Voci perdute. Articoli, lettere, commenti da «la Repubblica Napoli» (2000-2008)

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Voci perdute

Indice

Genesi della collana: collaborazione di Massimiliano Marotta

L ilzienda asociale di Francesco Blasi

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15

ARTICOLI LETTERE COMMENTI DA «LA REPUBBLICA NAPOLI» 2000-2008

Vincorreggibile società primitiva

37

Il muro dell'ineaia

Le colpe della sanità pubblica

39 41 43 45

Un libro esperiem.a fra teatro e psichiatria

47

Film e realtà troppe armi fra noi Il Bianchi e quelle vite sem.a luce

In estate si risveglia la follia

49

Psichiatria, l'assistenza smantellata

51

Come un urlo per chiedere aiuto e giustizia

53

Violenze antiche moderno orrore

55

Sofferenza e solitudine

57

La salute mentale sfìda napoletana

59

lo, scampato alla morte

61

Aiutiamo la scienza ferita

63

Parliamone senza tabù

65

Se il fumo delle torri arriva qui

67

Punite il chirurgo che ha ferito la sua assistente

69

La speranza di una sinistra a sinistra

70

Dai manicomi ai fìnti manicomi

72

M~ secolo di sfìde a manicomi e potere

74

Scrive sul diario: 'Mi uccido' e si lancia nd vuoto a 13 anni

76

Razzismo fermo posta Milano

76

Non è un caso, vi sono molte responsabilità

82

San Gregorio le vittime dimenticate

84

La solitudine delle famiglie

87

Paura della piazza? Capisco il perché

89

Le conquiste femminili

91

Solitudine devastante

93

Sanità, giusta la linea dura ma decisa in ritardo

95

Una città sul lettino dello psicoanalista

97

Quelle radio nel silenzio di Broadway

99

Nella mente di chi soffre

101

Psichiatria, Fondazione "Cerps": si dimette Sergio Piro

104

Le famiglie lasciate sole

105

San Gregorio: quei 19 morti dimenticati

107

La scuola funziona ma solo del crimine

109

Chi resiste alla violenza ottusa

111

Quei bimbi dalle vite distrutte

113

Il ritorno dopo ventisette anni dell'arcaico elettroshock

115

Elettroshock: "Commissione di indagine,,

119

Elettroshock, la condanna dei medici

123

Andare a remi da Mergellina a Nisida

125

Lo sbarco di Salerno e la memoria mortificata

127

Grazia ali'ergastolano ma qudl'orrore resta

129

Controlli insufficienti

136

Ma non chiamatela depressione

138

Una festa cli primavera per poter ricominciare

140

Cosl trasloca il servizio cli salute mentale

143

Tutti i passi indietro nella salute mentale

146

Salute mentale i passi indietro

149

La legge Basaglia abrogata di fatto

152

Mara.dona e le radici alla metà del tronco

15 5

I pullman passano, le parole restano

159

Fotoromanzo la creatività come terapia

161

Con quella scuola io non c'entro

164

Un tribunale per i sofferenti cli mente

166

Raptus del paziente: medico accoltellato dentro il suo studio

169

Va incentivato il rifiuto ddla mentalità mafiosa

170

L'arte è il cibo della mente: la nuova sfida della psichiatria

172

Sindaco, difendi i centri sociali

175

La sanità sottratta alle dientele

177

La sanità e le dientde

179

Sanità la politica separata dalla gente

181

Quei gameti tra politica e medioevo

183

Anche io sono meticcio

185

Il razzismo dd branco Salute mentale Regione fermati

186 189

Votare o no l'amletico dilemma delle primarie

192

La vera malattia è della struttura

195

L'Istituto per gli Studi Filosofici vissuto e raccontato dall'interno

199

Non ho firmato appelli per lervolino sindaco

200

Le rdazioni pericolose: epistemologia del potere

201

Una ricerca seria sulle identità di genere

203

Le donne hanno attacchi di panico

205

Com'è difficile dare il voto al centrosinistra

207

Ascolti il dialetto e spuntano le radici Una prova d'esame di maturità

209 211

I bambini davanti alla morte: riflessioni su una fotografia

217

Il divertimento di picchiare gli altri Salute mentale troppi sprechi e raccomandati

220 222

La schiavitù dei bambini

225

Sette gruppi al lavoro sulla psichiatria

227

Non verrà smantellato il servizio notturno di salute mentale

232

Il servizio notturno di salute mentale

235

Attenti alla repressione puntiamo a rieducare Cristicchi e la cura dei matti

237 240

Il peggioramento ddl'impeggiorabile

242

Monticello qui la cura funziona

244

La catastrofe della psichiatria

247

I malati mentali e gli imboscati

250

Se il caropre'Lzi va in tribunale

253

Quando si uccide un adolescente

256

Salute mentale: la sofferenza cancellata

259

Spa72.aee via r atmosfera da incubo immobile

262

Santobono, un direttore nel mirino della politica

264

Il cuore batte a sinistra, la villetta sorge a destra Denuncio le colpe di chi c'era prima

266

Abolire le spese utili conservare quelle inutili

272

L'africano che cura i pazzi

275

Un intellettuale del XX secolo

279

269

di Francesco Piro

Appendice Prefazione di Sergio Piro al volume Scissioni parallele

293

Interrogazione parlamentare On. Giuseppe Petrella a Diliberto e Bindi

297

Legge Regionale 3 Gennaio 1983, n.l

301

Genesi della collana: collaborazione di Massimiliano Marotta*

La collana De lira ire diretta dagli amici Francesco Blasi, Antonio Gargano e Francesco Piro è stata ideata durante una serie di conversazioni a seguito di un articolo pubblicato da «la Repubblica Napoli» nd settembre 2020 dove si annunciava il convegno: "Verso la conferenza nazionale per la salute mentale" a Palazzo Serra di Cassano. Ritengo molto significativo la scaturigine di questa idea: un rapporto di collaborazione tra l'Istituto e la redazione napoletana de la Repubblica Napoli, nata prima con r amico Giustino Fabrizio e poi rinnovata con il nuovo amico Ottavio Ragone. E suscita commozione che il primo libro della collana sia respressione dd rapporto di collaborazione tra Sergio Piro e la redazione napoletana del giornale fondato da Eugenio Scalfari, quasi ubbidisse all'indudibile legge della necessità, cosl ben espressa dal nostro Parmenide e dallo Statuto dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: rapporti di

* Massimiliano Marotta è Presidente delristituto Italiano per gli Studi Filosofici.

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VOCI PERDUTE

collaborazione e mai di competizione. Rapporti di collaborazione che per una vita il Fondatore e anima dell,lstituto, ravv. Gerardo Marotta, ha promosso; come ha efficacemente testimoniato il grande maestro Eugenio Garin: "Immerso a pieno nella tematica contemporanea, Gerardo Marotta ha cosl, quasi senza parere, saputo promuovere, incitare, connettere, far conoscere nel concreto della vita napoletana e italiana quanto di più importante si muoveva nel pensiero d,oggi. Oltrepassando ostacoli e barriere d,ogni genere, l'uomo di buona volontà ha saputo far collaborare tutti gli uomini di buona volontà". Il titolo del primo volume della collana è: Vod perdute. Articoli, lettere, commenti da «la Repubblica Napoli» 2000-2008 ed è la raccolta degli articoli pubblicati sull,edizione napoletana del giornale dal grande, generoso Maestro Sergio Piro in quegli otto anni. Riproponiamo di seguito l'articolo frutto di un rapporto di collaborazione che è fiorito in un nuovo bel rapporto di collaborazione tra coloro che, lo ribadiamo ancora una volta, hanno a cuore il progresso civile, non temendo di affrontare le lotte teoriche e pratiche che la conquista della libertà dell'umanità perennemente comporta.

Venerdl prossimo a Palazzo Serra di Cassano si terrà il convegno "Verso la conferenza nazionale per la salute mentale" al quale il Presidente della Camera dei Deputati, l'On. Roberto Fico, ha deciso di partecipare, ribadendo con la Sua autorevole presenza istituzionale, lo spirito dell'iniziativa: la salute dei cittadini non può essere trattata come fatto privato, ma è e deve essere considerata una questione di Stato. Presieduto dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale, prof. Francesco Paolo Casa.vola, il convegno vedrà la partecipazione, tra gli altri, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, don. Mauro Palma, insieme agli operatori sanitari, ai rappresentanti di molte associazioni e, cosa più importante, ai familiari coinvolti nei dolorosi problemi della tutela mentale a cui sarà data voce. Nonostante la legge del 13 maggio 1978, n. 180 {conosciuta come "legge Basaglia") e la portata avanzatissima e innovatrice delle nuove

PREMESSA

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leggi nel campo della salute mentale, la situazione attuale in cui versa la gestione della salute mentale in Italia è gravissima e disumana. La maggior parte dell'assistenza si regge sul sacrificio e la sofferen7.a dei familiari, perché le leggi sono state travisate nella loro esecuzione. "Si configura cosl un vero e proprio stato di abbandono delle persone più deboli e indifese della società e si determinano condizioni di vita drammatiche nelle famiglie sulla cui struttura fragile si scarica il peso insostenibile della sofferenza psicotica quando si prolunga negli anni": queste terribili parole, pronunciate dal compianto amico Franco Daniele al convegno, risalgono al 1988, quando l'Istituto dedicò a questa urgentissima questione il convegno "La tutela della salute mentale in Campania. Doveri e responsabilità delle istituzioni". Allora Franco Daniele proseguiva spiegando che la famiglia non solo non può assicurare allo psicotico un'assistenza terapeuticamente efficace, ma spesso viene essa stessa travolta dalla dinamica particolare della malattia, che si ripercuote negativamente sulle condizioni di vita e di lavoro di tanti familiari e sul loro stesso equilibrio psichico. Personalmente sono molto sensibile alla problematica; non solo perché l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è stato la sede della grande scuola di Sergio Piro, sodale e amico del Fondatore dell'Istituto, Gerardo Marotta, e formidabile innovatore su questi temi al pari di Basaglia. Non solo perché l'Istituto ha promosso centinaia di seminari e convegni con i più autorevoli medici in materia e continua a farlo; ma anche perché da diversi anni lotto per le mie carissime sorelle Valeria e Barbara. Mi espongo personalmente perché voglio ricordare che questo non è e non deve essere motivo di vergogna per un familiare. I nostri tempi poi, sono cosl tristi e volgari che le persone più sensibili e squisite pare quasi si rifugino nella malattia; mentre è una vergogna per la Repubblica, che ricada integralmente su un fratello la stessa sopravvivenza delle sue sorelle. Deve invece essere questo il tempo di una presa di coscienza più ampia possibile, che ci aiuti a superare il nostro proprio egoismo, e a ricordarci che la società è un unicum, e che la mia è la storia di tanti, è stata la storia di tanti e purtroppo sarà la storia di tanti altri in futuro.

VOCI PERDUTE

Sono testimone diretto dell'inadeguatezza delle strutture, della scarsità delle risorse e dello sforzo sovrumano che richiede quotidianamente l'assistenza sanitaria: chi ci segue, il dott. Francesco Blasi, straordinario don Chisciotte della salute mentale, si deve senza sosta arrabattare a distribuire i pochi operatori disponibili sul territorio a fronte cli una richiesta che aumenta ogni giorno cli più. La situazione è insostenibile per i malati, ma come si diceva prima, anche per l'equilibrio dei familiari. È urgente sensibiliu.are l'opinione pubblica e stimolare le istituzioni, rendere stabile nel tempo il discorso sulla salute mentale e sulla salute del cittadino in generale. Riuniamoci almeno una volta ogni due mesi; i cittadini interessati, le associazioni, gli operatori, tutti sono benvenuti a Palazzo Serra cli Cassano per riflettere sulla clirez.ione che il discorso politico deve seguire. Sicuramente abbiamo bisogno cli norme attuative che non neutralizzino la normativa generale, cli strutture che valorizzino l'eccellenza dei medici e del personale sanitario. E a questo proposito desidero concludere ancora con una testimonianza: negli ultimi tre anni Valeria è stata ricoverata ripetutamente in condizioni gravissime ali'ospedale Loreto Mare, e ho potuto constatare l'eroismo e la dedizione degli infermieri, la dedizione e la professionalità cli tutti i medici come il dott. Giuseppe D'Alessandro, il dott. Salvatore Nardi, il dott. Claudio Latte, o il dott. Antonio Asti. Tutti questi medici ed il loro personale sanitario sono riusciti a curare mia sorella e restituirla ai suoi affetti. È nostro compito esercitare lo spirito critico ed esprimere il dissenso e lo scandalo per ciò che non funziona nelle nostre istituzioni, ma lo è anche sostenere strenuamente gli uomini che per senso del dovere e della responsabilità, in una situazione degradata al punto da apparire surreale, si preoccupano cli alleviare la sofferenza umana.

Massimiliano Marotta Presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

L'azienda asociale di Francesco B/,a,si*

«Scusi, ho urgenu bisogno di aiuto. Sto male». «Lei è un depresso?» «No, sono uno schizofrenico paranoide in fase di scompenso acuto». «Mi dispiace: non possiamo risponderle. Questo numero verdefunziona solo per i depressi». «Ma io sto veramenu male!» «Mi dispiace, non posso fare nulla». E così al numero verdeper la depressione della Azienda sanitaria locale Napoli 1 u/efonarono inutilmente schiere di nevrotid, di para.frenici, di bulimid, di ossessivi, di sensitivi, di isterid. Niente! Il numero verde del/aAsl non era per loro. Era solo per i depressi. E fu necessario mettere un uffido per stabilire chi era depresso e chi no, chi era meritevole di u/efonare e chi no, chi doveva accontentarsi di tirare avanti senza aiuto nel territorio e chi aveva il permesso di telefonare.

* Francesco Blasi è stato Presidente deirassociazione Sergio Piro e direttore della salute mentale del centro storico di Napoli.

VOCI PERDUTE

A parte questa critica scherzosa, bisogna dire che lìdea della Asl Na 1 di mettere un numero verde per i depressi è buona! Con il numero verde si risolve tutto: la gente telefona ed è contenta. Il depresso può telefonare e fare a meno di andare al centro di salute mentale, fare a meno di essere visita'to a casa, fare a meno di essere accolto in un luogo decente, fare a meno di una psicoterapia, fare a meno di un trattamen'to integrato, fare a meno dell'assistenza sociale. Ma è proprio tutto questo che la più grande azienda sanitaria locale avrebbe dovu'to fare: buoni centri di salute mentale, buone strutture d'intervento domiciliare, buone strutture di breve ricovero o di lunga residenza, buone psicoterapie nelpubblico servizio, buone e nuove forme di cura, di riabilitazione, di restituzione alla vita. Tutto ciò doveva essere fatto e non è sta'to fatto e quel poco che cera è stato avvilito, scoraggia'to, trascura'to, posto in difficoltà. Non si possono affrontare i problemi terribili della sofferenza mentale con le trovate, con le improvvisazioni, con il dilettantismo, con i numeri verdi. Occo"e attuare le leggi e potenziare i servizi: subito, presto, bene. Allora i telefoni verdi daranno risposte serie e indicazioni immediate ai depressi e a tutti i sofferenti.. Il pensiero torna a Bruno Gentile. Accoratamente. Cosl in un foglio volante tra le carte di Sergio Piro, la bozza di un articolo forse pubblicato su La Voce della Campania, scritto necessariamente dopo il 12 novembre 19981• Quel giorno muore lo psichiatra napoletano Bruno Gentile, accoltellato al cuore nel centro di salute mentale di Ercolano da Giuseppe Forzese, un paziente psichiatrico dimesso bruscamente dall'O.P.G. 2 di Montelupo Fiorentino e gettato senza protezione in un territorio incapace di accoglierlo. E nella freddezza dei media, che non hanno percepito l'inizio della fine di un'era. Càpita ai matti e agli psichiatri, è il messaggio implicito'.

1

Nessuno possiede un archivio completo dei suoi scritti. Ospedale psichiatrico giudiziario. 3 Accoltella a morte il medico per tornare in manicomio. ERCOLANO. Si è presentato alle otto e trenta, puntuale, per la terapia: quei farmaci che gli servivano per 2

PRHFAZIONR

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Lo rabbia di alcuni esita in una interrogazione parlamentare rivolta

soprawivere al torpore eterno e alle improwise agitazioni che erano il suo male di vivere. Alla infermiera che gli ha fornito la dose consueta di pillole è parso normale. In tasca lui aveva un coltello a serramanico con una lama di dieci centimetri che gli serviva per aprire crostacei e noci. Con quel coltello, mentre si awiava verso ruscita, come niente fosse ha aperto il cuore di un medico incontrato per caso in corridoio, neppure il suo medico, solo uno che aveva il tono di indo~e il camice. Da tempo andava dicendo che un dottore, prima a poi, lo avrebbe scannato: un po, perché la categoria gli aveva "rovinato la vita,>, un po, perché cosl gli sarebbe stato concesso di tornare al manicomio criminale dove già aveva passato alcuni anni. "Paura della libertà", la definisce ora il coordinatore del Dipartimento di salute mentale di Ercolano, Francesco Della Pietra. Ma la tragedia sembra fatta apposta per riaprire ancora una volta il mai concluso dibattito sulla chiusura dei manicomi. "E tuttavia, al di là del dolore per la perdita di un collega e amico - dice Della Pietra con la voce rotta dalla commozione-che r episodio non serva a criminalizzare i malati di mente, che raramente sono violenti". Giuseppe Forzese, romicida, era una vecchia conoscemadella polizia. Basso e tarchiato, strano da sempre anche se non propriamente malato, quindici anni fa ad ottobre aveva ammazzato a coltellate il padre, Salvatore, agente di custodia al manicomio giudiziario di Sant'Eframo. Movente incomprensibile, forse inconfessato. Agli agenti, il giovane assassino (alrepoca ha trent'anni) si limita a dire: "Non voleva danni i soldi". Lo condannano a diciotto anni di carcere, che comincia a sconcare a Porto Azzurro, dove manifesta i primi seri disturbi psichiatrici. Viene così trasferito alrospedale giudiziario di Montelupo Fiorentino, prima in osservazione e poi per essere curato. Non sembra pericoloso ed è cosl obbediente, persino remissivo, che gli viene concessa una riduzione consistente, cinque anni, della pena. Ed è qui che si colloca r episodio più inquietante di tutta la vicenda: prima che sia rilasciato, il magistrato gli concede cinque giorni di permesso. Franzese torna a casa, a Portici, nella piccola casa di via Roma che in futuro dovrà dividere con la sorella Maria. È il primo impatto con la libertà. Lui reagisce armandosi di coltelli fino ai denti e presentandosi cosl rifornito al Dipartimento di salute mentale dove ieri è awenuta la tragedia. Qualcuno vede quelr armamentario e awerte la polizia. L'episodio induce il magistrato di sorveglian1.a della Procura toscana a revocargli la libertà, ma non modifica r opinione che i medici hanno di lui: il soggetto è innocuo. Ad agosto- come conferma il direttore del carcere di Montelupo, Franco Scarpa - scontata la sua pena, For1..ese può tornarsene a casa. Unico obbligo, la frequen1.a bisettimanale al centro di salute mentale di Ercolano. Il personale del dipartimento lo ricorda benissimo. Sporco, taciturno, mansueto. Negli ultimi tempi intensifica le visite: viene tutti i giorni a prendere i medicinali, ieri chiede anche di essere sottoposto a un esame orulistico, lo prenotano. Poro dopo è in corridoio, rariadimessae intontita. È il destino a metteresullasua strada il dottor Bruno Gentile,

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VOCI PERDUTE

ai ministri della Giustizia e della Sanità Diliberto e Bindi4: oltre al dolore per la morte di un bravo medico e per la sofferenza del paziente, la morte invisibile cli Bruno Gentile è uno dei segnali più eclatanti del degrado oramai irreversibile della legge 180. Il suo funerale coincide idealmente, almeno a Napoli e in Campania, con quello cli Piro il 7 gennaio 2009. Senza l'intervento dell'Istituto per gli Studi Filosofici di Gerardo Marotta, che organizza e accoglie la riflessione sullo stato della salute mentale, la tragedia sarebbe passata del tutto inosservata. Un anno dopo si farà il punto in un convegno affollato presso la sua sede di Monte di Dio, il 1O novembre 1999. La moglie di Gentile, Giuseppina lacono, chiede che la morte del marito non venga strumentalizzata e non favorisca un rigurgito neomanicomiale5. La Provincia cli Napoli istituisce una borsa cli studio per ricordare Gentile. L'esigenza di un garante nazionale per la salute mentale appare sempre più ineludibile. Ma gli sforzi verso questa soluzione sono sterili, nonostante l'impegno di Piro e di alcuni di noi 6 per coinvolgere il Pds napoletano e nazionale. Sono gli anni dell'Ulivo, cli D'Alema, di Amato, cli Berlusconi, di Prodi in Italia, Di Bassolino in Campania, cli lervolino a Napoli, nei quali Piro diventa una fìrma importante cli Repubblica Napoli, orientando il dibattito colto sulla salute mentale a Napoli, ormai estinto.

45 anni, da otto in servizio presso quella sede. I due non si conoscono neppure, ma è contro questo medico che ha dedicato tutta la vita ai malati, alternando la dedizione alla sofferenza dell'anima solo allo studio della filosofia (doveva discutere la tesi per la seconda laurea fra dieci giorni), che si scatena la sua furia. Una sola coltellata, ma sferrata con una forza terrificante, tanto che la lama si conficca interamente nel torace del medico, ali' altexi.a del cuore. Eleonora Berto/otto e Irme De Arcange/is " Presentata dal deputato PD Pino Petrella, vedi allegati. s Su «Il Mattino» del 14/ 1111998 la signora lacono ricorda l'impegno del marito della deistituzionalixlazione dei sofferenti psichici. 6 Fabio Ferrari, Francesco Blasi, Sergio Piro, Claudio e Giuseppe Petrella, Giovanni Grimaldi, Emiddio Nappi tra i molti.

PRRFAZIONR

Oggi, dopo le vicende concorsuali triestine7, l'egemonia culturale e politica della psichiatria biologica e di Big Pharma, il dominio dell'ospedalità psichiatrica convenzionata trainata dalla devolution sanitaria, le successioni coniugali nei dipartimenti di salute mentale8, il ferreo controllo politico sui dipartimenti, la riforma psichiatrica del 1978 appare prosciugata e inconciliabile con quell'azienda sanitaria asociale che procura un'ideologia di copertura alla prassi sdoganata e contrastata da nessuno dd manicomio diffuso. Esito necessario della regiollalizzazione e dell'aziendalizzazione del fu servizio sanitario nazionale. L'esausta salute mentale italiana per sopravvivere dovrebbe lottare per il superamento sia della prima che della seconda, per un approdo realmente pubblico e nazionale. Al contrario, la pandemia, il divario digitale, l'eclissi della cultura territoriale e il manicomio diffuso confluiscono sotto i vessilli di un draghismo incontrastato e di una burocrazia sanitaria irresponsabile e autoreferenziale. Per andare verso una tecnocrazia che prenda atto della morte annunciata della salute mentale nata dalla riforma9, il cui cadavere si avvia verso l'imbalsamazione nell'accordo generale.

La sirena è servi'ta La gestione asociale della sanità pubblica esordisce negli anni '80 dd secolo scorso nei paesi OCSE 10 con una nuova filosofia di amministrazione pubblica: il New Public Management. Si cominciano a privatizzare

7 https://espresw.repubblica.itlattualita/2021/06/21/news/friuli_della_lega_l_attacco_alla_ 180-306499803/ 11 https://napoli.repubblica.itlcronaca/2021 /06/ 12/news/asl_napoli_salute_mentale_scade_direttore_nominata_moglie-305711975/ ' Si parla ad esempio di un bonus psicoterapia per i pazienti Covid invece di sostenere i servizi sul territorio. 10 La Convenzione istitutivadelrOrganiX1.aZione per la Cooperazione e lo Sviluppo Eoonomico è stata firmata a Parigi il 14 dicembre 1960 sostituendo roECE, l'Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea, nata nel 1948 per gestire il piano Marshall.

VOCI PERDUTE

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le attività produttive pubbliche fondamentali, a esternalizzare i servizi secondari, a liberalizzare i monopoli pubblici e a imporre maggiori vincoli di bilancio. Il neoliberismo debutta con la Thatcher in Gran Bretagna e Reagan negli Stati Uniti, per poi sbarcare sul continente. Il muro di Berlino crolla il 9 novembre del 1989, l'U~ il 26 dicembre del 1991. Nei governi sedotti dal credo anglosassone, nelle amministrazioni pubbliche e nel sistema sanitario italiano, un aziendalismo pervasivo incide in profondità nella relazione tra politica, salute e società. La narrazione è quella dei capitani coraggiosi: il management assoluto inizia la sua opera di indottrinamento. Per razionalizzare e controllare la gestione e il rapporto costo/beneficio in ogni tipo di prestazione e relazione umana. La sanità pubblica si limita a regolare più che a erogare, e privatizza il rapporto pubblico. In Italia le riforme degli anni novanta11 del secolo scorso mirano alla responsabilità economica delle regioni, ai vincoli di bilancio generalizzati, al contenimento dei costi, e alla concorrenza perversa tra fornitori pubblici e privati. Aumenta il divario tra nord e sud, nella sanità pubblica e nella salute mentale, che avrebbe dovuto sviluppare il suo carattere territoriale e sociosanitario per una demed.ic.alizzazione sostenibile. Ma il paradigma vincente, dai governi tecnici Amato e Ciampi in poi, si limita all'obiettivo dell'economicità, indifferente alla sofferen7.a diffusa. L'efficienza diventa nemica dell'efficacia. Diventa centrale l'analisi dei costi di produzione di beni e servizi pubblici, grazie alla mitologia degli indicatori per valutare gli esiti economici di tutto 12 e la programmazione dei bilanci, con una contabilità che evidenzi lo scarto tra risultati desiderati e quelli ottenuti. Medici e psichiatri, rapiti clal suono di termini come liberalizzazione, deregolamentazione, otti.mizzazione diventano il braccio armato delle Asi, inebriati dalle scuole di management, inventando un grottesco taylori-

D. Leg. 502/92 (attuativo della legge delega 421/92, ovvero seconda riforma sanitaria) e la terza riforma (Biodi). 12 Vedi Avedis Donabedian: An /nm,duaion to Quality Assurance in Heakh Care, 2003, Oxford University Pr~, USA 11

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smo sanitario focaliuato sul posto letto e sul disprezzo della medicina territoriale che rimane a carico dd servizio sanitario nazionale, perché meno adatta ali'accreditamento e all'investimento dettorale. Negando che la difesa dei beni comuni mediante il solo mercato è incompatibile con il diritto alla salute. Il paziente diventa un consumatore e la salute merce. Il dovere dello stato verso il cittadino muta in quello del fornitore verso l'acquirente, il diritto alla salute nella libertà di scelta dd cliente di beni e servizi tra loro concorrenziali. Cosl la carta dei servizi 13 , strumento di partecipazione e controllo dei cittadini si distorce in dispositivo cli marketing. Il diritto alla salute e la esplicitazione degli standard sanitari stridono con l'orientamento al cliente, l'economicità e la dialettica del mercato: il diritto alla salute nasce dalla Costituzione e presuppone cittadinanza e democrazia. Dimenticarlo significa che la responsabilità della salute non è più politica ma economica. L'imprenditorialità nella salute pubblica lede democrazia, uguaglianza e universalismo, e non produce risparmio, ma una crescita della domanda. E la cura, dolce sirena della riforma che doveva espugnare il manicomio e il dominio della sua cultura, muore. Ma le sue reliquie vanno conservate perché la sirena serve, ed è servita, anche se oramai stupefatta e bollita.

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Nella carta dei servizi chi offre un servizio pubbliro esplicita gli standard prestazionali, i propri obiettivi e rironosce (bontà sua) alcuni specifici diritti al cittadino, che deve conuollarne la qualità.

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VOCI PERDUTE

L eclissi della cura La scissione della committema pubblica dalla distribuzione e condivisione diretta di prestazioni sanitarie ferisce la politica e il controllo sui servizi, a causa dell'autonomia abnorme della sanità accreditata. Il ricorso ai servizi sanitari esplode come i costi per stato e regioni. Una ipermedic.aliz:zazione tarata sull'ospedale si sviluppa a scapito del meridione, del territorio e della salute mentale, la grande sofferente. Aziendalizzare la salute pubblica vuol dire farla diventare una variabile dipendente dalle risorse disponibili, subordinando la programmazione al pareggio di bilancio. Tutto diventa ancora più evidente con la pandemia Covid. L'efficienza s'insegue con bassi standard di qualità, convenzioni tra enti pubblici e privati, tagli alla spesa farmaceutica e aumenti ai ticket. Il pagamento dei fornitori dei servizi sanitari è a tariffa, più che a copertura ex-post dei costi sostenuti, mediante il sistema D.RG. 14, che determina un costo predeterminato per qualsiasi terapia riconosciuta. Nella sanità accreditata si espandono le prestazioni e il fornitore, per accedere alle tariffe più elevate, privilegia le prestazioni più costose favorendo terapie inutili. Ci si serve di cooperative esterne e si precarizzano le professioni sanitarie abbassandone il livello. Investire nella sanità accreditata diventa cosl un ottimo investimento elettorale. Il blocco delle riforme degli anni '90 del secolo scorso 15 genera una maggiore autonomia gestionale e finanziaria delle regioni: saltano i Livelli Essenziali di Assistenza.16, moltiplicando le sperequazioni territoriali.

14

Diagnosis related groups. D.lgs. 502/92, D.lgs. 517/93e 229/99. 16 LEA: Llvelli Essenziali di Assistema. Introdotti con il D. Lgs. 502/92 sulla base del principio di salute, diritto fondamentale universalmente riconosciuto, dalrarc. 32 della Costituzione. Sono le prestazioni e servizi che la Sanità Nazionale deve erogare a tutti i cittadini, gratuitamente o in compartecipazione utiliu.ando la fiscalità generale, per garantire un'assistema omogenea su tutto il territorio. Analogamente i "Llvelli essenziali di assistenza sociale,, sono prescritti nella L.328/2000 che individua le categorie di destinatari prioritari degli interventi qualificati come livelli essenziali, ed elenca le principali forme e tipologie di intervento da garantire. Di fatto sono poco 15

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Con la moclifìca del titolo V della Costituzione, il trasferimento della gestione del bilancio alle regioni solo in apparenza consolida l'autonomia regionale, che necessita di omogeneizzazione e accordo tra le regioni per finanziare i LEA. La devoluzione fiscale 17 costringe il meridione a ridurre la spesa sanitaria, a modificare le aliquote lrpef dei contributi di malattia e dei tributi regionali, a incrementare i ticket sanitari, aumentando la quota fissa sui farmaci e sulla diagnostica.

L ilzimda asociak Il modello è la Lombardia, il più liberista dei mercati sanitari, con la sua medicina di base ridotta al lumicino. Se il cittadino cliente sceglie tra pubblico e privato, la regione programma poco, finanziando piuttosto che produrre servizi. I vincoli del patto di stabilità 18 ante Covid e il grado di autonomia decisionale e di finanziamento della sanità regionale colpiscono in primis la salute mentale, e il contenimento della spesa è visto come un fine, non come un vincolo tragico. Un'azienda sanitaria non dovrebbe essere valutata su indicatori di efficacia e di efficienza da lei stessa progettati. Una valutazione sensata, oltre a essere esterna, dovrebbe includere il giudizio degli operatori sanitari, dei pazienti, dei familiari e delle loro associazioni, e restituire spessore ai concetti di servizio, pubblico e complessità. Dopo la rovina arriva la potatura: il risultato è il degrado, garantiti sia perché la loro definizione è generica, sia perché la riforma del Titolo V della Cost. (2001) ne ha reso aleatoria l'attuazione, trasferendo alle Regioni la competenza esclusiva sufi'assistenza sociale. 17 Il foderabsmo si fonda su strutture autonome che vogliono federarsi, e non di enti che sono frammenti di un paese unitario, dal quale ci si voglia più o meno parzialmente emancipare. Il processo di riduzione delle competenze dello stato per attribuirle alle regioni si definisce quindi devoluzione. 111 Il patto di stabilità precedente al Covid prevede che il rapporto deficit e Pii non superi il 3% e che quello tra debito pubblico e Pii il 60%.

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di cui il taglio lineare è la peggiore espressione, perché la virtù viene punita, lo spreco premiato, l'affiliazione politica incentivata e mobbing e burn-out si consolidano. La retorica del budget di salute, dei piani terapeutico riabilitativi e della recovery arriva a livelli cli demagogia intollerabili, frutto cli una cosmesi semantica che maschera l'identità tra paziente e cliente, tra cura e prestazione. Come la giustizia nasconde la pena, cosl la psichiatria la cura, entrambe si vergognano. E la loro esecuzione si dissocia dai committenti, medici e magistrati, i cui stomaci sono forti e delicati insieme. Carceri e manicomi diffusi sono i non luoghi dove questa sontuosa perversione raggiunge compiuta il suo apice.

Il tradimento dei chierici

Piro chiama revisionismo psichiatrico la progressiva regressione delle pratiche terapeutiche, subita o nd migliore dei casi non contrastata da singoli o gruppi che si rifanno alla riforma psichiatrica del 1978, traendo da essa legittimità e forza. Che si spinge a tal punto da generare una metamorfosi, riflesso e conseguenza di quella descritta da Luciano Canfora19: Perché la destra non decampa dai suoi caposaldi e li rivendica e, appena può, li mette in pratica, mentre la «sinistra» (esitante ormai persino a definirsi tale} non solo ha archiviato tutto il suo «bagaglio» ma è ridotta ad attestarsi [ ... ] sul binomio liberismo-europeismo? [ ... ] Perché le classi possidenti hanno vinto la battaglia (e forse la guerra} nella lotta tra le classi. L'attuale semi-sinistra sa bene che l'europeismo, brandito con retorica e fastidiosa insistenza, non è che la figurazione romantica di una realtà intrinsecamente e prosaicamente iperliberista. Il suo fondamento,

il cardine del trattato costitutivo delrUE, è il divieto degli aiuti di Stato alle aziende nazionali. È cioè la negazione perentoria, e di fatto 19

Canfora L 2021: La metamorfosi, Editori Lateaa, Bari-Roma.

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ricattatoria, di tutta una linea di condotta economica che vedeva nella «partecipazione statale» e nell' «economia mista» la via da seguire.

L'esito è la restaurazione o il mancato superamento delle prassi manicomiali nelle strutture territoriali e ospedaliere diventate non-luoghi di detenzione, di alienazione terapeutica per curati e curanti, di annullamento della progettualità, di abbandono dei pazienti o della loro cessione all'imprenditoria privata accreditata. Sui pazienti psichiatrici, i veri extracomunitari del servizio sanitario regionale, incombe il manicomio diffuso e invisibile, il disarmo etico, la contrazione dei diritti. Se fossero una minoranza etnica, sarebbero forse meglio tutelati. Tuttavia il revisionismo genuino implica lo sforzo di rivedere una dottrina o una prassi alla luce di argomentazioni teoriche dotate cli una loro coerenza interna, mantenendo gli obiettivi ultimi e aggiornando la prassi alle mutate condizioni politiche. Definire revisionismo l'affastellarsi caotico e a.finalistico delle pratiche reali del progressismo psichiatrico italiano è espressione cli una generosità eccessiva. Quando si pone fìne ali'esperienza dd partito comunista italiano, alla Bolognina si prende atto in maniera esplicita della fìne del marxismo, e anche del leninismo mai abiurato da Berlinguer, Natta ed Occhetto come fondamento e ideologia di riferimento del comunismo italiano. Si ritiene, in modo erroneo ma coerente, di aderire ai principi del liberalismo democratico diventando un partito d'opinione di massa. Si fanno propri, insieme alle politiche di staff, pezzi importanti delle dottrine del decisionismo e dell'aziendalismo politico, fondendo in un cocktail micidiale Bettino Craxi, T ony Blair e Bill Clinton. Questa revisione di fini e strumenti appare ben delineata e dotata di coerenza interna, voluta, ricercata e proveniente da una volontà centrale degli organismi dirigenti dd partito. Il contrario avviene all'interno delle lobby politico-psichiatriche della sedicente opposizione al liberismo sanitario: sembra infatti che nessun cambiamento sia in atto, continuando a perseguire i medesimi obiettivi con gli stessi strumenti, le stesse parole d'ordine, la stessa

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propaganda. Ci si propone come baluardo contro il custodialismo delle destre arroccandosi al riparo di sigle storiche, e negando di fatto la realtà fatta di manicomi diffusi, di clinica ancella della farmacologia, di aperta collusione con i vertici delle aziende sanitarie locali, quali che siano. Come i professionisti dell'antimafia, gli ex campioni dell'antipsichiatria svolgono una funzione ornamentale fornendo gli ultimi brandelli di una ideologia di copertura d' antan. Non si è dichiarato, senza ambiguità e per tempo, che l'aziendalizzazione della sanità è di per sé discordante con la riforma psichiatrica. Ora è patetico deplorare l'esito delle selezioni ai vertici del dipartimento di salute mentale di Trieste, e lamentarsene con i desolati curatori fallimentari della 180. Non si tratta allora di un revisionismo vero, frutto magari di un travaglio psicologico e politico, ma di un manierismo, frutto avvelenato del politicamente corretto. In psicopatologia, il manierismo consiste in una devazione fittizia della persona grazie ad un qualcosa di altro da. sé, in una crescita innaturale, in un'ascensione affettata e strumentale verso vette irrealistiche. Mostra un carattere intenzionale, ma tale intenzionalità non proviene da una volontà strutturata situata al centro della personalità, ma alla sua periferia, privilegiando cioè il periferico e l'esteriore a scapito del centrale e dell'interiore. Il manierismo antipsichiatrico necessita quindi di un qualcosa che sia diverso da sé, autentico nel passato e cristallizzatosi nel presente, decadendo per questo nell'anomia e nella caricatura dell'autonomia, della ricerca e della critica. Spregiudicato nelle frequentazioni in nome del realismo politico, non tollera nessuno alla sua sinistra, ritenendosi investito di una delega fittizia da parte di un movimento da tempo frammentato, tramutando l'autenticità di un patrimonio di lotta in rituali artificiali, caricaturali, istrionici. E oramai persino quello stesso manierismo sembra troppo audace per una demagogia psichiatrica sempre più virulenta. Noi sostenitori della riforma del 1978 perdiamo male, sen7.a onore. Mettiamo al servizio dell'archiviazione della liberazione dalla follia il nostro sapere che non è fragile come vorrebbero farci credere, ma

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è ormai mutato in un,intera piantagione di alberi di fico che produce solo foglie, e non più frutti. I più saggi si riciclano, altri sono morti, in tutti i sensi possibili, ed escono dai giochi sem.a. gloria. Questo atteggiamento non è stato vissuto dietro una maschera, ma è stato ed è esso s'tesso una maschera. Usare le categorie della psicopatologia per descrivere il ritorno della cultura manicomiale forse è opinabile, d'altra parte il campo antropico continuo cosl funziona, e i fenomeni ricorsivi dell'interazione umana evidenziano una invarianza cli scala a molti livelli. L'antipsichiatria istituzionalizzata, impegnata nella rappresentanza fittizia di un mondo ferito ma ancora vitale, non si accorge neanche che persistono necessità e desideri di liberazione, di autonomia e pienezza di vita. Questi fondali malfermi non nascondono più la totale subalternità al potere politico, sganciata da qualsiasi finalità collettiva. E mostrano la meschinità di una condotta che non cerca più cli esteriorizzarsi né cli giungere a compimento, collerione sbilenca di atti senza domani, la cui natura stereotipata si rivela nell'assenza di ironia, antitetica alla coerenza, grazie alla quale l'ipocrita sembra buono e l'ironista è un manierista al contrario, che nasconde la serietà nello scherzo. Gli psicomanieristi, specie nella variante borbonico-partenopea, sviluppano adattamento e mimetismo, posizionandosi nel tempo e nello spazio con estrema duttilità. Sanno bene che i loro pazienti sono ormai consumatori seriali di farmaci costosi, e che il mercato desidera allevarne e fidelizzarne vaste popolazioni grazie a un dolore pervasivo, premessa e conseguenza insieme del circolo vizioso del manicomio diffuso. La generazione post basagliana degli operatori cli salute mentale e il loro blocco sociale cli riferimento fallisce, perdendo la trascorsa egemonia nel campo Ay.

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Fascismo eterno filiera della follia

La cultura del manicomio diffuso ai tempi del presunto populismo20 contiene molti elementi dell,Ur-fascismo o fascismo eterna1- 1• V eclissi della cura suggerisce che tendiamo al fascismo ab initio, poi qualcuno diventa qualcos, altro, e che senza democrazia ci si resta o ci si ritorna regredendo. L'Ur-fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale, perciò gli interlocutori principali sono le classi medie frustrate clalla crisi economica e spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. Le caratteristiche cli questa forma mentis sono molto articolate e di natura modulare, da ricombinare con perizia dai professionisti della manipolazione. Il tradizionalismo, inteso come credenza cli una qualche rivelazione ricevuta ali, alba della storia da ricercare e diffondere, implica lantimodernismo, nonostante rammirazione per la tecnologia, e quindi r i"azionalismo nemico dell, atto stesso del pensare logico. La discussione

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«Riflettendo sulresito deludente del suffragio universale, Gramsci coniò (secon-

da metà del 1933) il termine "elezionismo". È lecito chiedersi se un tale neologismo implicasse in lui rintuizione del carattere transitorio di tale "pratica". Ad ogni modo, avvertiva che "la razionalità storicistica del consenso numerico è sistematicamente falsificata dalrinflusso della ricche-o..t. [... ] Vi è una lunga tradizione ami-popolare, talora aristocratica, talora oligarchica, talora elitistica, che affonda le proprie radici nel pensiero classico, da Platone a Tocqueville [... ] . Ma una tale tradizione, discutibile quanto si voglia, aveva la limpide-aa di non mascherarsi, di parlar chiaro e sen7.a funambolismi l~icali: diversamente dagli odierni democratici, fustigatori di ciò che nebulosamente bollano come 'populismo' non avendo r onestà di interrogarsi sul nesso tra le proprie scelte e il conseguente successo del torbido fenomeno, snobisticamente definito 'populista', che da anni ormai li tiene in scacco [... ]. Ed è, sia detto sell7.a ironia, certamente lecito mostrar fustidio, e forse ormai repugnanza, verso il dettame da cui prende avvio la nostra Costituzione ("la sovranità appartiene al popolo"): a condizione però che non si pretenda, barricati dietro lo spregiativo neologismo "sovranismo", di avallare codesta repugnanza come la modalità odierna dell'esser democratici». Canfora L 2022: La democrazia dei signori, Latena, Bari-Roma. 21 Eco U. 2018: I/fascismo eterno, la nave di Teseo, Milano.

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equivale all'infedeltà conducendo alla diversità, motivando così la xenofobia e il razzismo. L'Ur-fascismo si basa sul nazionalismo, teorizzando che l'identità più desiderabile consista nell'essere nati nello stesso luogo. Quindi i solo nemici interni o esterni danno identità alla nazione: da qui il complottismo paranoico istituzionalizzato. L'Ur-fascismo si basa sull'ambivalenza nel valutare la forza dei suoi nemici, che sono ricchi, forti, ma nello stesso tempo depravati e fragili, molto inferiori agli eroi ur-fascisti: i fascismi storici perdono alla lunga per l'incapacità di valutare il peso dei propri avversari, che porta all'antipacifomo. Che conduce a un tragico e grottesco elitismo di massa, e ali'esaltazione della morte eroica, premessa ad una immortalità di maniera. Coerente con l'eroismo è il machismo e il disprezzo per le donne e gli omosessuali. Questa folla di eroi, santi, navigatori evoca il monolitismo: il popolo è indivisibile e non misurabile e solo il leader lo sa comprendere. Il linguaggio che ne deriva, dal lessico povero e dalla sintassi elementare, si carica di emotività, nemico della complessità e dell'astrazione, e infarcito di sorprendenti fallacie. Anche il sadismo terapeutico è una evidente manifestazione di Urfascismo. La segregazione dei sofferenti psichici diventa pseudo razionale con la nascita del manicomio, che riporta in auge il concetto ippocratico-galenico di malattia organica cerebrale, superamento parziale di roghi ed esorcismi, e può essere istituzionale, diffuso, farmacologico, pseudoclemocratico, un non luogo dove si cercano nuove malattie per vecchi psicofarmaci, e dove anche il territorio assume caratteristiche neo manicomiali. Siamo in un momento quindi in cui questo sadismo appare vivo e presente nella salute mentale italiana, rendendo difficile il mantenimento dei valori scientifici e umani della riforma psichiatrica. Persiste tenace la concezione del malato mentale come rifiuto umano, la cui filiera ha come esito l'ospedalizzazione, la cronicizzazione, il coagularsi dello stigma, un ciclo dei rifiuti che sceglie la via della discarica piuttosto che quella del recupero delle energie, dei sentimenti e dell'intelligenza di chi soffre.

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Non c'è alternativa al resistere nelle istituzioni sanitarie residue aspettando tempi migliori, lavorando, studiando, conservando il sapere di Basaglia e Piro ricordando che la sofferenza psichica si sviluppa sulla base dell'esclusione, della sofferenza e della guerra.

lntertestualità22 della cura Come il ricercatore studia il modo di giungere a una verità adatta alla sua conservazione, costruendo nd tempo i suoi strumenti di lavoro, cosl il paziente lotta per impadronirsi di un vissuto di verità sul dogma, che vorrebbe indiscutibile, della sua esistem.a qui ed ora. Il suo strumento è il delirio, che fiorisce dal desiderio per sognarne le premesse necessarie, deformando l'inferenza, cercando un varco tra il possibile e il necessario. Il desiderio sovrappone gli assiomi di una tesi da sostenere alla tesi stessa, il punto di partenza dd ragionamento con la sua ambigua risoluzione. Le singole inferenze dell'homo delirans corrispondono spesso alle fallacie dei sani: se abduce, congegna ipotesi, se deduce estrae l'ovvio, se induce generalizza. Per piegare la realtà manomette l'estensione dell'alone semantico delle parole usate come cose23, perché sem.a parole non si delira, e qualsiasi cosa che possa essere usata per mentire è un linguaggio 24 • "Testo" viene da "textum", "t~uto", e rimmagine delrintreccio si ritrova in "lego,,, legare, raccogliere. Vipertestualità si basa su un intreccio potenziato, una rete semantica produttrice di senso senza sequenze obbligate, e di una unità testuale forte. Genera senso mediante progressioni significative interconnesse e utilixt.abili secondo vari ordini di lettura, e può essere riferita a oggetti, a persone, ai supporti testuali, alrorganiXla.Zione del testo, o ad un atteggiamento terapeutico. In un ipertesto i confini sono vaghi, è arduo distinguere un interno e un esterno o un inizio e una fine: le unità testuali sono inserite in strutture sovraordinate ma rimangono autonome. Vintertestualità della cura garantisce r autonomia delle singole donazioni di senso che si sviluppano nelrinrontro con il paziente per tentare un mutamento del destino individuale. La cura assume rosl le caratteristiche della multilinearità. 23 È la teoria delr alienazione semantica, espressa ne Il linguaggio schw.ftmico. 24 «La semiotica [ ... ] è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire» (Umberto Eco, TrtllllllO di semiotica generale}. 22

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Se ddiro non è perché ragiono male, ma perché intuisco che la ragione serve la vita, non la morte. Avverto che qualcosa è cambiato, ma non so dove, come, quando, e perché un pericolo assoluto incombe. La follia autentica è una fede in sé, la cui eventuale incomprensibilità non è sempre in relazione alla severità della patologia 25• La ragione individuale presidia il valico che divide le emozioni dalla condotta in ogni momento della vita, e si regola cli conseguenza. In questo senso ristretto, il delirio è vitale e spesso ineliminabile autocura. Sergio Piro muore a 81 anni il 7 gennaio 2009. Lotta per il superamento dd manicomio, scrive la bella legge 1/8326 per la cura della sofferenza mentale della Campania, massacrata a poco a poco dai governi regionali che si sono succeduti, giunge a un'antropologia volta alla trasformazione diadromictl-7 delle prassi terapeutiche, ricerca una intertestualità della cura e un'euristica connessionale pertinente all'insegnamento, all'esperimento sociale e all'azione politica. Chiarisce l'epistemologia pratica degli psichiatri, fra lo spiegare e il comprendere, rilevando che tra le spiegazioni naturalistiche e la comprensione che colga nessi fra accadimenti psicologici esiste un abisso insuperabile, lo stesso che separa l'analisi delle vie dopaminergiche sottocorticali cli un paziente allucinato e la comprensione delle lacrime cli un bambino al primo giorno cli scuola. Combatte le terapie incentrate sull'individualismo carismatico e manipolativo, abbracciando la scomodità dell'incertezza e ridicolizzando le grottesche sicurezze delle superstizioni scientiste, aprendo spazi cli liberazione nell'ospedale psichiatrico cli Materdomini, cosa che gli costa il posto di lavoro.

«Non v,ècoinciden1.a [... ] fra comprensibilità e coeremadel linguaggio, perché vi sono espressioni incoerentissime e pur ben comprensibili, cosl come non vi è coincidema alcuna fra incomprensibilità o incoeren1.a linguistica e severità clinica» (Sergio Piro, Parole di follia). 26 Vedi allegati. 'Il Per diadromia Piro intende una proliferazione locale di spunti teorici mutualmente incompatibili. 25

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Osserva partecipante quell'agglomerato caotico cli scienze umane e naturali che fa della salute mentale il campo più complesso cli un'epistemologia non ingenua della relazione umana, contrasta il mito dell'incomprensibilità schizofrenica sulla base della teoria dell'alienazione semantica del linguaggio schizofrenico. La sua polemica contro il neokraepelinismo del DSM IV produce delle antropologie alternative pratiche, delle psichiatrie non euclidee che rigettano l'assioma che la psiche debba essere esaminata da soggetti, gli psichiatri, che studino oggetti, i pazienti. Negando la possibilità di giungere a una conoscem.a generale della natura umana sulla base cli una esperienza solo psicopatologica Fonda un centro di ricerca sulla psichiatria e le scienze umane dedicato alla connessione possibile e alla scissione inevitabile, e una scuola di formazione per ricercatori nel campo della salute mentale gratuita e aperta a tutti gli operatori della salute mentale, senza distinzione professionale. Tra la sofferem.a e il mondo della cura interpone l'osservazione partecipe, lasciando che il lettore incuriosito esplori un universo evocato da parole rigorose e oscure28, o vaste e coinvolgenti. Scritti ormai orfani che cercano l'adozione tra ricercatori, curati e curanti, spesso coincidenti o molto poco distinguibili.

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Accusato spesoo di inutile incomprensibilità, Piro crede nella perenne fluttuazione dei termini disciplinari e operazionali relativi alrosservato caotico degli eventi umani, da parte di un osservatore mutevole e provvisorio, essenziale per sottrarsi a quelle aistalli7:l3Zioni linguistiche dannose nelle scienze naturali e deformanti in quelle umane. Perché «rosservato e rosservante di questa strana danza della conoscenza umana sono dello stesso tipo, hanno la stessa qualità dinamica di continua ff uenza, accadono nella stessa scala dimensionale e nello stesso tempo». Ritiene partecipante r osservazione non centrata sul distanziamento, sulle protesi strumentali, sulla statistica. E indispensabile quella distanziata, naturalistica e quantitativa quando la separazione non annulli lo stesso oggetto della ricerca.

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Critica la Evidence-based Medidne29 che si è imposta nella seconda metà degli novanta del secolo scorso {soprattutto trial randomizzati), e la mitologia pervasiva e intollerante dd D .S.M. N R 30 • Piro comprende molto, crea molto e fallisce molto, esplorando in profondità errore per non perdere opportunità della scoperta, quando sbaglia {spe~o per pregiudizio positivo sulle persone) lo fa per generosità, per audacia, per eccesso, mai per difetto. Un giorno il suo lavoro di pensiero e di passione, in parte eclissato, in parte perduto, sarà riscoperto e tornerà utile a qualcuno e a qualcosa, con tutta la forza e le conseguenze della necessità. E che regalerà a chi gli abbia voluto bene, si sia nutrito della sua ricerca e curato con le sue parole, la sensazione fuggitiva di dialogare ancora con lui, e di essere ancora pervaso dalla sua energia subatomica. La dimostrazione di questo assunto abita più nei suoi gli articoli che nei suoi saggi troppo solitari. È il senso di questa raccolta. Buona lettura.

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Gli esiti dei trial randomizzati, colonna della sedicente medicina basata sulrevidema (E.B.M.) sono deformati dagli interessi dei commitenti, fondamentalmente Big Pharma, per quanto possa essere corretta la loro formulazione statistica. Sembrano aver funzionato nelrassistenza post-operatoria per rictus e rinfano del miocardio, non ceno in psichiatria. Gli antipsicotici atipici e degli antidepressivi della classe degli S.S.R.I. (gli inibitori della ricaptazione della serotonina), sono preferiti in base ai trial diffusi a tappeto tra gli psichiatri che certificano una maggiore efficacia e sicurezza, giustificando così renorme differenza di costo. Dopo che le nuove molecole saturano il mercato grandi trial indipendenti (Catie e Cutlass) suggeriscono che tali farmaci non siano né più efficaci né più sicuri, e che i ricercatori andrebbero ricompensati in base alla qualità metodologica dei trial e non per gli esiti desiderati dal committente. Questi bias alterano di fatto la credibilità dei risultati. 30 Vedi negli allegati la prefuzione di Piro al libro Scissioni parallele.

ARTICOLI, LETTERE, COMMENTI DA «LA REPUBBLICA NAPOLI» 2000-2008

In quel momento la porta si aprl, e sulla soglia, preceduti dal maggiordomo, apparvero quamo valletti in livrea recando al modo antico, sopra una specie di barella ricoperta di un magnifico broccato rosso ... un enorme pesce adagiato in un immenso vassoio d'argento massiccio. Un 'ohi, di gioia e di ammirazione corse lungo la tavola, ed esclamando "Ecco la Sirena!,, ... il maggiordomo, aiutato dai valletti, depose il vassoio in mex1.0 alla tavola ... e si ritrasse di alcuni passi. Tutti guardammo il pesce, e allibimmo .... Una bambina, qualcosa che assomigliava a una bambina, era distesa sulla schiena in me"/ZO al vassoio, sopra un letto di verdi foglie di lattuga, entro una grande ghirlanda di rosei rami di corallo. Aveva gli occhi aperti, le labbra socchiuse: e mirava con uno sguardo di meraviglia il Trionfo di Venere dipinto nel soffino da Luca Giordano. CurLio Malaparte, La pelle

L'incorreggibile società primitiva O1 febbraio 2000

Fra le aberrazioni massime e diffusissime della mente umana vi è certamente il presupposto implicito che nessuna donna possa respingere la richiesta di un maschio, senza che questo si senta ferito, irritato, offeso, leso nel sentimento della sua centralità universale. I maschi della specie homo hanno una criniera ben più folta di quella dei leoni. L'aggressività del maschio rifiutato non appartiene solo a luoghi sociali marginali e ad aree di profondo arretramento culturale: ogni donna, in qualunque ambiente, può ben dire delle rappresaglie sottili, delle vendette psicologiche, dei malumori inspiegabili, che seguono a un rifiuto anche gentile, anche comprensivo, anche rispettoso. Malumori, esclusioni, svantaggi per la carriera o per r arte costellano la vita delle donne che lavorano. L'insulto alla donna che si nega, nell'espressione di un suo diritto incontestabile e sovrano, è la prima reazione interiore dd maschio rifiutato: questo sentimento di offesa rimane interiorizzato, inespresso o represso nei maschi che vanno acquistando un qualche abito di parità e un impegno di rispetto dei diritti psicologici, morali, estetici delle donne, indipendentemente dalla loro disponibilità sessuale. Nelle menti più primitive, negli ambienti sociali dove la violenza esplicita è

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di casa, dove camorra, prepotenza, degrado e volgarità dd sentire dominano incontrastati, un piccolo gesto d'impazienza o di reazione o di difesa possono innescare un atto estremo di violenza, un'aggressione, un omicidio: una forma autentica di guerra. Annamaria Truglio, come tante altre donne, è caduta vittima di una violenza che esprime una dimensione grande di arretramento psicologico e morale, di barbarie, di profonda inciviltà, di illimitata dedizione alla guerra: una dimensione cosl estesa e cosl profonda che impegna tutti e riguarda tutto. L'unico vero rimedio in questioni di questo tipo è quello di spingere in tutti i modi e con tutte le forze per la trasformazione civile della società e per l'evoluzione culturale, coesistentiva e politica ddla nostra specie.

Il muro dell'inerzia 03 marzo 2000

Il fatto che Napoli, città in cui vivo dalr età di sette anni, e la Campania, per le cui strutture psichiatriche lavoro da quarantanove anni, siano diventate un "caso politico nazionale" non m'inorgoglisce affatto. Napoli era stata un "caso nazionale" pochi anni prima, quando qualcuno aveva sfondato il muro antico dell'inerzia della rassegnazione, della corruzione e dell'omertà politica e aveva gridato forte il diritto di questa città a una moderniu.azione partecipata e a una rivalutazione totale. Questo sfondamento vi era già stato nei tempi lontani della rivoluzione napoletana e poi con Gioacchino Murat, il primo che tentò realmente di costruire qui uno stato moderno. Ma la grande restaurazione riportò un quadro di disorganiz7.azione furbesca, corrotta e spietata, di tirannide dell'inefficienza, che da allora non fu mai più seriamente intaccato. Venne poi pochi anni fa una nuova rivoluzione che fece riaprire il portone principale di Palazzo Serra di Cassano: per un solo giorno, ma nella speranza forte che rimanesse aperto per sempre. E per questa rivoluzione, pacifica e veemente, votarono, la seconda volta, il 73% dei napoletani. Doveva essere una svolta definitiva: la vergogna secolare di Napoli era riscattata.

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Dopo qualche tempo anche in Campania vi fu un cambiamento politico che allargò il campo politico e morale della trasformazione. Non voglio occuparmi qui di singoli personaggi politici, ma della complessiva delusione di questi ultimi anni, quando il tatticismo, la spartizione dei privilegi, l'appalto delle cariche, il dominio delle lobbies continuano ad avvelenare un immoclifìcato governo regionale e sono ricomparsi sfrontatamente anche nel tempio rivoluzionario del Comune, dove circolano ora nuovamente "camorristi e faccendieri". Le trasversalità di sottopotere Regione-Comune ha ripreso ad avvelenare tutto. Nel crogiolo del centro-sinistra si sono mescolati ogni sorta di interessi antichi, nuovi e nuovissimi. Chi ha lavorato per tanti anni nella sanità ha documenti inoppugnabili: nel campo psichiatrico in modo particolare. Tutto viene affidato in campo Ds a pochi esponenti universitari, alle loro lobbies, ai nuovi loro primari; e l'assessore Ppi con il suo corteo primariale s'illumina di proposte di ritrattazione della legge Basaglia e di drastiche riduzioni delle attività dei centri di salute mentale. I servizi sono in condizioni disastrose, l'Ospedale psichiatrico Bianchi è ancora 11 con ottanta sfortunati pazienti, monumento all'incompetenza e alla presunzione, mentre sulle colline di Lettere vi è un nuovo orrendo manicomio di trecento pazienti di cui non parla nessuno. Di questi gravissimi abusi hanno indeclinabile responsabilità la Regione, il Comune di Napoli e laAsl Na 1 {mezza Ppi e mezza Ds). Il rinnovamento che Antonio Bassolino aveva iniziato con tanta genialità e tanta forza politica s'è arrestato: nel farsi trimalcionico e baronale dell'assetto delle amicizie, delle lobbies, delle corporazioni, la perdita maggiore è quella di un'etica politica che egli aveva ripristinato con il plauso di tutti. Il baratro politico ed etico che vi è a destra obbliga tutti a mobilitarsi ancora una volta, benché stanchissimi e preoccupati, e a combattere con tutte le forze per un avanzamento democratico. Certamente il problema del centro-sinistra è quello di una linea politica forte e per me questo è possibile solo ritrovando, a sinistra, forza esemplare di programmi e rigore di comportamenti. Ma, facendo fino in fondo il nostro dovere democratico e continuando a lavorare per una positiva trasformazione della vita civile, pure la tristezza e lo sconforto per questa fatica di Sisifo napoletana e campana continua ad invaderci.

Film e realtà troppe armi fra noi 25 marzo 2000

Non vi sono parole che possano essere dette a commento della vicenda di un quattordicenne, protagonista di un fatto inconsueto, senza rischiare di procurargli un danno per avventate-zza o per precipitazione. Questo accadimento va affrontato dalle istituzioni in sedi proprie, con modi adeguati, con il garbo dovuto e non può essere né criminalizzato, né falsamente interpretato a livello sociologico, né tanto meno {Dio ci guardi!) psicologicamente compreso. Non può essere oggetto di commenti che abbiano riflesso sulla persona singola del protagonista. Se non vi saranno impedimenti di carattere legale, questo accadimento potrà essere discusso con profondità e competenza solo nella comunità della scuola, solo nella vicinanza dei compagni, solo nella vivacità delle relazioni emozionali che vi sono tra i giovanissimi protagonisti. I titoli dei giornali, le luci della televisione, le chiacchiere dei commentatori, le reazioni emozionali del pubblico, l'allarme dei genitori, la drammatizzazione collettiva di ogni fatto della nostra vita collettiva possono trasformare una bravata, un atto irriflessivo, un momento di esibizionismo adolescenziale in un destino personale difficile o confuso, diverso da quello che poteva essere. Le poche righe che seguono sono dedicate

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alle pistole. Le pistole sono infatti dovunque. Infestano estesamente i film televisivi, dominano nella vita collettiva di tutti i giorni, sono sempre sotto gli occhi. Sono buone e cattive: ottime quelle dei poliziotti e degli investigatori privati, pessime quelle dei delinquenti, dei camorristi, dei contrabbandieri. E anche nei documentari, nei telegiornali, nelle foto dei giornali: sequestri di armi, depositi di munizioni, armi albanesi, macedoni, montenegrine; e tante armi italiane {anche se noi non siamo specializzati in pistole, bensl in mine anti-uomo). E dalle scuole americane vengono scene di terrore collettivo: bambini che sparano sui compagni, adulti che sterminano famiglie, negozi traboccanti di ogni sorta di strumenti di morte, aperti a tutti. Al dominio delle armi e della mentalità della guerra si associa la potente suggestione che da questo dominio discende: c'era un'epoca in cui si portavano a scuola, per esibire ai compagni e mostrare, con maschile orgoglio alle compagne, coltelli a scatto, coltelli da caccia tirolesi, temperini {un mio compagno di cinquantacinque anni fa portò a scuola un kriss malese), sognati strumenti di avventure improbabili. Oggi si portano pistole che sono centomila volte più pericolose e inaffidabili di un temperino. Si arriverà domani a scuola con un carro armato? Non vi è morale possibile: il ripudio della guerra e della violenza è un potente strumento di prevenzione, ma ha davanti a sé una strada troppo lunga ed aspra. Ma qualcosa ci si può aspettare qui da noi a tempi più brevi: che le pistole in giro diminuiscano grandemente, che gli adolescenti non le trovino dunque più, che non abbiano più voglia di servirsene per le loro drammatizzazioni. Ancora una volta il rispetto della legge e la prevenzione dd crimine sono strumenti educazionali di massa a più vasta portata di quanto comunemente non si creda.

Il Bianchi e quelle vite senza luce 28 aprile 2000

««la Repubblica»» di martedì scorso cosl, opportunamente, titolava un suo servizio da Napoli: "Nuovi lager rinascono sulle ceneri dei manicomi. S.o.s. dagli esperti: 'I malati continuano a legarli'". Il caso che dà origine a queste riflessioni è quello di una ricoverata dell'ospedale Bianchi, un manicomio che è ancora Il, unico in Campania, nonostante che l'amministrazione ne avesse annunziato la chiusura il 31 dicembre 1996 e poi il 31 dicembre 1997; nel luglio 1998 un suo vistoso ordine di servizio ne ordinò la chiusura in pochi giorni e comunque non oltre il 31 dicembre 1998. Ma quel documento diceva di più: parlava, senza ambagi, della condizione manicomiale nelle residenze territoriali in cui sono stati deportati i degenti. Per quanto riguarda Napoli non si può che confermare: si tratta di strutture il più delle volte a porte chiuse, con ogni sorta di limitazione, con affollamento fino a 40 persone. E, poco più in là, si giunge fino alla trasformazione di un piccolo ospizio per vecchi in un grande manicomio privato con 300 posti, stanze buie e orrore manicomiale (Villa San Vincenzo a Lettere: la Procura di Torre Annunziata è già intervenuta). Quel servizio giornalistico diceva di peggio. Parlava di pazienti legati.

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Basta andare all'improvviso in alcuni dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura {i repartini negli ospedali civili) per trovare pazienti psichiatrici legati, gonfi di psicofarmaci, senza psicoterapia della crisi, trattati come nei manicomi di un tempo. Uno scandalo che non ha fine, un maltrattamento che ci riporta all'orrore manicomiale più pieno. Anche dalle colonne di questo giornale chi scrive ha continuamente sottolineato il grave stravolgimento che la Asi Napoli 1 e l'Ufficio cli dismissione del Bianchi stavano facendo delle leggi nazionali che imponevano la chiusura dei manicomi, la messa a punto cli servizi territoriali cli salute mentale pienamente efficienti, la costituzione di strutture alternative decorose, aperte, umane. La Campania ha conosciuto momenti altissimi di impegno per la salute mentale con anticipazioni negli anni Sessanta e Settanta, con una vasta adesione alla riforma del 1978, con l'emanazione della legge regionale n. 1 per la salute mentale che istitul il servizio territoriale aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, adempimento forte dd diritto dei cittadini alla salute, alla prevenzione, alla cura. Ed è proprio questa legge che si tenta oggi di ritrattare: un servizio cli salute mentale forte e funzionale è una pietra tombale per tanti interessi particolari illeciti. S'innesta qui il problema più vasto, che riguarda l'intera sanità in Campania: la qualità delle amministrazioni. Quando sarà posto fìne alla lottizzazione, alla corruzione, al clientelismo nella nomina e nell'attività dei direttori generali, amministrativi, sanitari, dipartimentali delle aziende sanitarie, sparirà anche l'inefficienza dei servizi, l'arroganza dei primari, lo strapotere delle corporazioni, il lusso delle sedi direttoriali e l'abbandono dei servizi territoriali. Pulizia spartana nelle amministrazioni e nelle direzioni, attuazione e aggiornamento della legge regionale n. 1/1983 sulla salute mentale, provvedimenti decisivi per il recupero sociale, lavorativo e associativo dei pazienti: al nuovo governo della regione, alla sensibilità politica di Antonio Bassolino questo chiedono gli operatori democratici cli salute mentale, questo si attendono tutti i sofferenti della Campania, questo è necessario perché un programma cli civiltà, di giustizia e cli libertà sia finalmente il punto di partenza per il riscatto della Campania. Una società si giudica anche dal modo con cui tratta i suoi malati mentali.

Le colpe della Sanità pubblica 02 giugno 2000

Non ha limiti la solitudine delle famiglie dei malati mentali. Essa riguarda tutte le situazioni: tanto quelle in cui la persona sofferente è "altrove" anche in una "buona sistemazione", tanto quella in cui rimane nell'ambiente familiare. Questa solitudine è m~ima in quellesituazioni territoriali in cui non si determina la presa in carico di tutte le situazioni di disagio e i casi di sofferenza psichica da parte del servizio pubblico di salute mentale dd distretto corrispondente. Bisogna che questo sia chiaro e definitivo: quando un paziente psichiatrico riceve attenzione, cura, attenzione sistematica, la sua storia cambia in modo significativo e positivo. La cura sistematica di tutti i pazienti "cronici" di un determinato territorio non impedisce tutti gli impulsi, gli atti aggressivi, i tentativi di suicidio o gli altri atti psicotici, ma ne riduce il numero in modo cosl significativo {circa del1'80% secondo alcuni dati dell'OMS), da potersi parlare a pieno diritto di un cambiamento sostanziale della situazione psichiatrica. Per i pazienti psichiatrici l'assistenza domiciliare {questa è la brutta denominazione di una pratica luminosa) è l'unica vera rottura della solitudine delle famiglie, l'unica modalità con cui il dettato liberatorio e avanzato delle

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proposte alternative e della legge Basaglia divengono realtà di fatto e progresso sociale.

L'assistema domiciliare dei malati mentali viene considerata optional in molte sedi distrettuali del territorio nazionale, soprattutto al Sud: anzi l'abitudine a "non caricarsi" di questi pazienti sembra diffondersi a macchia d'olio. Ma, attenti!, si tratta di obbligo di legge che non può essere duso. Dopo i grandi avanzamenti degli anni settanta e ottanta, il lavoro di riabilitazione e di sostegno territoriale dei malati mentali ha avuto battute di arresto e regressioni anche gravi. Le caratteristiche di questo regresso assistenziale è oggetto di ricerca presso il Centro Ricerche sulla psichiatria e le scienze umane e una dettagliata relazione sarà pubblicata in settembre. Ma, al di là dd doveroso discorso pratico sull'assistenza e sull'impegno sociale, la mente ritorna al dramma della solitudine di via Macedonia. Dovremo necessariamente attendere il tempo delle indagini per conoscere gli accadimenti finali. Ma non possono non pervaderci la disperazione e lo sconforto per quello che è successo prima, dall'inizio di una lunga sofferenza fino al tragico destino finale: la strada che il padre percorreva ogni giorno dal centro della città fino alla casa dd figlio malato, il luogo di un arrovellamento, di un logorio, di una disperazione che non hanno eguale. Non cessa il dovere per tutti noi di aumentare l'impegno, di continuare la lotta per una diversa salute pubblica, di essere più vicini alla gente che soffre. La gente comune è veramente stanca di abusi, di stravolgimenti della funzione della sanità pubblica; la gente comune è disperata per la sorte di coloro che versano nella sofferenza oscura della malattia mentale o della depressione. Chiunque abbia la spada per tagliare di colpo questo nodo gordiano degli interessi impropri nella salute pubblica non esiti a farlo subito: quando si è sulla vetta di una montagna, allora bisogna incominciare ad arrampicarsi.

Un libro esperienza fra teatro e psichiatria 11 giugno 2000

C'è un tipo di psichiatria che non ha mai smesso cli proporre orizzonti di senso, non ossessionata dalla necessità di creare dovunque manicomi. Psicodrammajùrtodelpensiero1 è il titolo del libro cli Enrico De Notaris, Claudio Petrella e Francesco Blasi che si presenta domani alle ore 17.30 all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. In questo libro, stimolante ed ardito, è di scena il teatro. S'è fatto un gran discutere negli ultimi decenni dd secolo scorso sui rapporti fra teatro e "a.ira" della sofferenza oscura (nevrosi, psicosi, etc.), come se la trasformazione che rarte realizza nelle singole persone e nelle collettività fosse diversa, di altro genere, di altra e superiore qualità rispetto alla trasformazione terapeutica. L'esperienza è una boccata d'aria fresca nd panorama della psichiatria napoletana in grave crisi negli ultimi anni per responsabilità politico amministrative e senza colpa, anzi con grave danno, degli operatori.

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https:// ricerca.repubblica.ir/repubblica/archivio/repubblica/2000/07/01/quellevoci-dal-teatro-dei-matti.hnnl?ref=search

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Come gli Autori dicono nell'ultima frase del loro libro: «È stato un tentativo di conciliare gli opposti interiori, le spinte incoerenti, la voglia di fuggire e la necessità di esserci».

In estate si risveglia la follia 1Oagosto 2000

Di fronte a fatti di sangue gravi, plurimi, apparentemente irrazionali e incongrui come quello di Cancello Scalo, lo psichiatra (o, più propriamente, l'operatore di salute mentale) si sente fare una serie di domande che, nella loro apparente semplicità, esprimono il disorientamento del pubblico e la partecipazione emozionale di massa. Le domande che più facilmente vengono rivolte allo psichiatra sono le seguenti: questa modalità di strage è propria di questo periodo storico? Ne è aumentata la frequenza nella nostra epoca? È legata al caldo estivo? È sintomo di pazzia oppure esprime altre dimensioni della presenza umana? E cosl via. Le cronache dei secoli scorsi e le anamnesi di pazienti ricoverati nei manicomi criminali nel diciannovesimo secolo ci informano che episodi di quel genere erano ben noti anche allora ed è facile che anche l'età antica e il medioevo li abbiano conosciuti. Ma il numero sembra aumentato e di molto nella seconda metà del ventesimo secolo. Non si hanno, però, dati statistici sufficienti per poter stabilire se ciò sia semplicemente legato all'aumento numerico della popolazione oppure se vi sia anche una maggiore spinta verso questo tipo di violenza.

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Per quanto riguarda la maggior frequenza estiva, tutto ci inclinerebbe a concordare. Ma, se è cosl, non si tratta dd caldo "che va alla testa", bensl della più lunga durata dd giorno, ddla maggiore frequenza di scambi umani, del più ampio dispiegarsi della vita all'aperto. Difficilissima è la riposta sui legami fra stragi microcomunitarie e pazzia. Dipende intanto da che cosa si intende per pazzia. Ma, anche rimanendo nei concetti più comuni, la casistica psichiatrica e criminologica degli ultimi decenni ben ci fa intravedere come in alcuni casi queste stragi coincidano con profili di malattia mentale ben noti e accettati mentre, in altri casi, gli autori non sembrano affetti da alcuna turba psichica descrivibile o nota. Ed è proprio su questi ultimi che nascono le maggiori discussioni: ma un siffatto comportamento non è già da considerarsi tutto intero come un sintomo di pazzia? O all'altro estremo non è la normalità di oggi il riflesso diretto e operante della violenza collettiva e della guerra eterna in cui l'umanità sempre più totalmente si trova coinvolta? Oppure, quanto più si fanno affollate le collettività, tanto maggiori sono i rischi di impulsi distruttori? E ancora: è possibile prevenire? Qui la risposta è per fortuna categorica e precisa. Se funzionassero, come vuolela legge, i centri territoriali di salute mentale, aperti per 24 ore su 24 e realmente pronti a fare attenta opera di ricognizione preventiva nella popolazione, sarebbe sicuramente possibile intervenire precocemente in certe situazioni di sofferenza capaci di condurre a ogni sorta di azioni violente, comprese le stragi. Ma che fine stanno facendo in Campania e a Napoli i centri territoriali di salute mentale?

Psichiatria, l'assistenza smantellata 18 agosto 2000

Ancora una volta, come in tanti altri episodi in Italia ed altrove, la malattia mentale e la famiglia si aggrovigliano in una terribile danza di morte. A Pianura, il figlio, tossicodipendente in passato, ora affondato nella caligine dissociativa della psicosi in un ambiente che sembra fortemente caratterizzato in senso psicopatologico, ha ucciso la madre nella convinzione di salvarla da un nemico misterioso e trascendente. In questa estate di stragi, errori, omicidi, autostrade mortali e follia, ancora una volta sangue viene versato in modo inatteso e incomprensibile. Viene spontaneo chiedersi: ma è stato fatto tutto il possibile per prevenire, per dare un,altra svolta alla vita di madre e figlio? E come si è comportato il pubblico servizio di salute mentale a cui spetta per legge il compito di prevenire, oltre che quello, ovvio, di curare? Attraverso la conoscenza del paziente, il rapporto con lui e con la famiglia, le cure personali e la trasformazione positiva dell, ambiente di vita, diviene possibile in buona parte dei casi prevenire atti impulsivi, azioni violente, crisi acute. Perché questo avvenga, perché l'impulso mortale sia evitato, occorrono due condizioni: che l'insorgenza della malattia non sia improvvisa; che il locale servizio territoriale di salute mentale

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abbia preso in carico i casi a rischio e le persone con sofferenza psichica già manifesta. Per fare ciò il servizio territoriale di salute mentale deve radicarsi fortemente nel territorio, farsi conoscere, sviluppare un sistema di assistenza sociale adeguato, condurre una seria indagine epidemiologica, farsi promotore di attività di autoaiuto e di partecipazione territoriale: deve, insomma, essere presente, accessibile e disponibile. 11, nel quartiere, deve essere conosciuto da tutti. Ora il giovane assassino era già da tempo malato: prima tossicodipendente, poi "depresso,,, poi strano, remoto, schizofrenico. Dunque la crisi violenta, ratto matricida poteva, in buona probabilità, essere evitato se vi fosse stata una rete preventiva territoriale. La domanda angosciata che tanti cittadini di Napoli si fanno è questa: da due o tre anni i servizi di salute mentale della nostra città si sono avviati a una progressiva e grave involuzione. Questi servizi, purtroppo, sono sempre meno attivi, sempre meno inclini all'attività domiciliare e alla ricognizione epidemiologica, del tutto lontani dalla prevenzione generalizzata, sempre più impoveriti di rapporto con la fluente vita associativa dei distretti, sempre più deprivati di personale, sempre più ridotti al pronto soccorso {spesso tardivo), alla distribuzione di psicofarmaci, all'invio automatico dei pazienti in repartini ospedalieri in cui essi vengono sistematicamente legati: sl, proprio cosl, legati. Realizzate una serie di scatolette abitative, alcune bene arredate in cui stipare e chiudere nuovamente i pazienti usciti dal manicomio {nemmeno tutti), nonché da mostrare alle "Autorità,, nei giorni di festa, i servizi di salute mentale napoletani vivono il decadente crepuscolo delle alternative scomode e faticose, aderenti alle leggi e utili alla società; passano a una fase storica in cui solo i concorsi per primari sono importanti. Finché non sarà stato fatto un passo avanti, non potrà tacere l'appello a rilanciare subito, forte e bene i servizi territoriali di salute mentale, a sviluppare la prevenzione e la ricerca epidemiologica, a liberare i servizi ospedalieri psichiatrici dalle camicie di forza, ad aprire al territorio le gabbiette dorate in cui sono stati rinchiusi i malati mentali usciti dai manicomi. I problemi psichiatrici possono essere affrontati, anche i più gravi: ma bisogna fu.rio e non dirlo in convegni inutili. Prima di predicare sulla malattia mentale e sulla fatalità, attiviamo seriamente i servizi e facciamo il nostro dovere. Se si può, si deve.

Come un urlo per chiedere aiuto e giustizia 19 ottobre 2000

La disperazione della vittima dell'usura è una marea che non cessa di salire: è una disperazione che altre alternativa non vede che la fine della spietata servitù. Questa fine appare sempre più remota, irreale, ineffettuale. Della liberazione dd mostro spietato vi è infatti una necessità sempre più accorgente, affinché questa catastrofe personale e dei propri cari abbia termine. Il suicidio con denuncia appare come un urlo per invocare aiuto e giustizia. Aiuto e giustizia per chi al mondo resta, sempre più solo sempre meno difeso. Ma la parola "fine" ben presto viene a significare, senza scappatoie o alternative, la propria fine. Altre parole su questa disperazione non è lecito dire. La comprensione si affida alla sensibilità dei singoli e alla coesione della comunità perché gli uni e l'altra apprendano. Gli uni e r altra debbono imparare a difendersi, a proteggersi, a contrattaccare. Tutte le forze della criminalità organizzata (e l'usura è senza dubbio tale) sono in guerra contro la società civile: guerra effettuale, combattuta, quotidianamente agita, che produce più perdite di vite umane e più devastazione di una guerra militare. Ed è su questo che bisogna riflettere.

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La risposta cli massa non è la ridicola esasperazione delle sanzioni penali, né la pena di morte, né la sola mobilitazione delle forze dell'ordine. Non esistono ricette immediate che prescindano da tutti noi. Dalla società civile. La risposta cli massa è data dall'acquisita coscienza cli essere comunità, dalla certeu:a dei diritti singolari e plurali, dall' organizzazione della resistenza, dal coinvolgimento degli altri cittadini, dall'appello energico e finalmente efficace allo stato. Solo in quel caso, solo allora avverrà, forse, che le forze cli "autoaiuto" reciproco dei cittadini rompano il muro del silenzio e le regole cli omertà, impediscano l'autoconclanna a morte delle vittime, salvino i loro figli, risparmino alle famiglie esperienze clrammatiche. Come in una guerra di liberazione. Coloro che si sono suicidati per la disperazione dell'usura sono caduti in una guerra. Una guerra che ora è necessario combattere con le armi della forza, della solidarietà, della giustizia, della libertà.

Violenze antiche moderno orrore 17 novembre 2000

Questo tempo getta sotto i nostri occhi riluttanti mali antichi ed atroci della nostra specie, insospettati recessi di mostruosità e di disumanità, orrori che non avremmo mai coscientemente sospettato. Ad Acerra quattro bambini sono stati stuprati per anni, iniziati a quanto vi è di più turpe, esposti a probabili mali fisici e a sicuri destini nevrotici, venduti a presenze immonde travestite da esseri umani, derubati della loro gioia di vivere, traditi dalle persone a cui la natura e la società li avevano affidati. La nostra mente recede di fronte a tanto orrore e tenta di darne la colpa a qualche cosa di esterno, di transumano, legato al progresso e alla tecnologia: è il cattivo esempio che Internet crea e i massmedia divulgano, è la fame di danaro creata dal supercapitalismo, sono le debolezze dello Stato, sono le seduzioni della licenziosità sessuale, è la perdita della Patria e della religione. Nessuno vuole vedere che questo male non è, nella sostanza umana, cosa diversa dalle innumeri forme di maltrattamento umano, di sfruttamento radicale dei sottoposti, di totale sopraffazione dei diritti altrui, di schiacciamento delle persone meno difese, di furto dell'infanzia dei bambini e della gioventù dei giovani, e cosl via.

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Quei tempi p~ti di cui propagandiamo un ricordo idilliaco e fasullo ci hanno lasciato testimonianze che vanno clal sacrificio dei bambini sugli altari, al prelibato cannibalismo di infanti, alla loro sistematica uccisione nelle persecuzioni, a forme di pedofilia violenta del tutto simili a quelle attuali. E poi nessuno, forse nemmeno lo Stato, vuole vedere il collegamento complessivo che vi è fra il formarsi mondiale cli una società alternativa contro legge e i fatti dolorosissimi di Acerra e di Pollena T rocchia, dove fu vittima della camorra una bambina di due anni. Ma fra camorra, traffico di emigranti e di armi, avviamento alla prostituzione, traffico di droga e pedofilia organizzata vi è una continuità innegabile, che è, appunto, la vera novità di questo nostro tempo. Una società vasta, organizzata e potentemente armata sta muovendo guerra alla società civile, alle sue leggi, alle sue speranze di pace, alle regole elementari di civiltà e di conviveni.a: il 21 per cento del Pii italiano è costituito infatti dai proventi della malavita organizzata. Ad Acerra amici e parenti giungevano fìn da Milano per venire a godere delle gioie di una pedofilia facile e rusticana. E qui scatta immediatamente la considerazione che la comunicazione Internet non è né necessaria né sostanziale: basta una telefonata perché il collegamento si crei e differenzi la pedofilia violenta dei giorni nostri da quella che oscuramente si consumava nei tuguri o nelle campagne del medioevo. La lotta alla pedofilia non può essere confinata nei soli compiti dello Stato. Solo un generalizzato avanzamento della coscienza popolare costituisce il rimedio principale da perseguire. Ma qui il pensiero corre lontano, mentre, per i fatti contro i bambini di Pollena T rocchia e di Acerra, r animo rimane avvolto nell'orrore più cupo.

Sofferenza e solitudine 24 marzo 2001

Una nuova tragedia che si svolge nell'ambito della famiglia e che ha un giovanissimo come protagonista si è svolta a Pompei. Siamo ancora una volta colpiti a fondo, pieni cli partecipe dolore per le vittime, sospesi in un'angosciata apprensione per il giovanissimo assassino, silenziosi nell'affollarsi interno delle domande inespresse. Nd s~guirsi delle notizie sull'evento, il silenzio si rompe, il discorso si fa collettivo, le domande diventano esplicite. In queste occasioni facilmente viene rivolta a coloro che si occupano cli problemi psicologici e psichiatrici la domanda se questi "comportamenti estremi" siano o non siano espressione cli malattie mentali, cli turbe psichiche, cli psicosi latenti, anche se sono prodotti da persone apparentemente normali. La mia sommessa e deludente risposta, che stride con la sicureu.a diagnostica cli tanti psichiatri che hanno parlato, scritto ed insegnato sulla tragedia dei giovanissimi {anche loro, giovanissimi) Erika e Omar a Novi Ligure e su altri analoghi episodi, è che questi "comportamenti estremi" esprimono, con devata probabilità, uno stato di forte sofferenza, una condizione umana cli disperazione o cli resa. Una sofferenza forte, foriera cli comportamenti terribili, può essere prodotta dagli accadimenti

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della vita, da eventi sociali ed economici, clalla guerra, da condizioni di subordinazione o di asservimento, clalle difficoltà connesse al lavoro, da complessi psicologici, da malattie mentali, clall,intreccio di una depressione o di una malattia mentale con l'assetto esistentivo di un nucleo familiare, da malattie somatiche, da ogni tipo di attentato al benessere e ai diritti dei cittadini: è la sofferenza, non la follia in sé, la radice dei comportamenti estremi. Anche l'atto violento, apparentemente inspiegabile e assurdo di un folle conclamato, non è espressione della sua "follia,, in quanto diversità catalogabile, ma della sua sofferenza, della sua angoscia, del suo "star male". Questo voler tirare in ballo la follia in ogni caso di delitto inspiegabile è da riportare forse al senso regressivo di sicurezza connesso a trovare un nome, a dare un,etichetta, a porre ciò che ci spaventa in una categoria (esorcizzabile). Se possiamo stabilire che i delitti inspiegabili dei giovanissimi sono legati alla follia, alla "perdita dei valori,,, alla televisione, al fallimento della scuola, ai videogiochi, alla presenza degli immigrati, alla debolezza dello Stato, ai postumi nefasti dell,indottrinamento comunista, allora abbiamo isolato il male, abbiamo dato una spiegazione e intravisto in qualche modo un rimedio. Ma la sofferenza umana, questa condizione che ci è così familiare e così sconosciuta, è la radice di spinte fortissime, di decisioni radicali, di progetti inauditi. Essa si proietta maleficamente nei comportamenti dell,odio, della violenza, dell,assassinio "immotivato", dello sterminio, del razzismo, dd nazionalismo, dd genocidio, della guerra, dello stupro, della dominazione affettiva e dell'assoggettamento; e si sviluppa necessariamente dalle conseguenze di queste condotte nelle vittime, negli assoggettati, nei violentati, negli esclusi. E però nascono dalla sofferenza la spinta all,evoluzione, l'arte, la scienza, l'innovazione, i mutamenti nel mondo intorno a noi o nel mondo tutto intero. Così la sofferenza, come la speranza e la curiosità, è fattore di primo piano nell, evoluzione della nostra specie verso il baratro o verso la salvezza. Capire la sofferenza non è giustificazionismo, non è sentimentalismo, non è anestesia dei doveri sociali, non è dimenticanza delle vittime. Senza questa comprensione ci rimarrebbe solo la vendetta.

La salute mentale sfida napoletana 07 aprile 2001

Sono iniziate a Castel dell,Ovo, le giornate Stop Fxclusion. Dare To Care, organizzate dalla Regione nell,ambito delle iniziative per la salute mentale dell,Organizzazione mondiale della Sanità. Durante la prima giornata si è tenuta la Conferenza Regionale sulle Politiche e pratiche per la salute mentale nella Regione Campania, alla quale hanno partecipato direttori, amministrativi, operatori di salute mentale e dei manicomi giudiziari, utenti dei servizi e familiari, e le cooperative sociali. In conclusione l'assessore alla Sanità, Teresa Armato che, dopo avere parlato della «svolta culturale» segnata dal passaggio da una situazione di «custodia» del malato alla sua attuale «presa in cura e integrazione», ha fornito un po, di cifre. L'impegno economico scaturisce da una delibera di giunta che destina il 5% dd fondo sanitario regionale (circa 600 miliardi) «esclusivamente» alla psichiatria. Altri miliardi 47 - rappresentano la terza triennalità dell,ex articolo 20 per l'edilizia ospedaliera destinati alla «costruzione di Case Famiglia e di Strutture Residenziali Intermedie». La giornata odierna sarà dedicata al tema "Sviluppare e connettere reti per la salute mentale,, per lo sviluppo della reciproca conoscenza

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tra reti, per il superamento dell'esclusione sociale ed il diritto alle cure. Franca Basaglia Ongaro presiederà le riunioni internazionali. A Franco Rotelli, da poco nominato direttore generale della Asi Caserta 2, si debbono l'iniziativa e la realizzazione, con la collaborazione della rete exclusion. net. Si tratta cli un evento cli grande importanza, necessario, al cli là delle divisioni dd campo, per la difesa delle esperienze realizzate e per l'apertura cli nuovi programmi cli salute. Già il titolo delle giornate è chiaro: "stop exclusion" inserisce subito il problema della salute mentale all'interno delle grandi tematiche sociali e antropologiche dell'esclusione, dell'oppressione, della guerra {scontati i dati eventuali del biologico e dell'individuale come marchio iniziale); e "dare to care" significa aprire la dimensione complessiva dd prendersi cura, dell'assumersi un compito di antagonizzazione, dell'inserire la sofferenza singolare in quella collettiva, al cli là delle necessarie procedure cli tipo medicale o psicoterapeutico entro i limiti della loro reale utilità. Gli operatori e gli utenti si interrogano: che cosa si sta facendo e che cosa si dovrebbe fare? I "servizi forti" cli salute mentale possono osare la "cura" della sofferenza, quando sono innestati in una rete cli servizi sociali e sanitari, cli strutture organizzate e spontanee dd sociale, cli agenzie dd lavoro, cli iniziative autonome cli tipo artigianale ed artistico: evidente è anche la loro continuità con il mondo della ricerca scientifica e con l'Università. Per Napoli e la Campania la svolta è densa cli conseguenze cli grandissima importanza: restituisce alle esperienze regionali il ruolo cli prima fila nella salute mentale che avevano una volta. Mi riferisco a quella napoletana, adesso caratterizzata dal degrado dei servizi territoriali, dallo spostamento ad altri compiti cli un terzo degli operatori e dallo stato cli abbandono a cui sono sottoposti gli utenti cronici. Senza considerare l'improprio utilizzo (in forma cli manicomio) delle residenze territoriali. "Dare to care" significa osare la trasformazione.

Io, scampato alla morte 15 settembre 2001

Ero a un chilometro dalla torri gemelle. Camminavo con passo spedito verso le T win T owers. Avevo un appuntamento per le dieci. Come avevo già fatto un anno fa sarei salito per vedere il panorama. Non quello delle cartoline. Preferisco ammirare i dintorni di New York. Paesaggi bellissimi. Ho visto una grande colonna di fumo, i meu.i dei vigili del fuoco che si dirigevano verso le Torri. I poliziotti mi hanno fermato. Solo allora ho capito. Ho capito che ero salvo. Un'ora più tardi e avrei vissuto quell'inferno. Qui a New York mi ha colpito molto la reazione composta della gente e soprattutto il grandissimo eroismo dei pompieri. E poi il senso di gelata sospensione che è caduta sulla città subito dopo e che è durata due giorni. Non c'era traffico, i negozi erano vuoti, la gente camminava piano e in silenzio. Uno stato di assedio come durante la guerra. Si ha qui negli Stati Uniti il senso che la storia sia cambiata. Si capisce che è in atto una guerra diversa e che è terribile. Non ho potuto fare a meno di pensare a Napoli che ho visto nel '42, e soprattutto nel '43 sotto i bombardamenti e ho riconosciuto lo stesso coraggio della popolazione. L'ammirazione è per la popolazione, per tutte le etnle senza eccezioni che compongono questa grande fornace di

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umanità. Per tutto il resto il giudizio deve diventare molto più sereno. Bisogna pensare molto a quello che è accaduto. È forte il senso di una guerra di proporzioni inimmaginabili. E il pensiero va a tutte le popolazioni che sono in guerra, a tutti i popoli che subiscono l'oppr~ione, alle migliaia di persone che vivono l'angoscia. Proprio come quella di Napoli nd '43 e di New York nel 2001.

Aiutiamo la scienza ferita 19 settembre 2001

Sembra che, quando, nella nostra città, non sono gli uomini ad accanirsi contro la scienza, a trascurarla, a dimenticarla, a subordinarla, ci si metta cli impegno la natura ad accanirsi contro cli essa. L'Istituto Internazionale cli Genetica e Biofisica e l'Istituto cli Biochimica delle Proteine ed Enzimologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche erano a Napoli luoghi cli ricerca ava.m.ata e ava.m.atissima, fattori cli progresso, focolai cli una civiltà nuova che non si identifica solo con la scienza, ma che non può né deve in alcun modo fare a meno cli lei. Il temporale ha spazzato via ogni cosa e, dunque, non solo gli strumenti e le installazioni della ricerca, il macchinario e le complesse attrezzature, ma anche le attività in corso, il materiale sperimentale, le registrazioni, le annotazioni, i progetti, i primi risultati, i programmi intermedi, le previsioni, il materiale elaborato pronto per la pubblicazione. Per un ricercatore questo è un colpo violento come un attentato alla vita. Chiunque e in qualunque modo percorra i sentieri della ricerca sa bene quanto preriosa, quanto desiderata, quanto necessaria sia la presenza cli strutture adeguate.

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La perdita sublta è d'incalcolabile entità e va al di là dei preventivi, pur necessari, per la ricostruzione e per la ripresa. Nessuno può impedirci di pensare che se il trasferimento e il connesso ampliamento degli Istituti fossero avvenuti prima, oggi non saremmo qui a mandare alto un grido di dolore. A questo punto non si può in alcun modo evitare la richiesta pressante, meditata e sicuramente giusta, di non indugiare in calcoli politici, di non concedere nulla alla lentezza burocratica, di far presto nella restituzione a Napoli e al mondo, ai ricercatori e alla società dell'Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica, dell'Istituto di Biochimica delle Proteine ed Enzimologia e di quanto altro è stato danneggiato in quell'area. Sull'impegno di chi ha il dovere di provvedere, di rimediare e di ripristinare migliorando bisognerà vigilare accanto ai ricercatori e alle comunità scientifiche a cui essi appartengono. Al confronto con altre realtà dell'ormai grande nazione europea, la città di Napoli ha cosl poco ed è tanto amara la via della ricerca nelle scienze naturali e nelle cosiddette scienze umane: ai temporali che devastano i pochi grandi laboratori cittadini e alle prevaricazioni politiche sulle poche strutture che fanno realmente ricerca nd campo delle scienze umane, si dovrà rispondere con l'irragionevolezza dell' ostinazione. Bisogna che quanto è stato devastato sia subito ricostruito e bisogna aprire nuovi focolai di ricerca e di formazione: in questa seconda direzione, forse, la Regione Campania dovrebbe essere più attenta e più propulsiva.

Parliamone senza tabù 25 settembre 2001

Che sia un atto di coraggio, non vi è dubbio alcuno. Negozi del genere di quelli aperti in piazza Carità e al Museo, interamente ispirati e dedicati alla droga (anche se tra quegli scaffali la droga non si trova), è come un sogno: che questo sogno sia poi giusto o sbagliato, dipende dalle concezioni di ciascuno di noi in materia di droghe leggere. Ma per ciò che allude alle droghe pesanti? La realizzazione di questo sogno sarà poi permessa o vietata, lecita o illecita? E, perché no, penalmente perseguibile? Comunque è un atto di fantasia e di creatività: qualche volta è pur necessario fare apertamente quello che tanti fanno di nascosto. Ma un discorso più approfondito e più serio rimanderebbe, senza alcun indugio, alla complessità, alla gravità, alla immanema dd problema della droga. E allora il gioco finisce per cadere, e d'improvviso al sorriso si sostituisce rangoscia per quello che è il più tragico spreco generazionale che abbiamo conosciuto, per le vite perdute, per le famiglie distrutte, per la promessa di fantasia e di novità sempre delusa, sempre sconfitta. Avevo voglia di anelare a vedere da vicino il negozio in questione, quello di cui si parla, nei pressi di una piazza molto frequentata, e l'altro a ridosso di una zona dove si trattengono la sera molti ragazzi. Vetrine

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VOCI PERDUTE

molto visibili, molto esposte con simboli allusivi molto chiari, come il messaggio che forniscono con grande faciltà, ad un primo sguardo. Volevo davvero andarci, quando ho incominciato a scrivere queste righe. Ma la riflessione mi porta piuttosto a consigliare che la levità dd gioco sia data dalla sua transitorietà, e che il sorriso sulle droghe leggere possa consumarsi prima che il terrore per tutte le altre tematiche coinvolte si scateni nel nostro animo. Purtroppo sulla droga, anche volendo, anche sforz..andosi, si può giocare solo per qualche minuto; viene poi invece una tristezza, come una minaccia sospesa di guerra atomica, come il timore di tutto quello che di più tremendo questo tempo potrebbe riservarci. Un negozio può essere barboso, noioso, conformista, anche quando allude a problemi sociali, a problemi importanti, a problemi del nostro tempo. Vorrei, per un confronto asimmetrico, a questo punto ricordarvi le botteghe anomale dd cosiddetto "commercio equo e solidale" che vediamo fiorire intorno a noi: ma 11 r ottimismo, il gioco e la fantasia non si dissociano dal nostro rimanere in un impegno, in una lotta, in una diversità che possano produrre cambiamento nella condizione complessiva dell'umanità che ci circonda. Poiché non c'è nulla ora, giocoso o serio che sia, che non ci riporti all'immanenza di una possibile tragedia.

Se il fumo delle torri arriva qui 17 ottobre 2001

Il fumo acre e densissimo, che scendeva dalle Torri e ci trasportava per sempre in un secondo, terrificante Med.ioEvo, riempie ancora ed oscura in tutti i luoghi del mondo coscienze e presenze, sensibilità e capacità critiche. L'inquinamento batterico delle lettere colpisce al cuore la funzione più amata e rispettata dello Stato moderno: il sistema postale. Già questo semplice fatto costituisce in America un disastro della collettività e un problema politico grave, anche indipendentemente dalla sofferenza dei colpiti e dall'angoscia degli infettati. Il terrore della polvere gialla ha invaso adesso anche Napoli: è noto che questa città è un obiettivo prediletto dei terroristi. Ora, qui tante cose incominciano a diventare più chiare: il nubifragio del 14 e 15 settembre, la retrocessione del Napoli, il perdurante disagio societario della squadra, la crisi alla Regione, l'inutile attesa del C25, i problemi del Comune sembrano sempre più chiaramente tasselli e momenti cli un unico piano terroristico cli chiara origine islamica. Anche le botte che abbiamo preso nel G8 cli marzo a Napoli, non le abbiamo avute dalla polizia, bensl da "quelli là" cli Kabul. E ora ci piombano addosso lettere piene cli polvere

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VOCI PERDUTE

immaginaria, portatrici di un terrore sprecato e abusivo, oltre che di scherri di provata idiozia. Ma se realmente il Principe della Notte avesse voluto condurre un'azione terroristica contro Napoli, Egli non avrebbe mai usato né aerei dirottati né buste traboccanti di antrace. Non avrebbe allevato germi e batteri: Egli avrebbe invece utilmente aumentato la proliferazione di uomini politici napoletani nervosi, ne avrebbe coltivato ed stimolato la litigiosità, ne avrebbe punito ogni spunto di azione utile e ne avrebbe premiato grandemente tutte le cose inutili, pleonastiche, dannose. Avrebbe insegnato loro che i peggiori nemici politici sono quelli che appartengono al loro stesso schieramento, che le coalizioni sono basate sulla minaccia e sul ricatto dei contraenti, che bisogna stare attenti a non trovarsi mai sotto la statua di Pompeo. Li avrebbe convinti a sabotare e rimuovere subito quegli assessori capaci ed onesti che mandano avanti un programma utile, sostituendoli subito con altri. Magari dello stesso partito, desiderosi di fare il contrario e mandare tutto in rovina (non vi è qui allusione alcuna all'Assessorato alla Sanità della Regione Campania). Forse dalle Torri è venuto, tragicamente, un invito alla serietà e all'impegno civile, valido per tutto il mondo. Poiché, nelle sciagure, il popolo napoletano ha sempre dato prova d'impegno e serietà e si è preso con coraggio guerre, pestilenze, bombardamenti e retrocessioni in B, vorremmo che questo invito fosse accolto finalmente da tutti gli esponenti politici della città: da quelli che governano, da quelli che sono all'opposizione, da quelli che governano e fanno l'opposizione, da quelli che sono all'opposizione e governano più degli altri. Il fumo acre e densissimo che scendeva dalle Torri arriva ora anche qui.

Punite il chirurgo che ha ferito la sua assistente2 24 ottobre 2001

Voperativo "Stop Exdusion" del Movimento democratico per la salute mentale {onlus) esprime indignazione e allarme per il grave episodio segnalato da Giuseppe Del Bello su «Repubblica>>. Testualmente si riporta: «Un docente universitario, un cattedratico impegnato in un intervento chirurgico perde le staffe e, con una testata, spacca il naso ad una giovane specializzanda dd terzo anno» Su tale episodio, di una gravità senza precedenti, espressivo insieme di ostilità per i giovani medici, di oppressione delle donne e di medievale concezione dei rapporti di lavoro, è caduto il consueto velo di omertoso silenzio che avvolge le vette della professionalità sanitaria. Si chiede con forza all'Assessorato alla Sanità e all'Ordine dei Medici, sicuramente già avvertiti, di procedere spediti sugli aspetti di propria competenza. Non si possono chiedere ordine, efficienza, pulizia, decoro, partecipazione, qualità culturale e dedizione al personale sanitario di base della nostra Regione, se si lasciano poi nd silenzio comportamenti violenti e illegali da parte dei vertici politico-amministrativi e sanitari. 2

Appello firmato da Antonio Mancini, Gianni Minopoli, Nino Perrino, Sergio Piro.

La speranza di una sinistra a sinistra 20 novembre 2001

Caro Bassolino, ho atteso con dolorosa impazienza il tuo discorso di Pesaro: mi pare che esso non dduda coloro che non possono rinunciare all'esistenza di un partito cli sinistra in Italia. Nessuno, che non sia un ingenuo o una persona in malafede, può confondere la presenza di forti spinte progressive nd campo sociale con il campo proprio dei partiti rappresentati in Parlamento; ma, dd pari, non è lecito a nessuno, che si trovi a sinistra nella geografia parlamentare, ignorare le esigenze e i significati delle grandi correnti trasformazionali che percorrono con alternante continuità la trama delle società occidentali. I partiti di sinistra, che nella seconda metà degli anni settanta imposero in Italia, nell'asserimento forte dei diritti cli tutti i cittadini, le grandi riforme della società, della cultura, della sanità, della prevenzione, della salute mentale, erano fortemente embricati con i movimenti cli liberazione e con essi concordi nella visione di una società necessariamente alternativa. E quella felice congiunzione fu subito attaccata e minacciata, non solo clalla destra che ora è al governo, non solo dal terrorismo, ma anche dai dubbi, clalle esitazioni, dai pentimenti, dagli interessi dettorali, economici e clientdari dei vari partiti di centrosinistra, primo fra tutti

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il tuo. Il resto appartiene alla storia degli anni ottanta e novanta del Novecento. La tua posizione di Pesaro ripropone un rapporto continuo e decisivo con i movimenti di liberazione del tempo nostro: non una stucchevole ripetizione dei temi alternativi di allora, basati sulla prospettiva di uno stato sociale forte e florido, ma la cosciem.a battente e ineluttabile del fatto che non vi può essere speranza di giustizia, libertà e pace che non affondi la sua prassi e la sua prospettiva nella dimensione ineluttabilmente planetaria e globale ddla salvezza ddla specie. Questa tua chiare"L7.a riapre speranze anche per le politiche locali: già la tua strenua difesa di alcuni assessorati a elevato contenuto sociale ha dato un segnale importante. Questo fa anche dimenticare, a chi lavora nel campo della salute mentale, le tue posizioni di alcuni anni fa, quando non ti era chiaro che lo smontamento di alcuni manicomi con sistemi tradizionali di deportazione dei pazienti avrebbe comportato non solo un ritardo della loro chiusura, ma anche la catastrofe dei servizi territoriali di salute mentale. È di grande conforto constatare che a tutto ciò si è incominciato a porre un rimedio. Cosl, dal versante dei movimenti alternativi, chi scrive, dalJ>esterno insieme agli esterni, ritorna a guardare con cauta speram.a all'area di "sinistra" interna ai partiti di sinistra: espressioni diverse di un universo trasformazionale, volto verso la giustizia sociale su scala mondiale, la libertà dei singoli e delle genti, il trionfo delle istanze sovranazionali, la fine {per sempre) del terrorismo e ddle guerre. È un augurio forte per tutti.

Dai manicomi ai finti manicomi 17 dicembre2001

La tragedia della struttura intermedia residenziale di San Gregorio Magno non può dirsi del tutto inattesa: ritardi e improvvisazioni, attuazioni sbagliate, soluzioni appro~imative, furbesche o pericolose avevano costellato in Campania il pro~o di chiusura dei manicomi. Il principio di base del prendersi cura dei malati mentali che non possono stare in famiglia, èquello della loro sistemazione residenziale in strutture piccole, agili, il più possibile simili alle residenze familiari, aperte alla società esterna, per quanto permetta la sicurezza (dunque con un variabile grado di proterione a seconda delle caratteristiche di chi vi abita). A evitare polemiche, facili in periodo di controriforme proposte a vanvera sulla base di pregiudizi ideologici e di interessi sotterranei, i criteri qui citati sono quelli dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e non quelli della riforma italiana del 1978. La costituzione delle strutture abitative per i dimessi dai manicomi e per i casi nuovi venne fortemente ostacolata dopo la riforma, sia per difficoltà di adattamento ai nuovi concetti da parte degli amministratori, sia per la spietata resistenza dell'imprenditoria privata che sperava di ereditare, senza accreditamento e senza controlli, la fetta maggiore dei dimessi dai manicomi. Le strutture

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abitative furono chiamate strutture intermedie residenziali {sir) e non avrebbero dovuto avere mai più di venti ospiti {ma quella di Buccino ne aveva 29!). La legge finanziaria del 1994 dispose l'immediata chiusura del manicomi entro il 31 dicembre 1996: era uno stimolo necessario, ma quei tempi non potevano essere rispettati. La scelta fu quella di far presto e male, o far bene ma più lentamente. In Campania si ebbero entrambi i casi: vi furono Asi che operarono con criterio e bene nella sistemazione dei pazienti in sir; altre tentarono di operare rapidamente, ma con risultati pessimi (deportazione dei pazienti, cattive sistemazioni, speculazioni di ogni tipo}. L'esempio peggiore fu quello di Napoli dove si tentò di fare prestissimo, mentre ancora, sette anni dopo, il manicomio "L. Bianchi" è ancora aperto e le soluzioni abitative territoriali sono a 20 e a 40 posti, cioè di tipo francamente neomanicomiale: si sostenne che i pazienti psichiatrici anziani erano di competenza geriatrica, per sistemarli in gerontocomi da 40 posti. Un trucco francamente ignobile. Case dunque come manicomi, affollate, pllXlolenti, in strutture sovente arraggianticce {come quelle di San Gregorio Magno} e peggio, altre volte, nelle sedi da esibire, pseudolussuose {ma chiuse come manicomi}. Poche residenze che sono veramente tali qua e là nella regione, talora in modo inatteso: luoghi di vita serena, speranza di rinascita. Su tutto questo processo per anni la Regione Campania non esercitò controlli. Solo un anno fa ci fu un risveglio politico: ma ci si accorse che, colpevolmente, mancavano del tutto i dati, i rapporti, r esplorazione del settore. Una commissione tecnica fu costituita dopo il convegno dell'Oms a Napoli nel mano scorso e un duro lavoro di accertamento ha permesso a questo organo di mettere a punto un'informazione estesa e capillare sull'esistente (un Libro Bianco è stato presentato il 1O dicembre): i dati quantitativi e qualitativi che contiene fanno drizzare i capelli. Ora che quei dati sull'assistenza psichiatrica in Campania finalmente vi sono, occorre agire subito: chiudere gli occhi significa provocare una, dieci, cento San Gregorio Magno.

Mezzo secolo di sfide a manicomi e potere 18 dicembre 2001

Il fumo del rogo di S. Gregorio Magno sembra arrivare, stanotte, fino a questa scrivania. Porta con sé quel cumulo di angosce, di dubbi, di incertezze, di sentimenti di colpa, che cinquanta anni di impegno scientifico, sociale e politico nel campo della sofferenza umana generano in chiunque non sia sicuro della propria onnipotenza. Nella mia immaginazione quel fumo nella notte ha lo stesso odore acre ed alieno che sentivo a Manhattan nei giorni terribili delle Torri: mondi che tramontano, orizzonti che si fanno cupi, speranze ed attese che cessano di appartenerti o di appartenere a qualcuno. Ancora una volta sono tornati alla mente i momenti di delusione e di sconforto di una vita di lavoro istituzionale e di lotta antiistituzionale: "La Sua tesi di laurea è veramente ottima, dottore, ed è degna di pubblicazione: la pubblichiamo noi, a nostro nome, ma per Lei è ,, comunque un grande onore . Se studi il linguaggio schizofrenico, ti accorgi negli anni Cinquanta che le parole incomprensibili dei matti non sono un sintomo di malattia, come la tosse o il morbillo, ma un linguaggio che si può decifrare e capire come qualunque lingua diversa. Dunque uno schizofrenico

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non produce sintomi alieni, bensl parla: ma se parla, se è un uomo, allora tu lo sleghi subito dalla camicia di forza, gli restituisci lo spazio e la compagnia degli altri, gli apri la porta, ti metti a pensare con lui al suo destino. Insieme ad altri psichiatri matti come te, che stanno a Gorizia, fai una comunità terapeutica che, per la prima volta, riguarda l'intero manicomio: e con te vengono movimenti di studenti, di donne, di esclusi. Allora vieni licenziato dal tuo lavoro ed è il 1969. Cosl si scatena, nd fumo immaginario che arriva fino a qui, il ricordo delle lunghe lotte e la gioia dei successi {la legge 180; la legge 1/1983 della Campania; il lavoro svolto a Materdomini di Nocera, al Bianchi, al Frullone, al Centro di salute mentale di Scampia, poi nuovamente al Frullone per una contrastata chiusura, alla Fondazione CeRPS di Nocera); e arriva il ricordo delle delusioni, dei tradimenti, delle dure regole dd padrone. Gli assessori democristiani ti voltano presto le spalle a favore di certi loro protetti che hanno case di cura private; i socialisti ti tolgono il Centro di salute mentale di Scampia che tu hai fatto con le tue mani per darlo a un primario allora socialista, minacciando di mandarti in pensione senza la proroga di cinque anni che si dà a tutti; i comunisti {tuoi ideali compagni fin dal 1943) sono inizialmente leali, ma poi non li trovi più, sostituiti da centri, a denominazione variabile, di interessi clientdari. Devi andar via da Psichiatria democratica, divenuta un comitato per concorsi, lontana per sempre da ogni interesse trasformazionale. Ti spetta per età e titoli di carriera la direzione del Dipartimento di salute mentale di Napoli, ma le condizioni relative al compito sono cosl vessatorie che devi per forza rifiutare con grande sdegno: "Chiuderai i manicomi di Napoli come diciamo noi, non come . . . . ,, tu rmem giusto . Non ha senso ribattere che tu lo sai fare, perché hai fatto questo per tutta la tua vita, e gli altri no: nessuno ti ascolta, ancor meno i vecchi compagni che ora sono alla Regione. Alla fine andrà proprio come avevi previsto e il manicomio L. Bianchi ora sta ancora lì. Devi ancora una volta lasciare tutto, tranne il tuo manicomio {il Frullone) che riesci a chiudere nel 1999 con un processo appropriato, ma nel silenzio stampa più assoluto, voluto dal padrone. Hai fatto nella tua

VOCI PERDUTE

vita una grande quantità di ricerca antropologica: hai fondato il Centro Ricerche sulla psichiatria e le scienze umane e poi la Scuola sperimentale antropologico-trasformazionale (che è forse l'esperimento sistematico di cura-formazione più avamato registrato nella letteratura scientifìca): quando vai via, a settantadue anni, devi trasportare il Centro Ricerche a Nocera (che ti ha sempre accolto con generosità e amicizia nei tuoi esili!), mentre la Scuola sperimentale rimane in fraudolento ostaggio all'azienda di Napoli che la affida a persone di sua fiducia, ne stravolge completamente il senso e ne annulla la portata scienti6.ca, riconsegnandola inzuppata e degradata alla psichiatrizzazione del mondo. Il fumo di morte che viene da S. Gregorio Magno ti sta gettando stanotte nd baratro dd fallimento e della colpa. Ora però i tuoi piccoli nemici istituzionali ti sembrano gnomi senza senso, a dispetto del loro affaccendarsi nocivo, perché la domanda è un'altra e investe l'intera vita tua e di altri: era giusta quella riforma? Ma, lenta e induttabile, senza speranza di alibi o di fumosi inganni, la risposta viene da sé. Se a S. Gregorio Magno non ha ucciso il caso o il concatenarsi di eventi induttabili {come continuiamo a sperare), allora è la manicomialità che ha rivelato ancora una volta la sua nocività estrema: gli eclifìci cadenti, l'affollamento, le porte chiuse a chiave (ma non è vero, non è vero!), la lontananza dal quartiere, l'ordine istituzionale, la separatezza degli infermieri, tutto questo non appartiene alla casafamiglia alternativa, non fa parte di un progetto liberatorio, non era quello che si doveva fare, a S. Gregorio Magno come a Napoli. Se qualcosa prodotto clall'uomo ha ucciso, allora è stato il manicomio, ancora una volta il manicomio. La lotta contro il manicomio si doveva fare. Nessun sollievo, ma una responsabilità ancora maggiore.

Scrive sul diario: 'Mi uccido' e si lancia nel vuoto a 13 anni 11 gennaio 2002

Si è gettato dalla finestra, all'alba di ieri, un ragazzo di sedici anni, un ragazzo come tutti gli altri, un ragazzo un po'chiuso e un po'solitario ma in fondo non più di tanti altri, un ragazzo sem.a madre eppur abbastam.a coeso al suo ambiente, un ragazzo che forse non aveva motivi per morire. Ma nel suo diario era annotato, per la giornata del 1Ogennaio: "Oggi mi uccido". Solo le indagini in corso potranno approfondire se vi fossero stati motivi reali. Altrimenti questo accadimento andrebbe visto come uno di quegli atti di una enigmaticità totale, che furono chiamati dagli psichiatri di un tempo "suicidi dell'adolescem.a", atti sem.a motivi immediati, se non quelli cli una sofferen7.a propria cli quella età. Ma anche se qui motivi immediati vi fossero, pur sempre si è in presen7.a cli un qualcosa che è stato modulato dalla crisi esistenziale dell'età. L'adolescenza della donna e dell'uomo è una fase vivace, tempestosa, perturbante, ricchissima di gioia e cli dolore, cli esaltazione e di depressione. Essa segue all'infanzia, caratterizzata dall'imitazione degli adulti, dal conformismo, dall'assunzione delle ideologie, delle norme, delle espressioni del gruppo sociale. L'entrata nell' adolescem.a è la rottura cli

VOCI PERDUTE

questo schema, è la creazione dell'originalità, è la coscienza del proprio senso singolare, è la ribellione. All'imitazione subentrano l'invenzione, la fantasia, la libertà espressiva e semantica, l'originalità, la capacità di confrontarsi con la propria interiorità, la coscien7.a. sociale. L'adolescente è un artista, anzi il solo artista che esista: gli artisti, anche vecchissimi, hanno questo dono meraviglioso dell'adolescenza perenne. Tutte le capacità artistiche, culturali, scientifiche, sublimative appartengono all'adolescente. E solo a lui appartengono, in senso alto e metaforico, l'altruismo, la solidarietà, l'impegno politico e civile. Se questi modi d'essere si trovano ancora nell'adulto, ciò è legato a un prolungamento felice dell'adolescenza in quelli che continuano la loro trasformazione, che non si arrendono alla vita quotidiana, alla convenzione, alla viltà, alla staticità, all'essere adulti, al diventar "maturi". Ma radolescenza è, per converso, anche l'epoca della depressione, dell'avvilimento, dell'odio, delle bande teppistiche, delle violenze sessuali, della guerra, della pietre gettate dai cavalcavia, eccetera. Purtroppo anche l'orrore è un'invenzione trasformazionale, un fatto terribilmente creativo e tutto ciò che accade alle donne e agli uomini perennemente si rovescia nel suo contrario. Cosl, nell'adolescenza la potenza della trasformazione può farsi gioia, vita ed arte, oppure crudeltà, stupro, violenza contro gli altri, o, ancora, depressione, sconforto, violenza contro se stessi, tossicodipendenza, suicidio. Suicidio e sofferenza sono un binomio inscindibile. Spetta alla famiglia, agli amici, ai compagni di scuola, ai primi amori il più importante momento preventivo, nell'indeterminazione e nella casualità dell'agire collettivo spontaneo, che può essere solo indirettamente promosso. Spetta alla società e allo Stato rimuovere le cause materiali, morali e psicopatologiche della sofferenza degli adolescenti. Saggiamente l'assessore alla sanità della Campania, Teresa Armato, sta da tempo preparando programmi specifici di approfondimento sociale e psicologico per l'adolescenza: v'è qui da esprimere la speranza che l'attuale malintenzionato assalto politico all'assessorato della Sanità non ponga fine a questa, come ad altre iniziative di attuazione e di rinnovamento nella cura e nella prevenzione. Il suicidio non è per sua natura espres-

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sione cli malattia, ma piuttosto necessità cli liberarsi della sofferenza: decisione talora assunta nella libertà cosciente del diritto a decidere della propria sorte, tante, tante più volte obbligata clall'impulso cupo, irrimediabile, ostinato che viene da una condizione di vita negativa, da un conflitto psicologico, da una crisi esistentiva, da una depressione, da una malattia mentale. Ben poco si può fare per prevedere e impedire il gesto finale. T antissimo si può fare invece nell'impegno assistenziale, sociale e sanitario contro la sofferenza: la prevenzione del suicidio viene da lontano.

Razzismo fermo posta Milano 24 gennaio 2002

Illustre Sig. Sindaco cli Milano, La ringrazio cli cuore. Ella, senza ambagi e con padana baldanza, ha risolto tanti miei problemi di identità e cli ricerca: io, cosl come un milione cli miei concittadini, siamo di civiltà "inferiore". Ella ha ragione, Signor Sindaco di Milano, ad essere orgoglioso della "superiore civiltà" cli Milano rispetto a Napoli, della Padania rispetto alla T erronia, dd Nord rispetto al Sud. Le debbo dire inoltre la mia ammirazione per il Suo inappuntabile aggiornamento culturale e semantico: quando ero ragazzo si usava la parola "raz:z.a", ma Ella, proprio per appartenere a una "superiore civiltà", evoluta e comprensiva, non cede a queste roxrezze. Ma la mia gratitudine riguarda soprattutto il piano personale: non avevo mai capito infatti perché, per tutta la vita, mi sono trovato bene con i matti e ne ho difeso i diritti, perché guardo i disoccupati con angosciata solidarietà, perché mi piacciono gli emigrati (anche quelli molto scuri), le donne, i disabili, gli omosessuali e perfino i transessuali, perché gli zingari mi fanno tenerexz.a e non considero gli studenti ddrUmberto come un'amorfa massa cli criminali. Questo dipende dal fatto che io, come tutti loro e come gli altri napoletani, siamo di civiltà "inferiore,, e fra gente come noi ci si intende bene.

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Quello che Ella dice deve essere proprio vero: le donne di Napoli Quartieri Spagnoli, quando le chiamavo nel manicomio che dirigevo, capivano a volo che le loro figlie minorenni erano nnon perché malate, ma perché povere e ignoranti; le donne di Napoli Sanità usavano aprire la casa ai transessuali nelle ore diurne, riconoscendole donne e cogliendo il loro bisogno di vita normale; le donne di Napoli scavavano in silenzio assoluto i loro morti dopo i bombardamenti del '43. Questo accadeva perché fra gente di civiltà inferiore ci si capisce: nevvero, Sig. Sindaco di Milano? Ho già sentito questa storia della civiltà inferiore: l'ha detto il Sig. Presidente del Consiglio, Suo preclaro ispiratore e monitore, a proposito della civiltà islamica. E cosl Ella ha ancora più ragione: ci mette insieme ai libici e agli abissini ai quali andammo già una volta a portare la Sua superiore civiltà longobarda; ci mette insieme ai bambini di Baghdad, alle tribù berbere, ai palestinesi e noi gliene siamo grati, gratissimi, contenti, perché siamo perversamente attaccati a questa nostra inferiore civiltà, da popolo del terzo mondo. Siamo un po'preoccupati per Lei, Sig. Sindaco di Milano. Non è che ad essere cosl tanto superiore di civiltà, Le ronzano un po'le orecchie? Ora le spiego subito che cosa sta succedendo: sono le frasette, i commenti, le paroline dolci, le strofette, i nomignoli gentili, le espressioni affettuose che qui a Napoli, in questo stesso istante, Le stanno rivolgendo i miei incivili concittadini. Preoccupati per la Sua salute, essi Le consigliano distensione, aria fresca, ippica e un lavoro più leggero, molto più leggero.

Non è un caso, vi sono molte responsabilità 13 marzo2002

Per tutti coloro che hanno una storia di disagio personale, per cui soffrono e fanno soffrire gli altri, che hanno commesso atti di violenza contro altre persone, talora con motivazioni comprensibili per tutti e altre volte per motivi che rimangono avvolti nd mistero e nell'oscurità, per tutti coloro che, a causa di tali comportamenti, sono stati detenuti nelle carceri o nei manicomi giudiziari, dovrebbe essere previsto un aiuto forte e bene organizzato da parte della società, un sostegno efficace da parte dei servizi sociali e di salute mentale, una mediazione attenta nei rapporti ambientali intervenuti dopo la dimissione o dopo la scarcerazione. Sono queste infatti persone che non possono essere abbandonate all'entropia dd sociale, alla casualità dei rapporti, all'indeterminazione degli incontri. Per ognuno che sia stato responsabile di un atto di violenza contro altri, per motivi personali distorti e paradossali ma pur reali e densi di conseguenze gravi, il dramma dd poi consiste in una sorte di ping pong dd destino fra la spinta a ripetere che porta ad altre violenze, altri lutti, altri orrori e la spinta a cambiare che è tanto più forte nella gente che soffre e nei "matti" di quanto non si possa comunemente pensare. In questo bivio esistenziale può

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collocarsi la nostra azione, può aprirsi una sperama di trasformazione e di redenzione: infatti se è forte la nostra determinazione di "curare", cioè di prendersi "cura" della sofferenza e del disagio mentale, se per questo motivo incontreremo il paziente e lo avvolgeremo in una trama umana positiva di inserimenti e di rdazioni, se faremo tutto quello che è possibile per fargli incontrare la vita, forse la spinta a ripetere andrà attenuandosi e dunque l'atto non verrà ripetuto. Il servizio territoriale di salute mentale deve fare questo: deve conoscere bene il territorio, avere rapporto con le strutture spontanee della società locale, con le parrocchie, le farmacie, i circoli culturali, con le associazioni. Deve praticare la ricerca epidemiologica, come previsto dalla Legge; la ricerca informerà il servizio delle caratteristiche dell'utenza e dd fatto che vi siano dimessi dal manicomio giudiziario o dal carcere che ora vivono nd territorio. Il servizio di salute mentale deve andare incontro a queste persone, prenderle in "rura", seguirne il destino, allertare i servizi sociali, inserirli in una rete di rdazioni. Tutto ciò non sta scritto nd libro dei sogni ma nelle leggi dello Stato, nelle leggi e nelle linee guida regionali degli anni trascorsi, nell'ultimo progetto obiettivo del governo sulla salute mentale. È diritto inalienabile di ogni cittadino di essere curato e assistito in questo tipo di sofferenza e di violento stravolgimento che tanto danno può recare a lui e agli altri; è dovere indudibile dei pubblici servizi fare quanto è scritto nei capoversi precedenti. I morti, se tutto questo non è stato fatto, non sono vittime solo della violenza della follia, ma anche, senza alcun rimedio, della violenza e delle omissioni delle istituzioni.

San Gregorio le vittime dimenticate 16 marzo 2002

Tre mesi fa la struttura residenziale intermedia di San Gregorio Magno in Campania prese fuoco e andò rapidamente distrutta. Nel ground zero delle macerie fumanti vi erano 19 cadaveri bruciati; solo 9 persone erano in salvo. Prima di entrare nel merito, bisogna dire subito al lettore che cosa è una struttura residenziale intermedia {Sir). Quando in Italia fu decisa la dismissione dei manicomi e la dimissione di tutti i pazienti, vi fu subito il problema di coloro che non potevano ritornare a casa: alcuni non avevano più fu.miglia, mentre per altri il ritorno a casa non era consigliabile. Le case per i malati mentali nel territorio avrebbero dovuto avere le seguenti caratteristiche: accogliere un numero ristretto di pazienti {ad esempio non più di 10 per la legge campana n. 1/1983), istituire un regime casalingo di libertà e autodeterminazione {si tratta di persone non pericolose) e instaurare quei rapporti semplici e vitali con la popolazione che sono necessari al singolo per un recupero della propria autonomia. La vita nella Sir si bilancia cosl fra momenti riabilitativi interni collegiali e momenti esterni individuali. A San Gregorio Magno la chiusura dell'inchiesta penale da parte della magistratura salernitana dirà se vi sono responsabilità e comportamenti da perseguire.

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Ma l'inchiesta amministrativa è stata da tempo consegnata alla Regione Campania e già dunque alcuni dati di fatto sono noti e questo permette un accertamento indirizzato in senso preventivo su tutte le Sir della Regione e nelle strutture più grandi, pubbliche e private, in cui illegalmente sono state mandate le persone uscite dai manicomi; molti dimessi sono stati gettati dagli organizzatori delle dimissioni delle Asi in strutture per vecchi, dunque con 40 posti ed oltre, solo perché avevano compiuto i 65 anni nonostante che avessero bisogno di cure psichiatriche (per dirigere alcune di queste strutture sono stati addirittura chiamati psichiatri "trasformati" in geriatri). Per San Gregorio Magno tre fatti sono da sottolineare fra quelli che emergono dagli accertamenti regionali: la facile infiammabilità e la pericolosità della struttura; la sua collocazione distante dal centro abitato di San Gregorio (oltre due chilometri di distanza con un duro dislivello, in violazione da quanto prescritto dal Dpr 10.12.1999); il suo sovraffollamento {ventinove persone di cui una in licenza, di fronte alle venti previste ora come massimo dalla legge: Dpr 7.4.1996). Non c'è bisogno di sottolineare che, se la struttura fo~e stata nell'abitato, la popolazione avrebbe dato un immediato soccorso e avrebbe probabilmente salvato molte altre persone; senza sovraffollamento vi sarebbe stato un minor numero di morti. Anche prima dd tragico rogo, i pazienti vivevano in una comunità isolata come un manicomio e potevano avere il vantaggio della comunità ma non quello, terapeuticamente essenziale, dd rapporto diretto e personalizzato con il territorio. Ma ora il problema e l'angoscia si spostano sulle altre strutture sparse nd territorio regionale. Si tratta di verificare se esse siano rispondenti alle leggi, se siano sovraffollate, se siano gestite in previsione dd recupero o dell'internamento dei pazienti, se siano tenute con decenza (in questo la struttura di San Gregorio lo era), se usino abusivamente mezzi di contenzione, se siano collocate nell'abitato o a stretto contatto con esso. Occorre inoltre verificare se, fra i dimessi dal manicomio, vi siano pazienti di oltre 65 anni, con esigenza di cura psichiatrica, gettati in gerontocomi di quaranta e più posti. Un monitoraggio serio, un accertamento deciso, esente come è ovvio da complicità e preavvisi, si impone al più presto: e poi i provvedimenti alternativi, i necessari adeguamenti.

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Se tutto ciò sarà fatto, sarà molto minore il pericolo che la tragedia di San Gregorio Magno si ripeta e che vi siano altre vittime dell' abbandono dei malati mentali, della violenza, dell'esclusione.

La solitudine delle famiglie 09 aprile 2002

Di fronte a una tragedia, quella di ieri in via San Domenico al Vomero, v'è sempre una duplice risposta interiore che si prolunga poi in due linee di giudizio e di valutazione: da un lato l'angoscia dell'imprevedibilità da parte di qualcosa che pur rimane sconosciuta e, dall'altro lato, il dubbio se tutto era stato posto in atto da parte dei pubblici servizi, affinché il rischio fosse realmente ridotto a ciò che può considerarsi inevitabile e "fatale". Cosl una domanda impellente e necessaria deve essere posta: è stato fatto tutto da chi ne aveva il dovere per prevenire l'atto violento; era seguito e curato il paziente, se, come sembrerebbe, aveva dato da molto tempo segni di angoscia e di insofferenza ambientale? Esiste a Napoli un esteso servizio di salute mentale con compiti di prevenzione, cura, intervento nelle emergenze, seguimento continuo dei casi: in ogni distretto vi è un'unità operativa di salute mentale a cui il cittadino può rivolgersi se sta male o se qualcuno dei suoi familiari è in una condizione di sofferenza psichica. Si tratta di un servizio pluriprofessionale, attivo senza soluzioni di continuità temporale (aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7), capace di seguire tutta l'utenza del distretto, di collaborare adeguatamente con i familiari e di sostenerli, di erogare

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servizi tempestivamente, sem.a selerioni o abbandoni: non è un sogno, ma qualcosa che è prescritto dalle leggi nazionali e regionali da molto tempo e che ora dovrebbe funzionare bene. Il centro di salute mentale segue tutti i casi territoriali di cui viene informato; sostiene i familiari e li aiuta a gestire il paziente, rendendo possibile un intervento dolce, tempestivo ed utile del servizio verso colui che è in crisi. Non esistono pazienti psichiatrici inaccessibili, se il tramite fra servizio e familiari è forte ed autentico. Da quel momento in avanti la visita domiciliare ripetuta tutte le settimane o anche tutti i giorni permette di seguire il paziente, ricorrendo, se vi sono aggravamenti o crisi, a temporanei allontanamenti in comunità residenziale o al ricovero obbligatorio in ospedale. Ciò precisato, il discorso su quanto si può fare (e si deve fare!) non diinina in alcun modo il carattere problematico della malattia mentale, la sua imprevedibilità nelle azioni e nelle decisioni, la sua difficile comprensibilità. Ogni società deve essere ben certa di aver dato tutto quello che può dare alle persone sofferenti e ai loro familiari. In Campania, il discorso lè fatto struggente dopo la tragedia di San Gregorio Magno in cui morirono bruciate 19 persone dimesse dai manicomi: studi, carte e proposte tecniche per evitare tragedie di questo tipo sono stati rapidamente messi a punto. Le decisioni politiche conseguenti debbono venire subito: i servizi di salute mentale debbono funzionare bene, essere monitorati (seriamente) dalla Regione, rendere conto alla gente. Una più strenua autodifesa sociale dei diritti alla cura dei malati mentali e delle loro tormentate famiglie deve essere promossa nella società civile. Questo sarà un autentico passo avanti e forse il tempo è maturo per questo passo.

Paura della piazza? Capisco il perché 28 aprile 2002

Quella mattina di marzo tutto sembrava scorrere in maniera serena e forte. Ero 11 al corso Umberto con tanti amici, con gli studenti (quelli più piccoli andavano alla loro prima dimostrazione), con i lavoratori, con i ragazzi dei centri sociali, con gli immigrati, con i palestinesi, con gli operatori di salute mentale della nostra ~ociazione Operativo&clusioneSojferen24, con i disoccupati, con tante donne e tanti uomini della nostra città: una folla variopinta e pacifica. Incontrai 11 tre persone della mia famiglia: Fabrizio, di cinque anni, si divertiva grandemente ed era il più fotografato del corteo. Poterono poi mettersi in salvo per tempo. A piazza Municipio la scena cambiò completamente. Mentre in testa, in una zona ben definita e circoscritta, vi era un,area di forte turbolenza e violenza nel modo che fu poi evidente a Genova, nd resto della piazza, dove era rimasta la maggioranza pacifica del corteo si scatenò l'altra azione delle forze dell,ordine. Cordoni di polizia chiusero in basso la piazza e le aiuole. In questo quadrilatero dove si affollavano migliaia di persone pacifiche le squadre di agenti iniziarono i loro raid con manganelli, calcioni e gas lacrimogeni: e mentre gli adulti si scansavano e si riparavano come potevano,

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i ragazzini sembravano in preda a un panico irrefrenabile, gridavano e volevano buttarsi giù dalla ringhiera della piaua nd fossato dd Maschio; molti di loro giacevano a terra più per il terrore che per vere lesioni. Non mi stupirebbe affatto se fosse vero quanto molte madri hanno dichiarato. Hanno raccontato cioè che i ragazzi da allora stanno malissimo, hanno attacchi di panico, hanno una paura claustrofobica. Non spetta a me, bensl a eventuali periti a ciò preposti stabilire se questa conseguenza patologica sia reale: io sono stato solo testimone oculare della realtà dell'evento traumatico. Arrivarono i lacrimogeni. Un vecchio più volte operato al cuore deve andare subito via perché rischia conseguenze respiratorie mortali. Andai verso il porto, verso una zona libera del prato, tagliato trasversalmente da un fitto cordone di polizia: alzai alta la tessera dell'ordine dei medici e chiesi di passare dall'altra parte. Un gro~o militare mi gridò di no e mi spinse duramente via un paio di volte; vidi allora in un altro punto dello schieramento una donna poliziotto, forse graduata, mi rialzai da terra e andai verso di lei che mi prese per l'avambraccio e mi spinse con premura e forza fuori dal rettangolo della repressione. Le sono tuttora grato. Da fuori si videro ancora cariche, cariche e cariche: contro cittadini innocenti, contro ragazzini, contro donne, che erano ben lontani dal luogo degli scontri, privi palesemente di ogni intenzione violenta; e le cariche si iniziarono poi nelle stradine laterali sulla gente che se ne stava andando. Vi è qui solo il racconto di una giornata particolare. Non vi sono giudizi politici né critiche né valutazioni. Mai come in questo caso la cronaca parla da sola e si offre al libero giudizio dei cittadini in tutta la sua cogente necessità.

Le conquiste femminili 28 maggio 2002

Il violento scontro a fuoco, nel quale l'altro ieri a Quindici, hanno perso la vita tre donne e altre sono state gravemente ferite, ha tutti i caratteri circostanziali e comportamentali della guerra. Questo dato non è certamente nuovo nella storia criminale del nostro paese e di altri, fìn dal costituirsi delle mafie di ogni parte del mondo in gang cittadine; ma colpisce la parte attiva che vi hanno avuto le donne e l'essere esse stesse le vittime della battaglia. D'altra parte questa conquistata "militarità" delle donne non attiene solo alla malavita organizzata, ma si esprime, nella società civile, con la conquista da parte delle donne dd diritto a prestare il servizio militare, cioè a fare la guerra: una ben triste conquista. È forse difficile rendersene conto, ma la presenza non solo militare, ma anche psicologica, sociale, antropologica della guerra cresce esponenzialmente nelle società occidentali. Essa è stata sempre presente nelle civiltà preistoriche e storiche, in forme inizialmente necessitate per la sopravvivenza e poi comprensibili nel quadro di inumanità divisa in comunità nazionali fra loro in competizione e in espansione; ma, dai grandi conflitti del ventesimo secolo, dagli incubi nucleari e chimici, dal pericolo di distruzione della Terra, dalla messa in campo di eserciti

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supertecnologici e supermediatici capaci cli dominare il mondo, dalla contropresenza cli terrorismi legati ad interessi di dominio economico, nd crescente divario economico dei popoli, esce la prospettiva di una guerra inevitabile, indomabile. La bellicosità originaria della specie si fortifica, si rafforza, si getta nelle tecnologie avanzate cli combattimento e nei progressi inarrestabili delle tecniche di morte, ben al cli là del limite cli utilità per la sopravvivenza. L'organizzazione violenta delle società del benessere e le esigenze del commercio globalizzato, indusi i traffici di capitali neri, cli armi, cli droghe, di schiavi, comportano stabilmente rinfìltrazione della criminalità organizzata nelle strutture politiche, negli organismi statali, nd possesso e nella regolamentazione del territorio. L'intera psicologia di questo tempo va impregnandosi di combattimento. La guerra fra gli esseri umani si rivela in ogni forma cli odio, cli aggressività, di oppressione, di persecuzione, di razzismo, di xenofobia, di sadismo, nei giochi ora mediatici e ora sanguinosi degli adolescenti, nei divertimenti degli adulti, nella violenza carnale e nella pedofilia, nei sassi lanciati dal cavalcavia, nell'assoluta svalutazione della vita umana. Di questo e di tanto altro, parla la tragica morte delle tre donne di Quindici, combattenti remote di una guerra dove vi sono solo vittime, di una guerra che se non vi porremo rimedio sarà l'ultima della nostra specie.

Solitudine devastante 28 giugno 2002

No. Non esiste nella nostra specie il gene dell,orrore. Siamo circondati dalla guerra, dal furore, dalla tortura, dal sangue e dalla sadica infrazione d,ogni diritto altrui, ma tutto questo non viene affatto dalla presenza cli sovrabbondanti istinti di morte o da istruzioni biologiche primarie allo sterminio: la nostra specie non è geneticamente più cattiva dei bonobo o dei gorilla di montagna, nostri parenti più prossimi, e non è più dotata di sadismo primario di quanto non lo sia qualunque altro carnivoro cli questo pianeta. Ma pure viviamo in un universo da incubo in cui le madri annegano i figli, in cui le figlie e i loro innamorati massacrano le madri, in cui i padri debbono sparare ai figli (come a Benevento), in cui gli aggregati più intimi e necessari della convivenza umana si trasformano in arene bruciate clall,odio. E il desiderio di morte di un singolo può trasformarsi in uno spaventoso evento bellico, con pericolo per altri, cosl come è avvenuto ieri al Vomero per resplosione cli una bombola cli gas utilizzata a scopo suicida da una persona sofferente. La guerra

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sembra entrare dovunque e impregnare tutto. Vi è subito una frenetica corsa a trovare la "follia" in ogni fatto d,irrazionale, imprevista, inutile, diabolica violenza nella famiglia e nelle comunità ristrette: la follia è disumana ed eccezionale, remota da noi ed individuale, una "malattia". Un singolo membro della comunità è il portatore di questa qualità disumana e ha la colpa di tutto questo. Allo psichiatra viene attribuita d.alla pubblica opinione e dai mass-media la conoscenza del segreto scientifico della follia: illusioni di chiarezza che naufragano presto, spiegazioni che sono ovvietà, chiacchiere che non rompono il silenzio assordante del mistero. In realtà, pure che uno della famiglia o un membro del gruppo mostri forme chiare ed etichettabili di sofferenza "mentale", pure che per questa persona si possano usare le formule diagnostiche ddla psichiatria (e sancire cosl l'obbligo inderogabile ddla società a curarlo), pure emerge con forza la convinzione che la violenza, la tragedia, l'atto orrendo siano espressione di una situazione interpersonale più vasta, di una sofferenza che non è solo individuale. L'unico rispetto possibile per le tragedie della solitudine e della depressione, per i suicidi che coinvolgono altre persone, è quello di chiederci con forza se era possibile fare qualcosa per prevenire e se è stato fatto tutto qudlo che era possibile fare. Si ricorda qui ancora una volta che il servizio pubblico di salute mentale ha compiti di prevenzione, cura, intervento nelle emergenze, seguimento continuo dei casi di sofferenza psichica: in ogni distretto vi è un'unità operativa di salute mentale a cui il cittadino può rivolgersi se sta male o se qualcuno dei suoi familiari è in una condizione di sofferenza psichica. Si tratta di un servizio aperto in Campania 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, capace di seguire tutta l'utenza del distretto, di collaborare adeguatamente con i familiari e di sostenerli, di erogare servizi tempestivamente, senza selezioni o abbandoni. L'agire preventivo di un servizio di salute mentale è un atto di pace, una partecipazione attiva alla sofferenza altrui, sufficiente, in tanti casi, a scongiurare tragedie e, più in generale, a limitarne la frequenza.

Sanità, giusta la linea dura ma decisa in ritardo 23 luglio 2002

Appare fin troppo necessario che i medici di base che hanno approfittato della loro attività professionale per trarre vantaggi economici abusivi, debbano essere denunziati, indagati, condannati. Non può essere consentito né alle grandi industrie globalizzate del farmaco né al singolo operatore sanitario di arricchirsi a spese della salute dei popoli dd mondo o dei singoli cittadini. Ma ciò ribadito, chi scrive non può che concordare con una dichiarazione del presidente dell'Ordine dei Medici di Napoli, il quale inferisce che questa tardiva azione di repressione ddl'Azienda sanitaria locale Napoli 1 costituisca una copertura per altre magagne, carenze e disfunzioni: è stupefacente infatti che l'azienda si sia cosl tardivamente accorta ddl'abuso, quando ha tutti gli strumenti di rilevamento, riscontro e controllo delle prescrizioni sin dall'inizio dd loro essere poste in atto e quando ha il più chiaro dovere di farlo. Non è possibile che solo al momento del rilievo del disavanzo sanitario, l'azienda scopra quello che la cittadinanza sa da sempre circa la prescrizione dei farmaci. Ed è facile constatare in quale condizione versi l'azienda sanitaria più grande ddl'Unione Europea, se si guarda al caos dei servizi sanitari napoletani, allo stato miserando degli ospedali,

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alle liste di attesa, al crollo in diversi distretti dell'assistenza psichiatrica (in cui si alternano medici neolaureati senza alcuna esperienza, con contratti precari, e in cui le visite ai pazienti sono diventate facoltative), Se poi si parla di spreco di pubblico danaro, non è facile dimenticare come laAsl Na 1 abbia speso negli scorsi anni più di diciassette miliardi di lire per una costosissima trasformazione dell'Ospedale psichiatrico Frullone {dismesso nel 1999) in un gigantesco gerontocomio per 150 posti, spaventosa concentrazione istituzionale del tutto "contra legem" e dunque inutilizzabile. Di fronte alle restaurazioni privatistiche di cui parla il governo è necessario difendere la riforma sanitaria e la sanità pubblica con le unghie e con i denti. Il diritto dei cittadini ad essere curati, senza discriminazioni e senza esclusioni, rappresenta il punto più alto della civiltà di una comunità nazionale: in questo l'Italia si avviava ad essere la realtà più avanzata del mondo e oggi rischia di ricadere molto indietro. Ma difendere la riforma sanitaria non significa solo fare propositi, proclami e balletti parlamentari. Significa in primo luogo ripristinare prassi sane ed oneste, confronto con l'utenza, lavoro serio e intenso; significa spazzare via le abitudini clientdari politiche e sindacali; significa fare concorsi e assunzioni con criteri di merito e non di appartenenza partitica; significa dire basta alle grandi, occulte contrattazioni di spartizione delle risorse. In Regione Campania un tentativo dd genere era stato fatto nella breve stagione in cui fu assessore Teresa Armato: ma il furore dei dientdismi contrastati, delle spartizioni ostacolate, dei nepotismi trascurati, dei temuti monitoraggi ha spazzato via tutto, dando spazio a inedite forme di collaborazione politica fra destra e {per cosl dire) sinistra e restituendo speranze di futuri assessorati agli amministratori sanitari con i risultati più disastrosi per la salute pubblica. Difendere la riforma sanitaria in Italia è perseguire un risanamento etico e pragmatico profondo della sanità pubblica: altrimenti la gente onesta finirà per doversi pagare di tasca propria accertamenti, ricoveri, farmaci e prestazioni per un periodo di tempo che sicuramente non sarà breve.

Una città sul lettino dello psicoanalista 15 agosto 2002

Non sembra nemmeno Ferragosto. Il cielo non è ritornato terso, moltissimi negozi sono aperti, i megastore sono presi d'assalto clalla gente che ha paura di rimanere senza provviste e il mio fornitore, come se fosse un giorno qualunque dell'anno, mi ha mandato in pochi minuti sottaceti e pompelmi, base essenziale di una mia dieta tanto cervellotica quanto indilazionabile. Le statistiche dicono che a Napoli è rimasta in città tanta gente più degli altri anni: lo si avverte immediatamente, appena si esce di casa. Durante le ferie di agosto, le città non solo si svuotano, ma si distendono, si rilasciano, si ammorbidiscono, sbadigliano, si offrono con dolcezza alle voglie dei pochi passanti. Cosl era in genere anche Napoli negli anni trascorsi: ma se mettete la testa fuori, se leggete i giornali, vi accorgerete che quest'anno la città è tesa, attiva, inquieta, disordinata, asfissiante, litigiosa, assordante come nei periodi di piena attività. La vita politica è, in questi giorni, più gridata che mai. Alleanza Nazionale se la prende duramente con Forza Italia, accusandola {a torto?) di consociativismo con la maggioranza. La Asi Napoli 1 non perde l'occasione di fare l'ennesima brutta figura, dichiarando di essere

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stata fino a ieri all'oscuro dell'indisponibilità di certi suoli a destinazione ospedaliera, nonostante che nd bel meu.o vi passasse ben visibilmente un treno. E l'assessore alla sanità della Regione s'ingegna in pieno Ferragosto a rendere ancora più difficile la prescrizione dei farmaci ai pazienti gravi e indigenti. Liti, polemiche, ridicolaggini, minacce cli querde, come se fosse già ottobre. La città non ha trovato la serenità transitoria e gradevole cli un tempo, non è andata in ferie, non si è messa l'abito scollato. Viene ora un quesito: ma non anelare in ferie e non trovare una sosta clall' affanno fa male alle città, ne aggrava la condizione cli angoscia, cosl come accade ai singoli mortali? Dobbiamo attenderci forse che, alla ripresa, Napoli stia ancor peggio in salute e che occorra vaporizzare tranquillanti nelle strade e nelle piazze? Come si fa a mettere una città sul divano cli uno psicoanalista? E come starà la gente che non è andata in vacama? Ne risentirà duramente più avanti? Riprenderà il lavoro in uno stato cli maggiore prostrazione e frustrazione? Ma qui forse abbiamo, per le singole persone, qualche demento in più di pratica e di conoscen7.a scientifica. Le ferie, dunque. Se si portano con sé le tensioni, le miserie, la bellicosità, la violen7.a, l'invidia, il senso di sé e la falsa superiorità della vita quotidiana, si ricrea dovunque lo stesso inferno: la nevrosi sociale, l'odio, la competitività, il pettegole'LZO vengono solo trasportati da un ufficio a una spiaggia. Ci si stanca cli più, ci si nevrotizza cli più, si diviene ancor più stupidi e cattivi. Le ferie dovrebbero essere invece una sosta delle tensioni, una sospensione della guerra, un trascendimento verso qualcosa di nuovo e di luminoso (anche se spesso effimero e circoscritto), una ritrovata gioia di stare con se stesso. La spiaggia al tramonto e la cima della montagna sono lo scenario e il pretesto per questa trasformazione. Ma potrebbe essere dovunque.

Quelle radio nel silenzio di Broadway 11 settembre 2002

Sembra che sia passato un secolo da qud giorno di un anno fa, quando, scendendo per Broadway, vidi una colonna altissimadi fumo nero levarsi da un grattacielo, giù nd fondo della strada. E presto la colonna fu sostituita da una cupola terrosa che si abbassò, mentre il fumo nero si diffondeva su tutta quella zona. Nella grande strada s'erano formati capannelli di gente intorno alle automobili con la radio a tutto volume. E quello che la radio diceva era fìn troppo facile da capire: non un tragico incidente come s'era pensato per poco, ma un terribile episodio di guerra, un incubo innominabile. T uni volevano continuare a discendere Broadway per portare soccorso, come accadeva anche qui a Napoli durante i bombardamenti dd ,43, ma la polizia lo impecll. Ora vi erano in giro solo mezzi di soccorso. Sulla grande strada i capannelli di gente erano immobili, come pietrificati. Le radio dicevano della catastrofe, dd crollo, dei soccorsi, dei pompieri che erano rimasti là dentro, delle migliaia di persone che erano state sepolte e di tutte le altre vittime nell'area circostante; e poi di qudli che si erano gettati dalle finestre. I radiocronisti gridavano ed erano rauchi;

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una di loro parlava e singhiozzava. La gente era in silenzio e in silenzio, con le radioline alle orecchie, risaliva ora Broadway. I ponti erano chiusi, il traffico bloccato, la metropolitana ferma. Alle spalle di noi che ci allontanavamo, la macchia cli fumo e di terra s'era ancora allargata. Quando mia moglie ed io arrivammo ali'alberghetto che ci aveva ospitato anche negli anni precedenti, il personale era tutto nell'atrio: i proprietari latino-americani, gli impiegati cinesi, i camerieri indiani erano stretti in lacrime gli uni agli altri. Le televisioni locali mandavano quelle immagini dell'azione di guerra che poi abbiamo rivisto in continuazione per tutto questo anno e, in diretta, le azioni di soccorso, la frenetica pressione dei familiari cli quelli che erano dentro, il lavoro dei pompieri, dei poliziotti e del sindaco, la solidarietà attiva dei quartieri adiacenti, la macchina poderosa dell'organizzazione di soccorso. E la sera incominciò a sentirsi quel terribile odore di fumo che ha accompagnato tutte le successive notti trascorse a New York. Sembra che sia passato un secolo: mi pare di sentirlo dovunque (tranne forse nelle sedi del potere politico ufficiale dell'uno e dell'altro lato). Per me l'impatto trasformazionale di quell'esser stato 11 è stato molto forte, pari a quello che, ali'altro estremo delle mia vita, fu rappresentato dagli eventi bellici della guerra a Napoli e in Campania: ora tutto mi pare più chiaro, più duro, più estremo. Bisogna avere più forza e più risoluzione. La solidarietà con il popolo americano e il dolore per le perdite non possono essere in nessun modo confusi con una complicità con i governi che vogliono la guerra. Né mai alcuna simpatia potrebbe mai provarsi per il grande terrorismo internazionale, complemento necessario della guerra imperiale, e ad essa collegato da interessi e contrasti, da complicità antiche e rivalità recenti. Quello che qui preme, che è urgente, che non può dare tregua o alibi è il rifiuto definitivo e totale della guerra come metodo per concludere la politica, come strumento per risolvere le controversie internazionali. Questo un primo passo necessario per il ripristino del diritto alla vita, alla salute, alle risorse, ali'acqua, alla terra, alla libertà di tutti i cittadini del mondo, da quelli della meravigliosa Manhattan a quelli dei deserti aridi e assetati dell'Africa profonda.

Nella mente di chi soffre 18 settembre 2002

Probabilmente un'altra "tragedia della follia" s'è consumata 11 a via Bernardo Cavallino, forse un'altra tragedia annunziata: le notizie che si hanno fanno intravedere, nella donna che ha ucciso il suo piccolo figlio, una storia precedente di peculiarità, di stranezze, forse di violenze. Sembra che esistesse un campo di preparazione: una gravidanza difficile forse con crisi di angoscia e una depressione dopo il parto, in assenza di qualunque motivo oggettivamente grave. La vita precedente, secondo quanto racconta la cronaca, era caratterizzata da riservatetta, in apparenza, forse solitudine: valutazioni di un ambiente familiare chiuso e riservatissimo fatte clall' esterno, su impressioni e intuizioni dei vicini di casa. Colui che si occupa con qualche serietà di quella sofferenza oscura, che si chiama comunemente follia, non ha mai certe-zze: gli indizi più damorosi si risolvono a volte in questioni perfettamente spiegabili, e, viceversa, la follia può annidarsi dietro le maggiori apparenze di una motivazione comune e quasi ovvia. Tuttavia, anche se in assenza di altre spiegazioni concrete o di storie di tensioni e di conflitti fra persone, l'ipotesi della follia dovesse dimostrarsi quella giusta o la più attendibile, subito occorre ricordare che il

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processo mentale che porta all'atto finale è un pro~o dolorosissimo, stravolgente, descrivibile, radicalmente umano al cli là della disumanità del gesto finale. Cosl come il depresso sopprime la persona cara, per risparmiarle un mondo cli sofferenza e il pericolo cli una catastrofe, cosl la persona immersa in un delirio schizofrenico cede per necessità a minacce oscure e inevitabili o, diversamente, ravvisa nella vittima la stravolta metamorfosi cli un persecutore o cli una presenza diabolica; e qui la casistica della follia si allargherebbe a dismisura e diventerebbe anche interessante, se non fosse tragicamente dolorosa e talora, come nel caso cli via Bernardo Cavallino, carica cli strazio e cli autodistruzione. In quale mondo di simboli minacciosi e inquietante, in quale atmosfera di derealizzazione e cli spersonalizzazione, in quale incubo cli fine del mondo, in quale universo della colpa e della disperazione, in quale certezza cli una condanna incomprensibile vive una donna giovane che butta il figlio piccolissimo dalla finestra? Se solo la gente sapesse quanto reale è la sofferenza irreale cli un paziente con una convinzione cosl forte da fargli uccidere la più cara delle persone, forse vi sarebbe nel mondo un spazio maggiore per la comprensione, per il soccorso, per la non-esdusione. Non è vero che i malati mentali non sentano niente: essi sentono tutto come noi; come noi amano; come noi soffrono; come noi amano i figli; e soffrono come soffriremmo noi se una forza misteriosa e terribile ci costringesse a buttarli dalla finestra. Per i malati mentali, talora, tutte le finestre sono come quelle del World T racle Center, dalle quali non era possibile non gettarsi giù. Se tutto questo fosse nuovamente compreso come lo fu negli anni '60 del Novecento, forse impedirebbe alla gente, agli psichiatri psicofarmacoclipendenti, ai nostri ineffabili politici cli centrodestra e cli centrosinistra, al presidente e agli assessori della nostra regione, cli non buttare nella spazzatura (o peggio) la più bella, forte e giusta riforma della psichiatria che sia stata mai pensata e realizzata nel mondo delle democrazie. Qui ci prende con angoscia il quesito se tutto sia stato fatto per evitare il gesto finale, se vi fosse stato un intervento di prevenzione da parte dd competente servizio territoriale cli salute mentale e se que-

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sto fosse stato informato dei fatti e avesse preso le dovuto iniziative; se esistesse invece una cura privata e perché allora anche da questo lato non si è fatto nulla? Domande, quesiti, problemi. Ma la sofferema, l'esdusione, la guerra fra persone, la follia non ci lasciano tempo per la riflessione: la loro urgenza è gridata dai fatti come quelli di via Bernardo Cavallino. Ancora una volta.

Psichiatria, Fondazione "Cerps,,: si dimette Sergio Piro3 26 ottobre 2002

Il professore Sergio Piro si è dimesso dalla Fondazione "Cerps" di Nocera Inferiore. Motivo: la pubblicazione senza sua autorizzazione di un catalogo di offerta di formazione psichiatrica e medica. Nella sua lettera di dimissioni, Piro critica duramente «l'affarismo formazionale che sta distruggendo completamente il programma di una formazione in cui il pubblico servizio di salute mentale sia costruttore, agente e promotore della formazione».

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Breve di cronaca

Le famiglie lasciate sole 12 novembre 2002

La gravità e l'esteriore imprevedibilità della tragedia terribile di Parco San Paolo pongono subito la domanda se il gesto irreparabile è stato scatenato da una condizione di sofferenza psichica acuta, oppure dall'improvviso scompenso di una sofferen7.a di lungo decorso, prolungata, subdola e poco evidente. Tanti elementi dell'evento parlano in modo inequivoco di una perdita di contatto con la realtà, di un mutamento pauroso ed incomprensibile.

Di fronte agli interrogativi che pone un accadimento di questo tipo v'è sempre una duplice risposta interiore: da un lato l'angoscia dell'imprevedibilità e della vulnerabilità da parte di qualcosa che pur rimane nd fondo sconosciuta (la malattia mentale intesa come sofferenza oscura) e, dall'altro lato, il dubbio e l'inquietudine se tutto era stato fatto affinché il rischio fosse realmente ridotto a ciò che può considerarsi inevitabile e fatale. La malattia mentale è avvolta da un tale brulicare di eventi psicologici, relazionali, sociali fra loro interrelazionati, che ogni certezza appare fallace. L'esperiem.a attiva che si prolunga nei decenni, la ricerca sociale

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e scientifica, l'osservazione di un ventaglio sempre più vasto di persone sofferenti ha iniziato a ridurre questo alone d'incerte-aa. Le forme nuove dell'assistenza psichiatrica territoriale diffusa, con seguimento domiciliare dei pazienti 24 ore su 24, avevano, a partire dal 1978, migliorato la prevedibilità del comportamento, assicurato sovente un intervento preventivo, ridona la frequenza delle improvvise esplosioni. L'esplosione della follia o il rivelarsi palese di una forma attenuata e prolungata è un accadimento umano che sembra presente in tutte le culture storiche e in tutti i luoghi della terra: la follia improvvisa sfugge, per la sua st~ natura, a ogni possibilità d'intervento preventivo. Tuttavia, e qui forse s'intravede un barlume di possibilità in questo nichilismo riparativo, tutto fa pensare che si potrebbe avere una risoluzione dei casi se fosse adottata (come le leggi italiane e campane prevedono) una forma di prevenzione psichiatrica capillare nd territorio, con la continua presenza domiciliare dd servizio di salute mentale, volta a rilevare anche quelle forme leggere, attenuate, inapparenti, latenti di malattia mentale, in cui una terapia precoce può evitare una crisi acuta, uno scompenso, un atto di violenza. Le famiglie dovrebbero essere sensibilizzate, difese e guidate al di là delle loro stesse resistenze e dei loro timori: già questo sarebbe forse sufficiente a evitare molte tragedie.

San Gregorio: quei 19 morti dimenticati 17 dicembre 2002

Un anno è ormai trascorso da quella notte terribile fra il 15 e il 16 dicembre 2001 in cui prese fuoco la "struttura intermedia residenziale" di San Gregorio Magno, in provincia di Salerno, per pazienti dimessi dal manicomio: una tragedia di cui nessuno sembra ricordarsi più. Per quei 19 morti la dimenticanza è definitiva esclusione, cosl come per i migranti annegati dagli scafisti e dalle leggi dei paesi ricchi, per i bambini morti di fame nd silenzio dd mondo, le vittime dei prezzi dei farmaci. A San Gregorio morirono bruciati 19 cittadini, colpevoli solo di essere stati in manicomio e di essere poi stati sistemati in una "struttura intermedia residenziale" che avrebbe dovuto fornire loro una casa, l'inserimento in un abitato, un modo per rifarsi una vita autonoma. Furono invece dati loro una struttura arrangiaticcia e distante dall'abitato, isolamento, esclusione dalla popolazione, mancan7.a di reinserimento sociale, morte atroce. Vidi il luogo come membro della commissione d'inchiesta amministrativa, subito istituita dall'assessore Teresa.Armato {che su quella vicenda voleva veder chiaro). Le macerie erano nere, basse e terribili. La struttura, un prefabbricato malamente adattato, era su un poggio, distante dall'abitato, a cui la collegava una strada con forte pendenza.

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La distanza dall'abitato impediva la possibilità di aiuto: se, nella notte dell'incendio, vicini di casa e passanti fossero intervenuti subito, come avviene in ogni abitato, non sarebbe stato diverso il tragico bilancio delle morti? La dismissione dei manicomi significava, nelle sue buone attuazioni, restituzione dei pazienti a una vita normale, non reclusa, talora nelle loro famiglie {con l'assistenza dd centro di salute mentale), più spesso in una abitazione sociale, in una casa-famiglia, in una struttura intermedia territoriale: tutto questo non appartiene al mondo dei sogni, ma è realizzato in tante parti d'Italia compresa la Campania {ad esempio Villa di Briano, Aversa, San Cipriano, Mondragone, Giugliano e diversi altri luoghi: a Napoli riapre invece l'ospedale psichiatrico Frullone, già chiuso il 12 agosto 1999, per ospitare i pazienti dell'ospedale psichiatrico Bianchi). La riforma italiana della psichiatria è stato uno dei punti più alti nell'arco della democrazia occidentale. L'attuale governo di centrodestra tenterà forse di distruggerla. Ma finora l'hanno messa al massimo in pericolo coloro che l'hanno male applicata, ne hanno fatto speculazione, carriera, arricchimento, potere. Di tutto questo parlano ancora, tristemente e non ascoltati, le rovine, i ricordi, i nomi dei morti di San Gregorio Magno in terra di Campania.

La scuola funziona ma solo del crimine 08 gennaio 2003

Come una cappa plumbea di oppressione e di orrore, la criminalità organizzata domina sempre più la vita delle comunità dell'Occidente, con uno spettro cli azione che va dai grandi traffici internazionali del capitale finanziario e dell'economia globalizzata ai commerci infimi e alle piccole estorsioni, dall'organizzazione internazionale della droga alle violenze capillari degli abusivi dei posteggi, dalla disperante onnipresenza dd "pizzo,, agli scippi isolati, dalle grandi azioni militari contro il trasporto di valori allo scippo, dalle collusioni grandiose con la politica e con le imprese alla prepotenza spicciola di quartiere. Come tutte le grandi organizzazioni di attività e di dominio anche la criminalità organizzata è una struttura sociale, ha una propria connotazione psicologica e ideologica, ha maestri ed apprendisti, ha bisogno delle sue palestre e delle sue scuole. La scuola della criminalità è capillare, complessa, bifronte: i valori sono quelli della superiorità, dell'intangibilità, dd patriottismo dd clan, della cosca, della famiglia. Come tutte le scuole cli identità forte, la scuola della criminalità è creatrice di ideologie egocentriche.

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Scuola esaltatrice di valori egoici: l'altro {la persona per bene, il lavoratore che lavora, lo studente che studia) è merce vile. L'insegnamento della superiorità comporta la perdita totale dell'immedesimazione: se l'altro è cosa diversa da me, allora posso, ridendo, infliggergli qualunque tormento, qualunque mutilazione, qualunque danno economico o morale. La scuola della criminalità è in primo luogo allenamento all'insensibilità. Si parla in questi giorni molto del ragazzo ucciso da un poliziotto mentre tentava di compiere una rapina: una storia terribile, che tale sarebbe stata anche se l'ucciso fosse stato adulto. Morire della violenza di un proprio simile è la peggiore conclusione possibile per ogni esistenza umana. Tuttavia il discorso non può qui prescindere dalle circostanze, dall'evidenza del gesto di rapina, dall'esibizione di armi o di oggetti simili ad armi. Ed è questa la parte più tragica: l'episodio ha tutti i caratteri del gesto di un ragazzo che vuol sembrare un uomo fatto, un malvivente consumato ed esperto, bravo altrettanto quanto il suo tristo compagno più grande di lui. Nessuna considerazione giustifìcazionistica può essere avanzata in relazione alla minore età del protagonista: è questo un problema dibattuto e sofferto, quello dell'imputabilità minorile, che non ha attinenza con la definizione dell'accaduto. La sottrazione dello scooter assume il duplice carattere di una prova di maturità malavitosa e di conquista dello strumento proprio nella pratica di tali comportamenti. La scuola di camorra ha lavorato bene: la formazione èstata ottima, il risultato perfetto. La glorificazione che non solo {e comprensibilmente) ne ha fatto la famiglia e quella meno comprensibile di qualche fonte d'informazione sono oggettivi incoraggiamenti a tale scuola. L'occasione mediale era molto forte: essa è stata sviluppata con la consueta competenza. Ma è proprio qui il pericolo di un premio che non può essere in alcun modo conferito alla criminalità organiz7.ata, alle sue suggestioni, al suo evidente richiamo. Questo è il campo d'impegno e questa la difesa del diritto degli adolescenti a crescere lontano dal crimine - sono le parole che vi si attengono.

Chi resiste alla violenza ottusa 06 aprile 2003

Se hai quasi 17 anni lo scooter ha per te un'importama centrale: ti dà un'autonomia di movimento che una volta avevano solo i "grandi" con le loro automobili, ti permette di allargare grandemente il tuo ambito vitale, ti consente una maggiore ricchezza della vita sociale, affettiva, culturale: ancor più se abiti in una località decentrata e scomoda della grande, perturbante conurbazione. E lo scooter che usi è ancora quello di tuo padre, motivo ulteriore di un sentimento di responsabilità personale. Per questo non puoi cedere alla violenza. Fai una resistenza, forse istintiva, immediata, ma esistenzialmente inevitabile, alla violenza ottusa che sei costretto a subire. Con abilità di movimento ti sottrai ai due orribili sgherri, emozione e angoscia della violenza subita ti ghermiscono all'istante e ti scaraventano in un destino di morte. Non so perché in quest'ora terribile della storia in cui tanti bambini, tanti adolescenti, tante donne e tanti uomini innocenti sono "gettati" alla violenza ottusa, brutale, ingiustificata di altri terribili sgherri dd destino, io piango per te come se fossi stato parte della tua esistenza, persona della tua vita e della tua famiglia.

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Forse al di là dell'immedesimazione nella singola tua vicenda, il senso della tua storia stroncata, dd tuo diritto a vivere calpestato, della tua corsa alla gioia e alla vita buttata nella polvere di una strada, si collega alla sofferenza di tutta la gente dd mondo minacciata ed esposta a una violenza che cresce induttabilmente e trabocca dovunque. E che cosa hanno mai di diverso l'atto bellico locale di cui sei stato vittima e la presenza nd mondo della dimensione universale della guerra? Non sono esse espressioni complanari di barbarie senza fine, di disumanizzazione integrale, di demoniaca espressione di una crescente spinta autodistruttiva della nostra specie? E ancora: possiamo continuare a fingere che dd farsi turpe, violento, denso di soprusi insopportabili della vita nelle nostre città potremo occuparci nel futuro, quando il potere politico e istituzionale vorrà, o non è piuttosto maturato il tempo di ritenere che l'ordine sereno della vita quotidiana e la difesa dei diritti dei cittadini alla pace siano impegni molto più urgenti, vicini e immediati di tanti altri? V'è ancora qualcuno che non pensi a una indispensabile continuità fra democrazia sociale avanzata e difesa della pace e del diritto nella vita collettiva? La tua morte è un avvertimento esplicito. Perché vi siano trasformazioni positive e decisive della comunità umana, dolore, emozione e indignazione sono il lievito necessario. Forse anche per questo oggi piango per te.

Quei bimbi dalle vite distrutte 29 aprile 2003

La cronaca corre vdoce lasciandoci reazioni ed emozioni fugaci, subito sopraffatte dal sopravvenire di altro. Occorre fermarsi un momento, riguardare gli eventi con gli occhi della mente, lasciare vibrare le nostre corde interiori. L'unità d'informazione è la seguente: una donna è stata uccisa a martellate; il cadavere scoperto clalla figlia tredicenne. Ogni parola dell'informazione che ci attraversa diviene ora pesante come un macigno: "tredicenne,, significa tutte le tredicenni che abbiamo conosciute, la loro acerba coscienza, la loro emozionalità potente e vivissima, la loro vulnerabilità. Questa esistenza, nella quale ora ci immedesimiamo, è stata gettata davanti al cadavere di una donna: e quella donna è sua madre. Ora la fugace e notizia appena ascoltata ci sembra una catastrofe umana di prima grand~za. Se, dopo aver necessariamente vissuto le nostre emozioni che la partecipazione ha reso brucianti e cogenti, torniamo alla pratica degli accadimenti umani e alla problematica dd danno, una eventuale domanda professionale sulle conseguenze di un simile trauma nella vita emozionale individuale ci trova impreparati e confusi.

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La "clinica" psicopatologica, un mostro astratto e distante dall'accadere umano reale, ci dice che la probabilità dell'insorgenza cli reazioni depressive, angosciose o deliranti è piuttosto alta nei primi tre o quattro anni dopo il trauma, mentre va declinando in seguito fìno a rientrare nelle percentuali cli coloro che tale trauma non hanno subito. Ma la nostra coscienza che ha vissuto un profondo travaglio immedesimativo ci dice diversamente: per quanti compensi, distrazioni e alternative la vita possa offrire allo svolgersi di questa esistenza, nulla potrà mai compensare il diretto contatto con la violenza nella sua forma bellica della massima evidenza, quella dell'essere umano che massacra un suo simile. Ci sono dovunque guerre intorno ai bambini e agli adolescenti, clalle catastrofi di intere nazioni sconvolte alla capillare violenza che avvolge in una nebbia di orrore le città e le campagne dd ventunesimo secolo. Abbiamo capito che dal quartiere e dal vicolo al mondo intero di questa violenza bisogna, per non essere complici, farsi antagonisti attivi e inflessibili. Ma quante madri massacrate e figlie distrutte dovremo ancora vedere nd tempo che sta arrivando?

Il ritorno dopo ventisette anni dell'arcaico elettroshock 21 giugno 2003

Negli Anni Cinquanta le terapie di shock dominavano il campo della psichiatria: lo shock cardiazolico, lo shock acetilcolinico, lo shock febbrile {inoculazione di malaria o vaccino endovena}, l'insulino-terapia e l'dettroshock di Cerleni e Bini, e altri. Queste cure erano caratteriZ7.ate dall'insorgere di convulsioni violentissime {cardiazol, elettroshock}, coma con risveglio all'ultimo momento {insulina}, febbri spaventosamente alte {vaccino endovena}. Erano dunque di una violenza estrema. Si diceva che esse fossero come una forte botta a una radio che non funzionava. Il ricorso a metodi cosl violenti di cura era in parte una necessità legata alla mancanza di terapie importanti delle psicosi e, in parte, un mezzo sbrigativo e redditizio per affrontare ogni tipo di sofferenza, anche quelle {la maggior parte) che avrebbero avuto bisogno di interventi di tipo psicologico, esistentivo, familiare, comunitario, sociale. Non fu solo l'arrivo degli psicofarmaci a spazzare via queste pratiche violente, ma anche il primo diffondersi di una coscienza antropo-psicologica e sociale della sofferenza umana. Poco dopo la contestazione della psichiatria manicomiale e della violenza di certi metodi terapeutici spazzò via

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definitivamente i reliquati medievali delle terapie di shock e pose sotto critica pesante le mutilazioni cerebrali della cosiddetta psicochirurgia (ricordate Qualcuno volò da/, nido del cuculo?). Sopravvisse solo l'elettroshock che seppe camuffarsi in modo più bonario, abolendo, con l'uso del curaro, la convulsione muscolare, mentre non era stato affatto abolito il passaggio della corrente attraverso il cervello, capace, secondo alcuni autori di provocare una serie di microemorragie nel tessuto cerebrale attraversato: dunque la botta in testa, ma senza contrazioni muscolari. Alcuni conservarono l'idea che rimanesse ancora una piccola area di utilità in forme gravissime, ribelli, inaccessibili ai farmaci; altri lo negarono con forza. Nell'abbandono dell'dettroshock., accanto al positivo slancio dd movimento alternativo, intervenne anche la durissima azione concorrenziale dell'industria psicofarmacologica globalizzata che ha sostituito orrore ad orrore, quando, dimenticando che il benefico effetto delle dosi ben calibrate è utile solo nella permanente considerazione di tutte le altre dimensioni antropologiche, impose dosaggi ingiustificatamente alti, volti a provocarela paralisi, l'arresto esistenziale, l'istupidimento, la resa. Così la violenza, la disumanizzazione e la negazione dei diritti umani tendono a spostarsi da un aspetto ali'altro, a dispetto dell'avanzare e diffondersi di cure più proprie e rispettose dei diritti umani. Questa è, in breve, la storia. La conclusione è che questo improvviso ritorno a Napoli4 , dopo ventisette anni, di una pratica arcaica e svalutata può " Napoli, elettroshock a un malato, trent, anni dopo torna la polemica. Dopo quasi trent,anni a Napoli ricompare r elettroshok e per curare un giovane di 36 anni affetto da forte depressione. Il protocollo "terapeutico,,, che sembrava cancellato del tutto ma che è ancora prassi soltanto all,ospedale San Raffaele di Milano e alle università di Pisa e di Roma (La Sapienza), è stato reintrodotto nella clinica psichiatrica dell,università Federico II di Napoli diretta dal professor Giovanni Muscettola. Ma il caso del giovane, ricoverato (e seguito da anni) nella struttura del Nuovo Policlinico, ha scatenato violente polemiche nonostante il docente abbia rassicurato studenti e colleghi: «Cera un,indicazione primaria non sulla diagnosi, ma sulla gravità del quadro clinico. Non si tratta di un ritorno al passato. V elettroshock era runica chance disponibile. A lui e ai fu.miliari abbiamo spiegato i motivi della proposta: hanno capito e, insieme, hanno aderito al protocollo. D,altronde avevamo tentato, a vuoto, tutte le terapie farmacologiche». Tecnicamente si chiama Tee (frattamento elettroconvulsivo) ed è una scossa

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essere forse legata a necessità terapeutiche imprescindibili, ma, in un momento in cui tanti episodi di regresso assistenziale stanno avvenendo, in cui la riforma italiana della psichiatria è duramente minacciata, in cui si riapre a Napoli un ospedale psichiatrico (il Frullone) chiuso "per sempre" il 12 agosto 1999, questo improvviso ritorno non può non essere contestato. Forse, nei giorni scorsi, quell'incontro delle Autorità universitarie con gli studenti, con gli specializzandi, con il movimento psichiatrico alternativo (OES, Operativo Esclusione Sofferema), che è stato da esse

elettrica di circa 100 volts somministrata {in genere in anestesia generale) attraverso uno o due elettrodi applicati ai lati della testa. Un sussulto che dura frazioni di secondo provoca una vera e propria crisi epilettica che dovrebbe risultare benefica per il paziente. A nulla sono servite le proteste degli studenti, del Forum per il diritto alla salute e di alcuni specialisti. Il professore è andato avanti, rifiutando categoricamente di rivedere il caso e, soprattutto, di interrompere il trattamento. Il primo a ~re investito della vicenda è stato il preside della fucoltà, Armido Rubino, a cui era stata inviata la richiesta di un dibattito pubblico. Incontro prima concesoo e poi disertato. Dice Raffaele Aspide, medico e rappresentante del Forum: «Per rispettare il paziente e la fu.miglia avremmo preferito non sollevare un polverone ma, visto che hanno risposto picche alle nostre richieste, abbiamo deciso di intervenire pubblicamente. La terapia è iniziatasema alcuna delle quattro indicazioni ammesse dal decreto del '99 (depressione maggiore, sindrome catatonica, sindrome maligna da neurolettici e mania). E ci ha futto rabbrividire quanto ci ha confessato un docente: relettroshock viene praticato da decenni in moltissime strutture private e nessuno denuncia». Da parte sua il preside preferisce allentare la tensione: «Non posso esprimermi perché non sono psichiatra e non ho responsabilità gestionali o organizzative o anche di solo controllo e vigilani.a. sulle attività dell'azienda policlinico. Ho comunque chiesto al professor Muscettola di promuovere un dibattito pubblico». Enrico de Notaris è specialista e lavora nella stessa struttura. Non condivide la scelta del suo direttore e osserva: «Il trattamento elettroconvulsivo ingenera una sospensione della coscieni.a., uno stato di leggero coma e questo vuol dire simbolicamente interruzione del rapporto col mondo e quindi anche col terapeuta. Insomma viene meno uno dei principi fondamentali della terapia integrata, cioè tra psicoterapia e trattamento farmacologico». Severo anche il giudizio di Sergio Piro, direttore della "Scuola Sperimentale antropologico-trasformazionale,,: «Il fu.no è preoccupante perché si allinea con altri elementi di regressione nella riforma psichiatrica. Qui si rischia di nuovo la legatura nei servizi psichiatrici, la trasformazione delle Case fu.miglia in reparti chiusi e la riapertura di manicomi come il Frullone di Napoli». Giuseppe Del Bello 21 giugno 2003.

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dapprima fì~ato per il 18 mattina e poi disdetto, avrebbe contribuito a un chiarimento di idee e a una discussione proficua per i diritti dei cittadini alla salute.

Elettroshock: "Commissione di indagine,, 25 giugno 2003

Sull'dettroshock subito una commissione di indagine5• r ora delle polemiche 21 giugno 2003. È il giorno della bufera, delle proteste, delle puntualixlazioni. Ventiquattr'ore dopo la notizia che r elettroshock è stato reintrodotto nella pratica clinica a distanza di quasi trent'anni dalrultimo trattamento, le voci della protesta si sono fatte sentire. Il primo a intervenire è un medico, Raffaele Aspide, che è anche rappresentante del Forum per il diritto alla salute. Si dichiara sconcertato per il modo con cui la vicenda sarebbe stata liquidata dalle autorità accademiche: «Quando ci hanno detto che un giovane sarebbe stato sottoposto ali'elettroshock, abbiamo fatto di tutto per evitare un clamore che danneggia soprattutto il paziente e la sua famiglia, ma nessuno ci ha dato ascolto. Ci siamo incontrati solo con il preside professor Armido Rubino, col dottor M~imo Morlino, responsabile del reparto e col professor Pasquale Mastronardi, responsabile della Terapia antalgica. Lui ci ha parlato dell'elettroshock come di una pratica comune, di averne fatte tante in prima persona negli anni scorsi nelle cliniche private. Insomma noi vogliamo un incontro con le istituzioni: dal direttore professor Giovanni Muscettola, al manager Giovanni Persico e fino al direttore del Comitato etico. Finora si sono tutti defilati». Ma il preside getta acqua sul fuoco. Tenta di riaprire un dialogo mai avviato. Dice: «Ho scritto una lettera al professor Muscettola invitandolo a promuovere al più presto un dibattito pubblico con gli studenti per affrontare con loro degli aspetti scientifici, etici, relazionali, di rappono col paziente e con i suoi familiari e anche con gli altri docenti 5 Eletttoshock,

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È la richiesta cli Francesco Maranta, componente della commissione regionale Sanità per il Prc, dopo le dichiarazioni a «Repubblica» del professore Pasquale Mastronarcli {«In questi anni ho fatto migliaia cli applicazioni, ma non chiedetemi i nomi delle cliniche private»). Maranta ha presentato un'interrogazione ali'assessore regionale alla Sanità, Rosalba T ufano: «Chiedo cli sapere il numero cli dettroshock {&k) effettuati in Campania, se le Asi hanno convenzioni con strutture che praticano fuk, se erano attreu.ate per le emergenze dd caso e quali e quanti rimborsi abbiano erogato per queste prestazioni». E ancora: «Chiederò infine che la regione attivi una commissione di indagine».

del Dipartimento. Ritengo importante che si arrivi al più presto possibile a momenti di incontro~. Direttamente chiamato in causa, il titolare della cattedra di Psichiattia dell,Ateneo Federico II nella cui struttura è iniziato il protocollo, è amareggiato dal diffondersi di notizie che possono ingenerare dubbi e perplessità. Commenta: «Si stanno creando molti malintesi. E non vorrei che questo si ripercuota sulla clinica in modo tale che i pazienti non si ricoverino più da noi per timori infondati. lo non sono un venditore di elettroshock: rapparecchio è stato acquistato nel >99 e se fino ad oggi non è stato utiliu.ato vuol dire che il trattamento non lo si fa certo con superficialità. Negli Stati Uniti, è praticato nelle maggiori università e li sono vigenti linee guida che ne prevedono rapplicazione in molte condizioni di resistenza ai trattamenti farmacologici. Ormai siamo alla conclusione: lunedl ci sarà l'ultima applicazione. A luci spente apriremo il confronto~. La replica arriva poi da uno dei maggiori oppositori dell,elettroshock, Enrico de Notaris. Psichiatta che lavora insieme al direttore Muscettola, dice: «La difficoltà sta nel testare scientificamente refficacia del trattamento convulsivante perché non è possibile effettuare studi in doppio cieco, cioè mettere a confronto una vera terapia applicata ad alcuni pazienti con un trattamento placebo applicato ad un altro gruppo di malati. Ma non mi va di parlare del caso perché quel giovane è l'unico che deve essere tutelato e tutti ci dovremmo affidare a maggiore cautela». Ancora la voce del preside Rubino. Condivide resigenza di un confronto pacato: «Il problema è la salvaguardia del diritto del singolo interessato e dei suoi parenti. Cè il rischio che diventi oggetto o strumento di altte cose: della verità scientifica assunta come dogma, del prestigio degli operatori, del massimalismo delle ideologie, di interessi economici e di pregiudiziali politiche». Adesso la parola passa a coloro che sttenuamente si oppongono al trattamento e al rischio che diventi una consuetudine terapeutica. Conclude Aspide: «Chiediamo che la terapia venga interrotta e soprattutto che non siano inseriti altri pazienti in questi ttials clinici». Giuseppe Del Bello

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Intanto r assessore T ufuno6 ha preso in considerazione la proposta di 6

L'inferno dei malati invisibili Giantomaso De Mattds 22 giugno 2003. «La fanno qui, la fanno altrove, dappertutto. A mio fratello gli hanno applicato più di una volta gli elettrodi alla testa. Soffriva di crisi depressive. Da allora nemmeno mio padre è quello di prima». Più di un'applicazione per M., che adesso ha 30 anni e vive nel quartiere Arenella. Gliene fecero tre di elettroshock. La famiglia era stretta nella morsa della paura, per la storia di Carlo Rellini che ci morl, a soli 19 anni, dopo una scarica.elettrica da 100 volts. A quella famiglia, dopo anni, un tribunale gli ha ridato giustizia, non più Carlo. Quello che invece dà la sanità (anche privata) e le istituzioni alle famiglie che i «malati di mente» se li tiene tra le mura domestiche (perché a volte la vergogna è troppa), o nei pochi metri quadrati di una casa di cura (perché le «crisi» diventano insopportabili) è una lunga lista di attesa e un muro di indifferenza: schiaffi sonori per chi nell,inferno ci vive già. Li chiamano matti, diciamo che sono «disagiati». E se la legge Basaglia sbarrò le porte delle vecchie strutture e ne mise in libertà in Campania 566 {ai quali se ne sono aggiunti altri 211 di nuova utema) la somma dei 777 nei «manicomi.,. ci vive ancora (oggi, denunciano familiari e associazioni si chiamano Sir, Strutture Intermedie Residenziali). Per non parlare delle «case» private (e abusive), una quarantina in tutto, sparse tra il giuglianese e la zona ffegrea, destinate agli anziani dove però ci ricoverano i «disagiati» {ricordate la San Vincenzo di Lettere? Su 330 degenti 300 erano malati di mente) e delle case di cura convenzionate, una quindicina per mille malati. Per finire agli ospedali psichiatrici giudiziari, quello napoletano di Sant,Eframoe quello di Aversa. Dove, racconta Franco Marantacomponente Predella commi~ione Sanità alla Regione, i degenti sono addirittura legati ai letti: «In 20 anni non è cambiato nulla». Altro che elettroshock. Già, dietro il trattamento elenroconvulsivante e il suo contestato ritorno dopo 30 anni non c,è solo chi come il professor Pasquale Mastronardi rompe il fronte del no e rivela a Repubblica: «In questi ho fatto migliaia di applicazioni, ma non chiedetemi i nomi delle cliniche private. Non c'è nulla di illegale, né di scandaloso: il T ec fa parte della terapia ufficiale, è una pratica corrente, di tutta tranquillità e avvalorata dalle più prestigiose riviste internazionali. Mi infastidisce che ci sia gente, anche colleghi, che sparano senteni.e senza sapere». Ma dietro l'elettroshock e'è anche l'inferno di chi, come mamma Marisa, di figli disagiati ne ha tre: Aurelio, 33 anni, schizofrenico di tipo paranoico, Francesro di 20 e Barbara di 35. «La cosa che più mi ferisce? L'indifferenza delle istituzioni e l'insensibilità. Di fronte ad alcune mie richieste mi hanno addirittura denunciato». Non ce li porterà i figli, in quei centri («parcheggi dimenticati, luoghi di sopravvivenza dove ti senti impotente.). Figurarsi quando ci sei costretto a fare le odissee negli ospedali che «non scegli», rome racconta Ivana. «Se non accetti la terapia ti sottopongono al Trattamento Sanitario Obbligatorio nella più vicina struttura dove e'è posto: ci trovi il girone delle vite spezzate». Quello che manca? «Un piano concreto e scelte prioritarie a fronte dei ritardi e della confusione», denuncia Franro Daniele, presidente onorario dell'Afasp

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un incontro istituzionale sulla questione. Il 4 luglio invece confronto pubblico sull'fuk alla Facoltà di Chirurgia e Medicina della Federico Il. L'iniziativa è dd preside del Secondo Policlinico, Armando Rubini. Tra i relatori: Giovanni Muscettola, Sergio Piro, Franco Rotelli.

{Associazione familiari e amici sofferenti psichici). «Servizi, strutture, personale specializzato e risorse». E invece? «Invece in violazione alla Finanziaria 2001 che prevedeva dei benefici a favore dei disagiati dopo la vendita del «Bianchi», la Regione ha dato la concessione gratuita dei beni al secondo Ateneo. Nonostante una sentell7.a del Tan.. Dietro il calvario di questi «uomini» invisibili batte cassa il mercato degli psicofarmaci («Basta imbottirli di cocktail e molecole che calmano, correggono», osserva Maranta), terapie per depr~i e T ec. E al clamore delle dispute tra le diverse scuole di psichiatria loro, gli «abbandonati», preferiscono il silenzio dei «nuovi» manicomi.

Elettroshock, la condanna dei medici 04 luglio 2003

«Negli ultimi 20 anni nei servizi cli salute mentale dell'Asl Na 1 non è stata mai prescritta e tantomeno direttamente praticata ad alcun paziente la T ec, la terapia elettroconvulsivante». È quanto è emerso da una riunione di tutti i direttori delle 1Ounità operative di salute mentale del dipartimento Asi. «Una pratica - si legge in una nota - considerata di fatto desueta, poco compatibile con la riforma del '78». Oggi, dopo le polemiche sull'elettrochock dei giorni scorsi, assemblea pubblica, alle 10 nell'Aula Magna del Nuovo Policlinico. Modera Armido Rubino. Interventi di Giovanni Muscettola, Sergio Piro, Enrico de Notaris7• 7 Controlli nelle cliniche contro relettroshock 05 luglio 2003. «Siano controllate le cliniche private dove il trattamento verrebbe praticato e si vigili sulla situazione psichiatrica». Aula magna affollata (nelle prime tre ore}, arriva con quindici giorni di ritardo il dibattito sulrelettroshock. Lo ha moderato ieri un attento Armido Rubino che, in qualità di preside, ha fatto esprimere sostenitori e detrattori della metodica, dopo la vicenda del giovane sottoposto a trattamento elettroconvulsivante, relettroshock appunto. Fair play nella prima parte, il dibattito si fa polemico con Francesco

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Maranta, consigliere regionale di Rifondazione comunista: «Chi non rispetta lacerte12.a dei diritti dei pazienti è un bandito. Vogliamo sapere come e dove sono stati effettuati i trattamenti». Chiamato direttamente in causa, Giovanni Muscettola, l'ordinario della Clinica psichiatrica in cui, dopo 30 anni, si è tornati ali'elettroshock, replica citando gli studi riportati su Lancet e difendendo «autonomia e responsabilità del medico». Poi aggiunge: «La decisione è stata presa dopo una lunga discussione tra colleghi. E comunque relettroshock non aumenta il rischio mortalità della comune anestesia». Da Sergio Piro che parla di «conquiste della riforma del '78 in pericolo», a Franco Rotelli che prende garbate distanze: «Non ci sto col metodo: abbiamo visto l'uso criminale di questo strumento», più o meno tutti sembrano contrari. A difesa interviene Pasquale Mastronardi, lo specialista che aveva confessato di «aver eseguito migliaia di Teo. in strutture private: «Non faccio i nomi per tutelare la privacy». Ma dall'assessore alla Sanità Rosalba Tufu.no, arriva la replica: «Li faccia pure i nomi se ci sono: le Asi dal '99 comunicano all'Osservatorio epidemiologico i trattamenti effettuati e le segnalazioni riferiscono solo qualche applicazione ali'anno. Un consesso scientifico deve formare i medici del domani e dare risposte non in funzione dei controlli ma su conoscenze scientifiche e deontologiche». L'ultima stoccata è di Enrico de Notaris, da sempre contrario ali'elettroshock. Parte dagli studi poco attendibili: «Cosl come i trials clinici, sono stati curati dalle stesse persone che praticano la Tee ovvio che riportino risultati eccellenti». Poi si scaglia contro gli effetti delrelettroshock che non si limitano alla «sola perdita della memoria per sei mesi», ma che potrebbero risultare comunque devastanti: «Che ne sappiamo delle ripercussioni su altre funzioni, come la capacità emotiva e di programma? Eppoi, i trials americani non vengono criticati da me, ma dagli stessi autori d,Oltreoceano». Giuseppe Del Bello

Andare a remi da Mergellina a Nisida 21 agosto 2003

In una mattina di agosto, andare a remi da Mergellina a Nisida ti permette alcune attività desuete ai giorni nostri: di respirare a pieni polmoni e di misurare con lo sforzo dei tuoi muscoli il movimento della barca piccola e comoda; di riflettere; di curarti, a 7 6 anni, mali dd corpo ed angosce dd pensiero. Andando scorre sul tuo lato una costa di straordinaria bellezza: inizia da Palazzo Donn'Anna e continua con le ville incastonate nd verde fino a Capo Posillipo, con gli scenari cangianti dallo scoglio di Pietrasalata alla Gaiola, con il panorama alto, mosso e inquietante di Trentaremi e di Capo Coroglio, con r aspra dolcezza di Nisida. TI riposi, fai il bagno a Porto Paone, riprendi a remare e vedi Bagnoli, luogo caro della tua infanzia e speranza di una rinascita luminosa. Ma circumnavigando Nisida, ti aspetta ora una sorpresa tardoagostana. Il vento non ha girato, il maestrale non scenderà, il greco si rinforza: ora devi lavorare duramente per tornare. Ti dici che potrai scendere nd porticciolo famosissimo di Marechiaro, lasciare Il la barca e prendere il filobus, ma poi lo sorpassi perché pensi, presuntuosamente, di fu.rcda.

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Ora non puoi più andare a terra perché sei a Villa Rosberry che è dd Presidente della Repubblica e non ti permetterebbero mai cli sbarcare. Cosl, con stento e fatica, doppi contro vento il Capo cli Posillipo ed entri a riposarti per un po' nella cala di Rivafìorita. Fai il bagno, riprendi fiato. Poi piano piano, villa dopo villa, risali la costa fìno alla tua base, il circolo Relax, perché non vuoi rinunziare a portare a casa la tua barca. Mentre arranchi risoluto e sfinito contro corrente, una sola speran7.a t'ispira, per tenue ed improbabile che sia: è quella che il vento cambi ancora.

Lo sbarco di Salerno e la memoria mortificata 05 settembre 2003

Vorrei esprimere concordanza con J>articolo di Angelo Trimarco, pubblicato ieri, circa le manifestazioni per il 60° anniversario dello sbarco alleato a Salerno: chi scrive, che aveva allora sedici anni e visse quel giorno in una drammatica girandola di sentimenti, terrori e speranze, comuni a tutti, si sarebbe atteso un serio e composto ricordo storico, scientificamente condono e corroborato da immagini e documenti, esente da ogni paccottiglia turistica e da ogni intento "promozionale,,, atto a stimolare il superamento di concezioni precostituite o strumentali della storia del mondo. Una cosa seria, per cosl dire. Quel giorno, il 9 settembre 1943, la gente di Napoli era ancora stordita dal tremendo bombardamento aereo del precedente 6 settembre che aveva seminato distruzioni e morti e che solo molto più tardi si apprese essere stato del tutto inutile nonché stupidamente terroristico, perché r armistizio fra gli alleati e J>Italia era stato già fumato tre giorni prima a Cassibile. E chi come me era sfollato dalla città vedeva sotto i suoi occhi le forze armate germaniche assumere già da quel primo giorno un ostentato assetto di guerra e di occupazione militare {dove mi trovavo lo fece

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la Panzerdivision Hermann Goering; pochi giorni dopo arrivarono le W affenSS Testa di Morto e iniziarono le razzie di uomini e di animali). Di tutto questo chi della seconda guerra mondiale ha il ricordo {che in genere è vivissimo, fotografico e cogente) vorrebbe sentir parlare; e chi vi ha interesse vorrebbe altri dati, altri documenti, altri approfondimenti. E vorrebbe un contributo ideale e lungimirante al ripudio definitivo della guerra come strumento per risolvere le contese umane. T rimarro teme che al posto di tutto ciò avremo spettacolo, esibizioni e propagande di vario tipo. Lo teme anche chi scrive.

Grazia all, ergastolano ma quell, orrore resta 14 ottobre 2003

È libero. Dopo cinquant'anni trascorsi in manicomio giudiziario,

Vito De Rosa8, r ergastolano ultrasettantenne che assassinò il padre8

Vito ha già trovato casa: "Ora vorrei vedere il mare" di Roberto Fucci/Jo «la Repubblica Napoli» 12/10/2003. All'ergastolo per ruccisione del padre-padrone che lo picchiava, ha passato una vita alrospedale psichiatrico. Se la grazia sarà concessa andrà a Salerno, in una comunità per disabili. NAPOLI Quando entrò in carcere, di Franco Basaglia ancora non si sapeva nulla. Vito De Rosa, il detenuto per il quale il ministro della Giustizia ha chiesto a Ciampi la grazia, ha vissuto per oltre cinquant'anni a Napoli, ma la città non l'ha mai vista. È scomparso alla vita civile per me-i.zo secolo, rinchiuso in quelli che una volta si chiamavano manicomi criminali e oggi sono ingentiliti dalla sigla Opg, Ospedali psichiatrici giudiziari. Se la grazia chiesta da Castelli gli aprirà i cancelli, De Rosa vedrà una luce che aveva perso a diciassette anni. Per un motivo grave, l'uccisione del padre, di un padre padrone che, narrano le scarse cronache disponibili dell'epoca, lo picchiava a sangue con oorde e cinghie perché riteneva che Vito rubasse l'olio prodotto nella tenuta di famiglia. Siamo a Olevano sul Tusciano, un paesino in provincia di Salerno, nei primi Anni Cinquanta. La storia di Vito è segnata tragicamente dal colpo di accetta con il quale uccide il padre. Pochi dubbi, De Rosa viene condannato ali' ergastolo. Il calvario vero inizia dieci anni dopo. In carcere sta sempre peggio, le ispezioni mediche non possono fu.re a meno di diagnosticargli una forma di schizofrenia. Si scinde anche la sua storia,

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padrone, ha ottenuto ieri la grazia dal presidente Ciampi. Uscirà dal manicomio di Sant'Eframo dove era rinchiuso. E poi? Quanti Vito ci sono ancora in Italia? Vive ancora l'ospedale psichiatrico giudiziario (o manicomio criminale) che ha dd manicomio e dd carcere la somma degli orrori. Nei manicomi civili la commistione della cura e della custodia era fortemente sbilanciato a favore della seconda. Non è poi cl.ifficile vedere come questa commistione atroce di punizione (reale) e di terapia (fittizia) sopravvive ancora dd tutto intatta nei manicomi giudiziari con i suoi nodi di orrore totale. Nd 1986 l'editore Tullio Pironti pubblicò il libro di un boss, Giacomo Cavalcanti (La rondine da t:erra non sa volare) nd quale l'autore ricorda cosl la sezione staccata

fra il dramma del crimine e quello dell'incubo. De Rosa lascia la pena "ordinaria,, e viene trasferito allo psichiatrico. Finisce nel tunnel, diventa vittima di una doppia impossibilità: se il medico decreta la fine del suo stato di pericolosità sociale torna in un carcere ordinario: avrebbe bisogno di una grazia, ma anche questa rischia di non risolvere il problema perché poi qualcuno che lo accudisca si deve pur trovare. È in queste condizioni quando la sua vicenda riemerge dalla nebbia delle cronache e dalla cella dell'ospedale San Eframo di Napoli, una struttura nel cuore di Napoli. La vicenda viene riscoperta nella scorsa estate da "Antigone,,, r associazione che si batte proprio per i diritti e le condizioni di vita dei reclusi. È il frutto di una visita al San Eframo del responsabile napoletano dell, associazione Dario Dell,Aquila, in compagnia del consigliere regionale di Rifondazione Francesco Maranta. Quesòtltimo in particolare apre una campagna per De Rosa, giungendo fino a produrre una richiesta di grazia al presidente Carlo Azeglio Ciampi. Per la verità analoghe richieste erano già state respinte in precedema. Le stesse autorità dell,Opg, pur dandosi da fare, si erano scontrate con rimpossibilità di liberare De Rosa. Nessun parente si era mai fatto avanti, strutture sanitarie disposte ad accoglierlo non se ne facevano avanti. Ora il calvario sembra finito. E probabilmente non è estraneo alla decisione del ministro il fatto che finalmente De Rosa sembra avere trovato una casa. I contatti, in corso da tempo, dicono che finalmente Vito dovrebbe essere accolto da una comunità di Salerno, i cui volontari si occupano di portatori di handicap, anziani e giovani a rischio. Restano quei cinquanta anni di buco, una vita scomparsa, un oblio nel quale si è ormai confusa persino la sua età vera. Stando alle cronache dovrebbe avere 67 anni, ma più volte gliene sono stati attribuiti 72, 74 o 76 come nella prima nota con la quale ieri il ministero ha diffuso la notizia della grazia. Forse l'unico ad aver conservato una idea chiara è stato lui, con un desiderio semplice, ripetuto in questi ultimi tempi a chi lo andava a trovare: "Voglio vedere almeno una volta il mare».

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del manicomio giudiziario di Aversa («Sapevamo solo che era un reparto di pazzi; ma dei più poveri e abbandonati che esistessero»). Cavalcanti ricorda la scena apocalittica della corsia psichiatrica dei "contenuti", cioè legati, l'incubo microzooptico della presem:a di insetti e cimici fra le fascette di contenzione e la carne («C'erano degli insetti, forse cimici, in gran numero, che affondati nella carne succhiavano il sangue») e tanti altri incubi ancora. AdAversa e nel manicomio giudiziario di Napoli-S.Eframo queste scene medioevali sono confinate in un passato ormai lontano: ma il rimedio alla commistione impropria di punizione reale e di terapia fittizia non può esser trovato ll, nonostante il coraggio e la passione degli operatori e dei volontari. Il manicomio giudiziario è uscito indenne dalle civili riforme sanitarie e psichiatriche del 1978 perché non appartiene affatto alla sanità bensl, come i carceri, al Ministero della Giustizia. Il fatto che De Rosa sia rimasto al giudiziario per cinquanta anni non deve stupire. Benché la misura di sicurezza per coloro che hanno compiuto un reato di cui sono stati assolti per incapacità di intendere e di volere abbiano un tempo limitato (2, 5, 1o anni), il detenuto rimane ll perché sta troppo male per essere dimesso, oppure perché non ha dove andare, oppure perché non è in grado di accudirsi. Non è tutto: in un altro gruppo di persone che sono state condannate, la pena, per l'iniquo articolo 148 del Codice penale, può essere commutata in una detenzione per un tempo pari a quello della condanna (a vita, se la pena era l'ergastolo). E si tralasciano qui le altre casistiche minori. Ma al lettore che ha seguito questo discorso si allarga il cuore per la speranza: la casistica più estesa di quelli che rimangono abbandonati nel manicomio giudiziario è costituita da pazienti che potrebbero essere accolti dai servizi psichiatrici civili, cioè seguiti regolarmente e intensamente in ambulatorio e a casa loro, oppure accolti in una residenza, in una casa famiglia, in una comunità del dipartimento di salute mentale. Dunque tutto va risolvendosi per il meglio. Disingannatevi. Nella civilissima Campania, su 13 aziende sanitarie, hanno firmato il protocollo di intesa solo due (la Asi Caserta 2 e la Asi Salerno 2; la Asi Napoli 2 non ha assistiti ad Aversa): questo significa che i cittadini di quelle aree, gettati ora come rifiuti nei manicomi criminali di Aversa e

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cli Napoli-S.Eframo, potranno tornare a casa oppure essere accolti in un appartamento sociale, in entrambi i casi attentamente e costantemente seguite dai servizi cli salute mentale cli quelle due aziende. Ma nonostante le insistenze e le numerose riunioni alla Regione, tutte le altre no. Diceva Giacomo Cavalcanti dei pazzi in manicomio criminale: «I più poveri e abbandonati che esistessero». Tanti lo sono ancora. Ma ora si capisce meglio perché9• 9

Forse la salute mentale napoletana ha bisogno più di ferrovieri che di psichiatri. Come Frane.esco Maranta, alrepoca capogruppo di Rifondazione Comunista in Regione Campania e ferroviere (Ndc). Intervista a Francesoo Maranta di Dario Stefuno DelrAquila (Ass. Antigone).

Cominciamo dall'inizio. Come hai incontrlllO Vito De Rosa? einoontro oon Vito è stato per un verso casuale, per un altro credo che fosse in un certo senso inevitabile. Ho oominciato a fare visite già venti anni fa, quando giovane segretario di "Democrazia proletaria,,,accompagnavo i nostri consiglieri e deputati nelle strutture detentive. eOspedale Psichiatria> Giudiziario poi ha sempre catturato la mia attenzione, umana e politica. In Campania poi, per un verso siamo dei "privilegiati" perché di O PG ce ne sono ben due. Quando la mia esperien1.a politica si è trasformata in momento istituzionale, ho immediatamente cominciato, come consigliere regionale, a visitare le strutture detentive e ad affrontare il tema delle reclusioni. Per questo dico che in un certo senso la mia strada era destinata ad incontrarsi oon quella di Vito. Era già da un paio di visite che ravevo intravisto, ma non ero mai riuscito ad incrociare il suo sguardo.

L inconlro decisivo come è stato? Era estate, mi rioordo che ci siamo recati, insieme ai compagni dell,associazione Antigone, alrOPG di Sant'Eframo perché avevo ricevuto una lettera da Roma in cui si evinceva che un ragazzo oon alcuni disagi, per il reato di oltraggio, si trovava internato. Come sai la struttura di Sant'Eframo è ricavata da un vecchio oonvento. Le celle sono molto piccole, ma si arriva anche a sei persone in spazi molto ridotti. Girando per i corridoi, quando le celle sono aperte è naturale che vieni fermato da tutti, ognuno vuole racoontarti la sua storia, i motivi per cui si trova lì, da dove viene. È difficile riuscire a raccogliere ogni storia. Mentre parlavo oon un internato ho notato la figura di Vito che mi ha colpito moltissimo. Mentre tutti gli altri si avvicinavano a me curiosi, alcuni più disposti a parlare, altri solo a chiedere una sigaretta, notavo una figura esile, dalla pelle candida, che in disparte mi guardava, ma lo sguardo era rivolto altrove. In quella situazione dantesca, con un forte odo redi urina e di fumo, il bianco del corpo di Vito aveva una purex,.a che trovi solo nei bambini. Era lì a torso nudo, oon dei lunghi mutandoni di lana, condotto quasi per mano da un agente di polizia penitenziaria. Mi

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sono avvicinato e lui è rimasto impassibile, solo lo sguardo si è fatto un po' più curioso e chiedeva, richiedeva di fare la doccia. Ho chiesto informazioni al direttore che mi accompagnava e ho appreso che Vito era iì da decine di anni. Il personale ne parlava come di una sorta di 'mascottl, ma trovavo questo fatto indecente. La sua stanza era poco più di due metri per due, i suoi pochi indumenti, ammassati su una panca. Per il resto il vuoto. Quarant'anni trascorsi così, per una persona la cui capacità è ormai di gran lunga inferiore a quella di un bambino.

Cosa hai fatto dopo la visita? Ved.i, so per esperienza che quasi ogniinternato è una persona che potrebbe uscire se solo trovasse una casa famiglia o un luogo di accoglienza. L'internamento è una misura di sicureu.a che si proroga dopo i primi due anni. Se un internato non ha un posto dove andare una volta fuori dall'OPG il magistrato valuterà sempre la sussistenza di elementi di pericolosità sociale. Abbiamo studiato il caso di Vito, ma la sua condizione era più problematica. Vito era infatti stato condannato e al momento della condanna era stato ritenuto in grado di intendere e di volere. Solo dopo diversi anni di detenzione nelle carceri ordinarie, il disagio di Vito è divenuto palese ed è stato trasferito in un ospedale psichiatrico giudiziario. E quindi? Penso che Vito sarebbe potuto uscire trovando una casa di accoglienza, ma, dopo cinquant'anni, doveva uscire con la certeu.a che non avrebbe mai più messo piede in un ospedale psichiatrico giudiziario. Ci voleva per lui un provvedimento definitivo, solo la grazia del Presidente della Repubblica avrebbe significato la dignità della libertà per Vito. Il problema era come fare per riuscire a ottenerla. Già qualche anno prima la commi~ione parlamentare di indagine sulle carceri aveva visitato l'OPG di Napoli e aveva segnalato proprio il caso di Vito De Rosa, come paradossale della condizione degli ospedali psichiatrici. Ma poi nulla si era mosoo. Abbiamo compreso che ci voleva una consistente mobilitazione dell'opinione pubblica. Il problema, considerati i nostri me-ai, era come fare.

Cosa avete fatto? L'unico punto a nostro vantaggio è stato il fatto che d'estate i mezzi di informazione sono meno affollati e quindi è stato più facile trovare degli spazi vuoti. Abbiamo contattato un giornalista de Il Mattino, Enzo Ciaccio e uno di Repubblica, Roberto Fuccilio, a cui abbiamo raccontato la storia. Ciaccio era in ferie, ma ha compreso l'importan1.a della questione e ci siamo incontrati, un sabato mattina, in un bar di Piazzale T ecchio, nei pressi della metropolitana. È quel giorno che ha segnato il percorso che ha portato Vito alla libertà. Repubblica si è interessata, ma Il Mattino ha infatti sollevato il caso, non con un solo articolo, ma seguendo la storia di Vito sin dall'inizio, dal suo piccolo paesino di origine ai conflitti familiari che lo hanno condotto in carcere. È stato presto imitato da altri quotidiani, radio e televisioni perché veramente cinquant'anni di carcere, senza mai vedere una volta del cielo stellato, sono parsi a tutti una pena mostruosa. Mi

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sono accono che il caso era diventato pubblico quando mi hanno inseguito le telefonate dei giornalisti anche nei giorni più caldi delrestate. Non sono mancate chiaramente le difficoltà. Una giornalista della Rai mi ha fatto chiaramente intendere che aveva problemi a parlare di me perché "comunista". Ma in fondo siamo riusciti ad attrarre r attenzione del Ministro su di un caso che sembrava risultare impossibile. Non temi che i media possano distorcere la realtà t fagocitare le persone? Di questo rischio eravamo consapevoli ed è per questo che ci siamo mossi con prudenza e con runico scopo di ottenere la libertà di Vito. Non a caso non abbiamo convocato una conferenza stampa, ma abbiamo, inizialmente, affidato la vicenda ad un solo giornalista serio ed espeno, che si era abbondantemente documentato sul caso. Cera poi da pane nostra un altro obiettivo, se vuoi ancora più ambizioso. Riaprire con il caso di De Rosa il nodo fondamentale del problema che sono gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Per reati per i quali una persona "normale" verrebbe condannata a pochi mesi di carcere, una persona riconosciuta non in grado di intendere e di volere è condannata ad almeno due anni di OPG. È una misura di sicure-a.a che dovrebbe rendere più lieve la sanzione e dare al condannato una possibilità terapeutica ed invece si trasforma in una condannasenzafine. Gli OPG sonodelle vere e proprie carceri, con tantodisbarre e agenti di polizia. Le risorse, progressivamente ridotte, non consentono un percorso terapeutico, ma semplicemente un contenimento fisico e farmaceutico del disagiato. Le proroghe poi, per persone che quasi mai hanno il sostegno dei propri familiari, diventano anni e anni di carcere che seppelliscono persino il ricordo del reato iniziale.

Come si è arrivati alla grazia? Sapevamo, da alcune indiscrezioni, che il caso De Rosa era arrivato sulla scrivania del Ministero della Giustizia, ma chiaramente nessuna cene-a.a.sui tempi. Dopo restate siamo rimasti in attesa ma già eravamo pronti a nuove iniziative. Avrei proposto al sindaco della città di Napoli e al presidente della Regione di visitare roPG e vedere di persona le condizioni di De Rosa e delle altre centinaia di reclusi. Poi, una telefonata di un giornalista dell,Ansa che mi chiedeva un commento mi ha avvisato che il Presidente Ciampi aveva concesso la grazia per Vito De Rosa. È stata una grandissima soddisfazione. Da questo punto in poi però r attenzione dei media nei confronti di Vito si è fatta morbosa e la politica dello spettacolo ha mostrato il suo volto peggiore.

Cioè? Molti giornali e televisioni hanno cercato di fu.re di Vito un fenomeno da baraccone, attendendolo alruscita, ma anche riprendendo immagini nella sua cella. Se una telecamera è invadente per una persona abituata alla televisione, bisogna immaginare per un uomo che non riconosceva il proprio volto allo specchio cosa abbia significato trovarsi dinnanzi una folla che ha trasformato il dramma di Vito in una notizia di cronaca pittoresca. Quegli stessi che hanno avuto davanti agli occhi Vito per anni senza muovere un dito si facevano protagonisti della sua libertà. Politici che mai si sono occupati di carcere si affrettavano a comunicare alle agenzie di stampa che avrebbero

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atteso Vito all'uscita dal carcere. Hanno immediatamente accantonato il problema della sofferell7.a psichiatrica, del nostro assurdo sistema legislativo, si sono accalcati sul corpo di Vito come predatori. È stato per questo che, di getto, scrissi un pezzo per «la Repubblica», in rui spiegavo perché non sarei stato Il fuori il giorno della libertà di Vito. Tutti sorridevano, persino i suoi carcerieri, quelli che per anni lo hanno avuto sotto agli occhi e hanno accettato una burocrazia indifferente alla sorte di Vito. Ed oggi la situazione come è? La situazione di Vito è buona, so che si è ben ambientato nella sua nuova sistemazione e che ha trovato un nuovo equilibrio. È chiaro che nulla potrà restituire ciò che ha perso, ma almeno avrà trascorso questi ultimi anni in libertà, vedendo le stelle. Purtroppo se siamo riusciti in questo caso ad ottenere qualcosa, le condizioni degli internati negli O PG è rimasta invece la stessa, sul piano pratico e su quello giuridico. In Italia sono circa mille le persone internate, nei sei Ospedali Psichiatrici. I numeri ci insegnano che non c,è in questi luoghi nessuna possibilità di cura. Il numero di ore a disposizione degli psichiatri, ho fatto questo calcolo per l'OPG di Aversa, ma credo che valga per tutti gli altri, diviso per il numero di internati ad esempio ci dice che ciascun paziente dispone di 12 minuti al mese. È evidente che gli OPG sono solo un dimenticatoio dove si nasconde la sofferell7.a mentale. un nuovo Vito De Rosa? Di Vito De Rosa ce ne sono tanti negli OPG. Almeno rso% di queste persone potrebbe da subito uscire se solo le ASL si attivassero. È un fatto confermato non solo dalla mia esperiell7.a, ma dai dati. È chiaro che per farlo ci vogliono risorse. Noi dobbiamo essere in grado di superare gli ospedali psichiatrici giudiziari. Purtroppo ci muoviamo in dire-Lione opposta. Il caso più simile a quello di Vito che mi è capitato di incontrare è quello di Rosario, un internato che ha quaranta anni e ne ha già trascorsi 10 in OPG. Lasuastoriaè come quella di tanti altri. Rosarioèstato internato per avere tentato di rubare un pacchetto di sigarette. Sono almeno sette anni che potrebbe uscire, ma la sua ASL di appanenell7.a, quella di Genova, non ha un posto dove accoglierlo. Ora il problema non è solo risolvere questo caso, cosa che sono certo riusciremo a fare, ma affrontare di petto il rapporto tra carcere e disagio psichico affermando sen1.a ombra di dubbio che ogni battaglia di libertà, per Vito come per tutti quelli come lui, non può che essere una battaglia di liberazione che comincia prima in noi stessi e poi va estesa a tutta la società.

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Controlli insufficienti 23 dicembre 2003

Di fronte a una tragedia, quella di Pozzuoli, terribile come tutte le tragedie della violenza, v'è sempre una duplice risposta interiore che si prolunga poi in due linee di giudizio e di valutazione: da un lato l'angoscia dell'imprevedibilità e della vulnerabilità da parte di qualcosa che pur rimane nel fondo sconosciuta e, dall'altro lato, il dubbio e l'inquietudine se tutto era stato fatto dal parte del corpo sociale, del servizio sanitario, del dipartimento di salute mentale affinché eventi del genere fossero probabilisticamente limitati, affinché il rischio fosse stato realmente ridotto a ciò che può considerarsi inevitabile e "fatale". Ora, da un lato l'angoscia dell'imprevedibilità e della vulnerabilità deve evitare che si cada in confusioni di livello, attribuendo a provvedimenti assistenziali e a modalità dell'intervento possibilità taumaturgiche universali: la malattia mentale è immersa, come tutte le condizioni umane note e descrivibili, in un tale brulicare di eventi psicologici, relazionali e sociali fra loro interelazionati, che ogni certezza appare fallace. L'esperienza attiva che si prolunga nei decenni, la ricerca sociale e scientifìca, l'osservazione di un ventaglio sempre più vasto di tipi di

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utenza potrà nd futuro ulteriormente ridurre questo alone d,incertezza, dare approssimazioni migliori. T una.via si deve essere esigentissimi, in casi come questi, nd richiedere che il servizio di salute mentale (strumento prezioso e potente di prevenzione) abbia fatto tutto il possibile, senza nulla trascurare, senza nemmeno un atto di pigrizia o di rinvio, senza superficialità, senza pigrizie, senza riduzioni abusive di personale, magari per destinarlo a compiti facili o decorativi. Non si dimina mai del tutto, in una società caratterizzata dalla violenza, in un, umanità frantumata dalla guerra, il pericolo della violenza individuale, ma spetta ai cittadini e alle loro istituzioni il compito di stare all, erta perché tutto sia fatto per impedirlo. Solo la buona funzionalità, la "buona pratica" dei servizi di salute mentale possono garantire che tutto sia stato fatto per impedire l'atto violento, il fatto di sangue. La richiesta avanzata da alcuni di chiudere le persone irregolari in un ripristinato manicomio non ha alcun senso: ben più alta era l'incidenza degli atti violenti negli psichiatrizzati prima del 1978 (documentazione statistica sanitaria in Italia, ministero della Salute). Ha senso invece intervenire presto e bene per impedire, per curare, per seguire, per indirizzare le persone sofferenti: in questo modo - e solo in questo modo - il numero degli episodi di violenza di queste persone diminuirà significativamente.

Ma non chiamatela depressione 21 febbraio 2004

Una donna, ormai avanti negli anni, deve affrontare la prospettiva cli finire i suoi giorni in un istituto per vecchi. Non vi è altra possibilità cli assistenza per lei e per suo marito, ancor più vecchio: cosl dovranno "andarsi a chiudere" insieme. La donna passa alcuni giorni in solitudine. Poi dà corrette istruzioni al portiere, si apparta e si tira alla tempia un colpo cli pistola. La voce corrente sul fatto è: era una malata, una depressa, se avesse preso le pillole cli zic-7.ac non si sarebbe uccisa. Con questo viene negato l'orrore di un'esisten7.a che vede aprirsi una via obbligata che conduce al gerontocomio e di qui alla tomba. Ma in un caso come questo la depressione è il chiudersi della vita, non una oscura malattia neurologica; qui la depressione riprende il suo diritto a costituirsi, insieme ali'allegria e alla gioia, come insostituibile dimensione dell'accadere umano. Quel colpo di pistola è, probabilmente, una scelta lucida e legittima, non il sintomo di una malattia mentale. Il suicidio ha significati profondamente diversi nelle culture che si sono succedute nella storia dell'umanità e che sono oggi compresenti nelle diverse contrade della terra. Nella civiltà europea multimillenaria con le sue radici preindo-

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europee, indoeuropee, pagane, la tematica del suicidio si va più chiaramente delineando in età classica {greca, romana, celtica): in quel mondo il suicidio non compare come sintomo, ma come decisione; sovente la decisione di un saggio per salvare la sua libertà, la sua integrità morale, la sua coerenza; altre volte il consenso al destino o una superiore ironia {Petronio); molto più raramente il senso di colpa o rincontro con la punmone. La nostra epoca considera invece il suicidio come una malattia, seguendo in questo e però svilendo la tradizione cristiana che fa del suicidio in primo luogo un peccato contro Dio. Circolano infatti una serie di proposizione fuorvianti: non occorre un'analisi scientifica per comprenderne la falsità e la tendenziosità. Nella mentalità corrente, alimentata dai mass-media, propagata per luoghi comuni e fortemente potenziata dall'industria globalizzata degli psicofarmaci, il suicidio è un sintomo di malattia mentale; la malattia prevalente è la depressione e sono depressi quasi tutti quelli che si suicidano; chi si suicida è un depresso; tutti i depressi debbono prendere gli antidepressivi. No: il suicidio solo minoritariamente {dal 10 al 20 per cento a seconda delle statistiche) è segno di patologia mentale; la depressione è una normale reazione alle vicende dell'accadere e solo in piccola percentuale fa parte delle patologie mentali. Il suicida ha diritto al rispetto delle sue scelte che non possono essere né negate, né svalutate e considerate come pazzia. E per i vecchi il diritto a porre fine alla proprie sofferenze può creare disaccordo (dei credenti per esempio), ma non deve esprimere aborrimento. Per chi è molto vecchio, questa libertà di scegliere è una garanzia di umanità.

Una festa di primavera per poter ricominciare 11 aprile 2004

Care concittadine e cari concittadini, chi vi scrive è ormai molto vecchio perché fu. pochi mesi compirà 77 anni. Sono infatti venuto qui nd settembre 1934, a 7 anni, perché avevo p~to a Olbia gli anni precedenti. Fui subito ammirato dalla metropoli, con i suoi tram, la sua scintillante funicolare, i tdefoni, le automobili. Ma, per il resto, il mondo napoletano mi parve un groviglio di chiasso, di gente che parlava tutta insieme, di un miscuglio di dialetto e lingua continuamente variabile nelle proporzioni {mentre là in Sardegna o parlavi italiano o parlavi sardo). Ognuno faceva il comodo suo. Tutto era incerto, talora pauroso per un bambino cresciuto in una comunità ordinata e diversa. Mi ci vollero anni per superare questo disagio. E fu la guerra a determinare il definitivo mio sentirmi napoletano: fu la grande lezione di un popolo che sapeva affrontare una congiuntura terribile con coraggio, con capacità di organizzazione, che scavava i suoi morti dalle macerie piangendo in silenzio. In quegli anni, detti "il '43", le tenebre della guerra erano calate sul nostro mondo, la gente soffriva, aveva fame, moriva, due spietati eserciti nemici si contendevano il nostro suolo, dovunque erano macerie, fumo, oscurità.

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Questo popolo, disordinato e inconcludente, la mia gente, seppe per primo in Europa insorgere in armi contro un alieno invasore e distruttore, cosl come da sempre fanno i popoli, fino al momento in cui queste righe vengono scritte. Cosl chi scrive iniziò ad amare grandemente Napoli e cosl fu perduto, perché vi rimase. La storia della sua ricerca e del suo lavoro assistenziale riformatore parlano di una continua frustrazione inflitta da chi conta. Si tratta non solo o non tanto di mancanza di incentivo, di appoggio, di sollecitazione iniziale: progetti complessi e importanti di pubblica assistenza vengono incominciati e abbandonati per alchimie politiche, per cambi di assessorati, per la pressione degli incompetenti. Il tema si allarga, quando si riflette sull'infierire di questi fattori negativi politico-sociali sulla più generale condizione della nostra gente. Camorra, delinquenza, violenza diffusa, perdita delle regole basilari, perdita di capacità di immedesimarsi nella sofferenza altrui, anomia diffusa sono i mali nostri, colpe oscure diffuse e tenaci, destino degenerativo di una popolazione, delitto collettivo: siamo una brutta razza noi napoletani, lo dicono tutti, anche Giorgio Bocca. Tuttavia ci chiediamo e con forz.a: ma se il sistema politico - amministrativo fosse invece solerte, efficiente, intelligente, onesto, incurante di lobbies e conventicole, non vi sarebbe forse una dislocazione forte e percepibile della mentalità collettiva? Se i progetti fossero realizzati, se non si gettasse spazzatura a Bagnoli dopo decenni di fantascientifiche proposte, se i vigili urbani andassero agli incroci, se gli uffici pubblici funzionassero, se i concorsi non fossero già tutti pre-cleterminati, se i servizi di salute mentale di Napoli accogliessero realmente tutti i casi e i medici politicamente "segnalati" di quei servizi non fossero dirottati a compiti inutili e illegali, se il 118 funzionasse con mezzi e personale sufficiente, se le multe fossero pagate, se fossero inflitte, se si ... Basta. Tutto questo rappresenta qualcosa alla quale s'iniziò a porre rimedio a Napoli nel triennio di un sogno politico e culturale che poi svanl. E l'ultima domanda di Pasqua è dunque questa: in apparenza le due catastrofiche situazioni di Napoli riguardano l'anomia collettiva sempre più grave e il degrado del sistema politico locale, che sembra molto più esteso di quanto non avvenga nelle tardo-democrazie di altre parti del

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mondo occidentale. Organiu.ata in classe di dominio, detentrice di tutti i privilegi fattuali e le prerogative, il personale politico campano sembra il precursore di una post-democrazia tirannica ed esclusiva. lo vi auguro invece, cari concittadini, nell'ottimismo di una festa di primavera, che nasca qui a Napoli un modello avanzato e autorevole di democrazia sociale partecipata, dove al parlare seguano fatti coerenti e dove la gente impari, come nelle Quattro giornate, a farsi protagonista del proprio destino. Da questo può rinascere serenità, pace sociale, ordine e gioia di vivere.

Così trasloca il servizio di salute mentale 07 maggio 2004

Due eventi importanti per la salute mentale in Campania si sono svolti nei giorni scorsi: si è ricordato presso l'Istituto italiano studi filosofici il ventesimo anniversario dell'Afasp {Associazione familiari amici sofferenti psichici) e si è svolto nella villa Bruno di San Giorgio a Cremano un affollato incontro del Forum salute mentale della Campania che aveva come tema le pratiche di riscatto delle persone sofferenti, incluso il diritto ad abitare una casa, senza essere gettati in tipi nuovi di manicomio {I Seminari delle Buone Pratiche: "Oltre le residenze un abitare per le inclusioni sociali"). Da venti anni l'Afasp ha un ruolo di primaria importanza non solo nella denunzia del maltrattamento dei malati mentali, nella creazione di un rapporto di collaborazione e fiducia reciproca fra coloro che debbono affrontare il tragitto spinoso della sofferenza psichica grave, ma anche nel proporre leggi, misure, interventi in attuazione "avan7.ata" della legge Basaglia. Da allora molte cose sono successe: fondamentalmente al progressivo strutturarsi e moltiplicarsi delle strutture istituzionali nate dalla riforma, ha risposto sovente un progressivo peggioramento della qualità del trattamento delle persone sofferenti e psichiatrizzate, ciò che

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ha comportato il ritorno alle "terapie" violente, la diffusa re-introduzione della camicia di foaa, l'annichilimento psicofarmacologico, la completa disumanizzazione dell'intervento terapeutico, la fine di ogni tentativo di comprensione della crisi. E ancora lo stento nelle prestazioni dei servizi in sede, la quasi completa mancanza di cura territoriale esterna ridotta alla sola emergem.a, la sistemazione dei dimessi dai manicomi in strutture di 20 posti o 40, strutture che talora s'incendiano come a San Gregorio {19 morti), talora si concentrano tutte in un quartiere periferico della città {come a Napoli) e che sono dovunque istituzionalizzate, ripetitive, manicomiali, proliferanti di ceramica, riabilitazione e noia. A Napoli appunto la situazione continua a peggiorare: ai servizi di salute mentale vengono anche sottratti, in modo illegale, i sanitari raccomandati per essere inviati in posti comodi, decorativi e perfino di dubbia esistem.a; il massimo della perfezione viene in questi giorni dal trasferimento del servizio di salute mentale del Vomero, da via Morghen (centro perfetto del distretto), a una decentratissima località al margine di Colle Aminei dove il servizio rimarrà isolato e deserto. Non si tratta qui di emergem.a ma di una situazione ben nota da molti anni. Sia l'Afasp che il Forum salute mentale della Campania sono fortemente impegnati per un capovolgimento di questa situazione di abbandono assistenziale e di rinnovata violem.a contro le persone sofferenti e psichiatrizzate. Al "diritto alla cura del cittadino sofferente" fa ineludibile riscontro il "dovere della cura" come l'Afasp giustamente sostiene. E la "cura" di una persona, è stato sottolineato a villa Bruno, è un complessivo prendersi cura di una sofferenza e di un destino. Così, per la maggioranza delle persone sofferenti che non possono stare a casa, l'abitare in case piccole, sistemate nei quartieri o al centro dei paesi, aperte al mondo, dove ognuno sia padrone dei propri oggetti, autogestite al massimo della possibilità, diviene l'alternativa alle istituzioni di venti o quaranta persone ricoverate nelle "case famiglia", dove tutta l'organizzazione manicomiale, con primari, turni infermieristici, esclusione dalla gestione, esclusione dalla proprietà di qualunque cosa, fatalmente si ripete.

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Nell'area aversano-casertana in solo due anni si sono create 23 piccole case in luogo delle precedenti strutture residenziali, dimostrando che se si vuole è possibile, filosofia di fondo dd Forum salute mentale. Ciò comporta un'attività trasformazionale incessante, una pratica continua e verificabile, una costante presenza decisionale degli utenti e dei loro familiari, una spinta ali'autonomia partecipativa dei cittadini: senza questo qualunque proposito o dichiarazione rimarrebbero vanità emganno. La nostra civiltà e la nostra democrazia ne avrebbero un danno molto più esteso di quanto possa supporsi.

Tutti i passi indietro nella salute mentale 11 maggio 2004

Accade sempre più spesso che, se segnali inconvenienti dei servizi sanitari o critichi in merito le dirigenze, sei accusato di essere un pericoloso estremista, uno della lista Mitrokhin, un allievo di Bin Laden. E nemmeno sul piano psicopatologico puoi sfuggire ad altre accuse: di estremismo infantile, di sottile crudeltà pantoclastica, di delirio di verità, di stranezza {cioè di pazzia). Tutto ciò è contenuto nell'articolo di Mauro Maldonato, come me collaboratore di questo giornale e medico dirigente della Asi 1. Egli ha commentato in questo modo il mio articolo del 7 maggio che riportava l'andamento del convegno dell'Associazione familiari amici sofferenti psichici e dell'incontro del Forum di salute mentale sulle pratiche nei servizi di salute mentale: dunque non solo mie valutazioni o mie fantasie. Poiché far resoconto dell'attività associativa delle strutture che si occupano di salute e di assistem:a fa parte del diritto di cronaca di chi si occupa del campo, non si capisce dove sia la straneu.a della mia iniziativa. Peraltro le mie considerazioni sono basate su una pratica pubblica di

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lavoro e di ricerca, tuttora intensamente in atto e dunque l'invalidazione cortesemente tentata da Maldonato non riesce perfettamente. Ma al di là di queste pur necessarie precisazioni, la mia risposta complessiva è semplice: si vada a vedere, si facciano inchieste, si controllino le segnalazioni, che da diversi anni vado facendo pubblicamente. Visto che la Regione non interviene mai, "stranamente,, apparentata alla Asi 1, si chiamino a intervenire tutti coloro che ne hanno il dovere. Il mio articolo prendeva in esame i seguenti comportamenti: a. il ritorno alle "terapie,, violente, la diffusa re-introduzione della camicia di forza, l'annichilimento psicofarmacologico, la disumanizzazione, la fìne della comprensione della crisi; b. la sistemazione dei dimessi dai manicomi in strutture di 20 posti (sir) o 40 (rsa, in realtà gerontocomi), periferiche, istituzionalizzate, manicomiali; c. lo stento nelle prestazioni dei servizi in sede e la quasi completa mancanza di cura esterna ridotta alla sola emergenza (ai servizi di salute mentale vengono anche sottratti, illegalmente, i sanitari raccomandati per essere inviati in posti comodi, decorativi, inesistenti; nd distretto 51 il primario ha riformato tutto da solo la legge regionale e abolito il servizio notturno); d. il decentramento delle strutture psichiatriche fuori dai quartieri "bene,, come via Fornelli dove la casa dei pazienti non s'è fatta o di via Morghen, da cui il centro di salute mentale è stato gettato in periferia e gravemente impedito. Fatterelli di ordinaria amministrazione, dice Maldonato: emergenza dichiarata già da sei anni, ciò che avrebbe dato tutto il tempo per trovare una soluzione al V omero. Si faccia su tutto un'inchiesta seria. Se una sola parola di quanto ho scritto non è vera, mi recherò in lacrime a chieder perdono delle mie azioni terroristiche alla Asi 1 e a Maldonato che sembra esserne il profeta. Tanto altro vi sarebbe da dire: 17 miliardi di lire ex-lege 20

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sono stati gettati via per fare dell'ospedale psichiatrico Frullo ne, chiuso da chi scrive il 12 agosto 1999, un enorme gerontocomio di 140 posti, del tutto inutilizzabile. Contro questa assurda sistemazione insorse il consiglio circoscrizionale di Chiaiano, alla cui assemblea dd 4 dicembre 2000 intervennero l'assessore regionale, le gerarchie della Asl, il deputato Maura Cossutta, il Movimento salute mentale, operatori, sindacati. Decisione unanime: il Frullone sarà un'area verde in cui sistemare una serie di strutture sociali, una casa per vecchi, spazi per la gioventù. Di tutto ciò laAsl non tentò nemmeno l'inizio. Il Frullone, chiuso come manicomio nel 1999, è stato riaperto come manicomio circa un anno fa dalla Asl che vi trasferl i pazienti residui dell'ospedale psichiatrico Bianchi, che cosl finalmente fu chiuso. Altro ancora vi sarebbe. Ma si conclude appellandosi all'unico elemento che faccia dell' assistem.a sanitaria una cosa attendibile: i fatti. Perché le molte parole di Maldonato creano un effetto ottico di nebbia un po'inquinata, che ha ottimi effetti post-moderni, ma sono remote dalla nuda realtà dei fatti. Su tutto si apra finalmente un'inchiesta.

Salute mentale i passi indietro 09 giugno 2004

La cura della sofferenza umana, malamente detta psichiatrica, è un metro su cui giudicare il livello di civiltà: in questo l'Italia aveva dato in Occidente (molto più incivile di quanto non si pensi) un esempio luminoso non solo con la legge 180 del 1978 quanto {e soprattutto) con le "buone pratiche" di alternativa al manicomio che hanno preceduto e seguito l'emanazione della legge. La Campania, a quanto la ricercascientifìca pone in evidenza, ha un quadro di pieno rispetto: ha iniziato in forma secca e inequivoca una pratica antimanicomiale negli anni Sessanta, seconda solo a Gorizia in quel decennio e con essa strettamente collegata. Ha continuato con una serie di esperienze antimanicomiali e territoriali negli anni Settanta e Ottanta. Ha emanato nel 1983 una delle leggi regionali più rispondenti alla legge nazionale, è stata ed è sede di un crescente lavoro di impegno territoriale 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, con punti di eccellenza in diversi luoghi della Campania. Ma, in diverse altre situazioni, l'attuazione della riforma si è fermata o appare in regresso: l'aumento della spesa di ricovero privato in Campania bene esprime questa crescente inefficienza. In particolare,

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la situazione della salute mentale a Napoli è apparsa in forte regresso a partire dalla metà del decennio scorso. E si ha subito da premettere che la situazione delle grandi città è difficile per la psichiatria in tutto il mondo; che razienda sanitaria più grande dd sistema solare (la Asi Napoli 1) si è rivelata di difficile gestione ed esposta a ogni sorta d,ingeren7.a politica e di pressione clientelare; che fra gli operatori di prima linea (infermieri, assistenti sociali e medici di primo livello) vi è tuttora un elevato standard d'impegno professionale ed etico, anche in condizioni sempre più difficili. In questo quadro sempre preoccupanti sono gli episodi di regressione assistenziale. Ci si riferisce qui a episodi recentissimi. Il primo è quello della ventilata deportazione dd servizio territoriale di salute mentale del Vomero da viaMorghen {centro dell'area) a una località lontana e fuori quartiere (un danno gravissimo per r Uten7.a come anche esponenti della circoscrizione denunziano): sono stati avanzati pretesti diversi per ciò, ma si è appreso poi che a via Morghen dovrà anelare r asilo privato di un importante personaggio politico. Il secondo fatto riguarda l'avvilente situazione di via Fornelli (alle rampe Brancaccio) che ha provocato proteste vibrate soprattutto da parte dei cittadini e del servizio di salute mentale di Chiaia-Posillipo: l'abitazione confortante che doveva accettare pazienti con problemi psichiatrici è stata ostacolata con ogni sorta di pretesto atto a celare il sostanziale rifiuto della gente benestante e potente dd luogo ad accettare persone con problemi psichiatrici in un quartiere "per bene". Anche questi pazienti dovranno essere deportati a Pianura-Soccavo, un quartiere molto meno per bene, dove la Asi Napoli 1 ha sistemato in grosse residenze neomanicomiali quasi tutti i pazienti psichiatrici che hanno bisogno di abitare (i rifiuti vanno in periferia). Su entrambi questi accadimenti infuria la polemica: per fortuna. Ma nella salute mentale ci sono tanti altri problemi: gli psichiatri, ad esempio, sono sempre di meno e ciò non per buchi in organico, ma perché quelli potenti e raccomandati sono spostati dal servizio di salute mentale ad altri compiti più facili o gradevoli, talora inesistenti. Gli altri psichiatri, quelli in servizio, hanno un compito doppio che assolvono come possono e che merita da parte di tutti i cittadini elogio

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e forte solidarietà {ma in tutto questo che fanno i sindacati, quelli di categoria per i loro iscritti e quelli confederali per i cittadini? Ma da questi si annunzia presto una parola). Si potrebbe continuare per moltissime voci. Ma solo un punto deve essere ripreso da un precedente articolo: sulla situazione della psichiatria a Napoli una pubblica ed estesa inchiesta deve essere svolta con urgenza e con tutta serietà.

La legge Basaglia abrogata di fatto 09 luglio 2004

In America i bambini mentalmente disturbati vengono messi in carcere, perché i genitori non hanno i soldi per curarli. A Napoli i malati mentali in fase cli ritorno alla convivenza e alla vita non possono essere accolti in via Fornelli {Rampe Brancaccio), perché si tratta cli un quartiere "bene"; dovranno andare perciò a Pianura o a Soccavo che non sono quartieri "bene" e sono lontani dal competente centro di salute mentale di Chiaia-Posillipo; ma anche in questa sede non viene dato loro una casa bensl un istituto {detto s.i.r.) dove nulla è cli loro proprietà, dove per l'uso di qualunque cosa occorre chiedere il permesso, dove la porta è chiusa o viene chiusa a doppia mandata al calare dd sole, dove gli psicofarmaci sostituiscono la gioia cli un sereno abitare insieme, dove inerzia o falsa ripetitiva riabilitazione annegano nella noia l'esistenza degli "ospiti", dove la camicia cli forza è sempre in sospeso agguato per persone che solo la disinformazione collettiva {voluta) confonde con le crisi acute con pericolosità sociale o con la stramberia fastidiosa e molesta. Su tutto ciò il centro cli salute mentale cli Chiaia-Posillipo ha sempre espresso una dura protesta. Al V omero molti sono fortemente indignati

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perché l'asilo privato di un importante esponente politico ha sostituito il centro di salute mentale di via Morghen, forse commettendo anche abusi edilizi. La democrazia occidentale è bella ed è giusta: magari l'esponente politico avrà danno e riprovazione, forse dovrà dimettersi. T una.via il centro di salute mentale non è più a via Morghen, ma è stato sbattuto via al di là di Colli Aminei con soluzioni precarissime e dispersione di molti pazienti: questo rimarrà cosi. Vi sono nei paesi occidentali, detti democratici, leggi che nessuno osa ritrattare e nessuno vuole applicare. I timidi tentativi dd governo attuale di eliminare la legge 180 dd 13 maggio 1978, nota come Legge Basaglia, non hanno avuto alcun successo, non perché non fosse intensamente auspicata, ma prevalentemente perché non ve ne era più bisogno. Qudla legge è stata abrogata di fatto. Essa prevedeva infatti dei mutamenti complessi delle istituzioni della cura della sofferenza detta psichica (a partire dal loro inserimento nella sanità) e ddle trasformazioni radicali nella pratica di trattamento, nella cura, nella restituzione al mondo: le prime erano necessarie acché le seconde potessero realizzarsi. Ma le prime sono state realizzate in tutto il paese, le seconde no. I malati mentali non sono più prigionieri in manicomio, ma in piccoli istituti periferici; i malati mentali non sono più soggetti a essere legati come salami, sommersi di psicofarmaci ottundenti o cli elettroshock in manicomio, bensl nei reparti psichiatrici ospeclalieri degli psichiatri "democratici,,; i malati mentali non sono più abbandonati in un territorio sem.a presidi di cura, bensl respinti, trattati frettolosamente, prenotati venti giorni dopo, ignorati la notte (e talora avviati al privato) dai centri cli salute mentale territoriali. Pallidi yuppies vestiti di scuro, con teste rasate e idee economicopolitiche dd 1830, fantasmi ddl'era in cui il berlusconismo e il bassolinismo sembravano cose serie, accusano di romanticismo rivoluzionario, di retrogrado estremismo infantile, cli distacco dalla realtà, tutti coloro che si battono affinché le grandi riforme italiane degli anni Settanta non siano abbandonate e tradite nella loro esigenza di essere praticate. Ma questa orgia reazionaria e lobbistica, datata anni Novanta, non si rende conto che il completo asservimento dell'area una volta progressista

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agli interessi economici di un ceto politico dominante e unitario ha necessariamente spostato altrove la maturazione lenta ma irreversibile e "pratica" cli una coscienza antagonistica e intensamente democratica, mirata esclusivamente ai fatti: a questa coscienza e solo a questa sono legati la cura diffusa della sofferen7.a malamente detta mentale, il rispetto totale dei diritti dei cittadini sofferenti, la gioia di operare per il recupero di intelligenze e talenti e non per la loro definitiva soppressione.

Maradona e le radici alla metà del tronco 08 agosto 2004

Alcuni accadimenti attraggono, in questi giorni, r attenzione di chi voglia riflettervi. Il mondo sta sperimentando l'angoscia di eventi terribili: la distruzione delle T win T owers, i genocidi nel terzo mondo, le guerre in Afghanistan e in Iraq, le catastrofi naturali del Nino, la crisi dd Napoli. A proposito di questo disastroso evento tutti versano lacrime sulla tragica diversità del presente dai tempi gloriosi in cui giocava a Napoli un calciatore che si chiamava Maradona. Ma nessuno si chiede mai se quella ubriacatura di prodezze straordinarie e solitarie, quei destini affidati al virtuosismo di un superman, qud disprezzo ddl'armonia collettiva di tutto il team (il grande Torino), qudla conee"Lione monarchica ostinata e violenta {la stessa ddla reazione nel 1799 e dei moti monarchici del 1946), quella fede nel miracolo e nel sovrannaturale, quella libidine di deificazione, se tutto questo non abbia, nell'inesauribile languore del rimpianto, condotto al progressivo degrado e alle ripetute cadute. Da Maradona alla radiazione: una strada coerente e unitaria, una metafora storico-politica di cui tutti dovremmo tener conto. Ma parliamo d'altro.

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Un breve scritto di Gennaro Pascucci, pubblicato nelle "Lettere" cli ieri, appare particolarmente interessante non tanto per le obiezioni che fa alla deificazione cli Benedetto Croce, proposta da un precedente articolo cli Mauro Maldonato, ma quanto per la sua incisiva e vdoce critica della tesi delle radici cristiane della civiltà europea che condude lo stesso articolo. «Normalmente le radici non stanno a metà del tronco», scrive il lettore, dopo aver ricordato le portanti pre-indoeuropee, indoeuropee, pagane, linguistiche, filosofiche e artistiche dei tre o quattromila anni precedenti. Se si vogliono sviluppare le proposte di Pascucci non c'è che scegliere: ad esempio la diffusione di culture indoeuropee connessa con l'arrivo del carro cli guerra, dell'aratro e cli coltivazioni diverse dalle precedenti; e la grande saga delle religioni pagane simili e diversissime nelle varianti greco-romana, germanica, cdtica, baltica, da cui vengono tradizioni popolari, espressioni d'arte, valori e racconti che sono ancora vivi nell'infrastrato culturale dei popoli d'Europa e l'affermarsi della proto-città. E, ancora, la nascita delle grandi lingue classiche e la scoperta della scrittura alfabetica occidentale con i buffi tentativi iniziali nd secondo millennio (come, ad esempio, scrivere il greco con il secondo sillabario cretese, detto Lineare B, nato per scrivere una lingua dd tutto diversa) e la sua perfetta realizzazione nel primo millennio, alla fine dd medioevo greco. E ci vorrebbe uno spazio enorme per parlare della filosofia, della poesia, del teatro, dell'arte, del diritto, della politica in Europa prima dell'anno Zero. Ma tant'è: la tesi delle radici cristiane ha un carattere politico inequivoco e pericoloso. Nello stesso numero di ieri compare un articolo importante su Croce di Ernesto Paolozzi. Fra i tanti punti autorevolmente espressi, ve ne è uno che particolarmente interessa chi, come lo scrivente, s'è occupato per buona parte della sua vita della ricerca epistemologica nel campo delle scienze antropologiche e psicologiche. Paolozzi cita con favore un recente libro di Gembillo e Giordano in cui si sostiene che il passaggio dalle conce'Lioni scientifiche rigide, basate sul preconcetto della realtà fattuale di ciò di cui si parla, all'epistemologia linguisticamente relati-

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vizzata e multidimensionale si dia come una maggiore, più autentica libertà nel ricercare. Di ciò non vi può essere dubbio alcuno: ad esempio per le scienze umane un'epistemologia basata sulla transitorietà delle proposizioni, sulla paradossalità logico-linguistica e sul primato delle pratiche trasformazionali è molto più libera di quelle basate sugli asserimenti di realtà psicologica, individuale o collettiva. Ma, appunto, diciamolo bene (a Gembillo e Giordano, non certo a Paolozzi): si tratta di libertà, senza confusione alcuna con il liberalismo, altrimenti il vantaggio per la ricerca sarebbe immediatamente perso.

I pullman passano, le parole restano 19 settembre 2004

L'altro ieri, mentre aspettavo pazientemente r autobus C25, fui avvicinato da un padano perplesso che mi chiese quando sarebbe p~to il pullman, dato che in oltre un'ora egli aveva visto sfilare soltanto autobus e nessun pullman. Dovetti cosl spiegargli che a Napoli rautobus cli linea viene chiamato "il pùlman» da quelli che parlano in lingua e "'o pulmàn» o anche "'o pulmàndo» {con la o finale semimuta) da quelli che parlano il post-napoletano odierno. Gli usi linguistici locali, ristretti a una sola comunità cittadina e talora di quartiere, sono in genere innocenti e graziosi, hanno una storia, esprimono una preferen1.a popolare rispettabile. Meno rispettabili sono i paralogismi della politica e della cultura facilona. Un esempio: l'uso del tutto improprio dei termini "giustizialismo/giustizialista» per esprimere rimpegno {eccessivo, ingiustifìcatissimo, indesideratissimo) della magistratura nel reprimere reati di corruzione nel personale politico. Ma non c'entra niente. Il giustizialismo era il movimento populistico di Juan Domingo Peron ed Evita Duarte che negli anni Quaranta predicava {a vanvera) la "giustizia sociale», ma non era dedito a eccitare la magistratura contro i politici. Nato in Italia da una destra rozza e

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ignorante questo uso cli "giustizialismo", avrebbe dovuto essere criticato e irriso a sinistra. Ma il timore panico cli una magistratura severa e attenta alla gestione dei pubblici beni terroriu.a tutti in un ceto politico unificato dalla difesa dei propri interessi. Si arriva cosl all'equazione finale voluta a destra, al centro e a sinistra: i condannati cli Mani pulite come martiri e i giudici giustizialisti come terroristi. Ma ancora una volta vi è una importante eccezione napoletana: giustizialisti sono qui i magistrati che vogliono il Napoli in serie C, non giustizialisti quelli che lo vogliono in serie B. Perciò un eventuale, nascente terrorismo napoletano non avrebbe affatto una base religiosa, petrolifera, politica, economica, bensl calcistica. Un uso paralogico grave e pericoloso in tutto l'Occidente è quello dd termine "antisemitico" che include nel suo alone semantico impropriamente dilatato i termini ben diversi cli "antiebraico", "antisemitico" in senso stretto, "antiisradiano". Se s'intende per "semitico" un vastissimo insieme antropico fluente, culturale e linguistico, che ha una storia multimillenaria dalla nascita della civiltà fino ai giorni nostri, allora si dovrebbe, al minimo, considerare in questo gruppo ebrei, arabi ed etiopici (amharici). In questo senso Sharon, perseguitando i palestinesi, non è meno antisemitico cli coloro che nella storia hanno perseguitato gli ebrei. In effetti la grande persecuzione cristiana contro gli Ebrei, durata quasi duemila anni, con pogrom, massacri ed espulsioni in massa e conclusa in modo apocalittico da Hitler, deve essere specificamente definita come "anti-ebraica": l'unico vero antisemita completo che sia mai esistito è stato Benito Mussolini il quale è riuscito, insieme, a perseguitare gli ebrei in Italia, a impiccare gli arabi in Libia, a fare stermini cli gente amarica in Etiopia. Ovviamente, nel presente momento è più evidente la confusione linguistica fra "anti-semitico" (inteso come "anti-ebraico") e "anti-isradiano", inteso come dissenso verso la politica bellica e oppressiva cli uno Stato medio-orientale. Ma, a veder bene, visto in questo modo, anche il termine "antiisradiano" include generalizzazioni inammissibili, mettendo insieme isradiani che vogliono la cacciata del popolo palestinese dalla propria terra e isradiani che non la vogliono: è un errore in cui siamo già incorsi in

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Europa a suo tempo assiemando semanticamente "nazisti" e "tedeschi" e facendo affronti imperdonabili a un popolo cli grande cultura. Chi è contro la persecuzione o la distruzione dd popolo semitico palestinese, non è né antisemita, né antiebraico, né antiisraeliano: è contro la persecuzione o la distruzione cli un popolo. A Napoli invece questa questione è sospesa, perché non è ancora chiara la posizione del governo Sharon e del presidente Arafat sulla questione della serie B o della serie C.

Fotoromanzo la creatività come terapia 08 ottobre 2004

Le esperienze di lavoro creativo con le persone sofferenti siampliano e si diffondono in Italia dopo il 1978. Vi è subito da distinguere fra le attività di intrattenimento, che riducono la condizione di inattività totale dei manicomi e, poi, delle strutture per dimessi - ma sono ripetitive, monotone, meramente occupazionali e le attività ad elevato grado di partecipazione, di responsabilità, di carica creativa e "individuante,, per le quali non si può più usare il concetto riparativo di "riabilitazione,,, ma con pieno diritto si deve parlare di "cura,,, di "spinta trasformazionale,,, di "autonomia progettuale". Esperienze di questo tipo sono diffuse in Italia. Qui vanno ricordate le esperienze antiche presso r ospedale psichiatrico Materdomini di Nocera {anni 60). E poi le attività pioniere dei centri di Giugliano, di Secondigliano, di Scampia, dell'Ospedale psichiatrico Frullone. E vanno citate esperienze artistiche di vario tipo, figurative, musicali, teatrali {Mangiacapre, Calvino e altri). Una sola citazione in campo teatrale: "Psicodrammafurtodelpensiero,,, di Enrico De Notaris, Claudio Petrella e Francesco Blasi. Ogni esperienza di produzione artistica delle persone psichiatrizzate deve

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essere diversa dalle precedenti, pena la sua stessa invalidazione. Dove queste attività sono ancora fiorenti, le produzioni artistiche sono sempre più svincolate dagli "istruttori", sempre più espressive di raggiunti gradi d'indipendenza della singola persona sofferente. Una modalità particolarmente innovativa e creativa è quella del Fotoromanzo, che nasce nel Centro psicosociale di Orz.inuovi (in provincia di Brescia) per iniziativa del primario Graziano V alent: si tratta dell'invenzione di una trama, della creazione del materiale, del lavoro fotocinemagrafìco e di animazione, della produzione finale di un fotoromanzo. Ma su questo sentiamo le parole di una paziente di V alent: > pubblica una segnalazione della Cgil e degli operatori di salute mentale di Fuorigrotta-Bagnoli: la nuova sede del Centro di salute mentale in via Fermariello non è assolutamente idonea allo svolgimento delle attività di salute mentale (la precedente sede in via Signorelli nemmeno era granché ma almeno vi si poteva lavorare); utili adeguamenti della nuova sede erano stati proposti dal primario dd servizio, ma anche di ciò la Asl Nal non ha tenuto conto alcuno. Fra i firmatari della segnalazione vi è anche Antonio Mancini, portavoce dell'Osservatorio dell'Abbandono, il quale aggiunge: «I locali nuovi in via Fermariello, al di là dell'idoneità sanitaria, sono sei stanzoni (dd distretto sanitario) chiusi da grate alle finestre, perché a piano terra, e riattintati di bianco come si addice a uffici. Non v'è alcun locale adatto per il trattamento della crisi né per la riabilitazione». Dall'assessore alla Sanità della Regione Campania, da molti direttori generali delle Asl (non tutti), da molti funzionari della Sanità {non tutti) e dagli sbiaditi e tremolanti portavoci dei partiti vengono continui ammonimenti: "Non pretendete troppo, c'è la crisi, la crisi, la crisi,,. Per rispetto a tutti i cittadini del mondo colpiti dalla catastrofe economica, noi non possiamo cantare loro: «Ma cos'è questa crisi?».

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Ma possiamo obiettare, con la forza della documentazione, che nella sanità campana l'obbligo necessario al risparmio si svolge nd seguente modulo operazionale: immediata abolizione delle spese utili, totale conservazione delle spese inutili.

L'africano che cura i pazzi 27 novembre 2008

I pazzi di Grégoire è il titolo del libro di Valerio Petrarca, recentemente edito da Sellerio {ed è anche il titolo del terzo capitolo che rivendica la centralità non solo emblematica dell' argomento). Il Grégoire di cui parla Petrarca è ben conosciuto in Italia e l'argomento è familiare a chi scrive, come a tutti coloro che in Italia si occupano di salute mentale dalla parte delle persone sofferenti. Si tratta di Grégoire Ahongbonon che ha ricevuto nel 1998 il premio "Franco Basaglia" per la sua opera straordinaria di denunzia e di forte antagonizzazione delle atrocità commesse in Costa d'Avorio contro i malati mentali. Valerio Petrarca è andato 11 a vedere e qui occorre dargli subito la parola: «Grégoire Ahongbonon è un africano che si prende cura degli africani, di quelli che stanno peggio di Gesù Cristo sulla croce: uomini, donne e bambini della Costa d'Avorio incatenati a vita alle radici di un albero, che mangiano gli avanzi gettati loro per terra dove vanno di corpo. Aspettano la fine della loro agonia nd fondo del pozzo della dimenticanza umana, nascosti dalla vegetazione o da un muro». Forse non sarà molto elegante riportare direttamente le parole dell'autore,

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ma r espressività di Petrarca è qui insostituibile. Il libro è quasi tutto cosl e dunque la prima cosa che si ha da dire al lettore è quella di andarselo a leggere con i propri occhi. Nessuna descrizione antropologica può essere cosl scientificamente appropriata come quella che deriva da una conoscenza diretta, intensa, sofferta, multilaterale, "partecipata". E nulla di quello che cosl si conosce può modifìcarsi senza azioni dirette, antitetiche, appropriate, senza trasformazioni marcate. Petrarca lo dice cosl: «Grégoire cerca queste creature, le riscatta dalla famiglia e dal villaggio, le libera dalle catene, le lava, le veste e le porta con sé nei suoi centri di accoglienza per gli ammalati di mente, nella speranza di resuscitare in ognuna di loro una reliquia di umanità». Dopo aver ricevuto nd 1998 il premio Basaglia, Gregorio Ahongbonon incomincia ad andare periodicamente all'estero portando indietro soldi, appoggi, notorietà per la sua causa {e per la nostra): un'attività grandiosa, continua, coerente e, per la descrizione di quello che accadde, si rimanda ancora al libro. Ma già il senso è preciso: conoscenza partecipata attiva e trasformazione dell'esistente sono la base necessaria di una conoscenza antropologica estensionale: senza immersione completa e attiva nell'insieme antropico intenzionato, non vi è alcuna conoscenza, nemmeno parziale. Valerio Petrarca ha fatto questo per una evidente scdta non solo culturale, politica ed emozionale, ma anche pienamente e necessariamente scientifica. Analogamente negli anni Sessanta alcuni psichiatri italiani giovani smisero di scrivere di un'astratta antropofenomenologia esistenziale nelle universitàe andarono a lavorare in manicomio, girando continuamente nei reparti, togliendo con le loro mani le camicie di forza, aprendo le porte, parlando a quelli che da anni non parlavano, cantando e ballando con loro, iniziando assemblee dei matti, mandandoli fuori: una pratica complessissima, continua, faticosa, foriera di conoscenze nuove, impreviste, talora inattese, che permise di curare tanta più gente senza doverla più "internare". E poi il manicomio fu abolito e il lavoro di salute mentale fu istituito in tutto il territorio nazionale, i servizi territoriali iniziarono la loro attività ed estesero la pratica dei diritti dei malati mentali, ma qui inizia un'altra storia perché presto si profìlò la regressione politica e si

ARTICOLI, LETfERE, COMMENTI DA «LA REPUBBLICA NAPOLI» 2000-2008

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accentuò la degenerazione clientelare fino a divenire totalitarismo nd senso stretto del termine: il manicomio distrutto fu reintrodotto in modi vari surrogativi nd territorio e tornò la camicia di forza nd 67 per cento dei servizi ospedalieri. Di ritrattazione ddla riforma che aboll il manicomio, parlano ora quegli psichiatri e quegli psicologi che non anelarono allora nei manicomi e se ne rimasero chiusi ndle loro università e nei loro studi privati. Il libro di Valerio Petrarca ha una dimensione scientifica, oltre che ideale, politica e culturale, ben più ampia di quelle (antropologico-trasformazionale e storico-politica) che qui si sono accennate, trascurando altri aspetti importanti di contenuto e di implicazione. Ma la lettura degli altri argomenti e la considerazione degli altri filoni di ricerca, qui trascurati, è altrettanto interessante e utile. E cosl il senso finale di questa breve e imperfetta presentazione sta nell'invito caloroso a tutti di leggere il libro. Subito.

Un intellettuale del XX secolo di Francesco Piro*

Provo a leggere spassionatamente gli articoli scritti da Sergio Piro, mio padre, su «Repubblica» negli anni che precedono la sua morte. La maggior parte li avevo dimenticati, perfino {rimozione freudiana?) quando trattavano di temi in cui poi mi sono specializzato anch'io: il pezzo a cui alludo è soprattutto quello dd 25 maggio 2006, dove Sergio racconta i consigli datigli dal padre, Attilio, per studiare bene, io ne do ora di un po' più elaborati, con l'ausilio di grossi libroni di teoria e didattica dd ragionamento, a ragazze e ragazzi di oggi: si vede che è un vizio di famiglia. Ma torniamo alla questione: perché rileggere questi articoli? Sono articoli ben scritti e talora divertenti. Spesso toccano temi ancora importanti. Tutto qui? No, a rischio di ingannarmi per eccessivo affetto, mi sembra che ci sia qualche altra conoscenza che questi articoli ci forniscono: essi ci * Francesco Piro è Professore ordinario di storia della filosofia presso il dipartimento

di scienze umane filosofiche e della formazione deU•università di Salerno.

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restituiscono un momento particolare della nostra storia recente. Lo si potrebbe chiamare il momento dell'entrata in scena dei conflitti e delle tragedie caratteristiche della nostra fuse storica, quella della prima metà del XXI secolo, sperando che una seconda metà vi sia. Lo spettatore e commentatore è un intellettuale del XX secolo, un uomo impegnato che ricorda periodi in cui le scelte erano nette, le lotte erano dure, ma c'era un elemento di certezza. Non semplicemente dovuto a ideologie ancora potenti, ma a una certa propensione alla coerema tra parole e azioni, che poi è andata dissolvendosi. Eppure, ciò che rende questi articoli meritevoli di essere riletti è il fatto che l'intellettuale del XX secolo non propone ricette e non propone certezze, ma ci incita a cercare di capire e magari cercare nuove soluzioni. L'analisi è spesso sconfortata, ma mai disperata e sempre, in ultima analisi, propositiva. Anche se il suo autore doveva pur sapere che si trattava di una propositività a futura memoria più che immediatamente rivolta al presente. Tema di partenza e sempre ritornante è quello dei diritti sociali traditi, innanzitutto quelli alla salute e alla salute mentale, ovvero del ritrarsi delle istituzioni dai compiti di fronteggiamento della sofferenza oscura, e più generalmente da quelli di costruzione di una medicina territoriale e preventiva. Qui Sergio si muoveva allora in controtendenza, tutti credevano che la spesa pubblica fosse stata malamente spesa in passato {il che è certamente vero) e che la logica dei tagli servisse a riportare un po' d'ordine. Sergio inventa invece una sua lettura della logica dei tagli: "immediata abolizione delle spese utili, totale conservazione delle spese inutili''. Sarà un po' estremista, ma indubbiamente cattura aspetti salienti del neoliberalismo all'italiana, che è stato gestione corporativa e concessione di privilegi ad amici, non liberismo da alcun punto di vista, e della sua gestione locale, in modo particolare. Ma soprattutto coglie un dato con cui siamo costretti oggi a fare i conti: e cioè che alla lunga il disinvestimento in servizi ha provocato costi sociali molto più alti di quelli che pensava di risparmiare: oggi ne convengono un po' tutti. Mentre, contemporaneamente, l'apparato di gestione dei servizi si è appesantito, è diventato più lento, contorto, avvitato su sé stesso.

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È importante inoltre che molti dei pezzi giornalistici più interessanti siano dedicati alle iniziative dal basso, alle emergenze di gruppi o associazioni o gruppi di solidarietà che colgono possibilità inedite, e che svolgono in concreto prassi di solidarietà attiva, oggi si direbbe "inclusive". Insomma, sul piano dd rapporto tra salute e territorio, la sua cmx abituale, Sergio rileva contemporaneamente due diverse cose: la crescente autoreferenzialità istituzionale, la trasformazione vdoce delle gestioni regionali e comunali in piccole satrapie, come si è detto, ma anche la presenza di logiche di auto-organizzazione e di auto-aiuto nd sociale e talora persino di isole di sperimentazione più fdici. E direi che questo è un promemoria anche per noi. Ricollegare queste due sfere che hanno smesso di parlarsi, migliorare le pratiche di gestione degli apparati, ma fare anche sl che questi apparati non siano astronavi poste casualmente sul territorio, riuscendo ad intercettare, convogliare energie che vi sono presenti, resta il problemachiave di molte istituzioni di governo dd sociale, senza risolvere il quale le questioni essenziali dd meridione d'Italia non si affrontano. La centralità che ha assunto la questione ecologica rende il dramma ancora più acuto: per le istituzioni è diventato difficile muoversi perfino quando i soldi ci sono, certo anche per colpa dell'anchilosi burocratica e dd profluvio di leggi, ma anche perché mancano idee e conoscenze su che cosa potrebbe essere efficace per migliorare qualche parametro ddle tristi tabelle della nostra qualità della vita. Le questioni di politica della salute sono però solo una parte, anzi una parte di peso decrescente, ddla trama di questi articoli: sono interessanti perché vi emerge la coscienza di una fase nuova della storia contemporanea. Che diviene esplicita con la data fatidica 11 settembre 2001, quando Sergio, in visita di piacere a New York con la moglie Maria, è testimone casuale dell'assalto aereo alle Torri Gemelle. La percezione di una nuova stranissima guerra è subito molto chiara, fin dall'articolo dd 15 settembre 2001. E la parola guerra continua a risuonare in tutti gli articoli successivi, come anche nelle opere a stampa {"Esclusione sofferenza guerra" edito da La città dd sole è dd 2002: rileggetdo).

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La guerra non è soltanto quella che si comincerà a combattere allora in Afghanistan, Irak e così via, e che continua tuttora producendo fame, miseria, stermini di massa e fughe di massa che spesso diventano ulteriori stermini di massa, ma fatti di nascosto, sulle coste della Libia o ai confini orientali della Polonia. Ma anche e soprattutto quella guerra che pervade l'immaginario di tutti noi, sempre più aggressivo e desideroso di armi, come Piro sottolinea in molti articoli dedicati alla violenza "minore,,. Qui egli avverte i segni di quel rovesciamento progressivo dell'apparente trionfo della pacificazione mondiale e dell'unificazione planetaria che aveva caratterizzato gli ultimi anni del ventesimo secolo. Non ripeto la litania sulla "fine della storia,,, che il povero Fukuyama non intendeva certo in senso letterale, ma certamente per qualche anno si è ritenuto che mercato mondiale, liberaldemocrazia, prosperità, fossero caratteristiche ormai dominanti, con eccezioni in aree marginali, ritenute più primitive, o che si sperava che andassero adeguandosi come la Cina. Fu l'età dei due Bill: Bill Gates e Bill Clinton. Per contro, già nei primi anni 2000, Sergio rileva la presema della guerra nella vita sociale e della guerra come riemergenza. del primordiale in forme nuove, come immaginario maschilista e sessista, come bellicosità immanente nel desiderio di armi dei ragazzi, come pratiche di esclusione e di sdoganamento dei razzismi e di persistenti discriminazioni e interdetti sociali. Gli sono mancati i tempi successivi al 2008 con la rinascita strisciante del dispotismo politico, o il suo accentuarsi dove già c'era, come modello vincente, il sovranismo, il ritorno dei muri. Ma molto già lo sentiva, lo vedeva in cose solo apparentemente piccole. E qui si ripropone una questione fondamentalmente antropologica. Se il ritorno della guerra è evidente, che cosa si può mettere in campo per sconfiggere questo ritorno? Sergio discute certamente di proteste, di movimenti, di lotte. Ma egli soprattutto pone questioni che si potrebbero chiamare "antropologiche". Scrivo antropologiche e non morali, perché il centro degli interventi di Sergio non è mai un elenco di nostri doveri, ma un elenco di atti di intelligema che occorre pur fare per evitare di diventare dei depositi di odio.

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Sulla scia di Spinoza, la morale, per dir così, si concentra tutta in specifici atti cognitivi: pensare, comprendere. Questo messaggio si coniuga con importanti testimonianze contro il revival della carcerazione che Sergio condanna con forz.a e allora si era ancora all'inizio della lunga notte delle carceri italiane, straripanti, luoghi di torture e di pestaggi di massa, con i politici che ritengono di guadagnare voti ripetendo che "bisogna gettare via la chiave" delle prigioni: possiamo immaginare che ne avrebbe detto e pensato. Ma si coniuga anche con tanti altri aspetti significativi che riscopro leggendo questi articoli, anche appunto l'invito a studiare meglio, l'insegnamento che studiare è ricombinare criticamente e non memorizzare, insegnamento contenuto nell'articolo già citato del 26 maggio 2006. Ci troviamo allora di fronte a uno psichiatra che si reinventa come moralista o addirittura come politico tout court in anni in cui non è più esclusivamente pressato da questioni inerenti il manicomio o il suo superamento? La dimensione politica è sempre stata dentro la vita di Sergio ed è ovvio che egli continui a parlarne e ne parli anche in termini abbastanza tradizionali, cioé come uomo di sinistra che scrive dei - o direttamente ai - suoi interlocutori politici, come Bassolino o Bertinotti. Ma io direi che il suo interlocutore reale non è tanto costituito da una sinistra che talora vorrebbe migliorare e talvolta critica o addirittura irride. Il suo interlocutore reale è quel possibile insieme di movimenti che non può costituire un "soggetto" politico classico - non ne ha la forz.a ma soprattutto non ha la possibilità di stabilire come identificarsi e in che cosa identificarsi - ma che è in qualche modo adombrato dai vari portatori di diritti negati, e dal fatto che riusciamo appunto a sentirli come portatori anche dei nostri diritti. Noi ci troviamo oggi in un mondo caratterizzato dall'ipercomunicazione fatta con una congerie mai vista prima di linguaggi e codici. Quello che un tempo si chiamava "opinione pubblica" è diventata una sfera pervasa da una accozzaglia di messaggi lanciati in modo diverso e che si incrociano in modo stocastico, generando mode effimere e l'amplificazione smisurata di luoghi comuni o di vere e proprie falsità. Ma, attenzione, è ancora in questo ambito che possiamo trovare un

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fattore compensativo rispetto alla stessa ipertrofia della comunicazione perché è soprattutto a partire da qui che possiamo cercare di sparigliare le carte rispetto ai giochi già fatti. Uso qui il termine"giochi" proprio nd senso in cui ne parla l'attuale teoria sociale, cioè come analisi delle conseguenze delle scelte strategiche. La teoria dei giochi ci spiega cose tristi, per esempio che interessi di piccoli gruppi, se ben difesi, possono a lungo vincere su interessi più diffusi ma disorganizzati. Essa ci spiega soprattutto che, se un gruppo di attori con interessi contrastanti si trova a gestire un bene comune, per esempio la Terra, le scelte più generose saranno perdenti e quelle più egoistiche vinceranno immancabilmente {la famosa 'tragedy ofcom mons di Hardin). Ora, chi potrebbe sparigliare le carte di questi giochi, creare il deterrente che manca perché non diano il risultato peggiore ma largamente prevedibile? La risposta classica, tipica della sinistra, è: lo può fare solo un soggetto politico dotato cli forza contrattuale in virtù della sua capacità cli mobilitare o, nelle teorie estreme, di prendere il potere militarmente. Senza entrare in lunghi discorsi, constatiamo che le cose non vanno più cosl. Qud poco che accade di buono si ha quando sporadicamente, ma per fortuna non in modo totalmente sporadico, una serie di modificazioni molecolari della comunicazione finiscono con il porre all'ordine del giorno delle questioni a cui la politica non aveva pensato e che magari la sorprendono e la imbarazzano. Si è notato criticamente che queste moclifìcazioni molecolari sono veicolate da linguaggi ambigui e astratti, utilizzabili spesso per scopi opposti: il linguaggio dei diritti e quello ambientalistico. Si può usare il linguaggio dei diritti in tutti i modi, perfino per giustificare atti di arroganza riverniciate come diritti da prepotenti che ambiscono molto a presentarsi come vittime o perfino per avanz.are richieste stravaganti e lunari come quelle cli circolare in pubblico in epoca cli contagio senza prendere precauzioni per non diffonderlo. Si può usare il linguaggio ambientalistico in modi assolutamente divergenti tra loro. Dunque, si tratta cli una critica giusta, ma non vedo quale sarebbe ralternativa.

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Quale sarebbero le alternative rispetto a questi linguaggi che coinvolgono in larga misura il sentimento? L'orgoglio nazionale come nei risorti dispotismi dell'Europa orientale o del Medio Oriente? Prediche a favore della razionalità in genere e dunque la richiesta cli limitarsi al semplice appoggio ai grandi progetti creati dalle istituzioni meta-nazionali e clai loro apparati? Ma si noti che questi progetti si arenano proprio perché gli attori che dovrebbero portarli avanti sono sistematicamente ambigui, cioè sono anche portatori degli interessi che andrebbero contrastati. La deterrenza istituzionale {le sanzioni della Comunità Europea contro gli Stati che ritornano al dispotismo, per esempio) non produce grandi cose, se poi non entrano in gioco anche attori sociali diversi da quelli che sono istituzionalmente delegati ad esserlo. Se non si sa più produrre senso comune, insomma, è inutile sgolarsi nel biasimare i populismi che hanno preso il suo posto. In qualche misura, dunque, il nostro destino resta molto dipendente dalla possibilità di creare delle comunità della comunicazione transnazionali, capaci di mobilitare la capacità di comprensione {e non quel suo contrario, che è la capacità di raccontare balle a tutti e anche a sé stessi pur di avere il piacere di sentirsi vittime) e di diffondere perfino informazione corretta. Il vittimismo autogiustifìcatorio e le pseudo-scienze farlocche sono il lato caricaturale del mondo in cui viviamo, ma lo sono proprio perché resta largamente diffuso anche il desiderio cli giustizia e cli conoscenza. Occorre partire da qui per continuare incessantemente a "mettere becco negli affari altrui" e continuare a parlare di diritti effettivamente negati, da quelli delle donne afgane a quelle dei LGBT in Polonia e soprattutto dei poverissimi e dei migranti dappertutto. Questa è la scommessa virtualmente contenuta ngli articoli di Sergio, che restano da questo punto di vista profondamente determinati da quel che miracolosamente si verificò negli anni sessanta e settanta, quando tutti presero a chiedersi se fosse giusto legare i matti. Gli articoli di Sergio erano appelli a ripetere questo miracolo di comprensione, più che riflessioni più o meno suggestive sui fatti del giorno.

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APPENDICE

Prefazione di Sergio Piro al volume Scissioni parallele

Rare volte avviene, che gli uomini avendo il potere nelle mani, sien ritenuti dalla virtù di non farne abuso. F. Pagano

Non me ne voglia Francesco Blasi, ma questo libro appare caotico e arbitrario. Ma tutto questo non è molto grave 1• Cosa si voglia dimostrare con questo scritto non è del tutto chiaro, ma raffetto che mi lega al suo autore, pur nella progressiva incertezza sulle cose della salute mentale e delle sue improbabili narrazioni, mi costringe a leggere un lavoro che oramai sembra architettato da uno psichiatra alieno. E questo perché le congetture che vi si ritrovano, per quanto plausibili e argomentate, sembrano decisamente al di fuori dello spirito del tempo. La riforma psichiatrica con tutte le sue implicazione ha di fatto ormai perso gran parte della sua funzione di guida nella sanità italiana.Tempi 1

So bene infàttiche l'autoredi queste pagine conrorda pienamente con il seguente asserimento: "In questo libro ogni affermazione apparentemente apodittica è effetto solo dei limiti di spazio. Tutte le proposizioni che esso contiene debbono essere considerate come precedute da una proposizione principale che dice: «io credo o suppongo o propongo o ritengo o spero che ... etc.»" (dalla Dichiarazione iniziale del Tranato

della ricerca diadromico-1rasformazionale).

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molto duri aspettano certamente le persone più colpite dalla sofferema oscura.2, ma anche chi pensava di voler curare gli ultimi della terra e si ritrova invece a un tempo burocrate, poliziotto e carceriere. Secondo l'autore, se le persone diagnosticate come schizofrenici non si estinguono, nonostante la loro scarsa propensione alla riproduzione, rimanendo stabili nella loro prevalema, allora la fabbrica della dissociazione è in gran parte situata al di fuori della mistica da neuroscienze dai molti meriti, ma saldamente ancorate alla dissociazione planetaria connessa alla perplessità ontologica globale dd campo antropico continuo. Tuttavia, al di là di questo punto si riconoscono anche la diadromica compresenza.3 di fattori di solito riferiti a un orizzonte unitario e di altri rdativi allo spettro delle diverse situazioni sottogruppali o singolari. Se le multinazionali del farmaco globalizzato, da tempo signore incontrastate della diagnosi e della terapia psichiatrica, decideranno di scindere l'entità schizofrenica, e non solo quella, per moltiplicare le sindromi dissociative nonché i loro farmaci e profitti, nessuna forza antagonista sarà in grado, sembra pensare l'autore, di contrastare in maniera significativa un tale disegno di esasperata banalizzazione della sofferema. Se questo è vero, l'individuazione di scissioni molteplici e parallele presupporrà l'esistenza di un gradiente dissociativo notevolmente ampio. In tal modo la schizofrenia tenderà a scolorire come entità patologica, diventando parte sempre più cospicua e fisiologica della psicologia collettiva, producendo per gemmazione nuove entità psichiatriche a misura di psicofarmaco.

Il termine polemicamente generico di sofferenza oscura permette di eludere qualsiasi disputa di tipo etiologico, o caratteriu.ata dalla contrapposizione fra biologico e psicogenetico, fra psicogenetico e ontico, fra attuale e di trans.fon, salvandoci peraltro dalle ,,evidenze" del DSM N R. Riferito alla sofferen1.a malamente detta psicopatologica, la parola viene a chi scrive dal titolo di un libro del 1964 di Giuseppe Berto. 3 Diadromialdiadromico: In campo di analisi dell,accadere antropico singolare o plurale, diadromos è ciò che corre di qua e di là; diadroms è il correre per traverso, randare e venire; e la diadromia dovrebbe essere intesa come una proliferazione locale di spunli teorici mutualmmte incompatibili. DiaJromica è la compresenza di atteggiamenti proposizionali incompatibili o di diverso livello astrattivo. 2

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Se il narcisismo di massa continuerà a produrre un infantilismo patogeno generalizzato, iatrogeno e videocratico, fonte di sofferenza diffusa e inestirpabile, forme fruste di schizofrenia al di sotto della soglia della patologia rilevabile potranno modificare in maniera sostanziale la percezione della nostra continuità nd tempo e nello spazio. Se persisteranno i fenomeni progressivi di precarizzazione estrema dd mondo del lavoro, principale attrattore di senso nel mondo occidentale e occidentalizzato, si indebolirà inevitabilmente la coesione interna delle nostre strutture mentali, favorendo scissioni parallele alla progr~iva trasformazione dd mondo in un non-luogo enorme e indifferenziato. Attraversato il transito sub-epocale che ha condotto clalla ferma inquietudine degli anni novanta dd secolo scorso alla tragica e scomposta agitazione dell'aurora dd nuovo millennio, il tema di ricerca delle conseguenze dd conflitto sociale nella sociopsicologia delle masse e nelle presenze singole sembra aprire orizzonti nuovi e spietati. La moltiplicazione globalizzata di schizofrenie parziali appare perciò alla coscienza di chi intende curare sempre più premessa indudibile alla banalizzazione della schizofrenia e alla sua sostanziale estinzione come patologia unitaria. Sono coinvolti in questa tematica (o meglio sin-tematica-i) molteplici dimensioni dd conoscere e dd narrare, alcune stabili nella reistica consistenza delle convenzioni accettate, altre incerte, ambigue, facilmente confutabili. Forse la nozione stessa di schizofrenia si diluirà paradossalmente nella frammentazione generale5, complice la medicalizzazione di ritorno della sofferenza mentale. Queste mi sembrano in sintesi le tesi centrali di questo lavoro. E una cosa è certa: mai come in questo momento in Italia la salute mentale sembra avviata verso una lenta e indecorosa agonia. " Simnnatica è un raggruppamento di argomenti connessi a una ricerca. s In questo modo l'industria psicofarmacologica globali12ata può ottimirLare la progettazione e la sintesi delle molecole adatte a curare il senso cli fallimento dopo una bocciatura, il dolore di essere stati lasciati dalla fidanzata, la contrarietà per aver perso il treno e lo sdegno per il goal segnato dalla squadra avversaria: a queste disgrazie potrebbero corrispondere disorders particolari dei manuali diagnostico-statistici validi su tutto il pianeta o su tutti i mondi possibili, forse per reternità, o almeno o fino ali'edizione successiva.

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Ma non importa: contro questa sofferenza opaca e omertosa è necessario, con passione, ironia e disincanto, lottare, vivere e pensare. Auguro quindi a questo libro la migliore fortuna possibile. Sergio Piro

Interrogazione parlamentare On. Giuseppe Petrella a Diliberto e Bindi

Atti Parlamentari-21996 - Camera dei Deputati, XIII LEGISIATURA - ALLEGATO BAI RESOCONTI SEDUfADEL20 GENNAIO 1999

PETRELLA. -Ai Ministri di grazia e giustizia e della sanità. - Per sapere - premesso che:

il progetto obiettivo «Tutela della salute mentale 1994-1996», tuttora in vigore, non è stato in gran parte applicato dal momento che le istituzioni ai vari livelli - Asi, regioni, ministero della sanità - si sono impegnate in modo esclusivo solo per la chiusura degli ospedali psichiatrici pubblici; l'assenza di una programmazione generale della salute mentale ha determinato un aggravamento della situazione dei pazienti psichiatrici abbandonati sul territorio, privi di un, assistenza adeguata e in particolar modo di quelli più gravi, internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, o ricoverati nelle strutture private convenzionate ma non abilitate alr assistenza psichiatrica, o

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assistiti da anni in casa dai soli familiari spesso anziani e a loro volta abbandonati; tale situazione ha determinato una progressiva dequalificazione dei servizi pubblici territoriali, costretti per lo più a svolgere attività meramente ambulatoriali ed una conseguente proliferazione di strutture private, spesso abusive; l'assenza di finanziamenti specifici vincolati rende ancora più evidente l'inefficacia del nuovo progetto obiettivo 1998 - 2000 destinato, come il precedente, a non essere applicato dalle Regioni; in questo quadro di crisi dd servizio psichiatrico pubblico il 12 novembre 1998 lo psichiatra Bruno Gentile veniva accoltellato al cuore nel centro di salute mentale di Ercolano da Giuseppe Forzese, un paziente psicotico abbandonato a se stesso, dimesso dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Montdupo Fiorentino e gettato senza alcuna rete di protezione in un territorio incapace di accoglierlo, sia da un punto di vista psichiatrico che sociale; questa tragedia è stata quasi completamente rimossa dai media che, isolando la disgrazia dal suo contesto, l'hanno banalizzata e ridotta al rango di evento imprevedibile, legato ai rischi della professione medico-psichiatrica; crescono gli interessi forti legati all'ospedalità privata, a qud1'«imprenditoria dd pazzo» che prospera sul degrado delle strutture pubbliche e che sottrae risorse fondamentali allo sviluppo dell'assistenza psichiatrica; se nel procedere alle dimissioni dd paziente Giuseppe Forzese l'ospedale psichiatrico di Montdupo Fiorentino abbia predisposto le opportune informazioni al fine di garantire un trattamento adeguato nelle strutture all'uopo deputate, cosl da scongiurare eventuali comportamenti recidivi dovuti alla pericolosità sociale dell'internato; se la direzione generale della Asl NA5 fosse stata informata delle dimissioni del paziente ex internato Giuseppe Forzese, quali misure terapeutiche siano state approntate in rdazione al suo specifico quadro clinico e per quali ragioni non si sia deliberato di utilizzare le strutture intermedie per accogliere il paziente,

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come prescritto dalla normativa nazionale e regionale {legge n. 180/78 e legge n. 833/78, legge n. 1 del 3 gennaio 1983 della regione Campania), in luogo del trattamento terapeutico meramente ambulatoriale, risultato così drammaticamente inadeguato.

(4-21684)

Legge Regionale 3 Gennaio 1983, n.1

Avvertenze: il testo vigente qui pubblicato è stato redano dallufficio

legislativo del Presidente della Giunta regionale al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni della legge, integrata con le modifiche apportate dalle leggi regionali 26gennaio 1987, n. 10 e 7 agosto 2014, n. 16.Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati. Le modifiche apportate sono stampate con caratteri corsivi. «Istituzione in ciascuna USL del servizio per la tutela della salute mentale». Il Consiglio Regionale ha approvato Il Commissario del Governo ha apposto il visto Il Presidente della Giunta Regionale promulga la seguente legge:

Art. 1 La presente legge disciplina J>istituzione dd servizio a struttura dipartimentale che svolge funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale, nell'ambito della Unità Sanitaria Locale (USL) e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute.

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~a disciplina, inoltre, il graduale superamento degli Ospeclali Psichiatrici in attuazione dell'art. 64, I comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

Art.2 Assunzioni delle funzioni Le UUSSLL alPatto dell'effettiva assunzione delle funzioni in materia cli assistema psichiatrica, subentrano nella gestione esercitata dalle provincie, da consorzi delle stesse, clalle istituzioni pubbliche cli assistema a benefìcema {IPAB) e dagli altri enti pubblici che, all'atto dell'entrata in vigore della legge 23 dicembre 1978 n. 833, provvedevano al ricovero ed alla cura degli infermi cli mente. Art. 3 Trasferimento al patrimonio del comune dei beni mobili e immobili e delle attrettature degli ospedali psichiatrici, neuropsichiatrici, dei centri di igiene mentale I beni mobili ed immobili e le attrezzature degli Ospedali psichiatrici, neuropsichiatrici e dei centri di igiene mentale {CIM) dipendenti dalle provincie consoni delle stesse, clalle istituzioni pubbliche di assisten7.a e benefìcien7.a {IPAB) e dagli altri enti pubblici cli cui è voce all'art. 64 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono trasferiti al patrimonio del comune in cui gli immobili sono prevalentemente collocati con vincoli di destinazione provvisoria alle UUSSLL competenti per territorio. Lo svincolo dei beni cli cui innanzi, il reimpiego ed il reinvestimento dei capitali ricavati clalla loro alienazione o trasformazione in opere di re1lizrnione e di ammodernamento cli presidi sanitari, nonchè la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi, sono deliberati dal Consiglio del Comune cui i beni sono stati trasferiti, previa autorizzazione della Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare competente. Art. 4 Programmi di interventi: strutture territoriali Ciascuna USL, nell'arco cli un triennio clalla data cli entrata in vigore della presente legge, deve programmare e realizzare interventi capaci cli corrispondere ai reali bisogni della propria uten7.a psichiatrica privilegiando le soluzioni extraospedaliere.

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L'assistema alternativa al ricovero ospedaliero è attuata promuovendo iniziative e utilizzando, in funzione terapeutica, risorse e strutture adeguate. Il piano di ciascuna USL deve prevedere interventi e strutture diversificati quali: 1) strutture nelle quali è garantita in modo continuativo l'assistem.a medico - psico - sociale con ricettività, di regola, non superiore alle 10 persone; 2) strutture che consentono la graduazione dell'intervento medico - psico - sociale idonee ad affrontare anche situazioni di crisi, con ricettività di regola non superiore alle 1O persone; 3) strutture aperte di riabilitazione, da utilizzare per tutte le forme terapeutiche di ricostruzione e reintegrazione della personalità, destinate prioritariamente a pazienti in trattamento extraospedaliero. Nella realizzazione di tali strutture territoriali ciascuna USL dovrà seguire i seguenti criteri generali: a) che esse siano strettamente inserite nella realtà sociale dd territorio in modo da consentire la partecipazione della collettività ; b) che siano finalizzate alla restituzione dell'utente al tessuto sociale ed alla prevenzione dd ricovero ospedaliero; c) che siano aperte alla utilizzazione non esclusivamente psichiatrica. Nell'organizzazione e nd numero delle strutture si dovrà tener conto di forme e tipi di convivenza suscettibili di aumentare il potenziale terapeutico e riabilitativo. Ciascuna USL, entro tre mesi dalla data di effettiva assunzione delle funzioni in materia sanitaria psichiatrica, deve programmare i piani di intervento di cui ai commi precedenti con l'indicazione della spesa da sottoporre alla autorizzazione regionale. Nella prima applicazione della presente legge, in attesa della realizzazione dei piani di intervento di cui innanzi, i Comuni di ciascuna USL individuano gli ambienti di proprietà comunale o di altri Enti pubblici operanti nd territorio che le UUSSLL dovranno utilizzare per le specifiche necessità, con precedenza assoluta per gli assistiti di appartenenza provenienti dagli ex ospedali psichiatrici pubblici e/o privati.

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Art. 4-bis {l) (Istituzione della Consulta regionale per la salute mentale) 1. Presso la direzione generale per la tutela della salute è istituita la Consul.ta regionale per la salute mentale, di seguito denominata Consu~ quale organismo permanente di consultazione in relazione alle politiche regionali in materia di salute mentale. {1) Articolo aggiunto clall'articolo 1, comma 21 O della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16. Art. 4-ter(l) (Composizione della Consulta) 1. I.A Consulta è composta da rappresentanti delle associazioni senza scopo di lucro che operano sul territorio per fornire alle persone con sofferenza mentale strumenti di autvtutela e promozione, e da rappresentanti degli organismi di volontariato e per la tutela dei diritti e delle società scientifiche che operano in materia di salute mentale, più rappresentativi a livello regionale. In particolare, la Consulta è composta da: a) cinque rappresentanti designati dalle associazioni dei familiari; b) due rappresentanti designati dalle associazioni degli utenti; c) tre rappresentanti designati dag/,i organismi di volontariatv e per la tutela dei diritti; d) tre rappresentanti designati dalle società scientifiche; e) tre esperti designati dal Consig/,io regionale tra gli operatvri del settore. 2. Sono invitati a partecipare alle sedute della Consul.ta, senza diritto di votv, i dirigenti responsabili. dei dipartimenti di salute mentale delle aziende sanitarie locali. Possono essere, altresì, invitati, in relazione aspecifici argomenti, i rappresentanti degli operatori e dei servizi. {1) Articolo aggiunto clall'articolo 1, comma 210 della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16. Art. 4-quater(l) (Costituzione e funzionamento della Consul.ta) I. I.A Consul.ta è costituita con decretv del Presidente della Regione. I rappresentanti delle associazioni e degli organismi di cui all'articolo 4-ter, designati con le modalità di cui al comma 2, sono rinnovati ogni tre anni. 2. Al fine della costituzione della Consulta, le associazioni, le società scientifiche e gli organismi di cui all'articolo 4-ter effettuano le designa-

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zioni dei propri rappresentanti entro trenta giorni dalla data del/a relativa richiesta da parte dell'amministrazione regionale. Decorso tale termine, /a Consulta è costituita sulla base delle designazioni pervenute purché sia assicurata a/,meno /a maggioranM dei rappresentanti, delle associazioni e degli organismi di cui all'articolo 4-ter efo:tte comunque salve le successive integrazioni. 3. La Consulta disciplina le modalità del proprio funzionamento con apposito regolamento. I membri del/a Consulta eleggono al proprio interno un Presidente. Lefunzioni di segretario sono svolte da un funzionario della struttura regionale competente in materia di salute mentale. 4. La Consulta si riunisce in via ordinaria con caderwl mensile ed in via straordinaria ogni volta che il Presidente o la maggioranM dei componenti ne richieda /a convocazione. 5. La partecipazione alla Consulta è a ntolo gratuito. 6. La Regione, tramite la direzione generale per la tutela del/a salute, promuove le iniziative necessarie a garanti-re il regolare funzionamento della Consulta. (1) Articolo aggiunto dall'articolo 1, comma 210 della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16. Art. 4-quinquies (1) (Compiti della Consulta) 1. La Consulta, in collaborazione con /a direzione generale per /a tutela della salute, svolge, in particolare, i seguenti compiti,: a) promuove la partecipazione a'ttiva delle persone con sofferenza mentale al/a vita della collettività ed il riconoscimento dei loro diritti; b) formula proposte per la realizzazione di interventi, in favore delle persone con sofferenza mentale, finalizzati, in particolare, a favorirne lìntegrazionesociale; c) promuove iniziative per la co"etta applicazione delle norme che prevedono il superamento e /a definiti-va chiusura deg/,i ex ospedali psichiatrici; d) collabora con /amministrazione regionale per il monitoraggio sulle strutture psichiatriche, pubbliche eprivate, esistenti, sul territorio regionale, in merito alpossesso ed al mantenimento dei requisiti strutturali, organizzati-vi e funzionali della struttura nonché alle a'ttivi'tà svolte anche ai livelli assistenziali, qualitativi e quanti,tativi, forniti, dalle stesse, relazionandone

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all'assessore competente e annualmente alla commissione consiliare permanente competente in materia sanftaria; e} promuove, nel pieno rispetto della dignità della persona e nella garanzia del diritto di cittadina~ iniziative per rimuovere situazioni di particolare gravità, richiedendo, se necessario, atti o relazioni scritte in merito alle disfùnzioni segnalate; f) propone, anche in collaborazione con i dipartimenti di salute mental.e delle ASL, azionifinalizzate al miglioramento dell'assistenza infavore delle persone con sofferenza mental.e; g) esprime il parere.

(1) Articolo aggiunto dall'articolo 1, comma 21 Odella legge regionale 7 agosto 2014, n. 16. Art. 5 Servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale In attuazione della legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 34, a modifìca della legge regionale 9 giugno 1980, n. 57 art. 28, secondo comma, n. 6 lett. a) è istituito in ciascuna USL il servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale. Il servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale nello svolgimento delle funzioni previste dall'art. 1 della presente legge, deve realizzare programmi cli intervento atti a privilegiare le soluzioni extra - ospedaliere, la continuità terapeutica e la reintegrazione nel tessuto sociale e deve articolarsi organicamente con gli altri presidi sanitari e sociali dd territorio. La sede del servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale, con tutte le necessarie strutture atte a garantire l'operatività e la continuità del lavoro, deve insistere nel territorio della USL e in nessun caso può identificarsi con il servizio speciale psichiatrico di diagnosi e cura. Art. 6 Compiti del servizio Il servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale svolge funzioni cli prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione garantendo la continuità e la organicità degli interventi sul territorio con prestazioni ed attività ambulatoriali e domiciliari, provvedendo in modo coordinato

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e programmato a realizzare anche interventi finalizzati ad una politica di educazione sanitaria. Il servizio garantisce la continuità e la organicità degli interventi e delle attività nelle strutture alternative ed attua il trattamento sanitario obbligatorio utilizzando le risorse disponibili sul territorio e, quando necessiti la degenza ospedaliera, usufruisce dei servizi speciali di cui al successivo art. 9. Il servizio interviene altresl negli ex ospedali psichiatrici con le modalità di cui al successivo art. 20 in modo organizzato, sistematico e costante, al fine di assicurare l'assistenza, garantire la continuità terapeutica e favorire le dimissioni degli infermi. Art. 7 Presidi e servizi del dipartimento Le funzioni e le attività del servizio dipartimentale per la salute mentale sono attuate attraverso il servizio territoriale, le strutture alternative, gli altri presidi e servizi dell'USL, nonchè i servizi psichiatrici di diagnosi e cura e la gestione provvisoria degli ex ospedali psichiatrici secondo le modalità di cui al successivo art. 20. Art. 8 Direzione del servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale La direzione del servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale è conferita al medico psichiatra della posizione apicale. Art. 9 I servizi psichiatrici di diagnosi e cura Fino all'adozione del piano sanitario regionale il trattamento sanitario obbligatorio in regime di degenza è attuato presso gli specifici servizi psichiatrici, dotati ciascuno di non più di 15 posti leggo, già istituiti con legge regionale 9 giugno 1980, n. 57 negli ospedali generali e cliniche universitarie, integrati e modificati come segue:

-AVELLINO -BISACCIA -BENEVENTO -MORCONE -CASERTA -AVERSA

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- SESSAAURUNCA - PIEDIMONTE MATE.SE -SCAFATI -SALERNO - NOCERA INFERIORE - CAVA DEI TIRRENI - POLLA (SANT'ARSENIO) - VALLO DELIA LUCANIA -EBOLI - OLIVETO CITRA -SAPRI -POZWOil - LORETO CRISPI - GESÙ E MARIA -MONALDI - NUOVO PELLEGRINI -S.GENNARO - FRATTAMAGGIORE - POLLENA TROCCHIA - TORRE DEL GRECO -NOLA - CLINICA PSICHIATRICA I POLICLINICO - CLINICA PSICHIATRICA II POLICLINICO Agli ospedali generali innanzi dencati afferiscono i seguenti ambiti territoriali di cui alla legge regionale 8 agosto 1979, n. 34: -N. 3-4 AVELUNO -N.1-2 BISACCIA - N. 5 - 6 BENEVENTO - N. 7 - 8 - 9 MORCONE -N. 15-16-17 CASERTA -N.18-19-20AVERSA - N. 10- 13-14 SESSAAURUNCA -N. 11-12 PIEDIMONTEMATESE - N. 35- 36- 51 SCAFATI - N. 53- 54 SALERNO

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-N. 48-49 CAVA DEI TERRENI -N. 55 EBOLI -N. 56OLIVETOCITRA -N. 57-60 POLIA (SANTARSENIO) -N. 59-60VALLO DELIA LUCANIA - N. 58-61 SAPRI - N. 21-22 - 23 POZZUOLI - N. 37-38- 39 LORETO CRISPI -N. 44-46 (ESCLUSO IA CIRCOSCRIZIONES. LORENZO) GESÙ E MARIA -N. 41-40 (ESCLUSO LA CIRCOSCRIZIONEARENELLA) MONALDI - N. 26 - 43 NUOVO PELLEGRINI - N. 42 - 45 S. GENNARO - N. 24- 25 FRATTAMAGGIORE - N. 29-31- 33 POLLENA TROCCHIA - N. 30-32 - 34 TORRE DEL GRECO -N. 27-28 NOIA Alle cliniche Universitarie afferiscono le seguenti circoscrizioni: - Circoscrizione San Lorenzo {ambito territoriale n. 46) I Policlinico - Circoscrizione Arenella {ambito territoriale n. 40) II Policlinico. L'utilizzo del servizio ospedaliero di diagnosi e cura in caso di più afferenze, va concordato tra i responsabili dei servizi, sentito il coordinamento sanitario della USL nella quale insiste la struttura. La Giunta regionale, in relazione ad esigenze assistenziali su conforme parere della competente Commissione Consiliare è autorizzata: - a sostituire o ridurre i servizi ospedalieri istituiti e a moclifìcare le afferenze territoriali; - ad istituire nuovi servizi necessari nei presidi ospedalieri non espressamente indicati nell'elenco di cui al presente articolo ritenuti idonei ad accogliere i detti servizi. Art. 10 I servizi psichiatrici di diagnosi e cura annessi alle cliniche psichiatriche universitarie Sono istituiti due servizi psichiatrici di diagnosi e cura annessi alle

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Cliniche Psichiatriche rispettivamente della I e II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Napoli. Tenuto conto dei compiti istituzionali dell'Università nel settore della formazione del Medico e nella preparazione dello specialista, ai suddetti servizi sono affidate le attività di prevenzione, cura e riabilitazione nell'ambito delle rispettive competenze territoriali di cui all'art. 9. Ciascun servizio, con annesso presidio per le attività territoriali, è dotato di un numero di posti letto non superiore al 15 per il trattamento in regime di degenza di cui all'art. 34 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, e funziona con personale proprio cui provvede l'Università. I rapporti tra Regione e Università per la istituzione e il funzionamento dei servizi saranno regolati da apposite convenzioni. Art. 11 Attribuzioni ai comuni degli assistiti degenti nelle strutture psichiatriche di ricovero Gli assistiti ricoverati negli ex ospedali psichiatrici e quelli provenienti dagli istituti di cura privati ad indirizzo esclusivamente psichiatrico già convenzionati con Enti pubblici, sono attribuiti ai comuni di provenienza anagrafica per essere assistiti, correlativamente alla disponibilità delle strutture di cui è voce all'art. 4, dai servizi di salute mentale delle UUSSLL competenti per territorio. L'assistenza agli infermi di altre regioni, degenti nelle strutture psichiatriche pubbliche, verrà regolata da accordi da stipularsi tra la Regione Campania e le Regioni interessate. Art. 12 Convenzioni stipulate dalla regione Le convenzioni che saranno stipulate dalla Regione ai sensi dell'articolo 52 della Legge regionale 9 giugno 1980, n. 57, vengono recepite dalle UUSSLL che gestiscono le strutture presso le quali il personale selezionato sarà destinato. Art. 13 Case di cura private ad indirizzo neuropsichiatrico Le attività di controllo sulle case di cura private ad indirizzo neuropsichiatrico vengono esercitate con le modalità e nei limiti previsti dalla Legge 23 dicembre 1978, n. 833.

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Art. 14 Personale delle strutture psichiatriche private Il personale delle strutture psichiatriche private ad indirizzo esclusivamente psichiatrico che abbiano cessato «ope legis» il convenzionamento con enti pubblici alla data del 31 dicembre 1981, ancora in servizio a rapporto di impiego continuativo alla suddetta data, è temporaneamente utilizzato dalla Regione ai sensi e con le limitazioni di cui al quinto comma dell'art. 64 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. A tal fine la Regione predispone, con atto deliberativo, apposita graduatoria sulla base dei criteri fissati di intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In conformità all'art. 15 del DPR 76111979 al personale compreso nelle graduatorie di cui innanzi è riservato nei pubblici concorsi banditi entro due anni dalla data del 31 dicembre 1981, una aliquota dei posti vacanti messi a concorso nelle posizioni funzionali iniziali dei diversi ruoli fìno al 10% per il personale medico e fino al 30% per il restante personale. Art. 15 Aggiornamento professionale degli operatori della salute mentale Le UUSSLL singolarmente o in collegamento fra loro, provvedono all'aggiornamento professionale degli operatori addetti ai servizi per la tutela della salute mentale. A tale scopo promuovono ed organizzano con personale scelto tra quello del Servizio Sanitario Nazionale o di strutture con esso convenzionate o di centri didattici e culturali, corsi di aggiornamento che devono prevedere una articolazione teorico - pratica. Gli operatori del servizio territoriale dovranno tenere periodiche riunioni di studio ed approfondimento. La Regione è tenuta in atto concrete iniziative per la promozione dello studio, dell'approfondimento teorico e dell'aggiornamento nel campo del disagio psichico dell'organizzazione dei servizi. Art. 16 Orario del servizio Il Servizio per la tutela della salute mentale in tutte le sue articolazioni funziona mattina e pomeriggio. Il Servizio notturno per tutte le richieste dell'utenza è assicurato da

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turni di presenza del personale paramedico e da reperibilità degli altri componenti del servizio dipartimentale. Art. 17 Ai sensi della legge 23 dicembre 1978 n. 833, art. 47 e del DPR20 dicembre 1979, n. 761 art. 35, le UUSSLL sono facultate ad esigere, con provvedimento motivato, il tempo pieno per i servizi previsti dalla presente legge. Art. 18 Ricoveri cli emergenza Nelle more del completamento della rete dei servizi speciali psichiatrici cli diagnosi e cura cli cui all'art. 9, e per indisponibilità temporanea di posti letto negli stessi, ciascuna USL per obiettive necessità assistenziali è autorin.ata ad effettuare ricoveri nell'ambito delle proprie strutture ospedaliere, nel limite temporale dei 5 giorni, avendo cura delle particolari esigenze dei casi da trattare e destinandovi personale del servizio dipartimentale per la tutela della salute mentale. Taie norma, con validità triennale a far data dall'entrata in vigore della presente legge, può essere revocata dalla Regione con provvedimento motivato. Art. 19 Norma transitoria per il funzionamento dei servizi dipartimentali per la tutela della salute mentale In attesa della definizione della pianta organica unitaria al fìne di rendere operanti i servizi di cui all'art. 5, ciascuna USL è dotata di un equipe multidisciplinare costituita: per le UUSSLL con popolazione residente fìno a 100.000 abitanti da: - un medico psichiatra della posizione apicale; - tre medici psichiatri della posizione intermedia; - sette medici della posizione iniziale; - due psicologi; - un sociologo per le UUSSLL fino a 50.000 abitanti; -due sociologi per le UUSSLL da 50.000 a 100.000 abitanti; - tre capi sala; - tre assistenti sociali; - due animatori di comunità;

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- trentasei intermieri; - due tecnici della riabilitazione; - sei inservienti per le sole UUSSLL sedi di servizio speciale psichiatrico di diagnosi e cura e/o sedi di strutture di cui ali,art. 3; - tre aggiunti; - tre applicati. Per le UUSSLL con popolazione residente superiore a 100.000 abitanti, la dotazione organica provvisoria è aumentata di: un medico, un assistente sociale, quattro infermieri, un psicologo e un sociologo. Ciascuna USL, utilizzando il personale della equipe multidisciplinare, deve organizzare per le esigenze dei trattamenti sanitari obbligatori, un servizio di guardia funzionante per tutto rarco delle 24 ore composto da: un medico di guardia e un numero adeguato di infermieri. Detto servizio opera sotto la responsabilità del medico della posizione apicale. Le equipes multidisciplinari dei servizi dipartimentali per la tutela della salute mentale sono formate: a) con il personale di cui è voce ali,art. 51 della legge regionale 9 giugno 1980, n. 57; b) con il personale sanitario e parasanitario di ruolo degli ospedali generali in possesso delle qualifiche di cui innanzi e di cui all,art. 21, addetto ai servizi speciali psichiatrici istituiti dalla Regione che ne faccia richiesta all,Assessorato regionale alla Sanità entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente legge; c) in attesa dell, espletamento dei concorsi previsti dal DPR 20 dicembre 1979, n. 761: 1) con il personale avente diritto in base agli artt. 47, 5° comma, lett. c) della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, e 24 ter, I comma, della Legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33 del DL 20 dicembre 1979, n. 663, già addetto all,assistenza psichiatrica; 2) con il personale delle strutture psichiatriche private di cui ali,art. 14 della presente legge, nei limiti di cui al quinto comma dell,art. 64 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. La destinazione del personale di cui alle lettere a) e b) è effettuata dalla Giunta regionale con i criteri previsti dall'articolo 2 del DM 15 giugno 1978.

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La utilizzazione del personale cli cui alla lettera c) è effettuata con provvedimenti della Giunta regionale, con esclusione del personale dipendente dei comuni, già operante nel campo dei servizi per la tutela della salute mentale, e che è utilizzato nella USL del comune in cui opera. In attesa dei pubblici concorsi ai sensi dell'art. 12 dd DPR 761 / 1979 e comunque non oltre il 31 dicembre 1983, qualora non sia stato possibile riscoprire i posti stessi mediante trasferimenti interni o comandi, in mancama delle graduatorie cli cui all'art. 78 del DPR 761/1979, tenuto conto della urgenza cli garantire l'assistenza in tutto il territorio della Regione e delle eccerionali esigenze, i comitati cli gestione delle UUSSLL indicono ed espletano avvisi pubblici con i criteri cli ammissione e la valutazione dei titoli cli cui al DM 30 gennaio 1982 ex art. 12 DPR 761/1979, per il conferimento di incarichi semestrali non rinnovabili nè prorogabili.

Art. 20 Gestione degli ex ospedali psichiatrici In attesa della realizzazione dd complesso cli strutture e servizi cli cui all'art. 4, che devono costituire l'alternativa agli ospedali psichiatrici, questi ultimi, destinati agli assistiti non dimessi alla datadd 31 dicembre 1981, sono organizzati in modelli assistenziali adeguati ai bisogni terapeutici e riabilitativi, e finalizzati al collocamento dei degenti sul territorio. Le UUSSLL competenti per territorio gestiscono gli ex ospedali psichiatrici con un servizio provvisorio, costituito prioritariamente con personale già operante negli stessi, cosl composto: - un direttore; - un medico igienista; - uno psicologo; - un sociologo; - un primario psichiatra e due aiuti psichiatri fino a 500 assistiti; - due primari psichiatri e tre aiuti psichiatri fino a 1000 assistiti; - tre primari psichiatri e quattro aiuti psichiatri oltre i 1000 assistiti. In relazione alla popolazione assistita: - da due a sei assistenti sociali e da uno a tre animatori cli comunità ;

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- infermieri/ e in rapporto di uno a tre; - inservienti in rapporto di uno ogni 15. Fanno parte del servizio provvisorio anche gli operatori sanitari non psichiatri, gli ausiliari sanitari, i tecnici, gli amministrativi, gli esecutivi, e le altre qualifiche disponibili, rimasti negli ex ospedali psichiatrici dopo l'assegnazione dei contingenti ai servizi per la tutela della salute mentale. In mancanza cli personale si provvede con le modalità di cui all'ultimo comma dell'art. 19. T uno il personale presta servizio temporaneamente nell'ex ospedale psichiatrico in attesa della realizzazione delle strutture alternative territoriali cli cui ali' art. 4, per essere assegnato definitivamente, con i criteri di mobilità indicati nel DPR 761/ 79, correlativamente alla dimissione degli infermi, ad UUSSLL la cui sede disti non oltre 60 Km dalla struttura ex ospedale psichiatrico. Detto servizio provvisorio è integrato da uno o più sanitari distaccati dalle UUSSLL dell'ambito pprovinciale in cui insiste l'ex ospedale psichiatrico. Per l'ex ospedale psichiatrico «Materdonimi» che ospita assistiti della provincia di Avellino, i sanitari di cui innanzi sono distaccati dalle UUSSLL di detta provincia. L'intero servizio attua terapia riabilitativa collettiva ed individuale diretta a sviluppare le potenzialità residue, per la restituzione degli assistiti alla vita esterna. I servizi dipartimentali per la tutela della salute mentale delle UUSSLL interessate dovranno mantenere organici e continuativi con l'ex ospedale psichiatrico in cui si trovino degenti di propria appartenenza territoriale al fine di promuovere una sollecita dimissione o il trasferimento nelle proprie strutture alternative. Il direttore sanitario dell'ex ospedale psichiatrico svolge tutti i compiti igienico - organizzativi previsti dalla legge, cura i rapporti con i servizi territoriali del bacino cli utenza e con essi organizza lo schema di lavoro programmato che dovrà indicare tempi, modi e operazioni necessari per il definitivo svuotamento della struttura. Il servizio medico è assicurato dai primari e dagli aiuti assegnati dalla direzione sanitaria, nonchè dagli assistenti distaccati dalle UUSSLL.

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Il servizio cli guardia è organizzato dal direttore sanitario il quale utilizza anche gli assistenti distaccati dalle altre UUSSLL. In conformità del primo comma dell'art. 64 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, il definitivo superamento degli ex Ospedalieri Psichiatrici è disciplinato nel Piano Sanltario Regionale, in cui sono indicati modalità e termini di chiusura e dovrà avvenire, comunque, entro il 31 dicembre 1989. {1)

{l) Comma così sostituito dallarticolo 1, comma 1 della legge regionale 26 gennaio 1987, n. 1O. Art. 21 Norma transitoria per la neuropsichiatria infantile L'~istenza neuropsichiatrica infantile rientra nei compiti del settore delr ~istenza unitaria all'infanzia e materno - infantile di ciascuna USL. In tale ambito devono ~ere ~icurate in modo integrato le funzioni cli prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Per gli aspetti altamente specializzati cli intervento diagnostico e cli orientamento terapeutico temporaneamente e fino alla adozione del Piano Sanitario regionale le UUSSLL faranno riferimento alle specifiche strutture sanitarie esistenti. L'organin:azione dell'assistenza neuropsichiatrica infantile nei suoi aspetti sanitari sociali e assistenziali, sarà regolata da successiva apposita legge regionale. Art. 22 Norme transitorie per alcuni operatori cli ospedale psichiatrico In prima applicazione della presente legge il ruolo cli direttore del servizio provvisorio dell'ex ospedale psichiatrico è ricoperto dai direttori cli ospedale psichiatrico in servizio nella struttura alla data cli entrata in vigore della presente legge. In caso cli più aventi diritto si applicano le modalità cli cui al DPR 761/79, art. 66 terzo comma. I direttori non collocati, se psichiatri possono optare entro 60 giorni dalla data cli entrata in vigore della presente legge per la direzione dei servizi dipartimentali cli salute mentale. I direttori sanitari non collocati e quelli che non esercitano il diritto cli opzione sono utilizzati temporaneamente dalla USL dove insiste

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l'ex ospedale psichiatrico; agli stessi è garantita la posizione giuridica e cli livello funzionale corrispondente a quella ricoperta nell,ospedale secondo le tabelle cli equiparazione cli cui al DPR 761/79. Il ruolo di medico igienista è ricoperto dagli igienisti degli ospedali psichiatrici in servizio alla data cli entrata in vigore della presente legge. Art. 23 Abrogazione precedenti norme Sono abrogate le norme transitorie per la tutda della salute mentale contenute nella Legge regionale 9 giugno 1980, n. 57, ad eccezione degli articoli menzionati nella presente legge. Art. 24 Ali,onere derivante dalla attuazione della presente legge per il 1983 e per gli anni successivi si farà fronte con gli appositi capitoli denominati: «Interventi per la tutela della salute mentale e interventi per l'assistenza medico - psico - sociale», la cui entità sarà determinata con la legge cli bilancio utilizzando quota parte delle risorse assegnate alla Regione ai sensi della legge 13 dicembre 1978, n. 833 e quota parte cli quelle assegnate ai sensi dell, art. 8 della Legge 16 maggio 1970, n. 281. Art. 25 Dichiarazione cli urgenza La presentelegge è dichiarata urgente ai sensi e per gli effetti dell,art. 127, secondo comma, della Costituzione ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nd Bollettino Ufficiale della Regione Campania. La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania. È fatto obbligo, a chiunque spetti, cli osservarla e cli farla osservare come Legge della Regione Campania. Napoli, 3 gennaio 1983 Fantini