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Italian Pages [217] Year 2003
STORIA DELLE RELIGIONI 15
Collana diretta da Giulia Piccaluga e Enrico Montanari
Vittorio Emanuele Vernole
Servius Tullius
«L'ERMA» di BRETSCHNEIDER
VITIORIO EMA�l;ELE VERNOLE Servius Tullius © Copyright 2002 «L' E R MA >> di B RETSCH N E I D E R V i a Cassiodoro, 1 9 - 00 1 93 Roma
Progello grafico « L' E R M A>> di BRETSC H N E I D E R Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e i l l ustrazioni senza i l pcnncsso scritto del l ' editore.
Vernole, Vittorio Emanuele Servius Tull ius l Vittorio Emanuele Vernole - [Roma]: «L' E R M A>> di BRETSC H N E I DE R , 2 002. - X, 2 1 2 p . ; 30 cm. - ( Storia d e l l e rel igioni; 1 5 ) I S B N 88-8265-206-8 C D D 2 1 . 937 .60 1 092 l . Scrvio Tu i l io
INDICE GENERALE
Prefazione
pag.
7
CAP. l I L REGNO DI SERVIUS TULLI U S, UN PROBLEMA APERTO
»
Il
1 . 1 Considerazioni s u "King Servius Tull i us" d i R. Thomsen
))
12
1 .2 La l i nea intervretativa di Georges Dumézil
))
29
CAP. I I S E R V I US TU LLIUS NELLA MEMORIA DELLA CITT À
)) 49
2. 1 L 'eredità di Servius Tullius
)) 49
2.2 l luoghi del la memoria
))
53
2.2. 1 Le mura del la città
))
56
2.2.2 Il colle Esqui l i no
))
58
2.2.3 l !empii di Fortuna
) ) 62
2.2.4 I l votum del tempio di Fors Fortuna da parte di S. Carvi lio
)) 67
2.2.5 Altri templi scrviani di Fortuna
))
75
2.2.6 Il tempio di Dius Fidius
))
83
2.2.7 La statua del Foro Boario
))
96
2.3 L 'area sacra del Foro Boario
)) 1 1 3
2.3. 1 l !empii gemelli di Fortuna e Mater Matuta
)) 1 1 4
2.3.2 Il mito del l 'apoteosi di Herakles e i l rituale del trionfo
)) 1 1 6
2.3.3 Hercules e Servius Tullius
)) 1 2 1
2.3.4 l fregi figurati in rilievo e la simbologia dei cortei rituali
)) 1 26
2.3.5. Alcune conclusioni
)) 1 36
2.4 I l tempio di Diana A ventinensis
)) 1 39
C A P. I I I LE A LT R E M EM O R I E (SERV IUS TULLIUS E/0 MASTARN A'')
)) 1 63
3 . 1 Il "discorso di Lione" del l ' i mperatore Claudio
)) 1 66
3.2 L 'occasione c gli obiettivi del discorso
)) 1 69
3 . 3 Il testo del l ' orazione nelle tavole di Lione
)) 1 72
3.4 Le fonti l etterarie latine
)) 1 77
3.5 Il problema del le fonti etrusche
)) 183
3.6 Le testimonianze etrusche
)) 1 86
Bibliografia
)) 1 99
I ndice degl i argomenti c dci nomi antichi
)) 2 1 3
PREFAZIONE
Come è noto, una del le principali cruces i nterprctativc riguardanti i l periodo mo narchico di Roma si ri ferisce alla figura c a l l ' opera di Servio Tullio. Questo re non appar tiene alla fase '"mitica" pre-etrusca del l ' età regia ( fase che l ' ottimismo di taluni archeologi di grido tende a recuperare, con inavveduta celerità alla storia). L 'età serviana appartiene al periodo etrusco, considerato ancora, i n generale, come i l solo provvisto di attendibilità sto rica. Nonostante ciò il '"caso" riguardante
Servio Tullio resta quasi i solato: il personaggio
non '"fa dinastia" (anche se uno dci primissimi anni dci Fasti consolari registra un Tullius fra i nomi dei consol i). Piuttosto egli si inserisce i n una dinastia, quella dci Tarquinii, ma quasi i n antitesi rispetto ad essa. Ciò risulta non solo dalla leggenda riportata nella vulgata, ma anche dal monumento bronzeo eretto sul Campidoglio verso la fine del IV secolo a.C. (Bellen 1 99 1 ), nel quale Servi o Tu I l i o chiude la serie dei reges iusti contrapponendosi al re
superbus, che non figura perché colpito da damnatiu memuriae. La sua eccezionalità è ac centuata dag l i enigmi posti dalla sua figura, a partire dalla fonnazionc del suo stesso nome. Le '"anticipazioni" storiche di cui è investita anche la sua opera e le congetture (il più spes so i n fondate) riguardanti la sua persona, hanno sinora piuttosto complicato che non risolto i problemi. I l presente volume non propone nuove congetture, né riesani ma le '"anticipazioni" proiettate sul re romano, da distinguere rispetto ai '"fatti real i", insieme con le '"leggende". Proposito del l 'autore è anzitutto tentare di '"ricostru i re, scppurc per grandi l i nce, i l processo di stratifi cazione c di accumulo di i mmagi ni e di dati che troviamo più o meno organizzato nel ri tratto canonico di Scrvius Tul l i us" (p. 1 9 ). In questo senso egl i anal izza due fondamentali fi l oni i ntcrprctativi: quel lo '"filologico-archeologico" facente capo alla monografia di Thomsen ( 1 980) e quello '"antropologico-comparativistico" ri feribilc a l l ' opera di Dumézil ( i n particolare a Dumézil 1 94 3 ) . Si tratta di ricerche '"datate" che tuttavia nei rispettivi cam pi non hanno perduto autorevolezza. D'altronde, Vernole considera attentamente, oltrcchè le font i , anche la bibl iografia anteriore c successiva a questi due punti di ri ferimento. Ma l ' analisi particolareggiata del le due opere è indispensabi le, soprattutto perché impone la ne cessità di un '"discorso sul metodo" che va oltre i lavori considerati. L 'autore considera i limiti i nterpretativi del l 'opera di Thomscn, rilcvandonc il programmatico i ntento di trala-
8
PRE FAZION E
sci are gli clementi mitici e simbol ici che accompagnano tutta la vicenda del penultimo re : ciò giust i fi ca la soluzione avanzata da Thomsen, che attribuisce "correttezza stori ca" al solo versante etrusco della vicenda, quello per cui Servio Tul l i o/Mastama sarebbe stato un con dottiero etrusco che aveva conquistato Roma con la forza delle armi, mentre la tradizione latina "sarebbe scaturita dal desiderio di soddisfare l ' orgogl i o nazionale, poco propenso
a
riconoscere la conquista di Roma da parte di uno straniero." A questa ipotesi V cmolc giu stamente ribatte che "se i l fi ne ultimo del l a costruzione annalistica era quel lo di nascondere i l ricordo disonorevole della domi nazione straniera di Mastama, sarebbe problematico spie gare perché l a tradizione latina elaborò l ' i mmagine, altrettanto disonorevole, di un re stra n iero c figlio di una schiava" (p. l 6). A l l ' opposto, Dumézi l val orizza proprio le componenti mitico-simbol iche del racconto su Servio Tull io, usando il suo comparativismo indo curopeo soprattutto per rilevare la fom1azionc del cemus, c in particolare della "lode" c del "biasimo" come connotati arcaicamente contrassegnanti i l cittadino romano, con osserva zioni parzialmente riprese anche dal N icolct ( 1 976, tr.it 66): esse appa1ono tuttora valide
c
meriterebbero una ricerca a parte, cui forse l'autore si dedicherà. E tuttavia Vernole non omette di ril evare i l i miti propri anche della posizione di Dumézi l . Anzitutto, i l tàtto che "l ' individuazione nel mito di Scrvius Tul l ius di hérituges i ndo-europci non deve far perdere di vista la signi ficat i va presenza di elementi mitici arcaici ( . . . ) omogenei alla
kviné
culturale
grcco-ctrusco-italica" da cui Roma prese avvio; tra questi, il rapporto pri vi legiato Servi o Fortuna; la sua nascita m i racolosa c la correlazione simbolica fra fuoco c condizione d i fondatore; l ' episodio del la "vacca omi nale" del l ' Aventino ( Li v . 1 ,45; P l u t . Q. R. 4 , etc . ) , c cosi via. Inoltre, il fatto- osservato da Ampolo ( 1 983. 395)- che per ricostruire la prei sto ria del
census
Dumézil scavalchi tutta la fase "civica" del censo c della censura. I n fi ne, la
scarsa o nulla considerazione che Dumézi l dedica al mondo greco (c, aggiungiamo, etru sco!) capovolgendo la metodica comparativa abituale per gli antichist i . Anziché preferi re i l rapporto Grec ia-Roma, egli privi legia quello India -Roma: non a caso proprio in Servius et
la Fvrt un e, egli espone nel modo più compiuto la sua teoria dei "campi ideologici", con centrando i l raffronto sui "campi " i ndiano e romano ( M ontanari 200 1 , 77 ss.). Natural mente nel ri levare i suddetti "limiti ideologici" l a critica non si fcm1a a questi autori. pur signi ficativi, ma investe i l più ampio problema delle tecniche di approccio alla storia pri mi t i va di Roma. Da questo punto di vista la monografia di Vernole costituisce un tentati-
9
PREFAZIONE
vo esemplare di superare una doppia impasse: quest 'ultima è prodotta, per un verso, da un fi lone stori ografico tuttora attestato sul l a ricerca dci realia
c
diviso fra ipercritiche esclu
sioni del "non-materi almente-documentabile" e fughe in avanti che sovente saccheggiano, travisandole, interpretazioni storico-rel igiose;
c
per l ' altro da un modo di i ntendere la storia
del le rel igioni che si i l l ude, per i l solo fatto di trascurare i risultati della fi lologia e del l 'archeologia, di potersi costituire in storiografia "autonoma" , provvista di proprie "scuole" e per ciò stesso autosufficiente. I n questo senso la l i nea seguita da Vernole è coerente con quella tracciata, ad esempio, da un Pettazzoni o da un Brelich ( Montanari 200 1 , 1 5 ss. c 49 ss. ): proporre la stori a del le reli gioni come una disciplina che non si affianca -in parallelo e quasi i n alternativa-alla sto riografi a tradizionale, ma che piuttosto la integra con il suo metodo proponendosi, entro certi limiti, di rinnovarla (un po' come avvenne, agli inizi del secolo scorso, con la scuola "economico-giuridica" di stampo marxiano). L ' i ntento è ambizioso, forse presuntuoso; ma, a nostro avviso, corrisponde alla più profonda ragion d ' essere della disciplina alla quale lo stesso V crnole aderi sce. Non è nostra intenzione "accompagnare" studiosi e lettori con una introduzione che assuma tono e dimensioni di una recensione. C i limiteremo a sottol ineare due punti. Vernole, come si è detto, riconsidera per intero il dossier riguardante dati stori ci e leggende su Servio Tul lio: su questa li nea egli studia i l processo di formazione della tradizione letterari a (annali stica c antiquaria) e gli apporti del le tradizioni etrusche, a volte non coincidenti con la vul gata romana. Tale prospettiva ha fatto emergere i l problema della ri levanza del la memoria storica e simbolica su Servi o Tullio nella vita di Roma. L 'autore ha infatti constatato come tale memoria si sia accumulata anche attraverso " l ' occupazione" di numerosi luoghi sim bolici del la c i ttà: templi, edi fici pubbl ici, etc. Lo studio di queste memorie serviane lungo gli itinerari di una vera c propria "geografia sacra"- imponente per qualità c quantità di te stimonianze - ha permesso a V crnolc di mettere in luce la straordinaria ri sa lenza c durata del "mito civi le-politico" del penultimo re, il cui ricordo è rivendicato lungo il corso della storia repubbl icana (in particolare da Silla) c prosegue fino i n epoca imperiale ( si pensi al discorso del l ' i mperatore Claudio, conservato dalle tavole di Lione). In secondo l uogo, l 'autore dedica al "dilemma del nome" ( M astarna c/o Servio Tullio?) il capitolo conclusivo della sua ricerca. L 'estrema anal iticità nei dettag l i , l ' esausti vità del l e fonti e delle opinioni
IO
PREFAZIONE
degli studiosi, la lucidità delle argomentazioni non approdano ad una concluisione sanzione. Eppure, nonostante ciò, egli raggiunge una sorta di compiutezza. Per i ndicame i l genere potremmo raffrontare i l suo sforzo i nterpretati vo al restauro d i un antico affresco. I l buon restauratore s a che è i nsensato riprodurre le parti perdute : sarebbe pessima arte, come usava ancora n eli 'Ottocento, completare le lacune con ricostruzioni arbitrarie, per quanto verosim i l i possano apparire. Egli procederà dunque ad una "restituzione" del le parti ancora conservate, per quanto deteriorate possano essere, e consegnerà in questo modo l ' intero di pinto alla "lettura" degli esperti c dei visitatori . Allo stesso modo Vernole, nel considerare l a citazione di Servio Tull io/Mastama contenuta nell 'orazione di Claudio (riutil i zzata da Tacito) e nel confrontarla con il ciclo figurati vo della Tomba François di Vulci, opera senza "congetture a completamento"; ma spinge al massimo l ' opera di recupero e di coordina mento organico, assi stito dalla comparazione, di una quantità davvero ragguardevole di
elementi di giudizio che offre, con la semplicità accatti vante del suo stile espositivo, al giu dizio dei lettori . Enrico Montanari
CAPITOLO l IL REGNO DI S E R V I U S T U LLIUS, UN PROBLEMA A PERTO
Durante gli anni che la tradizione annalistica attribuiva al regno di Servius Tullius (576534 a.C.) l a vita sociale e politica della città di Roma e, più in generale, dell 'area etrusco laziale subì improvvise accelerazioni c trasformazioni decisive. Alcune di queste trasforma zioni - l ' introduzione della falange opl itica, la ri forma censitaria, la messa in opera di una specifica ideologia rel igiosa (osservabile, ad esempio, nell 'edificazione dei templi di Mater Matuta e Fortuna al Foro Boario e di Diana Aventinensis) - rappresentano eventi storici che con sicurezza è possibile attribuire a l l ' attività del re che la tradizione romana conosceva come Servius Tullius. Oltre a ciò è possibile notare come alcuni fenomeni storici tipici del VI secolo abbiano una stretta relazione con le vicende di questo re. E ' il caso del fenomeno della cosiddetta "mobilità avventurosa" 1 , ben attestato da fonti archeologiche e letterarie, che vede in qualità di protagonisti condottieri sul tipo dei fratel li Vibenna: personaggi di condizione aristocratica provenienti da Vulci ben presto assurti al rango di eroi 'nazionali ' dell 'epopea etrusca. Proprio l a saga dei Vibenna, così come i racconti mitistorici su Servius Tul lius, mettono tuttavia in evidenza un aspetto fondamentale del la natura della documentazione con la quale gli storici del le origini si devono misurare: la presenza di processi di mitizzazione, di elementi leggendari e simbolici, di sistemi di rappresentazioni che si rivelano difficilmente separabi li, i n sede di analisi, dal livello evenemenzi ale del documento. Gli storici moderni si sono trovati dunque nella situazione di confrontarsi con un i nsieme di fonti di difficile i nterpretazione, non tanto dal punto di vista dei contenuti, quanto piuttosto a causa della continua interazione fra elementi storici e simbolici. I n questo senso si può ritenere oppor tuno soffermarsi sulle difficoltà metodologiche connesse ai tentativi di giungere ad una ri costruzione globale del la storia di Scrvius Tul l i us c sulle prospettive di un loro effettivo su-
Con tale espressione Pallottino ( 1 993, p. 229) fa riferimento all"attività di gruppi di guerrieri special izzati, etnicamente e soc ialmente misti, guidati da condottieri di estrazione aristocratica, ma anche da q uadri intermedi capaci di distinguersi per le proprie capacità; tale. ad esempio, appare il caso della carriera di M astama ricordata nel discorso di Lione del l ' imperatore Claudio (su tale argomento vedi i l cap. Ili).
12
CAPITOLO l
pcramcnto. Per fare ciò ci serviremo delle due pri ncipal i monografic dedicate al re Servius Tul lius: King Servius Tullius di Rudi Thomsen e Servius et la Fortune di Georgcs Dumézi l .
1 . 1 Considerazioni s u "King Servius Tul l ius" di R.THOMSEN
La monografia di Rudi Thomsen sul sesto re di Roma, "King Servius Tul l ius", pubblicata nel 1 980 a Copenhagcn, costituisce un passaggio obbl igato per quanti vogliono cimentarsi con i numerosi problemi legati al corposo dossier di questo personaggio, i n virtù del fatto che essa si presenta come una specie di summa �. di si ntesi storica capace di forn i re una visione globale dello stato del la ricerca, sia delle quaestiones rimaste insolute, sia dei pochi clementi di certezza raggiunti. La dichiarazione di intenti del lo studioso danese mette in luce i l carattere provvisorio della nostra ricostruzione del peri odo serviano e, dal canto nostro, l a necessità di una riconsiderazione globale delle fonti che si apra a mctodologic interpretative nuove, tra le quali non può essere trascurata, in una materia che vede confon dersi cd interagi rc realtà storica cd clementi simbolico-rappresentativi, quel la del la storia delle rel igioni. Da questo punto di vista diremo subito che l'opera di Thomsen se da una parte fornisce allo studioso delle origines di Roma una seria c scrupolosa discussione sui principali problemi che pongono la figura c l'opera di Scrvius Tul l i us, dal l'altra rappresenta forse un passo indietro rispetto a quel ri nnovamento degli studi i nvocato ormai da molto tempo3 In un articolo del 1962 Arnaldo Momigl iano riconosceva il ruolo svolto da l i ngui sti, archeologi e storici delle rel igioni nel rinnovamento degli studi su Roma arcaica neg l i a n n i centra l i d e l nostro secolo; studiosi come G iacomo Devoto, Massimo Pallottino, G . Dumézil c F . Althcim, avevano cominciato a porre nuovi problemi
c
a ri vedere quel l i vecchi
con connessioni nuove. Essi ebbero l'indubbio merito di "uscire dal manuale". secondo l a felice espressione dello studioso. Dobbiamo tuttavi a constatare come le aspettative di Mo migl iano riguardo al "nuovo movimento critico", che avrebbe dovuto prendere le mosse da
Questo intendimento è esplicitamente rivendicato dal l'autore nella prefazione. Cfr. per ultimo Grandazzi 1991 ( trad. it. 1993).
IL REGNO DI SERVIUS TULLIUS. UN PROBLEMI\ APERTO
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quel primo fiori re di studi, oggi. a distanza di più di trenta anni dal suo articolo appaiano i n 4 gran parte disattese • La ricerca sul le origines di Roma, inlàtti. si trova ancora a fare i conti con un du plice fal l i mento: quello prodotto da una lettura esclusivamente fi lologica del l a tradizione, che ha condotto alla l i nea i pcrcri t ica, c quello di una interpretazione fondata sul l a sola ar cheologia, che ha condotto alla elaborazione di una " storia verosi mile" sul l a base del poco allettante criterio del "minimo possibile di ipotesi " . Il racconto delle origi ni, se giudicato sulla base del criterio di veritil (le leggende sui primordia sono vere o fal se?), al modo di Thomsen, continua a non fornire risposte, a generare i l lusioni cd i n generale, tale mctodo logia lascia oscurata sia l a coerenza di un di scorso i nterno identi ficabi le nella sua struttura, sia la molteplicità c le varianti che sono frutto del la complessa strati ficazionc dci materi a l i 5 . L'esigenza di una ridcfinizionc del la "storia delle origini" che sappia impostare in modo nuovo i l rapporto tra " fonti dirette", legate alla cultura materiale, c fonti letterarie, così co mc que l l a di assumere una prospettiva globale, capace di superare la non sempre fel i ce col laborazione tra mctodologie d i fferenti, hanno lasciato segni significativi nel dibattito in tercorso tra gli studiosi " , eppure ambedue le esigenze appaiono estranee alle prospettive di ricerca dello studioso danese. Stando a queste premesse, non stupisce che la l i nea intcrprctat i va adottata i n
King Servius Tullius n o n sempre riesca a venire a capo del l a complessità d e l materiale con cui si è costruita la tradizione del periodo scrviano, suggerendo la opportunità di una ricerca capace di superare una impasse che è soprattutto mctodologica. I n questo contesto prel i m i nare, ci limiteremo quindi ad una rapida ricognizione attorno al dossier su Scrvius, m uovendo dal l avoro di Thomscn con l ' i ntento non di presentare soluzioni alternative, ma esclusivamente di far emergere le problcmatichc alle quali la ricerca di questo attento stu d ioso non ha potuto dare risposta. Thomsen apre il suo lavoro con un capitolo dedicato alle testimonianze letterarie della tradizione antica. La biografia di Scrvius Tullius viene ripcrcorsa dalla nascita mira-
Cfr. Momigliano 1962 (ora 1989, pp. 65-72). Non vanno sottovalutati nemmeno i pericol i di una l inea interpretat iva che, privi legiando le componenti mitiche prcscnli nella tradizione, fin isca con i l costruire una "storia parallela" com pletamenle di staccata da quella "evenemenziale". A questo proposito si veda soprattutto Montanari 1990, pp. 11-44.
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CAPITOLO l
colosa fino al la tragica morte attraverso una l ettura sincronica del le due fonti principali, Li vio e Dionigi, che sono presentate, in questo p rimo contesto, senza commento critico, ma solo i n ragione del l e varianti eventualmente rappresentate. E' i nteressante notare come l'autore riunisca tutte l e fonti che tramandano le vicende meno "verosimili" (o più "leggen darie") del la tradizione su Servius Tul lius i n un'unica l i sta e senza confrontarle tra loro (p. l 7). Un simile procedimento suscita il sospetto che egli non le ritenga degne di conside razione e ciò viene confermato dal la lettura successiva: infatti, mentre, ad esempio, la breve biografia di Servius Tull i us riportata da Cicerone nel De re pub/ica
ed il frammento
Pap. Oxyr. 2088 vengono trattati con attenzione, i n relazione alla loro ri levanza da un punto di v i sta evenemenziale, l'episodio della "vacca ominale" del l'Aventino 7 è riportato da Thomsen solo nella versione di Livio ( 1. 45), più conosciuta e sommari a, nella quale appa re i n veste di protagoni sta i l sacerdote del tempio di Diana. Questa, come è noto, non è la sola fonte a noi pervenuta su questo aneddoto: cono sciamo infatt i un'altra versione, riportata da Plutarco (Quaest. Rom. 4), in cui il protagonista del raggiro perpetrato ai danni del sabino è lo stesso re Servius Tul l i us. Anche quando tratta in modo speci fico del tempio di Diana sul l 'Aventino i n un capitolo successivo, Thomsen l i quida l'analisi del racconto in poche righe, sottoli neando che esso non dovrebbe distoglie re l'attenzione del l o storico, dal momento che "it certainly docs not contain any nucleus of historical truth" " . A proposito di questo episodio l 'autore trascura di prendere in considera zione quanto ipotizzato i n primo luogo da Dumézil ( attraverso la comparazione con il mito vedico di Prthu) c più recentemente da Martin, i qua l i hanno proposto di riconoscere nel l ' epi sodio la rappresentazione del la Diana avcnti ncnsc come divinità "col latricc dc sou veraineté", tanto nei confronti di Servius rispetto ai Romani, quanto nei confronti dei Ro mani rispetto ai Latini 9 . In questa prospetti va il racconto frettolosamente scartato da Thom-
La tradizione letteraria ( sopratutto attraverso Li vi o c Pl utarco ) c i ha conservato il racconto di un prodigio posto durante i l regno di Scrvius Tullius: una vacca di eccezionale aspetto e grandezza v iene condona da un sabino al tempio di Diana sull'Aventino per essere sacrificata, in osser vanza ad una profezia secondo cui chi avesse compi uto tale sacnficio avrebbe assicurato alla propria città i l predominio su tutte le altre. Il custode del tempio di Diana, o lo stesso re Scrvius nella versione plutarchca, venuti a conoscenza dell'oracolo si sostituiscono a l sabino e, sacrifi cando la vacca, si i mpadroniscono dell'amen favorevole. Thomsen 1980, p. 292. Martin 1982, pp. 9 1 -92; cfr. Dumèztl 1943, pp. 208-213.
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IL REGNO DI SERVIUS TULLI US, UN PROBLEM A APERTO
sen si rivela capace di i l luminare un tratto importante dell a figura "storica" di Servius Tul l i us (appare evidente, ad esempio che la Diana del l ' Aventino è connessa al fondamento ideologico sacrale del regno di Servius), c ciò a presci ndere dalla posizione del Dumézi l a riguardo della realtà evenemenziale del racconto della tradizione; secondo Dumézil, i n fatti, le costruzioni annali stiche su Servius "étrangères à l'histoire [ . . ] n'cn seront pas moins in .
structi ves à d'autres égards, pour pcu qu'on en détcrmine l es éléments"
10.
La presenza di elementi mitici nella biografia del penultimo re di Roma è evidente e costitui sce un elemento cardine del la " immagine" che noi possiamo ricostrui re dal l a tradi zione; tuttavia il valore di questa serie di test imonianze viene da Thomsen considerato solo i n relazione alla necessità di confutare le ipotesi tendenti a ridurre la figura di Servius a per sonaggio puramente mitico, posizione espressa dal l a tendenza ipercritica fin dal 1 885 1 1 e contro la quale lo studioso danese i ntende mostrare "a reliable picture of Servius Tul l i us' l i fc [ . . ] " 1 2 G l i elementi m i t i c i e simbol ici ( c h e Thomscn riduce a " i rraziona l i " ) sembrano .
essere volutamente tralasciati dal nostro autore; essi tutt'al più possono valere i n quanto criteri o di distinzione tra fonti accettab i l i e no. Una simile prospettiva emerge ad esempio nel capitolo dedicato all'anal isi del le "origini" di Scrvius. I n questo caso Thomsen contrap pone le due tradizioni sul sesto re, quella di origine lati na, piena di elementi mitologici e soprannaturali, tramandata principalmente dalle fonti letterarie,
e
quella di origine etrusca,
non recepita dal la vulgata annal istica, che si fonda sul la possibilità di identificare Servius c il condottiero Mastama, a noi noto soprattutto attraverso le pitture della tomba Françoi s di Vulci. La conclusione cui giunge lo storico danese al termine della sua analisi è che la tra dizione etrusca, dal la quale si evi ncerebbe che Servius Tullius/Mastama era un condottiero etrusco che aveva conquistato Roma con la forza del le armi, è "historically correct" 1 3 , mentre quella latina sarebbe scaturita dal desiderio di soddisfare l'orgoglio nazionale poco propenso a riconoscere l a conquista di Roma da parte di uno straniero 14 •
IO Il
12 l)
14
Dumézi l 1 943, p. 1 28 . G i l bert 1 885, p p . 2 6 0 e ss.; cfr.Pais 1 898 e 1 906 ( in c u i lo studioso concludeva c h e Servi us Tullius sarebbe stato "a solar divinity". ). Thomsen 1 980, p. 2 5 s. Thomsen 1 980, p. l l 2 . Thomsen 1 980, p. l 0 8 ; cfr. anche Bloch 1 960, p. l 04.
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CAPITOLO l
L ' i potesi di Thomsen urta tuttavia contro una considerazione: se i l fi ne ultimo della costruzione annal istica era quel lo di nascondere il ricordo disonorevole dell a domina zione straniera di Mastama, sarebbe problematico spiegare perché la tradizione latina ela borò l ' immagine, altrettanto disonorevole, di un re straniero e figlio di una schiava; a que sto proposito risulta poco credibile, c comunque indimostrabi l e, l ' ipotesi di una falsifica zione i mperfetta da parte della prima annalistica 1 5 La linea interpretati va di Thomscn opera una semplificazione nei confronti delle due tradizioni a noi pervenute non solo con l'attribuire credibil ità ad una (quel la etrusca) svalutan do l'altra (quella latina) 1 6 , ma anche con il considerare queste due tradizioni come realtà a sé stanti e autosufficient i . Quanto al primo punto, la tradizione latina che conosceva i l re Scrvius figlio di una schiava, o comunque di una donna straniera. non può essere trascurata 1 7 al modo di Thomsen. Tale tradizione infatti ha un'origine antica, di certo anteriore al suo formalizzar si nel contesto del la prima annalistica; essa appare coerente con altri dati del la biografia di Scrvius, alcuni dei quali accolti tra i realia dallo stesso Thomscn,
come la trddizionalc at
tribuzione a Servius del l'edificazione del tempio di Diana A vcnti ncnsc. un santuari o che, come quello focco al quale si ispi rava. aveva anche i l carattere di asylum, spazio di media zione tra la c i ttà c gli elementi stranieri ( fossero essi schiavi, forestieri o mercanti). Non si può trascurare nemmeno la caratterizzazione m i racolosa del la nascita d i Scrvius Tul l ius, sulla quale ironizzava g i à i l poeta L u c i l io (citato d a Amobio Ad1•. gentes 5 . 1 8); anche questa tradizione, infatti, può rappresentare alcune realtà storiche arcaiche che c i consentono d i comprendere il periodo regio c g l i clementi che n e costituivano l'ideologia. Lo stesso Thomscn cita due racconti paral leli che mostrano evidenti connessioni con la leg genda del concepimento m i racoloso del sesto re: quello riportato da Plutarco su Romulus c Rcmus, generati da un fal l o apparso nel la casa di Tarchctius re di Alba c da un'ancel l a
Il
,.
17
Arnaldo Momigl iano sottolineava questo aspetto della fi gura di Servius Tullius affermando che i l re "è una figura troppo inverosimile per essere stata inventata. "Cfr. Momigliano 1 989 ( t rad . it. 1 989, p. 3 1 ). A proposito del la tradizione latina lo studioso danese scrive a pagi na 60 della sua opera: "wc find ourselves in thc rea) m of myths. and so therc should be no rcason. t1 priori. lo dca) more extensively with these accoullls in thc prcscnt h i storica) invcstigation." Secondo Thomsen le leggende sull'origine servi le del re sarebbero state elaborate a partire dal l a fa lsa etimologia Servius = servus. Una simile spiegazione, tuttav ia, unisce a l l a supeficialità del l'assunto un alto grado di congetturali là.
IL R EGNO DI S E R V I U S T U L L I U S. UN PROBLEMA APERTO
17
(Piut. Rom. 2. 3 ss. ) 1 8 ; c quello che riguarda Cacculus, i l mitico fondatore di Praencste, del quale si diceva che fosse figlio di Volcanus c nato da una scint i l l a del focol arc 19 • Più in ge nerale siamo in presenza di un tema mitico che coinvolge personaggi come Cacus, Caccu l us, Romulus e Scrvius Tullius 20 . Un elemento costitutivo di questo tema è i l collegamento s imbolico tra i l fuoco (o megl io i l focol are) c l a condizione di fondatore; a Roma, tuttavia, questa generica corre l azione si specifica in un legame privi legi ato tra culto di Vesta e rcga l i tà, o tra le virgines Vesta/es e la Regia. La dimora del gruppo sacerdotale del l e Vcstal i,
!'atrium Vestae, era chiam at a anche atritmt regium (Liv. XXVI 27,3); di loro sappi amo che una volta l'anno compi vano un rito per i l quale si recavano dal rex e gli domandavano: vi
gi/asne rex? vigila ( Scrv. ad A en. 1 0,228) e che godevano del privilegio, comune al rex e ai jlamines maiores, di recarsi ai sacra pub/ica in vettura (Lex lu/ia Municipalis C I L l 206 p . l 2 1 , l . 62-65 ) 2 1 • Si aggi unga che il prodigio del fuoco che circonda il capo di Servius du rante il sonno, nella vari ante di Valerio Anziatc ( ri portata da Plut. Fori. Rom. IO), sarebbe avvenuto durante l'agonia del la moglie Gegani a. Thomsen, pur riportando l'epi sodio, non lo collega con un'altra notizia di Plutarco secondo cui Gegania era il nome di una delle prime due vestal i create da Num a (Piut. Num. l 0); va i n fi ne ricordato che secondo una tradizione conosciuta da V arrone, ma a lui anterio re, Tanaquil era identificata con Gaia Cacci l i a, il cui nome ci porta ad una gens che vantava la sua origine da Caeculus cd i cui rapporti con il culto di Vesta sono not i : a proposito di uno dei figli più i l lustri di questa gens, L.Caecilius Mctcl lus, si raccontava, in un episodio dagl i evidenti trani leggendari, che avesse perso l a vista nell'incendio del tempio di Vesta per salvare dalle fiamme i l Pal l adium 22 • Tutto questo insieme di dati forrna una struttura c oerente che ha una precisa origine; questa va i nserita nel contesto di una cultura che l a po neva a fondamento del le sue istituzioni c deve essere rccupcrata al l a stori a, o per lo meno essere assunta come problema storico.
19 20 21 22
Plutarco (Rom. 2,8; FGrH ist 817 F l ) dichiara di aver trano l'infonnazionc da un tal Promathion, che i l Mazzarino (1965 l, p. 197 ss. ) ritiene vissuto nel V secolo a.C. (ma contra vedi l'opinione di Momigl iano che colloca questo al 11-1 scc.a.C.; cfr. Momigl iano 1969, p. 62). Cfr. V erg. Aen V I I 678 ss.; Cato in Schoi.Veron. ad l'erg..len V I I 681; Servius ad Aen V I I 678. Cfr . Brelich 1976, pp. 41-50. Dumézil 1974 (trad. it. 1977, p. 500). Cfr. Fest. 38 L.; sull'episodio di Metellus vedi Brel ich 1939 c Sabbatucci 1975, pp. 75-82.
18
CAPITOLO l
Abbiamo notato inoltre come Thomsen proceda ad una separazione netta tra le due tradizioni, presentandole come i ncompatibili ed alternat i ve l'una rispetto al l'altra. Tuttavi a, una simile prospetti va sembra andare contro ciò che sappiamo a proposito del L azio arcai co, caratterizzato da una vera c propri a koiné culturale, nell a quale elementi Ialini, etrusch i e greci andavano realizzando u n a cultura nuova e d originale e i n c u i appare arduo operare separazioni tanto nette; in secondo l uogo, la natura complessiva dell a nostra documentazio ne i nduce a pensare che le due tradizioni siano coesistite ed abbi ano interagilo ab anliquo. Anche Thomsen i n fatti , quando deve complelarc i dati che sost anziano l'ident i ficazione t ra Servius c Mastama, fondata sul l a coincidenza tra il ciclo di affreschi del la tomba Françoi s ed i l noto discorso dell'imperatore Claudio tenuto al Senato n e l 4 8 d.C. i n occ asione dell a cooptazione dell'aristocraz i a gallica nell'ordine scnaloriale 2!, deve ricorrere all a tradizione letterari a l atina che conosceva le avventure dci Vibenna24 La conlinua interazionc fra mito c stori a, nonost ante gli sforzi dello studioso dane se, coinvolge anche i fralcl l i Vibenna (le cui gesla coslituiscono un clcmenlo fondamentale della ricostruzione del periodo servi ano proposla da Thomscn). Come è nolo, il ciclo dell a tomba François, che rappresenta una dell e fonti più importanti sul le vicende d i questi per sonaggi, costruisce un sistema organico i n cui la rappresentazione dell'episodio bel l ico di cui sono protagonisti gli eroi vulcenti è messo i n evidente relazione con la scena mitica del sacri ficio dei prigionieri troiani sul la tomba di Patroclo 25 Pur non dubitando del l'esistenz a storica di Aulus Vibenna, c h e potrebbe coincidere con l'autore dell a offerta votiva don ata al santuario del la M i nerva etrusca di V cio verso il 580 a.C 20 , dobbi amo tener presenle anch e l'esistenza di un processo di mitizzazionc c h e riguardò A u l u s V i bcnna: i n una coppa a fi gu 27 secondo J . Heurgon possiamo
re rosse del V secolo recante l'isc rizione A v/es Vpnus naplan
già vedere una dedicazione votiva a queslo personaggio, "croizzato" a meno di un secol o dal l a sua morte 2 M . A l l a fi n e del I V secolo abbiamo l a sicura mitizzazione dci due frate l l i ,
lJ ,, ll 27
C I L X I I I 1668.1 17 ss. Documentazione in Thomsen Cfr. Coarc l l i 1 983. LE, 3 5 : "Avile V ipiennas". TLE, 942. Cfr. Heurgon 1986.
1980,
pp.
79-84.
IL REGNO DI SERVIUS T U L L I U S. UN P ROil LE M A APERTO
19
che appaiono raffigurati i n uno specchio proveniente da Bolsena mentre assalgono Cacus 29 (visto non in forme mostruose ma come un vale apol li neo); lo stesso soggetto ricorre i n numerosi altri reperti 30 c d è bene notare che i n questi ultimi non vi è traccia del pur m i n i mo ri ferimento cronologico al tempo dci Tarquini. presente nella tomba François. Tutto ciò non per opporre alla ricostruzione di Thomsen la tesi alternativa di una natura esclusi vamente mitica della nostra documentazione, ma perché si renda evidente l'impossibil ità di procede re ad una esclusione prcgiudiziale di alcune fonti a danno di altre. Il contesto globale della documentazione deve essere tenuto presente c questo compito non può essere assolto senza il contributo di una disciplina come la storia delle religioni. L'individuazione della origine complessa della nostra tradizione su Scrvius Tullius, quand'anche si accogliesse l'identificazione di questo con Mastama 3 1 , non esaurisce i pro blemi che i nvestono i tentativi di ricostruzione storica del periodo scrviano. Come è stato notato, per una piena comprensione di questo va considerato quanto su Scrvius emerge dal confronto delle due principali fonti ( Livio c Dionigi ), dalle quali appare una duplice rappre sentazione del sesto re: se infatti, in Livio, Scrvius è dipi nto con tratti aristocratici, il ritratto che ne dà Dionigi sembra i nvece osc i llare tra l'i mmagine filo-popolare e quella oligarchica. Uno degli aspetti fondamentali di tale problema riguarda la possibilità di ricostruire, scppurc per grandi linee, il processo di stratificazionc c di accumulo di i mmagini c di dati che t roviamo più o meno organizzato nel ritratto canonico di Servius Tulli us; gli studiosi si chie dono i n quale periodo storico è possibile situare l'elaborazione della tradizione a noi perve nuta c sulla base di quali fonti i redattori di questa poterono lavorare. Come Ogi lvic, Thomscn si pronuncia per una data "abbastanza antica"; per entrambi "it is rcasonablc to suppose that Fabius Pictor was thc fi rst to givc thc rcign most of its prcscnt fcaturcs ( . . . ]" 32 L'analisi della documentazione. della sua strati ficazionc, del modo in cui possiamo i mmaginare sia stata el aborata c del perché, costituisce ovviamente una tappa i mportante della nostra ricerca. J.-C.Richard si è i nteressato al problema della elaborazione della figu-
,. lO li .12
Abbiamo visto che diversi clementi col legano tra di loro i racconti leggendari sui fondatori mi lici latini. Cacus, Romulus, Caeculus c Scrvius Tul l i us. Cfr. Ampolo 1 988, p. 208. Contro tale ipotesi si è pron unciato, come è noto, soprattutto Arna ldo Momigl iano: cfr. Momi gliano 1 989 ( trad. it. 1 989, p. 34) . Thomscn 1 980, p. 1 9.
20
CAPITOLO l
ra di Servius Tul l i us, mettendone in evidenza i tratti di probabile ispi razione aristocratica c quel l i i nvece che appartengono alla mitologia pol itica dci popu/ares; secondo questo stu dioso lo sforzo di elaborazione che ha portato alla definitiva forma i l ritratto tradizionale di Scrvius Tul l ius non è anteriore agli ultimi cento anni del l a res pub/ica, anche se la valoriz zazione i n senso popolare della tradizione sul sesto regno. secondo R ichard, fu faci litata, se non preparata, da un insieme di rappresentazioni "qui portent la marque d'un passé déj à culé" H
re
L'immagine fi lo-popolare di Servius Tul l i us viene invece completamente rigettata da Thomscn, secondo cui le mi sure in favore del popolo che la tradizione gli attribuisce so no "partly anachronistic invcntions and partly bear the stamp of bci ng inspi rcd the party struggi es of thc last century of the Republic" H Secondo Thomscn infatti l'origine di questa caratterizzazione va ritrovata nel la natura i l legale dell'accesso al regno da parte di Scrvius c nella conseguente ost i l ità da parte delle genles più i mportanti e in special modo dci senato ri . A partire da questo presunto dato cvenemcnzialc si sarebbe svi luppata la leggenda del Servius "democratico". Lo schema i nterpretati vo proposto da Thomscn, tuttavia, non tiene conto del la glo balità del le fonti in nostro possesso; di questo insieme di dati, risalenti alla tradizione lat i n a e che hanno formato l'immagine filo-popolare d e l regno scrviano, i l più noto è certo que l l o legato a l l a riforma centuriata introdotta d a Scrvius Tul l i us secondo u n a di ffusa tradizione, conosci uta già da Fabio Pittore (citato da Livio in l 44,2)-';. Secondo Thomsen. i nvece, l 'opera di Servius avrebbe avuto un carattere esclusi vamente m i l itare, di ri strutturazione del l 'esercito in funzione della tattica oplitica; secondo lo studioso i n fatti , non c'è alcuna ra gione per ipotizzare che l'esercito centuriato avesse avuto una qualche funzione pol itica nella sua fase i niziale: "a proper Comitia Centuri ata - scrive Thomsen - can scarcely have existcd before the Rcpublic (... )"36. Una obiezione preliminare
).l .14 )< )h
a
tale ipotesi è costituita d a l
Richard 1 987, p. 208 Thomsen 1 980, p. 244. Cfr. la discussione di Thomscn sulla trad izione letteraria: pp. 144-148. Thomsen 1 980, p. 1 68.
IL REGNO DI S E R V I U S TULLI US, UN PROB L E M A AP ERTO
21
fano che la tattica e l'organizzazione m i l i tare, nel l 'antichità come i n ogni epoca, sono sem pre in funzione di una speci fica struttura sociale17 Senza entrare nel merito della questione e del dibattito che essa ha susci tato, no tiamo che gl i esiti stessi della ricerca fin qui condona, che ha visto in Servius Tul l i us, di volta in volta, un rivoluzionario dall'anima ribelle e "democratica" 3M o un condottiero m i l i tare che i mpone i l suo personale dominio c o n la forza del le armi c l'aiuto d e i suoi fedeli so
da/es (l'opinione di Thomsen),
mostrano la inadeguatezza degli strumenti intcrpretati v i
util izzati c rafforzano la prospettiva di affrontare alcuni d c i difficili problemi d e l dossier s u Servius Tul l i us anche attraverso la mctodologia d e l l a storia del le religioni . Un altro elemento del ritratto "pro/v-democratico " del penultimo re, i n fatt i . è co stituito dal la notizia della sua particolare devozione per la dea Fortuna, dato fondato su una i ntensa attività di costruzione di templi e sulla leggenda del rapporto amoroso che sarebbe i ntercorso tra Scrvius c la dea. Appare superfl uo sottoli neare in quale modo la storia della speciale predi lezione di Fortuna, che aveva innalzato al regno un uomo che portava fi n nel suo nome la tracci a della sua condizione scrvile, potè essere uti l i zzata in senso anti gcnt i l i zio. L'approccio di Thomscn a questa di ffusa tradizione non diverge dall'impianto generale del l a sua opera: svalutazione dci racconti leggendari ( spesso con il ricorso a spie gazioni in chiave eti mologica), anal isi accurata del le prove archeologiche, tentativo di ela borare una sintesi verosimile. l risultati di un simile procedimento vanno nella direzione di una negazione assoluta della tradizione che attribuisce a Scrvius un ruolo fondamentale nell'introduzione del culto di Fortuna i n Roma. Con l'ipotesi di Thomsen si respinge para dossalmente proprio il dato archeologico fondamentale per la conferma di questa tradizio ne, quello emerso dagli scavi dell'arca sacra di Sant'Omobono39 . Nell'applicazione di questo schema alla questione di Fortuna, l'autore non ci è par so così rigoroso come nelle precedenti occasioni . Egl i infatti non tiene in alcun conto l a possibile testimonianza di un antica svrs studiata d a Margherita Guarducci n e l l a quale si è )7
JR )9
Secondo A ldo Schiavonc, con la rifonna servinna (sia pure nel nucleo originario del VI secolo) possiamo individuare addirittura la nascita della pol itica a Roma c questo evento rappresenta un vero e proprio salto di qual i tà rispetto alle epoche precedenti (cfr. Schiavonc 1 988). Si vedano anche le nostre considerazioni sugli aspetti politico-culturali dell'adozione della fal ange oplitica nella seconda parte del capitolo. Cosi in Mazzarino 1 966, l p. 1 97. Cfr. Coare l l i 1 988, p. 302
22
CAPITOLO l
riconosciuto un accenno alla leggenda di Servius e Fortuna già in epoca arcaica. Thomsen non propone né una confutazione della lettura proposta dalla studiosa italiana, né una l ettu ra alternativa; egli si l imita ad ignorare sia la sors di Fiesole, sia i lavori della Guarducci, dei quali non troviamo traccia nemmeno i n bibl iografia. Di questa disattenzione ( vera e propria " ri mozione di un documento capitale" secondo Coare l l i 40 ) non sappiamo dire se sia dovuta ad una svista o al tentativo di evitare una seria messa in discussione della propria l i nea interpretativa. Come è noto questa antica sors, conservata oggi al museo di Fiesole e databi le al I I I secolo a.C., reca un responso i n cui è possibi le riconoscere i l racconto del l a " relazione pericolosa" tra Servius e Fortuna. In questo carmen, studiato c pubblicato dall a Guarduc ci 4 1 , l a dea parlando i n prima persona minaccia il destinatari o dell'oracolo, il quale subirà la stessa sorte di Servius se non seguirà i suoi comandi. Nella ricostruzione della studiosa ita l i ana la sors andrebbe Iena i n questo modo:
SE CEDUES. PERDERE l\"OLO; N/ CEDUAS, FORTUNA SERV/OS PER/T. La traduzione proposta è " Se tu cedi, io non ti rovino: se non cedi, Servius andò in rovi n a p e r l'azione di Fortuna. " I l carattere proverbi a i e del l a seconda parte del la sors, c h e invoca presumibi lmente un caso esemplare, da tutti riconosciuto, del potere della dea, accredita l'ipotesi di un ri ferimento diretto alla storia del re romano perduto dalla dca. E' bene notare come l'arcaicità del ritrovamento ed i l l uogo dove esso è avvenuto situino la elaborazione e la diffusione di questo racconto in un'epoca assai vicina a quella del suo svolgimento ( l'uc cisione violenta per mano di un membro del la dinastia dei Tarquini). Sappiamo inoltre che una tradizione cospicua attribuiva a Servi us Tul l ius la co struzione di alcuni templ i alla dea: secondo Dion.Hal. IV 27,7 egl i ne avrebbe edi ficati due, uno p resso i l Foro Boario ed un altro sul corso del Tevere ; anche Ovidio ( Fasti V I 569 ss.
e
773 ss.) riporta la medesima notizia, mentre V arrone ( L . L . VI 1 7) conferma i dati sul tem pio secundum Tiberim. Gli scavi effettuati presso l'arca di Sant'Omobono hanno identificato con certezza i l sito del tempio dedicato secondo la tradizione da Scrvius Tul lius a Fortuna e a Mater Matuta.
40 41
ibid.
Cfr. Guarducci 1 949 - 1 95 1 . pp. 23-32.
IL REGNO DI S E R V I U S TULLI US. UN PROBLEMA APERTO
23
Un preciso resoconto sulle atti vità di scavo nell'arca in questione è contenuto nel l'opera di Jacqueline Champeaux dedicata alla dea Fonuna42 • Secondo la ricostruzione della studiosa francese, che si affianca ai lavori di G . loppolo43 , di F.Coarelli 44 ed altri, la storia dell'area sacra si articola i n quattro grandi periodi : i l primo, quel lo arcaico, è caratterizzato da un santuario a cielo aperto, privo di altare, e da una forma cultuale fondata su sacri fi c i di anima l i , i cui resti venivano deposti in una fossa che è stata portata alla luce. Questa fase è databile grazie ad una iscrizione etrusca ivi scoperta tra la fi ne del V I I e gli i nizi del VI se colo a.C . Il secondo periodo, tra il primo ed il secondo quarto del VI secolo (come risulta .
dalle abbondanti ceramiche greche trovate a questo l i vello}, appare caratterizzato dal l a co struzione del primo tempio. Distrutto verso l a metà del secolo, i l tempio fu ricostruito i nte ramente verso gli anni 540-530; a questa fase risa li rebbe il famoso gruppo acroteriale di Hercules e M i nerva. Questa fase si estende fi no alla fine dell'epoca regale, quando il tempio subisce una distruzione completa, forse volontaria. Una fondamentale trasformazione ap partiene poi alla piena età repubblicana cd e quella attribuita dal la tradizione all'opera di Marco Furio Camillo nel 396 a.C. " La prcmière et l a plus évidente concl usion - sottol inea la Champeaux - qui se dégage de celte nouvelle chronologic, c'est sa totale concordance, tant avec les sources l i ttéraires relatives aux deux temples, qu'avec l'histoire d'ensemble de la période royale, telle que l'a transmise l'annalistique romai ne" 45 . La posizione della Champeaux, richiamante gran parte della critica precedente, non è condivisa da Thomsen il quale nega sistematica mente ogni veridicità della tradizione sull'attività di edi ficazione di templi a Fortuna da pane di Serv ius, soffermandosi sul tempio del Foro Boario con un esame scrupoloso. L'at tenzione dello studioso si accentra soprattutto sul la natura del tempio arcaico del Foro Boa rio, del quale è provata l a contemporaneità con i l regno serviano; ciò rappresenta un pro blema per lo studioso danese convinto che "the myth about Servius Tullius as the favourite of Fortuna - a clear para Ilei of the myth about King Numa and the nymph Egeria - had sim ply arisen from the - false - tradition about Servius'career from slave (servus) to king." 46
42 4] 44 4S ••
Champeaux 1 982, pp. 249 -268. Cfr. foppolo 1 97 1 - 1 972, pp. 3 -46. Cfr. Coarcl l i 1 988 e 1 995. Champcaux 1 982, p . 256 Thomsen 1 980, p. 264. .
24
CAPITOLO l
Secondo Thomsen il tempio arcaico, giustamente attribuito a Servius, non aveva affatto una struttura dupl ice, ma era dedicato non a Fortuna
c
a Matcr Matuta, bensì solo a quest'ulti ma.
I n sintesi le prove a sostegno di questa tesi sono: l a struttura architettonica del tempio arcai co ad una sola cella, i l fatto che Livio parlando della ricostruzione del tempio effettuata da Cam i l l o non nomina Fortuna 47 , i l fatto che i l comune dies natalis dei due templi del Foro Boario fosse posto nel giorno dci Matra/ia, I l gi ugno, una festa arcaica strettamente con nessa con Mater Matuta; i n fi ne, i l ritrovamento nella fossa sacri ficalc connessa con il tem pio arcaico di ossa di animal i gravidi, un fenomeno "normally associ ated with the cult o f Terra Mater"."" c h e confermerebbe l'i potesi che i l tempio serviano fosse dedicato a l l a sola Mater Matuta. Diverse sono le obiezioni alla ricostruzione di Thomsen: i nnanzi tutto, a proposito del tempio arcaico, allo stato attuale dci lavori di scavo, non è possibile trarre alcuna con c lusione, i n quanto lo scavo ha tinora i nteressato solo una parte ridonissima del complesso (circa un quarantesimo secondo la st i ma di Coarc l l i ) 4" ; in secondo l uogo, dal testo di L i v i o citato n o n possiamo in nessun modo ricavare l'i dea c h e i l tempio origi nario fosse esclusi vamente dedicato a M ater Matuta; l'azione di Camillo potrebbe essere l etta come un rio rientamento ideologico del l'arca sacra a vantaggio di Matcr Matuta o sempl icemente L i v i o potrebbe aver taciuto un particolare c h e non riteneva i mportante rispetto alla tradizione che faceva di Cami llo i l favorito di Matcr Matuta '''; si tratta in ogni caso, di un argumentum ex
si/entio privo di attendib i l i tà. I noltre il fano che entrambi i templi avessero il loro dies na ta/is alle idi di giugno c che in questa ci rcostanza fosse celebrata la festa dci Matralia ( inse rita già nel piu antico feriale romano) non è di per sé una prova; infatti, lo stesso argomento è uti l i zzato da Coare l li in senso contrario a quello di Thomscn come conferma del l'attendi bilità della tradizione. Secondo questo studioso, infatti , l'assenza del culto di Fortuna n e l calendario arcaico andrebbe spiegata proprio con la s u a introduzione d a parte d e l sesto re; del resto- sottolinea Coare l l i - anche Diana Aventi nense non compare nel tèrialc arcaico
c
ciò rappresenta un el emento prezioso per confcm1arc la cronologia del più antico calenda-
IU
Cfr.Liv. V 1 9,6. Thomsen 1 980, p. 277. Coare l l i 1 988. p. 244 c ss. Su questo aspetto della tradizione su Cam i l lo cfr. Dumézll 1 98 1 , pp.93 - 1 96.
IL REGNO DI S E R V I U S T U L L I US, UN PROBLEMA APERTO
25
rio c l a fiducia riposta nelle testimonianze antiche .s 1 Quanto all'ultimo punto della dimo strazi one di Thomsen, esso si basa su una congettura evoluzionistica ( i l sacri ficio di animali gravidi come appannaggio esclusivo di una ipotetica Terra Mater) e sulla i ngiusti ficata as sociazione tra la Terra Mater e Mater Matuta, divinità legata per la sua stessa funzione al ciclo solarc 52 • Varrebbe ri cordare, a questo proposito, le osservazioni di Dumézil sulla "stéri l i sante obsession de la «Déessc Mèrc», de l a «Grande Déessc»" riprese da Angelo Brelich nella sua recensione dc "La Religion romaine archalque"n Un altro elemento sul quale è opportuno soffermarsi in questa sede è quello del la at tribuzione al sesto
re
della fondazione del tempio di Diana Aventincnsis, al quale abbiamo già
accennato, ma che richiede un'anal isi più approfondita. Sarà bene sottolineare, in via prelimi nare, che Thom�en nei confronti di questo problema assume un atteggiamento differente ri spetto alla ipercritica messa in atto a proposito della trddizione su Scrvius e Fortuna. l nnan zitutto, la discussione sulla fondazione del tempio di Diana trova posto in un capitolo diverso ( intitolato " Foreign Rclations" ) ri spetto
a
quello dedicato alla tradizione a proposito dell'atti
vità di Scrvius come cditìcatorc dei templi di Fm1Una (intitolato " Secular and Sacred lnitiati vcs''). Non è chiaro se tale scelta risponda ad esigenze espositive oppure se la funzione fede rale del tempio avcnti nense, nell'ottica di Thomscn, sia riguardata con una particolare atten zione in rapporto alla sua maggiore compatibil ità con l'assuolo di fondo del l'intera opera 54 . Sta di fatto che la fondaziOne del tempio di Diana viene considerata dallo storico danese "the centrai element of Servius Tul lius' forctgn pol icy". Tale interpretazione, tutta via, non tiene nella giusta considerazi one la valenza " i nterna" dell'azione di Servius, che
52
53 "
Cfr. Coarclli 1 988, p. 244. A tal proposito vanno tenute presenti le osservazioni di Angelo Brc lich sul feriale arcaico: secondo lo studtoso, infani, poiché il cal endario arcaico non segna mai più di una indicazione per giorno festivo c poiché sono regolarmente riportalc le tre feste men sili (kalendae, nonae c idus ), non è possi bile trarre argomentazioni sicure dall'assenza di una di vinità. Cfr. Brcl ich 1 966, p. 220. A questo proposito Dario Sabbatucci ha mostrato la valenza cosmico-calendarialc della dea che segnava l'inizio della nuova fase dell'annualità: " i M atralia erano l'aurora del giorno più lungo del l'anno ( i l solstizio d'estate) che sarebbe venuto verso la fme della l unazionc ( i l 2 1 giugno); era i n effetti proprio il solstizio d'estate che segnava l'inizio del semestre, così come i l solstizio d'inverno ne segnava la fine." Sabbatucci 1 988, p. 207. Brelich 1 968, p. 1 40 Secondo cui il re Servius. come abbiamo visto, non è altro che un condon iero di origine etrusca che impone il suo dominio a Roma con la forza delle ann i.
26
CAPITOLO l
può essere inquadrata anche in rapporto alla capacità del culto di Diana A ventinensis d i valorizzare la funzione e d i l ruolo degl i elementi esclusi dalla piena cittadinanza, tanto c h e i l dies natalis d e l tempio, celebrato a l l e idi di agosto, era detto anche servorum dies ( Fesi. p.432 L'; Plut. Q.R. 1 00). Thomsen tratta del la festa del servorum dies nel capitolo dedi
cato alle "sacred initiatives" (quel lo i n cui, come abbiamo visto era esaminato anche i l dos
sier su Fortuna); lo storico danese, pur segnalando la correlazione dei due fatti - festa deg l i schiavi e culto di Diana sull'Aventino - non tenta alcuna ipotesi di ricostruzione globale e complessiva, ma tiene separati i due campi di azione. Sulla base del la notizia di Dionigi ( I V 26, 3 ) che definisce i l santuario di Diana come hieron asylon e del le di verse testimonianze a proposito deli'Artemision di Efeso ( s u ispirazione d e l q u a l e sarebbe stato edi ficato quello dell'Aventino), Thomsen accoglie l a tesi secondo cui i l tempio romano avrebbe avuto la caratteristica di asylum per schiavi fuggitivi e stranieri ; i n seguito, secondo l'opinione del lo studioso, quella usanza arcaica avrebbe giu sti ficato la col l ocazione del servorum dies nel giorno dedicato a Diana Aventinensis. La prima cosa da notare è che tale ricostruzione, anche consi derando la recenzio rità della sovrapposizione del servorum dies alla festa di Diana, consol ida, in ogni caso, l'immagine latina del sesto re come sovrano attento alle esigenze degli humiles, come ri formatore sociale fautore di una pol itica tendente a ridi segnare il concetto di cittadinanza attraverso i l coinvolgimento allargato di tutto il corpo sociale. Resta aperto, in altre parole, i l problema di come abbia potuto costituirsi tale tradizione c per quale ragione venisse co i nvolta i n questo processo di elaborazione la dca dell'Aventino. Thomscn considera fededcgna la tradizione secondo cui la fondazione del culto di Diana sul l'Aventino ebbe sin dalle origini un carattere federale, con ogni probabilità prece dente la trasformazione i n senso pan-lalino cd ant i romano del famoso santuario di Diana Aricina, la quale, invece, risa l i rebbe al periodo i mmedi atamente successi vo alla cacciata dci Tarquini 55 . Questa l inea interpretati va, pur plausibile, non appare pienamente soddisfa cente: lo storico danese motiva i n fatti la scelta dell'Aventino come sede della fondazione
Sl
Opportunamente Thomsen puntual izza che la Diana Avcntincnsis non è assolutamente identifi cabile con quella venerata ad Aricia, ma deri va piuttosto dal modello conosc iuto ad Efeso, giunto a Roma probabilmente attraverso la mediazione di Massalia.
IL REGNO DI S E R VIUS T U L L I US, UN PROBLEMA APE RTO
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tcmpl arc l i m i tatamente a l l a collocazione cxtra-pomcrialc del c o l l e , che ne avrebbe fatto un l uogo " natural mente adatto agli i ncontri con i Lat i n i " 56 La scelta di Diana come divinità federale viene spiegata, i n vece, con l a popolarità di cui la dca avrebbe goduto tra i Lat i n i , popol arità di mostrata dal l'arcaicità del santuari o aricino. Seguendo questa ricostruzione l a scelta dell'Aventino perde ogn i speci ficità: il colle non appare dotato di una propri a fisionomia cultuale, ma si qualifica esclusivamente come un l uogo boscoso ex/ra pomerium, un l uogo non di verso da tanti altri . Attraverso la prospettiva di Thomscn, non ri usciamo a cogliere dell 'azione di Scrvius il ri fe ri mento ad un complesso di simboli ed i mmagi ni, che appaiono radicali nella trad izione c che sono vivi c presenti nel contesto culturale del l a Roma del VI secol o. Anche in questo caso la prospet t i va storico-re l i gi osa può fornire un uti l e contributo, consentendoci d i ricostru i re una vera e propri a identità culturale indissol ubil mente legata all'Aventino sin da epoca arcaica; una identità i n base alla quale i l colle ricopre una prec isa c costante funzione nella sfera del la definizione dello spazio a Roma. La posizione del l'Aventino a ri dosso del pomerium cd i n prossi mità d e l Foro Boario, segnala la lùnzionc di mediazione c o n l 'esterno c h e esso svolse tanto a l i ve l l o rel igioso ( fondazione del l o hieròn àsylon a Diana, introduzione di luno Re gina evocata da Vcio, i ntroduzione della cosidctta triadc pl ebea, formata da Li bcr, L i bera c Ceres), quanto a l i vello pol itico ( l'Aventino fu il centro re l igioso e politico del la l otta con dotta dalla plebe contro i l patriziato nel processo di edi ficazione della lihertas, ovvero della
res publica). La fondazione del tempio di Diana andrebbe vista sia nel l'ottica del l 'accoglienza (all'esterno verso gli stranieri cd i mercanti c all'i nterno verso i plebei ), sia in quella di una p rogressiva publicatio di clementi cultura l i allogeni. Le due sfere comunque sono profon damente intrecciate c non possono essere pienamente rccuperatc a l l a storia se non attraver so una lettura complessiva, capace di far emergere pcrchè proprio l'Aventino c non qual un que altro luogo extra pomerium "doveva" ospi tare il culto federale di Diana c per quale ra gione proprio questa dca, c non un'al tra, fosse scelta come divinità atta a rea l i zzare il culto federale c a legitti mare le pretese romane nel contesto della lega latina. A tal proposito la
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Cfr. Thomscn 1 980, p. 308.
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spiegazione proposta da Thomscn, i ncentrata su l l a popolarità 57 di cui Diana avrebbe goduto tra i Lat i n i , appare alquanto ri duttiva, per il fatto che, stando ai dati presentati dal lo studio so, si appoggia escl usivamente sulla esi stenza dci due santuari di Ari c i a c Tusculum. Ri spetto a l l ' i potesi avanzata dal l o studi oso danese non possiamo fare a meno di notare che ben altra era, per esempio, l a consistenza del culto di l uppiter tra i Lati n i : a Lavi nium, a Ti bur, a Tusculum, a Praenestc c così d i scorrendo; né l a evi dente d i !Te rcnza delle rappresen tazioni con i l " G i ove Romano" sarebbe problematica, giacché lo stesso Thomsen ne sottoli nea l a portata nel caso del l a Diana Ari c i na c del la Avcntincnsis. Che dire poi dello luppitcr Latiaris, dio anriquissimus (Scrv. A e11. 1 2, 1 35 ) venerato sui monti albani c ben presto en trato nell 'orbita del l a rel igione ufficiale di Roma?
E' d i fli c i l c sottrarsi al l'impressione che tanto l a scelta dell'Aventino come sede del culto, quanto quella di
Diana come divinità desti nataria del tempio, rappresentino n e l l a
prospettiva di Thomscn, variabili d e l tutto ini nll ucnti rispetto a l l a ricostruzione del quadro di i nsieme del l a politica estera di Servius Tul l i us. il cui nucleo essenziale è ident i fi cato con ì l tentat i vo scrv iano d i i mporre l 'egemonia di Roma sulla lega latina. Lo studi oso danese, in defi n i t i va, privi l egia la
val enza strettamente "politica" del l'azione di Scrvius, ri spetto
a l l a quale Santo Mazzarino invece aveva ri levato i l valore essenzial mente "socialc" 5' . Da un a l tro versante Sabbatucci, proseguendo su l l a l i nea i nterprctat iva inaugurata da Duméz i l , sottoli nea soprattutto l a rilcvanza del le dcfom1azi oni introdotte dall'annalistica i n re lazione
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alla funzione da questa svolta nell'opera di edificazione del l ' i dea di ci1•iras . S i m i l i d i ffi coltà s i sono già pal esate n e l corso di questa nostra sommaria ricogn izione dei pri ncipa l i problemi posti a l l o storico d a l periodo scrviano; questi coi nvolgono i l modo stesso di i nter rogare le fonti ( nel caso in questione: dove fi n i sce la funzi one anna l i stica cd i n izia la sto ria'') i n si eme con la plausi bil ità del l e di verse ricostruzioni avanzate ( l'ed i fi cazione del tem pio di Diana va letta come tentat ivo di lcgitti mazionc del l'egemon ia romana sulla lega l a t i na o c o m e strumento p e r ve i col are la liherlas'' ) . Scrive Thom>en a p. 309: "Scrvius Tulli us' choicc or Diana, w ho d id not b e long l o t h e di indi gctes, as federai deity w a s undoubtedly in s pired by the fact that she was popular among the Lati ns. as shown by the exi stcncc of a sanctuary dedicated lo hcr in the tcrritory of Aric ia as well as in that ofTusculum . " La " Diana plebea" dell'Aventino sarebbe. in questa prospet tiva. soprattutto l'ispiratrice e l a d i vinita tutela re della democrazia. Cfr. Mazzarino l %6 l . pp. 1 95- 1 %. Cfr. Sabbatucci 1 9�S. pp. 264-27 1 .
IL R EGNO DI S E R V I U S T U L L I US. UN PROBLEMA APERTO
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Il caso di Diana Aventinensis, così come gli altri sui quali ci siamo soffennati, mo strano
l i miti della prospettiva metodologica di Thomsen. Da una parte i l cri terio della
"minima i potesi possibile" si risolve spesso in una selezione arbitraria delle fonti letterarie e monumentali (come nel caso del rapporto Servius-Fortuna); dall'altra il risultato complessi vo della ricerca sulle diverse tradizioni su Servius non riesce a fonnare un quadro d i insie me, capace di migliorare la nostra comprensione del V I secolo. I n fatti, anche accogliendo l'identi ficazione di Servius e Mastama (che si segnala come uno dei momenti di maggior impegno critico di King Servius Tullius) secondo le i ndicazioni dello studioso danese, ri marrebbero comunque aperti numerosi c fondamentali problemi (primo fra tutti i l processo di interazione tra mito c storia nell'elaborazione del la tradizione annalistica su Servius); ciò, nonostante il progressivo e cospicuo incremento di rinvenimcnti archeologici cd epigrafici che hanno accresciuto la nostra conoscenza del periodo scrviano. L'approccio storico religioso, in questo contesto, può orientare uti l mente la ricerca sulle origini di Roma sia per l a riconsiderazione di vecchi problemi, rispetto ai quali l a sto riografia tradizionale sembra segnare il passo, sia per porre all'attenzione degli studiosi nuove problematiche i n virtù della sua specifica mctodologia 60 •
1 .2 La l i nea interpretati va di Georges Dumézil
La necessità di una riconsidcrazionc critica del "peri odo serviano", più volte i nvo cata nel corso di questa introduzione, si rende manifesta anche a partire dai ri sultati (o dal le i potesi ) presentati i n un'altra famosa ricerca dedicata al sesto re di Roma, un'opera pubbli cata nel 1 943 e quasi "speculare" rispetto a quella di Thomsen, nonostante - come vedremo - alcune i naspettate concordanze; si tratta del Sen•ius el la Forllme (sottotitolo Essai sur la
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Il contributo della storia delle rel igioni non si l imita alla capacità di trattazione special izzata del proprio "settore di competenza". ma anzi si dimostra maggiormente fecondo quando si indirizza verso una prospettiva di interpretazione globale. La storia delle religioni, infatt i , appare meno adatta a trattare, di ogni cultura, i l settore «re ligione» (accanto ad «economia>>, «dirittO>>, «arte>>, etc. ) che non a ricercare una struttura concettuale, più o meno espl ic ita, che è come i l campo di forza sul quale tutto i l resto si dispone c si orienta. Cfr. Montanari 1 990, p. 12 e Dumézil 1 949 i vi c i tato.
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CAPITOLO l
fonclioll sociale de Louange el de Bltime el sur /es élémenls indo-européens du cens ro main) di Georges Dumézi l . Come g i à notava Carmine Ampolo n e l 1 983 6 1 , in occasione del suo contributo a l seminario di studi s u Dumézi l promosso d a Arnaldo Momigliano, n o n è pensabile fare u n a recensione di Servius el la Forlune a tanti anni di distanza dal l a sua pubblicazione, soprat tutto in considerazione del fatto che alcune ipotesi avanzate allora dallo studioso francese sono state da lui stesso superate esplicitamente. Ciò premesso, alcune considerazioni ci i n ducono a proporre, nel contesto della presente ricerca, una ri lettura dell'opera di Dumézil (che egli, d'altra parte, considerava un abbozzo, una esquisse62 ), in virtù del fatto che in
Servius el la Forrune sono presenti una serie di ipotesi interpretati ve, che, da una parte, hanno contribuito alla ricostruzione dell'immagine di Servius Tul l ius (con i l ri levare gli aspetti mitistorici dell a tradizione) e dall'altra hanno aperto prospettive di ricerca nuove, battute solo i n parte, che i ntervengono a pieno titolo nel dibattito intorno alla formazione del la res publica c all'origine delle magistrature : la valutazione di queste ipotesi è tuttora un compito che lo studioso dei primordia non può pcrmettersi di trascurare. Nel momento in cui ci collochiamo in questa prospettiva siamo consapevol i di do verci confrontare con due ordini di osservazioni che hanno messo in dubbio la validità del lavoro di Dumézi l ; punto di partenza di tali osservazioni è lo studio di Momigliano " Pre messe per una discussione su Georges Dumézi i " 6J Secondo Momigliano, come è noto, "se anche si accettano tutte le proposte di Dumézil su Roma arcaica (c non tutte possono essere accettate), il contributo di Dumézil alla comprensione del la storia romana rimane scarso" 64 • Ciò soprattutto in virtù del fano che "nessuno degl i avvenimenti importanti della storia ro mana ( . . . ] si lascia chiarire in termini di funzioni indoeuropcc" 65 . Nonostante il dovuto rico noscimento alle interpretazioni non t ri funzionalistc proposte da Dumézil, l e applicazioni legate alla teori a trifunzionalista sembrano rappresentare agl i occhi di Momigl iano i l prin cipale errore di prospettiva dello studi oso francese, errore che finirebbe per coinvolgere tutto l'impianto del la sua opera.
61
62
Ampolo 1 98 3 , p. 394. Cfr. Duméz i l 1 943, p. 30. Cfr. Momigl iano 1 983. Momigl iano 1 98 3 , p. 3 3 9 . Momigliano 1 98 3 , p. 3 3 9 .
IL REGNO DI S E R V I U S TULLIUS. UN PROBLEMA A PERTO
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Alle tesi sostenute da Momigliano Dumézil replicò nel 1 98 5 . Quanto all'accusa relativa agli scarsi contributi che il proprio l avoro avrebbe apportato alla storia romana, lo studioso francese preferì ribadire l'incompatibil ità tra le interpretazioni comparativiste e la ricostruzione di eventi reali; facendo ciò Dumézil volle chiarire che i l solo servizio che i suoi studi potevano rendere alla storia era quello di offrire agl i studiosi "criteri obiett i v i " con i q u a l i giudicare criticamente la tradizione letteraria a loro disposizione 66 . Sebbene non c i sia possibile, per la natura stessa della nostra ricerca, affrontare la questione in modo esaustivo, va comunque tenuto conto che la ricostruzione del la storia arcaica di Roma non si può certo esauri re nello studio delle trasformazioni istituzional i e sociali, rinunciando a l l ' i ndividuazione della sua speci fica ideologia rel igiosa (e quanto questo termine, nel caso di Roma, possa essere connesso alla sfera giuridico-istituzionale non sfuggiva certo a Mo migliano). Da questo punto di vista è difficile non riconoscere al Dumézi l alcuni meriti, primo dei quali aver dimostrato la maturità c la dignità della struttura teologica della reli g ione romana arcaica contro i numerosi tentativi di i nterpretazione "primitivi stica " . Tuttavia, a prescindere d a considerazioni generali,
ci sembra c h e alcune delle
i potesi contenute i n Servius et la Fortune, in particolar modo quella a proposito del mecca nismo sociale che con Dumézil possiamo definire della " Lode c del Biasimo", messo i n opera, secondo lo studioso francese, nella comunità centuriata attraverso i l census ( inteso come valutazione di ordine essenzialmente " morale", capace al tempo stesso di dare vita ad una nuova forma di gerarchizzazione sociale), debba essere considerata, anche dai suoi de t rattori, per quel lo che effettivamente è: un'ipotesi, un contributo ad una i mportante que stione dell a protostoria repubblicana, uti le alla ricostruzione di uno dei punti cruciali dei
Scrive Dumézil: "J'ai maintes fois répété que le considérations comparativcs ne pennenent pas de reconstituer Ics événements réels du passé et que le seui service qu'elles puissent rendre aux historiens est de leur pcnnenre de critiquer. selon dcs critèrcs objecrifs. Ics récits, cn grande partie légendaries, qui sont à leur disposition" ( Dumézil 1 985. p. 3 1 2 ). Nella polemica tra estimatori e detranori dello studioso francese va segnalata la posizione di Aldo Schiavone, secondo cui l'obie zione di fondo mossa da Momigliano a Dumézil (il modello delle tre funzioni e più in genere tune le sue ricerche non ci aiuterebbero a capire la storia arcaica romana) sembra "severa fino a sconfi nare nell'implausibile". Il grande merito di Dumézi l consisterebbe nel l'aver individuato " un mo dello mentale autoregolato, che presuppone la riclaborazione ideale di precisi contenuti ed espe rienze sociali c psicologiche" (cfr. Schiavone 1 988, p. 56 1 n. 4 1 ). La posizione di Schiavone ci sembra indicativa di una tendenza che, pur rccupcrando un fi lone di studi oggenivamente non tra scurabile, ne limita tunavia il contributo alla ricostruzione di una "storia della mentalità".
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CA PITOLO l
primordia, quel lo dell a contrapposizione fra patriziato e plebe, con la progressiva e contra stata pac i ficazione fra i due ordines 67 I ndubbiamente, c veniamo al secondo ordine di obiezioni alle tesi espresse da Du mézil, queste intuizioni e queste prospett ive compaiono all'interno di una ricerca organica, i cui presupposti metodologici affondano le proprie mdici in una generale svalutazione deg l i elementi evcnemenziali (i faits) a vantaggio della valorizzazione della natura mitica del racconto tradizionale ( l e faibles) "' ; poiché tale indiri zzo ha rappresentato i l principale osta colo alla ricezione delle i potesi dumezil ianc da parte degli storici, è da questo aspetto che conviene dare inizio alla nostra rilettura di Sen•ius et /a Fortune. La natura eminentemente mitica del l a tradizione su re Scrvius è più volte esp l i c i tamente affermata, anche s e Dumézil appare consapevole d e l fatto c h e è necessario non solo saper disti nguere i tre elementi ifaits,fatLt e faibles ), ma anche chiarirne i rapporti e le i ntcrazioni "" , né egl i sottovaluta le di fficoltà i nerenti al caso specifico della materia di Scr vius, dove "à raison, an a au Jécouvrir des traces de faits" 70• Nonostante queste dichiara zioni di i ntento, tuttavia, là dove Dumézil si soffcrma a val utare la consistenza c la possibi l e utilizzazione dci " fatti " , il bilancio appare negati vo: secondo lo studioso francese, n e l rac contare la storia degli ultimi tre re, Roma avrebbe minimizzato la conquista e l'occupazione etrusca, quel peri odo i n cui la città era stata sottomessa da capitani stranieri che i mponeva no con la forza la legge del vincitore. L'immagine idilliaca con cui, per Dumézil, era stata ricostruita la personalità di Tarquinius e di M astama/Scrvius Tullius 7 1 ( rappresentati a l l a stregua di legittimi candidati al regno) n o n corrisponde - per lo meno n e l caso di Servius alla versione etrusca che possiamo ricostruire dagl i affreschi di Vulci e che presuppone u n
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7l
Cfr. Ampolo 1 986. La difficoltà di raggiungere la rcalta stonca. secondo lo studtoso francese. è acuita nel caso spe ci fico della tradizione sul sesto re dalla pre s e n za di numerose falsi ficaziont, particolarmente ri levanti in quanto legate ad istituzioni ancora vtve in e poc a repubbltcana; a questo proposito Duméz i l accenna al periodo dci grandi conflitti della fi ne del I V s ecolo . in cui la lotta pol i tica fu esercitata attraverso un esercizio energico della censura ( s i pensi soprattutto ad Appio Claudio), come ad un momento importante per la formaztone della tradizione su Servius {cfr. pp. 1 291 3 1 ). Purtroppo q uesto accenno, di fatto, non viene utt lizzato ai fini di una nuova problematiz zazione della storia della res publica, s tona m cut l'immagme di Servtus primo censore conobbe stagtoni e fortune di verse . Cfr. Dumézil 1 943, p. 29. Dumézil 1 943, p. 3 0 Duméz i l 1 943, p. 1 25 ; lo studioso va quindi annoverato t r a i numerosi sostenitori dell'identità tra i due personaggi.
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contesto del tutto differente, in cui è in evidenza i l carattere violento di questi avventu rieri e delle loro carriere. La tradizione etrusca su quegl i eventi, nell'i nterpretazione dumezil iana, viene di fatto ad essere considerata come l'unica fonte affidabile da un punto di vi sta cvenemenzia le, corrispetti vamente alla tradizione romana si attri buisce il solo valore di " storia sacra"; i n questo senso i l personaggi o storico Mastama/Servius Tul l i us, ritratto dagli affreschi d i Vul ci, si esaurisce nell a figura del tipico condottiero, capo tout militaire, molto lontano dal l'immagine a noi tramandata dalla tradizione latina sul sesto rc 71 • E'interessante l'i naspettata convergenza di risultati cui pervengono Dumézi l
c
Thomsen: lo studioso francese, partendo
da una complessiva sval utazione degli elementi evenemenziali riconoscibi l i nell a tradizio ne, giunge alla stessa conclusione dello storico danese, il quale aveva i ndagato sul dossier di Servius attraverso una metodologia opposta. Il ritratto del " vero" Mastama/Servius Tul l ius corrisponde e si esauri sce, in entrambi i casi, in quel lo di un abile comandante m i l itare, capace di i mporre a Roma il proprio dominio con la forza delle armi c di una superiore or ganizzazione militare. Questa convergenza di vedute non sorprenda: essa sorge in realtà più dai limiti del l e prospettive dci due autori che da un felice caso di col laborazione i ntcrdisci pli nare. Se Thomscn, i n fatt i , trascura di considerare gli evidenti riflessi simbol ici e rappre sentat ivi presenti nella documentazione che egl i privilegia ( l a tradizione etrusca raffigurata nel ciclo della tomba Françoi s) c che attesterebbe l a competenza esclusivamente m i l itare di Servius, Dumèzil, i nvece, trascura di considerare i numerosi indizi di compatibil ità tra l'azione riformatrice di Scrvius Tullius cd il contesto storico culturale della koiné greco etrusco-italica. In entrambi i casi ciò che si perde è il coinvolgimento di Servius nei proces si di trasformazione del la fine del VI secolo, un elemento della biografia serviana che la tradizione letteraria attesta con grande coerenza. Se dunque vanno condi vise le perplessità di Ampolo 73 rispetto alla prospettiva con cui Dumézil guardava alle costruzioni annalistiche, che egli definiva "étrangcrs à l'histoi re" 74 , va considerato, al tempo stesso, che la presenza di questi l i miti non pregiudica, a no72 7J
74
Dumézil l 943, p. 1 27 . Secondo Ampolo "le }ab/es in Dumézi l . anche per i l V I secolo a.C. schiacciano talmente i fairs, che non resta quasi nulla di questi ultimi. Come l'ipercritica accresceva la parte dei fma di struggendo i fatti, così Dumézi l ottiene di .fallo un risultato analogo accrescendo le jables (cfr. Ampolo 1 983, p. 392 )". Dumézil 1 943, p. 1 28 .
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CAPITOLO l
stro avviso, il complesso del la tesi fondamentale di Sen•ius el /a Forrune, che consiste nel tentativo di ricostruire la preistoria del census romano sulla base della comune appanenen za di questa parola latina (e di alcune consimili attestate i n ambiente osco) alla famiglia di parole derivanti dall a radice i ndoeuropea *kens-. Nel momento in cui si accinge a trattare l'argomento pri ncipale della sua ricerca, il
census,
Dumézi l ripropone il consueto schema
c l assi ficatorio, fondato sulla distinzione c l'i ntcrazione tra /es fails, /es anriciparions, /es
myrhes. In questa operazione lo studioso francese ha gioco facile nel sottolineare la grande disparità di opinioni tra gli storici "ipercritici", sensibi li all'evidenza e all'abbondanza degli anacronismi, e gli storici "fideisti" 75 A rappresentare questi ultimi Dumézi l chiama W . Hoffmann 76 , secondo i l quale non sarebbe impossibile attribuire la ri forma centuriata al re conosciuto nella tradizione con il nome di Servius Tul l i us. Dumézi l dichiara di volersi collocare tra i sostenitori del la tesi tradiziona li sta come Hoffmann, precisando tuttavia che tale opzione va considerata come il frutto di una "correttezza dialettica", fatta "pour nous piacer dans le conditions en apparence le moin fa\ orables" 77 • Tre sono le considerazioni che Dumézil si propone di offrire al dibattito degli studiosi : l ) in primo l uogo, come abbiamo visto, il nome
census
proviene dal la radice i . e .
*kem-; a questa radice si fa risalire la famiglia di parole deri v a n t i dal la radice sanscrita çams- ( i l cui significato copre con varie sfumature il campo semantico della "lode"). Di questa lo studioso francese mostra, nella prima pane del l ibro, le appl icazioni e le funzioni in ambito i ndo-iranico; sulla base di questa comparazione, egl i propone di tener presente la possibilità che in una " forma più primitiva" il census preesi stessc non solo ai re etruschi ma alla fondazione stessa di Roma; 2) i n secondo luogo Dumézi l nota la costanza con la quale
il
c o nce t to di
census,
la
sua invenzione, sono collegate a Scrvius. i l re "parwnu " : tale caratterizzazione suggerisce di non separare l'uomo dall'opera che gli è attribuita, ma al contrario di chiari re la natura primitiva dell'i stituzione attraverso il tipo kggendario del l'istitutore;
)l
L e s press i on e è u t i l i zzata da G ra ndazzi per mdtcare. nel c a mpo del la ricerca sulle origin i d i tendenza a considerare. i n modo acri tico, i l racc on t o d e l l a tr ad i z i On e come documento attendibile per la ricostruztone d e g l i eventi dct f!rimon·,ba, sol t ova l u t a n do l a realtà spec i fica di tale documentazione; cfr. G randazzi 1 9'1 1 ( t rad. i t . 1 '19 3 ) . S u l l ' argomento s i v e d a anche Poucct l 985 c M o n t ana r i 1 990. Cfr. Pa u l y Wisso wa X l i i , 1 93'1. col i . X04-H20) '
Roma, l a
77
-
Duméz i l 1 94 3 , p. I 4S .
IL REGNO DI S E R V I U S TULLI US, UN PROBLEMA A P ERTO
35
3 ) i n fi ne, secondo Dumézil, non va trascurato i l fatto che l'idea di census in epoca regale non può corrispondere alla raffigurazione (sol idale con l a struttura centuriata del IV secolo) che ne danno l e versioni di Dionigi e di Livio. In questo senso, sembra probabile che i l census dei re non si riducesse ad una mcra operazione di stima economica, ma che dovesse, piuttosto, sviluppare "gl i aspetti morali, se non mistici", che avevano ancora una considerevole ri levanza nella censura dei tempi repubblicani
1M.
E' sulla base di queste osservazioni preliminari che Dumézil si propone di rico struire alcuni tratti del census arcaico; in ragione di ciò, sarà bene soffcrmarci su questi t re punti, che costituiscono, per così dire. l'i mpalcatura di tutta la tesi dumezi l iana. Il censi mento attri buito a Servius Tul l i us, la sua classi ficazione dci c i ttadini - nell'interpretazione d i Dumézi l - doveva tener conto, oltre che del la nascita e del la ricchezza, anche del merito e del prestigio; esso aveva valore di ricompensa o di punizione, di promozione o degrada zione, in breve doveva comportare uno dci fattori essenziali del census c del la censura dei tempi storici, il fattore morale 79 Appare evidente, anche per lo spazio che esso occupa nel l'economia di Servius et
le Fortune, che l'argomentazione l i nguistica sia assunta da Dumézi l come l'elemento più ri levante; ciò è confermato dal fatto che quando lo studioso francese vorrà tornare sulla q uestione census, in ldées romaines del 1 969 80 , la comparazione l inguistica rappresenta nuovamente il punto di vista privilegiato. L'individuazione di un campo semantico defini bile a partire dal la radice i.c. *kens (che i n sanscrito assume la forma çams, in avestico la forma sanh-, nelle iscrizioni achemcnidi quel la di Oa{n)h- cd infine in l atino c i n osco la forma cens-) ri sale probabilmente a Brugmann, che nel 1 907 propose per la prima volta l'idea che i l greco KOOJ.ioç, i l latino c enseo , e l'antico i raniano çamsati potessero deri vare da una comune radice i.e. *kens- M 1 ; pur con di verse sfumature, questa teoria sembra godere del maggiore credito tra gli studiosi '2 . " )V
"' "
H2
Cfr. Dumézil 1 943. p. 1 50. Dumézil 1 943, pp. 1 74- 1 75. Cfr. Dumézil 1 969 ( trad. it. 1 987, pp. 99- 1 23 ) . Brugmann 1 907, p. 1 9: Brugmann attribuiva a q uesta rad ice i l senso di "nach einer bestimmten M aOgabe und ordnung, autoritativ kundtum" (annunciare secondo un ordtnc ed una misura dc terminata, per via di autorità). Cfr. la discussione in Pieri 1 968, pp. 55-58. Va tenuta presente la teoria, avanZl!ta iniZialmente da Pisani e seguita poi da M azza rino. secondo cui la parola census deriverebbe da una primitiva radice Kent- tu-s. il cui signi ficato sarebbe "cen tinaio"; da questo significato primitivo, census sarebbe poi passato a quello di "contare per centi-
36
C A PITOLO l
Per precisare il senso proprio di questo gruppo di parole Dumézi l ha coniato la
se
guente definizione: "situare (un uomo o un atto o un'opinione ecc. ) nel suo giusto posto ge rarchico, con tutte le conseguenze pratiche di questa situazione, c ciò attraverso una giusta valutazione pubblica, un elogio o un biasimo solenni" 8 3 • La validità di tale definizione, per i l gruppo di parole latino-oschc (lat. census, censere, censor; l'infi nito osco censaum ed il sostantivo kenzstur, kenzsur - censor -) è stata accolta da diversi studiosi tra i quali Georges Pieri 114 e Claudc Nicolet ' 5 , ed è sostanzialmente compati bile con quell a proposta da Emout c Meillet 86 • Nel campo più specificamente legato alla comparazione linguistica indocuropea, Emile Benveniste ha avanzato alcune critiche alla definizione dumezi liana, notando che que sta sembra includere "elementi troppo strettamente ricalcati sul senso delle parole latine" ri spetto al livello indoeuropeo, in cui le sfumature sono di maggior conto 8 7 • Secondo Benveni ste, soprattutto attraverso le testimonianze del l'antico persiano che pongono l'accento sul fatto che la parola proclamata "è vera" 88, sarebbe preferibilc correggere la definizione del tema verbale • kens- in questo modo: "affermare con autorità che si tratta della verità; dire ciò che è conforme alla natura del le cose; enunciare la norma di comportamento" ' � .
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naia". Cfr. Pisani 1 929, pp. 220 sgg. c M azzarino 1 992; secondo qucst'ullimo il censor dovreb be essere considerato. per quanto riguarda l'epoca arcaica, i l magistrato "che conta per centuri e " (cfr. p. l 89). Dumézil 1 943, p. l 88. Picri 1 968, p. 58. Nicolet 1 976 (trad.it. 1 980. p. 66). Questa la definizione in Emout-Meil lct 1 985 5 s.v. cense o: "déclarcr d'une façon formelle ou solcnnelle; exprimer un avis dans les formcs prcscritcs". Importante la corrispondenza segna lata tra l'impiego del verbo censere nei senatriS consulta cd i l sostanti vo, appartenente ad un al tro gruppo, sententia: l'azione indicata dal verbo censere non equivale, i n origine, alla semplice espress ione di una opinione, ma i ndica una dichiarazione che. per sua stessa natura, produce un dato risultato, é una senten::a a tutti gli cffeni. Bcnvenistc 1 969 ( trad. it. 1 976, p. 394). Una breve descrizione di queste testimonianze si trova in Benvenistc 1 969 ( trad. it. 1 976, p. 394). Bcnvenistc 1 969 (trad. it. 1 976, p. 395); l'ipotesi di Benvcniste, tuttavia. non implica affatto la negazione di una funzione gerarchizzante, pi uttosto la considera come una conseguenza imme diata della "parola di verità". Benvcniste scrive del resto che la funzione gerarchizzante "deve deri vare da un senso già spec ializzato della radice" (p. 395). Se volessimo enumerare le caratte ristiche del l'azione definita dal verbo censere ( osco censaunr ), sulla base delle indicazioni con giunte dci due studiosi potremmo dire che essa: l ) è una dichiarazione fatta con autorità; 2) di fronte ad un pubblico; 3) conforme alla verità; 4) impl icante una col locazione dell'oggetto del la dichiarazione nel suo giusto livello gerarchico.
IL REGNO DI S E R V I U S T U L L I U S , UN PROBLEMA APERTO
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I n /dées romaines, c h e uscì nel lo stesso anno d e Le vocabulaire des institUiions
indo-européennes di Benveniste, Dumézil sembra accogliere l'indicazione di quest 'ultimo a proposito del criterio di rispondenza al "vero", all'ordine delle cose p resente nel concetto di
• kens-, ed integrare tale correzione nella propria l i nea interpretativa. Scrive i n fatti Dumézi l : " d i fatto, i n modo esplicito o meno, la radice implica che la cosa dichiarata sia sentita come
vera, se si tratta d'un fatto, giusta se si tratta d'una valutazione; essa implica anche che que sta dichiarazione sarà, moralmente almeno, seguita da effetto, metterà o rimetterà al suo po sto nell'ordine del mondo o nell'ordine sociale la cosa affermata o l'essere giudicato" '/() . Se dunque l'ipotesi di Dumèzil sul gruppo semantico latino-osco cens- appare con vincente ed è stata accolta da diversi specialisti, la pretesa dello studioso francese di poter ricostruire, sul la base del la comparazione fra fonti i ndo-iraniche, latine ed irlandesi alto medieval i, un comune patrimonio ideologico di cui le nostre testimonianze sarebbero so pravvivenze, ha avuto di certo meno fortuna. A l l a base di ciò vi sono vari motiv i : i nnanzi tutto, forse, la difficoltà per uno specialista di veri ficare l'attendibilità delle procedure at t raverso cui si effettua la comparazione tra culture di cui egl i non ha conoscenza diretta e dei risultati presentati come il frutto di questa comparazione. I noltre ha certamente nuociuto a Servius et la Fortune i l fatto che i n quel periodo Dumézil fosse ancora convinto dell'esi stenza, nella Roma dei re, di una organizzazione sociale basata su tre tribù corrispondenti a l l e tre c lassi funzionali (a questo proposito si vedano soprattutto le pagine 1 54- 1 56); così come non va dimenticato quel pregiudiziale sconfinamento di ciò che viene giudicato "mi tico" a svantaggio dei " fatti", di cui già abbiamo avuto modo di parlare. Il privi legio totalizzante accordato all'aspetto mitico della tradizione su Servius non ha i mpedito che l'ipotesi dumeziliana a proposito dell'esistenza di un census arcaico ( meccanismo giuridico, culturale e militare, con cui la società romana provvedeva ad esprimere una valutazione essenzialmente morale sul l a condotta dei membri del populus) t rovasse credito anche al di fuori del ristretto ambito della comparazione i ndoeuropea. Dumézil 1 969 ( trad. it. 1 987, p. 99); sottolincature nostre. Si noti che questo aspetto della funzione lode-biasimo era stato già notato da D umézil nel 1 943: l'ultimo paragrafo del Servius et /a Fortune è appunto dedicato ad "appréciation qualitiante et la Vérité", dove troviamo esposti tutti gli argo menti ripresi in seguito da Benveniste. Scrive infatti Dumézil che "pour ètre socialement et mème magiquement efficace, la louange ou la censure doit ètre juste, doit exprimer une vérité" (p. 24 1 ); egli quindi aveva individuato la correlazione tra la radice *kens- e la Verità, anche se tale correla zione verrà messa in maggiore evidenza solo nel 1 969 e probabilmente su suggerimento di Benve niste. Sui rapporti tra Dumézil e Benveniste cfr. Dumézil 1 98 7 (trad. it. 1 992, pp. 58-61 ).
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CAPITOLO l
Secondo Claude Nicolet è molto verosimile che il
census
( nella sua doppia acce
zione di operazione di registrazione dci cittadini, il cui i nsieme esclusivo fonnerà la collet tività civica, e di classificazione di questi secondo c riteri via via differenti) risalga alla più remota antichità e che questa istituzione abbia comportato ab initio non solo una valutazio ne della ricchezza, ma anche una quali ficazione di ordine morale 9 1 • A proposito della defi n izione di
census
proposta da Dumézil lo storico francese scri ve che essa "ha i l merito di
mettere in luce immediatamente un carattere pennanente dell a cittadinanza romana: il fan o c h e lo status di un individuo n o n dipende d a criteri obiettivi, definiti da un regolamento o da una legge, ma per una grande parte, dal consenso espresso dal la collettività, nella perso na dei magistrati i ncaricati di questo compito,
e
sono la fonna di una dichiarazione solenne espressa con parole (biasi mo, elogio) e che si ri assume in un titolo (nomen)'m . Alla storia del
cens us
è dedicata una monografia di Georges Pieri, che ha sottoli
neato, fi n dall'introduzione del suo lavoro, quale fondamentale contributo le ricerche di Du mézil abbiano portato alla comprensione del census arcaico. Pieri ha inoltre portato all'atten zione degli studiosi l 'aspetto militare del la convocazione al censo che prevedeva esplicita mente l'obbligo di presentarsi in anni ( Varr. de /./. VI, 86), si svolgeva sul Campo di Marte ( Liv. IV 22), e si concludeva con una cerimonia di lustra/io dcl l'exercitus ( Li v . l 44, 1 -2 ; D . H . I V 22). rito di c u i lo studioso h a mostrato la rilevanza a i fini della validità dell'intera operazione. In questo senso, si deve convenire con il Pieri quando osserva che la convoca zione degl i armati ed in genere tutto l'apparato del la ceri monia mal si conci lia con l'idea di un censimento di beni destinato a ripartire i doveri del servizio militare91 , cosi come appaio no pertinenti le osservazioni sul noto passo di Livio (l 4 3 , 8 ) , sul quale Dumézil per primo aveva richiamato l'attenzione"" , a proposito delle modalità di reclutamento delle centurie di caval leria che non prevedono una disti nzione su base economica. Del resto, vi è anche un altro passo in cui Livio, facendo ri ferimento ai "gradi della fortuna c della dignità" che la ri91 92 9) ••
Cfr. N icolet 1 976 ( trad. it. 1 980. pp. 64 - 7 7 ) . N icolct 1 976 ( trad. it. 1 980, p. 66). Picri 1 968, p. 62 . Dumézil 1 943. p. 1 5 1 ss. Pieri. anche su questo punlo. accoglie l'interpretazione fornita da Dumézi l : "la tradition elle-méme rappclle que cc roi consti tua à la téte dc l'armée douze ccnturics, recrutées ex primoribus civitatis. sans condition dc fortune. Un tel témoignagc est un intérét tout paniculier car il contribue à donner du Census une unagc plus conforme à la situation sociale et à la menta l ité de l'époque, monlrant ainsi qu'il pouvait eire fondé sur la dtgnitas plus que sur l a richesse (cfr. Pieri 1 968, p. 6 8 ) . " Analoghe consideraziOni in Nicolet l 976 ( trdd. i t . 1 980, p.68).
IL REGNO DI SERVIUS TULLI US, UN PROBLEMA APERTO
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form a di Servius avrebbe provveduto a distinguere e regolamentare, sembra voler indicare che la distinzione non avveniva solo su base economica; Livio, infatti, definisce Servius come fondatore omnis in civilate discriminis ordinumque quibus inler gradus dignilalis
forlunaeque aliquid inlerlucel (Liv l 42, 4-5). Va i nfine osservato un altro aspetto della ri cerca di Pieri che ha un evidente collegamento con quel la di Dumézil : Pieri ha ipotizzato che la cura morum, uno dei compiti istituzionali dei censori in epoca repubblicana sul quale abbiamo n umerose testimonianze, abbia un'origine arcaica, antecedente l'istituzione della magistratura nel 443 a . C. 95 . Egl i seguendo le ricerche condotte i n tal senso da E . Schmiihl ing, giunge alla conclusione che il regimen morum, lungi dall'essere il risultato di una creazione spontanea originata dall'introduzione della nuova magistratura, appare pro fondamente collegato alla nozione arcaica e sacrale del mos maiorum 96 • In questa prospet t i va, le ipotesi di Dumézi l a proposito del census come "giudizio di valore", i mplicante una val utazione pubbl ica del la condotta di ciascun membro del populus, vengono ad assumere un significato che va ben al di là degli intendimenti programmatici dello studioso francese. U n i mportante sostegno all'ipotesi di Dumézil è costituito dal fatto che altre culture italiche c onoscevano, indipendentemente da Roma, l a censura: Giacomo Devoto ha dimostrato che l a parola keenslur (che in osco i ndicava il magistrato censore) non deriva direttamente da u n verbo corrispondente al latino censere ma da un verbo originario • censom97 ; "a differen za dello stato romano -aggiunge Devoto- in cui dal V secol o la censura era una magistratura autonoma, presso gli ltalici la funzione del censo era un compito periodico che si assume vano i magistrati normali, per l'occasione chiamandosi «ccnsori»" 9 8 •
9l
96
97
I potesi alla quale aveva già lavorato E.Schmahling secondo cui la direzione dei mores, da parte dei censori , non era che la riproduzione di quella esercitata in precedenza all'interno delle gen tes. G iustamente P ieri rileva (p. l 02 ) che nell'ipotesi di Schmahl ing l'idea del controllo dei co stumi è completamente autonoma cd indipendente dalla magistratura censoriale. Cfr. Schmahling 1 938, passim. Fcst. (p. 1 46 L.') s.v. mos: Mos est institutum patrium: id est memoria veterum pertinens ma:cime ad religiones caerimoniasque antiquorum. Devoto 1 97 7 5 , p. 2 1 9. Cfr. anche Roscmberg 1 9 1 3 , pp. 1 5, 79. Devoto 1 977 5 , p. 220; signi ficative sembrano le testimonianze epigrafiche riportate a riguardo dal Devoto. L'idea che una funzione censorialc esistesse in ambito ital ico anteriormente alla crea zione della magistratura romana nel 443 a.C. è esplic itamente sostenuta da Mazzarino (cfr. Maz zarino 1 992, p. 1 89), il quale, pur identi ficando tale funzione nel "contare per centurie", aveva ben ri levato la stretta connessione di questa con la diffusione del l'esercito oplitico. Riguardo le obiezioni possibili a tal i argomentazioni cfr. Vernole 1 996, p.655, n. 27 con annessa bibliografia.
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CAPITOLO l
Non è superfluo ribadire che l ' i nterpretazione di Dumézil del stituisce il nucleo fondamentale di
Servius el
t.:ensus
arcaico co
la Fortune e, come abbiamo visto, alcune
del l e prospetti ve deli neate dallo studioso francese sono state uti l i zzate da storici success i v i (Pieri e N i colct), oppure appaiono compat i b i l i c o n i ri sultati di altri studiosi ( Schma h l i ng). Crediamo qui ndi che quanto finora si è potuto rilevare giusti fichi i l procedere ad un'attenta riconsiderazione di questo lavoro, tenendo i n speciale considerazione i contributi c le indi cazioni di ordine storico-religioso. Quanto alla constatazione che l ' i stituzione del
census c
la biografia del l ' istitutore
presentino correlazioni troppo precise per essere casua l i . si osservi che nel 1 943 Duméz i l riteneva che l a funzione concettuale della leggenda di Scrvius andasse colta nel la contrap posizione con i l primo Tarquinius. Costui, infatti, avrebbe cercato di sovvertire l'antico or dinamento del l o stato (trifunzionalc), non riuscendo nel suo intento per la coraggiosa oppo sizione di Attus Navius ( rappresentante la classe sacerdotale); Scrvius, i nvece, avrebbe rea l i zzato un'opera di riorganizzazione dello stato ri spettosa della gerarchia tradizionale "" . Nella terza parte di
Mylhe el épopee 111
"" . dedicata al quadro delle tre funzioni, Dumézi l
t i rdndo l e fi l a dell e ricerche da lui condotte sul periodo regale, sost iene che g l i autori del l a storia romana si sarebbero astenuti dal fare ri ferimento. durante i l periodo dei re etrusc h i . a d u n a ideologia c h e n o n poteva essere quella d c i "padroni d e l momcnto" 1 0 1 ; secondo l o studioso francese, inoltre, i racconti sul periodo etrusco ( c quindi i l racconto s u Servius) sarebbero destinati per una buona parte ad i l l ustrare, c sempre a vantaggio del l a prima, l'opposizione del l'ideologia romana o latina c dell'ideologia ctrusca 1 1 1 2 • Questa i nterpreta zione mette in luce nel racconto tradizionale sui re etruschi soprattutto i l carattere "pol emi co" della ricostruzione annalistica, volta a di mostrare la superiorità di Roma anche i n una situazione che, di fatto, vedeva la prevalenza del l'Etruria. Nel complesso questa l i nea critica non è del tutto soddisfacente, in quanto non riesce a far emergere i l tessuto connettivo di
1 !111 lUI
102
Cfr. Dumézil 1943 pp. 182 - I X 3 ; ecco c o m e lo st udioso lranccsc descrive la riforma introdotta da Scrvius: "Servius reprcnd l'ocuvrc d'organisation. mais une ocuvrc b icn p l us nuancéc, sans con tl i t avcc le saccrdocc. gardant à l a soc i c té scs divi sions, aux aristocratics traditionnelles lcur au t ono m i e et l eu r préém incn c c, organisant sculemcnt dcrricrc elles, en groupes dc d1gni1as el d c jòrtuna inégales, l'enscmble du ltcrs étal [ . ] . " Dumézil 1981' ; cfr. sopranutto p p . 2 11-2 14. La so l a a l l usione all'ideologia indocuropca delle tre funzion i sarebbe c os t i t uita dal conflitto tra Tar quinius cd Anus N av i us ; cfr. Dumczt l 19S l ·' pp. 212-213 c Durné z i l 1974' (Jrad. it. 1977, p. 176). Duméz i l l 981' p. 213 . . .
IL REGNO DI S E R V I U S T U L L I U S. UN PROI3LEMA A PERTO
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fondo, la trama simbolica di relazioni ed opposizioni che caratterizza il racconto dei re etru schi come un insieme i n cui è riconoscibile un intento unitario e cocrentc. 103 A proposito dell'indirizzo metodologico di Dumézil si è notata, da diverse parti, una scarsa sensibilità rispetto alle complesse strati fi cazioni dell'annalistica latina e tale con siderazione appare giust i fi cata anche rispetto alla questione presente; in relazione a ciò gio va ricordare quanto Enrico Montanari ha sottolineato a proposito del fatto che l'analisi delle strati fi cazioni dell'annal istica non riguarda soltanto l a letteratura: " i ndividuare epoca e am biente del formarsi di una «leggenda>> non è utile soltanto per segnalare un mutamento di mentalità, ma può servire anche per indicare il momento di deformazione di un nucleo sto rico in precedenza diversamente «rappresentatm> 1 w " . Nel caso specifico del regno serviano, l'ipotesi di una natura essenzialmente mitica (eredità del patri monio ideologico indoeuro peo) del l a tradizione sul sesto re, così come ci viene presentata da Dumézil in ServiziS et la
Fortune, lascia aperti alcuni interrogativi: l'individuazione nel "mito di Servius Tul l i us" di héritages i ndoeuropei non deve far perdere di vista la significativa presenza di elementi mitici arcaici che, per i l momento, ci l i mitiamo a definire omogenei alla koiné culturale grcco-ctrusco-italica, ma dci quali non si può trascurare l'apporto. Questi clementi milici di sicura arcaicità sono: l ) la leggenda del rapporto p rivilegiato tra Servius e Fortuna; 2 ) la l eggenda del la nascita miracolosa con l a correlazione simbolica tra fuoco e condizione di fondatore; 3 ) l'episodio del la "vacca ominalc", inserito nel la cornice del colle aventino, che possedeva una sua speci fi ca valenza rappresentativa. Ri mane poi i l dubbio sul la funzione che tale "mito indo-europeo" riguardante Scrvi us Tul lius avrebbe assolto nel contesto glo bale del racconto sui sette re, al quale va riconosc iuto un certo grado di unitari età. Per quale moti vo, ad esempio, i l mito indo-europeo di fondazione della "promozione sociale" sarebbe stato coll ocato nel peri odo etrusco? cd ha un qualche signi ficato che la figura del "re can didato" sia stata inserita tra i due Tarquinii o si tratta di una casuale giustapposizione 105 ?
IOJ
104 1 05
Si veda in proposito Gagé 1 976, in particolare i capitoli relativi alla caduta dei Tarquini c alla i ntroduzione della libertas. Non va di menticato i l tentativo di interpretazione unitaria del la tra dizione sui re etruschi effettuato da Dario Sabbatucci , il quale ha proposto di leggere tale tradi zione in relazione ai rapporti di parentela c alla trasm issione ereditaria del regnum a questi con nessa; cfr. Sabbatucci 1 978, pp. 477-5 1 5 . M ontanari 1 990 p. 20.; cfr. anche pp. 2 1 -3 8 . Sull'argomento importanti considerazioni si trova no in Heurgon 1 969 ( trad. it. 1 986) e Poucct 1 98 1 . S u q uesti argomenti vedi infra .
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CAPITOLO l
Queste riflessioni nulla tolgono ai risultati complessivi dell'indagine comparativa di Dumézil : il confronto fra il racconto romano su Scrvius e quello indiano su Prthu da una parte illumina alcuni trani della concezione indiana della regalità secondo una prospettiva metodologi ca decisamente innovativa, dall ' altra si dimostra capace di cogliere la cultura di Roma nella
sua
specificità. Inoltre, quando Dumézil, analizzando la funzione della lode nei riti connessi alla rega lità, equipara come oggetto di ricerca miti ed istituzioni 1 00, compie un'operazione culturale di cui è bene afferrare l'importanza per l'ambito di studi in cui lo studioso francese la introduce 1 0 7 • Allo stesso modo va riconosciuto che il comune patrimonio ideologico indoeuropco non viene util iz zato da Dumézi l per omologare le rispettive culture in un insieme omogeneo cd indifferenziato; al contrario le pagine in cui egli distingue i diversi "campi ideologici" dell'India e di Roma, sono, come ha riconosciuto anche Ampolo 1 0M , tra le migliori di tutto lo studio dumcziliano. Accanto a questi pregi non va trascurato il l i mite più evidente delle prospettive comparative attuate i n Servius et /a Fortune, che è quel lo di non aver considerato l a G recia come efficace parametro di raffronto. Le analogie tra lo statuto della Lode e del Biasim o presso g l i aedi c d i guerrieri aristocratici dell'epica greca c quello d i ambito vedico e celtico non trovano posto nella ricerca di Dumézil, il quale o non le vide o non le considerò uti l i a l l a risoluzione dci problemi che g l i stavano a cuore; il solo accenno a l l a Grecia concesso in tutta l'opera è una battuta i n cui si compara la potenza magica del la sati ra dci bardi celtici
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