Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico [2]


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Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico [2]

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STORIA

E

RACCOLTA

LETTERATURA DI

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ST U D I

E

TESTI

150 -----

ARNALDO MOMIGLIANO

SESTO CONTRIBUTO ALLA STORIA DEGLI STUDI CLASSICI E DEL MONDO ANTICO

TOMO SECONDO

ROMA 1 911U EDIZIONI DI STORIA E LETTERATU RA

Pubblicato con il contributo del Consiglio Nazionale dellr Ricerche

EDIZION I DI STORIA E LETTER ATU RA 00186

Roma - Via Lancdlotti, IH

P ARTE S ECONDA

VITA INTELLETTUALE E SOCIALE

LA LI BERTA DI PAROLA NEL MONDO ANTICO •

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di f,·.mu·u, ll11J/Ìni

Più di cento anni fa Fuste l de Coulanges ebbe uno di quei momenti di visione che di rado sono dari agl i storici. Egli riJ,. la connessione tra le S[rutture dello stato antico e la natura delle credenze rel igiose degli antichi. La sua visione, come non si stanco di dichiarare, era strettamente limitata alle nazioni ariane. Fustel accer­ tava quella che era allora la relat i v amente nuova nozione di unirà culturale ariana e per di più non aveva alcun desiderio di essere coin volto in dispute teologi che sulla religione dei Semiti. Gli bastava dichi arare che i Semiti erano d i fferenti. Quanto agl i Ariani, cio che egli sapeva d'istituzioni i ndiane, greche e romane portava alla con ­ clusione che il culto degli antenat i , trasmesso per linea maschile di generazione i n generazione, era la fondazione della famiglia. Il libro pubbl icato da Fuste l de Coulanges nel l H64 si intitola Lu Ci t� Antique, ma avrebbe potuto chi amarsi ugualmente bene L1 F,mli/1� Antiqur.

Per lui la fam iglia non era soltanto la più antica società, ma anche l'archetipo del più tardo Stato. Quando più famigl ie si uniro­ no in culti comuni, sorsero progressivamente la frarria, la tribù, la città. Se il culto del comune antenato presso la sua tomba o presso il focolare domestico aveva creato la famigl ia, i l culto dei poteri della natura - il ci elo, il sole, la terra, le nubi - fu i l principio dello Stato-città. Gli dei olimpici appartengono alla città, alla pol is, come

•[Rn·i,w.I"MIId lwh.moJ, H.�. fase �. 11) 7 1 , pp. 499-�24j !Hohlou�rat.a,

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\'ITA ISTH.I.I-'lTliAL[ f. SOUAI.F.

il culro degl i antenati appartiene alla famiglia o a quella estensione della fam iglia, che t: il x.rnw, la x.�m. La ci ttà, naturalmente, assorbi i culti famil iari della gente che la costitui rono. Aggiunse il culto del fondarore della città medesima - un antenato mi gewrriJ. Per di piu un culto del focolare della città - in Roma il culto di Vesta - fece da parallelo al culto del focolare domestico, sebbene non direttamente connesso con il culto degli antenati. Tale la visione di Fuste! de Coulanges, che non ha ancora perso il suo potere di attrazione. Uno dei diretti allievi di Fuste!, Emile Durkheim, interpretò e modificò l'i nsegnamento del maestro cosi da trasformarlo in uno dei sistemi sociologici più in fluenti del nostro secolo. Per Durkheim la religione rappresenta, se non il fondamento della società, per lo meno l'espressione della mente colletti va della società. Se non crea la soc ietà, la rel igione la tiene insieme e la si mbolizza. Per Durkheim, come per Fusttl, lo studio della interrela­ zione tra religione t società rimane il compito più importante dello studioso della civiltà. Gli stor ici, almeno fuori di Francia, hanno trovato più difficile assorbi re le idee di Fuste!. Anche quando hanno accettato la nozione della precedenza della famiglia allo stato, non si sono lasciati convin­ cere dall' idea che il culto degli antenati e la radice della famiglia e che il culto degli dei oli mpici t: la radice della polis. Fuste! senza dubbio indebolì il suo argomento lasciando fuori quegl i stati orienta­ li dell'Antichità in cui le istituzioni politiche sono più chiaramente intrecciate con le credenze rel igiose. Restringendosi agli Arian i fu costretto a mantenere il silenzio sull' Egitto, sulla Mesopotamia e Israele. Oggi - la cosa non sorprende e lo studioso dell 'antico Oriente che può trarre piu frutto della CittJ .mtùu di Fuste!. Le nuove scoperte hanno accumulato fatti nuovi sulle relazioni tra istituzioni pol itiche e religiose dai Sumeri all'Egitto t alla Babilonia dell'età ellenistica. Noi sappiamo infin itamente di piu di quanto Fuste! potesse mai sapere sulla vita delle città orientali che precedettero i grandi imperi o si sv ilupparono nel loro interno. Gli archivi di El Amarna, Ugarit e Mari hanno forn ito nuovi capitoli alla storia delle città della Siria nel secondo millennio. D'altro lato lo studioso della Grecia e di Roma non può tenersi in disparte dai nuov i svi luppi. Il deciframento della lineare 8 ci ha proposto il compito di interpreta­ re una società greca arcaica in cui monarchia e religione si combina­ vano in forme precedentemente ignote. La ricerca recente ha anche -

l.A LIRF.RTA lll PAROLA

SEt MONDO

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dischiuso l'imporranza del pensiero mirico e religioso ndl'imerno delle organizzazioni politico-militari della Grecia, perfino del l'età classica. Basta qui menzionare le ricerche di ) . - P. Vernam e della sua scuola. Eccessi nella interpretazione della politica romana in termini religiosi, come si ebbero prima della guerra e ancora si hanno, provocarono giustificare reazioni fra studiosi più responsabili. Ma ogni nuova scoperra su Roma arcaica - del f,,,,iJ niKrr al santuario arcaico di Lavinio - ha proposto nuovi problemi sulle relazioni tra Stato e religione. lo intendo dedicare queste mie lezioni all 'esplorazione di un aspetto delle relazioni tra religione e politica nel mondo amico: il diritto di esprimere le proprie opinioni in materia di pol it ica e in materia di religione. Cercherò di tenere separare la sfera della re ligione e quella della politica nel primo stadio della mia ricerca. Anche se mi troverò tosto in difficoltà, cercherò di rispettare il farro fondamentale che la politica rappresenta relazioni tra uomini, men­ tre la religione rappresenta relazion i tra uomini e dei. Le reazion i reciproche di religione e politica non possono mai risultare in una identità di religione e politica. È facile obiettare che almeno in cerre civ iltà ogni offesa comro lo stato è offesa contro gli dei. Ma persino in Egitto, la terra dove il re è dio, la protesta contro gli abusi di governo non fu mai assolutamente identica alla protesta contro gli dei. Quando si considera la rel igione dal punto di vista del dissenso, ci si rende conto che il dissenso religioso non è ident ico con il dissenso politico, anche se l'uno può essere la radice dell'altro. Cercherò perranto di caratterizzare, separaramente e rapidamente, ciò che noi sappiamo sulla liberrà di parola e sul dissenso religioso nelle civiltà amiche. l pumi di contatto tra le due sfere della religione e della polit ica diventeran no tosto evidenti, fino ad imba­ razzarci. Verso la fine cercherò di indicare che cosa questi contatti significano per lo studio della società antica. Qui basterà aggiungere una ulteriore osservazione prel iminare. In ogni società si devono prendere delle decisioni. Come una decisione viene presa, imporra tanto quanto chi prende la decisione. Se è già difficile stabil ire chi decide, è ancora più difficile sapere come si è arrivati alla decisione. Ogni storico deve affrontare questa difficoltà sia che studi la quinta dinastia faraonica sia che analizzi il moderno governo parlamentare. Ma anche se noi riusciamo a stabili­ re .-hi prese l a decisione e wmr fu presa, non possi amo ancora pretendere di sapere .-br fll.kl è accaduto. La situazione, che provoca la

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VITA INTU.LITflJAU:

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SOCIALE

deçisi ont:, presuppone un wmplesso di sentimenti t: di conv incimen­ ti in chi agiKt:. Ogni decisione politica immediata e solo wmprensi­ bile entro un quadro di fattori a lunga durata: tra i qual i i fattori rel igiosi. Ciò che ci interessa qui è che almeno in certe civ iltà la religione prov vede il più importante fattore a lunga durata dell'azio­ ne pol itica.

Il Per libertà d i parola s i intende nel mondo anglo-sasso ne ( e con poche varianti nel mondo lat ino) il diritto di parlare in assemblea di governo, di sottomettervi petizion i, di riferirne i dibattiti anche a mezzo stampa, nonché il di ritto di convocare riunion i pubbliche e di parlarv i, il di ritto di corrispondenza, di insegnamento, di culto pubbl ico, di pubblicazione di libri e giornal i. Nello sresso mondo anglo-sasso ne l'abuso della libertà di parola consiste in «libel, slan ­ der, obsce niry, blasphemy and sedi rion .. , cioè diffamazione, den igra­ zione, oscenità, offesa contro la religione, incitamento alla sedizio­ ne. La terminologia, la teoria e la pratica della libertà di parola nel mondo anglo-sassone e nel mondo larino dell'età nostra sono generi ­ camente connesse con idee e istituzioni greche e romane. N o n è perciò difficile riconoKere nel mondo greco-romano dell'antichità le parole, le ideologie e le istituzioni che possono essere legittimamente studiare come la controparte class i ca della moderna nozione di libertà di parola. Le difficoltà che si incontrano nello studio della libertà di parola nel mondo class i co sono essenzialmente dovute alla deficienza della nostra informazione. Noi sappiamo ben poco della Grecia al di fuori di Arene del quinto e quarto sec. a. C. Per Roma cominciamo a essere bene informati nel secondo sec. a. C. Tanto per la G recia quanto per Roma siamo male informati soprattutto per il periodo arcaico, che fu i l periodo decisivo per la formazione degli istituti. Ma anche nei limiti della presente informazione qualcosa di più si può dire se i dari vengono raccolti e interpretat i secondo metodi moderni di studio delle società. Di gran lunga più diffic ile, tuttavia, e la scoperta e l'interpreta­ zione dei dari riguardanti la libertà di parola nelle grandi ci viltà dell'Oriente antiw (Egitto, Mcsoporamia, Impero lcriro, Persia, Fen i­ cia, Giudea). Con la parziale eccezione dei testi biblici, mancano o

1.1\ I.IHI:MTA Ili PAMOI h .\Jr:L MONIX> ANTI< O

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sono oscure le connessioni genetiche con idee e istituzioni moderne. Si può perfino argomentare che la i ntera struttura pol itica e sociale di quelle civilta rende quasi impossibile separare la nozione di libertà di parola da altre nozioni politiche e religiose. Esiste tuttavia un campo i n cui l'analogia delle istituzion i permette piu facilmente il confronto con il mondo moderno: i: il campo delle assemblee pol itiche le quali, nel mondo orientale, come nd greco-romano, sono anche cort i giudiziarie. E anche altrove, come cerchero di di mostrare soprattutto per Israele t: per l'Egitto, io credo si possano fare fruttuo­ se osservazioni sulla libertil di parola nelle ci vilta oriental i . Certo, le difficolta linguistiche più o meno soggettive si combi nano con diffìcolta obiettive formidabili nell'interpretare istituzion i e costumi remoti e mal noti dell'Oriente. Appu nto poiché il materiale i: diffic ile da trattarsi non i: mai stato raccolto sisrematicamente. Questa prima interpretazione com­ plessiva del materiale orientale deve essere considerata provvisoria e un invito a fare meglio. Sia nel mondo orientale sia in quello greco- romano noi dobbia­ mo distinguere tra asse m blee popolari e consigli di anziani. In Oriente le asse mblee popolari decli narono con il sorgere dei grandi imperi. È intuitivo che nei consigl i di anziani la libertil di parola era più necessaria che nelle assemblee popolari, le quali possono essere convocate anche solo per ricevere ordini o dare sanzione formale a decision i già prese dal re o dal consigl io di anzian i; ma grandi differenze dovettero esistere negli stessi consigl i di anziani rispetto non solo alla libertà di parola, ma alla loro costituzione e ai loro poteri. Purtroppo sono proprio la costituzione e i poteri delle assem­ blee e de i consigli di anziani nel mondo orientale che più spesso ci sfuggono. Spesso nel leggere documenti orientali ho ripetutO a me stesso le parole di Magister Gregor ius, autore di uno dei Miruhiliu Urhù R11mue: «In hac tabula plura legi quam intellexi " . Consigl i d i anziani e generali assemblee d i membri della comu­ nità esistettero in città della Mesopotamia sin dal terzo mi llennio a. C. Un episodio del breve poema epico su Gi lgamesh e Agga è considerato come il più antico documento comprovante l'esistenza di entrambi - consigli e assemblee. Le tavolette di questo poema giunte a noi furono iscritte nel secondo millennio, ma riflettono la situazio­ ne di un tempo non distante dal 3000 a. C. Gilgamesh, il mi tico eroe e signore di Uruk, fa un discorso davanti al consiglio di anzian i per averne l'appoggio a far guerra. Il consiglio non accetta la sua

VITI\

ISTHI.FITI'AI.[ E SCX.IAl.f

proposca, ma un'altra assemblea, che sembra aver raccolto rurr i gli adulti arri alla guerra, ann ulla la decisione degli anzian i e si dich iara per la guerra. La possibil ità di un disaccordo nell'inrerno di un'as­ semblea (se non fra differenri assemblee ) e confermata da un presa­ gio del periodo paleo-babilonese (circa IH(X) a. CJ . La composizione e la funzione di ral i consigl i e assemblee naruralmenre variavano. Nella colonia commerciale assira di Kanish in Cappadocia nel secolo XIX a. C. il consiglio degli anziani si div ideva, a quanro i: sraro suggeriro, in rre sezioni per deci dere - il che può o non può impl icare un voro collerr ivo per ciascuna sezione, al modo delle curie e cenrurie romane. In un processo per omicidio a Nippur, ci rca il XX sec. a. C., oppost i pareri sulla colpevolezza della impurara vengono collerrivamenre declamati da discordami gruppi dell'assem ­ blea giudicanre. Spedizioni mili tari, processi, relazion i con i re locali sembrano essere srar i di competenza di siffarre assemblee. Ma in nessun caso noi siamo suffic ienremenre informati per comprendere la narura delle loro arr i virà. Anche la distin zione rra assemblee generali e consigli di anziani i: rurr'alrro che ch iara. Secondo l'opinione oggi prevalenre tra assi riologi, le isriruzioni mesoporamiche si svilupparono su una base di pri mitiva democ razia militare. Il re in Mesoporamia, in conr rasro all' Egirro, era di rado equiparato a un dio. Anzi gli dei formavano una società di qualche apparenza democratica. L'Enuma E/li fu scritto nella prima metà del secondo millennio a. C. per spiegare come Marduk fu eletto re dagl i dei . Anche se il palazzo reale e il tempio divenrarono progressiva­ menre i ceneri di potere nella cirrà, la comunità ci rradina manrenne un residuo della organi zzazi one originaria: come si vede soprarrurro per ovvie ragioni nei grandi ceneri commerciali. Il fiero senso di autonomia dei cittadini di Babilonia (che av rebbero ricordato ad Assurban ipal che anche un cane i: libero quando enrra nella città di Babi lonia) e gli elemenri di critica sociale risconrrabili in preghiere e poemi epici vanno bene d'accordo con questa soprav vivenza di istituzioni comunal i, soprattutto nell'ammin istrazione della giust izia. Ma nel secondo e primo millennio a. C. prevalgono i mperi cenrraliz­ zari i n cui le decisioni sono prese da re, e in cui i consiglieri sono renuri in penombra. Turca la loro vira inrellerruale i: direrra verso la irerazione di opi nioni ortodosse, non verso l'espressione di dissenso. Si e spesso norara l'assenza di proresra popolare conrro l'ammin istra­ zione, msì come i: scarsa la conrroversia inrellerruale nella lerrerarura accadica.

I.A L18ERTA lll PAROLA NEL MONDO ANTICO

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Gli Ittici furono l'unico grande stato del vicino Oriente in cui nell'antichità il re dovesse fare i conti con una assemblea politica centrale - non solo con locali asse mblee di città subordinate al potere centrale. Il PuniuJ o la Puni·tiJ (l'ittiro ha perso la distinzione tra maschile e femminile) è nomi nato nel cosi detto testamento pol itico di Hartushilish l (c. 1650) e nell'edirro di Telepinus che regola la successione al crono e riforma il sistema giudiziario (c. 1 5 50 a. C. nella cronologia prevalente). La etimologia di Puni-11.1 - un agge ttivo che signi fica « i ntiero » - poco imporra per la interpretazione dell'ist i ­ ruro. Un tesro magico pone il Puni·tiJ a l di sopra dei funzionari d i palazzo mentre class i fica i «congiunti del Pankus» a l d i sorro dei sacerdoti e dei comandanti militari. Questo ordine di precedenza sembra i mplicare che il PunJ.UJ fosse una assemblea aristocratica, una sona di uHouse of Lords » ; e ci sono indizi che prendesse parre alla designazione del successore al trono. Telepinus perfino estese (o restaurò) i poteri giudiziari del PuniiiJ sì da i ncludere la chiamata a giudizio del sovrano in circostanze specifiche. Dopo Telepinus non sentiamo più parlare del PunkiiJ. Gli itrirologi amano pensare che il PunhtJ fosse una eredità indo- europea era gli Ittiri ; ma chi ha mai trovato un'asse mblea i ndo-europea ? Dopo Telepinus gli artefici della espansione i mperiale degli !triti sembrano essersi valsi solo di un addomesticato consiglio di dignitari di corte. Quando Shuppiluliumash l (forse intorno al 1 3 50 a. C.) ebbe la sorpresa di venire richiesto di provvedere un marito alla vedova del faraone Turankhamen, egli con vocò i grandi a concilio e disse: «sin da antico una cosa sim ile non è mai capitata avanti di me ». Il consiglio dei grandi, a cui questo testo allude, è probabilmente diverso dagli A nziani di Hatti che compaiono in una clausola strana del testamento pol itico di Hattushil ish l. Hattushi ­ lish l appare ansioso di evitare contatti e r a il suo successore des­ ignato e gli Anziani di Hatti : «Gli Anziani di Hatti - egli dice - non parleranno a te - né l'uomo di Hemmuva e di Tamalkiya . . . né in vero qualsiasi individuo del paese parlerà a te ». Questa mossa di Harrushilish l, per prevenire contatti tra il suo erede e gli Anziani di Hani, nonché il resto del popolo, è una delle più esplicite limitazioni alla libertà di parola che si incontrino in rest i orientali. Del resto sappiamo che il codice irrito riconosceva la giurisdizione degli

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VITA INTI-'.I.I.I:TflJ AI.f.

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anz1am al di fuori della capitale. E naturalmente il re si serviva di consigl i di anziani in rerrirori occupat i e ammi n istrat i indirettamen­ te. Nel complesso si ha qui di nuovo, come in Assiria, l'impressione che i re initi basassero sempre più il loro governo su "una organi zza­ zione militare caratterizzata da rapidità, segretezza e deferenza alla volontà regale. Noi vorremmo sapere quale fosse il rono nell'eserci­ zio della giustizia e nella discussione di problemi morali e giuridici, che dovene essere frequente in una società plural isrica e aperta a influssi stranieri come la società irrita. Ma i resri ci dicono poco. Un commovente sol iloquio come la preghiera di Kantuzilis, che invoca misericordia per le sue sofferenze, appartiene all'altra sfera - la religione.

IV Le tenere di E l Amarna e i resti ugaririci hanno dimostrato la presenza di consigli di anziani e meno chiaramente di assemblee popolari nella Siria- Palestina nella seconda merà del secondo millen­ nio. Era quello un mondo di piccole cinà-staro i n cui asse mblee avevano senso. Tanto i consigl i di anziani quanto le asse mblee generali sembrano essere state particolarmente atti ve quando il re locale non era presente. La lenera 2 54 di El Amarna racconta viv idamente la sroria di Labaja, forse signore di Shechem, che fece un discorso ai cinadini di Gezer (XIV sec. a. C.). Un passo della sroria egiziana di Un- Amon (del sec. Xl a. C.) è di ventaro famoso, da quando ). A. Wilson vi riconobbe la parola semitica "'"'ed, assemblea. Il passo così inrerpreraro prova che a Biblo il re giudicava casi concernenti stran ieri davanti una assemblea popolare. L'esistenza di assemblee favoriva i cambiamenti di clientela politica in tempo di crisi. Favoriva ciò che noi chiameremmo propaganda, ma è meglio descrino come inciramenro alla ribellione. Secondo talune lettere di El Amarna (74; 81 ) Abdiashirra, un ribelle contro l'Egitto motto circa il l.ì6 5 a. C. Ul, si valse presum ibilmente di asse mblee per invitare alla sovversione e alla col laborazione con i Habi ru. Una delle cose che abbiamo imparato da questa scarsa e incerta documentazione sulle assemblee popolari e sui consigli di anziani in

LA LIBERTA DI PAROLA NEL MONDO ANTICO

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Siria e Palestina del secondo millennio è che le tribù ebraiche con le loro ass e mblee e i loro consigli di anziani si conformavano a modelli preesistenti. Perché la tradizione biblica è quello che è, noi non sappiamo mai con certezza se i testi che abbiamo sulle istituzioni premonarchi ­ che e perfino sulle cerimonie monarchiche riflettono eventi reali o più tarda ideali zzazione e teorizzazione. Per esempio fa pensare che non ci sia, per quanto ricordo, documentazione di una assemblea di una t,.ihù singola per il periodo pre -monarchico. Ma la rappresenta­ zione delle funzioni degli anziani e dell'asse m blea ispira fiducia anche se gli episodi individuali portano il segno di elaborazion i più tarde. Non vogliamo prendere Deuteronomio 5,23 come documento per l'esistenza di anziani in ciascuna tribù; ma anziani di Gi uda sono sicuramente testimoniati altrove. Così sono gli anziani di Gilead che fecero un patto con Jephthah (/ud. 11,5 ), per non parlare poi degli anziani di singole città. Gli anziani delle città singole conservarono funzioni giurisdizionali anche durante la monarchia. Gli anziani rappresentavano le tribù e le città: in raluni resti le formole « uomini di Israele» e «anziani » sono intercambiabili (josh. 24,1-2). Gli anzia­ ni hanno voce nella dichiarazione di guerra del periodo monarchico (l Reg. 20,8) e, ciò che è più, nella elezione dei pri mi due re (l Sam. 8,4; Il Sam. 5,3). Più tardi, nel periodo posr-esilico, essi orga­ nizzavano la convocazione dell'assemblea (Ez,.. 10,8). Le fonti men­ zionano anche capi, sa,.im, degli anziani, non sappiamo come scelti (per es. /s. 3,14). L'asse mblea ('Edah, Kaha/) aveva funzioni giudiziarie, almeno nell'idealizzazione di tempi seriori: il violatore del sabbato (Num. 15,33), il bestemmiatore (Lu•. 24,14) sono portati davanti all'asse m blea; ed è un tratto realistico di questi rest i di ispirazione sacerdotale che i giudici sono anche i carnefici secondo i principi della giust izia popolare nell'antico Oriente. Donne appaiono davanti all'asse m blea per asserire il diritto di eredità (Num. 27,2). L'asse m­ blea e i suoi oscuri principi compaiono in trattati e arbitrat i CJosh. , 9,15 ; lud. 20,1) . L'ass e mblea proclama Geroboamo re d'Israele (l Reg. 12,20) . L'ass e mblea di Giuda sembra chiamata a parteci pare al nuovo patto di re Giosia dopo la scoperta del libro della legge (Il Reg. 2 3 , 1 -2) nel 622 a. C. Secondo il Libro delle Cronache l'assemblea prese parte

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VITA INTEl.l.fn·lJAI.E f S(X.IALf.

alla resraurazione della dinasria davidica con Gioash (/1 Chmn. 2 .�,.) ) e nelle riforme di Ezechia (Il Chron. 29 ,28). L'assemblea riappare nel periodo posr -esil ico i n decision i legali di fondamemale i mponanza, come il ripudio delle mogli suani ere (Ezr. 10, 1 -2 ) . Come ho già accennaro, è difficile separare nelle fonri gl i anziani dall 'assemblea del popolo. In E.wdo 19 ,7 Mosè riporra le parole di Jahweh agli anziani di Israele, e rurro il popolo risponde. David srringe in Hebron un parro con gli anziani di Israele che agiscono in nome del popolo (// Sam. 5,1-.'\ ). Le assemblee sono regolarmeme coinvolre nei parri che cararrerizzano la elezione dei giudici e più rardi dei re, anche se sarebbe perd ira di rempo cercare di ridurre quesre elezion i a un modello solo. Il caranere comratruale della elezione dei capi è una nozione che pervade il pensiero biblico su giudici e re e ha i ndubbiameme le sue radici i n fatti srorici. Ha la sua controparte nella nozione del pattO ua Jahweh ed Israele che in vari gradi di sviluppo è accettata da turre le fomi bibliche - dal Jahwista al Deuteronomista. Secondo una correme di pensiero che non prevalse, il pano con Jahweh era incompatibile con la elezione di un re e consegueme patto con il medesi mo. Insomma in Israele il pensiero storico e costituzionale presuppone l'esistenza di asse m blea e anziani e concepisce le relazio­ ni tra Israele e i l suo sovrano (umano o divi no) in termine di parto. Una serie di patt i segna la progressiva separazione d'Israe le dalle alrre nazioni . Non c'è postO nella Bibbia, se non in posizioni margi ­ nali, per le nozion i di amfizionia e di regalità divina che srudiosi moderni hanno cercato di imrodurre nell 'amico pensiero polirico ebraico. È difficile per noi renderei como come le decisioni ven issero prese in Israele in un'assemblea popolare e in un consiglio di anziani sia avanti sia durante la monarchia. È i nceno se abbiamo un esempio di un consigl io di anziani in operazi one nella nota storia di Roboamo che al principio del con flitto con le tribù del nord riceve contrastan ­ ti pareri dai suoi consiglieri anzian i e giovan i (l ReK. 12,6). Piunosro sarà da ricordare come faci lmente l'assemblea e gli anziani di lesreel si piegarono alla volontà della regina lesebel e condannarono a mone Naboth (/ ReK. 21,12 ). Una immagine idealizzata dell'anziano che si presenta al consi­ glio davanti alle porte della citta è nel libro di Giobbe, come rutti ricordiamo.

LA LIHERTA DI PAROLA NEL MONDO A N TICO

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Lamenta G iobbe (29,7 ): Quando io usci vo alla porta della città e preparavo il mio sedile nel l'ampia piazza i giovani mi vedevano e si nascondevano, gli anzian i si alzavano e stavano i mmoti, i principi interrompevano i loro discorsi, ponevano la mano sulla loro bocca L'orecchia che mi udiva mi benediva, l'occhio che mi vedeva era test imone a mio favore. Nel complesso i libri storici della Bibbia lasciano l'i mpressione di scioltezza e di chiarezza nei rapporti tra governanti e governati che corrisponde al carattere contrattuale del rapporto stesso. La impressione è confermata dalle poche lettere del V I I e VI sec. a. C. che fi nora sono State scoperte (in ispecie gli ostraca di Lachish). L'uomo che scrive al suo superiore usa tradizionali formule serv ili, ma parla direttamente e con fermezza, e in un caso rigetta una insinuazione senza esitare. Ciò che caratterizza la v ita ebraica è, tuttavia, l'intervento del profeta in nome di Jahweh. La recente concentrazione degli studiosi sul problema del rapporto era culto e profezia, per quanto compren­ sibile come reazione all'idealizzazione del profeta come veggente sol itario, tende a oscurare l'essenziale. Il profeta è il messagge ro incontrollabile della parola di Jahweh. Dei duecento quarant'un passi biblici che nominano la «parola di Jahweh,., 221 indicano una espressione profetica. La parola di Jahweh si manifesta per la bocca del profeta. Nei libri profetici, nei Salmi, e perfino nel libro di Giobbe (l 5,8) si ritrova la nozione che Jahweh ha il suo Consiglio, e che il vero profeta ne è membro. Secondo Geremia, Jahweh dice in sostanza dei falsi profeti: «Se essi fossero stati membri del mio consiglio, av rebbero proclamato la mia parola al popolo,. (2 3,22 ). La nozione del Consiglio di Jahweh rientra nei termini legal i del rapporto tra Jahweh ed Israele che è accettato nei libri profetici , cosi come è formulato nei l ibri storici. In alcuni passi memorabili la parola di Jahweh è un formale atto di accusa contro Israele per violazione di patto: « Parola di Jahweh: " i o inizierò un'azione contro di voi; sosterrò u n a causa contro i figli dei vostri figli",. (jerm1. 2,9; Deul. 32; h 1,2; MùtJh 6 , 1 ) .

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VITA INTELI.flTUALE

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In altri casi - di cui Grrrmiu .� e /Jrtllrro-IJUiu 42,6; 49,H (quale che sia l'i merpretazione precisa di questi passi) sono i più cospil·u i il profeta annuncia un nuovo patto con Israele. Una nuova situazio­ ne legale è promessa a Israele attra verso il profeta. Ma la parola di Jahweh non si esaurisce in formulazion i legali. Il profeta imroduce nella v ita nazionale un elememo di libertà di parola che spezza ogni convenzione. l re cercano di soppri merlo o almeno di comrollarlo. Donde i conflitti tra re e profeti incomodi. Finché ci furono profeti , la libertà di parola tra gl i Ebrei fu fondamemalmeme (all'i n fuori delle assemblee politiche) la parola di Jahweh attraverso i profeti. Quando la profezia perse i mportanza e la nozione di una legge immutabile, della Torah, di vemò il cemro della vita ebraica, ciò impl icò una rioriemazione profonda. Il profeta aveva dato espressio­ ne al costante sem imenco di colpa verso Jahweh che era i nereme alla vita delle tribù ebraiche. Il rabbino, lo scriba, che fino a un cerco punto sostituì il profeta come guida, fu il mediatore di una relazione non più tempestosa, ma armoniosa tra Dio e uomo. Il compito del rabbino fu di defi nire i confini della legge, i n altre parole quel tipo di condotta che è samificazione del nome di dio (Kiddush Hashem) i n confronto a l l a profanazione del nome di d i o ( HiUul Hashem). La preoccupazione mass i ma del maestro talmudico era non la libertà di parola, ma la cooperazione con dio - donde il pericolo di eresia, che ci occuperà nella seconda lezione.

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I Persiani, durame il periodo imperi ale degli Achemen idi, certa­ meme non avevano un 'assemblea e probabilmente nemmeno un consiglio cemrale di anziani. l re, che si consideravano scelti da Ahura Mazda, non si atteggiavano a dei, ma detenevano la verità per diritto divino e avevano il compito di combattere la menzogna. Come essi potessero riconoscere la menzogna (o la verità) è una questione strettameme connessa con la questione della religione degli Achemenidi che, come è noto, non è stata finora risolta. Sembra che i Magi - una razza molto strana, come dice Erodoto (1 , 140 ) - esercitassero una precisa funzione di consiglieri relig iosi degli Achemen idi. Quale che fosse la origine dei Magi, essi erano diventati una classe sacerdotale che controllava i sacrifici e interpre-

LA LIB�KTA DI PAROLA NEL MONDO ANTICO

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rava i sogn i ( Herod. l , 107 ). l Magi non potevano essere trascurati, ma dallo scandalo di Smerdis in poi, destavano legi ttimi sospetti. Senza dubbio i re avevano altri consiglieri. l sei compagn i di Dario nella lona per il trono originarono famigl ie che avevano libero accesso al re; un modo di dire che avevano l ibertà di parola A N TICO

per Egesia, di cui ci viene detto che le sue lezioni erano cosi pessi mistiche da aumentare la percentuale dei suicidi in Alessandria (Cicero, Tu.l . Santuari sono attaccaci per fare denaro. Fuori del territorio degli stati ellen istici, si organ izza a Roma la persecuzione politico- religiosa dei seguaci di Bacco al principio del Il sec. a. C. E sopraccuuo il culto di Jahweh ha da essere difeso in Gerusalemme contro tentativi di ellenizzarlo, come se fosse una variante del culto di Zeus: tentativi in cui si riconoscono aspirazion i di Ebrei ellenizzanti oltre che di sovrani ellenistici sospettosi . Ma, anche così limitato, l'episodio giudaico è unico, come è unico i l monoceismo c h e l o rende possibile. L'atmosfera prevalente del perio­ do ellen istico è quella di libertà di esperienze religiose e di reciproca tolleranza. Varrebbe la pena di definire questa tolleranza, e il suo signi ficato sociale, più da vicino. Un elemento caratterist ico della situazione è che la tolleranza religiosa sopravvive alle lotte sociali del cardo Il secolo e del l secolo a. C. Taluni degli eserciti ri voluzionari del I l e l sec. a. C. hanno specifiche preferenze rel igiose, ma non combattono perche un Dio lo vuole. Qui basterà notare che impius, impi�tus non sono mai state parole importanti della ideologia politica romana. Anche quando Virgilio idealizzò il «pius Aeneas» e Augu­ sto si arrogò pietus come una delle sue qualità, insieme con t•irtus, demmtiu. iustitù1, il contrario, impùtus, rimase essenzialmente parola della vira domest ica e rituale. Quale che sia stata la base in Roma della persecuzione religiosa (del resto lim itatissima prima della lotta contro il Cristianesi mo) , impùttJS non fu mai un crimine del diriuo romano. Non ci dobbiamo lasciar traviare da espressioni imprecise come quella di Tacito, A nnui. 5, 47. A noi preme tuttavia domandarci donde provenga la subita

VITA INTELI.ETTU ALE � S(X:IALE

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appanz1one della nozione di eresia tra i primi Cristiani, tanto più che abbiamo constatato come nel Giudaismo dell'età di Gesù, gruppi e sette convi vessero in relativo, seppure instabile, compromesso.

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Ma anzitutto, che cosa è un'eresia? HairtJiJ, «scelta .. , come è ben noto, è parola che giunse ai Cristiani per vie ebraiche dal linguagg io delle scuole filosofiche greche. In greco ellenistico haimù significava, tra l'altro, una setta filosofica. Polibio usa il term ine per indicare la scuola peripaterica. Panezio scrisse un libro «sulle sette » che sembra aver combinato interessi storici e sistematici e aver servito di fonte diretta o indi retta a Diogene Laerzio. Nello stesso secondo secolo a. C. Anripatro di Tarso scrisse un libro «contro le sette» , contro le Scuole filosofiche. I Gi udei accolsero il term ine per indicare le loro sette religiose. Filone parla della haimù dei Terapeuri, e Giuseppe Flavio delle hairmiJ dei Farisei, Sadducei ed Esseni in modo che rende evidente che essi già usavano una terminologia ben stabilita. Ciò è confermato dagli Atti degl i Apostoli che parlano correntemen­ te di haimiJ dei Far isei. I Cristiani dovevano essere indicati come una hairtJÙ. Perché San Paolo che ammette di essere vissuto prece­ dentemente «secondo la rigorosissima scelta» dei Farisei applica la stessa terminologia a se stesso come adepto della nuova fede: « Ma io questo ri confesso che secondo la via che essi chiamano hcJireJÙ, servo il dio dei padri » (A rta 24, 1 4) . È evidente che in cucci questi resti haimiJ significa u n a dottrina fra le altre: implica una scelta, ma non la scelta sbagliata, non la scelta che è ispirata dal diavolo e distrugge l'unirà di una società religiosa. Generalmente parlando, né il Vecchio Testamento in greco né i quattro Evangeli conoscono questo significato peggiorat ivo. Esso compare per la prima volta nelle lettere più sicuramente autentiche di S. Paolo. Il resto capitale è l Corirtzi I l , 1 8- 1 9: «Sento dire che ci sono degli scismi fra di voi, e in parte ci credo. Bisogna infarti che ci siano eresie hai meii affinché coloro che sono approvaci diventino man ifesti era di voi ». Qui San Paolo considera il manifestarsi delle eresie come parte necessaria del processo di salvazione per l'eletto. L'altro importante passo è Epùto/a ai Galati 5, 1 9- 2 1 che registra l'eresia tra le opere della carne di contro ai frutti dello spirito. -

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S. Paolo, come sappiamo, accertava la dottrina classica della concordia homonoiu e la estendeva dal corpo polit ico alla Chiesa. Egli usa la stessa analogia del corpo umano che Menenio Agrippa aveva addotto per riconci liare patrizi e plebei. S. Paolo andava tuttavia al di là di ogni teoria classica della concordia quando asse r iva che le eresie sono opera della carne e contribuiscono a separare il dannato dall'eletto. Una nuova serie di presuppost i viene introdotta nel connettere l' idea di eresia con l'idea di salvazione. Il complemento di questa nuova dott rina si trova nella stessa lenera ai Galati quando egli scrive: «Ma se anche noi predicassimo o un angelo dal cielo predicasse a voi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo precedentemente predicato, sia anarhema. Come ho già detto e ora ripeto, se alcuno vi predica un vangelo contrario a quello che avere ricevuto, sia anarhema» (1 , 8-9). Dai rest i citati risulta pure che S. Paolo non inventò egli stesso il nuovo signi ficato di huirrJiJ come la scelta sbagliata per eccellenza. Egli presuppone il nuovo sign ificato come ben noto ai suoi lettori . Prima runavia di domandarci dove egli possa averlo trovato, cer­ chiamo di vedere come l 'idea paolina si venne svil uppando. Non deri veremo molta nuova informazione dalla seconda tenera attribui· ra a S. Pietro dove l'eresia è con nessa con la dan nazione. Ma la lettera pastorale a Tiro, anribuira a S. Paolo e quasi certamente a lui posteriore, contiene una comunicazione di considerevole importanza sul trattamento discipl inare degli eretici: •• Evira l'uomo eretico dopo la prima e la seconda ammonizione, sapendo che un tale uomo è sovvenito ed erra condannato dal suo proprio gi udizio »

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necessità di imporre una disciplina dottrinale in materi a religiosa. Ma nulla era più estraneo alla mental ità della magg i oranza degli uom ini e delle donne che passeggiavano per le strade di Roma, di Arene e di A lessandria o di Antiochia nel I secolo d. C. di fare una questione, letteralmente, di vira e di morte al riguardo di alcune dottrine religiose. D'altra parte proprio in questo mondo pagano di tolleranza e di infinita varietà di dottrine erano nate le persecuzioni contro i Cristiani. Gli argomenti giuridici per perseguitare i Cristiani saranno forse stati di difesa dell 'ordine pubblico: la persecuzione andava contro gli adepti della nuova fede come tali. Noi assistiamo dunque nel I sec. d. C. a un rivolgimento che per un verso si esprime in una teoria dell'ortodossia di inauditi rigore e coerenza; per l'altro verso dà luogo a una intol leranza che non ha precedenti nel mondo classico. Ortodossia cristiana e in tolleranza pagana si rafforzano contemporaneamente: il che non significa, si badi, reci­ proco influsso. Il fenomeno non si limita al rapporto paganesimo-crisrianesimo. Che il tardo mondo amico si muova dalla tolleranza alla intolleran ­ za, dalla varietà di opinioni - di htJirmiJ alla condanna delle htJirrstù come eresie è un farro riperurameme constatato: e da nessu ­ no con magg iore autorità che da H. I. Marrou. La cronologia e i centri di irradiazione della nuova mentalità sono tutt'altro che chiariti. Influenze iraniche, zoroasrriane, sono talvolta suggerite per la nuova nozione di orrodossia, ma probabilmente a torto. Il medio persiano ha una parola wndik, che più tardi passò in arabo a indicare l'incredulo, l'eretico, il manicheo. Questa parola wndik sembra aver originariamente indicato colui che preferisce lo wnd, cioè il com­ mento, al testo dell'A l'tJttJ. Secondo H. Schaeder, che ha scritto uno studio i mportante su questa parola, essa non si trova direttamente documentata prima del III sec. d. C. Il fatto stesso che si applica al Manicheismo ci riporta a questo per iodo: cioè a un periodo in cui il problema di difendere il Mazdeismo di contro al Cristianesi mo, al Manicheismo e a dissensi interni di ventò centrale. lo dubito che in Persia si sia elaborata una nozione di eresia prima del Cristianesimo: se la si sia elaborata indipendentemente dal Cristianesimo e un altro problema. Molto più vicino cronologicamente e culturalmente e il sorgere dell'analoga nozione di Minuth, eresia, nell 'interno del Gi udaismo. Superata la lotta contro i Samar itan i e contro l'ellenizzazione favorita -

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V ITA I � H L LETT U A L �

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da Ancioco I V , i l Giudaismo era passato per un periodo, come dicemmo, di con vi venza di sette differenti. Il quadro non è completo senza ricordare gli scenici ed epicurei , di cui ci resta uno strano monumento nella tomba ormai famosa di Giasone, un ufficiale navale, la cui iscrizione in greco invita a godere la vita (!Jru�/ Expl. .Journ. 1 967 ) , mentre l'iscrizione in aramaico esprime sentimenti più convenzionali. Se e quanto il processo e la condanna di Gesù già rappresentassero una rottura in profondità dell'equil ibrio è difficile dire. Quello che è cerro è che la guerra del 70 d. C. fu uno sconvolgimento completo della società giudaica. l Sadducei furono vi rtualmente elim inati dagli Zeloci e gli Zeloc i furono massacrat i dai Romani. L'unico gruppo che si salvò anche se con perdite di uomini e disorientamento di idee, fu il gruppo farisaico. E toccò tra l'altro ai Farisei superstiti dalla guerra del 70 di creare una ortodossia che sostituisse il legame rappresentato dal Tempio. l Farisei, come sosten irori della tradizione orale della legge, dovettero elaborare una loro li nea di tradizione apostolica più o meno fittizia di cui si ha un ben noto documento nei « Deni dei Padr i » , l'anrologia compilata nel Il sec. d. C. E poi chiaro dai Vangeli che esisteva già in Palest ina nel l sec. d. C. una pratica di scomunica dalla sinagoga. Può essere anzi che il più amico accenno a questa prat ica si trovi dove meno lo si aspenerebbe: in un frammen­ to 07) di Petronio ( ! ) . Ma solo dopo la distruzione del Tempio si consolida la nozione di M inuth, l'equivalente ebraico dell'eresia cristiana. L'ebraico pose-biblico ha altre parole per indicare il misere­ dente. Una ha un aspeno greco: ApikomJ. Per quanto l'etimologia ne sia stata discussa, sembra ovvio che ApikoroJ non è altro che la trascrizione del nome di Epicuro. Epicuro deve essere stato popolare tra gli Ebrei, anche se ogg i pochi studiosi rimangono a difendere l'opinione che l' Ecclesiaste fosse un epicureo. Senza questa popolarità in ambienti ebraici non si spiegherebbe lo sfogo di Giuseppe Flavio contro Epicuro in A nt. lud. IO, 277, nonché in .-. Apio n�. 2, 1 80. Non molto più tardi la parola ApiJ.oroJ è usata a indicare l'incredulo, l'uomo che fa troppe domande in un detto di Rabbi Eleazar ben Arach citato nei « Detti dei Padri ». Apikom indica piuttosto lo scettico, il miscredente che il vero eretico. Per quest'ultimo la parola usata è Min. Nei libri calmudici Min non indica specificamente il giudeo-cristiano; anzi in caluni casi allude a Ebrei che hanno accetta­ to dottrine vagamente gnostiche. Ci sono alcuni passi in cui i Sadducei sembrano trattati da eretici. Uno è troppo grazioso per non

F.MPIETA El> I:: R I:..�IA N E L MON I XJ ASTICO

essere citalO. Secondo MidrNADONI, Tr111 rrlt!(tuu rgtzi, Torino 1 970. Per la MrJof•.tumùr. ) . MoRGENSTERN, Thr Dottrùtr u/ .l'm in th.: Balryloman R rltgw n. Berlin 190�; CH F. )EAN, Lr pi:.-hi dtrz lrJ B.lhy/untrm d I