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Italian Pages 662 [654] Year 1969
-::
M.
AGENO
ESERCIZI E PROBLEMI DI FISICA
III EDIZIONE 1969
VESCHI - ROMA
i
M.
AGENO
ESERCIZI E PROBLEMI DI FISICA
III EDIZIONE
VESCHI - ROMA
Le copie non firmate dall'Autore si ritengono contraffatte.
Tipo··litografia MARVES Via Mecenate 35 .. Roma , Tel. ?30.061
Prefazione alla terza edizione
Sono ormai trascorsi oltre vent'anni da quando si è esaurita la seconda edizione di questa raccolta. Le richieste per la terza edizione sono state sempre pres .. santi e si sono rinnovate sempre puntualmente ogni anno.Ad esse ho sempre resistito
perchi
sostanzialmente
insoddisfatto
della stesu~a del libro, e perchi, avendo da un pezzo in mente un nuovo disegno molto piJ consono alle esigenze attuali e alla mia esperienza didattica,avrei voluto scrivere un libro totalmente nuovo. Un tale programma richiede tuttavia, per essere realizza•• to, una disponibilita' di tempo che finora
non
ho avuto
e
che
non prevedo di poter avere in un prossimo futuro. Ho dovu·to per-• tanto riconoscere la validita' delle insistenze di numerosi colleghi. Un libro discreto, o anche mediocre, puo' essere di qualche utilita': .un libro perfetto, che pero' non esiste, e' sicuramente inutile. Ho cosi' finalmente accettato di lasciar ristampare la precedente edizione della mia raccolta, rata revisione, e
a
numerose
limitandomi
ad una accu-
modifiche, sostituzioni
ed ag-
giunte. La struttura fondamentale rimane tuttavia
la
stessa: di
cio' debbo scusarmi con docenti e studenti. Avrei voluto offrir loro uno strumento molto migliore
e
soprattutto
avrei
voluto
colmare le pid evidenti lacune. Mi auguro di poter fare cid in avvenire, in edi~ioni successive, se il libro avri ancora fortuna. Conto molto sulla collaborazione
di
tutti i lettori per
scoprire e còrreggere le inevitabili sviste. M. Ageno
AVVERTENZA
'La pnesente raccolta di esercizi e problemi vuol essere una guida p~r coloro che desiderano impadronirsi a fondo dei primi elementi della·fisica. L'applicazione a casi particolari delle leggi e dei principi generali, appresi dai trattati o dai corsi accademici, e' l'unica via per la quale ci si puo' mettere in grado di risol·· vere quei problemi di fisica che il fisico tecnico, l 'ingegne·· re, il chimico incontrano quotidianamente nel loro lavoro. Anche colui che intende dedicarsi al la fisica, come campo di ri-cerca o di insegnamento, solo ·attraver§O esercizi e problemi puo'veramente rendersi conto del -significato,della portata,del fondamento critico delle varie leggi e principi. Occorre aggiungere, inoltre, che tra l'esercizio, il problema e l'autentico tema di ricerca scientifi~a il passaggio e' graduale: non v 'e' un punto ove si possa dire che il terreno dell'uno termina e incomincia quello dell'altro .. Cio' che e' oggi esercizio o problema era ieri tema di ricerca e cio' che e' tema di ricerca oggi sara' problema od esercizio domani .Non v 'e' dun·· que miglior preparazione alla ricerca scientifica di quella che consiste nell'affrontare la risoluzione di problemi via via piu' complessi e difficili. Anche in questa terza edizione, la raccolta e' stata sud-· divisa in tre parti .. La prima parte comprende esercizi affatto elementari, consistenti per lo piu' in immediatè applicazioni delle leggi fondamentali: cio' che viene chiesto e' in generale un risultato numerico, cui il discente dovra' effettivamente giungere senza errori di calcolo.I dati numerici sono stati in generale scelti in modo da corrispondere a casi usuali o almeno effettivamente possibili; questi esercizi hanno quindi arche lo scopo di aiutare lo studente a familiarizzarsi con gli ordini di grandezza, oltre quello di impratichirsi nei passaggi tra le varie unita~ La seconda parte comprende esercizi e problemi,il cui li vello corrisponde press'a poco a quello dell'insegnamento universitario di primo biennio Ogni esercizio contiene in generale una parte concettuale: o si tratta di un vero e proprio p r o b l e ma, d i c u i o c c o r r e s t ud i a r e l ' i mp o s t a z i on e , o d i o s s e r va -· zioni (elementari) di natura critica, che hanno lo scopo di mettete in luce il significato ed i limiti di validita' delle formule.·
-
6 -
La terza parte comprende esercizi e problemi il cui· livello corrisponde press 'a poco a quello dell'insegnamento universitario di secondo biennio. A parte questo, il genere dei problemi trattati non ·differ.isce sostanzialmente dal genere dei problemi della seconda parte. Questa terza parte e' stata concepita, in particolare,come .un ausilio per la preparazione all'esame di cultura in fisica. Perche' l'uso di questa raccolta sia ve,ramente fruttuoso, occorre che lo studente si attenga alle seguenti norme: 1.) Dopo aver letto l'enunciato di un esercizio, non vada subito a vederne la soluzione, ma si sforzi di giungere ad essa da solo, consultando ·eventualmente dispense o trattati di fisica. Adoperi, finche'possibile, le soluzioni qui date solo come controllo della sua e per scoprire e rendersi conto degli errori eventualmente commessi. 2) Si sforzi prima di· tutto di comprendere bene il problema dal punto di ·vista fisico: capire esattamente in che il pro-• blema consista,rendersi conù; di quaLi. leggi vadano applicate e quale sia la strada per giungere aduna soluzione.Anche per ·gli esercizi 'piu' semplici, lo·studente non scriva mai nulla,prima di aver fatto questo lavoro mentale di analisi e di impostazione. 3) Una volta capito ed impostato mentalmente il problema, scriva la soluzione,sostituendo ai dati dell'enunciato,se numerici,degli opportuni simboli algebrici. In tal modo, una volta ottenute le formule risolutive, egli potra'controllarle dimensionalmente. ' 4) Ottenute e co1i-t,ro·l.late, le J.ormule risolutive,prenda in esam.e i dati numerici e faccia in essi i cambiamenti di unita' necessari per ridurli tutti ad uno stesso sistema (in generale il sistema M.K.S. o il sistema di Gauss). 5) Sostituisca i valori numerici nelle formule risolutive e càlcoli il risultato con l'approssimazione richiesta: di solito, l'approssimazione del regolo calcolatore di 12 cm e' sufficiente .. 6) Gontro-lli mentalmente l'ordine di grandezza del risultato e veda~se la natura del problema offre la possibilita'di qualche verifica. Tenga infine conto che il peggior uso che si puo' fare di una raccolta come questa consiste nel dare un'occhiata ai vari problemi, contentandosi ·di capire press 'a poco qual 'e'· la via che puo'portare alla soluzione. In tal modo non ,solo non s 'impara nulla; ma s'illude se stessi di aver studiato e capito. Ogni problema va sempre trattato completamente,risolto fino in fondo anche nella sua parte numerica, non soltanto perche' in ogni punto possono nascere delLe difficolta' non previste, ma anche per abituare se stessi a quella disciplina di .lavoro,che e'necessaria a chi si dedica ad un'attivita'di natura tecnica, didattica o scientifica.
A -
ESERCIZI INTRODUTTIVI
N.
Acuì ti
1
visive dell'occhio ·umano
L'acuì tà visi va media significa che due punti si due rette che li collegano ro un angolo non inferiore stanza alla quale i ancora
dell'occhio umano e' di circa l 1: ci o' possono vedere distinti solo se le al centro dell'occhio fanno tra loa l ' . Qual'e', allora, la massima didiscernibile un uomo in piedi?
Perche' l'uomo sia discernibile, occorre evidentemente che si possa distinguere nella sua figura un qualche particolare. Cio' richiede eh' essa sia vista sotto un angolo non superiore all'acuiti visiva. Sia allora h l'altezza media di un uomo, a. l'acuita' visiva, x la distanza da determinare. Sari al limite:
h
X
=-0.
Si puo' assumere: h "-'1, 70 m, ed e':
1 60
di grado
27T 360
1
60
radiante
Quindi: x
1, 70
X
60
X
360
=-------=
6,28
3
5,85·10 m'"'-'6km
Nota.- Si ricordi che i dati numerici che s'incontrano nella fisica (come in tutte le scienze sperimentali), essendo il resultato di misure, sono sempre approssimati. Il grado di approssimazione indicato dal nume-
e
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. 2
10 .
ro delle cifre significative (ivi compresi gli zeri che si trovano a destra delle cifre significative vere e proprie). Si ricordino in particolare le seguenti regole che vanno sempre tenute presenti sia nell'esecuzione delle misure, sia nei calcoli che ne conseguono. 1) Se come resultato di una misura si da': 7,33 cio' vuol dire che il resultato stesso e' minore di 7,335 e maggiore di 7,325 essendo il valore della terza cifra decimale solo apprezzato. 2) Non è lo stesso dire che il resul tato di una misura e' stato (in certe unita'), 2, 4 oppure 2, 40. Il secondo dato e' dieci volte piu' preciso del primo. 3) In un cambiamento di unita, non e' lecito aggiungere degli zeri a destra delle cifre significative che esprimono il resultato di una misura. Cosi', se una lunghezza é pari a 34 metri,non si puci scrivere ch'essa é pa•• ri a 3400 centimetri, perché questa seconda seri t tura esprime una precisione cento volte superiore a quella della prima. Si ricorre in questo caso alle potenze di dieci e si scrive, come valore della lunghezza 1.n que3 stione: 3,4•10 cm. 4) Nel! 'esecuzione di somme e differenze, l'ultima cifra sicura del resultato è la prima a destra che deriva dalla somma o differenza di cifre sicure di tutti i termini. Tutte le altre cifre a destra vanno trascurate (con l'avvertenza di aumentare di un'unita l'ultima cifra conservata,se la prima trascurata è maggiore dj 5). Cosi' la somma: 2, 51 + 3, 7 + 2,125 dà come resultato 8,3 e non 8,335. 5) Nell'esecuzione di moltiplicazioni o divisioni, il resultato va di solito preso con un numero di cifre significative non maggiore di quello del termine che ha meno cifre significative. Cosi' il prodotto: 7, 1 X 1, 41 non puo scriversi 10, 0ll, il che indicherebbe una precisione maggiore di quella effettiva, ma 10,0. Si ricordi che il calcolatore con piu cifre di quanto corrisponde alla precisione dei dati iniziali non e' segno di diligenza, ma solo un grave errore concettuale, Per i calcoli numerici é normalmente sufficiente il regolo calcolato• re di 12, 5 cm, che fornisce due cifre significative sicure e permette di apprezzare la terza (precisione dell'l%).
N.
2
Convergenza dei fili
a. piombo
Un professore di fisica, coi risparmi realizzati sui proventi del suo insegnamento, decise di farsi costruire una casetta in campagna Ingaggio' per ciuesto un capomastro e dei muratori. Ma li 1 icenzio' adiratissimo quando vide che tirav.ano su i muri opposti di una stanza, controllandone la verticaliti
- 11 -
col filo a piombo. Con tale metodo, infatti, i muri risultano convergenti al centro·della terra,anzichi paralleli! Quale dovrebbe •essere il raggio della terra, perche' uha stanza larga 4 m ·risulti per questa ragione di 1 mm piu' stretta al pavimento che non al soffitto? Qu~l'~ in-effetti, l 1 angolo che formano tra loro i fili a piombo aderenti ai due muri opposti? Quale dovrebbe essere il raggio della terra perchi tale angolo fosse ,di 1 grado?
Sia h l'altezza della stanza. Se per effetto della ·convergenza dei muri opposti il soffitto i piJ largo del pavimento, di una quantità 6L l'angolo formato·da-due piani paralleli ai due muri opposti e\
6l h
I muri opposti si incontrano allora alla distanza di l
L
R =-=-h o. 6L
essendo l la larghezza del pavimento della stanza, Nel nostro caso, dato che si tratta di una casetta di cam-pagna, si potra' prendere: h ~3, 20 m. Coi dati del problema ri-sul tà . allora: 4. . 3 R -"' - - 3, 20 ,., 1.2, 8 ··1.0 1.0- 3
m
in cifra tonda: 13 km .. Una terra un po' piccola Siccome il raggio della terra i di 6371 km, l'angolo effettivo tra i due muri opposti e': L
4
o. "' -R "' _6_3_7_1._1._0_s_ ... 6, 2 8
1.0-
7
rad
00
6,28•1.0··
7
360 2rr
gradi·"'
- 0,1.3 secondi d'arco.
. ' 27T Se poi o. fosse di 1°, cioe di - - radianti, 360 della terra risulterebbe R
=-
L o.
4 360 ,, 229 m ! 2rr
"'-,.-
il
raggio
R
- 12 N.
3
Un lumicino lontano lontano ... Di notte, una candela accesa e' ancora chiaramente visibile ad un p~ilometro di distanza.Che frazione della potenza irraggiata e\ in queste condizioni,raccolta dall'occhio•dell'ossen~atore?
Ammettendo ·(il che e' vero, solo in una prima e grossolana approssimazione) che la candela irraggi in tutte le direzioni con la stessa intensita', tale frazione f e' evidentemente ugua1e al rapporto tra l'angolo solido D,sotto cui ivista.dalla candela la pupilla dell'osservatore, e l'angolo solido totale 47T. Se r e' il raggio della pupilla ed l la distanza dell' osservatore dalla sorgente s1 ha:
f
7Tr
2/l 2=(...!_)2 2l
47T
Supponendo che al buio la pupilla sia completamente dilatata, si puo'.assumere r "-'5 mm. Per l = 1. km si ha allora:
f
=(
s • 1. o~ ~Y
·
,~6,25 •·1.0
_ 12
2 ··1.0 )
N.
4
Una sorgentina di Polonio Il Polonio e' un elemento radioattivo: ogni tanto il nucleo di un atomo di Polonio emette una particella a (nucleo di elio) e l'atomo di Polonio si trasforma cosi' in un atomo di Piombo. Le particelle a emesse con grande velocita', si propagano liberamente nel vuoto, in linea retta. Su di un dischetto di nickel di qualche mi.llimetro di diametro e' stato depositato uno strato sottilissimo di Polonio e si vuole determinare il numero totale di particelle a da questo emesse al secondo_ Si pone percio' il preparato all'estremita' di un tubo della lunghezza di 4 m, in cui e' stato fatto
- 13 -
il vuoto e si contano le scintillazioni prodotte in un fogliet•· to di plastica fluorescente dalle particelle a uscenti da una 2 finestrella di 3 mm praticata nella flangia che chiude l 'al .. tra estremi ta' del tubo. Il risultato del conteggio e' 21460 par~ ticelle a-al minuto.Di guanti millicurie i il preparato di Polonio? ·(1 curie·'" 3. 7 10"" 0 disintegrazioni al secondo). Perche' non si pone la plastica fluorescente nell'aria, subito davanti al preparato di Polonio?
Dato che il Polonio del preparato emette particelle formemente in tutte le direzioni, se N e' il numero di celle a da esso emesse in totale al secondo, quelle che dalla .finestrina di area S praticata all'estremiti del vuoto di lunghezza l, sono evidentemente:
Sia allora:
n
il numero di particelle contate
al
a unipartiescono tubo a
minuto. Avremo
n SN -·='---
60
4TTl 2
e l'attiviti del preparato 1n millicurie sara~ 4rrl
2
A"" - -
s
n
60
1 3. 7 10
7
millicurie.
Coi dati numerici dell'enunciato s1 trova:
A
12. 56 X 16 X 21460 - - - - - - - - - - ·- 65 mC 1 3J0- 6 X60X3.710
Se si mettesse la plastica fluorescente subito di fronte al preparato, nell'.aria, il numero di scintillazioni per unita' 9 di tempo risulterebbe cosi' elevato (•v 10 al secondo) che l' ap-parato di conteggio non potrebbe contarle.
-
14 -
5(
N.
Eccentricità dell'eclittica
Se, come si credeva in antico,la·terra descrivesse attorno al s-0le -ttn 'orbita perfettamente circolare, il diametro apparente del sole (cioe' l'angolo sotto cui il disco solare e' vl.sto dalla terra) non subirebbe variazioni nel corso dell'anno. Invece questo diametro varia regolarmente da un massimo di 32' 35\6·(al 1° gennaio) ad un minimo di 31' 32" (al Ì 0 luglio). Ammesso che l'orbita della terra attorno al sole sia una ellisse di cui il sole occupa uno dei fuochi, si calcoli a partire da questi dati l'eccentricit~ della ellisse.
Se indichiamo con y il diametro apparente del sole, con d il diametro effettivo e con Z la distanza terra-sole, si ha: d
y =l
Contrassegnando quindi nell'enunciato, si ha:
con un
indice
i
valori indicati
Y1 Z2 1892" - · = - = - - - - · = 0,9682=k Y2 Z1 1955",6 Ma se a e' il semiasse maggiore dell'ellisse, e la distanza di un fuoco dal centro, risulta:
e quindi: a - e
--=k a +e
ed essendo:
l' eccentricita':
11 +
8
k
da cui:
1-k 8
"' - - -
8
1 +k
Col valore di k sopra trovato si ha quindi: 8
...
0,0318 = O, 01.7. 1,9682
-
15 -
N.
6
Distanza e diametro della luna Il disco lunare sembra di diametro assai maggiore quando la luna i all'orizzonte che non quando essa passa al meridiano del punto di osservazione. Si tratta perd di una illusione ottica. Misure precise dell angolo sotto cui e' visto dalla terra il diametro lunare mostrano che, al contrario, tale angolo e' massimo quando la luna passa al meridiano e minimo quando e' al·· l'orizzonte, come era da attendersi. Perche'? Si e' misurato contemporaneamente il diametro apparente della luna da due punti diversi della superficie terrestre; al momento della misura uno dei punti di osservazione vedeva la luna allo zenith e l'altro 11 la vedeva all'orizzonte. Si e' trovato rispettivamente; 31' 36 e 31' 5". Se ne deduca la distanza terra-- luna e il diametro della luna in km
La variazione del diametro apparente della luna con l'altezza sull'orizzonte dipende dalla maggiore o minore distanza del punto di osservazione dal centro della luna. La differenza delle distanze dalla luna dei due punti di osservazione citati nell'enunciato e' pari ad un raggio terrestre (R •~ 6371 km) Detti allora Y::., l, Y2 i due diametri ----=::::-----,----------P-luna apparenti,D il diamet~o della luna ed Z la distanza tra i centri dei due corR - - - - - - r - - - - - - - - - - - - tu.na pi celesti, s1 ha:
D
D cc-
l-R da cui
Distanza e diametro della luna
l "'R_Y_:1_ Y:1 ·· Y2 Essendo: Y1 • 31' 36 0
11 •
0
1896
11
Y2' 31' 5", 1865" risulta: 0
1896 ·" 63 71 - - "' 388631 km 31 -
0
l
-
16 -
valore.questo sensibilmente errato per eccesso (valore ammesso
l = 384403 km).
.
Essendo poi:
1865 . 3600
Y2 = 1865" =
21r . 3 rad = 9, 04 10- rad . 360
viene:
D
= ly 2 = 388631
x 9, 04 10-
3
~ 3513 km
Anche questo valore e' sensibilmente maggiore del vero (diametro della luna= 3476 km). Si puo' verificare facilmente che la differenza tra i valori trovati e quelli oggi ammessi dipende da insufficiente approssimazione nella misura degli angoli.
N. 7 Distanze dedotte da sole misure di angoli? Per risolvere l'esercizio precedente i necessario conoscere il raggio della terra. Sarebbe possibile fare a meno di questo dato? Se per esempio si facessero tre misure del diametro apparente della luna da· tre punti opportunamente scelti della superficie terrestre,anziche' le due equazioni dell'esercizio precedente si avrebbero tre equazioni nelle tre incognite l,D,Ei. Se ne potrebbero dedurre le distanze terra-luna, il diametro della luna e contemporaneamente il raggio terrestre?
Cio' non sarebbe possibile,perche' le tre equazioni non sarebbero indipendenti. Per convincersene, basta osservare che raddoppiando contemporaneamente i diametri della terra e della luna e la distanza terra-luna, tutti gli angoli (e in particolare, i diametri apparenti della luna) rimarrebbero inalterati. Com'e' ovvio, non e' possibile dedurre il valore di una lunghezza, misurando soltanto angoli. La misura di una lunghezza consiste sempre, in ultima analisi, nel confronto tra la lunghezza data e un'altra: quella prescelta come campione, oppure una precedentemente confrontata col campione.
-
17 N.
Vettori
e
8
geometria
Si trovi il significato geometrico delle seguenti espressioni e relazioni vettoriali: a)
·1:.d 'e({ ', ,·
2
-+ -+
(A+B)
=
,-, 2
-+
A
aA + bB· + cC = O r1 +B) (A-B > = o
/-+
-t
-
-t
~}"-,, A·(BAC) e)
-+
+2A · B
A
=V
.... V)
. ( A •v)
+ -:;;. A ( A I\
- -
a) Il teorema di Carnot
.... sono i tre lati di un trianb) I tre vettori aA-, bB, cC golo e quindi sono tre vettori complanari
1.~~a
-
-+
c) Le diagonali del parallelogramma di lati A e B sono tra loro perpendicolari. Si tratta quindi di un rombo ed e' IAl=IB] d) Il volume del parallelepipedo di spigoli
....
A,B~a
e) Il vettore A e' decomposto nella somma di un vettore parallelo al versore di un vettore ad esso perpendicolare.
ve
Espressioni vettoriali
Si sviluppino le seguenti espressioni vettoriali:
,a-1,,
,Ì1\)
r1I\ B)
2
+
r1·B>
2
(ai+bj) I\ (ci+dj)
a) Se 0 e' l'angolo compreso tra ha subito: -+
-+
(A /\B)
2
-+
-+
+ (A·B)
2
= (AB sen 0)
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
2
i
....
due vettori A
+ (AB cos 0)
2
2
=A B
....
e B, si
2
Disp. 3
-
18 -
b) L'espressione proposta non e' altro che il prodotto vettoriale di due generici vettori giacenti nel piano xy. Essa rappresenta quindi un vettore diretto secondo l'asse z, qualunque sia il valore dei quattro coefficienti a,b,c,d. Si ha infatti:
(ai+bj)A(ci+dj) =ai/\(ci+dj) +bj/\(ci+dj) = =adi /\j +bcj t\Ì = (ad-bc)i Aj
=
(ad-bc)k
N. 10
Uguaglianza vettoriale Sotto che condizioni e' valida l'eguaglianza:
I tre scalari:
.... .... i·· A
-+
-+
-+
-+
k· • A
j •A -+
sono le componenti del vettore A secondo i tre assi coordinati. Dunque, il vettore ha componente uguale alle componenti di e di conseguenza:
B
A
I
N. 11/
Le diagonali ·spaziali del cubo Che angolo formano tra loro due diagonali spaziali del cubo? (Si trattino le due diagonali in questione come due vettori).
In~roduciamo un sistema di assi cartesiani ortogonali coincidenti con tre spigoli concorrenti del cubo e per semplici-
- 19 -
ta' assumiamo il lato di quest'ultimo come unita' di lunghezza. Consideriamo le due diagonali OA=a di componenti (1,1,1) e BC=·b di componenti (-1,1,1). Il loro z prodotto scalare e\
........
a· b = aX bX +ay by +aZ bZ = -• 1 -i-1 +1 = 1.
1____ 0
I
D'altra parte~ anche:
a. b = ab
,,
cose
__
1 ,/' 0 ~::,_ I
I
I I
I
I
!I
/
ma·: a=b=VJ e quindi: _,
....
a · ·b = 1
=
3 cos 0
da cui subito: X
1 cose= -
e~
3
Le diagonali spaziali del cubo
70° 32'
N.12 Prodotto vettore di prodotti vettori -,,
..........
-+
➔
Che direzione ha il vettore V= (A /\B) /\(CI\ D)?
.... ....
Il vettore A /\B r/_, pe_ryendicolare alla giaci-,tura individuata dai due vettori A e B. Dunque, il vettore V, che e' perpendicolare a quell_g, appartiene alla detta giacit~ra..:, Analogamente, Ve'perpendicolare al vettore (CIID') ed apparti~ne _guindi anche alla giacitura individuata dai due vettori C e D. V avra' dunque la direzione dell'intersezione dei due piani individuati rispettivamente dalla coppia di vettori A,B e dalla coppia di vettori e D.
e
-
20 -
N. 13
Uguaglianza tra prodotti scalari Sotto quali condizioni pud esser vera l'uguaglianza: --+
-+
--+
--+
A'· B' =A· C'?
Deve evidentemente essere: --+
--+
--+
A' • (B'-C') = O
.......
quindi, i 1 vettore B'-C' deve essere o nullo o perpendicolare ad A'.
N.14
Testa o croce Una medaglia porta sul verso una testa a forte rilievo e sul retro una scritta incisa. Giochereste a testa o croce con tale medaglia? In caso affermativo puntereste testa o croce? Sarebbe equo il gioco?
Il baricentro della medaglia e' presumibilmente ad altezza diversa dal piano d'appoggio nei due casi in cui la testa o il retro della medaglia siano rivolti verso l'alto. Non v1 sono pertanto ragioni sufficienti per ritenere che le due probabil i t i di "testa" o di "croce" siano uguali tra loro. Se dovessi giocare,punterei "testa",pirchi essendo la testa a forte rilievo, il baricentro della medaglia certamente piu' vicino al piano del retro che al piano a questo parallelo, tangente nel punto piu' prominente del verso. La posizione in cui il baricentro e' piu' basso e' infatti la piu' stabile. Tuttavia, il gioco non essendo equo, cercherei di astenermi dal giocare.
e
N.15
Correttori
di
bozze
Le bozze di un libro vengono lette indipendentemente da due correttori di bozze. Il primo trova 1044 errori ed il se-
- 21 ..
condo ne trova 937. Gli errori scoperti da entrambi i correttori sono 812. Qual 'e' il piu' probabile numero di errori di stampa nelle bozze del libro?
Questo tipo di problema s'incontra spesso nel lavoro di ricerca, in laboratorio. Supponiamo che i due osservatori (correttori di bozze,nel caso dell'enunciato) abbiano probahilita' p 1 e p 2 costanti di percepire uno degli eventi da rivelare (errori di stampa). Siano n1,n2 gli eventi contati da ciascuno di ·1oro en 12 gli eventi contati da entrambi. N sia infine il numero effettivo di eventi da osservare. Si avr~
e quindi, eliminando p 1 e p 2
:
Nel caso considerato:
1044
X
937
812
~
1205
N. 16 Auto
in sosta
Due studenti nell'intervallo tra una lezione e l'altra girellano per la citta' universitaria e si divertono a contare le automobili in sosta il cui numero di targa contiene due otto adiacenti. Ne contano 23 e, tornati 1n aula, lo raccontano ad un amico. Quello riflette un momento poi dice: "Qui a Roma e' stata consegnata qualche giorno fa la prima targa superiore al milione. Vuol dire che nella citti universitaria sono parcheggiate circa 460 macchine". Che ragionamento ha fatto l'amico? Sotto quali condizioni in pratica non vere, tale ragionamento i accettabile?
-
22 -
Tutte le automobili che si vedono in giro hanno a Roma un numero di targa di 6 cifre. Tra questi numeri (che sono in totale 1.000.000) ce ne sono 10.000 che hanno un 8 in prima e in seconda posizione. Al tre 10. 000 hanno un 8 in seconda e terza posizione e cosr via. Il numero delle possibili targhe con due 8 in posizioni adiacenti i pertanto 50.00P su un totale di 1.000.000 di targhe possibili. La probabiliti di una targa ·con due 8 adiacenti i pertanto
1 50.000 .- 20 1.000.000
= 0,05
Se si ammette (il che non e' certamente vero) che non vi siano targhe in circolazione con meno di sei cifre, che tutte le targhe con sei cifre siano invece in circolazione e che la prohabil i ta' di incontrare ciascuna di queste ultime sia sempre la stessa, allora il numero piu' probabile di macchine parcheggiate nella citta' universitaria risulta appunto essere:
23/0, 05
=
460.
N. 17
Marcatura radioattiva Viene sintetizzato dell'acetone, (CH 3 ) 2 CO, in cui l'idrogeno e' per il 35% sostituito da deuterio. Qual' e' la percentuale di molecole con 0,1,2 ... 6 atomi di deuterio? Sapendo che nell'idrogeno che si trova in natura la percentuale di deuterio i dello 0,0149%, quanto valgono tali percentuali nell'acetone comune?
Sia 100 p il numero di atomi di deuterio su 100 atomi di elemento. pi la probabiliti che un atomo dell'elemento sia un atomo di deuterio e q=(i-p) che sia invece un atomo di idrogeno. Siccome gli atomi di deuterio sono distribuiti a caso tra le molecole di acetone, le probahilita' che in una molecola di acetone si abbiano 6, 5, 4 .... 1, O atomi di deuterio sono date dai successivi termini dello sviluppo dell'espressione (
p +q )
6
=p
6
+ (6) 1 p 5 (1- p ) ❖ (6) 2 p 4 (1- p ) 2 + (6) 3 p s ( 1- p ) s + (6) 4 p 2 ( 1-p ) 4 +
(6)
5
+ 5 p(i-p) +(1-p)
6
. 23 Si ha dunque: atomi D
nell'acetone deuterato al 35%
nell'acetone ordinario
6
1..84
1. o-
3
1.. 09
J. o-
2 3
5
2.05
1. o-
2
4.04
J. o-
1 9
4
9. 51.
1. o-
2
7.40
1.0-
1 5
3
2.35
1. o- 1
6.62
1.0-
:l.1
2
3.28
1. o-
1
3.33
1.
o-
7
1
2.44
1.0-
1
8.94
1.0-
4
o
7.54
1.0-
2
'v
1..
N.18
Gioco
del
lotto
Sulla ruota di Napoli, il 58 non appare da 32 settimane. Qual' e' la probabili ta' eh' esso venga estratto sabato prossimo? Qual' e' la probabili ta' che venga estratto il 27, che e' apparso in entrambe le due ultime estrazioni?
Le due probabili ta' sono ovviamente identiche perché ogni nuova estrazione costi tui scè · un evento indipendente e non e' influenzata in nessun modo dai risultati delle estrazioni precedenti. Vogliamo verificarlo calcolando in due modi diversi la probabiliti che il 58 esca alla 33a estrazione, dopo 32 estrazioni di attesa. In ogni estrazione del lotto vengono estratti 5 numeri su 90 presenti nell'urna. Tutte le possibili cinquine sono in numero di 90 X 89 x 88 x 87 x 86. (Molte di esse differiscono pero' solo per l'ordine in cui sono disposti i numeri che le formano). Tra queste, ve ne sono 89 x 88 x 87 x 86 che contengono un numero assegnato (nel nostro caso il 58) in prima pos1z1one e altrettante che lo contengono in seconda, terza, quarta e quinta posizione. La probabilita' che un numero assegnato venga estratto e' dunque:
5
X
89
X
88
X
87
X
86
5
1.
90
X
89
X
88
X
87
X
86
90
1.8
-
24 -
In ciascuna estrazione si ha dunque la probabilita' 1/18 che il numero assegnato venga estratto e la probabilita' 17/18 che non venga estratto, indipendentemente dalle estrazioni precedenti. Quindi la probabilit~ ch'esso esca alla 33a estrazio32
- 1 (-17) 18 18
i
ne dopo 32 estrazioni di attesa
Consideriamo adesso il numero dei possibili sistemi di cinquine in trentatre estrazioni successive e il numero di quelli che contengono una cinquina contenente il numero assegnato al 33esimo posto. Tutti i possibili sistemi di cinquine sono evidentemente: (90
X
89
88
X
X
87
X
86)
33
Quelli che contengono all'ultimo posto prendente il numero assegnato sono (90
X
89
X
88
X
87
X
~6)
32
Quindi la probabilita' che 33 8 estrazione i ancora: (90
X
89
X
88
X
( 90
87 X
X
89
86) X
32
88
X
89
X
88
X
87
cinquina com-
X
86
il numero assegnato
• 5 87
• ·5 X
una
X
X
89
86)
X
88
X
87
3 3
X
86
esca alla
5
1
90
18
La probabilita' che il numero assegnato non esca per 32 estrazioni ed esca invece alla 33 8 si calcola osservando che il numero dei si sterni di 3 2 cin~uine che non con tengono tale nu3 mero e' (89.X88X87X86X85) e quindi la probabilita' in paro1 a risulta ( 89
X
88
X
87
X
(90
86 X
X
89
85) X
88
3 2
X
5
X
89
87
X
86)
•
X
88
33
X
87
X
86 = _1 (
.!:!_)3 2
18 \18
come sopra calcolato. Si osservi peraltro che la probabilita' che alla prima estrazione non venga es~ratto il numero n 1 , alla seconda il numero n2 . . • . . alla 32esima il numero n 32 (essendo n 1 ,n 2 . . . . n 32 numeri qualsiasi) e che alla 33esima venga estratto il numero assegnato e' ancora
-
25 -
Questo e' un a 1 tro modo di di re che 1 e successi ve es traz io"· n1 sono tra loro del tutto indipendenti. Possiamo anche dire che in una estrazione tutte le possibili cinquine hanno la stessa probabiliti di uscire:
1 90
X
89
X
88
1 X
87
X
86
N
e che, la probabilita' che il numero assegnato esca dopo le 32, cinquine gia' estratte e':
alla
33a,
1 18 qualsivoglia siano tali cinquine uscite nelle estrazioni precedenti (comprendano o non comprendano il numero·considerato).
N. 19 Il bridge
Nel bridge si distribuiscono le 52 carte da gioco tra 4 giocatori, che chiameremo (seguendo l'uso) Nord, Sud, Est, Ovest. Le carte sono di quattro semi (quadri, cuori, picche e fiori) ciascuno dei quali comprende- 13 carte (asso, 2, 3 ..... 10, fante, donna e re). Qual'e' la probabilita' che, distribuite le carte, Nord si trovi ad avere tutte le carte dello stesso seme? oppure tutti e quattro gli assi? che Est ed Ovest abbiano due assi ciascuno? A un certo punto del gioco, Nord (che non ha assi) sa di sicuro che Est ed Ovest hanno almeno un asso per uno.Qual'i la probabilita' che gli altri due assi siano entrambi 1n mano di Sud?
1) Alla prima domanda si risponde
. ' s1· mazzo 13 carte a caso. C10
subi.to. Estraiamo dal 52 . ( ) mo d"1 d"1vers1. . puo' f are 1n
13
Questi sono dunque i casi possibili. Ve ne sono invece solo quattro in cui le 13 carte estratte sono tutte dello stesso seM.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. 4
• 26 •
me.
Percio' la prohabilita' cercata e'~
4 52 \ ( 13) 2) Alla seconda domanda s1 puo' rispondere nel modo seguente. Immaginiamo di estrarre dal mazzo quattro carte a caso.
C10. , s1. puo,
f' are 1n .
(52) mo d'1 4
di versi, ma
1n un
solo caso
le quattro carte estratte sono 1 quattro assi. Quindi la probabiliti che una quaterna di carte sia formata dai quattro as-
' l: (52) . 4
.
Estraiamo adesso dal mazzo in blocco le 13 carte
s1 e:
da assegnare a Nord. Le quaterne estratte con le 13 carte sono 3 1n numero di ( \ ). Ciascuna di esse può coincidere con quella dei quattro assi (casi possibili),ma se una coincide con quella, nessun altro puo' coincidere con essa contemporaneamente. Quindi questi eventi possibili si escludono a vicenda ed .e' applicabile il teorema della somma delle probabilit~La probabi-
,
'
13
lita' cercata sara' dunque (
) volte maggiore di quella che una 4 singola quaterna casuale coincida con la quaterna dei qufl,ttro assi, cioe':
P4assi
13·12·11·-10 52•·51·'50•·49
(1)
3) Conviene tuttavia fare per giungere a questa espressione, anche un ragionamento pi~ generale che ci permetteri di rispondere anche alle domande successive. Cerchiamo di rispondere in generale al seguente problema. In un mazzo di N carte ve ne sono M che godono della proprieti a mentre le altre non ne godono. Estraiamo dal mazzo a caso n carte. Qual 'e' la probabilita' che tra le n carte estratte ve ne siano m che godono della proprieti a? L'estrazione di n carte da un mazzo di N si puo' fare 1n ( : ) modi diversi. Questi sono i casi possibili. Con M carte a,si possono poi formare (
!)
gruppi di m car-
- 27 -
te a e con (N-M) carte non-a si possono formare
gruppi ( N-M) n-m
di
(n-m) carte non-a. Associando un qualsiasi gruppo di m carte a con un qualsiasi gruppo di (n-m) carte non-a, si ottiene un gruppo di n carte che rappresenta un caso fa.vorevole. Il numero totale dei casi favorevoli e' dunque:
e la probabiliti richiesta
i: ( 2)
Per òttènere·ia·prohàbilita'·che basta porre:
N = 52
a
n = 13
M=4
Nord tocchino i 4 assi
m= 4
e si riottiene la ( 1). Questa formula permette però anche di rispondere subito alla terza domanda. La probabilita' che Est ed Ovest abbiano due assi ciascuno si puo' esprimere in vari modi, come prodotto di probabilita'di piu' eventi indipendenti calcolate con la (2). Per esempio: a) probabilita' che E abbia due assi x probabilita' che W abbia due assi
(3)
(si suppone di dare prima 13 carte con due assi al primo dei due giocatori e poi altre 13 estratte dalle rimanenti 39 tra le quali ci sono ormai solo due assi, al secondo). b) probabilita' che N non abbia assi x probabilita' che S non abbia assi x probabilit~ che E abbia due assi:
(i)(:~)
(4)
G~) Come subito si verifica le due quantità (3} e (4) sono effettivamente uguali.
-
28 -
4) La probabilita' richiesta si pud esprimere nei modi seguenti: a) probabilita' che N non abbia assi X probabilita' che E abbia 1 asso x probabilita' che W abbia 1 asso
(~)(~;) (~~)
( 5)
b) probapili ta' che E abbia un asso x probabilita' che W abbia un asso x probabili ta' che Sabbia due ass 1
(1) (i~) ( :) (;~) (;) G1) (~;) (i:) O~)
( 6)
ecc. Si verifica subito anche in questo caso l'uguaglianza delle diverse espressioni che cosr si ottengono per la probabilita' cercata.
N.20
Calcola o non calcola? Si progetta un calcolatore elettronico, del parte 10. 000 componenti, per i quali si dispone che hanno vita media di 1.000 ore. Si prevede che zione di un guasto richiedera' in media 10 minuti macchina accesa. Potra' il calcolatore funzionare?
quale fanno di esemplari l'individuadi lavoro, a
Evidentemente no. Dopo una fase iniziale e un certo numero di rimpiazzi di componenti guasti, si deve supporre che la probabilita' che un componente si guasti sia equamente distribuita nel tempo. Se N e' il numero dei componenti e T la loro N vita media I si avranno dunque in media guasti per unita' di
T
tempo e l'intervallo di tempo medio tra un guasto e 1 'altro sara' T N
Se
T
e' il tempo medio
a
macchina accesa per l' indi vi-
- 29 -
duazione di un guasto ed
i: T
T~-
N
e' chiaro che la macchina non puo' funzionare, perche' mentre si ricerca un guasto per procedere alla riparazione, se ne produce sempre in media almeno un altro. Nel caso dell'enunciato: T
N
0,1 ore
T =
O, 16 ore
e quindi il calcolatore non potrebbe funzionare.
N. 21
La precisione di un orologio Un mio caro amico ha comperato un orologio di gran marca "Io posso ora" mi diceva, soddisfatto d'aver speso un patrimonio "conoscere l' orà del giorno con un errore che non supera un paio di secondi!" "Bene!" gli ho risposto "Allora, se tu guardi l'orologio subito-prima delle ore 12, esegui una misura di tempo _che ha la precisione di 2 secondi su 12 ore cioe' di quasi 4/100000. Ma se, invece, quando tu guardi l'orologio sono- le ore Oh lfll, la precisione della misura e' solo di 2/60. Non hai dunque speso bene i tuoi soldi!" Qual'~ la vostra opinione su questo argomento?
La grandezza fisica che l'orologio misura, non e' "l'ora del giorno" (il cui valore numerico dipende dalla scelta puramente convenzionale dell'ora zero), ma l'intervallo di tempo trascorso dall'istante in cui l'orologio e' stato "rimesso" I' ultima volta, intervallo di tempo che viene confrontato con il periodo del moto della terra attorno al sole. E'a questo intervallo t (che non ha nulla a che fare col numero indicato dalle lancette.sul quadrante) che va rapportato l'errore 6t (2 secondi, secondo il nostro amico) per calcolare l'errore relati VO 6t /t. ( *)
30 -
(")
Nei problemi di fisica si ha spesso a che farecondelle quantitàmol-
mo piccole, nel senso che i loro quadrati (e le successive potenze) risultino trascurabili nei limiti dell'approssimazione con la quale si conducono i calcoli. Per indicare queste quantità molto piccole, si usano spesso quegli stessi simboli con cui s'indicano gli in fini tesi mi ed i differenziali di una funzione, o simboli molto analoghi. Si badi bene di non cadere nel grave errore concettuale consistente nel con fondere una quantità piccola ma finita con un in fini tesi mo. Un infinitesimo rf una quantità che tende a zero. Quando si ragiona su infinitesimi, trascurando infinitesimi di ordine superiore, ecc. si calcolano sostanzialmente dei limiti e si giunge a dei risultati esatti. Quando si ragiona invece su quantità piccole ma finite e se ne trascurano le potenze superiori ad una potenza determinata,per esempio alla prima, si fa un calcolo approssimato fino a un certo ordine. Avviene talora che si calcoli il differenziale di una funzione:
df
dx
dx
e poi si sostituisca materialmente al differenziale dx della variabile indipendente, una quantità piccola ma finita 6x. Si badi che nel fare questa sostituzione si passa a tutt'altro ordine di concetti. La scrittura:
df
-•·6x dx
non ha pid nulla a che fare col differenziale di f(x), valore approssimato alla differenza:
ma indica invece un
f(x +6x)- f(x). Si ha infatti,
sviluppando in serie f{x +6x):
df
f(x + x) - f (x) = -
dx
d f
2
A 2 LlX
dx 2
2!
fu + - - - - - +
Se nell'approssimazione richiesta i trascurabili, si puo allora porre:
termini in
& 2 ,fu 3 . . . .
sono tutti
df f(x +6x)- f(x) ~ - • 6x
dx
Si tratta dunque non di un differenziale, ma di uno sviluppo in serie troncato al primo termine.
-
31 .
N. 22 Misure di distanza, a braccio teso Dalla cima di una collina,vedo un uomo in piedi sulla cima della collina di fronte. Se stendo il braccio destro col pu·· gno chiuso e chiudo l'occhio sinistro, posso vedere le punte delle nocche dell'indice e del medio sovrapposte rispettiva•• mente ai piedi e alla testa dell'uomo. Qual' e' press 'a poco, la distanza che ci separa? Quale sara' l'ordine di grandezza del1 'errore da attendersi in questa valutazione?
Sia s la distanza tra le due nocche, l la distanza di esse dal centro dell'occhio a braccio teso ed ·h l'altezza del-
===============3'1
--=:::i::::1 z
X
b
Misure di distanza, a braccio teso.
l'uomo che osservo. La distanza x che c1 separa sara' data da:
X
l =hs
E'ragionevole assumere:
s =2,5 cm
=
70 cm
h
=
1, 70 m
da cui: x = 47, 6 m. Le cause di errore sono essenzialmente tre.L'altezza dell'uomo osservato e' incognita, si puo' commettere un certo errore nel giudicare dell'allineamento delle punte delle nocche con la sommita' della testa e dei piedi dell'uomo, e un altro errore si puo' commettere nel valutare la distanza delle nocche dal centro dell'occhio. L'altezza dell'uomo sara' quasi certamente compresa tra 1,50 me 1,90 m. Assumendo h~1,70m si faun errore quasi certamente inferiore al 10%.Con un pd di attenzione si potr~ giudicare dell'allineamento delle nocche facendo un errore non superiore a 1 mm. Cio' equivale ad un errore massimo nella valutazione di s (distanza tra le due linee di misura a 70 cm dal1' occhio) di 1/25 = 4%. Infine é ragionevole ammettere che il massimo errore che si puo' commettere nel valutare la distanza
-
32 -
delle nocche dal centro dell'occhio sia
di
2 cm,
cioe' pari al
3%. L'incertezza che ne consegue nella valutazione dix si valuta applicando la legge di propagazione degli errori di osservazione. Essendo:
lg x
lg h + lg l - lg s
viene:
L'errore massimo da attendersi sulla distanza e' dunque:
1.1, 2 100
- - 47 6
'
~
6 m
Come errore quadratico medio si puo' prendere un terzo del1 'errore massimo, dato che la prohabilita' di un errore superiore a tre volte l'errore quadratico medio e' solo (1-0,9973). Si puo' dunque dire che il risultato della misura e':
48 ± 2 m
N. 23
Angoli
in
artiglieria
Gli artiglieri usano come unita' di misura per gli angli piani il millesimo convenzionale, definito come la 6400esima parte dell'angolo giro (100 millesimi convenzionali= 1 ettogrado, 64 ettogradi = 1 angolo giro). Tale angolo e' anche, approssimativamente, l'angolo sotto cui visto un regolo di un metro disposto perpendicolarmente alla linea di mira alla distanza di un chilometro ed e\ quindi, poco diverso dal millesimo di radiante. Che errore si commette: a) supponendo misurato in millesimi di radiante un angolo misurato in millesimi convenzionali; b) confondendo il millesimo di radiante con l'angolo sotto cui un metro e' visto alla distanza di un chilometro?
e
-
33 -
a) Si ha:
1 giro= 2Trradianti e quindi:
1 millesimo convenzionale = 6,283 10-3 rad. 6,4
10- 3 rad.-1 mill.conv. 10-
3
6,4-6,283 6,4
rad
=
0,0183
L'errore~ dunque dell'l,8% circa. b) Detto
- - - = -,---
,
cioe:
1'
.,... -mv 2
da cui: 2
mv K ;,:-2 2x 0 Coi dati dell'enunciato si ottiené:
m = 500 kg
x 0 =0,3m
e quindi:
K;::8,57 10
4
N. 204
newton m
'}
5/2. Si ha poì: X
y
2,5 3,0 3,5 4,0 4,5
- 1,086 - 0,903 - 0,702 - 0,298 + 1,656
-
39 7 -
La soluzione e' dunque compresa tra x=4, O e x=4, 5. Calcolando altri valori di y in questo intervallo, si trova: y
X
4,1 4,2 4,3 4,4
-
0,140. + 077 + 0,389 + 0,867
o,
Riportando i valori cosi' trovati nel grafico della figura 2,risulta che un valore approssimato della soluzione e':x=4,1.6?, Il pezzo di carta si trova dunqu~ a m 4,17 dal piede della verticale passante per l'occhio dell'osservatore.
N.253
Considerazioni dimensionali
e
leggi fisiche
In una cavita' isoterma a temperatura (assolut:.a) T, sia p{v )dv l'energia della radiazione di frequ~nza compresa tra V e v +dv, per unita' di volume. Osservando che p(v) puo' dipende .. re soltanto da e (velocita' della luce, unica costante universale che compare nelle equazioni di Maxwell),da kT (k, costante di Boltzmann) e dalla frequenza v, se ne trovi l'espressione in base a considerazioni dimensionali. Si- confronti il resultato ottenuto con la formuia di Plank e si dica quale peso si possa, in generale, attribuire a pro·· cedimenti dimostrativi di questo tipo.
Assumendo come grandezze fondamentali una lunghezza [L] ·, un tempo [TJ · ed una energia [E], le dimensioni delle varie grandezze considerate nell'enuµciato sono:
[p]
=
[C sT1 E1] ·
[e] . =
[Lt·
1
E0 ]
[kT] = [L oToEi]. [v] Posto quindi:
[L oT- 1 E o].
-
398 -
dove A e' una grandezza priva di dimensioni, si trova essere:
che deve
3
'CX.= -
- cx.-y = 1
f:3
=
1
ossia: 3
'CX.= -
f:3 = 1 y=2 e qu;i.nd:i'.: 2
V
p{v) =A-kT e
3
E' questa la formula di Rayl eigh-Jeans .La formuJa di Planck, in accordo coi dati sperimentali, e ' invece: 3
81rh p,(v) = - e
3
V
hv ekT _
1
A i dunque veramente upa grandezza priva di dimensioni: 81rhv A=-kT
1
ma dipende ancora in modo essenziale sia da v che da kT.Il ragionamento dimensionale non ha tenuto conto del fatto che p, oltre che dalle grandezze sopra considerate,dipende anche dalla costante universale h di Planck (ne' la cosa prevedibile nel quadro della teoria classica). Ammesso che p(v) debba dipendere oltre che dalle grandezze sopra considerate, anche da una nuova costante h di dimen. · [L 0 T1 E 1 ] ~ si. puo' so l o sta b i. l ire . sioni e h e:
e
-
399 .. 2
p(li)
(hv)
=v- f es
kT
•·kT .
dove f e' upa funzione che non i possibile determinare per questa via. Il valore di qu~sti procedimenti dimostrativi dimensionali e' quindi assai piccolo, dato che non si puo' mai esser certi di aver preso in esame tutte le grandezze da cui il fenomeno considerato dipende e che, nel caso 1n cui sia possibile co-struire con le grande.zze considerate up numero pu;ro, resta 1n., determinata una funzione di tale numero.
-
E -
400 ..
ELETTRICITA'
N. 254
~
Campo elettrico e potenziale Lungo una retta r i fissato un sistema di ascisse.In ciascun punto di ascissa intera e' concentrata una carica elettrica puptiforme, sempre dello stesso valore +q.E'evidente che il campo elettrico nei punti della retta non occupati dalle cariche puntiformi ha un valore ben determinato e finito, Nel punto di mezzo tra due cariche consecutive esso anzi evidentemente nu.llo per ragioni di simmetria e a destra e a sinistra di questo puD'tO va crescendo rapidamente, tendendo a valori e .. stremamente grandi in prossimita' delle cariche. Consideriamo ora il potenziale in un punto di ascissa cx.< 1. Essò vale (sistema di Gauss):
e
q
.
q
+-- ❖--
1- cx.
00
.,._q_-;.
2-• cx.
3- CX,
(X)
q - - + ~-
cx.+1
iL
q 1, -
CX,
ove la somma va estesa a tètte le cariche. E'facile vedere che questa espressione diverge: infatti, gia' i termini della.prima sommatoria sono ordinatamente maggiori dei termini dell'altra sommatori a
che, essendo la somma dei termini di una suc~essione armonica, notoriamente diverge. Ne segue che tutti i punti della retta sono punti d'infinito per il potenziale. Ora tra campo elettrico E- e potenziale V deve correre la relazione:
E'=-gradV che nel nostro caso non Come si spiega cio'?
puo' evidentemente essere soddisfatta.
•
40 1 -
Nell'enunciato del problema, ii potenziale V viene calcolato mediante la formula:
la quale non e' applicabile al caso considerato, Essa pup' usarsi infatti solo in quei casi in cui al potenziale all'infinito si pud attribuire il valore zerd: cid richiede che non vi siano cariche elettriche all'infinito, che cioi si possa considerare una sfera di raggio R finito e di centro l'origine delle coordinate, che contenga nel suo interno tutte le cariche, Qu~sta condizione non i soddisfatta nel caso considerato.
N. 255 Raggio classico dell'elettrone Si calcoli il lavoro necessario per po.r.tare· la carica elettrica e su di u11a sferetta conduttrice isolata di raggio a e si dimostri che tale lavoro é uguale all'energia totale del campo elettrostatico che la sferetta carica genera in tutto lo spazio. Ammesso che l'elettrone si possa assimilare ad u11a tale sferetta, se ne calcoli il raggio, imponendo che l'energia totale sia uguale all'energia intrinseca, data secondo la formu~ 2 la di Einstein da riloc (m 0 massa dell'elettrone = 9,107 10-· 31 kg, 8 e velocita' della luce = 3 ··10 m s·· 1 ; carica dell'elettrone = =
1,60·10- 19 coulomb).
1
Supponiamo di aver gia portato sulla sferetta la carica q. Essa si troveri al potenziale:
V =
1
q
41Tso
a
se si assume uguale a zero il potenziale a distanza infinita, ove il campo e' nullo. Il lavoro necessario per trasferire suila sferetta 1 'ulteriore carica dq e' allora: M.Ageno · Esercizi e problemi di Fisica
Disp . 51
-
402 -
1
V dq =
In totale,
qdq a
s1 dovra' quindi compiere il lavoro:
1
-41Tso
l
e
qdq
1
a
8rrs 0
--=--
e
2
a
o
L'energia per uniti di volume del ~ampo elettrostatico, data dall'espressionè:
1
i
2
soEo
2
ove con E 0 si indica il modulo del campo elettrico Tale energia sara' dunque in totale (essendo nullo il campo all'interno della sferetta): 0
f
OJ
2
4rrr dr -
1 2 s0EO 2
f 17 OJ
= 2rrs 0
a
a
1
2
r dr ( - - .4rrs 0
00
2
e = Brrso
dr
1 = Brrso
a
come si doveva dimostrare. Posto allora:
1
e
2
a
.
moc
risulta:
1
a=-
ed essendo:
e
2
1 soJJ,o
e
2
2
e
2
a
-
40 3 -
vien è:
10
7
da cui:
a
Si definisce, generalmente, come "raggio classico dell'elettrone" il doppio di qu~sta quantiti, e precisamente
1 41Tso
2
e
mc
2
2,82 10-
15
m
E'comunque escluso, in base a considerazioni quantistiche e relati vis ti che di carattere molto generale, che queste espres•• sioni (che pur forniscono una grandezza delle dimensioni di una lunghezza) si possano interpretare in base a un modello fisico dell'elettrone cosr ingenuo.
N. 256
Condensatori in parallelo e conservazione dell'energia Due condensatori rispettivamente di capaciti C 1 e C 2 sono inizialmentè: il primo carico alla tensione V, il secondo scarico. Per mezzo di due fili di resistenza complessiva lf essi -vengono collegati in parallelo. Si suppone che all'atto della chiusura del circuito non si abbiano scintille. L'energia elettrostatica complessiva e' alla fine minore che all'inizio. Dite in che forma riappare l'energia.elettro·· statica scomparsa e dimostrate che la conservazione dell'ener~ gia e' rispettata. Fate anche vedere che l 'e~ergia elettrosta-tica scomparsa e' in ogni caso uguale al lavoro delle forze e lettriche, quando in uµ modo qualsiasi si trasportino cariche dal primo condensatore al secondo, fiho ad uguaglianza delle d.d.p.
-
40 4 -
Sia Q la carica del primo condensatore e V' la tensione di equilibrio. Sar~
da cu;i.':
V
L'energia elettrostatica iniziale nale: 1/2 (C 1 +C 2 )V'
2
1
c~
=- - - - V
2
2
C1+C2 1 l'energia sparita, e' percid :
i
2
1/2 C1 V
e quella fi-
.La differenza fra le due, cioe'
v2 1 1 2 1 2 =-C1V ···-Ci 2 . 2 2 C1 + C2
C1C2 C1 + C2
v2
=
1 2 -cv 2
ove Sl e ' posto:
C1C2 C1 + C2
c.
Questa energia ricompare sotto forma di calore,svolto per effetto joule nei fili di collegamento, durante il periodo transitorio.
R
ì Condensatori in parallelo e conservazione dell'energia
L'equazione del circuito
i
infatti:
-
40 5 -
dove con q si e' indicata la carica trasferita dopo dal primo al secondo condensatore, Si ha di qu.i:
uµ
tempo t
iR + .:!_ _ V= O
e
e cleri vando rispetto al tempo (dq/dt "'i):
di i R--1--= O dt C da cui, integrando con la condizibh~· ~=ib-~er"tmO~· t
• 1,
Ma per t=O e':
••
= i
0e
-
1fc
i=V/R quindì: t
i "' (V/R)e
RC
il calore svolto per effetto joule e'
RC 2 =
1
2cv
2
cioe' proprio uguale all'energia elettrostatica sparita, Per rispondere all'ultima parte del problema, supponiamo· di aver gia' trasferito _dal primo al s~condo condensatore la ca-rica q, Per calcolare il 1 avoro che si ottiene nel trasferire uLteriormente la carica dq, immaginiamo di portare tale carica dall'armatura del primo condensatore fino ad un puµto a potenziale zero e da qu~sto all'armatura del secondo condensatore, Il 1 avoro che si rie ava e' allora:
Integrando questa espressione tra O e Q2 -" C2 V~ si ottiene il lavoro totale fatto dalle forze elettriche, nel corso del processo. E'duµque:
-
406 -
e quindi:
cv 2 2
1
=-CV 2
2
come si doveva dimostrare.
N. 257
Forza tra le armature di un condensatore Ad up esame di fisica venne assegnato il seguente compito scritto: "Le armature di up condensa.t.ore pian-o hanno (ciascuna) 2 up.a superficie di 400 cm e sono poste nell'aria (costante dielettrica relativa e =1) alla distanza di 0,5 cm.Qual'e' la forza che esse esercitano l'una sull'altra, quando il condensatore i stato caricato a 1000 volt?" Uno studente risolse il problema secondo le linee seguen7 2 ti: "L'energia elettrostatica del condensatore e': W = 1/2 CV = 2 = èoSV /2l dove si,e\posto: C = !';; 0 S/l. Per un aumento dl della distanza tra le armature, queste.· energia varia dì:
dW=·"'"
dl
e questa variazione deve essere uguale al _lavoro fatto contro la forza F che si esercita tra le due armature. Siccome questo lavoro e' negativo, la forza F tra le due armature e' repulsiva 2 2 e vale in modulo: s 0 SV /2l " Lo studente fu. bocciato. Sicuro di se stesso, svento! ando un libro che dava.per la forza questa stessa espressione, protesto' col professore, ricorse al preside ·della facolta' e al Rettor_e,. ma la bocciatu_ra rimase. Perche'?
Perche' la soluzione e' completamente sbagliata. Un attimo di riflessione di piJ avrebbe convinto lo studente che la forza tra le armature (che portano cariche elettriche di segno con··
-
407 -
trario) non puo' essere repulsiva e che quindi la sua soluzione doveva nece~sariamente essere sbagliata. Vediamo, prima di tu~to, quale sia la soluzione corretta. Perche' la forza F tra le armature sia uguale,a meno del segno, alla derivata dell'energia rispetto alla distanza tra le armatu;re stesse, bisogna ·evidentemente supporre di operare lo spo·· stamento delle armatu;re in condizioni tali che non vi siano fu-ghe di energia o apporti di energia da altre fonti, In parti-colare, bisogna supporre che il condensatore, una volta cari-· cato, sia stato isolato dalla sorgente di d, d.p,:, in modo che nel corso del processo esso non possa avere scambi di energia con tale sorgente. Il processo dunque non avviene a d.d.p, costante (come lo studente ha supposto implicitamente) ma a carica costante, e l'espressione dell'energia elettrostatica del condensatore di cui conviene far uso, non e~
1. 2 W =-CV 2
(1)
ma
1 2
w =-
(2)
Si ha qu;indi:
(3)
L'espressione della forza coincide dunqu~ con quella trovata dallo stu~ente. C' e' solo un particolare che non và: la forza e' di senso opposto, cioe' attrattiva anzichej repulsiva. Naturalmente, lo stu~ente poteva benissimo fare uso della ( 1), ma allora avrebbe dovuto tener conto che V non e' costante, ma a sua volt a funzione di Z attraverso C e attraverso la relazione:
Q V=C
Avrebbe dovuto dunque scrivere:
-
40 8 -
1 2 dV 1 2 Q dW = - V dC + CV- dC = - V dC - CV dC 2 dC 2 C2
1
=-
2
2
2
V dC - V dC = - -
1 2
2
V dC
ed essendò:
dC
=
80S
---dl l
2
avrebbe ugu~lmente·ottenuto la (3).
La forza tra
le
armature di un condensatore
Vediamo adesso come va interpretato il risultato ottenuto dallo studente, Supponiamo di far variare in qualche modo la capacita' del condensatore della piccola quantita' --6.C 0 (contras-segnamo ora con l'indice zero i valori iniziali di tutte le grandezze che interessano), mantenendo costante la d. d p. V0 applicata tra le armature. La energia elettrostatica passa al1 ora dal valore:
al valore:
ed e':
-
409 ..
Supponiamo ora di passare dallo stesso stato iniziale,allo stesso stato finale, nel modo seguente: 1) facciamo variare di -6C 0 la capacita' del condensatore, a carica costante, cioe' isolandolo ·dalla sorgente di d, d,p, L'energia elettrostatica dal valore W0 passa al valore: 2
Qo 2(Co-6Co) cioe' cresce,
2C 0
Co
Co
Co -6Co
Co -flCo
- - - - = Wo
ed «f:
6Co
Wo-Co
a meno di quanti ta' piccole del secondo ordine 1n 6C 0 La d.d.p. tra le armature i diventaté:
Co - 6C o
.
Co Vo---Co - flCo
~
cio~ diventata maggiore di V0 • 2) Colleghiamo nuovamente le armature alla sorgente di d.d.p .. La d d.p ritorneri al valore Vo fornito dalla sorgente: percio' il condensatore dovra' parzialmente scaricarsi cedendo alla sorgente (o dissipando per effetto joule) una parte della sua energia elettrostatica.Siccome l'energia elettrostatica finale i W~ calcolata precedentemente, l'energia che il condensatore perde vale: 26co
26Co
Co·· 6Co
Co
wo - - - - - .,_, wo - - cioi esattamente il doppio dell'energia acquistata nella prima fase del processo. Questa e' la ragione per cu;i il risultato dello studente risu.ltava apparentemente esatto in valore assoluto. Il segno era pero' sbagliato e questo perche' la derivata da lu~ calcolata. non forniva affatto la forza tra le armature del condensa-• tore. La bocciatura era meritata. Calcoliamo, come ultima cosa,il risultato numerico. I dati dell'enunciato sono: M.Ageno • Esercizi e problemi di Fisica
Disp. 52
-
80
=
41 O ..
8, 8 5 1 o- 12
S "'400 cm V=10
l
=
3
2
"'4•·10-
2
m
2
volt
O, 5 e m "' 5 1 o-
3
m
Risulta qu~ndi sostituendoli nella (3):
8, 85 10- 12
F
2
X
52
2
4 10'-
X
•
10-
·J Cariche
X
10 6
6
N. 258
elettriche
immagini
Date due cariche puntiformi di segno opposto q 1 ~ -q 2 , si dimostri che la superficie equipotenziale V==O e' una sfera. Si ricavi di qui il campo generato da una carica puntiforme posta di fronte a una sfera o ad un piano conduttori posti a terra e la forza che su. tale carica puntiforme si esercita nei due casi (metodo delle immagini).
Dette r 1 ed r 2 le distanze del punto potenziato dalle due cariche, facendo uso del sistema di unita' di Gauss, e prendendo per convenzione uguale a zero il potenziale all'infinito si ottiene per quest'ultimo l'espressione (1)
La superficie V= O e' quella definita dall'equazione:
Per dimostrare che si tratta di una sfera, assumiamo l'origine dell~ coordinate nel punto occupato dalla carica q1, l'asse x passante per l'altra carica, che supponiamo posta alla distanza d dalla prima, e poniamo q1/q 2 =77. Si ha allora: r
1
= 77r 2
,./ 2 ~ 2 = T/'V 1./( x- d)2 'fX +y 2 .,z·
~y2
T
.Lz2·
.,.
-
411 -
da cu~, con semplici passaggì: 2 2
+y
2
z'
-l-
__ TJ_ _ d2
(r/-1)
( 2)
2
Supponiamo, tanto per fissare le idee q 1 >q 2 cioe' TJ > 1.Si tratta allora 'cli upa sfera di ragg-io:
R
TJ ---d 2 TJ - 1
il cui centro s1 trova alla distanza da qi: 2
TJ
a =---d
TJ
2
- 1
dalla parte di q 2 ·q 1 i manifestamente esterna a tale sfera. La sua distanza da essa e' anzi': 2
l ,. _TJ_ TJ
2
TJ
_TJ_ d. TJ ❖ 1
d ---- d
TJ
- 1
2
- 1
Si ha poi ovvi amenté: a
TJ
R . ·' c1oe:
mentre la distanza di q 2 dal centro della sfera é~
d
TJ
2
- 1
R
TJ
a
Questi risultati ci permettono di determinare il campo generato da una carica puntiforme q posta di fronte a upa sfera conduttrice di raggio R, messa a terra. Per questo, basta ricardare che la soluzione U(x,y,i) dell'equazione di Laplace:
-
412 -
N.l
= O che ai limi ti del campo d'integrazione assu!lle valori assegnati i unica. Esiste dunqu~ nel nostro caso, una upica funzione U(x,y,i) che 1) si annuUi all'infinito, 2) si annulli sulla superficie sferica di centro C e raggio R, 3) nel pupto P (occupato dalla carica q alla distanza a dal pup.to C) vada all'infinito ~ome q/r (r distanza da P del punto potenziale).
X
l d
a
Cariche elettriche
immagini
Ma up.a tale funzione noi l'abbiamo gia' determinata nella prima parte dell'esercizio: essa coincide, nella zona di spazio esterna alla sfera di centro Ce raggio R, con la funzione potenziale della carica q e di una carica ~'~-qR/a concentrata 2 in un punto P 6 posto sul segmento CP alla distanza R /a da e·. Tale funzione si annulla proprio all'infinito e sulla superficie della sfera considerata ed ha in P la singolarita' voluta; e' dunquf:!:
U(x,y, z)
q
q
------
in tutto Io spazio esterno alla sfera, essendo ri ed r2 le distanze del punto potenziato rispettivamente da q e da q'. Alla carica fittizi a q' che in unione alla carica data q determina il potenziale ed il campo generato da q in presenza della sfera conduttrice,. si da' il nome di carica immagine della carica q rispetto alla superficie della sfera, Concludendo, possiamo qujndi dire eh~: una carica q posta alla distanza a dal centro
4I 3
-
di up.a sfera condu);trice di raggio R posta a terra, crea, in tutto lo. spazio attorno alla sfera, ui;i campo ugu~le a quello che si ha sostitu~ndo alla sfera conduttrice up.a caricà:
q
R
-qa
=
posta tra la carica data e il centro della sfera, alla distan2 za R /a da quest'ultimo punto. Il caso del piano conduttore posto a terra si puo' dedurre da quello della sfera, facendo crescere R e d a o l t re o gn i l i •· mite, con la condizione:
a - R =l
=
cost.
In tal casd: ~ tende ad uno, cioé la carica immagine e u~ guale e di segno opposto alla carica inducente. Inoltre la distanza della carica immagine dal conduttore é il limite a cui tende:
R
a
R =-(a-R) a
R R+l
che i manifestamente l. La carica immagine i dup.que simmetrica della carica inducente, rispetto al conduttore piano. La forza che nei due casi si esercita suna carica indu:cente, sara' data dalla legge di Coulomb (sistema di Gau13s! ): F
qq
-----=
q
2
Ra
per la sfera
2
F
q
per il pi ano.
N. 259
Carica indotta
su un piano conduttore
Una carica puntiforme q e' posta alla distanza a da un pia .. no conduttore indefinito posto a terra Si dimostri che la carica elettrica indotta su. di un'area S qualsiasi del piano e'
- 41 4 -
proporzionale all'angolo solido sotto cu;i. l'area in qu~stione ~ vista d~l punto occupato dalla carica. La carica indotta totale e'. quindi ugu11l e a - q .
Si scelga una terna di assi di riferi~ento con gli assi x ed y nel piano e l' isse z passante per il punto P occupato dal1 a carica q.
p
a
y
:
/
I / 1/
V P' Fig. l
··
Carica indotta su un piano conduttore
Il potenziale V in uri pu~to Q qualsiasi di coordinate x, y, z · e' qu~llo. dovuto alla carica q posta in P e alla carica irnrnagi,ne -q posta in P',sirnrnetrico di P rispetto al piano. E'dunqué:
La densita' o di carica indotta 1.n piano e' data, corn'e'noto, dé:
un
punto qualsiasi del
..
415 ..
Si ha durique:
cr. = - La carica no e' così':
Q(S)
q
2rr
a (x
2
+y
2
❖
2
a )
:.3;2
indotta su di un'area
S
qualunqu~ del pia-
E' facile vedere che l'integrale e' proprio l'angolo solido
D. sotto cui l'area S e' vista da P. Detta infatti r. la distanza
p 11
a
Fig.2
di P da dS,
Carica indotta su un piano conduttore
tale angolo solido vale evidentemente:
D.=
1
dS cos
s
dove cos
nr
e' l'angolo che
nr
2
r
la ·normale al piano
fa
col raggio
-
vettore r.
416 -
E' duµque: A
cos nr e quindi,• come s1
e'
a
r
r detto:
1
adS.
D. = s 2 2 • 2)'3/2 (x
❖
y
.,. a
La carica totale indotta sul piano sari percid data ds:
essendo 277 l'angolo solido sotto cui e'visto da P tutto il piano.·
N.260
Cariche immagini Nell'angolo retto formato da due semipiani conduttori posti a terra, tra loro perpendicolari, e' posta uµa carica elettrica puntiforme q. Che forza si esercita su tale carica? Qu.al'e' il: potenziale in ogni punto del quadrante 1n cui essa s1 trova?
Il problema puo' agevolmente risolversi col metodo delle immagini. Nei punti A e B simmetrici del punto P occupato dalla carica q rispetto. ai semipiani conduttori si immaginino con .. centrate. du.e cariche -q e nel punto C, che comple.ta il rettan-golo APBC. si immagini concentrata una carica q. E'facile vedere che il sistema costituito da queste quattro cariche da' nel qu~drante occupatò'' da P una distribuzione di potenziale identica a quella del sistema costituito dalla sola carica q in P e dai due semipiani condutt9ri a e /j. Basta per questo dimostrare che per effetto delle quattro cariche ai semipiani a e /j .compete up potenziale zero, esattamente come nel sistema dato, Infatti, l'equazione di Laplace, quando siano fissate le condizioni ai limiti,• ammette, com'e' noto, un'unica soluzione.
-
41 7 ..
Ora, in up. qualsiasi puna:S:Sare·con velocita' v oriz .. zontale attraverso una sottile fenditura F posta alla distanza d al di sopra di up. piano orizzontale condu.ttore indefinito po• sto a terra. Si determina a che distanza dal piano della fenditura il fascetta incontra il piano conduttore. (Per esempio, si puo' pensare che il piano conduttore sia realizzato mediante tante striscie parallele alla fenditura.isolate l'una dall'altra e poste a terra ciascup.a attraverso un opportuno misuratore di corrente). Da questo dato si puo' in linea di principio dedurre il valore della carica dell'elettrone. Si dica se, in pratica, l'esperimento e' possibile.
Consideriamo un corpuscolo di massa m e carica elettrica al tempo t ,0 la fenditura F con velocita' v pa•" rallela al piano conduttore. Riferiamo il moto a due assi x e y disposti come in figura. q che attraversi
0
y
d
0
X Un metodo
per
misurare la carica dell'elettrone
Le forze agenti sul corpuscolo sono du_e: la forza peso -mg e la forza attrattiva elettrica tra la carica q e la carica immagine -q. Le equazioni del moto sond:
- 420 -
mx =O q
---fmso
mj = -mg
(1)
2
1
4y
2
Tenendo conto della condizioni iniziali, sce per il moto secondo l'asse i: X
prima
=vt
forni-
(2)
Moltiplicando la seconda per 2y dizioni iniziali
y =o
la
e
t
per
=
integrando con le con-
o
viene: 2
y
2
=2g(d-y)+
q
81Tsom
(1 1)
( 3)
d
y
equazione questa che esprime la conservazione dell'energia.Separando in essa le variabili, si ottiene:
__ 1 2
g
iy(_!_)t/2 d
y-d
dy (y+k)t/2=
i
t
2
dt
k
o
q
( 4)
167Tsomdg
L'integrale a primo membro non si puo' in generale esegu_ire per mezzo di sole funzioni elementari. Nel caso che a noi interessa, in cui la particella carica sia un elettrone, p.ossiamo pero' supporre che il peso sia molto piccolo in confronto alla forza elettricà: 2
q
mg V1 la lampada al neon del cir,, cui to considerato si accende e si sp.egn·e· periodicamente. Qual' e' il periodo del fenomeno, se il tempo che impiega il condensatore a scaricarsi sulla lampada al neon, quando questa é accesa, é trascurabile? Si faccia in particolare: R = 1 megaohm, C = 2 microfarad, V=100 volt, V 1 =82 volt, V 2 "'65 volt.
Supponi amo che la lampada al neon si a spenta, e che qu;i.ndi la tensione v alle armature del condensatore sia inferiore
-
460 -
a V1 . In queste condizioni,il condensatore si carica attraverso la resistenza R e la corrente di carica e' ( vedi es erc1 zio N.269}:
i
V R
=-e
t RC
ove t e' il tempo contato a partire dall ]istante niziata la carica. E'quindi:
1n
cu;i
s1
e'
1-
All'istante in cui v raggiunge il valore V1 la lampada al neon si accende e scarica istantaneamente il condensatore, per quel tanto che basta a far scendere la tensione alle armature dal valore V1. al valore V2 Allora la lampada al neon si spegne nuovamente, il condensatore riprende a caricarsi attraverso la resistenza R, finche' la tensione alle armature non raggiunge nuovamente il valore V1: a questo istante si ha una nuova scarica e il fenomeno si riproduce tale e quale. Il periodo T e dunque uguale al tempo che impiega il condensatore a caricarsi dalla tensione V 2 alla tensione V1.
R
V
lieon
e
Oscillazioni di rilassamento
Indicando con t 2 e t 1 gli istanti in cui la tensione alle armature ha raggiunto i valori V2 e V1 rispettivamente, nella carica normale, si avra':
-
461 ..
da cui: t1
RC =-----
RC
t2 = - - - - -
ln(V-V1)
ln(V-V2)
e quindi:
Coi dati dell'enunciato risulta:
T
=
1.0
6
x 2·10-
6
1.00- 65 - ~ = 1. 33 s 100-82 ' .
ln - -
N.279
Resistenza
e
induttanza di una bobina
Un modo di determinare resistenza e induttanza di upa bobina consiste, com'e' ovvio, nel misurare tensione e corrente sia in continua, sia a una frequenza nota. In un caso particolare, si e' misu;rata una intensita' efficace di corrente a 50 periodi di 30 ampere con una tensione efficace applicata di 220 V, mentre con 100 volt continui la. bobina era percorsa da upa intensita' di corrente di 20 ampere. Quali erano la resistenza e l'indu~tanza della bobina?
La misura 1n e.e. fornisce subito stenza ohmica:
R
1. 00 20
= --=
La misura in e.a. fornisce periodi:
220
il
valore
della
resi-
5 ohm il
valore dell'impedenza a 50
= - - = 7,33 ohm 30
-
46 2 -
Ora e':
da cuì:
L =1.~2 -Z - R2 w
= -
1.,v2 Z -R
2
2nv
· e quindi:
L =-
1
-~53, 7 - 25 31.4
= O, 01.7 Henry
N.280
Energia del campo magnetico di una corrente rettilinea Si consideri un filo conduttore rettilineo indefinito,percorso da una corrente costante i. Se si cerca di calcolare la energia del campo magnetico generato dalla corrente in tutto lo spazio per unita' di lunghezza del filo, schematizzando quest'ultimo con una retta in senso geometrico (se cioe' si pone uguale a zero il diametro del filo),l'integrale di volume della densita' di energia magnetica diverge al limite inferiore,per effetto dei contributi degli elementi. di volume immediatamente prossimi al filo. Se si fa invece il calcolo introducendo un valore finito per il raggio del filo, questa divergenza sparisce, ma l'integiale di volume della densiti di energia magnetica diverge ancora al limite superiore, per i contributi della zona di spazio lontanissima al filo. Ma, dal punto di vista fisico, e' ovvio che l'energia totale del campo magnetico generato da una corrente ha un valore determinato e finito. Qual' e' allora la ragion e di queste di vergenze?
Il campo magnetico creato da una corrente rettilinea indefinita e' dato in modulo dalla formula di Biot e Savart:
Ho =
i
21rr
-
46 3 -
La densiti di energia magnetica
i
d'altra parte:
Qu;indi l'energia totale per unita' di lunghezza.del filo e':
·Jd 2
f
µot W= w•211rdr = - · · 411 Se consideriamo infinitesimo il integrale va esteso da O a oo. Ma e~
f
dr
raggio
l im ( ln r)
-r-. = ln r
r r.
--·
r-0
=
del
filo,
questo
-oo
cioe l'integrale diverge al limite inferiore. Questa divergenza e ovviamente dovuta al fatto che laschematizzazione adottata (filo di raggi_o. ;nu.llo percorso da uµa corrente finita) non e' una schematizzazione fisicamente . ammissibile per questo genere di problemi. Era del resto da prevedere che questa fosse una cattiva schematizzazione, dato che gli elementi di volu!lle piu'. vicini al filo sono proprio quelli che portano singolarmente il maggior contributo all'integrale dell'energia. Se chiamiamo a il raggio del filo e ammettiamo che la corrente sia tutta superficiale, allora il çampo magnetico nel1 'interno del filo e' nuno (come sulJito si vede applicando il teorema della circu;itazione aun qualunque percorso chiuso tu.tto interno al filo) e l'energia W e' data dà:
W
=
µ0i 2 477
!CD dr a
r
Senonche e ancoré:
l i m ( l n r ) = +oo
r -ro 1
cioe' l integrale diverge ancora al limite superiore~ Anche questa divergenza e' evidenteme.nte dovut;aaduna cattiva schematizzazione del problema. Non bisogna infatti dimenticare che una corrente e' sempre chiusa, Si puo' schematizzare un tratto rettilineo di circuito con uria corren.te rettilinea
..
46 4 ·
indefinifa solo quando ci si limita a considerare zone di spazio le cui distanze dal filo sono molto piccole in confronto al_le distanze dal filo di ritorno e nelle quali, quindi, l'in-· fluenza di quest 'u_l timo e' trascu:rabile di fronte alla influen-· za prevalente del filo di andata. Quando invece noi estendiamo l'integrale dell'energia a zone di spazio lontanissime dal filo di andata, non ci e' piu' lecito trascurare l'influenza· del filo di ritorno, il quale genera anch'esso un campo magnetico che in tali zone non e' certamente dappe-r-tut:,to trascurabile e i cui contributi prevalgono anzi qu~ su.i contribu.ti . ormai tra-scu:rabili del fiio di andata. Se si tien conto anche del campo magnetico creato dal filo di ritorno, l'integrale dell'energia risulta finito.
N.281
Il vettore elettrico nella radiazione solare La quantita' di energia che giunge al secondo su un centimetro qu;:tdrato di superficie normale ai raggi sglari e' ai li2 1 miti della atmosfera di circa 2 cal- min(costante solare). A che distanza da uµa sfera conduttrice di 1 cm di raggio portata al potenziale di 300 V il campo elettrico ha intensiti uguale all'ampiezza del vettore elettrico nella radiazione solare ai limiti dell'atmosfera? Il flusso d'energia elettromagnetica ·attraverso aduna superficie Se' dato com'e' noto dal flusso del vettore di Poynting: -,
_,
_,
p· = E'A H· attraverso a qu~lla superficie. Nel nostro caso,possiamo trattare le onde elettromagnetiche che provengono dal sole come onde piane .. Allora tra i valori istantanei dei due campi corre la relazione:·
Quindi:
P=,{I;_E 2
'V /J,o
-
46 5 -
Se vogliamo ora l'energia dW che in un secondo cade sulla superficie dS normale ai raggi, dobbiamo far la media di qu~-sta espressione rispetto al tempo, e moltiplicarla per dS:
dove con Eo si e' indicata l'ampiezza del campo elettrico (che supponiamo variare sinusoidalmente). Si ha dunqu~, riferendosi all'uniti di superficie:
ed essendo:
viene:
Eo=J\/1,39·10
3
X2X376,8
=
1024 volt/m
Data ora una sfera conduttrice di raggio R la sua capacita' e':
e il campo E da essa generato alla distan-za r quando la si por·ta al potenziale V risulti:
E -
1 47Teo
Q
1
--=--r
2
cv r
2
VR
r
2
r
2
da cui (posto E=Eo): r =
/VR
,Vi-;;
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. · 59
..
466 -
e quindi coi dati del problema risulta:
300 r
X
2
10~
5,4 cm
1024
N.282
Energia elettromagnetica Si consideri un up.a corrente continua di Poynting e' diretto so rappresenta quindi entrante nel filo. Dove va a finire
che
scompare
filo cilindrico indefinito, percorso da i. Alla superficie del filo, il vettore verso l'interno del filo ed il suo fl usun flusso di energia elettromagnetica questa eneriia?
Consideriamo un tratto di filo di lunghezza l: sia V la tensione esistente ai suoi estremi. Sara':
V= El Il teorema della ci!cuitazione, s e r i il raggio del filo, fornisce poi:
2rrrH = i E'dunque (poiche' il flusso entrante dalle due sezioni estreme del tratto di filo considerato è evidentemente nul1 o):
V
il> = 21rr l · (E/\ H) = 21rr l -
i
l
Il flusso entrante del vettore di Poynting e' dunque uguale al flusso di calore sviluppato per effetto Joule nel filo.
•
46 7 -
N. 283
Schermo antiradiazione La sorgente di elettroni di un elettro-sincrotrone i realizzata mediante un cilindretto metallico, mantenuto a temperatura assai elevata da un filamento riscaldatore, ed emittente elettroni per effetto termoionico. Buona parte della potenza del riscaldatore viene perduta per irraggiamento del cilindretto che funge da catodo. Si faccia vedere che la potenza irraggiata puo' ridursi fortemente, circondando da ogni parte (tranne che, natur_almente, dalla base del cilindro che emette gli elettroni) il catodo, mediante uno schermo metallico, completamente isolato dal catodo per cio' che riguarda la conduzione del calore. Come conviene scegliere il potere emissivo dello schermo antiradiazione, affinche' la riduzione del la potenza irraggiata sia massima? Si consideri in particolare il caso di U!1 catodo e di U!lO schermo entrambi di tantalio, per cui il potere emissivo (relativo al corpo nero) vale approssimativamente 0,25,
Sia T 1 la temperatura del catodo, Al' area della superficie di esso che puo' essere protetta con lo schermo antiradia-zione. Indichiamo con T 2 1 a temperatura a cui tale schermo si porta per effett9 dell'irraggiamento del catodo e supponiamo per semplicità che la superficie dello schermo esposta al catodo abbia area praticamente ancora uguale ad A. In assenza· di schermo, il catodo irraggerebbe la potenza
4
ovè: a-=5,67 10- 12 wattcm- 2 °Ce'lacostante di Stefan--Boltzmann e k 1 e' il potere emissivo (relativo al corpo nero) della superficie catodica, Se lo schermo e' presente, questa potenza irraggiata lo investe, ma solo parte di essa viene ivi assorbita, la parte restante venendo riemersa all'indietro verso il catodo. Se k 2 e' il potere emissivo dello schermo, la frazione assorbita e' k 2 Q e quella rinviata al catodo e' {1-k 2 )Q. Di quest'ultima perd solo la frazione (1-k 2 )k 1 Q viene effettivamente riassorbita dal catodo, mentre il resto viene nuovamente diffusa verso lo schermo. Siccome questo processo di parziale assorbimento e rinvio di radiazione dal catodo allo schermo e viceversa continua indefinitamente, in presenza dello schermo, la potenza effettivamente perduta dal catodo per irraggiamento
..
468 ..
risulta:
Lo schermo ha dunque un effetto equivalente a quello di alterare il potere emissivo del catodo, portandolo dal valore k1k2 k1 al v a l o r e - - - - - - - - . Perchi la presenza dello schermo 1- (1--ki) (1--k2) sia vantaggiosa occorre evidentemente che sia:
ossia
Il rapporto tra le potenze irraggiate con e senza schermo, a parita' di temperatura del catodo e' poi proprio:
-- = ---------
Il guadagno in potenza risulta tanto maggiore quanto piu' piccolo i k 2 poich~ questo rapporto diminuisce regolarmente al diminuire di k 2 • Si puo', infine, facilmente calcolare la temperatura T 2 a cui si porta lo schermo in regime di equilibrio: essa sari tale che la potenza irraggiata dallo schermo verso l'esterno sia uguale a quella ricevuta per irraggiamento dal catodo. Dunque:
da cui;
..
46 9 -
Per il tantalio, per cui: k =0,25,
0,87
0,57
Q
risuJta
N.284 La camera
di
Wilson
Molte èsperienze classiche di radioattività e di fisica nucleare sono state eseguite con la camera di Wilson,in cuj un vapore saturo viene fatto espandere adiabaticamente, abbassando improvvisamente un pistone costituente il fondo della camera. Per un opportuno valore del rapporto di espansione, il vapore condensa solo su eventuali ioni presenti, Pertanto, le traiettorie di particelle veloci ionizzanti,che abbiano attraversato il vapore immediatamente prima o nel corso dell'espan-· sione, divengono visibili come sottili fili di nebbia Nel corso di una ricerca eseguita con la camera di Wilson, si osservo' una volta, nelle successive espansioni, up. elevato numero di tracce di particelle a., manifestamente dovute a 1n-· fezione da parte di qualche sostanza radioattiva. Il fatto curioso era che tali particelle a.appari vano sempre a coppie, le due tracce di ogni coppia originandosi in punti distinti, ma distanti tra loro sempre meno di un centimetro .Sapendo che nel-· la camera un mese prima era stato messo up. preparato di Radio2 torio ( !~Th) e che il tempo di sensibilità della camera era di O, l s, si spieghi il fatto e si calcoli in grammi la quan-tita' di Radiotorio con cui la camera era stata infettata,se il numero delle coppie osservate era in media una ogni cinque e spans ioni. I success1v1 prodotti
di
disintegrazione
del
Radiotorio
sono;
RaTh
Cl.
1,9anni
lJopo prodotti, dunque da un nucleo
ThX
Cl.
3, 6 giorni
Cl.
Cl.
Tn-ThA 54 s O, 16 s
ThB
p 10, 6 ore
un mese, il RaTh e' certamente in equilibrio coi suoi fino al ThB almeno . Le "coppie" di particelle a. sono attribuirsi certamente alla disintegrazione alfa di di Tn seguita pressoche' immediatamente (periodo di
- 47 O -
dimezzamento O, 16 s) dalla disintegrazione alfa del nucleo re-siduo di ThA. La distanza tra le origini delle due tracce di ogni coppia i dovuta alla diffusione nel gas della camera tra upa em1ss1one a e la successiva,
o La carnera di
Wilson
Sia allora t 0 il tempo di sensibiliti della camera, dT un intervallino di tempo infinitesimo preso al tempo T entro t 0 , N il numero di atomi di RdTh presenti nella camera Essendo il Tn in equilibrio col RdTh, il numero di atomi di Tn che si di-sintegrano in dT e' (indicando con Ì\.RdTh la costante di disintegrazione del Radiotorio):
Non tutte queste disintegrazioni danno pero' luogo ad una "coppia" di tracce alfa nella camera, ma solo quelle che sono seguite da una seconda disintegrazione nell'intervallo di tempo tra T e t 0 . Il numero di coppie sara' dunque:
essendo Ì\.ThA la costante di disintegrazione del ThA. Integrando questa espressione rispetto a T. tra O e t- 0 otterremo il nu~ero n totale di coppie per espansione:
Ora,
I
e:
O, 693
1,16 10-
Ì\.RdTh
0 -s- 1
TRdTh Ì\.ThA
to
4,33 O, 1 s
s-1
11
=
O, 2
•
4 71 -
e quindi:
0,2
N 1, 16 • 1 o-
8
9,3 10
1 ( - 4 . 3 3X O - 1- e ' ' [ O, 1 - 4,33
8
atomi
1 )]
Essendo poi il periodo di dimezzamento del RdTh di 1, 9 anni, il numero di atomi di RdTh inizialmente presenti (un mese prima dell'esperimento) era:
No
Siccome il peso atomico del RdTh e' 228, si il peso in grammi:
P=9,610
8
X228X1,67··10-
24
=3,6610-
ha
13
quindi per
g
..
47 5 -
N.285
Lo schiaccianoci e la bottiglia Un bambino gioca con uµo schia~cianoci e una bottiglia: dispone la bottiglia orizzontale e pone su di essa a cavallo lo schiaccianoci aperto. Immagina, probabilmente, uµ cavaliere che cavalca in cerca di avventu;re. Ma, qup.lche volta, il prode cavaliere si mette un pd di traverso e ruzzola da cavallo. Schematizzando op~~rtunamente il problema, dimostrate che esiste una posizione di equilibrio ed esaminate la stabilita' dell'equilibrio.
Una drastica schematizzazione.,. che rende pero' il problema facilmente solubile, consiste nel sostituire lo schiaccianoci con due aste rettilinee, omogenee uguali ·collegate tra loro ad una estremita' mediante cerniera. Le due aste vengono poste a cavallo di uµ cilindro il cui asse e' orizzontale, e si trascurano gli attriti. Possiamo limitarci a considerare il caso in cui le due aste sono interamente contenute in un piano perpendicolare all'asse del cilindro. Ogni altra posizione infatti non i certamente una posizione di equilibrio: il piano individuato d~lle due aste taglia il cilindro obliqu.amente, mentre le reazioni vincolari nei due punti d'appoggio sono perpendicolari alla superficie del cilindro.Ciascuna di queste reazioni pud quindi decomporsi in una componente contenu~a nel piano delle due aste ed i~ uµa componente normale a tale piano. "Le due componenti normali tendono a far ruptare il piano delle aste fino a ~isporlo perpendicolarmente all'asse del cilindro. Adottando allora le notazioni indicate nella figura 1 si po.ssono .scrivere per le due aste le condizioni generali di equilibrio. L'annullarsi della risultante delle forze applicate fornisce:
r-
-- -
p· + R'1 + R·s =O
p· + R'2 ·· R's
(1) =
o
dato che per il terzo principio le due reazioni vincolari nel vertice V della cerniera debbono essere uguali e contrarie.Queste relazioni permettono di determinare le reazioni vincolari. Proiettandole su. due assi ortogonali, uno verticale ed uno orizzontale, esse danno infatti luogo a quattro equazioni sca-
•
476 -
y
I\
I \ \
------
'
I
\ I \
A
I
\I
~ ,, /
---i
/
~-
-- ) \I /4~__ _ J_ Ct---~~..11.
I
----1I
o,
I
-
p
I I I
Fig. l ·· Lo schiaccianoci
e
la bottiglia
lari, in cui compaiono quattro quantita'incognite: i moduli R1 R 2 delle reazioni vincolari nei punti di appoggio (le cui direzio•• n1 sono note) e le due componenti R ed R di R 3 Eliminando ff~ tra le (1) si ot~iene:y
da cui
2 P - R 1 s e n 1Y 1 { R 1 e o s 1f'1 e quindi:
-·
-
R 2 s e n V-2
R 2 e o s #'2
·'"'
O
=
O
..
4 7 '7 -
2P cos 1.f2
R2
2P cos 11'1
= -------
sen('lf;_ +#'2)
( 2)
Proiettando ora sugli assi la prima delle (2):
da cui col va lor e prima trovato di R 1
P sen (1'-1
-
1';)
sen(-if'i +~)
:
2P cos #;. cos 1'2 sen('/Ji + "'2_)
( 3)
Osserviamo che se si scambia ,zJi con ,J;, Rx cambia segno, mentre RY rimane inalterato, come era da atten9ersi. La seconda condizione di equ;i.librio, l'annullarsi del momento risultante delle forze agenti su. ciascupa asta, deve ora dirci quali valori di ~ e -ir2 sono compatibili con l 'equ;i.librio. Per applicare tale condizione, si deve prima di tu.tto scegliere il punto rispetto a cu;i. calcolare il momento delle singole forze. Siccome si tratta di trovare una posizione di equilibrio, tale scelta e' del tutto arbitrarià: possiamo scegliere se vogliamo un qu,alsiasi punto fisso od anche. un punto solidale con le aste o infine un punto che si muove con legge qualsiasi, purche' i momenti vengano calcolati tutti allo stesso istante. (Infatti, la seconda equazione cardinale del moto si scrive in generale -
dK
dt
+ :;;."'
Q= M< e >
( 4)
dove K e' 1 a risultante dei momenti del le quanti ta' di m,2 to dei singoli punti materiali che costituiscono il sistema, Q· è la quantita' di moto totale del sistema, V· la velocita' istantanea del punto rispetto a cui si calcolano i mom~nti e "iJ(e) il mo·• mento risultante delle forze esterne. In caso di equilibrio e'
.....
_,
->(
K =Q·"'o e quindi Me
)
= O, qualunque sia v-).Nel nostro caso, le scelte che si presentano come le pii convenienti sono il punto O, per cui passano le linee d'izione delle due reazioni vincolari d'appoggio e R2 , oppure il vertice V della cerniera, ~ve SO_!¼O applicate le du_e reazioni vincolari uguali ed opposte
ih
R·s
e
-R's·
-
47 8 -
Proviamo a scegliere il punto O, Essendo:
ve -
r
t9'1 + 1"2_\ cos sen (
2
J
e~ 2
1-;_) ,
CO
i bracci delle due forze P applicate tivamente:
in D e 1n E sono rispet-·
l sen J;_ +
l s en ~ +
e 1 bracci delle du.e forze Rx e RY applicate 1n V:
e
Pertanto, asta fornisce
P[lsen. ,vTT/ 2 la forma ( 11) pup' assu!I)ere val ori sia positivi sia negati vi e !.'equilibrio è qu;i.ndi instabile. Posto infatti:
1. 2 ~(4tg#'-1.)=a la (11) puo' scriversi
(
X
.
a+0 2
~ç
+ -----y
X
a-~) 2
+ -----y
= 0
Le dut':! rette sono comprese entrambe nel secondo e quarto qu.adrante e sono simmetriche rispetto. alla bisettrice dei· due quadranti (figura 4). La forma (11) risulta positiva nelle due zone ~ratteggiate del piano xy,poichi ivi i due fattori in cui essa si scompone sono entrambi positivi o entrambi negativi. Vogliamo infine far vedere come il problema si sarebbe potuto trattare, scegliendo per i,l calcolo dei momenti delle forze applicate alle due aste un pup.to diverso di O. Se si sceglie il vertice V della cerniera,la seconda condizione di equ;i.librio applicata separatamente a ciascuna asta fornisce:
r
R1
tg
R2
1'-1 +
#-2
- P sen -tf'i
=
O
- P s en 1'-2
=
O
2 r
(~1 2 ~2) tg +
-
48 7 -
Si ricava da queste:
R1 = -R2
se n 1"1 se n #'2
ma dalle ( 2) viene:
R1 R2
=
cos 1'2 cos #'1
da cui
ti;_
sen 217;_ = sen 21"2,
=
1';
e qu;indi supito la (9). Una scelta particolarmente astuta per stu!=liare l 'equ;ilibrio della prima: asta, consiste nel calcolare i momenti delle forze applicate rispetto al punso d'incontro delle linee di azione di P· applicato in D e di R-:i: infatti le due forze sono ovviamente complanari e non parallele.Ne segue che per l'equi. librio. anche la linea d'azione della R· 3 deve passare per questo 2unto. In modo analogo !i vede che anche la linea d'azione di -R·s (che e' la stessa di R'3 ) deve, per l'equ;ilib_Eio passare per il punto di incontro delle linee di azione di P· applicato in E, e di R·2- Cio' porta direttamente alla posizione della fi,. gura .2 eh~ risolve il problema.: ~
N.286
Sviluppo
in
serie dell'equazione oraria
Com'e' ben noto, sotto ipotesi molto larghe (tra cui per esempio quella della continu;ita') una funzione puo' essere sviluppata in serie di potenze. Consideriamo allora il moto di un punto materiale limitandoci per semplicita' al caso di una sola dimensione.Tale moto e' determinato quando ne sia data l 'equi¼Zione differenziale (cioe' la forza ag.ente p.er tutta la du_rata del motò) e le condizioni iniziali (cioi la posizione e la velocit~ iniziali.del punto materiale) Tale moto sarebbe perd anche completamente determinato se si dessero la posizione iniziale e la velocita' iniziale e inoltre (invece dell'equazione differenziale) i valori di tutte le successive derivate dello spazio percorso rispetto al tempo prese all'istante iniziale. In tal caso infat-
-
488 -
ti la legge oraria del moto sarebbe data in forma di una serie di potenze, dai coefficienti tutti noti, e sarebbe percio' ancora univocamente determinata E'qu~sto secondo modo di descrivere il moto di un punto materiai~ veramente equivalente al primo?
La sviluppabili ta' in serie di potenze ri.chi.ede la continujt~ della funzione e di tu~te le su~ suçcessive derivate. Il secondo modo di descrivere il moto richiede quindi in particolare che la forza. agente sia una funzione continu.a del tempo. Il che non i affatto richiesto per l'applicabilit~ del secondo principio della dinamica. Il secondo tipo di descrizione del moto i dunque applicabile solo in casi estremamente particolari.
N.287
Caduta libera
nel
vuoto
Studiando la caduta dei gravi,non si tiene conto del fatto che l'accelerazione di gravita' e' funzione della quota su.l 1 i v.ello del mare. Questa approssimazione é ampi amen te giu/:lti ficata dato che da un lato i dislivelli che interessano sono di solito assai piccoli in confronto al raggio della terra e d'altro lato vi sono ragioni ben piu' importanti per le quali la nostra trattazione e' soltanto appro1>simatà: la. resistenza del1 'aria o, se si sperimenta nel vuoto, del gas residup, per esempio. Si supponga tu~tavia che un corpo di massa m cada liberamente nel vuoto, con velocita' iniziale nulla, da un'altezza h sul livello del mare non trascurabilmente piccola rispetto al raggio terrestre, r, e se ne trovi.la legge di caduta. Quale de.ve essere l'ordine di grandezza di hperche' la velocita' d'ar .. 0 rivo al suolo differisca dell'l / 00 da qu~lla calcolata con le formuie usuali? Quale sarebbe in ta_l caso l'errore del tempo di caduta calcolato con queste ultime formu.le? Si faccia vedere che per r/h -,O le formule trovate..si. ridu_cono a quelle us·uali.
Sia X la qupta istantanea del corpo sul livello del mare, g 0 e g X i valori dell'acceleraziorie di gravit~ alla quota zero e alla ,qupta x. Indicando con M la massa della terra, la legge
-
48 9 -
di Newton fornisce suhitò: M gx =G---2( r _+x)
M 1to=G2 r
da cuì: r
2
(1)
(r+x)
Scriviamo ora per il grave dell'energia. Esso fornisce:
il
2
teorema
di
2
conservazione
mg 0 r
r. 2 - - - - dx = mgo r 2 (r +x)
r+h
2
h-x r ❖x
. ( 2)
essendo v X la velocita' acqu~stata dal grave , quota h alla qu9ta x. · Ri sul t a d un qu ~ :
nel
cadere
dalla
(3)
e in particolarè:
=
(2go:)½
(4)
1.-;-r
Per ottenere l'equazione oraria del moto,possiamo ora integrare la (3) dopo aver~ separate le variabili. Viene:
(. 5)
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. 62
-
490 -
L'integr.ale a secondo membro s1 esegue facilmente ponendò: h+r 2udu - - - - dx
r +x
2
u.
h-x
e ricavando x dalla prima e sostituendo nella seconda: dx =
2(h+r) u_du
( 1 +u 2) 2 Si ha dup.qu(:!:
D'altra parte, tenendo conto dell'identità~ u
1
2
=
1
2
2
(i+u )
1
2
2
(1-u )
2
u du
du =
( 1 ❖ u 2) 2
~ [artg 2
u - _u_]
1 "i"U · 2
La (5) diventa quindi:
fJ--[artg -
t
=
(h,,r)
r
u -
ossi à:
( 6)
Facciamo vedere prima di tutto che le formule (3) e (6) s1 riducono alle formule usuali quando h sia trascurabile 1n confronto ad r. Per far cio', dobbiamo passare al l'imite non per h tenden-
~
491 ..
a zero, il che implicherebbe anche (h-x) tendente (x ·~ h), ma ,per r -,ro. La (3) fornisce subito
te
a
zero
Nella (6), per r infinitamente grande il primo termine en-· tro parentesi assu!lle la forma indeterminata ro •O·. E'pero':
lim artg
r-ro
r-;;-:;
'V-;-;;
poiche' per valori molto piccoli, 1 'arco. Quindi:
= lim
~
r-oo~-;;;-
la
tangente
s1
confonde con
(7) che e' la formu.la usuale. Per vedere di quanto la (3) differisca dalla formula usuale per valori relativamente piccoli di h, osserviamo che trascurando i termini d'ordine superiori al primo, si hà:
Quindi:
0
h+x) 12r
Perche' la velocita' d'arrivo al su9lo (x=O) differisca del•· l' 1 °/oo dal valore calcolato trascurando la variazione di g con la quota, deve essere: h
2r
~ 0,001
ossia (essendo r =6371 km):
h-~ 12, 7 km Il tempo di caduta,
secondo la (6) e' poi (x=O):
( 8)
-
49 2 -
Per h molto piccolo in confronto ad r si ha:
Se h'"' 12, 7 km, 20 /
00
,
il tempo di cadu~a
si
allup.ga
quindi
del
a causa della diminuzione di gcon l'aumentare della quo-
ta,
N.288
di una forza
M1
Ad una massa puntiforme m è applicata una forza costante F Fate vedere che si puo' ottenere la corretta dipendenza relativistica della massa dalla velocita', ammettendo che il lavoro L della forza si traduca integralmente in un aumento di 2 massa, secondo la formula relativistica: E=mc ,che collega la massa all'energia.
Si ha. infatti (trascuriamo i moto s1 svolge !up.go una retta):
dL
=
Fdx =
d
segni di vettore,
(mv) dx
dt
e per l'ipotesi fatta dovra! essere:
d 2 - - {mv)dx =c dm dt
dx
dt
da cui
mv •·d{mv)
=
2
e m dm
iche' il
-
49 3 -
Integrando ed indicando con 2
m v
2
= e
2
(m
mo 2
la massa di quiete risultà: 2
- Ilio)
cioe' proprid: m
mo =-----
F-c
N.289
Il colpo di pala Una pallina di massa m,assimilabile a uµ pupto materiale,• si muove con velociti ~o costante lungo una gu;ida pratic~mente liscia. La gu;ida i·dovunqu~ orizzontale,all'infuori .di up breve tratto in .sa.li.t,a,. eh.e raccorda due tratti rettilinei tra i quali esiste un dislivello h. La pallina proviene dal tratto a qu9ta inferiore e, se la su.a velocita' e' su;fficiente, supera il dislivello e prosegue con velocita' ridotta sul tratto a quota pid elevata. La differenza tra le energie cinetiche iniziale e finale e' evidentemente uguale all'energia potenziale mgh acquistata dalla pallina. Si immagini ora di osservare il processo da up sistema. di riferimento nel quale la guida non sia in quiete, ma si mu9va con velocita' V0 costante parallela ai t_ratti rettilinei della guida stessa. La differenza tra le energie cinetiche della pal-• lina prima e dopo la salita non e' piu' mgh. Eppure, se il primo sistema i come si suppone up sistema inerziale,anche il secondo lo e'. Quindi le forze agenti nei due sistemi sono le stesse. Come va la faccenda? Si consideri in particolare il caso in cui la pallina e' inizialmente in quiete e il tratto in salita della guida si accosta ad essa con velocita' V 0 , caso che puo consid.erarsi una schematizzazione del problema del colpo di pala.
Per comprendere la natura del problema, incominciam9 col supporre che la guida su cu;i si mu.ove la pallina di massa m, anzichi fissa sia a sua volta mobile senza. attrito su un'altra guida orizzontale, e abbia massa M (fig. 1). Sia V0 la velocit'
-
494 ..
iniziale della guida e v 0 qu~lla della pallina rispetto alla guida. La velociti iniziale assoluta della pallina sari percid (v 0 + V0) . Indicando con V e (v +V) 1 e veloci ta' della guida e del1 a pallina dopo che questa ha superato il dislivello, scriven-·
m
h
M
Il colpo di pala
do la conservazione dell'energia.e della componente orizzontale della qu~ntiti di moto avremd:
1 - m(v 0 +V0 2
2 )
+-
1 2 1 2 1 2 MVo = - m(v+V) + - MV + mgh 2 2 2 (1)
Si possono assumere come incognite w=v+V e V. Ricavando V dalla seconda e sostitu~n.do nella prima si ottiene una equazione nella sola w, che fornisce:
w. =
_m_ tio + Vo ± _!!_ m~
Jv~ - 2 (M+ni)
m~~
gh
M
Sostituendo questa espressione nella seconda, e poi da w=V+v, si ottiene v. Risulta:
.
vo),:;
✓ 2(M+m)
----
M
si rica~a V
gh
Siccome per ipotesi la pallina si muove da sinistra verso destra (fig.l} si deve scegliere il segno+ davanti al radicale. Quindi':
- . 49 5 -
m . V=Vo +--(vo-v) M+m Al limite per M-,oo risuJta,
(2)
come deve:.
V= Vo
( 3)
Vediamo adesso di esaminare il bilancio energetico.La. va-. riazione dell'energia cinetica della guidasi calcola su):,i to ed 1
e:
i mM i 2 i 2 (Vo+V)(vo-v) 6.T gu i'd a =-MV --MVo =2 2 2 M+m
(4)
e quindi per la prima delle (1):
i
mM = - mgh - - - - (V 0 +V) (v 0 -v) 2 M+m
(5)
Al 1 imi te per M -,oo si hà:
6 t guida
=
mVo ( V: o- v) ( 6)
{
6.Tpallina =-mgh- mVo(tio-v)
Analogamente, il bilancio della componente orizzontale della quantit~ di moto fornisce:
· mM 6.0.x guida =MV- MVo = M+m (tio-v) ( 7)
mM 6.Qxpallina =m(v+V) -m(vo+Vo) =- - - ( v 0 -v) M+m e al limite per M-.oo:
6.Qxguida =-fY2xpallina =m(tio··V)
(8)
-
496 ..
Vedi amo adesso di interpretare dal pup.to di vista fisico le formule che abbiamo ottenu~o Le (4) (5) fanno vedere che, in ogni caso. qualup.qu~ sia il sistema di riferimento. dal qua .. le osserviamo i l fenomeno, la variazione di energia cinetica dell'insieme pallina·cguida e; sempre: mgh, Tu~tavia a seconda del sistema in cu~ ci mettiamo, up.a quantita' variabile di ener .. gia cinetica appare trasferita dalla pallina alla guida e pre" cisamente la quantita': mV0 (vo··V), se supponiamo che la. guida che fa da sistema frenante abbia massa infinitamente grande. Ci si rende conto di come cio possa avvenire, osservando che sia il sistema di quiete della guida, So, sia il sist•ema, S, in· cui. la guida. si muove con velocita' costante Vo sono sistemi inerziali e quindi le forze agenti sulla pallina in ambedue i sistemi di riferimento sono le stesse. Tali forze sono la f~rza peso e la reazione vin-colare perpendisolare in ogni punto ~lla guida (che si i supposta liscia).Sia Y la forza risu.ltante e siano Fx, FY le sue componenti orizzontale e verticale. Esse sono diverse da zero solo nel tratto in salita. _, Nel sistema di quiete della guida, il lavoro fatto dalla
mg,
R',
F' è':
+ Fy f o)dt = -mgh
( 9)
essendo t 1 e t 2 gli istanti in cui la pal.lina si trova alla base e ~lla sommiti del tratto in salita. Nel sistema in cu~ la gujda (di massa infinitamente grande) si mupve con velociti V 0 , si ha analogamente:
L=
f
t2
.
(Fx+Fy)dt X y 1
ma:
Y = Yo e quindi:
Infatti, per il teorema dell'impulsd:
•
497 •
Tenendo conto della (9) si ha:
che coincide con la seconda delle (6).
Il
termine
aggiuntivo
V0 m(v: 0 -v) deriva dup.que dal fatto _che la traiettoria della pal-· lina non i la stessa nei due sistemi. V' e' pero' ancora un aspetto del la questione da chi ari re. Il fenomeno che noi osserviamo e' un fenomeno perfettamente definito, che si pup' considerare una specie di urto parzialmente anelastico tra la pallina e la guida. Come mai l'energia pinetica che passa dall 'up.a all'altra viene diversamente valutata nei di versi sistemi di riferimento possibili? La risposta e' ovvia. L'energia cinetica di un punto materiale o p1u,1n generale di un corpo, non ha un significato assolu~o. Il suo valore dipende dalla veloci ta' ~ quindi dal si sterna di riferimento al quale riferiamo il moto. Cio' che ha up. significato intrinseco, e il cui valore quindi non dipende dal sistema di riferimento in cui ci mettiamo,. è solo l'energia cinetica che sparisce (o compare) in un processo d'urto o di interazione. Infatti nel nostro caso i semprè:
6.T gui. d a + 6.Tpa l l ina . = - mgh ma i due addendi del primo membro non sono definì ti separatamente in modo intrinseco. Per es.empio, nel sistema in cui la pallina i inizialmente in quiete, indicando con Vo· la velociti con cui la salita della guida si accosta alla pallina, si ha: Wo = 0
e quindi:
Il valore minimo di Va perche' la pallina possa superare tu_tta la salita e' evidentemente quello che annulla il radicale
~V~ - 2gh
cioé: Va =~2gh. In tal caso la pallina dopo la salita procede solidalmente con 1 a guida e l'urto e' totalmente anelastico. La guida fornisce l'energia: 1/2 mV~ "'mgh, per sollevare la pallina all'altezza h, e l'energia: 1/2 mV~ per imprimerle la velocita' Va, che~ quella stessa della guida. Il lavoro minimo per sollevare la pallina inizialmente in quiete e' dunquè: mV~ = 2mgh.
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp, 63
-
498 -
N.290
Il periodo del pendolo La formula corrente per pendolo semplicè:
il periodo di oscillazione di up.
com'e' ben noto, e' valida solo per piccole oscillazioni. Integrando la equ,azione che esprime la. conservazione dell'energia, si dimostri la formula di seconda approssimazionè:
T = 21T
/f ··(1 +k ) ~-;.
dove il termine correttivo vale:
k =-
1 2 a. sen 4 2
essendo al& semiampiezza delle oscillazioni.
Scrivendo per la pallina del pendolo la conservazione del1 'energia, si ottiene, con notazioni ovvie:
1 2 -mv +mgl(1- cos 1") =cast 2
(1)
Tenendo conto che all'estremo della corsa (per 11'= a.) l'energia cinetica e' nulla ed esprimendo v per mezzo di 1", si ha:
mgl (1 - cosa)= cost
1 1 2 • 2 2 -mv =-ml 'lt 2 2 La (1) diventa dunquè:
;,2 -- _2g (cos 1'- cos cx) l
V
(2)
o
I I
l
Il periodo di un pendolo
dove si~ fatto uso della nota formula trigonometrica
Separando le variabili la (2) diventà: (3)
sen
2
dove si e' scelto il segno + davanti al radicale, intendendo di limitarsi a considerare l'arco di traiettoria tra 'lfr= O e ff= a. con .J-crescente. Conviene ora porre:
sen ,,J2
=
sen ~sen u 2
-
50 O -
da cui: a.
d'IJ' = - - - - - - - cos #' 2
2
sen
2 sen - cos u.du 2
f1-
Cl. 2 sen 2 -sen u 2
a.
1" = sen
2
2
cos u
La (3) diventa qujndi:
_ _ _ _ _d_u_ _ _ _ ,/
'V1-sen
2
=
lf- d t
2
O.
2
senu
Il periodo T del pendolo~ evidentemente quattro volte il tempo che la pallina del pendolo impiega a descrivere l'arco compreso tra 1'=0 e 'lf=a.. Si ha dunque:
"' T
=
~tf
7T /2--;:==d=u=;:===,/ 2 a. 2 'V 1 - sen sen u O
g
(4)
2
Fino a questo punto,non abhiamo fatto nes~una approssimazione di carattere matematico. La (4) e' percio' una formula e-satta, cioe' una conseguenza rigorosamente valida della conser-• vazione dell'energia (1). L'inte.grale a secondo membro non si puc:i' pero' eseguire facendo uso di sole funzioni elementari (e' un integrale ellittico). Se a. e' un angolo non troppo ·grande,possiamo perd sviluppare la funzione integranda in serie,trascurando i termini dopo il secondo. Si trova: a.
2
-½
2
sen u
)
=
1
1 + - sen 2
2
a.
2
- sen u 2
+
Quindi:
1
+ - sen
2
2
·Cl.17T/2
2
0
2
sen u du
]
-
50 1 -
e siccome:
J
2
sen u.du "'
1
2
(u - sen u cos u)
risulta:
(5) come s1 doveva dimostrare,
N.291
Moto tautocrono E'noto che le oscillazioni del pendolo sono in prima ap-· prossimazione isocrone, cioe' il tempo che la palli'na del pendolo impiega ad andare dal punto di mass.ima elongazione alla posizione di riposo non dipende in prima approssimazione dal-la distanza iniziale da tale posizione. Esiste un tipo di IDO·· to rigorosamente tautocrono, tale cioe' che il puj1to materiale mobile lungo una retta sotto l'azione di una forza posizionale, abbandonato con velocita' iniziale nuna, impieghi a raggi ungere un punto prefissato sempre 1 o stesso tempo I qu.alunque sia la posizione iniziale?
Inttoduciamo lungo la retta in cu~ si svolge il moto un sistema di ascisse con l'origine nel punto di arrivo e sia U(x) il potenziale da cui deriva la forza posizionale considerata (se esiste). Fissiamo la costante arbitraria del potenziale in modo che sia: U(o) =O. Se x 0 . e' l'as.c.issa della posizione iniziale del punto mobile,. per il teorema di conservazione della energia meccanica s1 ha:
1 2
=
U(x 0 )
-
U(x) =U 0
-
U
(1)
Separando le variabili e integrando, s1 ha immediatamente, per il tempo T che il punto mobile 1mp1ega a raggiu)1gere l'origine:
-
502 -
lff.io T =
2
dx
,Vu(x 0 )
o
-
( 2)
U(x)
Si tratta ora di scegliere il potenziale U(x) in modo che T risulti indipendente da x 0 , che cioi =sia: ~'"SR=· "'°"''""
,-,~~»,•,,,__
~1 \~' Siccome nella (2) la funzione integranda ha up.a singolarita' per x=x 0 , e .X: 0 compare nel limite superiore dell'integrale, conviene prima di eseguire la derivazione fare un cambiamento di variabile, ponendo:
U ( x ) = eU ( x o) e quindi: U(xo) dx = - - - d e =U(x 0 )i'(U)de =U(x 0 )i'(eU 0 )de U' (x) l
do\ve x(U.) e' la fup.zione inversa di U(x). Siha dup.que: i
_-~J 'Vuc 1
T
-,v2 2
o
i' (eU 0 )de
~
quindi uguagliando a zero la derivata rispetto a U0 :
f
1
x ' ( eU o) + 2 eU 0 x " ( eU o) : o -----1/--1--_e____ de = O
Questa relazione deve val ere qualunque si a U0 essere necessariamente: i'(eUo) +2sUox":(eUo) =O •
I
cioe:
x' (U) + 2 U x "(U) = O
.
Deve quin-
-
50 3 -
da cui subitò:
x=a.U
½
+/3
e ricavando U in funzione dix:
u,
= 'a.
2
Osserviamo ora che deve essere U(o)=O .. Quindi /.3=0,
e:
2
u
X 2
CJ.
Esiste dunque un tipo di forza posizionale moto rigorosamente tautocrono. E':
dff F=--= dx
che rende il
2x 2
CJ.
Si tratta quindi di una forza di richiamo proporzionale alla distanza dal punto prefissato come punto di arrivo del moto (forza elastica) e il moto tautocrono ésemplicemente un moto armonico.
N.292
Il pendolo sferico Quando si studia il moto in un pendolo semplice,si fa generalmente l'ipotesi che all'inizio del moto là.pallina del pendolo venga allontanata dalla posizione iniziale e qu~ndi abbandonata a se stessa senza velociti iniziile.Segue da ci~ che il , . . . moto e tutto contenu.to in up. piano. Si studino le principali caratteristiche del moto supponendo tale ipotesi non vera. In particolare si f~ccia vèdere che se la traiettoria della pallina del pendolo é up.a circonferenza giacente in un piano orizzontale, il periodo del moto non dipende dalla lunghezza del filo.Si esaminino anche le condizioni di distacco della pallina del pendolo dalla superficie '
-
50 4 -
sferica su. cui i normalmente vincolata,nel caso 1n cuj il vincolo non sia bilaterale.
Riferiamo il moto ad una terna di assi .cart.es.iani ortogonali avente 1 'origine nel centro di sospensione e 1 'asse z verticale, orientato verso l'alto. Sia l la lurighezza del filo del
z
!I
I I I
J\.
' 'i'-
''
Fig.l - Il pendolo sferico
pendolo. La pallina e' costretta sferica di equazione:
a muoversi
sulla
. )=x2+y2+z2-l2=0 f( x,y,z
superficie
(1)
La reazione vincolare 1f essendo sempre diretta lungo il filo (I).on consideriamo per adesso il caso del distacco) sara' normale a questa superficie. Le sue componenti saranno percio' proporzionali à:
of --= ox
2x
of
- - = 2y
ox
~=
Òz
Detto allora À un opportuno coefficiente
2z di
proporziona-
-
50 5 -
lita'(che sara'in generale fup.zione di x,y,z) le equazioni del moto della pallina si potranno scriverè: X
= À.x
y
= À.y
:i
= À.z -
(2) g
Incominciamo col considerare il caso di piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio. Cio' significa che ci limitiamo a prendere in considerazione quei casi di moto nei quali le quantita' y
X
l
possono essere considerate piccole del primo ordine in confronto all'unita'. La (1) fornisce in tal caso: -
z--l
(i
X2
-
+y 2
2z2
)
+ ...
dove i puntini stanno al posto di termini piccoli di ordine SU;:periore al secondo. Se conveniamo di trascurare tutti i termini piccoli di ordine superiore al primo,dobbiamo allora porr~:
(3)
z ·= - l
e la terza delle (2), ponendo (3), fornisce:
1n essa z·=O
1n accordo con la
g l
À. = -
mentre le prime due diventand:
x=
g -x l
(4) .. g y - --y l
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. ·64
-
506 -
Queste sono du~ equazioni a variabili separate indipendenti. I loro integrali generali sond:
e
percio'
x = A 1 se n w,t + B 1 e os w,t
(5)
·Ricavando sen w,t, cos W·t, quadrando e sqmmando, si ottiene come equazione della traiettorià:
Si tratta qu,indi di un moto ellittico,
contenuto nel pia-
z =- l
Il periodo dei du~ moti àrmonici componenti (5) é quello· stesso delle piccole oscillazioni piane del pendolo semplice. Ritorniamo ora al caso generale in cui valgono le (2). Da esse si ricavano subito due alt.re equazioni esprimenti due teoremi di conservazione ~videntemente validi nel caso che stiamo considerando. Moltiplicando le (2) ordinatamente per x,y,.i e sommando membro a membro, si traè:
xx
+ yji + .iz
1
d
2
-
dt
2 (V
)
= À (XX + y j +· z i
) - g .i
Ma p e r l a ( 1 ) e';
xx
+ yy + zi · = O
e quindi integrando e moltiplicando per~:
1 2 -mv + mgz = E 2
( 6)
dove la costante d'integrazioneEnon e' altro che l'energia totale del moto ove si assu~a uguale a zero l'energia potenziale a livello del punto di sospensione (conservazione dell 'energi a). Dalle prime due delle (2) si ottiene poi subito
xy - xy = -
d
dt
(xy-xy) = O
-
50 7 -
equazione che esprime la conservazione della componente z del momento della qu,antita' di moto. Infatti le forze agenti sulla pallina del pendolo sono sempre complanari all'asse z; · Integrando si ha::
xy - xy
=e
(
7)
essendo e una costante opportuµa, da determinare in base alle condizioni iniziali, Per lo studio qualitativo del moto possiamo duµque servirci, anziche' delle (2), delle tre equ/:lzionì:
1 2 -mv +mgz=E 2
(8)
xy - xy = e
Vediamo innanzi tutto di ricavare dalle (8) uµa equazione per la traiettoria. Per eliminare il tempo, conviene passare a coordinate cilindriche, r, ,,J-, z, mediante le formule di trasformazione: X
=
r
y=rsentr
COS
X
2
+y
2
2
=r.
mentre la co.o.rd.inata z rimane inalterata. Le (8) divengono:
1 2 - m [r 2
+
2. 2 2] r 1Y + z · · + mgz
=
E
2.
( 9)
r 'lf'= e - z
e si
2
ha: iJ-= _e_= __e__ r
2
2
r
Z -z =
2
z
dz
•
dz
=-'IY=dt!" d'/J'
e
dz zz cz 'V-,...-l_2--:..._--z--2- - - _(_l_2___z_2_)_3-72- d1"
Sostituendo nella prima delle (9) si ha qujndi come equa-
-
50 8 -
zione differenziale della traiettoria: 2
e l
2 (
dz di
2
= [
E 2(-;-gz)(l
2
2
-z·)-c
2 ]
2
2
(L -z)
2
( 10)
~
L'integrazione di questa equ~zione richiede una sola quadratura. Essa pero' non si puo' eseguire facendo u1,o di sole fup.zioni elementari. D'altra parte, la semplice ispezione della (10) permette di stabilire i piu'. importanti caratteri del mo-
dz d'/J' ca che il moto da ascendente diventa discendente o viceversa, Ora, il secondo membro della (10) si annulla per z = ±L, valori qu.esti di z che corrispondono ai due poli superiore ed inferiore della sfera, e quando sia:
to. Osserviamo a questo scopo che l'annullarsi di - - signifi-
E ) 2 2 2 = ( 2 -;;;- g z ( l - z ) ·- e
o
( 11)
Tuttavia, le soluzioni reali di quest'ultima equazione corrispondono effettivamente a punti di inversione del moto, solo se cadono nell'intervallo:
poiche' la pallina del pendolo e', comup.que, vincolata a rimanere sulla sfera (1). D'altra parte, secondo la (10) il moto e' reale solo se;
e siccome nei due punti z=±l, F(z) assume lo stesso valore negativo:
o i valori prescelti per le due costanti E e e sono incompatibili con un moto reale,oppure tra z=+l e z=-l esistono due valori z1 e z2 di z in corrispondenza dei quali F(z) si annull~:
F(zd =F(z2) "'O Si osservi che la terza radice della (11) corrisponde a un valore di z maggiore di + Z. Infatti da un certo valore di z > l in poi il primo membro della equazione e' certamente posi-
-
509 -
tivo. Questa soluzione comupqu~ non ha interesse per lo stu~io del moto. Si osservi anche che il termine noto della (11) e' sempre positivo per le (9) e che quindi la radice z=O non esiste per nessun valore fisicamente ammissibile per le costanti. Nel caso particolare in çui sié: c=O,il moto i piano (integrale delle aree uguale a zero), l'inversione si ha per
E
z =--
mg supposto che questo valore di z sia minore di + l (si ricordi che supponiamo, per ora, in ogni caso il vincolo bilaterale). Il pendolo 9scilla come up pendolo semplice. Se invece: cf0 e i valori delle costanti sono tali che la (11) abbia radici tutte reali, il moto fi confinato tra i du~ piani::
la pallina del pendolo oscilla nella zona sferic~ limitata da questi due piani e la traiettoria tocca alternativamente il parallelo superiore e il parallelo inferiore. Puo' anche avvenire, come caso particolare, che le du~ so-luzioni della (11) coincidano. La traiettoria e' allora upa circonferenza giacente in up piano orizzontale, cioe' il parallelo di quota z=z1=z 2 della superficie sferica (1). Si possono trovare facilmente i valori delle costanti che corrispondono a questa soluzione particolare, osservando che_ se z1 e' radice doppia della (11), essa e' anche radice (semplice) della derivata del suo primo membro. Sviluppando la (11) s1 ottiene:
z
3
E
mg
z
2
2
E
l z +-- l
e
2
-=
2g
mg
e quindi dòvra' essere:
2E
2
3z 1
-
-- Z 1
- l2
=
mg
da cui:
E
3
--=-z1 - - -
mg
e risostituendo nella (12):
2
2
2z 1
O
o
(12)
..
510 ..
essendo r il raggio della traiettoria. Confrontando con la seconda delle (9) si trova quindi per la velocita' angolare il valore costante (13)
per cui il periodo del moto risulta esserè;
indipendente dalla lunghezza del pendolo.· Se du.e pendoli sferici di lunghezze diverse appesi allo stesso punto descrivono du~ cerchi orizzontali compi anari, essi ru9tano con lo stesso·
p
-
Fig.2" -
Il pendolo sferico
-
511 -
periodo. Si osservi anche che z 1 deve per la (13) risultare negativo, cioe' il piano del cerchio é necessariamente piu' basso del punto di sospensione, come e' ovvio,. Allo stesso risultato si puo' del resto arrivare anche direttamente, osservando che se la pallina del pendolo descrive una circonferenza giacente in uri pianq orizzontale, la risultante del peso mg e della forza centrifuga mw.2r deve avere la direzione del filo di sospensione:
mg 2
-io ---
mw- r
r
da cui subitò:
·-{+;g
w,'
-- zo
Nel caso generale in cu;i. z 1f z 2 , si vede subito che i 1 pi ano medio della zona sferica entro cui si svolge il moto
z
=---2
e' piu' basso dell'equatore della sfera. ricava subito: z1z2 +z2zs
+zsz1 =-l
Infatti
dalla
(12)
si
di
l.
2
da cui:
Ma z1 e z 2 sono entrambe in valore assoluto m1nor1 Quindi e' sempre:
ed essendo z·3 anche:
,
come s1 e' vistç,,
sempre positivo ( >+l) risulta
come s1 voleva dimostrare. Ci restano da discutere le condizioni di distacco _della pallina del pendolo dalla superficie sferica (1) nel caso di
-
512 -
vincolo u:riilaterale. A questo scopo occorre prima di colare la reazione del vincolo. E' facile vedere che velociti istantanea della pallina del pendolo, la dell'accelerazione normale alla superficie sferica caso:
tu~to calse '.it e' la componente e' in ogni
2 V
diretta verso il centro della sfera, come se la particella per,. corresse up. cerchio massimo qu,alunque sia la traiettoria che effettivamente essa percorre. Infatti, rappresentando il raggio che accompagna la particella nel suo moto come un vettore
T orientato
dal punto di sospensione verso
la
particella,
s1
ha:
Y.,
poiche'.la velo~ita' ista:ritanea e' perpendicolare ad dato che la particella si muove sulla sfera. Derivando rispetto al tempo, viene: --+
.
i' X V• + l' X a,, = 0
ma l' e' ancora
v,.
Quindi: --+
z·
ci.= -v 2
x
e indicando con an la componente di a secondo il raggio (orientato verso l'esterno della sfera!): 2
V
an Per il secondo principio,
avremo ora:
(-z ·)
2
man = - -mv l - = -R + mg -l-
dove R e' il modulo della reazione vi.ncolarè e l'ultimo termine la componente del peso secondo il raggio. Segue:
R =
mv
2
- mgz l
-
513
~
Ma per la conservazione dell'energia (6); 2
~
2E - 2mgz l
'-=
l e quindi:
2E - 3mgz·
R =
l
che e' la stessa espressione del la r eaz1one vin col are gia' trovata per il pendolo semplice (vedi es.N.189). Il distacco dalla superficie sferica avverra' quando la reazione vincolare si annulla. Cio' si verifica quando la pallina del pendolo raggiunge (in salita) il parallelo cri ticd:
2E
io
3mg
Se l'energia E e' negativa, il parallelo critico e' al di sotto del punto di sospensione del pendolo, ma la pallina non lo puq' mai raggiungere per che' per la conservazione del l' energia'.: -z
>
E
-z
mg
E
Iz I > ---= mg
l~l
e quindi a maggior ragione:
lzl
>
!.3 ,~, mg
Qualunque sia E, non si pui avere distacco, se la pallina descrive una circonferenza orizzontale, che come si e' visto e' sempre a una quota inferiore a quella del punto di sospensione. Quindi il distacco si puo' avere solo. per E >o, quando la pallina tende a oscillare tra du~ paralleli upo dei quali si trova al di sopra del punto di sospensione.
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp. 65
,.
514 -
N. 293
Il pendolo di Einstein Si fa variare la lunghezza di un pendolo semplice in oscillazione, cosi'. lentamente ch'esso compie un gran numero di (piccole) oscillazioni prima che tale variazione diventi sensibile (variazione adiabatica). Si dimostri che: a) l'energia di os.cill azione varia proporzionalmente alla frequenza; b) il quadrato dell'ampiezza delle oscillazioni varia proporzionalmente- alla terza potenza della frequenza.
Sia ~ lo spostamento angolare del pendolo dalla posizione di riposo. Per piccole oscillazioni si puo' porrè:
1f2 sen,,J':::!.~
cos#~i
2
Calcoliamo, in questa approssimazione, la media temporale del la reazione R del filo sulla pallina del pendolo. InIl pendolo di Einstein fatti se il filo di lunghezza l viene per esempio accorciato di un tratto -6l con velocita' costante, il lavoro esterno a cio' necessario e'
f
t
t2
t2
vdt ·B 1
"V
1 t
Rdt
1
dove con R si e' indicata la media temporale della reazione vincolare. La forza centripeta, responsabile della curvatura della traiettoria della pallina del pendolo, e' uguale alla differen-
..
515 ..
za tra la reazione vincolare Re la componente del peso secon· do la direzione del fild:
mv
R ·· mg cos 1'
2
(1)
D'altra parte, siccome il processo di accorciamento del filo e' adiabatico, per la durata di up.a oscillazione si puo' certamente ritenere valido il teorema di conservazione dell'energia meccanica, per cui: ( 2)
essendo E l'energia di oscill•zione. Si ricavè di qui: 2
~ = 2E - 2mg l (i - cos 1')
l
e quindi, sostituendo nella (1): 2E - 2mg l
R
L
+
(3)
3mgcos'/J-
Ora, dall'equazione differenziale del moto del pendold:
Sl
dedu~e: T =
2TT/f,
1)-2
cos
,t
=
1 .. -
2
e quindi: 2
=
Ma la (2) per
1
,to 4
( 4)
,,J-=1'0 , fornisce: E
=
mg l ( 1 - cos _,.o) mg l
(5)
-
516 -
per cu:i:: cos ,,j' ,., 1. -
e quindi,
E 2 mgl
infine
E R = - - + mg 2l
(6)
Supponiamo adesso di variare la lupghezza del pendolo della quantita' dL Facendo cio',eseguiamo il lavoro -Rdl, che viene u~ilizzato in parte ad aumentare l'energia di oscillazione E, e in parte ad innalzare la posizione di riposo della pallina del pendolo. (Si tel'.lg.a _presente che la energia di oscillazione viene sempre valutata, prendendo come livello di riferimento per la energia potenziale quello della posizione di riposo della pallina). Si ha quindi:
-R d l
=
dE - mgd l
e tenendo conto della (6):
dE
dl
E
2l
Integrando tra due limiti
Z1
ed
Z2
viene:
( 7)
e siccome le frequenze di oscillazione sono inversamente proporzionali alle tadici quadrate delle lunghezze:
( 8)
Infine, tenendo conto della (6),la (7) si puo' anche serivere:
..
517 ..
ossia:
(9) come s1 doveva dimostrare.
N.294 Esvlosione in
n particelle uguali
Una particella di massa M si muove con velocita' V costante. A un certo punto essa esplode, disintegrandosi in n particelle uguali, indipendenti, ciascuna di massa m. L'energia liberata nel processo e che ricompare come energia cinetica sia· E. Qual 'e' la massima velocita' che pu9' assumere una delle particelle di disintegrazione, quando venga proiettata in una direzione che fa l'angolo #con la direzione di V?
Si assuma l'asse x nella direzione che s1 considera per la particella di disintegrazione,l'asse y nel piano xV e l'asse z di conseguenza. I teoremi di conservazione dell'energia~ dell'impulso forniscono le equ~zionì:
M Lv xi. =-Vcos'/f' m
Lvyi.
Con vxi,
vyi,
vzi
M --Vsen'lf' m
si sono indicate le componenti di velo-
cita' della iesima particella. Ricaviamo vx 1 dalla secondà: =-
M V cos m
_Q.. '[r
-
L
I
V
. X i
518 -
y
n particelle uguali
Esplosione in
ove l'apice indica che la sommatoria va estesa a tutte le particelle, ad eccezione d_e_lla prima.Per risolvere il nostro problema, dobbiamo trovare il massimo di vx 1 sotto le condizioni rappresentate dalle altre tre equazioni e in pid dalle due altrè: Yy1· =O
le quali esprimono che la particella 1 viene proprio proiettata nella direzione che ci interessa.Posto senz'altro v 1 =vz 1 =0 avremo allora da cercare il massimo non condizionato ~ella espressione:
F • : VcosJ--1:'v,,
-À,{ ;(: Vcostl'-:>:'v,, )'
' ; :>:•v:,,
2
+-
m , ,
2
L-
v
2
·
• +-
yt
m , ,
2
L-
v
2
MV
. -· E - - -
zt
2
}
- À.2
{
,
M
}
,
L v 2 - - V sen 1f' - À. 3L v • y m Zt
Annullando le derivate parziali rispetto avxi,vyi,vzi (ili), si ha:
O~~i •-1•1',{•(= Vcosff-L'vx.)•••,, }• -1 +/>.,m(v, òF òv .
--=-À.1
yt
mv• -À.2 =O y
òF --=-À.mv. òv . zt z i
i
i =2,3, ... ,n -À. 3 =0
1 ••,,)•O
-
519 -
E' dunque: vx2 = vx3
=v xn = vx
vy2 = vy 3 =
=v yn =v y
vz 2 = vi3 =
=
e quindi s1 ha:
1-{M n-1 m
v =-
x
I
l '
zn =v z
Vcos1"-vx1}
M (n-i)m V sen#-'
vy = vz =
V
o
Sostituendo questi valori nell'equazione che esprime la conservazione dell'energia, s1 ottiene uµ'equazione di secondo grado in vxl = vi:
M2V2
2(n-1)E
m
m
(n-1)MV
2
+---- - - - -----= o 2 m
e ponendo senz'altro:
M = nm s1 trovà:
n-1
2E
---•·-= n m
o
Percio':
2E m
2
V sen
2 1f"
Hisulta di qui che non vi sono particelle proiettate nella direzione v, a meno che non sia
n-1
2E
n
m
--•·--- V
2
2
sen 1'~0
-
.
Cl O
5 20 -
e'
E 1
MV 2
n-1
2
Le particelle vengono tutte proiettate in un cono di semiampiezza 17'0 • Questo cono comprende tutto l'angolo solido soltanto se:
1
E~--
n-1
cioe' l'energia liberata e' maggiore od ugu,ale alla (n-1)esima parte dell'energia cinetica inizial~. E'interessante notare che la particella 1 ha la massima velocita' possibile nella direzione 1", quando tutte le altre particel.l e si mupvono di conserva, come se ancora costituissero upa p~rticella unica di massa (n-1)m.
N. 295
Rallentamento dei neutroni
elastico
Un neutrone di energia E 0 urta elasticamente contro un nucleo di massa M, inizialmente.in quiete.Qual'~ la velocit~ minima del neutrone dopo l'urto? Se l'urto si suppone isotropo nel sistema del baricentro, di che fattore si riduce in media l'energia del neutrone in un urto? Si considerino in particolare i casi in cui il nucleo urtato~ up ~ucleo di Carbonio o un protone. In quest'ultimo caso, qu,an ti urti sono necessari in media p erche' un neutrone del1 'energia iniziale di 1 MeV, riduca la sua energia a 1 eV?
Sia:
la velocita' iniziale del neutrone, m la sua massa, M la massa del nucleo urtato. La velocita' del baricentro e' evidentemente:
-
w
52 1 -
m =--Vo m+M
prima e dopo 1 'urto. La veloci ta' del neutrone nel sistema del baricentro i:
Vo =Vo
m m+M
Vo
M = --
m+M
Vo
e quella del nucleo:
m - - - - V 0 =-w m+M
Sia 'lf' l'angolo di diffusione del neutrone nel sistema del baricentro. Le veRallentamento dei neutroni per locita' ;fl; e ;;; del neutrone urto elastico e del nucleo dopo l'urto nel sistema del baricentro saranno rappresentate da due vettori di moduli uguali a vo e vN rispettivamente, facenti un angolo 1" con la direzione di inciienz~ (fig.l). Per ottenere da e le velocita' dopo l'urto V e V;,,, delle due particelle nel sistema del laboratorio, bastera' sommare a v,b e la velocita' del baricentro Sari dunque, n~l caso del neutrone:
vb
v.;
w,.
V
2
2
= vo +w
v;
2
~
~
+ :.'.Vow cos ·v
+m
2
+2mMcos#]·
La velocita' m1n1ma dopo l'urto si ha per cos ~=-1, M-m
Vm t. Tl =-Vo-M+m
(1)
ed e":
(2)
In questo caso l'urto~ centrale e il neutrone dopo l'urto rimbalza all'indietro se M>m, resta fermo se l'urto avviene contro un protone (M=m).Nel caso dell'urto contro up nucleo di carbonio, 12 G, risultai V .
min
= -V 0 .
M.Ageno • Esercizi e problemi di Fisica
-
11 13 Disp. 66
..
52 2 -
Calcoliamo ora l'energia cinetica media del neutrone dopo un urto. Il fatto che l 'u;rto sia isotropo nel sistema del baricentro significa che se noi consideriamo un gran numero di neu.troni tutti della stessa energia ciascuno dei qu_ali u:rta contro up nucleo di massa M, inizialmente in quiete e se a partire da un punto O riportiamo tutti i vettori~~. che rappresentano le velocita' del neutrone dopo l'urto nel sistema del baricentro, i termini di tali vettori si distribuiscono con densita' costante su. tutta la sfera di centro Oe raggio V: 0 .La probabilita' che la diffusione avvenga sotto un angolo compreso tra ?te ?f+d1"n.el. sistema del baricentro e' dupquè:
277 sen'l}'d 11 1 P(1")d1'- = - - - - - = - sen 1'-dtf' 4 2 D'altra parte, a questa diffusione corrisponde secondo la (1) una energia cinetica residua E, data da:
Eo
E
(m+M)
2
(M
2
2
+ m + 2mM cos 11-)
Derivando rispetto a #' si ottien·è:
2E 0 mM sen 1f;
dE
--. = - - - - - - - -
d it
(m+M) 2
Pertanto, la probabilita' che in un urto l'energia del neutrone sia ridotta a un valore compreso tra E ed E-dE, risulta:
P(E)dE
= -
(M+m)
1 d?Y sen ' / t - dE 2 dE
4mM
2
dE
E0
Questa probabiliti i dunque indipendente da E,costante su tutti i valori che E puo' assumere e che sono compresi tra E 0 ·e il minimo E mi·n dato dalla (2) 2
M-m) Eo '~E ~Eo ( M+m
f
L'energiè cinetica media dopo un urto sar~ dunque:
E=
J,
Eo
EP(E)dE=
Emin
=
(M+m)
Eo
. E
(M+m)
Emtn 2
8E0 mM
[
2
2
Eo - Eo
( 4] M-m M+m)
4mM
2
dE
..
52 3 ..
Nel caso particolare dell'urto contro un nucleo di
12
C vie--
ne:
1.45
E=--E 1. 69
° =086E '
0
mentre nel caso dell'urto contro up protone 1n quiete:
Eo 2
E=cioi l'energia in media si riduce alla meta'.Si vede dupqu~ come una sostanza che contiene idrogeno sia molto piJ efficiente nel rallentare i neu_troni di qualunque altra sostanza. Dopo n urti contro protoni della sostanza l'energia sara' ridotta 1n media al valore:
6
Posto quindi: E 0 =J.0 eV, perché risulti En=1.ev dovra' essere:
n log 2 = 6 e infine: n
6
---~ log 2
20
Saranno cioé necessari 1n media 20 urti successivi perché un neutrone di 1. MeV riduca la sua energia a 1. ev.
N.296
Caduta di
un
filo ammucchiato su un piano
Un filo omogeneo, flessibile ed inestensibile, di densita' lineare À., poggia sulla gola di una carrucola.Da una parte della carrucola il filo pende liberamente sotto l 'azione·della gra-•
524 vita\ mentre dalla parte opposta esso e' ammuçchiato su. di un piano orizzontale, dal quale puo' per altro staccarsi liberamente. Supposto che il sistema sia inizialmente fermo e che l 'e-• stremo libero del filo si trovi ad un livello pii basso per un tratto h di quello del piano di appoggio, si determini la velocità di scorrimento del filo, in funzione dell'abbassamento x dell'estremo libero di esso, Si trascu;rino gli attriti e 1 a massa della carrucola.
a) Conservazione dell'energia Un'applicazione diretta del teorema di conservazione dell'energia, nella formà: diminu.zione dell'energia potenziale = aumento dell'energia cinetica sarebbe in questo caso sbagliata. Per convincersi di questo fatto, occorre esaminare cio' che avviene nel punto in cu~ il filo abbandona il piano.Se nel tempo dt il filo si svolge di un trattino dx, 1n questo tempo 1 'elemento di massa dm =Àdx. viene portato bruscamente dalla velocita' zero alla velocita' v della parte del filo gia' in movimento .Questo elemento di massa supisce du;nque un urto da parte del filo in moto, urto che evidentemente e' completamente anelastico, dato che in seguito le due masse u;rtanti proseguono con la stessa velocita'. In ques-to urto anelastico va perduta una qu.antita' di energia dE, che e' facilmente calcolabile. Indichiamo con m la massa inizialmente in moto, con v la velocità di questa prima dell'urto e con V 1 a veloci ta' comune Caduta di un filo ammucchiato su un piano delle due masse dopo 1 'urto.· Avremo per 1 a conservazione della quanti ta' di moto:
+
---o
l
-
52 5 -
mv"' (m +dm)V
. ,
cioe
m ---v m -l-dm
V
e la perdita di energia cinetica sarà':
dE = .!:__ mv
2
2
-!._ (m+dm)V 2 =}:_ mv 2 [1--m-] 2
2
Possiamo ora scrivere dell'energia nella forma:
m+dm
=
.!:__ mv 2 dm -~ .!:_ dmv 2 2 m-1-dm 2
in modo corretto
la
conservazione
diminuzione dell'energia potenziale= aumento dell'energia cinetica+ energia dissipata nell 'u:rto anelastico. Se il filo si svolge di un trattino dx la per~ita nergia potenziale i evidentementé:
di
e-
g À.x dx
Indicando quindi con l la lunghezza del tratto di filo a cavallo della carrucola e al disopra del piano di appoggi o e con ve v+dv le velociti rispettivamente all'inizio e alla fine del tempuscolo dt, avremo:
da cui semplificando e trascurando superiore al primo:
gx = V
2
1 2
À(l +x)v
gli
+ (l +x)v -
2
1
'
+ -À.dxv 2·
2
infinitesimi di ordine
dv dx
b) Equazione fondamentale della dinamica Allo _stesso risuttato si pu9' giungere evidentemente anche applicando in modo diretto l'equazione fondamentale del la . dinamica. Essa va applicata separatamente: 1) al tratto di filo che,all'istante considerato,dal punto di tangenza con la carrucola penzola liberamente; 2) al tratto di filo poggiante nella gola della carrucola;.
"
526 ..
3) al tratto di filo che dall'altro pu~to di tangenza con la carrucola scende a sfiorare il piano di appoggio; 4) all; elementino che nel tempo dt abbandona il piano di appoggio. 1) Sia R il raggio della carrucola e T 1 la tensione del filo all'estremo superiore del tratto considerato. Le forze agenti sono il peso e la reazione -T1 della restante parte del filo, Avremo allorà:
2) Il tratto di filo ruota attorno al centro della carrucola. Sia T2 la tensione del filo nel secondo punto di tangenza con la carru~ola. Dovremo s.crivere che il momento delle forze applicate, che sono T 1 e -T2 (il peso ha evidentemente momento nu}lo), rispetto al centro di rotazione è uguale alla derivata del momento della q1p=mtita' di moto. Avremo allorà:
ossia:
T1
-
dv T 2 = À • -rrR • · dt
3) Le forze appliçate al terzo tratto di filo sono T 2 , il peso e la reazione -Ts nel punto di contatto col piano 'di appoggio. Avremo allorà:
4) Le forze applicate su.11 'elementino dx che si solleva nel tempo dt sono: la tensione T 3 che ha direzione verticale, la, reazione della parte di filo ancora appoggiata, che è pero' orizzontale e quindi non contribuisce alla variazione della quantita' di moto, il peso e la reazione dell'appoggio che sono perd infinitesime e quindi, al limite, trascurabili. La variazione della quanti ta' di moto nel tempo dt e': Àdx ·v. Quindi si ha:
Ts
· 'Adx·v
=--dt
= Àv
2
"
527 ..
Sommando membro a membro le quattro relazioni cosi' ottenute si perviene ad eliminare le tensioni T 1 T 2 T 3 e s1 ottiene infine: g Àx "' À ( x + l ) -
dv
+ Àv
dt
2
o s s 1 a an eh è : gx = V
'2.
dv +(x+l)v-dx
L'equazione cosi' ottenuta si integra immediatamente una prima volta moltiplicando i due membri per 2(x+l). Risuita: d
'2.
'2.
2gx(x+l) = - [v (x+l) ] dx
e quindi, tenendo conto delle condizioni iniziali (v=O per x=h) v
1
=-x +l
[2 '
3
3
'2.
'2.
]½
-g(x -h )+gl(x-h) 3
N. 297
01'.
Il pendolo attaccato al carrello (pendolo ellittico)
Il punto di sospensione di up pendolo semplice di massa m e lunghezza l, anziche' essere fisso, coincide col baricentro di un piccolo carrello di massa M, mobile lungo un,a rotaia .oriz-• zontale, parallela al piano di oscillazione (fig.l). A carrello fermo, il pendolo viene allontanato dalla verticale,dopo di che il sistema viene lasciato oscillare liberamente. Si impostino le equazioni del moto e se ne trovi il periodo, nel caso di piccole oscillazioni.(Si introdu~ano opportune schematizzazioni e si trascurino gli attriti).
Il modo piJ semplice di schematizzare il sistema~ quello di assimilarlb al caso di due masse puntiformi M ed m, collegate da un filo inestensibile e di massa trascurabile, supponendo M mobile liberamente lungo una guida orizzontale AB ed m libera di oscillare nel piano verticale contenente la guida.
-
52 8 •
Per seri vere le equazioni del moto di un tal e si sterna si puo' procedere in molti modi diversi. Ne consideriamo qui di seguito alcuni, allo scopo di mettere a confronto tra loro i vari procedimenti. a) Teoremi
di
conservazione
L'equazione del moto ammette due integrali primi .. Dato infatti .che si e' convenuto di trascurare le forze dissipative, vale il teorema di conservazione dell'energia meccanica. Inoltre, siccome le forze esterne (peso, reazione d'appoggio) sono tu~te verticali, si conserva la componente orizzontale della qu~ntiti di moto totale del sistema.
A
E a:
m Il pendolo attaccato al carrello
Vediamo, prima _di_ tutto, di scrivere la conservazione del1 'energia meccanica. Indichiamo con vB la velocita' del baricentro e con 'lfl'angolo che il filo del pendolo fa con la vertie al e . Ri sul t a:
1
2
2
(m+M)vB +
1
2
•2
I1"
+mgl(1-cos#') =cost
(1)
-
529 -
dove il primo termine e' l'energia cinetica della massa totale del sistema, supposta concentrata nel baricentro del sistema e il secondo termine e' l'energia cinetica del moto relativo al baricentro (teorema di Konig).Che questo secondo moto non possa essere altro che un moto di rotazione, deriva dal fatto che le distanze tra ciascuna delle due masse puptiformi e il baricentro sono necessariamente costanti. Il terzo termine della (1) infine e' l'energia potenziale della massa m, quando si assuma come livello di riferimento di energia potenziale zero quello che passa per la posizione di riposo della m stessa. Il valore della costante a secondo membro della (1) si puo' facilmente determinare, in base alle condizioni iniziali specificate nell'enunciato. Indicando con ifa l'elongazione iniziale del pendolo si hà: V
B
= Q
La costante vale quindi mgl (1--cos -v"o) e l'equazione esprimente la conservazione dell'energia s1 scrivé:
1
2
1
.
2
(m+M)v 8 +-111-' +mgl(cos 'Ilo- cos-J') =O 2 2
(2)
Dobbiamo ora tener conto della conservazione della componente orizzontale della quantita' di moto totale.Ricordiamo che 1 la quantita' di moto totale di un sistema di punti materiali e data dal prodotto della massa totale per la velociti del baricentro:
Ora, la componente orizzontale della velocita' del baricentro e' inizialmente uguale a zero: essa si mantiene dupque 1 nulla per tutta la durata del moto e la velocita del baricentro coincide sempre con la sua componente verticale:
D'altra parte rispetto agli assi segnati 1n figura dentemente si ha:
1 evi-
m z 8 "' - - l cos ~
M+m
M.Ageno - Esercizi e problemi di Fisica
Disp, 67
-
5 30 -
e quindi::
d ( ml
) =---sen1"1Y ml .
v = - - - - cos#' B dt M+m
Siccome poi il momento d'inerzia un asse baricentrico e':
(M+m)
2
( 3)
m+M
del
mM
sistema
= --l
+ m
2
attorno
ad
(4)
M+m
sostituendo le espressioni ora trovate per v 8 e I nella (2) si ottiene come equazione del moto: m 2 ) • 2 2g (cos 1"- cos # 0 ( 1 · · - - cos ·'/J' '1t "' M+m l
)
( 5)
Questa equazione, tenuto conto delle condizioni iniziali, determina 1" in. funzione del tempo e risolve percio' completa-mente il problema. b) Equazioni cardinal i
del
moto
Siano x 1 z 1 le coordinate della massa Me x 2 z 2 quelle della massa m. Per scrivere le equazioni cardinali del moto, conviene assumere come variabili per descrivere la configurazione del sistema l'ascissa x 1 della massa M e l'angolo 'Il' che il filo del pendolo fa con la verticale. E'allora:
y1 =O Z1 =
o
X2 ,., X 1
Y2
-
l sen 1t
( 6)
,: o
Z2 =
l cos
'I}"
e le componenti della quantita'dimoto totale del sistema sono:
La prima equazione cardinale del moto:
-
5 31 -
dQ'
dt dove con F,(e) si e' indicato la risultante delle forze esterne, fornisce allora le due equazioni scalari:
d
( 7)
dt d
dt
(8)
[ - m l se n 'IP'?J'] · -- ( m-1-M) g - R
essendo ff la reazione d'appoggio dellamassaM sulla guida orizzontale. Per scrivere la seconda equazione cardinale del moto, occorre prima. di tutto scegliere in modo conveniente il centro di riduzione per il calcolo dei momenti, Di solito, si sceglie come centro di riduzione un punto fisso o il baricentro del si• sterna In tal caso l'equazione si scrive hella forma semplifica_ta:
dK
dt
Q'
ove K" e' il momento delle quantita' di moto del sistema ed M,(e) e' il momento risultante delle forze esterne, Nel nostro caso, sceglieremo invece come centro di riduzione il punto occupato dalla massa M. Questa scelta presenta il 1antaggio di eliminare automaticamente la reazione vincolare R~che ha momento nul-lo rispetto al centro di riduzione. Tuttavia, siccome il cen tro di riduzione non e' u:n punto fisso e non coincide col bari--centro, l'equazione va scritta nella sua forma piu'. generale
vi
ove la velociti del centro di riduzione. Le componenti x e di questa equazione sono nel nostro caso identicamente nulle e l'equazione stessa si riduce alla sua componente y 1 secondo un asse perpendicolare al piano del disegno della figura 1. Si ha: z
Ky -= -l sen#"· ml sen#iJ-+
cos#[mx 1
-,
[v. I\ Q] y
=-
x1 Qy
-
ml cosef-t)I'] =ml cos'lfi 1
= ml
x1
s e n #i,,
2
-
ml ,&,
..
5 32 -
Si ottiene cosi' l'equazione scalare:
d
dt
[x 1
e ò s # - l 1"] · + x1 se n 1'1""' g se n ef
(9)
Le equazioni {7) e (9) determinano il moto,in quanto permettono, tenuto conto delle condizioni iniziali, di calcolare x 1 e 17 in fu11 zione del tempo. La ( 8), una volta note x 1 e #, fornisce il valore i·stantaneo della reazione d'appoggio Con una prima integrazione, la (6) fornisce:
R·
d
(10)
dt
La conservazione della componente orizzontale della quant i t i di moto totale (eq. (7)) ha dunque come conseguenza che la componente orizzontale della velocita' del baricentro si man-· tiene costante nel corso del moto. E'infatti:
Mx
1
+ m( x 1
-
l se n #')
M +m Nel nostro caso,le condizioni iniziali ci assicurano ch'essa era nulla all'inizio del moto. Essa sari quindi sempre nulla e la costante a secondo membro della (10) risulta uguale a zero. Se inoltre conveniamo di scegliere l'origine delle coordinate in modo che ail 'inizio del moto sia xB~,o, integrando nuovamente la (10) avremo sempre:
da cui:
ml
X1
(11)
"---sen,,;, M+m
Sostituendo nella (4) a x tiene:
il valore cosr trovato,
si ot-
(12)
che e' l'equazione che si ottiene derivando tempo.
la
(5) rispetto al
-
533 ..
- -
e) Principio di D'Alembert
Siano oP 1 e 0P2 gli spostamenti delle due masse puntiformi Me m rispettivamente, per un generico spostamento virtuale del sistema. Si deve avere nel nostro caso: (13)
dove "ii,1 e a-i sono le accelerazioni di M e di m rispettivamen-· te. Assu!Tlendo sempre x1 e 1" come parametri per descrivere la configurazione del sistema, le componenti di a1 sono:
e quelle di a2:
Y2 , , o z 2 =-lcos'/J'1Y-
sen'lf'?i-
come subito si ottiene derivando le (6). Applichiamo la (13) a due spostamenti virtuali del sistema, tra loro indipendenti. Possiamo per esempio assumere come tali: 1) uµa traslazione infinitesima lu~go l'asse x:
f?1 = 81)2
= (X,
Q, 0)
Risulta per essa: -Mx 1 dx - (mx
•2
1
••
+ml sen'/J''!J- - ml cos?f'lf')dx
=
O
ossià:
equazione che coincide con la (7), 2) uµa rotazione in fini tesi ma del pendolo attorno punto di sospensione. Si ha in questo caso:
-
oP 1
=
O
-
oP 2 = (- l cos'/J'd?J-, O, - l sen?fd'lf')
e quindi la (13) diventa: mx2l cosifd#-· (mg - mz 2 )l sen'lfd'/J'= O
al
suo
-
5 34 -
equazione che coincide con la (9).
d) Equazioni di Lagrange della 1a specie Essendo il moto limitato al piano xz,le equazioni dei vincoli imposti al sistema sono:
(14)
Le equazioni di Lagrange della prima specie:
(i =1,2 ... N) si riducono nel nostro caso alle quattro equazioni scalari seguenti
Mx1 =-2À.2(X:rxi> M'i2
=0
Mg
mx 2
"'
2À. 2
mz 2
"'
mg ❖
+À.1 -·
2À.2(zrzd (15)
( X
r
X
i)
2À.2 ( z 2 -
z1
)
dove À. 1 e À. 2 sono funzioni incognite del tempo (moltiplicatori di La grange), Queste quattro equazioni, in unione al le due equazioni vincolari (14), permettono di determinare in funzione del tempo le quattro coordinate x1,z1,x2,z 2 e i due moltiplicatori À.1_, À.2 , Dalla prima e dalla terza delle (15) si deduce immediatamente:
ossia:
d -dt
(Mx
i
+
mx 2.) '" O
equazione che coincide con la (7). Integrandola con
le
solite
-
535 -
condizioni iniziali viene:
relazione che, in up.ione al le equazioni dei vin col i ( 14) fornisce l'equazione della traiettoria della pallina del pendolo. Ponendo infatti nella seconda delle (14): Z 1
= 0
viene: 2 X 2
2 Z ·2
----+--= 1 z2 J!!!_ ( M+m/
,2
(16)
che dimostra che la pallina del pendolo descrive up.a ellisse di semiassi (M/M+m)l ed l,avente iL centro nell'origine delle coordinate (donde il nome di pendolo ellittico al dispositivo). Moltiplichiamo ora ordin'atamente le equazioni del moto ( 15) per x1 ,i 1 ,x 2 ,i 2 e sommiamole membro a membro. Si ottiene:
dove con T si e' indicata I 'energia cinetica totale del sistema. Ma derivando rispetto al tempo le equazioni dei vincoli (14), risulta: Z 1
=
0
Resta quindi: d - ( T ) =mgi2 dt
eq_uazione che esprime semplicemente la conservazione dell'energia e coincide quindi con la (1). Integrandola infatti rispetto al tempo si ottienei
-
dove
Z20
53 6 -
e' la quota iniziale di m.Ponendo in qu!'!sta equazione:
m
M+m
M
lsen'IJ"
M+m
l sen
~
z 2 = l cos #"
si rio t t i en e 1 a ( 5 ) .
e) Equazione di Lagrange della 2a specie Siccome il sistema ha due gradi di liberta' sono necessarie per descriverne la configurazione due coordinate e si avranno due equazioni .. Come coordinate scegliamo al solito l 'ascissa x 1 della massa Me l'angolo# che il filo