Gli ultimi giorni dell'umanità. Tragedia in cinque atti con preludio ed epilogo 8845907724, 9788845907722

Gli ultimi giorni dell'umanità stanno al centro dell’o p era di Karl Kraus, come il Minotauro nel labirinto. Tutti

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Italian Pages 780 [783] Year 1990

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Gli ultimi giorni dell'umanità. Tragedia in cinque atti con preludio ed epilogo
 8845907724, 9788845907722

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Biblioteca Adelphi 102 Karl Kraus GLI U LTIM I GIORNI d e l i; u m a n it à

Biblioteca Adelphi 103 Karl Kraus GLI U LTIM I GIORNI DELL’ UMANITÀ

Gli ultimi giorni dell'umanità stanno al centro d ell’o p e ra di Karl K raus, com e il M inotauro nel labirinto. T utti i suoi sag­ gi, i suoi aforism i, i suoi pam phlets, le sue liriche convergono verso questo te­ sto di teatro irrappresen tabile, che acco­ glie in sé tutti i generi e gli stili letterari, così com e la realtà di cui parla — quelT irrappresentabile evento che fu la pri­ m a g u e rra m ondiale — racchiudeva in sé le più sottili e inedite varietà dell’orrore. Per K raus, fin dairinizio, la gu erra fu un intreccio allucinatorio di voci, dal « quotidiano, ineludibile, o rren do grido: Edizione straordin aria! » alle chiacchiere dei capannelli, dalle dichiarazioni tronfie e ign are dei Potenti ai ‘pezzi di colore’ della stam pa, sino alFinarticolato lam en­ to delle vittime. « N on c’è una sola voce che K raus abbia lasciato perdere, era in­ vasato d a ogni specifico accento della g u e rra e lo riproduceva con forza strin­ gente », ha scritto Elias Canetti, che a V ienna ascoltò m olte volte K raus m entre leggeva in teatro scene degli Ultimi gior­ ni. Così, m entre i più illustri scrittori del tem po, salvo rarissim e eccezioni, davano una prova m iserevole di sé, partecipan­ do baldanzosi, d a una parte o dall’altra, all’esaltazione bellica, K raus fu l’unico che riuscì a catturare quell’evento im m a­ ne in tutti i suoi aspetti, e nel m om ento stesso in cui accadeva, sulla pagina scrit­ ta: « La g u e rra m ondiale è entrata com ­ pletam ente negli Ultimi giorni dell'umani­ tà, senza consolazioni e senza riguardi, 3tnza abbellim enti, edulcoram enti, e so­ prattutto, questo è il punto più im por­ tante, senza assuefazione » (Canetti). Per giu n gere a tanto, K raus dovette abban­ donarsi a un rovente delirio, a una p e­ renne peregrin azione sciam anica attra­ verso le voci, sui mille teatri della guerra, dalle trincee ai Q uartier Generali, dai

luoghi di villeggiatura ai palazzi im peria­ li, d agli interni borghesi ai caffè. Il risul­ tato si p resen ta com e un im ponente « m asso erratico » nella letteratura del N ovecento e spezza ogni categoria: pri­ m a fra tutte quella della « tragedia », a cui allude il sottotitolo con dolorosa iro­ nia. Perché la traged ia presu pp on e al­ m eno la coscienza della colpa: mentre qui centinaia di person aggi — fra i quali incontriam o i d u e im peratori, Francesco G iu sep p e e G uglielm o II e vari Potenti m aligni, m a anche una loquace giornali­ sta e tanti di quei liberi lettori di giornali che co m p o n go n o la voce delle m asse — in un solo carattere concordano: una spaven tosa com icità, d ata dalla loro co­ m un e inconsapevolezza di ciò che provo­ cano e che subiscono, paghi come sono di trasm ettersi frasi fatte e di « portare la loro pietruzza » sull’altare dove si at­ ten d on o le sacre nozze fra la Stupidità e la Potenza. C om e K raus aveva già visto tutte le atrocità della gu erra nella affabi­ le vita viennese dei prim i anni del Nove­ cento, così nella prim a gu erra m ondiale vide con p erfetta chiarezza non solo il nazism o (che qui ap p are m irabilmente descritto p rim a an cora che il nom e esi­ stesse), m a gli anni in cui viviamo: l'età del massacro. Perciò a noi, com e ai lettori di allora, si rivolgono le parole con cui K rau s introduceva gli Ultimi giorni: « I freq u en tatori dei teatri di questo m ondo non sap re b b e ro reggervi. Perché è san­ gu e del loro san gu e e sostanza della so­ stanza di quegli anni irreali, inconcepibi­ li, irraggiun gibili d a qualsiasi vigile intel­ letto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui person aggi d a o p e­ retta recitarono la tragedia dell’umanità ».

DUE VOLUMI INDIVISIBILI

K arl K rau s (1874-1936) fondò nel 1899 a V ienna una rivista, la « Fackel », che p e r trentasette anni sparse senza tregua « tradim ento, terrem oto, veleno e incen­ dio dal mundus intelligibilis » (Walter Benjam in). Sulla rivista apparivano per lo più i testi — saggi, glosse, polemiche, aforism i, liriche — che K raus poi rielabo­ rava e pubblicava in volume. Così avven­ ne anche p e r alcune scene degli Ultimi giorni dell’umanità. K raus scrisse la m ag­ gio r parte del testo duran te la gu erra e d ied e più volte lettura pubblica di alcu­ ne scene. C ontinuò poi a lavorarci fino al 1922, q u an d o ne apparve l’edizione definitiva. Gli ultimi giorni dellumanità ven gon o qui pubblicati per la prim a vol­ ta al m o n do in versione integrale (se si eccettua una traduzione in cèco del

Karl Kraus

GLI ULTIMI GIORNI DELL’ UMANITÀ Tragedia in cinque atti con preludio ed epilogo *

EDIZIONE ITALIANA A CURA DI ERN ESTO BRAUN E MARIO CARPI T E L LA CON U N SAGGIO DI ROBERTO CALASSO

© A D E L P H I E D IZ IO N I

Titolo originale: Die letzten Tage der Menschheit

COPYRIGHT BY P R O FESSO R H EIN RICH F IS C H E R , 1957 EDIZIONE TED ESCA PU BBLIC A TA DA K Ò S E L VERLAG, M UNCHEN

© 1980

ADELPHI EDIZIONI S .P .A . MILANO

331710

INDICE

Nota dei curatori

1

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM ANITÀ P R E M E SSA PERSONAGGI PRELUD IO ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO ATTO QUARTO ATTO QUINTO EPILOGO

9 13 49 69 209 293 385 501 660

Indice dei nomi

693

La guerra perpetua di Roberto Calasso

755

NOTA DEI CU RA TO RI

II titolo di questo libro viene indicato la prima volta da Karl Kraus nel numero 406-412 del 5 ottobre 1915 della « Fackel », la rivista che, come è noto, egli fondò nel 1899 e dal 1911 fino alla morte (1936) ospitò soltanto testi scritti o tradotti da Kraus stesso. Il penultimo testo del numero suddetto, un « Monologo del Criticone », che doveva poi chiudere latto primo (scena 29) e l'atto terzo (scena 46), reca il titolo: Da una tragedia « Gli ultimi giorni dell'uma­ nità ». Sogno angoscioso. Fine di un atto. Il sottotitolo « Sogno angoscioso » venne poi tralasciato nell edizione defìnitiva, ma il termine « tragedia », abbastanza inconsueto per designare un'opera che, con le sue 209 scene più un preludio e un epilogo, venne giustamente destinata dal­ l'autore a un teatro di Marte, stabilisce fin dai principio che si tratta della « storia tragica » di una protagonista, l'umanità, impigliata nelle estreme conseguenze del suo « errore » : gli orrori della prima guerra mondiale, della « guerra del mondo contro Dio ». Tuttavia la germina­ zione dell'opera è anteriore all'invenzione del suo titolo: la sua tematica, riflessa in molteplici sfaccettature, si ri­ trova spesso in Kraus negli anni immediatamente prece­ denti la prima guerra mondiale, dai saggi alle glosse ai pro­ grammi delle pubbliche letture di opere proprie e altrui che lo resero famoso in Austria e in tutta l'area di lingua tedesca; fino a quei quattro giorni del 1915 (26-29 luglio) in cui l'eco monotona degli strilloni e il passo cadenzato dei soldati avviati al fronte lo spinsero a rompere il silen­ zio che si era prefisso allo scoppio della guerra e a com­ porre di getto, primo assoluto in ordine di tempo, il Pre­ ludio degli Ultimi giorni. Altre scene e aggiunte vennero pubblicate nella « Fackel » nel corso degli anni successivi, e furono oggetto di pubbliche letture a partire dall'ottobre del 1915 finché, VII novembre 1918, a Vienna, Kraus diede pubblica lettura dell'Epilogo completo («L'ultim a notte »), pubblicato pochi giorni dopo come Numero spe­ ciale della « Fackel ». Seguì la pubblicazione del Preludio e cLl primo atto (aprile 1919); del secondo e terzo atto (giugno 1919); del quarto e del quinto atto (agosto

2

NOTA DEI CURATORI

1919). È questa la cosiddetta Akt-Ausgabe o «Edizione in atti », che rappresenta la prima stesura unitaria della tragedia, e che, nei successivi anni 1920 e 1921, servì da base alla completa e definitiva Buehausgabe, pubblicata in due edizioni del 1922 e in una terza edizione del 1926. La Buehausgabe si differenzia dalla Akt-Au-sgabe per l'ag­ giunta di una cinquantina di scene: si tratta di parecchi dialoghi ira il Criticone, personificazione di Kraus, e l’Ot­ timista, la sua « spalla » in tutta Vopera, ma anche e so­ prattutto di scene che, in omaggio alla tecnica di montag­ gio documentario che caratterizza la tragedia, si basavano su documenti di cui l'autore venne a conoscenza soltanto dopo la fine della guerra. L a presente traduzione segue l'edizione definitiva del 1926. Kraus rifiutò sempre in vita la sua opera a registi anche famosi (Reinhardt, Piscator) che intendevano metterla in scena facendo ricorso alle tecniche più evolute dell'epoca. Ciò era indubbiamente dovuto alla sua opposizione teo­ rica ai princìpi ispiratori del loro teatro, ma anche alla persuasione che le dimensioni materiali e soprattutto psi­ cologiche di questa tragedia-monstre non potessero adat­ tarsi ad alcun teatro esistente in concreto, e dovessero affi­ darsi al mezzo più libero della lettura o della recitazione non scenica. E infatti l'Epilogo in versi fu più volte reci­ tato e rappresentato nell'area di lingua tedesca dal 1923 al 1930. In quest'anno Kraus preparò una « versione scenica » ('Bühtoenfassung) che, portando il numero com­ plessivo delle scene a sessanta (eliminando i dialoghi tra il Criticone e l'Ottimista), rendeva l'opera idonea alla let­ tura in due serate. È quel che avvenne il 22-23 febbraio del 1930 a Vienna, ma nemmeno questa volta si giunse a una concreta rappresentazione teatrale, nonostante un ap­ pello lanciato dallo stesso Kraus per la creazione di un teatro stabile idoneo alla messa in scena degli Ultimi gior­ ni. In seguito, gli eventi politici e l'isolamento di Kraus ad opera della sinistra europea (nel 1934 Kraus approvò il governo Dollfuss che aveva represso sanguinosamente l'insurrezione degli operai austriaci nel febbraio, ritenen­ do che questa fosse una mossa indispensabile contro la Germania hitleriana), ma probabilmente anche la per­ suasione della irrappresentabilità degli Ultimi giorni delrumanità fecero dimenticare l'opera insieme al suo in­ dimenticabile messaggio. Solo dopo la seconda guerra mon­

NOTA DEI CURATORI

3

diale ripresero le pubbliche letture (Zurigo, 1945; New York, 1947) e, finalmente, nel 1964 si ebbe a Vienna la prima rappresentazione assoluta degli Ultimi giorni del­ l'umanità - al Theater an der Wien - nella riduzione sce­ nica curata d all esecutore letterario di Kraus, Heinrich Fischer. Un'altra riduzione, che ripristinava diverse scene tra il Criticone e l'Ottimista, venne allestita da Hans Hollmann a Basilea nel 1974. La stessa edizione è stata rappresentata a Vienna nel 1979. La complessità e la lunghezza di questo testo hanno ovviamente rappresentato sempre un serio ostacolo alla sua traduzione in lingua straniera. L'unica traduzione completa apparsa prima di questa è quella in ceco ad opera di Jan Miinzer, Praga, 1933. Una traduzione inglese dell'opera, ridotta a circa un quarto dell'originale, a cura di A. Gode e di S.E. Wright è stata pubblicata a New York nel 1974. La presente traduzione italiana dell'opera integrale ha il valore di una scommessa. Ciò risulterà chiaro a chi rifletta che tutte le opere di Kraus, e questa in particolare, sono creazioni di un linguista indignato, che vive nel pro­ fondo la sua sofferenza-insofferenza dell'abuso della lingua a tutti i livelli della vita civile, che avverte nel disordine linguistico un sintomo, anzi una causa delle aberrazioni di una società la cui grammatica morale e politica, dal­ l'ortografia alla sintassi, è fuori squadra. Per di più que­ sto linguista è innamorato della sua lingua, quella lingua tedesca di cui si professa il fidanzato e che nella sua dina­ mica dialettica gli offre, oltre allo strumento principe del gioco di parole significante, tutti gli altri mezzi per at­ tuare, grazie anche alla tecnica documentaria, il proposito, per dirla con Brecht, di tendere uno specchio alla sua epoca. In Die letzten Tage der Mensehheit la società au­ striaca è riflessa in tutte le sfumature della lingua parlata e scritta ai vari livelli sociali ed etnici: dal linguaggio gior­ nalistico a quello burocratico all'aristocratico; dal rapido scambio colloquiale della scena di strada alla tacitiana nobiltà e concettosità del Criticone; dai gerghi professio­ nali alle inflessioni delle varie componenti etniche del­ l'Impero asburgico (tedesco boemo, tedesco galiziano, les­ sico e sintassi yiddish); il tutto con un maggiore o minore

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NOTA DEI CURATORI

influsso dialettale viennese e con ogni possibile intreccio di tutti questi elementi. È chiaro che questo fuoco d*artificio verbale non poteva essere reso nella sua interezza. Ci siamo quindi limitati a rispettare la distinzione principale, quella tra linguaggio colloquiale e lingua « colta », senza trascurare le varie sfumature alVinterno di questi due principali registri; ab­ biamo cercato di riprodurre per quanto possibile lo stile del Criticone, il personaggio che esprime di volta in volta la lettura krausiana degli eventi e abbiamo cercato di ren­ dere nel modo piti fedele i giochi di parole e le parti in versi. L'efficacia con cui Kraus si serve di tutte le risorse della lingua è illustrata (per citare un solo ambito di esempi) dal suo impiego dei nomi propri; ai nomi di persone reali si alternano nomi inventati o fittizi, spesso indicativi del carattere dei personaggi o della loro provenienza etnica. Questo fatto, oltre al tempo trascorso dalla prima guerra mondiale e alla marginalità di numerosi eventi citati nel­ l'opera, che spesso la rende ostica allo stesso lettore tedesco, ci ha indotti a corredare la traduzione di due tipi di anno­ tazioni. Il primo consiste nelle note a piè di pagina, che identificano situazioni, allusioni, citazioni di versi, di detti celebri o di eventi particolari. Il secondo, che è frutto di una ricerca non sempre facile né rapida, consiste in un In­ dice dei nomi delle persone, delle località geografiche e dei titoli delle opere letterarie o musicali citate da Kraus nel testo. Ovviamente, data la complessità dell'opera, non è stato possibile identificare tutti i nomi o i fatti citati: questo nostro lavoro possa servire da stimolo ad altri ri­ cercatori per una sempre migliore illustrazione di ogni aspetto di questo grande libro. Tra le numerose persone cui i curatori debbono un cordiale ringraziamento per l'aiuto prestato nell'identifica­ zione di fatti e personaggi e per i loro preziosi consigli, citeremo in ordine alfabetico: il dott. Reiner Egger (Ar­ chivio di Stato Austriaco, Archivio di Guerra); Marcel Faust; il dott. Eckart Faust (autore di una utilissima tesi di laurea sul lessico popolare degli Ultimi giorni); il prof. Alexander Giese; Hans Goldschmidt, Edwin Hartl, R. Heilinger (Biblioteca Nazionale Austriaca), Otto Kerry, autore di una indispensabile bibliografìa krausiana, il dott.

NOTA DEI CURATORI

5

Ludwig (Istituto Austriaco di Cultura di Roma), la pro­ fessoressa Lunzer ( Università di Vienna), la dottoressa Roswitha Platz (Museo Teatrale di Colonia). Assai utili ci sono state le indicazioni riportate da Kurt Krolop nel suo Kommentar agli Ultimi giorni deirumanità pubblicato da Volk and Welt, Berlino, 1978. Un sentito ringraziamento a Renata Colorni, delle Edi­ zioni Adelphi, per la preziosa collaborazione in sede di revisione finale della traduzione.

Le due fotografie che compaiono nel libro accompagnavano la prima edizione dei Letzten Tage der Menschheit, Wien, 1922. L a prima è la foto deH’impiccagione di Cesare Battisti (12 lu­ glio 1916), fatta circolare in Austria durante gli anni di guerra in forma di cartolina postale (vedi atto III, scena 9 e atto IV, scena 29). L a seconda foto, inviata a Kraus dallo scrittore Kurt Tucholsky e pubblicata nel numero del 5 maggio 1916 della « Fackel », recava la seguente didascalia: « Sul campo di battaglia di Saarburg, sulla strada che va da Saarburg a Bruderdorf, si trova un crocefisso. Durante la battaglia esso fu colpito da una granata e il legno della croce andò distrutto, ma la figura del Cristo rimase intatta ».

G L I U L T IM I G IO R N I D E L L ’U M A N IT À

PREMESSA

La messa in scena di questo dramma, la cui mole occu­ perebbe, secondo misure terrestri, circa dieci serate, è con­ cepita per un teatro di Marte.1 I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi. Perché è san­ gue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli an­ ni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati sol­ tanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui perso­ naggi da operetta recitarono la tragedia dell'umanità. La vicenda, che trascorre per cento scene e cento inferni, è impossibile, frastagliata, priva di eroi come quella. Il suo humour è soltanto -l’autoaccusa di uno che non è impaz­ zito all’idea di aver superato a mente sana la testimo­ nianza di questi avvenimenti. Oltre a costui, che presenta ai posteri la vergogna di una tale partecipazione, nessun altro ha diritto a questo humour. I contemporanei, i quali hanno permesso che le cose qui descritte accadessero, po­ spongano il diritto di ridere ai dovere di piangere. I fatti più inverosimili qui riportati sono accaduti veramente; ho dipinto ciò che altri si sono limitati a fare.2 I più in­ verosimili discorsi qui tenuti sono stati pronunciati pa­ rola per parola; le più crude invenzioni sono citazioni. Le frasi, la cui follia è impressa indelebilmente nell’orec­ chio, si fanno musica della vita. Il documento è raffigu­ razione; le cronache si levano come figure, le figure fini­ scono come articoli di fondo; all’elzeviro è stata data una bocca che lo recita come un monologo; le frasi fatte stan­ no su due gambe - mentre agli uomini magari ne rima­ neva soltanto una. Le inflessioni sfrecciano follemente e sferragliano attraverso il tempo e si amplificano in corale deH’empio rito. Persone vissute ai di sotto dell’-umanità e ad essa sopravvissute vengono riprodotte in ombre e 1. Questo « punto di vista cosmico » (vedi sotto) torna alla fine deirEpilogo in versi che conclude l’opera, nella « Voce dal­ l’alto » a pp. 688 sgg. 2. Inversione da Schiller, L a congiura del Fiesco, atto II, sce­ na 17: « Ho fatto ciò che tu hai solo dipinto ».

IO

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

marionette, quali protagoniste e portavoce di un presente che non possiede carne ma sangue, non sangue ma inchio­ stro, e ridotte alla formula del loro attivo non essere. Lar­ ve e lemuri, maschere del tragico carnevale, portano nomi viventi, poiché così ha da essere e perché proprio in que­ sta temporalità regolata dal caso nulla è casuale. Ciò non dà ad alcuno il diritto di considerarla una faccenda lo­ cale. Anche quel che succede all’angolo di Sirk è go­ vernato da un punto di vista cosmico. Chi ha i nervi de­ boli, anche se forti abbastanza per sopportare l ’epoca, si allontani dallo spettacolo. Non c’è da aspettarsi che un presente nel quale ciò potè accadere -consideri l ’orrore fattosi parola altro che uno scherzo, soprattutto là dove la sua eco gli riverbera dalle familiari bassure dei più orrendi dialetti, e prenda ciò che ha appena vissuto, cui anzi è sopravvissuto, per una cosa diversa da un’invenzio­ ne. Un’invenzione su un tema che esso stesso proibisce. Perché al di sopra di tutta la vergogna della guerra sta quella degli uomini di non volerne più nulla sapere, accet­ tando che ci sia, ma non che ci sia stata. A quelli che l’han­ no vissuta essa è sopravvissuta e se anche le maschere dura­ no oltre le Ceneri, tuttavia l ’uno non vuole sentire par­ lare dell’altro. Com’è profondamente comprensibile il di­ sincanto di un’epoca la quale, mai capace di vivere qual­ cosa e di rappresentarlo, non è scossa neppure dal pro­ prio crollo, ha idea dell’espiazione tanto poco quanto dell’atto, e tuttavia ha abbastanza spirito di autoconservazione da tapparsi le orecchie davanti al fonografo delle proprie melodie eroiche, e abbastanza spirito di sacrificio da tornare all’occasione a intonarle. Perché che ci sarà la guerra appare meno inconcepibile che a ogni altro pro­ prio a coloro cui lo slogan « C’è la guerra » ha permesso e coperto ogni vergogna, mentre il monito « C’è stata la guerra! » disturba il 'ben meritato riposo dei superstiti. Si sono illusi di conquistare il mercato intemazionale - lo scopo per il quale sono nati - con un’armatura da cavalie­ re: ora devono accontentarsi di un affare ben peggiore: venderla ai mercato delle pulci. In questo clima si provi a parlar loro di guerra! E c’è da temere che anche un futuro generato dai lombi di un presente così selvaggio, nono­ stante la maggior distanza, sia privo di una maggior forza di comprensione. Malgrado ciò, una confessione così to­ tale della colpa di appartenere a questa umanità dev’esse-

P R E M E SS A

II

re bene accetta da qualche parte e prima o poi di qual­ che utilità. E « poiché ancora son gli spiriti in tumulto », per il supremo giudizio sopra le macerie sia invocato il messaggio di Orazio al rinnovatore:3 Fate che al mondo ancora ignaro io dica tutto ciò come accadde : e così udrete azioni sanguinose e innaturali, e casuali giudizi e un cieco uccidere : morti da forza e astuzia provocate e piani che, falliti, poi ricaddero su chi li escogitò: io tutto questo in verità posso narrare.

3. Traduzione, come il verso della riga precedente, di parte del discorso di Orazio nelYAmleto di Shakespeare (atto V, scena 2, vv. 366-73).

PERSONAGGI

P R E L U D IO

Scena prim a (p. 49) Vienna. Viale del R in g Gli strilloni. Un passante. Sua moglie. Quattro ufficiali. Fritz Werner. Due rappresentanti di commercio. Fischi. Un cittadino. Sua moglie. Un vecchio abbonato della « Neue Freie Presse ». L ’abbonato più vecchio. Un gruppo di ubriachi. Quattro giovanotti a braccetto con quattro ragazze. La folla. La signorina Lòwenstamm. La signo­ rina Kormendy. Un cittadino colto. Sua moglie. Poldi Fesch. Un vigile. Due piccoli borghesi. Due reporter. Un vetturino Scena seconda (p. 54) Caffè Pucher Il capocameriere Eduard. Il procuratore. Un estraneo. Il cameriere Franz. Il Primo Ministro. Il Ministro del­ l'Interno. Il capo della Cancelleria Scena terza (p. 56) Cancelleria del M inistero della R eai Casa Nepalieck Scena quarta (p. 60) Stesso luogo Un usciere. Nepalieck Scena quinta (p. 61) Stesso luogo Nepalieck. Un anziano cameriere

14

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

Scena sesta (p. 61) Stesso luogo Nepalleck. Montenuovo. Un anziano cameriere Scena settima (p. 62) Stesso luogo Montenuovo. Nepalleck Scena ottava (p. 62) Stesso luogo Un usciere. Il principe Weikersheim. Nepalleck Scena nona (p. 63) Stesso luogo Nepalleck Scena decima (p. 63) Stazione Sud Marionette: Nepalleck; Angelo Eisner von Eisenhof; Spielvogel e Zawadil; il consigliere Schwarz-Gelber e signora; Dobner von Dobenau; il conte Lippay; Riedl il caffettiere; il dottor Gharas; il consigliere Sfcukart, capo del Servizio di Sicurezza; il caposezione Wilhelm Exner; Sieghart, governatore del Credito Fondiario; Landesberger, presidente della Anglobank; HerzbergFrànkel; i consiglieri comunali Stein e Hein, liberali; due consoli di nome Stiassny; tre consiglieri imperiali; Sukfùll; Birinski e Gliicksmann; il libraio Hugo Heller; Flora Dub; il criticone; il giornalista Gente che va a passeggio, passanti, personale dei caffè, pubblico, funzionari di polizia, dignitari, società di Corte, signore dell’alta nobiltà, ecclesiastici, consiglieri comu­ nali, notabili, lacchè, giornalisti

A T TO

P R IM O

Scena prim a (p. 69) Vienna. Viale del R in g. Angolo di Sirk Gli strilloni. Un dimostrante. Un cittadino colto. Un malvivente. Una prostituta. Diversi passanti. L a folla. Due reporter. Due fornitori militari. Quattro ufficiali. Un cittadino viennese. Voci dalla folla. Un piccolo mendicante. Due ragazze. Un vigile. Un intellettuale. La sua amica. Un vetturino. Il suo cliente. Un portinaio. Due americani della Croce Rossa. Due turchi. Due cinesi. Una signora con una lieve peluria sul labbro. Un citta­ dino più calmo. Voce di un vetturino. Una voce. Un ¡passante. Sua moglie. Un gruppo di ragazzini con elmetto e sciabola di legno. Un gruppo che canta. Un borsaiolo. La derubata. Una voce femminile. Poldi Fesch. Il suo accompagnatore. Due ammiratori della « Reichspost ». Canto dei richiamati. Un vecchio abbonato della « Neue Freie Presse». L ’abbonato più vecchio. Quattro giova­ notti a braccetto con quattro ragazze. Fritz Werner. La signorina Kòrmendy. La signorina Lòwenstamm. Tre malviventi. Due rappresentanti di commercio Scena seconda (p. 82) Alto A dige. Davanti a un ponte Un milite territoriale tirolese. Il criticone Scena terza (p. 83) A l di là del ponte Un soldato. Il criticone. Un capitano Scena quarta (p. 83) L ’ottimista e il criticone

16

GLI U L T IM I GIORNI D E LL'U M A N ITÀ

Scena quinta (p. 85) Ballhausplatz Conte Leopold Franz Rudolf Ernest Vinzenz Innocenz Maria. Barone Eduard Alois Josef Ottokar Ignazius Eusebius Maria. La voce di Berchtold

Scena sesta (p. 89) Davanti a una bottega di barbiere nella H absburgergasse L a folla. Un liutaio. Un barbiere. Gli storici Friedjung e Brockhausen

Scena settima (p. 91) Kohlm arkt. Davanti alla porta girevole del Caffè Pucher Il vecchio Biach. Il consigliere imperiale. Il socio. Il dottore. Il criticone. Il mereiaio

Scena ottava (p. 94) Una strada di periferia Quattro giovani. Il padrone del Caffè Westminster

Scena nona (p. 98) In una scuola elementare Il maestro Zehetbauer. La classe. I ragazzi Anderle, Braunshör, Czeczowiczka, Fleischanderl, Gasselseder, Habetswallner, Kotzlik, Merores, Praxmarer, Sukfiill, Süssmandl, Wottawa, Wunderer Karl e Wunderer Rudolf, Zitterer

Scena decima (p. 102) A l Caffè Pucher Eduard, il capocameriere. Il vecchio Biach. Il consigliere imperiale. Il dottore. Il socio. Il mereiaio. Il Primo Ministro

PERSONAGGI

17

Scena undicesima (p. 108) Due che si sono arrangiati. L'abbonato. Il patriota. Uno strillone Scena dodicesima (p. 123) Un uomo gigantesco in abiti borghesi e un nanerottalo in uniforme. Uno strillone Scena tredicesima (p. 124) Trenino elettrico Baden-Vienna Un ubriaco fradicio. Una coppia. Un bigliettaio. Una coppia di profughi dalla Galizia. Un impiegato del dazio. Un viennese Scena quattordicesima (p. 125) In casa d ellattrice Elfriede R itter Elfriede Ritter. I cronisti Fuchisi, Feigl, Halberstam Scena quindicesim a (p. 129) L ’ottimista e il criticone Scena sedicesima (p. 130) Sede del Quartier Generale I generali: Auffenberg, Brudermann, Dankl, PflanzerBaltin. Un aiutante Scena diciassettesima (p. 133) Vienna. Associazione dei caffettieri Riedl. Tre caffettieri. Un cameriere Scena diciottesima (p. 136) N ella caserma del reggimento dei Deutschmeister a Vienna Un signore. Il maresciallo Weiguny. L'allievo ufficiale Wögerer

l8

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Scena diciannovesima (p. 137) Ufficio Assistenza di Guerra Hugo von Hofmannsthal. Un cinico. Poldi Scena ventesima (p. 139) Fronte della Bucovina. Presso un comando Tenente Fallota. Tenente Beinsteller Scena ventunesima (p. 145) Un campo di battaglia Due corrispondenti di guerra. La Schalek. 11 pittore Haubitzer Scena ventiduesima (p. 150) Davanti al M inistero della Guerra L'ottimista e il criticone. Uno strillone. Due profughi. Nepalleck. Eisner von Eisenhof Scena ventitreesima (p. 156) Lago di Janow Ganghofer. Un aiutante di campo di Guglielmo II. Guglielmo II. Il fotografo della « Woche ». Un’ordinanza Scena ventiquattresim a (p. 162) Stanza del capo di Stato M aggiore Conrad von Hötzendorf. Un maggiore. Il fotografo Skolik Scena venticinquesima (p. 165) Corso Uno speculatore. Un proprietario. Il criticone. Fanto. Un soldato tedesco e uno austriaco, fianco a fianco. Il ser­ gente maggiore Wagenknecht. Il maresciallo Sedlatschek. Hans Müller. Voce di un vetturino. Voce di una prosti­ tuta. Di passaggio: Mendel Singer e Sieghart. Un uomo che raccoglie un mozzicone di sigaro. Una strillona

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Scena ventiseiesima (p. 174) Fronte sudoccidentale. Postazione a una quota di più di 2500 metri Una vedetta. L a Schalek. Un fante. Un ufficiale. Un’or­ dinanza Scena ventisettesima (p. 176) In Vaticano La voce di Benedetto che prega Scena ventottesima (p. 177) In redazione L a voce di Benedikt che detta Scena ventinovesima (p. 178) L ’ottimista e il criticone Scena trentesima (p. 207) D i notte, sul Graben Due mediatori con le loro signore. Uno strillone Gente che va a passeggio, passanti, mendicanti, specu­ latori, prostitute, ufficiali, soldati, dimostranti, olienti, personale del caffè, ministri, viaggiatori, studenti nazio­ nalisti tedeschi, profughi dalla Galizia, il seguito di Guglielmo II

A T TO

SEC O N D O

Scena prima (p. 209) Vienna. Viale del R in g. Angolo di Sirk Gli strilloni. Un ebreo polacco. Uno strozzino residente. Un rappresentante di commercio. Un mutilato con stam­ pelle, scosso da tic nervosi. Bermann. Una signora con un abito vistoso. Weiss. Quattro ufficiali. Un soldato con le stampelle. Un intellettuale. Poldi Fesch. Il suo accom­ pagnatore. Canto dei richiamati. Tre speculatori con io stecchino in bocca. Tre granatieri tedeschi. Tre funzionari del Comune di Vienna. Due reporter. Uno speculatore berlinese. Un fattorino. Grida dalla folla Scena seconda (p. 216) L ’ottimista e il criticone Scena terza (p. 217) L ’abbonato e il patriota Scena quarta (p. 219) Sede del Q uartier Generale. Una strada Un giornalista e un vecchio generale. Un altro giornalista e un altro vecchio generale Scena quinta (p. 220) Fronte sudoccidentale Due voci dal fondo. Un vecchio generale e un soldato siciliano. Un membro dell’Ufficio Stampa Militare Scena sesta (p. 221) Un reggimento di fanteria a trecento passi dal nemico Un ufficiale di fanteria. Il cappellano Anton Allmer. Grida

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Scena settima (p. 221) Presso la batteria Un ufficiale di artiglieria. Il cappellano Anton Allmer. Grida. La Schalek Scena ottava (p. 223) Parco di divertimenti del Prater L ’impresario della trincea del Pràter. Un rappresentante dell’agenzia Wilhelm. Il suo collega. La voce dell’arciduca Carlo Francesco Giuseppe. 11 pubblico. La moglie del consigliere Schwarz-Gelber. Il tenente che vuole conser­ vare l’incognito e che nella farmacia di Schaumann a Stockerau ha versato la somma di 1 corona a favore della Croce Rossa. 11 dottor Kunze. Il patriota. L ’abbonato Scena nona (p. 225) Semmering. Terrazza del Sudbahnhotel Giovane e Veccliio. Grande e Piccolo. Una signora che ha appena recitato Heine con grande sentimento. Dangl. Tutti. Voci confuse. Un fedelissimo del Semmering. Un direttore generale Scena decima (p. 226) L ’ottimista e il criticone. Un plotone di reclute dalla barba grigia. Giovanotti che cantano Scena undicesima (p. 239) Viuzza di periferia Due guardie. Donne e uomini della folla. Un negoziante. Una signora vestita bene Scena dodicesima (p. 240) Kàrntnerstrasse Un supermangiatore. Un mangiatore normale. Un af­ famato

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GLI U L T IM I GIORNI D E LL’ U M AN ITÀ

Scena tredicesima (p. 241) Florianigasse I consiglieri in pensione Dlauhobetzky von Dlauhobetz e Tibetanzl Scena quattordicesim a (p. 243) Una brigata di cacciatori Von Dreckwitz. La brigata di cacciatori Scena quindicesim a (p. 246) Ufficio di un comando m ilitare Hirsch. Roda Roda Scena sedicesima (p. 249) Un altro ufficio del comando m ilitare Un ufficiale di Stato Maggiore al telefono Scena diciassettesima (p. 250) Ristorante di Anton Grusser Anton Grusser, ristoratore. Quattro camerieri. Due garzo­ ni. Il capocameriere. Un signore e una «signora. Un minu­ scolo strillone. Due ragazze con cartoline illustrate. Due donne con cartoline illustrate. Il fioraio. La fioraia. Una giornalaia. Tre clienti. Un cliente abituale. Bambuila von Feldsturm. Il criticone Scena diciottesim a (p. 256) Schottenring Signore delila Roho: signora Pollatschek, signora Rosen­ berg. Della Gi Kappa Vu: signora Bachstelz, signora Funk-Feigl. Un invalido con le stampelle. Una mendi­ cante. Un bambino. Un lattante. Una donna incinta. Il criticone Scena diciannovesima (p. 261) Belgrado La Schalek. Donne serbe ridenti. Un interprete

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Scena ventesima (p. 262) Strada di periferia Una vecchia. Un tenente. La folla Scena ventunesima (p. 263) Abitazione di periferia La famiglia Liebai: padre, madre e bambino. La vicina Sikora Scena ventiduesima (p. 263) Sede del Quartier Generale. Una strada Un capitano dell'Ufficio Stampa Militare. Un giornalista. Un signore anziano e corpulento, con favoriti e pincenez, che porta in ambo le mani un bastone da maresciallo Scena ventitreesima (p. 266) Centro di Vienna Un invalido con un soldato cieco. Un giornalista scanda­ listico. Un rappresentante di commercio Scena ventiquattresima (p. 267) D urante lo spettacolo in un teatro di periferia La Niese. Un altro attore. Un servo di scena. Il pubblico Scena venticinquesima (p. 268) D a Wolf a Gersthof Wolf di Gersthof. L ’ispettore generale della Croce Rossa, l’arciduca Francesco Salvator, il suo maestro di palazzo, due aristocratici e la Putzi. Un diente. I cantanti del­ l'orchestrina Scena ventiseiesima (p. 268) L ’abbonato e il patriota Scena ventisettesima (p. 270) Postazione nei pressi del Passo di Uzsok Un generale austriaco. Un sottotenente prussiano

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

Scena ventottesima (p. 271) Qiiartier Generale. Cinema Il comandante supremo dell’esercito, arciduca Federico. Re Ferdinando di Bulgaria. Una voce che grida « Bum! » Scena ventinovesima (p. 271) L ’ottimista e il criticone Scena trentesima (p. 277) Località adriatica. H angar di una stazione di idrovolanti La Schalek. Un sottotenente di vascello Scena trentunesima (p. 279) In un som m ergibile che è appena emerso Un nostromo. Un ufficiale. I membri dell’Ufficio Stampa Militare. La Schalek Scena trentaduesima (p. 280) Una fabbrica sottoposta alla legge sulla produzione di guerra Il responsabile militare di una fabbrica. L ’industriale Scena trentatreesima (p. 283) Camera in casa del consigliere di Corte Schwarz-Gelber Il consigliere Schwarz-Gelbèr e signora Profughi dalla Galizia, speculatori, gente che va a pas­ seggio, passanti, mendicanti di ambo i sessi, bambini mendicanti, ufficiali di carriera in permesso o in servizio leggero all'interno, borghesi che si sono arrangiati, feriti di ogni grado, soldati, attori di provincia, pubblico, frequentatori del Semmering, gente che fa la coda davanti a una bottega di alimentari, fornitori militari, ufficiali, prostitute, giornalisti, clienti, un’orchestrina popolare

A TTO TE R Z O

Scena prim a (p. 293) Vienna. Viale del R in g. Angolo di Sirk Gli strilloni. Due fornitori militari. Quattro ufficiali. Una ragazzina. Una ragazza. Una donna. Due ammiratori della « Reichspost ». Un vecchio abbonato della « Neue Freie Presse ». L ’abbonato più vecchio. Un mutilato. Poldi Fesch. Il suo accompagnatore. Due invalidi. Canto dei richiamati. La voce di un vetturino Scena seconda (p. 295) Davanti alle nostre postazioni di artiglieria La Schalek. Il cannoniere Scena terza (p. 296) Fronte delVIsonzo. Presso un comando Tenente Fallota. Tenente Beinsteller Scena quarta (p. 300) A Jen a Due studenti di filosofia Scena quinta (p. 302) H erm annstadt. D avanti a una libreria tedesca chiusa Un moschettiere prussiano. Un libraio tedesco Scena sesta (p. 303) Negozio di alim entari di Vinzenz Chramosta Vinzenz Chramosta. Clienti. Ispettore annonario Scena settima (p. 304) D ue consiglieri commerciali escono dalVHotel Im periai Due consiglieri commerciali. Un invalido. Un vetturino.

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GLI U L T IM I GIORNI D ELL*U M A N ITÀ

Una mendicante con una gamba di legno e un mon­ cherino Scena ottava (p. 306) Il vecchio Biach Scena nona (p. 306) Archivio di guerra Un capitano. Dörmann. Hans Müller. Altri letterati. Due ordinanze Scena decima (p. 313) Laboratorio chimico a Berlino Il consigliere di Stato professor Delbrück Scena undicesima (p. 314) R iunione dell'Associazione dei Cherusci a Krems Pogatschnigg, detto Teut. Una voce. La signora Pogatschnigg. Winfried Hromatka (membro giubilato). Kasmader. Übelhör. Homolatsch Scena dodicesima (p. 317) Trattenim ento danzante a Hasenpoth Signore baltico e signora baltica Scena tredicesima (p. 317) Causa d'appello al tribunale provinciale di H eilbronn Un Pubblico Ministero. Un’imputata. Due deirudi torio Scena quattordicesim a (p. 319) L ’ottimista e il criticone Scena quindicesim a (p. 322) Una chiesa protestante Il sovrintendente Falke

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Scena sedicesima (p. 323) Un'altra chiesa protestante Il consigliere di Concistoro Rabe Scena diciassettesima (p. 324) U n'altra chiesa protestante Il pastore Geier Scena diciottesima (p. 326) Santuario Un sacrestano. Un forestiero Scena diciannovesim a (p. 326) Costantinopoli. Una moschea Due giovanotti berlinesi. Un imam. Una signora Scena ventesima (p. 328) Redazione a Berlino Alfred Kerr Scena ventunesima (p. 329) Studio medico a Berlino Il professor Molenaar. Un paziente Scena ventiduesima (p. 330) Ufficio di un comando militare Un ufficiale di Sitato Maggiore al telefono. Due vecchi generali. Un giornalista Scena ventitreesima (p. 332) Quartier Generale L ’arciduca Federico. I due Buquoy. L ’aiutante Scena ventiquattresim a (p. 332) Due ammiratori della « Reichspost »

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Scena venticinquesima (p. 337) Davanti al M inistero della Guerra Due giovanotti Scena ventiseiesima (p. 337) Viale del R in g Cinquanta imboscati Scena ventisettesima (p. 337) Davanti al M inistero della Guerra Altri due giovanotti Scena ventottesima (p. 337) M inistero della Difesa Territoriale Un capitano. Un uomo in borghese Scena ventinovesima (p. 338) Innsbruck. Un ristorante Un colonnello. Moglie del colonnello Scena trentesima (p. 339) Piazza del mercato a Grodno Un funzionario della capitaneria municipale. Le ragazze che fan la riverenza. Le personalità. Funzionari tedeschi. Ufficiali tedeschi Scena trentunesima (p. 339) Censura postale in un settore del fronte tedesco Un ufficiale censore. Un capitano. Un aviatore. Un vice­ maresciallo. Un sottufficiale. Un territoriale. I serventi dei cannoni da 9 cm, detti « La colonna d’assalto ». Sedici autieri. Un tenente. Un osservatore d ’aviazione. Un sottotenente. Un musicante deH’esercito. Un caporale. Un soldato. Un ufficiale medico. Un cannoniere. Un comandante di compagnia. Un ufficiale facente funzioni. Un pioniere. Un volontario. Un generale

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Scena trentaduesima (p. 343) Un eremo poetico nella foresta della Stiria Kemstock. Due ammiratori di Kernstock Scena trentatreesima (p. 344) Presso un comando di settore La Schalek Scena trentaquattresima (p. 346) B erlino. Quartiere del Tiergarten Un professore ospite in ibase a scambio. Un deputato nazional-liberaile Scena trentacinquesima (p. 348) Berlino. Sala per conferenze Il poeta. Gli ascoltatori Scena trentaseiesima (p. 349) Vienna. Sala per conferenze Il criticone. Un ascoltatore e sua moglie Scena trentasettesima (p. 350) L ’abbonato e il patriota Scena trentottesima (p. 353) In uno scompartimento ferroviario Due commessi viaggiatori Scena trentanovesima (p. 355) L ’ottimista e il criticone Scena quarantesim a (p. 355) L a stazione termale tedesca di Gross-Salze Il consigliere commerciale Ottomar Wilhelm Wahnschaffe. La signora Wahnschaffe. Guglielmino e Mari-uccia, loro

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figli. Un coro invisibile, rappresentante le risa degli stra­ nieri. Due invalidi. Due bambinaie. Bambini : Fritz. Gio­ vannino e Gertrudina. Gianalberto e Mariannina. Augusto e Augusta. Manetta. Klaus e Dolly. Walter e Marga. Paolino e Paolina. Jochen e S-usi. Una mamma. Elisabetta. Un signore. Due padri. Due figlioletti Scena quarantunesim a (p. 371) L ’ottimista e il criticone Scena quarantaduesim a (p. 376) D urante la battaglia della Somme. Cancello del parco di una villa Il principe ereditario tedesco. Una compagnia di soldati che passa marciando Scena quarantatreesim a (p. 376) M inistero della Guerra Un capitano. Un borghese in lutto stretto Scena quarantaquattresim a (p. 377) Castelrotto E sottotenente Helwig. Un altro sottotenente. Una came­ riera. L ’allievo ufficiale di servizio Scena quarantacinquesim a (p. 377) Locale notturno a Vienna Rolf Rolf, l ’improvvisatore. Grida. Due ufficiali. Frieda Morelli, la cantante. Una voce. Un mercante di bestiame ungherese. Il proprietario del locale notturno. Il perso­ nale del guardaroba e la donna della toilette. Un commerciante di granaglie. Tutti. Un cliente abituale. Un funzionario della Croce Rossa, ubriaco. Il suo collega. Un ufficiale. Il suo collega. Un ufficiale medico. Il suo collega. Un cliente ubriaco

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Scena quarantaseiesim a (p. 382) N o tte. Il Graben Il criticone. Un ubriaco che fa un bisogno in mezzo alla strada Larve e lemuri, gente che va a passeggio, passanti, mutilati di guerra, mendicanti di ambo i sessi, bambini mendicanti, clienti, letterati, Cherusci a Krems, ballerini a Hasenpoth, magistrati, frequentatori del tribunale, frequentatori della chiesa, ufficiali, clienti del ristorante, popolazione, soldati, uditorio, signore addette al buffet, entraîneuses, gaudenti, signori della Croce Rossa, legionari polacchi, personale di un locale notturno, collaboratori, l'orchestrina Nechwatal, l'orchestra tzigana Miskolczy Jancsi

A T TO Q U A R T O

Scena prim a (p. 385) Vienna. Viale del R in g. Angolo di Sirk Gli strilloni. Quattro ufficiali. Una contessa. Un soldato cieco su una carrozzella. Un intellettuale. Potldi Fesch. Il bimbo gigante. Il portiere deH’albergo. Canto dei richiamati. Un esportatore di Berlino con un sigaro d ’importazione in bocca. Il suo accompagnatore. Un pas­ sante con le mani alzate. Un altro passante. La moglie di un ufficiale. Due che vanno a passeggio. Due ammiratori della « Reichspost ». Un solitario. Il ¡suo accompagnatore. Lenzer von Lenzbruck. La signora Back von Brùnnerherz. Una fioraia. Due signori. Stomi. La signorina Lòwenstamm. La signorina Kòrmendy. Un vetturino e il suo cliente Scena seconda (p. 390) L ’ottimista e il criticone Scena terza (p. 391) Una stazione nei pressi di Vienna Un guardiano della stazione. Sei viennesi. Il criticone. Il volto austriaco. Un iniziato Scena quarta (p. 392) Kohlm arkt. Davanti alla vetrina di un negozio di quadri Margosches. Wolffsohn Scena quinta (p. 393) D ue poeti a colloquio Poeti: Strobl, Erti Scena sesta (p. 394) R iunione solenne di una corporazione studentesca Un membro anziano. I compagni. Una matricola

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Scena settima (p. 396) Convegno di medici a Berlino Uno psichiatra. Un alienato. 11 professor Boas. Il professor Zuntz. Il professor Rosenfeld, Breslau. Il presidente del­ l’Ordine dei medici del circondario di Berlino. L ’agente Buddicke. Diverse voci Scena ottava (p. 403) Weimar. Clinica ginecologica Il professor Henkel. Il professor Busse. La paziente. Un’infermiera. Un assistente. Il principe di Lippe Scena nona (p. 404) Presso una divisione di riserva tedesca Un colonnello Scena decima (p. 404) Fronte delVlsonzo. Presso un comando di brigata La Schalek. Coro degli ufficiali Scena undicesima (p. 408) Comando di divisione Un comandante. Kaiserjàgertod. Un maggiore Scena dodicesima (p. 409) R itirata. Un villaggio Kaiserjàgertod. Un soldato affamato. Un colonnello. Il tenente Gerì Scena tredicesima (p. 410) Ospedale presso un comando di divisione Un ferito grave. Un infermiere. Canto dalla stanza vicina Scena quattordicesim a (p. 410) Presso una divisione di riserva tedesca Un colonnello

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

Scena quindicesim a (p. 411) L ’ottimista e il criticone Scena sedicesima (p. 412) Scalo merci a Debrecen Una sentinella. Il tenente Beinsteller. Il tenente Sekira Scena diciassettesima (p. 412) Ufficio m unicipale viennese Un impiegato. Una persona Scena diciottesim a (p. 414) Abitazione della fam iglia Tieniduro Padre, madre e bambini Scena diciannovesim a (p. 414) L ’abbonato e il patriota Scena ventesima (p. 415) Sofia. Un banchetto di scrittori tedeschi e bulgari L ’ambasciatore tedesco, conte Oberndorff. Gli scrittori te­ deschi e bulgari. Kleinecke, Berlino. Steinecke, Hannover Scena ventunesima (p. 417) M inistero degli Esteri Haymerle. Un redattore Scena ventiduesima (p. 419) N el salotto buono dei Wahnschaffe La signora Pogatschnigg. La signora Wahnschaffe Scena ventitreesima (p. 422) Tre signore tedesche alla moda

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Scena ventiquattresima (p. 422) L'abbonato e il patriota Scena venticinquesima (p. 423) Pranzo da H indenburg e Ludendorff Hindenburg e Ludendorff. Paul Goldmann Scena ventiseiesima (p. 426) Semmering. Sulla strada alta Il consigliere imperiale. Il vecchio Biach Scena ventisettesima (p. 442) Berlino, quartiere del Tiergarten Padde e Kladde Scena ventottesima (p. 446) Un cinema Il regista. Voce femminile Scena ventinovesima (p. 447) L ’ottimista e il criticone Scena trentesima (p. 463) Corte marziale Il capitano giudice militare dottor Stanislaus von Zagorski. Gli undici delinquenti. Gli ufficiali della Corte marziale Scena trentunesima (p. 468) Schònbrunn. Studio Francesco Giuseppe. Il cameriere di destra e il cameriere di sinistra Scena trentaduesima (p. 476) Kragujevac. T ribun ale m ilitare Il tenente giudice militare. Il cancelliere

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Scena trentatreesima (p. 477) I l corso di Ischi Il vecchio Korngold. Quattro villeggianti. La signorina Löwenstamm. La signorina Körmendy. Bob Schlesinger. Baby Fanto. Un vecchio abbonato. L ’abbonato più vecchio Scena trentaquattresim a (p. 478) Camera di sicurezza L ’ispettore di polizia. Un agente. La diciassettenne Scena trentacinquesim a (p. 479) Locale notturno di Berlino Una voce sguaiata. Frieda Gutzke. Katzenellenbogen. Krotoschiner II Scena trentaseiesima (p. 480) L ’ottimista e il criticone Scena trentasettesima (p. 483) Quartier Generale tedesco Guglielmo II. I generali. L ’aiutante von Seckendorff. Tre ufficiali. Von Hahnke, von Duncker, von Krickwitz, von Flottwitz, von Martius Scena trentottesima (p. 486) Inverno nei Carpazi Hiller, comandante di compagnia. Il fuciliere Helmhake. Due soldati Scena trentanovesima (p. 488) L o stesso luogo. N el rifugio di H iller Müller, sottufficiale medico. Hiller, comandante di com­ pagnia Scena quarantesim a (p. 488) L ’ottimista e il criticone

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Scena quarantunesim a (p. 489) Un ospedale militare Un generale medico. Il tenente colonnello Vinzenz Demmer, nobile del Reticolato. Un ufficiale medico. Un sot­ tufficiale. Un cappellano militare Scena quarantaduesim a (p. 492) L ’ottimista e il criticone Scena quarantatreesim a (p. 495) Ufficio Stam pa M ilitare Un capitano. Un giornalista Scena quarantaquattresim a (p. 498) Gruppo di addestramento dell’armata Vladimir-Volynskij. Un capitano. Uno scritturale Scena quarantacinquesim a (p. 498) In casa del conte Dohna-Schlodien Il conte Dohna-Schlodien. Dodici rappresentanti della stampa. Una voce dal gruppo Larve e lemuri, gente che va a passeggio, invalidi, mutilati, ciechi, mendicanti di ambo i sessi, bambini mendicanti, pubblico davanti a uno sportello ferroviario, medici, ufficiali, truppa, ricoverati in ospedale, sentinelle, curiosi, frequentatori del cinema, villeggianti, frequen­ tatori di un locale notturno, prostitute, convalescenti, feriti di ogni grado, moribondi, membri dell’Ufficio Stampa Militare, banda reggimentale, orchestra di -un locale notturno

A T TO

Q U IN T O

Scena prim a (p. 501) Sera. Angolo di Sirk Gli strilloni. Quattro ufficiali. Canto dei richiamati. Poldi Fesch. Il suo accompagnatore. Voce di un vettu­ rino. Turi e Ludi. Fallota. Una fioraia. Due tronconi coperti da 'un’uniforme lacera. Una voce che sussurra. Un tonante « Evviva! » Scena seconda (p. 503) L ’ottimista e il criticone Scena terza (p. 505) Davanti al Parlamento Una donna che è appena svenuta per la fame. Pattai Scena quarta (p. 506) M inistero degli Esteri Conte Leopold Franz Rudolf Ernest Vinzenz Innocenz Maria. Barone Eduard Alois Josef Ottokar Ignazius Eusebius Maria Scena quinta (p. 508) Presso Udine Due generali, ognuno su un’automobile stracarica. Un fante che prende una pannocchia di granoturco Scena sesta (p. 509) N elle retrovie di Fourm ies Il territoriale Lùdeeke

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Scena settima (p. 510) Circo Busch Il pastore Brùstlein. Il caporedattore Maschke. Un mal­ contento. Professor Puppe. Grida Scena ottava (p. 512) L ’ottimista e il criticone Scena nona (p. 513) II corso di Ischi L ’abbonato. Il patriota. Il vecchio Biach. I villeggianti Scena decima (p. 521) B erlino, ristorante in galleria Due uomini politici liberali: Zulauf, A bla ss Scena undicesima (p. 523) Assemblea generale di guerra dell'associazione degli elettori socialdemocratici del super-collegio elettorale berlinese di Teltow-Beskow-Storkow-Charlottenburg Il compagno Schliefke (Teltow). Uno che interrompe Scena dodicesima (p. 524) Bad Gastein L ’abbonato e il patriota Scena tredicesima (p. 524) Ufficio di un comando m ilitare Un ufficiale di Stato Maggiore al telefono Scena quattordicesim a (p. 525) Campo di battaglia presso Saarburg Capitano Niedermacher. Maggiore Metzler. Un ferito francese. Un soldato tedesco

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Scena quindicesim a (p. 526) Presso Verdun Generale Gloirefaisant. Capitano de Massacré. Colonnello Meurtrier Scena sedicesima (p. 528) Ufficio Stam pa M ilitare a R odaun La Schalek. Il collega Scena diciassettesima (p. 533) L ’abbonato e il patriota Scena diciottesima (p. 535) L ’ottimista e il criticone Scena diciannovesima (p. 535) M ichaelerplatz Coro dei teppisti Scena ventesima (p. 536) Un comando m ilitare Un capitano. Uno scritturale Scena ventunesima (p. 537) M inistero della Guerra Un capitano. Uno scritturale. Un alfiere Scena ventiduesima (p. 542) Prefettura a Briinn Il governatore. Uno scritturale Scena ventitreesima (p. 543) In una scuola elementare Il maestro Zehetbauer. La classe. I ragazzi Anderle, Gasselseder, Kotzlik, Merores, Sukfull, Zitterer

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Scena ventiquattresima (p. 546) A ir Ente Nazionale per il Turism o Un redattore. Un funzionario Scena venticinquesima (p. 547) Caffè sul Viale del R in g Clamori. Mammut. Un cameriere. Ghiro. Tricheco. Cri­ ceto. Rinoceronte. Tapiro. Sciacallo. Iguana. Caimano. Babbuino. Condor. Leone. Cervo. Lupo. Passamano. Pan­ cione. Cattiveria. Voci di persone che entrano frettolose. Coliettaio. Virtuoso. Mastodonte. Raubitschek. Eccellente. Compiacente. Sincero. Costante. Utile. La donna della toilette. Pollatschek. Allegro. Un invalido tremolante. Bernhard Moldauer, un vecchio speculatore. Due suoi amici. Sua moglie. Sua figlia. Lo zio. Uno strozzino più giovane. Il gerente Scena ventiseiesima (p. 551) Friedrichs trasse Coro degli strilloni. Un giovane. Una ragazza. Una guar­ dia. Uno speculatore berlinese e uno viennese fianco a fianco. Uno strillone Scena ventisettesima (p. 553) Sede del Quartier Generale dell'esercito. Locale notturno Marionette: un ufficiale di Stato Maggiore ubriaco, coro dei camerieri, la ragazza di destra, Kohn, Fritzi-Spritzi, il proprietario, la donna della toilette e il personale del guardaroba, Fettkoter, la ragazza di sinistra, un ufficiale di Stato Maggiore, coro degli ufficiali di Stato Maggiore Scena ventottesima (p. 556) Sala di conferenze a Vienna Il criticone. Un ascoltatore con la moglie Scena ventinovesima (p. 558) L ’abbonato e il patriota

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

Scena trentesima (p. 559) D ue consiglieri commerciali escono dalVHotel Im periai Due consiglieri commerciali. Una mendicante con una gamba di legno e un moncherino. Un vetturino. Il criticone. Una donna che cade svenuta per la fame. Un invalido Scena trentunesima (p. 561) L ’ottimista e il criticone Scena trentaduesima (p. 563) A l rapporto del battaglione Un maggiore. Quattro soldati. Un caporale Scena trentatreesima (p. 565) L ’ottimista e il criticone Scena trentaquattresim a (p. 568) N el villaggio di Postabitz Una donna Scena trentacinquesim a (p. 568) Ospedale a Leitm eritz Un invalido che è stato scambiato. Il suo vicino di letto Scena trentaseiesima (p. 569) Campo reduci in Galizia L ’amico Scena trentasettesima (p. 572) Dopo l'offensiva invernale dei Sette Comuni Due corrispondenti di guerra. Due soldati. Un capitano. Figure corpulente che scendono dalle automobili. Una figura più esile, avviluppata in folte pellicce. Il colonnello. Un maggiore

PERSONAGGI

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Scena trentottesima (p. 575) Palazzo imperiale di Vienna. Servizio Stampa Il capitano Werkmann. Uno scritturale Scena trentanovesima (p. 575) Kàrntnerstrasse L'arciduca Max. Un lacchè. Il tenore. La folla. Uno strillone Scena quarantesim a (p. 576) Una strada secondaria Un soldato cieco con la figlioletta. Un invalido con un organino. Un sottotenente Scena quarantunesim a (p. 576) Comando supremo delVesercito Un maggiore. Un altro maggiore Scena quarantaduesim a (p. 578) L ’ottimista e il criticone Scena quarantatreesim a (p. 585) Parco municipale Folla sterminata. Strilloni. Due signore. Un signore. Il maritino e la mogliettina. Un grasso speculatore. La sua ragazza. Un accompagnatore. Voce di uno scettico. Signo­ rina Kòrmendy. Signorina Lowenstamm. Un gagà e una donnaccia. Grida. Tre oratori. Due gruppi. Uno che arriva di corsa. Un altro. Un signore anziano che canterella a bocca chiusa. Un giovanotto con giacca con la martingala e ghette bianche. Il suo amico. La Steffi. Un sobillatore. Il rappresentante della società cinematografica. Il pro­ prietario. La folla Scena quarantaquattresim a (p. 588) L ’ottimista e il criticone

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Scena quarantacinquesim a (p. 591) Innsbruck. M aria Theresienstrasse Un garzone di macellaio. La ragazza con la sciabola. L ’uf­ ficiale senza sciabola. Altri due ufficiali. Due guardie* Un ufficiale d’ordinanza Scena quarantaseiesim a (p. 593) Due ammiratori della « Reichspost », addormentati Scena quarantasettesim a (p. 595) Scompartimento riservato di prim a classe Il tenente colonnello Maderer von Mullatschak, dello Stato Maggiore Scena quarantottesim a (p. 596) A 3000 metri di quota Un alfiere. La Schalek Scena quarantanovesim a (p. 597) L ’ottimista e il criticone Scena cinquantesim a (p. 598) Treno di montagna in Svizzera Gog e Magog. Elsina Scena cinquantunesim a (p. 603) Baracca in Siberia Prigionieri in Siberia. Un capitano austriaco Scena cinquantaduesim a (p. 604) Stazione N ord Diverse voci. Marionette: Spielvogel e Zawadil, Angelo Eisner von Eisenhof, il consigliere Schwarz-Gelber e si­ gnora, il caposezione Wilhelm Exner, Dobner von Dobenau, Riedl, Stukart, Sieghart, Landesberger, presidente della Anglobank, una madre, la figlia, il dottor Charas,

PERSONAGGI

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Flora Dub, due consoli di nome Stiassny, tre consiglieri imperiali, Sukfull, Birinski e Glucksmann, Hans Miiller, Moriz Putzker, il 'libraio Hugo Heller, il giornalista, un invalido che è stato scambiato, morente Scena cinquantatreesim a (p. 607) Strada deserta Coribanti e menadi Scena cinquantaquattresim a (p. 607) 11 criticone alla scrivania Scena cinquantacinquesim a (p. 619) Grande cena presso un comando di corpo d'armata Il generale. Il colonnello prussiano. Un attendente. Mem­ bri dello Stato Maggiore: maggior generale, colonnello, tenente colonnello, maggiore, capitano di cavalleria, uffi­ ciale di picchetto, ufficiale addetto ai collegamenti tele­ fonici, capitani, tenenti, sottotenenti, capo di commissa­ riato, maggiore medico, ufficiale medico, giudice capo, cappellano e rabbino militare, addetto all’artiglieri a, un ufficiale del controspionaggio, Géza von Lakkati de Némesfalva et Kutjafelegfaluszég, Romuald Kurzbauer, Stani si aus von Zakrychiewicz, Petricic, Iwaschko, Koudjela, ufficiale addetto ai carriaggi Felix Bellak, Wowes. Un ufficiale di Stato Maggiore tedesco. Un capitano tedesco. Due capitani prussiani. Due tenenti prussiani. Un sottotenente prussiano. Due corrispondenti di guerra. L ’infer­ miera Paula e l'infermiera Ludmilla. Un attendente. L ’or­ chestra. Grida Feriti e morti che fanno ala, gaudenti, mendicanti di ambo i sessi, bambini mendicanti, membri della Camera dei Pari, groviglio di zaini, sacelli e corpi umani in un tram, truppa, partecipanti a un’assemblea monstre, pas­ santi della galleria di Berlino, membri di un’associazione elettorale, soldati e ufficiali tedeschi e francesi, prigionieri tedeschi, feriti, la banda imperiale, olienti di caffè in borghese e in uniforme, maritini, armadi-ili, ragazze vestite da insetti, camerieri e cameriere, venditori di

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programmi delle corse, un ordinato corteo di teppisti, sensali, cantanti d ’operetta, bohémiens, guaritori, ruffiani, pederasti, puttane, truffatori, compari, speculatori, baga­ sce; ufficiali di Stato Maggiore, profittatori di guerra, entraîneuses, l ’orchestra di un locale notturno, frequen­ tatori di conferenze, gente che va a passeggio, ricoverati in ospedale, i resti di un reggimento, viaggiatori tra le valigie, passeggeri di una ferrovia svizzera di montagna, curiosi, membri dell’associ azione « Alloro per i nostri eroi », funzionari, servizio ristoro, invalidi che sono stati scambiati, banda reggimentale, giornalisti, uomini e donne che hanno dato suggerimenti, ufficiali austriaci e tedeschi, personale di sussistenza, visioni Visioni che parlano: Il bimbo Slobodan Ljubinkovits, morto nel 1915. Un corrispondente di guerra. Il soldato diciannovenne e il soldato ventunenne. Due giudici militari. Un giudice capo. Il capitano Prasch. Un tenente degli ulani. Le maschere antigas. I soldati congelati. Il vecchio contadino serbo. Le fiamme. I milleduecento cavalli. Leonardo da Vinci. I bambini del Lusitania. I cani da guerra. La foresta morta. La madre. Il volto dell’Austria. I corvi. Le ausili arie. Il figlio non na to

E P ILO G O

L'u ltim a notte (p. 660) Un soldato morente. Maschera antigas maschile. Maschera antigas femminile. Generale. Primo corrispondente di guerra. Secondo corrispondente di guerra. Il morente. Un maresciallo. Un soldato accecato. La corrispondente di guerra. Un ferito. L ’ussaro del teschio. Nowotny von Eichensieg. L ’ingegner Abendrot. Iene: Divora, Azzan­ na. Il signore delle iene. Tre collaboratori occasionali. Voci dall'alto. Voci dal basso. Due ordinanze. Gli operatori cinematografici. Una voce dall’al to. La voce di Dio

PRELUDIO

Scena prima Vienna. Viale del Ring. Angolo di Sirk. Sera di un giorno festivo d'estate. Movimento e animazione. Si formano capannelli s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! L ’assassinio del­ l’erede al trono! Arrestato il colpevole! u n p a s s a n t e (alla moglie). Meno malie che non è un ebreo. l a m o g l i e . Vieni a casa. (Lo trascina via). s e c o n d o s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! « Neue Freie Presse »! L ’assassinio di Serajevo! Un-serbo l’attentatore! u n u f f i c i a l e . Salve Powolny! Cosa dici? Vai alla Gartenbau? s e c o n d o u f f i c i a l e (con canna da passeggio). Figurarsi! È chiusa! p r i m o (sconcertato). Chiusa? t e r z o . Escluso! s e c o n d o . Se te lo dico io! p r i m o . Allora, cosa ne dici? s e c o n d o . Be’, andiamo da Hopfner. p r i m o . Si capisce - ma volevo dire, politicamente, cosa ne dici, tu te ne intendi... s e c o n d o . Mah, vedi, non c’è dubbio che avremo (agita la canna)... un po’ di subbuglio... non farà gran dannopoco male... era ora... p r i m o . Va’ là che sei in gamba. C’è uno, sai, che andrà fuori dai gangheri, Fa-Ilota, quello che... u n quarto (si unisce a loro ridendo). Salute Nowotny, salve Pokorny, salute Powolny, oh, proprio te... tu che te ne intendi di politica, che ne dici? s e c o n d o . Vedi, sono quelle canaglie di laggiù con i loro traffici, ecco tutto. t e r z o . Certo... ma sicuro. q u a r t o . Proprio quel che penso io... ieri ho fatto bisboc­ cia...! L ’avete vista la vignetta di Schònpfìug? Una forza! s e c o n d o . Sai, Fallota, quello sì che è un patriota, be’, lui dice sempre che non basta fare il proprio dovere, bisouno

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gna anche essere patrioti all’occorrenza. Quando si met­ te in testa una cosa, non c’è verso. Sai che ti dico? Ci sarà da sudare. Oh, per me! t e r z o . Allora, da Hopfner? q u a r t o . Ehi, tu, hai conosciuto le due pupe che ci la­ vorano? s e c o n d o . Vedi, Schlepitschka von Schlachtentreu, quello lì ha -una cultura spaventosa, è capace di recitarti a memoria la « Presse » dalla A alla Z : lui dice che do­ vremmo leggerla anche noi; lì c’è scritto - dice lui che noi siamo per la pace, ma non per la pace ad ogni costo, dimmi un po’, è vero? (Passa una cameriera) Guarda quella, è la pupa che ti dicevo, quella che l’al­ tro giorno c’è stata gratis! (Passa l'attore Fritz Werner) Ossequi! t e r z o . Di’ un po’, quello lì non mi pare di conoscerlo. q u a r t o . Non lo conosci? Ma va’ là, non farmi ridere, non lo conosci?! Ma è Werner! t e r z o . Questa è bella! Sai chi mi credevo che fosse? cre­ devo che fosse Treumann! p r i m o . Ma va’ là! Come si fa a confondere Treumann con Werner? s e c o n d o . Vedi, perché non hai studiato logica: è il con­ trario, ha confuso Werner con Treumann. t e r z o . Ma no, sai... aspetta. (Riflette) Be’, vuoi sapere co­ me la penso? Sangue d'ussaro è meglio di Manovre d'au­ tunno». s e c o n d o . Piantala. p r i m o . Ehi, tu, che hai una cultura spaventosa... q u a r t o . Era Werner, si capisce! p r i m o . T u che hai una cultura spaventosa... s e c o n d o . Perché? p r i m o . Hai visto II marito sorridente? Conosci anche Ma* rischka? s e c o n d o . N o , purtroppo. p r i m o . Conosci anche Storm? s e c o n d o . Eh, certo. q u a r t o . Via, non stiamocene qui fermi aH’angolo delle celebrità. Andiamo da Hopfner, visto che la Gartenbau... t e r z o . Conosci anche Glavatsch? (Escono chiacchierando)» u n o s t r i l l o n e (arriva di corsa). « Tagblaaatt »... il prin­ cipe ereditario assassinato con la consorte... prego!

PRELUD IO , SCENA I u n r a p p r e s e n t a n t e di c o m m e r c io .

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Come la mettiamo con

questa serata? r a p p r e s e n t a n t e . Pare sia aperto il Venedig. Va bene, prendiamo il tram e andiamo al Venedig. s e c o n d o . Non so, sono un po’ nervoso, se prima non sento... p r i m o . L o sentiremo laggiù! AUTmpcrial davano favorita Melpomene, ieri per tutto il giorno non ci facevano più vivere, con questa Melpomene. Ma è gentaglia, lei lo sa - l’ho imparato a mie spese... ecco laggiù Fischi. (Grida verso il viale) Fischi 1 Allora, Melpomene? f i s c h l . E che altro se no?! p r i m o . Le venga un colpo! f i s c h l . Dopo di lei. Glaukopis seconda! u n c it t a d in o (alla moglie). Credi a me, non era simpa­ tico alla gente... l a m o g l i e . Gesummaria, perché mai? c i t t a d i n o . Perché non era democratico. Riedl in persona mi ha raccontato che... (Escono). u n v e c c h i o a b b o n a t o a l l a « n e u e f r e i e p r e s s e » (conver­ sando con l'abbonato più vecchio). Bel pasticcio! l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Che vuol dire, pasticcio? (Si guar­ da intorno) Tutto andrà meglio! Verrà un’epoca come quella di Maria Teresa, glielo dico io! i l v e c c h i o a b b o n a t o . L o dice lei! l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Se glielo dico io! i l v e c c h i o a b b o n a t o . L o racconti a un altro! Ma, Dio scampi, la Serbia!... Il mio ragazzo più giovane! l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Prima di tutto oggigiorno una guerra è da escludere e poi - sarebbe bella che andassero a prendere proprio lui! Non ce n’è abbastanza di altri? (Sottovoce) Dio mio, c’hai proprio ragione! Già pregu­ sto il fondo di domani. Troverà delle espressioni mai sentite. Quel che scrisse per la morte di Lueger sarà roba da ridere. Finalmente potrà parlare fuori dai denti, an­ che se con le debite cautele, naturalmente. Ma le dirà fuori dai denti a tutti, compresi i cristiani, glielo dico io, anche a quelli delle alte sfere, delle altissime sfere soprattutto a quelli. Lui sapeva quel che c’è in ballo, oh se lo sapeva! i l v e c c h i o a b b o n a t o . Non bisogna tirarsela addosso. For­ se non è vero. l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Pessimista! (I due escono). seco n d o

p r im o

.

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g r u p p o d i u b r i a c h i (si fanno largo fra i passanti). Sa­ lute a tutti quanti! Abbasso! Abbasso la Serbia! Fatela a pezzi! Evviva! QUATTRO GIOVANOTTI A BRACCETTO CON QUATTRO RAGAZZE. Un gran ponte fece fare per poter così espugnare città e forte di Belgrado...1 l a f o l l a . Evviva! (Fritz Werner ritorna, saluta e ringra­ zia) Viva Werner! s i g n o r i n a l ò w e n s t a m m . Ci vai e glielo chiedi. s i g n o r i n a k ò r m e n d y (si avvicina). Io sarei una sua gran­ de ammiratrice e le chiedo per favore un autografo... (Werner estrae un taccuino, scrive su un foglio e glielo porge, poi esce) Ma che carino! s i g n o r i n a l ò w e n s t a m m . T i ha guardato? Vieni via dalla calca, tutto per quest’assassinio. Io vado pazza solo per Storni! (Escono). u n o s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! L ’arciduca Fran­ cesco Ferdinando... u n c i t t a d i n o c o l t o . Sarà un danno enorme per i teatri, il Volkstheater era esaurito... l a m o g l i e . Bella ¡serata rovinata, si doveva restare a casa, ma già, a te nessuno ti tiene. c i t t a d i n o c o l t o . Mi stupisco del tuo egoismo, non avrei mai supposto in te una così totale mancanza di senso sociale. m o g l i e . Credi forse che non mi interessi? Mi interessa sì! Mangiare al Volksgarten è un’assurdità, se non c’è la musica tanto vale andar subito da Hartmann... c i t t a d i n o c o l t o . Mangiare, sempre mangiare, chi ha la testa adesso per queste cose... Vedrai quel che succe­ derà, sciocchezzuole... m o g l i e . Purché si riesca a veder qualcosa! c i t t a d i n o c o l t o . Sarà un funerale come non s’è mai visto! Ricordo ancora quando il principe ereditario... (Esco­ no). po ld i f e s c h (a un accompagnatore). Oggi facciamo ¡bal­ doria... ieri ho fatto baldoria con Sasoha Kolowrat, do­ mani con... (Esce). u n v i g i l e . A sinistra, prego, tenere la sinistra! un

1. Versi della canzone popolare austriaca II principe Eugenio (vedi Indice dei nomi).

PRELUD IO , SCENA I

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s t r i l l o n e . « Reichspost » ! Seconda edizione! Assas­ sinato l’erede al trono con la consorte! u n p i c c o l o b o r g h e s e . Vivi e lascia vivere! Be’, certo, per i viennesi, per l’uomo della strada, non era proprio quel che ci voleva. E il perché te lo posso anche spiegare, capisci. Perché? Ma perché il viennese è abituato a non esser disurbato nelle sue abitudini. Invece lui... Hadrawa l’ha riconosciuto una volta che ha preso perfino una carrozza, naturalmente in cognito, e ha dato la mancia come un privato, ma neanche un soldo di più, te lo dico io. s e c o n d o p i c c o l o b o r g h e s e . Piantala! p r i m o . E anche nei migliori negozi non voleva pagare di più. Era un tipo, quello! Credi che si sarebbe fatto buggerare da uno come noi? Quello ci avrebbe dato del filo da torcere! A noi, che vogliamo vivere anche noi! Non si faceva mancare niente, nossignore! Be’, ognuno a suo modo. Vivi e lascia vivere, dico io, e per questo son pronto a morire. Perché capisci, l ’uomo della strada... u n o s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! p i c c o l o b o r g h e s e . Da’ qua! Quant’è? s t r i l l o n e . Dieci centesimi! p i c c o l o b o r g h e s e . Roba da nulla! Questo è strozzinaggio. E poi non c’è scritto niente. Ehi tu - psst - guarda quella bimba, carina, eh? Che tettine! In confronto, la mia vecchia si può andare a nascondere. s e c o n d o . Ma piantala, quella è una protestuta! p r i m o . Guarda guarda, c’è gente davanti al Bristol, an­ diamo a vedere, ci dev’essere qualche pezzo grosso. (Escono). u n v i g i l e . A sinistra, prego, tenere la sinistra! u n r e p o r t e r (al suo accompagnatore). Qui meglio che al­ trove si coglie lo stato d’animo della città. Vede, la notizia si è sparsa sul corso come un incendio spinto dal vento, qui dove si frangono i flutti. La gaia anima­ zione che soleva regnare sul corso a quest’ora è ammu­ tolita di colpo, su tutti i volti si poteva leggere lo sco­ ramento, il senso di un colpo tremendo, ma soprattutto un muto cordoglio. Perfetti sconosciuti si rivolgevano la parola, ci si strappava di mano le edizioni straordi­ narie, si formavano capannelli... s e c o n d o r e p o r t e r . Allora io la vedrei così. Nei viali del uno

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

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Ring si scorgevano gruppi di persone che discutevano ravvenimento. I vigili li disperdevano, dichiarando che non avrebbero tollerato ulteriori assembramenti. A que­ sto punto si formarono dei gruppi e il pubblico comin­ ciò ad accalcarsi... guardi laggiù! È nata una discussione fra un vetturino e il suo cliente davanti alVHotel Bristol, i passanti intervengono, si sente gridare « Vergogna! ». s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! Il principe eredi­ tario e la consorte assassinati da cospiratori! un v e t t u r i n o . Ma Eccellenza, in una giornata come questa!... uno

Cambia la scena.

Scena seconda Caffè Pucher. La stessa sera, prima di mezzanotte. Il caffè è quasi vuoto, sono occupati soltanto due tavoli. A uno si è appena seduto un procuratore dell'Unione Bancaria. A ir altro siedono due signori calvi, ciascuno con un sigaro munito di bocchino di carta, immersi nella lettura di giornali umoristici. La cassiera dorme. Un cameriere le fa penzolare per scherzo il tovagliolo davanti alla faccia. Un altro viene cacciato dalla cucina dal cuoco con uno strofinaccio, il che fa scoppiare in una risata il capo­ cameriere e il cuoco c a p o c a m e r i e r e . Dove credete di essere, in una bettola? Vergogna! I signori ministri leggono, vergo­ gna a voi, e la signorina Paula dorme! i l p r o c u r a t o r e . Senta, lei! e d u a r d . Dica, signor von Geiringer? p r o c u r a t o r e . Un sigaro e .un’edizione straordinaria! e d u a r d (estrae il portasigari e il giornale dalla tasca in­ terna della giacca). Un sigaruccio e qualcosa per il mo­ rale! p r o c u r a t o r e . Non è venuto nessuno? Come mai stasera è così vuoto? Nemmeno il dottor Gomperz? e d u a r d . Nessuno, signor von Geiringer. ed u a rd , il

PRELUD IO , SCENA II

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Qualche telefonata? Nessuna finora. Sarà certo il bel tempo... forse in questi giorni di festa i signori sono andati in gita... p r o c u r a t o r e . Perché, che festa è oggi? e d u a r d . San Pietro e Paolo, signor von Geiringer.

pro curato re. ed uard.

Mentre i due continuano la loro conversazione, entra un estraneo, che prende posto a un tavolo di fronte ai due signori anziani. Un cameriere serve del caffè. . Cameriere, chi sono quei due signori anziani, mi sembra di conoscerli... f r a n z (chinandosi verso il cliente). Quello è il tavolo dei ministri. Il signore col pince-nez, quello che legge il « Kleines Witzblatt », è Sua Eccellenza il Ministro del­ l ’Interno, l ’altro col pince-nez che studia lo « Pschiitt », è Sua Eccellenza il signor Primo Ministro. e s t r a n e o . Ah! Son venuti solo oggi, ¡per via dell’accaduto, o vengono sempre? f r a n z . Vengono ogni sera - eh sì, le loro eccellenze sono innanzitutto degli scapoli. e s t r a n e o . Ah! E chi è il signore che sta arrivando ades­ so? f r a n z . Ah, è già qui - quello è Sua Eccellenza il capo della Cancelleria del governo. ESTRANEO . Capisco! l ’e s t r a n e o

Franz si precipita a portare al capo della Cancelleria una limonata e l'« Interessantes Blatt ». Segue una pausa. p r i m o m i n i s t r o (mettendo da parte le caricature dello « Pschiitt »). Niente di speciale, oggi. i l m i n i s t r o d e l l ’ i n t e r n o (sbadigliando). Ghe noia! p r i m o m i n i s t r o . E poi, quanto ci mette a passare una giornata come questa! i l c a p o d e l l a c a n c e l l e r i a . Si sente già arrivare la ca­ nicola. p r im o m in is t r o (dopo una pausa di riflessione). Credo che un comunicato ci vorrà, credo. In vista delle misure contemplate dal governo circa la situazione venutasi a creare in seguito agli avvenimenti, per discutere la qua­ le i membri del Gabinetto hanno partecipato a una •lunga seduta e così via. m i n i s t r o d e l l ’ i n t e r n o . Sì, sarebbe opportuno. p r i m o m i n i s t r o . Eduard! il

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

m in ist r o p r im o

Quali misure prenderemo? Dipenderà dal comunicato. Senta,

d e l l ’i n t e r n o .

m in ist r o

.

EduardI Comandi Eccellenza! p r i m o m i n i s t r o . Ma oggi non c’è proprio nuilla di nuovo? Mi porti la... già corn’è che si chiama? ed uard (rovistando sul tavolo tra i giornali umoristici). Manca qualcosa, Eccellenza? Già, è vero! eduard.

Va verso lo scaffale dei giornali. Frattanto il procuratore si avvicina al tavolo dei ministri e avvia una conversa­ zione col Ministro dell'Interno, che si è alzato. Eduard chiama con un gesto il cameriere Franz, quello appena cacciato con uno strofinaccio dalla cucina, che si accinge a far penzolare di nuovo il tovagliolo davanti al viso della cassiera addormentata. Insomma, ancora non la smettete? Dove credete di essere, in una bettola? Vergogna! (Continua a cer­ care nello scaffale dei giornali) Ma dov’è che avete cac­ ciato i settimanali? La « Bombe » per il tavolo dei ministri!

eduard.

Cambia la scena.

Scena terza Cancelleria del Ministero della Reai Casa. Alla scrivania Nepalleck, consigliere di Corte. Sta telefonando, inchinan­ dosi continuamente davanti alVapparecchio, quasi volesse scomparirvi dentro . Funerale di terza classe... S’intende, Eccellen­ za... Stia pure tranquillo, Eccellenza... Sua Altezza2 ha preso subito l’iniziativa... Come? Scusi Eccellenza, co­ me dice? Anche oggi si sente così male... Perdinci, si­ gnorina, è una chiamata di Corte, è scandaloso! Pardon, Eccellenza, siamo stati interrotti... sì... sì... sì... agli or­ dini... sarà latto... ma naturalmente... detto di no... a tutti... va da sé... Sua Altezza ha preso subito i’inizia­

nepalleck

2. Si tratta del principe Montenuovo (vedi Indice dei nomi).

PRELUD IO , SCENA HI

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tiva... naturalmente... Sua Altezza sarà lietissimo... Tutto secondo gli intendimenti di Sua Altezza... Può star tranquillo, Eccellenza... no, no, nessun regnante... e neppure i familiari... no, nemmeno i parenti... natural­ mente... Come?... tutti volevano e non verrà nessuno... Un granduca era già pronto a partire, ma per fortuna siamo riusciti a fermarlo in tempo... ci mancherebbero anche quelli con le loro spiegazioni... purché alla fine non si arrivi alla guerra... Come? Di nuovo interrotti, perdiana, che pasticcio è questo!... sì, anche dall’Inghilterra... no, nessuno... proprio nessuno di nessuna Cor­ te... solo gli ambasciatori e gente del genere... natural­ mente anche qui selezionando, quando proprio non si può dire di no... ci pensiamo noi... una setacciata, una bella setacciata... secondo Vopportunità... Considerazio­ ni di spazio... Dio mio, la cappella piccola, che risate ci siamo fatti... Il testo? Subito. (Estrae di tasca un bi­ glietto) « Le limitazioni poste alle delegazioni in rap­ presentanza dei prìncipi stranieri e alle delegazioni mi­ litari, che considerata la ristrettezza dello spazio dispo­ nibile... ». Come? Ma certo, sarà questa la delusione più amara, nessuna partecipazione ufficiale, né gene­ rale, dell’esercito... Come, Eccellenza? A Belgrado? Be’, sì, quelli lo troveranno strano... benissimo, diventi­ no pure più sfrontati nei nostri riguardi... a noi non disturba affatto, vero, Eccellenza?... esatto! Buonissima, Eccellenza, stupenda, funerale di terza classe non fu­ matori - buonissima, devo raccontarla a Sua Altezza, Sua Altezza si sbellicherà... abbiamo già delle grosse grane con 1’ufficio funebre - sì, l’aristocrazia boema, un po’ insistenti i signori... gli amici e i parenti... cosa abbiamo risposto? Sua Altezza ha preso subito l’inizia­ tiva. Semplicissimo, oltre ai massimi personaggi della Corte e alle personalità ufficiali sarà ammesso tutt’al più il tutore... Come? I bambini? No, Sua Altezza è con­ trario per via dei piagnistei... Come? Sì, i signori vo­ gliono accompagnare a piedi... certo molto scomodo per Sua Altezza, quasi una dimostrazione... Buonissima, i disoccupati! La debbo raccontare a Sua Altezza, Sua Al­ tezza si sbellicherà... Come dice, Eccellenza? Non im­ porta? Naturale! Sciocchezze... Ma certo, nessuno può dir niente... adempiute tutte le formalità... Esigenze di tranquillità nelle alte sfere, semplicissimo... giustappun­

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GLI U L T IM I GIORNI D E LL 'U M A N IT À

to, crepino di rabbia... ma è naturale... il funerale di un principe ereditario è di terza classe, non si discute... non c’è nessun motivo di fare i salti mortali... a propo­ sito, Eccellenza, non ha ancora sentito le pretese incre­ dibili della sua Cancelleria?... secondo il cerimoniale spa­ gnolo dovremmo fare anche il funerale ad Artstetten, non il semplice trasporto fino alla Stazione Ovest... Ma le pare, inaudito... Solo la Cripta dei Cappuccini è di nostra competenza, punto e basta! Ma è naturale, Sua Altezza ha subito preso l’iniziativa e gli ¡ha risposto che dovevano ringraziare se portavamo la salma fino alla stazione. Il resto è affare delle pompe funebri comu­ nali... o della Compagnia della Buona Morte, giustissi­ mo... ma certo, è per spilorceria, non c’è dubbio... come l ’intendeva lui... Reverenza, questa è buona! La debbo raccontare a Sua Altezza, Sua Altezza si... no, senza ce­ rimoniale, un piccolo banchetto fra intimi... Se ne prenderemo qualcuno? Neanche uno, li sbatteremo tut­ ti fuori... Eh sì, un lavoro schifoso. Certo, se fosse dipeso da me, fin dal primo momento ero personalmente con­ trario a far viaggiare sullo stesso treno la salma della Chotek... in questi casi, dico io, te lo sei voluto... Ma purtroppo... ma sì, il buon cuore di Sua Altezza... e poi, lo sa, Eccellenza, è intervenuta Sua Altezza Imperiale, non c’era niente da fare... be’, almeno abbiamo aggiu­ stato la faccenda in modo che la sua bara verrà posta su un gradino più in basso di quella di lui... Certo, non sarà piacevole domani alla Stazione Sud... ma almeno non ci sarà la ressa... Come? Buonissima, non come la domenica per andare ad Atzgersdorf, buonissima, debbo raccontarla a Sua Altezza, Sua Altezza... Come, pardon, ah sì, i giornali? Imbeccati, tutti imbeccati, non fa­ ranno troppo chiasso. Parola d ’ordine: niente sfarzo, solo muto cordoglio o che so io... Come, Eccellenza? Così muto che... buonissima, debbo raccontarla... Sua Altezza si... Come? Sì, lietissimo che la Cancelleria del governo si associ alla profonda costernazione del Mini­ stero della Reai Casa... Sua Altezza si sbellicherà... Al­ cuni locali di divertimento ci hanno chiesto se debbono sospendere le rappresentazioni. Abbiamo risposto: non è stato ancora proclamato nessun lutto ufficiale, e la cosa resta affidata al giudizio delle singole direzioni... buona, no? E come giudicheranno, possiamo immagi­

PRELUD IO , SCENA III

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narcelo... perché Wolf di Gersthof dovrebbe piangere più di noi? Ma al Venedig in Wien, questo la interes­ serà, Eccellenza, sono stati più furbi, non hanno chiesto nulla e sono andati tranquillamente in scena lo stesso giorno. Dio mio, coi tempi che corrono bisogna lascia­ re alla gente quel po’ di spasso e quel tanto di affari... vivi e lascia vivere, s’intende... ma certo, certo, non soltanto noi, tutto l'Impero... tutto l ’Impero... perfetto, tutti gli stessi sentimenti, giustissimo, non vogliamo morir soffocati... Cosa? Perdinci, che c’è ancora... un’in­ terruzione!... giustissimo, si vuole anche un po’ di tran­ quillità... proprio così, qualche volta crepa anche il boia... vivi e lascia vivere... la gente vuol vedere -una faccia cordiale, se no diventano scontrosi anche loro... giusto, chi non sa salutare non deve stare in alto!... Be’, su questo punto possiamo star tranquilli per l ’av­ venire, grazie a Dio... Come? Quel che fa l’altra Al­ tezza, quella nuova?3 O, piuttosto, l’ex futuro Ministro della Rea! Casa? Il defunto favorito, Dio l ’abbia in gloria, pace all’anima sua, il diavolo se ¡lo porti, eh sì, senza dubbio un caso particolarmente luttuoso, l’unico profondamente prostrato... no, probabilmente non ci onorerà più di una sua visita... Come? Quelli che erano con lui a Serajevo? Harrach? Forse anche lui. Gli ha « fatto scudo col proprio corpo »... sì, si son data mol­ ta importanza laggiù... Morsey se l ’è presa con un poli­ ziotto perché non ha arrestato uno degli attentatori, ma quello gli ha risposto per le rime: Signor tenente, si impicci dei fatti suoi!... La polizia a Serajevo ha sem­ plicemente fatto il suo dovere, né più né meno... la gendarmeria... quanti erano? Sua Altezza aveva preso l ’iniziativa con Tisza, ma quello aveva già disposto per conto suo... Sei per la sua protezione personale, era più che sufficiente! Giusto, una cosa compensa l’altra, gliene erano stati concessi duecento per Konopischt, perché il rispettabile pubblico non calpestasse le aiuo­ le... sì, gli era piaciuto, allora si era scialato... Come? Agli Esteri sono già in agitazione? È naturale, è il miglior manico, si capisce... finalmente, finalmente!... sono curioso di vedere se ci metteranno molto a inda­ 3. Si allude sicuramente al principe Weikersheim (vedi Indice dei nomi).

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

6o

gare in quel nido di vipere... è sempre giusto, una cosa compensa l’altra, sei gendarmi per Serajevo, tanto più ce ne occorrono per Belgrado!... Canaglie, tutti quan­ ti... ma è naturale, noi siamo sempre i soliti agnellini... Sì, è vero quel che si racconta, che aveva avuto dei presentimenti, ma noi gli abbiamo fatto coraggio, un ufficiale non deve aver paura!... giustissimo, era nelle mani di Dio, per tutta la vita, fino alla fine... era ine­ vitabile, capisco, capisco, ma una volta accaduto, pu­ nizione!... Certo, dopo ci si organizza meglio, sì certo, anche per questo avrà il suo lato buono, all’in terno e all’estero... fare i conti... Sì, Conrad, quello ora... ma certo che la berranno! Ci vuole una soddisfazione, lo capisce anche un bambino, non sarebbe male... una questione di prestigio coi fiocchi!... ci penseremo noi... ma sì... Come? Oh certo, da questo pasticcio ci toglieran­ no i tedeschi... proprio così, noi siamo per la pace, anche se non per la pace ad ogni costo... no, Eccellen­ za, di vacanze purtroppo neanche parlarne, figurarsi... la va così, nulla mi è stato risparmiato...4 di nuovo, cer­ tamente, non si preoccupi... riferirò... ringrazio sentitamente, servo suo, Eccellenza!

Scena quarta Stesso luogo Mi scusi, signor consigliere... c’è un tale. . Un tale chi? u s c i e r e (imbarazzato). Be’, uno di quegli altri. nepalleck (imperioso). Non ci sono altri! Son passati quei -tempi! Non le avevo detto che chiunque si pre­ senti... u s c i e r e . Mi scusi... dice che è venuto per una semplice informazione. n e p a l l e c k . Vorrei sapere che c’è ancora da informarsi. E va bene, lo faccia entrare. (L’usciere esce). u s c ie r e

.

nepalleck

4. Espressione ricorrente dell’imperatore Francesco Giuseppe; tutto il discorso di Nepalleck contiene modi di dire tipici del­ l’imperatore.

Scena quinta Entra un anziano cameriere del defunto arciduca (sibila). Che v u o l e , lei? Ai comandi, signor consigliere... dunque... a questo proposito non so... nel caso presente quindi... se però... n e p a l l e c k . Vorrei proprio sapere che cosa desiderai c a m e r i e r e . Circa la sciagura, la grande sciagura, dunque newero, signor consigliere... dato che io già ai tempi di Sua Altezza Imperiale... Che Dio l ’abbia in gloria... l’arciduca Luigi, pace airanima sua... n e p a l l e c k . Ah, in una parola, lei è un cameriere a spas­ so... Be’, senta, bello mio, se lo tolga dalla testa, qui non si distribuiscono impieghi! c a m e r i e r e (piangendo). Ma no, signor consigliere... no, signor consigliere... n e p a l l e c k . Cos’è, diventa anche importuno? c a m e r i e r e . Ma no, signor consigliere... io non voglio... n epalleck

c a m e rie r e .

n o n v o g lio ... n e p a lle c k .

Che

c a m e rie r e .

N o , no... è vero, un padrone severo... ma... Sua

a ltr o a llo r a ?

Altezza... severo e anche buono... ma così... Senta, signor mio, non ci venga a raccontar delle storie... dica ohe cosa vuole da noi! c a m e r i e r e . Non voglio niente, signor consigliere, niente, proprio niente... solo parlare... solo parlare... parlare ancora una volta davanti alla salma... n e p a l l e c k (alzando la voce). Tempo di parlare per ’lei non ne ho proprio, capito? n e p a lle c k .

Da destra, richiamato dal rumore, entra a precipizio il principe Montenuovo coi lineamenti stravolti dal furore.

Scena sesta Che succede? Ah, ne è già arrivato uno! Ehi lei, fuori di qui! Qui nessuno di voi troverà un posto! Aria, e di corsa! c a m e r i e r e (trasecolato). Io... io ho... Gesù mio... servo suo, Altezza eccellentissima... (Esce). m o n te n u o v o .

Scena settima Consigliere, lei sa che questo non è un asilo per i senzatetto... io ormai ho preso l'iniziativa, quin­ di... Voglio stare in pace! n e p a l l e c k . P uò stare tranquillo, Altezza, non succederà più, quel tale voleva soltanto... m o n t e n u o v o . Non importa. Che nessuna di quelle facce del Belvedere mi capiti in casa!... Quanti inviti? n e p a l l e c k . Quarantotto. m o n t e n u o v o . Ma che dice? n e p a l l e c k . Ah già, chiedo mille scuse, pensavo a domani sera. Ventisei. m o n t e n u o v o . Ne cancelli sei! (Esce). n e p a l l e c k . Agli ordini! (Si rimette seduto alla scrivania). m o n te n u o v o .

Scena ottava Il principe Weikersheim, tallonato dalVusciere Mi scusi, Altezza, ma ho le più rigorose dispo­ sizioni... w e i k e r s h e i m . Cos'ha questo qui? Disposizioni? Come? Bi­ sogna farsi annunciare? (L'usciere esce. Nepalleck rima­ ne seduto alla scrivania, senza alzare gli occhi. Il prin­ cipe, dopo una pausa di attesa) Ehi, lei! (Dopo un'altra pausa, più forte) Lei! Che succede qua dentro? (Gri­ dando) Si alzi, lei! n e p a lle c k (volta il capo distrattamente). Buongiorno, buongiorno. w e i k e r s h e i m (dopo una pausa di muto stupore). Cosa... cosa... succede? Così... così presto... (Con decisione) Sen­ ta un po’, lei sa chi sono io? n e p a l l e c k . Che cos’è, cosa le prende, certo che lo so chi è lei, lei è il barone Bronn von Weikersheim che è stato elevato al principato. w e i k e r s h e i m . E lei è un... e quello di là è il suo superio­ re! (Esce sbattendo la porta). u sc ie r e .

Scena nona (sogghigna. Squilla il telefono). Servo suo, Ec­ cellenza, in questo momento si è ... (Montenuovo sporge la testa dalla porta e Nepalleck si volta fulmineamente) Agli ordini, Altezza...

n e p a lle c k

Cambia la scena.

Scena decima Stazione Sud. Nella luce smorta del mattino un ambiente dal quale si scorge, attraverso un'ampia porta, la sala d'attesa reale. Questa è drappeggiata di panni neri. In mezzo alla sala, inizialmente ancora visibili per coloro che stanno fuori, due catafalchi, uno dei quali più basso dell'altro; attorno ai sarcofaghi, alti candelabri con candele accese. Corone, inginocchiatoi. Inservienti in livrea nera stanno accendendo gli ultimi ceri e portando a termine i preparativi per accogliere gli invitati. Nel­ l'atrio e sulla parte visibile dello scalone si accalca il pub­ blico tenuto a freno dagli agenti di polizia. Dignitari, funzionari con varie uniformi entrano, rimangono nel­ l'atrio o spariscono nella sala, si salutano muti o a bassa voce. È un ininterrotto andirivieni. Compare una dele­ gazione di consiglieri comunali in abito da cerimonia. Il consigliere Nepalleck entra con tutti i segni del più pro­ fondo abbattimento e riceve le condoglianze di numerosi astanti. Questo fatto e i seguenti si svolgono in una luce crepuscolare. È una conversazione fra ombre tremendo, Sua Altezza è quanto mai depres­ so e l ’indisposizione gli impedisce di assistere personal­ mente all’altissimo ufficio funebre. Anche il conte Orsini-Gutenberg è confinato a letto. Siamo stati tutti travolti. Quella di destra, la più bella, con i crisante­ mi, sopra la bara della defunta Altezza, la serenissima duchessa, quella è di Sua Altezza.

n e p a lle c k . È

Entra un signore alto di statura che negli abiti e nel portamento manifesta il lutto più stretto, si avvicina a Nepalleck e gli stringe la mano con calore.

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g l i u l t i m i g io r n i d e l l ’ u m a n i t à

e i s n e r v o n e i s e n h o f . Era mio amico. Gli sono stato sempre vicino. Ad esempio all'inaugurazione del­ l’Esposizione Adriatica.5 Ma cos’è il mio dolore appetto al suo, caro consigliere! Che cosa deve aver passato in questi giorni un uomo come lei! n e p a l l e c k . Nulla mi è stato risparmiato. a n g e lo

Frattanto è stato aperto il portone in fondo e si vede la sala riempirsi della gente di Corte, dei massimi dignitari della Corte e dello Stato e del clero; interviene un cerimoniere che assegna a ciascuno il posto a lui riservato. Fino all'inizio dell'ufficio funebre continuano ad afflui­ re nell'atrio nuovi partecipanti e spettatori che cercano di entrare, mostrano inviti e sono ammessi o respinti. Alcune dame dell'alta nobiltà vengono scortate fuori dal personale d'ordine. Entrano dieci signori in finanziera i quali, senza bisogno di farsi riconoscere, vengono scortati con deferenza, passando davanti alla schiera di persone in attesa, fino alla porta della sala, che essi tengono occupata durante la scena che segue, in modo da poter assistere a quanto accade ma impedendo quasi totalmente la vista a chi è rimasto fuori. Dal momento in cui sono entrati, i catafalchi non sono più visibili. Mentre ognuno dei dieci estrae un foglio per gli appunti, al gruppo si avvicinano due funzionari, che si presentano a vicenda come segue. Spielvogel. Zawadil. e n t r a m b i (parlando insieme). Mattinata buia. Già alle sei eravamo sul posto per dare disposizioni. a n g e l o e i s n e r v o n e i s e n h o f (si avvicina e parla animata­ mente con uno dei dieci, i quali cominciano a prendere appunti. Indica varie persone che allungano tutte il collo e tentano di uscire dalle file. Tranquillizza cia­ scuno con cenni, indicando nel contempo i dieci signo* ri e mimando il gesto di scrivere, come per significargli che è stata già presa nota di lui. Frattanto il consigliere Schwarz-Gelber e la consorte sono riusciti a mettersi in contatto con gli scriventi e a toccare sulla spalla uno di loro). z a w a d il.

sp ie lv o g e l.

5. Mostra inaugurata il 3 maggio 1913 dall’arciduca Francesco Ferdinando (vedi Indice dei nomi) nella « Rotunde » del Prater, con tema « Trieste dal 1908 a oggi ».

PRELUD IO , SCENA X

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Non abbiamo vo­ luto rinunciare a partecipare di persona. a n g e l o e i s n e r v o n e i s e n h o f ( che si volta con uno sguar­ do di indignazione, rivolto al vicino Dobner von Dobenau). E gente simile vuoile assistere a un servizio di­ vino! Per la prima volta, suppongo. Debbo vergognar­ mi di fronte al mio amico Lobkowitz, che guarda in qua proprio adesso. (Saluta e fa cenni ripetuti con la mano) Aha, mi ha notato, ma non mi ha riconosciuto. d o b n e r v o n d o b e n a u ( lentamente, con espressione rigida). Nella mia qualità di scalco mi spetterebbe il diritto di accedere dove stanno i più eminenti. c o n t e l i p p a y . Avendo avuto, nella mia qualità di artista, la possibilità di ritrarre il papa, ho avuto spesso, in quanto conte palatino, l'occasione di attirare l'atten­ zione di Sua Santità quale suo camerlengo sulla reli­ giosità, incrollabile di fronte a simili eventi, della de­ funta Altezza, cosa di cui Sua Santità si è benignamente degnato di prendere nota. e i s n e r v o n e i s e n h o f . Ma Lipschitz, come è arrivato a questo punto? I nostri padri a Pilsen non si sarebbero mai sognati... c o n t e l i p p a y . Buono, barone, buono, tempi passati.6 Lei lo sa bene, nemo propheta in sua patria e tutte le strade portano a Roma. Ma dica, non ha visto i miei figlioli, i conti Franz ed Erwein? d o b n e r v o n d o b e n a u . Nella mia qualità di scalco mi spet­ terebbe... r i e d l i l c a f f e t t i e r e . All'Esposizione Adriatica ho avuto modo di frequentare Sua Altezza Imperiale, come pa­ triota e modesto commerciante gli ho offerto espressamente il caffè, perché no, anche se ho un certo prestigio, noi non siamo gente con la puzza sotto il naso, ed anche i suoi nobili sforzi per potenziare la nostra flotta hanno sempre avuto in me come presidente, e nello spirito di Tegethoff, un caldo appoggio per proseguire imperterriti sulla via intrapresa. d o t t o r c h a r a s . È presente anche l'Associazione di Pronto Soccorso con me alla testa, ma non ha ancora avuto occasione di intervenire in molti casi.

c o n s ig lie r e s c h w a r z - g e lb e r e sig n o r a .

il

c o n sig lie r e

s t u k a r t , c a p o d e l s e rv iz io

6. In italiano nel testo.

di sic u r e z z a .

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

La mia presenza si giustifica da sola. A prescindere dal mio prestigio sociale, bastava l’interesse puramente criminalistico ad attirare la mia attenzione su questo caso, che affronto senza alcun pregiudizio, dato che si tratta di un caso di omicidio per il quale nessuno riuscirà ad addossarmi l’accusa di volermi fare pubblicità. Una cosa del genere a Vienna sarebbe stata impossibile. Non voglio negare che, fino all’attentato, lo stimabile collega di Serajevo abbia seguito anche lui una tattica simile a quella ripetutamente collaudata da noi, con­ sistente nel non saper nulla dei preparativi di un de­ litto, ovvero nel lasciarlo maturare per poterlo in se­ guito scoprire con tanto maggior successo. Ma lo sti­ mabile collega di Serajevo ha purtroppo mancato que­ sto scopo squisitamente criminalistico, ammesso che lo abbia perseguito. A delitto compiuto, con quanto mag­ gior impegno mi sarei dato da fare ben oltre i miei doveri d’ufficio; il nostro servizio di sicurezza si sarebbe messo febbrilmente al lavoro e io avrei tenuto perso­ nalmente in mano le fila finché non mi fosse riuscito, a confessione avvenuta, di far crollare il colpevole sotto il peso delle prove, cosa che purtroppo non è riuscita al mio stimabile collega di Serajevo, per il motivo che il colpevole è stato preso sul fatto. Posso spiegarmi questa fatale svolta degli eventi soltanto con l’inettitu­ dine, o forse con l ’eccesso di zelo deirattentatore, che non si è opposto all’arresto, o con un’infausta casua­ lità, che proprio in questo caso particolarmente incre­ scioso ha completamente paralizzato l’azione della poli­ zia. Ma dato che la vittima del criminale non è colpevo­ le di tale esito catastrofico, si troverà comprensibile che la mia presenza qui, sia pure in mezzo ad altre perso­ ne, venga notata. i l c a p o s e z i o n e W i l h e l m e x n e r . Io mi trovo qui quale rappresentante degli interessi tecnologici. SIEGH A RT, GOVERNATORE D EL CREDITO FONDIARIO. Oggi ÌO SOno il governatore. Nella certezza che d ’ora in poi i pote­ ri dello Stato continueranno a procedere senza sosta sui binari adeguati alle mie concezioni, posso rivendi­ care il mio diritto a un posto qui. LANDESBERGER, PRE SID E N T E DELLA ANGLOBANK. Dicono di me che sono un magnate della finanza. Ciò nonostante non ritengo inferiore alla mia dignità pretendere, con

PRELUD IO , SCENA X

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modestia non disgiunta da fierezza, un posticino dietro la bara di un potente, seppur dedito a ideali diversi. h e r z b e r g -f r a n k e l . Mi chiamo Herzberg-Frànkel. So che da vivo non aveva particolari simpatie per i tipi come me, ma la morte è la grande riconciliatrice. I CONSIGLIERI COM UNALI ST E IN E H EIN , LIBER A LI. Non SO veramente cosa vengo a fare qui, ma dal momento che ci sono, ebbene, ci resto. d u e c o n s o l i (si presentano contemporaneamente). Stiassny. Non avevamo particolari rapporti col defunto, è vero, ma siamo egualmente accorsi qui per compiere il nostro dovere. t r e c o n s i g l i e r i i m p e r i a l i (si presentano in riga). Siamo venuti in deputazione perché riteniamo di dover ai suoi Mani, nella speranza di tempi migliori, di non ri­ nunciare alla convinzione che egli volesse il bene, ma che fosse male informato. s u k f u l l . Scelti e delegati dall’Ordine a esprimere i sensi di dolore della Sezione, noi guardiamo a un avvenire incerto, né siamo in grado di valutare se 1’avvenimento sia da considerarsi positivo o negativo per il progettato incremento del turismo. Comunque sia, io porgo il mio estremo saluto. b i r i n s k i e g l u c k s m a n n . Rappresentanti dell’arte, l’arte ci ha inviati per rinnovare sulla bara del grande estinto l ’impegno della ricerca ideale, mentre ovviamente altri son venuti a rappresentare >l’industria. i l l i b r a i o h u g o h e l l e r . Grazie all’ampiezza delle mie re­ lazioni culturali è evidente che mi sarebbe stato facile legare durevolmente a me l ’illustre defunto se, come già detto, non si fosse frapposta la morte. Durante questi discorsi è entrata ima signora in lutto stretto. Tutti si fanno da parte. s c h w a r z -g e l b e r (come colpita da un fulmine, dando una gomitata al marito). Cosa t’avevo dettol Quella si presenta in tutti i posti dove non c’entra. Se per una volta si potesse restare fra di noi! f l o r a d u b . Come dormono tranquilli! Se lei vivesse, po­ trebbe ricordarsi che un giorno le lanciai dei fiori. Per la verità lui non amava gran che i corsi fioriti. Ma sono venuta perché vedano che non porto loro rancore. i l c r i t i c o n e (in primo piano). s ig n o r a

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’UM AN ITÀ

Gran Dio dei Grandi e gran Dio dei Piccini! I Grandi provi perché i Piccini esistono, e i Piccini provasti un dì col Grande. Che richiamasti. Dunque fallì, imponendo e subendo la prova. Ed era questa la tua intenzione, quando vita e morte inventasti in beata distinzione? Nella breccia dell’infinito piomba il terrestre nemico, pazzo mucchio? Non è il dolore un divino possesso, eppur lo portano coloro che hanno ucciso? Non è il sangue da sé versato che un rubino, falso diamante la sincera lacrima, belletto preso dalla smorfia di Giuda in prestito? Allora il tempo ormai è alla fine, nuli’altro resta che la tua prova. Fa’ che paghino, fa’ sentire in città e nello Stato ai malnati che l ’opera è compiuta! Prenditi il sangue delle loro vene, e piangi su loro la lacrima di Dio. Durante queste parole la funzione sacra ha avuto inizio con la massima solennità. Si vede tutta la Corte radunata nella sala inginocchiarsi in preghiera, in prima fila, pian­ genti, i tre bambini delle vittime. Si sente a tratti la voce del sacerdote. Ora suona l'organo. Uno dei dieci, che a poco a poco si sono spinti nella sala, si rivolge d’improv­ viso ad alta voce al suo vicino. i l g io r n a lis ta .

Dov’è Szomory? Deve fare

il

colore!

L ’organo tace. Una pausa di muta preghiera, interrotta soltanto dai singhiozzi dei tre bimbi. il

g io r n a lis ta

pregano!

(al suo vicino).

Lo scriva,

come

A T T O PRIMO

Scena prima Vienna. Viale del Ring. Angolo di Sirk. Qualche settimana dopo. Bandiere esposte alle case. Vengono acclamati dei soldati che sfilano a passo di marcia. Animazione generale. Qua e là dei capannelli uno

Edizione straordinaria!... Edizione straordinaria! I due bollet­

s t r il l o n e .

sec o n d o

s t r il l o n e .

tini! (staccandosi da un gruppo di persone che cantano la marcia del principe Eugenio, grida senza sosta col viso congestionato e la voce già rauca). Ab­ basso la Serbia! Abbasso! Evviva gli Asburgo! Evviva! Evviva »la Serbia! u n c i t t a d i n o c o l t o (rilevando l'errore, gli dà una gomi­ tata). Ma cosa le salta in mente... d i m o s t r a n t e (dapprima sconcertato, poi si riprende). Ab­ basso la Serbia! Abbasso! Evviva! Abbasso gli Asbur­ go! La Serbia! u n d im o s t r a n t e

Nella ressa di un secondo gruppo, dove si è venuta a trovare anche una prostituta, un malvivente che la segue da vicino tenta di strapparle la borsetta. il

m a l v iv e n t e

la p r o s t it u t a

.

(grida senza sosta). Evviva! Evviva! Molli la borsa! Non si vergogna? Molli la

borsa, o io... (desistendo). Perché non grida evviva? E lei sarebbe una patriota? Una puttana, ecco che cos’è lei, una puttana, se lo tenga bene a mente! p r o s t i t u t a . E lei è un ladro! m a l v i v e n t e . Ma guarda ’sta bagascia - siamo in guerra, se l’è scordato? Puttana che è! u n p a s s a n t e . Calmatevi, vi prego! Pace tra le mura! la fo lla (si fa attenta). È una puttana! Cosa ha detto? s e c o n d o p a s s a n t e . Se ho capito bene, ha detto qualcosa contro la Reai Casa! l a f o l l a . A morte! Datele addosso! (La ragazza è riuscita m a l v iv e n t e

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

a dileguarsi in un androne) Ma no, lasciatela andare! Mica siamo fatti così! Evviva gli Asburgo! u n r e p o r t e r (al suo collega). Qui, mi sembra, c’è molta atmosfera. Che succede? s e c o n d o r e p o r t e r . Si vedrà. u n f o r n it o r e m il it a r e (con un altro è salito su una panchina del viale). Di qui li vediamo meglio. Come sfilano bene, i nostri prodi soldati! s e c o n d o f o r n i t o r e . Come dice già Bismarck... c’è oggi sul­ la « Presse »... i nostri ti strappano i baci. p r i m o . L o sa che hanno preso perfino il più grande degli Eisler? s e c o n d o . Ma che mi dice! Cose mai viste! Anche gente così ricca. Ma non sono riusciti a fare proprio niente? p r i m o . Pare che ci stiano provando. Probabilmente lui andrà in alto loco e si arrangerà. s e c o n d o . E male che vada... vedrà, adesso finirà per com­ prargli l ’automobile che si era messo in testa. p r i m o . Anche così si può avere un incidente. u n p a s s a n t e . Ossequi, signor direttore generale! altro p a ssa n t e (al suo compagno). Hai sentito? Lo sai chi è quello lì? Un direttore generale in borghese. Bi­ sogna stare attenti a come si parla. Quello lì è uno che dirige i generali. u n u f f i c i a l e (ad altri tre) Salute Nowotny, salve Pokorny, salute Powolny, oh, proprio te... tu che te ne intendi di politica, che ne dici? sec o n d o u f f ic ia l e (con canna da passeggio). Guardate, secondo me è tutto per via dell’accerchiamento. t e r z o . Certo... ma sicuro. q u a r t o . Proprio quel che penso io... ieri ho fatto bisboc­ cia...! L ’avete vista la vignetta di Schonpflug? Una forza! t e r z o . Il giornale, sai, dice che era inudibile. s e c o n d o . C’è scritto « ineludibile ». t e r z o . E va bene, ineludibile, ho letto male. Allora, tu che fine fai? q u a r t o . Dunque, ho qualche prospettiva per il Ministero. p r i m o . Ma va’ là, tu sei uno in gamba, verrai con noi. Senti, ieri sono stato all’Apollo a vedere la Mela Mars... Mi ha detto Novak del Cinquantanovesimo che mi han­ no proposto per la medaglia d ’argento. u n o s t r i l l o n e . « Tagblaaatt » ! Grande vittoria a Schabaz!

ATTO PRIM O, SCENA I

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Congratulazioni... ehi, hai visto quella lì? Un boc­ concino che levati, ve lo dico io... aspetta, voglio... (Esce). g l i a l t r i (gli urlano dietro). Ci vediamo dopo da Hopfnerl u n c i t t a d i n o v i e n n e s e (tiene un discorso in piedi su una panchina). ...perché dovevamo mostrarci ossequienti ai Mani del principe ereditario assassinato, senza tanti ri­ giri, e per questo, cittadini, io dico, come un sol uomo ci raccoglieremo a bandiere spiegate intorno alla patria. Perché da ogni lato siamo circondati dai nemici! Noi combattiamo una santa guerra distensiva, ecco cos’è! E guardateli, allora, i nostri prodi, quelli che oggi fanno fronte al nemico, senza storie, guardateli, laggiù di fron­ te al nemico perché la patria li chiama, esatto, loro sfidano l ’imperturbare di ogni tempesta - laggiù stan­ no, guardateli bene! Ecco perché io dico: è dovere di ogni e ciascuno che si sente cittadino tra cittadini, dare qui, subito, fianco a fianco, il suo contributo. Esatto! È giunta l ’ora di prendere esempio, sissignori! E per­ ciò anche vi dico... tutti voi, uno per uno, dovete stare uniti come un sol uomo! Che lo sentano bene, i nemici, che noi combattiamo una guerra santa, una guerra di­ stensiva! Come una fenice noi stiamo schierati, che non riusciranno a infrangere, esatto... noi siamo noi, e l ’Austria risorgerà come una falange dal rogo del mon­ do, questo vi dico! La causa per la quale ci hanno chia­ mati è una causa giusta, non c’è niente da dire, e per questo anche io dico: diamo le sorbe ai serbi! voci d a l l a f o l l a . Bravo! Giusto!... Ai serbi le sorbe!... Che lo vogliano o no!... Evviva!... Le sorbe a tutti! UNO DELLA FO LLA . E Ogni ruSSO... u n a l t r o (urlando). ... uno spasso! u n t e r z o . Un liscio e busso! (Risate). u n q u a r t o . Uno sconquasso! t u t t i . Uno sconquasso! Bravo! s e c o n d o . E i francesi? t e r z o . Dei begli arnesi! (Risate). q u a r t o . No, finiranno appesi! t u t t i . Bravo! Appesi! t e r z o . E a ogni malanno... no, a ogni britanno? q u a r t o . Un malanno! t u t t i . Viva viva! Un britanno per malanno! Bravo! q u arto .

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

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u n p i c c o l o m e n d i c a n t e . Dio maledica gli inglesi! voci. Sì, maledetti! Abbasso ringhili terra! u n a r a g a z z a . Il mio Poldy mi ha promesso la trippa di un serbo! L ’ho scritto alla « Reichspost »! u n a v o c e . Evviva la « Reichspost » ! Il nostro giornale cri­ stiano! a l t r a r a g a z z a . E io, anch’io l’ho scritto al giornale, il mio Ferdy mi vuol portare i rognoni di un russo! l a f o l l a . Dagli, dagli! u n v i g i l e . A sinistra, prego, tenere la sinistra! u n i n t e l l e t t u a l e (alla sua amica). Se avessimo ancora tempo, qui si potrebbe penetrare nell’anima del popolo, ma che ora è? L ’editoriale di oggi dice che è una gran gioia esser vivi. È magnifico quando dice che il nostro tempo è illuminato dallo splendore dell’antica gran­ dezza. l ’a m i c a . È la mezza. La mamma ha detto che se rientro dopo la mezza, me le suona. i n t e l l e t t u a l e . Via, rimani. Guarda la gente, com’è in fermento. Guarda che fervore! a m i c a . Dove? i n t e l l e t t u a l e . No, mi riferisco a un fervore morale, a co­ me la gente si è purificata, l ’editoriale dice che sono tutti eroi. Chi l ’avrebbe mai detto, come sono cambiati i tempi, e noi con loro.1

Una carrozza si ferma davanti a una casa. Quant’è? Vossignoria lo sa bene. c l i e n t e . No, non lo so. Quant’è? v e t t u r i n o . Be’, la tariffa. c l i e n t e . E quant’è la tariffa? v e t t u r i n o . Be’, quello che dà agli altri. c l i e n t e . Ha da darmi il resto? (Gli porge una moneta d'oro da dieci corone). v e t t u r i n o . Che resto? Questa io non la prendo, potrebbe essere moneta francese! u n p o r t i n a i o (avvicinandosi). Cosa? Un francese? Guarda guarda! Magari è una spia! Ma gliela faremo vedere, a quello lì! Da dov’è che viene?

il

c lie n te .

i l v e ttu r in o .

1. «T em p o ra mutantur, nos et mutamur in illis », motto del­ l’imperatore Lotario I (795-855).

ATTO PRIM O, SCENA I

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Dalla Stazione Est. Aha, da Pietroburgo! la fo lla (che si è raccolta intorno alla carrozza). Una spia! Una spia! (Il cliente si è dileguato in un androne). v e t t u r in o (gli grida dietro). Spilorcio, traditore! l a f o l l a . Ma no, lasciatelo perdere! Non vogliamo rap­ presaglie, mica siamo fatti così! u n a m e r ic a n o d e l l a c r o c e r o s s a (a un altro). Look at thè people how enthusiastic they are! l a f o l l a . Due inglesi! Parlate in tedesco! Dio maledica ■l'Inghilterra! Addosso! Qui siamo a Vienna! (Gli ame­ ricani trovano scampo in un androne) Lasciateli per­ dere! Mica siamo fatti così, noi! u n turco (a un altro). Regardez renthousiasme de tout le monde! l a f o l l a . Due francesi! Parlate tedesco! Addosso, ad­ dosso! Qui siamo a Vienna! (I turchi si rifugiano nel­ l’androne) Lasciateli perdere! Mica siamo fatti così! Ma no, era turco! Non vedete che portano il fez! Sono al­ leati! Corretegli appresso e cantate il Principe Eugenioi

v e t t u r in o

.

p o r t in a io .

Entrano due cinesi senza parlare. f o l l a . Ecco i giapponesi. Anche i giapponesi a Vien­ na! Appenderli bisogna, ’ste canaglie, per il codino! u n o . Lasciateli stare! Sono cinesi, mammalucchi! u n a l t r o . Sei tu un cinese mammalucco! i l p r i m o . Tu, piuttosto! u n t e r z o . Tutti i cinesi son giapponesi! u n q u a r t o . Perché, lei è forse giapponese? t e r z o . No. q u a r t o . Ha visto, eppure è un mammalucco anche leit (Risate). u n q u i n t o . Ehi ehi ehi, che state combinando, non avete letto il giornale, ecco qua, sentite (estrae un foglio di giornale): « Tali eccessi di patriottismo non possono in alcun modo venir tollerati e oltre tutto rischiano di danneggiare il turismo ». Dove volete che si sviluppi poi il turismo, dove, eh, ditemi! u n s e s t o . Giusto! Ha ragione! Il turismo, se lo vogliamo incrementare, ce ne vuole, mica è facile... u n s e t t i m o . Chiudi il becco! La guerra è la guerra, e se uno va in giro a parlare americano o turco o che so io... la

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74 u n o tta v o .

Giusto. Siamo in guerra e c’è poco da scher­

zare! Entra una signora con una lieve peluria sul labbro. f o l l a . Guardatela un po’! Questo trucco lo conoscia­ mo, una spia travestita! Arrestatela! Al fresco, e subito! u n o p i ù c a l m o . Ma signori... riflettete... si sarebbe fatto radere! UNO DELLA FO LLA . Chi? q u e l l o p i ù c a l m o . Se fosse stata una spia. u n a l t r o d e l l a f o l l a . Be’, l’avrà dimenticato! Così si è tradito! g r i d a . Chi? Lui? Macché, lei! la

un

terzo.

È

p r o p rio

q u e sto

il

lo r o

tru cco ,

di

q u este

sp ie ! u n q u arto .

Si tengono la barba per non farsene accor­ gere, che sono spie! u n q u i n t o . Non dite stupidaggini, questa è una spia don­ na, e per non farsene accorgere si è messa dei baffi finti! un

sesto

. È

una

sp ia

d o n n a che

si f a

p assare

per

un

m a sc h io ! s e t t i m o . No, è un uomo che si fa passare per una spia donna! l a f o l l a . Comunque è una persona sospetta, che va por­ tata al commissariato! Prendetela!

un

La signora viene portata via da una guardia. Si sente cantare la Guardia al Reno. (tiene in mano un taccuino). Non è stato il fuoco di paglia di un’ebbrezza momentanea, né la chiassosa esplosione di un malsano isterismo di massa. Con autentica virilità Vienna accoglie la decisione gra­ vida di destino. Lo sa come riassumerò l’atmosfera? L ’atmosfera si può racchiudere nelle parole: ben lonta­ ni dall’arroganza e dalla debolezza. Ben lontani dall’ar­ roganza e dalla debolezza, questa frase che abbiamo coniato per lo stato d’animo fondamentale di Vienna, non sarà mai ripetuta abbastanza. Ben lontani dall'ar­ roganza e dalla debolezza! Allora, che mi dice? s e c o n d o r e p o r t e r . Che vuole che le dica? Superbo! i l p r i m o . Ben lontani dall'arroganza e dalla debolezza. Migliaia eppoi migliaia di persone hanno oggi percor­ p r im o r e p o r t e r

ATTO PRIM O, SCENA I

75

so le strade tenendosi a braccetto, ricchi e -poveri, vec­ chi e giovani, umili e potenti. Ciascuno dimostrava col suo atteggiamento di essere pienamente consapevole della gravità deir ora, ma anche fiero di sentir pulsare nel proprio corpo il battito dell’era gloriosa che ora s’inalba. u n a v o c e d a l l a f o l l a . Vaffanculo! r e p o r t e r . Senta come toma a risuonare la marcia del principe Eugenio e l’inno nazionale, e come ad essi si accompagna naturalmente la Guardia al Reno, nel se­ gno dell’alleanza germanica. Oggi Vienna ha terminato la sua giornata prima del solito. Oh, ma non dimenti­ chiamoci di descrivere come la folla si è radunata da­ vanti al Ministero della Guerra. Ma soprattutto non bisogna dimenticare di menzionare... indovini un po’? s e c o n d o r e p o r t e r . Che, non lo so? Non bisogna dimenti­ care di menzionare le centinaia eppoi centinaia di cit­ tadini che si sono ammassate nella Fichtegasse davanti alla redazione della « Neue Freie Presse ». p r i m o . Che testa sveglia! Così piace al capo. Ma perché centinaia eppoi centinaia? Quante storie! Dica subito migliaia eppoi migliaia, che gliene importa, già che si ammassano. s e c o n d o . D’accordo. Ma non la si potrà prendere per una dimostrazione ostile, per il fatto che il giornale dome­ nica scorsa, quando era già cominciata l’era gloriosa, portava ancora tanti annunci di massaggiatrici? p r i m o . In un momento così grande una considerazione tanto piccina è fuor di luogo. L a lasci alla « Fackel ». Osannavano tutti al giornale. Si sentiva gridare con impeto: Let - tu - ra! Let - tu - ra! e la cosa natural­ mente si riferiva a Belgrado. E poi hanno lanciato dei fragorosi evviva... s e c o n d o . Evviva eppoi evviva... p r i m o . ... all’indirizzo dell’Austria, della Germania e del­ la « Neue Freie Presse ». In quest’ordine, che non era proprio lusinghiero per noi, ma comunque era un ibel gesto da parte della folla entusiasta. Per tutta la sera è rimasta, quando non era impegnata davanti al Mini­ stero della Guerra o sul Ballplatz, stipata gomito a go­ mito nella Fichtegasse, dove si era ammassata. s e c o n d o . Io mi chiedo sempre dove lo va a prendere, la gente, tutto questo tempo.

j6

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. La prego, questo nostro tempo è così grande che ce ne rimane abbastanza, di tempo. Dunque, le notizie dell’edizione serale venivano continuamente discusse e analizzate. Di bocca in bocca passava il nome di Auffenberg. s e c o n d o . Come mai? p r i m o . Glielo posso spiegare, è un segreto redazionale, lo ridica soltanto quando ci sarà la pace. Dunque, ieri Roda Roda ha telegrafato al giornale un pezzo sulla battaglia di Leopoli, e il telegramma finiva con le pa­ role: Battete la grancassa per Auffenberg! Le avevano già composte. All'ultimo momento qualcuno se n’è ac­ corto e le iha tolte, e allora sì che s’è battuta la grancassa per Auffenberg! s e c o n d o . L ’importante adesso sono le scene di strada. Per ogni cantone dove anche un cane stia dimostrando, lui vuole una scenetta. Ieri mi ha fatto chiamare e mi ha detto che devo fare il colore. Ma è proprio quello che non mi va, non mi piace infilarmi tra la folla, ieri ho dovuto cantare anch’io la Guardia al Reno... venga via, anche qui si ricomincia, basta guardare questa gente, conosco l’atmosfera, di colpo ti ci trovi in mezzo e ti tocca cantare il Dio conservi...2 p r i m o . Dio ci scampi! Ha ragione... perché ci si debba stare in mezzo non lo capisco neanch’io, è solo una perdita di tempo, dobbiamo fare il pezzo e invece ce ne stiamo in giro. Ma quel che volevo dire è che è molto importante descrivere la ferma decisione di tutti quanti, e come qua e là si stacca qualcuno che vuole a tutti i costi portare la sua pietruzza. Questo si può far venir fuori in maniera molto -plastica. Ieri mi ha fatto chia­ mare e mi ha detto che alla gente bisogna far venire l ’appetito per la guerra e per il giornale, è tutt’uno. E qui hanno grande importanza i particolari, i detta­ gli, insomma le sfumature, e soprattutto la nota vien­ nese. Per esempio, bisogna far notare che ogni differen­ za sociale ad un tratto e con grande naturalezza è stata abolita - dalle automobili salutavano con la mano, per­ fino dalle carrozze. Ho osservato una signora coi merlet­ ti che, scesa daH’auto, si è gettata al collo di una don­ na che aveva in testa un fazzoletto stinto. E questo suc-

p r im o

2. È il primo verso dell’inno nazionale austriaco.

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cede fin dall’ultimatum, tutti un cuore e un’anima sola. . E muoviti, figlio di una buona don­ na dei miei stivali! s e c o n d o r e p o r t e r . Sa che cosa ho osservato? Ho osservato il formarsi dei capannelli. p r i m o . E allora? s e c o n d o . E uno studente ha tenuto un discorso dicendo che debbono fare tutti il loro dovere, poi si è staccato uno da un capannello e ha detto: « Meglio così! ». p r i m o . Non male. Io posso solo constatare come un velo austero si stenda su tutta la città, e questa austerità, mi­ tigata dal senso del sublime e dalla consapevolezza del momento storico, si esprime in ogni volto, in quello de­ gli uomini già richiamati e in quello di coloro ohe an­ cora rimangono... u n a v o c e . Vaffanculo! p r i m o . ... e nel volto di coloro cui tocca una così elevata missione. Scomparsa è la beata indolenza, la spensiera­ tezza godereccia; il tratto comune è una gravità lieta e consapevole del destino, una fiera dignità. La fisionomia della nostra città si è trasformata di colpo. u n pa ssa n t e (alla moglie). Per me, puoi anche andare alla Josefstadt, io vado al Wien! u n o s t r i l l o n e . Avanzata degli austriaci! Conquistate tut­ te le postazioni! l a m o g l i e . Ormai Sangue d'ussaro mi dà la nausea. p r i m o r e p o r t e r . Non c’è traccia di depressione, di demo­ ralizzazione, assente ogni nervosismo, ogni ansia con­ tagiata dal pallore del pensiero.3 Ma assente pure ogni superficiale sottovalutazione degli eventi, assenti gli avventati e irriflessivi evviva. l a f o l l a . Evviva, un tedesco! A morte la Serbia! p r i m o r e p o r t e r . Guardi come qui la focosità meridionale è guidata e tenuta a freno dall’austerità tedesca. Questo io osservo per il centro della città. Per la Leopoldstadt lei può scegliere una nota più vivace. s e c o n d o . Non mi passa neanche per la mente, anch’io sono per le atmosfere più distese. Qua e là, dirò, si vede un vegliardo canuto che rievoca pensieroso i gior­ ni della lontana gioventù, o una donnetta tutta curva v o c e di u n v e t t u r in o

3. È il « pale cast of thought » di Shakespeare, Amleto, atto III, scena 1, v. 85.

yS

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che agita la mano tremante in segno di saluto e di benedizione. Di una si vede che è in pena per un figlio o un marito. Si volti, potrà vedere come salutano, salutano davvero. Passa un gruppo di ragazzini con elmetto e sciabola di le­ gno cantando: « Chi vuole tra i soldati... un ponte fef gettare »...4 . Prenda appunti: è un bel quadretto di genere. Del resto, dobbiamo cercare di parlare il più possibile del popolo, proprio oggi il capo ha scritto che il popolo è la fonte alla quale rinfreschiamo il nostro spirito. u n g r u p p o (canta). Ai russi con i serbi / Nerbate con i nerbi!5 Viva! A morte! Guarda là quei due ebrei! s e c o n d o r e p o r t e r . Senta, lei, non ho più voglia di osser­ vare i quadretti di genere. Ci vada lui a rinfrescarsi lo spirito, se ne ha il coraggio. Io preferisco starmene ben lontano... p r i m o . Ben lontano dall’arroganza e dalla debolezza, que­ sta frase che noi abbiamo coniato per descrivere l’at­ mosfera generale di Vienna... (I due se la svignano).

p r im o

Agitazione. Un giovanotto ha rubato la borsetta a una vecchia. La folla si schiera contro la donna. Eh già, cara mia, adesso siamo in guerra, non è più come in tempo di pace, ognuno deve dare qualcosa, siamo a Vienna! p o l d i f e s c h (al suo accompagnatore). Ieri ho fatto bisboc­ cia con Sascha Kolowrat, oggi... (Escono).

voce f e m m in il e .

Entrano due ammiratori della « Reichspost ». a m m i r a t o r e d e l l a « r e i c h s p o s t ». Le guerre sono processi di purificazione e rigenerazione, vivai di virtù, suscitatrici di eroi. Ora ¡la parola è alle armi! se c o n d o a m m ir a t o r e d e l l a « r e i c h s p o s t » . Finalmente! Finalmente! p r i m o . Le guerre sono una benedizione non soltanto per gli ideali che propugnano, ma anche per l ’opera di pu­ p r im o

4. Versi da una poesia di Friedrich Giitt, musicata da F.M. Kücken, e dalla canzone popolare 11 principe Eugenio. 5. Da un canto di guerra di Felix Dörmann (vedi Indice dei nomi).

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rificazione che svolgono nel popolo che le combatte in nome dei beni supremi. I tempi di pace sono pericolosi. Promuovono troppo facilmente il rilassamento, l'este­ riorità. s e c o n d o . L ’individuo ha bisogno di un po’ di lotta, di tempesta. p r i m o . Gli averi, la tranquillità, il piacere possono con­ siderarsi al pari di nulla là dove l ’onore della patria è tutto. Quindi la guerra in cui la nostra patria è stata trascinata... s e c o n d o . ... la guerra che esige l ’espiazione dei crimini e la garanzia della pace e deH’ordine, sia accettata e be­ nedetta di tutto cuore. p r i m o . Fare pulizia con pugno di ferro! s e c o n d o . A Praga, a Briinn, a Budweis - dappertutto si acclama alle decisioni imperiali. p r i m o . A Serajevo hanno cantato il nostro inno. s e c o n d o . E fedelmente l’Italia è al fianco dell’Austria. p r i m o . Il principe Alfred Windischgràtz si è presentato volontario. s e c o n d o . Per tutta la giornata Sua Maestà ha lavorato col massimo impegno. p r i m o . Il 27, tra le dodici e l ’u-na, alla Cassa di Risparmio Postale, sono state prese le misure finanziarie per la guerra. s e c o n d o . L ’approvvigionamento di Vienna per tutta la durata della guerra è stato assicurato dal borgomastro congiuntamente al Primo Ministro e al Ministro del­ l ’Agricoltura. p r i m o . Hai letto? Non ci saranno aumenti a causa della guerra. s e c o n d o . Ben fatto! p r i m o . Con fede immarcescibile... s e c o n d o . ... noi rendiamo omaggio al nostro vecchio, ama­ to imperatore. p r i m o . Weiskirchner ha detto: Miei cari viennesi, state vivendo con noi un’era gloriosa. s e c o n d o . Be’ certo, non è roba da poco! p r i m o . Il nostro pensiero va anche airalleato dalla scin­ tillante armatura, ha detto. s e c o n d o . Han già deposto ai piedi dell’augusto trono i sensi della devozione del popolo fedele al suo impe­ ratore.

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All’augusta residenza della Corte a Ischi. Vedrai, la guerra produrrà una rinascita del­ l'Austria nel pensiero e nell*azione, vedrai. Un bel ri­ pulisti! p r i m o . Era ora che arrivasse finalmente un rilancio mo­ rale! Avanti marsoh, dàgli sotto! s e c o n d o . Un bagno di fuoco, ecco quel che ci serve! p r i m o . T i hanno già richiamato? s e c o n d o . Figurati, dispensato! E tu? p r i m o . Inabile! s e c o n d o . Il nostro popolo tira un sospiro di sollievo! Dunque, questa guerra... (Escono).

p r im o

.

sec o n d o .

Dei soldati sfilano cantando: « Giunti in patria, giunti in patria, là ci rivedremo... ». v e c c h io a b b o n a t o d e l l a « n e u e f r e i e p r e s s e » (con­ versando con l'abbonato più vecchio). È interessante l’e­ ditoriale di oggi sulla Corte serba che deve abbandonare Belgrado insieme a tutti gli altri. (Legge) « Questa sera non è stata Vienna la città abbandonata, che non può più offrire ricetto alla Corte, al governo e alle truppe. È stata Belgrado ». l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Parole d’oro. Fa bene ascoltarle, si prova una certa qual soddisfazione. i l v e c c h i o a b b o n a t o . È vero che si potrebbe obiettare che per il momento Vienna è più lontana dai serbi di quan­ to non lo sia Belgrado dagli austriaci, giacché Belgrado si trova proprio di fronte Semlin, mentre Vienna non si trova di fronte Belgrado, e già cominciano a sparare da Semlin su Belgrado, mentre grazie a Dio da Belgra­ do non possono sparare su Vienna. l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Seguo il suo ragionamento, ma dove vuole arrivare? Comunque si consideri la situa­ zione, si deve concludere che quel che dice l ’autore del­ l ’editoriale è vero, ossia che a Vienna la Corte con tutto il resto può restare tale e quale com’è, mentre a Bel­ grado no. O non è vero forse? Lei è un po’ scettico, mi sa? i l v e c c h i o a b b o n a t o . Che vuol dire « vero »? È addirit­ tura incontestabile, anzi non mi è mai parso che lui avesse tanta ragione come adesso. Quel che è giusto è giusto, ha proprio ragione. (Escono). s t r i l l o n e . Leopoli è ancora in mani nostre! un

ATTO PRIM O, SCENA I

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QUATTRO GIOVANOTTI A BRACCETTO CON QUATTRO RAGAZZE.

Un gran ponte fece fare per poter così espugnare città e forte di Belgrado... LA FO LLA . Evviva! Entra Fritz Werner che saluta e ringrazia. s ig n o r in a

kò rm endy.

Sai che si fa? Ci vai tu e glielo

chiedi. lò w en sta m m (si avvicina). Io sarei una sua grande ammiratrice e le chiedo per favore un autogra­ fo... (Werner estrae un taccuino, scrive su un foglio e glielo porge, poi esce) Ma che carino! s i g n o r i n a k ò r m e n d y . T i ha guardato? Vieni via dalla cal­ ca, tutto per questa guerra. Io vado pazza solo per Stormi (Escono). u n m a l v i v e n t e . Ciao Franz, dove stai andando? s e c o n d o m a l v i v e n t e . Auxtrois Franzois. p r i m o . Dove? s e c o n d o . Auxtrois Franzois. A spaccar le vetrine al cap­ pellaio, se non toglie subito quell’insegna. Sono inca­ volato nero! p r i m o . Hai ragione, è un vero scandalo. s e c o n d o . Dove vedo un « Modes », lo sfascio! (Esce furi­ bondo). p r i m o . Ciao Pepi, dove stai andando? t e r z o . Vado a portare la mia pietruzza. p r i m o . Di’ un po’, stai dimostrando un bel civismo... t e r z o . Cosa? Cinismo? Ehi tu, questa cosa non me la dici un’altra volta... (gli molla uno schiaffo). g r i d a d a l l a f o l l a . Ma guardate un po’ là! Vergogna! Chi è quello là? Chi è lei, il Nicolajevic? u n o d e l l a f o l l a . Bel civismo la gente mette in mostra in tempo di guerra, non ci si crederebbe! s ig n o r in a

Entrano due rappresentanti di commercio. Allora, senta lei, oggi per la prima volita oro donai per ferro. s e c o n d o . Lei? Lo vada a raccontare a un altro. Lei ha donato! Proprio lei... p r i m o . Chi lo ha detto che ho donato io? Non capisce il tedesco? Laggiù, vedo il manifesto della prima di oggi : Oro donai per ferro, voglio andarci. s e c o n d o . Bene, ci vengo anch’io! Ora è il momento più p r im o r a p p r e s e n t a n t e .

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interessante. Ieri, alla Principessa della Czarda, Gerda Walde ha dato lettura dell’edizione straordinaria con la notizia dei 40.000 russi morti sui reticolati - avrebbe dovuto sentire l'entusiasmo, l ’hanno chiamata dieci vol­ te, macché, di più. p r i m o . C’erano già dei feriti? s e c o n d o . Sì, anche! Ora è il momento più interessante. Giorni fa ce n’era uno seduto accanto a me. Cosa da­ vano? Ah sì - Avevo un camerata. p r i m o . Lei? s e c o n d o . Chi parla di me? È l’operetta di Viktor Leoni p r i m o . Bella? s e c o n d o . Una bombai s t r i l l o n e . Belgrado bombardatal Cambia la scena.

Scena seconda Alto Adige. Davanti a un ponte. Viene fermata un'automobile. L'autista presenta il lasciapassare m il it e

t e r r it o r ia l e .

Buon giorno a lor signoriI Permet­

tono... Finalmente una persona gentile. Gli altri sono tutti così scorbutici, ti spianano subito contro i fucili... m i l i t e t e r r i t o r i a l e . Sì, è per via di una macchina russa con dell’oro, e perciò... c r i t i c o n e . Ma una macchina che vuol fermarsi non può farlo così di colpo, cammina ancora per un paio di metri... e allora potrebbe succedere il peggio. m i l i t e t e r r i t o r i a l e (arrabbiato). Sì... quando uno non si ferma... allora li ammazziamo tutti... li ammazziamo tutti... li ammazziamo tutti... (L'automobile riparte). c r it ic o n e .

Cambia la scena.

Scena terza Al di là del ponte. La soldatesca circonda Vautomobile. L'autista presenta il lasciapassare (col fucile spianato). Alt! La macchina è già ferma. Perché quello lì è così arrabbiato? c a p i t a n o (furibondo). Fa il suo dovere. Se si arrabbia al fronte, col nemico, va benissimo! c r i t i c o n e . D’accordo, ma noi non siamo... c a p i t a n o . La guerra è la guerra, e basta così! (L'automo­ bile riparte). un

so ld a to

c r it ic o n e .

Cambia la scena.

Scena quarta L'ottimista e il criticone a colloquio . Può dirsi fortunato. In Stiria hanno ucciso una crocerossina che era in macchina e ha fatto un paio di metri dopo l ’alt. c r i t i c o n e . Han dato il potere al servo. L a sua natura non lo sopporterà. o t t i m i s t a . Purtroppo in guerra non si possono evitare gli abusi degli organi subalterni. Ma in tempi come questi ogni riguardo deve essere subordinato a un unico pensiero: vincere. c r i t i c o n e . Il potere che vien dato al servo basterà a liqui­ dare non già il nemico, bensì lo Stato. o t t i m i s t a . Il militarismo significa un rafforzamento dello Stato attraverso un maggior potere, allo scopo... c r i t i c o n e . ... di arrivare con questo mezzo allo sfascio fi­ nale. In guerra ciascuno diventa il superiore del suo prossimo. L ’esercito è il superiore dello Stato, cui non rimane altra via di uscita da questa innaturale costri­ zione se non la corruzione. Quando l ’uomo di Stato si sottomette al militare, soggiace al fascino di un idolo da abecedario, che è stato superato dai tempi, e che la nostra epoca traduce, non più impunemente, in termi­ ni di vita e di morte. L ’amministrazione militare equio t t im is t a

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vale all’impiego del lupo come pastore e alla trasfor­ mazione del pastore in lupo. o t t i m i s t a . Non capisco che cosa la autorizzi a una pro­ gnosi così cupa. È chiaro che lei, come ha sempre fatto in tempo di pace, da fenomeni secondari inevitabili risale al tutto e prende le mosse da «scandali occasiona­ li, che considera come sintomi. Quest’epoca è troppo grande perché si possa perdere tempo con simili picco­ lezze. c r i t i c o n e . Ma sono piccolezze che cresceranno insieme a quest’epoca! o t t i m i s t a . La consapevolezza di vivere in un’epoca in cui accadono cose tanto grandiose innalzerà anche il più misero sopra se stesso. c r i t i c o n e . I ladri piccoli che non sono ancora stati im­ piccati diventeranno grossi e li si lascerà correre. o t t i m i s t a . Quello che anche il più misero guadagnerà grazie alla guerra è... c r i t i c o n e . ... la provvigione. Ghi aprirà la mano si farà vanto di cicatrici che non ha. o t t i m i s t a . Come lo Stato che per il proprio prestigio af­ fronta ri-nevitabile guerra difensiva acquista gloria, co­ sì pure ogni individuo, e ciò che il sangue ora versato porterà nel mondo sarà... c r i t i c o n e . ... lereiume. o t t i m i s t a . Sì, lei che lo ha visto dappertutto, sente che il suo tempo è passato! Come :ha sempre fatto, se ne stia pure a brontolare nel suo cantone... noialtri andia­ mo incontro a un’epoca di rilancio morale! Ma non si accorge che è sorta un’era nuova, un’era grande? c r i t i c o n e . La conoscevo fin da quand’era piccola così, e -rimpicciolirà di nuovo. o t t i m i s t a . È ancora capace di negare? Non sente que­ st’entusiasmo? Non vede questo giubilo? Può sottrar­ vi si un cuore sensibile? Lei è l ’unico. Crede che questo grande moto spirituale delle masse non porterà i suoi frutti, che questo magnifico preludio resterà senza se­ guito? Quelli che oggi esultano... c r i t i c o n e . ... domani piangeranno. o t t i m i s t a . Che importanza ha la sofferenza del singolo! Nessuna, come la sua vita. Finalmente lo sguardo del­ l’uomo si leva di nuovo in alto. Non si vive soltanto per il profitto materiale, bensì anche...

ATTO PRIM O, SCENA IV c r it ic o n e . o t t im is t a c r it ic o n e .

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per le decorazioni. Non si vive di solo ¡pane. No, bisogna andhe far la guerra, per non

... .

averlo. . II pane ci sarà sempre! Ma noi ci nutriamo della speranza nella vittoria finale, di cui non si può dubitare, e per raggiungerla... c r i t i c o n e . ... moriremo prima di fame. o t t i m i s t a . Che animo meschino! Come si vergognerà, un giorno! Non si richiuda in se stesso quando intorno c’è festa! Le porte dell’anima si sono spalancate. E in que­ st’anima, ila memoria dei giorni in cui il paese ha preso parte, sia pure soltanto attraverso i bollettini quo­ tidiani, alle gesta e alle sofferenze di un fronte glorio­ so... c r i t i c o n e . ... non lascerà nemmeno una cicatrice. o t t i m i s t a . I popoli impareranno dalla guerra... c r i t i c o n e . ... a non dimenticare di farla in futuro. o t t i m i s t a . La pallottola è partita, e all’umanità... c r i t i c o n e . ... entrerà da un orecchio e uscirà dall’altro! o t t im is t a

Cambia la scena.

Scena quinta Ballhausplatz CONTE

LEOPOLD

FRANZ

RUDOLF

E R N E ST

VINZENZ INNOCENZ

L ’ultimatum è stato superbo! Finalmente! Fi­ nalmente! m a r ia .

BARONE EDUARD ALO IS JO S E F m a r ia .

OTTOKAR IGNAZIU S E U S E B I U S

Foudroyant! Ma per un pelo l ’avrebbero ac­

cettato. Mi avrebbe fatto venire una rabbia di quelle! Per fortuna avevamo quei due piccoli punti, la nostra in­ chiesta su territorio serbo e così... be’, questa poi non l ’hanno digerita. Ora possono incolpare solo se stessi, i serbi. b a r o n e . Se ci si pensa bene - per due piccoli punti - per una simile quisquilia è scoppiata la guerra mondiale! Da morire dal ridere, a pensarci. c o n t e . Ma non potevamo rinunciare a esigerli, quei due co nte.

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punti. Perché si sono incaponiti, i serbi, a non accet­ tare quei due piccoli punti? b a r o n e . Be’, era evidente fin dall'inizio che non li avreb­ bero accettati. c o n t e . E questo noi già lo sapevamo. Eh, Poldi Berchtold è qualcuno, non c’è nulla da fare, e nella buona società sono tutti d’accordo. È enorme 1 T i dico... un’esaltazio­ ne! Finalmente, finalmente! Non era proprio più sop­ portabile. A ogni passo eri handicappato. Ora sarà un’altra vita! Quest’inverno, appena finita la guerra, mi faccio la Riviera. b a r o n e . I o mi accontenterei se ci facessimo l ’Adriatico. c o n t e . Vuoi scherzare! L ’Adriatico è nostro. L ’Italia non si muoverà. Te lo dico io, appena fatta la pace... b a r o n e . E quando credi che ci sarà la pace? c o n t e . T ra due settimane, al massimo tre, credo. b a r o n e . Ma non farmi ridere. c o n t e . Come sarebbe? Farla finita con la Serbia sarà uno scherzo, un vero scherzo, caro mio, vedrai come si bat­ tono i nostri. Basta la grinta dei nostri dragoni del Sesto! Pare addirittura che qualcuno della buona so­ cietà sia già al fronte, capisci! E poi la nostra artiglie­ ria... straordinaria. Una precisione da matti! b a r o n e . E la Russia? c o n t e . Ai russi non parrà vero di essere lasciati in pace. Fidati di Conrad, lui lo sa perché li ha lasciati entrare a Leopoli. Appena saremo a Belgrado, cambierà la mu­ sica. Potiorek è grande! Te lo dico io, i serbi spari­ ranno come niente. Tutto il resto verrà da sé. b a r o n e . Allora, sul serio, quando credi che... c o n t e . Fra tre, quattro settimane ci sarà la pace. b a r o n e . Sei sempre stato un ottimista da matti. c o n t e . E va bene, allora quando? b a r o n e . Prima di due o tre mesi non se ne parla! Vedrai. Se va bene, fra due. Ma deve andare tutto molto bene, caro mio! c o n t e . No, ma allora, scusa, voglio dire... sarebbe una noia mortale. Ah, sarebbe proprio charmant! No, non funzionerebbe, se non altro per il problema alimentare. Giorni fa la Sacher mi ha detto... Be’, non crederai mica che quest’affare delle restrizioni alimentari potrà durare? Perfino da Demel cominciano già con 1a. storia che bisogna tener duro... ah, charmante come situazio-

ATTO PRIM O, SCENA V

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ne... già ci si restringe come si può, ma a lungo anda­ re... È ridicolo, non è possibile! O credi davvero? b a r o n e . T u lo sai come la penso. Il paese non mi dà nes­ sun affidamento. In fin dei conti, non siamo dei crucchi, anche se siamo costretti a metterci... Soltanto ieri par­ lavo con Putzo Wurmbrand, sai quello che sta con la Maritschl Palffy, è il braccio destro di Krobatin, dunque un patriota coi fiocchi - be’, quando si comincia una guerra difensiva, dice lui - sai, quello ci si incaponisce proprio, con la guerra difensiva... c o n t e . Ma scusa - perché, non si tratta forse di una guerra difensiva? E piantala, sei proprio un arcidisfattista! E lo stato di necessità, te lo sei dimenticato, lo stato di necessità in cui ci trovavamo, e che siamo stati soi disant costretti a colpire per primi per via del pre­ stigio e quindi - un momento, abbi pazienza... scusa, hai dimenticato l'accerchiamento? Solo ieri parlavo con Fipsi Schaffgotsch, sai, quello che ha sposato una Bellgard, un po’ scemo, tu lo conosci, ma tanto simpatico dunque, che stavo dicendo... ah sì, dunque, non siamo forse stati costretti a farci attaccare dai serbi a TemesKubin, per...? b a r o n e . Come? c o n t e . Come? Vai, non fare il finto tonto... tu per primo sai benissimo che un attacco serbo a Temes-Kubin era necessario... voglio dire, dovevamo per forza colpire per primi... b a r o n e . Si capisce! c o n t e . E allora, cos’altro ce l’ha fatto fare? Proprio come i tedeschi con le bombe su Norimberga! E allora, scu­ sami, se non è questa una guerra difensiva! b a r o n e . Ma certo, e chi ha detto niente? Lo sai bene che fin dal principio proprio io sono stato per la prova di forza, nota bene, purché sia l'ultima. Come la chiamano non me ne importa un fico. « Guerra difensiva » mi suona quasi come se ci si dovesse in certo modo giusti­ ficare. La guerra è la guerra, dico io. c o n t e . Ma si, messa così, hai ragione. Eh, quel Poldi Berchtold! È e rimane uno molto in gamba. Dicano quel che vogliono. Ohè, anche per il nostro mestiere ci vuole della grinta, e quanto a quella, bisogna lasciar­ lo stare! Come gliel'ha fatta sotto il naso a quei signori, ed è andato a Ischi - quelli avrebbero ancora voluto

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impedire l'ultimatum! Invece lui - ecco, è stato enorme! Ogni 'botta un centro! b a r o n e . Épatant! Non avrei mai creduto che ci sarebbe riuscito così bene. Tiene la gente alla larga. Eh, Poldi Berchtold, la sua politica la si poteva già capire quando ha fatto i funerali in sordina ed ha escluso il gran­ duca russo. c o n t e . Naturale. Se poi la Russia si è intromessa lo stes­ so, non è colpa sua. Se fosse dipeso da lui, la guerra mondiale sarebbe rimasta localizzata alla Serbia. Sai che cos’ha Poldi Berchtold? Poldi Berchtold ha quel che serve soprattutto a un diplomatico in una guerra mondiale: il savoir vivre! Mi ha fatto un’impressione da matti quando ha preso la proposta di quegli sbarba­ telli di inglesi e l ’ha infilata tra i programmi delle cor­ se... sai, la proposta che noi occupassimo Belgrado col loro grazioso permesso... banda di mercenari ipocriti... e poi come è arrivato al circolo, ti ricordi, e ci ha guar­ dato in quel certo modo e ha detto: Via libera all’eser­ cito! Era su di giri quella volta, te lo dico io! Ammet­ terai che non è stata una cosa da poco, in quell’ora fatale... Dalla stanza accanto si sente un campanello. la voce di b e r c h t o ld .

Una granita di caffè!

Si sente chiudere una porta. Figurati - alle undici e mezza! Figurati, alle un­ dici e mezza già chiede la sua granita di caffè! Non so, tenta anche me, per una volta... guarda, che vuoi che ti dica... la granita di caffè è veramente il suo forte! c o n t e . Forse è la sua unica debolezza! Adora la granita di caffè! Ma bisogna anche riconoscere che la granita di caffè di Demel... è un sogno! b a r o n e . Senti, fuori oggi c’è un sole... una meraviglia! c o n t e (apre una busta dell'agenzia stampa e legge). Leopoli è ancora in mani nostre... b a r o n e . Che altro vuoi! c o n t e . Allora, Poldi Berchtold, capisci (mormorando le altre parole del dispaccio) ... rioccupata... oh Dio, sem­ pre la stessa storia... agassant... roba da far venire la baro ne.

ATTO PRIM O, SCENA V

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nausea (appallottola il dispaccio) ... che volevo dire... «più considero la situazione... tutto sommato... oggi si potrebbe andare a cena fuori con la Steffi. Cambia la scena.

Scena sesta Davanti a una bottega di barbiere nella Habsburgergasse. Una folla in subbuglio . AbbassoI Spaccate tuttoI (che tenta di calmare gli animi). Ma state a sentire, quelli’uomo non ha fatto niente! Quello del negozio ac­ canto, quello che vende violini, ce l ’ha con lui... l iu t a io (arringa la folla). È un serbo! Si è permesso un apprezzamento offensivo! Contro un alto personaggio! L ’ho sentito io stesso, testimonianza autografa! i l b a r b ie r e (torcendosi le mani). Sono innocente... so­ no barbiere della Reai Casa... quando mai mi verrebbe in mente... s e c o n d o d e l l a f o l l a . Si capisce dal nome che è un serbo, sbattetegli le bacinelle sulla crapa... t e r z o . Fategli una bella insaponata! A morte! A morte il tagliagole serbo! l a f o l l a . A morte! fo lla uno

La bottega viene distrutta. All*angolo appaiono conver­ sando gli storici Friedjung e Brockhausen. . Proprio oggi, sulla « Presse », ho portato il mio contributo a questo tema, con un’osservazione ben centrata che respinge a priori e con logica stringente il paragone tra il nostro popolo e la plebaglia francese o inglese. Forse, caro collega, il passo le potrà tornare utile per il suo lavoro, glielo metto a disposizione, stia a sen­ tire: « Quel principio che consolava e rianimava le per­ sone dotate di cultura storica, conclusione finale di ogni studio della storia, ossia che la barbarie non finirà mai col trionfare, ebbene, questo principio si è comunicato come per istinto alla massa. Nelle strade di Vienna non si è mai sentito lo stridulo schiamazzo di patriottici

br o c k h a u sen



GLI U L T IM I GIORNI D E LL'U M A N IT À

urrà di bassa lega. Non è mai avvampato, qui, il fugace fuoco di paglia di un effimero entusiasmo. Fin dall’inizio della guerra, questo antico Stato germanico ha fatto proprie le più belle virtù popolari tedesche: la tenace fiducia in se stesso e la profonda fede nella vittoria del­ la giusta e santa causa ». (Gli porge il ritaglio). f r i e d j u n g . Considerazione davvero eccellente, caro colle­ ga, che coglie negli i e mette i puntini sul segno. Ne terrò conto ad notam. Guarda, guarda... ci «si presenta subito un esempio! Una folla infiammata di patriotti­ smo che sfoga con misura i propri sentimenti, suaviter in re, fortiter in modo,6 come si conviene alla tradi­ zione viennese. Il movente immediato potrebbe consi­ stere nel fatto che si tratta della Habsburgergasse, la via degli Asburgo. Il popolino, nella sua devozione, ha voluto evidentemente rendere il debito omaggio al no­ me, così come, ai tempi di Leopoldo, sarebbe stato giu­ sto che dimostrasse nella Babenbergerstrasse. br o c k h a u sen (sconcertato). Mi pare tuttavia di osser­ vare... f r ie d ju n g (sconcertato). T o ’, è rimarchevole... b r o c k h a u s e n . Questa brava gente fa parecchio chiasso... f r i e d j u n g . Certo più chiasso di quanto si convenga alla tradizione... b r o c k h a u s e n . Non bisogna sottovalutare la giusta causa del loro fermento. Com’è che dice... f r i e d j u n g . Dal giorno che il nostro augusto monarca ha chiamato alle armi migliaia eppoi migliaia di nostri figli e fratelli, la brava gente sulle rive del fiume dei Nibelunghi pare in gran fermento. Ma per quanto as­ surdamente si agiti questo mosto...7 b r o c k h a u s e n . Fuggì quel tempo in cui prendevano il no­ me dei Feaci, il sibilante telaio del tempo...8 f r i e d j u n g . Guardi, forse vogliono entrare tutti in quel negozio di barbiere, è un barbiere della Reai Casa e l'ingenuo spirito popolare pensa forse... 6. Inversione del motto di Claudio Aquaviva, Generale della Compagnia di Gesù (1581-1615): «Suaviter in modo, fortiter in re ». 7. Goethe, Faust, II parte, Stanza gotica, v. 6813. 8. Goethe, Faust, I parte, Notte, v. 508.

ATTO PRIM O, SCENA VI

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d e l l a f o l l a . « L ’abbiamo ben pestato! »... « Fatelo fuori! »... « Cane d’un serbo infido! »... « Ora può an­ dare a rasare i serbi con i cocci! »... « Questa «spugna la porto alla mia vecchia! »... « Ho messo in salvo tutti i profumi! »... « Passamene un paio! »... « Gesummaria, che bel camice bianco! »... « Dài, prestami uno spruzza­ tore »... « Dio maledica l'Inghilterra! »... « Quel tipo se Tè svignata! ». l i u t a i o . Ve l’avevo detto io! Quello lì è un traditore! b r o c k h a u s e n . La folla è eccitata e con ragione crede di aver scoperto altre mene di traditori serbi. f r i e d j u n g . È straordinario quanto fiuto e sensibilità di­ mostra il popolo di fronte a un attentato alla sicurezza patrimoniale delle monarchie e dei paesi rappresentati nel Parlamento imperiale. Sbaglierei di grosso se nella bottega di quel barbiere non si trovassero i documenti della congiura serba dello Slovensky Ju g che io misi in luce già nell’anno 1908. b r o c k h a u s e n . Solo la forma mi rende un po’ perplesso. f o l l a . Scovatelo! Un fracco di botte! A morte la Serbia! f r i e d j u n g . Sarebbe forse consigliabile, caro collega, di fronte a quel liutaio giustamente infuriato, girare alla larga da questa evidente smentita del fatto storicamen­ te accertato che la gente di Vienna respinge lo stridulo schiamazzo dei patriottici urrà di bassa lega... g r i d a d e l l a f o l l a . « Cosa vogliono quei due ebrei là? »... « Hanno l ’aria anche loro di venire dai Balcani! »... «G li manca solo il caffettano!»... «Sono serbi!»... « Due serbi! »... « Traditori! »... « Addosso! ». g r id a

I due storici si dileguano in un androne. Cambia la scena.

Scena settima Kohlmarkt. Davanti alla porta girevole del Caffè Pucher (molto eccitato). La maniera più sempli­ ce sarebbe gettare cinque corpi d’armata contro la Rus­ sia, e la cosa sarebbe già risolta. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Si capisce. La miglior difesa è -l’ati l v e c c h io b ia c h

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

tacco. Basta guardare i tedeschi, quel che son riusciti a fare. Che grinta! Uno sfondamento come quello in Belgio non si era mai visto prima! Avremmo bisogno di qualcosa del genere anche noi. socio. Dica, com’è andata con suo figlio? c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Riformato, un pensiero di meno. Ma la situazione... la situazione... mi creda, le cose lassù non vanno bene. Un’impresa come lo sfondamento in Belgio... senta me, un nuovo spirito offensivo... socio. Ci porti qui il Belgio... e sfonderemo anche noi. d o t t o r e . Ci vorrebbe un Bismarck... v e c c h i o b i a c h . A che serve adesso l’arte dei diplomatici, ora la parola è alle armi! Possiamo esporci a uno smacco? Se non sfondiamo adesso... c r i t i c o n e (fa per entrare nel locale). Permesso... d o t t o r e . Mi sembra chiaro. Ma il momento strategico, con un attacco sul fianco in una guerra di movimento... m e r c i a i o . Stia pure tranquillo, sono accerchiati, me l’ha detto la Soffi Pollack in persona. v e c c h i o b i a c h . Lasci perdere, che ne sa quella! E chi gliel ’ha detto, vorrei sapere! m e r c i a i o . Chi? Ma se suo marito è stato arruolato e pre­ sta servizio all’ospedale della riserva! c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Ma non dicevano che era stato ri­ formato? Accerchiati, sarebbe magnifico, vorrebbe dire, sapete, lo stesso che « stretti da ogni parte ». v e c c h io b ia c h (con voluttà). E stringerli devono, fino a fargli uscire il fiato dal corpo! Se potessi assistere a una di queste strette! m e r c i a i o . Klein lo può, lui sta aH’Ufficio Stampa Milita­ re. Ieri ha scritto che combatteranno fino all'ultimo sangue. Prima, lui non molla, socio. Bisogna aver fortuna per poterci stare. Dottore, com’è quest’affare dell’Ufficio Stampa? Ci possono an­ dare solo gli inabili o anche chi è abile? c r i t i c o n e . Permesso... (Gli fanno posto). m e r c i a i o . Che vuol dire « abile »? Ci va chi sa scrivere ma non vuol sparare, però vuole che sparino gli altri. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Si spieghi meglio. Perché non vuol sparare, per compassione? m e r c i a i o . No, per prudenza. La compassione non esiste nell’esercito, e quando si è all’Ufficio Stampa Militare è come se si fosse neH’esercito.

ATTO PRIM O, SCENA VII

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b i a c h . Quest’Ufficio Stampa dev’essere una gran­ de invenzione! Puoi vedere ogni cosa. È vicinissimo al fronte e il fronte è dove si combatte, quindi Klein sarà quasi presente alla battaglia, può vedere tutto senza correre rischi, socio. Dicono sempre che in un campo di battaglia mo­ derno non si vede nulla. Perciò all’Ufficio Stampa si vedrà più di quello che si vede quando si è in mezzo alla battaglia. d o t t o r e . In un certo senso è così, e si possono perfino man­ dare notizie, da vari fronti contemporaneamente. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Era di Klein, nella « Presse », quel servizio interessantissimo, che diceva che la maggior parte dei nostri viene ferita sulla parte esterna delle mani e dei piedi, dal che risulta che i russi preferiscono gli attacchi di fianco... m e r c i a i o . Mah, non è certo un Roda Roda! Passerà ancora molta acqua sotto i iponti del Dnepr, prima che sappia scrivere come Roda Roda! c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Quel che mi piace di Roda Roda è soprattutto il fatto che è un furetto. Dice che il gior­ no dopo andrà a vedere la battaglia sulla Drina e l'in­ domani ci va. Proprio in gamba! v e c c h i o b i a c h . Non c’è niente da fare, si vede l’ex ufficia­ le... lo spirito di corpo! Mio figlio, anche se è riforma­ to, s’interessa molto, si vuole perfino abbonare alla ri­ vista di Streffleur. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . È più forte di me - io sono molto pessimista. v e c c h i o b i a c h . Che significa, pessimista? Cosa vuole di più, Leopoli è ancora in mani nostre! socio. Vede, dunque! d o t t o r e . Non c’è nessun motivo di pessimismo. Male che vada, se la decisione venisse in questo momento, sarem­ mo pari e patta. m e r c i a i o . E io le dico, perché lo so da una persona che sta al Ministero, che la cosa è praticamente fatta. Noi attacchiamo da destra, i tedeschi da sinistra, e li pizzi­ chiamo da soffocarli. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Va bene... ma la Serbia? v e c c h i o b i a c h (ir oso). La Serbia? Che significa, la Serbia? La Serbia la spazzeremo viaì c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Non so... non mi ci raccapezzo... v e c c h io

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il bollettino di oggi... bisogna saper leggere tra le righe, e prendendo la carta... uno sguardo alla carta dimo­ stra... perfino a un profano... le posso dimostrare che la Serbia... v e c c h i o b i a c h (irritato). Lasci perdere la Serbia, la Serbia è un fronte secondario. Mi fa venire una rabbia... En­ triamo, sono curioso di sapere quel che diranno oggi i ministri... Propongo, signori, di .sederci al tavolo accan­ to al loro. (Entrano). Cambia la scena.

Scena ottava Una strada di periferia. Si scorge il negozio di una modi­ sta, una filiale della società Pathéphon, il Caffè Westminster e una filiale della lavanderia Sòldner & Chini. Entrano quattro giovani, uno dei quali porta una scala, delle strisce di carta e della colla g i o v a n e . Eccone lì un altro! Che c’è scritto? Salon Stem, Modest et Robes. Questo lo ricopriamo per in­ tero! s e c o n d o g i o v a n e . Però il nome potrebbe restare, e poi si deve capire che negozio è. Da’ qua, facciamo così. (In­ colla e legge) Salo Stem Mode. Così va bene, così è tedesco. Andiamo avanti. p r i m o . Pathéphon, guardate qui, cos’è questa roba? È fran­ cese? s e c o n d o . Ma no, è latino, può restare, ma -lassù c’è scritto « Musiche tedesche, francesi, inglesi, italiane, russe ed ebraiche ». t e r z o g i o v a n e . Che facciamo? p r i m o . Via tutto! s e c o n d o . Facciamo così. (Incolla e legge) « Musiche tede­ sche... ebraiche ». Così può andare. t e r z o . Ma che c’è di là? Guardate un po’! C’è scritto Café Westminster, sembra addirittura una parola in­ glese! p r i m o . Sta’ a sentire, qui bisogna mettersi d’accordo, que­ sto è un caffè, il padrone potrebbe essere qualcuno e p r im o

ATTO PRIM O, SCENA V ili

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noi si finirebbe nei guai. Chiamiamolo fuori, aspettate. (Entra e torna subito col padrone del caffè, che è visi­ bilmente molto scosso) Lei certo capirà - è un sacrificio per la patria. p a d r o n e d e l c a f f è , è un disastro, ma se i signori sono della commissione volontaria... q u a r t o g i o v a n e . Ma dica un po’, come mai ha dato que­ sto nome al suo locale, è stata una bella imprudenza. p a d r o n e d e l c a f f è . Ma signori, chi se lo andava a imma­ ginare, ora anch’io mi sento imbarazzato. Ho scelto que­ sto nome, vedete, perché qui siamo vicini alla Stazione Ovest, dove durante la stagione scendono i milord in­ glesi, e quindi, per farli sentire subito come a casa loro... p r i m o . Dica un po’, c’è già stato qualche milord inglese nel suo locale? p a d r o n e d e l c a f f è . Eccome! Gesù, che tempi erano quelli! p r i m o . Complimenti. Guardi però che ora non possono più venirci! p a d r o n e d e l c a f f è . Grazie a Dio - Dio maledica l ’Inghil­ terra - però veda, il nome si è talmente affermato, e finita la guerra, quando se Dio vuole ritornerà la clien­ tela inglese... sentite, dovreste avere un po’ di com­ prensione. p r i m o . La voce del popolo non può tener conto di queste cose, caro signore, e la voce del popolo, lei lo saprà certamente... p a d r o n e d e l c a f f è . Ma sì, naturale, come si fa a non saperlo, noi poi siamo più o meno un caffè popolare... però... allora, come dovrei chiamarlo, il locale? s e c o n d o . Non si preoccupi, non le faremo alcun danno: ci pensiamo noi, in quattro e quattr’otto... in modo indo­ lore. (Cancella la i). p a d r o n e d e l c a f f è . Sì... ma... che cosa... significa? s e c o n d o . E c c o fatto! E ora chiami il pittore e gli faccia mettere una ii. p a d r o n e d e l c a f f è . Una u? Caffè Westmunster? s e c o n d o . Sì, una u! Rimane la stessa cosa, però in tede­ sco. Perfetto! Nessuno noterà la differenza, anche se a tutti sarà chiaro che è una cosa del tutto diversa, che ne dice? p a d r o n e d e l c a f f è . Ah, meraviglioso! Meraviglioso! Fac­ cio venire subito il pittore. Grazie, signori, per la vostra

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comprensione. Resterà così finché dura la guerra. Per la guerra va bene così. Certo, dopo vorrei... perché i mi­ lord cosa potrebbero dire poi quando tornano, reste­ rebbero a bocca aperta! (Due clienti lasciano il caffè e si salutano con un « Adieu! » e un « Addio! »). p r i m o . Cosa sento? Il suo locale è frequentato da francesi e italiani? Uno dice adieu e l'altro addirittura addio? Lei ha una clientela internazionale, a quanto pare, la cosa è parecchio sospetta... p a d r o n e d e l c a f f è . Ma via, se uno dice « adieu »... s e c o n d o . Ma non ha sentito che il primo ha detto « ad­ dio »? Questa è la lingua del nemico secolare! t e r z o . Del sud... del subdolo traditore! q u a r t o . Dei fedifraghi del Po! p r i m o . Sissignore, il traditore, che è il nostro nemico se­ colare! s e c o n d o . Il nemico secolare, che ci ha tradito! t e r z o . Del Po! q u a r t o . Del Po! Se lo tenga bene a mente! Il padrone del caffè è rientrato lentamente nel locale. (gli grida dietro). Spaghettone inglese del Po! E c o s ì con le parole straniere abbiamo dato un esempio! Andiamo avanti. t e r z o . Guardate là, oggi siamo fortunati. Söldner 8c Chi­ ni! Lo stesso miscuglio del caffettiere. Söldner,9 questo è un inglese, è chiaro, e Chini, è un italiano! p r i m o . Dio maledica l ’Inghilterra e annienti l ’Italia... questo lo ricopriamo per intero! Lavanderia a secco? Laviamo via tutto! Ci ho addosso una rabbia blu... do­ mani tutto il quartiere dev’essere ripulito dalle parole straniere, dove ne pesco una, gli strappo le budella! p r im o

sec o n d o .

Il secondo ricopre Vinsegna. Ora sarà meglio separarci, voi due rimanete su questo marciapiede, noi andiamo qui visavì. p r i m o . È spiacevole, ma oggi non posso venire con voi, ho una gran fretta, insomma, ho un rendez-vous...

terzo .

9. Söldner = mercenario. La propaganda di guerra austriaca e tedesca accusava l’Inghilterra di avvalersi di truppe mercenarie dell’impero britannico.

ATTO PRIM O, SCENA V II!

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Che malheur! Senza di te rischiamo anche qual­ che baruffa. A me non m'importa, ma la gente diventa impertinente e allora... q u a r t o . Anche a me non importa gran che, ma potrem­ mo cacciarci in qualche chicane. È vero che finora non mi è successo niente... s e c o n d o . Capisco, è una cosa seccante, ed io mantengo sempre il self-control, per vivere in armonia con la genteI Ma non dovete lasciarvi impressionare. Adesso bisogna essere risoluti e questa azione patriottica in cui ci siamo imbarcati, bisogna portarla fino in fondo, à tout prix, con coerenza. terzo . a va sans dire, ma se uno, lo sai com’è la gente, ti viene avanti con l’argomento che gli rovini l ’esi­ stenza... se comincia a far la lagna o peggio s’infuria, allora... p r i m o . Fammi il favore: lo ignori tout court! Oppure replichi ipso facto: Ci sono in ballo interessi superio­ ri! Allora se ne farà una ragione. La gente è intelli­ gente. Non si fanno tanti discorsi - dove si andrebbe a finire se uno si mettesse a parlamentare con tutti... s e c o n d o . Però quando comincia a riscaldarsi - la gente diventa proprio grossière... p r i m o . Allora lo chiamate un elemento sovversivo, e ciao! Dunque courage! Domani mi riferirete e io tor­ nerò a darvi la mia assistenza... Gesummaria, le cinque meno un quarto! Devo proprio andare au galop, altri­ menti arrivo in ritardo... Allora, bon voyage, compli­ menti, adieu! t e r z o . Servus! q u a r t o . Servitore!10 s e c o n d o . A u revoir! p r im o (li trattiene). À propos, nel caso che qualcuno protesti, qualificatevi sic et simpliciter come volontari interinali della commissione centrale provvisoria del comitato esecutivo della Lega per il boicottaggio gene­ rale delle parole straniere. Addio! 11 sec o n d o .

Cambia la scena.

10. In italiano nel testo. 11. In italiano nel testo.

Scena nona In una scuola elementare m aestro zehetbauer. ... oggi però noi guardiamo a idea­

li più elevati, sicché il turismo è un po’ regredito e relegato in secondo piano. Purtuttavia, non possiamo perderci d’animo, ma è nostro dovere, portata ognuno la nostra pietruzza alla patria, proseguire saldi e in­ temerati sulla via intrapresa. I teneri virgulti del tu­ rismo, che abbiamo piantato ovunque e che, grazie alle premure deireccellentissimo provveditore regiona­ le e a quelle dell’esimio provveditore distrettuale, han­ no trovato la via anche dei vostri giovani cuori, non debbono venir calpestati dal ferreo passo dei batta­ glioni, per quanto indispensabile esso sia in quest’era gloriosa, bensì, al contrario, vanno vieppiù curati e protetti. È certo necessario che ognuno compia il suo dovere e anche voi quindi dovete adoperarvi attiva­ mente, chiedendo ai vostri genitori o a chi ne fa le veci di regalarvi come dono di compleanno il bel gioco « Giochiamo alla guerra mondiale », oppure, dato che Natale è alle porte, il gioco « La morte del russo ». Do­ vete anche sapere che, come premio per la condotta e il profitto, domenica potrete, naturalmente col permesso dei vostri stimati genitori o di chi ne fa le veci, pian­ tare ciascuno un chiodo nel « Guerriero di ferro »,12 e così, inchiodando questo simbolo... l a c la ss e . Evviva! Un ragazzo alza la mano. m aestro. Che cosa vuoi, Gasselseder? ragazzo. Scusi signor maestro, ho già messo un chiodo con mio padre, posso metterne un altro? m aestro. Se lo permettono i tuoi genitori o chi ne fa le

veci, la direzione scolastica non ha nulla contro il tuo desiderio patriottico di inchiodare nuovamente questo simbolo. Un ragazzo alza la mano. 12. Per il « Guerriero di ferro » vedi Indice dei nomi.

ATTO PRIM O, SCENA IX

99

Cosa vuoi, Czeczowiczka? Vorrei uscire. m a e s t r o . Uscire? No, sei troppo piccolo, aspetta di es­ sere un po’ più maturo. r a g a z z o . Per piacere, devo proprio! m a e s t r o . Ora non posso accontentarti. Vergognati! Per­ ché vuoi uscire? r a g a z z o . Per piacere, ho un bisogno. m a e s t r o . Aspetta tempi migliori. Daresti un cattivo esem­ pio ai tuoi compagni. Anche la patria ha bisogno, prendi esempio, la parola d'ordine è « tener duro ». m a estr o

.

ragazzo.

sec o n d o

Due ragazzi alzano la mano. m a estr o

.

Che volete, Wunderer Karl e Wunderer Ru­

dolf? i

Scusi, noi preferiremmo piantare il chiodo nel « Tronco di ferro ».13 m a e s t r o . Seduti! E vergogna! Il Tronco di ferro è un simbolo dove non c'è più posto per i chiodi. Invece il Guerriero di ferro diventerà col vostro fattivo aiuto un simbolo, una curiosità della quale parleranno anco­ ra i vostri figli e i figli dei vostri figli! a l l i e v o k o t z l i k . Signor maestro, Merores continua a dar­ mi degli spintoni! m e r o r e s . Non è vero, mi ha detto ebreo, Io dirò a papà, glielo farà vedere lui, lo scriverà al «T a g b la tt». m a e s t r o . Niente litigi, Kotzlik e Merores! Passiamo ora alla nostra lettura: Canto d’odio contro VInghilterra. Merores, già che ci sei, rimani pure in piedi e rispon­ di a questa domanda: Come si chiama l’autore di que­ sta poesia!? m e r o r e s . Certo che lo so: Frischauer. m a e s t r o . Sbagliato, siediti. r a g a z z o ( suggerendo). Lissauer. m a e s t r o . Praxmarer, se suggerisci ancora ti faccio co­ piare tutto il Principe Eugenio di Hofmannsthal. Dun­ que, ho perso il filo. due.

Alcuni ragazzi corrono verso la cattedra e si chinano. m a estr o

.

Cosa cercate?

13. Per il « Tronco di ferro » vedi Indice dei nomi.

GLI U L T IM I GIORNI D E LL 'U M A N IT À

100 r a g a z z i.

Il filo, signor maestro, lei ha detto di aver perso

il filo. m a estr o

.

Stupidi, lo dicevo in senso letterale, non fi­

gurato! Se vuole il mio Filo d’Arianna... Wottawa, nemmeno tu mi hai capito. Vedo che non siete maturi. Volevo interrogarvi sul Canto d'odio, ma per oggi ve lo risparmio. Gli ideali che vi impone l’era gloriosa, preparateli per domani, e allora non sarò più così indulgente. Cosa penserà il signor ispet­ tore se viene in classe e le cose continuano così? Ora che dovete far propaganda per il secondo prestito di guerra, tanto più siete tenuti a non deludere le aspet­ tative. Allora, per domani mi saprete a memoria il Canto d'odiol Non posso far altro che ripetervi: te­ nete duro, portate la vostra pietruzza, propagandate il prestito di guerra, raccogliete metalli, tirate fuori il vostro oro che giace inutilizzato nel cassettone! E per oggi voglio ancora essere indulgente e parlarvi del turismo. Incrementatelo! Vi ho già spiegato prima per­ ché proprio in questo momento il turismo non può venir trascurato. Benché il nostro paese sia spazzato dal turbine della guerra e il nostro augusto sovrano abbia chiamato alle armi migliaia eppoi migliaia di nostri figli e fratelli, ebbene, già ora si avvertono i primi segni di un incremento del turismo. Quindi non perdiamo mai di vista quest’ideale. Ecco qua un bel brano di lettura: Un fiume d'oro. No, anzi, cantiamo piuttosto queirantica canzone che avete imparato in tempo di pace, vi ricordate qual è?

ragazzo.

m a estr o

.

Un ragazzo alza la mano. m a estr o

.

Allora, Habetswallner?

rag az z o . Io

lo

so , sig n o r m a e s tr o , è

niere. m a estr o

.

Sbagliato!

Un altro ragazzo alza la mano. Tu, Braunshor! Sempre fedele e onesto. m a e s t r o . Macché! Vergogna!

m a estr o

.

ragazzo.

Un altro ragazzo alza la mano.

Dal benigno taver­

ATTO PRIM O, SCENA IX

IOI

Allora, Fleischanderl? Con gioia erra il mugnaio. m a e s t r o . Sedutol m a estr o

.

ragazzo.

Un altro ragazzo alza la mano. E tu, Zitterer? Via per terre lontane! m a e s t r o . Seduto! Oggi non siamo noi che possiamo an­ dare per terre lontane, sono quelli di laggiù che deb­ bono venire da noi! m a estr o

.

ragazzo .

Un ragazzo alza la mano. T u lo sai, Sussmandl? Vorrei uscire, per piacere! m a e s t r o . Che ti salta in mente, ho già detto che per ora non se ne parla, né a scuola, né quando entrerete nella vita. Dunque, nessuno di voi pare si ricordi della canzone?

m a estr o

.

ragazzo.

Un ragazzo alza la mano. Tu, Anderle? Non cerco oro né beni,14 m a e s t r o . Seduto nell'ultimo banco. Dove hai imparato questa roba? Vergogna, Anderle! Ho già capito che in questi ferrei tempi l ’avete dimenticata. Eppure è la cara vecchia canzone con la quale una volta avete im­ parato le vocali. Che vergogna! Allora io prendo il violino e voi intonate. m a estr o

.

ragazzo.

Un ragazzo alza la mano. m a estr o

.

Allora, Sukfùll, vuoi svergognare tutta la clas­

se? Coltivate il turismo! 15 Bravo, Sukfull, hai fatto vergognare tutta la classe! Lo dirò a tuo padre, che ti dica bravo anche lui!

ragazzo.

m a estr o

.

Prende il violino e la classe si mette a cantare. 14. Gli scolari citano una serie di Lieder classici. 15. Poesia con la quale la maestra elementare Else John aveva vinto nel 1912 un concorso per componimenti sul tema del­ l'incremento del turismo.

102

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’UM ANITÀ

A a a, lo straniero eccolo qua. Non si stringe più la cinghia, il turismo ricomincia. A a a, lo straniero eccolo qua. E e e, i signori lo san da sé, chic le pupe che tu vedi dalla testa fino ai piedi. E e e, i signori lo san da sé. I i i, non spillammo mai così. Fuori i soldi, poche storie, è momento di 'baldorie. I i i, non spillammo mai così. O o o, Vienna è allegra anzichenò. Col violino e a vostre spese vi mostriam Sangue Viennese. O o o, Vienna è allegra anzichenò. U u u, che pace c’è quaggiù. Vienna è la città canora, onorateci presto ancora. U u u, che pace c’è quaggiù. Cambia la scena.

Scena decima Al Caffè Pucher. I ministri sono riuniti (a Franz). Manca ancora la « Muskete », il « Floh » e 1’« Interessante »...

eduard

Cinque nuovi arrivati prendono posto al tavolo accanto. Il Primo Ministro si rivolge al Ministro delVInterno. Sul mio onore, ha detto qualcosa a pro­ posito di una bomba... eduard (porta dei giornali illustrati). Scusi, Eccellenza, ha finito con la « Bombe »? v e c c h i o b i a c h . Ah, ecco... < jl i a l t r i (dandosi sulla voce). Cos’ha detto? Di cosa par­ lava? i l v e c c h io b ia c h .

ATTO PRIM O, SCENA X

Niente, niente... mi ero sbagliato. (al vicino). Sul « Tagblatt » di oggi c’è una cosa interessante...

v e c c h io il

103

b ia c h

c o n s ig l ie r e

.

im p e r ia l e

Si avvicina al tavolo il cameriere Franz. Si succedono gli ordini: « A me con doppia panna », « A me chiaro e con la schiuma! », « Un corretto e il “Sechs-Uhr-Blatt”! », « Un turco passato! ». i m p e r i a l e . E a me un cappuccino chiaro, anzi no, senta, per cambiare, un caffè ristretto con molto latte e la « Presse » 1 v e c c h i o b i a c h (prendendo in mano la « Neue Freie Pres­ se »). Grandioso! t u t t i . Che cosa? v e c c h i o b i a c h . Vedete, quello che mi impressiona è che da quattordici giorni celebra il cinquantenario del giornale, sempre in prima pagina, dopo viene la bat­ taglia di Leopoli con relative impressioni. Per lo meno si vede che in Austria ci sono anche avvenimenti lieti! E in fin dei conti è davvero un avvenimento come po­ chi. Il baluardo della cultura e dei sentimenti liberalgermanici, accipicchia che nomi si congratulano... guar­ date un po’ qua... uh... aspetta... tre, quattro, no cin­ que pagine piene. Tutti fanno a gara a felicitarsi, non si fan scrupolo nemmeno i pezzi più grossi. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Oggi ho scritto io... state attenti domani, sarò sul giornale! v e c c h io b ia c h (eccitato). Se ha scritto lei, scriverò an­ ch’io. Vi par poco onore, in simile compagnia... i l d o t t o r e . C’è solo una cosa che mi fa ridere: tutte le volte, nelle migliaia eppoi migliaia di congratulazioni, lui stampa l’indirizzo: A11’illustrissimo signore Moriz Benedikt, Direttore della « Neue Freie Presse », Vienna I, Fichtegasse 11. Devo proprio dirlo, è alquanto va­ nitoso! Deirillustrissimo potrebbe fare a meno e, in fin dei conti, per l ’indirizzo bastano una ventina di volte. i l s o c i o . Non dica cosi. Non lo si sentirà mai abbastanza. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e (quasi nello stesso tempo). Non ne vedo la ragione, non vuole modificar nulla, hanno scritto così e così deve essere stampato, ha ragione! v e c c h i o b i a c h . Cos’ha detto? Cos’ha detto? c o n s ig l ie r e

GLI U LTIM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

socio (conciliante). Ma... nulla... Leopoli è ancora in no­ stre mani. i l m e r c i a i o . Ma soprattutto si vede che tutti i messaggi sono autentici, guardi qua, roba da nulla, Montecuccoli e tante eccellenze... sss... c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . E che saranno Montecuccoli e le Eccellenze? Berchtold è forse il figlio della serva? Ieri ha mandato un messaggio autografo! v e c c h i o b i a c h . Come sarebbe a dire Berchtold? E Weiskirchner? Eccolo qui davanti ai suoi occhi, incredibile! Chi lo crederebbe possibile? Weiskirchner, ¡’antisemi­ ta per la pelle? Si congratula con lui « sinceramente ». E qui cosa c’è? Guarda che bello, uno scrive che « la “Neue Freie Presse” è il breviario di ogni persona colta ». socio. Be’, è proprio vero. E qui? Interessante, la ditta Dukes si rallegra di essere nei migliori rapporti col giornale. La più grande agenzia pubblicitaria di Vien­ na, ci credo! d o t t o r e . Guardate qua! Perfino Harden, lo conoscete, il più grande stilista... che cosa iscrive, lo chiama, sen­ tite, è stupendo come lo chiama: « Capo di Stato Mag­ giore dello spirito»! m e r c i a i o . Gustoso, ma non originale, c’era già in una dozzina di messaggi, e in realtà è un’espressione che viene subito in mente. v e c c h i o b i a c h . Certo, specialmente ora, che subito dopo si parla di Leopoli! Erano magnifici anche i discorsi al banchetto... socio. Ma non era al banchetto, il banchetto era stato disdetto per via della guerra. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Per modestia. m e r c i a i o . Un riguardo esagerato. v e c c h i o b i a c h . Insomma! Non c’è stato un pranzo, ma comunque una grande cerimonia. Se non ci fosse la guerra, avreste visto che roba! Comunque non ci hanno rinunciato. È stato bellissimo quando gli hanno fatto festa tutti, il capo della contabilità e perfino la direttri­ ce della distribuzione. Ha qualcosa di familiare, una festa della stampa così. Mi han detto che i discorsi vengono stenografati all’istante. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Ma si felicita anche io stenografo? v e c c h i o b i a c h . Sì, però continua a stenografare.

ATTO PRIM O, SCENA X

105

socio. Guardi la lista, la prego, è interminabile... Sì, purtroppo, socio. Purtroppo? d o t t o r e . Abbia pazienza, stavo guardando in basso l’elen­ co dei caduti, per caso viene subito dopo quello delle felicitazioni. v e c c h i o b i a c h . Già, ahimè... che ci volete fare... sì, sì, questo resta un avvenimento di cui parleranno ancora i nostri nipoti. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . È vero, non capita tutti i giorni che un giornale compia cinquantanni. v e c c h i o b i a c h . Sì, bravo, io parlavo... di Leopoli. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . E chi parla di Leopoli? d o t t o r e (guardandosi intorno con circospezione). Purtrop­ po bisogna riconoscere che non toma proprio a nostro onore. v e c c h i o b i a c h . Mi scusi... non toma a nostro onore? Ab­ bia il coraggio di ripeterlo forte! d o t t o r e (piano). No, dicevo di Leopoli... v e c c h i o b i a c h . E chi parla di Leopoli? E se anche per questo ci si scoraggia e ci si abbatte un po’, ci consolia­ mo con quello che c’è in prima pagina: il giubileo! c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Sapete quel che mi impressiona di più? Non quello che sta in prima pagina, né in mezzo al giornale, ma quello che c’è in fondo! Vi ricordate, il giorno del giubileo, le cento pubblicità delle banche, a tutta pagina? Han dovuto sganciare tutte, nel bel mezzo della moratoria, le han fatte nere! Eh sì, la stampa è una potenza che non si tocca - e se la tocchi cadon le sorbe dai rami! v e c c h i o b i a c h . Che vuole, quest’uomo ha un’energia che non ce n’è un altro oggi in Austria. Ha fantasia, e sen­ timento, e spirito, e princìpi, ed è un grande incassatore davanti a Dio. c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Sa, signor Biach, chi mi ricorda il linguaggio che ora ha usato lei? v e c c h i o b i a c h . Chi le ricorda? Chi dovrebbe ricordare? c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . Proprio lui, con tutti quegli « e » ! v e c c h i o b i a c h . E allora? C’è da stupirsi? Il suo influsso lo subiamo senza volerlo! Ha letto ultimamente, nel­ l’edizione della sera, le Domande e risposte di profani? In gamba, vero? Lui dà il meglio di sé soprattutto nel­ l'edizione della sera. Lì ripete ogni cosa da capo. Quan­ d o tto re.

IOÓ

GLI ULTIM I GIORNI D E L L ’UM A N ITÀ

do si diceva che Leopoli era ancora in nostre mani, lui ha osservato: « Qui risalta soprattutto la paroletta “ancora”, e l’occhio ci si fissa e si lavora di fantasia ». Lì dà sempre tutto, e con la giunta. « Ieri è stato comu­ nicato... oggi si comunica », non te lo togli più dalla testa. Parla come uno di noi, solo più chiaro. Non si sa se è lui che parla come noi o noi che parliamo come lui. c o n s ig l ie r e i m p e r i a l e . E l’editoriale, ti pare niente? Già la prima frase... e chi ci riesce come lui? « L a famiglia Brodsky è una delle più ricche di Kiev ». E basta. Ci sei già bell’e in mezzo. Poi salta qua e là, parla di Talleyrand, di quello che ha detto a pranzo, e ti trovi già nel bel mezzo del Compromesso Ungherese.16 v e c c h io b i a c h . Soprattutto mi impressiona quando dice: « Ci si può immaginare ». O quando mette in moto la fantasia: è davvero molto suggestivo, e ci immaginiamo subito tutto, come se lui si trovasse, Dio scampi, in mez­ zo alla polvere degli spari e noi tutti con lui. Tuttavia la massima importanza, a quel che sembra, la dà agli stati d’animo, alle impressioni minute, e ti conquista quando descrive le passioni che hanno suscitato. Io co­ munque, a gusto mio, debbo dire che lo preferisco quan­ do si immagina soprattutto le notti insonni di Poincaré e di Grey, e addirittura quelle dello Zar, quando li rode l'angoscia perché già scricchiolano le mura. « E forse già in questo momento », « e forse hanno già... », e forse e forse, è altamente drammatico! Mi hanno detto che scrive dettando. Provate a immaginarlo quando detta uno dei suoi articoli di fondo. Che voluttà per la fantasia l’idea che quando detta i candelabri della re­ dazione tremano! d o t t o r e . Si dà però il caso che io sappia, avendo portato una volta personalmente una protesta per la nettezza urbana e le mosche... v e c c h io b i a c h . Che cosa sa? d o t t o r e . Che in quel posto non ci sono candelabri! v e c c h io b i a c h (irritato). E allora che cos’hanno? Stia buono, dottore, si sa che lei è un brontolone - avranno 16. Compensazione finanziaria dei bilanci d'entrata fra le va­ rie parti delllmpero asburgico, generalmente in favore del­ l’Ungheria (1867-1918).

ATTO PRIM O, SCENA X

107

dei lumi! Non importa... i candelabri tremano lo stesso! Uno come me ne ha ancora, di illusioni. Cameriere, mi porti la « Blochische Wochenschrift » e 1’« Armeezeitu-ng » di Danzer! socio. Un momento! Se ora... se ora si potesse sentire quello che si dicono i ministri! Tutti si mettono ad ascoltare. Il vecchio Biach si avvicina al tavolo dei ministri. m i n i s t r o . Lo « Pschiitt » oggi è di nuovo in con­ dizioni pietose, e chi lo legge? È speciale per irritarmi. I camerieri, invece di rinchiudere i giornali illustrati, li vanno ad appendere - è incredibile, le libertà che non si permettono. E poi a me arriva un giornale in un tale stato - metterlo da parte, ecco, me lo farò mettere da parte, è l’unica. v e c c h i o b i a c h (agitatissimo). Sapete che cosa ho sentito? Dio mio, ho sentito chiaramente le parole: legge spe­ ciale, rinchiudere, appendere... socio. Oooh! v e c c h i o b i a c h . Libertà che non si permettono, lo Stato metterlo da parte! p r im o

CON SIGLIERE IM P E R IA L E. ECCO, CÌ s i a m o !

Sa che questo è un fatto politico sensazionale, kaV exochèn, e, si può veramente dire, di prima mano! v e c c h i o b i a c h (fiero). Allora, che mi dite? m e r c i a i o . È suo dovere farlo sapere alla stampa oggi stes­ so! v e c c h i o b i a c h . S ì, l ’o r a è g r a v e . . . c o n s i g l i e r e i m p e r i a l e . ... e chi può sapere cosa ci porterà il domani... m e r c i a i o . ... e lo Stato ha il dovere di placare le passioni una volta ridestate... socio. ... e gli umori sono importanti... d o t t o r e . ... e l’ansia cresce... v e c c h i o b i a c h . ... e son già le dieci e la mia Rosa se ne sta a casa e non è contenta quando rientro tardi, e per­ ciò io sarei per pagare e andarcene. d o tto re .

Viene il capocameriere col conto, tutti escono guardando ancora con timida curiosità verso il tavolo dei ministri. v e c c h io b ia c h

(uscendo). Abbiamo vissuto un momento

I 08

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

storico. Per tutta la vita non scorderò l’espressione gra­ ve sul volto del conte Stiirgkh! Cambia la sema.

Scena undicesima Si incontrano due che si sono arrangiati il

p r im o

.

Salve, tu ancora a Vienna? Ma non t’hanno

preso?

Sono andato in alto loco e mi sono arrangiato. Tu, piuttosto, che ci fai ancora a Vienna? Non ti hanno preso? p r i m o . Sono andato in alto loco e mi sono arrangiato. s e c o n d o . NaturaleI p r i m o . Naturale! s e c o n d o . Sai qualcosa di Edi Wagner? Ha trovato una strada anche lui? So che l’hanno chiamato in ottobre, e dicevano che il suo vecchio gli avrebbe comprato una Daimler perché il suo maggiore, Tschibulka von Welschwehr, aveva «promesso di metterlo nel Reparto Au­ tieri;17 poi invece che doveva andare a Klostemeuburg, con le matricole, o in una fabbrica di munizioni, in uffi­ cio naturalmente, e poi ancora han detto che l’avrebbe­ ro dichiarato indispensabile per il negozio, e suo zio, sai quello che si fa pelare all’ospedale della Riserva nella Fillgradergasse, be’, un giorno l ’ho incontrato e mi ha detto che mal che vada lo piazza alla Croce Rossa - nes­ suno ci capiva più nulla, insomma, mi piacerebbe sa­ pere dove l’hanno sbattuto, poveraccio. p r i m o . Te lo dico io dove. Il suo vecchio, tirchio com’è, per la Daimler ci ha ripensato e invece lo ha sistemato alla fabbrica danese di coperte di carta, però la cosa a Edi lo scocciava e ha detto che preferiva fare il soldato ed è andato a Blumau, ma lì si annoiava, e adesso se ne sta tutte le sere al Chapeau, una sera in divisa e l’altra il sec o n d o .

17. Reparto dell’esercito austro-ungarico in cui potevano arruo­ larsi i proprietari di automobili insieme ai loro autisti.

ATTO PRIM O, SCENA XI

in borghese, come avrà fatto, per me è un mistero, posso solo immaginare che, viste inutili le raccomandazioni, sia andato in alto loco e isi sia arrangiato anche lui. Però può darsi che sia stato esonerato o che rabbiano fatto inabile. Be’, ciao, ho un appuntamento con un pezzo grosso, forse riesco a beccarmi una fornitura, e che fornitura! Da leccarsi i baffi! s e c o n d o . Il solito culo. Hai visto, Pepi Seifert è caduto, giù verso Rawaruska, sai, be’, ciao, devo andare a una riunione al Soccorso di Guerra, domani danno un tè e ho promesso di portarci la mia Fritzina, ci viene anche Sascha Kolowrat, dài, facci un salto anche tu, portaci la pupa, va’ là... p r i m o . Eh, ho altro da fare, caro mio, be’, se ce la faccio ti do un colpo di telefono, ciao - oh, a proposito, volevo dirti un’altra cosa... Entrano un abbonato e un patriota. Che giovani gagliardi, li La visti? Sul Ring po­ trei mettere insieme un battaglione! a b b o n a t o . Roba da pazzi! È uno sconcio, in Francia hanno degli imboscati! p r im o (si volta). Ehi lei, ce l ’ha con me? a b b o n a t o . Con lei? Ma se non la conosco nemmeno, mi lasci in pace... s e c o n d o . Questo piacere potevamo chiederlo anche noi... Lei non può sapere... p a t r i o t a . Ma signori, signori, vi prego! Questo signore parlava degli imboscati in Francia, non è il caso di scaldarvi tanto, voi non siete francesi. p r i m o . Ah mbe’, se le cose stanno così, se non si parlava dell’Austria, mi sarò sbagliato, e tanti saluti! p a t r io t a .

I due escono. Vede, fanno anche i prepotenti! Quella cosa degli imboscati in Francia quello lì nella fattispecie aveva pensato si riferisse a lui. p a t r i o t a . Probabilmente era un francese che se l ’è svignata e se ne sta qui a fare le sue porcherie, chi lo sa! Senta, io mi gioco la testa che quello lì è un disertore, se non una spia! a b b o n a t o . Fa la stessa impressione anche a me. a bbo na to .

no p a t r io t a .

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’UM A N ITÀ

Comunque sia, che robe succedono nei paesi

nemici I A chi lo dice! Per esempio, tanto per restare in Francia, non hanno richiamato i rivedibili? Figu­ rarsi, i rivedibili! p a t r i o t a . Ma non è tutto, li mandano anche al fronte! Ho letto qualcosa su « L ’arruolamento dei rivedibili in Francia » ! a b b o n a t o . E che ne dice dello sconcio all’Intendenza Mi­ litare francese? p a t r i o t a . Hanno stipulato contratti per forniture di guer­ ra a prezzi da far rizzare i capelli. a b b o n a t o . Pare che nelle forniture di cibi in scatola e di munizioni siano venute fuori delle differenze di prezzo allarmanti. p a t r i o t a . Panno, tela e farina sono stati pagati a prezzi d ’affezione. a b b o n a t o . Certi mediatori hanno realizzato grossi profitti grazie a questi contratti! Pensi, lavorano con i media­ tori! p a t r i o t a . Dove? a b b o n a t o . In Francia, le dico! p a t r i o t a . Ma è uno scandalo! a b b o n a t o . E se ne discute pubblicamente in Parlamento! p a t r i o t a . Pensi se questo può succedere da noi! Per for­ tuna noi non abbiamo... a b b o n a t o . Il Parlamento, lei vuol dire... p a t r i o t a . No, volevo dire la coscienza sporca. a b b o n a t o . Lo stesso Millerrand ha ammesso tutto: gli er­ rori, ha detto, sono inevitabili, ma ora si procederà sen­ za riguardi per nessuno. p a t r i o t a . Ma quando mai! a b b o n a t o . E la Russia? È significativo che debbano già convocare la Duma, e che il governo se le senta cantar chiare, e zitto. p a t r i o t a . Da noi una cosa simile sarebbe impossibile, per fortuna noi non abbiamo... a b b o n a t o . La coscienza sporca, lo sappiamo. p a t r i o t a . No, volevo dire il Parlamento. a b b o n a t o . E che ne dice del raccolto? p a t r i o t a . Dico soltanto: cattivo raccolto in Italia, pessi­ mo in Inghilterra, prospettive nere in Russia, preoccu­ abbo nato .

ATTO PRIM O, SCENA XI

III

pazioni per il raccolto in Francia. E dei cambi, che ne dice? a b b o n a t o . Che vuole che le dica? Il crollo del rublo par­ la chiaro. p a t r i o t a . Mio Dio, se si fa il confronto con la nostra co­ rona... a b b o n a t o . Anche la lira è un disastro, ha perso il 30 %! p a t r i o t a . Per fortuna la corona ha perso soltanto il dop­ pio. a b b o n a t o . A proposito dell’Italia, ha letto oggi che lag­ giù va tutto a scatafascio? Il « Messaggero » lamenta la insufficienza della nettezza urbana a Roma, e questo getta una luce assai caratteristica sulla situazione di laggiù. p a t r i o t a . Basta confrontare le nostre strade a Vienna! Come se in guerra fossero più sporche che in pace! S’è mai letto in un nostro giornale che ci sia qualcosa che non va in questo settore? Be’ sì, ogni tanto la « Presse » parla del tema « nettezza urbana e mosche », ma anche quello è un tema interessante! a b b o n a t o . E si tratta di inconvenienti già in parte eli­ minati. Non ha letto della « eliminazione parziale della nettezza urbana»? E dunque! p a t r i o t a . E dell’Inghilterra, che ne dice? a b b o n a t o . Dico che in Inghilterra è enormemente aumen­ tato il prezzo delle patate. p a t r i o t a . Già, e pare perfino che non abbia ancora su­ perato quello delle nostre patate in tempo di pace. Pensi un po’! a b b o n a t o . E il trattamento dei nostri civili internati? Che atrocità, ha letto? Eppure lo sanno come li trattiamo bene, noi, i prigionieri di guerra russi! p a t r i o t a . E in più quelli lì hanno una faccia tosta incre­ dibile. Mi hanno detto che in Tirolo, sul Brennero, li fanno scavare trincee per tenerli occupati. E indovini cosa fanno? Si rifiutano, ecco cosa fanno! E allora, si capisce, si va per direttissima. Si fa venire un reparto da Innsbruck, e gli si chiede un’altra volta se sono di­ sposti a scavare trincee. No, rispondono quelli. E al­ lora: « Puntate! ». Eh già, non c’è mica da far compli­ menti, che saranno mai ’ste convenzioni intemazionali, la guerra è la guerra. Ma qui da noi son dei tali bonac­ cioni che hanno avuto ancora pazienza e gli hanno fatto

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un’ultima richiesta, ai ribelli. « Noi ». E allora: « Mi­ rate! ». A questo punto, si capisce, avrebbe dovuto ve­ derli, si presentano tutti : ma certo, sono disposti a sca­ vare le trincee. Di colpo intorno alle trincee isi fa un pigiapigia che non le dico. Insomma, tutti meno quat­ tro. E naturalmente questi di fucilano, si capisce. T ra loro c’è anche un allievo ufficiale - stia a sentire... a b b o n a t o . Sento, sento. p a t r i o t a . ... che probabilmente è il caporione. Be’, que­ sto ha la faccia tosta di tenere un discorso contro l’Au­ stria, lassù sulla montagna. Un antisemita, probabil­ mente. Stia a sentire... a b b o n a t o . Sento, sento. p a t r i o t a . I nostri, invece, sì dico i nostri soldati, buoni dia­ voli come sono, sparando erano troppo nervosi e non ce la facevano a centrarli, sicché il capitano è dovuto in­ tervenire personalmente e li ha finiti con la pistola d’or­ dinanza. Be’, che gliene pare di quel che combinano i russi in casa nostra? a b b o n a t o . In casa nostra? Dica piuttosto quel che combi­ nano contro i nostri prigionieri in casa loro! In caso non l’abbia ancora letto il giornale di oggi, eccolo qui, stia a sentire: « Prigionieri di guerra impiegati illegalmen­ te dalle truppe russe per attività belliche. Dall'Ufficio Stampa Militare si comunica: Da quando i russi sono stati cacciati dalla Galizia, non passa giorno che non si scopra qualche inedita violazione delle convenzioni in­ ternazionali da parte delle truppe russe; oggi non c’è quasi norma del diritto di guerra che non risulti calpe­ stata da parte dei russi ». p a t r i o t a . Ma bene! a b b o n a t o . Stia a sentire... p a t r i o t a . Sento, sento. a b b o n a t o . « Gli accertamenti svolti in questi giorni dalla gendarmeria nelle zone della Galizia che erano state occupate dai russi hanno stabilito che, in base a un ordine dei generali russi, durante il periodo di occu­ pazione tutti gli uomini e le donne abili al lavoro era­ no obbligati, in caso di necessità, oltre che ad altre prestazioni, anche a costruir trincee... ». p a t r i o t a . Senti che roba! a b b o n a t o . «... con la forza, e a tal fine li hanno deportati fin nei Carpazi. Naturalmente il fatto che secondo la

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Convenzione dell’A ia 18 il nemico non può imporre alla popolazione civile dei territori occupati prestazioni che risultino dirette contro la loro patria, alle autorità russe non ha fatto né caldo né freddo ». p a t r i o t a . Né caldo né freddo! Canaglie! a b b o n a t o . Stia a sentire... p a t r i o t a . Sento, sento. a b b o n a t o . « Non c’è quindi da meravigliarsi che i russi, come si è saputo di recente, impieghino illegalmente in opere contro di noi anche i soldati deU’imperiailregio esercito fatti prigionieri... ». p a t r i o t a . Inaudito! Proprio lo stesso caso! a b b o n a t o . «... anche se ciò contravviene egualmente alle norme della Convenzione deir Aia, che vietano di im­ piegare i prigionieri di guerra in lavori in qualunque modo connessi con le operazioni belliche. Per un caso singolare, l’imperialregio 82° reggimento di fanteria prese di recente d’assalto una postazione russa che era­ no stati obbligati a costruire proprio dei prigionieri dello stesso reggimento. Vi è stata rinvenuta una tavo­ letta di legno con questa scritta in ungherese: “Posta­ zione costruita da soldati di Szekely dell’82° di fanteria” . Quest’impiego forzato di cittadini austro-ungarici nelle ostilità contro la loro patria non contrasta con la de­ portazione di cittadini austriaci dal loro paese, bensì completa il quadro, è un provvedimento che rientra nel modo di combattere dei russi ». E ora, che ne dice? p a t r i o t a . Proprio una roba da russi! Non s’è mai vista al mondo! Certo, non è in contraddizione, è proprio un provvedimento che completa il quadro! E probabilmen­ te tra i poveri soldati austriaci non c’è stato nessuno che ha osato rifiutarsi. a b b o n a t o . E che, hanno tutti la faccia di bronzo di quel tale allievo ufficiale russo? p a t r i o t a . Tenere un discorso contro lo Stato lì in mezzo ai monti! a b b o n a t o . S u per i Carpazi! p a t r i o t a . Quali Carpazi? Sul Brennero! 18. Due conferenze internazionali, tenute rispettivamente al­ l'Aia nel 1899 e nel 1907, avevano fissato le norme internazio­ nali per la guerra marittima e terrestre.

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Sul Brennero 1 Si può proprio dire che non pas­ sa giorno senza uno di questi inauditi contrasti 1 p a t r i o t a . Era bellissimo l'articolo del prof. Brockhausen, che dice che da noi non si son visti mai schernire prigio­ nieri inermi, nemmeno con le parole. a b b o n a t o . E aveva ragione: era lo stesso numero della « Presse » dove il comandante della piazza di Leopoli ha reso noto che dei prigionieri russi sono stati ingiu­ riati e percossi con bastoni da una parte della folla durante il trasporto per le strade. E ha constatato espressamente che questo comportamento è indegno di una nazione civile. p a t r i o t a . Be', ha ammesso che la nostra è una nazione civile, non soltanto gli ebrei. a b b o n a t o . Naturale. Ma non c’è un solo punto che non ci distingua dal nemico, da questa feccia deirumanità. p a t r i o t a . Per esempio il tono di riguardo che usiamo per­ fino con i nemici, con la peggior canaglia esistente sulla faccia della terra. a b b o n a t o . E soprattutto, in confronto a loro, siamo sem­ pre umani! L ’editoriale della « Presse », per esempio, ha pensato addirittura ai pesci e alla fauna marina del­ l ’Adriatico, che se la passerà bene di questi tempi, ora che hanno tanti cadaveri italiani da mangiare. Questo vuol dire veramente spingere l ’umanitarismo agli estre­ mi, in questi tempi spietati pensare ai pesci e alla fau­ na dell’Adriatico, quando ci sono degli uomini che debbono soffrir la fame! p a t r i o t a . Sì, è esagerato, come gli succede spesso. Ma..* gliele canta chiare! E non solo neH’umanitarismo in guerra siamo superiori, ma in una cosa molto più pre­ ziosa... la perseveranza! Gli altri sono già a terra: sa­ rebbero contenti se fosse già tutto finito. E invece da noi...? a b b o n a t o . Me ne sono accorto anch’io. La Francia, per esempio, è giù di morale. p a t r i o t a . L ’Inghilterra è scontenta! a b b o n a t o . La Russia è disperata! p a t r i o t a . L ’Italia è avvilita! a b b o n a t o . Eccolo qui il morale dell’Intesa! p a t r i o t a . Le mura scricchiolano. a b b o n a t o . Poincaré è roso dall’ansia. p a t r i o t a . Grey è di malumore. abbo nato .

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Lo Zar si rivolta nel letto. Il Belgio è angosciato. a b b o n a t o . Ci consola! La Serbia è demoralizzata. p a t r i o t a . C o sì va bene! Il Montenegro è disperato. a b b o n a t o . C ’è ancora speranza! La Quadruplice è coster­ nata. p a t r i o t a . Cominciamo a riaverci! Dubbi a Londra, a Pa­ rigi e a Roma. Basta scorrere i titoli, senza leggere più in là, e si capisce tutto. Si vede come va male a loro e come stiamo bene noi. Il morale ce l’abbiamo anche noi, ma un po’ diverso, grazie a Dio! a b b o n a t o . Da noi gioia, ottimismo, giubilo, speranza, sod­ disfazione, siamo sempre sereni, e perché non dovrem­ mo esserlo, è giusto. p a t r i o t a . Tener duro, per esempio, è la nostra passione. a b b o n a t o . Come noi non ci riesce nessuno. p a t r i o t a . Soprattutto i viennesi hanno una grande ca­ pacità di resistere. Da noi si sopporta qualsiasi sacrificio come se fosse un piacere. a b b o n a t o . Sacrifici? Quali sacrifici? p a t r i o t a . Voglio dire, se bisognasse sacrificar s ì a b b o n a t o . Ma non ce n’è bisogno, per fortuna! p a t r i o t a . Giusto. Non ce n’è bisogno. Ma mi dica allora, se non ci sono sacrifici da sopportare... perché dobbia­ mo tener duro? a b b o n a t o . Ora glielo spiego. È vero, non ci sono sacri­ fici da sopportare, però li sopportiamo con gioia... que­ sto è il nostro segreto. Questa è la nostra arte, da sempre. p a t r i o t a . Appunto. Far la coda, ad esempio, è una pac­ chia. Ci si mettono proprio d’impegno. a b b o n a t o . L ’unica differenza rispetto a prima è che ora siamo in guerra. Se non fossimo in guerra, si potrebbe credere che siamo in pace. Ma la guerra è ¡la guerra, e si fanno per forza tante cose che prima avremmo sol­ tanto desiderato fare. p a t r i o t a . Esatto. Da noi non è cambiato nulla. E se una volta ogni morte di papa si arriva a richiamare i rive­ dibili, be’ allora bisogna vederli, muoiono dalla voglia di andare al fronte, i nostri giovanotti sotto i cinquanta. a b b o n a t o . Le classi più anziane non sono state ancora ri­ chiamate. p a t r i o t a . Ha letto? « Reclutamento dei diciannovenni in abbo nato . p a t r io t a .

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Italia »? Basta il titolo a dirtela tutta, la paurosa verità. No, mi dev’essere sfuggito. Ma che mi dice, ra­ gazzi così giovani! Da noi ci vuol gente più matura, ora da noi tocca ai cinquantenni, se non sbaglio, solo per le retrovie, s’intende, al fronte ci sono ancora abba­ stanza quarantanovenni. p a t r i o t a . In Francia stanno già richiamando i quarantottenni! a b b o n a t o . Insomma gente coi capelli grigi! Sembra che abbiano esaurito i più giovani. A marzo noi tireremo fuori i diciassettenni, che bellezza! p a t r i o t a . Certo, sono gli anni più belli! Ma lo sa qual è un’altra differenza? L ’equipaggiamento. Che infatti è la cosa più importante. Ma da noi va da ¡sé, nessuno se ne preoccupa. Ha letto oggi: l’Italia in difficoltà per le divise pesanti da montagna dei suoi soldati? a b b o n a t o . Non hanno altro da pensare! p a t r i o t a . Da noi di cose simili non ci si preoccupa. Qui­ squilie. Si assegna la fornitura e via. E la storia delle coperte di lana? La sa o no? ABBONATO. No. p a t r i o t a . Eccole un magnifico esempio di come da noi le cose marciano da sole. Feiner e soci comprano un mi­ lione e mezzo di coperte di lana dalla Germania, il no­ stro Ministero della Guerra aveva calcolato a occhio e croce questo numero per le truppe che svernano nei Carpazi. La cosa non è stata presa troppo sul tragico, perché contavamo di vincere prima. Ma poi, quando la faccenda si è fatta seria, eccoti d’improvviso che ti di­ cono: va bene, ma prima c’è da sbrigare una formalità: pagare il dazio sulle coperte. Prima, la merce, il Mini­ stro delle Finanze non la consegna neanche morto, e invece il Ministro della Guerra insiste che ne ha biso­ gno. Che vuole che le dica, la cosa è andata avanti sei mesi tra il Ministero della Guerra e quello delle Fi­ nanze. Per tutta la campagna dei Carpazi. Ma a un certo punto la ditta si decide, e interviene personal­ mente da Berlino Katzenellenbogen, sa, quello che suo­ na il primo violino da noi, soprattutto al Ministero del­ la Guerra. Be’, lui va direttamente dal Ministro delle Finanze e gli dice in faccia: in questo modo non va! Il Ministro risponde che lui non può risolvere la cosa così, a bbo nato.

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su due piedi. Allora Katzenellenbogen, deciso com’è, lei conosce la sua energia, allora Katzenellenbogen gli di­ ce : primo, la ditta fallisce; secondo, le coperte vanno in malora, si trovano all’aperto, all’umido e al freddo, la maggior parte è già quasi partita... ABBONATO. Chi? p a t r i o t a . Ma le coperte! Sono lì, all’addiaccio. ABBONATO. Chi? p a t r i o t a . Ma le coperte, diamine! Che domande! Dun­ que, fa lui, categorico: primo, la ditta fallisce; secondo, le coperte vanno in malora e terzo, alla fin fine i soldati ne hanno bisogno. Il Ministro alza le spalle e gli rispon­ de che lui non può, che la pratica dev’essere regolare. Prima il dazio, poi le coperte... a b b o n a t o . Ma il Ministero della Guerra perché non ha pagato? p a t r i o t a . Che domande! La tesi del Ministro era che non poteva far nulla se prima non si evadeva la pratica. a b b o n a t o . La pratica per il dazio? Ma non è proprio quel­ lo che affermava il Ministro delle Finanze? p a t r i o t a . Ma no, la pratica del mandato per pagare il dazio! a b b o n a t o . Ah ho capito, e cos’è successo poi? Mi ha messo in curiosità! p a t r i o t a . Cos’è successo? Katzenellenbogen torna dal Mi­ nistro e gli dice in faccia: Eccellenza, fa, il Ministero della Guerra non cede. Le voglio dire una cosa, gli fa. In commercio è d ’uso, quando un cliente momentanea­ mente non può pagare, però si sono avute su di lui buone informazioni, be’, in commercio è d’uso fargli credito. Eccellenza, le dirò una cosa: assuma informa­ zioni sul Ministero della Guerra, le diranno che è un cliente a posto... cosa vuole di più, gli faccia credito! E questo l ’ha convinto. Concesso il credito, sono state consegnate le coperte. a b b o n a t o . Allora è andato tutto a posto? p a t r i o t a . Fino a questo punto sì. Solo che si era già a marzo. Che vuol che le dica, quando vanno a tirar fuo­ ri le coperte, le trovano completamente marce. Allora prendono dei profughi e gliele fanno cucire a due a due, e infine, quando viene aprile e tutto è pronto, però a un prezzo doppio dell’ordinazione, un lavoro così va pagato, capirà, non è una sciocchezza cucire a due a due

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un milione e mezzo di coperte... be’, quando tutto è pronto, cosa va a succedere secondo lei? a b b o n a t o . Che cosa...? p a t r i o t a . Viene fuori che i soldati non han più bisogno delle coperte. Perché in primo luogo nei Carpazi non faceva più così freddo, e poi comunque la maggior parte aveva già i piedi congelati... E allora io le chie­ do: ci preoccupiamo, noi, delle coperte? a b b o n a t o . Gli italiani sì! Se la son voluta! Che ne dice del rincaro degli alimentari in Italia? p a t r i o t a . Non ne so nulla, ho letto soltanto del cattivo raccolto laggiù. a b b o n a t o . Non confonderà col cattivo raccolto in Inghil­ terra? p a t r i o t a . Questa è un’altra faccenda, e così pure bisogna distinguere la crisi alimentare in Russia. a b b o n a t o . Creda a me, è dappertutto la stessa cosa. Per esempio, dappertutto hanno introdotto la lista dei ca­ duti. p a t r i o t a . Sì, esattamente come da noi, copiano tutto... a b b o n a t o . Scusi, vuol dire che noi abbiamo... p a t r i o t a . Al contrario, da noi abbiamo introdotto la li­ sta quotidiana dei caduti inglesi. a b b o n a t o . L ’ho notato anch’io, mentre la nostra esce sol­ tanto ogni morte di papa. p a t r i o t a . Ma perché, vuole che inventiamo dei nomi? Che commettiamo un falso? Quest’anno avremo avuto a dir tanto 800 feriti! a b b o n a t o . In Italia non le pubblicano affatto. Il che è più che sospetto. Vuol dire che non possono ammettere le ecatombe subite finora. p a t r i o t a . A proposito del-l’Itali a, ha letto della destituzio­ ne di un loro generale? Per provata incapacità sul cam­ po! E pare che altre sono in arrivo. a b b o n a t o . Sss...! Una cosa da non credere. Si è mai sentito da noi un fatto simile, che un generale... p a t r i o t a . Be’, in verità sì. a b b o n a t o . Per incapacità? p a t r i o t a . Anche! a b b o n a t o . Ma almeno non ha avuto occasione di dimo­ strarla al fronteì p a t r i o t a . Questo no, ha ragione. Ma sa lei che anche in Italia ci sono già degli imboscati?

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E dove altro se no? E pensare che per loro la guerra è appena cominciatal Sa cos’altro hanno istitui­ to? La censura! Ma quanto a libertà di espressione, pare che stiano malmessi tutti. In quei paesi non si può dire nemmeno una parolina in libertà, così m’hanno detto. p a t r i o t a . Al massimo permettono ai loro giornali di scri­ vere che la nostra situazione militare è assai superiore alla loro. Eh già, la verità non si può soffocare. I critici militari inglesi definiscono « disperata » la situa­ zione delle potenze dell’Intesa. a b b o n a t o . Bell’affare, permettere simili cose! Se da noi uno parlasse così, sai cosa gli farebbero! p a t r i o t a . Se dicesse che la situazione deH'Intesa è dispe­ rata? a b b o n a t o . N o , se dicesse che è disperata la situazione degli Imperi Centrali. Sarebbe impiccato, e giustamente. Da noi una tale faccia tosta non ce l’avrebbe nessuno. p a t r i o t a . E perché mai dovrebbe farlo? Sarebbe una men­ zogna! Vede, perfino in Inghilterra dicono la verità, quando debbono ammettere che gli va male. a b b o n a t o . Bei patrioti debbono avere laggiù. Di recente uno ha scritto che l’Inghilterra merita di venire annien­ tata dalla Germania. Ma gli è andata male. Sa quanto gli hanno appioppato? Quattordici giorni! p a t r i o t a (prendendosi la testa fra le mani). La critica pu­ nita con la prigione in Inghilterra. Andiamo bene! Quattordici giorni! a b b o n a t o . Sì, quei signori certe cose non amano sentirle, la verità non la sopportano. È anche vero che nessun giornalista da noi arriverebbe a tanto. p a t r i o t a . E in Francia va forse meglio? Ma neanche un po’. Non ha letto proprio oggi la « Presse » : la prigione inflitta in Francia a chi diffonde la verità? Badi bene, per aver detto la verità. Per l’esattezza una signora che ha detto che la Germania era preparata per la guerra e la Francia no. Per una volta che gli si dice la verità in faccia... a b b o n a t o . N o , questo non lo sopportano, le signore au­ torità in Francia! Far la guerra gli sta bene, aggredire d’improvviso la Germania, la vicina pacifica, quello sì gli sta bene... p a t r i o t a . Parole sante : la Germania combatte una guerra abbo nato .

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difensiva, nessuno in Germania era preparato per la guerra, i circoli dell’industria pesante sono caduti pra­ ticamente dalle nuvole. a b b o n a t o . Si capisce, e se quella poveretta in Francia esprime una verità così semplice che anche un profa­ no la capisce, con parole alla buona... p a t r i o t a . Guardi che lei ora si sbaglia, la donna è stata condannata perché... a b b o n a t o . Ma sì, perché ha detto la verità! p a t r i o t a . Guardi che quella ha detto che la Germania era preparata per la guerra... a b b o n a t o . Ma la verità è che la Germania non era pre­ parata per la guerra... p a t r i o t a . Ma quella ha detto che la Germania era pre­ parata per la guerra! a b b o n a t o . Ma questa è una bugia! p a t r i o t a . Però l ’hanno condannata per aver detto la ve­ rità... a b b o n a t o . Allora perché è stata condannata? p a t r i o t a . Perché ha detto che la Germania era preparata per la guerra! a b b o n a t o . Ma come p u ò essere condannata in Francia? Per questo la dovrebbero condannare in Germania! p a t r i o t a . Perché? Un momento... no... ma sì... stia a sen­ tire, io questa storia me la spiego così: la donna ha detto la verità, su questo non c’è dubbio, ma fatti come sono in Francia, l ’hanno condannata per aver mentito! a b b o n a t o . Un momento, lei qui ha perso il filo. Secondo me è andata così: ha mentito, e l ’hanno condannata perché in Francia non sopportano la verità. p a t r i o t a . E cco , sarà così! Cosa vuole, ce l’hanno nel sangue. Laggiù la gente si lascia andare e parla. a b b o n a t o . Certo, basta leggere i loio giornali per vedere come dicono la verità al governo e tutto quello che inventano sul nostro conto. È pura malvagità. Se si dovesse credere a quel che i giornali di Londra scrivono su di noi, si penserebbe che l ’Inghilterra è spacciata. p a t r i o t a . Ma via, chi ci crede! Da noi i sentimenti sono diversi. La mentalità, così mi -hanno detto, è tutta un’altra. E ringraziamo Iddio. I nostri giornalisti so­ no, se così si può dire, ancor più entusiasti dei nostri soldati. Soprattutto negli elzeviri.

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Già che parla di elzeviri, le volevo dire: lo sa chi viene oggi da noi? Indovini : il più grande scrittore vivente, Hans Müller! p a t r i o t a . Senta, può dirgli che scrive proprio come mi canta il cuore! Com’è di persona? Mi interessa. Per definire il suo stile non ci sono altri aggettivi che « so­ lare » e «luminoso ». Più che solare, quando racconta del bacio che ha dato a un soldato in mezzo alla stra­ da a Berlino, e poi la sua preghiera in chiesa per le armi alleate alla fine dell’articolo! È proprio il mio preferito. Non ce n ’è uno di quelli che scrivono, nem­ meno Roda Roda o Salten, che ha saputo cogliere co­ me lui quel certo spirito di cameratismo, si può proprio dire che scrive veramente fianco a fianco, mettiamo con Ganghofer. Si spinge addirittura alla sua altezza! AI principio, quando scriveva i suoi elzeviri dal fronte, « Cassiano al Fronte », così autentici, così ispirati, avre­ sti creduto che ci fosse davvero, al fronte. Solo in se­ guito, per puro caso, ho saputo che invece si trovava a Vienna. Li scriveva addirittura da Vienna! Com’è bra­ vo! Che talento! Ma a me m ’interessa un’altra cosa: com’è lui, di persona? a b b o n a t o . Di persona... è difficile a dirsi. Al momento è molto spaventato, dopodomani purtroppo passa la vi­ sita. p a t r i o t a . Ah sì? E come mai è spaventato? a b b o n a t o . Ma per via della visita! p a t r i o t a . Spaventato? Ha paura che non lo prendano? a b b o n a t o . Non la capisco: ha paura che lo prendano, na­ turalmente! p a t r i o t a . Non faccia lo spiritoso. Hans Müller? Lo stesso Hans Müller che fa fuoco e fiamme per la patria? Ma che mi dice! Ma se finora non ho mai sentito nessuno come lui, che sembra vivere e morire per l ’alleanza ni­ belungica! Al contrario io credevo che fosse tornato ap­ posta dalla Germania, dove ha abbracciato i nostri guer­ rieri, i nostri grigioverdi, perché non vedeva l’ora, per­ ché voleva andar volontario! Chissà come sarà felice, pensavo, se lo prendono... E se non lo prendono, cer­ tamente ci resterà male! a b b o n a t o . Ma perché? Lei ha sentito coi suoi orecchi: l’elzeviro dal fronte in realtà era scritto a Vienna, e abbo nato .

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proprio questo le ha fatto impressione, che ha saputo scrivere dal fronte stando a Vienna! p a t r i o t a . L ’elzeviro dal fronte, pensavo, l’ha scritto per risentimento, perché forse lo hanno già respinto... per fargliela vedere! Voleva dimostrare quel die avrebbe saputo scrivere dal fronte se ci fosse andato! Non rie­ sco a credere a quel che mi racconta, forse lei lo scam­ bia con un altro. a b b o n a t o . Sarebbe felice, lui, se dopodomani alla visita lo scambiassero con un altro. p a t r i o t a . Senta, questo mi addolora. Posso solo pensare che lei sia male informato. Quando uno scrive quel che ha scritto Müller, con tanta verità e tanto fuoco, è cer­ tamente felice se lo prendono... abbo nato (.scaldandosi). Ma... allora, debbono prendere proprio tutti? Debbono essere tutti felici? Non si può più pensare ad altro? Non basta il suo entusiasmo? No, non basta, deve anche andar soldato? Proprio lui? Che uomo di buon cuore è lei! È come se fosse impaziente di vederlo marciare. Ma lei si preoccupa per nulla, e speriamo anche lui. Seppure lo prendessero... oggi per fortuna si sa chi è Hans Müller! Lo impiegheranno se­ condo le sue capacità! p a t r i o t a . Ha visto, io concordo con lei in tutto... ma su questo punto non siamo più d ’accordo! Io credevo in Hans Müller, e quel che mi è toccato sentire mi ha deluso. Il suo naturalmente è il punto di vista deir ab­ bonato, per lei un simile pilastro è indispensabile... a b b o n a t o . E lei vede ogni cosa con gli occhi del patriota... non la finiremmo più! Addio, vado a cercare un’edi­ zione straordinaria. E lei cosa fa? p a t r i o t a . Vado a portare la mia pietruzza. Escono in direzioni diverse. s t r il l o n e .

Edizione straordinaria...! I due bollettini...!

Cambia la scena.

Scena dodicesima Entrano un uomo gigantesco in abiti borghesi e un nanerottolo in uniforme gigante. A lei va bene, lei può rendersi utile alla comu­ nità. A me 1’ufficiale medico mi ha mandato subito via. n a n o . E per quale ragione? g i g a n t e . Debolezza di costituzione. In base alla vecchia visita, di quindici anni fa. A quel tempo avevo il suo aspetto. n a n o . Allora debbo stupirmi che non Tabbiano preso. A me rufficiale medico mi ha guardato appena, ed ero già preso. Mamma è molto addolorata. g i g a n t e . Uh, che figlio di m a m m a ! n a n o . Invece io sono contento. Cresce, l’uomo, coi suoi più alti compiti.19 In principio dubitavo di essere al­ l’altezza di quest’era gloriosa, di essere in grado di com­ battere fianco a fianco con gli altri. Ma da borghese non senti altro che sfottò, invece dall’esercito io tornerò co­ me un eroe, che ha sentito fischiare sopra di sé una quantità di pallottole. Quando gli altri si getteranno a terra - io resterò in piedi! g i g a n t e . Una bella fortuna! n a n o . Si consoli. Non è colpa sua. Dipende dalla Com­ missione. g ig a n t e .

I o s o n o p a s s a t o p e r il r o t t o d e l l a c u ffia .

nano.

I o i n v e c e h o a t t i r a t o l ’a t t e n z i o n e d e l m e d i c o . g i g a n t e . Andiamo a mangiare. Ho una fame da gigante. nano.

Io

prenderò una piccolezza. Edizione straordinaria! I due bollettini!

u n o s t r il l o n e .

Cambia la scena.

19. Cfr. Schiller, Il campo di Wallenstein, Prologo, v. 60: « Cresce, l'uomo, coi suoi più grandi compiti ».

Scena tredicesima Trenino elettrico Baden-Vienna. Un ubriaco fradicio, che di mestiere potrebbe fare lo scaricatore, statura gigantesca, baffi folti, pantaloni a quadrettini che recano le tracce di eccessive libagioni e di un recente allontanamento forzato dal luogo dove le ha consumate. Ha accanto a sé un sacco da cui estrae di tanto in tanto una bottiglia. Attacca lite con una coppia per aver urtato la ragazza, minaccia il suo accompagnatore e urla per tutto il viaggio . Ma guarda che sacco di patate... vuole anche al­ zar la voce... cos’ha fatto, lei per la patria? Si qualifichi! A me! Mi guardi in faccia... al fronte ho dei figli come lei... e han più barba di lei... e fanno qualcosa... per la patria... lo sa lei da dove vengo io... da Baden ven­ go, io... sacco di patate!... Si qualifichi... cosa si crede... uno così vuole alzar la voce... forse perché sta con la ragazza... ma cos’ha fatto per la patria?... mi guardi in faccia... io sì che faccio qualcosa... per la patria... se tut­ ti alzassero la voce come quello lì... ma che vuole? L ’ho forse offesa?... Sacco di patate!... io faccio qualcosa... si qualifichi... guardi qua... sa cos’è questa... una cartoli­ na di mio nipote dal fronte... per la patria... sacco di patate!... qualificarsi deve... il sacco di patate... a me deve qualificarsi... niente, ha fatto... per la patria... (Dopo essersi un poco calmato grazie all*intervento del bigliettaio, un tipo mingherlino, si mette ad offrire a turno la bottiglia a chi gli sta seduto accanto) Favori­ sca, signor vicino... dato che siamo tutti austriaci! u n a c o p p i a d i p r o f u g h i d a l l a g a l i z i a . Dio ce ne scampi! (Occupano frettolosamente altri posti, ma lasciano nel vecchio posto un ombrello). u b r i a c o (ridotto a un balbettio). Sacco di patate... per la patria... si qualifichi. u n i m p i e g a t o d e l d a z io (entra). Che cos’ha nel sacco? u b r ia c o (intontito). Sacco... per la patria... si qualifichi. l ’u b r ia c o

Dopo una lunga opera di persuasione viene convinto a pagare un’imposta di 20 centesimi. Frattanto il trenino si ferma. (che nel frattempo ha occupato il posto dove era seduta la coppia di profughi). E così dobbiamo tutti

u n v ie n n e s e

ATTO PRIM O, SCENA X III

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perdere tempo per questa sciocchezzai Su questa linea capitano sempre delle seccature! Ne ho le tasche piene! Scende dal trenino con l'ombrello. Piove. Anche l'ubriaco scende dal trenino, che si rimette in movimento. (già sceso, di nuovo arzillo). Per la patria... lui deve qualificarsi; deve... il sacco di patate... nulla, ha fatto... per la patria... c o p p i a d i p r o f u g h i (tirano un sospiro e rioccupano i vec­ chi posti. Dopo una pausa, balzando in piedi). Dov'é l'ombrello? Dio mio, dov’è l'ombrello? Fattorino, dov'è l’ombrello? u b r ia c o

Cambia la scena.

Scena quattordicesima In casa dell'attrice Elfriede Ritter, appena tornata dalla Russia. Valigie disfatte a metà. I cronisti Fiichsl, Feigl e Halberstam l'afferrano per le braccia e la incalzano con le loro domande c r o n is t i ( iaccavallandosi). Ha delle tracce di nagaika?20 Faccia vedere! Ci servono i particolari, i det­ tagli. Com'erano i moscoviti? Ha qualche impressione? Deve aver sopportato sofferenze spaventose, deve, signo­ ra, ha capito? f u c h s l . Ci descriva il trattamento da prigioniera che le è toccato subire! f e i g l . Ci dica le impressioni sul suo soggiorno per r « Abendblatt »! h a l b e r s t a m . Per il « Morgenblatt », le sue impressioni sul viaggio di ritorno! e l f r ie d e r it t e r (sorridendo, con accento nordico). Si­ gnori, vi ringrazio per il premuroso interessamento, è davvero commovente vedere che i miei cari viennesi mi hanno conservato la loro simpatia. E grazie per esser­ vi addirittura disturbati di persona. Avrei anche aspet­ tato volentieri a disfare le valigie, ma con tutta la mi­

1

tre

20. Frusta tartara e cosacca di cuoio intrecciato.

I2Ó

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

gliore volontà non posso dirvi altro, signori, se non che è stato molto, molto interessante, che non mi è accaduto assolutamente nulla, e poi che altro... ah sì, che il viag­ gio di ritorno è stato noioso ma non spiacevole e (ma­ liziosa) che sono contenta di ritrovarmi qui nella mia cara Vienna. h a l b e r s t a m . Interessante... un viaggio noioso, dunque ammette... f e i g l . Spiacevole, ha detto... f u c h s l . Aspetti, il cappello l ’ho ¡scritto in redazione... un momento... (Intanto scrive) Liberata dai tormenti della prigionia russa, giunta alfine al termine del viag­ gio noioso e spiacevole, l’artista versava lacrime di gioia al pensiero di ritrovarsi nella amata città di Vienna... e l f r i e d e r i t t e r (minacciando col dito). Dottorino, dotto­ rino, questo io non l ’ho detto, al contrario, ho detto che non posso lamentarmi di nulla, proprio di nulla... f u c h s l . Aha! (Intanto scrive) L ’artista guarda oggi con un certo ironico distacco alle vicende passate. e l f r i e d e r i t t e r . Ma senta... ma dico io... no, no, dottore, io sono indignata... f u c h s l (scrivendo). Ma poi, quando il visitatore l’aiuta a ricordare, viene presa nuovamente dall’indignazione. Con parole commosse la Ritter racconta come le è stata impedita ogni possibilità di lagnarsi del trattamento ri­ servatole. e l f r i e d e r i t t e r . Ma dottore, dove vuole arrivare... non posso proprio dire... f u c h s l . Non può certo dire... e l f r i e d e r i t t e r . Ma davvero... io non posso proprio dire... h a l b e r s t a m . Via, via, lei non immagina tutto quello che si può dire! Cara amica, guardi, il pubblico vuole leg­ gere, capisce. Lei può dire, glielo dico io. Da noi sì, in Russia forse no, qui grazie a Dio c’è la libertà di parola, non come in Russia, qui grazie a Dio si può dir tutto sulla situazione della Russia! C’è qualche giornale in Russia che si sia occupato di lei come facciamo noi? E allora! f e i g l . Ritter, sia ragionevole: crede che un po’ di pub­ blicità le faccia male, ora che si ripresenterà al pubbli­ co? E allora! e l f r i e d e r i t t e r . Ma signori... non posso proprio... è una cosa tirata per i capelli... se aveste visto... per strada o

ATTO PRIM O, SCENA XIV

127

presso le autorità... se solo avessi avuto il minimo mo­ tivo per lagnarmi di qualche sopruso o roba del genere, credete che non lo direi? f u c h s l (scrive). Ancora tremante per l’emozione, la Rit­ ter descrive come la plebaglia l ’ha tirata per i capelli, come alla minima lagnanza le autorità la sottopone­ vano a soprusi e come ha dovuto tacere tutte queste vicissitudini. e l f r i e d e r i t t e r . Ma dottore, vuole scherzare? Le ho detto perfino che i funzionari di polizia mi sono venuti in­ contro in ogni modo, mi han presa sottobraccio nei li­ miti del possibile, sono potuta andare dove ho voluto, sono tornata a casa quando ho voluto: le assicuro, se mi fossi sentita anche per un solo attimo come una prigioniera... f u c h s l (scrive). L ’artista racconta che una volta, quando tentò di uscire, la polizia le andò subito incontro, la prese per un braccio e la trascinò a casa, sicché condus­ se letteralmente la vita di una prigioniera... e l f r i e d e r i t t e r . Ora mi arrabbio sul serio... non è vero, signori, io protesto... f u c h s l (scrive). E si arrabbia quando questi ricordi delle sue vicende, delle sue vane proteste... e l f r i e d e r i t t e r . Signori, non è vero! f u c h s l (alza lo sguardo). Non... è... vero? Che vuol dire, non è vero, se scrivo ogni sua parola? f e i g l . Se noi lo vogliamo pubblicare, com’è che non è vero? h a l b e r s t a m . È la prima volta che mi succede, sa. Inte­ ressante! f e i g l . Quella è capace di mandarci una rettifica! f u c h s l . Via, non faccia storie, la può danneggiare! f e i g l . Non vada a cercarsi dei guai! h a l b e r s t a m . E quando gliela ridanno, una parte? f u c h s l . Se sabato lo racconto al direttore, alla conferenza sul repertorio, la Berger si becca la parte di Marghe­ rita, glielo garantisco io! f e i g l . Questo è il ringraziamento perché Fuchs l’ha sem­ pre trattata con un occhio di riguardo? Ma lei non conosce Fuchs! Se lo viene a sapere, stia attenta, alla prossima prima! h a l b e r s t a m . Wolf ce l’ha già con lei da quando quella volta ha lavorato nella sua commedia, glielo dico in

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

confidenza, Wolf inoltre è contrarissimo alla Russia, e se ora viene a sapere che lei non ha da lagnarsi della Russia... la fa a pezzi all’istante! f u c h s l . Sfido io, e Lòw? Non si metta contro Lòw, un’at­ trice deve adattarsi, punto e basta! f e i g l . Invece le posso dire che le servirebbe moltissimo, non solo col pubblico, ma anche con la stampa, se lei in Russia fosse stata maltrattata. h a l b e r s t a m . Ci pensi su. Lei viene da Berlino e ha fatto presto ad ambientarsi da noi. Qui si è sempre trovata bene, le hanno sempre aperto le braccia... f u c h s l . Io le posso soltanto dire che con queste cose non si scherza. Che una sia stata in Russia e non abbia nulla da raccontare delle sofferenze che ha patito, via, è da ridere, un’attrice della sua classe! Le dico che si tratta della sua carriera! e l f r i e d e r i t t e r (torcendosi le mani). Ma... ma... ma... si­ gnor redattore... io... credevo... caro dottore... la prego, caro dottore... volevo solo... dire la verità... scusatemi... ve ne prego, ve ne prego... f e i g l (furioso). E lei questa la chiama verità? E le nostre, sono bugie, allora? e l f r i e d e r i t t e r . Voglio dire... scusate... io veramente... credevo che fosse la verità... ma se voi... se voi signori... credete... che non sia... la verità... già, voi siete giorna­ listi... voi... ve ne intendete... di più. Sapete... io sono una donna, non ho la visione... giusta delle cose, non è vero? Dio mio... capirete... c’è la guerra... si ha tanta paura... si è così felici di esser tornati sani e salvi dalla terra nemica... h a l b e r s t a m . Vede dunque, se si rammenta piano piano... e l f r i e d e r i t t e r . Ma certo, caro dottore. Capirà, il primo impeto di gioia al ritrovarmi nella vostra amata Vien­ na... tutto quel che uno ha subito lo si vede color di rosa, per un attimo solo, naturalmente... ma poi... si è ripresi dall’indignazione, daH’amarezza... h a l b e r s t a m . Lo vede, noi lo sapevamo fin dal primo mo­ mento... f u c h s l (scrive). Indignazione e amarezza prova ancora og­ gi l ’artista quando ripensa ai supplizi subiti, e appena il primo impeto di gioia al ritrovarsi nella metropoli cede il posto ai tristi ricordi. (Si rivolge a lei) Allora, è vero adesso?

ATTO PRIM O, SCENA XIV

129

Sì, signori, questa è la verità... sapete, ero ancora sotto l'impressione... si ha tanta paura, si è così... f ü c h s l . Aspetti... (Scrive) Ancora intimorita, non trova il coraggio di parlarne. Nella terra della libertà soggiace ancora per un momento aU’illusione di trovarsi in Rus­ sia, là dove così ignominiosamente ha dovuto rinun­ ciare ai diritti della persona, alla libertà di opinione e di espressione. (Rivolto a lei) È vero adesso? e l f r i e d e r i t t e r . Oh, dottore, come sa cogliere i senti­ menti più segreti... f ü c h s l . Lo vede? h a l b e r s t a m . Allora, riconosce di aver sofferto... f e i g l . Eh, ne ha passate! f ü c h s l . Che vuol dire « passate »? Ha subito un vero mar­ tirio! h a l b e r s t a m . E allora cos'altro serve, andiamo, non sia­ mo qui per divertirci. f ü c h s l . Ovviamente, la conclusione la scrivo io in reda­ zione. Allora... non dobbiamo temere una rettifica? Ci mancherebbe altro! e l f r i e d e r i t t e r . Ma dottore!... Siete stati molto carini a venirmi a trovare. Tornate presto. Addio, addio. (Chia­ ma) Gre te! Gre-te! f e i g l . È davvero una persona ragionevole. Arrivederci, si­ gnorina. (Uscendo, rivolto agli altri) Dio sa quel che ha passato, e non ha il coraggio di raccontarlo a nessu­ no... poveretta! e l f r ie d e r it t e r .

Elfriede Ritter si accascia su una sedia e poi si rialza per disfare la valigia. Cambia la scena.

Scena quindicesima L'ottimista e il criticone a colloquio . T i eleva e ti commuove nello stesso tempo ve­ dere come il patriottismo si esprima oggi anche nelle insegne dei negozi, un fatto che potrebbe consolarci dell'aumento dei prezzi. c r i t i c o n e . Ma allora lei dovrebbe rimanere irriducibil­ mente avverso airHotel Bristol, che conserva questo o t t im is t a

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

I3 °

nome, benché a Londra non ci sia, nemmeno in tempo di pace, un Hotel Sankt Pòlten. o t t i m i s t a . Però r Hotel Bristol, trasformando la sua « grillroom » in una « graticola », ha dimostrato di avere il coraggio e la forza di riflettere su se stesso. E guardi qua, «A lla flotta». Che semplicità! È un ne­ gozio di biancheria che, com’è noto, fino a poco tempo fa si chiamava «A lla flotta inglese ». Il proprietario si affaccia alla porta. Be’, però non si sa... aspetti, voglio chiedergli a quale flotta si riferisce la sua insegna adesso. Forse, nella confusione, calerà qualcosa sul prezzo delle ca­ micie.

c r it ic o n e .

Il proprietario rientra nel negozio. c r it ic o n e .

È q u e lla a u str ia c a !

Cambia la scena.

Scena sedicesima Sede del Quartier Generale. Entrano quattro generali . Allora, signori, io non ci sto! Non ho nessuna intenzione di diventare un secondo Benedek, semplicemente non l’accetto... b r u d e r m a n n . Ma va’ là, non fare storie, allora che do­ vremmo dire noi. Ho perso soltanto ottantamila uo­ mini e cominciano a punzecchiare anche me. d a n k l . A me rimproverano i miei settantamila. p f l a n z e r -b a l t i n . Fai finta di niente! Da me si attacca, non si fanno storie. Domani si va all’attacco, altrimenti restiamo col culo per terra. Io sono per l’attacco, vor­ rei sapere per cos’altro ci sta a fare la gente al mondo se non per morire da eroi! All’attacco, all’attacco! (Gli viene un attacco di tosse). a u f f e n b e r g . Ma sì, ma sì... sono perfettamente d’accor­ do. Sono sempre stato del parere che i nostri ci diano dentro. E sono già in mezzo ai preparativi. Se non serve a nulla, dico io, male non farà di sicuro. Ma giùa uffen berg

ATTO PRIM O, SCENA XVI

sto, prima che mi dimentichi... ancora una volta l’aiu­ tante non me l’ha ricordato, bisogna pensare a tutto da soli... b r u d e r m a n n . Che ti succede? a u f f e n b e r g . Niente... che stupido... insomma, debbo scri­ vergli una cartolina. È da Lublino che lo voglio fare, ma nella confusione della ritirata me ne sono comple­ tamente dimenticato. Un momento! (Si siede a un ta­ volo e scrive) Gli farà piacere! d a n k l . Che scrivi? a u f f e n b e r g . Sentite: « In quest’ora... ». p f l a n z e r -b a l t i n . Ah, questo qua mette il fuoco in culo alla truppa... io neanche ci penso. Bastano mitraglia­ trici e cappellani! Domani andiamo all’attacco e allo­ ra... a u f f e n b e r g . « In quest’ora... ». b r u d e r m a n n . Scrivi un ordine di servizio? a u f f e n b e r g . No, una cartolina postale. d a n k l . A chi scrivi questo messaggio storico? a u f f e n b e r g . State a sentire: « In quest’ora, in cui in altri tempi mi trattenevo nei Suoi saloni, a me così cari, penso a Lei e al Suo personale e Le mando cordiali saluti dal lontano fronte. Auffenberg ». b r u d e r m a n n . Ma a chi scrivi? A Krobatin? a u f f e n b e r g . Che ti salta in testa? A Riedi! t u t t i . Ah, a Riedl! b r u d e r m a n n . Auffenberg è un uomo di cuore. Vedi, que­ sto mi piace di te. Così non ti potranno più prendere in giro per i novantamila tirolesi e salisburghesi che hai sacrificato. « Sacrificare », lo chiamano! p f l a n z e r -b a l t i n . Fregature! Io sono al centinaio! d a n k l . Sapete una cosa? Scriviamo tutti a Riedl! b r u d e r m a n n . Be’, io frequento di più il Caffè dell’Opera... preferirei... (Si siede e scrive). p f l a n z e r -b a l t i n . Allo Heinrichshof sono come a casa mia, e allora... (Si siede e scrive). d a n k l . Sì, è vero... io che da ventinole anni son di casa al Caffè Stadtpark... ogni giorno, insieme a Hòfer, ci leggo il bollettino dello Stato Maggiore... (Si siede e scrive). a u f f e n b e r g (a parte). Mi copiano in tutto. Prima la stra­ tegia e ora i rapporti con l’interno. Peccato che non c’è Potiorek, ma quello mi ha mandato ieri una cartolina

GLI U L T IM I GIORNI D E LL 'U M A N IT À

132

dal Caffè Kremser, e Liborius Frank se ne sta da Scheidl insieme a Puhallo von Brlog. Conrad fa lo spasimante, ha finito con la vita da caffè. Mi copiano in tutto. Io sono stato il primo a far pubblicare la mia foto sul­ lo « Humorist », ho aperto una strada. A quei tempi era una novità, non la solita gente di teatro. Ora sfilano tutti, tutti generali, è così noioso, sarebbe ora che si facesse vedere un uomo che è un uomo. Io sono stato il primo che si è fatto la stampa... adesso tutti hanno il loro galoppino, tutto per farsi réclame. Non vedo l’ora di sapere se Riedl avrà abbastanza presenza di spi­ rito da mandare la cartolina all’« Extrablatt ». Ma giu­ sto, prima che mi dimentichi, fra una settimana attac­ chiamo e io debbo... senti Pflanzer, attacco subito o tra una settimana? p f l a n z e r -b a l t i n . In questa faccenda non voglio metter becco, ma se fossi al posto tuo, ti farei uno di quegli at­ tacchi che... b r u d e r m a n n . Ora che i tuoi uomini sono comunque a terra, sarei anch’io di questa opinione. Per la ricostitu­ zione c’è sempre tempo. Falli attaccare! d a n k l . Ridicolo. Se lo tenga in serbo per il 18 agosto, se addirittura non vuole aspettare il 2 dicembre.21 È sem­ pre una bella sorpresa. p f l a n z e r -b a l t i n . I o non mi abbasso a queste cose da lec­ capiedi. Da me si attacca domani, poche storie! Entra un aiutante di Pflanzer-Baltin. Agli ordini, Eccellenza, i professori sono arri­ vati e vorrebbero consegnarle la laurea ad honorem. p f l a n z e r -b a l t i n . Ah, aspettino... se è pesante, la posino e riprendano fiato.

a iu t a n t e .

L'aiutante esce. Possiamo congratularci? Di quale facoltà è ? . Czernowitz. b r u d e r m a n n . Ma va’ là, quella non è una facoltà, è solo una cattedra. In quale materia? p f l a n z e r -b a l t i n . In filosofia, naturalmente.

auffen berg

.

p f l a n z e r -b a l t i n

21. 18 agosto: compleanno, e 2 dicembre: incoronazione del­ l’imperatore Francesco Giuseppe.

ATTO PRIM O, SCENA XVI

*3 3

Dove ti riabiliti? A Czernowitz. Non vuol dir molto, ma in fondo... b r u d e r m a n n . Io ho delle prospettive per Graz, perché gli studenti di laggiù han combattuto nelle mie file. Pur­ troppo la cosa non marcia, perché per la stessa ragione hanno intenzione di chiudere. d a n k l . Presto potrete farmi le congratulazioni per la lau­ rea ad honorem di Innsbruck. a u f f e n b e r g . Siete dei guitti di provincia. Cose simili io non le accetterei! Vienna, dico io, o niente. A propo­ sito di Vienna. Riedl andrà in brodo di giuggiole. Non devo dimenticare di ricordare all’aiutante di non di­ menticarsi di ricordarlo al corriere, altrimenti finisce col dimenticarsi la cartolina per Riedl! d a n k l , b r u d e r m a n n , p f l a n z e r - b a l t i n . È un’idea, lo fac­ ciamo anche noi, il corriere è sempre il mezzo più sicuro. a u ffe n b e rg (a parte). Mi copiano in tutto. Prima la strategia e ora i rapporti con l'interno! d a n k l.

p fla n z e r - b a ltin .

Cambia la scena.

Scena diciassettesima Vienna. Associazione dei caffettieri. Entrano quattro proprietari di caffè, tra i quali Riedl. Tutti gli si rivolgono con enfasi Così non va, Riedl, sei un patriota e un onesto commerciante, non puoi... guarda che è solo per la durata della guerra, poi te le restituiscono. s e c o n d o . Riedl, non mi fare arrabbiare, comprometti tut­ ta la categoria, che oggi tu onori... lo devi fare, che tu voglia o no, lo devi fare! t e r z o . Lasciatelo stare, a me dà retta. Riedl, non far sto­ rie. Sei viennese? E allora! Sei germanico? E allora! r i e d l . Ma state a sentire, che figura ci faccio sul Lehmann che sta per uscire... io sono stato sempre quello ohe in tutta Vienna ha avuto più onorificenze, di nessun altro ci sta scritto tanto quanto di me...

p r im o .

*3 4

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

. RiecU, capisco che ti costa, ma devi fare un sacri­ ficio... Riedl, sarebbe una figuraccia, addirittura alto tradimento, dal momento che sei frequentato da tanti condottieri, e uno è perfino cliente fisso! s e c o n d o . Guarda, tutti facciamo dei ¡sacrifici in quest’era gloriosa, ho perfino aumentato il caffè nero a quattro e 44 soltanto invece che a quattro e 50, ciascuno di noi al giorno d ’oggi deve portare la pietruzza... t e r z o . Roba da ridere, non ci posso credere, che il famoiso patriota Riedl, il presidente, il comandante dei vete­ rani della marina... ma via, Tegethoff si rivolterebbe nella tomba se lo sapesse. Io non ci credo! Riedl, tu, l’unico fra di noi che iha già in vita un monumento... r i e d l . Certo, e me lo sono fatto da me! Io sono un uomo fatto da me da cima a fondo... lì, a casa mia, Signore Iddio, ogni volta che ci tomo, a casa, me lo godo pro­ prio, il bel rilievo! p r i m o . E allora, hai proprio bisogno di quelle patacche dei nostri nemici? Le devi togliere tutte, Riedl, tutte, anche quelle del Montenegro, e anche l’ordine della L i­ berazione della Repubblica di LiberiT! r i e d l . Ma va’, anche quello? Soprattutto quello è stato sempre il mio orgoglio. Proprio ora, vedete, che acca­ rezzo l ’idea di ritirarmi fra un anno! No, è impossibile! s e c o n d o . Lo devi fare, Riedl. t e r z o . Riedl, non ti resta altro da fare. r i e d l . Magari anche l’ordine di Francesco Giuseppe? p r i m o . Al contrario, quello lo puoi far stampare in gras­ setto sul Lehmann, ora! r i e d l ( lotta con se stesso, poi con grande determinazione). E va bene allora... lo farò! So quello che debbo alla patria. Rinuncio alle onorificenze concessemi dai go­ verni nemici, questi figli di cane! Non riprenderei nem­ meno indietro i soldi che ho speso per quelle patacche! t u t t i (accavallandosi). Viva Riedl!... Ecco il nostro buon vecchio Riedl!... Viva Vienna e il nostro Riedl!... Viva il campanile di Santo Stefano e il nostro Riedl!... Dio maledica ringhilterra!... Sì, la maledica!... Abbasso il Montenegro!... Buttala via!... Riedl è il più grande pa­ triota! r i e d l (asciugandosi la fronte). Vi ringrazio... grazie, gra­ zie... telefono subito a casa, che le portino alla Croce p r im o

ATTO PRIM O, SCENA XVII

*3 5

Rossa. Domani lo potrete già leggere. (Si fa pensieroso) Eccomi qua, un tronco ormai sfondato.22 s e c o n d o . Guardate com’è cólto, ora parla perfino classico. r i e d l . Non è classico, è quel che dice sempre il dottore deir« Extrablatt », quando perde a carte. Adesso (af­ franto) perdo io. t e r z o . Non essere triste, Riedl! Non esser triste! Quello che sacrifichi ora te lo ritroverai in seguito raddoppiato e triplicato. E forse prima di quel che credi. Un cameriere si precipita nella stanza. Signor von Riedl, signor von Riedl, è arrivata una cartolina, la signorina Anna mi ha detto di corre­ re... è magnifico... tutto il locale è sottosopra... r i e d l . Da’ qua, di che si tratta... (Legge, tremando di feli­ cità e di sorpresa) Signori, in quest’ora, è un momento storico... in qualità di patriota e onesto commerciante, che ha ricevuto dai suoi concittadini innumerevoli lu­ singhieri attestati di affetto... io, come presidente... ma una cosa simile... no... guardate qua... t u t t i . Ma che cos’è? r i e d l . Il mio più illustre cliente fisso... il nostro supre­ mo condottiero... ha... durante la battaglia... ha pensa­ to... a me! Reggetemi! Lo devo comunicare... all’« Extra­ blatt ». c a m e r ie r e .

Tutti lo sorreggono e leggono. Ma va’, credevo Dio sa che cosa! Quante storie! Ieri ho ricevuto una cartolina da Brudermann. (La estrae dalla tasca). r i e d l . Smettila, è imbarazzante... s e c o n d o . Ma che c’è di strano, ditemi, avete perso la te­ sta... a me non fa né caldo né freddo. L ’altro ieri ho avuto da Pfianzer-Baltin... (estrae la cartolina dalla tasca). t e r z o . Eh, quante arie! Io per caso ho avuto già la setti­ mana scorsa da Dankl... (estrae la cartolina dalla tasca). tu tti e tre (leggono insieme). In quest’ora, in cui in p r im o .

22. Citazione sgrammaticata da Schiller, L a morte di Wallenstein, atto III, scena 13, v. 1792: « Eccomi qua, un tronco ormai sfrondato ».

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

altri tempi mi trattenevo nei Suoi saloni, a me così cari, penso a Lei e al Suo personale e Le mando cordiali sa­ luti dal lontano fronte. Dankl-Pflanzer-Brudermann. r i e d l (sbotta). Non è possibile! È un placio! Un placio, è ! Una truffa! Voi siete dei pezzenti rispetto a me! Ma non finisce così! Per ora non ho ancora restituito nessuna onorificenza, non ci penso neppure, e se Auffenberg non mi dà subito una spiegazione... me le tengo tutte! Cambia la scena.

Scena diciottesima Nella caserma del reggimento dei Deutschmeister a Vienna. Un signore elegante sui quarantanni aspetta in una stanza sporca, senza sedie. Entra il maresciallo Weiguny Mi scusi... signor maresciallo... forse... mi potreb­ be dire... io sto qui in piedi da tre ore... e non viene nessuno... mi hanno fatto inabile... mi ^ono presentato volontario prima della chiamata per avere assegnato un lavoro d’ufficio... e mi han detto di fermarmi addirit­ tura... però devo... m a r e s c i a l l o . Chiudi il becco! s i g n o r e . Sì... certo... però io vorrei... io debbo... la prego, almeno... avvertire la mia famiglia... e in questa situa­ zione non posso... mi servirebbe la mia roba per lavar­ mi... uno spazzolino da denti, una coperta eccetera... m a r e s c i a l l o . Chiudi il becco! s i g n o r e . Ma... scusi... mi sono presentato... non sapevo... io debbo... m a r e s c i a l l o . Cretino, se dici un’altra parola, ti do una sberla che... (Il signore estrae dalla tasca una banco­ nota da dieci corone e la porge al maresciallo). Oh, al­ lora... guardi, signore... a casa non posso davvero lasciar­ la andare, non si può, ma se vuole una coperta... gliela procuro io. (Lascia la stanza). s ig n o r e .

Entra un allievo ufficiale dalla stanza accanto. a l l ie v o

u f f ic ia l e .

Ah, sei tu quello che ha avuto la di-

ATTO PRIM O, SCENA XVIII

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scussione col maresciallo? Ciao, non mi riconosci? Wògerer, Club Atletico... s i g n o r e . È vero! a l l i e v o u f f i c i a l e . T i han fatto inabile, eh?... Ma senti, tu, come può una persona intelligente mettersi con un maresciallo? s i g n o r e . Ma che devo fare? Sto qui in piedi da tre ore. Debbo andare a casa... i miei non sanno nulla... mi sono presentato volontario... a l l i e v o u f f i c i a l e . Va’ là, ci sei cascato bene. Ma chi ti ha dato questo consiglio? Però, se vuoi andare a casa ci puoi andare, naturalmente. s i g n o r e . Va bene, ma come si fa? a l l i e v o u f f i c i a l e . Roba da ridere, non sei un signore? T i aiuto io... Fai così... allora, vai dal capitano... s i g n o r e . Come, e lui mi lascia andare a casa? a l l i e v o u f f i c i a l e . Normalmente no di certo, è molto se­ vero, ma tu gli devi dire, così, semplicemente, ma chiaro, isai, senza esitare, deciso (fa il saluto militare): « Agli ordini, signor capitano, dovrei andare da una ragazza! ». E allora sta’ attento, il capitano risponde, scommettiamo che dice: « Cosa, deve andare da una ragazza? Se ne vada, sporcaccione! ». E così te ne puoi andare! Cambia la scena.

Scena diciannovesima Ufficio Assistenza di Guerra v o n h o f m a n n s t h a l (scorre il giornale). Ah, una lettera aperta indirizzata a me?... È gentile da parte di Bahr, non essersi dimenticato di me in questi tempi spaventosi! (Legge) « Un saluto a Hofmannsthal. So sol­ tanto che lei è sotto le armi, caro Hugo, ma nessuno sa dirmi dov’è. Così voglio scriverle tramite il giornale. Forse il vento amico glielo sospingerà al suo fuoco di bivacco e la saluterà cordialmente da parte mia ». (In­ terrompe la lettura). u n c i n i c o . Ehi, continua! Scrive proprio bene, Bahr!

ru g o

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(appallottola il giornale). Questo Bahr è terribile... c i n i c o . Ma che cos’hai? (Prende il giornale e legge a trat­ ti) « Ogni tedesco, a casa o al fronte, indossa oggi l’uni­ forme. Questa è l’enorme fortuna di questo momento. Dio ce la possa conservare!... È il vecchio cammino già percorso dalla Canzone dei Nibelunghi, dal Minnesang e dai Maestri Cantori, dai nostri mistici e dal nostro barocco tedesco, da Klopstock e Herder, Goethe e Schiller, Kant e Fichte, Bach, Beethoven, Wagner... Buo­ na fortuna, caro tenente »... h o f m a n n s t h a l . Piantala! c i n i c o (legge). « So che lei è contento. Sente la felicità di partecipare. Non esiste felicità più grande ». h o f m a n n s t h a l . Senti, se non la pianti subito... c i n i c o (legge). « E questo ricorderemo per sempre: l'im­ portante è partecipare. E d’ora in avanti intendiamo avere sempre qualcosa cui poter partecipare. Così avre­ mo percorso per intero il cammino della Germania, e il Minnesang e i Maestri Cantori, Walter von der Vogelweide e Hans Sachs, Eckhart e Taulero, la mistica e il barocco, Klopstock e Herder, Goethe e Schiller, Kant e Fichte, Beethoven e Wagner saranno completamente realizzati... ». E questi che c’entrano con te? Ah, forse vuol dire che sono dispensati anche loro dal servizio militare. « E questo il buon Dio ha riservato in sorte alla nostra povera stirpe! ». Dio sia lodato! (Legge) « Ma ora dovreste essere vicini a Varsavia! ». h o f m a n n s t h a l . Smettila! c i n i c o . « Allora vada subito al nostro consolato e chieda se c’è ancora il console generale austro-ungarico: Leopold Andrian ». (Gli viene un convulso di risa). h o f m a n n s t h a l . Perché ridi? c i n i c o . Probabilmente dopo lo scoppio della guerra quello lì è rimasto a Varsavia per vistare il passaporto alle truppe in arrivo... in guerra è indispensabile... altri­ menti non possono andare in Russia! (Legge) « E quan­ do sarete lietamente insieme, e mentre fuori suonano i tamburi e Poldi23 passeggia per la stanza declamando Baudelaire con la sua voce calda e tenebrosa, non dih o fm a n n sth a l

23. Si tratta di Leopold Andrian (vedi Indice dei nomi).

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menticatevi di me, che io vi penso! Voi state così bene... ». h o f m a n n s t h a l . Piantala! c i n i c o . «... e vi devono venire in mente tante di quelle cose, non è vero? »... Ma guarda che gli viene in mente a quello! h o f m a n n s t h a l . Lasciami in pace! c i n i c o . Ma non dovresti andare comunque a Varsavia tra poco? Voglio dire per propaganda o cose del genere. Terrai di nuovo la tua conferenza su Hindenburg? h o f m a n n s t h a l . Lasciami in pace, ti dico... c i n i c o . Senti, oggi fa di nuovo un freddo... debbo suonare perché venga ad attizzare il fuoco di bivacco. h o f m a n n s t h a l . Questa è una vigliaccata... senti, tu... pren­ di in giro qualcun altro e lasciami lavorare. Entra Poldi. (voce calda e tenebrosa). Buongiorno, Hugo caro, hai notizie di Bahr?

po ldi

Hofmannsthal si tappa le orecchie. Ossequi, signor barone, arriva a proposito. Senti, Hugo caro, è vero che quest’anno Bahr non è ancora venuto qui, o forse l ’han chiamato alle armi? c i n i c o . Come, anche lui? h o f m a n n s t h a l . Senti, quest’uomo è veramente terribile... vieni, entriamo qua... p o l d i . Hugo caro, isai che quel Baudelaire è proprio bravo, ti reciterò qualche cosa. h o f m a n n s t h a l . E io ti mostro il mio Principe Eugeniol p o l d i . Magnifico!

c in ic o . p o l d i.

Cambia la scena.

Scena ventesima Fronte della Bucovina. Presso un comando. Entrano i tenenti Fallota e Beinsteller . Ieri, sai, mi sono rimediato una polacca coi fioc­ chi... un bocconcino! Peccato che non possiamo metter­ la nella foto di gruppo che mandiamo alla « Muskete ».

fa llo ta

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Aha, una pupa!... Senti, dovrebbero foto­ grafare il cappellano a cavallo mentre dà i sacramenti a un moribondo. Non ci vuole molto, aH’occorrenza si può anche farlo finto, si stende uno per terra, e poi c’è un’altra cosa che la redazione chiede, gli serve una pre­ ghiera sulla tomba di un soldato, dice che vanno sempre. f a l l o t a . Senti, ieri te ne ho scattata una, ma interessante, ti dico. Un russo morente, sai una scena di genere, con una ferita alla testa, proprio al naturale. Pensa, ha an­ cora potuto guardare l’obiettivo. Aveva uno sguardo, sai, era come se fosse finto, eccezionale, credi che vada bene per 1’« Interessante », che me la piglieranno? b e i n s t e l l e r . Eccome, e te la pagano anche. f a l l o t a . Credi? Senti, a proposito, hai perso qualcosa, ieri il caporale è svenuto mentre teneva la spia duran­ te l’esecuzione per il film della Sascha, sai, quel prete ruteno, peccato che tu non ci fossi. b e i n s t e l l e r . E che ne hai fatto di quello lì? f a l l o t a . L ’ho messo al palo, naturalmente. Non lo metto certo in prigione, non siamo mica in tempo di pace... la prigione potrebbe andargli bene, a quei tipi. b e i n s t e l l e r . Sai, non li capisco i russi. I prigionieri ti raccontano che da loro non ci sono per niente queste punizioni! f a l l o t a . Non mi seccare con quella nazione di schiavi! Hai già letto la poesia di Kappus? In versi e perfino in rima! b e i n s t e l l e r . Ma sì, la « Muskete » è tutta da crepare dal ridere... Schonpflug... f a l l o t a . È vero, è un’altra roba! Senti, voglio mandargli una barzelletta... Sai cosa? Ora comincio un diario e ci metterò tutto quello che ho visto. A cominciare dalla bisboccia dell’altro ieri. Una polacca coi fiocchi, ti dico, ma proprio coi fiocchi... (fa un gesto che indica abbondanza). b e i n s t e l l e r . Ah sì, un pettone... ma sì, tu ne hai di av­ venture, io invece, lo sai, mi interesso più di cultura. Leggo molto. Ho quasi finito anche l ’Engelhorn. Prima, quando stavo giù - si facevano tante bisbocce. Anche un po’ di musica, certo. Adesso abbiamo un grammo­ fono che viene dal castello. Mi potresti prestare la tua polacca, per farcela ballare.

b e in ste lle r .

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Sai chi ne deve aver viste tante qua fuori? Nowak del Quattordicesimo, quello è stato sempre uno in gamba. Se non marca ogni giorno le sue sessanta tacche sul fucile, se la prende coi suoi. Puhringer gior­ ni fa mi ha scritto una cartolina: dunque, Nowak ti vede un vecchio contadino serbo che va a prendere acqua nella Drina. Re\ c’era una tregua del fuoco, e lui dice a Puhringer: Ehi, tu, guarda quello laggiù, prende la mira e bum, te lo stende. Un figlio di troia, quel Nowak, te li becca tutti. Lo hanno già proposto per l’ordine della corona. b e i n s t e l l e r . Bel colpo! Naturalmente quei pivelli pacioc­ coni non capiranno una cosa così. Sono curioso, sai, di sapere come ise la caverà Scharinger in quella stupida faccenda, ne sai nulla? f a l l o t a . Perché se l’è squagliata durante l’attacco? b e i n s t e l l e r . Ma scusami, non vorranno mica che un ef­ fettivo... f a l l o t a . Ah sì allora, c’era la storia di quel cuoco che aveva lasciato bruciare qualcosa e allora lui lo ha man­ dato avanti... b e i n s t e l l e r . Ma no, era per via di un pastrano... non lo sai, lui era alloggiato dove prima aveva abitato il co­ lonnello, Kratochwila von Schlachtentreu, e poi, quan­ do è di nuovo ripartito ha portato con sé un suo pa­ strano che stava ancora in giro. Non lo sai? Allora te lo racconto. Il colonnello lo incontra e vede il pastrano, fatto su come un fagotto. Scharinger trova una scusa, dice che credeva che il pastrano fosse del nemico, che l’aveva preso nel castello, e che intendeva restituirlo subito. Ergo... ti puoi immaginare il casino. Ma se la caverà. f a l l o t a . Non capisco... sempre con queste storie. Finora non ho avuto ancora grane di questo genere. Se è bot­ tino di guerra... allora è naturale! Soprattutto in quei tempi! Lo stesso Giuseppe Ferdinando s’è presa una bella pariglia con tutti i finimenti, sai, lui ha senso artistico, si sa, e anche dei gioielli, eccetera. Anch’io, sai, allora mi sono preso un paio di cosette chic... sai, ebbi subito un’intuizione... eh sì... ti dico, un pianofor­ te, e di prima qualità. b e i n s t e l l e r . Accidenti! f a l l o t a . Be’, che vuoi, la moglie del generale ha preso fa llo ta .

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dall'alloggio requisito della biancheria e dei vestiti, ma solo per uso personale naturalmente, la figlia aveva il corredo dal Ministero della Guerra. Quelli erano tem­ pi! Poi hanno portato via il grano e il bestiame e altra roba, quella che serviva. E ci si divertiva sempre, botte e via così. Tutto con lo spumante. Ora invece è tosta. Non posso mica dire che mi diverto tanto, quaggiù, a parte le puttane. b e i n s t e l l e r . Mi pare che gli sia venuta di nuovo la fre­ gola di un attacco, per lo meno è una distrazione. f a l l o t a . L ’ultimo era proprio una scemata. Duemila feri­ ti, seicento morti... tu lo sai, io non sono un sentimen­ tale, e sono sempre d ’accordo che si lavori... b e i n s t e l l e r . È rimasto un mistero anche per me. f a l l o t a . Neanche per un pezzetto di trincea, giusto per il bollettino. Quattro settimane gli uomini se ne sono stati senza far nulla... b e i n s t e l l e r . Proprio per questo. Se la son di nuovo gio­ cata a dadi, lassù. Facciamoli attaccare, hanno detto. Quando la truppa comincia a lamentarsi della verdura secca, la si fa attaccare. Tanto per non fargli perdere l’esercizio. Poi il ciccione24 dice : E allora, è questo che volevate? Ma sì, dicono, che altro hanno da fare sennò? Non si può definirla alta strategia, devo ammetterlo, e non sono certo uno schizzinoso! Ma dico io, se non è proprio necessario... risparmiamo il materiale umano. Così, prima si giocano gli uomini addestrati, poi ti man­ dano su dei pivelli. Mezze tacche che non sanno nem­ meno distinguere una bomba a mano da un mucchietto di merda. T i pare giusto, questo? f a l l o t a . Eh già, così si fanno notare da Pflanzer. b e i n s t e l l e r . Caro mio, il colonnello è furioso quando in una ritirata rimangono vivi in troppi. « Come? » ha gridato a una compagnia « perché non volete crepare? ». Sistema Pflanzer-Ribaldin, dicono da Bohm-Ermolli. f a l l o t a . Giorni fa c’era da spassarsela coi feriti. Ma sì, chi avrebbe immaginato che la cosa avrebbe assunto quelle dimensioni, non c’erano abbastanza ambulanze. Sai, le macchine erano tutte in città coi generali, ai tea24. Riferimento all’arciduca Federico, comandante in capo de­ gli eserciti austro-ungarici nella guerra 1914-18.

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tri e così via. Han provato a telefonare, ma non ne è arrivata neanche una. Un bordello! b e i n s t e l l e r . Con i feriti ci sono sempre grane. f a l l o t a . Da noi dovrebbero stare un po’ più attenti ai nostri. Capisco che si dia addosso alla popolazione, ma in fin dei conti le truppe servono... Questo mese ab­ biamo avuto duecentoquaranta condanne a morte con­ tro civili, eseguite immediatamente, tutto perfetto, li­ scio come l’olio. b e i n s t e l l e r . Erano politicamente sospetti? f a l l o t a . La metà politicamente infidi. b e i n s t e l l e r . Di che si trattava? f a l l o t a . Mah, cospirazione e roba del genere... b e i n s t e l l e r . Ma va’... f a l l o t a . Io, vedi, non sono favorevole alla legge marziale, è un gran cavillo giuridico... e poi scrivono sempre quelle scemenze: « Da effettuarsi ». « Esecuzione effet­ tuata » ! Hai mai letto una pratica? Io no. Quando mi allaccio la sciabola, questa roba non mi serve. b e i n s t e l l e r . E poi bisogna anche star lì alle esecuzioni! f a l l o t a . Be’, all’inizio la cosa mi interessava perfino. Ma adesso, se sto facendo una partitina, mando il sottote­ nente. Si sente lo stesso fino a casa. Adesso abbiamo qualche buon giurista di Vienna. Ma è un lavoro da cani lo stesso. Mi hanno proposto per la croce al merito. b e i n s t e l l e r . Congratulazioni. Dimmi, come va Floderer? Continua a sparare sui suoi? f a l l o t a . Macché! Un anno fa gli hanno riscontrato una paralisi... niente da fare. Continuano a mandarlo via, e lui torna sempre. Come faccia, per me è un mistero. Poco tempo fa ha sparato a ain maresciallo che il te­ nente aveva mandato a prendere delle munizioni, per­ ché si era messo in testa che stesse scappando. Neanche gli ha chiesto niente, bum, e l’ha steso. b e i n s t e l l e r . Uno più, uno meno... Poi, ti dirò, dopo un anno in quest’affare... morti o no, non vuol dir più nul­ la. I feriti, invece, quella è una vera grana. Fra un anno, quando ci sarà la pace, non ci saranno che mutilati con l’organino, io già mi tappo le orecchie. Che ce ne fa­ remo di questa gente? Essere ferito... è una cosa fatta a metà. La morte da eroe o niente, dico io, altrimenti uno se l ’è voluta.

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Con i ciechi è un pasticcio. Fanno ridere, quando sbattono il muso da tutte le parti. Giorni fa, di ritorno dalla licenza, arrivo in una stazione proprio mentre la truppa ne spintona uno di qua e di là e si divertono da matti. b e i n s t e l l e r . Ma che vuoi... dovevi vedere -l’altro giorno il comandante di divisione prendere in giro uno che aveva un tic. f a l l o t a . Eh sì, son cose che dan fastidio a un uomo sensibile, però sai quel che penso in questi casi? La guerra è la guerra, io penso in questi casi. b e i n s t e l l e r . Dimmi, che fa il tuo attendente? Quanti anni ha adesso? f a l l o t a . Quarantotto giusti. Ieri, per il suo compleanno, gli ho dato un ceffone. b e i n s t e l l e r . Ma ohe fa nella vita? f a l l o t a . Mah, compositore o filosofo. b e i n s t e l l e r . Senti, la settimana scorsa Mayerhofer era a Teschen. Sai come va in giro ora il dio in persona? 25 Con un bastone da maresciallo, va a passeggio! f a l l o t a . E quando va al cesso, se lo porta dietro? b e i n s t e l l e r . Ora ne ha avuto un altro da Willi,26 forse va in giro con tutt’e due. f a l l o t a . Capirai, sembreranno delle stampelle! b e i n s t e l l e r . La grassona ebrea di Vienna toma a metter­ si in vista laggiù, la potente ninfa Egeria... se si potesse combinarci qualcosa, non sarebbe male... f a l l o t a . Oh, niente ti fa paura. Certo... anch’io sarei contento se la sera potessi tornare alla Gartenbau, dopo esser stato airangolo delle celebrità... b e i n s t e l l e r . Cosa? La Gartenbau? Scordatelo! f a l l o t a . Perché? b e i n s t e l l e r . Ma come, sei stato da poco a Vienna e non sai che ora c’è un ospedale? f a l l o t a . Ah sì, giusto! (Riflessivo) Naturale... però anche qui non sono sistemato male. Sai adesso ho di nuovo un pianoforte e una lampada a braccio... b e i n s t e l l e r . A braccio, abbracci, abbraccia. f a l l o t a . Senti, mi pare che stia per piovere. b e i n s t e l l e r (guarda in su). Ah, piove! Andiamo. fa llo ta .

25. Vedi la nota precedente. 26. È l’imperatore Guglielmo II di Germania.

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Non hai notizie di Doderer? Quello sì che è fortunato! B e i n s t e l l e r . Sì, è sempre stato un tipo in gamba. f a l l o t a . In gamba, è vero. Ma uno scansafatiche, uuh!

fa llo ta .

Cambia la scena.

Scena ventunesima Campo di battaglia. Non si distingue nulla. Sullo sfondo, lontano, si sviluppa ogni tanto del fumo. Due corrispon­ denti di guerra con pantaloni alla zuava, binocolo e mac­ china fotografica . Si vergogni, lei non è un uomo d ’azione, guardi me, ho fatto la guerra dei Balcani27 e non mi è successo nulla! (Si abbassa). s e c o n d o . Che è successo? Io non vado avanti, per tutto l’oro del mondo. p r i m o . Niente. Sono i colpi che esplodono. (Si abbassa). s e c o n d o . Gesummaria, e questo cos’era? (Si abbassa). p r i m o . Un colpo inesploso, non vale la pena di parlarne. s e c o n d o . Cosa, un colpo inesploso, Dio mio! No, non me l ’immaginavo così. p r i m o . Vada al coperto. s e c o n d o . Dove devo andare? p r i m o . Al coperto! Dia qua il binocolo. s e c o n d o . Che cosa osserva? p r i m o . I fiori di zafferano. Mi ricordano la guerra dei Balcani. E così avrei l ’atmosfera. (Sta in ascolto). s e c o n d o . Che cosa sente? p r i m o . I corvi che gracchiano come se avessero sentito l ’odore della preda. Proprio come nella guerra dei Bal­ cani. E il pericolo chiama. s e c o n d o . Andiamo. p r i m o . Fifone! E il pericolo chiama. (Si sente uno sparo) Gesù! Ma quelli là non sono i nostri? p r im o

27. È la Serbia, la d all’altra; ottomano

guerra combattuta nel 1912-13 tra la Bulgaria, la Grecia e il Montenegro da una parte e la Turchia ne risultò una diminuzione territoriale delU m pero e la creazione deH’Albania.

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Quelli dell’Ufficio Stampa? Ma no, i nostri. s e c o n d o . Mi sembra di sì. p r i m o . Bravi ragazzi. Niun pensava ai propri cari, al ne­ mico ognun pensava! Cosa c’è lì per terra? s e c o n d o . Niente, dei caduti italiani che si trovano da­ vanti alle nostre postazioni. p r i m o . Un momento! (Fotografa) Nulla ricorda che siamo in guerra. Non si vede nulla che ricordi la sofferenza, la miseria, le fatiche e l’orrore. s e c o n d o . Un momento! Adesso avverto il soffio ardente della guerra. (Uno sparo) Andiamo. p r i m o . Non è niente. La faccenda si presenta come una scaramuccia di avamposti. s e c o n d o . Se fossimo rimasti a Villaoh - Dio mio, ieri ho fatto bisboccia con Sascha Kolowrat - le ho già detto che non ho ambizioni. Vedrà, la nostra posizione è stata individuata. p r i m o . Se non sopporta neppure delle scaramucce, mi fa pena. s e c o n d o . Sono forse un eroe? Un Alexander Roda Roda? p r i m o . Nemmeno io sono un Ganghofer, però le posso di­ dire, si vergogni di fronte alla Schalek! Eccola che vie­ ne! Può andare a nascondersi... s e c o n d o . Va bene. (Si nasconde. Uno sparo). p r i m o . Del resto nemmeno io voglio che mi veda. (Si sdraia per terra). la sc h a le k (entra in equipaggiamento completo e pro­ nuncia le seguenti parole). Voglio andare laggiù, dove si trova l’umile soldato, il soldato che non ha nome! (Esce). p r i m o . Vede, prenda esempio. (Si alzano) Quella va fino alla prima linea. E come si interessa quando ripulisco­ no le trincee nemiche! s e c o n d o . Va bene, è un lavoro da donne, m a noi? p r i m o . Già, e quando racconta di essersi trovata nel fitto delle pallottole - non prova vergogna, lei che è un uomo? s e c o n d o . L o s o che è coraggiosa. Ma il mio campo è il teatro. p r i m o . Quando descrive i cadaveri, il tanfo della putre­ fazione, le par niente? s e c o n d o . Non è il mio genere. sec o n d o . p r im o

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. Chi ha insistito per partecipare a un attacco sui fianchi? Lei! E ora vorrebbe scappare alla vista delle pattuglie! Prima faceva la voce grossa... s e c o n d o . Al principio tutti noi eravamo entusiasti. Ma adesso, dopo un anno di guerra... p r i m o . Lei ha scritto di voler vedere la guerra sul fronte sudoccidentale. E allora se la guardi, ce l’ha davanti agli occhi. (Si abbassa). s e c o n d o (si abbassa). Contro la Russia era tutto diverso, non siamo usciti dall’albergo, non avevo esperienza in questo campo, per quel che m’importa, pensi pure di me che sono un vigliacco, io non vado avanti di un passo! p r i m o . Ma tra poco viene il capitano, ha garantito che non succederà nulla. s e c o n d o . Ma io non voglio. Spedisco la corrispondenza così com’è, le espressioni tecniche me le dirà lei. p r i m o . Eh, lei non è andato alla scuola della guerra dei Balcani, non capisco come si possa esser sordi al ri­ chiamo del pericolo. (Si abbassa). s e c o n d o . Prego, lo conosco. Ho già descritto quest’eb­ brezza, questo beato oblio davanti alla morte. Lei sa come è stato contento il capo, sono arrivate lettere a mucchi, non se lo ricorda? Mi hanno proposto per la croce al merito! (Si abbassa). p r i m o . Ma non capisco come non si trovi soddisfazione proprio nel fatto di convincere se stessi... (Uno sparò) Dio mio, cos’era adesso? s e c o n d o . Vede... se ora fossimo all’Ufficio Stampa. Lì per lo meno non siamo visti dal nemico. p r i m o . Mi sa tanto che è il contrattacco! Be’, e se anche fosse? Ora si tratta di resistere, là dove il nostro dovere ha mandato i soldati. Il capitano ha fatto rialzare il ponte distrutto apposta per noi... ora ci siamo, ora bisogna farsi coraggio. C’est la guerre! (Si abbassa). An­ ch’io sono per l’atmosfera, ma quando è davvero il caso... l’atmosfera soltanto non basta! In tempo di pa­ ce lei non è mai uscito dalle prime teatrali, e ora la paga. Ma in definitiva, perché si è offerto di fare il cor­ rispondente di guerra? s e c o n d o . Che significa, dovevo forse fare il servizio mi­ litare? p r im o

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. Va bene, ma un certo portamento bisogna che lei lo abbia, è un dovere verso il giornale. La guerra è la guerra. s e c o n d o . Non mi sono mai atteggiato ad eroe. p r i m o . Dal suo ultimo servizio non si poteva evitare l’im­ pressione che lo fosse. s e c o n d o . Il pezzo è il pezzo. Per favore, non faccia finta di non saperlo. Dio mio, e questo cos’era? p r i m o . Niente, un mortaio di piccolo calibro di tipo an­ tiquato, della colonna di munizioni IV b antiaerea. s e c o n d o . Com’è padrone delle espressioni tecniche! Non è quello che fa sempre « tsi-tsi »? p r i m o . Proprio non sa da dove si comincia! È quello che fa sempre « tiu-tiu » ! s e c o n d o . Allora debbo cambiare qualcosa nel manoscrit­ to... sa cosa faccio? Me ne torno indietro, così parte prima. Deve ancora ricevere l’approvazione. p r i m o . Via, resti. Qui da solo io non ci rimango. s e c o n d o . Ma dico, che senso ha? p r i m o . Senta, non possiamo perdere la faccia. Gli ufficiali già ridono. Quando ci vedono naturalmente sono gen­ tili, perché vogliono esser nominati nell’offensiva, ma spesso ho la sensazione che nelle ritirate ridano di noi. Per una volta voglio mostrargli che non ho paura. E poi, all'Ufficio Stampa ci si annoia talmente... s e c o n d o . Meglio la noia che il pericolo. p r i m o . Ma senta, le conviene, alla lunga? Quest’affare du­ ra già da un anno. Mangiamo la pappa fatta. Ci pre­ parano le tirate, non dobbiamo far altro che firmarle. Lui dice bugie e noi dobbiamo sottoscriverle. Ma è vi­ ta, questa? s e c o n d o . Mi sembra abbastanza ridicolo comunque. Che m’importa di tutto questo? Una volta al mese il servi­ zio... quello è un sollievo, si può descrivere come vivo­ no. Ma perché debbo firmare che il nemico è stato re­ spinto o che non è stato respinto? Sono forse Hòfer? Sono il redattore responsabile della guerra mondiale? p r i m o . Macché Hòfer... sono stato più fuori io di Hòfer! s e c o n d o . Tutto questo non mi va. Chiederò al comandan­ te della divisione a che punto è il teatro del fronte. p r i m o . Teatro del fronte? Che intende?... Ah, capisco. s e c o n d o . L ’idea lo ha impressionato e io sono nel mio p r im o

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■campo. Oggi a tavola glielo voglio ricordare. Glielo di­ rò in faccia, che il servizio militare non mi piace. p r i m o . Ma certo, i successi alla Ganghofer non fanno per noi. Per noi non vanno certo a organizzare uno scon­ tro apposta. s e c o n d o . Cosa, cosa? Non ne so niente. p r i m o . Non ne sa niente? È stato durante la sua ultima visita al fronte tirolese! Diciassette dei nostri sono per­ fino rimasti uccisi o almeno feriti dai bossoli che schiz­ zavano indietro, è stato il più grosso riconoscimento fatto alla stampa nella guerra mondiale! s e c o n d o . Ma via, è una battuta del «Simplicissimus», che aspettano Ganghofer per cominciare la battaglia! p r i m o . Sì, airinizio era una battuta del « Simplicissimus », e poi è diventata vera. Il conte Walterskirchen, il mag­ giore, ha preso e se n’è andato, su tutte le furie. Non era un amico della stampa, non è mai stato nominato, ho sentito dire che è caduto l'altro ieri. s e c o n d o . Vede, onori di questo genere a noi non tocca­ no. Oggi gli parlo del teatro del fronte! Tanto più che non siamo dei colossi come Ganghofer. Ma che vuole da me? Guardi Haubitzer, il pittore, eccolo là che dipin­ ge. Rispetto a me è un gigante. Al Kaiserbar ha cantato il Principe Eugenio con una voce che credevi che avreb­ be vinto la guerra da solo. E ora? Sapesse come trema, mentre dipinge! Quello ha più paura di tutti noi! p r i m o . Di lei, forse! Non di me! Del resto, lasci in pace Haubitzer. Ha già abbastanza coraggio, dipinge la bat­ taglia all’aperto, con tutto che è raffreddato. Ha visto, che quadretto? Voglio dire la foto pubblicata sull’« In­ teressante », il pittore Haubitzer sul campo. s e c o n d o . Per me... io non vado avanti, per tutto Toro del mondo. p r i m o . Prenda esempio da Ludwig Bauer nella guerra dei Balcani! s e c o n d o . Bauer fa la guerra mondiale in Svizzera, magari fossi anch’io, in Svizzera! p r i m o . Prenda esempio da Szomory, o dai soldati, per esempio. Quelli stringono i denti, non si lasciano de­ moralizzare... (Si abbassa) Allora, vuole che torniamo indietro? s e c o n d o . Sì, fino a Vienna! Debbo cogliere l’atmosfera. Allora firmo! Accanto al nome di lei, di Irma von

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Hòfer, va bene. Ma accanto a quello di lui... chi me lo fa fare? Francamente, mi vergognerei. p r i m o . Io no! Io qui sto svolgendo il compito che mi so­ no assunto. (Si getta a terra). s e c o n d o . Lei ha sempre avuto una spiccata debolezza per il momento strategico. (Si sente uno scoppio) Mio Dio! p r i m o . Perché è così spaventato? s e c o n d o . Adesso... credevo... è quasi... come la voce... del capo! p r i m o . Bell’eroe... era soltanto un cannone di grosso ca­ libro! I due scappano via, e dietro di loro, pure di corsa, il pittore Haubitzer con Valbum da disegno, agitando un fazzoletto bianco. Cambia la scena.

Scena ventiduesima Davanti al Ministero della Guerra. L ’ottimista e il criti­ cone a colloquio . Lei mette i paraocchi per non vedere quale livello di abnegazione e di grandezza d’animo la guerra ha messo in luce. c r i t i c o n e . Niente affatto, solo non mi sfugge quale livello di disumanizzazione e di infamia sia stato necessario per raggiungere questo risultato. Se c’è stato bisogno di ap­ piccare un incendio per sperimentare che due inquilini onesti vogliono salvare dalle fiamme dieci inquilini in­ nocenti, mentre altri ottantotto inquilini disonesti sfrut­ tano l’occasione per fare qualche mascalzonata, non sa­ rebbe il caso di ostacolare l’intervento della polizia e dei pompieri cantando le lodi dei lati buoni della natura umana. Non era necessario dimostrare la bontà dei buo­ ni, e poco pratico creare a questo scopo un’occasione per la quale i malvagi diventano ancora più malvagi. La guerra è nel migliore dei casi un insegnamento per im­ magini ottenuto accentuando i contrasti. Il valore che può avere è di evitare altre guerre in futuro. Un solo contrasto, quello tra il sano e il malato, non viene ac­ centuato dalla guerra.

o t t im is t a

ATTO PRIM O, SCENA X X II

. Perché i sani restano sani e i malati malati? . No, perché i sani diventano malati. o t t i m i s t a . Ma anche i malati diventano sani. c r i t i c o n e . Lei pensa al ben noto bagno di fuoco? O al o ttim ista

c r itic o n e

fatto dimostrato che le granate di questa guerra hanno fatto guarire coi loro scoppi milioni di mutilati? Cen­ tinaia di migliaia di tubercolotici sono stati salvati e altrettanti luetici restituiti alla società? o t t i m i s t a . No, è che grazie alle conquiste dell’igiene mo­ derna siamo riusciti a guarire tanti uomini feriti o am­ malati in guerra... c r i t i c o n e . ... per rimandarli al fronte per la convalescen­ za. Questi ammalati però non vengono guariti dalla guerra, bensì malgrado la guerra, e allo scopo di espor­ li nuovamente alla guerra. o t t i m i s t a . Ebbene, la guerra c’è. Ma soprattutto i pro­ gressi della nostra medicina sono riusciti a impedire il propagarsi del tifo, del colera e della peste. c r i t i c o n e . Il che, ancora una volta, non è -tanto merito della guerra, quanto di un potere che le sbarra la strada. E che opererebbe meglio se la guerra non ci fosse. O forse sarebbe merito della guerra il fatto che ha offerto l’opportunità di rimediare un poco ai suoi fenomeni secondari? Chi è per la guerra dovrebbe trattare questi fenomeni con più rispetto. È vergognoso uno spirito scientifico che si vanta delle protesi invece di avere il potere di impedire a priori e per principio le fratture. Dal punto di vista etico, la scienza che oggi fascia le ferite non è migliore di quella ohe ha inventato le granate. La guerra è una forza morale in confronto a questa scienza, la quale non si contenta di ricucire i danni da quella prodotti, ma lo fa allo sco­ po di rendere la vittima di nuovo abile alla guerra. Sì, dei flagelli antiquati come il colera e la peste, orrori delle guerre dei tempi che furono, si sono spaventati e hanno disertato. Ma la sifilide e la tubercolosi sono i fedeli alleati di questa guerra, e con essi un’umanità impestata di menzogne non riuscirà a concludere una pace separata. Sono malattie che si mettono al passo con la coscrizione obbligatoria e con una tecnica che procede coi carri armati e i gas asfissianti. Vedremo certo che ogni epoca ha l ’epidemia che si merita. A ogni tempo la sua peste!

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

. Siamo arrivati davanti al Ministero della Guerra. Oggi è una giornata piena di attese...

o t t im is t a

Si vede uscire dal portone un gruppo di speculatori. Edizione straordinaria... Il « Weltblaaatt »! (iche cammina in compagnia di un altro). Dia qua! (Strappa il giornale dalle mani dello strillone e legge) « Tutto bene! Ufficio Stampa Militare, 30 agosto, ore 10 e 30 antimeridiane. Oggi, domenica, la gigantesca battaglia prosegue. L ’atmosfera nel Quartier Generale è buona, perché tutto procede bene. Il tempo è magnifico. Kohlfurst ». s e c o n d o p r o f u g o . Questo sì che dev’essere un generale in gamba. (Escono). c r i t i c o n e . Le maschere sulla facciata di questo castello dei peccati, che fanno attenti a dest’ e attenti a sinist’, oggi hanno un aspetto particolarmente fiero. Quando guardo un po’ più a lungo una di queste orribili teste, mi viene la febbre. o t t i m i s t a . Cosa le han fatto questi vecchi tipi marziali? c r i t i c o n e . Niente, soltanto che, pur essendo marziali, non hanno potuto vietare l’ingresso al messaggero Mercurio. Non bastava questo scempio sanguinoso, ci mancava anche il guazzabuglio mitologico! Da quando in qua Marte è il dio del commercio e Mercurio quello della guerra? o t t i m i s t a . A ogni tempo la sua guerra! c r i t i c o n e . Già. Ma questo tempo non ha il coraggio di inventare gli emblemi della propria bassezza. Lo sa che aspetto ha l’Ares di questa guerra? Eccolo là. Un grasso ebreo del reparto autieri. Il suo ventre è il Moloch. Il naso è una falce che gronda sangue. Gli occhi brillano come carboncini. Arriva da Demel su due Mercedes, completamente attrezzate di tronchesi. Incede come un sacco a pelo. Ha l ’aria della bella vita, ma la sua orma è segnata dalla rovina. o t t i m i s t a . Mi dica, la prego, che cos’ha contro Oppenheimer?

u n o s t r il l o n e . u n . pro fu g o

Davanti al Ministero della Guerra frattanto la folla è cresciuta, composta per lo più da studenti nazionalisti tedeschi e profughi della Galizia. Si vedono parecchi degli uni e degli altri andare sottobraccio, e d’improvviso ri­

ATTO PRIM O, SCENA X X II

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suona il canto « Rimbomba un grido come un tuono ».^ Entrano lfuno verso l'altro Angelo Eisner von Eisenhof e Nepalleck. Stimatissimo consigliere, servitore,29 come va la salute, che fa Sua Altezza? Da allora non ci siamo più... n e p a l l e c k . ’Giorno. Bene, grazie, non posso lamentarmi. Sua Altezza sta benissimo. e i s n e r . L ’augusta lettera di plauso, eh, sì, Sua Altezza allora se l’è proprio meritata, deve aver fatto un bene da matti ai suoi nervi, tutti nella buona società sono ormai di questo parere... n e p a l l e c k . Be’, certo... e ilei, barone, ha avuto molti fa­ stidi? Molto impegnato nella beneficenza, immagino... e i s n e r . N o, lei mi sopravvaluta, caro consigliere. Mi sto ritirando. C’è tutta una fila di nuovi arrampicatori, ai quali lasciamo volentieri il campo. Non a tutti piace trattare con gente di questa lega... no, non mi attira proprio... così... n e p a l l e c k . Ma la buona causa, barone, la buona causai Per quel che la conosco, non trascurerà del tutto le numerose iniziative, anche se lei, come capisco benissi­ mo, non parteciperà personalmente ai comitati... e i s n e r . No, ora sono attivo soltanto nella casa padronale... ma che dico, nell’associazione dei padroni di casa, dove c’è una quantità di cose da fare; Riedl, lei lo saprà di certo, non è più quello di una volta... deve aver avuto una delusione oppure, non so, sembra che si senta un po’ trascurato per via della guerra... eh certo, le perso­ nalità più popolari oggigiorno sono un po’ fuori carreg­ giata, si fanno avanti altri... n e p a l l e c k . Ma sì, andrà tutto a posto... anche da noi... e i s n e r . Sì, dobbiamo portar pazienza tutti. Io (personal­ mente ho fatto delle esperienze molto amare. Sa, anche la beneficenza è un capitolo a sé. Oh, ne potrei dare di materiale alla « Fackel »... beninteso, se quel signore fosse frequentabile. Sa, consigliere, cosa vuol dire solo sacrificarsi e nient'altro che sacrificarsi senza mai sen­ tirsi dire grazie? Dio mio, certo, io mica mi tiro indie­ tro... i miei amici Harrach, Schònborn e gli altri danno e isn e r.

28. Verso da L a guardia al Reno (vedi Indice dei nomi). 29. In italiano nel testo.

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le loro feste, mi mandano i loro biglietti d’invito... solo ieri Pipsi Starhemberg, sa, quello che sta con la Maritschl Wurmbrand... n e p a l l e c k . Ma va’, io credevo che tra lui e la Màdi Kinsky... e i s n e r . Al contrario, cosa va a pensare, per lei esiste solo Bubi Windischgràtz, sa, il maggiore che oggi è nella Guardia... dunque, le dicevo, si viene pressati da tutte le parti, giusto ieri mi dice Mappl Hohenlohe durante la messa, sa, quello che ha sposato una Schaffgotsch, ehi tu, mi dice, perché ti fai vedere così poco, e io gli dico, caro Mappl, tempora mutatur,30 la gente che c’è in alto adesso, io non vi capisco tutti quanti voi che la fre­ quentate. Io personalmente sto benissimo dove c’è un po’ di tranquillità. Insomma, dove non si viene notati. Sa, caro consigliere, che cosa mi ha risposto? Hai ra­ gione, mi ha risposto! Su questo punto io la penso esat­ tamente come Montschi. Naturalmente porto puntual­ mente la mia pietruzza... ma frequentare? No, allora non mi conoscono. Non sono stato mai amico della pubblicità. Sa quel che può sempre capitare: te ne stai buono buono a un Tedeum e il giorno dopo ti ritrovi nominato sul giornale! n e p a l l e c k . Sì, è seccante, lo so bene. Adesso ho insistito che almeno, se mi debbono nominare, lo facciano col nome per intero. Non più come finora consigliere Ne­ palleck, o consigliere Wilhelm Nepalleck, ma, dato che mi chiamo Wilhelm Friedrich - consigliere Frie­ drich Wilhelm Nepalleck. Che dice, suona abbastanza bene, potrei anche trasferirmi a Potsdam... e i s n e r . Stupendo! Ma... trasferirsi a Potsdam? Ne avreb­ be voglia? n e p a l l e c k . Neanche per sogno, soltanto per l’alleanza nibelungica. Io lasciare la mia Altezza! Ancora oggi Sua Altezza mi è grato per l ’organizzazione delle auguste esequie. e i s n e r . Che sono state davvero belle! n e p a l l e c k . Di stretta osservanza - come per l’appunto un funerale di terza classe... e i s n e r . Un altro dei suoi successi, eccellente. È stato ve30. Citazione sgrammaticata del detto di cui alla nota 1, vedi sopra p. 72.

ATTO PRIM O, SCENA X X II

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ramente simpaticissimo, quella volta, alla Stazione Sud. (,Saluta un passante) Non era uno dei Lobkowitz? Poi si lamenta che non lo riconosco mai... Allora, ad Artstetten, sì, certo lì... lì purtroppo si è un po’ notata la mancanza del suo tocco, e le cose si sono svolte in ma­ niera piuttosto volgarotta. n e p a l l e c k . Si capisce... è perché ce l’hanno reso impossi­ bile! Il Belvedere non ha voluto rinunciarci. Oh, ab­ biamo insistito, io ho detto: secondo il cerimoniale spagnolo, e festa finita! Be’, purtroppo invece quei signori si sono talmente incaponiti che la festa c’è stata. e i s n e r . Come? n e p a l l e c k . Ma sì, i pompieri hanno mangiato accanto alle bare delle loro Altezze durante il temporale, per­ ché le bare erano state messe al deposito casse della stazione merci, e poi hanno fumato dei sigari, insomma uno scandalo, be’, lei sa che non è colpa nostra, alla Stazione Sud era tutto così bello e solenne. e i s n e r . Me lo ricordo come fosse oggi, mi trovavo tra Cary Auersperg e Poldi Kolowrat. Da quel momento storico non ci siamo più visti. n e p a l l e c k . Sì, abbiamo fatto tutto quanto stava in noi. L ’augusta lettera di plauso, poi, ha tappato la bocca anche a quei certi signori : « Sempre in accordo con le mie intenzioni ». E soprattutto il fatto che è stato ri­ conosciuto quanto Sua Altezza, ossia noi, ci siamo dati da fare per il funerale. Lo ricordo a memoria: «In questi ultimi giorni, la dipartita del mio amato nipo­ te, l’arciduca Francesco Ferdinando, cui lei era legato da durevoli, confidenziali rapporti... ». e i s n e r . Due piccioni con una fava. n e p a l l e c k . Giustissimo... «... le ha fatto assumere, caro principe, incombenze straordinarie, offrendole nuova­ mente l’occasione... ». e i s n e r . Certo Sua Altezza dev’essere stato felice che questa dipartita gli abbia offerto l’occasione. Si può capire. n e p a l l e c k . Infatti. « ... di dimostrare in elevata misura la sua devozione alla mia persona e alla mia casa ». Scusi, eh! E sinceri ringraziamenti e piena riconoscenza per i segnalati, leali servigi, che si vuole di più, molti si­ gnori saranno certo crepati di rabbia. e i s n e r . L ’augusta lettera di plauso non è certo stata una sorpresa per Sua Altezza...

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. Neppure per sogno, Sua Altezza subito dopo il funerale ha preso l’iniziativa... cioè, voglio dire... e i s n e r . Ah sì, lei vuol dire che gli eventi si sono accaval­ lati. Vede, caro consigliere, adesso abbiamo addirittura la guerra mondiale. n e p a l l e c k . Sì, una giusta, esaltante purificazione! Sì, sì. Se Sua Altezza non avesse preso l’iniziativa... e i s n e r . Che iniziativa? Della guerra mondiale? n e p a l l e c k . Ma no, che dico. Volevo dire, semplicemente, il bisogno di tranquillità di Sua Maestà... e i s n e r . Per cosa? Per la guerra mondiale? n e p a l l e c k . No - mi perdoni - pensavo a un’altra cosa. Volevo dire che così non poteva continuare, proprio no. Sa che fin dall’annessione... e i s n e r . I o lo avevo predetto ad Ährenthal. Me ne ricordo come se fosse oggi, era l ’anno in cui Aline Palffy debut­ to in società. Lo avevo accompagnato fino al Ballplatz... n e p a l l e c k . Anche se per il singolo è un grave pondo... e i s n e r . Eh, certo, chi non ha da lamentarsi, ho avuto del­ le perdite... n e p a l l e c k . Come, anche lei, barone? e i s n e r . Sì, sì, si riesce appena a stare a galla con un paio di forniture. Sto proprio andandoci adesso... forse ci troverò ancora Tutu Trauttmansdorff... sì, ora bisogna tener duro, tener duro... la cosa principale è che i no­ stri si battano bene, il resto verrà da sé... ossequi, bacio le mani a Sua Altezza... n e p a l l e c k . Grazie, grazie, presenterò, ossequi, arrivederci. nepalleck

Si sente il canto « Rimbomba un grido come un tuono... ». Cambia la scena.

Scena ventitreesima Lago di Janow. Entra Ganghofer cantando uno jodel. Porta una giubba di loden, un gilet da smoking, pantaloni al ginocchio, zaino e bastone, croce di ferro di prima classe; il cappello, ornato di un pennacchio di peli di camoscio, copre un ciuffo di capelli biondi, appena briz­ zolati. Sul naso leggermente adunco poggia un pince-nez d'oro

ATTO PRIM O, SCENA X X III

Hollodriohdrioh, Al fronte ora mi trovo, hollodriohdrioh, e il fronte non mi è nuovo. Son figlio di natura, quale non trovi spesso, ma per fare il coscritto son troppo vecchio adesso. Ma non per questo io sono meno in gamba di un dì, a Vienna ero da Szeps, guardatemi: son qui. Ho cuor di cacciatore, holldrioh, al naturale, e tutti sanno che non scrivo affatto male. A Vienna imbrattacarte, la concorrenza fu tanta che son fallito nel fior di gioventù. 10 la giacca di loden al più presto ho infilato e nel fitto del bosco mi son tosto addentrato. Imbrattavo al giornale, nel bosco ancora imbratto, e la cosa mi fa guadagnare da matto. Quanto imbratto le carte non vedono, in Baviera, e notano soltanto la mia bionda criniera. Fa furore a Berlino 11 mio accento paesano. Il sentore di terra piace molto al prussiano. Una giacca di loden e un ciuffetto di peli, e il bravo berlinese è al settimo dei cieli.

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La mia lealtà, ai signori più illustri piace tanto, è lo stesso Guglielmo sensibile al mio incanto. L ’essere scribacchino ora ha un certo interesse, e servizi dal fronte mando alla « Freie Presse ». Ficcarsi dappertutto Roda Roda non può, e l’intervista massima son io che la farò. Ama il Kaiser parlarmi, anche lui cacciatore, che carino, da parte d’un simile signore I Poi legge il pennivendolo col massimo diletto, e per questo la posta gli faccio e qui l’aspetto. Hollodri ohdrioh Si sente una macchina lontanissima. tutù - tatà - tutù il mondo attende trepido l’interviù. a iu t a n t e di c a m p o (entra di corsa). Ah, è lei, Ganghofer. Sua Maestà sarà subito qui, lo sente il claxon? Mi raccomando, assuma un atteggiamento molto sciol­ to, sa che Sua Maestà lo apprezza, non stia a fare storie, sia semplice e spontaneo, faccia conto di trovarsi di fronte a un vecchio compagno di caccia. Lei lo sa, Sua Maestà ha solo tre ideali artistici: in pittura Knackfuss, in musica il « Trombett’ere di Sàckingen » o caso mai « Bamboletta, mia pupilla », e in letteratura lei, caro Ganghofer, e forse anche Lauff, Hocker e Anny Wothe. Anche Otto Ernst non è male. Dunque niente panico, Ganghofer, lei non ne ha bisogno per Dio - in gamba, da bravo cacciatore e figlio della natura, Sua Maestà le tenderà certamente la mano ridendo di cuore (si sente il segnale tutù-tata). Ecco che arriva Sua Maestà. È

un

ATTO PRIM O, SCENA X X III

*5 9

con lui il fotografo della « Woche ». Dovrebbe uscirne una delle scene più avvincenti, rincontro del Kaiser con l’artista, poiché tutti e due abitano le vette del­ l’umanità.31 Non penso ai suoi monti, per amor del cielo, Ganghofer, bensì alle vette dello spirito. Allora coraggio, caro Ganghofer (si sente vicinissimo il segnale tutù-tata), diamoci dentro! Sua Maestà col suo seguito. Più indietro, il fotografo della « Woche ». Sua Maestà va incontro al poeta e gli tende la mano ridendo cordialmente. K a i s e r . Ma Ganghofer, è proprio dappertutto? Stia a sentire, Ganghofer, lei mi piace proprio! g a n g h o f e r . Maestà, l’animo mio si è sforzato di tener dietro alla marcia vittoriosa delle armate tedesche. Ma, accidenti, è stata dura! (Saltella). K a i s e r (ridendo). Bene, Ganghofer, bene. Ah... ha già mangiato? g a n g h o f e r . No, Maestà, chi penserebbe a una cosa simile in un’era tanto gloriosa? K a i s e r . Per amor di Dio, deve mangiar subito qualcosa! (Il Kaiser fa un cenno, viene portata una teiera con due grosse fette di torta. Il Kaiser affonda la mano in una scatola di latta, riempie a Ganghofer le tasche di gallette, ripetendo continuamente) Mangi, Ganghofer, mangi! il

Il fotografo scatta. È già stato a Przemisel, Ganghofer? Mangi, per carità, mangi!

Ka is e r .

Ganghofer mangia. Mille grazie, Maestà. Certo, a Pschemisl. E allora, è soddisfatto? Voglio dire, di Przemisel. Ma mangi, Ganghofer, mangi! g a n g h o f e r (mangiando). Certo. È stato bello a Pschemisl. K a i s e r . Ha veduto Sven Hedin? Mangi Ganghofer, mangi! g a n g h o f e r (mangiando). Certo, l ’ho veduto. K a i s e r (con l'occhio scintillante). Mi fa piacere che lei abbia conosciuto quest’uomo. Questo svedese è un uomo

ga n g h o fer.

Ka is e r .

31. Parafrasi da Schiller, L a pulzella d’Orléans, atto I, scena 2, v. 485: « I n vetta entrambi all’u m anità».

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

i6o

magnifico. Quando lo rivede... ma mangi, Ganghofer, mangi... me lo saluti di cuore. (Da oriente si avvicina un aereo russo, che luccica al sole del tramonto come un calabrone dorato. Sulla sua scia esplodono dei colpi. Il Kaiser rimane impassibile, guarda il cielo e dice) Troppo corto! (Gli altri colpi esplodono molto lontano dall'aereo. Il Kaiser fa un cenno col capo, pensieroso) Già, aver le ali significa che gli altri arrivano sempre troppo tardi. Mangi, Ganghofer, mangi. (Una pausa, mentre Ganghofer mangia. D’un tratto il Kaiser si ri­ volge al poeta e gli dice con voce smorzata, severo e lento, calcando le parole) Ganghofer... cosa... ne dice... dell’Italia? Ganghofer attende un momento perché deve finire di man­ giare, poi risponde. Maestà, così com’è andata è meglio per l’Au­ stria e per noi. Far piazza pulita è sempre la cosa mi­ gliore in una casa come si deve.

g a n g h o fer.

Il Kaiser annuisce. Un sospiro irrigidisce la sua figura. a iu t a n t e

di

cam po

(piano a Ganghofer). Dialetto! Dia­

letto! Allora, Ganghofer, ha pronto un bel servizio? Sentiamolo, su. g a n g h o f e r . Agli ordini, Maestà, purtroppo una parte è in lingua... a i u t a n t e d i c a m p o (piano). Dialetto! K a i s e r . Non importa, legga pure, non si preoccupi. g a n g h o f e r . L ’inizio, Maestà, è in dialetto svevo. K a i s e r . Ah, tanto meglio, delizioso, legga. g a n g h o f e r (estrae un manoscritto dalla tasca e legge). « A mezza strada apprendiamo che la prima trincea nemica davanti alla cinta fortificata di Rozan è stata già presa. E qui, delle battute alla sveva. Uno di Stoccarda ci viene incontro per strada col braccio sinistro fasciato e mi dice ridendo: « L a prima trincea ce l’abbiamo. È stata un po’ dura. I russi han sparato a granata da pazzi. Ma non importa mica. Perché abbiamo la trin­ cea! Solo questo c’interessa! ». K a i s e r . Magnifico, Ganghofer. g a n g h o f e r (continua a leggere). « Approfitto della matti­ na presto per andare a trovare una cuginetta un po’ Ka is e r .

ATTO PRIM O, SCENA X X III

161

cresciuta della nostra brava Berta. (Il Kaiser ride) An­ cora una ragazzina! Eppure, di un vigore sorprenden­ te! La sua boccuccia si trova a circa quattro metri dai miei capelli. (Il Kaiser si sganascia dal ridere) E ha una voce che bisogna mettere dell’ovatta nelle orecchie, se si vogliono conservare i timpani sani. Quando attacca il suo canto tonante - un canto di germanica inventiva e possanza - le esce dalla gola una vampa lunga come un albero maestro, e chi si trova dietro la cuginetta mu­ sicante (il Kaiser ride fragorosamente) vede un disco nero innalzarsi diritto in cielo, sempre più piccolo, fino a un’altezza che non si raggiungerebbe nemmeno con un centinaio di campanili messi uno sopra l’altro. E parecchi secondi dopo, nella fortezza russa di Rozan scoppia un inferno di fuoco e di fumo. Un’efficiente fan­ ciulla tedesca, questa vergine d ’acciaio! (Il Kaiser si batte la coscia con la mano sinistra e ride) La lascio con un senso di rinnovata fiducia e con la massima sod­ disfazione, quattrocento passi dopo mi tolgo l ’ovatta dalle orecchie e scopro che la voce della mirabile fan­ ciulla ha un suono delizioso. (Il Kaiser ride ferinamente) Riconosco che questo giudizio ha un carattere eminen­ temente soggettivo. Si può presumere che, se fossi co­ mandante della fortezza di Rozan, mi farei una opinio­ ne del tutto diversa ». k a i s e r (che ha ascoltato da ultimo con gli occhi lucenti e il volto raggiante di gioia, si batte incessantemente la coscia con la mano sinistra ed esclama). Ah, roba da pazzi! Bravo, Ganghofer, l’ha proprio azzeccata. Lauff ha cantato la grande Berta e lei corteggia la cuginetta, e io muoio dal ridere, muoio dal ridere! Ma mangi, Ganghofer, mangi, lei non sta mangiando! Ganghofer mangia. Il Kaiser, avvicinandosi a lui con su­ bitanea decisione, gli sussurra qualcosa alVorecchio. Gang­ hofer sussulta, gli cade un pezzo di galletta dalla bocca, il volto brilla di un improvviso entusiasmo ed esprime fiducia. Si mette un dito sulle labbra come per ingiun­ gere silenzio. Il Kaiser lo imita. Una nuova ferrea catena di concordia! Da render nota soltanto il giorno in cui si av­

g a n g h o fer. k a is e r

.

vera! g a n g h o fer.

E questo giorno verrà!

162 Ka is e r .

g l i u l t i m i g i o r n i d e l l ’u m a n i t à

Mangi, Ganghofer!

Ganghofer mangia. Un'ordinanza porta un dispaccio a lui indirizzato. Da Mackensen! (Legge con gioiosa eccitazio­ ne) « Parta al più presto. Abbiamo conquistato le po­ sizioni russe di Tamow ». a i u t a n t e d i c a m p o (a bassa voce). Dialetto! g a n g h o f e r . Domani cadrà Leopoli - Juchhe! (Improvvi­ sa una danza popolare. Poi, ricomponendosi, serio, e alzando gli occhi al cielo) Maestà! K a i s e r . Via, Ganghofer, che cosa le succede, balli un altro pochino! g a n g h o f e r . Ma debbo tacere ancora? K a i s e r . Cosa le prende? g a n g h o f e r . Quel che Sua Maestà mi ha testé confidato il mio animo non sa più tenerlo nascosto - che Sua Maestà (prorompe) ha destinato tre vagoni di birra ba­ varese ai nostri baldi soldati austriaci! K a i s e r . Be’, se vuole, lo gridi pure ai quattro venti! Che tutti sappiano che la sua bella terra di Baviera manda loro qualcosa di buono da bere! Ma lei, Ganghofer, mangi - mangi, le dico! g a n gh o fer (mangia e ballonzola nello stesso tempo, il Kaiser dà una pacca sul sedere alVaiutante, il fotografo scatta. Il seguito si prepara alla partenza. Mentre il Kaiser sale in macchina e saluta ancora una volta Ganghofer con la mano, risuona il segnale: tutù-tatà. Mentre lo si sente ancora in lontananza, Ganghofer continua a saltellare. Poi si ferma e dice, in tono del tutto diverso). Ci viene un articolo di fondo! ga n gh o fer.

Cambia la scena.

Scena ventiquattresima Stanza del capo di Stato Maggiore. Conrad von Hòtzendorf è solo. Ha le braccia conserte, tutto il peso del corpo su una gamba, il volto pensieroso (alzando gli occhi al cielo). Se Skolik si sbrigasse ad arrivare!

conrad

ATTO PRIM O, SCENA XX IV un

m a g g io r e

(entra). Agli ordini, Eccellenza, Skolik è ar­

rivato. Quale Skolik? Skolik, il fotografo di Corte di Vienna, quello che a suo tempo, durante la guerra dei Balcani, ha fatto quella bella fotografia di Sua Eccellenza immerso nello studio della carta dei Balcani. c o n r a d . Ah sì, me ne ricordo, così, oscuramente. m a g g i o r e . N o , Eccellenza, era chiara, in piena luce. c o n r a d . Sì, sì, me ne ricordo, era magnifica. m a g g i o r e . Dice che Sua Eccellenza l ’ha fatto chiamare di nuovo. c o n r a d . Fatto chiamare proprio non si può dire, ma gli ho fatto arrivare una soffiatina perché fa davvero delle ibelle foto. Mi scrive che non ce la fa più a dir di no ai settimanali illustrati, quella foto ha avuto un successo straordinario, e insomma... m a g g i o r e . Esprime anche il desiderio di poter ritrarre nel­ lo stesso tempo i signori generali. c o n r a d . Non lo gradirei! Si facciano venire i loro foto­ grafi, quelli. m a g g i o r e . Dice che non hanno testa, e che farebbe soltan­ to foto a mezzo busto. c o n r a d . Ah, allora è diverso. Lo faccia dunque entrare, questo Skolik! Aspetti... debbo immergermi di nuovo nella carta dei Balcani... quella foto era straordinaria... però a pensarci bene, forse la carta dell’Italia, tanto per cambiare... m a g g i o r e . Oggi è senz’altro più adatta. conrad.

m a g g io r e .

Conrad von Hótzendorf stende la carta e prova diverse posizioni. Quando entra il fotografo accompagnato dal maggiore, è giù immerso nello studio della carta del fronte italiano. Il fotografo fa un profondo inchino. Il maggiore si mette vicino al tavolo, e insieme a Conrad fissa la carta. Che c’è ancora? Non si può stare neanche un momento... proprio mentre...

conrad.

Il maggiore ammicca al fotografo. . Solo una piccola foto speciale, Eccellenza, se lei permette...

s k o l ik

164

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

Ma sto lavorando per la storia e... Mi servirebbe per ! ’« Interessante », e allora... c o n r a d . Aha, in memoria dell’epoca... s k o l i k . Sì, e anche per la « Woche ». c o n r a d . Ma poi finisco in mezzo ai generali, la so questa storia, e allora preferirei... s k o l i k . Ma no, Eccellenza, per questo può stare tran­ quillo. Dato il nome immortale che Sua Eccellenza por­ ta, va da sé che Sua Eccellenza compaia da solo. Gli altri tutti insieme, con una dicitura « I nostri gloriosi condottieri » o roba del genere, da soli li mettiamo al massimo sulle cartoline postali. c o n r a d . Ah sì? E chi ci avete? Non mi dimenticate Hofer, è un uomo di prim’ordine, si prende 20.000 corone di indennità di guerra per il fatto che deve leggere ogni giorno il suo nome quando sul Ring compra l’edizione straordinaria. s k o l i k . Già preso nota, Eccellenza, certamente, in primo piano. c o n r a d . In primo piano? Ma dico, siamo seri, e a me, do­ ve mi mette? Senza dare nell’occhio, mio caro, senza dare nell’occhio e non con gli altri, discretamente! sem­ pre discretamente! s k o l i k . C’è uno spazio già appositamente riservato. Sarà la copertina, della « Woche », naturalmente. Un nume­ ro molto ma molto interessante, da Vienna debbo anco­ ra consegnare le indossatrici dei Laboratori Viennesi e anche Treumann, ma so di certo che ci sarà anche Sua Maestà il Kaiser di Germania a caccia del cinghiale, foto inedita, e subito accanto, sensazionale, la stessa Maestà a colloquio col poeta Ganghofer. Quindi io credo, Eccellenza... c o n r a d . Sì, sì, non c’è male... ma, mio caro, sul momento purtroppo... non può venire un po’ più tardi, io sto per... glielo dico in confidenza, non deve ridirlo in giro, stavo proprio studiando la carta dei Balcani... cioè, che dico, dell'Italia... co n rad .

s k o lik .

Il maggiore ammicca al fotografo, che accenna a uscire. Che occasione... è un momento della massima con­ centrazione, bisogna coglierlo al volo. Vedo già la scrit­ ta: Il generale d ’armata Conrad von Hotzendorf studia col suo aiutante di campo, maggiore Rudolf Kundmann,

sk o lik .

ATTO PRIM O, SCENA XX IV

la carta dei Balcani, cioè, che dico, del fronte italiano. Può andare così, Eccellenza? c o n r a d . Per me... dato che Kundmann lo vuole, sta mo­ rendo dalla voglia... (Fissa ininterrottamente la carta, come pure il maggiore, che non si è spostato. Entrambi si aggiustano i baffi) Ci vorrà molto? s k o l i k . Solo uno storico momento, se mi permettono... c o n r a d . Debbo continuare a studiare la carta dei... del­ l'Italia? s k o l i k . Non si preoccupi, Eccellenza, continui a studiare le carte... così, naturale... senza forzature... così... no, verrebbe innaturale, si potrebbe credere che è finto... il signor maggiore, se permette, un po’ più indietro... la testa... bene... no, Eccellenza, più disinvolto... e fiero, più fiero! Uno sguardo da condottiero, se mi permet­ te!... deve risultare... così... deve risultare un perenne ricordo stro... ricordo storico dell'era gloriosa... così va bene!... solo un po’... un pochetti-no... così... Eccellenza, un’espressione feroce!... prego... ora!... Grazie molte! Cambia la scena.

Scena venticinquesima Corso Sa chi è completamente scomparso? il Kraus della « Fackel ». s p e c u l a t o r e . Come ha fatto a indovinare... ci penso spes­ so, niente più quaderni rossi,32 niente più pubbliche let­ ture... ed è ormai da un’eternità che non lo si vede più in giro. p r o p r i e t a r i o . Non mi parli di Kraus, è uno che non ha ideali, è un fatto risaputo. Conosco suo cognato. s p e c u l a t o r e . I o conosco lui personalmente. p r o p r i e t a r i o . L o conosce personalmente? s p e c u l a t o r e . Eccome, se lo conosco! Mi passa davanti ogni giorno. un o sp e c u la to r e .

u n p r o p r i e t a r i o . L o so ,

32. Gli opuscoli della « Fackel » (vedi Indice dei nomi) avevano una -copertina rossa.

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

166

È una conoscenza di cui non dovrebbe essere fiero. Infangare tutto... demolire ogni cosa... non co­ struire nulla... voler riformare il mondo, ma vial Io ilo so bene come va questa storia. Quand’ero giovane cri­ ticavo tutto anch’io, non mi andava bene nulla. Finché non mi sono rotto le coma. E anche lui se le romperà, le corna. s p e c u l a t o r e . Si è già dato una calmata, però. p r o p r i e t a r i o . Vede? Ho sentito dire che presto si ritira. s p e c u l a t o r e . Perché no, deve aver guadagnato parecchio. p r o p r i e t a r i o . Guadagnato! Così come si è ridotto! Le di­ co che è finito. Si fidi di quel che le dico. I nodi ven­ gono al pettine. Harden non ha smesso durante la guerra. E lui, i temi più importanti... (Si ferma) Chic questi ufficiali tedeschi, più chic dei nostri. s p e c u l a t o r e . E naturalmente ora, che ci sarebbe da scri­ vere, non scrive nulla! p r o p r i e t a r i o . Ma crede che possa? s p e c u l a t o r e . Per via della censura? Mi consenta, ma una penna sapiente, e questa bisogna riconoscergliela... p r o p r i e t a r i o . No, non per la censura... è lui che non è più in grado. Si è esaurito. Dia retta a me. E in ogni caso, lui sente che adesso ci sono altri problemi. Poteva es­ sere divertente in tempo di pace, ma oggi non siamo più in vena di simili malignità. Vedrà che presto abbasserà la cresta. Sa cosa gli starebbe bene? Che lo pigliassero! Al fronte! E poi ci faccia vedere! L ’unica cosa che sa fare è criticare. p r o p r ie t a r io .

Passa il criticone. I due salutano. Che coincidenza! Ma allora lo conosce an­ che lei di persona? Come mai? p r o p r i e t a r i o . Superficialmente, ero presente a una lettu­ ra, ma se non lo vedo son più contento. È un uomo da non frequentare.

spec u la to re.

Passa Fanto. I due salutano. i

con aria di mistero). Fanto. (assorto). Grand’uomo! s p e c u l a t o r e . Perché non le fa lui, invece, delle letture? È una cosa che rende. p r o p r i e t a r i o (come ridestandosi). Chi?... Ah, isì... naturadue

(icontemporaneamente,

p r o p r ie t a r io

ATTO PRIM O, SCENA XXV

167

le... Marcel Salzer viaggia perfino su e giù per il Bel­ gio, ancora oggi ho letto che dal Belgio si sposterà pres­ so l’esercito in Francia e poi al Quartier Generale e presso le truppe di Hindenburg. s p e c u l a t o r e . Hindenburg gli ha perfino scritto. Ne avrà delle cose da raccontare! Ha letto oggi delle granate in­ cendiarie, quelle che si incendiano in aria da sole, che da dieci mesi sparano dentro a Reims? Non mollano, quelli! Quelli sgobbano! Vede, posso benissimo capire che poi, alla sera, siamo contenti di ascoltare Salzer. p r o p r i e t a r i o . Peccato per quella Reims... addio cattedrale! s p e c u l a t o r e . Eh no, non cominci con questa solfa, io non ci sto! Ma scusi, se si è dimostrato che si tratta di una base militare, è pura ipocrisia da parte dei fran­ cesi. Trincerarsi dietro una cattedrale, mi piace pro­ prio, via, non mi parli di quella gentaglia! p r o p r i e t a r i o . Su, su, non mi mangi vivo. Che cosa ho detto? Lei parla come se non sapessi benissimo anch’io da che parte stanno i barbari. Ma per questo non do­ vrei dispiacermi per la cattedrale? Come proprietario di stabili... s p e c u l a t o r e . Be’, certo, questa è un’altra cosa, solo non posso sopportare quando in guerra si diventa sentimen­ tali, soprattutto quando si tratta di un vero stratagem­ ma! La guerra è la guerra e basta. p r o p r i e t a r i o . Qui sì che ha ragione! s p e c u l a t o r e . E come sarebbe? Possiamo esporci a un in­ successo? La miglior difesa è l ’attacco! Guardi un po’ là... c’è da levarsi il cappello. p r o p r i e t a r i o . Aspetti, voglio gridare... « Viva i nostri bra­ vi grigioverdi! ». Entrano un soldato tedesco e uno austriaco, fianco a fianco. m a g g i o r e w a g e n k n e c h t . Allora ci siamo pre­ sentati tutti e il nostro bombardiere in capo ha detto: Ragazzi, se adesso ne avete voglia, dateci pure dentro! m a r e s c ia l l o s e d l a t s c h e k ( tenendosi vicinissimo a lui e guardandolo dal basso in alto, impressionato). Ma va’...! w a g e n k n e c h t . Scusa sai, ma sei appoggiato al mio fianco. s e d l a t s c h e k . Ah, paton... (Si ritrae). w a g e n k n e c h t . Così va bene. Figurati che allora il bom­ bardiere in capo ci ha lasciati liberi... serg en te

i6 8

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

. Guarda qua, una delle nostre più grandi sconfitte. (Indica una vetrina). w a g e n k n e c h t . Come? Ah sì... credevo... stammi a sentire... (Si trova addosso a Sedlatschek, che vacilla all’ indietro). s e d l a t s c h e k . Ohi ohi, mi stai schiacciando il fianco. w a g e n k n e c h t . Pardonk. Allora stai a sentire, il bombar­ diere in capo... s e d l a t s c h e k . Scusa se interrompo. C’è una cosa che non mi torna. w a g e n k n e c h t . Sarebbe? s e d l a t s c h e k . Cioè, scusa... il bombardiere in capo, dici tu, ha fatto e ha detto. Ma se siete tutti bombardieri in capo, chi è che ha fatto e ha detto? w a g e n k n e c h t . Non capisco il tuo dubbio, ho detto, sta' bene attento... il bombardiere in capo. s e d l a t s c h e k . Va bene, ma scusa... non butti anche tu le bombe in capo? E allora sei anche tu un bombardiere in capo. w a g e n k n e c h t . Come sarebbe, no, sta’ a sentire... s e d l a t s c h e k . Allora... il bombardiere in capo è uno... che le bombe... le butta in capo, sì o no? w a g e n k n e c h t . Le butta in capo? Che vuol dire? s e d l a t s c h e k (esegue la pantomima del gettare). Oh, pro­ prio non capisci... così... dal di sopra... guarda bene... dal di sopra... in capo alla gente. w a g e n k n e c h t . Ah, ora capisco... ohè ragazzo, sei proprio spiritoso... c’è da morir dal ridere... troppo comico... ma no, non volevo dir questo. Per dir questo, noi di­ ciamo « sotto ». sed la tsc h ek (guardandolo senza capire). Come... allora sarebbe il bombardiere sotto in capo? w a g e n k n e c h t . Ma no... non esiste. Figliolo, sta’ attento. Voglio dire che il bombardiere getta la bomba giù di sotto, invece il bombardiere in capo... sed la tsc h ek (lo guarda fisso). Il bombardiere in capo... che cosa? w a g e n k n e c h t . Quello è il capo dei bombardieri, ecco per­ ché si chiama bombardiere in capo o capobombardie­ re... come posso rendertelo chiaro con un esempio, ah sì, ecco, voi avete l ’espressione capocameriere o capo­ ronda... s e d l a t s c h e k . Senti, ora ti capisco. Così come il caposed la tsc h ek

ATTO PRIM O, SCENA XXV

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ronda è chi comanda i clienti... no, scusa... come il capocameriere comanda la ronda... no... w a g e n k n e c h t . Ecco vedi, in quel caso noi diciamo sem­ plicemente: capo... ehi, capo, venga qui un momento. s e d l a t s c h e k (.si volta spaventato e saluta militarmente). Che, hai chiamato il caporonda? w a g e n k n e c h t . Ma figliolo, non potrei dire capo. Vedi, nel caso del cameriere si può lasciar da parte la professio­ ne e dir semplicemente capo; ma da voi non so se si sa... se d la tsc h e k .

So

se s i sa ?

... Sì, volevo dire non so se si sa che per gli altri superiori non ci si può esprimere così antrenù, al comandante in capo non si dice: senta, capo - sa­ rebbe un’offesa. E così per il capobombardiere. s e d l a t s c h e k . Capisco, bisogna dire: signor capobombar­ diere, posso mettermi a... capobombardare? w a g e n k n e c h t . Oh, per me, se ti diverte... però bei feno­ meni siete voi austriaci. Scusami un momento, devo fare un bisogno. (Si avvicina al vespasiano. Mentre sta per entrarvi, ne esce Hans Müller, che si avvicina al sottuf­ ficiale tedesco e lo bacia) Ma guarda un po’... be’, sen­ ta... molto gentile... voi viennesi siete proprio carini, ma... h a n s M ü l l e r . Evviva, ogni giorno mi torna in mente il detto di Bismarck: « I nostri son da baciare! » e così 10 eseguo. Perdindirindina! Non so resistere, quando vedo uno di questi bravi ragazzi. Me ne andavo per via, meditando sui tanti fedeli cuori materni che in questo momento stan pensando ai figli valorosi, quand ’ecco vedo voi, pegno della più sublime alleanza che mai abbia cementato due popoli, e se non vi dispiace, cugino, mi gusterei volentieri un goccio con voi. Guar­ date, qui vicino, in questa taverna che la xenofilia ha chiamata Bristol, è pronta una onesta tavola, dove for­ se ci arride un pranzetto appetitoso, e in allegri con­ versari, pur sempre memori dell’or a sacra, il tempo non ci parrà lungo. Orsù, ho un buon bastone, e posso camminare come chiunque. Venite, coltiviamo la com­ pagnia, d’accordo? Ho una gran voglia di berne un paio, camerata, che ne direste di levar al sole, congiunti, 11 rosso calice? O vi dilettereste di un boccale di succo d’orzo, il soave, fermentante nettare della terra boema? w a g e n k n e c h t.

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

Non costerà neppure un centesimo bucato! E ci gustere­ mo anche un’eletta foglia che mi ha mandato da oltre­ oceano un vecchio zio, un vero brontolone. Ehilà, fu­ meremo insieme, e quando i pigri cerchi si leveranno in aria, allora anche qualche sincero augurio volerà verso i nostri prodi che in quest’ora, per proteggere il nostro focolare, fanno fronte a tanti infami nemici, così lontani da noi, da quando abbiamo avuto a che dire coi mangiaranocchie. E voi... siete stato anche voi airospedale? Siete infermo? O addirittura ferito? Suv­ via! Ristoratevi come il cuor vi comanda. Ma pensia­ mo anche all’elevazione degli animi, e quest’ora tran­ quilla, donataci dal labile caso, isia insaporita dalla ri­ flessione, quale invero si conviene alla sostanza di que­ sta spaventevole Istoria, ma anche alle primaverili gior­ nate della più radiosa attesa di felicità. Ehilà, voi esi­ tate? Non volete? Siete addirittura malinconico? Scioc­ chezze! Appendete il malumore al chiodo, cacciatelo nel più buio cantone, dove si sono ammucchiate tutte le vecchie cianfrusaglie che non sono più buone per la festa. Su, venite via, afferrate la mano fraterna e la­ sciate che tutti i buoni spiriti della vostra gioia di vivere facciano festa grande! Come! Siete adirato con l’azzurro del cielo? Sono bazzecole! Solo un orso, oggi, se ne starebbe in disparte, solo uno sciocco diffiderebbe di una parola amica, e solo un briccone sparlerebbe dei camerati! Che il diavolo si porti tutti i denigratori! Ognun sa che non è questo il momento di fare il muso. Voi non siete uno stolto. E anche se non siete un dot­ tore, potremmo fare congiuntamente un bel pezzo di strada. Olà, date fiato alle trombe! Una carrozza si ferma davanti all’Hotel Bristol. Si sente una voce: In guerra tariffa doppia! Ehi, vi stupite? Non fraintendete, è l’uso del paese, il vetturino è un arcifurfante e più zotico di un sergente... w a g e n k n e c h t . Come sarebbe? h a n s m u l l e r . ... Non pensate male, litiga per il compen­ so, giacché non lavora gratis et amore Dei, un tal chie­ rico vagante non chiederà mai abbastanza e a nessun altro titolo che per il suo egoismo. Oh, un incidente come ce n’è tutti i giorni, nulla di grave, per carità... lui crede che l ’altro sappia qual è il suo debito, il fo­

ATTO PRIM O, SCENA XXV

restiero risponde che non lo sa ma vorrebbe saperlo, glielo dica senz’altro; quello afferma di non pretendere nulla più del giusto e della tariffa, e il foresto, inge­ nuo, chiede qual è; quello, astuto, gli consiglia di ri­ munerarlo come suole rimunerare gli altri, e si sfoga contro i tempi duri, giacché invero la miseria gli sta in groppa, e mercanteggiano allegramente per un po’, ma quello non si arrende e osserva che di sicuro non an­ dranno dal giudice. E guarda un po’, portano a buon fine la spinosa questione, uno paga il doppio, e l'altro, ancora ruvido, pretende anche la mancia, quello paga, e questo dà di sprone al lesto corsiero e chiama l’altro un morto di fame. Orsù! Ognuno profitta dell’occasio­ ne quando gli si offre il destro, e Madonna Astuzia è sempre la miglior guida. Noi non siamo che i giullari della nostra fortuna, e folle è colui che ignora i modi dei saggi. Vale anche per voi. Vi basterà un soldino di senno e, se avete la lingua, passo passo per voi si met­ terà tutto per il meglio. Una prostituta passa e dice: Vieni con me, dottore nero, che ci divertiamo. Niente da fare, or non è tempo. (A Wagenknecht) Ehi, ve ne stupite? Allora provvedete e godetevi la signorina. È carina e vi diletterà, poiché la sua libera professione è quella di attendere alla voluttà. Si porti il diavolo tutti i lunatici, e voi agite pure secondo la vostra discre­ zione, però a me una simile compagnia parrebbe inde­ gna del grave momento. Su, coraggio, e anche se non siete avvezzo al parlar cortese, né versato nell’arte e nella scienza del giure, e ¡se ignorate le scritture erudite, via, avrete certo un’arte da parte e non dovete restar muto al mio cospetto. Se avete in mente qualche gin­ gillo che avete promesso di portare alla vostra amata o a una vispa cuginetta o a qualche altra bella creatura che non volete rimunerare col denaro, parlate pure li­ beramente. Lo avrete, e se anche fosse un anellino d’oro per la sua mano, non vi costerà certo l’osso del collo. Non giova preoccuparsi. Conosco un mercante che ha fatto ripartire già più d ’un guerriero delle contrade germaniche con doni squisiti, e gratis et amore Dei. Non fatevi venire dei pensieri. L ’oro è invero cosa dia­

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

bolica, che va ben serbata, e il compare Traugott Feitel qui di fronte vi servirà per il meglio. Passa Mendel Singer. Müller saluta. Ehi, non l’avete riconosciuto? Perdiana, era mastro Men­ del, un Meister Singer inappuntabile e consiglier gio­ condo dell’imperatore! Ma ora direi proprio che do­ vete venir subito con me nella taverna. Un eccellente oste e anfitrione vi servirà cibo e bevande che certo vi piaceranno. Venite, compare Titubante, lasciate corre­ re tutti i dubbi maligni e giocate un tiro al diavolo Tristizia. È un diavolo che vi tende ogni sorta di trap­ pole, vedrete, vi attaccherà perfino la gotta. Si camuffa in mille modi e vi pizzica quando men ve l’aspettate. Be’, Sor Tentenna, perché ve ne state lì indeciso? Ho l ’aria di uno che ha i grilli per il capo? O credete che la mia borsa sia vuota? Ho guadagnato un bel po’ nei teatri, e me la son cavata bene con i canti di guerra! Io non sono un guastafeste, vi ho in simpatia, penso al vostro divertimento, perché non mi diventiate ma­ linconico in pieno giorno. Forse perché siete un armi­ gero spregiate la compagnia di un povero giovane che è rimasto a casa? Ma non per questo sono un imbosca­ to. Conosco parecchie infuocate canzoni, che vi ritem­ preranno per nuove gesta. Passa Sieghart. Müller saluta. Ehi, non l ’avete riconosciuto? Per tutti i diavoli, era mastro Sieghart, uno dei migliori, quello che trae per­ centuali dal traffico delle armi... magari fossimo noi! Su, su! Dannato chi vanta più di quel che ha, ma di scherzi come si deve ne tengo in serbo qualche dozzina. Hum! Pensate che voglia imbrogliarvi? O che sia un mariuolo che vuol farvi qualche scherzo, o un perdigiorno buono solo a chiacchierare per poi turlupinarvi dietro le spal­ le? E che diavolo! Non siate scortese! Ma no! Per tutta la vita non sono stato né un sornione né un infido. Non faccio male a nessuno, e pur non essendo un pivello né uno spiantato, ho il cuore al posto giusto, mi godo il sole e per il resto vivo e lascio vivere. Perché sono onesto, mi trovo bene ovunque e non dormo in piedi. Un uomo si china per raccogliere un mozzicone di sigaro.

ATTO PRIM O, SCENA XXV

m

Dio vi benedica, nonno, vi piace la pipetta? 33 (Conti­ nua) E poi, sono sempre onesto e fedele34 fino all’ultimo respiro. Vi rifiutate invano. Datemi solo la parola, e poi vi canterò una solfa che vi sembrerà suonata col vio­ lino. Guardate, già cala il sole sulle contrade, e con gli ultimi raggi saluta i mietitori che stanchi ritornano, qualcuno spossato da allegra venagione, ognuno lo sguardo rivolto alla tranquilla meta, là dove la casa e il focolare lo attendono, e l ’amorosa compagna e una lieta brigata di bimbi. Più d ’una che aspetta a casa si ferisce il dito cucendo, pensa con angoscia alle soffe­ renze del guerriero nel crudo verno e, sbrigata la biso­ gna di provvedere alla propria mensa, cura amorosamente la schiera dei compatrioti. Donne e fanciulle sulle rive dell’antico fiume dei Nibelunghi a Vindobo­ na, Dio vi benedica! w a g e n k n e c h t (come destandosi dallo stordimento, a Sedlatschek). Ehi, senti, tu, Sedlatschek... s e d l a t s c h e k (si avvicina). Dài, quanto ci metti... w a g e n k n e c h t . Macché, volevo fare un bisogno, quando ti arriva questo figlio d’ebreo e me la conta lunga... hans m ü ller (cambiando di colpo). Non sarà mica un delitto, se per simpatia verso il fratello d’armi l’ho invitata al Bristol? Ma chi è lei? Crede di impressionar­ mi? Quante arie! E perché poi? Non le farò certo il saluto militare, può star sicuro! Volevo parlare con lei perché debbo scrivere un articolo sull’alleanza nibelun­ gica - ma ora aspetti e speri! (Esce). w agenknech t (lo segue con gli occhi stupito). Ohè, ma che tipi si incontrano nella vostra cara Vienna! Sembra un ebreo e parla come si parlava quando Berta filava, quando di ebrei non ce n erano ancora. È uno dei gior­ nali e mi ha baciato! Invece di una bella viennesina, ti arriva un affare così. Porca miseria, mi chiedo se Varsavia non l’abbiamo pagata troppo cara! u n a s t r i l l o n a . Edizione straordinaria! - Il bollettino te­ desco! Grande vittoria degli alleati! 33. Dal racconto in versi Die Tabakpfeife [La pipa] di G.K. Pfeffel (1736-1809). 34. Parafrasi da H.C. Hölthy (1748-1776), Der alte Landm ann und sein Sohn [Il vecchio contadino e suo figlio].

174

GLI U L T IM I g i o r n i d e l l ’u m a n i t à

sed la tsc h ek

.

La senti? La vedi? Eccoti la bella viennesi-

na! Cambia la scena.

Scena ventiseiesima Fronte sudoccidentale. Postazione a una quota di più di 2500 metri. Il tavolo è adorno di fiori e di trofei Eccoli che arrivano 1 (alla testa di un manipolo di corrispondenti di guerra). Vedo che sono stati fatti solenni preparativi per riceverci. Dei fiori! Sono certamente per i miei colleghi, i trofei invece sono per me! Vi ringrazio, miei prodi. Ci siamo spinti fino a questa postazione, non è gran che, ma tant’è. Ci accontentiamo che sia in vista del nemico. Purtroppo il comandante non ha potuto esaudire il mio ardente desiderio di visitare un posto avanzato; avrebbe potuto svegliare il nemico, ha detto. u n f a n t e (sputando). Salute. l a s c h a l e k . Mio Dio, com’è interessante. Sembra dipin­ to, se non desse segni di vita potrebbe essere di Defregger, ma che dico, di Egger-Lienz! Mi sembra di vedere nei suoi occhi un furtivo, furbesco ammiccare. L ’uomo semplice, così come Dio l’ha fatto! Lasciate che vi racconti, o miei prodi, quel che abbiamo passa­ to prima di arrivare fino a voi. Dunque, la strada di fondovalle, un tempo così frequentata, è dominio in­ contrastato dell'Ufficio Stampa. In alto, sulla vetta, ho sentito per la prima volta qualcosa di simile alla sod­ disfazione nel vedere un albergo delle Dolomiti tra­ sformato in quartier militare. Dove sono finite le loro signore imbellettate e avvolte nelle trine, dov’è l’al­ bergatore italiano? Spariti nel nulla. Ah, che soddi­ sfazione! L ’ufficiale che ci guidava è stato un po’ a pensare quale quota fosse la più adatta per noi. Ne ha proposta una tra le meno battute dall’artiglieria, e na­ turalmente i miei signori colleghi erano d’accordo, ma io invece ho detto: No, io non ci sto; e così siamo finiti quassù. È il meno che si possa fare. Ma ora, vi prego,

v edetta. la

sch a lek

ATTO PRIM O, SCENA XXVI

*7 5

rispondete a una -sola domanda: Come mai prima della guerra non ho mai visto tutte le splendide figure che ora incontro giornalmente? L ’uomo semplice è una meraviglia della natura! In città - mio Dio, com’è in­ sipido! Qui ogni persona è una figura indimenticabile. Dov’è l’ufficiale? u f f i c i a l e (dall’interno). Impegnato! l a s c h a l e k . Non fa nulla. Entra l’ufficiale, la Schalek comincia a interrogarlo, rice­ vendone risposte brevi e secche, pronunciate con una smorfia amara. Al termine, gli chiede: Dov’è il posto di vedetta? L ’avrete certamente, no? Ovun­ que io sia stata, nella trincea di osservazione, tra le coperture di muschio c’era per me una feritoia di cin­ que centimetri. Ah, eccola! (Si mette alla feritoia). u f f ic ia l e (grida). Giù la testa! (La Schalek si abbassa) Quelli laggiù non sanno dove stiamo noi osservatori, una punta di naso ci può tradire. Gli uomini del gruppo di giornalisti estraggono i fazzo­ letti e li tengono davanti al viso. la

(a parte). Vigliacchi!

sch a lek

La batteria comincia a sparare. Grazie a Dio, giungiamo in tempo. Ora comincia uno spettacolo... adesso mi dica, signor tenente, se un artista sarebbe in grado di rendere con più vigore, con maggio­ re efficacia uno spettacolo simile. Quelli che se ne stan­ no a casa continuino pure a chiamare la guerra la ver­ gogna del secolo... l ’ho fatto anch’io, finché me ne stavo comodamente nell’interno; ma quelli che ci si trovano vengono presi dalla febbre di vivere. Non è vero, signor tenente, lei alla guerra ci si trova in mezzo, lo ricono­ sca, molti di voi vorrebbero che non finisse mai! u f f i c i a l e . N o , nessuno. Ergo tutti vogliono che finisca. Si ode il sibilo di proiettili: Sss... la s c h a l e k u f f ic ia l e .

. Ssss. J

Era una granata.

N o , era uno shrapnel. Non lo sa?

. Ovviamente per lei è difficile capire come io possa ancora non distinguere le sfumature dei rumori.

la s c h a l e k

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Ma da quando sono partita ho già imparato parecchio, e vedrà che imparerò anche questo... Sembra che lo spettacolo sia finito. Che peccato! Era di prim’ordine. u f f ic ia l e

. È

so d d isfa tta ?

Che vuol dire soddisfatta? Non è la parola giu­ sta! Chiamatelo amor di patria, voi idealisti, odio del nemico, voi nazionalisti, chiamatelo sport, voi moderni, 0 spirito d’avventura, voi romantici; chiamatelo voluttà di potenza, voi conoscitori della psiche - io la chiamo umanità liberata. u f f i c i a l e . Come la chiama? l a s c h a l e k . Umanità liberata! u f f i c i a l e . Be’ sì, sa com’è, ma se almeno una volta ogni tanto ci mandassero in licenza! l a s c h a l e k . Ma in compenso lei ha presente in continua­ zione il pericolo della morte, è una grande esperienza! Sa che cosa mi interessa di più? Quello che lei pensa, 1 suoi sentimenti. È stupefacente vedere con quanta facilità gli uomini a 2500 metri di altezza se la cavano non solo senza l’aiuto di noi donne, ma anche senza la nostra presenza. u n ’ o r d i n a n z a (entra). Agli ordini, signor tenente. Il ser­ gente maggiore Hofer è morto. l a s c h a l e k . Con che semplicità viene data questa notizia da quest’uomo semplice! È bianco come un cencio. Chiamatelo amor di patria, odio del nemico, sport, spirito d’avventura o voluttà di potenza - io la chiamo umanità liberata. La febbre di vivere mi attanaglia! Signor tenente, mi dica, che cosa sta pensando in que­ sto momento, che sensazioni prova? la sc h a le k .

Cambia la scena.

Scena ventisettesima In Vaticano. Si sente la voce di Benedetto che prega Nel nome santo di Dio, nostro Signore e Padre celeste, per il sangue benedetto di Gesù, prezzo della redenzione dell’uomo, vi scongiuriamo, voi chiamati dalla divina Provvidenza a reggere le sorti delle nazioni in guerra,

ATTO PRIM O, SCENA XXVII

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di porre finalmente termine a questo pauroso massa­ cro che ormai da un anno disonora l’Europa. Il sangue versato per terra e per mare è sangue fraterno. Le più belle contrade d’Europa, di questo giardino del mondo, sono cosparse di cadaveri e di rovine. Dio e gli uomini hanno affidato a voi la spaventosa responsabi­ lità della pace e della guerra. Ascoltate la nostra pre­ ghiera, la voce paterna del vicario deH’eterno e supre­ mo giudice, al quale dovrete rendere conto. La copia di ricchezze di cui Iddio creatore ha colmato le terre a voi sottoposte vi consente certamente di continuare la lotta. Ma a quale prezzo? Rispondano le migliaia di giovani vite che ogni giorno si spengono sui campi di battaglia...35 Cambia la scena.

Scena ventottesima In redazione. Si sente la voce di Benedikt che detta ...da molto tempo i pesci, le aragoste e i crostacei del­ l’Adriatico non godevano una cuccagna come quella di questi giorni. Nell’Adriatico meridionale si sono divo­ rati quasi l ’intero equipaggio del Léon Gambetta. Gli abitatori delle acque deH’Adriatico centrale si sono ci­ bati di quegli italiani che non siamo riusciti a salvare dairaifondamento del cacciatorpediniere Turbine, e nell’Adriatico settentrionale la fauna marina gode di un vitto sempre più abbondante. Al sommergibile Me­ dusa e alle due torpediniere è andato ora ad aggiungersi ■l'incrociatore Amalfi. Il campionario di prede maritti­ me, che fino ad ora si era limitato al ‘piccolo naviglio’, si è vistosamente accresciuto, e sempre più amaro dev’es­ 35. Il brano è citato dalla « Esortazione Apostolica ai popoli belligeranti e ai loro governanti » intitolata Allorché fummo chiamati, pronunciata da papa Benedetto XV (vedi Indice dei nomi) nel primo anniversario dello scoppio della guerra mon­ diale, il 28 luglio 1915, così come il brano seguente è tratto da un editoriale scritto da Moriz Benedikt (vedi Indice dei nomi) per la stessa occasione.

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sere l’Adriatico, il cui fondo si va ogni giorno ricopren­ do delle carcasse sventrate delle navi italiane, e sui cui flutti azzurri alita il tanfo di cadavere dei liberatori del Carso... Cambia la scena.

Scena ventinovesima L'ottimista e il criticone a colloquio . Lei non può negare che la guerra, a parte l’effetto positivo esercitato su coloro che debbono guar­ dare continuamente la morte in faccia, abbia portato con sé anche una rinascita spirituale. c r i t i c o n e . Non invidio alla morte questo fatto di doversi far guardare in faccia da tanti poveri diavoli, sbalzati sul piano metafisico dal semplice obbligo universale della forca, a parte il fatto che nella maggior parte dei casi la cosa non riesce. o t t i m i s t a . I buoni diventano migliori e i cattivi diven­ tano buoni. La guerra purifica. c r i t i c o n e . Ai buoni toglie la fede, se non la vita, e i cattivi li rende peggiori. I contrasti del tempo di pace erano già abbastanza grandi. o t t i m i s t a . Ma come, non è sensibile al clima di rinascita spirituale deU’intemo? c r i t i c o n e . Quanto alla rinascita spirituale deirinterno, finora mi ha fatto lo stesso effetto della polvere per le strade, che si alza sotto il rullo della nettezza urbana, per tornare a posarsi a terra subito dopo. o t t i m i s t a . Quindi non cambia nulla? c r i t i c o n e . Come no, la polvere diventa fango, perché die­ tro viene anche l’annaffiatrice. o t t i m i s t a . Lei dunque non crede che dai primi d’agosto, quando sono partiti, sia migliorato qualcosa? c r i t i c o n e . I primi d’agosto! Sì, era questo il termine di disdetta, quando l’umanità dovette sloggiare daironore. Avrebbe dovuto impugnarlo, questo termine, da­ vanti al tribunale del mondo. o t t i m i s t a . Vuole forse contestare l'entusiasmo con cui i o t t im is t a

ATTO PRIM O, SCENA X X IX

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nostri prodi soldati vanno al fronte, e l'orgoglio con cui quelli che rimangono li seguono con lo sguardo? c r i t i c o n e . N o , certo; voglio dire soltanto che i prodi soldati farebbero a cambio con gli orgogliosi rimasti più volentieri di quanto gli orgogliosi rimasti non fareb­ bero a cambio con i prodi soldati. o t t i m i s t a . Vuole contestare la grande solidarietà che la guerra ha creato come con un colpo di bacchetta ma­ gica? c r i t i c o n e . La solidarietà sarebbe ancora maggiore se nes­ suno dovesse partire per il fronte e tutti potessero star­ sene orgogliosi a guardare. o t t i m i s t a . Il Kaiser tedesco ha detto: non ci sono più partiti, ci sono solo tedeschi. c r i t i c o n e . Questo può esser vero per la Germania; altrove forse gli uomini hanno un’ambizione ancora più alta. o t t i m i s t a . Come sarebbe? c r i t i c o n e . Già dalla nazionalità si capisce che negli altri paesi non sono tedeschi. o t t i m i s t a . Chi meglio di lei ha visto l'umanità marcire in tempo di pace? c r i t i c o n e . Ma il suo marciume se lo porta in guerra, ne infetta la guerra, lascia che la guerra ne crepi e se lo riporta intatto e accresciuto in tempo di pace. Prima che il medico guarisca la peste, questa ha ammazzato il me­ dico insieme airammalato. o t t i m i s t a . Va bene, ma per un’umanità siffatta la guerra non è meglio della pace? c r i t i c o n e . Quand'anche fosse, dopo viene la pace. o t t i m i s t a . Io direi che la guerra pone termine al male. c r i t i c o n e . No, lo continua. o t t i m i s t a . La guerra in quanto tale? c r i t i c o n e . La guerra tale e quale. La guerra opera in base alle condizioni del disfacimento di un’epoca, le sue bombe sono piene dei suoi stessi bacilli. o t t i m i s t a . Ma almeno esiste di nuovo un ideale. In que­ sto modo non viene eliminato il male? c r i t i c o n e . Sotto il velo dell’ideale il male prospera come non mai. o t t i m i s t a . Ma gli esempi di abnegazione esercitano cer­ tamente il loro influsso ben al di là della guerra. c r i t i c o n e . Il male opera tramite la guerra e al di là di essa, e si nutre delle sue vittime.

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. Lei sottovaluta le energie morali che la guerra sprigiona. c r i t i c o n e . Dio me ne guardi. Molti, che oggi debbono mo­ rire, possono anche uccidere, questo è vero, ma sono co­ munque privati della possibilità di fare imbrogli. Solo che per questa perdita possono ripagarsi gli altri, quel­ li che se ne stanno orgogliosi a guardarli. Quelli là sono i peccatori inveterati, questi qua subentrano come nuove reclute. o t t i m i s t a . Lei confonde un fenomeno superficiale qual è offerto dalla metropoli corrotta col nucleo che è sano. c r i t i c o n e . È destino del nucleo «sano diventare fenomeno superficiale. La tendenza della civiltà è orientata verso il mondo come metropoli. In un attimo lei può trasfor­ mare un contadino della Vestfalia in un trafficone ber­ linese - ma non può fare il contrario, e neppure può tornare indietro. o t t i m i s t a . Ma l ’idea per la quale si combatte, proprio per il fatto che esiste di nuovo un’idea e che per essa si può perfino morire, rappresenta la possibilità di un risanamento. c r i t i c o n e . Si può perfino morire per essa, senza per que­ sto ritornare sani. Perché si muore non già per l’idea ma dell’idea. E, che si viva o isi muoia per essa, in guerra o in pace, dell’idea si muore perché dell’idea si vive. o t t i m i s t a . Questo è un gioco di parole. Che idea intende? c r i t i c o n e . L ’idea per la quale il popolo muore senza averla, senza trarne nulla, e della quale muore senza sa­ perlo. L ’idea della distruzione capitalistica, e quindi giudaicocristiana del mondo, l’idea che ha il suo luogo nella coscienza di coloro che non combattono ma vi­ vono per e del l’idea di coloro che, se non sono immor­ tali, muoiono di obesità o di diabete. o t t i m i s t a . Allora, se si combattesse soltanto per un’idea simile, chi sarebbe il vincitore? c r i t i c o n e . Auguriamoci che non sia la civiltà che più do­ cilmente si è affidata a quell’idea la cui affermazione di­ pende proprio da q uell’organizzazione del potere che era poi l’unica di cui quell’idea fosse capace. o t t i m i s t a . Capisco. Allora gli altri, i nemici, combatte­ rebbero per un’idea diversa? c r i t i c o n e . Speriamo. Cioè per un’idea. E precisamente quella di liberare la civiltà europea dall’oppressione di o t t im is t a

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qucH’altra idea. Liberare se stessi, tornare indietro su quella strada dove si è avvertito il pericolo. o t t i m i s t a . E lei crede che di ciò siano coscienti i gover­ nanti delle potenze nemiche, che difendono apertamen­ te interessi commerciali, e che davanti alla Storia pas­ sano per il partito dell’invidia bottegaia? c r i t i c o n e . La Storia da noi fa un paio di apparizioni al giorno, troppo spesso quindi per procurarsi l'indispen­ sabile autorità presso l’Intesa. No, i governanti non sono mai consapevoli di un’idea, la quale vive invece nell’istinto dei popoli fino a quando un bel giorno non si manifesta in un atto di governo che allora assume un aspetto e un motivo del tutto differenti. Dovremmo abi­ tuarci gradualmente a considerare ciò che chiamiamo invidia britannica, revanscismo francese, banditismo russo, come semplice avversione per il sudaticcio passo dell'oca dei tedeschi. o t t i m i s t a . Lei dunque non crede che si tratti semplicemente di un'aggressione premeditata? c r i t i c o n e . Ma certo. o t t i m i s t a . E allora? c r i t i c o n e . Di regola un’aggressione si effettua contro l'ag­ gredito, più di rado contro l’aggressore. Oppure chia­ miamola un’aggressione che per l’aggressore è giunta piuttosto di sorpresa, e un atto di legittima difesa che ha colto l'aggressore un po' di contropiede. o t t i m i s t a . Lei ama scherzare. c r i t i c o n e . Seriamente, io considero questa coalizione eu­ ropea contro l’Europa centrale come l'ultima elementa­ re azione di cui fosse ancora capace la civiltà cristiana. o t t i m i s t a . Lei allora ovviamente è dell'avviso che non l’Europa centrale, ma l’Intesa abbia agito in stato di legittima difesa. Ma se poi, come appare, non è in grado di difendersi con successo da questa aggressione? c r i t i c o n e . Vorrà dire che questa guerra di bottegai verrà provvisoriamente risolta in favore di coloro che aveva­ no meno religione, per trasformarsi di qui a cent'anni in una guerra di religione aperta. o t t i m i s t a . Che intende dire? c r i t i c o n e . Voglio dire che in tal caso il cristianesimo giudaizzante ddl'Europa deporrà le armi di fronte allo spi­ rito asiatico.

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ o t t im is t a

.

a tanto?

E con quali armi lo spirito asiatico riuscirebbe

Con le armi. È proprio e soltanto con l’idea della quantità e del progresso tecnico che si può venire a capo dell’altra idea, cioè dello spirito infernale del­ l’Europa centrale. La Cina ha già la quantità, e l’altra arma se la procurerà tra breve. Penserà in tempo a nipponizzarsi. Procederà come fa oggi in misura minore l’Inghilterra, che deve appropriarsi del militarismo per poterlo liquidare. o t t i m i s t a . Però non ci riesce. c r i t i c o n e . Io spero proprio di sì. E spero inoltre che l ’Inghilterra non venga liquidata a sua volta, non ap­ pena acquisito il militarismo; e che non paghi una vit­ toria materiale con l’impoverimento spirituale. Altri­ menti l’Europa verrebbe germanizzata. Forse il milita­ rismo è una condizione dalla quale un popolo europeo viene sconfitto dopo che grazie allo stesso militarismo ha ottenuto la vittoria. I tedeschi per primi han dovuto capitolare per diventare il primo popolo militare della terra. Possa questa sorte venir risparmiata agli altri, soprattutto agli inglesi, che un più nobile istinto di conservazione ha finora preservato dalla coscrizione ob­ bligatoria. L ’attuale legittima difesa, che comporta l’ob­ bligo del servizio militare per tutti, è un tentativo non solo disperato ma anche dall’esito assai dubbio. L ’In­ ghilterra potrebbe sconfiggere, insieme alla Germania, anche se stessa. L ’unica razza abbastanza forte da so­ pravvivere all’esistenza tecnica non vive in Europa. Così la vedo io qualche volta. Voglia il Dio dei cristiani che vada diversamente! o t t i m i s t a . Aha, i suoi cinesi, la razza più imbelle del mondo! c r i t i c o n e . Certo, oggi non troviamo tra di loro tutte le conquiste dell’età moderna, perché forse le hanno già sperimentate in una preistoria a noi ignota e sono riu­ sciti a trarsi in salvo da esse. Le riacquisteranno facil­ mente non appena ne avranno bisogno, per toglierne il vizio agli europei. Faranno anche delle sciocchezze, ma a scopo morale. Questa io la chiamo una guerra di religione che si rispetta. o t t i m i s t a . E qual è l ’idea che essa porterà alla vittoria? c r i t i c o n e . L ’idea che Dio ha creato gli uomini non perc r it ic o n e .

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ché consumino o producano, ma perché siano uomini. Che i viveri non sono il vivere. Che lo stomaco non deve saltare in testa alla testa. Che la vita non deve essere fondata sul-l'esclusività degli interessi materiali. Che l ’uomo è stato collocato nel tempo per aver tempo, e non per arrivare da qualche parte con le gambe prima che col cuore. o t t i m i s t a . Questo è cristianesimo primitivo. c r i t i c o n e . Non è cristianesimo, perché il cristianesimo non ha saputo opporre resistenza alla vendetta di Geova. La ¡sua promessa è troppo debole per tenere a bada la voracità terrena, che già quaggiù cerca una compen­ sazione per la ricompensa celeste. Giacché questa spe­ cie di umanità non mangia per vivere, ma vive per mangiare, e adesso è disposta a morire per questo. Bor­ dello e macello e sullo sfondo la cappella, in cui un papa solitario si torce le mani. o t t i m i s t a . Insomma, in una parola: l’idea è la lotta con­ tro il materialismo. c r i t i c o n e . Insomma, in una parola: l’idea. o t t i m i s t a . Ma non è proprio il militarismo tedesco quel­ l’istituto conservatore che si oppone alle tendenze da lei spregiate nel mondo moderno? Mi meraviglio che un uomo di pensiero conservatore parli contro il mi­ litarismo. c r i t i c o n e . E io non mi meraviglio affatto che un pro­ gressista parli in favore del militarismo. Lei ha perfet­ tamente ragione, giacché il militarismo non è quel che penso io, ma quel che pensa lei. È lo strumento di potere di cui l ’ideologia dominante di volta in volta si serve per affermarsi. Oggi, non diversamente dalla stam­ pa, il militarismo è al servizio dell’idea della distruzio­ ne giudaico-capitalistica del mondo. o t t i m i s t a . Ma nelle loro dichiarazioni le potenze nemi­ che non parlano d’altro che della loro intenzione di di­ fendere la libertà contro l’autocrazia. c r i t i c o n e . Oggi è la stessa cosa. C’è qualcosa che vive nell’istinto dell’umanità, anche di quella meno libera: è il desiderio di proteggere la libertà dello spirito contro la dittatura del denaro, la dignità dell’uomo contro l’au­ tocrazia del guadagno. Il militarismo è il braccio di que­ sta dittatura, invece di essere usato allo scopo per cui è stato creato dalla natura, ossia come strumento con-

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tro questa dittatura aH’interno dello Stato. L ’arma che uccide, da quando è diventata un prodotto industriale, si rivolta contro l’umanità, e il soldato di professione non sa più di quali aspirazioni egli sia lo strumento. An­ che la Russia combatte contro l’autocrazia. Spinta da un estremo istinto culturale, essa «si oppone a quel po­ tere che è il più pericoloso per lo spirito e la dignità dell’uomo, a quella propaganda alla quale la sottomis­ sione caratteristica del pensiero cristiano soggiace più facilmente e col patteggiamento più dannato. o t t i m i s t a . E secondo lei i popoli eterogenei che sono stati chiamati a raccolta per questa guerra avrebbero proprio questo desiderio in comune? L ’autocrazia rus­ sa come la democrazia occidentale? c r i t i c o n e . Proprio quest’antitesi dimostra la comunanza più profonda, che va al di là delle finalità politiche. E il fatto che perfino gli opposti si accordino dimostra che l ’errata politica della Germania, quest’impotenza di fronte all’abbici della diplomazia, è stata l’espres­ sione di una necessità evolutiva. o t t i m i s t a . Eppure l ’insieme di questi alleati è troppo variegato. c r i t i c o n e . La mescolanza dimostra la genuinità dell’odio. o t t i m i s t a . Ma l’odio fa uso degli argomenti più sbagliati. c r i t i c o n e . Questo l’odio lo fa sempre, ma i suoi argomenti sbagliati sono la dimostrazione della giustezza del suo istinto. o t t i m i s t a . Quindi i tedeschi avrebbero bisogno di una rinfrescata culturale attinta al regno della menzogna? c r i t i c o n e . Certo; ma una vittoria gliela farebbe sembrare superflua. Non potrebbero più guarire delle loro più allarmanti verità. Giacché ci si può sempre chiedere se le « menzogne dello straniero », posto che anche que­ ste non siano made in Germany, non contengano più succo vitale di una verità dell’agenzia Wolff. In quelle si può distinguere la menzogna frutto deH’indole natu­ rale dalla verità frutto della comprensione; da noi di­ cono anche la verità come se fosse stampata, e tutto è frutto della carta. Se nei paesi latini la menzogna è un’ebbrezza, ebbene da noi è una scienza, e perciò è pericolosa per l ’organismo. Quelli là sono degli artisti della menzogna, sono i primi a non crederci, ma la vo­ gliono ascoltare, perché la menzogna dice loro più chia-

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ramente quello che sentono: la loro verità. Da noi non dicono nemmeno una ibugia in più di quanto sia stret­ tamente necessario per il fine da raggiungere: sono degli ingegneri del falso, mediante il quale salvaguardano la menzogna che usano nella guerra e nella vita. o t t i m i s t a . Ma le accuse di barbarie lanciate contro la condotta di guerra della Germania sono davvero ri­ dicole. c r i t i c o n e . Ammettiamo col buon Dio che la condotta di guerra tedesca, eccettuate alcune misure applicate solo a titolo di rappresaglia, e vedi caso dirette sempre con­ tro la popolazione civile, e i casi come quello del Lusitania, che il buon borghese chiama « incidenti », non sia più barbarica della condotta di guerra degli al­ tri. Ma quando gli altri affermano che la condotta della Germania in guerra è barbarica, in realtà sentono, e con ragione, che è barbarica la condotta della Germania in tempo di pace. E lo deve essere stata per forza, perché altrimenti non si sarebbe fondata per generazioni sul­ l’idea di preparare la condotta di guerra tedesca. o t t i m i s t a . Ma in fin dei conti i tedeschi sono il popolo dei poeti e dei pensatori. Non contraddice, la cultura tedesca, il materialismo da lei affermato? c r i t i c o n e . La cultura tedesca non è un contenuto bensì un orpello col quale questo (popolo di boia e inquisi­ tori adorna il proprio vuoto. o t t i m i s t a . Un popolo di boia e inquisitori? Cosi chiama i tedeschi? Il popolo di Goethe e di Schopenhauer? c r i t i c o n e . Questo è il nome che può darsi da solo, per­ ché è un «popolo colto, ma in via legale dovrebbe venir condannato dal tribunale del mondo in forza del suo più popolare articolo di codice: quello dell’oltraggio al pudore. o t t i m i s t a . Ma perché? c r i t i c o n e . Perché Goethe e Schopenhauer, tutto quel che avevano da rinfacciare ai loro contemporanei tedeschi, lo direbbero con molta maggior ragione contro l’attuale condizione del popolo tedesco, e con più durezza del « Matin ». Oggi dovrebbero rallegrarsi se riuscissero a passare il confine come cittadini indesiderati. Già Goe­ the dallo stato di esaltazione in cui si trovava il suo popolo durante la guerra di liberazione non seppe ri­ trarre altro che un senso di vuoto, e il tedesco parlato

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e quello dei giornali dovrebbero ringraziare Iddio se oggi si trovassero ancora al livello in cui li vide Scho­ penhauer, che già li giudicava spregevoli. Nessun popo­ lo vive più lontano dalla sua lingua, ossia dalla fonte della sua vita, di quanto facciano i tedeschi. Non c’è mendicante napoletano che non sia più vicino alla sua lingua di quanto il professore tedesco non sia alla pro­ pria! Eppure questo popolo è colto come nessun altro, e dato che i suoi laureati, tutti senza eccezione, a meno che, beninteso, non trovino scampo in qualche Ufficio Stampa, maneggiano le bombe asfissianti, i suoi generali li nomina subito dottori. Che avrebbe detto Schopen­ hauer di una facoltà filosofica che conferisce la sua mas­ sima distinzione a un organizzatore della -morte mecca­ nizzata? Sì, sono colti, l ’invidia britannica glielo deve concedere, possono dir la loro in ogni campo. E -usano la lingua per l’appunto per dir la loro, sempre. Oggi que­ sto popolo scrive un mutilo volapiik da commesso viag­ giatore del mondo e, quando non salva per caso l 'Ifige­ nia trasponendola in esperanto, abbandona la parola dei suoi classici alla irriverente barbarie di qualunque ri­ stampatore, e in un’epoca in cui nessuno più intuisce né vive il destino della parola, si ripaga con edizioni di lusso, bibliofilia e simili sconcezze di un estetismo che è segno altrettanto autentico di barbarie quanto il bom­ bardamento di una cattedrale. o t t i m i s t a . Aha, ma la cattedrale di Reims era un posto di osservazione militare! c r i t i c o n e . Non mi interessa. Anche l ’umanità è un posto di osservazione militare - io vorrei che venisse bombar­ data dalle cattedrali. o t t i m i s t a . Io però non capisco bene quel suo discorso sul tedesco. Lei è quello che si atteggia a fidanzato uffi­ ciale della lingua tedesca, e che nel suo scritto contro la mania di Heine le riconosce un primato rispetto alle lingue romanze. Adesso evidentemente ha cambiato idea. c r i t i c o n e . Solo un tedesco può pensare che io abbia cam­ biato idea. Io la penso così proprio perché sono fi­ danzato con la lingua tedesca. E le sono anche fedele. E so che questa guerra -lo confermerà e una vittoria, che Dio ce ne liberi, sarebbe il più perfetto tradimento dello spirito.

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. Comunque il tedesco non è , a suo modo di vedere, la lingua più profonda? c r i t i c o n e . Sì, ma assai più in fondo sta colui che la parla. o t t i m i s t a . E le altre lingue non stanno secondo lei molto più in basso della tedesca? c r i t i c o n e . Ma chi le parla molto più in alto. o t t i m i s t a . Allora lei è in grado di stabilire un rapporto tangibile tra la lingua e la guerra? c r i t i c o n e . Sì, pressappoco questo: quella lingua che più è isolerotizzata in frase fatta e repertorio possiede anche la tendenza e la disponibilità a considerare - con tono di convinzione - irreprensibile in noi tutto quanto si rimprovera agli altri. o t t i m i s t a . E questa sarebbe una qualità della lingua te­ desca? c r i t i c o n e . Sostanzialmente sì. Oggi è essa stessa quel pro­ dotto finito la cui distribuzione ai consumatori costi­ tuisce la ragion d’essere di chi la parla, e possiede ormai soltanto l’anima del buon borghese che non ha avuto il tempo di commettere una malvagità perché la sua vita è tutta spesa e risolta negli affari e, se per caso non le basta, il conto rimane aperto. o t t i m i s t a . Questi concetti non le sembra di cercarli un po’ troppo lontano? c r i t i c o n e . Sì, il più lontano possibile, nella lingua. o t t i m i s t a . E gli altri non cercano di fare affari? c r i t i c o n e . Sì, ma non ci spendono e risolvono la vita intera. o t t i m i s t a . Gli inglesi fanno della guerra un affare, e hanno fatto sempre combattere dei mercenari per conto loro. c r i t i c o n e . Per l ’appunto gli inglesi non sono idealisti, non vogliono rischiar la vita per i loro affari. o t t i m i s t a . Mercenario viene da mercede, eccole la sua lingua! c r i t i c o n e . Un caso chiarissimo. Ma soldato viene ancor più chiaramente da soldo. La differenza ovviamente sta in ciò, che il soldato quando va a morire per la patria riceve meno soldi e più onore. o t t i m i s t a . Ma i nostri soldati combattono veramente per la patria. c r i t i c o n e . Sì, è vero, e per fortuna lo fanno con entu­ siasmo, altrimenti vi sarebbero costretti. Gli inglesi o t t im is t a

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non sono idealisti. Al contrario, quando vogliono fare un affare sono tanto onesti da non chiamarlo patria, pare che non abbiano una parola corrispondente, la­ sciano in pace gli ideali quando le esportazioni sono in pericolo. o t t i m i s t a . Sono dei mercanti. c r i t i c o n e . Noi siamo degli eroi. o t t i m i s t a . Sì, ma lei non dice anche che gli inglesi insie­ me a tutti gli altri combattono per un ideale? c r i t i c o n e . Dico che sono in grado di farlo con i pretesti più reali, mentre noi miriamo all’affare con i pretesti più ideali. o t t i m i s t a . Ma ostacolare i tedeschi nei -loro affari lei lo considera un ideale? c r i t i c o n e . Certo, proprio quello che noi chiamiamo con­ correnza invidiosa. In realtà si tratta di questo: loro sanno a chi sia culturalmente giovevole un’estensione deirestablishment e a chi no. Vi sono dei popoli che non possono mangiare troppo perché hanno una cattiva digestione culturale. I popoli vicini se ne accorgono im­ mediatamente e con maggior disagio degli stessi inte­ ressati. Il commercio mondiale isolerebbe per sempre 10 spirito tedesco, che è già da gran tempo ignorato dal­ la cultura tedesca. Eppure per rimanere in contatto spi­ rituale col mondo non iserve affatto l ’aumento delle esportazioni. È una cosa che si addice agli inglesi senza danneggiare per niente quell’animuccia che noi credia­ mo di riconoscere in loro. Gli inglesi possono procurarsi 11 necessario e l ’ornamento lussuoso senza pericolo, e sopportano egualmente bene l’esercizio commerciale co­ me la monarchia. Nella natura tedesca, che è quella che dovrebbe guarire il mondo,36 ogni elemento eterogeneo entra immediatamente in una combinazione sciagurata. Quelli là hanno una cultura perché sanno tenere rigo­ rosamente separato quel po’ d ’interiorità dai problemi del consumo. Non vogliono esser costretti da nessun concorrente da strapazzo a lavorare più di sei ore, per poter riservare il resto della giornata a quelle occupa­ zioni per le quali Iddio ha creato i britanni : Dio o lo 36. Riferimento a un verso di Emanuel Geibel (1815-1884) in Deutschlands Beruf [La vocazione della Germania] : « E la germanica civiltà / forse il mondo guarir potrà ».

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sport, e qui occuparsi di Dio sarebbe già un fatto di interiorità quand’anche si trattasse di semplice ipo­ crisia, perché è pur sempre un pensiero che porta lontani dalle faccende della giornata. Ed è questo che importa. Mentre invece il tedesco lavora ventiquattr’ore al giorno, e quegli obblighi spirituali, intellet­ tuali, artistici, eccetera che quest’orario lo costringe­ rebbe a trascurare, li assolve neH’ambito del lavoro, impiegandone i rispettivi contenuti come ornamen­ to, come marchio di fabbrica, come confezione. Non vuole perdere nulla. E questa mescolanza delle co­ se dell’anima con le necessità della vita, questo porre come fine i viveri e non il vivere, impiegando contem­ poraneamente il vivere a servizio dei viveri, come ad esempio « l’arte al servizio del commerciante » - que­ sto è lo sciagurato elemento in cui fiorisce e appassisce l’ingegno tedesco. Questo e nient’altro è il problema della guerra mondiale, l’esecrando spirito della perpe­ tua combinazione e confezione, del perpetuo capovol­ gimento. Noi siamo eroi e mercanti in un’unica ditta. o t t i m i s t a . Tutti sanno che il problema della guerra mon­ diale è che la Germania ha voluto il suo posto al sole. c r i t i c o n e . Questo lo sanno tutti, ma quel che ancora non si sa è che, se si conquistasse questo posto, il sole tra­ monterebbe. E non c’è dubbio che la « Norddeutsche Allgemeine » risponderebbe che in tal caso combatte­ remmo all’ombra. Beninteso fino alla vittoria e oltre. o t t i m i s t a . Lei è proprio un criticone. c r i t i c o n e . Certo, anche se ammetto volentieri che lei è un ottimista. o t t i m i s t a . Non era lei quello che un tempo cantava le lodi dell’organizzazione tedesca, dandole la palma, al­ meno nei confronti del caos latino? c r i t i c o n e . Un tempo e ancora oggi. L ’organizzazione te­ desca - supponiamo addirittura che riesca a tener testa alla guerra totale - è un talento, e come ogni talento è indifferente allo spazio e al tempo. È un talento pratico, subalterno, e serve la personalità die lo impiega meglio del contesto scombinato in cui anche l’uomo subalterno ha una sua personalità. Ma fino a che punto un popolo deve aver abdicato alla propria personalità per acqui­ sire la capacità di rendere così agevole il cammino della vita materiale 1 Questo riconoscimento non è mai stato

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un complimento, e nella scelta tra valori umani, che nessuno esortava a fare prima della guerra, le esigenze nervose deiruomo individualista non hanno più voce in capitolo. In una brutta vita, e soprattutto nel caos al quale questa brutta vita è condannata, specialmente da noi, egli aveva la facoltà di agognare l’ordine; in que­ sto stato d’emergenza poteva usare la tecnica come un ponte di barche per arrivare a se stesso; era soddisfatto che l’umanità circostante fosse ormai formata da soli chauffeurs, cui avrebbe tranquillamente sottratto ogni diritto di voto. Ma ora ne va della personalità dei popoli. o t t i m i s t a . E quale vincerà? c r i t i c o n e . Nel mio ruolo di criticone sono tenuto a veder nero e a temere che vinca quella che ha dimostrato di possedere minore individualità, quindi la tedesca. En­ tro i limiti spirituali del cristianesimo europeo io, nelle mie ore cupe, la vedo andar così. Verrà poi la grande carestia spirituale. o t t i m i s t a . Come risultato della guerra mondiale? c r i t i c o n e . Della guerra europea, e fino alla decisione che la guerra veramente mondiale porterebbe contro l’Euro­ pa spiritualmente unita. L ’insurrezione slavo-latina, ap­ poggiata da popoli fiancheggiatori, rimarrà un episo­ dio fin tanto che l’Europa intera avrà abbastanza mo­ rale tedesca, bombe asfissianti tedesche, coscrizione ob­ bligatoria tedesca per farsi insegnare le buone manie­ re dall’Asia. Questa talvolta è la mia paura. Ma in genere sono ottimista, di un ottimismo di tipo diverso dal suo, e allora ho gran fiducia che andrà a finir bene, e che tutto questo -gran vincere altro non sia che un de­ littuoso spreco di tempo e di sangue, che serve soltanto a procrastinare l’inevitabile disfatta. o t t i m i s t a . Stia attento a come parla! c r i t i c o n e . Lo dico soltanto a lei e in pubblico. Lei non lo ripeterà in giro, e il boia non capisce il mio stile. Non mi dispiacerebbe essere più chiaro, ma lascio che i prussiani si facciano fuori il tutto, e penso la mia parte per conto mio. o t t i m i s t a . Però si contraddice anche in quella parte che tiene riservata per sé. c r i t i c o n e . Non c’è contraddizione tra il temere la nostra vittoria e lo sperare nella nostra sconfitta.

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. E non ci sarebbe contraddizione nemmeno tra il suo elogio e la sua critica della natura tedesca? c r i t i c o n e . No, non c’è contraddizione tra - da una parte l’elogio di una civiltà che appiana le difficoltà della vita materiale, mette l’asfalto al posto del fango nelle strade, e alla fantasia desiderosa di completezza offre delle chimere anziché una concretezza che però non vai nien­ te e - dall’al tra - la critica a una cultura che si è vola­ tilizzata proprio per amore di questo funzionamento liscio, preciso e senza scosse. Non è una contraddizio­ ne, ma piuttosto una tautologia. In un mondo tutto marcio io mi troverei meglio là dove regnasse l’or­ dine e la società fosse abbastanza svuotata da rappre­ sentare un comparsame, e tutti si assomigliassero fra loro, e quindi la memoria non fosse oppressa dalle fisio­ nomie. Ma non vorrei che la condizione dell’umanità fosse questa, lungi da me porre i miei comodi al di sopra del bisogno di felicità della nazione, e per me è un errore se questa si lascia mettere in riga come un battaglione di panini di Aschinger. o t t i m i s t a . Mi spieghi però quest’altra contraddizione: il tipo militare, lei lo considerava relativamente il più pulito nella vita dello Stato. c r i t i c o n e . Neanche questa è una contraddizione, come non lo è l’altra. Nel caos di un mondo in tempo di pace il tipo militare era, tra tutti i tipi di mediocrità disponibili, quello più utilizzabile. Il servizio militare fa da barriera alla futilità sfrenata. La disciplina, il dovere per il dovere, sono il decoro della banalità. È la misura ad occhio per il campo visivo di una borghesia del denaro. Perfino lo speculatore che per una volta è costretto a servire invece di comandare, torna a casa con un aspetto migliore, meno fastidioso e bisunto. o t t i m i s t a . Questa è una lode in carne ed ossa della guerra. c r i t i c o n e . No, soltanto della fatica. E in carne ed ossa! La morte annulla il beneficio ottenuto. o t t i m i s t a . È vero. Ma se muoiono gli speculatori, lei do­ vrebbe essere contento. c r i t i c o n e . Gli speculatori non muoiono. E soprattutto il lustro usurpato della morte compensa il valore dell’eser­ cizio ginnico. L ’eroismo dei non addetti è la più scon­ solante prospettiva di questa guerra. Un giorno sarà o t t im is t a

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lo sfondo su cui si staglierà, più pittoresca e attraente, la bassezza, accresciuta o rimasta invariata. o t t i m i s t a . Però si muore sul serio. Guardi un po’ sui giornali la colonna dei « Caduti per la patria ». c r i t i c o n e . Certo, è la stessa colonna dove prima si annun­ ciavano i nuovi cavalieri del lavoro. Ma questo triste incidente di una scheggia di granata conferirà un’aureo­ la anche ai rappresentanti superstiti degli interessi com­ merciali per i quali quelli là sono morti. o t t i m i s t a . Vuol dire quelli rimasti a casa? c r i t i c o n e . Sì, costoro si ripagheranno della violenza cui quegli altri hanno dovuto soggiacere, la violenza che li ha costretti a morire al servizio di un’idea estranea, e che da noi si chiama coscrizione obbligatoria. o t t i m i s t a . Oh, ma a queste pretese sapranno bene oppor­ si i reduci di guerra. c r i t i c o n e . I reduci di guerra irromperanno nell'interno, e qui cominceranno la guerra per davvero. I successi negati se li prenderanno con la forza, e l’essenza vitale della guerra, che è fatta di assassinio, stupro e saccheg­ gio, sembrerà un gioco da ragazzi in confronto alla pace che scoppierà allora. Ci preservi il dio delle batta­ glie dall’offensiva che ci toccherà fronteggiare! Una paurosa attività, liberata dalle trincee da scavare e non più guidata da nessun comando, cercherà senza posa di allungare le mani verso le armi e il godimento, e il mondo avrà più morte e dolore di quanto non gli ab­ bia -mai richiesto la stessa guerra. Il cielo protegga i bimbi dalle sciabole, che diverranno uno strumento di punizione domestica, e dalle bombe portate in casa come giocattoli. o t t i m i s t a . Certo è pericoloso per i bambini giocare con le bombe. c r i t i c o n e . E gli adulti che lo fanno non si vergognano nemmeno di pregare con le bombe! Ho visto un croci­ fisso ricavato da una granata. o t t i m i s t a . Sono fenomeni secondari. Del resto, la guerra non sempre ha avuto in lei un così convinto deni­ gratore. c r i t i c o n e . Neanche in lei io ho sempre trovato un così convinto fraintenditore. In altri tempi la guerra era un torneo della minoranza, e ogni esempio aveva la sua

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forza. Oggi è un rischio meccanizzato della collettività intera, e lei è ottimista. o t t i m i s t a . L ’evoluzione delle armi non può restare in­ dietro rispetto alle conquiste tecniche dell’età moderna. c r i t i c o n e . No, ma la fantasia dell’età moderna è rimasta indietro rispetto alle conquiste tecniche dell’umanità. o t t i m i s t a . Ma forse che le guerre si combattono con la fantasia? c r i t i c o n e . No, perché se si avesse questa, non si farebbe­ ro più quelle. o t t i m i s t a . Perché no? c r i t i c o n e . Perché in tal caso le suggestioni di una fraseo­ logia che è il residuo di un ideale tramontato non avreb­ bero la possibilità di annebbiare i cervelli; perché si po­ trebbero immaginare anche gli orrori più inimmagina­ bili e si saprebbe in partenza come si fa presto a passare dalla bella frase luminosa e da tutte le bandiere del l’en­ tusiasmo al dolore in uniforme; perché la prospettiva di morire di dissenteria o di farsi congelare i piedi per la patria non mobiliterebbe più alcuna retorica; per­ ché quanto meno si partirebbe con la certezza di pi­ gliarsi i pidocchi per la patria. E perché si saprebbe che l’uomo ha inventato la macchina per esserne dominato e non si supererebbe la follia di averla inventata con l’altra peggiore di farsi ammazzare da essa; perché l’uo­ mo sentirebbe di doversi difendere da un nemico di cui non vede altro che il fumo che sale, e intuirebbe che il fatto di rappresentare la propria fabbrica d ’armi non offre sufficiente garanzia contro la merce offerta dalla fabbrica d’armi nemica. Perciò, se si avesse fanta­ sia, si saprebbe che è un delitto esporre la vita al caso, che è peccato svilire la morte al livello della casualità, che è follia fabbricar corazzate quando si costruiscono torpediniere per affondarle, costruire mortai quando per difendersi si scavano trincee dove è perduto soltan­ to chi mette fuori la testa per primo, e cacciare in topaie uomini in fuga davanti alle proprie armi, e poi la­ sciarli in pace soltanto sottoterra. Se al posto dei gior­ nali si avesse la fantasia, la tecnica non sarebbe un mezzo per complicare la vita e la scienza non mire­ rebbe a distruggerla. Ahimè, la morte eroica aleggia in una nuvola di gas, e 'la nostra vita vien messa agli atti nel bollettino! Quarantamila cadaveri russi irrigiditi

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nello spasimo sui reticolati sono serviti soltanto a un’e­ dizione straordinaria che una soubrette ha letto in un intervallo di fronte alla feccia dell’umanità per far chia­ mare alla ribalta un librettista che ha trasformato il motto eroico « Oro scambiai per ferro » in una igno­ miniosa operetta. La quantità che si autodivora con­ sente ormai il sentimento soltanto per ciò che tocca noi stessi o chi ci è fisicamente più vicino, per ciò che si può immediatamente vedere, comprendere, toccare. E infatti, non è facile vedere come ciascuno, col suo de­ stino singolo, se la svigni da questa compagnia, dove in mancanza di un eroe tutti lo diventano? Non si è mai visto, a tanta ostentazione, corrispondere così poca co­ munanza. Il formato del mondo non è mai stato di così gigantesca piccolezza. L a realtà ha le dimensioni del bollettino, che si sforza di raggiungerla con ansimante chiarezza. Il messaggero che insieme al fatto reca anche la fantasia si è piazzato davanti al fatto e l’ha reso inim­ maginabile. E così arcanamente sinistro è l ’effetto di tale sostituzione, che in ciascuna di queste miserevoli figure che ora ci assillano col loro inevitabile grido di « Edizione straordinaria! », il grido che affliggerà per sempre l’orecchio deH’umanità, mi piacerebbe cogliere il responsabile di questa catastrofe mondiale. E poi, il messaggero non è nello stesso tempo il colpevole? La pa­ rola stampata ha indotto un’umanità svuotata a perpe­ trare orrori che non è più in grado di immaginare, e il terribile flagello della riproduzione li riconsegna alla parola, che fatalmente crea un male che a sua volta si rigenera. Tutto quel che accade, accade solo per chi lo descrive e per chi non lo vive. Una spia condotta al patibolo deve fare un lungo percorso perché la gente nei cinema possa distrarsi, e deve guardare ancora una volta la macchina da presa perché quelli nei cinema siano soddisfatti dell’espressione. Non mi faccia prose­ guire questo filo di pensieri fino al patibolo deH’umanità - eppure debbo farlo, perché io sono la sua spia in punto di morte, e il sentimento che mi stringe il cuo­ re è l’horror di quel vacuum che questa inaudita pie­ nezza di eventi trova negli animi, nelle macchine! o t t i m i s t a . Che i grandi eventi siano accompagnati da fenomeni poco puliti è un fatto secondario inevitabi­ le. È ben possibile che il mondo non sia cambiato di

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colpo nella notte del 31 luglio 1914. Come pure, non mi pare che la fantasia sia effettivamente tra quelle qualità umane che trovano applicazione in tempo di guerra. Ma, se la capisco bene, lei vuol negare in linea di principio che una guerra moderna lasci spazio alle qualità umane. c r i t i c o n e . Mi ha capito bene: non lascia spazio alle qua­ lità se non altro perché il fatto stesso della guerra moderna vive della negazione delle qualità umane. Non ne esistono. o t t i m i s t a . E cosa esiste allora? c r i t i c o n e . Esistono quantità, numeri che si diminuiscono a vicenda in modo uniforme, nel tentativo di dimostra­ re che non la possono spuntare con le quantità tra­ sformate in energie meccaniche; che i mortai riescono a sistemare anche le masse umane. Già il solo fatto di tentare questa dimostrazione è stato reso possibile e ritenuto necessario da quella mancanza di fantasia che è appunto il residuo della trasformazione deU’-umanità in energie meccaniche. o t t i m i s t a . Se le quantità si diminuiscono a vicenda in modo uniforme, quand’è che si avrebbe la fine? c r i t i c o n e . Quando dei due leoni avanzano solo le code. O, se eccezionalmente ciò non dovesse realizzarsi: la cosa durerà fino a quando la quantità maggiore rimarrà in vantaggio. Io tremo di doverlo sperare. Ma tremo an­ cor di più di dover temere che rimanga in vantaggio il numero maggiormente legato ai princìpi. o t t i m i s t a . Quale sarebbe? c r i t i c o n e . Il numero minore, per l’appunto. Il maggiore potrebbe indebolirsi ad opera dei resti di un genere umano che esso stesso ha tutelato; ma il minore com­ batte con una fede ardente in un Dio che ha voluto questo corso di eventi. o t t i m i s t a . Noi avremmo bisogno di un Bismarck. Lui sì che accelererebbe la fine. c r i t i c o n e . Un Bismarck non può venire. o t t i m i s t a . Perché no? c r i t i c o n e . Se il mondo giunge al punto di giustificare i propri bilanci con le bombe, non può nascere un Bis­ marck. o t t i m i s t a . Ma in quale altro modo ci si dovrebbe difen­ dere dal piano infernale di affamarci?

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. In una guerra combattuta per i beni supremi della nazione, ossia per il profitto e per riempirsi la pancia, il piano infernale di affamarci è un espediente molto più morale, perché più armonico, che non 'l’im­ piego di lanciafiamme, mine e gas. Perché in quel caso l ’arma è tratta dalla materia stessa della guerra moder­ na. Che dei mercati diventino campi di battaglia e vice­ versa può volerlo soltanto il guazzabuglio di una civiltà che ha costruito dei templi con le candele steariche e ha posto l’arte al -servizio del commerciante. L ’industria però non deve impiegare degli artisti né fornire dei mu­ tilati. Il falso principio vitale si perpetua in un falso principio di morte, di nuovo il mezzo diverge dal fine. Quando due cooperative di consumo si azzuffano, la più morale è quella che affida il mantenimento dell’ordine non già ai consumatori stessi, bensì a una polizia da loro assoldata, e se si contenta di soffiare a-H’altra i clienti o anche soltanto le merci, è allora che agisce nel modo più morale possibile. Prescindendo poi del tutto dal fatto che queste sanzioni non sono che un avverti­ mento dato agli Imperi Centrali perché le risparmino ai loro cittadini ponendo termine a una guerra insensata. Se finora il contabile non ha fermato la mano del cava­ liere, lo dovrebbe fare proprio adesso, quando perfino il cavaliere può rendersi conto che non si tratta di una giostra, bensì del cotone. o t t i m i s t a . In questa guerra si tratta... c r i t i c o n e . Bravo, in questa guerra si tratta! Ma l a diffe­ renza è questa: gli uni pensano alle esportazioni e parlano di ideali, gli altri ne parlano, di esportazioni, e basta questa sincerità, questa distinzione, per rendere possibile l’ideale, anche se non esistesse per altri versi. o t t i m i s t a . Ma n o n m i d i c a c h e q u e l l i h a n n o a c u o r e u n c r it ic o n e

id e a le ! . Niente affatto, vogliono soltanto togliercelo e riconquistarlo per noi curando l’umanità tedesca del­ l ’incivile tendenza a usarlo a mo’ di confezione per i suoi prodotti finiti. Per il tedesco i beni ideali sono un di più che si aggiunge agli altri beni affidati agli spedi­ zionieri. I tedeschi sono convinti che neH’impiantare una metropolitana non si possa fare a meno di Dio e dell’Arte. È questo il cancro. In una cartoleria di Ber­ lino ho visto un pacco di carta igienica, sui cui fogli il

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senso e l'umorismo della relativa situazione erano illu­ strati da citazioni shakespeariane. Eppure Shakespeare resta uno scrittore nemico. Ma ce n’era anche per Schil­ ler e per Goethe, il pacco abbracciava l’intero patrimo­ nio della cultura classica tedesca. Mai come in quel mo­ mento ho avuto netta la sensazione che si tratta vera­ mente di un popolo di poeti e di pensatori. o t t i m i s t a . Va bene, nella guerra degli altri lei vede al­ l ’opera ¡un istinto culturale, in quella dei tedeschi un interesse di espansione economica. Ma la vita spirituale della Germania non trarrebbe proprio dal benessere economico... c r i t i c o n e . No, non trarrebbe nulla, al contrario. La totale assenza di questa vita spirituale è stata la premessa di tutti questi sforzi. L ’auto-inaridimento spirituale che il loro successo promette supererebbe ogni fantasia, se ancora ce ne fosse. o t t i m i s t a . Ma lei stesso non è convinto della necessità della guerra in quanto tale, quando parla di una guer­ ra dei numeri? Perché in questo modo lei ammette che la guerra risolve per qualche tempo anche il problema della sovrappopolazione. c r i t i c o n e . E in modo radicale. Il problema della -sovrap­ popolazione potrebbe lasciare il campo a quello dello spopolamento. La liberalizzazione dell’aborto vi avreb­ be posto rimedio con minor dolore di una guerra mon­ diale, senza provocarla. o t t i m i s t a . Ma la morale dominante non lo ammetterebbe mail

Né io mi sono mai illuso che lo facesse, dato che la morale dominante ammette soltanto che dei pa­ dri di famiglia, che il caso non è ancora riuscito ad am­ mazzare, si trascinino per il mondo mutilati ed affamati e che le madri mettano al mondo dei figli per farli di­ laniare dalle bombe sganciate da un aereo. o t t i m i s t a . Non vorrà affermare che cose simili avvenga­ no per volontà di qualcuno? c r i t i c o n e . No, peggio, per caso! Non ci si può far nulla, ma la cosa succede, e lo si sa. Rincresce, ma succede. Si penserebbe che un’esperienza ormai abbastanza ricca in questo campo abbia finalmente fatto capire a chi ordina la strage aerea e a chi la deve eseguire che, quando si mira a colpire un arsenale, regolarmente viec r it ic o n e .

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ne centrata una camera da letto e, invece di una fabbri­ ca di munizioni, una scuola per fanciulle. L ’esperienza ripetuta gli avrebbe dovuto insegnare che è questo il risultato di quegli attacchi che poi commemorano con l’orgogliosa dichiarazione di aver centrato un obiettivo con le loro bombe. o t t i m i s t a . L ’uno vale l’altro, è un modo lecito di fare la guerra, e una volta conquistato il cielo... c r i t i c o n e . ... l’uomo gaglioffo coglie subito l’occasione per rendere insicura anche la terra. Legga l’ascensione di una mongolfiera descritta da Jean Paul nella Valle di Campati. Queste cinque pagine oggi non si potrebbero più scrivere, perché l ’ospite dell’ari a non porta più con sé, non conserva il timore reverenziale per il cielo di­ venuto più vicino. Al contrario, scassinatore deH’aria, sfrutta la sua sicura distanza dalla terra per un atten­ tato contro di essa. Non c’è progresso cui l’uomo par­ tecipi senza trarne vendetta. Applicano immediatamen­ te contro la vita proprio ciò che dovrebbe sostenerla, e se la rendono difficile proprio con ciò che dovrebbe alleviarla. L ’ascensione di una mongolfiera è una pre­ ghiera, quella di un aeroplano un pericolo per chi non vi partecipa. o t t i m i s t a . Ma anche per lo stesso bombardiere. c r i t i c o n e . Certo, ma non corre il pericolo di essere uc­ ciso da quelli che ucciderà, e alle mitragliatrici che lo attendono egli sfugge più facilmente di quanto la gente indifesa non sfugga a lui. E sfugge più facilmente anche alla lotta onorevole tra due assassini ad armi pari, onorevole nella misura in cui ci consente tale giudizio la violazione deU’elemento in cui essa si svolge. Ma in ogni caso la bomba aerea significa armare la viltà, an­ che se la usa 1’ ‘Ardito dell’ari a’, una cosa infame come il sommergibile, che rappresenta il principio della per­ fidia armata, quel principio che fa sì che il nano trion­ fi del gigante in armi. Ma i lattanti che l ’aviatore uc­ cide non sono armati, e se lo fossero non potrebbero colpirlo con la stessa sicurezza con cui li colpisce lui. Di tutte le ignominie della guerra, la più grande è il fatto che queirunica invenzione che ha portato l ’uma­ nità più vicina alle stelle è servita soltanto a dar prova della sua bassezza anche nei cieli, quasi che in terra non ci fosse spazio abbastanza.

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E i lattanti che vengono affamati? Sta ai governi degli Imperi Centrali risparmia­ re questa sorte ai loro lattanti, svezzando i loro adulti dall’abecedario. Supponiamo tuttavia che i governanti nemici siano colpevoli delle sanzioni quanto i nostri: ma bombardare i lattanti nemici a mo’ di rappresaglia è un modo di pensare che fa onore all’ideologia tede­ sca, un rifugio intellettuale dove, per il dio dei tedeschi, non vorrei abitare! o t t i m i s t a . Lei trova da ridire sulla condotta di guerra dei tedeschi, e non riflette che gli altri si servono degli stessi mezzi. c r i t i c o n e . Sì che ci rifletto, e non mi passa neanche per la mente di escludere daH’ignominia dell’umanità gli aerei francesi, che servono pressappoco alle stesse eroiche canagliate. Ma la differenza mi pare che stia, a parte la priorità, in un modo di sentire che da un canto prende parte all’abominio, sapendo o dimenticando ciò che esso significa, mentre dall’altro non ci si contenta di sganciare le bombe, ma le si accompagna con battute, porgendo addirittura agli abitanti di Nancy un « augu­ rio di Natale » così confezionato. E qui ritroviamo l’or­ renda mescolanza dello strumento, la bomba, con la vita interiore, ossia col motto di spirito, e addirittura del motto di spirito col sacro - la mescolanza che è il massimo degli orrori, quell’estrema impudicizia grazie alla quale una vita immiserita nel regolamento ripren­ de vigore, una sorta di rivalsa organica contro la disci­ plina, la moralità, l ’addestramento. È l ’umorismo del carnefice, la libertà di una morale che ha posto l’amore sul banco degli imputati. o t t i m i s t a . Rivalsa contro la disciplina? Ma non le era gradita la disciplina, in quanto barriera contro l ’insu­ bordinazione? c r i t i c o n e . Ma non come leva del potere! Meglio il caos che l ’ordine a spese deU’umanità! T ra il militarismo co­ me lezione di ginnastica e il militarismo come condi­ zione spirituale c’è una bella differenza. L ’essenza del militarismo è quella di uno strumento. Se, senza accor­ gersene, è diventato strumento di quelle forze cui la sua essenza si oppone, e se di fronte airumanità minaccia­ ta da queste forze si erge come un fine a se stesso, allora sorge un’iinimicizia insanabile tra esso e lo spirito. Il suo o t t im is t a

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contenuto d ’onore, alleatosi a una tecnica codarda, è diventato una buffonata, il suo dovere spontaneamente abbracciato è degenerato in menzogna nel quadro della costrizione universale. Non è altro che pretesto e rival­ sa di una schiavitù che dietro le macchine dimostra il suo miserabile potere. Il mezzo è diventato fine a tal punto che anche in tempo di pace non pensiamo che in termini militari, e lo scontro non è altro che un mezzo per arrivare a nuove armi. Una guerra a maggior gloria dell’industria degli armamenti. Non solo vogliamo più esportazioni e perciò più cannoni, vogliamo anche più cannoni per se stessi; e per questo poi debbono sparare. La nostra vita, il nostro pensiero sono subordinati agli interessi dell’industria pesante; è un pesante fardello. Noi viviamo isotto il dominio del cannone. E dato che l’industriale si è alleato con Dio, noi siamo perduti. Ecco la situazione. o t t i m i s t a . Ma la situazione la si potrebbe anche consi­ derare dal punto di vista di un ideale nietzscheano, e allora si arriverebbe a una prospettiva del tutto diversa. c r i t i c o n e . Certo, potremmo farlo, e proveremmo la stessa sorpresa di Nietzsche al vedere che dopo Sedan la « vo­ lontà di potenza » ci si presenta non come trionfo del­ lo spirito, bensì in forma di un aumento di ciminiere. Nietzsche era un pensatore che « se l’immaginava di­ versamente ». Voglio dire la rinascita spirituale del 1870. In quella del 1914 forse non avrebbe creduto fin dal principio e non avrebbe dovuto più sorprendersi della vittoria delle proprie concezioni. E forse avrebbe rinnegato il conquistatore che va sul sentiero di guerra con la Volontà di potenza e altro armamentario cultu­ rale nello zaino. o t t i m i s t a . La guerra, è vero, non porta grandi benefici culturali, ma non li porta a nessuno dei popoli che vi partecipano. A meno che lei non sia deciso per principio a riconoscere possibilità culturali soltanto alla parte dove i franchi tiratori assassinano soldati nel sonno. c r i t i c o n e . Certo non alla parte in cui esiste un’agenzia Wolff che ha l’incarico di affermare queste cose. Ma perfino nell’attuale condizione dell’umanità, una cosa resterebbe sempre inaudita: gli aviatori che gettano bombe sui lattanti usano uno strumento bellico con­ sentito dalle norme internazionali, mentre i franchi ti­

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ratori che commettono un omicidio per vendicarne un altro commettono un’azione illecita solo perché non hanno la licenza, perché non assassinano agli ordini di un comando, ma per un altro impulso irresistibile, non per dovere ma per furore, dunque per queir unico mo­ vente che è una mezza giustificazione dell’omicidio; per­ ché sono assassini non autorizzati, che non possono farsi riconoscere né per l ’uniforme appropriata né per l’ap­ partenenza a un comando di complemento, a un re­ parto formazione quadri, al corpo di riserva o come diavolo si chiama quest’ignominia. Non mi faccia giu­ dicare la differenza dal punto di vista morale tra un aviatore che uccide un bimbo che dorme e un civile che ammazza un soldato nel sonno. Scelga lei cos’è più co­ raggioso, considerando soltanto il pericolo e non la re­ sponsabilità: attaccare un soldato nel sonno o un lat­ tante sveglio? o t t i m i s t a . Su questo punto può darsi che lei abbia ra­ gione, ma anche dall’altra parte i segni di umanità li dovrà cercare col lanternino. c r i t i c o n e . Ah, se li cerco nei nostri giornali, non c’è dubbio. o t t i m i s t a . Basta che tenga presente la rubrica « Atrocità russe in Galizia ». c r i t i c o n e . Una cosa però da quella rubrica non sono riu­ scito a capirla: se i castelli della Galizia siano stati sac­ cheggiati dai contadini polacchi o dai militari unghe­ resi. È vero che sotto questo titolo si è trovata diverse volte la notizia di una nobile azione dei russi, come se fosse sfuggita all’obbligo della menzogna. o t t i m i s t a . Non vorrà dire la notizia di uno stupro? c r i t i c o n e . Be’, come crede che i soldati della Honved o dei Deutschmeister avran chiesto un bicchier d ’acqua alle donne del loro paese, per non parlare di quelle dei paesi nemici? Col cappello in mano? Lascio a lei la decisione su questo punto, a lei e al suo ottimismo, che sembra incrollabilmente fondato sui comunicati del nostro Ufficio Stampa Militare. o t t i m i s t a . Ma secondo lei non si rende giustizia al ne­ mico anche da noi? c r i t i c o n e . Sì, sovente ci si accontenta dell’umorismo di cartoline idiote. o t t i m i s t a . No, qualche volta gli si rende giustizia.

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Sì, se è frizzante; ad esempio, a titolo di cu­ riosità - l ’intelligencija mitteleuropea non può lasciar­ si sfuggire una verità sul popolo più calunniato d’Eu­ ropa - a titolo di curiosità, dicevo, abbiamo potuto leg­ gere che i russi durante il Natale cattolico non hanno sparato, ma hanno lasciato nelle loro trincee auguri di pace e felicità per il nemico. o t t i m i s t a . E certo gli austriaci li avranno ricambiati. c r i t i c o n e . Sicuro, per esempio il dottor Fischi, fino al 1° agosto praticante in uno studio legale, in seguito en­ trato a far parte dell’era gloriosa, ha fatto stampare una lettera per la posta militare dove dice : « Domani i russi celebrano il loro Natale - li spazzoleremo ben bene ». o t t i m i s t a . Ma era uno scherzo. c r i t i c o n e . Eh sì, era proprio uno scherzo. o t t i m i s t a . Non possiamo generalizzare. c r i t i c o n e . I o «sì. Può contare sulla mia parzialità. Se il militarismo servisse a combattere la sporcizia in casa, io sarei patriota. Se facendo la guerra reclutasse i buoni a nulla per cedere alla potenza nemica la feccia dell’umanità, sarei militarista! Invece sacrifica chi vale e assicura la gloria alla feccia, rendendola sempre vin­ citrice all'interno anche quando le cose vanno male al-1’esterno. Solo questa prospettiva può spiegare la pa­ zienza con cui la folla tollera quell'insulto alla natura che è la coscrizione obbligatoria. La feccia sa di essere lei stessa l’idea per la quale combatte, e con questa cer­ tezza combatte perfino per la patria, che in ultima ana­ lisi è per essa un’idea estranea, anche se tutta l’ideolo­ gia da abecedario si mettesse all’opera per inculcarglie­ la ogni giorno. Non avvertirebbero, se no, l’obbligo di morire per una idea estranea come una schiavitù mille volte più opprimente della più reazionaria essenza del maledetto zarismo? Ma in definitiva si tratta dell’idea loro propria. Come mai, se no, degli uomini che non hanno mai goduto i privilegi della professione militare (si lascerebbero obbligare a condividerne i pericoli? Si lascerebbero strappare alla professione, al mestiere, alla famiglia, per farsi prima strapazzare nelle caserme e poi morire per conservare la Bucovina? Il fatto che, se si rifiutassero di morire per la Bucovina, verrebbero fuci­ lati prima, è un motivo immediato più che sufficiente c r it ic o n e .

ATTO PRIM O, SCENA X X IX

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a spiegare i casi singoli. Ma quest’istituto non sarebbe potuto nascere se la massa non sapesse che alla fine lei, l ’apparente vittima di appetiti autocratici, ripor­ terà la vittoria sul vincitore. Vede che sono anch’io un ottimista. Non posso indurmi a considerare l’uma­ nità una canaglia così irrecuperabile da affrontare il dolore e la morte e tutto quel fango per amore di una volontà estranea. o t t i m i s t a . Ma lo stato di esaltazione prodotto dalla pa­ tria che chiama è una spiegazione migliore dell’obbligo o dell’interesse. c r i t i c o n e . La patria? È vero, tra tutti i registi questo banditore ha ancora dalla tsua la suggestione più forte. Ma l ’ebbrezza, che addormenta la massa indifesa, man­ cherebbe il suo effetto sull’intelligenza più vigile se non fosse qui all’opera anche la convinzione che una vitto­ ria farebbe proprio di lei, l’intelligenza, la signora del mondo. o t t i m i s t a . Ma non la g u e r r a . c r i t i c o n e . Qui l'intelligenza non fa che risparmiarsi la fatica di pensare, per una volta si rilassa. Non deve rompersi il capo prima che il nemico pensi per lei cose che essa non ha più la fantasia di immaginare. Giacché la guerra trasforma la vita in un asilo infantile, dove è sempre l’altro che ha cominciato, dove uno si vanta dei misfatti che rinfaccia all’altro, e la zuffa assume le for­ me del gioco dei soldati. Quando c’è la guerra, si im­ para a guardar male ai bambini che giocano a fare i soldati. Sono anticipazioni eccessive delle bambinate de­ gli adulti. o t t i m i s t a . Al contrario, oggigiorno i bambini trovano sempre nuovi stimoli per giocare a fare i soldati. Cono­ sce quel gioco: «Giochiamo alla guerra mondiale»? c r i t i c o n e . È il rovescio, altrettanto vile, della faccenda seria: Giochiamo all’asilo infantile. A quest’umanità sarebbe da augurare che i suoi lattanti incominciassero con successo ad affamarsi o a bombardarsi a vicenda, o per lo meno a portar via i clienti alle balie. o t t i m i s t a . Se fosse come dice lei, l'umanità sarebbe stata dichiarata estinta già una guerra mondiale fa. Invece, grazie a Dio, è arzilla e abile... c r i t i c o n e . Vuol dire alle armi. o t t i m i s t a . Si evolve di generazione in generazione. Lei

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ha parlato di cinque pagine di Jean Paul che oggi non si potrebbero più scrivere. Io invece credo che l'inven­ zione del conte Zeppelin non abbia affatto tolto alla Germania la possibilità di creare dei poeti. Anche oggi ci sono dei poeti niente affatto disprezzabili. c r i t i c o n e . Ma io li disprezzo. o t t i m i s t a . E proprio adesso che siamo in guerra la poesia tedesca ha ricevuto un impulso vitale. c r i t i c o n e . Meglio se avesse ricevuto degli schiaffi. o t t i m i s t a . Lei dice delle cose sgradevoli, non delle verità. Qualunque cosa lei possa pensare della guerra, le crea­ zioni dei nostri poeti risentono del soffio infuocato con cui quest’era gloriosa ha sfiorato la vita quotidiana. c r i t i c o n e . T ra il soffio infuocato e la vita quotidiana si è subito stabilita una comunanza: la frase fatta, di cui i nostri poeti, duttili come sono, si son subito appro­ priati. Sono scattati più puntualmente di quanto desi­ derasse la sbalordita clientela. I poeti tedeschi! Lei è un consumato ottimista, ma il suo ottimismo degenere­ rebbe nello sfottò se queste creazioni lei me le volesse raccomandare come prova della grandezza dei tempi. Faccio comunque una differenza morale di alcuni gradi tra i poveri filistei che la faccia. d a n g l (1 arriva trafelato). Riveriti ospiti, poco fa han tele­ fonato da Vienna, Durazzo è caduta... e grandi successi a Verdun! t u t t i . Viva Dangl! g r a n d e . Ho tanto l’impressione che il cielo si sia acceso in onore di Durazzo. p i c c o l o . Oggi sì che ce lo possiamo godere! Oggi sono tutti riuniti, gli ammiratori impenitenti del Semme­ ring e i fedelissimi, voci c o n f u s e . Dov’è Weiss?... Non gridare, per favore, Stukart ti sente... Avete sentito di Durazzo? T i par nien­ te!... Il panorama era fantastico... Son curioso di vedere se oggi se la caverà... Niente da fare, Heine rimane il più grande poeta tedesco, possono crepare... Ho salu­ tato il caposezione e lui mi ha risposto... Vedrà, con­ tinuerà a vivere negli annali... Ha detto che vuole an­ dare sul Sonnwendstein, così ha detto... Non avranno Verdun!... Ma lei è un gran mangiatore? Io sono un gran mangiatore... Il panorama era fantastico... Va al passo, ti dico, lui ha tempo... Le perdite devono essere salate!... Deve guadagnare benino... Come lo ha decla­

g io v a n e .

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mato, ero veramente fuori di me... Scommettiamo che oggi arriva al trotto... Il dottore ha detto che di sotto le cose van benissimo... Avrei ancora tre vagoni... Quan­ do lui si è battezzato lei ha divorziato... Oggi però ar­ riva in ritardo, vi dico... Se volete sbellicarvi, andate alla Josefstadt... Come sarebbe, le tradotte? Il treno dei tarocchi cammina sempre!... Il panorama era fantasti­ co... Ecco che arriva di corsa, che le dicevo, Weiss al galoppo. La compagnia si scioglie. f e d e l is s im o del s e m m e r in g (partendo). Lasciatelo dormire, si preoccupa per la consegna dei metalli. d ir e t t o r e g e n e r a l e (nel sonno, con un gesto di ispira­ zione improvvisa). Sotterrarli! (Si sveglia). un

Cambia la scena.

Scena decima L'ottimista e il criticone a colloquio . Lo posso davvero affermare in tutta coscienza : da quando è stata dichiarata la guerra non ho più in­ contrato a Vienna un solo giovane, e quelli che c’erano ancora ardevano dall’impazienza di non esserci più. c r i t i c o n e . Io vedo pochissima gente. Ma ho un tele­ fono socievole. Già in tempo di pace ho potuto ascol­ tare tutte le conversazioni del quartiere, senza fatica e senza dover prima picchiare sul disco nero: conversa­ zioni su una progettata partita di poker, su un affare proposto, su un coito desiderato. I miei unici contatti col mondo esterno sono quelli che avvengono per sba­ glio. Da quando è scoppiata la guerra mondiale, che non ha certo migliorato il patrio telefono, le conversa­ zioni vertono su un ulteriore problema, e ogni giorno, tutte ile volte che vengo chiamato al telefono per sentir gli altri parlare tra loro, dunque almeno dieci volte al giorno, posso sentire conversazioni come queste : « Gu­ stav è andato in alto loco e si è arrangiato ». « E che fa R udi?». «Anche Rudi è andato in alto loco e si è o t t im is t a

ATTO SECONDO, SCENA X

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arrangiato ». « E Pepi? È finito poi al fronte? ». « Pepi ha la lombaggine. Ma appena potrà alzarsi, andrà in alto loco e si arrangerà ». o t t i m i s t a . Sia prudente. c r i t i c o n e . Perché? Potrei dimostrarlo. Ci sono ancora dei giudici in Austria. o t t i m i s t a . Dal suo punto di vista, dovrebbe rallegrarsi per ogni esonero. c r i t i c o n e . Sissignore, per ogni esonero. Io ho il mio punto di vista, ma la patria non ha il mio punto di vi­ sta, e quelli che vogliono essere esonerati si riconoscono nel punto di vista della patria, non nel mio. Se consi­ dero -¡’obbligo di morire una vergogna, considero pure la raccomandazione per non morire una condizione che inasprisce la vergogna fino al punto da destare la sensazione che in questo paese si possa continuare a vivere soltanto come suicidi. È l’ultimo diritto dei vo­ lontari nei confronti della coscrizione obbligatoria. o t t i m i s t a . Ma ci debbono essere delle eccezioni. Per esem­ pio, la letteratura. La patria ha bisogno non solo di soldati... c r i t i c o n e . ... ma anche di poeti, per fargli quel coraggio che loro non hanno. o t t i m i s t a . Ma la finalità superiore ha fatto crescere an­ che i poeti. Lei non può negare che la guerra ha tem­ prato anche loro. c r i t i c o n e . Ha mobilitato nei più la sete di guadagno, e nei pochi che hanno carattere soltanto la stupidità. o t t i m i s t a . Un uomo come Richard Dehmel, anche lui sotto le armi, ha dato un esempio... c r i t i c o n e . ... che lui stesso ha svalutato con le sue poesie di guerra. Il rumore delle mitragliatrici, lui l ’ha chia­ mato « musica delle sfere » e ha soggiogato al concetto di patria l’unica creatura che si trova ancor più indi­ fesa dell’uomo di fronte alla coscrizione obbligatoria, reclamando per la sua causa assai poco santa « i de­ strieri tedeschi ». o t t i m i s t a . Sì, in tempi come questi tutti i poeti si la­ sciano trasportare... c r i t i c o n e . ... a prestar la parola alle azioni di coloro che profanano la creazione. o t t i m i s t a . Guardi Kernstock... c r i t i c o n e . Non lo faccio volentieri.

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. Un poeta di cristiana dolcezza, addirittura un sacerdote nel suo mestiere. c r i t i c o n e . Sì, lo riconosco, quello è stato eccezionalmente temprato. Penso soprattutto ai versi in cui incita i suoi ragazzi di Stiria a spremere un vino rosso sangue dai grappoli italiani. o t t i m i s t a . Oppure pensi al fratei Willram... c r i t i c o n e . Purtroppo la memoria non mi abbandona. È il poeta cristiano che vede nel sangue un bocciolo rosso e che sogna una primavera di sangue. Lei forse allude all’esortazione di questo pastore d’anime, che suona: Lottando con mostri e con draghi mortali nel petto l’immonda genia si pugnali? Oppure: Picchia il nemico come il cuore sente, a ognuno nel petto del piombo rovente? o t t i m i s t a . No, ho in mente il suo grido: Il vile italiano è ormai selvaggina. O i versi in cui il suo palafreno ni­ trisce forte e sbuffando nobile fuoco lo porta nel bel mezzo dei nemici, fra rivoli di sangue. c r i t i c o n e . Ma la cavalleria è già appiedata e anche il ca­ lessino per tornare a casa dalla Taverna Tirolese costa oggi troppo caro. o t t i m i s t a . Non sottovaluti la forza dell'illusione poetica, soprattutto nella poesia in cui prega il Signore di bene­ dire il nemico in modo tale che quando faremo il bagno nel suo sangue faremo senso anche al diavolo. c r i t i c o n e . E al diavolo che impressione fa? Gli fa tanto più senso quanto meno lo fa al prete. o t t i m i s t a . Oppure prendiamo Dòrmann. c r i t i c o n e . Ma quello non è un prete. o t t i m i s t a . Però che poeta! Già allora, come subivamo il fascino delle sue parole : « Amo le esili, febbricitanti... » ! Oggi, più vecchio di venticinque anni, è passato da un gusto alquanto anemico, che tutti grazie a Dio abbiamo superato, a una concezione più sanguigna... c r i t i c o n e . Lei dimentica che già i febbricitanti, esili nar­ cisi, avevano una bocca rosso sangue. o t t i m i s t a . Eppure... Che cos’è, in confronto ai versi che adesso infuocano tutti: « Ai russi con i serbi / Nerbate con i nerbi! ». Come si è galvanizzato, che risolutezza, che vigore ha acquistato questo che un tempo era un poeta decadente. Pensi quale influsso deve aver eserci­ tato su di lui l’ora presente, per aver potuto trasfor-

o t t im is t a

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mare in questo modo un amoroso beniamino delle Gra­ zie e dargli una tale inesorabile sensibilità, una tale energia costruttiva! c r i t i c o n e . È qualcosa che lo ha travolto. o t t i m i s t a . E non potrà neppure negare i vantaggi che la letteratura al servizio della patria ha prodotto sia per questa sensibilità, sia, last not least, per gli interessati. Aggiunga poi che in un momento in cui ognuno compie il suo dovere verso la patria, anche la patria ha occa­ sione di ricordare il ¡suo dovere verso i suoi figli miglio­ ri. Penso soprattutto a un uomo come Lehar. Va da sé che l’autore della marcia di Nechledil sia stato esen­ tato da ogni obbligo militare. c r i t i c o n e . Beethoven sarebbe stato riformato per sordità, e quindi avrebbe dovuto suonare soltanto alle bisbocce delle mense ufficiali. Quali rappresentanti della pittura e della letteratura le parrebbero degni di eguale consi­ derazione? o t t i m i s t a . Io penso a Schönpflug, il disegnatore che ha creato tanti divertenti tipi militari, e a Hans Müller, i cui luminosi elzeviri sono davvero esaltanti, e tanto hanno contribuito a tener su il morale. c r i t i c o n e . Anch’io mi stupirei assai se un poeta ricevuto da Guglielmo II nel palazzo imperiale di Vienna, che in seguito a ciò non è stato ancora chiuso, non venisse un bel giorno sollevato dallo spossante lavoro nell’imperialregio Archivio di guerra. o t t i m i s t a . Ha proprio ragione. Uomini di questa fatta dimostrano nel modo più convincente, con la loro ope­ ra, di essere indispensabili. Ma d’altra parte ci voglio­ no pure gli scrittori e i corrispondenti di guerra; questi vengono dispensati dal servizio al fronte per... c r i t i c o n e . ... farne venir la voglia agli altri. o t t i m i s t a . Nel loro genere dimostrano la loro utilità come i medici militari che... c r i t i c o n e . ... sono tanto più inabili quanti più abili di­ chiarano, e tanto più sicuramente si mantengono in vita... o t t i m i s t a . ... quanto più la restituiscono ai feriti... c r i t i c o n e . ... perché la possano perdere. Mentre viceversa i giudici militari la conservano tanto più sicuramente quanti più sono i sani a cui la tolgono. o t t i m i s t a . Non si può generalizzare.

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Tutto si può fare, ma questo no. La patria ha bisogno di soldati, ma anche di corrispondenti di guerra. La guerra c'è, e loro ce la deb­ bono raccontare.

c r it ic o n e . o t t im is t a

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CRITICONE.

Ah, c’è la guerra? E lo sappiam da tali che il loro sozzo io conservano, che narra in quale umore l’hanno visitata? Sdegnerebbe un destriero, con lo zoccolo posteriore sinistro, allontanare questi nasi grifagni; e i cavalieri li ricevono, rispondono a domande, e sfamano la feccia al proprio tavolo? Non è stato l ’evento tanto grande da battere il nemico interno? E questi si spinge al fronte, dove acquista meriti per il giornale? Ci presenta la guerra, e si mette nel mezzo? E non tramonta, e vive, e non combatte? Ma non deve la bassa forza fare gli esercizi? C ’è una guerra? Secondo me è la pace. Muoiono i buoni, restano i peggiori : Non debbono morire. Son scrittori. Passa un plotone di reclute dalla barba grigia. Guardi, si muovono le reclute. Eppure non le si può proprio dir mobili. o t t i m i s t a . Sarebbe a dire? c r i t i c o n e . Sono mobilitate, mi sembra il termine giusto. Il semplice aggettivo indicherebbe ancora una volontà propria, e quindi deve intervenire un participio pas­ sato. Sono state rese mobili. Ben presto saranno mobi­ litate. o t t i m i s t a . Certo, sono instradate per il fronte. c r i t i c o n e . Esatto, sono instradate, la coscrizione obbliga­ toria ha volto l ’umanità al passivo. Un tempo si par­ tiva per la guerra, oggi si viene instradati. Solo in Ger­ mania si è superata questa faise. o t t i m i s t a . In che modo? c r i t i c o n e . A Karlsruhe ho visto un grande manifesto con la scritta: « Liberate i soldati! ». Addirittura al portone del comando supremo. o t t im is t a

c r it ic o n e .

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. Com’è possibile, è la rivoluzione! Come può il comando supremo di Karlsruhe... c r i t i c o n e . Sì, servono scritturali per gli uffici e si invi­ tano i civili a presentarsi per rendere i soldati che an­ cora lavorano negli uffici disponibili per il fronte. E allora: « Liberate i soldati! ». Da noi anche in questo caso si direbbe: « Rendete mobili i soldati! », e ci sa­ rebbe una dose sufficiente di libero arbitrio. Io credo però che il manifesto tedesco abbia comunque raggiun­ to il suo scopo. Perché anche se non lo raggiunge, l'am­ ministrazione militare tedesca saprebbe come occupare i posti vacanti negli uffici. Si potrebbe verificare una mancanza di candidati solo nel caso in cui tutti i soldati che potrebbero essere presi in considerazione fossero già diventati soldati liberi. o t t i m i s t a . La sua mania di criticare non si ferma nem­ meno davanti a un avviso del comando supremo di Karlsruhe. c r i t i c o n e . Del resto, laggiù ne ho visto anche un altro. In un commissariato di polizia è appeso un manifesto il cui testo mi si è inchiodato nella mente. Eccolo: o t t im is t a

Questa banda di ladroni la conciamo coi bastoni fino all’Etna ed al Vesuvio li cacciamo in un diluvio di legnate a crepapelle! Ne vedranno delle (belle! E vomiteranno stracci! La pietà dal cuor si cacci e si pensi a sterminare questo popolo di bari! Dinamite in ogni valle, morte a queste facce gialle, facciam fuori tutti quanti d’esser « barbaro » ognun si vanti! . Una cosa del genere sarebbe possibile anche nelle altre nazioni. c r i t i c o n e . Non si deve generalizzare. Ma forse lei ha ra­ gione. Sarebbe possibile perfino tra gli inglesi, se avran­ no ancora qualche anno di coscrizione obbligatoria. Che le valli esistano per essere riempite di dinamite è una

o t t im is t a

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cosa che pian piano tutti i popoli capiranno. Soltanto un verso... sa, quello che fa: « E vomiteranno stracci »... ha un colorito locale. o t t i m i s t a . Una volgarità, nient’altro. Non si deve gene­ ralizzare. c r i t i c o n e . Certo, certo, sarebbe impossibile tra gli in­ glesi, sia quelli bianchi, sia quelli di colore. o t t i m i s t a . Anche in Germania è un caso isolato. c r i t i c o n e . Che però è possibile soltanto in Germania. E il tizio che lo ha scritto se ne sta in un ufficio e si spa­ venta allo scoppio di un sacchetto di carta. o t t i m i s t a . Ora, per l ’appunto... c r i t i c o n e . E lo stesso tizio quando esce si trasforma in un fanatico assassino, che rivolta il coltello nella pancia di un moribondo e una volta a casa lo racconta con orgoglio, per spaventarsi però di nuovo allo scoppio di un sacchetto di carta. o t t i m i s t a . Non la capisco. In guerra ci sono i buoni e i cattivi. Lei stesso afferma che la guerra non ha fatto che accentuare i contrasti. c r i t i c o n e . Sicuro, anche quello tra lei e me. Già in pace lei era un ottimista e adesso... o t t i m i s t a . Già in pace lei era un criticone e adesso... c r i t i c o n e . Adesso accuso di assassinio anche le frasi fatte. o t t i m i s t a . Naturale! Perché mai la guerra avrebbe do­ vuto liberarla dalla sua idea fissa? c r i t i c o n e . Giustissimo, me l’ha addirittura confermata. L a finalità superiore mi ha reso più pignolo. Vedo dei mobilitati e sento che si offende la lingua. Dai retico­ lati pendono i resti sanguinosi della natura. o t t i m i s t a . Dunque lei vuol davvero far la guerra con la grammatica? c r i t i c o n e . Errore, non mi interessano le regole, soltanto il senso vivo dell’insieme. In guerra ne va della vita e della morte della lingua. Sa cos’è accaduto? Non si di­ stinguono più gli scudi (fa il gesto dei soldi) dagli scudi (gesto di farsi scudo), e quelli che prima si guadagna­ vano qualche scudo, in futuro si saran guadagnati uno scudo. Cosi si confondono le sfere e il nuovo mondo è più insanguinato del vecchio, perché rende questo ter­ ribile nuovo significato ancora più terribile grazie alle vecchie forme, delle quali non si è ancora spiritualmente liberato. Abecedario e lanciafiamme! Bandiera

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e cartiera! Impugnata la spada, abbiamo dovuto anche impugnare la bomba a gas. E questa è una lotta al coltello. o t t i m i s t a . È troppo difficile per me. Stiamocene nella realtà. Qui si tratta... c r i t i c o n e . Esatto, qui isi tratta...! o t t i m i s t a . Se i combattenti non avessero un ideale da­ vanti agli occhi, non andrebbero in guerra. Le parole non contano. Proprio perché hanno degli ideali da­ vanti agli occhi, i popoli portano la pelle... c r i t i c o n e . ... al mercato! o t t i m i s t a . Proprio nel linguaggio dei nostri comandi lei dovrebbe riconoscere un tratto che si stacca vigorosa­ mente dalla prosa triviale del mondo degli affari, da lei •tanto spregiata. c r i t i c o n e . Certo, nella misura in cui questo linguaggio tradisce un suo rapporto col mondo dell’avanspettacolo. Così, in un’ordinanza di un comando di divisione ho letto: « ... coloro che per eroismo, abnegazione e sprezzo della morte hanno dato il massimo che truppe di prima qualità sono in grado di dare... ». Certo il generale ave­ va in mente una di quelle troupes di prima qualità che spesso lo deliziavano in tempo di pace. L ’affarismo puro si esprime meglio nella persistente confusione tra scu­ do e scudi. o t t i m i s t a . Lo intende alla lettera? c r i t i c o n e . Nello spirito e alla lettera, dunque alla lettera. o t t i m i s t a . Eh sì, la lingua è una bella croce. c r i t i c o n e . Che si porta sul petto, io però la porto sulla schiena. o t t i m i s t a . Non le pare di esagerare? c r i t i c o n e . Le faccio un esempio: io dico che un popolo è finito quando si trascina appresso le sue frasi fatte in una condizione in cui ne torna a vivere il contenuto. E questa è la dimostrazione che questo contenuto non lo vive più. o t t i m i s t a . Per esempio? c r i t i c o n e . Un comandante di sommergibile tiene alta la bandiera, un attacco aereo è andato a monte. E ancor più vacuo è l’effetto quando la metafora ha un conte­ nuto pertinente. Quando, invece di un’operazione mi­ litare in terra, un’impresa marittima fa naufragio. Quando la vittoria nelle nostre attuali posizioni è a

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prova di bomba, e il bombardamento di una piazza è una cannonata. o t t i m i s t a . Sì, questi modi di dire vengono tutti dalla sfera militare, e noi per rappunto ci viviamo in mezzo. c r i t i c o n e . Non è vero. Altrimenti la crosta della lingua sarebbe caduta da sola. Di recente ho letto che la no­ tizia di un incendio a Hietzing si è sparsa con la ra­ pidità del fuoco. E così pure la notizia della conflagra­ zione universale. o t t i m i s t a . Ma per questo forse non brucia? c r i t i c o n e . Ma certo. Brucia la carta e ha incendiato il mondo. I fogli di giornale son serviti ad attizzare il rogo universale. L ’unica cosa autentica è che è suonata l’ultima ora. Perché le campane vengono trasformate in cannoni. o t t i m i s t a . Sembra che le chiese non la prendano così sul tragico, dal momento ohe spesso offrono spontanea­ mente le loro campane. c r i t i c o n e . Sia la guerra il loro estremo rintocco.4 A poco a poco viene alla luce l ’affinità tra requiem e mortaio. o t t i m i s t a . In tutti gli Stati la Chiesa invoca la benedi­ zione di Dio sulle proprie armi... c r i t i c o n e . ... e si dà da fare per moltiplicarle. Be’, non le si può certo chiedere di implorare la benedizione di Dio sulle armi del nemico, ma almeno avrebbe potuto fare lo sforzo di maledire le proprie. E allora le chiese degli Stati belligeranti si sarebbero intese meglio. Oggi è possibile che il papa maledica la guerra, però parlan­ do di « legittime aspirazioni nazionali », e che nella stessa giornata il principe arcivescovo di Vienna bene­ dica la guerra che serve a reprimere le « inique aspira­ zioni nazionali ». Sì, se le ispirazioni fossero state più forti delle aspirazioni, queste ultime non ci sarebbero, e la guerra neppure. o t t i m i s t a . L ’internazionale nera è fallita, peggio di quel­ la rossa. c r i t i c o n e . Si è affermata solo quella che ha messo nero su rosso, la stampa... o t t i m i s t a . Mi fa piacere che lei ne riconosca il potere... 4. Inversione dell’ultimo verso della Campana di Schiller: « Sia la pace il suo primo rintocco ».

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... benché ne sopravvaluti l'influsso. Che può fare quel Benedikt... o t t i m i s t a . Che cos’ha contro... c r i t i c o n e . Dico papa Benedetto.5 Che cosa può una pre­ dica per la .pace contro un editoriale per la guerra. E dato che non ci sono altro che prediche per la guerra... o t t i m i s t a . Lo riconosco, a Betlemme la salvezza del mon­ do era stata decisa diversamente. c r i t i c o n e . Ci pensa Bethlehem in America a correggere Terrore fatto diciannove secoli fa. o t t i m i s t a . In America? Cosa vuol dire? c r i t i c o n e . Si chiama Bethlehem la più grande fonderia di cannoni degli Stati Uniti. Da noi ogni chiesa for­ nisce il suo Bethlehem, il suo obolo per Bethlehem. o t t i m i s t a . Una casuale coincidenza di nomi. c r i t i c o n e . Lei è un miscredente. E non sa neppure che cos’è un Paternoster? o t t i m i s t a . Una preghiera! c r i t i c o n e . Un ascensore! Ottimista! o t t i m i s t a . Ah già, certo. Ma questa storia di Bethlehem?... Così si chiama il luogo che fornisce le armi ai nemici della Germania! c r i t i c o n e . Sì, e sono i tedeschi a fornirle. o t t i m i s t a . Lei vuole scherzare. A capo del trust dell’acciaio c’è Carnegie. c r i t i c o n e . C’è Schwab. o t t i m i s t a . Allora sono dei tedeschi d'America a rifor­ nire il nemico?... c r i t i c o n e . Dei tedeschi del Reich! o t t i m i s t a . E chi lo dice? c r i t i c o n e . Qualcuno che Io sa. Il « Wall Street Journal », che in materia di finanza pare non meno competente della nostra stampa finanziaria, ha accertato che il 20 % delle azioni del trust dell'acciaio si trova in mani tede­ sche, ma non di tedeschi d'America, bensì di tedeschi del Reich. Ma c'è di più. Legga qua cosa scrive un giornale socialista tedesco: « Mentre si è saputo di vari indu­ striali anglo-americani che hanno respinto le commesse del governo francese e di quello inglese, il “Leader", c r it ic o n e .

5. Benedetto (in tedesco Benedikt): vedi la nota 35 all’atto I p. 177 e, nellln d ice dei nomi, le voci Benedetto XV e Benedikt, Moriz.

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giornale socialista del Milwaukee, ha fatto i nomi di parecchi tedeschi d’America che difendono pubblica­ mente a spada tratta la causa della Germania... Un gruppo di giovanotti con lampioncini passa cantando « O patria amata puoi dormir tranquilla ».6 ... mentre le fabbriche da 'loro dirette producono car­ tucce, fucili e altro materiale bellico per l’Inghilterra e la Francia. Ma c’è di peggio: negli Stati Uniti esi­ stono filiali di ditte tedesche che partecipano a questi affari! E abbiamo ancora il diritto di protestare con­ tro la strana neutralità dell’America, che in fin dei conti non ha nessun motivo per rinunciare a questi co­ lossali profitti per i nostri begli occhi? ». o t t i m i s t a . Incredibile... però i ¡begli occhi, questo lo deve ammettere, i tedeschi 'li hanno davvero. c r i t i c o n e . Belli e sinceri, e il cuore, comunque sia, è sempre grande così. Lo sa lei che le carte italiane del­ l ’Austria, dove sono riportate le aspirazioni irredenti­ stiche, e che in questi giorni sono state affisse nelle li­ brerie a prova della ¡sfrontatezza del nemico, ebbene, lo sa che sono state fatte in Germania? E che le cartoline francesi che illustrano la nascita della Marsigliese sono state stampate a Dresda? Ho visto un annuncio ci­ nematografico che suonava: Lealtà tedesca - Perfidia nemica! o t t i m i s t a . Be’, questo andrà bene, no? c r i t i c o n e . Non lo direbbe, se l’avesse visto. Un demonio aveva fatto tralasciare nella terza parola una letterina... o t t i m i s t a . Perfida nemica! c r i t i c o n e . Proprio così: Perfida nemica. Ma per fortuna la lettera era stata aggiunta a mano da un correttore coscienzioso, sicché la verità ha riavuto il debito onore e la parola la sua i. o t t i m i s t a . Lei non perde la sua abitudine, di considerare gli errori di stampa... c r i t i c o n e . ... il testo autentico. o t t i m i s t a . Questa lealtà... c r i t i c o n e . ... perfida nemica! o t t i m i s t a . Bene, per quel che riguarda le carte geografi6. Verso da L a guardia al Reno, vedi Indice dei nomi.

ATTO SECONDO, SCENA X

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che italiane e le cartoline francesi, si potrebbe dire che in favore dell’efficienza dei tedeschi... c r i t i c o n e . ... parla il fatto che i nemici debbono importare il loro odio dalla Germania, anche se scoppiano di rab­ bia! Il che rappresenta una mortificazione non tanto per i tedeschi quanto per i nemici, non è vero? o t t i m i s t a . No, non dico questo, dico soltanto che lei si attacca a delle escrescenze. c r i t i c o n e . Che però in un tronco sano non si trovano. o t t i m i s t a . Pensi piuttosto che i tedeschi d’America han­ no eretto dei baluardi in difesa delle tradizioni na­ zionali. c r i t i c o n e . Io penso invece che in questi baluardi fabbri­ cano munizioni contro i loro connazionali. o t t i m i s t a . Sì, business is business. c r i t i c o n e . No, gli affari sono affari. o t t i m i s t a . In politica, dico io, il successo è il successo. Per questo l'affondamento del Lusitania non dovrebbe mancar di fare una -grande impressione. c r i t i c o n e . L ’ha già fatta. In tutto il mondo, nella misura in cui esso è ancora capace di orrore. Ma l’ha fatta an­ che a Berlino. o t t i m i s t a . Perfino a Berlino? c r i t i c o n e . Ancora una volta, lo provino le prove. {Legge) « Nel momento in cui la nave affondava, centinaia di persone si gettarono in mare. La maggior parte venne inghiottita dal vortice. Molti si aggrappavano a pezzi di legno proiettati via daH’esplosione... A Queenstown si vedevano scene tragiche, mogli che cercavano i ma­ riti, madri che chiamavano i loro bimbi, vecchie che vagavano con i capelli disfatti e intrisi d ’acqua, donne giovani che giravano senza meta con i bambini stretti al petto. Erano già stati ammucchiati 126 cadaveri, tra i quali uomini, donne, bambini di ogni età. Due poveri piccoli si tenevano abbracciati nella morte. Uno spet­ tacolo indimenticabile, straziante ». Ecco. o t t i m i s t a . E a Berlino? c r i t i c o n e . A Berlino? In un varietà di Berlino, già l’in­ domani della catastrofe si proiettava un film su tutto l’episodio, e sul manifesto c’era scritto: « L ’affonda­ mento del Lusitania. Scene dal vero. Durante questo programma è permesso fumare ». o t t i m i s t a . Non c’è dubbio, questo è cattivo gusto.

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

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No, è stile. Be’, il caso Lusitania io non riesco a conside­ rarlo dal lato sentimentale. c r i t i c o n e . Neanch’io, solo da quello criminale. o t t i m i s t a . La gente era stata avvertita. c r i t i c o n e . L ’avvertimento del pericolo era la minaccia di un delitto, quindi la strage è stata preceduta da un ri­ catto. Il ricattatore non potrà mai invocare a propria discolpa il fatto di aver prima minacciato il danno da lui causato. Se io la minaccio di morte se lei fa o non fa qualcosa alla quale io non ho alcun diritto, sono un ricattatore, non un ammonitore, e poi compio un as­ sassinio e non un’esecuzione. È permesso fumare. E la patria amata, pensando ai cadaveri dei 'bambini, dorma pure tranquilla!7 o t t i m i s t a . Il sommergibile non poteva far altro che... c r i t i c o n e . ... sostituirsi all’iceberg che un paio d’anni pri­ ma andò a cozzare contro il Titanic come la collera di Dio contro la follia della tracotanza tecnica, per inse­ gnare all’umanità il terrore in luogo della venerazione. Adesso la stessa tecnica si incarica della punizione e tutto è a posto. Ma allora Dio, che l’aveva fatto, si chiamava ancora per nome. Invece la storia tace l’eroe di questo sommergibile. Il bollettino ufficiale non lo nomina. Il nemico afferma che quest’uomo è stato decorato, ma l’agenzia Wolff smentisce. E lo fa con uno sdegno che, sotto il tono autocompiaciuto della bo­ naria frase fatta, mette finalmente a nudo la propria azione. o t t i m i s t a . Certo non pretende di essere un eroe come Weddigen... c r i t i c o n e . E perché no? L ’azione viene esaltata. Perché non la isi tace, così come il nome di chi l’ha compiuta? o t t i m i s t a . L ’azione non è stata nobile, ma -utile sì. Il L u­ sitania portava a bordo delle armi destinate a essere usate contro i soldati tedeschi. c r i t i c o n e . Armi tedesche! c r it ic o n e

.

o t t im is t a

.

Cambia la scena.

7. Vedi la nota precedente.

Scena undicesima Viuzza di periferia. Folla di proletari in fila davanti a una bottega di alimentari. Alcune guardie mantengono Vordine. Viene affisso un grosso cartello con la scritta « Pane esaurito ». La folla rimane immobile u n a g u a r d ia .

Non

v e d e te c h e è e sa u r ito ?

Sto qui in piedi dalle due di notte! s e c o n d a g u a r d i a . Circolare! s e c o n d a d o n n a . È giustizia questa? Si sta qui da otto ore e adesso dicono « esaurito » ! u n u o m o . Buttategli giù la bottega! s e c o n d o u o m o . Sì! Provaci! Se adesso gli chiedi se ha del pane, ti molla una sberla da farti prendere il campa­ nile di Santo Stefano per un grissino. t e r z a d o n n a . Paghiamo le tasse come gli ebrei, vogliamo mangiare anche noi! q u a r t a d o n n a . È colpa degli ebrei! g r i d a . Fuori il pane! s e c o n d a g u a r d i a . Se non circolate, sarete voi i responsa­ bili delle conseguenze. p r i m a g u a r d i a . Rischiate l’arresto per violazione della legge! g r i d a . Abbasso! Vogliamo il pane! s e c o n d a g u a r d i a . Vi sbattiamo dentro! g r i d a . Fatelo aprire! s e c o n d a g u a r d i a . Fra una settimana vi daranno le tes­ sere. q u a r t a d o n n a . Addio, fra una settimana saremo crepati! p r i m a g u a r d i a . Tener duro è la parola d’ordine! u n a v e c c h i a (si allontana scuotendo il capo). Gesù, che disgrazia! Agli uomini gli sparano e le donne le fanno morir di fame! p r i m a g u a r d i a . C’è un solo sistema... circolare! t e r z o u o m o . E va bene, aspettiamo le tessere. E poi il pa­ ne dove lo troviamo? q u a r t o u o m o . Oh bella, dal fornaio! q u i n t o u o m o . Sì dal fornaio! un a d e lla f o lla .

Risate. La folla si disperde con varie grida.

240

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’U M AN ITÀ

(apre a una signora vestita bene che è rima­ sta). Entri, presto...

i l n e g o z ia n t e

Cambia la scena.

Scena dodicesima Kàrntnerstrasse. Un supermangiatore incontra un man­ giatore normale m a n g ia t o r e

no rm a le.

Oh come va, come se la passa con

la guerra? Non me lo chieda, la prego, mi dia piuttosto qualche bollino per il pane, li raccolgo do­ vunque posso. m a n g i a t o r e n o r m a l e . Che idea, non ce la faccio neppure io. E dire che sono un mangiatore normale! Posso figu­ rarmi come deve essere furibondo lei. Giusto ieri dicevo a mia moglie, qui va male per Tugendhat, Tugendhat, si sa, è un famoso mangiatore. Abbiamo letto nella « Presse » quella interessante spiegazione sui supermangiatori che avran bisogno di più di quelli normali, men­ tre quelli normali avran bisogno di più degli scarsi. s u p e r m a n g i a t o r e . Lei è un mangiatore scarso? m a n g i a t o r e n o r m a l e . Non posso proprio dirlo, così così, sono un mangiatore normale. Ma non ce la faccio nean­ ch’io. Se continua così, della guerra faccio a meno vo­ lentieri. s u p e r m a n g i a t o r e . Così non può durare. Sono conosciuto per un supermangiatore, avrei potuto far da consu­ lente all’Annona su quel che ci vuole in un giorno. m a n g i a t o r e n o r m a l e . Però bisogna riconoscere che questa prima giornata della tessera del pane ha fatto sensa­ zione. Le conclusioni per noi stessi le possiamo trarre solo in base alla nostra esperienza, leggendo la « Pres­ se » si ha invece un’idea generale di quel che è suc­ cesso. s u p e r m a n g i a t o r e . Sì, è entrata nei particolari. Ha man­ dato cento inviati in tutti i locali. Ma in ogni posto era diverso. Per esempio, mentre i clienti abituali di « Leber » si sono subito adattati al nuovo sistema... su p e r m a n g ia t o r e .

ATTO SECONDO, SCENA X II

24 I

n o r m a l e . ... i camerieri del « Weingartl » hanno avuto il loro da fare... s u p e r m a n g i a t o r e . ... per rispondere alle domande dei cu­ riosi. Pare però che in tutti i locali una cosa sia stata sempre la stessa, ossia, ogni volta che il capocameriere tirava fuori le forbici... m a n g i a t o r e n o r m a l e . ... intorno a lui si sono formati dei capannelli. Niente di strano, ci può essere infatti una rivoluzione maggiore? s u p e r m a n g i a t o r e . Sì, quel che ci tocca passare è spa­ ventoso. m a n g i a t o r e n o r m a l e . Be’, almeno quelli nelle trincee non hanno da invidiarci, s u p e r m a n g i a t o r e . Devo ammetterlo, il primo giorno del­ la tessera mi ha fatto l ’impressione di un battesimo del fuoco. Con la differenza, però, che al battesimo del fuoco ci si può arrangiare. Ma con la tessera? Ma lei, è un supermangiatore? m a n g i a t o r e n o r m a l e . Così così. Sono un mangiatore nor­ male. s u p e r m a n g i a t o r e . E invece io, che come si sa sono un supermangiatore, debbo proprio dire, senta... tutti a Vienna mi chiedono cosa farò, son tutti curiosi. m a n g i a t o r e n o r m a l e . La posso capire, un supermangia­ tore come lei, quando anch’io, che mangio normale... u n a f f a m a t o (si avvicina e tende la mano). Per carità, non ho nulla da mangiare... s u p e r m a n g i a t o r e . ... e dato che come si sa sono un su­ permangiatore. ..

m a n g ia t o r e

Escono conversando. Cambia la scena.

Scena tredicesima Florianigasse. I consiglieri in pensione Dlauhobetzky von Dlauhobetz e Tibetanzl v o n d l a u h o b e t z . Son curioso di vedere se domani la « Mittagszeitung » - sai, è il mio giornale pre­ ferito - se domani la « Mittagszeitung » pubblica la mia poesia, gliel’ho mandata ieri. La vuoi sentire? Aspetta... (Tira fuori un foglio).

dlau h o betzky

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Hai fatto om’altra poesia? Di che tratta? Ora lo senti, di che tratta. Canto di battaglia del viandante. Capisci, invece del Canto notturno del viandante...8

t ib e t a n z l .

d la u h o b e t z k y von d l a u h o b e t z .

Su tutte le vette è pace. In tutte le cime trasenti appena un respiro... bella... È una poesia mia! Cosa? Tua? Questa è bella, è una poesia di Goethe! Ma sta’ attento, vedrai subito la differenza. Devo cominciare da capo.

t ib e t a n z l .

Ma di’... Questa

è

d la u h o betz k y von d la u h o be tz .

Dunque, su tutte le vette è pace. Su tutte le cime trasenti appena un respiro. Hindenburg dorme nel bosco. Aspetta, e Varsavia anch’essa cadrà. Non è magnifica? Tutto corrisponde a meraviglia, ho solo messo Hindenburg al posto degli uccelli e poi anche, naturalmente, la chiusa con Varsavia. Se la pubblicano non sento ragioni, la mando a Hinden­ burg, sono un suo fervente ammiratore. t i b e t a n z l . Senti, questa è bella. Ieri ho scritto esattamente la stessa poesia. La volevo mandare alla « Muskete », ma... d l a u h o b e t z k y v o n d l a u h o b e t z . Hai scritto la stessa poe­ sia? Ma va’! t i b e t a n z l . Ma ho fatto molti più cambiamenti di te. Si chiama: « Dal fornaio ». Su tutte le fette è pace. Sui pasticcini trasenti un filo di fumo... 8. È il famoso Wanderers Nachtlied, II, di Goethe; qui il gio­ co di parole è tra Nachtlied [Canto notturno] e Schlachtlied [Canto di battaglia].

ATTO SECONDO, SCENA X III d lau h o betzky

von

dlau h o betz. è

2 43

tu tta c a m b ia ta , è p iù

d iv e r te n te ! T IB E T A N Z L .

Dormon nel bosco i fornai, aspetta, ed in pancia nulla più avrai. Senti, è stata proprio una trasmissione del pensiero! t i b e t a n z l . Sì, però adesso ho lavorato a vuoto. Ora debbo aspettare per vedere se esce la tua. Se esce la tua, non posso mandare la mia alla « Muskete ». Altrimenti fini­ scono col credere che ti ho parodiato!

d la u h o betzk y von d la u h o betz .

I due escono. Cambia la scena.

Scena quattordicesima Una brigata di cacciatori Oh, non seccatemi con le vostre fanfaro­ nate da cacciatori. Il mio anno in Russia vale tre dei vostri scipiti anni di pace! In terra nemica si era sem­ pre a caccia, e ‘in bocca al lupo!’. Erano giorni splen­ didi, passati alle calcagna del nemico in rotta, quando lo si inseguiva finché, mortalmente spossato, si arren­ deva al vincitore. La guerra è l’occupazione naturale dell’uomo. E c’era allora anche un balsamo portentoso che guariva tutte le ferite, e che non osavo nemmeno sognare: la croce di ferro senza nastri! E di tanto in tanto ci si metteva tra i denti la vecchia borraccia, per scaldarsi almeno un po’ di dentro. In quei momenti lì si diventa pensosi. Pensavo alla bella, gagliarda guerra di Francia, quando facevamo correre la cavalleria ne­ mica se solo si azzardava a mostrare una zampa, per ca­ racollare alla fine coi nostri cavalli nella Champagne piena di sole! Veniva una strana acquolina in bocca al pensiero di tutto il buon champagne che ci era corso giù per la strozza! E il pensiero ci portava con un balzo in un altro paese nemico: il Belgio! Fertili campi, ric­ che città una attaccata all’altra ci stavano aspettando. Allora segnai sul mio carnet un gurkha celeste e due

v o n d r e c k w it z .

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

ciclisti belgi. E poi... via, a togliere i pali di confine con la Polonia! E, per il grande Zeus, anche qui le nostre lance e i nostri fucili non avrebbero fatto la rug­ gine! Però per il momento non si sparava. Il nemico an­ cora non c’era, per mancanza di partecipazione. A cavallo è difficile beccarla, quella canaglia, ma degli spari hanno una fifa blu. Dopo una marcia intermina­ bile, quando era già buio, arrivammo agli alloggiamenti. Ah, che cosa non era! Chi non conosce quelle baracche polacche, non ha idea di quel che c’è al mondo. Non si può descriverle, bisogna vedere e toccare con mano. I cosacchi si erano fatti coraggio e ci sbarravano l’accesso a un ponte. C’era anche, per la verità, un bel po’ di fanteria. Uno dei nostri squadroni stava già attaccando, ma fu accolto da un fuoco pazzesco, che crepitava abba­ stanza sinistro nella notte buia. AH’alba attaccò tutto il reggimento, e mise quei tangheri in fuga. Uno di noi eb­ be un colpo di striscio alla testa, le schegge dell’osso vo­ lavano da tutte le parti. Avvicinandoci gatton gattoni, avevamo già ammazzato gli avamposti. Bang, un colpo, bang, un secondo, un terzo! E poi si scatena un fuoco di fila, la fine del mondo! Buuum, fa il nostro cannone; badadang!, le bombe a mano che quegli zucconi dei russi pensarono bene di buttar giù dalle finestre. La strada è piena di gente che scappa di qua e di là, ma al buio, dannato chi riconosce da che parte stanno. Be’, noi ci siamo schiacciati contro una grande casa, per stare a vedere a chi avrebbe sorriso quel giorno la dea della vittoria. Ma il casino continuava, e la situa­ zione non accennava affatto a chiarirsi. Se non ti scan­ savi ti beccavi una pedata. Sarei un gran bugiardo se dicessi che quella situazione era tutta rose e fiori, co­ munque ce la cavammo, e più tardi fummo ricompen­ sati. Centocinquanta passi dietro la città ci interrammo in tutta fretta, fino al colletto. Aspettavamo con gioia gli eventi e i russi che dovevano passare di là. Eravamo in otto, gli unici laggiù che potevano cantare la Guar­ dia al Reno. Dunque, ce ne stavamo zitti come topo­ lini, il dito sul grilletto. Dei miei armigeri ero abba­ stanza sicuro; nessuno avrebbe sparato senza l ’ordine. Accanto a me, un giovane volontario batteva i denti senza tanti complimenti. Gli diedi subito una gomitata.

ATTO SECONDO, SCENA XIV

245

« Fuoco a volontà » comandai allora con voce secca, tan­ to per far sentire ai tangheri àall’altra parte la melodia dei comandi prussiani. E dovetti alzarla, la voce, perché alla prima salva si levò dall’altra parte un coro di urla così spaventose da far rabbrividire e rizzare i capelli in testa, e mentre i nostri fucili ci davano dentro allegra­ mente nel fitto dei nemici, quelli precipitavano indie­ tro, isopra i morti e i feriti... e sempre si sentivano le grida dei moribondi! E noi già eravamo aH’inseguimento, urlando « urrà » ! Come animali, tutto un gruppo si era cacciato dentro il portone della prima casa. Avremmo potuto ammaz­ zarli con calma uno per uno. Erano completamente suo­ nati e per la paura non gli usciva più la voce. Tutto l'affare sembrava addormentarsi. Ci mancava soltanto un bicchierino. Ma avevo la sensazione che avrebbero tentato ancora qualche porcata. Volevo dare un’occhiata un po’ più da vicino al nemico, là dietro. Qui servivano due o tre colpi sicuri. Portai il fucile alla guancia, un tocco al grilletto e pam! ecco il primo. Subito ricarico, un altro sparo, e rifaccio centro. Il n. 2 e il n. 3 caddero come sacchi prima di riaversi dal primo spavento. Al­ lora ripresero un -po’ di vivacità, ma sembrava che non sapessero da che parte scappare. Il russo n. 4 si prese la pallottola un po’ troppo da vicino, ma forse per me fu un vantaggio, perché si mise a urlare in maniera terribi­ le. Avevo preso subito la carabina del mio compagno, e sparai altri cinque colpi nel mucchio vicino allo stec­ cato. Delle grida mi indicarono che anche questi spari non erano andati a vuoto. Questi ultimi colpi mi ave­ vano fatto un po’ schifo, dato soprattutto che non avevo il senso del pericolo: ai russi non veniva proprio in mente di sparare. Ma tant’è: ognuno vuol bene a se stesso e la guerra mica l ’ho cominciata io! Il fianco era sgombro, e me ne tornai soddisfatto dai miei ragazzi. Gli ufficiali russi fecero una faccia strana quando ci vi­ dero là; noi, sei in tutto. Ma il mio atteggiamento ama­ bile mise a tacere le loro perplessità. Ci stringemmo cordialmente la mano, io col sorriso con­ discendente del vincitore. Era un momento molto bel­ lo, e il successo militare straordinario. Insieme marciam­ mo alla piazza del mercato, gremita di russi. Ringraziai

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

il capitano di artiglieria per i suoi colpi precisi, e poi do­ vetti andare a rapporto alla divisione. Soddisfazione ge­ nerale. I miei sei soldati ebbero seduta stante 'la croce di ferro. Io sono stato proposto per la croce di prima classe, che però si è fatta vedere quasi un anno dopo. - E ora, ragazzi, giudicate da voi se mi fate impressione con le vostre fanfaronate da quattro soldi! Quello che ho visto seguendo la pista dei russi è un bel numero, lo riconoscerete! La nostra rivista, « Cani e caccia », mi ha onorato dell'invito a scrivere un articolo sui miei successi di caccia in Russia. E lo scriverò. E poi, in boc­ ca al lupo per la caccia in Italia! Ma prima dovremo rompere il collo a un bel po’ di bottiglie di spumante. Allora, prosit! t u t t i . Prosit, Dreckwitz! In bocca al lupo! Cambia la scena.

Scena quindicesima Ufficio di un comando militare h ir s c h

(entra e canta sulla melodia del Dissipatore9). Oplà! allegro e senza affanni sto sui campi della morte; penso al prossimo servizio, o che gioia esser reporter. Pur se fossi un gran bel fusto non farei il militare. [Sul terreno della gloria così posso guadagnare]. E secondo, poi : la vita neirinterno è dura e ingrata. E all'Ufficio Stampa al fronte ho battuto in ritirata.

9. Der Verschwender, commedia del viennese Ferdinand Raim und (1790-1836), uno degli autori preferiti di Kraus. N el­ l'atto I, scena 6, ricorrono i versi: « Oplà! allegro e senza affanni / Vivo sempre alla giornata ».

ATTO SECONDO, SCENA XV

Terzo: vivere in trincea è per me noia mortale. [Sono quindi destinato al servizio del giornale]. Quarto: riferisco in fretta il decorso dello scontro. Quel che fan gli eroi davanti 10 da dietro lo racconto. Resterò fino alla fine, vincerò, parola mia. [Se comincio appena a scrivere i nemici iscappan via]. Posso dir perciò per quinto : me ne sto splendidamente. Come i nostri qui si battono scoprirà la nostra gente. Sesto e settimo, poiché non mi sanno mai beccare [vivo e scialo senza affanni sulla guerra, un buon affare]. Ehi, maggiore, se vede il generale, gli dica che lo in­ tervisterò con tutto lo Stato Maggiore! Oggi non mi scapperà nessuno! (Esce). r o d a r o d a (entra cantando. Su una nota melodia). È Rosenbaum,10 è Rosenbaum, l’inviato dei più bei giornali. Lui in retrovia non vive, ma per scrivere 11 fronte non ha proprio eguali. Io tutto mi guardo coi miei occhi, perciò ogni cosa scoprire mi è dato. E poi, nel peggiore dei casi, morirò da shrapnels nemici straziato. 10. Parodia della canzone infantile Oh Tannenbaum [Oh abete], con allusione al vero nome di R oda R oda (vedi In­ dice dei nomi).

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Di moglie, di figli a me cosa importa, che cosa mi importa la pelle? Per farmi passare il tempo, han scavato per me le trincee più belle. Di fronte al nemico non valgon le fole, bisogna schierarsi per bene. A me non la contano giusta, non c’è per me intervista che tiene. Un tempo ero anch’io di questo mestiere e tutti conosco qui al fronte. Io sono dovunque m’incontri, e oggidì son io l’autorevole fonte. Mi dissero un giorno « Addio », e pareva suonata per me la disfatta. Ma oggi mi chiamano ovunque, e per esser citato, ciascun s’arrabatta. Io sono all’esercito avvezzo oramai e i pezzi li mando al giornale saltando da un fronte aH’altro, e così compongo la storia mondiale. Un giorno mi trovo vicino alla Vistola, e son sull’Isonzo domani. Ho fatto progressi grandissimi ormai, e so dove metter le mani. « Vedremo di battere quest’oggi il nemico », mi dice così il generale. Ma vincere i nostri

ATTO SECONDO, SCENA XV

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io faccio lo stesso quand’anche per noi andasse male. 10 dentro il paese 11 piede non metto, qui al fronte è destino che goda. Ed anche parente son di Rosenbaum, mi chiamo però Roda Roda. (Forte, verso Vinternó) Senta, maggiore, quando vede il generale, gli dica di trasferire il colonnello, mi ha negato il lasciapassare per il forte 5 a Przemysl. Si di­ rebbe che non sappia chi sono io. E questo non lo scusa, al contrario! Insegnerò io la disciplina a questi signori, capito? (Esce). Cambia la scena.

Scena sedicesima Un altro ufficio del comando militare u f f i c i a l e d i s t a t o m a g g i o r e (entra e va al telefono). Ciao, allora hai finito il resoconto su Przemysl?... Non ancora? Ah, non hai dormito abbastanza... Su, datti da fare, altrimenti fai di nuovo tardi per la bisboccia. Al­ lora, senti... Cosa, hai dimenticato di nuovo tutto?... Ah, voialtri!... Stammi a sentire, fissatelo bene in men­ te... Punti principali: primo, la fortezza non valeva gran che. Questa è la cosa più importante... Come? Non si può... Non si può far dimenticare che la fortezza è stata da sempre il vanto...? Ma tutto si può far dimenti­ care, caro mio! E allora, stammi a sentire, la fortezza non valeva gran che, un mucchio di calcinacci... Cosa? Cannoni modernissimi? Un mucchio di calcinacci, ti dico, intesi? Bene. Secondo, sta’ attento: non per me­ rito del nemico, ma per fame! Capito? E qui non va sottolineato l’aspetto dei rifornimenti insufficienti, sai, la disorganizzazione, il casino, sfumare il più possibile. Questi aspetti tendono a imporsi, ma tu ci riuscirai. La cosa più importante è la fame. Una certa fierezza

un

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

250

della fame, capisci! Non per fame ma con la forza, no, che dico, non con la forza, ma per fame! Allora bene... Come non va? Perché si mette in rilievo che i riforni­ menti... Carne, la gente potrebbe chiedersi il perché dei mancati rifornimenti? E va bene, allora entra in argo­ mento e di’ : era impensabile accumulare la quantità ne­ cessaria di rifornimenti perché se li sarebbe presi il ne­ mico occupando la fortezza. Come Vavrebbe presa? per fame? No, è naturale, in questo caso con la forza, non far tante domande. Non capisci, se prende la fortezza con la forza e noi abbiamo i rifornimenti, allora si pren­ de anche i rifornimenti. Per questo non li dobbiamo avere, così non ise li prende, e prende solo la fortezza per fame, non con la forza. Be’, pensaci tu, ciao, vado alla mensa, non ho nessuna intenzione di capitolare per fame... Passo e chiudo! Cambia la scena.

Scena diciassettesima Ristorante di Anton Grilsser.11 In primo piano un signore con una signora. C’è un uomo che passa continuamente da un tavolo all’altro, inchinandosi senza parlare. A un tavolo in primo piano a sinistra, il criticone Già ordinato, prego? No, la carta.

c a m e r ie r e . s ig n o r e .

Il cameriere esce. Già ordinato, prego? No, la carta.

se c o n d o c a m e r ie r e . s ig n o r e .

Il cameriere esce. garzone.

Desiderano bere birra, vino...

s ig n o r e .

N o.

Il garzone esce. 11. Durante tutta la scena Kraus gioca col nome Griisser e il suo significato letterale (« colui che saluta »).

ATTO SECONDO, SCENA XVII terzo

251

Già ordinato, prego? No, la carta. (A un cameriere che passa). La

c a m e r ie r e .

s ig n o r e .

carta! sec o n d o g a r z o n e. s ig n o r e . q uarto s ig n o r e .

Birra, vino...

N o. c a m e r ie r e

(porta la carta). Già ordinato?

N o . Se mi ha appena portato la carta! Cosa c’è

di pronto? Quello che c’è sulla carta. s i g n o r e . Sulla carta c’è scritto « Dio maledica gli inglesi ». Questo io non lo mangio. c a m e r i e r e . Forse qualche piatto da farsi? Forse al signore piacerà... s i g n o r e . Avete del roast beef? c a m e r i e r e . Spiacente, oggi è giornata senza carne. Se la signora gradisce una bella cotoletta o un filetto o forse dell’anatra... s i g n o r e . Prima un antipasto. Che cos’è il Pane stuzzicante (Fette del ghiottone)? c a m e r ie r e . È un hors-d’oeuvre, signore, per stuzzicare l’appetito. s i g n o r e . A me è già passato. Allora... che cos’è l’Intingolo di pesce all’uovo? c a m e r i e r e . È una mayonnaise di pesce. s i g n o r e . E il Pasticcio di pasta frolla? c a m e r i e r e . È un vol-au-vent. s i g n o r e . Che cos’è la Pietanza composta? c a m e r i e r e . Un ragù, signore. s i g n o r e . E allora me lo porti, in nome di Dio... E per dopo, aspetti... che cos’è la Doppia costata di manzo alla condottiera con ostacoli, servita con intingolo d’Olanda? c a m e r i e r e . È una entrecote con sauce hollandaise. s i g n o r e . 52 corone, un po’ caro, un po’ caro. c a m e r i e r e . Sì, il signore non deve dimenticare che siamo in guerra e oggi è giornata senza carne. s i g n o r e . E va bene, porti questa. c a m e r ie r e .

Il cameriere esce. Vedi, avremmo dovuto pranzare da Sacher, lì la stessa roba te la mettono solo 50 corone. u n c a m e r i e r e . Già ordinato, prego? s i g n o r e . Sì.

s ig n o r a .

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

252

sec o n d o c a m e r ie r e .

SIGNORE. un

g a rzon e.

SIGNORE.

Birra, vino?

No.

t e r z o c a m e r ie r e .

SIGNORE.

Già ordinato, prego?

Sì. Già ordinato, prego?

Sì.

(ritorna). Spiacente, non c’è più niente da servire. (Cancella quasi tutte le vivande). s i g n o r e . Ma lei aveva... c a m e r i e r e . Sì, è una giornata senza carne, non si meravi­ glino. Ma se il signore vuole due uova perdute, magari con salsa piccante, quelle ci sono ancora sulla carta. s i g n o r e . Uova perdute, cosa sono? Chi le ha perdute? c a m e r i e r e (sottovoce). Oeufs pochés si diceva prima del­ la guerra. s i g n o r e . Ah, ah, e credono di vincerla così?... No, aspetti... Pasta dei traditori, che cos’è? c a m e r i e r e . I maccheroni! s i g n o r e . Ah già, giusto. E l’insalata fellona? c a m e r i e r e . Insalata russa. s i g n o r e . Ah già, è chiaro. Allora mi porti: una bella trippa alla casareccia con patate rivoltate e uova per­ dute, come contorno un misto piccante, un passato e due porzioni di dolce Grusser alla panna. Questo come si chiamava prima? c a m e r i e r e . Spumone Grusser. s i g n o r e . Perché Grusser? c a m e r i e r e . Dal nome del signore! q u a r t o c a m e r ie r e

Grusser si avvicina al tavolo, saluta ed esce. Chi è il signore? Ma il signor padrone! (Esce). c a p o c a m e r i e r e . Già ordinato, signore? s i g n o r e . Sì. u n m i n u s c o l o s t r i l l o n e (saltella da un tavolo alValtro). Vittoria su tutta la linea! Edizione straordinaria! Grave sconfitta degli italiani! Vittoria su tutta la linea! d u e r a g a z z e (passano di tavolo in tavolo con cartoline e distintivi dell'Assistenza di guerra). Un obolo per l’As­ sistenza di guerra, prego... g a r z o n e . Desidera del pane? La carta, per favore. s i g n o r e (fa per porgergli la carta del menu). ... Ah già, la tessera del pane, io non ce l’ho. s ig n o r e .

c a m e r ie r e .

ATTO SECONDO, SCENA XVII

253

d o n n e (di tavolo in tavolo vendendo cartoline). Per l ’Assistenza di guerra, prego... f i o r a i o (si precipita al tavolo). Desiderano dei fiori?... f i o r a i a (da dietro). Belle violette per la signora? u n a g i o r n a l a i a . Edizione straordinaria! u n c l i e n t e (chiama il capocameriere). Senta, signor Mi­ nistro delle Finanze! c a p o c a m e r i e r e (si china su un cliente). Ha sentito l’ul­ tima, dottore? Che differenza passa tra un profugo della Galizia e... (Continua la barzelletta all*orecchio). c l i e n t e (si illumina via via, poi esclama). Bellissima! Ma sa che differenza passa tra una crocerossina e... (Gli dice il resto alVorecchio). u n c a m e r i e r e (con diciotto piatti). Peeermessoooo! (Ver­ sa un piatto addosso alla signora) Oh pardon, non l'ho fatto apposta! t e r z o c l i e n t e . Chi è che ha detto pardon? Senta, Grusser, nel suo locale tedesco schietto, un cameriere dice par­ don? g r u s s e r . Signor von Wossitschek, lei non crederà com’è difficile oggi il personale. Se gli dici qualcosa, scappano, trovano i posti che vogliono, cosi dicono. È una vera croce, i migliori li hanno arruolati e questi buzzurri che rimangono... i l c l i e n t e . Sì, s ì , va bene, però... g r u s s e r . Pardon, signor von Wossitschek, devo andare a salutare... (Esce). i l c l i e n t e . Pardon, pardon, faccia pure! u n c l i e n t e a b i t u a l e . Ciao Grusser, come ti va? Che ne dici, hai visto come han fregato Leber... g r u s s e r . Però, aveva certi prezzi! E poi non riesce simpa­ tico. Io qui sono qualcuno, non ho mai avuto il minimo fastidio. c l i e n t e a b i t u a l e . Su, vienti a sedere un po’ qui, Grusser. g r u s s e r . Volentieri, più tardi, ma devo salutare altre per­ sone. (Esce). c l i e n t e a b i t u a l e . Ma certo, ciao, Grusser! b a m b u l a v o n f e l d s t u r m (urla, tamburellando sul tavolo). Sacramento e ancora sacramento, non si riesce a farsi servire oggi? Senta, lei, venga qua! u n c a m e r i e r e . Subito, signor maggiore! g r u s s e r . Comanda, signor maggiore? b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Padrone, che succede? Non c’è due

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GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

servizio oggi? Non è più come prima, è da un anno che me ne sono accorto, dove sono finiti tutti i camerieri? g r u s s e r . Richiamati, signor maggiore. b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Cosa? Richiamati? Perché tutti richiamati? g r u s s e r . Per via della guerra, signor maggiore! b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . È da un anno che me ne sono accorto, tranne quei quattro non ha più camerieri. Per un locale enorme come questo! È da un anno che me ne sono accorto. g r u s s e r . Be’, da quando c’è la guerra, signor maggiore! b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Come sarebbe? È uno scandalo! Tanto perché lei lo sappia, i colleghi si lamentano tutti, se continua così non vogliono più venirci! Sono tutti fuori di sé. Il capitano Tronner, Fiebiger von Feldwehr, Kreibich, Kuderna, il colonnello Hasenòrl, son tutti fuori di sé, giusto ieri Husserl von Schlachtentreu del Sessantaseiesimo ha detto che se continua così... g r u s s e r . Sì, signor maggiore, vorremmo tutti che finisse e che venisse la pace... b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Come sarebbe, la pace... La pianti con i piagnistei pacifisti... Ero alle manovre impe­ riali... Se lei sentisse il nostro comandante supremo... Ora bisogna tener duro, caro mio... poche storie! (Un cameriere passa in fretta). Ehi lei, attento a... dest’! Maledetto tanghero, aspetta aspetta, che ti faccio arruo­ lare... Ma mi dica, che razza di servizio è questo? g r u s s e r . Cos’ha ordinato, signor maggiore? b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Niente, vorrei della carne arro­ sto, un po’ lardellata... g r u s s e r . Mi spiace, oggi è giornata senza carne. b a m b u l a VON f e l d s t u r m . Cosa? Senza carne? Cos’è questa novità? g r u s s e r . Eh sì, signor maggiore, siamo in guerra e... b a m b u l a v o n f e l d s t u r m . Non faccia tante storie. Vorrei sapere che cosa c’entra con la guerra far mancare la carne! Prima non era così! g r u s s e r . Sì, ma ora c’è la guerra, signor maggiore! b a m b u l a von f e l d s t u r m (balza in piedi irritatissimo). E va bene, non me la sbatta continuamente sotto il na­ so... Sempre con questa guerra, ne ho le tasche piene! Nessuno di noi colleghi metterà più piede qua den­ tro... Ce ne andremo da Leber! (Si precipita fuori).

ATTO SECONDO, SCENA XVII

2 55

. Ma signor... maggiore... (Scuotendo il capo) Curioso... t e r z o c l i e n t e (a un cameriere). Non c’è più niente? Cosa c’è di dolce? c a m e r i e r e . Ravioli di Vienna, anicini, zuppa inglese... c l i e n t e . Come? La zuppa inglese, ora che c’è la guerra? c a m e r i e r e . Ah, ma è di prima della guerra! c l i e n t e . Prenda in giro qualcun altro, il conto! C A M E R IE R E . Il Conto!

g r u sser

SECONDO CAM ERIERE. I l C o n t o ! TERZO. I l c o n t o !

Il conto! (tra sé). Il conto. g r u sser (va al tavolo del criticone, saluta e si mette a parlare chino su di lui, con lo sguardo fisso, che gli dà Vaspetto dell'angelo della morte, poi dice, facendosi gra­ datamente più vivace). Secondo l’ultima diagnosi mine­ ralogica il tempo sembra si rimetta, e anche la frequenza qui dovrebbe migliorare... Certo, erano fuori città, na­ turale, naturale... Oggigiorno han tutti da fare, Dio mio, la guerra, i tempi duri, tutto il commercio s’è accorto di come è stato colpito il ceto medio... Le conseguenze sono ancora imprevedibili... Anche un signore del gior­ nale, un dottore che è il braccio destro al Ministero, ha detto testualmente... È curioso... hm... ma mi sembra che oggi lei non abbia appetito, peccato, proprio oggi la costata tutti i clienti l’han trovata eccellente, be' allora la prossima volta come bocconcino particolare, una porzione speciale della torta Grusser... Poldi, spa­ recchia, dorme di nuovo questo zozzo, allora ossequi, ossequi... Q U A R TO .

garzone

Il signore e la signora in primo piano si sono addor­ mentati. (entra precipitoso). Spiacente, non c’è più nul­ la da servire! sig n o r e (sobbalza spaventato). In dispensa? Dispensato dal servizio? E va bene. Allora ce ne andiamo. (Si alza con la signora). Adieu. c a m e r i e r e . Paton, permetta che attiri la sua attenzione per la prossima volta, nel nostro locale si parla tedesco e non si può parlare francese. (Si asciuga la fronte col tovagliolo). c a m e r ie r e

256

GLI U L T IM I GIORNI D E LL 'U M A N IT À

Ah SÌ... (alle loro spalle). ... 'sequiservosuo’ciolemanidinuovo’mplimen tidinuovo’vederci !

SIGNORE. g r ù sser

Cambia la scena.

Scena diciottesima Schottenring. Entrano la signora Pollatschek e la signora Rosenberg r o s e n b e r g . Stimatissima collega, non varranno scuse per il nostro comportamentoI Ci aspettiamo da noi, donne di casa austriache, che si continui a tener duro con la disciplina di cui abbiamo già dato prove così brillanti, limitando al giovedì e al sabato i nostri acquisti di carne di maiale. Le nostre sezioni locali sapranno tener alta questa bandiera. Anche per la sugna! s i g n o r a p o l l a t s c h e k . La Rohò permette la vendita del maiale e della sugna il giovedì e il sabato! s i g n o r a r o s e n b e r g . Proprio così: noi massaie austriache avevamo il dovere di dire una parola decisiva su questa questione, che tocca gli interessi più vitali del paese. Noi della Rohò non potevamo starcene con le mani in mano a guardar salire i prezzi del mercato e assistere a questi imbrogli, specialmente per quanto riguarda la costata! s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Quello che ci occorre soprattutto è l ’unità. Dall’unità alla genuinità è il mio motto, so­ prattutto per il lesso! s i g n o r a r o s e n b e r g . E vorrei aggiungere, se la mia opi­ nione dovesse spostare minimamente l’ago della bilan­ cia, che non ci faremo intimorire da nessun terrori­ smo. Per aspera ad astra, dico io, almeno per quanto concerne la culatta. Noi della Rohò... s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Sa chi sta venendo? La Bachstelz e la Funk-Feigl della Gi Kappa Vu, tutt’e due mi mette­ rebbero volentieri il veleno nella minestra. s ig n o r a

Convenevoli.

ATTO SECONDO, SCENA XVIII

257

B a c h s t e l z . Sapete, care colleghe, veniamo dal mercato, vorrei che aveste visto con noi quel che suc­ cede lì, specialmente per i pezzi pregiati! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Già, nell’interesse della causa comu­ ne, dato che oggi dobbiamo tutti portare la nostra pietruzza e c’è bisogno di ogni uomo, ci siamo precipitate là tutte d’un pezzo, giacché sappiamo dov’è che bisogna lottare, contrariamente a certa altra gente, della quale dico soltanto questo: se il buon giorno si vede dal mattino, allora, signore mie, posso dire soltanto... s i g n o r a r o s e n b e r g . Mi dispiace molto, cara signora... s i g n o r a f u n k -f e i g l . Niente signora per lei, sono consi­ gliera di amministrazione della Gi Kappa Vu, e ho gli stessi diritti di chiunque della Rohöl È facile, finché tutto è in boccio, preparare ricette, ma poi? Come dice Schiller, orsù, prendete a piene mani dalla vita...12 s i g n o r a r o s e n b e r g . Volevo solo osservare: mi dispiace molto che lei scenda a fatti personali, so benissimo che la sua odierna lettera alla « Presse » contiene una chia­ ra frecciata contro la Rohö, e dire che è stata scritta quando della Rohö, lei, ancora faceva parte... s i g n o r a f u n k -f e i g l . Non è vero, lo dirò a mio marito, che la denuncerà! s i g n o r a r o s e n b e r g . Oh, per me faccia pure! Posso provare quel che ho detto. Davanti al tribunale le dimostrerò che lei è un’asocialel Almeno sentirà la verità una buo­ na volta! Lei ha brigato contro la Rohö quando ancora ne faceva parte! s i g n o r a b a c h s t e l z . Dovrà provarlo! s i g n o r a p o l l a t s c h e k . A lei glielo dico in faccia io, mi stia bene a sentire, oggi non è tempo di essere schiavi della vanità, se lo metta in testa! Noi non siamo di quelle che cedono a velleità separatistiche. Se una appartiene alla Rohö, be’, deve fame parte col corpo e con l’ani­ ma, il nostro organo è il « Der Morgen » e l’ora è troppo grave, se lo lasci dire, oggi, quando la solidarietà è già mezza vittoria! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Proprio lei predica la solidarietà! Ma mi faccia il piacere!

s ig n o r a

12. L a citazione è errata: si tratta in realtà di Goethe, Faust, I parte, Prologo in teatro, v. 167.

258

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Proprio lo stile della Rohòl Calunnie dietro le spalle! E noi che d togliamo il boccone di (bocca per dare il buon esempio! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Se non fosse stata lei a brigare, noi oggi saremmo ancora nella Rohò. Ci hanno puntato il pugnale alla gola, finché siamo state costrette a dar vita alla Gi Kappa Vu. Sono andata da Ponzio a Piiato. Ma ora, glielo garantisco io, l ’ordine ritornerà, e oggi le dico: quando comincerà a farsi bella dei nostri successi, si romperà i denti! s i g n o r a b a c h s t e l z . E noi che ci togliamo il boccone di bocca... s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Sì, per le piume di airone! s i g n o r a b a c h s t e l z . Provi a dimostrarlo! s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Sabato alla prima del Volkstheater lei è stata vista con delle piume di airone. s i g n o r a b a c h s t e l z . Questa è un’infamia! Lei porta acqua al mulino del cavai ier Hohenblum, si vergogni! s i g n o r a r o s e n b e r g . Dimostrarlo? Come sarebbe, dimo­ strarlo? La prova è sul suo cappello! s i g n o r a b a c h s t e l z . È un cappello dell’anno scorso, lei lo sa benissimo! s i g n o r a r o s e n b e r g . Questa è la politica dello struzzo! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Poverina! È lei che dello struzzo por­ ta qualcosa in testa! s i g n o r a r o s e n b e r g . È dell’anno scorso, lei lo sa benissi­ mo! Io porto una camicetta di guerra! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Poverina! s i g n o r a b a c h s t e l z . La mia camicetta e la sua sono come il giorno e la notte! Siamo state noi a fare il primo passo per la creazione di una moda viennese! s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Lei? Con quella figura? Fantastico! Vuol mettere il mio gusto col suo! s i g n o r a b a c h s t e l z (grida). Parla proprio lei! Se l’ora non fosse così grave, mi farebbe fare uno sproposito! s i g n o r a r o s e n b e r g . Lasciamo perdere queste cacciatrici di pubblicità, per fortuna in questo grave momento ci sono interessi più vitali e noi, se ci riuniamo in falange, possiamo disprezzare questi schiamazzi impotenti. T an­ to si sa da dove viene questa rabbia! s i g n o r a b a c h s t e l z . Senta, se ripete ancora una volta que­ sta calunnia... s i g n o r a r o s e n b e r g . Ma di che parla? Ho detto qualcosa?

s ig n o r a b a c h s t e l z .

ATTO SECONDO, SCENA XVIII

Se ieri, alla mensa sociale, l’ispettore ha parlato con noi più che con voi, non per questo lei deve subito perdere la calma, mia cara! s ig n o r a b a c h s t e l z (al parossismo). Ah, quest’infame in­ sinuazione... Aspetti... le mando mio marito, tutta la Oezeg le verrà addosso! s i g n o r a r o s e n b e r g . Mio marito lo saprà ben ricevere, lui e tutti gli altri, stia tranquilla! Lui ha dietro le spalle tutta la Miag! Basta un suo cenno, e anche l’Ufa e la Wafa le saranno addosso... Mio marito è consigliere d’ammini strazione ! s i g n o r a b a c h s t e l z . E allora il mio chiama la Iwumba! Mio marito è consigliere imperiale! E in che modo il suo è stato riformato, lo sanno tutti! s i g n o r a r o s e n b e r g . Certo, ha avuto delle raccomandazio­ ni ... e allora? Lei crepa di rabbia perché lui ha delle conoscenze. È molto legato alla Sawerb. Aspetti, aspetti, tirerò fuori tutto alla prossima riunione del comitato, le posso garantire un voto di sfiducia airassemblea generale! s i g n o r a f u n k -f e i g l . Lei piuttosto sarebbe da tirar fuori, la faranno fuori dalla Rohò, questo glielo garantisco, la Gi Kappa Vu le insegnerà... Io ho delle relazioni, vado su alla « Presse »... s i g n o r a p o l l a t s c h e k . Nel prossimo numero del « Morgen » ci sarà da leggere... Aspetti, noi della Rohò... s i g n o r a f u n k -f e i g l . Non ci stuzzichi, altrimenti noi della Gi Kappa Vu... Tutt’e quattro si mettono a gridare, e nella confusione si sentono solo le parole Rohò e Gi Kappa Vu; le donne escono gesticolando. Passa un invalido trascinandosi sulle stampelle. Entra una mendicante con un bambino per mano e un lattante in braccio. Edizione straordinaria... Presse ».... b a m b i n o . Neue Fette Pesse...13 l a t t a n t e . Leie... leie... Ielle... m e n d ic a n t e .

Passa una donna incinta. 13. Feil, « vile, prezzolato ».

« Neue

Freie

2Ó0

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

I L C R IT IC O N E .

Toccante offerta nel dì del gran morirei No, meglio sottrarci codesto interludio. Ci mostra, è vero, estreme tracce di natura ancor residue nella razza inumana, che morte decreta eppure vita non rinnega. Ma il meglio di rado sopravviene. Via lo sguardo, l’ultimo tratto umano della razza oggi votata ad altri scopi, ha un che di tormentoso. È sinistra l’idea che questa donna che si mostra così, con quieto passo portando la sua speranza nel'la vita, tutta sacra missione, dolore insieme e grazia potrebbe tra un momento partorire un fornitore dell’esercito. L ’orgoglio della maternità, che così grande era un tempo, da respinger ogni senso di smisurata simpatia, era anche fiero, e meglio, di tenere agli sguardi profani celata l’armonia della creazione, a lui soltanto nota. Però di fronte a questa deforme umanità, non è più giusto. Ora è il suo turno distogliere lo sguardo. L ’orgoglio torni vergogna. O madre, guarda altrove, da isola troppo debole, e immodesta; il tentativo è bello, ma pretende troppo di fronte a centomila madri... Sanno, queste, di aver sofferto più di quanto non tocchi a questa sola. Torna a casa, il tuo fardello perché porti al mercato, come se ciò che hai da offrire al mondo fosse migliore assai di ciò ch’esso ha perduto, anzi, di più : come se adesso finalmente sorgesse nuova, estrema salvazione, come se un Socrate fosse il dono minimo che qui dobbiamo attenderci. Troppo amare son le esperienze fatte. In ogni caso, e foss’anche il migliore, noi curiosi non siamo più, e vogliamo che 'l’attesa resti un affare tuo di madre, casta quanto lo merita, finché un giorno il compimento ripaghi il mondo d ’uno sguardo. A casa!... Noi verremo quando è tempo, soffrendo fino allora con te, o madre,

ATTO SECONDO, SCENA XVIII

2ÓI

1 dolore più fondo non per te,

a per la nuova vita, da materna ndanna avviata all’antico morire, assima tra le vittime perché nasce, li, fatti abile, aspetta la leva. Dlontaria, che porti? Stai a casa, 1 giorno è come l'altro, e morto sempre morto appare. Va’! Vogliamo esser sorpresi. Cabia la scena.

Scena diciannovesima Belgrado. Case distrutte. Entra la Schalek la ]HALEK. Sono riuscita a passare. Qui, come sempre, mi ieressa soprattutto il momento universalmente umano, questa sarebbe una civiltà? Queste case sono paragona­ li alle più misere botteghe di Fünfhaus, e quindi me­ lavano di essere bombardate. Lo «squallore di questo sto è tale che non si può nemmeno pensare di fotoufarlo. Ma quel che non finirà mai di indignarmi è fatto che la città non era neppure lastricata. Può rsi che la cosa abbia agevolato la decisione di raderla suolo. Nemmeno il Konak offre nulla. Di quello che siamo portati via per ricordo non vale neppure la pe: di parlare. Che re è questo, che possiede un servizio 0, per il quale Belgrado distrutta non offre occasione

2 Ó2

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM A N ITÀ

alcuna. (Una donna serba le offre ridendo delle con­ serve) È un enigma irritante. Entra un interprete. (dopo aver parlato con le donne). Dicono che è questione di resistere ancora per qualche altra brutta giornata. I belgradesi reputano l’occupazione della loro città un semplice intermezzo. Sono convinti che ce ne andremo presto, e perciò ridono malignamente. s c h a l e k . Non può essere questa l’unica ragione. Gli chie­ da cosa provano, e perché quella mi ha dato delle conserve. in t e r p r e t e (dopo aver parlato con la donna). Dice che nulla può turbare l’ospitalità serba. s c h a l e k . Ma perché proprio delle conserve? in t e r p r e t e (dopo aver parlato con la donna). Dice che han voluto mostrare di essere donne, e le conserve sono il regno delle donne. sc h a lek (prende le conserve). Non voglio più rivedere queste donne, non voglio essere testimone della loro orribile delusione, perché c’è qualcosa di peggio delle case crollate e delle strade bombardate, peggio dell’e­ sercito in rotta e della città presa d’assalto: il peggio per i serbi deve ancora venire. (Le donne serbe ridono. La Schalek dice uscendo) Nell’andar via di qui rabbri­ vidisco, queste risa mi riecheggeranno dentro per molto tempo. l ’i n t e r p r e t e

Le donne serbe escono dal lato opposto, e le si sente ridere ancora. Cambia la scena.

Scena ventesima Strada di periferia. Un carretto stracarico tirato da due cani deiresercito dall'aria debole e affamata v e c c h ia (esclama). È una vergogna! Bisognerebbe denunciarli al governo! u n t e n e n t e . Alt! Documenti! Lei ha offeso l’esercito! la fo lla (va radunandosi). Guarda che scema!... Via, sgombrate!... Cos’è successo?... Niente, sicuramente un una

ATTO SECONDO, SCENA X X

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caso di auto tradimento!... Le sta bene, preoccuparsi delle bestie quando lei stessa non ha niente da mettere sotto i denti! Cambia la scena.

Scena ventunesima Abitazione di periferia. Legato a una cinghia, un bambino di circa dieci anni, seminudo, col corpo pieno di striature sanguinanti e di ematomi. H a Varia derelitta, è mezzo morto di fame e piange. Una vicina è ferma sulla porta e si torce le mani. Il padre (in uniforme) è sdraiato sul sofà (alla madre, che sta mettendo una pentola sul fuo­ co). Ma signora Liebal, come si fa a ridurre il piccolo in questo stato? Se vi denuncio al tribunale, vi beccate un’ammonizione! m a d r e . Senta, signora Sikora, il bambino è talmente coc­ ciuto che lei non può neanche immaginarselo. Pensi che vuole lina colazione calda! p a d r e . Ma perché compatisce quel bastardo? Oggi si è rimesso. Ma l’altro giorno l’ho preso e l ’ho conciato per le feste con la baionetta, tanto che credevo che mi restasse sotto. Vede, ora si è ripreso! v i c i n a . Signor Liebal, signor Liebal, non ci scherzi troppo, stia attento, un giorno o l’altro vi beccate un’ammo­ nizione! v ic in a

Cambia la scena.

Scena ventiduesima Sede del Quartier Generale. Una strada. Si vedono fornitori delVesercito, ufficiali, prostitute, giornalisti. Entrano un capitano dell'Ufficio Stampa Militare e un giornalista c a p it a n o .

Allora, il prospetto per l’opera I nostri con­

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dottieri... Mi dia retta, caro dottore, non si volti tutti i momenti a guardar le ragazze, siamo in guerra... Al­ lora, il prospetto ce l’ho pronto, ora lei deve correg­ gerlo, forse c’è rimasto qualche errore. (Legge) « Un giorno, quando i flutti tempestosi della guerra mon­ diale si saranno placati, quando il tempo consolatore avrà sanato le ferite e asciugato le lacrime, riandremo con sguardo sereno alle giornate gloriose in cui con pu­ gno di ferro si forgiava la sorte del mondo! ». E adesso queste righe staccate, stia attento. « E sopra tutti emer­ gono le figure di quegli uomini che hanno impersonato il destino nostro e della nostra patria ». In grassetto! Sullo sfondo si vede un signore anziano e corpulento,14 con favoriti e pince-nez, che porta in ambo le mani un bastone da maresciallo e attraversa il palcoscenico da de­ stra a sinistra. « Pieni di affetto e di devozione noi guardiamo a coloro che vennero chiamati a decidere le sorti delle battaglie con instancabile, strenua fatica, pari agli eroi della prima linea... ». g i o r n a l i s t a . Un momento, i condottieri sono tanti quanti gli eroi della prima linea, che decidono le sorti delle battaglie, com’è questa storia? c a p i t a n o . Non faccia lo spiritoso, altrimenti ci mando lei, al fronte! g i o r n a l i s t a . Lei... a me? c a p i t a n o . S u , si calmi. Se il prospetto viene bene, per me non c’è più pericolo. Stia a sentire, caro dottore. « L ’en­ tusiasmo e la più profonda gratitudine eriga a questi eroi... ». g i o r n a l i s t a . Ai signori delle battaglie in prima linea? Ah, capisco, ora lei allude di nuovo ai condottieri. c a p i t a n o . Sfotta qualcun altro! Dunque... « un monu­ mento nei nostri cuori, e ve li faccia vivere per sempre, fulgido esempio di attaccamento al dovere e di abne­ gazione per il bene della p atria». In grassetto. Più forte. Sullo sfondo si vede il signore anziano e corpulento con 14. Riferimento all’arciduca Federico, cfr. nota 24 all’atto I, p. 142.

ATTO SECONDO, SCENA X X II

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favoriti e pince-nez che porta in ambo le mani un bastone da maresciallo e attraversa il palcoscenico da sinistra a destra. Mi dia retta, caro dottore, non si giri tutti i mo­ menti a guardar le ragazze! « Il pittore Oskar Bruch ha nobilmente conferito forma tangibile a questo mo­ numento. Il suo stilo ha colto i loro tratti al natu­ rale e nel loro aspetto caratteristico, creando così un’o­ pera dal titolo I nostri condottieri, opera d’importanza storica, destinata non soltanto a tramandare ai poste­ ri... ». Ancora più in grassetto! Sullo sfondo si vede il signore anziano e corpulento con favoriti e pince-nez che porta in ambo le mani un bastone da maresciallo e attraversa il palcoscenico da destra a sinistra. « ... i nomi e le fattezze dei grandi della nostra epoca, bensì anche a diventare un ornamento di ogni biblio­ teca, di ogni casa... ». Adesso ci vuole qualcosa sull’importanza storica di ciascuno dei personaggi raffigurati... Oh Signore, si gira ancora, senta, mio caro, qui siamo all’alto comando, mica in un bordello, capito? g i o r n a l i s t a . Dica un po’, quella non era la Camilla del tenente colonnello? c a p i t a n o . Se ne ha voglia, gliela mando per la visita, ma il prospetto me lo deve rivedere... g i o r n a l i s t a . Affare fatto. c a p i t a n o . E poi ci sarà qualcosa sulla cartella, presenta­ zione signorile, gusto squisito, condizioni di favore, firma deH’imperial-regio Ministero della Guerra. Pun­ to e basta. Che ne dice, caro dottore? g i o r n a l i s t a . Signor capitano, permetta che le faccia i miei complimenti per la sua padronanza della lingua, nes­ sun giornalista professionista sarebbe riuscito a scri­ verlo con maggiore efficacia. c a p i t a n o . Vero? Ah, giusto, sul davanti del prospetto met­ tiamo come saggio illustrativo, per dare subito un’idea dell’importanza mondiale degli eventi e della sublime abnegazione, il ritratto di quell’uomo che impersona tutte queste cose in maniera davvero esemplare! Sullo sfondo si vede il signore anziano e corpulento con

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ U M AN ITÀ

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favoriti e pince-nez che porta in ambo le mani un bastone da maresciallo e attraversa il palcoscenico da sinistra a de­ stra. Cambia la scena.

Scena ventitreesima Centro di Vienna. Un soldato cieco, senza gambe e senza braccia, viene spinto su una carrozzella da un altro invalido. Si fermano perché sullo stretto marciapiede un giornalista scandalistico sta parlando con un rappresen­ tante di commercio in v a l id o .

Permesso...

s c a n d a l i s t i c o . Ma che vuole, sa che lunedì scorso mi hanno tagliato 80 righe... r a p p r e s e n t a n t e . Dairarticolo contro Budischovsky e Soci sulla fornitura? g i o r n a l i s t a s c a n d a l i s t i c o . Già... prima, quando «una cosa del genere, già composta, non veniva pubblicata, c’era da guadagnarci. E se non ci si guadagnava, la si pub­ blicava e ci si guadagnava sicuramente la volta dopo. Oggi, quando un attacco non esce non si guadagna un bel niente. r a p p r e s e n t a n t e . Ma Budischovsky lo sapeva? g i o r n a l i s t a s c a n d a l i s t i c o . Sì... ma la gente ora fa asse­ gnamento sulla censura. Ma aspetti solo che cambi il vento e vedrà che i conti non gli torneranno più, a quel­ la gente. Intanto scherzi pure con noi, la censura. Ma stia attento a quello che gli mollo la prossima volta, una chicca eccezionale. r a p p r e s e n t a n t e . Mi mette curiosità. g i o r n a l i s t a s c a n d a l i s t i c o . Me la prendo con la censura. Dimostrerò l’irragionevolezza di questo atteggiamento del governo, che protegge i fornitori contro di noi, men­ tre di noi ha bi sogno più che dei forni tori I Così non possiamo più campare. Dirò che la stampa ha assolto il suo compito in tempo di guerra in modo esemplare, la responsabilità del nostro servizio è pari a quella dei sol­ dati, dirò che abbiamo tenuto duro come quelli nelle trincee, e senza paga! g io r n a l ist a

ATTO SECONDO, SCENA X X III

267

Permesso...

i n v a l id o .

Cambia la scena.

Scena ventiquattresima Durante lo spettacolo in un teatro di periferia. Sulla scena la Niese e un altro attore (recitando). Cosa, vuole un bacio? Lei, un sem­ plice soldato? Ma cosa le salta in mente! Sì, a tutti voi, a voi, valorosi soldati, vorrei dare un bacio... ma ad uno solo? No di certo! Solo a tutti quanti insieme (riflette) oppure... ma sì, a uno per tutti!... a un solo soldato vorrei dare un bacio, glielo stamperei così forte che Vienna tremerebbe e Santo Stefano si metterebbe a ballare. E questo unico soldato... è... (si avvicina alla ribalta, con profonda emozione) il nostro caro... buon... vecchio signore di Schonbrunn!15 Ma purtroppo... pro­ prio lui... è inavvicinabile!

la n ie s e

Uragano di applausi. Un servo di scena compare sul pal­ coscenico e porge all'attrice un'edizione straordinaria. n i e s e . Dia qua! Quel che sa fare Gerda Walde, lo so fare anch’io! p u b b l i c o . Brava Niese! l a n i e s e (legge tra la spasmodica attenzione del pubbli­ co). ... grazie aH’incomparabile ardimento dei nostri prodi soldati, Czemowitz è stata conquistata! la

Applausi oceanici. p u b b l ic o

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Viva! Viva! Viva la Niese!

Cambia la scena.

15. L ’imperatore Francesco Giuseppe; esisteva anche una can­ zone popolare a lui riferita, Il buon vecchio signore di Schónbrun, vedi p. 268.

Scena venticinquesima Da Wolf a Gersthof. La sera del giorno in cui Czernowitz è stata riconquistata dai russi. A un tavolo siede Vispettore generale della Croce Rossa, Varciduca Francesco Salvator, il suo maestro di palazzo, due aristocratici e la Putzi. Musica e canto: « Grazie a Dio ce la spassiamo, noi nel sangue ce Vabbiamo » c l i e n t e (a Wolf). ... Ma è effettivamente Salvator o si tratta di una forte rassomiglianza? w o l f . Ma no, no, è lui, signore, stia tranquillo. c l i e n t e . Ma non è possibile... Proprio oggi? Il genero del­ l’imperatore? w o l f . Ma sì! c l i e n t e . Quello della Valeria? w o l f . Proprio quello. c l i e n t e . Mi dica, i signori sono qui per caso? w o l f . No, vengono spessissimo, hanno prenotato per tele­ fono quest’oggi. Mi scusi, debbo... un

Wolf e altri due cantanti dell’orchestrina popolare si van­ no a piazzare al tavolo dei signori, l'orchestra attacca la melodia del « Buon vecchio signore ». I due cantanti al­ l'orecchio dell'arciduca. Là nel parco di Schònbrunn siede un buon vecchio signore, tanti affanni egli ha nel cuore... Cambia la scena.

Scena ventiseiesima L'abbonato e il patriota a colloquio Allora, che mi dice adesso? Che vuole che le dica? Se allude agli occhi di sir Edward Grey, be’, dico che magari quella malattia venisse a tutti! p a t r i o t a . Sì s ì , certo, ma che ne dice di come l’opinione pubblica è imbavagliata in Inghilterra? p a t r io t a .

a bbo nato.

ATTO SECONDO, SCENA XXVI

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Lo so, lo so, il direttore del « Labour Leader » è stato convocato davanti al tribunale di polizia per­ ché certe notizie pubblicate dal giornale contravven­ gono alla legge sulla difesa del regno. Per così poco! p a t r i o t a . Già, e la Francia le pare niente? Che ne dice della Francia? Sa cosa succede in Francia? a b b o n a t o . Pene detentive per la diffusione della verità in Francia. Lei allude alla signora che aveva detto... p a t r i o t a . Sì, certo, ma ora un signore ha detto... a b b o n a t o . Certo, un signore ha detto che la Francia non ha munizioni e per questo gli hanno dato 20 giorni! Ha detto che gli alleati sono in cattive acque e che la Germania era preparata per la guerra... p a t r i o t a . Scusi, mi spieghi questa cosa, io non mi ci rac­ capezzo, allora: è inesatto dire che la Germania era preparata oppure è esatto dire che la Germania non era preparata... a b b o n a t o . Ma la Germania, era preparata? p a t r i o t a . Come sarebbe... a b b o n a t o . Se lo metta bene in testa una volta per tutte. È noto che la Germania è stata aggredita, già nel marzo del 1914 alcuni reggimenti siberiani... p a t r i o t a . Ah sì, certo. a b b o n a t o . Dunque, la Germania era perfettamente pre­ parata per una guerra difensiva, che voleva fare da pa­ recchio, mentre l’Intesa voleva scatenare da tempo una guerra d’aggressione, per la quale però non era pre­ parata. p a t r i o t a . Vede, adesso mi si chiarisce l’apparente con­ traddizione. Delle volte si crede che una cosa sia vera e invece è falsa. a b b o n a t o . Queste cose la « Presse » le evidenzia molto bene, in due colonne affiancate, col vantaggio di mo­ strare chiaramente la differenza tra noi e loro. p a t r i o t a . Ma ha letto? Devastazioni e saccheggi da parte dei soldati italiani! Non meno di 500.000 corone hanno preso a Gradisca da una cassaforte, e altre 12.000 da un’altra cassa! a b b o n a t o . H o letto. Che banditi! Che ne dice del colos­ sale successo dei tedeschi? p a t r i o t a . N o , dove sta scritto? a b b o n a t o . Che domanda! Nella colonna accanto! Lei non legge con attenzione, mi pare... a bbo nato .

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

T ]0

Nella colonna accanto? Mi dev’essere proprio sfuggito. Dov’è stato questo successo? a b b o n a t o . A Novogeorgievsk. « Oro nel bottino di Novogeorgievsk », era il titolo. p a t r i o t a . E che c’era scritto? a b b o n a t o . C’era scritto: a Novogeorgievsk il bottino di guerra comprendeva anche due milioni di rubli d’oro. p a t r i o t a . Magnifico! Quando ci metton le mani quelli! p a t r io t a .

Cambia la scena.

Scena ventisettesima Postazione nei pressi del Passo di Uzsok g e n e r a l e a u s t r ia c o (in mezzo ai suoi ufficiali). In ognuno di noi, signori, la guerra non è passata invano, possiamo dire di avere tutti imparato qualcosa. Ma non abbiamo ancora finito, signori miei... C’è ancora pa­ recchio da fare, eccome! Sulle nostre bandiere abbia­ mo appuntato delle belle vittorie, ma è indispensa­ bile che per la prossima guerra introduciamo l’orga­ nizzazione anche da noi. Sì, certo, abbiamo talenti in ab­ bondanza, ma ci manca l ’organizzazione. Dovrebbe es­ sere ambizione di ognuno di voi introdurre da noi l’organizzazione. Vedete, signori, potete dir quel che vo­ lete contro i tedeschi, ma una cosa bisogna riconoscergli, diciamo la verità, hanno l ’organizzazione... Io lo dico sempre e ne sono convinto: se noi avessimo un briciolo di organizzazione, il resto andrebbe bene... Così, invece, quel che ci manca... è proprio l ’organizzazione. In que­ sto i tedeschi ci superano, diciamo la verità. Certo an­ che noi siamo superiori in molte cose, per esempio in quel certo non so che, quel tocco, lo scenesequà, quel nostro modo di fare così intimo e cordiale: diciamo la verità... Ma quando siamo in un pasticcio, arrivano i tedeschi con la loro organizzazione, e allora... u n so t t o t e n e n t e p r u ss ia n o (appare sulla porta e grida verso Vinterno). I r-usski portino ancora un po’ di pa­ zienza, il bello deve ancora venire! (Entra a precipizio nella stanza senza fare il saluto, si pianta davanti al geun

ATTO SECONDO, SCENA XXVII

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nerale e, guardandolo fisso negli occhi, esclama) Mi dica, Eccellenza, voi austriaci non ce 'la fate a farla finita da ¡soli con questo stupido Usszok? (Esce). g e n e r a l e (dopo una pausa di sbigottimento). Ma cosa... che cos’è stato? (Rivolgendosi agli astanti) Vedete, si­ gnori miei... hanno grinta e, quel che più importa... hanno l'organizzazione! Cambia la scena.

Scena ventottesima Quartier Generale. Cinema. In prima fila siede il coman­ dante supremo dell'esercito, arciduca Federico. Al suo fianco il suo ospite, re Ferdinando di Bulgaria. Viene proiettato un documentario della Sascha, tutto dedicato a illustrare l'azione dei mortai. Si vede salire il fumo e soldati che cadono. La scena si ripete quattordici volte nel corso di un'ora e mezza. Il pubblico di militari assiste con attenzione da esperti. Silenzio perfetto. Solo, nel mo­ mento in cui compare l'immagine che mostra gli effetti del mortaio, dalla prima fila si sente Bum! Cambia la scena.

Scena ventinovesima L'ottimista e il criticone a colloquio o t t im is t a

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E allora, cosa sarebbe isecondo lei la morte sul

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Uno sfortunato accidente. Se la patria la pensasse come lei, staremmo

campo? c r it ic o n e . o t t im is t a

freschi! Ma la patria la pensa così. Come, la -morte sul campo la chiama una di­ sgrazia, un accidente?

c r it ic o n e . o t t im is t a

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Pressappoco, la chiama un duro colpo del fato. Chi? Dove? Non c’è un solo necrologio mili­ tare che non dica che a un soldato è stato concesso di morire per la patria, e non c’è annuncio funebre dove il più umile privato, che in altra occasione avrebbe parlato di un duro colpo del destino, non partecipi con parole semplici, quasi con orgoglio, che suo figlio è caduto da eroe. Guardi ad esempio qui, sulla « Neue Freie Presse » di oggi. c r i t i c o n e . Vedo. Ma sfogli qualche pagina indietro. Ec­ co. Qui il capo dello Stato Maggiore, Conrad von Hòtzendorf, ringrazia il borgomastro per le sue con­ doglianze « in occasione del crudele colpo del fato » che gli è toccato subire perché suo figlio è caduto. E gli stessi termini ha usato nel necrologio. Lei ha ragione: ogni venditore a rate che ha perduto il figlio in guerra assume il prescritto atteggiamento da padre dell’eroe. Il capo dello Stato Maggiore rinuncia alla maschera e torna all’antico e modesto sentimento, che in questo caso è giustificato più che per qualunque altra morte, e che sopravvive nella formula antica. Una principessa di Baviera ha mandato a un parente le sue congratula­ zioni per la morte eroica del figlio. A un tale livello sociale si è come obbligati a far le megere. Il nostro capo di Stato Maggiore non solo accetta le condoglian­ ze, ma si lamenta più volte della crudeltà del fato. L ’uomo che a questo fato si trova un po’ più vicino di tutta quanta la compagnia, e dei soldati che possono venirne colpiti, e dei padri dei soldati che possono la­ mentarlo - se non proprio l’autore di questo fato, al­ meno il suo regista o, se vogliamo, realizzatore respon­ sabile o, quanto meno, direttore di scena - proprio lui parla di crudele colpo del fato. E lui dice la verità, mentre tutti gli altri sono costretti a mentire. Col suo dolore privato si è felicemente sottratto all’obbligo del­ l’eroismo. Gli altri vi rimangono impigliati. E sono co­ stretti a mentire. o t t i m i s t a . No, non mentono. Il popolo vede la morte sul campo in una luce quanto mai patetica, e la prospettiva di morire al fronte da eroi ha spesso per i figli del po­ polo un che di inebriante. c r i t i c o n e . Purtroppo anche per le madri, che hanno c r it ic o n e

o t t im is t a

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ATTO SECONDO, SCENA X X IX

273

rinunciato alla loro facoltà di salvare il secolo da que­ sta infamia. o t t i m i s t a . Perché non erano ancora mature per la sua mentalità disgregatrice. E tanto meno la patria in quan­ to tale. Che quelli in alto debbano pensarla così va da sé. L ’episodio che lei ha citato è un puro caso. Il ba­ rone Conrad ha usato semplicemente un’espressione convenzionale. Si è lasciato sfuggire... c r i t i c o n e . Sì, un sentimento. o t t i m i s t a . E comunque, è un caso che non dimostra nul­ la. Molto più probante è un’altra cosa che voglio farle vedere, e che depone a favore della mia tesi. E allora anche lei avrà la dimostrazione... c r i t i c o n e . Di che cosa? o t t i m i s t a . Della prodigiosa concordia, di questo senso di unità nel comune dolore, dove tutti gli strati fanno a gara... c r i t i c o n e . Veniamo al dunque! o t t i m i s t a . E c c o qua... Aspetti, glielo debbo leggere, per esser sicuro che non le sfugga nulla: « Comunicato del Ministero della Guerra. L ’agenzia telegrafica trasmette: L ’imperialregio Ministero della Guerra concede il 18 agosto p.v. come speciale giorno di festa a tutti i la­ voratori occupati nelle aziende impegnate nella fab­ bricazione ed elaborazione di munizioni, nonché nella produzione di materiale per i trasporti bellici. In que­ sta circostanza il Ministero della Guerra desidera sot­ tolineare l’eccezionale senso del dovere e l’instancabile operosità di tutti quei lavoratori che con la fatica delle loro braccia hanno collaborato con le nostre valorose truppe a conquistare con intrepido ardimento allori di gloria ». Che ne dice? Il criticone tace. A quanto pare, ha perso la parola? I giornali socialdemocratici lo stampano sotto l'orgoglioso titolo: « R i­ conosciuto lo sforzo dei lavoratori ». E quanti di questi lavoratori saranno infelici per essere stati compensati soltanto con un giorno di libertà, e sia pure nel gene­ tliaco deirimperatore... c r i t i c o n e . Naturale. o t t i m i s t a . ... invece di avere la soddisfazione di venir tolti dalla fabbrica...

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Non c’è dubbio. ... per avere l’opportunità di poter finalmente provare al fronte quelle munizioni che in fabbrica debbono soltanto produrre! Certo la brava gente sarà inconsolabile di non potersi affiancare ai loro fratelli e compagni di classe altro che col sudore delle loro mani, di non potersi unire a loro dando prova di valore e di sprezzo della morte. L ’opportunità di andare al fronte, la massima distinzione che un mortale... c r i t i c o n e . La condizione essenziale richiesta sembra per l’appunto la mortalità. Lei ritiene dunque che l’invio al fronte sia considerato la suprema ricompensa, soprat­ tutto da chi la riceve? o t t i m i s t a . Sissignore, lo credo proprio. c r i t i c o n e . Sarà. E naturalmente ritiene anche che venga concessa come tale, ossia come premio supremo... o t t i m i s t a . Ma certo! Sembra che questo le abbia fatto perdere la parola. c r i t i c o n e . Infatti, e perciò posso rifarmi non già con parole mie, bensì citando il testo di un comunicato. Glielo leggerò, per essere anch’io sicuro che non le sfugga nulla. o t t i m i s t a . L ’ha preso da un giornale? c r i t i c o n e . No, non potrebbe essere pubblicato. Avrebbe l’aspetto di uno spazio bianco. Però è stato affisso in quelle aziende industriali che grazie al beneficio di ve­ nir poste sotto la tutela dello Stato, han saputo scrol­ larsi di dosso ogni malcontento della classe operaia. o t t i m i s t a . Lei però ha sentito che gli operai aderiscono con entusiasmo alla causa, e sono molto scontenti per­ ché non possono collaborare altrove. Se perfino il Mi­ nistero della Guerra riconosce lo spirito di dedizione... c r i t i c o n e . Lei sembra voler rimpiazzare la parola che ho perso io. E allora lasci parlare il Ministero della Guer­ ra! « 14 giugno 1915. È giunto a conoscenza del Mini­ stero della Guerra che il comportamento degli operai di numerose aziende industriali sottoposte alla legge sulla produzione di guerra lascia notevolmente a de­ siderare dal punto di vista disciplinare e morale. Insu­ bordinazione, insolenza, ribellione ai dirigenti e ai capireparto, resistenza passiva, danneggiamento intenziona­ le dei macchinari, abbandono arbitrario dei posti di lavoro, eccetera, sono delitti contro i quali si dimostra c r it ic o n e

o t t im is t a

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ATTO SECONDO, SCENA X X IX

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inefficace in molti casi anche l’applicazione dei proce­ dimenti penali... ». o t t i m i s t a . È chiaro, la gente non vede l’ora di partire per il fronte. Questa distinzione viene loro negata... c r i t i c o n e . No, viene loro offerta: « Il Ministero della Guerra si vede pertanto costretto a disporre per tali casi l’immediata applicazione della sanzione giudiziaria. Le pene previste per questi casi sono cospicue e possono venire aggravate con ulteriori inasprimenti; inoltre i condannati durante la detenzione non ricevono la pa­ ga, cosicché la condanna giudiziaria potrebbe costituire proprio in tali casi un deterrente e un mezzo di corre­ zione quanto mai efficace... ». o t t i m i s t a . Eh sì, sono pene severe, e questi elementi si giocano anche l’opportunità di essere mandati al fronte. c r i t i c o n e . Non del tutto. « Quei lavoratori che sono sog­ getti al servizio militare e che sono stati identificati co­ me istigatori di quelle azioni che cadono sotto la sanzio­ ne penale, dopo l ’escussione giudiziaria del caso e scon­ tata la pena, non dovranno più essere destinati alle imprese, bensì trasferiti ad opera dei responsabili mili­ tari delle aziende in questione al più vicino distretto militare in vista dell’invio ai reparti competenti. Qui essi verranno sottoposti immediatamente all’addestra­ mento ed assegnati al primo battaglione di linea che verrà costituito. Se il lavoratore così mandato alle armi fosse dichiarato abile soltanto al servizio di guardia, si prowederà a che venga assegnato, una volta terminato l’addestramento, a un corpo di guardia attivo nell’am­ bito dell’esercito o in sua prossimità. Per il Ministro: Generale Schleyer, m.p. ».16 Uottimista è senza parole. A quanto pare, ha perso la parola? Come vede, la gente che aspira al beneficio di andare al fronte viene invece mandata al fronte per punizione. o t t i m i s t a . Già... addirittura come inasprimento della pena! c r i t i c o n e . Sissignore, la patria vede nell’opportunità di morire per la patria una punizione, anzi la più grave 16. Manu propria.

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delle punizioni. Il cittadino la considera il massimo degli onori. Vuol morire da eroe sul campo. E invece, viene addestrato e assegnato al primo battaglione di li­ nea. Vorrebbe esser mobile, e invece lo mobilitano. o t t i m i s t a . Io non mi capacito... Una punizione! c r i t i c o n e . Vi sono vari gradi. Primo: punizione discipli­ nare, secondo: pena giudiziaria, terzo: inasprimento della pena detentiva e quarto, come massimo inaspri­ mento dell*arresto: il fronte. Gli irrecuperabili li si manda sul campo dell’onore. Gli istigatori! Dopo una recidiva multipla, si infligge a costoro la morte da eroe. Per il capo di Stato Maggiore questa morte, quando coglie suo figlio, è un duro colpo del fato, e il Ministro della Guerra la chiama una punizione. Tutti e due hanno ragione - l’uno e l’altro - sono le prime parole vere pronunciate in questa guerra. o t t i m i s t a . Sì, lei rende difficile essere ottimisti. c r i t i c o n e . Ma no. Io ammetto che in guerra si dicono anche delle verità. Soprattutto per quanto concerne la questione principale. Ma quasi dimenticavo la verità più grande. o t t i m i s t a . E sarebbe? c r i t i c o n e . Una verità che potrebbe quasi riconciliarci col fatto di esser mobilitati, la rivincita della degradazione dell’umanità a materiale umano: l’arruolamento fino al termine della mobilitazione o MOB. Dopo FLAK e ICAG e RAG e tutte le altre orrende sigle, per una volta si è soddisfatti di questi abbreviatori della lingua e della vita. Certo, se « mob » vuol dire « ca­ naglia », siamo tutti MOB-abilitati a tempo indeter­ minato! o t t i m i s t a . Il suo procedere toglie il colore a tutte le ban­ diere della patria. Tutto è menzogna, tutto è prostitu­ zione? Dove è la verità? c r i t i c o n e . T ra le prostitute! Guai a chi osa offender la memoria delle donne cadute! Si levarono contro un peggior nemico, donne contro uomini. Non l’aleatoria macchina, da cui si salva chi per caso le sfugge, le abbatté, ma l ’occhio contro l’occhio, libere, sole contro tutti, nella

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furia dell’implacabile morale sono cadute. E onore sia a quelle morte d’onore, eroine sacre alla gran patria materna Natura! Cambia la scena.

Scena trentesima Località adriatica. Hangar di una stazione di idro­ volanti (entra e si guarda intorno). Di tutti i problemi di questa guerra, quello che più mi interessa è il pro­ blema delFardimento personale. Prima della guerra ho meditato spesso suireroismo, giacché ho conosciuto pa­ recchi uomini che giocavano d’azzardo con la vita: cowboy americani, pionieri delle giungle e delle fore­ ste vergini, missionari del deserto. Ma il più delle volte erano anche figure d’eroi, coi muscoli tirati, scolpiti per così dire nel bronzo. Come sono diversi gli eroi che incontriamo oggi in questa guerra mondiale. È gente che ama le barzellette più innocenti, che ha una tacita passione per la cioccolata con la panna e nello stesso tempo ha da raccontare esperienze tra le più straordinarie della storia dell’umanità. Eppure... L ’Uf­ ficio Stampa Militare è installato su un vapore in di­ sarmo ancorato in una baia. La sera si banchetta, ci si diverte a suon di musica; se chiudi gli occhi... quasi sogneresti di trovarti ancora in un’allegra serata del circolo ufficiali. Be’, sono curiosa di vedere se questo sottotenente di vascello... Ah, eccolo! (Entra il sottote­ nente) Non ho molto tempo, sia breve. Lei è bombar­ diere, che sensazioni le dà questo fatto? s o t t o t e n e n t e . Di solito incrociamo una mezz’oretta sulla costa nemica, sganciamo qualche bomba sugli obiettivi militari, guardiamo come esplode, fotografiamo lo spet­ tacolo e poi via a casa. l a s c h a l e k . È stato mai in pericolo di morte? s o t t o t e n e n t e . Sì. l a s c h a l e k . Che cosa ha provato?

la sc h a l e k

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Che cosa ho provato? (a parte). Mi squadra con una certa diffidenza, cerca di valutare, senza quasi rendersene conto, se sono in grado di comprendere certe crudezze. (A lui) Noi non combattenti ci siamo fatti in materia di coraggio e di viltà delle idee così stereotipate che l’ufficiale al fronte ha sempre paura di trovarci insensibili all’in­ finita gamma di sensazioni che in lui si alternano con­ tinuamente. Ho indovinato? s o t t o t e n e n t e . Come? Lei non è combattente? l a s c h a l e k . Non si scandalizzi. Lei è un combattente e io voglio conoscere le sue sensazioni. Soprattutto, come si sente dopo? s o t t o t e n e n t e . Sì, è strano... Mi sento come un re che di colpo è diventato uno straccione. Voglio dire: ti senti quasi come un re quando ti libri in alto, irraggiungibi­ le, su una città nemica. Quelli di sotto se ne stanno lì indifesi... in tua balìa. Nessuno può scappare, nessuno può salvarsi o ripararsi. Ogni cosa è in tuo potere. C’è un che di maestoso, tutto il resto scompare, qualcosa di simile deve averlo provato Nerone. l a s c h a l e k . La posso capire. Mi dica, ha già bombardato Venezia? Che, si fa degli scrupoli? Allora le dirò una cosa. Il problema Venezia merita una lunga riflessione. Noi abbiamo affrontato questa guerra pieni di senti­ mentalismo... s o t t o t e n e n t e . Chi? l a s c h a l e k . Noi. Intendevamo combatterla cavalleresca­ mente. Ma a poco a poco, ammaestrati dalla dolorosa lezione dei fatti, ce ne siamo tolti la voglia. Soltanto un anno fa chi di noi non sarebbe inorridito al pensiero che potesse venir bombardata Venezia? E ora? Al con­ trario! Se da Venezia si spara sui nostri soldati, allora anche i nostri sparino su Venezia, tranquilli, alla luce del sole e senza farsi troppi scrupoli. Il problema si farà acuto solo quando l’Inghilterra... s o t t o t e n e n t e . A chi lo dice? Stia tranquilla, io Venezia l’ho bombardata. l a s c h a l e k . Bravo! s o t t o t e n e n t e . In tempo di pace io a Venezia ci andavo ogni momento, ne ero innamorato. Ma quando l’ho bombardata dall’alto... no, non ho avvertito in me nem­ meno un barlume di falso sentimentalismo. E poi siamo so tt o t en en t e.

la sc h a l e k

ATTO SECONDO, SCENA X X X

tornati tutti allegri alla base. Quella è stata la nostra giornata di gloria... la nostra gran giornata! l a s c h a l e k . Questo mi basta. Ora mi aspetta il suo came­ rata del sommergibile. Speriamo che anche lui si com­ porti da valoroso, come lei! (Esce). Cambia la scena.

Scena trentunesima In un sommergibile che è appena emerso n o str o m o . u f f ic ia l e

.

Arrivano! Presto, sotto coperta!... No, troppo tardi.

Entrano i membri dell’ Ufficio Stampa Militare, con in testa la Schalek. . Signori, le vostre sono le prime facce che ci è dato vedere. È una strana sensazione quella di venir restituiti alla luce. g i o r n a l i s t i . Ma com’è là sotto? u f f i c i a l e . Spaventoso. Quassù invece... g i o r n a l i s t i . Ci dia i particolari. u f f i c i a l e . Nostromo, li fornisca lei... g i o r n a l i s t i . A lei? Soltanto a lei? E noi? (Chiarito l’e­ quivoco, i giornalisti si avventano sul nostromo) Que­ sti sono i tubi di lancio? n o s t r o m o . N o , sono cartucce di potassio. g i o r n a l i s t i . E questi non sono i motori Diesel? n o s t r o m o . No, sono i serbatoi dell’acqua. u f f i c i a l e (si rivolge alla Schalek). E lei, non parla? l a s c h a l e k . È come se avessi perduto il dono della parola. Mi permetta di toccare un problema un po’ oscuro. Vorrei sapere che cos’ha provato quando ha spedito nella muta, umida tomba queirimmane colosso con tan­ te persone nel ventre. u f f i c i a l e . La prima sensazione è stata quella di una gioia folle. l a s c h a l e k . Basta così. Ho capito una cosa: l’Adriatico rimarrà nostro! u f f ic ia l e

Cambia la scena.

Scena trentaduesima Una fabbrica sottoposta alla legge sulla produzione di guerra r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Ammanettarli, bastonarli, ar­ restarli, mandarli al fronte... Questo possiamo fare, non c’è altro. Non c’è nient’altro da fare. l ’ i n d u s t r i a l e (dal cui braccio penzola un frustino). Fin­ ché mi è possibile ci provo con le buone. (Indica il fru­ stino) Ma come dobbiamo fare, se questi cani dei sin­ dacati non la piantano di aizzare... Dibattiti sulla si­ tuazione degli operai, la questione alimentare... Come si fa ad andare avanti! Stato giuridico, condizioni di lavoro, riforma del diritto del lavoro in tempo di guerra... r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . L o s o , lo so. Al fronte bisogna mandarli, e anche i signori deputati se fosse possibile. Dalla legge sulla produzione di guerra e da quella sulla milizia popolare abbiamo spremuto tutto quel che c’era da spremere. Non abbiamo niente da rimproverarci. Il più bello è successo nell’agosto del ’14 coi fabbri e i meccanici. La mattina guadagnavano ancora a cottimo le loro 6 corone, a mezzogiorno hanno passato la visita e sono stati graziosamente informati che ormai erano militari; be’ al pomeriggio erano di nuovo al posto di lavoro a fare le stesse cose per la paga militare. Nessuno ha fiatato. Ma, dico io, una visita così in fondo è su­ perflua... i n d u s t r i a l e . Piano! r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Voglio dire che avrebbero dovuto fare dappertutto come noi a Klosterneuburg al deposito dei trasporti, dove gli ho detto semplicemente: da ora in poi siete militarizzati e avete diritto soltanto alla paga militare. i n d u s t r i a l e . Bene! r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Una volta si sono lamentati per qualche sgarbo o che so io. Allora li ho chiamati e gli ho chiesto chi li aveva messi su. Mi risponde il tan­ ghero: Noi siamo lavoratori organizzati e ci siamo ri­ volti per istruzioni al nostro sindacato, che ci ha rin­ viato a due deputati! Be’, rispondo io, li farò venire qui quei signori, staranno qui con voi a lavorare invece di il

ATTO SECONDO, SCENA X X X II

sobillarvi. E il tanghero mi dice: Noi siamo lavora­ tori organizzati, facciamo il nostro dovere verso lo Stato, ma cerchiamo anche la protezione della nostra organizzazione. Io... i n d u s t r i a l e . Allora non si dovrebbe avere il frustino. Ma lei, signor tenente, che cosa... r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Che cosa ho fatto? Siete dei tra­ ditori, gli ho detto, e per farvi passare la voglia di la­ mentarvi ancora, vi do trenta giorni di consegna in ca­ serma. Punto e basta. i n d u s t r i a l e . Mi stupisce questa mitezza. Per un caso di tradimento! r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Be’, sa, non si può tirar troppo la corda. Il triste è che i tribunali civili le sostengono pure queste canaglie. i n d u s t r i a l e . Ho saputo di un caso analogo. Da Lenz a Traisen, dove l’operaio già prendeva le sue 25 corone la settimana, due hanno fatto causa per licenziarsi, per­ ché prima ne guadagnavano 44. Il tribunale distrettuale condanna Lenz. E i due, mentre lasciano tutti contenti il tribunale... r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Conosco questo caso... Vengono presi da due gendarmi e portati in fabbrica. Lì il mio collega gli appioppa dieci giorni di rigore e avanti a lavorare. Sì, bella istituzione questi tribunali, non c’è che dire! Per fortuna Lenz è borgomastro e può metterli in prigione. E così ha fatto con le operaie, a Santo Stefano le ha mandate a prendere dalle pattuglie, le ha messe a lavorare e poi in cella. i n d u s t r i a l e . A me mi hanno denunciato al sindacato per maltrattamenti e paga insufficiente. Ma dico io... da 38 a 60 centesimi l’ora! Be’, ho fatto chiamare uno dei caporioni e gli ho detto : Siete andati a lamentarvi, ma il frustino è sempre qui, e gli mostro il braccio. E il tanghero: Noi non siamo cani. Allora gli mostro la fondina e dico: Per lei ho anche un revolver! Ha detto qualcosa sulla dignità umana e roba del genere. Be’, questo tizio è arrivato al punto che la Commissio­ ne Reclami ha detto che i salari sono insufficienti! r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Ma è da mandare subito... i n d u s t r i a l e . Naturale, è stato arruolato, il suo prede­ cessore in queste cose era molto compiacente. Uno che si era lamentato anche lui che il salario era basso, l’ho

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frustato, e il suo predecessore lo ha messo agli arresti per tre settimane. r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Vedrà, di me non avrà da lamen­ tarsi. Io dico soltanto che questi tangheri debbono es­ sere contenti di non trovarsi in miniera. i n d u s t r i a l e . L o s o , il comando militare di Leitmeritz ha reso notevolmente più facile la situazione per i padroni delle miniere. Le maestranze sono state semplicemente avvertite che sono vincolate da giuramento al regola­ mento militare, e che in certi casi il presentare reclami può esser considerato un reato di ammutinamento, nel qual caso i caporioni e gli istigatori possono, in base alla 'legge marziale, essere condannati a morte. Sì, i padroni delle miniere... r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Alla Mineraria Antracite di Eibi-swald, in Stiria, debbono fare i turni domenicali, dopo le otto di sera non c’è né un ristorante né un caffè aperto. In cambio, ogni cinque giorni di cella ci sono tre giorni di digiuno. Vengono scortati dalla miniera alla prigione comunale, un bel pezzo di strada. A Ostrau appena scoppiata la guerra han cominciato a bastonarli, ma con metodo! Sulla panca della guardina, tenuti da due soldati. A un tipo che dopo ha raccon­ tato qualcosa a un deputato, gliele han date ancora. Chi presenta un reclamo... subito arruolato, anche se non ha mai fatto il soldato. E questo è quanto! i n d u s t r i a l e (.sospirando). Eh sì, bisognerebbe avere una miniera! Quelli sì che ce la fanno! r e s p o n s a b i l e m i l i t a r e . Be’, ma oggigiorno anche gli altri imprenditori non sono del tutto privi di protezione! Ci pensano i capireparto per conto loro. Danno dei begli schiaffoni. Per la cella io ho sempre previsto sei ore di ferri al giorno. E quando li portano via dal lavo­ ro per le strade con le baionette inastate, è già un bel­ l’esempio! Senza farli lavar prima, i capelli rapati anche se uno deve star dentro solo ventiquattr’ore, il costo del vitto detratto dalla paga... Basta che da Floridsdorf debbano andare a rapporto a Josefstadt per perdere mezza giornata di paga, la sospensione del sala­ rio in caso di arresto e cosette del genere, e poi la bot­ ta vera, anche se solo per i casi più gravi... l’arruola­ mento! Nessuno di questi signori ha avuto più da la­ mentarsi, ecco fatto!

ATTO SECONDO, SCENA X X X II

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. Per favore, non sono io quello che ha par­ lato. Io sono noto perché disturbo l’autorità militare solo nei casi di estremo bisogno. Preferisco piuttosto affidarmi al ‘fattelo da te’. Finché si può con le buone... (Mostra il frustino).

in d u s t r ia l e

Cambia la scena.

Scena trentatreesima Camera in casa del consigliere di Corte Schwarz-Gelber. È sera inoltrata. Entrano il consigliere e la signora (ansimando). Dio sia lodato e benedetto, eccoci qua... puh... l e i . Sì, bell’affare, ora fai il martire. lu i

l u i. l e i.

È l ’ u l t i m a v o l t a . . . l ’u l t i m a v o l t a . . . c i p u o i c o n t a r e !

Anche per me! Scommettici quel che vuoi!

Lei comincia a spogliarsi. Lui si accascia su una sedia, tenendosi la fronte con la mano, poi si alza e passeggia per la camera. Ma perché... dimmi perché... dimmi solo perché il Signore mi ha punito così... Proprio a me doveva dare te come castigo? Giusto a me... che debbo fare que­ sta vita... perché... non a un altro? Ho sfacchinato fi­ no a notte fonda... tutto per te... tu mi ammazzi con la tua beneficenza... i tuoi comitati e sottocomitati assi­ stenziali, le tue sottoscrizioni e che altro so io, i con­ certi e i salotti di cucito e le sedute dove si sta sempre in piedi, e ogni giorno ospedali... Dio, che vita! (Si scaglia su di lei) Che cosa... che cosa vuoi ancora da me... Non ne hai ancora abbastanza... Io... io non sto bene... io non sto bene... lei (grida). Perché alzi la voce con me? Sarei io che ti costringo? Sei tu che costringi me! Mi avessi lasciata un solo giorno tranquilla! Io... io non ho forse dovuto aiutarti, su e giù per le scale, finché quelli hanno detto, ci lascerà una buona volta in pace quello lì... e tu sei di­ ventato vicepresidente! Credi che abbiano bisogno di te? A me lo devi... Se non gli fossi stata sempre appresl u i.

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so, a Exner... Dio, quanto ho dovuto spingere... Ora te lo dico cosa sei tu! Un idealista, sei! Se credi che in qualche altro modo saresti diventato quello che sei! E per che cosa? Per la tua bella faccia? Per il tuo saper fare? Tanto perché tu lo sappia, la tua carriera la devi tutta a me, a me, a me... Liharzik è morto... Oggi po­ tresti essere al suo posto, potresti trovarti dovunque..* Ma tu sei un incapace, ecco cosa sei! Le lasagne ti pio­ vono in bocca, proprio a te... Io spingo e tu non ti muovi... Volere, vorresti, ma non hai la grinta per nuli a t l u i . Per l ’amor di Dio ti prego... sta’ zitta... nella mia posizione... già rischio abbastanza... l e i . Me ne infischio della tua posizione, se non facciamo neanche un passo avanti. La posizione! Bella roba! Perché sono corsa io, tu hai una posizione! Ho galop­ pato io! E ho galoppato per me, forse? Ho girato per me? Rispondimi! l u i . Forse che no? l e i . E smettila! Non ti posso vedere! Menti sapendo di mentire. Oh Signore, come smaniavi se oggi non an­ davo di qua, domani di là... Mi hai fatto correre... se Griinfeld recitava, io dovevo parlare... Ne ho passate... Non sapevo più se c’era una riunione dalla Berchtold o un tè dalla Bienerth, la giornata dei fiori credevo che fosse per le madrine di guerra e non per i profughi, e c’era la prima di Komgold e poi sempre funerali, balli delle Corse,17 il Guerriero, lo Scudo, quando hanno in­ ventato il Calice di guerra ti sei subito agitato, ti cono­ sco bene, ma non ti avevo mai visto così, hai voluto essere presente a tutti i costi, perché senza di te non si poteva fare; io te l’ho detto: lasciami fuori, ma no, mi ci hai cacciata a forza, mi hai letteralmente spinta ai tè e ai comitati, mi hai dato il tormento per l’Alloro ai nostri eroi, e sono corsa di qua, corsa di là, non c’era altro che opere assistenziali, a beneficio di questo e di quest’altro... A beneficio di chi domando e dico, se non tuo? Certo non mio! Mi ricorderò di quest’oggi... Si­ gnore... ti trascini da un ospedale all’altro, e che ci guadagni? Che ci guadagni? Dell’ingratitudine! 17. Nella Vienna asburgica, era il gran ballo di apertura della stagione mondana, tenuto nella Krieau, zona del Prater che ospita lo stadio e un campo di corse al trotto.

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Piantala, per amor di Dio! A sentirti parlare, ci si farebbe una bella idea del tuo altruismo, c’è da farsi venire un travaso di bile... l e i . Sei tu che lo fai venire a me! È colpa mia se oggi neanche ti hanno visto? Posso giurarlo, ho parlato col delegato, gli ho detto che se venivano loro, gli ho detto, dovrebbe darsi da fare per metterci in prima fila dato che la volta scorsa abbiamo avuto scarogna, all’ultimo momento gli ho dato un altro spintone, lui sa che ho dell’influenza su Hirsch, che è da molto che non fa il suo nome... Ho fatto il possibile, mi sono messa quasi accanto alla Blanka quando diceva al cieco: è per la patria... E la tua rabbia la vuoi sfogare con me? Che ci posso fare se all’ultimo momento Angelo Eisner ci si è piazzato davanti, con la sua mole che copre tutto? Sei sfortunato perché è più grosso, e io ci vado di mezzo! A me... a me fai dei rimproveri... Io... io... Lo sai tu cosa sei... lo sai cosa sei... Io... una Bardach (urla) valgo troppo per un uomo come te (gli getta contro il busto) ... un povero incapace! l u i (si scaglia su di lei e la afferra). Ehi tuuu! Non mi provocare... non mi provocare, ti dico... Non rispondo più di me... Mi farai fare uno sproposito... Cosa... cosa vuoi da me... Schifezza che non sei altro... di te non parli? La tua ambizione mi porterà alla tomba!... Se avessi dei figli avresti qualcosa da fare... Guardami... ho messo i capelli bianchi per te... (Singhiozza) Sono sta­ to... da Hochsinger... Il cuore... non è più a posto... per colpa tua... (Urla) Adesso ti dirò la verità... Perché non sei arrivata... ad essere una Flora Dub!... Solo per i tuoi cappelli, una fortuna avrei dovuto... Ma dove li vado a prendere io... Cosa volete da me... l e i (sbotta). Con... Flora... Dub mi metti! T u hai questo coraggio! Mescolarmi... Flora... con la Dub! Io... una nata Bardach! Ma tu lo sai cosa sei?... Un arrampica­ tore, ecco cosa sei! Vieni dalla feccia! Sei giallo dalla smania di arrivare! Diventi nero se per una volta non fanno il tuo nome! 18 Se pensi ad Eisner ti rivolti nel l u i.

18. Qui Kraus scherza sul nome che ha dato a questa coppia, « Schwarz-Gelber » = « giallo-nero ».

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sonno! È colpa mia se lui è nobile? Va’ da Fùrstenberg e fatti adottare! l u i (più calmo). Ida... Cosa ti ho fatto... Vieni qui, guar­ da, ragioniamo un momento... Dio mio... Che cosa... che cosa sono... consigliere di Corte... io... è ridicolo... io, un ebreo! (Si accascia singhiozzando sulla sedia) Cosa mi tocca sopportare! Che vita... è questa... che vita è que­ sta... Sempre dietro... sempre dietro agli altri... Dover dipendere da Hirsch... All’ultimo... l’ultimo Ballo delle Borse... Ballo delle Corse... non ci hanno... neppure osservati (si riprende)... T i ho anche dato uno spin­ tone... la Wydenbruck l’ha osservato... e ha fatto le sue osservazioni... e oggi... che vergogna!... la gente chiac­ chiera... io sono finito... Spitzy rideva... l e i . Piantala con Spitzy! Quello si che è buono! Spitzy ha fatto strada soltanto per via della guerra. Prima non s’è mai letto il suo nome. E adesso? Ogni giorno, da tutte le parti, ti viene la nausea di Spitzy. l u i . Di Spitzy? Non l’avranno mica... Ci mancava anche questa! l e i . N o , dicevo che ti viene la nausea di Spitzy. l u i . Spinge, Spitzy, per entrare nell’élite. l e i . Sì, aspettavano proprio luil A volte mi sembra che si creda Spitzer. l u i . Spitzy spinge per avere la medaglia d’oro. l e i . H o parlato col delegato. Mi ha detto che non c’è nulla da fare, è un fenomeno tipicamente viennese, mi ha detto: Vede, Spitzy ha dalla sua la « Presse », e per di più si dà molto da fare per le protesi. l u i . Alla faccia del delegato! l e i . Mi ci arrabbio già abbastanza. l u i . Che differenza tra la Gartenbau ora e all’inizio della guerra! Una cosa da non credere. Se ci ripenso, allora, c’era stata la battaglia di Leopoli, e la « Presse » cele­ brava il suo giubileo, ricordi, e Weiskirchner aveva pre­ sentato le sue congratulazioni, solo l’altro giorno ho detto a Sieghart... l e i . A Sieghart, tu? l u i . Come... non ti ricordi più... di quando ho parlato con Sieghart? Roba dell’altro mondo! Hanno visto tutti... e tu non lo sai? Quando è venuto, che dovevamo en­ trare nel sottocomitato della sezione assistenziale - lo sai, ha avuto l’idea di una sottoscrizione « Caviale per

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il popolo »,19 veramente è stato un suggerimento di Kulka - allora dico a Sieghart, Eccellenza, gli dico, il delegato mi piace poco, il primario pure, insomma mi piace poco tutta quanta la compagnia. Lui zitto, ma vedo che ci sta a pensare. Allora, Eccellenza, gli dico, l ’ora è grave. Be’, ti posso dire che non ha risposto di no. Come mai, gli chiedo. Alza le spalle e dice: La guerra è la guerra. Allora ho capito che aria tirava. Adesso mi serve soltanto... l e i . Se tu allora, alla costituente per il Walhalla, non te ne fossi stato lì come un palo, la cosa sarebbe già fatta. l u i . No, scusa, sono proprio quelle le occasioni dove evito di farmi notare. Tutti tiravano il collo quando è venuto quello dell’agenzia Wilhelm... l e i . E io ti ho fatto segno di farlo anche tu! l u i . No, ti dico! Allora non mi conosci! Farlo così direttamente non va, sta’ a sentire il mio piano. Quanto ad Eisner, lo vedrai, è capace un giorno di arrivare in alto e di farcela. Ma io ormai ho deciso, aspetto soltanto... la prossima volta... Gli potrei fare un bel danno... Lui, non dirlo però, si è fatto sfuggire un’osservazione sprez­ zante su Hirsch! l e i . Per l’amor di Dio sta’ buono! Non ti immischiare! Anch’io lo potrei fare ma mi trattengo, la Dub ha det­ to qualcosa sul conto della Schalek... che al fronte si dà delle arie e quindi... potrei accennarne qualcosa alla Odelga, mi sa che domenica verrà al tè per gli inva­ lidi... Sigmund... stammi a sentire... Sai una cosa... Non essere nervoso... T u sei esaurito... T i dico che ce la faremo! Tirati su... Scommetti che venerdì avremo un’occasione mai vista... La refezione, sai, per i nostri prigionieri nella Siberia orientale. Oppure senti, me­ glio ancora, sabato, quella per i soldati tedeschi! Ve­ drai, dammi retta, che te la daranno. Se non la prima, la seconda. Garantito! Non aspetteremo fino al caba­ ret del Circolo della Marina! Fagli vedere di cosa sei capace. Prendi esempio da Haas, da lui, non da lei... Vedi, non sarà un ebreo, ma ha una grinta... Ce l’a­ vessi tu! Tutto si decide adesso. E non starmi un’altra 19. Shakespeare, Amleto, atto II, scena 2, v. 441: « Caviary to thè generai », dove l’espressione denota una cosa troppo fine per la massa.

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volta lì come un muto, mi senti? Loro aspettano solo che tu apra la bocca. T e lo giuro, non so spiegartelo, ma ho una certa sensazione che siamo in lista... l u i . Credi davvero... Sarebbe... Ci siamo tormentati ab­ bastanza... Ma cosa te lo fa credere? l e i . Come sarebbe «credere»? Io lo so! T u credi che sia già tutto perduto. E io ti dico che niente è perduto! Riguardo alla guerra, tu sei sempre stato pessimista. Non posso dirti tutto, ma la Frankl-Singer del « Sonn und Mon », come sai, è intima amica della Lubomirska, non mi chiedere altro. Avresti dovuto vedere la faccia della Dub quando mi ha visto parlare con lei. Che vuoi che ti dica, scoppiava di rabbia. Perfino Siegfried Lowy scuoteva la testa, e allora ho capito tutto. Forse sarà il colpo più grosso, se mi riesce. Solo, alla mensa gratuita non debbono saperne nulla, altrimenti, dice Polacco, si infuriano le patronesse. Oggi stesso ho avuto la sen­ sazione che non ci vorrà ancora molto. Quando c’è stato, sai, tutto quel chiasso... e loro sono andati di là dal soldato morente... sì, quello che smaniava perché credeva che di sotto ci fosse sua madre, sai, la madre non l’hanno fatta salire perché è proibito dal regola­ mento. Hirsch ha detto che sarebbe sopravvissuto negli annali, che lui l ’avrebbe segnalato... Be’, è stato allora che ho avuto la sensazione... voglio dire, mentre stavano tutti lì... allora ci ho fatto caso, ¡ho dato un’occhiata in giro e ho visto chiaramente che la dama di corte guar­ dava in qua, tutti, ti dico tutti, ci segnavano a dito avrei voluto fartelo notare - ma poi ho dovuto tenerlo d ’occhio, lo spilungone, che non si mettesse davanti... e poi hanno di nuovo parlato... proprio mentre Hirsch prendeva appunti sull’atmosfera, hanno parlato del con­ certo per le vedove e gli orfani... e allora ho avuto di nuovo la sensazione... Non ti saprei dire... (Gli si avvi­ cina e sibila) Basta che tu non faccia di nuovo il mo­ desto! Soprattutto ora! Sempre, se vuoi, ma per amor di Dio, non ora! lu i (sul momento pensieroso, poi deciso). Cos’abbiamo domani? l e i (estrae in fretta degli inviti). Vienna per Ortelsburg... Mi secca molto, è meglio che ci andiamo, ma non siamo obbligati. Refezione per gli invalidi da Thury, non vale la pena ma non può far danno. Assemblea costitutiva

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del comitato esecutivo per la isalsicciata a beneficio dei convalescenti dei Blumenteufel... Ci devo andare, sono patronessa. Ma ecco qua, aspetta, assistenza di guerra, tè danzante, canta Fritz Werner, gli parlerò di sicuro, la sua influenza è sempre più grande... l u i . Lo dici tu! l e i . Se te lo dico io! l u i . Influenza! Roba da ridere... l e i . Ah sì? Be’, pochi giorni fa ha dovuto mandargli la fotografia, a lui... È un suo grande ammiratore, lui... Sangue d'ussaro l'avrà già visto una cinquantina di volte. l u i . Si dà il caso che lo conosca appena, superficialmente. l e i . Oh, se tu hai informazioni migliori! Va bene, am­ mettiamo che Fritz Werner non abbia influenza, che ne dici, sentimi bene, che ne dici di Spitzer? Se credo a qualcuno, be', quello è Spitzer! Basta vedere cosa suc­ cede tutte le volte, quel che combinano quando viene lui! Oggi è Spitzer che detta legge, non si parla d’al­ tro che della sua carriera. T i dico che bisogna battere il ferro finché è caldo. Ma senza tentennare! Stammi a sentire, tu... A che serve tutto questo... Fatti coraggio, sii uomo! Fatti ben volere! Cosa stai a pensare? Finora l’hai imbroccata, perché non dovresti continuare! E allora! Tener duro, bisogna! l u i (tenendosi la fronte con le mani). L a giornata è pas­ sata troppo in fretta. Non ci isi raccapezzava più. Oggi non ero in forma. Qualcosa non andava, me ne sono accorto subito. Fin dall'inizio ho notato che non ci no­ tavano, e alla fine, quando ci avrebbero notato, ero distratto e non l’ho più notato. È il cuore, ti dico... Hochsinger dice « assolutamente riguardarsi ». Riposo, dice, e ancora riposo. Ma come si fa... Dio mio... Dim­ mi, per favore, dimmi com’è andata che parlavano tutti con Spitzer, come mai... l e i . Con Spitzer? Ma non era mica oggi! È stato dome­ nica! l u i . Per l’amor di Dio... Che guaio... Domenica... Che confusione in testa... Be’, va bene... sarebbe stato peg­ gio se, Dio scampi, mi fossi dimenticato di parlare con Sieghart. Come, cioè che cosa, dimmi... a proposito di Spitzer, mi interessa... l e i . Domenica? Ah sì, c’è mancato un pelo che il dele-

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gato... Credevo già che... Ne hai dubitato? Be’ senti, era chiarissimo, no? Se non si fosse intromessa l’infer­ miera, sai quella là tutta pelle e ossa, che ha la mania di curare i malati tutto il giorno, e poi, si sa, un’eccen­ trica, proprio mentre mi sto avvicinando al letto, guar­ da la scarogna, ecco che ti arriva lei, ero a un passo... l u i . Un momento! Era... aspetta... dove stavano in quel momento? Era quando si parlava di un’altra sottoscri­ zione, una giornata delle gardenie o che so io, quel giorno che hanno deciso per la Moda viennese in casa oppure... l e i . Sicuro, e Trebitsch ha raccontato di avere dato mille corone in incognito... l u i . Quel famoso sbruffone adesso va in giro a dire di esse­ re intimo di Reitzes... Vedi, ora ci sono, aspetta... Dia­ mine, se mi ricordo! Non mi interrompere, si parlava, ti dico, si parlava di riprese all’ospedale per il film della Sascha, ne ho già piene le tasche anche di questo, vedi •che mi ricordo? Ma vorrei solo sapere... dove stavano loro? La posizione... Noi non siamo riusciti a passare, questo lo ricordo... siamo tornati indietro... l e i . Non ti ricordi? Ce l’ho ancora davanti agli occhi! Vicino al letto di quel soldato... l u i . Al letto... di quello della madre? l e i . Ma va’, quello era oggi! l u i . Aspetta: il cieco! l e i . Il cieco di Blanka? Anche quello era oggi! l u i . Ma quando Salvator... l e i . No, il cieco di Salvator era martedì al Policlinico! Quel cieco me lo vedo ancora davanti! Quella volta, tu lo sai... Hirsch ha preso appunti... l u i . Scusa, ma questo è successo alla ferrovia, al servizio ristoro! Dove si è fatta avanti a spintoni la Lobl-Speiser, sai, la divorziata... l e i . Al contrario, proprio quella volta le cose si erano messe molto bene, se solo mi avessi dato retta, eppure ti avevo consigliato, mettiti appresso a Stiassny. l u i . A Stiassny? Ma questo è successo al Guerriero! Vedi che sei tu che confondi ora! l e i (alzando la voce). Io confondo? Confondi tu! Il Guer­ riero! Chi ne parla più oggi? l u i . Allora aspetta... Al letto... Ma poi perché mi fai dei rebus, dimmi che soldato era e festa finita.

ATTO SECONDO, SCENA X X X III

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E noi Vedi, se non ci fossi io con la mia memoria... ((alzando la voce). Piantala con la tua memorial A che mi serve la tua memorial È... Non serve a un bel niente I l e i . Oh che martirio... Mi vengono le piaghe ai piedi a furia di correre... e debbo anche aiutarti a ricordare! l u i . Non gridare... Ora pianto tutto... Domani non ci vado... puoi andarci da sola a distribuire il rancio... io sono stufo... se la porti il diavolo la guerra!... Ci man­ cava anche quella... come se non ci fosse stato da correre anche prima... Togliti dai piedi... Io ho perduto la pa­ zienza... Per me può andare tutto... lei (grida). Alzi la voce con me perché hai perso la memoria! Non sai più chi saluti! Saluti gente che non serve e, quando serve, non saluti! Ogni volta sul Graben ti devo dare una gomitata! Ho faticato per te... Tu... lo sai, tu, che cosa vali senza di me? Senza di me per la società non vali un fico secco! lu i (tappandosi le orecchie e alzando lo sguardo al sof­ fitto). Che volgarità! (Dopo una pausa e qualche passo per la stanza) Dunque, vuoi essere così cortese? T i sei calmata?... Dimmi, allora... l e i . Te lo sto dicendo... Domenica... mentre stavano tutti intorno al letto... mi sono fatta avanti... e tutti loro... l u i . Un momento, lasciami finirei In tutto io stanzone... l e i (grida). Mi hai sfinito... Ora ti comporti come se non sapessi contare fino a tre... Io mi consumo i piedi... da Ponzio a Pilato... l u i . Me ne rendo conto. Non è facile. l e i . E allora lasciami in pace e non mi tormentare... per­ ché tu lo sappia una buona volta, senza farmi più do­ mande - io ho ragione, e non tu - ti ho detto che domenica ci hanno notato mentre stavano intorno al letto... l u i . Cooosa! Intorno al letto... Guarda, secondo me ti stai illudendo... l e i . Sulla mia vita! Al letto del soldato, dove il primario faceva vedere ogni cosa... l u i . Ah, ora ricordo! Perché non l'hai detto prima? Quel­ lo coi piedi congelati? l e i . Sì, e con la medaglia al valore! l e i.

lu i

A T TO TERZO

Scena prima Vienna. Viale del Ring. Angolo di Sirk. Larve e lemuri. Si formano capannelli s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! Venezia bombar­ data! Grave sconfitta degli italiani! u n f o r n i t o r e m i l i t a r e . Se lei avesse letto r« Abendblatt », non avrebbe più nessun dubbio. s e c o n d o f o r n i t o r e . Era riportato come notizia autentica? s e c o n d o s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! 100.000 ita­ liani morti, prego!... p r i m o f o r n i t o r e . Glielo dico io, testuale: Kramer dal primo del mese recita a Marienbad. t e r z o s t r i l l o n e . Kragujevac conquistata! s e c o n d o f o r n i t o r e . Meno male, così mia moglie rimane di più. p r i m o . L ’amata sposa? q u a r t o s t r i l l o n e . « Tagblaaatt », seconda edizione! Il bollettino tedesco! u n u f f ic ia l e (ad altri tre). Salute Nowotny, salve Pokorny, salute Powolny, oh, proprio te... tu che te ne intendi di politica, che ne dici della Romania? sec o n d o u f f ic ia l e (con canna da passeggio). Guardate, io dico che si tratta di un tradimento, come l’Italia... t e r z o . Certo... ma sicuro. q u a r t o . Proprio quel che penso io... Ieri ho fatto bisboc­ cia...! L ’avete vista la vignetta di Schonpflug? Una forza. u n a r a g a z z i n a . Ottomila russi per dieci centesimi! u n a r a g a z z a (dondolandosi sui fianchi, tra sé e sé). Gran­ de vittoria italiana! u n a d o n n a (rossa in faccia, di corsa). Venezia bombardata! t e r z o u f f i c i a l e . Cosa strilla quella? Venezia?... s e c o n d o . Mi ha fatto paura... e anche a te... ma non è il nostro caffè, è l’altra Venezia.1 uno

1. Per il gioco di parole, vedi, nell’Indice dei nomi, la voce Venedig.

2 94

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Ah, meno male. Ma va’, credevi che i nostri... s e c o n d o . No, credevo che degli aerei italiani, dato che... p r i m o . Sei proprio un coniglio. Pensate, ieri ho ricevuto una cartolina dal fronte! s e c o n d o . Da Fallota di sicuro! t e r z o . Fallota che fa, è sempre il solito pensatore? O s’è messo a vivere? Be’, anche a me ne capitano tante al Ministero. terzo .

quarto .

Entrano due ammiratori della « Reichspost ». Noi ci siamo già adeguati alle esigen­ ze di Marte. Finora siamo riusciti a sopportare il suo peso, e siamo fermamente decisi a continuare a portar­ lo docilmente fino alla fausta conclusione. s e c o n d o AivtMiRATORE. La guerra ha anche i suoi vantaggi. È una severa maestra dei popoli, sui quali agita la sua verga. p r i m o . La guerra è anche apportatrice di benefici, susci­ tatrice di nobilissime virtù umane, prometeica conqui­ statrice di luce e di chiarezza. s e c o n d o . La guerra è una vera dispensatrice di vita, ci porta la luce, ammonisce, educa, proclama la verità. p r i m o . Quale tesoro di virtù ha recuperato questa guer­ ra! Virtù che credevamo ormai sommerse nella palude del materialismo e dell’egoismo del nostro secolo. s e c o n d o . Hai già sottoscritto il prestito di guerra? p r i m o . E tu? t u t t i e d u e . Noi ci siamo già adeguati alle esigenze di Marte. (Escono). VECCHIO ABBONATO ALLA « N E U E F R E IE P R E S S E » (conver­ sando con l'abbonato più vecchio). Nella « Presse » di oggi c’è una cosa interessante: il numero di domani della « Gazzetta Ufficiale » ungherese annuncerà il con­ ferimento del titolo di consigliere reale a Emil Morgenstern, procuratore della ditta Ignaz Deutsch e Figlio a Budapest. l ’ a b b o n a t o p i ù v e c c h i o . Oggi succede proprio di tutto! p r im o a m m ir a t o r e .

Escono. m u t i l a t o (due moncherini e la bocca aperta, in una mano lacci per le scarpe, nell'altra dei giornali, ripete

un

ATTO TERZO, SCENA I

con voce sorda). Edizione straordinaria! Mezza Serbia tutta conquistata! t e r z o u f f i c i a l e . Tutta la Serbia? p o l d i f e s c h (a un accompagnatore). Oggi dovevo far bal­ doria con Sascha Kolowrat, ma... (Esce). q u a r t o . Questo è ancora niente, avete sentito, 100.000 mangiaspaghetti morti hanno preso! Passano zoppicando due invalidi. Dovunque guardi, vedi solo imboscati, gente come noi si vergogna di stare a Vienna.

sec o n d o .

Passano delle reclute anziane. Si sente cantare: « Giunti in patria, giunti in patria, là ci rivedremo ». Sapete che si fa? Andiamo da Hopfner! Oggi c’è poca vita. Sempre le stesse ragazze... p r im o (mentre escono). Sai, la Romania non è poi uno scherzo... ma io credo, sai, che prima o poi i tedeschi ci... (Esce). q u i n t o s t r i l l o n e . Edizione straordinaria! Vittoria su tut­ ta la linea! Avanzata dei romeni! terzo .

q uarto .

Si sente la voce di un vetturino: « C’è la guerra, prendo dieci volte tanto! ». Cambia la scena.

Scena seconda Davanti alle nostre postazioni di artiglieria ia

s c h a l e k . Non è quello un uomo semplice, un ano­ nimo? Quello saprà dirmi con parole sue di cosa è fatta la psicologia della guerra. Il suo compito è tirare il cordino del mortaio - sembra una cosa semplice, eppure quali imprevedibili conseguenze, sia per il ne­ mico tracotante, sia per la patria, sono legate a questo momento! Ne sarà consapevole? Sarà spiritualmente al­ l’altezza di questo compito? Certo, quelli che se ne stanno a casa, e del cordino non sanno altro se non che rischia di venire a mancare, neppure immaginano quali eroiche possibilità si schiudano all’uomo sem­ plice al fronte, che tira il cordino del mortaio. (Si ri-

296

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

volge al cannoniere) Mi dica dunque, quali sensazioni prova quando tira il cordino? (Il cannoniere la guarda stupito) Che pensieri le vengono, allora? Guardi, lei è un uomo semplice, un anonimo, ma deve... (Il can­ noniere tace, sconcertato) Voglio dire, che cosa pensa quando spara col mortaio, deve pur pensare qualcosa, cosa pensa in quel momento? c a n n o n i e r e (dopo una pausa in cui ha squadrato la Schalek da capo a piedi). Proprio niente! l a s c h a l e k (allontanandosi delusa). E questo sarebbe un uomo semplice! Io quest’uomo semplicemente non lo nomino! (Procede lungo il fronte). Cambia la scena.

Scena terza Fronte delVIsonzo. Presso un comando. Entrano i tenenti Fallota e Beinsteller (mangiando). Sto mangiando una fetta di dolce, ne vuoi una fetta? b e i n s t e l l e r (la prende). Ah, una dolta di fecce, compli­ menti, te la sai godere. f a l l o t a . Sai, possono dire quel che vogliono, ma all’arte ci stanno attenti da noi, che non succeda niente a una cosa famosa, a un monumento o altre rarità del genere. Leggo adesso sul « Deutsches Volksblatt », guarda qui, rUfficio Stampa Militare comunica: « Sui giornali ita­ liani e francesi viene diffusa la tendenziosa menzogna che le nostre truppe e quelle tedesche nelle zone russe occupate trasformano i santuari greco-ortodossi... todossi, come chiese, monasteri eccetera, in caffè, ci­ nema e ristoranti. Quest’affermazione è una calunnia inventata di sana pianta. È ben noto che le nostre truppe - e lo stesso si può affermare per i nostri al­ leati - trattano sempre col massimo rispetto le chiese e i monasteii delle zone nemiche. Nel nostro esercito il rispetto dei luoghi consacrati al culto è un fatto in­ contestabile che non è stato violato da nessuno dei no­ stri soldati neppure in questa guerra ». È detto chiaro* nero su bianco.

fa llo ta

ATTO TERZO, SCENA III . Ecco le bugie che si dicono in guerra. Posso testimoniare anch’io, sai, in Russia sono stato in un cinema che prima era una chiesa... Be’, ti posso dire, non si nota nulla, non c’è traccia di deva­ stazione, è immacolato! b e i n s t e l l e r . Ma sì, forse un paio di cimiteri ebraici... quelli li ho visti, c’era un po’ di confusione, hanno prelevato le lapidi. Ma per quel che succede in Grecia con i santuari ortodossi, siccome non ci sono stato, non potrei dire nulla. f a l l o t a . Se fossero così attenti dappertutto alle opere d ’arte, potrebbero farsi i complimenti. Guarda cosa leggo sul giornale, guarda: la redazione del «Journal de Genève »... b e i n s t e l l e r . Ganef.2

b e in s t e l l e r fallo ta.

Ridono. ... raccoglie le firme di tutti i cittadini svizzeri per una petizione da indirizzare a Sua Maestà, in cui si fa appello alla ¡sua magnanimità e benevolenza per garan­ tire la protezione... b e i n s t e l l e r . La prostituzione!

fallo ta .

Ridono. . ... delle opere d’arte nei territori italiani occu­ pati dalle truppe alleate. E c’è una nota della reda­ zione... È stupenda, guarda qui: «Sim ili petizioni sa­ ranno giustificate quando l’Intesa occuperà dei terri­ tori. Per noi sono superflue. Noi siamo un popolo di alta cultura ». b e i n s t e l l e r . Naturale che siamo un popolo di alta cul­ tura, ma a che serve, anche se glielo ripeti cento volte, quelli continueranno a blaterare che i barbari siamo noi. f a l l o t a . Ma glielo faremo entrare in testa, sai. Quando entreremo a Venezia con la canna da passeggio! b e i n s t e l l e r {canta). A Venezia entrerem da vincitori, la città degli artisti e dei pittori. fallo ta

2. Parola che significa « ladro, imbroglione » in jiddisch; vi­ cina ad essa suona la pronuncia tedesca di « Genève ».

298

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’ UM AN ITÀ

Coi bei quadri il fuoco ci accendiamo, per tenda avremo un autentico Tiziano. Pum! Paff! Tattaratà! Bombe a mano, dateci qua! f a l l o t a . Ma che bella canzone, è magnifica... b e i n s t e l l e r . Non la sai? È la canzone dell’offensiva, quel­ la che cantano i volontari dei fucilieri imperiali. Ci sono molte altre strofe, una più bella dell’altra, ce l’ho da qualche parte, te la copierò. f a l l o t a . Mi sdebito subito. Conosci la Marcia del ter­ rone? b e i n s t e l l e r . Ne ho sentito parlare, nel giornale della X Armata, c’era anche la musica... Ma quel numero pur­ troppo è esaurito. f a l l o t a . Aspetta, la so a memoria, sta’ a sentire. Sai cosa vuol dire « ciff, ceff »? b e i n s t e l l e r . Sì, è il rumore che si fa quando si ricarica il moschetto. f a l l o t a . E « tapatù »? b e i n s t e l l e r . È il colpo finale del fucile Mannlicher. f a l l o t a . Be’, se l o sai g i à starami a sentire: Ciff, ceff, tapatù, il terrone è a pancia in giù. Ciff, ceff, tapatù, il terrone è a pancia in giù. Li abbiamo ben trinciati, quegli altri son scappati, ciff, ceff, tapatù, il terrone è a pancia in giù. Basta con le spaghettate, troppe bombe son volate, ciff, ceff... Il D’Annunzio ed il Sonnino li sbattiamo per benino, ciff, ceff... A Vittorio Emanuele ora gli darem le mele, ciff, ceff... Bastonate e cazzottoni sulla bocca dei cialtroni, ciff, ceff... Ed invece di Trieste li conciamo per le feste, ciff, ceff...

ATTO TERZO, SCENA III

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Ed al posto del Tirolo il seder come un paiolo, ciff, ceff... Niente per Villaco 0 stupido macaco, ciff, ceff... E li abbiamo tutti quanti rivoltati come guanti, ciff, ceff... 1 furfanti per le botte hanno già le teste rotte. Ciff, ceff, tapatù, il terrone è a pancia in giù. (che ha accompagnato ogni strofa con gesti e interiezioni, entusiasta). Ciff, ceff, tapatù. È stupenda! Ah, ah, che roba! Sai, uno spirito cosi è possibile solo in tedesco, nella loro lingua balorda non ce la fanno, quelli! f a l l o t a . E « L ’umorismo al fronte »... Quel numero là... lo devi leggere! b e i n s t e l l e r . Aspetta, aspetta, la sai questa? Io faccio la raccolta. (Estrae dalla tasca un taccuino) Senti, questa Tha pubblicata il giornale del gruppo d ’armata Lisingen: « Un uomo felice ». Un grigioverde (la cui adorata ha accettato la sua proposta di matrimonio) : Credimi, amore mio, non sono più stato così felice da quando mi hanno spidocchiato. fa llo ta (si torce). Conosci il nuovo libretto intitolato La Pidocchieideì B E IN ST E L L E R . Sicuro. f a l l o t a . Un momento... La isai questa? Io faccio la raccol­ ta. (Estrae un taccuino) Questa l’ha pubblicata il gior­ nale della II Armata, « Se-duto! ». Una recluta, che si trova al fronte da poche settimane, deve fare un bi­ sogno. b e i n s t e l l e r . Che fretta, poteva pure aspettare, lo spor­ caccione! f a l l o t a . Aspetta, ora viene la battuta. Allora, deve fare un bisogno e va in una latrina, che si trova proprio sulla strada del paese. Passano due sottotenenti. La no­ stra recluta all’inizio è indecisa sul da farsi. Infine, si b e in s t e l l e r

3 oo

GLI U L T IM I GIORNI D E L L ’U M AN ITÀ

alza e presenta impeccabile il saluto d’ordinanza. Allo­ ra uno degli ufficiali si mette a ridere e ordina: « Co­ modo, se-duto! ». Questa è per i salotti! b e i n s t e l l e r (si torce). Aspetta, la sai questa? È del gior­ nale della X Armata, una battuta, sai, di quelle fini, sulle osservazioni dei bambini, ma divertente. Allora « La voce dell’innocenza ». Io porto la barba. Un giorno faccio quattro passi e incontro un frugoletto molto ca­ rino, di tre-quattro anni. Guardo il signorino, lui guar­ da me. D’improvviso, tendendo la mano: « Ehi, uomo, » mi dice « perché hai tanti capelli in faccia? ». Firmato Zois. f a l l o t a (si torce). Sì, sì, Zois, quello ha spirito! b e i n s t e l l e r . Come ti fa il giornale militare è un vero piacere. Già il nome è divertente... Barone Michelan­ gelo Zois... Michelangelo... f a l l o t a . È un pittore, sai un pittore italiano, ma Zois non è parente. b e i n s t e l l e r . Lo credo bene, parente di un mangiaspaghetti! Cambia la scena.

Scena quarta A Jena. Due studenti di filosofia si incontrano s t u d e n t e . E io ti dico, vecchio mio, che la vita è pur bella,3 il vincitore dello Skagerrak è dottore ad honorem della nostra facoltà! s e c o n d o s t u d e n t e . Ovviamente per i suoi rapporti con Goethe. p r i m o . E cioè? s e c o n d o . Ehi ragazzo, non sai che ha apprezzato la poesia di Goethe sui sommergibili? p r i m o . Come, Goethe aveva visto profeticamente...? s e c o n d o . Ma no, non Goethe in persona, voglio dire la famosa poesia p r im o

3. Vedi l’ultimo verso della scena 21 dell’atto IV del Don Carlos di Schiller: « Oh Dio, la vita è pur bellaI ».

ATTO TERZO, SCENA IV

301

Sotto tutte le acque ci sei tu, della flotta inglese trasenti appena un respiro... La mia nave scoppiando andò giù aspetta, e tra poco dormirai anche tu. Divino! Dunque, pare la dica un capitano inglese, ma in realtà è di Goethe, no? p r i m o . E Scheer? s e c o n d o . Scheer ne ha parlato con entusiasmo, la trova stupenda e vorrebbe che il timore del capitano inglese si avverasse molto presto. p r i m o . Urrà! Ora capisco perché proprio una facoltà uma­ nistica come la nostra di Jena... Questo avrebbe certo fatto piacere a Schiller. Poco prima il nostro rettore aveva letto a un fannullone di pacifista il divieto del comando generale, che mette fine ai maneggi di questi bei tipi. Hai letto il discorso tenuto dal rettore alla set­ timana filosofica di Lauterberg? Bene. Si va avanti, ti dico. Come dice Kluck? Colpire al cuore il capo del nemico, questo è il nostro scopo. Sì sì, ora Scheer è dottore a Jena. s e c o n d o . Schiller era infermiere militare. Invece purtrop­ po Hindenburg non ha rapporti con le -belle lettere. p r i m o . No. Dopo che Königsberg lo ha nominato dottore in filosofia honoris causa, quando ha messo i polacchi a bagno... Be’, dovevano farlo, per decenza, ma poi? Non si è mai sentita una sua parola... s e c o n d o . Sì, ogni tanto un motto come « Dateci dentro! » o « Avanti! ». p r i m o . Forse non saranno nemmeno suoi. s e c o n d o . Però proprio adesso ha coniato il motto « In guardia dai disfattisti! ». p r i m o . L ’Università di Berlino tutt’al più... È un motto che non ha l’aria tedesca. s e c o n d o . E come avrebbe dovuto dirlo? p r i m o . Come? Così, semplicemente: Chi fa il disfattista è un figlio di puttana! s e c o n d o . Be’, sì, è vero, in effetti sembra che soltanto la marina sia ancorata alla filosofia. p r i m o . O forse il contrario. p r im o

.

sec o n d o .

GL I U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

3 °2

Come sarebbe? Ecco, senti. (Legge una notizia del giornale) Per la Pentecoste a Kiel si è riunita la Società schopenhaueriana, che si è prefissa il compito di diffondere il pensiero di questo grande filosofo, tanto popolare quanto misconosciuto, e di farlo assimilare da tutte le coscienze. Il convegno è terminato con la visita al porto militare dove la marina imperiale, rappresentata dal capitano di corvetta Schaper, ha illustrato ai parteci­ panti, mediante una conferenza e una visita diretta, comprese ripetute immersioni, i segreti di un sommer­ gibile del tipo più grande. s e c o n d o . Non sapevo che Schaper fosse uno schopenhaueriano.

sec o n d o . p r im o

.

Cambia la scena.

Scena quinta Hermannstadt. Davanti a una libreria tedesca chiusa p r u ss ia n o (batte alla porta). Aprite, o vi buttiamo giù la baracca... Noi tedeschi abbiamo fame di libri! l ib r a io t e d e s c o (aprendo). Obbedisco non per paura ma per la gioia che mi ha dato questa minaccia. La mia ambizione di libraio tedesco è quella di poter rifornire tanti fratelli tedeschi di libri tedeschi. Per noi tedeschi il meglio è appena sufficiente. Come? Fratelli tedeschi, vi stupite di trovare un negozio pieno di buoni libri te­ deschi in un posto così lontano dalla patria! Non faccia complimenti, sazi la sua autentica fame di cultura tede­ sca, mentre io mi accingo subito a comunicare al « Bol­ lettino del commercio librario » questo episodio schiet­ tamente germanico.

m o s c h e t t ie r e

il

Cambia la scena.

Scena sesta Negozio di alimentari di Vinzenz Chramosta (a una donna). Il formaggio da spalmare? Quattro corone l’etto! Come, troppo caro? Fra una set­ timana ne costerà sei. Se non le sta bene, vada nel nego­ zio più avanti e si comperi una schifezza, le costerà di meno, e arrivederci! (A un uomo) Cosa desidera? Assag­ giare desidera? Ma cosa crede, lei? Siamo in guerra! Se preferisce una schifezza, vada ad assaggiare quella! (A una donna) Ma cosa spinge, ci arrivano tutti! Cosa desi­ dera? Un cetriolo? A peso, ma glielo dico subito, il più piccolo due corone!... (A un uomo) Cosa? Salame? Cer­ chi di sparire, balordo, dove lo vado a prendere oggi il salame... Le idee che si mette in testa la gente, è incre­ dibile! (A una donna) Cosa guarda, lei? Il peso è giu­ sto, si pesa anche la carta! Siamo in guerra! Se non le va bene, la lasci stare e non mi venga più davanti, pezzo di scema, capito! (A un uomo) E lei, non faccia tanto lo spiritoso, crede che non senta? Oggi non le do nulla, di clienti come lei ne ho fin qua, veda di smam­ mare. (A una donna) L ’insalata russa costa dodici co­ rone!... Cosa? il prezzo segnato? Otto corone, può darsi che ci sia segnato otto, ma ne costa dodici. Questo è il mio calmiere, non si cala neanche un soldo bucato. Se non la vuole oggi, tomi domani, che costerà quattordici corone, tanti saluti, banderuola... Allora si chiude, ca­ pito? (Proteste tra i clienti) Cosa sento? Protestate? Se sento ancora una parola, vi faccio sbattere dentro tutti quanti! Ci mancherebbe altro! Per oggi potete andar­ vene tutti. Non ne ho più voglia! A gentaglia morta di fame come voi io non vendo nulla!

c h r a m o st a

I presenti si allontanano mormorando. Entra un ispettore annonario. Controllo! (sbalordito). Controllo?... i s p e t t o r e . La fattura dell’insalata russa, prego. c h r a m o s t a (cerca a lungo, poi la porge esitando). Sì, pe­ rò... non... non vale. Ho dovuto pagare di più per riu­ scire ad averla! isp e t t o r e .

c h r a m o sta

GL I U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

(prende nota). Prezzo d’acquisto 4 e 50. A quanto la vende? c h r a m o s t a . Otto corone! Non sa leggere? Crede che ci diano gli alimentari gratis? E poi... i prezzi li facciamo noi, se lo ricordi! Siamo noi i competenti! Se ai miei clienti sta bene, le autorità non devono ficcarci il naso! Siamo in guerra! i s p e t t o r e . L ’avverto, non continui su questo tono! Io la denuncio per speculazione sui prezzi! c h r a m o s t a . Cosa? Cane miserabile, vuole rovinarmi? Ma io rovino lei! (Gli scaglia contro un piatto di porcella­ na con dodici chili di formaggio, posto sul banco di vendita, senza colpirlo). i s p e t t o r e . Se le sarà volute lei le conseguenze di questo suo gesto! c h r a m o s t a . Cosa? Io? Signore mio, l’ho forse offesa? No? E allora! Caro signore, ci vuole altro! Chi è lei? Io le mostrerò chi sono io e chi è lei! A me non mi denun­ cerà, nossignore! Ho sottoscritto il prestito di guerra, sa cosa vuol dire? E poi, cosa vuole qui da me? Pago le tasse, tanto perché lei lo sappia! Me ne frego di lei! Mi piace, uno entra e mette il naso nei miei prezzi... Villano, si vergogni... se non esce subito dal mio ne­ gozio, son capace di fare uno sproposito! (Dà di piglio a due coltelli). i s p e t t o r e (si ritira verso la porta). L ’avverto! c h r a m o s t a . Cosa? Mi avverte anche? Burocrate! Morto di fame! Io l’ammazzo! (Gli tira un cesto pieno di noc­ ciole) Ma guarda che disgraziato!

is p e t t o r e

Cambia la scena.

Scena settima Due consiglieri commerciali escono dalVHotel Imperiai. Un invalido passa zoppicando (guardandosi intorno). Non c’è neanche una vettu­ ra? È scandaloso! t u t t i e d u e (puntando le loro canne verso una macchina di passaggio). Taxi! p r im o

ATTO

T E R Z O , S C E N A VII

305

(grida a un vetturino). Ehi lei... è libero? (alza le spalle). Occupato! s e c o n d o . L ’unica cosa che ci resta è che ci danno ancora da mangiare. (Vengono circondati da mendicanti di ogni genere) Anche il giovane Rothschild invecchia. Potrà avere al massimo... Aspetti, quanto tempo è pas­ sato... p r i m o . Ma le pare un’atmosfera di Vienna questa? Sa cos’ha la gente? Glielo dico io, cos’ha. È stanca della guerra! Lo vedrebbe anche un cieco! (Si ferma davanti a loro un soldato cieco) Guardi, presto, chi è quella lì che arriva? s e c o n d o . Non la conosce?... Aspetti... È quella là... la bal­ lerina, come si chiama... la Speisinger! Sa, quella che sta con Pollack, il rosso! Giusto, che ne dice del vecchio Biach, che soffre di psicosi bellica? p r i m o . Ma cosa mi dice! E che sintomi dà? s e c o n d o . Una parola sì e una no la prende dall’articolo di fondo... È un esaltato! p r i m o . Esaltato lo è stato sempre. Si fa a pezzi per l’al­ leanza nibelungica. Fissato! s e c o n d o . Sì, ma mai come adesso! Si arrabbia se uno non si ricorda subito una cosa. S’immagina che le punzec­ chiature dell’Intesa siano dirette contro di lui. E poi gli hanno trovato dei sintomi di mania di grandezza. p r i m o . Come si manifesta? s e c o n d o . Crede di essere Lui.4 p r i m o . È triste. s e c o n d o . E allora, il suo ragazzo, lo ha sistemato in quel posto... all’Archivio di guerra? p r i m o . Sì, ma ci ha un’ernia, e spero che lo lascino an­ dare presto. Lui mira più in alto, lei sa che Ben Tiber lo vuol prendere come commediografo. Ha un’ernia. s e c o n d o . Il mio più piccolo ha talento. Anch’io spero... Ma per adesso sto isolo sperando che mi riesca quest’af­ fare con Leopold Salvator, domani ho l’udienza, a mia moglie regalerò un Breitschwanz. p r im o

v e t t u r in o

Si ferma davanti a loro una mendicante con una gamba di legno e un moncherino. 4. Allusione a Moriz Benedikt (vedi Indice dei nomi).

306

g l i u l t i m i g io r n i d e l l ’u m a n i t à

e d u e (puntando le canne verso un'automobile di passaggio). Taxi!

tutti

Cambia la scena.

Scena ottava Entra il vecchio Biach, meditabondo il

v e c c h i o b i a c h . Il naso di Cleopatra era una delle sue maggiori attrattive. Sibilla era figlia di un operaio. (Si guarda intorno circospetto) Teli dice: A ognuno il suo mestiere, il mio è dar morte.5 (Dopo una pausa, con una rapida decisione e un moto violento) Per pri­ ma cosa, il viaggiatore deve esplorare il terreno e son­ dare la clientela. (Con soddisfazione) Ivangorod rantola già. (Con malcelata malignità) Poincaré è scosso e Lloyd George umiliato. (Con grinta) Inglesi e tedeschi s’in­ contreranno a Stoccolma. (Esce).

Cambia la scena.

Scena nona Archivio di guerra. Un capitano. I letterati Ehi lei, mi prepari le proposte di encomio, co­ me critico teatrale del « Fremdenblatt » non le riusci­ rà difficile... E lei, il suo articolo sulla scultrice fran­ cese, la Auguste, come si chiama, Rodaun o simili, era scritto proprio bene, con la sua penna non le riuscirà difficile stendere la premessa alla nostra fondamentale pubblicazione Sotto il vessillo dfAsburgo, ma senta, ci dev’essere qualcosa di forte, che arrivi al cuore, e natu­ ralmente non mi dimentichi Sua Altezza Imperiale, l’il­ lustre arciduchessa Maria Josefa!... E lei, Müller Ro­ bert, che fa, a me non sfugge nulla, quel suo articolo

c a p it a n o .

5. Schiller, Guglielmo Teli, atto IV, scena 3, vv. 2621-22.

A T T O TERZO,

S C E N A IX

307

su Roosevelt era brillante, un po’ troppe lodi, veda di consegnarmi presto il saggio Cosa ci aspettiamo dal nostro principe ereditario?... Si è sbilanciato un po’ troppo in favore degli americani, ma non le nuocerà in futuro. E lei, a che punto è l'aquila bicipite, non è ancora pronta? Faccia soffiare un vento nuovo tra le ferree piu­ me dell’aquila bicipite!... E lei, mio caro? Da quando è tornato dal Quartier Generale, batte la fiacca! Si è abi­ tuato male, laggiù! Ma le dirò una cosa. Il fatto che Sua Altezza Imperiale l’illustre arciduca Federico am­ mira le sue poesie di guerra potrà bastare a lei, ma a me non basta, no! Quindi veda di consegnarmi presto l’inno per gli eserciti alleati, altrimenti la chiamo a rapporto!... Be’, Werfel, a che punto è l’appello per Gorizia? Non troppo enfatico, ha capito? Tutto con misura! Lei ha troppo 'sentimento, va bene per i bor­ ghesi. E lei, naturale, lei è un espressionista o che so io, deve fare sempre per conto suo. Ma non le servirà a nulla, voglio che lei cominci finalmente lo schizzo Fino alVultimo respiro d'uomo e di destriero che le ho dato da fare, accidenti! Lo Sfondamento di Gorlice non le è venuto affatto male. (A un'ordinanza che è appena en­ trata) Che c’è di nuovo? Ah, giusto. (Prende delle foto­ grafie) Che forza! Sono le foto dell’esecuzione di Batti­ sti. Ah, ah, il nostro boia Lang è proprio lui spicci­ cato! Queste allora sono per lei, laggiù, da archiviare! Scriva le didascalie e le metta insieme alle altre, ai le­ gionari cechi, agli ucraini eccetera. E questa? Sotto che voce bisogna rubricarla? È la magnifica poesia sulla bi­ sboccia di Sua Altezza Imperiale il serenissimo arciduca Massimiliano sul monte Fae, una vera pacchia per i nostri poeti, state a sentire: Sopra il Fae, sta Sua Altezza tutto charme e gentilezza. Ai suoi ospiti fa onore e li tratta da signore. Apre il tino e la dispensa, tutti siedono alla mensa. Ahiahi, dopo va male. C’è poi quel punto divertente quando tutti continuano a rimpinzarsi finché natural­ mente uno non ne può più:

3°S

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Giocoforza è che sbottoni il colletto e i pantaloni. E alla fine naturalmente si vomita. Che divertente! E quel che succede in seguito! L ’ordinanza, oh sorte nera, prende per la cameriera... braccia e guance le accarezza con toccante tenerezza. Ma stendiamci un velo sopra, che per sempre lo ricopra. Bellissimo! Il giorno dopo, naturalmente, si continua a cioncare. E il barile è ormai svuotato. Ma quel che hanno consumato e spalmato sopra il pane per placar così la fame... Be’, possiamo immaginarcelo, e quindi si capisce che i cuochi sono andati in bestia, ma Sua Altezza Imperiale si è divertito. E poi, quando sono tornati alle loro posta­ zioni, ohiohi... Ed ognuno è così lesso che un gran peso porta appresso. La faccia che avevano! Dunque, questa poesia natural­ mente interessa l’Archivio di guerra non solo per « L ’u­ morismo al fronte » e perché celebra l’ospitalità di Sua Altezza Imperiale, ma anche perché è una rarità! È stata stampata nella tipografia del fronte, sotto il fuoco dei bombardamenti, tanto di cappello, bisogna ricono­ scere che è stampata con molto gusto. Lei, caporale Dòrmann, prenda esempio, dia di sprone al suo de­ striero poetico, da quando ha dato ai russi e ai serbi nerbate con i nerbi ha perduto la parola. Cos’è suc­ cesso? Aveva tanta forza: Un bel colpo nella pancia agli inglesi ed alla Francia! Allora sì che lei era il vero Dòrmann di ferro!6 6. Gioco di parole tra Dòrmann ira Eisen e Wehrmann im Eisen, « Guerriero di ferro » (vedi Indice dei nomi).

ATTO

TERZO,

SCENA

IX

Ne vedrete delle belle, vi con cerem la pelle. Se voi fate gii spacconi, noi spariamo a pailettoni. E allora, spari dentro! Perché è così malinconico? Sì, la posso capire, è naturale che preferirebbe menar le mani laggiù piuttosto che starsene qui dentro. È sec­ cante. DÖRMANN.

Io chi è caduto d’invidiar non temo. Solo il dover mi sbarra il passo estremo. c a p i t a n o . Ma bravo, così lei dà il buon esempio. E lei, Müller Hans, lei non ha bisogno di incoraggiamenti, lei sì che è in gamba. Ha fatto di nuovo un compito vo­ lontario? Guarda guarda, Tre falchi sopra il Lovcenl È una bella cosa. Non mancherò di parlare di lei al generale. h a n s M ü l l e r . Noi abbiamo compreso la maggiore dol­ cezza del dovere, sotto i nostri passi cadenzati frantu­ miamo un’inutile vita, più vicina alla multiforme appa­ renza che non alla realtà. c a p i t a n o . Così va bene. Ma sa quel che mi interessa? Vorrei dalle sue labbra una testimonianza autentica su come ha compiuto il suo dovere allo scoppio della guerra. Dunque le meravigliose corrispondenze di Cassiano al fronte, quando poggia l’orecchio sulla pianura russa, sappiamo naturalmente che le ha scritte a Vien­ na, siamo rimasti tutti senza fiato per come l’ha azzec­ cata. Ma allo scoppio della guerra... lei era presente a Berlino di persona, vero? Naturalmente lei avrà ba­ ciato i nostri alleati... Ma c’è gente, sa, che va in giro dicendo che anche questo lei l ’ha fatto a Vienna, sul Ring, quel Kraus della « Fackel » e gente del genere, tutte malelingue. E ora mi dica come stanno le cose, si trovava a Berlino o a Vienna... È una cosa che natural­ mente per l’Archivio di guerra è importante! h a n s M ü l l e r . Agli ordini, signor capitano. È generalmen­ te noto che lo scoppio della guerra io l’ho effettivamen­ te vissuto a Berlino e che le cose stanno esattamente co­ me le ho descritte nel mio articolo La Germania in piedi del 25 agosto 1914. Ci trovavamo, senza atten­ derci alcun attacco, sulla Neustädter Kirchstrasse, e una

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3io

spia russa, la vedo ancora davanti a me, era stata ap­ pena ingoiata dalle fauci della folla... quando vedo un corteo di gente semplice con le nostre brave bandiere giallonere puntare diritto sulla Porta di Brandeburgo. E cantano il nostro amato inno nazionale. Senza indu­ gio mi unisco al canto, Dio conservi, Dio protegga, e attacco forte la strofa seguente. Allora un compagno di marcia mi guarda cordialmente per un secondo, mette il suo braccio sotto il mio, lo stringe camerate­ scamente... c a p i t a n o . Ah, « fianco a fianco » ! h a n s m ü l l e r . ... e intona il mio stesso canto, leggendo­ melo sulle labbra. Questo valoroso - era un tipo baffu­ to, non proprio bello, né quel che si dice elegante - io l’ho baciato sulla bocca davanti al l'ambasciata austroungarica. c a p i t a n o . Basta! Allora quando l’ha visto Szögyeny dalla finestra, sarà stato proprio contento. h a n s m ü l l e r . Forse quest'episodio a raccontarlo isuona patetico... c a p i t a n o . Macché! hans

m ü lle r .

... e f o r s e

mi

sarà

n e g a to

il p la u so

d e g li

u ltr a e s te ti...

Mormorio tra i letterati, esclamazioni. Silenzio! Ma io so che, se la Gioconda scendesse dal suo quadro e mi offrisse l'irripetibile sorriso delle sue labbra, il suo abbraccio non mi renderebbe cosi felice, non mi scuoterebbe nel profondo come quel bacio fra­ terno sulle labbra di quel tedesco meraviglioso. c a p i t a n o (commosso). Bravo! E cos'altro le è successo nel­ l'era gloriosa? h a n s m ü l l e r . Agli ordini, signor capitano. Non dimenti­ cherò mai quell'ora meridiana d'estate, quando uomi­ ni e donne si accostarono all'altare nel duomo reale per invocare il Dio delle armi germaniche. Nel coro del duomo siede il Kaiser, dritto, con l'elmo in mano. Ai suoi piedi, il nero mare... c a p i t a n o . Ah, sì, allora era già a Costantinopoli! h a n s m ü l l e r . ... dei fedeli. Dall'alto l'organo tuona, dalle finestre irrompe il sole e si leva come un sacro cla­ more... c a p it a n o . hans

m ü lle r .

A T T O T E R Z O , S C E N A IX

311

Va bene, va bene, ma non mi interessa tanto l’atmosfera, quanto quel che lei fece personalmente. h a n s M ü l l e r . Donne e uomini si prendono per mano, l’organo risuona... c a p i t a n o . Veniamo al dunque! h a n s M ü l l e r . Agli ordini. Un groppo rovente mi serra la gola, ma ancora mi faccio forza, mi trovo in mezzo a uomini saldi, sicuri di sé, e oggigiorno non è il caso di mostrarsi deboli. Ma ora volgo lo sguardo al Kaiser Guglielmo, che come sopraffatto da un’indescrivibile emozione china il volto sbiancato giù, giù, e lascia che quei suoni sconvolgenti gli sfiorino la fronte! c a p i t a n o . Ma guarda un po’! h a n s m ü l l e r . ... con un fervido gesto si stringe l’elmo al petto. Allora non riesco più a trattenermi... c a p i t a n o . Cosa le è successo? h a n s m ü l l e r . Scoppio in singhiozzi... c a p i t a n o . Ma va’ là! h a n s m ü l l e r . ... e vedo che i coraggiosi accanto a me, uomini dai capelli grigi, sicuri di sé, singhiozzano tutti senza ritegno, insieme a me. Che essi indovinino quel che scuote l’animo del povero ospite in borghese capi­ tato in mezzo a loro? Oltre il velo delle lacrime che (scendono copiose, accanto al loro nobile sovrano io ne scorgo un altro, il mio imperatore, il mio cavalleresco, buon vecchio signore... c a p i t a n o . Non frignare, Müller! h a n s m ü l l e r . ... e dal profondo del cuore unisco ora la mia fraterna preghiera alla loro: «O Signore, che sei sopra le stelle, benedici in quest’ora anche Francesco Giuseppe I, benedici la mia antica, amata patria, per­ ché rimanga forte e florida - nei secoli dei secoli - be­ nedici i miei fratelli, che ora per il nostro onore van­ no incontro al dolore e alla morte, benedici noi tutti, il nostro avvenire, la nostra forza, il nostro destino... Signore Iddio, che tieni in mano le sorti degli uo­ mini e dei popoli, il nostro fervido, ardente amor di patria ci spinge ad invocarti... ». Agli ordini, signor capitano, questa è la chiusa dell’articolo. c a p i t a n o . Là dentro c’è ancora del vero sentimento. E mi dica, quanto paga adesso la « Presse » per una preghie­ ra... cioè per un articolo, volevo dire. h a n s m ü l l e r . Agli ordini, signor capitano. Duecento coc a p it a n o .

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rane, ma per dir la verità, l’avrei fatto anche gratis et amore Dei! Ecco! c a p i t a n o . Ma no, lei ha preso di più, le è stato conferito il massimo onore che possa esser concesso a un signore della stampa... Il Kaiser tedesco l’ha ricevuto nel Pa­ lazzo Imperiale di Vienna, è un ammiratore della sua musa, non le sto rivelando un segreto, si mormora per­ fino che lei abbia fatto le scarpe a Lauff. Colgo l’occa­ sione per farle i miei complimenti. Senta, com’erano le parole di saluto di Sua Maestà, lei le ha descritte così bene... h a n s m ü l l e r . Il Kaiser mi viene incontro fino alla porta, mi tende la mano, mi guarda coi suoi grandi occhi rag­ gianti e mi dice con un sorriso bonario: « Lei ci ha donato in guerra una poesia così bella... Che cosa po­ tremo aspettarci in pace? ». c a p i t a n o . Una storiella sporca, avrebbe dovuto rispon­ dere. h a n s m ü l l e r . Agli ordini, signor capitano. Davanti a que­ sta voce, è vero, scompare di colpo qualunque imbaraz­ zo... ma questo coraggio non l’ho proprio trovato, si­ gnor capitano! c a p i t a n o . Be’, sì, è una situazione delicata. Ma ora dica una cosa: che cos’è che l ’ha impressionato di più nel Kaiser? h a n s m ü l l e r . Agli ordini, signor capitano... Tutto! c a p it a n o . E n i e n t ’a lt r o ? h a n s m ü l l e r . Sono ancora talmente commosso che non riuscirei a dire la forza magnetica della personalità, questa naturale dignità, la vivacità degli occhi, che non ti lasciano un istante e sono lo specchio di una natura solare, morale nel senso più profondo... c a p i t a n o . La pianti! Be’, senta... Che il Kaiser si faccia intrappolare da un ebreo di Brünn, in fin dei conti non fa meraviglia. Ma che un ebreo di Brünn si faccia intrap­ polare dal Kaiser... questo è incredibile! (Entra un’or­ dinanza e porge una lettera) Che c’è ancora? (Legge) Accidenti! Riguarda lei, Müller. (Müller si spaventa) Il signor generale ordina il suo immediato esonero dalrArchivio di guerra. (Müller impallidisce) È arrivata una lettera di pugno da Sua Maestà il Kaiser, dove si chiede che il poeta « dei re » non venga distolto dalla sua attività a causa del lavoro nell’imperialregio Archi­

ATTO

TERZO, S C E N A

IX

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vio di guerra. (Proteste tra i letterati) Silenzio!... Arri­ vederci, Müller! Sa una cosa? (Con commozione) I tre falchi sopra il Lovcen me li deve portare a termine! E quando potrà di nuovo lavorare per conto suo, e pen­ serà naturalmente alla produzione di pace, allora qual­ che volta ricorderà le ore del servizio militare, allora potrà dire: Però era bello... Continuerà, spero, a sentirsi legato airArchivio di guerra. h a n s m ü l l e r . Per la vita e per la morte! Cambia la scena.

Scena decima Laboratorio chimico a Berlino di sta to p r o f e sso r d e lb r ü c k (meditando). Da qualche tempo i giornali inglesi tornano a diffon­ dere notizie di ogni genere sui presunti disagi alimen­ tari della popolazione tedesca. Non parla certo a favore di un grande entusiasmo bellico del popolo inglese il fatto che il suo morale debba esser continuamente so­ stenuto propalando notizie del genere, tutte in diretto contrasto coi fatti. Dal punto di vista medico è stata esplicitamente constatata l’igienicità dell’alimentazione di guerra, alla quale è dovuto il fatto che le malattie, sia tra gli uomini sia tra le donne, sono in costante re­ gresso. Per non parlare dei lattanti, che sono assistiti a sufficienza e in modo esemplare. Perfino l’agenzia Wolff deve ammettere che i nostri ospedali sono molto meno affollati in guerra che in tempo di pace, e che il tenore di vita più semplice ha addirittura avuto effetti benefici sulla salute di molte persone. E ora intendo illustrare alla 66a assemblea generale dei distillatori tedeschi la ragione di questo successo, che dobbiamo in primo luogo al lievito minerale. (Assume una posa oratoria) Il contenuto d ’albume del lievito minerale, che determina il suo valore nutritivo, si ottiene in via primaria dall’urea. Signori! Siamo qui testimoni del trionfo del puro spirito sulla materia bruta. La chi­ mica ha fatto il miracolo! Un procedimento iniziato

c o n s ig l ie r e

GL I U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

3M

nell’anno 1915 è stato ripreso con grande successo: la sostituzione del solfato d’ammonio con l’urea nella produzione del lievito. Signori! Se l’urea si può utiliz­ zare in questo modo, esiste anche la possibilità di usare per lo stesso scopo 'l’urina e i liquami. (Esce). Cambia la scena.

Scena undicesima Riunione dell Associazione dei Cherusci a Krems detto t e u t . Wotan mi è testimone, non son lontani i giorni in cui cibo e bevanda torneranno copiosi, quando di nuovo ci sollazzerà un bel lombo di grasso, croccante maiale con patate delicatamente abbrustolite nel vero, autentico burro fragrante, con tanti graziosi cetriolini, quali spuntano nel paradiso di Znaim, il tutto con uno scuro succo d’orzo delle bavariche contrade di Kulmbach (grida di « Heil! », che suonano come « Hedl! » ) 7 ...e del pane sincero, di se­ gala, impastato e cotto con gusto, e una ghiotta insa­ lata! O fiera Vindobona sull’antico fiume dei Nibelun­ ghi, fino a quel giorno bisogna tener duro! (Grida: « Bravo! ») Lo splendido attacco ai terroni, che cac­ cerà, speriamo per sempre, questi lupi d’Abruzzo dalle eterne montagne del Tirolo, è stato coronato da suc­ cesso! (Si grida: « Hedl! ») Fiduciosi attendiamo che anche l’orso moscovita si trascini nella sua tana ferito, con le zampe sanguinanti! E con lui anche i profu­ mati all’aglio, i nostri Coen-nazionali! Heil!

p o g a t s c h n ig g ,

Grida di « Bravo! », « Hedl! », « Viva Teut! », « Viva Po­ gatschnigg! ». u n a voce.

I nostri abramucci!

Ilarità. (prende la parola). Chi dorme non piglia pesci, dice il buon vecchio adagio. Ma come dice

s ig n o r a p o g a t s c h n ig g

7. Trascrizione fonetica della pronuncia dialettale.

ATTO

T E R Z O , S C E N A XI

3 *5

Barbara Waschatko, la più tedesca dei tedeschi, nella « Ostdeutsche Post » : Sferruzzando abbiamo termina­ to ranno vecchio, e sferruzzando cominciamo quello nuovo. Mai come ora il pensiero vola ai nostri cari che sono al fronte, là dove la neve si alterna alla pioggia e al ghiaccio, e noi ci chiediamo che cosa sia peggio per i nostri prodi: il sole rossastro che febbraio appende in un cielo gelido, o l ’acqua che continuamente, triste­ mente, penetra nelle trincee... tic, tic, tic. (Grida: « Hedl! », « Brava! ») Ma in noi donne il sorriso ama mescolarsi alle lacrime, e anche nel dolore sentiamo il bisogno di essere belle. Anche Cleopatra, non si fece bella per morire? Grida: « Giusto! », « Brava! », « Hedl la zia Resi! ». h r o m a t k a (membro giubilato). Onorati confra­ telli e consorelle! Quale rappresentante del gruppo gio­ vanile, non è solo mio dovere rinnovare il giuramento di fedeltà per il quale continueremo la lotta impostaci fino alla fine vittoriosa, scilicet fino all’ultimo respiro d ’uomo e di destriero. (Grida: « Hedl! ») Infatti, fra­ telli d’onore, una pace tedesca non è, come ha detto giustamente il nostro emerito capo Hindenburg, non è una pace imbelle. (Grida: « Urrà! ») No, è nostro do­ vere ricordarci anche delle nostre valchirie, che assisto­ no e confortano gli eroi, e la cui nobile rappresentante io vorrei salutare nella persona dell’onorata oratrice che mi ha preceduto. (« Hedl! ») Col nemico in guar­ dia, al bel sesso la guardia! Lunga vita alla zia Resi!

w in f r ie d

Grida: « Urrà! », « Hedl la zia Resi! ». (si alza). Miei onorati confratelli e consorelle! Oggi abbiamo inteso parole tedesche che vanno vera­ mente al cuore. Quale rappresentante dei postelegra­ fonici tedeschi, vorrei dare un suggerimento in fatto di volontarie restrizioni, in quanto noi, accerchiati dal­ l’invidia britannica, dall’odio latino e dalla perfidia slava, siamo più che mai ridotti all’autarchia nella sfera domestica tedesca. (Grida: « Bravo! ») In merito vorrei fare una proposta: liberare degli uomini tede­ schi per il servizio militare sostituendoli nei loro posti di lavoro con le lavoratrici domestiche delle case tede­ sche, acquistando così altri mezzi per portare le nostre

k a sm a d er

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GLI U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

pietruzze alla patria. Tutte le donne e le ragazze tede­ sche restituiranno i posti occupati durante la guerra agli eroici reduci e lo faranno con tanto maggior entu­ siasmo in quanto dovranno la massima gratitudine a ehi ha protetto il focolare germanico. (Grida: « Bra­ vo! », « Hedl! ») Soltanto là dove essi non saranno suf­ ficienti, si potrà far ricorso a questo scopo alla mano­ dopera femminile. E le donne troverebbero la miglior ricompensa neU’esaltante consapevolezza di aver contri­ buito neirinterno con la loro pietruzza alla conquista della meta finale. Perché davvero ognuno qui nell’inter­ no partecipa alla lotta col massimo spirito di sacrificio. E così concludo con l’esortazione a tener duro, che ho affidato a una poesia di mia composizione. Si grida: « Sentiamo! Sentiamo! ». Il sapon non si consumi « Bello! Bravo Kasmader! ». meglio ancora, non si fumi. Risate. Portar abiti sbracati « Puah! ». con colletti smisurati, stivaletti fino a qua « Puah! moda francese! ». no, così proprio non va! « Giusto, giusto! ». Il denaro che risparmi lo darai alla patria in armi. « Hedl! Hedl! Hedl/ ». L'oratore viene complimentato. u belh ò r

(si alza e legge da un foglio). Se avverar mi fosse dato quel che sogno, quel che spero, uno gnocco avrei bramato di pan bianco doppio zero!

Ilarità. Grida: « Anche noi! Anche noi! Hedl! Hedl/ ».

A T T O T E R Z O , S C E N A XI

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(si alza, guarda fisso davanti a sé attraverso gli occhiali dforo e recita, con Vindice alzato).

h o m o la tsch

La mia casa... mio figlio... mia tedesca metà... son quanto di meglio... la terra mi dà. Si siede in fretta. Grida: « Hedl! Bravo Homolatsch! He di! ». Cambia la scena.

Scena dodicesima Trattenimento danzante a Hasenpoth. Signore e signora baltici a colloquio Signorina. Prego... s i g n o r e . Lei non balla. SIGNORA. No. s i g n o r e . Perché. s i g n o r a . Se ballo, sudo. Se sudo, puzzo. Se non ballo, non sudo, non puzzo. s ig n o r e .

s ig n o r a .

Cambia la scena.

Scena tredicesima Causa dfappello al tribunale provinciale di Heilbronn m i n i s t e r o . ...nel giugno di quest’anno l’impu­ tata ha dato alla luce un figlio il cui padre è un prigio­ niero di guerra francese. Il francese, di professione ca­ meriere, è prigioniero dal 1914. Dalla fine del 1914 al 1917 ha vissuto nella tenuta del castello. Qui gli vennero affidati i lavori più vari, soprattutto nei campi e nel giardino. A tali occupazioni prendeva parte regolar­ mente anche la baronessina. Nel processo, davanti alla prima sezione penale, l'imputata tentò di accusare di violenza carnale il francese padre di suo figlio. Ma i giudici non le prestarono fede. Era singolare che l’im­ putata adducesse questo argomento a sua discolpa per

p u b b l ic o

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GL I U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

la prima volta. La denuncia non era attendibile già per il solo fatto che il prigioniero francese rimase ancora occupato al castello per ben sei mesi dopo l’inizio della gravidanza. E così il tribunale riconobbe la colpevolezza della baronessina. Le furono inflitti cinque mesi di pri­ gione. Poiché la si sospettava di voler fuggire, venne di­ sposto il suo arresto immediato. Nella motivazione della sentenza si ribadiva che la linea di difesa scelta durante il processo (accusa al prigioniero di aver commesso un reato), come pure la posizione sociale e l ’educazione deH’imputata erano considerate delle aggravanti, men­ tre la sua precedente assoluta incensurabilità e la sua ignoranza in materia sessuale vennero addotte come attenuanti... Onorevole Corte! Di fronte alla inaudita mitezza di quel verdetto, una mitezza che grida ven­ detta al cospetto del cielo, non ho bisogno di molte parole. Dal punto di vista materiale il fatto, l'innatu­ rale relazione con un prigioniero di guerra, risulta suf­ ficientemente acciarato. Non resta che mettere in rilievo l’effetto immorale prodotto da un precedente così scan­ daloso. Non dubito che l’alta Corte condividerà con me la sensazione di trovarsi davanti a un abisso di igno­ minia dal quale la moralità offesa non può salvarsi in altro modo che chiedendosi: dove andrebbe a finir la patria se ogni donna di casa tedesca cadesse così in basso? (Movimento nell’aula) In questo senso io prego l ’alta Corte di respingere il ricorso della difesa, portan­ do invece la pena a due anni. L a Corte si ritira in camera di consiglio. d e l l ’u d it o r io (porge un giornale al vicino). Colos­ sali successi riportati dai nostri bombardieri a nordovest di Arras e dietro il fronte della Champagne. Negli ultimi tre giorni e tre notti sono stati scaricati in totale 25.823 chilogrammi di bombe. v i c i n o . L ’effetto morale non sarà stato certo minore di quello materiale. uno

Cambia la scena.

Scena quattordicesima L'ottimista e il criticone a colloquio . L ’evoluzione degli armamenti fino ai gas, ai carri armati, ai sommergibili, ai cannoni che sparano a 120 chilometri di distanza è giunta al punto... c r i t i c o n e . ... che l’esercito dovrebbe essere destituito dalle forze armate per viltà di fronte al nemico. Partendo dal concetto dell’onore militare, il mondo dovrebbe giungere alla pace perpetua. Giacché cos’abbia a che fa­ re col valore e l’ardimento la -scoperta di un chimico, che già di per sé disonora la scienza, e come la gloria delle battaglie possa essere attribuita a un’offensiva « cloriosa » senza soffocare nel gas della propria vergo­ gna, è l’unica cosa che ancora non si riesce a scoprire. o t t i m i s t a . Ma non è indifferente quale arma porti la morte? Fin dove è disposto a seguire, lei, il progresso tecnico degli armamenti? c r i t i c o n e . Neanche per un passo, ma, se proprio occorre, fino alla balestra. Naturalmente, per un’umanità che ritiene indispensabile per la vita che ci si ammazzi a vicenda, è indifferente il modo in cui si procede, e la strage è la cosa più pratica. Ma il progresso tecnico delude le esigenze di romanticismo dell’umanità, che cercano soddisfazione perciò solo nello scontro tra sin­ goli individui. Il coraggio che l’uomo acquista con l’ar­ ma, forse l’acquista anche la massa; ma degenera in viltà se l’uomo non è più visibile per la massa. E si riduce poi a bassezza quando anche per l’uomo la massa non è più visibile. Ecco dove siamo arrivati. Ma per quel decreto del diavolo che è rintracciabile nei labo­ ratori, si andrà avanti ancora. Quando i nemici si sa­ ranno reciprocamente, continuamente superati, i carri e i gas lasceranno il campo ai batteri e non ci si opporrà più al concetto liberatore che le pestilenze, prima sem­ plici conseguenze delle guerre, possono essere usate co­ me strumento di guerra. Ma dato che anche allora gli uomini non potranno fare a meno di pretesti romantici per la loro scellerataggine, il generale i cui piani ver­ ranno attuati dal batteriologo, come oggi dal chimico, continuerà a indossare un’uniforme. Si potrebbe asse-

o t t im is t a

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GLI U L T I M I G I O R N I D E L L ’U M A N I T À

gnare ai tedeschi la gloria dell'invenzione, agli altri l’in­ famia del suo perfezionamento, o anche al contrario... Come le sembra più promettente. o t t i m i s t a . Però, in fin dei conti, i tedeschi con la loro evoluta tecnica bellica hanno dimostrato... c r i t i c o n e . ... che le guerre di conquista e le campagne vittoriose di Hindenburg si distinguono in meglio da quelle di Giosuè. Il nuovo metodo è più idoneo allo scopo di annientare totalmente il nemico, e uno sfon­ damento, dopo aver « gasato » tre brigate italiane, è più terribile di uno di quei decisivi, miracolosi fatti d’arme guidati da Geova. o t t i m i s t a . Lei afferma dunque che esiste una somiglianza tra lo spirito di conquista dei tedeschi moderni e quello degli ebrei antichi? c r i t i c o n e . Fino alla somiglianza tra il Dio degli uni e il Dio degli altrii T ra i popoli che hanno svolto una im­ portante funzione storica, questi due sono gli unici che si sono ritenuti degni dell’onore di un Dio nazionale. Mentre oggi tutti i popoli contrapposti di questa terra impazzita una sola cosa hanno in comune, ed è l ’idea folle di voler vincere nel nome dello stesso Dio, i tede­ schi, come un tempo gli ebrei, si sono procurati perfino il loro Dio particolare, al quale vengono offerte le più orrende ecatombi. Pare che perfino il privilegio d’essere il popolo eletto sia passato a loro pari pari, e tra tutte le nazioni cui l’idea di essere una nazione ha fatto dar di volta il cervello, i tedeschi sono quelli che più spes­ so si riconoscono come tali, parlando continuamente di sé come della « nazione tedesca », e anzi considerando « tedesco » un aggettivo capace di gradi di compara­ zione. Ma lo stretto rapporto tra il pangermanesimo e gli antichi ebrei quanto a forme di vita e ad espansione a spese dell’altrui esistenza potrebbe ancora essere am­ pliato e approfondito. C’è solo il fatto che gli antichi ebrei si riempivano la bocca del loro « Non ammazza­ re » e a maggior gloria di Dio cadevano in una contrad­ dizione, continuamente avvertita e deplorata, col co­ dice morale di Mosè, laddove i tedeschi di oggi, con grande franchezza, hanno rivendicato l ’imperativo cate­ gorico kantiano come giustificazione filosofica del « Dia­ moci dentro! ». Certo, nell’ideologia prussiana il Signo-

A T T O TERZO, S C E N A XIV

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re degli Eserciti è degenerato, in virtù di un'associazio­ ne d ’idee che è assai usuale nel paese, nel padrone e comandante supremo di Guglielmo II. o t t i m i s t a . In fondo è soltanto suo alleato. Ma a chi, se non a lei, verrebbe in mente la bizzarra idea di sco­ prire una parentela spirituale tra Hindenburg e Giosuè? c r i t i c o n e . A Schopenhauer, che già trovò comune tra i due (l'istituzione del Dio particolare che dona o « pro­ mette » le terre dei vicini, delle quali bisogna poi impa­ dronirsi rapinando e uccidendo, e quella del Dio na­ zionale, al quale vanno sacrificati i beni vitali degli al­ tri popoli. A Kant: il quale criticò come una pretta usanza israelitica l’invocazione che il vincitore rivolge al Dio degli Eserciti, e diede una lezione anticipata a quel Guglielmo che ebbe la buona idea di unire nella stessa frase Kant e il Dio degli Eserciti. Questa contrap­ posizione: il kantiano che intende contare ciecamente sul suo alleato di lassù e Kant che lo ammonisce ad ab­ bandonare tali pratiche che sono in così stridente con­ trasto con l’idea morale del Padre degli uomini, e lo invita a invocare piuttosto il perdono del cielo per l’orrendo crimine rappresentato dalla barbarie della guerra... be’, questo contrasto micidiale, che ha