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Italian Pages 370 [367] Year 1973
© 1973 Gabriele Mazzotta Editore Foro Buonaparte, 52 - 20121 Milano
LUCIANO AGUZZI
EDUCAZIONE E SOCIETÀ A CUBA
GABRIELE MAZZOTTA EDITORE
INDICE
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La situazione educativa prima della rivoluzione
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...... 1. Il sottosviluppo a Cuba 2. La tradizione nazionale e la società neocoloniale 3. Dipendenza economica, miseria e analfabetismo nel periodo repubblicano ........ 4. Il ministero dell’Educazione ...... 5. L’università .........
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Introduzione
Pr im a Pa r t e : LA POLITICA EDUCATIVA DELLA RIVOLUZIONE SINO AL 1963 ...................................... I
II
I primi anni della rivoluzione e i problemi della educazione .........
1. Il programma e l’azione dei ribelli dal 1953 al 1961 2. I problemi politici ed economici nei primi anni della rivoluzione ......... Istruzione primaria e secondaria . ... . La campagna di alfabetizzazione del 1961 Gli inizi del programma di educazione degli adulti La riforma dell’università ...... La ricerca scientifica e la diffusione della cultura La linea di massa come metodo rivoluzionario
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III Educazione e sviluppo socio-economico
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La situazione economica e la mancanza di tecnici . La situazione nel settore agropecuario . . . . La situazione nel settore industriale .... La situazione in altri settori socio-economici . . . Lastruttura della forza-lavoro e l’inserimento della donna nel lavoro produttivo . . . . . . . 6. Riforme sociali e trasformazione del carattere di alcune professioni . . . . . . . . . 7. Alcune prospettive di sviluppo . . . . . 1. 2. 3. 4. 5.
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Se c o n d a Pa r t e : L’ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA ATTUALE ................................................................... I Amministrazione scolastica
1. 2. ò. 4. 5. II
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
.....
L’organizzazione della scuola dell’obbligo
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Il circolo infantile ........ Il prescolare ......... La scuola primaria ........ La secondaria basica ........ Le scuole speciali e differenziali ...... I sussidi didattici e la gratuità dello studio » Libri di testo e contenuti politici ...... .
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Principi generali ......... Il preuniversitario . ... . . . » L’istruzione tecnica e professionale . ... » L’istruzione tecnico-militare ...... » Altri tipi di scuole ....... » L’orientamento professionale ......
IV La formazione degli insegnanti elementari e medi
1. 2. 3. 4. 5.
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Il ministero dell’Educazione ....... Amministrazione scolastica periferica . ... » Gli organismi popolari dell’educazione » Collaborazione interministeriale e con altri organismi . » Le spese per l’educazione .......
Ili L’istruzione secondaria superiore .
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L’insufficienza di insegnanti ....... La formazione dei maestri elementari . ... » La formazione degli insegnanti medi . ... » L’aggiornamento professionale degli insegnanti . . » La condizione socio-economica degli insegnanti . . »
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Le strutture universitarie . . . . . L’accesso all’università e la selezione politica Gli studenti: il loro « status », il diritto allo studio La didattica. I manuali di testo. Gli insegnanti La valutazione dei docenti e degli studenti I compiti dell’università . . . . . La ricerca scientifica ...... Prospettive di sviluppo . . . . .
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Te r z a Pa r t e : PROBLEMI E PROSPETTIVE
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I Alcuni problemi sociali dell’educazione
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V L’educazione degli adulti
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1. Tutta Cuba è una grande scuola . 2. L’educazione « obrera y campesina » 3. La superación de la mujer . .
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VI Organizzazione e compiti dell’università
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
La diserzione scolastica ...... L’assenteismo scolastico . . . . . Il ritardo scolastico ...... La disciplina a scuola ...... La selezione scolastica ...... L’assistenza sociale e sanitaria dei minori Delinquenza minorile e condotta sociale del minore La disciplina operaia nei centri di lavoro L’eredità del passato e le prospettive per il futuro
II Educazione e aspetti antropologici
1. 2. 3. 4. 5. 6.
Ili L’educazione delle masse popolari
1. 2. 3. 4.
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Le motivazioni sociali dell’educazione .... » Profilo della gioventù cubana ...... Educazione e integrazione razziale . ... » Fattori religiosi ......... Ragazzi e ragazze ......... Città e campagna ......... .
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La pedagogia dei discorsi di Fidel e degli altri dirigenti . » Il partito comunista ........ Le organizzazioni di massa ....... Radio, televisione, cinema e manifesti come veicoli del dialogo ..........
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5. I libri, le biblioteche, i giornali ..... 6. L’integrazione degli intellettuali nel processo rivoluzionario
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IV L’educazione e la costruzione del comuniSmo
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Conclusioni
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1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 1. 2. 3. 4.
L’ideologia della rivoluzione ...... Socialismo e comuniSmo ...... Incentivi materiali e morali ...... Educazione e lavoro produttivo ..... La formazione dell’uomo nuovo ..... La scuola al campo e la scuola nel campo L’universalizzazione dell’università .... .......
Il significato politico dell’esperienza educativa cubana Educazione: una sovrastruttura ..... Educazione critica ed educazione dogmatica Alcune previsioni di sviluppo .....
Appendice Bibliografia
...... .........
Indice dei nomi
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.....
INTRODUZIONE
I Cuba è da qualche tempo fuori moda. La sinistra europea crea e divora in breve tempo i suoi miti e dopo gli anni esaltanti degli inizi, della teoria guerrigliera di « fuochi », dell’alternativa di una linea politica internazionalista dal braccio armato opposta alla coesistenza pacifica dell’URSS, durante i quali ha santificato tutto ciò che era cubano, ora, di fronte alle difficoltà economiche « rivelate » con l’« autocritica » del 26 luglio 1970, di fronte alle posizioni politiche che i cubani hanno preso nei confronti degli ultimi avvenimenti in America Latina, di fronte ai nuovi rapporti politici con l’URSS, per la sinistra europea, sempre in cerca di qualche paese a cui esportare teorie rivoluzionarie e dal quale importare miti da spendere e consumare quotidianamente , Cuba sembra tornata nel numero dei paesi la cui esperienza non offre nulla di esaltante, in fondo, di romantico, di consolatorio. Cosi è avvenuto che dopo una ricca produzione di articoli, opuscoli, libri e saggi su Cuba, quasi esclusivamente destinata al consumo immediato e fra cui solo pochi contributi si salvano, anziché succedere una fase di maggior impegno, di maggior volontà di capire cominciando una indagine seria e concreta dei vari aspetti della realtà cubana, è subentrato il disinteresse dei più. Si è capito e voluto capire poco, cercando a Cuba la conferma di proprie ideologizzazioni anziché, più umilmente e utilmente, ciò che di vero c'era a Cuba, dimostrando cosi la presunzione e l’intellettualismo astratto di gran parte della sinistra europea e la facilità, anche,
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di piccole o grandi operazioni speculative che, sebbene colorate di rosso, hanno davvero poco a che fare con la sinistra e la lotta rivoluzionaria. Oggi, Cuba è in qualche modo un argomento troppo consumato e, insieme, un argomento tutto da scoprire. In Italia, fra le decine di libri su Cuba pubblicati dal 1959 ad oggi, probabilmente quelli che si leggono ancora con interesse sono cinque o sei, quasi tutti di autori stranieri tradotti. Da qui, la necessità, direi quasi il dovere, di sforzarsi di capire di più. Di analizzare, con indagini e ricognizioni settoriali, piu concretamente i vari aspetti in cui si sono realizzati e si realizzano i problemi della rivoluzione cubana, il suo sviluppo, le sue difficoltà e i suoi successi.
II Per quanto mi riguarda, ho cercato di fare ciò con una indagine complessiva sul sistema scolastico cubano e sulla politica dell’educazione portata avanti sino ad oggi dalla rivoluzione. Si tratta di uno studio che obbligatoriamente presenta solo un quadro generale delle esperienze educative cubane, senza avere la possibilità di dilungarsi e approfondirsi nell’esame di singoli problemi o singoli episodi. Trattandosi, per quanto mi risulta, della prima indagine complessiva del settore dell’educazione, ho dovuto dedicare molto spazio alla parte descrittiva, per evitare di cadere ancora una volta in un discorso ideologistico, mitologico, parlando dell’educazione senza prima descriverne le strutture e le forme concrete in cui essa si realizza a Cuba. Spero che questo possa costituire un contributo di base che, sgomberando il campo dalla ripetizione continua dei luoghi comuni sulla scuola di Cuba, inviti ad approfondirne i singoli aspetti e problemi al di là dell’omaggio formale che si è soliti leggere in articoli di giornali e riviste. Molti di questi problemi sono rilevanti e vanno esaminati, subito dopo aver dato il senso generale dell’esperienza cubana e il suo significato e rilievo storico. Altrimenti, c’è il pericolo che la « gerarchia » dell’importanza dei vari problemi venga alterata, causando, è ovvio, confusione e distorsioni nella loro interpretazione. Cosi, certe esaltazioni di singoli episodi e certe critiche, anche aspre, sebbene giuste in sé, al di fuori di una loro collocazione nel complesso delle
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esperienze educative cubane, non possono non generare idee sbagliate. Fra gli altri problemi che non ho potuto trattare perché non rientranti nel quadro del presente studio, vi è quello della « rivoluzione culturale » di cui si è parlato a proposito della campagna di rinvigorimento delle organizzazioni di massa iniziata a Cuba dopo l’insuccesso della zafra dei dieci milioni. È vero, la critica e l’autocritica spesso sono state radicali, ma è anche vero che quasi sempre ci si è fermati al livello burocratico-organizzativo, restando lontani da una vera « rivoluzione culturale », da una « rifondazione » dell’ideologia rivoluzionaria con la mobilitazione delle masse. Altro problema importante rimasto sottinteso è quello della funzione del nazionalismo e militarismo cubani. Dalle pagine che seguono, il lettore capirà facilmente che essi non hanno a che fare con un nazionalismo e militarismo di tipo europeo che ricorda immediatamente il fascismo, ma che anzi, da una parte, affondano le radici nella tradizione più popolare e progressista di Cuba e, dall’altra, nella necessità di una continua mobilitazione generale contro il blocco USA e contro lo sbarco di mercenari organizzati dalla CIA. Tuttavia, c’è molto da dire sul rapporto e sugli equivoci non chiariti fra quella tradizione progressista, si, ma borghese, di cui Marti può dirsi il maggiore rappresentante, e la rivoluzione comunista che rappresenta non semplicemente una continuazione, ma una rottura radicale. Altri equivoci da chiarire si possono notare a proposito della concezione della lotta di classe, che non si può limitare solo al fronte internazionale e, all’interno, a critiche periodiche contro la burocratizzazione di apparati e strutture amministrative. I dirigenti cubani sembrano non avere la consapevolezza, se non per episodi frammentari, che la lotta di classe continua anche oggi, all’interno dì Cuba. I fenomeni di burocratizzazione, il malessere di alcuni artisti e intellettuali, le « deficienze degli uomini » durante la zafra del 1970 e altri episodi simili rappresentano altrettanti esempi di lotta di classe oggettivamente controrivoluzionaria, contro cui la rivoluzione farebbe bene ad essere più severa e radicale e mobilitare le masse in una « rivoluzione culturale » che ripulisca più a fondo il paese. Inoltre, non ho avuto la possibilità di discutere singoli difetti, episodi e fenomeni che contrastano col quadro generale delineato, nel campo delle strutture scolastiche. Se ad ogni eccezione, ad ogni dubbio, ad ogni permanere di tendenze burocratiche avessi dovuto soffermarmi a darne conto, avrei inutilmente appesantito questa prima
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indagine. La discussione puntuale di ogni aspetto, la critica di ogni episodio negativo vanno demandate al lavoro di accumulo paziente di testimonianze, articoli e saggi. Nella misura in cui, in futuro, si avrà il coraggio di evitare i luoghi comuni e di testimoniare non sulle cose generali che si son lette, ma su quelle particolari che si sono viste e conosciute direttamente. Infine, al lettore disattento, potrebbe sembrare che l’educazione a Cuba si svolge in funzione dello sviluppo economico. Se ho trattato ampiamente il rapporto fra educazione e sviluppo economico, è solo perché questo rapporto è basilare per comprendere i problemi della educazione cubana e per dimostrare la serietà e la concretezza con cui si muovono i cubani, al di fuori di ogni astrattismo della pedagogia idealistica ancora di moda in gran parte del mondo. Ma è chiaro che gli sforzi fatti nel settore dell’educazione sono innanzi tutto una scelta politica, una scelta di progresso sociale, di giustizia sociale, di etica rivoluzionaria. Ed è anche chiaro, però, che l’educazione dell’uomo non potrà avvenire e svilupparsi adeguatamente se non si sviluppano parallelamente le sue condizioni materiali di vita. In sostanza, si potrebbe dire che non è l’educazione ad essere subordinata allo sviluppo economico, ma esattamente il contrario, perché l’economia è la base per un arricchimento continuo delle possibilità sociali dell'uomo.
Ili A questo punto, si può dire che una prima chiave di lettura delle esperienze educative cubane è quella di osservarle dal punto di vista dei problemi della rivoluzione e della costruzione del socialismo e del comuniSmo. Tali problemi si devono studiare non nella ideologizzazione che viene fatta obbligatoriamente a livello politico, ma nella realizzazione, nella materializzazione che di essi avviene nelle strutture e nelle istituzioni che la rivoluzione si è data nei suoi vari settori. È una lettura politica della pedagogia cubana che può darci preziose indicazioni attorno al rapporto fra pedagogia e rivoluzione, fra pedagogia e sottosviluppo, aiutandoci ad arricchire il bagaglio teorico e pratico della pedagogia marxista e del rapporto fra politica ed educazione in genere. Il dibattito, vivo anche in Italia, contro la scuola
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come corpo separato a favore di una scuola tutta decentrata e immessa nella vita sociale e quindi soppressa come istituzione speciale, oppure a favore di una riforma, più o meno radicale di essa, senza però toglierle il suo carattere di istituzione speciale, può trarre motivi di riflessione e approfondimento dalle esperienze cubane. I temi di fondo della pedagogia marxista, l’unione dello studio col lavoro produttivo e la formazione di un uomo onnilaterale e la politecnicizzazione dell’istruzione sono vissuti a Cuba in maniera originale e arricchiti da altri motivi, come quello dell’universalizzazione dell’istruzione, per cui i marxisti non possono ignorarne gli aspetti più interessanti sui quali è anzi necessario meditarci sopra e tornarci in un esame comparativo con i sistemi scolastici di altri paesi socialisti, per individuare nuovi elementi di indagine che arricchiscano ciò che noi oggi sappiamo sulle fasi di passaggio verso la costruzione del comuniSmo.
IV Una seconda chiave di lettura è quella pedagogica, dal punto di vista del rapporto scuola-società, dei problemi metodologici della pedagogia comparata e delle scienze pedagogiche nel loro complesso, oltreché, naturalmente, dal punto di vista semplicemente informativo sui singoli contenuti didattici, organizzativi, ecc. del sistema scolastico cubano. La società ha prevalso sempre sugli indirizzi scolastici, plasmando a suo modo i suoi cittadini. Proprio per questo la scuola è pesantemente monopolizzata dal sistema politico al potere e rappresenta il principale strumento di diffusione ideologica e di formazione del consenso. Solo con un’altra operazione ideologica, cioè politica e di senso contrario, rivoluzionario, la scuola potrà uscire dal suo steccato. L’esempio cubano è clamoroso: al di là di ogni possibile previsione, agendo non con strumenti strettamente pedagogici ma con gli strumenti politici di una rivoluzione radicale nelle strutture economiche e sociali, si sono ottenuti dei risultati invidiabili anche da molti paesi sviluppati, ricchissimi di tutto, fuorché di un potere rivoluzionario. Dunque, l’indagine sul rapporto scuola-società deve soprattutto individuare nella scuola tutti i momenti attraverso cui passa l’ideologia
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del sistema di potere politico e i contenuti che la rendono funzionale ad esso. C’è la relazione fra la formazione scolastica e il mercato del lavoro, l’organizzazione della produzione economica e delle sue forme ideologiche. Le scienze sociali devono rifiutare gli schemi di analisi di tipo ideologico e sostituirli con schemi di analisi di tipo economicostrutturale. Cosi, per ciò che riguarda il rapporto scuola-società, possiamo passare dai momenti didattico, psicologico, sociologico e politico-amministrativo, già indagati dalla pedagogia borghese, al momento rivoluzionario, indagato dal punto di vista della teoria e della pratica della lotta politica. A Cuba i dirigenti sono ben convinti che ciò che possono fare lo devono alla rivoluzione. L’uso della scienza e della tecnica nel processo di sviluppo economico e sociale è esso stesso reso possibile dalla rivoluzione. Questo primato della politica lo si ritrova in tutto il modo di procedere dei cubani, ad iniziare dalla scelta di uomini a cui affidare incarichi di responsabilità nei diversi settori della vita del paese: si preferisce un uomo politicamente fidato, anche se di incerta competenza, ad un tecnico non completamente integrato nel processo rivoluzionario. Ciò non si deve semplicemente ad un problema di sicurezza o garanzia politica, ma alla consapevolezza che per la soluzione degli immensi problemi che un giovane paese deve affrontare sulla via dello sviluppo, lottando contemporaneamente contro forze politiche avversarie interne ed esterne, la competenza tecnica non è sufficiente, quando non sia accompagnata dall’entusiasmo e dalla capacità di collegarsi con le masse popolari e suscitarne le energie e l’appoggio. Inoltre, la politica ha la precedenza sulle scelte tecniche anche perché è essa, appunto, a scegliere questa piuttosto che l’altra soluzione tecnica. È la politica che decide come utilizzare le risorse umane e finanziarie del paese, in quale direzione muoversi e verso quali obiettivi. Sono gli interessi della classe al potere che determinano il corso politico del paese e le scelte che in base ad esso vengono prese nei vari settori. In un rapporto ufficiale, il ministero dell’Educazione di Cuba afferma: « L’educazione è stata per tutto il corso della storia della società umana un prodotto delle classi sociali che hanno dominato in ciascun periodo. Il contenuto e l’orientamento dell'educazione sono determinati, inoltre, dalle classi sociali che si trovano al potere. A Cuba sono al potere gli operai, i contadini, gli intellettuali progressisti e i ceti medi della popolazione, che costituiscono una so-
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cietà democratica nella quale scompaiono i privilegi dei gruppi, delle classi, e si elimina la proprietà privata dei mezzi fondamentali di produzione. Chiunque voglia conoscere quali sono gli orientamenti della nostra educazione, dovrà studiare gli interessi degli operai, contadini, intellettuali e ceti medi della popolazione e troverà la risposta. Questi fatti condizionano il fine, gli obiettivi, l’orientamento, i contenuti e i metodi dell’educazione nella nostra patria. » 1 È sostanzialmente negata ogni pretesa di neutralità delle istituzioni scolastiche. Esse non hanno il compito, in base ad una astratta scienza dell’educazione, di formare dei cittadini i quali, solo in un secondo tempo e in base alla formazione avuta, sceglieranno la loro collocazione politica e ideologica, ma hanno invece il compito di formare dei cittadini nell’ambito di una scelta politica ed ideologica, e la formazione assume soprattutto il significato di integrazione in quelle scelte politiche che la società ha già fatto. Da questo punto di vista, risaltano immediatamente i limiti della pedagogia comparata attuale e delle scienze sociali in genere applicate allo studio dei problemi pedagogici. Nelle opere dei principali autori e nei volumi pubblicati dall’UNESCO, ci si ferma quasi sempre a descrizioni e analisi dei fenomeni dell’educazione fatte a livello sovrastrutturale, sociologico, senza toccare i problemi dei conflitti di classe. Ne risultano una totale incomprensione dei motivi di fondo delle vicende pedagogiche dei vari paesi e una incredibile incertezza metodologica e frammentarietà, superabili solo nel principio marxiano della totalità, cioè solo con una indagine marxista. Al contrario, in questo studio su Cuba ho cercato di partire proprio da dove gli altri si fermano: è dallo studio dei conflitti sociali che si possono trarre le più importanti indicazioni e illuminazioni sulla evoluzione dell’educazione. Non per volontà di provocazione, che anzi ho cercato di utilizzare nel modo migliore gli strumenti metodologici e le acquisizioni sin qui raggiunte dalla pedagogia comparata, ma per la convinzione che se non si parte da ciò che rappresenta la molla della dinamica dei mutamenti sociali, non si riuscirà a comprendere quasi nulla e ci si limiterà a descrizioni e interpretazioni che non raggiungeranno mai il nodo delle strutture, cioè, il nocciolo dei problemi. Infine, mi è parso necessario non limitare l’indagine agli aspetti
1 Republica de Cuba, Ministerio de Educación, Informe de Cuba a la Conferencia sobre Educación y Desarrollo Econòmico y Social, l’Avana, 1962, p. 21.
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strettamente scolastici ma allargarla a tutta la società. Gli obiettivi della rivoluzione cubana sono grandiosi e di portata universale e anche se non tutti sono stati realizzati e forse non si realizzeranno ancora per decenni, è estremamente interessante analizzare come una intera società si è mossa per essi. La formazione di una nuova società e di un uomo nuovo sono in fondo gli scopi fondamentali della educazione: da questo punto di vista, tutta l’esperienza cubana è una esperienza educativa. Per questo, per indagare attorno al rapporto scuola-società a Cuba, non ci si può limitare alla scuola come istituzione speciale, ma si deve anche rivolgere l’attenzione alla funzione educativa di altri istituti e di altri fenomeni della realtà cubana. Del resto, più volte e con orgoglio i cubani hanno detto: « Tutta Cuba è una grande scuola. » E se questo è vero nel senso che fra gli impegni di ogni cubano vi è quello di aumentare la propria istruzione, è anche vero nel senso che ogni avvenimento cubano è rivolto alla trasformazione della coscienza dell’uomo, cioè ad una profonda opera di educazione.
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LA POLITICA EDUCATIVA DELLA RIVOLUZIONE SINO AL 1963
I LA SITUAZIONE EDUCATIVA PRIMA DELLA RIVOLUZIONE
1. Il sottosviluppo a Cuba
In uno studio della Agrupación Católica Universitaria del 1956, citato ampiamente da Fidel Castro nel discorso del 13 marzo 1968/ si legge: « Al termine di una delle riunioni che abbiamo tenuto in questi mesi, il dottor José Ignacio Lasaga disse una frase che non potremo dimenticare: "In tutti i miei viaggi in Europa, in America, in Africa, raramente ho trovato contadini che vivessero piu misera mente del lavoratore rurale cubano.” Spiegò inoltre come i 350.000 lavoratori agricoli e altre 2.100.000 persone che dipendevano dalla sua amministrazione godevano tra tutti di un reddito annuo di soli 190 milioni di pesos. Il che significa che, pur costituendo il 34% della popolazione, costoro hanno soltanto il 10% del reddito na zionale. « La nostra amata patria continua a soffrire intensamente dei mali del latifondismo in quanto la ricchezza viene prodotta in cam pagna, ma dissipata all’Avana. Il lavoratore rurale cubano, ingannato dai governi e dimenticato dai dirigenti di tutti i settori nazionali, si mantiene scontrosamente onesto, morale e umano, attendendo con tristezza, ma con dignità, che i piu preparati e i piu dotati vengano ad aprirgli la strada e a insegnargli a marciare verso lo sviluppo e 1 Fidel Castro, Difficoltà e prospettive della costruzione socialista, Milano, Feltrinelli, 1968, pp. 39-43.
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il progresso. » Ecco dunque documentata da una fonte insospettabile una delle radici della rivoluzione cubana! Il documento prosegue: « Soltanto il 4% dei nostri intervistati menziona la carne come ali mento integrante la razione quotidiana abituale. Quanto al pesce, si è registrato meno dell’1%; le uova sono consumate dal 2,12% dei lavoratori agricoli e il latte soltanto dall’11,22%. Il pane, alimento universale per eccellenza, simbolo stesso dell’alimentazione umana, viene consumato soltanto dal 3,36% della nostra popolazione agri cola. [...] « Rispetto all’indice della diffusione della tubercolosi, sembra che il 14% dei contadini intervistati soffrano o abbiano sofferto di que sta malattia. Anche la febbre tifoidea ha colpito il 13% dei conta dini. Il 36% è risultato attaccato dai parassiti, coscienti di es serlo. [...] L’80,76% ha dichiarato di ricevere esclusivamente la assistenza del medico “a pagamento”, cioè di un dottore privato che presenta l’onorario per l’opera prestata; soltanto 1’8% riceve assi stenza gratuita dallo Stato e questo è un dato molto significativo. [...] Medicine [...] ecco i risultati piu interessanti: nel 70,49% delle case, al momento dell’intervista, si trovavano medicine. [...] La quarta parte delle medicine prescritte al contadino dal suo medico è costituita da medicamenti inservibili. » Tutto ciò riguarda il settore rurale, più di due milioni di per sone che, nell’economia agricola cubana, fornivano la maggior par te della produzione e del reddito nazionale. Il resto della po polazione era costituito da operai e altre categorie di lavoratori che, se stavano meglio dei contadini, avevano anch’essi grossi motivi per lamentarsi. Nelle città si viveva generalmente meglio che nelle campagne, ma in compenso si era lontani da quella scon trosa onestà e dignità che il documento dell’Agrupación Católica attribuisce ai contadini. In modo particolare, all’Avana si na vigava nel vizio; la città era stata ampliata sullo stile americano ed era diventata un luogo di villeggiatura per i ricchi statunitensi, ac colti da prostitute, da una catena ininterrotta di bar, locali notturni, sale da gioco, bordelli, attorno ai quali si aggirava una fauna vario pinta e sempre alla caccia di denaro. A ciò faceva riscontro la presenza nella città del più misero sottoproletariato di Cuba. Fidel Castro era ben consapevole di questa situazione sociale di estrema miseria quando, nel 1953, nella sua autodifesa davanti al tribunale speciale di Santiago di Cuba, dopo il fallito attacco alla 18
caserma Moncada, diceva: « Per noi il popolo che ci avrebbe so stenuto nella lotta sono i seicentomila cubani disoccupati, che desi derano guadagnarsi il pane dignitosamente. [...] Sono i cinquecentomila braccianti agricoli, che abitano in misere capanne, lavorano quat tro mesi all’anno e soffrono la fame per i rimanenti otto mesi. [...] Sono i quattrocentomila operai industriali e manovali che abitano nei quartieri piu miseri delle città. [...] Sono i centomila piccoli con tadini che vivono e muoiono lavorando una terra che non appartie ne loro. [...] Sono i trentamila maestri e professori che si sacrificano con abnegazione per migliorare il futuro delle giovani generazioni e che vengono cosi male e poco ricompensati. Sono i ventimila piccoli commercianti, carichi di debiti, travolti dalle crisi. [...] Sono i diecimila giovani professionisti, [...] che si trovano con i diplomi in tasca, senza avvenire, con tutte le porte chiuse. » 2 Questo quadro sociale era quello di una società a proposito della quale Bias Roca * scriveva: « L’economia non solo si è man tenuta nella arretratezza, ma anche al di fuori del controllo e del dominio nazionale. Le grandi imprese industriali, le ferrovie, le compagnie di elettricità e telefoni, le banche, molti grandi latifon di, ecc. sono proprietà dei monopoli e di società straniere imperiali ste, quasi tutte nord-americane, che sfruttano tutto il paese, traen do profitti enormi dai loro investimenti e impedendo od ostacolando lo sviluppo dell’economia nazionale e anche della vita politica del paese. » 3 E piu avanti elenca i tratti principali della struttura eco nomica semicoloniale che Cuba aveva sofferto prima della rivolu zione: « 1) Il dominio imperialista straniero su una parte importante della ricchezza nazionale e delle principali leve di comando della economia. « 2) Il latifondismo semicoloniale, come forma predominante di proprietà e possesso della terra (con le conseguenze di dissesto economico e di sottosfruttamento dell’agricoltura). 2 Fidef Castro, La rivoluzione cubana, Roma, Editori Riuniti, 1961, pp. 25, 26. * Segretario del Partito Socialista Popolare (il partito comunista d’allora) prima della rivoluzione. [N.tZ.R.J 3 Bias Roca, Los fundamentos del socialismo en Cuba, l’Avana, Ediciones Populares, 1961, p. 28.
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« 3) Il controllo e quasi il monopolio del commercio estero di Cuba da parte degli Stati Uniti. [...] « 4) L’arretratezza generale dell’economia che mantiene il paese in qualità di fornitore di materie prime o di prodotti semilavorati e come importatore obbligato di articoli industriali di consumo. [...] « 5) La disoccupazione cronica di massa. [...] « 6) La estrema miseria, l’analfabetismo, le malattie endemiche e la depauperizzazione di ampie masse lavoratrici della città e delle campagne. » 4 Nel settore agricolo, come scrive René Dumont, « gli Stati Uni ti tolgono a Cuba l’iniziativa del suo proprio sviluppo economico. Ciò si realizza in funzione non dei bisogni del paese, ma di quelli del mercato americano ».5 Lo stesso autore parla di una « sotto utilizzazione spinta della terra, degli uomini e dei capitali » e di una « economia dominata, squilibrata, speculativa, vulnerabile ».6 La concentrazione fondiaria era spinta al massimo: il 78,5% del le aziende occupavano solo il 15% della superficie agricola, men tre il 2,8% ne occupava il 57%. Queste cifre stanno a signifi care che più della metà di tutti i terreni agricoli di Cuba erano in mano ai proprietari di appena il 2,8% di aziende, le quali erano poste su di una estensione enorme. A tutto ciò si accompagna va il fatto che l’agricoltura di Cuba praticamente, ai fini del com mercio estero, produceva solo zucchero. Michel Gutelman nota che: « La preponderanza del settore zuccheriero si manifestava ancora più pesantemente nel commercio estero. La monoprodu zione zuccheriera o, meglio, la monoesportazione deve essere con siderata come il principale elemento di deformazione dell’econo mia cubana. Un esame del ruolo di Cuba sul mercato mondiale dello zucchero unito ad una analisi socio-giuridica dei rapporti commerciali di Cuba con il suo principale partner, gli Stati Uniti, consente di comprendere sia i meccanismi specifici che erano alla base del sottosviluppo cubano sia il carattere antimperialista della rivoluzione cubana. »7 4 Ibid., pp. 30, 31. 5 René Dumont, Cuba. Socialisme et développement, Parigi, Editions du Seuil, 1968, p. 20. 6 Ibid., pp. 22-28. 7 Michel Gutelman, La politica agraria della rivoluzione cubana 1959-1968, Torino, Einaudi, 1969, p. 50.
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Nel settore industriale la situazione era ancora peggiore, per ché nel quadro dei rapporti commerciali internazionali Cuba dove va essere anzitutto una grande azienda zuccheriera. Se si esclude appunto l’industria zuccheriera, il resto dell’industria cubana si limi tava al settore minerario (altro settore produttore di materie prime che venivano esportate) con produzione di manganese e di nichel. Un’altra fonte di cospicui guadagni per i capitalisti stranieri era quella dei servizi: le aziende fornitrici di energia elettrica, i tra sporti ferroviari, le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Tutto il resto era a Cuba unicamente una economia di sussistenza, che si esauriva nel consumo interno che, come abbiamo visto, era mol to povero. Infatti alle altre distorsioni economiche e strutturali, si aggiungeva una estrema arretratezza tecnica, per cui, ad esempio, esisteva un certo allevamento di bestiame, ma la produzione di carne e di latte era ad un livello cosi basso da non permettere un allargamento dell’autoconsumo. Su questa miseria e arretratezza dominava il governo-fantoc cio di Fulgenzio Batista. Un governo fascista creato e sostenuto fino all’ultimo dagli Stati Uniti; negli ultimi due anni della sua esistenza ha commesso circa ventimila assassinii politici contro le opposizioni. Questa era la situazione socio-economica che i dirigenti della rivolta, all’indomani della vittoria, hanno trovato e hanno dovuto affrontare. L’educazione rappresentava uno dei piu importanti set tori di investimento, uno dei più urgenti per vincere l’arretratezza e il sottosviluppo economico. Gli sforzi fatti in questa direzione rispondevano si ad un ideale politico umanistico, ma non ad un idealismo astratto. L’uomo doveva essere più istruito e avere più coscienza sociale, non per conformarsi ad un astratto ideale del l’essere umano, ma per poter meglio dominare le sue possibilità socio-economiche, migliorare il suo stato, interagire consapevol mente con tutti i fenomeni sociali, costruire in ogni aspetto il suo futuro senza dipendere da altri.
2. La tradizione nazionale e la società neocoloniale Cuba diventa formalmente indipendente il 20 maggio 1902. L’insediamento del primo presidente della Repubblica era stato
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preceduto da tre anni di sovranità nord-americana su Cuba, eser citata attraverso un governo militare che aveva assunto il potere alla conclusione della guerra contro la Spagna. L’insurrezione per la conquista dell’indipendenza nazionale era iniziata nell’aprile 1895, diretta da Marti, Gómez e Maceo. * Nei quattro secoli precedenti, cioè dall’arrivo degli europei a Cuba nel 1492, le isole dell’arcipelago erano state sottoposte a un feroce e quanto mai rapace dominio coloniale da parte della Spagna. La metropoli coloniale non si era mai preoccupata dello sviluppo interno di Cuba, considerandola sempre e solo dal punto di vista delle ricchezze che, attraverso la rapina delle materie pri me, i dazi doganali su ogni sorta di commercio inclusa la tratta de gli schiavi e l’imposizione di tasse ai cittadini, poteva trarne a suo vantaggio. Ma nel corso dei secoli la borghesia creola aveva sviluppato un suo spirito nazionale, prodotta una propria cultura in ogni campo del sapere e, soprattutto, sviluppato degli interessi economici spesso contrastanti con quelli della Spagna. Tutto ciò veniva a costituire una tradizione che era ormai cubana e comple tamente distaccata dalla Spagna, se non per quei legami e rapporti che ogni paese ha sempre con gli altri. La guerra del 1895 rappre sentava la conclusione di una lunghissima serie di ribellioni e ten tativi per conquistare l’indipendenza, che comprendono, tra l’altro, le rivolte antischiaviste del 1812 e del 1843, la guerra dei dieci anni (1868-78), che fu l’inizio di trent’anni di lotte conclusesi nel 1898, con la sconfìtta della Spagna. Lo storico americano Philip S. Foner colloca attorno all’ultimo decennio del 1700 un risveglio nazionale della borghesia cubana e la presa di coscienza che Cuba era ormai una nazione distinta dalla Spa gna e con interessi propri che contrastavano con quelli della metro poli: « Nell’anno 1790, quattro figure di rilievo appaiono sulla scena cubana: Francisco de Arango y Parreno, economista e stati sta; il dottor Tomàs Romay, medico e uomo di scienza; José Augu stin Caballero, il primo filosofo notevole di Cuba, e Manuel de * José Marti, el apostol dell’indipendenza cubana, morì in battaglia il 18 maggio 1895. Poeta, scrittore, giornalista e uomo d’azione, è uno dei più importanti intellettuali e uomini politici latino-aTnericani di ogni tempo. Maximo Gómez, dominicano di nascita, generale capo dell’esercito nella guerra del 1895. Antonio Maceo, generale dell’esercito nella guerra del 1895, viene ucciso dagli spagnoli il 7 dicembre 1896. [N.d.R.J
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Zequeira, poeta lirico: i primi nomi veramente significativi che si distaccano nella storia cubana. Con la loro apparizione cominciò il gran risveglio cubano della fine del XVIII secolo e dei primi anni del XIX secolo. Esso si caratterizzò per un interesse intenso per le riforme economiche, sociali e politiche, per la innovazione scientifica, per la introduzione nell’isola di correnti moderne del pensiero filosofico, per l’espansione della istruzione e l’inclusione di materie scientifiche, come la fisica sperimentale, la botanica e gli studi di agronomia, nella educazione cubana. »8 Questo risveglio si allarga poi attorno agli Anni Venti del secolo scorso con un’altra generazione di intellettuali, fra i quali padre Felix Varela, l’economista José Antonio Saco, gli studiosi, filosofi e letterati José de la Luz y Caballero e Domingo del Monte, e altri fra cui poeti e gruppi di studenti che seguivano il prestigio di insegnanti come i due Caballero e il Varela. In seguito diventa difficile cita re nomi, perché la cerchia degli intellettuali progressisti, in rela zione ai loro tempi e nei confronti del dominio spagnolo, si allar ga sempre piu. Fra i nomi oggi piu ricordati e, anzi, « rivalutati » dalla rivoluzione cubana, abbiamo Manuel de Céspedes, * l’iniziatore della guerra dei dieci anni, il generale Agramonte e, due decenni dopo, i tre capi della insurrezione vittoriosa del 1895, protagonisti degli ultimi decenni della storia cubana del secolo scorso. I pochi uomini eminenti della storia cubana ricordati e i tanti che lavorarono con loro e nella stessa direzione rappresentano una linea di sviluppo nella tradizione cubana e nella società civile che va dai primi movimenti per l’autonomia e le riforme alla loro tra sformazione in movimento per l’indipendenza nazionale e il com pleto distacco dalla Spagna. Con Marti andiamo oltre questo stes so obiettivo, perché il grande cubano, la cui figura ha un rilievo con tinentale e per i latino-americani la stessa importanza del libertadór Bolivar, individua con estrema lucidità per i suoi tempi che il pe ricolo maggiore per Cuba non era la Spagna — con la quale era 8 Philip S. Foner, Historia de Cuba y sus relaciones con los Estados Unidos, vol. I (1492-1845), De la Conquista de Cuba a la conspiracies de la Escalera, l’Avana, Editora Universitaria, 1966, p. 85. * Carlos Manuel de Céspedes, iniziatore e principale leader della « guerra dei dieci anni» (1868-78), si suicida nel 1874 per non cadere prigioniero degli spagnoli. Ignacio Agramonte, generale dell’esercito, muore in combattimento nel 1870. [N.d.R. ]
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ormai questione di pochi anni di lotta — ma gli Stati Uniti, il cui protervo imperialismo era pronto — come poi in effetti fece — a sostituirsi alla Spagna troppo debole per mantenere il controllo del la colonia.9 La situazione della cultura e dell’educazione a Cuba segui la stessa evoluzione politica sopra delineata. La Spagna non aveva alcun interesse a sviluppare la cultura e l’educazione nell’isola, anzi, per gran parte della popolazione costituita da schiavi negri, che in alcuni periodi arriva sino a superare il 50% dell’intera popolazione, era proibito imparare a leggere e a scrivere o cer care in qualsiasi modo di elevare la propria istruzione. II resto della popolazione era costituito da lavoratori bianchi, anch’essi in con dizioni di miseria tali da render loro praticamente impossibile qual siasi istruzione; da artigiani e commercianti la cui unica istru zione era quella professionale appresa sul lavoro stesso, qualche volta arricchita da elementi di una cultura impartita dalle raris sime scuole affiancate alle chiese. Per la ricca borghesia che si con siderava spagnola e non cubana, non c’era necessità di scuole per ché la sua istruzione avveniva tramite precettori privati e prose guiva poi nelle università spagnole. Infine, gran parte della buro crazia era spagnola, cioè formata da persone nate in Spagna, edu cate in Spagna e presenti a Cuba solo per i motivi del loro lavoro nell’ambito dell’amministrazione coloniale; essa evidentemente non si preoccupava di creare scuole per la popolazione cubana. Si deve attendere il 1728 per trovare una prima iniziativa ufficiale. In tale anno un decreto reale istituisce l’Università del l’Avana, assegnata all’ordine dei domenicani. Al proposito, Foner nota che l’Università era stata fondata « prima di creare una sola scuola primaria di carattere pubblico ».10 Infatti bisognerà aspetta re il 1788 per avere la prima scuola pubblica, fondata dal sacer dote meticcio Fernando de Ayerbe. Pubblica ma non dello Stato, dunque. Negli anni compresi fra la fondazione dell’università dell’Ava na e il 1850, ci fu un certo fiorire di istituzioni di studi superiori.
9 Si veda la lettera di Marti a Manuel Mercado, ora contenuta in: José Marti, Cuba, USA, America Latina, La Nuova Italia, Firenze, 1972, pp. 239-242. 10 Philip S. Foner, op. cit., p. 87
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Lo storico cubano Oscar Pino Santos 11 dice che lo sviluppo che eb be a Cuba lo studio della filosofia coincide con il periodo di espansione dei mercati capitalisti mondiali, delle forze produt tive, della produzione in generale dell’economia dell’isola. La classe degli hacenderos era quella che aveva maggior interesse a promuovere la cultura e le scienze e fu essa e non la metropoli che attraverso i collegi e le istituzioni diede il maggior impulso. II seminario di San Carlo fondato nel 1733, la Scuola di San Cri stobai Carragnao nel 1828, il Collegio del Salvador nel 1848, San Fernando, la Empresa, il Collegio di Santiago, ecc. furono i vi vai in cui si formarono le generazioni di ricchi creoli. Nel 1793 era stata fondata la « Società economica » e nel 1818 istituita la prima cattedra di economia politica nel seminario di San Carlo; nel 1819 si introducono negli zuccherifici le prime macchine a va pore e nel 1837 si costruisce la prima ferrovia — la prima di tut ta l’America Latina — giustificata soprattutto dalle necessità del trasporto della canna da zucchero. Questa evoluzione non fu pacifica, ma accompagnata da con flitti sociali nel paese che si riflettevano in polemiche culturali fra i rappresentanti delle varie tendenze. La lotta era diretta soprattutto contro le allora imperanti teologia e filosofia scolastiche, che era no praticamente gli unici insegnamenti che venivano impartiti dal le cattedre delle università e dei collegi. José Antonio Saco (17971879) scriveva: « Se prendiamo fra le scienze quelle che hanno dato professioni alla nostra popolazione, non ne incontriamo altre che la teologia, la giurisprudenza e la medicina. [...] Tante cat tedre di diritto civile e canonico come esistono nella Università dell’Avana; tante di una barbara filosofia sparsa per tutta l’isola; tante sottigliezze e questioni ridicole impropriamente battezzate col nome di teologia, di che profitto sono per l’agricoltura o per le arti o per il commercio o a qualcuno dei rami che costituiscono la felici tà sociale? [...] Se al loro numero sovrabbondante si fossero so stituite le cattedre di matematica, di chimica e delle altre scienze che sono collegate con la ricchezza pubblica, le nostre istituzioni letterarie avrebbero presentato ai giovani nuove carriere e conu Oscar Pino Santos, Historia de Cuba, l’Avana, Editora del Consejo Nacional de Universidades, 1964, pp. 188, 189.
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tribuito a diminuire il numero degli oziosi. » 12 Queste polemiche rispecchiano fedelmente il contrasto fra gli interessi coloniali del la Spagna che si sforzava di mantenere il monopolio dell’economia e del commercio di Cuba e gli interessi della borghesia creola che voleva sfruttare in proprio le risorse economiche cubane e godere di una più ampia libertà di commercio. È a questa tradizione progressista della cultura cubana che si rifanno José Marti e gli altri leaders della guerra di liberazione, come più tardi gli intellettuali che si trovarono a lottare contro i governi-fantoccio del periodo della Repubblica. Molti brani di Mar ti a proposito dell’educazione a Cuba erano, nel 1959, ancora di attualità bruciante, tanto che i dirigenti della rivoluzione si richia mano continuamente al suo insegnamento e al suo pensiero, anche in questo settore. A proposito dell’educazione in America Latina scriveva: « Nel sistema d’istruzione dell’America Latina si sta com mettendo un errore gravissimo: in popoli che vivono quasi intera mente dei prodotti della campagna, si educano gli uomini quasi esclusivamente per la vita urbana e non li si prepara per la vita della campagna. [...] Si sta creando un grande esercito di disoccu pati e di disperati, e si sta mettendo una testa da gigante a un corpo di formica. [...] Come si rovescia la guaina di una spada, si deve cambiare interamente tutto il precario e traballante sistema dell’istruzione moderna. » 13 E la rivoluzione nel 1959 si ricorderà di Antonio Saco e tra sformerà le cattedre di diritto e di teologia in cattedre di matema tica e di altre scienze e si ricorderà di Marti curando soprattutto l’istruzione agraria e zootecnica, indispensabile per lo sviluppo eco nomico del paese. Nulla di questa tradizione di lotte politiche e culturali andrà perduto, quando finalmente il popolo cubano diven terà padrone del suo destino.
3. Dipendenza economica, miseria'e analfabetismo nel periodo repubblicano
A parte una brevissima parentesi nel corso del 1933, quando 12 Ibid., p. 171. 13 Citato da M. A. Manacorda, Il marxismo e l’educazione, Roma, Armando, 1966, vol. Ili, p. 267.
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a seguito di violente lotte politiche l’allora presidente fascista Ma chado è costretto a fuggire e a lasciare il potere a un governo for mato da progressisti e appoggiato dagli studenti rivoluzionari, la storia di Cuba nel periodo repubblicano (1902-’58) è tutto un susseguirsi di presidenti-fantoccio agli ordini degli USA, dediti ad eseguire i voleri del potente vicino e a saccheggiare il tesoro dello Stato in un dilagare indescrivibile di corruzione. In un suo saggio, Mario Sabbatini scrive che ci fu un progressivo disgregarsi della società cubana a livello delle istituzioni politiche, un divorzio fra classe politica e paese, Cuba divenne una nazione fuori di se stessa e « nella nación fuera de si l’apparato di governo statale de genera nelle stesse funzioni repressive normali e proprie di qual siasi ordine oligarchico. [...] In questa situazione, la base sociale dominante, imperiale, extranazionale, in quanto tale, non ha altro interesse nella piccola società nazionale disgregata e subordinata che quello di garantirsi la conservazione del rapporto neocoloniale fondamentale ».14 Ogni tradizione e dignità nazionale era stata abbandonata, ven duta assieme ai latifondi, le centrali zuccheriere e le miniere al capitalismo nord-americano. Ormai a Cuba poteva esistere una cul tura nazionale solo collegandosi e facendosi espressione della lotta politica contro l’ordine neocoloniale; infatti tutti i principali nomi della letteratura e delle scienze cubane, dal filosofo Enrique José Varona al poeta Ruben Martinez Villena * e a tanti altri che vivono in questo periodo, sono politicamente impegnati nella lotta della opposizione e molti, fra cui il leader studentesco Julio Antonio Mel ia, saranno assassinati dai sicari del governo. In tale situazione non vi era posto per la cultura e l’educazione 14 Mario Sabbatini, Il crollo dell’ordine neocoloniale a Cuba, in « Ideologie », nn. 5-6, p. 13. * Enrique José Varona, studioso insigne e professore universitario progressista, si oppose alla dittatura di Machado (1927-’33). Ruben Martinez Viilena (1898-1933), poeta e dirigente politico comunista, fu tra i principali protagonisti delle lotte politiche e sindacali del periodo 1925-’33, cruciale per la storia di Cuba. Julio Antonio Mella (1903-’29), leader studentesco e fondatore della FEU (Federazione Studentesca Universitaria), poi dirigente del Partito Comunista di Cuba assieme a Villena e altri, fu protagonista di primissimo piano della lotta contro Machado. Costretto all’esilio in Messico, fu raggiunto e assassinato da sicari del dittatore. [N.d.R.]
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e i governi subordinati agli Stati Uniti continuarono la tradizione
precedente, quella già combattuta da Antonio Saco e da Augustin Caballero, delle cattedre di diritto anziché cattedre di agronomia, quella della scarsa diffusione dell’istruzione primaria in un mare di analfabetismo, della quasi inesistente istruzione secondaria e supe riore per la stragrande maggioranza del popolo, specialmente nelle campagne. Lo scrittore cubano Onelio Jorge Cardoso descrive così lo stato della cultura e dell’attività editoriale nel periodo repubbli cano: « Le poche case editrici che avevamo stampavano solo alcu ne migliaia di libri di testo, che poi si vendevano agli alunni di scuole private e di istituti secondari a prezzi elevati. Il libro scien-' tifico e di letteratura non era certamente un affare in un paese con una popolazione di sei milioni e mezzo di abitanti di cui più di un milione erano analfabeti. Gli scrittori non solo non avevano un pubblico per le loro opere, ma nemmeno quasi la possibilità di trovare per esse un editore. » 15 Un altro scrittore, José Lezamo Lima, aggiunge: « Qual era la letteratura che consumava il popolo? La borghesia, [...] tutta la cultura a cui arrivava, usciva, nel miglio re dei casi, dalle novellette stupide di Corin Tellado, dai comics disegnati negli Stati Uniti e "doppiati” in Messico, dalle riviste nord-americane in edizione spagnola ("Life”, "Selecciones del Reader’s Digest”, "Time”, ecc.). Per il popolo, con un milione di analfabeti, il panorama era molto peggiore: la pornografia, il veleno cretinizzante della stampa commerciale (rotocalchi), il vele no ideologico dei comics. Milioni di comics erano venduti annual mente a Cuba. Così, il ruolo dello scrittore venne ridotto al mini mo in mezzo all’eclisse culturale del paese. » 16 La scuola non faceva eccezione a questo quadro di « eclisse culturale », ma ne soffriva tutti i mali. La Costituzione del 5 luglio 1940 stabiliva: « L’istruzione primaria è obbligatoria per tutti i minori in età scolastica e lo Stato ha il dovere di assicurarla. [...] Questa istruzione, così come l’educazione parascolastica e l’istru zione tecnica, è gratuita quando essa è impartita dallo Stato, dalla amministrazione provinciale o dalla municipalità. Il materiale di inse gnamento necessario è ugualmente gratuito. L’istruzione primaria superiore è gratuita, così come ogni istruzione impartita dallo Stato 15 El libro en la revolution, l’Avana, Institute) del Libro, 1969. 16 Ibid.
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o dalle municipalità, ad esclusione dell’istruzione preuniversitaria specializzata e dell’insegnamento universitario. »17 È inutile dire pe rò che questo articolo della Costituzione, come tutti gli altri che trattano della educazione, fino al 1959 non fu mai attuato. La struttura del sistema scolastico, come si vede nell’organi gramma I, comprendeva due anni di giardino d’infanzia, sei di scuo la primaria elementare, due o tre anni di scuola primaria superiore, corrispondente all’attuale secundaria bàsica (scuola media inferiore italiana), e poi vari istituti o scuole secondarie di cui alcuni da vano accesso alle facoltà universitarie. L’educazione prescolastica accoglieva i bambini dai quattro ai sei anni ed era suddivisa in due cicli; le lezioni avevano una durata di tre o quattro ore al giorno. Vi erano poi delle classi « infantili » intermedie per i bam bini che, in età di frequentare il primo grado della scuola primaria, non ne avevano però la preparazione sufficiente, non avendo fre quentato il giardino d’infanzia. La scuola primaria elementare ave va una durata di sei anni, cioè sei gradi di studio; esistevano delle differenze di programmi e di orari fra le scuole urbane e quelle rurali. L’orario era in genere di mezza giornata per sei giorni alla settimana e i programmi comprendevano la lettura, l’aritmetica, lo studio della natura, il lavoro manuale, la lingua materna, la geo grafia, gli studi sociali, cioè geografia e storia, e altre materie come l’educazione fisica, il disegno, ecc. I programmi delle scuole prima rie elementari urbane erano contenuti in un volume di oltre 800 pagine e rappresentavano una vera e propria guida didattica che l’insegnante poteva seguire giorno per giorno. Questa è la facciata che i documenti ufficiali del ministero della Educazione del periodo prerivoluzionario ci presenta. La realtà era molto diversa. Esaminiamo alcuni aspetti di essa nel periodo pre cedente il 1940, prima di vedere la situazione degli ultimi due de cenni del periodo repubblicano e la situazione ereditata dal potere rivoluzionario. La tabella 1 ci mostra l’incremento della popolazio ne cubana avvenuto dal 1899 ad oggi e che, per la sua consistenza, avrebbe richiesto investimenti finanziari nel settore della scuola, 17 Gli articoli della Costituzione cubana del 1940, relativi all’educazione e alla cultura, sono riportati nel rapporto ufficiale del ministero inviato all’UNESCO, L’éducation dans le monde, vol. II: L’enseignement du premier degré, Parigi, UNESCO, 1960, pp. 324, 325.
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Organigramma I Struttura del sistema scolastico a Cuba, anno 1955
Fonte: Unesco, L’education dans le monde, vol. II, p. 331
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16
17 18
19
▼▼▼ ▼▼ ▼▼ ▼▼ ▼▼ ▼▼ ▼▼ ▼ Scuola secondaria
Scuola magistrale
O00D
Scuola primaria superiore -A---------- x
r
Accademia
00
Scuola per maestre d’asilo
Uh su
Scuola di economia domestica
M0
Istituto nazionale di educazione fisica
Scuola primaria elementare
Scuola di arti e mestieri
ausa
T
Istituto tecnico
Centro tecnologico
DHB
Scuola di giornalismo
Propedeutica
u h sasa
Scuola tecnica areonautica
Scuola di agronomia
Scuola commerciale
u h sa
Scuola di belle arti e arti plastiche
Elementare
Superiore
che i vari governi non avevano né la volontà né la possibilità po litica di fare, non essendo essi i padroni della economia nazionale, per cui, come si vede nella tabella 2, l’analfabetismo rimase ele vato, soprattutto nelle zone rurali dove in molti casi riguardava il 50% e più della popolazione. Vediamo che dal 1931 al 1943 la popolazione alfabeta passa dal 71,7% al 71,3%, cioè diminuisce; la diminuzione riguarda le province dell’Avana e di Oriente, il che sta a significare non tanto una diminuzione reale degli abitanti al fabeti dell’Avana, quanto un aumento deH’analfabetismo nella pro vincia di Oriente, la più sottosviluppata di Cuba, e una corrente di immigrazione di disoccupati e sottoccupati analfabeti dalle campa gne più povere alla capitale. Nell’anno scolastico 1929-’3O risultarono iscritti alle scuole pubbliche 349.618 fra alunni e studenti; di essi 18.522 erano bam bini del giardino d’infanzia e 308.859 ragazzi della scuola prima ria elementare. Il resto era suddiviso fra scuole medie superiori e inferiori, fra università e scuole professionali. Anche se a queste cifre aggiungiamo quelle degli iscritti alle scuole private, il dato di una bassissima scolarizzazione rimane invariato. Possiamo dare una « fotografia » esatta della situazione complessiva della scuola primaria elementare, nell’anno 1932, attraverso le tabelle 3, 4 e 5. La tabella 3 ci mostra che il totale degli iscritti all’istruzione pri maria era di circa il 10% del totale della popolazione, ma che nel le zone rurali scendeva fino al 6,2% di Camaguey e, analizzando ulteriormente le percentuali, si vedrebbe che nei distretti com pletamente rurali si scende, in diversi casi, al di sotto del 5%. La tabella 4 riporta la distribuzione per grado, cioè per anno di studio, degli iscritti al giardino d’infanzia e alla scuola primaria elementa re: è impressionante constatare che mentre il numero di iscritti al primo grado è il 40% del totale, quello degli iscritti al sesto grado si abbassa ad appena un 2,6%, dimostrando che pochi erano i ra gazzi che arrivavano a completare i sei anni di studio della scuola primaria elementare. A ciò si aggiungano i dati della tabella 3 che ci dà la stessa situazione vista attraverso l’analisi dell’età degli alun ni iscritti, che documenta il notevole ritardo medio degli alunni, la cui età normale va dai 6 agli 11 anni dal primo al sesto grado di studio, mentre vediamo che ben il 31% di essi ha già supe rato gli 11 anni e quindi sono in ritardo di uno o più anni. Complessivamente la situazione presenta le gravi carenze di un mar-
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Tabella 1
Popolazione cubana fra il 1899 e il 1970.
Anno
Popolazione
1899 1907 1919 1931 1943 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1970
1.572.797 2.048.980 2.889.004 3.962.344 4.778.583 5.829.029 6.015.900 6.147.900 6.279.500 6.417.200 6.548.300 6.692.700 6.825.800 6.938.700 7.068.400 7.235.800 7.434.200 7.630.700 7.799.600 7.937.200 8.033.000 8.553.395
Fonti: Per gli anni sino al 1953 si riportano i dati di censimenti ufficiali, citati in Foreign Policy Association, Inc.: Problems of the New Cuba. Report of the Commission on Cuban affairs, New York, 1935, p. 24; per gli anni seguenti sino al 1968 si riportano i dati delle stime effettuate al 30 giugno di ogni anno e pubblicati dalla Junta Centrai de Planificación nel suo Compendio estadistico de Cuba, pubblicazione annuale; per il 1970 il dato è quello del censi mento del settembre 1970, primo censimento completo fatto dopo la rivoluzione, « Granma », 31 dicembre 1970. 32
Tabella 2
Situazione dell’analfabetismo a Cuba nel periodo 1899-1943. Per centuali della popolazione alfabeta di età superiore ai 10 anni, se condo i censimenti fatti nel periodo, divise per provincia.
Anni
1899
1907
1919
1931
1943
Cuba. Totale Pinar del Rio Avana Matanzas Las Villas Camaguey Oriente
43,2 22,9 61,3 39,7 38,7 49,1 34,2
56,6 39,0 72,7 52,9 52,0 62,1 49,6
61,6 46,4 76,3 58,8 59,6 64,3 53,3
71,7 60,3 85,8 72,3 68,5 67,6 64,4
71,3 62,7 81,0 75,9 71,0 70,7 62,6
Fonte: International Bank for Reconstruction and Development: Report on Cuba. Findings and Recommendations of an Economic and Technical Mission, Washington, D. C., 1951, p. 406.
Tabella 3
Totale degli iscritti e confronto degli alunni delle scuole elementari col totale della popolazione; per provincia. Anno 1932. Provincia
Popolazione
Alunni iscritti
% della popolaz.
Pinar del Rio Avana Matanzas Las Villas Camaguey Oriente
345.638 987.212 340.267 822.198 411.382 1.082.011
39.890 129.171 52.555 84.845 25.560 94.687
11,5 13,1 13,4 10,3 6,2 9,6
Totale
3.988.708
426.708
10,7
Fonte: Problems of the New Cuba, op. cit., p. 134.
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cato analfabetismo, la discriminazione verso le zone rurali e — lo vedremo bene in seguito — verso i cubani di colore, con una se lezione che allontana gran parte dei ragazzi dalla scuola fin dai pri mi anni, con una situazione di ritardo cronologico che riguarda la maggioranza degli alunni. E fin qui restiamo nelle indicazioni for niteci da statistiche ufficiali e per lo più limitate (ad esempio, non abbiamo trovato statistiche sulla reale frequenza degli alunni iscrit ti, che doveva essere, secondo molte testimonianze dell’epoca, molto bassa). La vera realtà è senz’altro peggiore perché, come avverte polemicamente il pedagogista uruguayano Jesualdo, che ha svolto a Cuba molta della sua attività, « con le statistiche in generale, an che le più serie e responsabili, avviene ciò che avviene con gli icebergs-, si conosce solo la parte che emerge alla superficie, si igno ra tutto ciò che viaggia nelle profondità ».18 A distanza di decenni
Tabella 4
Distribuzione per grado degli alunni iscritti nelle scuole elementari. Anno 1932.
Grado
Numero iscritti
% del totale
Giard. d’infanzia 1° grado 2° » 3° » 4° » 5° » 6° »
27.865 162.576 93.546 66.114 43.763 22.096 10.748
6,5 38,3 21,9 15,5 10,2 5,1 2,5
Totale
426.708
100,0
% del totale escluso giardino d’infanzia 40,0
24,5 16,5 10,9 5,5 2,6
100,0
Fonte: Problems of the New Cuba, op. cit., p. 135. 18 Jesualdo, La educación y nino en America Latina, l’Avana, 1965, p. 15.
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Tabella 5
Distribuzione per età degli alunni iscritti nelle scuole elementari. Anno 1932. Età
Meno di 6 anni 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 anni o più Totale
Alunni iscritti
% del totale
27.287 39.146 48.667 51.073 53.911 56.795 52.067 46.554 32.344 15.029 3.835
6,4 9,2 11,4 12,0 12,6 13,3 12,2 10,9 7,55 3,55 0,9
426.708
100,0
Fonte: Problems of the New Cuba, op. cit., p. 134.
diventa oggi praticamente impossibile ricostruire le statistiche esat te, né noi ora possiamo dilungarci a ripetere testimonianze di sin goli autori o persone che parlano di una situazione molto peggiore di quella pur non brillante esposta sopra. Basti citare quel 23% di analfabetismo a Cuba attestato dal censimento del 1953 e preso per buono da molti, ma che in realtà doveva essere almeno un 30%. Vediamo ora la situazione nel periodo 1940-’58, tenendo presente, a proposito dei dati statistici, l’avvertenza di Jesualdo. La tabella 6 ci presenta un quadro d’insieme relativo all’an no 1956-’57; in essa si evidenziano subito alcune indicazioni: il numero di iscritti è quasi tutto concentrato nella fascia di istruzio ne che va dal giardino d’infanzia alla scuola primaria superiore, che comprende 811.116 iscritti, contro 109.527 iscritti a tutti gli altri tipi di istruzione, compresi i 27.965 della educazione per
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adulti. Una seconda indicazione importante è l’incidenza della scuo la privata che, in alcuni settori scolastici, come in quello di tipo preuniversitario, è di oltre la metà come numero di iscritti, di oltre la metà come numero di insegnanti e superiore come numero di edifici scolastici rispetto alla scuola pubblica statale. Ciò vuol dire che nei settori scolastici frequentati tradizionalmente dalla ricca borghe sia, quest’ultima si affidava molto più al suo denaro che a quello del lo Stato, per ottenere una scuola che rispondesse in pieno ai suoi in teressi. Una terza indicazione riguarda lo scarsissimo numero di iscritti a scuole per la formazione di tecnici intermedi, indice si curo di una economia sottosviluppata e di una scuola che preparava soprattutto per il settore terziario, per gli impieghi pubblici e simili attività. Una quarta indicazione ci rivela la quasi inesistenza di scuole speciali per minorati fisici o mentali, cosa che si riallaccia allo stato generale di mancanza di assistenza sanitaria e di diffusio ne delle malattie fra gli strati poveri della popolazione. Nella tabella 7 abbiamo i livelli di scolarizzazione della popola zione cubana, secondo i risultati del censimento del 1953. Sul tota le della popolazione superiore ai 10 anni, il 25,3% non era mai stato a scuola; la percentuale era superiore fra gli uomini che fra le donne, poiché il lavoro infantile era naturalmente più diffuso fra i maschi mentre le ragazze potevano frequentare un po’ più a lungo le scuole, che un po’ di educazione andava bene e aiutava a sposarsi meglio. Il 69,4% aveva frequentato la scuola primaria, ma solo il 17,4% aveva raggiunto almeno il sesto grado. Guar dando la suddivisione per età, notiamo che dei ragazzi fra i 6 e i 9 anni ben il 74,5% risultava non aver mai frequentato la scuo la: ciò testimonia che era diffusa la pratica di iscriversi a scuola con notevole ritardo e di abbandonarla dopo averla frequentata appena per uno, due o tre anni. Inoltre, le percentuali di non scola rizzazione si abbassano fino al 19,6% riguardante la popolazione di età fra i 25 e i 29 anni, per tornare ad elevarsi fino al 63,2% degli anziani superiori agli 85 anni. Il lettore potrà ricavare da solo altre interessanti indicazioni dai dati statistici della tabella. La si tuazione dell’analfabetismo è documentata dalla tabella 8, in cui si nota ancora una volta l’enorme differenza fra le zone urbane e le zone rurali e la curva delle percentuali fra le diverse classi di età. Ciò può dare una idea del perché Cuba insiste ancora oggi sulla educazione degli adulti. Nelle tabelle 9, 10, 11, 12 riportiamo dei
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