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Italian Pages 208 [200] Year 2004
HEGEL, HEIDEGGER E LA QUESTIONE DELLA ROMANITAS
STORIA E LETTERATURA RACCOLTA DI STUDI E TESTI ------
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HEGEL, HEIDEGGER E LA QUESTIONE DELLA R OMANITAS ATTI DEL CONVEGNO VERONA, 16-17 MAGGIO 2003
a cura
di
LUCA ILLETIERA TI e ANTONIO M ORETTO
ROMA2004 EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
Prima edizione: dicembre 2004
Volwne pubblicato con il contributo dei Dipartimenti di Filosofia delle Università degli Studi di Padova e Verona
Tutti i diritti riservati
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
00165 Roma- via delle Fornaci, 24
Te!. 06.39.67.03.07 ·Fax 06.39.67.12.50 e-mail: [email protected] www.storiaeletteratura.it
INDICE DEL VOLUME
Premessa
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VII
Introduzione: La condanna di Roma in Hegel e in Heidegger di FRANco CmEREGmN
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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SAGGI
Il ruolo di Cicerone nella interpretazione hegeliana della Romanitas di FRANCO BIASUTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Due prestiti da Gibbon per la descrizione hegeliana dell'impero roma no d'Oriente nelle Lezioni sulla filosofia della storia di GIOVANNI BoNACINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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La critica heideggeriana al concetto di religio e il problema del Cristia nestmo di FRANCESCO CAMERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Hegel e Heidegger. Prima e dopo la romanità di UMBERTO REGINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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HezJegger: la Grecia, Roma e il Cristianesimo di MARio RuGGENINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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CONTRIBUTI
Diritto e giustizia tra intelletto e ragione. Hegel e il metodo della giu risprudenza romana di STEFANO Fusau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 Convergenze e divergenze nella definizione senecana e hegeliana di libertà di FRANCESCA MENEGONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
VI
INDICE DEL VOLUME
Sul ruolo delle categorie logiche della limitazione nell'interpretazione hegeliana della Romanitas di ANTONIO MoRETTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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/}origine e la sua dissoluzione: la Romanitas come problema in Hegel e Heidegger di LucA lLLETTERATI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 La Romanitas fra Heidegger e Hegel di LEONARDO SAMONÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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PREME S SA
Uno degli elementi che consentono di porre all'interno di un con fronto pensatori per molti aspetti così lontani fra loro come Hegel e Hei degger, è la radicalità con cui entrambi, per quanto in modi diversi, intendono il rapporto fra la filosofia e la sua storia, più in generale fra la filosofia e le epoche storiche. Per entrambi, come noto, decisivo è l'inizio greco del filosofare, deci sivo il modo attraverso cui il mondo greco si è aperto a quella forma di interrogazione che è la filosofia e conseguentemente imprescindibile, per entrambi, è il confronto con il modo in cui quell'interrogazione ha tro vato forma ed espressione nei testi dei filosofi greci. Forse proprio a partire da questo sguardo attento al mondo greco entrambi, inoltre, guardano al mondo moderno come a un'epoca che è innanzitutto di lacerazione e persino di rovesciamento rispetto allo spiri to della grecità. Anche qui in modi diversi, certamente, tali tuttavia da poter esser posti senza eccessive forzature all'interno di un confronto. A partire da un tale contesto, che non mira affatto ad appiattire le posizioni dei due filosofi l'una sull'altra, ma che ritiene invece possibile e fecondo un confronto, è sembrato particolarmente interessante porre a tema il modo con cui Hegel e Heidegger si rapportano con la Romani'tas, ovvero con un'epoca e con un mondo spirituale certamente fondamen tali nel processo di costituzione della cultura occidentale, ma anche con un'epoca e con un mondo che sorgono e si affermano proprio sulla dis soluzione della civiltà greca, owero sulla dissoluzione di ciò che segna, comunque, l'inizio della filosofia e dell'occidente . I testi che vengono qui raccolti - presentati e discussi nel corso di un convegno che si è svolto a Verona nel maggio del 2003 nell'ambito del progetto di ricerca interuniversitario Scienza, conoscenza, azione. La fun zione storico-critica della filosofia classica tedesca fra pensiero moderno e pensiero contemporaneo coordinato dal prof. Franco Chiereghin - si pon-
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PREMESSA
gono come un tentativo di rendere conto della complessità che soggiace al giudizio sostanzialmente negativo che per quanto in modi diversi tanto Hegel quanto Heidegger esprimono nei confronti del mondo romano, come un tentativo di spiegare come proprio in due pensatori che si sono sforzati di pensare l'occidente nella sua complessità si giustifichi un tale atteggiamento nei confronti di un'epoca che peraltro entrambi ricono scono come essenziale e determinante rispetto al costituirsi dell'occiden te stesso. Nel raccogliere i testi - suddivisi in "saggi" e " contributi " - si è deci so di lasciare inalterata la scelta dei singoli autori relativamente alle edi zioni utilizzate, alle eventuali traduzioni, all ' uso di sigle o abbreviazioni e dunque, in generale, in relazione alle modalità di citazione. LuCA lllETIERATI e ANTONIO MoRETIO
FRANCO CHIEREGHIN LA CONDANNA DI ROMA IN HEGEL E IN HEIDEGGER
Credo che il mio compito d'introdurre al tema del convegno possa essere assolto cercando di porre in luce alcune delle domande e dei pro blemi che esso suscita, confidando di potere poi trovare il loro appro fondimento e il cammino verso le possibili risposte nei contributi che verranno offerti. Quando, parlando con alcuni degli amici qui presenti, si è pensato di affrontare il problema dell'interpretazione che Hegel e Heidegger hanno dato del mondo romano, eravamo mossi dall'intento di colmare una lacuna che risultava abbastanza evidente anche a uno sguar do superficiale. Gli studi di valore su questo tema sono infatti pochi e, in particolare per Heidegger, le dita di una mano su cui contarli rischiano di essere già troppe. Tenendo conto del peculiare rapporto che entram bi i pensatori hanno avuto col mondo antico, questa relativa trascuratez za per un certo lato può apparire naturale, ma per un altro lato è per lo meno singolare . Può apparire naturale se si tien conto del peso determinante e asso lutamente preponderante che la civiltà greca, in tutte le sue espressioni (non solo filosofiche) , ha avuto per entrambi i pensatori: il mondo greco costituisce una sorta d'irresistibile bacino d'attrazione, cui essi tornano ad attingere per rinnovare ogni volta le energie della propria creatività. Per contrasto, il mondo romano viene connotato sia da Hegel sia da Hei degger con tali caratteri di miseria spirituale e ripugnanza, da costituire quasi un comodo alibi per chi nutre la convinzione che non valga la pena di soffermarsi sul confronto storico-speculativo con la Romanitas, come se fosse questione che si possa chiudere in fretta e d'interesse del tutto marginale. Non è invece per niente naturale la trascuratezza su questo tema se si tiene conto del fatto che entrambi i pensatori attribuiscono alla compar sa di Roma sulla scena del mondo un significato essenziale non tanto in
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FRANCO CHIEREGHIN
senso storico-politico (che sarebbe una banalità), ma in un senso pro priamente filosofico e questo in riferimento non ad aspetti parziali o secondari della loro speculazione, ma in relazione al termine centrale del loro pensiero, che per Hegel è lo «spirito» e per Heidegger l' «essere». Proprio in apertura della trattazione della Romanitas nella Fzloso/ia della storia universale Hegel afferma che Roma «ha spezzato il cuore del mondo» e che proprio in questo è racchiusa la sua insostituibile missio ne storico-filosofica, perché «solo da questo cuore infelice del mondo, da questa infelicità della naturalità dello spirito, poteva svilupparsi, emerge re lo spirito libero»1 • Ritornerò tra poco sul significato dell'espressione «spezzare il cuore del mondo»; qui è sufficiente notare che per poter passare dalla «naturalità» dell o spirito, dallo spirito così com 'è natural mente nella sua forma immediata presso i greci, fino allo spirito portato al cospetto della sua essenza e quindi allo spirito >; sapeva che le parole di Cicerone erano solo frasi vuote, che si aveva dinanzi solo l'ombra della repubblica, in quanto ciò che ancora ne restava era oramai senza forza (cfr. Ver. Gesch. , pp. 104 - 1 05 e VPhGesch. B, Il , p. 7 1 1/III, 22 1 ) . In questo senso nello stato non vi era più alcun punto fermo, alcun centro: «esso poteva essere trovato solo nella volontà di un singolo individuo»; da questo punto di vista Cesa re «produsse quella mediazione e quella speciale forma di assestamento» di cui si aveva bisogno (cfr. VPhGesch. B, II, p. 7 1 1/III, 220-22 1 ) . 34 Phiin. G. , p. 35 1 (Il, 1 7 1 ) . 35 Ver. Gesch., p. 166. 36 VGPh A, I, p. 527 . 37 VGPh B, III , p. 122 (III . . 130). 38 WdL, pp. 94-95 (1, 1 14- 1 15 ) .
IL RUOW DI CICERONE NELLA INTERPRETAZIONE HEGELIANA DELLA ROMANITAS
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Nonostante tutto, però, almeno nel caso del termine Religion, se vole va per così dire pensare nel linguaggio , Hegel doveva necessariamente rivolgersi al bel latino di Cicerone. Proprio a questo riguardo alcune riflessioni hegeliane sulla parola religio sono alla radice di un caso certa mente singolare, che ha anche Cicerone tra i protagonisti. Nel corso di Lezioni sulla filosofia della storia risalente al semestre invernale del 1 822 -23 , descrivendo i caratteri che connotano la religione dei Romani, Hegel fa questa osservazione: «Cicerone deriva religio da religare, legare, e si rallegra al riguardo della verità dei maiores. Presso i Romani si tratta in effetti di un essere-vincolati, mentre presso i Greci la religione è libera fantasia, libertà della bellezza e per i cristiani è la liber tà dello spirito»39. L'infortunio di Hegel a questo riguardo è evidente, in quanto attribuisce a Cicerone una etimologia che, come è noto, è di Lat tanzio e di Agostino40• Cicerone, nel De natura deorum, deriva viceversa religio da relegere41• Questo errore di attribuzione non è tuttavia isolato, in quanto si trova ripetuto anche nelle Lezioni sulla filosofia della religio ne, dove può essere forse fatto risalire al corso del 183 142 • L'errore dunque è non solo innegabile, ma anche ripetuto, in contesti diversi e a distanza di tempo, così che si cade certamente nell'imbarazzo, se si tenta di individuarne le cause. Hegel non mostra di stimare troppo il De natura deorum, dato che lo considera «una storia molto zoppicante del pensiero filosofico su Dio»43 ; scarsa stima, tuttavia, non significa scarsa conoscenza: l'opera ciceroniana , ad esempio, era stata oggetto dei corsi di J.F. Flatt, seguiti ancora a Tubinga44 e risulta inoltre una fonte molto cita ta nella Storia della filosofia; nella biblioteca hegeliana inoltre se ne con servava una edizione lipsiense del 18 18, che sembrerebbe rivelare un inte39 VPhWGesch . 1 822123, p. 402 (423) . 4 0 Lactan. Div. inst. , I V, 28, 2 e Aug. Retract. , l , 1 3 , 8-9. 41 Cic. De nat. deor. , Il, 28. Per gli aspetti strettamente filologici della questione si rinvia a Ae. Porcellini, Lexicon totius latinitatis, a L Furlanetto, F. Corradini et L Perin emendatum et auctum, Patavii 1940, sub voce e ad A. Emout et A. Meillet, Dictionnai re étymologique de la langue latine, Paris 19594, sub voce; più ampiamente sul problema cfr. A. Wlosok, Romischer Religions- und Gottesbegri/f in heidnischer und christlicher Zeit, «Antike Abendland>>, 16 ( 1970), pp. 39-53 e H. Bouillard, La /ormation du concept de religion en Occident, in AA.VV. , Humanisme et /oi chrétienne. Mélanges scientifiques du centenaire de l'Institut Catholique de Paris, publiés par C. Kanneugiasser et Y. Mar chasson, Paris 1976, pp. 45 1-46 1 . 42 VPhRel. , I I p . 588. 43 VGPh B, l, p. 29 (1, 26) . 44 Ros., p. 25 (47 ) . • .
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FRANCO IDASUTTI
resse ancora abbastanza recente; non mancava infine nemmeno una edi zione cinquecentesca delle opere di Lattanzio45 . Hegel quindi era in grado anche di fare confronti e verifiche. Posto quindi che l'errore di attribu zione non può essere imputabile a insufficiente conoscenza, esso risulta ancora più strano, singolare, al punto tale che sembra non resti altro che ascriverlo semplicemente agli infortuni scientifici di Hegel, di cui il De orbitis planetarum può risultare forse l'esempio più eclatante. ll contesto del passo delle Vorlesungen di filosofia della storia del 1823 -24 , passo che nel suo complesso corrisponde sostanzialmente a quello riportato nelle lezioni di filosofia della religione e che non pre senta variazioni significative nelle diverse versioni pubblicate dell'uno e dell'altro corpus di Vorlesungen46, apparentemente sembra riferirsi ad uno dei molti paragoni che Hegel stabilisce tra i Greci ed i Romani: «La religione greca e quella romana non sono identiche, sebbene vengano conservati i nomi»47. In realtà il confronto è a tre, in quanto vi è un chia ro riferimento anche al Cristianesimo: un'ermeneutica attenta, che utiliz zi sinotticamente le diverse versioni del testo, può individuare in questo caso almeno tre momenti. Innanzitutto l'etimologia di religio viene utilizzata da Hegel effettiva mente per distinguere, per differenziare, al di là del nome che esse hanno in comune, la religione greca da quella romana: quest'ultima infatti si pre senta come un «esser vincolati (Gebundenheit)» e come una «relazione di dipendenza (Verhaltnis der Abhangigkeit)»48. La religione greca, per con tro, si esprime come «libera fantasia», ovvero come «libertà della belle z za»49. In secondo luogo, tuttavia, l'etimologia di religio è anche un modo 45 Cfr. Verzeichn ift , p. 23 e p. 27 . 46 Si può notare che dei diversi editori delle Vorlesungen, W Jaeschke è l'unico a segna lare l'errore hegeliano (cfr. VPhRel. , Ilb, pp. 795 -796) , così come Bonacina è l'unico tra i traduttori italiani (dr. Hegd, Lezioni sulla filosofia della storia, p. 432 ; cfr. anche Bonacina, Hegel e il mondo romano, p. 142); è sorprendente, per contro, che gli editori dd corso ber linese di filosofia della storia del 1822/23 individuino come fonte della citazione ciceronia na l'orazione Pro domo sua e non il De natura deorum (cfr. VPh WGesch. 1 822123, p. 612 ) . 47 VPhWGesch. 1822123, p . 402 (423 ) . 48 VPhGesch. A, p . 352 (242 ) . 4 9 VPh WGesch. 1822123, p. 402 (423 ). Questi caratteri della religione greca sono ripe tutamente sottolineati anche nelle Vorlesungen sulla filosofia della religione: « . . . il prin cipio greco è piuttosto la libertà soggettiva dell'elemento spirituale»; nella «religione della bellezza», ovvero nella «religione greca>>, . La citazione, assente nella prima edizione gansiana, ricorre anche nd l'edizione a cura di Lasson, ma con le modifiche illustrate qui di seguito (in/ra, nota 23). 2 2 Questo il testo corrispondente alla citazione hegdiana, cfr. De deitate Filii et Spiri tus Sancti, in Gregorii Nysseni Opera. Auxilio aliorum virorum doctorum edenda curaverunt Wernerus Jaeger, Hermannus Langerbeck, Henricus Do"ie, vol. X.2 : Sermones. Pars III.
Ediderunt Ernestus Rhein, Friedhelm Mann, DOrte Teske, Hilda Polack. Volumen edendum curavit Friedhelm Mann, Leiden-New York-Koln, 1996, pp. 120-2 1 (cfr. Migne, vol. XLVI, p. 557 ) : "Ot t lCUÌ vu"v etcn Kat' ÈKeivouç toùç 'A811vaiouç, EÌç oOOÈV eu:pov eÙKatpOUVteç � ÀÉ:yetV tl KaÌ ÙK01JetV KatVÒU:pOV ' X8içm tt VÉç 'te KaÌ 1tproiçoì EK tOOV [3avauawv i:1ttt1llìeu11atrov Òpj.l�evm , aùtooxéowi nveç tiìç eeoÀO"(iaç OO"(j.la natai , taxa nvèç oi.Kétat Kaì 11aanyim Kaì trov lìouÀ.tKoov lìtaKOVllll li twv lìpa1tétat, ae11v00c; �11iv 1tepì toov liì..i)m:wv c�>tì.. oaocjlouatv. OùK àyvoeite mivtroç 1tpòç tivaç ò ì..òyoç 13}.Éxet . navta yàp tà Katà tlÌV 1tÒÀ.t V tOOV totoUtroV 1te1tÀ.i)protat, oi O"teVro1tOt, ai. àyopai , ai 1tÀ.a tei.at , tà aj.lcjlolìa, Ot tOOv tj.latioov K01t11 À.Ol, Ot tai.ç tpa1téçmç Èci>eO"tllKÒteç, Ot tà EOOOOl j.la i}li.v àxej.l1tOÀ.OUvu:ç. 'Eàv xepì toov òj3oì..oov i:protiJO"l]ç, ò oé aot xepì yew11tofl Kaì àyevviJtou eci>tÀ.OO"òcl>llO"ev · K