137 22 14MB
Italian Pages 90 [15] Year 2021
Introduzione
Per i suoi primi dieci anni, Visioni Corte International Short Film Festival inaugura una collana di saggistica, Visioni di Cinema, quaderni di approfondimento di critica cinematografica che ogni anno accompagneranno le mostre dedicati ai grandi del cinema italiano. Il primo volume dell'opera, edita grazie ad Ali Ribelli di Gaeta, è dedicato a Federico Fellini, al quale è stata dedicata una mostra fotografica lo scorso anno in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e Cineteca Nazionale. Il personaggio di Fellini ha sempre suscitato grande interesse, anche perché il regista riminese era molto bravo a far parlare di sé. Basti pensare già ai racconti della sua fanciullezza, avvolta in un velo di mistero e di leggenda: all'età di sette anni fugge di casa per raggiungere il famoso clown Pierino, si unisce ad una compagnia di artisti di varietà, e a seguire una infinità di altri episodi suggestivi tra la realtà e la fantasia. Il suo essere sempre in bilico tra vero e sogno, le figure dei pagliacci, le scene oniliche di tanti suoi film ne hanno fatto una leggenda, che ancora oggi rimane. Pensiamo all'aggettivo "felliniano", utilizzato ancora oggi per desclivere atmosfere sognanti vicine all'autore de La Dolce Vita. Un mito che anche oltreoceano amavano tantissimo, basti pensare ai quattro Oscar per il miglior film straniero. Ma addirittura gli è stato tributato l'Oscar alla carriera, segno della considerazione che negli Usa aveva del nostro regista italiano. I suoi film hanno segnato tappe fondamentali nella stolia del cinema mondiale. Da Lo Sceicco bianco (1952) a La voce della luna (1990), tra i personaggi più indimenticabili ci sono anche quelli impersonati dalla moglie, Giulietta Masina.
Le notti di Cabiria, film del 1957, ricevette molte critiche in quanto ritenuto poco ''lusinghiero" nella descrizione delle periferie romane. Descrizione che è dovuta anche alla consulenza di un giovane Pier Paolo Pasolini. Collaborò alla sceneggiatura anche Ennio F1aiano. Il nome Cabhia era invece stato coniato da Gabriele d'Annunzio nel 1914 per il kolossal di Giovanni Pastrone Cabiria, visione storica del terzo secolo a.C.; il nome significa "nata dal fuoco" in ossequio al fatto che Cabiria, nel film, è destinata ad essere sacrificata nel nome del dio Moloch.
La Cabiria di Fellini vive un altro tipo di sacrificio. Personaggio ingenuo, quasi infantile, è una donnina che, ridotta a prostituirsi per sopravvivere, si perde nei sogni di una vita migliore mentre attraversa le notti della Capitale. Sono le altre prostitute ad assegnarle ironicamente il nome della Cabiria del 1914, che aveva avuto un grande successo di pubblico. Masina vinse un Oscar per questo personaggio, che attesta la profondità dell'attenzione di Fellini verso la dimensione femminile, popolato non solo da Gradische o personaggi eccedenti e "felliniani" per antonomasia, ma anche figure d'imprevedibile delicatezza. Con Giulietta nacque un amore di cinquant'anni tra i set cinematografici e la vita privata. Si conobbero in un inverno del 1942, durante la registrazione di una puntata de Le avventw·e di Cico e Pallina. Giulia Masina (ribattezzata Giulietta da Fellini stesso) è la voce del personaggio Pallina, Federico Fellini ne è uno degli autori. Da quel primo incontro passano nove mesi e i due sono sposati. La coppia ha sclitto pagine importanti della storia del cinema mondiale, culminata nel 1955 col primo Oscar per il film La Strada e facendo il bis l'anno dopo, contro ogni pronostico, con Le notti di Cabiria. La doppia vittoria lancia la carriera di lui nel gotha del cinema, che realizzerà altii capolavori come La Dolce Vita, 8½,
Amarcord. Giulietta, invece, da moglie premurosa si ritira a vita quasi privata, recitando in pochissimi altri film (Nella città l'inferno di Renato Castellani, Giulietta degli spiriti, ancora con Fellini), e schiva e sopporta le voci (e non solo) sulle scappatelle di Federico. Nel 1993, in mondovisione alla Notte degli Oscar, Fellini le dedica il suo Oscar alla carriera, a patto che lei, presente in sala alla premiazione, smetta di piangere commossa. I due erano diversi l'uno dall'altra, ma si completavano. Persino le due malattie che li portarono alla morte esplosero quasi insieme. Furono due agonie devastanti. Più lenta e straziante per lei, più rapida e violenta per Federico. Giulietta scomparve il 23 marzo 1994 e fu seppellita con l'abito da sera che indossava la notte degli Oscar e con ti·a le mani una foto di Federico ed una rosa. Il regista la anticipò, il 31 ottobre del '93, esattamente un giorno dopo il loro cinquantesimo anniversario di nozze. In questo volume si liperco1Tono alcuni degli aspetti della personalità di grande spessore di Federico Fellini. Cinque gli autori: Giuseppe Cozzolino, Manuela Maria Giordano, Domenico Livigni, Gordiano Lupi, Roberta Verde. L'opera si compone anche di un apparato biografico e filmografico, di facile consultazione, per agevolare il lettore. Buona lettura! Giuseppe Mallozzi
Sommario
Giuseppe Cozzolino e Domenico Livigni Da Zampanò ad Augusto: breve storia dell'antieroe felliniano
Gordiano Lupi Federico Fellini tra pubblico e privato Roberta Verde Gagman Fellini Gordiano Lupi Fellini intimo e minimalista: da I vitelloni a La voce della luna, passando per 8.V2 e Ama1·cord
Manuela Maria Giordano Un enigma chiamato Fellini: fra esoterismo e mondi macabri Biografia Filmografia
Giuseppe Cozzolino e Domenico Livigni
Da Zampanò ad Augusto: breve storia dell'antieroe felliniano
L'entroterra dell'Italia degli anni Cinquanta, ancora segnato dalle ferite della Seconda Guerra Mondiale. Le sue periferie fatte di emarginati e disperati alla tormentata ricerca di sopravvivenza ma anche di un senso alla propria esistenza. Molti registi si sono cimentati col racconto di queste realtà, ma nessuno ha saputo ammantarlo di una pregnanza tragica e poetica come Federico Fellini. Chi di noi non si è lasciato suggestionare dalle musiche, dalle inquadrature, dai volti dei protagonisti de La strada? Un film che ha sessantasette anni, ma continua
tuttora a coinvolgere emotivamente. Alla sceneggiatura lavorarono, oltre al regista, Tullio Pinelli e, come
collaboratore, un intellettuale di razza come Ennio Flaiano, che curò anche i dialoghi. La strada si affermò in Italia e nel mondo in quegli anni per la capacità di Fellini di fondere quotidiano e dimensione onirica che tanto si allontanava dagli schemi scintillanti e plausibili di Cinecittà. «Qui Fellini», come scrisse Stefano P. Ubezio sulla rivista Cine,na nel 1954, abbandonando ogni stimolo realistico, entra nel vivo del suo problema personale: la solitudine dell'individuo, l'impossibilità di comunicare con gli altri. Esprime una condizione morale, da lui stesso vissuta; la rappresenta in situazioni estreme, raffigurate in personaggi-simbolo. Zampanò e Gelsomina: due personaggi che, per diverse ragioni, sono chiusi nella loro solitudine senza possibilità di contatti umani[ ... ].
Facente parte, insieme a Il bidone e Le notti di Cabiria, della cosiddetta "Trilogia della salvezza e della grazia", La strada segnò un taglio netto col passato neorealista e
si collocò già in una prospettiva moderna. Le scelte adottate dal regista riminese rivelarono, fin dal principio, la presenza di autentica inventiva e immaginazione, capace di trasformare uno spettacolo in un miracolo di poesia, di unica e autentica bellezza, sfociando in momenti perfetti. Come le due figure, quelle di Zampanò e di Gelsomina, che pur completamente diverse, si identificano in una sorta di "Giano Bifronte", dove da un lato c'è il male e dall'altro il bene. I personaggi del film, infatti, sono il frutto di una sapiente miscela e di una non accidentale stratificazione di valenze emotive e simboliche. In tutti i suoi aspetti Zampanò (Anthony Quinn) rappresenta un tipo inflessibile, plasmato con la rudezza e la grossolanità dell'artista viaggiante, di «un essere senza anima», che fa il galletto con le donne, mostrando muscoli possenti e spalle quadrate. Invece, la figura di Gelsomina (Giulietta Masina) è esattamente l'opposto. Vestita da clown con una pallina rossa sul naso, impersona la purezza, l'innocenza dei bambini o dei santi ma, al contempo, raffigura anche l'assunzione di tutte le responsabilità, la vittima predestinata; la sua umanità, così fragile e delicata, si realizza pienamente e si rivela nella conclusione della storia. Infatti, dopo la morte del suo amico Matto (ucciso da Zampanò), impazzisce dal dolore e scappa via e quando, qualche anno più tardi, Zampanò viene a sapere che Gelsomina è morta, si getta in ginocchio sulla riva di una spiaggia e si mette a piangere come se avesse capito i suoi errori. Dopo che La strada vince il Premio Oscar come miglior film straniero, piovono sul tavolo di Fellini, da parte di vari produttori, proposte che riguardano il seguito di questo successo mondiale, con la conseguente commercializzazione della figura di Gelsomina. Ma il suo fare cinema ha altri obiettivi. Arriva, infatti, Il bidone, ritratto di Augusto, un uomo rozzo, spietato, che non ha muscoli possenti come Zampanò, ma è un truffatore, un uomo bravo solo nei furti e nei raggiri, abile con i suoi travestimenti e la sua retorica buona e malvagia. Però ad ogni inganno, l'angoscia di Augusto aumenta sempre di più e il regista, dopo l'ennesima truffa del protagonista, riserva allo spettatore più di una sorpresa. Insieme a dei complici, Augusto si presenta, vestito da monsignore, presso un casale di contadini, chiedendo del denaro col pretesto di dire delle messe per l'anima dei loro defunti. Augusto rimane colpito dalla presenza della figlia paralitica dei due contadini, ai quali ha estorto una grossa somma. La serenità e la mitezza della ragazza colpiscono il malvivente, che vorrebbe restituire il danaro, ma non lo fa. Giunto il momento di spartire i soldi con gli altri componenti della banda, Augusto dice di aver restituito il bottino ai contadini, ma non viene creduto e nel corso di una lite furibonda viene colpito alla testa. Rimasto gravemente ferito e, dopo essere stato perquisito dagli altri, che gli trovano addosso i soldi dell'estorsione, viene lasciato sul ciglio della strada dove muore solo e abbandonato da tutti. «Contrariamente a La strada», come Peter Bondanella analizza
dettagliatamente, «Fellini non fornisce al proprio personaggio nemmeno un tocco di sentimento umano: Augusto è marcio sino all'osso e totalmente privo di ogni possibilità di redenzione, quella redenzione che Gelsomina aveva rappresentato per Zampanò [ ... ]». Due anti-eroi (Zampanò ed Augusto) che coronano la prima fase dello straordinario percorso affabulatorio del regista riminese, al di là delle perplessità di critici come Guido Aristarco, e preparano il terreno a quello che diventerà il personaggio-emblema di tutto l'universo felliniano: il non meno cinico e disincantato Marcello de La Dolce Vita.
Bibliografia Peter Bondanella, Il cinema di Federico Fellini, Guaraldi, Bologna, 1994.
Gian Luigi Rondi, Federico Fellini, Edizioni Sabinae, Roma, 2017. Tullio Kezich, Federico Fellini. II libro dei.film, Rizzoli, Segrate, 2009. - , Federico. Fellini, la vita e ifilm, Feltrinelli, Milano, 2021. Italo Moscati, Fellini & Fellini. L'inquilino di Cinecittà, Edizioni Lindau, Milano, 2016. Italo Moscati, Federico Fellini. Cent'anni: film, amori, marmi, Castelvecchi, Roma, 2019. Enrico Giacovelli (a cura di), Tutto Fellini, Gremese Editore, Roma, 2019.
Marco Bianciardi, Da Luci del varietà ad 8 e ½ . Le tappe della difficile consacrazione simbolica di Federico Fellini, Diogene Edizioni, Pomigliano d'Arco, 2012. Fedelico Fellini, Tullio Pinelli (con la collaborazione di Ennio F1aiano), La strada. Sceneggiatura, Bianco e Nero Editore, Roma, 1955.
Fedelico Fellini (a cura di Giovanni Grazzini), Intervista sul cinema, Editori Laterza, Roma-Bari, 2004. Frdilca Faldini, Goffredo Fofi (a cura di), L'avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti 1935-1959, Feltrinelli, Milano, 1979. Robe1to Chiti, Robe1to Poppi, Dizionario del cinema italiano. I film vol. 2, dal 1945 al 1959, Gremese Editore, 1991.
Gordiano Lupi
Federico Fellini tra pubblico e privato
Lo so, lo so, lo so. Che un uomo a cinquant'anni ha ~mprc le mani pulite e io me le lavo due o tre volte al giorno.
Ma è soltanto se mi vedo le mani spol'che che io mi ricordo di quando ero ragazzo. Tonino Guerra - Io mi ricordo
Pier Paolo Pasolini sclive che la poetica di Fellini si avvicina molto alla poetica del Fanciullino di Giovanni Pascoli. Non ha tutti i torti. Fellini non hn figli come
il suo grande conterraneo., si sente fanciullino e mantiene le difese dalla società, si ritira in perpetuo dal mondo degli adulti, resta incontaminato dal potere del denaro, è \m monello furbo, bugiardo, dispettoso. Fellini è un uomo dalla personalità contrastante, ha un fisico massiccio ma sa essere dolce, fu11bondo quando si adira, infantile nei modi ma veccltio nel pensiero, alto come una montagna ma capace di farsi piccolo. I suoi occhi sono intelligenti e tristi, conservano nello sguardo un fondo di malinconia che indaga la vita degli altri con la curiosità intellettuale tipica del grande artista. Non è mai la stessa persona, il suo comportamento si adegua all'interlocutore, per questo ognuno racconta il suo Fellini e tutti questi l'icordi umani possono essere veli ma contrastanti. Non è facile inquadrare il regista in un determinato tipo d'uomo,
perché i geni non si lasciano catalogare. Fellini in privato, soprattutto durante le cene con gli amici che anima in maniera brillante, non parla di argomenti tipici delle conversazioni tra uomini. Non si interessa di politica né di calcio, non sono argomenti che lo spingono a espl'imere un'opinione. Prefelisce parlare degli scherzi che si facevano a scuola, della vecchia Roma che ba conosciuto negli anni Quaranta, di vicende buffe con amici protagonisti, di tipi strani, di favole, di libri, di sogni, di donne e di notizie cutiose. Il Fellini privato può avere uno sguardo assorto, incuriosito, divertito, può essere solai-e, pensieroso, preoccupato. La fotografa Chiara Samugheo cerca di 1-endere le sue esp1'CSsioni più intense durante il Fellini Estate 2007, nella mosti·a Fellini P1'ioot, nel centro stotico di Rimini, all'interno del Grand Hotel e sulla sua
spiaggia. Sono oltre cento scatti in cui il regista è titratto insieme ai familiari, ai collaboratori, mentre beve una tazza di caffè e nei gesti del quotidiano.
n Fellini privato è ben raccontato anche dal suo sceneggiatore di fiducia, Betnardino Zapponi, che scrive un libro intercssante (JI mio Fellini, Marsilio, 1995). Zapponi prende il posto di F1aiano come sceneggiatore, precede Tonino
Guerra, collabora con il regista da Toby Da1nmit (1967) a La città delle do1111e (1979), passando per Satyricon, Roma e il Casanova. Zapponi muore nel 2000, a settantatré anni, ma fa in tempo a raccontare la sua vita accanto al genio, elencando aneddoti gustosi, le caratteristiche di un regista attratto dalla dimensione funerea della vita e la base infantile del suo immaginario. Tra Zapponi e Fellini termina un sodalizio fruttuoso alla fine degli anni Settanta. Non era successo niente, fro noi, nessuno scontro; neppure la vicenda del copione tormentato aV&va provocato diV&rbi: ma awertii lo st88SO un senso di concluso. Un mutamento in entrambi. Quando ci conoscemmo Federico aveva quarantasei anni, io trentanove. Ora lui ne aveva sessanta, io cinquantatré. Non ci divertivamo più a lavorare insieme. SI, questa era la verità; il lavoro stava diventando routine. Non più gioia di ,~vere, gite al Castelli, chiacchiere a vuoto su Jung e su Fortunello, commenti ai libri, storie di casini; e soprattutto la voglia di inventare favole... Quella apecie di ritardata giovinezza su cui si basava la nostra collaborazione stava finendo. (pp.
112-113).
Zapponi si 1ife1isce ai diverbi durante la lavorazione de La città delle donne, ma chia1isce che non sono stati il vero motivo della rottura di un sodalizio più che decennale. D motivo profondo sta nel fatto che gli uomini cambiano e le situazioni si modificano. Le pagine più belle del libro di Zapponi sono dedicate al Fellini pl'ivato: tic, fissazioni, metodo di lavoro. Lo sceneggiatore elenca idee, spunti, sogni, vignette, battute e progetti abol'titi. Molte pagine raccontano episodi vissuti in prima persona durante la lavo1·azione de I clowns, Sab.Jricon, Casanova e Toby
Dammit, episodio di Tre passi nel delirio.
Manie, abitudini, il circo e i luoghi felliniani Fellini ha l'abitudine di cominciare il pranzo mangiando una noce., sostiene che la noce è \tn simbolo augurale, è come un piccolo cervello umano. In certi momenti della sua vita si mette a tavola e per prima cosa addenta una mela, ma la sua abitudine alimentare più duratura è quella di pranzare con ovuli di mozzarella e un piatto di prosciutto. Non segue una dieta molto varia, tanto è artisticamente geniale e imprevedibile, quanto è abitudloa1io e monotono nei cibi. P1-eferisce sapori tenui e semplici, oòi casalinghi come pasta in brodo, spaghetti pomodoro e basilico, insalate condite con limone e frutta. D suo ristorante preferito è in via Sicilia, gestito dalla bolognese Cesarina, vecchia conoscenza 1inlioese, che lo nutre con i sapori di una volta, consentendo un nitido ricordo dei cibi della sua infanzia. Fellini ha un tavolo fisso da Cesarina, proplio sotto un grande ritratto che immortala la proprietaria, è un tavolo rotondo dove siede con amici e collaboratori fidati, ma pure insieme a Giulietta Masina. Ordina un antipasto a base di crocchette, stuzzichini e piatti semplici come pasta e insalata, per far presto, visto che non ama perdere tempo a tavola. Decide il menu per tutti, se qualcuno vuole condire l'insalata con l'aceto non può farlo, perché lui è regista sempre, anche nelle piccole cose della vita. Beve poco vino, al massimo due bicchieri, quasi mai superalcolici, non fuma a tavola e se qualcuno accende una sigaretta lo prega di smettere, anche se da giovane è stato un accanito fumatore. Giulietta Masina, invece, fuma molto e non è facile impedirglielo, anche se lui ci prova, con la scusa che lo fa per la sua salute. Beve il caffè con la mano stesa sotto la tazzina, forse pe1· non sporcarsi, un modo di fare che lo caratterizza. Fellini ama i posti squallidi, luoghi come Ostia pieni di bnttte case anni Quaranta, vialoni desolati e solitari, ville al mare dal gusto retrò. «Ostia mi l'icorda rumini, gli anni della mia infanzia», dice. Non èlecito sapere se si l'ifel'Ìsce alla rumini vissuta o a quella ricostruita con la fantasia. Ama lavorare io posti squallidi, luoghi felliniani per eccellenza come i tistoranti cinesi, anche se non sopporta la cucina orientale. Trascorre periodi di vacanza a Chianclano (si veda 8½), località tetmale fuori moda dal fascino ambiguo e decadente, immersa in un paesaggio toscano che ricorda un quadro fiammingo. Raggiunge questi luoghi a bo1-do di una Mercedes che guida assecondando il suo u1nore, a scatti,
con frequenti decelerazioni, frenando e ripartendo aU'improvviso. Non porta mai denaro con sé, ma solo il libretto degli assegni, quindi le piccole spese devono sostenerle gli amici che escono con luL Fellini è un lavoratore infaticabile, ha un culto totale per la libertà, ritiene che la sceneggiatura non debba essere uno schema rigido dove ingabbiare idee. Non vuole limiti Imposti e la sua creatività deve spaziare senza fre1li. Quando gira un film indossa una sorta di divisa scaramantica: cappotto, sciarpa, un cappello a forma di tricorno, impugna un megafono che porta alla bocca per gridare comandi e imp1·ecazlonl. Si arrabbia spesso, ma convince tecnici e attori con l'arma della dolcezza, facendo sì che tutti seguano la sua idea. Fellini segue la lavorazione di un film nei minimi particolari, non trascura niente, perché non esistono cose secondarie. Seleziona con cura i volti che devono interpretare i ruoli, valuta bene le facce perché fa cinema espressionista, fatto di contrasti e imprevedibilità dei personaggi. Fellini ha un vero e proprio culto per cartomanti e sensitivi che fanno parte dei suoi riti scaramantici prima di cominciare la lavorazione di un film. Non ci crede più di tanto, ma non rinuncia a frequentarli e ne resta sempre affascinato. Un sensitivo amico di Fellini è il mago Rol, il regista ricotTe spesso a lui, anche per telefono, lo considera un in1portante consigliere spirituale. Rol è uno dei massimi esperti italiani del paranormale, organizza sedute spiritiche, dirige incontri con gli spiriti dei morti, legge il futuro. Fellini va da lui prima di girare Casanova, comunica per scritto con il grande seduttore veneziano che si manifesta e si dice onorato del progetto cinematografico. Fellini frequenta i medium, ma chi lo conosce bene sostiene che pure lui possiede facoltà medianiche, perché enh-a in sintonia con gli attori, li condiziona e li guida quasi telepaticamente. Fellini ba il film in testa, scena dopo scena, sa quello che vuole e non è disposto a discutere neppure una sequenza con l'attore. n regista succhia il meglio dagli interpreti, come un vampiro di celluloide, li restituisce spremuti, annullati, tant'è vero che la maggior parte degli attori che lavorano con lui subito dopo si perdono nel niente. Fellini esige 1m rapporto totalizzante e si impadronisce dei collaboratori che finiscono per essere svuotati da ogni energia. Entra nella vita privata del collaboratore, pone domande indiscrete, telefona ad amici e risolve problemi, perché vuole essere regista anche nella vita e tenere io mano le redini del comando. Soltanto Mastroianni è capace di resistere a questa opera di prosciugamento, ma il suo rappo110 con Fellini segue regole diverse, di compenetrazione cinematografica tra vita reale e finzione. Fellini ama i fumetti, soprattutto i personaggi del Corriere dei Piccoli che spesso cita nei lavo1i cinematografici, ma anche il francese Jodelle di Peellaert e Bartier che si carattetizza per un disegno pop. Al contrario, non sopporta la musica che in casa risulta bandita, ma esige persino che venga spenta la filodiffusione nei ristoranti che frequenta. Lavora e scribacchia, più che prendere appunti fa disegni, spesso scherzosi e osceni, rappresenta donne con grandi chiappe e seni enormi, caricahll'e di amici e personaggi dei film in lavorazione. L'amore pet• il circo è una costante della sua vita, una passione autentica che deriva dalle ossessioni dell'infanzia, simboleggiata dalla figura del clown come specchio delle paure infantili. Nella vita quotidiana sentiamo spesso Fellini affermare che una persona pare un clown ed esclamare: «Guarda che faccia da clown!». n regista vede un mondo popolato da clown, il suo idolo è Chai·lot, ma è la Masina che rappresenta l'incarnazione cinematografica della sua poetica. Tutto questo a lungo andtU'e infastidisce l'attrice che non ne può più di sentit'Si ingabbiata nel personaggio clownesco de La strada e Le notti di Cabiria. Fellini colleziona libri sul circo e sui clown che solerti commessi di libreria spesso gli offrono, ama le roulottes come case in movimento, luoghi precari per eccellenza popolati da clown in viaggio. «I pagliacci mi angosciano perché sono troppo simili a certi personaggi della mia infanzia: gli ubriachi, i matti, i mutilati, i fascisti col fez alto e il capostazione che non si levava mai il berrettone nemmeno a tavola. In ogni paese c'è l'idiota, il pazzo, il mostro, che hanno proprio funzioni da clown presso la gioventù sguaiata.»
Federico Fellini, Giulietta Masina e le donne La vita privata di Federico Fellini si modifica radicalmente quando conosce
Giulietta Masina, perché il loro fidanzamento è molto breve e fa da preludio a un matrimonio che si celebra nel 1943 e dura tutta la vita. All'inizio tra Federico e Giulietta non ci sono molte affinità di carattere, ma sono proprio le divergenze che attraggono il futuro regista. Giulietta coltiva tutti i valori borghesi che Federico rifugge da sempre, forse proprio le stesse cose dalle quali è voluto scappare quando ha lasciato rumini. L'amore fa strani scherzi, perché sembrano proprio quei valori ad attrarlo nella futura compagna, molto più concreta e determinata di lui. Federico non sente il bisogno di avere programmi e di predispo1Te una strategia dell'esistenza. Giulietta sì. Federico accanto a lei continua a comportarsi da farfallone, a non dare importanza al denaro, a inseguire i suoi sogni in maniera vaga, ma con la sicurezza di avere una compagna concreta. Federico si innamora di una ragazza molto diversa dal tipo di donna che ba se1npre prediletto, dalla tipica bonona tutta forme e abbondanza che sarà immortalata nelle sue pellicole. L'aria da folletto di Giulietta gli mette allegria, perché sembra una figura uscita da un libro di fiabe, ma l'aspetto inganna perché non c'è donna più detel'minata di lei e per Fede1ico rappresenta un sicuro appoggio. I due si assomigliano soltanto nell'assoluta dedizione al lavo1'0, sono infaticabili e perfezionisti, non danno niente per scontato e si impegnano sempre per migliorare il migliorabile. Nel corso della vita non parlano mai della maocaoz.a di figli, un cruccio troppo grande, soltanto Giulietta ogni tanto ne fa cenno con amici o con glomalisti fidati. La Masina soffre per un aborto provocato da una brutta caduta per le scale pochi mesi dopo il matl'imonio, ma il dolore più gl'ande è quello di un figlio morto (Federico) dopo due settimane di vita. Qualche critico riconduce la poetica di Fellini anche a questa assenza di figli, che gli petmette di vivere in un mondo onirico e fantastico, popolato ancora da sogni fanciulleschi. Fellini passa per un regista erotico dopo La dolce vita, ma in realtà non sa girare scene di sesso, soprattutto perché è un uomo pudico. Le donne che sogna sono quelle eccessive della sua infanzia, una vera ossessione che riporta alln memoria femmine gigantesche e robuste osservate sulle spiagge l'omagnole. Sono donne sensuali, voraci e materne, rappresentazioni oniriche che anticipano gli indimenticabili personaggi della Saraghina e della Tabaccaia. Femmine alte, muscolose, enormi come la Gigantessa Maxima del Casanova e la Donatella Donati de .ùt città delle donne. «Questa mia fissazione è \m ricordo delle donne di servizio che frequentavano la mia casa negli anni dell'adolescenza>», dice, ma come sempre certe dichiarazioni vanno prese con le molle. La stampa rosa racconta con dovizia di pa11icolari le sue scappatelle, ma sono cose senza importanza, piccoli tradimenti che non mettono io pericolo l'unico rapporto importante della sua vita. Fellini è affascinato dalla femminilità, non può fare a meno di avere una donna accanto, ma tronca una relazione non appena si acco1·ge che quel legame diventa impegnativo. Giulietta è al con'Cote di queste scappatelle, sopporta a malincuore, tollera le brevi relazioni, ma non sopporterebbe mai un'altra donna e una vita parallela del suo uomo. Giulietta rapp1·esenta per Federico la stabilità, la sicurezza, ma anche il miste1'0 di una femminilità enigmatica cosi diversa dal suo modello erotico, una donna che forse non è mai 1·iuscito a capire sino in fondo,
Fellini, Rossellini e Pinelli Fellioi manifesta subito la sua propensione alla bugia, ma sono bugie astratte, infantili, pronunciate senza voler danneggiare nessuno e quasi sempre prive di scopi pratici. Fellini è bugiardo perché rifiuta di accettare le cose spiacevoli, mente a se stesso e agli altri per delicatezza, preferisce raccontare una dolce menzogna piuttosto che dire una triste realtà. Non è un ipocrita e nel suo carattere non ci sono accenni di doppiezza, perché non racconta bugie per un calcolo utilitaristico. Le bugie di Fellini sono pronunciate per troppo amore, per un eccesso di bontà, per il deside1io di piacere al suo interlocutore. I bugiardi sono persone gentili, vogliono far contenti gli altri, incantare, conquistare, soprattutto non deludel'e. Fellini sa raccontare e sedune, inventa aneddoti mai accaduti, ruba avventure agli amici e si appropria di episodi di vita altrui, come una spugna che assorbe il mondo circostante.
Se leggiamo alcune dichiarazioni pubbliche ci rendiamo conto che spesso il regista dice una cosa e subito dopo afferma il conh-ario. A un giornalista confessa di aver imparato tutto da Rossellini, ma con altri si contraddice quando afferma che il grande neorealista non gli ha insegnalo niente, In 1-ealtà sono vere entrambe le cose, perché Fellini e Rossellini hanno un ottimo rapporto, ma sono due persone troppo diverse, lontane auni luce come caratteri. Se Fellini rappresenta la totale dedizione al lavoro, Rossellini è soltanto genio e sregolatezza. Fellini può aver imparato da Rossellini la tecnica, ma forse l'asph-azione frustrata a raggi\mgere un modo d'essere regista che non fa parte del suo carattere gli fa sostenere di non aver imparato niente da lui. Giulietta è una donna razionale, stima Rossellini ma non condivide la sua Impostazione lavo1·ativa, pe1·cbé da donna ordinata e metodica, dtieoe che la creatività non deve impllca1-e il disordine. Giulietta pensa che per un artista sia fondamentale una vita ordinata e lei contribuirà sempre a fare ordine nell'esistenza del marito. Fellini collabora a lungo come sceneggiatore di Rossellini, 1-aoconta che spesso viene costretto a risci-ivere battute, ma persino intere scene, perché il regista cambia idea e improvvisa secondo l'ispirazione del momento. Tra Fellini e Rossellini esiste un rapporto di reciproca stinta, inattaccabile e duratut'O, n1a l'anziano regista non prende bene il passaggio alla regia del giovane allievo. Le strade dei due uomini di cinema divel'gono inevitabilmente, le differenze tra un ragazzo fantasioso e un anziano regista che diventa sempre più freddo e didascalico sono incolmabili. A questo punto della sua vita Fellini non sa ancora cosa farà nel mondo del cinema, anche se si trova bene nelle vesti di sceneggiatore. Comincia un fruttuoso sodalizio con Tullio Pinelli, più vecchio di dodici anni, uno scrittore di teatro prestato al cinema, molto diverso da lui, ma per questo complementare. Pinelli non va mai sul set, si disinteressa della realizzazione su pellicola, non aspira a fare il regista, ma vuole soltanto scrivere.
Fellini è un g!o111alista in prestito alla sceneggiatura, un uomo privo di posizioni personali da difendei-e, che ama l'ambiente del cinema, le donne che lo frequentano, pet'Sino gli orari assurdi che viene costretto a seguire. Fellini e Pinelli vanno avanti da buoni amici, di comune accordo almeno fino a Giulietta degli spiriti, poi il sodalizio si inclina, ma non per questo si intetTompe, anche se
le cose cominciano ad andare meno bene.
Fellini regista. Rapporti con Rota, Visconti e Pasolini Fellini diventa regista quasi per caso, forse solo perché gli ,1ene offerta una possibilità, ma soprattutto perché è stanco di vedere tradite le sceneggiature dal lavoro di altri. Io questo periodo è un uomo che parla sempre con il sorriso sulle labbra, si diverte a vivere la sua vita, sembra felice e trasmette anche agli altri un senso di felicità. Gli amici sostengono che cambierà dopo 8½, dicono che si comporterà da arlivista e da sfruttato1-e, ma forse non è vero, perché Fellini è sempre stato un pragmatico, uno che ha capito le regole del cinema. Per lui esiste soltanto il film, il risultato finale va sopra ogni altra cosa e per ottenerlo bisogna lavorare duro. Tutto il resto passa in secondo piano. La sfida di fate il regista è una fuga verso un nuovo lido, un altrove da sperimentare, a stretto contatto con il set e con la possibilità di mettere alla prova la sua capacità di dirigete uomini. Nino Rota diventa un collaboratore prezioso, perché non è pensabile il cinema di Fellini senza le sue poetiche colonne sonore. Il regista non ama la musica e non ha una grande cultura musicale, ma Rota rappresenta il suo lato nRSCosto, le sue note modcllano una compenetrazione di stili e poetiche. Rota traduce in musica il mondo litico e onirico di Fellini, senza bi.sogno di ricevere troppe istruzioni, sembra quasi che tra i due esista una consonanza innata, che si intendano senza comunicare. Fellini perde un amico carissimo quando Nino Rota muore d'infarto, con lui se ne va la sua parte più lieta e fanciullesca, come se il regista venisse ptivato d'un braccio, anche se lo sostituirà con professionisti del valore di Bacalov, Plenizio e Piovani. In questo periodo storico i critici si dividono in ,1scontiani e felliniani, senza rendersi conto che si può appartenere a entrambi i pa11iti senza timore di essere tacciati di incoerenza. Tutto questo contribuisce a rendere difficile il rapporto tra Fellini e Visconti, una contrapposizione figlia dei tempi che mette pubblico e critica di fronte all'opzione di doversi schierare con un tipo di poetica o con l'altra. Al Festival di Venezia si crea una tensione tra Senso (1954) e La strada, generata anche da una sorta di boicottaggio di Stato nei confronti dei pericolosi film di Visconti. Tra i due cala un muro di gelo, al punto che Visconti critica con disprezzo La strada, definendolo un film neoastrattista, ed evita con cura di salutare Fellini. I due registi per anni fingono di non vedersi ed evitano di favorire un incontro, anche se Giulietta - con grande opera diplomatica - tiene vivo Il rapporto e 11 fa riconciliare nel 1963, dur.mte il Festival di Mosca vinto da 8½. Un abbraccio nell'atrio dell'Hotel l\,loskva cancella anni di incomprensioni e fa tornare i rapporti cordiali e distesi, al punto che Fellini va a vedere Lo straniero (1967) e ne tesse le lodi, anche se non t il miglior lavoro di Visconti, cosi come quest'ultimo elogia il SahJricon. Non solo. Quando Visconti resta immobilizzalo su una sedia a rotelle, Fellini è Ira i primi a fargli visita e ammira la decisione di continuare a lavorare fino all'ultimo. 11 rapporto tra due grandi registi che lasciano ,m segno nella cultura italiana contemporanea si normalizza, anche perché i tempi cambiano e le contrapposl2ioni ideologiche si stemperano. Fellini comincia a condurre una doppia vita quando decide di realizzare Le notti di Cabiria, perché vuole conoscere la realtà che andrà a raccontare. Comincia un viaggio alla scoperta delle borgate romane e del mondo del sesso a pagamento, frequenta di notte le strade del vizio in compagnia dell'Art Director Piero Gherardi, esce con Pier Paolo Pasolini e Sergio Citti, che fanno da guida lungo perco1-si conosciuti. Pasolini è un giovane scrittore che ha pubblicato due discussi romanzi (Una vita violenta e Ragazzi di vita), scrive per il cinenta, critica il sistema, ma soprattutto conosce a fondo il mondo delle borgate. Fellini percorre con lui le notti romane, a bordo della sua Chevrolet o con l'utilitaria dello scrittore, rientra a casa alle quattro del mattino, provocando le preoccupazioni della Masina. Nonostante tutto, durante il giomo lavora molto, risolve i problemi produtrn