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Teresa de Lauretis è docente di Storia della coscienza all’Università della California a Santa Cruz. Autrice di numerosi saggi sia in inglese che in italiano e tradotta in altre undici lingue, ha già collaborato alla collana “Gender” con Sui generiS (1996). In Italia sono apparsi anche La sintassi del desiderio: struttura e forme del romanzo sve-
Teresa de Lauretis
Soggetti eccentrici
viano (Longo, Ravenna 1976), Umberto Eco (La Nuova Italia, Firenze 1981), Differenza e indifferenza sessuale (Estro, Firenze 1989) e Pratica d'amore (La Tartaruga, Milano 1997).
Feltrinelli
Feltrinelli Editore M i” dizione in “
PerSi.
Introduzione
I saggi qui raccolti, scritti in occasioni diverse tra il 1987 e il 1998, hanno in comune una tematica — i rapporti
tra corpo, genere, sessualità e soggetto — e una problematica: in che termini parlarne oggi, dopo quasi trent'anni di ricerche, dibattiti, proposte, interventi, revisioni e neologismi tramite i quali si è venuto costituendo un nuovo cam-
po del sapere, quello che oggi, in Europa, è detto studi sul genere o gender. Anche in questi saggi dunquesitratta, si parva licet, “di mettere in luce i principi e le conseguenze
di una trasformazione autoctonachesi sta realizzando nel campodelsaperestorico”,! sia pure in un periodo di tempo molto più limitato. Traendo esempio da Foucault, anch'io tento “di definire lo spazio bianco da cui parlo e che lentamente prende forma in un discorso che sento ancora tanto precario, incerto”.?
Accomuna questi saggi, quindi, anche un bisogno di chiarire, di raccontare, di fare memoria. Due di essi — il primo e il terzo - lo assecondano, ripercorrendotesti e contesti con una carrellata, uno sguardo d'insieme retrospettivo. Il secondo e il quarto mettono in primo piano una questione particolare o un caso specifico. I primi
due riguardano direttamente il femminismo, gli ultimi. due il genere, ovvero quel nodo semantico e concettuale che sotto il nome, spesso eufemistico, di genere permette ‘
! M. Foucault 1980, p. 22. 2 Ivi, p. 24.
di parlare del sesso, della sessualità e del corpo in ambito accademico, letterario e filosofico. Eufemismo peraltro risibile a fronte del carnevale massmediatico e dei talkshow televisivi. La disposizione dei quattro capitoli rispecchia l'ordine cronologico di scrittura dei saggi. Soggetti eccentrici, scritto nel 1987, fu pubblicato nella versione americana nel 1990. Hodeciso di farne una versione italiana, dopo tanti anni, perché me ne hannofatto richiesta più persone che lo hannoletto in inglese o in traduzioni parziali oppure ne hanno avuto riassunti alcuni brani da altre. Il saggio riattraversa i testi portanti del femminismo angloamericano per identificare i momentidi rottura, di impasse e di svolta nella coscienza politica delle donne, momenti che hanno segnato il passaggio da una critica femminista, impegnata e attiva in tutti i campidel sapere,al costituirsi di una teoria femminista con un proprio campo discorsivo ed epistemologico. Chi parla in esso,ossia il soggetto dell'enunciazione nel discorso teorico femminista, è un soggetto eccentrico. O così mi è piaciuto immaginarlo.
Eccentrico rispetto al camposociale, ai dispositivi istituzionali, al simbolico, allo stesso linguaggio, è un soggetto che contemporaneamente rispondee resiste ai discorsi che lo interpellano, e al medesimo temposoggiace e sfugge alle proprie determinazioni soeiali. Un soggetto capace di disaffiliarsi dalle sue stesse appartenenze e conoscenze acquisite, dunquedisidentificato dalle formazioni culturali dominanti ma anche critico e autodislocato rispetto a quelle minoritarie con pretese egemoniche, tra le quali includerei un certo femminismo omologato o accomodan-
te, razzista o perbenista. Un soggetto che sa di costituirsi nel corso di una storia semprein fieri, in un processo di interpretazione e di riscrittura di sé a partire da un'altra cognizione del sociale, della cultura, della soggettività. È
questa posizione mobile, multipla, precaria, inevitabilmente compromessa ma assolutamente nuova nel pensiero occidentale, cui do il nomedi soggetto eccentrico, che
vedo articolarsi nei testi presi in esame nel primo capitolo,
inscritta in figure concettuali diverse. Il secondocapitolo è un intervento nel dibattito femminista in Italia. Anche questo saggio, scritto nel 1996, in modo analogo al primoattraversa testi a mio parere esemplari, che rappresentano posizioni emergenti e svolte impreviste nel femminismo italiano degli anni novanta. Irriducibilità del desiderio e cognizione del limite riprende alcuni temi di Soggetti eccentrici ripensandoli nel confronto con le recenti derive della teoria femminista in Italia. Il confronto verte sui nessi tra genere e differenza sessuale, identità e politica, sessualità e desiderio. Due questioni, in particolare, vengono messe a fuoco: quella dell’eterosessualità comeistituzione sociale, e del modo in cui debba essere distinta sul piano teorico dal desiderio e dal comportamento sessuale dei singoli individui; e quella della soggettività, ovvero se il desiderio, portatore di negatività e di non coerenza,noncostituisca il limite, piuttosto cheil
trionfo, della soggettività e della politica delle donne. Il terzo capitolo traccia per sommicapil'emergere nelle università nordamericane, dagli anni settanta in poi, di
pratiche di ricerca e di insegnamentoche,sotto la spinta di istanze politiche ed epistemologiche, hanno dato vita non solo a nuovi oggetti ma anchea nuovi soggetti del sapere. Il saggio s'intitola La nemesi di Freud perché la costellazione di studi interdisciplinari così costituitasi, con vicendealterne nell'arco degli ultimi trent'anni, è contrassegnata da una forte e continua ambivalenza nei confronti di Freud. La psicoanalisi ha svolto un ruolo fondamentale, vuoi di protagonista vuoi di antagonista, nei primi women studies e in particolar modo nella critica femminista della rappre-
sentazione visiva e nella teoria del cinema. Per quanto
osteggiata poi, negli anni ottanta, da quei settori dei gender
studies nordamericanivicini alle metodologie quantitative delle scienze sociali, e ancora negli anni novanta,dall’entusiasmo tecnicistico per le biotecnologie, le teorie di Freud non hanno maicessatodiattrarre, intrigandolo e/o irritandolo, il pensiero critico. Anzi, in quest'ultimo decennio
hanno avuto unaspecie di rinascita in due campidi ricerca che se ne erano tenuti a distanza, l'uno polemicamente, quello dei lesbian and gay studies, e l’altro per la presunta incompatibilità della psicoanalisi con il proprio progetto
1. Soggetti eccentrici* ,
(983--90)
critico, l’analisi del (post)colonialismo. Ma è proprio in
quest'ultimo campo,i postcolonial studies o diaspora studies, che la rilettura dell’opera di Frantz Fanonnegli anni novanta ha portato la teoria dell’inconscio e della produzione fantasmatica all'attenzione di una nuova generazione
dilettori e dilettrici. Il quarto capitolo tratta degli attuali sviluppi nel discorso sul genere, tra cui il termine di nuovo conio trans-
gender e il rapporto tra genere, sesso e corpo. Quest'ulti-
mo,in particolare, viene analizzato in un caso di transessualità mettendoa confronto due diverse prospettive teoriche e analitiche, quella fenomenologica e quella semiotica. In Sintomatologia dei generi riprendol'ipotesi avanzata in Pratica d'amore (1997) che la teoria semiotica degli inter-
pretanti di C.S. Peirce serva da ponte concettuale tra la visione metapsicologica del mondo interiore dataci da Freud e l’analisi foucaultiana delle pratiche discorsive e dei meccanismi istituzionali che insediano la sessualità nel soggetto sociale. Qui, sovrapponendo i concetti peirciani di interpretante e di abitudine a un'analisi fenomenologica del rapporto tra corpo e genere, ho voluto fare un esempio concreto di comesi insedia il genere nel corpo,
producendoperil soggetto un corpo ingenerato. L'analisi mostra che il corpo non è, come generalmentesi suppone, l'origine o la causa dell’appartenenza di genere, ma ne è invece un sintomo. Tra corpo e genere, in altre parole, non
Nel pensiero femminista il termine “coscienza”è in bilico sul confine che congiunge e allo stesso tempo distingue termini opposti in diversi campiteorici: soggetto e oggetto,
sé e altro/altra, privato e pubblico, oppressionee resistenza, dominazione e capacità di agire, e così via. Nei primi anni
settanta, al suo primo tentativo di autodefinirsi, il femminismo pose la domanda: “Chi o che cosa è una donna? Chi o che cosa sono io?”. E nel porre questa domandail femminismo — un movimento sociale delle donne per le donne — scoprì l'inesistenza della donna; ovvero,il paradossodi un essere cheè allo stesso tempoassentee prigioniero nel discorso, di cui continuamente si discute pur rimanendoesso,di per sé, non esprimibile; un essere spettacolarmente esibito
eppure non rappresentato o addirittura irrappresentabile, invisibile e tuttavia costituito come oggetto e garanzia della visione: un essere la cui esistenza e specificità vengono a un
tempo affermate e negate, messe in dubbio e controllate.! * Questo saggio è la versione italiana, da me tradotta e in parte
c'è un rapporto semplice o lineare di causa a effetto o di originea telos, bensì una rete di passaggi, traduzioni, illa-
riscritta, di un mio saggio dal titolo Eccentric Subjects, scritto in inglese
zioni e influenze reciproche. L'autoattribuzione di genere,
nella versione americanae a Ilaria Sborgi per una prima bozza di tradu-
quindi, è un accumulo di abitudini, inclinazioni, rimozioni e fantasmi che nonsi attaccano a un corpooriginario,
già dotato per natura di una sessualità e di un genere sessuale, ma producono al medesimo temposia un corpo per il soggetto sia un soggetto per quel corpo. 10
nel 1987 e pubblicato sulla rivista statunitense “Feminist Studies”, 16, 1990, pp. 115-150. Sono grata a Liana Borghiper averlo diffuso in Italia zione circolata in manoscritto. ! Per la distinzione tra “donna” (o Donna) e “donne” — distinzione cruciale ai fini di comprendere lo statuto delle donne nei discorsi dominanti della cultura occidentale — si veda il miolibro Alice Doesnt: Feminism, Semiotics, Cinema [T. de Lauretis 1994], pp. 5-6), due capitoli del quale
sono oratradotti in Sui generis. Scritti di teoria femminista (T. de Lauretis 11
In un secondo momento di autoriflessione, nel porsi
che caratterizza il movimento e la teoria di un soggetto
i
questa stessa domanda,il femminismosi è reso conto di comeuna teoria femminista debbapartire da questo paradosso e affrontarlo direttamente. Poiché se la costituzione del soggetto sociale dipende dal nesso linguaggio/soggettività/coscienza — se, in altre parole, ciò che è personale è politico, dato cheil politico diventa personale attraverso i suoieffetti soggettivi nell'esperienza del soggetto — allora l’ambito del sapere femminista,l'oggetto teorico, il metodocritico e le modalità di conoscenza che vogliamo rivendicare come femministi, sono essi stessi intrappolati nel
eccentrico.
ufficiale e tuttavia imprigionati al suo interno, oppure relegati in una stanza tutta per loro ma non riconosciuti nella propria specificità. In ciò precisamente consistono la peculiarità del discorso teorico e il portato epistemologico del femminismo:il suo stare contemporaneamente dentro e fuori, ovvero eccedere, le proprie determinazionisociali e discorsive. La con-
così comei termini “coscienza” o “soggetto”, al singolare per indicare non una prospettiva singola e unificata bensì un processo di conoscenza che si modifica a seconda della
paradosso “donna”. Sono,cioè, esclusi dal discorso teorico
sapevolezza di questa sua particolare natura segna un terzo
momentoper la teoria femminista. Nelle pagine che seguono individuerò quattro punti che a mio avviso costituiscono lo stadio attuale di ripensamento ed elaborazione di nuovi termini:
1) la riarticolazione del soggetto, ora concepito come mobile o molteplice, ossia organizzato attraverso coordinate variabili di differenza; 2) il riesame delle relazioni tra forme di oppressione e modalità di conoscenza formale, cioè delfare teoria; 3) l'emergere di una concezione della marginalità come posizione politica e dell'identità come disidentificazione; 4) l'ipotesi di un autodislocamento, al tempo stesso sociale e soggettivo, esterno e interno, politico e personale,
1996a). In uno di questi, Semiotica ed esperienza, vengono introdotti e
discussi i concetti di esperienza, soggettività e (auto)coscienza che sono
di particolare rilevanza tanto per questo saggio quanto per la teoria femminista. 19
Tali elaborazioni dovrebbero dissipare la visione di un femminismo al singolare, unificato o nelle sue strategie
retoriche e politiche o nei suoi termini di analisi concettuale. Eppure questa visione è ancora prevalente in ambi-
to accademico nonostante l'enfasi attualmente posta sulle differenze, enfasi che produce un numero indefinito di femminismiibridi o variamente aggettivati (femminismo
bianco, nero, terzomondista, ebreo, socialista, marxista, liberale, culturale, poststrutturalista, psicoanalitico, e così via). Qui, tuttavia, userò il termine “teoria femminista”,
specificità storica ed è segnato dalla presenza simultanea,
e spesso contraddittoria, di quelle differenze in ciascuna delle sue istanze e delle sue pratiche. Un processo di conoscenza che,di volta in volta, cerca di dar conto del proprio
posizionamentoideologico. Il paradosso “donna” “L'umanità è maschile,” scriveva Simone de Beauvoir in Il secondo sesso (1949), “e l’uomo definisce la donna
nonin quantotale main relazionea se stesso; non è considerata un essere autonomo.[...] Egli è il Soggetto, l’Assoluto: lei è l’Altro.”? E per sottolineare ulteriormente questo punto, Beauvoir citava Emmanuel Lévinas: “L'alterità si compie nel femminile, un terminediparilivello ma di senso opposto alla coscienza. [...] Non potrebbe darsi allora
unasituazionein cuil’alterità segnasse inconfondibilmente la natura di un essere, comesefosse la sua essenza, un'istanza di alterità che non consistesse puramente e sempli2 S. de Beauvoir 1984, p. 16. I successivi riferimenti a quest'opera sarannoinclusi nel testo.
cemente nell’opposizione di due specie dello stesso genere? Pensocheil femminile rappresenti il contrario nel suo senso assoluto” (p. 28 nota). Viene da chiedersi: come è
possibile che la donna, da un lato definita in relazione all'uomo, sebbene come essere inferiore o come “uomo imperfetto”, sia allo stesso tempo considerata la rappresentazionedell’alterità in senso assoluto?
Per Beauvoir “la categoria dell'Altro ha origini remote quanto la coscienza stessa”, o, in altre parole, “l'Alterità è
una categoria fondamentale del pensiero umano”. È nel pensiero di Hegel che Beauvoir trova il senso di una “ostilità” della coscienza nei confronti dell’altro/altra: “Il soggetto si pone solo opponendosi — vuole affermarsi come
essenziale e costituire l’Altro in inessenziale, in oggetto” (p. 17). Quindi, continua Beauvoir, nel tentativo di negare qualsiasi reciprocità fra soggetto e oggetto, il soggetto
(maschile) della coscienza pone la donna come oggetto in una dimensione di alterità radicale; ma poiché continua ad avere bisogno di lei come “sesso”, ovvero comefonte di
desideri sessuali oltre che di prole, il soggetto maschile rimane legato o vicino alla donna, e così pure lei a lui, per un bisognoreciproco nondissimile a quello tra padrone e servo. Da qui la definizione paradossale della donna come essere umano fondamentalmente essenziale per l'uomoe allo stesso tempo oggetto inessenziale e radicalmente altro.3 Allora Beauvoir si chiede: perché la donna accetta lo status di oggetto? Da dove viene la sottomissione o la complicità che la rende “incapace di rivendicare lo status di soggetto” e che le fa abbandonare ogni aspirazione a una 3 Ugualmente paradossale è la definizione della donna data da Lévi-
Strauss in Le strutture elementari della parentela, in origine, pubblicato anch'esso nel 1949, come Il secondo sesso: le donne sono sia soggetti umani sia oggetti di scambio tra gli uomini, sono sia parlanti che segni del linguaggio (la parentela) con cui gli uomini comunicanogli uni con
gli altri attraverso le generazioni, creando la cultura. Beauvoirinfatti ringrazia Lévi-Strauss per averle permessodi leggere quest'opera in bozze e dice di averla usata “liberalmente” nella seconda parte di // secondo sesso. 14
coscienza propria? Anchese il bisogno reciproco è “ugualmente urgente” sia per l’uomo sia per la donna, come afferma Beauvoir del bisogno del padrone e del servo, tale bisogno torna sempre “a favore dell'’oppressore contro l’oppresso” (p. 19). A questa domanda Beauvoir risponde che il vincolo che unisce la donna al suo oppressore non è paragonabile ad alcun altro legame (come per esempio quello tra proletariato e borghesia, o quello tra lo schiavo negro in America e il suo padrone bianco) inquanto non può maiessere spezzato, perché “la divisione dei sessi è un dato biologico, non un momento nella storia umana x
[...] nessuna frattura della società in sessi è possibile” (pp. 18-19). In questo consiste, per Beauvoir, “il dramma della donna, [il] conflitto tra la rivendicazione fonda-
mentale di ogni soggetto che si pone sempre comeessenziale e le esigenze di una situazione chefa di lei un'inessenziale” (p. 27).
Per chi legge oggi questo testo sorgono varie domande: chi conferisce a Beauvoir il ruolo !di soggetto nel suo discorso sulla donna? Chetipo di coscienza può rivendicare Beauvoir nella prospettiva di un umanesimoesistenzia-
lista se non la stessa coscienza che oppone il soggetto all'oggetto, a meno che la donna non possaessere recuperata dalla parte del soggetto e riconosciuta. a pieno titolo come “membro della razza umana”, mentrel’alterità radicale è dislocata altrove? È sufficiente che lei e pochealtre donne, “che hanno avuto la fortuna di vedersi restituite le prerogative dell'essere umano”, possano permettersi “il lusso dell’imparzialità” (p. 26) e siano quindi “capaci di spiegare la situazione della donna” con un atteggiamento “obiettivo” e “distaccato”? In una prospettiva femminista contemporanea distacco e imparzialità non hanno più senso, eppure queste domande sono ancora valide. Da un lato, la risposta data dalla storia non è a favore di Beauvoir: la storia del femminismo,con i suoi compromessi, la sua arroganza razziale, le sue zone d'ombrasia concettua-
li sia ideologiche, ha reso le risposte a tali domande dolorosamente esplicite. Dall'altro lato, però, una teoria fem15
minista cosciente di sé e della storia non può ignorare il paradosso né prescindere dalla contraddizione che queste
domanderivelano in quello che è diventato uno deitesti classici del femminismo. Per le donneil paradosso della donna non è una contraddizione apparente o illusoria ma una contraddizione vera e propria. Come sostiene Catharine MacKinnon, in
quella che sembrerebbe una risposta diretta a Beauvoir, il femminismo è unacritica della dominazione e del punto di vista maschile che “si è imposto sul mondoe checontinua a imporsi sul mondo comesua modalità di sapere”. Il genere stesso, prosegue MacKinnon, non è tanto una questione di differenza (sessuale) quanto un esempio di tale
dominazione; e fare appello alla biologia come “dato di fatto” che determina la specificità sessuale della donna è conseguenza ideologica di una modalità del sapere maschile, la cui posizione epistemologica di obiettività riflette non solo l'abitudine del soggetto occidentale di controllare attraverso l’oggettivazione (l’“ostilità” della coscienza di Beauvoir), ma anchedi erotizzare l’atto stesso del controllo. In questo senso, “erotizzare la dominazio-
ne e la sottomissione crea il genere. [...] Sotto il dominio della supremazia maschile, l’erotico è ciò che definisceil sesso comediseguaglianza, quindi comedifferenzasignificativa. L'oggettivazione sessualizzata è ciò che definisce le donne in quanto, e soltanto, sessuali”.4 In un altro saggio
MacKinnoncita la descrizione dell’oggettivazione sessuale data da John Berger in Ways of Seeing, e non a caso estende l’analisi al campo della visione. Una donnadeve costantemente guardarsi. È quasi costantemente accompagnata dalla propria immaginedi sé. [...] fino a considerare la parte di sé che osserva e quella che si sente osservata come i due elementi costitutivi, sebbene sempre distinti, della propria identità di donna. [...] Gli uomini guar-
dano le donne. Le donne si guardano essere guardate. Ciò 4 €. MacKinnon1987, p. 50. La traduzione di questi passi e di tutti quelli successivi citati da opere in inglese è mia. 16
determina nonsolo la maggiorparte dei rapporti tra uomini
e donne maancheil rapporto tra le donnee se stesse. La par-
te della donnache si osserva è maschile: la parte Ghe si sente osservata è femminile. Così la donnasi trasformain oggetto —
e più precisamente in un oggetto di visione: una veduta.5
È l’oggettivazione, dunque, che costituisce la donna comeessere sessuale, instaurando la sessualità al centro
della realtà materiale della vita delle donne, diversamente
da quanto affermail determinismobiologico, peril quale è la differenza sessuale che definisce la donna e causala sua oggettivazione. Ma anche diversamente da quanto sostiene un certo culturalismo femminista, per il quale è la rappresentazione culturale di quella differenza sessuale, o specificità sessuale, della donna a causarne l’oggettivazione in una cultura dominata dal maschile. È inveceil fatto di erotizzare la dominazionee la sotto-
missione, dice MacKinnon, che contemporaneamentecosti-
tuisce quella specificità sessuale come “differenza” e come qualcosa di erotico. In altre parole, l’oggettivazione, l’atto
del controllo, definisce la differenza della donna (la donna comeoggetto, comealtro); allo stesso tempo,l’erotizzazione
dell'atto del controllo definisce quella differenza comediffe-
renza sessuale (erotica), e quindi “le donne in quanto,e soltanto, sessuali”. È in questa presenza materiale, costitutiva,
della sessualità come oggettivazione e auto-oggettivazione (“la donnasi trasforma in oggetto - e più precisamente in un oggetto di visione”) che MacKinnonindividuala specificità della soggettività e della coscienza femminile. Io
aggiungerei, però, che proprio questo continuo trasformar-
si della donna da soggetto in oggetto in soggetto è ciò che ponele basi, per le donne, di un diverso rapporto conl’erotismo, la coscienza e il sapere.
i
Le relazioni tra dominazione,sessualità e oggettivazione nella “modalità del sapere” maschile, e la possibile configurazione di un puntodi vista epistemologico e ontologi‘
5 J. Berger 1972, citato in C. MacKinnon 1982, p. 26.
co femminile sono poste da Nancy Hartsock in termini a prima vista simili a quelli di MacKinnon, ma di fatto
divergenti. Entrambele scrittrici partono da Marx, considi derando i concetti marxisti di lavoro e sfruttamento,
oppressionediclasse, e di prospettiva di classe (proletariato) come direttamente pertinenti alla teoria femminista. Per Hartsock, “così come la cognizione del mondo dal puntodi vista del proletariato ha permesso a Marx di scavare a fondo nell’ideologia borghese, un punto di vista femminista (feminist standpoint) ci può aiutare a com-
prendere le istituzioni e le ideologie patriarcali come inversioni perverse di rapporti sociali più umani” .6 Secondo MacKinnon “il marxismoe il femminismo sono teorie
del potere e della sua distribuzione ineguale. Descrivono come delle situazioni sociali di disparità strutturata possa-
no essere internamente razionali eppure ingiuste”. Tutta-
via, mentre Hartsock assume la posizione metateorica di Marx (ovvero che solo la prospettiva della classe oppressa puòrivelare i veri rapporti sociali e quindi portare a cambiarli) e cerca di tradurre la nozione di punto divista del proletariato in un punto di vista femminista basato sulla “divisione sessuale del lavoro”, MacKinnon poneun parallelismo metateorico tra le due teorie basato sui termini che inscrivonole relazioni del soggetto con il potere e con la coscienza: “La sessualità sta al femminismo comeil lavoro sta al marxismo: ciò che è più proprio e tuttavia maggiormente espropriato”.” Da queste premesse i percorsi delle due studiose divergono. L'analisi di Hartsock della divisione sessuale del lavoro,
in cui “le donne sonoistituzionalmente responsabili della
produzione sia di beni materiali sia di esseri umani”, è accompagnata da un esame dello sviluppo psicologico umano mutuato a grandi linee dalla teoria delle relazioni d’oggetto. Questo la porta a dichiarare che le donne sono comei lavoratori, anzi meglio o di più: “Le donne e i lavo6 N.C.M. Hartsock 1983, p. 284. 7 €. MacKinnon 1982, p.12. 18
ratori vivono in un mondoin cui il cambiamento ha più
rilievo della stasi, un mondocaratterizzato più dall’interazione con sostanze naturali che non dalla separatezza dalla natura, un mondoincuila qualità è più importante della quantità, un mondoin cuil’unione di mente e corpo è inerente alle attività svolte”. Tuttavia, poiché le donne (ri)producono anche gli esseri umani, tale attività permette loro un esperienza più intensa, specificamente femmini-
le di continuità e relazione tra corpo e mente, sia con gli altri sia con il mondonaturale”; e tale esperienza fornirebbe la “base ontologica per sviluppare una sintesi sociale non-problematica”. Lo scenario di Hartsock fa intravedere un lieto fine, nonostante il suo percorso passi per un sentiero inesplorato verso un’utopia traballante: “Generalizzare l’attività delle donneall’intero sistema sociale farebbe
sorgere, per la prima volta nella storia umana, la possibilità di una comunità completamente umana, una comu-
nità strutturata dalla connessione piuttosto che dalla separazione e dall’opposizione”.8 Hartsock termina citando Marx, emendato dall'inserimento delle donne al posto
degli uomini.
Il percorso di MacKinnon, invece, finisce nel postmarxismo, ripiegando la critica marxista su se stessa in
uno scenario di lotta continua da parte di quello chesi
potrebbe definire un soggetto-in-processo nel qui e ora.
Il femminismo sta al marxismo comeil marxismostaall’eco-
nomiapolitica classica: ne è la conclusionee la critica definitiva. Rispetto al marxismo, il posto del pensiero e quello delle cose vengono capovolti sia nel metodosia nella realtà, in una presa di potere che penetrail soggetto con l'oggetto la teoria
con la pratica. In un doppio movimento,il femminismo mette il marxismosottosoprae alla rovescia.?
Nel punto in cui questi due percorsi divergono sta la sessualità e il suo rapporto con la coscienza. Sebbene ‘
8 N.C.M. Hartsock 1983, pp. 291, 290, 303, 305. ? €. MacKinnon 1982, p. 30.
n”
nale, in contatto con la concretezza dei valori d’uso e le
necessità materiali, in un rapporto di continuità e connessione congli altri e con il mondo naturale,e quindi si contrapponeall’“esperienza maschile” che è invece quella di una “mascolinità astratta”.!° “L'unione profondatra lavoro mentale e manuale, tra il mondo sociale e quello naturale” che caratterizza il lavoro delle donne e “la costruzione femminile del sé in relazione agli altri” (e quindi la prospettiva femminista che ne deriva) “viene dal fatto che i corpi delle donne, a differenza di quelli degli uomini, pos10 Una versione riveduta di questo saggio del 1983 è ristampata nel capitolo 10 del libro di Hartsock, Money, Sex, Power (1985). Quila ses-
di signisualità viene definita in senso lato come “unaserie di pratiche e ati dai struttur volta loro ficati culturali e sociali che strutturano e sonoa go sociolo del tà sessuali sulla studi gli rapporti sociali”. L'autrice elenca
Jeffrey Weeks, dello psicologo Robert Stoller, delle antropologhe Sherry Ortner e Harriet Whitehead,e il dibattito tra Adrienne Rich e Ann Fergusi ritiene son sull’eterosessualità obbligatoria (di cui parlerò più avanti) e
così esonerata dal definire cosa intenda per sessualità; non le pare neces-
teorici in sario entrare nei dettagli della “posizione” sostenuta da questi indicare “per lavori loro ntoai riferime fare contesti diversi e si limita a
Ma che sottoscrivo le loro argomentazioni in linea di massima”(p. 156).
hanno in è evidente che l’unica “posizione” che tali fonti eterdgenee un luogo ormai comuneè il loro minimo denominatore, ossia l'idea — che pagine Dalle e. cultural comune — che la sessualità sia costruzione impoe definita è tà sessuali la k Hartsoc seguono si capisce, però, che per uomini sia sta da un eros maschile e negativo che è condiviso sia dagli violendalla ata struttur è tà sessuali “la cui in età unasoci in dalle donne Hart, dunque za, dalla dominazione e dalla morte” (p. 178). A questa,
sock opponeil potenziale per “una comunità pienamente umana” intrindi seco all'esperienza femminile di una sessualità materna (p. 256) e
di intratfusioneerotica con il partnersessuale (p. 257), e alla “capacità state essere di erienza dall'esp e provien che altri gli con i tenere relazion materna al sta allevate da una donna” (p. 158). Insomma, la mascolinità in vita, la morteal la ge comel’astratto al concreto, la violenza al nutrire, sessuaunaserie di opposizioni binarie costruite sulla coppia primaria:
lità maschile/non riproduttiva vs. sessualità femminile/riproduttiva.
sh ties ifliari
Hartsock non usi la parola “sessualità” nel saggio citato, dice tuttavia che la specificità delle donne in quanto esseri sociali consiste nel loro lavoro riproduttivo, nella maternità, che rende “l’esperienza femminile” sensuale, relazio-
sono essere essi stessi strumenti di produzione”. Ciò che
permette alle donne un puntodivista vero, e il potenziale per una comunità “completamente umana” in un mondo di relazioni socio-sessuali “perverse”, afferma Hartsock, è il fatto che esse sono culturalmente costruite come madri in base alla produttività specifica dei loro corpi, alla loro sessualità biologica. Similmente, sebbene la parola “coscienza” non appaia nel saggio, è implicita nella nozione di puntodi vista (feminist standpoint) come visione impegnata, una visione raggiungibile (solo) dagli oppressi ma che va conquistata con la lotta. Scrive Hartsock: “Uso qui il termine ‘femminista’ invece di ‘femminile’ per indicare sia che un puntodi vista deve essere conquistato, sia che un punto di vista, per definizione, comporta un potenziale liberatorio”.!! Nella visione di questa studiosa, quindi, la sessualità e l’autocoscienza delle donne stanno in un fap porto diretto, non contraddittorio di quasi sinonimia. Entrambe sono incluse nell'attività del fare la madre (maternage), ed entrambe sono in tale attività sfruttate. Cosa trasformil’esperienza femminile in coscienza femminista, cosa produca tale coscienza, non viene spiegato. MacKinnon, invece, mette in rilievo proprio la coscien-
za come prodotto e forma della pratica femminista,origine della prospettiva o del metodo femminista e punto di divergenza tra femminismo e marxismo. “L'autocoscienza è la principale tecnica analitica, struttura organizzativa modalità di pratica, e teoria del cambiamentosociale del
movimento delle donne.” Attraverso la presa di coscienza, ovvero mediante “la ricostruzione critica collettiva del significato dell'esperienza sociale delle donne, così come le donne la vivono”, il femminismo ha dato alle donne la possibilità di vedere comela propria identità sociale e ses-
suale sia insieme qualcosa di costruito dall’esterno e qualcosa di interiorizzato. Per poter rendere conto della coscienza delle donne (e a mag-
gior ragioneperdiffonderla) il femminismo deve comprende-
!! N.C.M. Hartsock 1983, pp. 299, 289.
re che il potere maschile produceil mondo primadi stravolgerlo. [...] Prendere coscienza vuol dire guardare in faccia il
potere maschile in questa dualità: totale da un lato,illusorio dall'altro. Nel creare coscienza, le donne apprendono di aver
imparato che gli uomini sono tutto, che le donnesono la loro negazione, ma chei sessi hanno uguale valore. Il contenuto del messaggio si rivela allo stesso tempoveroe falso. [...] Le loro catene diventanovisibili, la loro inferiorità - la loro dise-
guaglianza - si rivela essere un prodotto della sottomissione e uno dei modiin cui tale sottomissione viene loro imposta.!?
Se il prendere coscienza è visto come metodo femminista, la differenza di tale metodo da quello del materialismo dialettico costituisce una divergenza fondamentale tra le
due teorie poiché è “il metodo [che] formala visione della
realtà sociale” proposta dall’una e dall’altra teoria. A diffe-
renza del materialismo dialettico che “ponee si riferisce a
unarealtà al di fuori del pensiero” e che separa la teoria comescienza “pura” dal pensiero situato, in quanto que-
st'ultimo non è mai immunedall’ideologia, la coscienza femminista pone e si riferisce a una realtà, l’esistenza socio-sessuale delle donne, che è “un misto di pensiero e
materialità”, e cerca di conoscerla “attraverso un processo che condivide la sua determinazione: la coscienza delle
donne, non come idee individuali o soggettive, ma come
di classe possono essere personali, senza esserlo di meno
peril fatto di essere allo stesso tempocollettive”.!13 Quest'ultima osservazione è particolarmente significativa in vista dei tentativi fatti dalla teoria marxista persta-
bilire il legametra ideologia e coscienza nel campodella soggettività. Lo stesso Althusser, nel proporre la costruzione del soggetto da parte degli apparati ideologici di stato, rilancia la scommessadi una possibile integrazione di marxismo e psicoanalisi e apre uno spazio speculativo in cuile relazioni sociali di classe possono essere ripensate in concomitanza con le relazioni di genere e di razza. Purtroppo questo aprirsi della teoria marxista alla questione del soggetto, definito da Althusser in termini lacaniani, si è risolto nella riaffermazione di un sapere scien-
tifico (teoria) non toccato dall’ideologia o dalle pratiche, con la conseguente espulsione della soggettività dal sapere, da cuiil contenimentodel soggetto nell’ideologia e della coscienza nella falsa coscienza.!4 Il suggerimento di MacKinnon secondo cui la coscienza femminista può cogliere gli effetti soggettivi o individuali delle relazionidi classe o di razza, così comecoglie gli effetti individuali e tuttavia collettivi delle relazioni di genere, mi sembra più
promettente e consonoalla posizione del soggetto femminista in relazione all'ideologia del genere, di cui ho scritto
nalisi di) una realtà oggettiva, ma si rivolge all'interno, verso “la ricerca di coscienza”; e in questo modo “diventa
in un altro saggio.!5 Mentre MacKinnon prendele distanze dalla psicoanalisi, Hartsock trae la tesi che “le donne si definiscono ed esperiscono se stesse in modorelazionale mentre gli uomini no” dalla teoria psicoanalitica delle relazioni d’oggetto, nell'interpretazione datane dalla sociologa Nancy Chodorow.!6 Però è la nozione di sessualità di MacKinnon che
relazioni di genere sono unfattocollettivo e non semplicemente personale, tanto quantolo sonolerelazionidi classe”, questo può allora dimostrare che “anche le relazioni
14 Per Althusser, si vedano Freud and Lacan e Ideology and the Ideological State Apparatuses, in Althusser 1971; peril dibattito postalthusseriano sulla teoria del discorso si vedano J. Henriqueset al. 1984 e il lavoro ‘
entità sociale collettiva”. In altre parole, il metodo femminista “sta dentro le proprie determinazioni per svelarle, e le critica appunto per valutarle nei propri termini, anzi, le critica proprio per definire i propri termini”. Ne consegue che la teoria femminista nonè volta all’esterno, verso(l’a-
una forma di pratica politica” (p. 13). Infine, scrive MacKinnon, se “il creare coscienza ha dimostrato che le
12 €. MacKinnon 1982, pp. 5, 29, 28. 22
13 Ivi, pp. 13, 29.
della rivista inglese “Ideology and Consciousness”. !5 T. de Lauretis, La tecnologia del genere, in de Lauretis 1996a. 16 N.C.M. Hartsock 1983, p. 295.
plicità ideologica (preconscia). Porre problemi come questi, che sono stati al centro della critica femminista della rappresentazione nel cinema, nella letteratura, nei mass media e nelle arti, ha dato
alla teoria femminista gran parte del suo spessore, specialmente per quanto riguarda la comprensionedel ruolo centrale della sessualità sia nei processi di soggettivazione femminile sia nella formazione di identità sociale delle donne. Per esempio, ha contribuito a slegare la sessualità (per nondire il piacere) femminile dal letto di Procuste della riproduzione in cui era confinata, o in nome della maternità o in nome del lavoro, dai fini del patriarcato.
Interrogarsi sulla sessualità femminile e sull'identità psico-socio-sessuale delle donne ha voluto dire interrogare, in primis, la psicoanalisi neofreudiana, che era l’unico
discorso teorico che si prestasse ad articolare i termini di unasessualità femminile indipendente dalla riproduzione o dal destino biologico.Il fatto che la teoria psicoanalitica di per sé rimanga incapace di immaginare — tanto più
descrivere — le modalità e i processi di una sessualità femminile autonoma da quella maschile, è reso esplicito negli scritti di femministe neofreudiane o lacaniane!” così come in quelli basati sulla teoria delle relazioni d’oggetto.!8 Ciò nonostante, se la fragilità concettuale e il conservatorismo politico delle nozioni di sessualità e soggettività femminili proposte da questi ultimi fanno crollare la teoria del punto di vista femminista (feminist standpoint) di Hartsock,
anche l’argomentazione di MacKinnon che il ruolo della sessualità è determinante nell’esistenza materiale delle !7 Per esempio, L. Irigaray 1974; J. Mitchell 1976; J. Rose 1986;I.
donnee nella loro definizione di sé, mancadello spessore teorico che le potrebbe provenire dal progetto psicoanalitico femminista di comprendere in che modo normesociali
oppressive vengano interiorizzate, permanganoe si ripro-
ns iiiraiti palio
di sé, il conflitto tra rappresentazione e autorappresentazione, le contraddizioni tra coscienza femminista e com-
point dpi
affronta, o almeno mette in campo, problemi quali identità e identificazione, le relazioni tra soggettività e sottomissione, tra oggettificazione e immagine(interiorizzata)
ducanonella soggettività femminile. Il contributo specifico della psicoanalisi neofreudiana a tale comprensione risiede, come sottolinea Juliet Mitchell, nel concetto di inconscio: Il modoin cui noi percepiamo come“idee” le leggi necessarie
alla società umana non è tanto conscio, quanto piuttosto inconscio; il compito specifico della psicoanalisi è quello di decifrare il modo in cui acquisiamo nel nostro inconscio il patrimonio ereditario delle idee e delle leggi della società umana; o, per dirla in altro modo, la mente inconscia il
modoin cui acquisiamotali leggi.!9
Commentando questo passo nel contesto della storia conflittuale di femminismo, psicoanalisi e marxismo, Jacqueline Rose sostiene che, se la psicoanalisi può essere vista “comel’unico modoper spiegare i meccanismiesatti per mezzodeiquali i processi ideologici sono trasformati,
attraverso i soggetti individuali, in azioni e convinzioni
umane”, è perché la psicoanalisi, come il marxismo, vede quei meccanismi determinanti, sì, ma tali da lasciare sempre undi più, qualcosa cheli eccede. La ragionepolitica a favore della psicoanalisi poggia su que-
sta doppia concezione, altrimenti sarebbe indistinguibile da unadescrizione funzionalista dell’interiorizzazione delle norme. [...] La difficoltà sta nello spingere la psicoanalisi in
entrambele direzioni: verso il riconoscimento che identità e
norme sono socialmente costruite, per poi tornare a quel
puntodi tensionetra Io e inconscioin cuiesse vengono incessantemente rimodellate e incessantementesi infrangono.
Quando le femministe e i marxisti o le marxiste insisto-
no sul fatto chei concetti di dinamicapsichicao di conflit-
Gallop 1982; K. Silverman 1983; M. A. Doane 1987. 18 Per esempio J. Flax 1983; J. Benjamin 1986; N. Chodorow 1991.
!9 J. Mitchell 1976,p.x.
hé l'attenzione to interno sono nocivi alla politica perc
capacità di agire solo nel senso di quella che Rose chiama
dicotomia di reale”, afferma Rose, si attengono a una
la volontà”. D'altra parte, capire l'inconscio comeil luogo di una resistenza e prendereatto della sua specifica capacità di eccedere i meccanismi della determinazionesociale può portare alla comprensionedi un altro aspetto cruciale della capacità di agire e del suo potenziale per la politica femminista.
“una politica della sessualità basata sull’asserzione e sul-
cabile o rivolta alla fantasia nega “una denuncia inequivo come reali, concepita tra eventiesterni (oppressione), visti
evento. Forse chiaramente, si basa l'appello alla realtà dell'
trovare un linper noi donne è particolarmente importante a partecipaguaggio che ci permetta di riconoscere la nostr da non renzione a strutture intollerabili, ma in modo tale sole artefici della derci né le pure vittime, né tanto meno le nostra sofferenza.?°
ecipazione Da parte sua, MacKinnon riconosce la part
loro caratdelle donne a queste “strutture intollerabili” e il tere interiore e conflittuale. ra, il desiderio Credo che nelle donne, almeno in questa cultu i arriviamo percu sessuale sia costruito socialmente come ciò Ovvero, la o. a desiderare il nostro stesso autoannientament in quanto femminostra subordinazione è erotizzata proprio in gioco in questo nile. [...] Questa è la posta che abbiamo o sistemacheci sistema che nonfai nostri interessi, in quest à, come la conosta uccidendo. Sto dicendo che la femminilit
la dominaziosciamo, è il modo in cui arriviamo a desiderare nostri interessi. ne maschile, il che non è assolutamentenei
nto - la Ma mettendo l'accento sulla realtà dell'eve tica di anali ia grigl realtà dell’oppressione come evento — la resistenza in MacKinnon non permette di comprendere la
essì di e terminipsichici (per esempio attraverso proc
igura la ficazione o processi fantasmatici) e quindi conf 20 J. Rose 1986, pp. 7, 14. 21 C. MacKinnon1987, p. 54. 26
Di iii geni ire
consiste precisaDirei che l’importanza della psicoanalisi a sulla quale, tomi dico mente nel modo in cui mette in crisi la
a
e delle norme ed eventi interni (le manifestazioni psichich pio le fantasie oppressive interiorizzate, come per esem ce sono visti inconsce o la coazione a ripetere), che inve comeirreali.
Questo, a mio parere, è un assunto particolarmente
rilevante per la teoria femminista. Ma non può essere posto in terminidi “creare coscienza”, ossia del metodo di autocoscienza definito da MacKinnoncheignorala teoria dell'inconscio elaborata dalla psicoanalisi neofreudiana e si avvale, invece, di una nozione di coscienza mutuata in
parte dalla psicologia dell'Io americana e in parte dalla nozionedi coscienza di classe di Gy6rgy Lukécs. Rifiutando Freud, MacKinnonlimita la sua teoria della coscienza
femminista a una visione funzionalista dell’interiorizzazione, e non permette l’analisi dei meccanismi psichici attraverso i quali l’oggettivazione non solo viene interioriz-
zata ma può anche divenire fonte di resistenza. D'altra parte, però, neanche l’argomentazione di Rose a favore di un Freud letto attraverso Lacan riesce ad andare oltre la descrizione istituzionale di quei meccanismi. “Se la psicoanalisi può rendere conto di comele donneesperiscono il cammino verso la femminilità,” afferma Rose, “essa ci dice anche, in forza del concetto di inconscio, che la femminilità non è mai semplicemente raggiunta né mai com-
pleta.”22 E sia pure. Ma affinché quella resistenza dell’inconscio sia qualcosa di più di una puranegatività, affinché sia effettivamente capacità di agire e non semplicemente femminilità incompleta o mai raggiunta, bisogna poter pensareal di là della strettoia concettuale imposta daltermine “femminilità” e dal suo opposto, “mascolinità”.
Ed è proprio qui, secondo me, che la nozione dell’inconscio come eccesso può essere molto produttiva. Nonsi 22 J. Rose 1986, p. 7. 27
riassimilabile dall’istituzione socio-culturale dell’eterosessualità. Ritengo inoltre che unatale posizioneesista già in effetti, nella coscienza femminista comepratica personale-politica e possa essere riscontrata in certi testi critici femministi. E ritengo infine che proprio questa posizione eccentrica abbia fornito l'impulso,il contesto e la dire-
una potrebbe pensare questo eccesso, per esempio, come icazioresistenza all’identificazione piuttosto che un’identif inifemm ne nonraggiunta? O unadisidentificazione dalla non lità che non dà luogo necessariamente al suo opposto,
ma si tradiventa una identificazione con la mascolinità,
de la duce in una forma disoggettività femminile che ecce poste definizione fallica? Queste domandenon sonostate sono da alcun filone del femminismo psicoanalitico, ma scio nondimeno compatibili con una teoria dell'incon come arle come eccesso. Qui non posso fare altro che indic un’area di lavoro cruciale per la teoria femminista. Prive di un'elaborazione in questo senso, le diverse prospettive di Rose e di MacKinnon hanno entrambe uno
zione del lavoro teorico femminista, incluso quello di
MacKinnon, fin dall'inizio. A prescindere dall’enfasi sulla sessualità, cheè un concetto molto più inclusivo e articolato nel pensiero contemporaneo di quanto non lo fosse per Beauvoir, che parla solo di “desiderio sessuale e desiderio di prole” l'analisi che MacKinnon fa della condizione della donna è ancora simile in modo sorprendente a quella di // secondo sesso di cui sembrerebbe quasi la rivalutazione storica oltre che
à, e la stesso limite: l'equazione tra donna e femminilit à) per pressione esercitata dal secondo termine(femminilit
la critica. “Il femminismo non ha cambiato la condizione
Così annullare la distanza critica tra “donna” e donne. di one razi pero com'è, sulla base di questa equazione, la femmiRosesulla rilevanza della psicoanalisi per la teoria tà in ttivi sogge nista non fa che riaffermare l’idea di “una
delle donne,” scrive MacKinnon nell’introduzione al suo libro Feminism Unmodified, scritto quarant'anni dopo la molto più ottimistica introduzione di Beauvoir al Secondo sesso. E se ci chiediamo “perché le analisi femministe siano spesso accusate di replicare l'ideologia maschile [cosa
o di parcontrasto con se stessa”,23 che è soltanto il punt
d sulla tenza, la premessa che troviamo negli scritti di Freu teosessualità femminile, piuttosto che lo sviluppo di una ria psicoanalitica femminista. Dal canto suo,l’enfasi assio
dicui è stata accusata Beauvoir]; perchési dica che le fem-
ministe sono ‘accondiscendenti verso le donne’ [e lo si può certo dire del Secondo sesso], quando ciò che facciamo
suale del matica di MacKinnon sul monopolio (etero)ses
nonè altro che esprimere e smascherare il modoin cuile donne sono trattate con accondiscendenza”, MacKinnon
dell’op“potere maschile” (“leterosessualità è la struttura à di bilit possi pressione delle donne”),24 priva di qualsiasi
di sessuaresistenza o capacità di agire attraverso forme
seslità non normative o autonome dal maschio — pratiche
che — suali eccessive, sovversive, perverse, invertite 0 lesbi
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sia contribuisce a ricollocare sia la coscienza femminista o i doss para la sessualità femminile nel circolo vizioso del co “donna”. Ritengo invece che in questo momento stori trico eccen ista sia necessario al femminismo un punto div poterispetto al monopolio maschile eterosessuale del so, ossia non re/sapere, una posizione discorsiva in ecces
23 Ivi, p.15.
24 C. MacKinnon 1987, p. 60.
risponde: è “perché il potere maschile ha creato nella .: il mondo cui si riferiscono le intuizioni femministe e:dii Ovvero, come afferma Beauvoir, Tuttavia, dopo quarant'anni e diversi movimenti socia-
li, le cose sono alquanto cambiate, ed è mutatal’analisi dei rapporti sociali che costituiscono quell’umanità. Qualcosa di questo cambiamento si intravede nella struttura parallela delle due note in cui Beauvoir e MacKinnonspiegano le loro rispettive ragioni, prima citando frasi di scrittori 25 Ivi, pp.2, 59.
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uomini per la loro chiarezza, poi criticandone i limiti
dovuti alla prospettiva androcentrica. Beauvoir critica Lévinas dicendochela sua descrizione del “mistero” della donna, “che vuole essere oggettiva, è di fatto un'affermazione del privilegio maschile”.26 MacKinnoncritica Berger perché nonriconoscechel’(auto)oggettivazione delle donne “esprime una diseguaglianzarispetto al potere sociale”, e a sostegno di questo fa riferimento a unoscritto femmi-
nista di movimento dal titolo The Normative Status of
Heterosexuality [Lo statuto normativo dell’eterosessualità].?7 Nei quarant’ anni intercorsi si sono venute elaborando sia la critica dell’oggettività scientifica, con la conseguente messain questione del destino biologico cui Beauvoirattribuiva la condizione della donna, sia la cognizione cheil
saperee il pensiero stesso, in quanto prodotti storico-culturali, sono sempresituati.?8 Queste posizioni epistemologi-
chesi sono sviluppate nel contesto di un'analisi del potere: non solo potere nei rapporti economici di (ri)produzione bensìin tutti i rapportisociali prodotti, articolati e regolati
dai discorsi e dalle istituzioni del sapere/potere. Tra essi fondamentali sono il concetto foucaultiano di bio-potere (bio-pouvoir; regolamentazione della vita umana, costruzione della sessualità comedispositivo di controllo sociale) e il concetto femminista della normativa eterosessuale. La fede nell’oggettività come base epistemologica di tutti gli ambiti del sapere, caratteristica del pensiero occidentale moderno, è stata scossa da un ripensamento critico del
carattere situato o “tendenzioso”di tutti i discorsie di tutte le pratiche, una tendenziosità che non è determinata solo dalla classe, come nell'analisi marxiana, ma da tutte le
principali divisioni di potere, tutte le coordinate lungo le
quali sono organizzate e distribuite le differenze di potere, 26 S. de Beauvoir 1984, p. 44. 27 Purple SeptemberStaff 1975, citato da C. MacKinnon 1982, p. 26.
28 In ambito femminista, si vedano E. F. Keller 1984; R. Bleier 1984; W. Breines-L. Gordon 1983 ; D. Haraway 1984-1985; S. Harding 1986. 30
per esempio razza e genere. Da cui la rivalutazione dei
discorsi minoritari e l'affermarsi di quelli che Foucault chiamasaperi soggiogati nell’ambito della critica al discorso coloniale e nella critica femminista alla cultura occidentale e allo stesso femminismo occidentale (bianco). Visto in questa prospettiva, ciò che a Beauvoir parevail privilegio maschile del filosofo ci appare ora comeunrap-
porto differenziale rispetto al potere sociale, mantenuto e legittimato dagli apparati ideologici. Sono questi che costruiscono il soggetto, che quindi nonè più soggetto tra-
scendentale, ma soggetto di relazioni sociali materiali. Se, comehocercato di dimostrare altrove tramite una lettura di Althusser con Foucault,?? il genere è uno di questi apparati, un apparato ideologico cui il corpo sessuato serve da sostegno materiale, allora ciò che (ri)produce e regola mediante il genere una specificadifferenza di potere tra
donne e uomini — quali che siano le altre differenze che esistono simultaneamente per quelle stesse donne e uomini, differenze appuntodi classe o di razza, per esempio — non è un datobiologico bensì l’istituzione sociale dell’eterosessualità. In questa luce il privilegio maschile non è qualcosa cui uno possa rinunciare con un atto di buona volontà o abbracciando un'etica più umana, maè costitutivo del soggetto in-generato dal contratto sociale eterosessuale, ossia un soggetto sociale che è fin dall'inizio diversificato in due generi complementari che si escludonoe si implicano a vicenda. i Conl'espressione contratto sociale eterosessuale o con-
tratto edipico voglio mettere in luce l’omologia semiotica di diverse griglie concettuali: il contratto sociale di Rous-
seau con la distinzione dei generi maschile e femminile; il
linguaggio inteso da Saussure come contratto sociale tra
parlanti; il contratto psicosociale che è il complesso edipico di Freud, struttura psichica che orienta sia il desiderio sia le identificazioni di genere del soggetto; il contratto ‘
29 T. de Lauretis, La tecnologia del genere, in T. de Lauretis 19962, pp. 131-163.
cinematografico che stipula le condizioni della visione codificando particolari relazioni tra immagine, suono e significato per la spettatricee lo spettatore; e infine il concetto di “contratto eterosessuale” proposto da Monique
Wittig, ossia l'accordo tra sistemi teorici o epistemologie
moderne di non mettere in questione l’a priori del genere e di presumere che l'opposizione sociosessuale tra “uomo” e “donna” sia il momento necessario e fondante di ogni cultura.59 L'analisi dell’eterosessualità comeistituzione è uno svi-
luppo relativamente recente nella teoria femminista,3! e neanche unanimemente accettato tra le stesse femmini-
ste.32 L'uso comune del termine “eterosessualità” per denotare pratiche sessuali tra una femmina e un maschio, in contrapposizione a quelle tra persone dello stesso sesso
(omosessualità) presenta le prime comeatti “naturali” e le
seconde come “devianti” o “innaturali”. Perciò il termine stesso tende a oscurare l’innaturalità dell’eterosessualità
medesima, ovvero il suo essere costruzione sociale, il suo
dipendere dalla costruzione semiotico-ideologica del genere piuttosto che dall'esistenza fisica (naturale) di due sessi.
Inoltre la tenace abitudine mentale di pensare la sessualità comeatti sessuali tra persone e di associarla con la sfera privata o la privacy individuale anche quando si è costantemente circondate da rappresentazioni della sessualità (immaginivisive e verbali di atti sessuali, o immagini che alludono ad atti sessuali tra persone), tende a negare l'ovvio: cioè il carattere assolutamente pubblico dei discorsi sulla sessualità e ciò che Foucault ha chiamato “la tecnologia del sesso”: gli apparati o dispositivi sociali (dal siste-
ma educativo alla giurisprudenza, dalla medicina ai
30 M. Wittig, The Straight Mind (1980),in Wittig 1992, pp.21-32. La
iraduzioneitaliana, di questo saggio, di R. Fiocchetto, pubblicata conil titolo The Straight Mind, in “Bollettino del ci” (febbraio 1990), è stata ristampata in “I Quaderni Viola”, 4, 1995, pp. 69-72.
31 Oltre a M. Wittig 1992, si vedano C. MacKinnon 1979 e A. Rich 1985. 32 Per esempio A. Ferguson 1981.
media, e così via) che non solo regolano la sessualità ma
effettivamente la impongono, anzi, la regolano e la impongono comeeterosessualità. Gli effetti profondi e duraturi del significato di tali rovesciamenti ideologici si estendono,oltre l’uso comune del termine sessualità, al pensiero critico e alla riflessione teorica sulla cultura, inclusi il pensiero e la riflessione
femminista, e ostacolano la piena comprensione delle
implicazioni di nozioni altrimenti accettate: non soltanto
il concetto basilare femminista che il personale è politico,
ma anche l’influente riconcettualizzazione foucaultiana
del sesso come tecnologia sociale; oppure la concezione lacaniana del soggetto secondo la quale il linguaggio è “causa” del soggetto, è l'ordine simbolico (dunque eminentemente sociale) che struttura la soggettività, tanto la coscienza quantol'inconscio, di ciascun soggetto. Corollario inevitabile di questa concezione è che la sessualità si colloca all'intersezione di soggettività e socialità,e si costituisce nel nome del Padre. Il che vale a dire, con MacKinnon,che la sessualità è esattamente “ciò che è più proprio e tuttavia maggiormente espropriato”.5 La traiettoria seguita dal pensiero femminista per quanto riguarda l’analisi dell’eterosessualità, vista dapprima come pratica sessuale privata, poi come istituzione
civile, e il continuo slittare del termine dal personale al politico al personale, ha un’interessante analogia con le trasformazioni semantiche del termine inglese institution riportate da Raymond Williams. Istituzione è un esempiotra tanti(cfr. cultura, società, educazione) di un sostantivo riferito a una azione o a un processo che, a un certo punto, divenne un nomeastratto riferito a qualcosa di oggettivo e sistematico comelo è istituzione nel senso moderno. Viene usato in inglese fin dal quattordicesimosecolo, derivato dall’ antico franceseinstitution, dal latino institutionem, dalla radice statuere: stabilire, fondare, assegnare. Dapprima avevail senso di atto originario — qualcosa ‘
33 C. MacKinnon 1982, p.1. 33
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facile datare l'emergere del senso pienamente astratto, ma questo compare sempre in concomitanza con l'affermarsi dell’astrazione nel terminesocietà. Verso la metà del diciottesimo secolo il senso astratto è del tutto evidente e gli esempi si moltiplicano nel diciannovesimo e ventesimo secolo. [...] Nel ventesimosecoloistituzione è divenuto il termine usuale
per qualsiasi elemento organizzato di unasocietà.34
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che veniva istituito in un particolare momento - ma già nel sedicesimo secolo cominciava a svilupparsi il senso generale di pratiche stabilite in determinati modi[...] sebbene mantenesse, nel contesto dato, un forte senso di usanza, comenell’espressione odierna “una delle istituzioni del luogo”. Non è
“alcune coppie eterosessuali in cui donne femministe
mantengonounrapporto egualitario con gli uomini”. L'idea chel'eterosessualità sia alla base dell’oppressione delle donne è plausibile solo se si presume che ciò che permette agli uominidi controllare il corpo delle donne come strumen-
to per i propri scopi sia la dipendenza emotiva delle donne dagli uomini come loro amanti, che si aggiunge ad altri meccanismi di dominazione maschile (quali il matrimonio, la maternità, la dipendenza economica). Ma le madri nubili, le donne nere e le donne economicamente indipendenti, per
esempio, possono sfuggire o evitare questi meccanismi nelle
Potrebbe essere interessante chiedersi se, nella stessa
loro relazioni eterosessuali con gli uomini. [...] Se il femminismo come movimento è veramente rivoluzionario, non può
maniera in cui istituzione si affermò nel senso astratto contemporaneamentea società, di cui era una delle condi-
dare priorità a una forma di dominazione maschile (l’eterosessismo) a esclusione delle altre.35
zioni di esistenza,il senso astratto di eterosessualità come
Sfugge a Fergusonil fatto che quelle donne eteroses-
istituzione sia pervenuto al femminismo conl'avvento di una teoria femminista, una modalità di conoscenza formale, critica e politica, la cui esistenza è condizionata da quella istituzione stessa. Ma anche se così fosse, l’ambiguità del termineeterosessualità permane, e ne provocail continuo slittamento tra i due sensi di pratica privata e
pria, la dominazione sessuale o economicadaparte disingoli uomini sono comunquesoggette, nella sfera pubblica, agli effetti oggettivi e sistematici dell'istituzione che le definisce, per tutti gli uominie ancheperloro stesse, don-
istituzionecivile. Il senso di “usanza”, di pratica circoscritta, locale, defi-
risulta evidente in casi di discriminazione sul lavoro,
vato dall'uso comune del termine eterosessualità ne allontana la comprensione dal senso astratto di istituzione,
ossia di qualcosa di “oggettivo e sistematico” (Williams), indirizzandola verso il significato ristretto di atto o rap-, porto personale tra due individui. Ne vediamo un esempio
nell’obiezione di Ann Ferguson al famoso saggio di Adrienne Rich, Eterosessualità obbligatoria ed esistenza
lesbica, alla cui tesi viene obiettato di non rendere contodi 34 R. Williams 1976, pp. 139-140. Noto con rammaricocheil libro di Williams non contiene i termini gender (genere), femminismo o sessualità, la cui storia semantica potrebbeessere altrettanto utile e interessan-
te di quella degli altri terminiivi analizzati.
34
suali che riescono individualmente a evitare, in casa pro-
ne, anzi, più esattamente, donne eterosessuali. Questo molestie sessuali, stupro, incesto ecc. L'istituzione dell’ete-
rosessualità non è semplicemente unotra i vari “meccanismi di dominazione maschile” ma è intimamente implicata in ciascunodiessi; è struttura portante del patto sociale e fondamentodelle norme culturali.
Il fatto stesso che nella maggior parte dei saperi disciplinari il genere sia invisibile, un punto cieco, oppure dato per scontato, un a priori, riflette la presunzionedi eterosessualità su cui poggia ogni conoscenza formale: che l’opposizione sociosessuale tra “donna” e “uomo”sia il momento necessario e fondante della cultura, comescrive Wittig. 35 A. Ferguson 1981, p. 171. 35
quella non esiste, che tutto è cultura, rimane all'interno di rapcultura un nucleo di natura che resiste a ogni esame, un caratporto escluso dal sociale nell'analisi, un rapportola cui
o nella teristica è la sua ineluttabilità tanto nella natura quant
cultura, cioè il rapporto eterosessuale.5°
Nonsi tratta quindidi privilegiare l'eterosessismo sugli altri sistemi di oppressione quali il capitalismo, il razzi-
uzionasmo il colonialismo, madi capire il carattere istit
le e la specificità di ciascuno, e poi di analizzarne le reciproche complicità o contraddizioni. Il soggetto eccentrico
La teoria femminista in quantotale è divenuta possibile in un'ottica postcoloniale, quando dacritica femminista in adaltri oggetti teorici o campi di saperesi è trasformata
do riflessione teorica sul femminismo. Con questo inten
dire che il pensiero femminista è divenuto teorico nella sogmisura in cui si è interrogato sulle interrelazioni tra di getti, discorsi e pratiche sociali, e sulla molteplicità ale soci posizioni esistenti al medesimo tempo nel campo
singolo inteso, con Foucault, come campo di forze: non un
sistema di potere che dominai senza potere, ma un grovi ti e glio di relazioni di potere e punti di resistenza distin comla mo, variabili.3” Per quanto riguarda il femminis oprensione del sociale come campo diversificato di relazi ottan anni ni di poteresi è consolidata verso la metà degli e ta, quando gli scritti di alcune donne di colore e donn pradi forma lesbiche, che si presentavano appunto come tica politica “alla ricerca di coscienza”, si sono costituiti esplicitamente come critiche femministe al femminismo. Questi interventi hanno interrotto un discorso femminista
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la natura E sebbenesia stato riconosciuto in annirecenti che
ancorato al singolo asse del genere come differenza sessuale tra uomo e donna, e che si trovava a ristagnare nel paradosso “donna”. Sulla nozione di differenza sessuale come opposizione tra donna e uomo, o donne e uomini, o femminile e maschile, opposizione basata sull’asse del genere, si era
fondata l’analisi femminista delle relazioni di potere come rapporto a senso unico tra oppressore e oppressa, o tra colonizzatori e colonizzati. Abbiamo parlato di noi stesse come popolazione colonizzata, abbiamo concepito il corpo femminile mappato dal desiderio fallico e territorializzato dal discorso edipico. Ci siamo viste guardare soltanto attraverso occhi maschili. Abbiamo pensato che il nostro parlare fosse sintomatico o non autorizzato, e che la
nostra scrittura, nel migliore dei casi, potesse esprimereil silenzio delle donne nel linguaggio degli uomini.53 Lestrategie di resistenzae di lotta nate da tale analisi si sono sviluppate principalmente in due direzioni. Una era orientata verso l'eguaglianza: si accettava la definizione della donna comebiologicamente, emotivamente e socialmente diversa ma complementare all'uomo, rivendicando
così gli stessi diritti, senza considerare come“i diritti dell’uomo” varino conle relazioni sociali di razza e classe che determinano l’esistenza degli uomini reali. Questo progetto mirava, quindi, all’omologazione, a creare un posto per le donne all’interno del discorso egemonico o, detto con
LuceIrigaray, dell’“ideologia del medesimo”. L'alternativa era il separatismo radicale, che prendeva una posizionedi netta opposizione nei confronti degli uominie si prefiggeva di creare un controdiscorso, come nelle nozioni
anglofonedi “linguaggio delle donne” e “cultura delle donne”, o rivendicava un linguaggio sintomatico del corpo, comenella nozione francofonadi écriture féminine, che si
presumeva sovversiva dell'ordine “fallologocentrico” della cultura. ‘
36 M. Wittig 1992, p. 107. 37 M. Foucault 1988. 2h
38 Su questo punto si veda Genealogie femministe, in T. de Lauretis 1996a.
involontariamente, invischiate nel razzismo, colonialismo ed eterosessismo a essi connessi. Per quanto riguarda la
secondastrategia, la questione del separatismo è complessa, e si potrebbe certamente sostenere che il separatismo è inevitabile, desiderabile, o persino essenziale al femminismo; masta di fatto che gran parte del primo separatismo
radicale si fondava interamente su un sensodi indignazione morale.3° Privo di una teoria specifica e imperniato sulla condanna etica al “patriarcato”, il separatismo radicale finiva per assumere la definizione del mondo data dal nemico, adottandoneo rovesciandonei termini, termini che erano dati,
quindiriconoscibili, e permettevanol’accesso certeistituzioni, per esempio la giurisprudenzae gli studi accademici sulle donne (women studies). In questi ultimi, infatti, il
separatismo ha comportato la ricerca di uno spazio che la critica femminista di quegli anni descriveva comeunterritorio da occupare: una terra incognita, incolta e selvaggia da colonizzare (Showalter), una natura fatta a immaginedi
donna(Griffin), una “gin/ecologia” o etica di “pura libidine” (Daly).4° Il modoin cui questa critica femminista ha colluso con l'ideologia del medesimo è sottolineato da i Audre Lordenella sua “lettera aperta” a Mary Daly: Ti chiedo di renderti conto di comela convinzioneche la storia [herstory, storia-di-lei] e i miti delle donne bianchesianoil 39 Nel femminismo statunitense il separatismo era inizialmente separatismo dagli uomini, poi però il termine è stato usato per ogni forma di separatismo anche tra donne, per esempio separatismo delle donne lesbi-
che dalle donne eterosessuali o delle donne di colore dalle donne bianche. Si veda M. Frye 1995. 40 E. Showalter 1982; S. Griffin 1978; M. Daly 1978 e 1984. 38
n
particolari o locali, ma ricadevano nei parametri dei discorsi culturali dominanti. Poste come erano in termini di pluralismo liberale, umanesimo socialista e modernismoestetico, entrambe rimanevano a modoloro, anche se
dm -—.— —
Entrambequeste strategie, distinte sebbene intersecantisi, erano e continuano a essere importanti in contesti
solo legittimo modo,per tutte le donne,su cui fondareil proprio potere e la propria appartenenza, e che le donne non bianchee le nostre storie [herstories] valgano solo da decorazione o da esempidi vittimizzazione femminile, serva le forze
distruttive del razzismo e la separazionetra le donne.Ti chiedo di renderti conto dell'effetto che tale mancanzadi riconoscimento ha sulla comunità delle donne nere e delle altre donnedicolore, e di quantoessa svaluti le tue stesse parole. [...] Quando il patriarcato ci mette da parte, incoraggia i
nostri assassini. Quandola teoria femminista lesbica radicale ci mette da parte, incoraggia la propria fine.4!
La contestazione interna da parte tanto di donne di
colore al razzismo quanto di donne ebree all’antisemitismo, nonché di donnelesbiche di ogni colore all’eteroses-
sismo, ha costretto il femminismoa fare i conti, emotiva-
mente e concettualmente, con la presenza di relazioni di
potere alla cui comprensione non bastavano, anzi erano di
ostacolo, i concetti di genere e differenza sessuale. Non soltanto quest’ultima, con il suo investimento più o meno esplicito nell’eterosessualità, ma anche l’analoga nozione di differenza omosessuale proposta dal femminismoradicale — cioè cheil lesbismo politico era il primo requisito per far parte di un'utopica collettività di donne — si sono dimostrate inadeguate a rendere conto di relazioni di
potere chesi (ri)producevanoe si(ri)producono anchenei
luoghi delle donne; relazioni che generano oppressionetra
donneo tra categorie di donne, e relazioni che nascorido-
no o reprimono le differenze interne a un gruppo di donne o anchea ciascunadiesse. Ora,tali accuse di razzismo, eterosessismo, classismo e
privilegio sociale sono state per la maggior parte recepite dal pensiero femminista, ma forse sonostate accolte troppo in fretta o troppo facilmente. La rivendicazionedi altri interessi e la presenza di altre discriminanti sociali quali razza 0 colore, appartenenza etnica, sessualità ecc. — altri assi secondocui sono organizzate e gerarchizzatele “diffe4! A. Lorde, OpenLetter to Mary Daly, in A. Lorde 1984, p. 69. 39
o di pari portata, sebbene con “priorità diverse a seconda
delle singole donne. Per alcune, l’asse razziale può avere
“senere, razza, classe e preferenza sessuale”. i
La frase, che delinea unaserie di modidi oppressione
ward a Black Feminist Criticism (Verso unacritica femminista nera), scritto nel 1977 e più volte ristampato, la fem-
minista lesbica militante afroamericana Barbara Smith osservava che i critici neri “sono naturalmente in difficoltà nel comprendere l’esperienza delle donne nere în termini sessuali e razziali nel contempo” 4? L'esperienza, sostiene Smith, si articola non solo in termini sessuali,
cosa che per una femminista è facilmente comprensibile,
ma anche in termini razziali, così che, per esempio, gli uomini neri, non comprendendol’esperienza delle donne nere in termini sessuali, non la comprendono neanche in termini razziali; ovvero, non comprendono l'esperienza
che le donne nere hanno del razzismo. Questo non è un concetto facile da capire per una donna bianca, perché,
da una posizione che si presume razzialmente neutra, si
può pensare semplicemente che tutte le persone nere abbiano la stessa esperienza del razzismo e che le donne 42 B. Smith 1982, p. 162; corsivo mio. in
esperisconoil razzismo nonin quanto persone nere ma in
quanto donnenere. La stessasottile ma fondamentaledistinzione era scandita nel titolo ironico della prima antologia di studi delle donne nere, All the Women Are White, All the Blacks Are
Men, but Some of Us Are Brave (Tutte le donne sono bianche, tutti i neri sono uomini, ma alcunedi noi sono coraggiose). Il termine “neri” non comprendele donne nere più
di quanto il termine “uomo” (bianco) non comprenda le donne(bianche). La teoria della simultaneità delle oppressioni, elaborata da Barbara Smith con altre femministe
afroamericane,4 significa che gli assi di “differenza” e i modi di oppressione che ne derivano non sono allineati o paralleli ma sovrapposti o imbricati gli uni negli altri; i sistemi di oppressione sono interconnessi e si determina-
ca)
articolata in assi paralleli di “differenza”, non coglie però il carattere specifico e complesso dell’oppressione sociale; vale a dire l’implicazione reciproca di quegli assi e come ciascuno di essi abbia effetto sugli altri: per esempio,in che modoil genere incida sull’oppressione razziale e sui suoi effetti di. soggettivazione. Nel saggio dal titolo To-
— — - —e
femministi: “genere, razza e classe”, con la variante locale
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priorità sull'asse sessuale nel definire l'identità e la base materiale della soggettività, per altre donne può avere priorità l’asse sessuale; per altre ancora può essere l’asse etnico-culturale ad avere priorità in un dato momento. Da cui la frase che adesso si sente così spesso in ambitifilo-
nere, in più, vivano anche l’esperienza del sessismo. Inve-
ce, afferma Smith - e sembra quasi una tautologia, eppure in quante l'avevamo veramente capito? - le donne nere
no reciprocamente. L'affermazione di Smith, quindi, in primo luogo confermache il genere è elemento base della soggettività; non a caso Smith si autodefinisce una femmi-
nista nera, una donna nerae unalesbica nera.In secon-
do luogo, però, ci impone un'ulterioreriflessione: se l’esperienza del razzismo, e quindi della propria appartenenza razziale, dà formaall'esperienza che ciascuna fa del genere e della sessualità, ossia ai significati che essi acquistano nella vita di ciascuna, allora una donna bianca non è necessariamente più atta a comprendere l’esperienza di una donnanerain terminisessuali — la sua esperienza del’
4 Nel volumecollettaneo Home Girls: A Black Feminist Anthology, a cura di Barbara Smith (1983), pp. 272-282. 44 Negli anni settanta e ottanta i termini Black [nero/nera] e Afro-
American (afroamericano/afroamericana), con cui si autodesignavano le
personedi origine africana negli Stati Uniti, avevanosostituito il prece-
dente Negro, termine usato per esempio durantele lotte peri diritticivili negli anni sessanta. Oggi viene di preferenza usato “African American”, che però in italiano mi pare sia meglio tradurre con “afroamericano/ afroamericana”.
COTEESSLa
stesso piano. Questi assi sono dunque considerati paralleli
- te srl dee i aa
renze”e, quindi, l'oppressione,l'identità e la soggettività — sono state accolte nel discorso femminista e poste sullo
—
la sessualità, del genere e dell’eterosessismo, insomma, il
sia un uomonero. Mase è vero che l’esperienza del genere, l'esperienza di sé in quanto donna,è sovradeterminata
dalle relazioni razziali, questo deve valere per tutte le donDEVOCNE ne, anche per le donne bianche. Unresoconto particolare di comele determinazioni razziali operino nell’identità di una donna bianca, e di come possano essere analizzate e decostruite attraverso la scrittura di una “storia personale”, si trova nel saggio-racconto autobiografico di Minnie Bruce Pratt, Identity: Skin Blood Heart (Identità: pelle sangue cuore)"e nella lettura che ne
che mette in questione la nozione di un'identità coerente,
ciati a delimitare ogni entità omogeneao unitaria, sia essa
l’Io, la casa, la razza o la comunità etnica. La narrativa autobiografica di Pratt si configura come un passaggio nonlineare attraverso le diverse identità del-
la scrittrice (bianca, di ceto medio,di educazione cristiana, del Sud degli Stati Uniti, lesbica)e lecittà, i quartieri O
le comunità che le sono state “casa” in vari periodi della sua vita. La scrittura della storia personale procede di pari passo alla messa in questione delle specifiche storie geografiche, demografiche, architettoniche e sociali di quelle comunità, portandoalla luce storie locali di sfruttamento i Re, 45 M, B. Pratt 1984. 46 B. Martin-Ch. Mohanty 1986, pp. 195, 193. I successivi riferimenti a quest'opera sonoinclusi nel testo. 42
nu +... a è
stabile e storicamente continua”, rivelando “le esclusioni e le rimozioni che sostengonol'apparente omogeneità, stabilità e ovvietà dell'identità bianca”.49 Perciò quest ultima si rivela costituita proprio in basealla marginalizzazione delle differenze che esistono sia dentrosia fuorii confini trac-
ferro
danno Biddy Martin e Chandra Mohanty. Il saggio, sostengono le due studiose, è una messa in atto del processo di autocoscienza: muove dal senso viscerale, puramente personale, dell'identità espresso daltitolo verso “una complessa elaborazione del rapporto tra casa, identità e comunità,
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suo senso di sé come soggetto sociale — di quanto non lo
e di lotta, “storie di persone non comelei”, che non erano state mai menzionate nella storia raccontata dalla sua
famiglia; e di volta in voltasi verifica una tensione tra “l’es-
sere a casa” e “il non essere a casa”. Ogni tappa del raccontodiventa luogo di lotte allo stesso tempo personali e sociali, fino a giungere al riconoscimento che “casa era un'illusione di coerenza e sicurezza basata sull’esclusione di specifiche storie di oppressione e di resistenza [e sulla] repressione delle differenzeall'interno della singola perso-
na” (p. 196). Per cui, anche se il fatto di narrare àncora
nuovamente il sé in ognuna delle posizioni discorsive e delle situazioni storiche concrete in cui Pratt si colloca
come scrittrice e soggetto narrante, ciò nonostante l’esi-
stenza contraddittoria di quel soggetto dovunque sitrovi, il suo essere e non essere “a casa” in ogni luogo,e il continuo dislocarsi del sé da ciascuna formadi identità, dopo aver preso coscienza delle differenze soppresse, minanoil concetto di identità come qualcosa di singolare, coerente,
unitario o determinato unavolta pertutte.
Maseil ritornoal passato fornisce la cognizionecritica che l’idea di un Io immutabile e di una stabile identità sia ottenuta a prezzo di esclusioni e mantenuta nel terrore dell’ostracismo sociale, d'altra parte non c'è unafacile via di fuga verso la liberazione, non c'è un modo semplice di disfarsi della paura del padre e della sua legge simbolica; e la dimensione di una. libertà totale non si raggiunge mai. La storia personale di Pratt rivela una serie di spostamenti di ottica dai quali ciascuna configurazione dell'identità è
esaminata nella sua contraddittorietà e quindi decostruita. Ma non perquesto è scartata, anzi, è assunta cosciente-
mente in quella che Martin e Mohanty chiamano “una riscrittura di sé in relazione a contesti interpersonali e
politici mutevoli”. Se c'è un punto d’identificazione privi-
legiato, che dà impeto al lavoro di auto-(de)costruzione,
esso è l'essere lesbica, ma ciò non comporta un'identità
più vera o priva di contraddizioni; è invece il punto nevral-
gico che favorisce la comprensione e la presa di coscienza.
43
ta delle limitazioni impostele dalla famiglia, dalla cultura,
resto del mondo. Stereotipo che, oltre a non rappresentare
gi e alla razza e dalla classe che le hanno procurato privile
agiatezza a caro prezzo. Imparare a quale prezzo sì comprino
i privilegi, l’agiatezza, la casa e un'idea rassicurante di sé-a
familiare” (p. 205). Il concetto di casa viene sostituito da
quello di comunità nel sensodi qualcosa di intrinsecamente
cault ha chiamato ‘saperi soggiogati’” (p. 210). La lettura di Martin e Mohanty è essa stessa un'interpretazione, un interventocritico nel terreno contestato della teoria femminista: è il Quello che abbiamo voluto fare emergere da questo testo nismo femmi modoin cui esso sconvolge nonsolo l’idea cheil esistasia una casa sempre accogliente, ma anche quella che
:
e no identità discrete, coerenti e totalmente separate —cas all’interno del femminismo,percosì dire - basate su divisioni L'analisi critica, e autocritica, delle nozioni convenzio-
nali di esperienza e identità che troviamoin questo e altri
—___—————c—
nette tra identità sessuali, razziali o etniche (p. 192).
rea ee duo
instabile e contestuale, non basata sull'identità delle sue componenti o su legami naturali, ma una comunità che è frutto di lavoro, di lotta, di interpretazione, “interpretazione basata sull’attenzionealla storia, al concreto, a ciò che Fou-
rinegoziate attraverso rapporti sia interpersonalisia politici, si accorda conla ridefinizione di esperienza (individuale) come processo continuo di scambio e mediazione tra pressioni esterne e resistenze interne. In questo senso identità viene a significare un’autocollocazione, una scelta
— sempre sovradeterminata dall'esperienza - tra le possibili posizioni accessibili nel camposociale, ossia che possono essere assunte dal soggetto involontariamente (ideologicamente) oppuresotto formadi coscienza politica.4? 47 L'assunzione dell'identità di “donne di colore” (women of color) negli Stati Uniti (o “donne nere” [black women] nel Regno Unito) da parte di donne che appartengonoa gruppietnici e a culture diversissime tra loro (asiatiche, native americane, afroamericane, caraibiche, chicanas, latino-americane, e così via) è un esempio di coscienza personale-politica
che non si basa semplicemente su differenze etniche o culturali rispetto alla cultura bianca dominante; una coscienza personale-politica che non è affatto l'opposizione di valori culturali stabili in una data minoranza etnica a valori culturali della maggioranza, pensati comealtrettanto stabili. L'identità di donna di colore è emersa ed è stata elaborata dalla spe-
cifica esperienza storica del razzismo nella-società anglo-americana, dominata dagli interessi economicie culturali dei bianchi. Si è sviluppata dalla consapevolezza della necessità politica e personale di costruire comunità attraverso, nonostante, in tensione o perfino in contraddizione con i valori culturali del proprio gruppo etnico, della propria famiglia,
della propria “casa”. Si vedano Ch. Moraga, Loving in the War Years; M. Quintanales, / Paid Very Hard for My Immigrant Ignorance; M. KayeKantrowitz, Some Notes on Jewish Lesbian Identity; Ch. Clark, Lesbiani45
SIA DIa
famiglia, ma ogni altra “casa”, per esempio un gruppo di donne, chene replicasse le condizioni e desse luogo alla “soppressione delle differenze che assicura l'identità del nucleo
neità dell’“Occidente”. Teorizzare il femminismo come comunità dai confini labili, in cui le identità e le differenze vengano espresse e
dillo.
Alla fine del racconto,è il concetto stesso di casa cheviela ne abbandonato, non soltanto la casa della sua infanzia e
— —— *_ ie ‘7 —-
a è rienza personale.[...] Nel racconto di Pratt l'essere lesbic a ciò che rivelail limite ultimo di quello che viene rappresent to limita non , salità univer sua nella to comel'essere umano uo a una particolare identità, ovvero la figura dell'individ bianco di ceto medio (p. 203).
+
quale prezzo perlei e in ultima analisi pergli altri — è ciò che rendeil lesbismo una motivazione politica oltre che un espe-
il femminismo né la situazione delle donne bianche in ‘ Occidente, perpetua un'opposizione tra Occidente e Oriente, tra bianco e non bianco; opposizione che lascia intatta la finzione ideologica delle loro rispettive identità e in questo modo contribuisce all'immagine di una (falsa) omoge-
Bici
iaIl suo essere lesbica è ciò che le dà l’esperienza più immed
ii
testi di teoria femminista degli anni ottanta contraddice lo stereotipo di un femminismo singolo, totalizzante, “occidentale” che sarebbe necessariamente oppressivo o, nel migliore dei casi, irrilevante per le donne di colore nel
È ciò che rende impossibile una casa e rende il sé non identico.
N
Il soggetto di tale coscienza femminista non è più quell'opposizione uomo-donna,e costituito puramente dall’oppressione, repressione o negazione della propria differenza sessuale. In primo luogo, tale soggetto è assai meno puro.
nella teoria femminista ha la capacità di agire, di muoversi
o dislocarsi in modo autodeterminato, di prendere coscienza politica e responsabilità sociale, pur nella sua contraddittorietà o non coerenza.
sm: An Act of Resistance; M. Woo, Letter to Ma, tutti in Ch. Moraga e G. Anzaldua 1983. 48 S. R. Delany 1986. 49 E. Marks-I. de Courtivron 1980, p. 3.
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Hodetto più sopra che la teoria femminista si è affermata e resa autonoma in un'ottica postcoloniale. Voglio adesso ripeterlo in un altro modo: se si può dire chela storia del secondo femminismosia cominciata “quando sono venuti a convergere testi femministi scritti da donne e un movimento femminista cosciente di sé”,4° si può poi aggiungere che una teoria femminista in quanto tale comincia quando la critica femminista delle formazioni socioculturali (discorsi, forme di rappresentazione, ideologie)
A — -—__e —.-_o-—————m— (gii lirici dn E Pre - n n
da Samuel Delany, di “frammenti i cui aspetti costitutivi includono semprealtri oggetti, altri soggetti, altri sedimenti, per cui la nozionedi‘altro’ [altro da sé] si sgretolasotto il peso stesso dell'analisi cheil ‘sé applica per localizzarlo”.48 Infine, e ciò è forse ancorpiù significativo, il soggetto
+
to, come il soggetto postmoderno, marginale, immaginato
+—e- +
Anzi, è con più probabilità ideologicamente complice dell'“oppressore” di cui può occupareil postoin certe relazioni socio-sessuali, anche se non in altre. In secondo luogo non è un soggetto unitario, sempre ugualea se stesso, dotato di identità stabile; né un soggetto unicamente diviso tra mascolinità e femminilità. È invece un soggetto che occupa posizioni molteplici, distribuite su vari assi di differenza,e attraversato da discorsi e pratiche che possonoessere, e spesso lo sono, reciprocamente contraddittorie. È costitui-
—-{ - »e—
lo inizialmente definito in base al solo asse del genere, dal-
diventa consapevole disé e si volge al proprio interno per interrogare la propria complicità con quelle ideologie: per interrogareil suo stesso corpo eterogeneo discritture e di interpretazioni, i loro presupposti concettuali, le pratiche cui dannoluogo e dalle quali emergono. Comincia dunque,la teoria femminista, con il “ricono-
scere il nostro posizionamento, il dare un nomealla terra
dalla quale proveniamo, le condizioni che abbiamo dato per scontate”, come scrive Adrienne Rich in un saggio del 1984, Notes Toward a Politics ofLocation (Politica del posi-
zionamento).5° Quindi passa a esaminareil carattere situato, storico e politico del proprio pensiero. Ma poi, per
poter andare avanti conil lavoro di trasformazionesociale e soggettiva, per poter sostenere il movimento, deve di nuovo dis-locarsi, dis-identificarsi da quei presupposti e da quelle condizioni. Questa teoria femminista, che ora è
appenaall’inizio, non solo allarga e riconfigura i precedenti confini discorsivi con l’inclusione di nuove categorie, ma
insieme rappresenta e mette in atto una trasformazione
della coscienza storica.
A mioparere, la trasformazione comporta uno sposta-
mento, un vero e proprio dis-locamento: lasciare o rinunciare a un posto che è sicuro, che è “casa”in tutti i sensi - socio-geografico, affettivo, linguistico, epistemologico — per un altro posto, sconosciuto, in cuisi è non soloaffetti-
vamente ma anche concettualmente a rischio; un posto dal quale parlare e pensare sono incerti, insicuri; non garantiti (ma andarsene non è una scelta perché lì, 5° Il saggio, pubblicato in Blood, Bread, and Poetry (cfr. A. Rich 1986), pp. 210-231, è parzialmente tradotto in italiano conil titolo Politica del
posizionamento (1996), pp. 15-22. La traduzionedei branicitati in questo
testo è mia. A Rich nonpiaceil termine “teoria”, le pare troppo occidentale e troppo centrato sugli interessi dei bianchi, astratto dalle azioni
umanee poi “rifilato alla gente sotto formadi slogan” (p. 213). La teoria
del femminismo bianco occidentale non ha ancora preso in considerazione il femminismo delle donne di colore, Rich giustamente contesta nel ‘
1984. Oggiperò il termine “teoria fentminista”e le diverse pratichecritiche che ne fannoparte sono accolti da molte scrittrici di colore, soprattutto in ambitouniversitario (si veda, per esempio,bell hooks 1984). 47
N
convenzionale (eterosessuale) della donna data da Beauvoir e la dis-loca; la nega, ma senza cancellarla; ne sposta
‘comunque,non si poteva più vivere). Sia dal lato affettivo sia da quello epistemologico lo spostamento è doloroso, è fare teoria sulla propria pelle, “una teoria in carne e ossa” (Moraga).5! È un continuo attraversamento di frontiere
movimento femminista stesso. È una posizione raggiunta
sia concettualmente sia nelle altre dimensioni della soggettività; è fonte di resistenza e di una capacità di agire e di pensare in modoeccentrico rispetto agli apparati socio-
culturali dell’eterosessualità, attraverso un processo di “conoscenza insolita” (Frye), una “pratica cognitiva” (Wit-
e 4
capacità di movimento del soggetto quanto a sostenereil
— r._
ria al pensiero femminista; necessaria tanto a sostenere la
—
realtà sociale da un puntodivista allo stesso tempo interno ed esterno alle loro determinazioni. A mio avviso tale puntodi vista o posizione discorsiva eccentrica è necessa-
-—
che permettonodi rivedere sia la teoria femminista sia la
—- -
il che, forse, spiega perché sono state principalmente le femministe di colore e lesbiche ad affrontareil rischio. Tale dis-locamento, tale dis-identificazione da un gruppo, una famiglia, un sé, una “casa,” diciamo pure anche da un femminismo tenuti insieme dalle esclusioni e dalla repressione che sottendono ogni ideologia del medesimo, è altresì un dislocamento del proprio modo di pensare; comporta nuovi saperi e nuove modalità di conoscenza
———————p>
(Borderlines/La Frontera è il titolo del libro di Gloria Anzaldia sulla “nuova mestiza”), anzi un ridisegnare la mappadeiconfini tra corpie discorsi, identità e comunità,
il significato riscrivendola o inserendola in una prospettiva eccentrica.52 Spostamento di enfasi in un testocritico, dunque unapratica testuale, che non a caso ci rimandaal soggetto scrivente e al dis-locamento geografico e' culturale della stessa Wittig dalla Francia agli Stati Uniti, dove attualmentevive e lavora. Nelle pagine seguenti userò questo testo, straordinariamentericco di suggerimentiteorici,
per riunire le tracce di un disegno che ho inseguito nel mio girovagare intertestuale attraverso lo spazio discorsivo di scritti di donne lontane(o vicine) tra loro quanto lo sono la Francia del 1949 e la frontera Messico-Stati Uniti nell'anno domini 1987. Come Beauvoir, Hartsock e MacKinnon, anche Wittig
parte dalla premessa che le donne non siano “un gruppo
naturale” con delle caratteristiche biologiche comuni, la cui oppressione sarebbe dovuta a quella stessa “natura”, masiano invece unacategoria sociale: il prodotto di rapporti economicidi sfruttamentoe di una costruzioneideologica. Per cui (ma qui già Wittig lascia Beauvoir per seguire invece l’analisi femminista materialista di Christine Delphy), le donne sono unaclasse sociale con interessi comuni basati sulla loro condizione specifica di sfruttamento e dominazione, cioè l'oppressione di genere, la quale offre loro una prospettiva, una posizione di conoscenza e di lotta, analoga (come sostiene Hartsock, che ‘però,
tig) che nonè solo personale e politica ma anchetestuale, unapratica di linguaggio nel senso più lato. Una figura testuale di tale soggettività eccentrica è 1 titolo di un saggio di Monique Wittig, One Is Not Born a
comesi è visto, va in una direzione assai diversa) a quella
Woman (Donnanonsi nasce, cfr. M. Wittig 1992, pp. 9-20). La frase, tratta da Il secondo sesso di Beauvoir, è ripropo-
minismo.
sta con sottolineatura ironica dall'autrice di // corpo lesbico. Ripetendo la frase, ma spostandol’enfasi dalla parola “nasce” alla parola “donna”, Wittig richiama la definizione 5! Ch. Moraga in Ch. Moraga-G. Anzaldia 1983, p. 23.
del proletariato. Le donne, quindi, possono prendere coscienza di sé in quantoclasse, e questa presa di coscien-
za in un movimentopolitico è ciò che rappresenta il femi
i
“La condizione delle donne,” scrive Delphy, “è diventata ‘politica’ nel momentoin cui ha dato inizio a unalotta, e quando, contemporaneamente, si è cominciato a pensar-
la come oppressione.” L'oppressione del proletariato era la 52 M. Wittig, One Is Not Born a Woman, in M. Wittig 1992, pp. 9-20. 40
come oppressione”. Il movimento delle donne e la concettualizzazione femminista dell'esperienza delle donne come oppressione esercitata e articolata in base al loro sesso o genere, fanno della sessualità uno dei massimi luoghi della lotta di classe. Questo arricchisce l’analisi storica
do —_———_—
di vita delle donne che la loro condizione può essere vista
men
premessa necessaria per la teoria marxiana del capitale, e la concettualizzazione di quella oppressione era possibile soltanto dalla particolare posizione degli oppressi; allo stesso modo “è soltanto dal puntodi vista e dall'esperienza
analisi deve essere estesa ulteriormente affinché comprendia-
mola nostra specifica condizione economicadi donnenere.54
-—- no
lottare contro la nostra oppressione. [....]
“ Questo rivolgere l’attenzione alla nostra oppressione è incorporato nel concetto di politica identitaria. Noi crediamo che la politica più profonda e potenzialmente più radicale pro-
—-y-
minismo,ossia l’analisi e la pratica che noi donne usiamoper
—
sessuale, dominio patriarcale e, più importante ancora, fem-
neri per quanto riguardail sessismo.[....] È necessarioartico-
Marx, nella misura in cui si applicava alle specifiche relazio-
vr
te succedendo [...] prima di acquisire i concetti di politica
neri contro il razzismo, mentre lottiamo contro gli uomini
ni economiche da lui analizzate, sappiamo anche che la sua
x
Le femministe nere e molte altre donne nere che nonsi defi. niscono femministe hannotutte vissuto l'oppressione sessuale come un fattore costante della nostra vita quotidiana. [...] Tuttavia, non avevamo mododi concettualizzare ciò che per noiera così evidente, quello che sapevamo che stava realmen-
neri progressisti e non auspichiamoil frazionamento preteso dalle separatiste bianche. [...] Lottiamo insieme agli uomini
fattori determinanti nella loro vita lavorativa ed economica.
Tale ridefinizionedell’oppressione comecategoria poli-
sfruttamento, che è una categoria oggettiva; e si riallaccia invece alla definizione di oppressione formulata già alla metà degli anni settanta dal collettivo femminista afroamericano Combahee River Collective, che per primo ha teorizzato unapolitica identitaria (identity politics).
femministe e lesbiche, ci sentiamo solidali con gli uomini
Sebbene siamo essenzialmente d'accordo con la teoria di
. luogo a una nuova comprensione della sfera politica che “potrebbe rovesciarla completamente. Ovvero si potrebbe dire che la consapevolezza delle donne di essere oppresse cambila definizione stessa di oppressione”.53
coscienza, va distinta dalla categoria economica dello
venga direttamente dalla nostra identità. [...] Sebbene siamo
lare la vera situazione di classe di persone che non sono semplicemente lavoratori/lavoratrici prive di razza e di sesso, bensì persone per cui l'oppressione razziale e sessuale sono
materialista di una nuova dimensione di esperienza, e dà
tica e soggettiva, alla quale si arriva solo dal puntodi vista delle oppresse, attraverso una lotta e come forma di
x
L'analisi dell’oppressione economicae sociale si articola sui vari assi secondocui sono organizzate e gerarchizzate le differenze di classe, razza o colore, genere e sessualità, appartenenzaetnicaecc.; e si articola, da una parte,in
relazione alla soggettività e all'identità, e, dall'altra, in relazione alla capacità di resistenza e di azione da parte del soggetto. È tale analisi che rappresenta la nozione di coscienza che ho cercato di delineare come storicamente specifica del femminismo occidentale odierno. Non a caso, quindi, l'analisi di Delphy ha vari punti in comune anche con quella postmarxista di MacKinnon. “La sinistra rifiuta un’analisi materialista [solo in rela-
zione all’oppressione delle donne], perché ciò potrebbe condurre alla conclusione che sono gli uominia beneficia-
re dello sfruttamento patriarcale, e non il capitale,” scrive Delphy in risposta alle femministe marxiste inglesi Michèle Barrett e Mary MacIntosh, dal momentoche “gli uomini sono la classe che opprime e sfrutta le donne.” Se le femministe socialiste insistono nel vedere l'oppressione delle donne come “conseguenzasecondaria dell’antagonismodi classe tra uomini”, e se tanto desiderano esimere x
53 Ch. Delphy 1984, pp. 217, 218. 50
54 B. Smith 1983, pp. 274-278. 51
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gli uominidalla responsabilità dell’oppressione delle don-
terosessualità (e fermamente asserita da Beauvoir nel bra-
dibattito nel movimento[...] la rottura dell'ultima barriera
ideologica e la via di uscita dal tunnel sulla questione del rapporto tra lesbismo e femminismo”.55 Ma nel saggio citato sopra, One Is Not Born a Woman(scritto negli Stati
Uniti ma approssimativamente nello stesso periodoe nello stesso contesto politico, cioè il lavoro della rivista “Questions féministes”, cui era stata vicina primadilasciare la Francia), Wittig ha già oltrepassato quella barriera e portato l’analisi di Delphy molto più lontano. In effetti, la via d'uscita dal tunnel porta a un bivio per
nio n i
no sopracitato). Delphy conclude con quella che vorrebbe essere una profezia: “Credo che questo sarà il prossimo
la teoria femminista: una strada (se le donne non sono una
classe di per sé) porta di nuovo al paradosso della donna, alla differenza sessuale, alla filastrocca di genere, razza e classe, al dibattito sulle priorità, e così via; l’altra strada
(se le donne sono una classe oppressa che lotta per la scomparsa di tutte le classi) porta alla scomparsa delle donnein quantoclasse, ossia la scomparsa delle donne in quanto donne. La divergenzadi quest’ultima strada, quella presa da Wittig, dagli scenari di un futuro femminista
marxismo,il quale, da parte sua, nega unasoggettività individuale ai membri delle classi oppresse. Sebbene “materialismo e soggettività si siano sempre esclusi a vicenda”, coscienza di classe e soggettività individuale vanno tenute in conto entrambe: senza quest'ultima, scrive, “non ci può essere alcuna lotta o trasformazione reale. Ma è vero anche l'opposto: senza il concetto di classe e la coscienza di classe non esistono soggetti reali, esistono solo individui alienati”. Ciò che unisce le due concezioni, materialismo e femminismo, e permette di ridefinire sia la coscienza di classe sia la soggettività individuale come storia personale, o
do Wittig immagina comesarebbero le persone oggichiamate donnein tale società senza donne.Il suggerimentole viene dalla presenza, nel mondo di oggi, di una “società lesbica” che, per quanto marginale, funziona percerti versi autonomamente dall’istituzione eterosessuale. Poiché, sostiene Wittig, le lesbiche non sono donne: “Il rifiuto di diventare (o rimanere) eterosessuali ha sempre voluto dire
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CO
pp. 178-179, 180, 181.
guati perdefinire il soggetto in termini materialisti. Prima mobilita i concetti marxisti di ideologia, classe e relazioni sociali per criticare il femminismo dell’omologazione:i terminidell'equazione genere = differenza sessuale, sostiene Wittig, costruiscono la donna come una “formazione immaginaria” in base al valore biologico-erotico delle donne per gli uomini; ciò rende impossibile capire come gli stessi termini “donna” e “uomo” siano “categorie politiche e non dati naturali”, e quindi porre in questione le vere relazioni socio-economiche istaurate e mantenute dal genere. Poi, però, rivendicando la nozione femminista del sé, di una soggettività che, sebbene prodotta socialmente, è percepita e vissuta dall’individuo nella sua singolarità concreta, corporea, Wittig usa questa nozione contro il
cui ho accennato nella prima parte, diviene drastica quan-
55 Ch. Delphy, A Materialist Feminism Is Possible, in Ch. Delphy 1984,
contro se stesso, dimostrando che sono entrambi inade-
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56 M. Wittig, One Is Not Born a Woman, in M. Wittig 1992, p. 13.
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iii incinteSec
no essere necessariamente, tra la maggior parte degli uomini e delle donne, dei rapporti stretti e permanenti in ogni momento”, convinzione fondata sull’ideologia dell’e-
e nn o
ne, ciò può solo derivare dalla convinzione “che ci debba-
rifiutare di diventare un uomoo una donna, consciamente oppure no. Per una lesbica questo va oltre il rifiuto del ruolo ‘donna’. È il rifiuto del potere economico,ideologico e politico dell’uomo”.59 Tornerò su questo punto dopo aver riassunto la tesi di Wittig. Situandosi nell’ambito del femminismo materialista che qui ho chiamato postmarxista, anche Wittig mette in campoil materialismo storico e il femminismo liberale, e con mossastrategica li pone l'uno control’altro e ciascuno
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‘riscrittura di sé nel senso individuato poc'anzi a proposito del saggio politico-autobiografico di Pratt, è il concetto di oppressione che, si è visto, si è venuto elaborando nella teoria femminista dagli anniottanta in poi.
Ecco quindi in che senso Wittig propone la scomparsa
delle donne comeobiettivo del femminismo. La lotta contro gli apparati ideologicie le istituzioni socio-economichedell'oppressione delle donne consiste nel rifiutare i termini del contratto eterosessuale, non solo nella pratica del vivere ma anchenella pratica del conoscere. Consiste nel concepireil
Quando scopriamoche le donne sono oggetti di oppressione e di appropriazione, nel momentostesso in cui siamo capaci di percepire ciò, diventiamo soggetti nel senso di soggetti cognitivi, tramite un'operazione di astrazione. La coscienza
soggetto sociale in modo eccentrico, in termini autonomi o
eccedenti le categorie del genere. “Lesbica” è unodi questi. La difficoltà di capire o definire un termine che nonfa parte di un dato sistema concettuale, sostiene Marilyn Frye, sta nel fatto cheil linguaggio su cui si basa quelsiste-
dell’oppressione non è solo una reazione (per combattere) contro l'oppressione. È anche la completa rivalutazione concettuale del mondosociale, la sua completa riorganizzazione per mezzodi nuovi concetti, dal puntodivista dell’oppressione [...] chiamiamola unapratica cognitiva soggettiva. L’andi-
ma non è adatto a definirlo. Come mai, si chiede Frye, “quando cerco di nominarmie spiegare comeo chi sono,
la mia lingua madre mioffre una parola[...] che vuol dire ‘un’abitante di Lesbo”?”. Il termine “lesbica” dimostra di essere straordinariamente resistente alle procedure standard di analisi semantica, perché le lesbiche non sono
rivienitra i livelli della realtà (la realtà concettuale e la realtà materiale dell’oppressione, che sono entramberealtà sociali) è conseguito attraversoil linguaggio.57
Lesbica è il solo concetto che io conoscachesia al di là delle
categorie del sesso (donna e uomo), perchéil soggetto designato(lesbica) non è una donna né economicamentené poli-
ticamente né ideologicamente. Perchéciò che costituisce una donna è una specifica relazione sociale con un uomo, una relazione che precedentemente abbiamo chiamato servitù, una relazione che implica un obbligo personale e fisico, così come economico (residenza forzata, lavoro domestico non
retribuito, doveri coniugali, produzione illimitata di prole ecc.), una relazione cui le lesbiche sfuggono, rifiutando di
diventare o di rimanere eterosessuali.58 5? Ivi, pp. 18-19. 58 Ivi, p. 20. 54
contemplate dallo schema concettuale dominante, così
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La “pratica cognitiva soggettiva” di Wittig è una riconcettualizzazione del soggetto, del rapporto tra soggettività e socialità, e della conoscenzastessa, da una posizione che viene esperita come autonoma dall’eterosessualità istituzionale e quindi eccedei limiti del suo orizzonte discorsivo-concettuale.
comesonoassenti dal lessico ufficiale della lingua inglese; a tal punto che ancheil tentativo di arrivare a una definizione del termine “lesbica” con una serie di riferimenti incrociati presi da vari dizionari è “un flirt con il non senso, una danzaattraverso una regione di lacune cognitive e spazi semantici negativi”. Tuttavia, aggiunge Frye,l'essere fuori del sistema concettuale ci mette “nella posizione di vedere cose che non possono essere viste dall'interno”; consente “un riorientamento dell’attenzione [e] delle pro-
prie capacità percettive”, e quindi la messa in questione della realtà sociale data.5? In altre parole, se questa posizione è fuori dal sistema concettuale, assumerla o occu-
parla significa dissociarsi, dis-identificarsi, dis-locarsi e acquisire un puntodi vista eccentrico al sistema. Comela donna bianca “infedele alla civiltà” di cui scrive Rich in Disloyalto Civilization,9° comela “nuova mesti-
5° M. Frye 1983, pp. 160, 154, 171. 60 In A. Rich 1979, pp. 275-310. Questo saggio non è tradotto nella edizioneitaliana. 55
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politicamente. Comeloro, la lesbica di Wittig non è semplicemente una persona con una particolare “preferenza sessuale”, tanto meno una femminista con una “priorità
Credosia questa la “società lesbica” di cui parla Wittig: non un termine che designa un tipo di organizzazione
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sociale (non tradizionale), né il programma per una società futuristica, utopica o distopica, come quelle immaginate in The Female Man di Joanna Russ o comela comunità di amazzoniin Les guérillères della stessa Wittig. Mi pare invece un termine teorico, la figura di uno spazio concettuale ed esperienziale ritagliato dal campo sociale, uno spazio di contraddizioni, nel “qui e ora”, che devono essere affermate ma nonrisolte; spazio in cui l’“Altro/a inappropriato/a”, come l’immagina T. Minh-ha Trinh, “si muove sempre con almeno due/quattro gesti: quello di affermare ‘io sono comete’ mentre indica insistentemente la differenza; e quello del ricordare ‘io sono diversa’ mentre sconvolge qualsiasi definizione di alterità si sia raggiunta”.9! I termini “lesbica” e “società lesbica” sostengonola tensione di questo gesto multiplo e contraddittorio. Nel mentre asserisce che le lesbiche non sono donne, Wittig ci mette in guardia contro gli scritti delle “lesbofemministe” in Americae altrove, che ci vorrebbero di nuovointrappolate
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tura di sé in relazione a un’altra cognizione del sociale, della storia, della cultura.
deve essere qualcos'altro, non-donna e non-uomo”.9? Perciò, quando Wittig conclude “siamo noi che storicamente dobbiamoaccollarci il compito di definire il soggetto individuale in termini materialisti”, quel noi è una figura concettuale: il punto di vista eccentrico dal quale riscrivere sia il marxismosia il femminismo, ricollegandola critica del
sistema sesso/genere con l’“economia politica del sesso”, come auspicava tempo fa Gayle Rubin.83 Insisto. Il “noi” di Wittig nonsi riferisce a donneprivilegiate, “qualificate per spiegare la condizione della donna”, come pensava Beauvoir. La “società lesbica” non si riferisce a una qualche collettività di donne omosessuali, così come il termine “lesbica” non si riferisce semplicemente a una donnalesbica. Sono invece i termini concet. tuali, teorici, di una forma di coscienza femminista che
può esistere storicamente soltanto nel “qui e ora” come coscienza di qualcos'altro. Noi, lesbica, mestiza e altra
inappropriata sono tutte figure di quella posizione critica che ho cercato di fare emergere e di riarticolare da vari testi del femminismo contemporaneo: una posizione raggiunta attraverso pratiche di dislocamento politico e personale, attraversando i confini tra identità e comunità
socio-sessuali, tra corpi e discorsi. La posizione di un soggetto eccentrico.
nel mito della donna. Però rifiutare di essere una donna
non ci fa diventare uomo. Infine, dunque, “una lesbica 6! Trinh T. Minh-ha 1986-1987, p. 9.
62 M. Wittig, One Is Not Born a Waman, in M. Wittig 1992, p. 13.
63 G. Rubin 1976, tradotto in italiano conil titolo Lo scambio delle donne. Di questo parlerò nei capitoli successivi.
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iii nm
politica”; è un soggetto eccentrico al campo sociale, costituito in un processodi interpretazionee dilotta, di riscrit-
ri en ser i
ricamente determinatae tuttavia assunta soggettivamente,
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