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Italian Pages 226 Year 1925
EMANUELE
KANT
PROLEGOMENI AD OGNIFUTURAMETAFISICA
A CURA DI
P. CARABELLESE
BARI LATERZA
& FIGLI
PROP .RIXTÀ
LETTERARIA
PREFAZIONE
Jf)
Pre II mi-
nar!: I. Il ;r~h · malk/Ja Crlli&a:
[2ssl
Questi prolegomeni non sono fatti ad uso di scolari, ma di futurì maestri; ed anche per questi ultimi non devono servire affatto ad inquadrare l'esposizione di una scienza già esistente, ma proprio a farla trovare. Vi sono dei dotti che hanno come propria filosofia la storia della filosofia (sia antica che moderna); non sono scritti per loro i presenti Prolegomeni. Essi devono attendere che coloro che si studiano di attingere alle fonti stesse della ragi one, abbian conclusa l'opera loro; allora toccherà ad essi di dare al mondo notizia dell'accaduto. Se no, non può dirsi cosa, che, secondo la loro opinione, non sia già stata detta un'altra volta; e nel fatto può questo anche ave r valore di infallibile profezia per tutto il futuro: avendo l'intelletto umano da tanti secoli in qua fantasticato in modi diversi s u oggetti innumerevoli, è ben difficile che per ogni novità non si trovi un qualcosa di vecchio, che abbia con quella qualche rassomiglianza. Mio proposito è di pers uadere tutti coloro che credono di occuparsi di metafisica, che è una necessità, da cui essi non possono dispensarsi, quella di sospendere provvisoriamente il lor o lavoro e considera re come non avvenuto tutto ciò che finora si è fatto in metafisica, per porre innanzi tutto la quistiooe: e se qualcosa come le metafisica sia, in generale, anche soltanto possibile>. Se essa è una scienza, come va che non può ottenere, come le altre scienze, un universale e durevol e coosen-
1) La Critica come Prole· gomenl alla meta6sica.
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PROU!GOh!ltNI
timento? Se non è, come mai essa continua a grandeggiare sotto le sembianze di scienza e tiene a bada l'intelletto umano con speranze non mai spegnentisi , ma neppur mai soddisfatte? Sia adunque cbe si dimostri [•s6J il suo sapere, o il suo non-sapere, devesi una buona volta stabilir qualcosa di sicuro sulla natura di questa pretesa scienza; giacché è impossibile rimanere piu a luogo nella stessa posizione di fronte a lei. Sembra quas i ridicolo, mentre ogni altra scienza progredisce incessantemente, aggirarsi sempre sullo stesso punto, senza andare avanti di un passo in questa che pur vuol essere la saggezza stessa, il cui oracolo ogni uomo interroga . Anche i suoi seguaci si son di molto diradati, e non si vede che quelli che si sentono abbastanza forti per risplendere in altre scienze vogliano arrischiare la loro fama in questa, dove ognuno, per quanto ignorante in tutte le altre cose, si arroga di pronunziare un giudizio definitivo, giacché in tal regione , infatti, non v'è ancora misura né peso sicuro per distinguere la profondità dall; chiacchierata superficiale . Non è poi affatto strano che dopo un lungo affaticarsi nel campo di una scienza, quando del cammino (1) Ecco una manifestazione d~lln ri~llione della cultura sclentllica di K. contro la nl\lura filsoficadell,i sua me111e.Citi vuol lmcndere l'atteggiamento psicologico dl K. verso la metafisica (per il concetto kan · tiruio di mctalisicl\ cfr. nota 19) deve partire da questo dissidio. K. scieo· duo non rlèsce a vedere e porre in termini rigorosi di scienza univoca ed incontrastata quella metafisica, a cui lo porta la sua mente consapevole del lhnitl delle altre scienze ed lnlolh,raate di essi. Frutto di questa lotta interiore è In Crittca. Ln lotta , nel suo etretlivo combnUersi, è evidente nelle opere precritiche. Che poi nella metafisica anche precritica, e quindi dogmatica, non si possa distingnere li pensiero profondo dalla chiacchiera superficiale, ~ alTermazione falsa, che K. fa In base all'eccessivo valon, che egli dà n quella scoperta dei limiti della ragiot1e, che egli crede di fissare con la Critlca, e che invece, quand'anclte si voglia ritenere che non ncgltioo la vera scoperta kanlil\na, certo noo ne sono il nucleo essenziale.
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PREFAZlONE
(2s1]
già fatto in essa si pensano meraviglie , qualcuno si lasci venire in mente di domandare se e come in generale una tale scienza sia possibile. Giacché la ragione umana è cosi portata alla costruzione, che pii.i volte la già costruita torre ha dipoi nuovamente abbattuta, per vedere di qual natura mai ne fosser fatte le fondamenta. Non è mai tardi per divenire ragionevoli e saggi; ma, se l'accorgimento arriva tardi, divien sempre piu difficile portarlo in atto. Domandare se una scienza sia possibile presuppone metterne in dubbio la realtà. Un tal dubbio però offende chiunque per avventura abbia l'intero suo tesoro fatto di tali presunti gioielli; e però chi tal dubbio si lascia sfuggire, convien pure che si prepari a resistere da tutti i lati. Alcuni, col loro compendio di metafisica tra le mani, getteranno verso di lui con dispregio lo sgua rdo nella superba coscienza del loro possesso antico e perciò ritenuto legittimo; altri che non vedono mai cosa se non della stessa natura di ciò che essi qualch'altra volta han di già visto. non lo intenderanno; e per qualche tempo tutto resterà cosi come se non fosse accaduto proprio nulla, che desse da temere o sperare un prossimo mutamento. Tuttavia io ardisco predire che chi leggerà con indipendenza di giudizio questi Prolegomeni non solo dubiterà della sua scienza passata, ma sarà anche per l'appresso del tutto persuaso che un tal sapere non può darsi, se non si adempiono le condizioni qui espresse, sulle quali si fonda la possibilità di esso, e che, non essendosi ciò ancor mai avverato, non esiste ancora affatto una metafisica. Tutta via, non potendo neppure andar mai perduta l'esigenza metafisicatl della scienu; matematica e scienze na1urali non valgono neppure per la mttà o, Ma questo perspicace uomo guardò qui solurnto alla utihlà negativa, cbe la moderazloae delle esag-erate pretese della ragione speculn1iva apporterebbe col fare del 1u110cessare quelle dispute, che turbano il genere umano s.onza aver mal 6oe e senza dar mal 1rcg-ua; ma egli perciò perdette di vista li danno positivo che deriva dal toirllere alla ragione le piu importami vedute, seguendo le quali soltanto esu può assegnare alla volontà lo scopo supremo di tutti i suoi sfond. (2) Tommaso Rdd (1710 -1796) fondatore della scuola soozzese e I suoi sciruaci Giacomo 0Jwald (1703-1793) e Gùuo,no Deallie (1735-1803) cercarono di salvare là conoscem.a umana dalla critica demolitrice e dal con-
I
3) Il senso
com11oe.
IO
PROLEGOMENr
detla sua quistione: dando per concesso ciò che egli appunto poneva in dubbio, e dimostrando al contrario con veemenza e spesso con molta arroganza proprio ciò che a lui non era mai venuto in mente di porre in dubbio, essi non intesero il segnale della riforma eh 'egli avea dato, cosicché tutto rimase nell'antica con· dizione, come se nulla fosse avvenuto. La quistione non era se il concetto di causa sia legitt imo, adoperabile e indispensabile riguardo ad ogni conoscenza della natura, ché Hu?ne non avea mai posto in dubbio questo; ma se esso sia pensato a priori dalla ragione, [•s9l e in tal modo abbia una verità intrinseca indipendente da ogni esperienza, e perciò una applicabilità molto pili estesa, non limitata agli oggetti della esperienza; a questo, Hume aspettava una risposta. Qui si trattava soltanto dell'origine di questo concetto, non della indispensabilità dì esso nell'uso; scopertane l'origine, le condizioni del suo uso e l'ambito della sua validità ne sarebbero risultati senz'altro. Ma gli avversari dcli' insigne uomo, per rispondere sufficientemente alla quistione, avrebbero dovuto pene· trare molto addentro nella natura della ragione, in quanto è puro pensiero, il che per loro non era comodo. E trovarono perciò un mezzo piu comodo: disdegnare l'esame, cioè appellarsi al senso comune. È infatti un gran dono del cielo possedere un intelletto dirillo (cioè semplice e schietto, come si è recentemente detto il buon senso). Ma lo si deve dimostrare con i fatti, con ciò che di meditato e ragionevole si
seguente scelticismo di I-lume. appellandosi nt senso comune In dlfesn dì quella conne.roblemadella percezione, che, ben dice lo Spaventa, eostltulsce la (io dirci una) &loria di lui. In questi concetti presupposti In modo assoluto dai giudizi rivive l'oggellivlll possibile del periodo precritico. E pe,rciò col giudizio anali· tico empirico noi non diciamo che l'esistente esista, ma che esso esistente (altrimenti concetto empirico non slgnl6cbcrebbc nulla) ~ cosi o coal fallo. Perciò K. può dirr che « ~ ncccasarìamcate cd ttcrnameole vero che tulli i corpi siano estesi, sia che nsi esistano ora o non, sia cbe e,;istano per breve o per lungo tempo o anche P4'r tutto Il tempo ciot nètlfor su Kants P,·t>lert>mena, Lclpxig, 1922•, eternamente" (APBL., Ko,,11 p. 37). Il conccuo presupposto dal giudizio analitico cl dà l'essenza del reale: è proprio il residuo del concetto precritico con la sua c,uettlvltt. possibile.
PROLEGOMENI
e) I giudizi sinleii&i l,an bisogno di u1, nllro principio
o/Ire 1l I cludizl 51ntetlc1 e
la
nat ura della Mt!Ulfi sic:a.
guel/Q
di contraddizione.
Vi sono giudizi sintetici, a poslerion·, la cui origine è empmca; ma ve ne son di quelli che sono certi a priori e che provengodo dal puro intelletto e ragione . Ma ent rambe le specie di ess i s'accordano in questo che mai e poi mai possono sorgere seguendo soltanto il principio dell'analisi, cioè quello di contraddizio ne; essi riclùedono anche un tutt'altro principio , sebbene sempre, qualunque sia questo principio, ess i debba n esserne derivati in conformità del principio di contraddizione; giacché niente può essere in opposizione a questo principio, sebbene non tuuo possa esser derivato da esso. Io voglio dapprima classificare i giudizi sintetici. 1. I giudizi di espe r ienza sono sempre sintetici (12J. Sareb be infatù assurdo fondare un giudizio anali- (268] tico sulla esperienza , pur potendo non uscire affatto dal mio concetto per comporre il giudizio, e non essendo per ciò necessaria alcuna testimonianza della esper ienza. Che un corpo sia esteso, è una proposizione certa a priori,
(rt) Qual'~ quHto principio che, oltre quello di contraddizione,~ fon· damen10 necessario del giudizi sin1etlcl, e che K. qui, d111raLLodalla enum,;razionc delle varie specie di quesll giudizi, non cl dice? Ecco la rispoSla clic ccli dà alla qu,suone nella Rar. pura (p. 171): "Il supremo principio dJ 1u11li giudizi stn1c1lcl ~ dunque: ciascun oggcuo sonosLà Alle condi11onl necHsarie delt'unllà sintetica del mollepltce dell'inLuizlone In una Hperienu possibile"· Ques10 principio sarà chiarito in seguilo. (12) Questa aJf~rmulone di K., che i giudizi di csperiC&Uasono sempre aintelici conferma quel che noi abbiamo dello (n. 9 e 10) riguardo al 1tiud1zl analitici aveni! a soggeuo un conceuo empirico, e meue In evi · denza che K. non hA chiaro Il problema della percuione. li conuuo empirico che ~ aocgcuo di un ciudizio anal1llco, per K. non urebbe esperienza ; 1e, lnfoul, fosse tale, U giudizio non auebbe analitico.
AVVERTENZA PRELlMINARE
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e non un giudizio di esperienza. Infatti, prima che io ini rivolga all'esperienza, ho già tutte le condizioni del mio giudizio nel concetto, dal quale posso sollanto trar fuori il predicato secondo il principio di contraddizione, e quindi al tempo stesso esser consapevole della necessità del giudizio, la quale non mi sarebbe mai data dalla esperie nza. 2. I g i udizi matematici sono tutti quanti sintetici. Questa propo sizione pare del tutto sfuggita alle osservazioni di quanti finora hanno analizzata la ragione umana, anzi par che sia precisamente opposta a tutte le loro congetture, quantunque essa sia incontestabil mente certa e imponantissima per quanto ne segue. Giacché, essendosi trovato che le argomentazioni dei matemalici procedono tutte secondo il principio di contraddizione (il che è richiesto della natura di ogni certezza apodiuica), si era venuti nella persuasione che anche i principi fondamentali si fossero riconosciuti partendo dal principio di contraddizione, nel che ci si ingannava grandemente; poiché una proposizione sintetica può certo esser guardata secondo il principio di contraddizione, ma solo presupponendo!-i un'altra proposizione sintetica da cui possa esser dedotta, ma giammai in se stessa. Anzitutto devesi notare che le vere e proprie proposizioni matematiche sono sempre giudizi a pri ori e non empirici, poiché penano con sé una necessità che non può esser presa dalla esperienza. Se però non mi si vuol concede r questo, ebbene io restringo la mia affermazione alla matematica pura, il cui concetto già porta con sé che essa non contenga conoscenza empirica, ma soltanto pura conoscenza a priori. A principio forse ci si vede costretli a pensare che la proposizione 1+s=r2 sia una proposizione puramente analitica, che consegua dal concetto di una somma
PROLEGOMENI
di sette e cin que secondo il principio di contraddizione. Ma, considerando la cosa piu da vicino, si trova che il concetto della somma di 7 e 5 non contiene niente piu che la riunione di due numeri in un nume ro unico, col che non si pensa affatto quale sia questo numero unico che li racchiude insieme. li concetto di dodici non è in alcun modo già pensato ,per il fatto che io penso semplicemente quella riunione di sette e di cinque, e per quanto a lungo io possa analizzare il mio concetto di una tal somma possibile, pur non vi troverò il dodici. Bisogna oltrepassare quest i concetti, ricorrendo aJl' intuizione che corrisponde ad uno dei due numeri, p. es., le cinque dita della mano, o (come Segner nella sua Aritmetica C13l) cinque punti, e aggiungendo a poco a poco le unità del cinque, dato nella intuiz ione, al con cetto del sette. Si estende adunque realmente il proprio concetto con questa proposizione 1+s=r2, e si aggiunge al concetto primitivo uno nuovo, che in quello non era affatto pensato; cioè la proposizione aritmetica è sempre sintetica, del che ci accorgiamo tanto piu chiaramente se prendiamo numeri un po' phi grandi; giacché allora appar manifesto, che, per girare e rigirar, che facciamo, il nostro concetto, noi non potremmo mai, senza ricorrere ali' intuizione, trovare la somma per mezzo della pura analis i dei nostr i concetti. Allrettanto poco analitico è qualunque principio di geometria pura. Che la linea retta sia la piu breve tra due punti, è una proposizione sintetica. Giacché il mio concetto di «retta> non contiene nulla che riguard i grandezza, ma soltanto una qualità. li concetto « la piu breve» adunque vi si aggiunge del tutto e non può esser tratto dall'analis i del concetto di linea retta. Dun (13) SeGNKJl, A1REL1M1NARE
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3. I giudizi propriamente metafisici sono tutti sintetici. Si devono distinguere i giudizi appartenenti alla metafisica da quelli propriamente metafisici. Tra quelli moltissimi sono analitici, ma essi costituì·
malico, e cosi argomenta:" Se Bumc non le 11vessc ritenute analitiche, si sarebbe accorto t"he per loro 1100 basta il principio dl contraddizione e qumdi avrebbe visto che Il principio della sintesi, se è capace di fondare la certezza matematica, può esser anche capace di rondare la certezza mc· ta6sica». Ma se la sinteticità di un giudi,io sta nel costituire esso. come giudiilo, una cognizione nuova non racchiusa nel concetto del soggeuo, le reluionì di Hume possono dirsi tulle sintetiche. E, pur accetlando una cosi intesa sinteticità, Elume potrebbe continuare a ritenere apoditticamente certe solamente le relazioni tra idee come le sole fondate sul prio· ciplo di cootraddizioue, se aoehe quro/Jobi14,perehé Implicanti la possibilftà del contrario. l.a neccssitA riconosciuta alle couoscenie matematiche, in quanto escludenti la contraddizione. potrebbe continuare ad essere negata ni ragionamenti sulle cose di fallo In quanto invece la Implicano, pur ricono. scendosl la sinteticità delle une e degli altri. La necessità non consegui· rebbe si principio della sintesi, mn al principio dell'identità; e l'identità non sarebbe tolta dalla sinteticità, ma dalla naturalità: le cose dì fauo non sono poste dal pensiero, ma imposte al pensiero. li vero è però che implicitamente for~e la sintesi che K. lamenta che Humc non abbia riconosciuta nel giudizi matematici, uon è soltanto la novità della cognizione costituita dal giudizio, ma è anche il riferimento alla realtà, cioè l'appartenenza alle cose di fallo, il che da K. è significato con la concezione della intuitività. E che K. oscilli tra queste due caratteristiche nel concetto della sinteticità, si veda dlmostralo nella nota 25, (cfr. anche n. u ). Ma, comunque, considerate le conoscenze matematiche come ragionrunenti su cose dl rauo, sarebbe per un altro verso tolta la disliotlone tra relazioni lra idee e cose dl fatto; saremmo dl nuovo alla difficoltà messa in evidenza per i giudlzi anaUtici kantianl. Per una r>· presa della coucezloue humlana della matematica, fondata sul giudizi di somiglianza e differenza (relationi tra le ,dee), cfr. GuASTIU.LA, L~ rarioni tklf,110111tt1ùmQ, Palermo, 1921·23, passim e specialmente voi. I, cap. 2 (p. 20 e scgg.) e 4. (p. ,gS e sègg.). Per il luogo che qul si discute cfr. MARTll'tKTTl (op. cit., p. :u~), BAR1!t (op. cit., p. tu), il quale a torto polemiua col Martinetti, e VA1Hllbt,,,,o dello D1/ttÒ;
IDSSI
dr/1, e1lst~11zlalls\lca dei giudizi slnte· tici apriorl kan11ani risulta evidente a chi l•g&'e la d1fe,a di ei:sa nella R,s,osta od Ebtrlta,d, per quanto anthe li K apesso confonda l'uoa con l'altra concuione lcfr. al)f:cialm p. 65 e agg.). Se. pu Kant, il cono· acere d1fTcr11ceda l pe11sarc per il suQ nfcrlm~nto, mediato e rcnnmrnlro quanto si voglio. all'Ob,ekt , al reale e,istellle in quanto inie, e &e la sl11· tesi apriori ~ conosceuu the differisce dalln 1inte1>Iapu,terlorl solo i,er Il suo e»8); e allora da questa realtà di una conoscenza a priori si potrebbe, per via analitica, procedere verso il fondamento della sua pc,ssibililà. li compito re sta molto facilitato e.la questo pro cedimento, nel quale le considerazioni generali non solosono applicate ai faui, ma aDche partono da essi, invece che nel procedimento sinteùco esse devono esser dedotte del tutto in abslraclo dni concetti. Ma per salire da queste conoscenze pure a priori reali e nello stesso tempo fondate, ad una possibile, che noi cerchiamo, cioè ad una metalìsica come scien za, ci è necessario di comprendere nella nostra quistione principale a11cbeciò che dà occasione ad essa scienza, e che le sta a fondamento come conoscenza a pr i ori che è schiettamente data dalla stessa natura, benchè non sia priva di sospetti quanto alla sua verità; conoscenza , la cui trattazione, senza alcuna indagine critica della sua possibilità, vien già ordinariamente deua metafisica; in una parola ci è necessario di comprendere la disposizione naturale ad una tale scienza; cosi si darà [2$o) (18) ~ L'oggeuo in concreto•. cioè l'oggetto (di cui si afferma qu~kosa apriori) visto nella intuizione. La concordanza tra clb che a priori offermiamo e quel che nella intuizione constatiamo. costituisce la realtà della conoscenza a priori. cioè dà la prova che quell~ aff.rmaiioue è conoscenta e non soltanto nCTcrmnzione di pensit'ro. Per Kant ogni CO· noscen,a apriorl deve essere suscculbale di questa prova. perchc possa dirsi conoscenza. Quindi la conosccn;,a apriorj non pub che riguardare. I'esperic1Ua possl bile,
QUESTIONE GENERALE
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mano mano la risposta alla principal quistione trascendentale divisa in quauro altre quistioni: ro Come è possibile la matematica pura? 20 Come è possibile la scienza pura della natura? 30 Come è possibile la metafisica io generale? 4° Come è possibile la metafisica come scienza? Si vede che la soluzione di questi problemi, sebbene in Unea principale debba presentare il contenuto essenziale della critica, pur nondimeno ha anche qualcosa di proprio. che, anche per sé solo, è degno di attenzione, il ricercare cioè nella ragione stessa le fonli di date scienze, per indagare cosi e misurare nel fatto stesso In facoltà che essa ha, di conoscere qualcosa a priori; del che poi. non certo nel con tenuto, ma solo in quanto riguarda il loro legittimo uso. si avvantaggiano anche queste scienze , che, illuminando per la loro comunità d'origine, una pili alta quistione, ne prendon motivo per chiarire meglio anche la loro propria natura .
PROLEGOMENI
PARTE DEL LA PRINCIPAT.F.
PRIMA
QUIST!ONE
TRASCENDEN'l'ALE.
Comeè possibile la matematica pura? La roaltà Intuitiva: B)
IV. LtHnaU· ,,,at, ca: u) Carallct· rlstka della conoscenza
malemali cn .
~
6.
Qui trattasi ora di una grande e verificata cono scenza, che già ora è di una meravigliosa estensione e promette per l'avvenire un espandersi senza limiti, conos cenza che ha in sé, da parte a parte, una certezza apodi ttica , cioè una assoluta necessità, e non ha ·perciò un fondamento sperimentale, conoscenza quindi che è, si, puro prodotto della ragione, ma è anche, tutta, da parte a parte, sintetica. «. Or come è possibile alla ra· gione umana di effeuuare una tal conoscenza del tutto a priori?> Tal facoltà, che non si poggia e non può poggiarsi su esperienze, non presuppone forse un qual che fondamento a priori di conoscenza, il quale giacci a profondamente nascosto, ma che, attraverso questi suoi effetti, potrebbe manifestarcisi, quando di questi si vadano indagando con diligenza i primi principi?
Noi troviamo che ogni conoscenza matematica ha questa caratteristica, che il suo concetto essa deve pre sentarlo prima nella intuizione sebbene a priori, quindi in una int uizione tale che non è empirica ma pura , ammessa certo potrebbe essere, ma compresa giammai.
15\ L'in~ou· grueuza e la 1n1ult1\"11à dello ~puio.
Coloro che non posso no ancora spogliarsi del concetto che spazio e tempo siano qualità reali, inerenti alle cose in sé, possono esercitare la loro perspicaci a sul segue nte paradosso, e, quando invano ne han cer(38) ~ La spleruione del modo In cui dei conceul apriorl possono riferir,;! ad oggeui, io chiamo la d,d.,~~,u lrasutùttlale di essi, e la distinguo dalla deduzione 1mp1n'ca, In quale Indica Il modo In cui un concc llo è stato acquistalo con l'espedenu e la riflessione ... "· (Rag. pma, p. 120) , Questa definizione K. dà quando nell'Analilica vuole lsthuire una dedu· zione del conccul puri dc-11'lmellcuo; ma ncll'Estctka egli ~r lo spazio e per il tempo u•c,•a fatta soharuo una 1piegulone (Eròrle,un.rl, dlstln· guendo quella mecnflslca dB quella 1rascende1Hale, e dicendo questa• la spiegazione di un concetto come principio pel quale può essere Intesa a priori la posslbliitl di altre conosccn~e ainteliche apriorl" (ibid . p. 68), Molto (ac1imen1e K qui vuol rl(crln;I plu a quehto secondo conce llo che a quel primo; o forse vuol fonderli, come parrebbe da quel 1wKleitlt (al tempo 1tesso), che egli introduce nella proposlilonc.
PARTE PRIMA
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cata la soluz ione, liberi almeno per qualche momento da pregiudiz i, credere che pur possa forse ave re ragio n d'essere l'abbassamento dello spazio e del tempo a semplici forme della nostra intuizione sensitiva. Quando due cose sono perfettamente identiche in tutte le parli che, in ciascuna delle due, si possan mai conoscere per sé (in tutte le determinazioni riguardanti la quantità e la qualità), deve anche seguirne che l'una possa esser posta in luogo dell'altra in tutti i cas i e in tutte le relazion i, senza che questa sostituzione causi la menoma differenza conoscibile. E in fatù la cosa sta cosi per le figure piane nella geometria; ma diverse figure sferiche, nonostante quella perfetta concordanza interiore, pure most rano nel rapporto esteriore una tale diversità, che l'una non si lascia porre affatto al posto dell'altra; p. es., due triangoli sferici uno dell'uno e l'altro dell'al tro emisfero, che abbiano per base comune un arco dell'equatore, posso no essere perfettamente (2SòJ uguali cosi ne i lati come negli angoli, cosicché descritto completamente solo uno di essi, non può trovarvisi nulla che insieme non stia nell a desc rizione dell'altro, e pur nondimeno l'uno non può esse r messo al posto dell'altro (cioè sull'enùsfe ro opp osto); e allora vi è pur tra i due triangoli una diversità interna, che, come intrin seca, I' intelletto non può indicar e e che si manifesta soltanto col rapporto esteriore nello spazio. Ma ìo voglio addurre casi piu abituali che possono esser presi dalla vita comune. Che cosa può essere piu simile e piu uguale in tutte le parti alla mia mano od al mio orecchio che la loro immagine nello specchio? Eppure io non posso porre una mano, quale vien vista nello specchio, al posto del suo originale; poiché se questa era una mano destra, è una sinistra quella nello specch io, e l'i mmagi ne dell'orecchio destro è un orecchio sinistro, che giammai può prende re il posto del primo. Or qui non vi sono affatto differenze interne che un qualche intelletto possa pur pensare ; e tuttavia, per quant o ci insegnano i sensi, le differenze sono intrinseche, non potendo la
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PROLEGOMENI
mano s101stra, oonostaote tutta la reciproca uguaglianza e simiglianza con la destra, esser chiusa entro gli stess i limiti cli questa (esse non possono esser congruenti); il guanto dell'una mano noo può esser usato per l'altra . Quale la soluzione? Questi oggetti non sono rappre· sentazioni delle cose quali sono in sé, e come il puro intelletto le conoscerebbe, ma sooo intuizioni sensitive , cioè fenomeni, la cui possibilità si fonda sul rappor to di certe cose io sé sconosciute con qualcos'altro, cioè con la nost ra sensitivi tà. Or di questa lo spazio è forma per la intuizione esterna, e la determinazione interna di ogn i singolo spazio è possibile soltanto per mezzo dell a determinazione del suo rapporto esterno con l'inter o sp:izio, di cui è parte (cioè per mezzo del rapporto col senso esterno), cioè la parte è possibile soltanto per mezzo del tutt o, il che non ha luogo giamma i con cose in sé come oggetti del semplice inl~!letto, ma beasi con semplici fenomeni. Noi quindi non possiamo neppur e rend ere int elligibile la differen za di cose simili ed ug uali ma pur iocongr uenli (p. es. di chiocciole avvo lte in senso opposto) mediante un concetto, ma soltanto ri· correndo al rapporto della mano destra con la sinist ra, che risale immediatamente ad una intuizione (J 9l .
(39) Per Intendere questo argomento kantiano dclln inconrruenza a fa. vore della Idealità ddlo spazio p,,r auppone la con1tscen,a della dottrina delle utcgorie lnteiletti,e; che K. 1111turalmcnte, scrh·endo I Prolegomtul. suppone già conoscima, e che rl,sporrà qui fra breve discultudo Il problema dell.t sctenu pura della natura. (4SI Uu1 pare qu••i che K. giochi sull'equivoco, li che è 11solutamente da escludere per la sua lne&0n.b1le oncttll d i pensatore che non 11 na· sc,mdc mal dfclrO u~qun ~oncrtto equl\:OCO. L'accu .. ~ che t••ho lo spuro (es1e11,ione1alla C più iocslric:i bili di quella che con qucsl:i svalu1u1onc 11 cerca do evitare.
PROLEGOMENI
ché non mi è mai venuto in mente di dubitar di essa, ma riguarda soltanto la rappr esentazfone sensitiva delle cose, alla· quale prima d1 tutto appartengono spazio e tempo; e di questi e quindi in generale di tutti i Ceno men i io ho soltanto dimostrato: che non sono cose (ma semplici moJi di rappresentazione) e neppure determinazioni appartenenti alle cose in sé. Ma la parola e trascendentale >, che da me non vien usata mai a significare un rapporto della nostra conoscenza con le cose, ma soltanto con la facoltà conoscitiva, do veva impedi re questa falsa interpretazione (191. Ma pure, piuttosto che dar ancora per l'avvenire occasione a questa, io ritiro questa denominazione e preferisco che sia chiamato critico. Ma se è in fatti un idealismo riprovevole il ridurre le cose reali (non i fenomeni) a sempl ici rappresentazioni: con qual nome si può chi amare quello che inversamente rende cose le sempli ci rappresentazioni? Io penso che lo s1 può chiamare idealismo sognante, per distinguerlo dal precedente che può chiamarsi idealismo fantasticante, entramb i i quali ha dovuto tener lontano il mio idealismo, che fu altra volta detto trascendentale, ma che è meglio dir [~ ] crit ico. (49) O l'id~llsmo k.antiano I, un idealismo cbe riguarda Il rapport o della conoscenza non co11 le cose ma con la facoltà conoscitiva; cioè in fondo dice che Ojtlll cot1oscen,..a rimane nell'amb ito dtlla facoltà conoscitiva ... è una conoscenza e non una reali•. Questo idulismo trasceuden . tait, aecon . Poiché, ben potendo noi avere, a priori e prima di tutti gli oggetti dati, conoscenza di quelle condizioni sotto le quali soltanto è possibile una esperienza a loro riguardo, ma non potendo invece mai sapere a priori a quali leggi essi, in sé , senza rapporto con una esperienza possibile, sian soggetti, non potremo studiare a priori la natura delle cose altrimenti che con l' indagare le condizioni e le leggi universali (quantunque soggettive) sotto le quali soltanto una tale conoscenza è possibile come esperienza (secondo la semplice forma), e cosi determinare la possibilità delle cose come oggetti dell'esperienza; poiché se scegliessi la seconda formula e cercassi a priori, a quali condizioni la natura è possibile come oggetto dell'esperienza, potrei incorrere facilmente in errore immaginandomi di parlar della natura come una cosa in sé, e sarei allora infruttuosamente spinto in interminabili sforzi per cercare leggi a cose di cui non mi è dato nulla. Noi dunque qui avrem da fare soltanto con l'esperienza e con le condizioni, universali e date a priori, della sua possibilità; e determineremo cosi la natura come l'intero oggetto di tutta l'esperienza possibile. Spero che mi si intenda: io non intendo qui le regole della osseY?Jazione di una natura già data, regole che presuppongono già un 'espe rienza ; non dunque come roi possiamo dalla natura imparar le leggi (con l'esperienza), (.54) Cioè la formula che parte dall'esperienza per arrivare alla natura e non quella che pRrte dall11 natura per arrivare all'esperienza. Parrebbe quindi che K. dovesse dire" seconda• formula, e non« prima»; ma egli forse si riferisce all'esempio che ba dato nel capoverso preced.ente: elegge dell'espcrleuzn riferire un eve1110percepito a un altro Che lo preceda; è leg11;e di natura che un fa1lo abbia la sua causa . Cosi l'ordlue delle due formule è invertilo .
PARTE
SECONDA
81
poiché queste non sarebbero allora leggi a prior,: e non darebbero una scienza pura della natura; ma come le co ndizioni a priori della possibilità dell'esperienza siano nel tempo stesso le fonti da cui devono esser dedotte tutte le leggi universal i della natura (ssl.
è 18. Dobbiam dunque anzitutto osserva re: che, quan· tunque tutti i giudizi di esperienza siano empirici, cioè abbiano il loro fondamento nella immediata percezione dei sensi, pure, inversamente, no n tutti i giudizi empirici sono per questo giud izi di espe rienza, ma che
(sS, Ec co il con tenuta essenziale di questi ultimi quattro paragrnfi, ìl cui ordine ideale, come ha notalo Il Martinelli, non l: certo il piu perspicuo. b:ant, dopo aver determinato il concetto generale di aatura (i 14) co ·mc cslsteuza conforme a leggi, dimostra e.be esso, pur non poteado ri· gu.ardare le cose in se, ammette e richiede delle conoscen&e a priori (i 1s), delle quali bisognR ricercare la possibilità. li che non può avveofre se non guardiam o la natura oltreché come conformità a leggi, anche come insieme di og2etti Ci!16), i quali non 1>osso110essere che oggetti della esperlen~a. Quindi quella conformità a leggi, prima ti 14) affermata In generale, è conformità a leggi negli oggcnl della esperienza. E come quel· l'ordine che è la natura, non sarebbe conoscibile se natura fosse una co.sa lo sé (i 14), cosi gli oggelli che Tn cast ltuiscooo, non sarebbero lntuiblll (il significalo dei concetti di quelle ~ cose uon potrebbe mal ...ser dato In concreto~), se non fossero oggetti dell'esperlenu. (f 16) (CO· noscere è penetrare l'essenza e quindi ,•edere In costituzione universale e necc, dono sempre, oltre le rappresentazioni dell'intuizione sensitiva, ancora dei peculiari concetti origina riamente generati nell'intelletto Cs1>,i quali appunto (56) Per nesso logico qui K. intende nesso appartenente purament e alla coscienza del soggetto nel quale esso avviene, e perciò non oggenlvo. Questi giudlzi percettivi (da non confondersi con le perc~ioni, cfr. n. 6o), quindi, sono delle pure associazioni soggettive, te quali però, se possono dlvenlre oggettive, tali diverranno proprio con questo loro nesso; eìoè in quei giudizi non saranno cambiate né le Intuizioni connesse né li modo in cui esse sono connesse. 'È il riflesso , sono giudizi vah d1 soltanto soggettivamente. Giacché io non pretendo che
(") Confes1eh• questi esempi non rllppre.entano giudizi perc•ltn-1 che poSSllD mili divenire giudiJncdi pe ai concetti tratti dall'intuizione non fos~e venuto ad aggiungersi un concetto puro dell'intelletto, sotto al quale quei co ncetti sono stati subordinat i e solo cosi collegati in un giudizio oggettivame nte valido. Gli stessi giudizi della matematica pura nei suoi piu semplici assiomi non sono esenti da qucsrn condizione. Il principio fondamentale: « lu linea rellA è la pi(1 breve tra due punti •, presuppone che la linea sia sussunta al concetto di quantità, il quale ~rto non è una semplice intuizione, ma ha il suo posto soltanto nell'intelletto e serve a determinare la intuizione (della linea) rispcllo ai giudizi che di essa possono esser dati riguardo alla sua quantità, cioè alla molte· plicità (come iudicia p!uralfra ·1); con questi giudizi infatti si intende come, 10 una intuizione data, sia co ntenuto del molteplice omogeneo. 1•1 Co,1 preferirci che fo.oero chiamati quei giudizi che nella l&ica si dicono p,uticolari. Clacch~ questa ultima esptts.ionc contiene già Il pcnsièrO che essi non sono universali. Laddove quando lo parto dall'unità rnei giudizi slngol&ri) e procedo verso ~ totalltà, non 11osso ancora mi· schiarvl una rclarioue co11 Il\ totalità; lo penso sottanilrl rimanere soigcttiva, se non la riconosciamo come in Sié; divcrrA esperic11z3 se tal riconoscimento facciamo applicandole quel concetto che giil, in ve rllll, la costituiva come unione, cloi! come momento del fiudlzlo, (sì pen,I all'eacmpio dell:1 illumlnuione 101:trc e del riscaldarsi della pietra). È pensiero (D.en.te..) anche l'unione contingente e soggettiva ddte ra11prcsen1azlonì? In generaJe per Kant ai, come evidentemente nel luogo di cui sì tratta.. E pcrclo ammetle un • lo penso• anc he empirico !dr. la confutazione del paralogismi della Ragion pura, In Crit. d. ragion purl\ p. J•4). li che non toglio pero che K. spesso anche intende li pens,ire In un senso phl. proprio, distinto dal conoscere, come vedremo in seguito.
PAR'rE SECONDA
95
le rappresentazioni in una coscienza. Ma quando questi stess i momenti servono come concetti, essi son concetti della unione necessaria di quelle rappresentazioni in una coscienza, e quindi principi cli giudizi oggettivamente validi. Questa unione in una coscienza è o analitica per l'identità, o sintetica per la composizione o la reciproca integrazione di varie rappresentazioni tra loro. L'esperienza consiste nella connessione sintetica dei fenomen i (percezioni) in una coscienza in quanto essa è necessaria. Perciò son concetti intellettivi puri quelli ai quali devon prima esser subordinate tutte le percezioui, perché possa n servire come giudizi di esperienza, nei quali l'unità sintetica delle percezioni vien rappresent ata come necessaria e universalmente valida(•>.
Giudizi, che siano sonsiderati semplicemente come la condizio ne della unione di date rappresentazioni in una coscienza, sono regole. Queste regole, io quanto (•) Ma come ai accorda questa proposizione che , giudizi dl esperienza cont.,ngono necessità nella sintesi delle perc1:xioni, con l'altra, da me prima piu volt" raccomandata, che l'csperienza. In quanto conosccnu a postuiorl, pul> dare soltanto giudui contingenti? Quando io dico che l'esperienza mi insegna qualcosa, intendo ,sempre parlare della petcczio11e che vi è contenuta, p. es., il seguir sempre del calore nl rischiaramento della pietra mediante i raggi solari, e qulndi, per lai riguardo, una am~rmazione di esperienza ~ sempre contingente. Che questo riscaldarsi dcllll pietra segna necessariamente al suo èSScre illuminata dal sole, è certo contenuto nel giudizio di ospcrieuza (me.rc~ il concetlo di causa). ma clo io non apprendo dall'esperienza, benst inversamente proprio l'esperienn e generata da questo aggiungersi del concello intdlcttivo (di causa) alla percezione (67). (67) Si pul> domandare a Kant: Questo« nggluogersi" è una slotèSl a priori o a posteriori? Se a priori, non è de.terminato dalla stessa intuizione (unione di percezioni) e quindi l'esperienza diventa arbitraria nel suo contenuto: si esperimenta indipendentemente da quello c:bc l'esperienza d
IX. Sol" n'(>, ne de l f,rol,/~,r,o fisico . 27) La s1;1èo·
za pura del· la na1um.
PROLEG OMENI
rappresentano l'unione come necessaria, sono regole a priori, e in quanto al di là di esse non ve ne sono altre da cui esse sian tratte, sono principi. Or siccome riguardo alla possibilità di ogni esperienza, quando vi si consideri soltanto la forma del pensare, non vi sono condizioni di giudizi di esperienza oltre quella che subordina i fenomeni, secondo la varia forma (6~) della loro dice. Se aposteriori, la necessità del giudizio di esperienza scompare, o almeno non appnre giusLi6c11ta, se ogni nece1111ltàdeve essere a prlt>ri. QucsLo problema K. non ha visto, appunto peNhe per lui non esiste 11 problèma della sintesi aposteriorl (cfr. n. 22), che invece qui si all'aedo. nelln sua imprescindibile esigenza. N~. a mio avviso, si toglie K. dalla difficoltà, dandosi al gludi:tio di cspcrien:r;a una nec.,s.,1t11.reale o materiale, per lasciare alla scienz" ra. donale pura (alla sintesi a priori) una n4'ccssità Ideale o formale, come fa il Martinelli (Comm. ai P,,olegoml'ni, n. 100; pp. ~1-2). K. qui vuole e deve rivendicare alla esperienza proprio la necessità della siutcsl apriori, necessità senza la quale non è csp,;rlcnza. È per Kant critico non credo che si possa phi. parlare di necessità reale. Nel periodo precritico K. distingueva la necessità logica dalla neccs.•ità reale: l'una, rondata sul principio di contraddizione, valeva per il pensiero; l'altra valeva per In rcenltà In sè (cfr. al prop. Un,co orgomml o... p. 48). Ne l periodo critico I{. conserva fede a questa distinzione , ma soltanto afternia che per la ooslrn conoscenza non v'è che necessità logica; la neoessltà reale ci sfogge (dr. Criliu, della. Ragion pura, p. 468 e sgg.). Ci sfugge, perché il reale di cul dlspomamo non è Il reale io se,ma il reale ..• di cui da· spaniamo, cioè il reale intuito e perciò (womcnico. Questa uecessltà logiCl\ s, afferma nella esperienza, auzi questa e caratterizzata proprio da essa. sperimentata, è logicamente nece>J, e il i a6 della CntJ.a tklla Ragù)n pura.
F PARTE
SECONDA
97
intuizione, ai concetti intellettivi puri, i quali rendono
r3o6Jil giu dizio empirico oggettivamente valido, cos i son questi i principi a pr iori della esperienza possibile. Ora i princip i della esperienza possibil e sono nel te mpo stesso leggi universali della natura che possono essere conosciute a priori . Ed e cosi risoluta la quistione posta con questa seconda domanda: Come è poss ibile una scienza pura della natura? Poiche devesi qui trovare tutto l' elemento sistemat ico che è richiesto per la forma di una scienza; ed infatti, oltre le dette condizion i formali di tutti i giudizi in generale e quindi di tutte le regole in gene rale che la logica prese nta, non ne sono possibili piu; or queste regole cost ituiscono un sistema logico; i concetti, poi, fondati su cli esse , i quali contengono le condiz ion i a priori di tutt i i giudizi sintetici e necessari, appunto per questo costitu iscono un sistema trascendentale; e finalmente i principi, per mezzo dei quali tutti i fenomeni son subordinati a questi concetti , costituiscono un sistema fisiologico, cioè un sistema naturale, il quale precede ogni conoscenza empirica della natura, la rende anzi poss ibile, e quindi può essere chiamato la vera e propria scienza universale e pura della natura (69) ,
li primo ~l di quei princ1p1 fisiologici sussum e tutti pi ,s) materna· ' princifenomeni, come intuizioni nello spazio e nel tempo, tici.
t•J Questi tr e paragrafi che si seguono immediatamente, potranno dl f· ficilment e esse re intesi a dovere, se non si ricorre a ciò che dice la Cri· llca riguardo ai principi; pure posson servi re ad abbracciare piu facilmente quanto in questi vi ~ di universale, ed a richiamar l'atte,u:lone sui loro prlucipall momenti. (69) • Vera e propria scicnia può dirsi solta nto quella la cui certezza e apod ittica; una conosccnzn che può avere una certcua soltanto empi· KANT
Pn1lelfO#te'li,
7
98
PROLEGOMENI
al concetto di quantità ed è, per tanto, un pri ncipio della applicazione della matematica alla esper ienza . Il secondo sussume quel che è proprio empi rico, cioè Ja sensazione che denota l'elemento reale delle intuizioni, no n precisamente al concetto di quantità, giacché la sensazione non è intuizione che con tenga spazio O te mpo, sebbene essa ponga in entrambi l'oggetto che le cor risponde; ma tra la realtà (rappresentazione sens ibile) e lo zero, cioè la completa vuotezza della intuizio ne nel tempo (70) , v' ha pur una differenza che ha una qua ntità, giacché tra qualunque grado dato di luce e l'osc urità, tra qualunque grado di calore e il freddo assolut o, tra qua lunque grado di pesantezza e l'assoluta legge rezza, tra qualunque grado di pienezza dello spazio e lo spazio comp letamente vuoto, possono semp re esse r pensati gradi ancor piu piccoli, come sempre han luogo gradi a ncor l.1o7J piu piccoli tra una coscienza e la completa incoscie nza
rka è un sapere solo ìmpropriamo,nte ddto scien7.a • (KA!lr, Mda1>A.n . A,ifangsp. der Naturodssmschaft, p. 190). Perciò non v'è altra sd enta nalurale degna di questo nomo,, che la fisica pura, che, in quanto a pr iori, è una metafisica della natura. (70) L 'Erdmann riLieue cbe quo,lla virgola che K. pone dopo « nel tempo"• dovrebbe invece prec.,dere della frase, ed In ial senso ba proposto una correzione. lo cr.,do che si debba conservare il teslo kanliauo, che se presenla difficollà con la virgola dopo "tempo•, ne presenter"ra), la quale, oltre una introdu%1one cd un'appendice, comprende anche due allrl capìtoll (1• Schematismo dti concetti intellettivi puri; 3• Ragione della distlmeione di tutti gli oggcni in generale in fenomeni e noumeni). r principi risultano dal necusario mettersi in forma di giudizi del concetti Intellettivi puri, e in Late forma sono possibili in quanto le ca· 1egorie si schematizzano merce l'intuizione a priori del te,npo, rimanendo cosi nello stesso Lempo puri perch é non toccall ancora dalla espe rienza, e omogenei con questn In quanto vengono a contenere in se stessi 111. stessa forma di queU' lnLuire, in cui si risolve ogni esperienza (cfr. 1101a64). E cosi questi principi formano quell'insieme di conoscenzesintcliche n priori cbe costituiscono o rendono possibile una scienza pura della natura. So110 conoscenze, che e in quanto valgono per una esperienza possibile. E si badi che questo •che~ e questo « In quan10" non vogliono dire che sono conosccli%c solo se e quando a vraono Il benestare dello esperienza . Se cosi fosse, non sarebbero conoscenze a priori. L'esperienza dwrii conf ermare quelle conoscenze, gi11ccbi in tanto sarà esperienza in quanto le confer. merà. t..'esperienza trae il suo valore conoscitivo da quei principi e non viceversa. V" In quanto~ quindi vuol dire soltanto che quei principi non hanno valore che per l'esperienza, glaccb~ se ne sono assimilata la forma sensitiva (intuizione pura). Dei principi matematici K. dà una sola formula cosi per gli assiomi dell'intuizione, il cui principio egli cosi
ee
PARTE
SECONDA
101
Sebbene la terza tavola, quella dei principi, tratta 3o) Empiria ed esperien · dalla natura stessa dell'intelletto secondo il me· za. todo critico, segni in sé una perfezione, e su ogni altra che dalle cose $tesse, in modo dommatico ma vano, sia f118i stata cercata o possa anche in futuro cercarsi, di molto si levi, pel fatto che in essa tutti i principi sintetici a priori vengon tratti fuori complet.amente e secondo un solo principio, cioè la facoltà di giudicare in generale, che costituisce l'essenza dell'esperienza riguardo ali' intelletto (73l, cosicché si può esser certi che di tal i principi non ve ne sono più (soddisfazione che il espriine (O·it,ca della Rarion /m,.a, p. 176): « Tutte le imui&ioni sono quaulit.à estensive ..; come per le anticipazioni della percezioue, il cui prin· c,pio è il l! e non posson mai esser r iferiti a cose in sé, ma so ltanto a fenomeni come oggetti dell'esperienza. Perciò anche la matematica pura cosi come la scienza pura della natura non possono mai riguardar qualcos'a ltro pili che semplici fenomeni e rappresentano soltanto o ciò che rende possibile l'esperienza in generale, o ciò che, essendo dedotto da questi principi, deve poter sempre esse r rapp rese ntato in una qualche esperienza possibile.
E cosi si ba, adunque, qualcosa di determinato, cui ci si può attenere in tune le imprese metafisiche
PARTE
SECONDA
I li
che finora sono andate, abbastanza arditamente ma semp re ciecamente, su tutto, senza distinzione. I pensatori dommatici non si son mai lasciato venire in mente che lo scopo dei loro sforzi potesse esser tolto cosi in breve, neppur quelli che, fieri del Joro preteso senso comune, con concetti e principi della ragion pura, certo legittimi e naturali, ma determinati soltanto all'uso dell'esper ienza, miravano a conoscenze per le quali essi r314Jnon conoscevano affatto, né potevano conoscere, limiti determinati; neppur essi, poiché o non avevan mai ri· flettuto o non avevan facoltà di riflettere sulla natura e anche sulla possibilità di un tal intelletto puro. Pii.id'un naturalista (78) della ragiun pura (intendo cosi indicare chi si ritien capace di decidere su cose di metafisica senza alcuna scienza) potrebbe ben asserire che ciò che qui vien presentato con tanto apparato, d, se meglio gli garba, con prolissa o pedantesca pompa, egli ha già da ben lungo tempo, con lo spirito profetico della sua sana ragione, non soltanto presentito, ma anche saputo e capito: « cbe, cioè, noi non possiamo mai, con tutta la nostra ragione, uscir fuori del campo delle esperienze». Ma, siccome eg"li pur, se gli si traggon di bocca a poco a poco i suoi principi di ragione, deve confessa re che tra questi ve ne son molti cbe egli non ha attinti dalla esperienza, che quindi sono indipendenti da questa e validi a priori, come e con quali ragioni allora terrà entro i limiti il dommatico e se medesimo. quando di questi concetti e princip i si serva al di là di ogni esperienza possibile, appunto perché essi sono stat i riconosciuti indipendenti da questa? E cosi anche egli, questo adepto del buon senso, non ostante tutta la sua pre tesa saggezza acquistata a buon prezzo , non è sicuro di non cadere inopinatamente, al di là degli
(78) Qui K. allude alla divisione che fa nelle ultime pagine dello Cri· tica della Ragion pum tm Il metodo nalurallstico e quello scientifico di trattare la ragion pura. " li naturalista della ragion pura ... afferma quindi cbe si può determinare con maggior sicurc:ua la grandez:a e la distanza della luna ad occhio, anzi che pel tramite della matematica. L'è una sem· plice misologia. impostala su principi, e, cii>cbe è il colmo dell'assurdo, l'abbandono di ogni mezzo dell'arte vantalo come un metodo proprio per estendere le proprie conosceuze" (p, 641).
112
PROLEGOMENI
oggetti dell'esperienza, nel campo delle chimere. E di solito anch'egli vi è ben profondamente avviluppato, quantunque alle sue infondate pretese dia un certo co. lorito col linguaggio popolare, spacciando tutto semplicemente per verisimigl ianza , supposizione ragionevole o ana logia. Xl. L'esi· renza critica.: 34) I noumenì.
~ .32.
Già dai tempi piu antichi della lilosofìa gli indagatori della ragion pura han pensato, oltre gli esseri sensibili o fenomeni (phaeuomma) che costituiscono il mondo sensibile, ancora dei particolari esseri intelligibili (noumena), che dovean costituire un mondo intelligibile; e siccome (il che ben era da perdonare ad una età ancor rozza) ritenevano una cosa stessa fenomeno e parvenza, attribuirono realtà soltanto agli esseri intelligibili C79l . Nel fatto, quando noi, come è giusto, consideriamo gli oggetti dei sensi come semplici fenomeni, nello stes:;o tempo proprio con ciò confessiamo pure che a loro fondamento sta una cosa in sé, sebbene non conosciamo questa nella sua costituzione ma soltanto il suo feno(79) li fenomeno (Erscheinung) dunque per KanL non è schìelta par,•enza (Schein ) senza consistenza e pttclò irreale. È apparenza si, ma >1pparen&a che è manJrcslazione di ciò che è; manifestazione, che, se da una pane è neccssariamenle quale la naLura (sensitiva) dell'ente (il soggetto ragionevole finito) al quale appare, richiede che sia. dall'altra ~. an che nella sua natura stessa di manifestazione, determinala (cioè faua qunle è ) dall'essere sles.so (le cose in sé) clte si manifesta. Per intendere la esperienza kantiana come quella realtà (Wirklichkeit ) che unic:_aconsta a noi uomini, bisogna avere ben presente e chiara questa sua concetionc del fenomeno. E della oggettività (cloè della rispondenza a cose lo sé) di qucsll fenomeni nella loro $ingoiare delcrmina~ione, ci è garante la ca· Legoria clte li ordina e cbe sola ti fa riconoscere come oggellivi fenomeni, dislinguendoli da una solLaoto oggettivo, irreale parvenza. Nella categoria è quindi il nesso tra la cosa in s~ e iJ suo fenomeno. Rosn1i11idJrà poi esplicitamente che I 'intelletlo è soggettiva. Rosm!ni che ha combaltulo luni proprio pel preteso soggeLtivlsmo, lo ha attuato, nella sua dn•Lriua, piu dei suol grandi cooùnuatori tedeschi.
PARTE 3 ,sJ
SECONDA
1r3
meno, cioè il modo in cui i nostri sensi sono affetti da questo quid sconosciuto. L'intelletto adunque, proprio con l'ammettere i fenomeni, ammette anche l'esistenza delle cose in sé, e pertanto noi possiam dire che sia non soltanto ammissib ile ma anche indispensabile la rappresentazione di tali esseri che son di fondamento ai fenomeni, e quindi cli puri esseri intelligibili. La nostra deduzione critica non esclu de affatto tali cose (noumena), anzi limita i principi dell'estetica in modo che questi non debbano estendersi alle cose nella toro integrità (Sol (per il che tutto sarebbe trasmutato in semplice fenomeno), ma debban valere soltanto per oggetti di una esperienza possibile . Gli esser i intelligi bili sono dunque per ciò ammessi, ma con l'ingiunzione di questa regola che non tollera eccezione alcuna: che noi non conosciamo né possiam conoscere affatto alcun che di determinato di questi puri oggetti intelligibili, giacché i nostri concetti puri del!' intelletto, cosi come le intuizioni pure, non riguardano altro che oggetti cli una esperienza possibile e quindi semplici oggetti sensibiH, e, tostocbè ci si allontana da questi, a quei concetti non rimane piu alcun minimo significato (8 1) . (So) Kant veramente dice « auJ alle Dinge » ciot a tulle le cose. Ma se dlamo a quel "tutte,. un valore collcllh•o e non unitario, io credo che fai.siamo il pensiero di Kant, giacchi! parrebbe che oltre le cose appariscenti come oggetti di esperienza, cc ne fossero altre n costituire il mondo intelligiblle e che non avrebbero niente che fare con le prime. E invece poco prima K. ci lUI detto che la cosa in se sta a fondamento del fenomeno, il quale è apparenza proprio dl quelle cose. (81) Non si tratta né di importnnza ne di valore come vedo in tradu· zioni italiane e francesi tradotta lo. parola tedesca « Bedeutung », ma si tratta di significato. l concetti puri fuori dell'esperieuu non significano piu nulla, cioè non indicauo più oggetti cosi come li indicano nella espe· rleoza. Ma perdono con ciò anche ogni valore? Kant per lo meno non ce lo dice; e quando si pensa che le idee pure della ragione sono concetti puri, e ricordiamo il valore che K. dà a quelle idee pure, dobbiamo rileoere dl no. Comunque K. qui paria di significalo oggeUivo e non di validità a qualunque titolo. KANT,
PYolerom,xi.
s
II4
PR.OLEG OME Nl
~ 35) Insidia delle categorie e sua cli · minazionc.
33.
Vi è infatt i nei nostri concetti intellettivi puri una qualche insidia cbe ci adesca verso un uso trascendente: cosi io chiamo quello che supera ogni esperienza possibile . Non solo pel fatto che i nostri concetti di sostanza, di forza, di azione, di realtà, ecc. sono del tutto indipendenti dall 'espe rienza, per di piu non contengono alcun fenomeno dei sens i, e sembrano dunque realm ente riferirsi alle cose in sé (noumena); ma anch e, ciò che conferma ancora questa supposizione, perch é contengono in sé una necessità della determinaz ione , quale l'esperienza non raggiunge mai, li concetto di causa contiene una regola, secondo la quale da uno stato segue, in modo necessario, un altro; ma l'espe rienza ci può soltanto mostrare che spesso e, tutt'al piu, com uneme nte ad uno stato delle cose segue un altro e non può quindi pro curarci né rigorosa un.iversa lità, né necessità, ecc. Perciò i concetti intellettivi par che significhin o e contengano ben pili che l'esaurirsi di tutta la loro determin azione soltanto nell'essere adoperati nell'esperienza ; cosi l'intelletto inavvertitamente si costr uisce, accanto a11a casa dell'esperi enza, un ancor pili vast o edificio che riempie di puri esseri di pensiero, senza mai notar e che con i suoi concetti d'altronde giusti ha oltrepassato i limiti del loro uso. ~ 34.
E ran dunque due ricerche importanti , anz i assol utamente indispensabili, quantunque estremamente aride, quelle poste nella Critica (pag. 137 e sgg. e 235 e sgg.; trad. it. pag. 159 e 237), con la prima delle qua li si
[316(
PARTE
SECO NDA
us
dimostrava che i sensi non forniscono i concetti intellettivi puri in concreto, ma soltanto lo schema (S•J per il loro uso e che l'oggetto che ad esso si conforma, si trova soltanto nell'esperienza (come quella che è il prodotto dell' intelletto dai materiali della sensitività). Nella seconda ricerca (Critica , pag. 235) si dimostra come, non ostante la indipendenza dei nostri concetti intellettivi e principi puri dalla esperienza, e non ostante anche l'apparente estensione maggiore del loro uso, con essi non si possa pensare nulla affatto fuori del campo della esperienza, perché essi non possono far altro che determ inare semplicemente la forma logica del giudizio riguardo ad intuizioni date; si dimostra poi anche, come, non dandosi affatto intuizione oltre il campo della sensitività, quei concetti puri manchino totalmente di significato, non potendo con alcun mezzo esser rappresentati in concreto e non essendo quindi tutti questi noumeni - ed anche il loro insieme che è un mondo intelligibile c•i- altro che presentazioni di un quesito, il cui oggetto in sé è ben possibile, ma la cui soluzione è del tutto impossibile per la natura del nostro intelletto, in quanto che il nostro intelletto non è una facoltà dell' intuizione, ma soltanto della connessione di date intuizioni
M Non, come comunemente ci si esprime, mondo intellettuale. Glacch~ Intellettuali sono le conoacenze che si hanno mercé l'intel· letto, e tali conoscenze si rivolgono anche al nostro mondo del sensi; laddove intelllgibill si dicono gli oggetti, In quanto possono essere rappresentati solo mediante l ' intelletto, e ai quali quindi r1on puo rìforìrsl alcuna delle nostre intubloni sen sibili. Ma siccome a ciascun oggetto deve pur corrispondere una qualche intuizione possibile, così si dovrebbe pensare un Intelletto che Intuisce immedjatameote le C05C;di u1t tale intelletto pero noi non abbiamo il m~nomo concetto e quindi neppure ai quali esso deve ri(erlrsi. degli esst ri intelligibili, (82) Cfr . nota 64 e 72. Le dne ricerche, a cni K. qui nllude sono quelle
fatte nel
1•
e 3• capitolo della Analiti ca dei principi.
II6
PROLEGOMENI
in una esperienza; e si dimostra in ultimo come questa debba qui ndi contenere, si, in forma di nostri concett i gli oggetti, ma che tutti i concetti debban, fuori di essa, essere senza significato, non potendo esser subordinata loro alcuna intuizione (8Jl .
36) Necessi· là della au . toco11oscen·
7.a della ra· g ione.
L ' immaginazione può forse essere scusata nelle eve ntuali sue esaltazioni, cioè nel non tenersi cauta entro i limiti della espe rienza; ché almeno essa vien da un tal Libero slancio vivificata e rinforzata, e sarà semp re piu facile modera re il suo ardimento che aiutarla a ristabili rsi dal suo esaurimento. Ma che l'intelletto che deve pensa r e, invece fantastichi, non può mai (83) Per Kant cì sono, dunque, le cose In sé, le quali, in quanto • possono essere rappresentate solo mediante l' Intelletto», sono esseri in· telliglblli, sono noumeni. Cou l'indicare come noumeni le cose in sé K. si rende conto che la loro affermuione è fatta dal pensiero, dall'intellello come facoltà conoscitiva in generale (cfr. 11. 7). E l'insidia delle categorie cousiste appunto nello scambio, che esse, per la loro natura di concetti Intellettivi puri, possono far nascere trJl se stesse e i noun1eni come pensieri di cose in s~. Parrebbe una contraddl· zioue kantiana questo conservare 11nome di esseri lntelllglblli a cose in sé, perché queste sono per lor natura Inconoscibili, e l'intelleuo è facoltà della conoscenza; ma 111contraddizione è superala quando si pensi da una parte, cbe la funzione conoscitiva />ru•a per l'uomo si esaurisce nella affermazione della cosa in se (affermazione che è turbata non posta dal senso, Il quale tenderebbe a porre come sola realtà la sua propria realtà feno· menica). e dall'altra che l'insidia delle cat•gorle può essere scopena e riconosciuta per quel che vale, ma non eliminala (cfr. 45). Scoperta tale Insidia tesa dalle categorie di farsi passare. esse, come concretezza dei noumeni, questi rim1rngo110come schiette rappresentazioni, che, pur con · tinuando ad avere un oggetto, di cui ogni rappresentazione non può fare a meno, proprio riguardo alla oggeltivhà si risolvono in laoli quesiti, I! cioè: Esistono gli og,:etti di cui noi siamo rappresenta.ioni? lnfalli per l'esistenia dctermlnnta degli oggetti (Intuizione ) noi uomini non dlspo· niamo di altro accertamento che l'Intuizione sensitiva: Ecce, bic, nunc. E questa non può valere, nel caso di noumeni, come risposta al quesito, perche presenta un oggetto diverso da quello di cui si ricerca l'esistenza. li quesito resta dunque Insoluto ed Insolubile, e le rappresentuioui nou· menicbe, quindi, rimangono come quesiti plu che come rappresentazioni.
[317J
PARTE SECONDA
117
esse rgli perdonato; poiché su di esso soltanto si fonda ogni mezzo per porr e, all ' uopo, Limiti alle stravagan ze de lla immag inazione. Ma egli in ciò comincia molto inoffensivam ente e mo destam ente. Dapprima mette in chiaro le conoscenz e e lementari che son a lui presenti prima di ogni esperienza, ma che pur devon sempre ave re la loro applicazione nella esp erienza. A poco a poco esso lascia and ar questi limiti; e che cosa dovrebbe impedirnelo, qua ndo egli ha preso del tutto liberamente da se stesso i suoi principi? Ed or si volge prima a pensar nuove forze nella natura , e subito dopo ad esseri fuori della matura, in una parola ad un mondo , ad istituire il quale non può farci difetto il materiale di costruzione, ché esso ci vien abbondantemente fornito da feconda invenzione, e dalla esperienza poi, se certo ooo vien confermato, non vien però neppur mai contraddetto. È questa anche la ragion per cui giovani pensatori aman cosi la metafisica in schietta maniera dommatica e le sac ri ficano spesso il proprio tempo e il proprio talento che sarebbe stato utilizzabile altrimenti. Ma non può giovare a nulla il cercar di moderare q uelle infruttuose ricerche della ragion pura con ammonimenti d'ogni gene re sulla difficoltà della soluzione di quistioni cosi profondamente recondite, col dolersi dei limiti della nostra ragione e col ridurre le affermazioni a semplici congetture. Poiché quando I' i m po ssibilità di esse non sia chiaramente dimost rata, e I ' a utoconoscenza della ragione non divenga vera scienza , nella quale sia, a cosi dire, distinto con certezza ge ometrica il campo del suo uso legittimo da quello del s uo uso nullo e infruttuoso, quei vani sforzi non saran mai tolti completamente.
(318]
Come d possibile la stessa nallwaf Questa quislione che è il punto piu alto che la filosofia trascendentale possa mai attingere e al quale deve esser anche condotta come a suo limite e compimento, ne contie ne propriamente due:
X l!. Co11clusio11e.-;,, . lell ,ll o ~ 11a·
tura: 37) La rossibl lhà d e lla natura mate ..
rial c e forma le.
118
•
PROLEGOMENI
I o p r i 111o I u o go: Come è possibile la natura ne l significato ma te ria le, cioè secondo la intuizione, come l'insi eme dei fenomeni; come è, in generale, possibile lo spazio, il tempo e ciò che riempie entrambi, l'oggetto delta sensazione? La risposta è: Per mezzo della costituzione della nostra sensitività, costituzione secondo la quale essa vien eccitata nel modo che di essa è proprio, da gli oggetti che le sono in sé sconosciuti e che son del tutto distinti da quei fenomeni. Questa risposta è stata già data, nello stesso libro, nell'estetica trascendentale, e qui poi nei Prolegomeni è stata data con la soluzione della prima quistione fondamentale. Io secondo luogo: Come è possibile la natu ra nel significato formale come l' insieme delle regole alle quali devono sottostare tutti i fenomeni, perché sian o pensati come connessi in una esperienza? La risposta non può riuscir altra che questa: Essa è possibile sol· tanto per mezzo della costituzione (84) del nostro intelletto , secondo la quale tutte quelle rappresentazioni della se nsitività vengon riferite necessariame nte ad una coscie nza , e per la quale soltanto è poss ibile la manie ra propria del nostro pensare, cioè del pensare secondo regole, e, per mezzo di queste, è possibile la esperienza che devesi ben distinguere dalla conoscenza degli ogge tti in sé. Questa risposta è stata già data nel citato libr o nella logica trascendentale, e qui nei Prolegomen i, è stata data risolvendo poi, la seconda quistione fondamentale. (84) Questa costilulione fondamenta.le dell'intelletto è ciò che anche q ui, piu sotto, R. chiama appercezione, wùtl\ sintetica apperc ettiva, che è "il principio trasceudentale del necessario conformarsi a leggi, di lu n i i fenomeni , in una esperienza~ (Rag i on p ..ra, 1• ediz .. p. 665); giacché essa appercezione « é il principio stesso della possibilità delle categorie, le quali da parte loro 11011 rappresentano altro che la sintesi del n1olteplice dell'intuizione, in quanto questo ha uni là nell'appercezione" (p. 702). E questa appercezlone, ln sé, non e che I' « lo pen&O~, la coscìerm, di sé.
PARTE
[319]
SECONDA
119
Ma come sia possibile questa stessa speciale proprietà della nostra sensitività o que lla del nostro intelJello e della appercezione necessaria che sta a fondamento di questo e di ogni pensiero, è quistione a cui non si può piu dare soluzione né risposta, perché per ogni risposta e per ogni pensiero degli oggetti, abbiam semp re cli nuovo bisogno cli ricorrere a quella proprietà . stessa (Ss> Vi sono molte leggi della natura che noi possiamo sapere soltanto per mezzo dell'esperienza, ma non possiamo, con l'esperienza, riuscire a conoscere questo conformars i a leggi del nesso dei fenomeni, cioè la natura in generale, giacché l'esperienza ste-r;saha bisogno di tali leggi, le quali stanno a priori a fondamento della sua possibilità. La possibilità dell'esperienza in generale è dunque nello stesso tempo la legge universale della natura, e i (Bs) Cosi la critica ti ferma dinanzi a quesla costituzione del soggetto: au quCSLa essa dichiara di non poter esercllare I auol diritti. Lo 1plrlto sia sensitivo che Intellettivo Impone esso a priori le forme :lita cosa, Intuendole nella loro concretezza esteriore e quindi subenclole recettivamente, in qu&nto se_nsitivo; concependole nella loro essenza unica ed universale (e quindi non se_ntendosi più afretto da esse in qua_oto singole e concrete), in quanto intellettivo. Ma queste forme che esso a priori lm· pone, apriori ha lo ~ (a priori intuisce le prime, a priori conceplt1ce le second e); -,550 ~ coslffiuto. Le ha In sé, non le inventa, non le crea. Ci~ lo spirito ha una ,ua propria costltuxione, che lo rende idoneo ad adem · pier. Cosi infatti due linee che nello stesso tempo si taglino a vicenda e taglino il circolo, in qualunque direzione siano tirate, si div idono semp re in modo da attuare la regola per cui il rettangolo costruito coi segmenti di ognu na di esse è uguale a quello costruito coi segmenti dell'altra. Ora io domando: e Q uesta legge sta nel circolo o sta nell'intelletto?• Cioè: ques ta figura contie ne in sé, indipendenteme nte da ll' in telletto, la ragione di questa legge, ovvero l'i ntelletto, avendo egli stesso costruita la figura secondo suo i con cetti (cioè l'uguaglianza dei raggi), pone nello stesso tempo in essa la legge delle corde segantisi in proporzione geometrica? Se si risale alla dimostraz ione di que(87) Ci~ anc:be il circolo ha una sua Intima conformità a le&&Iin di, pendenza (1intctica e non analitica secondo R .) dal prin cipio cbe lo coatitulsce (u&ua&lianza del raggi), Leggi, che si manl(e1tnno in una molteplicità di conseguenze le plu varie e le piu insospettate. Ora qu esta molteplicità , tratta da una Kmplice caratteristica posta a fondamen to di una qualunque entità &eometrica e nlllurale , è cosa che attrasse il pensie ro di K. sin dal primi tempi della sua spe culazione (cfr. gli esempi ch e ne dà nell'" (/nico a,-romtnlo ... del 1763). Nella fase precritica K. ne deduceva 10ltanto l'unità essenziale del principio di questo molteplice; nel pensiero critico invece egli, (alto consapc,·ole delle c1lgcnre che Impo n e la imprescindibile apriorilà della sclcn:ta, trova tal principio dell'un hà, attraverso le categorie, nell'appercezione pura, nella conosccnn In quao lo coscienu In &'enerale,
PARTE SECONDA
123
u21Jsta legge, si vede subito come essa possa dedursi solo da que lla condizione che l'intelletto pose a fondamento della coslruzione di questa figura, cioè l'uguaglianza dei raggi. Or estendiamo queslo concetto cli (88) risalire sempre pili nella unità di proprietà diverse delle figure geometriche sotto leggi comuni, e consideriamo il circolo come una sezione conica, sottoposta quincli alle stesse condizioni fondamentali cli costruzione delle altre sezioni coniche; troveremo che tutte le corde che si tagliano entro queste ultime (ellissi, parabola, iperbole) fan ciò sempre cosi che i rettangoli costruiti coi loro segmenti, non sono certo uguali, ma pur stanno sempre in un rapporto uguale tra loro. Andiamo ancor oltre, cioè alle dottrine fondamentali della astronomia fisica; ci si mostrerà una legge fisica che si estende a tutta la natura materiale, quella della attrazione reci· proca, la cui regola è che da ogni punto di trazione le attrazioni diminuiscono in ragion inversa del qua· drato delle distanze, cosi come crescono le superfici sferiche, in cui questa forza si diffonde, il che par che stia di necessità nella natura stessa delle cose, e perciò suol essere considerato come conoscibile f1 priori. Ora sono certo semplici le origini di questa legge che consistono soltanto nel rapporto delle superficie sferiche cli raggi diversi; eppure la conseguenza che se ne trae riguardo alla molteplicità dell •armonia delle sfere e alla regolarità di questa è di tal rilievo che non solo risultano in sezioni coniche tutte le vie possibili dei corpi celesti, ma anche tra loro risulta un rapporto tale, che non può essere immaginata, come conve-
(b8) Non c:reJo sia necessario ac:c:1:ttarela correzione dell'Erd1naon che vuole trasformato Il "di~ in •per"• K. qui può voler proprio chiarire qual ~ il concetto da catendett, e clo~ la unifiClll'ionc sempre mar;r;lore del moltel)llce geometrico.
J 24
PROLEGOME!l3lsperime ntale, di cui costituiscono, a cosi dire, la semplice forma d i counessione, non presupponeva maggior e riflessione o perspicacia, di quella richiesta dallo scernere da una lingua le regole dell' uso reale delle parole in generale e cosi compilare gli elemen ti di una grammatica (nel fatto le due ricerche sono anche molto simili tra loro) senza pur poter addur re la rallione per cui ogni lingua abbia proprio ques ta e non un'altra costituzio ne formale, e ancora meno la ragione per cui di tali determinazioni formali cli essa si possa trovar e in generale solo quel tanto, né piu né meno. Aristotele aveva raccolti dieci di tali concet ti puri elementari sono 11 nome di categorie ">. A queste che furon ùt.:tte anche M I Substantia , Quatltas, 3 Qu,nhtas. 7 Quando. S Ubi. 9, Sltu~. to llabitu~.
~
Rtl atlo. 5 Actln. 6 Pullin ,
l9l 11 slatema d•lle c.,. tegorle.
126
PROLEGOMEN I
predicamenti, egli si vide poi costretto ad aggi ungere ancora cinque postpredicamenti , che in parte però già stanno in quelli (come prirts, simttl, motus); ma questa rapsodia poteva valere e meritar consentime nto piuttos to come cenno per i ricer catori futuri, che come jdea re. golarmente svilu ppata ; perciò, col progred ire della 6Jo. sofia, essa è stata rigettata come del tutto inutile. A me, primissimo, in una ricerca degli elem enti puri (non conte nenti nulla d'empi rico) della co noscenza umana, riusci, dopo lunga riflessione, di distinguere e separare con sicurezza i concetti puri eleme ntari della sensitività (spazio e tempo) da quelli dell'i ntelletto. Vennero cosi esclusi da quell'elenco le catego rie 7, 8 e 9. Le rimanenti no n potevan servirmi a nulla, perché non vi era alcun principio, col quale si potesse misurar completamente I• intelletto e determinarne integralme nte e con preci sione tutte le funzioni, dalle qual i hanno ori· gine i suoi concetti pu ri. Ma per scoprire un tal principio mi misi alla ricerca di un atto intellettivo che contenesse tutti gli altr i e si dist inguesse solta nto per le diverse modificazioni o momenti nel sottopo rre il molteplice della rappres enta· zione alla unità del pensie ro io generale ; trovai che questo atto intellettiv o consiste nel giudizio. Or qui mi stava davanti un lavoro dei logici, già pro nto sebbene ancora non del tutto scevro d i difetti, dal quale io ero posto in condizione di prese ntare una tavola comp leta delle funzioni pure dell'intelletto che però non era no de· term inate riguardo all'ogget to. Rifer ii finalmente queste 13••1 funzioni del giudica re ad oggetti in generale o piuttosto alla condizione di determ inar e i giudiz i come ogge ttiva· mente validi. e ne scat urirono i concett i mtelleuivi puri, dei quali potevo esse r sicuro che proprio essi soltanto, e sol quanti essi erano, né piu né meno, poteva n cos tituire tutta quella conoscenza delle cose che noi traiamo sem· plicemente dall'intellcuo. Com'era giusto, li chiamai, se· condo il loro antico nome, catego ri e, alle qua li mi riserbavo di aggiungere, aJ completo, col no me di pre· dicabili, tutti i concetti che se ne possa n dedu rre s ia median te la loro connessio ne reciproca sia mediante la (•) Oppositum, Prlus, Simul, Motus, Habere .
PARTE SECONDA
127
loro connessione con la forma pura del fenomeno (spazio e te mpo), o con la materia di esso in quanto non è an cora determinato empiricamente (oggetto della sensazione in gene rale); ciò mi riserbavo di fare quando avessi attua to un sistema deJla filosofia tras cendentale, per preparar la quale soltanto io ora m 'occupavo della stessa criti ca della ragione. Ma in questo sistema delle categorie l'essenziale, per cui esso si distingue da quella antica rapsodia che procede va senza alcun princip io, e pel quale soltanto merita anche di esser noverato nella filosofia, consiste in ciò, che per mezzo di esso poteva esser rigorosamente determinato il vero significato dei concetti intellettivi puri e la condizione del loro uso. Con esso infatti si vide che questi, per se stessi, non sono a.ltro che funzioni logiche, e che però, come tali, non costituiscono il menomo concetto di un oggetto in sé, ma han bisogno che vi sia a fondamento una intuizione sensitiva e allora servono soltanto a determinare i giudizi empirici, che altrimenti sono indeterminati ed indifferenti riguardo a tutte le funzioni del giudicare, a determinar li di fronte a queste, a procurar loro cosi la validità universale, e a render cosi possibili, per mezzo di essi, i giud izi di esperienza in generale. Di una tal penetrazione nella natura delle categorie, che nel tempo stesso le limitava semplicemente all'uso nella esperienza, non cadde in mente nulla né al loro primo autore, né ad alcun altro dopo di lui; ma senza questa penet razione (che dipende con tutto rigore dalla derivazione o deduzione di esse) esse sono del tutto inutili e costituiscono un misero elenco di nomi senza spiegazione e re gola del loro uso. Se queste idee fossero mai venute in mente agli antichi, senza dubbio tutto lo studio della pura conoscenza razionale, che, sotto il nome di metafisica, ha, per molti secoli, guastat i tanti buoni ingegni, sarebbe venuto a noi sotto tutt'altra IJ•sl forma e avrebbe rischiarato l'intelletto degli uomini, invece di esaurirlo, come è realmente avvenuto, in oscure e vane sottigliezze e di renderlo inservibile per la vera scienza. Questo sistema delle categorie rende poi anche sistematica ogni trattazione di un qualunque oggetto della ragi on pura e dà un indirizzo, una guida, di cui non
128
PROL E GOMENI
v'è da dubi tare, dei punti che ogni trattazione metafisica, che voglia esser completa, deve indagare e del modo in cui deve ciò fare; poiché esso esaur isce tutti i momenù int ellettiv i, ai quali ogni altro concetto deve essere subordinato. Cosi anche è nata la tavola dei principi, della cui com piutez za si può esser cert i soltanto col sistema delle categor ie, ed anche nella divisione de i concett i che devono trascendere l'uso fisiologico dell'intelletto (Critica, pag. 344, e anche pag. 415; trad. it . pagg. 312 e 34 r) è sempre lo stesso filo conduttore, che, dove ndo semp re passare per gli stessi pu nti fissi determinati a priori nell'intelletto umano , forma sem pre un circolo ch iuso che non lascia pili dubitare della completezza che cosi ottiene la conoscenza dell'oggetto di un concetto puro intellettivo o raziona le, in quanto deve esse re esam inato filosoficame nte e secondo pr incipi a priori. Anzi non ho potuto tra lasciar e di far uso di questa guida rig uar do ad una delle pii.i astratte divisioni ontologiche, cioè la molteplice distinzione dei co ncetti di q ua lcosa e di niente e di farne cos i una tavola regolare e necessaria ( Cr itico, pag. 282; trad. ital. pag. 276) .
(•) Sulla precedente tavola delle categorie si possono fore svariate considerazioni come p. es.: 1. che la terza oascn dalla prima e dalla seconda collegate In uo concello, i. che in quelle dl quantità e qualità si progred isce dall'unità alla totalità, ovvero dal qualche cosa a l nulla (percio le categorie della qualità devono disporsi cosi : realtà, limitazione, comple ta ne, gazio11e) senza Correla/a od Opj,o1ita, laddove quelle di relazione e modalilà portano con s6 questi ultimi, 3. che come nella logica i giudizi categorici stanno a fondamento di tulli gli nitri, cosi la catee-oria di sosta nza sta a fondamento dl tutti i concetti di cose reali, 4. che come la modalità non è uno speciale predicato nel giudixio, cosi i cor1cetli modali non ag, giungono alcuna determinazione alle cose, ecc.; ques te conside razi oni banno, iutte, la loro grande utilità. Se inoltre si enumerano tutti I Preche si posson trarre con una certa completezza da ogni buona dicabili Ontololfla {p. es.'quella del Baumgarten), e si ordinano classtfica ndoU sollo le categorie e non mancando di ' aggiungervi una analis i, per quanto è possibile, completa di lutti questi concetti, ne risulterà una parte soltanto aoalfllca della ;metafisica, ~cbc non cou tiene ancora alcuna proposiiioue sintetica e"che "potrebbe premettersi alla seconda parte (quella sintetica), e che, infine, avrebbe non soltanto.della utilità per la sua dete rminatezza e complet ezza , ma, in grazia della sua orgonizxazione n sistema, anche una certa bellezxa.
.PARTE SECONDA
129
13,c.J
Questo stesso sistema, come ogni vero sistema fondato su un principio universale, mostra l'utilità del suo impiego, non apprezzato a sufficienza , anche nell'espel· lere tutti i concetti eterogenei che potrebbero d'altronde insinuarsi tra quei concetti intellettiv i puri e nel determinare a ciascuna conoscenza il suo posto. Quei concetti, che, sotto il nome di concetti di riflessione, io avevo riuniti in una tavola seguendo sempre il filo cond uttore delle categorie, nella ontologia si mischiano, se nza permesso e senza giusto titolo, tra i concetti intellettivi puri, sebbene questi ultimi siano concetti della connessione e perciò anche dell'ogge tto, laddove quelli sono soltanto concetti del semplice paragone tra concetti gii dati e perciò hanno lutt 'altra natura ed uso; con la mia regolare divisione ( Critica; pag . 260; traci. it. pag . 255) essi vengon sepa rati da questo miscuglio. Risulta ancor piu chiaramente l'utilità di quella speciale tavola delle categorie, quando, come tosto si farà, ne separiamo la tavola dei concetti trasce ndentali della ragione, che sono di tutt ' altra natura ed origine che non quei concetti dell'intelletto (e perciò anche quella tavola deve avere un 'altra forma), la quale cosi necessaria separazione pur non si è fatta mai in alcun sistema di metafisica, dove quelle idee della ragione concorrono senza distinzione insieme con i concetti de ll' intelletto, come appartenenti, quali sorelle, ad una stessa famiglia; mescolanza questa che non poteva giammai esse re evitata, finché mancava uno speciale sistema di categorie.
9
PROLEGOMENI
PARTE TERZA DELLA
PRTNCIPALE
QUISTIONE
TRASCENDENTALE.
Comeè possibìle la metafisica in generale? .D)
La realtà
In 18:
Xlii.Lara. r,òn~ ;ura: •o) La ragione e le idee.
*40. La matematica pura e la scienza pura della natura, a sostegno della loro sicurezza e certezza, non avrebbero avuto bisogno di una deduzione quale finora abbiam fatta per entrambe; poiché la prima si fonda sulla evidenza sua propria, e la seconda, poi, pur traendo origine da pure fonti dell'intelletto, si fonda sulla esperienza e sulla sua totale conferma; né la testimonianza di quest'ultima essa può del tutto scac ciare, non può farne a meno, poiché essa, non osta nte tutta la sua certezza, pure, come filosofia, no n può giammai competere con la matemaùca. Entrambe queste scienze adunque non avean bisogno, per se stesse , di detta ricerca, ma per un'altra scienza , cioè la metafisica . La metafisica ha da fare, oltre che con concet ti .della natura, che trovan sempre la loro applicazione nella esperienza, anche con concetti puri della ragione, che non sono daù mai in qualche esperienza anche so ltanto possibile, e quindi con concetti , la cui oggettiva realtà [Realitat] {cioè il loro non essere semplici chimere), e con affermazioni, la cui verità o falsità non possono esse re confermate o scoperte da alcuna espe rienza ; e, per di piu, questa part e della metafisica è proprio quella che costituisce lo scopo essenziale di essa, pel quale ogni altra cosa è soltanto mezzo; cosi questa scienza ha, per se stessa, bisogno di una tal deduzio ne. Perciò la terza quis tione ora propostac i riguarda, a cosi dire, il noccio lo e l'essenza caratte ristica della metafisica, cioè l' occupars i che la ra gione fa, soltant o di se stessa e la presunta conoscenza di oggetù, che essa
PARTE
TERZA
131
trarrebbe immediatamente da questo covare i suoi propri concetti, senza aver per ciò bisogno della mediazione della esperienza, e anzi per di pili senza poterci arrivare per mezzo di questa ; or, anche soltanto a presenta r questo problema, essa ha bisogno di tutt'altri concetti che quei concetti puri dell'intelletto, giacché l'uso di questi è soltanto i m ma nen te, cioè si rivolge alla esperienza, per quanta se ne possa dare, laddove i concetti di ragione vanno alla completezza cioè alla unità collettiva di tutta l'esp erienza possibile, e perciò vanno oltre ogni esperienza data e diventano trascendenti.
(") Se si può dire che, almeno nell'idea di tutti gli uomini, una scicn:ta sia reale, tostoché si è stabililo che I problemi, che ad essa portan o, sono, dalla natura stessa della ragione wnana, proposti ad ogni uomo, e cbe perciò sono sempre inellminabill molt e, per quanto Coilaci, indagini su di essi, si dovrà anche dire che la metafisica è soggenh•a· mente (e certo ueces.mriamente) reale , ed allora coo ragione noi doruan · diamo in quai modo essa sia (ogreulvamente) possibile.
(89) « E necessario~, perché la ragione, essendo facoltà de.i principi (cfr. n. 7), non puo contentarai dei principi rclali, •I che trova nell'uso logico dell'iatellelto. E perciò ~ il principio proprio della ragione In gene· raie (nel suo uso logico) è: trovare per la conoscenza condizionata dell'io· telletto quell'Incondizionato, oode sarà compita l'unltà di esso iotellello» (Crit. tu/la Ragi on /n'a, p. 287). E questo incondizionato l'latclletto non può raggiungere se non con la totalllà delle sue condizioni. Credere di trovare tal principio (che perciò è l'esigenza che la ragione pone all'lu· teileuo) è una illusione.
132
PR.OLEGOMENT
Come, adunque, l'intelletto avea biso i:tno delle categorie per l'esperienza, cos i la ragione contiene in sé il fondamento delle idee; e per idee io intendo concett i nece.ssari, il cui oggetto tuttavia non può esser dato in alcuna esperienza. Questi ultimi son insiti nella natura della ragione proprio cosi come i primi nella natura dell'intelletto, e se quelli portan con sé un 'appare nza che può facilmente sedurr e, quest'apparenza è inevitabile, sebbene si possa benissimo impedire e che essa ci inganni>. Siccome ogni parvenza consiste nell'essere, il principio soggettivo del giudizio, ritenuto oggettivo, cos i un 'autoconoscenza della ragion pura nel suo uso trascendente (oltre i confini) sarà l'unico modo di preservarci dai traviamenti, in cui cade la ragione, quando disconosce la sua destinazione e riferisce trascende ntalmente all'oggetto in sé ciò che riguarda soltanto il suo proprio soggetto e la guida di esso in ogni uso immanente.
La distinzione delle idee , cioè dei conce tti puri della ragione, dalle categorie o concetti puri dell'intellet to, in quanto conoscenze di tutt'altra specie, origine ed uso, è una parte cosJ important e per la fondazione di una scienza che contenga il sistema di tutte queste conoscenze a pn'ori, che senza una tale separazione una metafisica è assolutamente impossibile o tutt'al piu è un tentativo, irregolare e acciabattato, di mettere insieme un castello di carta, senza conoscere i materiali dei quali ci si occupa, e la loro sufficienza per questo o quello scopo. Se la critica della ragion pura non avesse fatto altro che questo, cioè por re per la prima volta dinanzi agli occhi questa distinzione, avrebbe già con ciò apportato, a chiarimento del nostro conce uo di metafisica e della nostra condotta nella indagine del campo metafisico, ben piu che tutti gli sterili sforzi,
[329]
PARTE TERZA
133
che. per risolvere i problemi trascendenti della ragion pura, si sono sempre finora inlrapresi, senza mai supporre che ci si trovasse in tutt'altro campo che quello dell'intelle tto, sforzi nei quali si affilavano insieme concetti dell'intelletto e della ragione, prop rio come se fossero della stessa speci e .
Tutte le conoscenze intellettive pure hanno questa caratteristica, che i loro concetti si fan trovare nella esperienza e i loro principi si fan confermare da questa; al contrario le conoscenze razionali trascendenti né, per ciò che riguarda le loro idee, si fan trovare nell'esperienza, né si fan confermare o contraddire da questa per quanto rigua rda i loro principi; e perc iò l'e r rore, che per avventura vi si infiltri di soppia tto, non può esser scoperto da nient'altro fuor che dalla stessa ragio n pura, ì1 che pe rò è molto difficile, poiché questa ragione appunto diviene naturalmente dialettica pe r mezzo delle sue idee, e questa inevita bile parvenza non può esser tenuta nei limiti con l'indagare oggettivamente e dogmaticamente le cose, ma soltanto con l'i ndaga re soggettiva mente la ragione stessa, come una fonte delle ideeC90>.
(9o) La Dialeulca (logica della parvenza), dunque, nascelllc dalla natura della ragione (focoltà del principi) è cortella dalla ragiooe stessa In quanto capace di riconoscersi fonte di idt!e. E cosi, mt!dianie la crillca, " 111dialettica " le idee 11011 scompaiono (eh~ non possono), ma acquistano consapevo lena del loro essere (idea, clM, come K. ba dello sopra nel ! 40, « concetto necessario il cui oggetto non può esser dato in alcuOJl esperienza") e quindi del loro valore (regolativo non costitutivo). Cfr. nella Cn1. della Ragùm/mra la« Dlalcttìca trascendentale 11, che, insieme con I'• Analitica Lrucendentalc ~. costituisce tutla la Logica tra· sceudentale. E come l'analitica r_ra aualltica dej concetti (dell'intelletto) e analitica dei principi; cosi la dialettica è dialettica dei concetti (con· cetli della ragione - idee) e dialetUca dei razfoclui.
134
PROLEGOMENJ
~ Dedud o· uc delle tdce e partizione d,ma sol (*) Se la rappresenLulone dell'appercezione, l'io, fosse un concetto, col quale si pensas$e qualcosa, polrebbe essere usato anche come predicato di ahre cose, ovvero conterrebbe Lali pr,;dicatl in se.Ora esso non è nulla piu che il sentimento di una èSlstenza senza il minimo concetto, cd è sol· tanto la rapprescnLuione di cìò con cui sta In relazione (nlali'o11e acç,·. ùntis) Lutto il pensiero.
140
PROLEGOMl'NI
tanto indicazione dell'oggetto del senso interno, in quanto no n è pii.i conosciuto co n un predicato; quindi certo in sé non può essere predicato di un'altra cosa, ma altre ttanto poco può essere concetto determinato di un soggetto assoluto, ma soltanto, come in tutti gli altri casi, riferimento di fenomeni interni al loro sconosciuto soggetto. Nondimeno questa idea (che, come principio regolatore, serve ben issimo ad annientare completame nte tutte le spiegazioni materialist iche dei fenomeni interni della nostra anima), attraverso un naturalissimo equivoco, dà luogo ad uno speciosissimo argomento, per concludere, da questa presunta conoscenza del sosta nziale del nostro esse re pensante, aJla natura di esso , in qua nto che la conoscenza di questa cade del tutto fuori dell •insieme della esperienza.
l 47. -Ml li pualogl•mo della 11nn1or lalhà dcli 'anima.
Ora questo io pensant e (l'anima), come soggetto ultimo del pensiero, il quale non può pii.i esser rappresentato come predicato di un'altra cosa, si dica pur sostanza: tal conce tto rimarrà pur sempre completamente del tutto vuoto e senza alcuna conseguenza, quando di esso non possa essere dimostrata la permanenza, che è ciò che rende fecondo il concetto delle sostanze nella esper ienza. La permanenza però non può mai esser provata [JJSI partendo dal concetto di una sostanza come una cosa in sé, ma solo partendo da quel concetto a servizio della esperienza. Ciò è stato sufficientemente dimostra to nella pri ma analogia dell'esperi enza ( C,-i/ica, pag. 182; trad. it . pag. 191); e chi non voglia arrendersi a ques ta prova, bisogna che tenti egli stesso, se gli riuscirà, d, trarre dal concetto di un soggetto, che non es iste anche come predicato di un 'a ltra cosa, la prova che la es i-
i'AR TE TERZA
stenza di esso abbia assoluta permanenza e che esso no n possa nascere o morire né per se stesso , né per una causa naturale. Tali proposizioni sintetiche a pri ori no n possono mai esser provate io se stesse, ma sempre so ltanto riguardo alle cose come oggetti di una esperienza possibile.
Quand'anche adunque si voglia concludere dal concetto dell'anima come sostanza alla sua permanenza, ciò può valere per essa soltanto in una esperienza pos· sibile e non per essa come cosa in sé al di là di ogni possibile esperienza. Ora la condizione soggettiva di og ni nostra esperienza possibile è la vita: conseguentemente si può concludere soltanto alla permanenza del1'anima nella vita, dappoiché la morte dell'uomo è la firue di ogni esperienza, per quanto riguarda l'a nima come un oggetto della medesima esperienza, fino a che non sia dimostrato il contrario, che è proprio ciò che è in quistione. Dunque la permanenza dell'anima può essere dimost rata soltanto nella vita dell'uomo (e la prova di ciò ben ci si condonerà), ma non dopo la morte (che è proprio ciò che ci importa), e ciò invero per la ragion generale che il concetto di sostanza, in quanto deve esser visto collegato necessariamente col concetto di permanenza, può esserlo soltanto secondo un principio di esperienza possibile e qu indi anche sol· tanto in servizio di questa . e-) È cosa infatti mollo curiosa che I mc lafisici abbian sempre sorvo· lato cosi tranquillamente sul princ:ìplo della persistenza delle sostan%e, senza darne mai una prova: senza dubbio perché non appena erano all e pr ese col concetto di sostanza, si vedevano abbandonare da ogol mcu:o di prova. L' intelletto comune, che ben s'accorgeva , che senza un tal presupposto non era possibile unificaiione alcuna delle percezioni in una esperienza,
PROLEGOMES l
i 49· 45) li qu1rto paralo ci-
-.mo; confu...
\azione del· l'idea llsmo m•1erlale.
Che alle nostre percezioni esterne non solo corrisponda , ma anche debba corrispondere fuori di noi qualcosa di reale , ugualmente non può mai esse r pro-
riparò o.Ila mancanza medùtn1e un po,,lulato; esso infatti non l>Oleva mai trarre dalla esperienza lleu& quei.lo principio, In parte ix,rcbé non po. tua seguire. In 1u11Ii loro mutameml e dissoluzioni, le materie c- tanze) t~nto da coclieme, sempre non diminuito, lo stoffo (den StofT1, in P&rte l'erch~ il prlociplo conllene necessità, la quale è sempre l"iefvechstl, voi. ~. Lclpzig. 19141 p. 780). Nè si può l"itencr che & . si contraddica quando si ricordi che egli stesso dice che fu Hume {cfr. p. 11) a svegliarlo dal sonno dog· malico. Lo stesso Hume non faceva che porre in evidenza il contraddirsi della ragione o almeno della nostra natura conoscitiva (cfr. s~ialmente la s-tzione X li della Rit:ut:a mll 'inlellello umano ).
KANT, PYouromen{.
IO
che: 46) Le idee cosmo log i · che e le an· tinomic .
PROLEGO,tEN l
lo chiamo cosmologica questa idea, perché essa prend e il suo oggetto semp re soltanto nel mondo sensibile, né fa uso di altre fuorché di quelle il cui og. getto (Gegenstand) è un ogi:etto (Objekt) dei sens i quindi per tanto è imman ente e non trascende nte, ~ cons egue ntem ente fin a questo punto non è ancora una idea; al contrario pensare ranima come una sostanza sempli ce vuol dire già pensare un ogge tto (il sem plice) tale da non poter essere affatto rapp re sentato ai sensi. Tuttavia l' idea cosmologica estende tanto la connessione del condiz ionato con la sua cond izione (sia questa matematica o dinamica ), che l'esperienza non può mal uguagliarla, ed è perciò rigua rdo a questo punto semp re una idea, il cui ogg etto non può mai esser dato adeguatamente in una t!sperienza quale che si sia.
In primo luogo si mostra qui cosi chiaramente e incontestabilmente l'utilità di un siste ma delle categ orie , che, se anche non ce ne fossero altre prove, questa soltanto dimostrerebbe a sufficienza la loro indispensa bilità nel sistema della ragion pura. Ta li idee trascendenti non sono pii.i di quattro, quante le class i delle categorie; ma, in ciascuna di queste, si riferiscono soltanto all'assoluta completezza della serie delle condizio ni di un dato condiz ionato .In confor mità di queste idee cosmologiche vi sono anche soltanto qua ttro diverse affermazioni dialetti che della ragion pura, che la loro natura dialettica provano col fatto che a ciascuna, se-
(96) Ecco le quattro idee cosmoloalche secondo le qua tt ro elusi delle categorie (quanthà, qualità, relazione, modalità): To talità nssol ulR della: 1) Com;osùio1te del tuuo dato di tutti I fenomeni: 2) Divisio 11, di UD tutto dato od fenomeno; 3) Ori,ri1't: di un fenomeno in general e: 4) o;. f,t1tde1tza ddla ,nslm~a del mutevole nel fonomcno (Cfr. Crit. della R• gion pura, p. 341). A ciascuno di queste Idee corrisponde una delle quattro antluomie nello ,tesso ordine.
147
PARTE TERZA
[Jl9l
condo principi ugualmente apparenti della ragion pura, se ~e oppone una in contraddizione con quella, la quale cont raddizione niuna arte metafisica della pili sottile distinzione p u ò impedire, ma che cost ringe il filosofo a rimontare alle prime scaturigini della stessa ragion pura. Or .questa antinomia, non inventata affatto ad arbitrio, ma fondata sulla natura della ragione umana e perciò ioe"itabile e non avente mai fine, contiene le seguenti quat tro tes i con le loro antitesi:
TESI.
(I mondo ha un cominciamento il tempo e secondo lo spazio.
(limite) secondo
ANTITESI.
Il mondo lo spazio.
è infin ito secondo il tempo e secondo
2
TESI.
Tutto
n el mondo consta dal semplice. ANTITESI.
Non vi è niente di semplice, tutto invece è com posto. 3 Tesr.
Vi son o nel mondo delle cause con libertà. ANTITESI.
Non vi è libertà, tutto invece è natura.
PROLEGOMENI
4 TESI.
Nella serie delle cause cosmiche essere necessario.
vi è un ce rto
ANTITESI,
In quella serie non vi è niente di necessario, tutto, è contingente.
f 52 a. 47) Lasco-
perta della dialettica .
È qui il singolarissimo fenomeno (Pbaoomeo) della ragione umana, di cui io qualunque altro uso di essa non può trovarsi esempio. Quando, come d'ordinario accade, pens iamo i fenomeni del mondo sensibile come cose in sé, quando prendiamo i principi del loro collegamento come principi aventi valore in generale per le cose in sé e non soltanto per l'esperienza, come infatti appu nto si è abituati a fare, e come anzi è inevitabile senza la nostra critica, ne vien fuori un insospettato contrasto che non può mai esser composto per l'o rdinaria via dogmatic-a, poiché cosi la tesi che l'antites i possono essere dimostrate con prove ugualmente evidenti, chiare ed inoppugnabili - ché io garentisco la giustezza di tutte queste prove - e la ragione perciò si vede in discordia con sé medesima; condizione, di cui lo scettico esulta, ma che deve far riflettere e turbare il filosofo critico.
f
52 6.
In metafisica si può andar cianciando in parec chi modi, senza punto temere di esser colti nel falso. Poiché basta soltanto che non ci contraddiciamo (il che è
PARTE TERZA
149
ben possibile in proposizioni sintetiche per quanto completament e imaginarie): cosi, infatti, non potremo mai esser confutati con l'esperienza in tutti quei casi, in cui i concetti che noi colleghiamo, sono semplici idee, che non possono essere affatto date nell'esperienza (secondo tutto il loro contenuto). Come, infatti, vorremmo noi stabilire con l'esperienza, se il mondo esista ab act~rno ovvero abbia un cominciamento? se la materia sia divisibile all'infinito ovvero consti di parti semplici? T ali concetti non si possono dare in una esperienza, sia essa anche la piu grande possibile, e perciò con tal pietra di paragone non si può scoprire la falsità della proposizione affermativa o negativa. L'unico caso possibile, in cui la ragione manifesterebbe, contro il suo volere, la sua intima dialettica che essa falsamente spaccia per sapere dogmatico, si avrebbe qualo ra essa fondasse una affermazione su un principio generalmente ammesso, e da un altro principio, ugualmente valido, risultasse, con la più grande dirittura di argomentazione, proprio il contrario. Or questo caso si dà qui, in realtà, a proposito delle quattro idee naturali della ragione, dalle qual i da una parte quattro affermazioni e dall'altra altrettan te controaffermazioni risultano, ciascuna tratta con rigorosa deduzione da principi generalmente ammessi, e cosi tutte manifestano la parvenza dialet tica della ragion pura nell'uso di tali principi, parvenza dfalettica che altrime nti dovrebbe rimaner nascosta in eterno. Ecco adunque un cimento decisivo atto a farci ne· cessariamente scoprire una falsità che giace nascosta [341) nei presupposti delJa ragione C"l.Due proposizioni con· traddicentisi l'una con l'altra non possono essere tutte (") Desidererei perciò che il lettore critico si occupi principalmente di questa antinomia, perché sembra averla messa la natura istessa per render perplessa la ragione nelle sue ardite pretese e costringerla ad esruninarc se stessa. Di giustificare ogni prova, eh ' io bo dato e per la tesi e per l'antitesi. assumo l'impegno, e collegare che feno· meni, cioè non pul> essere che un nesso di omoaenel. Una 1.ale eterogeneità poi non pul> affermani come solt.anto possibile. Ammessa la dlversìtl (e quindi lo alare a aé, senxa li causato) del cau· sante, il causato non poU't. più mai esser pensato come causante. In breve: la cauaaUtà naturale sarebbe aruiullata e riportata sena'altro alla sequenza di Humc, checché lo contrarlo il K. dica.
154
PROLEGO MENI
della causa. Deve dunque la dete rmina zi one della causa ad ag-ire essere nnche essa nata tra i fenomeni e quindi essere ugualmente, come il suo effetto, un eve nto, che a sua volta deve avere la sua causa, e cosi via, e deve, in conseguenza, la necessità naturale esse re la con dizione, seco ndo la quale sono determinate le cause efficienti. Sia al contrario la libertà proprietà di talune cause di fenomen i; allora, rispettivamente a questi ultimi in quanto eventi, essa libertà deve essere una fa. coltà di iniziarli da sé (spo nte ), cioè senza che la causalità della causa abbia bisogno di co minciare an ch'essa e perciò senza che essa sia costretta ad avere un altro principio che determini il suo inizio. Ma allora Ia causa , quanto alla sua causa lità, non dovrebbe sottostare a determinazioni temporali del suo stato, cioè non dovrebbe essere affatto un fenomeno, cioè essa dovreb be esse r ritenuta una cosa in sé, e solta nto g li eff e tti fenomeni ;in entrambi i casi gli effetti sono connessi secondo leggi costanti; e noi alla nec essità naturale non chiediamo cli pili, anzi di piu non conosciamo neppure in essa. Ma nel primo caso la ragione è la causa di queste leggi naturali ed è perciò libera, nel secondo gli effetti si compiono secondo semplici leggi naturali della sensitività, perché la ragione non esercita alcun influsso su di essi; ma essa, la ragio ne, non è per ques to determ inata dalla sensitività (il che è impossibile) ec.1è perciò libera anche in questo caso. La libertà adunque non ostacola la legge naturale dei fenomeni, come questa non pregiudica la libertà dell'uso pratico della ragione, il quale è legato alle cose in sè come principi determinanti (als òestim111endm Grllnden). Cosi adunque vien salvata la libertà pratica, quella cioè, in cui la rag ione ba causalità secondo principi determinanti con oggettività, senza che si pregiudichi minimame nte la necessità naturale riguardo a quegli stessi effetti come fenomeni. Ciò può esse r utile anche a spiegare ciò che avevamo da dire per la libertà trascendentale e per la sua unificazione con la necessità naturale (nello stesso soggetto, ma non in una stessa ed unica relazione). Poiché, per quan to riguarda questa unifi· cazione, ogni cominciamento dell'azione di un essere
(1001 Sìccb! nel primo caso (in quello della eterogenciti della causa) l'nìone ~ soltanto nel campo della lìbcnà e l'dl'euo di anche nel campo reoomenico (nec6sitl naturale ); ud secondo (della omogeneità della causa) sia l'ulone che l'elTctto sono nel campo renomenlco . L'azione, qui, sarebbe la motivazione interiore.
PROLEGOMENI
so Solo· zion_. d~lla quarta antl· oomlL
da cause oggettive è, rispello a questi principi dete rminanti, sempre un primo cominciamento, sebbene questa azione nella serie dei fenomeni sia soltanto un cominciamento suba lt erno, al quale deve precedere uno stato della causa, che la determina, e che è, esso stesso, determinato da una causa immediatamente precedente: cosicché in esseri ragion evoli, o in gene rale in esseri in quanto la loro causalità è determinata in loro come cose ln sé, senza. cadere in contraddizione con le legg i di natu ra, si può pensar una facoltà. di cominciare da sé una serie cli stati. Giacché il rapp orto dell'azione con i principi razionali oggettivi non è un rapporto temporale; qui ciò che determina la causalità., non precede l'azione secondo il tempo, giacché tali principi determinanti non rappresentano una relazio ne degli oggetti con i sensi, e quindi con delle cause nel fenome no , ma rappresentano cause determinanti come cose in sé, che non sottostanno a condizioni tempora li. Cosi l'azione può, riguardo alla causalità della ragione, essere considerata come un primo cominciamento, e,· nondimeno, riguardo alla serie dei fenomeni, essere nello stesso tempo considerata come un comincia mento soltanto subordi nato, ed esse r ritenuta, senza contraddizione, libera sotto il primo aspetto, e sotto il secondo (essendo semplicemente un fenomeno) sottoposta alla necessità naturale. Per quanto riguarda la quarta antinomia, essa è tolta in modo simile a quello in cui vien tot ta l'opposizio ne della ragione con se stessa nella terza. Poiché basta distinguere la causa ne l fenomeno, dalla causa dei fenomeni in quanto pensabile come cosa in sé, perché possano star benissimo l'una accanto all'altra entrambe le proposizioni, che cioè del mondo sensi bile in niun luogo si trovi una causa (secondo simili leggi della causalità), la cui esiste nza sia senz'altro necessaria,
(317
PARTE TERZA
159
e che tuttavia questo mondo sia legato ad un essere necessario come a sua causa (ma di altra specie e se· condo un'altra legge ); proposizioni , la cui incompatibi · lità sta unicamente nel malinteso di estendere ciò che vale semplicemente pei fenomeni, alle cose in sé, e in ge nerale di confonde re gli uni e le altre in un solo concetto. ~
[348)
54.
Questa è l'esposizione e la soluzione dell'intera an· tinomia, in cui la ragione si trova avvolta quando ap· plica i suoi principi al mondo sensibile; anche la prima soltanto (cioè la semplice esposizione) sarebbe già un notevole benefizio per la conoscenza della ragione umana, quand'anche la soluzione di questa opposizione non soddisfacesse ancora completamente il lettore, che ha qui da combattere una naturale parvenza, che gli è stata solo testé presentata come parvenza, mentr'egli l'aveva sempre finora ritenuta vera. Giacché da tutto ciò è ancora inevitabile una conseguenza, che cioè, sic· come è impossibile uscire da questa opposiz ione della ragione con se stessa fin tanto che si prendono gli oggetti del mondo se nsibile per cose in sé e non per ciò che nel fatto sono, cioè, puri fenomeni, il lettore sia da ciò costretto a intraprendere da capo la deduzione di ogn i nostra conoscenza a prlori e l'esame di quella che io qui ne ho ùata, per pervenire ad una decisione in proposito. Io per ora non chiedo di pili; poiché solo quando egli, occupandosene, si sia abbastanza appro· fondito nella natura della ragion pura, gli si renderanno già familiari i concetti per mezzo dei quali soltanto è possibile la soluzione della opposizione della ragione; circostanza questa senza della quale io non posso aspet · tare una completa approvazione neppure dal piu attento lettore.
s•>Con· ,eguenia di tali sotuzioni.
PROLEGOMENI
160
f 55· III. XVII. L'i·
I DEA TEOLOGICA.
(Critica, pag. 571 e sg.; trad. it . pag. 454).
d"a teowgi·
ca.
52) L'ideale della ragion pura.
La terz a idea tras cend entale che dà materia a q uel! 'uso della ragio ne che è importantissimo, ma che, se eser citato solo specu lativament e, è eccessivo (trascendente), e appunto perciò dialettico, è l' ideale della ragion pura. Siccome qui la ragione non comincia, come per l'idea psicologica e cosmologica, dalla esperienza e non è spinta, attraverso una gradazione dei principi, a mirare per quanto è possibile alla assoluta compiutezza della loro se rie; ma se ne stacca del tutto , e partendo soltanto da concetti di ciò che costituirebbe l'asso luta compiutezza di una cosa in gene rale, e quindi per mezzo della idea di un Essere primo perrettissimo, scende alla determinazione della pos sibilità e quindi anche della realtà di tutte le altre cose: cosi si può qui pili facilmente che non nei casi precedenti, distinguere dal concetto intellettivo l'idea, cioè la semplice suppos izione di un Es sere, che, sebbene non sia pensato nella serie dell'esperienza, pure è pensato in servizio della esperienza per poter concepire la connessione, l'ordine e l'unità di essa . Perciò la parvenza dialettica, che deriva dal ritenere condizioni oggettive delle cose stesse le condizioni soggett ive del nostro pensiero, e dal ritenere come un dogma ciò che è una ipotesi necessaria all'appagamento della nostra ragione, poté esse r messa facilmente sotto gli occhi, ed io perciò non ho niente piu da aggiungere circa le pretensioni della teologia trascendentale, essendo ciò che la Critica dice a tal proposito, facile a comprendersi, evidente e decisivo.
PARTE TERZA
161
i 56. OSSERVAZIONE SULLE
GENERALE
IDEE TRASCENDENTALI.
XVlll. gio,i~
~
Ra· e.o-
t1osc4nra:
[J49l
Gli oggetti che ci son dati dalla esperienza, sono per noi inconcepibili sotto molti riguardi, e molte quistioni. a cui la legge naturale ci conduce, non possono affatto esser risolute, se, pur sempre io conformità di tali leggi, sono spinte fino a una certa altezza, p. es., la quistione della attrazione reciproca delle materie ( 1° 1l. Ma quando noi abbandoniamo del tutto la natura, o nel processo della sua connessione sorpassiamo ogni possibile esperienza, e quindi ci profondiamo in pure idee, allora non possiamo dire che l'oggetto ci sia inconcepibile e che la natura delle cose ci presenti problemi insolubili; poiché noi allora non abbiam da fare affatto con la natura o in generale con oggetti dati, ma sempli· cemente con concetti che hanno la loro origine soltanto nella nostra ragione e con semplic i esseri di pensiero, (101) Criticamente si intende la mancanz:t di soluzione di talune qui· stionl naturali, perch é ngnl spiegazione non esaurirà mai la serie del condizlouato; ma non si Intende la inconcepibilità, sia an che parziale, degli oggetti della esperienza, quando si pensa che oggello (Gcgenslattd) è con· sua cetto (BegrilT) e 111sua oggettività (conoscitiva, si intende) non è che 111. conc epibilità. l..'espressione di K . è perciò qui Jnes,itta e ripete forse l'ori· glnc sua dalla ammissione precritica di realtà riconosciute con I comuni concetti empirici sebbene non comprese (nkhl begrllfen, cl~ non concepite vl!ramenle nella loro possibilità), Donde la deduzione che egli allora traeva che anche "ciò che 11011 può esser reso spcrlmentahnente intelligibile» (p. es .. lo spirito) non deve per questo esser rigettato come Impossibile (cfr. Sogni, pp. 144-5), Cfr. q_ul 11pprcsso la nota di K. relativa a Platner (professore a l..ipsia 1744-1818.1 suoi Phllosophiscben Apborismcn in due volumi comparvero negli anni 1776, 1782. Nella terza edizione (1793-18oo) dice 11Martinetti (p. 206) che vi sono« accenni e riferimenti poiemici alla dottrina k:u1tiana, cllc non sono senza valore»). II
53) Valor~ r e golativo delle Idee trascend""· tali,
PROLEGOMENI
riguardo ai quali tutti i problemi che derivano dal concetto di essi devono poter essere risoluti, perché la ragione certamente può e deve dare compiuto conto del suo procedere n
fin, u-
ùle della natura dialel· lica della ra. glone urna·
na.
180
PROLEGOMENI
suo lavorio. Ma, siccome frattanto abbiam trovato che questo uso schiettamente natura le di una tale st ruttura della nostra ragione, quando questa non sia frenata e tenuta nei suoi confini da una disciplina, che è possibile soltanto con una critica scientifica, la inviluppa in conclusioni dialettiche trascend enti, in parte soltanto illusorie, in parte perfino contraddicentisi fra loro , e che inoltre questa metafisica sofisticante è superflua per l'avanzame nto della conoscenza naturale, anz i gli è del tutto dannosa, cosi rimane ancora una quistione degna di indagine, trovare cioè il fine naturale, a cui può esser diretta questa disposizione a concetti trasce ndenti nella nostra ragione, ché tutto ciò che v'è in natura, deve origi nariamente aver di mira qualche fine utile. Una tale ricerca è nel fatto malagevole; confesso anche che, come tutto ciò che riguarda i fini sup remi della natura, è solo congettura ciò che io sappia dirne e che in tal caso ~ i sia proprio concesso di dire, trattandosi di quistione che concerne non la validità oggettiva dei giudiz i metafisici, ma la naturale disposizione ad essi, e sta. quindi, fuori del sistema della metafisica, nell'antropologia (11,1. Quand'io conside ro tutte le idee trascendentali, il cui insieme costit uisce il compito proprio della ragion pura naturale, dal quale questa è costretta ad abbandonare la semplice considerazione della natura, a salire oltre ogni possibile esperie nza, e ad effettuare in eiue-
(112) Cosi io fondo tutta la Crìlica (e quindi aucbe la Metafi5ica cbe su essa si Conda) verrebbe, seoondo la concezione kantiana, a fondarsi sulla AntTopologla che cl spiègbcrebbc questa costituzione del soggetto e Il naturale fine utile di essa. La riaffermazione di questo principio dogmatico a proposito delln praticità concessa a.Ila ragione umnna, vedasi nelle prime pagine della Fandaxione della Metafisica dei casf1tmi.
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CONCLUSIONE
181
sto sforzo la cosa (sia essa sapere o sofisticare) che dicesi metafisica: credo allora cli accorgermi che questa disposizione natural e sia indirizzata a liberare il no· stro concetto dai vincoli dell'esperienza e dai confini della pura considerazione della natura, tanto che esso veda almeno aperto dinanzi a sé un campo, che con· tiene soltanto oggetti per l'intelletto puro, i quali la sensitività non può raggiungere; e ciò non allo scopo che ce ne occupassimo speculativamente (ché non troviamo fondo sul quale possiamo prender piede), ma perché [possano essere ammess i] C11 J>i principi pratici, che, se non trovassero dinanzi a sé un tale spazio per la loro necessaria aspettazione e speranza, non potreb· bero estendersi fino alla universalità, di cui ha indispensabile bisogno la ragione sotto ìl punto cli vista morale. Trovo cosi che l'idea psicologica, per quanto poco con essa io conosca della natura dell'anima umana, nella sua purezza, al cli là di tutti i concetti dell'espe· rienza, per lo meno mi mostra con sufficiente chiarezza la insufficienza di questi ultimi, e mi allontana cosi dal materialismo come da un concetto psicologico, che, mentre non è capace di spiegare la natura, restringe inoltre la ragione per quanto riguarda la pratica. Cosi le idee cosmologiche, col .manifestare l'insufficienza cli tutta la conoscenza naturale possibile ad appagare la ragione nella sua legittima richiesta, servono a tenerci lontani dal naturalismo, che vuol far credere la natura sufficiente a se stessa. Finalmente, siccome nel mondo sensibile ogni necessità naturale è sempre condfaionata, in quanto presuppone sempre una dipendenza delle cose da a1tre cose, e la necessità incondizionata deve esse r
(113) Le parole lra [ ] mancano nella edizione originale. Le ho aggluolc avvicinandomi alla io1egra2inne dcl periodo suggerita da Erdmann nclla edlz. dell'Ace. (voi. fV, p. 6 sg.).
182
PROLEGOMENI
cercata soltanto nella unità di una causa diversa del mondo sensibile, e a sua volta poi la causalità di tal causa, se questa fosse soltanto natura, non potrebbe mai render concepibile l'esistenza del contin gente come sua conseguenza: cosi la ragione, per mezzo della idea te o I o g ìc a, si libera dal fatalismo di una cieca necessità naturale, sia questa posta nella stessa coesione della natura senza un primo principio, o sia anch e nella causalità di questo principio stesso, e mena al concetto di una causa con libertà, e quindi di una suprema intelligenza. Cosi queste idee trascendentali, sebbene non a istruirci positivamente, pur servono a spazzar via le affermazioni temerarie, e restrittive del campo della ragione, fatte dal materialismo, dal naturalismo e dal fatalismo, e a far cosi posto alle idee morali fuori del campo della speculazione; questo, mi sem bra, spiegherebbe in qualche modo quella disposizione naturale. L'utilità pratica, che può avere una scienza puramente speculativa, sta fuori dei limiti dj questa scie nza; può dunque esser cons iderata soltanto come uno scolio, e, come tutti gli scolii, non appartiene, quale parte, alla scienza stessa. Pur tuttavia questa relazione sta per lo meno entro i limiti della filosofia, specialmente di quella filosofia che attinge a pure fonti di ragione, là dove l'uso speculativo che si fa della ragione nella metafisica, deve avere necessaria unità con l'uso pratico che se ne fa nella morale. Perciò la inevitabile dialettica della ragion pura, considerata come disposizione naturale, merita, se si può, di essere spiegata in una metafisica, non solo in quanto è parvenza che bisogna che sia dissipata, ma anche in quanto è ist ituzione naturale che ha iJ suo scopo, sebbene tal faccenda, in quanto soprammeritoria, non si abbia diritto di pretendere clalla metafisica propriamente detta.
f364J
CONCLUSIONE
(36.s)
183
Come un secondo scolio, ma pili affine al contenuto della metafisica dovrebbesi ritenere la soluzione delle quistioni che nella Critica vanno da pag. 647 a pag. 668 [uad. it. pagg. 500-518). Giacché li sono esposti certi principi razionali che determinano a priori l'ordine naturale, o, meglio, l'imelletto che deve, con l'esperienza, cercarne le leggi. Essi sembrano costitu tivi e legislativi riguardo alla esperienza, mentre derivano dalla ragion pura, la quale non pub essere considerata, come è l'intelletto, un principio dell'esperienza possibile: Ora se questa concordanza stia in ciò che, siccome la natura non aderisce in se stessa ai fenomeni o alla loro fonte (la sensitività), ma si trova solo nella relazione di questi ultimi con l'intelletto, cosi a questo intelletto possa appartenere la piena unità del suo uso per una intera esperienza possibile (in un sistema) soltanto in rapporto alla ragione, e quindi anche I'esperienza stia mediatamente sotto la legislazione della ragione: può pili a lungo esser esaminato da quelli che vogliono indagare la natura della ragione anche fuori del suo uso metafisico, perfino nei principi universali, per rendere sistematica una storia della natura in generale; giacché ta l problema io l'ho certo presentato come importante, ma non ne ho cercata la soluzione 1
l
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APPENDTCE
205
gare i concetti elementari dell'intelletto puro per chiarirli con l'analisi e determinarli con le definizioni. Cosi essa divenne una cultura della ragione, dovunque questa credesse poi bene di volgersi. Ma questo era anche tutto il bene che essa faceva. E poi questo suo merito riannullava, favoreggiando la presunzione con le affermazioni temerarie, lo spirito sofistico con le scappatoie e con l'orpello, la superficialità con la facilità di passar sop ra ai piu ardui prohlemi mercé un po' di sapienza scolastica; ed essa è tanto pili seducente quanto piu ha libertà di prendere da una parte qualcosa del linguaggio scientifico e dall'altra di quello popolare, ed è cosi tutto per tutti, ma in realtà non è nulla affatto. Al contrario con la Critica si dà al nostro giudizio il criterio col quale si può sicuramente distinguere il sapere dalla sua illusoria parvenza; ed essa, portata nella metafisica al pieno suo uso, costituisce un modo di pensare che estende poi il suo benefico influsso ad ogni altro uso della ragione, cominciando dall'ispirare il vero spirito filosofico. E lo stesso servigio che rende alla teologia, rendendola indipendente dal giudizio della speculazione dogmatica e pone ndola cosi del tutto al sicuro dagli attacchi di tali oppositori, non è certo da giudicarsi piccolo. Giacché la metafisica comune, sebbene le promettesse grande aiuto , non poteva poi mantenere la promessa, ed inoltre, chiamando a suo appoggio la dogmatica speculativa, non aveva fatto Altro che armare nemici contro se stessa. Il fanatismo [Schwarmerei). che non può sorgere in una età. illuminata, se non nascondendosi sotto una meta· fisica scolastica, sotto la cui protezione può arrischiarsi a delirare quasi con ragione, è, dalla filosofia critica, scacciato da qùesto suo ultimo rifugio; e soprattutto, per un insegnante di metafisica, non può non esse re di grande importanza il poter dire, con universale consenso. che ora finalmente ciò che egli presenta, è anche una scienza e che si apporta cosi un reale vantaggio alla comunità.
AVVERTENZEDEL TRADUTTORE
Buona parte di questa nuova traduzione italiana dei Proleg-omelfi, era già fatta nel 1912, quando comparvero quasi contemporaneamente le traduzioni del Martinetti e dell'Oberdorfer. Non fu quindi proseguita. Riconosciuta ora finalmente l'esigenza che iJ pensiero filosofico si conosca, anche nelle scuole, direttamente dalle opere dei filosofi, e non dalle compilazionj dottrinarie, che, abbandonando quello sforzo personale di ricerca che costituisce la vitalità di esso pensiero, non possono darne I' intima essenza; e neppure dalla stessa esposizione storica delle idee filosofiche fondamentali nel loro sviluppo, la quale, necessariamente schematizza in formule e in sistemj quello che è il pensiero vivo concreto, che mal si lascia chiudere io uno dei tanti « ismi • - riconosciuta dicevo tnle esigenza, mi parve venuto il momento di menarla a termine e di pubblicarla. Se e in che questa mia traduzione abbia una sua ragion d'essere accanto alle altre esistenti, ved rà il lettore. Nella revisione ho avute presenti queste e quella francese del Tissot . Spesso ne ho tratto lume (specialmente da quella del Martinetti); ma spesso anche me ne sono dovuto allontanare. Citare luoghi determinati sarebbe cosa lunga e inutile. Per mio conto mi sono sforzato di attuare una piena aderenza al pensiero kantiano conservandolo nelle difficoltà
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PROLEGOM'BNI
con cui eventualmente si esprima, nelle imagim m cut s1 traduca , nelJa luce in cui si manifesta. E ciò se talvolta re nde forse un po' difficile la prosa kantiana anche in lingua italia na, mi ha permesso però di conservare, da una parte, al massimo possibile la precisione tecnica del linguaggio , e\•itando di travestire i concetti filosofici in nozioni impre cise della coscienza comune, e dall'altra di dare schietto il pensiero kantiano senza ricorrere a parafrasi esplicative, che, pur permettendo alle volte di rendere più chiaro o più esplicito il pensiero di K., sono sempre delle deformazioni. A mio avviso il pensiero, che sia oscu ro nel testo, deve risultar tale anche nella traduzione: tradurre non è facilitare e migliorare, anche quando ciò si creda possibile; trad urr e è render il pensiero nella stessa luce in cui prima si manifestò, tenendo conto delle esigenze diverse della lingua in cui si traduce. Fino a qual punto io sia in ciò riuscito, vedrà il lettore che col processo mentale di Kant abbia diretta dimestichezza.
*** Si può dire che allo stesso criterio sono informate le note. Dico subito che non è questo il commentario che io avevo in animo per questa operetta che racchiude in non molte pagine tutto quello che c'è di essenziale nella filosofia kantiana. Ragioni editoriali e personali me ne hanno per ora dissuaso. Con le poche note qui date mi sono proposto principalmente di raggiungere questi due fini: r0 Mettere in evidenza la luce e le ombre del pensiero kantiano e alle volte pili queste che quella, sia perché a me pare che possa cosi risultare con maggiore nettezza di contorno il profilo schietto di quella che è essenza sempre vitale del pensiero kantiano, sia perché quelle ombre richiamano alla loro attualità i problemi filosofici sempre risorgenti della umana coscienza. :z• Far risaltare i concetti fondamentali della critica, fissandoli nella loro determinatezza, e tornando a pili riprese su di essi, in modo che se ne veda la loro intima
AVVERTENZE DEL TRADUTTORE
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radice e se ne scopra quindi la fondamentale coerenza o incoerenza (cosi, p. es., per la sintesi, per le intuizioni, per il realismo, per l'esperienza, ecc.). I due fini quindi si fondono in uno: far intendere intimamente Kant in modo da se~tire la coscienza appagata per la soluzione che egli ha data delle difficoltà in cui il pensiero precritico si chfodeva, e tesa per quelle che egli stesso, anche non volendo, fa scorgere, le pili fondamentali delle quali a me pare che attendano ancora la loro soluzione. Perciò come K. dice, nel primo rigo della prefazione, per i suoi Prolegomeni, cosi dico anch'io per parecchie delle note che vi bo apposte: pili che ad uso degli scolari, esse son, fatte ad uso dei maestri. Io con esse non bo voluto sostituirmi a questi nel facilitare la comprensione del testo. Questa è la loro opera viva, che si fonda su una molteplicità di accorgimenti, siano essi preparati con metodica esattezza, siano nascenti all'improvviso da una incomprensione, da una discussione, da una domanda, ecc. A me non parve mai buon maestro chi alle annotazioni affida o da esse aspetta la diretta illustrazione che gH scolari chiedano del testo. E io so che nelle scuole italiane molti buon maestri ci sono; se v' ha che buoni non siano, certo non si cimenteranno con Kant nel loro insegnamento. Mentre però le note, dicevo, si rivolgono ai maestri, non si rivolgono loro per erudirli nella trattazione storica dei singoli problemi. Le pili tra esse vogliono essere solo incitamenti a riflettere e quindi a far riflettere, in modo che da una parte si penetri nell'intimo del pensiero kantiano, e dall'altra entri nell'animo quell'ansia insoddisfatta della ricerca, che, quando si insinui, troverà ben modo di svilupparsi soprattutto con l'approfondimento del pensiero di K. stesso nelle sue opere, e dei sistemi che da esso furono generati. In questi infatti quei problemi trovano sviluppo e concreta trattazione. Col che non voglio toglier valore alle trattazioni speciali, che lo banno però sempre solo in quanto a questi vitali sistemi di pensiero rinviano e pongono capo. Data l'indole e i limiti del mio lavoro, AANT,Prohromm.i.
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PROLEGOlfRNI
10 non dovevo qui preoccuparmi di speciali bibliografie, per le quali basterà prender le mosse da una delle trat· tazioni generali indicate nelle note stesse. Il mio commento quindi, nelle modestiss ime proporzioni che ha, non vuol principalmente essere né erudito (esposizione delle varie opinioni intorno a determinate quistloni), né storico (fissazione di quel che c'è di proprio di K. in confronto dei suoi antecessori e successori), né interpretativo; il suo carattere principale è quello critico, vuole cioè risuscitare la discussione dei problemi. E tale a mio avviso deve essere ogni commento filosofico di un'opera filosofica. Non per questo esso si può dire indirizznlo specificamente ai cultori di filosofia; ho evitato, per quanto mi è stato possibile, le formule, in modo che ogni persona colta possa sentire i problemi agitati dal pensiero kantiano. Si troverà forse strana tutta questa dilucidazione per le poche note; ma la si giustificherà quando si pensi a quel che dicevo poco fa dell' insodisfatto desiderio di un pieno commento di tutta la Critica attraverso i Prolegomeni, e al bisogno eh' io sento di far riflettere ai cultori di filosofia e prima di tutto ai loro editori, che, per far nascere o svilupp are il gusto delle opere filosofiche degne di tal nome, è bene fornirle di commenti ampi e degni. Certo come la poesia cosi la filosofia si gusterà solo nelle sue dirette espressioni e non nel commento: ma il commento appunto non deve cl1e aiutar questo gusto a nascere o svilupparsi. Certo la sublime bellezza della Divina Commedia non la si sente che nel diretto immediato contatto con lo spirito di Dante nelle sue espression i ; ma ciò non toglie che critici di ogni levatura e di ogni tempo si siano affannati e continueranno açl affannarsi per creare le condizion i propizie di questo contatto. Qualcosa di analogo è necessario per le opere di filosofia, che, se non sono (e non sono) poesia, non sono neppure fredda scientifica prosa. Commentare però in filosofia è semp re filosofare: commento al Sag,f'io sull'inlelletlo u11u1110 del Locke, sono i Nmwi Sag-g-i del Leiboiti. Lo svilupparsi autonomo della storia della filosofia oggi ci fa sentire meno il bisogno di un tale
AVVKRTBNZR OBL TRAOUTTORB
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commento filosofico. Per avere una qualche informazion e di filosofia si ricorre alla sua storia . E poco più che n correre solo alla storia della poesia per saper qualc osa di questa.
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Poche parole per quanto riguarda l'edizione : 1) La traduzione è stata condotta su quella accura tissima del Vorlànder (Plzif()sophische Bi/Jliothek, Band 40 1 Felix Meiner, Leipzig , 1905~), e confrontata poi con quella curata da B. Erdmann in Kants Gesamme/le Scl1ri/lm , herausgegeben von der Kgl. Preussischen Akademie der Wissenschaften (voi. IV, pagg. 253-383). 2) I numeri chiusi tra [] a margine del testo indicano le pagine della edizione della accademia, che sono riportate anche su quella del Vorlander. Esse sono molto utili per un pronto riscontro col testo originale. 3) A rendere l'operetta kantiana piu chiara nel suo contenuto essenzial e-e piu rispondente ai bisogni dell' insegnamento abbiamo addotte, in margine, le idee in essa svolte indicandole con 6o argomenti, che sono raggruppati in XIX tesi, a loro volta raggruppale in quattro titoli. E questo, che ci pare lo schema del pensiero kantiano, riportiamo qui appresso per intiero, perché se ne abbia a colpo d'occhio la visione sintetica. Gli ultimi tre titoli non sono che le tre parti in cui K. ha diviso la sua opera, comprendendosi nella parte terza quella «soluzione della quistione generale dei Prolegomeni (come è possibile la metafisica in quanto scienza?)• (pag. 184), che K. stesso in fondo non tratta piu in una speciale parte come a principio (pag. 47) pareva si proponesse. Il primo titolo è costituito dalla prefazione e dall'avvertenza preliminare, che pongono i dati necessari per la intavolazione del problema. 4) Ad esigenza didattica o di lettore frettoloso risponde anche la diversa interlineazione delle righe. I brani dati a righe piu serrate possono essere saltati, senza che si perda la linea gene rale nello svolgimento del pensiero, e senza che rimangano lacune notevoli. Spesso anzi si evi-
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tano ripetizioni. Di solito i termini da connettere nei ~alti sono avvicinabili senza difficoltà. s) Si intende che lo studente leggerà Anche i brani da saltare quando specialmente constano di poche righe; ma essi potranno non esser fatti argomenti di studio, di analisi, di interpretazione, di esercizio. Giacché tutto questo devesi fare, quando si voglia veramente far servire un'opera filosofica di palestra per l'addestramento filosofico della mente. Riassumere o parafrasare, trasformare la forma dimostrativa in dialogica o viceversa, sviluppare un motivo su un determinato tema, ravvicinare pensieri diversi vedendone h1 coerenza, ecc., tutto questo si potrà e si dovrà far fare nella scuola e a casa, collegialmente e individualmente, perché l'insegnamento filosofico sui classici ottenga il suo frutto. Anche l'inquadramento storico, quando non sia accompagnato da questa penetrazione dell'opera che si legge, rimarrà senu frutto nella disciplina filosofica: le nozioni apprese non entreranno a far parte viva della coscienza. 6) Mezzi per stimolare queste ed allre esercitazioni vogliono anche essere gli argomenti dello schema, e i tr· toli che perciò ho dato alle note nell'elenco fattone a pag. 223. NOTA BIBLIOGRAl"ICA, - è superfluo dare un cenno parziale e sommario della vastissima bibliografia kantiana. Si trova in qualunque storia della filosofia. FondameotAie per essa il G, 1mdriss der Geschichte der Phìlosophie dell' IJberweg. Per il principiante italiano basterà consultare la Storia. della .filosofia del Fiorentino curata, completata e arricchita di buone indicazioni bibliografiche dal Carlini (editore Valleccbi, Firenze) e quella del Windelband (trad. itnl., 1• edlz. Sandron, Palermo). Una informazione generale riguardo alla dottrina kantiana egli trarrà da Paulsen, Ka11t (trnd. Il. Sandron) Ruy!\Seo, Kat1I (Alcan, Paris) e Cantoni, Kant (voli. 3; il primo in 1• edlz. presso Bocca, Torino; il secondo e il terzo presso Hoepli, Milano). Ma l'esposizione cantoniana di Kant, abbastanza ampia, ha pur bi· sogno di no correlllvo perché Kant non rimanga spesso mal in· teso e come rattrappito nella sua dottriaa !' un ottimo corn:ltivo sono gli strilli dello Spaventa su Kant (vedili riediti a cura di
AVVRRTENZB DEL TRADUTTORE
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G. Gentile nel volume di Scritti filosofici presso Morano, Napoli, e in quello su La.filosofia ilatiana, ecc. presso Laterza, Bari). Cosi per la dottrina fondamentale del giudizio nella s11adistinzione in analilico e sintetico, può vedersi l'ampio studio di Ausonio Franchi, Su la teorica d4l g-iudil:io, ma se ne veda, anche qui come correttivo, la recensione critìca fatta dell'laia nell'art . e La sin· tesi apricri .tantiana ed A. Fra11chi • ristampato nel volume di Sag-gi filosofici (Pisa) . Si vedano anche gli scritti relativi a Kant del Gentile nel volume su La rifo,·11za della Dialettica (Princi· pato, Messina) e l'interessante e dotto studio del Martinetti Sul formalismo della morate l,umtiana (in e Studi di fil., 61os. e storia , a cura della R. Accad. di Milano, 1913). Per quanto riguardi poi la conoscenza diretta del pensiero kantiano, che è q11ella che più conta, io consiglierei di leggere anche prim11 del present.i Proleg-o,,ieni i seguenti scritti precritici (contenuti tutti nel voi. Scritti minori, Bari, Laten:a): 1) L'u11ico a1"gonumto possi./Jile pe1" una dìmostra z ione dell'esi.st,m:a di Dto (1763). 2) Sol!ni di u11 vi-siot,ario cltiarili co,i sogni della 111e la.fisica ( 1766). 3) De 1111.ndistmsi/Jilis atq1,c inlellig-i!Jilisforma et p r in. cipiis (r770). A questi può seguire senz'altro lo st u dio dei 4) Proleg-omtmi (1782) 1 ed a questo quello della s) Fondazione della Melafisùa dei costumi (1785) (trad. Vidari, Paravia, Torino). Si sarebbe cosi preparati allo studio delle Critiche 6) della Rag-ioti pura (1781-872) 7) della Rag-io11pratica (1788) e 8) tkJ Giudizio (1790). Di queste si hanno le traduzioni italiane (Classici della 6losofia, Laterza, Bari). Capite queste opere si è sicuri di possedere quanto è essenziale del pensiero kantiano, e di poter intendere e valutare lo sviluppo idealistìco che K. ebbe in Germania, e il giudizio che se ne dette in Italia da pensatori come Galluppi e Rosmini, che, pur avendo in concreto fatto proprio in diversa misura il nocciolo vitale della dottrina kantiana, non valutarono esattamente l'essenza di essa. E a questo punto ... non si avrà più bisogno dì consigli. Degli scritti kauliani oltre quelli già citati sono tradotti in italiano e ritrovabilì sul mercato librarlo i seguenti : 1) ll1onado/og-ia physica ( 1756) • in Scritti minori • , Laterza, Bari. 2) Nttova dc/trina rfd molo t' della q,.iele ( 1758) ibidem.
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PROLJtGOMBNI
3) .Del primo fondamento della dislinrione delle regiom nello spazio (1768) ibidem. 4) Jdea di una slriau11iversale ( 1784) ~ in Scritti politici•, Carabba, Lanciano. 5) T11oria.e pratica (1793) ibidem. 6) Della pau perpettta (1795) ibidem. 7) lJfetajfrica dei costumi (1797) Paravia, Torino. 8) Antropologia (1798) ibidem. 9) Lettere (scelta) ibidem . Sarebbe desioerablle la traduzione della Retigio11 innerliatb der Grenzeti des bJossm Vernunfl (1793). Ce n'è la traduzione francese.
AVVARTBNZR DEL TRADUTTORE
Il
Nel 1770, con la famosa Dissertazione sulla /orma e sui principi del mondo se,isibile e intelligibile, K. fece il primo deciso passo verso la Critica, ponendo la prima delle due fondamentali scoperte in cui essa si risolve, e cioé la esplicita affermazione della idealità dello spazio e del tempo. Dopo dieci lunghi anni di ininterrotta ed aspra medi· tazione egli, con la Critica della Ragio,s pura, pubblicata nel 17811 presenta la dottrina critica nella sua piena affermazione e sviluppo, aggiungendo, alla prima, la seconda scope rta e cioè la funzionalità formale dei concetti intellettivi puri. L'opera riusci ai contemporanei pesante, oscura, di difficile comprensione. K. riconosceva fondata l'accusa, per quanto ritenesse che l'opera fosse qual dovea essere, e l'oscurità e la pesantezza dipendessero solo dalla novità delle idee e dalla cura posta nel dare a queste on sistema, che, nella intrinseca unità ed organizzazione, le giustificasse tutte con scrupolosa esattezza, e nel loro insieme e nella loro circonstanziata singolarità. Ad agevolare la comprensione dell'opera egli però, già qualche anno dopo la comparsa di essa, maturava il disegno di darne un estratto popolare per i non competenti. Ma, mentre già lavorava a tale estratto, comparve, su una dotta e autorevole rivista del tempo, una recensione poco favorevole, e che nel suo insieme parve a K. dettata o da mala fede o da ignoranza .. (cfr. Appendice). Quindi la presentazione popolare e succinta della austera e diffusa opera divenne anche difesa da lle accuse rivoltele e specialmente da quella di idealismo. E nacque cosi il presente saggio che fu pubblicato nel r783 (Riga, bey J. F. Hartknoch) col seguente titolo: Prolegomena zu einer jeden kiiuflig-en llfetaphysik, die als Wisse-nsclia/twird auftreten lltJmzen(Prolegomeni ad og-ni /uh,ra metafisica che si potr!l presentare come scimaa). La difesa, forse, si sovrappose senza fondersi compie-
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PROLEGOMENI
tamente col riassunto (cfr., riguardo a questa duplice reda· ziooe, un cenno della polemica Erdmaon-Amoldt nella Einleituog del Vorldnder ai Prolegomeni, Pb. Bibl., Band 40, pagg. x111-x1x), e ne deriva quindi quel certo c11rattere indeciso dei Prolegomeni, or polemici or riassuntivi ecl esplicativi. Quindi anche quel ripetere sia pur con luci sempre nuove uno stesso argomento, ripetizione che è forse propria di Kant, come di ogni mente non facilmente appagabile, ma che qui forse risulta piu che altrove .
*•• Non ostante ciò, però, non mi par vero affatto quanto da qualcuno è stato affermato, che i Prokromeni, nella loro sommarietà, siano ancora piu difficili della stessa Crillca della Rag-ion pura. Certo essi in molti punti presuppon· gono la conoscenza di questa; ma ciò nonostante, a me pare che diano abbastanza chiara e io complesso senza grandi difficoltà la concezione che della realtà conosciuta K. presenta attraverso una critica della conoscenza nei suoi tre gradi: sensitivo, intellettivo, razionale. Dei quali però, a chi intenda i Proleromeni, risulta che né il primo né j] terzo sono conoscenza vera e propria, il pieno conoscere umano è il giudicare intellettivo empirico; quindi la sua inevitabile discorsività. Cosi il pensiero fondamentale kantiano ci risulta chiaro, anche perché il problema della conoscenza della realtà ci è sempre presente nella sua unità e schiette1.za, e non si perde di vista, come forse avviene nella Critica, attraverso quella sistematica architettonica che K. credeva indispen sabile alla scienza e che perciò non voleva mancasse a quella scienza critica che doveva essere il fondamento della scienza metafisica. E, nonostante la contraria affermazione di K., io credo che nei Prolegomeni il suo pensiero con servi una andatura sintetica. Volere o non, nei due anni trascorsi dalla pubblicazione della Critica la sua mente aveva approfondito, ancora piu, quella che era l'essenza intim a e vitale delle sue scoperte.
AVVRKTENZE
DEL
TII. A DOl"TORK
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*** Perciò, a chi ben la guardi, la trama dei Prolegomeni sempli ce . La espongo brevemente se condo lo schema che esporr ò qui appresso: A) Dopo (Tesi I) la demolizione , fatta da Hum e, della possibilità di ogni conoscenza della realtà, si impone u na valutazione critica d ella facoltà conoscitiva per sé nella sua natu ra e nei suoi limiti; giacché (II) la metafisica, s ui cui insufficienti risultati specialmente H ume fonda il suo scet t icismo, è conoscenza sintetica (scoperta di ciò che è reale), ma a prior i (cioè deriva n te dalla ragione s tessa conoscente). Solo (Ili) quella critica, che perciò costi tuisce i prolegomeni ad ogni metafisica, può dirci se e come il problema della apriorità sintetica della conoscenza metafisica sia sol ubile. Per fortuna ci sono due altre scienze, matematica e fisica pura, che anch'esse presentano apriori, e con certezza, delle conoscenze sintetiche . La loro indiscussa possibilità ci metterà in grado di valutare quella della metafisica . B) La matematica (IV) è conoscenza sintetica e apriori, e perciò lo spazio e il tempo, che ne sono gli oggett i fondamentali, devono essere intuizioni apriori; le quali (V) però non sono che la forma della rea ltà che sentiamo . Si spiega cosi la conferma che l'espe rienza dà alla matematica, la quale quindi, nella sua specifica natura, non ci dà, della realtà, che la possibilità di intuizione. C) Passando (VI) all'altra scienza sintetica apriori , cioè la fisica pura, K. vede che la natura invece importa u na determi nazione di tale realtà mediante legg i universali . E giacché la realtà è data a noi soltanto da lla intu izione se nsitiva, cosi la natura ci si presenta come l'insieme degli oggetti da ti dalla espe rienza possibile nel loro ord ine. Bisogn a (Vll) qu indi vedere quali sono veramente oggetti nella espe rienza, distinguendo l'atto d'esperienza dai semplici gìudizi pe rcettivi.. Di (VIII) questa oggettività ch e è prop ria della esperienza, K. trova l'orig ine ne lle categorie intelle ttiv e , in q uanto funzioni t utte della unità sinte tica è abbastanza
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l'ltOUGOMENI
appercettiva che si afferma nel giudizio. Si può (IX) cosi spiegare l'apriorità sintetica della fisica pura, mediante la tabella fisiologica dei principii ottenuti co n la sintesi dello schematismo (sint esi dell'apriori del senso con l'apriori del!' intelletto). Cosi (X), risoluto il problema della fisica pura, viene anche, nella chiara coscienza dell'essenza della esperienza, tolto lo scetticismo di Hume riguardo a questa. Essa (XI) infatti richiede che i noumeni s1 distinguano dagli oggetti di esperienza, e non si confondano neppure con le categorie, a capire la qualcosa è necessaria la critica . K. conclude (Xli) quindi con la dimostrazione diretta della unità di intelletto e natura. La natura non è che la realtà concettuale della esperienza. D) Ma (Xlll) la metafisica pretende raggiungere la realtà in sé. Senonché gli oggetti determinati, che la metafisica ci presenta come in sé, non sono che pure idee nascenti dalla intima costituzione della ragione. ln ciò la dialettica naturale della ragione. Dialettica (XIV), che, in una metafisica precritica, suscita, con la idea dell 'a nima, i paralogismi, per i quali la schietta forma del pensare si scambia per una entità in sé. Con (XV) la idea del mondo poi suscita prima le antinomie matematiche, a fondamento delle quali sta un'idea contraddittoria; e poi (XVI) quelle dinamiche, per le quali si crede di riferire alla stessa entità principii che riguardano distintamente, gli uni gli esseri noumenici, gli altri quelli fenomenici. Nella (XVII) idea teologica infine si ha l'ideale della ragion pura scambiato per una dimostrazione di esistenza in sé. Perciò (XV III) non è del tutto falso cbe la ragione ci presenti l' in sé; ma ce lo presenta solo sul limite della conoscenza, sul quale appunto essa si trova. Nel (XIX) valore regolativo delle sue idee, la natura dialettica della ragione umana ha il suo intimo vantaggio. Solo la critica ci fa scoprire questa natura e quel valore; e quindi essa è il fondamento necessario di ogni metafisica, che non va distrutta, ma costruita solo cosi come la natura delle sue affermazioni conse nte.
SCHEMA DELL'OPERA A: PllRLIMlNA'RI. Tesi I: li problema della Critica (Prefazione) .
TI T OLO
p.
5
Argome11ti: 1) La Critica come Prolegomeni alla metafisica. 2) Genesi storica: Hume. 3) TI senso comune. 4) Hume e Kant. 19 Tesi 11: Natura della metafisica (~~ 1-3). 5) La metafisica come scienza. 6) L giudizi analilici e il prin· c:lpio di contraddizione. 7) l giudizi sintetici e la natura della metafisica.
Tesi Ill:
Il problema della possibilità della metafisica
CH4·S) · 34 8) Esiste una metafisica scienza 1 9) Il problema della passi· bilità dei giudizi sintetici apriori. 10) Suddivisione del problema. TITOLO
B:
LA REALTÀ
lNTUITIVA,
Tesi IV: La matematica
m
6-10) Caratteristica della conoscenza matematica. 12) Il pro· blema della intuizione a priori. 13) Soluzione del problema 11)
filosofico della matematica.
Tes-i V: Senso e realtà
m
u -13) 14) Forma e materia del renomeno. 15) L'incongruenza l'intuitività dello spazio. 16) Le conoscenze matematiche l'idealità dello spazio. 17) Reallsmo della dottrina critica. T IT OL O
C:
LA
REALTÀ
Tesi Vl: La natura
CONCRTTUAL!t
m 14-17)
e e
(NATURA),
p.
75
18) Natura in generale. 19) L'apriori nella natura. 20) La nat ura data dall'esperienza e il problema della sua apriorltà. 81 Tesi VU: L'oggettività 18-20) 21) Duplicità dei giudizi empirici. 22) Universalità ed ogget· tlvità. 23) Coscienza singolare, coscienza universale, esperienza .
m
2::u
PROLEGOMl::NI
Tesi Vll1:
m 21-22 >
La fonte dell'oggettività·
l'intelletto
puro 90
24) Le lre tnvole della oggeltlvatà. 2.5) L'universaliuazione.
26) L'esperienza
e la sua nece:.sitd .
Tesi IX: Soluzione del problema fisico (H 23-26) . 27) La scienza pura della natura.
95
28) I priacipìi matematici.
29) 1 principiì dinamici. 30) Empiria ed eiiperien:ta.
Tesi X: Confutazione
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42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56.
57. 58. 59. 60. 6r. 62. 63. 64. 65.
P~OLEC.OMENI
La costruzione dei concetti La forma Positività del senso . Le intuizioni pure e la loro oggettività Entità matematiche e oggetti fenomenici L'intuire come forma del seotire Indipendenza logica della forma Deduzione trascendentale . L'incongruenza Ragione della idealità dello spazio Metafisica e geometria . Le cose fuori di noi L'idealismo di Berkeley e il realismo di K. Rappresentazione dello spazio . Il senso per Leibnitz e per K .. La concezione kantiana del senso e il realismo Non erroneità del fenomeno. Realismo e intuizione . L'idealismo trascendentale li concetto di natura lJ problema kantiano del realismo . Inconoscibilità aposteriori delle cose in sé Possibilità della psicologia come scienza Chiarimento Sommario dei U 14-17 . Trasformazione dei giudizi percettivi in giudizi di esperienza . I concetti intellettivi puri forma del conoscere intellettivo . Rinvio a nota 56 . Difficoltà intima dei giudizi percettivi e analitici Quadro degli alli rappresentativi Coscieoza in generale e oggettività Chiarimento I concetti intellettivi puri come determina· zioni in sé delle intuizioni Schematismo dell'intelletto pu ro Universalizzazione della intuizione .
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NOTE
OEC, TRADUTTORE
66. L'unione delle rappresentazioni e la coscienza in generale . 67. Necessità ed esperienza 68. Rinvio a nota 63 . 69. La scienza . 70. Anticipazione della percezione come mathesis intensorum . 7 I. Correzione del Natorp . 72. I principii dell'intelletto puro 73. Esperienza e giudizio . 74. L'argomento della conoscenza apriori 75. Oggettività e sinteticità delle leggi naturali 76. Gli indirizzi gnoseologici prekantiani e la esperienza 77. Il circolo scettico di Hume e il suo superamento kantiano mercé l'esperienza 78. I naturalisti della ragion pura 79. Fenomeno e parvenza . So. Interpretazione 8t. Valore dei concetti puri 82. Riferimento alla Critica 83. J noumeni, l'intelletto e le categorie 84. L'appercezione 85. La costituzione soggettiva come fondamento imperscrutabile 86. L'esistenza della scienza come principio 87. L'unità del mo lteplice nel periodo precritko e in quello critico 88. Interpretazione &9. La ragione e la totalità dell'esperienza 90. La dialettica e le idee . 91. I primi tre paralogismi e la prima analogia della esperienza 92. Correzione dell'Erdmann . 93. 11quarto paralogismo e l'idealismo materiale 94. Phiinomen ed Erscheinung . 95. U sonno dogmatico e le antinomie 96. Le idee cosmologiche . 97. Eterogeneità lra causante e causato KANT,
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98, Concetti dogmatici . p. 154 99. Le idee come princi pii oggettivi della ragione e le leggi naturali » 156 100. Causalità umana eterogenea ed omogenea » 157 ror. Oggettivira e concepibilità » 16r ro2. Ragione e dialettica )) 163 103. 1 dialoghi di Hume . » 164 104-. Limite e coniine . » r67 ro5 . Conoscenza del nesso e analogia li> 170 106. Richiamo alle note 97 e 104 • ,. 170 ro7. Categorie e unità di coscienza » 171 108. Dio e l'intelletto puro . l'> I7f 109. Dio e la volontà pura . 1> 172 110. Passaggio dal deismo al teismo l) 175 1u. Dio e mondo . li> 176 112. n fondamento de lla Crit ica » r8o , 13. Correzione dell' Erdmann . »
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INDICE p
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PRRLIMlNARRsulla caratteristica di ogni conoscenza metafisica (~~ 1-4) . Quistione generale (i 5) . PARTE PRTMA:Come è possibile la matematica 6-13) . pura? Osservazioni I-Il-Ili . . PARTE SECONDA:Come è possibile la scienza pura 14-38) , , della natura? Appendice alla scienza pura della natura. Del sistema delle categorie (~ 39) PARTK TRRZA: Come è possibile la metafisica in 40-45) genera le? Idee psicologiche (~I 46-49) Idee cosmologiche 50-54) Idea teologica (~ 55) . Osservaz:ione generale sulle idee trascendentali (i 56) , CoNci.usroNK: Determinazione dei limiti della ragion pura 57-60) . So1.uz10NE della quistione generale: Come è possibile la metafisica come scienza? APPENDICE Saggio di un giudizio sulla Crilica, il quale precede l' indagine . Proposta di un esame della Critica, al quale può seguire il giudizio .
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