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Italian Pages 445 [225] Year 2017
Hans ljrs von Balthasar
GU STATI DI VITA DEL CRISTIANO
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Hans Urs von Balthasar
GLI STATI DI VITA DEL CRISTIANO
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Jaca Book
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Titolo originale
INDICE
Christlichet Stand seconda edizione
con approvazione ecclesiastica traduttore
Ellero Babini @
1.977
Johannes Vedag, Einsiedeln
Prefazione a mo' di istuzione per l'uso
@) 1984
Pdma parte: Lo sfondo
Editoriale Jaca Book spa, Milano pdma edizione italiana
aprile 1985 copertina e grafica Ufficio grafico Jaca Book
A. La vocazione all'amore L. Il comandamento principale 2, Potere e dovere J. Amore e consiglio
(
Tommaso/Ignazio )
4, Amore e voti B. Dallo stato originario allo stato finale 1. Creazione e servizio 2. Gtazia e missione 3. L'uomo dell'Eden 4. Il cielo Seconda parter
29 37 53 61
6l 6/ 77 105
7L) 173 127
).
Circa 1l rapporto degli stati
1,39
4.
Parabola e verità
149
B, Lo stato cristiano
per inlormazioni sulle opere pubblicate e in progra.Erma ci si può rivolgere à Editoriale Jaca Boók óa via A. Saffi 19,2Ol2) Milano. tetefoÀo 4982i4t
2L
Gli stati di vita del cristiano
A. La prima separazione degli stati di vita 1. L'opera della separazione 2. La Íondazione dello stato d elezione
ISBN 88-16-10118,X
2t
1. Lo 2. Lo J. Lo 4. Io
stato stato stato stato
di Cristo di Maria del cristíano:
matrimoniale
157
757 L7J 783
t95
C. La seconda separazione degli stati 7
2r7
Indice
1. Lo stato sacerdotale 2. Stato sacerdotale e stato dei consigli J. Lo stato laicale nel mondo ,1. Gli stati di vita e gli ordinamenti mondani
217
).
)15
Stato dei consigli, stato sacerclotale, stato laicale
PREFAZIONE A MO'
DI ISTRUZIONE
PER L'USO
231.
285 299
Terza Parte: La chiamata
A.
L'essenza della chiamata
1. La chiamata divina 2. 7 gradi della chiamata J. Le forme della chiamata 4. Gli elementi della chiamata
B. L'avvenimento della 1. La comunicazione della chiatlatl 2. Il riconoscimento della chiamata J. L'accettazione della chiamatr 4. Il rifiuto della chiamata Indice dei nomi
3)9 3,t)
)59 3
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38i vocazione
405 405 475 125
4)) 411
Che cosa questo libro uuol essere Niente di più che una dettagliata meditazione sui fondamenti e i fondali della meditazione degli di S. Ignazio concernente la (lúid. 135).L'Autore acclude al suo direttorio
un'istruzione: ci vuole piìr di un motivo per imboccare la prima come
la seconda strada. Questa nostra meditazione vorrebbe arrivare a comprendere petché questo atto di scelta di uno è possibile e inevitabile , come dunque la medesima cosa, considerata sotto differenti punti di vista, possa essere assoluta e relativa. Così noi prendiamo le mosse dalla piena serietà dell'esercitazione nel-
Prefazione
Prefazione
l'atto fondamentale della vita cristiana, come gli la vogliono
medievales; Ia stessa cosa v€nne chiamata (ed è da Ignazio chiamata) ugualmente . (M.!f. Póchl, Geschichte des Kitchenrecbts, Ilien Mùncheo 1960, vol. r, p.6l (cirrro da B, Albrecht, p. 94).
i
2. Che Gesù Cristo, per garantire l'unità della sua comunità, nella di una sequela radicale operò una divisione primaria, ín cui il momento personale (la decisione dí condividere la Sua vita) era decisivo, menre il momento del ministeriale (cioe del ), peî quanto flessibile e variabile questa ordinazione venga intesa lungo la storia della Chiesa.2. Se ambedue gli r0 sono funzionalmente-in quanto -or&nati allo status fondamentale della Chiesa come tale (del laos, del popolo), essi sono tuttavia lo stato soggia,cenle (UnteÌstazd) che rcnde possibile e che porta su di sé questo sta-
tus fondamentale (Grandstatus\, e cioè in modo tale che la Chiesa è in primo luogo fondata sul ministero (Eî 2,20) e su di esso rimane fondata (Ap 27,L4), ma il ministero a sua volta è fondato su quella dedizione totale della Ecclesia immaculata (Ef 5,7), sullo stato di coloro che devono perlomeno rappresentare l'amore perfettorl. 3. Non ci impegoliamo perciò nella problematizzazione esegetica dellbrigine evangelica dei . Natutalmente essi sono stati-come per esempio anche il numero dei Sacramenti-solo più tatdi enumerati e messi in luce come gli elementi configutanti dello (stato dei consigli>, e ciò naturalmente mai slegato dal loro significato cristiano: quello di essere un adeguamento alla dedizione d'amore di Gesù al Pa-
i tre hanno nel Vangelo e presso Paolo radici svatiate, ma questo non impedisce che essi I'uno insieme all'altro esauriscano il campo di ciò che si può offrir,er', cosicché essi non sono dei consigli qualsiasi fra alri consigli di GesÌr. dte e agli uomini. E certo
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Pcr la prima rolta in Erbe qnd A*lnag, Wetl 1 3, rigcso it Urcp*ng txd. Gcttalt. Etóúertnget und Besixxltgex zurn Neten Testdrnerrr, Patmos, Diisseldorf 1970, pp. 46-60.
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CJr. rrota 2,
Cfr. lc scene EalisticosimboliclÉ di Gv 21,15. Dei oolti lavori sul tema ne sono mcozioneti soltanto alcuni: A. van Gansewiakel, Dia G iwlage fh dex Rat des Geborcatt* ix det Eoagelicn, M&lia.
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gEn 1937; F. Musoncr, Die eoangeliscbet Ràte das Etagclium, itt 8M ,0 (1954) pp. 48149); H. Zirnheloaan, Cbtisns nachlolgea. Eine St/die z4 den Nachlolgeuoúet der strroptischen Éoatgeliez,ln Tlrct 53 (1969) W. 24*255: W.
Se gli evangelisti e la Chiesa dei ptimotdi con pieno &ritto allatgano analogamente i consigli da seguire alla lettera in una comptensione (solo) spirituale (&t. Eserc.98), ciò non impedisce loro di mantenersi solidamente legati al loro fondamentale senso lettetaler3. Soltanto pregiudizi esegetici (che minimalizzano la richiesta di sequela di Gesù ai discepoli) possono úfiutare come non biblico il concetto di sequela (o, come noi diremo, )t'. E se la Chiesa primitiva vive veramente nel suo insieme in un'atmosfera di comprensione rcalisticospirituale dei , e cioè non solo (come pú lo più sottolbeao) clooe scSno ocatologico della Chiesa pcdetta detl'aldí-
lla comc tentativo di dar corpo secondo le possibilità allo santitA dcl'oggi, SioiLrrente L. IJolu,, Otdenslebet ds Zeicbet des Eodzustaxdes, in oK 9 (1968), pp. 26rs,; G. Ligabuc, Ia tertintoxiuza escdtologicc della î)ìta îeligiosa, C.oll. Spiritualitas, Paris, Vún 1968. D'altn pane tutto il nostto studio si o14rne alla tendeoza a dissolvere o perlomcqo ad ennacquarc la fruttuosa opposizione degli stati di vita che sin dall'inizio gi carattctizzarono nella loro propda essarua particdate in ulra presuata o!i8irùia Barcant^ di forma di un . La strutua ddla moste più che chiararocate chc una tal cosa era completamentc lontana dalle ittenziotri del Concilio, il quole pose io pdmo piano il coocetto di cpopolo> come noúe della Chiesa. I tcntativi in voga irr Froncia, ma ancùe qui da noi in Germania, di elirDiDAte la differelze na clero c laicato gazie al passaggio continuato tîa servizi, 6inisteú, e iafiae *uffici> e (e qui di íaEodurre claadestinanente anche il saccrduio dellc donne) ci scmbrano altetîroto oon biblici quaato la cancellazione dellbppocizionc fra verginita e nEtrioo nio io une ddicola (G.v 15'12)' ;;;.;;;i;;te criterio deLt'amofe a e in modo c:he esso perciò avanza sino a diventare vale a- dire i coDio: ' non ha I'amore Chi (Gv 14'21)' -uìa"-.nri d.í'u-o.", è destinato' cui a fuori dalla sua vocazione' da ciò ;;;;;."d"to a,Tî' à. *ri n"; uiu*,. qu^n,o al corpo, è morto: .uChisuno: :imane il gíudizio sé di pronunciato ha ;ú;;; ti cu r,i+i, egli stesso nel giorno del Giudízio aì.".a-t". -Ji'"-"..'ùoiché ,o nientbltro verîà giudicato come per i cattivi' ptt i buoni .fr. Questa sarà la 'orpr"s", seriamente-' Fino all'ultimo essi non avtanno affetrato quanto -qranto intesa dal Signore ;l;lett.* l'unità di amote a Dio e al ptossimo eragiusti porranno stui che ora fa da giudice. All'affermazione del Signore ingiusti' la domanda: (r Gv "n 4,18). Solo dove I'amore si raffredda d.u..nto.. i" *.p"ìr" ir*i"* per il non emore. poiché la necessità dell,arnore a *J"ri.fro .ì* necessariamente una tale sanzione ",is. per tutti quelli che rron ,i_oor*no
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necessità dell'amore.
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Nessuao ha ecpresso ciò mcglio di Massimo il Clnfcasorc con la sua donîir. chc (gaòme) potcva csistere solarnenrc dopo la cadute dcl pccato; prima l'uomo ovwa solo bisogno di scguire il senza dubbio in primo luogo della forma più pefetta Foli è degno ."rr. tlf" bio ,tesso piò t "liz,atl,. Dio solo sa quanto ;;;;;; .i Eg[ solo può amarsi così come Egli lo merita- Al- secondo po.,o ,," t'u.i. per Dio .he hanno i beati nel Cielo, i quali adempiono principale msì prfettamente come è possibile a delle
i:1-.orn*d"rrt.oto dempiti dalcreature: essi stessi in quanto soggetti vengono con ciò i'"*o.. fioo allbtlo, mentte Dio, Iioggetto infinito dell'amore' and-re in Cielo -- sara etetnamente ksulrriore ad essir' Al ,.rro posto sta lerfezione dell'amorc mme è raggiungibile in qo.rt ui u eiome il comandamento principale 1o richiede:. 2. Riassumendo ciò che Tommaso interpteta qui come contenuto universalmente obbligante del comandamento principale, nella misura in cui esso concerne I'amore di Dio, possiamo dire che al primo posto sta I'ordinazione dell'amore a Dio, cosa che comprende in sé l'esclusione di ogni disordine. La prontezza a regolare tutto secondo il punto di vista del servizio di Dio è determinata in secondo luogo dalla fondamentale obbedienza dellìntelligenza che non si dà da sé la regola di vita, ma la riceve da Do. Vivere all'intemo di questa regola significa in terzo e in quarto luogo amare tutte le creature in Dio e far provenire ogni espressione della propria vita dall'amore di Dio. Ora non c'è nessun dubbio c-he chi nella sua vita attua questa interptetazione del comandamento principale porta in sé la pienezza dell'amore verso Dio raggiungibile sulla terra. Tanto più urgente si innalza allora la domanda in che rapporto stiano a
questa interpretazione
i
consigli evangelici. Può I'amote presmitto,
quale 1o abbiamo appena delineato, venir conseguito senza di essi o sono essi intimament€ necessari per pervenire a questa pienezza? Tommaso seguita: . L'amore del prossimo comandato víene descritto da Tommaso (così come era per I'amore dí
4 s 6 7
STbl: rrq184alc. lbi.t.
tbùt., q 186
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perlecriorrc aitac
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cÙp. 8.
C,on ciò la valutazione dei consigli come (cap. 7), come puro mezz) per il raggiunsimento di un fine per tutti egualmente auspicabile, si sposta ora decisamente verso una valutazione degli stessi come {cap. 10), come gtado più elevato d,amore, che in virtù di una dedizione più grande appare anche egli stesso come più grande. Questa duplicità d'intepretazione viene ad essere, nella successiva considetazione dell'amore per il prossimo come comandamento e come consiglio, una vera e propria mutazione di prospettiva (cap. l3). eui infatti I'analisi inizia subito con la constatazione che ci sono (r Cor 13,5). Deve in secondo luogo essere retto e giusto, concedendo altruisticamente al prossimo e cetcando di procurargli i beni spirituali piìr di quelli corporali, e quelli corporali più di quelli esteriod, In terzo luogo deve essere santo. Non è sufficiente che si ami il prossimo perché è nosto parente o appartiene allo stesso popolo o in genetale alla razza umana. Piuttosto I'amo. te al pmssimo, che riposa su questi vincoli naturali, deve venir espressamente otdinato verso Dio. È per anor di Dio e della nostra comune provenienza divina e pamia celeste che si deve amare e apprezzare il prcs. simo. E Tommaso adduce la frase di Giovanni g Gv 4,21): . In quarto luogo, deve essere operante ed efficace. At di 1à di questo rimore del prossimo necessario per la salvezza va l'amote che non è comandato, ma consigliato (cap. 14). Esso oltepassa
il
primo in tte ditezioni. Primo, nelltstensione. Infatti esso comprende
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in sé anche I'amore i nemici, che il Signore mntraddistingue come appattenente alla perfezione dicendo in connessione a ciò: (Mt 5,48). . Tommaso stesso trova la soluzione in questo, che il cristiano non esdude espressamente il nemico dal genemle
espressamente
amote del prossimo, mentte appartiene invece alla perfezione del mnsiglio l'includetlo €spressamente. Questa forma ultima di amore ai nemici ha otigine direttamente dall'amore divino; essa non ha alcun fondamento natutale nella piùr o meno ampia simpatia umana. fn secondo luogo ci sono nell'amore del prossimo gtadi di intensità; quanto più I'amore è forte, tanto più facilmente mlui che ama rinuncia ad un ptoprio bene per darlo al prossimo. Egli può lasciare i suoi beni esteriori, il suo mrpo, ultimamente la sua vita al semizio del prossimo. A questo ultimo
La vocazione all'amore passo accenna Giovanni: , ma I'ancor più difficilmente fissabile collocarsi gradi e livelli, dei quali quello più basso, il non compiere peccati gtavi, viene considerato iome possibile adempimento del comandamento dell'amore ( rr rr q 44 2) . Poiché poi il comandamento dell'amore come leg. 4 ^ non ^d obbliga,,pro sempero, è sufficiente un abituale vol' ge affeimativa iesi a Dio (rr rr q 88 u1 Zl. I c-onJini che Tommaso introduce nel iomandamento dell'amore si^àlasciano ricondune a tre: a) Il confine della creaturalità in generale, il quale impedisce che in un qualsiasi atto creaturale Dio venga amato come in sé- merilsrebbe di esse-re amato ( . S 7ó-rr -rr q 184 t 2r utbist- 29 q I a 8 ùl z ad +). Qui c'enra però anche la maniera in cui Tommasó comprende i voti come una forma di (rr rr q 138), commisurando'la fotma di dedizione che- p9r il cristia.no è la ( f,iù, dta'a qudcosa che ultimamente è esptessione della creaturale ) analogia entis. b) Il confine della condizione terena, che non pelmctte dl'uomo di raggiungere la perfezione dell'amore prevista da Dio-come raguardo Gr tlq 4{ a , . Questo confine si concetizza in molteplici modi: < [...] alioquin esset obligatio ad infinitum, cum tamen flatura et ars et omnis lex iertos fines hateant> (Qaodlib. I q7 ad 2). c) Infine il confine ttaÀiato dallo siato decaduto dellt- natula umana, il quale ci fa dmanere pet tutta la vita in una certa dcbolezza e imperfezione. Però Tommaso non può del tutto accettare tranquillanente. una così statica fissazione dei confini all'interno della sconfinatczza ddl'amo-
;;. t;i-".
perché I'amore c-he nel Nuovo Patto viene richiesto al1'uo;" h"l;;; misura non nella limitatezza della natua unane' ma nel dono di erazia dell'amore divino, comunicatoci e riverssto in noi, un
anore chJ apre at di h di sé la creatura in sé limitata, la rpre.alla parteciD^zione à[a smnfinatezza della vita divina: (amol autem vim ttans-
forÀativam habet, unde Dionysius (4 Dia. Non.) dicitr cst autem ex' iiuitto" ,.ot, nón sinens sui ipsorum amantcs-esse, sd Jrrit i;; amatorum [...] Ille perfecte caritatem habet, qui totalite-r in Deum per amorem transform atttr> (Qaodlib. I 17). Poiché p€rò iI comandamenì"" dinamíca non più timitabile, in cli,. nella to J.U'"-ot.
-ti il comandamento stesso esprime il movimento, la distinin cui "tti.tt zione tta comandamento e consiglio ultimamente cade, si dice conse' guentemente: (Qaaest. dìsp. de Car. a 10 ad 1), Propdo l'elininazione di tutto ciò che ostacola la piena uoione con Dio è oggetto dei consigli, cosicdré veniamo qui riaccompagnati a quell'atdita e slÉnsierala posizione sulla (Opusc. 17 cap, 6). Tommaso non può farc a meno di lascíare i consigli in una cérta tensione, in cui essi da una parte appaiono un mezzo per un fine che Ii trascende, poi però appaiono anche come una "partecipazione a' ed un "riposo in" questo fine, e infine come una rapptesentazione e un'esperienza del fine stesso: (S Tb tt tt q 186 a7). Da tutto ciò dovrebbe esser diventato più chiaro come non semplicemerite per il fatto del peccato, ma più profondamente ancora pet il {atto del dualismo di natuta e sopmnnatura, di ordine della (Rm 5,8), ancora immersi nellbdio, volti lontano ila Lui' Egli è colui il cui amore possiede sotto ogni aspetto la pdorità n€i confrcnti
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L'Autore usa qui
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anrcbúvt Geb bt c úbetgebúbt, che lettctdocoitalistro coúe t4tta c sorrstrassq, (,t.lt)
La vocazione all'amore dell'amore umano, e al crri amore ogni amorc umano può essete sempre solo risposa. Solo perdré l'amore di Dio per noi è così infinito e indivisibile ci vieae dato il comandamento di riamare questo eterno Amore con tutte le forze del nostm essere. Ma I'amorc quando si dona non è invadente; esso domanda quali sono la volontà e il desidedo dell'amato, dai quali dceve la misura della sua donazione. Amare con tutte le fope non significa portare in casa all'anato indiscriminatamente tutto ciò che in beni esterioi ed interiori si possiede e gettarglielo ai piedi. Così facendo lo si porebbe forse disturbare, si sarebbe in ogni caso indiscreti, e ci si dovrebbe aspettare che tutti questi rcgali inopportuni possano venir rifiutati e rimandati indietro. Non che l'amore non possa anche occasional. mente offrire un regalo amichevole, come sorpresa. Ma abitualmente il vero e proprio regalo consisterà nello stare con tutto ciò di cui si dispone a servizio dell'amato. Egli solo stabilisce, egli solo fa la scelta di ciò che gli si può doaare. Ciò ptesuppone ora nell'amante un non meno lrrfetto atteggiameîìto di dedizione di quello che per propria decisione rinuncia letteralnente a tutto ciò c.he ha di proprio. L'amorc verc dnuncia radicalnente e fondamentalmente a tutto, s€condo la disposizione interiore, per tenere a disposizione ogni cosa al pdmo cenno. Esso è pronto a perconere ogai strada, Ia piùr ardua mme la più agevole. È pronto a percor. rete la strada dei comandamenti mme quella dei consigli, Un tale amore è pedetto, anche se di fatto non gli viene richiesto tutto quanto sino aIItstema dedizione possibile. È perfetto mme quelle aacelle nel Van. gelo, che stanno nella notte coi fianchi cinti e le fiaccole accese, che il padrone anivi oppure no. Esse t€ndono lbrecchio alla voce dell'amato, cJre la sua chiamata le mggiunga oppure no. E sono mntente anche se non poterono, come altre prefedte, donare di più. Accettano come un sacrificio il fatto di non aver sacificato tutto ciò che arebbero potuto saciificare. Se lo stato dei comandamenti avesse in sé questa disposizione interiore non sarebbe in alcuna maoiera svantaggiato nei con{ronti dello stato dei consigli. Ma ciò presuppomebbe che avesse in sé la disposízione dello stato dei mnsigli, cioè la completa indiÍIererna, a seconda della volontà del Signore di eleggere l'uno o l'alto stato. Qualcosa di questa disposizione era rintracciabile nella descrizione che Tommaeo fece dell'amote di Dio in quanto comandamento. Colui c-he realmente ordina la sua vita al servizio di Dio, nella piena sottomissione della sua intelligenza sotto la r€gola della fede, colui dre realmente non ama alcuna creatura fuod di Dio e tutto ciò che fa e dice lo ha misurato sul parametro del-
Lo
sfondo
l'amote di Dio (De perlectione, cap, 5\, costui possiede anche la piena indifferenza, che gli permette di non opporte alcuna resistenza al volere di Dio quando questo gli viene rcso noto, che Dio lo chiami ad uno stato o all'altro. Ma proprio qui diventa ota di nuovo attuale il primo punto di visla, nella misura in cui esso accennava all'ostacolo del peccato' Quando lgnazio di Loyola nei suoi Esetcizi' che nella loro intenzione ultima non hanno aluo scopo che il compimento della scelta dello stato di vita e in vista di ciò la chiarificazione di una eventualc vocazione allo ciò che per Ignazio indubitabilnente v'è, arui a cui esso addifittura mita espressamente: le leggi del e del (p, 118). Ecc. cct,
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Le vocaziooe all'amore
sfondo
a partiÌe da ciò, come da tante piccole pietruzze di un mosaico, un quadro d'insieme della perfezione cistiana, anche quando queste istruzioni sembrano avere un cerattere ampiamente piìr , immediatamente pratico, al confronto con I'idea apparentemente negativa dell'offerta, della perdita, del sacdf.icio. Tutte queste presunte ascesi e dircttive pet lo stato di vita porteranno sempre in il carattere di una certa supedicialità e scipitezza, di un arbinio nella scelta e nella prosp€ttiva, di un incatenamento al gusto personale e alla moda del tempo, mentre I'indicazione evaagelica e hadizionale circa il pedetto amore si lascia guidare in tutto intorno all'asse dell'offerta di sé, che solo a colui che non ama appate dura e negativa, mentre a colui che ama appare come la quintessenza del valore che è degno di esser ricercato. L'amore si rapporta così ai niplici voti in maniera tîiplice: nella mi sura in cui i voti--espressi formalmente oppute esistenzialmeDte-sono di aiuto all'amore ancora irnperfetto a sgombrare la srada dagli ostacoli verso I'amotr perfetto, essi appaiono come un mezzo per il fine che è I'amore che li nascende. Nella misua in cui però l'amore stesso è essenzialnente offeta, pos-
#
bensì in una anzlogia che si mantiene sino in fondo. Solo così il concetto di stato di ,,itr può ottenere l'evidente pie[le:4,a di uns concreta forma di vita in cui I'uomo è stato posto da Dio. Poiché l'uomo non viene più posto come un €nte senza contorni delimitati, non viene più collocato nell'esistenza unicamente con la determinazione dell'amore infinito e pet così dire senza forma. Egli viene creato, proprio 1xr poter adempicre realmente questa vocazione all'amote, in quella intema ed esterna cosútuzione di chiara conformazione ed evidenza che noi chiamiamo stato
originario
(U r- S t and),
siede tanto fomalmente quanto materialmente catattere di voto, contiene in sé contenutisticamente come fotmalmente i voti come sua essenza e come espressione sempre nuova di essa,
Nella misura in cui l'amore come offena è nello stesso tempo indifferenza nei confrontí della volontà di Dio, rimane pronto nel suo geoerale camtterc di voto a lasciarsi realizzare in questa o quella concreta forma di vita e stato ecclesiale, a seconda di quella che è la volontà di Dio. Esso contiene dunque potenzialmente, anche se è realmente perfetto, la prcntezza ai voti formalmente espressi, senza però anticiparli a partire da sé. Fino al riconoscimento della volontà di Dio non significa dunque per la creatura il compito di un'illusoria imitazione del modello (Voúild) che è Dio (in modo che un osselatore sarebbe tentato di scambiare I'uno con l'alro), ma signi{ica invece sottolineatura della distanza, afÍnché diventando essa ben visibile si evidenzi tanto maggiolmente anche I'incon{ondibilità e unicita defl'immagine originaria. La ticezione dei uatti di somiglianza con Dio nella creatura presuppone che questa si distingua sempre più um.ilmente da Lui, per far spazio in sé all'acco f1 I gliroento dei raggi divini. Questo atteggiamento non signfica affatto annullamento dell'io autonomo-simile annullamento starebbe soltanto di nuovo segretamente a servizio di un farsi uguali a Dio, di una fusione mistica-, ma assunzione della somiglianza nell'espre ssa distanza della rivetenza e del servizio; non tende a cancellate una volontà propria, per-
sonale, ma ad assumere la volontà divina nella volontà propria con la{' chiara cosciema che in tal modo la volontà del sigtorc viene accolta nella j { volontà del sento e da \tr In questa forma di servizio il dono dell'amore viene consegnato da Dio alla úeatura. Se essa fa ciò che deve (amare Dio e il prossimo), allora adempie la sua vocazione, adempiendo la volontà di Dio e non la propria. suo amofe, che venga prestato volentieti o no, con fatica o in maniera facile, è in ogni caso un servizio e in questo senso un (, S Th rt q 44 a l) che la creatura ha assunto da Dio nel momento in cui ha assunto da Lui la ptopria essenza.
rcafizata.
Il
t
Se qui si pada di è solo nel senso che l'amore della ceatura intimamente ha questa forma e destinazione. Poidré Dio è il Signore, la cui parola, in qualunque modo possa risuonare, è necessariamente comando, I'esecuzione di essa è per il servo a cui è rivolta un obbligo. Il carattete di obbligo non espdme nient'alno che il rapporto ra creatore e creatura, I'analogia entis naturale, Tutto l'amore che la creatura deve prestare al creatoîe e 1rt suo volere anche alle alfte creatute, quell'amore con tutto il cuore, con tutta l'afiima e con tutte le forze, quell'amore dunque che è il massímo dono di Dio alla sua creatura e che può da questa venir spednentato solo come un potete, un avere il permesso, quest'amote ha, in base alf infinita distarna îta Dio e creatura, il carattere del dovere (Sollez). Questa necessità, che si esprime nel carattere di comando, non ha
niente a che fare, come già abbiamo verificato, con quel carattete
il concetto di viene a intodursi nella telazione d'amore
sulla
base della distanza creaturale, allota ciò awiene solo in modo tale che l'intero amore indiviso assume per Ia creatura iI catattere dt una glori-
di Dia nel servizio necessatiamente collegato all'essenza della creatura stessa, La creatura, qualunque cosa essa possa di per sé essere, è presa e collocata a servizio dell'amore, e questo fonda il suo stato oti-
licazione ginario.
l
63
hr
di ob-
bligo come cosnizione, quale fu descritta come prodotto dell'allontanamento dal nudeo incandescente dell'amore. Allota il concetto di obbligo veniva citcoscritto nei confronti di quello di poter fare, avet il permesso; era un prodotto di scato dell'amore raffreddato. L'amore vivo non domandava a cosa era obbligato per non peccare e quali azioni e manifestazioni d'amore avrebbe anche potuto talasciate senza venir punito. Esso conosceva solo l'unim movimento dell'offerta mmpleta di tutte le eneîgie del cuore e della mente nel servizio dell'amote. E solo l'amore toccato dal peccato e ammalatosi giungeva all'idea priva d'amore di distinguere ciò a cui poteva (ex iastitio\ venir cosretto e ciò cÀe poteva forse ancora prestare volontariamente (ex caritate\. Se invece
Lo
sfondo
Irc stato dell'uomo, il luogo ín cui Dio lo pone, è appercntemcnt€ depptima distinguibile de lui 8t€sso, nella misura in cui egli è una (J Tó rr rr q 183 a 1c)2. Ciò che nella vita civile si esprime sulla base di un durevole esser posto in una di queste due fotme di vita ha la sua prima, piir profonda, comune radice nelltsser
2
Cercheremo in seguio di aopliare teado dallo (st.to di CristoD,
il
lioitato
concctto tomano
di
steto prr-
t't
ti
I I
Io
sfondo
posto de Dio al servizio dell'amore, che è per lui teoto un'esigenza quanio una libcrazione: (Rm ó,22)'
2. Grazia e
nissaone
Il servizio alla sua vocazione inposts originariameote da Dio, di amare Dio e il prossimo, fonds lo stato umano come stdto della grazia tort court, in cr.ri I'uomo è stato da Dio posto e deve rimanere. Di fronte a questo stato generalmente umano c'è lo stato personale dell'uomo singolo, la posizione inconfondibile che determina la sua esistenza, in cui Dio Io ha posto e che dà alla sua vita i1 vero contenuto, anzi la sua stessa giustificazione. Questa posizione viene determinata dalla grazia della missione petsotale, Gia il generale stato dell'uomo è conferimento di gazia da patte di Dio; non solo un tegalo, anche se inaudito, che l'uomo riceve passivamente, ma un sostegno rappresentato da un compito da eseguire, una trasmissione di poteri dall'archetipo (Urbild\ alla copia (Abbikl), w incarico che questi deve eseguire nell'autonomia della sua distanza dalI'archetipo e per il quale è stato prowisto dei necessari mezzi e poteri' Questa dimensione attiva della sua destinazione toglie all'uomo la sensazione di esser sempre solamente mlui che dceve iI dono, e lo abilita ad una corispondente coscienza del proprio stato. Così la gmzia si rivela realmente come grazia. Se essa fosse solo l'unilatersle dimostrazione di benevolenza di un rc nei confronti di un mendicante satebbero sempre in luce solamente il re e i suoi beni, menu€ il mendicante sarebbe impottante solo come colui che viene illuminato, ma in sé sarebbe soltanto un oggetto iDdifferente. Solo allorché la grazia colpisce intimamente colui che la riceve e lo rinnova, Io innalza e lo nobilita in modo tale che egli di venta realmente colui a cti la graaa lo destina, cioè uno che è stato do-
6
{:
lo
Dallo stato originario allo stato finale
sfondo
autentica' della tato di proprietà e qualità speciali tipiche della libertà funzione re' una da viene . d.ll'"ot oti- sostegno che
*im ""t*ti"" base ."fo a ora colui che è stato così innalzato diventa capace sulla ""È, iiìir.." gtt"r" a adempiere alla sua nuova posizione con la dignità e la ricacciato *t*A*À richieste, senza venir continuamente trattenuto e lo separa che dell'abisso ptovenienza, i.a.i- aA pensiero della sua a tetmine suo ministem, solo allora se stessa. ademPiuto e opera sua la
l^llj^lrro dll
\a graúa ha Portato
se dal punto di vista di colui che elatgisce la grazia' è come Colui la grazia si .oin.olrrr. da lui per passare in colui che la rictve'
Vis;
.frJi.* f" grazia non ctede aff"tto di dover constatare che tutti quanti ..*r.i.*. lubito in colui che ha ricevuto la graaia i contrassegni di un
aver dcevuto una grazia-per date onore- alla vcrità-' lJiro rr"..=r"nno la linea di separazione tra natura e grazia' Il donatorc i" pit,i"ti" I a*raedo che il rilevente si muova nel regalo che gli fu elargiti ir, ,n"ni.." talmente natuîale come se in esso tisiedesse la sua vera lr**". S. egli adotta un forestiero come figlio, egli vuole-che questitrasi più alla distinzione senta verameite tale, che dimentichi e non guardi rl.l ftgfi" ""a - casa. Certo il ricevente si comporterà viceversa' Maln."do oài natutalezzache gli è petmessa e donata egli non dimentichetà "-"i.h.",u,,o ciò che egli t (e lo è r."lmtnte) lo può essere pet grazia' tanto meno egli si ó*io pit' alto è il rango a cui egli è stato elevato'guardasse solamente Se rango' rì"tUi.à p.. colui che ló ha posto in tale psicolosituazione a se stesJ andrebbe a finire presumibilnente in una piacere far gica in.stiicabile: oscillerebbe tra una disinvoltura assunta 1rr e qu$ta al donatore e un imbatazzo radicato nella sua propria essenza' della coscien' situazione potrebbe crescere fino ad una sotta di spaccatura quella quale sarebbe della metà sua struttura vitale, una
poa . ,a.plia.
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di tutt" la an' di un servo, menre l'altra sarebbe quella di un uomo libero E così s1r' sé una di gustiato poiebbe facilmente giungere a sentir salire dentro ie di tisentimento nei conftonti di colui che gli ha donato la gtazia po' questa situazione di impaccio' la Tutto qtiesto cambia, però, appena la grazia assume intemamente piùr Îicevente posa sul non si figuta delli missione p.r*n"L. Adesso essa un magnifim vestito che lascia sotto dí sé continuate ad ,o'li*,o
nendolo
in
"o." esserci tutta la poveria
mendicante della sua essenza e della sua origine. Essa gli porta un compito, un campo d'attività e allo stesso tempo gioia dì suolge.. questo compito, cosicc!é egli può identificasi con -. ..ro ir, .rro ued.r. ii o.rouo e autentico senso della sua €sistenza' Essa
ta
di
gli dona un punto centrale che come un magnete polarizza tutte le energie della sua natura in direzione dí una figura d:iata ed eretta, che non si lascia aggiungere mme un @rpo €súaneo alle gran{ezze già enumerate o le importuna come un peso opptessivo, ma ridriede invece queste ener-
gie come opemi disoccupati vengono assunti per un compito che attira e che remunera bene. Questa è la forza delTa gtazia della missione. Chi l'ha compresa, osa porre a suo servizio tutto ciò che trcva in sé. Egli comprende che all'infuori di questo cento che gli è stato donato non ha alcun altro centro proprio; comptende che senza questa missione le sue energie diverrebbero infruttuose e inutili, mentre considerate alla luce della missione potrebbero tutte venh rese utili. Poiché la missione non è generale e impersonale come un vestito confezionato, essa è stata pensata proprio per lui e adattata a lui come il regalo più personale. Grazie ad essa soltanto l'uomo diviene persona in senso pieno. Il fine ultimo dell'uomo fu da sempre un fine soprannaturale, e da sempre egli fu destinato a pewenire al suo adeguato sviluppo in questa dimensione che si trova al di là della sua natura. Mai dunque si può dedurre la sua vera destinazione partendo semplicemente dalle disposizioni naturali e dai tatti del carattere di una natura umana. L'amore perfetto a Dio e al prossimo, che è il contenuto del comandamento principale, non è una vocazione che si scopre o addirittura si adempie a pattite dalle forze della natura. E neppure si può indovinare la personale volontà di Dio, che determina il senso della vita di un uomo, partendo da una qualche prefigurazione contenuta nelle predisposizioni umane. Porebbe benissimo essere che due uomini con predisposizioni naturali del tutto si-
mili siano stati predestinati pet missioni completamente diverse: l'uno 1rr I'azione nel mondo, I'altro per la contemplazione nel convento; op pure I'uao pet il pieno dispiegamento delle sue energie naturali nel servizio di Dio, l'altto invece per iI sacrificio di queste nel rnedesimo servizio. Su che cosa deve essere delle foue di una natura umana decide esclusivamente la missione che Dio le conferisce e che ultimamente proviene sempre imme&atamente da Lui. Come Egli ha impresso in ogni uomo la destinazione all'amore e g[ ha donato per grazia il fine e le fose per raggiungerlo, così ha collocato ogni singolo uomo nel suo stato, che è il luogo e la fotma in cui egli deve tendere al suo destino. Ogni vita ottiene così un centro eccentîico. Attorno ad esso ognuno deve ordinare le sue fotze naturali e rendede disponibfi in ordine ad esso. Questa sarà la forma concreta in cui egli esegue la sua vocazione all'amore, e questa esecuzione sarà il suo servizio.
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sfondo
L'uomo non ha assolutament€ alcun punto di patagone a pattire dal quale poter rischiarate il carattere paradossale della sua posizione originaria. Mai egli può scindere l'andogia del suo essete nei confronti di Dio in una parziale identita e pariale altetità. Da una parte di, che ha dcevuto doni in sovrabbondanza, è in tutto una creatuta. Non può considerarsi divino per la gtazia dcevuta e chiamare invece creaturale la proprie natura. E neppure di può chiamate divina la sua missione (che lo tende persona) e creaturale invece il suo esser soggetto spitituale (Geisuubiektsein). Egll non può chiamate divina I'anima che Dio gli ha insufflato col proprio alito e creaturale invece il suo corpo fatto dalla polverc della terra. Come un tutto, anche mn tutti i suoi doni così intimi che provengono dai tesori di Dio, come un tutto egli è costituito ffeatura di Dio, che deve ultimamente con la ptopria volontà adempiete la volontà di Dio. Egli non può dire a se stesso per consolazione che egli così compie solamente quel bene assoluto che ogni essere dotato di ragione deve di per sé mitare a conseguire, che perciò la sua coincide con la sua , che il suo riverente servizio con cui onora Dio è ultimamente solo ltsecuzione della sua autodeterminazione. Egli lascerebbe in tal modo coincidere la propria libertà con la libertà di Dio, non avreb be più bisogno di tendere l'orecchio ad alcuna parola che ptovenga dalla ptofondità di Dio, pet trovare la strada della sua autorealizzazione, anzi egli non avrebbe più (una volta fatto equivalere l'amote assegnatogli come compito con la sua propria inclinazione spontanea ad amare) alcun oggetto d'amore che se stesso. Ma se egli ha compreso che, come dice Agostino, deve chiamarsi servo anche quando Dio lo chiama amico (come Mada si chiama sewa allorché ottiene I'attribuzione della dignità di una regina), può e deve anche riconoscere che la parola che Dio gli rivolge ha decisamente ragione, anzi è la verità stessa. Nella coscienza della sua ceatumle distanza ú copia (Bitd.) dalla sua immagine archetipica (Urbild) t'tomo creato'e dotato della grazia ha più che mai I'inconcovertibile e sconvolgente certeza àella sua vicinanza a Dio. Dove questa vicinanza stia non lo sa però da se stesso, ma gli deve venir spiegato da Dio. Se egli non può tovare la sua perfezione in se stesso, ma nell'esecuzione della sua missione, se egli in quanto copia e somiglianza non può volgere lo sguardo via dall'immagine archetipa ma deve imitare {edelmente, non solo in generale ma sempre e sin nel più piccolo, ogni ttatto che da Dio gli viene mosftato, egli ottiene allota proprio in ciò, senza poterlo intuite da sé, partecipazione al píù intimo mistero dell'amote. Il carattere di setvizio dell'amore,
Dallo stato originatio allo stato finale che prima
ci era apparso come il suo distintivo conuassegno creatuale,
si rivela come così essenziale all'amore da esser proprio anche dell,amore assoluto divino. Il rapporto ua modello e copia creaturale, che appariva come rapporto tra padrone e se|o, diventa improwisamente immagine
deivata (Abbild) di un rapporto intmdivino:
il
rapporto ua padre
e
Figlio.
Il
Figlio proviene dal Padre, e viene da lui mandato nel mondo. Egli, che come persona è la crrpin (Abbild) uguale per essenza della paterna immagine otiginatia (Urbild), non conosce altro contenuto del proprio essere che quello di conispondere in tutto al pensiem e alla volontà del Padre. L'amore del Figlio non è meno divino, meno assoluto di quelIo del Padre, e tuttavia ha internamente la forma della missione, del servizio, della (Gv 5,1920). Il loro reppotto è da una parte azione, poiché ciascuno dei due opera: . Nella prospettiva del Serpeote, che preme diritto verso la (situazione etic€)r in cui prende corpo la , anche il divieto di Dio di mangiare dell'albero diventa ultinamente un prowedimento apparentemente senza senso e gretto. Non solo viene coîi esso sottratto all'uomo qualmsa a cui egli avrcbbe didtto in base alla sua posizione sovîana sopra tutta la cîeazione, ma viene privato proprio di ciò dre sembra essenzide per renderlo sor,'rano sopra la creazione che non possiede I'uso di ragione: esattamente la capacità di distinguere il bene dal male. Nel divieto sembra perciò esserci una contraddizione interna: Dio dchiede all'uomo I'obbedienza, ma questi può p.estate obbedienza come atto spirituale solo se la presta liberamente, cioè nella conoscenza della possibile disobbedienza. Eticamente dlevante diviene la sua obbedienza solo allorché egli possiede ciò di cui ora lo si priva.
E tuttavia Dio ha fatto l'uomo secondo la sua immagine e somiglianlo voleva averei e non si può suppore che Io abbia fatto in uno stadio non sviluppato per lasciargli tempo di cesceÌe vetso qualche altra condizione. Il comandarnento di non mangiare dell'albero della conoscenza non viene impartito per un rcmpo determinato, ma assoluto, e drll'infrangere questo comandamento dipende tanto la conoscenza del bene e del male quanto la punizione della mote. Si vede da ciò che per la soluzione della questione si deve risalire molto za, 1o ha fatto così come Egli
'ry rrr!'FJlJÌrqi
lo
s{ondo
più s monte, peî trovare il punto dove i fili si intrecciano a fomare un armonico trplÉto. Dio ha posto I'uooo in quella di-stanza da sé nella quale egli come immagine riflessa della sovranità divioa deve dominare tutto ciò cle è sulla term, sottometter€ e prendersi òme nutrimento (tutte le piante della tcrra e tutti gli alberi con fnrtti dre portano seni> (Gn 1,28ss,), ,(tutti gli elberi del giardino> (2,1ó), contemlntaaeamente però deve rimanerc di ftonte a Dio aell'atteggiamento del completo servizio, Non deve prendete, non deve affetrare da se stesso dall'albero della conoscenza del bene e del male, che come I'albeto della vita sta in mezzo aI giatdino. Egli ha libertà picna su tutta la terra, pr€supposto che questa libertà perseveri nella piena obbedienza a Dio, rferendosi a Lui come al centm di tutte le cose. Il centro: conoscenza e vita egli non deve prendenele da sé, ma ricevede da Dio. Gregorío di Nissa e altri osservaao cJre non possono esserci stati due alberi nel c€ntm del giardino, e dunque deve esserci un'identita piena di mistero ea i due alberi. Vietato viene I'albero nella misura in cui comunica conoscenza del bene e del male, poiché soltanto questi frutti l'uomo 1rcteva cogliere da sé. La vita, in quanto era vita originaria, op posta alla morte, egli la doveva comunque, se non doveva morire, otte. nere da Dio. Egli la doveva ricevere, senza pretendere di afferrada, senza cercads nella conoscenza del bene e del male. Nell'obbedienza che non wol sapete egli doveva affidare la sua vita a Dio e accettare i frutti della vita dalla mano di Dio quando o Lui fosse piaciuto. È come la dissigillazione di questo nisterc delle prime pagine della Scrittura quando nel suo ultimo libto íl Signore proferisce la promessa: . L'irraggiemento del corpo ad opera AelTa pweza dell'anima è effettivamente la castità assoluta, Essa è così pura che porta , e per questo non ha bisogno di nessuno sfotzo o ptowedimento, poiché essa non cade nella tentazione di gettare uno sguatdo bramoso sull'altro né di aspettsrsi un tale sguatdo dall'altto, di cui conosce I'amore. Essa
sa piuttosto che il veto amore ha il suo centro nello spirito, e il corpo è solo il suo campo di espressione. Così l'uomo dell'Eden possiede gli istinti, ma come ciò che naturalnente serve e collabora dmanendo subordinato. Come l'intelletto e la volontà esercitano in lui le loto sovtane funzioni solo all'intemo dell'obbedienza di fede che abbraccia tutto, così anche gli istinti e le funzioni mrporali esercitano il loro ruolo solo alf intemo dell'onnicomptensivo amore spirituale dell'anima. I ptimi uomini avevano certo ricevuto il comando di essere fecondi e moltiplicarsi' Ma la fecondità dell'amore umano sarebbe stata nell'Eden-se l'uomo fosse rimasto in esso-un'altra rispetto a quella che diventò dopo la ca-
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duta del peccato. Come le {otze dell'anima a causa del peccato si emanci' parono infelicemente dall'obbedienza di fede amante, così le possibilità del corpo si svincolarono dalla fecondità dell'amore, che a sua volta era stato stravolto a causa della disobbedienza, e si impossessarono con violenza dell'amore sessuale. Solo a causa di ciò sorge una dillerenza tra oerginita e fucondita. La verginita di Eva non sarebbe stata minacciata, all'interno dell'Eden, dalla sua matemità. Poiché l'amore di uomo e donna satebbe stato il più casto, un amore dre awebbe pteso le mosse dallo spitito per essere fecondo e avrebbe incluso il co4ro solo a servizio di questa castità dell'amore. Di ci5 che sarebbe stata questa fecondità nell'Eden possiamo farci un'immagine tanto poco quanto per la maggior patte delle altre condizioni di vita delllomo originario. Solo una inma' gine può ricondutci dal nostto nondo decaduto verso la forma lrtduta della fecondità paradisiaca: quell'Una che dopo la caduta del Peccato ma ancore prima della cacriata dall'Eden viene presentata ad ennambi come immagine di speranza; quell'unica c:he sarà idonea, poiché rimane libem dalla colpa ereditaria, ad essete contempotaneamente vergine e madle. Adamo ed Eva vivono nella completa vetginità al Punto che non conoscono nemmeno la concupiscenza. Ma verginità non significa nel-
Dallo stato originario allo stato finale I'Eden rinuncia, bensì pienezza dell'amore, fotme
&
perfetta fecondità,
(Iz Ltc vttr 1241., (Tract r, 3,6). Gregorio Magno: (rll r'Cor bom 15,6). Infine egli comprende: oNei monasteti si vive adesso come una iolia i cedenii> (pc-60, 96-98). Se in ciò non manca del tutto il punto di vista del successo, addirittura della rendita, qu-esto non è oeò óntratio allo spirito del Vanselo, che Drcmette il centuplo già su ^che hanno lasiiato tutto, se questo actade pet il oú..to ,.rr" coloto " E Ambrogio conserva tagione quando dice che (Mt 19,8). Se di fatto non si giunse a nessun tentativo di puro comunismo nella Chiesa, questo mostla solo
il
Dallo stato originario allo stato finale
sfondo
quaato la Chiesa sia cosciente che non è suo compito quello di condurre l' in_ quello (ventuto> attraveÀo az-ioni esfinseche, e che tutte le facili unificazioni del comunismo delle sette e dell,econonia modema con la Chiesa delle origini sono fallite ( cfr, E. Salin, Gescbìcbte der Volksuirtscbaftslebrc, 1-' .d., p. l7). Questo mosra'1xtò d'altra parte anche quanto questa Chiesa sia peneraia dalla parola^dell'Apostolo secondo cui si deve possedere comi se non sí pos-sedesse ( 1 C.or,7,3l), poic-hé questo mondo non è né quello inteso óriginariamen. te da Dio né quello definitivo. In base al sentimento della vita la tendenza alla povertà corrisponde esattamente a quella alla verginità; solo l'appoggio dato aí giuisti mmani e alla filosofia stoica impedisce il parallelismo pieno, poiché qui la cottilnctio maris et lemitae e la libetorum plocrcatio erano indicate come appartenenti allo stato dell'ingiustizia'. Nel Medioevo e molto anmt più nell'era moderna la posizione fondamentale si sposterà verso il diritto naturale secondario; la &stanza e la accentuata indifferenza dei primi secoli si cambierà sempre più in un sentimento di responsabilità e di missione vetso la positiva configurazione cristiana del mondo msì com'è. Ma non elimina per il cristiano il fondamentale (1 Gv 2,8-11). Luce € tenebîe vengono separate da Dio prima di ogni alua cosa, prime ancora che si possa grnsate ed una mediazione tre le due. Solo allorché esse Etaùno polamente lì'nq di fronte all'altra come chiare realtà, senza più nischiatsi in maniera sfumata, divienc possibile una orazione otdinata. Questo vale più che mai quando stanno ['uoa di fronte all'altra la luce dell'amore e la tenebra dell'odio. Per questo appare il Figlio di Dio, che deve alla fine riconciliare tutto e abbatteîe ogni murc di separazione innalzato dal peccato (Ef 2,14),la Chiesa del Quale sera universale e in segno di unità nello spazio e nel tempo, nella struttura interna e nel modo di pensarc, si distinguerà da tutte le sètte. I suoi appartenenti (lr 12,11-51). (Eb 4,12). Con questa spada della sua bocca egli minaccia di combattere contro i peccatori (Ap 2,1ó) e di scoofiggere i popoli (Ap 19,15), con €sse vengono uccisi tutti
coloto che gli hanno combattuto conno (19,21). Così egli fa patire anche, con I'apertura del secondo sigillo apocalittico, quel cavalicre al quale
cdstiano
(Gv 14,6). Vedtà e menzogna dell'uomo, luce si decidono dalla decisione Pfi) o contlo
c tenebra, salveza e lui (Mc 8,r8). Una volta posta I'affermazione generale: (Mt ó24), verranno da essa tmtte due consegueDze: (Mt 12,30), e: sNon c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlate male di me. Chi non è conno di noi, è pcr noi> (Mc 9,39-40). Insopponabile è ora la tiepidezza: (3,16). (2,4-5). do vi dico: amate i vostri nemici (...) Siate perfetti come è perfetto il Padre vostîo celeste> (Mt 5, amare
44.48). Si tmtta di un inaudito, apparentemente del tutto ireale, utopico aut-aut tÌa Dio e il diavolo, amore pedetto e peffetto odio. (2 Ts 2,14), ma (atfaverso I'opera santificattie
dello Spirito e la fede nella vedtà> (ibùL.), d& attraverso I'oggettiva santificazione sacamentale e la fede assunta oggettivsmente, atueverso iI fatto oggettivo del venir collocati enro la morte c la sepoltura di Crirto, col Battesimo, da cui sorge l'esigenza--certo pressant#i cotrispondete a questo fatto, a questa elezione e a questa chiamata di Dio con una vita degaa della vocazione dcerruta (Rm 6,4ss.). Secondo questa immagine, progettata nelle lettere degli apostoli a partirc dall'esistenza ecdesiale che si basa su elezione e chiamata di Dio, potr€bbe sembrùe che con ciò I'opera di separazione attuata della PamL di Dio fosse compiuta. Dal vasto ambito dei (dapprima) non chiamad, dal , Dio si è apptopriato di un , per po.tar€ a termine la decisiva unificazione di tutti percomendo questa via della sepanzione che a noi appare incomprensibile. Si trata di coloro per i quali Dio si è deciso dall'eternità che qvenissero chiamati alla comunione col Figlio suo> (l Cor 1,9), per compiere insieme a lui I'opera dclla redenzione e combattere nella grande battaglie decisiva insieme con I'Agnel1o come conto le potenze del male e i loro seguaci (Ap 17,14). In base a questa elezione e vocazíone a stare nella Chiesa, dre non è nient'altro che lbggettivita di elezione e chiamata, tutti i cristiani sembrano appartenere ad un unico stato comune. Ma il Vangelo ci mostîa uÀ'ak1s immagine. L'opera della divisione si compie non solo tm Chiesa e , ma continua anche al.l'interno della Ckesd, e prccisamente ia una duplice nanieta, che comisponde alla duplice divisione nel racconto della creazione tra acqua e tena ferma, tra cielo e terra, tnc dirisiorc in wrticale e orizzontale--- (Gv 8,11), il centurione; (Lc 17,19), il funzionario reale: con il quale Gesù congeda i non chiamati. In base a questo , , , i discepoli, che oramai sono presso Gesù, vengono inviati
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Gli stati di vita del cristiano
La prima sepatazione degli stati
lontano da lui e lroi (Ix L4,28-t3).Il tutto è indivisibfle. È il lasciarc non solo i viventi, ma anctre i morti (Mt 8,2t-22),È, un lasciare così radicale che addirittura conducr fuori dalla tana e dal nido verso ciò che è com-
pl€taú€nte al di fuori di ogni (Mt 8,20), dunque in un punto che è al di fuod di ogni umana siorezza nel mondo, in un luogo che in base al mondo non è fissabile, poic.hé non è un luogo intemo al mondo degli ordinamenti naturali e delle possib ita calcolabili, non è un luogo ptevisto nella creazione, ma a partite dal mondo può solo venir dcsignato come non-luogo (o*k èkei poí). Esso è I'al di
fuori pet ecrellerza (èxo, Ebr fr,l2-73), E quelli che hanno compiuto il passo sono consci della sua indivisib ita. Essi non stanno a enumeraîe ciò che hanno lasciato; sanno che il loro lasciare comprende tutto; (Mt 19,27). Essi hamo posto questo atto e lo hanno sentito come un atto che è unico, anche se lo devono rilrtere ogni giomo e ogni giorno rinnovare ciò che è uuco (Einmalige) in piccole rinuace. Nondimeno esso è tutto. Se ne stanno così: ml tutto che è il mondo dietto di sé, e davanti a sé nient'altro che la sequela di Colui che ha designato se stesso come la Via. Verso dove egli conduca non lo si può, partendo dal mondo, ptevedere. Petciò è lecito pore la domanda: (Che clsa ci spettera per questo?> (Mt t9,271.
infatti si deve ptenderc realmente sul setio questo , allora non è più immagi:rabile una puta e semplice continuaziofle delltsistenza intema al mondo portata .vanti sinoîe. L'uomo ha bisogno nel mondo di beni e di mezzi pet ptorogare la sua vita. E poiché questi beni sono, dopo il peccato otiginale, sca$i e contesi, egli è costretto a pteocctpasi di come impadronirsi di essi. L'al di fuod e (Gv 18,36) in cui i chiamati vengono condotti non può d'alta parte es' sere un fate a meno del mondo: essi devono (fr 9,61-ó2). Il tenta. tivo di uattenere qualcosa di quello che si diede ad intendere di voler lasciare è appoîtatorc di morte (At 5,1-11). Se uno possiede poc!, come i discepoli, o molto, come il giovane ricco che aspirava alla perfezione, è indifferente, una volte che la chiamata sia risuonata; infatti anche al giovane ricco viene rivolta la richiesta: (Lc 18,22). Si tmtta di un lasciare i beni materiali esteriod, in modo così reale che una interpÌetazione simbolica sarebbe qui ridicola, ma si tratta pure di un lasciare interiore, un rinunciare ad ogni dipendenza mondana: (14 74,26). L'odio verso se stesso si estende in un odio verso tutta la vita terrena (Gv 72,25), e precisamente non col lxnsiero segreto di trattenere, ma con la certezza di perdere questa vita terrena (Lc 17,33). Proptio in mezzo a questo esodo tadicale, che per I'uomo si presenta come un'esigenza irreale e inadempibile, giacché egli la pone nel puro vuoto, risuona il semndo comando: lasciando perdere tutto possedere una fiducia cieca, un'ingenua mancalua di paura. D dove prima non ce n'era alcuna, e questa possibilità l'ha
fondata addirittuta in se stesso. Essa è la possibilità di stare in lui, di avere il propdo posto nel suo amore al Padre e agli uomini, un amote di completa abnegazione, È la possibilità, fondata nella chiamata, di andare a ltsi (pros auton, Mt 10,1), di essere presso di lui (met'aatoa, Mc 3,14), attomo a lui (peti aaton, Mc 4,10), insieme a lui (syn auto, Lc 8,38), di con&videre la sua sorte, di partecipare alla sua passione, alla sua tiprovazione, al suo smacco, di bere al suo calice, di divenire i confidenti dei suoi pensieri piìr intimi, onde alla fine non solo risotgere insieme con lui, ma insieme con lui espressamente giudicate (Mt 19,28; C-ot 6,2) e in îotza di questo giudizio loro affidato insieme con lui tegnare (Ap 20,4-6). Si vede ora anche come questa nuova possibilità fondata nel Reden-
tore si rapporta allo stato originaùo delltsser uomo. Lo stato originario em uno , in cui ffa stato mondano e stato d'elezione non era necessaria né possibile alcuna distinzione. In esso la natura umana eta a, ttl punto sofretta dalla grazia e predisposta all'amore, che po. v€rtà poteva significare solo I'espressione óella icchezza dell'amore, vetginità solo l'esptessione della sua fecondità, e obbedienza solo quella della
',t Gli stati di vita del ctistiano sua libetta nel servizio. Quanto la dedizione contenga di rinuncia al proprio possesso restava non accenftlato e nascosto nella potenza dell'amore
rcciproco che tutto tiempie. L'esistenza dell'umanità decaduta aveva mutato questa pieneza ia una scarsità alf intemo del mondo; pet questo la ticerca di ciò che è necessado per vivere e la proprietà singola erano divenuti inevitabili, l'istintivo determinante 1xt la procreazione, e la scelta fra bene e male gazie ad 'sna ragíone che pnsa alla maniera del mondo decisiva per il comportamento morale. La destinazione dell'uomo espressa nel comandamento dell'amore non era posta fuori vigore, ma chi poteva pensare di renderla legge e quintessenza dell'inteta esistenza, quando pure questa odginaria totafita era frantumata e imestaurabile per l'uomo? Chi poteva lrnsare, in nezzo alla battaglia per l'esistenza, che I'amore non celca ciò che è suo? La nostalgia della totalità poteva continuare a vivete, ma nei suoi tentativi di ristabilire con {orza propria il rappotto originario doveva-come dicemmo prima-sprofondarc dallo stato dell'analogia davanti a Dio e in Dio verso forme titaniche di identità rnistica o di puro umanesimo che mette I'uomo al posto di Dio' La sttzrdà fra stato originario e stato finale era crollata. Chi voleva ciononostante uovare la via doveva, là dove si era verificato uno smottamento, arrampicarsi su per i butroni. Questo fece il Figlio di Dio' Egli si calò giù nel profondo e divenne uomo. Non un uomo edenico, ma uomo come noi. viene un po'mitigata dall'aggiunta in Matco: ma che camnina quaggiù. Egli sta nella cre ce, e qui egli riguadagna qualcosa della totslità del paradiso' Il cistiano nel mondo viene lasciato all'interno degli ordinamenti della natura decaduta, ma ifl maniera che I'ombra e la forma della croce cade su di essa, in maniera dunque che egli, obbedendo alla legge di questo mondo, non è però di questo mondo. Così vive anch'egli in un (Mt 13,10-11). (Mc 4,11). Così il Signore aspetta fínché è solo coi discepoli, e (Mc 4,341,In vittr della divisione di parabola e vedtà essi acquisiscono il diritto di domandare circa il senso della parola di Dio: (Mt 15,15). (Mc 7,17). Gesùr esige però come condizione che essi non soltanto si imprimano meccanicamente nella mente le spiegazioni, ma ttovino essi stessi la chiave pet l'interptetazione. Infatti la beatitudine rivolta ai loro occhi e orecchi, che apprendono ciò che (Mt 11,17), indude pet essi l'impegno di vedere e udire in modo tale che nella parabola tenena divenga hasparente il senso divino. Pet guesto egli rimptovera i discepoli quando essi non capíscono Ie sue patole nel loto vero seDso (Mc 8,15-21), Essi devono diventar capaci---*olo la discesa deilo Spirito Santo li equi paggetà definitivamente peî questùi mutate Ia terta in spirito vivi-
La prima separazione degli stati
il cui splendore iraggia in{initamente su quello presente nella parabols (2 Cor 3,6-10). Al popolo Gesù parla in parabole che non vengono spiegate. Così egli va inmnuo alla capacità di comprensione della gente. Essi devono venir toccati dalla potenza della sua parola, devono rimaner sbalorditi della sua sapienza e lodare Dio per questo. Essi devono venire attirati dalta, gtandezza del contenuto, che li supera, Lo splendore e la chiarczza del sole divino deve estendersi sulla loro vita nel mondo- (Mt 4,1ó)----ed essi devono avet la possibilità , lcv 72,35-36\, fintanto che è giorno e brilla la luce. È sufficiente se la loro vita si muove all'interno del suo circolo d'irraggiamento, se i doveri nondani che essi devono sbrigare vengono riscbiarati e cambiati di valore dal raggio della luce che li colpisce. Così essi possono, cosa che è loro quotidiano compito t€rreno, Íasformarsi in una parabola della vita eterna € deu'eterna verità. Essi non la conoscono forse così come essa è in se stessa, ma sanno che ciò che costituisce la lom vita non è I'ultima e conclusiva verità dell'esistenza. Riconoscono il suo senso simbolico úasparent€ che rinvia vetso un alto, definitivo mondo, al cui svelamento (Etttbiillangl essi vanno incontro con petsevetaDza nelTa pazienza e nella fede, Così essi acquistano distanza dalla loro vita e mettono in pratica, anche se spesso non in rnaniera conscia, l'esortazione dell'Apostolo: vivere nel matrimonio come se non fossero uniti in matrimonio, sposarsi come se non si sposassero, essete felici come se non lo Éossero, dedicarsi al comnercio come se non possedessero niente, trafficare con il mondo come se non ne guadagnassero nulla (1 C-or 7,29-31). Nella parabola della parola del Signore essi apprendono , come questa voce viene compresa dal Figlio in tutta la sua pienezza, ma dagli uomini viene percepita in maniera così indebolita che àkuni la ctedono una voce di angeli, altd pensano di aver udito soltanto un rcmbate di tuono (Gv 12,28'29), così la stessa parola del Figlio viene ricevuta dai discepoli e dalle folle da distanza diversa e con diversa intensità. Ogni parola del Vangelo ha un senso per la Chiesa inteta, anche quelle parole che furono dette a uomini singoli in situazioni determinate' Non ct nel canone della Scrittura nessuna patola del Signore della quale un cristiano non se ne debba far nulla. Anche patole che vengono rivolte
ai discepoli, pensate quindi in plima istanza per gli eletti, sono indirizzate alla Chiesa intera e ad ogni cristiano nello stato mondano' Non solo nel senso che il popolo deve sapere ciò che il Signore si aspetta dai suoi discepoli e mme egli li ammaestta e li isruisce, ma pure e ancot più a{finché il popolo affeni quello che I'unica, indivisibile patola di Dio al 'tn meno al mondo in base mondo contiene, e si otienti nella sua vita ad essa. Pet questo Gesù si dà cura di rivolgersi ai discepoli anche in presenza delle folle: (Lr. 72,1-)). Questo discorso continua finché Pietro intirompe il Signore e gli chiede: (12,41); domanda a cui Gesù impartisce una risposta piena di mistero, il cui senso puîtuttavia è I'analogia della patola di Dio a seconda della capacità & comprensione dell'uditote: (k l2A7-45). Quir:di per i discepoli, che conoscono la spiegazione della Patola nella sua nuda realtà divina, la responsabilità sarà considerevolmente più grande c,he per le schiete, che celto (Mt 1t,13). La presentazione di questa analogia della Parola I h replica del Sígore alla domanda di Pietro se la {tase si riferisca solo
aidiscepolioatutti.
Per questa analogia non si poaebbe trovare conferma migliore che fatto che parole che in un oangelo sembruno riaolte esclusitamente ai discepoli, in an altro sono indirizztte qaasi sempre crrcbe o soptottutto alle folle. Niente sembra contaddistinguere in maniera più esclusiva lo stato d'elezione che il grande discorso di invito del Signore ai discepoli nel Vangelo di Matteo, nel quale di illusna ad essi il loro apostolato e nel bel mezzo di esso pronuncia le parole: (Mt 10,37-18 ). Le medesímc parole si indirizzano però in Luca espressamente alle grandi Íolle (lt 14,26"27), La parola del perdete la propria vita viene detta in Matt€o soltanto ai discepoli (Mt L6,25), n Giovanni ad una grande moltitudinc (Gv 12,25), in Marco infine espressamente (2,23).
Gli stati di vita del
cristiano
Il comando della fecondità che Dio impattisce ad Adamo ed Eva è perciò un comando non solo morale, lssciato alla loro liberA, con I'adempimento del quale essi rispecchiano qualcosa dell'archetipo secondo il quale essi sono stati cresri; Ia fecondità della Trinità. Esso proviene di volta in volta già da una {econdità fisica di Adamo, che Dio ha operato durante il suo sonno e che mn lo scaturire di Eva dall'unico, vivente corpo di Adamo, è divenuta unìmmediata immagine fisica del sorgere delltterno consustanziale Figlio dalla sostanza del padre. In nessun modo Adamo ed Eva sono una sola cosa soltanto in una astratta , pef divenire poi attfavefso la loro unione sessuale un'unita conoeta e con ciò anche feconda, bensì I'origine della loro asuatta unità come uomini è essa stessa già concreta unità e fecondità, pet gazia, e così è immagine della divina, concreta unità d'essenza con la sua fecondità ninitaria. Cetto uomo e donna rimangono solo immagine, e la loro unita è un'unità in divenire, in movimento, da rcalnzate in una sempre nuova attualizzazione, cosl come poi anche il frutto della loro unione ri.mane sottratto al loro poterc e viene donato loro da Dio. Per questo Eva, dopo che ha partorito il suo primo figlio, dice: (Gn 2,24\. La sua fede, che lo chiama fuori da ogni rifugio in se stesso, nel suo ambiente, nella sua paúia, per novare quel completamento di cui egli ha bisogno al fine di ritrovare tutta la sua carne e ossa, non è una fede putamente naturale, ma una fede di più profonda ptovenienza e perciò anc,he di mete più lontane. E tutto ciò all'interno dell'innocenza del pata&so terrcstre. Il prelevamento della costola e la separazione di uomo e donna non è per niente identica ad un trxccato originale o anche soltanto ad un suo gradino previo. Anche il , per unirsi alla moglie, sta ancora interamente all'interno della regola dello stato originado. ,
Lo stato cistiano
{
Il prelevamento della costola è per Adamo nna gtazit che lo eleva irfinitameote: la grazia di poter perteciparc al mistcro dell'autodedizione del Padre al Figlio, che per così dite si priva della sua propda divinità per donarla al suo etetnamente consustanziale Figlio. È la ferita dell'amore che Dio imprime in lui per introdutlo nel rnistero dell'amore divino, che consiste in pura autodonazione senza limîte (Selbsnerscbuend.uttgl. Diventa msì comprensibile che dopo il peccato non solo continua ad esserci una certa fecondità natumle del matrimonio, bensì anche ora jl matrimonio nella sua interczza proúiexe da più lortano e mira più lontano che ana semplice comatione ,tatsrale. ll naturale conserva una provenienza sopramaturale e perciò anche una finalità soprannaturale. E nell'Antico Testamento, nel quale il matrimonio era l'unico stato normativo dell'uomo, poiché la verginità dell'Eden non c'era più e la verginità della croce non ancorat, lo stato matrimoniale era collocato come un tutto fl, la provenienza edenica, che rimane conscia- (Mt 19,4-5 )"---€ il futuro messianim, al quale ogni maÚinonio è orientato e pet il quale ogni infecondità apprue come una vergogtra e una punizione di Dio. Un celibato praticato coscientem€nte sarebbe nell'Antico Testamento privo di ogai senso, anzi potebbe venir considerato solo come disobbedienza nei confronti del' I'otiginario comandamento natural-soprannaturale di moltiplicarsi e come mancanza di fede nei conftonti della promessa fatta ad Abramo. Così I'an' gelo Raffaele dice a Tobia: . Esse sta o cade col completo spargersi fuori di sé della potenza spitituale, e questo non si verifica alrimenti, come dimostra il Signore sulla ctoe, cIrc nella completa obbetlietza. L'obbedienza è la povertà dello spiîito per amore, e la vergioita, dre è una povena del corpo per amore, diventa feconda solo laddove ha per presupposto il sacrificio spirituale. Questo la Chiesa 1o ha capito sempre meglio nel corso dei secoli, Men. essa, cone abúg\^t^ dalla bellezza della nuova verginiù,
trc all'inizio
vedcva questa quasi come sufficiente per
Lo stato ctistiano
cristiano
la fondazionc di un proprio
stato di vita, comprcse però prcsto c-he la castità fisica possiede un senso e una fecondita pet la Chiesa solo se unita con una realc dcdizione dcllo spitito: cioè coo una fotme di vita che in una qualchc mgniers dchiedc uaa vera obbedienza, e precisamente un'obbedienza che-attravetso I'azio-
ne o la contcoplazione-dona i suoi frutti alla Chicsa cattolica ed è msì ur'obbedienza nella comuaità. La vetgínita ne[a Chiesa non può mai esser€ nient'altro che un asP€tto psrziale di quell'unico stato clre sta di fronrc al matrimonio, quello stato c.he nell'unita di povertà, verginità € obbedieoza Cristo sulle croce ha portato nel mondo come la nuova forma della feconditA divina. Solo questo steto Può allo stesso temPo supetare € dempire doll'alto con nuovo spirito ogni perfezione del matdmonio natural-soptannaturale. Questo dovrebbe essete evidente senza difficoltà nd caso dcl sesso nraschile. A nessuno verrà in mente di porre accanto agli uomini sposati c a quelli che appatengono allo stato d'elezione \r terzo slato PîoPrio di coloro che nel mondo sono rimasti celibi. Nella molteplicita dei dcstini
umani, tanto più dopo il peccato originale e le sue conseguenzc, ci sa' ranno cefto sempre destini che non sono classificabili nella forme gcne' rale abituate: uomini chc a motivo di una qualche malattia dcllo epirito o del corpo non sono idonei al matrimonio (ma nemmeno all'elezione) e si vedono perciò costretti a vivere nel mondo non sposati, Forec anche uomini che non vogliono restare fedeli ad un amote IÉt une pcrsono chc sulla terra non è possibile rcalizzarc, uomini che di per sé apprttcngono allo stato matrimoniale ma c,he per motivi estemi sono stati impcditi alle sua realizzazione, uomini cbe di per sé appanengono allo stato dci consi' gli ma per motivi estemi-ad esempio la cura dei Parend-non sono po' tuti entÌarvi. Una dottdna ddlo stato di vita non può tegolami in baoc a queste eccezioni, che sotgono necessafiamente nelb stcrmincta vadeta e mntingenza dei destini. Anche questi uomini stanno all'intcrno dcll'uni' versale status cistiaao ddla Redenzione e hanno psrte alla gazie dcllo stato della Croce. Anche nell'Antico Testamento c'€tano stlti sinrili uomini, € ,nche h la loro esistenza non esigeva un tale riguardo de dover ptogettare l)er essi una prcpria foÌma di vita, un ptoprio steto pertico' late.
Quello che vale in modo owio pct gli uomini valc però nondimeno anche per le donne, sebbene per motivi naturali le donne non sposate sia' no più numetose che gli uomini celíbi. L'uomo infatti scdie la sua mo' glie, la donna invece viene sc€lta per il manimonio, A parecdrie donne, che volentieri si sarebbero sposate, è mancata I'occasione per fado. Ma
Gli stati di vita del
Lo stato cristiano
cristiano
nella speranza nell'appagante fedeltà di Dio, la quale non priverà la sua offerta dei ftutti promessi, materisli o spirituali. Nessun è pensabile come fotma di vita fondante uno stato, accanto a queste due forme di vera dedizione, nessun
C,onsegue in secondo luogo che tutte le forme di vocazione nondane che necessadsmente esigono donne celibi nel mondo devono, pcr esscte mnciliabili con una concezione cristiana di stato di vita. ofirire ai loto nembri la possibfità di rinunciare alla libertà (Ungebiandenbeit) con cui I'uomo può disporre sempre nuovamente della zua vita, in fa-
vore di un autenticamente cdstiano venir vincolato (Gebudenlteit). Solo allora Ia donna sentirà la benedizione che sta nel venir continuamente educati cristianamente da una oggettiva rcgola di vita, e verrà ptotetta dal minaccioso destino di diventare una vecclia zitella inaddita. Poiché la società umana non consiste, mme uno stato di api o di fotmiche, di tre esseri: masc-hili, femminili e asessuati, un uomo non può semplicemente astrane dalla sua sessualita nel dar forma alla sua vita e nell'adempimento ddl'immagine di Dio in lui. Non sarebbe difficile mosnare che nazioni ed epoche verameite cattoliche non hanno conosciuto questo sostanziale assenso al che nel tempo fecente, con nausea del hatrimonio e secoladzzazione dei mnventi, società anonina tipo quella delle formiche e un liberalismo che stima ls Iibertà dell'autodeterminazione come iI massimo dei beni, è &ventato quasi ul ideale, e che anche da cattolici viene considerato come qualcosa di praticamente normale. Si crede di farc gia molto se si impegna la propria vita per un certo pedodo & tempo per un qualche scopo umanitario, sempre mn la riserva, se o non piace più, di darsi a qualcos'altro. Se petò abbiamo parlato di una analogia dello stato dei consigli, gircché, accanto alla dedizione piena nei tÎe voti religiosi solenni èsistono anche molteplici maniere di aver palte a questa vita di dedizione, bisoqna dite allora che la partecipazione al vero e pîoprio stato d'elezione diventa tanto più piena quanto più fortemente in una forma di vita viene mmpreso e vissuto il legame più intimo, cioè il legame spirituale dell'obbedienu. Verginità e povetà sono beni cdstiani solo allorquando sono espressione di una dedizione e un legame spirituali a Dío, e che già lo erano originaria. mente, senza sap€Ìlo, poiché Eva ha origine da Adamo. Che essi perciò, congiungendosi e rinunciando così slla loro suptrnsta autosufficienza, seguono solo una legge profonda di autodedizione, la quale attraverso la petdita di ciò che sembrava essere unita ftova questa unità con I'aluo e nell'altro. Un'uaità però che non proviene semplicemente dai due partnets, ma dal ftutto della loto dedizione, c-he è più che il loro seme; è qualcosa di insospettato, gatuito, metaviglioso, risultante dalla dedizio. ne: il figlio. Finché si considera il matdmonio come un'istituzione pummente naturale, il figlio apparirà sempre come un prodotto casualc, ancùe se allietante, forse sperato, dell'unione sessuale. Il frutto non giace nella reciproca dedizione dei coniugi, non è derivabile da essi, non si può comprendere a partire da essi. Accade così che in questa considerazione puramente naturale del matrimonio si dete distingaere tru diuersi d.el matrimo o: Íine
delltducazione dei
i
fi il' ti
ri*
i
,
i
d
figli e il fine della dedizione
il
reciproca, che si può
dístinguere poi andre mme (scopoD e (senso) del manimonio. Qaerla distittzione però cade (e con ciò enche certi imbarazzi a cui questa distinzione conduce) se si considera f matrimonio nel suo sacramentale esser fondato nell'atto di {ede. Ora infatti i coniugi sono non più soltanto aperti I'uno all'altro---e in questa apertura c.hiusi a tutti gli altri-, essi stanno piuttosto aperti pdmadarrente a Dio, e offrendosi davanti a Dio l'uno all'altto in questo stato si donano allo stesso tempo a Lui e attendono da Lui I'inatteso: il frutto della sua gtazia. La nanieta in cui essi si offrono a Dio è essa stessa già grazia, e perciò è femnda. Così la fecondità della fede in essi attende la femndita dalI'alto donata da Dio, che questa sia un figlio che Dio dona loro oppure un frutto spirituale, se non ottengono la fecondità fisica. L'atto di conregna all'interno del sacamento si distingue alttettanto essenzialmente dall'atto d'amore in un mattimonio quanto I'atteggiamento spirituale di r:n cedente si distingue da quello di un non credente. Il credente attende ogni frutto da Dio, senza voler saperc in anticipo che cosa otterrà; egli è aperta slxranza, dre anticipatamente da il suo assenso e accetta og[i gazia di Dio, in qualsiasi forma essa si presenti. Così i coniugi cistiani, incontrandosi, aspettato sempre da Dio la sovtabbondante dsposta della sua grazia: è impossibile per essi distinguete il , senza voler conosc€le l'atteggiamento intedote del Ctocifisso, avrebbe lasciato solo solo
il
il
Signote
capo.
"
.ofi.io,
separando
i
sentimenti del corpo dai s€ntimenti d€l
Che I'autorita del Padre per il Figlio abbia realmente il valore di una legge sempre attuale e incarnata nella legge umana egli lo mostra con h s* iltto-ittioo. alla legge di Mosé nella circoncisione (l* 2,21), nella purificazione (ibilt.,22-24), nel pellegrinaggio a Gcrusalemme (iàil', 42), nelle ripetute visite al Tempio in occasione delle feste giudaidre, nell'ade-
La seconde separazione degli steti guemento di tutta la sue vita alle profezie dei padd, che racciano alla sua vita la pista da seguire (Gv 12,14 ecc.), (Gv 6,18), La legge di Dio sta al centro del suo cuote (Sal 40,9), è lbggetto continuo del suo amote adorante. Essa è, comc dicemmo prima, lo Spirito Santo in lui e sopra di lui, che gli ptesenta di voltc in volta la volontà del Padre, in cui l'Antico Testamento, legge c ptofetí, è adem-
piuto e sovradempiuto, il quale 1xrò come Spitito divino non cessa & esserc per il Figlio incarnato la norma assoluta degna di essetc adorata, l'istanza ministeriale per eccellenza. Così anche nelle Chiesa solo un'autorità assoluta, non sminuibile da alcrrndré, da nessun sentimento, considetazione o opinione umana, è in grado di rendere comprensibile e addirittura eseguibile ai cdstiani qualcosa dell'obbedienza d'ar:rore del Figlio nei confronti del Pedre' Il ministem ecclesiale, che in base alla forma esteriorc porta in sé fatti veterotestamentari, appaîtiene così all'intima essenza del Nuovo Tcstamento. Esso è ciò che nella Chiesa tende possibile l'obbedienza d'amore neotestrmentaria; esso costituisce quell', superare il quslc (c{r' 2 Saln 22,30) è il mmpito cistiano. Con la sua pedetta obbedienza d'amore Cristo ha mostrato, tappresentato in sé e reso nuovamente nota al mondo I'assoluta autorita del Padre. Egli fu così obbediente che il Padre nella uesparenza dcll'rmore del Figlio poté impersonare in lui la sua propria autorita. Gia in quento fattosi uomo il Figlio è il rapptesentante di questa autotità dcl Padrc ncl mondo, poiché il Padre gli ha conferito tutto il potete di giudicare (Gv 5 221; più che mai egli lo è dopo la sua Passione, giacché íl Pa&c gli dA adesso il nome che è al di sopta di ogni alno nome, ( Fil 2,10-11),lú, al quale (Gv 11,20). Il parallelismo è ineccepibile, non perché I'uo mo a cui víene conferito il ministero sia di per sé in qualche modo paragonabile a Cristo, ma perdré il volere del Figlio tasmette alla Chiesa I'autorità che il Padre possiede per lui, affinché essa in nome Suo possa innalzare nei confronti dei credenti richieste incondizionatc. Solo c:lri realmente si sottomette conosce 1rt eslrrienza I'anore, e non una semplice immagine apparent€ di esso, che significa in realtà ricerca di sé, egoismo. E non in teneno neutrale si gioca la decisione circa I'arnore, h dovc facilmente ci si può conprendere d di là delle opposte opirioni, ma rells prova più difficile, dove l'autonomia propria dell'apostolo dsweîo (2 Cor 10J), Se pelò questa obbedienza per la salvezza dell'umanità la deve prcstere il cristiano, allora essa esige dal Fondatore della Chiesa la gotanzia assoluta che l'autorità a c1ri egli la deve prestare sia di origine divila e stia al posto stesso di Dio.
pr la ptosecuzione della dimensione miNuovo Testamento si possono dcdurre e mettere in ordine le alùe. Esse emno necessarie tanto per coloto che dovevano seguire il Signore nell'amore perÍetto (latione cdlitttisJ, quanto p€r quelli che ettmverso il ministeto e I'autodta doveveno veniî educetí, partendo da un amore imperfetto o dal timote, all'amore perfetto (rdtiore timoris). QrselIi che pronunciano il voto d'obbedienza nello , voto che comptende in sé tutti gli alni voti (S Tó, loc. cit.), si sottomettono volontarianente all'obbedienza di coce del Signore. L'aspetto míniste tiale che giace nell'obbedienza sccondo i consigli conisponde dunque, a motivo della sua piena volontarietà, molto di più alla puta obbedienza d'emorc neotestamentaria dre ad uîra continuazione dell'obbedienza mi. nisteriale veterotestamentaria prima dell'amore o accanto ad esso. Poicbé peó da uns parte non tutti quelli che hanno pronuîrciato il voto d'ob bedienza possiedono I'amore perfetto, oppute talvolta si allontanano da esso, e poiché d'altra parte Ia moltitudine di quelli che non sono scelti per questo stato e che tuttavia sono c-hiamati all'amore perfetto è perimeîlti dnviata all'assoluta obbedienza nella Chiesa e può tivendicare il diritto ad essa, doveva perciò un aero e proprio ,ni istero presbitnole impersonete per I'insieme della Chiese quello che il superíore rapptesenta all'interno di una comunità religiosa: l'autorita divina. E poiché anche gli ordini teligiosi sono solo una parte della Chiesa, e I'insediamento da b) Da quesu prima ragione
nisteriale
lel
parte del Signore del ministero ecclesiestico concerne la Chiesa intera, stenno perciò aadre gli ordini di8iosi e le altte forme di vita dello stato dei consigli sotto l'autorità ecclesiastica. Questo soprattutto perché il ministero ecclesiastico va ampiamente el di h di una semplice rappres€ntn ione asratte dell'autorità divina. Esso deve piuttosto Úasmettcre all'intemo dcl suo poterc d'ufficio I'i;teu pienezza della cottcrcta prcsenzd dcl Sìgtore ncllo, Chiesa e la elargi zione sacrdmeatale della saa grazia- La gazia del Signorc, infatti, volle aiutate in ogni suo stato la natura decaduta non 8emptcemcnte con un invisibile completamento della sua continua carenza, ma volle donarc ad essa questo sovrsbbondante completamento in segni visibili, corrispondenti alla dimensione coq)omle dell'uomo, dipendente dai sensi, segni nei quali il continuo aiuto dall'alto si fa visibile anclre qui c ota, nclla nostra tenpotaltA e nd nostto spazio, Non solo volle Cristo rimancr prc-
sente nella sua Chiesa per ogni tempo, ma piuttosto dovevano anche i suoi aver sempre davanti agli occhi i segni evidenti che garantissero questa presenza. Essi dovevano non solo poter vedere le più o mcno difettose approssimazioni all'ideale del suo perfetto sacerdozio, ma vedere, vclato nei segni ma per la fede amante dawero visibile, questo stesso perfetto sacerdozio, Ed essi dovevano allo stesso tempo tîovarc clre lo scerto tra quest. perfezione e la loto propria impedezione è sempte di nuovo superato dalla $azi^ del Signore, poiché egli li attira giomo dopo giorno nel suo propdo sacdficio, che realmente continua a vìvere: come sacrificante nell'atto sacrificale della S. Messa, come sacrificato nella Comunione, non più nella conhapposizione di irnmagine archetipa (Urbild) e immagine deivata (Nacbbild), ma in una unificazione, quale I'inventa I'amore & Dio. Tutto questo, però, il Cristo vivente 1o op€ra attraverso il suo Spitito Santo, che oramai nel hinistero ecclesiale opera e media con la stessa o8gettività con cui il Figlio sulla terra aveva efficacemente e me&sto la volontà paterna: (Gv 4,14). E ancora una volta lo Spirito normatore nel ministero ecclesiale non è qualmsa di esÍaneo, ma il medesimo che come amore è stato rive$ato nelle anime dei credenti (Rm 5,5). E ciò che vale per la realtà dd sacrificio continuamente operante € per i sette sacramenti che si iradiano a partire da questo cenho della Messa vale anche necrssadamente pet le altre funzioni del Signore: per la sua perfetta rapprcsentazione della verità del Padre, in quanto egli è la sus Patola ( del prcpdo ufficio. L'esistenza sacerdotale viene piuttosto fondata definitivamente, come viene presentato ncll'ultimo capitolo nei confrcnti di Pietro, nell'aperta disdepanza fta mínistcro e per-
di far coincidere in
233
Gli stati di vita del
La seconda separazione degli stati
cristiano
Anche la forma in cui viene immessa la soggettività dell'uomo che vive nello stato dei consigli è una forma oggettiva, superiore alla misura e alle possibilità della lrrsona, una forma anonima (come regola obiettiva), che diventa per la soggettività l'occasione desiderata per aderire ad essa e in essa perdersi. Ma poiché questa fotma non è più qui funzione ministeriale in mano a Cristo, ma forma personale della dedizione redenrice di Cristo stesso,la (perfezione) di colui che è stato a ciò eletto deve consistere nello sforzo di appropriatsi sernpre piir di questa forma, di far divenire sempre più piccolo lo scarto fra essa e sé. Ciò a cui egli tende è la dedizione incondizionata, che gli viene presentata come forma della regola; e quanto piìr pedettamente egli mantiene i suoi voti, tanto più egli viene conformato all'atteggiamento redentote e così all'o1rra redentrice di Cristo. C,osl egli personifica nella Chiesa, di fronte al sacerdozio oggettivo e funzionale del ministero, il sacerdozio soggettivo' senza ufficio, dell'amote e ripresenta così nella sv^ aita il Signore' come il sacerdote ministeriale lo rende presente oggettivamente (nella ptedicazione, Messa, Sacamenti e cura pastorale) in forza della sua potesta.
Anche questa forma di vita è fondamentalmente senza termine, poiché Ia peúezione della dedizione di Cristo ci sta davanti agli occhi non altrimenti che in un eternamente aperto tendere verso di essa. Questo tendere diventa così la forma distintiva dello stato dei consigli: esso è e rimane fino all'ultimo status perfectionis acq*betdae, di quella perfezione che l'uomo ha promesso nel voto di assumere come forma di vita, 1ler adattarsi ad essa
Fa patte del concetto di perfezione cristiana il fatto che essa non diventa mai una rnèta raggiunta, al di h della quale non sarcbbe più possibile aspirate ancora a qualcos'alro, ma consiste invcce nella . E questo non solo a moiivo dell'impefezione dello stato peccatore dell'uomo sulla terra, ma proprio a causa
sua
venir raggiunto. Così anche le elezioni e le missioni neotegtamcntarie, cordspondentemente alla partecipazione cristologica alla natura divina, non sono più internamente limitate come quelle veterotestamentafie e perciò nemmeno sono da assolvere una volta per ùJtte, per poi lasciarsele dieuo le spalle. Così già Origene interpreta íl (Ada. baer.,2,28, 3), e giunge sino ad un'equiparazione di .,andare> e (ibid.,5, 8,1). Anche i beati (ibid., 4,28,2). C,osì Gtegorio di Nissa descdve la stessa beatitudine eterna come infinito tenderc verso Dio, e pone sullo stesso piano e (In caw. hom. 8, pc 44,941s; hom. 6,ie 44,891. Pèr ulteriori esempi dr. il nostto studio (Parigi 1942,67-80). È anche la formula di Agostino: (In loh tt 65,7). E commentando le iarole di'Paolo' (Fil 3,6-16), chc oia dice di sé non pensa di aver raggiunto la perfezione, ma dimentica ciò chc sta díe tro di lui e tende a iiò che sta davanti a lui, ora invcce parla di nuovo di sé come di uno che è perfetto: (Ix 22,29),
la questione, quale preciso significato Gele dodici tribù già da lungo temnumero rappresenta petciò in primo luogo
Possiamo lasciare aperta
sù attribuisca a questo nuhero dodici.
po non esistono più;
il
I'Israele originario, ideale, anche qualitativamente completo, integrale. A dpristinare questo Israele qualitativo come il pefetto popolo di Dio era Gesù venuto, e i suoi discepoli eletti dovevano dapprima formare con lui le primizie di esso. Giudici sarebbero stati allora come dlineatori, linee direnrici. Solo allorché il ministero di Gesù tichiamò l'atten-
in mísura sempr€ cfescente sulla croce, apparve chiatamcnte, dalle loro rappreseltatività uníversale, Ia ministerialità ecclesiale dei Do&cí. Essa è pienamente sviluppata nella consapevolezza degli Undici do po la resurrezione del Signore, ad esempio nel discorso in cui Pietro propone la sostituzione del traditore nel collegio dei dodici: . E poi pregano per coloro clre sono stati proposti pei l'ufficio: (At
zione
|,r7.20-24-25'. D'altn parte Giovanni, nell'Apocalisse, dove il promesso giudicarc insieme con Cristo viene descdttó come una realtà raggiunta, vedtà i
tmni, innalzati in una spec'ie di ind€terminatezza, affidati a tutti coloto chc ianno combattuto ó viato insieme con Cristo: (Ap 3,21). (Ap 20, 4): le anime dei martiri e dei confessoti. Sono coloro (ibid.6), poiché essi già in questo mondo sono definitivamente morti con Cristo e hanno preso parte alla sua resunezione nel cielo. Sono i santi, che ohanno disprezzato la vita sino a morire> (Ap l2,ll\, i medesimi dre (Ap 20,6), vale a dire per il tempo della Chiesa fino
al Giudizio finale. Il sacerdozio di cui qui si parla è un sacerdozio personale, non ministeriale; è la partecipazione delle anime vergini, che senza risewe si sono consacrate a Dio, aI Suo giudizio redentore, alla sua conduzione del mondo e della Chiesa. Così il (Mt 19,6), Gesù stesso non venne (Mt j,l7), Nel Vangelo ui.r.-"rnn"r" qui una prima differenziazione Úa sacerdozio . ,,",o d.i consigli: que. st'ultimo aggiunge alla povertà e all,obbedienza sacerdotale l" u.r_
giuità- Se perciò Pieto, che è sposato, appare coîne
il
"rr.i-.
rappresentante del
gli apostoli Giovanni e paolo, i,ergini, sono i rappteseotanti designati di quel sacerdozio petsonale e inteÀre che sta nella esplicita sequela del sommo Sacerdote (Eb 9,14) sacerdozio ministeriale,
"h. "onra.r"
stesso,
Pet Paolo,
c-he con
r.
tale vigore richiama coDtinuamente l,attenzione
su se st€sso come modello, sulla sua personale conduzione di vita, questo non abbisogna di spiegazione alcuna. Egli si sa e si sente non ,olo fun_
zionario
di Cristo, ma è del tutto consapevole di essere lo lstrumenro prescelto> che deve soffrire per il Signore (At 9,f5_16), che rcca nel suo corpo le stimmate di Gesù (Gal 6,17), (2 Cor 4,10), e quesro in rappresentaDza de a Chiesa C,ot 4,9. 0 11): (Col 1,24).,ior,o liA f-o...ao. zio assolutamente soggettivo, che si appoggia anche chiaramente alla_ consigliata, non comandata (1 Cor 7,25)-verginita. Infoni chi come Paolo è. per la comunità un padre (l C-or 4,15\ e una madre (l Ts 2,7) non può, accanto a questo doloroso partorire figli spirituali (Gal 4,19), occuparsi anche nella maniera dovuta di una famiglia secondo.ls cernc. E chi gelosamente si fa garante della verginità spiiit"ate della Chiesa_ (21,20'21). L'amore offertosi in sacdficio
suo sacificio' ancora qui. E sebbene gregge intero e inolte la grazia delsul il ministero abbia ottenuto Pietro gli sottrae il mnrollo sul destino di Giola sequela personale, il Signore vanni. (2122). C'è qrrcsto cofiine del niíisterc. Esso ha il diritto di porre domande al Signore, ma deve anche aspettarsi che il Signore non ad ogni domanda ministedale impattisca informazioni' Egli ha coi suoi prediletti dei misteri che sono così intimi, così ultraterreni, che sfuggono ad ogni alra vista che a quella del Signore. Il ministero ha ot' tenuto I'amore pet atrivare a comprendete che nessun ministero abbraccia il perimetro dell'amore, perché I'amore è sempre di più di quanto si può
misutare. Così il ministeto ecdesiale può ben richiedere----e addidttura lo deve-di gettate lo sguardo denno le coscienze delle persone che vivono nello stato dei consigli, persino dei contemplativi e degli anacoreti. Ma solo Dio conosce le grazie che egli dona alle anime a lui consacrate, C'è questo regno interiore che nessun occhio ha visto e nessun orccchio ha udito, e che tuttavia appartiene talmente alla Chiesa che senza di esso la Chiesa vertebbe derubata della sua vita più preziosa, della sua energia piìr viva. Questo regno e deve dmanere fino al dtomo del Signore; ma è a disposizione soltanto del Signore.
Ciò non signfica affatto, per dpeterlo ancora una volta, I'esistenza di una Chiesa esoterica o pneumatica all'intemo o accanto alla Chiesa exo' terica, ufficiale. L'autenticità di questo regno nascosto dell'amore viene
del sacficio: a partire dall'aspetto ptsonale egli ottiene I'ufficio di sacetdote. Non è in conftaddizione con questo il fatto che nel Cenacolo gli Apostoli ricevano insieme la consacazione sacerdotale (cfr. Gv 17,1719). Infatti per Giovanni, redinato sul petto del Signore, l'Eucarestia è
La seconda separazione degli stati
Gli stati di vita del cistiano (Gv 11,1)' il in anticipo, ifus"ngoe versato pet voi> espan' anticipazione d.[" ..o".. Per lui è la personalità dell'amore che -si de dircorsi d addio, che si estende a tal punto da diventarc il cànone di ogni amore e perciò realtà oggettiva che include il ministero'
ni
È un fatto della massima necessità cóc ptoprio egli inconlri sotto'la croce lz madre del Signore, che proprio egli la riceva dal Figlio come ,r"ll'"ttimA in cui l'amore profluisce definitivamente.fuori di propri", "h. di ,e u.rrgg forrdot" questa comunità soprannatutale, la cellula originaria prima o conferito può esset ogni ù" secondo i consigli' Finistero il presente Protagonista dlpo. Norr.ra necessario che sotto la coce fosse
Esso suo ministero non è un compenso per il suo amore' è esso può venir conferito anche gd un altro uomo fallito' llltimamente dei ministero.
Il
^irrdiff.r.na.
rispetto alla prsona. Ma lo stato dei consigli non poteva venir fondato n.tl't.t.-" di colom che sono chiamati a formarlo' Esso
infatti sacerdozio soggettivo e richiede I coadempimento della Passione e l'assenso tanto alta Ctoce quanto al nuovo legame in comunità sopranCroce naturale. I membri di un ordine religioso vanno incontro nella I'uno all'alto, e il Ctocifisso li unisce nell'amore, in un amore che può esere partecipazione al suo abbandono. Lo-stato àei consigli viene infine fondato insieme con Matia' non solo sotto il suo patronato, ma in maniera tale che essa viene esptessamente l€gata alla nuova comunità. Con ciò viene chiarito che essa non *lt"nto ú" parte alla forma di vita della dedizione di sé, ma viene im' sua anima. Ella consaca la forma di stato di vita' piantata in Àr" "ot. iacendo diventare quella fotma di vita sua ptoptia, così come il-Signore ttasm€tte funzioúlmente il suo sacificio al presbitetato, ed ella introvita ecdeduce con ciò aac!rcla doma in geterde ne)la Íorma di stato di Maria siale che è intcdormente sacerdotale, in quanto offerentesi Mentre lifirr' Ia la cloce sotto cd esegue insieme alle donne credenti sperimenta assenti dmrngono uno' gie viva e personalc (alla guslc i discepoli' tranne I d.il" qoale ad essi vcrri dopo úasmessa solo la forma funzionsle)' ottiene rlJ posto, pet sé e per Ia donna in genetale, nel cuore della vita
è
ectlesiale.
qui si ri-
Se la donna rinane csclusa dal sacetdozio funzionale, e se secon' specchia nella Chiesa qualcosa dell'ordine naturale della creazione'
ilo il q,rale uloo-6 i i--agine e gloria di Dio, Ia donna è gloria delt'oono, (.,.) e non I'uomo fu fatto per la donna, ma la donna per l'uomo>
), secondo il quale il funzionale in generale sptta all'uomo, il in segno di modestia (ibid.. 13-16), è anche vero tuttavia che qucsta esclusione non significa affatto un'infedotità ddla donoa, o che a questa rimanga pr+ cluso un . Ogni teotia che soppsi gli stati d'elezione secondo la loro rispettiva (Starez, op. cit',lib 3,c2,n); Opp xv,2l1). Suarez cita in favore di ciò una gran quantità di testimoni. Egli spiega inolre che il Signore ha fondato lo stato dei consigli in tale generalità () che le forme di questo stato potelono venir concletizzate nelle pìù diverse singole
poli, dice Tommaso, avrebbero (almeno implicitamente) emesso dei voti
Gli stati di vite del
cristiano
fcrmazioni (solo apparenteàente non unificabili ): che c'è un unico stato d'clezione, e perciò solo una fotma fondamentale di cristiana, che quindi deve apparire realizzata in ognuno degli appartenenti a questo stato, e che d'alra parte le singole espressioni (Aaspràgungen) di questa perfezione cristiana, ad esempio il prete, il martire, la vetgine, I'anacoreta e il c€nobita, posseggono rislrttivamente iI loto proprio camttere inconfondibile. Proprio perché nel Nuovo Testamento I'zajla personale e obiettiva di sacetdozio ministeriale e soggettivo viene ptesenteta con tale peso, non soîge pt il momento, pur tenendo conto di ogni singola distinzione di maniera di vivete, il pensiero di fissate divèrsi canoni di perfezione evangelica. L'elemento comune sta in prino Iuogo nel (carattere di stato> (Stand-baltigkeit) della vita evangelica in cenerale, cioè nella solidità e definitività delle decisione per una vita ai consigli e dle isruzioni del Signote. È la , che Tommaso esigerà pitr tardí come fondante lo stato (J Tó rr rr, q 183 a 1), e dre vista ctistianamente deve essere non solo un aspetto est€riorc temporale, ma un aspetto interiore dell'intensità della dèisione. Così il cristianesimo delle origini, orientato escatologicamente, può trovare questa intensità come concentrata puntualmente nella forma di santità escatologica del martire, che al di h della dutata temporale realizza pienamentè nella morte l', ncl quale si entta con un (votoD ( esplicito o implicito), con un rpropositum> o (votumD o , attraverso cui si diventa un , rm religioso. L. Hertling (Die prolessio der Kleríkq tnil dic Enute. hrng der drci Geliibde, n