; [82] 254, 255 ; [83] 257, 258. López de Cervela, Antonio, [49] 159 ; [50] 161. López de Legaria, Juan, [87] 276. López de Ribadeneyra, Diego, 9, 10 ; [68] 214 ; [70] 217 ; [71] 220 ; [72] 222 ; [75] 230. Losa, Alonso, [24] 95. Losada, Francisco de, [85] 264. Lozano, Julián, [84] 260. Lucena, Juan (de), [70] 217 ; [72] 222. Luján, Fernando de, [44] 144.  

































M

adrid, fra’ Juan de, xx ; [74] 226. Maldonado, Diego, v. Navarro Maldonado, Diego. Maldonado, Juan, xiv, xv ; 7 ; [54] 170, 171. Malla, García de, 8 ; [57] 179. Manrique, Alonso, v. Manrique de Lara, Alonso. Manrique de Lara, Alonso, 1 ; [3] 33 ; [4] 35 ; [5] 36 ; [6] 38-40. Marañón, Pedro, [80] 249 ; [82] 255 ; [84] 260. Marín, Agustín, 7 ; [56] 176, 177. Mármol, dottor, [80] 249. Marquide [ ?] Boalatierra, Baccio, [74] 226. Martín, Domingo, 7 ; [51] 162. Martín Ponpo, Alonso, [67] 212 ; [68] 214. Martínez, Alonso, [85] 268. Martínez, Francisco, [15] 65 ; [17] 70 ; [77] 240, 241 ; [83] 258. Martínez, Jerónimo, [86] 274. Martínez, Juan, [2] 28. Martínez, Juan, [86] 274 Martínez, Juan, pasticciere, [49] 158. Martínez, Juan, (di Baeza), [52] 165. Martínez de(l) Cerezo, Lucas, [61] 199 ; [62] 203. Martínez de Murguía, Miguel, [16] 69 ; [17] 71 ; [18] 74 ; [19] 78 ; [21] 81 ; [22] 88 ; [24] 96 ; [25] 100. Martos, Juan de, [65] 207. Marucena, Tomás de, [53] 168. Mata, Juan de, [75] 233.  

















































287

Medemicedes, Fernando, v. Medici, Ferdinando de’. Medici, Ferdinando de’, [74] 226. Meléndez, Luis, [75] 230. Mena, Juan de, xxxi. Méndez, Diego, [69] 216. Mercado, Antonio de, [70] 218 ; [73] 225. Mercado, dottor, 3 ; [20] 80. Mercado, Luis de, [60] 185. Miles, Jerónimo de, v. Millis, Jerónimo de. Milles, Jerónimo de, v. Millis, Jerónimo de. Millis, Jerónimo de, xxviii n. ; 7, 8 ; [48] 156 ; [59] 182, 183. Millis, Vincenzo de, [24] 95. Miñon, Pedro de, [44] 145. Modesti, Dorotea de’, xxx. Modesti, Filippo di Iacopo di Michele de’, ix. Molero, Francisco, [62] 203. Mollinedo, Diego (de), 8, 10 ; [51] 163 ; [52] 165 ; [57] 179, 180 ; [67] 212 ; [68] 214 ; [73] 224. Mora, Pedro de la, 12 ; [87] 276. Morales, Juan Diego, xxxi n. Moratas, Juan de, [84] 260. Moreno, Diego, [30] 110. Moreno, Juan, [58] 182 ; [59] 183 ; [80] 247 ; [82] 254. Moreno, Simón, [14] 63. Montero, Juan, [6] 40 ; [7] 43 ; [8] 44 ; [9] 47 ; [11] 57. Montesoso, Lorenzo, [88] 240. Montoya, Gaspar de, [33] 118 ; [34] 120. Mora, Pedro de la, [87] 276. Munier, Benito, 6 ; [39] 132. Muñoz de Prado, Pedro, [24] 95. Musefi, Marco Antonio, [13] 60. Muzio, Lorenzo, [74] 226 . Myles, Jerónimo de, v. Millis, Jerónimo de.  









































Navarro, Domingo, xxvii ; [78] 242, 243.  

Navarro Maldonado, Diego, [1] 19 ; [24] 95. Neyla, Alonso de, xvii ; 2 ; [9] 45, 46, 47 ; [10] 49, 52 ; [11] 56. 57. Neyla, Jerónima de, 2 ; [9] 46 ; [10] 50, 51 ; [11] 56. Neyla, María de, xvii ; 2 ; [9] 46, 47 ; [10] 50, 51 ; [11] 56 ; [12] 58. Nicolo, Lunardo, [10] 50, 51. Norueña, Tomás de, [55] 174 ; [57] 180.  



























288

i giunta a madrid

Obregón, Juan de, [80] 247.





Ocampo, fra’ Felipe de, [60] 185 Ochoa, Juan Bautista, [50] 160. Olmedilla, Bernardo de, [66] 210 Ontiveros, Juan de, v. Hontiveros, Juan de. Ontiveros, Pedro de, v. Hontiveros, Pedro de. Ordóñez de Cobides, Diego, [50] 160. Osuna, Pedro de, xx ; 5 ; [31] 111. Oyarzun, Juan de, [25] 100.  



Padilla, Francisca de, xxii ; 8 ; [60] 184-187,  



189, 191 ; [61] 198. Padilla, María de, [60] 185. Padilla, Juana de, 8 ; [60] 185 ; [61] 197, 199, 200. Padovani, Antonio, xxiii ; 5 ; [36] 125. Pallavicino, Gian Battista, xxi ; 5 ; [37] 127. Palomino, Bartolomé, [65] 208. Palomino, Cristóbal, [16] 69. Paolo V, papa, [74] 226. Paradinas, Bartolomé, v. Díaz Paradinas, Bartolomé. Parra, Andrés de la, [55] 174 ; [76] 238. Parra Hurtado, Alonso de la, [60] 190 ; [61] 197. Pascual, Juan, [32] 113. Paz, Francisco de, 4 ; [24] 95, 96. Pérez, Diego, 10 ; [73] 224. Pérez, Rodrígo, [53] 168. Pérez de Baraiz, Alonso, [10] 50 ; [11] 56. Pérez González, Juan, [39] 132. Petrachi, Bastián, 9 ; [64] 206. Petrazzi, Bastiano, xxiii ; 5 ; [36] 125. Pico, Cristóbal, [39] 132. Polanco, Domingo de, [47] 154. Plaza, Marcos de, [66] 210. Polo, Juan, [32] 113. Prada, Alonso de, [1] 19 ; [10] 52. Prado, Pedro de, xii, xvi, xviii ; [1] 19 ; [2] 28 ; [4] 35 ; [6] 40 ; [7] 43 ; [8] 44 ; [9] 47 ; [10] 52 ; [11] 57 ; [12] 59 ; [13] 60 ; [14] 63 ; [15] 66 ; [16] 69 ; [17] 71 ; [18] 74 ; [19] 78 ; [20] 80 ; [21] 81 ; [22] 88 ; [23] 94 ; [24] 96 ; [25] 100 ; [26] 102 ; [27] 104 ; [28] 106 ; [29] 108 ; [30] 110 ; [31] 112 ; [32] 115 ; [33] 118 ; [34] 120 ; [35] 123 ; [36] 125 ; [37] 127 ; [38] 130 ; [39] 132 ; [40] 134 ; [41] 137 ; [42] 140 ; [43] 143 ; [44] 145 ; [45] 148 ;  



























































































[46] 151 ; [47] 154 ; [48] 157 ; [49] 159 ; [50] 161 ; [51] 163 ; [52] 165 ; [53] 168 ; [54] 171 ; [55] 174 ; [56] 177 ; [57] 180. Prices, Bartolomé de, [23] 93. Puche, Alberto, [84] 259, 260. Puebla, Alonso de la, 3 ; [23] 93, 94. Puente, fra’ Juan de la, xxvi-xxviii ; 10 ; [78] 241-243 ; [79] 245, 246. Puñoenrostro, conde de, [44] 144.























































Quiñones, Juan de, 12 ; [88] 277, 280. Ramírez, Juan, [65] 207.  

Ramírez de Mendoza, Beatriz, 6 ; [44] 144. Regnauld, Jean-Baptiste, xxi ; 6 ; [41] 135-137. Regnauld, Juan Baptista, v. Regnauld, JeanBaptiste. Resta, Jerónimo, [19] 77. Reyes, Gaspar de los, xii ; [38] 130. Ribas, Juan de, [12] 59. Ribas, Pedro de, [47] 154. Ribera, Andrés de, xxii ; [60] 186, 188 ; [61] 197 ; [62] 202. Ribera, Luis de, [67] 212 ; [68] 214. Ribera, Pablo de, [24] 95. Ribero, Juan de, 2 ; [14] 61, 62, 63. Río, Gil del, xix, [69] 216. Ríos, Juan de, xiv ; [53] 166. Ríos, Macías de, xiv ; 7 ; [53] 166-168 ; [54] 171. Rivero, Bárbula de, [75] 230. Robile, Guillermo, v. Rouillé, Guillaume. Robilli, Guillermo, v. Rouillé, Guillaume. Robles, Diego de, xviii n. Robles, Francisco de, xv, xvi ; [42] 139, 140 ; [82] 255. Rocchi, Deifebo, 6 ; [1] 15 ; [2] 24 ; [43] 142, 143. Rodríguez, Alonso, xii ; [38] 130, v. anche Fernández, Alonso. Rodríguez, Diego, [43] 143. Rodríguez, Lázaro, 3, 4 ; [11] 56 ; [21] 81 ; [22] 82, 83, 85-88 ; [27] 104 ; [29] 108. Rodríguez, Luis, [79] 246. Rodríguez, Miguel, [71] 220. Rodríguez de Salcedo, Diego, [50] 160. Rodríguez y de la Guarda, Diego, [43] 143. Rojas, María de, [75] 230. Rojas, fra’ Pedro de, xix ; 2 ; [8] 44.  



















































indice dei nomi

289

Rosignoli, Gaspare, xxix. Rouillé, Guillaume, xxi, xxix ; 6 ; [41] 135, 136, 137 ; [84] 259. Rovile, Guillermo, v. Rouillé, Guillaume. Roza, Antonio de, [40] 134. Rua, Antonio de la, 2 ; [9] 45, 47. Ruano, Pedro, [10] 50. Rubile, Guillermo, v. Rouillé, Guillaume. Rubio, Martín junior, xi-xiv ; 5 ; [38] 128-130. Rubio, Martín senior, xi ; [38] 128. Rueda, Ana de, xi ; [38] 128. Rueda, Juan de, [70] 217. Ruiz, Juan, [70] 217 ; [72] 222. Ruiz, María, xix ; 2 ; [8] 44. Ruiz, Melchor, [75] 228. Ruiz, Miguel, [76] 238 ; [78] 243. Ruiz, Nicolás, [8] 44. Ruiz, Pedro, [46] 151. Ruiz de Ascona, Juan, [75] 230. Ruiz Cotorro, Juan, 10, 12 ; [75] 229, 232, 233 ; [87] 276. Ruiz Cotorro, Jerónimo, 12 ; [87] 276. Ruiz y de la Cueva, Cristóbal, [65] 208.

Santamaría, Fernando de, [60] 186. Santiago, Diego de, [26] 102 ; [27] 104. Santiago, Tomás de, [44] 145. Sanz, Sancho, v. Sanz de Jáuregui, Sancho. Sanz de Jáuregui, Sancho, xii, xvi, xviii ; [20] 80 ; [21] 81 ; [22] 88 ; [24] 96 ; [25] 100 ; [26] 102 ; [27] 104 ; [28] 106 ; [29] 108 ; [32] 115 ; [33] 118 ; [34] 120 ; [36] 125 ; [37] 127 ; [38] 130 ; [42] 140. Segaloni, Francesco, [74] 226. Sierra, Felipe, [88] 280. Silba de Torres, dottor, [66] 210. Solís, Gonzalo de, 2 ; [15] 65, 66 ; [17] 70. Soto, Alonso de, [23] 94. Soto, Antonio de, 10 ; [56] 177 ; [77] 240 ; [80] 248 ; [82] 254. Soto, Isabel de, [23] 93, 94. Spinola, Ambrogio, 6 ; [46] 149, 150. Suarço Franco, Gaspar, v. Suárez Franco, Gaspar. Suárez Franco, Gaspar, [70] 217 ; [71] 220 ; [72] 222 ; [75] 230. Suárez de Vitoria, Antonio, [43] 142.

S

Tapia, Nuflo de, [54] 170.































aavedra, Fernando de, [44] 144. Sáez de Herrera, Alejo, [77] 240 ; [80] 248 ; [82] 255 ; [83] 258. Sagarcola, Gabriel, [67] 212. Salazar, Pedro de, [45] 147. Salazar, Jerónimo de, 9 ; [70] 218 ; [72] 222 ; [80] 247. Salas, Bernardo de, [51] 163. Salgado, Francisco, [81] 253. Sampedro, fra’ Juan de, [86] 273. Sánchez, Alonso, [32] 113. Sánchez, Francisco, xv ; [54] 170, 171. Sánchez, Jerónimo, [19] 78 ; [21] 81 ; [26] 102 ; [27] 104 ; [32] 115. Sánchez, Jerónimo, notaio del collegio di Salamanca, [32] 113. Sánchez, Miguel, [1] 16 ; [2] 26 ; [6] 38 ; [18] 73 ; [48] 156. Sánchez de Aguilar, Jerónimo, [86] 274. Sánchez de las Brozas, Francisco (El Brocense), xxxi. Sánchez de León, dottor, [88] 277. Sánchez Sagrameña, Bernardo, [88] 280. Sandoval, Bernardo de, [85] 268. Sanromán, Antonio de, [46] 150. Sanromán, Diego de, [24] 95.  



















































































Tarcego, Pedro Pablo, [85] 264. Tavano, Angelo, [85] 264, 265. Tenorio, Pero, xii ; [38] 130. Terranova, Giovan Battista da, 2 ; [10] 50, 51 ; [12] 58. Terranova, Giovanni Maria da, xvii ; [9] 46 ; [10] 50 ; [11] 56. Terranova, Juan Bautista de, v. Terranova, Giovan Battista da. Terranova, Juan María de, v. Terranova, Giovanni Maria da. Terranova, Victoria de, [10] 50 ; v. Neyla, María de Testa, Francisco, [74] 227. Testa, Gaspar, [60] 184. Tobar, Ángelo, [86] 274. Tornacurtis, Nicola de, [33] 117. Torres, María de, 9 ; [67] 212. Torresilla, Francisco de, [76] 238. Trechsel, Gaspar, xxx. Trujillo, Andrés de, [80] 247, 248.  















Ulloa y Toro, Antonio de, 9 ; [65] 207 ; [71]  

221 ; [72] 223. Urbina, Baltasar de, [6] 40.  



290

i giunta a madrid

Urbina, Pedro de, [17] 71. Uriarte, Martín, [83] 258. Urraca de Baños, Martín, [60] 185.



V

aldés, Juan de, [5] 36. Valladolid, Juan de, [65] 208. Varaiz, alcalde, v. Pérez de Baraiz, Alonso. Vareda, dottor, [84] 260. Vázquez, Antonio, [10] 52. Vázquez Arce, Diego, [32] 113 ; v. Vázquez Arce, Rodrigo. Vázquez Arce, Rodrigo, 3, 4, 6 ; [22] 86, 87 ; [26] 101 ; [27] 104 ; [28] 106 ; [29] 108 ; [32] 113 ; [45] 146. Vázquez Román, Juan, [75] 233. Velázquez, Antonio, [32] 114. Velluga de Moncada, Juan, v. Belluga de Moncada, Juan. Velluti, Carlo, [46] 150.  











Vega, Garcilaso de la, xxxi. Vera, Antonio de, [2] 24 ; [6] 38 ; [9] 46 ; [10] 50. Vera, Santiago de, [75] 230. Vergara Gaviria, Diego de, 9 ; [66] 210 ; [80] 247. Villagutierre Chumacero, dottor, xviii ; 3 ; [20] 80. Villamor, Pedro, [17] 70 ; [23] 93. Villanueva, Diego de, [54] 171. Villasante, Gregorio de, [15] 66. Voto, Antonio, xvi ; 3, 5, 6 ; [1] 15-17, 19 ; [2] 23-25 ; [17] 70, 71 ; [34] 119 ; [40] 133, 134.





























Yance, Íñigo de, [14] 63.

Yasón, Guillermo, v. Jasson, Guillermo.

Zárate, Francisco de, [62] 202. Zenobio, ix.





co mposto, in car atter e dan t e m on oty pe, da l la fabr izio serr a editore, p i s a · rom a . imp ress o e r ilegato in i ta l i a n e l la t ipo g r afia di ag nan o, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) .

* Settembre 2013 (cz2/fg13)

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BIBLIOTECA DI «PARATESTO» collana diretta da marco santoro 1. I dintorni del testo. Approcci alle periferie del libro, Atti del convegno internazionale, Roma, 15-17 novembre 2004 - Bologna, 18-19 novembre 2004, a cura di Marco Santoro, Maria Gioia Tavoni, 2 voll., 2005. 2. Marco Santoro, Michele Carlo Marino, Marco Pacioni, Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle ‘tre corone’, a cura di Marco Santoro, 2006. 3. Marco Santoro, Uso e abuso delle dediche. A proposito del Della dedicatione de’ libri di Giovanni Fratta, 2006. 4. Testo e immagine nell’editoria del Settecento, Atti del convegno internazionale, Roma, 26-28 febbraio 2007, a cura di Marco Santoro, 2008. 5. Paola Zito, Granelli di senapa all’Indice. Tessere di storia editoriale (1585-1700), 2008. 6. Marco Santoro, Materiali per una bibliografia degli studi sulla storia del libro italiano, con la collaborazione di Samanta Segatori e Valentina Sestini, 2008. 7. Pietro Sisto, «I’ son legato perch’io stesso mi strinsi». Storie e immagini di animali nella letteratura italiana, 2010. 8. Mobilità dei mestieri del libro tra Quattrocento e Seicento, Atti del convegno internazionale, Roma, 14-16 marzo 2012, a cura di Marco Santoro e Samanta Segatori, 2013. 9. Marco Santoro, I Giunta a Madrid. Vicende e documenti, 2013.