Gli stati di vita del cristiano [2 ed.] 8816371706, 9788816371705

La storia cristiana è la storia di coloro che hanno accolto l'invito a seguire Cristo secondo una molteplicità di a

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 8816371706, 9788816371705

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Hans ljrs von Balthasar

GU STATI DI VITA DEL CRISTIANO

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Hans Urs von Balthasar

GLI STATI DI VITA DEL CRISTIANO

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Jaca Book

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I .

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Titolo originale

INDICE

Christlichet Stand seconda edizione

con approvazione ecclesiastica traduttore

Ellero Babini @

1.977

Johannes Vedag, Einsiedeln

Prefazione a mo' di istuzione per l'uso

@) 1984

Pdma parte: Lo sfondo

Editoriale Jaca Book spa, Milano pdma edizione italiana

aprile 1985 copertina e grafica Ufficio grafico Jaca Book

A. La vocazione all'amore L. Il comandamento principale 2, Potere e dovere J. Amore e consiglio

(

Tommaso/Ignazio )

4, Amore e voti B. Dallo stato originario allo stato finale 1. Creazione e servizio 2. Gtazia e missione 3. L'uomo dell'Eden 4. Il cielo Seconda parter

29 37 53 61

6l 6/ 77 105

7L) 173 127

).

Circa 1l rapporto degli stati

1,39

4.

Parabola e verità

149

B, Lo stato cristiano

per inlormazioni sulle opere pubblicate e in progra.Erma ci si può rivolgere à Editoriale Jaca Boók óa via A. Saffi 19,2Ol2) Milano. tetefoÀo 4982i4t

2L

Gli stati di vita del cristiano

A. La prima separazione degli stati di vita 1. L'opera della separazione 2. La Íondazione dello stato d elezione

ISBN 88-16-10118,X

2t

1. Lo 2. Lo J. Lo 4. Io

stato stato stato stato

di Cristo di Maria del cristíano:

matrimoniale

157

757 L7J 783

t95

C. La seconda separazione degli stati 7

2r7

Indice

1. Lo stato sacerdotale 2. Stato sacerdotale e stato dei consigli J. Lo stato laicale nel mondo ,1. Gli stati di vita e gli ordinamenti mondani

217

).

)15

Stato dei consigli, stato sacerclotale, stato laicale

PREFAZIONE A MO'

DI ISTRUZIONE

PER L'USO

231.

285 299

Terza Parte: La chiamata

A.

L'essenza della chiamata

1. La chiamata divina 2. 7 gradi della chiamata J. Le forme della chiamata 4. Gli elementi della chiamata

B. L'avvenimento della 1. La comunicazione della chiatlatl 2. Il riconoscimento della chiamata J. L'accettazione della chiamatr 4. Il rifiuto della chiamata Indice dei nomi

3)9 3,t)

)59 3

r-)

38i vocazione

405 405 475 125

4)) 411

Che cosa questo libro uuol essere Niente di più che una dettagliata meditazione sui fondamenti e i fondali della meditazione degli di S. Ignazio concernente la (lúid. 135).L'Autore acclude al suo direttorio

un'istruzione: ci vuole piìr di un motivo per imboccare la prima come

la seconda strada. Questa nostra meditazione vorrebbe arrivare a comprendere petché questo atto di scelta di uno è possibile e inevitabile , come dunque la medesima cosa, considerata sotto differenti punti di vista, possa essere assoluta e relativa. Così noi prendiamo le mosse dalla piena serietà dell'esercitazione nel-

Prefazione

Prefazione

l'atto fondamentale della vita cristiana, come gli la vogliono

medievales; Ia stessa cosa v€nne chiamata (ed è da Ignazio chiamata) ugualmente . (M.!f. Póchl, Geschichte des Kitchenrecbts, Ilien Mùncheo 1960, vol. r, p.6l (cirrro da B, Albrecht, p. 94).

i

2. Che Gesù Cristo, per garantire l'unità della sua comunità, nella di una sequela radicale operò una divisione primaria, ín cui il momento personale (la decisione dí condividere la Sua vita) era decisivo, menre il momento del ministeriale (cioe del ), peî quanto flessibile e variabile questa ordinazione venga intesa lungo la storia della Chiesa.2. Se ambedue gli r0 sono funzionalmente-in quanto -or&nati allo status fondamentale della Chiesa come tale (del laos, del popolo), essi sono tuttavia lo stato soggia,cenle (UnteÌstazd) che rcnde possibile e che porta su di sé questo sta-

tus fondamentale (Grandstatus\, e cioè in modo tale che la Chiesa è in primo luogo fondata sul ministero (Eî 2,20) e su di esso rimane fondata (Ap 27,L4), ma il ministero a sua volta è fondato su quella dedizione totale della Ecclesia immaculata (Ef 5,7), sullo stato di coloro che devono perlomeno rappresentare l'amore perfettorl. 3. Non ci impegoliamo perciò nella problematizzazione esegetica dellbrigine evangelica dei . Natutalmente essi sono stati-come per esempio anche il numero dei Sacramenti-solo più tatdi enumerati e messi in luce come gli elementi configutanti dello (stato dei consigli>, e ciò naturalmente mai slegato dal loro significato cristiano: quello di essere un adeguamento alla dedizione d'amore di Gesù al Pa-

i tre hanno nel Vangelo e presso Paolo radici svatiate, ma questo non impedisce che essi I'uno insieme all'altro esauriscano il campo di ciò che si può offrir,er', cosicché essi non sono dei consigli qualsiasi fra alri consigli di GesÌr. dte e agli uomini. E certo

e

Pcr la prima rolta in Erbe qnd A*lnag, Wetl 1 3, rigcso it Urcp*ng txd. Gcttalt. Etóúertnget und Besixxltgex zurn Neten Testdrnerrr, Patmos, Diisseldorf 1970, pp. 46-60.

ú ll r2

CJr. rrota 2,

Cfr. lc scene EalisticosimboliclÉ di Gv 21,15. Dei oolti lavori sul tema ne sono mcozioneti soltanto alcuni: A. van Gansewiakel, Dia G iwlage fh dex Rat des Geborcatt* ix det Eoagelicn, M&lia.

l t

gEn 1937; F. Musoncr, Die eoangeliscbet Ràte das Etagclium, itt 8M ,0 (1954) pp. 48149); H. Zirnheloaan, Cbtisns nachlolgea. Eine St/die z4 den Nachlolgeuoúet der strroptischen Éoatgeliez,ln Tlrct 53 (1969) W. 24*255: W.

Se gli evangelisti e la Chiesa dei ptimotdi con pieno &ritto allatgano analogamente i consigli da seguire alla lettera in una comptensione (solo) spirituale (&t. Eserc.98), ciò non impedisce loro di mantenersi solidamente legati al loro fondamentale senso lettetaler3. Soltanto pregiudizi esegetici (che minimalizzano la richiesta di sequela di Gesù ai discepoli) possono úfiutare come non biblico il concetto di sequela (o, come noi diremo, )t'. E se la Chiesa primitiva vive veramente nel suo insieme in un'atmosfera di comprensione rcalisticospirituale dei , e cioè non solo (come pú lo più sottolbeao) clooe scSno ocatologico della Chiesa pcdetta detl'aldí-

lla comc tentativo di dar corpo secondo le possibilità allo santitA dcl'oggi, SioiLrrente L. IJolu,, Otdenslebet ds Zeicbet des Eodzustaxdes, in oK 9 (1968), pp. 26rs,; G. Ligabuc, Ia tertintoxiuza escdtologicc della î)ìta îeligiosa, C.oll. Spiritualitas, Paris, Vún 1968. D'altn pane tutto il nostto studio si o14rne alla tendeoza a dissolvere o perlomcqo ad ennacquarc la fruttuosa opposizione degli stati di vita che sin dall'inizio gi carattctizzarono nella loro propda essarua particdate in ulra presuata o!i8irùia Barcant^ di forma di un . La strutua ddla moste più che chiararocate chc una tal cosa era completamentc lontana dalle ittenziotri del Concilio, il quole pose io pdmo piano il coocetto di cpopolo> come noúe della Chiesa. I tcntativi in voga irr Froncia, ma ancùe qui da noi in Germania, di elirDiDAte la differelze na clero c laicato gazie al passaggio continuato tîa servizi, 6inisteú, e iafiae *uffici> e (e qui di íaEodurre claadestinanente anche il saccrduio dellc donne) ci scmbrano altetîroto oon biblici quaato la cancellazione dellbppocizionc fra verginita e nEtrioo nio io une ddicola (G.v 15'12)' ;;;.;;;i;;te criterio deLt'amofe a e in modo c:he esso perciò avanza sino a diventare vale a- dire i coDio: ' non ha I'amore Chi (Gv 14'21)' -uìa"-.nri d.í'u-o.", è destinato' cui a fuori dalla sua vocazione' da ciò ;;;;;."d"to a,Tî' à. *ri n"; uiu*,. qu^n,o al corpo, è morto: .uChisuno: :imane il gíudizio sé di pronunciato ha ;ú;;; ti cu r,i+i, egli stesso nel giorno del Giudízio aì.".a-t". -Ji'"-"..'ùoiché ,o nientbltro verîà giudicato come per i cattivi' ptt i buoni .fr. Questa sarà la 'orpr"s", seriamente-' Fino all'ultimo essi non avtanno affetrato quanto -qranto intesa dal Signore ;l;lett.* l'unità di amote a Dio e al ptossimo eragiusti porranno stui che ora fa da giudice. All'affermazione del Signore ingiusti' la domanda: (r Gv "n 4,18). Solo dove I'amore si raffredda d.u..nto.. i" *.p"ìr" ir*i"* per il non emore. poiché la necessità dell,arnore a *J"ri.fro .ì* necessariamente una tale sanzione ",is. per tutti quelli che rron ,i_oor*no

t"

necessità dell'amore.

t

Nessuao ha ecpresso ciò mcglio di Massimo il Clnfcasorc con la sua donîir. chc (gaòme) potcva csistere solarnenrc dopo la cadute dcl pccato; prima l'uomo ovwa solo bisogno di scguire il senza dubbio in primo luogo della forma più pefetta Foli è degno ."rr. tlf" bio ,tesso piò t "liz,atl,. Dio solo sa quanto ;;;;;; .i Eg[ solo può amarsi così come Egli lo merita- Al- secondo po.,o ,," t'u.i. per Dio .he hanno i beati nel Cielo, i quali adempiono principale msì prfettamente come è possibile a delle

i:1-.orn*d"rrt.oto dempiti dalcreature: essi stessi in quanto soggetti vengono con ciò i'"*o.. fioo allbtlo, mentte Dio, Iioggetto infinito dell'amore' and-re in Cielo -- sara etetnamente ksulrriore ad essir' Al ,.rro posto sta lerfezione dell'amorc mme è raggiungibile in qo.rt ui u eiome il comandamento principale 1o richiede:. 2. Riassumendo ciò che Tommaso interpteta qui come contenuto universalmente obbligante del comandamento principale, nella misura in cui esso concerne I'amore di Dio, possiamo dire che al primo posto sta I'ordinazione dell'amore a Dio, cosa che comprende in sé l'esclusione di ogni disordine. La prontezza a regolare tutto secondo il punto di vista del servizio di Dio è determinata in secondo luogo dalla fondamentale obbedienza dellìntelligenza che non si dà da sé la regola di vita, ma la riceve da Do. Vivere all'intemo di questa regola significa in terzo e in quarto luogo amare tutte le creature in Dio e far provenire ogni espressione della propria vita dall'amore di Dio. Ora non c'è nessun dubbio c-he chi nella sua vita attua questa interptetazione del comandamento principale porta in sé la pienezza dell'amore verso Dio raggiungibile sulla terra. Tanto più urgente si innalza allora la domanda in che rapporto stiano a

questa interpretazione

i

consigli evangelici. Può I'amote presmitto,

quale 1o abbiamo appena delineato, venir conseguito senza di essi o sono essi intimament€ necessari per pervenire a questa pienezza? Tommaso seguita: . L'amore del prossimo comandato víene descritto da Tommaso (così come era per I'amore dí

4 s 6 7

STbl: rrq184alc. lbi.t.

tbùt., q 186

D.

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c.

perlecriorrc aitac

tpìtitxdk,

cÙp. 8.

C,on ciò la valutazione dei consigli come (cap. 7), come puro mezz) per il raggiunsimento di un fine per tutti egualmente auspicabile, si sposta ora decisamente verso una valutazione degli stessi come {cap. 10), come gtado più elevato d,amore, che in virtù di una dedizione più grande appare anche egli stesso come più grande. Questa duplicità d'intepretazione viene ad essere, nella successiva considetazione dell'amore per il prossimo come comandamento e come consiglio, una vera e propria mutazione di prospettiva (cap. l3). eui infatti I'analisi inizia subito con la constatazione che ci sono (r Cor 13,5). Deve in secondo luogo essere retto e giusto, concedendo altruisticamente al prossimo e cetcando di procurargli i beni spirituali piìr di quelli corporali, e quelli corporali più di quelli esteriod, In terzo luogo deve essere santo. Non è sufficiente che si ami il prossimo perché è nosto parente o appartiene allo stesso popolo o in genetale alla razza umana. Piuttosto I'amo. te al pmssimo, che riposa su questi vincoli naturali, deve venir espressamente otdinato verso Dio. È per anor di Dio e della nostra comune provenienza divina e pamia celeste che si deve amare e apprezzare il prcs. simo. E Tommaso adduce la frase di Giovanni g Gv 4,21): . In quarto luogo, deve essere operante ed efficace. At di 1à di questo rimore del prossimo necessario per la salvezza va l'amote che non è comandato, ma consigliato (cap. 14). Esso oltepassa

il

primo in tte ditezioni. Primo, nelltstensione. Infatti esso comprende

pr

in sé anche I'amore i nemici, che il Signore mntraddistingue come appattenente alla perfezione dicendo in connessione a ciò: (Mt 5,48). . Tommaso stesso trova la soluzione in questo, che il cristiano non esdude espressamente il nemico dal genemle

espressamente

amote del prossimo, mentte appartiene invece alla perfezione del mnsiglio l'includetlo €spressamente. Questa forma ultima di amore ai nemici ha otigine direttamente dall'amore divino; essa non ha alcun fondamento natutale nella piùr o meno ampia simpatia umana. fn secondo luogo ci sono nell'amore del prossimo gtadi di intensità; quanto più I'amore è forte, tanto più facilmente mlui che ama rinuncia ad un ptoprio bene per darlo al prossimo. Egli può lasciare i suoi beni esteriori, il suo mrpo, ultimamente la sua vita al semizio del prossimo. A questo ultimo

La vocazione all'amore passo accenna Giovanni: , ma I'ancor più difficilmente fissabile collocarsi gradi e livelli, dei quali quello più basso, il non compiere peccati gtavi, viene considerato iome possibile adempimento del comandamento dell'amore ( rr rr q 44 2) . Poiché poi il comandamento dell'amore come leg. 4 ^ non ^d obbliga,,pro sempero, è sufficiente un abituale vol' ge affeimativa iesi a Dio (rr rr q 88 u1 Zl. I c-onJini che Tommaso introduce nel iomandamento dell'amore si^àlasciano ricondune a tre: a) Il confine della creaturalità in generale, il quale impedisce che in un qualsiasi atto creaturale Dio venga amato come in sé- merilsrebbe di esse-re amato ( . S 7ó-rr -rr q 184 t 2r utbist- 29 q I a 8 ùl z ad +). Qui c'enra però anche la maniera in cui Tommasó comprende i voti come una forma di (rr rr q 138), commisurando'la fotma di dedizione che- p9r il cristia.no è la ( f,iù, dta'a qudcosa che ultimamente è esptessione della creaturale ) analogia entis. b) Il confine della condizione terena, che non pelmctte dl'uomo di raggiungere la perfezione dell'amore prevista da Dio-come raguardo Gr tlq 4{ a , . Questo confine si concetizza in molteplici modi: < [...] alioquin esset obligatio ad infinitum, cum tamen flatura et ars et omnis lex iertos fines hateant> (Qaodlib. I q7 ad 2). c) Infine il confine ttaÀiato dallo siato decaduto dellt- natula umana, il quale ci fa dmanere pet tutta la vita in una certa dcbolezza e imperfezione. Però Tommaso non può del tutto accettare tranquillanente. una così statica fissazione dei confini all'interno della sconfinatczza ddl'amo-

;;. t;i-".

perché I'amore c-he nel Nuovo Patto viene richiesto al1'uo;" h"l;;; misura non nella limitatezza della natua unane' ma nel dono di erazia dell'amore divino, comunicatoci e riverssto in noi, un

anore chJ apre at di h di sé la creatura in sé limitata, la rpre.alla parteciD^zione à[a smnfinatezza della vita divina: (amol autem vim ttans-

forÀativam habet, unde Dionysius (4 Dia. Non.) dicitr cst autem ex' iiuitto" ,.ot, nón sinens sui ipsorum amantcs-esse, sd Jrrit i;; amatorum [...] Ille perfecte caritatem habet, qui totalite-r in Deum per amorem transform atttr> (Qaodlib. I 17). Poiché p€rò iI comandamenì"" dinamíca non più timitabile, in cli,. nella to J.U'"-ot.

-ti il comandamento stesso esprime il movimento, la distinin cui "tti.tt zione tta comandamento e consiglio ultimamente cade, si dice conse' guentemente: (Qaaest. dìsp. de Car. a 10 ad 1), Propdo l'elininazione di tutto ciò che ostacola la piena uoione con Dio è oggetto dei consigli, cosicdré veniamo qui riaccompagnati a quell'atdita e slÉnsierala posizione sulla (Opusc. 17 cap, 6). Tommaso non può farc a meno di lascíare i consigli in una cérta tensione, in cui essi da una parte appaiono un mezzo per un fine che Ii trascende, poi però appaiono anche come una "partecipazione a' ed un "riposo in" questo fine, e infine come una rapptesentazione e un'esperienza del fine stesso: (S Tb tt tt q 186 a7). Da tutto ciò dovrebbe esser diventato più chiaro come non semplicemerite per il fatto del peccato, ma più profondamente ancora pet il {atto del dualismo di natuta e sopmnnatura, di ordine della (Rm 5,8), ancora immersi nellbdio, volti lontano ila Lui' Egli è colui il cui amore possiede sotto ogni aspetto la pdorità n€i confrcnti

It

L'Autore usa qui

te si tradurrcbbero

ill

i temini

anrcbúvt Geb bt c úbetgebúbt, che lettctdocoitalistro coúe t4tta c sorrstrassq, (,t.lt)

La vocazione all'amore dell'amore umano, e al crri amore ogni amorc umano può essete sempre solo risposa. Solo perdré l'amore di Dio per noi è così infinito e indivisibile ci vieae dato il comandamento di riamare questo eterno Amore con tutte le forze del nostm essere. Ma I'amorc quando si dona non è invadente; esso domanda quali sono la volontà e il desidedo dell'amato, dai quali dceve la misura della sua donazione. Amare con tutte le fope non significa portare in casa all'anato indiscriminatamente tutto ciò che in beni esterioi ed interiori si possiede e gettarglielo ai piedi. Così facendo lo si porebbe forse disturbare, si sarebbe in ogni caso indiscreti, e ci si dovrebbe aspettare che tutti questi rcgali inopportuni possano venir rifiutati e rimandati indietro. Non che l'amore non possa anche occasional. mente offrire un regalo amichevole, come sorpresa. Ma abitualmente il vero e proprio regalo consisterà nello stare con tutto ciò di cui si dispone a servizio dell'amato. Egli solo stabilisce, egli solo fa la scelta di ciò che gli si può doaare. Ciò ptesuppone ora nell'amante un non meno lrrfetto atteggiameîìto di dedizione di quello che per propria decisione rinuncia letteralnente a tutto ciò c.he ha di proprio. L'amorc verc dnuncia radicalnente e fondamentalmente a tutto, s€condo la disposizione interiore, per tenere a disposizione ogni cosa al pdmo cenno. Esso è pronto a perconere ogai strada, Ia piùr ardua mme la più agevole. È pronto a percor. rete la strada dei comandamenti mme quella dei consigli, Un tale amore è pedetto, anche se di fatto non gli viene richiesto tutto quanto sino aIItstema dedizione possibile. È perfetto mme quelle aacelle nel Van. gelo, che stanno nella notte coi fianchi cinti e le fiaccole accese, che il padrone anivi oppure no. Esse t€ndono lbrecchio alla voce dell'amato, cJre la sua chiamata le mggiunga oppure no. E sono mntente anche se non poterono, come altre prefedte, donare di più. Accettano come un sacrificio il fatto di non aver sacificato tutto ciò che arebbero potuto saciificare. Se lo stato dei comandamenti avesse in sé questa disposizione interiore non sarebbe in alcuna maoiera svantaggiato nei con{ronti dello stato dei consigli. Ma ciò presuppomebbe che avesse in sé la disposízione dello stato dei mnsigli, cioè la completa indiÍIererna, a seconda della volontà del Signore di eleggere l'uno o l'alto stato. Qualcosa di questa disposizione era rintracciabile nella descrizione che Tommaeo fece dell'amote di Dio in quanto comandamento. Colui c-he realmente ordina la sua vita al servizio di Dio, nella piena sottomissione della sua intelligenza sotto la r€gola della fede, colui dre realmente non ama alcuna creatura fuod di Dio e tutto ciò che fa e dice lo ha misurato sul parametro del-

Lo

sfondo

l'amote di Dio (De perlectione, cap, 5\, costui possiede anche la piena indifferenza, che gli permette di non opporte alcuna resistenza al volere di Dio quando questo gli viene rcso noto, che Dio lo chiami ad uno stato o all'altro. Ma proprio qui diventa ota di nuovo attuale il primo punto di visla, nella misura in cui esso accennava all'ostacolo del peccato' Quando lgnazio di Loyola nei suoi Esetcizi' che nella loro intenzione ultima non hanno aluo scopo che il compimento della scelta dello stato di vita e in vista di ciò la chiarificazione di una eventualc vocazione allo ciò che per Ignazio indubitabilnente v'è, arui a cui esso addifittura mita espressamente: le leggi del e del (p, 118). Ecc. cct,

óe ncl

Mcdioevo han

H.

Lo

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Le vocaziooe all'amore

sfondo

a partiÌe da ciò, come da tante piccole pietruzze di un mosaico, un quadro d'insieme della perfezione cistiana, anche quando queste istruzioni sembrano avere un cerattere ampiamente piìr , immediatamente pratico, al confronto con I'idea apparentemente negativa dell'offerta, della perdita, del sacdf.icio. Tutte queste presunte ascesi e dircttive pet lo stato di vita porteranno sempre in il carattere di una certa supedicialità e scipitezza, di un arbinio nella scelta e nella prosp€ttiva, di un incatenamento al gusto personale e alla moda del tempo, mentre I'indicazione evaagelica e hadizionale circa il pedetto amore si lascia guidare in tutto intorno all'asse dell'offerta di sé, che solo a colui che non ama appate dura e negativa, mentre a colui che ama appare come la quintessenza del valore che è degno di esser ricercato. L'amore si rapporta così ai niplici voti in maniera tîiplice: nella mi sura in cui i voti--espressi formalmente oppute esistenzialmeDte-sono di aiuto all'amore ancora irnperfetto a sgombrare la srada dagli ostacoli verso I'amotr perfetto, essi appaiono come un mezzo per il fine che è I'amore che li nascende. Nella misua in cui però l'amore stesso è essenzialnente offeta, pos-

#

bensì in una anzlogia che si mantiene sino in fondo. Solo così il concetto di stato di ,,itr può ottenere l'evidente pie[le:4,a di uns concreta forma di vita in cui I'uomo è stato posto da Dio. Poiché l'uomo non viene più posto come un €nte senza contorni delimitati, non viene più collocato nell'esistenza unicamente con la determinazione dell'amore infinito e pet così dire senza forma. Egli viene creato, proprio 1xr poter adempicre realmente questa vocazione all'amote, in quella intema ed esterna cosútuzione di chiara conformazione ed evidenza che noi chiamiamo stato

originario

(U r- S t and),

siede tanto fomalmente quanto materialmente catattere di voto, contiene in sé contenutisticamente come fotmalmente i voti come sua essenza e come espressione sempre nuova di essa,

Nella misura in cui l'amore come offena è nello stesso tempo indifferenza nei confrontí della volontà di Dio, rimane pronto nel suo geoerale camtterc di voto a lasciarsi realizzare in questa o quella concreta forma di vita e stato ecclesiale, a seconda di quella che è la volontà di Dio. Esso contiene dunque potenzialmente, anche se è realmente perfetto, la prcntezza ai voti formalmente espressi, senza però anticiparli a partire da sé. Fino al riconoscimento della volontà di Dio non significa dunque per la creatura il compito di un'illusoria imitazione del modello (Voúild) che è Dio (in modo che un osselatore sarebbe tentato di scambiare I'uno con l'alro), ma signi{ica invece sottolineatura della distanza, afÍnché diventando essa ben visibile si evidenzi tanto maggiolmente anche I'incon{ondibilità e unicita defl'immagine originaria. La ticezione dei uatti di somiglianza con Dio nella creatura presuppone che questa si distingua sempre più um.ilmente da Lui, per far spazio in sé all'acco f1 I gliroento dei raggi divini. Questo atteggiamento non signfica affatto annullamento dell'io autonomo-simile annullamento starebbe soltanto di nuovo segretamente a servizio di un farsi uguali a Dio, di una fusione mistica-, ma assunzione della somiglianza nell'espre ssa distanza della rivetenza e del servizio; non tende a cancellate una volontà propria, per-

sonale, ma ad assumere la volontà divina nella volontà propria con la{' chiara cosciema che in tal modo la volontà del sigtorc viene accolta nella j { volontà del sento e da \tr In questa forma di servizio il dono dell'amore viene consegnato da Dio alla úeatura. Se essa fa ciò che deve (amare Dio e il prossimo), allora adempie la sua vocazione, adempiendo la volontà di Dio e non la propria. suo amofe, che venga prestato volentieti o no, con fatica o in maniera facile, è in ogni caso un servizio e in questo senso un (, S Th rt q 44 a l) che la creatura ha assunto da Dio nel momento in cui ha assunto da Lui la ptopria essenza.

rcafizata.

Il

t

Se qui si pada di è solo nel senso che l'amore della ceatura intimamente ha questa forma e destinazione. Poidré Dio è il Signore, la cui parola, in qualunque modo possa risuonare, è necessariamente comando, I'esecuzione di essa è per il servo a cui è rivolta un obbligo. Il carattete di obbligo non espdme nient'alno che il rapporto ra creatore e creatura, I'analogia entis naturale, Tutto l'amore che la creatura deve prestare al creatoîe e 1rt suo volere anche alle alfte creatute, quell'amore con tutto il cuore, con tutta l'afiima e con tutte le forze, quell'amore dunque che è il massímo dono di Dio alla sua creatura e che può da questa venir spednentato solo come un potete, un avere il permesso, quest'amote ha, in base alf infinita distarna îta Dio e creatura, il carattere del dovere (Sollez). Questa necessità, che si esprime nel carattere di comando, non ha

niente a che fare, come già abbiamo verificato, con quel carattete

il concetto di viene a intodursi nella telazione d'amore

sulla

base della distanza creaturale, allota ciò awiene solo in modo tale che l'intero amore indiviso assume per Ia creatura iI catattere dt una glori-

di Dia nel servizio necessatiamente collegato all'essenza della creatura stessa, La creatura, qualunque cosa essa possa di per sé essere, è presa e collocata a servizio dell'amore, e questo fonda il suo stato oti-

licazione ginario.

l

63

hr

di ob-

bligo come cosnizione, quale fu descritta come prodotto dell'allontanamento dal nudeo incandescente dell'amore. Allota il concetto di obbligo veniva citcoscritto nei confronti di quello di poter fare, avet il permesso; era un prodotto di scato dell'amore raffreddato. L'amore vivo non domandava a cosa era obbligato per non peccare e quali azioni e manifestazioni d'amore avrebbe anche potuto talasciate senza venir punito. Esso conosceva solo l'unim movimento dell'offerta mmpleta di tutte le eneîgie del cuore e della mente nel servizio dell'amote. E solo l'amore toccato dal peccato e ammalatosi giungeva all'idea priva d'amore di distinguere ciò a cui poteva (ex iastitio\ venir cosretto e ciò cÀe poteva forse ancora prestare volontariamente (ex caritate\. Se invece

Lo

sfondo

Irc stato dell'uomo, il luogo ín cui Dio lo pone, è appercntemcnt€ depptima distinguibile de lui 8t€sso, nella misura in cui egli è una (J Tó rr rr q 183 a 1c)2. Ciò che nella vita civile si esprime sulla base di un durevole esser posto in una di queste due fotme di vita ha la sua prima, piir profonda, comune radice nelltsser

2

Cercheremo in seguio di aopliare teado dallo (st.to di CristoD,

il

lioitato

concctto tomano

di

steto prr-

t't

ti

I I

Io

sfondo

posto de Dio al servizio dell'amore, che è per lui teoto un'esigenza quanio una libcrazione: (Rm ó,22)'

2. Grazia e

nissaone

Il servizio alla sua vocazione inposts originariameote da Dio, di amare Dio e il prossimo, fonds lo stato umano come stdto della grazia tort court, in cr.ri I'uomo è stato da Dio posto e deve rimanere. Di fronte a questo stato generalmente umano c'è lo stato personale dell'uomo singolo, la posizione inconfondibile che determina la sua esistenza, in cui Dio Io ha posto e che dà alla sua vita i1 vero contenuto, anzi la sua stessa giustificazione. Questa posizione viene determinata dalla grazia della missione petsotale, Gia il generale stato dell'uomo è conferimento di gazia da patte di Dio; non solo un tegalo, anche se inaudito, che l'uomo riceve passivamente, ma un sostegno rappresentato da un compito da eseguire, una trasmissione di poteri dall'archetipo (Urbild\ alla copia (Abbikl), w incarico che questi deve eseguire nell'autonomia della sua distanza dalI'archetipo e per il quale è stato prowisto dei necessari mezzi e poteri' Questa dimensione attiva della sua destinazione toglie all'uomo la sensazione di esser sempre solamente mlui che dceve iI dono, e lo abilita ad una corispondente coscienza del proprio stato. Così la gmzia si rivela realmente come grazia. Se essa fosse solo l'unilatersle dimostrazione di benevolenza di un rc nei confronti di un mendicante satebbero sempre in luce solamente il re e i suoi beni, menu€ il mendicante sarebbe impottante solo come colui che viene illuminato, ma in sé sarebbe soltanto un oggetto iDdifferente. Solo allorché la grazia colpisce intimamente colui che la riceve e lo rinnova, Io innalza e lo nobilita in modo tale che egli di venta realmente colui a cti la graaa lo destina, cioè uno che è stato do-

6

{:

lo

Dallo stato originario allo stato finale

sfondo

autentica' della tato di proprietà e qualità speciali tipiche della libertà funzione re' una da viene . d.ll'"ot oti- sostegno che

*im ""t*ti"" base ."fo a ora colui che è stato così innalzato diventa capace sulla ""È, iiìir.." gtt"r" a adempiere alla sua nuova posizione con la dignità e la ricacciato *t*A*À richieste, senza venir continuamente trattenuto e lo separa che dell'abisso ptovenienza, i.a.i- aA pensiero della sua a tetmine suo ministem, solo allora se stessa. ademPiuto e opera sua la

l^llj^lrro dll

\a graúa ha Portato

se dal punto di vista di colui che elatgisce la grazia' è come Colui la grazia si .oin.olrrr. da lui per passare in colui che la rictve'

Vis;

.frJi.* f" grazia non ctede aff"tto di dover constatare che tutti quanti ..*r.i.*. lubito in colui che ha ricevuto la graaia i contrassegni di un

aver dcevuto una grazia-per date onore- alla vcrità-' lJiro rr"..=r"nno la linea di separazione tra natura e grazia' Il donatorc i" pit,i"ti" I a*raedo che il rilevente si muova nel regalo che gli fu elargiti ir, ,n"ni.." talmente natuîale come se in esso tisiedesse la sua vera lr**". S. egli adotta un forestiero come figlio, egli vuole-che questitrasi più alla distinzione senta verameite tale, che dimentichi e non guardi rl.l ftgfi" ""a - casa. Certo il ricevente si comporterà viceversa' Maln."do oài natutalezzache gli è petmessa e donata egli non dimentichetà "-"i.h.",u,,o ciò che egli t (e lo è r."lmtnte) lo può essere pet grazia' tanto meno egli si ó*io pit' alto è il rango a cui egli è stato elevato'guardasse solamente Se rango' rì"tUi.à p.. colui che ló ha posto in tale psicolosituazione a se stesJ andrebbe a finire presumibilnente in una piacere far gica in.stiicabile: oscillerebbe tra una disinvoltura assunta 1rr e qu$ta al donatore e un imbatazzo radicato nella sua propria essenza' della coscien' situazione potrebbe crescere fino ad una sotta di spaccatura quella quale sarebbe della metà sua struttura vitale, una

poa . ,a.plia.

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di tutt" la an' di un servo, menre l'altra sarebbe quella di un uomo libero E così s1r' sé una di gustiato poiebbe facilmente giungere a sentir salire dentro ie di tisentimento nei conftonti di colui che gli ha donato la gtazia po' questa situazione di impaccio' la Tutto qtiesto cambia, però, appena la grazia assume intemamente piùr Îicevente posa sul non si figuta delli missione p.r*n"L. Adesso essa un magnifim vestito che lascia sotto dí sé continuate ad ,o'li*,o

nendolo

in

"o." esserci tutta la poveria

mendicante della sua essenza e della sua origine. Essa gli porta un compito, un campo d'attività e allo stesso tempo gioia dì suolge.. questo compito, cosicc!é egli può identificasi con -. ..ro ir, .rro ued.r. ii o.rouo e autentico senso della sua €sistenza' Essa

ta

di

gli dona un punto centrale che come un magnete polarizza tutte le energie della sua natura in direzione dí una figura d:iata ed eretta, che non si lascia aggiungere mme un @rpo €súaneo alle gran{ezze già enumerate o le importuna come un peso opptessivo, ma ridriede invece queste ener-

gie come opemi disoccupati vengono assunti per un compito che attira e che remunera bene. Questa è la forza delTa gtazia della missione. Chi l'ha compresa, osa porre a suo servizio tutto ciò che trcva in sé. Egli comprende che all'infuori di questo cento che gli è stato donato non ha alcun altro centro proprio; comptende che senza questa missione le sue energie diverrebbero infruttuose e inutili, mentre considerate alla luce della missione potrebbero tutte venh rese utili. Poiché la missione non è generale e impersonale come un vestito confezionato, essa è stata pensata proprio per lui e adattata a lui come il regalo più personale. Grazie ad essa soltanto l'uomo diviene persona in senso pieno. Il fine ultimo dell'uomo fu da sempre un fine soprannaturale, e da sempre egli fu destinato a pewenire al suo adeguato sviluppo in questa dimensione che si trova al di là della sua natura. Mai dunque si può dedurre la sua vera destinazione partendo semplicemente dalle disposizioni naturali e dai tatti del carattere di una natura umana. L'amore perfetto a Dio e al prossimo, che è il contenuto del comandamento principale, non è una vocazione che si scopre o addirittura si adempie a pattite dalle forze della natura. E neppure si può indovinare la personale volontà di Dio, che determina il senso della vita di un uomo, partendo da una qualche prefigurazione contenuta nelle predisposizioni umane. Porebbe benissimo essere che due uomini con predisposizioni naturali del tutto si-

mili siano stati predestinati pet missioni completamente diverse: l'uno 1rr I'azione nel mondo, I'altro per la contemplazione nel convento; op pure I'uao pet il pieno dispiegamento delle sue energie naturali nel servizio di Dio, l'altto invece per iI sacrificio di queste nel rnedesimo servizio. Su che cosa deve essere delle foue di una natura umana decide esclusivamente la missione che Dio le conferisce e che ultimamente proviene sempre imme&atamente da Lui. Come Egli ha impresso in ogni uomo la destinazione all'amore e g[ ha donato per grazia il fine e le fose per raggiungerlo, così ha collocato ogni singolo uomo nel suo stato, che è il luogo e la fotma in cui egli deve tendere al suo destino. Ogni vita ottiene così un centro eccentîico. Attorno ad esso ognuno deve ordinare le sue fotze naturali e rendede disponibfi in ordine ad esso. Questa sarà la forma concreta in cui egli esegue la sua vocazione all'amore, e questa esecuzione sarà il suo servizio.

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sfondo

L'uomo non ha assolutament€ alcun punto di patagone a pattire dal quale poter rischiarate il carattere paradossale della sua posizione originaria. Mai egli può scindere l'andogia del suo essete nei confronti di Dio in una parziale identita e pariale altetità. Da una parte di, che ha dcevuto doni in sovrabbondanza, è in tutto una creatuta. Non può considerarsi divino per la gtazia dcevuta e chiamare invece creaturale la proprie natura. E neppure di può chiamate divina la sua missione (che lo tende persona) e creaturale invece il suo esser soggetto spitituale (Geisuubiektsein). Egll non può chiamate divina I'anima che Dio gli ha insufflato col proprio alito e creaturale invece il suo corpo fatto dalla polverc della terra. Come un tutto, anche mn tutti i suoi doni così intimi che provengono dai tesori di Dio, come un tutto egli è costituito ffeatura di Dio, che deve ultimamente con la ptopria volontà adempiete la volontà di Dio. Egli non può dire a se stesso per consolazione che egli così compie solamente quel bene assoluto che ogni essere dotato di ragione deve di per sé mitare a conseguire, che perciò la sua coincide con la sua , che il suo riverente servizio con cui onora Dio è ultimamente solo ltsecuzione della sua autodeterminazione. Egli lascerebbe in tal modo coincidere la propria libertà con la libertà di Dio, non avreb be più bisogno di tendere l'orecchio ad alcuna parola che ptovenga dalla ptofondità di Dio, pet trovare la strada della sua autorealizzazione, anzi egli non avrebbe più (una volta fatto equivalere l'amote assegnatogli come compito con la sua propria inclinazione spontanea ad amare) alcun oggetto d'amore che se stesso. Ma se egli ha compreso che, come dice Agostino, deve chiamarsi servo anche quando Dio lo chiama amico (come Mada si chiama sewa allorché ottiene I'attribuzione della dignità di una regina), può e deve anche riconoscere che la parola che Dio gli rivolge ha decisamente ragione, anzi è la verità stessa. Nella coscienza della sua ceatumle distanza ú copia (Bitd.) dalla sua immagine archetipica (Urbild) t'tomo creato'e dotato della grazia ha più che mai I'inconcovertibile e sconvolgente certeza àella sua vicinanza a Dio. Dove questa vicinanza stia non lo sa però da se stesso, ma gli deve venir spiegato da Dio. Se egli non può tovare la sua perfezione in se stesso, ma nell'esecuzione della sua missione, se egli in quanto copia e somiglianza non può volgere lo sguardo via dall'immagine archetipa ma deve imitare {edelmente, non solo in generale ma sempre e sin nel più piccolo, ogni ttatto che da Dio gli viene mosftato, egli ottiene allota proprio in ciò, senza poterlo intuite da sé, partecipazione al píù intimo mistero dell'amote. Il carattere di setvizio dell'amore,

Dallo stato originatio allo stato finale che prima

ci era apparso come il suo distintivo conuassegno creatuale,

si rivela come così essenziale all'amore da esser proprio anche dell,amore assoluto divino. Il rapporto ua modello e copia creaturale, che appariva come rapporto tra padrone e se|o, diventa improwisamente immagine

deivata (Abbild) di un rapporto intmdivino:

il

rapporto ua padre

e

Figlio.

Il

Figlio proviene dal Padre, e viene da lui mandato nel mondo. Egli, che come persona è la crrpin (Abbild) uguale per essenza della paterna immagine otiginatia (Urbild), non conosce altro contenuto del proprio essere che quello di conispondere in tutto al pensiem e alla volontà del Padre. L'amore del Figlio non è meno divino, meno assoluto di quelIo del Padre, e tuttavia ha internamente la forma della missione, del servizio, della (Gv 5,1920). Il loro reppotto è da una parte azione, poiché ciascuno dei due opera: . Nella prospettiva del Serpeote, che preme diritto verso la (situazione etic€)r in cui prende corpo la , anche il divieto di Dio di mangiare dell'albero diventa ultinamente un prowedimento apparentemente senza senso e gretto. Non solo viene coîi esso sottratto all'uomo qualmsa a cui egli avrcbbe didtto in base alla sua posizione sovîana sopra tutta la cîeazione, ma viene privato proprio di ciò dre sembra essenzide per renderlo sor,'rano sopra la creazione che non possiede I'uso di ragione: esattamente la capacità di distinguere il bene dal male. Nel divieto sembra perciò esserci una contraddizione interna: Dio dchiede all'uomo I'obbedienza, ma questi può p.estate obbedienza come atto spirituale solo se la presta liberamente, cioè nella conoscenza della possibile disobbedienza. Eticamente dlevante diviene la sua obbedienza solo allorché egli possiede ciò di cui ora lo si priva.

E tuttavia Dio ha fatto l'uomo secondo la sua immagine e somiglianlo voleva averei e non si può suppore che Io abbia fatto in uno stadio non sviluppato per lasciargli tempo di cesceÌe vetso qualche altra condizione. Il comandarnento di non mangiare dell'albero della conoscenza non viene impartito per un rcmpo determinato, ma assoluto, e drll'infrangere questo comandamento dipende tanto la conoscenza del bene e del male quanto la punizione della mote. Si vede da ciò che per la soluzione della questione si deve risalire molto za, 1o ha fatto così come Egli

'ry rrr!'FJlJÌrqi

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s{ondo

più s monte, peî trovare il punto dove i fili si intrecciano a fomare un armonico trplÉto. Dio ha posto I'uooo in quella di-stanza da sé nella quale egli come immagine riflessa della sovranità divioa deve dominare tutto ciò cle è sulla term, sottometter€ e prendersi òme nutrimento (tutte le piante della tcrra e tutti gli alberi con fnrtti dre portano seni> (Gn 1,28ss,), ,(tutti gli elberi del giardino> (2,1ó), contemlntaaeamente però deve rimanerc di ftonte a Dio aell'atteggiamento del completo servizio, Non deve prendete, non deve affetrare da se stesso dall'albero della conoscenza del bene e del male, che come I'albeto della vita sta in mezzo aI giatdino. Egli ha libertà picna su tutta la terra, pr€supposto che questa libertà perseveri nella piena obbedienza a Dio, rferendosi a Lui come al centm di tutte le cose. Il centro: conoscenza e vita egli non deve prendenele da sé, ma ricevede da Dio. Gregorío di Nissa e altri osservaao cJre non possono esserci stati due alberi nel c€ntm del giardino, e dunque deve esserci un'identita piena di mistero ea i due alberi. Vietato viene I'albero nella misura in cui comunica conoscenza del bene e del male, poiché soltanto questi frutti l'uomo 1rcteva cogliere da sé. La vita, in quanto era vita originaria, op posta alla morte, egli la doveva comunque, se non doveva morire, otte. nere da Dio. Egli la doveva ricevere, senza pretendere di afferrada, senza cercads nella conoscenza del bene e del male. Nell'obbedienza che non wol sapete egli doveva affidare la sua vita a Dio e accettare i frutti della vita dalla mano di Dio quando o Lui fosse piaciuto. È come la dissigillazione di questo nisterc delle prime pagine della Scrittura quando nel suo ultimo libto íl Signore proferisce la promessa: . L'irraggiemento del corpo ad opera AelTa pweza dell'anima è effettivamente la castità assoluta, Essa è così pura che porta , e per questo non ha bisogno di nessuno sfotzo o ptowedimento, poiché essa non cade nella tentazione di gettare uno sguatdo bramoso sull'altro né di aspettsrsi un tale sguatdo dall'altto, di cui conosce I'amore. Essa

sa piuttosto che il veto amore ha il suo centro nello spirito, e il corpo è solo il suo campo di espressione. Così l'uomo dell'Eden possiede gli istinti, ma come ciò che naturalnente serve e collabora dmanendo subordinato. Come l'intelletto e la volontà esercitano in lui le loto sovtane funzioni solo all'intemo dell'obbedienza di fede che abbraccia tutto, così anche gli istinti e le funzioni mrporali esercitano il loro ruolo solo alf intemo dell'onnicomptensivo amore spirituale dell'anima. I ptimi uomini avevano certo ricevuto il comando di essere fecondi e moltiplicarsi' Ma la fecondità dell'amore umano sarebbe stata nell'Eden-se l'uomo fosse rimasto in esso-un'altra rispetto a quella che diventò dopo la ca-

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duta del peccato. Come le {otze dell'anima a causa del peccato si emanci' parono infelicemente dall'obbedienza di fede amante, così le possibilità del corpo si svincolarono dalla fecondità dell'amore, che a sua volta era stato stravolto a causa della disobbedienza, e si impossessarono con violenza dell'amore sessuale. Solo a causa di ciò sorge una dillerenza tra oerginita e fucondita. La verginita di Eva non sarebbe stata minacciata, all'interno dell'Eden, dalla sua matemità. Poiché l'amore di uomo e donna satebbe stato il più casto, un amore dre awebbe pteso le mosse dallo spitito per essere fecondo e avrebbe incluso il co4ro solo a servizio di questa castità dell'amore. Di ci5 che sarebbe stata questa fecondità nell'Eden possiamo farci un'immagine tanto poco quanto per la maggior patte delle altre condizioni di vita delllomo originario. Solo una inma' gine può ricondutci dal nostto nondo decaduto verso la forma lrtduta della fecondità paradisiaca: quell'Una che dopo la caduta del Peccato ma ancore prima della cacriata dall'Eden viene presentata ad ennambi come immagine di speranza; quell'unica c:he sarà idonea, poiché rimane libem dalla colpa ereditaria, ad essete contempotaneamente vergine e madle. Adamo ed Eva vivono nella completa vetginità al Punto che non conoscono nemmeno la concupiscenza. Ma verginità non significa nel-

Dallo stato originario allo stato finale I'Eden rinuncia, bensì pienezza dell'amore, fotme

&

perfetta fecondità,

(Iz Ltc vttr 1241., (Tract r, 3,6). Gregorio Magno: (rll r'Cor bom 15,6). Infine egli comprende: oNei monasteti si vive adesso come una iolia i cedenii> (pc-60, 96-98). Se in ciò non manca del tutto il punto di vista del successo, addirittura della rendita, qu-esto non è oeò óntratio allo spirito del Vanselo, che Drcmette il centuplo già su ^che hanno lasiiato tutto, se questo actade pet il oú..to ,.rr" coloto " E Ambrogio conserva tagione quando dice che (Mt 19,8). Se di fatto non si giunse a nessun tentativo di puro comunismo nella Chiesa, questo mostla solo

il

Dallo stato originario allo stato finale

sfondo

quaato la Chiesa sia cosciente che non è suo compito quello di condurre l' in_ quello (ventuto> attraveÀo az-ioni esfinseche, e che tutte le facili unificazioni del comunismo delle sette e dell,econonia modema con la Chiesa delle origini sono fallite ( cfr, E. Salin, Gescbìcbte der Volksuirtscbaftslebrc, 1-' .d., p. l7). Questo mosra'1xtò d'altra parte anche quanto questa Chiesa sia peneraia dalla parola^dell'Apostolo secondo cui si deve possedere comi se non sí pos-sedesse ( 1 C.or,7,3l), poic-hé questo mondo non è né quello inteso óriginariamen. te da Dio né quello definitivo. In base al sentimento della vita la tendenza alla povertà corrisponde esattamente a quella alla verginità; solo l'appoggio dato aí giuisti mmani e alla filosofia stoica impedisce il parallelismo pieno, poiché qui la cottilnctio maris et lemitae e la libetorum plocrcatio erano indicate come appartenenti allo stato dell'ingiustizia'. Nel Medioevo e molto anmt più nell'era moderna la posizione fondamentale si sposterà verso il diritto naturale secondario; la &stanza e la accentuata indifferenza dei primi secoli si cambierà sempre più in un sentimento di responsabilità e di missione vetso la positiva configurazione cristiana del mondo msì com'è. Ma non elimina per il cristiano il fondamentale (1 Gv 2,8-11). Luce € tenebîe vengono separate da Dio prima di ogni alua cosa, prime ancora che si possa grnsate ed una mediazione tre le due. Solo allorché esse Etaùno polamente lì'nq di fronte all'altra come chiare realtà, senza più nischiatsi in maniera sfumata, divienc possibile una orazione otdinata. Questo vale più che mai quando stanno ['uoa di fronte all'altra la luce dell'amore e la tenebra dell'odio. Per questo appare il Figlio di Dio, che deve alla fine riconciliare tutto e abbatteîe ogni murc di separazione innalzato dal peccato (Ef 2,14),la Chiesa del Quale sera universale e in segno di unità nello spazio e nel tempo, nella struttura interna e nel modo di pensarc, si distinguerà da tutte le sètte. I suoi appartenenti (lr 12,11-51). (Eb 4,12). Con questa spada della sua bocca egli minaccia di combattere contro i peccatori (Ap 2,1ó) e di scoofiggere i popoli (Ap 19,15), con €sse vengono uccisi tutti

coloto che gli hanno combattuto conno (19,21). Così egli fa patire anche, con I'apertura del secondo sigillo apocalittico, quel cavalicre al quale

cdstiano

(Gv 14,6). Vedtà e menzogna dell'uomo, luce si decidono dalla decisione Pfi) o contlo

c tenebra, salveza e lui (Mc 8,r8). Una volta posta I'affermazione generale: (Mt ó24), verranno da essa tmtte due consegueDze: (Mt 12,30), e: sNon c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlate male di me. Chi non è conno di noi, è pcr noi> (Mc 9,39-40). Insopponabile è ora la tiepidezza: (3,16). (2,4-5). do vi dico: amate i vostri nemici (...) Siate perfetti come è perfetto il Padre vostîo celeste> (Mt 5, amare

44.48). Si tmtta di un inaudito, apparentemente del tutto ireale, utopico aut-aut tÌa Dio e il diavolo, amore pedetto e peffetto odio. (2 Ts 2,14), ma (atfaverso I'opera santificattie

dello Spirito e la fede nella vedtà> (ibùL.), d& attraverso I'oggettiva santificazione sacamentale e la fede assunta oggettivsmente, atueverso iI fatto oggettivo del venir collocati enro la morte c la sepoltura di Crirto, col Battesimo, da cui sorge l'esigenza--certo pressant#i cotrispondete a questo fatto, a questa elezione e a questa chiamata di Dio con una vita degaa della vocazione dcerruta (Rm 6,4ss.). Secondo questa immagine, progettata nelle lettere degli apostoli a partirc dall'esistenza ecdesiale che si basa su elezione e chiamata di Dio, potr€bbe sembrùe che con ciò I'opera di separazione attuata della PamL di Dio fosse compiuta. Dal vasto ambito dei (dapprima) non chiamad, dal , Dio si è apptopriato di un , per po.tar€ a termine la decisiva unificazione di tutti percomendo questa via della sepanzione che a noi appare incomprensibile. Si trata di coloro per i quali Dio si è deciso dall'eternità che qvenissero chiamati alla comunione col Figlio suo> (l Cor 1,9), per compiere insieme a lui I'opera dclla redenzione e combattere nella grande battaglie decisiva insieme con I'Agnel1o come conto le potenze del male e i loro seguaci (Ap 17,14). In base a questa elezione e vocazíone a stare nella Chiesa, dre non è nient'altro che lbggettivita di elezione e chiamata, tutti i cristiani sembrano appartenere ad un unico stato comune. Ma il Vangelo ci mostîa uÀ'ak1s immagine. L'opera della divisione si compie non solo tm Chiesa e , ma continua anche al.l'interno della Ckesd, e prccisamente ia una duplice nanieta, che comisponde alla duplice divisione nel racconto della creazione tra acqua e tena ferma, tra cielo e terra, tnc dirisiorc in wrticale e orizzontale--- (Gv 8,11), il centurione; (Lc 17,19), il funzionario reale: con il quale Gesù congeda i non chiamati. In base a questo , , , i discepoli, che oramai sono presso Gesù, vengono inviati

I

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Gli stati di vita del cristiano

La prima sepatazione degli stati

lontano da lui e lroi (Ix L4,28-t3).Il tutto è indivisibfle. È il lasciarc non solo i viventi, ma anctre i morti (Mt 8,2t-22),È, un lasciare così radicale che addirittura conducr fuori dalla tana e dal nido verso ciò che è com-

pl€taú€nte al di fuori di ogni (Mt 8,20), dunque in un punto che è al di fuod di ogni umana siorezza nel mondo, in un luogo che in base al mondo non è fissabile, poic.hé non è un luogo intemo al mondo degli ordinamenti naturali e delle possib ita calcolabili, non è un luogo ptevisto nella creazione, ma a partite dal mondo può solo venir dcsignato come non-luogo (o*k èkei poí). Esso è I'al di

fuori pet ecrellerza (èxo, Ebr fr,l2-73), E quelli che hanno compiuto il passo sono consci della sua indivisib ita. Essi non stanno a enumeraîe ciò che hanno lasciato; sanno che il loro lasciare comprende tutto; (Mt 19,27). Essi hamo posto questo atto e lo hanno sentito come un atto che è unico, anche se lo devono rilrtere ogni giomo e ogni giorno rinnovare ciò che è uuco (Einmalige) in piccole rinuace. Nondimeno esso è tutto. Se ne stanno così: ml tutto che è il mondo dietto di sé, e davanti a sé nient'altro che la sequela di Colui che ha designato se stesso come la Via. Verso dove egli conduca non lo si può, partendo dal mondo, ptevedere. Petciò è lecito pore la domanda: (Che clsa ci spettera per questo?> (Mt t9,271.

infatti si deve ptenderc realmente sul setio questo , allora non è più immagi:rabile una puta e semplice continuaziofle delltsistenza intema al mondo portata .vanti sinoîe. L'uomo ha bisogno nel mondo di beni e di mezzi pet ptorogare la sua vita. E poiché questi beni sono, dopo il peccato otiginale, sca$i e contesi, egli è costretto a pteocctpasi di come impadronirsi di essi. L'al di fuod e (Gv 18,36) in cui i chiamati vengono condotti non può d'alta parte es' sere un fate a meno del mondo: essi devono (fr 9,61-ó2). Il tenta. tivo di uattenere qualcosa di quello che si diede ad intendere di voler lasciare è appoîtatorc di morte (At 5,1-11). Se uno possiede poc!, come i discepoli, o molto, come il giovane ricco che aspirava alla perfezione, è indifferente, una volte che la chiamata sia risuonata; infatti anche al giovane ricco viene rivolta la richiesta: (Lc 18,22). Si tmtta di un lasciare i beni materiali esteriod, in modo così reale che una interpÌetazione simbolica sarebbe qui ridicola, ma si tratta pure di un lasciare interiore, un rinunciare ad ogni dipendenza mondana: (14 74,26). L'odio verso se stesso si estende in un odio verso tutta la vita terrena (Gv 72,25), e precisamente non col lxnsiero segreto di trattenere, ma con la certezza di perdere questa vita terrena (Lc 17,33). Proptio in mezzo a questo esodo tadicale, che per I'uomo si presenta come un'esigenza irreale e inadempibile, giacché egli la pone nel puro vuoto, risuona il semndo comando: lasciando perdere tutto possedere una fiducia cieca, un'ingenua mancalua di paura. D dove prima non ce n'era alcuna, e questa possibilità l'ha

fondata addirittuta in se stesso. Essa è la possibilità di stare in lui, di avere il propdo posto nel suo amore al Padre e agli uomini, un amote di completa abnegazione, È la possibilità, fondata nella chiamata, di andare a ltsi (pros auton, Mt 10,1), di essere presso di lui (met'aatoa, Mc 3,14), attomo a lui (peti aaton, Mc 4,10), insieme a lui (syn auto, Lc 8,38), di con&videre la sua sorte, di partecipare alla sua passione, alla sua tiprovazione, al suo smacco, di bere al suo calice, di divenire i confidenti dei suoi pensieri piìr intimi, onde alla fine non solo risotgere insieme con lui, ma insieme con lui espressamente giudicate (Mt 19,28; C-ot 6,2) e in îotza di questo giudizio loro affidato insieme con lui tegnare (Ap 20,4-6). Si vede ora anche come questa nuova possibilità fondata nel Reden-

tore si rapporta allo stato originaùo delltsser uomo. Lo stato originario em uno , in cui ffa stato mondano e stato d'elezione non era necessaria né possibile alcuna distinzione. In esso la natura umana eta a, ttl punto sofretta dalla grazia e predisposta all'amore, che po. v€rtà poteva significare solo I'espressione óella icchezza dell'amore, vetginità solo l'esptessione della sua fecondità, e obbedienza solo quella della

',t Gli stati di vita del ctistiano sua libetta nel servizio. Quanto la dedizione contenga di rinuncia al proprio possesso restava non accenftlato e nascosto nella potenza dell'amore

rcciproco che tutto tiempie. L'esistenza dell'umanità decaduta aveva mutato questa pieneza ia una scarsità alf intemo del mondo; pet questo la ticerca di ciò che è necessado per vivere e la proprietà singola erano divenuti inevitabili, l'istintivo determinante 1xt la procreazione, e la scelta fra bene e male gazie ad 'sna ragíone che pnsa alla maniera del mondo decisiva per il comportamento morale. La destinazione dell'uomo espressa nel comandamento dell'amore non era posta fuori vigore, ma chi poteva pensare di renderla legge e quintessenza dell'inteta esistenza, quando pure questa odginaria totafita era frantumata e imestaurabile per l'uomo? Chi poteva lrnsare, in nezzo alla battaglia per l'esistenza, che I'amore non celca ciò che è suo? La nostalgia della totalità poteva continuare a vivete, ma nei suoi tentativi di ristabilire con {orza propria il rappotto originario doveva-come dicemmo prima-sprofondarc dallo stato dell'analogia davanti a Dio e in Dio verso forme titaniche di identità rnistica o di puro umanesimo che mette I'uomo al posto di Dio' La sttzrdà fra stato originario e stato finale era crollata. Chi voleva ciononostante uovare la via doveva, là dove si era verificato uno smottamento, arrampicarsi su per i butroni. Questo fece il Figlio di Dio' Egli si calò giù nel profondo e divenne uomo. Non un uomo edenico, ma uomo come noi. viene un po'mitigata dall'aggiunta in Matco: ma che camnina quaggiù. Egli sta nella cre ce, e qui egli riguadagna qualcosa della totslità del paradiso' Il cistiano nel mondo viene lasciato all'interno degli ordinamenti della natura decaduta, ma ifl maniera che I'ombra e la forma della croce cade su di essa, in maniera dunque che egli, obbedendo alla legge di questo mondo, non è però di questo mondo. Così vive anch'egli in un (Mt 13,10-11). (Mc 4,11). Così il Signore aspetta fínché è solo coi discepoli, e (Mc 4,341,In vittr della divisione di parabola e vedtà essi acquisiscono il diritto di domandare circa il senso della parola di Dio: (Mt 15,15). (Mc 7,17). Gesùr esige però come condizione che essi non soltanto si imprimano meccanicamente nella mente le spiegazioni, ma ttovino essi stessi la chiave pet l'interptetazione. Infatti la beatitudine rivolta ai loro occhi e orecchi, che apprendono ciò che (Mt 11,17), indude pet essi l'impegno di vedere e udire in modo tale che nella parabola tenena divenga hasparente il senso divino. Pet guesto egli rimptovera i discepoli quando essi non capíscono Ie sue patole nel loto vero seDso (Mc 8,15-21), Essi devono diventar capaci---*olo la discesa deilo Spirito Santo li equi paggetà definitivamente peî questùi mutate Ia terta in spirito vivi-

La prima separazione degli stati

il cui splendore iraggia in{initamente su quello presente nella parabols (2 Cor 3,6-10). Al popolo Gesù parla in parabole che non vengono spiegate. Così egli va inmnuo alla capacità di comprensione della gente. Essi devono venir toccati dalla potenza della sua parola, devono rimaner sbalorditi della sua sapienza e lodare Dio per questo. Essi devono venire attirati dalta, gtandezza del contenuto, che li supera, Lo splendore e la chiarczza del sole divino deve estendersi sulla loro vita nel mondo- (Mt 4,1ó)----ed essi devono avet la possibilità , lcv 72,35-36\, fintanto che è giorno e brilla la luce. È sufficiente se la loro vita si muove all'interno del suo circolo d'irraggiamento, se i doveri nondani che essi devono sbrigare vengono riscbiarati e cambiati di valore dal raggio della luce che li colpisce. Così essi possono, cosa che è loro quotidiano compito t€rreno, Íasformarsi in una parabola della vita eterna € deu'eterna verità. Essi non la conoscono forse così come essa è in se stessa, ma sanno che ciò che costituisce la lom vita non è I'ultima e conclusiva verità dell'esistenza. Riconoscono il suo senso simbolico úasparent€ che rinvia vetso un alto, definitivo mondo, al cui svelamento (Etttbiillangl essi vanno incontro con petsevetaDza nelTa pazienza e nella fede, Così essi acquistano distanza dalla loro vita e mettono in pratica, anche se spesso non in rnaniera conscia, l'esortazione dell'Apostolo: vivere nel matrimonio come se non fossero uniti in matrimonio, sposarsi come se non si sposassero, essete felici come se non lo Éossero, dedicarsi al comnercio come se non possedessero niente, trafficare con il mondo come se non ne guadagnassero nulla (1 C-or 7,29-31). Nella parabola della parola del Signore essi apprendono , come questa voce viene compresa dal Figlio in tutta la sua pienezza, ma dagli uomini viene percepita in maniera così indebolita che àkuni la ctedono una voce di angeli, altd pensano di aver udito soltanto un rcmbate di tuono (Gv 12,28'29), così la stessa parola del Figlio viene ricevuta dai discepoli e dalle folle da distanza diversa e con diversa intensità. Ogni parola del Vangelo ha un senso per la Chiesa inteta, anche quelle parole che furono dette a uomini singoli in situazioni determinate' Non ct nel canone della Scrittura nessuna patola del Signore della quale un cristiano non se ne debba far nulla. Anche patole che vengono rivolte

ai discepoli, pensate quindi in plima istanza per gli eletti, sono indirizzate alla Chiesa intera e ad ogni cristiano nello stato mondano' Non solo nel senso che il popolo deve sapere ciò che il Signore si aspetta dai suoi discepoli e mme egli li ammaestta e li isruisce, ma pure e ancot più a{finché il popolo affeni quello che I'unica, indivisibile patola di Dio al 'tn meno al mondo in base mondo contiene, e si otienti nella sua vita ad essa. Pet questo Gesù si dà cura di rivolgersi ai discepoli anche in presenza delle folle: (Lr. 72,1-)). Questo discorso continua finché Pietro intirompe il Signore e gli chiede: (12,41); domanda a cui Gesù impartisce una risposta piena di mistero, il cui senso puîtuttavia è I'analogia della patola di Dio a seconda della capacità & comprensione dell'uditote: (k l2A7-45). Quir:di per i discepoli, che conoscono la spiegazione della Patola nella sua nuda realtà divina, la responsabilità sarà considerevolmente più grande c,he per le schiete, che celto (Mt 1t,13). La presentazione di questa analogia della Parola I h replica del Sígore alla domanda di Pietro se la {tase si riferisca solo

aidiscepolioatutti.

Per questa analogia non si poaebbe trovare conferma migliore che fatto che parole che in un oangelo sembruno riaolte esclusitamente ai discepoli, in an altro sono indirizztte qaasi sempre crrcbe o soptottutto alle folle. Niente sembra contaddistinguere in maniera più esclusiva lo stato d'elezione che il grande discorso di invito del Signore ai discepoli nel Vangelo di Matteo, nel quale di illusna ad essi il loro apostolato e nel bel mezzo di esso pronuncia le parole: (Mt 10,37-18 ). Le medesímc parole si indirizzano però in Luca espressamente alle grandi Íolle (lt 14,26"27), La parola del perdete la propria vita viene detta in Matt€o soltanto ai discepoli (Mt L6,25), n Giovanni ad una grande moltitudinc (Gv 12,25), in Marco infine espressamente (2,23).

Gli stati di vita del

cristiano

Il comando della fecondità che Dio impattisce ad Adamo ed Eva è perciò un comando non solo morale, lssciato alla loro liberA, con I'adempimento del quale essi rispecchiano qualcosa dell'archetipo secondo il quale essi sono stati cresri; Ia fecondità della Trinità. Esso proviene di volta in volta già da una {econdità fisica di Adamo, che Dio ha operato durante il suo sonno e che mn lo scaturire di Eva dall'unico, vivente corpo di Adamo, è divenuta unìmmediata immagine fisica del sorgere delltterno consustanziale Figlio dalla sostanza del padre. In nessun modo Adamo ed Eva sono una sola cosa soltanto in una astratta , pef divenire poi attfavefso la loro unione sessuale un'unita conoeta e con ciò anche feconda, bensì I'origine della loro asuatta unità come uomini è essa stessa già concreta unità e fecondità, pet gazia, e così è immagine della divina, concreta unità d'essenza con la sua fecondità ninitaria. Cetto uomo e donna rimangono solo immagine, e la loro unita è un'unità in divenire, in movimento, da rcalnzate in una sempre nuova attualizzazione, cosl come poi anche il frutto della loro unione ri.mane sottratto al loro poterc e viene donato loro da Dio. Per questo Eva, dopo che ha partorito il suo primo figlio, dice: (Gn 2,24\. La sua fede, che lo chiama fuori da ogni rifugio in se stesso, nel suo ambiente, nella sua paúia, per novare quel completamento di cui egli ha bisogno al fine di ritrovare tutta la sua carne e ossa, non è una fede putamente naturale, ma una fede di più profonda ptovenienza e perciò anc,he di mete più lontane. E tutto ciò all'interno dell'innocenza del pata&so terrcstre. Il prelevamento della costola e la separazione di uomo e donna non è per niente identica ad un trxccato originale o anche soltanto ad un suo gradino previo. Anche il , per unirsi alla moglie, sta ancora interamente all'interno della regola dello stato originado. ,

Lo stato cistiano

{

Il prelevamento della costola è per Adamo nna gtazit che lo eleva irfinitameote: la grazia di poter perteciparc al mistcro dell'autodedizione del Padre al Figlio, che per così dite si priva della sua propda divinità per donarla al suo etetnamente consustanziale Figlio. È la ferita dell'amore che Dio imprime in lui per introdutlo nel rnistero dell'amore divino, che consiste in pura autodonazione senza limîte (Selbsnerscbuend.uttgl. Diventa msì comprensibile che dopo il peccato non solo continua ad esserci una certa fecondità natumle del matrimonio, bensì anche ora jl matrimonio nella sua interczza proúiexe da più lortano e mira più lontano che ana semplice comatione ,tatsrale. ll naturale conserva una provenienza sopramaturale e perciò anche una finalità soprannaturale. E nell'Antico Testamento, nel quale il matrimonio era l'unico stato normativo dell'uomo, poiché la verginità dell'Eden non c'era più e la verginità della croce non ancorat, lo stato matrimoniale era collocato come un tutto fl, la provenienza edenica, che rimane conscia- (Mt 19,4-5 )"---€ il futuro messianim, al quale ogni maÚinonio è orientato e pet il quale ogni infecondità apprue come una vergogtra e una punizione di Dio. Un celibato praticato coscientem€nte sarebbe nell'Antico Testamento privo di ogai senso, anzi potebbe venir considerato solo come disobbedienza nei confronti del' I'otiginario comandamento natural-soprannaturale di moltiplicarsi e come mancanza di fede nei conftonti della promessa fatta ad Abramo. Così I'an' gelo Raffaele dice a Tobia: . Esse sta o cade col completo spargersi fuori di sé della potenza spitituale, e questo non si verifica alrimenti, come dimostra il Signore sulla ctoe, cIrc nella completa obbetlietza. L'obbedienza è la povertà dello spiîito per amore, e la vergioita, dre è una povena del corpo per amore, diventa feconda solo laddove ha per presupposto il sacrificio spirituale. Questo la Chiesa 1o ha capito sempre meglio nel corso dei secoli, Men. essa, cone abúg\^t^ dalla bellezza della nuova verginiù,

trc all'inizio

vedcva questa quasi come sufficiente per

Lo stato ctistiano

cristiano

la fondazionc di un proprio

stato di vita, comprcse però prcsto c-he la castità fisica possiede un senso e una fecondita pet la Chiesa solo se unita con una realc dcdizione dcllo spitito: cioè coo una fotme di vita che in una qualchc mgniers dchiedc uaa vera obbedienza, e precisamente un'obbedienza che-attravetso I'azio-

ne o la contcoplazione-dona i suoi frutti alla Chicsa cattolica ed è msì ur'obbedienza nella comuaità. La vetgínita ne[a Chiesa non può mai esser€ nient'altro che un asP€tto psrziale di quell'unico stato clre sta di fronrc al matrimonio, quello stato c.he nell'unita di povertà, verginità € obbedieoza Cristo sulle croce ha portato nel mondo come la nuova forma della feconditA divina. Solo questo steto Può allo stesso temPo supetare € dempire doll'alto con nuovo spirito ogni perfezione del matdmonio natural-soptannaturale. Questo dovrebbe essete evidente senza difficoltà nd caso dcl sesso nraschile. A nessuno verrà in mente di porre accanto agli uomini sposati c a quelli che appatengono allo stato d'elezione \r terzo slato PîoPrio di coloro che nel mondo sono rimasti celibi. Nella molteplicita dei dcstini

umani, tanto più dopo il peccato originale e le sue conseguenzc, ci sa' ranno cefto sempre destini che non sono classificabili nella forme gcne' rale abituate: uomini chc a motivo di una qualche malattia dcllo epirito o del corpo non sono idonei al matrimonio (ma nemmeno all'elezione) e si vedono perciò costretti a vivere nel mondo non sposati, Forec anche uomini che non vogliono restare fedeli ad un amote IÉt une pcrsono chc sulla terra non è possibile rcalizzarc, uomini che di per sé apprttcngono allo stato matrimoniale ma c,he per motivi estemi sono stati impcditi alle sua realizzazione, uomini cbe di per sé appanengono allo stato dci consi' gli ma per motivi estemi-ad esempio la cura dei Parend-non sono po' tuti entÌarvi. Una dottdna ddlo stato di vita non può tegolami in baoc a queste eccezioni, che sotgono necessafiamente nelb stcrmincta vadeta e mntingenza dei destini. Anche questi uomini stanno all'intcrno dcll'uni' versale status cistiaao ddla Redenzione e hanno psrte alla gazie dcllo stato della Croce. Anche nell'Antico Testamento c'€tano stlti sinrili uomini, € ,nche h la loro esistenza non esigeva un tale riguardo de dover ptogettare l)er essi una prcpria foÌma di vita, un ptoprio steto pertico' late.

Quello che vale in modo owio pct gli uomini valc però nondimeno anche per le donne, sebbene per motivi naturali le donne non sposate sia' no più numetose che gli uomini celíbi. L'uomo infatti scdie la sua mo' glie, la donna invece viene sc€lta per il manimonio, A parecdrie donne, che volentieri si sarebbero sposate, è mancata I'occasione per fado. Ma

Gli stati di vita del

Lo stato cristiano

cristiano

nella speranza nell'appagante fedeltà di Dio, la quale non priverà la sua offerta dei ftutti promessi, materisli o spirituali. Nessun è pensabile come fotma di vita fondante uno stato, accanto a queste due forme di vera dedizione, nessun

C,onsegue in secondo luogo che tutte le forme di vocazione nondane che necessadsmente esigono donne celibi nel mondo devono, pcr esscte mnciliabili con una concezione cristiana di stato di vita. ofirire ai loto nembri la possibfità di rinunciare alla libertà (Ungebiandenbeit) con cui I'uomo può disporre sempre nuovamente della zua vita, in fa-

vore di un autenticamente cdstiano venir vincolato (Gebudenlteit). Solo allora Ia donna sentirà la benedizione che sta nel venir continuamente educati cristianamente da una oggettiva rcgola di vita, e verrà ptotetta dal minaccioso destino di diventare una vecclia zitella inaddita. Poiché la società umana non consiste, mme uno stato di api o di fotmiche, di tre esseri: masc-hili, femminili e asessuati, un uomo non può semplicemente astrane dalla sua sessualita nel dar forma alla sua vita e nell'adempimento ddl'immagine di Dio in lui. Non sarebbe difficile mosnare che nazioni ed epoche verameite cattoliche non hanno conosciuto questo sostanziale assenso al che nel tempo fecente, con nausea del hatrimonio e secoladzzazione dei mnventi, società anonina tipo quella delle formiche e un liberalismo che stima ls Iibertà dell'autodeterminazione come iI massimo dei beni, è &ventato quasi ul ideale, e che anche da cattolici viene considerato come qualcosa di praticamente normale. Si crede di farc gia molto se si impegna la propria vita per un certo pedodo & tempo per un qualche scopo umanitario, sempre mn la riserva, se o non piace più, di darsi a qualcos'altro. Se petò abbiamo parlato di una analogia dello stato dei consigli, gircché, accanto alla dedizione piena nei tÎe voti religiosi solenni èsistono anche molteplici maniere di aver palte a questa vita di dedizione, bisoqna dite allora che la partecipazione al vero e pîoprio stato d'elezione diventa tanto più piena quanto più fortemente in una forma di vita viene mmpreso e vissuto il legame più intimo, cioè il legame spirituale dell'obbedienu. Verginità e povetà sono beni cdstiani solo allorquando sono espressione di una dedizione e un legame spirituali a Dío, e che già lo erano originaria. mente, senza sap€Ìlo, poiché Eva ha origine da Adamo. Che essi perciò, congiungendosi e rinunciando così slla loro suptrnsta autosufficienza, seguono solo una legge profonda di autodedizione, la quale attraverso la petdita di ciò che sembrava essere unita ftova questa unità con I'aluo e nell'altro. Un'uaità però che non proviene semplicemente dai due partnets, ma dal ftutto della loto dedizione, c-he è più che il loro seme; è qualcosa di insospettato, gatuito, metaviglioso, risultante dalla dedizio. ne: il figlio. Finché si considera il matdmonio come un'istituzione pummente naturale, il figlio apparirà sempre come un prodotto casualc, ancùe se allietante, forse sperato, dell'unione sessuale. Il frutto non giace nella reciproca dedizione dei coniugi, non è derivabile da essi, non si può comprendere a partire da essi. Accade così che in questa considerazione puramente naturale del matrimonio si dete distingaere tru diuersi d.el matrimo o: Íine

delltducazione dei

i

fi il' ti

ri*

i

,

i

d

figli e il fine della dedizione

il

reciproca, che si può

dístinguere poi andre mme (scopoD e (senso) del manimonio. Qaerla distittzione però cade (e con ciò enche certi imbarazzi a cui questa distinzione conduce) se si considera f matrimonio nel suo sacramentale esser fondato nell'atto di {ede. Ora infatti i coniugi sono non più soltanto aperti I'uno all'altro---e in questa apertura c.hiusi a tutti gli altri-, essi stanno piuttosto aperti pdmadarrente a Dio, e offrendosi davanti a Dio l'uno all'altto in questo stato si donano allo stesso tempo a Lui e attendono da Lui I'inatteso: il frutto della sua gtazia. La nanieta in cui essi si offrono a Dio è essa stessa già grazia, e perciò è femnda. Così la fecondità della fede in essi attende la femndita dalI'alto donata da Dio, che questa sia un figlio che Dio dona loro oppure un frutto spirituale, se non ottengono la fecondità fisica. L'atto di conregna all'interno del sacamento si distingue alttettanto essenzialmente dall'atto d'amore in un mattimonio quanto I'atteggiamento spirituale di r:n cedente si distingue da quello di un non credente. Il credente attende ogni frutto da Dio, senza voler saperc in anticipo che cosa otterrà; egli è aperta slxranza, dre anticipatamente da il suo assenso e accetta og[i gazia di Dio, in qualsiasi forma essa si presenti. Così i coniugi cistiani, incontrandosi, aspettato sempre da Dio la sovtabbondante dsposta della sua grazia: è impossibile per essi distinguete il , senza voler conosc€le l'atteggiamento intedote del Ctocifisso, avrebbe lasciato solo solo

il

il

Signote

capo.

"

.ofi.io,

separando

i

sentimenti del corpo dai s€ntimenti d€l

Che I'autorita del Padre per il Figlio abbia realmente il valore di una legge sempre attuale e incarnata nella legge umana egli lo mostra con h s* iltto-ittioo. alla legge di Mosé nella circoncisione (l* 2,21), nella purificazione (ibilt.,22-24), nel pellegrinaggio a Gcrusalemme (iàil', 42), nelle ripetute visite al Tempio in occasione delle feste giudaidre, nell'ade-

La seconde separazione degli steti guemento di tutta la sue vita alle profezie dei padd, che racciano alla sua vita la pista da seguire (Gv 12,14 ecc.), (Gv 6,18), La legge di Dio sta al centro del suo cuote (Sal 40,9), è lbggetto continuo del suo amote adorante. Essa è, comc dicemmo prima, lo Spirito Santo in lui e sopra di lui, che gli ptesenta di voltc in volta la volontà del Padre, in cui l'Antico Testamento, legge c ptofetí, è adem-

piuto e sovradempiuto, il quale 1xrò come Spitito divino non cessa & esserc per il Figlio incarnato la norma assoluta degna di essetc adorata, l'istanza ministeriale per eccellenza. Così anche nelle Chiesa solo un'autorità assoluta, non sminuibile da alcrrndré, da nessun sentimento, considetazione o opinione umana, è in grado di rendere comprensibile e addirittura eseguibile ai cdstiani qualcosa dell'obbedienza d'ar:rore del Figlio nei confronti del Pedre' Il ministem ecclesiale, che in base alla forma esteriorc porta in sé fatti veterotestamentari, appaîtiene così all'intima essenza del Nuovo Tcstamento. Esso è ciò che nella Chiesa tende possibile l'obbedienza d'amore neotestrmentaria; esso costituisce quell', superare il quslc (c{r' 2 Saln 22,30) è il mmpito cistiano. Con la sua pedetta obbedienza d'amore Cristo ha mostrato, tappresentato in sé e reso nuovamente nota al mondo I'assoluta autorita del Padre. Egli fu così obbediente che il Padre nella uesparenza dcll'rmore del Figlio poté impersonare in lui la sua propria autorita. Gia in quento fattosi uomo il Figlio è il rapptesentante di questa autotità dcl Padrc ncl mondo, poiché il Padre gli ha conferito tutto il potete di giudicare (Gv 5 221; più che mai egli lo è dopo la sua Passione, giacché íl Pa&c gli dA adesso il nome che è al di sopta di ogni alno nome, ( Fil 2,10-11),lú, al quale (Gv 11,20). Il parallelismo è ineccepibile, non perché I'uo mo a cui víene conferito il ministero sia di per sé in qualche modo paragonabile a Cristo, ma perdré il volere del Figlio tasmette alla Chiesa I'autorità che il Padre possiede per lui, affinché essa in nome Suo possa innalzare nei confronti dei credenti richieste incondizionatc. Solo c:lri realmente si sottomette conosce 1rt eslrrienza I'anore, e non una semplice immagine apparent€ di esso, che significa in realtà ricerca di sé, egoismo. E non in teneno neutrale si gioca la decisione circa I'arnore, h dovc facilmente ci si può conprendere d di là delle opposte opirioni, ma rells prova più difficile, dove l'autonomia propria dell'apostolo dsweîo (2 Cor 10J), Se pelò questa obbedienza per la salvezza dell'umanità la deve prcstere il cristiano, allora essa esige dal Fondatore della Chiesa la gotanzia assoluta che l'autorità a c1ri egli la deve prestare sia di origine divila e stia al posto stesso di Dio.

pr la ptosecuzione della dimensione miNuovo Testamento si possono dcdurre e mettere in ordine le alùe. Esse emno necessarie tanto per coloto che dovevano seguire il Signore nell'amore perÍetto (latione cdlitttisJ, quanto p€r quelli che ettmverso il ministeto e I'autodta doveveno veniî educetí, partendo da un amore imperfetto o dal timote, all'amore perfetto (rdtiore timoris). QrselIi che pronunciano il voto d'obbedienza nello , voto che comptende in sé tutti gli alni voti (S Tó, loc. cit.), si sottomettono volontarianente all'obbedienza di coce del Signore. L'aspetto míniste tiale che giace nell'obbedienza sccondo i consigli conisponde dunque, a motivo della sua piena volontarietà, molto di più alla puta obbedienza d'emorc neotestamentaria dre ad uîra continuazione dell'obbedienza mi. nisteriale veterotestamentaria prima dell'amore o accanto ad esso. Poicbé peó da uns parte non tutti quelli che hanno pronuîrciato il voto d'ob bedienza possiedono I'amore perfetto, oppute talvolta si allontanano da esso, e poiché d'altra parte Ia moltitudine di quelli che non sono scelti per questo stato e che tuttavia sono c-hiamati all'amore perfetto è perimeîlti dnviata all'assoluta obbedienza nella Chiesa e può tivendicare il diritto ad essa, doveva perciò un aero e proprio ,ni istero presbitnole impersonete per I'insieme della Chiese quello che il superíore rapptesenta all'interno di una comunità religiosa: l'autorita divina. E poiché anche gli ordini teligiosi sono solo una parte della Chiesa, e I'insediamento da b) Da quesu prima ragione

nisteriale

lel

parte del Signore del ministero ecclesiestico concerne la Chiesa intera, stenno perciò aadre gli ordini di8iosi e le altte forme di vita dello stato dei consigli sotto l'autorità ecclesiastica. Questo soprattutto perché il ministero ecclesiastico va ampiamente el di h di una semplice rappres€ntn ione asratte dell'autorità divina. Esso deve piuttosto Úasmettcre all'intemo dcl suo poterc d'ufficio I'i;teu pienezza della cottcrcta prcsenzd dcl Sìgtore ncllo, Chiesa e la elargi zione sacrdmeatale della saa grazia- La gazia del Signorc, infatti, volle aiutate in ogni suo stato la natura decaduta non 8emptcemcnte con un invisibile completamento della sua continua carenza, ma volle donarc ad essa questo sovrsbbondante completamento in segni visibili, corrispondenti alla dimensione coq)omle dell'uomo, dipendente dai sensi, segni nei quali il continuo aiuto dall'alto si fa visibile anclre qui c ota, nclla nostra tenpotaltA e nd nostto spazio, Non solo volle Cristo rimancr prc-

sente nella sua Chiesa per ogni tempo, ma piuttosto dovevano anche i suoi aver sempre davanti agli occhi i segni evidenti che garantissero questa presenza. Essi dovevano non solo poter vedere le più o mcno difettose approssimazioni all'ideale del suo perfetto sacerdozio, ma vedere, vclato nei segni ma per la fede amante dawero visibile, questo stesso perfetto sacerdozio, Ed essi dovevano allo stesso tempo tîovarc clre lo scerto tra quest. perfezione e la loto propria impedezione è sempte di nuovo superato dalla $azi^ del Signore, poiché egli li attira giomo dopo giorno nel suo propdo sacdficio, che realmente continua a vìvere: come sacrificante nell'atto sacrificale della S. Messa, come sacrificato nella Comunione, non più nella conhapposizione di irnmagine archetipa (Urbild) e immagine deivata (Nacbbild), ma in una unificazione, quale I'inventa I'amore & Dio. Tutto questo, però, il Cristo vivente 1o op€ra attraverso il suo Spitito Santo, che oramai nel hinistero ecclesiale opera e media con la stessa o8gettività con cui il Figlio sulla terra aveva efficacemente e me&sto la volontà paterna: (Gv 4,14). E ancora una volta lo Spirito normatore nel ministero ecclesiale non è qualmsa di esÍaneo, ma il medesimo che come amore è stato rive$ato nelle anime dei credenti (Rm 5,5). E ciò che vale per la realtà dd sacrificio continuamente operante € per i sette sacramenti che si iradiano a partire da questo cenho della Messa vale anche necrssadamente pet le altre funzioni del Signore: per la sua perfetta rapprcsentazione della verità del Padre, in quanto egli è la sus Patola ( del prcpdo ufficio. L'esistenza sacerdotale viene piuttosto fondata definitivamente, come viene presentato ncll'ultimo capitolo nei confrcnti di Pietro, nell'aperta disdepanza fta mínistcro e per-

di far coincidere in

233

Gli stati di vita del

La seconda separazione degli stati

cristiano

Anche la forma in cui viene immessa la soggettività dell'uomo che vive nello stato dei consigli è una forma oggettiva, superiore alla misura e alle possibilità della lrrsona, una forma anonima (come regola obiettiva), che diventa per la soggettività l'occasione desiderata per aderire ad essa e in essa perdersi. Ma poiché questa fotma non è più qui funzione ministeriale in mano a Cristo, ma forma personale della dedizione redenrice di Cristo stesso,la (perfezione) di colui che è stato a ciò eletto deve consistere nello sforzo di appropriatsi sernpre piir di questa forma, di far divenire sempre più piccolo lo scarto fra essa e sé. Ciò a cui egli tende è la dedizione incondizionata, che gli viene presentata come forma della regola; e quanto piìr pedettamente egli mantiene i suoi voti, tanto più egli viene conformato all'atteggiamento redentote e così all'o1rra redentrice di Cristo. C,osl egli personifica nella Chiesa, di fronte al sacerdozio oggettivo e funzionale del ministero, il sacerdozio soggettivo' senza ufficio, dell'amote e ripresenta così nella sv^ aita il Signore' come il sacerdote ministeriale lo rende presente oggettivamente (nella ptedicazione, Messa, Sacamenti e cura pastorale) in forza della sua potesta.

Anche questa forma di vita è fondamentalmente senza termine, poiché Ia peúezione della dedizione di Cristo ci sta davanti agli occhi non altrimenti che in un eternamente aperto tendere verso di essa. Questo tendere diventa così la forma distintiva dello stato dei consigli: esso è e rimane fino all'ultimo status perfectionis acq*betdae, di quella perfezione che l'uomo ha promesso nel voto di assumere come forma di vita, 1ler adattarsi ad essa

Fa patte del concetto di perfezione cristiana il fatto che essa non diventa mai una rnèta raggiunta, al di h della quale non sarcbbe più possibile aspirate ancora a qualcos'alro, ma consiste invcce nella . E questo non solo a moiivo dell'impefezione dello stato peccatore dell'uomo sulla terra, ma proprio a causa

sua

venir raggiunto. Così anche le elezioni e le missioni neotegtamcntarie, cordspondentemente alla partecipazione cristologica alla natura divina, non sono più internamente limitate come quelle veterotestamentafie e perciò nemmeno sono da assolvere una volta per ùJtte, per poi lasciarsele dieuo le spalle. Così già Origene interpreta íl (Ada. baer.,2,28, 3), e giunge sino ad un'equiparazione di .,andare> e (ibid.,5, 8,1). Anche i beati (ibid., 4,28,2). C,osì Gtegorio di Nissa descdve la stessa beatitudine eterna come infinito tenderc verso Dio, e pone sullo stesso piano e (In caw. hom. 8, pc 44,941s; hom. 6,ie 44,891. Pèr ulteriori esempi dr. il nostto studio (Parigi 1942,67-80). È anche la formula di Agostino: (In loh tt 65,7). E commentando le iarole di'Paolo' (Fil 3,6-16), chc oia dice di sé non pensa di aver raggiunto la perfezione, ma dimentica ciò chc sta díe tro di lui e tende a iiò che sta davanti a lui, ora invcce parla di nuovo di sé come di uno che è perfetto: (Ix 22,29),

la questione, quale preciso significato Gele dodici tribù già da lungo temnumero rappresenta petciò in primo luogo

Possiamo lasciare aperta

sù attribuisca a questo nuhero dodici.

po non esistono più;

il

I'Israele originario, ideale, anche qualitativamente completo, integrale. A dpristinare questo Israele qualitativo come il pefetto popolo di Dio era Gesù venuto, e i suoi discepoli eletti dovevano dapprima formare con lui le primizie di esso. Giudici sarebbero stati allora come dlineatori, linee direnrici. Solo allorché il ministero di Gesù tichiamò l'atten-

in mísura sempr€ cfescente sulla croce, apparve chiatamcnte, dalle loro rappreseltatività uníversale, Ia ministerialità ecclesiale dei Do&cí. Essa è pienamente sviluppata nella consapevolezza degli Undici do po la resurrezione del Signore, ad esempio nel discorso in cui Pietro propone la sostituzione del traditore nel collegio dei dodici: . E poi pregano per coloro clre sono stati proposti pei l'ufficio: (At

zione

|,r7.20-24-25'. D'altn parte Giovanni, nell'Apocalisse, dove il promesso giudicarc insieme con Cristo viene descdttó come una realtà raggiunta, vedtà i

tmni, innalzati in una spec'ie di ind€terminatezza, affidati a tutti coloto chc ianno combattuto ó viato insieme con Cristo: (Ap 3,21). (Ap 20, 4): le anime dei martiri e dei confessoti. Sono coloro (ibid.6), poiché essi già in questo mondo sono definitivamente morti con Cristo e hanno preso parte alla sua resunezione nel cielo. Sono i santi, che ohanno disprezzato la vita sino a morire> (Ap l2,ll\, i medesimi dre (Ap 20,6), vale a dire per il tempo della Chiesa fino

al Giudizio finale. Il sacerdozio di cui qui si parla è un sacerdozio personale, non ministeriale; è la partecipazione delle anime vergini, che senza risewe si sono consacrate a Dio, aI Suo giudizio redentore, alla sua conduzione del mondo e della Chiesa. Così il (Mt 19,6), Gesù stesso non venne (Mt j,l7), Nel Vangelo ui.r.-"rnn"r" qui una prima differenziazione Úa sacerdozio . ,,",o d.i consigli: que. st'ultimo aggiunge alla povertà e all,obbedienza sacerdotale l" u.r_

giuità- Se perciò Pieto, che è sposato, appare coîne

il

"rr.i-.

rappresentante del

gli apostoli Giovanni e paolo, i,ergini, sono i rappteseotanti designati di quel sacerdozio petsonale e inteÀre che sta nella esplicita sequela del sommo Sacerdote (Eb 9,14) sacerdozio ministeriale,

"h. "onra.r"

stesso,

Pet Paolo,

c-he con

r.

tale vigore richiama coDtinuamente l,attenzione

su se st€sso come modello, sulla sua personale conduzione di vita, questo non abbisogna di spiegazione alcuna. Egli si sa e si sente non ,olo fun_

zionario

di Cristo, ma è del tutto consapevole di essere lo lstrumenro prescelto> che deve soffrire per il Signore (At 9,f5_16), che rcca nel suo corpo le stimmate di Gesù (Gal 6,17), (2 Cor 4,10), e quesro in rappresentaDza de a Chiesa C,ot 4,9. 0 11): (Col 1,24).,ior,o liA f-o...ao. zio assolutamente soggettivo, che si appoggia anche chiaramente alla_ consigliata, non comandata (1 Cor 7,25)-verginita. Infoni chi come Paolo è. per la comunità un padre (l C-or 4,15\ e una madre (l Ts 2,7) non può, accanto a questo doloroso partorire figli spirituali (Gal 4,19), occuparsi anche nella maniera dovuta di una famiglia secondo.ls cernc. E chi gelosamente si fa garante della verginità spiiit"ate della Chiesa_ (21,20'21). L'amore offertosi in sacdficio

suo sacificio' ancora qui. E sebbene gregge intero e inolte la grazia delsul il ministero abbia ottenuto Pietro gli sottrae il mnrollo sul destino di Giola sequela personale, il Signore vanni. (2122). C'è qrrcsto cofiine del niíisterc. Esso ha il diritto di porre domande al Signore, ma deve anche aspettarsi che il Signore non ad ogni domanda ministedale impattisca informazioni' Egli ha coi suoi prediletti dei misteri che sono così intimi, così ultraterreni, che sfuggono ad ogni alra vista che a quella del Signore. Il ministero ha ot' tenuto I'amore pet atrivare a comprendete che nessun ministero abbraccia il perimetro dell'amore, perché I'amore è sempre di più di quanto si può

misutare. Così il ministeto ecdesiale può ben richiedere----e addidttura lo deve-di gettate lo sguardo denno le coscienze delle persone che vivono nello stato dei consigli, persino dei contemplativi e degli anacoreti. Ma solo Dio conosce le grazie che egli dona alle anime a lui consacrate, C'è questo regno interiore che nessun occhio ha visto e nessun orccchio ha udito, e che tuttavia appartiene talmente alla Chiesa che senza di esso la Chiesa vertebbe derubata della sua vita più preziosa, della sua energia piìr viva. Questo regno e deve dmanere fino al dtomo del Signore; ma è a disposizione soltanto del Signore.

Ciò non signfica affatto, per dpeterlo ancora una volta, I'esistenza di una Chiesa esoterica o pneumatica all'intemo o accanto alla Chiesa exo' terica, ufficiale. L'autenticità di questo regno nascosto dell'amore viene

del sacficio: a partire dall'aspetto ptsonale egli ottiene I'ufficio di sacetdote. Non è in conftaddizione con questo il fatto che nel Cenacolo gli Apostoli ricevano insieme la consacazione sacerdotale (cfr. Gv 17,1719). Infatti per Giovanni, redinato sul petto del Signore, l'Eucarestia è

La seconda separazione degli stati

Gli stati di vita del cistiano (Gv 11,1)' il in anticipo, ifus"ngoe versato pet voi> espan' anticipazione d.[" ..o".. Per lui è la personalità dell'amore che -si de dircorsi d addio, che si estende a tal punto da diventarc il cànone di ogni amore e perciò realtà oggettiva che include il ministero'

ni

È un fatto della massima necessità cóc ptoprio egli inconlri sotto'la croce lz madre del Signore, che proprio egli la riceva dal Figlio come ,r"ll'"ttimA in cui l'amore profluisce definitivamente.fuori di propri", "h. di ,e u.rrgg forrdot" questa comunità soprannatutale, la cellula originaria prima o conferito può esset ogni ù" secondo i consigli' Finistero il presente Protagonista dlpo. Norr.ra necessario che sotto la coce fosse

Esso suo ministero non è un compenso per il suo amore' è esso può venir conferito anche gd un altro uomo fallito' llltimamente dei ministero.

Il

^irrdiff.r.na.

rispetto alla prsona. Ma lo stato dei consigli non poteva venir fondato n.tl't.t.-" di colom che sono chiamati a formarlo' Esso

infatti sacerdozio soggettivo e richiede I coadempimento della Passione e l'assenso tanto alta Ctoce quanto al nuovo legame in comunità sopranCroce naturale. I membri di un ordine religioso vanno incontro nella I'uno all'alto, e il Ctocifisso li unisce nell'amore, in un amore che può esere partecipazione al suo abbandono. Lo-stato àei consigli viene infine fondato insieme con Matia' non solo sotto il suo patronato, ma in maniera tale che essa viene esptessamente l€gata alla nuova comunità. Con ciò viene chiarito che essa non *lt"nto ú" parte alla forma di vita della dedizione di sé, ma viene im' sua anima. Ella consaca la forma di stato di vita' piantata in Àr" "ot. iacendo diventare quella fotma di vita sua ptoptia, così come il-Signore ttasm€tte funzioúlmente il suo sacificio al presbitetato, ed ella introvita ecdeduce con ciò aac!rcla doma in geterde ne)la Íorma di stato di Maria siale che è intcdormente sacerdotale, in quanto offerentesi Mentre lifirr' Ia la cloce sotto cd esegue insieme alle donne credenti sperimenta assenti dmrngono uno' gie viva e personalc (alla guslc i discepoli' tranne I d.il" qoale ad essi vcrri dopo úasmessa solo la forma funzionsle)' ottiene rlJ posto, pet sé e per Ia donna in genetale, nel cuore della vita

è

ectlesiale.

qui si ri-

Se la donna rinane csclusa dal sacetdozio funzionale, e se secon' specchia nella Chiesa qualcosa dell'ordine naturale della creazione'

ilo il q,rale uloo-6 i i--agine e gloria di Dio, Ia donna è gloria delt'oono, (.,.) e non I'uomo fu fatto per la donna, ma la donna per l'uomo>

), secondo il quale il funzionale in generale sptta all'uomo, il in segno di modestia (ibid.. 13-16), è anche vero tuttavia che qucsta esclusione non significa affatto un'infedotità ddla donoa, o che a questa rimanga pr+ cluso un . Ogni teotia che soppsi gli stati d'elezione secondo la loro rispettiva (Starez, op. cit',lib 3,c2,n); Opp xv,2l1). Suarez cita in favore di ciò una gran quantità di testimoni. Egli spiega inolre che il Signore ha fondato lo stato dei consigli in tale generalità () che le forme di questo stato potelono venir concletizzate nelle pìù diverse singole

poli, dice Tommaso, avrebbero (almeno implicitamente) emesso dei voti

Gli stati di vite del

cristiano

fcrmazioni (solo apparenteàente non unificabili ): che c'è un unico stato d'clezione, e perciò solo una fotma fondamentale di cristiana, che quindi deve apparire realizzata in ognuno degli appartenenti a questo stato, e che d'alra parte le singole espressioni (Aaspràgungen) di questa perfezione cristiana, ad esempio il prete, il martire, la vetgine, I'anacoreta e il c€nobita, posseggono rislrttivamente iI loto proprio camttere inconfondibile. Proprio perché nel Nuovo Testamento I'zajla personale e obiettiva di sacetdozio ministeriale e soggettivo viene ptesenteta con tale peso, non soîge pt il momento, pur tenendo conto di ogni singola distinzione di maniera di vivete, il pensiero di fissate divèrsi canoni di perfezione evangelica. L'elemento comune sta in prino Iuogo nel (carattere di stato> (Stand-baltigkeit) della vita evangelica in cenerale, cioè nella solidità e definitività delle decisione per una vita ai consigli e dle isruzioni del Signote. È la , che Tommaso esigerà pitr tardí come fondante lo stato (J Tó rr rr, q 183 a 1), e dre vista ctistianamente deve essere non solo un aspetto est€riorc temporale, ma un aspetto interiore dell'intensità della dèisione. Così il cristianesimo delle origini, orientato escatologicamente, può trovare questa intensità come concentrata puntualmente nella forma di santità escatologica del martire, che al di h della dutata temporale realizza pienamentè nella morte l', ncl quale si entta con un (votoD ( esplicito o implicito), con un rpropositum> o (votumD o , attraverso cui si diventa un , rm religioso. L. Hertling (Die prolessio der Kleríkq tnil dic Enute. hrng der drci Geliibde, n (De aita et mor' cler' di ;;f;;t;;; sae vita'

t;'ì"#;i".;ù-ittiei"r?"i"irl

evangelià

di

tunzione

cerdozio soeeettivo e ossettivo. ---

,ale sú"tità è fondata per i chierici nei cànoni', come Sotto qu.ttd concetto sta tutto quello che n.U" t "..;-;;;;i "olr' e nelle decisioni conciliari costttursce iella Scrittura. nella Íradizione I'intenzione di Cristo e della Chiesa' iìJ;;'il;;ilì;"í.-*;;"

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contîassesoati come "regula"' Dal set-

timo secolo questi due (la "rcgula", e cioè la " regula S. Benedicti", per i monaci, e i "canones" per i chierici ) appaiono sempre l'uno a fianco dell'altro. In un sinodo gallico del nonó- sccolo si dice che entmmbi [...] sono dati dal medesimo Spirito Santor (163).

.

Questo getta una luce sulla preistoria del cosiddetto cleto regolare. - I primi undii secoli conoscono fondamentalrnente, nonostantè ogni distiruione fra chierici (che si chiamano anchc indíffétentementc caoc nici,-o regolati, _poic-hé vivono secondo i canoni, cioè sccondo le rcgole idF:qli e,giuldiche del Vangelo e dei Padri, dove "rcgula' non è n'ient'altro che Ia traduzione di "canon" ), monaci e vergini, solo un unico , che nella sua totalità si pone Ai fronte allo stato

dei laici nel mondo. A partire dal tempo di S. Benedetto la regola diventa in misura crescente il canone dei monaci, di fronte al quale gli altti gruppi di monaci e i chieici unitariamente si distaccano Come oregolarir, póiché sotto. staDno noD ad una regola particolare, ma agli universali ianoni ecclesiali come loro forma di vita. (163). , ma poiché (Suarez, op. cit.,ljb 1 c 16 n 24). Ma questa idea, che Tommaso ha condiviso con molti altri, nella sua

ardficiosità e quasi violenza non poreva costituire alcun definitivo baIuardo contro la disgregazione. C'era da una parte la realtà stotica, che tutto sommato nulla sapeva di una tale definitività di legame del vescovo alla sua diocesi o anche solo al suo ufficio, ma conosceva invece una assai piÌr grande facilità di dispense che quella usuale nel caso del matrimonio. D'altra parte era tutto somneto dub.itabile I'esistenza di un votum in oc. casione dell'assunzione della dignità episcopale, e Suarez aveva ultimamente gioco facile nel dimostrare che un tale votum non c'era affatto, o non ctta più. Una volta che nel Medíoevo si furono chiadti i voti riferentisi alla vita evangelica precisandoli nei voti di povertà, castità e obbedienza, e non si poté piùr far valere come tale un implicito, generale voto di totale dedizione, anzi non poteva nemmeno più esser riconosciuto come tale, non era &fficile mostrare che il vescovo non emetteva alcun voto, ma semplicemente cÒntraeva con la sua diocesi un (certo patto> (pactum quodjnm), che in ogni t€mpo rimaneva solubite (Suarez, lúid., c 16). Caetano, che di per sé sosteneva l'opinione di S. Tommaso, la ha da parte sua t4lmente arnmorbidita che i passi in cui Tommaso parla di uvotum> li interpteta nel senso di un , cioè

tf Gli stati di vita del cistiano

La seconda s€parazione degli stati

nel senso del ..pactum> di Suarez. Non a caso, del resto, i preti secolari fra gli smlastici, un Entico di Gnd (Quodl 12 q 29 ad, l), un Gerson, avevano attaccato alla base I'idea tomista di stato di vita, volendo eliminare nel concetto di stato . Come un uomo può essere in stato di $szia e di nuovo lxrderla, come un membro del basso clero può essere nello stato dei chierici e con un mat.imonio di nuovo ;rr-

del concetto cristiano di stato di vita. Stato di vita equivaleva prima, il base ad una determinata elezione, ad una lorna di vita che disti::guendosi dallo stato cristiano generale e dai suoi comuoi voti battesimali (Suata, op. cit,,Iib 1 c2 n8), inser.isce l'uomo in un definítivo ordine di obblighi in cui egli può esetcitare in maniera speciale la sua dedizione a Dio

dedo, così anche

il

concetto

di stato potîebbe fare

a meno

di questa par-

ticolate determinazione. Con questo era però ultimamente posto in questione il cofrcetto di stato nel seDso neotestamentario, in quanto esso, nelle diveme forme e gradi di dedizione cistiana di sé, mira rispettivamente alls definitività. Quando il concetto di voto n€lla dedizione sacerdotale ideale, dre si voleva scorgere nel vescovo, diventò al termine della Scolastica così secolaúnato, fu tempo di guardarsi attorno alla ricerca di un nuovo prrametro per la perfezione personale del sacerdote. 1o stato della a prima vista non I'offriva pitr, poiché era diventato uno . Marcatamente non si voleva pem trovatlo nel sacerdozio come tale: infatti arcoîa Suarez ripete I'antica sentenza che I'ordinazione sacetdotale non fonda pet questo nessuno stato di 1xtfezione, (lib 1 c 15 n 3). Il param€ro per il clero secolarc viene qui dunque cercato in una ccrta universale , che supera sì gli altri, cottispondentemente alla dignità, ma non ha in sé più niente dell'assoluto parametro della vita evangelica secondo i mnsigli. E poiclé d'altta parte Caetano e Suarez, negandogli il votum, non avevano lasciato più niente alla perfezione da distribuire dello stato episcopale, all'infuori di

un titolo esteriorc

senza fondamento intemo, tutto I'insieme del clero, quello che non rientrava nel cleto degli ordini digiosi, veme a spostarsi daiia parte dclla geaerale perlaione eistiana, e lbriginaria missione sacerdotale ed esigenza di sequela totale, come Cristo I'aveva creata nello stato dtlezione, apparve come una trÉdczione che non riguardava ulteriormente il clero secolare, una unione peronale & pefezione oggettive e soggettiva da comprendere in maniera puîamente storica. Dev'essere ancora menzionato un ultimo sintomo della disgrcgazione

e al prossimo. Così Agostino di Ancona distingueva (nella sue Srmma de Potestate Ecclesiae, q 76 a 1)quattm stati: quello degli sposati, dei chietici, dei rtligiosi e dei vescovi, e a cia.scuno assegnava il ouo compito speciale, chc inpegnava e riempiva la vita. Mentre il prirno di questi quattrc stati contiene il legame specide pet la gente che vive nel mondo all'interno dell'universale stato cristiano di vita, le altr€ tr€ fotmc di vita formano insieme in qualche modo lo stato di coloro chc sono consacmti a Dio in maniera speciale, cosicché nella Chiesa dsultano due grandi stati, duo genera Cbristianorum. Allorché gnrò il concetto di stato petdc la sua ratio formalis e diviene solamente un mezzo di classificazione natcàale, deve emetgere il pensiero che questa divisione non è adeguata, chc piut'

tosto anche i laici non sposati dovrebbero venir comprcsi in un quinto stato (secondo Agostino di Ancona) o terzo stato, nello (status soluto' rum>, di quclli cioè il cui speciale stato consiste nel fatto clrc essi non possiedono alcuna speciale forma di vita che leghi, e nel Cotpo di Cristo rapptesentano lrr così dite niente di piùr dre la (n 94-95). Così pure richiede Ambrogi o (De Abel, c. 6) che il sacerdote, se vuole sacdficare in maniera degna, offra prima se stesso completamente a Dio in sauificio. Ma il sacrificio soggettivo, col quale siamo equiparati al saoificio di Cristo, è stato delimitato da Cristo stesso in maniera 6ufficienteDente chiara. Esso significa: lasciare tutto, famiglia, possedimenti e ultimamente se stessi, pet seguirlo prendendo su di sé la croce. In quale manien questo passo possa venir comPiuto nella sua interezza e assolutezza, se con un voto, una pÎomessa, un giutamento, se in questa

z

Cosl era complensibile chc tanto più i preti secolari si poncsseto sin dall'ioizio io difesa cooro la divisione di vcscovo e dero subordinato in due stati. Tomrì!.so st€lso conosceve I'obiezione che (po 16), come povertà, dapprima nello spirito, na oltre a questo i preti vengono , (p, 161), e in sostituzione propone (p, 198), cosa che ha $ovato un entusiastico seguito.

Metcier comincia così, sulle taccie di S. Tommaso, a distinguere nettamente fra stato di perfezione e perfezione stessa. Il primo sta a significare uno stato estetiorc, sociale, regolato dal diritto canonico, mentre la perfezione stessa (état paúait) è una condizione interiore del soggetto, che vale davanti a Dio (pp. 165-7). Nel primo si trovano i vescovi e i religiosi, ma in modo tale che per il vescovo la perfezione viene presupposta mn lbrdinazione, mentrc i religiosi, invece, sono solamente obbligati a tendere verso la peúezione. (p. 183). L'esecuzione esteriore dei consigli presuppone ceftamente una (p. 374)..La situazione e con essa Io stato del clero secolare è mutato dal tempo di Tommaso. Ciò che Tommaso riferiva solo al vescovo (la dedizione totale al gregge a lui affidato) è divenuto praticamente proprio

riormente

le

La seconda separazione degli stati dell'atteggiamento di ogni prete secolare. Egli vive della stessa dedizione che colloca il vescovo nello stato di perfezione (p. l9ls.). Attomo a tutto il movimento che si pose sotto la guida di Mgr. Guertys, arcivescovo di Cambrai, divampò un animato dibattito (dr. i diversi pareri nella nccolta: Pour un clergé diocésain. Uxe enquéte sur sa spirí tralité particulière. Ptoblèmes du clergé diocésait I, Paris 1947). Si cerca soprattutto di tener lontane dal clero diocesano le spiritualità singole degli ordini religiosi, che satebbero, a quanto si dice, limitanri, tistrette, per collocatlo nel mezzo dell'onnicomprensiva spirítualità di Cristo e del suo triplice ufficio. Per questo si richiede--e spesso con ragione-che il vescovo enri in piùr stÌetto contatto col suo presbiterio, in un contatto analogo a quello che hanno i superiori degli ordini religiosi nei confronti dei loro subalterni, o meglio: a quello che ebbero Ctisto nei confronti degli Apostoli e i vescovi della Chiesa delle origini nei confronti delle loto comunità. Una critica a tutta la teoria fu presto messa in attos. Owiamente in base alla dignità del suo ministero il prete è piùr di ogni altro invitato a servirsi dei nezzi migliori che Gesù ha dato alla sua Chiesa per il raggiungimento dell'amote perfetto. Ma ora questi mczzi sono proprio soptattutto i consigli, che si devono abbrscciare non per egoismo, ma pet meglio sewire alla causa di Cristo. Se c'è però una , allora essa mncerne nella medesima manieta il clerc secolare e quello regolare, i quali debbono ennambi, per amore della loro missione ecdesiale, essere pronti a servire pienamente (così P. Carpentier). Inolne la patecipazione del prete alla cura pastorale del vescovo è possibile solo per il legame di obbedienza che egli prcnde su di sé con I'ordinazione, e la sua disponibilità al servizio si esprime nel celibato: egli viene dunque fondato nel suo stato atttaverso cose che sono prese a prestito dallo stato religioso (così P. Nimla$. Oltre a queste critiche si dovrà però m ostÌate tJJltta uta grande dimerticazza: dentnciarc il fatto che si è dimenticato che nella Chiesa ci sono anche donne; donne che certamente sono chiamate allo (1 Gv gli uni amarci il.i;; -.rt. noi iobbiamo "..., l,i-ùllìitl"i pr.rit dalla fede (ciò che in senso più ampio si alla .fri"., -irriot. e "apostolato ) non è una tealta secondaria accanto

otima.quelladell'essereinstatodigtazia.L'esigenzadivivelecdstiatempo è qo"l.o," che deve venir dedotto in un secondo ;;;;; cristiano: il l"i-i*t af essere cistiani' In questo consistein séP{1d9sso I'esigenza assoluta ;. ;';;;;;;acomprende essenzialmente l^ g,*iu, che Dio ha il misteîioso potere di infran;i;":;;;; ' graúa di Dio ha una n.." oirirnu..n* anÀe le rt"isttnze dell'uomo' La in'" :,r:-zrt che non può venir espressa.

:;;;;;.;;;;"'

"l:'T'Îti

.h.n.llrfo,tul"paradossale:"senoilorinneghiamo'anch'eglr.crrlnnon

;;;;;;;; ;;;i;inJiu'no di fede, egli però rimane {edele' perché oo-ò rinn.qar. se stesso)) (2 Îm 2' 12'13) ' E co"""L;;;i;thdi una richiesta rivolta ad ogni vita cristiana dchiecosì anche-la .. l" ,?"li-o"'"onosce alcuna superiore frontiera'frontiera supedore l sta rivolta ad ogni cristiano "on

alcuna

"ooo"t stato dei consigli non formano .;;t sacerdotale e dello ;.;;;b pianterrcno della ;-;t*" supriore, esotedco, al di sopra dell'umile e ripromuovere per .rií liir,i"i" normale>; essi piuttosto ci sono

e

della sapienza cristiano mo la nostra esistenza come sacrificio vivente' di lode a Dio> (Eb ti.ì;;i; . oo{f,i"tno tontio""mente un sacificio

Lt,rr). E sc Egli dimora sacramcntalnente in mezzo a noi, questo è in favore dei credenti, affinché anch'essi possano ettuare questa presenza fuori del sacramento; la comunione di due o re nel suo nome è sufficiente petché egli sia in mezzo ad essi (Mt 18,20). Se c'è un sacerdo zio ministeriale che deve amministare le grazie di Dio, questo è solo perché I'intera comunità delìa Chiesa con tutti i laici sia (l Pt 2,9 ). Se il Signorc attaveîso il ministcro si distribuisce eucaristicamente a tutti, questo è perché (1 Cor 10,17) e perché siano (ibid. f2,13\ e perché corrispondentemente vivano, muoiano, si prendano cura I'uno dell'altro. Nel Battesimo siamo tutti essenzialmente morti al peccato e alla vita egoistica (Rm 6,2), dove è già incluso che dobbiamo consegnare le nostre membfa a Dio come stfumenti di giustizia (ibid. 6,13), (1 Cor 6,19). (Ef 4,29). La predicazione ministeriale mira a che la Parola di Dio rimanga, abiti e operi in mezzo alla comunità laicale (Laiengemeinde): ; (1 Tm 1,16). (? Tm 1,13). E infine riassumendo tutta la sua esistenza: (ibrd. 22). Perciò la missione temena di Gesù ( radunare le pecore disperse della casa di Israele ) poteva essere soltanto prowisoria, una missione che con la sua morte per tutti e la sua resunezione pet tutti doveva ottenere I'abbattimento dei confini che cordsponde all'universale volontà & salvezza di Dio (2 Cor 5,19) e dre diventerà poi andre esplicito con la missione dei discepoli in tutto il mondo, a tutte le nazioni e le epoche della storia (Mt 28, 18-20). Conlormemente a questo incarico la Chiesa dovrà preoccuparsi di , del loro bisogno di salvezza, così come il Buon Pastore della parabola ( che è la figuta incarnata del Pastore divino: Ez 34) si è dato pena della pcota smardta (Lc 15,4ss.), dovrà impegnarsi per queste pcore che anche al di fuod degli ovili ecclesiastici appartengono al (Gv 10,16), così come Egli rischia la sua vita pr le sue pecore (ibid. 11). Fta l'ambito della Chiesa e quello del mondo fuori di essa avrà luogo dunque non soltanto un inevitabile tappnrto di relazioni politiche mondane, ma uno scambio radicato profondamente nelle stesse leggi della storia della sùve:z,a: fua i due ambiti è in opeta una osmosi, da parte del mondo verso I'interno della Chiesa, e dalla Chiesa fuoti verso il mondo. E questo tanto più, quanto in un certo senso, incoativo e tuttavia reale, anche nel mondo al di fuori della Chiesa è già sempre ptesente I'opeta riconciliante di Colui che Pet esso è stato ctocifisso ed è risuscitato, che il mondo 1o sappia oppure no, che sia aperto a ciò o che al contrario si chiuda nei suoi confronti. La Chiesa non inconna mai un mondo puramente naturale, ma dappertutto sempre un mondo polarizzato positivamente o negativamente dall'opera salvifica di Dio.

D'altra parte la Chiesa non può semplicemente v€ni.r dcfinita teoricamente e vissuta praticamente in base alla sua autottasccndenza, alttimend non ci sarebbe soggetto alcuno che possa compierc il pasro della tascendenza. Ancor più concretamentei se la Chiesa Bi occupa$e solo delle necessítà e dei bisogni del mondo al di fuori di sé, non evrcbbc niente da portargl, in ogni caso niente che il mondo stcsso non possa già procurasi da sé (e forse anche meglio ) coi propri mezzi. La Chicsa deve in un primo movimento essere veramente se stessa c divenitlo sempre più anche nell'assimi.lazione del mondo, per poter in un sccondo movimento annunciare e donare al mondo al di fuod di est8 ciò chc le è proprio. La qud cosa non impedisce che questi duc rnovimcnti non lrcssano venir temporalm€nte distinti, poiché in effetti scnza il movimento missionado la Chiesa non ponà nemmeno trcverc la eua propria essenza. Ma se il Signore chiama i suoi discepoli (Mt 5,14) e Paolo estendc quest'immagine all'inteta comunita (Fil 2'lr), per illuminare deve allora esserci prima un cortxr luminoso-un puro e semplice illuminere senza sostanza illuminante non €sists-, snchc s€ il corpo luminoso illumina sempre solo proiettando la luce via da sé. Guadagnamo in tal modo già la legge più importantc pel tutto ciò che oramai è da sviluppare: e cioè che la sostanziale diffcrenza è il prc' supposto peî la compeneÚazione resa cosl possibile, o chc I'elbcto deve avere una rete di radici tanto più profonda, quanîo piùt anPiatncntc si estende la sua chiomar. E quindi che la diastole è tanto più efficace, quanto più radicale è stata e rimane la sistole. Ora però JrJrort non significa affatto ricezione del mondo nella Chiesa così comc csso esiste al di fuori della Chiesa, bensì quella troslormaziote ctistiana del mondo clte conisponde alla su idea abina che giace prcsso Gesìt Cisto e cbe egli stesso à. Questa legge deve brillare davanti dla Chiesa intcra e a

L'osmosi fra Chiesa e mondo si compie in due movimenti oplnsti, che sono però solo due parti dello stesso processo: sistole e diastole.

ca 1973).

me singoli

I

Olcgario Gonzales de Catdeoal, Elogio de tra Excirc (ed. Sìgucmc, Salamrn-

Gli stati di vita del cristiano

La seconda separazione degli stati

tutti i suoi stati di vita, e se ogni stato deve vivere alla sua maniera, si può tuttavia inoire già adesso che i singoli srati devono completarsi reciprocamente nella realizzazione che è propria della Chiesa nel suo in-

Uscite di mezzo a loro!> (2 Cor 6,14-t7). (Ap 18,4). (Rm 12,2),

Questo completanento apparc diversamente a seconda che prendiamo in considcrazione il primo movimento, in cui la Chiesa si rende con_ to dell'essema sua propda, conprende la sua missione di essere tuce del mondo, oppure il secondo movimento, nel quale essa fattivamente invia i suoi Ìaggi verso ciò che è alro da se stessa. possiamo anticipare che nel primo aslxtto lo stato dei consigli e Io stato sacerdotale avranno la decisiva comune funzione attiva, nella quale lo stato laicale deve venit coinvolto, mentre nel secondo aspetto stato dei consigli ( c-he in effetti è di per sé uno stato non clericale) e stato Iaicale di vita nel mondo awanno la comune funzione primatia, nella quale deve venir inserito anche lo stato presbiterale. t. Per I primo aspetto,la Íotmazione della Chiesa come sostanza fluminante per il mondo, sono naturaúaente impegnati púmariamente i due completantisi stati d'elezione- Nel mondo essi sono chiamati ad uscite dal mondo pet stare presso Ctisto e fappresentatlo come l,Idea pdma e ultima del mondo nella sua totalità. Essi hanno ricewto la loro posizione presso Gesù Cristo per compiere insieme a lui il suo movi. mento dal Padre verso il mondo. Essi si sono liberati per questo dello , per essere completamente disponibif per la nissione di Dio nel mondo nel suo Fifio. Tutte le gnndi fondazioni del ctistianesimo nel mondo, in qualunque modo possano essere awenute, sono patite da uomini che per prima cosa si erano intetamente votati alla causa di Gesù. Questo vale non soltanto per I'azione creativa fondatrice di cultura svolta dai monaci nel passaggio dall'Antichita al Medioevo, ma è rimasta una legge fondamentale {ino ad oggi. Là dove Ia tascendenza, ciò che nell'essere e nel oessaggio di Cristo è sovtamondano, traslucc più nitidamente nella vita dei messaggeri, questo essere e questo messaggio può penerare piùr profondamente nelle stutture mondane.

Per questo all'inizio del Cristianesimo doveva essere predominante l'aspeuo della separazione, allo stesso modo in o:i un rcligioso nell,isolamento del noviziato dflette sulla sua missione, per poter pirì tardi svolgerla più conseguentemente. Nonostante il grande comando della missione alla fine del Vangelo, deve risuonare dapprima l,esortazione alfa distanza oca moderna, si verrà sempre nuovamente rinviati al|'anbito dello stato d'eleziosopmttutto dello stato dei consigli, Solo allolché non si vollc piùr ',c, bere a queste sotgenti, ma si cominciò a gettarsi subito sin da pdncìpio ndl'azione nel mondo, si consumarono soltanto i c4pitali accumulati €

trare la gmnde pausa

si &lapidò, allo stesso modo in cui anche le fotze di una (Azionc Cattolica>, per esempio, si esaurirono presto. Non che si tatti oggi, come nel Medioevo, di innelza& duomi in mezzo alle citta del nondo, o scrivere all'intemo dell'edificio delle scienza modema-l'epoca di una cultura sacale non la oi può più riportare dal passato all'oggi-, certo però si tratta, o88i comè lcti, di operare nell'ambito delle pianue secoladzzate coi loro grandi fiumi, partendo dall'ambito delle montagne e delle sorgenti in cui gli sttti d'elezione furono chiamati. Questo deve essete Pdmariamente un dlrc sostenze alla Chiesa stessa, prima che Ia Chiesa clme talc lrcssa opcî8rc o esserc di nuovo cteatrice di cultura, dopo pedodi di infeconditl. Che in un'epoca storica ci sia oppue no una c{ltuta cristiana, non è questo un Para' metrc inequivocabile pet l'intima vitalita della Chiesa' Il (saclo cuore

li

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Gli stati di vita del

La seconda separazione degli stati

oistiano

dcllc nazioni> può doversi ritirare di nuovo all'interno, nell'Idea del mondo, e raccogliersi nella contemplazione e passione per un'wentuaIe nuova azione cleatrice di cultura. La formula medievale ex plenitu' d.ine contemplationis actiuus era certamente una formula dell'età inizia-

le, ma la spiegazione che ne dà Tommaso (riassumendo Gtegorio e il monachesimo antico ) è valida per sempre: (S 7E lr rr q 182 a 1c), e solo per il maestto cristiano può interromp€re esteriormente làtto della contemplazione. O più profondamente, per dirla con i mistici tedeschi: solo petché egli volgendosi al fratello compie ciò che vede fare da Dio in Cristo, perché quindi nell'azione presta ultetiore attenzione all'agire di Do, il suo agire satà ulteriormente fonte della sua contempl^zione. Così la posteriore formula gesuitica (2 Cot 8,2). 11 denaro fa da me' diatore fta amore e arnoîe: (ibid. 4,70\. Il secondo conuibuto dei laici consiste nel rcnder trasparcnte l'eru e il sesso alla ctistiana. Anche se l'integazione perfetta del l'ordine sessuale nella sintesi paradisiaca non può più riuscire, c'è rcal mente un ( Rrn 1,16) e so una tiÀidtz"a davanti

l"gg. fond".].ntrl.,

La seconda separazione degli stati no, poiché il cdstiano che vive la missione può essere solo se egli non ha timore di essete per alni (2 Cor 2,15s.). Solo una volta detto qu€sto si può parlare di una cooperuzione lra stato dei consigli e stato laicale di vita nel mondo, e d,i corseguenza anche Ím stato ptesbiterale e stato laicale (ambedue le coppie sono tanto più vicinamente dappresso, quanto più i preti in questione sono ripieni dello spirito del Vangelo). Si tatta poi di far sì che dallo stato dei consigli o dallo stato d'elezione nel suo complesso partano impulsi che a partire dallo spirito del Vangelo devono richiedere cambiamenti decisivi nel mondo, ma in mencanza di una potestà o competenza propria devono lasciame I'esecuzione ai laici. Ingiuste strutture sociali, rapporti sociali che gridano vendetta verso il cielo vengono stigmatizzati da vescovi, pteti e religiosi, ai quali incombe la formazione delle coscienze, ma assai spesso bisogna ammonire i religiosi come i chierici dall'assu. mere solamente analisi sociologiche già correnti come condizione ptevia per i cambiamenti pratici: già questi è meglio che li lascino a specialisti ben formati, e più che mai il giudizio su quali siano i mezzi cristianamente sostenibi[ con cui poter affermare o almeno awicinare le esigenze del Vangelo. Per questo giudizio non sono sufficienti diagnosi dilettantistiche, ma solo indagini specialistiche nell'insieme dei nessi dell'economia mondiale. Come nel Medioevo avrebbe solo condotto ad un dilettantismo se i rnonaci contemplativi stessi avessero preso in mano compasso e filo a piombo, mentre loro missione era solo di comunicare ai costruttori del-

le cattedrali l'ispirazione spirituale, così sarebbe oggi dilettantismo se religiosi e chierici volessero prcsumere di potet offrire la soluzione delle concrete questioni economiche e sociali, invece di imlrgnatsi a fat sì cbe ai laici adatti si aprano gli occhi e i cuori, e comincino a lavorare alla costtuzione di un ordine sociale cristiano. Altrimenti si ricadrebbe nei cotti circuiti medievali, in cui papi e religiosi bandiîono crociate mondane che nonostante tutta la loro generosità erano cistianamente solo un equivoco. Certo la situazione non è del tutto paragonabile, poiché tutta la cristianità spirituale"mondana viveva allora in una visione del mondo (Veltsicbt) sacrale-simbolica, mentre nel mondo secolarizzato di oggi la distinzione delle sfete di competenza è molto piìr facile. Menne allora i capi spirituali pensavano di doversi comportate anche da capi politici, e i capi politici anche da capi spirituali, dall'inizio dell'epoca nroderna molte dolorose espetienze hanno condotto la Chiesa alla

q Gli stati di vita del $istiano

La seconda separazione degli stati

dicomprensione c;he I'autentica unificazione è da trovare nell'autentica sua la stinione delle competenze di stato. Né l'autorità spirituale con rinuacic al potete mondano ha pemo di considetazione-al confiatio-

cristiana contiene sempre anche la sua missione nel mondo, Ma se, come detto, le gandi missioni qualitative esigono lo stato dei consigli, affin-

Jh p.o.tLion. cristiana del mondo ha petso & forza - d'urto per il fatto &re non bmndisce più la spada del crociato' Oggi il decisivo atteg' ddlo stato laicde *i"-*a di fiducia degli stati dlelezione nei confronti i.l -oldo sta nel porlere e tenele aperta la verità evangelica-, il cui itrp.t la rispettiva situazione mondana non può essere ridotto.ad al-

fi.go A sua volta il laicato non può aspetasi dalle à-"" fà" "i..po."I., "r. uchi.."o d.lL roLtiooi b.['" pronte, se egli stesso non vuole privarsi dJ privilegio della sua libenà e maturitÀ oistiana' Si cosuingerebbe in tl -oao ù a diventare una Chiesa della casistica, che imponea sottoposti

ché l'inviato sia sotto tutti gli aspetti libero e disponibile per il suo compito che spetta a lui solo, questo non impedisce che proprio a parti. re dallo stato dei consigli l'intero arco venga tirato fino a raggiungere anche il----competente!--dominio degli ordinamenti mondani. Questa sintesi la vogliono realizzare permanentemente i membri delTe conunità di oita nel mondo (instituta saecularia ), mentre un tentativo analogo nello stato clericale, l'esperinento dei preti operaí, ultimamente può essere solo

un , qualcosa di prowisorio, poiché mentre

il

prete

iaico che vive nel mondo può prendce decisioni con la do-

lavota in fabbrica non può esercitare le sue normali funzioni presbite. rali. Nella forma di vita degli istituti secolad, invece, non c'è alcun compÌomesso fm e , né fra (stato dei consiglí) e ; si cerca solamente di mantenere f intera tensione dell'arco del1a missione. Che questo è possibile selza compromessi 10 ha mosuato con la sua vita tanto ai preti operai quanto agfi istituti secolari la figuîa certamente più pura di questa forma di vita: Madeleine Delbrél. ( Slwziamo via qui innanzitutto un malinteso che sembra sviare molti spititi. I membri degli istituti secolari insistono nel voler esser registrati negli schedari ecclesiastici non come -cioè come membri di un ordine religioso o di una congregazione-, ma come laici. Gioca qui semplicemente la molteplice anbiguita del cotcetto di laico, di cui parlammo all'nizio. Da una parte fanno parte del , del popolo di Dio, tutti i cristiani, in qualunque stato essi vivano. D'alta parte-e questo è pitr importante--lo stato dei consigli ha assunto lungo la storia della Cfiesa forme forgiate e condizionate storicamente, che vennero anche codificate canonicamente, di fronte alle quali nuove forme dello stesso stato di vita possono a ragione distaccatsi, nel caso clre per esse basti soltanto Ibsservanza delle esigenze fondamentali di questo stato, cioè vivere secondo i consigli evangelici. Questo vivere secondo i consigli è peò per gli istituti secolari fondamentale e vincolante. Essi possono perciò, denominandosi laici, distanziarsi dalle altte forme dello stato dei consigli, ma devono però essere coscienti che con questo

vuta cognizione di causa. que' E tuttavia, se ripensiamo a ciò che abbiamo detto all'inizio di sta seconda considerazione, l'esigenza di questa divisione di competenmondo sia riserze non può significare che la patte di Chiesa rivolta al "m.ntrc alla raplimitarsi gli stati d'elezione douebbero a ìa"i, grazia ""i" Ogr,rpi...nt.io* della paite di Chiesa c:he rascende il mondo'

non giungono a stare al di fuod dello stato dei consigli. Se essi, trrr sottolineate iI loto esserr laici, considerano i consigli evangelici come potenzialnente già promeisi solennemente nel voto battesimale, questo può venite accettato, nel caso che si ponga I'accento sul --giacché ogni cdstiano è in effetti obbligato a seguire lo spirito dei consigli-, ma il passaggio all'obbligo di una vita secondo i

la ai laici dre ritornano ad essere ,-.iol.t Jtoii, (G"1 4,7s.;3,24)':--una e l'altra cosa si de' "*,o.i'l vono realizzate soltanto insieme: l'assunzione di autonomia dei laici co.p.teoti e la loro piena ricezione dello spirito cristiano' Laddove es' si si, sono la guida deili stati d'elezione, nell'autentica contemplazione tm' gmdo di uipropri"oo-d.llo spirito della Chiesa e sono posti così in de' ir:i;;.il" lo.o op-.r" i fmtti della loro contemplazione, la tutelariemricale diventa di pet sé supetflua. Quanto piìr dunque i laici sono. spiito degli stati d'elezione, tanto.pitr essi si li'

;iJ;;;;"..t;delo .betano

detla dipendenza estetiore da essi' Se essi fosseto

in

questa ma-

piena responsabilità cÎistiana' ptenieta timasti .oor"p"uoli -"ar.bbedella loto diventato necessatio che il ministero eccle' ,o-itit-"o," non

siasticoemanasseenciclichecosìdettagliatecircal'ordinamentosociale' miniqrr..aioo" operaia, il matrimonio, l'educazione' *"ot"1rntnp 1l vitale' steio ha la facoha di dire una parola su questioni di impotanza

i"

così concreme che nell'epoca modema questa parola dovesse diventate. ta e particol;eggiata mostra bene che i laici non erano sufficientenente *-p.r.oze loro incombenti, per cui la Santa Sede do-

**ip.t"t

J.lÈ u"".'.Jt.o"a".ti & ,rno staff & esperti di sociologia religiosa e di altri rp."i"fit,i, pet Portre la sua parola spitituale all'intemo di ambiti in

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Gli stati di vita del

cristiano

consigli sarà però sempre, teologicamente, l'elemento che qualitativamente fonda lo stato. Come l'ambiente cristiano e non cistiano consideri o debba considerare i membri di tali comunità è teologicamente ir' dlevante. Ma negli istiruti secolad si può anche vedete chiaramente che il punto che collega la vita secondo i consigli e Ia vita nel mondo è Ia aetgit ità,la quale è qui nuovamente, come nei primi tempi della Chie' sa, il getme da cui scaturisce l'inteta vita secondo i consigli, d'altta parte però anche la possibilità di vivere rn mezzo ù mondo, nel propdo posto di lavoro, non separati dalla famiglia, dalla comunità, dai coileghi' La verginità, considerata dal punto di vista fisim e sociologico, è una sola, ma ba due volti: uno nauale e I'alto soprannaturale. In tal modo la persona che vive in un istituto secolate (o in un gruppo analogo, che coltivi la vita secondo i consigli ) può realizzsre interamente la vita secondo i consigli senza abbandonare il proprio posto nel mondo. Certamente la sua obbedienza ai consigli salà a questa sua posizione nel mondo, ma senza che Pef questo essa venga ammorbidita e linritata: sempre deve poter venir richiesta piel ptontezz e disponibi' lità come conctetizzazione di quell'atteggiamenro che la Chiesa fondamentalmente dovrebbe Poter pfesuppolre presente in ogni credente. Le tensioni che la nuova forma dello stato dei consigli deve soppot-

La seconda separazione degli stati dirittuta in continua crescita, quanto più alla libertà pottata da Cristo si contrappongono forme di libertà autonoma illuministica nate dalla disgregazione e dalla opposizione intema di quella originada libertà. La sorte & Giste-rimare per la Chiesa insuperabile: (Mt 10,25). (Gv 15,20). Il non essete accolta e venir perseguitata appartenà addirittura al destino della Chiesa nel mondo altrettanto quanto la Croct appartiene al destino di Gesù sulla tema. Egli ha vinto fallendo; la Chiesa nel falliroento si ricorderà che la sua fecondità non la si può leggere dai successi terreni, dalle statistiche circa

il

numero e

il

comportamento dei credenti. Come

in Istaele il piccolo resto diventò l' inteso in senso definitivo, così nei gandi assembramenti ecclesiali vale rispettivamente il . Di esso soltanto vale che i cristiani sono, come dice Ia Lettera a Diogneto, I'anima del mondo.

Nella sua essenza ta Chiesa è inviata, è apostolica. Tale essa rimane in guaato , ptocedente da Cristo verso il mondo, senza mai essere definitivamente arivata in esso. Di questo non c'è pedcolo, poiché difatti la resistenza del nondo è troppo forte, è forse ad-

. Solo se la came, il mondo, si lascia condurre in alto dall'anima, dalla Chiesa, al di sopra delle proprie leggi e dei propri fini, rimane catne vivente, mondo pieno di senso: solo a partire dalla legge dell'amore cristiano si possono realmente organizzarc gli ordinamenti sociali, politici, economici. Ma invece di vedere Ia via alla propria liberazione in questo obbligo di superare se stesso, il mondo si sbara contro la libertà in Cristo, e

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t\t

tare e dominare diventano pienamente visibili allotché si tlatta non piùr soltanto di lavoro in mezzo afli strati sociali del Proletadato, ma in tutte le professioni mondaae, anche e ptoprio in quelle che {orniscono il responsabile di forme diverse di potere, culturale o materiale. l,a richiesta rivolts a tutti i cristiani di diventa irì simili missioni assunte a partire dalla vita secondo i consigli trnto tlillicile quanto, se adempiuta, feconda. Qui infatti può riuscire un'infiltazione nella mondanita lontana da Dio o a lui contîaria, a Partire dallo stato di vita presso Cristo, che è il libero, personale e tlascendente Signore di tutte te cose mondane e di tutte le potenze e le fone che operano in esse. Forse però simili missioni di amminisÍare Per il bene dell'umanità un gtande Potetc 4 pfitire dall'ímpoterza cristiana della Croce sono tanto rate quanto lo sono autentiche missioni di piena e assoluta contemplazione.

].

i oistiani

q Gli stati di vita del cistiano I'odio col quale esso perseguita la Chiesa la purfica sempre nuovamente dal pericolo di decadere a essere sottomessa al mondo e la restituisce alla sua autentica rnissione, togliendole l'illusione di potetsi esprimete completamente in cíò che è mondano ( cnsì come I'anima vorebbe espri. mersi completameÀte nel corpo, ma non lo può), di trasfotmare la re. denzibne escatologica in liberazione inttatemporale, I'amore crocifisso in umanitarismo, Dio, che dmane semple mistero, in realtà finalnente pienamente svelata, mondanita che possiede se stessa. Quanto più fortemente la superiore legge configuraate della Chiesa si imprime nel mondo, tanto più questo cerca di impossessatsi di questa legge è di svuotarla con mezzi mondani di tutto il suo contetruto, finché della Chiesa non resti più che un vuoto velo (, ). Allora sarebbe fomíta la prova che corpo, mondo, materia, bastano a se stessi. C.osì alle forme di vita ecclesiali non rimane altro da fate che differeciani sempre piìr coscientemente, p€t nmoÌe della missione univetsale della Chiesa, dal mondo (Mt 23,8-12\ , Solo guatdando a queste parole del Signore potremo patlare, in quello che seguirà, di una sovra- e subotdinazione degli stati ecclesiali' 1. La prima relazione ra gli stati emerge dall'analogia della chiamata alla sequela di Cristo, dal prender parte attivamente alla realtà ed effi eacia (Virklicbkeit and \Vitkang\ della missione redentrice del Si-

La seconda separazione degli stati uno stato di vita. Se all'interno dello stato laicale avesse luogo una chiamata qualitativa a speciale sequela, essa condurebbe di per sé il chianato ad una partecipazione allo stato d'elezione. La differenza fra stato sacerdotale e stato dei consigli deriva però dal fatto che il primo esige

una sequela più snetta di Cristo indirettamente, a motivo dell'ufficio conferito, mente il secondo la esige in maniera diretta, a motivo della forma di vita conferita lxrsonalmente. La differenza è già stata prcsentats: il tapprcsentante del ministero, Pieno, non viene degnato della gtazia di vivere la croce insieme a Cristo come il rappresentante dello stato dei consigli, Giovanni; la prospettiva della coce viene fatta ap parite a Pieto solo in un secondo tempo, a motivo dell'ufficio conferitogli. A ciò conisponde il fatto che il momento ministeriale appare sotto un certo aspetto nel Nuovo Testamento come una continuazione dell'ordinamento dell'Antico Testamento, mentre per lo stato dei consigli ci sono nell'Antico Testamento solo lontane ímmagini prefigurative, ma nessun vero e proprio presupposto. Esso è scaturito nel suo insieme dalla croce, e costituisce la vera e. propria nuova fondazione operata da Cristor essa in{atti diventa possibile come forma di vita solo quando Cri-

Stato sacerdotale e stato dei consigli rappresentano di fronte allo stato laicale di vita nel mondo una vocazione speciale, differenziata; nei confronti di questo essi sono le uniche vocazioni nella Chiesa che fondano

sto, sua immagine archetipa, ha percorso la via della Redenzione. L'aspetto ministeriale appare anzi anche nell'Antico Testamento, a dire il vero, solo in patte come derivante dallbrdine della salvezza poiché in pane esso è fondato anche nell'ordine della creazione. Rienna infatti nell'essenza sociale dell'uomo religioso che il suo servizio divino sia pubblico, e per questo alcuni singoli vengono rivestiti dell'ufficio di questo servizio. Il fatto che in Israele questa funzíone viene trasmessa ad una intera ribìr e considerata come ercditaria mostta la paientela del suo sacerdozio con quello dei popoli confinanti. La chiamata di Dio al servizio sacerdotale è perciò là una chiamata per così dire imperso nale, in brusco contrasto con la chiamata che è del tutto unica e penonale rivolta ai profeti, i quali divengono msì prefigurazioni delle vocazioni petsonali neotestamentade. {Jna *accia di questa distinzione rimane anche nel Nuovo Testamento, non solo nella differenza fta impersonalità dell'ufficio e sequela personale come contenuto di entrambe le vocazioni, ma anche nella possibile divemità della forma di chiamata stessa, come più avanti mostreremo, La posizione intermedia dello stato presbitemle, fra stato laicale e stato dei consigli, risulta evidente anche dalla conmeta configurazione che questo stato acquista nella Chiesa e che lo fa partecipare ad ambedue le altre forme di stato di vita: allo stato dei consigli atttaverso il ce-

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gnore: Stato dei consigli

î Stato sacerdotale

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Stato laicale ( nel mondo )

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Gli stati di vita del cristiano

La seconda separazione degli stati

libato e l'obbedienza al vescovo, senza essere obbligato alla povertà, allo stato dí vita nel mondo, pet il fatto che conserva un possesso terteno e una telativa autonomia petsonale, giustificata dalla vocazione di pastore d'anime. Visto dallo stato laicale di vita nel mondo, lo stato sacetdotale prende parte alla condizione di tovarsi esuomesso dagli ordinamenti del mondo pet essele a puro servizio della causa di Cristo; visto dallo stato religioso esso sembra formate una certa unità organica

In forza di questa rappresentazione e per esplicito incarico del Fondatore il ministero come tale (e non come forma di vita) può e deve esigere I'obbedienza di fede e d'amore di tutti i cristiani. Esso può e deve richiedete questa obbedienza a motivo della evidenziata distinzione di ufficio e persona, dell'evidenziata intangibilità dell'ufficio anche nel caso della più grande indegnità della persona. E la cistianità cattolica si riveleta sempte nuovamente come quella che veramente vive dello Spirito di Cristo per il fatto che essa nelle situazioni di importanza decisiva prcsta sottomissione al ministeto altrettanto incondiu ionatamente quanto Cristo si è sottomesso al volere del Padre pet la redenzione del mondo. Un volere che all'inizio della sua vita gli fu presentato nel legale della Legge veterotestamentaria, a cui egli si inchinò senza proferir motto, e alla fine della sua vita in una fenea volontà di passione del Padre, volontà divenuta completamente anonima, dieto la cui feconda inesorabilità la sua amata petsona scompaîe nella notte dell'invisibilità. Dawero nella di Padre e Figlio durante la Passione è sottratto a questi tutto ciò che avrebbe potuto facilitargli I'obbedienza puramente ministeriale e formale che egli come redentore doveva prestare, grazie a71a relazione personale tta lui e il Padre: della patemità del Padre non è rimasto più niente alno che f incondizionatezza dell'esigenza d'obbedienza, e delle personali forze del Figlio niente più che l'assoluta coscienza-in angoscia, vetgogna e abbandono, nel sentirsi richiedere più di quanto sostenibile e di conseguenza sentirsi impotente-, I'assoluta coscienza, tuttavia, che la missione deve essere adempiuta. Questo awenimento centrale del cdstianesimo rimane ripro dotto nella Chiesa nell'inconttoveîtibile sovraordinazione del ministero ecclesiale ad ognt gnia lrtsonale e carismatica, la quale per lo meno deve dimosúarsi autentica anche attraverso I'obbedienza ecclesiale. Ma poiché nella sua obbedienza il Figlio ha portato via tutta la giustizia dell'ira di Dio per il peccato e ha così appoîtato la riconciliazione, la partecipazione della Chiesa al ministero dell'obbedienza ministeriale è per essa già un segno di sovrabbondante misericordia. Ptoptio qui scatutisce per essa la salvezza in forma di Eucarestia e degli altd Sacramenti, forma della presenza gamntita della parola di Dio nella figura della parola ecclesiale e nella gtazia del legate e sciogliete ecclesiale, che lega e scioglie in cielo, dunque nell'assoluta gtazia delTa redenzione. Il ministero sacerdotale diventa in tal modo eminente luogo ecdesiale della presenza di Cristo, così come Cristo stesso con la ministeria' lità della sua obbedienza è diventato luogo eminente della presenza del

:

con lo stato laicale di vita nel mondo, per la sua relativa sicurezza nella paffocchia e il suo essere ordinato ai bisogni delle famiglie, alla, configumzione cdstiana della vita laicale (Battesimo, catechismo' celebrazio' ne di mattimoni, visita delle case, esnema unzione e funetali) ' Questa collocazione mediana dello stato saceldotale ha i suoi ptegi, ma anche i suoi pericoli: il ptegio del contatto pastoÌale diretto con la comunità dei laici, e quello ancora più grande di una paltecipazione ai privilegi della sequela prsonale quale la possono offrire i consigli; infatti il ptete può ,roifo.ro* quanto vuole la sua vita personale allo spirito, anzi alla realtà dello stato deí consigli. I pericoli tisultano dalla posizione intermedia: il prete può cadere in una mediocità e mancanza di colore, o anche, nella sua irtrlir"r umana, ptendersi da ogni stato quelle cose che più sono piacevoli, aggirando la radicalità del , il peturbatote della pace laddove i conti s€mbravano tornafe' Egli ptende parte d'ufficio in maniera speciale all' ( r4zs' tnltotb) di Ctisto e alla Sua solitudine, che non raramente gli è rcsa percepibile; all'intemo della Chiesa egli detiene in qualche modo la porizio* .l't. la Chiesa nel suo complesso ocorpa all'intemo del mondo: quella dello snaniero, che non può mai &venire del tutto di casa nel mondo. Stato laicale e presbiterato secolale hamo questo in comune, che ennanbi per la loro vocazione sono in qualche modo radicati nel' I'ordine della creazione; Io stato dei consigli invece non possiede, visto a partire da essi, alcun fondamento: esso è sospeso in aria, andre visto dai ---come il Signore in croce è sospeso tra cielo c teffa senzr posizione ptopria. Dalla terta, che lo scaccia, egli è espaniato; nel cielo non ritmva la sua patria, poiché il Padre si vela, ed egli stesso non può ancora seguire lo Spirito che pr così dite manda avanti

Questa ordinazione al bene comune della Chiesa distingue la vera di e può, laddove si tratta delltsaminazione di simili fenomeni, valere come pieta di paragone decisiva. Una mistica che nella sua autocomprensione si esaurisce in semplici fra Dio e I'anima eletta, senza avere una qualche dimensione sociale ed ecclesiale (anche se questa non diventa afferrabile esternamente ), sarebbe con ciò già smascherata come illurione. (2 C_ar 7, ó ) . , sul duro suolo del suo essere, temante: (At 9,4; 22,10\

.

Ma colui che è stato buttato a terfa dal lxso di questa voce impetuosa viene da essa rimesso in piedi. Dio, quando pada, vuole un partner. Lo vuole capace di stare in piedi dinnanzi alla sua voce e di tispondete. (Ez 7,28-2,2). Dio desidera, se pada personalmente, esserc anche pesonalmente ascoltato; egli desidera, se pronuncia nel mondo la sua barola personale, dascoltada non come una morta eco, ma petsonalmente dalla sua creatura, in uno scambio che è un autentico dialogo, un dialogo che certo può venir condotto solo in base all'unità del Verbo divino, che media fra il Padre e noi. Ma come la Parola personale proviene dal Padre e tuttavia non è il Padrc, ma soltanto lo dvela' così la creatuta non può restituiîe al Padre questa Parola che ha dcevuto, se non pronunciandosi in essa, o meglio lasciandosi pronunciare da essa' lJna pima rolta itr Padre ha parlato allorcbé creò iJ mondo' Egli infatti lo ha creato seoza eccezioni (Gv 1,3)' in esso e per esso (Col 1,16). Egli lo creò con una settuplice parola, che sei volte risuonò e cui settimo suono è il tacere (Gn 1'2,4)' All'interno di questa (Rm essete, ricevendo il propdo nome, diventa ciò che è' Così 4,17) Dio chiama il cielo (Is 48,13), chiama la tena (Sal 50,1), chiama I'acqua (Am 5,8), chiama le stelle (Sal 147,4), chiama la luce, (Bar 3,33'), L^ cteazione è la príma ekHesla, la prima chiamata all'essere dal nulla e dal caos. (Eb 1,3). ( Mt 26)9)-, quella sotte c:he è solo la ptofondità della missione, quel temante che è solo la conseguenza dell'intrepido clre il Dio che chiama ha udito e ha racchiuso nel suo possesso, affinché alla nissíone, anche nello spez.

tendono catene e tibolazioni> (ibid. 20,22-23). E sebbene alcuni discepoli (ibid- 21,41, Paolo non si lascia sviare dalla pista ftacciatagli personalmente dallo Spirito, la quale lo conduce al sacificio insieme col Signote, che sigilletà la sua missione. Chi è entrato una volts nella vocazione con un pieno non verra più mollato dallo Spirito. È come se Dìo ass*messe la garanzia per il cbiamaîo. Non ci sarà praticamente nessuna missione che in qualche mo mento, fotse per luaghi úatti, non venga sentita mme tfoppo pesante pet spalle umane, come semplice richiesta esagerata. Può essere la missione di Giobbe, che nella sua notte di passione giunge sino ai confini

zarsi dell'umano vaso contenitore, non accada alcun male. Una volta realmente ptonunciato il sì alla missione, colui che I'ha scelta enta nella sua missione come, per così dire, in uno stato definitivo, dal quale Diose egli stesso non vuole uscirvi-non lo lascerà più evadere. (Ap M,4), cosicché riconducendo a casa la ceazione al Padre sorge questa triplice graduazione: (Rm 8,28).

formano un'unità, nella quale amano

Dio, che sono stati

Tutta la previsione natuale diventa per essi ttasparente alla chiamata di Dio, la quale si ripetcuote attraverso tutto, fin dentro alle piccolezze di cui è fatta la vita quotidiana. E tuttavia questa chiamata non viene per questo mutata nella sua essenza. Essa rimane chiamata ad uscírc dal mondo per eníarc nella Chiesa, ad uscire dalla mmunità per entaîe nel sacerdozio o nello stato dei consigli.

Come driamata alla Chiesa in generale essa è chiamata ad una vita cristiana, e questa chiamata si ripercuote su tutta la configurazione che un cristiano da$ alla sua vita matrimoniale e professionale nel mondo.

irft"1 + La chiamata

L'essenza della chiamata

Essa satà il magnete che dà agli ordinamenti mondani nella zua vita la polaÀzzazione cristiana. Sarà I'idea cristiana della missione a teneqli

vino, perché abbia sapienza, intelligenza e senso artistico in ogni generc di lavoro, 1xr concepire prcgetti e tealazatk in oro, argento e mme, per intagliate le pietrc da incastonare, per scolpire iI legno e compiere ogni sorta di lavoro. Allo stesso teEpo gli ho dato per compagno Oholiab (..;) e nel cuore di ogni alto artista ho infuso saggezza, lrrché possano eseguire quanto ti ho comandato> (Es 31,1-6). Si può qui certamente dire che si tratta di una singolate assunzione in servizio da parte di Dio di professioni mondane p€r la costruzione della tenda sacra, che inoltre questa elezione di professioni mondane per un santuario terreno è spcificamente veteîotestamentada, poiché in effetti la tenda antica non è (Col 2,3)' (Mt 19, 17-21 ). Così si differenzia pure, come già vedemmo, la vocazione del di-

Il

i

scepolo dell'amote da quella ministeriale di Pietro. Giovanni viene attirato dall'amore del Signorc ed è già in movimento verso di lui' Quando Signore si volta e domanda: alla controdomanda: fa seguito I'acconsenziente invito:

I

I

\

(Gv L,38-)9\.

al ministero è perciò Piuttosto sinile al ttascurare un comandamento, menfte il non voler udire l' alla sequela personale tocca qualcosa di piìr delicato, che cioè non può propríamente esset valutato come trasgressione di un comandamento (giacché si ratta in effetti di un consiglio), ma che col'

Il

non voler udire

il

pisce I'amore del Signote in un punto più intimo, piir vulnerabilc. In' fatti per la passione del giovane ricco per qualcosa di migliore (Mc 10,21), e allorché il giovane ticco ( 1 C,at 12,4-61.

t8t

ii,,

4. Gli elementi della cbiamata Finota la chiamata di Dio è stata considerata come una realta indivisibile, come I'unità della volontà di Dio presentata al chiamato, la quale può avere un'impronta diversa a seconda della forma e del colore che essa essume. Ma abbiamo già visto che questa unità della chiamata e della volontà di Dio può comporsi anche di più elementi, che sono tutti da ptendere in considerazione, se si vuole raggiungere e rendere comprensibile la driatezza della chiamata. Finché siamo in questo mondo non vediamo Dio in volto, nemmeno nella più alta contemplazione mistica. Così pure non udiamo la voce di Dio altrimenti che mediata attravetEo i veli della creaturalità. Cristo stesso, che è Dio, ci lascia vedere la sua divinità solo attîaverso i veli della sua umanità, e anche i piùr intimi suggerimenti e impulsi dello Spirito Santo nella nostra anima, che psicologicamente sembrano possedere un'assoluta immediatezza, considerati quanto all'essere sono trasmessi attraverso il medium della ceaturalità. Ciò vale anche per la chiamata divina. Questo non significa peò che de questa mediazione essa debba venir indebolita, o diventi meno fiara e comptensibile. Così come per il cedente la parola di Cristo ricevuta dal Padre, sebbene mediata creaturalmente, conserva integrale chiarezza e petciò uguale forza di richiesta, anche la sua chiamata mediata dai mezzi mondani è inequivocabile. Solo

(

il ministero ecclesiastico condiziona molto più fortemente la chiamata, il superiore digioso che acmglie un candidato è meno centralmente implicato nella costituzione dell'unità della chiamata. Egli è autorizzato e obbligato ad esaminate se la chiamata interiore è autentica; ma se essa 1o è, e nessun ostacolo o obiezione sono di impedimento a che vi si dia seguito, allora egli commetterebbe una mancanza non solo contro I'amote, ma contro lo Spirito Santo, se rcspingesse colui clle chiede di essete accolto. Non si deduca da ciò che il postulant€ abbia un vero e proprio diritto a venir accettato da un determinato otdine religioso o monasteloi un simile diritto dovrebbe, per esisteîe, essere anche fissato dal diritto canonico. Certo però ha lo Spirito Sanm il diritto, di fronte alla Chiesa nel suo insieme, che le sue sollecitazioni e i suoi impulsi vengano da essa accolti e seguiti. Se Dio , come dice S' Tommaso, è sua volontà che entmmbi gli elementi si riuniscano in un'unitÀ i

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vocazione e

una

ili flt :11

,l

Un breve sguardo alla stoda rccente del concetto di vocazione può qui clriarire quanto dettol. Una connoversia circa il concetto di vocazione scoppiò in occasione delle tesi del sulpiziano L. Btancherau (fu uocdtion sacerdotale, 1896), che dava il massimo peso all'atttazione interiore, alla forte inclinazione soggettiva al sacerdozio come criterio di autendcità, e di quelle del canonico J. Lahitton (La oocation sacerdota\e,1909) che in parecchie opere, nelle quali il suo pensieto si muta leggermente, evidenzia soprattutto che la vocazione sacerdotale awiene pet mezzo della Chiesa ministeriale, del vescovo, mentre da parte del soggetto non viene richiesto alro che la , che consiste essenzialmente nella idoneita per il sewizio sacerdotale nella diocesi. Menre nella prima edizione Lahitton tappresenta la scelta come se la chiamata esteriòre da pate del vescovo fosse la manifestazione delIttema scelta divina, più tatdi nasferisce tutto il potere dtlezione da Dio alla Chiesa, al punto che Dio si sarebbe addirittura privato del suo potere di scegliere, per lasciarlo alla Chiesa alnettanto come pet la coniacrazione sacerdotale (Lahitton, Deux conceptions diaergentes de la tocation sacerdotale, 191.0, p.237). II vescovo crea (ctée) la vocazione, cosa che Lahitton cerca di sostenete con la teologia circa il vescovo di S, Tommaso, secondo la quale il vescovo elegge i suoi aiutanti come un te i suoi ministtí (Sappl. q 18 a f), per cui egli consaca i suoi pteti sempre , ma proprio là dove si tlatta di vocaziofli straordinarie. Non è che quanto più una chiamata è intedore e comunicata soggettivamente senza mediazioni' tanto più autonomamente possa venir dcevuta' compfesa ed eseguita dal chiamato. Proprio le forme piir sottili di vocazioni abbisognano maggiormente di interpretazione e guida oggettiva; anzi la forma della cbiamata divina interiore viene in simili casi riconosciuta come giusta in senso cattolico solo se questa chiamata tende da se stessa all'interpretazione e alla conduzione olg.ttiva del sacerdote, che la completa, e se la volontà d'obbedienza a Dio si esprime senza conflitto intedore anche in un'umile & alobbedienza ecclesiale' Cosl facendo, il chiamato non celca affatto lontanare da sé la responsabilità. Soltanto egli obbedisce alla voce divina non stessa, la quale non può maí essere una voce isolata, senza comunità,

sua cliamata in ambedue le componenti, quella interiore e quella estetiore, poiché la sua opera di creazione e redenzione ptesenta questa figuta doppia' Se già I'etica naturale persocolloca la norma della volonta di Dio nella tensione fra coscienza ultima la norma rimane certo che coscienza, nale e legge oggettiva, e la del cohportamento pratico, è obbligta a orientarsi secondo norme oggettive J se si dà il caso a mutaîe se stessa, questa viva opetazione di

...1.ri"L. bio distribuisce i toni della

Dio> Jcambio si adempie nell'ambito della Grazia, dove la (Eserc. Nr

18r). La più o meno profonda velazione della chiamata all'interno dei veli delle componenti moldane non è così in nessun caso un allontanarsi, un divenir flebile o non chiato, una dispersione che il chiamato non potebbe più raccogliere di nuovo in unità. Quests velazione è piuttosto la condizione normale della fiamata nel mondo, anche nel mondo cdstiano, e la prima e seconda forma dell'esset chiamati dmangono un'eccezio-

ne. Per percepire chiaramente la chiamata di Dio nella quotidianità del mondo non si richiede niente di più che il puro, semplice atteggiamento della fede: (Eb 11,8). con la forza del e conferisce così anche a colui che è in atto di compiere la scelta la forza di superare l'arco di tensione Ía vita secondo i consigli ed esistenza mondana, e di perseverare lungo la durata del tempo.

alle sue inclinazioni.

D'ora in avanti sarà così, che la chiamata al sacerdozio e allo stato dei consigli cordsponde più (ma non esclusivamente) al (Is 50,2). (Is 66,3-4). (Ger 7,11). (Os 11,2). E anche i profeti, che portano la parola di Dio, gridano nel vuoto: (Ger 7,21). La testarda Gerusalcmme rímane solo l'immagine evidente e il simbolo di tutti quelli che in ogni epoca della storia si allontanano dalla chiamata di Dio: (1 Cor 10,11). (Eb 4,2). (ibid. 3 ,5-7 | . Ciononostante: (ibid- 4,15\, (Gal 4,191. La pate dei , che sono ben più che semplici levatrici socratiche, sono autentiche obalie>, (1 Ts 2,7-8), è così importante che, laddove essi vengono meno, la più gran parte delle vocazioni va persa. Rientla invece nella fecondità speciale promessa ai preti e alle lrrsone che vivono nello stato dei consigli il fatto che essi possono cooperare in maniera particolare a destare e fat crescete nuove generazioni di preti e di persone che vivono i consigli evangelici. Catechisti laici po-

solo nel corso della sescita: se colui che ascolta non comprende, oppure comprende sl ma non può custodire, o comprende e accetta ma in seguito

si allontana di nuovo. La parabola del grande banchetto, che inizia con la chiamata del padrone di casa: , lascia dapprima riecheggiare questa c,hiamata nel u.roto. (Ap 2-3) vengono chiamati a tender conto della condizione spi-

compito. Questo

in via eccezionale sostituire i preti in questo mostra I'esperienza della Chiesa lungo tutti i secoli del-

tituale di

la sua esistenza, Senza I'esempio e la cosci€nte cura della sommessa chia. mata di Dio nelle anime è impossibile che le vocazioni germinali si d!

Da tali preti soltanto può venir creato un vivo conÍappeso al crcscente influsso di stampa e mass-media, che non di tado perseguitano la vita secondo i consigli con il loto cinismo spregiudicato e bollano la Chiesa nel suo insieme come un fantasma istituzionale. Si fa ancora molto discottere di apostolato dei laici, ma i movimenti specializzati di Azione Cattolica hanno {atto il lom tempo, e furono essi stessi vivi solo fintanto che dieno i singoli gruppi ci stavano uomini impegnati fino in fondo. Che di tali uomini c'è bisogno può essere teso comprensibile anche ai giovani dbggi, che ritengono in primo luogo che sia possibile seguitare anche piùr tardi nella vita professionale con quelI'impegno ideale che sono disposti a vivete durante il tempo dell'educazione. E i genitori che hanno intuito da lungo tempo questa illusione dovrebbero imparare nuovamente a vedere che la loro critica a Chiesa, preti e frati rimane sempre inopportuna finché non sono disposti a rendere attenti setiamente i loro figli-almeno uno di essi-alla chiamata alla

spieghino. Certamente per l'imptessionante diminuzione di vocazioni sacerdotali e religiose tispetto al Medioevo e all'epoca barocca ci sono molti motivi sociologici, che sembrano indicare che non certo I'intera moltitudine di quelli che una volta intrapresero la cardera cledcale o furono avevano vocazioni autentiche nel senso del Vangelo. D'altra parte I'atmosfera in cui oggi i giovani cescono ci fa vedere chiaramente che solo con fatica una reale chiamata può qui essere udita. A ciò si aggiunge I'affievolirsi della comprensione della vocazione qualitativa negli stati d'elezione stessi, il timore umano laddove realmente si dovrebbe teclutare, la rassegnazione di ftonte ai prowedimenti d'emergenza ecclesiali considerati come normali.

L'immediato bisogno di panoci e cappellani per comunità fa inoltre perdere di vista quella che è un'istrnza fondamentale di tutto questo libto: che il ministero sacerdotale può svilupparsi fruttuosamente solo in un'intima congiunzione con la vita secondo i consigli, e che perciò il destahi della sensibiÎta pet ogni specie di vita secondo i consigliJai monasted contemplativi passando attraverso gli ordini attivi e le congregazioni fino alle comunita di vita nel mondo--è indirettam€nte ma fondamentalmente il presupposto per un rinnovamento del dero. A ciò corrisponde I'esperienza oggi frequente che per i preti in posizione isolata è tutto più difficile, tanto più laddove non è quasi più possibile novare delle perpetue, e che associazioni regionali di pastori d'anime, che rimangono iniziative esteriod e aggiunte in un secondo momento, faramente si rivelano rnolto efficaci. Le esperienze migliori sono quelle fatte

con preti che vivono nello stato dei consigli, preti che sono tenuti insieme dal loro comune ideale, dalla loro comune educazione e forma di vita, tanto più se essi vivono in zone adiacenti e si possono incontrare più frequentemente. Da tali pteti che vivono i consigli evangelici la vita secondo i consigli può anche venir spiegata al popolo in una predicazione e una catechesi senza forzature e venir presentata nella sua indispensabilità. Il popolo cristiano ha però già da sé, se non è guastato dall'indotrinamento, un fiuto, una conoscenza intuitiva che il suo prosperare dipende dal fio rire della vita dtlezione ecclesiale, e che a ragione gli (Lc 18,8). Non è mai troppo tardi per aspettado, a mcno che non si abbia già chiuso bottega con un (noD. Chi è giovane possiede un'intima capacità di mettetsi in marcia inconno ad ogni ideale e perciò ancle qualcosa come una naturale prontezza ad apdni g€nerosamente alle chiamate di Dio che esigono generosità. Questa qualita naturale è conferita a lui come una grazia, per allenarsi alla disponib ita sopmnnaturale che deve durare lungo tutta la vita. Fra i venti e i uent'anni deve

r

Si tratta di S. Nicola dclle Flúxe, parono nazionale dclle Svizzera. (nlr)

La

chiamata

aver luogo questa spiritualizzazione dell'idealismo dell'età dello sviluppo;

l'orecclio naturalmente aperto deve venir trasformato in un orecchio che sta in ascolto per la foza della fede. Se si rascura di far ciò, allora il tempo della giovinezza appare a colui che è diventato adulto come il tempo di una piacevole ma dawero folle illusione, la cui è il malinconico soffidere degli ex studenti universitad che si ritovano assieme, L'ex-universitado saggio tomerà talvolta a bere nelle bettole insieme coi giovani studenti, per ricollocarsi nella svanita spensieratezza da tagazzo, ma riter-

i

giovani ai misteri della disillusione che vemà. Quale miracolo può di nuovo sfondare la pota di colui che ha deciso di chiudersi? Della gîande pafienza2 inconto a Do egli non sa più nulla, e quando dei giovani si decidono per la totale offerta di sé, per il sacdficio rà suo dovete iniziare

completo, ! (Sap 4,18.

2.

conoscimento d,elld chiafiata

Prima che colui che è chiamato possa rispondere alla cbiameta deve averla percepita e compresa mme tale. Questa affermazione non significa che nella vocazione iI momento intellettude possa puramente venir separato dal momento della volontà. Ci possono essere cioè casi ncí quali ad

74-15\.

una del tutto chiara consapevolezza di essere fiamati viene contÌappo. sto sin da pdncipio da parte dell'uomo un altrettanto chiaro . Tuttavia satà più frequente il caso in cui conoscenza e volontà cooperano nella chiarificazione della chiamata e il consapevole uoler uditc apte la strada sempre di nuovo ad una visione sempte più profonda. Tuttavia il decisivo sì ddl'uomo, che in ogni caso è esigito in ogni vocazionc ape" ciale, deve essere preceduto dal chiaro riconoscimento che questo viene richiesto. Tanto il chiamato stesso quanto ancle colui a cui è affidata la conduzione spirituale dei chiamati abbísogoano perciò di una sufficiente cognizione dei contmssegni dell'elezione. Qualcosa di quello che tienra in questo tema è gia stato ds noi fatto oggetto di dibattito, soptattutto ad esempio la diversità dclla chiamata nelle vocazioni al sacerdozio e in quelle allo stato dei consigli. Nelle prime può bastare-come li.mite minimo-una generale devozionc unita all'indinazione e all'attitudine per le funzioni sacerdotali, ctitcri che vengono completati e definitivamente ancotaii dal di accettazione da parte della Chiesa. Salendo da questo limite minimo troviamo passaggi fluidi fino alla più chiara vocazione personale alla sequela, I loro conttassegni distintivi possono essere più o meno chiaramcnte marcati, ma in nessuna vocazione allo stato sacerdotale o allo stato dei consigli pos-

2

L'Autorc sfrutta abiloelte ia questo passaggio la duplicitÀ di signficato dcl vabo aufbtccben, & può sigoificare da un lato ( Eserc. Nr )51 ). rlJna volta assicureto il rimnoscimento del chiaro prcvdete della chíamata, non c'è mezzo migliore pcr Iiberarsi dei disturbi che lo stesso coraggioso assenso a Do, in suo fedcle ascolto.

Enuambe Ie due vie descritte conretgoro qaindi verso un comunc centro. Nella prima il chiamato vedeva per prima cosa un4 concrcta missione possibile, ma doveva pîima lasciarsi purificare nella piena indiffe renza (I ndillerctz), Nella seconda egli sperimentava dappdma un'indifferenza, di fronte aIIa quale però deve venir applicato il discernimento degli spiriti, e cJre poi si rivela come cristiana se è pronte a lasciarsi inviare. Là la missione si accendeva dal bisogno, dall'ingiustizia e dalla peccaminosità del mondo, ma doveva imparare che per questo c'è soltsnto un rimedio ultimo: la croce. Non si da fiberazione ctistiana che non abbia una dimensione di redenzione. Qui invece I'inviato stava certo già nel luogo celeste delle missioni, solo che doveva peò prima imparate a comprenderc questo: che quanto più uno 4t9

wole

essere vicino

a Dio, tanto

La chiamata più ptofondamcnte

di

deve lasciarsi usare e consumare nci piani di

L'awenimento della vocazionc

dio è particolermcnte importante il ruoto di colui che guida. È lui che adesso deve chiarire e far luce, Egli dew avere così tanto tatto da non turbare I'anima forse timide con dchieste improwisc, c da descrivede prowisoriam€nte i pregi dello stato d'elezione solo in manicra oggettiva e mme di sttaforo. Il dialogo può p€rseverane per anni in questo stadio. Per lo più sarà meglio se il chiamato stesso acquisiscc il riconoscimento de€isivo, piuttosto che qualcuno dal di fuori glielo ficchi in testa. Uno zelo privo di tatto produce più cocci che cose utili, e colui che una volta è stato ferito ritrova solo ben difficilnente la via vemo una nuova considerazione della sua vocazione. Inoltre niente prowede maggiormente ad eccitare i giovani alla protesta del sospetto che li si voglia (rcclutare,' per qualcosa con astuzia e coshizione. Se Dio mits ad una speciale elezione, allora è certo impossibile clre il primo vago intuire, il leggero bussare di Dio, non si chiarisca, per quanto riguarda Dio, in una chiamata chiaramente udibile. Se non si frappone nessuna disobbedienza da parte del chiamato o dclle guide rcsponsabili-genitori, maestri, prcti-, Dio rischiarerà tolmente Ia cono-

Dio

sul mondo. Il riconoscimento della realc esistenza

di una chiamata alla sequela speciale può vcut minacciato e-almeno pcr il momento-reco impossibile dalla mencanza di un momento soggettivo o di uno oggettivo. Ostacolo soggettivo è il non voler udire o il non poter udire. Dovrebbe essere difficile constatare quanto sia possibile rendere completanente muta, col proprio pee.ato (Siindigkeit) nell'età giovanile, una vocazione speciele non ancora awenuta, rimandata I più tardi. Qui €ntîa in guestione soprettutto il non voler udire, che ha luogo nei confronti di un autentico udire già cominciato. L'uomo si rittae, e il seme della Patola cade a terra senza portare ftutto. Quando poi la voce diventa muta e colui che la ha rifiutata è , solo apparentcmente egli può scusarsi diccndo di non averla riconosciuta; ad un certo punto di svolta della sua suada egli ha ttoncato a Dio la possibilità di continuare ad esprimersi; il suo non udire è mlpevole. Tuttavia non è impossibile clre ci sia anche un vero e proprio incolpevole non poter udire, pîesso certuni che percepiscono qualcosa come una chiameta, ma non sono in gtedo di interpretare ciò che hsnno udito:

scenza, che una scelta esatta diventa inevitabfle. Se invece

h

chiemate è

la notificazionc di un qualche volere o desiderio di Dio ad un leico, po-

(Mt 13,19). Questa

trebbe bene essere che essa conservi sempre quel carattere dilcteto, r€-

condito. Dio infatti richiede certe cose nella forma dei suoi comandamenti, ma altre le lascia apette: che cosa si dovrebbe fare, che cosa farebbe avanzare l'uomo con un salto di un bel pezzo di strada, nel caso che egli oda I'invito di Dio, ma che la percettibilità di Dio mai lo forzcra categoricamente a fare. In simili chiamate non si ratta in effetti dell'es-

possibilitÀ ptesuppone, se dev'essere dawero senza colpa, che la chiamata oggettiva è errivate in maniere non ancora chiara. La chiamata può infatti oggettivamente, vista I paîtire da Dio, essere ancora inarticolata. Le c.hiamate di Dio non sono fatte rigidamente con lo stampino, ma sono vive e differenziate all'infinito, soprattutto perché Egli conta sulla cooperazíone degli uomini, e anche su di una viva attenzion€ della Chiesa. Tanto colui clre ascolta la chiamata, quanto colui che lo guida, devono contribuire personalmente a completarla, ad anotondada. Altrc lrrsone ancora devono contribuire con le proprie energie, pregando e sacdficandosi, affinché la chiamata sia anche un prodotto della comunione dei santi. Così c'è per lo più uno stadio in cui la driamata oggettivemente è ancora deboler un leggem bussare alla porta, un primo tentativo dell'amote di Dio nei confronti di un uomo. Do può volere che questi si alleni a poco a poco a dare la tisposta. Egli può lasciar apparire la sua chiamata come un raggio di sole attraverso la nebbia, visibile {orse solo durante una schiarita nella nuvolaglia che non si apre del tutto. jFgli può lasciare che la nebbia si addensi di nuovo, affinché I'uomo si ricordi di quell'ora di chiarezza e a parthe da essa continui a ptegare e e cercrue. In questo sta-

sere o non essere di una misbione, come è invece il csso nella scelta dello stato sacerdotale o dello stato dei consigli ( dove tutto deve divenire sot. tomesso alle missione da ricevere ), vale a dire di un sì chc prcsuppone

in ogni

caso la piena chiarezza della tichiesta

e 1o stato dei consigli contano, per così

consacra ad essi.

di Dio. Lo stato sacerdotale gazie dire, ad ogni singolo che sí

Chi al contfario sceglie lo stato matrimonialc non presuppone che questo stato venga anicchito grazie al suo ingresso in esso, Così tutto nella sua vita e nel suo rapporto con Dio può mnservare un carettere molto più peronale che nel caso della missione speciale, ta quale subordine completamente la Fmona aI ministero o el voto. Dove si natta di una missione qualitativa, ma ostacoli insormontabili de parte del carattere del chiamato o anche da parte di circostsnze esterne sono prevedibili, può essere piìr pietoso non spingere verso il pieno ri. conoscimento della vocazione. Ci possono pur sempre essere anche casi in

I

La chiamata

L'awenimento della vocazione

cui, malgrado I'impossibilità di darvi seguito esteriomente, il chiaro riconoscimento di essere chiamati può essete da Dio voluto e perciò di utilità. Un uomo deve forse sapere che coss era previsto per lui da Dio, e a partite da questo livello non raggiungibíle picchettarsi un ideale come parameuo per la sua vita. Oppute egli deve, per volere di Dio, cammi;are attraverso la vita con un (ibtul. 11,26). L'atto dclla prima giustificazione, che dona la fede viva, rimane il modcllo per tutti gli atti del continuo dialogo fra Dio e l'uomo, che è solo la sempre più viva unione della parola di Dio che sceglie I'uomo e della risposta dell'uomo che scdie Dio. Di conseguenza esso dà la sua intima forma anche a quell'esremo atto di scelta che si compie alla luce della gtazia sentificante: l'etto della scrlta della vocazione, nel quale al cÌistiano viene mos$ata c (se egli vuole) donata la forma speciale del suo stare con Cristo. E poiché ogni cristiano ha da state in un determinato stato di vita, è logio che egli deve essete stato nella situazione della scelta, non solo in quella prina scelta della giustificazione, in cui egli si è deciso per lo starc nelb Chiesa in geoetale, ms snche espressarnente nella seconda scelta che specifica gli stati di vita cdstiani, grazie alla quale gli viene assegnato un posto duraturo all'interno della Chiesa. Egli dwe quindi esaminani coscientemente se gli giunge una speciale chiamata di Dio oppur€ no, deve peneverare nella cindifferenza> dell'ascolto, finché non cresce in lui una chiarezza su ciò. L'avet dimenticato questa esigenza riguardante tutti í cristiani è c€rto una delle cause principali per cui oggi uns così minima parte delle chiamate di Dio viene udita e accolta. La maggior parte dei cistiani-non di rado rafforzata dall'opinione correntè-cde dre una chiamata selezionante non entti per essi affatto in questione; se €ssa entrasse in questione, Dio si sarebbe gia dato a riconoscere da lungo tehpo il modo bequivocabile. A rigor di termini uno dovrebbe inuaprendere la suada dello stato laicale solo se è stato, cosciente e pronto, davanti all'aut-aut delle forme di vita ecclesiali. Ed egli dovrebbe essere consapevole che la vita cristiana nel mondo per lo più è piùr difficile di una vita nei voti, al punto che Ignazio enuncia questa regola per colui che negli esercizi spirituali è posto davanti alla scelta: (S Th rt rr, q 46 a 3c). Questo è detto qui solo per la preparazione alla scelta della vocazione, e non in riguardo alla prassi deil" dir.rione spirituale all'interno di seminari e noviziati.

gico e sotto molti aspctti anchc di fallimento. Dopo sara unr vita di missione, dove di nuovo lo sforzo umano non conispondera mai pienamente all'assolutczza e ampiezza dell'esigenza, una vita di continuo tentrtivo di adempiere decentemelte al compito ricevuto. In mezzo a questi due ci

Il

tempo dell'attesa deve essere passato

dal Vangelo: in una pazienza che è

in quella

sta l'indivisibile punto dell'furuzione dell'idea lampo, dove diventato un tîovare, e

Questa gazia è riservata alla vocazione qualitativa; essa possiede però aaalogie nella vita normale dei cristiani: in quelle ore dell'inconro con

pazienza descritta

il

Do, che richiedono un

assenso

di fedeltà e carattcrizzano e consacrano

una vita pcr anni, se non per sempre. Ore ad esempio anche di conversione negli enni della maturità, che raccofuono in unità I'atto della giustificazione nd Battesimo e della scelta e vocazione pcrsonale. Orc della dccisione, che aprcno una proslxttiva, che a tutto un passato di inutilità

Chi aspetta dormendo e spera in un miracolo che lo svegli, nella maggio

ranza dei casi perseveretà invano. Nella preghiera e nella continenzr, con le fiaccole accese in mano e i fianchi cinti, si guarda inconuo al giorno del Signore (Ix l2,t5t. E come nell,atto della giustificazion. v"ì. qui lo stesso principio: quanto maggiormente ptecedeìr, rischiaramento preparatorio e una pudficazione dell,anima, tanto più I'io coi suoi fini e de-

e di colpa possono imprimere, grazie alla forza dell'amore di Dio, un senso che si ripercuoterà nel futuro in un'insperata fecondità. Non è detto però che ogni storia dí vocazione debba attendere un'ora così marcata. Può anche elsere che il tempo della prcpatazione sfcr;i 4aasi senzc cbe si ttoti in quello d€l compimento. Allora la luce del riconoscimento cresce sin dalla prime infanzia insieme con Ia luce dell'assenrc; la certezza della vocazione, magati ad un deîerminato ordine teligioso, era talmente già presente da sempre, che essa matura ( come per Teresa di Lisieux ) soltanto in curisponderza allo sviluppo spitituale del fanciullo, ma non è che propriamente diventi più chiara. L'obbedienza del fanciullo si trasforma come da sé in quella di un adulto. Una simile elezione è come mcchiusa da sempre nell'etemo atto d'elezione di Dio, e il sì delI'uomo è come gia ptonunciato (Ef 1,4), in modo tale che esso, quando con la gmzia del Battesirno en. ra nell'anima, prende possesso di essa e comincia in essa a germinare. Tra questa e Ia prima forma di scelta ci sono ancora uaa volta delle forme di passaggio, che possono assumere ad esempio la forma di una scelta gradualc o anche a scosse. Aache se il chiamato deve aspettare nell'indifferenza l'ora della chiamata decisiva, è tuttavia anche vero che con la sua risposta egli è sempre più lento e più tardo che non Dio con la sua parola e la sua domanda. È

sided passa in secondo piano e la sola attenzione per Do dempie lo spirito. Sarebbe perciò sbagliato dare inizio alla scelta de a vocazione come se si provassero possibili forme di vita come vestiti, peî vedere quale (Dir. in Esetc. ) . Ma questa glossa tardiva si om.rpa, nel senso di lgnazio, del caso eccezionale. Egli stesso è convinto che Dio non si nega a colui che bussa, petché già da molto tempo Egli sta bussando, prima ancora che l'uomo oda e gli apra la porta (Ap 3,20'). La mozione dei che egli presuppone come una cosa che necessariamente deve verificarsi in ognuno che {a gli Esercizi con il giusto impegno (Esetc. Nr 6-10), e l'infallibíle preparazione della scelta che Dio opera, e per così dire f intima esercitazione dell'anima al carattere di awenimento dell'atto di scelta. Come il direttore spirituale debba in ciò comportarsi viene fissato con la più grande circospezione: se nel tempo precedente questi poteva, con la volontà di Dio che a poco a poco si chiariva, urgere incontro alla scelta che doveva aver luogo, durante la scelta stessa egli non può più giocare alcun ruolo decisivo, bensì deve in piena oggettività di fronte all'inequivocabile chiamata fino ad un di stmtto che si perde nelle nebbie del parzialmente inconscio, là dove la chíamata ha luogo graduaLoente e dchiedetebbc un perdurante cammino di acmnpagnamento da parte del chiamato. Certo vale il pdncipio genetale che quanto più una chiamata ha luogo debolrnente, tanto piùr è facile soffocada. Vale peÈ anche I'altro principio secondo cui ogni voc^zione veramcnte qualitatioa ha la {osa di farsi una qualche volta talmente chiara che il rifiuto di essa è un atto spititualmeîrte del tutto responsabile. Certo la colpa decisiva può essere anche di un altro che con la patola o l'azione soffoca il delicato seme della vocazione nell'anima & un bambino, traviandolo con una cinica parola che devasta la coltivazione di Dio come un temporale con grandine, (Mt 18,6). E quanti uomini cescono in un'atmosfera non cedente o cattolicamente tiepida, liberale, distaccata, e non vengono praticamcnte mai e contatto con I'idea di una piùr sÚetta sequela di Cristo! Si pensi al caso di Kierkegaaril, che vide come necessaria Ia via del superamento dello stato matrimoniale, ma non poté trovare nel Protestaotesimo nessuno sîato di

La chíemata vita che battesse questa via; e a così tanti cattolici, i quali all'intemo dclls Chiesa si tovano praticamente nel medesimo caso. È impossibile fatgliene una colpa. Ma quali perdite 1xr il Regno di Dio! Se ogni tifiuto di una chiamata qualitativa porti con sé una colpa, su questo i teologi non sono di uno stesso parere. I più ritengono che il rifiuto di un , che in effetti non obbliga sotto pena di peccato, in se stesso non può essete un peccato, mentr€ invece spesso le circostanze concomitanti, come indifferenza (Gleicbgiiltigkcir) spitituale, leggeteza, attaccamento ai sensi o addirittura disprezzo della vocazione possono causa& peccato. Sarà meglio qui richiamarsi alle divetse specie e ai diverci gmdi della chiamata. Ci sono chiamate che non possono realmente venir compr,ese dal soggetto per la carenze di energia spirituale. Così questi dmane senza colpa. G sono forse chiamate c.he sono aplxna qualcosa di pitr di un p€rmesso di percorrere l'una o l'alta via. Andre per simili chiamate--nel caso che esse ci siano-il non uditle non rap pr€senta una colpa. In prossimità di questi casi rientrano anche quelle vocazioni al sacerdozio secolare che vengono decise quasi completamente dall'esterno, dall'autorità ecclesiastica. Se fosse esatta la teoria di Lahitton, non ci sarebbe pet nessuno di quelli che non arrivano alla consactazione una colpa; essa tisiederebbe altove che non quella di un cristiano non chiamato. Però non appena si abbandona questo gradino più basso della fotma di vocazione e si guarda a quei casi (che tuttavia secondo la nadizione sono i più frequenti) in cui Dio manifesta all'anima la sua personale scelta, cominciano ad entrare in gioco alne leggi, le leggi dell'amore. Si dovrà essere qui molto prudenti col principio che solo i obbligano sotto pena di peccato, mentrc i desideri, gli inviti, i zuggerimenti dell'amore di Dio possono venir messi da parte senza scrupoli. Non vuole forse Dio offtire le sue cose migliori, più impotanti, proprio supplicando piùr che esigendo? E rifiutare non significhetebbe fotse qui danneggiare i piani decisivi dell'amote di Dio, forse anche ren-

derli impossibili ? L'amore ha leggi sue proprie, le quali sono più delicate che quelle del timore e dell'etica mini.malistica, leggi che esprirnono però I'incandescente cen$o ddla vita, dove Dio e I'anima si incon*ano nell'eternità. (Mt 5,201.lJn invito (Lc 74,24). E affinché diventi chiaro il nesso tra questa

La sorte di colsi cbe riliuta è dominata da questa inutilità. Essa può assumete forme diverse, a seconda se il rifiuto awenne piÌr o meno coscientemente, se fu più o meno co\rvole. Se esso stette ai confini delJ'inconscio e quindi della assenza di colpa, allora la sua può diventare una vita che rimane trrr lui stesso iospiegabilmente incompiura. Egli viene perseguitato da una sfortuna. Vonebbe forse sposarsi, ma il fidanzsmento fallisce; la :uLgazza si nega a lui, senza che egli comprenda perché. Più tardi egli ritenta, ma fallisce di nuovo. Ie sue intraprese non fioriscono. Egli non ha figli, oppure gli muoiono. Non gli riesce di farsi um sotda posizione mrne fanao gli altri e di sistemersi senza preoccupazioni. Un'irrequietezza lo riempie, più imposta dal destíno che scaturente dal suo carattere. Egli tirnane uno snaniero in mezzo af,i uomini del mondo e si sente ule, Non gli verrà chiarito il vero senso della sua inquietudine, non vettà privato della speranza. Forse Dio avrà pietà e gli donerà pace.

revoca e la possibile perdita della missione anche nel Nuovo Testamento, il Signore parla in seguito di sequela, portare la croce, lasciat tutto, e pone i chiamati davanti alla aperta esigenza:

(k

14,33-35).

Uno che satebbe stato chiaînato a salare il Regno & Dio e non ha voluto, non ha più nessun diritto a venir salato dal Regno. Dio si sarebbe adoperato per lui, se egli si foese adolrrato pet Dio. Egli fu però il fariseo avaro, calcolatore, al quale Dio come esempio per tutti gli alri, affinché questi non si insuperbiscano ma rimangano nel timote (Rm 11,19-20). Che essi siano tagliati e brucino non significa úe vadano definitivamente perduti; solo, essi hanno sulla terra finito di gio. care. La cosa migliore che testa loro da fare è sopportate il loro bruciate come fuoco purificante e potlo in espiazione a disposizione della CLiesa e dei nuovi eletti. Se la missione c,he era stata loro destinata eta una grande missione, ciò vuol dire che cssi sarebbero stati capaci dí un grande sì. Abbastanza slxsso la consapevolezza di ciò diventa pr essi occasione di arrogarsi un della stessa dirnensione. Essi pongono la loro persona al posto della loro missione e cercano, gonfiando la loro importanza, di compensare la

La chiamata mole della missione perduta. Dal modo in cui actentuano

L'awenimento della vocazione

il propdo io

li

si riconocce. Essi cercano di fate sclola, di incatenare discepoli alla loro lxrsona, la quale diventa il punto centrale di una . Essi si ti. conoscono anche I'un I'altro da lontano e inttecciano accordi per tafforzarsi nella loto deviazione. Conservano uno spasmodico impulso ad occuparsi sempre di nuovo di ciò a cui Lanno detto di no. Non possono astenersi dal ficcare il naso nei segeti della Grazia in sé e negli altd, per riversate ogni volta di nuovo su ciò la soda caustica del loro rifiuto. Sono attîetti da tutte le forme contrarie e i sunogati della rnissione autentica. Amano ciò che è interessante, anche la sensazione religiosa, che setve loro qude surrogato della sdrietta gî ndez:, dell* vita dedicata alla missione. Scavano nel sedimento del recipiente che hanno swotato, anziché bervi. In essi vanno a sbattere andre qudle figue particolarmente agiche che banno sì assunto la loro missione e forse l'hanno adempiuta fedel-

mente per lungo tempo, ma che poi lentamente, impercettibilmente, si sono sfasciati, hanno deformato la chiara figgra che essi finora avevano rappnesentato per la Chiesa e il mondo, fino a che non solo i loro amici notano ciò, ma anche i credenti di una cerchia piìr ampia rimangono confusi. Non era costui un faro dal quale si poteva trarle orientamento? Ma lo è poi ancora? Quasi è da non oedere c-he uno che sernbrava im-

Il forputo di Dio, improwisamato della loro missione, che em un dono è mente apparso loro-petché non hanno più pregato con sufficiente umiltà---come il formato del loro , e la sicurezza quasi da sonnambulo di aver dcevuto la missione, quella sicurezza in cui Pietro camminò sulle acque, e dalla quale essi stessi si sentivano fino ad ora portati, si trasforma in una grottesca sicurezza di sé, in cui essi non si accorgono più di quali grossi granchi prendono. Se sono teologi, costuiscono una superpersonare qualcosa dell'infallibilità della Chiesa va a scivolate così.

dogmatica, una super-chiesa e concedono magnanimemente di avere una supr-fede ad ognuno che non ha più bisogno di attenersi alle risffettezze di vedute della Chiesa che timane sempre indietro coi tempi. L'antica fede la uovano insipida, essi hanno bisogno di cibi piÌr piccanti, con piùr pepe, e alla fine sembta che non possano più vivere di nient'alro che di pepe, Ed esso li brucia interiotmente del tutto e inolue----ciò che è la cosa più triste!-annienta anche quella che era stata la fecondità della loro opera sino a ieri. Poiché essi non hamo costruito più sul fondamento di Cristo, (1Cor 3,15).

Infine ci sono quelli--e sono pet lo piùr le missioni piùr piccole-nei quali la parola della missione non brucia, ma si putrefà, o piÌr precisamente provoca una putrefazione dello spirito a causa del dfiuto sperimentato. La loto fede sarebbe rimasta in vita solo se si fosse coraggiosamente messa a disposizione dell'opera di Dio come un corpo nei confronti dell'anima. Infatti