Esperienza e giudizio [1 ed.]

Se è vero che la fenomenologia ha avuto il compito «storico di superare l'idealismo attraverso lo stesso idealismo»

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Esperienza e giudizio [1 ed.]

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collana filosofica diretta da EnrIco Maria Forni

Edmund Busserl



esperIenza e giudizio ricerche sulla genealogia della logica pubblicate e redatte da Ludwig Landgrebe

Silva Editore

titolo originale

ErfaTllng und Urteil Classen Verlag Hamburg 1948

p refazi one alla traduzione i taliana

di Ludwi'g Làndgrebe nota introduttiva di

Enzo Paci'

prima traduzione italiana a cura di

prima edizione italiana

Filippo Costa

© .

copyright by Silva Editore

.

Milano 1960

Prefazione

La presente opera fu stampata per la prima volta a Praga presso la « Academia-Verlag » poco dopo la morte di Edmund Husserl avvenuta nel 1938. Afa era appena terminata la stampa nella primavera del 1939 che la società editrice, in seguito all'annessione della Cecoslovacchia, veniva sciolta, sicchè l'opera non venne posta in commercio. La tiratura rimase interamente a Praga e quindi durante la guerra venne data al macero, eccet­ fllaii però duecento esemplari che ancora nel 1939 poterono essere inviati alla casa editrice Allen & Unwin di Londra e che furono venduti in In­ l,hilterra e negli Stati Uni/i. S'ebbe qttindi la situazione paradossale che il libro fu diffuso in qllesti Stati, anche se in un ambito ristretto, discusso e citato, mm/re fin dopo la seconda guerra mondiale era quasi sconosciuto al pubblico dei lettori del­ l'Europa continentale. Per ciò nel 1948 la Claassen-Verlag di Amburgo intraprese la ristampa fotomeccanica dell'opera affinché questa potesse finalmente trovare modo d'essere portata al pubblico. La sua redazione e pubblicazione è fondata sull'incarico di Edmund Husserl il quale seguì il lavoro passo passo fino all'ultimo. Ma, sebbene egli ne avesse l'intenzione, non gli fu più concesso di premettere una parola di accompagnamento all'opera né di vedeme la stampa. Il compito di dire il necessario ;ber l'illtroduzione doveva quindi spettare all'editore. Nella « Logica formale e trascendentale » (1929) lo Htlsserl nOli si era solo proposto di scoprire il senso illtemo, l'articolazione e l'omogeneità di tutti i problemi logici, intesi nel senso pùi ampio, fino ad oggi trattati, ma voleva anche dimostrare la necessità di illustrare fenomenologicamcnte tutta la problematica logica. Vengono qui prnentate alcune delle principali ricerche analitico-descrittive che servono per la fondazione fenomenologica IX

della logica. La « Logica formale e trascendentale» fu concepita come intro­ duzione generale di principio a queste singole analisi concrete (già allora ten­ tate). Dopo la comparsa di quell'opera è passato tuttavia un tempo così lUI/go che queste analisi non possono Più direttamente apparire come la con­ tinuazione e la realizzazione di essa. Tanto Più che i progressi dallo Rus­ serI nel frattempo compiuti nelle sue riflessioni sistematiche fanno apparire sotto nuova luce molti risultati di quel libro. Il presente scritto doveva quindi assumere l'aspetto di un'opera in sé completa. A tale scopo essa vien prece­ duta da un' ampia introduzione che serve da un canto a collegare il senso dell'intera analisi all'ultima fase di sviluppo del pensiero husserliano, e d'altro canto a richiamare i concetti fondamentali della « Logica formale e trascendentale» che sono determinanti per comprendere l'inizio delle singole analisi. Anche se il pensiero dell'ultima produzione husserliana non divenne accessibile, in maniera succinta, al pubblico prima della seconda guerra mondiale che mediante lo scritto « La crisi delle scienze europee e la feno­ menologia trascendentale» (in Philosophia, vol. I, 1936), tuttavia esso era reso familiare all'editore dai manoscritti e dai suoi colloqui con lo Rlts­ seri stesso e con il suo ultimo assistente, il professor Fink, di modo che di ciò si è pottJto tener conto nella nostra Introduzione. E' naturale che, ricapitolando il pensiero fondamentale della « Logica formale e trascendentale» entro i limiti della Introduzione, non si poteva pretendere di rispondere brevemente alle questioni di principio della logica fenomenologica in modo abbastanza convincente. Per una introduzione vera­ mente efficace al carattere proprio di questa logica è necessaria l'ampiezza di quell'opera, il cui studio non può essere sostituito da un breve riassunto. Le parti della Introduzione che vi si riferiscono servono piuttosto come una breve indicazione,. esse offriranno, come anche altri punti di questa Intro­ duzione, molte difficoltà ad tln lettore ancor poco fa!JJiliarizzatosi con la fenomenologia. Sarà per lui raccomandabile che tralasci in un prima lettura questa Introduzione e proceda alle singole analisi che risultano immediata­ mente intelligibili di per sé. Solo dopo lo studio dell'intera opera egli potreb­ be riprendere l'Introduzione ed accostarsi in pari tempo alla « Logica for­ male e trascendentale». Il presente scritto, essendo l'esecuzione di una parte essenziale del programma fissato nella « Logica», doveva servire pure ad un mi­ gliore intendimento di essa, 1llentre d'altronde il senso profondo delle singole analisi qui condotte potrà palesarsi solo mediante il soccorso della « Logica ». Per intendere il carattere della presente opera bisogna che si diano alcune indicazioni sulla storia della sua formazione. Considerando la mole sempre crescente dei suoi abbozzi e 1llanoscrit!i, che avevano carattere di x

ricerche, lo Husserl negli ultimi due decenni della sua vita si occupò sempre Più del problema di trovare, in collaborazione con scolari e coadiutori, Ima nuova via per utilizzare letterariamente il ricavato delle sue ricerche, la cui ricchezza egli vedeva di non essere in grado di dominare da solo. Fu così che io, allora suo assistente, fui incaricato da lui nel 1928 di raccogliere i manoscritti riguardanti l'ambito problematico della logica trascendentale, di trascriverli dalla stenografia e di tentarne un ordinamento sistematico. La guida direttiva ed il pensiero fondamentale per questo lavoro erano conte­ nuti nelle quattro lezioni sulla « logica genetica » che lo Husserl aveva tenuto Più volte in Fribllrgo già dal semestre invernale 1919-1920. Queste lezioni sono state poste alla base della nostra elaborazione ed a loro complemento si sono aggiunti un gruppo di manoscritti Più antichi, del 1910-/914, ed anche parti di altre lezioni del 1920. L'abbozzo che veniva fuori doveva costituire la base di lIna pubblica­ zione la clli IIltima redazione lo Husserl aveva riservato a se stesso. Ma egli 110n vi potè arrivare,. da una breve trattazione sul senso della problematica logico-trascendentale, che io ho proposto come Introduzione alla presente elaborazione, venne sviluppandosi nello Husserl, nello sforzo di completarla, la « Logica formale e trascendentale», stesa in pochi mesi nello inverno 1928-1929. Quest'opera appariva come a sé stante ed indipendentemente dall'elaborazione di cui doveva costituire la parte preparatoria, avendo già costituito, per così dire, la cellula embrionale della introduzione a quella elaborazione. Di questa analisi chiarificatrice tutta nuova della intera problematica logica doveva tener conto una nuova elaborazione dell'abbozzo da me compo­ sto, per cui non solo si approfondisse il contenuto delle singole analisi me­ diante 'dei riferimenti alla « Logica formale e trascendentale » già pubbli­ cata, ma esso risultasse in pari tempo accresciuto ed ampli ato , Questo secondo saggio, compilato nel 1929-1930, dell'opera che qui presentiamo è stato formato nella maniera seguente; si è presa come base il primo saggio )già composto prima della stesura della « Logica formale e trascendentale ») cui lo stesso Husserl aveva apposto note marginali ed aggiunte. Bisognava innanzi tutto tener conto di queste, ed aggiungere ancora altri manoscritti integrativi, per lo piti degli anni 1919-1920. Il mio compito consisteva a questo punto nel costruire con il detto materiale, in riferimento alle linee fondamentali stabilite nella «Logica formale e trascendentale », Ifn testo IInitario e sistematicamente omogeneo. Ma gli elementi di questa ricostruzione erano di fattura molto diversa, essendo costitlfiti da un canto dal primo ab­ boZZO riveduto dallo Husser/, e dall'altro dai nuovi manoscritti aggiunti, XI

appartenenti a tempi diversi e di diversa fattura, alcuni essendo delle analisi molto brevi o schiZZi frammentari, altri essendo degli studi particolari in sé conclusi ma privi di un riferimento esplicito ad un nesso organico generale; io non potevo limitarmi ad uniformare lo stile e la terminologia, per portarli il più possibile allo stesso livello. Bisognava anche scrivere i passag gi man­ canti ed introdurre una divisione in capitoli e paragrafi apponendovi i titoli corrispettivi; anzi spesso, ove le analisi erano indicate nei manoscritti in forma di schiZZO e prnentavano eventualmente in generale delle lacune, bisognava completare ciò che mancava. Ciò è stato fatto in modo che tutto ciò che ho intromesso ed aggitmto sia stato già prima discusso oralmente con lo Husserl sicché anche là dO/le il testo non poteva appoggiarsi direttamente alla lettera dei manoscritti, non fosse contenuto in esso nulla che non si po­ tesse basare SIIlle espressioni orali dello Husserl stesso. Anche q1lesto .recando saggio (ultimato nel 1930) della presente opera fu poi annotato dallo I-Iusserl per conferire ad esso nel pitì breve tempo pos­ sibile la forma definitiva per la stampa. Ma nel frattempo sopravvennero in llii nuovi lavori che finirono per fargli allontanare l'attenzione dal SlfO precedente proposito. A questo proposito egli non dovet'a ritornare che nel 1935, cosa che gli fII po.r.ribile per l'appoggio datogli dal Circolo filosofico di Praga. Husse1"! mi affidò pieni poteri per dare al testo l'ultima mano, e sotto la sua respon­ sabilità, mentre egli rinunciava a completare di propria mano l'opera. Ora non si frattat'a di Imer conto soltanto delle annotazioni che egli aveva apposte al secondo abbozzo, ma di rendere Più rigorosa la disposizione generale delle ricerche e di attllarla con maggiore ripensamento. Furono di poi aggiunte le parti rigllardallti le modalità del giudiZio; questi problemi erano stati trat­ tali tlella loro connessione già nelle citate qllattro lezioni sulla logica genetica ma non erano stati accolti entro gli abbozzi precedenti, Prima di tutto si preparò allora l'llttroduzione, mila parte in cui espone il significato generale delle ricerche. Essa è in parte una libera riprodllzionc del pensiero dell'ul­ timo scritto husserliano « La crisi ecc. » e della « Logica formale e trascen­ dentale»; in parte si basa poi su colloqui orali con lo Husserl ed ùifìne su dei mallO.rcrÙti degli anni 1919-1934. Anche di questo abbozzo della lntrodt:zione io discussi esaurientemente con lo stesso I-Iusserl che ne approvò il conten1l10 cssenziale e la linea di sviluppo. Tenuto ora conto della complessa storia della formazione di questa opera e della sua elaborazione, compiuta più t'olte consecutivamente, doveva ,'isul­ tare naturale che il testo non dovesse venir valutato secondo il criterio di una acribia filologica. Sarebbe tecnical1lente del ttltto impossibile distinguervi XII

ciò che è la lettera del manoscritto originale posto alla base (interamente stenografico) da quel che è riProduzione di espressioni orali dello Husserl ed ancora da ciò che costituisce aggiunta del compilatore (sempre approvata dallo Husserl). Alla domanda se in tali circostanze lo scritto possa farsi valere in generale come opera originale di Husserl non c'è da rispondere se non che esso deve riguardarsi nel StiO ttltto come una elaborazione autorizzata dallo stesso Busseri. Ciò vuoI dire che il libro è il risultato di una colla­ borazione flltta speciale la qtlale PtlÒ essere qtlasi caratterizzata dal fatto che il contenuto, o per così dire il materiale grezzo, proviene proprio dallo Husserl; non vi è nlllla che costituisca un' aggiunta del tMto propria del compilatore o che contenga la sua propria interpretazione della fenomeno10gia.Ma il libro è anche caratterizzato dal fatto che la composizione lette­ rale toma alla responsabilità del compilatore. Il suggerimento per il titolo « Esperienza e GiudiZio}} proviene dalla indicazione di un manoscritto del 1929 che tratta problemi fondamentali della logica fenomenologica. Un posto speciale hanno le due appendici apposte alla conclusione. In esse si tratta di una semplice copia di manoscritti originali, con qual­ che miglioramento stilistico, i quali contCl/gono trattazioni in sé complete che per ciò non avrebbero potuto essere inserite nel testo senza sacrifizio di parti essenziali. Ma non vanno prese come tlna mera aggiunta esteriore, sib­ bCl/e come complementi essenziali alle parti del testo cui si riferiscono. La Prima Appendice proviene dall'anno 1929 o 1930, la Seconda è /In para­ grafo tratto dal saggio di rifacimento della Sesta Ricerca Logica del 19 13 che però non fil mai compi/lto né pubblicato. Ludwig

Questa prefazione è quella

scritta

giunte e modifiche che egli ha voluto italiana. Di ciò il traduttore,

che

dal

Landgrebe nel

apportl\re

aveva

Landgrebc

1948

con le ag­

per la presente

edizione

sollecitato il tal s enso l'eminente

studioso e discepolo di Husserl, gli rimane sinceramente grato (n.d.t.).

XIII

Nota

introduttiva

lVell' attuale rinascita di studi husser/iani in Italia sono o vviamente di importanza fondamentale le traduzioni de/le opere di Husser/. Filippo

Costa, giovane e valoroso studioso che ha già tradotto La filosofia come scienza rigorosa. (Torino, Paravia, 1958) e le Meditazioni cartesiane

(Milano, Bompiani, 1959), presenta ora la traduzione di Esperienza e giudizio e pubblicherà presto, in un'opera di grande impegno e di vasta mole, i risultati dei suoi studi su Husserl. Abbiamo parlato di rina.rcita di studi husserliani in Italia, ma questa

rinascita non è solo di oggi e deve essere fondamentalmente ricollegata alla opera di Antonio Banfi. La stlldioso potrà troz'are l'elenco delle opere ita­ liane dedicate alla fenomenologia e a Husserl nella bibliografia che si trova in appmdice al volume, che raccoglie sag gi di vari studiosi, pubblicato da Omaggio a Husserl ( Milano , 1960).

Il Saggiatore, con il titolo

Per avvicinarsi al pensiero di Husserl potranno essere utili varie o pere italiane tra le quali ricordiamo quelle di Sofia Vanni-Rovighi, o ra esaurite, ma che si spera siano presto ristampate. Tra le opere più recenti sono da tener presenti : Guido Pedroli:

La fenomenologia di Husserl (Taylor, Logica ed esperienza in Husserl (Il

Torino, 1958); Enzo Melandri,

Mulino, Bologna, 1960) e, infine, i vari studi dell'autore di questa Ilota,

studi che vanno dal capitolo dedicato a Husserl ne La filosofia contempo­ ranea (Garzanti, Milano, 1957) ai saggi che verranno riuniti in Tempo e verità nella fenomenologia di Busserl (Laterza, Bari, 1961). Ricor­ diamo ancora che varie riviste hanno dedicato ad Husserl numeri speciali:

Aut Aut, n. 54, 1959; Archivio di fiilosofia, n. " 1960; Il Verri,

n.

4,

1960. Una bibliografia di nuovi stlldi italiani si può vedere anche in

appendice all'opera di Gerd Brand,

XlV

Mondo, lo e tempo,

tradotta da

Enrico Filippini (Bompiani, Milano, 1960). Questa bibliografia, p arziale e incom)Jleta, sarà presto ag giornata. Mentre scriviamo queste righe è in corso la correzione delle bozze della traduzione italiana della Crisi delle scienze europee, traduzione dovuta a Enrico Filippini. Logica formale e trascendentale, tradotta da Guido D. Neri, uscirà presto presso Laterza. Idee II e Idee III, nella tradu­ zione di Enrico Filippini, usciranno presso Einattdi. Segttiranno, presso Il Saggiatore, Idea della fe n o me no l ogia e Ricerche lo giche . Come Ludwig Landgrebe osserva, nella prefazione nella qttale presenta il testo, Esp erienza e giudizio è un'opera tutta particolare. È la prima opera pubblicata dopo la morte di Husserl ed è da porre in stretto rapporto con la Logica e con la Crisi. Si tratta di IIn'antologia di scritti di epoche diverse. Alcuni sono molto antichi ( la seconda Beilage risale al 1913) e rimandano alla p rima formulazione del programma fenomenologico di .Husserl. Husserl stesso ricorda in Esperienza e giudi zio la Terza ricerca logic a, a proposito della quale ebbe spesso a lamentarsi per la scarsa con­ siderazione in cNi era stata tenuta nonostante la sua importanza. Poiché poi uno dei temi fondamentali di Esperi enza e giudizio è il problema del tempo naturale che /!,!i scritti raccolti da Lanr{l!,rebe vadano ricollegati alle Vorlesungen zur Phanomenologie des inneren Zeitbewusstseins (pubblicate da Heidegger nel 1928). I primi testi delle Vorlesungen risal­ gono al 1904-05 e gli ultimi al 1910.Ma Heide�f!,ger duttiva alle Vorlesungen, accenna ad una data Più tarda (1917) a propo­ sito del collegamento del problema del tempo con il problema dell'indivi­ dNazione e può darsi che nel testo stenografato dalla Stein, sul quale è stato fo ndato il testo della Vorlesungen, siano stati introdotti anche dei passi del 1917. In ogni modo, a parte ii tormentatissimo testo delle Vorlesungen, viene naturale il collegamento di Esperienza e giudizio con altri inediti husserliani, e in modo speciale con q/lel!i Jcritti a Bernou e a S. Méirgen (1917-18, 1921), nei quali cOllver,gollO il j)roblcllla del tempo, il p ro blema dell'individuazione e il problema dell'eslelica IraJcendentale (c he caratte­ rizza in modo particolare gli inediti del ,l!,rtlPPO D). L'estetica trascendentale è n'rettamente COllnCJJa li tutto il problem a del/a dimCllsione precategoriale, al p roblema della Jrmdazione del gitldiZio , e quindi ai temi che caratterizzano gli scrilli racco!li in Esperienza e giudizio. Una chiarificazione definitiva delle que.rtiolli qui appena accen­ nate si potrà avere soltanto dopo la pubblica.zione de,1!,1i inediti di Husserl che interessano l'estetica trascendentale, il tempo, l 'indit!iduazio ne. L'introduziolle di Lal1dgrebe (formata di quattordici paragrafi che ilei xv

testo occupano settantadue pagine) deve essere letta con attenzione e il lettore farà bene a porre in re lazione i problemi traltati almeno con le Meditazioni cartesiane e con la Crisi. L'analisi fenomenolo gica delle Lebenswelt e della dimensione precategoriale nOI1 dez e essere separata dalla epochizzazione del « mondano» e dalla riduzione alI'lo trascendentale, lo che , per Husserl, è anche monade concreta e che, in quanto Ego in prima persone, è anche Leib o corpo vivente. Se la riduzione alla soggettività trascendentale è impre­ scindibile, in quanto riduzione all'«Ego assolutamente unico e fungente» (§ 55 della Crisi) non si deve dimenticare che nell'lo originario (Ur-Ich) i soggetti cojungenti vivono co me Noi, come « intersoggettività trascendentale che costit1lisce il mondo ». I sog getti co jungenti ed operanti siamo noi come uomini (si veda tutto il § 54 della Crisi) e se noi siamo costitHtivi lo siamo anche in qHanto siamo vita sCl1sibile e corporea costitHtiva del mondo sensibile e corporeo, del mOlldo della «percezione esterna». Ciò deve essere temlfo presente qHando si legge ÌtJ Esperienza e giudizio (§ 14) che il giudiZio si fonda sulla percezione esterna o, per fare UI1 altro esempio, quando si legge (nel § 29) che i sostrati assolHti sono i corpi intesi come gli o ggetti individuali dell'esperienza estema. La vita sensibile, in Husserl, è «atti­ vata». e quindi resa soggettiva. È intesa, cioè, come vita in prima persona dei sOl!,getti sensibili, vita che esige l'attivazione dell'aisthesis e, in generale, la dialettiva ira l'attività e la passività. La genealogia della logica, nell'intenzione di Husserl, ci offre la fonda­ zione de/la logica nella dimensione precategoriale , nella vita intenzio nale nella quale l'attività «sveglia» emerge dalla passivi tà. L'attività è un «vol gersi» dell'Io, un essere attento dell'Io sullo sfondo della passività. La stessa «ricettizùà» (§ 17) è vista c01l1e il grado Più basso dell'attività e si PtlÒ dire dunque anche di essa che è soggettiva. La percezione passiva è lo sfondo nel quale l'Io è assopito ed è assopito, nell 'Io, il mondo. Perce­ zione attiva è «cogliere gli og ge tti» che si innalzano dallo sfondo della passi­ vità. L'lo sveglio vive nell'attenzione e l ' attenzione fa parte della struttura specifica dell'attività egologica in quanto si presenta come la tensione inten­ zionale dell 'Io t'erso l 'og getto, come il volgersi del!'lo, come l'Ichwendung. L'Ichwendung è p otere e fare. Il Cogito è qui anche volontà, «lo posso », «lo faccio». E un Cogito che ha possibilità pratiche (§ 19), che, in quanto Leib, si muove, agisce, costitllisce il mondo e vive nel mondo con le sile cinestesi (il problema delle cinestesi è al centro de!!'estetica tra­ scendentale ed è strettamente collegato a qlle!!o del rapporto tra «fantasma» e cosa corporea costituita come « reale»). Si ossert!erà con qual1ta finezza sulle basi che abbiamo appena indicate , l

XVI

Hmserl affronti i problemi della mgazione e della sua origine precategoriale,

del dubbio e della possibilità (come possibilità problema/ica e come possi­

bilità aperta), del doppio significato della modalizzazione e, injìne, come ponga magistralmente il grande problema dell'implicito e dell'esplicito, della Erfassung e della Betrachtung, quello del tempo, della presenza

e

problemi strettamente legati a

delle sile modalizzazioni, tra le quali le

priJJJe e le fondamentali sono da ritenersi la ritenzione e la protenzione. Si

può qui appena di passag gio notare come in Esperienza e giudizio venga approfondito il problema della ritenzione e COJJJe (nella seconda sezione del

§ 23),

vengano distinte varie modalità del «tenere ancora sotto presa»

(Noch-im-Griff-behalten) in rapporto al probleJJJa dell'attività e della

pssività. Tutta l'analisi tende a fondare le cale perch é o gni oggetto non è nulla di is olat o per sé, ma è sempre o.f!,,�etto nel suo orizzonte di fa mili arit à e pre-conosciutezza tipiche Ma (juesto orizzo nte è continuamente in moto ; ad ogni nuovo p as so di prensione intuitiva seguono nell ori zzonte, nuovi tracci ati determi nazioni prossime e correzioni dell'anticipato. Ness u na prensione è qualco s a di puramente momentane·o e di passeggero. Certo, i n quanto essa è u n certo momento vis su t o della pre n s i o ne d c i sostrato e di quella dell e sp licat o ha, come ogni momento v i ssuto, il suo modo di pre s entarsi o ri gi naria me n te nell'ora in cui è i nc l u s o il suo graduale sprofondare nei modi non-originari corri s p onde n ti quali l'infievolimento ritenzionale ed in fine l'immersione nel passato completamente vuoto, m orto . Questo momento vissuto stesso con l'oggettivo che è in esso costituito p u ò essere « d i me nticat o » ; .

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ma perciò non è affatto scomparso senza lasciar alcuna traccia, ma è divenuto semplicemente latente. Esso è, per ciò che vi si è costituito, un posseuo abituale sempre pronto ad essere ri-suscitato attualmente per associazione. Ad ogni passo della esplicazione si forma un sedimento di conoscenza abituale nell'oggetto della prensione che prima era indeterminato, ossia preconosciuto in modo vago di orizzonte, determinato anticipatoriamente. Dopo che il processo dell'esplicazione che sta nel modo della origina­ rietà è trascorso, l'oggetto, anche quando si è immerso nella passi­ vità, resta costituito come determinato dalle relative determinazioni. Esso ha accolto in sé come sapere abituale le formazioni di senso costituite originariamente negli atti della esplicazione. Cosi ogni penetrazione contemplativa d'un oggetto ha in questo un risul­ tato permanente. L'operazione soggettiva compiuta permane abi­ tuale all'oggetto come oggetto intenzionale. Da ora in poi il sog­ getto relativo vede l'oggetto, anche quando questo ritorna a lui dopo interruzione nelle dati à d'esperienza e nelle datità in gene­ rale, come oggetto conosciuto di quelle determinazioni che le prese di conoscenza esplicative vi hanno attribuite. Ciò vuoI dire che la nuova presa di conoscenza, anche quando non si compie solo nel ricordo ma ha dato l'oggetto originariamente e quindi secondo la percezione, ha un contenuto di senso essenzialmente diverso di quello delle percezioni precedenti. L'oggetto è dato­ prima con un nuovo importo di senso, esso è consaputo col suo orizzonte, certamente vuoto, di conoscenze acquistite ; il sedimento della produzione attiva di senso, della precedente attribuzione di una determinazione, è ora parte componente del s'e nso di appren­ sione che la percezione possiede, pur quando non viene effetti­ vamente esplicato di nuovo. Ma quando si procede ad una espli­ cazione rinnovata questa ha allora il carattere di ripetizione e riat­ tivazione del « sapere » già acquisito. Questo divenir abituale del risultato di una prensione origi­ nariamente intuitiva si compie secondo una regolarità generale 130

del vivere coscienziale, per cosi dire senza nostra aggiunta, e quindi anche laddove l'interesse si applica una sola volta ad esplicar l'oggetto ed è passeggero, e l'oggetto vien forse completamente « dimenticato ». Ma si può tendere anche volontariamente ad una tale fondazione d'una abitualità. Noi diciamo allora che l'interesse è diretto a ritenere l'oggetto della percezione, ad appropriarselo, ad imprimerlo. Di frequente questo interesse darà occasione a ripe­ tere il corso della sintesi esplicativa ed innanzi tutto come a con­ templare più volte l'oggetto nella sua presenza originaria, ma poi anche eventualmente a ripetere il cammino dell'esplicazione nel ricordo fresco. Noi dovremo ritornare su questo caso (cfr. § 27). Le proprietà che emergono nell'esplicazione diventano t1elle note e l'oggetto come un intero è colto e mantenuto come un it à di note. L'interesse non si distribuisce qui in misura eguale a tutte le proprietà che emergono ; lo sguardo inclina invece a particolari determinazioni che fanno impressione, mediante le quali un oggetto di una certa tipica determinata, ossia un certo oggetto indi­ viduale, si distingue da altri oggetti di tipo eguale o affine. Di u n uomo, per esempio, ci colpisce la gobba, gli oechi strabici, che noi ci imprimiamo come una caratteristica particolare per potere poi rivolgerci di nuovo ad esso entro un gruppo di al tri uomini. Se quindi l'interesse non si soddisfa con una semplice e fuggevole presa di conoscenza, ma si dirige all'imprimersi di una im­ magine percettiva, allora esso, dopo un primo corso esplicativo delle proprietà, rileverà nella ripetizione, da tutto l'insieme delle proprietà, quelle date caratteristiche e su di esse volgerà principalmente lo sguardo. Per lo p i ù ciò sarà accompagnato passo passo da una predicazione, da un processo cioè che sarà da noi ulteriormente esaminato. Ma anche senza alcuna predicazione, nella mera con­ templazione esplicativa, è possibile quello imprimersi, c he è la tendenza dell'interesse verso l'atto del notarsi qualcosa. La con­ templazione diviene allora una contemplazione insistente in cui l 'interesse percettivo si dirige, entro la molteplicità delle quiddità 13 1

1 39

che emergono nella esplicazione, a quelle quiddità che ci colpi­ scono in maniera particolare e che sono caratteristiche.

§ 26. L'esplicazione come il render-distinto * l'appercepito

nella maniera dell' orizzonte ,. sua distinzione di contro al render-distinto analiticamente.

140

Questa formazione di abitualità ad ogni passo dell'esplicazione, ossia l'imparare a conoscere l'oggetto nelle sue proprietà, non è solo qualcosa che riguarda queste proprietà stesse ma gli è piuttosto che con ciò è pre-signata in pari tempo una tipic'l, sul fonda­ mento della qUlle, e mediante il trasferimento appercettivo, anche altri oggetti di specie simile appaiono fin dapprincipio come oggetti di questo t ipo in una precedente familiarità e sono anti­ cipati nella maniera dell'orizzonte. Ma tutto ciò è stato già consi­ derato introduttivamente (v. sopra, pp. 30 sgg). Ad ogni passo della prenbione originaria e d ell 'e splicazione di un ente si muta l'orizzonte di ciò che è e speribile nella sua totalità ; si formano nuove determinatezze e nuove familiarità che dànno la lor di re­ zione e presignazione alle aspettazioni appe rcettive annesse alla datità di nuovi oggetti. In riguard o a ciò, si può anche caratteriz­ zare ogni esplicazione, in quanto si compie in originaria intuiti­ vità come esplicazione di un nuovo oggetto e sp erito, siccome distinzione e chiarezza, determinazione più particolare di ciò che è indeterminato nella fo rma di orizzonte e quivi implicito. Ogni esplicazione vera e propria ha il carattere internazionale di una esplica­ zione che soddisfa l'intenzione dell'orizzonte (come anticipazione vuota), e la sviluppa in una serie di momenti determinati per i quali, parVerdeutlichung. Il t e de sco rende tradizionalmente con * Il testo ha : Deutlicbkeit e parole dello stesso tema la « distinctio » cartesiana del « elare ac disti ncte percipere ». In italiano conviene quindi rifarsi al termite classico di

« distinzione ».

132

(n.d.t.)

tendo da certe proprietà sconosciute, si vengono a determinare quelle corrispondenti che da ora in poi sono conosciute ; questa conoscenza ha luogo nel modo della distinzione di ciò che è inde­ terminatamente implicito nell'orizzonte. E appunto in virtù del­ l'apprensione dell'oggetto (e anche di altre apprensioni di esso secondo la regione, il genere, il tipo ecc.) questa implicazione ha conservato un senso particolare, il senso di una cosa che già prima, ma « indeterminatamente », « vagamente », « confusamente » era inclusa in quell'apprensione ; l'esplicato messo in evidenza è l'ele­ mento chiari ficat i va di una confusione correlativa. Coincidendo con l'oggetto appreso (appreso anche nel suo tipo) esso è circondato da un orizzonte di residui di confusione che si deve ulteriormente chiarire. La chiarezza, sebbene sia sempre un soddisfacimento, e il mostrar-se-stesso di ciò che prima era presignato e preinteso in maniera vuota, non è mai un puro e semplice darsi da sé, come se la presignazione fosse tanto ampia che il senso presignato fosse già preinteso in determinatezza assoluta e dovesse solo passare alla chiarezza del « se stesso ». Anche quando l'oggetto è « completa­ mente » conosciuto, questa completezza non corrisponde alla sua forma ideale. Il preinteso in maniera vuota ha una sua « gener ici tà vaga », una sua indeterminazione aperta che si riempie solo nella forma della appropriazione [ Nahcrbestimmung ] . Al posto di un senso pienamil,ì dello intelletlo.

§ 59.

Oggetti che si possono dare schiettamente come «fonti » di uno stato di cose. Stato di cose e contesto.

Naturalmente le oggettività categoriali cosi prodottcsi sono fon­ date su quelle ricettivamente cogli bili. Le prime i ncl u d o no in sé le seconde, come per esempio il contesto « la te rra è più grande della luna » include un oggetto che può darsi ricettivamente, ossia 267

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la « terra ». Ma il contesto stesso non è nulla che si possa palesare come struttura di senso nel polo di senso « terra », cosi come le determinazioni interne (quasi delle proprietà) e relazionali apparten­ gono come momenti di senso al senso dell' oggetto, al senso cioè in cui l'oggetto « terra » è colto ricettivamente. Ciò che corrisponde nella ricettività al contesto sono le relazioni o, come noi vogliamo dire, stati di cose [Sachlagen] : relazioni del contenente e contenuto, del maggiore e minore ecc. Esse sono un identico che si esplica per essenza in maniera doppia, di modo che dei giudizi predicativi equivalenti si riportino allo stesso stato di cose come uno stato [ Verhalt] dato intuitivamente. Ogni stato di cose contiene in sé più contesti, uno stato di cose semplice, fondato su di una coppia, due contesti, per esempio lo stato di cose della grandezza a-b con­ tiene i due contesti a < b e b > a. Gli stati di cose sono quindi oggetti fondati ; essi rimandono in fine ad oggetti che non sono stati di cose. Ogni oggetto è un fondo reale o possibile di parecchi stati di cose, quindi anche ogni stato di cose è un tale fondo. Ogni oggetto è anche « fonte di stati di cose, ossia esso fonda a partite da sé degli stati di cose in quanto esso è semplicemente esplicabile, in quanto dà luogo ad emergenze in possibili intuizioni. A seconda dei casi, esso è quindi o fonte di stati di cose appartenentivi [eigenschaftlichen], oppure, quando si tratta dell'emergenza di parti sostanziali, di relazioni intero-parti. Nel procedere della contemplazione relazionante i termini della relazione sono fonti di reiazionali stati di cose che si esplicano in contesti relazionali. Sulla base di questi stati di cose, con cui, come è senz'altro evidente, non si deve dapprima intendere altro che relazioni pas­ sivamente costituite, mentre gli stessi stati di cose non debbono ancora essere stati oggettivati, si possono formare in diversa dire­ zione dei giudiZi predicativi. Se si tratta di relazioni intero-parti si può allora giudicare sul contenere e sull'esser contenuto, e da qui ri­ sultano forme diverse a seconda che si tratti di un esser contenuto 268

1 1 I 1IIJ(.:diato o mediato, quindi della relazione di parti immediate o 1 I Il'd iate all'intero. D'altronde si può giudicare sulle forme di colle­ r:/llllcnto delle parti nell'intero : « l'intero ha questa certa. forma », " l 'i n s i e me delle parti ha questa forma di colle gam ento » ecc. Qual­ e , )sa di ancora diverso sono i giudiZi basati sulle relazioni esterne, c h e si effettuano nel passaggio dall'una parte all'altra. Ogni parte (' i nvero qualcosa per sé, qualco sa che è colto per sé, ma ognuna (' pur sempre una parte, partecipa all'intero che, anche quando non i' so strato direttamente attuale d ell a determinazione, sta pure nel raggio dell'attenzione e della prensione ; c nella datità di s tinti fi­ cata la forma di unità è tolta. 5 ed S' hanno q ua l c o s a in comune pcr prender parte ad uno stesso intero e se s i passa da S ad S', allora, anche se ciascuno è consaputo come parte c se viene alla prensi one con il senso di cui si è accresciuto per l'interesse che si è diretto all'intero, c'è in 5 un nuovo accrescimento di senso che deriva dal passaggio e dalla coincidenza nell'elemento comune. Se vie n posta in giuoco un'attività che rende 5 tema di determina' zione e lo riferisce ad S in vista della forma dello intero e produce così originariamente la determinazione, allora è originariamente co­ stituito il giudizio di relazione esterna ; 5 è costituito originaria­ mente come in relazione ad S' (relazi o ne di somiglianza, di egua­ gli anza, di lunghezza ecc.). Le relazioni di parte ad intero e di parte a parte non sono le uniche. Due oggetti possono stare non solo in relazioni di conte­ nente e contenuto ma anche nella �elazione dello incrocio : nell'incrocio " 5 è identico con S' (per una certa parte in comune S ) cosa che si spiega in altri termini cosi : 5 contiene 5 " ed S ' ha lo stesso S", oppure in forma plurale : 5 ed S' conte ngon o 5", ove il comple­ mento oggetto determinativo 5" compare una sola volta mentre da esso si dipartono due distinti raggi identificativi, l 'un o verso 5 l'altro verso S'. Tutte queste forme di giudizio debbono natu­ ralmente prendersi nella più u niversale generalità sintattica, men269

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tre rimane indeciso se sono oggetti schietti oppure oggetti già dotati di una molte p li ce configurazione logica di senso. Le oggettività schiette sono quindi fonti di diversi contesti predicativi ; e lo sono in base alle loro configurazioni di unità ri­ cettivamente costituite che noi diciamo relazioni o stati di cose : stati di cose identici che si esplicano in molteplici contesti predicativi. Noi chiamammo gli stessi stati di cose oggettivi tà fondate. In modo più proprio dobbiamo dire che nella ricettività non abbiamo ancora gli stati di cose tematicamente come oggetti o anzi come ogget­ tività fondate. Non abbiamo qui altro che le oggettivit à schietta­ mente coglibili che si « rapportano », e lo scorrere dall'una parte all'altra dello sguardo conte mplativo fra il sostrato e le sue parti, o fra i termini riferiti l'uno all'altro che si rivelano qui come mag­ giori o minori, sempre sul fondamento della loro unità sensibile. Ciò che noi diciamo stato di cose, compare qui solo come fonda­ mento passivamente precostiluito, fondamento di proprietà o di rela­ zione, di tutti que sti contesti ; ma quando in predicazione origi­ naria essi sono costituiti ed oggettificati, il fondamento può inoltre essere colto oggettivamente come l'identico stato di cose che sta loro a fondamento.

§ 60.

Distinzione tra contesto e piena proposizione giudi­ cativa.

Ogni proposizione giudicativa in sé conclusa precostituisce quindi entro di sè una nuova oggettività, un contesto. È questo il suo « giudicato », ma non solo perché il giudicato significa un accre­ scimento logico di senso per l ' ogget to su cui si giudica *, ossia per il sostrato di giudizio e gli si può app orre giudicativamente *

Traduciamo con « giudicato » il tcd. « das Geurteilte » il ted. « das Bcurtcilte » (n. d. t.).

su cui si giudica

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» e con

{(

oggetto

senso logico : il « giudicato » stesso è un oggetto ed in con­ alla sua genesi un oggetto l o gi co o oggett o d i ntellett o. Tuttavia noi dobbiamo più precisamente distinguere. Ciò che :; 1 è precostituito nel giudizio come un oggetto nuovo, e ciò che d i ciamo in senso comune un contesto non è la proposizione giu­ d i cativa con l'intera sua « materia di giudizio » ma solo ciò che a t t ualmente si « rapporta ». Cioè, in o g n i giudicare attuale noi abhiamo a nostro tema il « giudicato », per esempio l'identificaz ione detcrminativa di 5 e p. Questa è attualmente compiuta nel giudic a re . Ma il giudicare attuale può intrecciarsi con l'assunzione di acquisti fatti in attività giudicative precedenti le qu a li si riferiscano allo stesso sostrato. Nel compiersi del giudizio 5 è p, 5 stareb be quasi CI Ime già determinato mediante q i n una determinazione prece­ dente ; il giudicato è qui Sq è p. Come sappiamo, queste apposizioni attributive sorgono da precedenti predicazioni attuali e sono contrassegnate come modificazioni di p rc dicazi oni che rimandano ad una precedente in cui 5 fu attualmente determinato come q. l ,a determinazione consaputa in q ue s t a maniera modificata e che naturalmente fa parte della interna materia giudicativa, sta pure i n verità nel nostro sguardo, ed è anche colta assieme unitamente ad 5; non si compie più attualmente la sintesi identificativa tra 5 e q, ma è solo iI risultato di questo compimento che si mantiene i n S. Si deve quindi distinguere tra tema funzionale che è l'attuale « giudicato » 5 è p, ed iI tema non pitì funzionante coinvolto solo nella unità della coscienza del giudizio. Quando dopo un giudizio schietto S è p abbiamo inserito attributivamente nel soggetto e nel predicato ancora altri oggetti e predicati (q, r, . . . ) derivati da altri giudizi, allora, nel nuovo compimento ciel giudizio dell'antica forma, sotto la condizione che siano pure c omp i uti tutti questi pensieri coinvolti, non fa alcuna differenza che noi compiamo la stessa identificazione determinativa o che attualmente non compiamo che questa, mentre con le attribuzioni non effettuiamo nessuna delle predicazioni indicate dalla identificazione. Ciò che noi unicamente ( O IllC

I , .rmità

'

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e solamente compiamo è il giudizio S è p, qualunque sia il contenu­ to pensato derivato da una precedente operazione giudicativa, che attribuiamo ad S. Ciò che noi abbiamo descritto dal punto di vista noetico ha il suo correlato nella proposizione giudicativa e nelle oggettività che si precostituiscono nel compimento attuale di essa. È solo questa cosa che resta identica in tutte quelle modiflcazioni, cioè quel che si costituisce nel giudicare attuale S è p, che noi chiamiamo contesto in senso proprio. Esso è la pura unità sintetica dei temi; tema è qui tutto ciò che è colto tematicamente ed attualmente nel compiersi del rispettivo giudizio e che è posto attualmente in una certa determi­ nata relazione proprio con questo compimento di giudizio. Se temi della determinazione sono le cose individuali, esse entrano con la loro formazione sintattica nel contesto e sono i termini che si « relazionano » in questo. I contesti sono correlati di giudizi, ossia essi si costituiscono originariamente solo nel giudizio ; in corrispondenza alla chiusura tematica di ogni passo apofantico del giudizio anche ciò che in esso si costituisce ha la sua chiusura, ogni contesto è una perfetta oggettività sintattica, e tutti i membri del contesto o termini, che non siano termini semplici, sono pur essi eventualmente delle oggettività sintattiche. Non sono quindi la stessa cosa il contesto e la proposizione giudicativa con il suo completo « senso di giudizio » ossia con la compiuta unità di significato che contiene in sé tutti i significati logici del giudizio rispettivo. Il contesto nella sua identità non resta affetto dal mutamento che si produce con l'inserire in un giudizio nuovo, che viene a compimento, i risultati di molteplici attività giudica­ tive riferite ai temi di determinazioni momentaneamente attuali. Ogni tema attuale può diventare un sostrato non solo per attuali operazioni giudicative, ma anche per la appo SlZlOne mo­ dificata degli acquisti di antiche operazioni. Ciò non altera il contesto che è tematicamente costituito, ma altera il modo in cui esso è pensato. Entro questo modo il contesto è un prodotto te272

fnatico non solo del giudizio di ora ma anche dei giudizi impli­ ( " a l i. Il prodotto tematico attuale possiede quindi un intreccio di fl l rmazioni che volta a volta rinviano ai giudizi inviluppati ; queste f, ,rmazioni non si possono naturalmente risolvere nella loro for­ f i l a originaria, ossia nella forma in cui sono stati originariamente (I Impiuti. Un tale sviluppo conduce alla fine a giudizi semplici che non sono più degli inviluppi di giudizi, ed i cui membri non contengono più nulla di annessi attributivi o di altra sorta. Come abbiamo tante volte osservato, tali giudizi si debbono considerare come un caso limite. In essi non si può nemmeno distinguere il contesto dalla proposizione giudicativa. Il contesto è qui costituito dall'a stessa unità del significato. Tuttavia anche per tluesti giudizi è necessario un discorso doppio, in riferimento al fatto che essi sono veramente meri casi-zero mentre infinite mol­ teplicità di giudizi concordano nel contesto con quel giudizio-zero. 11 concetto di contesto designa fin dapprincipio l'identico invi­ luppo tematico posseduto in comune da tutti i giudizi che hanno identicamente lo stesso tema attuale e che connettono questi temi nelle stesse forme sintattiche ; la proposizione-zero è la proposi­ zione pura che appartiene ad un tale gruppo, correlato della attua­ l ità pura determinativa. Il fatto che il correlato del giudicare, del contesto stesso, debba essere un giudizio, ed anzi un caso limite, perde il suo carattere paradossale qua ndo noi pensiamo che qui si parla di oggetti inten­ :7.Ìonati, come tali, e quindi di contesti intenzionati, come tali. Il « contesto stesso » non è appurfto altro che l'idea del giudizio completamente riempito 01. per ciò le considerazioni più detta­ gliate a p. 342 e sg.).

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§ 61 .

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L'insieme come esempio ulteriore di una oggettività dell' intelletto,. la sua costituzione nella spontaneità produttiva.

contesti non sono le uniche oggettività dell'intelletto che si co­ stituiscano nella spontaneità predicativamente produttiva. Essi han­ ho una posizione di preminenza che è fondata sulla funzione fon­ damentale che ha il giudizio predicativo in senso stretto come u­ nità copulativa di collegamento. Al collegamento copulativo noi contrapponiamo quello collettivo che però non conduce a forma­ zioni logiche di senso, a sedimenti di senso negli oggetti-sostrati nello stesso modo della spontaneità copulativa, ma che tuttavia bisogna annoverare fra le spontaneità predicative in senso ampio *. Come ogni spontaneità predicativa, il collegamento collettivo por­ ta alla precostituzione di una nuova oggettività, che è qui l'oggetto I

«

insieme ».

Anche nel dominio della ricettività esiste già una contempla­ zione plurima come un comprendere collettivo ; non si tratta del mero cogliere un oggetto dopo l'altro, ma del tener-sotto-presa l'uno mentre si coglie l'altro e cosi via (cfr. § 24, d). Ma questa unità della com-prensione o della collezione non possiede ancora un oggetto unico : la coppia, i « collecta », più in generale l'insieme dei due oggetti. In una coscienza limitata noi siamo rivolti diretta­ mente all'uno oggetto o all'altro e nulla più. Ma possiamo poi, mentre manteniamo la prensione, effettuare un'altra volta una nuova com-prensione, ora quella del calamaio e di un brusio che adesso udiamo, oppure noi teniamo i due primi oggetti nella prensione e guardiamo verso un terzo oggetto come oggetto per sé. In tal caso il collegamento dei primi due non è sciolto. Assumere il terzo oggetto nel collegamento è qualcosa di diverso che trarre in consi­ derazione un nuovo oggetto accanto ai primi due separatamente *

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Cfr. § 50, p. 264 e « Logica » pp. 95

e sg.

collegati assieme. Adesso noi abbiamo una unità di prensione sotto forma C [A, B], C) ; cosi pure otterremmo C [A, B], [C, D] ecc. Si deve qui dire di nuovo che ogni tale prensione complessa­ mente strutturale ha per oggetti A, B, C, ... e non già CA, B) come un oggetto unico ecc. D'altronde noi potremmo indirizzare lo sguardo del nostro volgerci e della nostra prensione alla coppia, all'una ed all'altra cop­ pia in cui stanno questi oggetti. Se facciamo cosi, allora la concen­ trazione singola ripetuta, il cogliere parziale concentrato ora di A e poi di B, funziona come un genere di esplicazione, come il pre­ corri mento dell'oggetto totale A + B. Se guard i am o la cosa più da vicino, la rappresentazione CA, B) ha la p re m i n e n za sul collet­ tivo CA + B) in cui l'oggetto è costituito dalla ,romma [Inbegriff] . Affinché quindi sia data questa « somma » e perché sia colta contem­ plativamente nella sua autodatità, noi dobbiamo cogli ere assieme A e B ; nell'unità di questa prensione dei due ogge t ti si precosti­ tuisce per cosi dire come suo risultato il nuovo oggetto come qualcosa che cogliamo ora come un che di unico e che posiamo esplicare nelle prensioni singole di A, B, . . . È quindi necessario che uno sguardo ,ri volga s ul collegamento collettivo originariamente sorto nella forma dell'esplicare plurale « A e B », affinché esso divenga sostrato, ossia oggetto vero e proprio, un identificabile. Ma ciò vuoI dire che finché noi esercitiamo una mera com-prensione collettiva non possiamo avere altro che l'oggetto preco.rtituito : « pluralità ». Sicché solo nella prensione ri-comprensiva che vien dopo della formazione attiva noi possiamo ottenere la pluralità come unità ed oggettivamente come un insieme. Accade qui come per tutti gli oggetti prodotti dalla sponatneità predicativa : mediante la spontaneità è precostituita una oggettività sintattica che però come oggetto può diventare tema solo nella ricompren .rione, dopo che questa oggettività è stata compiuta. La sintesi collettiva « A e B e C » è in verità, dal punto di vista noetico, unità di una coscienza ma non ancora unità di un oggetto in senso la

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proprio, ossia nel senso di un tematico oggetto-sostrato. Tematici sono qui A e poi B e C, ma non ancora il loro collectivum. La co­ scienza colligente contiene unitariamente e comprende più oggetti ma non un unico oggetto che abbia molti membri. Tuttavia per ragione di essenza un nuovo oggetto è precostituito da ogni co­ scienza si nteticamente unitaria, anche l'oggetto poli-membro. Non occorrerà poi che una prensione tematica sempre possibile per render questo precostituito un oggetto tematico e cosÌ sostrato di giudizio. In modo speciale : il « colligere )} * è una operazione po­ litetica mediante la quale si è pre-costituito per ragi on di essenza un collectit'Um. Esso diventa oggetto tematico dopo che il colligere è terminato e mediante una prensione ri-comprensiva per la quale si dà lo « insieme )} [Menge] come oggetto, come un identificabile dall'io. D'ora in poi esso è un oggetto come gli altri, non può però es­ sere totalmente identificato come un identico di molti modi di datità, ma può essere esplicato in un identificare sempre nuovo ; e l'esplicare è sempre un colligere. Ma esso può anche entrare come soggetto in nuove connessioni giudicative ecc. come ogni ogget­ tività che è un sostrato. Naturalmente anche gli « insiemi )} possono esser collegati con altri insiemi disgiunti, in modo da costituire insiemi di ordine su­ periore ed esser quindi tematicamente oggettivati. Gli oggetti dis­ giunti riuniti in un insieme possono per ciò stesso essere alla loro volta degli insiemi. Alla fine ogni insieme intuitivamente precosti­ tuito conduce però a dei termini ultimi, ad individualità che non sono più degli insiemi. Infatti l'idea di un insieme ha la proprietà che nella sua p r i ma datità di sostrato vi sia già una molteplicità già-data di affezioni particolari che noi attiviamo mediante la pren-

* Usiamo anche noi, come il ted . , il latino « colligere » per conservare l'affinità tematica con gli altri derivati e per evitare che parole come « raccogliere » « riunire », « collegare » possano suggerire idee qui estranee (n. d. t.).

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� i f )ne. Non è certo escluso che l'intuizione col su o « portarci più v i cino » metta in giuoco nuove affezioni che prima non erano an­ I"( I ra pronte sicché le unità intenzionate si risolvono a lor volta in plu ralità. Indipendentemente da ciò ogni « insieme » deve pensarsi a I,riori come rÙ'onducibile ai termini ultimi di esso, a termini cioè che non JOIIO Più degli insiemi. Si deve ancora aggiungere che al di dentro dell'unità di un i nsieme possono essere ritagliati, mediante collegamenti parziali alTettivi, diversi insiemi parziali, che qui sono possibili degli i nsiemi che si sospingano, e che per ciò in generale la relazione t ra alcuni insiemi ed altri può fornire tutte le relazioni possibili del « contenere ». Un insieme è per ciò una oggettitlità originariamente precostituita mediante un'attività col/igente che connette gli uni agli altri degli oggetti dis.giunti,. /a prensione attiva di questa oggettività consiste in ul1a schiet ta riprensione [Nachgreifm] o prensione di ciò che è slato prima costituito. Come pura configurazione della spontaneità l'insieme significa una speciale forma in cui entrano come membri oggetti tematici di ogni genere possibile, con la quale essi possono dopo funzionare pure di nuovo come membri in giudizi determinativi di ogni ge­ nere. Una delle sintesi della aggettivazione predicativa è quella dello « e », ed una delle sintesi di relazione, che però appartengono ad una direzione del tutto di vers a , è quella del « disgiunto ». Que­ sti sono i tratti fondamentali della speciale forma sintattica della collezione, ossia dello « insieme ». Non esistono degli insiemi ori!,inariamsnte precostituiti. La passivi tà può qui solo costituire le condizioni preliminari, ma non è necessario c he fin d app ri ma i molti og ge t ti stiano di già preco­ stituiti come disgiunti ed esercitino la forza a ffet tiva loro colleg ata. Gli oggetti possono comparire nel campo visivo tematico uno dopo l'altro, sicché mentre noi ci occupiamo in diverso modo e giudica­ tivamente di uno precedente, essi nel loro succedersi soddisfino alle condizioni descritte per la collezione ; l'unità dell'affezione si for277

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ma successivamente procurando i vincoli per i vari passaggi del­ l'interesse e se gli oggetti che compaiono sono di sgiu nti , allora la collezione può avere inizio. Ma essa può sorgere anche prima nella attività, come quan do un S si esplica g rad atamente in proprietà disgiuntive e queste proprietà son già prima venute al loro colle­ gamento collettivo. In ogni caso è sempre qui possibile rivolgere lo sguardo oggettivante il collettivo come oggetto.

§ 62.

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Oggettività dell'intelletto come fonti di stati di cose e di contesti,. distinzione fra collegamenti e relazioni sintattici e non sintattici.

Tutte le ogget tivi tà dell'intelletto, « i n sie mi » CCC., in quanto espli­ cabili nei momenti che ad e ssi appartengono essenzialmente, s on o in un senso vastissimo degli i n teri. E siccome fondate in oggetti­ vità che pOSSOIlO d a r s i ricettivamente, sono naturalmente interi di grado superiore che non debbono esser confusi con quegli interi che sono esemp li fi c ati in ogni o ri gina ri o oggetto-sostrato della ricettività. Specialmente per l'oggetto « insieme » ciò significa che me­ diante la collezione non si è costituito alcun oggetto sensibile ; i termini dell'insieme, entro l'insieme stesso, (assunto che si tratti di oggetti sensibili collegati) non hanno verso di questo il rapporto che le parti di un intero hanno verso l'intero. Non ha qui lu ogo quella sintesi di coincidenza parziale che abbiamo trovato tra un intero sensibile e le s ue p arti ; i te rmi ni di un insieme restano in certo modo « l'uno fuori dell'altro ». La forma del loro c ollega­ mento non è sensibile ma sintattica, appunto lo « esser collegato ». E poiché possiamo collegare ogni e qualsiasi cosa, ciò vuoI dire che la forma del collegamento è del tutto i ndipendente dalla omo­ geneità, o quanto meno dalle relazioni di somiglianza o dissomi­ glianza che valgono per le unificazioni sensibilmente intuitive. Si 278

I fatta invece di una forma di collegamento sin/attica. Tutti i tenrutU c o llegati hanno questo in comune, di essere collegati. Se ci vol­ giamo ai contesti, anche qui troviamo forme di collegamen to sintat ­ I i che di speci e s i mile . Per esempio tutte le proprietà di oggetti q ualunque hanno in comune di essere proprietà . Si è già mo s trata (43, d) la distinzione tra comunanza materiale [ facMicher] che vale insieme ai collega m enti ed alle relazioni che su e ssa si fondano, e comunanza formale che ha le sue proprie rela­ zioni ed i suoi propri rapp o rti . La co m u n a nza materiale si fonda sempre sull'unità di una intuizione se n s i bile , anche se è i nte s a nel senso più ampio per cui non si tratti più che di e g ua g lianza o so­ miglianza. Ciò che è materialmente comune determina j'omo,�eI1eità vera l? propria. Di contro a que s ta esistono c o mun anze formali che non sono fondate sull'unità po s sibile di i ntuizioni sensibili ma sono d eterminate mediante formazioni sintattiche. Queste com u n a n ze n o n si .riferiscono naturalmente anche a d e lle somigliam:e, a l l a ollJo,�eneità della forma come forma. Si tratta in vece di una somiglhtnza che sta su di un piano diverso dalla somiglianza degli oggetti di sostrato dotati di fo r me, per i quali resta in comune il fatto che s o n o pur delle relazioni che rimandano alla somiglianza. In fondo ad ogni relazionare sta i l collegamento, inteso nel senso più a mp i o di tutti che comprende anche le r elazioni di somiglianza. Il collegamento è col l egament o di qualcosa in certo modo omogenea che risalta come s i mile mediante la comunanza. Le oggettivit à d ell'i ntelletto sono qui ndi fonti di contesti c di stati di cos e ; ossia, oltre all é relazioni che e s s e p oss ono a vere in comune con le altre oggettivi tà e che po s siedono come interi in generale e come ogni altro intero, es s e sono anche fu nti di colle­ gamenti e di relazioni di specie propria fo n date nel loro ca ra t te re specifico come oggettività sintattiche. Dobbiamo quindi distinguere : 1°) collegamenti sintattici da altri collegamenti, i n te ri che sono sintattici ed interi che sono non-sintattici ; q ue s ti ultimi sono og­ ge tti non precostituiti dalla spontaneità predicati va ma di stinguibili

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solo mediante l'esplicazione in una molteplictà di p arti immediate le quali sono colle gate nello « inte ro ». Que ste parti stanno tra di loro in relazione sul fondamento della pre ce dente unità dello intero e in base alla circostanza che esse sono ciò che l'intero stesso contiene. Esse possono oltre a ciò s t are in relazione come quelle di grandezza di e guagli anza e cc . 2°) In c onformi tà a questa distinzione deve aversi anche quel­ la tra relazioni sin/attiche e relazioni non-sintattiche. Ogni relazione è una oggettività dell'intelletto ; essa è un contesto, anzi un contesto s e mplice, non una concatenazione di più conte sti, 51 - 52. È sintattico quel contesto in cui i termini sono pure delle oggettività dell'intelletto, o in cui il fondamento del contesto è, preso come un i ntero, oggetto dell'intelletto. Og ni contesto ha un fo n da me nto che stabilisce una c omunanza tra i termini e che può esso pure esser colto come oggetto (v. sopra, p. 269 sg.). Ques ta oggettivi tà è pur essa un intero nel senso più ampio, in quanto è esplicabile ; e tutto ciò che risulta dalla esplicazione è p arte nel senso p i ù am­ pio, ossia ha i n comune una i d e n ti t à parziale con l'intero e fonda le due relazioni c orrelati ve , rispettivamente con ciò che si deter­ mina come intero e con ciò che si determina come parte. Le parti tutte insieme hanno il loro fondatJ1ento nell'intero, ossia, due espli­ cati di un intero hanno come tali un rapporto l'una all'altra ; sono per essenza costituibili delle relazioni di incrocio o relazioni di collegamento, che si ottengono mediante l'attività determinativa.

§ 63.

Distinzione tra la costituzione delle oggettività dello intelletto e quella degli oggetti della ricettività

Dopo che a bbia mo i mparato a conoscere alcuni tipi p rincipali di o g ge t­ tività dell'intelletto sorte da operazioni spontanee, cerchiamo di render­ cene chiara la costituzione ed il modo di essere, ponend ole in con­ trasto con i tipi principali delle oggetti vità ricettivamente date. 280

Le oggettività dell'intelletto sono degli interi di grado superiore per ciò, come si mostrerà, oggetti di una propria regione. All'essenza di ogni oggetto appartiene che esso sia visibile [erschaubar] l Iel senso più ampio, ossia che sia coglibile originaliter come se s t l' 5 S0, coglibile come un esplicabile. Ogni prensione attiva di un oggetto presuppone che esso sia già-dato . Gli oggetti della ricett i vità sono già-dati in una passività originaria con le loro strutture di associazione, affezione ecc. Il coglierli è grado inferiore della attività come il mero ricever il senso originariamente precostituito passivamente. Invece le oggettività dell'intelletto non possono esser mai colte originariamente in una mera riccttività ; esse non sono precostituite in pura passività (almeno non originariamente, poiché della passività secondaria si dovrà ancora parlare), ma sono pre­ costituite nella spontaneità predicativa. Il modo del loro essere giàdati è il loro prodursi nel fare predicativo dell'io come un operare spon­ taneo. Non devono qui indurci in errore le somiglianze che si mostra­ no a prima vista nel paragonare la prensione ricettiva e la spon­ taneità produttiva. Anche nell'analisi della prensione ricettiva si parlava di un fare arbitrario o non-arbitrario dell'io, delle sue cine­ stesi, della produzione attiva di prospettive mediante lo andare attorno, il muovere gli occhi ecc., nelle quali si costituisce in pri ma originarietà l'oggetto esterno nella ricettività. Anche questo oggetto esterno appare stabilmente costituito attraverso tutta la molteplicità delle rappresentazioru di esso basate sul movimento degli occhi, sullo andare attorno ecc., proprio cosi costituito, alla fine di un processo spesso volontariamente condotto in un dive­ nire temporale, come nel fare giudicativo si p r o d uc e il contesto «S è p » siccome un corso temporale e volontario. Quindi sia in questo che in quel caso si dovrebbe parlare di attività produttiva. Ma queste manifeste similitu dini non ci debbono ingannare sulla distinzione essenziale e fondamentale : per ogni oggetto sensibile, fermo o in moto, il suo esser-colto è inessenziale. Il « fare }) dello l"

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io che motiva il corso dei complessi molteplici di dati sensoriali può essere interamente non volontario ; i corsi delle apparizioni si racchiudono anche passivamente in unità, senza che arrechi dif­ ferenza il fatto che l'io si volga a ciò che in essi appare mediante una prensi o ne ricettiva oppur no In certo modo l'oggetto c'è e si può ritrovare nel campo, sebbene esso abbisogni ce rtamente del volgersi dell'io a ffinch é sia colto come oggetto che c'è. Al contrario .

l'oggettività dell'intelletto o il contesto non può costituirsi se non essenzial­ mente nel fare spontaneamente produttivo e cioè nello inter-esse dell'io. Se questo non ha luogo, non resta tutto al più che l'oggetto ricetti­ vamente costituito che rimane nel campo come percepibile ma nulla di nu ov o si costituisce sulla base dell'oggetto. A ciò si applica la seguente di stinzione che va più in fondo alla cosa : quando anche in un processo temporale si costituiscono oggettività d elle due specie, che originariamente appaio n o salda­ mente costituite nel campo di questo processo, l ' o gget to della per­ cezione esiste tu ttavia fin dapprincipio, c om e in un sol colpo ; me diante o gni nuova rappresentazione si arricchis ce invero il suo modo di datità, ma il corso d ci c o mplessi di appari zi oni può in­ terromp er s i ad ogni i stante senza che noi ces sia m o di avere un solo oggetto, anch