Pietre che cantano. Studi sul ritmo di tre chiostri catalani di stile romanico 8877460431, 9788877460431


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Pietre che cantano. Studi sul ritmo di tre chiostri catalani di stile romanico
 8877460431, 9788877460431

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MARIUS SCHNEIDER PIETRE CHE CANTANO Studi sul ritmo di tre chiostri catalani di stile romanico • ,,

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Prefazione di Elémire Traduzione di Augusto

Con un'appendice

Zolla Menduni

iconografica

ISBN 8S-7746-U4Ì-1 © Marius Schneider e Fondazione L. Keimer, 1972 © Archò, Milano, l'-)76 © 19S0 Ugo Cìuanda editore S.p.A,. Strada della Repubblica 56, Parma Ter/,a edi^iune: marzo 1998

U G O G U A N D A EDITORE I N PARMA

Prefazione di Elémire Zolla

Rari sono i libri che possono cambiare la vita dì chi l i legge: questo è uno di essi. Chi sappia cavarne tutte le deduzioni, vede in modo nuovo la storia, ascolta altrimenti i suoni della natura e la musica, guarda diversamente le cose. Intanto le guarda con l'orecchio: impara a coglierne Ìl ritmo, la vibrazione essenziale. A dire di che tratta, si fa presto: Scheneider osservò i chiostri romanici di San Cugat, di Gerona e di RipoU in Catalogna, annotò le figure fantastiche effigiate sui capitelli assegnando a ciascuno un valore musicale, quindi lesse come simboli di note le singole figure, basandosi sulle corrispondenze tramandate dalla tradizione india, e scoprì infine che la serie corrispondeva alla esatta notazione degli inni gregoriani dedicati al santi di quei chiostri. Le pietre cantavano, a saperle leggere, melodie precise. Fin qui ci sarebbe soltanto da rallegrarsi per un'operazione delle più brillanti di archeologia musicale, per l'avvio alla lettura musicale di chissà quanti altri complessi di scultura romanica. Ma a trarre tutte le conseguenze che Ìl caso impone, ci si accorge che vacilla i l nostro mondo culturale di tutti Ì giorni, che la storia e i valori comunemente accettati tremano come figure d'un velo dipinto. Una lama di luce rade le tenebre della storiografia medioevale, una storia ignota emerge, si ha la prova che si trasmettevano nel Medioevo conoscenze metafisiche simili a quelle che avevano generato la teoria musicale indù; esisteva una conoscenza metafisica non trascritta su pergamene, ma urlata dai capitelli.

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Gli edificatori di Cluny riempivano le chiese di mostri che divertivano le plebi, ma che erano un linguaggio, trasmettevano un messaggio ai pochi in grado di comprendere. Quando san Bernardo condannava quelle decorazioni, non sapeva dunque quel che si dicesse (tutto l'equivoco, per cui le superiori conoscenze cluniacensi furono represse e disperse, è stato chiarito recentemente da Margarete Riemschnedeir su Conoscenza religiosa). Bisognava visitarli sotto la pioggia battente, i duomi gotici: si destavano allora in vita i loro doccioni a forma di draghi, ne brillavano allora gli smalti colorati e, intasandosi, i loro condotti muggivano: ululavano le fauci dì pietra, barrivano sputando i getti dell'acqua di vita. Bisognava udirle, le cattedrali. Anche alla scultura e alla pittura di molti popoli « primitivi » si deve porgere orecchio. I draghi con lingua penzoloni, che emettono dalla bocca piante, catene, nastri, l i troviamo dalla Colombia britannica all'Oceania, fin sulle pareti della cattedrale di Fermo,

di volta in volta Ìl significato simbolico. Così, spesso si vedono affrontarsi Ìl leone e i l toro, dagli altorilievi dell'Iran a quelli medioevali europei, e simboleggiano l'intervallo di semitono fa-mi ovvero la tensione primaverile fra l'estate leonina e l'inverno bovino, ma al calar della notte è i l leone spossato ad emettere i ! mi e i l toro possente, che ora copre la volta del cielo, dove rimbombano i suoi muggiti, risuona come fa. I chiostri catalani non offrono soltanto uno svolgimento melodico in pietra, ma insieme alla melodia configurano Ìl ciclo dell'anno a partire dal momento dell'anno in cui quella melodia è cantata, quel santo celebrato. Come non bastasse, mettendo insieme tutti i dati che si ricavano dall'esame dei chiostri, si scopre che la successione dei capitelli è altresì calcolata in modo da definire i l tempo dell'esecuzione musicale (l'inno di San Cacufane, rappresentato dal chiostro, appunto, di san Cugat, consta di 14 crome, un tempo tipico di molta musica popolare balcanica e mediorientale: un avviso su come andrebbe cantato il gregoriano).

Vanno ascoltati, come vanno ascoltate le silenziose facce dei Maori e d'altri, tatuate di consimili motivi. Rappresentano l'urlo primordiale, i l Verbo creatore, i l vagito del cosmo. Stanno cioè dicendo: la realtà in ultima analisi è ondulatoria, ogni cosa si definisce dalla sua vibrazione specifica, cioè dal suo ritmo animatore; l'essenza delle cose è la loro musica: Ìl musicista, specie il tamburino, la coglie e la riproduce, dunque tutto nasce, ha origine del suono ed è in ultima analisi timbro e ritmo.

La danza delle spade, che ancora si può ammirare nel contado spagnolo, corrisponde a un giro dell'anno simile a quello fissato dalla successione dei capitelli dei chiostri: le figure della danza sono via via ad essi sovrapponibili. Chiostri, inni, danze tradizionali fornivano dunque versioni distìnte di un unico seguito di archetipi, erano diversi modi di fare una visita agli archetipi del cosmo e perciò diversi aspetti d'un unico rito di guarigione. Si guarisce dallo squilibrio, di qualsiasi genere, riacclimatandoci a tutti gli archetipi di cui la vita è intessuta, perciò alle singole figure della danza, ai singoli capitelli, ai singoli timbri-ritmi. Tutto, scultura, architettura, musica, mirava a un solo fine: che l'uomo armonizzasse con i l cosmo. Togliete di mezzo questo fine e che cosa di razionale rimane? Fatevi ricondurre da Schneider al Palazzo della Ragione.

Gli archetipi, cioè le categorie, le forme essenziali della realtà (o se si preferisce gli dèi) sono i timbri-ritmi fondamentali. Poiché ogni animale ha un suo grido e ritmo, a ogni animale corrisponde dunque uno spicchio del cosmo. L'arte più metafisica fa che l'uomo imiti l'animale. Questo è i l discorso che ripetevano le gargoglie delle cattedrali muggendo sotto gli scrosci. Si spiega dunque perché in India (e altrove) tradizionalmente si assegnassero a certi animali le varie note: al fa la tigre o la capra (e la mattina), al do l'elefante (e i l mezzodì), al sol la gru o i l pavone (e i l pomeriggio), al re Ìl pavone (e i l crepuscolo), al la l'uccello canterino o Ìl pavone (e la notte), al mi i l toro (e, ancora, la notte), al si i l cavallo o Ìl pesce o la rana (e l'ultima metà della notte). Ma non è una serie di rapporti meccanici: i l simbolo è qualcosa da trattare con sensibilità; ad esempio la tigre è un animale solare e i l suo suono specifico è i l fa, tuttavia quando alla sera si sdraia affaticata, diminuisce da fa a mi. Non l'animale in sé, ma la sua sostanza sonora e i l ritmo del suo movimento ne chiariscono

A che vi serve una filosofia se non la potete scolpire, cantare e danzare? A che vi serve scolpire, cantare, danzare se così facendo non imparate a conoscere gli archetipi del reale? Esorto a fare attentamente i l giro di questi chiostri musicali, i l periplo del mondo. E. Z.

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N o t i z i a sull'autore

Marius Schneider è i l massimo etnomusicologo vivente. Nato i l 1° luglio 1903 a Hagenau (Alsazia), ha studiato filologia, musicologia, pianoforte e composizione a Strasburgo (1921-24), Parigi (1924-27) e Berlino (1927-30); in quest'ultima città si è laureato con una dissertazione su L'ars nova en Italie et en Trance (1930), prima di una serie di ricerche sulla polifonia che l'hanno portato ad estendere le sue ricerche anche ai continenti extraeuropei. Questo minuzioso lavoro gli ha permesso di trascrivere una notevole quantità di materiale inedito, le cui registrazioni furono raccolte nel Phonogramm-Archiv di Berlino, del quale egli divenne vicedirettore nel 1932 e, due anni più tardi, direttore. In questo periodo avviò un imponente lavoro di comparazione tra la polifonia extraeuropea e quella europea medievale, che costituì la base intorno a cui elaborò la sua monumentale storia della polifonia. Dopo aver prestato servizio militare durante la guerra, nel 1944 ebbe il permesso di trasferirsi in Spagna per organizzare la sezione dedicata al folklore dcirinstituto Espanol de musicologia di Barcellona, dove ebbe modo di approfondire i suoi studi sull'origine delle tradizioni popolari e delle relazioni esistenti fra l'architettura medievale e la musica. Dal 1947 professore all'università di Barcellona, nel 1955 è stato chiamato all'università di Colonia quale litolare della cattedra di musicologia. Da allora le sue ricerche hanno privilegiato lo studio dei significati e delle relazioni simboliche esistenti tra la musica e la filosofia nelle religioni antiche. Dal 1966 al 1970 ha insegnato nell'università di Amsterdam. Le sue pubblicazioni principali sono: Geschichte lìcr Mehrstimmigkeil, in due volumi (i Nalurvolker, 11 Anfange in Europa; un terzo volume è ancora inedito), Berlino, 1934-35; H origen musical de los animalesI I

simbolo! en la mitologia y la escultura antiguas, Barcellona, 1946; La danza de espadas y la tarantela, Barcellona, 1948; Tipologia musical y iiteraria de la canción de cuna en Espana, in « Anuario Musical», n i , 1948; Los cantos de lluvia en Espana. Estudio etnologico y comparativo sabre la ideologia de los ritos de pluviomagia, ibidem, iv, 1949; Cansideraciones acerca del canto gregoriana, Ann Arbor, 1949; IM relation entre la melodie et le langage dans la musique chinoise, in « Anuario Musical », V , 1950; Cancionero de la provincia de Madrid, in due volumi, Barcellona, 1951-52; Les fondements intellectuels et psychologiques du chant magique, in « Colloques de Wégimont », 1952; Primitive Music, in The New Oxford History of Music, voi. i , London, 1957 (trad. it., Milano, Feltrinelli, 1 9 6 2 ) ; L'esprit de la musique et l'origine du symbole, in « Diogene », n, 27, luglio-settembre 1959; Le ròte de la musique dans la mythologie et les rites des civilisalions non européennes, in Histoire de la musique, voi. I , Encyclopédie de la Plèiade, Paris, i 9 6 0 ; Le style vocal dans les pays méditerranéens, in « Cotloque d'Hammamet », 1, Tunisi, 1963. Nel 1970 è uscita presso l'editore Rusconi col titolo // significato della musica una scelta di saggi curata dallo stesso Schneider. Collabora a numerose riviste, fra cui « Conoscenza religiosa », diretta da Elémire Zolla, Una bibliografia della sua opera è apparsa nel dizionario Musik in Geschichte und Gegenwari ( 1 9 6 4 ) e nella rivista « Ethnomuslcology », X I I I , 1969.

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Tesi

I l contenuto di questo libro si fonda sui risultati dì ricerche di tipo archeologico, mitologico, folclorico e musicologico sull'origine, l'essenza e lo sviluppo della simbologia musicale; tali risultati furono esposti nei miei lavori, i n lingua spagnola, riguardanti i simboli animali (1946), la danza delle spade (1948), i canti della pioggia (1949) e i l mito di D o n Giovanni (1951). Poiché questo studio ha come finalità interessi che attengono strettamente alla storia dell'arte, nel primo e nel terzo capitolo sono enunciate concisamente le nozioni preliminari, tratte dalle ricerche sopra menzionate, indispensabili per la comprensione del secondo e del quarto capitolo. I l lettore che volesse approfondire lo studio della loro documentazione potrà comunque ricorrere agli scritti già ricordati o alle pubblicazioni tedesche più recenti, citate nel corso di quest'opera. U n lavoro più ampio, che sviluppò ulteriormente le tesi delineate nel primo capitolo, apparve nel i 9 6 0 con i l titolo La phìlosophie de la musique chez les peuples non européens neir« Encyclopédie de la Pleiade », Gallimard, Histoire de la musique, tome i , p. 131. Scopo del presente studio è quello d i rendere fruttuose per i lettori amanti dell'arte alcime conoscenze ricavate da altri campi dello scibile, nonché indicare nuove vie nell'in15

dagine dell'architettura romanica. I l risultato finale porta alla formulazione d i questo principio: i l posto d i volta i n volta occupato da ogni sìngolo capitello nella successione delle colonne dei tre chiostri benedettini q u i esaminati non è mai casuale, ma è sempre determinato da un ritmo complessivo, musicale o ideologico. N é 'fantasia sfrenata' né 'arbitrio artistico' disposero casualmente nello spazio teste e figure di santi, animali ed esseri fantastici, ornamentazione vegetale e scene mitologiche o bibliche, ma una severa e consapevole volontà ordinatrice suddivise ingegnosamente le superfici secondo u n piano perfettamente congegnato. Nel portale della Cattedrale d i Santa Maria d i Ripoll sono scolpite nella pietra 12 statue, definite prodotto d i libera fantasia fino a quando non si comprese che esse simboleggiavano i l ritmo dell'anno. Con quale d i r i t t o d'altra parte sarebbe lecito supporre che nel convento benedettino, dove la vita a ogni ora del giorno e della notte era subordinata a una ben precisa simbologia rituale {elaborata i n ogni minimo particolare), sorgesse all'improvviso u n chiostro che ìl costruttore avrebbe progettato senza pensare 'assolutamente a niente' o lasciandosi guidare da m o t i v i puramente decorativi o formalistici? N o n si vuole certo giudicare negativamente l'analisi formale, rivolta alla semplice apparenza, a patto che essa non venga considerata come scopo finale e non soffochi i l precipuo anelito umano a ricercare i l senso o i l ritmo del t u t t o . Solo con esitazione consegno questo libro al lettore moderno, poiché esso presuppone d i fatto quella fusione d i udito e d i vista che g l i antichi cinesi definivano 'luce degli orecchi'. Per le culture superiori orientali e per la mistica medievale europea, questa fusione non era affatto insolita; ma l'uomo moderno avverte ormai appena la grande i m perscrutabilità del mondo acustico, la policromia, la poliritmia e la forza lineare del suono, da cui le antiche leggende cosmogoniche facevano procedere i l mondo visibile e tangibile. Comportando l'applicazione pratica d i questa idea una nuova considerazione dell'arte e presupponendo nel contempo la sua comprensione alcune conoscenze musicali, m i rendo conto che questo saggio incontrerà i n m o l t i ambienti una resistenza non lieve. Che questa resistenza

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debba manifestarsi ìn primo luogo nel campo della ricerca artistica tradizionale è evidente, poiché una nuova concezione, per quanto motivata essa sia, generalmente si afferma non tanto i n forza delle sue prove, quanto i n base al grado di ricettività che essa incontra nel modo d i pensare e d i sentire d i una data epoca. M.S. Barcellona-Montesquiu, settembre 1952

I D e l l a natura del suono

La scienza delle arti figurative ha prestato sinora scarsa attenzione alla grande scoperta d i E. Seler, secondo la quale le singolari figure d i dèi delle antiche culture superiori sudamericane non sono affatto i prodotti d i una fantasia sfrenata, ma i l frutto d i una composizione coerente d i simboli sonori e d i attributi mitologici.' Nel decifrare Ì manoscritti aztechi e quelli maya lo studioso berlinese constatò che, disponendo ordinatamente i segni o le figure, non si poteva mai individuare una frase grammaticalmente compiuta, ma pur sempre un ragionamento del tutto univoco. Quanto sia profonda la radice d i questa ideografia anche nel suono stesso della parola, lo si può arguire dal fatto che parole d i suono uguale furono rappresentate con i l medesimo segno senza alcun rapporto con Ìl loro eventuale significato o con la diversa ortografia. Questi Ìdoli sono i n realtà suoni r i tuali scolpiti nella pietra, dèi che, per colui che sa interpretarli, si trasformano i n pietre sonore. M a anche nelle antiche culture asiatiche superiori non mancano figure fantastiche con la bocca aperta, rappresentazioni d i sacerdoti e d i dèi che ballano e cantano i n spoglie animali. Ciò che essi rappresentavano, noi Io possiamo conoscere solo approssimativamente; ma ancor più diffìcile è intuire ciò che la loro bocca un tempo diceva o cantava. 19

M a senza alcun dubbio dicevano o cantavano ciò che facevano e ciò che erano. Le statue sono mute, essendo fatte d i materia inerte. M a non dobbiamo mai dimenticare che sono copie di esseri viventi, la cui più alta e più intensa manifestazione si esprime nella lingua, nella danza e nel canto. Ci siamo ormai abituati a un'arte che ignora Ìl suono e spesso, ad esempio, alla vista di doccioni gotici non pensiamo affatto che essi i n realtà sono vivificati soltanto dallo scrosciare della pioggia. I l grido rappresentato nei capitelli dai mostri fantastici e dalle teste di animali dalle fauci spalancate, dalla loro stessa policromia, trova oggi diffìcile accesso alla consapevolezza estetica dell'osservatore; ma gl i artisti della Nuova Zelanda, che intagliano teste fantastiche cosi simili a quelle della scultura romanicobizantina, definiscono chiaramente Ì nastri, le piante, le catene o le lunghe lingue sporgenti dalle bocche aperte quali simboli del grido o del linguaggio. M o l t e figure di dèi, d i animali sacri, perfino d i interi atti cerimoniali, furono rappresentate plasticamente nell'antico Perù sopra un recipiente a fischietto o sopra due vasi, collegati da u n condotto, i n cui era incorporato un meccanismo a struttura d i flauto che sicuramente non traeva la sua sola origine da un'idea bizzarra, ma costituiva una componente essenziale dell'opera. Nelle antiche rappresentazioni delle azioni cultuali non bisogna neppure lasciarsi ingannare dalla molteplicità d i ornamenti, dalla quantità di attributi mistici, dall'abbigliamento singolare e dalla varietà degli strumenti rituali. Nel rituale, l'avvenimento centrale è acustico. Esso si svolge entro gl i ampi l i m i t i che sono attribuibili al suono - dal b i sbiglio al linguaggio e al canto, fino al grido — e costituisce sempre l'autentico punto cruciale del sacrifìcio. La 'parola' rende effettiva l'azione. Inoltre i l suono costituisce l'unico legame esistente tra i v i v i e i loro antenati defunti o i loro dèi. Fu già evidenziato i n altra sede^ come nelle antiche cosmogonie questo collegamento sonoro corrispondesse al concetto d i 'espansione della parola' e avesse la sua radice i n quella forza canora che, quale prima manifestazione d i un pensiero, creò i l mondo: i l suono della vibrazione primordiale sacrificò infatti se stesso per diffondersi pro-

gressivamente con un r i t m o , in espansione spiraliforme, d i vibrazioni sempre più alte e variate e per trasformarsi a poco a poco i n pietra e in carne. Sia ì m i t i della creazione dei popoli p r i m i t i v i , sia le cosmogonie delle culture afroasiatiche superiori ricordano u n suono cupo, sovraconcettuale, come madre del creatore del mondo. Questa 'prima parola' è la prima manifestazione attiva, i l primo desiderio che nasce dalla quiete perfetta e dall'unità dell'abisso primordiale, ossia dalla bocca, che si apre come u n uovo, della morte che canta.^ I l creatore stesso è la 'seconda parola', definita sia primo tuono lampeggiante o astro canoro, sia aurora risonante o canto luminoso. I n Egitto è i l sole canoro che crea i l mondo con i l suo grido luminoso; oppure è T h o t h , i l dio della parola e della scrittura, della danza e della musica, che con una risata settemplice diede vita al mondo generando ogni volta una realtà più grande di l u i . Lo stesso Prajapati, i l dio vedico della creazione, era soltanto un inno. I l suo corpo era formato da tre sillabe mistiche dal cui sacrifìcio canoro derivarono i l cielo, i l mare e la terra. Questo suono d i luce, che dapprima creò soltanto u n mondo puramente acustico e luminoso, costituisce la sostanza primordiale di tutto i l creato. Con questa seconda parola ebbero origine le forme prime, cioè dei suoni che divennero visibili e comprensibili allo spirito mediante le loro differenti strutture ritmiche. Secondo taU concetti i l suono della parola è i l suo corpo, mentre i l senso della parola è la luce che rischiara i l suono. Le forme originarie, definite dalla tradizione vedica ritmi-primordiali irsi), sono immagini acustiche che costituiscono al contempo i l primo sacrificio, che con i l suo risuonare e i l suo smorzarsi crea i l tempo, e u n movimento immateriale. Secondo la dottrina indù i l potere del sacrifìcio del suono {vàc, parola) è così grande che sin dall'inizio dei tempi dèi e demoni lottarono gli u n i contro gli altri per impossessarsi del potere della forza canora. A chi si impadroniva d i questo canto, veniva conferita un'autorità infinita. Tuttavia un giorno vac sfuggì agli dèi e si rifugiò (come si legge nel Tàndya-MahàBràhmana V I , 5, 10-13) " ^ i ^ ^ acque, negli alberi e infine nei tamburi e nelle cetre, negli archi e negli assi dei carri. 21

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/ Questo significa che Ìl mondo, i n origine di natura puramente acustico-intellettuale, si materializzò a poco a poco I con una terza 'parola'. Materializzandosi parzialmente, le I immagini acustiche si trasformarono i n immagini che, ora I anche concretamente, cominciarono a diventare visibili e \. I n tal modo Ìl suono puro andò i n parte perduto e nacque la materia. I m i t i brahmanici della creazione raccontano che i p r i m i uomini erano esseri trasparenti, luminosi e sonori che volavano sopra la terra. Solo quando scesero sulla terra e cominciarono a mangiare piante, essi persero la loro leggerezza e la loro peculiare luminosità. I loro corpi diventarono opachi e l'unica realtà che rimase della loro sostanza musicale originaria fu la voce. Anche la pura materia ebbe origine dalla solidificazione delle primarie forme sonore attraverso un impoverimento di suono (o apparentemente divenuto persino afono). Nondimeno, secondo l'antica concezione indiana, anche nella pura materia i l vero e proprio substrato è, e rimane, acustico. I I suono costituisce l'elemento primordiale comune a t u t t i i fenomeni cosmici. Soltanto la quantità e l'intensità del suono primordiale varia d i caso i n caso. G l i dèi sono puri suoni. A partire dagli altri esseri viventi capaci d i espressione vocale spontanea, fino agH oggetti che emettono suoni solo se toccati, la grandezza e la qualità dell'originaria realtà sonora diminuiscono, per certo, gradualmente; tuttavia non esiste cosa che non abbia una qualche voce nascosta. Partecipa i n modo specifico della sostanza originaria la pietra sonora, In particolare la fonolite vulcanica, consìderata la materia più antica. Rocce che presentano u n aspetto esteriore più o meno slmile a quello degli u o m i n i o degli animali sono ritenute addirittura dèi o inni pietrificati. Dalla stessa concezione della natura della materia deriva anche l'idea che astri, uomini e animali potrebbero parimenti scaturire da pietre. Da questa antica filosofia naturale ha origine la posizione primaria che ìl canto e i l suo manifestarsi negli idoli d i pietra assumevano nel culto. Poiché i l suono rappresenta la sostanza originaria comune a tutte le cose e a t u t t i gli esseri e poiché i l suo svilupparsi i n canto è la forza canora

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che muove i l cosmo, i l canto costituisce anche l'unico tramite per entrare i n un rapporto reciproco, diretto e sostanziale, con le forze più remote. I l cantare o i l parlare r i t m i camente sono, nel senso più profondo del termine, una partecipazione diretta alla sostanza originaria dell'universo e un attivo incitare, produrre e agire entro i l substrato acustico del mondo: sono un'imitazione del comando risonante che un tempo diede vita al mondo e, insieme, u n ponte tra cielo e terra sulla base della sostanza musicale comune ai due mondi. Perciò gli dèi, che sono pure essenze canore, vengono n u t r i t i , anche letteralmente, d i canti laudativi. Tuttavia non solo I divini idoli di pietra, ma anche m o l t i attributi della divinità sembrano essere semplici segni materiah della loro forza sonora. Cosi come i l tamburo di Siva, anche i l martello che ritorna i n mano a Thor sembra rappresentare la forza e l'eco del divino canto del tuono. La 'piuma canora' ruota sulle acque dell'origine e con essa gli dèi californiani crearono i l mondo: ciò simboleggia sicuramente i l fruscio creativo delle ali dell'uccello del tuono nella sua fase originaria. Si dice però che gli dèi abbiano perso improvvisamente, nel mondo già creato. I l rispetto per la parola e, d i conseguenza, una gran parte del loro potere. Quando Yima cominciò a mentire (a fare u n cattivo uso della lingua), perse anche la maestà. U n quarto della parola andò a M i t r a sotto la forma dell'uccello Varegan; un altro quarto lo ottenne Trataona che aveva vinto I I mostro Dahaka. I l terzo quarto fu dato all'eroe Keresaspa e così solo l'ultima parte rimase a Yima {Avestà, Yast 19, 33-38). Una simile scomposizione dell'originaria lingua canora è ricordata anche nella letteratura indù. La lingua originaria era del tutto inarticolata, finché I n d r a , dopo aver gustato i l soma, bevanda inebriante, la divise i n quattro parti. D i queste gli uomini ricevettero soltanto la quarta parte: le rimanenti tre parti furono donate agli ' a n i m a l i ' , agli uccelli e agli insetti {Satapatha-bràhmana i v , i , 3, 16). Le voci degli animali costituiscono dunque una componente indispensabile del canto rituale. Quando i sacerdoti tentarono di ristabilire per i l rito la luminosa lingua originaria, dovettero necessariamente includere Ì suoni emessi 23

dagli animali. Verosimilmente essi crearono Ìl testo con Ìl quarto che apparteneva loro e tentarono d i cantarlo con la primordiale forza canora rimasta agli animali imitandone i versi. G l i animali fungono da intermediari tra gli dèi e i mortali poiché la loro espressione fonetica è più vicina alla lingua originaria d i quanto non lo sia i l discorso articolato dell'uomo. Perciò soltanto ai sacerdoti e agli eroi, che comprendono la lìngua degli animali, è concessa una conoscenza più profonda della natura acustica delle cose. I n considerazione del fatto che gli animali famelici erano ritenuti ora incarnazioni ora immagini originarie d i illustri antenati defunti o d i dèi, non c'è da meravigliarsi se nel culto si tentò di comunicare con questi esseri per mezzo della loro stessa voce e d i riprodurre nella pietra la loro originaria forma sonora. Soltanto attraverso una comune sostanza sonora era possibile gettare, a mezzo del suono, un ponte tra le anime dei v i v i e quelle dei m o r t i . I l Rgvedapratisàkhya x i i i , i o e 17 enumera tre ore del giorno e tre sthànàs {registri o toni d i voce) dei quali i sacerdoti devono tener conto durante i loro canti rituali. A l mattino devono imitare con voce di petto i l ruggito del leone, al pomeriggio l'oca con voce gutturale e alla sera i l pavone con voce dì testa. I passi del Rgveda v i i , 103 e i x , ^7, 97 comprendono inni che si devono eseguire con voce d i rana o d i avvoltoio, mentre altre formule devono imitare i l muggito di un bue 0 i l ronzio d i un'ape. Anche nella liturgia mitriaca ellenicoegiziana del I H secolo dopo Cristo, secondo R. Reitzenstein [Die hellenistischen Mysterienreligionen, p. 169), avevano ancora una grande importanza i l fischiare, lo schioccare e i l ruggito animale con cui i misti comunicavano con 1 loro dèi durante le sette fasi dell'iniziazione. Nel corso del tempo, tuttavia, i l canto liberamente intonato e l'imitazione d i voci animali furono a poco a poco sostituiti da un sistema razionale con suoni di altezza fissa. Dell'antica tradizione restano solo una determinata colorazione del suono durante l'esecuzione e Ì nomi di animali con cui sono indicati i differenti gradi del sistema musicale. G i à la Chàndogya Vpanisad ( i l , 21, i ), che prescrive ancora la voce d i animali rapaci per gli inni ad A g n i e i l suono del grido dell'airone per i canti Brhaspati, dà indicazioni meno precise per i

canti i n onore degli altri dèi. Essa raccomanda emissioni « velate, nitide o sommesse ». Questa razionalizzazione di un'antica magia empirica trova la massima concretizzazione nel sistema d i corrispondenze del Vedànta e dell'antica filosofia cinese, che mettevano in relazione diversi suoni non solo con animali, ma anche con:

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Giove Aria Est Primavera Infanzia

Marte Fuoco Sud Estate Giovinezza

Venere Metallo Ovest Autunno Virilità

Mercurio Acqua Nord Inverno Vecchiaia

Saturno Terra Centro Metà dell'anno Vita

e con m o l t i altri fenomeni (qualità spirituali, parti del corpo, piante e cosi via). I n queste corrispondenze simboliche la successione dei suoni era ritenuta originariamente i l vero e proprio generatore delle altre serie. Indagini assai accurate ìn relazione all'armonia delle sfere hanno dimostrato che la base musicale d i questo sistema deriva da una successione di ipertoni."* Persino la teoria greca delle tonalità - così come quella medievale europea —, dove ìl rapporto tra suoni ed astri fu simboleggiato dalle sirene d i Platone che cantano presso « i l fuso della necessità », attribuisce ancora alle scale musicali la forza etica che corrisponde d i volta i n volta, astrologicamente, alle stelle. I n questa tarda fase dello sviluppo, tuttavia, al posto dell'idea del suono, quale fenomeno primordiale generatore (da cui derivano tutte le altre uguaglianze; pianeti, stagioni e così via) subentra a poco a poco u n sistema di analogie in cui la successione dei suoni perde i l suo significato di autentica depositaria della sostanza primordiale ed è coordinata i n base al suo valore con altre equivalenze. Una mera analogia delle serie orizzontali sostituisce la gerarchia delle uguaglianze. Da questo momento ogni equivalenza costituisce una forma d i espressione specifica - del medesimo valore tuttavia d i quello di ogni altra serie - di u n ordine ritmico superiore cui sono uniformemente soggette tutte le uguaglianze, e quindi anche la successione dei suoni, senza distinzioni gerarchiche. Ogni elemento, ciascuno al proprio livello (astri, elementi, note, punti cardinaH, anno, vita

umana), diviene così i l simbolo specifico dell'idea generale della successione verticale in cui è situato. I l più antico sistema musicale indiano finora noto è menzionato nel ventottesimo capitolo del Nàtya-sàstra, scrìtto da Bharata nel I V o V secolo. I n questo trattato le sillabe sa, ri, ga, ma, pa, dha, ni, abbreviazioni dì parole sanscrite, sono utilizzate per le distanze degli intervalli delle note re, mi, fa, sol, la, si, do.^ Del periodo che intercorre tra Bharata e i l X I I secolo, non è finora venuto alla luce alcun trattato di teoria musicale. Successivamente, però, ha inizio la ricca tradizione, definita classica, che interpreta nel modo seguente, dal punto dì vista etimologico, le abbreviazioni d i parole ricordate nell'opera di Bharata:* Shadja: nato dal 6; Ksabha: toro; Gandhàra: canto celeste; Màdhyama: centro; Pancama: la quinta nota; Dhaivata (Dhìvan): canto del pescatore; Nisàda (Nisad): colui che è seduto in alto, grido potente. Nel Sangita-ratnàkàra d i Sarngadeva ( X I I I secolo) e nel Naradasiksa'' si presentano le seguenti corrispondenze: re Pavone

mt Toro

fa Capra

Se si completa menzionati e se giorno, secondo teoria indiana, si

sol Gru

la si Uccello Cavallo canterino pesce (Kokila)

Naso

Tutti gli organi

Petto

VOCE

Torace

Gola

TEMPO

Mattino Mezzog.

Testa Pomerig. Crepusc. Notte ma sa pa sol re la

fa Tigre Capra

re Pavone

«( do Elefante

Gola

Testa Gola

I l sistema musicale indiano dell'epoca classica" divide l'ottava i n 22 sruti e comprende due tonalità fondamentali, i l sa-grama e i l ma-grama: Si-grama srul.

1-3

4

7

INTERVALLI DEMOM. INDIANA

questa serie con gli elementi vedici sopra si ordinano le note i n base al corso del i l circolo delle quinte, usuale nell'antica hanno le seguenti equivalenze:

ORGANI

NOTE

do Elefante

emessi dai pavoni) possa talvolta raffigurare anche le due note a l u i più affini, sol e la (la sua dominante inferiore e la sua dominante superiore). È già stato ricordato ìn altra sede^ come i l pavone occupi i l posto dell'uomo nel carro divino del profeta Ezechiele ( i , 4-28) e come, quindi, i l tetramorfo (leone-toro-uomo-aquila) costituisca la struttura melodica fa mi re do del prefazio nella messa gregoriana. La posizione mistica del pavone è identica a quella dell'uomo. Esso partecipa sia della natura del giorno {sol) sìa di quella della notte [la), poiché la sua vera posizione cosmica si situa tra luce ed oscurità {re). È inoltre ritenuto anche i l sovrano (nota fondamentale) del sistema musicale (mentre gli altri animali sono i suoi ministri)'^ e governa Ìl suono 'scisso' o 'binario' pa {la) che secondo i l Raghuvamsa d i Kalìdasa ( i , 39, 40) assomiglia al suono sa, cioè alla sua quinta inferiore {re).

Testa Fronte* Testa

Testa

ri mi Bue Toro

dha si

DENOM. ITALIANA

sa re

ma-grama l

ri mi

}

a• 9

4

a

h

IO

II

13

la

14 I J

16

17

18 19

30

21

21

4

3(4)

4(5)

2

&o

ma.

pa

dha

ni

si

do

sol

1

4(3)

h

c

la

i(4)

4

2 e

4

4 f

cioè un modus re e un modus sol. Quale 'sovrano della tonalità' i l pavone deve fungere ora da re ora da sol. I l suono scisso ipa = la) è però i l suono alterno partecipe dei due modi, che spetta parimenti al pavone. I n altre parole Ìl pavone mantiene le tre funzioni principali della tonalità (tonica, dominante e sottodominaiite).

Sembra infatti che i l pavone non rappresenti soltanto la nota centrale re, ma (conformemente alla varietà dei suoni

Nondimeno del pavone ci si avvale i n prevalenza per i n dicare la nota re. Sui 41 casi i n cui sarà menzionato nel capitolo seguente, i l pavone compare solo sette volte per la nota la e otto volte per quella sol. Questo significato tonale alternato dello stesso animale consente d i fare altre osservazioni sulla natura dei simboli animali. Ogni animale ha

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ANIMALI

Gru Pavone

Pavone

Kokila Pavone

Cavallo Pesce (Rana)

la sua nota fondamentale specifica, corrispondente al suo centro simbolico. Le altre note simboleggiano solo determinate zone periferiche o l'inversione dell'idea che essi rappresentano. La tigre è animale solare; i l suo suono specifico è fa. Tuttavìa quando alla sera si sdraia, stanca e affaticata per aver adempiuto i l proprio compito, diminuisce da fa a mi. Una chiara dimostrazione di questa ambivalenza del simbolo è l'uccello Kapinjala, che viene espressamente caratterizzato nel Rgveda i i , 43, i come l'animale dai due gridi. N o n l'animale i n sé, ma la sua sostanza sonora (le varie espressioni del suo grido), così come ìl ritmo del suo movimento, determinano i n sostanza, d i volta in volta, la situazione i n cui si trova l'animale e i l suo significato simbolico. Questa ambivalenza del simbolo sarà chiarita ulteriormente nel capitolo seguente analizzando la lotta tra i l leone e i l bue.

II Le m e lodie l i t u r g i c h e n e i c h i o s t r i d i San e d i Gerona

Cugat

I rapporti fra l'arte indiana e quella europea medievale sono oggi ben conosciuti grazie alle ricerche d i A . K . Coomaraswamy, d i E. Male, di H . Sedlmayr e d i J. Strzygowsky.'^ I l lettore non dovrebbe quindi stupirsi se tenteremo d i applicare a monumenti europei la rispondenza indiana tra suoni e animali. Trattazioni puramente teoriche in cui si paragonino suoni ad animali non sono state ancora rinvenute i n documenti del Medioevo europeo. Tuttavia nel X V I I secolo A . Kircher, nella sua Musurgia universalis (voi. X , p. 393), ci tramanda una tradizione la cui scala musicale non è applicata al sistema musicale indiano ma a quello greco classico. Inoltre egli stabilisce (analogamente a diversi sistemi indiani) serie particolari per angeli, pietre, alberi, piante, animali acquatici, uccelli e quadrupedi. Le sue fonti sono Proclo ed Edipo Egiziaco, Una traccia della diffusione del sistema indiano in 'Occidente' (Europa, Bisanzio?) si ha nel racconto di u n musicista di Kuca, giunto i n Cina al seguito dell'imperatrice turca al tempo d i W u - t i (560-578), che spiegò come suo padre In 'Occidente' avesse imparato un sistema musicale Ìl cui settimo grado (nota mi, pien kong) era stato chiamato i l « suono del bue H u Questo suono, i n realtà, corrisponde esattamente a quello del sistema musicale indiano i n questione.

28

29

Che l'idea d i riprodurre plasticamente fenomeni musicali esistesse anche nel Medioevo europeo, è dimostrato dalla rappresentazione delle, tonalità sui capitelli d i Cluny. Q u i tuttavia le figure umane (Ì danzatori e gli strumentisti che servivano da simboli musicali) furono espressamente accompagnate da scrìtte che ne indicavano d i volta i n volta la tonalità. L . Schrade e K. Meyer," che analizzarono accuratamente questi capitelli, giunsero alla conclusione che l ' i n terpretazione d i tratti essenziali delle 8 rappresentazioni d i tonalità superasse la simbologia dei numeri ( L . Schrade) o fosse da ricercare nella parafrasi dei testi di antifone collegati alla teoria delle tonalità ( K . Meyer). Tuttavia questi Cu-cu-faS^be-a - te,

6(3+3) .

8 (4+4)

m Reg - na coe-lo - rum Q

'

U te -neB7=^ca

18(4+4)

6(3+3) 6(3+3J

S(a+5) 8ta+5J

Det

De - 0 nostra.

6(3+3)

;^ . r i -tÌ3

I 6(2+2+2)

m

le-so-nans plicen-tem 8(3+3+2)

lln-gua ca no -

melodici. È perciò assai probabile che attorno al cantus firmus musicale si intreccino anche altre linee ideologiche, non musicali, d i contrappunto. La scene bibliche e storiche, l'allusione alle stagioni e i rapporti numerici indicano chiaramente una polifonia del tutto. Una tale pluralità dì r i t m i caratterizza anche i l mottetto medievale, i n c u i due o t r e voci indipendenti, con testi del tutto diversi, talvolta addirittura i n lìngue diverse, si univano contemporaneamente alla voce principale [cantus firmus) con cui entravano armoniosamente i n u n rapporto ora consonante ora dissonante. Quando Ì farisei consigliarono a Cristo d i punire i suoi discepoli esultanti poiché questi lo ritenevano i l re del mondo venuto nel nome del Signore, Gesiì rispose loro: « Se questi taceranno, urleranno le pietre » (Luca 19, 40). Della musica latente nella natura parla anche la mistica spagnola. Secondo Giovanni della Croce,^ non soltanto i fiumi risonanti [rios sonorosos) e i l sibilare del vento {el silbo de los aires), ma anche la musica non udibile {musica callada) della soHtudine sonora {soledad sonora) sono una manifestazione della voce d i D i o , che giunge nelle profondità dell'anima, originariamente acustiche. Per l u i l'ascoltare riverente è premessa dì quel vedere e d i quel comprendere che si compie al cospetto dell'occhio interiore. A tale riguardo, egU si richiama anche a Giobbe 42, 5: « Auditu auris audivi te, nunc autem oculus meus videt te ». Conoscere D i o significa apprendere la sostanza delle cose, i n primo luogo acusticamente, per vederle quindi rettamente. D'altra parte, anche i l vedere riverente nella soledad sonora porta l'osservatore ad ascoltare la voce dello Spirito Santo. È proprio della natura d i quanto è sacro i l poter essere udito, ma i l voler essere visto i n modo velato o i l n o n voler essere visto affatto. I l destino d i colui che è privo d i timore reverenziale consiste nel fatto che i l sacro non parla al suo cuore. Per lo stesso motivo l'imperscrutabile n o n diventa percettibile per colui che è insensibile, non lo colpisce con la sordità né lo priva della vista, ma passa innanzi a l u i silenzioso e senza splendore. Symphonalis

est anima (Hildegard von Bingen).

Sia a San Cugat che a Gerona, non tutte le raffigurazioni sono poste al servizio della riproduzione ritmica d i suoni 58

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HI L ' i m m a g i n e del m o n d o nelle antiche cosmologie

Una cosmologia u n tempo assai diffusa, che ebbe i l suo periodo d i maggiore espansione nel tardo megalitico, ha creato nel corso della storia dell'umanità un'immagine m i tica del mondo che, nonostante le sue innumerevoli varianti geografico-culturali, ha conservato una straordinaria unità nelle sue caratteristiche fondamentali. I l simbolo centrale era costituito dalla pietra, ossia dalla colonna d i pietra o albero del mondo, prodotto materiale d i un'invocazione che univa i l cielo alla terra, d i un'invocazione creatrice divenuta però quasi impercettibile all'orecchio degli uomini. M o l t i elementi d i questa cosmologia si sono conservati nella simbologia medievale, nelle fiabe e persino negli attuali costumi dei popoli. D i queste rappresentazioni, della cui i n tima connessione tratteremo specificamente i n un'opera più vasta, forniamo q u i solo i cenni necessari per la comprensione del capitolo seguente. N o m i specifici d i dèi, m o n t i o laghi, che inserirebbero quest'immagine del mondo i n un'ambito culturale ben definito, saranno evitati i n questa esposizione. Per quanto riguarda i particolari ci riferiremo solo alla tradizione spagnola. Secondo gli enunciati delle antiche cosmologie i l mondo avrebbe avuto origine da una 'parola' creatrice, sarebbe cioè stato creato per mezzo d i u n r i t m o sonoro che scaturì dal 6i

centro dell'attuale universo. Questo suono fu i l p r i m o sacrificio, i l primo atto creativo. La sua concentrazione sonora è la forza che non solo ha creato i l mondo, ma che anche lo conserva, rigenerandolo ad ogni primavera col suono del tuono. Come l'acqua i n cui sia caduta una pietra si allarga i n successive onde circolari, così anche Ìl suono originario (inteso prima come tempo e poi anche come spazio) si sarebbe diffuso i n cerchi concentrici. I l vettore di questa ritmica parola che creò i l tutto f u i n u n primo tempo l'aria, i l p r i m o soffio inteso come fenomeno periodico che nella graduale concretizzazione della parola (formazione della materia) è considerato fondamento del dualismo. I n tal modo le onde concentriche creatrici del mondo furono attraversate da due figure a forma d i V intersecantisi che — da u n punto d i vista astronomico - riflettono i l rapporto tra i l solstizio d'inverno e i l solstizio d'estate (declinazione). D'estate i l sole ha un'altezza sull'equatore d i + 2 3 , 5 ° (o* i n primavera e autunno); d'inverno la sua posizione rispettò all'equatore è - 2 3 , 5 ° . Questo rapporto è rappresentato nella tavola i i i con la figura dell'antropocosmo, vale a dire con le linee O B i E D G B I - l i B G ì D i B i O i (testa e tronco) e con le linee che collegano A D A i e C D I C I (braccia, gambe). La stessa figura è riprodotta (in basso a destra) nella tavola i i i , i n formato piìi piccolo. I medesimi rapporti sono raffigurati anche i n posizione orizzontale collegando i p u n t i O3 K Q K L O 5 e O 4 K i R K O 2 . L'antropocosmo è u n paesaggio vivente circondato da u n altro paesaggio piiì ampio. Esso sta fra due monti che hanno entrambi due cime ( O , O i e I , l i ) ; ma i l monte inferiore rappresenta l'inversione d i quello superiore, cioè u n imbuto, poiché cielo e terra sono certamente analoghi, ma stanno fra loro i n u n rapporto d i inversione. I l monte superiore che si eleva al di sopra della linea orizzontale centrale L L I , da N attraverso M verso O i , forma una sella i n B i per poi raggiungere la seconda cima O e declinare, attraverso M i , i n N i . Fra le due cime di questa montagna e dietro d i esse appare un monte ancora più alto che sovrasta i l cielo inferiore (la testa dell'antropocosmo) ( O i P O ) . L'immagine inversa si presenta al d i sotto della linea cen62

trale orizzontale, dove i l monte N H l i B (sella) I H i N i regge la terra S l i I S ì B S e le sue montagne rituali S T B e B T i Si. Le due cime ( T , T i ) rappresentano tuttavia solo u n m i nimo grado delle elevazioni H G B G ì H i ritualmente possibili. Proprio nella parte più bassa appare la cima del monte, i l P i T , che contiene l ' i m b u t o del mondo inferiore I l P I I . L o spazio fra cielo e terra (atmosfera e cielo stellato) è i l regno del mondo intermedio i n cui i r i t i sono proiettati al di là della terra. Tale spazio rituale è delimitato nella tavola i i i dal cerchio tratteggiato i n cui si trovano le linee (parimenti tratteggiate) dei monti N M E F E i M I N I e N H G F G ì H I N I . D a l rapporto fra la declinazione solare e l'ambito rituale risulta che questa linea circolare tratteggiata corrisponde all'equinozio i n cui cielo e terra o chiaro e scuro si incontrano, i n una certa misura, i n modo paritetico, compenetrandosi l ' u n l'altra ( K K i , BBi). Questi p u n t i d i contatto corrispondono alla gola e al sesso, cioè alla forza creativa spirituale e alla forza creativa materiale dell'antropocosmo. D a l punto d i vista astrologico la gola e la testa (cielo) rappresentano la posizione del sole, mentre i genitali interni ed esterni (terra) sono lunari. Tenendo presente che questa cosmologia originariamente collocava i l punto corrispondente alla primavera non nell'Ariete ma nel T o r o , u n tempo gola e sesso non corrispondevano all'Ariete e alla Bilancia, ma al Toro e allo Scorpione. Entrambi i segni sono analoghi come i due monti che si corrispondono, o omologhi come monte e imbuto. Canto è forza vitale e forza vitale è canto. Entrambi sono manifestazioni d i una forza creatrice fondata sulla disposizione a sacrificare soffio e forza vitale 'mediante i l canto', gioiosa affermazione di u n sacrificio costruttivo. A l centro d i questo spazio rituale, nella parte più interna del cerchio, si trova T'ombelico del mondo' da cui questa forza creatrice si irraggia verso la periferia. I n questa 'caverna' si trovano parimenti due monti e due i m b u t i delim i t a t i dalle lìnee della decHnazione solare e dei m o n t i del 63

mondo intermedio. Sono i m o n t i D E F E i D i e i loro opposti D G F e F G ì D I in cui 'vivono' i m o r t i redenti. D i questo mondo circumpolare, i n cui si trovano le caverne, fanno parte la Stella Polare e i l Dragone, l'Orsa Maggiore e i l Cigno. I n margine al mondo primigenio appare i l Delfino e, non lontano da l u i , l ' A q u i l a vola verso i segni zodiacali dell'Acquario, del Capricorno e del Sagittario. L o zodiaco appare annotato due volte nell'illustrazione del mondo d i cui alla tavola I I I : una prima volta nel cerchio esterno i n direzione del corso del sole e una seconda volta i n senso contrario al corso del sole, nelle linee curve accanto al cerchio rituale punteggiato (cerchio equinoziale). I numeri inscritti nei quadratini corrispondono alle ore diurne e notturne del normale corso del sole; i numeri inscritti i n cerchi indicano le ore del rituale. A queste stazioni rituali si ricollegano le caratteristiche paesaggistiche dei segni dello zodiaco come vengono citati da A l B i r u n i : " Ariete = deserto, T o r o = prati e laghi, Gemelli = acrobati, ecc. Dai Pesci al Toro (dalle 5 alle 7) si estende i l lago d i fuoco dell'aurora, mentre fra la Vergine e lo Scorpione (dalle 17 alle 19) rosseggia i l tramonto. Ariete e Bilancia si trovano ai piedi del monte del mondo intermedio. I l T o r o pascola sui verdi prati d i u n paesaggio montano percorso da chiari ruscelli. La Vergine abita in una bella casa. Sulle cime M e M i si trovano due castelli (Gemelli e Leone); fra loro si estende la chioma dell'albero del mondo (Cancro, solstìzio d'estate) sede della Magna Mater munita d i corna e dell'albero della vita le cui radici giungono fino al centro (F). Dalle medesime radici nasce l'albero diametralmente opposto, che si estende fino al solstizio d'inverno. Quest'albero è u n albero d i m o r t i , ancora sede della Magna Mater, che nel solstizio d'inverno appare come filatrice (Juana). Dalla Bilancia (ore 18) attraverso i l Capricorno (24) fino all'Ariete ( 6 ) , quindi al d i sotto della linea centrale dell'orizzonte L L i , si estende la valle che nella sua parte superiore fa parte del mondo intermedio, mentre i n quella inferiore comprende la terra degli uomini con i segni fatali dello Scorpione e del Sagittario. L'uomo ha dimora i n una 'laguna' dell'oceano dei m o r t i . 64

I l cammino della vita umana attraverso questo paesaggio cosmico, che si ripete i n terra con immagine analogica procedendo secondo i l corso del sole, incomincia con la nascita della zona 'melmosa', 'impura' del pericolo e della malattia. La culla del bambino, costantemente circondata dagli spiriti dei m o r t i , si trova i n una laguna^ al margine dell'oceano settentrionale (oceano dei m o r t i . Acquario). Fino al raggiungimento della maturità sessuale i l bambino è simile a un 'morto vivente' (Pesci). La giovinezza si svolge sui colli sognanti del tempo che precede la primavera, nell'oriente dove arde senza fiamma i l mare d i fuoco. M a solo con la luce della prima aurora (Ariete) i l giovane freme per un lieve presentimento del lago di fuoco. I l periodo d i digiuno e i l fidanzamento cadono nella zona delle prime colline solatie. Solo allora l'uomo raggiunge i l primo altipiano dove, su un prato verdeggiante, scintilla quel lago dal cui fondo risuona una delle bocche del drago che erutta fuoco (Toro). Nell'ardore giovanile l'uomo rivolge i l suo passo verso i l castello sud-orientale della montagna, dov'egli raggiunge i l pieno possesso della propria forza e guarda fiducioso verso i l mezzogiorno del tempo. Poi egli riprende i l cammino: mentre i l sole raggiunge i l suo apogeo, egli percorre la sella collinosa attraverso la quale giunge al palazzo sulla cima della montagna antistante. Dopo essersi ristorato alla fonte gorgogliante del giorno d i S. Giovanni, egli scala questa seconda montagna dall'alto della quale, con un lieve senso d'angoscia, cerca d i abbracciare con lo sguardo i l tempo a occidente i n cui sta per inoltrarsi. Intanto è giunta l'ora della discesa. Uomo maturo, egli lascia la montagna e volge i suoi passi verso la valle. Q u i riconosce nel pomerìggio d i u n autunno senza sogni la tragica bellezza del mondo ed ora i suoi anni fluiscono più veloci nel rosso fiammeggiare della sera calante. Ancora una volta gli viene concessa, per breve tempo, una seconda giovinezza, finché nel freddo vento della sera l ' i n certa mano prende a tremargli. Meditando con animo gioioso egli osserva nella vecchiaia i carri traballanti che trasportano grano dorato attraverso gli arcali, mentre le donne, con i l capo cinto d i fazzoletti colorati, accendono nella luce del crepuscolo i fuochi autunnali.

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m o r t i diventano caverne di risonanza fatte d i pietra ( i n francese: envoùtement); a mezzo del 'desencanto' diventano pioggia fecondatrice. È indicativo dell'atteggiamento psicologico della nostra moderna cultura i l fatto che nell'uso odierno del linguaggio si intenda 'desencanto' come 'disillusione' e 'encanto' come 'incantesimo piacevole' (o 'illusion' come 'gioia'). Se qualcuno è malato al punto che i l suo ritmo vitale sembra interrompersi, la zona d i maggior pericolo si trova fra lo Scorpione e i l Sagittario (ore 20-22):

Viene novembre. Egli riconosce serenamente Ìl cacciatore in agguato al margine del bosco: ode i l sibilare della freccia e l'abbaiare del cane che vede l'approssimarsi della sua morte. Poi tutto si fa buio e tranquillo. Una barca lo accoglie e lo trasporta all'isola dei m o r t i , a meno che u n fedele delfino non lo r i p o r t i nuovamente sulla terra. M a quando l'uomo al mattino prova u n presentimento, come se in sogno fosse risuonato al suo orecchio u n vibrare d'arpa^^ simile a un fiume d i fuoco, significa che ormai lo attende nel delta del fiume della sua vita i l bianco uccello acquatico dal lungo collo inarcato, per condurlo sul dorso nell'isola dei suoi padri. M o r i r e significa irrigidirsi, ammutolire, pietrificarsi. Tale ammutolirsi trasforma i l morto in una cassa d i risonanza fatta d i pietra che risponde ad ogni invocazione, poiché le anime dei m o r t i salgono dapprima nelle caverne d i pietra dei m o n t i di nubi del dio del tuono che, se lo vuole, le fa ricadere sulla terra sotto forma d i pioggia. I I rimbombo del tuono non è certo i l primigenio verbo creatore, ma è i l suono che governa la circolarità della vicenda e quindi la vita del mondo. Per questo si seppellivano i m o r t i i n sarcofaghi d i pietra, i n nicchie nella roccia o su piattaforme d i pietra. Poiché la pietra pareva i l miglior soccorso possibile per le anime d i coloro che non erano ancora scomparsi definitivamente, si ponevano a memoria degli avi defunti cippi o colonne di pietra o menhir. La credenza popolare spagnola ammonisce di non gettar mai via con i l piede una pietra, poiché è sempre possibile che i n essa dimori l'anima di u n morto. Lushi ch'un ch^iu ( i x , i o ) riferisce che Chungtse-Chi percepì nel cuor della notte u n suono prodotto da una pietra e proruppe i n alti lamenti, avendo i n tal modo appreso che suo padre i n quel momento aveva ucciso u n uomo perdendo in tal modo la sua stessa v i t a . * La lingua spagnola, che indica u n morto che ritorna (spettro) con i l termine estantigua {estatua antigua), intende con la parola canto tanto 'pietra' quanto 'canto'. I l canto dei m o r t i è Ileco del tuono; e questa eco è ìl sacrificio che i m o r t i portano alla pietrificata montagna di nubi quando vorrebbero rinascere sulla terra. I m o r t i sono la parola del dio del tuono dispensatore di fertilità. Attraverso T'encanto' i

Presso i l Capricorno e l'Acquario (ore 24-2), fra U canto delle sirene e l'Oceano dei m o r t i , si decide i l destino del malato. L'Acquario può portare i l rinnovamento; se non 10 fa, i Pesci diventano la zona della morte. Per evitare questo si ricorre ai r i t i terapeutici che si basano sul presupposto che la malattia incombente può essere respinta invertendo i rapporti esistenti. Perciò Ìl primo compito consiste nel trasferire i l paziente dal suo ambito terrestre (tav. i i i , cerchio esterno) alla linea circolare del rituale. C"iò avviene nella direzione della freccia che a destra del Capricorno indica l'Acquario. Su questa via i l malato abbandona i l normale cammino della vita inserendosi i n u n moto contrario al corso del sole, cioè i n u n moto regressivo. I l ritorno nell'ambito terrestre avviene i n Bilancia 0 i n Sagittario, nella direzione della freccia orientata verso sinistra. L'intera azione consiste i n uno spostamento degli avvenimenti, nella consapevolezza onirica del rituale che unisce 11 cielo alla terra, l'inconscio al conscio. Poiché anche i l malato è colpito dall'irrigidimento del suo ritmo vitale, egli deve - proprio come un morto - subire i n primo luogo la pietrificazione, cioè u n 'encanto'. I n altre parole, egli deve trasformarsi i n una 'pietra che canta', cassa di risonanza del canto risanatore che i l medico gli prescrive cantando. I n assenza d i questo cammino attraverso i l 'sacrificale torchio d i pietra', non è possibile salvezza alcuna. I n occasione dì tali r i t i si ricorre spesso a una cornamusa con cui i l medico emette la sua diagnosi suonando

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De la nueve a la dìez deja la noche a quien es.

per ìl malato le melodie proprie dei piìà diversi demoni della malattia, finché anch'egli canta con l u i o, almeno, fornisce un segno della sua adesione. M a i l medico terreno, pur potendo allontanare nel segno dello Scorpione e del Sagittario la sofferenza fisica, non è i n grado d i cancellare la malattia intesa come 'peccato'. La remissione dì questo peccato è prerogativa del medico celeste che assolve i l paziente dalla sua colpa nel segno del Toro e dei Gemelli. Colei che viene i n aiuto a questo medico sta nella zona circumpolare. È l'Orsa Maggiore che guarda Orione, i l T o r o , le Pleiadi, i Gemelli e i l Cancro. I l medico, nel suo rituale, è u n essere duplice: possiede nello stesso tempo una natura terrena e una celeste. È tanto nemico quanto amico del malato a cui cagiona dolori {'uccide') per guarirlo e da cui esige spirito d i sacrificio e incondizionata fiducia, affinché possa recuperare anche la sua salute spirituale. Poiché agisce i n modo contrario al corso del sole per allontanare i l male, egli si trova costantemente i n contraddizione con la vita normale e così avviene che nel curare i l malato egli compia azioni veramente grottesche. I n alcuni casi si mette a testa i n giìi, oppure si affanna, ora alla testa ora ai piedi del letto del paziente, per raggiungere l'inversione dei rapporti (per annullarli). I l medico è u n folle, u n acrobata che compie l'inverosìmile, ma egli esige che anche i l suo paziente partecipi a questo pazzo gioco fra la vita e la morte. I l popolo spagnolo definisce u n tale medico prodigioso, dì cui ha fiducia, come 'gracioso', e con questa parola non intende u n semplice buontempone, bensì - con estrema serietà - u n santo comico. U o m i n i simili possono incontrarsi particolarmente tra i gemelli.*' La forza misteriosa d i questo gemello consiste nella capacità di sacrificare se stesso per i l malato 'estraendo' lo 'spirito maligno della malattia' (avversario fisico e psichico a un tempo) dal suo paziente e trasferendolo nel proprio corpo. Perciò si dice che questo 'pazzo', con la sua viva partecipazione alla sofferenza del paziente, è i n certo modo colpito anch'esso dal male. Da questo assorbimento della malattia e del peccato del paziente egli può liberarsi solo alla fine della cerimonia e, solo i n seguito, mediante u n particolare r i t o d i purificazione. Ma per

tutta la durata della cura, medico e paziente sono come cavallo e cavaliere. Fra i numerosi r i t i terapeutici d i Spagna ricordiamo i n particolare due cerimonie d i cui si riferisce ampiamente altrove:"^ la danza delle spade e la tarantella. La danza delle spade è suddivìsa i n tre parti: a) le fasi introduttive, cioè la prima 'uccisione', che nella tradizione spagnola viene indicata come la prima 'decapitazione' {degollada) e la discesa agli inferi; b ) la seconda decapitazione; c) la lotta contro i demoni. Teoricamente la danza delle spade è eseguita da otto o nove persone, a seconda che i l malato sia egH stesso colui che conduce la danza (pazzo) dei sette danzatori o prenda parte solo i n modo passivo alla danza d i sette danzatori guidati dal medico. La danza comincia con una serie d i figurazioni che rappresentano i l cammino spiraliforme ('carcol', conchiglia, chiocciola) verso i l lago di fuoco e l'incipiente lotta contro lo spirito della malattia. La 'battaglia' è l'espressione del sacrificio offerto per e con ìl malato. Due file parallele d i quattro uomini ciascuna, l'una d i fronte all'altra, formano una 'catena' i n cui ogni guerriero tiene la propria spada orizzontalmente nella destra, mentre con la sinistra afferra la punta dell'arma del danzatore che gli sta d i fronte. Q u i n d i i danzatori di una fila tengono la propria arma con entrambe le mani al d i sopra del capo come a proteggerlo, mentre l'altro gruppo si scaglia contro d i loro. Quando ognuno è tornato nella posizione iniziale, si crea una catena e l'arma è sollevata in alto, così da formare u n 'ponte d i spade' che si disgrega man mano che i danzatori v i passano sotto. I n altri casi si forma un tetto d i spade sotto i l quale i l malato siede 'nel profondo della terra' ed è figurativamente decapitato. I n tal modo i l malato 'senza testa' o con una testa di morto (spesso caratterizzata dal volto dipinto d i nero) viene trasformato in una figura del mondo infero intorno alla quale si danza a lungo.

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Dopo comincia la lotta vera e propria, e le armi vengono puntate contro la gola e contro i l petto. Ciò simboleggia la decapitazione. N e l corso dell'ultima danza lottano ancora sei danzatori, finché i l 'soldato' cade all'indietro tra le braccia dei due partecipanti che i n quel momento non prendono parte alla danza e 'muore'. Allora s'incrociano le spade su

d i l u i (bara d i spade) e quindi si ritirano per aprire al morto la via verso la nuova vita. Queste due scene ripropongono la 'rosa d i spade' che compare i n altre danze d i questo tipo e che si forma quando Ì danzatori disegnano u n cerchio incrociando le armi. Se l'ammalato fa u n balzo su questa rosa, lo si lascia cadere e sprofondare i n basso, oppure Io si lancia i n alto — sulla 'montagna' o sulla 'torre' — dove si aggrapperà al ramo di u n albero o a una trave maestra.*^ I n questa seconda decapitazione, che si svolge prima del lancio i n alto, rientra a volte anche la formazione di una piramide (montagna) costituita da sei danzatori. U n uomo sta sulle spalle d i altri due che a loro volta si reggono sulle spalle d i tre danzatori che stanno con i piedi a terra. Considerata dal punto d i vista cosmologico, l'intera cerimonia mira, nell'ambito del rituale e per mezzo d i lotte e dolori positivi, a vincere la malattia facendola regredire. I l male comincia nello Scorpione. L'intervento del medico avviene però solo nel Sagittario, là dove si è già iniziato l'irrigidimento (pietrificazione) del malato che raggiungerà i l culmine nel Capricorno, alle porte del mondo infero. A questo punto ha luogo la prima decapitazione che conduce colui che è già mortalmente malato al limite del massimo sacrificio. Poi comincia i l cammino verso la zona della purificazione (Iago d i fuoco, mare d i febbre) che, dopo una lotta vittoriosa contro i l male, termina nel segno dell'Ariete. A questo punto i l malato viene decapitato per la seconda volta: a primavera cioè, cade anche la sua testa d i morto. E solo ora egli è i n grado d i salire sulla Montagna Sacra, dove, nel segno del Cancro e all'ombra dell'albero della vita, recupererà completamente la salute. Un'altra forma d i guarigione per mezzo della musica e della danza è rappresentata dalla tarantella d i cui hanno parlato G. Baglivio** e F.X. Cid.*^ Dopo aver trattato della vittoria sull'irrigidimento (pietrificazione) del malato che si ottiene solo per mezzo della musica della chitarra, F.X. Cid cita una serie d i 'extravagancias' a cui si abbandonano gli uomini morsicati dalla tarantola. Dovrebbe essere fuor d i dubbio i l fatto che anche queste 'extravagancias' si basano sull'osservanza d i u n r i t o ben stabilito. I malati si sdraiano in sepolcri o i n bare, si rotolano i n buche colme d i acqua

sporca o v i affondano la testa e le braccia. Essi perdono la memoria e l'uso della parola, cosi si considerano pesci m u t i 0 possono solo abbaiare come cani. T u t t o ciò corrisponde all'Oceano notturno della morte (Capricorno, Acquario) e al purgatorio nel segno dei Pesci. Si appendono a testa i n giù, con i piedi legati agli alberi, e ciò significa che essi i n quel momento (solstizio d'inverno) si pongono i n consonanza con l'albero del mondo i l cui rovesciarsi è causa del risorgere del sole rituale (testa).** I n tal modo essi si pongono i n uno stato di inversione, i n quanto la loro salvezza non può seguire i l corso del sole nascente, ma consiste nell'opporsi ad esso. Nella seconda fase portano conchiglie spìraliformi, le riempiono di acqua pura e v i immergono rami verdi. A l posto dell'immersione nell'acqua sporca subentra l'uso d i acqua pura. Essi aborrono i colori scuri e si beano del rosso splendente (lago d i fiamme dell'aurora). I n tal modo riacquistano anche l'uso della parola e la loro forza vitale. Ascendono, vestiti d i rosso, su luoghi elevati o montano su alberi dove si sentono re, soldati o pastori, tengono lunghi discorsi e così lottano - a volte addirittura con le spade - contro gli spiriti della malattia. I l miglioramento e i l recupero delle forze sono però concessi loro solo dal canto delle rondini o da quello d i donne che lavano, oppure da un calice d i acqua pura. Mentre durante i l solstizio d'inverno l'ammalato se ne stava muto, mugghiante o latrante, appeso a testa i n giù all'albero della morte, ora egli è d i nuovo r i t t o i n piedi e parla ad alta voce nella chioma dell'albero della vita. I l mutismo completo avrebbe significato la sua morte. Se egli avesse recuperato solo la voce, ma non la facoltà del linguaggio umano, non si sarebbe verificata una piena rigenerazione. La sua salvezza definitiva si basa sulla possibilità d i riacquistare la parola. Queste scene che si svolgono dopo i l sorgere dell'aurora appartengono all'ambito della montagna (Toro, Gemelli, Cancro) e se si suol dire che la guarigione i n genere avviene fra le 11 e le 12, si vuole così alludere semplicemente alla vicinanza del Cancro (S. Giovanni, ore 12), cioè al momento in cui si raccolgono i n Spagna le erbe salutifere, si adornano le fonti e ci si bagna i n mare per recuperare la salute. U n altro metodo d i gua-

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rigione consiste nel far passare i malati fra due alberi o attraverso la cavità d i un albero o nell'angusta spaccatura d i una roccia pronunciando i n o m i d i Pietro e Paolo.

IV I l probabile r i t o terapeutico nel chiostro d i R i p o l l

Pianta e capitelli. I l chiostro d i Santa Maria de R i p o l l ha la forma d i u n quadrilatero irregolare (vedi tav. i v ) . I l lato sud-orìenta'e comprende 16 colonne doppie (28-42). Q u i n d i c i capitelli doppi (43-58) adornano l'ala sud-occidentale, mentre la parte nord-orientale (59, 1-13) e i l lato nord-occidentale (14-27) contano 14 colonne ciascuno. Nello spazio cosi circoscritto sta u n pozzo. L'ala nordoccidentale, costruita nel X I I secolo, costituisce la parte piì: antica del chiostro. G l i altri tre lati furono costruiti (ad eccezione del capitello con pavone, pienamente romanico, della colonna 58) i n periodo gotico ( X I I I e X I V secolo), ma con la rigida indicazione d i discostarsi stilisticamente i l meno possibile dalla più antica parte romanica. L'ala nord-orientale, distrutta da u n incendio, fu ricostruita nel X I X secolo cercando d i ricollocare al loro posto, per quanto possibile, i capitelli sparsi al suolo fra le rovine. La successione d i questi capitelli è dunque incerta. Da alcune riprese fotografiche, oggi nel museo della cattedrale, effettuate prima della ricostruzione, risulta che ad ogni estremità dell'ala crollata sono rimaste tre colonne intatte. Conseguentemente i l tentativo di ricostruzione necessario per l'interpretazione del chiostro dovrà limitarsi ai capitelli 3-10. 72

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Nell'elenco che segue viene riprodotta la successione attuale dei capitelli. La successione dei capitelli riprodotta nella tav. i v corrisponde all'ordinamento ipotetico. LATO

D E L L

E D I F I C I O

LATO

1. Due leoni divorano una pecora; al di sopra, una testa 2. Centauro con arco (molto rovinato) e cane 3. ( 4 ) Capitello non lavorato 4. ( 3 ) Crocifissione, Resurrezione 5. ( 5 ) Piccola testa virile 6. ( 7 ) Testa coperta da un cesto 7. ( 6 ) Monaca, di schiena, che entra in una roccia 8. Fauci con grandi denti inghiottono diversi esseri 9. Catafalco, pianto e banchetto funebre {Puig fig. 4 5 7 ) 10. Capitello non lavorato 11. S. Pietro con le chiavi e S. Paolo con la spada 12. Testa di monaca

13. Donna che siede su un drago che dilania un oggetto non identificabile 14. Testa d'oca rovesciata 15. Aquila 16. Daniele nella fossa mette le mani nelle fauci di due leoni 17. Aquila 18. Due corpi di leone con una sola testa {Puig fig. 4 5 2 ) 19. Leoni frontali {Puig fig, 4 4 8 ) 20. Danza di angeli {Puig fig. 4 5 3 ) 2 1 . Sirena che spinge di lato, verso l'alto, la propria doppia coda di pesce {Puig fig. 4 4 9 ) 22. Carola di angeli 23. Testa d'uomo barbuto sul calice di un fiore 24. Demone rannicchiato {Puig fig- 4 5 4 ) 25. Motivo ornamentale

D E L

GIARDINO

Uomini, grappoli d'uva, motivi ornamentali Capitello non lavorato Aquila Motivo ornamentale Motivo ornamentale Testa di donna Testa di uomo barbuto Aquila Coppia di sirene con remo e pettine Testa di uomo barbuto Motivo ornamentale Filatrice, che spinge i l pollice fra il medio e l'indice, siede in un semicerchio costituito da un leone sdraiato Un pellicano nutre i suoi piccoli con i l sangue del suo petto Motivo ornamentale Motivo ornamentale Motivo ornamentale (pigne) Motivo ornamentale Motivo ornamentale Motivi ornamentali costituiti da teste di leoni Motivo ornamentale Uomini immersi in acqua fino alle anche {Puig fig. 4 4 9 ) Uomini rannicchiati con le mani e i piedi legati {Puig fig. 4 5 0 ) Grifoni Motivo ornamentale Animale fantastico a forma di S con corpo di uccello, testa di leone e coda di serpente (Puig fig. 4 4 6 ) Daniele con due leoni

26. Motivo ornamentale {testa sul calice di un fiore)

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LATO

LATO

D E L L ' E D I F I C I O

GIARDINO

Motivo ornamentale

27. 'Pavone' (uccello da rapina) (Puig fig. 4 4 5 )

28. Motivo ornamentale (pigne) 29. Pietro e Paolo con chiavi e spada, due figure femminili 30. Martire regale con ruota e palma 31. Donna avvolta in un manto di capelli (Maddalena) 32. S. Giorgio, drago, principessa 33. Teste, viticci 34. Donna in barca a remi alle cui estremità tonde, a forma di specchio, si aggrappano delle sirene 35. Pazzi 36. Testa barbuta, donna con cagnolino in grembo 37. Testa di donna con folta capigliatura 38. Pranzo di una coppia e donna 39. Madre di Dio con bambino e colomba 40. Monaca che beve da una coppa 4 1 . Giovanni Battista, armigero e tedoforo (?) 4 2 . Uomo addormentato sdraiato in terra 43. Motivo ornamentale 44. Motivo ornamentale 45. Motivo ornamentale 46. Motivo ornamentale 47. Tre angeli con liuto (6 corde) arpa ( 1 3 o 1 4 corde) e organo a mano ( 1 2 canne) 48. Motivo ornamentale 49. Madre di Dio con bambino e Barbara, Maddalena e Caterina 50. Motivo ornamentale 51. 52. 53. 54.

D E L

Motivo ornamentale (pigne) Coppia in preghiera Angeli con festoni e scritte Re con calice e con l'indice alzato Motivo ornamentale Pecora Drago Pazzi Uomo con pecora o scimmia; pellicano Testa di donna Peonia Due leoni con folta criniera e donne Donna che tiene, vinti, due leoni sotto le sue braccia Testa d'uomo con barba, dorma con corna sul capo Una martire con corona e palma Motivo ornamentale Motivo ornamentale (pigne) Cacciatore (?) con cane o lupo Testa in ornato Tre donne che si lavano e si pettinano

Capitello non lavorato Motivo ornamentale Motivo ornamentale Sacerdote con corona e calice

55. Motivo ornamentale 56. Abate, vescovo 57. Angeli con piffero, cornamusa e strumenti a percussione 58. 'Pavone' (uccello da rapina) 59. Leone che mette la zampa su! dorso del drago, il quale sta per ingoiare una pecora

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Motivo ornamentale Donna con due grosse bestie il braccio Gruppo femminile (carola), d'uomo barbuto Diavolo Carola di donne Testa di monaca Piccolo animale grasso con coda Motivo ornamentale Sacerdote eleva i l calice al di della corona Testa di donna Due leoni rampanti Cane

sotto testa

lunga sopra

Fra i l materiale elencato vanno messi i n rilievo iimanzitutto alcuni capitelli sui quali (come risulta da iscrizioni o da chiari segni caratteristici) figure d i santi occupano tutto lo spazio o, quanto meno, costituiscono i l centro della scena. I l centro numerico (capitello 31) è costituito dall'Immagine di Maria Maddalena penitente. Piiì avanti incontriamo la madre d i D i o (capitelli 39 e 4 9 ) , S. Giorgio ( 3 2 ) , S. Giovanni Battista (41), S. Pietro e S. Paolo (11 e 29). Sostituendo S. Giorgio con l'arcangelo Michele, le ultime cinque figure citate corrispondono agli intercessori invocati nel Confiteor liturgico: Gjnfiteor Deo omnipotenti, Beatae Mariae, semper Virgini, Beato Michael! Archangelo, Beato Joanni Baptistae, Sanctis Apostolis Petto et Paulo, Omnibus Sanctis et vobis fratres: Quia peccavi nimis cogitatione, Verbo et opere...

La sostituzione d i S. Michele con S. Giorgio appare ammissibile per v a r i m o t i v i . Entrambe le figure hanno due tratti comuni che possono facilmente portare a uno scambio o a una sostituzione fra i due personaggi. Entrambi hanno ucciso u n drago e sono medici,*' anche se Giorgio è i n Catalogna molto più popolare d i Michele. Egli è i l santo patrono della Catalogna e dell'Aragona e i l chiostro di R i p o l l sin dai tempi più antichi f u i l luogo d i sepoltura d i principi catalani e aragonesi. Esiste però anche un rapporto liturgico fra S. Giorgio e la remissione dei peccati. N e l giorno dedicato al santo cavaliere (23 aprile) viene espressamente invocata la sua intercessione per i l perdono dei peccati, mentre nella liturgia d i S. Michele si chiede semplicemente l'aiuto dell'arcangelo nella lotta i n occasione del giudizio universale. Nella secreta del 23 aprile si legge: Munera, Domine, oblata sanctijica, et, intercedente beate Georgio Martyre tuo, nos per haec a peccatorum nostrorum maculis emunda. La secreta dell'S maggio (S. Michele) non si rivolge direttamente all'Arcangelo; invece VAlleluia dice letteralmente: 76

i : f .\ **

Sancte Michael Archangelo, defende nos in proelio, ut non pereamus in tremendo judicis. Nella leggenda entrambi i santi non sono soltanto guerrieri e medici, ma hanno anche sconfitto i l drago, che nella tradizione popolare cristiana appare più come raffigurazione peculiare del male che come rappresentazione d i una essenza dualistica. Questo male coincide nel campo spirituale con i l peccato, e sul piano biologico con la malattia. N e l momento i n cui i l cavaliere conficca la sua lancia nelle fauci del mostro mugghiante, gli toglie la voce, cioè la forza, cosi come u n tempo Indra annientò Ì malvagi Asura 'togliendo loro la voce'. I l fatto che Maria Maddalena, la peccatrice, stia al centro e le altre figure corrispondano ai santi invocati nel Confiteor, ci fa supporre che nel chiostro d i R i p o l l sia rappresentato u n r i t o d i penitenza o d i guarigione. I l tentativo che abbiamo fatto per interpretare i l chiostro d i R i p o l l si basa, da u n lato, sull'analogia (riconosciuta anche sul piano teologico) fra malattia e peccato** e, dall'altro, sull'equivalenza d i cura, guarigione e convalescenza con indulgenza, assoluzione e remissione dei peccati (indulgentia, absolutio et remissio peccatorum). Questa interpretazione acquista una verosimiglianza anche maggiore considerando i l fatto che l'antico convento benedettino d i R i p o l l era dedicato a S. Giovanni Battista { 2 4 giugno). I l 24 giugno è proprio i l giorno i n cui i l popolo adorna le f o n t i , si bagna con la rugiada o i n mare, fa passare i malati fra due alberi o due rami d'albero e raccoglie piante medicinali per conservare o riacquistare la salute.^'

La rappresentazione

del

tempo.

Per la determinazione del corso dell'anno abbiamo i n nanzi tutto a disposizione due capitelli, la cui collocazione nel tempo non è soggetta ad alcun dubbio. I l capitello 32 (S. Giorgio) deve essere riferito al 23 aprile e ìl capitello 41 (S. Giovanni) al 24 giugno. Procedendo da queste date si possono suddividere le ricorrenze dell'anno i n due modi 77

diversi lungo tutta la cerchia dei capitelli, a condizione d i inserire nel mese d i giugno un'ipotetica colonna 40/a, che porterebbe i l numero delle colonne da 59 a 60. Questo numero dispari d i colonne ha certamente, come a Gerona, una motivazione assai profonda. Tuttavia non siamo riusciti a individuarla. Nella fila A sono assegnati ad ogni colonna 6 giorni che, moltiplicati per 60, danno come risultato Ì 360 giorni dell'anno arcaico. Se si vuole portare l'anno a 365 giorni è necessario ripartire g l i altri 5 giorni nell'insieme dello spazio. La fila B, fondamento delle righe che seguono, parte dalla considerazione particolare dei giorni che i n Spagna sono tradizionalmente dedicati all'esecuzione d i danze sacre nel corso delle processioni. Essa presuppone che ogni colonna corrisponda a una delle 52 settimane dell'anno e che ogni settimana si inizi con u n lunedì. I n questo caso rimangono 8 colonne (8 è i l numero mistico della via della salute, della via lattea, della disposizione per la danza delle spade) attribuite alle date tradizionali per l'esecuzione delle danze:"" Natale (capitello 12), S. A n t o n i o o conversione d i Paolo (capitello 16), carnevale (capitello 22), Pasqua (capitello 30), S. Giorgio (capitello 3 2 ) , Corpus D o m i n i (capitello 40) o festa di S. Orosia (capitello 4 2 ) , S. Lorenzo (capitello 4 8 ) o S. Rocco e S. Bartolomeo (capitello 5 0 ) , S. Michele (capitello 57). Se pììi feste si susseguono a breve intervallo (capitelli 40, 42 e 48, 50), la danza si svolge i n una festa o nell'altra. U n gruppo però sembra comprendere festività con intervalli d i quattro settimane, eppure esse si escludono a vicenda. Nel periodo attorno al solstizio d'estate, in Aragona (a lungo legata politicamente alla Catalogna), specialmente nella provincia d i Jaca, si svolge la danza salutifera in occasione della festività della santa del luogo, S. Orosia (capitello 4 2 ) , mentre altrove viene generalmente preferita la festività del Corpus Domìni.^' Si può desumere quanta importanza rivestano questi elementi folcloristici nella costruzione del chiostro d i Ripoll dal fatto che i l drago riprodotto sul capitello 34 ha l'identica forma che ancora pochi anni prima aveva i l 'drago' delle feste d i primavera e nelle prò78

cessioni del Corpus D o m i n i a Barcellona. A l t r i elementi popolari saranno citati i n seguito. L'inserimento della colonna 40/a è necessario per i mot i v i che ora esporremo. Se attribuiamo 6 giorni ad ogni colonna della fila A , otteniamo per i 62 giorni che vanno dal 23 aprile (colonna 32) al 24 giugno (colonna 41) solo 10 colonne, cioè al massimo 60 giorni, anche se si volesse considerare i l 23 aprile | i l primo giorno (lunedì) della colonna 32 o i l 24 giugno • l ' u l t i m o giorno (domenica) della colonna 4 1 . Si potrebbero j invero inserire qui 2 dei restanti 5 giorni dell'anno, ma una tale suddivisione non è realizzabile a causa delle altre festività riprodotte sui capitelli. A una migliore ripartizione del tempo porta la versione B, che presuppone 7 giorni per ogni colonna. Se si ammette che la peonia (capitello 38) rappresenta la Pentecoste e che la monaca portante un calice alla bocca (capitello 40) raffigura l'elargizione d i grazia dell'Eucarestia (Corpus D o m i n i ) o i r i t i salutiferi celebrati al solstizio d'estate, mentre la donna con le corna raffigurata sulla colonna d i S. Giovanni (capitello 41 ) rappresenta la Juana della tradizione popolare spagnola (la Magna Mater della piena estate) che sì oppone alla vecchia filatrice (la Vieja del solstizio d'inverno sul capitello 12), si può stabilire una più verosìmile suddivisione del tempo. Tenendo conto d i tali presupposti, ne consegue che l'unica possibilità di ordìnaire Ìl corso dell'anno nell'insieme deì capitelli consiste nel suddividere le 52 settimane e le 8 festività per l'esecuzione delle danze terapeutiche sulle 60 colonne. I n tale ordinamento ìl giorno d i S. Giovanni cade al limite estremo del capitello 41 (lunedì, 24 giugno), mentre i l giorno d i S. Michele può essere ancora calcolato come u l t i m o giorno feriale nel capitello 56. Se però i l 24 giugno è lunedì (colonna 41), la domenica d i Pentecoste viene ad essere i l 2 giugno, cioè l ' u l t i m o giorno (domenica) del capitello 38, ove è rappresentata la peonia. Stabilita questa data. Pasqua deve essere celebrata i l 14 aprile (capitello 31) e i l Corpus D o m i n i Ìl 13 giugno (capitello 40). D i conseguenza la Madre di D i o con la colomba (capitello 39) rappresenta la settimana dì Pentecoste, mentre la colonna 49, che rappresenta la Madre d i D i o circon79

C A P I T E L L I

A

(6

GIORNI)

B

(7

GIORNI)

P E R I O D I

F E S T I V I T À

ZODIACALI

1. I ^ n e , pecora 2. Centauro 3. (Crocifissione) 4. (Aquila) 5. (Testa) 6. (Testa, dorso) 7. (Testa) 8. (Letto di morte) 9. (Animale marino) 10. Testa 11. Pietro e Paolo 12. Filatrice 13. Dragone, pellicano 14. Animali a testa in giù 15. Aquila 16. Daniele 17. 18. 19. 20. 21. 22. 2}. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31.

Aquila Leoni Leoni Danza di angeli Sirena solare Danza di angeli Grifoni Demone Animale fantastico Daniele Pavone Motivo ornamentale Pietro e Paolo Martire regale Re con calice

3-8 JCI 9-14.XI 15-20.XI 21-26.XI 27.XI.2jfII 3-8JCII 9-14.XII 15-20.XII 2I-26,XII

307-312 313-318 319-324 325-330 331-336 337-342 343-348 349-354 355-360 361-1 2-7 8.1} 14-19

16-21.X 22-27.X 28.X-2.XI

289-294 295-300 301-306

27JfII-I.I 2-7-1

8-13.1

I4-I9-I

20-25.1 26-31.I 1-6.II 7-12.II i3-i8.n

20-25 26-31 32-37 38-43 44-49 50-55 56-61 62-67 68-73

19-24.11

74-79

80-85 86-91 92-97 98-103 104-109

(6

25.II-2.III 3-8.III 9-14III 15-20.III 21-26.III 27-in-i.IV

287-293 294-300 301-307

28.I-3.II

28-34

21-27,1

21-27

{25.I)

308-314 315-321 322-328 329-335 356-342 343-349 350-356 557-363 Natale 364-6 7-15 14-20 S. Antonio Convers. S. Paolo 55-41

84-90 91-97 98-104 Pasqua

2-7.IV

A

C A P I T E L L I

GIORNI)

i4'2oJC 21-27 28.X-3JCI

18-24.II (19-20.II) 25-II-3.ni 4-10.III

42-48 49-55 sole nei Pesci 56-62 63-69 70-76 77-83

IO

I4-I9-IV

8-13.IV

B

I I O - I I 5 / 6 20-26.IV 117-122 27.IV-2.V 123-128 3-8.V 129-134 9-14 V 13 5-140/1 15-21.V 142-147 22-27.V

S. Giorgio Testa Lago del drago Pazzo Pazzo Teste di doime

5-1II

(7

4-ioJCI 11-17^11

18-24 JCI 25JfI-lJ[II 2-8J£II 9-iS.XII 16-22 JCII 23-29.XII (24.XII) 30JCII-6.I 7-15.I 14-20.I (17.1)

Scorpione 20 (22) 2o" domenica dopo Pentecoste 21" domenica dopo Pentecoste 22' domenica dopo Pentecoste Ognissanti 23* domenica dopo Pentecoste 24' domenica dopo Pentecoste Sagittario 22 {24) 25" domenica dopo Pentecoste I * domenica d'Avvento 2' domenica d'Avvento 3" domenica d'Avvento 4' domenica d'Avvento Natale Capricorno 24 (2)

Acquario 2 (4)

4-IO.II 11-17.11

Pesci 4 (6)

II-I7.III

18-24-III 25-31-III I-7.IV 8-i4.IV {13, I 4 - I V ) 15-21.IV

Ariete 6 (8)

Toro 8 (10)

P E R I O D I

GIORNI)

Epifania i ' domenica dopo l'Epifania 2* domenica dopo l'Epifania S. Antonio, S. Paolo 3* domenica dopo l'Epifania 4" domenica dopo l'Epifania Settuagesima Sessagesima Quinquagesima 27. I l Mercoledì delle Oneri Quaresima 2 ' domenica di Quaresima 3' domenica di Quaresima 4 ' domenica di (Quaresima Domenica di Passione Domenica delle Palme Settimana Santa S. Ermenegildo-Pasqua i ' domenica dopo Pasqua

F E S T I V I T À

ZODIACALI

32. 33. 34. 35. 36. 37.

216-221 222-227

48. Testa 49. Maria

148-153 i54-i59 160-165 166-171 172-177 178-18^/4 185-190 191-196 197-202 205-208/9 210-215

38. Peonia 39. Maria, (Colomba 40. Monaca che beve 4oa. (colonna ipotizzata) 41. S. Giovanni 42. Dormienti 43. Motivo ornamentale 44. Motivo ornamentale 45. Uomo con bastone 46. Testa 47. Angeli musicanti

50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57.

S. Giorgio 112-118 119-125 126-132 133-139 140-146

147-155 28.V-2.VI 154-160 3-8VI 161-167 9-14-VI 168-174 15-20.VI 175-181 21-26.VI 27.VI-5.VII S. Orosia 182-188 4-9.VII 10-15.VII 189-195 196-202 16-21.VII 203-209 22-28.VII 29.VII-3.VIII 210-216 4-9.VIII 10-15.VIII

Carola di dorme 228-233 Diavolo 234-239 Carola di donne 240-245 Testa 246-251 Sacerdote con calice 252-257 Motivo ornamentale 258-265/4 Sacerdote con calice 265-270 Strumenti musicali 271-276

58. Pavone 59. Leone e drago

217-225 224-230

23.IV 22-28 .IV 29.IV-5-V 6-12.V 15-19V 20-26.V

3-9VI

9-15.IX

252- 258

26.VIII-I.IX 2-8.IX

238-244 245-251

I9-25,VIII

251- 257

259-265 16-22IX 266-272 23-29-IX Cosma, Damiano, (27, 29.IX) Michele 273-279 50.IX-6JC 280-286 7-15-X

4-9.X 10-15.X

Gemelli 10 (12)

27.V-2.VI 10-16.VI 17-25.VI 24-30.VI (25VI) I-7.VII

Cancro 12 (14)

8-I4.VII

15-21.VII 22-28.VII Leone 14 (16) 29.VII-4.VIII (29.VII) 5-11.Vili 12-18.VIII

S. Rocco e Bart. (16-24.VIII)

16-21.VIII 22-27.VIII 28.VIII-2.IX 3-8-IX 9-14.IX 15-21.IX 22-27.IX 28.IX-3.X

277-282 283-288

Vergine 16 (18)

Bilancia 18 (20)

S. Giorgio 2" domenica dopo Pasqua 3" domenica dopo Pasqua 4' domenica dopo Pasqua 5 ' domenica dopo Pasqua 6* domenica dopo Pasqua (Ascensione) Pentecoste i ' domenica dopo Pentecoste 2' domenica dopo Pentecoste 3" domenica dopo Pentecoste 4* domenica dopo Pentecoste S. Orosia, Sette dormienti 5' domenica dopo Pentecoste 6" domenica dopo Pentecoste 7* domenica dopo Pentecoste 8' domenica dopo Pentecoste 9* domenica dopo Pentecoste (29.VII Marta e Maria) io° domenica dopo Pentecoste 11^ domenica dopo Pentecoste (Assunzione di Maria) S. Rocco, S. Bartolomeo 12' domenica dopo Pentecoste 13' domenica dopo Pentecoste 14' domenica dopo Pentecoste 15' domenica dopo Pentecoste 16' domenica dopo Pentecoste 17' domenica dopo Pentecoste Ciosma, Damiano, Michele 18" domenica dopo Pentecoste 19" domenica dopo Pentecoste

data da tre santi, comprende la settimana dal 12 al 18 agosto e quindi la festività dell'Assunzione (15 agosto). L'uomo che dorme sdraiato in terra {capitello 42) simboleggia chiaramente la festa dei sette dormienti (27 giugno) quando essi, secondo la leggenda, furono fatti riparare da D i o in una grotta durante l'epidemia della canicola e in tal modo poterono salvarsi .^^ Anche nella leggenda popolare d i S. Orosia (25 giugno), che sembra essere la martire raffigurata sul capitello 42 (poiché fra i santi spagnoli d i questa settimana non si trova altra martire), si ricorda una caverna i n cui la martire si rifugiò per sfuggire ai M o r i e in cui f u salvata dalla morte per sete da una fonte miracolosa." La colonna 30, che comprende la settimana santa, presenta su d i un lato u n angelo e sull'altro un martire regale molto giovane e dai t r a t t i quasi femminei, con corona, ruota e palma. Fra i santi spagnoli di questa settimana si trova un solo martire regale {8-13 aprile): i l cattolico-romano Ermenegildo, figlio dell'ariano re dei goti Leovigildo. Questo principe subì i l martirio e morì i l 13 aprile, sabato santo dell'anno 586. Poiché anche secondo la suddivisione del tempo q u i indicata i l sabato santo cade i l 13 aprile, si può supporre che in questa figura riprodotta sul capitello 30 sia riconoscibile un monumento al giovane martire. La tradizione visigota del vecchio convento è attestata chiaramente già dai n o m i degli abati," e l'onore forse tributato con questo capitello al martire regale si potrebbe facilmente spiegare con la grande importanza attribuita alla morte d i Ermenegildo. Gregorio Magno interpretò la conversione al cattolicesimo romano di re Recadero e d i tutta la nazione gotica d i Spagna come una conseguenza del sacrificio e delle intercessioni d i Ermenegildo." A prima vista appare strano i l fatto che Pietro e Paolo con le chiavi e con la spada siano raffigurati solo sui capitelli I I e 29, mentre non appaiono nel giorno che la Chiesa ha dedicato specificatamente a loro (29 giugno). La ragione della loro assenza potrebbe risiedere nel fatto che i l capitello corrispondente {41) era già occupato da S. Giovanni e dalla ]uana. Si potrebbe però ritenere che le due figure maschili ( i l portatore di spada e i l tedoforo) che stanno a fianco d i S. Giovanni, indichino i due santi del 29 giugno. 82

Questa suddivisione del tempo nello spazio ottiene ulteriore conferma considerando l'orientamento del chiostro, la cui linea nord-sud coincide con i capitelli 12 e 4 1 , cioè con i l solstizio d'inverno e d'estate. Che l'ovest corrisponda alla primavera e l'est all'autunno risulta dal fatto che i l r i t o terapeutico d i cui ci accingiamo a trattare si svolge tradizionalmente i n direzione opposta al corso del sole. Se questa ipotetica suddivisione del tempo nello spazio è esatta, lo stretto passaggio che porta i n giardino, fra le colonne 6 e 7, potrebbe significare i l termine dell'anno liturgico. A l l o stesso modo i l passaggio fra le colonne 28 e 29 sembra indicare l'inizio del tempo pasquale. La settimana contenuta nel capitello 7 si chiude con la prima domenica di Avvento. Nel tentativo di ricostruire l'ordine dei capitelli distrutti dall'incendio sul lato settentrionale del chiostro, potrebbe essere assai utile i l paragone della liturgia della settimana con le rappresentazioni plastiche. Per questa ragione i capitelli, nella disposizione della pagina seguente, sono rapportati alle domeniche o alle festività cui sembrano d i volta i n volta corrispondere.

S U C C E S S I O N E

A T T U A L E

I P O T E T I C A

F E S T I V I T À

S U C C E S S I O N E ORIGINARIA

3. Aquila

3. Crocifissione e Resurrezione

4. Crocifissione e Resurrezione 5. Testa ornamentale

4. Aquila

6. Dorso nella roccia, volto, testa barbuta 7. Testa coperta da un cesto 8. Fauci, aquila 9. Cerimoniale funebre, sirene I O . Testa barbuta

5 . Testa ornamentale 6. Testa coperta da un cesto 7. Dorso, volta, testa barbuta 8. Fauci, aquila 9 . Cerimoniale funebre, sirene I O . Testa barbuta

2 2 ' domenica dopo Pentecoste, Ognissanti, commemorazione dei defunti 2 3 ' domenica dopo Pentecoste 2 4 ' domenica dopo Pentecoste 25* domenica dopo Pentecoste i " domenica d'Avvento 2* domenica d'Avvento 3* domenica d'Avvento 4* domenica d'Avvento

Potrebbe innanzitutto stupire che la crocifissione d i Cristo e la Resurrezione siano collocate verso la fine dell'anno liturgico; i l capitello è stilisticamente molto più recente 83

delle rappresentazioni plastiche vicine e potrebbe essere stato aggiunto successivamente. È tuttavia possibile, e anche probabile, che esso rappresenti la copia d i u n antico originale riferentesi alla promessa, presente nella liturgia del giorno dei defunti, della Resurrezione dei m o r t i i n virtù del sacrificio di Cristo ( G i o v . 5, 25-29). I n tal caso questa rappresentazione, raffigurata ora sul capitello 4, dovrebbe essere attribuita alla colonna 3. L'immagine della schiena e della parte posteriore del capo d i una monaca (fig. 10) che entra i n una pietra e i l cui petto e volto riappaiono p o i sulla superficie laterale della 'roccia', suggerisce l'interpretazione che si tratti dell'antica rappresentazione della morte (pietrificazione), cioè dell'ingresso del morto nella pietra delle anime (ingresso agli inferi), tanto più che questo capitello ricade, anche dal punto d i vista paesaggistico, nella zona della morte. Per questo motivo l'attuale capitello 7 potrebbe essere attribuito alla conclusione dell'anno liturgico, cioè alla colonna 6. Per m o t i v i simmetrici potrebbero essere scambiati i cap i t e l l i 8 e 9. Facendo retrocedere i l banchetto del capitello 9 sulla colonna 8, esso si troverebbe d i fronte al banchetto del capitello 38. Corrispondenze simili si verificano anche fra i capitelli 22 e 52 (carole di angeli e d i donne, figg. 15 e 19), e 12 e 41 (mediante inserimento d i un'ipotetica colonna 40/a) che rappresentano la Juana durante i l solstizio d'inverno nel suo aspetto d i filatrice e nel solstizio d'estate i n quello d i donna cornuta. I due pavoni equinoziali si trovano nei capitelli 27 e 58. Fra le teste che appaiono con così grande frequenza sui capitelli, possono forse avere importanza particolare le teste barbute, poiché non è impossibile che esse si riferiscano ai segni zodiacali (ai cosiddetti 12 vecchi). La testa barbuta che, per i l suo rapporto spaziale con la pietra delle anime, è già stata retrocessa alla colonna 6, corrisponderebbe allora alla settimana che va dal 18 al 24 novembre (Sagittario). L'interpretazione delle teste barbute come segni zodiacali resta tuttavia problematica poiché, anche se queste teste sui capiteUi 6, 10, 33, 41 e 50 corrispondono al Sagittario, al Capricorno, al T o r o , al Cancro e alla Vergine, si possono riscontrare tuttavia non poche irregolarità. Solo 84

ulteriori indagini d i questo tipo effettuate i n altri chiostri potranno dimostrare la validità o meno d i quest'ipotesi. I l fatto che i Pesci (capitello 21) non corrispondano a una testa, ma al segno specifico d i una donna con coda di pesce (sirena come 'sole dell'acqua') non potrebbe essere una obiezione essenziale; e neppure la straordinaria accentuazione dei due solstizi che sono messi i n evidenza, oltre che dalle teste barbute, anche dai leoni solari, dalla Magna Mater sui capitelli 39-41 e dalla filatrice dei capitelli 10-12. Più grave invece è i l fatto che l'Acquario (capitello 16) non compaia affatto; che l'Ariete (capitello 26) sia rappreseiitato da una testa senza barba sul calice d i u n fiore e che Ìl capo barbuto del capitello 23 non possa rappresentare, per la sua posizione, alcun segno zodiacale. È improbabile che la testa sopra i l leone del capitello i corrisponda al segno dello Scorpione, poiché queste teste barbute occupano sempre da sole l'intero capitello. I l segno del Leone (capitello 46) presenta una piccola testa i n mezzo a una serie d i v i ticci: essa tuttavia non è simile agli altri segni. La Bilancia (capitello 55) presenta solo raffigurazioni ornamentali. Notevole è anche la posizione della testa barbuta sul capitello 36 (13-19 maggio), mentre i l segno dei Gemelli vero e proprio (capitello 37, 20-26 maggio) è occupato da una testa femminile. Ciò fa supporre che alle teste femminili si debba forse attribuire un significato affine. Poiché la testa barbuta sul capitello 6 (Sagittario) è accompagnata da una testa femminile, i l capo di donna del capitello 57 potrebbe forse corrispondere alla Bilancia. È comunque certo che i v o l t i d i monaca sono al d i fuori d i quest'ordinamento.

Il

paesaggio.

Se si prende i n esame la distribuzione spaziale dei più importanti elementi figurativi del chiostro, balza evidente allo sguardo i l loro rapporto con i l paesaggio descritto nel terzo capitolo. Nel quadrilatero irregolare del chiostro i l lato nord potrebbe rappresentare la terra e la zona dei m o r t i , mentre la parte sud-occidentale corrisponde alla 85

montagna celeste. Le altre due ali rappresentano la zona d i passaggio attraverso i l lago di fuoco orientale e occidentale. Accanto agli equinozi {capitelli 27 e 58) si trova i l 'pavone fantastico' {uccello da rapina, uccello del tuono), accanto ai solstizi d'inverno e d'estate (capitelli 12-13 e 41) la Magna Mater con i l pellicano, i l drago e i l leone. Le fauci aperte {capitello 8) e i l giaciglio del malato (capitello 9) alludono all'Oceano dei m o r t i . I l mare d i febbre ( r i t i d i gennaio e febbraio che precedono la primavera) rappresentato da aquila, leone, motivo d i Daniele {in lacu leonum), conchiglie e lumache, mare d i fiamme dei peccatori, schiere d i angeli e sirena solare, corrisponde al purgatorio cristiano. I l bosco ai piedi della montagna sacra (capitelli 29-41) è raffigurato mediante le pigne e le ghiande dei capitelli 28, 29 e 44. Nelle colonne 34 e 35 sono raffigurate l'uscita dal lago del drago e la sede del santo folle. I l passaggio alla montagna sacra è simboleggiato dagli animali fantastici dei capitelli 23 e 25. Se si potesse effettuare uno scambio fra i capitelli 23 e 24 situati sul pendio della montagna, i l demone corrisponderebbe al diavolo che compare nella tentazione d i Cristo narrata dal Vangelo ( i ^ domenica d i Quaresima) e i grifoni alla trasfigurazione del Signore sulla montagna (2" domenica d i Quaresima). I l dubbio circa una probabile contraddizione nella successione d i questi capitelli è stato già avanzato nella discussione riguardante le teste barbute. I n tal modo acquisterebbe verosimiglianza l'ipotetica inversione dei due capitelli, ma essa resta tuttavia non dimostrabile, poiché ' la testa barbuta del capitello 23, anche se viene trasferita sulla colonna 24, non occupa una settimana i n cui i l sole entri in u n determinato segno zodiacale. Quando salvatori e medici scendono dall'alto, gli angeli musicanti e le donne terrestri del capitello 47 sembrano assolvere un compito simile a quello che g l i animali fantastici della colonna 23 assolvono nell'ascesa. Se i grifoni rappresentano gli avamposti della montagna celeste, g l i angeli rappresentano i custodi sul lato opposto. I n entrambi i capitelli è espressa visibilmente l'idea del passaggio dal cielo alla terra poiché, come nella figura bivalente dei grifoni si incrociano i due mondi, così anche gli angeli che suonano accanto alle donne terrestri sembrano rappresentare i l contatto fra i due regni. 86

Potrebbe perciò anche non essere casuale i l fatto che proprio questo capitello con angeli che lodano D i o e con donne laboriose rappresenti i l 29 luglio, giorno della parabola d i Marta e M a r i a , D i fronte alla carola degli angeli nel Iago d i febbre purificatore agli albori della primavera (purgatorio, capitello 22), sta la danza delle donne (capitello 52) nel rianimatore mare d i fiamme dell'autunno che, nel ritorno dei risanati alla vita normale ( i n direzione del corso del sole), si trasforma in terrestre fuoco primaverile. Fra gli angeli musicanti della colonna 47 e gli strumenti del capitello 57 si può riscontrare una relazione in cui si manifesta la distinzione, comune nell'arte musicale del Rinascimento e diffusa ancor oggi nella danza popolare spagnola, fra musica alta e musica baja. Musica alta è in origine raffinata arte d i corte, musica baja invece è la musica popolare, meno raffinata, che si suona all'aria aperta. A l primo tipo di m.usica appartengono le arpe, i l i u t i e gli organi della colonna 47 che s'innalza sul pendio della montagna celeste; l'orchestra della musica baja, formata da zampogna, piffero e strumenti a percussione, è propria della valle degli uomini (capitello 57).

La probabile epopea della discesa all'inferno e della misericordiosa salvazione di una peccatrice nel chiostro di Ripoll. Quando si percorra questo paesaggio mistico i n direzione opposta a quella del sole, si pone i l quesito se anche i n questa successione d i capitelli non sia rappresentato qualche avvenimento. N o n possediamo precisi punti d i riferimento all'infuori del carattere penitenziale del chiostro e d i una circostanza storica del secolo X I che può forse essere posta i n relazione con i l chiostro. Da t u t t o ciò risulta chiaramente che quanto sarà esposto nelle pagine che seguono ha i l valore d i una semplice supposizione, che viene avanzata solo perché può forse sollecitare u n esame d i altri chiostri in relazione all'interna concatenazione deì loro capitelli. M o l t i particolari sembrano rimandare a elementi tratti 87

da antichi r i t i terapeutici ancora oggi parzialmente popolari, qui però inseriti pienamente nella liturgia cristiana. L'arma della danza delle spade diventa la spada d i S. Paolo, i l lago d i fuoco diviene i l purgatorio. I l calice colmo d i quell'acqua che poco prima del solstizio deve attingere i l massimo della sua forza, diventa i l calice dell'Eucarestia la cui istituzione è celebrata i l giorno del Corpus D o m i n i . Per illustrare i l rapporto fra i l paesaggio in cui si muove la monaca e quello che appare nell'antica immagine del mondo, i l suo cammino è indicato nella tavola i i i , con ì numeri non fra parentesi, lungo le montagne rituali M N H H I N I M I . Questi numeri, che corrispondono alla numerazione dei capitelli, si riferiscono d i volta i n volta alla posizione dei segni zodiacali e al paesaggio che ad essi si riferisce. N o i vediamo nel cammino lungo i l giardino del chiostro un percorso rituale i n cui vengono cancellati la malattia e i peccati d i una monaca per mezzo d i una morte simbolica, cioè attraversando i l lago d i fuoco (purgatorio) e la montagna celeste. La peccatrice appare i n abito monacale fino al capitello 13 e a partire dal capitello 4 0 , dunque prima e dopo i solstizi. Nel periodo intermedio ella compare meno vestita e con i capelli sciolti (capitello 13), in barca (capitello 34) e a cena ( 3 8 ) . T u t t a la rappresentazione del viaggio appare essenzialmente come una successione d i impressioni visive che la peccatrice incontra sul suo cammino. La malata è visibile solo nei momenti decisivi dell'azione. Ella comunque non è mai riprodotta nell'ala più antica. L'interruzione dei basamenti delle colonne che consentono l'ingresso in giardino fra le colonne 59-1 e 6-7 rappresentano la prima parte del cammino (ottobre-novembre). I l viaggio incomincia nel periodo oscuro e sinistro d i cui i l popolo dice: De las nueve e las dìez Deja la noche par quien es...

capitello, mentre nell'ombra del passaggio, sotto gli occhi d i un vecchio, due bestie divorano una pecora. Forse questa scena, che sì trova nell'ambito dello Scorpione, rappresenta l'inizio della zona della morte e della sofferenza e mostra come un essere innocente possa diventare preda del male (malattia e peccato). Sulla seconda colonna si vede un grosso cane, la cui testa assai bassa è purtroppo a tal punto danneggiata che non è possibile distinguervi alcunché d i sicuro. Tuttavìa, i n base alla sua collocazione i n ottobre, è molto probabile che l'animale, presagendo oscuramente i l destino incombente della sua padrona, stia scavando una fossa (tomba),^ tanto più che sullo stesso capitello appare lateralmente u n centauro con arco e frecce. \ I l significato del centauro è oggetto di discussione. Esso, mezzo uomo e mezzo cavallo, armato dì u n arco, è medico degli dèi. Si trova sul capitello 2 nel segno dello Scorpione che, dal punto d i vista astrologico, è i l luogo dei medici. M a poiché esso può anche significare i l Sagittario, è possìbile che racchiuda i n sé Ì due segni contemporaneamente. A simile combinazione (Sagittario con coda d i Scorpione) ha già rimandato J . Schwabe." A d ogni modo i capitelli che seguono si riferiscono senza dubbio alla morte o alla malattia. I l capitello 3 corrisponde alla festa d i Ognissanti e alla commemorazione deì defunti, cioè al perìodo i n cui i l mondo cristiano è solito dedicarsi i n modo particolare ai m o r t i . D e l loro rapporto con la scena della Crocifissione e della Resurrezione abbiamo già parlato. Se ì capitelli 2 6 3 rappresentano i l ferimento, la malattia e la speranza d i guarigione della peccatrice, l'uccello della colonna 4 potrebbe essere l'aquila di mare,** presaga dì sventura, i l cui volteggiare segna ìl cammino che l'anima deve percorrere sulla via che porta al lago d i fuoco (l'aquila sui capitelli 4, 8, 15 e 17).

La notte è, secondo una concezione antica, l'inizio d i tutte le cose. Anche nei due chiostri d i cui già abbiamo parlato le melodie cominciano al calar della notte. Sul lato del giardino l'autunno si riconosce dai vitìcci del p r i m o

Da u n pensiero d'origine megalitica scaturisce l'immagine d i una monaca che, volgendo le spalle all'osservatore, entra in una parete d i pietra, mentre sull'altro lato appare un volto (capitello 6, fig. 10). Q u i si è data una forma realistica all'idea, cui si è già accennato nel capitolo precedente, della graduale pietrificazione, dell'ingresso del malato o del

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moribondo nella roccia. I l segno zodiacale che compare su questo capitello corrisponde al Sagittario. I passaggi fra le colonne 6-7 e 28-29 delimitano la seconda parte del viaggio: Avvento, Natale e Quaresima i n cui si svolgono gli avvenimenti nell'Oceano della morte, la purificazione nel purgatorio d i fiamme e la Resurrezione dalla tomba (capitello 9, fìg. 12). Con l'irrigidimento o pietrificazione, l'uomo però non è ancora morto. M a le ombre della morte sono già sul suo volto, Ìl che è espresso (segno della discesa) con u n cesto che viene calato (capitello 7) sul capo (sole) d i un uomo condannato a morire. Allora un mostro apre le sue f a u c i " e ingoia la peccatrice (capitello 8, fig. 11). Mentre riappare l'aquila d i mare e cantano le sirene della morte, le monache piangono la sorella distesa sul letto d i morte e consumano i l banchetto funebre (capitello 9, fig. 12). La colonna 10 (mezzanotte e Capricorno) induce a pensare che la peccatrice sia ora giunta a u n punto crìtico. Nel suo viaggio attraverso l'Oceano dei m o r t i la donna pietrificata incontra S. Pietro, colui che porta le chiavi, e S. Paolo, la cui spada annuncia l'ardore del vicino Iago d i fuoco (purgatorio) c l'inìzio del processo d i guarigione (capitello 11). La figura di Paolo con la spada, che ritorna sul capitello 29, comprende la zona che nella danza delle spade è delimitata dalla prima e dalla seconda 'decapitazione'. D i conseguenza, nel capitello 11 l'ammalata pietrificata sarebbe consegnata al mondo dei m o r t i che purifica; al posto del capo vivente subentra, con la 'decapitazione', una testa morta che scompare solo all'uscita (capitello 29) del purgatorio (seconda decapitazione) per essere nuovamente sostituita da una testa vivente.

esegue la danza della filatrice, sì pone davanti alla porta della chiesa durante la messa d i mezzanotte una pastorella (la Juana pagana) con ìl fuso i l cui filo possiede forza r i sanatrice o si conducono per ìl villaggio come medici e folli S. Pietro e S. Paolo (che hanno patito molte ingiurie).*" Tuttavia questa rinascita sì compie non senza sacrifici sia per i l medico che per ìl malato. Ciò è simboleggiato non solo dal pellicano che nutre i suoi figli con i l sangue del suo petto, ma anche dal drago vorace che porta sul dorso un essere femminile (la monaca) con ì capelli sciolti e che contemporaneamente ingoia una vìttima (capitello 13, fig. 13). I n questo modo viene chiaramente espressa l'antica rappresentazione cosmica del volgere dell'anno:" nello stesso momento in cui ìl drago della vecchia filatrice ingoia la sua vìttima, esso sì affretta, tenendo l'ammalata sul dorso, verso i l lago d i fuoco che purifica. I n forza della sua duplice natura esso annienta e, contemporaneamente, crea. La tradizione cristiana spagnola, che divide l'uno dall'altro questi due elementi opposti, dice: De las doce a la una Anda la mala fortuna; De la una a las dos Anda la Madre de Dios.

È ancora buio e freddo e per la peccatrice svanirebbe ogni speranza se non apparisse i n lontananza la filatrice con a fianco i l leone e i l drago. La vecchia dea-madre sembra i n effetti decisa ad aiutare la poveretta. Spìnge i l pollice fra l'indice e i l medio (fico) per scongiurare la morte definitiva. Ella afferra la conocchia e comincia a filare una nuova vita per la peccatrice (capitelli 12 e 13). I n questo caso le i m magini dei capitelli si riallacciano al costume popolare catalano secondo ìl quale a Natale o nelle feste d'inverno si

Questa inversione dì valori è simboleggiata anche dalle teste rovesciate d i animali presenti sulla colonna 14. Si deve inoltre accennare al fatto che i l drago 'cattivo' i n realtà non è l'avversario, ma lo 'strumento' con cui Ìl medico compie i l sacrificio necessario per i l paziente. Mentre i l malato si accìnge ad attraversare i l sotterraneo mare dì fuoco, o mare dì febbre, ì leoni sollevano le loro zampe spaventose. La via che passa attraverso la caverna dei leoni (Daniele nella fossa dei leoni, capitello 16), disseminata dì conchiglie e d i chiocciole ('caracol', capitelli 17 e 20), appare colma d i pericoli e d i sofferenza. Essa corrisponde all'Acquario. Tuttavia le aquile della montagna assistono costantemente l'ammalata con la grazia del Signore (capitelli 15 e 17). I l fuoco più divorante del lago purificatore (aurora) è raffigurato sulla colonna 21 (luogo d i morte), su cui sono

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rappresentati i peccatori, vicinissimi al sole n o t t u r n o (sirena), immersi fino ai fianchi in un bagno d i fuoco, ovvero d i febbre (fig. 14). Poiché i l sole, per antica tradizione, trascorre la notte sul fondo del mare, esso è raffigurato q u i (nel segno dei Pesci) come una sirena che afferra con ciascuna delle sue mani le due parti della propria coda e le solleva fino all'altezza del petto. Questo atteggiamento potrebbe alludere alla preparazione dell'ascesa, cioè al momento in cui ella lascia andare i due remi alzati per batterli assieme e avanzare così sulla superficie del mare. La colonna successiva (22) mostra u n gruppo d i uomini che camminano, oppure stanno seduti con le ginocchia piegate e volte d i lato verso l'esterno. Le loro mani sono legate fra le cosce. Nella letteratura catalana moderna essi sono indicati come prigionieri. È verosimile che si t r a t t i d i penitenti (fig. 15). Una relazione con le danze terapeutiche potrebbe verificarsi nei capiteUi 20 e 22 (fig. 15) e nei loro riscontri 50 e 52 ('fig. 19). I p r i m i rappresentano una danza di angeli, i secondi una danza circolare d i donne terrestri. Nelle colonne 20 e 22 è forse rappresentato quel ballo i n circolo simboleggiato nelle danze mediche che con spade, bastoni o archi dà inizio alla 'battaglia' e, a partire dal capitello 29, rende possibile all'ammalata l'ascesa alla montagna sacra o 'torre' per mezzo della 'rosa d i spade', cioè con l'aiuto d i S. Pietro e d i S. Paolo, che porta la spada. A i piedi d i questa montagna la peccatrice incontra i due grifoni che banchettano a u n tavolo sacrificale (capitello 23), poi u n demone (lo spirito della tentazione secondo Matteo 4, i , nella seconda domenica di Quaresima) sul capitello 24 e infine un animale fantastico a forma d i 'S' (capitello 25). Questo strano 'uccello' con corpo d i serpe e volto d i leone ( = aria, terra, fuoco) lascia supporre una rappresentazione zoomorfa dell'antico uncino sacrificale. Potrebbe anche darsi che questo strano essere sia i n relazione con quella cacciata del diavolo, letta la terza domenica d i Quaresima (Luca 11, 14), per mezzo della quale u n m u t o riacquista la voce, poiché proprio i l ritorno della voce (forza vitale) perduta fa parte d i una delle tappe essenziali degli antichi r i t i terapeutici. 92

Quando l'ammalata, nelle prime ore del mattino, ha attraversato la caverna del leone (capitello 26) ed ha lasciato i l purgatorio, esce dalla 'tomba' e, al confine fra giorno e notte nel segno dell'Ariete (capitello 27), incontra Ìl pavone. Poi attraversa i l bosco d i p i n i e d i querce (capitello 28). I l delirio del tempo preannunciante la primavera è passato e Ìl corpo della paziente è accarezzato dal fresco vento d i marzo. La febbre del lago di fuoco si è placata poiché l'ammalata, dopo la confessione della colpa, è stata 'lavata' e i l suo peccato è stato cancellato dall'indulgenza {indulgentia). Tuttavia la peccatrice non ha ancora raggiunto la piena guarigione, né l'assoluzione {absolutio), né la remissione [remissio) dei suoi peccati. Otterrà questo solo nella terza parte del suo cammino, quella che ha inizio con l'interruzione del basamento fra le colonne 28 e 29. : Su u n sentiero i n salita l'ammalata s'avvicina all'altopiano dove incontra Pietro e Paolo con la spada (capitello 29). Nello svolgimento della danza delle spade si verificherebbe la seconda decapitazione, cioè la caduta della testa del morto. Q u i troviamo una coppia in preghiera che, durante la settimana santa, davanti all'immagine di S. Ermenegildo (capitello 30), sembra supplicare l'intercessione d i questo martire regale. L'angelo d i questo capitello rappresenta forse quel messo celeste che vegliava presso la tomba d i Cristo e che parlò con Maria Maddalena (capitello 31) la domenica di Pasqua, come è detto nel Vangelo del sabato santo secondo Matteo (28, 1-7) e della prima domenica dopo Pasqua secondo Giovanni. Accanto all'angelo vediamo una figura regale d i sacerdote che tiene un calice nella mano sinistra e con la destra alzata indica i l cielo, con i l pollice e l'indice tesi, mentre le altre dita aderiscono al palmo della mano. Ritroviamo i l medesimo movimento della mano nel gesto Varada del Buddha Krakucchanda: i l suo significato è 'donare misericordioso'. E ancora, nel Vangelo d i Giovanni (20, 23) letto la prima domenica dopo Pasqua, è detto: « A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi U riterrete saranno ritenuti ». I n tal modo al capitello 31 sarebbe impartita l'assoluzione alla peccatrice. Infine, in quest'ordine di idee si pone la questione se il sacerdote incoronato, col calice sacrificale i n una mano 93

e con l'altra mano alzata, possa rappresentare Cristo Re. Ufficialmente la festa di Cristo Re è stata istituita da Papa Pio X I con l'Enciclica Quas prtmas d e l l ' i i dicembre 1925 ed è stata fissata all'ultima domenica prima della festa d i Ognissanti. I n questo modo si dovrebbe porre nuovamente nella giusta luce la relazione fra la festa dì Ognissanti {Resurrezione dei m o r t i , capitello 3) e i l tempo pasquale {capitelli 31-36), cioè la Resurrezione d i Cristo. Proprio i n questo perìodo Cristo, incoronato d i spine davanti a Pilato, si definisce re (Giovanni 18, 37); e con i l suo sacrificio la sua corona di spine diventa una corona regale con cui egli, dopo l'ascensione al cielo, 'siede alla destra del padre'. I l concetto d i 'Cristo Re' è l'espressione riassuntiva « della teologìa dì Cristo Re, che sin dai tempi più antichi domina l'intero anno liturgico. L'unità e la totalità del mistero dì Cristo, ribadite nella riforma della settimana santa, gli attribuiscono una maggiore importanza rendendo più chiaro i l significato della Pasqua » [Lexikon fiir Theologie und Kirche 1958, Art: Christkdnigfest). I n tal modo la presenza d i Cristo Re sul capitello 31 sarebbe pienamente giustificata. Nei capitelli seguenti si inserisce nuovamente la tradizione popolare, i n parte cristiana. Q u i troviamo i l cavaliere Giorgio come rappresentante e precorritore pagano di S. Michele. I l cuore della terra, che quasi si era fermato nel muto stupore del giorno della Resurrezione, batte i m provvisamente con furia tremenda. U n rumore dì odio velenoso travolge la tranquilla chiarezza del mondo redento. Esso lacera la pelle della terra e nel fumo di u n cratere lo stridulo drago emerge dal mondo infernale per gettarsi sulla sua v i t t i m a . M a Giorgio, i l cavaliere, si presenta ora alla lotta con armi fiammeggianti, mentre animali ed angeli si nascondono fra alberi e cespugli appassiti attorno al lago del drago {capitelli 32-33). È dubbio però che l'animale che fugge davanti alla voce dello straniero rapinatore, conformemente a quanto è detto nella corrispondente seconda domenica dopo Pasqua nella parabola del Buon Pastore (Giovanni 10, 11-16), sia la pecora (capitello 33). L'azione sì svolge ora nel segno del T o r o (prat i , laghi). Dopo la liberazione della 'principessa', si tratta 94

d i attraversare i l lago. Allora le sirene afferrano la barca fornita a prua e a poppa dì specchi, certamente contro Ìl malocchio (capitello 34, fig. 16), e con un gioco erotico cercano d i distogliere la poveretta dal pentimento e di trascinarla nelle segrete profondità. Tuttavia i l Vangelo dì questa domenica dice (secondo Matteo 10, 28): « E non abbiate timore d i coloro che uccidono i l corpo e non possono uccidere l'anima ». Così l'ammalata resiste finché i l santo folle non viene i n suo aiuto (capitello 35, fig. 2 0 ) scacciando le schiere vulcaniche (capitello 36, 8 maggio, festa dell'Arcangelo Michele) i n presenza del pellicano della montagna. Chi è dunque questo drago diabolico che nelle nostre , fiabe popolari ha sette lingue o sette teste e ogni sette anni divora un essere umano giovane e innocente? Questo drago è u n sìmbolo (non più riconosciuto nella tarda tradizione) del concetto del sacrificio, lo « Stirb und Werde » dei servi del soccorritore folle. I l medico alla fine scaccia i l suo drago, poiché l'ammalato non deve ancora morire; ma già solo con l'apparire del drago egli ha raggiunto Ìl suo scopo, cioè la rituale terapìa del terrore che scuote Ìl malato e 10 porta, dopo la guarigione fisica, anche al riconoscimento dei propri peccati; i l che l o risolleva e rafforza le sue capacità d i resistenza. Senza dubbio ci troviamo d i fronte a una fusione tra pensiero cristiano e precristiano. Nella prospettiva cristiana i l drago è v i n t o da Michele o da Giorgio, cioè 11 male è vinto dal bene. Secondo una rappresentazione più antica, però, entrambe le forze, i l drago e i l suo oppositore, sono fra loro collegate per mantenere l'equilibrio del mondo. Sono simboli dì combattenti anche ì numerosi leoni solari ripartiti i n tutto i l chiostro. I l drago invece è lunare e come tale è ìl 'grande divoratore' che ad ogni primavera reclama la sua vittima per rigenerare i l mondo e l'umanità. È luogo comune della mitologìa che questo divoratore, i l quale emerge ogni metà mese dal groviglio delle anime morte, cada sempre vittima del sole sotto forma dì luna nuova e di elargitore d i pioggia. Tale lotta è rappresentata verosimilmente anche nel capitello 59, là dove un leone si getta su u n drago che vorrebbe divorare una pecora, ma che, nell'interpretazione cristiana, è ormai dominato. 95

La colonna 37 corrisponde alla festa dell'Ascensione d i Cristo, i n cui i l Vangelo descrive la forza dei battezzati e dei veri credenti: essi cacceranno i diavoli e parleranno con nuove lingue; né serpenti né coppe d i veleno potranno nuocere loro; e se essi imporranno le loro mani sugli ammalati, gli infelici guariranno (Marco 17, 17-18). I l segno zodiacale d i questa rappresentazione è quello dei Gemelli. Se l'indulgenza ha luogo per mezzo della seconda decapitazione (capitello 29) e Vabsolutio si ha a Pasqua, la remissio peccatorum si compie nella colonna 38. È ora compito dell'ammalata rinnovare i n sé lo spirito giusto e anelare alla ripartizione del male per raggiungere i l perdono finale. A ciò invita la peonia (Ttai-wvia, la salvatrice) del capitello 38, su cui è anche rappresentata un'agape i n posizione diametralmente opposta al banchetto funebre del capitello 8. I l banchetto che prima si svolgeva nella valle dei moribondi diventa, sulla montagna, rinascita nello Spirito Santo. Sulla colonna 39 appaiono Maria e la colomba d i Pentecoste. Si avvicina ormai l'undicesima ora, quella i n cui, secondo la tradizione popolare," si raggiunge la fine della sofferenza attraverso i l canto o per mezzo d i u n calice d i acqua pura. Ciò sembra essere indicato, al mondo cristiano, nella colonna 40 (10-16 giugno), essendo i l 13 giugno i l giorno del Corpus D o m i n i , giorno nel quale, secondo Giovanni ( 6 , 56), viene celebrato i l mistero dell'Eucarestia. Q u i la monaca assolta dai peccati (capitello 4 0 , fig. 17) si comunica. Poco prima del solstizio d'estate, cioè poco prima dell'ora i n cui comincia l'ascesa del leone solare, la forza vitale del mondo ha raggiunto i l suo apice; e i n questo apice si trova, i l 24 giugno, Giovanni Battista (capitello 4 1 , 24-30 giugno) con Pietro e Paolo (29 giugno) e d i fronte a loro la Magna Mater pagana, la Juana con le corna d'oro. A i r i t i celebrati nella notte di S. Giovanni (quindi prima dell'alba) la credenza popolare attribuisce i l potere d i mantenere la forza vitale e di guarire molte infermità. Per questa ragione già prima del sorgere del sole si beve l'acqua da determinate f o n t i e si raccolgono erbe salutifere. Nella piena calura d i giugno comincia la discesa nella valle, che comprende la parte d i muro fra i capitelli 42 e 50. Per sfuggire al calore mortale della canicola la donna 96

guarita entra, come una volta S. Orosia, nella caverna dei sette dormienti (capitello 42). Poi si affretta verso i l castello della montagna nel segno del Leone (capitello 45, Leone), mentre u n cacciatore passa da quei l u o g h i . " Nella zona intermedia fra cielo e terra, fra Leone e Vergine (palazzo e bella abitazione), ella incontra angeli musicanti e donne che si adornano e si pettinano (capitello 47). Tuttavia prima di scendere sulla terra le appare ancora una volta la Vergine Maria (capitello 49, 15 agosto, Assunzione d i Maria), mentre una donna con entrambe le braccia si preme sui fianchi due grassi animali (simboli del vizio?). Infine la monaca ritorna sulla terra e i l demonio le si avvicina nuovamente (capitello 5 1 , fig. 18), poiché i l giorno d i S. Bartolomeo (24 agosto), quando le donne danzano la loro carola (capitelli 50-52, fig. 19), 'ìl diavolo fa quello che vuole'. Ghignando egli guarda in basso verso gli uomini ed ancora oggi la gente di Spagna dice che Satana quel giorno si strappa la catena con cui Bartolomeo l'ha tenuto legato per tutto l'anno." Si può porre i n dubbio che questo pensiero sia antico, ma non si può negare che concordi con la situazione q u i riprodotta. Con i l rinascere delle forze vitali nel serale mare d i fuoco, l'ammalata ritorna alla vita normale. Ella è per cosi dire scesa dalla 'torre' nel cerchio che rappresenta la fase conclusiva delle danze terapeutiche. I n opposizione alle due carole di angeli dei due capitelli del purgatorio (20 e 22) è rappresentata, sul lato della discesa a valle, la danza delle donne terrestri che nel capitello 50 abbassano le braccia e nel capitello 52 (fig. 19) si tendono le mani. Difficile è individuare i l senso dei capitelli che seguono. L'interpretazione della figura regale, degli abati e dei vescovi sulle colonne 54 e 56 presenta gravi difficoltà, poiché i l santorale spagnolo non registra in queste due settimane nessun santo col quale queste persone possano essere identificate. L'immagine del sacerdote che nel capitello 56 alza un calice al d i sopra d i una corona, fa pensare che qui forse sia espresso un ringraziamento a S. Ermenegildo che con ìl suo martirio rinunciò alla corona paterna ponendo in tal modo i l calice del sacrificio al d i sopra della corona. Per 97

gli altri elementi può venire i n aiuto i l periodo dell'anno i n cui ci si trova. Poiché i n settembre si effettua Ìl raccolto, è possibile che l'animaletto grasso con la lunga coda (capitello 54) sia i l topo del grano e che i l calice raffigurato sulla stessa colonna sia innalzato come ringraziamento per i l raccolto e per la riacquistata salute. Si dovrà i n seguito ricordare ancora che nei Vangeli domenicali dei mesi di settembre e d i ottobre si accumulano in modo particolare le guarigioni miracolose. Perciò quest'ala del chiostro potrebbe concludersi con i l giorno dei santi medici Cosma e Damiano {27 settembre, capitello 57), con angeli che suonano piffero e zampogna, cioè con strumenti musicali i l cui uso è particolarmente caratteristico nelle antiche danze terapeutiche. I n tal modo si conclude i l racconto della discesa all'inferno e del miracoloso ritorno della peccatrice. Dopo una lunga lotta t u t t o si è volto al meglio. L'eroina lascia i l serale mare di fuoco per entrare, attraverso la porta formata da due leoni, i n una nuova esistenza (capitello 58). Così ella nuovamente ordina la propria vita secondo i l normale corso del sole e, mentre si conclude i l r i t o , la Bilancia (ore 18) si muta i n Ariete (ore 6), come se tutto non fosse stato che u n sogno. Come i l contadino taglia con l'affilato acciaio della sua falce la messe che si è innalzata lenta e calma dal seno della terra per immagazzinare i n mucchi sempre piià grandi le spighe finalmente mature, così anche colui al quale i peccati sono stati rimessi e perdonati porta lietamente i n un luogo sicuro la ricchezza della grazia. È diventato u n altro uomo, un esempio di forza domata e tuttavia invitta. Analogamente, anche i l leone appare al fianco del drago mugolante che si è scelto come vittima u n agnello. Esso pone agilmente le zampe sul collo della bestia, tranquillizzando l'animale che S. Giorgio, guerriero vittorioso, portò i n catene nella valle. Alla fine incontriamo i l cane, i l fedele compagno dell'uomo. Esso morde u n nastro, o un'asse, teso a formare un piccolo arco quasi piatto sulla superfìcie del suolo. I l significato d i questo oggetto non è del tutto chiaro; è tuttavia verosimile che l'animale rappresenti i l cane del grano

di ottobre, la v i t t i m a dell'ultimo ricco covone che i l mietitore - per la colpa degli u n i e i l castigo degli altri - strappa al seno della terra dolente.

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Questa libera interpretazione presenta forse delle corrispondenze con qualche avvenimento storico o leggendario? I l materiale ricavato da fonti risalenti all'epoca della costruzione non è molto ricco, ma contiene alcune indicazioni*" che potrebbero essere importanti per i problemi q u i sollevati. Oliva (971-1046), abate del monastero d i R i p o l l , vescovo d i Ausona e fondatore dell'abbazia d i Montserrat, fu una delle piti grandi personalità nella vita spirituale della Catalogna medievale. Già nel X I I secolo troviamo la definizione d i pater patriae per quest'uomo estremamente operoso e fornito d i profonda cultura generale. Sua sorella Ingilberga, badessa del convento femminile della vicina cittadina d i San Juan de las Abadesas, f u accusata a Roma da un altro suo fratello, i l principe Tallaferro, di condurre vita scandalosa e nel 1017 f u cacciata dal suo monastero, in seguito a bolla del Papa Benedetto V i l i , come « sceleratoria... Inter meretrices ». Ella si ritirò quindi presso i l cugino Guglielmo Vilfredo, e alla sua morte f u da t u t t i pianta a V i c h come Abadesa de bona memoria e sepolta con grandi onori. N o n sono forniti altri particolari sulla sua penitenza. Potrebbe essere questa Ingilberga la monaca la cui penitenza viene rappresentata nel chiostro di Ripoll? Colpisce i l fatto che ella non compaia mai nell'ala più antica (romanica), benché non sia da escludere una stretta connessione tra quest'ala e gli altri lati per i l rapporto esistente fra i capitelli (22, 52 e 27, 58) di natura analoga. Possiamo perciò supporre che originariamente si volesse rappresentare solo i n modo molto generico i l tema del peccato originale e della remissione dei peccati, o solamente una mitica immagine del mondo, e che solo i n u n secondo tempo le rappresentazioni del chiostro siano state collegate con i l caso particolare di Ingilberga. Permane tuttavia i l problema d i come si sia potuto giungere a rappresentare i n

un monastero benedettino, 200 anni più tardi ( X I I - X I V secolo), u n avvenimento accaduto a Roma all'inizio del secolo X I . Sembra infatti che non t u t t i fossero d'accordo sul contenuto della bolla papale ed anche gli studiosi contemporanei sono di opinione discordante sull'equità d i questo giudizio. Pijoan ritiene che Tallaferro abbia accusato sua sorella soprattutto per vendetta, poiché ella, su consiglio di Oliva, gli aveva rifiutato la cessione della sua parte d i eredità che era stata assegnata al monastero d i San Juan. I l silenzio d i Oliva circa la condanna non testimonia certamente a favore della monaca. Nondimeno, la solenne sepoltura d i Ingilberga sembra essere una specie d i riabilitazione. Nello stesso spirito è forse sorto anche i l chiostro con cui si è voluto erigere un monumento glorioso tanto al grande abate Oliva quanto a sua sorella Ingilberga. L'esame del chiostro di Ripoll, che qui si conclude, non può né vuole essere altro che un tentativo d i comprendere i n modo u n po' più profondo la struttura spirituale d i u n chiostro. Se questo tentativo è stato compiuto nella direzione giusta, si potrà decidere solo nella misura i n cui altri chiostri saranno analizzati procedendo da analoghi punti di vista.

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Epilogo

È già stata ripetutamente evidenziata una certa corrispondenza d i diversi capitelli con la liturgia domenicale riferita ad ogni corrispondente settimana. Solo su poche colonne appaiono immagini che alludono ai Vangeli delle domeniche o dei giorni festivi. Sembra che questo sia stato fatto solo quando si rendeva necessario per spiegare i l viaggio mistico. Talora la relazione è palese; altre volte appare meno sicura, soprattutto quando sono in gioco simboli dichiaratamente pre-cristiani. Nell'elenco che segue sono riportati t u t t i quei parallelismi che potrebbero avere rapp o r t i specifici o generali con la liturgia (condizionati da simboli paesaggistici o dalla corrispondenza temporale). I miracoli d i guarigione - poiché nei Vangeli si compiono repentinamente — si trovano in occidente nel mare d i fuoco, a meno che non si riferiscano a caratteristiche specifiche del lago d i fuoco orientale (aurora), come accade, ad esempio, nel caso della guarigione del cieco o del sordo. I l r i torno della luce e della voce** come simboli della forza*' sono indizi tipici del mare d i fuoco orientale. Sebbene la storia della costruzione** d i questo chiostro si prolunghi per più di due secoli, la successione dei capitelli costituisce evidentemente un ritmo ideologico i n sé concluso. Dagli atti conservati, sia pure i n modo frammentario. lOI

i6. Lago di fuoco

3* domenica dopo l'Epifanìa

21. Lago di fuoco

Quinquagesima

23. Grifone (diavolo?) Quaresima 24. Diavolo (grifone?) 25. 32. 36. 38.

2" domenica di Quaresima Motivo ornamen- 3" domenica di Quaretale sima S. Giorgio 23 aprile Pazzi 5" domenica dopo Pasqua Peonia Pentecoste

40. Monaca che beve

Co^us Domini

^

41. S. Giovanni 25 e 27 giugno 42. Donna martire dor- 29 luglio miente 47. Dorme, Angeli 24 giugno 49. Madre di Dio }2. Lago di iuoco 54. Lago di fuoco Lago dì fuoco 57. Strumenti musicali terapeutici 58. Lago di fuoco

15 agosto 13' domenica dopo Pentecoste 15* domenica dopo Pentecoste 16' domenica dopo Pentecoste 27 settembre 18' domenica dopo Pentecoste

Guarigione del figlio del capitano, minaccia di punizione dell'Inferno (Matteo 28, i ) Guarigione del cieco (Marco 6, 47) Tentazione di Cristo (Matteo 4, i ) Trasfigurazione di Cristo {Matteo 17, i ) Guarigione del muto (Luca I I , 14) Festa di S. Giorgio Sul senso delle parabole (Giovanni 16, 23) Discesa dello Spirito Santo (Atti 2, i ) Istituzione del Sacramento dell'altare (Giovanni 6, 56) Festa di S. Giovanni S. Orosia, Sette dormienti Maria e Marta (Luca 10, 38) Assunzione di Maria Guarigione dei lebbrosi (Luca 17, I I ) Resurrezione dei morti (Luca 7, I I ) Guarigione degli idropici (Luca 14, i ) I medici Cosma e Damiano (Luca 6, 17) Guarigione del paralitico (Matteo 9, i )

risulta comunque che si imponeva ai costruttori successivi d i adeguare i l piìi possibile i l loro lavoro allo stile dell'antica ala romanica. E. Junyent parla d i un'imitazione addirittura servile dei modelli romanici.** Quest'unità ideologica, cosi come i suoi difetti d i cui diremo tra poco, va forse ricondotta al fatto che ìl progetto originario, pur non contemplando t u t t i i m i n i m i dettagli, era a disposizione degli architetti dei secoli successivi.

Coli e Jordi de Deu i capitelli dei tre lati piiì recenti." Forse furono questi architetti a inserire le teste barbute nelle ali non romaniche.

* I n virtù dell'ordinamento classico delle ore {Capricorno, mezzanotte), la sirena del sole che riposa sul fondo del mare della colonna 21 cade nella quarta ora del mattino. Se si ponesse i l sorgere del sole all'uscita del lago di fuoco sotterraneo {capitelli 25-26), essa cadrebbe nella 6' ora mattutina corrispondente all'Ariete. Potrebbe anche darsi che la tradizione cristiana medievale cominciasse i l conteggio delle ore con l'inizio dell'anno liturgico, cioè con i l segno del Sagittario {invece che con quello del Capricorno). I n tal caso, alle indicazioni d i tempo fornite a p. 51 dovrebbero essere aggiunte due ore (poste fra parentesi). Allora la sirena inserita fra le due schiere d i angeli (capitello 21) rappresenterebbe i l momento i n cui abbandona la duplice coda per salire, fra le sei e le sette del mattino, alla superfìcie del mare. I l tempo di questo capitello, che sta nel segno dei Pesci, corrisponderebbe in tal caso all'ora del sorgere del sole i l 20 febbraio: le 6 e 40 m i n u t i (ora locale). Se ora si sposta due ore più avanti i l diavolo del giorno d i S. Bartolomeo, la cui carola d i donne costituisce nel serale lago dì fuoco i l riscontro alla danza degli angeli, anche questo capitello (51 ) e la sua ora coincidono con l'ora (18 e 38 m i n u t i ) i n cui Ìl sole tramonta i l 24 agosto,

*

Ignoriamo ancora oggi i l nome degli artisti piìi antichi, quelli che eressero la prima ala sotto l'abate Ramon de Berga ( 1172-1206).'° I n seguito è nominato u n certo Fedro Gregori d i Perpignan che creò con i maestri barcellonesi

Mentre nei chiostri d i S. Cugat e Gerona i l canto che l i creò procede secondo i l cammino del sole, i l viaggio mistico del malato in S. Maria d i R i p o l l procede in direzione contraria. I l chiostro d i R i p o l l segue la regola della circumambulatio da destra a sinistra, proprio com'era usuale negli antichi r i t i terapeutici e i n occasione della cacciata d i spiriti maligni. Poiché, d i conseguenza, i capitelli occidentali rap-

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presentano l'immagine orientale del mondo, mentre ì capitelli orientali corrispondono alla parte occidentale, i l sole illumina tale situazione i n modo assai caratteristico. Nelle ore mattutine esso illumina Ì capitelli della parte occidentale, cioè le rappresentazioni del lago d i fuoco orientale (purgatorio purificatore). Nell'ala sud-occidentale, rivolta verso nord-est, domina la vigorosa e fresca aria della montagna sacra. I l lato nord-orientale (la zona ove ci si ammala) sopporta invece tutto i l calore ardente del mezzogiorno, tanto nocivo nei paesi meridionali. A l l a sera viene illuminato i l viso del diavolo (capitello 51) dell'ala sud-orientale, i n cui arde la parte serale, occidentale ed erotica, del lago d i fuoco,

* Dedichiamo infine poche ma audaci parole all'idea che guidò la costruzione. A l centro dei giardini delimitati dai chiostri si trova sempre u n pozzo al quale, u n tempo, spesso si attribuiva una forza miracolosa. Anche l'immagine megalitica del mondo conosce un pozzo nel centro. Essa corrisponde all'incrocio mistico che costituisce i l punto d'intersezione delle forze dualistiche della vita. Se dunque u n giorno i l pozzo traboccasse miracolosamente e la sua acqua pura ricoprisse delicatamente tutto i l giardino i n modo da consentire agli archi e alle colonne che lo circondano d i riflettersi nell'acqua, non apparirebbe u n tale chiostro la riproduzione dei tranquilli laghi dei templi i n cui ancora oggi i malati India cercano guarigione e salvezza? Approvare o negare questa supposizione sarà compito d i esami piìi approfonditi. I n questo caso, tuttavia, non è senza importanza ricordare che anche i l mondo biblico conosce u n simile lago terapeutico. È la vasca Bezetha (Bethesda), circondata da quattro portici e tagliata nel mezzo da u n quinto che forse corrispondeva al pozzo centrale." Secondo Giovanni { 5 , i ) , i malati giacevano i n questi porticati per potersi immergere rapidamente nell'acqua risanatrice al momento del suo misterioso muoversi. 104

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- Asiens Bildende Kunst, Augsburg, 1930. - Spuren des ittdogermanischen Glaubens, Heidelberg, 1956.

" M. Courant, Chine et Corée, Encyclopédie Lavignac, Parigi, 1922, P- 96. Di amiche relazioni tra Europa occidentale e India rende testimonianza anche Sa'di, Golestàn, 1258 (Calcutta, ed. A. Sprenger, 1851, p. 144): « Vidi un mercante che possedeva 150 carichi di cammello e 40 schiavi... una notte disse: " H o in progetto un altro viaggio. Porterò in Cina zolfo dell'Iran, dove, da quanto ho sentito, lo si paga assai bene. Porterò poi ceramica cinese in Grecia, broccati greci in India, armi indiane ad Aleppo, vetrerie di Aleppo nello Yemen, stoffe a bande dello Yemen in I r a n " » . "

L. Schrade, Die Darstellung

der Tane und den Kapitellen

der

Abtei-

kirche zu Cluny, in « D . Vierteljahrschr. f. Literaturwiss. u. Geistesgesch.», 1929 (7). P- 229. K. Meyer, The eighl

gregorian

modes

on the Cluny

capitds,

in « The

Art Bulletin », 1952 (34), p. 75. '5 M. V. Berchem e j . Strzygowsky, Amida, Heidelberg, 1910, fig. 320. M. Gonzales Marti, Ceramica del Levante Espanol, Barcellona, 1944, voi. I . pp. 149, 150, 181, 403, "

W. Neuss, Das Buch Ezechiel

in Tbeologie

u. Kunst,

Miinster, 1912,

pp. 27-119. '* A. de Larrea, La saeta, in * Anuarìo musical», 1949 (4), p. 131. Altro materiale in: M. Schneider, A proposito del infiujo arabe, in « Anuario musical», 1946 ( i ) , p. 82. " Elias Salomonis; Gerbert, Scriptores ecclesiastici de musica, S. Blasien, 1784, III, 18, 29, 43. ^ A. de Gubernatis, Die Tiere

1874, pp. 45 e 462.

in der indogerm.

Mythologie,

Lipsia,

^' C. Hentze, Mythes et symboles lunaires, Anversa, 1932, p. 164. ^ H . Anglès, La mùsica a Catalunya fins el segle Xlll, Barcellona, 1935,

pp. 213, 216 (Bibl. de la Corona de Aragón, Codex 42). ^ Secondo J. Gudiol y Cunill [San Cucufate del Vallès, Museum. Barcellona, 1912, p. 437) questo cavaliere deve rappresentare il Conte Rocaberti. ^

Stob., EcL I, 749; Teodoreto, Cur gr. affect. v, 72, Sext. Matb.,

Clemente Aless,, Protrept. Ambros., Hexaem.

TV, 6;

i ; Gregorio di Nissa, Di' occurs. Dom. 1, 422;

11, 2, Enarr.

in xii ps. Davidic;

Agostino, De mu-

sica IV, 11; Hrabanus Maurus, De Universo 18, 4; Regino di Priim, De barman, institut. 4; Aurei. Reom., Mus. discipl. 8; Isidoro di Siviglia l , 21 a. ^ H . Abert, Die Musikanschauung des Mitielalters, Halle, 1903, pp. 91, 107-111, 214. ^ H, Abert, Die Musikanschauung, cit., p. i r 2 . ^ Filone, Quis rer. divinar, heres i i i , 59, 14; Qcmcnte Aless., Strom. VI, i r . j ^ Nikomachus, Theolog. arithm., Ed. Ast., p. 43; Porphyrius, De abstin. \

I I , 38; Aegidius Zamor., Ars mus., 2. ^ Ruprecht, De Sancto Spiritu, 7, 16; Aurelianus Reom., Mus. discipl., i ; Elias Salom., Proem. scient. art. mus.; Gerbert, Script. 111-17*. ^ M. Schneider, El origen musical, dr., figg. 124-143. - La danza de espadas, Barcellona, 1948, fig. 33. Secondo M. Rostovtzcff, Ipck, 1931. ^' HAEC EST ARNALLl SCULPTORIS FORMA CATELLI QUI CLAUSTRUM TALE CONSTRUXIT PERPETUALE. 108

J. A. Sinchez Perez, E l culto mariano en Espana, Madrid, 1943, p. 159. Menzionati nei documenti di donazione dell'archivio della Cattedrale di Barcellona. ^ G . Contenau, La divination

chez les Assyriens

et les Babyloniens,

Pa-

rigi, 1940, p. 311. ^5 W. Neuss, Das Buch Ezechiel, cit., pp. 73-75. ^ San Juan de la Cruz, Obras, edit. por ci P. Silvcrio de Santa Teresa, Burgos, 1930, I I I , pp. 62-79. ^ AI Birunì, The hook of instructions Astrology, 1934, p. 221.

in the elements

of the art of

^ « Pajarito que cantas en la laguna, no despiertes al niiio que esti en la cuna ». Circa l'identità simbolica di arpa e delfino, vedi: M. Schneider, Die historischen Grundlagen, cit., p. 136. - // significato della musica, cit., p. 52. ^ A. Forke, Geschichte der alien chinesischen

*' J. A. Sdnchez Perez, Supersticiones

Philosophte,

1927, p. 547.

espanola, 1948, pp. 140, 145.

*^ M. Schneider, La danza de espadas y la taramela, 1946; R. Wolfram, Die Volkstdnze in òsterreich und verwandte Tanze in Europa, 1951.

" Vedi pure: K. Meschke, Schwerttanz

und Schwerttanzspiel

im ger-

manischen Kulturkreis, 1933. ** G . Baglivio, Opera omnia medico-practica, 1737, pp. 458 sgg. *^ F.X. Cid, Tarantismo observado in Espana, 1787.

** Il 'sole rituale' è il sole del rituale in cui si procede a ritroso. ^ Di san Giorgio la leggenda, in verità, si limita a riferire che durante il suo martirio le ferite si chiudevano da sole. Nella tradizione popolare spagnola, però, egli è considerato medico. Egli appare come promotore o ordinatore delle danze terapeutiche, anche di quelle danze delle spade che vengono eseguite il giorno di san Michele. Certo la figura dell'arcangelo dovrebbe essere dì gran lunga la più antica. San Michele è citato già nel primo secolo dopo Cristo come colonna di fuoco o uccisore del drago e il suo culto sembra essere cosi diffuso fin dai tempi più antichi (apparizione sui monti del Gargano nell'anno 492) da poter sconfiggere quello di una divinità pagana della medicina (F. Cabrol et H . Leclerq, Dictionnaire d'archeologie chrélienne, Paris, 1933, xi, p. 905). Tuttavia in Spagna la popolarità dell'arcangelo come medico e uccisore del drago è sempre stata inferiore a quella di san Giorgio. Ricorderemo ancora la funzione di san Michele da noi richiamata quando abbiamo analizzato i capitelli 35 e 36. La concezione della confessione come separazione da una parte malata esistente all'interno dell'uomo è presente già in Oriente {Hom. 2 in Ps. 37. 6). ^ Sulla mescolanza di elementi cristiani e pagani nella tradizione popolare spagnola vedi M. Schneider, Los cantos de lluvia en Espana, in « Anuario musical », iv, 1949, p. 3. *

M. Schneider, La danza de espadas, cit., p. 35.

L'istituzione ufficiale della festa del Corpus Domìni, in pratica celebrata già da tempo, avvenne sotto Papa Urbano (1264). La ripartizione temporale, che corrisponderebbe a una esecuzione della danza delle spade nel giorno del Corpus Domini, è ricordata alla fine dell'elenco delle attribuzioni specifiche della festività. ^ Le festa dei sette dormienti era celebrata originariamente il 27 luglio; più tardi, il 27 giugno. Cfr. M. Schneider, La danza de espadas, cit., p. 150. ^ P. J. Croisset, El ano cristiano, Parigi, 1877, 11, p. 818. 109

5* E . Junyent, La basilica del monasterio 1948,

p.

de S. Maria de Ripoll,

Ripoll,

I .

55 p.J. Croisset, op. cit., u , pp. 100-103.

^ Secondo la credenza popolare l'ululare del cane è di cattivo presagio. Se il cane, raspando, scava una buca, ciò significa la morte prossima di un membro della famiglia del suo padrone. " J. Schwabe, Archetypus und Tierkreis, 1 9 5 1 , p. 4 8 sgg. e fìgg. 17-20. ^ Secondo la credenza popolare spagnola l'aquila di montagna è portatrice di vita, l'aquila di mare, di morte. ^ Sembrerebbe ovvio vedere piuttosto in quest'animale, solitamente definito caimano (coccodrillo), un delfino che, secondo un'antica leggenda, nasconde i suoi piccoli nelle fauci (cfr. Pauly-Wissowa, Realencyclopedie, I V , p. 2 5 0 4 ) . S'oppone però a tale ipotesi la sua possente dentatura. Non potendosi prendere in considerazione neppure la balena, è verosimile che si tratti di un animale fantastico. *° J.

Amades, Costumarì

calala,

1 9 5 0 , l , pp.

132, 137, 153,

597.

M. Schneider, Los cantos de lluvia en Espana, in « Anuario musical ». 1 9 4 9 , I V , p. 3 2 .

" I l tempo corrispondente al capitello 13 va dal 30 dicembre al 6 gennaio. *2 M. Schneider, La danza de espadas, cit.. p. 16.

" Forse quest'uomo è un pastore o - conforme al vangelo della corrispondente domenica - un falso profeta. Il capitello, molto danneggiato, non consente una identificazione certa dell'arma, né dell'animale che accompagna l'uomo. Nel vangelo della settima domenica dopo Pentecoste (Matteo 7, 15-21) si dice: « Attendite a falsis prophetis, qui veniunt ad vos vestimentis ovium, Intrinsecus autem sunt lupi rapaces »,

A, Guìchot y Sierra, Supersticiones populares recogidas en Andalacia, 184, I , p. 2 3 3 . ^5 Dom A . M . Albareda, L'Abat Oliva, Montserrat, 1 9 3 1 , p. 2 8 7 ; J. Pijoan, Els educators de la gent catalana, Empori, 1907 (i), pp. 1 1 6 , 2 2 5 ; P.J. Villanueva. Viage literario a las iglesias de Espana, Valencia,

1821, vili, p. 237 (Bolla di Papa Benedetto V i l i ) .

** M. Schneider, La danza de espadas, cit., pp. 2 8 , 132. M. Schneider, Il significato della musica, cit., p. 1 5 1 ; vedi:

Bedeutung der Stimme, gart, 1952.

Die

in «Jahrbuch des Lindenmuseums», n, Stutt-

E. Pellicier y Pages, Santa Maria del monasterio

de Ripoll,

Mataro,

1888; J. Danes y Verneda, Monografia de S. Maria de Ripoll, Barcellona, 1923. ^ E . Junyent. La basilica, cit.. Capitolo: « E l claustro ». ^ L'effìgie dell'abate Ramon de Berga è scolpita nel pilastro d'angolo fra le colonne 13 e 14. E, Junyent, Notes

inedites

sabre el monastir

de Ripoll,

sacra Tarraconensia », 1923 ( 9 ) , fase. 2 . p. 8. ''^ H, Daniel-Rops, Jesus, MiJnchen, 1951, p. 312.

HO

in « Analecta

A p p e n d i c e iconografica

6. Gerona, Bassorilievo su un pilastro del portico del chiostro: il peccato originale.

7. Gerona. Capitello 42: uomini seduti.

10. Santa Maria a Ripoll. Capitello 7 (6): volto e spalle di una monaca nella roccia.

11. Santa Maria a Ripoll. Capitello 8 (9): fauci con denti giganteschi ingoiano mi uomo.

12. Santa Maria a Rjpoll. Capitello 9 (8): coppia di sirene con remo e pettine, banchetto funebre.

16. Santa Maria a Ripoll. Capitello 34: donna in barca a remi.

17. Santa Maria a Ripoll. Capitello 40: monaca che beve.

18. Santa Maria a Ripoll. Capitello 51: demonio.

19. Santa Maria a Ripoll. Capitello 52: carola di donne.

20. Santa Maria a Ripoll. Capitello 35: pazzi.

Esplicitazioni musicali. Piante dei chiostri. L'Antropocosmo.

21. Santa Maria a Rjpoll, La porta trionfale: il Cristo Re.;

San Cugat del Vallés: esplicitazione musicale (1). P

P

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Santa Maria a Ripoll: pianta del chiostro.

Indice

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Prefazione

di Elémire Zolla

'

Notizia sull'autore

1 11

Pktre che cantano Tesi

15

I

19

Della natura del suono

II Le melodie liturgiche nei chiostri di San Cugat e di Gerona

29

III L'immagine del mondo nelle antiche cosmologie

61

IV II probabile rito terapeutico nel chiostro di Ripoll

73

Epilogo

101

Note al testo

105

Appendice iconografica

111

Esplicitazioni musicali. Piante dei chiostri. L'Antropocosmo.

129

Finito di siamparc nel mese di marzo 199S per conto della Ugo Guanda S.p.A. dalle Nuove Grafiche Arlabano di Omegna Printed in Italy