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Italian Pages 480 [472] Year 2014
MANUALE DI ESTIMO Valutazioni economiche ed esercizio della professione A cura di Riccardo Roscelli
Capitolo 0
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www.utetuniversita.it
Proprietà letteraria riservata © 2014 De Agostini Scuola SpA – Novara 1ª edizione: settembre 2014 Printed in Italy
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Stampa: Grafiche Battaia – Zibido San Giacomo (MI)
Ristampe: 0 1 Anno: 2014
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Nota introduttiva CAPITOLO PRIMO – L’estimo e l’economia Luca D’Acci, Patrizia Lombardi, Giovanna Segre, Giulia Sonetti
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1.6 1.7
42 48
Appendice (di Luca D’Acci) Bibliografia
53
CAPITOLO SECONDO – Aspetti del valore di un bene: dalla tradizione estimativa agli standard internazionali
L’Estimo e la Microeconomia Teoria della domanda
1.2.1 Analisi del vincolo di bilancio, p. 5 – 1.2.2 Analisi delle preferenze del consumatore, p. 7 – 1.2.3 La scelta del consumatore, p. 7 – 1.2.4 Dall’equilibrio del consumatore alla curvadi domanda individuale, p. 8
Teoria dell’offerta
1.3.1 Massimo profitto ed equilibrio dell’impresa, p. 11
L’Estimo e l’Economia del benessere, dell’ambiente e della cultura
1.4.1 Nozioni di economia del benessere, p. 14
Nozioni di economia dell’ambiente e di green economy
1.5.1 L’Economia dell’ambiente, p. 16 – 1.5.2 La Green Economy, p. 21
Nozioni di economia della cultura L’Estimo, l’Economia Urbana e lo Sviluppo sostenibile
1.7.1 Equilibrio spaziale e principio di agglomerazione, p. 30 – 1.7.2 Sviluppo sostenibile e ambiente costruito, p. 32 – 1.7.3 Smart city, p. 38
Luisa Ingaramo, Isabella M. Lami, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino
54
2.1
72
2.2
Gli aspetti del valore
2.1. Il valore di mercato, p. 54 – 2.1.2 Il valore di costo, p. 57 – 2.1.3 Il valore di capitalizzazione, p. 58 – 2.1.4 Il valore di trasformazione, p. 65 – 2.1.5 Il valore complementare, p. 66 – 2.1.6 Il valore di surrogazione, p. 68 – 2.1.7 Il valore economico totale, p. 69
La globalizzazione dei mercati immobiliari e la necessità di uno standard setter per la disciplina estimativa continentale
2.2.1 I codici e gli standard di valutazione immobiliare: un inquadramento storico-
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Indice
VI
normativo, p. 75 – 2.2.2 Comparabilità di contenuti e valore aggiunto degli standard rispetto alla materia estimativa tradizionale italiana, p. 77
89
CASO STUDIO 2.1 – Erogazione del credito e ripagamento rateale: la stipula dei mutui (di Sonia Airaldi)
94
Bibliografia
95
CAPITOLO TERZO – L’estimo immobiliare e i modelli valutativi Marina Bravi, Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Giuseppina Taccone, Antonio Talarico
95 96
3.1 3.2
Modelli valutativi per le stime immobiliari Stima del valore di mercato
128 137
3.3 3.3
148
CASO STUDIO 3.1 – La costruzione di una analisi prezzo (di Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Giuseppina Taccone)
152
Bibliografia
155
CAPITOLO QUARTO – Risvolti estimativi indotti dal processo di armonizzazione contabile avviato a livello internazionale
3.2.1 Struttura del mercato immobiliare e caratteristiche dei beni, p. 97 – 3.2.2 Strumenti di analisi e modelli di valutazione, p. 106
Stima per capitalizzazione dei redditi Stima del valore di costo
Luisa Ingaramo, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino
155
4.1
172
4.2
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4.3
184
CASO STUDIO 4.1– L’applicazione dello « scorporo proporzionale » al complesso immobiliare di Bolognafiere S.p.A. (di Luisa Ingaramo, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino)
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Bibliografia
191
Capitolo quinto – Le valutazioni di fattibilità
Gli IAS: armonizzazione contabile a livello internazionale
4.1.1 Modelli di rendicontazione degli immobili a bilancionel panorama internazionale, p. 156 – 4.1.2 Il patrimonio immobiliare aziendale e societario: quale valore?, p. 159 – 4.1.3 La « rivoluzione » indotta in materia contabile, p. 161 – 4.1.4 Recepimento degli IAS in Italia, p. 164
Risvolti estimativi, contabili e fiscali indotti dagli IAS
4.2.1 Il concetto di valore complementare nella tradizione estimativa, p. 173 – 4.2.2 Metodologie di calcolo secondo le residual tecniques, p. 175 – 4.2.3 Una nuova proposta: la teoria dello scorporo proporzionale, p. 180
Prospettive e questioni aperte
Marta Bottero, Valentina Ferretti, Luisa Ingaramo, Giulio Mondini, Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Riccardo Roscelli, Giuseppina Taccone
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5.3
La valutazione di un investimento immobiliare La valutazione di un investimento pubblico
5.2.1 Gli studi di fattibilità, p. 203 – 5.2.2 L’analisi delle alternative, p. 205 – 5.2.3 Piano economico finanziario, p. 206 – 5.2.3 Analisi Costi-Benefici, p. 214
Tecniche valutative di supporto alla decisione: le Analisi Multicriteri
5.3.1 Introduzione, p. 227 – 5.3.2 I principali modelli multicriteriali, p. 231
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VII
CASO STUDIO 5.1 – ACR per la stima del valore di mercato dei diritti edificatori del complesso immobiliare « TORRE CITTÀ » all’interno della Z.U.T. 8.18/3 – Porta Susa di proprietà della Città di Torino (di Luisa Ingaramo, Riccardo Roscelli) CASO STUDIO 5.2 – L’ampliamento di una residenza socio assistenziale (di Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo) CASO STUDIO 5.3 – La tecnica ANP per la localizzazione di un inceneritore (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini) CASO STUDIO 5.4 – La teoria del valore multi attributo per la valutazione di interventi di riqualificazione urbana: il caso delle Basse di Stura a Torino (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini)
265
Bibliografia
267
CAPITOLO SESTO – Le valutazioni ambientali strategiche e la V.I.A. Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini
267
6.1
275
6.2
282
6.3
290
6.4
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6.5
302 311
CASO STUDIO 6.1 – La VAS per una variante di Piano Regolatore (di Valentina Ferretti) CASO STUDIO 6.2 – La VIE per un parco eolico (di Valentina Ferretti)
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Bibliografia
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CAPITOLO SETTIMO – Economia ed estimo dei beni culturali e ambientali
Le valutazioni di sostenibilità
6.1.1 Introduzione, p. 267 – 6.1.2 La funzione di resilienza, p. 270 – 6.1.3 Gli impatti ambientali, p. 272
La Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
6.2.1 La Direttiva Europea 42/2011 e il Testo Unico Ambientale, p. 275 – 6.2.2 Le fasi della VAS, p. 277 – 6.2.3 Il Rapporto Ambientale, p. 278 – 6.2.4 Indicatori ambientali, p. 278 – 6.2.5 Il monitoraggio, p. 281
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
6.3.1 La Direttiva 85/337 e il quadro normativo nazionale, p. 282 – 6.3.2 Le fasi della VIA, p. 285 – 6.3.3 Lo Studio di Impatto Ambientale, p. 286 – 6.3.4 Individuazione e valutazione degli impatti ambientali, p. 288
La Valutazione di Incidenza Ecologica (VIE)
6.4.1 Le Direttive Europee e il contesto nazionale, p. 290 – 6.4.2 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), p. 292 – 6.4.3 Le fasi della VIE, p. 294
Integrated Pollution Prevention and Control (IPPC)
6.5.1 La Direttiva 96/61 e il recepimento italiano, p. 297 – 6.5.2 Le fasi dell’iter autorizzativo, p. 299 – 6.5.3 Le Best Available Technologies (BAT), p. 301
Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini
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7.1
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7.2
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7.3
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Principi generali
7.1.1 Caratterizzazione dei beni culturali e ambientali, p. 323 – 7.1.2 Il surplus del consumatore, p. 324 – 7.1.3 I metodi di valutazione, p. 326
Il metodo dei Prezzi Edonici
7.2.1 Il modello di valutazione, p. 326 – 7.2.2 La stima della funzione di domanda, p. 328
Il metodo dei Costi di Viaggio
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VIII
Indice
7.3.1 Approccio zonale e individuale, p. 330
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7.4
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7.5
342
CASO STUDIO 7.1 – La stima del contributo della certificazione energetica al valore di mercato con il metodo dei prezzi edonici (di Marta Bottero, Marina Bravi) CASO STUDIO 7.2 – Una applicazione territoriale del Metodo del Costo di Viaggio: il caso del Sistema Museale Metropolitano di Torino (di Emanuela Gasca) CASO STUDIO 7.3 – Applicazione della Valutazione di Contingenza per la stima dei benefici connessi al progetto di una pista ciclabile (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini)
349 354
La tecnica della Valutazione Contingente
7.4.1 Caratteristiche del metodo, p. 333 – 7.4.2 Disponibilità a Pagare (DAP) e Disponibilità ad Accettare (DAC), p. 333 – 7.4.3 La definizione del mercato ipotetico, p. 334 – 7.4.4 Il questionario, p. 335 – 7.4.5 L’analisi dei risultati, p. 335 – 7.4.6 Considerazioni critiche sul metodo, p. 336
La tecnica della Conjoint Analysis e i modelli Choice Experiments
7.5.1 Individuazione di attributi e livelli, p. 338 – 7.5.2 La selezione degli scenari per la valutazione, p. 339 – 7.5.3 Il questionario e il campione di indagine, p. 340 – 7.5.4 I risultati del modello, p. 341
359
Bibliografia
363
CAPITOLO OTTAVO – I diritti reali e la materia espropriativa Luisa Ingaramo, Isabella M. Lami, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino
364
8.1
383
8.2
389
8.3
395
Bibliografia
397
CAPITOLO NONO – Stime e valutazioni nel processo di realizzazione dei lavori di costruzione
I diritti reali
8.1.1 Panorama internazionale e contesto italiano, p. 364 – 8.1.2 La proprietà: diritto reale fondamentale, p. 371 – 8.1.3 Diritti reali minori, p. 373
L’istituto giuridico dell’esproprio per pubblica utilità
8.2.1 L’esercizio del pubblico interesse, p. 383 – 8.2.2 Evoluzione della normativa, p. 384 – 8.2.3 Il testo unico, p. 386 – 8.2.4 Espropriazione parziale e calcolo della doppia stima, p. 388 – 8.2.5 L’occupazione d’urgenza, p. 389
Il rapporto pubblico-privato nei processi di trasformazione urbana
8.3.1 Il rapporto pubblico-privato nei processi di trasformazione urbana, p. 392
Marco Bagnasacco, Franco Fiorio Pla, Luisa Ingaramo, Ferruccio Zorzi
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9.5
L’evoluzione legislativa nel settore dei lavori pubblici La programmazione e le fasi di realizzazione
9.2.1 Il quadro normativo, p. 402 – 9.2.2 Il programma triennale dei lavori pubblici, p. 403 – 9.2.3 L’elenco annuale, p. 404 – 9.2.4 Studi di fattibilità, p. 405
Le forme di realizzazione, in ambito privato e pubblico Le figure professionali che intervengono nel processo
9.4.1 Il responsabile unico del procedimento, p. 413 – 9.4.2 Il progettista, p. 416 – 9.4.3 Il direttore dei lavori, p. 418 – 9.4.4 L’appaltatore, p. 420
La progettazione dei lavori pubblici
9.5.1 Progetto preliminare, p. 422 – 9.5.2 Progetto definitivo, p. 422 – 9.5.3 Progetto
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9.6
esecutivo, p. 423 – 9.5.4 Verifica del progetto, p. 426 – 9.5.5 La stima dei lavori, p. 427
Le gare per l’affidamento dei lavori e dei servizi di ingegneria e di architettura
9.6.1 La qualificazione delle imprese, p. 432 – 9.6.2 Le forme di gara, p. 435 – 9.6.3 La valutazione delle offerte, p. 438 – 9.6.4 Il contratto di appalto, p. 440
441
9.7
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9.8
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Bibliografia
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Indice dei concetti
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IX
La tenuta amministrativa e contabile dei lavori
9.7.1 La consegna dei lavori, p. 442 – 9.7.2 Sospensione e ripresa dei lavori, p. 443 – 9.7.3 Le varianti in corso d’opera, p. 444 – 9.7.4 L’ultimazione dei lavori, p. 446 – 9.7.5 La documentazione contabile per il D.L., p. 446
Il collaudo
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Nota introduttiva
L’estimo rappresenta una delle attività umane più antiche. Prima ancora che come parte della scienza economica, si afferma come pratica tecnica che si propone di misurare alcuni aspetti legati alla scarsità di beni e di servizi appropriabili e, per questa ragione, portatori di valori. Gli agrimensori, i tracciatori di confini e proprietà, gli esperti di geometria costituiscono le « figure professionali » dalla cui esperienza deriveranno i primi catasti agricoli e urbani e le prime forme di imposizione fiscale sui patrimoni e sul loro valore. A questo proposito va ricordato che se la disponibilità di alcuni beni fosse illimitata, questi non avrebbero consistenza economica: risulterebbero sostanzialmente privi di un « valore di scambio », mentre potrebbero risultare ad altissimo « valore d’uso ». Addirittura indispensabili alla vita, come l’aria, la luce, l’acqua. L’estimo si è occupato e si occupa di questo: attribuire « probabili valori » a beni scarsi, disponibili sul mercato, appropriabili ad un certo prezzo e per ciò stesso considerati di natura economica. È per questa ragione che viene attribuito un valore a un terreno da coltivare, da edificare, da destinare a servizi pubblici, o da conservare e tutelare per la difesa e la valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio. Analogamente per i patrimoni immobiliari edificati e i loro diversi usi: abitativo, residenziale, commerciale, ricettivo, terziario, industriale... e così via. Ed è ancora per queste ragioni che il valore di un bene, sia pure stimato con procedure diverse (sotto l’aspetto del valore di costo, di trasformazione, capitalizzazione, complementare, di surrogazione), deve convergere sempre con il suo « unico » valore di mercato, rispetto allo specifico scopo della stima. D’altra parte è intuitivo che non possano giustificarsi contemporaneamente due o più valori di mercato tra loro diversi per uno stesso bene e nelle medesime condizioni di mercato (principio dell’unicità del valore di stima). Praticamente tutte le attività economiche e sociali hanno dunque storicamente avuto e hanno a che fare con l’estimo. Non solo con riferimento ai loro aspetti quantitativi (comunque rilevanti), ma ormai con sempre maggiore importanza anche al costante apprezzamento degli aspetti qualitativi, soprattutto quando si ha a che fare con processi di trasformazione del territorio. Un piano di sviluppo urbanistico, la definizione e l’organizzazione di un sistema di trasporti, un progetto di architettura e di riqualificazione edilizia hanno sempre la necessità di essere « valutati » rispetto alla loro possibilità concreta di realizzarsi, alla loro fattibiltà tecnica ed economica. Devono « stare in piedi » ed essere sostenibili, oggi anche sotto il profilo dei consumi energetici e della compatibilità ambientale.
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XII
Nota introduttiva
Via via si sono così allargati i confini della disciplina estimativa, per sua natura politecnica – nel senso che è necessario combinare e integrare tra loro competenze economiche, tecnologiche, progettuali, per giungere ad un giudizio di valore – fino alle valutazioni ambientali strategiche, alle valutazioni di impatto ambientale (ormai necessarie per legge in molte circostanze), alle analisi costi-ricavi e costi-benefici (per stimare la redditività di un investimento, privato o pubblico). Al suo interno vengono ormai ricomprese anche le valutazioni multicriteriali utilizzate per rendere razionali e partecipate – in particolare quando vi siano posizioni divergenti tra i soggetti interessati – molte scelte strategiche che riguardano l’uso del territorio e il consumo dei suoli, anche per agevolare la selezione tra alternative di intervento (e decisioni) diverse. L’estimo rientra anche nelle procedure pubbliche di aggiudicazione, non solo per quanto riguarda la definizione dei prezzi alla base delle gare d’appalto, ma anche per selezionare ed attribuire punteggi alle offerte che vengono fatte, sulla base delle procedure previste dalle normative vigenti per ciascuna tipologia concorsuale. Qui sta l’attualità della disciplina estimativa e la sua continua necessità di aggiornamento, sia per gli aspetti più consolidati e per così dire più tradizionali – ormai ben collaudati – che riguardano essenzialmente le modalità, le procedure e i modelli di calcolo per la stima dei beni economici, sia per le problematiche più recenti – se vogliamo più sperimentali – che si occupano però di questioni assai rilevanti: l’ambiente e la quantificazione possibile dei suoi danni e dei suoi impatti, insieme al modo per evitarli o mitigarli; la fattibilità e la qualità dei processi di trasformazione edilizia ed urbana; le modalità di valutazione di progetti diversi sulla base di criteri e parametri prefissati. Gli studenti delle scuole di architettura e ingegneria (edile, civile, ambientale) non possono non conoscere, almeno nelle linee essenziali, teoria e pratiche dell’estimo, con cui avranno certamente a che fare, appena terminati gli studi, quando inizieranno ad esercitare la professione per la quale hanno studiato. Il tentativo che è stato fatto, con la indispensabile e preziosa collaborazione di tanti colleghi ed amici, è quello di organizzare un insieme di materiali che, senza la pretesa di essere esaustivi, siano utilizzabili, non solo per il percorso formativo di una disciplina a livello universitario, ma anche per professionisti che vogliano aggiornare le loro competenze e prendere spunti dai casi studio pubblicati, per affrontare e risolvere specifici problemi di valutazione. In questa direzione vanno in particolare le problematiche che affrontano gli aspetti estimativi indotti dal processo di armonizzazione contabile a livello europeo, l’approfondimento delle tecniche valutative di supporto alle decisioni, la valutazione degli investimenti immobiliari. Così come i capitoli sulle valutazioni ambientali strategiche, di impatto e sull’economia e l’estimo dei beni culturali, con i casi studio che vengono proposti, presentano modelli valutativi ormai in forte espansione per ogni programma di riqualificazione e piano di intervento significativo sul territorio. Mentre la materia espropriativa e l’analisi delle diverse fasi di realizzazione dei lavori di costruzione approfondiscono le modifiche normative (e le relative interpretazioni) che sono intervenute nel periodo più recente e che sono oggetto tuttora di possibili conflitti, non solo di natura economica. Riccardo Roscelli
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L’estimo e l’economia* Luca D’Acci, Patrizia Lombardi, Giovanna Segre, Giulia Sonetti CAPIT O LO
PRIMO
Obiettivi di apprendimento* 1. 2. 3. 4. 5. 6.
La determinazione del prezzo di mercato di un bene immobile privato Il criterio di Ottimo Paretiano, le caratteristiche dei beni pubblici Le esternalità L’equilibrio spaziale e il concetto di clustering urbano La complessità delle scelte nel campo dello sviluppo sostenibile urbano I recenti avanzamenti in tema di Smart City
In questo capitolo, sia pure in estrema sintesi, si vogliono introdurre alcune teorie fondamentali alla base della valutazione delle risorse economiche, quali immobili o intangibili, beni privati e pubblici piani e progetti di trasformazione, strategie di sviluppo urbano e sostenibilità, attualmente oggetto di interesse dell’estimo. Considerando che gli asset intangibili, quali il benessere e la cultura, sono diventati sempre più cruciali per lo sviluppo e la crescita economica dei diversi Paesi, oltre che risorse sempre più scarse, il campo di interesse dell’estimo si è ampliato, inglobando anche tali beni. Le relative metodologie di valutazione sono piuttosto articolate e, in questa sede, si intende fornire solo una presentazione dei principali approcci mutuati dalle diverse discipline cui si fa cenno, fra queste la matematica finanziaria e l’econometria (illustrate in Appendice), l’equilibrio spaziale, le scienze economiche e sociali che servono per capire e governare la complessità delle scelte nel campo dello sviluppo urbano sostenibile e Smart City. La questione ambientale rappresenta un imperativo non trascurabile a livello planetario. In economia, essa assume specifiche connotazioni di carattere morale ed etico, con riferimento al concetto di green economy. L’economia verde riconosce e investe nel capitale naturale, considerando la biodiversità come il tessuto vivente proprio di questo pianeta, che contribuisce al benessere umano e fornisce servizi gratuitamente, risorse preziose per il benessere delle persone. Insito nella green economy è anche il concetto di sviluppo sostenibile che da alcuni decenni sta impegnando studiosi di diverse discipline, ed in particolare gli studiosi di valutazione economica per la necessità di definire appropriate metriche di riferimento alle diverse scale (spaziali), dai materiali, all’edificio, alla città, fino alla scala territoriale e globale.
* Il presente capitolo rappresenta lo sforzo congiunto di quattro autori. Tuttavia, a Patrizia Lombardi sono da attribuire i paragrafi 1.1, 1.7.2, 1.7.3 e l’Introduzione, a Giovanna Segre il paragrafo 1.6, a Luca D’Acci il paragrafo 1.7.1 e l’Appendice, infine Giulia Sonetti ha sviluppato i paragrafi 1.4 e 1.5.
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1.1
L’Estimo e la Microeconomia
L’estimo ha radici antiche e ben documentabili nella scienza economica. Secondo Forte (1977), l’estimo è « la parte della scienza economica definibile come l’insieme dei principi logici e metodologici che regolano e quindi consentono la motivata, oggettiva e generalmente valida formulazione del giudizio di stima del valore dei beni economici espresso in moneta. » Per economia – dal greco οἴκος (oikos), « casa » ossia « bene di famiglia », e νόμος (nomos), « norma » o « legge » – si intende sia l’utilizzo di risorse scarse (limitate o finite) per soddisfare al meglio bisogni individuali e collettivi organizzando la spesa, sia un sistema di organizzazione delle attività di tale natura poste in essere a tal fine da un insieme di persone, organizzazioni e istituzioni (sistema economico). Con riferimento alla prima accezione, l’estimo si occupa di attribuire un adeguato valore economico a beni fondamentali per l’uomo, quali la casa, la terra, l’ambiente. La microeconomia è la scienza che studia le scelte economiche che i soggetti economici (persone, imprese, associazioni, ecc.) compiono per soddisfare i propri bisogni (ritenuti praticamente illimitati), attraverso mezzi (beni economici o servizi) scarsi (o insufficienti). Centrale nella teoria microeconomica è lo scambio che rappresenta l’atto economico attraverso il quale si trasferisce un bene (un prodotto o un servizio) a propria disposizione ricevendo in cambio altre merci, o servizi, o più generalmente moneta.Secondo l’economia di stampo neoclassico, lo scambio è in grado di aumentare l’utilità dei beni per il presupposto della convenienza dello scambio, in quanto esiste un diverso grado di utilità marginale (ossia il grado di soddisfazione che un soggetto può ritrarre dalla ultima dose disponibile) tra i soggetti operatori per cui ciascuno ci guadagna.Molto schematicamente, si possono distinguere due classi di soggetti economici operanti all’interno di un mercato: i consumatori o acquirenti (ciò che costituisce « la domanda ») e i produttori o venditori (« l’offerta »). Il mercato rappresenta il meccanismo attraverso il quale si instaurano le relazioni tra compratori e venditori che danno luogo allo scambio di un bene/servizio. In microeconomia, si distinguono due categorie di mercati: •
Concorrenziali, caratterizzati da una numerosità di operatori tale per cui ciascuno, singolarmente, non è in grado di influenzare il prezzo del bene.
•
Non concorrenziali, al contrario, presentano un numero ristretto di operatori in grado di influire sul prezzo del bene.
Nei mercati concorrenziali, l’incontro della domanda e dell’offerta genera il prezzo di « equilibrio », ossia la quantità di moneta che i compratori sono disponibili a cedere per appropriarsi del bene ed i venditori sono disponibili ad accettare per cedere il bene. In tale situazione i compratori, al prezzo stabilito dal mercato, riescono a comprare esattamente quanto avrebbero desiderato comprare, così come i venditori, a quel livello di prezzo, riescono a vendere esattamente quanto avrebbero desiderato vendere. Per prezzo di mercato si intende il numero di unità di moneta che devono essere cedute per avere in cambio un’unità di un dato bene. In questo primo capitolo si intendono fornire alcuni essenziali elementi della teoria microeconomica e, in particolare, del sistema concorrenziale di mercato, quali: la teoria
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L’estimo e l’economia
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della domanda e la teoria dell’offerta. Tali nozioni risultano alla base della stima immobiliare (Gabrielli et al., 2011) che sarà oggetto di altri successivi capitoli del presente manuale.
Teoria della domanda
1.2
Per « domanda » si intende la quantità di un bene di cui un soggetto è disposto ad appropriarsi ad un determinato prezzo. L’esperienza dimostra che questa dipende sia dal prezzo del bene in oggetto (px), sia dal reddito che il soggetto possiede, sia infine, dal prezzo degli altri beni, siano essi competitivi con il bene in questione (beni con stessa finalità d’uso) o anche complementari (beni che accrescono la soddisfazione se accoppiati al bene in discussione). L’analisi del comportamento del consumatore si divide nelle seguenti tre fasi: • • •
L’analisi del vincolo di bilancio che limita le sue scelte. Lo studio delle preferenze del consumatore. La scelta del consumatore, che mette insieme i vincoli di bilancio alle preferenze del consumatore.
1.2.1
Analisi del vincolo di bilancio
Il primo passo che il consumatore deve compiere riguarda l’individuazione di tutte le alternative a lui aperte tenendo conto che: • •
egli dispone di un reddito (R) limitato. il prezzo è fissato da altri, non modificabile dal suo singolo operato.
Si supponga per semplicità che i beni siano solo due, A e B. Si indicano con qA, qB e pA, pB rispettivamente le quantità e i prezzi dei due beni. Si assuma, infine, che nell’acquisto dei due beni il consumatore possa spendere solo parte o la totalità del proprio reddito. In formule, si può scrivere: pAqA + pBqB ≤ R Tale equazione rappresenta il vincolo di bilancio del consumatore. L’equazione può essere scritta in forma di retta [2], la cosiddetta « retta di bilancio », che indica tutte le combinazioni delle quantità del bene A e del bene B in corrispondenza delle quali la spesa totale risulta pari al reddito, ossia: pAqA + pBqB = R In quest’equazione i termini noti sono R, pA e pB; mentre le incognite sono qA e qB. Isolando le incognite si avrà che: qB =
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R p Aq A − pB pB
qA =
R pB qB − pA pA
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Una prima alternativa di acquisto del consumatore è quella che destina l’intero reddito nell’acquisto del primo bene; il che significa: qB = 0
qA =
R pA
Con ragionamento duale, se il consumatore destina l’intero R nell’acquisto del secondo bene si avrà che: qA = 0
qB =
R pB
Oltre a queste due alternative estreme ne esistono altre, infinite, in cui il consumatore spende una parte del reddito nell’acquisto del primo bene e il residuo per l’acquisto del secondo bene. In linea generale, escludendo quantità negative dei beni, che hanno senso matematico ma non economico, tutte le alternative disponibili per il consumatore sono coppie di valori qA e qB che, sostituite nelle equazioni sopra scritte, le soddisfano. Volendo rappresentare su un diagramma cartesiano la retta di bilancio (Fig. 1), considerando sull’asse delle ascisse le quantità dei due beni, si può notare che la retta di bilancio interseca i due assi in due punti corrispondenti, rispettivamente, a R/pBe R/pA. Questi due punti rappresentano, insieme all’origine degli assi, il vertice di un triangolo che contiene l’insieme delle scelte ammissibili per il consumatore, ossia quelle che il consumatore è in grado di sostenere in base al proprio reddito. In particolare, nell’origine degli assi il consumatore non acquista alcunché dei due beni, per cui qA = qB = 0; tutti i punti interni al triangolo, compresi quelli appartenenti alla retta, rappresentano tutte le rimanenti alternative disponibili al consumatore che comportano una spesa inferiore o uguale a R. Da quanto detto, deriva che la quantità ottimale che il consumatore può acquistare si trova sulla retta di bilancio: all’interno del triangolo si trovano solo scelte sub-ottimali; fuori dal triangolo la quantità dei due beni è inaccessibile. Per questo motivo, si dice che la retta di bilancio individua l’area delle scelte possibili. Risulta importante notare che l’inclinazione della retta di bilancio è data dal rapporto dei prezzi dei due beni, ossia pa/pb. Tale rapporto, di quantità,si denomina « prezzo relatiBene B R/PB
R R/PA 0 Bene A Fig. 1.1
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La retta di bilancio.
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vo », e indica come sul mercato si possano « idealmente » scambiare quantità del primo bene con quantità del secondo. Ad esempio, se p1 = 6 e p2 = 2 significa che il primo bene vale il triplo del secondo, oppure che con la spesa necessaria ad acquisire un’unità del primo bene, si riescono ad acquisire tre unità del secondo bene. Il rapporto tra i due prezzi risulta, appunto, 3. Quanto riscontrato nel caso di due beni soltanto vale per un numero finito di beni n, con l’ovvia conclusione che anziché avere coppie di valori che soddisfano il vincolo del bilancio ci saranEnnupla no n.ple* di valori q1, q2, ... qn. A tal proposito si definisce « paIn matematica si definisce ennupla niere » di beni ogni n.pla di valori corrispondenti alle quantità dei (scritto anche n-pla o n-upla), una collezione o un elenco ordinato di due beni. Si definiscono « panieri accessibili » al consumatore oggetti. quei panieri di beni che comportano una spesa inferiore al proprio reddito (≤ R).
*
1.2.2
Analisi delle preferenze del consumatore
L’analisi delle preferenze del consumatore sono spiegate attraverso una serie di assiomi, ossia dei postulati che rappresentano delle verità sempre accettabili in microeconomia. Tali assiomi sono: 1) Assioma della completezza: posto di fronte ad una coppia di panieri il consumatore è sempre capace di confrontarli e di concludere che ritiene il paniere A « migliore » del paniere « B » (scrivo A > B), o B > (« migliore di ») A, oppure che i due panieri gli sono indifferenti. 2) Assioma della transittività: se un consumatore preferisce il paniere A al paniere B e B a C, allora preferisce anche A a C. 3) Assioma della riflessività: ogni paniere è indifferente a se stesso. 4) Assioma della non saturazione: i consumatori preferiscono sempre possedere un bene in misura maggiore che in misura minore. 5) Assioma dell’indifferenza e della continuità: per ogni paniere Insieme convesso esiste almeno un paniere diverso che il consumatore ritiene Un insieme si dice convesso se indifferente al primo e, se ne esiste uno, ne esistono infiniti. prendendo due punti e congiungen6) Assioma della stretta convessità: l’insieme contenente tutti i doli con un segmento, quest’ultimo panieri preferiti o indifferenti ad un certo paniere, è un insiesi trova interamente nell’insieme. me strettamente convesso*.
*
Sulla base di tali assiomi è possibile costruire la cosiddetta curva di indifferenza, che descrive le preferenze del consumatore per diverse combinazioni di quantità di beni. Questa risulta infatti formata da tutti i panieri di beni che arrecano al consumatore pari soddisfazione. 1.2.3
La scelta del consumatore
La scelta che il consumatore riterrà più soddisfacente corrisponderà al paniere che si trova contemporaneamente sulla retta di bilancio e sulla curva di indifferenza più lontana dall’origine.
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È facile verificare che tale paniere corrisponde al punto di tangenza tra la curva di indifferenza e la retta di bilancio. Il punto di massima soddisfazione del consumatore corrispondente al punto di tangenza tra retta di bilancio e curva di indifferenza è unico data l’assunzione di stretta convessità della curva. La certezza dell’esistenza di un punto di massima soddisfazione la si deve all’assunzione di continuità (assioma n. 5). La pendenza della curva d’indifferenza nella letteratura economica si denomina « saggio marginale di sostituzione » e sta ad indicare la possibilità che il consumatore ha di scambiare quantità dei due beni in modo da ritrarre medesima soddisfazione. Considerando che, due curve tangenti in un punto hanno in quel punto identica pendenza e ricordando che la pendenza della linea del bilancio è pari al rapporto tra i prezzi dei due beni, è possibile concludere che la condizione di equilibrio del consumatore è caratterizzata dall’eguaglianza tra saggio marginale di sostituzione del consumatore e rapporto tra i prezzi dei beni. 1.2.4
Dall’equilibrio del consumatore alla curva di domanda individuale
Per costruire la curva di domanda del consumatore, ossia la linea che lega la quantità al prezzo del bene, detta anche linea prezzo-consumo o curva Marshalliana, si parte dalla condizione di equilibrio del consumatore, considerando R, pA e pB noti. Il dimezzamento di pA modifica la pendenza della linea del bilancio e cambia il prezzo relativo dei due beni, permettendo così di aprire al consumatore alcune alternative prima a lui impraticabili. Graficamente queste nuove alternative sono contenute nel triangolo LMM’. Dalla retta prezzo-consumo è possibile ricavare la curva di domanda Marshalliana del bene A, riprodotta nel grafico di Fig. 1.2. La derivazione è semplice: infatti i vari punti della linea PC indicano coppie di prezzo pA e quantità domandate del bene A che vengono riportate in quest’ultimo grafico in cui sull’asse delle ordinate è presente pA e sull’asse delle ascisse la quantità domandata dello stesso bene. Si ottiene in questo modo la curva di domanda Marshalliana, la curva che lega cioè quantità domandata di un bene con il proprio prezzo.
prezzo del bene A
quantià del bene A Fig. 1.2
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La retta (o curva) di domanda del bene A.
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Dalla curva di domanda individuale è possibile, per aggregazione, passare alla curva di domanda dell’intero mercato. La curva di domanda, sia essa del singolo consumatore o dell’intero mercato, illustra come varia la quantità acquistata al variare del prezzo del bene stesso, fermi restando i prezzi degli altri beni e il reddito. La caratteristica principale di tale curva sta nella relazione inversa di prezzo e quantità.
1.3
Teoria dell’offerta
Per offerta si intende la quantità di beni che il soggetto produttore è disposto a produrre (e vendere) ad un determinato prezzo.Le possibilità di trasformazione i fattori di produzione (input) in prodotti (output) costituiscono la tecnologia e sono in qualche modo assunte, in prima approssimazione, esterne all’impresa. Inoltre, viene denominato « insieme della produzione » l’insieme delle combinazioni degli input e degli output che le conoscenze tecnologiche rendono disponibili in un dato periodo di tempo oppure, anche, l’elencazione completa delle possibilità di trasformazione dei fattori di produzione in prodotti, nell’ambito dei quali l’impresa potrà operare la propria scelta. Circa la natura dell’insieme della produzione si fanno due assunzioni; si assume cioè che le tecnologie siano: –
–
Monotone: e cioè se si sa che con una certa quantità di fattori della produzione si può ottenere un certo ammontare di prodotto, nel caso in cui si disponga di un maggiore ammontare di almeno uno dei fattori della produzione (ferma restando, ovviamente, la quantità dei rimanenti fattori della produzione) la quantità di prodotto che si può ottenere sarà almeno uguale a quella precedente (in altri termini al crescere della quantità dei fattori deve crescere, o restare inalterata, come caso estremo, la quantità di prodotto ottenibile). Convesse: se per produrre un dato ammontare di prodotto sono disponibili due diverse combinazioni dei fattori della produzione, la convessità della tecnologia impone che una media ponderata delle due combinazioni di fattori deve portare almeno allo stesso livello di produzione.
Poiché l’acquisizione dei fattori della produzione comporta degli oneri per l’impresa, risulta fruttuoso concentrarsi su una parte limitata dell’insieme di produzione e più precisamente sul confine dello stesso che corrisponde al massimo livello di produzione ottenibile con una certa quantità di fattori della produzione. La funzione che traccia il confine dell’insieme di produzione definito come sopra, ossia la funzione che per ogni data combinazione dei fattori della produzione individua il massimo livello di produzione ottenibile, nella letteratura economica, viene indicata come funzione della produzione. L’insieme delle combinazioni di due fattori della produzione (x1 e x2), che danno luogo ad uno stesso livello di prodotto (y), si denomina « isoquanto di produzione ». In formule, si indica con: ȳ = f (x1, x2) dove y costante è una funzione dei due fattori di produzione. Sul piano grafico può essere rappresentato come in Fig. 1.3. Entrambi gli isoquanti rispettano le assunzioni fatte sulla tecnologia. Per capirlo si consideri la parte a) della figura. Si denomina « prodotto marginale di un fattore della produzione », MP1, la variazione
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x2
x2
Isoquanto
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o
nt
a qu
o
Is
A C
C2
C1 B a) Fig. 1.3
x1
b)
x1
Isoquanti di produzione.
della quantità prodotta causata da una variazione infinitamente piccola della quantità di 21/02/14 09.03 Pagina 1 un fattore della produzione (∆x1), ferma restando la quantità impiegata di ogni altro fattore della produzione. In formule si ha:
campione per formule:Layout 1
=
∆ ∆
Per le assunzioni fatte sulla funzione di produzione il prodotto marginale di ogni fattore della produzione sarà sempre positivo nel senso che variazioni di x1 o x2, determinano variazioni nello stesso senso della quantità prodotta (ossia se ∆x1 > 0, allora anche ∆y > 0, per cui MP1 > 0). Inoltre al crescere del fattore impiegato MP sarà positivo ma decrescente o, al limite, costante. Invece, il « prodotto medio di un fattore della produzione », AP, è il rapporto tra il totale della produzione ottenuta (y) e la quantità totale del fattore impiegato (x), ossia: AP =
y x
A seconda della natura della funzione di produzione, il prodotto medio cambierà in ogni punto della funzione di produzione con andamento decrescente, oppure rimarrà costante. Infine, si denomina « saggio marginale di sostituzione » il tasso di sostituzione di un fattore di produzione all’altro, al fine di mantenere costante il livello di produzione e con variazioni infinitamente piccole nelle quantità dei fattori. Esso misura come avviene la sostituzione tra un fattore e l’altro muovendosi lungo un isoquanto della produzione. Si indichino con ∆x1 e ∆x2 le variazioni infinitamente piccole delle quantità dei due fattori campione per formule:Layout 1 21/02/14 09.11 Pagina 1 della produzione, il saggio marginale di sostituzione è dato dal loro rapporto nel rispetto della condizione che la produzione rimanga inalterata (y = costante). =
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∆ ∆
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Il SMS è sempre negativo in quanto le variazioni delle quantità dei due fattori avvengono in senso opposto. Inoltre, data l’assunzione di convessità della tecnologia, che, come visto, implica una forma particolare degli isoquanti, ne consegue che spostandosi lungo un isoquanto il SMS è (in valore assoluto) decrescente. In termini geometrici, questo significa che la pendenza di un isoquanto risulta decrescente man mano che ci si sposta da sinistra verso destra sul grafico. campione per formule:Layout 1 tra 21/02/14 09.15marginali Pagina dei 1 due fattori, per cui il SMS è Esiste infine un legame SMS e prodotti pari al rapporto tra i prodotto marginale dei due fattori, ossia: ∆ = − ∆
∆ =− ∆
Prima di introdurre la fondamentale nozione di costo, conviene fare una ulteriore distinzione relativamente al breve e lungo periodo. In microeconomia, si denomina funzione di produzione di breve periodo, quando l’impresa non può variare liberamente la quantità di tutti i fattori della produzione, perché di almeno uno di essi dispone di una quantità fissa e immodificabile, nell’arco di tempo a cui la decisione si riferisce. All’opposto, nel lungo periodo, l’impresa è libera di intraprendere tutte le possibilità aperte dalle conoscenze tecnologiche senza limitazione alcuna in merito alla quantità utilizzabile dei vari fattori di produzione. In questa trattazione, si farà riferimento specificatamente alla prima tipologia di funzione che considera un fattore della produzione fisso (x2). Dunque, l’impresa potrà variare solo x1. In termini formali la funzione di produzione di breve periodo sarà: ȳ = f (x1, x2) con x2 costante y = f (x1) con x2 costante 1.3.1
Massimo profitto ed equilibrio dell’impresa
Per derivare la curva di offerta della singola impresa operante nel mercato di concorrenza perfetta nel breve periodo, si deve innanzitutto considerare che l’obbiettivo dell’impresa è la massimizzazione del profitto. Il profitto è pari alla differenza tra i ricavi derivabili da una certa produzione e i costi necessari per realizzarla, ossia: π = profitto = ricavi – costi = R – C L’impresa opererà sul mercato le scelte più appropriate in grado di rendere massima tale differenza, in particolare, cercando di individuare quel livello di produzione tale da rendere massima la differenza tra il ricavo e i costi. I ricavi totali dell’impresa, derivanti dalla vendita della propria produzione, sono infatti esprimibili attraverso la formula: RT = py RT = ricavi totali P = prezzo di vendita di un’unità di prodotto y = quantità totale prodotta
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Graficamente la funzione è riportata nella Fig. 1.4, dove sull’asse delle ascisse è riportato l’ammontare delle quantità prodotte e vendute e sull’asse delle ordinate il valore dei ricavi. La pendenza della retta del ricavo dipende dall’ammontare del prezzo, nel senso che tanto maggiore è il prezzo, tanto più aumenta la pendenza del ricavo totale. In stretta connessione con la nozione di ricavo totale possono definirsi, così com’è stato fatto per i costi, due altri concetti e cioè il ricavo medio e il ricavo marginale. Il primo (RME) esprime quanto in media si ricava dalla vendita, ossia il ricavo per ogni unità venduta. Poiché si è detto che in concorrenza perfetta il prezzo è un dato, indipendentemente dalla quantità venduta, sarà dato e costante, rispetto alla quantità venduta, anche il ricavo medio. In formule, esso è esprimibile come segue: RME =
RT py = =p y y
Il ricavo marginale RMA, invece, esprime il ricavo derivante dalla vendita aggiuntiva di un’unità infinitamente piccola di prodotto. Nel caso di mercato di concorrenza perfetta si può arrivare alla conclusione che la quantità infinitamente piccola venduta in aggiunta campione 21/02/14 09.21 Pagina 1 siaper pariformule:Layout all’unità di misura1 della produzione. Di conseguenza, il ricavo aggiuntivo coinciderà con il prezzo dell’unità, che è dato e non dipende dalla quantità totale venduta, ossia: =
∆ = ∆
Per cui, in un mercato di concorrenza perfetta: RMA = RME = p Avendo definito il profitto come la differenza tra ricavi e costi, ed essendo pervenuti alla conclusione che sia i ricavi che i costi dipendono dalla quantità prodotta e venduta, anche il profitto totale dell’impresa dipenderà da tale quantità. L’equilibrio dell’impresa si riduce ad individuare quel livello di produzione che rende massima la differenza tra ricavo e costi. Dal calcolo differenziale si sa che la funzione ha un
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Ricavo totale, medio e marginale.
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massimo o un minimo quando la sua derivata prima si annulla. Nel caso in esame, si dovrà ricavare la derivata prima della funzione del profitto per poi uguagliare il risultato a 0.
δπ δ RT δ C = − δy δy δy Ponendo pari a 0 la derivata del profitto si avrà:
δ RT δ C = δy δy Tale equazione afferma che la condizione necessaria affinché si abbia il massimo profitto è che la quantità da produrre deve essere tale da rendere il ricavo marginale uguale al costo marginale. Tenuto conto che in un mercato concorrenziale il ricavo marginale è sempre uguale al prezzo di vendita, è possibile affermare che un’impresa di concorrenza perfetta per massimizzare il profitto deve produrre una quantità tale che in quel punto il costo marginale sia uguale al prezzo. Per chiarire questa affermazione, si deve ricordare che l’andamento del costo marginale è stato ipotizzato crescente, per cui dopo l’incontro con la linea del prezzo (supposta invece costante), il costo marginale diventa maggiore del prezzo e ciò ad indicare che qualora l’impresa dovesse procedere ad accrescere la quantità prodotta incontrerebbe in costi aggiuntivi superiori ai ricavi. In conclusione la condizione indispensabile per ritenere punto di massimo profitto quello in corrispondenza dell’eguaglianza tra costo marginale e prezzo è rappresentato dall’andamento crescente del costo marginale, a fronte di un prezzo costante. Dopo aver derivato la curva di offerta della singola impresa, il passo conclusivo riguarda la derivazione della curva di offerta dell’intero mercato, ottenuta per aggregazione delle curve di offerta di tutte le imprese presenti nel mercato. La curva di offerta di mercato assumerà la forma descritta nella Fig. 1.5, che la riproduce su un diagramma cartesiano che ha sull’asse delle ordinate il prezzo di mercato e sull’asse delle ascisse la quantità offerta sul mercato. Come si può notare, la curva mostra un andamento crescente rispetto al prezzo, in quanto, per ciò che si è detto a proposito del comportamento della singola impresa, al crescere del prezzo, ogni impresa tende ad accrescere la quantità immessa singolarmente sul mercato.
Fig. 1.5 La curva di offerta di mercato.
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1.4
1.4.1
L’Estimo e l’Economia del benessere, dell’ambiente e della cultura Nozioni di economia del benessere
L’economia del benessere è una branca normativa della scienza economica. In quest’area vengono studiate e definite delle regole o dei metodi per poter classificare e quindi valutare, diverse possibili configurazioni (allocazioni di risorse) di un sistema economico. Una classificazione delle configurazioni completa e coerente, che prende il nome di Ordinamento del Benessere Sociale (OBS), è l’obiettivo dell’economia del benessere. L’OBS più noto della teoria economica è quello basato sul Criterio di Pareto: date due configurazioni A e B del sistema economico, si dirà che A è socialmente superiore a B se almeno un individuo preferisce A a B, e nessuno B ad A, da cui discende il concetto di Ottimo Paretiano. Una configurazione del sistema economico è Pareto ottimale se non è possibile migliorare la situazione di qualcuno senza peggiorare quella di qualcun altro. Alla base ci sono due giudizi di valore che ne caratterizzano la forza ed i limiti: il benessere e l’impossibilità di confronti interpersonali di benessere (Cicia, 2005). Il criterio di Pareto trova la sua applicazione più rilevante nei due teoremi fondamentali dell’economia del benessere. Il primo afferma che ogni configurazione del sistema economico derivante da un equilibrio competitivo è ottima in senso paretiano. Il secondo teorema afferma invece che una configurazione del sistema economico Pareto ottimale può essere ottenuta come risultato di un equilibrio competitivo alterando opportunamente la distribuzione iniziale del reddito. Con il termine equilibrio competitivo si intende una particolare configurazione dei prezzi di input e output in corrispondenza dei quali ciascun consumatore compra output e vende input in modo da massimizzare l’utilità sotto il vincolo del bilancio. Ciascuna impresa compra input e produce output che poi venderà massimizzando il profitto sotto il vincolo del costo quando l’offerta eguaglia la domanda in ciascun mercato. L’equilibrio competitivo è noto anche con il nome di « equilibrio generale walrasiano », che garantisce una configurazione efficiente ma non equa del sistema economico.
Fig. 1.6 Curve di domanda individuali.
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Le economie di mercato, però, sono macchine straordinariamente efficienti nella produzione della ricchezza, ma assai poco capaci di distribuirla equamente tra coloro che hanno preso parte al processo della sua creazione (Zamagni e Cozzi, 1991). L’equilibrio competitivo, oltre a generare una distribuzione non equa, potrebbe anche condurre ad una configurazione del sistema economico Pareto sub-ottimale. In altri termini, il primo teorema fondamentale potrebbe, in certe situazioni, non realizzarsi: sono i cosiddetti fallimenti del mercato. La gestione di un bene pubblico da parte di egoisti razionali genera, infatti con grande frequenza il problema del free-riding (Cicia, 2005). Si ipotizzi un mercato per un bene pubblico costituito da due soli consumatori. Il consumatore A è disposto a pagare un prezzo pA per fruire della quantità di bene pubblico q*, mentre il consumatore B è disposto a pagare pB per fruire della stessa quantità di bene pubblico q*. EssenEquilibrio tra domanda e offerta do il bene pubblico a consumo non competitivo si avrà la aggregaTale equilibrio, che ha la proprietà di generare una configurazione zione delle curve di domanda individuali illustrate in Fig. 1.6. Parateo-ottimale, prende il nome di Se D è la curva di domanda aggregata di un bene pubblico ed « Equilibrio di Lindhal », mentre la S è la curva di offerta aggregata dello stesso bene, all’equilibrio* condizione di offerta ottimale di un avremo che la somma delle valutazioni marginali dei singoli conbene pubblico è nota anche come sumatori per la quantità di bene scambiata (q*) è uguale al costo Condizione di Samuelson. marginale. Quindi, per ottenere una allocazione Pareto ottimale di un bene pubblico, ogni singolo consumatore dovrebbe pagare, per la quantità di bene pubblico di cui fruisce, un prezzo pari alla dispoBene non escludibile nibilità marginale. Ciò potrebbe generare un prezzo diverso per Un bene è non escludibile quando ogni singolo consumatore, ed è evidente che l’equilibrio verrebbe non è possibile escludere un sograggiunto solamente se ogni individuo fosse del tutto sincero getto dal diritto dal consumo del nell’esprimere la sua reale disponibilità a pagare marginale (valobene (a meno di costi elevatissimi). In una logica di mercato dovrebbere noto solo all’individuo). Molto verosimilmente, se gli individui ro essere esclusi individui che non sono degli egoisti razionali come postula la teoria del consumatosono disponibili a pagare il prezzo. re, emergerà il problema del free-riding. Alcuni individui (se non La difesa nazionale o un parco natutti) si comporteranno da free-rider, cioè dichiareranno disponizionale sono beni non escludibili. bilità a pagare inferiori a quelle reali, con la speranza che altri La non escludibilità di un bene richiama la individualità dei benefici consumatori paghino fruendo comunque del bene pubblico, esderivanti da quel bene: tutti consusendo quest’ultimo a consumo non competitivo e non escludibimano la stessa quantità del bene le*. Ciò comporterà, nel migliore dei casi, un’offerta Pareto subma non è possibile determinare in ottimale del bene pubblico, nel peggiore dei casi la totale assenza che misura ciascun individuo non di ogni forma di scambio via mercato. Tra i beni pubblici puri ed i comporta alcuna sottrazione al consumo dello stesso bene da parte beni privati puri si collocano due classi intermedie di beni che di un altro individuo. Ne consegue prendono il nome di beni in proprietà comune (commons) e beni la non desiderabilità dell’esclusiopubblici spuri (club goods). Nel primo caso il consumo è compene (perché il costo marginale di un titivo ma non escludibile, mentre nel secondo caso il consumo è consumatore aggiuntivo è pari a non competitivo ma escludibile. Si dimostra che anche in questi zero). Esempi di un bene non rivale sono una lezione universitari, o andue casi un mercato concorrenziale genera una allocazione Pareto cora la difesa nazionale. L’offerta di sub-ottimale del bene in questione. Sfortunatamente, la maggior un bene non rivale risulta disponibiparte delle risorse ambientali sono beni pubblici puri, beni pubblile in di un bene non rivale risulta dici spuri o beni in proprietà comune, che è all’origine della questiosponibile in modo congiunto a tutti ne ambientale. gli individui. Su questo argomento
* *
si veda anche il Capitolo 2.
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Fig. 1.7
1.5
*
Capitolo 1
1.5.1
Curva di domanda aggregata e di offerta aggregata.
Nozioni di economia dell’ambiente e di green economy L’Economia dell’ambiente
Legge della termodinamica Il principio della termodinamica è essenzialmente il principio di conservazione dell’energia DU contenuta in un sistema durante una qualsiasi trasformazione è uguale alla quantità di energia DE che il sistema scambia con l’esterno. Se DE > 0 allora è il sistema che assorbe energia dall’esterno: se DE < 0 invece è il sistema che cede energia all’esterno. In questo schema la legge di conservazione dell’energia totale del sistema termodinamico durante una qualsiasi trasformazione si scrive: DU = DE. L’enunciato di Kelvin del secondo principio della termodinamica esplicita che è impossibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia una trasformazione completa di calore in lavoro, quando il calore è assorbito da una sorgente a temperatura uniforme, perché ci sono sempre dissipazioni durante il processo.
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Seguendo la definizione del National Bureau of Economic Research, l’economia dell’ambiente usa diverse regolamentazioni ambientali locali o transnazionali per quantificare i danni su salute umana, qualità dell’ecosistema, consumo di suolo, acqua, aria e i relativi impatti (per esempio sulla disponibilità futura delle risorse ambientali, la creazione di redditi, il cambiamento di valore per beni immobili coinvolti, ecc.). Questo approccio considera l’economia come un sistema aperto, nel quale sono possibili scambi di « energia » e di « massa » con l’esterno. In altre parole, il sistema economico per funzionare deve estrarre, lavorare e disperdere grandi quantità di materie fisiche dal e nel proprio fondamento ecologico (l’ambiente), ma, mutuando il concetto alla base delle prime due leggi della termodinamica*, non sono possibili creazione o distruzione di energia/materia ad essa legata, né l’energia può essere trasformata solo in un senso, cioè verso una maggiore dissipazione (Donati, 2009). Un’allocazione inefficiente di queste risorse e dei rispettivi flussi crea il cosiddetto « fallimento del mercato », concetto chiave dell’economia ambientale (Hanley et al., 2007). Un fallimento di mercato si verifica se il mercato non alloca sufficienti risorse per generare il più alto benessere sociale. Uno scarto fra le operazioni che un privato compie sotto dati prezzi di mercato e cosa la società vorrebbe dal privato implica sprechi, scarsa protezione ambientale o inefficienza economica. Forme comuni di fallimento del mercato sono le esternalità, la non escludibilità e la non rivalità.
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Un’esternalità è presente ogniqualvolta le funzioni di utilità o di produzione di un individuo A includono variabili reali (non monetarie) i cui valori dipendono da scelte fatte da altri (persone, aziende, governi) senza attenzione agli effetti sul benessere di A (Baumol e Oates, 1988). Perché si abbia un’esternalità devono valere entrambe queste condizioni: • •
interdipendenza (ovvero l’attività economica di produzione o consumo deve influire sui livelli di produzione o utilità di altri produttori o consumatori); non valutazione (l’effetto non è né valutato né compensato, cioè non si riflette nei prezzi del mercato).
Se si è solo in presenza di interdipendenza, si dice che l’esternalità viene internalizzata. Si parla di esternalità positiva, o economia esterna, quando un individuo genera una variazione positiva di benessere ad una terza parte. Si è in presenza di un costo esterno, noto anche come esternalità negativa, o diseconomia esterna, se, all’opposto, prevalgono le due condizioni seguenti: – –
un’attività intrapresa da un agente provoca una perdita di benessere ad un altro agente; la perdita di benessere non viene compensata.
Entrambe le condizioni sono essenziali per l’esistenza di un costo esterno, in quanto se la perdita di benessere viene compensata dall’agente che ha prodotto l’esternalità, si dice che l’effetto viene internalizzato (Ranghieri, 2000). Un tipico esempio di esternalità negativa è quello dell’inquinamento. Questo dipende sia da un effetto fisico dei rifiuti sull’ambiente che da una reazione dell’uomo a tale effetto fisico, che può essere di natura biologica, chimica o acustica (perdita di benessere). Si pensi ad esempio ad un’industria posta a monte che scarichi rifiuti in un fiume provocando una perdita di inquinanti nell’acqua, causando la morte di gran parte del patrimonio ittico e determinando un danno per i pescatori a valle; se questi ultimi non vengono ricompensati, l’industria a monte continuerà a produrre come se il danno creato a valle non fosse rilevante. Si dice allora che l’industria crea un costo esterno, noto anche come esternalità negativa o diseconomia esterna (quando un individuo genera invece una variazione positiva di benessere ad una terza parte, si parla di esternalità positiva o economia esterna). Per una spiegazione grafica delle esternalità si può far riferimento alla Fig. 1.8. Come illustrato nel precedente paragrafo, il profitto equivale al beneficio netto ottenuto dall’impresa, e, quindi, il profitto marginale è formalmente equivalente ai benefici marginali netti privati (BMNP). I profitti totali sono rappresentati dall’area sotto la curva BMNP illustrata in Fig. 1.8. Sull’asse delle ascisse è indicato il livello di attività Q dell’inquinatore, mentre sull’asse delle ordinate compaiono i costi e i benefici in termini monetari. Colui che inquina sosterrà dei costi nell’intraprendere l’attività che genera inquinamento, e, d’altro canto, riceverà dei benefici in forma di ricavi: la differenza tra ricavo e costo genera appunto il beneficio netto privato. La retta BMNP non è altro la versione marginale di questo beneficio netto, ossia rappresenta la variazione del beneficio netto a seguito di una variazione unitaria del livello di attività. Il CMAE rappresenta invece il costo marginale esterno, ossia, il valore del danno causato dall’inquinamento che l’attività Q produce; qui il CMAE è una funzione crescente dell’output Q. Siamo ora in grado di identificare il livello ottimale sociale di esternalità
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come quel livello in corrispondenza del quale le due curve si intersecano, cioè, dove BMNP = CMAE. Sappiamo che, poiché le due curve esprimono quantità marginali (beneficio marginale e costo marginale) le aree al di sotto di esse rappresentano grandezze totali. L’area sotto BMNP è il beneficio totale netto privato dell’inquinatore, mentre l’area sotto il CMAE coincide con il costo totale esterno. Considerando l’ipotesi che colui che inquina e colui che subisce l’inquinamento abbiano uguale peso, ossia i guadagni o le perdite di una parte non sono valutati più di quelli dell’altra, si potrebbe stabilire che lo scopo di una società consiste nella massimizzazione della somma dei benefici sociali netti (somma dei benefici meno la somma dei costi). Pertanto il livello di inquinamento fisico corrispondente a questo livello di attività coincide con il livello socialmente ottimale di inquinamento. Per finire, la quantità ottimale di danno economico corrisponde al livello ottimale di inquinamento Q* ed è rappresentato dall’area OYQ* (nel grafico area B), che è nota come livello ottimale di esternalità. Con riferimento alla Fig. 1.8, si dimostra che l’impresa che inquina opera in corrispondenza di un punto Q dove viene massimizzato il beneficio privato A + B + C, determinando però un costo esterno rappresentato da B + C + D; il beneficio sociale netto sarà uguale a A + B + C – B – C – D = A – D, evidentemente minore di A che indica i benefici sociali netti quando l’attività dell’inquinatore è fissata in Q*. Si dice che il livello di esternalità C + D è Pareto rilevante dal momento che la sua rimozione porta ad un miglioramento in senso paretiano, cioè ad un guadagno netto in termini dei benefici sociali, mentre il livello di esternalità B è Pareto irrilevante in quanto la sua rimozione non è affatto necessaria. A livello formale abbiamo: in Q*: BMNP = CMAE, ma BMNP = P – CMA dove il CMA è il costo marginale della produzione del prodotto inquinante, da cui: P – CMA = CMAE o P = CMA + CMAE. Ora, CMA + CMAE rappresenta la somma dei costi marginali dell’attività che produce l’esternalità, ossia, il costo marginale sociale – CMAS. Quindi se, BMNP = CMAE, allora, P = CMAS L’uguaglianza tra prezzo e costo marginale sociale è la condizione di ottimo paretiano in presenza di esternalità. Un approccio economico-giuridico alla risoluzione del problema delle esternalità è il
Fig. 1.8
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Le esternalità.
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Teorema di Coase. È stato dimostrato che un livello socialmente ottimale di attività economica non coincide con l’ottimo privato se ci troviamo in presenza di costi esterni. Emerge il problema di come raggiungere l’ottimo sociale ed è proprio in questo contesto che sembra necessaria una qualche forma di intervento da parte dell’autorità pubblica. Tuttavia, in alcuni casi, anche se i mercati non possono garantire la quantità ottima di esternalità, essi possono essere spinti in quella direzione senza che sia necessaria una regolamentazione. Questa idea è stata espressa per la prima volta da Ronald Coasenel 1960 nell’articolo « The Problem of Social Cost », in seguito al quale fu insignito del Nobel per l’economia nel 1991. Per spiegarla è necessario definire prima il concetto di « diritti di proprietà ». Diversamente al significato apparente dell’espressione, un diritto di proprietà si riferisce al diritto all’uso di un bene. Ad esempio la proprietà di un’autovettura implica il diritto al suo uso. Tali diritti sono raramente assoluti, ma risultano circoscritti in qualche misura dalle regole universalmente accettate di una società: ad esempio, il diritto di uso di un’autovettura implica il rispetto delle regole del codice della strada, il pagamento della tassa di circolazione etc. Si dice allora che i diritti sono attenuati. I diritti possono essere privati, ossia posseduti da soggetti facilmente identificabili, o comuni, nel caso in cui l’uso della proprietà in questione è posseduto assieme ad altri; questo secondo tipo di proprietà è noto con il nome di proprietà comune. Più precisamente, i beni si possono classificare in base alle due proprietà di escludibilità e rivalità, come illustrato nella Tab. 1.1:
Tab. 1.1 Classificazione dei beni.
Paese Consumo rivale Consumo non rivale
Consumo escludibile Beni privati Beni a pedaggio
Consumo non escludibile Beni comuni Beni pubblici
In questo quadro, Coase ha dimostrato che, se i soggetti interessati ad un problema di esternalità sono pochi, se i costi di transazione di un negoziato sono ridotti e se i diritti di proprietà dell’uso della risorsa sono chiari e ben definiti, il risultato del negoziato porterà ad una allocazione ottima senza intervento di terzi e indipendentemente dal diritto di proprietà sulla risorsa. In particolare, finché siamo in grado di stabilire una negoziazione tra inquinatore ed inquinato, essa condurrà fino al punto Q*, che rappresenta il livello di attività economica socialmente ottimale: a prescindere da chi possiede i diritti di proprietà, esiste una tendenza automatica a raggiungere il livello socialmente ottimale. In assenza di regolamentazione, l’inquinatore cercherà di operare ad un livello di attività pari a Qprof dove i profitti sono massimi; il livello socialmente ottimale è in corrispondenza di Q*. Prendiamo in esame una situazione in cui colui che subisce l’inquinamento possieda dei diritti di proprietà, ossia, colui che subisce l’inquinamento ha il diritto di non subire inquinamento mentre l’inquinatore non ha il diritto inquinare (Cavalletti, 2002). In questo caso il punto di partenza è rappresentato dall’origine della Fig. 1.9. Colui
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Fig. 1.9
Il processo di negoziazione.
che subisce l’inquinamento chiederà che non ci sia inquinamento e, poiché possiede i diritti di proprietà, prevarrà la sua posizione. Ma cosa accadrebbe se entrambe le parti – inquinato ed inquinatore – potessero negoziare sul livello di esternalità? Supponiamo che il quesito da risolvere sia se spostarsi o meno verso il punto d: se si spostassero verso il punto d, l’inquinatore otterrebbe come profitto totale l’area Oabd, mentre l’inquinato perderebbe l’area Ocd. Dal momento che l’area Oabd è maggiore dell’area Ocd, c’è spazio per una negoziazione; in altre parole, l’inquinatore potrebbe offrire una quantità maggiore rispetto all’area Ocd (minore rispetto all’area Oabd) per compensare il danno. Dopo questa compensazione, l’inquinatore avrà ancora un profitto netto e chi subisce l’inquinamento starebbe meglio in quanto ottiene una quantità maggiore dell’area Ocd. Se tale negoziazione potesse essere conclusa, si vedrebbe che lo spostamento verso il punto d rappresenta un miglioramento per entrambe le parti (questo spostamento è noto come miglioramento paretiano, con il quale almeno una parte sta meglio e nessuna parte sta peggio e il benessere sociale complessivo aumenta). D’altro canto, se lo spostamento dal punto O verso il punto d rappresenta un miglioramento sociale, lo è pure lo spostamento verso il punto e, o verso il punto Q*. Ogni spostamento alla destra del punto Q* invece non è realizzabile, dal momento che i benefici netti dell’inquinatore diventano inferiori ai costi subiti dall’inquinato. Se i diritti di proprietà appartenessero all’impresa che inquina, il punto di partenza sarebbe allora il punto Qprof in quanto è verso questo punto che l’inquinatore si dirigerà, dato che ne ha il diritto. Ancora una volta è possibile che le due parti giungano ad un accordo e prendano la decisione di spostarsi dal punto Qprof indietro verso il punto f: questa volta però sarà l’inquinato che potrà compensare l’inquinatore per la rinuncia ad una certa quantità di attività, e, poiché l’inquinato potrebbe sopportare una perdita pari all’area fhiQprof se non ci fosse lo spostamento verso il punto f, egli sarà disposto allora ad offrire una qualunque quantità minore di essa.
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Esiste dunque uno spazio per una negoziazione nello spostamento verso il punto f almeno fino al punto Q*, che rappresenta ancora una volta il livello di attività socialmente ottimale ed anche il punto di arrivo del negoziato tra le parti*. 1.5.2
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Approccio negoziale Oltre all’approccio di tipo economico-giuridico (« negoziale ») sopra descritto, esistono altri strumenti per il controllo dell’inquinamento, classificabili in: strumenti basati su incentivi economici (tasse, sussidi e permessi trasferibili); strumenti di comando e controllo (Standard); quote di inquinamento (tradeable emission permits).
Secondo la definizione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP, 2011), la green economy rappresenta l’incontro tra impresa e sostenibilità che si traduce nel miglioramento del benessere e dell’equità sociale, accompagnato da una significativa riduzione dei rischi ambientali e dalla valorizzazione delle risorse. Nella sua espressione più semplice, la green economy può essere pensata come un’economia efficiente nell’allocare risorse e socialmente equa. In un siffatto sistema, la crescita in termini di introito e occupazione risulta guidata da investimenti pubblici e privati che riducano le emissioni di anidride carbonica e altre sostanze inquinanti, aumentando contemporaneamente l’efficienza nell’uso dell’energia e delle risorse naturali e prevenendo la perdita di biodiversità e danni all’ecosistema. Gli investimenti sono catalizzati e supportati da una spesa pubblica partecipata, da riforme politiche eque e da regolamentazioni ambientali che incoraggiano una maggiore responsabilità da parte di ogni individuo (Mancuso, 2012). Insito nella green economy è il concetto di sviluppo sostenibile che sarà oggetto di specifico approfondimento nel Paragrafo 3.2. L’economia verde riconosce e investe nel capitale naturale, considerando la biodiversità come il tessuto vivente proprio di questo pianeta, che contribuisce al benessere umano e fornisce le economie di risorse preziose sotto forma di servizi elargiti gratuitamente. Questo cosiddetto « ecosistema di servizi » è rappresentato in natura dai beni pubblici, invisibili economicamente e per questo motivo sottovalutati e mal gestiti. Concetto cardine è mantenere, implementare e, dove necessario, ricostruire capitale umano come fondamentale risorsa economica e fonte di benefici pubblici, specialmente per le popolazioni più povere, i cui mezzi di sostentamento e la sicurezza dipendono fortemente dalla natura e dall’ambiente locale. Negli ultimi anni, il termine e i concetti di green economy sono sempre più diventati di largo utilizzo e un grosso impulso è venuto dalle prese di posizione della presidenza Obama che, primo fra i grandi della Terra, ha indicato la green economy come una delle vie di uscita dalla crisi globale di questi anni (Mancuso, 2012). È indubbio tuttavia che il termine sia stato declinato e, anche inteso, in molti modi spesso diversi ma fondamentalmente riconducibili a tre approcci. Il primo la vede come un settore innovativo dell’economia ambientale, anche legata alle tematiche di una smart-city efficiente dal punto di vista tecnologico e quindi raggruppando due universi: quello della green production e quello del green business. La green production, in questa accezione, comprende le imprese che producono in maniera ecocompatibile, attraverso una serie di strumenti quali le certificazioni ambientali, l’adozione di tecnologie per il risparmio delle risorse o per la riduzione degli impatti, i comportamenti virtuosi lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Chi fa green business invece opera all’interno di mercati dichiaratamente ambientali, quali rifiuti, disinquinamento, ciclo idrico integrato ed energia ecc. (IRES, 2013).
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Il secondo, di stampo schumpeteriano*, sovrappone il settore green a un nuovo ciclo dell’intera sfera economica, attivato dall’inParadigma schumpeteriano troduzione di nuovi vettori energetici e cluster tecnologici che si J.A. Schumpeter è stato il primo ecosviluppano attraverso fasi di crescita, prosperità, declino e depresnomista ad introdurre il tema di insione impegnando anche diverse decadi. Centrale apparirebbe in novazione nel 1912. Egli propone la tal senso la green economy quale risposta ai problemi attuali della visione di un sistema dinamico, anicrescita, in quanto portatrice di nuovi modelli di consumo sostenimato da fasi di distruzione creatrice, oltre a ciò distingue per la prima volbili e di nuovi bisogni. È questa l’interpretazione della cosiddetta ta i concetti di invenzione ed innoeconomia verde o del capitalismo naturale (Hawken et al., 2007). vazione considerate, fino a quel moInfine, il terzo ed ultimo approccio sottolinea le profonde – sotmento, in modo indistinto. In « Teoria tese – incompatibilità nel rapporto economia-ambiente. Il sistema dello sviluppo economico » definieconomico è interpretato come il sottosistema ecologico delle relasce lo sviluppo come un « fenomeno distinto, completamente estraneo a zioni umane che ha eroso e distrutto il sistema ambientale e che è quello che può essere osservato nel pertanto entrato in contraddizione con le stesse forze e risorse che flusso circolare e nella tendenza verfino a oggi lo hanno alimentato. Fuoriuscire da questa opposizione so l’equilibrio. Esso è lo spontaneo economia-ambiente richiederebbe una riconfigurazione generale ed improvviso mutamento nei canali delle relazioni, non solo umane ma anche produttive, dell’uomo con del flusso, la perturbazione dell’equilibrio che altera e sposta lo stato il suo ambiente. In questo senso si tratterebbe non soltanto di innedi equilibrio precedentemente esiscare un processo nuovo di sviluppo tecnologico (ovvero favorire stente » [Schumpeter, 1934, p. 49]. l’emergere di nuovi cluster tecnologici) ma anche di superare il modello stesso della crescita, che è basato dalla rivoluzione industriale su una continua accelerazione dell’utilizzo del capitale naturale e su indici, quali il prodotto interno lordo, poco indicativi dello stato di Benessere nazionale benessere di una nazione*. È chiaro che azioni del genere non in« Ogni governo ha sostenuto le granvestono soltanto la sfera economica ma anche e più fortemente queldi banche, i grandi business e le la istituzionale, sociale, etica (IRES, 2013). corporation internazionali a scapito Oltre che per la conservazione e l’utilizzo sostenibile delle ridelle economie nazionali, regionali sorse naturali, il nuovo modello di sviluppo dovrà essere in grado e locali. Questo principio è il cuore di quello che io penso sia sbagliadi garantire un migliore e più equo benessere per tutto il genere to. Le grandi corporation e le granumano. In questo senso viene vista come un nuovo modello econodi banche straniere non possono mico tout court e non semplicemente come la parte verde dell’ecorispondere ai bisogni delle persone nomia. del Paese e del territorio. Abbiamo Con riferimento alla crisi finanziaria attuale, il concetto di bisogno di cambiare direzione per agire a favore sia delle imprese che green economy assume una rilevanza particolare. Le iniziative tese delle banche entro i confini delle noa mitigare i problemi di carattere ambientale e di uso inefficiente di stre politiche, entro quelle strutture risorse naturali sono state inizialmente interpretate come un aggravisibili, dove facciamo business revio di costi per il sistema produttivo che si doveva far carico dell’esponsabile che che quindi possono liminazione di esternalità negative, ovvero di investimenti cospiessere regolate. Abbiamo bisogno che la società operi dal basso! » cui, per rispettare vincoli e altre specificazioni tecniche. L’aumento Helena Norberg-Hodge, fondatrice e dei costi veniva associato ad una perdita di competitività per le direttrice dell’« International Socieproduzioni correnti e quindi a una conseguente caduta dei livelli di ty for Ecology and Culture » (ISEC) e produzione (e di occupazione). L’esperienza di alcuni decenni di vincitrice del Right Livelihood Award. normative ambientali più severe ha, almeno in parte, ribaltato questo atteggiamento. Le imprese che rispettavano vincoli ambientali più severi da un lato sopportavano maggiori costi nel breve periodo, ma nel medio-lungo termine acquisivano un vantaggio competitivo dovuto all’innovazione e come tale trasformabile in una rendita di tipo schumpeteriano. Analogamente la struttura produttiva tradizionale mutava, ma la caduta di produzione e occupazione nei settori tradizionali
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veniva compensata dagli incrementi di produzione e occupazione legati appunto alla green economy (IRES, 2013). Questo rovesciamento di atteggiamenti è stato fortemente esaltato dall’esistenza di sussidi pubblici nati per compensare il sistema produttivo dei maggiori costi associati a produzioni più pulite. La capacità di indicare e valutare aziende verdi e sostenibili in modo chiaro e completo offre oggi agli investitori la possibilità di partecipare alla crescita di questo settore critico per mancanza di risorse da parte delle amministrazioni pubbliche. Le PPP (Public Private Partership) sono infatti ad oggi l’unico strumento finanziario in grado di garantire l’attuazione di opere e progetti, ma per lo strapotere del privato spesso queste realizzazioni sono univocamente scelte, dai termini di pagamento fino alle modalità di fornitura dei servizi. Una nuova forma di partecipazione già dal momento della stesura del contratto fra le parti riporterebbe la sostenibilità ambientale e sociale ad avere peso durante le fasi decisionali in un’ottica demand-driven e di inclusione sociale. Ma quali sono le caratteristiche di una green company? Il NASDAQ OMX, della NASDAQ, l’azienda multinazionale americana dei servizi finanziari, è una famiglia di « global benchmark index ». A capo della famiglia di indici vi è l’all-inclusive NASDAQ OMX Green Economy (QGREEN), il primo nel suo genere in grado di monitorare e tenere traccia di un ampio portafoglio di aziende verdi. È stato progettato per agire come un indicatore di prestazioni dei titoli in settori come l’efficienza energetica, la produzione di energia rinnovabile, la mitigazione dell’inquinamento e lo sviluppo di materiali avanzati, fornendo un globale punto di riferimento per gli investitori istituzionali e i retailer. Secondo questo indice, il bienno 2012-2013 è stato quello della transizione verso un’economia verde, anche se una scorsa ai principali titoli dei media potrebbe non riflettere questa proiezione. Al di là del boom del gas naturale, la crescita di eolico e solare è certamente meritevole di uguale attenzione. I record di installazioni negli ultimi anni hanno rafforzato le fonti rinnovabili come una porzione equivalente al 16% della produzione totale di energia elettrica degli Stati Uniti più del nucleare e del petrolio sommati insieme. Nel marzo 2013, le energie rinnovabili rappresentavano il 100% di tutta la nuova capacità elettrica negli Stati Uniti e 82% per il primo trimestre nel suo complesso. Secondo la Federal Energy Regulatory Commission (FERC) 1546 megawatt (MW) di energia rinnovabile sono provenienti da sei parchi eolici (958 MW), 38 impianti solari (537 MW) e 28 a biomassa (46 MW). Nel 2012, le fonti rinnovabili hanno rappresentato quasi la metà di tutti i nuovi impianti di generazione elettrica (46,22%), senza contare la crescita di sistemi solari sui piccoli tetti. Il trend statunitense ha sicuramente ripercussione sulla gestione energetica europea, visto che incentivi europei e i venturi programmi di « Horizon 2020 » ambiscono a target simili. Come emerge dal rapporto « Green Italy » (Unioncamere, 2012), in Italia sono tante le aziende che si sono riconvertite investendo in questi settori verdi: dalla chimica alla farmaceutica passando per l’agroalimentare, l’industria cartaria, tessile, edilizia, oltre i più classici settori delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del ciclo dei rifiuti e della protezione della natura. Il settore dell’edilizia, che si basa su grossi consumi di acqua dolce e di risorse primarie ed è ad altissimi rilasci di gas serra e rifiuti solidi, nella versione « verde » porterebbe a risparmi significativi. Le aree urbane oggi assorbono il 60-80% del consumo energetico nazionale e sono la sede del 75% delle emissioni di carbonio. In questo contesto, per aumentare l’efficienza energetica senza danneggiare la produttività nelle città, bisogna ridurre le emissioni dagli edifici e promuovere l’accesso ai servizi attraverso modalità di trasporto più efficienti (Unioncamere, 2012).
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L’esperienza UNEP nel settore dimostra che le politiche più efficienti, ai fini di uno sviluppo dell’edilizia sostenibile, sono quelle che prevedono incentivi economici e fiscali. Sebbene a tali politiche corrisponda un costo aggiuntivo per l’investimento iniziale sugli edifici, queste normalmente generano risparmi durante tutto il ciclo di vita, attraverso la riduzione dei consumi energetici e di risorse primarie, quali ad esempio l’acqua e la riduzione dei rifiuti, portando miglioramenti in termini di salute ambientale e qualità della vita (Mancuso, 2012). Questo percorso sta passando sia attraverso il fattore capitale, investendo in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni e trasferendo così un plus competitivo ai beni e servizi prodotti, sia attraverso il mercato del lavoro, con l’internalizzazione di figure professionali le cui competenze, se ben formate, sono in grado di imprimere all’impresa quel salto di qualità verso la frontiera della green economy. Risorse finanziarie, capacità di politica gestionale lungimirante e competitiva giocano un ruolo determinante nella scelta di realizzare un investimento green, ma la completa ‘virata’ aziendale la si ha solo quando ci si dota, al proprio interno, di risorse lavorative che apportano in modo strutturale e continuo nel tempo conoscenze potenzialmente legate all’ambito green. È una rivoluzione verde che interessa il 23,6% delle industrie italiane che tra il 2009 e il 2012 hanno investito o investiranno in tecnologie green. « Le imprese della Green Italy sono anche quelle con maggior propensione all’innovazione. Ad esempio, nel 2013 l’Eni ha presentato il progetto « Green Refinery », che porterà alla conversione della raffineria di Venezia in bio-raffineria per la produzione di bio-carburanti innovativi e di elevata qualità. Il progetto, che prevede un investimento di circa 100 milioni di euro, rappresenterà il primo caso al mondo di riconversione di una raffineria convenzionale in bio-raffineria basata su una tecnologia ecofining, sviluppata e brevettata da Eni. La produzione di biocarburanti sarà avviata dal 1° gennaio 2014 e crescerà progressivamente a fronte dell’entrata in esercizio dei nuovi impianti che saranno realizzati nell’ambito del progetto e che saranno completati nel primo semestre del 2015 » (Eni, 2012). Sempre dal rapporto « Green Italy » risulta che il 2012 è stato caratterizzato da una particolare attenzione delle imprese verso un uso efficiente delle risorse quali energia e materiali. Un problema è che non si è mai creata una solida industria nazionale delle fonti energetiche rinnovabili. Da un lato, a livello politico, non è arrivata una politica industriale che coniugasse lo sviluppo delle nuove tecnologie con gli obiettivi ambientali, dall’altro c’è nelle imprese ancora troppo poca sensibilità e pochissima disponibilità a investire economicamente per affrontare problematiche ambientali, vedendole come un costo e non come un’opportunità di crescita e sviluppo. Ad esempio, nel settore fotovoltaico, il più sviluppato tra quelli delle nuove energie rinnovabili, si è assistito al sorgere di molte start up ma non è mai nata un’industria del fotovoltaico, teoricamente molto più forte di tante filiere di installazione non collegate fra loro. Un altro problema è la mancanza di una consistente campagna di informazione fra i cittadini sulle possibilità offerte dalle energie rinnovabili e dall’ottenimento dell’efficienza energetica. Sicuramente i media hanno trattato molto la « questione ambientale », ma molto meno è stato fatto per informare i cittadini sul ruolo attivo e cruciale, che hanno nel risparmio energetico in casa o in ufficio o nelle modalità di trasporto. Grande apertura nei confronti dell’efficienza energetica e di uno stile di vita sostenibile, ma conoscenza limitata delle soluzioni tecnologiche da adottare per perseguirli. Questo, in estrema sintesi, il dato che emerge dalla presentazione odierna dell’indagine sulle famiglie italiane commissionata da ANIE Confindustria all’istituto demoscopico ISPO nell’aprile 2013. Un’indagine demoscopica a campione dal tema « Opinioni e atteggiamenti delle famiglie italiane
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verso alcune soluzioni di efficienza energetica », indagando sull’atteggiamento dei consumatori verso la possibilità di adottare le svariate soluzioni di efficienza energetica, quali ad esempio isolamento con doppi vetri, illuminazione tramite led, impianti fotovoltaici, solare-termico e caldaie ad alta efficienza, è emerso che gli Italiani ritengono molto importanti questi temi, sia per le ricadute sul risparmio sulle bollette sia per la salvaguardia del pianeta per le generazioni future. Il possibile interesse però non si traduce in una volontà di acquisto, perché investire in tecnologie green è ritenuta una misura adottabile, sì, ma nel futuro (ANIE, 2013). Questo risultato potrebbe essere giustificato dalla mancata informazione e quindi mancata apertura mentale verso le nuove tecnologie. Nello sviluppo di comportamenti virtuosi in campo green, sia sul versante degli investimenti che dell’occupazione, una leva sempre più frequente è quella dello sviluppo di una progettualità comune, secondo una logica di networking. (ANIE, 2013). Lo dimostra il diffuso utilizzo dello strumento del « contratto di rete », che permette di superare gli ostacoli della dimensione aziendale e trovare nuovi spazi di integrazione di filiera, sul versante dell’innovazione produttiva come della ricerca di nuovi mercati. Nel settembre 2012 un contratto su cinque (87 dei 458 esistenti) può essere considerato « green » in quanto inerente a fonti rinnovabili, risparmio energetico,riqualificazione del patrimonio edilizio, promozione del territorio e cura del verde. Queste informazioni, lette congiuntamente alle interdipendenze settoriali rilevate sul versante degli investimenti, confermano la capacità della green economy di riuscire a generare una contaminazione positiva su tutti gli anelli della propria catena produttiva. Per l’Italia, più ancora che per altri Paesi, l’economia verde sta quindi rappresentando una chiave straordinaria per rigenerare il Made in Italy e, più in generale, per sostenere la piena affermazione di un nuovo modello di sviluppo all’interno dell’intero sistema imprenditoriale, fondato sui valori come qualità, innovazione, eco-efficienza e ambiente. Un modello, peraltro, pienamente coerente rispetto a quanto ha caratterizzato la nostra storia e che concilia modernizzazione, produzione di ricchezza e coesione sociale (UNIONCAMERE, 2012).
1.6
Nozioni di economia della cultura
L’arte e la cultura sono da molto tempo oggetto di analisi nelle discipline umanistiche e filosofiche. L’avvicinamento all’analisi economica è invece relativamente recente e ha da poco superato il veto di coloro che sospettavano che gli economisti, con l’affrontare il tema, potessero pretendere di sostituirsi ai giudizi estetici e culturali. La scienza economica, di tali giudizi prende soltanto atto e cerca invece di spiegare ciò che si sceglie, il perché e come si possano allocare mezzi scarsi aventi usi alternativi in modo da soddisfare bisogni individuali e collettivi nella produzione e nel consumo dei beni culturali. Un punto fermo raggiunto dalla letteratura scientifica sul tema è il ruolo della cultura quale elemento fondamentale di rivitalizzazione del territorio e di sostegno alla qualità della vita, a supporto della competitività di un’area sia quale luogo di residenza, sia in qualità di meta turistica, sia come luogo favorito per creare impresa. La chiave di lettura del settore culturale si estende quindi progressivamente dalle tradizionali funzioni di tutela e conservazione del patrimonio di interesse storico e artistico e delle bellezze naturali, che pur rimangono centrali, al criterio ampio di valorizzazione economica, ovvero di sviluppo locale culture-driven. In questo quadro lo sviluppo dei mercati culturali è quindi una precondizione necessaria allo sviluppo economico.
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Il concetto di cultura a cui si fa oggi riferimento in ambito economico è quello di « capitale culturale » introdotto da Throsby (2001), un tipo di capitale, che attraverso la creatività e l’attività intellettuale entra nella produzione di beni materiali e immateriali con forte dimensione culturale. In termini generali e intuitivi, la cultura può esser, infatti, vista come un capital asset, caratterizzato da due dimensioni, una tangibile e una intangibile. 1) Dimensione tangibile: forme tangibili di capitale culturale sono ad esempio rappresentate dalla produzione artistica di pittori o scultori, così come dagli edifici monumentali presenti nei centri storici delle città o nei siti archeologici o museali; tutti esempi in cui la nozione di cultura come asset è piuttosto evidente. 2) Dimensione intangibile: esiste anche un importante elemento non tangibile legato alle risorse rappresentate dalla cultura quando si prendono in considerazione espressioni quali le idee, il linguaggio, le tradizioni, gli usi, i costumi, i valori di una comunità, a cui i membri si riferiscono per definire la propria identità. I temi trattati sono molteplici: da quello dei distretti culturali, al ruolo che hanno i beni culturali nella domanda turistica; dallo studio delle metodologie per misurare in termini economici il valore dei beni culturali, a quello per valutare l’andamento dei prezzi nel mercato dell’arte contemporanea, antica o etnica; dallo studio di come si devono comportare i manager di un’istituzione culturale, pubblica o privata che sia, a come deve essere articolata la legislazione fiscale per la produzione e circolazione di opere d’arte; fino a indagare come debbano essere distribuite le funzioni tra Stato e enti locali per i settori culturali e come si può, o in quali casi si deve, finanziare la cultura. Questi sono solo alcuni degli argomenti studiati, per fornire qualche idea in poche righe. Può essere inoltre utile raccogliere gli studi dedicati al ruolo che ha la cultura nel sistema economico in tre modelli di riferimento, pur essendo i diversi studi che possono essere ricondotti a ciascun modello il frutto di ricerche che seguono approcci anche molto diversi tra loro. Il primo modello, il più tradizionale e noto, considera i beni e le attività culturali nel contesto della visione welfaristica secondo cui la cultura rappresenta un « bene meritorio » e come tale quindi meritevole di avere un finanziamento pubblico affinchè possa essere prodotta e fornita, anche a prescindere dalla presenza di una esplicita domanda di consumo di beni culturali proveniente dai singoli individui (come nel caso dell’istruzione scolastica, che infatti è addirittura obbligatoria). Questa visione si completa con la constatazione che la cultura ha forti connotati di bene pubblico, ovvero non rivale, indivisibile e non escludibile, e che, anche in funzione di ciò e delle esternalità positive che conseguentemente porta con sé, essa debba essere sussidiata mediante erogazioni pubbliche o fornita direttamente dallo Stato o dagli enti locali. Riprendendo lo schema generale già presentato in Tab. 1.1, i beni e alle attività culturali occupano a pieno titolo la casella in basso a destra dedicata ai beni pubblici, quando si fa riferimento al patrimonio storico e artistico nelle sue dimensioni percepibili dalla pubblica via, come nel caso di piazze, monumenti, facciate dei palazzi (non gli interni, perciò), installazione di arte pubblica, presenza di una musica suonata per la strada, fino al caso di un paesaggio, naturale o costruito. Di beni e attività culturali se ne trovano tipicamente anche nella casella dove la non rivalità nel consumo presente in una visita a una esposizione (fino alla eventuale congestione derivante dall’eccessivo affollamento) o la presenza a uno spettacolo teatrale, di opera lirica, o a un concerto, si associa alla escludibilità qualora ciò avvenga in un luogo
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chiuso quale un museo o un teatro. In tali casi proprio quest’ultima caratteristica risolve la difficoltà di applicazione di un prezzo invece cogente negli esempi precedenti che necessitano di intervento pubblico essendo beni pubblici, ma rimane la prima. In conseguenza della non rivalità, il costo marginale associato a ogni visitatore o spettatore successivo al primo è nullo. Come comportarsi quindi per massimizzare il benessere collettivo? Se un soggetto manifesta di avere un’utilità positiva entrando in un museo o in un teatro, ma non è disponibile a pagare il prezzo del biglietto, dal momento che non comporta costi aggiuntivi sarebbe vantaggioso per la collettività che ciò avvenisse. Ma questo non è un ambito di ragionamento proprio del mercato, quanto piuttosto, di nuovo, dello Stato. E quindi, da questo punto di vista, da ascriversi ancora al modello welfaristico. Nel secondo modello, del tutto antitetico al primo, vengono analizzate le industrie che producono o distribuiscono beni culturali seguendo logiche strettamente di mercato, legate quindi alle forze della domanda e dell’offerta. È chiaro che anche musei e teatri, data la caratteristica della non escludibilità presente, possono essere esaminati secondo questa prospettiva quando il taglio del ragionamento sia maggiormente concentrato sulla loro dimensione privata e di mercato. Ma a ciò si aggiunge l’ampio ambito delle attività delle case di produzione cinematografiche o discografiche, dell’editoria, del mercato dei quadri, delle sculture, dell’antiquariato, ecc., e ancora quello dell’industria del turismo culturale. In questi casi siamo di fronte a settori in cui vengono scambiati beni « privati », rivali ed escludibili, ovvero oggetti a cui il mercato è in grado di attribuire un prezzo e di farselo pagare. È questo un contesto di analisi piuttosto lontano, quindi, da quello precedente in cui risultava fondamentale il ricorso all’intervento e al finanziamento pubblico. Qui siamo in un ambito in cui è di interesse ragionare, per esempio, sul valore record di quasi 140 milioni di dollari a cui è stato venduto nel novembre del 2006 il quadro « No. 5, 1948 » di Jackson Pollock. O ancora, si guardano i record di Picasso con « Nude, Green Leaves and Bust » del 1932 venduto da Christie’s a New York nel maggio 2010 a oltre 106 milioni di dollari, cifra di poco superiore a quella già ottenuta da Sotheby’s nel 2004 per « Garçon a la pipe » dipinto nel 1904. Così come ci sono i record di Edward Munch, con « L’urlo » venduto a quasi 120 milioni di dollari da Sotheby’s nel 2012, di Gustav Klimt con il ritratto di « Adele Bloch-bauer I » dipinto nel 1907 e venduto, dopo una controversa contesa giudiziaria con l’Austria, a 135 milioni di dollari nel 2006. Le cifre che ruotano intorno all’arte contemporanea sono, da un po’ di anni, in effetti da capogiro. Per comprendere l’origine di valori così elevati è in questo caso sicuramente necessario fare riferimento alla rigidità dell’offerta, più che all’elevato livello della domanda. L’offerta di opere d’arte è « rigida » dal momento che la produzione di opere da parte di artisti non più in vita è limitata all’esistente e non vi è quasi alcuna possibilità di sostituzione delle opere d’arte l’una con l’altra, come invece avviene per i normali beni in vendita sul mercato per i quali infatti l’offerta non è rigida. Se l’offerta è rigida, ovvero fissa e limitata, quando la domanda cresce anche solo di un po’, tutto si scarica su un aumento del prezzo. Questo meccanismo è indubbiamente attivo nel mercato dell’arte, anche se non è sufficiente a spiegare del tutto i valori imponenti che si sono visti negli ultimi anni. Bisogna aggiungere qualcosa per capire i motivi che spingono a immobilizzare capitali così ingenti in un oggetto: il consolidarsi del mercato dell’arte quale forma di investimento. Di questo aspetto si sono da tempo occupati due economisti dell’Università di New York, Michael Moses e Jiangping Mei, creando il Mei Moses Fine Art Index (consultabile sul loro sito web www.artasanasset.com), costruito sulla base dei risultati di più passaggi in asta registrati nel tempo per le medesime opere. La peculiare natura anticiclica dell’investi-
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MEI MOSES WORLD ALL ART S&P500 TOTAL RETURN
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FINANCIAL TIMES ALL SHARES TR MEI MOSES THREE MONTH MOVING 2010- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2011- 2012- 2012- 2012- 2012- 2012- 2012- 201212 01 02 03 04 05 06 07 09 10 11 12 01 02 03 04 05 06 07
Fig. 1.10 La natura anticiclica dell’investimento in arte. Fonte: Mei e Moses, www.artasanasset.com/main
mento in arte, il quale, per esempio, ha dato un rendimento positivo pari a oltre il 7% annuo tra il 2001 e il 2004, quando l’indice di borsa registrava rendimenti addirittura negativi, indica l’opportunità di allargare all’arte contemporanea la ricerca di nuovi asset da coinvolgere in applicazione a una logica di diversificazione del portafoglio investito. La Fig. 1.10 ben evidenzia l’anticiclicità tra la fine del 2010 e la metà del 2012. Nel complesso, negli ultimi 50 anni il Mei Moses Fine Art Index fa registrare un rendimento di circa 0,5 punti percentuali inferiore a quello di titoli e azioni, pari al 10,9% secondo l’indice S&P 500, ma l’arte americana antecedente al 1950 risulta particolarmente remunerativa (9,4%), soprattutto nel 2004 (25,2%). La letteratura dedicata all’economia della cultura ha infine sistematizzato un terzo modello, concentrato in particolare sul ruolo svolto dalla cultura a sostegno della crescita economica. La cultura è vista qui come un motore attraverso il quale perseguire uno sviluppo di livello qualitativamente più elevato, che per essere ottenuto deve poter riunire entrambi gli aspetti che definiscono i due modelli precedenti. Da un lato, oggi, in un sistema in cui la crescita economica è sempre più legata a nuove modalità di produzione e di consumo dei beni e dei servizi con una rilevante dimensione immateriale, simbolica, identitaria e innovativa, sono fondamentali aspetti quali la cultura e la creatività, come sottolineato da Scott (2000) che rileva come le possibilità di successo competitivo per i Paesi industrializzati non passino attraverso la ricerca del minor costo del lavoro, bensì del lavoro più creativo. Cultura e creatività sono fattori la cui esistenza ha di per sé una natura di bene pubblico con importanti esternalità positive che è comunque presente in qualsiasi bene culturale, anche in quelli del tutto privati e prodotti e venduti secondo logiche di mercato (si sta comunque parlando di beni culturali e non di bulloni o lampadine). Dall’altro, si guarda alla produzione di beni e servizi culturali come a un importante settore dell’economia in termini di fatturato, valore aggiunto e lavoratori occupati. In quest’ultima direzione vanno per esempio le conclusioni del conosciutissimo Rapporto Figel presentato dalla Commissione Europea nel 2006, secondo cui
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il settore culturale e creativo dei Paesi europei nel 2003 ha generato un fatturato che ha superato 654 miliardi di euro (mentre, per confronto, quello dell’industria automobilistica, un’industria universalmente riconosciuta miliare per il sistema economico, nel 2001 era stato pari a 271 miliardi di euro) e ha contribuito a costituire il PIL per quasi il 3%. Anche in Italia il modello è confermato: secondo il Libro Bianco sulla Creatività, presentato dalla Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia istituita dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, se si considera l’intera filiera produttiva, il macrosettore delle industrie creative vale nel 2004 il 9,3% del PIL italiano e assorbe quasi il 12% del totale degli occupati del nostro Paese (più di 2,8 milioni di lavoratori). Per il settore della musica e dello spettacolo il rapporto stima la creazione di un valore aggiunto di oltre 5 miliardi di euro, che impiega circa 120 mila lavoratori. Altri rapporti ormai prodotti annualmente da diverse associazioni e enti del settore confermano tendenzialmente queste cifre e questa visione. Questi dati e questi risultati derivano dalla azione combinata dei due modelli percedenti, e non, come a volte da taluni è sostenuto, da quella del solo secondo modello, ovvero della capacità della cultura di generare sempre e comunque reddito sufficiente a mantenersi in un’economia di mercato.
1.7
L’Estimo, l’Economia Urbana e lo Sviluppo sostenibile
Nella teoria economica neoclassica le dimensioni dello spazio e del tempo sono pressoché ignorate. Il modello neoclassico presuppone un mondo fatto da uno spazio piano, omogeneo, dove i costi di trasporto sono nulli e non vi sono economie di scala. In un mondo siffatto le attività economiche in equilibrio dovrebbero risultare distribuite uniformemente sul territorio. Al contrario, nel mondo reale, le risorse sono distribuite in maniera disomogenea nello spazio e si osserva una distribuzione ineguale delle attività produttive, così come della popolazione e della ricchezza economica. Esiste in altri termini una « specificità territoriale » dei fatti economici. Il problema dell’allocazione delle risorse, inteso nel modello standard come allocazione « efficiente » tra diversi tipi di produzione, in realtà non può essere esaminato in modo realistico se ci si astrae della dimensione spaziale. Sono essenzialmente tre le discipline, che cercano di spiegare l’interazione che vi è tra spazio/territorio ed economia: la geografia economica, l’economia dello sviluppo e l’economia regionale. Tali discipline, nate in epoche e contesti diversi, presentano molti elementi comuni sia come oggetto di analisi che come strumenti metodologici e modelli. Nel complesso è forse l’economia regionale che offre una sintesi ed una sistematizzazione dei problemi spaziali di organizzazione e sviluppo economico particolarmente utile allo studio dei problemi di programmazione economica territoriale. L’economia urbana può essere definita come la disciplina, o meglio, l’insieme di discipline dirette allo studio dei problemi e fenomeni legati alle aree urbane. Certamente la comprensione delle nostre città richiede non solo un approccio statistico-scientifico ma anche un approccio di natura umanistica e storica. Da questa esigenza nasce l’intelligente incontro tra economia, statistica, antropologia, sociologia, psicologia, storia, urbanistica e quant’altro rientra nell’interconnessa trama che spiega le nostre città. In quest’ultimo paragrafo del capitolo 1 si intendono fornire le principali basi teoriche, insieme ad alcuni spunti di riflessione, relativamente a due nodi teorici centrali dell’economia urbana in rapporto alla disciplina estimativa: l’equilibrio spaziale, o spa-
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tial equilibrium, dove il benessere (o l’utilità) è equalizzato nello spazio e non esiste guadagno nel cambiare località; e lo sviluppo urbano sostenibile, con il recente riferimento al modello di Smart City, dove il già richiamato concetto di Green economy viene arricchito di nuovi riferimenti e riproposto come nuovo paradigma di riferimento. 1.7.1
Equilibrio spaziale e principio di agglomerazione
Gli albori dello spatial equilibrium riferiti alla localizzazione ottimale di imprese possono essere ricondotti agli studi di Ricardo (1817), Launhardt (1882) e Weber (1929). Il completamento di varie teorie con la teoria generale di equilibrio economico fu introdotto a partire dagli anni trenta nei lavori di Ohlin, e Palander. Negli anni Quaranta proseguì nei lavori di allocazione spaziale in relazione a costi e modelli di trasporti. Negli anni Cinquanta l’approccio di equilibrio spaziale continuò con svariati studi come lo spatial price equilibrium di Samuelson, il quale ha avuto un certo interesse nell’economia spaziale. Nel 1951 Enke prende spunto dalle leggi di Kirchhof in elettronica per un modello di equilibrio spaziale. Negli anni Sessanta incontriamo altre figure cardine nell’economia urbana e nell’equilibrio spaziale quali Meyer, Kain e Wohl, cui testo del 1965 rappresenta una pietra miliare dell’economia dei trasporti, e, quindi, nella comprensione dei fenomeni urbani connessi alla localizzazione spaziale, e ancora Losch e Kuenne che applicarono elementi della teoria economica generale e programmazione interregionale nell’equilibrio spaziale e nella teoria delle località. Occorre tuttavia attendere Alonso (1964), il quale, nel suo testo « Location and Land Use », consolida con idee chiare ed eleganti il potere dei modelli di equilibrio spaziale. A partire dal testo di Alonso si apre una vasta letteratura sull’equilibrio spaziale principalmente connessa alla relazione costi di spostamento/ abitazioni e attrattività/repulsività locali. Più centrato sull’housing rispetto ad Alonso, è Muth nel suo « Cities and Housing » del 1969 allargato nel dominio da Mills, il più conosciuto economista nel campo. Negli anni Novanta dominano le figure di Krugman – economista urbano cui paper del ’91 rappresenta il primo intero modello spaziale con economie di agglomerazione trattate come endogene, aprendo una nuova generazione di modelli teorici spesso nota come « new economic geography » – e Fujita, studioso di scienze regionali che lavorò con Krugman. L’estimo ha un ruolo determinante non solo sul versante pratico, come noto strumento di aiuto per la scelta progetti o politiche urbane, sociali, economiche, o come modello in grado di aiutare processi previsionali, ma anche per le sue ricadute teoriche nell’equilibrio spaziale, nella scienza della complessità, nell’economia comportamentale. L’estimo come valutazione economica del real estate assume una importanza cruciale anche all’interno della teoria locativa nello spazio, ossia della spatial equilibrium analysis dove l’housing price è il primo determinante del reddito reale e quindi variabile essenziale nelle scelte posizionali. Il principio di agglomerazione si riferisce al fatto che gli insediamenti e le attività umane tendono a concentrarsi territorialmente in clusters of activities. I processi di urbanizzazione, la concentrazione territoriale delle attività produttive, la specializzazione economica a livello territoriale, sono tutti fenomeni che rispettano il principio di agglomerazione. Si usa a volte parlare di economie di agglomerazione, che possono essere definite come i benefici (anche in termini di risparmio di costi) che risultano dal clustering delle attività. I fattori che determinano le economie di agglomerazione sono stati individuati per la prima volta da Marshall nei seguenti elementi:
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Input sharing. Quando un settore B che produce un input necessario per una particolare industria A è tale da presentare economie di scala, la concentrazione spaziale delle imprese appartenenti ad A nella zona di produzione di B fa crescere la domanda rivolta a B e consente lo sfruttamento delle economie di scala. Labor market pooling. Mano a mano che una industria si concentra in una zona il mercato del lavoro si « adatta » a quella industria, cresce il livello qualitativo delle prestazioni, viene facilitato il tournover (maggiore flessibilità del mercato del lavoro dovuto alle possibilità di mobilità dei lavoratori inter-impresa), diminuiscono i rischi dei lavoratori negli investimenti specifici che affrontano per adeguare la propria capacità professionale a qual particolare settore, ciò comporta una diminuzione dei costi di transazione nei rapporti contrattuali che definiscono le relazioni industriali (contratti di lavoro). Knowledge spillover. In un dato settore A la localizzazione di ogni nuova impresa nei pressi delle imprese preesistenti consente ad essa di avvantaggiarsi della conoscenza e del know-how acquisita dalle altre imprese, attraverso ad esempio imitazione delle innovazioni, accesso al capitale umano « dedicato » (vale a dire particolarmente adatto a quel settore produttivo), accesso a fornitori « dedicati » (vale a dire che hanno sviluppato conoscenze e tecnologie adatte a quella industria).
La letteratura successiva ha individuato i seguenti altri fattori che determinano le economie di agglomerazione: –
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Home market effect. Con il concentrarsi delle attività produttive in una particolare zona cresce anche la domanda per il consumo locale, richiamando altre imprese, consentendo eventualmente lo sfruttamento di economie di scala e così via. Consumption. L’agglomerazione spaziale delle attività e degli insediamenti (urbanizzazione) aumenterebbe la « produttività » delle attività di consumo, vale a dire che l’accesso e la qualità dei beni consumati migliorerebbe, richiamando ulteriori insediamenti. Ciò non necessariamente in condizioni di vantaggio di costo, vale a dire che trasferendosi nei centri urbani i lavoratori sono disposti ad accettare salari reali anche più bassi, pur di avere accesso alle migliori opportunità di accesso ai consumi presenti nelle città. Rent-seeking. Connessi a questo effetto sono tutti quei fattori che spiegano la concentrazione non in termini di maggiore efficienza, ma in termini di maggiori possibilità di ottenere posizioni di privilegio e di rendita. Ad esempio, risiedere nei grandi centri urbani accresce la possibilità di ottenere favori politici, così come il potere politico stesso spingerebbe verso la concentrazione urbana in modo da avere un maggiore controllo della cittadinanza, attraverso entrambe le possibilità di elargizione di « favori » e concessioni e di controllo « di polizia ». Alcuni studi (Ades e Glaeser, 1995) hanno dimostrato che sistemi politici centralizzati tendono ad aumentare il livello di urbanizzazione, così come la presenza di regimi dittatoriali si riscontra in paesi con una più elevata quota di cittadini (37%, contro il 23% riscontrato nelle democrazie stabili) che risiedono nei grandi centri urbani.
In linea di massima, i modelli di equilibrio spaziale within cities considerano il reddito come variabile costante e prendono in analisi la relazione tra prezzi immobiliari e attrattività locali quali accessibilità, contesto sociale, verde urbano, servizi, qualità estetica,
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aree pedonali, viste piacevoli, distanza da centralità, inquinamento, artisticità-storicità, ecc. (I risultati di un centinaio di casi-studio in questa direzione sono in D’Acci, 2013). Nell’equilibrio across-cities si osservano i valori aggregati medi (salari medi, prezzi case medi) a livello città, non quindi le differenze di valore immobiliare tra una area e l’altra all’interno di una stessa città (valore posizionale). Allo stesso modo, per semplificazione modellistica e concettuale, non si considerano le diversità dei costi di spostamento tra zone della città, e la scelta localizzativa del cittadino lavoratore viene analizzata non più come scelta tra abitare in una zona piuttosto che in un’altra, ma come scelta tra abitare o no in città, oppure, se la migrazione è libera e non onerosa, se abitare in una città piuttosto che in un’altra. Tali scelte vengono prese in base a redditi, prezzi case, e attrattività che una città offre rispetto all’alternativa « non città », o rispetto a un’altra città. Secondo l’assunto dell’equilibrio spaziale, i tre fattori (redditi, prezzi e attrattività) sono in equilibrio compensativo tra una città e l’altra, e tra città e « non città ». È appena il caso di sottolineare come le condizioni al contorno, per esempio i vari gradi di libertà politica, economica, culturale, psicologica, influenzano le migrazioni all’interno della città e quindi, a parità di condizioni, un aumento di reddito può riflettere tanto un aumento di produttività locale quanto una diminuzione in attrattività. 1.7.2
Sviluppo sostenibile e ambiente costruito
Nel 1972 il Club of Rome, un’associazione non governativa e no-profit di scienziati, accademici, economisti, imprenditori e capi di Stato dei cinque continenti, pubblicò « The Limits to Growth », noto anche come « Rapporto sui limiti dello sviluppo ». Il rapporto prediceva che la crescita economica non sarebbe potuta continuare all’infinito a causa della limitata disponibilità delle risorse naturali e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta. Nel 2006, a quasi trent’anni di distanza, è stato pubblicato « Limits to Growth: the 30 Year Update ». L’attenzione è posta in particolare sul degrado ambientale e sull’esigenza di uno sviluppo sostenibile « che risponda alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie ». Nel 2012 è stato presentato l’ultimo rapporto « 2052: A Global Forecast for the Next Forty Years », nel quale si conclude che se l’umanità continuerà a vivere oltre le capacità rigenerative e ricettive del pianeta, si verificheranno situazioni di collasso entro il 2052. Al di là degli scenari apocalittici paventati da molti scienziati, che la terra si possa o meno riadattare ai rapidi cambiamenti antropici degli ultimi due secoli, a livello globale è stata riconosciuta la responsabilità di consegnare alle generazioni future un capitale naturale senza compromissioni e rischi per la qualità della vita dell’uomo presente e di quello che verrà. Il ruolo della scienza nel Ventunesimo secolo è quello di fornire strumenti guida per il perseguimento di uno sviluppo sostenibile. Questo è riconosciuto a livello internazionale come un processo dinamico, che impegna tutti gli aspetti del sistema uomonatura. I vertici del G8, le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali hanno già avviato una serie di iniziative affrontando vari aspetti della sostenibilità, come ad esempio la povertà, il cambiamento climatico, ecc. a livello di comunità scientifica internazionale, la Scienza della Sostenibilità è stata riconosciuta come una branca della scienza da parte della National Academy of Science negli USA già dal 1999. Si tratta di una scienza transdisciplinare in grado di studiare le interazioni dinamiche all’interno dei sistemi socio-
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ecologici. Questa nuova scienza riconosce la necessità di un dialogo e una collaborazione stretta tra scienza e società. In un contesto di rapido sviluppo sociale e tecnologico, caratterizzato da incertezza sul futuro e sulla capacità della scienza di prevedere con precisione i risultati delle azioni umane e i processi di cambiamento a livello globale, sono necessarie nuove azioni di collaborazione tra scienza e società, affinché la scienza sia in grado di migliorare il benessere della società, e gli scienziati siano maggiormente sensibili alle mutevoli esigenze della società. Asua volta, la società ha bisogno di capire e sostenere il positivo ruolo della scienza. Quanto sopra ha chiare implicazioni per l’etica scientifica e professionale, l’integrità e la responsabilità della scienza, e gli ideali di accessibilità universale alla conoscenza, nonché il ruolo e le responsabilità della scienza e degli scienziati nella società. La sostenibilità rappresenta dunque una delle più grandi sfide affrontate dagli esseri umani nell’ultimo secolo. L’interpretazione più comune del concetto di sviluppo sostenibile fa riferimento a tre principali dimensioni, o « pilastri » di sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. Nonostante centinaia di significati e interpretazioni diverse, la definizione tuttora più adottata è quella che vede lo sviluppo sostenibile come quello capace di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future (WCED, 1987). La sostenibilità rinvia dunque all’idea di mantenimento/conservazione nel tempo, soprattutto nel lungo periodo, delle condizioni esistenti alla capacità di garantire supporto senza produrre degrado. Lo sviluppo invece implica il cambiamento, la trasformazione dello status quo, e quindi alterazioni, modifiche, instabilità, fluttuazioni, turbolenze. Questo conflitto tra i due termini porta a definire lo sviluppo sostenibile come un’idea di miglioramento/modifica mantenendo però nel tempo le condizioni che consentono tale miglioramento, incrementando la qualità della vita e il benessere in modo durevole.Ma a chi appartiene la risoluzione di questo conflitto? Nella piramide rovesciata dei diversi livelli di governance, dal globale al locale, illustrata in Fig. 1.11, appare chiaro che è la città il fulcro fra politiche di impatto su stili di vita, produzione e consumi di beni e lo scenario che li mette in atto, ammesso che i governi locali aderiscano al programma sovrastante e sappiano ben indirizzare le azioni. Le città costruiscono, operano e mantengono le infrastrutture, sovrintendono i processi pianificatori, stabiliscono politiche e regolamenti ambientali e partecipano all’implementazione di leggi ambientali nazionali e sub-nazionali. In quanto livello di governo locale più vicino alla popolazione, giocano un ruolo vitale nell’educazione, nella mobilitazione e nella risposta del pubblico per promuovere lo sviluppo sostenibile (UNCED, 1992). La città rappresenta la cerniera tra queste politiche e loro applicazione, ed è qui che si gioca la vera partita della sostenibilità. L’ambiente costruito rappresenta infatti la realtà di vita quotidiana della maggior parte degli abitanti del pianeta. In particolare, l’ambito edilizio rispetto ad altri settori (trasporti, infrastrutture, attività produttive) si caratterizza per alcuni aspetti peculiari: l’esigenza elementare di una casa (rifugio) per ogni individuo; la minore obsolescenza nel tempo rispetto ad altri beni, e perciò anche la maggiore rigidità rispetto a sue possibili trasformazioni, in connessione a variate esigenze e valori economici e sociali; gli stretti legami con valori simbolici e culturali, con stili di vita, sia tradizionali che innovativi, fittamente diversificati anche sotto il profilo territoriale, e che fanno percepire la straordinaria complessità (antropologica e storica) di ogni forma di habitat. Per la necessità di ripensare a come le nostre città sono costruite e gestite, e come
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Manuale di estimo National Policies and Programmes (e.g. DFA, Environmental Conservation Act, NEMA, Working for Water)
Global National/State
Plans, Initiatives and Strategies (State of the Environment, Sustainable Building Codes, Urban form, transport technology, etc.) Water saving devices, recycling programmes, energy saving techniques and technologies, transport choices, lifesty le choices
Region/Province City Community/ Neighbourhood Household Individual
Global Norms, Conventions, Protocols and Agreements (e.g. Kyoto protocol, Global Campaign on Good Urban Governance) Provincial/Regional Strategies (Bioregional Planning, EIP, Implementation of ECA regulations) Initiatives and projects (recycling, education, tree planting) Lifestyle choices (products consumed, methods of using products and resources, choice of living environment, travel modes, etc.)
Fig. 1.11 I diversi livelli di governance. Fonte: Brandon & Lombardi, 2005.
funzionano, lo sviluppo urbano sostenibile si sta affermando come nuove linee di pianificazione per il futuro (Stren et al., 1992), anche attraverso l’attività di place making. Questo nuovo approccio per la pianificazione, la progettazione e la gestione di spazi urbani risulta in grado di valorizzare il patrimonio locale, attraverso la creazione di spazi pubblici che promuovono la salute, la felicità e il benessere delle persone. I concetti alla base del place making risalgono al 1960, quando autori come Jacobs (1969) e William H. Whyte (1980) hanno sottolineato per primi con efficacia l’importanza di creare quartieri vivaci e spazi pubblici accoglienti, identificando gli elementi essenziali per la creazione della vita sociale negli spazi pubblici. Recenti studi, tra i quali Salat (2011), hanno anche tentato di fornire metriche e misurazioni dell’efficacia dell’attività di place making attraverso indicatori quantitativi di valutazione della morfologia urbana. Nonostante dunque la direzione sia chiara, c’è ancora poca condivisione su quali siano le forme urbane migliori, o le strategie gestionali che portano a una città più sostenibile e al tempo stesso competitiva. In parte questa è la conseguenza della definizione ambigua del concetto, relativamente nuovo e innestato in un complesso sistema di attori e metodi di valutazione molto diversi tra loro. Lo sviluppo urbano sostenibile richiede la presenza di una pluralità di elementi appartenenti ad ambiti molto diversi tra loro ma anche sinergicamente interagenti. Nell’ambito economico si effettuano scelte convenienti per gli operatori coinvolti e fattibili sul piano finanziario e gestionale degli investimenti. L’ambito sociale considera la desiderabilità degli interventi proposti da parte della comunità locale alla quale sono diretti e che beneficia – oppure « paga » – degli effetti generati dagli stessi; il contesto istituzionale rappresenta un fattore fondamentale e determinante nelle scelte degli steakeholders, e rappresenta insieme vincolo e opportunità per le trasformazioni future. Infine, il contesto ambientale è il « contenitore » ecologico, lo spazio fisico, i confini del sistema metabolico di cui noi siamo una piccola ma decisiva pedina, con il quale è necessario e fondamentale confrontarsi continuamente (Brandon e Lombardi, 2005).
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Considerando che nell’ultimo secolo i ritmi di consumo delle risorse energetiche globali e delle forme di degrado ambientale e sociale delle città hanno visto una forte accelerazione (Fig. 1.12) si pone l’urgenza di passare dalla fase di sperimentazione di soluzioni a carattere locaIncentivi finanziari le, e certamente parziale, all’applicazione sistemica a scala globaFra il 1998 e il 2012, il 20% degli le di nuove modalità di gestione del patrimonio edilizio e del siinvestimenti in riqualificazione è stema urbano nel suo complesso, in chiave sostenibile perché è stato incentivato dai provvedimenti di defiscalizzazione: recupero ediappunto nelle città che risultano amplificati i problemi ambientali lizio e efficientamento energetico. legati a modelli di consumo non sostenibili. L’analisi dei flussi di domanda eviLa sostenibilità ambientale negli edifici si traduce spesso neldenzia due situazioni molto interesla capacità di minimizzare l’impatto dell’ambiente costruito sulsanti: la prima è che nel 2011, con l’ambiente naturale, ottimizzando al contempo la qualità della viil prolungamento della durata della detrazione tra 5 e 10 anni, si hanta degli abitanti anche in rapporto al territorio. Questo implica no effetti negativi sulle domande, principalmente un attento utilizzo delle risorse energetiche e delle in particolare quelle per l’efficienmaterie prime, la riduzione dei carichi (rifiuti, emissioni, ecc.) e la tamento energetico; la seconda è consapevolezza delle implicazioni sull’ambiente conseguenti al che il crollo stimato per il 2012 degli processo di pianificazione territoriale ed edilizio.È interessante incentivi finalizzati al risparmio energetico, ha visto la forte concorrenza notare che il settore edilizio rappresenta quasi un terzo dei consudell’incremento al 50% degli importi mi energetici globali (Fig. 1.13). Per contrastare tali consumi, soper i lavori di riqualificazione edilizia. no messe in pratica azioni molto diversificate, sia tecnologico-coL’analisi condotta da Centro Studi struttive che legislative, legate a incentivi finanziari* o a campaCNA e CRESME sugli incentivi fiscali gne di sensibilizzazione. per le ristrutturazioni edilizie (50%) e per l’efficientamento energetico Tuttavia, mentre esistono molti strumenti per la valutazione (55%) restituisce un quadro dei conenergetica e/o ambientale degli edifici, la valutazione della sosteti sorprendente e dimostra sia la nibilità alla scala allargata (urbana e sovra-comunale) risulta ancopositività dell’azione di incentivo sul ra poco consolidata, non solo nel contesto nazionale, ma anche in mercato, ma anche sui conti dello quello internazionale. Le problematiche sono legate sia alla natura Stato. Tra 1998 e 2012 sono state presentate 6.909.729 domande, e alla dimensione della scala di indagine, con relazioni tra edifici e di cui 5.475.729 per gli interventi contesto difficilmente quantificabili, sia alla difficoltà di reperidi recupero edilizio e 1.434.000 mento di standard normativi e benchmarking per i parametri incluper gli incentivi di efficientamento si. L’organismo edilizio rappresenta un oggetto facilmente descrienergetico. Il valore complessivo di vibile e valutabile (i suoi « confini » sono delimitabili ed è soggetlavori effettuati è stato pari 111,4 miliardi di euro, di cui 94,2 miliardi to a leggi e parametri di preciso riferimento e misurabilità), ma la per il recupero edilizio e 17,2 miliarscala urbana e territoriale comprendono variabili difficilmente di per l’efficientamento e il risparquantificabili, come la qualità di vita, la quantità servizi presenti, mio energetico. Gli importi dei valori l’accessibilità di un luogo, la presenza di verde e il livello di coindetraibili sono stati pari a 44,6 mivolgimento della popolazione locale nelle scelte di pianificazione. liardi di euro, di cui, 35,1 miliardi per il recupero edilizio e 9,5 miliardi per In « Greening through IT » (Tomlinson, 2010), si indica un l’efficientamento (Cresme, 2013). problema di scala come causa importante del declino verso azioni « insostenibili ». Secondo Tomlinson, le questioni ambientali vanno operate su scale del tempo, dello spazio, e della complessità molto più grandi rispetto alla tipica ristretta visione delle preoccupazioni umane. Nel suo articolo « Il futuro della sostenibilità » (IUCN, 2006) Adams ha elencato anche altre ragioni: il « modello a tre pilastri » è olistico, attraente, elastico ma impreciso, poiché implica, falsamente, che tra le diverse dimensioni compromessi siano sempre possibili, con un conseguente problema di metriche non condivise da alcun programma politico. Pertanto, una necessità urgente è quella di elaborare metriche che nascano da un consenso sugli obiettivi e mezzi e che esprimano le esternalità dei processi tecnologici e socio-economici.
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Fig. 1.12 Concentrazione atmosferica di CO2 dal 1000 dC. Da: Sarmiento. Ice core data from Barnola, 1999; Mauna Loa data. Fonte: Keeling & Whorf, 2000
Nell’ultimo decennio è stato sviluppato e implementato un numero considerevole di metodi estimativi per la valutazione della sostenibilità dell’ambiente costruito, anche con l’obiettivo di rispondere ai problemi del cambiamento climatico. Questa proliferazione si
Fig. 1.13 Input energetico totale per le principali categorie di servizio. Fonte: Grubler et al. (2012)
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deve anche a norme esplicite di livello europeo da recepire o già recepite dalle leggi di ogni singolo Paese, imponendo di fatto un cambiamento radicale nel modo di « fare architettura » attraverso i contenimenti energetici. Questi sistemi, siano essi applicati alla valutazione dell’esistente o dei progetti ex-novo, possono anche indirizzare le scelte di trasformazione a scala territoriale, o fornire linee guida ad architetti, ingegneri e professionisti del settore delle costruzioni. Tuttavia, ad oggi, non esiste nell’attuale panorama di tecniche un metodo in grado di tener conto della molteplicità degli aspetti del sistema urbano e delle interconnessioni tra questi (Brandon, Lombardi, 2011). I più diffusi indici di valutazione ambientale, dall’impronta ecologica all’indice di benessere ambientale, risultano basati su selezionati indicatori, generalmente quelli quantificabili e disponibili in serie storiche, ed interrelati attraverso articolati algoritmi matematici e secondo schemi ad hoc, senza un robusto sistema di classificazione condiviso dalla molteplicità degli stakeholders. A livello edilizio ed urbano, l’approccio più seguito nelle metodologie di valutazione e di supporto alla decisione è quello prestazionale, adottato in particolare dai numerosi metodi di certificazione della sostenibilità urbana che ultimamente sono stati introdotti sul mercato (Leed Neghborood, Breeam Communities, Casbee for urban area tra i più noti). Queste metodologie di valutazione sono basate in gran parte su indicatori qualitativi, incoraggiano quindi le buone pratiche ma non hanno un controllo quantitativo della riduzione degli impatti ambientali che da queste derivano. Ad esempio, attrezzare un distretto con piste ciclabili è considerato in questo tipo di certificazioni un fattore a vantaggio della sostenibilità ma non è preso in considerazione quante emissioni di CO2 possono in realtà evitare quelle piste ciclabili o a che effettiva diminuzione dei consumi di carburanti possono portare. Gli strumenti di certificazione utilizzano nei contesti urbani metodologie desunte dagli strumenti di certificazione della sostenibilità degli edifici e pertanto basati su una semplificazione talvolta eccessiva e su di un riduzionismo della complessità delle dinamiche. Inoltre, per la loro struttura, gli strumenti di certificazione spingono progettisti e pianificatori a concentrarsi sulla presenza di tutta una serie di fattori e requisiti tecnici piuttosto che sulle relazioni dei processi dell’abitare e sulla loro complessità. L’approccio meccanicistico e riduzionista della complessità, proprio dei sistemi di certificazione ambientale, che pure tanto peso hanno nella definizione di standard ambientali di edifici e quartieri è stato criticato già nei primi anni Sessanta in quanto incapace di affrontare in maniera adeguata la complessità dei problemi. In conclusione, le metodologie di valutazione della sostenibilità a scala urbana oggi presenti nel contesto nazionale e internazionale appartengono a due diverse macro-tipologie (Giordano et al., 2013): 1) sistemi « di mercato », ossia tool di valutazione ad adesione volontaria, pubblici e privati, disponibili e adottati per certificare, da enti riconosciuti, la sostenibilità di aree e/o edifici (es. BREEAM for Communities, LEED for Neighbourhood, DGNB, CASBEE for Urban Development, Protocollo ITACA Edifici); 2) sistemi « territoriali », metodologie non a scopo commerciale, utilizzati per effettuare ranking a livello nazionale e verifiche sulla qualità urbana (es. Smart Cities Ranking di Giffinger, Environment Statistic ISTAT, Matrice Qualità Urbana AUDIS, Urban Morphology Lab). Nella Tab. 1.2 sono elencati alcuni strumenti di valutazione, alle diverse scale spaziali di applicazione. Vale la pena ricordare che tutti questi indicatori, indici e metriche non
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Tab. 1.2 Quadro sintetico di indicatori e metodi alle differenti scale spaziali-territoriali.
Scala spazialeterritoriale Globale Nazionale
Regionale Urbano
Quartierie Associazioni Organisation Edifici Materiali
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Global Competitiveness Report (World Economy Forum); Transnationality Index (UNCTAD); Globalisation Index (A.T. Kearny); Globalisation Index (World Market Research Centre) ESI (Environmental Sustainability Index); Sustainable national product (SNP), Human development index (HDI), Sustainable economic welfare index (ISEW), (Daly & Cobb), Emergetical retutr of investment (Odum); Ecological footprint (Rees), Information Society Index (for KS); WEF (Economic Competitiveness); GIS (Innovation); CPI (corruption perception); HANPP (Human Appropriation of Net Primary Production, Happy Planet Index (HPI), MIPS (Material Input Per unit of Service), etc. WWF Sustainability Checklist, Ecological footprint (Rees), etc. Agenda 21; Protocollo ITACA Urban; BRE Sustainability Checklist, Community Sustainability Assessment, SPARTACUS, SEEDA Sustainability checklist; SCALDS, CITY Green, PLACE3S, Citizen Engagement matrix; Democracy indicators; CASBEE for Urban Development; Quality of Life model etc. Agenda 21, LEED for Neighbourhood, HQE2R, UK Audit Comm Qu-o-L, Safety indicators GRI, G3, UPBEAT, IAM (Intangible Assets Monitor), WBCSD SB Tool, CASBEE, LEED, PromisE, SPeAR, EcoCal, BREEAM, EcoQuantum, Økoprofil, Legep, HQE, EcoEffect, LiderA, Green Star etc. ECOPOINTS/ECOProfile
Fonte: Nostra rielaborazione tratta da Lombardi, Cooper, 2009 Dilemma del prigioniero Il « Dilemma del prigioniero », inventato dal matematico statunitense A.W. Tucker è presentato per la prima volta in un seminario all’Università di Standford nel 1950, risulta particolarmente conosciuto per le inattese implicazioni della soluzione e per il fiorire degli studi che ne sono derivati. Il dilemma del prigioniero riflette una situazione del grande rilievo in campo economico e sociale, ossia la scelta fra « cooperare », e « non cooperare », in situazione di incertezza e, sotto questo profilo, ha assunto un ruolo centrale nella teoria dei giochi ripetuti, in cui si esamina la possibilità di nascita della cooperazione in funzione della ripetizione del gioco (Tosato, 2012).
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sono altro che strumenti di comunicazione, ma la comunicazione può, anzi, deve servire a rendere un problema comprensibile a tutti, esperti e non, per apprendere, modificare i propri comportamenti, prendere decisioni appropriate. Poiché, come più volte sottolineato, lo sviluppo sostenibile rappresenta un processo che coinvolge tutti, dai cittadini ai governi locali ed internazionali, si impone la necessità di andare oltre il proprio confine disciplinare, oltre la comfort zone in cui si muovono tradizionalmente gli esperti, per trovare un linguaggio comune, un approccio transdisciplinare, capace di far superare atteggiamenti del tipo NIMBY (acronimo per la frase « not in my back yard ») e da « dilemma del prigioniero* » verso un’ottica di responsabilità condivisa. 1.7.3
Smart city
Le tecnologie per l’informazione e la comunicazione (ICT) costituiscono un telaio enorme a cui si appoggiano le politiche interna-
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zionali per lo sviluppo sostenibile, per la loro intrinseca capacità di generare e mantenere modelli più sostenibili di vita e di lavoro. Sempre Tomlinson (2010), in « Greening trough IT », sottolinea che nel corso della storia, le innovazioni tecnologiche nelle culture umane hanno permesso di affrontare sfide e problemi altrimenti irrisolvibili. L’ICT fa convergere specificamente strumenti e tecniche con enormi apparati di informazione attraverso un ampio e complesso intervallo spaziale e temporale, ed è quindi lo strumento adatto per dare risposte ai problemi ambientali. Sorprendentemente, però, Tomlinson non menziona l’essenziale e difficile ruolo svolto dalle istituzioni, come ad esempio governi centrali e locali, industrie e università. Un presupposto implicito nel dibattito sulla green ICT, che si riflette in una serie di politiche e strategie da Lisbona (CCE, 2000) a quelle più recenti, è una trasformazione soft dall’alta intensità di risorse nelle industrie tradizionali verso bacini di conoscenza condivisa e servizi efficienti. Questa ipotesi non è stata ancora dimostrata, e nuove metriche sono necessarie per misurare il progresso economico e sociale, nonché i miglioramenti ambientali derivanti dall’uso di queste tecnologie (Lombardi et al., 2011). Particolarmente evidente è il problema nel recente dibattito sulle Smart Cities, dove l’assenza di terminologia condivisa ha lasciato la comunità senza un vocabolario col quale discutere di tali questioni (Torres et al., 2005). I risultati del progetto « IntelCities » (Deakin, 2009; Lombardi et al., 2009) indicano che questo dibattito è stato ostacolato dall’assenza non tanto da una mappa condivisa di e-services, quanto di una robusta base statistica. Il Green ICT potrebbe non solo fornirla e incrementarla, ma anche promuovere i principi del « buon governo » come di partecipazione al processo decisionale. Le città hanno bisogno di dimostrare che non solo sono disposte, ma sono anche in grado di fornire servizi di front e back office verso questa transizione, per convincere i loro cittadini ad abbracciare le opportunità offerte da questa nuova e-democracy e diventare parte attiva nel governo della loro città (Lombardi et al., 2010). Strategie « creative » sono sempre più richieste dalle città che desiderano promuovere sviluppo socio economico, competitività, coesione sociale, rispetto per l’ambiente e innovazione. Forse è questa la definizione che meglio spiega il concetto di smart city, termine spesso abusato e quindi svuotato di ogni senso. Intelligent and Knowledge City Programmes sono i sinonimi più diffusi per ovviare al significativo aumento di tempo e costi richiesto da un piano urbano propriamente strutturato per la sostenibilità. Molti autori in questo contesto attribuscono molto importanza alla classe creativa (Florida, 2002), altri sottolineano la necessità dei politici di creare campi innovativi (Scott, 2006), o enfatizzano il ruolo delle ultime tecnologie e delle metodologie avanzate di design (Ratti, 2010), o infine altri ancora sostengono che smart city sia un puro strumento di marketing (Peck, 2005). Sicuramente dietro la sua accezione italiana c’è una forte retorica e una narrativa che ha visto il nostro governo investire 2 miliardi di euro per i capacity building delle smart cities ma nulla per i suoi indispensabili smart services. In altre parole, esiste un forte distacco fra le ambizioni delle amministrazioni locali e l’effettiva capacità finanziaria e di inclusione sociale di tutte le iniziative. Alcuni specifici progetti prototipali sono stati fatti, con spesso lunghe e celebrative liste di interventi, più piccoli che grandi, piuttosto scollegati tra loro. Nessuna città ha ancora un masterplan intelligente, immaginandolo come una visione sociale condivisa, un’architettura informativa, una roadmap di interventi, un impianto di misurazione e valutazione di impatto degli investimenti che garantisca trasparenza e accountability. Inoltre, né ora né mai la finanza pubblica locale o centrale potrà sostenere da sola anche il più ragionevole dei progetti di smart community (Calderini, 2012). Un procurement innovativo e precommerciale e la
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finanza di impatto sociale potrebbero essere le soluzioni finanziarie per riscoprire una visione sociale di ampio respiro, affidarsi ad una governance leggera ma stabile ed asservire a ciò una strumentazione innovativa per includere gli effettivi utilizzatori e « micro finanziatori » della città intelligente, proponendo azioni davvero utili e fattibili senza lo strapotere del privato. Si può dire infine che una città smart è un modello urbano capace di garantire un’elevata qualità della vita e una crescita personale e sociale delle persone e delle imprese, ottimizzando risorse e spazi, e soddisfacendo nuovi bisogni strategici (Fig. 1.13). I nuovi attori di questo processo sono ben individuati nella recente crescita di interazioni fra università, imprese e Stato, come partner egualitari, che sono anche il cuore della teoria della « tripla elica » di Etzkowitz e Leydesdorff (1995), presentata come modello per nuove forme istituzionali e format organizzativi. L’« innovazione nell’innovazione » è dunque un fenomeno globale che implica il learning by borrowing, importando ed adottando modelli organizzativi ed invenzioni da altri paesi (Etzkovitz, 2008). In questa fase, l’estimo e la valutazione, attraverso la definizione di strumenti di benchmarking e la comparazione, risultano strumenti essenziali nella definizione degli indicatori, per nominare una città effettivamente smart o sostenibile e stilare una classifica delle città più virtuose e degli esempi da seguire. Con riferimento al modello della tripla elica, ad esempio, recenti sperimentazioni hanno dimostrato l’utilità di intrecciare indicatori riferibili agli assi solitamente assegnati alla valutazione di una smart city, ossia smart economy, smart mobility, smart environment, smart people; smart living; smart governance (Giffinger et al., 2007, http://www.smart-cities.eu/model.html) con indicatori legati alla produzione di cono-
Connettività sempre più diffusa e profonda
Intensificazione della interconnessione economica
Cultura della community
Nuovi assi del commercio globale
Redistribuzione ricchezza e potere politico Accelerazione della innovazione
Confronto tra modelli culturali
Nuova longevità
Crescente Crescente urbanizzazione scarsità delle risorse
Cambiamento del mix sociodemografico mondiale
Fig. 1.14 Motori del Cambiamento e Megatrend. Fonte: Ambrosetti, 2011
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scenza da parte delle università e dei governi, oltre che la produzione di innovazione misurata dai brevetti (Etzkowitz 2008; Caragliu et al., 2011; Deakin, 2010; Lombardi et al., 2011). Una recente revisione di questa tesi (Lombardi et al., 2012) sottolinea come il focus, a differenza delle digital cities o delle intelligent cities, non dovrebbe essere limitato solo all’uso pervasivo dell’ICT ma anche al ruolo del capitale umano, educativo, sociale e relazionale, oltre che sulla protezione ambientale, ovvero tutti i motori più importanti per la crescita urbana. Questo modello presuppone che le tre eliche operino in un ambiente urbano complesso, dove le domande di mercato, la governance, l’inclusione dei cittadini e delle loro caratteristiche incontrino le risorse umane presenti e riescano a introdurre una quarta elica, quella della società civile, alle tre eliche tradizionali di università, industria e governo. In altri termini, la smart city ha un ruolo duplice nel generare capitale intellettuale, creare benessere, fissare standard, ma anche nel supportare l’educazione e il trasferimento di conoscenze fra i diversi campi. La premessa a questo modello è che il movimento di persone intorno a queste sfere aumenti la creatività, le idee e le capacità. Le università, un tempo tradizionali fonti di sapere, sono adesso cruciali attori nel processo di sviluppo socio-economico. Rimuovere le barriere alla circolazione delle persone e catalizzare interazioni e cooperazioni fra gli attori di questo processo è la sfida e l’obiettivo di tutte le società in un’era, come questa, di forte interdipendenza, che mette a fattor comune sia le debolezze (una crisi oramai globale) che i punti di forza (uno straordinario sviluppo scientifico e tecnologico).
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Appendice (di Luca D’Acci) Elementi di Matematica Finanziaria La matematica finanziaria nacque in ambito computistico, limitato a calcoli di tassi e importi in operazioni elementari, per poi maturare in una struttura in grado di calcolare scambi e importi sfalsati nel tempo. Mentre l’approccio classico operava in un contesto di certezza, l’approccio moderno mira a strumenti che possano valutare il vantaggio conseguente al rischio. Di seguito si riportano alcuni concetti base di matematica finanziaria. Nei periodi minori o uguali a un anno, l’interesse (semplice) è uguale a: I = C0 × r × n Dove I è l’interesse maturato, C0 il capitale iniziale, r il saggio unitario di interesse, ed n la frazione d’anno misurata in n. giorni/360 o in n. mesi/12. Esempio: Mr. Rossi deposita in banca 1.000€ con un tasso di interesse del 6% e vuole sapere quanto riceverà di interessi dopo 2 mesi, e dopo 1 anno. I dopo 2 mesi = 1.000€ × 0.06 × 2/12 = 10€ I dopo 1 anno = 1.000€ × 0.06 × 1 = 60€ Montante: M = C0 + I Sostituendo l’interesse con la formula precedente: M = C0 + C0 × r × n = C0 (I + r × n) = C0 (I + r × n) Esempio: Mr. Rossi deposita in banca 1000€ con un tasso di interesse del 6% e vuole sapere il montante dopo 1 anno, ossia la cifra totale che avrà dopo un anno. M = C0 (I + r × n) = 1.000€ (1 + 0,06) = 1.060€ Valore scontato: Il capitale attuale C0 relativo ad un capitale M disponibile tra n giorni è il capitale iniziale della precedente equazione del montante, per cui: C0 =
M l+r ×n
Esempio: Dato un capitale di 10000€ realizzabile tra 50 giorni si vuole conoscere l’ammontare di quel capitale futuro, M, all’attualità, usando un tasso del 5%. n = 50/350 r = 0,05 Spostamenti di capitali nel tempo:
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Periodi maggiori di 1 anno Montante: M = C0 × qn q=1+r n = numero di anni Di seguito una breve dimostrazione della formula:
Esempio: Mr. Rossi deposita in banca 1.000€ con un tasso del 5% e vuole sapere quanto avrà tra 5 anni. C0 = 1.000€ q = I + r = 1,05 M = C0 × qn = 1.000€ × 1,055 ≈ 1.276€ Valore scontato: M qn Esempio: A quanto corrispondono oggi 200.000€ realizzabili tra 10 anni? Usando un tasso del 6%: C0 =
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M = 200.000€ n = 10 q = 1,06 M 200.000€ = 111.679€ C0 = n = 1, 0610 q Interesse Composto: In = C0 (qn – 1) L’interesse maturato è il montante meno il capitale iniziale: In = M – C0 Sostituendo M: In = C0 × qn – C0 = C0 (qn – 1) Esempio: Mr. Rossi deposita in banca 1.000€ con un tasso del 3%. Che interessi maturerà dopo 5 anni? C0 = 1.000€ q = 1,03 n=5 In = C0 (qn – 1) = 1.000€ × (1,035 – 1) ≈ 159€ Spostamenti di capitali nel tempo:
Esempio: Mr. Rossi riceverà 100.000€ all’inizio del primo mese dell’anno, e altri 100.000€ all’inizio del sesto (semestralità anticipate). Alla fine dell’anno, usando un saggio di interesse del 3 %, quale cifra avrà incassato?
M = 103.000€ + 101.500€ = 204.500€ Ripetiamo lo stesso esempio ma nel caso di semestralità posticipate:
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100.000€
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mesi
M = 100.000€ (1 + 0,036/12) + 100.000€
M = 101.500€ + 100.000€ = 201.500€ Annualità: Le annualità, a, sono valori che si ripetono con regolarità annuale (redditi, debiti, costi ...). Annualità costanti posticipiate: Per sommare annualità relative ad n anni, e i rispettivi interessi composti, si riportano alla fine dell’anno n tutte le singole annualità (moltiplicando per qn) e si sommano. Semplificando matematicamente l’operazione si arriva alla seguente equazione: An = a
qn − 1 r
Con An = accumulazione finale (montante) all’anno n. Con analogo procedimento e semplificazioni matematiche si arriva alla: A0 = a
qn − 1 r × qn
infatti: A0 = An
1 qn
con A0 = accumulazione iniziale all’anno 0. Esempio: Mr. Rossi decide di affittare il suo pollaio per 10 anni a 1.000€ l’anno (alla fine di ogni anno) ma l’esigibilità di ogni reddito avverrà alla fine del decimo anno. Quanto sarà l’ammontare totale ritraibile? Con un r = 5%: An = a
qn − → r
A10 = 1.000€
1, 0510 − 1 ≈ 12.578€ 0, 05
Mr. Rossi non si fida; vuole tutti i soldi dell’affitto decennale del suo pollaio subito (A0): A0 = a
1, 0510 − 1 qn − 1 = 1.000€ ≈ 7.722€ n 0, 05 × 1, 0510 r ×q
Annualità costanti anticipate: Si verificano un anno prima delle posticipate. Basta quindi posticipare (moltiplicando per q) di un anno le formule viste per le anticipate:
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qn − 1 r qn − 1 A0 = (a × q) r × qn An = (a × q)
Annualità costanti posticipate illimitate: Una annualità che si ripete per oltre 80 anni si considera infinita o illimitata. Da semplici passaggi e semplificazioni matematiche si arriva alla: A0 =
a r
Esempio: Mr. Rossi è debitore a vita verso Mr. Bianchi di 5.000€ da pagarsi al termine di ogni anno. Mr. Rossi vuole stare sereno e preferisce pagare tutto il debito subito. Sia r = 6%: A0 =
a 5.000€ = ≈ 83.333€ 0, 06 r
Annualità costanti anticipate illimitate: Le annualità si verificano all’inizio di ogni anno, cioè un anno prima delle posticipate. Basta quindi posticipare (moltiplicando per q) di un anno le formule viste per le anticipate: A0 = q
a r
Quota di reintegrazione (Q/re): È il denaro che occorre accumulare annualmente (a) per formare un capitale (A0) in tot anni. È facile capire come la formula utile sia la stessa (inversa) delle annualità: a = An
r = Q / re qn − 1
Esempio: Mr. Rossi aspetta un figlio (Mr. Rossi Junior) e decide di mettere da parte (con un r = 3%) un tot annuo, a, (iniziando ad un anno dalla nascita), in modo che quando Mr. Rossi Junior avrà 18 anni potrà trovarsi 50.000€ (An). Quanto deve essere a? a = An
r 0, 03 = 50.000€ ≈ 2.135€ qn − 1 1, 0318 −
Quota di ammortamento dei capitali (Q/am): È la rata (annua o semestrale) che bisogna versare per estinguere un debito in tot anni con un certo r. La rata annua costante posticipata di ammortamento è data dalla: Q / am = A0
r × qn qn − 1
Esempio: Mr. Rossi riceve un prestito di 10.000 € che dovrà restituire in 10 rate annuali uguali (con un r del 6%) a cominciare dopo un anno dal prestito. Di quanto saranno le rate? Q / am = A0
r × qn 0, 06 × 1, 0610 = 10.000€ ≈ 1.359€ n q −1 1, 0610 − 1
Piano di ammortamento: Esempio: Mr. Rossi ha un debito di 200.000€. Costruiamo il piano di ammortamento del suo debito da pagarsi con annualità costanti posticipate in 10 anni con r = 5%.
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L’estimo e l’economia Q / am = A0
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r × qn 0, 05 × 1, 0510 = 200.000€ ≈ 25.901€ n q −1 1, 0510 − 1
Q/am è la quota annua da pagare composta da una parte relativa al capitale da estinguere e da un’altra agli interessi annui sul debito estinto annuo. La quota annua di capitale si ottiene dall’espressione della reintegrazione: a = An
r qn − 1
Dove n è il numero di anni residui di ammortamento. La quota di interessi annui si ottiene anno per anno sull’ammontare del debito estinto. Primo anno: Quota capitale = 200.000€
0, 05 = 15.901€ 1, 0510 − 1
Quota interessi = 200.000€ × 0,05 = 10.000€ Debito estinto alla fine del primo anno = 15.902€ Debito residuo = 184.099€ Rata annua di ammortamento = 25.901€ Secondo anno: Quota capitale = 184.099€
0, 05 = 16.696€ 1, 0510 − 1
Quota interessi = 184.099€ × 0,05 = 9.205€ Rata annua di ammortamento = 25.901€ E così via anno per anno.
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Aspetti del valore di un bene: dalla tradizione estimativa agli standard internazionali Luisa Ingaramo, Isabella M. Lami, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino* CAPITOL O
SECONDO
Obiettivi di apprendimento1 1. Aspetti del valore in ambito estimativo 2. Contestualizzare la disciplina estimativa nazionale nel panorama transnazionale 3. Cogliere le potenzialità degli standard di valutazione internazionale rispetto alla materia estimativa italiana 4. Approfondire aspetti operativi della stima immobiliare in alcuni contesti di attualità
Il capitolo è orientato a fornire un quadro sugli strumenti della valutazione immobiliare, sia con riferimento alla tradizione estimativa italiana, sia con riferimento al processo di armonizzazione della disciplina che si sta svolgendo in ambito internazionale attraverso i Codici e gli Standard di valutazione. Si tratta di pubblicazioni periodicamente aggiornate e finalizzate a individuare linguaggi e procedure estimative condivise su un piano trans-nazionale, estremamente utili per la valutazione di patrimoni immobiliari oggi sempre più sottoposti ad operazioni di contabilizzazione dei valori e razionalizzazione delle strategie di valorizzazione su un piano globale. La progressiva internazionalizzazione e la presenza di grandi investitori esteri sul mercato italiano richiede infatti un approfondito contributo teorico-critico e operativo sulla materia estimativa internazionale, proposta da importanti organismi e comunità professionali (IVSC, Appraisal Institute, RICS, Tegova, IPVS). Vengono quindi presentate e commentate le definizioni degli aspetti del valore e delle relative applicazioni secondo gli IPVS – Italian Property Valuation Standards, gli EVS – European Valutation Standards e gli IVS – International Valuation Standards. Il quadro comparitivo che ne emerge è finalizzato a evidenziare come i criteri e i modelli di stima oggi condivisi a livello nazionale ed europeo possano contribuire a chiarire valutazione modalità procedurali di stime anche complesse (operazioni societarie a livello internazionale, valutazioni immobiliari ai fini fiscali e contabili inerenti società quotate, erogazione del credito, stipulazione di mutui, operazioni di finanza immobiliare, ecc.) e non ultime, valutazioni di « historical properties » o di edifici che presentano elevati standard energetico-ambientali nel sistema edificioimpianto.
* Il capitolo è frutto del lavoro congiunto di Riccardo Roscelli, Luisa Ingaramo e S tefania S abatino. Il paragrafo 2.1 è stato curato da Isabella M . Lami.
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Gli aspetti del valore
2.1 2.1.1
Il valore di mercato
In ambito estimativo la determinazione del valore di mercato implica la previsione del rapporto di equivalenza intercorrente tra un bene immobiliare e la moneta in uno scambio o in funzione dell’ utilità dispiegabile dal bene stesso (F orte, 1 9 7 4 ) . E sso rappresenta « quel valore ch e con ogni probabilità si realizzerebbe su un determinato mercato e in quel momento » (M ich ieli e M ich ieli, 2 0 0 9 ) , in altre parole, rappresenta la quantità di moneta con la quale un bene potrebbe essere scambiato sul mercato. D i conseguenza, la sua determinazione può avvenire solo se esiste un mercato del bene, ossia se tale bene è oggetto di scambio. L’ analisi del mercato immobiliare è però particolarmente complessa perché esso si presenta differente dagli altri mercati, in primo luogo perché gli immobili sono beni complessi e a diverse destinazioni; in secondo luogo perch è esso non può essere concepito come unitario, essendo condizionato da limitazioni spaziali e temporali nelle innumerevoli situazioni concrete (S imonotti, 197) . Un bene immobiliare si caratterizza all’ opposto per un carattere di unicità (non esiste un bene immobiliare uguale all’ altro) e questa eterogeneità rende necessaria l’ individuazione di una lunga serie di caratteristiche per identificarlo, attributi il cui valore è sovente difficile da determinare, anche a causa della natura soggettiva della misura di certe caratteristiche . Il carattere di unicità è dovuto sostanzialmente a (G abrielli et al., 201) : –
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immobilità . La caratteristica dell’immobilità implica che i benefici forniti da un bene immobiliare siano anch’essi vincolati ad una specifica localizzazione. Il bene non può essere trasferito in un mercato più favorevole, ma deve essere utilizzato e sfruttato nella posizione in cui si trova. La conseguenza dell’ immobilità dei beni è che l’ economia locale gioca quindi un ruolo fondamentale sulla formazione del valore dei beni immobili. Inoltre, dal momento che la proprietà immobiliare non può essere fisicamente trasferita sul mercato attraverso la consegna tra gli operatori, si è sviluppato fin dall’antichità un corpo di leggi riguardanti i diritti sulla proprietà e le relative forme di trasferimento, che vanno a costituire l’ aspetto legale; localizzazione. L’ ubicazione rappresenta certamente l’ elemento più importante per la determinazione del valore di mercato di un bene immobile. A d esempio, secondo Orefice (1995), le « caratteristiche di localizzazione », che si riferiscono all’ubicazione dell’ immobile rispetto al centro urbano, al livello di accessibilità, alla presenza di attrezzature collettive, alla qualità dell’ambiente ecc., possono incidere fino al 50% del valore di mercato di un bene immobiliare. D a questa caratteristica ne deriva che un bene immobiliare è particolarmente sensibile ai cambiamenti ch e avvengono nelle immediate vicinanze e agli effetti positivi e negativi indotti dalla presenza o meno di fattori esterni; scarsità . Il pensare che il territorio fosse illimitato ha portato per troppo tempo ad un suo uso indiscriminato. A l contrario, i terreni costituiscono una risorsa non rinnovabile, essendo la superficie terrestre limitata. Analogamente è evidente che il territorio non è infinitamente plasmabile, né tantomeno può essere considerato un supporto indifferente alle attività dell’ uomo. È però possibile « recuperare » terreni per destinarli
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alla costruzione da situazioni non immediatamente fungibili, come nel caso di terreni paludosi, attraverso la bonifica o l’estensione verso il mare; indistruttibilità del suolo. I terreni possono essere considerati indistruttibili (a livello geografico essi non scompaiono, salvo cataclismi), ma potrebbero non essere più atti all’edificazione (ad esempio per gravi fenomeni di inquinamento ambientale). Il fatto che i terreni siano indistruttibili non significa però che il loro valore non possa fluttuare notevolmente nel corso del tempo. I fabbricati, all’ opposto, si deteriorano nel tempo, ma possono essere considerati in generale beni economici con una lunga durata di vita (da qualche decina d’ anni sino a svariati secoli, se adeguatamente costruiti e mantenuti) . Questi due elementi, l’ indistruttibilità dei suoli e la vita particolarmente lunga degli edifici, unitamente alla normativa in materia e alle motivazioni di molti investitori, fanno sì che gli investimenti immobiliari si caratterizzino come investimenti a lungo termine; illiquidità . La scarsa liquidità dei beni immobiliari significa che spesso occorre molto tempo per poterli vendere ad un congruo prezzo di mercato. Questo aspetto deriva dal valore unitario elevato dei suoli, in particolare di quelli edificabili, e dalla loro eterogeneità ch e non conferisce agli investimenti immobiliari una caratteristica di fungibilità. L’ illiquidità è anche legata al fatto che si tratta di investimenti a lungo termine. C ome già evidenziato, le motivazioni d’ acquisto di molti investitori e la normativa (soprattutto fiscale) conducono spesso a politiche di acquisto-conservazione, che non creano liquidità sui mercati immobiliari (H oesli, 208) .
Inoltre, i beni immobiliari forniscono un reddito misto costituito dal reddito per la cessione in uso e dalla rivalutazione (o svalutazione) del valore capitale; il primo è incassato periodicamente, il secondo al momento della rivendita. Il reddito e il valore degli immobili sono legati alle caratteristiche estrinseche , relative al contesto ove è sito l’ immobile, e alle caratteristich e intrinsech e relative alle dimensioni, alle condizioni e allo stato dell’ immobile. Inoltre, i beni immobiliari, oltre ad essere massimamente sensibili alle esternalità, incorporano una serie di fattori soggettivi non traducibili in elementi oggettivi e difficilmente quantificabili. Il concetto di mercato immobiliare raggruppa in sé una grande varietà di significati che oltrepassano il semplice meccanismo di domanda e offerta di proprietà immobiliari: esso include le caratteristiche fisiche, legali, culturali ed economiche che esistono nelle differenti localizzazioni geografiche. Questa realtà variegata ostacola la possibilità di averne un quadro globale, o perlomeno sottopone a maggiori incognite le proiezioni sugli sviluppi futuri. M olte delle caratteristiche fondamentali che influenzano nella pratica i processi del mercato immobiliare e i modi con cui agiscono gli operatori del mercato sono ignorate. Nessun attore del mercato avrà una conoscenza completa riguardo alle potenziali transazioni, ai prezzi, ecc., e a questo si aggiunge una probabile asimmmetria nelle informazioni tra i diversi operatori del mercato. Tuttavia, come ricorda Simonotti (1997), la definizione del valore di mercato non è univoca. A d esempio, nella pratica estimativa si trova con frequenza non solo per la stima di un bene economico in quanto rappresenta lo scopo della stima, ma anche come valore associato ad alcuni specifici elementi che concorrono alla determinazione di altri valori (ad esempio, nella determinazione del valore di costo, la stima dei prezzi unitari delle singole lavorazioni) . Il valore di mercato è stato talvolta considerato come l’ unico valore ‘ originario’ riser-
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vando agli altri valori il ruolo di « derivati ». Risulta infatti facile ed intuitivo ricondurre al valore di mercato gli altri aspetti del valore, considerando: • • • • •
il valore di costo come la sommatoria dei prezzi dei fattori produttivi dell’ imprenditore ordinario; il valore di trasformazione come la differenza tra il valore di mercato del bene dopo la trasformazione ed il costo, inteso come sopra, sostenuto per realizzarla; il valore complementare come la differenza tra il valore di mercato del bene nel suo complesso e il valore di mercato della parte residua; il valore di surrogazione come il valore di mercato del bene in grado di surrogare quello oggetto di stima, privo di mercato; il valore di capitalizzazione come una procedura di tipo indiretto per giungere al valore di mercato del bene, in base ai redditi ritraibili dall’ immobile in oggetto.
A nche il valore economico totale, che è il valore di riferimento per la stima dei beni ambientali, i c.d. beni pubblici (S tellin, Rosato; 198; S irchi a, 20 0) , risulta costituito da una sommatoria di valori di uso (diretto e indiretto) e valori di non-uso nell’ ambito della quale il valore di mercato rappresenta la parte più consistente, in quanto tangibile e più facilmente monetizzabile. B enché il valore di mercato richi ami quello economico di « prezzo », risulta tuttavia evidente la differenza tra i due termini. Infatti, il prezzo risulta essere un dato « storico », ossia che si è già verificato sul mercato quale risultato di un atto di compravendita, di uno scambio che si è effettivamente realizzato; il valore secondo, invece, riguarda un giudizio di valore, ossia una previsione di prezzo, che definisce la probabilità che effettivamente quel prezzo si realizzerà (Orefice, 2007). Il metodo di stima, dunque, ha fondamentalmente natura previsionale in quanto consente di esprimere giudizi ipotetici di equivalenza tra beni economici con riferimento a circostanze o motivi che si ritengono attualmente in essere o ch e potranno aver luogo in futuro. S econdo gli International V aluation S tandards (IV S C , 201) e gli E uropean V aluation S tandards (TE G OV A , 209) : « Il valore di mercato è il più probabile prezzo di mercato al quale una determinata proprietà immobiliare può essere compravenduta alla data della stima, posto ch e l’ acquirente e il venditore h anno operato in modo indipendente, non condizionato e nel proprio interesse, dopo una adeguata attività di marke ting durante la quale entrambe le parti ha nno agito con eguale capacità, con prudenza e senza costrizione ». Per l’ A ppraisal Institute (US PA P, 201201) invece: « Il valore di mercato rappresenta il più probabile prezzo in contanti, ovvero in altre condizioni di finanziamento e di pagamento, per il quale un immobile è liberamente venduto in un mercato competitivo, nel quale il compratore e il venditore sono bene informati e agiscono con prudenza, nel proprio interesse e senza indebite costrizioni ». Analogamente nella definizione contenuta nel Red Book della Rics (RICS, 2009): « Per V alore di M ercato si intende l’ ammontare stimato a cui una proprietà dovrebbe essere ceduta e acquistata, alla data di valutazione, da un venditore e da un acquirente entrambi interessati alla transazione, a condizioni concorrenziali, dopo un’ adeguata commercializzazione in cui le parti abbiano agito entrambe in modo informato, con cautela e senza coercizioni ». Le definizioni, pur con diverse voci, sembrano convergere verso una simile definizio-
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ne di « valore di mercato » e presentano delle forti analogie (G abrielli et al., 201) . In primo luogo, esse assumono la centralità del valore di scambio e fanno riferimento a questo come « valore atteso » dal punto di vista statistico e in un’ ottica previsionale. Infatti, il valore di mercato è inteso come il più probabile prezzo a cui si può scambiare un bene immobile sul mercato. Le definizioni del valore di mercato assumono che il prezzo sia espresso in termini monetari (di solito nella moneta locale) e sia riferito alla data della stima, che deve essere sempre specificata dal perito. La manualistica internazionale rileva come l’oggetto della stima debba essere collocato nel mercato per un tempo sufficiente affinché gli acquirenti possano acquisire tutte le informazioni necessarie e valutare l’offerta, ed il soggetto venditore possa valutare le proposte di acquisto. Un’ulteriore analogia presente nelle definizioni riguarda la presenza, nello scambio, della parte acquirente e di quella offerente, e si sottolinea come entrambe le parti debbano essere in grado di agire in modo motivato, libero e ragionevole. Infatti, il venditore e l’ acquirente devono essere motivati, secondo il principio edonistico, dal proprio interesse, devono essere informati ed agire in modo prudente ed indipendente. Per quanto concerne la motivazione, il venditore è spinto a vendere al miglior prezzo che egli è in grado di ottenere in un mercato competitivo ed attivo, mentre il soggetto acquirente è motivato all’ acquisto alle normali condizioni di mercato, ovvero al prezzo ch e può ragionevolmente pagare. In nessun caso si prendono in esame le condizioni soggettive di acquirente e venditore, né deve essere considerato qualunque tipo di condizionamento che può intervenire durante la fase di contrattazione. D a ciò si desume che i soggetti sono motivati ma non sono né costretti né condizionati alla compravendita: essi agiscono liberi ed in conformità alle condizioni reali e alle aspettative di mercato. I soggetti sono prudenti poiché risultano a conoscenza dei meccanismi di formazione del prezzo e possono disporre delle migliori informazioni tecnich e ed economich e disponibili alla data della stima. Le due parti, infine, sono autonome e non intercorre alcun rapporto speciale o particolare (di parentela, di lavoro, ecc.) . Il valore di mercato nella sua formulazione esclude quindi la stima del bene durante particolari circostanze, come l’ evenienza di un venditore costretto a vendere a qualsiasi prezzo o entro determinati tempi. 2.1.2
Il valore di costo
La caratteristica di un bene di essere oggetto di produzione implica l’ esistenza del valore di costo. Per costo di produzione di un bene economico si intende la somma degli importi monetari necessari per remunerare i diversi fattori produttivi impiegati per produrre il bene stesso, con riferimento a un dato mercato dei prezzi produttivi (luogo) e a un dato ciclo produttivo (S imonotti, 197) . Nella produzione edilizia la struttura dei costi assume forme diverse in funzione dei soggetti. In Italia è molto diffusa la figura dell’impreditore promotore, cioè un costruttore che gestisce l’ intera operazione immobiliare, dall’ acquisto dell’ area, alla vendita del manufatto ultimato. In questo caso si parla di C osto totale di produzione (Cp) . Quando ci si riferisce all’ imprenditore costruttore si parla invece di C osto di costruzione (Cc) . Cp = Ca + Cc + St + (OoU u + Ccc) + I + Sc + U p
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D ove: • • • •
• • •
Ca: costo dell’ area. Il prezzo di acquisizione dell’ area è legato a diversi elementi: indice edificatorio (spesso il prezzo è espresso in /mq SLP); dimensione; ubicazione; forma; giacitura e esposizione; Cc: costo di costruzione; St: spese tecniche (di progettazione, D L e di collaudo) ; Oneri concessori suddivisi in: OoU u: oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; Ccc: contributo sul costo di costruzione. G li OoUu sono stati introdotti dalla legge Ponte del ’ 67. G li oneri di urbanizzazione primaria riguardano le strade residenziali, i parch eggi, le reti (idrica, elettrica, fognatura, gas) , verde. L’ urbanizzazione secondaria riguarda gli asili nido, le scuole, i mercati, le chi ese e gli impianti sportivi. E ssi vengono stabiliti in base a tabelle parametriche emanate periodicamente dalla Regione; I: interessi sul capitale finanziario; essi rappresentano il prezzo d’uso dei capitali impiegati; Sc: spese di commercializzazione; U p: utile dell’ imprenditore promotore, ch e riguarda la remunerazione del risch io dell’ operazione e la remunerazione delle competenze professionali associate alla realizzazione del progetto.
Il costo di costruzione è parte del costo complessivo del processo di trasformazione e riguarda la sola componente edilizia di tale processo, si articola in: – – –
il costo tecnico di costruzione, cioè i costi ch e variano al variare della produzione (Ctk) ; i costi di allestimento e funzionamento del cantiere (es. smaltimento detriti, occupazione suolo pubblico, ecc.) e le spese generali d’ azienda (Sg) ; e l’ utile dell’ imprenditore costruttore (U c) . È bene sottolineare ch e l’ utile del costruttore è riferito al compenso per il lavoro effettuato e fa riferimento al concetto di imprenditore ordinario. Uc è diverso da Up perch é possono essere persone distinte, se le due figure coincidono la stessa persona percepirà entrambi Cc = Ctk + Sg + U c
C tk, a sua volta, è dato dalla somma di M anodopera (M) , materiali (Mat) e noli e trasporti (Nt) . Il costo della manodopera rappresenta il prezzo pagato per tutto il lavoro necessario all’ esecuzione (M) ; il costo dei materiali si riferisce ai prodotti intermedi necessari alla produzione (Mat) ; il costo dei noli e trasporti (Nt) si riferisce sia alla presenza di specifici costi per il trasporto di beni necessari al cantiere, sia in generale al prezzo d’uso dei beni strumentali. È evidente la diversità tra valore di mercato e valore di costo: il primo è legato all’ andamento spazio-temporale della domanda del particolare bene prodotto, mentre il secondo è sostanzialmente determinato dai prezzi di mercato dei diversi fattori produttivi che risultano necessari. 2.1.3
Il valore di capitalizzazione
È possibile determinarne un valore che tende a coincidere con quello di mercato attraverso la capitalizzazione del reddito. La principale argomentazione per l’ applicazione di
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questa procedura di stima è che il valore di un bene a utilità ripetuta tende a uguagliare la somma attuale dei redditi futuri. Il presupposto fondamentale è che possano considerarsi economicamente equivalenti un fondo di beni presenti e un flusso di redditi monetari futuri, opportunamente scontati all’attualità. Come sottolinea Orefice (2000) « per conoscere il valore attuale di un bene economico non è necessario prevedere quali saranno i redditi futuri: in funzione di quelli che sono gli attuali flussi di reddito può esprimersi l’odierno valore del bene stesso e tale valore si conserverà costante finchè tutte le considerazioni intrinseche ed estrinseche si manterranno inalterate (principio della permanenza delle condizioni) : se anche soltanto alcune di tali condizioni risulteranno mutate in tempi futuri, il valore del bene tenderà a modificarsi ». Per quanto riguarda i fabbricati (che sono beni a fecondità ripetuta, cioè in grado di produrre un reddito periodico) , si ricorre al procedimento per capitalizzazione del reddito se non è possibile applicare una stima per comparazione diretta; come nel caso in cui vi sia un’ assenza di offerta (non esistono immobili simili a quello da stimare) o assenza di domanda (esistono immobili simili ma non si sono verificate compravendite) e quindi non possono essere rilevati i prezzi di mercato. La stima del reddito da capitalizzare si svolge nel segmento di mercato dei contratti di locazione, procedendo dapprima ad individuare una serie di dati simili, sincroni ed attendibili, al fine di rilevare il reddito da capitalizzare. La ricerca del flusso dei redditi si compie con riferimento alla teoria dell’ ordinarietà, trascurando quindi il reddito attuale (ove esistente) del bene quando già provvisto di contratto di locazione o altri redditi straordinari. La stima, in questo caso, è una istantanea del valore del bene in un preciso e determinato riferimento temporale (di solito, al momento della stima) . V iceversa, se il reddito capitalizzato non riflette una redditività ordinaria per l’immobile dato, il valore assumerà piuttosto l’ espressione di un giudizio di convenienza economica all’ acquisto di tale immobile (Realfonzo, 194) . La capitalizzazione, nelle esperienze estere, può essere presentata anche sotto forma di prodotto del reddito per un moltiplicatore (che corrisponde all’ inverso del saggio) . Tale modello, ch e risulta molto semplice e speditivo, tuttavia soffre di una eccessiva semplificazione della realtà, che induce alla possibilità di generare degli errori in caso di particolari condizioni, tali per cui si possono verificare scostamenti delle condizioni di mercato rispetto alle ipotesi iniziali. V i sono due presupposti alla capitalizzazione: – –
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Presupposto economico. E siste un’ equivalenza tra il valore patrimoniale di un bene e il reddito che questo è in grado di produrre; re ppo to finan iario. V i è una tendenziale coincidenza tra il valore del bene da stimare e la somma (finanziaria) dei redditi futuri. Si deve utilizzare un’operazione di matematica finanziaria che consenta di trasformare una serie di redditi costanti, posticipati ed illimitati in un valore attuale denominato accumulazione iniziale. Le annualità sono prestazioni finanziarie che si verificano ad intervalli annuali; esse vengono classificate in: costanti (cioè annualità il cui ammontare non varia, al contrario variabili) ; posticipate (in ragione della scadenza della prestazione vengono corrisposte alla fine dell’anno – viceversa anticipate); illimitate (in ragione della durata della prestazione – al contrario limitate).
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Il principio della matematica finanziaria assume che non si possano addizionare, sottrarre o confrontare tra loro valori differiti nel tempo. È necessario omogeneizzarli temporalmente, ovvero riportarli ad un unico orizzonte. L’ accumulazione iniziale (A0 ) assume che le annualità (a) siano sommate e riportate al momento zero. L’ accumulazione iniziale (A0 ) di annualità costanti, posticipate ed illimitate è pari a: A 0
= a/i
Dove: – A0 è il capitale accumulato – a è l’ annualità – i è il saggio d’interesse ovvero il prezzo d’uso del capitale finanziario Sotto il profilo economico, la formula configura il valore di mercato di un dato immobile alla stregua di qualsiasi capitale e reddito connesso. Ne consegue ch e l’ operazione implicita che sottende alla formula della capitalizzazione dei redditi sia l’ accumulazione iniziale di un reddito costante, posticipato e illimitato, impiegando un saggio di capitalizzazione s che riflette il prezzo d’uso del capitale immobiliare. Per indicare il valore attuale di un immobile con redditi annui costanti posticipati ed illimitati e ordinari, si usa l’ espressione: V
m
= R/r
Dove: – V m = valore di mercato del bene da stimare – R = reddito annuo netto – r = saggio di capitalizzazione Il reddito capitalizzabile ordinario è rappresentato dal canone di mercato per il quale un determinato immobile può essere concesso in locazione alla data della stima, considerando i soggetti (locatario e locatore) liberi, informati, non condizionati, alle condizioni di mercato, dopo una normale attività di marke ting, durante la quale le parti agiscono con prudenza, capacità e liberi da costrizioni. È il reddito che l’ immobile genera in una situazione normale e stazionaria. Il saggio di capitalizzazione è il saggio di rendimento interno di un investimento ch e prevede l’acquisto dell’immobile e la successiva fruizione di un flusso di reddito costante e illimitato. Esso riflette la redditività propria dell’immobile. « Tale procedimento converte il reddito atteso di un singolo anno di un immobile, prescindendo dalle considerazioni di ordine finanziario sulla serie di redditi e sulla durata dell’ investimento, e assumendo in modo implicito, la crescita nei redditi (o più in generale, del mercato) : il soggetto investitore che percepisce una possibilità di crescita nei redditi futuri sarà disposto a pagare un prezzo maggiore per il bene acquistato e questo si rifletterà, pur implicitamente, nel saggio di capitalizzazione impiegato » (G abrielli et al., 2 0 1 1 ) . La stima del bene ad un determinato momento equivale ad un’ istantanea del valore stesso con un preciso e ben determinato riferimento temporale. Il canone di mercato può essere individuato attraverso procedimenti sintetico-comparativi, ovvero a partire da una serie di redditi medi di mercato rilevati da immobili simili, appartenenti allo stesso segmento di mercato. Nel caso non vi fosse un mercato attivo degli affitti, il canone può essere stimato attraverso un bilancio estimativo medio, ordinario, annuo riferito all’ attività di impresa
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esercitata nell’ immobile. Quest’ ultimo canone, solitamente tipico di attività commerciali, turistiche , ricettive, è calcolato come percentuale del fatturato ottenibile dalla gestione. La prassi mostra sempre maggiore attenzione verso questo procedimento basato sulla stima (analitica) del fatturato (quindi, legato ad una funzione specifica dell’immobile), soprattutto in periodi di recessione economica, ove risulta strategica l’ individuazione di un reddito sostenibile dall’ attività economica che trova collazione negli ambienti (G abrielli et al., 201) . Il reddito capitalizzabile o reddito netto (R) è dato dal reddito lordo ordinario dell’ immobile al netto di tutte le spese a carico della proprietà (Sp spese in detrazione) : R = Rl – Sp Il reddito lordo annuo dell’ immobile (Rl) non è altro che l’affitto annuale dell’immobile. Ottenuto il canone ordinario mensile, per ottenere il canone annuo lordo ritraibile dall’ immobile X è necessario rispettare il principio di matematica finanziaria secondo il quale non si possono sommare o sottrarre valori riferiti a momenti temporali diversi, se questi non vengono riportati ad uno stesso momento mediante le formule della posticipazione e dell’ anticipazione basate sull’ interesse (si veda il capitolo 1) . Per quanto concerne le spese in detrazione, queste sono: • • • • • •
spese di manutenzione straordinaria; servizi ed amministrazione; sfitti ed inesigibilità; assicurazioni; ammortamento; imposte, tasse e contributi.
Le spese, essendo in detrazione al reddito annuale, vengono considerate anch ’ esse medie, ordinarie, annuali. Per le spese la cui scadenza è pluriannuale (si pensi, ad esempio, alla manutenzione straordinaria) , diviene necessario ripartire tali spese nell’ anno, solitamente riportandole in termini percentuali di incidenza sul reddito lordo annuale considerato. Nell’ approccio estimativo, invece, non si fanno assunzioni, almeno non esplicitamente, relativamente alla modalità con cui viene finanziato l’acquisto dell’immobile, e quindi viene adottata una logica di analisi dei reddito al lordo del costo del capitale. Le spese in detrazione nell’ estimo riguardano solo l’ immobile e non le spese relative agli oneri finanziari che dipendono dal soggetto. I costi di manutenzione straordinaria riguardano interventi che si ripetono periodicamente con scadenza pluriannuale. Possono essere calcolate, in modo sintetico, come percentuale sul canone lordo, oppure, conoscendo la loro stima complessiva, si calcola il loro ammontare annuo. La manutenzione straordinaria ha , invece, come scopo precipuo quella di mantenere l’immobile in determinate condizioni fisiche atte a garantire l’uso del bene. Le spese di gestione includono le spese per consumi, servizi, prestazioni personali di terzi, commercializzazione, amministrazione, portierato. Le spese possono essere individuate da ricerch e di mercato, da tariffe o espresse sinteticamente come percentuale sul canone lordo. Gli sfitti ed inesigibilità rappresentano una alea di improduttività, talvolta assente nei mercati con forte tensione abitativa, e sono quantificati come percentuale sul reddito lor-
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do. Fanno riferimento all’impossibilità di riscuotere il canone di affitto o ai periodi di sfitto che generalmente intervengono tra un contratto di affitto ed il successivo. Le spese assicurative (incendio, furto, responsabilità civile) sono somme di denaro riguardanti i premi dei contratti di assicurazione volti a coprire eventi accidentali di varia natura ch e deturpano l’ immobile o lo rendono inidoneo all’ occupazione, con la conseguente perdita di valore. S i stimano a partire dal contratto assicurativo stipulato o come percentuale sul reddito lordo. Le quote di ammortamento corrispondono, più correttamente, alle quote di reintegrazione del costo di riproduzione del fabbricato. S orgono in seguito al deprezzamento dell’ immobile generato dalla vetustà e dall’ obsolescenza (funzionale, economica, legale) , che non può essere rimossa da interventi di manutenzione. Rappresentano la quota che si deve accantonare ogni anno per poter, alla fine del ciclo utile dell’immobile, reintegrare la perdita di utilità del bene. S olitamente vengono computate come percentuale sul reddito lordo, o, in alternativa come percentuale sul costo di costruzione. Le imposte sono relative alle contribuzioni fiscali e previdenziali della proprietà, quali imposte patrimoniali sugli immobili, tasse o contributi a diverso livello. G li oneri fiscali includono anche eventuali posizioni di sconto o agevolazione che riguardino il mercato immobiliare. Gli oneri sono piuttosto difficili da stimare in quanto sono peculiari del soggetto (in forma fisica o giuridica) proprietario del bene. Indicativamente si calcolano come percentuale sul canone di affitto. La manualistica estimativa indica le spese pari a un valore compreso tra il 20 e il 35% del reddito annuo lordo. Per quanto riguarda il saggio, occorre precisare che si intende per saggio di interesse il prezzo pagato per l’ uso di una unità di moneta liquida riferito all’ unità di tempo (generalmente un anno); mentre si definisce saggio di capitalizzazione il prezzo d’uso, riferito allo stesso periodo di tempo, di un’ unità di risparmio trasformato in « capitale » (cioè , investito nell’acquisto di un bene economico). Il capitale è quindi, per definizione, un « fondo » di beni economici considerato in un determinato istante di tempo; il reddito è invece il « flusso » di servizi (generalmente monetari) provenienti da tale fondo e considerati in un determinato periodo di tempo. Il saggio di capitalizzazione si configura, quindi, come l’elemento in grado di collegare l’entità del fondo dei beni (e cioè il suo valore istantaneo) al flusso del reddito attraverso la relazione: V
m
= R/s
Il saggio di capitalizzazione riflette sia il prezzo d’uso del capitale impiegato nell’acquisto dei beni economici (beni immobiliari) sia il livello di rischi o connesso all’ investimento immobiliare. E sso può essere stimato attraverso procedimenti sintetici oppure procedimenti analitici1 . La stima diretta prevede l’ individuazione dei tassi di capitalizzazione mediante il rapporto tra il reddito ed il prezzo. In particolare, nel mercato si debbono individuare, analogamente a quanto accade per il procedimento sintetico comparativo, i canoni di locazione e i prezzi di compravendita, definendoli rispetto all’immobile oggetto di stima. 1 Questa ultima parte del paragrafo inerente la stima dei saggi rappresenta una sintesi dello stesso argomento trattato, più ampiamente, nel testo G abrielli L., Lami I.M ., Lombardi P., 201.
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Il riferimento concettuale e metodologico alla comparazione diretta è chi aro. È da rilevare che il procedimento di capitalizzazione è impiegato nel caso in cui il mercato delle compravendite sia poco vivace (in alternativa a quello sintetico) e quindi potrebbe risultare difficile l’individuazione di dati relativi a transazioni simili, avvenute in un ragionevole arco di tempo e nello stesso segmento di mercato. Inoltre, prezzi e canoni fanno riferimento a due mercati distinti (di compravendita e di locazione) ove domanda e offerta sono governate da logiche economiche diverse e presentano caratteristiche distintive. Qualora non fosse possibile rilevare dati relativi alla compravendita, sarà necessario indagare segmenti di mercato prossimi a quello oggetto di stima. Questo procedimento, indicato « processo di ricerca remota del saggio di capitalizzazione », consiste nella verifica e rilevazione dei dati necessari (compravendita, canoni di affitto) in mercati prossimi a quello oggetto di stima fino a quando non sia possibile individuare un saggio da impiegarsi nella capitalizzazione. Per quanto concerne i procedimenti indiretti, questi fanno riferimento ad alcune metodologie consolidate nell’ estimo tradizionale, ed altre che prendono spunto dalla teoria finanziaria. Queste sono: – –
i procedimenti additivi: • del saggio medio; • del saggio minimo; i procedimenti finanziari.
I procedimenti additivi si fondano sulla stima del saggio a partire da quello medio o quello minimo, procedendo poi mediante l’ aggiustamento con una serie di addendi riferiti a caratteristiche tecniche o economiche proprie dell’ immobile o degli investimenti immobiliari. Il metodo del saggio medio si basa sulla ricerca del saggio di capitalizzazione medio di mercato, a cui vengono applicati degli aggiustamenti che tengono conto della particolare condizione dell’immobile: si valuteranno, in particolare, le influenze ascendenti e discendenti relative alle condizioni che fanno diminuire ed aumentare, rispettivamente, il valore dell’ immobile. Le caratteristiche ascendenti saranno indicate con il segno positivo (caratteristich e ch e inducono maggiore risch iosità nell’ investimento e quindi un minor valore, quali scarsa possibilità di parche ggio, ambiente degradato, presenza di inquinamento ambientate, ecc.) , mentre quelle discendenti avranno un segno negativo (buona posizione nel mercato, vicinanza ai pubblici servizi, luminosità dell’ ambiente, caratteristiche tecnologiche di pregio, cioè caratteristiche che diminuiscono il saggio e aumentano, di conseguenza, il valore di mercato) . In tal modo, mediante le influenze ascendenti e discendenti è possibile correggere il saggio medio in funzione di caratteristich e particolari dell’ immobile quali localizzazione, destinazione d’ uso, tipologia edilizia, dimensione. Il saggio medio si calcola come media fra il saggio minimo e il saggio massimo rilevati nel particolare segmento di mercato. S i avrà così: r= – –
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rmax + rmin 2
+
∑I −∑I a
d
r = saggio di capitalizzazione; rmax = saggio massimo di capitalizzazione;
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– – –
rmin = saggio minimo di capitalizzazione; ia = influenze ascendenti; id = influenze discendenti.
Le influenze ascendenti e discendenti sono numerose e diversificate in ragione dei diversi segmenti di mercato e delle peculiarità dei singoli immobili. D iversi autori (F orte, De Rossi B., 1974; Orefice, 2003; Realfonzo, 1994) hanno proposto una tassonomia delle influenze che si può ricondurre a quella impiegata per la stima per punti di merito (caratteristiche posizionali intrinseche , estrinseche , tecnologiche e produttive) . Un secondo approccio additivo esamina il saggio di capitalizzazione a partire da un saggio minimo degli investimenti privi di rischi o (tipicamente i Titoli di stato) o di investimenti con un rischi o minimo. A tale saggio viene sommata una serie di premi che considera le peculiarità dell’ investimento immobiliare. Il metodo è chi amato Build up Approach o metodo per fattori, e trova applicazione soprattutto nella stima dei saggi di attualizzazione. In sintesi, il tasso di capitalizzazione è determinato da due addendi: – –
il rendimento per investimenti privi di rischi o: un adeguato premio per il rischi o. S i ha così: r=
rmax + rmin 2
+
∑I −∑I a
d
Con: – r = saggio di capitalizzazione; – rrf: saggio privo di rischi o; – ri: premi per il rischi o Il principale vantaggio di tale approccio è quello di focalizzare l’ attenzione sulle diverse tipologie di risch io immobiliare e sul loro peso, rich iedendo, da parte del valutatore, una precisa stima di ogni componente e della ragione dell’ uso di uno o più fattori. Tuttavia è una debolezza la soggettività con cui si può stimare il peso dei premi per il rischi o: la prassi suggerisce dei range di valori, senza tuttavia esplicitare completamente le logiche con cui attribuire tale peso. Il tasso privo di rischio è rilevato da uno strumento finanziario: solitamente si impiegano i rendimenti lordi dei titoli di stato decennali o con scadenze maggiori o con durata analoga al periodo temporale in cui si ritiene il bene mantenga costante la propria utilità. Il premio per il risch io immobiliare fa riferimento a fattori positivi o negativi raggruppabili in macroclassi di fattori: economici e finanziari; del settore delle costruzioni; del mercato immobiliare; specifici dell’immobile. Occorre infine sottolineare come la letteratura estimativa individui due concetti di reddito ed altrettanti di saggio: il reddito ed il saggio lordo ed il reddito e saggio netto. Il reddito lordo è rappresentato dall’affitto di locazione al lordo di spese ed imposte che spettano al proprietario dell’ immobile. Il reddito netto si calcola sottraendo al reddito lordo le spese di gestione dell’ immobile e le imposte. Nella valutazione degli immobili al reddito netto si associa sempre un saggio di capitalizzazione netto, mentre al reddito lordo sarà necessario accostare un saggio lordo. La discussione in merito all’ impiego di redditi lordi in luogo di redditi netti è aperta.
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Una prima considerazione in merito riguarda le fonti immobiliari, le quali sono solite riportare saggi di rendimento da locazione al lordo delle spese e quindi rendono diffuso nella prassi l’ impiego di un reddito lordo in luogo del reddito netto. Inoltre, la stima delle spese da portare in detrazione risulta spesso approssimativa e priva di riferimenti, basata su applicazioni di empiriche percentuali come ammontari di spese da sottrarre al reddito lordo. Infine, la difficoltà della stima risiede anche nell’individuazione dei saggi netti. 2.1.4
Il valore di trasformazione
Il valore di trasformazione trova applicazione nelle stime di beni immobiliari suscettibili di trasformazione nella forma, della funzione o nella destinazione quando cioè non sono impiegati nel modo economicamente più vantaggioso e quindi non in grado di dispiegare la massima utilità. Il valore di trasformazione è utilizzato nella stima analitica del valore di mercato di qualsiasi bene suscettibile di trasformazione, ma soprattutto nel caso di suoli appartenenti ad aree urbane con una edificabilità di diritto sancita dagli strumenti urbanistici, o in aree urbanizzabili, ove non si possa trascurare la potenziale edificabilità futura (edificabilità di fatto). In quest’ultimo caso, il valore di trasformazione assume un contorno più sfumato, giacch é incorpora, per i terreni prossimi al centro urbano e collegati ad esso da vie di comunicazione, una sorta di valore di attesa, che si colloca, in termini economici, al di sopra del valore agricolo, ma non è tuttavia pari al valore di mercato delle aree la cui edificazione è già stabilita dagli strumenti urbanistici. S i può individuare, nell’ espressione del valore di trasformazione, anche il valore di mercato degli edifici vetusti o obsoleti oggetto di futura trasformazione attraverso la loro riqualificazione e/o cambio di destinazione d’uso. In ogni caso, la trasformazione ipotizzata deve essere tecnicamente possibile, legalmente ammissibile ed economicamente conveniente. La proposta di trasformazione terrà conto dell’ ordinario sfruttamento edilizio che è definito dalle norme urbanistiche, nelle quali sono indicati i limiti dai confini, le destinazioni d’uso e gli indici di edificabilità. Operativamente la stima del valore di trasformazione si ottiene attraverso la formula seguente: Vtr =
Vmp − Ctr
(1
+r
)i
Ove: – V t: valore di trasformazione; – V mp: valore di mercato post-trasformazione; – Ctr: costi di trasformazione (costo di costruzione a nuovo o costo di riqualificazione); – r: saggio di sconto; – i: tempo iesimo (i < n) rispetto al quale si verificano i costi e i ricavi, dove n rappresenta la durata dell’ intera trasformazione. Tutti i valori attribuiti ai parametri economici sono ordinari, ed ordinaria è la trasformazione ipotizzata ed i soggetti coinvolti nella trasformazione. Importante è la distinzione con l’ approccio anglosassone dell’ Highest and Best U se (G abrielli et al., 2 0 1 1 ) : in quest’ ultimo approccio, infatti, si devono considerare non tanto le condizioni ordinarie della trasformazione (valori, soggetti, comportamenti) ma piuttosto la destinazione più conveniente rispetto al portafoglio di alternative realizzabili nel mercato di riferimento,
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trasformazione che riflette il miglior valore di trasformazione tra quelli prospettati per l’ immobile. Il valore di trasformazione applicato come « metodo di stima » è volto a cercare il più probabile valore di mercato di un bene suscettibile ad essere trasformato. E sso è ottenuto dalla differenza tra il valore di mercato atteso delle risorse che tale bene potrà possedere dopo la trasformazione ed i costi complessivi del progetto necessari per la trasformazione stessa, e rappresenta l’ ammontare massimo ch e il promotore dell’ iniziativa può pagare per l’acquisizione del bene oggetto di trasformazione o riqualificazione. La differenza tra i valori positivi (ricavi) e le voci negative (costi) permette di interpretare il valore degli immobili destinati ad essere trasformati come valore residuo tra queste due voci. Il procedimento di stima incorpora anche due fattori legati al tempo: r, il saggio di sconto e n, la durata della trasformazione che , in modo congiunto, permettono di internalizzare la dimensione temporale della trasformazione nell’ algoritmo di calcolo. L’ algoritmo di calcolo può essere declinato secondo diversi livelli di complessità e riflettere così l’articolazione del processo di trasformazione o di riqualificazione immobiliare connotato da un sistema organizzativo eterogeneo, da successioni di fasi nel mediolungo periodo e da una molteplicità di soggetti. In una trasformazione immobiliare sono infatti coinvolti il promotore immobiliare, il costruttore, i fornitori, i progettisti, la Pubblica Amministrazione, le agenzie immobiliari, gli istituti finanziatori, e la proprietà del bene che cerca, attraverso la stima, di individuare il più probabile prezzo del fattore produttivo da immettere nel mercato. A tali figure spettano i costi di trasformazione, in forma di remunerazione del lavoro o di remunerazione del rischi o assunto durante le diverse fasi, o anche le spese sostenute per la fornitura dei fattori coinvolti nella produzione. Tale struttura dei costi subisce una profonda mutazione in relazione ai soggetti che intervengono nella trasformazione: se l’ impresa di costruzione fosse anche il promotore della trasformazione, necessariamente le voci concernenti le spese generali e al profitto di impresa si ridurrebbero. Infatti, tali voci ora dovrebbero essere corrisposte ad un unico soggetto. Quando lo scenario futuro è connotato da notevole incertezza in merito ai valori da impiegare, o alle caratteristiche del mercato immobiliare dopo il processo di trasformazione, si preferisce stimare i ricavi e i costi all’ attualità sulla base del principio di permanenza delle condizioni. Il costo di trasformazione ed il valore di mercato post-trasformazione vengono solitamente stimati attraverso una stima sintetico-comparativa in quanto la verifica del valore di trasformazione di un fattore produttivo è effettuata durante la fase decisionale e quindi in assenza di un progetto definitivo o esecutivo che permetta di dettagliare la stima dei costi e definire puntualmente le somme monetarie relative alle diverse lavorazioni. In presenza di un progetto definitivo, corredato di tavole esecutive e cronoprogramma sarà preferibile ricorrere ad un’ analisi costi-ricavi. 2.1.5
Il valore complementare
Una delle possibili classificazioni dei beni economici è relativa ai beni che siano tra loro complementari, intendendo come tali quei beni che devono (o possono) essere utilizzati congiuntamente per conseguire una determinata utilità, ove tale complementarità può essere anche soltanto soggettiva. Il rapporto di complementarità può essere di due tipi:
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• •
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complementarità d’uso: l’ utilizzazione congiunta dei due beni consente un livello di utilità complessivamente più elevato della somma delle utilità derivanti dall’ uso separato di ciascuno dei beni; complementarità produttiva: dall’ impiego congiunto dei due beni si può ottenere una produttività superiore a quella conseguibile attraverso la loro separata utilizzazione.
D ue beni economici A e B sono tra loro complementari se il valore derivante dal loro impiego congiunto è superiore alla somma dei valori delle due parti distinte: V (a + b) > V a + V b In tali condizioni è possibile stimare valore che assume la porzione di un bene nei confronti del bene originario nella sua unità economica e/o produttiva. Ne consegue che il più probabile valore di mercato di un bene che costituisce una parte componente un bene complesso si ottiene dalla differenza tra il più probabile valore di mercato del bene intero e il più probabile valore di mercato della parte residua. V ca = V (a + b) – V b V ca = valore complementare a V (a + b) = valore di mercato dell’ intero bene V b = valore di mercato della parte residua L’ applicazione del valore complementare può avvenire per due casi speculari, ossia nella duplice ipotesi di: staccare da un bene una porzione, oppure accorpare ad un bene preesistente una porzione. S i effettua dunque una doppia stima la cui origine deriva, nell’ ipotesi del distacco, dal duplice tipo di danno che subisce il proprietario del bene: • •
il primo danno deriva proprio dalla sottrazione; il secondo dal fatto che la parte residua subisce un danno indiretto, nel senso che la sottrazione genera un decremento del valore originario.
Relativamente all’ ipotesi di accorpamento, il valore complementare è rappresentato dalla differenza tra il valore di mercato dell’ intero bene (compresa la porzione da accorpare) e il valore di mercato del bene originario. L’applicazione del valore complementare presuppone il verificarsi di tre condizioni: • • •
che tra il bene da stimare e l’ intero bene esista un rapporto di complementarità (inteso in termini prettamente economici più che fisici); ch e il bene da stimare (cioè la porzione da staccare o da accorpare) non sia facilmente reintegrabile o sostituibile; ch e vi sia un autonomo valore di mercato delle porzioni supposte « con » e « senza » il bene da valutare. D i conseguenza, non esisterà valore complementare quando:
•
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la parte distolta appartiene ad un aggregato di beni indipendenti fra loro (un ampio terreno edificabile diviso in due unità, senza soglie minime di superficie per garantire l’edificabilità);
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• •
la parte distolta sia facilmente sostituibile, surrogabile o ricostituibile (il tetto di una casa distrutto da un temporale, le parti di una macchi na) ; la parte residua non è valutabile sotto l’ aspetto del valore di mercato.
Un’ occasione pratica in cui si origina la necessità di ricorrere alla stima del valore complementare è quella dei reliquati urbani. In seguito ad espropriazioni parziali possono residuare aree urbane non più edificabili denominate reliquati o pezze segregate. I reliquati, avendo perso la loro prerogativa fondamentale – l’edificabilità – non hanno di per sé valore. Un reliquato può però presentare l’ attitudine di aumentare il valore di una proprietà confinante, alla quale venga unito e alla quale trasferisca la propria cubatura. 2.1.6
Il valore di surrogazione
Un’ulteriore classificazione dei beni economici è relativa ai beni sostituibili (o fungibili, o succedanei) intendendo per tali quei beni ch e possono essere adibiti dall’ uomo al conseguimento di uno stesso scopo o al conferimento della medesima « utilità ». È possibile definire valore di surrogazione il valore di un bene economico il quale presenti la stessa utilità di un altro bene e che , pertanto, possa a questo sostituirsi. Per poter applicare questo criterio di stima devono essere soddisfatte due condizioni di base, cioè che : 1) 2)
Il bene da stimare sia surrogabile da un altro bene; Il surrogato presenti la stessa funzionalità del bene oggetto di stima.
« Il valore di surrogazione del prezzo indeterminato di un immobile fuori mercato – ovvero del valore di costruzione di un immobile fuori produzione – si configura come il valore, noto, di mercato – o di costo di un altro immobile, sotto la condizione che l’immobile surrogante dispieghi analoga funzione e utilità economica del bene oggetto di stima, pur essendo dissimile » (Realfonzo, 194) . Le condizioni della stima per l’ applicazione del valore di surrogazione sono le seguenti: l’ immobile A di cui si vuole stimare il valore è fuori mercato o fuori produzione; deve esistere un immobile B che dispieghi la stessa utilità e la stessa funzione dell’ immobile oggetto di stima; dell’ immobile B devono essere conosciuti il prezzo di mercato ovvero il costo di costruzione. Il caso di stima del valore di surrogazione come valore (prezzo) di un dato immobile si verificherà, ad esempio, per gli immobili in condizioni di quasi-monopolio bilaterale, per la cui tipologia non sarà generalmente possibile rinvenire, nel mercato, prezzi di compravendita. Il caso di stima del valore di surrogazione come costo di riproduzione di un dato bene riguarderà gli edifici fuori produzione, quali ad esempio, gli edifici residenziali di antica costruzione. Si definisce « costo di riproduzione » di un fabbricato il costo che sarebbe necessario sostenere per produrre un fabbricato di analoga utilità. S i deve intendere come « costo di riproduzione » di un fabbricato il costo che si dovrebbe sostenere attualmente per realizzare un fabbricato analogo come ubicazione e spazio interno utile, ma con le tecnich e costruttive e le soluzioni tecnologiche e compositive contemporanee e con riferimento ai prezzi attuali (F orte e D e Rossi, 1974) .
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Il valore economico totale
I beni e i servizi utilizzati dalla collettività in un certo sistema socio-economico possono essere distinti, in relazione alle modalità di fruizione, in beni di tipo pubblico e beni di tipo privato. I beni pubblici, detti anche a consumo collettivo, sono tali perchè la fruizione da parte di un individuo è compatibile con quella di molti altri soggetti (non rivalità) . Un’ altra caratteristica che distingue i beni pubblici da quelli privati è la non-escludibililità, cioè la difficoltà o impossibilità da parte di un individuo di escludere altri individui dall’uso di tale bene (G rillenzoni, G rittani, 194) . La non-escludibiltà può essere di natura tecnica (cioè non è tecnicamente possibile escludere alcuni individui dal godimento del bene come nel caso della difesa nazionale) ovvero economica (l’ esclusione sarebbe troppo costosa e quindi non conveniente dal punto di vista economico, come nel caso dell’ accesso ad una montagna, una spiaggia, un tratto di mare, ecc.) . I beni pubblici puri possiedono in senso assoluto tali proprietà. D ’ altra parte, poiché i beni pubblici puri sono rari (sebbene includano importanti casi quali la difesa nazionale) , nel gergo degli economisti il termine « bene pubblico » è in genere riferito a beni pubblici impuri, o pubblici soltanto con riferimento a un particolare sottinsieme di consumatori. È importante al riguardo osservare che un bene pubblico può essere fruito da parte dell’ intera società, laddove un bene ch e è utilizzato soltanto da un suo sottinsieme dovrebbe essere considerato un bene collettivo. E sempi di beni collettivo ma non pubblici sono dati dalla strada e dai servizi scolastici: una strada è un bene a consumo relativamente non rivale (salvo le situazioni di congestione) , tuttavia è tecnicamente ed economicamente possibile escludere alcuni dal suo consumo, facendo pagare un prezzo (pedaggio) a coloro che la vogliono utilizzare; una lezione scolastica può essere ascoltatata contemporaneamente da più persone (è dunque un bene a consumo non rivale) ma è agevole stabilire che vi possono accedere solo coloro che pagano una tassa d’ iscrizione. I beni culturali/ambientali quali parchi, centri storici, monumenti ecc. sono spesso fruiti dalla collettività in modo gratuito e generalizzato. V engono per questo ritenuti beni pubblici in quanto caratterizzati – per molti aspetti e entro certi livelli di uso – dalla nonesclusione e non-rivalità nel consumo. In realtà per alcuni beni, per la funzione ricreativa, la non rivalità nel consumo non si mantiene inalterata all’ aumentare del numero dei consumatori (effetti di congestione) . La società ha ampliato la sua gamma di bisogni. Di conseguenza i beni – in senso categoriale – si sono ampliati in numero e qualità; in altri termini, entrano nell’area economica beni ch e prima non erano tali per non avere certi requisiti, esempio la limitazione, la scarsità, la godibilità, ecc. F usco G irard (1 9 8 7 ) h a posto l’ attenzione sui beni a prevalente caratterizzazione qualitativa. Esistono risorse, quali i beni culturali/ambientali, il cui valore sta assumendo sempre maggiore peso rispetto ad altri valori sociali: la scala delle priorità si sta modificando, riconoscendo ad essi ed ai valori qualitativi una sempre maggiore importanza. Tra questi beni, il patrimonio archi tettonico-ambientale è considerato una parte speciale del patrimonio edilizio esistente ch e viene ritenuto di particolare importanza per la qualità della vita umana. Lo sforzo della conservazione deve essere misurato non solo sul valore culturale del patrimonio ma anch e sul valore d’uso. In questa prospettiva la nozione di patrimonio arch itettonico assume una nuova dimensione: dal monumento storico isolato si allarga fino a comprendere gli insiemi architettonici urbani e rurali, in uno con
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l’ apporto delle epoch e arch itettonich e a noi più vicine. In altri termini il patrimonio arch itettonico comprende non solo edifici isolati di valore eccezionale e l’ambiente che li circonda, ma anch e insiemi, quartieri di città e villaggi ch e presentano interesse storico o culturale (Rizzo, 198 9) . S intetizzando, i beni di interesse pubblico che rientrano nel « corpus » dottrinale dell’ E stimo ha nno i seguenti requisiti (G rillenzoni, G rittani 194) : 1)
A ppartenenza alla collettività; Una più o meno accentuata caratterizzazione qualitativa. 2)
Questi beni o risorse sono quelli di carattere territoriale-ambientale e storico-culturale. La scarsità e il maggiore apprezzamento da parte della collettività legittima la loro appartenenza alla sfera della competenza estimativa. C ome si possono stimare in termini monetari i beni pubblici non soggetti a scambio, e cioè senza mercato? Il loro valore è stato espresso con il termine di « valore d’ uso sociale» o con il termine di « valore di utilità sociale ». Il valore sociale di un bene pubblico è funzione dell’ utilità sociale, e cioè dell’ utilità ch e può offrire alla collettività o ad una C omunità. Tale valore sociale di un bene pubblico ad uso gratuito, in assenza di scambio, non può che avvenire, salvo eccezioni, costruendo o simulando il mercato. « Il valore d’ uso sociale supera ma non annulla né il valore d’ uso privato né il valore di mercato. È un concetto dinamico perché è collegato al contesto storico-sociale in cui si colloca e non può non contemperare ed esaltare i legittimi interessi dei singoli a soddisfare le loro esigenze e gli interessi della collettività a tutelare e valorizzare la propria ricch ezza spirituale, artistica, culturale, materiale, ecc. In sintesi gli oggetti culturali, in quanto beni di fruizione sono una fonte di utilità privata e pubblica. Questo è sufficiente per definirli beni economici a cui si possono attribuire valori più o meno facilmente determinabili » (Rizzo, 198) . La valutazione economica dei beni ambientali h a subìto, nel corso degli anni, una notevole rielaborazione teorica, sino ad arrivare al concetto di V alore E conomico Totale (V E T) (F ig. 2.1) . Il V E T è composto quindi da una parte del valore direttamente legata all’ uso del bene e da una parte che prescinde invece l’ utilizzo; a loro volta articolati in quattro aspetti del valore (G rillenzoni e G rittani, 194; S tellin e Rosato, 198) . Il valore d’uso è associato al beneficio derivante all’uso concreto che viene fatto della risorsa e coincide quindi con il concetto di costo opportunità. Il valore d’ opzione (V o) è invece interpretabile come il valore degli usi potenziali futuri di una data risorsa, contrapposto al valore d’ uso in atto. Il V o indica quindi la spesa addizionale che ogni agente è disposto ad affrontare per potersi garantire anche nel futuro l’ utilizzo della risorsa oltre che dei beni e servizi da essa prodotti. C oncettualmente corrisponde all’ ammontare di un ipotetico premio assicurativo pagato per avere la garanzia della disponibilità futura del bene. Nel caso di risorse ambientali e territoriali rispetto alle quali si ha nno ancora scarse informazioni diventa poi rilevante il valore di quasi opzione (V qo). C on tale concetto ci si riferisce al valore dell’ opzione di conservazione di una risorsa per usi potenziali futuri sulla base di una qualch e aspettativa di incremento delle conoscenze necessario alla sua valorizzazione. Il valore di lascito si identifica con l’utilità derivante dalla consapevolezza che, grazie al proprio interessamento, anche le generazioni future potranno godere di determinate risorse ambientali.
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VET Valore Economico Totale
Valore d’uso
Valore di non uso
Valore di uso diretto
Valore di opzione
Valore di lascito
Deriva da beni che possono essere estratti consumati e utilizzati direttamente.
È legato al desiderio di assicurarsi la disponibilità del bene nel futuro.
Si riferisce alla possibilità di usufruire di un determinato bene da parte delle generazioni future.
Valore di esistenza
È legato alla possibilità di preservare il bene da una possibile distruzione.
Fig. 2.1 Valore Economico Totale (VET).
Il valore di esistenza deriva dal sapere ch e la risorsa esiste e continuerà ad esistere ed è un concetto completamente separato da qualsiasi considerazione circa l’ uso presente o futuro della risorsa stessa. Il valore di esistenza è riconducibile a posizioni di tipo etico, morale, ideologico. Un bene pubblico (perlomeno quello considerato nell’ E stimo) è un bene particolare perché non ha un valore di mercato, non è un bene riproducibile, è un bene extramercantile. E sso ha sia domanda sia offerta, ma non ha un prezzo di scambio. È facile osservare ch e mano a mano ch e ci si sposta dalla componente del V alore d’ uso diretto verso il valore di opzione e i valori non d’ uso diminuisce la « tangibilità » dei benefici generati dalla risorsa stessa, il che rende necessario l’impiego di tecniche di valutazione ad hoc (S tellin, Rosato, 198) . Normalmente il valore di mercato non è in grado di « catturare » il valore intrinseco di un bene: semplicemente non è lo strumento adatto. Inoltre, anche il valore economico totale, che rappresenta la somma della disponibilità a pagare totale per quel bene, è comunque una sottostima del « vero » valore economico, in quanto non tiene conto di quel plusvalore sistemico che difficilmente viene riconosciuto fino a quando non avvengono eventi catastrofici, come ad esempio una frana causata dalla deforestazione. Le preferenze che determinano le scelte economiche e i comportamenti individuali possono essere utilizzate per stimare i valori delle WTP/WTA (willingness to pay e willingness to accept) che le persone attribuiscono a diversi tipi di servizi, o danni, di tipo ambientale e/o culturale. Per D A P (disponibilità a pagare) o W illingness to pay (W TP) si intende la disponibi-
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Tab. 2.1 Stima del VET: preferenze rivelate e preferenze dichiarate
Approccio
Metodologia
Caratteristiche
Preferenze rivelate
Metodo edonico
Preferenze dichiarate
Valutazione contingente
Si basa sull’affermazione della disponibilità a pagare o ad accettare in corrispondenza di una certa offerta di un bene pubblico.
Modelli a scelta discreta
Si basano sulla stima dell’utilità in funzione della scelta tra alternative discrete relative a un certo bene.
Metodo del costo di viaggio
Si basano sul principio di complementarietà debole tra un bene di mercato e un bene pubblico.
lità a pagare, da parte della collettività, per continuare a fruire di un certo bene. Per D A C (disponibilità a accettare) o W illingness to accept (W TA ) si intende la disponibilità ad accettare una somma di denaro, da parte della collettività, per rinunciare alla fruizione di un certo bene. D al punto di vista estimativo, le differenti componenti del V E T possono essere stimate sulla base di osservazioni raccolte in contesti di scelta reale – Preferenze Rivelate (PR) – o, in alternativa, impiegando osservazioni sperimentali estratte da contesti ipotetici o contingenti – Preferenze Dichiarate (PD) – (Tab. 2.1). La differenza tra questi due approcci è che le prime non rappresentano una scelta reale; esse vengono rilevate, in una prospettiva di simulazione del mercato, sottoponendo al consumatore scenari ipotetici, il tutto con l’ ausilio di metodologie studiate appositamente allo scopo.
2.2
La globalizzazione dei mercati immobiliari e la necessità di uno standard setter per la disciplina estimativa continentale
D all’ antichi tà agli anni S ettanta del secolo scorso i criteri adottati nelle stime immobiliari, salvo rari casi, generalmente incontravano le aspettative dei singoli sotto-mercati entro determinati confini territoriali2 . Tuttavia, a partire dall’ apertura dei mercati cross-border, fenomeno del resto facilitato dallo sviluppo della tecnologia nel campo della comunicazione informatica, il commercio di beni, prodotti finanziari e, non ultimi, immobili, ha iniziato a richiedere valutazioni comparabili a livello internazionale. Nel decennio Ottanta-Novanta l’ Unione E uro2 C ome osservano ad esempio H ordij k, C ondit, nell’ Inghi lterra medioevale, un indicazione del valore del terreno era data dal numero di cavalieri (in numero o in equivalente apprezzamento in moneta) di cui disponeva il sovrano locale. In: H ordij k, C ondit, 197.
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pea ha via via liberalizzato i commerci e il contestuale repentino cambiamento dell’ assetto politico internazionale (si pensi al crollo del muro di B erlino del 1 9 8 9 ) h a sensibilmente contribuito a stimolare un irreversibile progresso verso una maggiore omogeneità e liquidità finanziaria. L’introduzione dell’Euro, quale moneta unica in tutta l’area della Comunità Europea, ha infine ampliato e facilitato le transazioni finanziarie, il commercio di beni, lo sviluppo di società quotate multinazionali e lo sviluppo della finanza immobiliare, al punto di rendere necessario un riordino di criteri e standard di valutazione. A titolo di completezza si ricorda che , come ripreso più avanti nel testo, l’ armonizzazione degli standard di valutazione immobiliare così come delle procedure di contabilità e scrittura di bilancio, presentano punti di contatto rilevanti per quanto concerne la rilevazione del valore delle attività immobiliari (terreni, fabbricati e impianti) e la registrazione delle voci di bilancio che da queste dipendono (ammortamenti, manutenzione ordinaria e straordinaria, investimenti, ecc.) 3 . D all’ avvio del fenomeno della globalizzazione culturale, sociale ed economica, possiamo osservare come i sistemi giuridici e normativi storicamente sviluppatesi all’ interno delle singole realtà nazionali, e responsabili delle note differenze giuridiche e contabili oggi riscontrabili tra Paesi diversi, apportano anche alcuni disallineamenti concettuali e procedurali in materia di valutazione immobiliare. Tuttavia, l’ attuale mancanza di omologazione internazionale delle discipline estimative comporta problemi di non semplice gestione. Tali divergenze, nella maggior parte dei casi, derivano non tanto dall’ uso di « differenti metodologie », quanto piuttosto da paradigmi socio-culturali che portano a interpretare in modo diverso aspetti apparentemente universali della disciplina. C ome viene anch e approfondito nel C apitolo 8 , dedicato al tema dei diritti immobiliari, le differenze riscontrabili tra approcci estimativi che si riferiscono a sistemi giuridici diversi (quali ad esempio gli ordinamenti giuridici di civil law sul quale è basato il C odice C ivile italiano, rispetto a quelli di common law, tipici dei paesi di cultura anglo-americana) possono impattare in modo importante sul risultato della stima. D i fronte all’ attuale mancanza di un’ omologazione di normative e principi inerenti le discipline estimative a livello globale è tuttavia importante ricordare che la necessità di delineare sottoinsiemi di rifermento per lo meno « continentali », rispetto al panorama valutativo transnazionale, è divenuta oggi di estrema importanza. La volontà di coordinamento manifestata dalla stessa Unione E uropea a partire dall’ ambito contabile h a del resto accelerato la necessità di confronto e di individuazione di un nuovo standard setter verso cui convergere anche sul piano della valutazione immobiliare4 . I requisiti di « oggettività » e « scientificità metodologica » che fino agli ultimi dieci anni, soprattutto in Italia, erano tenuti di poco conto nelle valutazioni immobiliari, sono oggi richi esti in modo puntuale per diversi motivi. Tali ragioni possono essere individuate nell’importanza che la valutazione immobiliare, ai fini di operazioni straordinarie come le seguenti, ha nno acquisito sul piano internazionale: – –
valutazioni immobiliari finalizzate a transazioni; erogazione del credito secondo quanto stabilito nell’ accordo B asilea 2;
3 S i è ritenuto utile dedicare nel M anuale un intero capitolo (C apitolo 4 : Risvolti estimativi indotti dal processo di armonizzazione contabile avviato a livello internazionale) alla trattazione specifica degli standard internazionali di rendicontazione contabile noti come IAS – International Accounting Standards. 4 H ordij k, C ondit, 197, op. cit.
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International Accounting Standards Si ritiene a proposito utile ricordare come gli IAS rispondano, sul piano contabile, alla stessa esigenza, manifestata sul piano valutativo, di reperire requisiti obiettivi per l’espressione di valori oggettivi mediante l’applicazione di metodologie condivise, dimostrabili e riproducibili in sede internazionale.
– valutazioni di società immobiliari quotate; – valutazioni richieste per la stipulazione dei mutui; – valutazioni all’interno di operazioni di finanza immobiliare (cartolarizzazioni, fondi immobiliari, spin-off, ecc.) ; – valutazioni ai fini contabili (soprattutto con riferimento agli I nternational A ccounting S tandard*) .
La fertile produzione di codici e standard valutativi, aggiornati periodicamente nei diversi contesti (globale, europeo e nazionale) costituisce quindi oggi un supporto essenziale al fine di rendere le stime oggettive, scientifiche, riproducibili e trasparenti. Gli standard affrontano, nello specifico, tutti gli elementi che concorrono ad allestire la stima degli immobili e si soffermano su particolari aspetti ch e sono difficili da individuare in modo uniforme tra diverse realtà nazionali da un punto di vista culturale e di conseguenza tecnico: dalla definizione del valore di stima alla scelta dei relativi procedimenti, dalla rilevazione delle consistenze alla modalità di redazione della relazione di stima (perizia) , ovvero tutto quanto concorre a rendere chi ari i valori e quindi ad incrementare la fiducia degli operatori del settore. S i sottolinea a questo proposito quanto il sistema economico-immobiliare possa oggi trarre un elevato beneficio da questo processo di armonizzazione, soprattutto a fronte dell’ incremento della percezione del rischi o d’ investimento avvertito dagli operatori sia pubblici che privati in relazione all’attuale crisi dei mercati finanziari5. La stessa C ommissione E uropea è intervenuta sul tema pubblicando nel 2 0 0 7 il « W hi te Paper on mortgage credit6 », documento propedeutico alla definizione di una specifica Direttiva nel mercato del credito ipotecario, al fine di auspicare « trasparenti e solidi requisiti per i periti e per l’ utilizzo dei criteri di stima »7 . In risposta al documento, nel nostro Paese, è intervenuta l’ A B I (A ssociazione B ancaria Italiana) , che , nel 201 0, ha stipulato un « Protocollo d’ Intesa per lo sviluppo del mercato delle valutazioni immobiliari » con le principali istituzioni nazionali e internazionali operanti in Italia nel settore a tutela della « garanzia creditizia »8 (tra i numerosi partner dell’ iniziativa si annoverano: Tecnoborsa, gli ordini professionali di arch itetti, ingegneri, geometri e periti, e alcune società di consulenza e gestione immobiliare) . È rilevante ricordare, tuttavia, che , ad oggi, questo ampio patrimonio di standard e linee guida è applicabile solamente su base volontaria e che sono ancora molti i problemi di allineamento riscontrati da numerosi studi oggi disponibili sull’ argomento9 . Tra le questioni più discusse nel panorama accademico attuale si segnala, ad esempio, la mancanza di un corretto uso del « valore di mercato », che a volte viene interpretato come highest and best use dell’ area (di cui si rimanda per approfondimenti al capitolo 5) a prescindere dal costruito sovrastante, o al contrario, viene portato a coincidere con l’ existing use, a discapito di una stima ch e tenga in conto le piene potenzialità del terreno. D a quanto detto è intuitivo comprendere come la mancanza di ch iarezza su un aspetto 5 6 7 8 9
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C fr. M icha el, G uow ei, 2013. C OM (207) 807 del 18.12.207. Protocollo d’Intesa per lo sviluppo delle valutazioni immobiliari, ABI, 25 novembre 2010, Roma. Per approfondimenti ai contentuti della circolare n° 263/2006 della Banca d’Italia e al testo Castello 2012 C fr. H ordij k, Nelisse, K oerhui s-G ritter, 201, E merald, 201.
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fondamentale del valore dei beni immobili può comportare la scelta di metodologie disparate utilizzate da periti di diversi Paesi anche per simili finalità. Un tema estremamente delicato riguarda poi l’ ampio ventaglio di procedimenti oggi utilizzati per la misurazione delle consistenze (che secondo alcuni studi inducono variazioni fino al 24% del calcolo della superficie degli immobili)1 0 . A d ampliare il dibattito sulla necessità di armonizzazione della materia estimativa seguono, infine, ulteriori criticità inerenti la Circolare 263/2006 della Banca d’Italia differente formazione richi esta ai periti a livello internazionale e le relative difformità di onorari, esigenze e garanzie di aggiornaAttualmente in Italia possono redigere stime immobiliari soggetti provemento professionale, che a loro volta incidono sulla qualità, esito nienti da diversi percorsi professioe dunque comparabilità delle stime. S i ricorda su questo aspetto la nali: geometri, architetti, ingegneri, nota della C ircolare 263/ 206 della B anca d’ I talia*, che sottoliperiti agrari o agenti immobiliari che nea come in Italia al momento non esiste la professione del valuhanno superato l’esame presso la camera di commercio o non meglio tatore e ch e questo, ovviamente, incide sui requisiti delle stime definiti « percorsi equipollenti ». stesse.
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2.2.1
I codici e gli standard di valutazione immobiliare: un inquadramento storico-normativo
Parallelamente all’ evolversi del quadro tratteggiato, alcuni attori istituzionali operanti a livello internazionale1 1 hanno iniziato, sin dagli anni Settanta del secolo scorso, a codificare, e pertanto a condividere, concetti, definizioni, e criteri di stima, raccogliendoli dalla letteratura e pratica estimativa internazionale. S i tratta dei seguenti organismi: – – –
IVSC – International Valuations Standard Council1 2 RICS – Royal Institution of Chartered Surveyors1 3 TEGoVA – The European Group of Valuers’ Association1 4
D i questi, come vedremo, sono approfonditi gli standard dell’ IV S C e di TE G oV A , in quanto costituiscono il riferimento principale per il C odice di V alutazione Immobiliare redatto da Tecnoborsa in Italia. Ripercorrendo l’ attività di standardizzazione in ambito europeo, un riferimento temporale d’ obbligo è il 1 97, quando è stata istituita la prima associazione europea di valutatori sotto il nome di TE G oV OF A (The E uropean G roup of V aluers of F ixed A ssets) . G li standard da essa elaborati risalgono al 1 9 7 8 , contestualmente al recepimento della I V D irettiva C E *. S i noti co-
*
IV Direttiva CE La IV direttiva nasce infatti dall’esigenza che i bilanci delle società di capitali dei vari paesi CEE siano tra loro comparabili in quanti redatti con schemi, terminologie e criteri omogenei di valutazione. Essa si pone l’obiettivo di armonizzare le legislazioni dei paesi membri per quanto concerne: – le informazioni che devono essere contenute nel bilancio annuale e nei documenti e relazioni che lo accompagnano; – le modalità di pubblicazione; – i principi contabili da applicare.
C fr. H ordij k, Nelisse, K oerhi us-G ritter, 201 In realtà è d’ obbligo sottolineare come, precedentemente all’ attività svolta in E uropa da questi soggetti, gli S tati Uniti e il C anada avessero già intrapreso un percorso di standardizzazione attraverso il lavoro svolto dall’ A ppraisal Institute, nato negli anni Trenta del secolo V entesimo. 1 2 Per approfondimenti si rimanda al sito http://www.ivsc.org/. 1 3 Per approfondimenti si rimanda al sito http://www.rics.org/it/. 1 4 Per approfondimenti si rimanda al sito http://www.tegova.org/. 1 0
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me questi primi riferimenti siano strettamente legati al contesto contabile. L’ utilizzo dell’ espressione fixe a et e i provvedimenti comunitari di allineamento contabile, ha nno infatti costituito l’ ambiente iniziale di riferimento per la TE G oV OF A . Pochi anni più tardi, nel 198, è stato fondato l’ IV S C (International V aluation S tandard C ommittee) con sede nel Regno Unito, avente lo scopo di « ... allestire principi e definizioni per la redazione di stime che siano riconosciute a livello internazionale... »15. È utile ricordare ch e proprio in quegli anni il Regno Unito stava attraversando una fase recessiva, che aveva reso le operazioni immobiliari sensibilmente più volatili ed incerte. È emerso dunque proprio in questo contesto la necessità di « garantire le esposizioni finanziarie creditizie delle banche » in un’ottica evolutiva di medio-lungo periodo1 6 . Nel 1 9 9 2 vengono poi pubblicati i primi « International V aluation S tandards », noti come IV S . Tali standard, raccolti nel c.d. « W hi te B ook », si sono proposti come un punto di riferimento per tutti i principi estimativi accettati e riconoscibili a livello globale da quel momento in poi. Il « W hi te B ook » rappresenta infatti ancora oggi il denominatore comune per i continenti « A frica », « A sia », « E uropa » e « A merica ». Nello stesso anno la TE G oV OF A e l’ E uroval (associazione sorta poco prima) sono confluite nell’attuale TEGoVA. È da sottolineare che l’attività svolta da quest’ultima riveste un’ importanza particolare, perché costituisce un punto di riferimento nel « sottoinsieme continentale » europeo. Nel 1 9 9 9 TE G oV A h a pubblicato il primo « B lue B ook », poco dopo la diffusione del « Red Book » della RICS (Royal Institution of Chartered Surveyors), che risaliva al 1995. La TE G oV A , che come viene indicato sulla hom e page del sito internet rappresenta « the E uropean umbrella organisation of national valuers associations », ha continuato a produrre e aggiornare le proprie pubblicazioni, svolgendo un grande contributo all’ interpretazione degli IAS, che, pur essendo commentati anche negli IVS (sezione IVA – International V aluation A ppliaction for the Purpose of F inantial Reporting) , abbisognavano di essere contestualizzati nella realtà valutativa continentale (F ig. 2.2) . L’ attuale versione degli E V S , giunta alla V I edizione nel 201, ha costituito pertanto il riferimento principale per le singole realtà nazionali e si pone rispetto agli IV S , ultima edizione al 201, sullo stesso piano degli statunitensi US PA P (Unifom S tandards of Professional A ppraisal Practice and A dvisory Opinions) . Sul piano nazionale si ricorda infine che Tecnoborsa (società consortile italiana fondata nel 197 per emanazione delle principali camere di commercio nazionali) ha sviluppato un comitato scientifico che dal 2000 al 2003 ha prodotto gli IPVS (Italian Property 15 ). V aluation S tandards, giunti alla IV edizione nel 201 C ome sottolineato sin dalle prime edizioni, gli IPV S , sotto il mirino comune degli IV S ed E V S , recepiscono tutte le peculiarità proprie della Unione E uropea alla luce della relativa normativa e della interpretazione stessa offerta dalla C orte di G iustizia e dalla C orte dei C onti E uropea in armonia con gli International A ccountig S tandards (IA S ) , gli International F inancial Reporting S tandards (IF RS ) e i G A V P (G enerally A ccepted V aluation Principles) , che forniscono indicazioni per la valutazione dei cespiti aziendali e patrimoniali a fini contabili1 7 . IV S 2 01, pag. 14. C fr. C astello 201. 1 7 C odice delle V alutazioni Immobiliari, IPV S -Italian Property V aluation S tandars, Tecnoborsa, Roma, 2005, pp. 15-17. 15 1 6
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• 1977 • 1978 • 1981 • 1992 • 1995
TEGoVOFA – The European Group of Valuers of Fixed Assets. Primi standard (TEGoVOFA) – in sintonia con la IV Direttiva CE. IVSC – International Valuation Standard Commitee. IVSC – IVS: The Withe Book (1° edizione). RICS – Royal Institution on Chartered Surveyors: The Red Book (1° edizione). • 1996 TEGoVA (TEGoVOFA + Euroval): EVS – European Valuation Standards The Blue Book (1° edizione) • 2003 Tecnoborsa - IPVS – Italian Property Valuation Standards: Codice delle valutazioni immobiliari (1° edizione) Fig. 2.2 Il processo di armonizzazione degli standard di valutazione in Italia ed Europa. Fonte: elaborazione degli autori su fonti varie.
A d oggi, in sostanza, i riferimenti utili nel panorama nazionale per argomentare, conoscere e sulla base dei quali operare stime, tenendo conto degli aggiornamenti intervenuti negli anni sono: – – –
Il « W h ite B ook » dell’ I nternational V aluation S tandards C ouncil*; Il « B lue B ook » di TE G oV A ; Il C odice delle V alutazioni Immobiliari di Tecnoborsa.
G li aspetti del valore e procedimenti di stima commentati nei tre volumi forniscono un contributo teorico e pratico di respiro internazionale alla materia estimativa tradizionale. Permangono comunque differenze, come già in parte evidenziato nel Par. 2.1, sia nella scelta degli approfondimenti che nella cura data ad alcuni aspetti. D i seguito si introducono, conseguentemente, le comparabilità e le differenze riscontrate nei tre volumi (ultime edizioni disponibili al 2 01 3 ) , soffermando l’ attenzione su alcuni aspetti ch e si ritiene siano di maggiore rilevanza per la corrente evoluzione della pratica professionale. 2.2.2
*
International Valuation Standards Council A titolo di completezza si specifica che nel 2008, visto l’ampliarsi dell’interesse internazionale sull’attività dell’International Valuation Standards Commitee, è stato ritenuto utile modificare il Comitato in « Consiglio », ovvero portando l’IVSC a divenire un organismo indipendente di studi per l’unificazione degli Standards. L’organismo oggi opera come istituzione indipendente noprofit, impegnato non solo sul continuo affinamento di processi e principi di valutazione, ma anche nella formazione continua dei professionisti. Cfr. G. Castello, 2012; op. cit.
Comparabilità di contenuti e valore aggiunto degli standard rispetto alla materia estimativa tradizionale italiana
I C odici e S tandard di valutazione sono corpus sistematici di nozioni e strumenti strutturati in modo piuttosto simile nei contenuti e nella forma. I principali argomenti discussi sono: – – –
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inquadramento teorico-pratico dei criteri di stima e delle relative procedure di valutazione; codice deontologico; relazione di stima;
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rilevazione delle consistenze; valutazioni in situazioni particolari (contabilità e bilancio, sviluppo immobiliare, erogazione del credito, ecc.) .
S i tratta in ogni caso di indicazioni utili a fornire una guida operativa e professionale, che, in particolare, per quanto riguarda gli IPVS – Italian Property Valuation Standards di Tecnoborsa, esaminano i singoli procedimenti di stima anche da un punto di vista matematico-esemplificativo. L’ interesse a discutere i contenuti dei principali C odici e S tandard oggi disponibili risiede nel valore aggiunto che essi esprimono singolarmente al di là delle similitudini di approccio e contenuto. In particolare si segnala che mentre gli approcci metodologici trattati nei diversi documenti ed edizioni sono tutto sommato allineati alla classica ripartizione nelle tre grandi famiglie di stime definibili come market approach, income approach e cost approach (così come condiviso anch e dalla tradizione estimativa italiana) , appare invece fertile oggetto di discussione l’ impostazione critica che i diversi testi propongono in merito ai valori e ai criteri di stima. Tale approccio trova riscontro non solo con riferimento alle differenze rilevabili tra singoli organismi di riferimento (IV S C , TE G oV A e Tecnoborsa) bensì anche rispetto all’ evoluzione dei concetti e degli approcci maturati nelle diverse edizioni. Il quadro ch e ne deriva mostra ch e il percorso verso l’ uniformazione degli S tandard e C odici di valutazione si scontra con la cultura dei singoli paesi, con le differenze tra ordinamenti giuridici differenti (si veda a proposito il C apitolo 8) , ma soprattutto, con la prassi consolidata dai professionisti, che spesso Percorsi formativi dei valutatori esprimono percorsi f ormativi* di matrice eterogenea. In particolare si ricorda che, mentre Una delle criticità maggiormente discusse dallo standard setnei paesi di cultura anglo-americater riguarda anch e le differenze riscontrabili nelle diverse realtà na la formazione del valutatore è circa le metodologie di rilevazione delle consistenze immobiliari. principalmente di tipo « economiC ome del resto rileva TE G oV A nella settima edizione degli E uroco », in altri paesi, tra cui l’Italia, il pean Valuation Standards (EVS 2012) – vedi Fig. 2.3 – l’argomenprofessionista matura una formazione di tipo « tecnico ». to offre un’ ampia gamma di approcci alla misurazione, cui corrispondono applicazioni anche molto divergenti da Paese a Paese1 8 . Tenendo presente ch e alcune delle criticità introdotte non sono al momento facilmente risolvibili si propone una comparazione guidata sui criteri e valori di stima dei seguenti testi, richi amati in sintesi in Tab. 2.1: – – –
IPVS - Italian Property Valutaion Standards, Tecnoborsa, edizioni 2005 e 2011; IV S - International V aluation S tandards, IV S C ouncil, edizioni 207 e 201; E V S - E uropean V aluation S tandards, TE G oV A , 201.
Per guidare la lettura si ritiene utile evidenziare ch e gli S tandard italiani IPV S di Tecnoborsa fanno importanti riferimenti sia agli IV S che E V S e che quindi nel nostro contesto nazionale rappresentano di per sé un punto di riferimento operativo e teorico-critico sia a livello nazionale che internazionale. Inoltre è da tenere presente, come del resto evidenziato in Tab. 2.2, che i diversi testi
1 8
ne 201,
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S i ricorda ch e un breve discussione sul tema è proposta anch e negli IPV S di Tecnoborsa, settima edizioal C apitolo 19 Misurazioni Immobiliari e in C astello, 201.
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Fig. 2.3 Differenti misurazioni delle consistenze immobiliari e reciproche relazioni. Fonte: EVS 2012, pag. 191.
richiamano nelle argomentazioni quanto definito e proposto da altri organismi dello standard setter internazionale. Sono quindi preziosi i riferimenti puntuali che i documenti offrono rispetto a definizioni e approcci forniti dalle seguenti istituzioni: – – – – – – –
A ppraisal Institute (U.S .A .) International A ccounting S tandard B oard (U.K .) C ommissione E uropea RIC S - Roya l Institute of C ha rtered S urveyor s (U.K .) UNE S C O OM I - Osservatiorio Immobiliare dell’ A genzia del Territorio Banca d’Italia (con particolare riferimento alla Circolare n° 263/2006, Linee Guida per la V alutazione degli Immobili in Garanzia delle Esposizioni Creditizie)
Al di là della sostanziale uniformità di significati e definizioni inerenti gli aspetti generali, gli S tandard esprimono anch e punti di vista particolari su principi e procedimenti recentemente introdotti nella cultura estimativa per affrontare esigenze avanzate di pari passo all’evoluzione della finanza immobiliare, del credito o dell’armonizzazione dei principi contabili (IF RS -IA S ) . C on particolare riferimento alle valutazioni in ambito contabile, gli IV S e gli E V S approfondiscono il tema in sezioni dedicate, che acquisiscono la sigla, rispettivamente, di IV A (International V aluation A pplication for the Purpose of F inantial Reporting) ed E V A (E uropean V aluation A ppliation for the Purpose of F inancial Reporting) . Altrove specifici approfondimenti sono motivati dalla crescente esigenza di poter esprimere giudizi di stima coerenti nell’ ambito di valutazioni immobiliari che presentano
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sistemi edifico-impianto evoluti da un punto di vista energetico ed ambientale o che esprimono un valore storico particolare. C ome del resto accennato, il carattere evolutivo della materia comporta differenze talvolta anch e rilevanti tra le diverse edizioni. S i osserva infatti ch e le ultime pubblicazioni disponibili (anni 2 0 1 1 -2 0 1 2 ) h anno tendenzialmente traslato l’ attenzione su aspetti meno teorici e più pragmatici della valutazione immobiliare, dedicando maggiore attenzione i temi del credito, del valore assicurabile, e degli investimenti. A fronte di tali premesse si ritiene pertanto interessante approfondire solo alcuni dei criteri e valori ch e non sono già stati argomentati nel Par. 2 .1 del presente C apitolo1 9 e ch e presentano divergenze negli approcci o rappresentano una novità nella cultura estimativa internazionale. C ome si osserva dalla tabella 2.2 alcuni aspetti del valore che , soprattutto nel contesto italiano vengono storicamente commentati in letteratura (valore in uso2 0 , valore di realizzo, valore imponibile, valore di costo, valore complementare, valore di sostituzione e surrogazione) , non sembrano riscontrare interesse diffuso nella manualistica. Tali criteri, trattati con maggiore attenzione nelle precedenti edizioni degli IPV S , sono stati rimossi nel 201, per lasciare maggiore respiro alla discussione di criteri e valori di maggiore interesse, soprattutto con riferimento alla valutazione degli immobili a garanzia del credito. La scelta va probabilmente calata nel clima di crescente tutela che gli accordi di B asilea stanno esercitando sul credito bancario, che richi ede di salvaguardare le esigenze di comparabilità, rilevanza e credibilità delle stime nel panorama internazionale. Fermo restando ciò, le definizioni e la contestualizzazione dei criteri oggi omessi sembra possano essere ritenuti validi nelle formulazioni delle precedenti edizioni degli S tandard. Una utile indicazione con riferimento alla tabella 2.2 (ultima colonna intitolata: altri riferimenti di rilievo) consiste nella nota inerente l’ appartenenza del criterio-valore alla tradizione estimativa italiana. S i ricorda, ad esempio, il caso del « valore mancato », che , come noto, ha come forte riferimento la letteratura estimativa italiana, essendo stato pro2 1 . posto dal F amularo nel 196 Si ricorda infine la comparsa di due concetti di attualità quali il « green value » (apprezzamento da riconoscere ad edifici « intelligenti », annoverato ad esempio da TEGoV A negli E V S 201) e le « hi storical properties » (oggetto d’ analisi degli IV S 201 (IV S 230 Real Property Interests - A nnexe - H istorical Properties) . C on riferimento alla tabella 2.2 si ritiene pertanto interessante approfondire i seguenti aspetti del valore immobiliare: • • • •
il valore equo ( fair value) il valore del credito ipotecario (mortgage lending value) le valutazioni inerenti gli immobili storici (historical properties) il green value.
1 9 Il valore di mercato (marke t value) e i principali criteri di stima che da esso derivano sono stati infatti ampliamente discussi sia con riferimento alla cultura estimativa nazionale, sia internazionale, nel paragrafo 2.1. 2 0 Per questo criterio in particolare si segnala che nel C apitolo 4 è riportata, in sintesi, la discussione proposta da Tecnoborsa nel 2005. La nozione di « valore in uso » ha infatti portato a diverse interpretazioni in ambito internazionale, soprattutto sulla differenza tra « value in use » ed « existing value in use ». 2 1 N. F amularo, 196.
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Il valore equo Un primo concetto che merita di essere approfondito in questa sede è il valore equo, noto come fair « fair value » in ambito internazionale, con riferimento alla contabilità. Il criterio è stato posto all’ attenzione dello standard setter internazionale a partire dal 203, in quanto proposto dall’ International A ccounting S tandard n° 1 6 , per la rilevazione delle poste contabili relative ai beni immobili strumentali a bilancio. S econdo gli International A ccounting S tandards il fair value è definibile quale « corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti2 2 ». La definizione, che sostanzialmente ricalca quella proposta dallo standard setter internazionale per il market value2 3 è stata identicamente riproposta con specifico riferimento sia negli IVS 2007 (IVA 1, 3.10) che negli IPVS 2005 (Cap. 5, Par. 2.4). Tuttavia, malgrado gli IFRS/IAS risultino maggiormente assertivi sull’ equivalenza tra fair value e market value, gli IV S , nel F ramew ork dell’ edizione 201 (Paragrafi 39-42), specificano che, seppur il fair value generalmente coincida con il market value, è possibile che in determinate situazioni sia rappresentativo di uno special value, in quanto valore caratterizzato da fattori contingenti, che spesso soddisfano le parti coinvolte in circostanze particolari, senza necessariamente rappresentare un effettivo valore di mercato. G li IV S concludono la trattazione del criterio asserendo che il fair value, per la flessibilità intrinseca che lo caratterizza, « ... is a broader concept than the market - F ramew ork, paragrafo 42) . G li IPV S 201 rafforzano la differenvalue... »2 4 (IV S 201 za tra market e fair value, indicando che, pur essendo compatibili, i due criteri non figurano come concetti esattamente equivalenti in tutti i casi » (IPVS 2011, Cap. 4, Paragrafi 2.6 e 2.7) e gli EVS 2012 ricordano infine come « ... fair value and market value are not synoni mous... »25 (EVA 1 – Paragrafo 6.6). Per quanto riguarda le modalità di rilevazione del fair value sono sempre gli IFRS/ IA S , con particolare riferimento allo IA S 16, a indicare che « il fair value di terreni e fabbricati è usualmente determinato da evidenze ricavate sul mercato... » oppure, in caso ciò non sia possibile, attraverso... » un approccio finanziario o [... con riferimento al...] costo di sostituzione deprezzato ». S i sottolinea, in conclusione, come le sensibili differenze rilevabili tra il valore di mercato e il valore equo siano da tenere in conto con estrema attenzione al momento attuale, caratterizzato, come noto, da volatilità dei prezzi, incertezza e generale perdita di fiducia degli operatori di mercato, ovvero fattori che tendono a viziare la formazione dei prezzi e a rendere il mercato maggiormente opaco e imperfetto. In questo quadro, essendo il fair value un criterio di rappresentazione patrimoniale del valore aziendale di società quotate sui mercati finanziari, si sottolinea l’importanza di individuare tale valore con la massima cautela e in un’ ottica prudenziale.
IA S 16, Par. 3, 203. Si rimanda al paragrafo 1.2 per la definizione oggi condivisa del market value in ambito internazionale. 2 4 L’espressione può essere tradotta nella seguente: « il valore equo esprime un significato più ampio del valore di mercato ». 25 L’ espressione può essere tradotta nella seguente: « il valore equo e il valore di mercato non sono sinonimi ». 2 2 2 3
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Il valore del credito ipotecario
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Il credito ipotecario o il mortgage lending è senza dubbio uno dei settori su cui le autorità governative internazionali stanno oggi attivando consistenti riforme. S i ricorda infatti ch e la Crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007 negli Stati Uniti, causata da una spregiudicata attività creditizia combinata ad una non sufficiente tutela della solvibilità dei prestiti, ha esposto il sistema economico globale a gravi perdite, svalutazioni di asset e fallimenti. Accordi di Basilea S i ricorda a proposito che la C ommissione E uropea, già a partire dal 207, immediatamente a seguito del crollo dei mutui subGli Accordi di Basilea sono linee guida in materia di requisiti patrimoniaprime, aveva diffuso il c.d. « W hi te Paper on the Integration of E U li delle banche, redatte dal Comitato Mortgage Credit Markets », invocando i benefici che l’economia di Basilea, costituito dagli enti regoeuropea avrebbe tratto da una maggiore integrazione del mercato latori del G10 più il Lussemburgo dei servizi di retail finanziario al fine di limare le differenze legali (quindi al momento composto da une tecnich e ch e tendono a restringere di fatto il campo operativo deldici paesi) allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria e le attività cross-border. di perfezionare la regolamentazione C onsiderando inoltre che al 207 il mercato del credito in amprudenziale del settore bancario cobito comunitario costituiva il 47% del relativo GDP2 6 , alla luce di sì come l’attività di vigilanza e la caquanto accaduto nei mercati finanziari, la Commissione ha identifipacità degli intermediari di gestire i cato prioritario intervenire a supporto del settore. rischi del settore. Al 2013 sono stati emanati 3 principali Accordi: BaA lla luce di queste puntuali osservazioni della C ommissione silea 1 (1988), Basilea 2 (2004E uropea si comprende come oggi l’ accertamento del valore del 2007), Basilea 3 (2011-2013). credito ipotecario, richi esto in sede di stipulazione di mutui, di valutazione di crediti e operazioni di finanza immobiliare, sia una tematica di rilevante interesse alla quale gli IPV S , gli IV S e gli E V S ha nno dedicato approfondimenti mirati a partire dalle indicazioni della Direttiva Europea 2006/48/EC, degli accordi di B asilea*, del W h ite Paper del 2 0 0 7 , dell’ E uropean M ortgage F ederation* e, in ambito nazionale, da quanto argomentato nella Circolare della Banca d’Italia 263/2006 (per altro alEuropean Mortgage Federation legata agli IPV S 201) . La European Mortgage Federation Come definito dalla Commissione Europea e richiamato negli (EMF), è una federazione fondata IV S il valore del credito ipotecario o « valore cauzionale »2 7 è « il nel 1967, volta a tutelare gli interessi degli istituti concedenti credito valore di un immobile determinato in base ad un precedente apipotecario a livello europeo. Rappreprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso tenuto senta oggi un solido interlocutore conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle partner della Commissione Eurocondizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’impea, degli Accordi di Basilea, del mobile e dei suoi appropriati usi alternativi ». C omportando una Parlamento Europeo, della Banca Centrale Europea e del European Syvalutazione prudente e un approccio di stima mirato ad intercettare stem of Financial Supervision (strutla « resilienza » e « sostenibilità » del valore del bene a lungo termitura, quest’ultima, creata ad hoc nel ne gli IPV S 2 0 1 1 (C ap. 1 4 , par. 2 .3 ) e gli E V S 2 0 1 2 (E V A 2 , 2009 dalla Commissione Europea « Lending Purposes », par. 5.1) sottolineano come il criterio possa per fare fronte alla Crisi). L’EMF riessere considerato una tecnica di valutazione del risch io a lungo sponde oggi di tutte le questioni relative all’attività creditizia in Europa. termine di un investimento immobiliare. D a quanto detto è chi aro che il valore del credito ipotecario, pur potendo coincidere con il 2 6 Hypostat, 2005, A review of Europe’s Mortgage and Housing Markets, E uropean M ortgage F ederation, Novembre 206, p. 140. 2 7 Direttiva 98/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo, 22 giugno 1998.
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valore di mercato in condizioni di mercato stabile, tende generalmente a risultare inferiore. Nell’ ottica di interpretare un valore stabile e prudente corrispondente alla negoziabilità futura dell’ immobile gli S tandard e i C odici di V alutazione internazionale sottolineano l’ importanza di tenere in maggiore considerazione nella stima le caratteristich e immobiliari intrinseche ed estrinseche che sono meno soggette a fluttuazioni di valore nel tempo, ovvero considerabili aspetti permanenti, quali, ad esempio, l’ ubicazione e la qualità della costruzione. Gli IPVS sottolineano infine di riportare nella relazione di stima anche il valore di mercato e di documentare la differenza tra i due importi. Inoltre, come evidenziato dalla C ircolare della B anca d’ Italia del 206, « le assunzioni utilizzate per la stima del valore cauzionale devono derivare dalla conoscenza approfondita dell’ andamento storico del mercato immobiliare locale e da un esame critico delle condizioni attuali e delle tendenze rilevabili soprattutto sotto il profilo del rischio ». Infine si ricorda, come sottolineato dall’European Mortgage Federation, che il valore del credito ipotecario, essendo finalizzato a guidare le scelte decisionali degli istituti di credito non solo con riferimento all’ entità del prestito ma anche rispetto alla struttura del prestito in sé (durata del prestito, loan to value, ecc.) , può anche essere richi esto per impostare operazioni immobiliari di risk-management. A titolo di completezza si sottolinea che le modalità di rilevazione del valore del credito ipotecario, vista la continua evoluzione della normativa internazionale che le regolano, è un argomento che richiede al professionista di verificare di volta in volta gli eventuali aggiornamenti disponibili in materia.
Le Historical Properties L’ argomento, introdotto e approfondito negli IV S 201 (IV S 230 Real Property Interests - A nnexe H istorical Properties) risulta di un certo interesse per la sintesi concettuale che gli standard operano richi amando le maggiori criticità che il professionista si trova a gestire nella valutazione di questi particolari beni. G li IV S partono dall’ assunto che una historical property* (immobile storico) è ritenuto tale quando risulta « pubblicamente riconosciuto o ufficialmente indicato da un’istituzione governativa » e che al di là delle singole differenze presenta le seguenti caratteristiche comuni: – –
l’ importanza culturale, storica o archi tettonica, che in genere comporta il carattere di disponibilità di accesso al pubblico; la presenza di vincoli di tutela a cui i beni possono essere sottoposti, ch e possono limitano a vario titolo le operazioni di trasformazione, gli usi ammessi al loro interno, ecc.;
M algrado i caratteri comuni evidenziati si ricorda che questa particolare tipologia di beni può presentare differenze rilevanti sia con riferimento alla tipologia costruttiva che alla dimensione, allo stato di manutenzione in cui versa, fino alle eventuali stratificazioni o superfetazioni archi tettoniche intercorse nel tempo, che possono modificare, snaturare o compromettere il valore del bene. Per queste ragioni gli IV S propongono una lista di variabili che possono influire sulla valutazione di questi beni, congiuntamente, come noto, allo scopo della stima:
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Historical/Cultural property L’Unesco, ad esempio, nel « Glossary of Word Heritage Terms » (1972) definisce « cultural heritage » e « cultural property » tre gruppi di beni: – monumenti – compendi (gruppi di edifici) – siti (ad esempio “archeologici”, o comunque caratterizzati da opere prodotte dall’interazione dell’uomo e della natura che presentano un valore universale). Viene quindi specificato che un « immobile storico » è tale se ricade in almeno uno dei tre gruppi.
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il costo di restauro e manutenzione (in funzione dei materiali e delle tecniche costruttive originarie così come dello stato di conservazione in cui versa l’ immobile al momento della stima) ; la natura dei vincoli pendenti sull’immobile (sull’uso, sulla trasformazione fisica, sul restauro, ecc.) ; le caratteristiche dell’ area sulla quale è ubicato l’ immobile (che possono comportare ulteriori vincoli d’ uso) .
Infine gli IVS ricordano che in alcuni casi gli immobili storici potrebbero non riuscire ad esprimere un chi aro valore. V engono distinti tre casi, basati sui tre principali approcci di stima riconosciuti dallo standard setter internazionale. –
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market approach. In questo caso la criticità maggiore risiede nella difficoltà di allestire un campione di beni simili sufficientemente numeroso e attendibile. Si ricorda a proposito che per gli immobili storici le variabili di cui tenere conto ai fini di una corretta stima per comparazione al mercato riguardano principalmente lo stile archi tettonico, la consistenza, vincoli all’ uso, vincoli di trasformazione, ecc. Inoltre gli IV S ricordano che le stime di questi beni generalmente si avvalgono dell’impiego di coefficienti di aggiustamento dei valori, soprattutto con riferimento ai costi d’ intervento e ai vincoli pendenti (se differenti da quelli rich iesti e presenti nel campione di beni simili) ; income approach. Il limite dell’approccio reddituale è legato alla difficoltà di simulare il valore di un bene quando non è ancora ch iaro, ad esempio alle autorità pubblich e competenti, quale tipo di sviluppo ne massimizzi le potenzialità d’ uso (come può avvenire ad esempio, nel caso di una testimonianza archi tettonica ridotta in rovina) . In generale l’ approccio reddituale viene consigliato per immobili che vengono utilizzati a fini commerciali. Gli IVS sottolineano pertanto l’importanza di identificare in modo corretto i costi di trasformazione, recupero, restauro e quelli di manutenzione. cost approach. S econdo l’ IV S C l’ approccio si rivela insidioso almeno per tre motivi. (1) I beni archi tettonici storici, essendo stati realizzati con tecniche costruttive differenti dalle odierne, non ha nno un chi aro valore di costo di riproduzione. (2) Il costo per produrli nella qualità e forma originaria, fatta salva la nota (1) sconta il problema della funzionalità degli spazi: si pensi al valore da attribuire ad un edificio storico in cui ha sede una struttura ospedaliera o una scuola. Infine (3) l’approccio al costo non risulta spesso coerente anche per il diverso ammontare delle spese di manutenzione che un edificio nuovo richiede rispetto ad uno antico.
S eppur di carattere generale le indicazioni fornite sono interessanti per la presa in carico del tema da parte dell’ International V aluation S tandard C ouncil. S i osservi infatti come l’ attenzione globale verso una sostenibilità ambientale complessiva, che mira a razionalizzare ed elevare la qualità del costruito, richieda una riflessione sul valore dei beni storici e sulla suscettività di trasformazione degli stessi.
Il green value Il terzo aspetto approfondito nel M anuale riguarda un tema di crescente interesse nel campo della valutazione immobiliare: l’ aspetto valoriale del fattore green negli edifici. G li E uropean V aluation S tandards 201, settima edizione redatta da TE G oV A , introducono e discutono il tema in due sezioni separate del testo. Nella sezione EVA 8 – Pro-
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perty Valuation and Energy Efficiency – vengono esplicitate le ragioni per cui si ritiene oggi utile affrontare il tema, mentre nell’ « Information Paper » conclusivo, denominato « S ustainability and V aluation » si affronta la stima del fattore green in termini operativi, sia per quanto riguarda la vendita che la locazione. Tra le argomentazioni a sostegno dell’ utilità dell’ approfondimento dedicato al tema si ritiene interessante segnalare che TE G oV A cita, da un lato, l’ interesse della C ommissione E uropea nel predisporre azioni via via più concrete nell’ ottica di sfruttare l’ enorme potenziale che gli edifici offrono in termini di risparmio energetico2 8 , riducendo allo stesso tempo le differenze oggi esistenti nel settore tra gli S tati M embri; dall’ altro lato sottolinea come questa esigenza condivisa del resto sul piano internazionale, non può che impattare sull’ apprezzamento dei prodotti immobiliari, richi edendo un contributo sul fronte della materia estimativa. Sui riflessi che le migliori prestazioni offerte dai c.d. « Green TEGoVA B uilding » ha nno sul mercato immobiliare si ricorda in proposito TEGoVA ricorda infatti che i certificaquanto l’ istituzione anglosassone RIC S -Roya l Institution for C ha rti di performance energetica (EPCstered S urvey ors aveva già indicato nel 2 0 0 8 , sostenendo ch e un Energy Performance Certificates), « green building [...] mostra caratteristiche tali da minimizzare l’imriconosciuti a livello internazionale patto ambientale attraverso tutte le componenti che caratterizzano il sono oggi circa 30. Essi rispondono ciclo di vita del manufatto e mira al miglioramento della salute degli ad approcci di valutazione anche molto differenti, sono per lo più di utenti, ottimizzando l’ utilità dei proprietari, degli utenti e della coltipo volontario e sono principalmenlettività ». Ne consegue, come del resto indicano gli E V S , ch e te focalizzati su edifici nuovi o com« energ co t an efficienc i be one part of t e atrix an o one pletamente rinnovati. Alcuni tra i più 2 9 of many issues for the valuer » e pertanto « the concept of green diffusi sono BREEM (Building Revalue [ ...] can j ust mean that the sustainable qualities of buildings search Estabilishment Environmental Assessment Method, sviluppato an propertie a be re ecte in t eir a e 3 0 in termini di « extra nel Regno Unito), LEED (Leadership value [ ...] when compared with an ordinary building »3 1 . in Energy and Environmental Design, Pur rappresentando il green value un aspetto di valore agproposto dallo statunitense Green giunto che sicuramente trova riscontro nel mercato immobiliare, Building Council, CASBEE in GiappoT E G oV A * esprime cautela nella possibilità di catturare in modo ne, Green Star e NABERS in Australia, Casa Clima in Italia, ecc. univoco e universale l’extra valore di un edificio « evoluto » sul fronte delle prestazioni energetiche . Infatti:
*
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malgrado la Direttiva 2010/31/EU indichi obiettivi chiari e comuni per tutti gli Stati Membri, le singole realtà nazionali non hanno definito al momento una normativa comparabile in tema di certificazione energetica3 2 , sia con riferimento agli strumenti di valutazione da adottare , sia con riferimento alla loro cogenza3 3 ;
Direttiva 2010/31/EU, Energy Performance of a Building, Recital 7. EVS 8, Property Valuation and Energy Efficiency, par. 1.4, 2012 edition. 3 0 EVS 2012 - Information Paper, Part 4, par. 4.15. 3 1 E V S 201 - Information Paper, Par 4, par. 4.1.6. 3 2 TEGoVA ricorda infatti che i certificati di performance energetica (EPCs-Energy Performance Certificates) , riconosciuti a livello internazionale sono oggi circa 3 0 . E ssi rispondono ad approcci di valutazione anch e molto differenti, sono per lo più di tipo volontario e sono principalmente focalizzati su edifici nuovi o completamente rinnovati. A lcuni tra i più diffusi sono B RE E M (B uilding Research E stabilish ment E nvironmental A ssessment M eth od, sviluppato nel Regno Unito) , LE E D (Leadersh ip in E nergy and E nvironmental D esign, proposto dallo statunitense G reen B uilding C ouncil, C A S B E E in G iappone, G reen S tar e NA B E RS in A ustralia, C asa C lima in Italia, ecc.) .s 3 3 Per una trattazione comparata degli strumenti e protocolli di valutazione energetica che possono essere 2 8 2 9
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– – –
le definizioni stesse di Green Building e di sostenibilità ambientale degli edifici sono di per sé lasche , in quanto è troppo ampia la gamma di variabili intrinseche ed estrinseche che li caratterizzano (design e tipologia edilizia, destinazione d’ uso, localizzazione e clima del luogo, tecnologie impiegate, materiali utilizzati, sistemi impiantistici di gestione delle acque, per il controllo del clima, per la gestione dei rifiuti, ecc.); le politiche e le aspettative in tema di sostenibilità ambientale applicata agli edifici sono sottoposte a continue evoluzioni, rendendo in tempi brevi anche incomparabili i risultati di stime redatte su edifici che presentano simili caratteristiche; le diversità culturali di contesti territoriali differenti possono incidere in modo sensibile sull’ apprezzamento che il mercato esplicita rispetto alla componente « green ». è logico immaginare che il mercato possa nel tempo modificare l’apprezzamento riconosciuto alle componenti green degli edifici. Mentre oggi sembra che possa essere riconosciuto come « extra valore », con il diffondersi di interventi mirati su stock nuovo e usato, sembra possibile immaginare che « il premio » di valore possa essere via via sostituito da uno « sconto » da attribuire agli edifici che non presentando caratteristiche green, non soddisferanno predeterminati standard di mercato.
In conclusione, come sottolinea TE G oV A « such green value do not exists in its own but is an integral part of the property’s overall market value and is separate only as a theoretical construct »3 4 . F erme restando le cautele e le argomentazioni discusse da TE G oV A , qui brevemente richi amate, gli E V S indicano che , da un punto di vista operativo, gli approcci di valutazione che in ordine di preferenza possono essere utilizzati per stimare un Green Building, sono: la DCF - Discounted Cash Flow analysis, o A C R - A nalisi dei C osti e dei Ricavi attualizzati, ovvero l’ approccio reddituale (income approach) II. la Direct V alue Comparisation, o comparazione diretta, secondo l’ approccio al mercato (market approach) III. il Replacement Cost o costo di sostituzione, per quanto riguarda l’ approccio al costo (cost approach) . I.
*
L’ approccio reddituale sembra preferito a quello di mercato, soprattutto al momento attuale, che non rende facile reperire sul mercato un diffuso stock di edifici che presentano caratteristiche del tipo in esame. La scelta effettuata da TE G oV A è del resto comprensibile anch e da un altro punto di vista. S i consideri ch e spesso il quesito di stima è oggi riferito alla volontà di investitori e promotoRetrofit ri immobiliari di poter esprimere giudizi di convenienza economiSi ricorda che per retrofit si intendoca per la realizzazione di prodotti immobiliari performanti e misuno operazioni che prevedono l’introrarne i vantaggi futuri relativi ai consumi energetici nella fase di duzione di nuove tecnologie in magestione. La verifica ex-ante del bilancio economico-finanziario di nufatti preesistenti al fine di miglioun’ operazione di sviluppo immobiliare ex novo o di retrofit* enerrare l’efficienza energetica del sistema edificio-impianto. getico permette infatti di simulare l’ insieme dei costi e dei ricavi dalla realizzazione alla gestione degli immobili, testando se l’ extra utilizzati in Italia, con particolare riferimento all’ edilizia sociale, si rimanda a: L. Ingaramo (a cura di) , 201, parte II - M etodi e protocolli di valutazione della sostenibilità, pp. 73- 84. 3 4 EVS 2012 – Information paper, Par 4, par. 4.1.6.
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Aspetti del valore di un bene: dalla tradizione estimativa agli standard internazionali
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Tab. 2.2 Criteri e valori di stima nei Codici e Standard di Valutazione Italiana e Internazionale: un quadro comparativo di sintesi
Espressione italiana Espressione inglese
Codice delle Valutazioni Immobiliar IPVS 2005
International Valuation Standards IVS 2007
Codice delle Valutazioni Immobiliari IPVS 2011
CRITERI E VALORI
International Valuation Standards IVS 2011
European Valuation Standards EVS 2012
Circolare Banca d’Italia 263/2006 (Linee Guida sulle Esposizioni Creditizie)
Altri riferimenti di rilievo
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Valore di mercato Market Value
Cap. 5 par. 2
IVS 1, 3.1
Cap. 4 par. 2.2
Framework - par. 30
EVS 1 EVS 2 EVA 1
Valore equo Fair Value
Cap. 5 par 2.5
IVS GAVP, 8.1
Cap. 4 par. 2.6 - 2.7
Framework - par. 39 IVS 300 - G2
EVA 1 - 6
Valore in uso Value in Use
Cap. 5 par 2.6
IVS 2 3.1
Valore di investimento Worth - Investment Value
Cap. 5 par 2.7
IVS 2, 3.3
Cap. 4 par. 2.8
Framework - par. 37
Valore speciale Special Value
Cap. 5 par. 2.8
IVS 2, 3.4 - 3.5
Cap. 4 par. 2.9
Valore di fusione Synergistic Value or Marriage Value
Cap. 5 par. 2.8.2
IVS 2, 3.6
Cap. 4 par. 2.10
Valore di liquidazione Liquidation Value
Cap. 5 par. 2.12
IVS 2, 6.9.2
Cap. 4 par. 2.11
–
Valore di realizzo Salvage Value
Cap. 5 par. 2.11
IVS 2, 6.9.3
Cap. 4 par. 2.13
–
Valore del credito ipotecario Valore cauzionale Mortgage Lending Value
Cap. 5 par. 2.9 Cap. 12 par. 2.24
IVS IVA 2 6.14.1
Cap. 14 par. 2.2 Cap. 14 par. 2.3 Cap. 14 par. 3.24
–
EVS 2 - 7 EVA 2
Appendice [A.1.2.2]
Direttiva 2006/48/EC Accordi di Basilea IVS 2007 IVA 2 nota 2.5
Valore assicurabile Insurable Value
Cap. 5 par. 2.10
IVS IVA 2 6.15.3
–
–
EVS 2 - 8 EVA 4 - 3
Appendice [A.1.3]
European Mortgage Federation RICS IVS 2005, 2.3.5
Valore di mercato futuro Hope Value - Future Value
Cap. 12 par. 2.25
–
–
EVS 1 - 5.2 Commentary
Appendice [A.1.4]
RICS UK PS 3.3.1-3.3
Valore di vendita forzata (circostanze straordinarie) Forced Sale Value
Cap. 5 par. 2.12 Cap. 12 par. 2.22
EVS 1 - 5.10.4 Commentary - EVA 2 - 6
Appendice [A.1.5]
– IVS 2, nota 6.11 IVS IVA 2 6.14.1
–
Cap. 14 par. 3.15
Sez. 4 punto 1 Requisito [R 1.2.1]
Trad.estimativa italiana Appraisal Institute Direttiva 2006/48/EC ICS 6a PS 3.2
–
IAS 16 EVS 1
–
Trad.estimativa italiana IAS 16
EVS 2 - 6 EVA 5 3.2
–
Trad.estimativa italiana
Framework - par.44
EVS 2 - 5
–
–
Framework - par.48
EVS 2 - 5.3
–
–
EVA 2 - 2.
–
–
–
–
–
Framework - par.53
–
–
–
Alternative Use Value
–
–
–
–
EVS 1 - 5.10.3 Commentary
–
Green Value
–
–
–
–
EVA 8 EVS - Information paper
–
RICS Commissione Europea
–
–
–
–
Trad.estimativa italiana
Valore di costo
Cap. 4 par 2.5.3
–
Valore complementare
Cap. 4 par 2.5.6
–
Cap. 4 par. 2.20
–
–
–
Trad.estimativa italiana
Valore di sostituzione
Cap. 4 par 2.5.7
–
Cap. 4 par. 2.21
–
–
–
Trad.estimativa italiana (segue)
Capitolo 2
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Espressione italiana Espressione inglese
Manuale di estimo
Codice delle Valutazioni Immobiliar IPVS 2005
International Valuation Standards IVS 2007
Codice delle Valutazioni Immobiliari IPVS 2011
CRITERI E VALORI Valore di trasformazione Transformation Value
International Valuation Standards IVS 2011
European Valuation Standards EVS 2012
Circolare Banca d’Italia 263/2006 (Linee Guida sulle Esposizioni Creditizie)
Altri riferimenti di rilievo
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO Cap. 4 par 2.5.5 Cap. 5 par 2.20
–
Cap. 4 par. 2.19
–
–
–
Trad.estimativa italiana
Valore di surrogazione
–
–
–
–
–
–
Trad.estimativa italiana
Valore mancato
–
–
–
–
–
–
Tradizione estimativa italiana (in particolare:Famularo, 1969)
–
–
–
–
–
–
Trad.estimativa italiana
EVS 1 - 5.4.6 Commentary
–
Appraisal Institute
EVS 2 - 9
–
Trad.estimativa italiana Trad.estimativa italiana OMI Agenzia del Territorio T ecnoborsa RICS
Valore marginale Più conveniente e migliore uso Highest and Best Use
Cap. 4 par 2.6.3 Cap. 5 par. 20.11
–
Cap. 3 par. 2.10
Costo di ricostruzione deprezzato Depreciated Replacement Cost DCR (Contractor’s method)
Cap. 5 par 2.19
–
Cap. 3 par. 2.18
Valore locativo di mercato Canone di locazione Market Rent
Cap. 5 par 2.14 -216
Canone contrattuale Contract Rent
Cap. 5 par 2.15
Canone del terreno Ground Rental Reddito Netto Net Rent
IVS GN 2 3.1.10.1.1
Framework par. 33
–
Cap. 4 par. 2.14
IVS 230 par. C9
–
–
–
Cap. 4 par. 2.15
IVS 230 par. C11
–
–
Cap. 5 par 2.17
–
Cap. 4 par. 2.16
–
–
–
Trad.estimativa italiana Appraisal Institute
Cap. 5 par 2.18
–
Cap. 4 par. 2.17
–
–
Trad.estimativa italiana -
EVS Appendice 7
–
N.B. Nella tabella sono indicati i riferimenti dei capitoli, paragrafi, allegati e sezioni in appendice ai testi in cui sono definiti, trattati e discussi gli aspetti del valore riportati in colonna. Le celle sono vuote quando non è disponibile una chiara indicazione sui testi analizzati (sia con riferimento alla traduzione di alcuni criteri e valori di stima che con riferimento alle definizioni stesse).
costo rich iesto per l’ introduzione di accorgimenti tecnologici e impiantistici evoluti possa essere bilanciato da una qualità maggiore del manufatto e da minori costi operativi, sia per quanto riguarda le manutenzioni ch e i costi indotti dagli impianti. C itando testualmente gli E V S appare infatti chi aro che « landlords and investors may often be reluctant to incur that cost without an appropriate return »35. I vantaggi scaturenti in fase di gestione sono forse i più immediati. C ome ricordano gli E V S in alcuni contesti internazionali (fra tutti si ricorda l’ A ustralia) sono infatti etich ettati come green leases i contratti di affitto applicabili per edifici che presentano determinati requisiti green. A fronte dell’ approfondimento svolto in sede di European V alutation Standards si ritiene utile ricordare ch e in Italia la green building phylosophy h a portato allo sviluppo di protocolli di valutazione di tipo volontario a partire dal 20, con un ritardo di circa un decennio rispetto ad esempio agli S tati Uniti e, nel contesto europeo, alla F rancia e Regno 35
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Unito. A lcuni dei principali sono: il Protocollo Itaca del 204, C asaclima del 20, e l’ attivazione di partnershi p internazionali con sistemi di valutazione sorti oltralpe tra cui G B C -Leed nel 209 . S i segnala in particolare ch e in alcuni contesti locali, ad esempio nella provincia autonoma Protocolli sintetici di B olzano e in Piemonte sono state introdotte misure obbligatoIl protocollo Sintetico 2009 rapprerie per il soddisfacimento dei requisiti valutabili nei protocolli o senta l’unico protocollo sul mercato loro sintesi*. Questo ovviamente impatta in modo sensibile italiano concepito come strumento sull’ apprezzamento immobiliare anche se valgono le cautele gedi valutazione della sostenibilità di interventi di edilizia sociale. Infatti, nerali individuate da TE G oV A . tale sistema è stato approvato con C iò ch e invece apporta ovviamente un impatto diretto sul deliberazione della giunta regionale mercato immobiliare è la classificazione energetica come previsto del 25 maggio 2009 come garanzia dalla Direttiva 2006/32/CE recepita in Italia dal D.Lgs 115/2008 della compatibilità ambientale, degli che introduce le norme UNI TS 130 con l’ obbiettivo di migliointerventi sociali, che ambivano ad essere finanziati con il secondo rare l’efficienza degli usi finali di energia. L’attribuzione di una biennio del « Programma Casa »: determinata classe energetica alle unità immobiliari, in funzione 10.000 alloggi entro il 2012. della prestazione dich iarata attraverso l’ emissione di A PE -A ttestati di Prestazione E nergetica3 6 , oggi viene infatti richi esta quale parte integrante della documentazione da allegare nelle operazioni immobiliari.
*
Caso studio 2.1 Erogazione del credito e ripagamento rateale: la stipula dei mutui (di Sonia Airaldi)
Si consideri il caso di un prestito cosiddetto « indiviso », in cui un capitale C viene prestato al tempo 0 da un solo creditore in prestito ad un debitore e rimborsato attraverso il pagamento di n rate periodiche posticipate nell’intervallo di tempo (0, n). Al tempo t = 0 il soggetto creditore eroga quindi in prestito al soggetto debitore la somma di denaro C, che rappresenta l’importo del prestito. Pertanto, rimborsare tale prestito significa restituirlo, congiuntamente al costo ad esso assegnato dal creditore per l’estinzione totale del debito da parte del debitore (costo rappresentato dai cosiddetti « interessi »). In bibliografia le forme di rimborso di un prestito consolidate sono principalmente di tre tipi: a) Rimborso globale del capitale e degli interessi alla scadenza b) Rimborso globale del capitale alla scadenza e pagamento periodico degli interessi c) Ammortamento In particolare, l’ammortamento rappresenta una forma particolare di rimborso avente la « restituzione graduale del capitale con pagamento periodico degli interessi ». Infatti, nel caso a) il debitore prende in prestito la somma S e si impegna a pagare alla scadenza il montante, mentre nel caso b) il debitore prende in prestito la somma S e si impegna a pagarla alla scadenza, pagando gli interessi maturati periodicamente in via anticipata o posticipata. Nella fattispecie dell’ammortamento invece (forma di rimborso di Tipo c) il rimborso avviene mediante il versamento periodico di rate. Ogni rata è comprensiva di una quota di capitale Ck (cioè di una parte del debito da rimborsare) e di una quota interessi Ik (ovvero sia degli interessi relativi al periodo, calcolati sulla parte di debito ancora da rimborsare). Dal punto di vista strettamente tecnico l’ammortamento si definisce come un’operazione finanziaria che si configura sotto forma di accensione di un prestito al tempo t = 0 dietro il pagamento di una serie di rate a scadenze successive t1; t2; ...; tn.
3 6 APE-Attestati di Prestazione Energetica DL 63/2013, pubblicato in GU n° 181 del 3 agosto 2013. L’APE è subentrata a sostituzione dell’Attestato di Certificazione Energetica.
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Il piano di ammortamento, quindi, è lo strumento che esplicita le modalità di restituzione del prestito. Un piano di ammortamento si struttura nei tre seguenti elementi fondamentali: 1) determinazione della rata (Rt), composta dalla quota interessi relativa all’ultimo periodo e dalla quota capitale Ct : Rt = It Ct per t = 1, 2, K, n; 2) calcolo del debito estinto; 3) calcolo del debito residuo. Le condizioni per procedere alla predisposizione di un piano di ammortamento sono fondamentalmente due, cosiddette « condizioni di chiusura »: n
A = D0 =
1)
∑ (1R+ i) t
t
i =1
ovvero il debito contratto al tempo zero deve essere uguale alla somma di tutti i pagamenti futuri (condizione di chiusura iniziale); n
A × (1 + i )n =
2)
∑ R × (1 + i)
t
t
i =1
ovvero il montante generato dalla somma di tutti i pagamenti deve essere uguale al montante del capitale preso a prestito (condizione di chiusura finale). Sulla base delle suddette relazioni si procede quindi alla determinazione delle grandezze principali dell’operazione di ammortamento, che risultano essere le seguenti: – – – –
Ct: quota capitale riferita al tempo t It: quota interesse riferita al tempo t Dt: debito residuo al tempo t Et: debito estinto al tempo t
La quota capitale rappresenta l’ammontare di capitale rimborsato ad ogni scadenza e, insieme alla quota interessi, concorre alla formazione della rata. Si ha infatti la seguente equivalenza: Rt = Ct + It La quota interessi, a sua volta, indica qual è ad ogni istante l’ammontare di interessi maturati sul debito residuo rispetto al periodo precedente, quindi in formule: It = Dt–1 × i dove Dt-1 rappresenta il debito residuo del periodo precedente. Se l’interesse viene riscosso in via anticipata la formula si modifica come segue: It = Dt × i Pertanto le caratteristiche relative al debito residuo possono essere espresse in forma analitica attraverso le seguenti relazioni: 1) D0 = A, per il debito al tempo zero coincide con il capitale preso a prestito; 2) Dn = 0, per il debito deve essere estinto alla scadenza; 3) Dt = Dt–1 – Ct, per il debito al tempo t (differenza tra il debito del periodo precedente e la quota capitale). Analoghe relazioni possono essere espresse per costruire per il debito estinto: 1) E0 = 0, sarà il debito (nullo) estinto al tempo zero; 2) En = A, sarà il debito estinto alla scadenza che coincide con il capitale preso a prestito; 3) Et = Et–1 + Ct sarà il debito estinto al tempo t, dato dalla somma tra debito estinto del periodo precedente e la quota capitale. Quindi la relazione tra debito estinto e residuo, ad ogni periodo, sarà data dalla relazione: A = Et + Dt.
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Aspetti del valore di un bene: dalla tradizione estimativa agli standard internazionali
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La seguente tabella propone una schematizzazione-tipo dei parametri fin qui illustrati, che caratterizzano un piano d’ammortamento: t
Ct
It
Rt
Dt
Et
0
–
–
–
A
–
1
...
...
...
...
...
2
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
n
...
...
...
–
A
Premessi i richiami teorici sopra esposti, la modalità con cui viene redatto un piano di ammortamento risulta differente a seconda della forma di ammortamento scelta. Le principali forme d’ammortamento di un prestito riportate dalla bibliografia nazionale ed internazionale sono tre: – l’ammortamento all’italiana; – l’ammortamento alla francese; – l’ammortamento all’americana. AMMORTAMENTO ALL’ITALIANA
L’ammortamento all’italiana (detto anche « uniforme »), prevede un tasso fisso di interesse e quote di capitale costanti C =A/n. In questa forma d’ammortamento le quote di interesse risultano in progressione aritmetica di ragione Ci, essendo i il tasso del prestito e così anche le rate. Dovendo estendere il piano d’ammortamento per un prestito di importo A si ottengono nell’ordine:
1) 2) 3) 4)
la quota di capitale C = A/n; la prima quota d’interesse I1 = A*i e di conseguenza la prima rata come somma R1 = C + I1; il debito estinto al tempo 1, che è uguale alla quota di capitale C; il debito residuo al tempo 1, che è uguale alla differenza tra l’ammontare del prestito A e il debito estinto.
Il piano di ammortamento all’italiana prevede che (supposto che le rate siano equintervallate ed n sia il numero di periodi previsti per l’ammortamento) ciascuna quota di ammortamento sia costante e pagata in via posticipata. Le quote capitali dunque possono essere calcolate con la seguente formula: Ct = C =
A n
dove n rappresenta il numero di pagamenti ed A l’importo del prestito. Pertanto, il debito residuo ad ogni scadenza risulta: Dt =
n−t A = (n − t )C n
ovvero pari al numero di quote capitali non ancora corrisposte. Procedendo per ciascun tempo t, ripetendo quindi la medesima sequenza di operazioni: 1) determinazione delle quote capitali
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2) calcolo e compilazione delle colonne del debito residuo Dk = Dt–1 – C e del debito estinto Et = Et–1 + C 3) calcolo e compilazione della colonna relativa alla quota interessi It = Dt–1 × i 4) determinazione della rata come Rt = C + It si ottiene così lo sviluppo completo del piano di ammortamento all’italiana. Come si può osservare, nell’ammortamento all’italiana le rate sono decrescenti e si calcolano come somma tra la quota capitale e la corrispondente quota interessi. AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE
L’ammortamento alla francese (detto anche « progressivo ») prevede un tasso fisso di interesse e rate costanti R. In tale forma d’ammortamento (che, rispetto a quella uniforme, è maggiormente utilizzata nella prassi), le rate sono costanti e posticipate, mentre le relative quote di capitale risultano in progressione geometrica di ragione (1 + i), essendo i il tasso del prestito. Quindi per calcolare il piano d’ammortamento relativo ad un prestito di importo A la sequenza delle operazioni risulta la seguente: 1) 2) 3) 4)
si calcola la rata costante; si calcola la prima quota d’interesse I1 = A × i e di conseguenza la prima quota di capitale come differenza C1 = R – I1; si ricava il debito estinto al tempo 1 che è uguale alla prima quota di capitale C1; si ricava il debito residuo al tempo 1 che è uguale alla differenza tra l’ammontare del prestito A e il debito estinto.
Ciascuna rata risulta composta dalla somma di una quota capitale e di una quota interessi sul capitale residuo, assumendo che la quota capitale sia progressivamente crescente con il pagamento delle rate. L’attualizzazione delle rate dovrà soddisfare il vincolo di equivalenza finanziaria, che dal punto di vista analitico corrisponde alla seguente relazione: n
A=
∑ R(1 + i)
−k
= R × an i
k =1
Da detta relazione si ricavano quindi le seguenti determinazioni: R = Ck × (1 + i)n – k + 1 e Ck = 1+i C k−1 Infine il debito residuo, ad ogni scadenza, può essere ricavato come valore attuale delle rate non ancora versate secondo la seguente relazione: Dk = R × a
n − k i
Procedendo per ciascun tempo t, ripetendo quindi la medesima sequenza di operazioni: 1) 2) 3) 4)
determinazione della rata d’ammortamento determinazione della quota interessi It = Dt-1 × i determinazione della quota capitale Ct = R – It determinazione del debito residuo Dt = Dt-1 – Ct e del debito estinto Et = Et-1 + Ct
si ottiene così lo sviluppo completo del piano di ammortamento alla francese. AMMORTAMENTO ALL’AMERICANA
L’ammortamento all’americana (detto anche « a quote di accumulazione a due tassi ») prevede che il debitore restituisca il capitale preso a prestito A mediante versamenti annuali costanti (quote di accumulazione) in n anni. Il capitale mutuato viene corrisposto, quindi, per intero alla scadenza ricorrendo al fondo costituito in via separata. Al creditore vengono invece corrisposti annualmente gli interessi maturati sul prestito.
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I due tassi indicano che, di norma, vi sono due interessi distinti legati allo svolgimento parallelo delle due operazioni (il rimborso globale con interessi periodici e la costituzione di un capitale). Infatti il primo tasso risulta quello secondo cui vengono capitalizzate le quote di accumulazione (tasso i0 di accumulazione per l’operazione di costituzione del capitale A), mentre il secondo tasso è il tasso tecnico di remunerazione mediante il quale si calcolano le quote d’interesse del prestito (tasso i di remunerazione per l’operazione di rimborso del prestito). Il debitore pagherà ad ogni scadenza una quota d’interesse che si ipotizza posticipata, pari a: I=A×i con altresì una quota di accumulazione costante pari a: R=
A sn i
L’esborso complessivo R’ sarà determinato dalla somma delle quote R ed I. Si osservi che, nel caso in cui R’ = i, allora la rata periodale di ammortamento del piano all’americana viene a coincidere con quella dell’ammortamento di tipo alla francese.
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Bibliografia Forte e De Rossi (1974), Principi di economia ed estimo, Etaslibri, Milano. Fusco Girard L. (1987), Risorse architettoniche e culturali: valutazioni e strategie di conservazione. Una analisi introduttiva, Franco Angeli, Milano. Gabrielli L., Lami I.M., Lombardi P. (2011), Il valore di mercato: note di lavoro per la stima di un immobile urbano, Celid, Torino. Grillenzoni M., Grittani G. (1994), Estimo. Teoria, procedure e casi applicativi, Calderini, Bologna. Hoesli M. (2008), Investissement Immobilier, Economica, Paris. Michieli I., Michieli M. (2009), Trattato di estimo, Edagricole, Bologna. Orefice M. (1995), Estimo civile, Utet Università, Torino. Realfonzo (1994), Teoria e metodo dell’estimo urbano, NIS, Roma. Rizzo F. (1989), Economia del patrimonio architettonico ambientale, Franco Angeli, Milano. Simonotti M. (1997), La stima immobiliare: con principi di economia e applicazioni estimative, UTET Libreria, Torino. Sirchia G. (a cura di) (2000), La valutazione economica dei beni culturali, Carocci Editore, Roma. Stellin G., Rosato P. (1998), La valutazione economica dei beni ambientali, CittàStudiEdizioni, Torino.
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L’estimo immobiliare e i modelli valutativi Marina Bravi, Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Giuseppina Taccone, Antonio Talarico* CAPITO L O
TE RZO
Obiettivi di apprendimento1 1. 2. 3. 4.
Fondamenti della stima immobiliare e standard internazionali Struttura e funzionamento dei mercati immobiliari Stime sintetiche e analitiche Valore di mercato, di costo e per capitalizzazione del reddito
In questo capitolo si mettono in rilievo i fondamenti della stima immobiliare facendo riferimento agli approcci consolidati a livello internazionale e alla tradizione estimativa italiana. Si introducono alcune nozioni utili a definire le caratteristiche dei beni, la struttura dei mercati immobiliari, il loro funzionamento e le loro dinamiche. Sono poi esplicitate le principali procedure estimative relative ai tre approcci fondamentali (market approach, cost approach e income capitalization approach). La trattazione è corredata da alcuni esempi e casi di studio. RICS - Royal Institute of Chartered
*
3.1
Modelli valutativi per le stime immobiliari
E sistono oggi, a livello internazionale, alcune fonti riconosciute per la definizione dei principi e delle procedure standard di valutazione immobiliare, come gli Appraisal and V alutation Standards, messi a punto dal Royal Institute of Chartered Surveyors (R I C S *) e gli European V alutation Standards (E V S ) emanati da T E G oV A *. I tre approcci fondamentali per la stima di un bene immobile sono così identificati: • • •
il market approach o metodo del confronto di mercato; il cost approach o metodo del costo; l’income capitalization approach o metodo finanziario.
Il market approach si fonda sul principio comparativo universale secondo il quale il valore di un oggetto (immobile) dipen-
*
Surveyors Fondata nel 1868 nel Regno Unito, RICS è un’associazione internazionale che rappresenta i professionisti che lavorano nel settore immobiliare, nella gestione del territorio e nell’edilizia in tutto il mondo. I membri accreditati RICS sono oltre 90.000 in 120 paesi.
TEGoVA TEGoVA è un’associazione europea nata nel 1997 composta da 52 associazioni di categoria di 30 paesi e rappresenta circa 70.000 valutatori in Europa. L’IsIVI, L’istituto Italiano di Valutazione Immobiliare, rappresenta l’Italia in TEGoVA.
* I paragrafi 3.1 e 3.2 sono a cura di Marina Bravi e Antonio Talarico, il paragrafo 3.3 è a cura di Francesco Prizzon e Manuela Rebaudengo e Giuseppina Taccone.
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de dal valore di oggetti simili. Utilizza procedimenti di stima basati sul prezzo, ossia sulla comparazione tra prezzi di vendita noti di immobili ritenuti simili rispetto al bene oggetto di stima, rilevati nel segmento di mercato di appartenenza dello stesso. Attraverso il cost approach si perviene alla stima del valore di un bene immobile attraverso la somma del valore di mercato dell’ area sulla quale esso insiste e dei costi di realizzazione del manufatto edilizio, eventualmente deprezzati nel caso di una sua obsolescenza fisica, tecnologica o funzionale. Questo approccio si fonda sull’ assunto elementare per il quale un compratore non è disposto a pagare per un immobile una somma maggiore del valore del terreno edificabile e del costo di costruzione di un altro immobile, che presenta la stessa utilità funzionale di quello esistente, considerato nello stato in uso (Simonotti, 2006). S econdo l’ income approach il valore di un immobile è funzione del reddito o dei flussi di cassa, attuali o potenziali, generati dal bene stesso ed è calcolato mediante l’impiego di procedimenti di capitalizzazione del reddito. Il prezzo, espressione del valore in una particolare epoca storica, è infatti ottenuto nell’asset market dal rapporto tra il reddito operativo netto generato dall’immobile e un tasso di capitalizzazione, il quale riflette le condizioni specifiche di rischio/rendimento degli investimenti immobiliari. Nonostante ciò, la valutazione immobiliare, a differenza del pricing dei titoli finanziari, non può contare su metodologie realmente standardizzate. La natura dei beni immobili è in effetti tale per cui ogni bene è pressoché unico nel suo genere, in virtù dell’immobilità e dell’eterogeneità che lo caratterizza. I tre approcci valutativi evidenziati si trovano a operare in condizioni abbastanza disagevoli nel contesto italiano: il market approach per la carenza e spesso l’ assenza di dati immobiliari completi, riferiti ai prezzi effettivamente contrattati e alle caratteristiche immobiliari che li influenzano; il cost approach a causa della carenza e spesso della mancanza di dati relativi al costo di costruzione/realizzazione e l’income approach per le oggettive carenze nella rilevazione dei redditi (affitti) e nella determinazione del saggio di capitalizzazione. Tra contesto italiano e internazionale esiste comunque una sostanziale analogia per quanto riguarda le procedure estimative. Si è soliti distinguere tra procedure dirette e indirette del valore di mercato e tra stime sintetiche e analitiche. In altre parole, nella pratica estimativa, il valore di mercato di un bene può essere determinato sia mediante procedure dirette (per comparazione) , sia mediante procedure indirette (per capitalizzazione del reddito, trasformazione, surrogazione, complementarità). Tali metodologie, seppur definite secondo standard condivisi, si trovano tuttavia a fare i conti con la specificità dei mercati immobiliari delimitati su base locale.
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3.2 IVSC - International Valuation Standards Council Società senza scopo di lucro dal 2008 con sede negli Stati Uniti e quartier generale a Londra, è responsabile dell’introduzione, nel 1981, dei primi standard internazionali della valutazione immobiliare.
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Stima del valore di mercato
Il concetto di valore di mercato di un bene immobile, fissato da I V S C * e recepito da RICS e TEGoVA, è così definito: « Per valore di mercato si intende l’ammontare stimato a cui una proprietà dovrebbe essere ceduta o acquistata, alla data di valutazione, da un venditore e da un acquirente entrambi interessati alla transazione, a condizioni concorrenziali, dopo un’adeguata commercializzazione in cui le parti abbiano agito entrambe in modo informato, con cautela e senza coercizione ». (TEGoVA, 2012, p. 17) Co-
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me si è visto nel capitolo precedente, gli IVS tracciano comunque una netta distinzione tra le valutazioni basate sul valore di mercato e quelle basate su altri aspetti del valore, di modo che la stima del valore di mercato (prezzo) trova i suoi fondamenti nel momento dello scambio, nel principio economico della libera concorrenza e nel postulato della comparazione. Il prezzo di mercato e il costo di produzione sono infatti considerate entità economiche naturali, le quali, prima ancora di rappresentare entità concettuali, sono spontaneamente espresse dal mercato (Codice delle Valutazioni Immobiliari, 2005). 3.2.1
Struttura del mercato immobiliare e caratteristiche dei beni
Sono beni immobili tutte le costruzioni presenti sul territorio, nonché le risorse naturali, tra le quali ai fini di questa trattazione è utile considerare la risorsa suolo. Dal punto di vista giuridico, è possibile fare una distinzione tra bene immobile e bene mobile. In particolare l’articolo 812 del Codice Civile italiano definisce come « beni immobili il suolo, le orgenti e i cor i ac a g i a beri g i e ifici e e a tre co tr ioni anc e e nite a o o a copo tran itorio e in genere t tto ci c e nat ra ente o artificia ente incorporato al suolo ». Sono invece definiti beni mobili tutti gli altri beni. Un bene immobile presenta dunque alcune peculiarità che lo rendono (nella sua offerta) pressoché unico, soprattutto in virtù della sua localizzazione nello spazio, in quanto stabilmente ancorato al suolo. Le principali caratteristiche che è possibile distinguere in un bene immobile possono essere analizzate secondo tre dimensioni: fisico/ambientale, economica e sociale, ognuna delle quali è in grado di influenzarne il valore.
Dimensione fisico/ambientale Il suolo, indipendentemente dalle finalità del suo utilizzo, è una risorsa irriproducibile e quindi scarsa, ma praticamente indistruttibile. In quanto risorsa non riproducibile si presta nel tempo a un utilizzo e ibi e. Infatti, coerentemente alle sue caratteristiche fisiche e ambientali, può essere adattato a ospitare una molteplicità di funzioni, classificabili in base alla destinazione d’uso, in: agricole, residenziali, commerciali, industriali e terziarie. Considerando un orizzonte temporale di lungo periodo, una stessa porzione di suolo può essere quindi interessata dell’ insediamento di differenti funzioni. S i pensi, per esempio, alla trasformazione di un’area agricola in un’area urbana, oppure alla riqualificazione di un’area industriale dismessa destinata a ospitare nuove destinazioni d’uso. L’attività umana ha infatti contribuito nel corso dei secoli alla trasformazione dell’ utilizzo del suolo. Il segno maggiormente significativo di questa attività è senza dubbio la realizzazione degli insediamenti urbani che connotano fortemente l’ambiente costruito. Le costruzioni in genere e, in particolare, gli edifici rappresentano l’oggetto più rappresentativo di tale ambiente. Gli edifici, come il suolo, sono caratterizzati da una lunga durata, sia dal punto di vista fisico, sia da quello funzionale, specialmente se interessati da una continua manutenzione e da un ti i o e ibi e ovvero suscettibile di una molteplicità di destinazioni d’uso. A differenza del suolo, presente in natura in quantità pressoché definita e misurabile, gli edifici devono essere realizzati richiedendo, compatibilmente alla loro dimensione, quasi sempre lunghi tempi di produzione. Infatti, l’edificazione è un processo produttivo nel quale ancora oggi la componente della manodopera riveste un ruolo predominante ed è svolto in cantieri costruiti ad hoc. Infatti, solo alcune fasi di questo processo possono essere standardizzate, mentre altre sono oggetto di uno specifico approfondimento progettuale.
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Dimensione economica La localizzazione nel territorio degli insediamenti urbani è da sempre fortemente influenzata dalle sue caratteristiche naturali, per quanto riguarda, per esempio, il clima, l’orografia o la presenza di risorse idriche. La localizzazione degli edifici, o più in generale delle costruzioni, all’interno degli insediamenti urbani è invece il risultato del continuo processo di costruzione e trasformazione della città. Tale processo, in passato come oggi, è stato fortemente influenzato dalle scelte di pianificazione che hanno regolato lo sviluppo delle città stesse. Occorre comunque evidenziare come la classificazione per funzioni sia solo una delle possibili chiavi di lettura legata a un approccio utilitaristico dell’uso del suolo che ha le sue radici nell’economia urbana e nella pianificazione urbanistica. Il fattore localizzazione contribuisce quindi alla contestualizzazione, all’ interno del tessuto urbano, dei beni immobili, suoli o edifici, rendendoli inequivocabilmente unici. Questa caratteristica influenza indirettamente il valore di mercato, soprattutto se si considera il fatto che questi beni sono per definizione immobili e quindi non sono trasportati nel mercato in cui vengono scambiati. E ssi sono inoltre caratterizzati da valori unitari elevati, il cui acquisto o costruzione avviene spesso attraverso il ricorso all’ indebitamento da parte dei compratori e produttori. L’elevata intensità di capitale che viene richiesto per il loro scambio sul mercato li rende illiquidi, ossia solo in un orizzonte di medio-lungo periodo è possibile convertire in denaro il loro valore. Ciò è vero, per esempio, in considerazione della vita economica che caratterizza gli edifici, misurata dal tempo in cui gli stessi sono funzionali alle attività che ospitano, ma anche, più in generale, dal grado di eterogeneità che contraddistingue questa tipologia di beni. Questa caratteristica li rende non completamente fungibili sul mercato da altri beni sostituti: considerando anche solo il fattore della localizzazione non è infatti oggettivamente possibile trovare due porzioni di suolo identiche, così come non esistono edifici tra loro perfettamente uguali.
Dimensione sociale La natura dei beni immobili è tale per cui essi sono utilizzati quali strumenti utili al soddisfacimento di bisogni, individuali o collettivi, che sono espressione del modello di società in cui viviamo. L’ abitazione, l’ istruzione, il lavoro, la sanità sono solo esempi di alcuni bisogni che per essere soddisfatti necessitano della realizzazione di beni immobili. Le azioni perpetrate per poter ottemperare queste finalità possono essere oggetto di iniziative, sia pubbliche, sia private, in settori più o meno regolamentati da parte dello Stato. La molteplicità di utilizzi possibili che caratterizzano i beni immobili è indice della loro multifunzionalità, mentre la quantità, espressa in metri quadrati, che viene prodotta e offerta, è espressione della domanda che soddisfa un particolare bisogno. A questo proposito è opportuno distinguere tra un’offerta di beni immobili che intercetta una domanda il cui fine è l’utilizzo diretto del bene stesso e un’offerta che intercetta invece una domanda il cui fine è la remunerazione del capitale investito. In questo secondo caso si fa riferimento a una forma di investimento le cui finalità non sono molto diverse da altre forme che caratterizzano il mercato azionario.
Principio della libera concorrenza e mercato immobiliare Con il termine mercato, in economia, si indica il luogo, non necessariamente fisico, nel quale produttori e acquirenti si incontrano per effettuare scambi di beni, prodotti o servizi. La tipologia di beni oggetto di scambio e per la quale esiste un mercato è quella dei
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beni cosiddetti economici. Un bene economico è tale in virtù della presenza di tre proprietà fondamentali: è utile, ossia è in grado di soddisfare un bisogno da parte di chi lo acquista (o lo utilizza); è disponibile in quantità limitata ed è facilmente accessibile. La compresenza di queste tre proprietà giustifica l’esistenza dello scambio. La teoria economica classica contribuisce alla definizione delle regole che governano il meccanismo dello scambio attraverso il concetto di mercato di concorrenza perfetta. Il funzionamento dei mercati di concorrenza risponde a un ipotetico modello basato su cinque condizioni: • • • • •
atomicità, ovvero il numero di compratori e venditori è elevato e questo rende irrilevante il singolo scambio tra un produttore e un acquirente ai fini del funzionamento del mercato stesso; prodotto omogeneo, ossia il bene venduto da un produttore è un sostituto perfetto dei beni venduti da tutti gli altri produttori; libertà di ingresso e di uscita, ossia assenza di barriere sia istituzionali che economiche funzionali all’entrata o all’uscita dal mercato da parte dei produttori e acquirenti; trasparenza delle informazioni, ossia acquirenti e produttori sono in possesso di tutte le informazioni che caratterizzano il bene scambiato compreso il suo prezzo di vendita; contemporaneità delle contrattazioni inerenti lo scambio dei beni che contribuiscono alla formazione di un unico prezzo per lo stesso bene.
L’insieme degli acquirenti e dei produttori presenti all’interno di un dato mercato è espressione, rispettivamente, della domanda e dell’ offerta complessiva, in termini di quantità che caratterizza il bene scambiato. Nel sistema di libera e perfetta concorrenza il punto in cui queste due quantità si eguagliano individua il prezzo di equilibrio. Consumatori e produttori non possono modificare il prezzo di equilibrio, ossia sono definiti pricetaker; l’unica possibilità che hanno è quella di variare le quantità domandate o offerte di una data merce. Il prezzo, di conseguenza, sarà determinato dal mercato a seguito di successivi aggiustamenti delle suddette quantità. All’interno di questi mercati, quindi, uno stesso bene viene scambiato a uno stesso prezzo, che rappresenta il valore in corso del bene stesso. In altri termini, potremmo definire il mercato come set di condizioni in cui venditori e acquirenti si incontrano e regolano i loro rapporti di scambio attraverso il meccanismo del prezzo. Il prezzo rappresenta quindi l’ ammontare di denaro ceduto da un acquirente, disponibile a pagare, a un venditore, disponibile ad accettare, in cambio di un bene, in determinate circostanze che regolano i loro rapporti. Anche i beni immobili possono essere classificati come beni economici. Lo scambio di beni immobili tra produttore (o proprietario) e acquirente avviene nel mercato immobiliare. La tipologia di beni scambiati può essere molteplice: abitazioni, uffici, aree edificabili, immobili rurali e commerciali. Le particolari caratteristiche che contraddistinguono questa tipologia di beni, rispetto ai beni mobili, contribuiscono a far sì che nel mercato immobiliare non siano soddisfatte le condizioni teoriche definite per il mercato di concorrenza perfetta. Nel mercato immobiliare non sono presenti una domanda è una offerta atomistica, in quanto i compratori e i venditori, per un certo immobile (o gruppo di immobili) si presentano in numero ridotto rispetto ai mercati nei quali vengono scambiate altre tipologie di prodotti durevoli. Tale numero è influenzato dalla localizzazione del bene all’ interno del contesto urbano, dall’ epoca storica nella quale avviene lo scambio e dal suo livello di prezzo. Inoltre, il fattore localizzazione rende i beni immobili non omogenei, quindi non fungibili. Essi sono differenti anche dal punto di vista materiale, per quanto
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riguarda le caratteristiche costruttive e giuridiche, ossia in riferimento alle modalità che ne regolano la proprietà e i diritti d’ uso. L’ accesso e l’ uscita dal mercato immobiliare non sono privi di barriere, ma sono soggetti alla legislazione amministrativa e fiscale. Infatti, la proprietà e i trasferimenti dei beni immobili sono regolamentati e tassati, mentre la loro produzione è sottoposta a vincoli dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi. Inoltre, essi sono influenzati dall’elevato valore unitario che caratterizza la transazione, aspetto che li rende non immediatamente commerciabili. L’acquisto e la vendita di beni immobili avviene poi in presenza di asimmetrie informative, ossia in un contesto nel quale compratore e venditore non sono in possesso delle stesse informazioni in merito alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del bene da scambiare, compreso il prezzo di vendita. Ciò è dovuto alla presenza nel mercato di operatori non professionali, quali, per esempio, le famiglie e alla oggettiva difficoltà e onerosità che richiede la raccolta preventiva delle informazioni. In ultimo, le domande e le offerte di beni immobili sono disperse nello spazio e nel tempo e quindi non si manifestano simultaneamente. Ciò è dovuto anche ai tempi tecnici Monopolio del mercato immobiliare che caratterizzano il processo edilizio. Infatti, alle variazioni delle quantità domandate seguono adeguamenti delle quantità offerte (e La presenza di una rete di agenzie immobiliari che hanno il compito di viceversa) solo in un orizzonte di medio-lungo periodo. ricercare e gestire le informazioni di Per queste ragioni il prezzo dei beni immobili non dipende solmercato, al fine di agevolare l’incontanto dalle quantità domandate e offerte, ma è anche funzione dalla tro tra la domanda e l’offerta, non dimensione fisico/ambientale, sociale ed economica che li carattesi giustificherebbe in un mercato trasparente ove gli scambi avvengono rizza. Da questo punto di vista, i mercati immobiliari possono essesimultaneamente. re avvicinati, più che al sistema libero concorrenziale, a quello di tipo concorrenziale monopolistico, nel quale, non solo la quantità è scarsa e detenuta da pochi offerenti, ma anche l’informazione è rarefatta o detenuta da pochi operatori che ne controllano il monopolio*.
Funzionamento dei mercati immobiliari A partire dalle assunzioni relative al mercato di concorrenza perfetta, per comprendere l’ organizzazione e il funzionamento dei Modelli strutturali di analisi mercati immobiliari può essere utile considerare un bene immobile I modelli strutturali nel settore immocome un contenitore di spazio. In questo caso, sia la domanda, sia biliare hanno avuto origine negli Stati l’ offerta, possono essere misurate in termini di metri quadrati di Uniti negli anni Sessanta, all’interno superficie disponibile. La domanda è costituita da singoli individi quella classe di modelli macroeconomici il cui obiettivo primario era dui, famiglie o imprese che desiderano utilizzare lo spazio contequello di valutare il livello ottimale nuto nei beni immobili per soddisfare bisogni abitativi o bisogni dei nuovi investimenti. L’interesse legati all’esercizio delle attività economiche. Un noto modello di si è focalizzato in particolare sui analisi* (Di Pasquale, Wheaton, 1992; Fischer, 1992), definito sinmovimenti dei prezzi e sul ruolo del teticamente come FDW, mette in relazione il duplice carattere di credito nel settore dell’edilizia residenziale. Dall’impiego di equazioni beni immobili, intesi sia come beni di consumo (space market) , sia simultanee di domanda e offerta si come beni di investimento (asset market) e la relazione esistente è poi giunti ad alcune varianti del cotra i due mercati. Per semplificazione, l’andamento della domanda siddetto two-equation stock-flow moè inversamente proporzionale al livello dei canoni di locazione, ovdel (Di Pasquale & Wheaton, 1994). vero la richiesta di maggiore spazio aumenta al diminuire del canone di locazione e decresce invece al suo aumentare. L’offerta è costituita dai proprietari immobiliari che concedono in locazione le superfici in loro possesso per soddisfare i bisogni espressi dalla domanda. Per quanto riguarda
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Canone di locazione €/mq
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Curva di domanda
€ 20 € 15 € 10 € 5
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Quantità di spazio in locazione (Mil. mq) Fig. 3.1
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l’andamento dell’offerta, è necessario distinguere tra un orizzonte temporale di breve periodo e di medio-lungo periodo. Infatti, nel breve periodo, la quantità offerta è rigida. Questo è dovuto ai tempi di produzione di nuovi spazi richiesti dal settore edilizio utili a soddisfare un eventuale aumento della quantità domandata e al fatto che i beni immobili sono beni durevoli che si prestano a un utilizzo ripetuto nel tempo (beni a utilità ripetuta). Almeno in teoria e se non esistessero vincoli nel mercato fondiario, nel medio-lungo periodo, le quantità offerte tenderebbero a soddisfare le quantità domandate adeguandosi ai mutamenti di queste ultime. Osservando la Fig. 3.1 la curva di offerta è rigida (posizione verticale) per un tratto, in corrispondenza di una quantità di spazio in locazione pari a 4,5 milioni di mq e oltre questo livello si inclina verso destra. Nel breve periodo, se la quantità di spazio domandata dovesse aumentare si assisterebbe immediatamente a un incremento dei canoni di locazione piuttosto che a un incremento dell’offerta di spazio in locazione. S e nel breve periodo i canoni di locazione crescono, una generica impresa sarà interessata a produrre una maggiore quantità di superfici che sarà immessa nel mercato nel medio lungo periodo. In un mercato di concorrenza perfetta l’ impresa massimizza il profitto (ricavi-costi) nel punto in cui il costo marginale legato alla produzione di nuove superfici eguaglia il ricavo marginale (in questo caso il canone di locazione). Per questo motivo, la curva di offerta dell’ impresa coincide con la curva di costo marginale, ovvero la curva di offerta dipende dall’andamento dei costi di produzione dell’impresa (Fig. 3.2) Questo spiega il perché la curva di offerta di un’impresa è crescente. Se si considera che il costo marginale aumenta al crescere delle quantità prodotte, sarà necessario un incremento del livello dei canoni di locazione per indurre l’ impresa ad aumentare la produzione. Il costo marginale dell’ impresa include i costi di acquisizione dell’ area, i costi di realizzazione delle superfici e la quota di profitto normale dell’imprenditore e del promotore immobiliare. Nel lungo periodo, la curva di offerta può essere inclinata positivamente, inclinata negativamente o essere piatta. Nel primo caso si può fare riferimento a una condizione di
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Canone di locazione €/mq
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Breve periodo
Curva di domanda
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Punto di flesso
Lungo periodo
€ 15 € 10 Quantità esistente € 5
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Quantità di spazio in locazione (Mil. mq) Fig. 3.2
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mercato nella quale, per esempio, il prezzo delle aree edificabili è in crescita e, di conseguenza, anche il costo di realizzazione delle superfici tenderà a crescere. Nel secondo caso si può fare riferimento ad una situazione nella quale i costi di costruzione sono in diminuzione e di conseguenza anche i costi di realizzazione delle superfici tendono a diminuire. Nel terzo caso si verifica una situazione nella quale i costi di realizzazione delle superfici si mantengono sostanzialmente costanti nel tempo. Sovrapponendo la curva di domanda alla curva di offerta si identifica il punto in cui il mercato è in equilibrio al quale corrisponde un canone di locazione di equilibrio. Considerando, per esempio, la Fig. 3.3, un incremento della domanda, da D0 a D1, genera una crescita del canone di equilibrio da 12 /mq a 16 /mq per una offerta pari a S1. Se la domanda continuasse a crescere, per esempio, in un periodo di congiuntura economica positiva, da D1 a D2, il canone continuerebbe a rimanere pari a 16 /mq mentre si assisterebbe a un incremento dell’offerta, da S1 a S2. Se successivamente la quantità domandata dovesse diminuire, per esempio durante una fase di recessione economica, da D2 a D1, il canone di equilibrio scenderebbe a 12 /mq come conseguenza di un eccesso di offerta. S e si considera, invece, un bene immobile come un asset, ovvero come una attività in grado di generare flussi di cassa positivi per la proprietà, allora si fa riferimento a un mercato con fina it in e ti ento. I flussi di cassa non sono nient’altro che i canoni di affitto che la proprietà percepisce a seguito della concessione a soggetti terzi dell’utilizzo dello spazio che costituisce l’immobile stesso. Questi flussi di cassa, depurati dalle spese a carico della proprietà, se positivi, definiReddito operativo netto scono un reddito operativo netto* percepito dal proprietario. Nel Il reddito operativo netto differisce mercato con finalità d’investimento l’oggetto dello scambio riguardal reddito lordo in quanto è stato da quindi la proprietà dell’ immobile e, di conseguenza, la possibidecurtato della componente di colità, per l’acquirente, di appropriarsi dei flussi di cassa generati dalsto relativa agli oneri finanziari e alla tassazione. l’immobile stesso. La domanda, in questo mercato, è costituita dall’insieme dei soggetti che investono nel settore immobiliare e ha
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Canone di locazione €/mq
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€ 15
Costi marginali di lungo periodo
D1 D0
€ 12
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S2 5
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Quantità di spazio in locazione (Mil. mq) Fig. 3.3 tivo.
Adeguamento della curva di domanda in relazione all’offerta di spazio a uso loca-
come obiettivo la remunerazione del capitale investito, espressa in termini di rendimento, mentre l’offerta è costituita dall’insieme dei soggetti che sono disposti a cedere la proprietà del bene e i flussi di cassa a esso collegati. In questo mercato, il valore attorno al quale venditore e acquirente effettueranno lo scambio potrà essere calcolato come rapporto tra reddito operativo netto è tasso di caTasso di capitalizzazione pitalizzazione*. Nel caso in cui la proprietà sia sfruttata a uso Nel mercato immobiliare, il tasso di proprio, tipicamente nel settore dell’edilizia residenziale, il flusso capitalizzazione è un tasso di rendi redditi potenziali rappresenta il costo opportunità di un immodimento per una proprietà immobibile in locazione. liare che riflette la relazione tra le Domanda e offerta che caratterizzano, da un alto, il mercato attese del reddito operativo netto di relativo all’ utilizzo dello spazio degli immobili e, dall’ altro, il un singolo anno e il prezzo, o valore totale della proprietà. Esso è utilizmercato degli investimenti immobiliari influenzano direttamente zato per convertire il reddito operatil’attività di produzione di edifici nuovi e di restauro, manutenziovo in un’indicazione di valore totale ne o trasformazione di quelli esistenti. Questa attività, che connodella proprietà. ta l’industria delle costruzioni, ha come obiettivo la realizzazione nuove superfici che andranno ad alimentare anche l’offerta per utilizzo diretto. Questi tre mercati, ovvero il mercato della locazione di beni immobili, il mercato della compravendita con finalità d’investimento e il mercato degli investimenti per la produzione di beni immobili devono presentare, nel lungo periodo, un andamento coerente. La congiuntura e le previsioni relative al trend economico influenzano l’andamento di questi tre mercati. Nello schema indicato in Fig. 3.4 si evidenzia la relazione esistente tra i tre mercati. Il canone di locazione dipende dal tipo di utilizzo che viene fatto della superficie disponibile, a sua volta compatibile con la destinazione d’ uso dell’ immobile stesso. La variazione dei canoni di locazione riflette i movimenti che caratterizzano la domanda e l’offerta nel mercato delle superfici utilizzabili o space market, secondo la terminologia anglosassone. Un loro incremento può essere dovuto a un miglioramento delle condizioni
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economiche dell’area nella quale sono inseriti gli immobili che dovrebbe portare a un incremento della domanda di superfici, con conseguente diminuzione dei tassi di sfitto e aumento dei tassi di occupazione delle superfici esistenti. Questa variazione si riflette anche nel mercato degli investimenti immobiliari o asset market, secondo la terminologia anglosassone. L’incremento dei canoni di locazione ha anche un effetto positivo sul reddito operativo netto che un immobile è in grado di generare, contribuendo a una crescita dei valori immobiliari. Un altro elemento caratterizzante è costituito dal tasso di rendimento degli investimenti immobiliari. In una situazione di equilibrio, esso deve poter riflettere, da un lato, l’andamento dei mercati finanziari, mentre, dall’altro, deve presentare una certa convergenza nei confronti del rapporto tra l’ ammontare dei redditi e quello dei valori (prezzi) . Il mercato finanziario riveste un importante ruolo ai fini dell’investimento immobiliare, sia perché collega i rendimenti finanziari a quelli immobiliari, sia perché contribuisce alla definizione dei tassi opportunità per ciò che concerne gli investimenti e per ciò che riguarda i redditi da capitalizzare (Bravi, 2013). L’andamento dei valori immobiliari influenza direttamente il settore delle costruzioni. Una congiuntura economica positiva che Mercato delle superfici utilizzabili (Space market)
Offerta (Proprietari)
Domanda (Affittuari)
Congiuntura economica
Tassi di utilizzo
Canoni di locazione
(occupancy e vacancy)
Immissione di nuove superfici
(nuova costruzione o rinfunzionalizzazione esistente)
Mercato degli investimenti immobiliari (Asset market)
Flussi di cassa – spese di gestione Sì
Fattibilità economico finanziaria (progetti
di sviluppo immobiliare)
Industria delle costruzioni
Costo di realizzazione (incluso il valore dell’area)
Reddito operativo netto (R)
Valore di mercato (Vm)
(escluso il valore dell’area)
V = R/r
Tassi di rendimento investimento immobiliare (r)
r = R/V
Offerta (Proprietari venditori) Domanda (investitori)
Tasso opportunità (r) Mercato finanziario (azioni e obbligazioni)
Fig. 3.4
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Organizzazione e funzionamento dei mercati immobiliari.
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favorisce l’ espansione dell’ economia crea condizioni tali per cui diventa possibile avviare progetti di sviluppo immobiliare. In un contesto socio-economico favorevole, la domanda aggiuntiva di spazio viene quindi compensata, nel medio lungo periodo, dall’ immissione di nuove superfici realizzate dal settore delle costruzioni. Tuttavia, l’eccesso di offerta di superfici può influenzare negativamente il livello dei canoni di affitto e quindi i valori immobiliari, specialmente se questo avviene in concomitanza di una congiuntura economica negativa.
Dinamica dei mercati immobiliari La nozione di ciclo ha una sua precisa connotazione in campo economico. In generale, trattasi dell’individuazione di costanti storiche nell’alternarsi di fasi di prosperità e decadenza, crescita e recessione. Vengono riconosciuti cicli parziali, oppure settoriali o che possono rappresentare l’ andamento generale dell’ economia nel lungo, medio e breve periodo. L’ analisi ciclica si traduce normalmente nell’ analisi quantitativa dei principali indici: della produzione, dell’occupazione, dei prezzi, dei rendimenti, dell’import-export, ecc. In campo immobiliare, la nozione di ciclo economico deve adattarsi a quelle che sono le caratteristiche del mercato, così come anticipato nel paragrafo precedente. Le fluttuazioni dei diversi indicatori, che corrispondono ai cicli dell’attività edilizia e ai flussi di investimenti, creano ovviamente momenti d’ instabilità e incertezza, sia per le imprese, sia per i consumatori. La combinazione di questi ritmi determina il lasso temporale entro il quale trovano spazio le fasi d’ espansione e di rinnovo urbano, il fi tering (l’ avvicendamento residenziale e immobiliare) e le variazioni di prezzo. Nonostante una certa evidenza sul piano empirico, non vi è accordo in letteratura sulle motivazioni alla base di tali
€ 200.000
Prezzo medio totale
€ 180.000 € 160.000 € 140.000 € 120.000 € 100.000 € 80.000 € 60.000 1980
1990
2090
2099
Anni Fig. 3.5 Prezzo medio totale di un immobile residenziale tra il 1980 e il 2009 (Euro costanti 2009). Fonte: ns. elab. su dati Muzzicato et al., 2008.
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fenomeni. Essi rispecchiano le oscillazioni dell’economia internazionale, il ciclo di vita utile del patrimonio edilizio e la lentezza con la quale è in grado di rispondere alle trasformazioni sociali e demografiche, evidenti nell’arco di una o più generazioni. I cicli riflettono inoltre le oscillazioni del mercato dei capitali, dei tassi d’ interesse e i movimenti degli investimenti nel tempo; più in generale, ancora, manifestano un certo stadio di sviluppo economico e il livello d’ urbanizzazione di un determinato paese. Per esempio, nel mercato abitativo, il ciclo inizia con un dato patrimonio di alloggi, di nuclei familiari e d’ immobili disponibili. Il numero e il tipo di abitazioni presenti, combinate con i fattori macroeconomici (inflazione, tassi d’interesse, crescita economica) e di variabili demografiche (età, natalità, saldo migratorio, ecc.) alla scala urbana, producono una certa risposta da parte dei promotori-costruttori che avviano il processo di sviluppo immobiliare. Il flusso netto di unità disponibili risulterà dalla sommatoria delle abitazioni nuove, meno le demolizioni, più le unità libere nel mercato dell’usato. L’offerta s’indirizzerà, in ogni caso, verso il mercato della proprietà a uso proprio o a scopo d’ investimento oppure verso quello da porre in affitto. 3.2.2
Strumenti di analisi e modelli di valutazione
La stima di un immobile, per le considerazioni appena svolte, non può prescindere dall’ analisi delle condizioni strutturali e congiunturali del mercato. La stessa operazione di raccolta delle informazioni non è neutrale rispetto all’esito della stima. Diventa quindi indispensabile possedere le conoscenze necessarie, sia relative alle variabili endogene, sia a quelle esogene, che sono in grado di condizionare il processo di formazione dei valori.
Segmentazione dei mercati immobiliari A sua volta, l’analisi dei mercati immobiliari non può ignorare il concetto di segmentazione, soprattutto se si considera il fatto che questa, dal punto di vista estimativo, è parte della valutazione stessa, poiché trova riscontro nel principio comparativo. Se si considerano le caratteristiche che contraddistinguono i beni immobili è facile intuire come non sia possibile fare riferimento a un mercato immobiliare unico, come, per esempio, è quello azionario. Occorre piuttosto prendere in considerazione sotto-mercati omogenei, ossia segmenti, la cui determinazione è fortemente legata all’obiettivo della valutazione. Per esempio, se si fa riferimento allo space market i segmenti di mercato possono assumere dimensioni molto piccole, perché la domanda è molto sensibile alla tipologia e alla localizzazione in relazione al tipo di bisogno da soddisfare. Per contro, l’ offerta di beni immobili è solitamente differenziata per tipologia e destinazione d’uso, oltre che essere stabilmente ancorata al suolo. S e, al contrario, si privilegia l’ aspetto del rendimento che contraddistingue l’investimento immobiliare nell’asset market, i segmenti di mercato possono assumere un’ altra forma, in quanto diventa prioritaria la capacità degli immobili di generare flussi di cassa, indipendentemente dalla loro tipologia e localizzazione. Ai fini dell’analisi economico-estimativa il processo di segmentazione individua i sotto-insiemi di mercato nei quali gli immobili presentano un alto grado di sostituibilità e sono, dal punto di vista della localizzazione e della tipologia, sufficientemente compara-
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bili. Tra i parametri che vengono solitamente utilizzati per definire i segmenti di mercato possiamo riconoscere1: • • • • •
•
• •
•
la localizzazione urbana (centro storico, semicentro), suburbana (periferia) o extraurbana e rurale, che indica la posizione dell’unità immobiliare nello spazio geografico ed economico, in funzione della sua posizione; la destinazione d’uso, o funzione dell’immobile, che identifica la categoria a destinazione residenziale, commerciale, industriale, artigianale, a uso ricettivo alberghiera, il cui utilizzo è disciplinato da specifici contratti; l’ epoca di costruzione, che identifica i sistemi costruttivi ma anche i valori storici e architettonici che caratterizzano una città; la tipologia immobiliare, che contraddistingue i terreni dai fabbricati e per i fabbricati identifica un mercato del nuovo o riqualificato piuttosto che dell’usato, sia per unità in condominio, sia per unità con unico proprietario; la tipologia edilizia, che fa riferimento ai caratteri tipologici dell’edificio coerentemente alle destinazioni d’uso (edifici multipiano o in linea, complessi immobiliari, ecc.); per esempio, per la destinazione residenziale in edifici multipiano, possiamo ancora distinguere tra fabbricati di tipoAnalisi discriminante logia signorile, civile, popolare e ultra-popolare; L’analisi discriminante è una tecnila dimensione, che indica se si tratta di unità immobiliari picca di analisi statistica multivariata cole, medie, grandi o, ancora, se è possibile differenziare tra che, se applicata al mercato immomonolocali, bilocali, trilocali, se si fa riferimento a unità in biliare, consente di attribuire a segcondominio, piuttosto che tra edifici indipendenti, se invece menti di mercato noti immobili di incerta collocazione sulla base dei ci si riferisce a immobili in proprietà esclusiva; parametri che li contraddistinguono. i caratteri della domanda e dell’offerta, che descrivono i soggetti che operano sul mercato, dal singolo privato all’impresa; la forma di mercato, che stabilisce il grado di competizione, Cluster analysis ossia il grado di concorrenza rispettivamente dal lato della La cluster analysis è una tecnica di domanda e dell’offerta, considerando che esso influenza dianalisi statistica multivariata il cui rettamente il livello del prezzo; obiettivo è quello di raggruppare in il livello di prezzo stesso, rappresentato dal valore di compragruppi (cluster) non predefiniti gli vendita o dal canone di affitto. elementi o variabili appartenenti a
Dal punto di vista operativo, la delimitazione dei segmenti di mercato è un’operazione abbastanza complessa che può essere implementata utilizzando due procedimenti. Da un lato, un procedimento deduttivo, che segue un approccio dal generale al particolare, implementato attraverso l’ utilizzo di criteri statistici quali, per esempio, l’ analisi discriminante* e la c l u s t e r an al y s i s * o di criterio estimativi, i quali utilizzano modelli di previsione fondati sull’analisi di regressione. Dall’altro, un procedimento induttivo, ovvero dal particolare al generale, attraverso il quale la classificazione degli immobili nei rispettivi segmenti avviene in maniera
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un gruppo più ampio. In ogni cluster sono presenti elementi o variabili il più possibile omogenei tra loro, mentre differenti cluster sono caratterizzati da elementi o variabili tra loro i più eterogenei possibile. Se applicata al mercato immobiliare, questa metodologia consente di delineare il confine dei segmenti di mercato di un insieme di immobili dei quali siano stati rilevati i parametri principali.
1 L’elenco delle variabili di segmentazione qui esposto è frutto di un’elaborazione sulla base di Simonotti (2006).
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empirica, ossia aggregando unità immobiliari simili, soprattutto in base alla localizzazione. Il primo, per essere implementato, necessita della rilevazione di un campione di dati immobiliari sufficientemente numeroso, mentre, all’opposto, il secondo si applica partendo da un’unità immobiliare, della quale sono noti i parametri sopra indicati, identificando le altre unità immobiliari simili dello stesso fabbricato, isolato o quartiere. Un esempio di segmentazione del mercato immobiliare ai fini dell’analisi economico-estimativa è quello relativo all’attività di riforma del catasto che ha introdotto le microzone catastali, disciplinata dal Regolamento contenuto nel Decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998 n. 138. L’articolo 2 del sopracitato Decreto definisce la microzona come « una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari ». I principi che hanno portato alla definizione delle microzone catastali sono gli stessi utilizzati dall’Agenzia del Territorio2 per segmentare il mercato immobiliare in zone omogenee. Tali zone rappresentano porzioni sufficientemente ampie di territorio all’interno delle quali le caratteristiche posizionali prevalgono in modo netto nel definire il valore dei beni immobili. Tale valore è inoltre influenzato da caratteristiche comprendenti la tipologia e lo stato di manutenzione dell’unità immobiliare. Nella zona omogenea individuata, i valori di mercato unitari delle singole unità immobiliari, in stato di conservazione e manutenzione ordinario, dovrebbero presentare uno scostamento tra valore minimo e massimo inferiore a una certa soglia riscontrabile per la tipologia edilizia prevalente e nell’ ambito della stessa destinazione d’ uso.
Fonti dell’informazione e indici di prezzo Variabili strutturali L’identificazione e misurazione delle variabili strutturali legate a un certo fenomeno economico può non essere del tutto ovvia, in particolare se si tiene conto della sua evoluzione temporale. Nel tempo, i nessi causali tra variabile endogene ed esogene possono assumere diverso rilievo: possono risultare indeboliti o, al contrario, rafforzati. L’allargamento del credito ipotecario a fasce di popolazione sempre più ampie nel decennio precedente la crisi dei mercati finanziari del 2008 è un chiaro esempio in tale direzione.
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La sistematica osservazione nel tempo dei mercati immobiliari e dei loro f ondamentali* è stata ostacolata in Italia da un certo vuoto informativo, a livello nazionale e locale, in particolare se riferita al medio-lungo periodo (Bravi, 2011). L’analisi di serie storiche di prezzi, redditi e tassi di rendimento si scontra in effetti con la carenza di dati e di fonti istituzionalizzate, in grado di garantire la continuità dell’informazione, senza la quale non è possibile confrontare un elemento allo stato t con il medesimo allo stato t – 1. Basti pensare che, solo di recente, si sta procedendo alla costruzione di indici di prezzo su base omogenea (Muzzicato et al., 2008), mentre i processi di informatizzazione degli enti preposti alla classificazione e alla stima dei beni immobili a scopo fiscale, nonché alla pubblicità immobiliare relativa ai cambiamenti di proprietà sono giunti solo oggi a un certo grado di completamento. La letteratura internazionale è invece molto ricca di esempi nei quali la dinamica dei prezzi viene analizzata e stimata, inizialmente allo scopo
Incorporata nell’Agenzia delle Entrate dal gennaio 2013.
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di programmare gli investimenti in nuove costruzioni (Capozza et al., 2004), poi per valutare il livello di efficienza dei mercati e il ruolo degli strumenti di regolazione della crescita territoriale o per individuare fenomeni di bolla speculativa (Wheaton & Nechayev, 2006) e monitorare l’andamento dei fondi immobiliari o, semplicemente, per costruire serie attendibili di indici di prezzo, senza le quali è impossibile procedere verso analisi più complesse. Il problema a livello operativo, con il quale ci si scontra normalmente, è che le informazioni relative ai valori immobiliari fanno, in Italia, riferimento a numerose fonti, quali istituzioni pubbliche e private, ognuna operante con proprie logiche e obbiettivi (Del Giudice, D’Amato, 2008): Istituto Centrale di Statistica (ISTAT), Agenzia del Territorio (ora facente parte dell’Agenzia delle Entrate) e OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare), Banca d’Italia, Ufficio del Registro, Borse Immobiliari facenti riferimento alle Camere di Commercio italiane, Tecnoborsa e suo osservatorio (ONMI), Istituto NOMISMA, varie società di intermediazione immobiliare (Gabetti, Tecnocasa, ecc.) e federazioni degli stessi agenti immobiliari professionali, nonché Indice dei prezzi istituzioni accademiche. A questo variegato panorama si aggiundegli immobili residenziali gono poi le istituzioni, come la BCE (Banca Centrale Europea) La costruzione di un indice dei prezche, a livello europeo, stanno tentando di uniformare i benchmark zi degli immobili residenziali acquiutili a incrementare la trasparenza delle operazioni nei mercati fistati dalle famiglie per l’area Euro è nanziari e immobiliari anche soltanto utili alla determinazione di un obiettivo rilevante per la politica monetaria, per le valutazioni di staun indice inflativo che tenga conto del livello di affordability per bilità finanziaria e, più in generale, l’ accesso ai servizi residenziali primari*. per l’analisi economica; esso è staDal punto di vista analitico, l’evoluzione di un fenomeno to fortemente sollecitato dalla Baneconomico nel tempo è monitorata attraverso numeri indice che ca Centrale Europea. Il fine è stato quello di includere le abitazioni costituiscono i principali indicatori delle attività economiche. Atoccupate dai proprietari nel campo traverso i numeri indice è, per esempio, possibile calcolare il rendi osservazione dell’indicatore che dimento medio di un investimento nel tempo e la sua variabilità. misura l’inflazione (Harmonised InIl coefficiente di correlazione tra due serie di numeri indice può dex of Consumer Prices - HICP) attraverso la costruzione di un indice essere utilizzato per sviluppare strategie di diversificazione degli (Owner Occupied Housing - OOH) coinvestimenti. Un indice di prezzo è costituito dal rapporto tra il erente con i concetti, le definizioni dato al tempo t +1 con il dato al tempo t, tale per cui: e le classificazioni su cui si basa
*
Pt 1 Pt Ove:
l’HICP. Dall’anno 2005 è ora disponibile la serie storica degli indici di prezzo per l’edilizia residenziale. È chiaro che un’analisi di lungo periodo non può far riferimento unicamente a questa fonte, seppure autorevole.
Pt+1 valore riscontrato al tempo t + 1; Pt valore riscontrato al tempo t; Se il risultato è > 1 si assiste a un incremento del valore nel tempo; viceversa, se il risultato è 1 si è di fronte a un decremento. Il numero indice è un numero puro nel quale è stata eliminata la componente fisica del fenomeno. Esso può essere espresso anche in termini percentuali. Per ciò che riguarda il mercato immobiliare, quando è disponibile poca informazione relativa alle transazioni dei beni, si ricorre alla stima dei prezzi indice (Airaldi, Bravi, 2002).
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Le metodologie disponibili sono le seguenti:
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calcolo della media dei prezzi metodo dei prezzi edonici; metodo delle vendite ripetute.
Stima del valore di mercato di un immobile Ai fini della stima la classificazione delle caratteristiche immobiliari può avvenire in diversi modi: – definendo caratteristiche intrinseche ed estrinseche riferite agli elementi distintivi e ai particolari specifici propri di un immobile per quanto riguarda le prime, mentre al contesto territoriale e ambientale nel quale un immobile è situato per quanto riguarda le seconde; – definendo caratteristiche di localizzazione riferite alla posizione dell’immobile nel contesto urbano e territoriale in rapporto alla rete infrastrutturale piuttosto che a quella dei servizi; caratteristiche posizionali relative alla collocazione dell’immobile nel contesto edilizio (livello di piano, esposizione, panoramicità, ecc.); caratteristiche tipologiche che comprendono l’età dell’edificio, le caratteristiche architettoniche, la tipologia e le condizioni statiche delle strutture, delle coperture e delle rifiniture; le caratteristiche compositive e di manutenzione degli ambienti comuni (androni d’accesso, scale, ecc.), della specifica unità immobiliare (dimensione, caratteri distributivi, ecc.), degli impianti tecnologici sia privati che comuni se si tratta di un appartamento inserito in un condominio; caratteristiche economiche relative alle condizioni d’uso dell’immobile (proprietà, affitto, ecc.), alla presenza di eventuali vincoli quali servitù attive e passive e alle condizioni di finanziamento; – definendo caratteristiche quantitative e qualitative in relazione alla scala di misura adottata.
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Il metodo della media tiene conto di una serie di passaggi (Hoesly & MacGregor, 2000). Al fine di filtrare l’eterogeneità dei beni immobili occorre prima di tutto segmentare il mercato per definire insiemi omogenei di proprietà. In corrispondenza di ciascun segmento verranno rilevate, a intervalli temporali regolari (anni, semestri, quadrimestri) , un numero rappresentativo di transazioni (campione) . Il prezzo (o il prezzo al metro quadrato) medio (o mediano) , rilevato in ciascun intervallo, rappresenta la base per calcolare i numeri indice. Il metodo dei prezzi edonici consiste invece nello scomporre la variazione dovuta al tempo controllando, attraverso un modello statistico-matematico, la variazione determinata dalla componente non-temporale, ovvero dalle caratteristiche dell’immobile identificate in base alla sua destinazione d’uso. Ciò consiste nella stima di una regressione tra il prezzo dell’ immobile o, alle volte, tra il prezzo al metro quadrato, al tempo t, le caratteristiche intrinseche ed estrinseche e gli indicatori temporali. Il metodo delle vendite ripetute è stato invece introdotto da Bailey, Muth e Nurse nel 1963 e ha subito, nel tempo, successivi aggiustamenti (Clapp & Giaccotto, 1992, 1998). Risulta purtroppo di difficile praticabilità, soprattutto in Italia, a causa della necessità di campioni d’immobili negoziati più volte nel tempo, sufficientemente consistenti e ben distribuiti in serie temporale. Infatti, per le considerazioni svolte pocanzi, risulta evidente che i beni immobili sono caratterizzati da una ridotta rotazione (Hoesli & Morri, 2010) che li allontana notevolmente da quelli borsistici, in cui la quotazione media è il risultato di numerosissime transazioni.
Stime comparative del valore di mercato La stima del valore di mercato di un immobile* secondo un approccio market oriented si fonda, come già evidenziato, sul principio per cui il valore di un immobile dipende fondamentalmente dal valore di immobili simili. Le condizioni di applicabilità del MCA sono legate alla collocazione dell’ immobile valutato all’ interno del mercato. Con questo si vuole sottolineare che, prima di tutto, deve esistere un mercato, ovvero un luogo di scambio all’ interno del quale è l’incontro tra domanda e offerta a stabilire il prezzo. In particolare, si suole fare riferimento a quel sottomercato immobiliare nel quale è collocato l’immobile oggetto di stima, risultante dal processo di segmentazione descritto nel paragrafo precedente. Inoltre, il mercato deve essere tendenzialmente in equilibrio, in al-
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tre parole, i prezzi dovrebbero riflettere le dinamiche della domanda e offerta. È questa la condizione che consente di assumere l’ ipotesi circa l’ omogeneità dei prezzi di immobili con caratteristiche simili. Verificata l’esistenza di questi presupposti, la procedura di stima secondo il MCA può essere applicata procedendo al confronto tra il bene oggetto di stima e i beni ritenuti simili. S ulla base del numero di caratteristiche, opportunamente misurate*, entro il quale avviene il confronto, si potranno distinguere due procedimenti di stima: una di tipo monoparametrico, che basa il confronto su un solo parametro e uno di tipo pluriparametrico, che basa il confronto su più parametri differenziati rispetto a più caratteristiche. Inoltre, a seconda del numero di informazioni disponibili e riferite a beni simili rispetto a quello oggetto di stima, si potrà operare ricorrendo a modelli deterministici (empirici o matematici) , quando si sia in presenza di un numero molto scarso di informazioni, o a modelli probabilistici, quando invece si disponga di un numero rilevante di prezzi effettivi di mercato rappresentativi della popolazione dei casi.
Approcci deterministici Le procedure monoparametriche e pluriparametriche di tipo deterministico utilizzano un numero molto scarso di informazioni e non hanno, per loro natura, una valenza di tipo previsivo. Tuttavia, pur operando in condizioni limitate, esse consentono di stimare abbastanza efficacemente il più probabile valore di mercato di un immobile in tutti quei casi in cui vi sia similarità tra le caratteristiche del bene da stimare e le medesime riferite ai beni costituenti il campione di comparazione. Tra le procedure deterministiche più utilizzate si riconoscono la stima monoparametrica a comparazione diretta, la stima per apprezzamenti e detrazioni, il Sales Comparison Approach (SCA) e il Sistema Generale di Stima (SGS).
Stima monoparametrica a comparazione diretta Nel caso della procedura comparativa monoparametrica, il calcolo del valore di stima è frutto di una semplice proporzione tra la media dei prezzi di mercato degli immobili simili all’ immobile oggetto di stima ed il rispettivo parametro tecnico. La media dei prezzi può essere calcolata come rapporto tra la sommatoria dei prezzi di compravendita rilevati per il campione di beni simili a quello da stimare e i rispettivi parametri. Tali parametri devono presentare i seguenti requisiti: essere misurabili e proporzionali rispetto al valore del bene da stimare. Il significato del rapporto dovrebbe essere inteso come prezzo unitario (E uro per metro quadrato di superficie coperta, metro cubo, ecc.), se il parametro è di
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Misura delle caratteristiche quantitative e qualitative La misura delle caratteristiche quantitative (quali ad esempio data del contratto, superficie principale e superfici secondarie, superficie esterna, servizi, garage, ecc.) avviene utilizzando una scala di misura cardinale nella quale c’è una corrispondenza biunivoca tra i valori di scala e i numeri reali (scala continua) o i numeri interi (scala discreta). Per questa scala l’unità di misura è di natura fisica (metri quadri, metri cubi), economica (euro) o mista (euro/mq, euro/mc). Per la misurazione delle caratteristiche qualitative si ricorre a scale nominali e ordinali. Si costruisce una scala di misura nominale quando l’unica proprietà dei numeri che si può trasferire è l’unicità: ogni numero è unico e pertanto attribuisce un’etichetta diversa agli oggetti/ soggetti con intensità diverse di una proprietà e/o qualità misurata. Sfruttando la proprietà dell’unicità dei numeri assegnati alle proprietà e/o qualità osservate è possibile classificare univocamente e senza ambiguità ogni caratteristica. In particolare, le caratteristiche qualitative non ordinabili (impianti tecnologici, inquinamento, panorama, ecc.) sono misurate assegnando i valori di zero e uno (variabili dicotomiche) rispettivamente in assenza e in presenza della caratteristica, oppure convenendo di assegnare zero a una e uno all’altra di due modalità. Si costruisce una scala di misura ordinale quando si può trasferire, oltre alla proprietà dell’unicità, la proprietà dell’ordinamento dei numeri. Le scale ordinali, infatti, hanno a che fare con le relazioni ordinali tra i numeri. Così 1 è meno di 2, 2 è meno di 3 e così via; in questo caso i numeri sono appunto ordinali e denotano esclusivamente posizioni (o ranghi) in un ordinamento, o graduatoria. Per le caratteristiche qualitative ordinabili la misura può essere ottenuta con l’impiego di una scala a punteggio (livello di piano, stato di conservazione, ecc.).
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natura fisico-tecnica. In merito ai parametri si precisa come, per le destinazioni ordinarie, il mercato immobiliare ne esprima sostanzialmente uno e precisamente il metro quadrato di superficie edificata. In sintesi la relazione che esprime il valore di stima è la seguente: n
Vx =
∑ Pi i =1 n
∑ pi
px
i =1
ove: V
x
più probabile valore di mercato dell’immobile oggetto di stima;
n
∑ Pi = somma dei prezzi dei beni simili utilizzati come confronto; i =1 n
∑ pi = somma dei parametri dei beni simili; i =1
px
parametro del bene oggetto di stima. Il rapporto:
n
∑ Pi i =1 n
∑ pi i =1
rappresenta quindi un moltiplicatore del parametro del bene da stimare ovvero la sua superficie. Alcune precisazioni in merito alla misura di questo parametro fanno riferimento a due metodi di calcolo della superficie. Ad esempio per una unità immobiliare situata in un edificio multipiano potrà essere misurata: •
•
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la perficie ti e netta, costituita dalla somma delle superfici calpestabili, escludendo tutti i muri interni, di confine ed esterni, nonché i vani delle porte. Questo metodo di misurazione individua la disponibilità netta o effettiva di spazio che un immobile offre in termini di utilizzo. Occorre però evidenziare come la superficie utile netta di due unità immobiliari con perimetri identici può essere differente se la distribuzione interna che le contraddistingue è diversa; la perficie co ercia e, intesa come somma della superficie principale dell’unità immobiliare e della superficie secondaria. La superficie principale comprende oltre alla superficie utile netta anche quella occupata dai muri divisori, dai muri perimetrali se confinanti con l’esterno, dal 50% dei muri perimetrali se confinanti con altre unità immobiliari o con parti comuni condominiali (vano scala, vano ascensore) . La superficie secondaria è costituita dalla somma della superficie delle pertinenze di uso esclusivo che costituiscono ornamento (terrazze, balconi, patii e giardini, ecc.) o ser-
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vizio (cantine, mansarde, ecc.) all’unità immobiliare stessa. La superficie delle pertinenze è conteggiata utilizzando opportuni coefficienti di ragguaglio che hanno il compito di renderla omogenea alla superficie principale. Nella pratica di mercato la superficie commerciale3 è quella alla quale normalmente ci si riferisce. Il procedimento di stima monoparametrica a comparazione diretta si sviluppa attraverso le seguenti fasi: 1) descrizione dell’ immobile oggetto di stima; 2) definizione del segmento di mercato nel quale si colloca l’immobile oggetto di stima per la rilevazione dei contratti di compravendita (recenti, attendibili e congrui) dei beni simili appartenenti allo stesso segmento di mercato; 3) rilevazione dei dati immobiliari (prezzo di mercato e superfici principali e secondarie); 4) calcolo del prezzo medio unitario; 5) calcolo del valore di mercato del bene oggetto di stima. S e a livello procedurale tale approccio metodologico non presenta grossi problemi, sul piano operativo può rivelarsi abbastanza complicato. La prima difficoltà sorge all’atto dell’individuazione della categoria di beni per i quali è necessario conoscere i prezzi di compravendita. Le difficoltà aumentano poi quando occorre definire l’ambito territoriale e l’arco temporale entro cui rilevare i dati campionari, difficoltà basata sul problema della rarefazione spaziale e temporale degli scambi. Si deve poi aggiungere il fatto che i beni immobiliari, per loro natura, si presentano fortemente differenziati sul piano, sia delle caratteristiche intrinseche, sia di quelle estrinseche. È quindi molto difficile, dal punto di vista pratico, costituire campioni anche piccolissimi di beni veramente simili. Qualora non fosse possibile costruire un campione rappresentativo di beni simili per la rilevazione dei rispettivi prezzi e delle superfici, è possibile utilizzare i valori medi riportati dalle principali fonti per la zona di riferimento, eventualmente verificati tramite indagini dirette presso operatori immobiliari locali4 .
Stima per apprezzamenti e detrazioni La stima per apprezzamenti e detrazioni è un procedimento di tipo pluriparametrico. Questa procedura è ritenuta da alcuni studiosi (Castello, 2012) una particolare applicazione della stima per punti di merito (Forte, De Rossi, 1974, Orefice 2007), utilizzabile quando si dispone di valori medi, particolarmente attendibili, per beni dello stesso segmento di mercato di quello oggetto di valutazione. Il valore di mercato del bene oggetto di stima viene determinato attraverso l’applicazione della seguente formula: _
Vx = V *
∑K
x
* px
3 Per il calcolo della superficie commerciale è possibile fare riferimento alle istruzioni per la determinazione della consistenza degli immobili urbani per la rilevazione dei dati dell’ osservatorio del mercato immobiliare pubblicate dall’Agenzia delle Entrate. 4 A questo proposito è possibile fare riferimento ai dati pubblicati da borsini e osservatori immobiliari quali per esempio l’osservatorio dell’Agenzia delle Entrate.
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ove: V
*
= _x
più probabile valore di mercato dell’immobile oggetto di stima;
V = prezzo medio unitario ( /mq) calcolato mediante la rilevazione di un campione di compravendite di immobili aventi prezzi e superficie commerciale noti. Il prezzo medio unitario può anche essere rilevato come quotazione immobiliare fornita da fonti indirette (osservatori dei mercati immobiliari, pubblicazioni specialistiche) che si riferiscono ad aree di mercato già identificate per zona, tipologia immobiliare ed edilizia; Kx = coefficienti di apprezzamento e detrazione, generalmente numeri moltiplicatori compresi tra 0 e 1 eventualmente espressi in percentuale, che permettono di correggere le quotazioni medie unitarie qualora le caratteristiche dell’immobile oggetto di stima si discostano da quelle tipiche della media5 . Un coefficiente minore di uno, moltiplicato per la quotazione media produce un ribasso di tale quotazione. Al contrario un coefficiente maggiore di uno, moltiplicato per la quotazione media, produce un aumento di tale quotazione. Infine un coefficiente pari ad 1 conferma sostanzialmente la quotazione di riferimento. Per esempio, per gli immobili a destinazione residenziale i coefficienti di differenziazione più utilizzati sono: coefficienti di Nomenclatori della scala di misura destinazione e di piano, coefficienti di età, qualità e stato degli imdella caratteristica immobiliare mobili, coefficienti di svalutazione degli immobili locati. qualitativa px = parametro del bene oggetto di stima (generalmente la superfiI nomenclatori hanno il compito di cie commerciale) . descrivere e catalogare in modo sistematico le classi di una caratteristica immobiliare qualitativa, attribuendo un nome alle singole classi e descrivendole in modo univoco. A questo proposito Simonotti (2006) fornisce un interessante approccio per la misurazione di tali caratteristiche articolato su due livelli. Il primo livello stabilisce: il numero delle classi; il nome delle classi; il loro ordine gerarchico. Il compito dei nomenclatori delle classi si esaurisce nel rappresentare con parole le qualità specifiche della classe. A questo punto il secondo livello di misura delle caratteristiche qualitative riguarda: per la scala nominale l’assegnazione dei numeri binari 0 o 1 rispettivamente in assenza o presenza della caratteristica; per la scala ordinale l’assegnazione dei singoli punteggi effimeri alle classi.
Questo procedimento di stima trova applicazione in tutti quei casi in cui si ritiene che il valore di mercato del bene oggetto di stima non dipenda solo da un’ unica caratteristica immobiliare, ossia la superficie, quale parametro di confronto, ma che sia, al contrario, influenzato da altre caratteristiche. L’utilizzo dei coefficienti di apprezzamento e detrazione permette quindi di tenere conto del contributo, in termini di incremento o decremento del prezzo unitario medio, di tutti quegli attributi che differenziano il bene oggetto di stima dai beni che costituiscono il campione di compravendite. Gli elementi di soggettività che caratterizzano questa stima sono riconducibili, dal punto di vista operativo, alla definizione del coefficiente moltiplicatore per la stima dell’apprezzamento o della detrazione del valore unitario medio. La scelta del moltiplicatore potrà essere effettuata utilizzando una scala qualitativa ordinabile di confronto tra il bene da valutare e quello cui si riferisce il coefficiente. S olitamente le scale ordinali sono riportate da testi specialistici e al valutatore spetterà il compito di associare correttamente il bene da stimare al giusto nomenclatore della scala di misura della caratteristica qualitativa*.
5 A questo proposito si vedano le pubblicazioni de Il consulente immobiliare, periodico quindicinale edito in Italia da Il sole 24 ORE.
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Sales comparison approach Il Sales Comparison Approach (SCA) è una procedura di stima pluriparametrica di origine statunitense, nella quale la stima del prezzo o valore di mercato di un bene immobile è derivata dall’analisi di edifici e unità immobiliari simili attraverso la comparazione rispetto al bene oggetto di stima. La tecnica comparativa applicata nel SCA si basa sul principio di sostituzione e implica che il valore di un bene tende a quello del prezzo che dovrebbe essere sostenuto per un immobile che produce lo stesso livello di utilità e che è egualmente desiderabile entro un ragionevole lasso di tempo. Questo principio implica che l’affidabilità del SCA diminuisce se i beni sostituibili (simili) non sono presenti sul mercato. La stima del valore di mercato effettuata con questa metodologia può essere ritenuta attendibile solo se all’ interno del segmento di Prezzo marginale mercato nel quale si colloca l’ immobile oggetto di valutazione Il prezzo marginale di una caratteriesistono transazioni recenti che presentano prezzi congrui. Quanstica rappresenta l’aggiustamento, in termini di prezzo/costo o in terdo il mercato è rarefatto e il numero di transazioni è esiguo la stimini percentuali, che contraddistinma del valore con il SCA diventa meno affidabile6. In termini forgue le differenze tra le caratteristimali, la funzione generale di prezzo viene disaggregata secondo che stesse. Dal punto di vista caratteristiche stimabili scelte principalmente considerando quelestimativo l’analisi dei prezzi/costi marginali equivale all’applicazione le maggiormente utilizzate da venditori e acquirenti, nel segmendi due essenziali principi: il principio to di mercato considerato. di sostituzione e il principio di comIndicando Pj con (con j= 1, 2, m) il prezzo di mercato rileplementarietà (Simonotti, 2006). Il vato per i beni simili, con il valore incognito del bene oggetto di primo asserisce che un soggetto è stima, con xj i le caratteristiche dei beni simili ritenute maggiordisposto a pagare per un bene (a una sua parte) indifferentemente: il mente esplicative del prezzo di vendita rilevato (dove i= 1,2 prezzo di mercato; una somma pari n) , con si i prezzi marginali* delle sopra citate caratteristiche e al costo per produrre un bene idencon x0i le caratteristiche del bene oggetto di stima da confrontare tico (o una sua parte); il prezzo di con le caratteristiche rilevate per i beni simili, si avrà che: mercato o il costo per produrre un
*
Pj − S = da cui: S = Pj −
n
∑(x i =1
ji
− x0 i ) * si
ji
− x0 i ) * si
n
∑(x i =1
La procedura di analisi secondo il SCA passa attraverso le seguenti fasi: 1) la ricerca delle informazioni per la costruzione di un campione di beni simili dei quali rilevare le transazioni sul mercato o i trend di vendita;
bene (o una parte di un bene) equivalente per certi fini al bene considerato. Il secondo afferma invece che il valore di una parte componente un bene complesso si misura in base al suo contributo al valore del bene intero, o dal modo in cui la sua assenza diminuisce il valore. Per esempio, il prezzo marginale della superficie indica la variazione del prezzo totale indotta dalla variazione di un’unità di superficie; considerando invece il livello di piano, il prezzo marginale indica l’aumento o la diminuzione del valore di un appartamento al variare del livello di piano, a parità di altre condizioni.
6 Ad esempio questa metodologia è scarsamente applicata per la stima del valore di mercato di immobili destinati ad usi speciali poiché non è possibile identificare un numero sufficiente di beni simili. Anche cambiamenti rapidi di tipo legislativo o economico possono limitare l’affidabilità della stima.
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*
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Manuale di estimo
2) la verifica delle informazioni al fine di poter affermare che i dati rilevati sono accurati e rispettano l’ andamento del mercato; Criteri di stima dei prezzi marginali 3) la selezione delle caratteristiche immobiliari (quantitative e I criteri di stima dei prezzi marginaqualitative) per lo svolgimento dell’ analisi comparativa e predili sono: il prezzo, il costo, il valore sposizione di un quadro competitivo dell’ offerta attraverso la di trasformazione, il valore complepredisposizione di una tabella dei dati (matrice delle caratterimentare e il valore di sostituzione. stiche) dove nelle righe saranno inseriti i beni di confronto e il Una rassegna sui criteri utilizzati per la stima delle seguenti carattebene oggetto di stima e nelle colonne i dati di ogni caratteristica ristiche: data del contratto di comrilevata; pravendita, superficie principale 4) la efinizi ne ei rezzi ar ina i* di ogni caratteristica fore superfici secondarie, superficie mulati utilizzando una opportuna scala di misura (ordinale, diesterna, servizi, livello di piano, imcotomica o cardinale) espressione della valutazione della misupianti tecnologici, stato di manutenzione, garage (box, posto auto) ra della quantità o della qualità della caratteristica stessa; inquinamento (degrado, stato di 5) la comparazione tra le caratteristiche che contraddistinguono i abbandono), panorama (affacci, lubeni simili e quelle del bene oggetto di stima al fine di analizzaminosità, esposizione) è fornita da re le differenze, attraverso la predisposizione di una tabella di Simonotti (2006). confronto (matrice delle differenze) ; 6) l’applicazione dei prezzi marginali alla matrice delle differenze per l’ elaborazione di una tabella di valutazione (matrice dei prezzi aggiustati) espressione del prezzo corretto dei beni simili le cui caratteristiche siano riconducibili a quelle del bene oggetto di stima; 7) la riconciliazione delle diverse stime di prezzo dei beni simili prodotte dall’analisi per arrivare a un’indicazione finale del valore, o di un rango di valori, del bene oggetto di stima. Le prime tre fasi riguardano sostanzialmente la rilevazione dei dati e la scelta delle caratteristiche mentre le successive quattro riguardano la redazione del rapporto di valutazione che riconduce al valore del bene oggetto di stima. V iene ora presentata, attraverso un esempio numerico, una semplice applicazione di questa procedura estimativa. Si ipotizza che, per la stima del valore di mercato di un appartamento, situato in un edificio multipiano, siano stati rilevati i prezzi e le caratteristiche di quattro immobili simili (fase 1, 2 e 3 del procedimento di stima) nel segmento di mercato nel quale esso è collocato. Per la stima dei prezzi marginali (fase 4 del procedimento di stima) delle caratteristiche selezionate si procede singolarmente per ognuna di esse. erficie c ercia e La superficie commerciale intesa come somma della superficie principale e della superficie secondaria che contraddistingue gli immobili del campione estimativo è una caratteristica quantitativa e viene misurata utilizzando una scala cardinale avente come unità di misura il metro quadrato. Il prezzo marginale della superficie commerciale è pari al minore dei prezzi medi calcolati per il campione estimativo stesso. I dati sono indicati nel seguente prospetto.
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Tab. 3.1 Quadro competitivo dell’offerta.
Superficie commerciale
Livello di piano
Ristrutturazione
Stato di manutenzione della facciata
Immobile oggetto di stima
69
Immobile 1 Immobile 2
4
Da ristrutturare
Buono
S
70
5
Da ristrutturare
Buono
133.900
80
2
Ristrutturato/nuovo
Buono
155.000
Immobile 3
75
3
Da ristrutturare
Sufficiente
146.200
Immobile 4
77
6
Da ristrutturare
Buono
142.000
Tab. 3.2
Prezzi [€]
Prezzo marginale della superficie commerciale.
Superficie principale [mq.]
Superficie secondaria [mq.]
Superficie commerciale [mq.]
Immobile 1
66,4
3,6
70
133.900
1.913
Immobile 2
73,6
6,4
80
155.000
1.938
Immobile 3
70,1
4,9
75
146.200
1.949
Immobile 4
71,5
6,5
77
142.000
1.844
Campione estimativo
Prezzi rilevati [€]
Prezzo medio [€]
L ivello del piano Il livello del piano è una caratteristica posizionale che tiene conto del livello di piano ove è collocato l’immobile. La variazione del prezzo indotta sull’immobile all’aumentare del livello di piano (in un edificio multipiano) può essere positiva, in genere in presenza dell’ ascensore, nulla e negativa in assenza di ascensore. Il prezzo marginale di questa caratteristica è calcolato applicando al prezzo totale rilevato per gli immobili simili dei coefficienti moltiplicativi che variano in funzione del livello di piano. Tali coefficienti sono indicati dal mercato e definiti a forfait per ogni piano in più (in presenza dell’ascensore). Tab. 3.3
Coefficiente moltiplicativo per il livello di piano.
Livello di piano Terra Primo Secondo Terzo > terzo Attico
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Coefficiente moltiplicativo 0,90 0,94 0,96 0,98 1,00 1,05
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Manuale di estimo
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Tab. 3.4
Prezzo corretto per il livello di piano.
Campione estimativo
Livello di piano
Immobile 1 Immobile 2 Immobile 3 Immobile 4
Prezzi rilevati [€]
5 2 3 attico
133.900 145.600 146.900 136.500
Prezzo corretto per il livello di piano [€] 133.900 139.776 143.962 143.325
R istrutturazione La scala di misura di questa caratteristica è di tipo qualitativo non ordinabile. La misura di questa caratteristica avviene secondo le seguente fasi: • • •
misura dicotomica di una scala nominale assegnando valori di tipo 0 o 1 rispetto alla quale si formula il giudizio comparativo; definizione dei nomenclatori: – presente: alloggio ristrutturato/nuovo; – assente: alloggio da ristrutturare; attribuzione di un punteggio pari a 0 per l’alloggio da ristrutturare e 1 per l’alloggio ristrutturato/nuovo.
In questo caso il prezzo marginale è posto pari alla media del costo dell’intervento di ristrutturazione, stimato moltiplicando la superficie principale degli immobili simili, per un costo parametrico, dedotto mediante indagine diretta di mercato (impresa edile) , pari a 350 /mq di superficie lorda di pavimento. Il prezzo marginale sarà positivo se la presenza di un alloggio ristrutturato/nuovo induce in incremento del prezzo di mercato dell’immobile. Tab. 3.5
Prezzo marginale della ristrutturazione.
Caratteristica immobiliare
Classe
Ristrutturazione
Nomenclatore
Punteggio
presente
Alloggio ristrutturato/nuovo
1
assente
Alloggio da ristrutturare
0
Prezzo marginale [€] Da 0 a 1 = 24.553
S tato di manutenzione della f acciata La scala di misura della caratteristica è di tipo qualitativo ordinale. La sua misurazione avviene secondo le seguente fasi: •
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definizione del numero e del nome delle classi e il loro ordine gerarchico secondo una scala ordinale, che esamina edifici appartenenti allo stesso segmento di mercato, rispetto ai quali si forma il giudizio comparativo;
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•
•
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definizione in termini letterali e tecnici dei nomenclatori: – buono: la facciata è in buone condizioni di conservazione in tutte le parti e non richiede interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; – sufficiente: la facciata è in accettabili condizioni di conservazione e richiede interventi di manutenzione ordinaria; – scarso: la facciata presenta situazioni di degrado e richiede interventi di manutenzione straordinaria; attribuzione di un punteggio crescente (scarso = 1, sufficiente = 2, buono = 3) procedendo alla successiva definizione dei prezzi marginali.
Il prezzo marginale è posto pari al costo dell’intervento per passare da un livello sufficiente a un livello buono stimato mediante indagine diretta di mercato (impresa edile). Tab. 3.6
Prezzo marginale dello stato di manutenzione della facciata.
Caratteristica immobiliare
Stato di manutenzione della facciata
Classe
Nomenclatore
Punteggio
Buono
La facciata è in buone condizioni di conservazione in tutte le parti e non richiede interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria
3
Sufficiente
La facciata è in accettabili condizioni di conservazione e richiede interventi di manutenzione ordinaria
2
Prezzo marginale [€]
Da 2 a 3 = 25.000
Una volta definiti i prezzi marginali delle caratteristiche si procede alla predisposizione della matrice delle differenze (fase 5 del procedimento di stima). In questa matrice vengono evidenziate le relazioni (xj i – x0 i) tra gli immobili simili e l’ immobile oggetto di stima. Tab. 3.7 Matrice delle differenze.
Superficie commerciale
Livello di piano
Ristrutturazione
Stato di manutenzione della facciata
Immobile 1
11
–1
0
–0
Immobile 2
11
–2
1
–0
Immobile 3
16
–1
0
–1
Immobile 4
18
–2
0
–0
Campione estimativo
S uccessivamente si procede all’ elaborazione della matrice dei prezzi aggiustati (fase 6 del procedimento di stima) applicando alle differenze sopra calcolate i prezzi marginali
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Manuale di estimo
delle caratteristiche. Il prezzo corretto dei beni simili esprime il valore che essi avrebbero spuntato sul mercato qualora le loro caratteristiche avessero assunto le stesse modalità del bene oggetto di stima. Tale prezzo è calcolato risolvendo per ogni immobile simile la relazione: Pj −
n
∑(x i =1
ji
− x0 i ) × si
Tab. 3.8 Matrice dei prezzi aggiustati e stima dei prezzi corretti.
Superficie commerciale [mq.]
Livello di piano [€]
Ristrutturazione [€]
Stato di manutenzione della facciata [€]
Prezzi corretti [€]
Immobile 1
21.844
– 6.820
24.550
– 25.000
132.056
Immobile 2
20.286
– 5.824
24.553
– 25.000
115.986
Immobile 3
11.065
– 2.938
24.550
– 25.000
163.073
Immobile 4
14.753
– 6.825
24.550
– 25.000
120.422
Campione estimativo
Come è osservabile, gli aggiustamenti non riproducono mai lo stesso valore di stima per cui ricorriamo alla media dei differenti valori stimati per identificare l’importo finale (fase 7 del procedimento di stima) che, in questo caso, è pari a 132.884 Euro.
Sistema generale di stima Il Sistema Generale di Stima (SGS) è una procedura di stima parametrica proposta in Italia per la prima volta da Simonotti (1985), con la quale si perviene alla stima del valore di mercato di un bene immobile sulla base degli stessi presupposti teorici e metodologici definiti per il SCA. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, l’applicazione del SGS, oltre a determinare il valore di mercato del bene oggetto di stima, perviene anche alla stima dei prezzi marginali delle caratteristiche immobiliari utilizzate alla base dell’analisi comparativa. L’assunto fondamentale alla base di questa procedura è che la differenza di prezzo tra due immobili qualunque è funzione delle differenze nelle caratteristiche possedute dagli immobili (Simonotti, 2006). L’applicazione del SGS risolve infatti attraverso il calcolo matriciale e quindi in modo oggettivo la stima dei prezzi marginali delle caratteristiche che con il SCA viene trattata utilizzando indicazioni di mercato o altri criteri di stima. Questa affermazione è valida soprattutto per le caratteristiche qualitative che contraddistinguono i beni immobili per le quali la stima del prezzo marginale può essere complessa o imprecisa. Il SGS è dal punto di vista matematico un sistema algebrico lineare costruito sulla base della rilevazione di un campione di immobili di confronto. Come per il SCA la rilevazione dei dati riguarda: • •
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le caratteristiche xj i con j = 1, 2, ... m e i = 1, 2, ... n, relativi rispettivamente agli immobili simili utilizzati come confronto e alle caratteristiche prese in considerazione; il prezzo di mercato rilevato per i beni simili Pj con j = 1, 2, ... m;
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•
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le caratteristiche x0 i del bene oggetto di stima da confrontare con le caratteristiche rilevate per i beni simili con i = 1, 2, ... n. Considerando la struttura dei dati esposta nella Tab. 3.9
Tab. 3.9 Dati di input del SGS.
Caratteristiche
Immobili
Prezzi
0
x01
x02
2...
x0n
S
1
x11
x12
...
x1n
P1
2
x21
x22
,,,
x2n
P2
... m
... xm1
xm2
...
xmn
Pm
dove si rappresenta il valore del bene da stimare, occorre definire una funzione che esprima tale valore tenendo conto del prezzo marginale delle caratteristiche xj i rilevate per gli immobili. S e si indica con si il prezzo marginale incognito della generica caratteristica, il sistema di stima si presenta nella seguente forma generale: S+
n
∑(x i =1
ji
− x0 i ) * si = Pj
S ostituendo la forma generale sulla base della struttura appena esposta si avrà un sistema di m equazioni in n incognite: S + ( x11 − x01 ) * s1 ( x12 − x02 ) * s2 + ( x1n − x0 n ) * sn = P1 S + ( x211 − x01 ) * s1 ( x22 − x02 ) * s2 + ( x2 n − x0 n ) * sn = P2 ........................................................................... = .... S + ( x − x ) * s ( x − x ) * s + ( x − x ) * s = P m1 01 1 m2 02 2 mn 0n n m che riscritto utilizzando la notazione matriciale sarà del seguente tipo: •
le incognite S (valore del bene oggetto di stima) e si (prezzi marginali) sono riunite nel vettore delle incognite s che è una matrice di ordine (n + 1) 1; S s1 s = s2 ... s n
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•
i prezzi noti pj sono riuniti nel vettore dei termini noti p che è una matrice di ordine m 1; P1 P p= 2 ... Pm
•
i coefficienti delle incognite sono riuniti nella matrice dei coefficienti D che è una matrice di ordine m (n + 1). 1( x11 − x01 )( x12 − x02 )( x1n − x0 n ) 1( x21 − x01 )( x22 − x02 )( x2 n − x0 n ) D= ... 1( xm1 − x01 )( xm2 − x02 )( xmn − x0 n )
Il sistema di equazioni lineari riscritto in forma matriciale si presenta nella seguente forma sintetica:
* *
Capitolo 3
D
Determinante di una matrice Il determinante di una matrice quadrata è un numero che per una matrice D di ordine due è il risultato dato dal prodotto dei due elementi posti sulla diagonale principale meno il prodotto dei due elementi posti sulla diagonale secondaria.
Matrice inversa Il concetto di matrice inversa è uno dei più importanti nella teoria del calcolo matriciale. Consideriamo una matrice D di ordine n. Se A è un’altra matrice tale che il prodotto D × A = A × D = I dove I è una matrice identica (ovvero una matrice quadrata con tutti gli elementi uguali all’unità disposti sulla diagonale principale), si potrà dire che D è invertibile e A è la sua inversa, solitamente denotata con il simbolo D–1. Le matrici invertibili sono quadrate e hanno determinante diverso da zero.
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s=p
Questo sistema ammette una unica soluzione solo quando la matrice dei coefficienti è quadrata (m = n + 1), ossia il numero delle righe equivale al numero delle colonne e il determinante* della matrice stessa non è nullo. In questo caso la atrice ei c e ficienti è invertibile*. In questo caso il numero dei beni simili dei quali si sono rilevati i dati relativi alle transazioni è uguale al numero delle caratteristiche diminuite di una unità (ad esempio tre osservazioni e due caratteristiche di stima, oppure quattro osservazioni e tre caratteristiche e così via). La soluzione del sistema di stima è l’insieme dei valori, uno per ogni incognita, che sostituiti nel sistema stesso rendono valide tutte le equazioni. La soluzione sarà del tipo: s = D −1 × p In questo modo sarà possibile stimare il valore di mercato S del bene oggetto di stima e il prezzo marginale si delle caratteristiche. Se il numero dei beni simili dei quali sono stati rilevati i prezzi di mercato è invece inferiore al numero delle caratteristiche presentate dagli immobili (situazione che può verificarsi con una certa frequenza considerando la difficoltà che contraddistingue la raccolta di dati relativi ai prezzi di mercato dei beni simili) il SGS può risultare sottodeterminato nel numero di equazioni componenti ( m n + 1). Tuttavia la soluzione del sistema può essere comunque ricavata nel modo seguente: s = DT × ( D × DT )−1 × p
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*
Dove DT con si indica la matrice trasposta*. La soluzione può essere calcolata quando esiste l’ inversa della matrice (D DT). Nel caso opposto, ovvero considerando un sistema sovra determinato nel numero di equazioni (m > n + 1), la soluzione è invece fornita dalla seguente relazione: s = ( DT × D )−1 × DT × p
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Matrice trasposta Data una generica matrice D, non necessariamente quadrata, il cui elemento generico sia Dji, si definisce matrice trasposta, DT, la matrice il cui elemento generico è Dji, cioè la matrice ottenuta da D, scambiando le righe con le colonne.
Generalmente, nella prassi estimativa, si presentano situazioni in cui il numero delle incognite del vettore s è pari o inferiore al numero di equazioni, espressione del numero dei beni simili di cui si sono rilevati i prezzi di mercato. Questa situazione può essere anche il risultato dell’applicazione congiunta del SCA e del SGS per la stima del valore di mercato di un immobile. Infatti vi sono caratteristiche immobiliari per le quali la stima del prezzo marginale è possibile perché esiste una fonte direttamente consultabile o un’ indicazione di mercato e vi sono caratteristiche, solitamente qualitative, che non possono essere stimate perché non esiste un riferimento nel mercato o per le quali la stima è complessa è imprecisa. Allora il SCA può provvedere alla stima dei prezzi marginali delle caratteristiche stimabili e il SGS può essere usato per la stima per la stima dei prezzi marginali delle caratteristiche inestimabili e del valore di stima ricercato. Operativamente si può procedere attraverso due fasi: applicare il SCA utilizzando le caratteristiche stimabili dal mercato per giungere ai prezzi corretti dei beni simili; impostare il SGS per la stima delle caratteristiche inestimabili e il valore del bene oggetto di stima, utilizzando come termini noti i prezzi corretti. Le fasi del procedimento di stima misto SCA e SGS sono sostanzialmente quelle indicate precedentemente, a eccezione dell’inserimento dopo la fase 6 e prima della fase 7 di una ulteriore fase relativa alla costruzione del SGS, dove il vettore dei termini noti è costituito dai prezzi corretti parzialmente, la matrice dei coefficienti dalle differenze nelle caratteristiche inestimabili e il vettore delle incognite dal valore di stima e dai prezzi marginali delle caratteristiche inestimabili. Complessivamente quindi l’applicazione del procedimento di stima, rispetto al SCA, conterà otto fasi. A questo punto può essere utile una applicazione numerica esemplificativa del procedimento di stima trattato. Si ipotizza che per la stima del valore di mercato di un appartamento, situato in un Tab. 3.10 Quadro competitivo dell’offerta.
Capitolo 3
[sup. com]
[liv. piano]
[ristr.]
Immobile oggetto di stima
110
2
SI
buono
Immobile 1
102
3
NO
Immobile 2
95
1
SI
Immobile 3
100
2
Immobile 4
98
3
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[man. fac.]
[inq.]
[pan.]
Prezzi [€]
3
assente
presente
S
sufficiente
3
presente
presente
206.000
buono
3
presente
assente
224.000
SI
sufficiente
3
assente
assente
226.000
NO
buono
2
assente
presente
210.000
[aff.]
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Manuale di estimo
124
edificio multipiano, siano stati rilevati i prezzi e le caratteristiche di quattro immobili simili (fase 1, 2 e 3 del procedimento di stima) nel segmento di mercato nel quale esso è collocato. Le caratteristiche stimabili rilevate sono le seguenti: superficie commerciale [ sup. com] ; livello di piano [ liv. piano] ; ristrutturazione [ ristr.] ; stato di manutenzione della facciata [man. fac.]. Le caratteristiche inestimabili rilevate sono le rimanenti: affacci [ aff.] ; inquinamento [ inq.] ; panorama [ pan.] . Il quadro competitivo dell’ offerta viene proposto nella tabella che segue. La stima dei prezzi marginali delle caratteristiche stimabili (fase 4 del procedimento di stima) avviene con le stesse modalità già indicate per il SCA. Per quanto riguarda la caratteristica ristrutturazione il prezzo marginale è posto pari alla media del costo dell’intervento, ossia 31.649 . La matrice delle differenze (fase 5 del procedimento di stima) è riportata qui di seguito. Tab. 3.11 Matrice delle differenze.
Campione estimativo
[sup. com]
[liv. piano]
[ristr.]
[man. fac.]
Immobile 1
–18
–1
–1
–1
Immobile 2
–15
–1
–0
–0
Immobile 3
–10
–0
–0
–1
Immobile 4
–12
–1
–1
–0
La matrice dei prezzi aggiustati (fase 6 del procedimento di stima) che porta alla definizione dei prezzi corretti dei beni simili sulla base delle caratteristiche stimabili è qui di seguito riportata.
Tab. 3.12 Matrice dei prezzi aggiustati e stima dei prezzi corretti.
Superficie commerciale [€]
Livello di piano [€]
Ristrutturazione [€]
Stato di manutenzione facciata [€]
Prezzi corretti [€]
Immobile 1
– 16.157
– 14.120
– 31.649
– 25.000
274.686
Immobile 2
– 30.294
– 13.440
– 00.000
– 00.000
267.734
Immobile 3
– 20.196
– 19.040
– 00.000
– 25.000
280.236
Immobile 4
– 24.235
–14.200
– 31.649
– 00.000
261.684
Campione estimativo
I prezzi corretti stimati per gli immobili simili, differiscono per effetto delle differenze che contraddistinguono le caratteristiche inestimabili non ancora considerate. Prima dell’applicazione del SGS si procede alla misurazione delle caratteristiche inestimabili.
Capitolo 3
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I nquinamento L’inquinamento è una caratteristica ambientale che può presentarsi in innumerevoli situazioni: inquinamento atmosferico, per la vicinanza ad un impianto di smaltimento rifiuti o a una elevata concentrazione di traffico veicolare, o acustico per la presenza di una grande arteria di comunicazione. La scala di misura di questo attributo è di tipo qualitativo non ordinabile (a meno della presenza di misure dettagliate) e viene misurata assegnando valori di tipo 0 o 1.
Tab. 3.13 Misura della caratteristica inquinamento.
Caratteristica immobiliare
Inquinamento
Classe
Nomenclatore
Punteggio
Presente
Presenza di inquinamento da traffico veicolare
1
Assente
Assenza di inquinamento da traffico veicolare
0
Prezzo marginale [€]
Stimato con SGS
P anorama Il panorama è una caratteristica tipologica e ambientale espressione del contesto nel quale si colloca l’immobile. La scala di misura è di tipo qualitativo non ordinabile (a meno della presenza di misure dettagliate) e viene misurata assegnando valori di tipo 0 o 1.
Tab. 3.14 Misura della caratteristica inquinamento.
Caratteristica immobiliare
Panorama
Classe
Nomenclatore
Punteggio
Presente
Presenza di vedute panoramiche
1
Assente
Assenza di vedute panoramiche
0
Prezzo marginale [€]
Stimato con SGS
A f f acci L’affaccio è una caratteristica tipologica e ambientale. La scala di misura è di tipo cardinale e l’unità di misura è il numero di affacci. I dati di input per l’implementazione del SGS sono indicati nel seguente prospetto. Attraverso l’applicazione del SGS (fase 7 del procedimento di stima) è possibile calcolare contemporaneamente il prezzo dell’ immobile oggetto di stima e i prezzi marginali delle caratteristiche inestimabili. Il sistema di equazioni che risolve il SGS si presenta nel seguente modo:
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Tab. 3.15 Dati di input per applicazione del SGS.
[aff.]
[inq.]
[pan.]
Immobile oggetto di stima
3
0
1
S
Immobile 1
3
1
1
274.686
Immobile 2
3
1
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267.734
Immobile 3
3
0
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Immobile 4
2
0
1
261.684
•
Prezzi corretti [€]
i prezzi marginali si delle caratteristiche qualitative (affacci, inquinamento e panorama) sono riuniti nel vettore delle incognite assieme al valore, anch’esso incognito, dell’ immobile oggetto di stima S;
S Affacci
S=
Inquinamento Panorama
•
i prezzi corretti calcolati con il SCA sono riuniti nel vettore dei termini noti p; 274.686 267.734
p=
280.236 261.684
•
i coefficienti delle incognite sono riuniti nella matrice dei coefficienti D dove nella prima colonna vengono riportati i coefficienti del valore di stima (pari all’unità).
D=
1
0
1
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1
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–1
1
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0
–1
1
–1
0
0
In questo caso il sistema di equazioni lineari applicato nel SGS si configura nella forma sintetica D s = p da cui il vettore di stima è uguale a: s = D–1
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p
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s=
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274.686 ×
267.734 280.236 261.684
La soluzione del sistema di equazioni (fase 8 del procedimento di stima) permette di stimare il valore dell’ immobile oggetto di valutazione e i prezzi marginali delle caratteristiche inestimabili. 287.188 s=
25.504 – 12.502 6.951
Valore immobile oggetto di stima Affacci Inquinamento Panorama
Il valore dell’immobile oggetto di stima è pari a 287.188 . La stima dei prezzi marginali delle caratteristiche inestimabili è risolta in modo oggettivo con il SGS. La presenza del terzo affaccio è stimata in 25.504 euro, mentre l’effetto dell’inquinamento incide negativamente per 12.502 Euro. Il prezzo marginale della caratteristica panorama è invece pari a 6.951 euro.
Approcci probabilistici Accanto a metodologie di tipo deterministico, possiamo annoverare, tra le procedure di stima immobiliare, anche approcci basati sulla teoria della probabilità e sui modelli statistico-matematici. Tra questi, il modello di regressione semplice e multipla, lineare o non lineare. La sua introduzione nel campo delle stime risale agli anni Venti del ’900, ma è soprattutto a partire dagli anni Settanta che s’afferma massicciamente, grazie all’ausilio dei computer, nelle stime degli assessors e nel settore della ricerca accademica americana. D’altra parte, alla metà degli anni Settanta, Rosen (1974) aveva fornito i principi teorici e metodologici per la stima simultanea delle funzioni di domanda e offerta di prezzo implicito. Queste risultano dall’inversione della funzione di utilità individuale e di profitto dell’imprenditore al variare della quantità della caratteristica del bene considerata. Dalla funzione di prezzo edonico è possibile ricavare una vera e propria funzione di domanda (funzione di prezzo implicito e di disponibilità a pagare) per ogni singola caratteristica. Le condizioni d’applicabilità della stima sono state a lungo discusse e ciò ha prodotto una considerevole mole di letteratura sull’argomento. Non potendo entrare nel dettaglio di tale discussione, si desidera tuttavia ricordare che una stima corretta si basa su una serie di assunzioni, tra le quali: • • •
Capitolo 3
concorrenzialità ed equilibrio nel mercato; assenza di segmentazione o sufficiente omogeneità in un singolo segmento considerato; perfetta elasticità o perfetta rigidità d’offerta, nel qual caso occorre assumere che i redditi dei consumatori siano identici;
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• • • •
scarso peso della tassazione sulla proprietà; assenza di collinearità tra le caratteristiche considerate se si impiega il metodo dei Minimi Quadrati Ordinari (MQO); forma funzionale individuabile e stimabile; errori normalmente distribuiti.
Questi sono, probabilmente, i motivi per i quali, tale metodologia, si è limitata, nella maggior parte dei casi, alla scomposizione del prezzo nelle sue componenti implicite (prezzi impliciti), legate alla variazione delle singole caratteristiche del bene immobile, tralasciando la stima della funzione di domanda inversa e della disponibilità a pagare. I modelli di regressione multipla si adattano in particolare alle stime di massa (mass appraisal) in campo amministrativo e fiscale, ma sono utili ogni qual volta si dispone di un campione abbastanza ampio di casi di confronto. Inoltre, essi costituiscono uno strumento interpretativo del mercato immobiliare e dei suoi segmenti. Fondamentalmente questi modelli mirano a spiegare le relazioni di tipo causa-effetto tra il valore e un insieme di caratteristiche o variabili. Lo scopo della valutazione è rappresentato dalla misurazione del peso che la singola caratteristica ha, in termini monetari, nella determinazione del prezzo globale dell’ immobile o, ancora, della variazione annua dell’ indice di prezzo. Nel caso più semplice, in cui la relazione funzionale si assume lineare, l’impostazione base del modello risulta la seguente: P = a + b1x1 + b2x2 + bnxn + e ove: P = prezzo esplicito di mercato; a = termine costante; b1, ... bn = prezzi impliciti, considerati alla media campionaria, per ogni singola caratteristica; x1, ... xn = caratteristiche del bene immobile espresse nelle più opportune unità di misura; e = errore stocastico e di misurazione. Allo scopo di stimare i parametri incogniti della funzione, possono essere impiegate altre forme funzionali: da quelle linearizzabili a quelle non lineari, implementate per mezzo dell’algoritmo di Massima Verosimiglianza (MLE). Un esempio applicativo è contenuto nel Par. 7.2 di questo volume.
3.3
Stima per capitalizzazione dei redditi
Come si è già illustrato nei paragrafi precedenti, per stimare il valore di un bene si può procedere per via diretta (quando cioè sia possibile circoscrivere un mercato di riferimento ed esista un numero adeguato di comparativi da utilizzare, appunto, per la comparazione) oppure per via indiretta (quando cioè non sia possibile individuare uno specifico segmento di mercato e beni comparativi al suo interno) . La prima famiglia di procedure viene comunemente articolata in procedure mono e pluri parametriche in base al numero di parametri significativi utilizzati per il confronto. Immaginiamo ad esempio di dover stimare il canone mensile di locazione di un ca-
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pannone industriale, a partire da un campione di riferimento di casi analoghi. I comparativi scelti potrebbero essere tra loro estremamente simili (casi molto spesso più teorici che pratici) e differire solo per un parametro (ad esempio una maggiore o una minore superficie coperta) oppure potrebbero presentare caratteri ben distinti, ad esempio, per tipologia strutturale e dotazioni impiantistiche (nella maggior parte dei casi reali). Nella prima ipotesi il canone mensile si otterrà come media dei valori parametrici di ciascuno comparativo ( /mq mese) moltiplicato per il valore del parametro (superficie coperta)posseduto dal bene; nel secondo caso, invece, il valore sarà espresso in funzione di più parametri, attraverso una formulazione matematica più o meno complessa (modelli di dipendenza lineare o non lineare, ...) La stima per capitalizzazione dei redditi (o stima del valore di capitalizzazione) è una procedura indiretta7 per la definizione del valore di mercato di un bene immobile. La sua applicazione parte dal presupposto che un bene vale quando rende, ovvero più alti sono i redditi che l’immobile è in grado di generare, più elevato sarà il suo valore di mercato. Occorrono tuttavia alcune precisazioni e alcuni brevi richiami di concetti di matematica finanziaria. Secondo la teoria dell’interesse si definisce capitalizzazione* l’operazione con cui, data una somma iniziale (Capitale, in Capitalizzazione vs Attualizzazione genere indicato con C) , si determina il corrispondente valore ad un determinato tempo t (Montante, in genere indicato con M) . In L’operazione inversa, di determinazione di un valore ad oggi a partire base alla definizione di regime di interesse composto, applicato da una somma riferita ad un moalle operazioni finanziarie di durata superiore all’anno, gli interesmento temporale futuro, si definisi maturati nel periodo vengono capitalizzati, ossia vengono agsce attualizzazione. giunti al capitale inizialmente considerato e producono interessi nel periodo successivo8 . La funzione matematica che regola la capitalizzazione in regime di interesse composto è:
*
M=C
1 + in
dove C e M sono rispettivamente il capitale e il montante dell’investimento, cioè il valore monetario investito all’ istante zero e quello ricavato al tempo n, comprensivo degli interessi maturati; i è il saggio di interesse dell’operazione finanziaria e n è la durata temporale complessiva. Con questa breve premessa, per comprendere il procedimento di capitalizzazione dei redditi è necessario introdurre il concetto di annualità (a) per poi completare con la definizione di Accumulazione iniziale (A0) e di Accumulazione finale (An) . Si definisce annualità (e si indica, generalmente, con la lettera a) una somma di denaro che si ripete nel tempo a intervalli regolari di, appunto, un anno. Le annualità possono essere classificate per durata (limitate o illimitate), importo (costante o variabile) e scadenza (anticipate o posticipate): nel primo caso si parlerà di annualità limitate se si verificano per un numero finito di volte (2, 3, 10, 30, ...) oppure di annua7 Le altre procedure indirette per la definizione del valore di mercato sono: il valore di trasformazione, il valore di surrogazione e il valore complementare. Per maggiori approfondimenti si rimanda al paragrafo 2.1 8 A differenza di quel che capita in regime di intesse semplice, in cui la durata è convenzionalmente inferiore all’ anno e gli interessi maturati nel periodo non si trasformano in capitale fruttifero e quindi non generano, a loro volta, nuovi interessi.
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lità illimitate se vengono corrisposte per un numero illimitato9 di anni. In termini di importo, invece, si avranno annualità costanti se si ripetono sempre con lo stesso ammontare, oppure variabili se l’importo corrisposto varia di volta in volta. Infine, se ci si riferisce alla scadenza del pagamento, questa potrà essere anticipata, se prevista all’ inizio del periodo a cui si riferisce, oppure posticipata se prevista, invece, al termine del medesimo periodo. S ono quindi possibili tutte le combinazioni, ovvero le annualità variabili limitate anticipate, quelle variabili illimitate posticipate, quelle costanti posticipate illimitate e così via. Per comprendere l’ approccio metodologico utilizzato nella stima per capitalizzazione dei redditi è necessario introdurne almeno due: le annualità costanti posticipate limitate e quelle costanti posticipate illimitate. Come detto, le annualità costanti posticipate limitate sono valori monetari (pagamenti e quindi debiti oppure entrate e quindi redditi) che si ripetono alla fine di ogni anno e per un determinato periodo pluriennale. Data una successione di valori nel tempo, a fini estimativi spesso è richiesto di calcolare a quale valore complessivo corrisponda se riferita all’ inizio (valore attuale) oppure alla fine del periodo di riferimento (valore finale). A0 , l’accumulazione iniziale, è la sommatoria delle annualità riferite tutte all’istante iniziale attraverso l’operazione di attualizzazione, inversa alla capitalizzazione di cui si è accennato prima. A0 = n = 1tan1 + in Progressione geometrica Si definisce progressione geometrica una successione di numeri in cui il rapporto tra ogni termine della serie e il precedente è sempre costante. Tale valore è detto ragione della progressione geometrica.
An, l’ accumulazione finale, rappresenta invece la sommatoria delle annualità riferite tutte all’istante finale attraverso l’operazione di capitalizzazione, ammesso che il momento temporale « ultimo » possa essere definito. Si parlerà quindi di accumulazione iniziale sia nel caso di annualità corrisposte per un tempo limitato che illimitato; si potrà parlare invece di accumulazione finale solo nel caso di annualità limitate, perché nel caso di una durata temporale infinita, il valore di An tende ad essere infinitamente grande. An = n = 1tan
*
(1 + i) t–n
Per tornare quindi alla procedura di stima del valore di mercato per capitalizzazione dei redditi (attraverso cioè la definizione del valore di capitalizzazione), poiché il bene oggetto di stima è in grado di produrre redditi futuri costanti posticipati e illimitati (l’affitto, nel caso di un bene immobile), il suo Somma di una progressione valore di mercato (o valore attuale) corrisponderà alla sommatoria geometrica delle annualità percepite/percepibili e riferite tutte all’istante iniLa somma di una progressione geoziale (accumulazione iniziale, secondo la definizione di cui sopra). metrica crescente è uguale a una frazione che ha per numeratore l’ulCalcolando algebricamente tutti i termini che compongono A0 timo termine moltiplicato per la ra[4] e assumendo (1 + i) = q, si riconosce nella somma di addendi gione meno il primo termine, e per compresa tra le graffe una progressione geometrica* crescente di denominatore la ragione meno l’uniragione q, la cui somma* è facilmente calcolabile anche per un tà, da cui la formula di cui sopra [5]. numero infinito di termini [5].
9 Un’annualità si ritiene infinita quando si ripete, o si ritiene che si ripeta, per oltre 80 anni. Per approfondimenti cfr. Michieli I. e M. (2002), Trattato di estimo, Edagricole, Bologna.
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Fig. 3.6
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Attualizzazione della serie di annualità costanti posticipate illimitate.
A0 = n = 1t A0 = n = 1t
an (1 + i) n = a
an (1 + i) n = a 1q
1 (1 + i)
+ ... + 11 + i2 + 1 (1 + i) 1
+ ... + 1q2 + 1q1 = a 1q q–1 q
q–1 = a 1i = ai
Ne deriva facilmente che la sommatoria attualizzata di una serie di annualità future, costanti posticipate e illimitate, è pari al rapporto tra l’annualità e il saggio di attualizzazione o di sconto. Nell’estimo classico si utilizza questo metodo, sotto il nome di valore di capitalizzazione, appunto per determinare il valore di mercato di un bene immobile a partire dai redditi futuri che questo è in grado di produrre. La capitalizzazione dei redditi si basa dunque su due postulati10: uno economico (un bene vale per quanto rende) e uno finanziario (se la durata del bene è illimitata, il valore attuale del bene corrisponde all’accumulazione iniziale dei redditi futuri). Tuttavia, per eseguire correttamente la procedura di capitalizzazione, non si può determinare il valore di mercato senza prima alcune considerazioni sul concetto di reddito e di saggio da utilizzare. La determinazione dei due valori in un modo più o meno corretto, infatti, incide consistentemente sul calcolo del valore del bene.
Stima del reddito netto
*
Si è visto nelle pagine precedenti che, per procedere alla stima del valore di mercato attraverso il valore di capitalizzazione, occorre che il bene produca un reddito costante posticipato illimitato. S econdo la teoria dell’ ordiFonti dirette/indirette narietà dei parametri estimativi, il reddito da considerare deve esSi definiscono fonti dirette quelle sere ordinario, cioè quello generato dal bene in una situazione presso cui è possibile reperire instabile (in cui non siano presenti elementi eccezionali che ne dedicazioni puntuali (prezzi di comterminino incrementi positivi o negativi) e netto, cioè opportunapravendita o di affitto) di contratti mente depurato di tutte le spese sostenute dalla proprietà. effettivamente conclusi (e registraPer stimare il reddito lordo capitalizzabile è possibile proceti). Appartengono a questa classe, ad esempio, la Conservatoria dei dere per via sintetica oppure per via analitica. Nel primo caso è Registri Immobiliari e le agenzie sufficiente consultare le f onti (dirette o indirette*) dei valori imdi intermediazione immobiliare. mobiliari; nel secondo occorre effettuare una stima partendo da Si definiscono fonti indirette, inve11 un campione di riferimento . ce, quelle che rendono disponibili Per via sintetica, ad esempio, si potrebbe prendere come rifequotazioni o stime, spesso indicati come medie di valori o intervalli di rimento l’OMI, l’Osservatorio del Mercato Immobiliare delvalori (min-max). l’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) e interrogare Simonotti; Micelli; Stanghellini et al. http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/omi/Banche+dati/Quota zioni+immobiliari/ 10
11
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la banca dati scegliendo uno dei comuni italiani (ad esempio Torino), una specifica zona di riferimento12 (ad esempio B1/Centrale/Roma) e infine una destinazione d’uso (ad esempio Residenziale). Il risultato visualizzabile online è il seguente:
Fig. 3.7 Rilevazione dei valori di mercato (fonte: http://www.agenziaentrate.gov.it/servizi/Consultazione/risultato.php).
Nel caso di abitazioni signorili che presentano uno stato conservativo ottimo, i valori di riferimento sono compresi in un intervallo tra 9,7 e 14,6 /mq mese. Immaginando un alloggio di 100 mq di superficie commerciale, per definire il reddito capitalizzabile dovremmo procedere prima al calcolo del valor medio di locazione (mensile) e poi a quello del reddito annuo lordo [6]. reddito lordo = al = 9,7 + 14,62 /mq mese
100 mq
12 mesi = 14.580
Per via analitica, invece, si dovrebbe stimare il reddito attraverso una procedura diretta (ovvero per comparazione), meglio se pluri parametrica (considerando cioè l’influenza sul prezzo finale di più di una caratteristica immobiliare), tra quelle ad esempio illustrate nel paragrafo 3.2.2. Infine, per completezza, dal valore lordo « teorico » determinato in uno dei due modi brevemente descritti, occorre scorporare le eventuali quote di sfitto e di inesigibilità: nel primo caso si prevede una riduzione del reddito annuo in funzione del numero di mensilità per cui non è stato affittato il bene (e pertanto non si è incassato il corrispondente canone) ; nel secondo si affronta il tema del mancato pagamento di canoni dovuti (morosità) , anche in questo caso non incassati dalla proprietà. Definito così un reddito annuo lordo, occorre poi depurarlo delle spese a carico del proprietario per calcolarne il corrispondente valore netto. S u questo aspetto, le principali fonti di natura prevalentemente didattica (Forte, Realfonzo, Michieli, Simonotti) indicano 12
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Microzona catastale.
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sia alcune tipologie di spese, sia alcuni intervalli di riferimento/range: principalmente si avranno spese di manutenzione (solo quella straordinaria è in capo alla proprietà; in questo caso, non essendo necessario un intervento annuale, come invece nel caso della manutenzione ordinaria, questa quota può essere interpretata come una sorta di accantonamento in vista della spesa già programmata, in genere, con cadenza decennale), ma anche spese per assicurazioni e per tasse e imposte. Seguendo quanto detto, sempre con riferimento al caso dell’appartamento da 100 mq di superficie commerciale in zona Centrale/ROMA a Torino, il redito annuo netto potrebbe essere determinato come: reddito netto = an = reddito lordo – ota fitto – quota inesigibilità – spese = 14.580 – – canone mensile e i fitto – canone mensile mesi morosità – spese = 14.580 – – 1.215 /mese ( e i fitto + mesi morosità ) – spese Se ipotizziamo che il target di mercato della zona Centrale/ROMA riduca pressoché a zero il numero di mesi in cui il canone non viene percepito per morosità, altrettanto non si può dire per la possibilità che il bene rimanga sfitto. Considerando contratti di affitto rinnovabili a blocchi di 4 anni, si può supporre cautelativamente un periodo di sfitto di circa 3-4 mesi ogni 4 anni, che corrisponde circa a un mese all’anno. Per ciò che riguarda le spese, infine, si ipotizza una incidenza sul reddito lordo mediamente pari al 20-25%. Pertanto si può calcolare il reddito annuo netto come: a(n) = 14.580 – 1.215 /mese
(1 + 0) – 22,5%
14.580
10.000
Stima del saggio di capitalizzazione Definito il reddito annuo netto, non resta che stimare il saggio di capitalizzazione (o di attualizzazione); questa operazione è tutt’altro che banale, anche perché minime modifiche del saggio (ad esempio incremento di un punto percentuale) provocano consistenti variazioni del valore di mercato (+20–25%). Anche in questo caso è possibile procedere per via sintetica e per via analitica, oppure attraverso una ricerca inversa, diretta oppure indiretta (Simonotti, 1997). Il metodo sintetico coincide sostanzialmente con la prima delle alternative metodologiche proposte dal Simonotti, l’applicazione inversa della nota formula del valore di capitalizzazione [5]. Il saggio si calcola quindi come rendimento medio del mercato immobiliare e cioè come rapporto tra la sommatoria dei redditi prodotti e la sommatoria dei corrispondenti valori di mercato [9]. i = redditi annui V M Nella realtà è poco probabile che si proceda ad una stima di questo tipo per due motivi: è molto difficile disporre, per un stesso bene e contemporaneamente, sia del valore di locazione, sia del valore di compravendita; inoltre, pure ammettendo di avere a disposizione un campione di riferimento caratterizzato da valori di affitto e di compravendita, sarà difficile che il valutatore decida di applicare la formula inversa per calcolare il saggio per poi utilizzarlo nel calcolo del valore di capitalizzazione, potendo ottenere il valore di mercato del bene per semplice comparazione con il campione individuato! V olendo invece procedere alla stima sintetica del saggio di capitalizzazione per via
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Fig. 3.8
Dissimilarità dei segmenti di mercato.
Fonte: elab. da Simonotti M., 1997
diretta, cioè attraverso la rilevazione dei dati di mercato, dal momento che il valore di capitalizzazione viene utilizzato come procedura di stima in assenza di elementi di comparazione, è altamente improbabile che i valori di compravendita e quelli di affitto provengano dallo stesso segmento di mercato. Occorrerà, pertanto, individuare un segmento prossimo, a cui riferirsi per individuare (almeno13) i valori di compravendita. Il valore del saggio di capitalizzazione del segmento di mercato prossimo sarà: imp = j = 1nRj J = 1nPj = j = 1nij
Pj J = 1nPj
Riferendosi ad uno o due segmenti di mercato (solo compravendite oppure compravendite affitti) differente da quello in cui si torva l’immobile da stimare, il saggio così determinato [11] dovrà essere opportunamente corretto in funzione della dissimilarità tra il segmento di riferimento e il/i campione/i utilizzato/i per il confronto. Si introduce, così, il concetto di gradi di dissimilarità tra i segmenti di mercato, dissimilarità legate alle principali caratteristiche immobiliari. Alcune definizioni preliminari per la comprensione della matrice: per zona si intende il segmento di mercato in cui si collocano i comparativi; per destinazione l’ utilizzo prevalente (residenziale, commerciale, terziario, produttivo, ...) ; per tipologia il carattere edilizio del bene (ad esempio, per una destinazione residenziale si possono individuare la tipologia unifamiliare, a schiera, pluripiano, ...); per perficie la classe dimensionale in cui il bene si colloca (ad esempio, sempre per il residenziale, monolocale, bilocale, trilocale, ... oppure in intervalli dimensionali 30-40 mq, 41-50 mq, ...). I gradi di dissimilarità indicati in tabella (da I a VIII) sono crescenti al crescere delle caratteristiche dissimili rispetto al bene oggetto di stima. Nella realtà il grado I non presenta dissimilarità, essendo totalmente coerente con il segmento di mercato e le caratteristiche del bene oggetto di stima. Anche il II e il III grado non sono vere e proprie dissimilarità: i prezzi di mercato rifletteranno necessariamente 13 Potrebbe infatti capitare che, in mancanza anche di dati di affitto nello stesso segmento di mercato, si debba rilevare un campione di canoni di affitto e prezzi di vendita in segmenti tra loro prossimi.
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Fig. 3.9 Dissimilarità dei segmenti di mercato. Fonte: elab. da Simonotti M., 1997
le differenze tipologiche e dimensionali e il saggio di rendimento che ne deriverà sarà comunque un saggio medio, omogeneo per comparto. Quindi è come accorpare le prime tre righe della tabella (I-II-III) in un nuovo grado di dissimilarità « 0 », che individua quindi i casi ottimali per la definizione del saggio di capitalizzazione per via diretta. Si ritiene, invece, che la dissimilarità IV sia la vera prima differenza rilevabile in termini di rendimento, peraltro anche complessa da valutare in termini di aggiustamento. In termini teorici, sarebbero da ricercare sempre casi di dissimilarità V (stesso comparto e stesse caratteristiche, redditività differente in funzione della localizzazione), eventualmente nelle variazioni V I o V II (con differente dimensione o differente tipologia) . Pertanto la tabella precedente potrebbe essere così semplificata. Immaginiamo di avere, come oggetto di stima, un bilocale a destinazione residenziale nella zona Z1. Riuscendo a rilevare, sempre per la medesima destinazione d’uso, canoni di locazione in Z1 e prezzi di compravendita in una zona limitrofa, Z2, il saggio medio14 determinabile attraverso la [11] andrebbe opportunamente corretto: = imp ± ∆i (Z ) cioè con incrementi positivi nel caso in cui i prezzi rilevati nella Z2 siano minori della Z1 e viceversa. Per determinare questi incrementi da un punto di vista teorico si deve ricorrere ad una stima indiretta del saggio, di cui si accennerà nel seguito; in termini pratici spesso si procede attraverso valutazioni puntuali, purtroppo difficilmente oggettive. Con queste necessarie premesse teoriche, nella prassi estimativa il metodo più utilizzato per la determinazione del saggio di capitalizzazione è quello analitico per via indiret14 Simonotti M. (1997): « Al saggio medio si compiono aggiustamenti per tenere conto della particolare condizione dell’immobile da valutare, per questo si computano le influenze ascendenti in termini di frazioni di saggio per le condizioni che fanno diminuire il valore di stima a parità delle altre condizioni e le influenze discendenti per le condizioni che fanno aumentare il valore di stima: le prime prese con il segno positivo, le seconde prese con segno negativo ».
i = i + inflenze − ascendenti − inflenze − discendenti
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ta: non potendo utilizzare una procedura diretta per mancanza di informazioni (prezzi di vendita o valori di affitto), nella sostanza lo si ottiene per analogia ad altre redditività diverse da quelle immobiliari, introducendo fattori additivi correttivi. S i può, ad esempio, considerare un saggio medio (media tra il minimo e il massimo rilevabili nel segmento di mercato considerato), corretto in aumento o in detrazione « per tenere conto della particolare condizione del bene da valutare ». Un altro approccio (definito build-up approach o criterio della costruzione per fattori) 15, molto vicino al tema delle valutazioni degli investimenti seppur decisamente semplificato, è quello di considerare la redditività di un investimento a rischio nullo di pari durata (nella prassi si Rischio dell’investimento scelgono investimenti nel mercato obbligazionario, i cui rendimenSecondo alcune fonti (Hoesli e Morri, Brown et al.), per un investimenti sono facilmente definibili attraverso fonti attendibili) e di agto nel settore immobiliare possono giungere a questo un premio crescente in funzione del maggiore essere individuati (almeno) il rischio rischio dell’ investimento* nel bene in esame. Il parallelismo è di mercato, il rischio ambientale, il chiaro: investire in un processo di trasformazione urbana, al pari rischio di costruzione, il rischio ledell’acquisto di un bene immobile, genera una serie di flussi (posigislativo, il rischio di liquidità, il rischio di gestione e il rischio finantivi e/o negativi), distribuiti nel tempo. Il valore corrente del bene ziario. (sia questo un’ area da trasformare, sia un immobile già esistente) corrisponde ai flussi futuri attualizzati. Il modello di E llw ood*, nato negli anni S ettanta con la pubblicazione delle omonime tavole, utilizza proprio l’analisi finanziaria degli investimenti immobiliari per la determinazione indiModello di Ellwood retta del saggio di capitalizzazione. Il metodo propone relazioni Le ipotesi su cui si fonda il metodo proposto sono appunto quelle matematiche differenti16 tra prezzo e reddito dell’ immobile in proprie delle analisi di investimenti considerazione del periodo di disponibilità del bene (inferiore o immobiliari, tra cui successione fusuperiore alla durata del prestito che consente l’investimento initura di costi e ricavi, parziale autoziale), relazioni che possono tuttavia essere notevolmente semplifinanziamento e indebitamento per ficate, soprattutto se si ha come finalità la stima del saggio (e del la restante quota di investimento inziale (Manganelli, Morano, 2005). valore) di capitalizzazione e non la valutazione della redditività di In altri termini è direttamente colleun investimento vero e proprio, considerando (Manganelli e Mogato alla teoria del CAPM, Capital rano, 2005) che il saggio di capitalizzazione è scarsamente inAsset Pricing Method (Morri et al.). fluenzato dalle modalità di finanziamento scelte per l’acquisto dell’immobile: Teoria delle opzioni reali La teoria delle opzioni reali è una tecnica di valutazione degli investimenti finalizzata a introdurre e a definire l’effetto del rischio sullo scenario iniziale considerato. Cfr. Bravi (2013), Manganelli, Morano e Tajani (2009).
15 16
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V attuale = i f t ri att a i ati + Rivalutazione futura attualizzata = a (1 + i) n–1i (1 + i) n + V a (1 + riv) n (1 + i) n Un’ultima osservazione riguarda poi la possibilità, fino ad ora negata da un punto di vista teorico, che il reddito futuro possa variare (in aumento o in diminuzione) ; tale evento, per cui dovrà essere definita una probabilità di accadimento, potrà generare scenari e risultati economico-finanziari differenti valutabili attraverso l’ approccio delle opzioni reali*.
Per approfondimenti cfr. Hoesli e Morri, 2010. Infatti, come si è visto nei paragrafi precedenti, si è assunto un reddito costante nel tempo.
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Stima del valore di costo
3.3
La stima del valore di costo è momento fondamentale dal punto di vista di entrambe le principali parti coinvolte nella realizzazione di opere edili: del progettista e della committenza (pubblica o privata) per dimensionare e destinare risorse e interventi; e delle imprese per il controllo dell’attività e l’indirizzo delle proprie strategie. Nei successivi paragrafi si tenterà dunque di analizzare entrambi gli aspetti, e di fornire indicazioni per la stima del costo di costruzione e realizzazione. Si concluderà infine con qualche cenno alla verifica delle offerte anomale nel caso di opere pubbliche (OO.PP.), procedura per la quale, come si vedrà, una congrua stima del valore si conferma quanto mai opportuna.
Costi nelle imprese edili17 All’interno dell’attività d’impresa, il costante e continuo controllo dei costi è essenziale, nel breve periodo, per la scelta dei fornitori e per determinare i prezzi di vendita e la collocazione sul mercato dell’impresa. A medio-lungo termine, inoltre, sarà funzionale a promuovere strategie di investimento. Per le imprese di costruzione, in particolare, collocazione sul mercato significa formulare offerte e determinare ribassi di gara. Prima di procedere, e per fare chiarezza sul significato di costo (cioè di ciascuna spesa che l’impresa affronta per la produzione di beni o servizi), si introducono le più diffuse modalità di classificazione. Quella più ovvia si basa sulla natura dei costi, cioè sulle caratteristiche fisiche ed economiche dei fattori impegnati nei processi produttivi: ad esempio costi delle materie prime, della manodopera, dei macchinari, e così via. Una seconda metodologia, invece, articola i costi per imputazione: « diretti » (attribuibili in modo oggettivo ad un bene o servizio prodotto mediante misurazione della quantità di risorse assorbite per la sua produzione) ed « indiretti » (non imputabili al singolo prodotto, o quantomeno non in modo immediato) . S empre con riferimento all’ impresa di costruzione, tra i costi diretti troviamo le componenti elementari delle lavorazioni (materiali, manodopera, macchinari); tra quelli indiretti, invece, ad esempio i costi di amministrazione, di gestione aziendale e di natura commerciale che l’impresa sostiene anche in maniera indipendente dai cantieri in corso. Per ultimo, una delle classificazioni più diffuse fa riferimento alla variabilità , ovvero al mutare dei costi in maniera proporzionale alla quantità prodotta. In base a tale metodo, i costi si distinguono in « fissi » (costanti anche modificando i volumi prodotti), « variabili » (in funzione della produzione) e semivariabili (contenenti al contempo una componente indipendente ed una dipendente dalla produzione effettuata) . Da sottolineare che l’articolazione per variabilità, oltre ad essere la più diffusa, è anche la più utile volendo analizzare il rendimento di un’impresa attraverso la definizione del suo punto di pareggio, come verrà illustrato in seguito. Incrociando le classificazioni per variabilità e per imputazione, la tabella che segue mostra la ripartizione tra alcuni costi tipici del settore delle costruzioni. Quanto visto in merito alla variabilità può essere schematizzato nelle seguenti formu17
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Cfr. Prizzon, Rebaudengo (2010).
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Tab. 3.16
Ripartizione dei costi nelle imprese di costruzione.
Costi variabili Costi diretti
Costi fissi
Materie prime e materiali
Ammortamento macchinari
Manodopera diretta
Ammortamento autoveicoli
Subappalti Costi indiretti
Materiali di consumo
Stipendi impiegati e operai indiretti
Oneri vari (finanziari, bancari, ...) Piccola attrezzatura a nolo
Ammortamento fabbricati e macchine d’ufficio
Pubblicità
Assicurazioni Spese postali, cancelleria, ...
le: l’andamento dei costi fissi (CF) è indipendente dalla quantità prodotta (Q); pertanto la funzione sarà di tipo lineare con andamento costante CF = C0 La relazione può poi essere scomposta in due addendi, entrambi di importo costante, che rappresentano i costi relativi al capitale (Ck) e quelli derivanti dall’organizzazione d’impresa (Ch) CF = C0 = Ck + Ch La funzione dei costi variabili (CV), invece, viene descritta dall’equazione seguente, in cui è evidente la relazione diretta tra incremento della produzione (Q) e conseguente aumento dei costi CV = CVu
Q
Ovvero, i costi variabili totali sono dati dai costi variabili unitari (CVu) moltiplicati per le quantità prodotte. Anche in questo caso è possibile distinguere due apporti di natura variabile: il costo dei beni e servizi intermedi (Ci) e il costo dei salari (Cs), che rappresentano rispettivamente le spese per fattori di produzione degli output finali dell’impresa e l’ammontare dei salari nominali corrisposti alla forza lavoro impiegata nelle lavorazioni CV = CVu
Q = Ci + Cs
I costi totali, quindi, possono essere definiti in modo elementare come somma di una quantità costante (C0) pari ai costi fissi, e di una mutevole, i costi variabili appunto. La spezzata dei costi totali (CT) (figura seguente) ha origine dall’equazione precedente e si ottiene graficamente per traslazione verso l’alto di una quantità pari a CT = CF + CV = CF + CVu
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Q
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Fig. 3.10
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Andamento dei costi totali.
Occorre tuttavia sottolineare che la rappresentazione dei costi variabili come una spezzata è una semplificazione: nella realtà le relazioni tra quantità prodotta e costo variabile unitario possono avere andamenti curvilinei anche complessi; allo stesso modo, rappresentare i costi fissi con una retta parallela all’asse delle ascisse è pure una semplificazione, poiché la conformazione sarebbe del tipo a gradoni, con fenomeni di costo costante per intervalli di quantità prodotta. La situazione migliore sarà dunque quella che, a parità di costi fissi, genera il maggior numero di prodotti per la vendita. Tra le varie metodologie di determinazione dei costi, vediamo ora l’Analisi del Punto di Pareggio (o Break-even Analysis) . S i tratta di uno degli strumenti del controllo di gestione più diffusi e mette in relazione le quantità prodotte (Q) con l’ andamento di costi (C) e ricavi (R). Individua poi le quantità minime affinché la produzione giunga alla copertura dei costi. Prima di entrare nel merito, occorre introdurre alcune semplificazioni: nell’intervallo considerato, i costi e i ricavi sono assimilati ad una spezzata, sebbene la loro rappresentazione analitica evidenzi, in realtà, un andamento curvilineo. Si ipotizza che per tutti i costi sia possibile distinguere tra fissi e variabili, anche se spesso tale operazione non è semplice e può avvenire solo a seguito di decisioni di natura soggettiva, funzionali alla classificazione. Si assume, inoltre, che i costi fissi e il prezzo unitario rimangano costanti. Infine, si suppone che le quantità prodotte corrispondano a quelle vendute, non considerando gli sfalsamenti dovuti alla quota di invenduto che ha generato costi ma ancora non ha fornito ricavi da vendite. Se quindi si sceglie di rappresentare anche la spezzata dei ricavi totali R, R = PU
Q
dall’intersezione con la spezzata dei CT [3.17] si ottiene il cosiddetto punto di pareggio o
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Fig. 3.11
Individuazione del punto di pareggio.
quantità al break-even, da cui QBEP nella Fig. 3.11, che rappresenta l’equivalenza tra i costi e i ricavi totali. In termini di rendimento economico, al BEP ci si trova in una situazione poco vantaggiosa per l’impresa, che non trae alcun margine dalle vendite, in quanto i ricavi servono solamente a coprire i costi sostenuti per la produzione degli output. Le zone retinate sottese tra le due curve (a sinistra e a destra del punto di pareggio) rappresentano rispettivamente l’area di perdita, in cui cioè i costi totali superano i ricavi, e quella di utile, in cui all’ opposto i ricavi sono superiori ai costi. La quantità al punto di pareggio (QBEP) è individuata dall’appartenenza del punto alle due spezzate. In altri termini, esplicitando le relazioni in funzione delle quantità prodotte si ottengono: R = CT PU Q = CF + CV u Q CF = (PU – CV u) Q QBEP =
CF PU − CVu
E poiché la quantità di prodotto che uguaglia costi totali e ricavi è data dal rapporto tra i costi fissi e la differenza unitaria tra prezzo di vendita e costo variabile, introducendo il concetto di margine di contribuzione unitario la QBEP può essere riscritta come: QBEP =
CF MCu
In generale, quindi, il margine di contribuzione indica quale quota del prezzo di vendita può coprire i costi fissi. Se MC è minore o uguale a zero, i costi variabili unitari sono
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almeno pari al prezzo di vendita: ci si trova quindi in una situazione di evidente perdita, senza copertura dei costi. In tal caso l’ impresa, almeno in teoria, dovrebbe eliminare il prodotto perché non fornisce alcun contributo alla copertura dei costi fissi e consuma il margine di contribuzione degli altri prodotti risultando inutile alla redditività dell’ impresa. Se MC è maggiore di zero, i costi variabili unitari sono coperti dal prezzo unitario proposto e presentano un certo margine: ciò non significa comunque che l’impresa sia in situazione di utile, perché il valore, sufficiente per le sole spese variabili, potrebbe non coprire i costi fissi. Questi, come detto, rimangono a carico degli altri prodotti realizzati dalla stessa impresa e sono pari alla differenza fra i costi fissi totali e il singolo margine di contribuzione. Un prodotto con un margine di contribuzione positivo consente agli altri di non dover coprire per intero i costi fissi, perché in parte già coperti dal valore di MC maggiore di zero. Attraverso questo metodo si può ad esempio verificare quale sia il volume minimo da immettere sul mercato per raggiungere almeno il punto di pareggio oppure un determinato obiettivo di utile. In tal senso l’impresa potrà individuare i prodotti/servizi più redditizi (o con il margine di contribuzione più elevato) e su questi effettuare scelte di prezzo, volume e mix più convenienti. Rispetto a ditte che concentrano la loro produzione in stabilimento, un’impresa di costruzioni è caratterizzata da un grado di complessità maggiore: opera in contemporanea in più cantieri che, tra l’altro, mutano nel tempo. Pertanto l’operatore si trova a verificare la convenienza di ciascuna commessa attraverso un processo di classificazione dei costi (diretti e indiretti) e l’ attribuzione della quota parte a ciascun centro di responsabilità (CdR), ovvero a ciascun cantiere. Sebbene, quindi, la verifica finale sia fatta a livello complessivo sul fatturato dell’anno (verifica che porta a definire la situazione di utile o di perdita), occorre procedere per via puntuale sui singoli centri, per evitare che vi siano situazioni estreme, soprattutto di perdita. A livello generale, in funzione delle attività svolte, i centri di costo di un’azienda sono i seguenti: acquisti, produzione, vendita e amministrazione. Per un’impresa di costruzioni, invece, si procede per commesse, individuando nel singolo cantiere il nucleo minimo di attività (lavorazioni) che consentono di immettere sul mercato i propri prodotti (nuove costruzioni, infrastrutture, interventi di manutenzione, ecc.) .
Stime analitiche18 Il valore di costo19, nel caso di opere edili e civili, coincide con il costo di realizzazione. La componente principale di tale voce è il costo di costruzione, che si identifica con la spesa necessaria alla produzione del bene. A tale importo vanno poi aggiunte tutte le altre spese necessarie sia alla progettazione sia al compimento dell’intervento che, nel caso di opere pubbliche, sono contenute nel quadro economico. La stima di entrambi i costi, di costruzione e di realizzazione, viene effettuata con dettaglio crescente man mano che si approfondisce il livello di progettazione: in sede preliminare vi saranno solamente una valutazione ed un quadro economico sommari20, mentre in fase definitiva ed esecutiva, e con il progressivo incremento del dettaglio progettua18 19 20
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Cfr. Prizzon, Taccone (2010). Cfr. cap. 2.1 Aspetti del Valore di un bene: dalla tradizione stimativa agli standard internazionali. Art. 22 del D.Lgs. 163/2006.
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le, vi sarà un vero e proprio Computo Metrico Estimativo completato da un Quadro Economico articolato2 1 . Di seguito vengono presentate le principali modalità di stima del costo di costruzione, cui seguiranno alcune considerazioni in merito alla determinazione del costo totale di realizzazione. Per quanto riguarda il progetto preliminare, si procede attraverso l’ utilizzo di costi parametrici, che fanno cioè riferimento ad un parametro specifico, da scegliersi a seconda della tipologia di opera (ad esempio i mq di superficie per l’edilizia residenziale, il m lineare di condotta per gli impianti a rete, il n° di posti auto per parcheggi ed autorimesse o ancora il n° di posti letto per strutture ricettive, ecc.) La fonte primaria dove reperire i costi parametrici, stando alle indicazioni normative22, dovrebbe essere l’Osservatorio Regionale di competenza. Nel caso quest’organo non fornisca però tali valori di riferimento, o la tipologia di opera in oggetto non sia rappresentata, il valore parametrico può essere desunto anche da interventi simili o da prezziari specialistici, nei quali i costi parametrici si trovano raccolti per tipologia. Moltiplicando il costo parametrico per la dimensione dell’opera (ovvero la quantità di tale parametro), si ottiene una stima del costo di costruzione: Cc = cp
dp
dove: Cc: costo di costruzione cp: costo parametrico dp: dimensione dell’opera secondo il parametro p.
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Con il progetto definitivo ed esecutivo, il cui livello di approfondimento è più maturo, è invece possibile ed opportuno redigere un Computo Metrico Estimativo (CME) completo. Il CME è l’elaborato che consente la determinazione dei costi unitari per ogni categoria di lavorazione, attraverso l’ individuazione di tutte le lavorazioni previste nella costruzione, la definizione di un parametro di riferimento per ogni categoria di lavori ed il calcolo delle quantità in progetto. L’ applicazione di un prezzo alla relativa quantità, ripetuta per tutte le lavorazioni occorrenti, porta quindi alla somma corrispondente all’importo finale dei lavori. Incidenza percentuale Per redigere un CME ordinato e strutturato in maniera logica, è L’informazione più importante è innanzi tutto necessario suddividere le lavorazioni utili alla costruquella che riguarda l’incidenza perzione in categorie, dette macrocategorie di lavorazione. A titolo di centuale, che indica il peso relativo esempio, tra le categorie da considerare nel caso di una costruzione della macrocategoria sul costo di coedile, si potrebbero individuare: scavi, fondazioni, vespai, strutture struzione dell’intervento. In questo in c.a., e così via. Le macrocategorie individuano dunque una serie modo sarà possibile verificare, ad esempio, su quali lavorazioni potrebdi lavorazioni appartenenti ad un gruppo omogeneo (ad es: strutture be essere proficuo (alta incidenza) o in c.a., coperture, ecc.) o per competenza settoriale di posatori/ininutile (bassa incidenza) effettuare stallatori (ad es: opere da falegname, opere da fabbro, opere da latmodifiche progettuali con lo scopo toniere idraulico, ecc.); l’importante è che l’insieme delle macrocadi contenere la spesa. tegorie contenga tutte le lavorazioni necessarie alla costruzione, e la prassi più usuale suggerisce di seguire l’andamento del cantiere. L’elenco delle macrocategorie confluisce, in calce al CME, nella Lista delle categorie che riporta, per ciascuna, nome, importo totale ed incidenza percentuale*. 21 22
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Artt. 32 e 42 del D.Lgs. 163/2006. Art.7 del D.Lgs. 163/2006.
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Il CME è, di norma, strutturato in forma tabellare: le righe sono costituite dalle singole lavorazioni (raggruppate, come appena spiegato, in macrocategorie). Vi è poi una serie di colonne che contengono le informazioni tecniche, descrittive ed economiche relative a ciascuna voce: – – – – – –
l’identificativo numerico progressivo; il codice del prezzo (corrispondente a quello della fonte: prezziario o analisi prezzo); la descrizione della voce; la quantità (eventualmente disaggregata in unità di misura e parti uguali) ; il prezzo unitario applicato; il prezzo totale (dato dalla moltiplicazione di quello unitario per la quantità corrispondente) .
Le prime due colonne sono funzionali ad individuare in modo univoco la voce. Il codice, necessario per risalire alla fonte, di per sé non può essere sufficiente, già che potrebbe essere ripetuto più volte all’interno dello stesso computo: si inserisce pertanto un n° progressivo, che permette di individuare la voce indipendentemente dalle modalità di consultazione e di stampa del documento. La descrizione, che deve essere esaustiva e completa, consente di sapere cosa comprende la voce in modo esatto: quali lavorazioni e quali materiali, con quali modalità di esecuzione e con quali eventuali esclusioni. La quantità viene calcolata a partire dagli elaborati grafici. Questo primo set di informazione costituisce il « computo metrico »; per poterlo chiamare « computo metrico estimativo » sarà fondamentale inserire i prezzi unitari (che approfondiremo a seguire) ; moltiplicando il prezzo unitario per la quantità rilevata in progetto, per ogni voce, si otterrà il prezzo totale. Per quanto riguarda i prezzi unitari, un utile riferimento sono i cosiddetti prezziari, apposite raccolte costruite analiticamente (attraverso analisi prezzo, come illustrato più avanti) oppure mediante indagini e rilevazioni di mercato. S u supporto cartaceo o digitale, occorre ricordare l’ importanza di utilizzare sempre prezziari aggiornati, in modo da non avere scostamenti eccessivi tra la stima ed il costo effettivo, dovuti a mutamenti delle condizioni del mercato. Tra i prezziari più utilizzati vi sono quelli Regionali, soprattutto per le opere pubbliche, ma se ne trovano altri editi da enti riconosciuti, associazioni o aziende (ad esempio le Camere di Commercio locali o le aziende municipalizzate). Per le lavorazioni non contenute nel prezziario2 3 , sarà poi necessario redigere un’ analisi prezzo, scomponendo la lavorazione nelle sue parti fondamentali: – – – – –
materiali; manodopera; noli e trasporti; spese generali; utile d’ impresa.
23 Avendo unicamente cura di scorporare, dalle voci di prezziario, la componente di spese generali ed utile d’impresa, di norma già contenuta nel costo indicato. La percentuale da scorporare è indicata nell’introduzione o nelle note del prezziario stesso.
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Per quanto riguarda i materiali (costo delle forniture) , i n ol i * (costo dei macchinari) e i trasporti (costo di impiego dei macchiNolo (costo dei macchinari) nari) , le singole componenti possono reperirsi sia nel prezziario I noli, che si riferiscono all’incidenza stesso sia attraverso indagini di mercato. dell’ammortamento dei macchinari La manodopera corrisponde al costo del personale impiegato di proprietà impiegati, non sono da per la lavorazione: occorre individuare la composizione della squaconfondere con i prezzi di mercato dra tipo, ovvero quanti operai e di quale categoria (specializzato, delle aziende che offrono i mezzi d’opera a noleggio alle imprese, già che qualificato e comune), ed il tempo necessario per la lavorazione si tratta di quote di costi di beni in (misurato in ore e frazioni di ora) . Il costo orario di ciascuna cateproprietà e non di canoni di locaziogoria è definito dal contratto collettivo di lavoro del settore edile, ne. Questi ultimi andranno utilizzati ed è consultabile presso gli Osservatori regionali ed altri enti. La solo qualora si preveda di noleggiatipologia della squadra necessaria a ciascuna lavorazione, nonché re i mezzi d’opera, non disponendo di macchinari in proprietà. il tempo di posa, si desume sulla base dell’ esperienza o consultando appositi manuali e tempari, che danno indicazioni al riguardo. Per quanto riguarda, invece, le s pe s e ge n e r al i *, si tratta della quota parte di costi fissi (ad esclusione dell’ammortamento dei macchinari d’opera) sostenuti dall’impresa che incide su quel parValore delle spese generali ticolare cantiere. Ed infatti tale porzione è definita in termini perL’entità delle spese generali e dell’utile, caratteristici di ciascuna centuali, dato che rappresenta in realtà un’incidenza che ricade in azienda in base alla struttura ed alle maniera proporzionale su tutte le lavorazioni. scelte gestionali, è indicato all’art. Allo stesso modo, è ripartito in percentuale su tutti gli importi 32 del D.P.R. 207/2010: « una perl’ utile d’impresa, che rappresenta il margine medio di guadagno centuale variabile tra il 13 ed il 17 che l’appaltatore ricava da ciascuna lavorazione. per cento [...] per spese generali; [...] una percentuale del 10 per cenUna volta inserite tutte le voci, provenienti da prezziario o to per utile dell’esecutore ». analisi prezzo, e moltiplicati i prezzi unitari per le quantità, il CME è completato: sommando il costo totale di tutte le voci contenute si ottiene dunque il costo di costruzione. Per ottenere il costo di realizzazione sarà ancora necessario aggiungere le restanti spese, contenute nel Quadro Tecnico Economico (QTE)24. S i tratta di un documento articolato in due parti, dette A e B: La prima parte (quadro A) riporta l’importo dei lavori, desumibile dal CME, e quello dell’ attuazione dei piani di sicurezza. Questi ultimi sono stimati con un apposito Computo oppure, se il livello di dettaglio raggiunto non lo consente, in percentuale rispetto al costo dei lavori. • Per quanto riguarda la parte B, che comprende le somme da Somme aggiuntive aggiungersi* al costo di costruzione per la determinazione del A titolo esemplificativo per le OO.PP., costo di realizzazione finale, i contenuti sono riportati nella così come elencato nell’art. 16 del DPR 207/2010. Per quanto riguarda Fig. 3.13: •
le opere private, le somme aggiuntive per la committenza saranno ulteriormente semplificate, non essendo necessari ad esempio i costi relativi agli adempimenti tipici delle procedure di evidenza pubblica.
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Tra le voci indicate, da rilevare le spese tecniche, ovvero i costi relativi principalmente alla progettazione e alla Direzione Lavori, quantificabili secondo le tariffe professionali vigenti e solitamente determinate in percentuale sul costo di costruzione (tra l’8% ed il 12%) a seconda della complessità dell’opera e della sua am-
Il QTE per i lavori pubblici è disciplinato all’art. 16 del DPR 207/2010.
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Fig. 3.12
Esempio di analisi prezzo.
Fig. 3.13
Esempio di Quadro Tecnico Economico.
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piezza. Una quota viene poi stanziata per eventuali imprevisti*, ovvero per ulteriori lavori non preventivabili in fase di progettaImporto degli imprevisti zione. L’importo degli imprevisti è discipliPer ultimo, si riporta l’ammontare dell’IVA, la cui aliquota vanato, per le OO.PP., all’art. 132 del ria in funzione della tipologia d’ intervento (nuova costruzione, riD.Lgs 163/06: 10% per i lavori di strutturazione, ecc) e dell’importo cui viene applicata (IVA su larecupero, ristrutturazione, manutenvori, IVA su spese tecniche, ecc.). zione e restauro, 5% per tutti gli altri lavori. Come anticipato, dal QTE, sommando tutte le voci contenute rispettivamente nella parte A e B, si ottiene il costo totale di realizzazione dell’opera, che dovrebbe contenere tutte le voci necessarie per passare dall’ideazione al compimento del manufatto.
Verifica dei prezzi, anomalia dell’offerta Richiamando quanto esposto in entrambi i paragrafi precedenti (ovvero sia l’analisi dei costi nell’impresa sia la definizione del costo di costruzione), qualora il CME sia redatto non da progettisti, ma da un’azienda costruttrice, allora le voci saranno più realistiche se composte per intero da analisi del prezzo costruite tenendo presente i fornitori, i macchinari, il personale e le dinamiche caratteristiche della ditta, che dovrebbe così costruire (e aggiornare ) i propri elenchi prezzi piuttosto che utilizzare voci generiche di prezziari che non sempre si adattano alla propria struttura. S e si tratta di opere private, una corretta e analitica previsione del costo sarà fondamentale per formulare preventivi adeguati, al contempo concorrenziali e remunerativi. Nel caso di OO.PP., invece, l’analisi sarà necessaria soprattutto in funzione della presentazione dell’offerta in sede di procedura di selezione (si veda anche il Capitolo 9). È infatti prassi diffusa, purtroppo, che l’impresa (stretta tra i tempi ridotti e le risorse necessarie all’ analisi della singola procedura) si limiti ad osservare lo storico dei ribassi presentati per quella specifica categoria di lavori in quel territorio piuttosto che analizzare nel dettaglio i documenti di progetto (compresi CME e QTE). Esaminati gli elaborati grafici e tecnico-economici, infatti, dovrebbe redigere un CME con il proprio elenco prezzi, calcolando così il proprio costo, spese generali comprese. A quel punto, il ribasso offerto sui lavori, coperti i costi, dipenderebbe dall’utile atteso, in funzione delle scelte strategiche dell’ imprenditore. In molti casi, tuttavia, soprattutto nel caso di gare sulla base del criterio del massimo ribasso25, l’appaltatore non analizza le lavorazioni richieste ed il loro relativo costo, ma si preoccupa di offrire un ribasso concorrenziale. Questo fenomeno, che si sviluppa a catena, porta all’incremento dei ribassi, con conseguente necessità, da parte della stazione appaltante, di verificare la congruenza delle offerte presentate. La conseguenza di sconti eccessivi, come è facile intuire, porta alla difficoltà a coprire i costi e, in ultima istanza, all’impossibilità per l’impresa di portare a termine i lavori. Se non addirittura, in ultima istanza, al tracollo dell’attività. Nel caso di fallimento dell’ impresa, oltre ad ulteriori conseguenze, la stazione appaltante dovrà procedere ad individuare una nuova ditta, ed il completamento e la messa i funzione dell’ opera tarderanno. La stazione appaltante, onde evitare disastrose conseguenze, procede dunque alla verifica delle offerte anomale. 25 I criteri di aggiudicazione, massimo ribasso (o prezzo più basso) e offerta economicamente più vantaggiosa (oepv) sono disciplinati agli artt. 82 e 83 del D.Lgs. 163/2006.
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Ma quand’è che un’offerta si può considerare anomala? Nell’art. 86 c.1 del de D.Lgs. 163/2006 si legge: «[...] quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’ unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media 26. Se ne desume che, gara per gara, viene individuato un ribasso di riferimento (detto soglia di anomalia) oltre il quale non è che non sia possibile accettare offerte, ma queste andranno controllate. La stazione appaltante infatti dunque alla ditta di fornire giustificazioni in merito alla congruità dello sconto offerto2 7 . Oltre ad una relazione che illustra eventuali situazioni favorevoli dovute a ragioni logistiche, di organizzazione, tecniche, agevolazioni fiscali, ecc., la ditta dovrà fornire di fatto la ricostruzione del proprio prezzo, cioè le analisi prezzo che ricompongono il CME. Più in dettaglio: – – –
– –
a supporto dei costi indicati per i materiali dovrà fornire preventivi o fatture recenti dei propri fornitori; dovrà indicare i propri costi della manodopera, non inferiori ai costi minimi da Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (C.C.N.L.). Nonché i tempi stimati per la posa, sulla base di quanto rilevato dalle proprie maestranze su cantieri simili; individuerà i macchinari necessari fornendo documentazione in merito alle relative quote di ammortamento, ai consumi medi (congruenti con la potenza e le caratteristiche del mezzo) e agli oneri per la manutenzione; nonché indicherà, in analogia col punto precedente, il costo del manovratore. Questo per quanto riguarda i mezzi di proprietà (noli) ; per i mezzi noleggiati dovrà allegare preventivi esattamente come per i materiali; dovrà poi indicare quali sono le proprie spese generali, ed indicarne il peso percentuale sule componenti elementari di costo (materiali, manodopera e noli) ; per quanto riguarda l’utile, l’indicazione del valore del 10%28 va rispettata da parte del progettista, ovvero dalla stazione appaltante. In sede di offerta, l’ appaltatore può decidere di accontentarsi di percentuali minori. in linea di principio, per assurdo, potrebbe anche essere nullo: l’appaltatore, pur di proseguire la propria attività (che dà lavoro a diverse persone) potrebbe decidere di « far girare i soldi », come si sente spesso dire. Tuttavia tale condizione non sarebbe critica solo per lui, perché il minimo imprevisto potrebbe generare un tracollo. È ormai prassi consolidata, da parte delle stazioni appaltanti, accettare proposte con utile sì basso ma almeno superiore al rendimento dei titoli di stato, in modo da compensare se non il rischio imprenditoriale almeno il rendimento minimo di mercato disponibile.
La stazione appaltante può poi richiedere ulteriori precisazioni o integrazioni e segue un contraddittorio, durante il quale viene incontrata la ditta per ulteriori delucidazioni. La 26 Il c.2 dello stesso articolo riporta la metodologia relativa al criterio dell’oepv, per cui valgono gli stessi ragionamenti che seguono. 27 Artt. 87 e 88 del D.Lgs. 163/2006 e art. 121 del DPR 207/2010. 28 Art. 32, c. 2, lettera c del DPR 207/2010. Si ricorda che, tutelando il costo della manodopera, l’attesa di utile è, oltre al margine dovuto agli sconti da parte dei fornitori, la voce più importante su cui l’imprenditore fa leva per effettuare il ribasso.
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stazione appaltante farà poi sapere alla ditta se le giustificazioni sono ritenute accettabili o meno, motivando quanto disposto. La prima ditta la cui offerta sia ritenuta congrua sarà designata come aggiudicataria. La procedura, apparentemente lineare, comporta tuttavia diverse criticità. In primo luogo, la soglia di anomalia viene stabilita sulla base delle offerte presentate nella specifica procedura. È pertanto autoreferenziata sulla singola gara, ed il suo valore assoluto non viene messo in discussione o confrontato con valori di riferimento consolidati e attendibili. Pertanto un ribasso può risultare anomalo in una gara e non esserlo in un’ altra con oggetto simile e svolta in analoghe condizioni di mercato. Inoltre, poiché motivare un rifiuto è oneroso e richiede esperienza e conoscenza del cantiere approfondita, non sempre le stazioni appaltanti scelgono di escludere una ditta che ha presentato sì documentazione voluminosa a supporto, ma non attendibile. Allo stesso modo, dati gli elevati costi delle procedure di ricorso, una ditta esclusa sulla base di motivazioni superficiali non è detto che faccia valere le proprie ragioni aprendo un contenzioso. In conclusione, si sottolinea ancora una volta l’ estrema imporTempi di risposta tanza di redigere CME precisi, sia da parte del progettista sia da parte delle imprese. S e, infatti, il progetto dispone di un buon Un minimo di dieci giorni per la documentazione, un minimo di cinque CME, il processo realizzativo subirà molti meno intoppi. Se l’imper integrazioni. Le stazioni appalpresa costruisce un proprio CME in funzione della formulazione tanti concedono raramente tempi dell’offerta, sarà più facile decidere con quale ribasso partecipare maggiori dei minimi, poiché la pro(o non partecipare) alle gare e, al contempo, disporre già di buona cedura è vista come un intoppo verparte della documentazione richiesta in fase di verifica dell’anoso l’aggiudicazione e la consegna dei lavori. malia, durante la quale i tempi di risposta concessi* sono molto contenuti.
Caso studio 3.1 La costruzione di una analisi prezzo (di Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Giuseppina Taccone) Nella redazione di un Computo Metrico Estimativo, come anticipato nel capitolo dedicato alla stima del valore di costo, per le lavorazioni non contenute nel prezziario o elenco prezzi di riferimento, la stima del prezzo unitario può essere fatta attraverso una analisi prezzo. L’analisi si utilizza altresì nei casi in cui sia necessario quantificare un nuovo prezzo, nella fase esecutiva, per casi di variante o contenzioso. Si tratta, in sintesi, di scomporre la lavorazione nelle sue componenti elementari (materiali, manodopera, noli e trasporti), e di ricostruirle in modo analitico. A queste si aggiungono poi le spese generali, ottenendo così il costo della lavorazione per l’impresa. Per determinare il prezzo offerto, o a base d’asta, si dovrà ancora aggiungere l’utile dell’appaltatore. Si riportano di seguito un paio di esempi di analisi prezzo, relative: – alla realizzazione di un metro quadrato di sottofondo di 15 centimetri di spessore; – alla realizzazione di una casseratura per il contenimento di getti di calcestruzzo armato
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Figura 3.4.1 Esempi di analisi prezzo
Come si può notare, ciascuna analisi prezzo è individuata da un numero progressivo, oppure possiede un codice univoco. Contiene poi una descrizione della voce, del tutto analoga a quella delle lavorazioni contenute nei prezziari, e l’indicazione dell’unità di misura unitaria (ad esempio il metro quadrato nei casi analizzati). È inoltre importante che le tre sezioni che raggruppano le singole componenti elementari siano distinguibili in modo chiaro. Ovvero che tutti i materiali siano seguiti da tutte le voci di manodopera e così via da noli e trasporti, evitando di mescolarle tra loro in maniera poco omogenea. Ciò soprattutto per limitare possibili confusioni: ad esempio, se si legge « tavole in abete » tra i materiali, si tratterà di acquisto di materiale che rimarrà posato e costituirà il manufatto in oggetto (un tavolato di un soppalco, un rivestimento murale, un serramento, ecc.). Per contro, la stessa dicitura nei noli indicherà l’utilizzo delle tavole in quanto strumento per l’esecuzione, con possibilità di riutilizzo (ad esempio per le casserature). Per ciascuno dei materiali, si dovranno indicare l’unità di misura, che corrisponderà a quella di norma adottata sul mercato (ad es: i chilogrammi per gli elementi in metallo, i metri cubi per gli inerti, il numero per i laterizi, ecc.), la quantità necessaria per la singola unità di lavorazione terminata ed il prezzo unitario. I prezzi unitari indicati possono a loro volta essere desunti da prezziari o ricavati da preventivi o listini1. Per quanto riguarda i costi relativi alla manodopera, qualora l’analisi sia a cura di progettisti, saranno indicati i valori (minimi inderogabili) relativi al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), che per gli operai del settore edile è reperibile presso associazioni di categoria (ad esempio il Collegio Costruttori o l’ANCE) o sulle pagine istituzionali degli Osservatori regionali dei contratti pubblici. Tali costi unitari, suddi-
I progettisti della pubblica amministrazione, nel ricorrere a preventivi o listini, dovranno recepirne almeno tre e calcolare un costo medio, mentre nel caso di opere private si potrà scegliere l’offerta di un particolare fornitore, così come nel caso di analisi redatte dalle aziende costruttrici.
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visi per tipologia di operaio (comune, qualificato, specializzato) saranno poi moltiplicati per la quantità di ore necessarie a portare a termine un’unità elementare di lavorazione (per esempio 1 metro quadrato di sottofondo), ottenendo così l’importo totale della componente manodopera.
Per i noli, in maniera del tutto analoga, si individua il tempo di utilizzo di tutti i macchinari da impiegarsi, mentre il loro costo unitario può derivare, come già per i materiali, da prezziari o preventivi. Nelle analisi condotte dalle ditte, si indicheranno i costi effettivi dei loro macchinari, così come da quote di ammortamento. Le spese generali indicate negli esempi, così come l’utile d’impresa, seguono le indicazioni adottate dalla maggioranza delle sezioni del prezziario regionale del Piemonte: 13% e 10%. Se però l’analisi è condotta da un’impresa, il conteggio delle spese generali dovrà riflettere gli effettivi costi dovuti alle voci indipendenti dalle quantità prodotte. Tale conteggio, di certo non facile, può ad esempio essere realizzato sommando gli importi relativi ai costi sostenuti in maniera indipendente dalle commesse eseguite e rapportandolo, per dedurne il peso percentuale, al fatturato annuo. La singola impresa, nelle sue strategie di controllo dei costi, dovrebbe conoscere qual è l’incidenza di tali spese sulle singole lavorazioni. Per quanto riguarda, invece, l’utile, dipende in maniera stretta dalle strategie aziendali e dalle attese in funzione della congiuntura economica. In situazioni, come quella attuale, di crisi e scarsità di commesse e gare d’appalto, le imprese spesso abbassano le loro attese d’utile pur di rimanere sul mercato. Un’utile indicazione, anche in funzione dell’accettazione di eventuali giustificazioni per offerte anomale da parte delle stazioni appaltanti, è quella di non accettare previsioni di utile al di sotto del rendimento dei titoli di stato, cui si guarda come indicatore dell’investimento a rischio nullo. In effetti, sarebbe difficile accettare un’offerta che preveda rendimenti minori del titolo di stato, che non remunererebbero in alcun modo il rischio d’impresa. Per quanto riguarda attiene alla formulazione delle offerte da parte dell’impresa, i margini di manovra riguardano dunque in pratica il costo dei materiali (sui quali incide il rapporto coi fornitori, legato senza dubbio ai quantitativi acquistati e, di conseguenza, al volume d’affari dell’azienda), quello dei noli (l’utilizzo di macchinari di proprietà gestiti con efficienza e manutenuti con attenzione), il contenimento delle spese generali (legato alla struttura e gestione d’impresa) e, infine,
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alla capacità di rimanere sul mercato con attese di utile contenute (pur in maniera non esagerata). Per quanto riguarda la manodopera, occorre precisare che prima dell’entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 692, fatto salvo il costo unitario minimo3, l’impresa poteva valutare una riduzione dei tempi di lavorazione dovuta a fattori quali l’utilizzo di particolari macchinari innovativi o maestranze con consolidata esperienza su appalti simili. A partire dall’entrata in vigore del decreto, tuttavia, il costo della manodopera non è ribassabile nel suo complesso, ovvero anche per quanto riguarda i tempi di posa o istallazione. Questo aspetto si riflette dunque sulla formulazione delle offerte, nonché poi sulla presentazione (e accettazione) di giustificazioni in merito a offerte anormalmente basse.
Il cosiddetto decreto « del fare », che reca titolo « Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia ». Anche su questo punto era comunque possibile dimostrare costi minori, dovuti ad esempio ad agevolazioni fiscali sulla manodopera, a contratti di apprendistato, ecc.
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nalizza la stima del saggio di capitalizzazione », in Aestimum n. 46, Firenze University Press. Michieli I., Michieli M. (2002), Trattato di estimo. Valutazioni finanziarie, legali, urbane, rurali, industriali, catastali e ambientali, Milano, IlSole24Ore Edagricole. Morri G. (2005), « Rischio e rendimento immobiliare: evidenza del mercato italiano », in Il consulente tecnico n. 1, Santarcangelo di Romagna, Maggioli editore. Muzzicato S., Sabbatini R., Zollino F. (2008), Prices of residential property in Italy: Constructing a new indicator, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza. Occasional Papers, 17. Orefice M. (2007), Estimo civile, Torino, UTET. Prizzon F., Rebaudengo M. (2010), « Il controllo dei costi per l’impresa », in Bardelli P.G., Coppo S., Il cantiere edile, Palermo, Dario Flaccovio Editore. Prizzon F., Taccone G. (2010), I costi nei cantieri di opere pubbliche, in Bardelli P.G., Coppo S., Il cantiere edile, Palermo, Dario Flaccovio Editore. Ravazzi P. (2007), L’impresa: teoria, organizzazione e strategia, tecniche economiche e contabili, Bologna, Il Mulino. Rosen S. (1974), « Hedonic Prices and Implicit Market: Product Differentiation in Pure Competition », Journal of Political Economy, 82, 34-55. Rossetto S. (2001), Manuale di economia e organizzazione d’impresa. Teorie e tecniche, Torino, Utet. Salvatore D. (2004), Microeconomia: teoria e applicazioni, Milano, FrancoAngeli. Simonotti M., (1985), « La comparazione e il sistema generale di stima », Rivista di Economia Agraria, 4, 543-561. Simonotti M. (1983), « L’analisi finanziaria del saggio di capitalizzazione », in Genio Rurale n. 4. Simonotti M. (1997), La stima immobiliare, Torino, UTET. Simonotti M. (2006), Metodi di stima immobiliare. Applicazione degli standard internazionali, Palermo, Dario Flaccovio Editore. Tecnoborsa (2005), Codice delle Valutazioni Immobiliari. Italian Property Valuation Standard, Telligraf, Roma. TEGoVA (The European Group of Valuers’ Associations) (2012), European Valuation Standards, seventh Edition, 2012. Wheaton W.C., Nechayev G. (2006), « The 1998-2005 Housing “Bubble” and the Current Correction: what’s Different this Time? », Journal of Real Estate Research, 30, 1, 1-26.
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Risvolti estimativi indotti dal processo di armonizzazione contabile avviato a livello internazionale Luisa Ingaramo, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino* CAPITO L O
QUARTO
Obiettivi di apprendimento 1. Impatto degli International Accounting Standards sul valore contabile e patrimoniale degli immobili 2. Ammortamento per componenti 2. Valore complementare e residual technicques 3. Calcolo dell’incidenza del valore dell’area sul totale di un immobile
In questo capitolo si affrontano gli IAS - International Accounting Standards, introdotti nella normativa europea a partire dal 2001. In particolare gli IAS vengono affrontati relativamente al loro impatto sulla determinazione del valore contabile e patrimoniale degli immobili. Tali principi contabili internazionali richiedono infatti di scorporare il valore totale di un immobile in tre parti: il valore dell’area fabbricabile (tendenzialmente stabile), il valore della costruzione in senso stretto (sottoposto a diminuzione progressiva in funzione della vetustà e della obsolescenza tecnico-funzionale a cui è soggetto nel tempo) ed il valore degli impianti (sottoposto ad una maggiore obsolescenza tecnico-funzionale e quindi ad una minore durata). Il tema degli IAS pone problemi di valutazione immobiliare che vengono evidenziati con i necessari riferimenti metodologici relativi sia alla materia estimativa, sia a quella fiscale. Da questo punto di vista, notevole rilievo assume la definizione della durata degli immobili, sulla base delle loro caratteristiche e con riferimento alle politiche di ammortamento, che sono ormai obbligatorie per le società quotate in borsa e decisamente consigliate per quelle di grande-media dimensione in procinto di quotarsi.1 4.1
Gli IAS: armonizzazione contabile a livello internazionale
In questa parte si intende affrontare il tema della stima dei terreni e dei fabbricati ai fini contabili, a seguito dell’adozione degli I nternational A ccounting S tandards (I A S *) . Tali principi conta-
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IAS - International Accounting Standards I principi contabili internazionali, come meglio chiarito più avanti nella trattazione, sono principi contabili internazionali. Gli IAS, emanati da un gruppo di professionisti contabili, International Accounting Standards Committee (acronimo IASC) fin dal 1973, sono stati il primo tentativo di standardizzazione mondiale delle regole contabili. Fino al 2001, lo IASC ha agito come comitato interno all’organizzazione mondiale dei professionisti contabili, International Federation of Accountants (IFAC), trasformandosi poi in una fondazione privata di diritto statunitense (IASC foundation). All’interno di questa fondazione, l’organo incaricato di emanare i principi contabili è denominato IASB (acronimo di International Accounting Standards Board) e i principi redatti da questo comitato sono denominati IFRS (acronimo di International Financial Reporting Standards). Poiché tali principi coesistono, almeno per ora, con i precedenti IAS ci si riferisce spesso ai principi internazionali con il termine IAS/IFRS.
* Il capitolo è frutto del lavoro congiunto degli autori.
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bili, redatti dall’International Accounting Standard Board (IASB), sono stati introdotti dall’Unione Europea, al fine di uniformare e armonizzare i principi di contabilità aziendale a livello internazionale. L’obiettivo rappresenta del resto un passo obbligato a causa dell’ormai consolidato processo di globalizzazione, che comporta la circolazione di capitali a livello continentale e mondiale richiedendo, al contempo, norme oggettive e comportamenti condivisi nella rappresentazione dell’informativa contabile e di bilancio. Il nostro paese deve pertanto allinearsi a quel linguaggio comune europeo e internazionale fatto di principi, standard e norme che vengono coniati non solo per le procedure d’accouting, ma anche per la valutazione degli asset, al fine di risultare trasparente, appetibile e competitivo da parte degli investitori internazionali. Gli IAS, anche noti come IFRS-International Financing Reporting Standards sono stati introdotti in Italia nel 2001, come si vedrà nel seguito, e hanno richiesto una riflessione in campo estimativo per quanto riguarda, in particolare, lo IAS 16 – « Property, Plant and Equipment » – che modifica il trattamento contabile delle immobilizzazioni tecniche, introducendo notevoli problemi non solo nella fase di passaggio ai nuovi criteri, ma anche a lungo termine, nelle modalità dirette a impostare la stima del patrimonio immobiliare aziendale. Al di là delle specifiche raccomandazioni introdotte dalla normativa contabile internazionale, gli IAS richiedono un impegno notevole nelle discipline contabili ed estimative per l’elaborazione di soluzioni all’interno della questione più generale del « valore d’impresa ». I valori degli immobili diventano così una materia specifica oggetto dell’estimo, da aggiornare con specifici contributi concettuali e operativi. Nel testo dello standard vengono evidenziati i due criteri che apportano le maggiori modifiche per la valutazione delle attività strumentali immobilizzate, quali l’opzione della rideterminazione dei valori contabili al fair value (valore equo) e il calcolo degli ammortamenti al component approach (approccio per componenti) . In questo senso la disciplina estimativa costituisce uno strumento indispensabile per riposizionare il valore aziendale dal « costo storico » ai « valori correnti » (fair value o valore equo), permettendone una innovativa valutazione e gestione all’interno del vasto tema del « valore immobiliare d’azienda ». Si precisa che in questa sede i due criteri sono stati indagati per le sole componenti immobiliari (terreni e fabbricati), tralasciando di conseguenza gli impianti e i macchinari. Sempre all’interno del capitolo viene inoltre sottolineato come i risvolti prodotti dallo IAS 16 comportino modifiche non solo in ambito contabile, bensì implichino approfondimenti nelle procedure di stima e, soprattutto, in ambito fi ca e. Si è quindi ritenuto necessario, nell’ottica di fornire contributi teorici ed operativi per lo studente come per il professionista, trattare e discutere metodologie di valutazione opportune per la stima separata del valore delle due componenti di un cespite (terreno e fabbricato), inteso « cielo-terra ». Il fine della trattazione risiede, in particolare, nel calcolare l’incidenza dell’area rispetto al valore totale del cespite. Tale approccio metodologico è stato infine testato su un caso studio: gli immobili del Quartiere Fieristico di Bologna. 4.1.1
Modelli di rendicontazione degli immobili a bilancio nel panorama internazionale
A livello internazionale la contabilizzazione del valore patrimoniale aziendale presenta un ampio ventaglio di modelli di scrittura. Tali modalità si sono diversificate nel tempo e fanno spesso riferimento a modelli di erogazione del credito alle imprese, ai sistemi di prelievo fiscale o alle concezioni alla base delle singole strutture giuridiche nazionali.
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Con il consolidarsi del processo di globalizzazione, che comporta la circolazione di capitali a livello continentale e mondiale, tali sensibili differenze hanno richiesto l’introduzione di norme oggettive e comportamenti condivisi nella rappresentazione dell’informativa contabile e di bilancio. Come richiamato in Tab. 4.1, i principi alla base della trascrizione del valore contabile dei beni immobili aziendali e il relativo modello di rivalutazione previsto, portano al momento attuale uno spettro ampio di possibilità, che comprende, solo in Europa, il principio del costo storico (quale riferimento indiscusso del modello contabile di matrice « continentale ») e il costo di acquisizione o di mercato, prevedendo, per ciascuno di essi, altrettante modalità di rivalutazione dei cespiti (deprezzamento, rivalutazioni, ecc.). È inoltre importante ricordare che l’approccio alla redazione del bilancio è stato nel nostro paese condizionato, fino ad oggi, da una serie di principi basati sul modello contabile « continentale », che implica, come già discusso, la rilevazione delle poste al costo storico, secondo il principio del costo, la prevalenza della forma sulla sostanza in conseguenza al principio della rilevanza, l’imputazione dei costi di competenza d’esercizio in funzione del principio della competenza e un’ottica rivolta alla tutela dei creditori secondo il principio della prudenza.
Tab. 4.1 Modelli di rendicontazione contabile nel panorama internazionale. Fonte: Alexander & Archer
Paese
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Valore del patrimonio immobiliare
Rivalutazione del Patrimonio Immobiliare
Olanda
Costo Storico o Valore Attuale
Se viene scelto il Costo Storico possono essere fornite indicazioni sul Valore Attuale nella Nota Integrativa.
Danimarca
Costo d’Acquisto o Costo di Produzione
Ammessa solo se l’immobilizzazione è considerata « permanente ».
Inghilterra
Costo Storico Costo al Nuovo Valore di Mercato
A seconda dei casi: se viene usato il Valore di Mercato il bene viene rivalutato ogni 5 anni.
Irlanda
Prezzo d’Acquisto Costo di Produzione Valore di Mercato Costo al Nuovo
Solamente nel caso venga utilizzato il Valore di Mercato.
Italia
Costo Storico
Permessa solo attraverso leggi specifiche ricorrendo a coefficienti correttivi degli importi monetari.
Francia
Costo Storico Valore di Mercato
È possibile effettuarla sui Valore di Mercato ma non è molto diffusa a causa delle implicazioni fiscali ad essa collegate.
Belgio
Costo Storico Valore di Acquisto
Ammessa solo se l’immobilizzazione è considerata « permanente ».
Spagna
Costo Storico Valore di Mercato (se inferiore)
Permessa solo attraverso leggi specifiche ricorrendo a coefficienti correttivi degli importi monetari.
Germania
Costo Storico (Costo di Produzione o di Acquisto)
Non permessa.
Svezia
Costo Storico
Solamente quando la valorizzazione conseguente è finalizzata alla distribuzione dei dividendi.
Portogallo
Costo Storico (Costo di Produzione o di Acquisto)
Permessa solo attraverso leggi specifiche ricorrendo a coefficienti correttivi degli importi monetari.
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Il bilancio d’ esercizio*, redatto secondo i principi contabili IAS/IFRS, è invece di origine « anglosassone ». Nei paesi che seguono questa matrice, il bilancio non è disciplinato dalla legislazione civile (come avviene ad esempio in Italia attraverso Codice Civile) ma esistono principi elaborati da appositi organismi professionali. In definitiva, paragonando il modello contabile di matrice « continentale » (a cui appartiene il sistema civilistico italiano) con quello « anglosassone » (a cui fanno riferimento gli IAS) possiamo valutare l’impatto delle modifiche apportate dai principi internazionali alla luce del fatto che le maggiori differenze sono di carattere sostanziale e per lo più antitetico. Per comprendere le motivazioni che hanno portato il Parlamento europeo all’introduzione degli IAS e al criterio del « fair value » è importante evidenziare (Tab. 4.2), il diverso approccio di bilancio alla base dei due modelli. Mentre il modello continentale svolge la rappresentazione economico-finanziaria con la finalità prudente di « conservare il capitale », in un’ottica di maggiore interesse per i « creditori », il modello internazionale IAS si rivolge direttamente agli investitori e presenta quindi un bilancio di tipo prospettico. Quanto detto viene confermato anche dall’osservazione sulle differenze di valutazione riassumibili tra la concezione di « costo storico » e di « fair value ». I valori correnti, rispetto a quelli storici, hanno infatti il pregio di costituire un migliore riferimento ai fini della capacità previsionale. Si potrebbe pertanto concludere sostenendo che gli IAS interpretano il bilancio in chiave « evolutiva » e dinamica e, seppur nel rispetto del principio della competenza, interpretano il risultato d’esercizio come indicazione di performance aziendale futura. Questo aspetto rende immediata l’interpretazione della performance aziendale ai potenziali investitori, in grado, di conseguenza, di intraprendere decisioni economico-finanziarie in base alla valutazione del loro personale rischio futuro. Si vuole inoltre sottolineare come l’armonizzazione dei siste-
Modello di bilancio Approfondimenti sul modello di bilancio e sulle modifiche proposte dallo IASB agli schemi di bilancio sono ad oggi facilmente rinvenibili, soprattutto su internet. Ai fini della trattazione non risulta pertanto motivato un approfondimento su questi argomenti propriamente tecnico-contabili. Un aspetto degno di nota riguarda tuttavia in senso generale l’approccio che lo IASB ha voluto introdurre nella scrittura del bilancio in sede internazionale. Lo IASB ha infatti proposto i nuovi principi contabili secondo un forte aspetto discrezionale. Non viene infatti specificato in nessun IFRS o IAS « come » accorpare le voci del Conto Economico. In questo emerge dunque una sensibile differenza rispetto all’art. 2425 del Codice Civile Italiano che decreta in via obbligatoria non solo il modello di classificazione, ma anche i contenuti. Il modello IAS propone invece un « contenuto minimo obbligatorio » concernente: i ricavi, il risultato operativo, gli oneri fiscali, le quote dei proventi provenienti da società in Joint Venture, l’utile o la perdita dell’attività ordinaria, le componenti straordinarie, le quote di competenza di terzi e i costi. Quest’ultima voce, in particolare, come specificato negli IAS 8 e 16, deve prevedere una disaggregazione dei costi per componenti, nel caso ciascuna di esse porti considerevole peso in riferimento al bene stesso.
Tab. 4.2 Confronto tra il modello contabile di matrice continentale e anglosassone. Fonte: Elaborazione degli autori su fonti varie
Modelli contabili a confronto Continentale
Modello
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Anglosassone
Criteri di valutazione
Costo Storico
Valori correnti – equi – di mercato (fair value)
Principi di redazione del bilancio
Prevalenza della forma sulla sostanza Tutele dei creditori Prudenza Reddito prodotto
Prevalenza della sostanza sulla forma Tutele degli investitori attuali e potenziali Performance potenziale Reddito potenziale
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mi contabili, in atto non solo in Europa, sia un argomento estremamente attuale e strettamente correlato ad una serie di fenomeni, quali la trasformazione di grandi aree, la dismissione del patrimonio pubblico, la revisione degli estimi, le recenti novità normative in ambito fiscale1 e creditizio2, tali da comportare l’esigenza di approfondire metodologie e modalità di valutazione dei beni immobiliari, soprattutto per quanto riguarda gli operatori del settore, gli enti e gli investitori immobiliari, non solo nel campo economico-estimativo ma anche in quello urbanistico-territoriale. 4.1.2
Il patrimonio immobiliare aziendale e societario: quale valore?
Il valore dei terreni e dei fabbricati rappresenta, ai fini contabili, ovvero quando si rende necessario esprimerne il valore in relazione all’attività d’impresa, un passaggio importante e deve avvenire in modo trasparente e documentato. D iversi ne sono i motivi. In primo luogo il fatto stesso che terreni e fabbricati rappresentino per natura « valori immobilizzati » li rende indisponibili a brevemedio termine, in quanto risorse di fatto illiquide. Ciò significa che la loro esposizione a bilancio, irrigidendo la contabilità, condiziona a lungo termine le scelte gestionali interne d’impresa. In secondo luogo i terreni e i fabbricati, in particolare quelli strumentali, sono risorse necessarie e « a lungo ciclo di utilizzo » poiché rappresentano il luogo fisico in cui l’attività stessa si svolge. Nel corso degli anni sono pertanto soggetti a livelli di idoneità decrescenti, dando luogo ad un complesso intreccio di costi di adeguamento, manutenzione o trasformazione. Il che comporta una continua fluttuazione del loro valore per l’azienda durante il relativo « ciclo di vita » (Fig. 4.1). Nel quadro descritto appare quindi evidente come l’internazionalizzazione dei mercati finanziari richieda di essere supportata da nuove logiche, che riordinino la materia contabile e che permettano di controllare la forte componente di aleatorietà che oggi risiede nel confronto di patrimoni aziendali transnazionali. Si ricorda inoltre che un riordino è ancora più necessario dal momento in cui negli ultimi decenni sono andate consolidandosi nuove modalità e opportunità di razionalizzazione dell’assetto proprietario immobilizzato aziendale, soprattutto da parte di grandi gruppi azionari. Sono infatti molti i gruppi azionari che, già a partire dagli anni Novanta del Ventesimo secolo hanno compreso come agire su consistenti porzioni di attività immobilizzata promuovendo su di esse spin-of f * o la creazione di f ondi immobiliari* al fine di creare nuove forme di valore aziendale. Queste pratiche, oggi dif-
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Spin-off immobiliare Si tratta della possibilità delle aziende italiane di costituire società immobiliari ai sensi del D.L. n. 269/2003, convertito nella L. n. 326/2003. Lo spin-off immobiliare è un’operazione tecnica intermedia tramite la quale un’impresa può conferire il proprio patrimonio immobiliare non strumentale (in tutto o in parte) a una società, ricevendo azioni di quest’ultima, con la possibilità dunque di quotazione in borsa. Permette di raggiungere una maggiore efficienza gestionale, ottenere miglioramenti reddituali e consente il reinvestimento delle risorse economiche liberate dall’operazione nelle principali attività operative a un tasso di rendimento maggiore e con un grado di indebitamento minore.
Fondi immobiliari Tale strumento è regolato in Italia attraverso la L. 86/1994 e consiste nell’attribuzione, da parte dell’Ente, di un incarico di gestione ad una società esterna per essere assistito alla redazione del progetto di conferimento dei beni immobili e dei relativi diritti reali in un Fondo.
1 Si fa riferimento in questo caso alle recenti disposizioni in materia fiscale introdotte dal Decreto Bersani e confermate nella egge finan iaria . 2 Il riferimento principale è costituito dall’accordo internazionale « Basilea 2 » concernente i requisiti patrimoniali delle banche.
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IAS 16 Le attività immobiliari rappresentano a bilancio un vero e proprio “ramo d’azienda in quanto influenzano: 2. la gestione contabile come attività immobilizzata a lungo ciclo di utilizzo; illiquide ed indisponibile a medio-lungo termine; come luogo fisico necessario alla produzione o gestione stessa; in quanto tendenzialmente soggette a perdita di valore a causa dell’obsolescenza fisica, tecnica e funzionale.
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VALUTAZIONE SEPARATA DELLE COMPONENTI DI UN IMMOBILE Valore? TERRENO
Valore? FABBRICATO
GESTIONE AZIENDALE Valore CONTABILE
2. la gestione fiscale 3. la programmazione delle strategie d’investimento future
Valore FISCALE Valore D’INVESTIMENTO
Fig. 4.1 Dimensione delle attività immobilizzate.
fuse sia in ambito privato che pubblico permettono di rovesciare il carattere per natura « illiquido » dei beni immobili per stabilire nuove relazioni nella rappresentazione di bilancio e nuove possibilità per la creazione di valore. Da quanto detto si può comprendere come la determinazione quanto più possibile univoca del valore dei cespiti aziendali sia non solo argomento del reddito interno ed espressione della corretta rappresentazione dell’andamento economico di un’attività. Esso può anche costituire la base per l’individuazione di strategie gestionali innovative future a breve, medio e lungo periodo. L’urgenza di affrontare il tema dell’armonizzazione ed omologazione dei principi contabili a livello internazionale è oggi innegabile, così come è altrettanto importante individuare strumenti estimativi di supporto alla « messa in opera » della stima in linea con le novità introdotte nello IAS 16. Si ricorda, inoltre, che la modifica dei valori immobiliari a bilancio comporta, di conseguenza, implicazioni fiscali, che la giurisprudenza italiana regola, almeno per l’ambito privatistico, dal 2005. Sulla base dei contenuti della Legge Finanziaria 2004, il nostro Paese ha infatti tentato di allineare, per lo meno da un punto di vista operativo immediato, le modalità di rappresentazione del valore contabile aziendale a quello delle scritture internazionali stabilite dagli IAS-IFRS3 .
3 Si tratta delle novità introdotte dal D.L. n. 223/2006, convertito nella L. n. 248/2006, rivisto nel D.L. n. 262/2006 e collegato alla Legge Finanziaria 2007. Si discuterà approfonditamente di tale provvedimento nella seconda parte, relativa ai contesti normativi contabili e fiscali.
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La « rivoluzione » indotta in materia contabile
Da quanto richiamato, è evidente come la creazione di un mercato europeo, caratterizzato al suo interno dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali (obiettivo prioritario del Trattato CEE del 1957) ha reso necessario, nell’arco dei decenni passati, avviare un’attività di coordinamento a livello comunitario della disciplina aziendale dei diversi Paesi membri. Tale coordinamento, che è stato effettuato sulla base di regole sempre più uniformi, soprattutto a seguito del Trattato di Maastricht del 1992, ha portato la Comunità Europea a rafforzare la propria fisionomia politica. Ne consegue che oggi l’Europa necessita di un coordinamento sistematico in quanto esso rappresenta « una condizione essenziale per la crescita e lo sviluppo d’imprese intenzionate ad operare e reperire capitali in tutti i paesi europei4 ». Il fenomeno noto come « armonizzazione normativa », in atto nella Comunità Europea a partire dal 2001, si sta svolgendo parallelamente ad una serie di iniziative tutte tese alla ricerca di norme aventi un carattere « universale ». Visto il peso culturale che il significato di « armonizzazione culturale » sta assumendo globalmente, è sembrato più che opportuno anticipare la IAS 16 - International Standard trattazione specifica degli IAS e in particolare dell’I n t e r n at i on al n. 16 S t an dar d n. 16* , presentando l’attuale evoluzione normativa con Come è già stato accennato nella riferimento sia al piano contabile che estimativo. Quest’ultimo, prima parte, lo IAS 16 implica, tra le modifiche più evidenti sulla stima infatti, è stato oggetto di numerosi tentativi di « codifica » internadei cespiti ai fini contabili, una valuzionale e inserirlo nella trattazione è di estrema importanza perché tazione separata delle componenti in esso è fortemente presente il riferimento agli IAS, quale suppordi terreno e fabbricato per la deterto normativo per la corretta interpretazione e valutazione del minazione degli ammortamenti e « nuovo » standard setter contabile. l’introduzione del fair value in luogo del tradizionale « costo storico ». In particolare sono senz’altro degne di nota le direttive IV5 e VII6, che hanno tentato un primo allineamento per le modalità di redazione dei conti annuali delle società di capitali e della registrazione dei conti consolidati di gruppi di imprese. La più importante istituzione volta alla standardizzazione delle pratiche contabili è l’International Accounting Standard Committee (IASC), organismo fondato a Londra nel 19737. Lo IASC, nato come « organismo internazionale » è stato sin dall’inizio impegnato a redigere ed emanare i principi contabili denominati « standard internazionali », ovvero « I.A.S. – International Accounting Standards ». Lo IASB è dunque l’organismo che dal 2001 svolge in modo istituzionale il compito di definire ed approvare i principi contabili internazionali, denominati oggi IFRS9. Nella ristesura degli IAS, sotto il nuovo acronimo degli IFRS, lo IASB ha semplicemente tentato di ridimensionare il taglio strettamente contabile e ha pertanto esteso la loro comprensione anche ai « non addetti ai lavori » (Fig. 4.2). Attualmente i principi contabili possono essere suddivisi in due gruppi. Il primo è
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4 Cfr. Studio n. 4, Documento n. 13 del 22 maggio 2002, L’armonizzazione contabile nell’U nione Europea, gli IFRS nell’economia e nei bilanci delle imprese, Fondazione Luca Pacioli, Osservatorio Principi Contabili Internazionali. Il documento è disponibile sul sito internet: www.fondazionelucapacioli.it. 5 Direttiva CE n. 78/660 del 25 luglio 1978. 6 Direttiva CE n. 83/349 del 13 giugno 1983. 7 Cfr. Carretti, Delia Russel, Ferrero, Ercoli, Signorelli, 1997. Informazioni maggiori sono disponibili anche sul sito internet dello IASB, all’indirizzo: www.iasb.org.
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Fig. 4.2 Struttura dello IASB Foundation. Fonte: www.iasb.org
formato da cinque documenti volti a chiarire gli aspetti prettamente tecnici emergenti nella « fase di transizione » dai singoli principi contabili oggi in uso (e denominati esclusivamente IFRS). L’altro gruppo individua, in 41 principi, il corretto trattamento delle singole partite contabili o di situazioni particolari. Questi ultimi derivano direttamente dalla prima stesura degli IAS. Con il Regolamento n. 1606 del 2002 l’Unione Europea ha reso obbligatoria l’adozione dei principi internazionali nei bilanci consolidati delle società quotate a partire dal bilancio dell’esercizio in corso al 1° gennaio 2005, nonché per banche e assicurazioni. I principi contabili IAS/IFRS non vengono immediatamente applicati nell’Unione Europea. Essi subiscono un primo esame di tipo tecnico da parte di un comitato di esperti chiamato EFRAG (acronimo di European Financial Reporting Accounting Group) e uno di tipo politico da parte di un comitato di rappresentanti dei governi chiamato A RC (Accounting Regulatory Committee) . Per la sua omologazione comunitaria, il documento deve inoltre passare al vaglio dello Standards Advice Review Group (SARG), nominato con la decisione della Commissione Europea 2007/73/CE, la cui funzione è quella di consigliare la Commissione stessa sull’obiettività e la neutralità dei pareri dell’EFRAG. Superati quindi i controlli, il principio contabile viene approvato con Regolamento dai ministri dell’Unione ed acquista immediata efficacia di legge in tutti gli Stati membri. Al medesimo procedimento sono soggette anche le interpretazioni ufficiali SIC. L’attuale elenco dei principi internazionali, rivisto nella sostanza più volte a partire dal 1983, è riportato in Tab. 4.3. Si noti come la vastità degli argomenti contabili concernenti i cespiti aziendali è tale da essere contemplata in 3 dei 41 principi internazionali (evidenziati in grassetto), quali: • • •
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IAS 16: Property Plant and Equipment IAS 17: Leasing IAS 40: Investment Property
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Tab. 4.3 Elenco degli IAS/IFRS.
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N° principio
Dicitura anglo-sassone
Traduzione Italiana
IFRS 1 IFRS 2 IFRS 3 IFRS 4 IFRS 5 IAS 1 IAS 2 IAS 3 IAS 4 IAS 5 IAS 6 IAS 7 IAS 8 IAS 9 IAS 10 IAS 11 IAS 12 IAS 13 IAS 14 IAS 15 IAS 16 IAS 17 IAS 18 IAS 19 IAS 20
First – Time Adoption Share – Based Payment Business Combinations Insurance Contracts Assets Disposals Presentation Inventories Consolidations Depreciation Discosure Changing Prices Cash Flow Accounting Policies Research Events after B.S. Contracts Incombe Taxes Currents Assets Segments Changing Prices Property Plant and Equipment Leasing Renvenue Employee Benefits Grants
IAS 21 IAS 22 IAS 23 IAS 24 IAS 25 IAS 26 IAS 27 IAS 28 IAS 29 IAS 30 IAS 31 IAS 32 IAS 33 IAS 34 IAS 35 IAS 36 IAS 37 IAS 38 IAS 39 IAS 40 IAS 41
Foreign Exchange Business Combination Borrowing Related Party Investments Pension Plants Consolidation Equity Method Hyperinflation Bank Disclosure Joint Ventures Fin. Int. Disclosure Earning per Share Interim Reports Discounting Ops. Impairment Provisions Intangibles Fin.Instruments Investment Property Agricolture
Prima adozione degli IFRS Pagamenti basati sulle azioni Aggregazioni di Imprese Contratti di assicurazione Vendita di capitali Presentazione del bilancio Rimanenze Patrimonio consolidato Svalutazione (vedi IAS 16) Informativa di bilancio (vedi IAS 1) Variazione di prezzi (vedi IAS 15) Prospetto dei flussi di cassa Criteri contabili, cambiamenti di stime, errori Attività di ricerca (vedi IAS 38) Fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio Contratti di costruzione Contabilizzazione delle imposte sul reddito Attività correnti Informazioni settoriali Variazioni dei prezzi Immobilizzazioni tecniche (immobili, impianti e macchinari) Locazioni Ricavi Benefici ai dipendenti Contabilizzazione dei benefici pubblici e menzione degli aiuti pubblici Effetti di variazione dei tassi di cambio Aggregazioni di Imprese Oneri finanziari Informazioni sulle entità correlate Investimenti (vedi IAS 39) Contabilizzazione per la rendicontazione dei fondi pensione Bilanci consolidati e bilanci separati Contabilizzazione delle partecipazioni in società collegate Bilanci in economie ad elevata inflazione Informativa per le banche e istituti similari Partecipazioni in Joint Ventures Strumenti finanziari: informazion e presentazione Utili per azioni Bilanci intermedi Attività destinate a cessare Perdita di valore delle attività Accantonamenti, passività potenziali e attività potenziali Attività immateriali Strumenti finanziari: contabilizzazione e valutazione Investimenti in immobili Agricoltura
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4.1.4
Recepimento degli IAS in Italia
L’applicazione dei principi contabili internazionali in Italia è avvenuta mediante il recepimento formale di specifiche direttive8 e l’adozione di opportuni regolamenti comunitari9 (Fig. 4.3), documenti che hanno permesso la graduale omologazione dei principi IAS per renderli compatibili con la normativa vigente nazionale. È di rilievo ricordare che i principi contabili internazionali emanati dallo Iasc erano presenti già da tempo nella normativa (secondaria) italiana. La C onsob* aveva infatti emanato, già nel 1982, la delibera n. 1079 la quale prevedeva che i principi contabili internazionali, purché compatibili con i principi contabili nazionali, dovessero essere considerati quale punto di riferimento per la contabilizzazione delle poste in bilancio, rimanendo un’integrazione delle disposizioni legislative e tecniche per le sole società quotate. È tuttavia solo attraverso l’emanazione del Regolamento CE n. 1606/2002 che la nor-
Fig. 4.3 Recepimento degli IAS/IFRS in Italia.
8 Ai sensi dell’art. 249 del Trattato di Amsterdam viene definita « Direttiva » l’atto emanato dalle istituzioni comunitarie che « vincola lo Stato membro a cui è rivolto per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi ». 9 Ai sensi dell’art. 249 del Trattato di Amsterdam il « Regolamento » è la fonte legislativa primaria delle istituzioni comunitarie. In particolare « il Regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile a ciascuno degli stati membri ».
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mativa ha previsto che: « Per ogni esercizio finanziario avente inizio il 1° gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali... ». 10 Più recentemente la Legge delega n. 366 del 3 ottobre « Delega al Governo per la riforma del diritto societario » aveva proposto, fra le linee guida del nuovo diritto societario, l’individuazione delle condizioni in presenza delle quali le società, in considerazione della propria vocazione avrebbero potuto utilizzare principi contabili riconosciuti internazionalmente. Di seguito vengono in questa sede richiamati i punti salienti dell’iter ancora ad oggi in corso per l’applicazione normativa degli IAS/IFRS in Italia. Oltre alla già citata Direttiva CE n. 11 12 (parzialmente recepita dal g n ), il primo provvedimento normativo relativo all’introduzione esplicita 13 degli IAS/IFRS in Italia è stato il Rego a ento n . Con esso la Commissione ed il Parlamento europeo hanno espresso la finalità di garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità tra i bilanci e quindi l’efficiente funzionamento dei mercati di capitali.
Quadro normativo
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Consob La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (meglio nota con l’acronimo Consob), istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216, è un’autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica e piena autonomia con la legge 281 del 1985, la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all’efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato mobiliare italiano. Prima della sua istituzione, era il Ministero del Tesoro (quindi un organo non indipendente, ma facente parte integrante del Potere esecutivo) ad avere tali funzioni. La Consob si configurava, con la legge del 1974, come un organo di vigilanza sulle società quotate in borsa e sui fondi mobiliari. Con la legge 77 del 1983 acquisiva invece pieno controllo su tutte le operazioni riguardanti il risparmio pubblico. Ulteriori poteri di controllo venivano conferiti nel 1991, in relazione alle Sim e al contrasto del fenomeno dell’insider trading. Grazie a questi interventi legislativi, l’autorità acquista un più marcato peso istituzionale, esercitando un più vasto controllo sull’intero mercato mobiliare.
Lo scenario italiano pregresso al fenomeno di armonizzazione contabile prevedeva la stesura dell’informativa di bilancio con riferimento al solo Codice Civile (artt. 2423-2435-bis c.c.), poi arricchito, come accennato, dai contenuti delle direttive comunitarie IV e VII (n. 78/660/CE del 25 luglio 1978 e n. 83/349/CE del 13 giugno 1983, n. 84/253/CE), nonchè ai Decreti Legislativi n. 127/91, n. 87/92 « Disciplina in materia di bilancio delle imprese bancarie e finan iarie » (a recepimento della Direttiva CE 86/635) e la n.173/97, « Disciplina in materia di bilancio delle imprese di assicurazione ».
A partire dal 1° gennaio 2005, il citato Rego a ento n ha imposto a tutte le società della UE quotate in un mercato regolamentato, di redigere il bilancio consolidato conforme agli IAS. Secondo quanto deciso a livello comunitario gli Stati membri hanno avuto la facoltà di prescrivere o autorizzare l’adozione di tali principi per le società quotate, nella redazione del bilancio annuale, e per le restanti società sia per il bilancio d’esercizio che per quello consolidato. Il documento aveva inoltre già previsto, all’art. 9, la proroga al 2007 in alcuni casi particolari.
Pubblicata sulla GU n. 234 dell’8 ottobre 2001. Direttiva CE n. 65/2001 del 27 settembre, pubblicata sulla GUUE il 27 ottobre 2001. 12 Decreto Legislativo del 30 dicembre 2003, n. 394 « Attuazione della direttiva 2001/65/CE », pubblicato sulla GUUE n. 44 del 23 febbraio 2004. 13 Pubblicato sulla GUCE n. 243 dell’11 settembre 2002 ed entrato in vigore il successivo 14 settembre. 10 11
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Gli IAS sono stati così istituiti per tutte le società UE quotate in borsa. Al regolamen14 to n. 1606 del 2002 è seguita la iretti a n del 18 giugno. In essa si esplicitava la facoltà anche per le società non quotate di allineare i loro quadri finanziari agli IAS. È però solo con il Rego a ento del 29 settembre15 che è stata formalizzata, in coordinamento con il precedente Regolamento 1606/2002, l’approvazione dei principi contabili internazionali denominati « IAS » facendogli assumere il carattere di norma con forza di legge. Il documento pubblicava in allegato l’elenco degli IAS emanati sino al 14 settembre 2002 insieme alle relative interpretazioni, i S IC (Standing Interpretation Committee) . D a questo momento i successivi documenti hanno solamente provveduto ad omologare gradualmente i principi, in esecuzione di quanto previsto. La normativa è stata inizialmente introdotta in Italia nell’autunno del 2003 mediante la « egge co nitaria n , « legge delega » del 31 ottobre »16. Si segnala infine che il più recente Regolamente Comunitario (CE) n. 1126/2008 del 3 novembre 2008 ha ufficialmente decretato che in materia di immobili gli IAS-IFRS applicabili risultano: IAS 2, 11, 16, 17, 40, 41 e l’IFRS 6.
IAS 16 e IAS 40 (versioni consolidate al 2009)141516 Ai fini della trattazione, incentrata sulla valutazione dei beni strumentali, terreni e fabbricati, secondo quanto previsto dall’International Accounting Standard n. 16, è essenziale introdurre un distinguo. I terreni e fabbricati di cui l’azienda entra in possesso nelle tre modalità previste possono essenzialmente essere a carattere strumentale o detenuti per investimento. La nozione di « strumentalità » degli immobili è definita per fini fiscali nel TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi – con riferimento alle categorie catastali che distinguono gli immobili in funzione delle loro « condizioni intrinseche », determinandone, al contempo, la destinazione « ordinaria e permanente » (TUIR, art. 43, comma 2), detta infatti la nozione di « immobile strumentale » prevedendo la necessità di un utilizzo esclusivo nell’attività di impresa o nell’arte/professione. Viene inoltre fatta distinzione tra gli immobili strumentali « per natura » e per « destinazione ». I primi, secondo la definizione giuridica sono « quelli che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di altri utilizzi se non con radicali modifiche »17. Si sottolinea come la strumentalità per natura viene mantenuta anche qualora l’immobile venga locato a terzi per lo svolgersi di attività commerciali. Gli immobili strumentali per destinazione sono invece « quelli che sono utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività d’impresa da parte del possessore »18. In questo caso perdono la caratteristica di strumentalità se locati a terzi. Riferendosi ai gruppi di categorie catastali precedentemente menzionati sono considerati strumentali per natura gli immobili compresi nei gruppi « B », « C », « D », « E », nonché la categoria « A/10 » nel solo caso in cui la destinazione ad ufficio o a studio privato sia prevista nella licenza o 14 15 16 17 18
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Pubblicato sul GUUE n. 178 del 17 luglio 2003. Pubblicato sul GUUE n. 261 del 13 ottobre 2003. Pubblicato sul GU n. 266 del 15 novembre 2003. Si tratta della definizione riportata nel già citato art. 43, comma 2. Cfr. Tuir, art. 43.
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Risvolti estimativi indotti dal processo di armonizzazione contabile Natura
Modalità di acquisizione Carattere
STRUMENTALI PER NATURA
Costruzione interna
STRUMENTALI IMMOBILI
Specifica
STRUMENTALI PER DESTINAZIONE
Scopo
Posseduti per la produzione di beni o per l’erogazione di servizi
Funzione
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COMMERCIALE TERZIARIO
IAS 16
PRODUTTIVO
Acquistato da terzi
Conferimento da titolare o soci
NON STRUMENTALI
IMMOBILI PATRIMONIO IMMOBILI MERCE
SVILUPPO
Posseduti per investimento
IAS 17 ALTRO
IAS 40 LOCAZIONE
Fig. 4.4 Gli immobili aziendali nella normativa italiana e negli IAS (in grigio scuro le categorie di immobili oggetto dello IAS 16).
concessione edilizia, anche in sanatoria19. Sono considerati invece « non strumentali » gli immobili che non concorrono come beni ed utilizzazione pluriennale al processo produttivo dell’impresa. Essi possono rappresentare o beni alla cui produzione e al cui scambio si rivolge l’attività dell’impresa, assumendo in questo caso il termine di « immobili merce », o beni oggetto di investimento non inseriti nel processo produttivo tipico, il che li porta a essere qualificati come « immobili patrimonio » che vengono cioè posseduti per finalità d’investimento. Sebbene questo segmento residuale possa sembrare quantitativamente poco rilevante, ci si può rendere conto della sua ampiezza pensando agli investimenti ad esempio effettuati in tal senso da banche, assicurazioni o aziende industriali. In particolare il presente lavoro, incentrato sugli immobili per i quali si applica lo IAS 16 (Fig. 4.4), ha come oggetto: • •
gli immobili strumentali « per destinazione », gli immobili non strumentali « patrimonio » durante le operazioni necessarie alla loro costruzione, trasformazione, sviluppo.
A proposito degli immobili « patrimonio » si ricorda infatti che OIC – Organismo Italiano di Contabilità – ad interpretazione dello IAS 16, ricorda come ricadano nell’oggetto dello standard specifico anche i beni che sono in costruzione e le costruzioni ancora in fase di sviluppo, destinati ad essere in futuro utilizzati come investimenti immobiliari. Questi ultimi seguono pertanto lo stesso trattamento dei primi, con la sola accortezza che, una volta ultimata la costruzione, il principio applicabile diviene lo IAS 40 (Immobili per investimento) .
Fair value e costo storico La « rivoluzione » insita nel testo dello IAS 16 risiede nell’introduzione dell’opzione al fair value20 quale « valore obiettivo » corrente e non storico da attribuire alle immobilizzazioni materiali, tra cui terreni e fabbricati. Esprimere le attività non correnti ad un valore Ibidem. A tale proposito si ricorda che gli USGAAP – U nited States Generally Accepted Accounting Principles –, che costituiscono unica alternativa agli IAS a livello mondiale per importanza, fanno sempre riferimento a convenzioni dell’historic cost. 19 20
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allineato ai « parametri di mercato » permette infatti di esibire un bilancio annuale a valori completamente correnti, che, come è già stato evidenziato nelle parti precedenti, rendono l’informativa aziendale di maggiore interesse dal punto di vista dell’investitore21. Questa è la spiegazione per cui lo spartiacque dell’armonizzazione contabile ha motivato anche società non quotate, ma attive in mercati nei quali operano concorrenti quotate, a conformare i propri criteri di valutazione nell’ottica di prevedere l’ingresso in borsa a breve-medio termine22. A questo proposito è interessante ricordare come l’opzione alla redazione facoltativa del bilancio IAS sia stata decisa dal Governo e dal Parlamento Italiano con lungimiranza. È tuttavia da notare come la scelta di operare secondo il criterio del fair value sia considerato come opzionale. Lo IAS 16, infatti, prescrive che al momento dell’iscrizione iniziale i beni debbano essere iscritti « al costo » e, che l’opzione tra « costo » e « fair value » subentra solamente al momento della « rideterminazione del valore » (IAS 16 Par. 31-42). Se ne deduce pertanto come ad oggi le aziende coinvolte dagli IAS, che non sono interessate a seguire l’approccio a valori correnti per le proprie attività materiali immobilizzate, possano continuare a seguire il tradizionale approccio su base civilistica del costo. Il problema tuttavia si complica a causa della seconda novità introdotta dallo IAS 16, riguardante le nuove modalità previste nel calcolo degli ammortamenti.
Procedura di ammortamento secondo lo IAS 16: component approach Lo IAS 16 mette ordine alla procedura di ammortamento imponendo il trattamento separato delle parti di un cespite che hanno vite utili diverse. La stima di un cespite per parti, nota come component approach, mira a considerare i valori dei singoli componenti di un bene immobile « con un costo che è rilevante in rapporto al costo totale dell’intero bene al fine di determinare una opportuna procedura di ripartizione dei costi pluriennali d’esercizio attraverso le relative quote di ammortamento »23. È evidente, infatti, che, mentre i fabbricati sono soggetti a deprezzamento (per vetustà tecnologica o funzionale), i terreni tendono a mantenere il proprio valore nel tempo, nella maggior parte dei casi, qualificandosi come beni non passibili di ammortamento. Tale criterio, diviene materia viva della trattazione e implica lo studio per l’individuazione di criteri che permettano di scorporare il cespite nelle sue componenti complementari « cielo/terra » al fine di individuare gli ammortamenti relativi ai soli fabbricati. Vengono di seguito proposte le due criticità osservate nella contabilità nazionale: la modalità di iscrizione dei cespiti strumentali, in ossequio al « principio del costo storico » e la pratica di sottoporre l’intera entità immobiliare ad un’unica e complessiva quota di ammortamento (Fig. 4.5). Possiamo notare come, in un certo senso, lo IAS 16 ne superi i pesanti limiti di artificiosità proprio attraverso le sue due maggiori novità. È ora importante tornare ad approfondire l’opzione all’uso del fair value. Il component approach, per il quale non sono previste opzioni, richiede di eseguire un’operazione di scorporo su beni immobiliari com21 Si noti come questa « rivoluzione » sia stata oggetto di numerosi convegni, tra i quali si segnala: Le nuoe fi e e a a ta ione partecipa ioni intangibi i e cre cita e terna a a pro a , Milano, Università Bocconi, 3 dicembre 2004. 22 C fr. proce o i ri a ifica ione ei artieri fieri tici ita iani, giugno 2005. Ricerca realizzata dall’Associazione Prometeia di Bologna per il CFI – Comitato Fiere Industria. 23 Cfr. IAS 16, paragrafo 43.
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Fig. 4.5
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Principali modifiche introdotte dallo IAS 16 e relative criticità a bilancio.
plessi. Ne conseguono due semplici osservazioni. Innanzitutto un bene complesso, registrato a bilancio mediante il suo costo storico complessivo, non può essere separato nei due singoli valori di terreno e fabbricato se non intervenendo nel sistema di valori storici che lo hanno prodotto. Si comprende come questa possibilità sia inapplicabile24. In secondo luogo si potrebbe ipotizzare di determinare il valore di una delle due parti e di sottrarla all’importo totale. Tale procedura richiede tuttavia che il valore totale e quello di una delle due parti siano stimate secondo parametri correnti di mercato. La rilevazione dei valori contabili al costo, per quanto permessa in via opzionale dagli IAS, comunque non costituisce ad oggi una possibile soluzione nel contesto valutativo italiano. La ripartizione del valore di un bene immobile nelle sue componenti di terreno e fabbricato risulta infatti possibile solo riesaminando entrambe i valori al fair value.
24 Separare valori « storici » aggregati nelle due componenti separate di terreno e fabbricato è infatti possibile solamente se sono recuperabili i rispettivi valori storici, che, d’altro canto, dovrebbero essere « recenti », per poter rappresentare correttamente la distribuzione attuale delle due componenti nel costituire il valore intero del cespite. Questa situazione è raramente riscontrabile, tanto più che sono proprio le società maggiori e di storica costituzione che tendenzialmente raggiungono una situazione patrimoniale e un « giro d’affari » idoneo all’ingresso in borsa.
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Il patrimonio immobiliare delle società tra fiscalità e bilancio La normativa corrente25 in merito ai soggetti IAS ADOPTER (soggetti tenuti all’adozione dei principi contabili internazionali IAS-IFRS o che li hanno adottati in via facoltativa) non è sostanzialmente mutata dal 2005. I riferimenti normativi principali in merito sono: • • • •
Regolamento (CE) n. 1606 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002; Direttiva (CE) n. 51 del 18 giugno 2003; Legge comunitaria (I) 2003 n. 306 del 31 ottobre 2003. Decreto Legislativo (I) n. 38/2005 Mentre nel Regolamento del 2002 si limitava in via obbligatoria l’utilizzo degli IAS per le sole Società Quotate e limitatamente al « Bilancio Consolidato », con la Direttiva n. 51 del 2003 è stata ampliata, in via facoltativa, la possibilità di redigere quadri finanziari IAS anche alle Società Non Quotate. La normativa è stata inizialmente introdotta in Italia nell’autunno del 2003 mediante la « Legge comunitaria 2003, n. 306/2003, « legge delega » del 31 ottobre » 19. L’art. 5 della L. n. 306 riprendeva, ampliando, quanto normato nel Regolamento 1606/2002 a proposito delle imprese obbligate alla redazione dei bilanci IAS, sancendo che tale cogenza sarebbe ricaduta su: • • • • •
società quotate; società emittenti strumenti finanziari diffusi; banche quotate e non; società assicurative quotate e non; enti finanziari soggetti a vigilanza.
Contestualmente il legislatore italiano ha iniziato a prevedere la facoltà di redazione secondo gli IAS anche per le società non quotate ma interessate dalla stesura di informativa completa sia per il bilancio d’esercizio che consolidato: in questo modo restano escluse solo le società che, ai sensi dell’art. 2435-bis del Codice Civile, redigono il bilancio in forma abbreviata (Fig. 4.6). Si sottolinea, inoltre, che con il successivo D.L. n. 38 del 2005 è stata data ulteriore chiarezza alle modalità di applicazione degli IAS che risulterebbero dunque obbligatori per la redazione dei bilanci d’esercizio e consolidati solo le Società quotate, le Banche e le SIM-SGR. Si osservi come l’armonizzazione dei sistemi contabili, in atto non solo in Europa, sia un argomento estremamente attuale e strettamente correlato ad una serie di fenomeni, quali la trasformazione di grandi aree, la dismissione del patrimonio pubblico, la revisione degli estimi, le recenti novità normative in ambito fiscale26 e creditizio27, tali da comAggiornato al 2013. Si fa riferimento in questo caso alle recenti disposizioni in materia fiscale introdotte dal Decreto Bersani e confermate nella egge finan iaria . 27 Il riferimento principale è costituito dall’accordo internazionale « Basilea 2 » concernente i requisiti patrimoniali delle banche. 25 26
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2006 Bilancio d’esercizio
Bilancio consolidato
IAS obbligatori
IAS obbligatori
IAS facoltativi
IAS facoltativi
Società quotate Banche SIM e SGR Altre società Società che redigono il bilancio ai sensi dell’art. 2435 - bis c.c.
Applicazione IAS esclusa
Fig. 4.6 Applicazione degli IAS in Italia secondo il D.L. n. 38/2005.
portare l’esigenza di approfondire metodologie e modalità di valutazione dei beni immobiliari, soprattutto per quanto riguarda gli operatori del settore, gli enti e gli investitori Tab. 4.4 Trattamento contabile ai fini IAS per le società italiane.
Chi sono
SOCIETÀ ESCLUSE IAS
SOCIETÀ CON FACOLTÀ DI REDAZIONE IAS
SOCIETÀ OBBLIGATE IAS
•
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e possedenti strumenti finanziari quotati e diffusi
•
Scorporo valori e piano ammortamento Revisione del piano d’ammortamento dei cespiti conseguente allo stralcio della componente d’ammortamento dovuta ai soli terreni (IAS); applicazione a fini fiscali dell’ammortamento sui soli fabbricati secondo le percentuali imposte per lo scorporo dell’area (30%-20%);
con dimensioni superiori a quelle che secondo quanto prevede il D.L. del 7-11-06 possono redigere il bilancio abbreviato • il bilancio in forma abbreviata secondo quanto stabilisce il D.L. 7-11906
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• la rivalutazione periodica dei cespiti al « fair value » invece che al tradizionale « costo storico » incrementabile (IAS); • con quelli deducibili fiscalmente; • e disallineamenti tra i piani di ammortamento fiscale e contabile;
ed intermediari finanziari vigilanti, compagnie assicurative •
Allineamento contabile-fiscale
• temporanea » imponibile o deducibile negli esercizi a venire. Applicazione a fini fiscali dell’ammortamento sui soli fabbricati secondo le percentuali imposte per lo scorporo dell’area (30%-20%); o rilevazione di eventuali disallineamenti tra i piani di ammortamento fiscale e contabile;
Confronto dei valori contabili con quelli deducibili fiscalmente; rilevazione di eventuali coincidenze in fase di dichiarazione dei redditi, con l’introduzione di un « doppio binario » permanente o di una « fiscalità differita temporanea » imponibile o deducibile negli esercizi a venire.
Applicazione a fini fiscali dell’ammortamento sui soli fabbricati secondo le percentuali imposte per lo scorporo dell’area (30%-20%); o rilevazione di eventuali disallineamenti tra i piani di ammortamento fiscale e contabile;
Confronto dei valori contabili con quelli deducibili fiscalmente; rilevazione di eventuali differenze permanenti in fase di dichiarazione dei redditi, con l’introduzione di un « doppio binario » permanente.
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immobiliari, non solo nel campo economico-estimativo ma anche in quello urbanistico – territoriale. Proprio in questa direzione si svolge il secondo approfondimento a cui è dedicata la sezione normativa del presente studio. Il quadro normativo attuale sull’applicazione degli IAS e dei nuovi provvedimenti fiscali, a giudicare dal dibattito sorto a riguardo, risulta al momento incompleto e sta determinando notevoli difficoltà. I molteplici effetti prodotti su entrambi i piani (civilistico e fiscale) riguardano, in un processo a caduta suddiviso per soggetti diversamente coinvolti. L’argomento che emerge con maggior forza è il trattamento fiscale indifferenziato che la Legge Finanziaria 2007 impone alle società, a prescindere dal trattamento che esse esercitano nel bilancio d’esercizio sulle proprie immobilizzazioni. Lo scorporo a fini fiscali dei valori dei terreni da quelli dei fabbricati che vi insistono, determina infatti la criticità diffusa di esporre a bilancio minori ammortamenti. La diminuzione di una componente passiva a conto economico, in questo caso rilevabile tra i costi sospesi, porta ad elevare gli utili d’esercizio, provocando un innalzamento delle imposte sui redditi.
4.2
Risvolti estimativi, contabili e fiscali indotti dagli IAS
L’esigenza espressa si profila dunque nell’ottica di individuare una soluzione efficace per l’elaborazione di indici di incidenza contabili del valore dei terreni sui fabbricati insistenti tale da non inficiare la determinazione del risultato di esercizio e del valore del patrimonio aziendale. A tale richiesta l’estimatore può rispondere attraverso approcci metodologici differenti a seconda del tipo di azienda, dalle sue esigenze e da quelle del settore a cui appartiene. In realtà la difficoltà di reperire dati sul valore delle aree fabbricate è ad oggi stata superata mediante l’imposizione delle percentuali forfettarie predefinite per lo scorporo e l’utilizzo di queste percentuali è al momento permessa dal legislatore anche ai fini civilistici (si rimanda alla Tab. 4.4). Come è facilmente intuibile quest’ultima opportunità non può essere considerata una soluzione concreta per lo scorporo delle componenti secondo lo IAS 16. Malgrado le aziende considerino che la redazione di specifiche perizie sia una perdita di tempo e denaro, risulta comunque sempre preferibile calcolare i valori complementari analiticamente,
QUADRO NORMATIVO ATTUALE SUL TRATTAMENTO SOCIETARIO DEI BENI IMMOBILI TRA FISCALITÀ E BILANCIO
Adeguamento IAS
CRITERIO DI VALUTAZIONE AL COSTO (C.C)
FAIR VALUE OPTION (IAS)
COMPONENT APPROACH (IAS)
APPLICAZIONE
art. 102
(TUIR)
CFR. VALORI CONTABILIFISCALI
FISCALITÀ DIFFERITA TEMPORANEA
FISCALITÀ DIFFERITA PERMANENTE
Società obbligate Società con facoltà Società escluse obbligatorio facoltativo Fig. 4.7 Il trattamento societario dei beni immobili tra fiscalità e bilancio. Fonte: B. Frizzera2
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tramite apposite stime ed, eventualmente, utilizzare i limiti fiscali come soglie massime d’incidenza normativa28. Alla luce delle considerazioni svolte, i temi da definire in sede estimativa, riguardano l’individuazione di un modello di calcolo per la separazione dei valori di terreno e fabbricato ai fini IAS. Il paragrafo propone quindi un’indagine critica sul concetto della suddivisione del valore totale di un cespite nelle sue componenti principali. Tale indagine, svolta sia nella disciplina estimativa internazionale che nella tradizione estimativa italiana, fa riferimento ai diversi contributi operativi che sono stati utilizzati nei contesti presi in esame. Lo scopo dell’excursus è orientato alla predisposizione, in primo luogo, di un quadro conoscitivo dei diversi modelli di calcolo sui quali intraprendere successivamente un percorso di stima ragionato, in modo da testarlo su un caso studio esplicativo. Si ritiene inoltre utile segnalare che lo scopo dell’operazione, che nella presente trattazione trae spunto dalle novità introdotte nello IAS 16, può infatti essere motivato anche da ragioni connesse ai regimi d’imposizione fiscale. Si ricorda che in diversi paesi del mondo sono stati introdotti, nel corso degli ultimi decenni, criteri di imposizione fiscale che richiedono il calcolo del valore separato delle due componenti « area » e « fabbricato ». Spesso il procedimento è richiesto per poter isolare, nel bene immobile inteso nel suo complesso, la sola componente che contribuisce alla rendita fondiaria. Infine, la necessità di verificare il valore fondiario separatamente da quello della costruzione può sorgere al fine di determinare la struttura del rischio d’investimento. Nel campo immobiliare, infatti, è facilmente dimostrabile come gli investimenti in beni strettamente « fondiari » comportino rischi nettamente diversi rispetto a quelli nelle sole costruzioni. Prova ne è che le società e gli istituti di credito hanno sempre ben presente quale parte del loro capitale sia investita in edifici, o proprietà complesse, e quale in soli terreni (edificabili e non). 4.2.1
Il concetto di valore complementare nella tradizione estimativa
Richiamare il concetto di valore complementare è fondamentale nell’ottica di individuare un criterio utile a scorporare il valore totale di un cespite nelle sue parti complementari per i fini contabili, secondo la normativa IAS. L’applicazione della nuova logica ai dati di bilancio, comportando la disaggregazione dei relativi valori, crea ovviamente notevoli difficoltà e chiama in causa nodi tematici che collegano la disciplina contabile a quella estimativa e, non ultima, a quella fiscale. Il concetto di « valore complementare », come già accennato nel Capitolo 2, viene diffusamente trattato da N. Famularo (1943; 1947)29 – anche nell’accezione di « valore mancato » – e ripreso nei più recenti saggi di G. Grittani e M. Grillenzoni (1994)30 così 28 Di questo aspetto viene fornita una dimostrazione presentando i risultati emersi dal calcolo dell’incidenza del valore dell’area nel caso-studio presentato nel paragrafo conclusivo del capitolo. Come già si è accennato nel testo l’utilizzo delle percentuali forfettarie di scorporo (introdotte dall’art. 102 del TUIR) può essere utile per svolgere alcune comparazioni sugli scostamenti con le percentuali risultanti dal calcolo analitico. 29 Cfr. Famularo, 1947, p. 172, op. cit. 30 Cfr. Grillenzoni, Grittani, 1994, op. cit.
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come di A. Realfonzo (1994)31, M. Simonotti. (1995)32 e F. Prizzon (1995)3 3 , che lo citano anche in relazione al « valore di trasformazione » considerando che la logica che lo sottende è ordinariamente impiegata all’interno dell’analisi degli investimenti per stimare il valore complementare del terreno, quale fattore fisso di trasformazione. Tali conclusioni operative, mirate ad esprimere il valore di una parte di un immobile che per qualche ragione richiede di essere scorporata in una o più componenti quali o quantitative possono essere analogamente tratte dalla lettura degli IPVS – Italian Property V aluation Standards – o « Codice delle valutazioni immobiliari », redatto da Tecnoborsa3 4 . Si segnala in particolare che, per quanto riguarda le procedure di scorporo, gli European V aluation Standards nella sezione « Valuation for the Purpose of Finacial Reporting » (Standard n° 8) introducono alcuni meExisting use todi di stima per « disaggregazione », definiti come « scorporo inDifferentemente dagli EVS, il Codiformale » (Informal Apportionment) . ce del Valutazioni Immobiliari edito Tali metodi, da applicare in ogni periodo contabile, sono così da Tecnoborsa non riporta una dedefiniti: finizione per l’« existing use ». Viene
invece definito il « valore in uso » con riferimento al « value in use », emulando la definizione data dall’IVSC (IVS 2.3.1) quale « valore di un bene rispetto ad un dato uso per uno specifico utilizzatore. Questo valore si incentra sul valore che il bene in questione apporta all’impresa di cui fa parte, a prescindere dal più conveniente e miglior uso del bene e dalla somma di denaro che si potrebbe ricavare dalla sua vendita. La definizione contabile di valore di uso di un bene si riferisce al valore corrente dei flussi di cassa futuri attesi, che si prevede deriveranno dall’uso continuativo del bene e dalla sua vendita al termine del suo periodo di utilizzo ».
1) Deducendo dal costo o dal valore del cespite il valore dell’area, intesa al suo « exi sting use* ». Nel caso non sia possibile pervenire a questo calcolo, si procede mediante la successiva opzione; 2) Svolgendo una stima del costo di sostituzione corrente netto dei soli edifici.
È interessante ricordare, a questo proposito, il dibattito sorto negli ambienti accademici europei a partire dal 200035 riguardo l’espressione « Existing Value in Use » (EVU). Il termine, discusso proprio con riferimento agli IAS, è stato recentemente considerato inaccettabile dall’IVSC, mentre permane ancora negli standard pubblicati da TEGoVA (EVS 2003-2008) e RICS solo per quanto concerne l’accounting purpose (fini contabili). L’IVSC considera, infatti, l’EVU un valore « senza mercato » poiché non è espressione dell’incontro della domanda e dell’offerta; reputandolo pertanto incalcolabile e soggettivo, nonché inconsistente. Nei testi che ne ammettono il riferimento, l’EVU è invece definito come il valore a cui tende il V alue in U se e pertanto si suggerisce di calcolarlo attraverso il metodo del Depreciated Replacement Cost (costo di sostituzione deprezzato). In conclusione, confrontando gli esiti della casistica precedentemente esaminata con quanto affermano i Codici di valutazione immobiliare, i metodi potenzialmente adottabili per stimare il valore di un cespite possono essere identificati, come riporta il Codice delle Valutazioni Immobiliari (IPVS, Tecnoborsa), in: Cfr. Realfonzo, 1994. Simonotti, 1995. 3 3 Cfr. Prizzon, 1995. 34 Tecnoborsa è una società consortile nata in Italia nel 1997. Nel 1999 si è dotata di un comitato scientifico per la redazione di strumenti quale il Codice IPV S, Italian Property V alutaion Standards. 35 C i si riferisce in particolare a numerosi paper presentati negli ultimi anni ai meeting internazionali CUTTING EDGE ed ERES. Tra i diversi autori che hanno contribuito al dibattito si segnalano, ad esempio, S. Sayce e O. Connelan, i cui scritti sono divenuti un punto di riferimento sul tema. Sayce, Connellan, 2000. 31 32
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1) M etodi comparativi diretti (market approach) o metodo sintetico; 2) Metodo finanziario (income approach) nelle sue molteplici varianti e nei suoi adattamenti alle singole realtà immobiliari dei diversi paesi; 3) M etodo del costo (cost approach) o metodo analitico. Come è noto, la prima famiglia di metodi svolge la stima basandosi sul reperimento di prezzi reali di mercato facendo inoltre uso di tecniche statistiche ed econometriche sulla base di dati reali sulle recenti operazioni di mercato riferite a compravendite e affitti. Il secondo gruppo di metodi prevede invece il calcolo della redditività e la successiva capitalizzazione dell’investimento. Sono preferibili nel caso gli immobili siano sottoposti ad uno sfruttamento economico o utilizzati come « verifica indiretta »36 dei risultati ottenuti con altre metodologie. Quando il valore di mercato non può essere ottenuto attraverso i primi due approcci ci si riferisce al Depreciated Replacement Cost – DRC – (rappresentativo di un valore di surrogazione delle condizioni correnti del bene). Oltre alle procedure dirette (comparazioni al mercato) e indirette (per capitalizzazione, trasformazione, surrogazione), gli standard di valutazione internazionale presentano ulteriori metodologie che fanno uso del valore complementare37. Si tratta di metodologie miste che fanno capo al cost approach e sono note in letteratura come residual tecniques. 4.2.2
Metodologie di calcolo secondo le residual tecniques
I metodi residuali si basano sul concetto di complementarietà esistente tra un bene complesso e le sue parti eterogenee. Della sua concreta applicabilità se ne trova riscontro sia negli IVS (IVS GN 1 – 5.25.5) che negli EVS (App. 1 A1.83 – A 1.89) e viene richiamato con precisione anche negli IPVS all’interno della definizione di « valore complementare* ». L’approccio complementare, che in letteratura è supportato dalle teorie note come « apportionment residual theory », « residual theory » o « residual valuation approach »38, è del resto convalidato da numerosi autori di matrice per lo più anglosassone39 e si basa sull’assunto che il valore di una proprietà equivale al valore dell’area sommato al valore delle opere su di essa costruite. Tuttavia, sostenere che il valore di un immobile eguagli il valore di un terreno (considerato già edificato) più il valore ammortizzato del fabbricato porta, infatti, ad una prima importante criticità, in quanto bisognerebbe ammettere che mentre il valore di una
*
Valore Complementare Il Codice delle valutazioni immobiliari edito da Tecnoborsa introduce al capitolo 4 la definizione di « valore complementare » come il valore « di parte di un bene complesso che presenta un legame di complementarietà con le altre parti ». Esso è pari « alla differenza tra il valore di mercato dell’intero bene complesso, comprensivo della parte considerata, e il valore di mercato del bene costituito dalle altre parti con esclusione della parte considerata » (paragrafo 2.5.6).
Cfr. Elguezabal Mazzolla, 2005, op. cit. Della loro applicabilità nel mercato immobiliare italiano e con diretto riferimento agli IAS si è occupato il Prof. Marco Simonotti, che ha collaborato con Tecnoborsa alla stesura degli IPVS. 38 Viene così denominato, ad esempio, in Britton, Davies, Johnson, 1989. 39 Eccezione fatta per gli articoli pubblicati dal Prof. M. Simonotti, le tecniche residuali negli ultimi 20 anni sono state trattate solamente da autori di matrice anglosassone tra i quali Kuijit (1989) e Rust (1993). Cfr. Krujit, 1989. 36 37
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Tab. 4.5
Le tecniche residuali. TECNICHE RESIDUALI TEORIA DEI VALORI COMPLEMENTARI
SOMMA ALGEBRICA DEI SAGGI PONDERATI
Va + Vf = Vtot
sa × ia + sf×(1-ia) = stot
Teoria residuale delle componenti fisiche
Teoria residuale delle componenti finanziarie
Vtot - V (a;f) = V(f;a)
Rtot - R (a;f) = R (f;a)
Band of Investment Va × sa + Vf × sf = Vtot × Stot
Residual Building techniques
Residual Land techniques
Vf = Vtot – Va o Vf = Vtot – (Ra/sa)”
Va = Vtot – Vf o Va = Vtot – (Rf/sf) Teoria residuale proporzionale
esiste % V(a;f) = i(a;f)
tale che
[1-i(a;f)] = i(f;a) ; i(f;a) × Vtot = V(f;a)
Privilegia il calcolo del valore dell’area
Privilegia il calcolo del valore del fabbricato
Va/Vtot = ia
Vf/Vtot = if
Va = valore dell’area; Vf = valore del fabbricato; Vtot = valore totale; V(a;f) = valore di una delle due componenti; sa = saggio relativo all’area; sf = saggio relativo al fabbricato; Stot = saggio complessivo; Ra = reddito dell’area; Rf = reddito del fabbricato; Rtot = reddito totale; i(a;f) = incidenza di una delle due componenti sul valore totale
proprietà immobiliare decresce con l’invecchiare dell’edifico, contemporaneamente dovrebbe aumentare al crescere dei valori fondiari dell’area. Le teorie riconducibili al cosiddetto « approccio complementare » possono essenzialmente essere distinte in due gruppi (Fig. 4.5). Una riconosce che il rapporto di complementarietà risiede tra i valori di terreno e di fabbricato. L’altra, pur riconoscendo la validità della prima, funzionale peraltro alla completa modellizzazione del calcolo, si basa sulla « somma algebrica dei saggi ponderati » delle due componenti. La prima famiglia di teorie considera sia le tecniche residuali di disaggregazione fondate sulle componenti fisiche, sia quelle basate sulle componenti finanziarie40. Sulla base di queste tecniche esistono diverse varianti che portano, ad un livello puramente formale, ad esprimere il quesito di stima non già sotto forma di un valore incognito del terreno o del fabbricato, bensì come « ratio », rapporto, o percentuale di incidenza di una delle due parti sul valore del bene complesso. Il metodo viene qui presentato come « teoria residuale proporzionale ». La seconda famiglia di teorie, come accennato, svolge la stima declinando l’esercizio di complementarietà esistente tra i saggi di capitalizzazione del terreno e del fabbricato. Il metodo è noto come « Band of Investment ». Indifferentemente dalle teorie indicate, sono state elaborate diverse metodologie che affondano le basi sul concetto di complementarietà e possono essere suddivise in due gruppi. Il primo include quei metodi che intraprendono la valutazione a partire dalla stima del valore del terreno e che considera40 Si ricorda quanto sottolinea il Prof. M. Simonotti a proposito di questa suddivisione. Egli spiega infatti che « la pubblicazione delle tavole di Ellwood (1959) segna uno spartiacque tra le tecniche residuali, fondate su componenti fisiche, e i procedimenti basati sulle componenti finanziarie ». (Simonotti, 2006, p. 84).
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no la parte restante come valore del fabbricato. L’altro insieme di metodi tende ad attribuire un valore alla costruzione ed estende poi per differenza il valore rimanente al terreno. Riportando le definizioni fornite dagli IPVS la Land Residual Technique « mira a stimare il valore del terreno basandosi sulle stime preliminari del reddito dell’immobile e del valore del fabbricato ». Analogamente la B u i l d i n g R e s i du al * , sempre secondo gli IPVS « mira a stimare il valore del fabbricato ». Si riporta solo parzialmente la definizione contenuta negli IPVS proprio perché, come precedentemente sottolineato, il Codice delle valutazioni immobiliari, edito da Tecnoborsa, non tratta delle tecniche residuali basate sulle componenti fisiche e presenta solo il modello finanziario. Per chiarezza di esposizione, si riporta la definizione completa di entrambe.
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Building Residual La Land Residual Technique mira a stimare il valore del terreno basandosi sulle stime preliminari del reddito dell’immobile e del valore del fabbricato. Quanto detto vale anche per la Building Residual che negli IPVS viene riconosciuta per « stimare il valore del fabbricato » e si basa sulle stime preliminari del reddito dell’immobile e del valore del terreno. Il valore del terreno è stimato in base ai prezzi delle aree edificabili.
Procedura in base alle componenti fisiche Da quanto detto fin ora possiamo basare la stima delle sole costruzioni (per esempio ai fini della Land Residual) mediante l’approccio al costo. Il procedimento trova fondamento anche nel contesto dell’imprenditoria edile, per la quale il valore dell’intervento immobiliare viene ordinariamente considerato quale somma del valore del terreno e dei costi connessi alla costruzione o al rimpiazzo dei fabbricati. Tale approccio individua tre modi per pervenire al più DCR - Depreciated Replacement probabile valore di mercato e alcuni di essi sono già stati introdotCost – Costo di riproduzione ti a supporto delle riflessioni svolte. deprezzato Essi sono: Il Codice delle Valutazioni Immobi-
*
1) Il costo storico del fabbricato (Historic Cost); 2) Il costo di rimpiazzo o di sostituzione (Replacement Cost); 3) Il costo di riproduzione deprezzato (D e p r e c i a t e d R e p l a c e m e n t C os t - D C R *) . Il primo dei tre è un modo semplice di individuare un valore da attribuire al fabbricato in quanto ripercorre i costi di costruzione sostenuti per la sua realizzazione. Il costo storico, quand’anche corretto dall’influenza dei fenomeni inflattivi, può tuttavia perdere nel tempo qualsiasi relazione con i valori correnti di mercato. Potrebbero essere riconosciute molte ragioni per sostenere la differenza tra i costi al tempo considerati e con quelli che sarebbero oggi coinvolti nella realizzazione dell’edificio o con il prezzo attuale di acquisto dello stesso fabbricato. Esso risulta pertanto inattendibile e scarsamente usato al fine di individuare il contributo di valore fornito da un fabbricato al valore complesso di una proprietà. Invece di utilizzare i costi storici, potrebbe risultare più interessante verificare quale sarebbe la spesa corrispondente per ricostruire il bene al momento della stima. Si noti inoltre come questa seconda modalità contribuisca a ridurre eventuali errori dovuti ad esempio all’influenza di fattori
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liari (2005) definisce il costo di riproduzione deprezzato (Depreciated Replacement Cost) quale costo « composto dalla stima del valore di mercato del terreno, nel suo uso corrente o nel suo Highest and Best Use, e del costo di sostituzione (o riproduzione, o ricostruzione) dell’opera o della costruzione sovrastante, che presenta la stessa utilità funzionale e lo stato di uso di quella esistente, diminuito di un’aliquota che considera il deterioramento fisico, le varie forme di obsolescenza e il livello di funzionalità ottimale alla data di stima (Cap. 5, par. 2.19). Viene sottolineato al sottoparagrafo 2.19.1 che « in contabilità, il costo di riproduzione deprezzato è considerato un procedimento di stima accettabile per giungere ad un sostituto del valore di mercato per gli immobili ubicati in mercati specializzati e limitati, per i quali non si dispone di un mercato di confronto ».
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finanziari inaspettati che possano distorcere il valore rappresentato dai costi di costruzione di un edificio. Si ricorda che il metodo basato sul costo di sostituzione è stato maggiormente utilizzato negli Stati Uniti41, mentre in Europa, dove il patrimonio edilizio di vecchia data è più consistente, non ha trovato facile applicazione. Infine, per edifici che hanno subito una certa obsolescenza si può optare per il terzo metodo che « aggiusta » il valore mediante un deprezzamento. In quest’ottica, si sottolinea come la stima debba comunque considerare tutti i costi indiretti di sviluppo associati al lotto e alla costruzione42. Inoltre, dovrebbero altresì essere inclusi43 il calcolo del profitto e il premio per il rischio.
I modelli finanziari I modelli finanziari si basano sulla capitalizzazione del reddito. Dell’applicabilità del metodo in attinenza al tema della ripartizione si è già del resto trattato in precedenza e gli stessi standard di valutazione ne richiamano l’importanza in caso non siano reperibili valori di mercato delle aree o non sia attendibile una stima al costo di ricostruzione deprezzato. Il principio della capitalizzazione del reddito per la ricerca del valore di una risorsa produttiva può essere ricondotto all’inizio del Diciannovesimo secolo. Tuttavia è Marshall a compiere un passo decisivo per la formalizzazione del metodo nel 1910. Egli infatti reputava ragionevole ripartire il reddito di una proprietà immobiliare in un saggio annuale di reddito per capitalizzare il reddito e rappresentare il valore di un immobile, giungendo a sostenere che possono essere riconosciuti due saggi e due rendimenti separati. Tuttavia egli nota come il metodo resti attendibile solo se le costruzioni conservano un certo attributo di idoneità al sito sul quale insistono. A tal fine, come esempio, egli usa un appezzamento residenziale sul quale immagina che sia necessario costruire magazzini, concludendo che il rendimento totale, a seguito della trasformazione, non eguaglierebbe il rendimento normale per quel sito e quelle costruzioni. Un ulteriore contribuito può essere riconosciuto nelle teorie formulate all’interno di Land Economics da Babcock (USA, 1932)44. Egli tenta di stabilire un principio generale di stima individuabile nell’attualizzazione dei redditi e nel calcolo del tasso di interesse. In Italia, negli anni settanta, Forte45 introduce il concetto di « metodo additivo », in base al quale il saggio di capitalizzazione è riconosciuto come direttamente o indirettamente proporzionale ad una serie di fattori che lo influenzano positivamente o negativamente. Se consideriamo le componenti di terreno e fabbricato possiamo analogamente attribuire a ciascuna di esse le caratteristiche che, rese misurabili, possono permetterci di calcolare i rispettivi saggi d’interesse. Il metodo finanziario, applicato alle tecniche residuali sfrutta l’equazione che esprime il valore di un bene come rapporto tra il reddito e il suo saggio d’interesse (inteso coSoprattutto a seguito della crisi del 1929. C fr. International Assets V aluation Standards Committee, 1992, p. 52. Cfr. Britton, Connellan, Croft, p. 164. Cfr.Westwick, 2005, pp. 52-54. 43 Cfr. Britton, Connellan, Croft, p. 164. Cfr. Westwick, 2005, pp. 52-54. 44 Cfr. Marshall, 1910. 45 Cfr. Forte, De Rossi, 1974. 41 42
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me saggio opportunità). In questi termini si comprende come la tecnica residuale finanziaria, l’unica presentata negli IPVS (edizione 2005, Cap. 8, Allegato F – Par. 3.5.2) svolge « la stima preliminare del reddito dell’immobile nel suo complesso e la stima di una delle due parti (area e fabbricato), quindi calcola il reddito di questa parte applicando un saggio opportunità del corrispondente investimento (area o fabbricato). Il reddito dell’altra parte si determina sottraendo al reddito dell’immobile il reddito della parte di valore noto. Il valore incognito dell’altra parte si ottiene allora capitalizzando il suo reddito al saggio opportunità del corrispondente investimento (fabbricato o area). Quindi il valore dell’immobile si pone pari alla somma del valore della prima parte stimata inizialmente e del valore dell’altra parte stimata con la residual technique ».
Il « band of investment » La seconda famiglia di tecniche residuali sviluppa il tema della complementarietà all’interno del saggio di capitalizzazione totale che viene scomposto nella somma dei singoli saggi delle parti (terreno e fabbricato). Il metodo, noto anche come « Band of Investment », è un’estensione del metodo additivo e considera il saggio di capitalizzazione totale come « risultato della somma ponderata dei saggi relativi alle parti finanziarie dell’investimento immobiliare e alle parti tecnico-economiche dell’immobile »46. L’approccio deriva dai primi tentativi formulati ai tempi in cui non si disponeva di calcolatori elettronici per definire matematicamente i fattori compresi in un saggio di capitalizzazione. Il metodo considera due componenti, espresse in forma percentuale e corrispondenti alle modalità di finanziamento con cui può essere ordinariamente acquistato un immobile: una quota di denaro proprio e una a prestito. In questi termini il saggio totale è inteso quale somma del saggio d’interesse del mutuo immobiliare e del saggio di redditività che si ritiene equo ricavare dall’investimento immobiliare47. Ai fini della valutazione separata delle due componenti di terreno e fabbricato il Band of Investment « può essere applicato alle parti tecnico-economiche di un immobile attraverso il rapporto complementare tra il valore della parte (terreno o fabbricato) e il valore del tutto (terreno e fabbricato) »48. In questo caso i due saggi di riferimento corrispondono all’investimento nel terreno edificato, idealmente privo di costruzioni, e quello relativo al solo fabbricato. In funzione della diversa natura delle due componenti, il saggio del terreno, rispetto al saggio del fabbricato, rappresenta un investimento con minor rischio, una durata illimitata, poiché priva di potenziale deprezzamento, considerando al contempo una potenziale rivalutazione. Individuando mediante la tecnica residuale una delle due componenti di reddito (terreno o fabbricato) si procede come nei modelli finanziari presentati in precedenza, ovvero impiegando saggi opportunità dei corrispondenti investimenti per determinare i valori incogniti. Va detto che l’applicazione di queste tecniche è riferita alla loro facile applicabilità in paesi diversi dal nostro, nei quali sussistono condizioni di maggiore trasparenza del mercato immobiliare e soprattutto migliore integrazioCfr. Simonotti, 2006, p. 400. Per una trattazione maggiormente approfondita sul metodo, anche in contesti diversi dal suo uso al fine di scorporare le componenti di un immobile, si rimanda ai seguenti siti internet: www.incomeanalysus.com, www.realestateagent.com, www.insideselfstorage.com. 48 Cfr. Appraisal Institute, 2001. 46 47
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ne con il mercato finanziario, dove la stima diviene efficace proprio per la possibilità di svolgere osservazioni per analogia con altri investimenti49. Tuttavia anche questa indicazione può riservare dei limiti. Si pensi infatti a quanto avvenne negli Stati Uniti negli anni antecedenti alla crisi finanziaria del 1929, quando i valori fondiari e immobiliari erano talmente lievitati da non corrispondere ad alcun principio di rendita posizionale. Applicare qualsiasi metodo in situazioni in cui il mercato finanziario non è stabile, risulta inaccettabile per l’eccessivo livello di rischio. 4.2.3
Una nuova proposta: la teoria dello scorporo proporzionale
Analogamente alle prime tecniche richiamate, la teoria dello scorporo proporzionale si basa sull’assunto che un fabbricato ed un terreno contribuiscano insieme alla formazione del valore totale di una proprietà immobiliare. Tuttavia, invece di stimare il valore di una porzione e attribuire la parte rimanente all’altra, i metodi relativi a questo secondo modello valutativo si basano sull’ipotesi che esista una relazione diretta tra la porzione di valore attribuibile alla terra e la porzione di valore che si riferisce al solo fabbricato. Ciò significa che per individuare le due porzioni separate di valore ci si possa riferire a specifici algoritmi (ratios). Come del resto suggerisce Simonotti (2005)50 « il concorso di una parte sul valore dell’immobile si esprime attraverso il rapporto complementare ». Questi rapporti vengono costruiti sulla base di costi storici verificabili o dimostrabili sul mercato, quali, ad esempio, i costi di costruzione dei fabbricati e i valori di mercato dei terreni. L’impiego di rapporti proporzionali varia nel metodo a seconda dei casi. In alcune circostanze vengono calcolati analiticamente, altrove vengono costruiti rapporti standardizzati e riconosciuti accettabili (condivisi) da applicare al valore totale per effettuare lo scorporo delle due porzioni51. Come per la teoria residuale, anche in questo caso possiamo suddividere l’approccio proporzionale in due famiglie valutative: una privilegia il calcolo del valore del terreno e imputa il valore rimanente al fabbricato, l’altra, di maggiore precisione, considera la stima del valore del fabbricato e attribuisce il resto al terreno. In definitiva anche in questo caso è necessario percorrere una via analitica che permetta di stabilire a seconda delle situazioni il valore del terreno o il valore del fabbricato. La stima in questo caso viene preferibilmente impostata nei riguardi del valore fondiario, valutato in funzione del rapporto che esprime l’incidenza dell’area sul valore totale di un cespite. Ne consegue che, visto il difficile utilizzo di questi strumenti nel contesto italiano, qualora i cespiti non abbiano caratteristiche standard o non godano di ampio mercato, la soluzione possa essere rintracciata, come suggeriscono gli stessi IAS, svolgendo una stima fondamentale, scontando ad esempio i flussi di risultato attesi nell’esercizio. La Discounted Cash Flow Analysis (DCF), nota in Italia come « Analisi Costi-Ricavi » (ACR), diviene dunque lo strumento privilegiato per la stima dell’incidenza percentuale dell’area.
49 Le Residual Techniques e il Band of Investment sono contemplate negli IPVS e sono inoltre oggetto di trattazione in: Simonotti, 2006; Simonotti, Benvenuti, 2005; Simonotti, 2005 50 Cfr. Simonotti, Benvenuti, 2005. 51 A titolo di completezza si ricorda come in Italia tali ratio siano ad esempio pubblicati periodicamente sulla rivista « Il Consulente Immobiliare », edita da « Il Sole 24 Ore ». Essi riguardano però solo le percentuali d’incidenza del costo-valore di un’area rispetto alle quotazioni di mercato delle sole abitazioni « nuove », indicate in apposite tabelle e riferite solo ai capoluoghi di provincia.
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Prospettive e questioni aperte
A fronte delle novità in materia di bilancio (IAS 16) e fiscalità immobiliare è intuibile come le società italiane e internazionali tenderanno a breve a rivedere i propri piani gestionali sugli immobili posseduti, al fine di ottimizzare il mix di variabili basato su: • • •
il ciclo di vita dei cespiti; il valore residuo; i relativi piani di ammortamento.
L’ultimo punto è in realtà fondamentale poiché su di esso si riflette l’esigenza (contabile e/o fiscale, a seconda dei casi) di ammortizzare la componente di valore relativa ai soli terreni. Lo scorporo ai fini fiscali, che interessa tutte le società, determina infatti la criticità diffusa di esporre a bilancio minori ammortamenti. La diminuzione di una componente passiva a conto economico porta ad elevare gli utili d’esercizio, provocando al contempo un innalzamento della base imponibile per le imposte sui redditi. Di fronte a situazioni di questo tipo le società possono rispondere attivando strategie innovative di gestione dinamica sui propri patrimoni immobiliari a breve, medio e lungo termine. Scaturisce da questa scelta implica l’esigenza di effettuare uno screening sul patrimonio aziendale di enti pubblici e privati (tra cui terreni, fabbricati, impianti e macchinari) per verificare il valore corrente delle poste a bilancio e la loro capacità di generare reddito. Un altro aspetto da evidenziare riguarda la distinzione tra la gestione immobiliare core e quella ordinaria, tramite, ad esempio, il conferimento dei soli cespiti ad una società esterna, creata ad hoc. Anche in questo caso risulta rilevante la rivalutazione dei cespiti a valori correnti, nonché l’intervento di revisioni puntuali sulla definizione dei flussi di cassa generati dagli immobili. Si tratta in altre parole di intraprendere una « rivoluzione » nell’approccio gestionale, che passi dalla valutazione degli investimenti sugli immobili intesi come « stock » di riserva patrimoniale al concetto più ampio di immobile come fattore di produzione di reddito. Da quanto detto risulta pertanto necessario riesaminare gli strumenti di valutazione oggi adoperati dalle imprese nella definizione delle variabili economiche e prestazionali, generate dai cespiti strumentali, al fine di supportare la scelta di strategie a breve, medio e lungo periodo. Tali variabili, una volta definite, dovrebbero essere periodicamente verificate per riaggiornare le stime di « sostenibilità » gestionale. Individuate da diversi approcci che affrontano nella letteratura estimativa il tema della valutazione della durabilità degli immobili, tali variabili possono essere identificate nelle seguenti: • • •
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il ciclo di vita fisico ed economico in funzione delle caratteristiche costruttive e tipologiche dell’edificio (variabile generale); la previsione della vita utile in funzione della definizione dei requisiti prestazionali di settore dell’azienda (variabile settoriale); la definizione dei requisiti prestazionali secondo le esigenze date dagli utenti e da requisiti tecnologici (variabili specifiche);
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• • • • • • •
il valore residuo, quale limite di ritorno economico previsto per l’immobile; le componenti di deprezzamento fisico (agenti di degrado dovuti all’uso); le aliquote di ammortamento (contabili e fiscali); obsolescenza funzionale; l’incidenza del tipo di interventi e frequenza di manutenzione straordinaria: « regular major inspections » (contabile e riflessi fiscali); l’individuazione del tipo e frequenza di manutenzione straordinaria per sostituzione di parti: « replacement at regular intervals »; l’individuazione del tipo e frequenza di manutenzione ordinaria: « day to day servicing ».
Tali variabili influenzano la gestione in modo differente e possono essere ricondotte a tre livelli: • i e o ariabi i genera i Esso è espressione delle caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici. Sulla base delle principali tipologie strutturali dei fabbricati (c.a., acciaio o miste) è possibile associare uno specifico ciclo di vita tecnico ed economico, esprimibile in funzione di range che indicano il probabile limite massimo di durabilità fisica. • i e o ariabi i ettoria i Al secondo livello il limite massimo di durabilità fisica può essere sottoposto a revisione in funzione della definizione di requisiti prestazionali tipici della destinazione d’uso e del settore aziendale specifico. Si noti come nella maggior parte dei casi il limite massimo stabilito al primo livello viene abbattuto per esprimere la naturale tendenza delle strutture a perdere funzionalità e competitività nel tempo, rispetto alle esigenze di ciascun settore. Anche in questo caso la durabilità viene definita attraverso un range corrispondente al limite temporale massimo. • i e o ariabi i pecific e Il terzo livello di verifica individua negli specifici requisiti prestazionali, emergenti dalle esigenze dell’utenza o dal progresso tecnologico, ulteriori vincoli alla durabilità tecnicofunzionale degli immobili. Va sottolineato in particolare come al secondo livello di approfondimento la variabile settoriale permetta, ad esempio per gli Enti fieristici, di considerare se la tipologia delle strutture sia sufficientemente competitiva. In questo senso, un complesso che secondo il primo livello di verifica risulta efficiente dal punto di vista fisico-strutturale, può risultare fortemente inadeguato per quanto riguarda immagine e servizi offerti. In una situazione del genere si deve pertanto valutare se le trasformazioni necessarie possano essere gestite mediante investimenti continuativi e graduali o attraverso demolizioni e rifacimenti. Si noti come le decisioni assunte coinvolgano non solo il piano d’ammortamento ma anche l’insieme dei costi di manutenzioni, specialmente straordinarie, nonché le spese per ammodernamento e trasformazione. Fortemente connesso alla tecnica contabile dell’ammortamento è quello delle voci di costo per manutenzioni ordinarie e straordinarie. La stessa stima della vita utile può infatti essere stabilita e modificata in funzione dell’allestimento di oculati piani di manutenzione. Tali decisioni comportano la registrazione di voci di conto che possono costituire
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fondi accantonati (se si tratta di operazioni ordinarie) o saltuari (come spese non previste e dunque straordinarie). Nel primo caso tali costi non vengono aggiunti al valore patrimoniale del cespite, mentre nel secondo caso possono essere patrimonializzati ad incremento del valore del bene nell’attivo patrimoniale in quanto responsabili dell’aumento della fungibilità, produttività o della vita utile. Gli IAS hanno inoltre introdotto una classificazione maggiormente dettagliata suddividendo, all’interno delle manutenzioni straordinarie quelle di « sopralluoghi regolari di maggior entità » (regual maj or inspections), da quelle di semplice « sostituzione ad intervalli regolari » (replacement at regular intervals), suggerendo e introducendo un’ottica di maggiore monitoraggio e programmaticità integrata degli interventi, ancora distante dalla nostra cultura gestionale sugli edifici. La differenza sancita implica inoltre che solo le prime manutenzioni determinano incrementi patrimoniali, mentre le seconde implicano il riconoscimento e lo scomputo del valore della parte sostituita patrimonializzandola ad incremento del valore complessivo. Si noti infine come dal punto di vista fiscale le manutenzioni ordinarie sono deducibili entro il limite massimo del 5% del valore dei beni materiali ammortizzati. Quelle capitalizzabili rientrano invece nell’ordinario sistema di ammortamento sul cespite. Per completare il quadro degli interventi a cui un immobile durante la sua attività può essere sottoposto devono infine essere contemplati i costi per trasformazioni e gli ammodernamenti. Essi, anche se per ipotesi subentrassero al termine del procedimento d’ammortamento, quando cioè il bene ha già raggiunto il suo valore residuo o nullo, porterebbero ad un incremento patrimoniale, una volta capitalizzati, incrementando il vecchio valore storico, e darebbero luogo ad una ristrutturazione del piano di ammortamento. Sulla base dell’allestimento di una gestione immobiliare dinamica e orientata al mercato, le aziende dovrebbero tendere negli anni a programmare non solo gli interventi ordinari o straordinari bensì anche quelli di trasformazione e ammodernamento continuativo (adeguamento a funzioni evolutive). Concettualmente, il fine di queste operazioni dovrebbe addirittura tendere non solo alla reintegrazione parziale o totale delle condizioni iniziali, quanto piuttosto indurre una « contro obsolescenza », rivalutando il bene oltre il suo valore « storico ». In questa nuova ottica, i piani di ammortamento dovrebbero periodicamente essere ristrutturati portando quattro conseguenze principali: • • • •
il prolungamento della vita utile dei cespiti; la creazione di valore aggiunto; l’alleggerimento dell’incidenza delle quote di ammortamento annuale; l’iscrizione del costo annuale di trasformazione e ammodernamento.
In questo caso si realizzerebbe una maggiore coincidenza tra i compartimenti contabili aziendali e i dettami fiscali. La maggiore flessibilità di composizione del pacchetto degli oneri annuali potrebbe garantire una migliore gestione anche ai fini fiscali alleggerendo contestualmente gli effetti del recepimento IA S . Gli esiti fiscali dell’ipotesi tracciata devono però essere verificati sul complesso delle spese di diversa natura e diversamente deducibili. Ovviamente, l’insieme delle azioni che permette di allestire piani ad elevata complessità, può rendere conveniente devolverne la gestione a società esterne, alle quali corrispondere un canone di manutenzione. Il fatto che tali canoni risultino poi completamente deducibili ai fini fiscali porta a concludere come un’oculata verifica delle potenzialità
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gestionali sugli immobili sia condizione necessaria per stabilire politiche di ottimizzazione ai fini della valutazione globale d’impresa, sia pubblica che privata. Per intraprendere scelte a medio-lungo termine risulta necessario innanzitutto verificare all’interno di settori aziendali omogenei quale sia l’incidenza dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, contestualmente agli esiti prodotti dai nuovi profili normativi contabili e fiscali su Patrimonio Netto e Risultato Netto, sia in termini economici che di frequenza temporale, per poi testare ipotesi diverse sul prolungamento dell’attuale vita utile dei cespiti e i relativi piani di ammortamento.
Caso studio 4.1 L’applicazione dello « scorporo proporzionale » al complesso immobiliare di Bolognafiere S.p.A. (di Luisa Ingaramo, Riccardo Rosceli, Stefania Sabatino) Si propone, a titolo esemplificativo, il calcolo dello scorporo del valore del terreno da quello del fabbricato del complesso immobiliare relativo a Bolognafiere S.p.A. Con riferimento alle previsioni fiscali e contabili in merito al bilancio societario ed al calcolo dell’incidenza del valore dell’area sul valore totale delle immobilizzazioni a bilancio, il caso studio proposto si articola nelle seguenti fasi operative: •
fair value dei singoli immobili (padiglioni e fabbricati) sulla base di ragionamenti macroeconomici e attraverso un procedimento sintetico-comparativo; • fair value medio parametrico dell’area grezza del quartiere fieristico come valore di trasformazione attraverso un’analisi costi-ricavi; • scun cespite; • il valore totale (stimato al punto 1).
CALCOLO DELL’INCIDENZA DEL VALORE DEL TERRENO SUL FABBRICATO DEL COMPLESSO DI IMMOBILIDEL QUARTIERE FIERISTICO DI BOLOGNAFIERE S.p.A.52
Come è stato già detto in precedenza, gli IAS individuano nel fair value il valore di riferimento privilegiato per la determinazione dei valori separati di terreno e fabbricato. Di conseguenza tale valore è stato cercato con diretto riferimento al mercato, mediante comparazione. A tale fine sono stati raccolti i valori medi riportati dalle principali fonti statistiche nazionali disponibili al 2006 per uffici, capannoni industriali e locali commerciali siti in Bologna. La procedura comparativa sintetica, nel caso specifico, si è sviluppata tenendo conto che, da un lato, non vi è piena corrispondenza tra le tipologie effettive degli edifici oggetto di stima con quelle rilevate dalle normali fonti statistiche (come nel caso dei padiglioni fieristici, dei magazzini, dei percorsi pedonali in quota, ecc.) e che, dall’altro, la dotazione impiantistica e il buon stato di manutenzione degli edifici richiede un riaggiustamento dei valori più bassi rilevati dalle fonti stesse. Analisi delle fonti di mercato Tab. 4.6 – Uffici in Bologna, 2006. Fonte Osservatorio sul mercato Immobiliare di Nomisma – (periferie terziarie)
€/mq max
€/mq medio
–
–
2.508
Consulente Immobiliare de Il Sole24Ore – (periferie)
2.400
3.000
2.700
Osservatorio Immobiliare FIAIP – (zona S. Donato-Fiera)
2.500
3.200
2.850
Osservatorio dei valori immobiliari dell’Agenzia del Territorio (zona Fiera)
2.500
3.400
2.950
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Il caso studio è stato elaborato nella Tesi di Dottorato dell’arch. S. Sabatino.
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Tab. 4.7 – Capannoni industrial in Bologna, 2006. Fonte
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€/mq max
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Osservatorio sul mercato Immobiliare di Nomisma – (> 3.000 mq)
–
–
802
Consulente Immobiliare de Il Sole24Ore – (tipici periferici)
–
–
950
Ufficio Studi Gabetti – (prime location) Osservatorio dei valori immobiliari dell’Agenzia del Territorio – (zona Fiera)
–
-–
960
800
1.300
1.050
€/mq min
€/mq max
€/mq medio
Tab. 4.8 – Locali commerciali in Bologna, 2006. Fonte Osservatorio sul mercato Immobiliare di Nomisma – (periferie) Osservatorio Immobiliare FIAIP – (zona S. Donato-Fiera)
–
–
2.225
2300
2800
2.550
In sintesi, si riportano di seguito i valori medi utilizzati, ottenuti mediando i prezzi rilevati dalle fonti per ogni destinazione d’uso: − Palazzina direzionale e centro servizi: 2.637 €/mq È stata calcolata la media ponderata tra i valori medi relativi agli uffici (2.665 €/mq) ed i valori medi relativi ai locali commerciali (2.388 €/mq) riportati da tutte le fonti. − Padiglioni con struttura in c.a.: 2.378 €/mq È stata calcolata la media ponderata dei seguenti valori medi: uffici 2.665 €/mq; locali commerciali 2.388 €/mq; capannoni industriali 903 €/mq. − Padiglioni con struttura in ferro: 2.021 €/mq È stato utilizzato il valore medio attribuito ai padiglioni con struttura in c.a., diminuito del 15%, tenuto conto della maggiore necessità di lavori di manutenzione. − Magazzini: 1.003 €/mq Si è fatto riferimento alla media dei valori massimi relativi ai capannoni industriali riportati da tutte le fonti. − Servizi e cabine elettriche: 652 €/mq Si è utilizzato il valore medio attribuito ai magazzini (1.003 €/mq), diminuito del 35%, tenuto conto della specifica funzione accessoria di tali fabbricati. − Percorsi pedonali, collegamenti, pensiline, bagni interrati: 1.665 €/mq Si è utilizzato il valore medio attribuito ai padiglioni con struttura in c.a., diminuito del 30%, tenuto conto della specifica funzione accessoria di tali fabbricati.
Fig. 4.8
Attribuzione dei valori parametrici agli edifici del Q.F., suddivisi per tipologia costruttiva.
Fonte: elaborazione degli autori.
Poiché i valori riscontrati si riferiscono a manufatti nuovi o completamente ristrutturati, per correggere il valore medio parametrico si è inoltre applicato un coefficiente di età, qualità e stato di manutenzione (fonte: Il Consulente Immobiliare):
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Tab. 4.9 – Coefficiente di età, qualità e stato di manutenzione dei fabbricati. Età Nuovo
ottimo 1
Recentissimo
buono –
mediocre
pessimo
–
–
0,85
0,8
0,75
10-20 anni
0,8
0,75
0,7
–
21-40 anni
0,75
0,7
0,65
0,55
0,7
0,65
0,6
0,5
0,65
0,6
0,55
0,45
41-60 anni Oltre 60 anni
–
Fonte: Il Consulente Immobiliare.
A partire dall’effettivo anno di realizzazione/rifunzionalizzazione dei singoli cespiti, una qualità « media » ed uno stato di manutenzione « ottimo » per tutti i fabbricati (data la costante manutenzione che l’Ente effettua sul suo patrimonio immobiliare) il valore complessivo risulta pari a circa 426 MLN € (fabbricati e terreni). Stima del valore dell’area grezza Al fine di definire la quota percentuale di incidenza del valore del terreno sul valore totale dei singoli cespiti (fabbricato + terreno) si è proceduto nel modo seguente. Tale approccio metodologico, generalmente condotto al fine di individuare il valore di trasformazione di un’area, permette, contestualmente, di determinare il valore parametrico dell’area edificata ed edificabile generata dal lotto e di esprimerlo come quota percentuale dei costi di trasformazione sul totale dell’intervento. Lo sviluppo dell’ACR ha esplicitato un valore medio parametrico dell’area grezza pari a circa 312 €/mq e, come suggerito negli IAS, tale valore di trasformazione è considerato idoneo alla rappresentazione del fair value. È opportuno infine sottolineare come questo valore non debba essere assunto come « valore di mercato » del QF, bensì come « valore riferimento » del fair value. Attribuzione di un valore specifico al terreno sulla base della destinazione d’uso di ciascun cespite Il valore parametrico specifico del terreno è stato ottenuto ponderando il valore grezzo rispetto a scostamenti desumibili dalla variazione di valore influenzata dalla destinazione d’uso di ciascun cespite. Lo scostamento puntuale dal valore medio dell’area grezza in singoli gap (Fig. 4.9) è stato calcolato sulla base delle differenze di valore riscontrate per i diversi fabbricati in funzione della loro specifica destinazione d’uso.
Fig. 4.9
Attribuzione di un valore specifico al terreno.
Fonte: elaborazione degli autori
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Calcolo dell’incidenza dell’area L’incidenza dell’area di ogni singolo immobile è stata calcolata come rapporto tra il valore del terreno (stimato al punto 3) e il valore totale (stimato al punto 1). Si noti, inoltre, come sia immediato determinare il valore complementare dei fabbricati. La Tab. 4.10 riporta in sintesi lo sviluppo dei calcoli. Il valore complessivo dell’area è pari a circa 62 MLN €, corrispondente al 14,58% rispetto al valore totale dei cespiti. Si osservi che si è fatto riferimento alla « Superficie Totale » dei singoli fabbricati (ovvero Superficie Utile + Superficie Accessoria), in quanto i valori medi riportati dalle fonti statistiche sono sostanzialmente riferibili alla cosiddetta « superficie commerciale » (cioè al lordo di tutti i muri e tenuto conto degli accessori). Conclusioni sui risultati Il risultato ottenuto dallo sviluppo dei calcoli per il caso studio del Quartiere Fieristico di Bologna permette di svolgere alcune considerazioni conclusive. Innanzi tutto è da notare come il valore medio d’incidenza dell’area grezza del 14,58%, utile allo scorporo contabile del valore totale nelle componenti separate di terreno e fabbricato, si attesti ben al di sotto delle percentuali forfettarie imposte dal sistema fiscale nazionale. In particolare si noti come in questo caso applicare la percentuale fiscale forfettaria del 20%, anche a fini contabili, causerebbe in media un aumento del 5,42% dei costi non più ammortizzabili, nonchè una rappresentazione distorta della struttura sia patrimoniale che finanziaria. Sviluppare una gestione integrata sul patrimonio immobiliare d’azienda, in linea con la normativa IAS, rappresenta dunque una necessità a cui le aziende non potranno in futuro rinunciare. In questo contesto è fortemente motivata la stima puntuale delle componenti materiali separate al fine di mantenere un controllo diretto sulla contabilità e assicurare una corretta gestione della programmazione pluriennale degli interventi, stimandone rapidamente i costi. Per queste ragioni gli IAS impongono un importante lavoro da svolgere in sede estimativa, soprattutto in Italia, dove i sistemi di informazione e gestione dei « rami d’azienda » immobiliari sono al momento ancora decisamente deboli anche all’interno delle realtà aziendali più dinamiche.
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Sintesi dello sviluppo dei calcoli
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Le valutazioni di fattibilità Marta Bottero, Valentina Ferretti, Luisa Ingaramo, Giulio Mondini, Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo, Riccardo Roscelli, Giuseppina Taccone* CAPITO L O
QUI NTO
Obiettivi di apprendimento1 1. Conoscere e capire le modalità di utilizzo delle principali tecniche di valutazione della fattibilità: dall’ACR all’ACB, al PEF. 2. Verificare, dal punto di vista operativo, gli indicatori di redditività degli investimenti pubblici e privati. 3. I modelli multicriteriali.
In questo capitolo vengono illustrate le principali analisi e tecniche utilizzate per la verifica della fattibilità degli investimenti immobiliari pubblici e privati, nonché i principali strumenti di supporto alle decisione. A partire dalla descrizione delle Analisi monoparametriche dei flussi di casa, del tipo Analisi Costi-Ricavi (ACR) e Analisi Costi-Benefici (ACB), sono delineati i più noti metodi di Analisi Multicriteri (AMC). Il capitolo è corredato da alcuni esempi e casi di studio.
5.1
La valutazione di un investimento immobiliare
Le decisioni di investimento da parte di un operatore privato in un dato progetto immobiliare, e quindi la sua fattibilità, dipendono dai risultati delle previsioni economico finanziarie e dalle attese di redditività connesse all’ investimento stesso. La tecnica più spesso utilizzata per effettuare valutazioni economiche preventive è l’ analisi costi-ricavi (A C R) basata sui flussi di cassa attualizzati ( i co nte ca o ana i ) (Roscelli, 203) . C ome è noto, l’ analisi dei costi e dei ricavi (A C R) si sviluppa nei primi decenni del 190 per valutare la redditività di un investimento da parte di un operatore privato. Oltre che per questa ragione, l’ A C R può essere utilizzata per stimare il valore di mercato di un bene, simulandone la trasformazione, ch e sarà oggetto, al termine del paragrafo, di uno specifico esempio. Il criterio su cui si fonda la stima della redditività nell’analisi dei flussi di cassa è basato sull’attualizzazione, cioè sulla determinazione di un valore attuale, dei flussi (ricavi meno costi) generati dall’ investimento (Prizzon, 201) . * Il paragrafo 5.1 è a cura di Riccardo Roscelli e Luisa Ingaramo; il paragrafo 5.2 è a cura di F rancesco Prizzon, M anuela Rebaudengo, G iuseppina Taccone; il paragrafo 5 .3 è a cura di G iulio M ondini, M arta B ottero, V alentina F erretti.
Capitolo 5
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Manuale di estimo
Nell’ACR i flussi monetari sono rappresentati dalla differenza in ogni periodo temporale tra i ricavi dovuti alle vendite ed i costi di realizzazione. Questo incremento di ricche zza, valutato al momento iniziale, ch e l’ operatore realizza grazie all’ investimento, si definisce VAN valore attuale netto (NPV - net pre ent a e) , ed è il primo indicatore di redditività dell’operazione e rappresenta la sommatoria attualizzata dei flussi di cassa. VAN 0 =
n
∑ F ⋅ (1 + i) t
−t
t =1
dove: Ft = flussi di cassa al tempo t (con t variabile da 1 a n) i = saggio di interesse La redditività di un intervento è da ritenersi misurabile quando il V A N è positivo cioè quando i ricavi attualizzati sono superiori ai costi: ovviamente la positività del V A N, nel caso di investimenti privati, non è sufficiente nel determinare la soglia di accettabilità di un intervento. Occorre infatti ricorrere ad un indicatore che tenga conto del livello del capitale investito, e cioè il TIR, tasso interno di rendimento (IRR - nterna Rate of Return) . Il TIR non è altro che il tasso di interesse (o di sconto) determinato dal rendimento del capitale investito: in altri termini, il TIR è quel tasso ch e annulla il V A N, in modo tale da rendere equivalenti i flussi positivi e negativi di un intervento. D a un punto di vista pratico, il TIR si ottiene per tentativi, procedendo al calcolo iterativo del V A N con valori di i via via crescenti (o decrescenti), fino ad ottenere un VAN prossimo allo zero. Più in generale per la determinazione del TIR occorre risolvere un’ equazione del tipo : F (x) = 0
dove F = R – C
S e l’ investimento è caratterizzato da costi iniziali seguiti da una serie di ricavi, e se i costi attualizzati risultano inferiori ai ricavi attualizzati, allora la curva che rappresenta il VAN
X i
Fig. 5.1
Capitolo 5
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La variazione del VAN in funzione del saggio i.
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Le valutazioni di fattibilità
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V A N in funzione del saggio interseca una sola volta l’ asse delle ascisse e F (x) ammette una sola soluzione reale positiva. Se nell’ACR si riscontra, invece, un’alternanza di flussi negativi e positivi, possono presentarsi problemi nella definizione del TIR, come la presenza di TIR multipli (la curva ha più di un’ intersezione con l’ asse delle ascisse) o l’ indeterminatezza del TIR (la curva non ha intersezioni) . Una prima questione riguarda il modo di considerare l’inflazione. Il problema può però essere superato ricorrendo ad una valutazione a prezzi costanti, adottando cioè i prezzi ch e si riscontrano al momento iniziale dell’ analisi (e quindi, conseguentemente, saggi reali). Si tratta di una semplificazione notevole in quanto non tutti i prezzi utilizzati risentono allo stesso modo del processo inflazionistico: d’altra parte, nel caso di un investimento che si protrae per un lungo periodo, inglobare le previsioni inflazionistiche risulta altrettanto aleatorio. Un’altra questione riguarda il modo di trattare nell’ACR l’esposizione finanziaria. In generale si può considerare un capitale proprio pari a zero, ipotizzando che l’ investimento necessario all’ operazione sia interamente prestato e quindi interamente soggetto a oneri finanziari. La soglia minima di accettabilità del TIR (che potremmo definire rendimento interno atteso) , può essere interpretata come la somma di tre componenti distinte (F iedler, J anda, 193) : – – –
la quota necessaria a compensare (o neutralizzare) l’inflazione attesa; la quota necessaria a compensare un investimento a rischi o nullo (o pressoché la quota necessaria a premiare il rischi o dell’ investimento.
nullo) ;
La prima quota dipende dalle previsioni che gli operatori costantemente sviluppano sull’evoluzione dei mercati finanziari e quindi sull’inflazione attesa a medio periodo.
VAN F(i)
X1
Fig. 5.2
Capitolo 5
X2
i
TIR multipli o indeterminati.
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La seconda componente è invece la remunerazione di un investimento a rischi o nullo o quasi nullo: il caso tipico è quello dei titoli di S tato (B OT, C C T, B TP, ecc.) . D al punto di vista operativo il livello di rendimento che copre le prime due quote è determinabile per comparazione con titoli di S tato di durata simile. In questo senso, può anche essere affrontato il problema della definizione del saggio di sconto nell’ A C R. S e si ricava il saggio di sconto attraverso la comparazione con il rendimento netto di titoli di S tato di durata analoga si ottiene un vantaggio in termini di ch iarezza dei risultati, in quanto ciò consente di mettere in evidenza il compenso del rischi o dell’ investimento che risulterà dalla differenza tra TIR e saggio di sconto. Più complessa appare la scelta del TIR minimo accettabile per considerare fattibile l’ intervento: in altri termini, la determinazione della quota in grado di compensare il risch io dell’ investimento e ch e, sommata al tasso di sconto, determina il TIR minimo e quindi la relativa soglia di accettabilità (S imonotti, 197; Prizzon, 201) . Lo sche ma seguente riporta l’ elenco delle variabili da considerare all’ interno dell’ analisi:
Tempi
Periodizzazione
Tassi di interesse
Tasso di sconto (i)
Costi
Terreno
Ricavi
Prezzi di vendita
Esposizione finanziaria
Oneri finanziari
Spese tecniche
Durata complessiva
Soglia di accettabilità
OO.UU.
Costi di costruzione
Spese di commercializzazione
Spese generali società d’intervento
Andamento delle vendite
Tasse
La durata dell’intervento La scelta della durata dipende dal tipo di intervento (nuova costruzione, ristrutturazione, restauro, ecc.) e dalla quantità di superficie/volume realizzato. Nel caso di immobili destinati alla vendita, il tempo può variare da pochi anni (se si tratta di interventi di modesta dimensione), fino anche a 10 anni per interventi complessi e realizzati in lotti successivi. G li investimenti destinati alla locazione rich iedono, invece, un orizzonte temporale più esteso, da un minimo di 10- 15 anni a 20- 25 anni. Oltre alla durata complessiva si deve definire il periodo unitario di analisi, uguale per tutta la durata, sulla base del quale si costruiscono i flussi di cassa (ricavi meno costi): annuale, semestrale, quadrimestrale, ecc.
I tassi di interesse • •
Capitolo 5
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Il tasso di sconto da utilizzare è pari al rendimento netto di un investimento a rischi o nullo (B OT e B TP) di pari durata temporale. La soglia di accettabilità si ottiene aggiungendo al tasso di sconto alcuni punti-percentuali come premio al rischi o, commisurati alla rischi osità dell’ investimento.
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Le valutazioni di fattibilità
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Il costo del terreno Il costo dell’ area (o del terreno più il fabbricato dismesso, da demolire o ristrutturare, ecc.) è una delle componenti significative della struttura dei costi (Prizzon, 2001). È espresso in /mq di SLP (superficie lorda di pavimento) oppure /mq di ST (superficie territoriale). È una variabile che non dipende dalle scelte e dalle strategie del promotore; verrà mostrato nel caso applicativo come si possa utilizzare l’ A C R per valutare il prezzo massimo di acquisizione dell’ area in un intervento immobiliare, cioè il valore di trasformazione. Occorre inoltre considerare tra le « voci » di investimento iniziale connesse all’ acquisizione dell’ area, le spese d’ atto pari a circa il 3- 4% del costo totale del terreno.
Gli oneri di urbanizzazione G li oneri di urbanizzazione primaria e secondaria sono stati calcolati facendo riferimento agli importi tabellari in vigore, in funzione delle specifiche destinazioni d’uso e del tipo di intervento.
Costi di costruzione Trattandosi di valutazioni preventive, raramente si dispone già del progetto definitivo ed è perciò preclusa la stima del valore di costo per via analitica, cioè attraverso un computo metrico estimativo. La stima del costo viene così effettuata per via sintetica, ricorrendo ad un parametro fisico (mc o mq di superficie commerciale) distinguendo tra le superfici destinate all’attività principale (residenziale, uffici, ecc.) e quelle destinate ad accessori (autorimesse, magazzini, ecc.) . Il costo di costruzione parametrico ( /mq o /mc) viene stimato per comparazione con beni simili (consultando ad esempio prezziari tipologici di riferimento) . Tali costi devono poi essere distribuiti nella periodizzazione temporale scelta (semestri, quadrimestri, bimestri, ecc.) secondo i risultati ottenuti dall’ elaborazione di un apposito diagramma di Gantt semplificato.
8.00% 7.00%
% opere eseguite
6.00% 5.00% 4.00% 3.00% 2.00% 1.00% 0.00% 1 2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 bimestri
Fig. 5.3
Capitolo 5
Distribuzione dei costi di costruzione nella periodizzazione temporale.
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Le spese tecniche C omprendono le voci di spesa relative a tutte le fasi di progettazione e direzione dei lavori: • • • • • • • • • • •
rilievo planivolumetrico; progettazione urbanistica (piano esecutivo) ; indagini idrogeologiche e/o geognostiche; progettazione edilizia (nei diversi livelli di approfondimento come da art. 1 6 L. 109/94 e s.m.i.); progettazione strutturale; progettazione impianto di riscaldamento, con verifica L. 10/91; progettazione impianto elettrico; pratiche V igili del F uoco (V V .F .) e richi esta autorizzazioni; piano per la sicurezza e coordinamento e attività connesse durante la fase di realizzazione dell’ opera; direzione lavori; accatastamento e agibilità/abitabilità.
Le spese di commercializzazione e le spese generali della società di intervento Un’ altra voce di spesa riguarda le fee legate alla commercializzazione dei fabbricati in progetto. S i tratta di una posta che varia secondo le destinazioni d’ uso (più bassa per il residenziale, più elevata per uffici e commerciale) e soprattutto secondo la politica di marke ting adottata. La voce « spese generali » comprende tutte le spese relative al « montaggio » dell’ operazione, spese ch e possono comprendere i costi per la costituzione, la gestione ed eventuale chi usura di una società (o di un consorzio) costituito ad hoc per l’ operazione, i costi per consulenze (valutazione, analisi di mercato, ecc.) ed altre spese varie (viaggi, tempi dedicati alla concertazione con l’ A mministrazione Pubblica o alle trattative con privati, ecc.) .
Prezzo di vendita e piano delle vendite I flussi in entrata (ricavi) sono stati determinati attraverso la predisposizione di uno specifico piano di vendita nel quale viene ipotizzata sia una percentuale di vendita per periodo, sia una rateizzazione degli incassi. Il prezzo di vendita medio a mq da utilizzare nella valutazione è desunto dalle rilevazioni delle principali fonti statistich e e da indagini dirette, tenendo conto di peculiarità specifiche per il bene oggetto di stima, gli eventuali vincoli, ecc., che richiedono prudenzialmente un riaggiustamento dei valori rilevati dalle fonti. Il piano di vendita può essere sviluppato in vari modi tendendo conto delle condizioni del mercato e in particolare delle propensioni all’ acquisto in tempi anticipati (condizione più ottimistica) rispetto all’ effettiva realizzazione del progetto, oppure in tempi posticipati (condizione più pessimistica) (Prizzon, 201) . D al punto di vista operativo, gli incassi sono determinati dalla quota venduta in un periodo per la somma delle rate maturate, a cui si aggiungono le rate di quanto venduto in tutti i periodi precedenti per la rata del periodo:
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità t It = Itot ⋅ vendutot ⋅ rate + n =1
∑
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t −1
∑ venduto ⋅ rata n =1
t
dove: It = incasso al periodo t Itot = incasso totale n = numero periodi
Gli oneri finanziari e le tasse C ostituiscono una voce importante se non determinante negli interventi di maggiori dimensioni e rappresentano il costo del capitale impiegato nell’ investimento; tale costo è funzione della quantità di capitale necessario, della durata dell’ esposizione e del tasso di interesse passivo. La prima questione riguarda il modo di considerare il capitale proprio del promotore, e cioè quella quota di capitale che l’ operatore ha a disposizione per l’ investimento. La scelta che pare più coerente, almeno in prima analisi, è quella di non considerare quote di capitale proprio, ragionando come se l’ investimento iniziale necessario per attuare l’ operazione fosse interamente capitale da prestito (Prizzon, 201) . Includere o meno nell’ACR la tassazione significa determinare una redditività netta (post-tasse) o lorda (ante tasse) di un investimento e quindi ragionare, da parte del promotore, in modo diverso sulla soglia di accettabilità dell’ intervento. Nel caso di una società, come nell’ esempio riportato di seguito, le tasse da considerare sono: • •
l’ IRE S , l’ imposta sul reddito delle società l’ IRA P, l’ imposta regionale sulle attività produttive
Caso studio 5.1 ACR per la stima del valore di mercato dei diritti edificatori del complesso immobiliare « TORRE CITTÀ » all’interno della Z.U.T. 8.18/3 – Porta Susa di proprietà della Città di Torino (di Luisa Ingaramo, Riccardo Roscelli) Sulla base delle indicazioni contenute negli elaborati progettuali della Città di Torino (Divisione Urbanistica ed Edilizia Privata, Settore Progetti di Riassetto Urbano) si è configurato un processo di trasformazione dell’area, con destinazione d’uso terziaria e commerciale. Superficie realizzabile Destinazioni d’uso: terziaria commerciale
=
50.000 mq slp
48.000 mq slp (96%) 2.000 mq slp (4%)
Il progetto è stato presentato in Comune nel mese di novembre 2007 ma in seguito a divergenze interne nella Giunta del Comune di Torino riguardanti l’altezza dell’edificio in relazione alla sua vicinanza al centro storico della città, è stato modificato portando l’altezza definitiva da circa 200 a 167,25 m: 25 centimetri in meno rispetto alla costruzione più alta della città e simbolo della medesima, la Mole Antonelliana. Dopo alcune indagini geognostiche effettuate nel 2007, i lavori vengono avviati il 12 dicembre 2008. La prima fase del progetto prevedeva la costruzione delle fondamenta e dei 6 piani interrati: i lavori si sono conclusi nel giugno 2011.
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La seconda fase dei lavori, ossia i lavori di elevazione del grattacielo, sono cominciati dunque nell’estate 2011; nel febbraio del 2012 è stata posizionata la base, ossia il tetto dell’auditorium e primo dei piani d’uffici; un mese dopo il cantiere ha superato il Palazzo della Provincia. Il 19 settembre 2012 il grattacielo ha raggiunto la metà della sua altezza. Nel febbraio 2013 sono iniziati i lavori di rifinitura esterna del grattacielo con la realizzazione delle pareti e delle facciate a specchio dell’edificio. In dettaglio le ipotesi avanzate per la stima effettuata nel 2005 sono le seguenti: • • • • • Nella determinazione del valore dei diritti edificatori con l’ACR, come nel caso esaminato, questo viene assunto come quel prezzo di vendita in concomitanza del quale si ottiene una redditività per il promotore immobiliare pari al livello prefissato (7,20%, come si è già più sopra definito). Le ipotesi temporali Nella costruzione dell’ACR è necessario ipotizzare una distribuzione temporale dei costi e dei ricavi sulla base di una previsione dell’effettivo andamento dell’investimento: si tratta in altri termini di prefigurare la tempistica sia dei costi, sia delle entrate, cioè delle vendite. Nei conteggi è stata ipotizzata una periodizzazione pari a 13 periodi quadrimestrali, cioè circa 4 anni, congrua rispetto alla dimensione ed alle caratteristiche dell’intervento. I costi di costruzione I costi di costruzione sono stati determinati sulla base dei lavori necessari al progetto di trasformazione dell’area. Tali costi sono poi stati distribuiti nella periodizzazione temporale scelta (quadrimestri) secondo i risultati ottenuti dall’elaborazione di apposito diagramma di Gantt semplificato. Parametro
Costo parametrico
Parcheggi pubblici interrati
€/mq
450
Terziario
€/mq
1.300
Commerciale
€/mq
1.300
Parcheggi interrati
€/mq
500
Spese tecniche, di gestione della società di intervento e di commercializzazione Le spese tecniche sono state stimate con una aliquota pari al 9% dei costi di costruzione. Le spese di gestione della società di intervento sono state considerate pari all’1,5% del costo di costruzione e le spese di commercializzazione sono state poste pari al 2% del prezzo di vendita. Il piano vendite I flussi in entrata (ricavi) sono stati determinati attraverso la predisposizione di uno specifico piano di vendita nel quale viene ipotizzata sia una percentuale di vendita per periodo, sia una rateizzazione degli incassi. Parametro Terziario
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€/mq
Commerciale
€/mq
Parcheggi interrati
€/posto auto
Prezzo di vendita parametrico 2.700 3.000 30.000
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Le valutazioni di fattibilità
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Interessi attivi e passivi; tasso di sconto Ricordando che l’ACR viene sviluppata a valori costanti (e quindi a saggi reali), gli interessi passivi sono stati fissati al 3,50% annuo e quelli attivi all’1,00% annuo. Analogamente si è operato per la definizione del saggio di attualizzazione ai fini del calcolo del VAN, fissato al 2,20% annuo.
Tab. 5.1 Dati di input. Sup. area mq Parcheggi pubblici Torre
Volume mc
Numero n.
8.800
Terziario
Costo costruzione €/mq
€/cad
€
450
3.960.000
Prezzo di vendita €/mq
€/cad
€
48.000
1.300
62.400.000
2.700
129.600.000
Commerciale
2.000
1.300
2.600.000
3.000
6.000.000
Parcheggi pertinenziali terziario
14.400
480
500
7.200.000
30.000
14.400.000
Parcheggi pertinenziali commerciale
3.100
103
500
1.550.000
30.000
3.100.000
Totale
Spese gestione soc. interv.
50.000 1,5%
73.750.000
9,0% su costo costruzione
Spese commercializzazione
2,0% su prezzo di vendita quadrimestrale
Saggio interesse passivo
3,50%
1,15%
Saggio interesse attivo
1,00%
0,33%
Saggio di sconto utilizz.
2,20%
0,73%
Soglia di accettabilità
7,20%
2,34%
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153.100.000
su costo costruzione
Spese tecniche
annuo
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S.l.p. mq
Soglia post tasse: si ipotizzano 5 punti percentuali come premio di rischio oltre il saggio di sconto.
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Capitolo 5
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TOTALE INCASSI
Parcheggi pertinenziali commerciale
Parcheggi pertinenziali terziario
Commerciale
Terziario
Tab. 5.2
20,0% 240.000
vendite
incassi
10,0%
124.000
incassi
201.500
10,0%
15,0%
936.000
10,0%
15,0%
390.000
10,0%
15,0%
232.500
10,0%
10,0%
1.080.000
10,0%
10,0%
450.000
10,0%
10,0%
9.720.000
10,0%
10,0%
4°
Inizio lavori
6.124.000 9.951.500 11.482.500
20,0%
vendite
20,0%
incassi
rateizz.
20,0% 576.000
vendite
20,0%
20,0%
rateizz.
rateizz.
3° 15,0%
5.184.000 8.424.000
20,0%
incassi
vendite
2° 20,0%
rateizz.
1°
quadrimestri
Piano vendite.
5°
14.544.500
294.500
10,0%
10,0%
1.368.000
10,0%
10,0%
570.000
10,0%
10,0%
12.312.000
10,0%
10,0%
6°
17.606.500
356.500
10,0%
10,0%
1.656.000
10,0%
10,0%
690.000
10,0%
10,0%
14.904.000
10,0%
10,0%
7°
15.310.000
310.000
10,0%
5,0%
1.440.000
10,0%
5,0%
600.000
10,0%
5,0%
12.960.000
10,0%
5,0%
8°
16.841.000
341.000
10,0%
5,0%
1.584.000
10,0%
5,0%
660.000
10,0%
5,0%
14.256.000
10,0%
5,0%
9°
12.248.000
248.000
5,0%
5,0%
1.152.000
5,0%
5,0%
480.000
5,0%
5,0%
10.368.000
5,0%
5,0%
11°
5,0%
5,0%
12°
5,0%
5,0%
279.000
5,0%
5,0%
1.296.000
5,0%
5,0%
540.000
5,0%
5,0%
294.500
5,0%
5,0%
1.368.000
5,0%
5,0%
570.000
5,0%
5,0%
13.013.500 13.779.000 14.544.500
263.500
5,0%
5,0%
1.224.000
5,0%
5,0%
510.000
5,0%
5,0%
11.016.000 11.664.000 12.312.000
5,0%
5,0%
10°
Fine lavori
13°
7.655.000
155.000
0,0%
5,0%
720.000
0,0%
5,0%
300.000
0,0%
5,0%
6.480.000
0,0%
5,0%
153.100.000
3.100.000
100,0%
100,0%
14.400.000
100,0%
100,0%
6.000.000
100,0%
100,0%
129.600.000
100,0%
100,0%
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Le valutazioni di fattibilità
Tab. 5.3
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Oneri di Urbanizzazione.
Destinazioni Terziario Commerciale
quantità urbanizz. primaria
Euro/mq
urbanizz. secondaria
Euro/mq
totale
Euro/mq
urbanizz. primaria
Euro/mq
urbanizz. secondaria
Euro/mq
totale
Euro/mq
144,31
48.000
6.926.880
144,31
2.000
288.620
TOTALE ONERI URBANIZZAZIONE
7.215.500 €/mq
Contrib. sul costo di costruz.
€
mq
€
Terziario
60,00
48.000
2.880.000
Commerciale
60,00
2.000
120.000 10.215.500
Attraverso lo sviluppo dell’ACR si giunge al valore di mercato dei diritti edificatori della Torre Città, ovvero: • •
Capitolo 5
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Capitolo 5
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mq
mq
mq
mq
Parcheggi pubblici Torre
Terziario
Commerciale
Parcheggi pertinenziali terziario
Parcheggi pertinenziali commerciale
€
2,0%
SPESE COMMERCIALIZZAZIONE
2.000 480
mq n. n.
Commerciale
Parcheggi pertinenziali terziario
Parcheggi pertinenziali commerciale
TIR POST TASSE
VAN FINANZ. POST TASSE
TIR ANTE TASSE
VAN FINANZ. ANTE TASSE
saggio attualizz.
FLUSSO FINANZ. POST TASSE
TASSE (ipotesi: IRES 27,5% + IRAP 3,90%)
7,20%
6.709.367
12,88%
15.181.415
2,20%
annuo
2,34%
4,12%
0,73%
quadrim.
-89.665
-89.665
0
0
0
0
0
89.665
0
89.665
-89.665
0
-89.665
40.799
-4.208.443
100,0%
2,0%
9,4%
3,9%
84,7%
100,0%
2,4%
0,9%
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
-89.665
0,33%
1,15%
quadrimestrale
23.552.950
153.100.000
3.100.000
14.400.000
6.000.000
129.600.000
129.547.050
3.062.000
96,7%
0,0%
60,0%
1,2%
5,6%
2,0%
48,2%
3,1%
36,8%
6,9%
5,4%
0,9%
Flusso a ni scali
1,00%
interessi attivi
30.000
30.000
3.000
2.700
€
prezzo vend.
su vendite
1.165.650
% 23,5%
1°
quadrimestri
FLUSSO FINANZ. ANTE TASSE
annuo 3,50%
esposizione
interessi passivi
ONERI FINANZIARI
FLUSSO ECONOMICO
TOTALE RICAVI
48.000
Terziario
103
quantità mq
RICAVI (vendite)
TOTALE COSTI
1,5%
SPESE GESTIONE SOC. INTERV.
125.319.400
1.550.000
7.200.000
2.600.000
TOTALE COSTI REALIZZAZ. su costi costr.
3.960.000 62.400.000
77.710.000
500
500
1.300
1.300
450
Totale costi costruzione
3.100
14.400
2.000
48.000
quantità
mq
COSTI COSTRUZIONE
Totale
6.993.900 8.895.500 47.609.400
oneri urbanizz./contr. costo costruz.
9%
€ 30.500.000
spese tecniche
50.000
610,00
1.220.000
mq
Costi-Ricavi istantanei
spese d'atto, ecc.
Costo compendio
COSTI
€/mq slp
Sviluppo dell’ACR
Valore parametrico
Tab. 5.4 2°
-37.388.189
0
-37.477.854
-37.388.189
0
-1.034
-37.477.854
-37.387.154
6.124.000
124.000
576.000
240.000
5.184.000
43.511.154
122.480
89.665
23.245.000
465.000
2.160.000
910.000
18.720.000
990.000
20.054.009
3.558.200
635.809
610.000
15.250.000
Inizio lavori
-18.048.892
0
-55.526.746
-18.048.892
0
-432.237
-55.526.746
-17.616.654
9.951.500
201.500
936.000
390.000
8.424.000
27.568.154
199.030
89.665
15.740.000
310.000
1.440.000
520.000
12.480.000
990.000
11.539.459
2.668.650
635.809
610.000
7.625.000
3°
-8.801.672
0
-64.328.418
-8.801.672
0
-640.398
-64.328.418
-8.161.274
11.482.500
232.500
1.080.000
450.000
9.720.000
19.643.774
229.650
89.665
8.395.000
155.000
720.000
260.000
6.864.000
396.000
10.929.459
2.668.650
635.809
0
7.625.000
4°
0 0
4.814.337
-330.889
-59.183.191
5.145.227
0
-741.909
-59.183.191
5.887.136
14.544.500
294.500
1.368.000
570.000
12.312.000
8.657.364
290.890
89.665
7.641.000
155.000
720.000
130.000
6.240.000
396.000
635.809
0
635.809
5°
0 0
8.981.807
-483.020
-49.718.364
9.464.827
0
-682.568
-49.718.364
10.147.396
17.606.500
356.500
1.656.000
690.000
14.904.000
7.459.104
352.130
89.665
6.381.500
77.500
360.000
130.000
5.616.000
198.000
635.809
0
635.809
6°
0 0
9.356.565
-462.851
-39.898.948
9.819.417
0
-573.409
-39.898.948
10.392.826
15.310.000
310.000
1.440.000
600.000
12.960.000
4.917.174
306.200
89.665
3.885.500
77.500
360.000
130.000
3.120.000
198.000
635.809
0
635.809
7°
0 0
10.911.321
-521.724
-28.465.902
11.433.045
0
-460.160
-28.465.902
11.893.206
16.841.000
341.000
1.584.000
660.000
14.256.000
4.947.794
336.820
89.665
3.885.500
77.500
360.000
130.000
3.120.000
198.000
635.809
0
635.809
8°
0 0
8.236.071
-387.693
-19.842.138
8.623.764
0
-328.301
-19.842.138
8.952.066
12.248.000
248.000
1.152.000
480.000
10.368.000
3.295.934
244.960
89.665
2.325.500
77.500
360.000
130.000
1.560.000
198.000
635.809
0
635.809
9°
10°
0 0
9.056.284
-417.130
-10.368.725
9.473.413
0
-228.842
-10.368.725
9.702.256
13.013.500
263.500
1.224.000
510.000
11.016.000
3.311.244
260.270
89.665
2.325.500
77.500
360.000
130.000
1.560.000
198.000
635.809
0
635.809
Fine lavori
0 0
10.163.203
-552.409
346.887
10.715.612
0
-119.584
346.887
10.835.196
13.779.000
279.000
1.296.000
540.000
11.664.000
2.943.804
275.580
89.665
1.942.750
38.750
180.000
65.000
1.560.000
99.000
635.809
0
635.809
11°
0 0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
7.412.235
7.655.000
155.000
720.000
300.000
6.480.000
242.765
153.100
89.665
13°
0
7.451.881
7.451.881
39.646
7.913.788
5.110.696
-3.672.750 -2.341.185
11.586.538
11.586.538
1.152
0
11.933.425 19.385.306
11.585.386
14.544.500
294.500
1.368.000
570.000
12.312.000
2.959.114
290.890
89.665
1.942.750
38.750
180.000
65.000
1.560.000
99.000
635.809
0
635.809
12°
202
Manuale di estimo
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Le valutazioni di fattibilità
203
5.2 La valutazione di un investimento pubblico Oggi, più che in passato, la scarsa disponibilità di denaro pubblico spinge i tecnici e gli amministratori locali a valutare in modo preventivo i possibili investimenti; questo, da un punto di vista puramente teorico, eviterebbe la realizzazione di opere (a cui si assiste di frequente, purtroppo) non strettamente necessarie, ch e offrono servizi in modo occasionale e non continuativo e che gravano sui bilanci pubblici in termini di costi di gestione. S e un tempo l’ approccio alla valutazione di un investimento Paternariato pubblico-privato pubblico era differente (prevalentemente veniva impiegata la tecD.Lgs. 163/2006 e s.m.i., art. 3, nica dei flussi di cassa definita Analisi Costi-Benefici, non solo c. 15-ter: « I “contratti di partenariato pubblico-privato” sono conper verificare la convenienza economico sociale di un intervento tratti aventi per oggetto una o più ma anch e per scegliere tra più soluzioni di investimento) , nel temprestazioni quali la progettazione, po sono venuti affermandosi strumenti e tecniche , quali ad esemla costruzione, la gestione o la mapio gli S tudi di F attibilità e le A nalisi M ulti C riteri di cui si parlenutenzione di un’opera pubblica o rà nel seguito, che ha nno introdotto concetti di sostenibilità non di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in solo strettamente monetaria. ogni caso il finanziamento totale o Valutare in questo momento gli investimenti pubblici signifiparziale a carico di privati, anche in ca verificare da un lato la convenienza per la collettività (l’opera forme diverse, di tali prestazioni, realizzata risponde davvero a uno specifico bisogno? a quale bacon allocazione dei rischi ai sensi cino di utenti si rivolge?) e dall’altro anche la convenienza di sogdelle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titogetti privati, nell’ ottica di individuare per quali opere e in qual lo esemplificativo, tra i contratti di misura si possa prevedere il coinvolgimento di capitali privati partenariato pubblico privato la connella realizzazione e gestione dell’ intervento. cessione di lavori, la concessione Il tema sempre più attuale del partenariato pubblico-privadi servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l’affidato* diventa quindi strettamente collegato/collegabile alla convemento di lavori mediante finanza di nienza economico-sociale ed economico-finanziaria, perché solo progetto, le società miste [...] ». in condizioni di « equilibrio » si può instaurare una collaborazione tra due soggetti che hanno finalità differenti (utilità sociale e utile finanziario).
*
5.2.1
Gli studi di fattibilità
Il primo riferimento normativo per gli Studi di Fattibilità è l’art. 14 della L. 109/1994 (e s.m.i.) , la cosiddetta Legge M erloni – Legge Quadro sui Lavori Pubblici, in cui si può leggere che « il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni [...]. Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l’analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche , archi tettoniche , paesaggistiche , e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche , amministrative e tecniche ». Consecutiva (con la L. 144/1999 e s.m.i.) è la creazione dei Nuclei (regionali) di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVV) e la norma contenuta all’art. 4, secondo cui « lo studio di fattibilità per opere di costo complessivo superiore a lire 20 miliardi è lo strumento ordinario preliminare ai fini dell’assunzione delle decisioni di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche ».
Capitolo 5
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204
Manuale di estimo
Nonostante il successivo D .P.R. 5374 del 21 giugno 20 stabilisca per la prima volta differenti livelli di approfondimento in funzione della dimensione dell’ opera, sarà la Guida per la certificazione da parte dei Nuclei regionali di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUV V ) del 2 0 0 1 , adottata dalla C onferenza dei Presidenti e delle Province Autonome e aggiornata poi nel 2003, a chiarire definitivamente la struttura e i contenuti minimi che gli studi devono soddisfare per la loro certificazione. I macro ambiti di analisi sono la fattibilità tecnica; quella economico sociale; quella finanziaria; quella ambientale e quella amministrativo-procedurale. F ino al 208 la normativa sugli studi di fattibilità è rimasta sostanzialmente invariata; poi, con la pubblicazione del terzo correttivo del Codice, il D.Lgs. 152/2008, è stata modificata la disciplina delle opere in Proj ect F inancing e con essa il ruolo degli studi di fattibilità. Tuttavia, nonostante le modifiche normative e i continui riferimenti alle verifiche di fattibilità, nessuno strumento di legge aveva ancora chi arito i contenuti minimi degli studi. Pertanto, per fare ch iarezza, sul ruolo fondamentale assunto dagli studi nelle gare di Proj ect F inancing, l’ A utorità per la V igilanza sui C ontratti Pubblici h a pubblicato, nel gennaio 2009, la Determinazione n. 1 Linee guida per l’affidamento delle concessioni di lavori pubblici mediante le procedure previste dall’articolo 153 del D.Lgs. 163/2006 a cui sono allegate le Linee guida per la compilazione dello studio di fattibilità. La finalità della Determinazione è individuare chiaramente i contenuti minimi inderogabili dello studio, in particolare quando questo sia posto a base di gara. Per opere di particolare complessità ed importanza, per le quali la redazione dello studio è certamente complessa, la D etermina suggerisce, quindi, di sottoporlo a una conferenza di servizi preliminare, per individuare in modo « rapido » quali siano le autorizzazioni da ottenere nei successivi livelli di progettazione. Come si è detto, fino al 2008 per indicazioni sui contenuti degli studi occorreva fare riferimento alla G uida NUV V e alla D etermina A V C P; l’ individuazione puntuale dei contenuti è avvenuta con il Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 206, n. 163, n. 207 del 5 ottobre 201 entrato in vigore a giugno del 2 01. La trattazione specifica relativa alle componenti minime in cui si articola lo studio di fattibilità è precisata nel successivo C apitolo 9, al paragrafo 9.2.3. In questa sede può essere interessante ricordare a titolo esemplificativo come in seguito alla pubblicazione del Regolamento, la Regione Piemonte ha approvato con propria D G R le Linee G uida Regionali per la redazione degli studi di fattibilità1 introducendo tre distinti livelli di approfondimento, indipendentemente dall’ importo dell’ opera oggetto dello studio.
Fig. 5.4 Livelli di approfondimento degli studi di fattibilità. Fonte: Linee Guida Studi di Fattibilità, Regione Piemonte, 2012 1
Capitolo 5
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http://www.regione.piemonte.it/programmazione/vetrina/studi-di-fattibilit-linee-guida-regionali.html
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Le valutazioni di fattibilità
205
Questa struttura ci pare possa avere da un lato la funzione di guidare i tecnici (professionisti e funzionari regionali) nella redazione e nella verifica dei contenuti degli studi; dall’altro di proporre modelli più o meno semplificati per consentire di affrontare ogni caso con il giusto approfondimento. Per completezza, si segnala che le linee guida regione Piemonte sono state approvate anche a livello nazionale, nel gennaio 2013, dalla C onferenza delle Regioni e delle Province autonome e sono pubblicate da ITA C A (Istituto per l’ innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) sul proprio sito web2 . Per anticipare brevemente i contenuti dei prossimi paragrafi, è importante segnalare ch e il cuore dello studio di fattibilità è l’ analisi della domanda, ch e assume un’ importanza decisiva per la giustificazione finanziaria (redditività) ed economico-sociale (utilità) dell’ investimento. C ome si vedrà più avanti, da questa (analisi della domanda) derivano le analisi economico-finanziarie ed economico-sociali: pur essendo tra loro strutturalmente simili, la prima analisi considera solo i costi e i ricavi finanziari senza considerare gli eventuali costi e benefici economici per la collettività (oggetto della seconda analisi). 5.2.2
L’analisi delle alternative
Nel valutare l’ opportunità di un determinato investimento pubblico, uno dei momenti fondamentali è rappresentato dall’ analisi delle alternative3 , con la conseguente scelta della soluzione migliore. Per consentire una scelta ragionata, occorrerà innanzi tutto che le alternative siano ben distinguibili, e dunque delineate e descritte in modo completo. A nche se il livello di dettaglio in questa fase non potrà essere approfondito, la descrizione riguarderà sia il profilo tecnico funzionale sia quello economico finanziario, nonché gli aspetti sociali, ambientali, ecc. D alla loro descrizione devono emergere in modo chi aro le differenze ch e intercorrono tra le varie soluzioni, con i relativi punti di forza e di debolezza, in modo da disporre di un quadro chi aro ch e consenta la scelta di quella più consona in ragione delle esigenze e del contesto. Le diverse alternative, in linea di massima, possono riguardare due aspetti: la localizzazione e la caratterizzazione dell’ opera. Per quanto riguarda la localizzazione, si tratta della scelta del lotto (per opere puntuali) o del percorso (per opere a rete) migliore per la sua realizzazione. In entrambi i casi la scelta potrebbe inoltre porsi tra nuova costruzione o riutilizzo, completo o parziale, di strutture esistenti. Per la caratterizzazione dell’ opera, ci si può trovare di fronte a scelte anche molto diverse, sotto differenti profili. Vi sarebbe anch e un altro elemento, più generale, ch e dovrebbe essere valutato nella fase di programmazione di investimenti pubblici: l’ opportunità di investire in una tipologia di opera piuttosto ch e in un’ altra. O, anzi, di non investire affatto. D ata cioè una certa disponibilità di risorse, l’ A mministrazione Pubblica potrebbe trovarsi a dover decidere se investirle per realizzare un tipo di servizio piuttosto che un altro. C ome detto, si tratta però di una scelta « a monte » dello S dF , ch e infatti di solito si concentra sulla tipologia d’ opera su cui si è già scelto di investire. In assenza di alternative, è sempre opportuno non dimenticare di considerare la http://www.itaca.org/news+dettaglio.asp?ID=356. Nello S tudio di F attibilità, tale analisi è parte integrante della relazione illustrativa (art. 14, del DPR 207/2010). 2 3
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c.1, lettera b
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206
Manuale di estimo
cosiddetta a ternati a ero4, ch e corrisponde al non far nulla (cioè non realizzare l’ opera) : anche in questo caso, sarebbe opportuno segnalare se e per quali ragioni essa viene scartata. L’ esame delle alternative, fatto salvo per casi di evidente prevalenza della convenienza verso una di esse, si affronta con metodologie che si basano su valutazioni oggettive: i metodi di aiuto alla decisione più diffusi sono le analisi multicriteri. roce i eto i V arie sono le metodologie utilizzabili5 (l’ na tic ierarc ectre, ecc.) ma i dati occorrenti per applicare i modelli sono in sostanza gli stessi. Una volta inquadrate e descritte le alternative, occorre individuare i criteri utili alla scelta, che dipendono dai requisiti che l’ opera dovrà soddisfare. Inoltre, l’ individuazione dei prerequisiti essenziali permette di scartare fin da subito le soluzioni che non permettono di garantirli; a tal proposito, si sottolinea che taluni criteri in realtà fondamentali non verranno presi in considerazione per l’ analisi proprio perché sono troppo importanti per considerare alternative insufficienti da tale punto di vista. Si tratta, infatti, di prerequisiti. A prescindere dalla metodologia scelta, e anche qualora la facilità del caso consenta una valutazione più sommaria, il confronto avverrà tra alternative (o coppie di alternative) in merito a ciascun aspetto considerato. Introducendo un adeguato sistema di pesi6 , che tenga conto dell’ importanza relativa dei vari criteri, si giunge ad un ordine di preferenza delle alternative, dalla migliore alla peggiore. Oppure alla selezione della migliore o, se l’ obiettivo fosse l’ individuazione di più soluzioni meritevoli, quantomeno allo scarto delle peggiori. 5.2.3
Piano economico finanziario
Il passo preliminare alla definizione dei costi e dei ricavi generati dall’opera è la scelta del modello gestionale; poiché ciascuna tipologia di opera la gestione può implicare modelli di gestione (pubblica o privata) differenti, più o meno complessi; la normativa (D .P.R. 207/2010) richiede allo studio di fattibilità di verificare la possibilità di realizzazione mediante i contratti di partenariato pubblico privato. Il Piano Economico Finanziario è lo strumento con cui si verifica la fattibilità finanziaria di un investimento. C ome si è visto lo studio di fattibilità deve determinare sia la convenienza privata (con il PE F , appunto) , sia quella pubblica (con l’ A nalisi C osti B enefici di cui si parlerà nel prossimo paragrafo). Per determinare la struttura di un PEF si parte dalla definizione dell’orizzonte temporale e dalla riclassificazione dei dati previsionali di bilancio (Borghi, 2009), ovvero estrapolare dal conto economico e dallo stato patrimoniale (il cosiddetto bilancio di esercizio) le informazioni della gestione operativa per la definizione dei flussi di cassa operativi7 . Per quanto riguarda l’ arco temporale di riferimento (che spesso sarà lo stesso adottato nell’ analisi di convenienza economico-sociale) , la guida Nuvv suggerisce come dato 4 L’ alternativa zero non va intesa come una mancata risposta all’ esigenza, ma come la possibilità di attuare un miglioramento del funzionamento di opere già presenti. 5 Per maggiori approfondimenti, cfr. capitolo 5.3. 6 La somma dei pesi di tutti i criteri deve essere pari a 1 se su base decimale, al 10% se su base percentuale. 7 Per i casi più complessi, spesso, vengono elaborati separatamente conto economico, stato patrimoniale, flussi finanziari, budget di cassa.
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
medio di riferimento un periodo di 20 anni, lasciando tuttavia la possibilità di scostarsi8 da tale valore in conseguenza alla specificità dell’ opera. La normativa, invece, cita altri riferimenti: art. 143 c. 6, D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. « La concessione ha di regola durata non superiore a trent’ anni ». Il fattore tempo non va sottovalutato: ridurre o ampliare la durata di una concessione modifica positivamente o negativamente la redditività dell’ opera, senza tuttavia intervenire su altri fattori di costo o di ricavo. Poiché il piano riflette gli esiti futuri di un determinato investimento iniziale, l’ analisi deve essere accurata sia relativamente agli aspetti di realizzazione dell’opera (investimento e suo finanziamento) che a quelli di esercizio* (costi, ricavi e interventi di sostituzione o rinnovo) .
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Indici ISTAT-FOI Nelle ipotesi più semplificate non è previsto che i valori di input (costi e ricavi) siano indicizzati all’inflazione, pur generandosi in un periodo oggetto di aspettative inflazionistiche; scegliendo di procedere ad elaborazioni in tal senso, la base di riferimento è costituita dagli indici ISTAT-FOI ed eventualmente dalle stime della Banca d’Italia per le attese inflazionistiche di breve periodo. Il FOI, Indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati pubblicato è aggiornato periodicamente dall’ISTAT. L’ISTAT fornisce un quadro chiaro della situazione pregressa attraverso le serie storiche di indici; da questi andamenti passati, ad esempio attraverso generazione di serie casuali, è possibile ipotizzarne la tendenza futura. Nei casi più complessi, poi, è possibile stimare anche gli eventuali tassi di crescita di utili e flussi. Per approfondimenti cfr. Pedriali F. (2001), Principali metodi di valutazione aziendale nel contesto dell’evoluzione finanziaria, Franco Angeli, Milano.
S ulla base di quanto previsto nella analisi domanda-offerta, nel modello gestionale dell’ opera e nella fattibilità tecnica occorre innanzitutto quantificare i costi sostenuti per realizzare l’opera negli gli anni di cantiere e per gli eventuali interventi di rinnovo. Tale voce di costo è una delle principali spese di un investimento di natura edilizia e comprende il totale dei costi desumibili dal Quadro Tecnico Economico, ovvero il costo di realizzazione definito dalla somma del costo di costruzione (costo di produzione dell’ opera, che in questa fase viene in genere determinato per via parametrica e per singola funzione) e di somme aggiuntive (per le opere pubbliche anche dette somme a disposizione della stazione appaltante e comprendono eventuali spese per l’ acquisizione di aree o immobili, spese di progettazione, acquisto arredi, imprevisti, IV A , ...) . Il valore così determinato viene normalmente inputato nei primi periodi del piano (T = 0-1-2), cioè quelli in cui effettivamente si realizza l’opera. Se si prevede un cofinanziamento iniziale, che riduca l’ investimento « privato » la quota che deve essere indicata nel Piano è quella reale di investimento da parte dell’ operatore9 . Per la definizione del valore degli interventi di rinnovo o sostituzione occorrerà considerare la durata economica di arredi, strumentazioni e beni accessori, oltre che la quota percentuale prevista in sostituzione. In termini edilizi anche la manutenzione straordinaria può essere intesa come rinnovo degli elementi archi tettonici e funzionali. Il testo unico per l’edilizia ne dà la seguente definizione: art. 3. c.1b [...] per interventi di manutenzione straordinaria si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici [...]. Anche in questo caso occorre stimare l’importo (varia in
8 È infatti possibile ridurre o allungare tale orizzonte in funzione di particolari tipologie di opere o dello specifico modello gestionale previsto. 9 S e ad esempio il 10% dell’ intervento edilizio è coperto da risorse pubbliche , l’ investimento dell’ operatore privato riguarderà opere accessorie o arredi e non corrisponderà certamente al totale del QTE .
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funzione della tipologia di opera, in genere assunto tra il 3% e il 5% dell’ investimento iniziale1 0 ) e riferirlo ad un preciso momento temporale (normalmente ogni 10- 15 anni) .
I costi di gestione Il passo successivo richiede di quantificare, per ciascun anno, i costi di esercizio o di funzionamento (quali ad esempio utenze, personale, forniture, ...) e le spese per la manutenzione ordinaria (necessarie per le piccole sostituzioni e gli interventi di modesta entità, generalmente assunte pari allo 0,5% dell’ investimento iniziale) . Per utenze si intendono le spese sostenute per il funzionamento della struttura (riscaldamento, acqua, energia elettrica, reti e telefonia, ...) ; come per il costo di investimento, anche in questo caso si ragiona parametricamente1 1 per valori al metro cubo (in genere il riscaldamento) oppure al metro quadro (la maggior parte delle altre utenze) . I costi per il personale stimano la spesa lorda complessiva1 2 sostenuta dalla società, eventualmente formulando ipotesi sul personale a tempo pieno e su quello part-time. S e è prevista una voce (distinta dal personale) per gli affidamenti di servizi (per citarne solo alcuni possibili: la pulizia e la sorveglianza degli spazi) , allora la stima dovrà essere parametrata alle dimensioni della struttura e alla frequenza del servizio (ore settimanali, giorni/settimana, ...).
I ricavi di gestione La stima del numero di utenti, è come si è detto, un punto cruciale dell’ analisi, sia che si tratti di un’opera pubblica, sia che questa venga realizzata e/o gestita da soggetti privati. Poiché , inoltre, qualora sia previsto il pagamento di un biglietto, la quantità di domanda è certamente influenzata dal piano tariffario adottato (in termini di importo e di tipologie di agevolazioni e/o sconti offerti; ad esempio sulla quantità o sul mix di servizi tra loro collegati) , occorre non trascurare anche questi aspetti, solo apparentemente di dettaglio. In termini di entrate, quindi, occorre calcolare puntualmente i rientri tariffari (e/o eventuali contributi-pubblici) sulla base degli utenti potenziali; a titolo di esempio sono possibili: ricavi da tariffe, da affitto degli spazi, da pubblicità, da contributi a fondo perduto ecc. Operativamente, prima di costruire il PE F occorre calcolare il bacino di utenza e fare un bilancio tra domanda potenziale e offerta esistente, per verificare che esista una quota di domanda insoddisfatta che « motivi » in qualche modo la realizzazione dell’ opera. Si definisce « bacino d’utenza »1 3 l’ambito geografico di provenienza dei potenziali 1 0 Non tutte le fonti sono concordi sul valore qui indicato, anche in ragione della tipologia di destinazione d’ uso: ne i in e ti enti i obi iari (op. cit., 201) Prizzon afferma che nel caso di edilizia residenziale al termine della vita utile del bene (70 anni) , si è speso in manutenzione almeno quanto investito al momento iniziale. Re C ecconi, invece, ne a a ta ione eg i in e ti enti i obi iari (op. cit. 205) afferma che secondo la Royal Academy of Engineering, i costi di un fabbricato ad uffici per 30 anni sono nel seguente rapporto: 1 = costi iniziali; 5 = costi di manutenzione; 20 = costi di gestione. 1 1 Il riferimento è chiaramente lo storico dell’edificio (se per questo si è intervenuti con una ristrutturazione) oppure casi simili (non tanto in termini di tipologia di edificio, quanto di tipologia di servizi offerti). 1 2 Se si immagina che tutte le figure abbiano un rapporto stabile di lavoro, deve essere calcolata anche la quota per l’ accantonamento del TF R, corrispondente, ogni anno, circa ad una mensilità dello stipendio lordo percepito. In casi particolari (strutture socio-assistenziali, per l’ erogazione di attività didattiche , ...) possono essere considerati anche eventuali costi per la formazione specifica del personale. 1 3 Nel caso la stessa opera preveda più funzioni insediate, può essere opportuno determinare bacini d’ utenza differenti per ciascuna di esse.
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utenti dell’ opera e la sua corretta delimitazione è importante per l’ impostazione di una buona analisi della domanda. Per la sua definizione occorre determinare la distanza massima, in termini temporali, percorribile per usufruire del servizio offerto. Partendo quindi dalla localizzazione dell’ intervento, si determina la posizione dei punti di arrivo di ciascun percorso, secondo il mezzo di trasporto impiegato, nell’ arco di tempo stabilito1 4 . La linea di congiungimento di questi punti, su tutti i percorsi possibili, detta isocrona, è il confine ideale del bacino d’utenza dell’opera. Partendo dal numero totale di abitanti della zona, si cerca cioè di determinare1 5 quale porzione di popolazione (divisa per età, genere, ecc.), è potenzialmente interessata ad usufruire dell’opera, applicando opportuni coefficienti che tengono conto della quota percentuale di popolazione interessata. Una volta determinata la percentuale di popolazione interessata, viene moltiplicata per il numero effettivo di abitanti e per la frequenza di utilizzo; si ottiene così la quantità di domanda potenziale1 6 . A questo punto ci si sofferma sui competitori, ovvero su quella quota parte di domanda già intercettata dal mercato, cioè già soddisfatta da beni e/o servizi esistenti. Per farlo, occorre individuare all’ interno del bacino di utenza tutte le opere analoghe a quella oggetto di studio e analizzare quale porzione di domanda soddisfino, saturando (in tutto o in parte) la richi esta. S arà quindi necessario, per ciascuna struttura riconosciuta come competitore, individuare informazioni puntuali quali ad esempio le ore di servizio erogato, la capacità complessiva (in termini di numero di utenti contemporanei) , la percentuale di utilizzo, gli eventuali turni di servizio ecc. F acendo poi la differenza tra domanda potenziale e domanda soddisfatta si determina l’ eventuale domanda residua, ch e può evidenziare uno spazio nel mercato oppure, al contrario, una situazione già satura. Si tratta evidentemente di una semplificazione, giacché se il servizio offerto dalla nuova opera è nettamente migliore si può pensare che vada a sottrarre domanda alla concorrenza. Per contro, anche in presenza di una quota parte di domanda residua, a fronte di un servizio di qualità inferiore a quanto già esistente, può non essere in grado di catturare un numero di utenti sufficiente ad un ottimale funzionamento. D eterminata, quindi, la domanda residua, stimati i costi e i ricavi di gestione, si passa alla redazione del piano economico finanziario per la verifica di fattibilità finanziaria vera e propria. Il Piano E conomico F inanziario (PE F ) rappresenta quindi il momento di sistematizzazione dei dati e delle ipotesi inerenti l’ investimento; la struttura ricalca quella tipica delle analisi degli investimenti attraverso il criterio dei flussi di cassa (tra cui anche l’ analisi costi ricavi – A C R – citata dal legislatore1 7 ) , che mirano a ricercare il risultato attuale netto dell’ investimento relativo all’ intervento o servizio progettato. Dopo aver riportato per ciascun periodo (colonna) e per ciascuna tipologia di costo/ 1 4 C ome detto, il tempo è un fattore fondamentale: più le ricadute dell’ opera sono a livello locale, più sarà minimo il tempo di spostamento ammesso. A d esempio è poco credibile che un atleta non professionista utilizzi per la sua pratica sportiva un impianto che dista più di mezz’ ora dal suo luogo di residenza abituale perché ciò significherebbe un’ora di spostamento complessivo, giustificabile forse solo in ragione di particolari dotazioni di spazi sport o di macchi nari. 1 5 Per far ciò , si possono utilizzare indagini già effettuate o eseguirne ad hoc su un campione adeguato (mediante questionari, interviste, ecc.) , tenendo però presente che si tratta di studi abbastanza costosi e che richi edono molto tempo. 1 6 D e B enedittis, M ingolla, S cacche ri (197) . 1 7 Poiché per consuetudine le ACR sono legate alla verifica preventiva di investimenti immobiliari, in cui è presente una fase di costruzione e di vendita, si ritiene che fosse intenzione del legislatore indicare comunque un’analisi del tipo a flussi di cassa, qui in specifico rappresentata dal piano economico finanziario.
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ricavo (riga), il corrispondente valore monetario, si giunge alla definizione di un primo flusso economico importante per le successive valutazioni sulla convenienza economico finanziaria del progetto. Si definisce Margine Operativo Lordo (MOL1 8 ) la differenza, periodo per periodo, tra i ricavi lordi effettivi e i costi operativi.
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MARGINE OPERATIVO LORDO
Aliquote d’ammortamento Secondo i principi contabili elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, l’ammortamento rappresenta la ripartizione del valore di un’immobilizzazione tecnica tra gli esercizi della sua vita utile e che, fiscalmente, la vita utile del bene viene determinata da coefficienti stabiliti con Decreto del Ministro delle Finanze previsti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.
= RICAVI – COSTI – ACCANTONAMENTI
S e indich iamo con A il totale dei ricavi e con D il totale dei costi (B , di investimento; C , di gestione) , il M OL si ottiene dalla semplice operazione (A – D ) , al netto degli accantonamenti1 9 (E , tra cui il già citato fondo TF R legato ai costi del personale) . Le successive fasi di costruzione del PE F richi edono poi di individuare tutti gli ammortamenti riferibili al progetto (dell’ investimento iniziale e di quelli successivi di rinnovo, di arredi e di attrezzature specialistich e, ...) . A livello teorico l’ ammortamento è un procedimento contabile con cui si ripartiscono su più esercizi (anni) i costi sostenuti per le immobilizzazioni (investimenti) immateriali, materiali e finanziarie. Per la corretta definizione degli ammortamenti la base di riferimento è rappresentata dal TUIR, in cui vengono indicati i metodi da applicare e le modalità di calcolo/imputazione delle aliquote d’ ammortamento*. REDDITO OPERATIVO
= MOL – AMMORTAMENTI
S e indichi amo con F il margine operativo lordo calcolato come sopra descritto e con G il totale degli ammortamenti, il reddito operativo (RO) si ottiene come F – G . Per quanto riguarda, poi, il costo dei finanziamenti, viene identificata una struttura dei tassi d’interesse idonea a rappresentare il costo-base (tasso-base) dei finanziamenti cui si dovrà aggiungere il « margine » richiesto dai finanziatori in funzione del livello di risch io associato al progetto; non si può pensare, infatti, ch e l’ intera operazione venga fatta con disponibilità di capitale privato ovvero che l’ impiego di questo non preveda una sorta di remunerazione. A questo punto del quadro finanziario, quindi, occorre determinare gli interessi passivi (di breve e di medio-lungo termine) derivanti dal rimborso dell’ eventuale capitale prestato per l’ investimento iniziale e di quello talvolta resosi necessario in periodi di ricavi inferiori ai costi per fabbisogno di cassa. In linea teorica sono anch e previsti gli eventuali interessi attivi generati dai ricavi, anche se in genere si concentrano negli ultimi periodi della simulazione e ha nno un impatto minore in termini di valore. utile lordo
= reddito operativo – oneri finanziari
S e indichi amo con I la somma algebrica degli interessi dovuti e di quelli eventualmente percepiti e sottraiamo tale valore al reddito operativo , otteniamo l’ utile lordo B orghi (209) . Il cui scopo è , appunto, l’ accantonamento di denaro per far fronte a spese future di una certa entità. C fr. Pedriali, op. cit. A mmortamenti e accantonamenti sono costi non monetari e cioè non rappresentativi di veri e propri utilizzi di risorse finanziarie, ma che contribuiscono alla riduzione del reddito imponibile. 1 8 1 9
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(L), lordo perché occorre ancora tenere conto dell’imposizione fiscale (tasse e imposte). In tal senso è necessario considerare l’ impatto dell’ imposizione diretta ed indiretta sul livello di redditività del progetto e sulla sua capacità di far fronte al rimborso dei finanziamenti accesi. Per lo sviluppo dell’ ultima parte del piano, quindi, si considerano le tipologie, le modalità di calcolo e di versamento delle imposte dirette considerate; occorrerà individuare, oltre all’ IRE S (imposta sul reddito delle società) , le ulteriori imposte sul reddito d’ impresa quali ad esempio l’ IRA P (imposta sul reddito delle attività produttive) . A nche in questo caso la base informativa è il Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR – che fornisce indicazioni per determinare il corretto imponibile e verificare le aliquote applicabili; per le imposte addizionali sul reddito d’ impresa da considerare occorre riferirsi alla normativa regionale e/o comunale. Una ulteriore voce di costo è rappresentata dall’imposizione indiretta con le relative modalità di trattamento nel corso della gestione operativa (ad es. le opzioni per la gestione dell’ IV A 2 0 sugli investimenti; in questo caso la base informativa principale è rappresentata dal D.P.R. 633/72 e le successive circolari interpretative). In questo modo si giunge alla determinazione dell’ utile netto (N) ottenuto detraendo le tasse dall’ utile lordo e successivamente anche il margine operativo netto (O) , ottenuto aggiungendo ad N gli ammortamenti precedentemente detratti. UTILE NETTO
= UTILE LORDO – TASSE = UTILE NETTO + AMMORTAMENTI
MARGINE OPERATIVO NETTO
Gli indicatori di redditività L’analisi della convenienza finanziaria legata ad un investimento può essere impostata facendo riferimento a diverse metodologie di valutazione2 1 . Le più comunemente utilizzate sono quelle basate sul calcolo di specifici indicatori idonei a fornire un giudizio sintetico sulla capacità dell’ investimento di creare valore e generare un’ adeguata redditività; tra questi, il criterio di valutazione basato sul calcolo del V A N, V alore A ttuale Netto, ampiamente introdotto nel Par. 5.1. Se nel caso specifico il capitale investito risulta al 100% capitale da prestito (ipotesi del tutto teorica) , allora il saggio di attualizzazione attraverso cui si calcola il V A N è pari al rendimento netto di un investimento a rischi o nullo di pari durata temporale; se invece tutto il capitale investito è proprio degli azionisti, allora il saggio sarà pari al costo del capitale proprio2 2 . Se, infine, la struttura finanziaria ipotizzata prevede anche l’utilizzo di capitale proprio, allora viene calcolato come media ponderata del costo del capitale proprio e del costo del capitale di debito (W A C C – eig te erage o t of apita ) . 2 0 V olutamente l’ analisi non approfondisce un aspetto tipicamente contabile quale l’ IV A . In alcuni casi tuttavia può essere comunque utile evidenziarne l’ ammontare per tener conto di eventuali riduzioni del margine totale. 2 1 Cfr. Pedriali (2001), op. cit. L’autore distingue tra il metodo dell’attualizzazione dei flussi di cassa, quello dei multipli di mercato; quello patrimoniale-reddituale e la teoria delle opzioni. S empre sulle stesse tematiche Massari e Zanetti (2008) individuano l’approccio basato sui flussi di risultato, quello sull’econo ic profit, quello comparativo e quelle patrimoniale. 2 2 Per stimare il costo del capitale proprio su può utilizzare un modello rischi o-rendimento (ad esempio il metodo C A PM ) oppure un modello di crescita dei dividendi.
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È opportuno ricordare che la formula del W A C C adottata nell’ ambito delle valutazioni d’ impresa risulta essere la seguente2 3 : WACC = K E ⋅
E D + KD ⋅ ⋅ (1 − t ) E+D D+ E
dove: E = capitale proprio (o capitale di rischi o) ; D = indebitamento (o capitale da prestito) ; KE = tasso di rendimento del capitale di rischi o; KD = tasso di rendimento sull’ indebitamento; t = aliquota fiscale applicata. La formula, come dice il nome, « pesa » la redditività in funzione delle percentuali di apporto di capitale, siano esse proprie o di debito. Ke rappresenta quindi il rendimento atteso per la quota di capitale investita direttamente dall’ operatore; Kd, invece, si riferisce al rendimento richiesto dall’istituto di credito che ha concesso il finanziamento. S empre con riferimento ai contenuti del Par. 5.1, si ricorda che un V A N positivo (ricavi attualizzati superiori ai costi attualizzati) non è sufficiente da solo2 4 a mostrare la bontà dell’ investimento per un operatore privato (si sa solo, infatti, ch e esiste un margine, ma non si è in grado di stabilire se questo sia congruo alle attese di remunerazione del capitale investito) . Occorre quindi ricorrere ad un altro indicatore che tenga conto di questo aspetto, e cioè il TIR, tasso interno di rendimento ( nterna Rate of Ret rn, IRR) . C ome indicatore di redditività il TIR appare decisamente significativo: gli interventi accettabili saranno tutti quelli che garantiranno un TIR superiore ad una soglia minima predefinita dall’ operatore.
La verifica della bancabilità25 V olendo poi, osservare la sostenibilità dell’ investimento periodo per periodo, è necessario introdurre nuovi criteri di valutazione basati sugli indici di bancabilità. La sostenibilità finanziaria di un progetto può, infatti, essere espressa anche in termini di bancabilità2 6 facendo riferimento a particolari indicatori capaci di valutare il margine di « sicurezza » su cui i soggetti finanziatori possono contare per essere garantiti sul puntuale pagamento del servizio del debito. I principali coefficienti di copertura considerati sono il ebt er ice o er Ratio (D S C R) ed il oan ife o er Ratio (LLC R) . Il DSCR è pari al rapporto, calcolato per ciascun periodo di durata dei finanziamenti, fra il flusso di cassa operativo generato dal progetto e il servizio del debito comprensivo di quota capitale e quota interessi. Il significato di tale indicatore risulta di facile e diretta M assari, Z anetti (204) , e anche M assari (198) . Prizzon (201) ; B ravi, F regonara (204) . 2 5 L’ importanza degli aspetti di bancabilità anche a livello procedurale ha portato nel 201 alla pubblicazione di una norma UNI/TS 11453:2012, che tratta appunto questo tema ( inee g i a per iter i finan ia ento per e co tr ioni riteri e para etri o ogenei i ge tione econo ico finan iaria nei progetti) . 2 6 M assari e Z anetti (20 04) . 2 3 2 4
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interpretazione: un valore uguale o superiore all’ unità rappresenta la capacità dell’ investimento di liberare risorse sufficienti a coprire le rate del debito spettanti ai finanziatori. Il valore minimo del quoziente, per risultare accettabile, non può comunque essere pari ad uno poiché in tal caso risulterebbe compromessa, fino al totale rimborso del debito, l’ eventuale possibilità di erogare dividendi agli azionisti. Il LLCR è definito come il quoziente tra la somma attualizzata dei flussi di cassa disponibili per il D ebt S ervice, compresi fra l’ istante di valutazione e l’ ultimo anno previsto per il rimborso dei finanziamenti, e il debito residuo considerato allo stesso istante di valutazione. Il numeratore del rapporto rappresenta quindi il valore (attuale) dei flussi generati dal progetto su cui i finanziatori possono contare per il futuro rientro delle somme ancora dovute (espresse al denominatore) . In virtù di quanto esposto risulta pertanto ch iaro ch e, più l’ indice di copertura considerato assume valori superiori all’ unità (punto di equilibrio), maggiore risulterà la solidità finanziaria dell’investimento e la garanzia del rimborso ottenuta dai finanziatori. A completamento dell’approfondimento fin qui delineato può risultare interessante comprendere se, a fronte di nuovi scenari, il modello previsionale possa adattarsi creando comunque valore. Nella finanza classica questo concetto veniva analizzato come un fattore di rischio, mentre nelle più recenti applicazioni valutative si parla di flessibilità di gestione2 7 e si fa ricorso al cosiddetto filone delle opzioni reali2 8 . In estrema sintesi, secondo questa metodologia, il valore di un progetto è dato dalla somma del valore dell’ ipotesi di base più i valori di opzione, cioè gli incrementi o le riduzioni dovuti a scenari più o meno favorevoli2 9 legati ciascuno ad una probabilità che si verifichi l’evento. Per completare l’analisi della fattibilità economico finanziaria, si suggerisce (in quanto indicato come contenuto nella G uida Nuvv e nella determina dell’ A utorità di V igilanza, ma non nell’ ultimo riferimento normativo) l’ analisi di sensibilità ed eventualmente quella di rischi o (più accurata ma più complessa) . L’ analisi di sensibilità consiste nell’ esaminare la variazione dei risultati finanziari ed economici in relazione a variazioni delle voci di costo, di ricavo e dei benefici più significative. Lo scopo è quello di individuare le variabili chiave dell’analisi e di identificare le aree di maggiore incertezza, consentendo un eventuale monitoraggio finalizzato. L’analisi di sensibilità può esser condotta relativamente a qualunque analisi economica o economico finanziaria; in particolare, è molto utile per testare dati di input e risultati del piano finanziario e dell’analisi costi-benefici. Si tratta quindi, innanzitutto, di definire ipotesi significative di variazione dei valori dei costi, dei rientri e dei benefici e di quantificarne i risultati finanziari ed economici, esponendo gli effetti di queste modifiche. L’analisi si conduce facendo variare una variabile per volta e andando poi a leggere la variazione percentuale così determinata negli indicatori di redditività. Ovviamente vengono scelte soltanto quelle significative, che hanno cioè un peso di una certa rilevanza, in termini di importo, nell’ investimento. I risultati vengono poi raccolti in un grafico, che riporta la variazione percentuale dell’indicatore in esame (VAN, TIR, ...) per effetto di una modifica ad una delle variabili considerate. Il limite di questo tipo di analisi, risiede tuttavia proprio nel fatto che le variabili vengono A ncora M assari e Z anetti (op. cit.) . A d esempio: M oretto e D ’ A lpaos (206) ; D ’ A mato (205) ; B ravi (2013) . 2 9 Parlare di scenari più o meno sfavorevoli può ricondurre al concetto di equivalente certo, cioè quel meccanismo che porta a ricondurre situazioni incerte a risultati che si ritiene possano essere verificati con sicurezza. Per eventuali approfondimenti sulle ti it f nction si vedano ancora Massari e Zanetti (????) e Massari, Zanetti (208) . 2 7 2 8
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considerate singolarmente, una alla volta. Per studiare più compiutamente l’ interferenza di variazioni contemporanee multiple, è invece necessario condurre un’ analisi di risch io3 0 , con lo scopo di identificare gli scenari sfavorevoli che possono incidere sulle condizioni di fattibilità dell’ opera (realizzazione e gestione) . S inteticamente3 1 il fine consiste nel misurare probabilisticamente i limiti ed i risch i insiti nel progetto, ch e possono influenzare i risultati economici e finanziari. Le condizioni di incertezza che il progetto deve affrontare (in particolare le situazioni « peggiorative » rispetto a quanto previsto) possono riguardare una gamma molto vasta di aspetti: i tempi di realizzazione, gli impatti ambientali, la variabilità della domanda, l’ evoluzione tecnologica, i costi, ecc. 5.2.3
Analisi Costi-Benefici
L’ analisi economico-sociale di un’ opera pubblica, condotta in maniera indipendente o all’interno di uno SdF, ha lo scopo di verificare il grado di utilità dell’intervento per la collettività. L’analisi economica è per struttura simile a quella finanziaria3 2 , ma permette di tenere conto anche degli eventuali costi e benefici economici non derivanti dai flussi finanziari, cosiddetti esterni o indiretti. In sostanza, i concetti di benefici e costi dell’analisi economica hanno un significato, come si vedrà, talora simbolico ma più vasto di quelli di entrate e uscite dell’analisi finanziaria, riferendosi alla collettività e non al singolo investitore. Qualora la complessità o la dimensione dell’ intervento richi edano uno S dF con livello di approfondimento elevato, un’ analisi economico-sociale completa ed esaustiva coinciderà con una vera e propria Analisi Costi-Benefici (ACB); mentre per opere di minore rilevanza sarà possibile redigere un’ACB semplificata. Oppure, in via ancor più sintetica, procedere alla sola individuazione dei principali costi e benefici derivanti dalla realizzazione dell’ opera, senza valutarne l’ entità in maniera precisa o individuarne un corrispondente valore monetario. L’individuazione delle principali componenti di costi e benefici è , in ogni caso, punto di partenza necessario alla conduzione di un’ A C B di qualsivoglia livello di approfondimento; la valutazione dell’ entità di tali voci dipende poi dal rigore necessario in funzione della complessità dell’ opera analizzata. Una prima necessaria osservazione riguarda la natura stessa del metodo, identificabile come analisi monetaria basata sulla tecnica dei flussi di cassa attualizzati: per misurare la convenienza economica della collettività, in relazione alla decisione di realizzare una determinata opera pubblica, tutti i costi ed i benefici individuati verranno infatti valutati in termini monetari, stimandone cioè un valore in denaro. C ome meglio illustrato di seguito, si potrà così procedere, in analogia con quanto illustrato a proposito della fattibilità finanziaria3 3 , al calcolo di indicatori di redditività (da 3 0 Si è già visto nei paragrafi precedenti quando e dove possano intervenire correzioni alle previsioni per tenere conto degli effetti del rischi o: in un primo modo agendo sul tasso di attualizzazione (introducendo cioè il premium risk nel RA D R, il risk aduste discount rate) , eventualmente prevedendo scenari più o meno sfavorevoli, ossia rischiosità basse oppure elevate; in un secondo modo agendo direttamente sui flussi e introducendo un coefficiente moltiplicatore (che esprime di fatto l’equivalente certo) dei flussi di cassa che trasforma valori attesi in valori certi. 3 1 Per una trattazione più dettagliata si veda il capitolo 7 del testo B ravi, F regonara op. cit. e la parte seconda del testo B realey, M ye rs, S andri (203) . 3 2 C fr. paragrafo precedente. 3 3 C fr. paragrafo precedente.
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intendersi in senso economico) dell’ investimento. D all’ esame di tali indicatori, e dal confronto tra investimenti alternativi, emergerà poi la convenienza pubblica ad investire nell’ opera analizzata. Per quanto concerne la struttura dell’ACB, ovvero la sua articolazione in parti/capitoli che affrontano le diverse tematiche trattate, essa può, in generale, così riassumersi: • • • • • •
inquadramento generale; individuazione delle ricadute dell’ intervento; analisi domanda-offerta; analisi e quantificazione dei costi e dei benefici; attualizzazione; valutazione della convenienza economica dell’ investimento.
Occorre ricordare che non si tratta di argomenti affrontabili in maniera disgiunta, ma di capitoli interconnessi in modo piuttosto stretto. La loro trattazione andrà pertanto condotta in parallelo, con necessità di numerosi processi di feedback. A nche in funzione di eventuali aggiornamenti sorti in fase di analisi, infatti, potrebbe essere utile integrare e completare quanto già trattato. Per quanto riguarda l’ inquadramento generale, si tratta di descrivere in maniera esaustiva l’ opera, in quanto a caratteristiche , aspetti dimensionali e funzionali, e così via, ricordando anche le esigenze da soddisfare ed i requisiti prestazionali da rispettare. La descrizione è funzionale a rendere chiaro e definito l’oggetto di cui si valuta la convenienza economica3 4 . F ornita una descrizione dell’ opera, sarà dunque utile chi arire, pur in sintesi, la metodologia utilizzata per condurre l’ analisi e gli indicatori scelti per valutare la convenienza economica dell’ investimento. L’ individuazione delle ricadute dell’ intervento è parte cruciale dell’ analisi, e consiste nella corretta individuazione degli effetti attesi, oltre che dei soggetti portatori di interessi. G li esiti attesi sono connessi all’ analisi domanda-offerta, e consistono in quanto ci si aspetta dalla realizzazione dell’ opera in termini di servizio offerto o disponibilità di beni. In altri termini, quali costi saranno necessari e quali benefici verranno generati dall’investimento. Per quanto riguarda i soggetti portatori di interessi, si tratta di individuare tanto l’ utenza futura del bene/servizio quanto tutti coloro che godranno di benefici a carattere diretto o indiretto. O che , per contro, dovranno sopportare dei costi, diretti o indiretti, derivanti dall’ intervento. Questa parte non può essere vista in maniera disgiunta da quella successiva, di analisi e quantificazione dei costi e dei benefici. Più volte si è ricordato come, a differenza dell’analisi finanziaria, in quella economica sia il punto di vista della collettività e non quello del singolo investitore a determinarne la convenienza. Risulta pertanto fondamentale una corretta definizione della collettività (o di vantaggio collettivo condiviso), che dovrebbe allargarsi fino a comprendere tutte le voci di costo e di beneficio. Qui sorge un problema strutturale dell’ A C B , aspetto ch e è stato discusso con vivacità in sede di letteratura specialistica, e ch e coinvolge il concetto di sviluppo comune con 3 4 S e l’ A C B si colloca all’ interno di uno S dF , sarà comunque opportuno richi amare in sintesi quanto già illustrato nel quadro conoscitivo generale dello studio, in modo da consentire un’ agevole comprensione dell’ A C B ma senza ripetere quanto già illustrato nella parte introduttiva.
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obiettivi condivisi dall’ intera collettività. S i è fatto osservare, infatti, che se un’ opera può produrre benefici per certi gruppi sociali, potrebbe però, allo stesso tempo, comportare svantaggi per altri ch e considerano un diverso sistema di valori. Tralasciando, comunque, aspetti forse troppo teorici o in apparenza astratti, spesso ci si trova di fronte a problemi anche sul piano operativo. Pur essendo in teoria usufruibile da tutti, l’ opera interesserà di fatto solo una porzione di popolazione. D a un semplice esempio, appare chi aro come non sia sempre facile quantificare in modo corretto tale collettività: se lo SdF riguarda un’opera pubblica di ambito comunale che riceve un finanziamento regionale, ci si potrebbe infatti chiedere come classificare tale finanziamento. Dal punto di vista delle casse municipali e dei cittadini residenti in quello specifico Comune si tratta, almeno in prima istanza, di un beneficio diretto, che va a ridurre il costo di realizzazione dell’intervento. Per i restanti cittadini residenti in tutti gli altri C omuni della stessa Regione, tuttavia, si tratterà invece di un costo. Occorre però osservare come la spesa incida in maniera minore sul singolo soggetto, essendo ripartita su una parte di popolazione di certo più ampia: un discreto beneficio per una parte di collettività comporterebbe in questo caso un costo ridotto per un’altra. Allo stesso modo, i benefici riscontrabili da utenti residenti al di fuori del bacino di utenza, ma ch e comunque potrebbero usufruire in modo saltuario dell’ opera, saranno con buona probabilità di entità trascurabile. C ome già per il PE F , l’ analisi della domanda-offerta è parte cruciale anche per redigere l’ACB: sia la definizione del reale bacino d’utenza sia l’analisi della domanda effettiva sono, infatti, momenti fondamentali nella determinazione dell’ effettivo bisogno di attuare l’ intervento. La successiva analisi dell’ offerta già presente all’ interno del bacino stesso consente poi di determinare l’ esistenza, o meno, di una domanda residua ancora da soddisfare. La consistenza di tale domanda residua3 5 determinerà il dimensionamento dell’ intervento, da calibrarsi proprio rispetto alla quantità di domanda non soddisfabile senza la realizzazione dell’ opera. A nch e in questo caso, se l’ A C B è parte di uno S dF , l’ argomento sarà già stato trattato nelle parti precedenti ed andrà qui solo rich iamato almeno in quanto ai principali caratteri riscontrati, come ad esempio la definizione geografica del bacino, la distanza massima considerata per la sua delimitazione (in termini temporali, ovvero di tempi di spostamento « sopportabili » per usufruire del bene/servizio offerto), la consistenza della domanda potenziale e quella della domanda residua cui l’ intervento dovrebbe fornire una risposta. Il momento fondamentale e caratteristico dell’ACB è l’analisi e quantificazione dei costi e dei benefici. A proposito di tali voci, occorre operare una prima distinzione tra costi e benefici diretti ed indiretti. Le voci dirette (o interne) sono quelle che competono al soggetto che realizza e gestisce l’ opera; si tratterà dunque soprattutto del costo di realizzazione e di gestione/manutenzione, nonché delle eventuali entrate derivanti dall’esercizio del servizio o della vendita di beni (ad es. rientri tariffari o canoni di locazione) . Per costi indiretti (od esterni) si intendono, invece, quelli sopportati da soggetti diversi da quello cui compete la realizzazione o la gestione dell’ opera. S i può trattare di costi relativi ad opere collaterali all’ intervento ma necessarie per la sua funzionalità, oppure connessi alle attività economiche indotte (ai quali corrisponderanno i relativi benefici esterni), o ancora e terni a ercato cioè relativi a beni e servizi non vendibili (per esempio i costi sociali relativi alla salute, all’impiego del proprio tempo, ecc.). I benefici economici indi3 5 D ifferenza tra la domanda potenziale presente nel bacino e quella già soddisfatta attraverso altre opere e/o servizi.
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retti (o esterni) sono quelli che derivano alla collettività nel suo insieme dalla realizzazione e gestione dell’ opera e sono, dunque, anch’ essi supplementari rispetto a quelli dall’ analisi finanziaria. Si tratta, di certo, di definizioni che possono apparire talora forzate, essendo alcuni costi e taluni benefici sulla linea di confine tra diretto e indiretto, come accade per tutte le classificazioni. Un’ulteriore definizione riguarda i cosiddetti costi e benefici intangibi i, così definiti in quanto non concreti e, soprattutto, non valutabili con facilità, perlomeno in modo diretto, in forma monetaria. C ome già sottolineato, l’ A C B è infatti un’ analisi monetaria, e una stima il più possibile completa di tutti i costi e di tutti i benefici è molto importante in vista del calcolo degli indicatori di redditività, che consentono di determinare se davvero l’investimento apporta più benefici che costi per la collettività. Tuttavia, la stima di alcuni costi e benefici, soprattutto quelli intangibili, può risultare piuttosto difficoltosa. Si pensi, ad esempio, al valore monetario attribuibile a concetti astratti come il miglioramento del benessere, l’ incremento delle aspettative di vita o l’ accessibilità ai beni primari. L’ assegnazione di un valore monetario a tali concetti appare, di per sé , quantomeno riduttiva, oltre che problematica. È tuttavia opportuno effettuare uno sforzo e cercare un modo per determinare un valore monetario, in modo da non trascurare gli effetti di tali costi e benefici. Non tenerne conto, infatti, renderebbe inutile il ricorso all’ACB, consentendo solo una valutazione finanziaria ma non economica. Una metodologia utilizzabile potrebbe essere quella di ricorrere a costi e benefici correlati sì alla tematica in questione ma al contempo identificabili con entità cui si ha meno difficoltà ad attribuire un valore monetario. Per esempio, in relazione alla salute, si possono utilizzare i dati relativi ai costi supportati dal servizio sanitario nazionale concernenti la cura di pazienti affetti da determinate patologie derivanti dagli effetti causati dall’ intervento. A pplicando l’ incidenza percentuale relativa ad un aumento (costo sociale) o una diminuzione (beneficio sociale) della salute, sarà possibile attribuire un valore monetario ad un elemento che di primo acchi to appare piuttosto « sfuggente ». Un altro esempio tipico riguarda la valutazione del risparmio di tempo ascrivibile alla messa in esercizio dell’ intervento oggetto dello S dF . S i tratta ad esempio del caso di nuove infrastrutture di trasporto o della disponibilità di servizi con collocazione più comoda, che determinano una necessità di spostamento di entità inferiore per usufruirne. In questo caso, dato il bacino di utenza circoscritto in precedenza, e considerata la consistenza dell’ utenza attesa derivante dall’ analisi della domanda, si può calcolare il tempo risparmiato in media dall’ utente, da moltiplicarsi poi per il numero totale di utenti. Per determinarne il valore monetario, occorrerebbe in realtà tenere conto di due componenti: la prima rispecchi a il valore attribuibile al tempo di ciascun individuo; la seconda il costo da sostenere per lo spostamento. La prima presenta maggiori difficoltà di stima, legate soprattutto a componenti soggettive. In prima istanza, si potrebbe pensare di utilizzare il costo medio delle ore lavorative dei soggetti coinvolti, facendo riferimento a valori medi qualora non fosse disponibile una più precisa stratigrafia dell’utenza coinvolta (ch e consentirebbe, invece, un maggior dettaglio di analisi) . Tuttavia, per attività legate al tempo libero, tale ragionamento non appare del tutto corretto. S i potrebbe allora pensare di suddividere il costo totale su base mensile (sempre in termini di costo del lavoro, essendo un dato reperibile con facilità) per tutte le ventiquattro ore dei trenta giorni del mese solare. Il valore di un’ ora di tempo del singolo utente risulterebbe così ridotta in modo più corretto. Ulteriori aggiustamenti possono esser effettuati attribuendo opportuni pesi e coefficienti che consentano di smorzare il valore di un’ora di tempo libero rispetto ad un’ ora impiegata sul lavoro.
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Manuale di estimo SITUAZIONE “CON” INTERVENTO COSTI
SITUAZIONE “SENZA” INTERVENTO COSTI
Costi - di investimento - di esercizio - di manutenzione e per rinnovi - ambientali - esterni per privati - esterni per le imprese - ...
Costi - di investimento - di esercizio - di manutenzione e per rinnovi - ambientali - esterni per privati - esterni per le imprese - ...
BENEFICI
BENEFICI
Rientri Finanziari - tariffari e non tariffari - sovvenzioni - valore residuo Benefici Economici - esterni
Rientri Finanziari - tariffari e non tariffari - sovvenzioni
Fig. 5.5
Benefici Economici - esterni
Costi e Benefici con e senza intervento (alternativa zero).
La seconda componente, relativa al costo dello spostamento, appare invece valutabile con maggiore facilità, utilizzando ad esempio le tabelle di costo dei veicoli utilizzate tra l’ altro per i rimborsi su base ch ilometrica degli spostamenti effettuati per lavoro. E cco perché sovente gli analisti decidono di trascurare la prima componente e di tener conto solo di quest’ ultima, valutabile in maniera di certo più oggettiva. Da pochi semplici esempi, emerge comunque come le componenti di costo e beneficio intangibili siano spesso di difficile valutazione, entrando in campi complessi dove si pongono questioni molto più delicate. C ome già accennato, tuttavia, trascurarle può voler dire non tenere conto di una componente importante degli effetti generati dall’ opera analizzata. C iò che si può suggerire, tuttavia, è di cercare di agire in un’ ottica il più possibile cautelativa, sforzandosi di attribuire un valore monetario soprattutto ai costi. Trascurare un beneficio può comportare al massimo una sorpresa positiva in termini di effetti attesi; evitare di tener conto di un costo può avere conseguenze più deleterie. Dato che una delle maggiori difficoltà risiede proprio nell’individuazione esaustiva di tutti i costi e di tutti i benefici connessi all’intervento, per evitare di trascurare qualche elemento, può essere utile far riferimento ai soggetti portatori di interessi individuati in precedenza, analizzando per ognuno di essi gli effetti positivi e negativi derivanti dalla realizzazione dell’ opera. Un altro suggerimento può essere quello di ragionare facendo riferimento al confronto con l’ a ternati a ero3 6 , che corrisponde al non intervenire affatto. Ovvero, di elencare tutti i costi e tutti i benefici della situazione « con intervento » e, allo stesso modo, fare la stessa operazione in riferimento alla situazione « senza intervento ». Il confronto dei due elenchi (tenendo presente che un beneficio nella situazione senza intervento corrisponde ad un costo nella situazione con intervento, e viceversa, come indicato nel successivo riquadro) dovrebbe consentire una più facile identificazione dei costi o dei benefici connessi all’investimento. 3 6
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C fr. paragrafo sull’ analisi delle alternative.
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Occorre poi un’ ulteriore precisazione in merito alla complessità dell’ intervento: per opere di dimensione importante, la corretta quantificazione dei costi e dei benefici diretti ed indiretti è fondamentale per la conduzione di un’ A C B esaustiva; nel caso, invece, di opere minori, può esser sufficiente la sola individuazione delle voci, senza dover per forza quantificare in termini monetari anche quelli intangibili e difficoltosi da stimare. Una semplice elencazione degli effetti attesi, positivi e negativi, può già essere sufficiente nel caso della valutazione della convenienza pubblica di opere per le quali la redazione di un’ A C B completa risulterebbe ridondante. Prima di parlare dell’attualizzazione e della valutazione finale della convenienza economica dell’ investimento, occorre introdurre la struttura sche matica dell’ A C B , che può essere redatta a partire dai dati fin qui raccolti: tutti i costi e tutti i benefici, quantificati con opportuni accorgimenti, andranno inseriti all’ interno di una tabella organizzata come segue.
Fig. 5.6
Schema della struttura dell’Analisi Costi-Benefici.
dove: a1 , a2 ,...ap sono i periodi considerati (di solito annualità, data la durata degli investimenti pubblici3 7 ) ; C 1 , C 2 ...C n sono le voci di costo, cioè i costi diretti ed indiretti, con C 1 1 che corrisponde al valore assunto dal costo C 1 nel periodo a1 ; B 1 , B 2 ...B m sono i benefici diretti ed indiretti, con B1 1 ch e corrisponde al valore assunto dal beneficio B 1 nel periodo a1 ; V res è il valore residuo (meglio trattato nel seguito) , cioè quel valore ch e l’ opera può ancora conservare al termine dell’ investimento. 3 7 Per quanto riguarda le OO.PP., a differenza degli investimenti privati, che richi edono un ritorno economico in tempi brevi, l’ orizzonte temporale considerato è di solito piuttosto lungo, anche di diversi decenni.
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C ome si può osservare, si tratta di una semplice matrice che sulle righe contiene, in maniera ordinata, tutti i costi e tutti i benefici; sulle colonne, è invece riportata la scansione temporale in periodi. C iascuna cella conterrà, di conseguenza, il valore assunto dal corrispondente costo o beneficio (riga) in quel determinato periodo (colonna). Due ulteriori righe riassumono la totalità dei costi (TOT C) e dei benefici (TOT B) periodo per periodo. Al termine dell’analisi viene quindi calcolato il flusso economico, dato dalla differenza, su ogni periodo, dei benefici meno i costi (B-C). Non resta che dedurre, dopo aver effettuato l’attualizzazione dei costi e dei benefici nei diversi periodi, gli indicatori di redditività. In merito alla durata temporale considerata, ovvero al periodo di riferimento per l’ analisi, e per il quale dovranno essere identificati i diversi effetti del progetto, sono necessarie alcune puntualizzazioni. Tale periodo corrisponde alla durata dell’ investimento, ch e occorre non confondere con la vita economica. E ntrambe variano in funzione della tipologia di opera e delle scelte progettuali adottate. Per stabilire una durata adeguata, occorre determinare per quanto tempo l’investimento è in grado di generare significativi effetti economici. Prolungare troppo tale periodo significherebbe tener conto di benefici e costi in realtà trascurabili, oltre alle normali difficoltà di previsione su tempi molto lunghi, che possono subire l’influenza di cambiamenti socio economici anche considerevoli. Sottostimarlo, invece, può compromettere la corretta valutazione della convenienza economica. Non esistendo alcuna regola, solo l’ esperienza consente valutazioni più precise, ma di norma si tratta di intervalli di tempo dell’ ordine di quindici, trenta anni al massimo. La vita economica corrisponde invece al periodo necessario affinché l’opera realizzata esaurisca la propria funzionalità, ed è determinata dalla vita fisica dell’opera e delle sue componenti, dettata dall’ obsolescenza tecnica, tecnologica e socio economica. La vita economica h a cioè inizio con la realizzazione dell’ intervento stesso e termina quando l’ opera cessa di funzionare, perché una o più componenti fisiche hanno a loro volta terminato la loro vita funzionale o perch é per varie ragioni (progresso tecnologico, cambio di costumi, ecc.) è diventata obsoleta. Non si può inoltre prescindere da una normale manutenzione ordinaria dell’ opera, che va stimata ed inserita tra i costi nei diversi periodi. A nche una previsione sulla vita economica può essere difficoltosa, essendo difficile prevedere scenari tecnologici e socio economici futuri. Proprio come nel caso della durata dell’ investimento, non esiste una regola fissa, anche se in generale, aumentando il grado di complessità tecnologica diminuisce la durata della vita economica. S olo nel caso di manufatti a contenuto tecnologico ridotto (ad esempio le opere stradali) si possono considerare durate notevoli, anch e di cinquanta anni. In ogni caso, durante la fase di previsione della manutenzione straordinaria, occorre valutare quando un intervento non comporti in realtà la necessità di una revisione globale dell’ investimento, con conseguente termine di quello precedente. Prima di proseguire con l’ analisi, si rende poi necessario un ulteriore cenno ad un beneficio diretto un po’ particolare, il a ore Re i o. S i tratta di quel valore ancora attribuibile all’ investimento al termine della durata temporale considerata, e di cui occorre tener conto per valutare in modo corretto la convenienza economica. V i sono vari metodi per stimare l’ importo del V alore Residuo; tra i principali il costo di costruzione deprezzato e la formula dell’ U.E .E .C . (Unione E uropea degli E sperti C ontabili) . Il primo metodo permette di valutare la consistenza di tale valore come quota residua rispetto a quanta parte del bene è stata, in un certo senso, « consumata », ovvero utilizzata durante l’ investimento stesso. In altre parole, dal costo di realizzazione si sottrae il costo
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necessario a realizzare quanto utilizzato durante l’ investimento. La formula, infatti, è così costituita: D Vres = 1 − i ⋅ Cr + Va Ve dove: V res = valore residuo D i = durata dell’ investimento V e = vita economica C r = costo di realizzazione V a = valore dell’area (o dell’edificio). La vita economica, come già illustrato, corrisponde al periodo entro il quale l’ opera adempie alle prestazioni funzionali per le quali è stata concepita. A l termine di tale periodo, l’ investimento avrà valore pressoché nullo, fatto salvo il mero valore dell’ area su cui l’opera insiste o dell’edificio che la contiene. Qualora si intendesse prolungare la vita dell’ opera, occorrerebbe comunque intervenire, di fatto, con un nuovo investimento. Il rapporto tra durata e vita economica rappresenta, pertanto, la quota di investimento che corrisponde alla durata stabilita, come una sorta di indice di utilizzo. Tale rapporto influenza in maniera diretta l’entità del valore residuo, per cui occorre porre molta attenzione nella definizione sia della durata dell’investimento sia della vita economica. La formula dell’ Unione E uropea degli E sperti C ontabili (U.E .E .C .) serve invece a calcolare il deprezzamento dell’ opera da applicare al costo di realizzazione originario: 2 A + 20 ) ( D= - 2, 86
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dove: D = deprezzamento in percentuale del costo a nuovo A = anni del bene in percentuale sulla durata totale di utilizzo. Il concetto che tale formula esprime con il termine A è del tutto analogo al rapporto tra la durata dell’ investimento e la vita economica della formula precedente, rappresentando una frazione di utilizzo dell’opera. I coefficienti utilizzati nella formula derivano da valutazioni fatte dalla U.E .E .C sulla base di una banca dati costituita da molteplici casi studio, che ha nno consentito di determinare la formula sopra riportata. Tornando alla struttura dell’ A C B , dopo aver individuato e stimato i dati di input dell’analisi, cioè i costi e i benefici, ed aver collocato i rispettivi valori nella matrice di suddivisione temporale, si passa alla determinazione della convenienza economica. I principali indicatori di redditività utilizzati nell’ A C B per valutare la convenienza economica sono: – – – –
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V alore A ttuale Netto economico (V A Ne) ; Tasso Interno di Rendimento economico (TIRe) ; Rapporto Benefici – Costi Attualizzati (RBCA); Pay B ack Period (PB P) .
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Per introdurre il a ore tt a e etto econo ico (V ANe) , occorre fare un breve cenno sul concetto di attualizzazione e sulla teoria dell’ interesse. S i tratta pertanto di calcolare l’accumulazione iniziale del flusso economico dato dai Benefici meno i Costi, corrispondente alla somma attualizzata dei flussi riferiti a ciascun periodo: VANe =
F0
+
F1
+ ....... + 1
(1 + i ) (1 + i ) 0
Fn
(1 + i )
n
n
=
∑ F ⋅ (1 + i) t
−t
t =0
dove: F t = (B t – C t) = flussi di capitale (Benefici – Costi) al tempo t (con t variabile da 0 a n) i = saggio di interesse L’ indicatore è del tutto analogo al V A N utilizzato per la stima della bontà dell’ investimento dal punto di vista finanziario, con la differenza che tiene conto non solo dei Ricavi e dei Costi finanziari ma anche dei Benefici e dei Costi economici monetizzati, talora in modo artificioso, con l’ACB. Per quanto riguarda il saggio di attualizzazione, sorge poi un’ ulteriore discussione, dettata dalla necessità di scegliere un tasso adeguato. Trattandosi di voci che si riferiscono a elementi di costo o di beneficio, per le quali non per forza esiste un mercato di riferimento, alcuni autori non concordano sulla necessità di adottare un saggio di attualizzazione di mercato. Tuttavia, in coerenza con le ipotesi alla base del metodo dell’ A C B , l’ impiego di un saggio di attualizzazione di mercato (pur basso, cioè « etico ») pare la scelta più logica, date le naturali difficoltà ad individuare un saggio fittizio. Tra le varie indicazioni in merito al saggio, occorre citare anche quanto a suo tempo suggerito dalla G uida Nuvv (che , pur superata, è stata a lungo un utile riferimento) che propone un valore di riferimento pari al 5% . In ogni caso, pensando allo scopo per il quale nasce l’ A C B , di confronto tra investimenti alternativi, tale questione perde di rilevanza. Infatti, se tutti gli investimenti confrontati adottano lo stesso saggio, il problema di fatto non sussiste. C iò nonostante, nell’ ambito di uno S tudio di F attibilità, nel quale viene analizzato uno specifico investimento, occorre senz’altro porre attenzione nell’individuazione del saggio. A suffragio della scelta di adottare valori di mercato, si sottolinea, tra l’ altro, l’ opportunità di remunerare il capitale pubblico, costituito da risorse sia finanziare sia sociali. A ben vedere, la remunerazione delle risorse pubbliche , poiché coinvolge l’ interesse della collettività e non solo del singolo, sarebbe di per sé persino più importante di quella di capitali privati. Così come illustrato per la fattibilità finanziaria, quindi, il saggio che si potrebbe adottare corrisponde al tasso di interesse di un investimento a rischi o nullo di pari durata. Tra gli investimenti a rischi o nullo, si è soliti considerare i titoli di S tato. Nella fattispecie degli investimenti pubblici, di durata spesso notevole, si può far riferimento ai B uoni del Tesoro Poliennali (B TP) , avendo cura di scegliere il rendimento netto di un titolo di durata pari all’ investimento oggetto di studio. In analogia con quanto visto per la convenienza finanziaria, perché l’investimento sia economicamente conveniente è necessario ch e il V A Ne sia quantomeno positivo. S e il VANe è maggiore di zero, infatti, significa che i Benefici sono maggiori dei Costi. Tuttavia, tale indicatore non fornisce alcuna indicazione in merito al capitale investito, inteso in senso ampio come costo economico. Proprio come per l’analisi finanziaria, si introduce allora un ulteriore indicatore, il a o nterno i Ren i ento econo ico ( Re) che , come detto, è quel saggio di interesse (o di sconto) determinato dal rendimento del ca-
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pitale economico investito; in altri termini, è quel tasso ch e annulla il V A Ne, rendendo cioè equivalenti i flussi positivi (Benefici) e negativi (Costi) dell’investimento. Più in specifico, il TIRe si ricava azzerando il V A Ne e risolvendo rispetto al saggio i (cioè con TIRe = i) : n
∑ F ⋅(1 + i) t
-t
=0
t =0
Come già per il TIR introdotto per la valutazione del piano finanziario, dal punto di vista pratico il TIRe si ottiene per tentativi, con problematich e analogh e in merito alla possibilità che il valore ricercato non esista o sia, al contrario, addirittura multiplo3 8 . Perch é l’ investimento sia economicamente conveniente, occorre ch e il TIRe sia maggiore, o quantomeno pari, ad una determinata soglia di accettabilità. Tale soglia, definita a partire dal rendimento dell’ investimento a rischi o nullo adottato come saggio di attualizzazione, deve inoltre coprire l’inflazione e una quota parte di rischio (il cosiddetto premio al rischi o) . L’ investimento a rischi o nullo è preso come riferimento proprio perché il rendimento che esso garantirebbe è il minimo che ci si dovrebbe attendere da un’ opera pubblica. Il terzo indicatore utilizzato, il Rapporto enefici o ti tt a i ato (R ) coincide invece con l’ indice che si ottiene, come dice il nome stesso, dal rapporto tra il valore attualizzato della somma di tutti i Benefici ed il valore attualizzato della somma di tutti i C osti. Perché l’ investimento venga giudicato positivo, tale indicatore dovrà essere maggiore di uno. Se così non fosse, infatti, significherebbe che i Costi sono maggiori dei Benefici generati dall’investimento. Al crescere del valore dell’RBCA aumenterà anche la convenienza economico sociale dell’ investimento. L’ ultimo indicatore, il a ack erio ( ) consente invece di individuare il numero di periodi necessari affinché i flussi positivi (Benefici meno Costi) generati dall’investimento, accumulandosi, uguaglino il flusso negativo iniziale. Si tratta, in sostanza, di calcolare, periodo per periodo, una sorta di V A Ne progressivo, da individuarsi per tentativi. Nel momento in cui tale V A Ne progressivo cambia di segno (diventando cioè positivo, sempre nell’ipotesi di flussi dall’andamento crescente, prima negativi ed in seguito positivi), i costi risultano compensati e i benefici cominciano ad essere positivi. Minore è il PB P, più in fretta i costi vengono compensati, con conseguente maggior convenienza dell’ investimento. S e vi è convenienza economica, il PB P dovrebbe dunque essere minore della durata totale dell’ investimento stesso. Occorre peraltro ricordare, per quanto ovvio, che non è possibile un confronto tra gli indicatori ottenuti con l’analisi economica e quelli derivanti dal piano finanziario. Infatti, le cifre coinvolte nelle analisi economiche ha nno quasi carattere « simbolico », non confrontabili con unità monetarie, o indicatori ad esse legati, ch e si riferiscono ad un mercato reale. Ragionare in termini di moneta corrente può essere molto utile e si rivela un buon metodo per trattare in modo « familiare » grandezze anche intangibili, ma i due riferimenti non andrebbero mai confusi.
3 8 Per la risoluzione di tali casistiche , si rimanda a quanto già illustrato nella parte relativa alla fattibilità finanziaria, in merito al TIR.
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Caso studio 5.2 L’ampliamento di una residenza socio assistenziale (di Francesco Prizzon, Manuela Rebaudengo)
Si tratta di un intervento di ampliamento di una struttura esistente (RSA, residenza socio assistenziale39), comprensiva dell’adeguamento impiantistico dovuto a modifiche normative sopraggiunte, che consente di disporre di 20 nuovi posti letto per anziani non autosufficienti. L’edificio sorge su un’area di proprietà comunale, non molto distante dal centro cittadino e dal vicino ospedale; è articolato in due nuclei (autonomi) da 20 posti letto ciascuno e distribuiti in camere doppie con bagno proprio. L’obiettivo del piano economico finanziario è valutare la sostenibilità dell’intervento a carico del privato, ovvero se l’investimento per l’ampliamento verrà ripagato attraverso la gestione della struttura nella nuova configurazione (60 posti letto in totale). LA STIMA DEI COSTI
Investimento iniziale Tale voce di costo è ricavata dal QTE del progetto di ampliamento e comprende sia l’importo relativo alla realizzazione dei lavori edilizi ed impiantistici, sia l’ammontare delle spese tecniche e le somme necessarie all’acquisto degli arredi. L’investimento a carico dell’operatore privato risulta pertanto pari a 1,8M€. Investimenti futuri Il piano ipotizza inoltre (con cadenza decennale) gli interventi futuri quali la manutenzione straordinaria e la sostituzione di parte degli arredi. Per la manutenzione straordinaria l’importo stimato (pari al 3% del valore complessivo della struttura, circa 3,3M€) è circa 100.000€; per quanto attiene agli arredi, invece, si assume che il concessionario abbia la necessità di cambiare con cadenza decennale solo 1/3 dell’arredo, pari a circa 110.000€. In entrambi i casi i valori sono riferiti al momento della stima e vengono inseriti nel piano incrementati, per ciascun anno, in base alle previsioni di inflazione. Costi di gestione Il quadro dei costi di gestione complessivi, calcolati sulla base di un periodo di attività delle funzioni insediate pari a 365 giorni/anno, include le spese per il personale sanitario e infermieristico; le spese per altro personale di struttura; i costi alberghieri per gli utenti; le spese generali di esercizio; le spese per corsi di formazione del personale; i costi di manutenzione ordinaria; il canone annuo per la proprietà. La stima del personale sanitario ed infermieristico fa riferimento alle prescrizioni normative regionali e parte dal dettaglio del personale gestito dal concessionario, suddiviso per qualifica e per competenze specifiche, con l’indicazione di ciascuna prestazione minima da erogare in funzione del numero di utenti ospitati in struttura (minuti per utente). Come da indicazioni normative regionali, deve essere presente un Direttore sanitario, qui considerato a tempo parziale perché il presidio è caratterizzato da un numero di posti letto inferiori a 120; anche il responsabile della struttura può essere, per analoghi motivi, consociato con altre RSA e quindi svolgere attività part time. Le figure che erogano prestazioni strettamente mediche (medici di Medicina Generale e Medicina Specialistica) non sono state inserite nell’organico gestito dal concessionario, in quanto a carico del SSN, così come il personale per il supporto psicologico agli utenti. Le quote di assistenza infermieristica e tutelare alla persona sono state dimensionate in funzione delle prestazioni minime da erogare agli utenti della struttura. Le spese per il personale sanitario ed infermieristico sono state pertanto determinate a partire da tali ipotesi organizzative ed in base alle retribuzioni lorde medie desunte, per ciascuna figura professionale, dai rispettivi Contratti Nazionali di Lavoro. I costi per l’assistenza tutelare alla persona sono stati invece stimati al 75% dei costi del personale infermieristico. Lo svolgimento dell’attività di animazione, infine, è stato considerato tra i compiti del personale ADEST-OTA-OSS, coadiuvato da volontari i cui profili sono definiti dalla normativa di riferimento. Il costo annuo complessivo è pari a 470.000€. Per ciò che riguarda l’altro personale di struttura, si è scelto di considerare la copertura di 3 funzioni quali l’amministrazione, la segreteria e la portineria. Sempre con riferimento alle normative regionali, il concessionario è tenuto a fornire agli utenti anche un servizio base di parrucchieri, per quanto attiene le attività minime connesse all’igiene personale. Il costo annuo complessivo è pari a 75.000€. Nella stima dei costi alberghieri per gli utenti della RSA sono stati individuati il vitto (calcolato in giornate alimentari, pensando che il concessionario decida di non produrre direttamente i pasti in struttura per mancanza di idonei spazi),
Presidio residenziale a prevalente valenza sanitaria, destinato ad ospitare definitivamente o temporaneamente (ricoveri di sollievo) soggetti che per la loro gravità e dipendenza non possono essere gestiti in altre strutture richiedendo quindi un livello medio di assistenza sanitaria ed un livello alto di assistenza tutelare.
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la lavanderia (che comprende la pulizia sia della biancheria piana, sia di quella strettamente personale) e la pulizia della struttura. Il costo annuo complessivo è pari a 430.000€. Per quanto riguarda i costi di gestione, è stato stimato il costo annuo di riscaldamento, le spese per l’acqua potabile, per la fornitura ed il consumo di energia elettrica, le spese telefoniche e quelle per assicurazioni e spese varie. Poiché la normativa regionale prevede che il gestore si occupi anche di formare il personale dipendente, sono stati ipotizzati nella durata della concessione due mini-corsi di aggiornamento professionale di 20 ore/anno. Il costo annuo totale è pari a 100.000€. Il costo di manutenzione ordinaria è stato stimato pari allo 0,50% del valore della struttura al termine dei lavori di completamento; anche tale spesa, così come gli altri costi finora considerati, si incrementa ogni anno con l’inflazione. Il costo annuo complessivo è pari a 16.500€. LA STIMA DEI RICAVI
Per stimare i ricavi occorre stabilire la tipologia di prestazione assistenziale erogata; in un’ottica di una maggiore flessibilità, si è scelto di considerare una divisione equa dei pazienti nelle tre fasce di prestazioni socio-sanitarie (alta, media e bassa). In via cautelativa, il piano prevede una copertura pari al 90% dei posti disponibili (54 utenti, contro i 60 posti letto disponibili), suddivisi equamente, come detto, tra i tre livelli di prestazioni socio-sanitarie. Infine, si è assunto che i posti occupati fossero al 100% in regime di convenzione con la Regione e con l’ASL di riferimento; pertanto, per la definizione delle tariffe unitarie sono state utilizzate le indicazioni di cui alla normativa regionale. I ricavi annui complessivi sono pari a 1.650.000€. Il piano prefigura poi un aggiornamento delle tariffe ogni 6 anni, pari al 100% dell’incremento subito dai costi per effetto dell’inflazione (stimato pari al 2,00% annuo). LA COSTRUZIONE DEL PIANO
In termini di durata, si è ipotizzata una concessione di 30 anni, in aggiunta all’anno necessario per la realizzazione dell’intervento edilizio iniziale. Per quanto riguarda la struttura finanziaria dell’investimento, si è valutato che il mix di risorse finanziarie più idonee al finanziamento dell’ampliamento della RSA fosse composto da un 30% di capitale di rischio (finanziamento sostenuto dal Concessionario) e da un 70% di capitale di debito (finanziamento sostenuto tramite l’accensione di un mutuo presso un istituto di credito). La durata del mutuo per il prestito del capitale iniziale è stata assunta pari a 30 anni, l’intera durata della concessione di gestione. Per far fronte ai successivi investimenti (manutenzione straordinaria e sostituzione arredi), il concessionario contrae nuovi mutui di durata ventennale e decennale. Il tasso di interesse applicato è pari al 4,75%, comprensivo di spread. L’ammortamento dell’investimento edilizio iniziale è stato distribuito in 30 anni, con un’aliquota annua del 3,33%; come detto il 70% degli arredi acquistati con l’investimento iniziale viene ipotizzato a bassa obsolescenza tecnico-funzionale cioè il concessionario non è costretto a sostenere ulteriori spese per la loro sostituzione nella durata della concessione. Tali acquisti vengono ammortizzati comunque in 10 anni, tenendo conto delle quote percentuali massime prescritte dalle tabelle ministeriali di riferimento. Il restante 30% di nuova acquisizione, invece, si comporta secondo un livello medio di obsolescenza (vita utile pari a 10 anni). Dal decimo anno, poi, l’ulteriore quota computata tra gli ammortamenti riguarda gli investimenti per manutenzione straordinaria. Le imposizioni dirette considerate sono l’IRES e l’IRAP, rispettivamente l’imposta sul reddito delle società e sulle attività produttive. Per l’imposizione indiretta si è ipotizzato un recupero dell’IVA riferita all’investimento iniziale e ai costi sostenuti nella durata della concessione. LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI
In termini di durata, si è ipotizzata una concessione di 30 anni, in aggiunta all’anno necessario per la realizzazione dell’intervento edilizio iniziale. A fronte di un investimento iniziale da parte del Concessionario di 1,8M€ (di cui solo il 30% di capitale proprio ed il restante 70% di capitale di prestito), i flussi di cassa sviluppati nei 30 anni successivi (fase di gestione) portano ad un VAN positivo. La convenienza economica del progetto, ovvero la capacità dell’intervento di creare valore e generare un livello di redditività per il capitale investito adeguato alle aspettative dell’investitore privato, è confermata dal risultato degli indicatori considerati: il progetto, sulla base delle ipotesi effettuate, è in grado di coprire l’investimento e la gestione, con un VAN superiore a 742.000€ (copre il capitale proprio investito) e un WACC pari al 8,04% (media pesata delle redditività attese del capitale). La sostenibilità finanziaria, espressa in termini di bancabilità, ovvero la capacità del progetto di generare flussi monetari sufficienti a garantire il rimborso dei finanziamenti attivati, è analizzata attraverso due principali coefficienti di copertura: il Debt Service Cover Ratio (DSCR) e il Loan Life Cover Ratio (LLCR). Nel caso specifico entrambi gli indici assumono valori ampiamente superiori all’unità.
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Tecniche valutative di supporto alla decisione: le Analisi Multicriteri
5.3
5.3.1
Introduzione
Cenni storici e riferimenti normativi L’ espressione metodi di A nalisi M ulticriteri (A M C ) viene usata come termine ombrello per descrivere una serie di tecnich e valutative ch e tentano di tenere esplicitamente in considerazione diversi criteri simultaneamente, sia qualitativi, sia quantitativi, al fine di far emergere i punti di vista degli attori coinvolti e offrire al decisore o ai decisori una base razionale a problemi di scelta che nella realtà risultano sempre più caratterizzati da una molteplicità di obiettivi/criteri4 0 , spesso in conflitto tra loro. Quello delle A nalisi M ulticriteri è un avanzato campo di studi che si è sviluppato rapidamente nel corso degli ultimi tre decenni, sia a livello di ricerca, sia a livello pratico. Tale sviluppo4 1 , a partire dagli anni S essanta, è stato motivato dalla consapevolezza ch e la soluzione ai problemi decisionali reali, per loro natura sempre più complessi, ovvero caratterizzati da una multidimensionalità di obiettivi (spesso interagenti tra loro secondo dinamiche non lineari) e dall’ esistenza di molteplici soluzioni possibili, non possa essere cercata sulla base di un approccio unidimensionale (proprio, ad esempio, delle analisi Costi-Benefici). D opo la seconda guerra mondiale l’ emergere di nuovi problemi sociali, politici, ecologici ha richi esto lo sviluppo di un approccio multidisciplinare che permettesse l’ analisi di tutti questi effetti e consentisse di farvi fronte in modo integrato. I seguenti motivi danno ragione della crescente influenza dei metodi di comparazione a criteri multipli rispetto a quelli più tradizionali (Analisi Costi-Benefici, Analisi Costi Efficacia, ecc.): • • • •
l’impossibilità di includere effetti intangibili e/o incommensurabili nelle tecniche di valutazione convenzionali; la natura conflittuale dei moderni problemi di pianificazione e valutazione; il passaggio dal convenzionale « one ot eci ion taking » a procedure di decision aking istituzionali, in cui molti aspetti di natura politica giocano un ruolo preponderante; il desiderio, nell’ analisi delle decisioni pubbliche , di non trovarsi di fronte ad una soluzione forzata, ma di avere davanti un ampio spettro di possibilità.
Riconoscendo dunque l’ imponderabilità di alcuni fattori e l’ esistenza di relazioni spesso non lineari tra le componenti di un sistema quale può essere quello territoriale, si comprende facilmente come l’ attenzione sia traslata verso metodologie più idonee a co4 0 Pareto (18 96) fu il primo ad impostare le basi per affrontare problemi decisionali in presenza di molteplici criteri introducendo il concetto di efficienza, concetto ripreso ed ampliato poi da Koopmans (1951) attraverso l’approccio dell’insieme di efficienza. 4 1 D urante il periodo tra il 1 9 4 0 ed il 1 9 5 0 , V on Neumann e M orgenstern (1 9 4 4 ) h anno introdotto la teoria dell’utilità, uno dei maggiori flussi metodologici della moderna Multi Criteria Decision Analysis (MCDA). Queste opere ha nno poi ispirato molti ricercatori nel corso del 1960, anche a livello europeo. Roy (1968; 1985) è uno dei pionieri in questo settore ed è considerato il fondatore della scuola europea di M C D A .
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gliere e riflettere la complessità e la multidimensionalità dei problemi, quali appunto le tecnich e di A nalisi M ulticriteri. Queste ultime, rispetto ai metodi di valutazione monetari, per loro natura monocriteri, si basano sull’ esame delle variazioni di qualità secondo differenti criteri, tra cui anche quello monetario. Le previsioni attinenti a possibili danni o benefici sono dunque inserite in un contesto decisionale più ampio e che comprende tutte le variabili che incidono su di una scelta al fine di rendere possibile il confronto e l’ordinamento delle alternative attraverso l’ uso di dati di varia natura, comunque combinati (qualitativi e quantitativi, discreti e continui, cardinali, nominali od ordinali) e riferiti ad obiettivi anche contrastanti. Prendendo però in considerazione diversi criteri contemporaneamente diventa impossibile individuare un’ azione ch e sia migliore di tutte le altre rispetto a tutti i criteri considerati e di conseguenza il concetto di « scelta ottimale » – punto cardine dell’ A nalisi Costi-Benefici – perde significato nell’ambito delle Analisi Multicriteri. A bbandonando il semplicistico concetto di ottimizzazione, le A nalisi M ulticriteri si sono orientate quindi in una diversa direzione, la quale si è inizialmente concretizzata nel cosiddetto approccio della scelta « soddisfacente ». S econdo H erbert S imon (1960) , non è l’ alternativa « migliore » ch e deve essere raggiunta (anch e perch é potrebbe essere oggettivamente impossibile raggiungerla), ma devono essere invece identificate alternative che « soddisfano » un certo numero di standard esplicitamente definiti. Più di recente, è emerso un altro tipo di approccio: le soluzioni scelte devono essere « giustificate ». Nelle Analisi Multicriteri e, nell’ottica dei processi di pianificazione partecipata in particolare, l’ approccio della scelta « giustificata » assume una particolare rilevanza: le prospettive soggettive possono in questo modo essere rese esplicite, cioè definite e giustificate in maniera da poter essere soggette a pubblici dibattiti (Ferretti, 2011). L’elemento innovativo introdotto dall’analisi a criteri multipli definita proprio da B . Roy come « una rivoluzione copernicana nella maniera di pensare la ricerca operativa »4 2 consiste nell’ abbandono del paradigma dell’ ottimalità a favore della ricerca multicriteri di un compromesso ottimale in cui non si perviene ad un risultato unico, ma sono individuati quegli elementi che servono a chi arire le priorità su cui basare le scelte. La moderna metodologia di A nalisi M ulticriteri, lungi dal fornire « verità rivelate » al decisore, lo supporta quindi nell’ attività decisionale tracciandogli una via ch e gli consenta di raggiungere le proprie determinazioni in maniera sistematicamente coerente rispetto a suoi obiettivi e ai suoi valori, dandogli il modo di manipolare la massa dei dati a disposizione, malgrado la loro eterogeneità. Nell’ ambito degli interventi di trasformazione del territorio, le tecnich e di A nalisi M ulticriteri costituiscono uno strumento di supporto alla fase ex-ante della valutazione, fase che sta assumendo un’ importanza sempre maggiore in quanto momento volto all’ individuazione di alternative di trasformazione possibili e dei vantaggi e degli svantaggi che potrebbero derivare dalla loro realizzazione (Roscelli, 205) . L’ utilizzo delle A nalisi M ulticriteri come strumento di supporto alla decisione è riconosciuto anche a livello normativo, infatti il D .P.R. 21 dicembre 19 n. 54 (ovvero il regolamento di attuazione della Legge 1 febbraio 194 n. 109 e s.m.i., Legge quadro in materia di lavori pubblici) all’ articolo 1 5 , comma 1 2 , rich iede « l’ impiego di una metodologia di valutazione qualitativa e quantitativa, multicriteri o multiobiettivi, tale da permettere di dedurre una graduatoria di priorità tra le soluzioni progettuali possibili ». Tra tutti i 4 2
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metodi disponibili, quelli indicati dalla normativa sono dunque quelli multicriteri proprio perché in grado di tener conto contemporaneamente di una molteplicità di aspetti propri del problema che si sta affrontando.
Classificazione dei modelli di Analisi Multicriteri A ll’ interno della famiglia delle A nalisi M ulticriteri è possibile individuare una serie di metodi e concetti che derivano da diverse teorie e metodologie scientifiche. Un tale insieme di metodi permette di aggregare i diversi criteri di valutazione, con lo scopo di selezionare una o più azioni. I singoli metodi possono essere diversissimi tra loro, in funzione del backgro n teorico al quale si ricollegano. In effetti, l’ eterogeneità dei metodi si presta alla risoluzione dei più svariati problemi, e tale eterogeneità corrisponde ed è funzionale alla stessa eterogeneità delle multiformi problematiche riscontrabili nella realtà. A seconda dei contenuti e dello scopo ultimo della valutazione, per i metodi di analisi multicriteri sono possibili diverse classificazioni (Figueira et al., 2005). Una prima classificazione riguarda il numero di elementi da trattare: finito o infinito. Nel primo caso si parla di metodi multicriteri discreti, mentre nel secondo caso di metodi multiobiettivo continui. Quando si considerano problemi discreti, esistono i seguenti quattro diversi tipi di analisi che possono essere attuati al fine di fornire un significativo supporto al decision aker (Roy, 1 985) (F ig. 5.7) : • • • •
individuazione della migliore alternativa o selezione di un numero limitato di migliori alternative (choice) ; costruzione di un ordine di classificazione delle alternative dalle migliori alle peggiori (ranking) ; classificazione/ordinamento delle alternative in gruppi omogenei predefiniti (c a ification orting) ; individuazione delle principali caratteristich e distintive delle alternative (description) .
Una seconda classificazione fa riferimento alla natura dell’informazione trattata (dati cardinali, ordinali e misti) e distingue perciò fra tecniche quantitative, qualitative e miste. Le tecniche quantitative sono caratterizzate da un processo metodologico comune, utilizzano ar infor ation ovvero dati quantitativi, e comprendono, tra gli altri, il metodo della sommatoria pesata e i metodi E LE C TRE ; le tecniche qualitative e miste invece non godono di un processo metodologico valido per tutte, utilizzano prevalentemente oft infor ation ovvero informazioni qualitative, e comprendono, tra gli altri, il metodo dell’ analisi di frequenza, il metodo RE G IM E , il metodo E V A M IX , l’ A nalyt ic H ierarchy Process (AHP) e l’Analytic Network Process (ANP). Un’ ulteriore suddivisione tra i metodi dell’ A M C riguarda il trattamento delle preferenze: si distinguono metodi compensatori, parzialmente compensatori e non compensatori. La compensabilità si riferisce alla possibilità di compensare una « cattiva » prestazione rispetto ad un criterio con un’ altra prestazione considerata « buona » rispetto ad un altro criterio. D unque, la compensabilità implica la necessità di considerare l’ intensità delle preferenze in quanto richi ede di tener conto dei tra e off degli elementi, considerati simultaneamente.
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Ranking
Choice
Alternatives x1
x2 x6
x4
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
x2 x1 x6 x5 x4 x7 x3
Most preferred alternatives
Least preferred alternatives
x2
x3 x5
x7
Description
Features of the alternatives
Group 1 x 1, x 2, x 6 Classification/Sorting Group 2 x 3, x 4, x 5, x 7
Fig. 5.7
Tipologie di analisi per un problema discreto.
Fonte: Roy, 1985
I modelli che non utilizzano la compensazione dei criteri, come ad esempio il modello lessicografico, sono detti non compensatori, mentre quelli che la utilizzano totalmente sono detti compensatori. E sistono poi metodi parzialmente compensatori in quanto pongono un limite alla possibilità di compensare una cattiva prestazione con un’ altra buona (B ottero et al., 208) . Nell’ambito dell’AMC, è ancora possibile operare ulteriori classificazioni tra i metodi in merito alla procedura adottata per rivelare la preferenza del decisore. I metodi cosiddetti o tranking (Roy e B ouys sou, 193) impiegano una procedura ba-
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sata sulla costruzione di relazioni binarie (per lo più di concordanza e discordanza) tra coppie di elementi. Tra questi i più noti sono i metodi E LE C TRE che , storicamente, rappresentano i primi metodi o tranking. Un’ altra classe di metodi o tranking piuttosto consolidati sono i metodi PROM E TH E E . A ltri metodi di più recente generazione, che appartengono a questa famiglia, sono i metodi qualitativi QUA LIF LE X , RE G IM E , ORE S TE , A RG US , E V A M IX , TA C TIC , M E LC H IOR, ed altri nati nell’ ambito dell’ approccio del confronto a coppie ( air i e riterion o pari on pproac ) , quali: M A PPA C , PRA G M A , ID RA , PA C M A N19. Una seconda categoria di metodi fa riferimento alla nota Teoria dell’ Utilità M ultiattributo (M A UT – tip e ttrib te ti it eor ) . L’ approccio è apparentemente molto semplice ed intuitivo; viene applicato ogni qualvolta vengano aggregati indici attraverso una sommatoria pesata. Un approccio alternativo ma appartenente alla stessa famiglia M A UT è quello dei metodi ti it iti e (UTA , Utilità A dditiva) che utilizzano tecniche di programmazione lineare, come la regressione, al fine di ricavare funzioni di valore additivo da un dato ordinamento su un set di valori. Il principio su cui si basa è quello della disaggregazione delle preferenze. Una variante a questo modello è rappresentata dai ro g et di dominanza ( o inance ba e Ro g et pproac , D RS A ) . Nell’ ambito della stessa famiglia, a cui tra l’ altro appartengono le metodologie na tic ierarc roce (A H P) e na tic et ork roce (A NP) , si segnala anch e il metodo M A C B E TH ( ea ring ttracti ene b ategorica a e a ation ec ni e ) basato sul modello dell’ utilità additiva ch e rich iede solo giudizi qualitativi sulla differenza di valore tra coppie di elementi (F igueria et al. 205) . Infine, vanno segnalati i nuovi filoni di ricerca e sperimentazione degli approcci A M C che , a differenza della base teorico-metodologica « classica », impiegano approcci alternativi e complementari, quali: on oint ana i , preference , integra , Ro g et , etc. Tali metodologie, in particolare, sono nate con lo scopo di fronteggiare i sempre più numerosi problemi di incertezza della conoscenza e di complessità e conflittualità dell’ ambiente decisionale (F igueira et al., 205) . 5.3.2
I principali modelli multicriteriali
C ome già illustrato, le tecniche di A nalisi M ulticriteri sono molteplici e la scelta di quale metodo adottare non è banale. I paragrafi successivi propongono un approfondimento su quattro specifiche tecniche di analisi che si sono rivelate particolarmente efficaci nel contesto delle valutazioni di sostenibilità degli interventi di trasformazione territoriale. Il lettore interessato ad una trattazione più esaustiva dei modelli di A nalisi M ulticriteri può fare riferimento a F igueira et al. (205) .
Le tecniche AHP e ANP L’ A nalisi di G erarchi a (A nalyt ic H ierarchy P rocess, o A H P *) fa parte della famiglia delle A nalisi M ulticriteri e propone un iter che ha trovato applicazione nelle valutazioni di priorità e di fattibilità di progetti aventi natura e contenuti diversi. L’ analisi, messa a punto dallo studioso americano T.L. S aaty (1980; 20) , delinea una procedura per la scomposizione di problemi rappresentabili in maniera gerarchi ca. Organizza la razio-
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AHP, Analytic Hierarch Process Si tratta in sostanza di framework non lineari che possono considerare un buon numero di variabili simultaneamente, non solo di tipo fisico-economico, ma anche socioculturale, allo scopo di definire, sulla base di obiettivi dati, dei percorsi di fattibilità ponderati.
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nalità di base necessaria per sezionare un problema nelle sue parti costituenti; successivamente, guida i decisori attraverso un giudizio di confronto a coppie, che viene documentato e ch e può essere esaminato, per arrivare ad esprimere l’ intensità degli elementi all’ interno della gerarchi a. È importante sottolineare che tali giudizi sono sempre rappresentati da numeri. L’ A H P è basata su tre principi fondamentali: 1. .2 .3
il principio della scomposizione; il principio dei giudizi comparati; la sintesi delle priorità.
1 . Il principio e a co po i ione prevede il sezionamento del problema complesso considerato in parti elementari, strutturate a formare i livelli di una gerarch ia. La scomposizione ha uno sviluppo dall’ alto verso il basso: dall’ obiettivo, ai criteri e sottocriteri, alle alternative finali (Fig. 5.8). 2. Il principio ei gi i i co parati costituisce lo strumento per la misura del grado di importanza di ogni livello all’ interno della gerarchi a. Ogni serie di elementi viene valutata a due a due rispetto al corrispondente elemento di ordine superiore. In altre parole, gli elementi di ciascun livello sono fatti dipendere da ciascun elemento di livello superiore, che viene considerato di volta in volta come criterio di confronto. In risposta alla domanda « Quale dei due elementi è più importante rispetto a un certo criterio, e di quanto? », è possibile stabilire una relazione binaria di preferenza tra i due stessi elementi, che porta ad assegnare un numero reale positivo tratto da una scala a 9 punti, chi amata « scala fondamentale di S aaty » (Tab. 5.5) . I valori numerici stabiliti costituiranno delle matrici quadrate di confronto a coppie degli elementi, che vengono determinate ad ogni livello della gerarchia. Definendo n il numero di criteri di valutazione di un certo livello della struttura gerarchi ca, e il numero delle alternative di scelta, a quel livello si avranno n matrici di ordine ( × ) . La rappresentazione di una matrice di confronto a coppie è riportata in F ig. 5.9.
OBIETTIVO CRITERI
SOTTOCRITERI
ALTERNATIVE Fig. 5.8
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Scomposizione gerarchica del problema secondo la tecnica AHP.
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Tab. 5.5 La scala fondamentale di Saaty.
Definizione
Intensità
Spiegazione
1
Importanza uguale
Due attività contribuiscono in maniera uguale all’obiettivo
3
Moderata importanza
Esperienza e giudizio a favore di una
5
Importanza forte
Esperienza e giudizio a favore di una
7
Importanza molto forte
Predominanza dimostrata
9
Estrema importanza
L’evidenza a favore di una è massima
2, 4, 6, 8
Valori intermedi
Compromessi tra due giudizi adiacenti
Tutte le matrici di confronto sono caratterizzate da due proprietà fondamentali: • •
la diagonale principale delle matrici è sempre composta da elementi di valore pari a 1 (dal momento ch e ogni criterio i è confrontato con se stesso, gli elementi risultano di importanza uguale e quindi il valore corrisponde all’ unità) ; le matrici sono reciproche (assegnando un valore da 1 a 9 al confronto tra l’ elemento i e l’ elemento , al confronto tra e i corrisponde per trasposizione il valore reciproco) .
3. La inte i e e priorit consente di determinare una scala di pesi dalle varie matrici di confronto a coppie. Questa operazione viene effettuata attraverso l’ estrazione, da ogni matrice, del principale autovettore e attraverso la successiva normalizzazione. In tale contesto, diventa particolarmente importante il concetto di « consistenza interna ». Operando infatti in condizioni di razionalità limitata, i giudizi dei confronti a coppie possono risultare affetti da perturbazioni; la matrice del confronto a coppie può risultare,
n
1 1
2
1
2 1
3 ...
3
...
valori reciproci 1
giudizi
1 1
Fig. 5.9 Matrice di confronto a coppie.
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quindi, inconsistente. Una matrice viene definita consistente se il rapporto di consistenza (R ) è inferiore a 0,1 4 3 . Il rapporto di consistenza, quindi, offre una misura delle perturbazioni compiute nella formulazione delle preferenze e, al limite, suggerisce la necessità di una revisione dei giudizi elaborati. L’ autovettore principale di tutte le matrici del confronto a coppie fornisce una misura del grado con cui le componenti, ad ogni livello della gerarchi a, contribuiscono al raggiungimento dell’ obiettivo rispetto al quale il confronto è stato eseguito. Ogni autovettore andrà quindi pesato in riferimento alla priorità del criterio di confronto. La graduatoria finale delle alternative, ottenuta dalla somma pesata dei vari autovettori, sarà un vettore ch e associa ad ogni alternativa il livello con cui questa contribuisce al raggiungimento dell’ obiettivo iniziale. Una recente implementazione dell’ A H P è costituita dall’ na tic et ork roce (S aaty, 205; S aaty e V argas, 206) . La principale differenza tra l’ A NP e l’ A H P è senz’ altro rappresentata dall’ approccio strutturale con cui viene modellizzato il problema decisionale. L’ A H P utilizza una struttura gerarch ica lineare dove le relazioni di dipendenza tra gli elementi dei diversi livelli decisionali sono unidirezionali lungo la gerarchi a e dove non esistono dipendenze né tra elementi di uno stesso c l u s t e r * né tra elementi appartenenti a c ter diversi. Tali assunzioni si sono dimostrate costituire delle limitazioni significative dell’AHP che, pur restando uno degli strumenti di Cluster supporto alla decisione più utilizzati nell’ ambito dei problemi deI clusters rappresentano i diversi gruppi di elementi omogenei comcisionali multicriteriali, non può però essere considerata come struparabili tra loro (detti anche « nodi ») mento idoneo alla modellizzazione di problemi decisionali comin cui è stato scomposto il probleplessi, ovvero caratterizzati da dipendenze, interazioni e fee back. ma decisionale. Tali gruppi formeNon è infatti possibile ridurre la complessità del reale rappresenranno, a seconda della complessità tandola con una semplice struttura gerarchi ca lineare e sperare di del contesto, rispettivamente, diversi livelli di una gerarchia (modelcatturare e riflettere correttamente il risultato delle interazioni che lo AHP), oppure una rete (modello esistono nei problemi di scelta reali. ANP). Nel tentativo di colmare questo gap strutturale è stata appunto 4 3 S e l’ informazione contenuta della matrice di confronto a coppie (A) fosse interamente consistente, il vettore dei pesi (W ) potrebbe essere ricavato dalla somma di ogni colonna della matrice inversa di A. La condizione di consistenza risulta A × W = n × W (dove n è il rango della matrice) e quindi (A – ) × W = 0 (con ax = 0) . In questo caso, la matrice A avrebbe rango 1 e quindi tutti i suoi autovalori sarebbero nulli, eccetto il principale autovalore ax = 1. M olto più frequentemente, invece, la matrice A risulta inconsistente, a causa delle perturbazioni che subisce nell’ elaborazione dei confronti a coppie dei singoli elementi, effettuati senza l’ utilizzo di una scala assoluta di natura cardinale. In questo caso, altri autovalori potrebbero diventare diversi da 0, mentre l’ autovalore massimo eccedere n; in tali condizioni risulta ax > n di una determinata quantità chi amata « indice di consistenza » ( ), definito come segue.
C .I . =
λmax − n n −1
Per ottenere una stima del rapporto tra i pesi in assenza di misurazioni assolute, si risolve l’ equazione A × = ax × , e lo scostamento di ax dal rango n di A viene usato come misura dell’ inconsistenza della matrice. In realtà, più che l’ indice di consistenza viene usato il rapporto di consistenza (R ) , ottenuto dal rapporto tra sopra definito e un media casuale tra un campione di 50 matrici quadrate, positive, reciproche , di dimensione compresa tra 1 e 10 e con elementi a caso compresi tra 1/9 e 9.
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sviluppata da S aaty la metodologia dell’ A NP la quale, contrariamente all’ A H P, utilizza una struttura non lineare a net ork senza quindi la necessità di fare assunzioni riguardo all’ indipendenza degli elementi del livello più alto nei confronti di quelli nel livello più basso e riguardo all’ indipendenza degli elementi di uno stesso livello. Nell’ A NP ogni problema decisionale viene strutturato come un net ork (o rete) di elementi organizzati in gruppi secondo molteplici rapporti di influenza. Tale configurazione permette di giungere ad una struttura in grado di incorporare relazioni di interdipendenza e retroazioni, sia all’ interno di ciascun gruppo di elementi sia tra i vari gruppi di elementi. C onsiderando l’ esistenza di retroazioni, infatti, non solo le alternative possono dipendere dai criteri, come in una gerarch ia, ma soprattutto i criteri medesimi possono dipendere dalle alternative e dagli altri criteri considerati. L’ A NP, grazie al suo approccio dinamico e alla capacità di modellizzare le varie relazioni esistenti tra le componenti di un problema, si configura come strumento particolarmente efficace nella valutazione dei sistemi complessi. Lo sviluppo e l’ applicazione di un modello A NP prevedono diversi step fondamentali i quali verranno illustrati nel seguito del paragrafo (B ottero, Lami e Lombardi, 208) . tep tr tt ra ione e prob e a e co tr ione e o e o eci iona e Ogni problema decisionale complesso viene scomposto in parti elementari (dette anch e « nodi ») successivamente raggruppate in serie omogenee, ossia in c ter di elementi, tali da formare una rete (o net ork) caratterizzata da dipendenze, interazioni e fee back tra i suddetti elementi. In particolare, si rende necessario identificare: • • • •
il goa , ossia l’ obiettivo che si intende raggiungere con la valutazione; i c ter di criteri che guidano verso l’ obiettivo generale; il c ter delle alternative, le quali rappresentano le soluzioni possibili del problema decisionale; gli elementi (o nodi) specifici che definiscono ogni c ter.
Una volta scomposto il problema nelle sue parti elementari, è necessario individuare le relazioni esistenti tra i differenti elementi della rete creata. La F ig. 5.10 riporta un esempio di struttura a net ork, mettendo in evidenza le diverse parti della rete e le varie tipologie di relazioni che è possibile individuare. E sistono due possibili modalità secondo cui strutturare il modello decisionale: • •
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la « rete semplice », che consiste in una rete di relazioni che si sviluppano tra c ter di criteri, elementi specifici e alternative di scelta; la « rete complessa », che presuppone l’ esistenza di una gerarchi a di controllo che dà origine a sottoreti, organizzate ognuna secondo la struttura « semplice », in cui sono contenuti i gruppi, gli elementi e le alternative. Il caso più comune di modello complesso con gerarchie di controllo è il cosiddetto modello BOCR (Benefici – Opportunità – C osti – Rischi ) (S aaty e Ozdemir, 208) . In tale modello, la complessità del problema è scomposta in sottoreti separate, costituite da criteri e net ork di influenze; ciascuna delle sottoreti produce una graduatoria delle alternative ch e verrà poi sintetizzata ed integrata con quella delle altre sottoreti al fine di produrre un risultato globale e giungere dunque ad una graduatoria finale delle opzioni di scelta.
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CLUSTER 2 Nodo 2.a Nodo 2.b …
CLUSTER 1
Alternative
Nodo 1.a
Alternativa A
Nodo 1.b
Alternativa B
…
Alternativa C
CLUSTER 3 Nodo 3.a Nodo 3.b … Cluster Nodo Relazione di dipendenza tra nodi Relazione di interdipendenza tra nodi Relazione di (inter)dipendenza tra nodi dello stesso cluster Fig. 5.10
Esempio di struttura « a rete semplice » con clusters ed elementi.
tep o pi a ione e e atrici i confronto a coppie D opo aver terminato la costruzione del modello si può procedere alla valutazione mediante il metodo dei confronti a coppie. Il procedimento di confronto segue un andamento a « rete » in cui, imponendo a rotazione ogni elemento della rete come « genitore », si esprime un giudizio di preferenza mediante la realizzazione di molteplici confronti a coppie tra tutti gli elementi ad esso precedentemente collegati (« figli »). D urante lo svolgimento dei vari confronti a coppie si stabilisce una relazione binaria di preferenza tra due elementi confrontati rispetto al nodo genitore. I giudizi numerici stabiliti sono tratti dalla scala numerica a 9 punti, denominata « scala fondamentale di S aa-
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ty », analoga a quella proposta per l’ A H P (vedi Tab. 5.5) . Occorre mettere in evidenza ch e i diversi confronti a coppie vengono sviluppati su due livelli: il livello dei c ter e il livello dei nodi. C ome nel caso dell’ A H P, i valori numerici stabiliti di volta in volta costituiscono delle matrici quadrate di confronto a coppie degli elementi che vengono determinate ad ogni livello della rete. Una volta compilate le varie matrici di confronto a coppie, è possibile stabilire per ognuna la priorità dei rispettivi componenti. Nuovamente, questa operazione viene effettuata attraverso l’ estrazione, da ogni matrice, del principale autovettore ch e rappresenta in termini numerici la sintesi dei giudizi di preferenza espressi (S aaty , 1986) . S tep 3 – F ormazione delle supermatrici. L’ approccio della supermatrice consente all’ A NP di incorporare e gestire dipendenze e fee back all’ interno del sistema decisionale. Tre sono le supermatrici utilizzate nell’ A NP: la « supermatrice iniziale », la « supermatrice pesata » e la « supermatrice limite ». La « supermatrice iniziale » (o non pesata) è composta dai vettori priorità ottenuti dal confronto a coppie; tale supermatrice rappresenta i flussi di influenza individuati nel netork La forma generica della supermatrice è descritta nella F ig. 5.1 dove N rappresenta il c ter -esimo, Nn simboleggia l’ elemento n-esimo all’ interno del c ter N-esimo, e W ij è un blocco della matrice che contiene i vettori priorità ( ) dell’ importanza degli elementi del c ter i-esimo rispetto al c ter -esimo. I valori riportati all’ interno della supermatrice iniziale non tengono conto dei diversi pesi attribuiti ai c ter ; per questo motivo è necessario costruire una seconda matrice (la
C1 e11
e12
C2 …
e1n1
e21
e22
…
e2n2
….
CN eN1
eN2
…
E NnN
e11 C1
e12 …
W 11
W 12
W 21
W 22
…
W 2N
…
…
…
…
W N1
W N2
…
W NN
…
W 1N
e1n1 e21 e22 C2
e2n2
eN1 eN2 CN
eNnN
Fig. 5.11 Forma generica di una supermatrice.
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« supermatrice pesata ») ottenuta moltiplicando i valori della supermatrice iniziale per la matrice ottenuta al livello del confronto tra i c ter . Infine moltiplicando la supermatrice pesata per sé stessa un numero di volte tendente a infinito come nell’equazione (1), si ottiene la cosiddetta « supermatrice limite » ovvero quella supermatrice le cui colonne contengono il vettore delle priorità degli elementi dell’ analisi. limW
k
x→∞
tep ggrega ione ei ri tati e ana i i i en iti it M entre nel caso della rete semplice la graduatoria di priorità delle alternative è ottenuta direttamente dalla supermatrice limite, nel caso della rete complessa occorre procedere ad un’ ulteriore aggregazione dei risultati, dal momento ch e lo sch ema B OC R conduce ad individuare quattro serie di pesi per le alternative, una per i benefici, una per i costi, una per le opportunità e una per i rischi. Per l’aggregazione e la sintesi finale delle priorità di ciascuna alternativa sono disponibili diverse formule specifiche (Saaty, 2005). Inoltre, una volta ottenuti i risultati finali del modello è ancora opportuno sviluppare un’analisi di sensitività. Scopo fondamentale dell’analisi di sensitività è quello di verificare la stabilità della graduatoria di preferibilità finale al variare dei pesi assegnati ai criteri di controllo e dunque valutare la robustezza del modello decisionale.
L’approccio Multi Attribute Value Theory La teoria del valore multi attributo ( ti ttrib te a e eor , M A V T) è stata sviluppata da Keeney e Raiffa (1976) e viene utilizzata per rispondere a problemi caratterizzati da un numero finito e discreto di opzioni alternative che devono essere valutate sulla base di obiettivi molteplici e spesso conflittuali. Per ciascun obiettivo, la procedura richi ede di individuare degli attributi, caratterizzati tipicamente da diverse unità di misura, che siano in grado di misurare la performance delle alternative oggetto di valutazione nei confronti dell’ obiettivo. La M A V T può gestire informazioni di natura sia quantitativa, sia qualitativa e ha l’ obiettivo di associare un valore reale a ciascuna alternativa al fine di ottenere un ordine di preferenza delle opzioni oggetto di analisi che sia coerente con il sistema di valori del D ecisore. Per ottenere ciò, l’ ipotesi alla base della teoria dell’ utilità è che esiste una funzione a valori reali, detta funzione utilità, che per ogni alternativa restituisce un punteggio di utilità; questa funzione consente di esplicitare il sistema di preferenze individuali attraverso un’ unica funzione multidimensionale ch e di volta in volta assume valori diversi. Le teoria M A V T aggrega poi le performance delle diverse alternative su tutti i criteri per ottenere un ordinamento complessivo e rappresenta dunque una tecnica di valutazione di tipo compensatorio. Ciò significa che il metodo consente la compensazione tra una performance bassa su di un criterio ed una performance molto alta su di un altro. Nel contesto delle valutazioni di sostenibilità degli interventi di trasformazione territoriale, le dimensioni da tenere in considerazione includono tipicamente la sfera ambientale, quella economica e quella sociale. In tal caso, la completa compensazione significherebbe completa sostituibilità tra capitale umano e capitale naturale. La teoria M A V T supporta quindi le decisioni in un contesto che abbraccia il paradigma della sostenibilità debole. D a un punto di vista metodologico, il processo da seguire per sviluppare un modello M A V T consiste nei seguenti 5 step fondamentali (B einat, 197) :
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definizione e strutturazione degli obiettivi fondamentali e dei relativi attributi; individuazione delle opzioni alternative; costruzione della matrice di performance delle alternative per ciascun criterio; modellizzazione delle preferenze e dei livelli di tra e off ; ordinamento delle alternative. 2) 3) 4) 5)
La definizione degli obiettivi fondamentali costituisce un passaggio di cruciale importanza per il processo decisionale. E ssi dipendono dal problema in analisi, dagli attori coinvolti nel processo decisionale e dal contesto nel quale il processo di decisione ha luogo. Il grado di raggiungimento di ciascun obiettivo viene misurato da un set di attributi, i quali si distinguono in naturali (quando derivano direttamente dalla definizione degli obiettivi), costruiti (quando specificano un numero finito di livelli di raggiungimento degli obiettivi) e proxy (quando sono indirettamente legati alla definizione degli obiettivi). Il secondo step metodologico consiste nell’identificazione delle alternative che costituiscono le soluzioni potenziali al problema decisionale. Il terzo step metodologico consiste nello specificare per ogni alternativa la performance rispetto ai diversi attributi considerati nell’ analisi. Nello sviluppo di un modello decisionale basato sulla teoria M A V T, è di cruciale importanza esprimere il valore dell’ impatto ch e ciascuna opzione oggetto di valutazione può avere, attraverso la misurazione del merito relativo di ciascun impatto. Lo strumento che viene utilizzato a tale scopo sono le funzioni di valore le quali assegnano a ogni performance della matrice di valutazione un corrispondente punteggio di preferenza/utilità, che rappresenta il grado di soddisfazione del decisore. Queste funzioni traducono quindi in termini numerici adimensionali tutti gli attributi della matrice iniziale, siano essi cardinali, ordinali o qualitativi. A lla luce di tali considerazioni, le funzioni di valore vengono definite come una rappresentazione matematica delle preferenze umane. Esse offrono infatti una descrizione analitica del sistema di valori di un individuo coinvolto in un processo decisionale e ha nno l’ obiettivo di catturare quelle componenti del giudizio umano implicate nel processo di valutazione di più opzioni alternative. Le funzioni di valore vanno dunque definite per ogni criterio e per tutti deve essere usata la stessa scala, cioè lo stesso codominio: si considera quindi un campo di variabilità compreso tra due valori arbitrari (generalmente tra 0 e 1) dove il valore minimo indica la massima insoddisfazione (nessun raggiungimento dell’ obiettivo) e il valore massimo la massima utilità (pieno raggiungimento dell’ obiettivo) . Occorre a questo punto precisare che si parla di funzione di valore quando i dati trattati sono di tipo deterministico, mentre si parla di funzione utilità quando i dati sono di tipo stocastici. La differenza fondamentale tra i modelli deterministici e i modelli stocastici può essere così riassunta: i primi sono processi di tipo causa-effetto, quindi governati da una legge esprimibile in termini analitici dove le variabili di input sono fisse; i secondi sono processi aleatori e casuali, che tengono in considerazione le variazioni delle variabili di input, quindi forniscono risultati in termini di probabilità. D al momento che le persone non esprimono naturalmente le preferenze e i valori secondo questa modalità, le funzioni di valore devono essere costruite attraverso procedure specifiche basate su interviste con il/i decisori grazie alle quali i sistemi di preferenze vengono organizzati e rappresentati analiticamente. In questo senso è possibile affermare che le funzioni di valore sono una rappresentazione approssimata dei giudizi umani e sono costruite o prodotte (B einat, 197) .
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G li approcci disponibili in letteratura per costruire una funzione di valore sono molteplici ( irect rating tec ni e, c r e fitting, bi ection, tan ar ifference , para eter e ti ation, e antic ge ent) ed il lettore interessato ad approfondirli può fare riferimento al testo di B einat (197) . Interessanti sperimentazioni riguardano l’ utilizzo dei metodi M A C B E TH (B ana, C osta, V ansnick, 194) e procedure di aggregazione-disaggregazione (J acquet-Lagrè ze and S isk os 1 9 8 2 ) per supportare la costruzione delle funzioni di valore diminuendo il più possibile il carico cognitivo sul decisore. S e propriamente costruite, le funzioni di valore consentono di determinare contemporaneamente i livelli di preferenza rispetto alle diverse performance delle alternative ed i livelli di trade-offs tra gli attributi considerati. Le domande a cui è necessario rispondere secondo questo approccio sono però particolarmente complesse; per tale ragione, nelle applicazioni pratiche, si predilige spesso un approccio semplificato che consiste nel costruire prima le funzioni di valore riferite ad un attributo per volta e nel determinare poi i livelli di trade-offs in un secondo momento. In generale, uno dei metodi più diffusi per la definizione delle funzioni di valore è quello basato sulla costruzione diretta ( irect rating) . Tale procedimento stima la funzione di valore per punti: in primo luogo si definisce l’intervallo dei valori del criterio considerato; successivamente, sulla base delle informazioni fornite dal decisore e dagli esperti del settore, si stabilisce l’ andamento della funzione, se ne ricava il valore in alcuni punti e infine i punti così trovati si interpolano per ottenere l’intera funzione. Una delle potenzialità più grandi della teoria M A V T fa riferimento alla possibilità di tenere in considerazione un numero anch e notevole di alternative senza un aumento dello sforzo cognitivo rispetto ad uno stesso studio caratterizzato da un minor numero di alternative. Questo è dovuto al fatto che le funzioni di valore vengono costruite intervistando il Decision Maker o gli take o er indipendentemente dal numero di alternative, sulla base esclusivamente delle sue o delle loro preferenze in merito al raggiungimento dei diversi obiettivi considerati. Lo step di costruzione delle preferenze si basa infatti semplicemente sul range di variazione degli attributi rispetto a tutte le alternative, ovvero sul valore peggiore e su quello migliore raggiunto per ciascun attributo. Una volta costruite le funzioni di valore attraverso una delle sopramenzionate tecnich e diventa possibile valutare le diverse opzioni alternative. D unque, la procedura è indipendente dal numero di alternative ed è possibile aggiungere nuove alternative in itinere al processo decisionale fintanto che i valori estremi degli attributi rimangono all’ interno dei ranges utilizzati per la definizione del sistema di preferenze. Un altro step cruciale della procedura consiste nella definizione dei livelli di tradeoffs tra i diversi attributi. D iversi metodi sono stati proposti in letteratura per valutare i pesi dei criteri da utilizzarsi per l’ aggregazione delle relative performance. È importante sottolineare ch e il significato e la validità di questi pesi giocano un ruolo cruciale al fine di evitare di incorrere in un uso improprio delle metodologie di A nalisi M ulticriteri. Le procedure per la determinazione dei pesi dei criteri non devono dunque essere indipendenti dalla modalità in cui tali pesi verranno utilizzati (Roy e M ousseau, 196) . G li approcci disponibili in letteratura per la fase di pesatura degli attributi sono nuovamente molteplici ( ing eig t , rating, pair i e co pari on, tra e off e a ititati e tran ation) e il lettore interessato può fare riferimento a B einat (1 9 9 7 ) per una panoramica più dettagliata. Una delle più utilizzate è la cosiddetta procedura ing eig t , la quale tiene espli-
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citamente in considerazione il range di variazione degli attributi nella fase di definizione dei livelli di trade-off tra gli stessi. In particolare, il metodo chi ede di ragionare sul miglioramento di ciascun attributo dal livello peggiore a quello migliore usando un livello di riferimento in cui tutti gli attributi si trovano al loro livello peggiore e ch iedendo all’ intervistato di assegnare un punteggio per determinare quale attributo vorrebbe portare per primo al livello di performance migliore. S i tratta dunque di una procedura iterativa dove i pesi sono proporzionali ai punteggi così ricavati. Uno dei vantaggi più importanti associati al metodo ing eig t consiste nel fatto che durante la fase di pesatura è necessario conoscere semplicemente il range di variazione degli attributi in quanto la procedura è indipendente dalla particolare forma delle funzioni di valore. D all’ altro lato, la procedura rich iede uno sforzo cognitivo notevole in quanto le domande a cui occorre rispondere non sono intuitive e particolare attenzione deve essere prestata al controllo di consistenza dei punteggi ottenuti. Infine, la teoria MAVT include diversi modelli di aggregazione, ma il più semplice e più utilizzato è il modello additivo illustrato nell’ equazione:
( ) ∑ wi ⋅ vi ( ai )
V a =
D ove V ( a) è il punteggio complessivo dell’ alternativa a, vi( ai) è il valore della funzione di valore del singolo attributo che riflette la performance dell’alternativa rispetto all’attributo i e i è il peso assegnato all’ attributo i. F ortemente legata all’ approccio M A V T è la teoria dell’ Utilità M ulti A ttributo (M ultiple-Attribute Utility Theory, MAUT) (Keeney e Raiffa, 1976). La MAUT si basa sulla teoria dell’ utilità attesa e h a il vantaggio di tenere in considerazione l’ incertezza e l’ attitudine al risch io del D ecision M ak er all’ interno del processo decisionale, venendo però così ad essere caratterizzata da un livello di difficoltà decisamente maggiore.
I metodi ELECTRE I metodi ELECTRE (acronimo che significa i ination t oix ra iant a R a it ) fanno riferimento ad una famiglia di tecniche di A nalisi M ulticriteri messe a punto dal matematico francese B ernard Roy (Roy, 1968, 1985; Roy e B ouys sou, 193) . La logica di base dei metodi E LE C TRE consiste nella cosiddetta re a ione i rc a a ento (i metodi infatti vengono anche denominati « metodi di surclassamento » o o tranking et o ) . C onsideriamo la coppia di alternative (a b). Si definisce la relazione binaria di surclassamento tra a e b (a b) se e solo se è possibile affermare che « a è almeno tanto buona quanto b ». Nel seguito del paragrafo si introdurrà brevemente il funzionamento dei metodi E LE C TRE con particolare riferimento alla tecnica E LE C TRE III4 4 . Il metodo E LE C TRE III si basa su una serie di fasi sequenziali come di seguito descritto.
4 4 La famiglia dei metodi E LE C TRE comprende le tecniche E LE C TRE I, E LE C TRE II, E LE C TRE IV , E LE C TRE TRI e E LE C TRE IS . Per approfondimenti sui metodi E LE C TRE si rimanda a J . F igueria, V . M ousseau & B . Roy, R et o , in J . F igueira, S . G reco & M . E rgoth (eds.) , tip e riteria eci ion iing tate of t e art r e , Springer, New York 2005.
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n i i a ione e e a ternati e i ce ta In accordo con la logica delle A M C , il primo passaggio del metodo consiste nell’ individuazione di un insieme di alternative A = (a, b, ..., n) tra cui scegliere. efini ione ei criteri Una volta individuate le alternative, occorre definire una famiglia di criteri (g1 , g2 , ..., gm) per la valutazione delle alternative. a ta ione e e perfor ance e e a ternati e Il passaggio successivo fa riferimento alla definizione delle performance delle alternative. In questo caso si definisce gi(a) la performance dell’ alternativa a rispetto al criterio iesimo. efini ione ei pe i ei criteri In linea con i presupposti delle AMC, è necessario definire l’importanza dei diversi criteri considerati all’interno del modello decisionale. La definizione dei pesi può essere sviluppata attraverso diverse procedure; nel caso dei metodi E LE C TRE una delle procedure più utilizzate è il metodo S imos rivisto (denominato anch e metodo delle carte) 4 5 . G eneralmente si definiscono i pesi ki in modo che venga rispettata la seguente equazione: m
∑ ki = 1 i =1
eter ina ione e e og ie i in ifferen a e preferen a Uno dei punti chi ave del metodo E LE C TRE III si basa sulla constatare che il valore gj (ai) non è fisso o esatto dal momento che risulta condizionato da fenomeni legati a imprecisione della misura, indeterminazione del metodo e incertezza. Al fine di far fronte a tali condizionamenti, il metodo E LE C TRE III introduce l’ utilizzo delle cosiddette soglie di preferenza e indifferenza per il confronto e la valutazione delle alternative. L’ idea di base è quella per la quale nel mondo reale è possibile affermare che l’ alternativa a è migliore dell’ alternativa b rispetto a un certo criterio gi a partire dal confronto delle perfomance delle due alternative rispetto al criterio considerato; in ogni caso, è ammissibile concludere con certezza ch e a è migliore di b solo quando la differenza di perfomance tra le due alternative è significativa. Al fine di tradurre questa capacità di discriminazione, E LE C TRE III propone l’ utilizzo delle soglie di indifferenza e di preferenza p. Quando la differenza tra le performance delle due alternative è inferiore alla soglia , il decisore non riesce a percepire la differenza tra le alternative che risultano quindi indifferenti. Quando invece la differenza tra le performance delle due alternative è maggiore della soglia p, il decisore ha una netta preferenza per un’alternativa. Quando, infine, la differenza tra le performance delle alternative è compresa tra le soglie e p, il decisore h a una preferenza debole per un’ alternativa. In termini matematici, è possibile tradurre il ragionamento precedente in una serie di formule come di seguito presentato. 4 5
( 20)
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.
Per approfondimenti sul funzionamento del metodo S imos rivisto si rimanda all’ articolo F igueira, Roy,
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S iano (g) e p(g) le soglie di indifferenza e preferenza, rispettivamente. S e g a s, si possono verificare le seguenti situazioni: i gi(b pi(gi(b)) ≤ gi(a) a ib a è strettamente preferito a b ii gi(b) + i(gi(b)) ≤ gi(a) ≤ gi(b) + pi(gi(b)) aQib a è debolmente preferito a b iii gi(a) ≤ gi(b) + i(gi(b) ) aIib (a è indifferente a b) Le soglie di indifferenza e preferenza sono calcolate con le formule seguenti: pi(gi(a))=
p
+
p
(gi(a))=
q
+
q
i
(gi(a) ) (gi(a) )
Occorre sottolineare che i valori di soglia e possono essere: – – –
entrambi costanti ( = 0 e deve essere determinato); proporzionali a gi(a)) ( = 0 e deve essere determinato; una combinazione dei due modelli precedenti.
a co o e in ice i concor an a Lo step seguente riguarda il calcolo dell’ indice di concordanza c(a,b) per ogni coppia di alternative a e b. L’ indice è fornito dalla formula seguente: k
( ) ∑ Ki ci ( a,b)
c a,b =
i∈F)
dove K =
∑ ki
i∈F
e ci(a,b) rappresenta la coalizione dei criteri favorevole all’ affermazione
« a surclassa b »; in particolare, si possono avere le seguenti situazioni:
( )
se gi(a) + i(gi(a) ) ³ gi(b)
ci a,b = 1
( )
ci a,b =
( ( )) ( ) pi ( gi ( a )) − qi ( gi ( a )) ()
gi a + pi gi a − gi b
( )
ci a,b = 0
se gi(a) + i(gi(a) ) < gi(b) ≤ gi(a) + pi(gi(a) ) se gi(a
pi(gi(a)) ≤ gi(b)
efini ione e a og ia i eto Oltre alle soglie di indifferenza e di preferenza, il metodo E LE C TRE III propone l’ utilizzo di un’ ulteriore soglia denominata soglia di veto. L’ idea è ch e se due alternative sono estremamente diverse rispetto al criterio gi e la differenza tra le due perfomance assume un valore molto elevato, è possibile ipotizzare un veto al surclassamento. In termini matematici, la soglia di veto V igi(a) è definita per ogni criterio i come V igi(a) =
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+ vgi(a)
v
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a co o e in ice i i cor an a Per ogni criterio, è possibile definire un indice di discordanza d(a,b) espresso come segue:
( )
di a,b = 0
( )
di a,b =
se gi(b) – gi(a) ≤ pi(gi(a) )
( ) ( ( )) vi ( gi ( a )) − pi ( gi ( a )) ()
gi b − gi a -pi gi a
( )
se 0 < di(a, b) < 1 se gi(b) – gi(a) > vj (gi(a) )
di a,b = 1
a co o e gra o i rc a a ento Infine, è possibile calcolare il grado di surclassamento, definito come segue: se di(a,b) ≤ c(a,b)
(a b) = c(a b) S ( a, b) = c( a, b) ×
∏
j ∈I ( a ,b)
1 − di ( a, b) 1 − c( a, b)
altrimenti
D ove I(a,b) è il set di criteri per i quali di(a,b) > c(a,b) Pertanto, il grado di surclassamento globale di a su b sarà uguale all’ importanza della coalizione dei criteri concordanti, diminuita di una frazione pari al grado di discordanza D(a,b) . o tr ione ei preor ini co p eti e e preor ine fina e Al fine di costruire l’ordinamento finale delle alternative, il metodo si articola su due algoritmi denominati distillazione discendente e distillazione ascendente. La distillazione discendente seleziona prima le azioni migliori e poi via via quelle peggiori mentre nella distillazione ascendente per prima vengono selezionate le azioni peggiori e poi man mano quelle migliori4 6 . È possibile infine costruire un preordine parziale delle alternative attraverso il calcolo dell’ intersezione dei due preordini completi precedentemente ottenuti4 7 . 4 6 La costruzione dell’ordinamento delle alternative si basa sul calcolo del valore = max S(a,b). Si considerano poi solo le coppie di alternative per le quali si ha un indice di surclassa mento sufficientemente vicino ad . Più precisamente, si introduce una soglia s( ) e si considerano le coppie di azioni per cui la credibilità di surclassamento è maggiore o uguale a -s( ). In questo modo si ottiene una relazione di surclassamento non valutata e per ogni azione a A si calcola la differenza tra il numero delle azioni ch e a riesce a surclassare e il numero delle azioni che sono surclassate da a. Tale differenza si chiama -qualificazione di a, denotata con Q (a). L’insieme D1 delle azioni di A che ha la massima qualificazione si definisce primo distillato di A. Se D1 contiene una sola azione, si ripete la procedura in A -D 1 . A ltrimenti, la stessa procedura si applica all’ interno di D 1 . S e il distillato D 2 ch e è così ottenuto contiene una sola azione, la procedura si ripete in D 1 -D 2 , altrimenti si applica all’interno di D2 e così via finché D2 viene ad essere esaurito. La procedura si ripete quindi in D1. Questa procedura fornisce un ordinamento (preordine completo) delle azioni di A ch e è ch iamata distillazione discendente, perché seleziona prima le migliori azioni e poi man mano le altre azioni fino ad arrivare alle peggiori. Un secondo preordine completo è ottenuto da una procedura di distillazione ascendente, in cui vengono selezionate per prima le azioni peggiori, cioè quelle che hanno una qualificazione più bassa (Greco e Matarazzo, 2008). 4 7 Il software di supporto per lo sviluppo del metodo ELECTRE III è scaricabile dal sito dell’istituto di ricerca LAMSADE (http://www.lamsade.dauphine.fr/).
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
245
Caso studio 5.3 La tecnica ANP per la localizzazione di un inceneritore (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini) Il caso studio in esame riguarda il problema decisionale relativo alla localizzazione di un inceneritore di rifiuti nella porzione settentrionale della Provincia di Torino. Attualmente un inceneritore risulta già in fase di realizzazione a servizio della porzione meridionale della Provincia Torino. Tuttavia, secondo il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti, è necessaria la realizzazione di un secondo inceneritore. Tale impianto avrà una capacità di circa 290.000 tonnellate/anno e servirà 177 Comuni, per un totale di 530.000 abitanti. Dopo uno studio dettagliato del territorio e degli strumenti di pianificazione vigenti nelle diverse municipalità, sulla base di uno studio condotto dalla Provincia e da ATOR sono state individuate tre potenziali localizzazioni. I tre siti individuati fanno riferimento ai comuni di Ivrea, Rivarolo Canavese e Settimo Torinese. La sperimentazione qui presentata riguarda un’applicazione della tecnica ANP con l’obiettivo di individuare il sito maggiormente idoneo ad ospitare il nuovo impianto di incenerimento rifiuti (Bottero e Ferretti, 2011). Strutturazione del problema decisionale Così come illustrato all’interno del Par. 5.3.2, il primo step per l’applicazione dell’ANP fa riferimento alla strutturazione del problema decisionale in esame. Il confronto tra diversi siti per la localizzazione di un inceneritore di rifiuti rappresenta un problema di pianificazione complesso nel quale la presenza di fattori interrelati e di aspetti conflittuali suggerisce l’utilizzo di un approccio multicriteri che sia in grado di fornire una base razionale per l’analisi sistematica di diverse opzioni alternative. Data la complessità del problema decisionale oggetto di analisi e volendo tenere esplicitamente in considerazione le interrelazioni e i tradeoff esistenti tra gli aspetti decisionali, la valutazione è stata basata su un modello ANP di tipo complesso, organizzato secondo le categorie Benefici, Opportunità, Costi e Rischi (si parla in questo caso di modello ANP-BOCR)48. Nel problema in esame, i Benefici e le Opportunità rappresentano gli aspetti positivi che devono essere massimizzati per la selezione del sito più idoneo ad ospitare l’impianto; i Costi e i Rischi rappresentano, al contrario, gli aspetti negativi che devono essere minimizzati. Inoltre, in analogia con i presupposti metodologici dell’analisi SWOT49, i Benefici e i Costi costituiscono i fattori endogeni propri del sistema territoriale in esame mentre le Opportunità e i Rischi fanno riferimento agli elementi più esogeni del problema. La Tab. 5.6 rappresenta la strutturazione del problema decisionale considerato. Per ognuno degli indicatori considerati, la Tab. 5.6 riporta l’unità di misura, la direzione di valutazione (valore da mini-
OPPORTUNITIÀ
BENEFICI
BOCR
Tab. 5.6 Sistema di indicatori utilizzati per il modello ANP-BOCR. Criteri di controllo
Cluster
Indicatori
Performance delle alternative
Iniziali
Unità di misura
Direzione
Ivrea
Rivarolo Canavese
Settimo Torinese
Aspetti ambientali
Rumore e campi elettromagnetici
Classe acustica
AC
classi
III
III
VI
Aspetti socioeconomici
Aspetti infrastrutturali
km di infrastrutture nel raggio di 2 km
ID
km–1
6,1
3,6
6,2
Aria
Riduzione di emissioni dovute al recupero energetico
ER
classi
basso
basso
medio
Riqualificazione aree industriali
IA
giudizio di esperti
assente
medio
alto
Trasmissività dell’acquifero
AT
m2/s
2,78 × 10–3
6 × 10–4
4,5 × 10–2
Aspetti ambientali Acque e suolo
(segue)
I calcoli dell’applicazione ANP descritta sono stati sviluppati attraverso il software Superdecisions, scaricabile dal sito www.superdecisions.com. 49 Approfondimenti sull’analisi SWOT sono forniti nel capitolo successivo. 48
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Manuale di estimo
BOCR
246
Cirteri di controllo Aspetti socioeconomici
Cluster
Aspetti urbanistici
Acque e suolo
Aria
COSTI
Rumore e campi elettromagnetici
Aspetti ambientali
Paesaggio e ecosistemi
Aspetti infrastrutturali
Sistema insediativo
Performance delle alternative
Iniziali
Unità di misura
Direzione
Coerenza con strumenti di pianificazione locale
CP
classi
Rischio geologico
GR
Indice di qualità delle acque
Indicatori
Ivrea
Rivarolo Canavese
Settimo Torinese
basso
medio
alto
giudizio di esperti
si
no
no
SW
classi
medio
medio/ basso
medio
Vulnerabilità [% di aree ad alta vulnerabilità in un buffer di 5 km]
VA
%
91
31
32
NO2: numero di superamenti del limite annuale
NO
numero
0
13
29
PM10: numero di superamenti del limite annuale
PM
numero
0
4
12
Lunghezza delle linee di trasmissione elettrica
LE
Km
4,6
9,8
26,1
Indice di biodiversità [% di territorio nel raggio di 2 km caratterizzato da un alto indice di biodiversità]
BI
%
39,6
35,7
3,8
Valore naturalistico
NV
classi
alto
alto
basso
Qualità del paesaggio
LQ
classi
alto
medio
basso
Significatività del patrimonio storico-culturale
SC
classi
alto
basso
medio
Flussi di traffico nel raggio di 2 km
AF
numero di veicoli
12.200
16.600
27.315
Numero di incidenti ogni 100 km
NA
numero
25,3
43,9
39,2
Densità della popolazione
DP
abitanti/km2
931
28
449
Numero di residenti
NR
numero
40.596
204.10
82.517
Patrimonio immobiliare rurale
RR
€
4.031.079
6.813.622
5.096.515
Patrimonio immobiliare residenziale
RE
€
10.8546.700
49.744.860
87.335.748
(segue)
Capitolo 5
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BOCR
Le valutazioni di fattibilità
Cirteri di controllo
Unità di misura
Direzione
Aria
Capacità dispersiva dell’area
DC
numero di celle
Emissioni CO2
CO
Paesaggio e ecosistemi
Sensibilità del paesaggio
Rumore e campi elettromagnetici
RISCHI
Aspetti ambientali s
Aspetti socioeconomici
Performance delle alternative
Iniziali
Cluster
Infrastrutture
Sistema insediativo
Indicatori
247
Ivrea
Rivarolo Canavese
Settimo Torinese
2,84
1,83
1,58
ton/anno
220,6
154,3
125,1
LS
classi
alto
medio
basso
Presenza di recettori sensibili in un raggio di 100 m
PS
numero
6
6
2
Distanza dalla stazione ferroviaria più vicina
DN
Km
5,8
3,1
6,7
Km percorsi in un anno per la raccolta rifiuti
KM
Km
1.102.782
771.393
625.354
Variazione percentuale traffico pesante nel raggio di 2 km
VH
%
0,8
0,6
0,4
Numero di edifici per km percorso
NB
numero/km
4,3
7,7
6,8
mizzare/massimizzare), la performance per i tre siti alternativi, il cluster di appartenenza, il criterio di controllo e infine la categoria BOCR. La Fig. 5.12 rappresenta a titolo esemplificativo la sottorete relativa ai Costi. Come è possibile vedere, i diversi indicatori considerati sono stati raggruppati per cluster (acque e suolo, paesaggio e ecosistemi, rumore e campi elettromagnetici, aria, urbanistica, infrastrutture, sistema demografico) a loro volta suddivisi secondo i due criteri di controllo (aspetti ambientali e aspetti socio-economici). Occorre mettere in evidenza che le tre alternative sono contenute in uno specifico cluster. Una volta individuanti tutti gli elementi del modello e organizzati secondo specifici cluster, occorre procedere alla definizione delle relazioni di influenza. Riprendendo la sottorete Costi di Fig. 5.12, è possibile mettere in evidenza le relazioni di influenza ipotizzate nella presente applicazione. Come si vede, si è deciso di collegare tutti gli elementi alle alternative e viceversa. Per quanto riguarda agli aspetti ambientali, ulteriori relazioni di dipendenza fanno riferimento ad esempio all’influenza esercitata dall’elemento « acque e suolo » (appartenente al cluster « aria ») sugli elementi « indice di biodiversità » e « valore naturalistico » (appartenenti al cluster « paesaggio e ecosistemi »). Tale relazione è rappresentata da una freccia che parte dal cluster aria e arriva al cluster paesaggio e ecosistemi. Attribuzione dei pesi La seconda fase del metodo consiste nell’attribuzione dei giudizi di importanza ai diversi elementi del modello attraverso il principio dei confronti a coppie. In questo caso, i giudizi di importanza sono stati stabiliti a partire dai valori dei singoli indicatori. Nello specifico, il valore di ogni indicatore relativo alla performance delle tre alternative è stato normalizzato secondo la formula valore _ normalizzato =
valore _ attuale valore _ massimo
I valori normalizzati sono stati poi trasferiti sulla scala di Saaty a 9 punti. In particolare, il punteggio più alto ottenuto con la standardizzazione (punteggio 1) è stato fatto corrispondere al valore più alto nella scala di Saaty (valore 9); gli altri punteggi normalizzati sono stati trasferiti dal dominio [0,1] al dominio [1,9] utilizzando una proporzione diretta. La
Capitolo 5
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Manuale di estimo
248
Migliore localizzazione dell’inceneritore
Benefici
Opportunità
Rischi
Costi
Localizzazione dell’inceneritore per minimizzazione costi
Aspetti ambientali
Aspetti socio-economici
Aspetti ambientali Alternative Ivrea Rivarolo Settimo
Acque e suolo Rischio idrogeologico Qualità delle acque vulnerabilità
Paesaggio e ecosistemi Indice di biodiversità Valore naturalistico Qualità paesaggistica Patrimonio storico-culturale
Air Concentrazione di NO2 Concentrazione di PM10
Rumore e campi elettromagnetici Lunghezza delle linee elettriche
Aspetti socio-economici Alternative Ivrea Rivarolo Settimo Aspetti urbanistici Vincoli
Aspetti infrastrutturali Flussi di traffico Numero di incidenti
Sistema insediativo Densità di popolazione Numero di abitanti Patrimonio immobilaire rurale Patrimonio immobilare residenziale
Fig. 5.12 Modello ANP-BOCR per il caso studio considerato. Lo schema rappresenta il dettaglio della sottorete Costi, distinta secondo i due criteri di controllo (aspetti ambientali e aspetti socio-economici). differenza tra i punteggi ottenuti nella scala 1-9 rappresenta il valore numerico da utilizzare nelle matrici di confronto a coppie previste dal modello. Si consideri ad esempio l’indicatore relativo al patrimonio immobiliare residenziale. La Tab. 5.7 illustra la procedura seguita per tradurre i valori dell’indicatore nella scala 1-9 mentre la Tab. 5.8 rappresenta la matrice di confronto a coppie delle alternative rispetto all’indicatore in esame. Seguendo un procedimento del tutto analogo a quello illustrato, è possibile valutare i feedbacks esistenti tra le alternative e gli indicatori e le interrelazioni tra i vari indicatori Una volta che tutte le matrici di confronto a coppie sono state compilate, i vettori delle priorità estratti a livello dei nodi costituiscono la supermatrice iniziale (Tab. 5.9). Il retino grigio mette in evidenza le priorità illustrate nella Tab. 5.8.
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
249
Tab. 5.7 Punteggi dell’indicatore « patrimonio immobiliare residenziale » per i tre siti alternativi.
Alternative
Valore dell’indicatore
Punteggio dell’indicatore normalizzato
Punteggio dell’indicatore nella scala 1-9
108.546.700 €
1
9
Rivarolo
49.744.860 €
0,46
4,14
Settimo
87.335.748 €
0,80
7,20
Ivrea
Tab. 5.8 Matrice di confronto a coppie delle alternative rispetto all’indicatore « patrimonio immobiliare residenziale ».
Patrimonio immobiliare residenziale
Ivrea
Rivarolo
Settimo
Priorità
1
5
2
0,58
Rivarolo
1/5
1
1/3
0,11
Settimo
1/2
3
1
0,31
Ivrea
Tab. 5.9 Supermatrice iniziale per la sottorete Costi (aspetti socio-economici). Aspetti infrastrutturali
Alternative
Ivrea (I) Alternative
Aspetti infrastrutturali Aspetti urbanistici
Sistema insediativo
Capitolo 5
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Aspetti urbanistici
Sistema inseditativo
I
R
S
AF
NA
PC
DP
NR
RR
RE
0,00
0,00
0,00
0,12
0,12
0,82
0,74
0,18
0,14
0,58
Rivarolo (R )
0,00
0,00
0,00
0,20
0,56
0,09
0,06
0,08
0,57
0,11
Settimo (S)
0,00
0,00
0,00
0,68
0,32
0,09
0,19
0,74
0,29
0,31
Flussi di traffico (AF)
0,33
0,20
0,67
0,00
0,00
0,00
1,00
0,00
0,00
0,00
Numero di incidenti (NA)
0,67
0,80
0,33
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
1,00
1,00
1,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Densità di popolazione (DP)
0,41
0,05
0,08
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Numero abitanti (NR)
0,07
0,10
0,45
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Patrimonio rurale (RR)
0,12
0,67
0,23
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Patrimonio residenziale (RE)
0,41
0,18
0,23
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Vincoli (PC)
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Manuale di estimo
250
Come descritto nella sezione metodologica, la supermatrice iniziale deve essere moltiplicata per la matrice peso dei clusters al fine di ottenere la supermatrice pesata. Per quanto riguarda la valutazione dei cluster, i giudizi da utilizzare nelle matrici di confronto a coppie sono stati derivati dall’opinione di esperti e decisori. A titolo esemplificativo, si riporta di seguito il questionario sottoposto alla discussione degli esperti per quanto riguarda la valutazione dell’importanza dei cluster economici della sottorete costi. Dal punto di vista della determinazione dei costi economici connessi alla localizzazione dell’inceneritore, quale dei due aspetti ha più rilevanza? E di quanto? Asp. infrastrutturali
9
8
7
6
5
4
3
2
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Asp. urbanistici
Asp. infrastrutturali
9
8
7
6
5
4
3
2
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Sist. insediativo
Asp. urbanistici
9
8
7
6
5
4
3
2
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Sist. insediativo
I giudizi così stabiliti hanno formato la matrice di confronto a coppie (Tab. 5.10). Tale vettore costituisce inoltre la prima colonna della matrice peso dei clusters la quale rappresenta il peso dei diversi clusters dal punto di vista delle alternative (Tab. 5.11). A livello di ciascuna sottorete, l’applicazione della matrice cluster alla supermatrice iniziale fornisce al supermatrice pesata dalla quale è possibile infine calcolare la supermatrice limite, che fornisce le priorità degli elementi del modello (Tab. 5.12). Al fine di ottenere le priorità finali dei siti in esame per le quattro sottoreti considerate, è necessario normalizzare i punteggi delle alternative ottenuti dal calcolo della supermatrice rispetto al relativo cluster di appartenenza e moltiplicare poi i valori così ottenuti per i pesi dei criteri di controllo. La definizione di tali pesi è stata messa a punto nuovamente tramite interviste ad esperti. Le priorità finali delle alternative per le categorie BOCR sono rappresentate nella Tabella 5.13. L’ultimo passaggio consiste nell’aggregazione delle priorità delle alternative a livello delle singole sottoreti al fine di ottenere la graduatoria dei siti in esame. La Tabella 5.14 rappresenta i risultati dell’operazione di aggregazione attraverso l’utilizzo delle diverse formule disponibili.
Tab. 5.10 Matrice di confronto a coppie dei cluster appartenenti alla sottoreti Costi (aspetti socio-economici).
Aspetti infrastrutturali Aspetti urbanistici Sistema insediativo
Aspetti infrastrutturali
Aspetti urbanistici
Sistema insediativo
Priorità
1
3
1
0,43
1/3
1
1/3
0,14
1
3
1
0,43
Tab. 5.11 Matrice dei cluster relativa alla sottoreti Costi (aspetti socio-economici).
Capitolo 5
Alternative
Aspetti infrastrutturali
Aspetti urbanistici
Sistema insediativo
Alternative
0.00
1,00
1,00
0,75
Aspetti infrastrutturali
0,43
0,00
0,00
0,25
Aspetti urbanistici
0,14
0,00
0,00
0,00
Sistema insediativo
0,43
0,00
0,00
0,00
191-266.indd 250
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Le valutazioni di fattibilità
251
BOCR
Tab. 5.12 Priorità limite degli elementi del modello. Criteri di controllo
BENEFICI
Aspetti ambientali (0,25)
Cluster
Alternative
Rumore e campi elettromagnetici
Aspetti socio-economici (0,75)
Alternative
Aspetti infrastrutturali
Alternative
OPPORTUNITÀ
Aspetti ambientali (0,83)
Aria Acque e suolo
Aspetti socio-economici (0,17)
Alternative
Aspetti urbanistici
Alternative
COSTI
Acque e suolo
Aspetti ambientali (0,75)
Aria Rumore e campi elettromagnetici
Paesaggio e ecosistemi
Elementi
Priorità limite
I
0,07
R
0,07
S
0,36
AC
0,50
I
0,16
R
0,06
S
0,28
ID
0,50
I
0,07
R
0,07
S
0,36
ER
0,42
IA
0,04
AT
0,04
I
0,03
R
0,12
S
0,35
CP
0,50
I
0,16
R
0,12
S
0,18
GR
0,01
SW
0,01
VA
0,01
NO
0,17
PM
0,09
LE
0,05
BI
0,09
NV
0,04
LQ
0,03
SC
0,04 (segue)
Capitolo 5
191-266.indd 251
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Manuale di estimo
BOCR
252
Criteri di controllo
Cluster
Elementi
Priorità limite
I
0,16
R
0,15
S
0,19
PC
0,07
AF
0,10
NA
0,12
DP
0,04
NR
0,05
RR
0,07
RE
0,06
I
0,30
R
0,15
S
0,05
DC
0,12
CO
0,15
Paesaggio e ecosistemi
LS
0,08
Rumore e campi elettromagnetici
PS
0,15
I
0,13
Alternative
R
0,19
S
0,16
DN
0,09
KM
0,09
VH
0,06
NB
0,28
Alternative
COSTI
Aspetti urbanistici Aspetti socio-economici (0,25)
Aspetti infrastrutturali
Sistema insediativo
Alternative
RISCHI
Aspetti ambientali (0,33)
Aria
Aspetti socio-economici (0,67) Aspetti infrastrutturali
Sistema insediativo
Come è possibile vedere dalla tabella, il sito di Settimo Torinese risulta essere sempre al primo posto, seguito dal sito di Ivrea e infine dal sito di Rivarolo Canavese. Nonostante la coerenza degli esiti ottenuti nella valutazione, il modello è stato sottoposto ad un’analisi di sensitività utile a testare la validità dei risultati finali. Nel caso in esame, l’analisi di sensitività consiste nell’esaminare la variazione delle priorità finali delle alternative al variare dei pesi delle categorie BOCR. L’analisi di sensitività per le quattro sottoreti è rappresentata nella Figura 5.13, dove l’asse delle x rappresenta il peso della categoria BOCR mentre l’asse y rappresenta le priorità finali delle alternative. Analizzando la sottorete Benefici (Fig. 5.13a), è possibile mettere in evidenza come il valore di Settimo Torinese aumenta mentre quello di Rivarolo diminuisce all’aumentare dell’importanza della categoria dei benefici. Questo implica che settimo torinese ha una performance positiva in termini di benefici e all’aumentare dell’importanza data ai benefici, aumenta la preferibilità per il sito di Settimo. Occorre ancora mettere in evidenza che il sito di Ivrea non appare sensibile a variazioni di importanza della categoria benefici.
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Le valutazioni di fattibilità Benefits
253
Costs
0,7
0,6
0,6
0,5
0,5
0,4
0,4 0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
0 0
0,2
0,4
Ivrea
0,6
0,8
Rivarolo
1
0
0,2
Settimo
0,4
0,6
Ivrea
Rivarolo
0,8
1 Settimo
Risks
Opportunities
0,6
0,7 0,8
0,5
0,6
0,4
0,5
0,3
0,4 0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
0 0
0,2 Ivrea
Fig. 5.13
0,4
0,6
0,8
Rivarolo
1
0
0,2
0,4
Ivrea
Settimo
Rivarolo
0,6
0,8
1
Settimo
Analisi di sensitività finale delle priorità del modello.
Tab. 5.13 Priorità delle alternative secondo le categorie BOCR.
Alternative
Capitolo 5
B
O
C
R
Ivrea
0,28
0,12
0,34
0,35
Rivarolo
0,13
0,16
0,27
0,38
Settimo
0,59
0,72
0,39
0,27
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Manuale di estimo
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Tab. 5.14 Priorità finali dei siti alternative secondo diverse formule di aggregazione.
Alternative Alternative
B*O)/(C*R)
B1/2*C-1/2* O1/2*R-1/2
B+O-C-R
B+O+1/C+1/R
B+(1-C)+O+(1-R)
Ivrea
-0,407
0,271
0,227
0,062
0,062
Rivarolo Canavese
-0,433
0,267
0,213
0,044
0,044
Settimo Torinese
0,160
0,462
0,560
0,894
0,894
Per quanto riguarda la sottorete Costi (Fig. 5.13b:), è possibile notare una forte instabilità del modello dal momento che la graduatoria è caratterizzata da tre inversioni di priorità. L’esame dell’analisi di sensitività per le sottoreti Opportunità (Fig. 5.13c) e Rischi (Fig. 5.13d) fornisce risultati più stabili e le priorità delle alterative risultano meno condizionate dalle variazioni di pesi delle categorie del modello.
Caso studio 5.4 La teoria del valore multi attributo per la valutazione di interventi di riqualificazione urbana: il caso delle basse di stura a Torino (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini) Presentazione del caso e descrizione delle alternative L’analisi ha per oggetto l’area di Basse di Stura (Fig. 5.14), una zona industriale ora parzialmente dismessa localizzata nella porzione Nord della città di Torino. L’area delle Basse di Stura si estende per circa 540 ettari e assomma in sé aspetti di carattere negativo e positivo: da un lato, infatti, essa è caratterizzata da un elevato degrado ambientale e dalla presenza di profondi conflitti sociali, mentre, dall’altro lato, rappresenta un’enorme opportunità per lo sviluppo dell’area metropolitana torinese grazie alla sua posizione strategica dal punto di vista del traffico e dell’accessibilità. L’area è attraversata da diversi assi urbani di grande traffico e dalla Tangenziale Nord di Torino, un’importante arteria che assicura un rapido collegamento con il sistema autostradale nazionale e con la rete internazionale. La zona è caratterizzata inoltre dalla presenza di due discariche urbane, una già dismessa e recentemente riconvertita a parco urbano e l’altra attualmente in uso. La criticità più rilevante per l’area è rappresentata dalla necessità di ingenti azioni di bonifica per quelle aree, vicine al corso del torrente Stura, che in passato, oltre ad essere state sede di attività estrattive e di insediamenti industriali oggi in parte dismessi, hanno assunto la funzione di discarica abusiva per lo smaltimento dei rifiuti industriali. Infine, l’area delle Basse di Stura presenta alcuni elementi di attenzione anche dal punto di vista sociale a causa della presenza di campi nomadi in parte abusivi e di forme di attività illegali favorite dall’estensione e dallo stato di abbandono in cui versa gran parte dell’area. La presenza di altre peculiarità quali il tratto finale del torrente Stura, le numerose cascine, alcune delle quali ancora attive e di elevato valore storico, e le molteplici attività miste di produzione e artigianato conferiscono al territorio delle Basse di Stura un carattere estremamente eterogeneo. Grazie all’organizzazione di un workshop internazionale (Turi, 2008), il processo di ripensamento di questa parte di città così articolata e complessa è cominciato e diversi Masterplan sono stati proposti al fine di rigenerare in modo sostenibile la qualità dell’ambiente e della vita nell’area.
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
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Area agricola Tangenziale
Discarica
Torrente Stura
Zona delle bonifiche
Città di Torino
Fig. 5.14
Area di studio (Basse di Stura, TO).
Tab. 5.15 Descrizione delle alternative di trasformazione.
Scenari Scenario inerziale
Capitolo 5
Descrizione Questo scenario rappresenta la situazione in assenza di intervento. Secondo tale ipotesi, l’area oggetto di analisi sarebbe caratterizzata da pesanti pressioni ambientali dovute alla presenza di aree contaminate, infrastrutture, discariche abusive, ecc.
Scenario bonifiche
Questo scenario rappresenta una fase intermedia tra l’opzione di non intervento e lo scenario Masterplan. Esso consiste in studi finalizzati alla preparazione, per un’area di 150 ettari lungo la sponda destra del fiume Stura, del piano di caratterizzazione dei terreni per determinare la gravità della contaminazione del suolo da rifiuti industriali. Sono inoltre previsti interventi finalizzati alla messa in sicurezza dell’area per i residenti, quali, ad esempio, la bonifica di una discarica industriale, la messa in sicurezza dei bacini artificiali per la loro successiva rinaturalizzazione e la risistemazione delle sponde di un lago di cava (Turi, 2008).
Scenario Masterplan
Questo scenario conduce ad un assetto radicalmente nuovo della città. Il Masterplan si basa su tre concetti fondamentali: produzione di energia rinnovabile, miglioramento della qualità della vita e creazione di un polmone verde per il sistema dei parchi della città di Torino (Turi, 2008). Le principali azioni previste da questo scenario sono: l’installazione di pannelli fotovoltaici sulla discarica una volta dismessa, la creazione di un distretto dell’idrogeno, la conversione dell’attuale profilo industriale dell’area in un nuovo polo di generazione che includa servizi, strutture di ricerca e residenze e la creazione di un « cuore verde » urbano. Lo scenario assicura inoltre la bonifica delle aree contaminate.
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Trattandosi di una zona compromessa, ma ricca di potenzialità, risulta di grande interesse studiare e misurare la sostenibilità di diverse possibilità di sviluppo per l’area (Bottero e Ferretti, 2010). A tal fine, il presente studio ha analizzato tre scenari di trasformazione, le cui principali caratteristiche sono illustrate in Tab. 5.15. Strutturazione del problema decisionale Il contesto decisionale appena descritto costituisce un problema complesso dove la presenza di elementi eterogenei e conflittuali suggerisce l’utilizzo di una tecnica di Analisi Multicriteri capace di fornire una base razionale per l’analisi sistematica degli scenari alternativi. Tra le varie tecniche la scelta è ricaduta sulla teoria MAVT al fine di investigarne potenzialità e limiti nel contesto delle valutazioni di sostenibilità degli interventi di trasformazione territoriale. La Fig. 5.15 illustra il set di attributi che è stato utilizzato per la valutazione organizzato secondo un albero decisionale. Secondo la metodologia MAVT illustrata nel Par. 5.3.2, ciascun attributo viene descritto da una funzione di valore che permette di trasformare i valori di performance originali in gradi di raggiungimento dell’obiettivo compresi tra 0 e 1 al fine di permettere il confronto tra criteri eterogenei. La Tab. 5.16 descrive gli attributi utilizzati nella presente valutazione e le relative funzioni di valore. In base alle loro performance, le alternative sono state valutate rispetto a ciascun attributo come illustrato in Tab. 5.17. Pesatura e aggregazione
Energia rinnovabile Aree verdi Aspetti Ambientali
Bonifica siti inquinati Stato del bacino fluviale Emissioni in acqua, aria e suolo
Soddisfazione dei cittadini Nuovi servizi per la popolazione Miglior scenario
Aspetti Sociali Sicurezza pubblica Gentrificazione
Variazioni del mercato immobiliare Aspetti Economici
Costo del progetto Rischio dell’investimento
Fig. 5.15 Scomposizione del problema decisionale in obiettivo fondamentale e attributi
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
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Tab. 5.16 Costruzione delle funzioni di valore per ciascun attributo.
Attributi
Descrizione
E.1
Energie rinnovabili
Percentuale di produzione energetica da fonti rinnovabili (pannelli solari, idrogeno, ecc.)
E.2
Aree verdi
Superficie di aree verdi pubbliche (ettari)
E.3
Bonifica siti contaminati
Percentuale di siti dove sono necessarie operazioni di bonifica
E.4
Stato del bacino fluviale
Classi di qualità che misurano il grado di rinaturalizzazione del bacino fluviale e la stabilità delle sponde (la classe 1 fa riferimento ad una qualità molto bassa mentre la classe 5 fa riferimento ad una qualità molto alta)
Funzioni di valore
(segue)
Capitolo 5
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(seguito)
Attributi E.5
Emissioni in acqua, aria e suolo
S.1
Soddisfazione dei cittadini
S.2
S.3
Nuovi servizi per la popolazione
Descrizione
Funzioni di valore
Numero di superamenti dei limiti
Percentuale di cittadini che vivono nell’area e che dichiarerebbero di essere molto soddisfatti della trasformazione
Percentuale di abitanti che vive a 500 m da servizi pubblici (piste ciclabili, cascine recuperate, strutture sportive)
Sicurezza pubblica Rapporto tra criminalità e abitanti (%) nella zona Manca figura
(segue)
Capitolo 5
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Le valutazioni di fattibilità
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(seguito)
Attributi
Capitolo 5
Descrizione
S.4
Gentrificazione
Classe di rischio percepito (elevato, medio e basso)
Ec.1
Variazioni del mercato immobiliare
Aumento (%) delle quotazioni di mercato immobiliare nella zona
Ec.2
Costo del progetto
Costi di costruzione (€)
Ec.3
Rischio dell’investimento
Classi di rischio (alto, medio e elevato)
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Funzioni di valore
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Tab. 5.17 Matrice di valutazione delle alternative.
Attributi
Scenario 1
Scenario 2
Scenario 3
E.1
0
0
1
E.2
0,19
0,46
1
E.3
0
1
1
E.4
0,25
1
1
E.5
1
1
0
S.1
0
1
1
S.2
0
0,6
0,83
S.3
0
0,25
0,75
S.4
1
1
0
Ec.1
0
0,2
0,85
Ec.2
1
0,3
0
Ec.3
1
1
0
Seguendo la metodologia MAVT, una volta valutate le alternative occorre definire il livello di trade-off tra i diversi attributi. A tal fine, nella presente applicazione è stata adoperata la tecnica Swing Weights illustrata nel Par. 5.3.2. In particolare, per il livello più basso dell’albero decisionale (ovvero il livello degli attributi) la valutazione è stata condotta con l’ausilio di tre esperti, rispettivamente nel settore dell’ingegneria ambientale, della pianificazione urbana e della valutazione economica, i quali hanno compilato uno specifico questionario basato sul metodo Swing Weights. A titolo di esempio, la Fig. 5.16 presenta il questionario compilato dall’esperto in ingegneria ambientale al fine di valutare il peso degli attributi appartenenti al criterio « aspetti ambientali ». La normalizzazione dei punteggi forniti dagli esperti ha condotto al seguente set di pesi: energie rinnovabili (24%), aree verdi (20%), bonifiche (36%), stato del bacino fluviale (12%) e emissioni in acqua, aria e suolo (8%). Per il livello più alto dell’albero decisionale (ovvero il livello dei criteri), è stato organizzato un focus group al fine di consentire la discussione tra gli esperti e pervenire così ad un set di pesi comune. Anche in questo caso, è stato predisposto un questionario specifico su cui gli esperti si sono confrontati fino al raggiungimento del consenso. La Fig. 5.17 presenta il questionario compilato dal gruppo di esperti al fine di valutare l’importanza dei criteri. La normalizzazione dei punteggi forniti ha condotto al seguente set di pesi: aspetti ambientali (50%), aspetti sociali (31%) e aspetti economici (19%).
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Le valutazioni di fattibilità
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Questionario per la valutazione dei pesi dei criteri Aspetti ambientali Alternativa: _____
Energie rinnovabili 50% Aree verdi 92 ha
Alternativa: _____
Punteggio
Stato del bacino fluviale
0%
molto basso
Energie rinnovabili 0%
Punteggio
Bonifica siti inquinati
Stato del bacino fluviale
0%
molto basso
Emissioni si
Punteggio
45
100% Aree verdi
0%
92 ha
Stato del bacino fluviale molto basso
Alternativa: _____
Emissioni si
Stato del bacino fluviale
Punteggio
15
molto alto Energie rinnovabili
Aree verdi
0%
92 ha
Bonifica siti contaminati
Emissioni si
0%
Alternativa: _____
Emissioni
25
Bonifica siti contaminati
Energie rinnovabili
no Energie rinnovabili 0%
Aree verdi 92 ha
Bonifica siti contaminati
Stato del bacino fluviale
0%
molto basso
Peggiore alternativa (ipotetica)
Energie rinnovabili 0%
Aree verdi 92 ha
30
si
300 ha
Emissioni
Aree verdi
Alternativa: _____:
Bonifica siti inquinati
Punteggio
10
Punteggio
Bonifica siti contaminati
Stato del bacino fluviale
0%
molto basso
Emissioni
0
si
Fig. 5.16 Questionario compilato dall’esperto in Ingegneria Ambientale per la pesatura degli attributi appartenenti al criterio « aspetti ambientali ».
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Questionario per la valutazione dei pesi dei criteri Criteri di sostenibilità Alternativa: _____
Aspetti ambientali
Punteggio
energie rinnovabili 50%; aree verdi 300 ha; bonifiche 100%; stato del bacino fluviale molto alto; emissioni no
80 Aspetti sociali
soddisfazione cittadini 0%; servizi 0%; sicurezza pubblica 10%; gentrificazione rischio alto
Aspetti economici mercato immobiliare 0%; costo 300 M€; rischio di investimento alto
Alternativa: _____
Aspetti ambientali
Aspetti sociali
Punteggio
Soddisfazione cittadini 80%; servizi 83%; sicurezza pubblica 3%; gentrificazione rischio basso
50
Aspetti economici
energie rinnovabili 0%; aree verdi 92 ha; bonifiche 0%; stato del bacino fluviale basso; emissioni si
mercato immobiliare 0%; costo 300 M€; rischio di investimento alto
Alternativa: _____
Aspetti ambientali
Aspetti sociali
energie rinnovabili 0%; aree verdi 92 ha; bonifiche 0%; stato del bacino fluviale basso; emissioni si
soddisfazione cittadini 0%; servizi 0%; sicurezza pubblica 10%; gentrificazione rischio alto
Aspetti economici
Punteggio
mercato immobiliare 8,5%; costo 0 M€; rischio di investimento basso
30
Peggiore alternativa (ipotetica) Punteggio
Fig. 5.17
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Aspetti ambientali
Aspetti sociali
energie rinnovabili 0%; aree verdi 92 ha; bonifiche 0%; stato del bacino fluviale basso; emissioni si
soddisfazione cittadini 0%; servizi 0%; sicurezza pubblica 10%; gentrificazione rischio alto
Aspetti economici
0
mercato immobiliare 0%; costo 300 M€; rischio di investimento alto
Questionario compilato dagli esperti per la valutazione dei pesi a livello dei criteri.
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La Tab. 5.18 fornisce il set di pesi complessivo ottenuto attraverso la procedura sopra illustrata. I valori ottenuti attraverso la costruzione delle funzioni di valore per ciascun attributo sono stati dunque moltiplicati per i rispettivi pesi e sommati al fine di ottenere un valore complessivo per ciascuna alternative. I calcoli sviluppati nel caso in esame hanno condotto alle priorità finali presentate in Tab. 5.19.
Tab. 5.18 Pesi degli attributi secondo l’approccio Swing Weights.
Pesi degli attributi
Pesi dei criteri
E.1 E.2 E.3 E.4 E.5
0,24 0,20 0,36 0,12 0,08
0,50
Aspetti sociali
S.1 S.2 S.3 S.4
0,24 0,58 0,12 0,06
0,31
Aspetti economici
Ec.1 Ec.2 Ec.3
0,18 0,47 0,35
0,19
Criteri
Attributi
Aspetti ambientali
Tab. 5.19
Priorità finali per gli scenari alternativi.
Scenari
Priorità
Scenario 1
0,25
Scenario 2
0,64
Scenario 3
0,74
I risultati dell’analisi hanno evidenziato che il miglior scenario per la riqualificazione dell’area delle Basse di Stura a Torino fa riferimento al Master Plan (scenario 3), il quale aspira ad una profonda riqualificazione ambientale del territorio oggetto di valutazione, seguito dallo scenario di bonifica (scenario 2) e infine dall’scenario inerziale (scenario 1). Al fine di verificare la robustezza del modello decisionale e la stabilità dei risultati ottenuti, è stata inoltre condotta un’analisi di sensitività rispetto ai pesi dei tre criteri considerati. In particolare, il peso di un criterio per volta è stato aumentato fino al 60% mentre i pesi degli altri due criteri venivano mantenuti uguali al 20%. La Fig. 5.18 mostra i risultati dell’analisi di sensitività così sviluppata. Come è possibile notare, la graduatoria delle alternative viene mantenuta in due casi su tre. L’inversione delle priorità tra gli scenari si verifica quando il peso degli aspetti economici aumenta. In tal caso, lo scenario « bonifiche » diventa il migliore, seguito dallo scenario inerziale e infine dal Master Plan.
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Fig. 5.18
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Analisi di sensitività.
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Manuale di estimo
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Le valutazioni ambientali strategiche e la V.I.A. Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini* CAPITOL O
SESTO
Obiettivi di apprendimento1 1. Procedure e metodologie per le valutazioni ambientali (VAS, VIA, VIE, AIA). 2. Analisi delle componenti ambientali. 3. Strumenti per l’individuazione e la misurazione degli impatti ambientali (matrici di impatto, check-list, indicatori ambientali).
La definizione della recente normativa in materia di sostenibilità (primo tra tutti il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. detto anche « Testo Unico Ambientale »), che rende le valutazioni ambientali di fatto obbligatorie per progetti, piani e programmi, ha sicuramente rafforzato l’importanza delle tematiche legate alla sostenibilità degli interventi di trasformazione del territorio. Le questioni legate a tali tematiche sono molteplici e diversificate e investono differenti campi del sapere scientifico, secondo un approccio fortemente interdisciplinare. Il presente capitolo è dedicato ad una disamina delle metodologie e delle procedure esistenti in materia di valutazioni ambientali, quali la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), la Valutazione di Incidenza Ecologica (VIE), l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Le tecniche sono illustrate dal punto di vista normativo-prescrittivo e teorico-metodologico. Il capitolo termina con alcuni casi studio esemplificativi in cui le metodologie valutative presentate sono state applicate su progetti reali.
6.1 6.1.1
Le valutazioni di sostenibilità Introduzione
Le tematiche legate alla valutazione ambientale (e più in generale alla sostenibilità) degli interventi di trasformazione del territorio sono da qualche tempo al centro dell’ attenzione. S empre più spesso si evidenzia la necessità di adottare procedure e strumenti valutati* Il contributo è frutto del lavoro congiunto dei tre autori. Tuttavia, pur essendo la responsabilità scientifica attribuibile a ciascuno in parte uguale, il paragrafo 6 .1 è stato curato congiuntamente da M arta B ottero e Giulio Mondini, i paragrafi 6.2, 6.3 e 6.6.1 sono stati curati da Marta Bottero mentre i paragrafi 6.4, 6.5 e 6.6.2 sono stati curati da V alentina F erretti.
Capitolo 6
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vi in grado di fornire informazioni utili circa la fattibilità o meno di un progetto in relazione alle sue conseguenze ambientali. In ogni caso, l’ ambiente non è che una delle dimensioni della sostenibilità, e per valutare la sostenibilità complessiva di un intervento occorre chiarirne anche gli effetti dal punto di vista economico e sociale (Mondini, 2008; Bottero e Mondini, 2009). Il concetto di sviluppo sostenibile è stato proposto a livello internazionale dal rapporto Our common Future presentato nel 1987 dalla World Commission on Environment and D evelopment, dove si ch iarisce ch e « uno sviluppo è considerato sostenibile se soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri » (si veda anche il Paragrafo 3.2 del Capitolo 1). Due sono le principali caratteristiche che emergono dalla definizione sopra riportata: in primo luogo occorre mettere in luce una logica del lungo periodo che sottende la sostenibilità; in secondo luogo, è evidente il riferimento al criterio dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse. Queste due prime constatazioni mostrano come lo sviluppo sostenibile rappresenti un tentativo di sintesi tra sviluppo efficiente e ambiente naturale. In particolare, affinché ciò si realizzi occorre bilanciare tre dimensioni: la conservazione delle risorse naturali, la crescita economica e l’ equità sociale. A seconda dell’ equilibrio creatosi tra le diverse esigenze, si può parlare di tre livelli di sostenibilità; molto debole, debole e forte; ognuna di queste tipologie può essere sviluppata, come mostrato nella Tabella 6.1, secondo la dimensione ecologica, economica e sociale. Con particolare riferimento alla sostenibilità delle trasformazioni urbane e territoriali, un interessante spunto è offerto dallo schema del fiore di loto (Mondini, 2009). Dal grafo rappresentato in Figura 6.1 si può osservare come, al fine di ottenere progetti sostenibili,
Tab. 6.1 Differenti livelli di sostenibilità.
Paese
Sostenibilità molto debole
Sostenibilità debole
Sostenibilità forte
DIMENSIONE ECOLOGICA
Il tasso di utilizzazione delle risorse non rinnovabili non deve superare quello di rigenerazione
Il tasso di utilizzazione delle risorse non rinnovabili non deve superare il tasso di sviluppo delle risorse rinnovabili surrogabili o alternative
Il tasso di inquinamento non deve superare la capacità di assorbimento
DIMENSIONE ECONOMICA
Conservazione nel tempo dello stock complessivo del capitale (manufatto, naturale, umano e sociale)
Rispetto nel tempo delle soglie critiche di ogni tipo di capitale (limiti di sostituibilità)
Il capitale naturale non è sostituibile neppure in parte e costituisce una invariante nel breve e nel lungo periodo
DIMENSIONE SOCIALE
Viene preso in considerazione il capitale sociale
Viene preso in considerazione il capitale sociale e vengono promosse iniziative di cooperazione, coordinamento, collaborazione secondo modelli decisionali bottom-up
Fonte: elaborazione da Pearce, Markandya e Barbier, 1991
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Le valutazioni ambientali strategiche e la V.I.A.
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Ambiente Sviluppo di tecnologie eco-compatibili
Connettività, diffusione informazioni
Sostenibiltà
Welfare state
Benessere economico
Modello
Innovazione e equità dello sviluppo
eco-
villaggio
E
à et ci
Educazione e progresso culturale
Sviluppo tecnologico ecocompatibile
mia no co
Cul tur a
Ricerca tecnologica eco-sostenibile
logia cno Te
Ricerca in ambito ambientale
So
Fig. 6.1 Schema del fiore di loto quale rappresentazione grafica del progetto di sostenibilità (Fonte: Mondini, 2009).
sia necessario integrare cinque aspetti fondamentali della sostenibilità quali: ambiente, tecnologia, economia, società e cultura. Attraverso lo schema del fiore di loto, inoltre, è possibile verificare come, partendo da ogni singolo aspetto, si abbia una visione sempre più complessa e integrata del problema. S i passa infatti da una visione monoculturale riferita ad un singolo elemento ad uno scenario composto da due aspetti e, successivamente da tre e da quattro per arrivare infine ad un insieme integrato di cinque componenti quale struttura portante del progetto di sostenibilità. Con riferimento a questi cinque aspetti è utile procedere ad una prima definizione, pur se estremamente sintetica, al fine di poter individuare indicatori ed indici capaci di misurare tali aspetti: •
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la sostenibilità ambientale, in quanto principio di equità inter-generazionale, è definibile come un processo di utilizzo delle risorse rinnovabili ad un tasso inferiore rispetto a quello di rinnovo e di quelle non rinnovabili ad un tasso compatibile con il progresso delle scienze in campo tecnologico e quanto più possibile inferiore alla velocità di scoperta di sostituti di tutte le componenti del valore esteso associato a tali risorse; la sostenibilità tecnologica intesa come innovazione, ovvero come capacità della tecnologia di soddisfare i bisogni dell’ uomo nella loro continua evoluzione con particolare riguardo alle emergenze rappresentate dalla questione energetica e dalla futura scarsità di acqua. Tale aspetto della sostenibilità è dunque profondamente legato al mondo della ricerca, dell’ Università e dell’ innovazione dove l’ attenzione si sta indi-
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rizzando sempre più verso la produzione e l’ utilizzo di tecnologie biocompatibili in una logica di analisi del ciclo di vita di tipo passivo; la sostenibilità economico-finanziaria intesa come strumento per definire, da un lato, le risorse necessarie in relazione ai benefici attesi e, dall’altro lato, la misura in cui le attività potranno sostenersi nel tempo procurandosi le necessarie risorse economico-finanziarie in modo endogeno o esogeno. La principale misura di questo aspetto della sostenibilità è l’efficienza economica ottenuta, ad esempio, con una Analisi Costi-Benefici, dove l’indicatore chiave è il beneficio sociale netto accompagnato dal tasso di ritorno interno, ovvero da quel tasso di sconto che annulla il beneficio netto. La sostenibilità economica implica dunque il mantenimento del capitale nelle sue tre accezioni di capitale manufatto o artificiale (capitale riproducibile), capitale sociale-umano e capitale naturale con particolare enfasi su queste ultime forme, difficilmente associabili ad un valore monetario, delle quali l’economia si è scarsamente occupata in passato; la sostenibilità sociale in quanto sistema di relazioni capaci di mantenere in equilibrio la società attraverso l’ integrazione e la valorizzazione delle risorse umane. La sostenibilità sociale trova dunque il suo fondamento nell’ esistenza di un elevato grado di equità, giustizia sociale e stabilità istituzionale, dove per stabilità istituzionale si intende una condizione in grado di assicurare partecipazione, formazione, informazione, giustizia in forma equa a tutti i cittadini consentendo loro l’ accesso ai servizi ed ai diritti garantiti dalle legislazioni in vigore. Oltre a ciò il concetto di sostenibilità sociale implica il raggiungimento di elevati livelli di identità culturale, di coesione e di responsabilizzazione; la sostenibilità culturale intesa come eterogeneità e diversità da preservare e valorizzare in qualità di fondamento dello sviluppo intellettuale, emozionale, morale e spirituale. L’ Unesco stessa h a sottolineato la fondamentale importanza della diversità culturale ampliando il controverso concetto di sviluppo sostenibile nella D ichi arazione Universale sulla diversità Culturale nel 2001.
6.1.2
La funzione di resilienza
L’ambiente è di per sé riconosciuto come uno dei principali fattori che determinano lo sviluppo di una data regione e le componenti naturali (acqua, aria, suolo, agenti fisici) sono gli elementi fondamentali per la vita degli ecosistemi e degli esseri umani, ma non hanno durata illimitata e non possono essere sfruttate indefinitamente senza esaurirsi o degradarsi: per questo è necessario basarsi sul concetto di sviluppo sostenibile (Ferretti, 2009). Questo concetto, come già visto in precedenza, presuppone la capacità di superare concezioni settoriali in favore di approcci più generali. La pianificazione e la progettazione non dipenderanno più dalla sola razionalità economica, ma la comprenderanno in una prospettiva multidisciplinare. È chi aro come questo nuovo modo di operare, certamente affascinante, debba tener conto di un gran numero di variabili che spesso sono supportate da informazioni limitate e analisi qualitative piuttosto che quantitative (Ferretti, 2011). In passato, gli obiettivi di tutela dell’ ambiente e quelli di sviluppo economico sono stati sovente considerati in contrasto tra loro e si è assistito ad un inasprimento delle tensioni esistenti tra ambiente e sviluppo del territorio. L’ economia, agendo in una logica di sviluppo quantitativo, era diventata scienza dell’efficacia, punto di riferimento basilare e spesso unico delle valutazioni. I risultati conseguiti negli anni con una distribuzione fortemente ineguale della ricche zza e con un evidente degrado dell’ ambiente, ha nno portato
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però ad una revisione critica dei rapporti tra ambiente, pianificazione territoriale e sviluppo economico. Ora si sta sempre più affermando l’ idea che la protezione dell’ ambiente e lo sviluppo del territorio abbiano un natura complementare (Mondini et al., 2009). A ll’ interno del dibattito sulla sostenibilità delle azioni umane nelle trasformazioni del territorio si corrono alcuni rischi nel definire l’« ambiente ». Il rischio più grande è quello di perdere la visione d’ insieme, di confondere ad esempio l’ ambiente con l’ ambiente naturale; l’eccessiva settorializzazione è una tentazione diffusa che ha il grande difetto di non essere rappresentativa della realtà. Un altro rischi o è quello di fermarsi alla definizione dell’ambiente come « tutto ciò che ci circonda », cioè la somma di tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche in cui si stabilisce la vita degli organismi. Attualmente ciò pare riduttivo e sicuramente una relazione lineare non riesce a considerare le interrelazioni tra le parti, né si avvicina al concetto di totalità aperta all’esterno che sembra implicito nel termine « ambiente ». La definizione migliore di ambiente sembra quindi essere quella di « sistema di ecosistemi » dove il termine « ecosistema » prende in considerazione non solo la somma delle componenti, ma anche le dinamiche interne delle comunità, le relazioni, la struttura e i flussi di energia. La scommessa rimane la concretizzazione di questo concetto; come realizzare una valorizzazione dell’ambiente a livello territoriale? Come valutare gli impatti sull’ambiente? Per realizzare tutto ciò è necessario riferirsi al concetto di « resilienza » (Malcevschi, 1991). Il termine « resilienza » indica la capacità di un sistema di mantenere la propria struttura ed i propri modelli di comportamento di fronte a disturbi esterni, cioè la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti. Essa è da intendersi come una qualità intrinseca al sistema stesso, grazie alla quale viene assicurato il suo funzionamento dinamico. Il concetto di resilienza viene sottolineato soprattutto nelle discipline inerenti l’ ecologia del paesaggio, ma il suo significato abbraccia un campo certamente più ampio. Parlare di resilienza riferendosi all’ambiente significa portare l’attenzione verso il funzionamento dei sistemi che
RESILIENZA STATO INIZIALE
Elasticità Malleabilità Ampiezza
STATO DELL’AMBIENTE
IMPATTO
STATO FINALE
Isteresi Tempo
Fig. 6.2 La curva di resilienza ambientale. Fonte: Malcevschi, 1991
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lo compongono, funzionamento necessario per il mantenimento degli equilibri in seguito a pressioni o shock esterni. Il concetto di resilienza trova però la sua applicazione anche nelle discipline economiche , dove il mantenimento dell’ equilibrio deve essere perseguito tenendo conto di due fattori fondamentali: le tecnologie disponibili ed il capitale naturale che costituisce la materia prima. Si arriva quindi a definire la capacità di carico di un’area, cioè il limite oltre il quale il territorio non è in grado di sostenere lo sfruttamento delle risorse interne con conseguente perdita di autonomia. Il nodo attorno al quale si discute, al fine di definire la capacità di carico di un’area, è quindi l’individuazione della soglia critica oltre la quale non vi è più capacità di sopportare nuove pressioni di origine antropica. Tale limite definisce la criticità del sistema. Individuare i punti di criticità o di non sostenibilità del sistema significa quindi evidenziare la vicinanza alla soglia di degrado irreversibile. La Figura 6.2 fornisce una rappresentazione della curva di resilienza ambientale, mettendo in evidenza l’ elasticità del sistema, ossia la sua capacità di tornare in più o meno tempo allo stato iniziale, l’ ampiezza della risposta alla pressione esterna, cioè il limite di assorbimento oltre il quale non vi è più possibilità di ritornare allo stato iniziale, l’ isteresi, cioè il tempo con il quale si produce la modificazione iniziale e la successiva fase di recupero, e infine la malleabilità, cioè la capacità di stabilizzazione finale del sistema. 6.1.3
Gli impatti ambientali
L’ ambiente, in quanto sistema complesso, non deve essere trattato come semplice sommatoria di componenti, ma come rete di relazioni. Nello stesso tempo non è possibile prescindere da un corretto riconoscimento preliminare degli elementi in gioco rispetto ai quali analizzare le relazioni. In particolare, l’ambiente è analizzabile secondo specifiche componenti ambientali, che rappresentano gli elementi costitutivi dell’ambiente, fisicamente distinguibili (aria, acqua, fauna, ecc.). Come già sottolineato in precedenza, l’analisi delle singole componenti non deve far dimenticare un aspetto fondamentale: la scissione dell’ ambiente in singole componenti deve costituire solo un passaggio per una ricomposizione sintetica del sistema complessivo. D al punto di vista delle valutazioni di sostenibilità degli interventi, risulta quindi necessario comprendere le varie componenti in quadri sintetici, capaci di mostrarne in modo semplice le relazioni e di rendere conto del sistema ambientale complessivo. La Tabella 6.2 riporta una breve illustrazione delle principali componenti ambientali ch e occorre analizzare per la valutazione di compatibilità di progetti di trasformazione del territorio. Le componenti ambientali vanno considerate in quanto oggetto di possibili perturbazioni causate dagli interventi di trasformazione oggetto di valutazione. In questo senso diventa importante ragionare in termini di impatti ambientali. In generale, per impatto ambientale si intende l’ insieme degli effetti, diretti ed indiretti, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, singoli e cumulativi, positivi e negativi, che la realizzazione di opere o interventi comporta sull’ ambiente inteso come insieme complesso di sistemi naturali e antropici (Fig. 6.3). L’ accresciuta centralità delle problematiche ambientali, nella loro accezione più vasta, h a ampliato l’ utilizzazione di approcci integrati, maggiormente in grado di esplicitare una complessità di fattori economici, fisici e sociali, buona parte dei quali afferenti alla sfera dell’imponderabile (Zeppetella, Bresso e Gamba, 1992; Mondini e Valle, 2007). In un’ottica di sostenibilità (massimizzare e minimizzare contemporaneamente al fi-
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Tab. 6.2 Le componenti ambientali (ai sensi del DPCM 27 dicembre 1988).
Componenti ambientali
Rivalutazione del Patrimonio Immobiliare
Atmosfera
Viene analizzata la qualità dell’aria e viene fornita una caratterizzazione meteo-climatica dell’area in esame
Ambiente idrico
Si considerano le acque sotterranee e le acque superficiali (dolci, salmastre e marine), analizzate e valutate come specifiche componenti, come ambienti e come risorse
Suolo e sottosuolo
Sono intesi sotto il profilo geologico, geomorfologico e pedologico, nel quadro dell’ambiente in esame; sono inoltre analizzati e valutati anche come risorse non rinnovabili
Vegetazione, flora, fauna
Fanno riferimento a formazioni vegetali ed associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali
Ecosistemi
Si tratta di complessi di componenti e fattori fisici, chimici e biologici tra loro interagenti ed interdipendenti, che formano un sistema unitario e identificabile (quali un lago, un bosco, un fiume, il mare) per propria struttura, funzionamento ed evoluzione temporale
Salute pubblica
Si considera la situazione relativa alla salute della popolazione nell’ambito del progetto in esame, predisponendo le analisi sia a livello di singoli individuai che di comunità
Rumore e vibrazioni
Viene esaminata la situazione relativa a emissioni di rumore e vibrazioni, considerati in rapporto all’ambiente sia naturale che umano
Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti
Viene esaminata la situazione relativa a radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, considerati in rapporto all’ambiente sia naturale che umano
Paesaggio
Si intendono gli aspetti morfologici e culturali del paesaggio, le identità delle comunità umane interessate e i relativi beni culturali
ne di ottenere uno sviluppo bilanciato del sistema economico, del sistema sociale e di quello ecologico) il processo di valutazione deve quindi diventare fortemente interdisciplinare. D ata inoltre la crescente interdipendenza delle parti che caratterizza i problemi/ contesti reali, la nozione di complessità è diventata un concetto col quale le valutazioni devono necessariamente confrontarsi. In particolare, per quanto riguarda i problemi relativi allo sviluppo, alla trasformazione e alla gestione del sistema territoriale e urbano, la complessità dell’ ambiente decisionale, da un lato, e le problematicità ambientali, dall’altro, hanno fatto sì che, a fianco delle valutazioni economiche di piani e progetti abbiano acquistato un’ importanza sempre maggiore le valutazioni ambientali (V alutazione di Impatto A mbientale - V IA , V alutazione Ambientale Strategica - VAS e Valutazione di Incidenza Ecologica - VIE)1 . Per lo stesso motivo è sempre più necessario adottare metodologie del tipo M ulticriteri le quali, 1 Ulteriori approfondimenti in materia di valutazioni ambientali sono contenuti sul portale e-S A V IA (S istema per l’ A nalisi e la V alutazione Integrata per l’ A mbiente, w w w .e-savia.org) .
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tempo
tempo
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Impatto significativo/ trascurabile
tempo Impatto positivo/ negativo
tempo
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qualità
qualità
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tempo
tempo
Impatto reversibile/ irreversibile
S2 S3
tempo
Impatto progressivo/ cumulato
Fig. 6.3 Diverse tipologie di impatto ambientale. Fonte: elaborazione da Malcevschi, 1991
a differenza delle più classiche analisi economiche (Analisi Costi-Benefici), hanno la caratteristica di considerare tutti gli impatti generati dalle diverse soluzioni del problema, Tab. 6.3 I tre approcci da integrare nel processo di valutazione.
Valutazioni d’impatto ambientale • l procedimento amministrativo per il coinvolgimento del pubblico e per lo sviluppo del processo partecipativo negoziale. • nalisi degli impatti ambientali, socio-economici e trattamento dell’informazione ambientale.
Analisi costi-benefici •
Analisi decisionale/multicriteri •
come bilancio vantaggi/svantaggi. •
problema decisionale multicriteri. •
intendendo per situazione economicamente efficiente una situazione socialmente desiderabile. •
supportare la sintesi della complessa informazione ambientale attraverso indici di valutazione. •
della sostenibilità economico-finanziaria e le tariffe che i singoli soggetti dovranno sostenere.
preferenze soggettive dei diversi gruppi di interesse e nell’analisi della prestazione delle alternative. • del processo decisionale grazie alla presentazione sintetica complessiva di vantaggi e svantaggi delle diverse alternative.
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sulla base di una serie di obiettivi/ criteri misurabili nella scala a loro più congrua e dunque senza ridurre la multidimensionalità del reale su di un unico piano monetario/ economico2. Perseguendo l’ obiettivo della sostenibilità è dunque necessario far riferimento al paradigma della valutazione integrata, ovvero integrare tra loro i tre approcci di valutazione dominanti in ambito pubblico: le Valutazioni d’Impatto Ambientale, le Analisi Costi-Benefici e l’Analisi Decisionale (Analisi Multicriteri) (Tab. 6.3).
6.2 6.2.1
La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) La Direttiva Europea 42/2011 e il Testo Unico Ambientale
La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) si configura come un processo sistemico atto a valutare le conseguenze sull’ambiente di politiche, piani e programmi, al fine di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti e affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale, allo stesso livello delle considerazioni di ordine economico e sociale. La procedura di VAS è introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ ambiente. Tale direttiva rappresenta l’esito normativo di un lungo percorso scientifico, culturale e istituzionale che ha messo in luce la necessità di inserire all’interno delle procedure di pianificazione e di programmazione strumenti di valutazione strategica che analizzino le opzioni di sviluppo disponibili, introducendo la considerazione dei processi ambientali. Occorre sottolineare ch e con il termine V A S si intende un processo valutativo ch e non è solo finalizzato a determinare e verificare gli effetti prodotti dalle decisioni di piano sull’ ambiente ecosistemico e naturale ma piuttosto una valutazione in grado di esaminare contemporaneamente gli effetti prodotti sulle componenti ambientali, sociali ed economiche di un territorio, configurandosi quindi come una valutazione integrata (Mondini e Roscelli, 2003). Questi presupposti richi edono una valutazione di tipo strategico, che mira cioè a valutare la coerenza tra gli obiettivi generali di sviluppo proposti nel piano e le azioni atte ad implementarli. Dal momento che una valutazione di tipo strategico si propone di verificare che gli obiettivi individuati siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile e ch e le azioni previste nella struttura di piano siano coerenti e idonee al loro raggiungimento, la VAS viene vista come verifica della sostenibilità dell’insieme delle azioni programmate, come un momento di confronto tra obiettivi che possono essere in conflitto con quelli ambientali, come luogo di esplicita motivazione delle scelte tra le possibili alternative, come strumento di partecipazione e trasparenza. S econdo questi presupposti il compito della V A S è quello di permettere l’ integrazione tra processo decisionale e valutazione ambientale. La configurazione di tale processo integrato struttura un iter decisionale completo, all’ interno del quale sono comprese tutte le fasi di costruzione del piano: dall’elaborazione delle proposte, alla valutazione degli 2 Tutte le tecniche valutative citate sono approfondite dal punto di vista metodologico e applicativo all’ interno del presente volume.
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Processo di pianificazione
Processo di valutazione ambientale
Orientamenti iniziali del piano/programma
Eventuale verifica di esclusione (screening)
Determinazione degli obiettivi generali
Definizione dell’ambito di influenza (scoping)
Costruzione alternative e determinazione obiettivi specifici
Stima degli effetti ambientali e selezione delle alternative
Preparazione della bozza di piano e revisione
Rapporto Ambientale e Sintesi non tecnica
Adozione/approvazione del piano/ programma
Approvazione del Rapporto Ambientale
Monitoraggio attuazione e gestione del piano/programma
Monitoraggio ambientale del piano/programma
Azioni correttive ed eventuale retroazione
Rapporti di monitoraggio e valutazione periodica
Consultazione e partecipazione
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Fig. 6.4 Integrazione tra processo di pianificazione e processo di valutazione ambientale previsto dalla VAS. Fonte: elaborazione da European Commission, 2001 e Enplan, 2004
scenari alternativi, all’adozione delle decisioni, coinvolgendo il pubblico fin dalle prime fasi (Fig. 6.4). In base alla Direttiva 2001/42/CE è possibile distinguere tra piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente e per i quali la VAS deve essere effettuata (settori agricolo, forestale, pesca, energia, trasporti, gestione rifiuti e acque, telecomunicazioni, turismo e pianificazione territoriale) e piani e programmi per così dire di portata minore che rientrano nella verifica di assoggettabilità alla VAS (screening) . Un grosso elemento di innovazione ch e la direttiva h a introdotto riguarda la consultazione delle autorità competenti e del pubblico. Inoltre, la D irettiva esprime la necessità di
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proseguire la valutazione oltre la fase di pianificazione fino all’attuazione del piano attraverso un apposito programma di monitoraggio. Tale fase deriva dall’ obbligo di controllare gli effetti significativi sull’ambiente generati dal piano, permettendo quindi di effettuare delle correzioni del piano stesso (Therivel e Partidario, 1996; Therivel, Partidario e Thompson, 1992). A ll’ interno dell’ ordinamento italiano la procedura di V A S prevista dalla D irettiva 2001/42/CE è stata recepita con il D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i. detto anche « Testo Unico A mbientale ». In particolare, nella parte seconda del decreto si introduce il quadro di riferimento istituzionale, procedurale e valutativo per le valutazioni ambientali in merito alle procedura di VIA, VAS e IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) . Per quanto riguarda la VAS, il Decreto suddivide le procedure in due livelli: i piani e programmi di livello nazionale per i quali la procedura di V A S è di competenza del M inistero dell’ A mbiente e Tutela del Territorio e i piani e programmi di livello regionale per i quali la procedura di V A S è attribuita alle Regioni. 6.2.2
Le fasi della VAS
Al fine di garantire la continuità prevista dalla Direttiva europea tra processo valutativo e processo pianificatorio, la valutazione si articola in una valutazione ex ante, una valutazione in itinere e una valutazione ex post (Brunetta e Peano, 2003; Bottero, 2007). In particolare: •
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La valutazione ex-ante precede e accompagna la definizione dei piani e dei programmi operativi, valuta la situazione ambientale delle aree oggetto degli interventi e fornisce le linee guida e i criteri per lo sviluppo futuro. Per quanto riguarda le tematiche ambientali, essa valuta la situazione ambientale delle aree oggetto degli interventi, le disposizioni volte a garantire il rispetto della normativa comunitaria in materia di ambiente e i criteri e le modalità per l’ integrazione delle tematiche ambientali nei vari settori d’ intervento. La valutazione ex ante comporta: la descrizione quantitativa della situazione ambientale attuale; l’indicazione degli obiettivi a breve e medio termine, tenuto conto dei piani di gestione dell’ambiente definiti e decisi a livello nazionale, regionale o locale, delle risorse finanziarie messe a disposizione e dei principali risultati del periodo di programmazione precedente; la valutazione dell’impatto prevedibile della strategia e degli interventi sulla situazione ambientale. La valutazione ex ante verifica la qualità delle modalità di esecuzione e di sorveglianza. Essa prende in considerazione gli insegnamenti tratti dalle valutazioni relative ai periodi di programmazione precedente (M inistero dell’ A mbiente e della Tutela del Territorio, 1999). La valutazione in itinere prende in considerazione i primi risultati degli interventi, la coerenza con la valutazione ex-ante, la pertinenza degli obiettivi e il grado di conseguimento degli stessi. La valutazione ex-post è destinata a illustrare l’impiego delle risorse, l’efficacia e l’efficienza degli interventi e del loro impatto e la coerenza con la valutazione exante; verte sui successi e gli insuccessi registrati nel corso dell’attuazione, nonché sulle realizzazioni e sui risultati, compresa la loro prevedibile durata.
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6.2.3
Il Rapporto Ambientale
A l di là delle differenti procedure di valutazione di volta in volta rese obbligatorie a seconda delle competenze previste, il documento fondamentale della V A S è costituito dal Rapporto Ambientale. Tale documento individua, descrive e valuta gli effetti significativi che l’attuazione del piano/programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative che possano essere prese in considerazione. Nel Rapporto A mbientale, redatto a cura del soggetto o dell’ autorità proponente sin dalle fasi iniziali di elaborazione del piano o programma, devono essere individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull’ ambiente e sul patrimonio culturale. In particolare, il Rapporto Ambientale definisce l’articolazione degli obiettivi generali del piano, la costruzione dello scenario di riferimento e la coerenza con gli obiettivi generali. In tale percorso, risulta di fondamentale importanza l’ individuazione delle alternative di piano mediante l’analisi ambientale di dettaglio, la definizione degli obiettivi specifici del piano e l’individuazione delle azioni e delle misure necessarie per raggiungerli. A ppare interessante sottolineare ch e il Rapporto A mbientale assolve una funzione propositiva nella definizione degli obiettivi e delle strategie da perseguire ed indica i criteri da adottare nelle varie fasi, nonché gli indicatori ambientali di riferimento e le modalità per il monitoraggio. Inoltre, il Rapporto A mbientale deve dimostrare che gli aspetti ambientali sono stati integrati nel processo di piano con riferimenti ai programmi per lo sviluppo sostenibile stabiliti a livello internazionale. La Tabella 6.4 illustra le informazioni che occorre fornire all’interno del Rapporto A mbientale, così come previsto dal Testo Unico A mbientale. 6.2.4
Indicatori ambientali
Un momento di grande rilevanza nello sviluppo della valutazione fa riferimento all’ individuazione di indicatori da utilizzare per la descrizione dello stato ambientale; in particolare, nella scelta occorrerà prestare attenzione alle capacità dei diversi indicatori di rendere comprensibile la relazione tra le strategie di intervento e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. G li indicatori considerati dovranno quindi essere in grado di descrivere l’ ambiente, individuare, misurare e contribuire a valutare nelle successive fasi di verifica e programmazione l’ impatto dell’ azione strategica (M inistero dell’ A mbiente e della Tutela del Territorio, 1999). L’indicatore è una misura che riflette un problema o una indicazione per la quale sono disponibili una o più informazioni, temporalmente e spazialmente definite. La funzione dell’ indicatore è fornire informazioni mirate. In generale un indicatore è l’ espressione di una o più caratteristiche che possono essere empiricamente osservate o calcolate e h a lo scopo di cogliere gli aspetti di un fenomeno giudicati importanti ai fini del monitoraggio. È quindi un’ informazione che afferisce a un attributo intrinseco o ad un insieme di attributi che appartengono al fenomeno in questione o può essere associato a un secondo fenomeno ritenuto altamente correlato con il primo. In sé, un indicatore è scarsamente informativo se non è associato in un sistema di indicatori, in grado di fornire informazioni sistematiche e se non è finalizzato agli scopi della valutazione. Un sistema di indicatori è costituito da più indicatori fra di loro correla-
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Tab. 6.4 Contenuti del Rapporto Ambientale (ai sensi dell’Allegato 6 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.)
Rapporto Ambientale a) Illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi. b) Aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e della sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o programma. c) Caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate. d) Qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come ZPS (Zone di Protezione Speciale) e SIC (Siti di Importanza Comunitaria), nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità (art. 21 D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). e) Obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario e degli Stati membri pertinenti al piano o programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale. f) Possibili impatti significativi sull’ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora, la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l’interrelazione tra i suddetti fattori. g) Misure preventive per impedire, ridurre e compensare gli eventuali impatti negativi significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma. h) Sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà riscontrate. i) Descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del piano o programma proposto, definendo in particolare le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare. j) Sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.
ti dal punto di vista logico e funzionale, in grado di descrivere e informare su più fenomeni coordinati fra di loro o che si vogliono interpretare in modo coordinato. Un sistema di indicatori ampiamente utilizzato nelle valutazioni di sostenibilità fa riferimento al modello D PS IR (D eterminanti, Pressioni, S tato, Impatti e Risposte) proposto dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico all’inizio degli anni Novanta. Nel modello D PS IR l’ idea di base è che le forze trainanti (driving forces) dell’ economia (determinanti) generino una pressione sul territorio in termini di consumo di risorse e di inquinamento. Questa pressione, se eccede la capacità di carico del territorio sul quale insiste, è da considerarsi non sostenibile e come effetti diretti h a il degrado dello stato dell’ ambiente interessato. G li impatti, ch e sono correlati con lo stato del territorio, riguardano gli effetti ultimi delle pressioni sull’ambiente; sono quindi inerenti al peggioramento della salute umana, alla diminuzione della biodiversità, al degrado paesaggistico.
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A questi impatti si contrappongono le risposte date dalla società e dalle istituzioni che amministrano il territorio. Il modello DPSIR, affinché risulti efficace per la pianificazione territoriale, necessita quindi del supporto di un sistema di indicatori che sia in grado di quantificare le varie componenti in modo da rendere espliciti cause/ effetti del degrado ambientale. Tali indicatori vengono suddivisi nelle seguenti cinque categorie: 1) 2) 3) 4)
5)
I determinanti: fattori di fondo che influenzano una gamma di variabili ad essi pertinenti (ad esempio: numero di automobili per abitante, produzione industriale totale). G li indicatori di pressione descrivono le variabili che direttamente causano i problemi ambientali (ad esempio: emissioni tossiche di CO2 e rumore causati dal traffico stradale; quantità di rifiuti da rottamazione in un anno). Gli indicatori di stato mostrano la condizione attuale dell’ambiente (ad esempio: concentrazione di piombo in aree urbane; livelli acustici vicino a strade principali). G li indicatori di impatto descrivono gli effetti ultimi dei cambiamenti di stato (ad esempio: percentuale di bambini che soffrono di problemi sanitari piombo-indotti; numero di persone che muoiono di fame per perdite di raccolto indotte da cambiamenti climatici); G li indicatori di risposta mostrano gli sforzi del sistema sociale per risolvere i problemi (ad esempio: percentuale di auto con marmitte catalitiche; massimi livelli di emissioni acustiche consentite alle auto) .
La Figura 6.5 descrive la sequenza causale tra: azioni antropiche (Determinanti e Pressioni) , condizioni di stato/ qualità ambientale (S tato e Impatti) e azioni per risolvere eventuali criticità (Risposte) . Difficilmente un solo indicatore può essere in grado di esprimere la complessità del sistema in osservazione, ma è altrettanto vero che un sistema di indicatori parziali estremamente disarticolato rischi a di essere un ostacolo nella procedura di valutazione. È possibile pertanto definire indici sintetici, basati sulla combinazione delle informazioni relative a molteplici indicatori ed esprimere un valore capace di rappresentare il fenomeno studiato. L’importanza della definizione di indici sintetici attraverso l’aggregazione di più indicatori (pur non nascondendo la perdita di informazioni causata dall’ aggregazione) , è chi aramente espressa da tutti gli attori che partecipano a valutazioni di tipo strategico che devono, proprio per la natura di tali procedure, esprimere giudizi di compatibilità in tempi brevi. Un procedimento corretto per la messa a punto di indici sintetici3, riferiti ad una determinata realtà oggetto di studio, si basa sui seguenti passaggi: •
Esplicitazione degli obiettivi che si intendono raggiungere con la realizzazione del progetto in corso di valutazione;
3 Il riferimento metodologico principale in materia di aggregazione di un sistema di indicatori parziali in un indice complessivo è l’ approccio secondo l’ indice di performance. In particolare, l’ Indice di Performance Politica (IPP) è stato elaborato da Jochen Jesinghaus (1999) nell’ambito di una ricerca avviata dal JCR (Joint Research Centre of the European Commission) finalizzata all’integrazione degli indicatori socio-economici classici (PIL, tasso di inflazione, tasso di occupazione) con nuovi elementi (in particolare relativi alle politiche ambientali) nella valutazione del successo o del fallimento di determinate azioni politiche .
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DETERMINANTI Interventi strutturali e di pianificazione
Insediamenti abitativi, turismo, agricoltura, zootecnia, industria e attività estrattive, servizi, energia …
RISPOSTE Leggi, piani, prescrizioni …
Mitigazioni e compensazioni PRESSIONI Occupazione di suolo, emissioni atmosferiche, scarichi civili, agricoli, zootecnici e industriali, prelievi idrici, emissione di rumore e radiazioni, produzione di rifiuti …
Interventi prescrittivi o tecnologici IMPATTI
Bonifiche e ripristini, politiche di conservazione
Alterazione dello stato di qualità delle componenti biotiche (vegetazione, fauna, ecosistemi) e abiotiche (aria, acqua, suolo), salute pubblica …
STATO Qualità aria, acque superficiali e sotterranee, suolo, vegetazione e flora, fauna, ecosistemi, agenti fisici (clima acustico e vibrazionale, radiazioni), paesaggio, salute pubblica …
Fig. 6.5 I rapporti tra gli elementi del quadro di valutazione DPSIR.
• • • •
Definizione delle alternative e degli scenari futuri ai quali riferire la valutazione; Definizione degli indicatori parziali utili e disponibili sui quali poter basare l’aggregazione; Definizione della procedura matematica operativa per la combinazione dei dati parziali; Definizione delle modalità di rappresentazione per la trasmissibilità e l’applicabilità dei risultati.
6.2.5
Il monitoraggio
Il monitoraggio è l’ attività di raccolta e di trattamento delle informazioni utili per testare la conformità del progetto al disegno originario e la rispondenza agli obiettivi. S e effettuato con gli opportuni indicatori, il monitoraggio fornisce informazioni utili sullo stato di avanzamento del piano e può fornire indicazioni circa i settori in cui l’attuazione dei progetti è ancora carente (Partidario e Ars, 2005; Colombo, Losco e Pacella, 2008). Il monitoraggio deve avere come finalità principale quella di misurare in corso d’opera l’efficacia degli obiettivi iniziali e proporre eventuali correttivi per adeguarlo in tempo reale alle dinamiche di evoluzione del territorio. Il monitoraggio si configura pertanto
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come strumento utile e fondamentale per passare dalla valutazione ex ante all’ introduzione di un sistema che consenta la valutazione in itinere ed ex post. Con particolare riferimento alle valutazioni ambientali di piani e programmi, così come previsto dalla Direttiva Europea in materia di VAS, il monitoraggio ambientale* assume un ruolo fondamentale per il successo Monitoraggio ambientale della valutazione dal momento che permette di portare avanti piani e programmi efficaci, efficienti e rispettosi dell’ambiente. Il monitoraggio ambientale è previsto dall’art. 10 della Direttiva Il monitoraggio deve avere il carattere di un controllo strategi2001/42/CE concernente la valuco e non di un semplice bilancio tra azioni proposte e azioni realiztazione degli effetti di determinati zate. Anche se non si può definire un modello operativo di monitopiani e programmi sull’ambiente. raggio fisso estendibile a tutte le realtà territoriali e occorre riprogettare questo strumento di analisi a seconda del contesto interessato, è però possibile individuare alcune indicazioni generali e regole pratiche. Un sistema di monitoraggio adeguato deve avere alcune caratteristich e ch e fanno riferimento principalmente alla definizione dei requisiti e dei compiti del sistema, all’individuazione precisa delle attività e degli eventi da tenere sotto controllo e, infine, alla presenza di un sistema informativo territoriale in grado di raccogliere e trasmettere dati di base esaustivi, attendibili e verificabili. L’utilità del monitoraggio di un piano sta infatti nella sistematicità del suo funzionamento; per potere raccogliere e trattare tante informazioni complesse e relazionarle nello spazio e nel tempo con altre, è indispensabile disporre di una procedura standardizzata che deve guidare la costruzione dei flussi informativi, individuare i trattamenti di queste informazioni utili per il monitoraggio e comunicare i risultati in modo prestabilito. Esistono diversi approcci che portano a procedure di monitoraggio differenti; essi, pur avendo larghi spazi di contatto, conducono alle seguenti tipologie: • • • •
Monitoraggio per obiettivi: esso valuta la coerenza dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi iniziali. Monitoraggio per risorse: permette di analizzare l’uso delle risorse essenziali utilizzate rispetto a quelle messe a disposizione. Monitoraggio per azioni: vengono valutate le azioni attuate. Monitoraggio del contesto territoriale: si valuta lo scostamento tra la situazione attuale, rilevata nel quadro conoscitivo aggiornato, e la situazione esistente nel quadro conoscitivo precedente, evidenziando i risultati positivi e i risultati negativi.
6.3 6.3.1
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) La Direttiva 85/337 e il quadro normativo nazionale
La V alutazione di Impatto A mbientale (V IA ) , è uno strumento di supporto alle decisioni che ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare in maniera preventiva l’ impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati. Essa si esplica attraverso una procedura tecnico-amministrativa finalizzata a valutare sistematicamente la compatibilità ambientale di un’ opera o di un intervento, sulla base dell’ analisi degli effetti che l’ opera o l’ intervento stesso esercita sulle componenti ambientali e socio-economiche interessate (Canter, 1990; Glasson, Therivel e Chadwick, 2005).
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La VIA è quindi uno strumento fondamentale nella politica ambientale poiché subordina la realizzazione dei progetti alla valutazione preventiva dei loro effetti sull’ ambiente, ed ha un carattere globale, poiché considera gli effetti su ogni aspetto dell’ambiente secondo un approccio di tipo integrato. A ttraverso la V IA , è possibile scegliere tra diverse soluzioni progettuali quella che presenta il minor impatto ambientale e introdurre eventuali variazioni al progetto ch e possano mitigare o compensare gli effetti negativi. I concetti ch iave ch e sintetizzano il processo di V IA e ch e Direttiva 85/337/CEE testimoniano l’ innovazione che essa ha rappresentato nel panoraLa Direttiva 85/337/CEE, come ma della normativa ambientale sono i seguenti:
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•
•
•
•
prevenzione: all’interno del processo di VIA si analizzano in via preliminare tutte le possibili ricadute dell’ azione dell’ uomo al fine di salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente e della vita umana; integrazione: nell’analisi si tiene conto di tutte le componenti ambientali e delle interazioni fra i diversi effetti possibili; inoltre la valutazione di impatto viene integrata nella programmazione di progetti e interventi nei principali settori economici; confronto: attraverso la raccolta, l’analisi e l’impiego di dati scientifici e tecnici si individua un’importante base di informazione, dialogo e riscontro tra chi progetta e chi autorizza, in un’ottica di collaborazione reciproca; partecipazione: il processo di valutazione dei progetti è aperto all’ attivo contributo dei cittadini, in un’ ottica di maggiore trasparenza sui contenuti delle proposte progettuali e sull’ operato della Pubblica A mministrazione.
La prima vera importante esperienza relativa alla V IA è stata statunitense e ha preso forma nel 1969 con il NEPA (National Environmental Policy Act), atto volto alla definizione di politiche nazionali orientate alla sostenibilità ambientale; la metodologia in senso stretto a cui ci riferiamo oggi h a fatto la sua comparsa nel 1985 con l’emanazione della D irettiva 8 5 / 3 3 7 / C E E *, concernente la « valutazione dell’ impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ». Tale D irettiva introduce la procedura di V IA nell’ ambito dei progetti di trasformazione del territorio, demandando agli stati membri il successivo recepimento. Per quanto riguarda il panorama italiano, la normativa nel campo della VIA è stata oggetto di modifica ed integrazione con il recente D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 « N orme in materia ambientale » (detto anche Testo Unico A mbientale) e s.m.i., che ha conferito al G overno la delega per il riordino, coordinamento ed integrazione della legislazione ambientale. In particolare, la procedura di V IA è disciplinata nel titolo III « La V alutazione di Impatto A mbientale », della parte II « Proce-
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modificata ed integrata dalla Direttiva 97/11/CE, ha diviso i progetti da sottoporre a VIA in due gruppi: in particolare, nell’allegato I (grandi opere) sono ricompresi i progetti di opere di rilevanza nazionale da sottoporre obbligatoriamente a VIA e nell’allegato II sono ricompresi i progetti di opere di rilevanza minore sui quali viene lasciata agli Stati membri una certa discrezionalità circa le modalità da seguire e le procedure da attuare ai fini della verifica preliminare e dell’assoggettamento a VIA, dando comunque criteri di priorità (allegato III). Un elemento chiave per la decisione se sottoporre a VIA o meno le opere dell’allegato II è la loro localizzazione, anche parziale, in aree protette naturali (riserve, parchi) sensibili o tutelate da direttive europee specifiche.
D.Lgs. 152/2006 In particolare, l’allegato I della Direttiva 85/337/CEE è stato recepito nell’elenco A allegato III alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. nel quale sono riportate le tipologie progettuali sottoposte obbligatoriamente a VIA; l’allegato II della Direttiva è stato recepito nell’elenco B allegato III alla parte seconda dello stesso decreto e in esso vengono riportati i settori progettuali di tipologie di opere ed interventi sottoposti a VIA se ricadenti anche parzialmente in aree protette ovvero a seguito della procedura di verifica.
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Tab. 6.5 Principale normativa nazionale di riferimento in materia di VIA.
Normativa
Titolo
D.P.C.M. 10 agosto 1988 n. 377 e s.m.i.
Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all’art. 6 della Legge 8 luglio 1986 n. 349, recante istituzione del Ministero dell’Ambiente e norme in materia di danno ambientale
D.P.C.M. 27 dicembre 1988
Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all’art. 6 della L. 349/86, adottate ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 377/88
Circolare ministeriale 7 ottobre 1996
Procedure di valutazione di impatto ambientale
D.P.R. 2 settembre 1999 n. 348
Regolamento recante norme tecniche concernenti gli studi di impatto ambientale per talune categorie di opere
D.M. 1 aprile 2004
Linee guida per l’utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale
D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i.
Norme in materia ambientale
D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4
Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3/4/2006 n. 152 recante norme in materia ambientale
dure per la valutazione ambientale strategica (V A S ) , per la valutazione d’ impatto ambientale (VIA) e per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (IPPC) » del testo di legge sopracitato. Per quanto riguarda la definizione delle procedure di VIA, a livello italiano, si presentano sostanzialmente due situazioni: 1)
procedura di V IA a livello nazionale per opere/ interventi a rilevante impatto o di interesse nazionale; 2) procedura di V IA a livello regionale o provinciale (in qualche caso anche a livello comunale) per opere o interventi di minore rilevanza. Nel primo caso l’ autorità competente è il M inistero dell’ A mbiente e della Tutela del Territorio, nel secondo caso le Regioni, le Province autonome, le Province (ed in qualche caso anche i Comuni). Il Testo Unico A mbientale stabilisce che per le opere e gli interventi di competenza statale l’ istruttoria per la V IA venga effettuata da un’ apposita commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali, istituita presso il M inistero dell’ A mbiente e della Tutela del Territorio, con competenza sula V IA , sulla V alutazione A mbientale S trategica e sull’ A utorizzazione Integrata A mbientale. La Tabella 6.5 riporta un quadro riassuntivo dei principali riferimenti normativi nazionali in materia di V IA .
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6.3.2
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Le fasi della VIA
La procedura di VIA può essere interpretata come un percorso che accompagna l’opera dalla fase di progettazione preliminare fino alla fase di progettazione definitiva, con tutte le indicazioni necessarie per la progettazione esecutiva e la successiva realizzazione4, qualora ricorrano le condizioni di compatibilità ambientale; essa è strutturata in fasi che, secondo quanto riportato nella normativa di riferimento, comprendono (Fig. 6.6):
Alternative/progetto
Inizializzazione progetto
Progetto Allegato I
Screening
Progetto Allegato II
Applicazione dei criteri e delle soglie previste dallo Stato Membro La VIA è richiesta
La VIA non è richiesta
Scoping
Preparazione del SIA
Revisione
Fase decisionale
Monitoraggio
Il proponente predispone il SIA
Revisione pubblica
L’Autorità competente valuta il SIA e i commenti ricevuti
Decisione dell’autorità competente
Fig. 6.6 La procedura di VIA secondo la Direttiva 85/337/CEE.
4 Per la definizione dei tre successivi livelli di approfondimento tecnico della progettazione, rispettivamente preliminare, progettuale ed esecutivo, si rimanda alla Legge dell’11 febbraio 1994 n. 109, « Legge Quadro in materia di lavori pubblici », la cosiddetta Legge Merloni e al D. Lgs. 12 aprile 2006. n. 163, « Codice dei Contratti Pubblici di lavori, servizi, forniture ».
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• • • • • • • •
lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità (o screening); la definizione dei contenuti dello Studio di Impatto Ambientale (o scoping); la presentazione e la pubblicazione del progetto; lo svolgimento di consultazioni; la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni; la decisione; l’informazione sulla decisione; il monitoraggio.
Nello specifico, la verifica di assoggettabilità (fase di screening) è la fase del processo nella quale si decide se il progetto o l’ intervento proposto debba o meno essere sottoposto alla procedura di VIA; tale determinazione generalmente si impernia sul problema della significatività degli impatti e in caso di risposta affermativa si procede con l’istanza, mentre in caso di diniego la procedura di V IA non ha senso di essere intrapresa. La fase di identificazione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (fase di scoping) ha come obiettivo quello di definire le principali problematiche che andranno analizzate più dettagliatamente in seguito e di focalizzare l’ attenzione sugli impatti potenziali più significativi. In ultima analisi si prevede la fase di monitoraggio, anch’ essa di fondamentale importanza; un programma di monitoraggio ampio ed esaustivo deve essere in grado di comprendere tutte le componenti ambientali interessate dagli impatti dell’ opera e seguirne l’ evoluzione lungo l’ intero ciclo di vita. 6.3.3
Lo Studio di Impatto Ambientale
Una fase fondamentale della procedura di V IA fa riferimento alla redazione del cosiddetto S tudio di Impatto A mbientale (S IA ) , che il proponente dell’ opera è tenuto a predisporre e Tab. 6.6 Principali fasi dello Studio di Impatto Ambientale.
Fasi del SIA Analisi di congruenza del progetto con piani e programmi vigenti Analisi del progetto e individuazione delle azioni causali di impatto Analisi dell’ambiente e individuazione delle componenti ambientali interessate dal progetto Individuazione degli impatti potenziali
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Descrizione Tale fase consente di verificare la corrispondenza tra le caratteristiche del progetto e gli obiettivi degli strumenti pianificatori all’interno dei quali il progetto si inserisce. L’analisi è volta a fornire in maniera disaggregata l’elenco e la descrizione approfondita di tutte le azioni legate direttamente o indirettamente al progetto nelle fasi di costruzione, esercizio e dismissione. Lo scopo di questa fase è quello di acquisire conoscenze circa il sistema ambientale che caratterizza l’area di localizzazione del progetto e l’ambito territoriale di riferimento. Tale conoscenza dello stato attuale dell’ambiente, unitamente all’analisi del progetto e delle sue azioni elementari, consente di identificare tutti gli impatti significativi legati all’esecuzione dell’intervento. L’analisi consiste nell’elaborazione di ipotesi di previsione volte a definire le interazioni certe o probabili tra le azioni causali del progetto e le componenti ambientali. Nella predisposizione del SIA, una volta individuate le azioni di progetto generatrici di impatto, si devono identificare i potenziali impatti sulle componenti ambientali e effettuarne una stima. In letteratura è disponibile un’ampia rassegna di metodologie.
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Tab. 6.7 I tre quadri dello Studio di Impatto Ambientale.
Quadro di riferimento
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Contenuti
Quadro programmatico
Il quadro programmatico ha come obiettivo quello di fornire una panoramica di come il progetto si rapporta con gli altri strumenti di programmazione e gestione del territorio; deve contenere le seguenti informazioni: • (a livello nazionale, regionale e locale) di riferimento, nonché in relazione alle sue finalità e agli eventuali riflessi in termini sia di vincoli che di opportunità, sul sistema economico e territoriale; • domanda esistente, anche alla luce delle trasformazioni in corso a livello locale e allo stato di attuazione della pianificazione; • • urbanistica (il riferimento è il Piano Regolatore Comunale) e dei vincoli di varia natura esistenti nell’area prescelta e nell’intera zona di studio.
Quadro progettuale
Il quadro progettuale si concentra maggiormente sugli aspetti di dettaglio del progetto e in particolare deve contenere: • non realizzazione dell’intervento (la cosiddetta alternativa zero) con l’indicazione dei motivi principali della scelta compiuta, tenendo conto degli impatti sull’ambiente correlati; • nonché delle esigenze di utilizzazione del suolo e delle altre risorse utilizzate durante la fase di cantiere e quella di esercizio; • della quantità dei materiali impiegati; • per realizzare l’opera, per ridurre l’utilizzo delle risorse, le emissioni inquinanti, minimizzando altresì le fonti di impatto; • componenti ambientali) risultanti dalla realizzazione e dall’attività del progetto proposto nonché dall’eventuale successiva dismissione e/o bonifica del sito; • di costruzione, esercizio ed eventuale dismissione dell’opera.
Quadro ambientale
L’ultimo quadro che costituisce il SIA è quello di matrice ambientale, che riveste un ruolo di primaria importanza all’interno dell’analisi. Esso deve contenere le seguenti informazioni: • potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, con particolare attenzione alla popolazione, alla fauna, alla flora, al suolo, alle acque superficiali e sotterranee, all’atmosfera, ai fattori climatici, al paesaggio, all’ambiente urbano e rurale, al patrimonio storico, artistico e culturale, e alle loro reciproche interazioni; • termine, permanenti e temporanei, che la realizzazione del progetto comporta sull’ambiente, dovuti alla realizzazione ed esercizio dell’opera e gli interventi previsti, all’utilizzazione delle risorse, all’emissione di inquinanti, alla produzione di sostanze nocive, allo smaltimento dei rifiuti; vanno inoltre riportate in questa sede le stime degli effetti cumulativi degli impatti nel tempo e con le altre fonti di impatto presenti sul territorio, nonché l’indicazione dei metodi di previsione utilizzati e la descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e compensare dal punto di vista ambientale gli effetti negativi del progetto sull’ambiente.
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presentare all’autorità competente; esso può essere definito come l’insieme coordinato degli studi e delle analisi ambientali volte ad individuare e valutare, attraverso approfondimenti progressivi, gli impatti specifici e complessivi delle diverse alternative, per definire la soluzione progettuale e localizzativa ritenuta più compatibile con l’ambiente, nonché i possibili interventi di mitigazione e compensazione ambientale ch e è opportuno realizzare. La relazione deve contenere gli eventuali studi di base (relativi alle fasi di screening e scoping) , la valutazione e la stima degli impatti, il confronto tra le alternative di progetto, le misure per la mitigazione e la compensazione degli impatti negativi non eliminabili e le indicazioni relative al piano di monitoraggio che si intende seguire. Occorre tenere presente che il principale scopo del S IA è quello di fornire una corretta e valida informazione sia ai decisori che al pubblico potenzialmente interessato al progetto; in quest’ottica esso deve presentare una struttura chiara, deve essere esaustivo nei contenuti e deve essere in grado di esplicitare nel dettaglio tutti i temi che in esso devono essere affrontati. È necessario sottolineare che parte integrante del S IA è la descrizione delle condizioni ambientali iniziali (background o baseline conditions): solamente descrivendo in maniera sistematica lo stato iniziale o le condizioni ambientali di base è possibile infatti definire un accurato e convincente quadro dei probabili effetti che lo sviluppo avrà sull’ambiente. È molto importante riservare un’attenzione sufficiente a questa parte del processo, dal momento che l’ accuratezza e la plausibilità della rimanente parte del rapporto di V IA dipendono da esso. La Tabella 6.6 fornisce una descrizione sintetica delle principali fasi di uno S tudio di Impatto A mbientale, con una indicazione di quali devono essere le informazioni e i dati da inserire al suo interno. A i sensi della normativa nazionale in materia di V IA , lo S tudio di Impatto A mbientale è organizzato in tre quadri, il quadro programmatico, il quadro progettuale e quello ambientale, ed è corredato dalla sintesi non tecnica, intesa come documento snello e di facile comprensione ma al tempo stesso esaustivo e completo, nel quale vengono riassunti i principali elementi della VIA e che ha la finalità primaria di essere diffuso al pubblico. Si riportano alla Tabella 6.7 alcune informazioni relative ai contenuti di ciascun quadro. 6.3.4
Individuazione e valutazione degli impatti ambientali
Come già detto, una fase fondamentale dello Studio di Impatto Ambientale fa riferimento all’individuazione e alla valutazione degli impatti ambientali; essa consiste nell’elaborazione di ipotesi di previsione volte a definire le interazioni certe o probabili tra le azioni causali elementari del progetto e le componenti ambientali. Al fine di fare ciò, è disponibile in letteratura un’ampia rassegna di metodologie: parere di esperti, questionari, checklist, overlay mapping, matrici, matrici espanse, matrici coassiali, catene di impatto o network, indicatori ambientali ecc. (Moriani, Ostoich e Del Sole, 2008; Bottero, 2013). Si riporta in Tabella 6.8 una breve descrizione dei suddetti strumenti. La stima degli impatti rich iede una valutazione della variazione della qualità delle componenti ambientali a causa della realizzazione dell’opera: le operazioni da fare sono pertanto la misurazione della qualità delle componenti soggette ad impatto prima della realizzazione dell’ opera (valutazione dello stato zero) e la stima delle variazioni a seguito
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Tab. 6.8 Principali strumenti per la valutazione degli impatti ambientali.
Strumenti valutativi Checklist Matrici Sovrapposizione di carte tematiche (o overlay mapping) Catene di impatto (o network) Trend analisi Capacità di carico (o carrying capacity) Indicatori ambientali Modelli
Descrizione Mostrano l’esistenza di determinate categorie di impatto nella realizzazione del progetto/ piano/programma. Rendono possibile la valutazione e il confronto di diverse variabili. Si basano sull’utilizzo di GIS (Geographic Information System) e permettono di analizzare diversi parametri ambientali contemporaneamente e di identificare dove avvengono gli impatti più rilevanti. Rendono possibile la valutazione delle relazioni di causa-effetto tra le diverse azioni (dirette ed indirette) del progetto/piano/programma. Permettono di valutare lo stato di una risorsa e le relative modifiche all’interno di un periodo temporale. Analizzano gli effetti cumulativi all’interno di determinati valori di soglia. Permettono di valutare la qualità ambientale di un’area e di stabilire eventuali soglie limite. Permettono di quantificare le relazioni di causa-effetto connesse alla realizzazione del progetto/piano/programma.
dell’ intervento (impatto netto) . A questo scopo si impiegano generalmente gli indicatori e gli indici ambientali. La fase successiva alla stima degli impatti potenziali si pone lo scopo di valutarne la significatività in termini qualitativi e/o quantitativi. Si tratta cioè di stabilire se le modificazioni dei diversi indicatori produrranno una variazione apprezzabile della qualità ambientale e quanto questa sia significativa. Per ottenere ciò è necessario indicare l’entità degli impatti potenziali rispetto ad una scala omogenea ch e consenta di individuare le criticità ambientali mediante la comparazione tra i vari impatti. Le scale di significatività utilizzate nella valutazione degli impatti attesi si possono distinguere in qualitative (o simboliche ) e quantitative cardinali. La valutazione qualitativa si basa sulla formulazione di giudizi espressi da esperti dei settori indagati ed impiega criteri di intensità in grado di misurare il grado di interferenza tra l’ opera in progetto e le componenti ambientali coinvolte e criteri riferiti alla permanenza all’ interno dell’ ambiente, cioè all’ arco di tempo entro il quale l’ impatto perdura. La valutazione quantitativa punta invece alla misurazione dell’ entità di ciascun impatto, passando attraverso la quantificazione della probabilità di accadimento e dell’importanza del suddetto impatto, ricavata in relazione alla rarità ed al ruolo strategico della risorsa ambientale coinvolta. Per quantificare l’entità degli impatti è necessario, per mezzo di opportuni strumenti di trasformazione, far corrispondere ad ogni stima qualitativa un valore riferito ad una scala convenzionale. Poiché talvolta può capitare che le risorse ambientali oggetto di impatto non presentino tutte la stessa valenza ed importanza, sia per la collettività, sia per i diversi gruppi sociali coinvolti nella realizzazione dell’ opera, sia ancora in relazione all’ ambiente del quale fanno parte, è importante effettuare una ponderazione degli impatti stimati per ognuna delle componenti ambientali.
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La Valutazione di Incidenza Ecologica (VIE)
6.4 6.4.1
Le Direttive Europee e il contesto nazionale
La Valutazione d’Incidenza Ecologica (VIE) costituisce, unitamente alla Valutazione A mbientale S trategica (V A S ) e alla V alutazione d’ Impatto A mbientale (V IA ) , l’ insieme degli strumenti tecnici individuati dall’Unione Europea per salvaguardare le risorse naturali e prevenire il degrado ambientale. Nello specifico, la VIE è un procedimento amministrativo finalizzato a garantire il raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione delle specie e degli ha bitat rari e in pericolo nel loro ambito territoriale naturale e l’ uso sostenibile del territorio. Il valore ecologico di una risorsa riveste infatti un’ importanza fondamentale in quanto racchiude al suo interno i seguenti valori (IEEM, 2006): – – – –
valore della biodiversità (dell’habitat o delle specie); il valore potenziale (delle aree oltre i confini del sito esistente e che potrebbero contribuire alle funzioni ecosistemico); il valore secondario o di supporto (di quegli elementi che , pur non avendo una funzione ecologica di rilievo agiscono come buffer contro gli impatti negativi o consentono la conservazione di elementi di maggiore importanza); valore sociale ed economico (estetico, ricreazionale, educazionale, eco-turistico, ecc.) .
La prima D irettiva comunitaria in materia di conservazione della natura è stata la D irettiva 79/409/CEE, nota coma Direttiva « Uccelli », e concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Essa riconosce la perdita e il degrado degli habitat come i più gravi fattori di risch io per la conservazione degli uccelli selvatici e prevede quindi, da una parte, una serie di azioni in favore di numerose specie di uccelli, rare e minacciate a livello comunitario, e, dall’ altra, l’ individuazione, da parte dagli S tati membri dell’ Unione, di aree da destinarsi alla loro conservazione, le cosiddette Z one di Protezione S peciale (Z PS ) . Queste ultime includono i territori più adatti alla sopravvivenza sia delle specie elencate nell’ A llegato I alla suddetta D irettiva, sia delle specie migratorie non elencate che ritornano regolarmente. La D irettiva invita quindi gli S tati membri ad adottare un regime generale di protezione delle specie, che includa una serie di divieti relativi a specifiche attività di minaccia diretta o disturbo. In seguito è stata emanata la Direttiva 92/43/CEE, detta Direttiva « Habitat », relativa alla conservazione degli habitat naturali (quelli meno modificati dall’uomo) e seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.) e delle specie di flora e fauna selvatiche rare e minacciate a livello comunitario, riconoscendo così l’alto valore, ai fini della conservazione della biodiversità a livello europeo, di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’ uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e natura. A lle aree agricole, ad esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l’ agricoltura non intensiva. La Direttiva Habitat istituisce i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) al fine di contribuire in modo significativo a mantenere o a ripristinare un habitat naturale (Allegato I) o
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una specie di interesse comunitario (A llegato II) in uno stato di conservazione soddisfacente. La stessa Direttiva Habitat istituisce inoltre la rete ecologica « Natura 2000 » la quale rappresenta per la Comunità Europea una strategia fondamentale per la conservazione della biodiversità e il mantenimento a lungo termine degli ha bitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. Al di là del numero e della tipologia degli organismi protetti, la Rete Natura 2000 permette agli S tati membri di applicare il concetto innovativo di tutela della biodiversità riconoscendo l’ interdipendenza di elementi biotici, abiotici e antropici nel garantire l’ equilibrio naturale in tutte le sue componenti. L’approccio innovativo della Direttiva Habitat fa proprio riferimento al carattere intrinsecamente transfrontaliero della tutela della biodiversità quale patrimonio non limitato al territorio di una singola nazione ma sviluppato secondo una rete ch e unisce territori correlati da legami funzionali. V iene così a contrapporsi all’ « insularizzazione » delle aree protette, vale a dire alla visione ancora sostanzialmente dominante che le configura come « isole » da tutelare immerse in contesti ambientalmente ostili o, comunque, separati sotto il profilo ecologico, paesistico e culturale, una logica « reticolare » affidata alle reti di connessione ecologica. In questo senso il territorio può essere pensato come rete di reti (Gambino, 2009). La Rete Natura 2000 è attualmente costituita dalle Zone di Protezione Speciale e dall’insieme dei Siti di Interesse Comunitario proposti (pSIC) alla Commissione Europea dagli Stati membri. I due tipi di aree, SIC e ZPS, possono essere distinte o sovrapposte a seconda dei casi (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, 2002). In particolare, la procedura della VIE è introdotta dall’articolo 6 comma 3 della Direttiva Habitat con lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti attraverso l’esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli ha bitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l’ equilibrio ambientale. Nel corso degli anni l’Unione Europea, in parallelo al quadro giuridico, ha pubblicato vari documenti esplicativi ch e, pur privi di rilevanza giuridica, costituiscono dei capisaldi in materia. Tra questi è possibile ricordare la « G uida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della Direttiva Habitat 92/43/CEE » redatta nel novembre 2001 dalla Commissione Europea - DG Ambiente. Tale documento costituisce un aiuto metodologico facoltativo per l’ esecuzione e la revisione delle valutazioni di incidenza, che vanno comunque eseguite in accordo con gli iter procedurali definiti da ogni singolo stato. Lo Stato italiano ha recepito la Direttiva Uccelli 79/409/CEE con la Legge 11 febbraio 1992 n. 157 « Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio », nonché con la successiva Legge 3 ottobre 2002 n. 221 « Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE ». Il recepimento della Direttiva Habitat è avvenuto nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, modificato e integrato dal D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120. Nel D.P.R. 357/1997 vengono definiti gli elenchi delle aree speciali di conservazione e delle specie faunistiche e vegetali poste sotto tutela in Italia, le linee fondamentali di assetto del territorio, le direttive per la gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale, che rivestono primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche. In particolare, l’articolo 5 del D.P.R. 357/1997 prevede che, qualora la realizzazione di nuove opere, piani o progetti interferisca anche solo parzialmente con un S ito di Im-
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portanza Comunitaria (SIC) o con una Zona di Protezione Speciale (ZPS), si rende necessaria una valutazione dell’ incidenza degli interventi previsti rispetto alle caratteristich e ecologiche dell’area e agli obiettivi di conservazione prefissati. Esso definisce, a livello generale, la procedura a cui tutte le regioni e le province autonome devono adeguarsi e prevede, inoltre, che , a fronte di conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, l’ autorizzazione alla realizzazione del piano o intervento verrà rilasciata solo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica. L’art. 6 del D.P.R. 120/2003 ha modificato il testo originale dell’art. 5 del D.P.R. 357/1997 introducendo la possibilità che, per le opere soggette a Valutazione di Impatto A mbientale (V IA ) , la procedura per la V alutazione di Incidenza sia espletata contestualmente a quest’ultima. A tale fine lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) deve riportare i contenuti previsti dall’Allegato G del D.P.R. 357/1997. Nel D.M. 3 aprile 2000 del Ministro dell’Ambiente sono individuate le Zone di Protezione Speciale, designate ai sensi della Direttiva Uccelli, ed i Siti di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva Habitat, in parte coincidenti tra loro e con aree protette già istituite. Con tale decreto le aree inserite nell’elenco hanno acquisito lo status di proposti Siti di Importanza Comunitaria (pSIC), su cui gravano comunque le disposizioni del DPR 357/1997 e le disposizioni della Direttiva 43/92/CEE. Il quadro giuridico nazionale è completato dai provvedimenti adottati dalle singole Regioni le quali, ai sensi del DPR 357/1997, sono le amministrazioni che devono definire le misure di conservazione dei siti. 6.4.2
Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS)
In base all’art. 6 del nuovo DPR 120/2003, comma 1, nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti Siti di Importanza Comunitaria, dei Siti di Importanza Comunitaria e delle Zone Speciali di Conservazione. Prima di procedere ad analizzare nel dettaglio come si sviluppa una V alutazione d’Incidenza Ecologica è opportuno chiarire meglio l’oggetto della valutazione, ovvero che cosa siano i pSIC, i SIC e le ZPS. I Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC) sono quelli individuati da ogni Stato membro secondo i criteri stabiliti dall’Allegato III della Direttiva Habitat ed ospitanti specie ed ha bitat ritenuti prioritari per la conservazione della natura a livello europeo ed elencati negli A llegati I e II della medesima D irettiva. S ulla base delle liste nazionali dei pSIC la Commissione, seguendo i criteri stabiliti dall’Allegato III e, dopo un processo di consultazione con gli stati membri, adotta le liste dei SIC per ogni regione biogeografia in cui è suddivisa l’Unione (Figura 6.7). A questo punto gli Stati membri sono tenuti a designare tutti i siti come Zone Speciali di Conservazione (ZSC) il prima possibile e comunque entro il termine massimo di sei anni, dando priorità ai siti più minacciati e/ o di maggior rilevanza ai fini conservazionistici. In Italia è compito delle Regioni e delle Province Autonome individuare i pSIC, trasmettere i dati al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del M are organizzati secondo il formulario standard europeo e completi di cartografie. Il Ministero, dopo una verifica della completezza e coerenza dei dati, li tra-
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STATO MEMBRO
Lista nazionale (pSIC )
COMMISSIONE EUROPEA (DG Ambiente –D2)
Trasmissione ufficiale
Trasmissione ufficiale Correzione Lista nazionale (corretta)
Trasmissione ufficiale
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EUROPEAN ENVIRONMENTAL AGENCY (European Topic Centre on Nature Conservation and Biodiversity)
Lista nazionale (pSIC )
Controllo dei formulari
Prima analisi e richiesta di correzione
Lista nazionale (corretta)
Trasmissione
Analisi scientifica
Seminario per regione biogeografica: discussioni e commenti sui dati scientifici
Ulteriori informazioni Lista nazionale (migliorata)
Trasmissione ufficiale
Trasmissione ufficiale
Lista nazionale (migliorata)
Trasmissione
Analisi scientifica
Seminario per regione biogeografica: discussioni e commenti sui dati scientifici
Documenti per il seminario biogeografico
Circolazione
Revisione Documenti revisionati e richieste specifiche
Lista nazionale (pSIC )
Documenti revisionati
Valutazione finale
Circolazione Proposta di lista comunitaria
Concertazione tra Stato membro e Commissione europea
Trasmissione
LISTA C O MUNITA RIA DEI SITI DI IMPO RTA NZA C O MUNITA RIA
Fig. 6.7 Diagramma di flusso delle fasi necessarie all’individuazione della lista comunitaria dei SIC. Fonte: elaborazione da Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, 2002
smette alla Commissione la quale pubblica le liste dei SIC in modo tale che il Ministero possa poi designarli come Zone Speciali di Conservazione (ZSC). Le Z one di Protezione S peciale (Z PS ) entrano direttamente a far parte della Rete Natura 2000 dopo essere state designate dagli Stati membri. Le ZPS sono finalizzate a proteggere i territori più idonei in numero e superficie alla conservazione delle specie elencate nell’ A llegato I e di quelle migratorie non elencate che ritornano regolarmente. In Italia
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l’ individuazione delle Z PS è compito delle Regioni e delle Province autonome che trasmettono i dati al M inistero dell’ A mbiente e della Tutela del Territorio e del M are il quale, dopo la verifica della completezza e congruenza delle informazioni acquisite, trasmette i dati alla Commissione Europea. Come precedentemente sottolineato, l’insieme delle Zone Speciali di Conservazione e delle Zone di Protezione Speciale costituisce la rete Natura 2000 la cui coerenza ecologica è assicurata dalla gestione integrata di ogni sito, non in considerazione dello S tato membro di appartenenza, ma in quanto parte integrante del sistema (Commission of the European Community, 1991). Ad oggi sono stati individuati da parte delle Regioni Italiane 2299 Siti di Importanza Comunitaria e 609 Zone di Protezione Speciale che insieme coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale. 6.4.3
Le fasi della VIE
La Valutazione di Incidenza Ecologica è una procedura precauzionale che ha come obiettivo la valutazione dell’ incidenza che piani e progetti possono avere, sia in senso positivo sia in senso negativo, direttamente o indirettamente, singolarmente o congiuntamente con altri piani e progetti, sugli habitat e sulle specie censite nei pSIC e nelle ZPS designate e tenuto conto delle caratteristiche e degli obiettivi di conservazione del sito stesso. È bene ricordare ch e tale procedura deve essere applicata sia agli interventi ricadenti all’interno delle aree inserite (e da inserire) nella Rete Natura 2000, sia a quelli che, pur ricadendo all’esterno di tali aree, possono causare ripercussioni significative sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati dal sito. La metodologia procedurale proposta dalla Commissione Europea è un percorso di analisi e valutazione progressiva che si compone di quattro fasi principali, come sche matizzato nella Tabella 6.9. In ciascuna fase vi è la possibilità che l’ autorità competente, diversamente individuata nelle varie Regioni, si pronunci ed interrompa l’iter della VIE, come illustrato in Figura 6.8. Il primo livello di analisi della Valutazione d’Incidenza Ecologica è dunque lo screening, nel quale si devono fornire le informazioni necessarie per stabilire l’ effettiva necessità di assoggettare un intervento alla procedura di valutazione d’ incidenza. Nel caso in cui il piano o progetto sia direttamente connesso o necessario alla gestione del sito la valutazione d’ incidenza non è necessaria, se invece si tratta di piani o progetti di gestione del sito integrati ad altri piani di sviluppo, la componente non legata alla gestione deve comunque essere oggetto di una valutazione. È dunque necessario identificare tutti gli elementi del piano/progetto che possono avere un’incidenza significativa sugli obiettivi di conservazione del sito Natura 2000 oltre all’ individuazione di eventuali effetti congiunti di altri piani/ progetti. L’ autorità competente in materia di valutazione d’ incidenza ha il compito di vagliare le richieste e di verificare la necessità o meno di procedere con una valutazione di dettaglio, a seconda che vi siano impatti significativi in grado di interferire con le misure di conservazione adottate, o individuate in fase di candidatura del SIC. La valutazione della significatività dell’incidenza, dovuta all’interazione fra i parametri del piano/progetto e le caratteristiche del sito, si può avvalere di alcuni indicatori chiave quali ad esempio la perdita di aree di habitat (%), la frammentazione (livello in relazione all’entità regionale), la perturbazione (distanza dal sito) , i cambiamenti negli elementi principali del sito, ecc. Nel caso in cui il piano o il progetto interferisca significativamente con gli obiettivi di
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Tab. 6.9 Fasi della Valutazione d’Incidenza Ecologica. VERIFICA (SCREENING)
FASE 1
Obiettivo della fase di screening è quello di verificare la possibilità che dalla realizzazione di un piano/progetto, non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito Natura 2000, derivino effetti significativi sugli obiettivi di conservazione del sito stesso. In particolare, questa fase comprende: – verifica della connessione del piano/progetto alla gestione del sito; – descrizione del piano/ progetto (dimensioni, entità, superficie occupata, settore del piano, cambiamenti fisici che deriveranno dal piano/progetto, fabbisogno in termini di risorse, emissioni e rifiuti, esigenze di trasporto, durata delle fasi di edificazione, operatività e smantellamento, periodo di attuazione del piano, distanza dal sito Natura 2000 o caratteristiche salienti del sito, impatti cumulativi con altri piani/progetti); – definizione delle caratteristiche del sito; – valutazione della significatività dei possibili effetti. Qualora l’incidenza risulti significativa si procede con l’effettuazione di una valutazione d’incidenza completa.
FASE 3
FASE 2
VALUTAZIONE « APPROPRIATA » Analisi dell’incidenza del piano o del progetto sull’integrità del sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto della struttura e della funzionalità del sito e dei suoi obiettivi di conservazione, e individuazione delle misure di mitigazione eventualmente necessarie. ANALISI DI SOLUZIONI ALTERNATIVE Individuazione ed analisi di eventuali soluzioni alternative per raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano, evitando incidenze negative sull’integrità del sito.
FASE 4
DEFINIZIONE DI MISURE DI COMPENSAZIONE Individuazione di azioni, anche preventive, in grado di bilanciare le incidenze previste, nei casi in cui non esistano soluzioni alternative o in cui le ipotesi proponibili presentino comunque aspetti con incidenza negativa, ma per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico sia necessario che il progetto o il piano venga comunque realizzato.
Fonte: elaborazione da Commissione Europea, 2002
tutela del SIC o della ZPS, o qualora permangano incertezze sulla possibilità che si producano effetti significativi, deve essere richiesta al proponente la stesura di un appropriato studio di valutazione d’ incidenza. Una volta attivata la valutazione vera e propria, è possibile fare riferimento, per i contenuti, alla metodologia prevista per la V IA , interpretandola nell’ ottica degli obiettivi di conservazione del sito e procedendo come di seguito sintetizzato (Moriani et al., 2008): • • • •
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descrizione del progetto; considerazione delle caratteristiche del sito potenzialmente coinvolto; valutazione dei probabili effetti significativi; definizione delle misure di mitigazione degli impatti significativi, delle soluzioni alternative (compresa l’ opzione zero, ovvero la non attuazione del piano o progetto) ed eventualmente delle misure di compensazione.
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Screening
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Il PP è direttamente connesso o è necessario per la gestione del sito ai fini della conservazione della natura?
NO
SI
NO
Il PP avrà probabilmente un effetto negativo sul sito?
Valutazione appropriata
SI
Valutare le implicazioni per gli obiettivi di conservazione del sito
Il PP inciderà significativamente sull’integrità del sito?
NO
Val. di soluzioni alternative
SI
Riformulare il PP
Esistono soluzioni alternative?
SI
L’autorizzazione deve essere rilasciata
NO Nel sito sono presenti specie prioritarie
Valutazione delle compensazioni
NO
Esistono motivi imperanti di rilevante interesse pubblico
NO
SI
L’autorizzazione non deve essere rilasciata
SI Esistono considerazioni connesse con la salute umana e la sicurezza o con importanti benefici per l’ambiente? SI
L’autorizzazione può essere rilasciata. Sono attuate misure di compensazione. La Commissione Europea è informata.
NO
L’autorizzazione può essere rilasciata per altri motivi di rilevante interesse pubblico, previa consultazione con la Commissione Europea. Si devono prevedere misure di compensazione.
Fig. 6.8 Schema logico-decisionale della VIE. Fonte: elaborazione da Carbone, 2007
In particolare, l’ analisi del progetto dovrà contemplare una distinzione tra fasi di realizzazione, di esercizio ed eventualmente di dismissione, al fine di elaborare delle ipotesi di previsione capaci di definire le interazioni certe o probabili tra le azioni causali elementari di piani e progetti e le componenti ambientali – con particolare attenzione alle VEC,
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ovvero alle cosiddette Componenti Ecosistemiche di Valore, e ai seguenti aspetti ecologici: rischio di estinzione, concetto di « minima popolazione vitale », effettiva dimensione della popolazione, h abitat minimo vitale, resilienza, rarità, stabilità, fragilità, diversità/ complessità, stato di conservazione. Data la natura dinamica e difficilmente quantificabile degli elementi costituenti la struttura e le funzioni ecologiche di un sito e data l’ incertezza relativa alle loro interrelazioni, la determinazione del tipo di incidenza derivante dalla realizzazione del piano/ progetto è un’ operazione particolarmente complessa. S e alcuni effetti negativi dovessero permanere, nonostante le misure di mitigazione, si dovrà procedere alla terza fase di valutazione, ovvero all’ individuazione di soluzioni alternative, attuabili sulla base degli obiettivi da raggiungere con la realizzazione del piano/ progetto. È compito dell’ autorità competente esaminare la possibilità che vi siano soluzioni alternative (ubicazione/ percorsi alternativi, dimensioni, metodi di costruzione, mezzi diversi per il raggiungimento degli obiettivi, modalità operative, modalità di dismissione, diversa programmazione delle scadenze temporali) . S e, a seguito della valutazione d’ incidenza sull’ integrità del sito di ciascuna soluzione alternativa, permanessero effetti negativi, l’ autorizzazione alla realizzazione del piano o progetto verrà rilasciata soltanto in presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica. D iventerà dunque necessario adottare efficaci misure di compensazione che garantiscano la coerenza globale della Rete Natura 2000. Per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico si intendono situazioni dove i piani o i progetti previsti risultano essere indispensabili nel quadro di azioni o politiche volte a tutelare i valori fondamentali della vita umana (salute, ambiente, sicurezza), o fondamentali per lo Stato e la società, o rispondenti ad obblighi specifici di servizio pubblico, nel quadro della realizzazione di attività di natura economica e sociale. Le misure di compensazione devono essere attuate il più vicino possibile alla zona interessata dagli effetti negativi indotti dal piano/progetto e saranno considerate efficaci se bilanceranno gli stessi effetti negativi. Esse andranno pertanto monitorate con continuità al fine di verificarne l’efficacia a lungo termine nel raggiungimento degli obiettivi di conservazione previsti e per provvedere all’ eventuale loro adeguamento. In conclusione, la VIE, configurandosi come una procedura valida sia per i progetti (interventi localizzati e puntuali) che per i piani (strumenti di organizzazione territoriale globali e di ampio respiro) , realizza il duplice obiettivo di analizzare gli interventi (siano essi puntuali o di ampia scala) e, allo stesso tempo, di garantire che ogni singolo sito contribuisca efficacemente allo sviluppo della rete Natura 2000 rivelandosi così uno strumento di forte efficacia nella sua applicazione coerente e concreta (Carbone, 2007; Ferretti, 2010).
6.5 6.5.1
Integrated Pollution Prevention and Control (IPPC) La Direttiva 96/61 e il recepimento italiano
La procedura IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) riguarda la prevenzione e la riduzione integrate dell’ inquinamento relativo alle sorgenti industriali di emissione. Riconosciuta infatti la centralità della questione ambientale, l’Unione Europea si sta muovendo verso una nuova concezione di sviluppo, al fine di conciliare gli aspetti di crescita e competitività con quelli di compatibilità ambientale e sicurezza dei processi e dei prodotti, nonché di tutela della salute delle persone e dell’ecosistema di riferimento.
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Tab. 6.10 Principali riferimenti normativi in materia di IPPC.
Riferimento normativo Direttiva 96/61/CEE Integrated Pollution Prevention and Control
La Direttiva « IPPC », approvata nel 1996 ed entrata in vigore tre anni dopo, è lo strumento cardine di cui la UE si è dotata per attuare politiche ambientali mirate all’affermazione concreta del principio di prevenzione dell’inquinamento. Inoltre è importante sottolineare come la normativa, oltre ad essere basata sul principio di sussidiarietà e proporzionalità, sottolinea l’importanza di integrare differenti politiche ambientali richiamando nel testo le direttive su VIA, Seveso e strumenti di tipo volontario come le certificazioni ISO ed EMAS. Per tale motivo l’IPPC definisce la necessità di individuare un’unica autorità competente, la quale coordini e promuova l’interazione tra le autorità amministrative e gli industriali, che vedono così il loro ruolo valorizzato e si sentono maggiormente responsabili. Altri due aspetti caratterizzanti la direttiva riguardano la partecipazione del pubblico alla procedura di rilascio dell’autorizzazione e la realizzazione di un circuito tale da aumentare lo scambio di informazioni.
D.Lgs. 372/1999 Attuazione della direttiva 96/61/CEE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento
Il D.Lgs. 372/1999 segue la struttura della Direttiva 96/1961 specificando e completando i suoi contenuti. Tale decreto è limitato ai soli impianti esistenti e, a differenza della direttiva, parla di Autorizzazione Integrata Ambientale anziché di autorizzazione con una chiara tendenza verso la sua estensione all’intero impianto considerato. Definisce inoltre la procedura di rilascio dell’AIA nonché il rispetto delle condizioni, dei controlli e delle sanzioni imposti da quest’ultima. Infine la norma stila le linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili e istituisce l’INES* (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti).
D.Lgs. 59/2005 Attuazione integrale della direttiva 96/61/CEE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento
Il D.Lgs. 59/2005 recepisce integralmente la direttiva, estende la normativa ai nuovi impianti e definisce quali sono le autorizzazioni assorbite dall’AIA. Inoltre, a differenza del decreto precedente, fornisce le definizioni di « gestore », di « autorità competente », di « pubblico » e di « pubblico interessato ». Per tale ragione rafforza il diritto all’informazione e alla partecipazione, come definito dalla Convenzione di Aarhaus.
D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. Norme in materia ambientale
La parte seconda del decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le procedure per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (IPPC).
*
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Contenuti
In tale ambito rientra la recente normativa in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, meglio nota come IPPC, introdotta nella UE dalla Direttiva 96/61/CEE. Tale direttiva prevede che un’ ampia tipologia di impianti industriali, per poter esercitare la propria attività, debba richiedere ed ottenere una specifica autorizzazione, detta A utorizzazione Integrata A mbientale (A IA ) . La direttiva IPPC richiede in particolare agli Stati membri di adottare un nuovo atteggiamento in relazione alla tutela dell’ ambiente, attribuendo ai singoli organismi nazionali un’ innovativa funzione metodologica ed operativa rispetto alle questioni ambientali. La direttiva si pone l’ obiettivo di prevenire, ridurre e se possibile eliminare l’ inquinamento, intervenendo alla fonte delle attività inquinanti, garantendo così una corretta gestione delle risorse naturali. Per una migliore comprensione degli obiettivi e degli adempimenti rich iesti dall’IPPC, si riportano in Tabella 6.10 i principali riferimenti normativi (Ferretti et al., 2010).
INES L’INES è un registro integrato nato nell’ambito della Direttiva 96/61/CE e contenente informazioni su emissioni in aria e in acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale.
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6.5.2
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Le fasi dell’iter autorizzativo
Si propone di seguito uno schema di riferimento per l’IPPC (Fig. 6.9), che tiene conto degli elementi seguenti: • • •
quadro normativo; linee guida procedurali e tecniche; procedure autorizzative.
L’obiettivo dell’IPPC è quello di agire in un’ottica integrata, ovvero di far sì che il complesso produttivo venga visto come un tutt’ uno, e non come una serie di unità di processo isolate, delle quali si devono considerare le emissioni in aria, acqua e suolo. Nel caso dell’IPPC, a fronte di una valutazione globale da parte dell’autorità competente sulle emissioni complessive dell’ impianto, viene rilasciata l’ A IA . S econdo tale approccio l’ambiente, non più definito come semplice sommatoria di componenti bensì come rete di relazioni, viene visto come un unicum da salvaguardare e non come una serie di elementi separati da proteggere. Se l’attività industriale rientra nel campo di applicazione della Direttiva IPPC, il gestore dovrà quindi far rich iesta all’ autorità competente per ottenere l’ autorizzazione all’ esercizio, dimostrando l’ adeguatezza degli impianti, esistenti o di nuova costruzione, alle norme generali contenute nei decreti legislativi riportati in Tabella 6.10. Il provvedimento
Quadro normativo Direttiva IPPC
Altre leggi (sia europee che nazionali)
D.Lgs 372/99
Linee guida procedurali e tecniche
Linee guida generali e procedurali
Norme generali vincolanti
EU BREFs
Linee guida orizzontali per tutti i settori
Linee guida verticali o studi di settore
Linee guida per la valutazione
Domanda di AIA Procedimento autorizzativo Scenario decisionale VALUTAZIONE Autorità competente DECISIONE
AIA
Fig. 6.9 Schema di riferimento per IPPC. Fonte: elaborazione da Lanzi, Lani e Pini, 2005
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di autorizzazione per l’esercizio dell’impianto è definito Autorizzazione Integrata Ambientale (A IA ) e sostituisce ogni altro visto, parere, nulla osta o ulteriore autorizzazione in materia ambientale. La novità introdotta con l’IPPC è proprio quella di ottenere un’unica autorizzazione. La sopra citata normativa sancisce inoltre che , per ottenere l’ A IA e garantire quindi un elevato livello di protezione ambientale nel complesso, devono essere rispettate alcune condizioni: • • • • • •
applicazione di opportune misure di prevenzione attraverso le B A T (Best Available Techniques); verifica dell’assenza di significativi fenomeni d’inquinamento; riduzione della produzione di rifiuti, cercando di recuperarli ove è tecnicamente ed economicamente possibile; utilizzo di energia in maniera efficiente; definizione delle misure necessarie per prevenire gli incidenti e le loro conseguenze; attivazione di misure per evitare rischi di inquinamento al momento della cessazione dell’ attività.
Inoltre, la procedura per il rilascio dell’ A IA , a seguito della presentazione dell’ istanza, prevede che: • •
• • • •
l’autorità competente comunichi al gestore la data di avvio del procedimento; entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione, il gestore provveda, a sua cura e sue spese, alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti ch e ricadono nell’ ambito di competenza dello S tato, di un annuncio contenente l’ indicazione della localizzazione dell’impianto e del nominativo del gestore, nonché il luogo individuato; entro trenta giorni dalla pubblicazione, i soggetti interessati possano presentare in forma scritta, all’autorità competente, osservazioni sulla domanda; l’ autorità competente convoch i apposita conferenza dei servizi alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia di autorizzazioni ambientali per l’ esercizio degli impianti; acquisiti i pareri delle amministrazioni e considerate le osservazioni, l’ autorità competente rilasci l’ A IA , entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda, salvo richiesta di integrazioni; copia dell’ A IA e di qualsiasi suo successivo aggiornamento venga messa a disposizione del pubblico.
L’ A IA contiene dunque gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, i quali specificano la metodologia e la frequenza di misurazione, nonché la relativa procedura di valutazione, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale. L’ A IA vuole quindi essere il risultato di un percorso di analisi volto ad individuare l’assetto impiantistico e produttivo che combina i tre elementi cardine dell’IPPC: • • •
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controllo combinato di emissioni aria-acqua-suolo; riferimento a standard tecnologici e gestionali di settore; valutazione delle condizioni locali.
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6.5.3
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Le Best Available Technologies (BAT)
Con questo nuovo approccio, gli operatori devono considerare tutte le misure preventive contro l’ inquinamento e migliorare le loro performance ambientali attraverso l’ adozione delle Best Available Techniques (BAT), la cui definizione è di seguito riportata. • •
•
Il termine best qualifica le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ ambiente nel suo complesso. Il vocabolo available qualifica le tecniche sviluppate su una scala tale da consentirne l’ applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello S tato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli. La parola techniques si riferisce sia alle tecniche impiegate, sia alle modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chi usura dell’ impianto.
Dalla definizione data si evince come, nella valutazione delle varie tecniche, al fine di individuare le B A T si debba tenere in considerazione la sostenibilità delle stesse, dal punto di vista sia tecnico sia economico. La valutazione finale sulla « disponibilità » di una tecnica può però essere compiuta solamente a livello di singolo stabilimento. Le B A T vengono periodicamente raccolte all’ interno di documenti noti con il nome di BREF, acronimo di Bat REFerence documents, che possono essere visti come il risultato dello scambio di informazioni tra gli S tati membri previsto dalla direttiva. Pur non essendo giuridicamente vincolanti, i BREF sono un elemento trainante essenziale per migliorare le prestazioni ambientali, in quanto comportano un’ attività sistematica di analisi comparativa settore per settore, nonché una valutazione delle tecniche utilizzate. Un altro elemento chiave della direttiva IPPC fa riferimento agli inventari o registri integrati, in cui sono raccolte informazioni qualitative e quantitative sugli inquinanti rilasciati nei diversi compartimenti ambientali e sui rifiuti. Tali registri permettono di migliorare la consapevolezza ambientale del pubblico, le prestazioni ambientali dei settori produttivi, nonché la conoscenza e la gestione dell’ambiente da parte delle istituzioni pubbliche verso uno sviluppo sostenibile. G li S tati membri sono pertanto tenuti a comunicare alla Commissione Europea i dati relativi alle emissioni prodotte dai singoli impianti (riportati sull’INES) e a fornire una relazione di insieme. I dati comunicati saranno pubblicati su Internet e sul registro EPER (European Pollutant Emission Register) , ch e dovrebbe fornire informazioni sulle emissioni nell’ atmosfera e nell’ acqua relative a tutti gli S tati membri. I principali attori coinvolti nella procedura IPPC sono i seguenti: • • • •
Capitolo 6
la Commissione Europea (Direzione D.3), la cui responsabilità è quella di verificare l’applicazione in maniera conforme della direttiva da parte degli Stati membri; l’European IPPC Bureau, con sede presso il Joint Research Centre dell’UE, a Siviglia; gli esperti degli S tati membri, delle A NPA (A genzia Nazionale per la Protezione dell’ A mbiente) , dell’ industria e delle organizzazioni ambientali, ch e partecipano agli scambi di informazioni sulle BAT; le autorità nazionali, regionali e locali preposte al rilascio delle autorizzazioni dei differenti Stati membri della UE;
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• •
l’azienda (nella figura del gestore del complesso IPPC) che richiede l’Autorizzazione Integrata Ambientale in quanto rientrante nel campo di applicazione della IPPC; le pubblich e amministrazioni, i cittadini e, più in generale, il pubblico interessato, che ha nno la possibilità di accedere alle domande di autorizzazione, alle autorizzazioni, ai rapporti di monitoraggio, all’EPER, visto il ruolo attribuito alla partecipazione al fine di migliorare le condizioni ambientali.
Caso studio 6.1 La VAS per una variante di Piano Regolatore (di Valentina Ferretti) Descrizione dell’area
*
Il caso studio preso in considerazione fa riferimento alla valutazione della compatibilità ambientale* di una variante di Piano Regolatore Generale del Comune di Torino (Commissione Europea, 1998). La variante è relativa all’ambito Spina 2 – Porta Susa, ubicato all’inValutazione di compatibilità crocio tra il futuro viale della Spina centrale e Corso Vittorio Emanuele ambientale II (Bottero e Mondini, 2007, 2011). La normativa in materia di proceTale ambito è localizzato all’interno di un’area urbana interessata da dure di valutazioni di compatibilità grandi trasformazioni territoriali. Le aree della Spina 2, infatti, ospiambientale per piani e programmi tano la più alta concentrazione di funzioni urbane pregiate: il nuovo fa riferimento alla Legge Regionale Palazzo di Giustizia, il raddoppio del Politecnico di Torino, le nuove 14 dicembre 1998, n. 40 « Disporesidenze universitarie, la riconversione funzionale dell’Officina Grandi sizioni concernenti la compatibilità Riparazioni ferroviarie e il riuso delle storiche « Carceri Nuove » per ulteambientale e le procedure di valuriori funzioni di giustizia e di alta formazione giuridica. Questi interventi tazione » (art. 20 – Compatibilità fanno da cornice agli interventi residenziali, ormai già realizzati, e agli ambientale di piani e programmi) e interventi di terziario direzionale che dovranno sorgere all’incrocio tra alla Circolare del Presidente della il viale della Spina Centrale e corso Vittorio Emanuele II, accanto alla Giunta Regionale n. 1/PET del 13 nuova stazione di Porta Susa. gennaio 2003 « Linee guida per l’aAll’interno dell’area vasta precedentemente descritta è possibile indinalisi di compatibilità ambientale viduare alcuni elementi che necessitano di considerazioni e valutazioapplicata agli strumenti urbanistici ni specifiche. Dall’analisi del territorio emergono, infatti, elementi sencomunali ai sensi dell’articolo 20 ». sibili da sottoporre a tutela ed elementi critici fortemente impattanti propri del territorio analizzato (Tab. 6.11).
Tab. 6.11 Elementi di sensibilità e criticità per l’area in esame.
Elementi di sensibilità •
Elementi di criticità -
nico e risulta meritevole di tutela ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. • della Legge n. 1497 del 29 giugno 1939. Inoltre tale corso è anche interessato dal vincolo archeologico ai sensi del DM n. 1089/39. • Riparazioni ed è attualmente in disuso. Tale edificio è caratterizzato da un elevato interesse documentario ed è pertanto meritevole della opportuna tutela e valorizzazione. • intubato, individuato dal PRG di Torino e pertanto soggetto alle azioni di salvaguardia previste.
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•
stituisce una strada urbana a grande percorrenza ed è attualmente in fase di ultimazione. Tale infrastruttura, situata parzialmente nell’ambito di intervento, costituisce una importante fonte di impatto acustico ed atmosferico necessiterà delle opportune valutazioni e mitigazioni.
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Obiettivi del piano e caratteristiche quantitative Gli obiettivi strategici considerati dall’Amministrazione Comunale nel proporre la variante in esame possono essere brevemente riassunti come segue: • conseguente aumento del numero degli occupati a Torino; • Le caratteristiche quantitative della variante in esame sono schematizzate in Tabella 6.12, mentre la Tabella 6.13 rappresenta le singole porzioni che compongono il progetto (Unità Minime di Intervento - UMI)
Tab. 6.12
Caratteristiche quantitative della variante per l’ambito Spina 2 - Porta Susa.
Caratteristiche
Dimensioni
Superficie Territoriale dell’ambito (ST)
178.439 m2
Superficie Lorda di Pavimento (SLP) generata dall’ambito
81.268 m2
Superficie Lorda di Pavimento (SLP) realizzabile
103.018 m2
Superficie del fabbisogno di aree per servizi
118.102 m2
Tab. 6.13 Unità Minime di Intervento individuate per l’ambito Spina 2 - Porta Susa.
Unità Minima di Intervento
Descrizione
UMI I
Edificio a torre posto a ovest del viale della spina centrale È prevista la realizzazione di 50.000 m2 di SPL (Superficie Lorda di Pavimento). La destinazione è terziaria con l’ammissione di un massimo di 5.000 m2 e un minimo di 2.000 m2 di SLP destinata ad ASPI (Attività di Servizio alle Imprese e alle Persone)
UMI II
Edificio a torre posto a est del viale della spina centrale Si tratta dell’edificio a torre posto nell’area limitrofa alla nuova stazione di Porta Susa.
UMI III
Nuova stazione porta Susa È prevista la realizzazione della nuova Stazione di Porta Susa nell’area compresa tra corso Matteotti e il prolungamento di via Grassi e via Ruffini. Sono previsti percorsi pedonali di attraversamento assoggettati ad uso pubblico, per garantire la permeabilità con la città in senso longitudinale e trasversale
UMI IV
Edificio storico della Stazione Porta Susa È previsto il restauro e la riqualificazione dell’edificio storico della stazione di Porta Susa. È prevista altresì la realizzazione di un nuovo edificio a chiusura della piazza, fronteggiante il viale della Spina, collegantesi mediante edificio a portico, con la stazione esistente
Analisi e valutazione degli impatti ambientali Per quanto riguarda il caso in esame, le principali fonti di impatto ambientale sono relative all’edificazione di due torri e al nuovo edificio della stazione di Porta Susa. Ognuna di queste interagisce con le componenti del sistema ambientale considerato, quali aria, acqua, suolo, agenti fisici (rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici) e paesaggio (Commissione Europea, 2001). A partire da tale approccio sono state approfondite le tematiche di Tabella 6.14.
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Tab. 6.14
Componenti ambientali e impatti considerati nella valutazione dell’intervento.
Componente ambientale
Impatti ambientali
Aria
•
Acque e sottosuolo
• •
Suolo
• • •
Agenti fisici
• •
Paesaggio
•
Rilevante
Gli impatti negativi, riscontrati sul sistema ambientale, vengono controbilanciati dalle risposte, proponendo, nei confronti delle criticità riscontrate, azioni mitigative e criteri di compatibilità. Aria Le emissioni generate dai veicoli in transito costituiscono senza dubbio la maggiore sorgente inquinante che concorre a determinare lo stato di qualità dell’aria. Ad esse si aggiungono poi le emissioni dovute al comparto industriale, agli impianti di riscaldamento degli edifici, ecc. ma, in questo caso, hanno un ruolo meno rilevante. L’area Spina 2 - Porta Susa, oggetto della nostra valutazione, è circondata da importanti assi stradali caratterizzati da intenso traffico veicolare. Per la valutazione degli effetti che il progetto genera sul sistema della mobilità, e quindi sulla qualità atmosferica, è necessario valutare il possibile traffico futuro legato alla presenza di due nuove torri e della nuova stazione di Porta Susa, facendo riferimento alle previsioni effettuate dall’ATM-GTT. (Azienda Trasporti Municipali - Gruppo Torinese Trasporti) su incarico del Comune di Torino. La Tabella 6.15 riporta le valutazioni relative allo scenario attuale di Porta Susa e le stime sulla futura configurazione della stazione, considerando sia il flusso di passeggeri che i non viaggiatori (persone presenti nella struttura per motivi commerciali, di lavoro, ecc). Sulla base dei dati forniti e tenendo conto della ripartizione modale degli accessi e dei deflussi delle persone che frequentano Porta Susa (Tab. 6.16), è possibile definire il numero di auto che fanno capo alla Stazione di Porta Susa (Tab. 6.17). Analizziamo ora il flusso di traffico indotto dalle due nuove torri in progetto facendo riferimento alla SLP realizzabile (103.018 m2) e ad un numero di addetti pari a 26 addetti/ m2 e ipotizzando, come previsto nel PUT (Piano Urbano del Traffico) della città di Torino, che il 51% degli addetti utilizzi l’auto. Sulla base di tali ipotesi, il numero di addetti totali risulta 3962, di cui 2020 userebbe l’auto.
Tab. 6.15 Flusso di persone all’interno della Stazione di Porta Susa.
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IN
OUT
Scenario attuale
1531
Scenario futuro
3779
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Non viaggiatori
Presenze 7.30-8.30
1331
716
2862
3258
3179
7064
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Tab. 6.16 Ripartizione modale degli accessi e dei deflussi relativi alla stazione di Porta Susa.
Auto private (parcheggio)
Kiss&ride
Ripartizione modale accessi
5%
10%
16%
57%
12%
Ripartizione modale deflussi
5%
10%
16%
57%
12%
Privato
Pubblico
Altro
15%
45%
40%
Ripartizione modale non viaggianti
Mezzo pubblico
Altro
e Kiss&ride).
8.00-9.00
7.30-8.30
Scenario attuale
518
553
Scenario futuro
1381
1481
Differenza Differenza percentuale
863
928
+167%
+168%
Per meglio valutare la quota di auto presenti nell’area oggetto di studio nell’ora di punta si è fatto riferimento ad una ripartizione temporale che tenga conto del fatto che si tratta di un’area destinata al terziario (Tab. 6.18). Alla luce delle analisi precedenti è possibile affermare che nell’ora di massimo traffico (fascia oraria 7.30-8.30): • • Pertanto, è possibile stimare che il numero complessivo di auto circolanti nella fascia oraria di punta legata agli interventi in esame sarà pari a circa 1.473.
Capitolo 6
Fascia oraria
0.00-6.00
6.00-7.00
7.00-8.00
8.00-9.00
9.00-10.00
10.00-11.00
11.00-12.00
12.00-13.00
13.00-14.00
14.00-15.00
15.00-16.00
16.00-17.00
17.00-18.00
18.00-19.00
19.00-20.00
20.00-4.00
Tab. 6.18 Ripartizione dei flussi di traffico relativi alle torri in progetto.
In
1%
12%
28%
26%
5%
5%
2%
2%
8%
5%
4%
1%
1%
0%
0%
0%
Out
0%
0%
0%
1%
1%
2%
2%
4%
4%
4%
5%
25%
30%
15%
5%
2%
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Si ritiene quindi che, a fronte di un numero totale di veicoli circolanti nell’ambito in esame pari a circa 30.000 autovetture al giorno, l’incremento di auto legate ai nuovi interventi possa essere considerato trascurabile. Inoltre, è prevedibile che la situazione del traffico veicolare nell’ora di punta sia destinata ad un miglioramento grazie alla presenza della nuova linea della metropolitana, attualmente in fase di ultimazione. Acque e sottosuolo Per quanto riguarda il reticolo idrografico, il PRG di Torino evidenzia la presenza di un corso d’acqua intubato soggetto a fascia di rispetto di inedificabilità assoluta di 10 metri dal piede dell’argine o sponda naturale. È opportuno considerare la presenza di tale canale nelle fasi successive di progettazione e realizzazione degli interventi previsti. Con riferimento al sottosuolo, alla luce di alcune stratigrafie effettuate nell’area di indagine dal Comune di Torino, è possibile individuare la presenza di un acquifero superficiale freatico all’interno dei depositi fluvioglaciali e fluviali del pleistocene-olocene, connesso e influenzato dal reticolo idrografico e un acquifero multifalda in pressione all’interno del complesso plio-pleistocenico. Quest’ultimo presenta livelli ghiaioso-sabbiosi separati da letti limoso-argillosi la cui continuità ed estensione è piuttosto variabile consentendo la comunicazione tra le falde. Il limite tra i due acquiferi è costituito da un livello di argilla lacustre che non essendo continuo può mettere localmente in comunicazione la falda freatica con la falda profonda in pressione. La quota piezometrica è di circa 226 m s.l.m. in corrispondenza di Corso Inghilterra, con una soggiacenza della falda freatica superiore ai 18 m. Pertanto si ritiene che non esistano significative interazioni tra gli interventi in esame e la componente acque sotterranee né per quanto riguarda la fase di cantiere né per quella di esercizio. Suolo L’area in cui si inserisce l’intervento oggetto d’analisi risulta essere destinata dal PRG ad attività terziarie ed attrezzature di servizio alle persone e alle imprese. Dal punto di vista dell’analisi del suolo, i parametri di maggior interesse risultano essere l’occupazione del suolo stesso e la sua potenziale riduzione di permeabilità in seguito alla costruzione di nuovi fabbricati. Per il caso in esame, la crescita di superficie impermeabile, nonostante l’ampiezza della superficie interessata (178.439 m2), non rappresenta una problematica rilevante dal momento che allo stato attuale sull’area sono già presenti elementi che rendono il terreno interamente impermeabile. Un altro elemento di pressione è legato all’incremento di rifiuti derivanti dall’insediamento di nuovi edifici e dalla nuova stazione di Porta Susa. Per poter valutare la potenziale produzione dei rifiuti in termini di tonnellate/anno occorre definire la quantità di rifiuti derivanti dalle nuove attività destinate a servizi/terziario e dai nuovi locali della stazione di porta Susa. L’intervento in oggetto prevede una SLP realizzabile pari a 103.018 m2 di cui 10% per ASPI e 90% destinata a terziario. Per la stima dei rifiuti derivanti dai nuovi insediamenti si è fatto riferimento al D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 « Regolamento recante norme per l’elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani ». Tale decreto inserisce le utenze non domestiche in specifiche categorie cui attribuisce un coefficiente di produzione di rifiuti (Kd) espresso in kg/m2/anno (quota variabile), da scegliere all’interno di un intervallo predefinito. Dai calcoli effettuati emerge che l’edificazione di questa nuova area genera un incremento della quantità di rifiuti prodotti pari a circa 1.100 t/anno. Pur non essendo un quantitativo tale da necessitare interventi mirati, sarà quindi necessario attuare dei programmi di differenziazione dei rifiuti. Risulta inoltre importante la valorizzazione della raccolta di alcune risorse fondamentali come la carta il vetro, la plastica, il legno e l’alluminio che verranno gestite da consorzi di filiera. Per l’analisi della compatibilità dell’intervento in esame con le aziende a Rischio di Incidente Rilevante, si è reso necessario valutare la localizzazione di tali aziende rispetto al progetto. Dal censimento effettuato dall’Arpa risulta che la zona non è interessata direttamente da aree di danno di alcuna azienda a rischio di incidente rilevante e che tali aziende sono ad una distanza tale da escludere un’interazione con i nuovi flussi di traffico attivati dalla realizzazione dell’intervento. Agenti fisici Le analisi della compatibilità acustica del progetto sono sviluppate facendo riferimento alla proposta di Zonizzazione Acustica della Città di Torino. La classificazione acustica del territorio comunale è uno strumento di protezione dell’ambiente esterno e abitativo dall’inquinamento acustico. Questo strumento fissa dei limiti per il rumore tali da garantire le condizioni acustiche ritenute compatibili con i particolari insediamenti presenti nella porzione di territorio considerata. L’area oggetto dell’intervento risulta per la maggior parte rientrante in classe IV « Aree di intensiva attività umana » e una piccola parte in Classe III « Aree Miste ». Dall’analisi pare coerente classificare l’area come classe IV e III poiché la poiché le due torri adibite prettamente a servizi genereranno, se pur in maniera minore, un flusso di persone abbastan-
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Politecnico di Torino. Per tale ragione, essendovi un accostamento critico, si propone che questo venga risolto mediante la revisione della classificazione acustica dell’edificio da classe III a classe II, in maniera da renderlo compatibile dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda la presenza di elettrodotti, la carta provinciale di riferimento non mostra un’interazione tra linee ad alta tensione e progetto, evidenziando la presenza di due linee in posizione tale da non rendere necessarie verifiche puntuali relative alla presenza di campi elettromagnetici superiori alle soglie di legge in corrispondenza delle aree interessate dall’intervento di ampliamento. Bisogna in ogni caso ricordare che la zona limitrofa all’area oggetto di studio attualmente risulta interessata da alcuni impianti di trasmissione mobile di diversi gestori; non essendoci però misurazioni in tal senso, non è possibile definire lo stato attuale del livello di inquinamento elettromagnetico. Paesaggio L’intervento, come tutti gli interventi di rilevante trasformazione del territorio, è fonte di impatti e generatore di un nuovo segno all’interno del paesaggio urbano. Una problematica rilevante a questo proposito è quella relativa agli impatti visivi che vengono prodotti dalla creazione di un nuovo paesaggio, i quali devono essere previsti e governati in modo da evidenziare gli aspetti positivi del territorio, come in questo caso l’ampia trasformazione avviata e le nuove architetture previste nell’area (quali, ad esempio, il raddoppio de Politecnico di Torino o il nuovo collegio universitario), e da mitigare le evidenze negative, quali la frammentazione del tessuto circostante l’ambito considerato. Gli interventi in esame, sopratutto per quanto riguarda le due nuove torri, costituiscono l’opportunità di creare nuovi simboli urbani, generando così un nuovo paesaggio che può essere occasione di riqualificazione non solo di quella parte di città, ma dell’immagine urbana nel suo complesso. Appare quindi di fondamentale importanza riflettere in termini di « riconoscibilità del luogo », che sarà rappresentato dal nuovo scenario che si verrà a manifestare con il progetto e dal rapporto che si instaurerà tra questo e le altre parti della città (Fig. 6.10). È necessario in ogni caso sottolineare il ruolo di estrema importanza
Fig. 6.10 Il progetto di trasformazione dell’area di Porta Susa a Torino. Fonte: progetto di gruppo AREP con S. d’Ascia e A. Magnaghi
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*
Analisi SWOT L’Analisi SWOT è una tecnica decisionale sviluppata da più di cinquant’anni come supporto alla definizione di strategie aziendali in contesti caratterizzati da incertezza e forte competitività; a partire dagli anni Ottanta del Novecento, è stata poi utilizzata come supporto alle scelte di intervento pubblico per analizzare scenari alternativi di sviluppo. In applicazioni riguardanti il contesto territoriale, lo scopo dell’analisi è quello di definire le possibilità di sviluppo di un’area territoriale, che derivano da una valorizzazione dei punti di forza (Strengths) e da un contenimento dei punti di debolezza (Weaknesses), alla luce delle opportunità (Opportunities) e delle minacce (Threats) che potrebbero derivarne. Per come è strutturata, l’analisi consente quindi di distinguere tra fattori endogeni al processo, cioè i punti di forza e di debolezza, e fattori esogeni, cioè le opportunità e le minacce. I fattori endogeni rappresentano tutte quelle variabili che fanno parte del sistema e sulle quali è possibile intervenire. I fattori esogeni sono invece quelle variabili esterne al sistema che possono però condizionarlo; su di esse non è possibile intervenire direttamente, ma è necessario tenerle sotto controllo, in modo da sfruttare gli eventi positivi e prevenire quelli negativi.
rivestito dai diversi progetti nella valutazione di compatibilità degli interventi in esame. I singoli progetti infatti possono apparire come uno strumento efficace alla riqualificazione diffusa di un’ampia porzione urbana e alla mitigazione di una situazione ambientale già critica, ma anche concorrere ad un suo eventuale peggioramento. Un ulteriore aspetto da mettere in evidenza in merito alla problematica del paesaggio riguarda l’esistenza di edifici di valore storico e architettonico con cui i nuovi interventi si troveranno a dialogare. In primo luogo occorre evidenziare la presenza del vincolo ambientale so Vittorio Emanuele II. Nell’area in esame esistono ulteriori edifici di interesse, quali la vecchia stazione di Porta Susa, tutelata ai sensi del D.Lgs. 42/2004, e un edifico di archeologia industriale appartenente alle storiche Officine Grandi Riparazioni (OGR). Con riferimento a tali elementi, la variante ne riconosce le valenze storiche e di interesse architettonico e, nel rispetto dei vincoli esistenti, prevede un’integrazione il più possibile omogenea con i nuovi interventi proposti. Giudizio di compatibilità e misure mitigative
Al fine di valutare l’impatto complessivo determinato dall’intervento all’interno del sistema ambientale di riferimento è opportuno schematizzare l’intero processo valutando in che modo le differenti previsioni contribuiscono alla formazione di punti di forza, punti di debolezza, opportunità e criticità. Per la determinazione di tali aspetti si è fatto riferimento alla Analisi SWOT*, ovvero un sintetico ma attento studio che permette di analizzare il sistema considerato in base a quattro differenti elementi: « Strengths » (punti di forza), « Weaknesses » (punti di debolezza), « Opportunities » (opportunità) e « Threats » (minacce). Nel caso in esame l’Analisi SWOT è stata condotta considerando l’area in oggetto a due momenti temporali differenti: il tempo T0 in cui l’area si trova alle condizioni attuali e il tempo T1 nel quale l’area sarà trasformata attraverso le previsioni considerate dagli interventi in esame. Ragionando in termini di Analisi SWOT è possibile quindi considerare i punti di forza e di debolezza come gli elementi principali che descrivono l’area al tempo T0, mentre le opportunità esistenti e le minacce possibili saranno le caratteristiche fondamentali dell’area trasformata al tempo T1.L’analisi SWOT così sviluppata e applicata al caso in esame è rappresentata nella Tabella 6.19. Dalle analisi sviluppate, sono emerse alcune problematiche che gli interventi in variante potrebbero generare sul sistema ambientale. La consapevolezza di tali criticità è fondamentale per una corretta gestione dei rischi connessi alla trasformazione. Infatti, l’individuazione delle possibili minacce che costituiscono un rischio per l’esito positivo della trasformazione avviata consente di prevedere le opportune misure mitigative finalizzate a minimizzare le criticità e massimizzare le opportunità esistenti (Tab. 6.20).
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Tab. 6.19
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Analisi SWOT per l’intervento in esame.
T0
T1
Punti di forza (S)
Punti di forza (S)
•
•
•
• carattere altamente innovativo
• •
+
Grande Riparazioni, Corso Vittorio Emanuele II)
stazione di Porta Susa) • infrastrutture di trasporto • nell’area •
–
Punti di debolezza (W)
Minacce (T)
•
•
•
•
•
• economiche
• insediativo e paesaggio urbano • e del clima acustico
Tab. 6.20 Misure mitigative per l’intervento.
Componenti ambientali Aria
Impatti ambientali Inquinamento atmosferico legato al traffico
Misure mitigative TRAFFICO • In fase progettuale dovranno essere specificate le diverse fasi realizzative delle opere e di cantiere con tempi e impatti; • Va potenziata la rete dei trasporti pubblici; • Occorre prevedere l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili per abbattere la concentrazione in atmosfera degli inquinanti emessi dai veicoli. EMISSIONI E CONSUMI ENERGETICI DEGLI EDIFICI • Occorre tenere sotto controllo i consumi energetici attraverso opportuni accorgimenti tecnici riguardanti la morfologia degli edifici, l’esposizione, l’involucro edilizio, gli impianti tecnologici, i materiali utilizzati al fine di ridurre le emissioni in atmosfera. (segue)
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(segue)
Componenti ambientali Acqua
Impatti ambientali Interferenze con i corsi d’acqua presenti Interferenze con la falda acquifera sotterranea
Suolo
Diminuzione della superficie permeabile Incremento di rifiuti
Capitolo 6
Misure mitigative TUTELA DELLE ACQUE SUPERFICIALI • Con riferimento al corso d’acqua intubato individuato dal PRGC, pur non presentando da una prima analisi degli evidenti rischi idraulici, è necessario mantenersi a 10 metri dal tracciato evidenziato; • In tale corso d’acqua non dovranno convergere le acque di dilavamento provenienti dai piazzali; • È opportuno che la progettazione e la realizzazione degli interventi tenga conto della presenza del corso d’acqua. APPROVVIGIONAMENTO • Dovranno essere predisposti tutti gli accorgimenti tecnologici per evitare inutili sprechi di acqua sia per le attività dedicate a servizi che per il nuovo edificio della stazione. SCARICO E ACQUE DI DILAVAMENTO • I vari collettori dovranno essere il più possibile rettilinei; • Le fognature delle acque nere dovranno essere installate ad una maggiore profondità delle condutture dell’acqua potabile; • Dovranno essere installati tombini di ispezione, dovranno essere evitate controtendenze, dovranno essere installati sistemi atti a limitare il consumo d’acqua; • Le acque derivanti da dilavamento dovranno essere raccolte mediante canaline e caditoie afferenti a vasche di raccolta dotate di sistemi di depurazione. RIFIUTI • È necessaria l’attivazione di un programma di differenziazione dei rifiuti; • Occorre incentivare la valorizzazione della raccolta di alcune risorse fondamentali come carta, plastica, legno, alluminio e vetro, che verranno gestite dai singoli consorzi di filiera. IMPERMEABILIZZAZIONE • È necessario realizzare opere finalizzate ad evitare un’eccessiva impermeabilizzazione del territorio modificato dall’intervento; tali opere fanno riferimento a superfici semipermeabili da prevedersi nelle aree destinate agli stalli dei parcheggi, nonché a bacini di raccolta delle acque; • Le acque meteoriche ricadenti sulle strade dovranno essere raccolte, quando possibile, all’interno dell’area oggetto dell’intervento.
Agenti fisici
Inquinamento acustico legato al traffico
CLIMA ACUSTICO • Previsione di interventi mitigativi volti a minimizzare gli impatti legati ai flussi di traffico generati dalle nuove attività quali alberature e siepi lungo le principali direttrici di traffico; • Adozione di soluzioni tecnologiche atte al fonoassorbimento e al fonoisolamento degli edifici; • Gli impianti tecnologici (trattamento aria, condizionamento) devono essere isolati acusticamente e installati in modo da garantire il minimo disturbo agli insediamenti residenziali vicini; • Relativamente al sistema di viabilità primaria, il rumore di contatto pneumatico/asfalto può essere mitigato con l’ausilio di pavimentazione fonoassorbente; • Si ritiene opportuno che il Comune di Torino provveda ad adeguare la Proposta di Zonizzazione Acustica secondo le indicazioni.
Paesaggio
Nuovo paesaggio urbano legato all’intervento
• Integrazione architettonica tra gli edifici in progetto e l’intorno urbano; • Valorizzazione e riqualificazione del vecchio edificio della Stazione di Porta
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Caso studio 6.2 La VIE per un parco eolico (di Valentina Ferretti) Il caso studio in esame riguarda la realizzazione di un parco eolico da 45 MW nel Comune di Casalnuovo Monterotaro (FG) per la produzione di energia elettrica, mediante l’istallazione di 15 aerogeneratori, ognuno dei quali con potenza nominale di 3 MWh (Ferretti, 2010). L’obiettivo del lavoro presentato fa riferimento ad una valutazione degli impatti ambientali generati dal progetto, con particolare riferimento all’analisi dell’incidenza ecologica dell’opera in progetto sulle aree appartenenti alla Rete Natura 2000 ubicate nell’area vasta di riferimento5. La valutazione di incidenza è stata redatta secondo i contenuti indicati dall’Allegato G del D.P.R. 357/1997 e s.m.i., che Commissione Europea nel 2002, nell’ottica di fornire agli enti preposti tutti gli elementi necessari ad effettuare una valutazione appropriata dell’incidenza del progetto proposto. L’impianto Eolico in progetto è collocato a poca distanza da due proposti Siti di Importanza Comunitaria (pSIC IT91100356 « Monte Sambuco » e pSIC IT9110002 « Valle Fortore, Lago di Occhito ») e ricade all’interno dell’IBA (Important Bird Areas) 126 « Monti della Daunia ». Nell’area interessata dal progetto e nelle vicinanze non si riscontra la presenza di ZPS. Il pSIC « Monte Sambuco » è stato proposto come Sito di Importanza Comunitaria nell’anno 1995, ha un’estensione pari a 7.892 mq, appartiene alla regione bio-geografica mediterranea ed è caratterizzato da un clima tipicamente submediterraneo, con esteso bosco mesofilo in ottime condizioni vegetazionali, tra i più rappresentativi dell’area. Il pSIC « Valle Fortore, Lago di Occhito » è stato proposto come Sito di Importanza Comunitaria nell’anno 1995, ha un’estensione pari a 8.369 mq e appartiene alla regione bio-geografica mediterranea. Il sito è caratterizzato da una interessante vegetazione arborea ripariale e dal piccolo ma pregevole bosco Dragonara costituito da specie igrofile e da Quercus petraea. In particolare, lungo il corso del fiume Fortore, vi è l’invaso artificiale di Occhito, biotopo di elevato interesse sotto il profilo avifaunistico poiché importante zona umida. Il sito, inoltre, è importante per la presenza della lontra. Così come emerge dalla Figura 6.11, gli aerogeneratori non ricadono all’interno dei sopracitati pSIC, ma sono prossimi a questi. La distanza che li separa è di circa 340 m per l’aerogeneratore più vicino al sito e di circa 3.350 m per l’aerogeneratore più distante. Le distanze comunque rientrano nei buffer di rispetto definiti dal « Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia » e inoltre decritti e rispettati all’interno del PRIE7 di Casalnuovo Monterotaro. Il progetto in esame si inserisce all’interno dell’IBA 126 « Monti della Daunia » che si estende tra le regioni Puglia, Molise e Campania occupando una superficie di 75.027 ha. Si Tratta di una vasta area montuosa pre-appenninica comprendente le vette più alte della Puglia (Monti Cornacchia e Saraceno), il medio corso del fiume Fortore ed il Lago di Occhito interessato dalla sosta di uccelli acquatici. La Figura 6.11 fornisce una rappresentazione schematica del sistema ambientale e territoriale nel quale in progetto è inserito. Valutazione degli effetti sull’ambiente Il parco eolico oggetto di analisi prevede la realizzazione di 15 aerogeneratori, ognuno dei quali con potenza nominale di 3MWh, una cabina di impianto AT/MT da ubicare all’interno del parco ed una rete telematica di monitoraggio interna per il controllo dell’impianto mediante trasmissione dati via modem. In corrispondenza di ciascun aerogeneratore è prevista la realizzazione di una piazzola « definitiva » pressoché piana di circa 225 m2, dove troveranno collocazione la torre di sostegno dell’aerogeneratore e la relativa fondazione, i dispersori di terra e le necessarie vie cavo interrate. L’accesso al sito avverrà sfruttando per la maggior parte la viabilità già esistente.
Il lavoro di seguito illustrato si basa sugli studi sviluppati dall’Ingegner Nicola Robles nell’ambito della VIE allegata alla Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale per l’impianto eolico in esame. Il gruppo di lavoro complessivo risulta così costituito: professor Giulio Mondini e ing. Nicola Robles (coordinamento); arch. Giacomo Masciocco e agr. Giovanni Grasso (aspetti progettuali e programmatici); ing. Marta Bottero, arch. Nadia Ciocia, ing. Andrea Di Maggio, ing. Maria G. Dongiovanni, ing. Valentina Ferretti e ing. Marco Valle (aspetti ambientali e cartografie tematiche). 6 Il codice di ciascun SIC è composto da nove caratteri, di cui i primi due rappresentano il codice ISO dello Stato membro. 7 Piano Regolatore per l’installazione di Impianti Eolici approvato definitivamente con deliberazione della Giunta Regionale il 21 luglio 2009. 5
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Fig. 6.11 Rappresentazione del progetto del parco eolico all’interno del sistema ambientale e territoriale di riferimento.
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Per quanto riguarda la viabilità interna dell’impianto eolico, il progetto prevede di utilizzare strade esistenti con l’esecuzione di interventi puntuali di adeguamento, e di creare nuove strade sterrate. La lunghezza complessiva delle strade di accesso al parco eolico, comprensiva delle strade già esistenti che dovranno essere adeguate al passaggio di automezzi pesanti, è pari a circa 4 km. La sezione stradale prevede di norma una larghezza massima di circa 5 m più due banchine laterali di 0,5 m. La Tabella 6.21 riporta un quadro sintetico dell’occupazione del suolo da parte degli interventi in progetto in relazione alla superficie dell’area interessata, con particolare riferimento alle superfici dei siti « Valle Fortore, Lago di Occhito », « Monte Sambuco » e dell’IBA « Monti della Daunia ».
Tab. 6.21
Occupazione del suolo da parte degli interventi in progetto
Superficie occupata dall’impianto Piazzole aerogeneratori Viabilità impianto
3.375 m2 24.000 m2
Anemometri
44 m2
Cabine di impianto
72 m2
Totale superficie impianto
27.491 m2
Superficie del sito « Valle Fortore, Lago di Occhito »
83.690.000 m2
Superficie del sito « Monte Sambuco »
78.920.000 m2
Superficie dell’IBA « Monti della Daunia »
750.270.000 m2
Indice di occupazione del suolo in relazione al pSIC « Valle Fortore, Lago di Occhito »
0,00032
Indice di occupazione del suolo in relazione al pSIC « Monte Sambuco »
0,00034
Indice di occupazione del suolo in relazione all’IBA « Monti della Daunia »
0,000036
Dai calcoli effettuati risulta quindi che l’indice di occupazione del suolo, ovvero il rapporto tra la superficie complessiva occupata dalla realizzazione dell’impianto e l’area complessiva del sito di interesse, può essere considerato trascurabile. Anche il consumo di risorse naturali (energia, risorse idriche, ecc.) è trascurabile e non influisce sulla disponibilità locale delle risorse stesse poiché, essendo il parco eolico in fase di esercizio alimentato da una fonte di energia rinnovabile, il sopra citato impatto è da considerarsi limitato alla sola fase di cantiere. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti è opportuno sottolineare che il materiale di risulta derivante dagli scavi verrà il più possibile riutilizzato per ricoprire gli stessi. Altri rifiuti che possono essere prodotti dagli impianti eolici sono costituiti da ridotti quantitativi di oli minerali usati per la lubrificazione delle parti meccaniche, a seguito delle normali attività di manutenzione, per i quali è prevista la raccolta e lo smaltimento in discariche autorizzate. Ulteriori pressioni riguardanti l’ambiente hanno natura temporanea e reversibile e sono da ricondursi alla fase di cantierizzazione e realizzazione dell’impianto, fase in cui vengono prodotti fumi di scarico delle macchine operatrici, polveri, rumore ed incremento del traffico. Di seguito vengono analizzati più dettagliatamente gli impatti sulle componenti faunistiche e vegetazionali nonché sugli habitat, considerando comunque il sistema ambientale nel suo complesso. Le componenti esaminate sono: – componenti abiotiche (clima, suolo, sottosuolo, acque superficiali, acque sotterranee); – componenti biotiche (flora, vegetazione, fauna); – connessioni ecologiche (ecosistemi, paesaggio). Le interferenze con il sistema ambientale messe in evidenza nel presente studio hanno tenuto conto della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona, della qualità delle stesse e della capacità di carico dell’ambiente naturale. Il ruolo della Valutazione di Incidenza Ecologica è quello di valutare gli impatti che possono essere generati dalla realiz-
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Tab. 6.22 Rapporto tra il progetto e le componenti ambientali. Aspetti Ambientali
Componenti Abiotiche
Connessioni Ecologiche
Cantiere
Esercizio
Aria
Produzione di emissioni e polveri in atmosfera
Riduzione delle emissioni di gas serra e miglioramento climatico
Suolo
Consumo, compattazione, erosione e produzione di rifiuti
Rischio di inquinamento da dispersione di oli
Sottosuolo
Disturbi falde acquifere sotterranee
Rischio di inquinamento da dispersione di oli
Acque superficiali
Consumo, possibile alterazione del flusso superficiale
Consumo, possibile alterazione del flusso superficiale e rischio di inquinamento da dispersione di oli
Acque Sotterranee
Rischio di inquinamento delle acque sotterranee
Rischio di inquinamento delle acque sotterranee e rischio di inquinamento da dispersione di oli
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Mammiferi
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Anfibi e Rettili
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Pesci
Disturbi apportati alla specie
Disturbi apportati alla specie
Uccelli
Aumento della mortalità dell’avifauna
Aumento della mortalità dell’avifauna
Uccelli - IBA 126
Aumento della mortalità dell’avifauna
Aumento della mortalità dell’avifauna
Altre specie importanti di flora e fauna – formulario standard Natura 2000
Disturbi delle specie native e/o rare
Disturbi delle specie native e/o rare
Ecosistemi
Disturbi sulla sua dinamica
Disturbi sulla sua dinamica
Paesaggio
Creazione di interferenze visuali
Creazione di significative interferenze visuali
Specie Fauna Direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE
Piante elencate nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE
Componenti Biotiche
Impatti Ambientali
Legenda
Classe
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Livello di Impatto
Descrizione
Alto
Modificazioni che possono compromettere la presenza dell’elemento di conservazione.
Medio
Modificazioni che, pur non compromettendo la presenza dell’elemento di conservazione, ne alterano le caratteristiche qualitative e quantitative.
Basso
Modificazioni che non alterano sostanzialmente le caratteristiche qualitative e quantitative dell’elemento di conservazione.
Nullo o Sconosciuto
Nessuna modificazione o impossibilità di definire e valutare eventuali impatti presenti.
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zazione e dall’esercizio di un progetto. Gli impatti devono essere considerati rispetto al ciclo biologico ed evolutivo delle specie e degli habitat tutelati nel sito, in termini di uso delle risorse, disturbi, produzione di rifiuti e gestione dei rischi. Per descrivere le interferenze del progetto sul sistema ambientale il presente studio propone, come chiave di lettura, la Tabella 6.22, la quale rappresenta un quadro di sintesi in merito ai principali impatti generati dal progetto sia in fase di cantiere, ovvero a breve termine, sia in fase di esercizio dell’impianto, ovvero a medio e lungo termine, sulle singole componenti ambientali interessate dal progetto. La valutazione degli impatti complessivi dovuti alla costruzione del parco eolico che possono influenzare direttamente non solo l’area d’intervento, ma anche e soprattutto le zone limitrofe, è stata sviluppata effettuando delle ipotesi e tenendo presente il livello di sensibilità agli impatti di un territorio che, da una parte, è già stato oggetto di trasformazione in quanto a vocazione agricola (dove si installerà il parco eolico) e, dall’altra, è caratterizzato da una qualità ambientale intrinseca complessivamente alta (al di fuori dell’area di intervento). In un’ottica di sviluppo sostenibile, per la realizzazione dell’impianto eolico di Casalnuovo Monterotaro, sono stati messi in atto degli accorgimenti preventivi per ciascuna componente ambientale considerata, in grado di contenere, minimizzare e, qualora possibile, annullare gli impatti analizzati, sia in fase di cantiere, sia in fase di utilizzo dell’impianto stesso. La Tabella 6.23 illustra sinteticamente le misure di mitigazione individuate al fine di contenere le interferenze tra il progetto in esame e le componenti ambientali.
Tab. 6.23
Criticità e misure mitigative per il progetto in esame
Componente/ aspetto ambientale
Pressioni/impatti
Risposte/mitigazioni
ARIA
• • •
Fase di cantiere
Dispersione di polveri durante la lavorazione e spostamento dei mezzi
materiali che potrebbero produrre polveri e fibre dannose per l’ambiente senza opportune misure di prevenzione atte ad evitare dispersioni nell’aria • • • • elettrica autoprodotta con gruppi elettrogeni.
Fase di utilizzo
Nessuno • in cantiere • per il loro conseguente trattamento o raccolta
ACQUE
Fase di cantiere
Rischio di inquinamento delle acque a causa del dilavamento dell’area di cantiere
• inutili sprechi di acqua • d’acqua dovranno essere adottati tutti i provvedimenti necessari per evitare intorbidimenti delle acque e sversamenti accidentali di materiali • dovranno essere sottoposte a processi di chiarificazione e depurazione per consentire la restituzione in conformità al D.Lgs. 152/1999 e s.m.i.
Fase di utilizzo
Rischio di sversamenti in fase di manutenzione
• e l’assorbimento di eventuali sversamenti accidentali.
(segue)
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(segue)
Componente/ aspetto ambientale
Pressioni/impatti
Fase di utilizzo
Nessuno
SUOLO
Fase di cantiere
Interferenze per: scavo di plinti, posa dei cavi, predisposizione delle piazzole
Risposte/mitigazioni • ripristino possibile e la restituzione alle condizioni iniziali delle aree interessate dall’opera non più necessarie durante la fase di esercizio. • delle nuove strade realizzate a servizio degli impianti ed utilizzo esclusivo per le attività di manutenzione degli stessi. • la fase di cantiere •
FLORA
quali polveri, fibre e vernici
Fase di cantiere
Parziale eliminazione della vegetazione nelle aree di lavoro temporanee
• in apposite aree al coperto dotate di bacino di contenimento • sia come percorsi (rampe di accesso, percorsi) • e l’assorbimento di eventuali sversamenti accidentali che interessino il suolo • vegetazionale.
Fase di utilizzo
Nessuno
Fase di cantiere
Disturbo per aumento della pressione antropica
• riproduttivo delle specie animali • e privi di tiranti. FAUNA
• tali da aumentare la percezione del rischio da parte dell’avifauna Fase di utilizzo
Eventuali rischi di collisione da parte dell’avifauna
• degli aerogeneratori durante i periodi di attività o di migrazione delle specie critiche •
CLIMA ACUSTICO/ VIBRAZIONI
posizionamento in cabina di eventuali interruttori e trasformatori (le linee ad alta tensione, qualora non interrate, dovranno essere dotate di spirali o sfere colorate).
Fase di cantiere
Impatti acustici a breve distanza
• • • • provvisorie • elettrica autoprodotta con gruppi elettrogeni.
Fase di utilizzo
Nessun superamento dei limiti acustici (segue)
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(segue)
Componente/ aspetto ambientale
Pressioni/impatti
Risposte/mitigazioni • •
PRODUZIONE DI RIFIUTI
PATRIMONIO STORICOARCHITETTONICO-CULTURALE
PAESAGGIO
di cantiere, in posizioni di scarsa interferenza con le principali visuali Fase di cantiere
Disturbo visivo per la presenza del cantiere
• • • della zona • di accesso agli aerogeneratori e lateralmente alle piazzole in modo da evitare l’appiattimento della scena visiva.
Fase di utilizzo
Impatto visivo costante per la presenza delle pale
Fase di cantiere
Disturbi dovuti alla presenza del cantiere
Fase di utilizzo
Interferenze con l’esistente
•
Produzione di materiale di scavo in eccesso
•
Rifiuti prodotti per la realizzazione dell’impianto
•
Rifiuti da attività di manutenzione
•
Fase di cantiere
Fase di utilizzo
•
• a basso impatto visivo.
grandezza, numero e design.
circostante.
TRAFFICO VEICOLARE
• Fase di cantiere
Incremento del traffico
da quelli delle persone • • e di cantiere
Fase di utilizzo
Aumenti di traffico trascurabili
Tali misure garantiscono l’attuazione di accorgimenti tecnici, tecnologici ed organizzativi, in sede sia di esecuzione sia di esercizio dell’opera, in grado di migliorare le performance ambientali. La realizzazione degli interventi di mitigazione comporta una riduzione degli impatti negativi al fine di non alterare il livello di conservazione del sito e la sua integrità. In definitiva, il sito prescelto per la localizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica attraverso gli aerogene-
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ratori presenta caratteristiche tali da evitare e/o ridurre al minimo possibili interferenze con le componenti ambientali e paesaggistiche presenti nei territori circostanti e protette dalla Rete Natura 2000. Le analisi svolte hanno inoltre sottolineato come le principali criticità possano essere risolte con misure di mitigazione specifiche e come gli studi di incidenza ecologica siano caratterizzati, più di altri contesti valutativi, da una multidisciplinarietà di approccio alla valutazione basata sul coinvolgimento di numerose professionalità con elevata qualificazione specifica, sia rispetto alle tematiche progettuali e pianificatorie, sia rispetto agli aspetti naturalistici legati alle specie e agli habitat tutelati.
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Economia ed estimo dei beni culturali e ambientali Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini* CAPITO L O
SETTIMO
Obiettivi di apprendimento* 1. Caratteristiche dei beni culturali e ambientali. 2. Componenti del Valore Economico Totale. 3. Tecniche di valutazione per la stima del valore economico dei beni culturali e ambientali (metodo dei Prezzi Edonici, metodo dei Costi di Viaggio, tecnica della Valutazione di Contingenza, modelli Choice Experiment e Conjoint Analysis).
I beni ambientali e culturali, quali per esempio i parchi, i corsi d’acqua, i centri storici, il paesaggio, i monumenti architettonici, per le loro particolari caratteristiche sono utilizzati dalla collettività in maniera gratuita. Il fatto che i beni culturali e ambientali non abbiano un prezzo di mercato non implica, però, che tali beni non abbiano un valore o non possano essere considerati dei beni economici. Il presente capitolo mira a illustrare la tematica della valutazione economica dei beni ambientali e cultuali, presentando l’approccio del Valore Economico Totale e chiarendo le principali tecniche di stima, quali il metodo dei Prezzi Edonici, il metodo dei Costi di Viaggio, la tecnica della Valutazione di Contingenza e i modelli Choice Expertiment e Conjoint Analysis. Alla fine del capitolo sono riportati alcuni esempi che mirano a illustrare l’applicazione delle tecniche su diversi casi studio.1
7.1 7.1.1
Principi generali Caratterizzazione dei beni culturali e ambientali
I beni ambientali e culturali, quali per esempio i parchi , i corsi d’ acqua, i centri storici, il paesaggio, i monumenti arch itettonici, per le loro particolari caratteristich e sono utilizzati dalla collettività in maniera gratuita. Tali beni vengono classificati come beni pubblici. Secondo la dottrina economica, due sono le caratteristiche fondamentali che distinguono i beni pubblici dai beni privati. Innanzitutto i beni pubblici sono descritti da una non-rivalità: la fruizione di un bene pubblico da parte di un individuo è compatibile con quella di molti altri soggetti. In secondo luogo, i beni pubblici sono caratterizzati da una non-escludibilità, cioè dall’ impossibilità * Il contributo è frutto del lavoro congiunto di più autori. Il paragrafo 7.1 è stato curato congiuntamene da Marta Bottero e Giulio Mondini, i paragrafi 7.2 e 7.4 sono stati curati da Marta Bottero, mentre i paragrafi 7.3 e 7.5 sono stati curati da V alentina F erretti.
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ESCLUDIBILITÀ
Beni di club (es. cinema, parcheggi privati)
Beni privati (es. automobile, casa)
Beni pubblici (es. aria, difesa nazionale)
Beni comuni (es. legname, carbone)
0%
RIVALITÀ Fig. 7.1
100%
Classificazione dei beni in base a rivalità ed escludibilità.
per il produttore di un bene di escludere la collettività dai benefici derivanti dalla sua attività (Stellin e Rosato, 1998; Sirchia, 2000). La Fig. 7.1 fornisce una rappresentazione schematica della classificazione dei beni in base alla rivalità e alla escludibilità. Spesso i beni pubblici non sono configurabili come entità autonome, ma come effetti connessi con il consumo o con la produzione di altri beni. In questo caso essi assumono la connotazione di esternalità. Le esternalità vengono definite come effetti, vantaggiosi o svantaggiosi, « provocati sull’ attività di produzione e/ o di consumo di un individuo dall’ attività di produzione o di consumo di un altro individuo, che non si riflettono nei prezzi pagati o ricevuti » (Brosio, 2003). In altre parole, si parla di esternalità quando gli effetti della produzione o del consumo di un individuo influenzano anche la produzione o il consumo di altri soggetti senza pagare (o ricevere) una compensazione almeno uguale, in valore, al costo (o beneficio) arrecato agli altri. La presenza di un’esternalità rende inefficiente il meccanismo di mercato, nel senso che le scelte degli individui sono effettuate sulla base di prezzi e di costi che non riflettono il valore effettivo dei beni prodotti e consumati. 7.1.2
Il surplus del consumatore
A premessa della definizione del « surplus del consumatore » occorre precisare che questa è strettamente connessa con il concetto di V alore E conomico Totale, alla cui trattazione si rimanda al Capitolo 2, Paragrafo 2.1.6. I beni e i servizi di carattere culturale e ambientale non possiedono un prezzo. In termini generali è possibile affermare che , in assenza di un sistema di prezzi di riferimento, il valore economico di un bene culturale/ ambientale è misurato dalla quantità di moneta corrispondente alla variazione del benessere individuale (utilità) causata da una modificazione nella sua disponibilità (Stellin e Rosato, 1998). Una stima monetaria di tale variazione è fornita dal surplus del consumatore che è definito come la differenza tra la quantità massima di denaro che i consumatori sono disposti a pagare per un bene (valore lordo) e la quantità che effettivamente spendono per il bene stesso (valore finanziario).
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Prezzo A
p
K
D
0
Fig. 7.2
q
B
Quantità
Il concetto di surplus del consumatore.
Il concetto del surplus del consumatore è illustrato nella Fig. 7.2. Il valore totale lordo di un dato bene è misurato dall’ area sottesa alla curva di domanda D. D al momento che D descrive il comportamento del consumatore rispetto al bene in esame, per un prezzo p verrà consumata la quantità q. In tale situazione l’utilità lorda è fornita dalla superficie 0qpA mentre la spesa sostenuta per procurarsi la quantità q è fornita dalla superficie 0qKp, che corrisponde al valore finanziario. Il surplus del consumatore relativo alla quantità q è quindi fornito dall’ area pAK dove: pAK = 0qpA – 0qKp. Per le risorse culturali e ambientali, la cui fruizione è gratuita ed illimitata, il surplus è pari all’area sottesa a tutta la curva di domanda. Se invece la disponibilità di risorse è limitata, il surplus si riduce alla porzione di piano cartesiano sottesa al tratto di curva di domanda compreso tra 0 e la quantità effettivamente disponibile (Fig. 7.3). Prezzo
D
0
Fig. 7.3
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Quantità
Il surplus del consumatore per i beni culturali e ambientali.
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7.1.3
I metodi di valutazione
I metodi di valutazione dei beni a carattere culturale e ambientale vengono solitamente classificati in base all’unità di misura impiegata nella valutazione ed alla procedura utilizzata per stimarla. In generale, i metodi vengono distinti in monetari e non monetari, dove quelli non monetari si basano su parametri tecnici, mentre quelli monetari possono basarsi su valori convenzionali, sui prezzi di mercato (estimo tradizionale), oppure sul concetto del surplus del consumatore. La misura monetaria del Valore Economico Totale può essere ottenuta attraverso l’utilizzo di due tipi di approcci: le preferenze rivelate e le preferenze affermate. • •
Le tecniche basate sulle preferenze rivelate deducono in modo indiretto i valori relativi ai beni ambientali da informazioni osservate su mercati esistenti di beni connessi con quelli da valutare. Le tecniche basate sulle preferenze affermate ricavano direttamente le preferenze utilizzando interviste in cui i soggetti consultati sono chi amati ad esprimere la propria disponibilità a pagare per una certa risorsa ambientale.
Una schematizzazione delle tecniche esistenti per la valutazione del Valore Economico Totale è riportata sempre al Capitolo 2, Paragrafo 2.1.6, mentre le principali metodologie verranno illustrate nei paragrafi successivi.
7.2 7.2.1
Il metodo dei Prezzi Edonici Il modello di valutazione
Il metodo dei Prezzi Edonici (o Hedonic Price, HP) si basa sull’assunto che i beni economici possano essere visti come aggregati di caratteristiche diverse che , non potendo essere vendute singolarmente, non possiedono prezzi individuali (Stellin e Rosato, 1998; Bravi, 2000). Tale metodo si propone di partire dai prezzi di mercato di un bene privato e di stimare i prezzi impliciti delle singole caratteristiche del bene in esame. Per quanto riguarda i beni culturali e ambientali, il metodo dei prezzi edonici trova applicazione nelle situazioni in cui è possibile stabilire una relazione tra il valore di beni privati scambiati sul mercato e la qualità ambientale (Rosen, 1974; Freeman, 1979). In questo senso, attraverso il metodo dei prezzi edonici è possibile stimare il valore di beni ambientali e culturali a partire dall’ osservazione dei prezzi di mercato di beni immobili siti nelle vicinanze. A d esempio, è possibile pensare che un immobile situato nelle vicinanze di un bosco, di un parco, o inserito in un gradevole contesto paesaggistico percepisce esternalità positive quali aria pulita, tranquillità, qualità visiva ecc. che si riflettono in maniera positiva sul valore di mercato dell’ abitazione. A l contrario, un immobile localizzato in un’ area industriale sarà caratterizzato da una bassa qualità ambientale e paesaggistica che abbassano il valore della proprietà (Defrancesco e Di Marco, 2006). Occorre mettere in evidenza che tale approccio è codificato nell’estimo da valore complementare, definito come valore che un bene assume in funzione del valore del contesto dove è collocato (Di Cocco, 1960). A ttraverso il metodo dei prezzi edonici, il prezzo del bene immobiliare è messo in
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P
pc ps
0
qs
qc
Qa
Fig. 7.4 Relazione tra prezzi e qualità dell’ambiente. Fonte: elaborazione da Hanley e Spash, 1993
relazione con una serie di variabili esplicative tra cui la qualità ambientale. F ormalmente tale relazione è espressa dalla seguente equazione: P = f (Qa, Ci, Ce, Ct, Cp) dove: P rappresenta il prezzo del bene immobiliare; Qa rappresenta la qualità ambientale; Ci rappresenta le caratteristiche intrinseche che influiscono sul bene immobiliare1 ; Ce rappresenta le caratteristiche estrinseche che influiscono sul bene immobiliare; Ct rappresenta le caratteristiche tecnologiche che influiscono sul bene immobiliare; Cp rappresenta le caratteristiche produttive che influiscono sul bene immobiliare. Occorre mettere in evidenza che l’equazione (1) rappresenta la funzione edonimetrica. La stima della funzione edonimetrica avviene inferendo le caratteristiche ambientali che si ritiene influenzino il valore con i prezzi osservati dei beni stessi, ricollegandosi così al concetto di valore complementare. La Fig. 7.4 rappresenta in maniera schematica l’andamento del valore del bene immobiliare P al variare della qualità ambientale Qa. Così come è rappresentato dalla Fig. 7.4, se ad esempio la qualità dell’ambiente diminuisce da qc a qs, il valore scenderà da pc a ps. Una possibile misura del valore economico del cambiamento di qualità ambientale sarà dato da: VQ = V qc – V qs = pc – ps 1 Le caratteristiche Ci, Ce, Ct e Cp costituiscono le variabili che influiscono sul valore immobiliare così come codificato nella tradizione estimativa italiana. Per approfondimenti è possibile far riferimento al testo L. Gabrielli, I.M. Lami & P. Lombardi, Il valore di mercato. Note di lavoro per la stima di immobili urbani, Celid, Torino 2011.
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7.2.2
La stima della funzione di domanda
La funzione edonimetrica descritta dall’equazione (2) può essere utilizzata per derivare la funzione di domanda del bene ambientale/ culturale incorporata nella domanda del bene immobiliare in oggetto. Tale funzione può essere stimata derivando la funzione edonimetrica rispetto alla caratteristica in esame, così come rappresentato dall’equazione (3): dP/ dQa = g(Qa, Ci, Ce, Ct, Cp) Tale espressione fornisce l’ andamento della disponibilità a pagare marginale per una variazione della caratterista ambientale Qa (Fig. 7.5). Una volta stimata la funzione di domanda della caratteristica ambientale, è possibile procedere alla valutazione del surplus del consumatore ch e, come già visto in precedenza, è rappresentato dall’area sottesa alla curva stessa. Tale valore può essere calcolato attraverso l’ integrazione della funzione di domanda tra due estremi noti. Più formalmente, la misura del valore della variazione del bene ambientale in esame è rappresentato dalla soluzione dell’equazione (4): V=
∫q g (Qa , Ce , Ci , Ct , C p )dQ qc s
Il metodo dei prezzi edonici presenta importanti punti di forza e alcune restrizioni che ne limitano l’ applicabilità. D al lato dei punti di forza è possibile mettere in evidenza che il metodo risulta fortemente basato su fatti di mercato reali, ch e lo sviluppo della valutazione è caratterizzato da un procedimento molto rigoroso dal punto di vista teorico e che la tecnica fornisce risultati interpretabili e facilmente comunicabili. Per quanto riguarda invece i limiti del metodo, così come osservato da Stellin e Rosato (1998), è possibile riscontrare le seguenti debolezze:
dP/dQa
0
Fig. 7.5
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qs
qc
Qa
Prezzi marginali degli immobili e variazione della qualità ambientale.
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– – –
7.3
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la tecnica è applicabile solo in presenza di un mercato immobiliare attivo in cui vi sia disponibilità di dati quantitativi e qualitativi; il mercato di riferimento deve essere caratterizzato da elevata trasparenza; le stime possono essere distorte in presenza di aspettative da parte dei consumatori rispetto a modificazioni della qualità ambientale.
Il metodo dei Costi di Viaggio
Il metodo del C osto di V iaggio (Travel Cost Method) è un metodo di valutazione indiretta ch e misura i costi reali sulla base delle spese sostenute dai visitatori per raggiungere e usufruire di un determinato bene. Tale metodo viene solitamente utilizzato per determinare il valore di aree o servizi ricreativi che utilizzano beni ambientali per i quali non esiste un mercato o di aree naturali come le foreste e le zone umide (Voke et al., 2013). Introdotto da Harold Hotelling nel 1947, il metodo del Costo di Viaggio si propone di stimare la funzione di domanda di un bene ambientale in base alle spese sostenute per la sua fruizione. Il principio su cui si basa il metodo è ch e il numero di visite ad un certo sito ricreativo decresce all’ aumentare del costo associato, espresso sia in termini monetari, sia in termini di tempo (Stellin e Rosato, 1998). Il valore del costo di viaggio totale per un individuo include i costi legati alla distanza (DC), dovuti al costo del carburante utilizzato per raggiungere la destinazione, il costo opportunità del tempo (OC) che fa riferimento al costo del tempo impiegato per raggiungere il sito e che avrebbe potuto essere utilizzato per lavorare o per partecipare ad altre attività ricreative e, infine, il costo dell’eventuale biglietto di ingresso (F). La formula generale per calcolare il costo di viaggio per un individuo i in visita ad uno specifico sito j può essere dunque così espresso: TCij = DCij + OCij + Fi i=1, ..., n j =1, ..., m D ove TC è il costo del viaggio complessivo, DC è il costo legato alla distanza, OC è il costo opportunità del tempo e F è il valore del biglietto di ingresso. Prima di entrare nel merito dei dettagli metodologici, occorre precisare che una critica del metodo del costo di viaggio fa riferimento alla possibilità di un confronto cosiddetto « debole » tra il valore del costo di viaggio calcolato ed il valore effettivo del servizio ambientale oggetto della valutazione. Il valore del costo di viaggio generato è infatti totalmente dipendente dalle circostanze delle interviste: se il metodo dà come risultato un valore prossimo allo zero o comunque molto basso in quanto gli intervistati non ha nno viaggiato molto per raggiungere il sito, questo implica che il valore del bene o del servizio ambientale oggetto di analisi è prossimo a zero o comunque molto basso. Questo aspetto diventa particolarmente rilevante nel caso dei residenti locali, i quali generano un costo di viaggio particolarmente basso. Questi valori bassi non costituiscono però una corretta rappresentazione del grado di apprezzamento del sito da parte dei soggetti considerati (i residenti locali) i quali nella realtà sono spesso coloro i quali attribuiscono un valore maggiore alla risorsa o al bene oggetto di analisi, soprattutto laddove diverse generazioni hanno vissuto nel medesimo luogo (Voke et al., 2013). Un altro limite fa riferimento ai tempi e ai costi (potenzialmente elevati nel caso di interviste dirette) associati allo sviluppo del modello: sarebbe infatti idealmente necessa-
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rio condurre sondaggi in diversi momenti per tenere in debita considerazione la variazione dei flussi turistici (Windle e Rolfe, 2013). In genere, il metodo del costo di viaggio fornisce una misura ex-post del valore di un bene o di un servizio e non include valori di esistenza, bensì solo i valori legati all’ uso della risorsa (Mitchell e Carson, 1989). D a un punto di vista metodologico, il metodo si articola in due varianti: l’ approccio zonale e l’ approccio individuale, le quali verranno presentate più nel dettaglio nel paragrafo successivo. 7.3.1
Approccio zonale e individuale
Seguendo l’approccio zonale (Clawson e Knetsch, 1966) per sviluppare un modello di stima basato sul costo di viaggio occorre determinare il numero di visite effettuate al sito (o al bene oggetto di valutazione) in un arco temporale definito (solitamente un anno) e l’ area di provenienza dei visitatori. Il bacino di utenza del bene o del servizio viene così suddiviso in zone omogenee per costo di viaggio (distanza) che, generalmente, si suppongono concentriche rispetto al sito studiato. Con l’obiettivo di rendere comparabili i dati rilevati occorre procedere alla definizione di un saggio di frequenza per ciascuna zona omogenea attraverso il calcolo del rapporto tra il numero di visite rilevate e la popolazione residente nella zona stessa. Il passo successivo consiste nel porre il costo di viaggio medio per ogni zona (variabile indipendente generalmente inversamente proporzionale alla distanza dal sito) in relazione con il saggio di frequenza della zona stessa (variabile dipendente) come illustrato in Fig. 7.6. Sulla base di questa relazione ed ipotizzando aumenti successivi di prezzo dell’esperienza ricreativa è possibile disegnare la curva di domanda del bene oggetto di valutazione. Quest’ ultima presenterà le seguenti caratteristiche : –
il valore dell’ intersezione con l’ asse della variabile dipendente (numero totale delle Costo per visita
Cc
Zona C Zona B
Cb
Zona A
Ca
0
Sc
Sb
Sa
Saggio di frequenza
Fig. 7.6 Relazione tra costo della visita e saggio di frequenza. Fonte: Stellin e Rosato, 1998
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visite) corrisponderà al numero delle visite rilevate nell’indagine il quale rappresenta l’afflusso a costi addizionali nulli; gli altri punti della curva corrispondono a successivi aumenti di prezzo e, conseguentemente, del saggio. I nuovi saggi così determinati vengono moltiplicati per il numero dei residenti all’interno dell’area di riferimento al fine di ottenere le visite alle nuove condizioni fino ad arrivare al valore del costo aggiuntivo che annullerà le visite e che costituisce il valore dell’ intersezione della curva di domanda con l’ asse delle ordinate (Fig. 7.7).
A ttraverso l’ interpolazione di tali dati si ottiene la funzione di domanda per il bene o il servizio oggetto di valutazione. L’area sottesa in Fig. 7.7 rappresenta infatti il surplus o rendita del consumatore, ovvero la misura monetaria dell’ utilità percepita. Tale approccio di valutazione si basa sulle seguenti assunzioni, ch e diventano al tempo stesso i potenziali limiti del metodo (Stellin e Rosato, 1998): –
– –
–
si assume che il consumatore reagisca all’ imposizione o all’ aumento del biglietto di ingresso al bene o al servizio oggetto di analisi in modo simile a come reagirebbe per l’ incremento del costo del viaggio mentre la diversa natura dell’ esborso (in un caso esplicito, nell’altro implicito) potrebbe provocare un diverso impatto psicologico sul soggetto; si ipotizza un’ omogeneità delle principali caratteristiche socio-economiche e di conseguenza si considera il modello di domanda riferibile indistintamente alla popolazione di tutte le zone mentre in alcuni casi potrebbe discostarsi anche sensibilmente; si assume che non esistano aree ricreative in prossimità di quella oggetto di valutazione e che il consumatore non abbia la possibilità di visitare più di un sito nel corso del suo viaggio mentre spesso accade che la complementarietà tra siti condizioni, sia positivamente sia negativamente, il numero di visite ad una particolare area ricreativa o ad un particolare bene; si ipotizza che l’eventuale eccesso di domanda e il conseguente verificarsi di consi-
Costo addizionale per visita
0
Visite totali
Fig. 7.7 Funzione di domanda per il sito ricreativo. Fonte: Stellin e Rosato, 1998
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stenti fenomeni di congestione non determini un diverso apprezzamento dell’ esperienza ricreativa. Un’altra criticità è rappresentata dalla mancata considerazione del costo del tempo sottratto con l’attività ricreativa ad altre attività. La stima di tale costo costituisce un’operazione complessa in quanto il suo valore varia da individuo a individuo e, per uno stesso individuo, può modificarsi nel tempo e a seconda della meta del viaggio. Se tale costo venisse incluso nella valutazione, il risultato sarebbe rappresentato da uno spostamento verso destra della curva di domanda stimata (Stellin e Rosato, 1998). Nonostante le criticità sopra evidenziate, l’ approccio zonale del metodo del C osto di V iaggio rimane uno dei più utilizzati soprattutto in relazione alla relativa semplicità di acquisizione dei dati necessari per stimare la curva di domanda. In alternativa all’ approccio zonale, l’ approccio individuale sostituisce nella stima del surplus del consumatore i costi aggregati a livello di zona (riferiti a valori medi) con osservazioni individuali riguardanti i singoli visitatori e le spese da essi sostenute per l’ attività ricreativa (Stellin e Rosato, 1998). Tale operazione risponde, da un lato, alla necessità di tenere in considerazione il fatto che non sempre il costo del viaggio è funzione della distanza percorsa (mentre l’approccio zonale classifica il territorio per classi di distanza) e, dall’altro lato, alla necessità di rispondere alle difficoltà collegate ai fenomeni di elevata correlazione tra le variabili. In particolare, ciò che caratterizza l’approccio individuale è il fatto che nella stima della relazione tra visite totali e costo addizionale per visita, il saggio di frequenza zonale viene sostituito con il saggio di frequenza individuale, ovvero con il numero di visite per individuo, come illustrato in Fig. 7.8. Come illustrato in Fig. 7.8, sulla base della relazione esistente tra il numero di visite individuali e il costo della visita, viene stimato l’ effetto che gli incrementi successivi di costo ha nno sul numero di visite effettuate da ciascun individuo e dunque sul numero totale di visite. La funzione di domanda complessiva viene quindi stimata mettendo in relazione il costo addizionale con il numero di visite totali. Costo per visita
Cc
Individuo C Individuo B
Cb
Individuo A
Ca
0
Vc
Vb
Va
Visite per individuo
Fig. 7.8 Relazione tra costo della visita e numero di visite per individuo. Fonte: Stellin e Rosato, 1998
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Il ricordo all’ approccio individuale del metodo del C osto di V iaggio risulta opportuno quando si deve stimare una domanda realmente espressa dai consumatori e quando la maggior parte degli individui effettua più di un viaggio all’anno nello stesso luogo. La condizione in cui una quota rilevante dei viaggiatori effettui un solo viaggio all’ anno farebbe infatti sì che la variabile dipendente non denoti sufficiente variabilità per effettuare una stima della funzione di domanda sulla base delle osservazioni individuali (Stellin e Rosato, 1998). Un pregio del metodo è però quello di offrire una soluzione al problema della correlazione esistente tra costo del viaggio espresso in termini monetari (dipendente dal mezzo di trasporto utilizzato) e costo del viaggio espresso in termini di tempo (funzione per ogni individuo del suo atteggiamento nei confronti dell’ esperienza ricreativa e del suo costo opportunità). Entrambe le espressioni di costo vengono infatti utilizzate come variabili indipendenti nella stessa equazione di regressione, permettendo così di misurare il loro effetto sul numero di viaggi pro-capite al sito ricreativo o al bene oggetto di valutazione (variabile dipendente).
7.4 7.4.1
La tecnica della Valutazione Contingente Caratteristiche del metodo
La tecnica della Valutazione Contingente (o Contingent V aluation Method, CVM) (Mitchell e Carson, 1989) è un metodo diretto per la valutazione di beni senza mercato ch e si basa sulla rilevazione delle preferenze espresse direttamente dal consumatore, reale o potenziale. I metodi diretti (tra cui compaiono, tra gli altri, la V alutazione C ontingente, i modelli Choce Experiments e la tecnica della Conjoint Analysis) quantificano la disponibilità a pagare del fruitore di un dato bene ambientale o culturale facendo riferimento direttamente alle preferenze espresse dai consumatori (Stellin e Rosato, 1998). Il metodo parte dalla considerazione ch e i beni e servizi di carattere ambientale/ culturale sono beni senza mercato e pertanto non esiste un luogo economico in cui i consumatori di tali beni esercitano le proprie scelte. Il presupposto teorico della valutazione contingente consiste nella creazione di un mercato ipotetico in cui gli individui esprimono le proprie preferenze per la tipologia di bene in esame e sono in grado di stabilirne una misura monetaria confrontando le utilità prodotte da ciascun bene con una diminuzione o un aumento del proprio reddito (Defrancesco e Di Marco, 2006). 7.4.2
Disponibilità a Pagare (DAP) e Disponibilità ad Accettare (DAC)
Il fondamento teorico del metodo della V alutazione C ontingente consiste nella possibilità di misurare quantitativamente il surplus sotteso alla curva di domanda del bene pubblico oggetto di valutazione. Tale surplus viene calcolato attraverso le misure della D isponibilità a Pagare (DAP) o della Disponibilità ad Accettare (DAC) di una certa popolazione per il bene o servizio oggetto di valutazione (ad esempio, per ottenerne un miglioramento, quantitativo o qualitativo), oppure il compenso minimo richiesto per rinunciarvi (DAC). D al momento che nella stima del surplus del consumatore occorre tenere in conside-
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razione il fatto che qualsiasi variazione delle risorse disponibili implica una variazione di reddito, per una stessa variazione è possibile ottenere misure del surplus diverse a seconda ch e si rilevi la disponibilità a pagare o la disponibilità ad accettare una compensazione. La differenza tra le due misure è un problema noto in letteratura e molti autori si sono espressi a riguardo (Pearce e Turner, 2000). Per sintetizzare è possibile affermare che la DAP può essere stimata: i) per ottenere un miglioramento, ii) per evitare un danno; la DAC può essere invece espressa: i) per rinunciare a un servizio o beneficio acquisito, ii) per sopportare un danno. D al punto di vista operativo, il metodo si basa su una serie di passaggi successivi ch e verranno di seguito descritti. Inizialmente si crea un mercato ipotetico di riferimento per il bene oggetto di stima, e si seleziona un campione statisticamente significativo che rappresenti la popolazione potenzialmente interessata al bene. All’interno del mercato così configurato, si rileva tramite interviste dirette la disponibilità a pagare o ad accettare una somma di denaro per un certo bene ambientale o culturale. Diverse sono le modalità che possono essere seguite per l’indicazione di DAP/DAC. Tali modalità sono descritte come segue: 1) metodo della risposta aperta (open ended): all’intervistato viene richiesto di esprimere una cifra puntuale in merito alla DAP/DAC, senza nessun suggerimento. La domanda tipo all’interno di tale approccio si configura come « Quanto sarebbe disposto a pagare/ accettare per ...? ». 2) metodo della risposta ch iusa (close ended): si propone all’intervistato di pagare (o ricevere come compensazione) una certa cifra proposta dall’intervistatore. La domanda tipo prevista da tale approccio può essere esemplificata come segue: « Sarebbe disposto a pagare/ accettare X E uro per ...? ». 3) metodo dei gioco iterativo (iterative bidding game): l’intervistatore suggerisce una cifra iniziale e, se l’intervistato l’accetta, reitera la proposta con una cifra più alta, fino a che l’intervistato non la rifiuta. A questo punto, l’intervistatore inizia a proporre cifre decrescenti, fino al riscontro positivo da parte dell’intervistato. Il difetto principale di tale approccio consiste nella produzione di stime alterate, per la forte influenza della prima cifra proposta sulla risposta (starting point bias). 4) metodo della sch eda di pagamento (payment card): tale metodo consente agli intervistati di identificare la loro DAP/DAC selezionandola da un insieme di importi predefiniti, riferiti ai prezzi di beni e servizi di utilizzo corrente. Tale tecnica consente di valutare più attentamente le proprie preferenze prima di rispondere ed eviterebbe il problema dello starting point bias, anche se rimane l’influenza delle cifre riportate nella carta di pagamento (anchoring bias). 7.4.3
La definizione del mercato ipotetico
C ome già precedentemente illustrato, il metodo si basa sulla creazione di un mercato ipotetico nel quale i beni e servizi oggetto di valutazione vengono idealmente scambiati. La definizione di tale mercato è cruciale nell’applicazione del metodo al fine di rendere l’esperimento di valutazione credibile per gli intervistati. G li aspetti che devono essere trasmessi con chi arezza agli intervistati riguardano la descrizione del bene oggetto della valutazione e il mezzo di pagamento proposto.
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Per quanto riguarda il bene oggetto della valutazione, è necessario effettuare una descrizione particolareggiata del bene specificando le condizioni di fruizione dello stesso e cercando di fornire informazioni il più possibile precise e realistiche . In riferimento al mezzo di pagamento, occorre specificare i diversi dettagli includendo a, per quanto tempo e con quali modalità verranno richi esti i pagamenti per fruire del bene. 7.4.4
Il questionario
C ome premesso, la rilevazione della DAP/DAC è individuale, e avviene nell’ ambito della simulazione di un mercato ipotetico. Operativamente, il metodo è basato sull’ utilizzo di un questionario. Occorre mettere in evidenza ch e la costruzione del questionario è un momento fondamentale nello sviluppo della valutazione dal momento ch e tale strumento deve essere in grado di indurre i rispondenti a rivelare le loro reali preferenze. In questo senso, varie discipline e scienze sociali ha nno contribuito al perfezionamento e all’ innovazione delle indagini basate sull’ uso di questionari. Il questionario della valutazione contingente si articola in tre sezioni principali. La prima sezione è introduttiva e riporta domande di carattere generale e attitudinale, volte a capire la familiarità dell’ intervistato con il bene e la sua percezione personale del bene oggetto di valutazione. La seconda sezione ha carattere valutativo e comprende l’esperimento di valutazione vero e proprio. In tale sezione sono riportate le domande sulla disponibilità a pagare/ accettare, corredate da eventuali domande di verifica della coerenza delle risposte fornite. La terza sezione del questionario è finalizzata alla raccolta delle informazioni sul profilo socio-economico dell’intervistato. Tali informazioni potranno essere utili per fornire chiavi di lettura dei risultati in merito a DAP/DAC legate a professione, età, livello di istruzione ecc. 7.4.5
L’analisi dei risultati
Una volta terminata la fase delle interviste, i dati raccolti devono essere elaborati al fine di ottenere la stima della DAP/DAC della popolazione in esame. Nella valutazione contingente l’ elaborazione dei dati avviene attraverso l’ impiego di modelli probabilistici quali i modelli RUM (Random U tility Models). I RUM sono modelli statistici largamente impiegati in differenti ambiti scientifici al fine di fornire una formalizzazione di problemi di scelta caratterizzati da fattori di incertezza. Occorre sottolineare che a seconda del formato utilizzato nella domanda di elicitazione della DAP/DAC, è possibile impiegare diversi approcci di calcolo. Nel caso di utilizzo del formato di risposta aperta è possibile sviluppare semplici elaborazioni dei valori di DAP/DAC mentre se la valutazione è basata sull’impiego del formato a riposta chiusa, le elaborazioni statistiche assumono maggiore complessità. In linea di massima è possibile affermare che i modelli statistici idonei alla costruzione delle stime sono quelli che possono trattare variabili dipendenti di tipo discreto, caratterizzati da diverse specificazioni nella distribuzione della componente d’ errore. I modelli stimano una distribuzione di probabilità della DAP/DAC utilizzando le informazioni sull’intervallo della DAP/DAC dichiarata nelle risposte. Nei modelli RUM, quindi, la DAP è considerata una variabile casuale
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della quale è possibile, applicando le diverse specificazioni, stimare le misure descrittive più significative, quali media, mediana e varianza (Defrancesco e Di Marco, 2006)2. 7.4.6
Considerazioni critiche sul metodo
La valutazione di contingenza può essere ritenuta la procedura più corretta dal punto di vista metodologico per la stima del valore economico di beni ambientali (G rillenzoni e Grittani, 2004). Tale metodo permette l’attribuzione di una misura di valore a beni e servizi altrimenti non valutabili in maniera compiuta. Tuttavia, occorre mettere in evidenza ch e esistono diversi aspetti in grado di creare distorsioni nella valutazione, compromettendo l’attendibilità delle stime effettuate (Stellin e Rosato, 1998; Defrancesco e Di Marco, 2006). In primo luogo è possibile ricordare la grande influenza esercitata dal mezzo di pagamento indicato nel questionario dal momento che può essere considerato non credibile e scarsamente realistico. Inoltre, per quanto riguarda il metodo del gioco iterativo, un’ ulteriore fonte di errore può essere rappresentata dalla scelta del valore iniziale che influisce pesantemente sulla stima finale. Una terza fonte di distorsione è costituita dalla presenza di outliers, cioè di rispondenti la cui DAP non è coerente con il livello di reddito, perché troppo elevata. Un ulteriore elemento di errore fa riferimento alla presenza dei cosiddetti comportamenti strategici; in tali casi il consumatore, al fine di imporre le proprie preferenze, è tentato di condizionare i risultati della ricerca fornendo una risposta diversa dalla reale misura monetaria che attribuisce al bene in esame. In questo caso è possibile ricordare il comportamento denominato « warm glow »; esso può portare a forme di sopravvalutazioni della DAP da parte dell’intervistato, come conseguenza della « soddisfazione morale » che egli prova dal fatto di contribuire con la propria risposta alla più generale protezione dell’ ambiente. D i natura opposta è il comportamento chi amato « free rider » (o passeggero non pagante); secondo tale comportamento il consumatore è spinto dalla tentazione di nascondere la propria disponibilità a pagare aspettando che altri paghi no il bene o servizio di cui il non pagante usufruirà comunque. A lla luce dell’ esistenza delle distorsioni sopra descritte è necessario sottoporre i risultati di uno studio basato sulla valutazione contingente ad un’ analisi di validità, non solo sul semplice ammontare della DAP media, ma sul peso e sul significato dei fattori che la determinano.
7.5
La tecnica della Conjoint Analysis e i modelli Choice Experiments
C on il termine Conj oint Analysis (CA) si indica un insieme di tecniche di analisi statistica multivariata che ha avuto origine nell’ambito delle ricerche di marketing con la finalità di 2 I modelli maggiormente utilizzati in questo caso sono i modelli logit, dove si assume ch e la distribuzione degli errori sia di tipo logaritmico, e probit, dove si assume che la componente casuale abbia una distribuzione normale.
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studiare i modelli di scelta dei consumatori a partire da giudizi di preferenza espressi da questi ultimi relativamente a diversi profili di un prodotto/servizio che si intende sviluppare (Gustafssonn et al., 2001). La tecnica si basa sulla premessa che i consumatori indicano il valore, o l’utilità, di un prodotto/ servizio combinando le utilità che essi associano ad ogni singola caratteristica del prodotto o servizio stesso. C onseguentemente, l’ utilità che viene calcolata esprime il livello di soddisfazione che un consumatore ottiene da un certo bene o da un paniere di beni con date caratteristiche . Il metodo utilizza dunque un approccio decompositivo per stabilire l’ importanza relativa di diversi elementi (attributi) nella determinazione della preferenza di un certo prodotto o servizio da parte di un individuo. Ad esempio, un televisore può avere come attributi la grandezza dello schermo, il tipo di schermo, la definizione, il peso, la marca, il prezzo e così via. Ciascun attributo può essere suddiviso in un certo numero di livelli. Ad esempio, i livelli del tipo di sche rmo possono essere a cristalli liquidi, al plasma e così via. A differenza di altri metodi basati sulla valutazione diretta da parte dei soggetti di un particolare attributo di un bene, tale analisi determina il livello di importanza di ogni attributo analizzando la valutazione del bene nel suo complesso. La tecnica è progettata per stabilire quali fattori influenzino la domanda di diversi beni e si basa sul principio per il quale gli individui misurano il valore di un bene attraverso una combinazione dei valori parziali delle singole caratteristiche del bene. L’analisi è in grado di tenere in considerazione le differenti prospettive valutative e le loro interazioni e permette di giungere ad un punteggio di valore complessivo (o utilità) ch e misura il giudizio di preferenza dell’ individuo. Oltre al giudizio complessivo sul bene in esame, la tecnica permette di stimare i valori parziali utilizzati per determinare l’ importanza di ogni attributo (Bottero, 2009). Una variante della Conjoint Analysis che sta assumendo crescente interesse per le sue potenzialità nel campo della valutazione dei beni ambientali fa riferimento al modello degli esperimenti di scelta (Choice Experiment - CE, Haaijer, 1999; Louviere et al., 2000). La differenza sostanziale è costituita dal fatto che mentre nella CA il consumatore esprime la propria preferenza attraverso un punteggio o un ordinamento, nei C E la scelta è di tipo dicotomico e il consumatore si limita ad indicare quale prodotto preferisce all’ interno di un set di prodotti con attributi diversi esprimendosi su più alternative. Rispetto alla C A , attraverso la metodologia C E è possibile ridurre alcune fonti di potenziale errore, raccogliere più informazioni per ogni intervistato ed effettuare dei test di coerenza interna delle risposte ottenute (Alpizar et al., 2001). La tecnica CE è dunque una metodologia di valutazione multi-attributo utilizzabile per la stima di valori di uso e non uso associati a beni impuri (Mazzanti e Montini, 2001). Nelle applicazioni ad ogni intervistato vengono presentati dei set di scelta, detti anch e alternative o scenari, tra i quali indicare il preferito (modalità di risposta choice). Gli scenari proposti sono tra loro mutualmente esclusivi. In termini operativi, il metodo si articola nelle seguenti fasi: 1) definizione degli attributi: definizione delle caratteristiche chiave del servizio o del bene in esame; 2) assegnazione di diversi livelli agli attributi: ogni attributo deve essere strutturato su differenti livelli; 3) definizione dello scenario da presentare: agli individui sono presentati scenari ipotetici in cui sono combinati diversi livelli di attributi;
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4) attribuzione delle preferenze: gli individui sono chi amati ad esprimere un preferenza su ognuno degli scenari presentati; 5) analisi dei dati: comprende anche l’ individuazione del rapporto fra attributi e preferenze utilizzando un’ analisi statistica di regressione. 7.5.1
Individuazione di attributi e livelli
C osì anticipato nel paragrafo precedente, il primo step della metodologia consiste nella definizione degli attributi e dei livelli del modello. In questo senso, si rende necessario selezionare le caratteristich e del bene o del servizio oggetto di analisi, definendo le diverse entità (livelli) che esso può assumere. In particolare, un livello rappresenta sempre lo status quo. Ogni combinazione di attributi e livelli costituisce un profilo. Facendo riferimento alle specifiche che gli attributi e i livelli devono soddisfare secondo la letteratura in materia di C A , gli elementi considerati all’ interno del devono essere di facile comprensione per i rispondenti e mantenersi in numero piuttosto limitato così da ridurre la complessità della valutazione. Al fine di chiarire la spiegazione, la Tab. 7.1 riporta a titolo illustrativo l’esempio degli attributi e dei loro rispettivi livelli considerati nella valutazione economica del paesaggio delle Langhe, recentemente candidato a sito UNESCO (Bottero et al., 2011).
Tab. 7.1 Attributi e livelli per la valutazione economica del paesaggio nell’area del Grignolino
Attributi
Livelli
Naturalità e specie protette
Molto elevata Elevata Medio/bassa
Vigneti
Superfici vitate estese Superfici vitate di media estensione Poche superfici vitate
Panoramicità e beni culturali
Ampi coni visuali con elevata qualità paesaggistica Visibilità mediocre e qualità paesaggistica discreta Visuali ostruite e basso livello di qualità paesaggistica
Patrimonio immateriale
Elevato Medio Basso
Costo
++ € +€ 0€
In grassetto sono evidenziati i livelli relativi allo scenario di partenza. Fonte: Bottero et al., 2011
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7.5.2
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La selezione degli scenari per la valutazione
Il passaggio successivo dell’ analisi fa riferimento al disegno dell’ esperimento di scelta. Occorre infatti generare differenti scenari (o profili) di scelta sulla base di una combinazione dei livelli per i vari attributi. Tali scenari costituiranno poi l’ oggetto vero e proprio della valutazione. Il primo problema che si pone è relativo alla scelta dei profili da sottoporre alla valutazione; un approccio comune a questo fine è il ricorso al cosiddetto « disegno ortogonale », che permette di selezionare i profili che non presentano sovrapposizioni, garantendo comunque la consistenza dei dati per condurre poi le relative analisi statistiche. L’alternativa è rappresentata dal f profi e e ign che considera la totalità delle possibili combinazioni di livelli e attributi. A l crescere del numero di combinazioni di attributi e livelli presentati cresce in modo esponenziale il numero di profili potenziali. Nella definizione del modello, particolare attenzione deve essere dedicata al realismo degli scenari da sottoporre a valutazione. È stato infatti provato che se gli intervistati non percepiscono i livelli di definizione come verosimili, o ipoteticamente accettabili, tendono ad adottare tecniche di risposta semplificatrici, o comunque diverse da quelle che utilizzerebbero in contesti di scelta reali. Quando ciò si verifica l’affidabilità delle risposte e, quindi, la validità dei risultati che se ne ricavano subiscono un considerevole deterioramento (Rotaris, 2005).
Esperimento di scelta N° 1
Quale dei seguenti profili preferisci? Profilo 1
Naturalità e specie protette: molto elevata Vigneti: superfici vitate estese Panoramicità: visibilità mediocre e qualità paesaggistica discreta Patrimonio immateriale: elevato Costo: ++ €
Profilo 2
Naturalità e specie protette: medio/ bassa Vigneti: superfici vitate estese Panoramicità: visibilità ostruite e basso livello di qualità paesaggistica Patrimonio immateriale: basso Costo: + €
Status quo
Naturalità e specie protette: medio/ bassa Vigneti: superfici vitate di media estensione Panoramicità: visibilità mediocre e qualità paesaggistica discreta Patrimonio immateriale: medio Costo: 0 €
Fig. 7.9 Esempio di rappresentazione di un esperimento di scelta. Fonte: Bottero et al., 2011
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Con specifico riferimento alla metodologia degli esperimenti di scelta, una volta ottenuti i profili alternativi, questi vengono raggruppati in set di scelta che sono normalmente costituti da tre diverse opzioni: le prime due illustrano due scenari alternativi mentre la terza definisce lo status quo. In questo tipo di valutazioni è prassi comune associare ad ogni profilo un’immagine in grado di rappresentare visivamente l’assetto del bene o del servizio oggetto di valutazione. La Fig. 7.9 illustra a titolo di esempio uno dei set di profili utilizzato per la valutazione economica del paesaggio delle Langhe (Bottero et al., 2011). A seconda dei profili generati, al rispondente verrà presentato un numero limitato di set di scelta (il valore si aggira normalmente intorno a sei) e gli verrà chiesto di indicare, per ogni set di scelta, lo scenario preferito (Adamowicz et al., 1998; Boxall et al., 1996). Attraverso opportune elaborazioni dei giudizi così espressi si può giungere a stimare l’ importanza delle singole caratteristiche del prodotto esaminato. In base al tipo di scala di valutazione prescelta nell’ indagine di C onj oint A naly sis, esistono opportuni modelli statistici e relativi metodi di stima dei parametri. I metodi di stima tipicamente associati alla C onj oint A nalys is sono la regressione ai minimi quadrati e il modello lineare generalizzato nel caso di giudizi metrici, oppure la regressione monotona, il LINMAP o il MONANOVA nel caso di giudizi ordinali. 7.5.3
Il questionario e il campione di indagine
Una volta generata la serie di profili sulla base delle possibili combinazioni, il piano dell’indagine prevede il disegno del questionario, contenente più profili di scelta e alcune domande volte a mappare il profilo degli intervistati. Una delle fasi più importanti per la conduzione di un’indagine di tipo CA/CE è rappresentata dalla scelta del campione da intervistare. L’eventuale scostamento esistente fra le stime campionarie e i corrispettivi valori medi della popolazione obiettivo, infatti, è imputabile da un lato agli errori che possono essere commessi dagli intervistati o dagli intervistatori durante l’ esecuzione del test, ma, dall’ altro lato, alla numerosità e all’ identità del campione. Se il fine dell’indagine è pervenire a risultati che siano estendibili all’intera popolazione, è necessario che il campione sia estratto casualmente dalla popolazione obiettivo. Inoltre, poiché all’aumentare della numerosità (n) del campione aumenta la probabilità che la media campionaria si avvicini a quella della popolazione, cioè che i risultati stimati per il campione si avvicinino a quelli stimabili per l’ intera popolazione, è anch e necessario che il campione estratto sia sufficientemente numeroso (Lundstedt et al., 1998; Marcucci, 2005). In realtà, nelle applicazioni di CA/CE non si usano sempre campioni casuali. Le ragioni sono in buona parte legate alla peculiarità del tipo di fenomeno studiato. Nel caso di beni e servizi ch e non siano di largo e diffuso consumo, infatti, la scelta degli individui da intervistare è necessariamente vincolata ai soli soggetti che ne abbiamo avuto una qualche esperienza. Un altro vincolo molto rilevante che generalmente influenza la definizione del campione è costituito dal costo piuttosto alto delle interviste. Queste, infatti, richi edono molto tempo, dovrebbero essere condotte preferibilmente personalmente da intervistatori esperti e sempre più frequentemente prevedono l’ utilizzo di personal computer. A causa dell’onerosità delle indagini, perciò, la numerosità e l’estrazione del campione non rispettano sempre le regole sopra descritte.
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La letteratura statistica dedicata suggerisce comunque di utilizzare una numerosità campionaria n che consenta almeno di verificare la seguente ineguaglianza: n×t × a 500 c dove t è il numero di osservazioni raccolte per ciascun intervistato, a il numero di profili per ciascun esercizio di scelta (esclusa l’opzione di non scegliere) e c il numero di parametri da stimare (Rotaris, 2005). Solitamente il questionario è strutturato su tre parti differenti. La prima parte del questionario è finalizzata alla valutazione del livello di sensibilità da parte di ciascun individuo nei confronti del bene da valutare; la seconda parte riguarda l’esame dei diversi pacche tti di offerta e l’ ultima parte serve a mettere in luce le caratteristiche socioeconomiche dell’ intervistato. 7.5.4
I risultati del modello
Una volta raccolte le risposte di tutti gli intervistati, si procede all’analisi dei dati. Il trattamento delle informazioni al fine di stimare il valore del bene o del servizio oggetto di valutazione e delle sue componenti fa ricorso ai modelli di carattere statistico (in particolare, si tratta dei cosiddetti modelli di utilità stocastica) che permettono di misurare la disponibilità a pagare da parte degli individui in merito ai singoli attributi e al bene nel suo complesso. In altre parole, attraverso l’ osservazione delle scelte effettuate e le connessioni dei diversi attributi ai parametri del modello relativi agli attributi monetari è possibile derivare specifiche misure di benessere economico (Adamowicz et al., 1998; Boxall et al., 1996). Riassumendo, attraverso l’applicazione del metodo è quindi possibile stimare: • • • •
l’ importanza relativa di ogni singolo attributo di un certo bene e dunque le variabili che maggiormente influenzano le preferenze degli individui; la disponibilità a negoziare tra i diversi attributi; la soddisfazione complessiva, o il punteggio di utilità relativo alle diverse combinazioni di attributi; la stima del valore economico del bene nel suo complesso.
Attraverso l’utilizzo dei modelli CA/CE, sarà dunque possibile definire in maniera operativa gli interventi in grado di contribuire al miglioramento di un bene o di un servizio, con riferimento alle preferenze espresse dalla popolazione locale e dai fruitori del bene stesso.
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Caso studio 7.1 La stima del contributo della certificazione energetica al valore di mercato con il metodo dei prezzi edonici (di Marta Bottero, Marina Bravi) La certificazione energetica La certificazione energetica attesta la prestazione o rendimento energetico di un edificio, cioè il fabbisogno annuo di energia necessaria per soddisfare i servizi di climatizzazione estiva e invernale, il riscaldamento dell’acqua per uso domestico, la ventilazione e l’illuminazione. La certificazione energetica è stata introdotta dalla Direttiva Europea 2002/91/CE « Energy performance of buildings », recepita in Italia dal D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192. Uno dei punti cardine della Direttiva fa riferimento all’introduzione dell’Attestato di Certificazione Energetica (ACE) di cui tutti gli edifici devono essere dotati. Nel certificato energetico sono riportati tutti i valori relativi ai consumi energetici dell’edificio e un indice di prestazione finale, utile per collocare l’immobile in una classe energetica da A a G, dove la classe A è associata a bassi consumi energetici mentre la classe G ad alti consumi energetici (Fig. 7.10). Secondo quanto stabilito dalle Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici (Decreto Ministeriale 26/6/2009), l’ACE è necessario nei seguenti casi: • • • • Ristrutturazione integrale • • 25% della superficie esterna dell’immobile. •
to più alto di almeno 5 punti percentuali rispetto ai sistemi preesistenti.
Fig. 7.10
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La classificazione energetica degli edifici.
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zione energetica dell’edificio.
Obiettivo della valutazione Uno degli obiettivi fondamentali della Direttiva 2002/91/CE fa riferimento all’introduzione del certificato energetico come strumento di informazione e trasparenza all’interno del mercato immobiliare. Tale obiettivo è esplicitato anche all’interno delle Linee Guida Nazionali in cui è specificato che il sistema di certificazione energetica degli edifici è in grado di fornire informazioni sulla qualità energetica degli immobili in grado di supportare: – la valutazione della convenienza economica a realizzare interventi di riqualificazione energetica delle abitazioni; – le decisioni relative ad acquisti e locazioni di immobili che tengano adeguatamente conto della prestazione energetica degli edifici. Alla luce di tali obiettivi, la presente applicazione mira a indagare il contributo della certificazione energetica al valore di mercato verificando se essa è stata o meno incorporata nella variazione dei prezzi. Molto spesso, e indipendentemente dalle innovazioni introdotte a livello normativo, il mercato stenta a evidenziare un differenziale di prezzo sufficiente a far considerare un certo attributo come rilevante per il consumatore e, di conseguenza, come un obiettivo di qualità da perseguire per il produttore. La stima è stata sviluppata a partire da un’indagine sul mercato immobiliare della città di Torino ed è basata sul metodo dei prezzi edonici3. Analisi descrittiva dei segmenti di mercato Il segmento immobiliare preso in esame per la presente applicazione fa riferimento a edifici residenziali di nuova costruzione localizzati in un’area semi-centrale della città di Torino. Gli immobili appartengono a un segmento medio-signorile e la superficie varia tra 50 e 85 m2. Il campione è costituto da 78 appartamenti ubicati in edifici multipiano (Tab. 7.2). Per quanto riguarda l’individuazione delle caratteristiche degli immobili oggetto di valutazione, si è fatto riferimento alle seguenti: – superficie: la variabile, misurata sulla scala cardinale, rappresenta la superficie commerciale degli immobili in m2; – piano: la variabile, misurata sulla scala ordinale, rappresenta il livello del piano in cui è ubicato l’immobile considerato; – classe energetica: la variabile fa riferimento alla classe energetica dell’immobile; essa è misurata sulla scala ordinale, dove il valore 5 corrisponde alla classe A, il valore 4 alla classe B, il valore 3 alla classe C, il valore 2 alla classe D e il valore 1 alle classi E, F e G; l’intervallo di variazione è quindi leggermente più ristretto rispetto alla classificazione originaria; – localizzazione: la variabile ha carattere nominale ed è stata creata per descrivere la posizione dell’immobile; il valore 1 indica la localizzazione interna alla zona San Paolo, Pozzo Strada, Spina 1 - Marmolada, il valore 2 indica la localizzazione interna alla zona Aurora, mentre il valore 0 indica la localizzazione dell’immobile nella rimanente parte dell’area semi-centrale presa in considerazione; – prezzo: la variabile si riferisce al prezzo totale (esplicito) dell’immobile registrato nel corso del 2012 ed è misurata in Euro. Da una prima analisi descrittiva della distribuzione dei prezzi medi totali segmentati secondo la classe energetica (Tab. 7.3) emerge che il valore minore (157.000€) si colloca nella classe più bassa (valore 1, corrispondente alle classi E, F e G), mentre il prezzo più elevato (229.479€) corrisponde alla seconda classe energetica più alta (valore 2, corrispondente alla classe energetica B). Per ciò che concerne i prezzi unitari (Tab. 7.4) si riscontra che i valori minimi si registrano in corrispondenza degli immobili in classe D (2.441€), mentre il prezzo massimo è relativo agli immobili in classe A (3.079€). La forbice non è molto ampia ma sembra giustificare l’esistenza di una certa correlazione tra le due variabili. Il coefficiente di correlazione di Pearson è pari a 0,53, il che indica che una relazione esiste anche se non di tipo perfettamente lineare. Nel caso della superficie il coefficiente di correlazione è infatti pari a 0,78. Esaminando invece i segmenti di mercato in termini di localizzazione (Tab. 7.5), si vuole sottolineare come esistano sostanziali differenze tra le diverse zone considerate e che una verifica più approfondita implicherebbe la disponibilità di una maggiore quantità di casi relativi a ciascun segmento territoriale.
Toli Angeliki-Maria, « Il contributo della certificazione energetica al valore di mercato: analisi e riflessioni a partire dal caso torinese », Politecnico di Torino, relatori: prof. Marta Bottero e prof. Marina Bravi, Luglio 2013.
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Manuale di estimo
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Tab. 7.2 Il campione di immobili considerato nella valutazione.
Numero
Superficie
Piano
Classe energetica
Localizzazione
Prezzo
1
64
1
5
1
240,000
2
52
5
5
1
206,000
3
80
6
5
1
290,000
4
85
2
5
1
287,000
5
65
2
1
1
185,000
6
91
2
4
1
273,000
7
65
0
3
1
145,000
8
85
1
4
1
275,000
9
65
1
5
1
168,000
10
83
2
5
1
224,000
11
80
1
2
1
202,500
12
63
1
4
1
182,000
13
75
2
4
1
215,500
14
75
1
1
1
179,500
15
60
1
1
1
126,500
16
60
2
2
1
135,000
17
84
4
3
1
219,500
18
75
1
5
0
240,000
19
81
1
5
1
275,000
20
62
0
4
1
164,000
21
72
0
4
1
240,000
22
80
4
2
1
215,000
23
87
2
4
1
286,000
24
80
3
3
1
249,500
25
95
3
4
0
300,000
26
77
3
4
1
195,000
27
90
4
4
1
268,500
28
80
4
3
1
215,000
29
55
3
1
1
139,000
1
300,000
30
90
8
3
31
90
0
4
1
279,500
32
65
1
4
0
160,000
33
85
2
4
0
210,000
34
55
4
3
1
135,000 (segue)
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Numero
Superficie
Piano
Classe energetica
Localizzazione
Prezzo
35
87
3
4
1
270,000
36
60
1
1
1
155,000
37
72
3
5
1
233,500
38
90
2
5
1
270,000
39
90
1
5
0
230,000
40
95
2
5
0
250,000
41
48
1
5
0
189,000
42
90
1
5
0
240,000
43
80
5
5
0
245,000
44
75
3
4
0
198,000
45
66
2
4
0
205,000
46
94
3
4
0
302,000
47
75
6
2
1
195,000
48
58
1
3
0
165,000
49
86
1
3
0
235,000
50
92
1
4
0
285,000
51
55
1
2
0
139,000
52
80
1
4
0
179,000
53
83
1
5
0
197,000
54
65
4
2
2
163,000
55
63
1
5
2
173,000
56
55
1
5
2
150,000
57
58
3
3
2
139,000
58
75
4
2
2
169,000
59
60
2
3
2
165,000
60
73
1
5
2
230,000
61
60
3
2
2
145,000
62
46
2
5
2
150,000
63
62
2
2
2
155,000
2
187,400
64
68
3
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65
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5
4
2
137,000
66
74
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2
174,000
67
94
1
3
2
202,100
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2
223,400 (segue)
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(segue)
Numero
Superficie
Piano
Classe energetica
Localizzazione
Prezzo
69
95
7
3
2
242,500
70
57
2
3
2
128,400
71
57
3
3
2
130,500
72
94
1
3
2
202,100
73
92
2
3
2
208,300
74
85
1
3
2
181,600
75
75
0
2
2
160,000
76
71
1
4
2
145,000
77
94
4
4
2
239,000
78
55
3
3
2
129,000
Tab. 7.3 Segmentazione - Classe energetica e prezzo totale.
Classe energetica
Prezzo Mean
Minimum
Maximum
Standard deviation
1
157000,00
126500,00
185000,00
25241,34
2
167850,00
135000,00
215000,00
27580,24
3
190310,53
128400,00
300000,00
49264,34
4
229479,17
137000,00
325000,00
55758,11
5
225222,73
150000,00
290000,00
42816,84
Maximum
Standard deviation
Tab. 7.4 Segmentazione - Classe energetica e prezzo unitario.
Classe energetica
Capitolo 7
Prezzo Mean
Minimum
1
2491,69
2108,33
2846,15
270,16
2
2440,70
2133,33
2687,50
175,28
3
2517,97
2136,47
3333,33
333,86
4
2828,13
2042,25
3333,33
362,79
5
3079,37
2373,49
3961,54
458,26
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Economia ed estimo dei beni culturali e ambientali
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Tab. 7.5 Segmentazione - Localizzazione e prezzo totale
Prezzo Localizzazione
Mean
Minimum
Maximum
Standard deviation
0
220500,00
139000,00
302000,00
46753,74
1
218242,86
126500,00
300000,00
52365,29
2
182751,85
128400,00
325000,00
48700,49
Risultati della valutazione L’applicazione del modello di regressione multipla lineare* al campione di immobili considerati è stata effettuata con l’ausilio del software IBM SPSSã Statistics 20. I risultati sono presentati nelle Tabb.7.6-7.8. Dal punto di vista estimativo, essa si configura come una stima di prezzo edonico, mentre non viene ulteriormente indagata la funzione di prezzo implicito e di disponibilità a pagare che necessiterebbe di una maggiore quantità di casi e dell’applicazione di una corretta procedura di segmentazione. L’identificazione della funzione di domanda inversa, la cui forma funzionale non è conosciuta a priori, è legata, come risaputo, alle note assunzioni circa la componente esogena ed endogena al modello (variazione del prezzo, indipendenza degli errori stocastici, scale di misura degli attributi e relativi errori di misurazione) (Rosen, 1974; Freeman, 1979; Scarpa, 1995) In un modello di stima OLS (Ordinary Least Squares) o dei Minimi Quadrati Ordinari una variabile dipendente Y viene interpretata (spiegata) da un set di variabili indipendenti X, tali che: Y = f (x1, x2, x3, ... xn) Questa funzione è lineare, ossia additiva e proporzionale, tale per cui: Y=
+
x +
1 1
x +
2 2
x + ...
3 3
x +
n n
*
Modelli di regressione Nell’ambito dei modelli di tipo statistico-matematico impiegati nelle valutazioni immobiliari, i modelli di regressione sono quelli che trovano maggiore diffusione. Questi modelli mirano a spiegare le relazioni di tipo causa-effetto tra il valore e un insieme di caratteristiche o variabili. Il loro impiego a fini estimativi risale agli anni Venti del ’900, ma si diffonde solo a partire dagli anni Sessanta e Settanta, prima negli Stati Uniti e poi in Europa. Si adattano in particolare alla stima di massa (mass appraisal) in campo amministrativo e fiscale, ma sono utili ogni qual volta si dispone di un campione abbastanza ampio di casi di confronto. Costituiscono inoltre uno strumento interpretativo del mercato immobiliare e dei suoi segmenti.
I parametri incogniti sono dunque rappresentati da e da , mentre è l’errore della stima o errore standard della regressione. In questo caso, la variabile dipendente è rappresentata dal prezzo totale (esplicito) di compravendita, mentre le variabili indipendenti, o esplicative, sono rappresentate dai m2 di superficie commerciale, dal livello di piano e dalla classe energetica. La Tab. 6.6 mostra i valori assunti dai parametri di verifica della bontà di accostamento del modello ai casi sperimentali (Cfr. Cap. 3 Par. 2); tra essi spicca il valore dell’R2 aggiustato per i gradi di libertà del modello, che risulta accettabile (0,73). L’errore standard della stima può essere valutato se comparato al prezzo medio della distribuzione campionaria (204318). Essendo all’incirca pari al 13% del valor medio può essere anch’esso considerato accettabile. Dai risultati sopra riportati emerge che tutte le variabili considerate nel modello sono statisticamente significative, presentando un valore al di fuori dell’area critica della distribuzione (< 0,05)4. Inoltre, va evidenziato che il coefficiente relativo alla classe energetica presenta un intervallo di variazione meno ampio di quello relativo al piano; l’errore stan-
Poiché l’errore standard della popolazione è incognito, si fa riferimento alla distribuzione standard che è la T di Student, che tiene conto anche del fatto che la forma della funzione di probabilità varia se il campione è molto piccolo. La probabilità al 95%, che lascia al di fuori le due code estreme, pari a 0,05/2 = 0,025 ( /2), è generalmente accettata nella pratica delle stime.
4
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Manuale di estimo
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Tab. 6.6 Valori assunti dai parametri di verifica nel caso del modello in esame.
R
Model
0,862
R Squared 0,744
Std. Error of the estimate
Adjusted R squared 0,734
26966,65402
Tab. 7.7 Analisi della varianza.
Model
Sum of squares
Regression
160366326875,684
3
53455442291,895
55267232624,316
76
727200429,267
215633559500,000
79
Residual Total
df
Mean square
F 73,509
Sig. 0,000
Tab. 7.8 Coefficienti.
Unstandardized coefficients Model B
Std. error
Standardized coefficients
t
Sig.
Beta
–48382,380
17447,393
–2,773
0,007
SUPERFICIE
2616,997
221,846
713,00
11,796
0,000
PIANO
3822,991
1791,871
127,00
2,134
0,036
13860,724
2608,401
318,00
5,314
0,000
(constant)
CLASSE ENERGETICA
dard risulta infatti meno elevato in proporzione al valore del coefficiente. La costante è negativa, come spesso accade nell’applicazione di modelli di questo tipo al mercato immobiliare. Conclusioni La presente applicazione ha inteso esemplificare un caso di stima in cui si desidera verificare, in prima istanza, se il mercato dell’edilizia residenziale di nuova costruzione è in grado o meno di monetizzare e, di conseguenza, valorizzare la classe energetica degli edifici. A tale scopo sono stati illustrati i risultati dell’applicazione di un modello di regressione multipla lineare a 78 appartamenti compravenduti a Torino nel corso del 2012. La classe energetica sembra essere apprezzata dagli acquirenti nonostante sia necessario un maggior numero di casi di confronto per poter sviluppare ulteriormente l’analisi. In particolare, potrebbero essere considerati i seguenti quesiti: – Qual è la forma funzionale più idonea a rappresentare la relazione tra classe energetica e prezzo? – Quali sono le variabili di segmentazione idonee a isolare sotto-mercati omogenei in grado di rappresentare al meglio questo tipo di fenomeno? – È possibile procedere nella stima della funzione di prezzo implicito e di disponibilità a pagare per il miglioramento della qualità energetica degli edifici?
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Caso studio 7.2 Una applicazione territoriale del Metodo del Costo di Viaggio: il caso del Sistema Museale Metropolitano di Torino (di Emanuela Gasca) Introduzione al caso studio: la valutazione economica e lo studio della domanda turistico-culturale Si propone un caso studio relativo all’applicazione del Metodo del Costo di Viaggio nell’ambito del Sistema Museale Metropolitano di Torino. Questo esempio, sviluppato all’interno di una tesi di dottorato (Gasca, 2011), si inserisce nell’ambito delle valutazioni economiche monetarie basate sulle Preferenze Rivelate (PR) che vengono indagate attraverso le preferenze individuali dei cittadini in un contesto di scelte reali, a differenza delle Preferenze Dichiarate (PD) sviluppate in contesti ipotetici o contingenti. Nello specifico, questo studio analizza in termini economici il tema del pubblico dei musei (Bollo, 2008), complesso settore di indagine volto alla conoscenza dei visitatori delle strutture culturali, e dell’ampia fascia di popolazione che risulta ancora estranea all’esperienza di visita (Comoglio, 2010). Allo stesso tempo questa applicazione sviluppa alcune dimensioni dell’esperienza turistica vista come esperienza ricreativa complessa (Costa et al., 2000) il cui processo di scelta, dal punto di vista della domanda, si sviluppa in fasi specifiche (Ferrari, 2006). All’interno di esse, questa applicazione si inserisce proprio nel momento dello spostamento in cui l’individuo, muovendosi da casa SMMT - Sistema Museale alla destinazione, compie una scelta rispetto agli attrattori che vorrà Metropolitano di Torino visitare. L’obiettivo è quindi quello illustrare il metodo del Costo di Il Sistema Museale Metropolitano Viaggio applicato ai beni culturali in accordo al principio secondo il di Torino si identifica all’interno del quale quando un determinato bene o servizio è meta di visita da parsistema culturale della Regione Piete di un consumatore, è possibile supporre che egli lo abbia preferito monte (Osservatorio Culturale del ad altri beni di consumo, scegliendo di investire parte del proprio Piemonte, 2010). Mentre la tipolotempo e denaro nell’esperienza ricreativa. Questa tecnica consente gia « Musei e Beni Culturali del Pieinfatti di effettuare la stima della funzione di domanda ricreativa e, monte » è relativa a quelle strutture a partire da questa, del valore dei benefici economici associati alla localizzate nella Regione che non fruizioni del bene oggetto della valutazione (Corradino, 2000).
*
Il contesto di indagine: il Sistema Museale Metropolitano di Torino, una destinazione multi-sito
appartengono necessariamente all’area metropolitana della città di Torino, il « Sistema Museale Metropolitano » identifica le istituzioni museali collocate nell’area torinese, comprendendo in esse anche alcune Residenze Sabaude.
Il caso studio si sviluppa all’interno del Sistema Museale Metropolitano di Torino, SMMT*, ed in particolare approfondisce in termini economici i dati raccolti dall’Osservatorio Culturale del Piemonte all’interno della Relazione Annuale, report statistico che contiene i dati dei censimenti culturali suddivisi per categorie5. Le informazioni dimostrano che il SMMT ha aumentato negli anni il numero dei visitatori che nel 2012 hanno raggiunto le 3.766.691 in un contesto di 4.450.014 ingressi in tutta la Regione Piemonte (Osservatorio Culturale del Piemonte, 2013). Il caso studio fa riferimento a dati del 2009 in cui il SMMT ha registrato 3.587.899 turisti in un panorama regionale di 4.465.773 ingressi. La scheda tecnica seguente illustra il contesto di analisi, i luoghi e il campione della rilevazione.
Scheda tecnica caso studio Contesto di indagine
Sistema Museale Metropolitano di Torino nel contesto di «musei e beni culturali del Piemonte»
Periodo di indagine
2009
Luoghi di rilevazione
Castello di Racconigi, Castello di Rivoli, GAM, Museo del Cinema, Museo Egizio, Palazzo Bricherasio, Palazzo Madama, Palazzo Reale, Reggia di Venaria
Individui intervistati Metodi di valutazione
2440 PR, Travel Cost Method
Fig. 7.11 Scheda di presentazione del caso studio. Fonte: elaborazione dell’autore 5
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Osservatorio Culturale del Piemonte: http://www.ocp.piemonte.it.
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Manuale di estimo
L’ambito territoriale di questa analisi riguarda nove attrattori del SMMT e può essere considerato una destinazione multi-sito (Bravi e Gasca, 2012) cioè una meta turistica caratterizzata da un insieme di beni ricreativo-culturali. Coinvolgendo numerosi musei, il SMMT può essere considerato come un insieme di destinazioni (in musei) all’interno di un’unica destinazione (il SMMT). Come emergerà dai paragrafi successivi, questo caso studio ripercorre le fasi principali del metodo. Dal momento in cui l’individuo sceglie di investire il proprio tempo e quindi il proprio denaro in un’esperienza ricreativa – in questo caso, la visita dei musei – dichiara indirettamente una disponibilità a pagare per quel determinato bene. Il costo di viaggio rappresenta, in questo senso, il mezzo indiretto per stimare il valore dell’esperienza ricreativa nell’ipotesi che più grande è la distanza del visitatore dal sito, minore sarà il numero di volte che questi si recherà presso la risorsa. Il processo di stima prevede quindi il calcolo dei parametri di una funzione di domanda iniziale e di una funzione ricreativa vera e propria, o finale, secondo l’ipotesi che i visitatori più lontani beneficiano di un surplus minore rispetto a quelli più vicini. Il Metodo del Costo di Viaggio: le diverse fasi Rispetto alle considerazioni precedenti, l’analisi si è strutturata come segue: Fase I: strutturazione del data-base dei visitatori: provenienza e meta della vacanza. Fase II: analisi dei dati al fine di comprendere se esiste interdipendenza tra i siti ricreativi. Fase III: calcolo del costo di viaggio. Fase IV: stima della curva di domanda ricreativa.
Dati relativi all’indagine Individui del campione di indagine
2.240
Siti ricreativi di studio Modalità di indagine
41 questionario
Macro-categoria di siti ricreativi Luogo di rilevazione
4 9
Fig. 7.12 Dati relativi all’indagine. Fonte: elaborazione dell’autore Come emerge dalla Fig. 7.11, il caso studio riguarderà non la totalità dei 3.587.899, ma, all’interno di questo numero, i 2.240 visitatori che sono stati intervistati ad hoc presso nove siti culturali (luoghi di rilevazione, Fig. 7.12). Ogni turista dichiara se quello specifico attrattore fa parte di un’esperienza più ampia, che riguardava anche altri beni culturali, o se è l’unica meta della vacanza. Fase I: strutturazione del data-base sui visitatori: provenienza e meta della vacanza I dati raccolti sono stati organizzati in una matrice in cui ogni riga rappresenta un visitatore, mentre le singole colonne rappresentano, oltre che le informazioni circa il luogo di provenienza, i km percorsi e i costi sostenuti, i 41 possibili siti di visita, oltre a quello di rilevazione. Questi attrattori sono poi stati suddivisi in quattro macro categorie al fine di avere un quadro generale di visita prima di procedere con il calcolo del Costo di Viaggio. Da questa prima analisi, il Polo Museale Torinese emerge essere quello più visitato (49% degli intervistati), seguito dalle Residenze Sabaude (37%) e dagli Altri monumenti di Torino e del Piemonte. Fase II: analisi dei dati al fine di comprendere se esiste interdipendenza tra i siti ricreativi Al fine di analizzare le preferenze dei visitatori rispetto alle diverse destinazioni delle loro vacanze, per ogni luogo di raccolta, è stata evidenziata la distribuzione percentuale rispetto alle altre mete. Da tale elaborazione emerge una forte interdipendenza territoriale tra i siti; in particolare gli intervistati presso i musei di Torino dichiarano di voler continuare la loro vacanza visitando altri musei torinesi, mentre quelli intervistati presso le Residenze Sabaude affermano di preferire luoghi monumentali della stessa categoria. Fase III: calcolo del costo di viaggio Il procedimento si articola in una prima fase in cui si analizza la relazione esistente tra il numero di visitatori e la distanza percorsa per raggiungere il sito. Questa relazione, che esprime la frequenza di visita in funzione della distanza,
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rappresenta la base concettuale e operativa dell’intero metodo (Stellin e Rosato, 1998). Formalmente essa è rappresentata da: K = f (1/d) dove: K rappresenta la frequenza di visita; d indica la distanza tra la località di origine e l’oggetto della stima. Da questo assunto si presuppone quindi che ci sia una stretta corrispondenza tra distanza e costi di viaggio e che sia dunque possibile ipotizzare che l’aumento dei costi di viaggio comporti una diminuzione del numero delle visite. La relazione funzionale costi di viaggio e numeri di visite, può essere quindi così espressa: Ki = f (Ci) dove: Ki rappresenta il saggio di frequenza; Ci indica il costo di viaggio. Il saggio di frequenza Ki, che indica il numero di visitatori provenienti da una zona i -esima, deve essere espresso come quota parte di un campione precostituito di abitanti della zona stessa. La curva che si viene a formare viene descritta da Clawson e Knetsch (1966) come curva di domanda iniziale. Il saggio di frequenza viene poi calcolato come percentuale e non come valore assoluto per imporre il criterio di omogeneità tra le zone. Durante questa fase del metodo sono state create una serie di nuove variabili per ogni individuo. Nello specifico: regione, provincia e comune di provenienza; km di distanza tra il punto baricentrico del Comune che è stato utilizzato come origine degli spostamenti del comune di provenienza e il bene oggetto dell’esperienza ricreativa; tempo del viaggio in relazione al mezzo di trasporto utilizzato; costo del viaggio; numero di abitanti del comune di provenienza; numero complessivo campionario verso ogni attrattore; saggio di frequenza K relativo ad ogni visitatore. Il calcolo del saggio di frequenza F viene effettuato con la seguente procedura: F = (N* vji / N* aji) × FREQ_NUM × 1000 dove: N* vji = è il numero di visitatori dell’attrattore provenienti dalla località j -esima relativa all’i -esimo visitatore; N* aji = è il numero di abitanti della località j -esima (come esposto nel punto precedente). FREQ_NUM = numero di siti visitati dal turista. Il saggio, come è esplicitato dalla formula, esprime la percentuale di abitanti che da una determinata località visitano annualmente gli attrattori museali del SMMT. Nell’elaborazione di F si è poi cercato di considerare il fatto che gli intervistati dichiaravano di visitare anche altri musei o residenze, oltre a quello di intercettazione. Tale variabile è stata pertanto ponderata per questo numero (FREQ_NUM). Si è presupposto quindi che il turista, proveniendo da luoghi non prossimi al sito d’interesse, concentri la visita a un certo numero di siti o monumenti che, viceversa, se abitasse più vicino, distribuirebbe lungo un arco di tempo più lungo. In questo modo si è teso a formalizzare, anche sul piano metodologico, la differenza tra un comportamento di visita cosiddetto di prossimità rispetto al comportamento turistico vero e proprio. Tenuto conto di una certo livello di sostituibilità tra i siti culturali – soprattutto musei – ciò appare plausibile. Il costo di viaggio viene calcolato come: CV = Cc × 2 dove: Cc rappresenta il costo calcolato e ricavato tramite lo strumento messo a disposizione da Via Michelin o tramite il costo standard del viaggio aereo. Espletata questa fase si è passati alla determinazione della curva di domanda iniziale effettuando un’analisi di regressione sui dati in individuali ottenuti precedentemente sulla base della relazione: F = exp [ +
ln (CV)]
che esprime la relazione tra la frequenza di visita F e il costo complessivo sostenuto da ciascun visitatore. Fase IV: stima della curva di domanda ricreativa Per la stima della curva di domanda ricreativa si parte dall’ipotizzare una relazione funzionale doppio logaritmica tra
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Manuale di estimo
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Riepilogo del modello Modello
R
R – quadrato
1
,562a
R – quadrato corretto
,316
Errore std. della stima
,315
,67412
ANOVA
b
Somma dei quadrati
Modello 1
Regressione
393,967
1
393,967
853,879
1879
,454
1247,846
1880
Residuo Totale
Media dei quadrati
df
F 866,941
Sig. ,000a
a. Stimatori: (Costante), LN_SC b. Variabile dipendente: LN_FRUITORI Coefficientia Coefficienti non standardizzati B
Modello 1
(Costante) LN_SC
Coefficienti standardizzati
Errore Std.
16,114
,113
–,662
,022
t
Beta –,562
Sig.
142,978
,000
–29,444
,000
Fig. 7.13 Final Demand Function. Risultati del modello di regressione multipla. Fonte: elaborazione dell’autore
TRAVEL COST METHOD - FINAL DEMAND CURVE Osservati Logaritmico
4000000,00
3000000,00
2000000,00
1000000,00
0,00 0,00
100,00
200,00
300,00
SURPLUS
Fig. 7.14 Final Demand Curve. Punti sperimentali e punti calcolati. Fonte: elaborazione dell’autore
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frequenza di visita pesata e costo di viaggio, interpolando 2.240 punti individuali con un modello di regressione semplice lineare. A tal proposito si assume che il beneficio netto che i visitatori traggono dal fruire della vacanza sia espresso dalla differenza tra quanto essi realmente spendono e il costo ipotetico massimo che sarebbero disposti a sostenere prima di annullare la visita. Ipotizzando poi una serie di incrementi di costo, tali da annullare la frequenza di visita (F), si ottiene la curva di domanda finale, per mezzo di una nuova serie di dati. Invertendo infatti la relazione che ha determinato la frequenza di visita pesata e ponendo quale incognita il numero di fruitori, si è pervenuti a una nuova serie di punti sperimentali tale da poter implementare un nuovo modello di regressione che ha condotto alla stima dei parametri della cosiddetta Final Demand Function (Fig. 7.14), la funzione di domanda dedotta dai prezzi che i visitatori sarebbero disposti a pagare pur di non rinunciare all’esperienza ricreativa. L’area sottesa alla curva misura il surplus del consumatore totale che può essere letta come la misura monetaria dell’utilità percepita dai visitatori per non rinunciare alla vacanza. Metodo del Costo di Viaggio e valorizzazione dei beni culturali: note conclusive Concludendo, come emerge dai paragrafi precedenti, l’aspetto saliente di un’applicazione del Metodo del Costo di Viaggio è rappresentato, oltre che dalla rappresentatività del campione e dalla bontà dei dati, dall’identificazione delle variabili e dalla corretta interrelazione tra di esse nella strutturazione del modello. Quest’ultimo infatti deve essere in grado di fornire una rappresentazione esaustiva e il più possibile realistica del comportamento ricreativo dei visitatori al fine di determinare un risultato il più possibile aderente ai reali comportamenti degli individui. Un’altra considerazione è relativa al fatto che un’applicazione di questo tipo può svilupparsi solo per quanto riguarda attrattori fruibili, in quanto questa è strettamente legata allo spostamento dell’individuo nello spazio, dal luogo di residenza alla destinazione. Il metodo si basa infatti sull’effettiva fruibilità dell’esperienza non tenendo conto dei fruitori potenziali che potrebbero essere interessati in un futuro a godere di tale risorsa. Per questi ultimi si potrebbero applicare tecniche basate sulle Preferenze Dichiarate simulando scenari di visita basati su mercati ipotetici (Bravi e Gasca, 2013). Conclusioni Il tema della valorizzazione dei beni culturali risulta dunque strettamente interrelato a quello di una corretta individuazione dei metodi di stima idonei a valutare, da un lato, l’entità dei benefici connessi all’attuazione di determinate politiche di gestione e, dall’altro, il valore d’uso associato al consumo. Come dimostra questo esempio, comunque, le tecniche di valutazione possono fornire alcune indicazioni sul comportamento degli individui che andrebbero poi integrate con dati statistici e qualitativi relativi al profilo del turista raccolti dalle istituzioni pubbliche. Obiettivo ultimo dell’integrazione di queste analisi dovrebbe essere quindi quello di definire politiche di governance tra i diversi attrattori culturali e indicazioni di tourism management per le destinazioni sul territorio.
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Caso studio 7.3 Applicazione della Valutazione di Contingenza per la stima dei benefici connessi al progetto di una pista ciclabile (di Marta Bottero, Valentina Ferretti, Giulio Mondini) Procedura valutativa Il caso studio fa riferimento all’analisi del progetto di una pista ciclabile che collega la città di Torino con la città di Venezia (Fig. 7.15). La ciclopista in progetto, denominata Ven.To., si sviluppa su una lunghezza complessiva di circa 680 km, attraversando 4 regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto) e 12 diverse Province6. In particolare, l’obiettivo della valutazione consiste nel fornire una stima del valore complessivo dei benefici che il progetto potrebbe generare dal punto del sistema ambientale e territoriale. Al fine di raggiungere tale scopo, la stima è basata sulla tecnica della Valutazione di Contingenza7. Sviluppo della valutazione In termini generali, l’applicazione della valutazione contingente si basa su una rilevazione parziale delle preferenze dei potenziali interessati. Tale assunzione è dovuta al fatto che non sarebbe possibile in tempi brevi intervistare l’intera popolazione coinvolta, sia perché aumenterebbe troppo i tempi e i costi dell’indagine. È necessario quindi estrarre un campione in grado di consente di ottenere, con sufficiente approssimazione, la valutazione complessiva della risorsa. Nel caso in esame, il campione selezionato per l’indagine fa riferimento a residenti che potrebbero configurarsi come potenziali fruitori dell’infrastruttura. Per quanto riguarda la popolazione coinvolta, è stato individuato il bacino di utenza della pista descritto dagli abitanti all’interno di un buffer di 3 km dal tracciato della pista. Il bacino di utenza della pista
Fig. 7.15
Il tracciato della pista ciclabile in esame.
Il progetto Ven.To. è stato messo a punto da un gruppo di ricerca attivo presso il Politecnico di Milano. Per approfondimenti si rimanda al sito www.progetto.vento.polimi.it. 7 Trapasso F., « Valutazioni di sostenibilità e interventi di trasformazione del territorio: un’applicazione dell’Analisi Costi Benefici al progetto Ven.To », Politecnico di Torino, relatore: prof. Marta Bottero, Dicembre 2013. 6
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è costituito da circa 3.600.000 abitanti; attraverso i dati rilevati dall’ISTAT si è poi proceduto ad individuare il numero di nuclei familiari (1.650.000) che costituiscono la popolazione oggetto dello studio. Il passaggio successivo del metodo consiste nella somministrazione di un questionario. Il questionario completo è riportato in appendice al presente capitolo. Come previsto dal metodo della valutazione contingente, il questionario è stato articolato in tre sezioni. Nella prima parte sono state inserite domande volte a conoscere i rapporti di fruizione con il bene oggetto dell’indagine; questa prima parte è utile per verificare la sensibilità dell’intervistato nei confronti del bene da valutare e per esaminare la coerenza complessiva delle risposte del questionario. Nella seconda parte attraverso l’esperimento di simulazione si è proceduto all’elicitazione della disponibilità a pagare; nella presente applicazione il formato utilizzato per la domanda fa riferimento al modello del gioco iterativo. La terza parte fa riferimento alla caratterizzazione del profilo socio-economico dell’intervistato. Una volta redatto il questionario, la fase successiva del metodo consiste nello sviluppo delle interviste. In questo caso, le interviste sono state svolte secondo la modalità face-to-face ad un campione casuale di 150 residenti nell’area del bacino di utenza. Analisi descrittiva e interpretativa Una prima elaborazione dei dati raccolti consente di conoscere le diverse classi di disponibilità a pagare dichiarate dal campione di intervistati (Tab. 7.9). Per quanto riguarda il profilo generale del campione considerato, è possibile affermare che i 150 soggetti intervistati hanno un’età compresa tra 18 e 77 anni e presentano un livello di istruzione piuttosto elevato: l’incidenza dei laureati è pari al 40%, quella dei diplomati pari al 36%, mentre quella di coloro in possesso di una licenza di scuola media e elementare è pari al 24%. È interessante mettere in evidenza che dai dati della Tab. 7.9 emerge che la quasi totalità dei soggetti intervistati (85%) ha dichiarato la propria disponibilità a pagare per la pista. Esaminando le relazioni che esistono tra la disponibilità a pagare e le diverse variabili socio-economiche considerate, è possibile sviluppare alcune interessanti osservazioni. Per quanto riguarda l’influenza del livello di istruzione sulla disponibilità a pagare (Tab. 7.10), è possibile notare che, indipendentemente dal livello di istruzione conseguito, gli intervistati indicano la propria disponibilità a pagare nelle classi 3 e 4 (quindi tra 21 € e 80 €). Da tali dati è possibile affermare che il livello di istruzione non influenza in maniera significativa la disponibilità a pagare. È poi interessante esaminare la relazione che esiste tra tipologie di impiego e disponibilità a pagare (Tab. 7.10). Anche in questo caso è possibile mettere in evidenza che, ad eccezione per coloro che sono disoccupati, il tipo di impiego non influisce sui risultati della disponibilità a pagare dal momento che gli intervistati, indipendentemente dal tipo di impiego, indicano la propria disponibilità a pagare nelle classi 3 e 4. Valutazione economica dell’ipotesi di intervento Dopo aver esaminato il comportamento degli intervistati, occorre procedere alla valutazione economica vera e propria. Nella presente applicazione si è deciso di far ricorso ad un approccio semplificato per la stima, calcolando la media ponderata della disponibilità a pagare espressa dal campione intervistato. La sommatoria delle disponibilità a pagare dichiarate divisa per il numero delle persone che hanno risposto al questio-
Tab. 7.9
Disponibilità a pagare rilevata nell’indagine.
Disponibilità a pagare 0
15%
< 20 €
26%
da 20 € a 50 €
12%
da 50 € a 80 €
45%
> 80 €
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% sul campione
2%
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Tab. 7.10 Disponibilità a pagare del campione per livello di istruzione e tipo di impiego. DAP n.
Camp. €
%
Livello di istruzione (%) Elemen.
Medie
Diploma
Tipo di impiego (%) Laurea
Disoccupati
Studenti
Operai
Impiegati
Dirigenti
Altro
1
0
15
7
3,57
2,5
9,67
50
7,09
6,67
3,33
4,25
7,14
2
1-20
26
5,5
2
1,2
2
50
2
4,87
3,33
2
0
3
21-50
12
50
67,86
27,78
33,33
0
63,64
26,92
30
18,75
42,86
4
51-80
45
37,5
25
68,52
53,33
0
27,27
61,54
60
75
47,62
5
> 80 €
2
0
1,57
0
1,67
0
0
0
3,33
0
2,3
nario consente di quantificare la disponibilità a pagare media. Le elaborazioni sviluppate forniscono come risultato il valore di 48,8 €, che corrisponde a quanto mediamente ciascuno degli intervistati è disposto a pagare per ottenere i benefici associabili al progetto in esame. Estendendo il comportamento osservato all’intera popolazione compresa nel bacino di utenza (in questo caso, ai nuclei familiari relativi al bacino di utenza considerato) è possibile calcolare il valore complessivo dei benefici, pari a: 48,8 € × 1.649.461 = 79.817.417,79 € Dividendo poi il valore complessivo così ottenuto per la lunghezza della ciclopista si ottiene il valore di 117551,43 €/ km, pari a 117,55 €/m. Tale cifra rappresenta il valore complessivo della ciclopista in esame dal punto di vista della popolazione coinvolta. Occorre precisare che tale valore non esprime il valore effettivo del progetto ma fornisce una misura del consenso esistente intorno al progetto da parte della collettività.
ALLEGATO Questionario per la valutazione contingente Il presente questionario ha unicamente carattere di studio ed è finalizzato a stimare il valore economico dei benefici connessi al progetto della pista ciclabile basandosi sull’indagine della disponibilità a pagare. PARTE I: Definizione del contesto 1. Possiede una bicicletta? SI
NO
2. Se SI, è solito utilizzare tale bicicletta? SI
NO
3. Se SI, con quale frequenza? Giornaliera
Settimanale
Mensile
4. Nell’utilizzare la Sua bicicletta quale attività ha intrapreso/le piacerebbe intraprendere? Spostamenti verso luogo di lavoro/scuola Escursioni naturalistiche Escursioni per visita a beni culturali (borghi storici, luoghi di culto ecc.) Altro (specificare ________________________________________________________________________________)
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5. Quanto è la durata media dei Suoi percorsi? Indicare la durata (in minuti) _______________ 6. In una scala da 1 a 5, esprima il suo interesse ai problemi dell’ambiente e del territorio (1 = non sono interessato; 5 = sono molto interessato): 1
2
3
4
5
7. È a conoscenza del progetto per la pista ciclabile VenTo? SI
NO
8. Cosa ne pensa della presenza di una rete ciclabile di così vaste dimensioni e con possibilità di collegamenti verso altre città? Sono favorevole
Sono indifferente
Sono contrario
9. Come valuta la presenza della pista nelle vicinanze di casa Sua? SI, mi disturba molto SI, mi disturba relativamente NO, non mi disturba particolarmente NO, non mi disturba per niente Non giudico 10. Possiede un’attività commerciale nelle vicinanze del tracciato della pista? SI (vai alla domanda successiva) NO (salta la domanda successiva) 11. La presenza della ciclovia valorizza la sua attività economica? SI NO Altro ___________________________________________________________________________________________
PARTE II: Descrizione del bene da valutare e costruzione del mercato ipotetico Il progetto riguarda la realizzazione di una pista ciclabile di 679 km che collega Torino a Venezia passando per Milano, Pavia, Piacenza, Mantova, Cremona, Ferrara e Chioggia. Questa grande infrastruttura permetterà il collegamento e la mobilità da e verso grandi città e grandi luoghi di cultura, sport, divertimento attraverso i bellissimi paesaggi delle campagne padane. Supponga che gli Enti Pubblici competenti non dispongano di fondi per realizzare la ciclovia sopra descritta. Immaginiamo che l’unico modo per finanziare l’intervento sia costituito da un contributo versato dai residenti una tantum. 12. Se l’imposta una tantum per il Suo nucleo familiare ammontasse a € 80 sarebbe disposto a versare tale contributo? SI NO (segue iterative bidding game)
PARTE III: Profilo socio-economico dell’intervistato 13. Sesso M
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14. Età: _______anni 15. Comune di residenza: ___________________________________________________________________________ 16. Titolo di studio Licenza elementare Licenza media Diploma superiore Laurea Master/dottorato di ricerca Non rispondo 17. Professione Imprenditore Lavoratore in proprio (artigiano, commerciante, coltivatore diretto) Libero professionista Dirigente, quadro direttivo Impiegato/insegnante Operaio, capo operaio Appartenente alle categorie speciali (intermedio) Altro ___________________________________________________________________________________________ 18. Partecipa alle attività di qualche organizzazione senza fini di lucro per la tutela dell’ambiente? SI
NO
19. Può indicare in quale delle seguenti fasce si può indicativamente inserire il reddito netto mensile del suo nucleo familiare? (ricordi che il questionario è anonimo e che i dati saranno trattati per soli fini di ricerca scientifica e con la massima riservatezza) < 1000 € 4000 € – 5000 € 1000 € – 2000 € 5000 € – 10.000 € 2000 € – 3000 € > 10.000 € 3000 € – 4000 € Non rispondo
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Bibliografia Adamowicz W., Boxall P., Williams M., Louviere J. (1998), Stated preference approaches for measuring passive use values: choice experiments and contingent valuation, American Journal of Agricultural Economics, 80, n. 1, pp. 64-75. Alpizar F., Carlsson F., Martinsson P. (2001), Using Choice Experiments for Non-Market Valuation, Working Papers in Economics n. 52, Department of Economics, Goteborg University. Barbier E.B. (1989), Economic, Natural Resources Scarcity and Development: Conventional and Alternative Views, Earthscan, London. Bollo A. (a cura di) (2008), I pubblici dei Musei. Conoscenza e politiche, FrancoAngeli, Milano. Bottero M. (2009), Utilizzo della Conjoint Analysis nella valutazione di un paesaggio montano, in Bottero M., Mondini G. (a cura di), Valutazione e sostenibilità: piani, programmi, progetti, Celid, Torino. Bottero M., Ferretti V., Pomarico S. (S.), Il valore economico del paesaggio: un’applicazione della Conjoint Analysis, Atti della XXXII Conferenza italiana di scienze regionali, Torino. Bottero M., Mondini G. (a cura di) (2009), Valutazione e sostenibilità: piani, programmi, progetti, Celid, Torino. Boxall P., Adamowicz W., Swait J., Williams M., Louviere J. (1996), A comparison of stated preference methods for environmental valuation, Ecological Economics, n. 18, pp. 243253. Bravi M. (2000), Metodo del prezzo edonico, in Sirchia G. (a cura di), La valutazione economica dei beni culturali, Carrocci Editore, Roma. Bravi M., Gasca E. (2012), La valutazione economica del comportamento turistico. Proposte di valorizzazione del circuito delle Residenze Sabaude, in Oliveri A.M., De Cantis S. (a cura di), Mobilità del turismo regionale incoming. Aspetti socio-economici dei comportamenti e delle motivazioni, McGraw-Hill Education, Milano, pp. 187-199. Bravi M., Gasca E. (2013), On-site Tourist Experience of Cultural Heritage: an Economic Valuation, in « Journal of Hospitality Marketing & Management », Taylor & Francis, Philadelphia. Brosio G.(2003), Economia e finanza pubblica, Carocci Editore, Roma. Carson R.T. (2000), Contingent Valuation: A User’s Guide, Environmental Science & Technology, n. 8, pp. 1413-18. Clawson M., Knetsch J. (1966), Economics of outdoor recreation, Resources for the future, Washington DC. Comoglio M. (2010), La letteratura italiana sui museum visitor studies, una rassegna critica, www.fizz.it. Corradino C. (2000), Metodo del Costo di Viaggio. Da Clawson-Knetsch ai modelli multi-sito, multi-attributo, in Sirchia G. (a cura di), La valutazione economica dei beni culturali, Carocci Editore, Roma. Costa P., Manente M. (2000), Economia del Turismo, Touring Club Italiano, Torino. Cummings R.G., Harrison G.W. (1995), The Measurement and Decomposition of Nonuse Values: a Critical Review, Environmental and Resource Economics, n. 5, pp. 225-247. DEFRA (1999), Estimating the value of environmental features, Final report to the MAFF, Institute of Ecology and Resource Management, University of Edinburgh and Scottish Agricultural College, Edinburgh.
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I diritti reali e la materia espropriativa Luisa Ingaramo, Isabella M. Lami, Riccardo Roscelli, Stefania Sabatino* CAPITOL O
OTTA VO
Obiettivi di apprendimento1 1. Comprendere i diritti reali sugli immobili secondo il contesto giuridico italiano. 2. Contestualizzare la materia estimativa italiana nell’ordinamento giuridico continentale di civil law rispetto a quello di common law anglo-americano. 3. Approfondire aspetti operativi della stima immobiliare in regime di proprietà piena e di diritti reali minori. 4. Comprendere l’istituto espropriativo e la stima dell’indennità di esproprio. 5. Approfondire i rapporti pubblico-privati nei processi di trasformazione urbana e gli strumenti che guidano gli sviluppi immobiliari (perequazioni, monetizzazioni, creazione di STU).
Il capitolo si propone di illustrare i principi giuridici di rilievo in materia di estimo nel contesto italiano e nel panorama internazionale, con l’intento di mettere in luce le principali differenze esistenti tra l’ordinamento italiano di « civil law » in ambito continentale e quello di matrice anglosassone, c.d. « common law ». Tale approfondimento, stimolante da un punto di vista teorico, si rivela per altro assai utile da un punto di vista pratico, in relazione alla progressiva mobilità di investimenti immobiliari a cui si assiste a livello internazionale. Sono quindi approfonditi i diritti reali codificati nel Codice Civile italiano inerenti l’istituto della proprietà (diritto reale fondamentale) e i diritti minori (o diritti reali su cosa altrui) identificando di volta in volta le differenze intercorrenti da un punto di vista operativo nella determinazione del relativo valore e nella scelta dell’opportuno procedimento di stima. Alcuni cenni sono forniti anche sulle procedure di determinazione del valore che meglio rispondono ai diversi contesti giuridici. Completa la panoramica l’esame del diritto di pubblico interesse all’interno del quadro legislativo italiano. Viene poi approfondito l’istituto giuridico dell’esproprio per pubblica utilità e la sua evoluzione normativa in Italia, che oggi trova riferimento nel Testo Unico del 2001. Anche in questa sezione vengono fornite indicazioni di calcolo quali la « doppia stima », l’« indennità », l’« occupazione d’urgenza ». L’argomento si amplia quindi ai rapporti pubblico-privati nei processi di trasformazione urbana, contesto nel quale possono trovare applicazione logiche perequative, cessioni dei diritti edificatori, monetizzazioni, anche attraverso forme di concertazione pubblico-privata e la creazione di STU - Società di Trasformazione Urbana.
* Il capitolo è frutto del lavoro congiunto di Riccardo Roscelli, Luisa Ingaramo e S tefania S abatino. Il paragrafo 8.3 è stato curato da Isabella M . Lami.
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8.1
I diritti reali
Nell’ ordinamento nazionale il diritto reale è un istituto giuridico ch e regola per legge, principalmente attraverso il C odice C ivile, il concetto di proprietà di una res (dal latino: « cosa ») . Il termine « proprietà » deriva dal latino proprius e richi ama la facoltà individuale di esercitare il proprio diritto di avere in appartenenza un bene in funzione della titolarità di un « diritto » che , in termini civilistici, comporta la facoltà personale di poter godere e disporre del bene nei termini stabiliti per legge. In via generale, quanto detto trova riscontro negli ordini giuridici di matrice continentale (ordinamenti di civil law1 , che , come vedremo, declinano il concetto di proprietà in modo ben diverso da quanto avviene nei paesi di matrice culturale anglo-americana (nei quali prevale l’ ordinamento di common law) . L’ istituto della proprietà, pur essendo universalmente considerata « categoria ordinante del diritto privato »2 non è infatti oggi uniformato all’ interno di un corpus comune giuridico-normativo internazionale. L’ attuale assenza di una disciplina organica si riscontra anche in sede europea; l’ approccio comunitario sul tema, come chi aramente indicato nel Trattato di diritto privato europeo « ... lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli S tati membri » (art. 295) . A lla luce della crescente trans-nazionalità ch e stanno assumendo grandi e medie operazioni immobiliari (come già ampiamente discusso nei capitoli 2 e 4, relativamente all’ armonizzazione degli standard di valutazione immobiliare e dei principi contabili internazionali) , è intuitivo comprendere come sia oggi fondamentale saper correttamente interpretare le divergenze esistenti sul « valore dei diritti reali » tra i due ordinamenti di common e civil law e le conseguenze derivanti in tema di valutazione immobiliare. 8.1.1
Panorama internazionale e contesto italiano « Il giudizio di valore scaturisce dall’ esame dei fatti, delle cose e dall’ interpretazione dei rapporti economico-giuridici esistenti tra detti fatti e le persone implicate3 ». Enzo Di Cocco, 197 4
L’ espressione evidenzia chi aramente il tema che si intende discutere. Ricorda infatti che la stima di un immobile dovrebbe essere contestualizzata alle situazioni specifiche di fatto e di diritto. C ome noto, in Italia, il diritto reale su immobili è un istituto regolato dal C odice C ivile, dalla Costituzione e, occasionalmente, trova specifiche regolamentazioni nella legislazione locale, come avviene, ad esempio, attraverso i piani regolatori comunali. E sso si declina formalmente in diverse categorie, dalla piena proprietà, c.d. « diritto reale fondamentale assoluto », a diritti limitati o parziali, noti anche come « diritti reali su cosa al1 La tradizione giuridica della civil law è alla base di molti ordinamenti nazionali. D iffusa soprattutto in E uropa Occidentale, si ritrova oggi anche in Quebec (C anada) , Louisiana (US A ) , G iappone, A merica Latina, C ina e altre ex colonie europee. 2 C fr. C . C astronovo, S . M azzamuto, Manuale di diritto privato europeo, V ol. II, G iuffrè E ditore, M ilano, 207. 3 C fr. E . D i C occo, La valutazione dei beni economici, E dizioni C alderini, B ologna, 1960.
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trui » (iura in re aliena) , tra i quali ricadono l’ usufrutto, l’ uso, l’ abitazione, la servitù, la superficie e l’enfiteusi, quali diritti reali di godimento e l’ipoteca, quale diritto reale di garanzia. La sistematicità con cui l’ ordinamento italiano regola queste diverse forme giuridiche di diritto è frutto di una tradizione giuridica secolare, che si basa sulla nozione latina di dominium, ovvero di titolarità esclusiva di tutte le facoltà di un bene4 . Tale impostazione è basata sul corpus j uris J ustiniani (V I sec. d.C .) successivamente recuperata dalla codificazione dottrinale intervenuta a seguito della Rivoluzione Francese. L’ epoca napoleonica ha difatti costituito il momento nodale per il riassetto dei diritti reali di matrice continentale, caratterizzandosi per il superamento del sistema proprietario terriero di impostazione feudale, non più funzionale per l’operatività economico-finanziaria che si auspicava potesse essere innescata dalla borghe sia, nuova classe dirigente. In altri termini negli ordinamenti continentali di civil law, il codificatore ha configurato la proprietà come « diritto assoluto dell’ individuo », che viene tendenzialmente protetto contro qualsiasi interferenza, anche dello S tato. L’ istituto della proprietà permette quindi, in materia di immobili5 , di « legare » in modo stabile il bene alla persona. D a questa impostazione derivano due aspetti peculiari della civil law che si ripercuotono in materia di estimo immobiliare. Il primo aspetto riguarda il preponderante interesse ch e l’ approccio metodologico permette di conferire alla « protezione-soddisfazione del diritto », tutelato in modo deduttivo sulla base di chi are « regole scritte ». Ne consegue che l’ estimo immobiliare continentale è tendenzialmente proteso a formulare giudizi di valore in ch iave statico-patrimoniale. Il secondo elemento di rilievo che muove dall’ impostazione ideologica generale riguarda le « regole risarcitorie* » utilizzate Regole risarcitorie del danno per la protezione di interessi economici nei casi in cui non è posIl risarcimento del danno è considesibile « ripristinare » il diritto mediante esecuzione in forma specirato come monetizzazione dell’efica (per approfondimenti sull’istituto espropriativo nel contesto quo indennizzo a compensazione di nazionale italiano si rimanda ai Paragrafi 8.2 « Il diritto di pubbliuna « forzata espropriazione » dei co interesse » e 8 .3 « L’ istituto giuridico dell’ esproprio per pubdiritti del proprietario. Come infatti stigmatizzato dalla dottrina e giuriblica utilità ») . sprudenza francese nel XIX secolo Il concetto di proprietà così come è consolidato nella gran è la puissance publique qui prime, parte degli ordinamenti europei continentali, e soprattutto in Italia, ovvero la « salvaguardia pubblica innon è applicabile tuttavia a gran parte degli ordinamenti esistenti nanzitutto » a far prevalere il potere nel mondo anglosassone. Questo fatto può dare origine, sul piano pubblico sul diritto soggettivo del privato di tutelare la sua proprietà, operativo, a problemi applicativi ed interpretativi. D a un punto di inducendo comunque a ritenere levista teorico permette anche di chi arire perché l’ approccio della gittimo individuare un equo indenmateria estimativa in paesi di matrice anglosassone prediliga nelle nizzo per tale sacrificio del diritto di valutazioni immobiliari procedure di stima « dinamiche », fondate proprietà in nome di un interesse sull’ equivalenza tra valore e utilità economica del bene. più elevato, quello pubblico. L’ approccio giuridico anglo-americano – di common law6 –
*
4 C fr. G .T. W atki n, An Historical Introduction to Modern Civil Law, A shga te D artmouth Publishi ng, C ardiff (UK ) , 19. 5 Ovviamente in giurisprudenza sono contemplati tutti i tipi di bene, mobili, immobili, astratti e concreti. Il capitolo focalizza l’ attenzione sui soli beni immobili quali terreni e fabbricati. 6 S i sottolinea che gli ordinamenti di civil law oggi sono maggiormente diffusi nelle ex colonie britanniche come ad esempio S tati Uniti e A ustralia.
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ha infatti una diversa tradizione, che potremmo definire di « natura causale ». I concetti corrispondenti al diritto di proprietà, così come ai c.d. diritti minori, si sono consolidati nella dialettica processuale di tali ordinamenti in modo da conferire ai giudici ampio potere, svincolato sia da una tradizione codicistica sia da una vera e propria dottrina scritta7 . Il ragionamento giuridico procede, infatti, in modo induttivo, da casi specifici risolti in passato si ricavano, pertanto, regole generali per nuovi casi, simili ai precedenti (c.d. « precedente giurisprudenza ») . Tuttavia, la differenza rilevante in termini di materia estimativa si riscontra sul concetto di proprietà, in particolare nella distinzione tra bene immobile (land) e mobile (goods) . Nella common law, infatti, la proprietà vale come « forma di utilizzo » delle cose e dei beni. D ifferentemente dalla civil law, ciò permette di considerare il contenuto della proprietà come « intangibile » e quindi facilmente condivisibile, in quanto il valore di beni stabilisce una relazione di equivalenza con quanto ciascun soggetto, che su di essi esercita un diritto, ne ricava (si rimanda a proposito alla Fig. 8.2 con riferimento ai concurrent estates) . La ratio deriva storicamente dal fatto che in Inghi lterra la proprietà della terra come « diritto pieno », differentemente da come è stata tradizionalmente considerata nel nostro ordinamento, spettava solo alla corona, per « diritto di conquista ». Il re poteva quindi « concedere » le terre ai tenants in chief (vassalli del re) , ch e, a loro volta, secondo la logica feudale, potevano subconcedere parte dei loro latifondi a terzi. Ne derivava il fatto che i privati risultassero proprietari di diritti di diverso tipo, sovrapposti alla proprietà assoluta in capo al sovrano, e quindi mai titolari direttamente della « materia immobile ». La titolarità proprietaria, denominata estate, indicava e indica ancora oggi, di conseguenza, la quantità e qualità dei diritti posseduti da una persona in relazione ad un bene immobiliare. A ncora oggi i privati possono infatti essere titolari solamente di diritti di godimento di varia natura, durata e ampiezza, che non possono essere qualificati né quali diritti di proprietà in senso tradizionale né quali diritti su cosa altrui, ma quali semplici « concessioni di godimento »8 (si rimanda allo schema in Fig. 8.2 per una classificazione sintetica degli estate oggi riconosciuti nel diritto anglo-americano) . D a quanto detto si ch iarisce quindi ch e la sostanziale differenza tra la materia estimativa nei paesi di common law rispetto a quelli di civil law è che la valutazione immobiliare mira ad intercettare il valore del diritto, piuttosto che del bene materiale, preferendo, di conseguenza, approcci e procedure di stima che esprimono il valore d’ uso del bene, cioè il valore derivante dalle utilità che si possono trarre direttamente da esso, e soprattutto, il valore di scambio, ovvero il valore che il bene assume nella circolazione giuridica normalmente affidata al mercato9 . Un’ ultima osservazione merita di essere svolta anche sulla terminologia utilizzata in ambito anglosassone che a volte, vista la diffusa letteratura americana e inglese sulla materia, impropriamente emuliamo nel trattare l’ estimo immobiliare in regime di civil law. 7 S i ricorda tuttavia che con il Trustee Act del 9 aprile 1925 l’ Inghi lterra ha avviato una riforma per semplificare l’interpretazione dei diritti di proprietà e renderli così trascrivibili. 8 I diritti reali su immobili, una volta liberati dai vincoli feudali non prendono quindi il nome di dominium, come nella civil law, ma acquistano, a seconda dei casi: – l’ Estate for life, concessione limitata alla vita del titolare; – l’ Estate in fee simple, concessione estesa all’ ultimo erede degli eredi. 9 A titolo di completezza si ricorda che anche sul fronte delle regole risarcitorie, l’ equivalenza di indennizzo è stabilita in relazione all’ utilità economica.
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Fig. 8.1 I diritti reali sugli immobili in Italia. Fonte: elaborazione degli autori su fonti varie
Il termine property non corrisponde infatti né a « proprietà » (che , si ricorda, in inglese assumerebbe invece la locuzione di ownerhip) né a « diritto reale »1 0 bensì qualcosa di ancora più ampio, da categorizzare, nel solo caso di immobili, come realty1 1 (in termini di real estate o real property1 2 ) . Si introducono nei prossimi paragrafi i contenuti dei diritti reali di proprietà e di godimento nell’ ordinamento di civil law italiano, per i quali si propongono definizioni, limitazioni e negoziazioni di diritto pubblico, modalità di acquisto, strumenti di difesa dalla proprietà e cenni operativi sulle procedure di stima. Per facilitare la trattazione sistematica dei diritti reali sugli immobili si rimanda agli schemi delle Figg. 8.1 e 8.2 che sintetizzano i diversi rapporti contemplati in civil law e common law tra beni immobili e persone fisiche o giuridiche. Come mostra la Fig. 8.1, i diritti reali sugli immobili in Italia (così come codificati nel C odice C ivile) , sono caratterizzati da: 1 0 Per approfondimenti si rimanda al testo: A . C andian, A . G ambaro, B . Pozzo, Property-Proprieté -Eigentum. Corso di diritto privato comparato, C edam, Padova, 192. 1 1 C . H arpum, S . B ridge, M , D ixton, M egarry & W ade: The Law of Real Property, S w eet & M axw ell, 8 th edition, UK , 201 . 1 2 La diversa accezione del concetto di proprietà tra beni mobili e immobili (dovuta al diritto di sovranità proprietaria della corona) influisce a definire con locuzioni differenti i beni mobili, identificati come personality o chattels. Si osservi infine che l’espressione personal property viene invece legata nel diritto anglosassone al concetto di « risarcimento di un danno ».
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assolutezza; diritto di seguito; tipicità; immediatezza.
Per assolutezza si intende il diritto di rivalsa erga omnes, ovvero « contro tutti » da parte della singola proprietà (persona fisica o giuridica). Il diritto di seguito si riferisce ad eventuali diritti minori associati al bene che vengono trasmessi e continuano a gravare su di questo anche in caso di passaggio di proprietà (come avviene ad esempio alienando un immobile gravato da servitù di passaggio) . La tipicità è riferita all’ impossibilità di creare diritti diversi da quelli contemplati e disciplinati dal C odice C ivile, mentre l’ immediatezza è riferita all’ « immediato potere sulla cosa » sempre e comunque (a differenza dalla common law dove esiste la possibilità di posticipare il diritto a data/ evento futuro) . L’interconnessione delle economie a livello globale influisce sull’evoluzione della dottrina, per cui è possibile che in futuro siano introdotti nell’ ordinamento italiano diritti reali « atipici ». M algrado il C odice C ivile affronti il tema dei diritti reali con un forte carattere di sistematicità, tale da portare a ritenere incoerenti alcune forme più o meno atipiche di diritti e regimi proprietari simili a quelli di common law e di fatto diffuse anche nel nostro ordinamento, si deve tuttavia prendere atto che il diritto italiano le ammette e le regola, anche grazie alla recente evoluzione della normativa (per esempio a seguito del recepimento di D irettive comunitarie) . Talvolta la dottrina è proceduta anche attraverso gli esiti
Fig. 8.2 I diritti reali sugli immobili secondo la common law. Fonte: elaborazione degli autori su fonti varie
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di sentenze passate, quindi secondo un approccio addirittura simile a quello tipico della common law. Paradigmatici sono, ad esempio, i casi di « vendita di cosa f utura* » o di « comunione di proprietà ». Nel primo caso, rispetVendita di cosa futura to alla definizione di proprietà del Codice Civile italiano, verrebSi ricorda che, oltre ad essere regobe infatti a meno la condizione di « immediatezza », in quanto lata dal Codice Civile all’art. 1472 l’ acquisto dell’ immobile (fabbricato o appartamento) avviene la « vendita di cosa futura » è stata « sulla carta », prima che il bene sia costruito, ovvero non permetdiscussa in diverse sentenze di tendo alla proprietà di esercitare in pieno (ad esempio tramite l’ uCassazione (Cass. Civ. Sez. II, 4047/78 e Cass. Civ. Sez. II, so) , il suo diritto. La dottrina e la giurisprudenza italiana h anno 8863/87) giungendo alla conclututtavia considerato tale operazione fattibile, in quanto l’ atto di sione che essa trova equivalenza compravendita ha effetti reali ritenuti semplicemente differiti. alla vendita avente ad oggetto una Il secondo caso, relativo a situazioni in cui una proprietà imcosa attualmente esistente, nel mobiliare o un altro diritto reale immobiliare spetta in comune a momento in cui si può dire raggiunto il consenso tra le parti. più persone, è un istituto che , seppur non annoverato nei sistemi di civil law1 3 al pari degli altri diritti reali, è comunque regolato dalla giurisprudenza. In questo caso l’ atipicità può essere ricondotta alla gestione dell’ aspetto fondamentale di « esclusività » della proprietà, che può assumere la forma di comunione pro-diviso e di comunione pro-indiviso. M entre quest’ ultima prevede la condivisione di diritti sullo stesso bene definendo « quote ideali » fisicamente indefinite come avviene per le parti comuni di un condominio, che spettano ai singoli proprietari degli appartamenti secondo la nota suddivisione proporzionale in « millesimi », la prima modalità, pro-diviso, prevede ch e ogni parte detenga una parte dell’ immobile spazialmente o temporalmente ben definita. La modalità temporale, in particolare, è stata supportata recentemente anche dal D .Lgs 427/ 198 (in attuazione della D irettiva 9 9/ 47/ C E ) , dal Titolo IV – C apo 1 del D .Lgs 206/ 205 « C odice del consumo, a norma della L. 29/ 203 », che ha permesso di regolare gli aspetti commerciali della c.d. « multiproprietà », tipica del settore immobiliare « turistico-ricettivo ». In Comproprietà/multiproprietà sintesi l’ istituto della multiproprietà immobiliare* è stato introdi un immobile dotto dal legislatore italiano per rendere possibili forme di godiLe situazioni legate alla compromento « turnario ». prietà di un immobile e alla comunione in generale possono essere Ciò permette a più persone fisiche di sottoscrivere un contratdi varia natura. È possibile una to di compravendita sullo stesso bene chi arendone le reciproche comproprietà immobiliare volontalimitazioni d’ uso (nel tempo) e le spese comuni oltre alla relativa ria, quando le persone interessate porzione di valore acquistato, che devono obbligatoriamente esdecidono volontariamente di acquisere sostenute per mantenere il bene in efficiente stato di manustare o affittare un immobile assieme ad altri soggetti, oppure incitenzione. Un’ altra forma di multiproprietà immobiliare può essedentale, come avviene nelle eredire poi sancita attraverso la forma di « multiproprietà azionaria »: tà. Esiste infine il caso della comdiversi investitori possono ad esempio costituire una società per proprietà di un immobile di natura azioni la quale diviene titolare esclusiva della proprietà di un forzosa, che è obbligatoria e alla quale non si può decidere diversacomplesso residenziale o alberghi ero che può essere gestito dalla mente, come avviene ad esempio medesima società o da un’ altra incaricata. Possono quindi essere all’interno dei condomini. acquistate azioni da diversi soggetti. A nche in questo caso subentrano limitazioni temporali e l’ obbligo di corrispondere oneri a sostegno dei costi di manutenzione.
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L’ istituto è infatti regolato agli artt. 10
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M olto più semplicemente di come avviene in Italia, l’ ipotesi del diritto di multiproprietà, (vedi la Fig. 8.2), è direttamente ammessa in diverse forme dalla common law sotto la nozione di concurrent estates: diritto di godimento « in comune », ampio nel tempo. D a quanto detto emerge ch e la « durata » rappresenta una delle variabili principali ch e governano il diritto anglosassone, a partire dalla prima grande differenza riconosciuta ai regimi di life estate e fee simple (legati alla vita della persona interessata o al limite con durata illimitata) rispetto a quelle non freehold, limitate addirittura alla formula from year to year. Prima di approfondire l’ analisi dei diritti italiani di civil law si ritiene utile richi amare come praticamente tutte le forme di realty anglo-americane intrattengano un forte legame con la dimensione temporale e come siano caratterizzate da una flessibilità operativa elevata in anch e in termini di sovrapposizione di diritti all’ interno delle stesse categorie freehold e non freehold1 4 . D i tutti gli estate richiamati in Fig. 8.2, ad esempio, la tenancy at will, che sconta il rischi o imprevisto e simmetrico da entrambe le parti di poter porre fine al contratto, è quella che proverbialmente « vale meno » di tutte le altre a parità delle restanti condizioni di fatto e di diritto. Questi aspetti, congiuntamente alla possibilità di attivare « multiproprietà » a vario titolo sono i motivi ch e h anno spinto la disciplina estimativa anglosassone ad arricch ire le procedure ch e giungono al risultato di stima attraverso metodi ch e tengono in conto la capitalizzazione dei redditi generati dal bene immobile, inteso quindi nella sua accezione di bene economico ad utilità ripetuta, influisce sulla redditività e quindi sul risultato della stima. Infine si ritiene interessante proprio su queste differenze richiamare gli IAS – International A ccounting S tandards (vedi capito 4) e in particolare lo IA S 16 per la rendicontazione del valore di terreni, fabbricati e impianti strumentali. S i ricorda infatti ch e lo standard introduce l’ approccio per « componenti » (component approach) che richi ede, a fini contabili, di stimare separatamente i valori patrimoniali dell’area e degli edifici su di essa insistenti. G li standard internazionali per le scritture di bilancio sono del resto stati concepiti da un’ istituzione anglosassone (IA S C ) e quindi soddisfano l’ esigenza di attribuire una migliore rappresentazione dello S tato Patrimoniale aziendale dal punto di vista del « valore d’ uso » dei cespiti in chi ave evolutiva: la realty del terreno deve essere contabilizzata separatamente in quanto bene a utilità ripetuta « illimitata », tendenzialmente non soggetta a deprezzamento e quindi ammortamento, diversamente dai fabbricati, manufatti soggetti nel tempo ad obsolescenza fisica e funzionale, che ne limitano, nel tempo, il valore d’ uso.
1 4 Per approfondimenti sul common law si rimanda ai seguenti testi: – J . H yl ton, G ordon, et al., Property Law and the Public Interest: Cases and Materials, II edition, New ark, N.J - Lexis-Nexis, 203. – S inger, J oseph W illiam, Property Law: Rules, Policies and Practices. III edizione, A spen Law & B usiness, New Y ork, 20. – S prankl ing, J ohn G ., U nderstanding Property Law: Lexis. New Y ork, 20. – A bts, H enry W . The Living Trust: The Failproof W ay to Pass Along Your Estate to Your Heirs. III edizione, M cG raw -H ill, New Y ork, 20. – A pplegate, E . Timothy , « Estate Planning: W ho Owns the Family Plot? », C alifornia Law ye r 23, 203.
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La proprietà: diritto reale fondamentale
Aspetti definitori Tra i diritti reali codificati in Italia spicca il diritto fondamentale e assoluto di proprietà (ius in re propria) . È introdotto nel C odice C ivile all’ articolo 8 3 2 quale « diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i modi previsti dalla legge ». È un diritto « su cosa propria », caratterizzato da diversi aspetti ch e lo rendono « esclusivo » rispetto ai diritti limitati o parziali « su cosa altrui » (ius in re aliena): In sintesi lo contraddistinguono i seguenti aspetti: – – – – – – –
pienezza: con riferimento all’ espressione latina usus, fructus et abusus, ovvero il proprietario può fare ciò che crede sul bene, anche distruggerlo; elasticità : se subentrano temporaneamente diritti minori in capo a terzi, essi decadono automaticamente al termine giuridicamente stabilito; esclusività : il diritto reale fondamentale di proprietà è esclusivo, ovvero non può ammettere (esclude) il concomitante godimento del medesimo diritto da persona diversa dall’ unico proprietario; godimento: il proprietario può decidere liberamente se, come e quando utilizzare il bene, traendone tutte le utilità possibili; disponibilità : il bene può essere alienato o ceduto corrispondendo al proprietario il corretto valore di scambio; imprescrittibilità : la proprietà può essere persa solo per usucapione; perpetuità : il diritto è illimitato nel tempo (non è ammessa per qualsiasi motivo la « proprietà a termine ») .
Negazioni e limitazioni del diritto M algrado la forte connotazione di tutela che assume la proprietà in Italia, sono previste sia negazioni, sia limitazioni all’ esercizio di tale diritto. S i distinguono: i. negazioni alla proprietà stessa; ii. limitazioni ad alcuni aspetti del diritto di proprietà. Nel primo caso (i) si tratta di negazione di diritto pubblico che può essere fatta valere dallo S tato o dalle A mministrazioni Pubbliche locali. Il caso più diffuso è rappresentato dall’ istituto espropriativo che priva il privato di porzione del bene o della sua totale consistenza per la realizzazione di opere di interesse pubblico. S i ricorda tuttavia che nell’ ordinamento civilistico italiano (art. 834 del C odice C ivile) « ... nessuno può essere privato [ ...] dei beni di sua proprietà, se non [ ...] dietro pagamento di una giusta indennità » (si rimanda al Par. 8.3 per approfondimenti sull’ argomento) . La seconda famiglia di limitazioni (ii) può intervenire a vario titolo sulla pienezza del diritto e sulle relative modalità di godimento, nel senso che , pur ammettendo il privato quale unico proprietario, impongono delle « regole » d’ uso di ordine pubblico o privato, attraverso l’ applicazione di strumenti di regolazione urbanistica, o civilistica1 5 . 1 5 I regolamenti comunali solitamente affiancano indicazioni generali stabilite nel Codice Civile con indicazioni puntuali. Il C.C. opera quindi direttamente solo in assenza di una disciplina locale specifica.
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Si pensi ad esempio ai diritti edificatori (la cui osservazione limita le quantità di costruito edificabile) o alla necessità di osservare zone di rispetto (ad esempio da ferrovie, autostrade, cimiteri, acque, ecc.) entro cui è preclusa l’edificazione. I casi di tutela « tra privati » possono invece riguardare l’ osservazione delle distanze tra costruzioni1 6 o piantagioni1 7 limitrofe, luci e vedute1 8 o la tutela della presenza di servitù di passaggio di infrastrutture pubbliche (quali elettrodotti o acquedotti, ecc) e private (ad esempio strade) . Infine si ricorda la tutela dello stillicidio, che richiede al privato di garantire lo scolo delle acque piovane all’ interno del proprio terreno. S empre con riferimento a limitazioni pendenti sulla proprietà di un’ area (ii) si ricorda che le acque sia sotterranee che superficiali che scorrono entro terreni privati sono comunque demaniali, ovvero appartengono allo Perequazione urbanistica S tato, secondo quanto previsto dal D .P.R. 238/ 19. A titolo di completezza si ricorda Infine, un caso particolare di limitazione della proprietà da che il meccanismo perequativo di parte delle A mministrazioni Pubblich e è l’ istituto perequativo (con scala urbana-comunale che proparticolare riferimento alla c.d. « perequazione urbanistica* ») , gressivamente è oggi inserito in che persegue le stesse finalità dell’esproprio, in quanto di fatto è Leggi Regionali « seconda generazione » (istituite a partire dagli anni finalizzato al reperimento di aree private per la realizzazione di Novanta del Ventesimo sec.) o talopere di pubblica utilità. volta introdotto extra legem se non A pplicabile nel caso in cui sia possibile coinvolgere almeno previsto da alcuna normativa locadue proprietà, il meccanismo perequativo prevede infatti di condile, per regolare situazioni in cui la logica tradizionale prevederebbe il videre costi e benefici indotti dalla trasformazione immobiliare tra ricorso all’istituto espropriativo, è diversi privati. Ne consegue che tutti i proprietari coinvolti cedono denominato « perequazione urbania titolo gratuito parte delle proprie aree (negazione della proprietà) stica ». Di scala più vasta è invece oggetto la c.d. « perequazione terriricevono limitazioni di utilizzo dell’ area di cui restano proprietari toriale », finalizzata a regolare i co(devono condividere la capacità edificatoria ammessa) e non ricesti e i benefici di trasformazioni tervono indennizzo in quanto le potenzialità di sviluppo immobiliare ritoriali che intervengono a livello garantite vengono stimate a compensazione del valore delle aree infra-comunale. cedute (si rimanda per approfondimenti al Paragrafo 8.4) .
Modalità di trasferimento Un bene immobile in regime di piena proprietà può essere trasferito secondo due modalità1 9 : i. a titolo derivativo ii. a titolo originario Nel primo caso (i) ci si riferisce alle successioni che intervengono nel diritto per contratto tra vivi o per successione mortis causa (causa di morte) . Nel rispetto del diritto di seguito le eventuali limitazioni che insistono sul bene vengono trasferite dal cedente al nuovo proprietario. 1 6 1 7 1 8 1 9
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Regolate dagli artt. 8 3-7 89 del C .C . Regolate dall’ art. 892 del C .C . Regolate dagli artt. 9 0- 907 del C .C . Regolate dall’ art. 92 del C .C .
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Nel caso in cui il trasferimento di un immobile avvenga a titolo originario (ii) i diritti riconosciuti sono l’ usucapione2 0 il diritto di superficie2 1 .
Azioni di difesa della proprietà C ih si afferma proprietario di un bene posseduto da altri può esercitare un’ azione di rivendica2 2 sul diritto reale contestato, dimostrando l’ intervenuta o presunta usucapione a suo vantaggio. C ontrariamente può intervenire un’ azione negatoria2 3 volta a contestare l’ esistenza di un diritto rivendicato o esistente da altro soggetto su un bene immobile. Ulteriori difese possono dare luogo ad azione di regolamento di confine2 4 , nel caso vi sia incertezza tra due proprietà adiacenti o apposizione di termini al confine2 5 quando si rende necessario, stabilito il limite di proprietà, identificarlo fisicamente a spese comuni dalle parti coinvolte.
La stima del più probabile valore di una piena proprietà Per quanto riguarda la valutazione può intervenire, in via generale, per diversi scopi di stima: alienazioni, trasferimenti in eredità espropri. Nel primo caso se si tratta di vendita ordinaria tra due parti si ricade nell’ estimo civile, per cui lo scopo della stima tendenzialmente coincide con la ricerca del più probabile valore di mercato (si rimanda al Paragrafo 2.2.1 « Il valore di mercato ») . D iverso è il caso del trasferimento derivativo di un bene in quote di eredità o dell’ esproprio parziale, che possono richi edere la stima del più probabile valore complementare delle porzioni di bene predefinite (si rimanda al Paragrafo 2.1.4 « Il valore complementare » e al Paragrafo 8.5 che propone un’ applicazione della stima per indennità di esproprio) . 8.1.3
Diritti reali minori
I diritti immobiliari reali minori, o « su cosa altrui » (ius in re aliena) , così come regolati dal Codice Civile italiano riguardano (vedi Fig. 8.1): i.
diritti reali di godimento: – l’enfiteusi – il diritto di superficie – l’ usufrutto – il diritto reale d’ uso – il diritto reale di abitazione – le servitù (prediali, sui generis, militari) ii. diritti reali di garanzia – l’ ipoteca 2 0 2 1 2 2 2 3 2 4 2 5
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Regolata dagli artt. 1 158 e seguenti del C .C . A ccessione in deroga secondo l’ art. 952 del C .C . Regolata dall’ art. 948 del C .C . Regolata dall’ art. 94 del C .C . Regolato dall’ art. 950 del C .C . Regolato dall’ art. 952 del C .C .
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Stlma del canone, Circolare O.M.I. 2011 Si tratta della Circolare interna dell’11/05/2011 (prot. n° 29104), avente per oggetto « Convenzione tra l’Agenzia del Territorio ed il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione (FEC) – Affrancazione canoni enfiteutici, censi e livelli ». Si segnala che a partire dal 1° dicembre 2012 l’Agenzia del Territorio e l’Agenzia delle Entrate sono state accorpate come da DL 95/2012 convertito nella L 135/2012. Ne consegue che, soppressa l’agenzia fiscale territoriale, l’Osservatorio del Mercato Immobiliare è oggi un organismo che fa direttamente capo all’Agenzia delle Entrate. Così è stato chiarito dalle sentenze della Corte Costituzionale n° 406/1988 e n° 143/1997 che hanno dichiarato che « il riferimento al reddito imponibile risultante dai dati catastali non è illegittimo... [purché] ne sia mantenuta adeguata, nei limiti di una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà economica ». In sostanza il reddito dominicale come valore di riferimento viene considerato obsoleto e non più rispondente agli attuali parametri di mercato, (rappresentati ad esempio dal V.A.M. - Valore Agricolo Medio, annualmente aggiornati dalle Regioni e pubblicati anche dall’Agenzia delle Entrate tramite l’O.M.I. - Osservatorio del Mercato Immobiliare). La circolare O.M.I. del 2011 ha inoltre indicato come utile criterio di aggiornamento l’indennità di esproprio, intesa quale soglia minima di valoreriferimento a cui equiparare l’enfiteusi in caso la stima porti ad un risultato inferiore.
S i tratta di diritti che intervengono di per sé a regolare il godimento o la garanzia di un cespite e che , molto più frequentemente di quanto non si pensi, affiancano o si sovrappongono al diritto fondamentale di proprietà, sia in capo alla stessa persona ch e a parti diverse.
L’Enfiteusi L’enfiteusi è, fra i diritti reali su cosa altrui, quello più ampio, al punto di essere stato considerato nei secoli precedenti come una forma di « piccola proprietà »2 6 , in quanto il proprietario (concedente) detiene un diritto che per certi aspetti appare subordinato a quello dell’enfiteuta. L’enfiteuta può infatti chiedere di subentrare come proprietario del bene a fronte del pagamento di una somma pari a quindici volte il canone annuo2 7 e il concedente è obbligato ad accettare. Contestualmente l’enfiteuta non può essere forzato ad affrancare l’ immobile. Uno dei pochi limiti di questo diritto minore riguarda l’impossibilità di concedere l’immobile in subenfiteusi, aspetto rilevante se si considera che, se non è chiaramente previsto un termine (comunque non inferiore ai 20 anni), il diritto è illimitato. Un secondo aspetto chi ave che limita l’ ampiezza di questo diritto di godimento è l’obbligo dell’enfiteuta di dover migliorare il fondo. Infine, al concedente spetta il diritto di interrompere l’enfiteusi se: 1) l’enfiteuta non garantisce il miglioramento del fondo; 2) la proprietà non riceve due annualità di canone. L’estinzione dell’enfiteusi può inoltre avvenire in caso il fondo venga distrutto2 8 . La stima del canone ch e spetta alla proprietà, corrisposto in denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali del fondo, così come definito nel 2011 in una C ircolare* della D irezione centrale dell’ O.M .I. - Osservatorio M ercato Immobiliare deve essere differenziata per:
2 6 L’uso di concedere porzioni anche considerevoli di terreni in enfiteusi era molto diffusa nel medioevo da parte di abbazie e monasteri i quali spesso si trovavano nella difficoltà di riuscire a gestire la totalità dei terreni di loro proprietà sia per le dimensioni che , acquisizione dopo acquisizione, diventavano sempre più estese, sia per la distanza che taluni appezzamenti avevano dalla sede principale. 2 7 C ome disposto dall’ art. 971 C .C . 2 8 C ome disposto dall’ art. 963 C .C .
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enfite i r tica*: il canone periodico deve essere equiparato al reddito dominicale opportunamente attualizzato tramite idonei criteri di aggiornamento e riflettere il valore di mercato del bene (la sua « effettiva realtà economica ») ; enfite i r ana*: il canone viene in questo caso individuato « ... applicando al valore dell’area considerata edificabile un equo saggio di rendimento e di conseguenza un capitale di affranco pari a 15 volte (come stabilito per legge) il canone così determinato »2 9 .
Infine si ricorda che il diritto di enfiteusi è suscettibile di comunione (coenfiteusi), ma non può costituirsi su una quota del fondo indiviso, visto che l’ obbligo di migliorare il fondo presuppone la piena materiale disponibilità di questo da parte dell’enfiteuta.
Il diritto di superficie
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Enfiteusi rustica L’enfiteusi ha tradizionalmente per oggetto fondi rustici. Tuttavia è anche applicabile a fondi urbani e a fabbricati edificati su terreni gravati da canone enfiteutico, ossia tutto ciò che è costruito su terreno gravato da canone enfiteutico diviene gravato a sua volta dal canone per accessione.
Enfiteusi urbana Essa riguarda sia i terreni edificabili sia quelli già edificati in quanto i fabbricati non possono essere considerati migliori e risultano essi stessi in proprietà al concedente. Tale conclusione fa riferimento alla nota n° 8475 del 19.12.1991 dell’Avvocatura dello Stato e al parere n. 661/1998 del Consiglio di Stato.
Il diritto di superficie3 0 può essere originato in due modi. La forma più diffusa prevede che sia costituito da una proprietà con lo scopo di rendere disponibile un edificio ad un terzo soggetto che si assume la responsabilità di mantenerlo. Il diritto si origina anche quando si aliena la proprietà di una costruzione separatamente da quella del suolo, operazione che dà origine al diritto di proprietà superficiaria3 1 , ch e evidenzia la possibilità di separare la vendita del terreno da quella dell’edificio. C omunque sia stato originato il diritto, esso può essere costituito a tempo determinato o illimitato e si estingue generalmente per scadenza del termine o, semplicemente, per mancato utilizzo. Fra tutti i diritti reali tipici dell’ordinamento italiano di civil law quello relativo alla superficie rileva forse le maggiori somiglianze con il concetto di realties secondo la common law, così come esaminata nel Paragrafo 8 .1 di questo capitolo, in quanto la sua caratteristica saliente è il limite temporale, che si traduce in termini di stima nell’ opportunità di individuare il valore del diritto con metodi di calcolo basati sulla capitalizzazione dei redditi futuri, scontati al valore attuale, ovvero al momento in cui si rende necessaria la stima3 2 . Nella pratica si identificano tre principali quesiti estimativi per i quali il professionista può essere chi amato a svolgere una stima: – –
definire il canone periodico di cessione del diritto di superficie; stimare il valore del terreno gravato da un diritto di superficie;
2 9 S i rimanda in questo caso ai contenuti del parere del C onsiglio di S tato n° 61/ 9 8 e alla nota del M inistero delle Finanze, datata 26 ottobre 2000, documenti testualmente richiamati nella Circolare O.M.I. del 2011. 3 0 Regolato dall’ art. 952 del C .C . 3 1 Regolato dall’ art. 952 del C .C . 3 2 Si osservi in particolare che il diritto di superficie illimitato è per certi versi sovrapponibile al concetto di freehold estate di diritto anglo-americano.
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quantificare il diritto del superficiario, ovvero del soggetto beneficiario del diritto, libero di affittare, vendere e ipotecare a sua volta l’immobile.
–
La stima del canone annuo da corrispondere al proprietario del fondo (Ca) può essere svolta esplicitando il canone (Ca) a partire dalla nota legge fondamentale che lega il valore al reddito, sostenuta dal criterio di « costo-opportunità » del capitale. La stima del canone si basa infatti sul prodotto tra V m, valore di mercato del bene, per il quale la proprietà rinuncia all’ uso assumendosi quindi un costo virtuale, e il saggio di interesse « r » ch e deve esprimere la redditività data dal migliore impiego alternativo del bene stesso: C
a
=V
m
× r
Ca = canone annuo V m = valore di mercato del « capitale fondiario » r = saggio di interesse annuale S i osservi ch e tale formulazione, nel voler tener conto degli eventuali costi di ripristino dell’ area, nel caso in cui il canone venisse corrisposto ex ante in un’ unica soluzione anticipata nell’ ambito di un diritto « a termine », dovrebbe tenere conto dell’ accumulazione delle « n » annualità secondo la formula3 3 : C Ca V m r q
a
= (V
m
× r) *[ (qn – 1)
/ rqn]
= canone annuo = « valore di mercato del capitale fondiario » = saggio di interesse annuale = (1 + r)
L’interesse a stimare un terreno gravato da diritto di superficie interviene solitamente nel caso in cui tale diritto sia temporaneo. La procedura di stima in questo caso è finalizzata ad accumulare al momento di stima l’ annualità del canone al quale deve essere sommato il valore del fabbricato o dell’ area al termine della cessazione del diritto. Il tutto deve ovviamente essere scontato al momento temporale di redazione della stima: V dp = { C a × [ (qm –1) / rqm] } + V f*(1/ qn) V dp Ca V f m r q
= valore del diritto di superficie = annualità del canone = valore del fabbricato/ area al termine del contratto = durata del contratto = saggio di interesse annuale = (1 + r) Se invece si intende quantificare il diritto del superficiario, che, si ricorda, ha la facol-
3 3 C fr. G .B . C ipollotti, Estimo generale ed immobiliare, Studi e progetti-Architettura e U rbanistica, libreria universitaria.it, 201.
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tà di trasformare l’ area, può essere utile stimare tale valorizzazione per capitalizzazione dei redditi « R » generati dall’immobile per il periodo « m » di durata del diritto. Formalizzando: V ds = R × (qn – 1) / rqn V ds R m r q
= valore del diritto del superficiatario = redditi = durata del contratto = saggio di interesse annuale = (1 + r)
L’usufrutto L’ usufrutto3 4 rappresenta il diritto di godere ed usare un immobile di proprietà altrui, compresi i redditi (frutti naturali in agricoltura, o civili, se si tratta di ricavi di affitto3 5 ) . E siste tuttavia l’ obbligo di rispettarne la destinazione economica, provvedendo economicamente a sostenerla. La posizione in cui viene a trovarsi il proprietario del bene è la nuda proprietà. Il diritto di usufrutto è limitato nel tempo e « ... si estingue allo scadere del termine previsto su contratto dalle parti, alla morte dell’ usufruttario stesso, oppure, nel caso il diritto sia a favore di una persona giuridica, può durare al massimo 30 anni3 6 ». Il diritto può inoltre essere estinto se l’ usufruttario muta la destinazione economica del bene. Le spese per imposte e canoni che gravano sul bene sono a carico dell’ usufruttario, mentre i costi di eventuali manutenzioni straordinarie devono essere sostenute dalla proprietà o rimborsate dell’ importo risultante dalla minore somma tra quanto speso e l’ effettivo incremento di valore stimato per l’ immobile. L’ usufrutto può essere stabilito a titolo gratuito o tramite il pagamento di un corrispettivo. In ogni caso può essere richiesto individuare o verificare in un dato momento il valore dell’ usufrutto e della relativa nuda proprietà. C ome di seguito argomentato, di questi due quesiti estimativi il secondo è stato trattato in letteratura da punti di vista anche diversi. È invece opinione condivisa ch e la stima del valore di usufrutto, inteso come quantitativo di moneta equivalente al diritto di poter trarre vantaggi economici per la durata stabilita nello stato attuale e specifico di destinazione economica del bene, debba essere interpretato come un valore di capitalizzazione, ovvero si ottiene svolgendo la somma attuale dei redditi percepiti dall’ usufruttario secondo la formula generale3 7 : V
du
= Ru × (qn – 1) / (r × qn)
Regolato dagli artt. 9 78 e seguenti del C .C . G li immobili in usufrutto possono essere infatti locati a terzi per periodi di tempo coerenti con la massima durata del diritto (naturale scadenza) o comunque non oltre 5 anni dalla data di cessazione del diritto. L’ aspetto specifico è regolato dall’art. 999 del C.C. 3 6 Come specificato all’art. 978 del C.C. 3 7 A titolo di completezza si ricorda che gli autori G rittani e G rillenzioni propongono, nel caso in cui il reddito sia funzione di una componente immobiliare e una mobiliare è opportuno sommare nella formula le due componenti, in modo di tenere conto di due differenti saggi di sconto, visto che « ... è noto [ ...] che il saggio di un capitale, ancorché a fecondità ripetuta, ma di natura mobiliare è certamente più elevato [ di quello relativo ad un immobile] ». C fr. M . G rillenzoni, G . G rittani, Estimo. Teoria, procedure di valutazione e casi applicativi, C alderini, B ologna, 194; p. 53. 3 4 3 5
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V du Ru n r q
= valore dell’ usufrutto = reddito dell’ usufruttuario = residua durata in anni dell’ usufrutto = saggio di sconto = (1 + r)
Il saggio di sconto « r » da adottare può non coincidere con quello degli investimenti fondiari, in quanto non si tratta propriamente di un’ operazione di compravendita del fondo, bensì della cessione del diritto di godere della cosa per un tempo determinato. La grandezza « r » deve infatti corrispondere ad un tasso di sconto coerente al flusso reale di redditi attribuibili all’ immobile3 8 . C on riferimento alla letteratura estimativa italiana sull’ argomento l’ approccio da seguire per il calcolo del valore della nuda proprietà sembra invece poter essere interpretato in modi differenti. C ome ricordano ad esempio gli autori M . e I. M iche li3 9 il proprietario di un bene in usufrutto a terzi detiene un diritto di nuda proprietà di disporre dell’ immobile e di godere dei suoi frutti a partire dal momento in cui si estingue l’ usufrutto. Il valore della nuda proprietà viene quindi proposto quale risultato della formula: V np =V × 1/ qn V
= valore della nuda proprietà = valore dell’ immobile all’ anno n = residua durata in anni dell’ usufrutto = (1 + r ) dove r è il saggio di sconto
np
V
n q
D ove essendo « n » la variabile relativa alla « residua durata in anni dell’ usufrutto » se ne ipotizza la probabile durata con riferimento alle tavole di mortalità e sopravvivenza della popolazione italiana, aggiornate periodicamente dall’ IS TA T. C ome ricordano gli autori G rittani e G rillenzoni4 0 il valore della nuda proprietà può essere meglio stimato calcolando la differenza tra il valore di mercato del bene non gravato da usufrutto e il valore dell’ usufrutto stesso, attraverso la formula: V np =V V V
m du
m
–V
du
= valore di mercato del bene = valore dell’ usufrutto
La seconda formalizzazione [ 7] proposta sembra rappresentare un’ alternativa plausibile, per altro allineata anche ad alcune considerazioni svolte da D i C occo4 1 , che osserva come sia intuibile che il valore della nuda proprietà tenda ad essere inferiore a quello di mercato dato che nel mercato immobiliare si rileva frequentemente un differenziale posiS i segnala che l’ approccio seguito nella trattazione è basato sul testo di G .B . C ipollotti, 201, op.cit. C fr. M . M iche li, I. M iche li, Trattato di estimo, E dagricole, B ologna, 20. 4 0 C fr. M . G rillenzoni, G . G rittani, Estimo. Teoria, procedure di valutazione e casi applicativi, C alderini, B ologna, 194. 4 1 C fr. E . D i C occo, Economia Agraria, E dizioni A gricole, B ologna, 1960. 3 8 3 9
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tivo tra il valore di mercato di un immobile ottenuto per comparazione di beni simili e il valore dello stesso stimato per capitalizzazione del reddito.
Il diritto reale d’uso e di abitazione Il diritto d’ uso e il diritto di abitazione (o di uso alla casa) per quanto assimilabili al regime giuridico dell’ usufrutto4 2 , ne rappresentano delle limitazioni, così come ch iarisce il Codice Civile italiano, che specifica come beni su cui gravano tali limitazioni non possono essere cedibili o concedibili in locazione4 3 . Il diritto reale d’ uso4 4 rappresenta il diritto di servirsi di un bene e, se fruttifero, di raccoglierne i frutti, limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia, mentre il diritto di abitazione4 5 si limita al diritto di abitare in una casa, sempre limitatamente ai propri bisogni e della propria famiglia. In entrambi i casi i diritti sono personali e non cedibili e si estinguono con la morte del titolare. In particolare il valore del diritto di abitazione è in funzione del canone d’affitto. Il valore del canone corrisponde concettualmente al valore dell’ usufrutto percepito dal beneficiario e corrisposto alla proprietà, per il quale rappresenta un reddito. Come assodato in letteratura estimativa si può infatti ritenere che la stima del diritto d’ abitazione (V da) corrisponda ad una sorta di svalutazione applicabile al valore del diritto d’ usufrutto4 6 secondo la seguente formula: V V
m
da
=V
du
= valore di mercato del bene = coefficiente di svalutazione
Il coefficiente « », compreso tra 0 ed 1 , può essere riferito alla base temporale di utilizzo dell’ immobile (se in giorni pari a 365 e se in mesi pari a 12) . Nella pratica professionale dell’ estimo si ricorda che alcuni casi ricorrenti di questi diritti ricadono sovente nell’ ambito di separazioni matrimoniali e successioni testamentarie.
Servitù prediali La locuzione « prediale », dal latino predium, fondo, identifica situazioni in cui l’esercizio della piena proprietà di un fondo è limitato dal riconoscimento di un diritto alla proprietà di un altro fondo (fabbricato o terreno) 4 7 . C aso tipico è rappresentato dalla servitù (o diritto) di passaggio pendente da altro fondo privato. C ome vedremo più avanti esistono altri casi, quali le servitù sui generis e servitù militari, trattate a parte per metterne in luce le relative specificità. 4 2 4 3 4 4 4 5 4 6 4 7
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C fr. G rillenzoni, G . G rittani; op. cit. pag. 51. C osì come sancito all’ art. 1024 del C .C . Regolato dall’ art. 102 del C .C . Regolato dall’ art. 102 del C .C . C fr. G .B . C ipollotti, 201; op. cit. Regolati dagli artt. 1027109 del C .C .
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Il fondo su cui insiste il diritto altrui è definito « servente » ed è caratterizzato da servitù passiva, mentre quello che beneficia della servitù attiva è detto « dominante ». Una servitù prediale può essere definita, in funzione della modalità di costituzione4 8 : volontaria4 9 (su contratto o testamento) , per usucapione5 0 (in virtù dell’ esercizio del diritto incontestato da parte di terzi per una durata superiore ai 20 anni) e per destinazione5 1 del padre di famiglia (per derivazione da un precedente assetto proprietario indiviso) . D iversamente, il diritto si estingue per confusione5 2 (ovvero ricongiunzione delle parti in un’ unica proprietà) o per prescrizione5 3 (quando la servitù non viene usata per 20 anni) . La durata è anche in questa famiglia di diritti reali minori una variabile fondamentale. Si distingue in particolare tra servitù identificate come « temporanee » (limitate a 9 anni) o diversamente considerate « permanenti » (con durata superiore ai 9 anni) . Da quanto detto, si evince che, ai fini estimativi, la presenza di un diritto di servitù su un fondo generalmente comporta l’ interesse a valutare la sua minore appetibilità di mercato e comunque richi ede di valutare l’ ammontare dell’ indennizzo dovuto alla proprietà servente da parte di quella dominante. Nel caso di servitù di passaggio la servitù spesso interviene quando un fondo intercluso o di difficile accesso può ottenere diritto di passaggio su un fondo vicino. Ciò influisce sui seguenti aspetti economici del bene: patrimoniale complessiva: il valore di mercato subisce una svalutazione in quanto, pur non intervenendo una perdita di consistenza fondiaria, la proprietà sconta una limitazione del suo pieno uso; patrimoniale temporanea (eventuale) : l’ immobile può subire danni causati dalle opere eseguite per la costituzione fisica della servitù; fiscale: il fondo servente risulta fiscalmente gravato nella stessa misura ante servitù, anche a fronte della parziale perdita di valore d’ uso e quindi di capacità produttiva; produttiva (eventuale) : possono andare perdute le coltivazioni attive al momento dell’ introduzione della servitù.
– – – –
D i questi aspetti si tiene pertanto conto nell’ impostare l’ equazione utile alla stima dell’ indennizzo, per la quale è propedeutico, innanzitutto, calcolare il differenziale di valore corrispondente alla minor appetibilità commerciale del fondo a seguito dell’ istituzione della servitù. Tale differenziale può essere ad esempio calcolato con la formula5 4 : ∆Vo = (V
V
1 2
4 8 4 9 5 0 5 1 5 2 5 3 5 4
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–V 2
) × (sf – sa)
= differenziale di valore = valore commerciale del fondo ex ante = valore commerciale del fondo ex post
o
V
1
Regolate dall’ art. 103 del C .C . Regolata dall’ art. 1058 del C .C . Regolata dall’ art. 158 del C .C . Regolata dall’ art. 1062 del C .C . Regolata dall’ art. 107 del C .C . Regolata dall’ art. 1073 del C .C . S i rimanda ad esempio al volume: G .B . C ipollotti, 201;
op. cit.
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sf sa
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= superficie totale del fondo = superficie asservita Ne consegue che l’ indennizzo può essere stimato attraverso l’ equazione: Ind = V 2
+ (Imp/r) + Fp + ∆Vo + D
Ind V 2
= indennizzo = valore commerciale del fondo ex post (comprensiva dell’ eventuale area di rispetto) Imp/r = capitalizzazione delle future imposte gravanti sulla parte oggetto di servitù passiva (annualità costanti posticipate illimitate) Fp = mancato raccolto relativo alla porzione di terreno interessata,al netto delle spese non più dovute o = differenziale di valore D = indennizzo di ulteriori danni
Le servitù sui generis Le servitù sui generis, quali sono ad esempio quelle che interessano il passaggio di impianti relativi a reti di distribuzione di pubblica finalità. Questa definizione, su cui insiste ad esempio M . Polelli5 5 , permette di annoverare in questa forma di limitazione del diritto di proprietà privato tutti i casi ch e riguardano servitù coattive5 6 (determinate per legge tramite sentenza che individua un’ indennità da riconoscere alla proprietà del fondo servente, per contratto o attraverso atto amministrativo) . È il caso di acquedotti, elettrodotti, metanodotti, che , come ha stabilito la sentenza di C assazione n° 2980/ 197, comporta il « ... passaggio coattivo [ di detti impianti] su fondo altrui ». Una seconda sentenza, la n° 1567 del 1972 ha inoltre specificato che « ... [tali servitù] non hanno natura personale, perché non sono legate attivamente alla persona titolare e dei suoi aventi causa, dato che la loro titolarità appartiene ad una collettività di persone [ ...] ; non sono neppure servitù prediali perch é non sono costituite a favore di un fondo [ ...] . Presentano però analogie con queste perché consistono in un diritto reale su cosa altrui ». In questo caso la stima dell’ indennizzo, sempre secondo M . Polelli5 7 , risulta, in via generale5 8 , dalla risoluzione dell’ equazione: Ind = V Ind V
1
+ 1/ 4 × V 2
+ (V A
–V
P
) + 1/ 2 × V 3
= indennizzo = valore commerciale dell’ area direttamente occupata dalle tubature e dai dispositivi di controllo/ sicurezza dell’ impianto
1
C fr. M . Polelli, Nuovo trattato di estimo, M aggioli E ditore, Rimini, 208, p. 25. Regolata dall’ art. 1032 del C .C . 5 7 C fr. M . Polelli, op. cit. pag. 23 5 8 Una trattazione più ampia è svolta sia dallo stesso M . Polelli che dagli autori G rittani e G rillenzoni. Infatti, a seconda di come è occupata l’ area o dal tipo di infrastruttura presente, possono essere individuate variazioni della formula generale (11) qui proposta. 5 5 5 6
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V
= valore dell’ area sporadicamente occupata per il passaggio dei tecnici addetti alle operazioni di controllo (V A – V P) = diminuzione di valore del fondo legata all’impossibilità di edificare entro una determinata distanza dall’ asse delle tubazioni V 3 = diminuzione di reddito che il proprietario subisce per l’ impossibilità di coltivare piante d’ alto fusto. 2
Per gli oneri gravanti su beni di proprietà dello S tato, Province o C omuni e che siano di uso pubblico, la corresponsione dell’ indennità avviene invece attraverso il pagamento di un canone annuo.
Servitù militari Per quanto riguarda le servitù militari5 9 si specifica, come del resto indicato dagli autori G rittani e G rillenzoni6 0 che « ... si configurano come limitazioni al normale diritto di proprietà per quelle aree ubicate in prossimità di opere ed installazioni permanenti di difesa (manufatti edilizi ed aree di deposito di materiale bellico, impianti ed installazioni radio e radar di segnalazione e di riconoscimento, poligoni di tiro, ecc.) esistenti lungo le coste, presso le basi navali, gli aeroporti6 1 e le zone di confine ». Tali limitazioni, che ha nno una durata massima di 5 anni (rinnovabile entro scadenza) , comportano l’ indennizzo alla proprietà assoggettata che assume la forma periodica (annuale) pari al doppio del reddito agrario e dominicale dei terreni e dei fabbricati valutati ai fini dell’imposizione del reddito. L’ indennizzo, corrisposto su base annua per 15 anni, viene rapportato alla metà o mantenuto intero a seconda che le limitazioni indotte sull’ area riguardino elevazioni di terra, altro materiale, ecc.6 2 , oppure la possibilità di aprire strade, edificare, sopraelevare, ecc6 3 .
Diritti reali di garanzia su immobili: l’ipoteca Il diritto reale di garanzia immobiliare è rappresentato dall’ ipoteca6 4 , ch e può essere esercitata sia su proprietà immobiliari sia su diritti reali minori. Tale diritto consente ad un proprietario, ch e per esempio accende un debito (mutuo) , di poterlo garantire per il valore dell’ immobile ipoteca pur mantenendo il possesso pieno del bene. L’ estinzione è automatica a 20 anni dalla costituzione, tuttavia, se il mutuo ha durata superiore, il creditore è tenuto a rinnovare il diritto di garanzia e, qualora la proprietà voglia vendere l’ immobile prima della prescrizione ventennale dell’ ipoteca, occorre ch iedere al creditore l’ assenso alla cancellazione. A ltra caratteristica dell’ ipoteca è l’ indivisibilità, perch é si estende sull’ intero bene che ne è oggetto e sulle sue parti. L’ ipoteca si costituisce con l’ iscrizione nei Registri Immobiliari con indicazione del « credito da garantire », che corrisponde allo scopo della stima. Regolamentate dalla L. 89/ 1976. C fr. G rillenzoni, G . G rittani; op. cit. pag. 56. 6 1 S i osservi che come stabilito dal C onsiglio di S tato, IV S ez., 30.10.1963 verati tra i luoghi che possono imporre servitù a carattere militare. 6 2 A i sensi dell’ art. 2, lettera a, della L. 89/ 1976. 6 3 A i sensi dell’ art. 2, lettera b, della L. 89/ 1976. 6 4 Regolato dall’ art. 280 e successivi del C .C . 5 9 6 0
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gli aeroporti sono anno-
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L’istituto giuridico dell’esproprio per pubblica utilità
L’ esproprio è un istituto giuridico che , come accennato nel paragrafo precedente, rappresenta « ... una delle più gravi limitazioni al diritto di proprietà »6 5 . Il C odice C ivile italiano indica ch e tale meccanismo limita un diritto reale fondamentale prevedendo, comunque, « ... il pagamento di una giusta indennità »6 6 a risarcimento della proprietà. S eppur espressione di un potere ablatorio6 7 a carattere reale « il cui fine si riversa nella sottrazione ad un soggetto privato, o in taluni casi, ad un soggetto di diritto pubblico, della proprietà o del possesso di un determinato bene mobile o immobile »6 8 è necessario ricordare, come evidenzia Orefice, che l’esproprio non deve essere inteso come « ... violazione del diritto di proprietà ma deve rappresentare una conciliazione del diritto del singolo con quello della collettività »6 9 , ovvero il meccanismo è finalizzato a far prevalere il superiore interesse pubblico (compresa relativa utilità e beneficio collettivo)7 0 . S i tratta quindi di un istituto preordinato ad esercitare effetti importanti sia sulla gestione del diritto reale fondamentale privato sia sulla programmazione urbanistica, in quanto comporta il raggiungimento di nuovi equilibri generati dal trasferimento di risorse fisiche e di diritti giuridici a fronte di compensazioni economiche tra le parti coinvolte. D a quanto rich iamato è facile comprendere come la materia sia complessa e meriti un approfondimento sistematico della normativa nazionale vigente7 1 , della relativa evoluzione a partire dal Diciannovesimo secolo, fino a tracciare alcuni spunti operativi per il calcolo delle indennità espropriative. Un primo argomento che tuttavia è doveroso chi arire riguarda la nozione di « interesse pubblico » in quanto rappresenta oggetto e finalità del meccanismo espropriativo. 8.2.1
L’esercizio del pubblico interesse
C ome noto, gli enti pubblici sono responsabili della tutela della trasformazione e valorizzazione territoriale e anelano alla massimizzazione dei benefici collettivi. Per quanto riguarda la gestione dei beni immobili è opportuno chi arire che l’ esercizio del pubblico interesse può essere declinato in diverse modalità, che rispondono all’ assetto proprietario dei beni stessi e alle funzioni e utilità pubbliche da preservare e garantire. La fornitura di servizi di pubblica utilità può di fatto essere esercitata dagli enti territoriali sui propri beni in proprietà, comportando l’ aderenza tra il diritto reale di proprietà e quello di pubblico interesse. Tuttavia, mentre tutte le opere pubblich e possono essere considerate « di pubblica 6 5 I. M iche li, M . M iche li, rattato i ti o a ta ioni finan iarie ega i r ra i in tria i cata ta i e ambientali, E dizioni A gricole, M ilano, 209. 6 6 A rt. 834 del C .C . 6 7 Si ricorda che un provvedimento è definito « ablatorio » quando esercita un potere restrittivo. 6 8 G . G arrone, E . B isio, M .P. G enesin, Percorsi di diritto amministrativo, V ol. II – Espropriazione, Edilizia, U rbanistica, Torino, 208, p. 1. 6 9 M. Orefice, Estimo Civile, UTET università, 2007, Novara, p. 252. 7 0 C asetta E ., Compendio di diritto amministrativo, G iuffrè E ditore, 201. 7 1 Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con D ecreto del Presidente della Repubblica n° 327, l’ 8 giugno 201 ed entrato in vigore il 1° giugno 201.
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utilità », non è sempre vero il contrario7 2 . La pubblica amministrazione può infatti esercitare diritti reali di pubblico interesse su cosa altrui, ovvero, anch e su beni privati7 3 . S i pensi, ad esempio, a beni ch e appartengono a privati e ch e « pur essendo destinati alla funzione individuale soddisfano un interesse generale »7 4 quali alloggi in residenze pubbliche , o impianti privati per la produzione di energia. In questo contesto si distingue tra « diritti demaniali su bene altrui »7 5 , automaticamente riconosciuti agli enti nel caso, ad esempio, di istituzione di servitù prediale pubblica dovuta al passaggio di un elettrodotto su fondo privato, o di « diritti di uso pubblico ». Quest’ ultima famiglia di diritti insiste su beni privati che , pur essendo svincolati da eventuali rapporti funzionali tra proprietà privata e uso pubblico, possono ad esempio essere contigui in termini di viabilità (come nel caso di strade vicinali, spazi privati aperti, ecc.) . Infine, la pubblica amministrazione può far valere la finalità di pubblico interesse invocando la pubblica utilità di opere da predisporre su beni terzi. È questa la situazione in cui l’ ente si avvale dell’ istituto espropriativo per acquisire le aree pubbliche o private su cui eseguire le opere. S i ricorda, tuttavia, che , per quando riguarda i beni pubblici sono inespropriabili i beni demaniali e i beni appartenenti al patrimonio indisponibile7 6 , mentre possono essere espropriati tutti i beni che comportano beneficio alla collettività7 7 . 8.2.2
Evoluzione della normativa
Come ricordano I. e M. Micheli l’istituto espropriativo è stato codificato nel nostro Paese in modo sistematico a partire dalla Legge fondamentale del 5 maggio 184, a cui fece seguito la Legge del 25 giugno 1865 n° 2359, poi sostituita dala Legge dell’ 8 agosto del 1935. M algrado la normativa si sia evoluta in modo incalzante nel corso del tempo, è interessante segnalare ch e la Legge del 184 è oggi ancora considerata « un attestato di sa7 8 pienza e tecnica » . La presenza di un corpus normativo ordinato quale il T.U., ha rappresentato un traguardo atteso oltre 1 50 anni, durante i quali si era resa via via più complessa l’ applicazione dell’ istituto, comportando confusione nell’ interpretazione stessa del diritto pubblico e privato. Le diverse norme subentrate con il tempo e per rispondere a problemi particolari, come nel caso della vasta operazione di esproprio di immobili condotta a Napoli per il risanamento dei vecchi quartieri centrali avevano infatti generato nel tempo una certa incertezza sulle modalità di calcolo dell’ indennizzo. La Legge speciale del 1 5 gennaio del 1 8 8 5 , n° 2 8 9 2 merita quindi di essere approfondita nelle finalità economiche che intendeva perseguire. La precedente Legge del 1865 7 2 P. Loro, La nozione di opera pubblica o di pubblica utilità nel Testo U nico dell’espropriazione DPR 2011 , in w w w .esproprionline.it, 2/ 09/ 205, p. 1. 7 3 Per approfondimenti sulla dottrina giuridica in tema di esproprio di beni pubblici si rimanda al testo: S . B ollino, La dichiarazione di pubblica utilità , E xco E dizioni, Padova, 2013. 7 4 TA R C alabria, C atanzaro, sezione 1 - ottobre 209, n° 127. 7 5 Tali diritti sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico dall’ art. 8 2 5 C .C . e per questo sono così identificati. 7 6 A titolo di completezza si ricorda che salvo diverse disposizioni non sono espropriabili anche i beni immobili aperti al culto. 7 7 Come del resto specifica l’art. 4 del Testo Unico, ai commi 1 e 2. 7 8 I. M iche li, M . M iche li, rattato i ti o a ta ioni finan iarie ega i r ra i in tria i cata ta i e ambientali, Edizioni Agricole, M ilano, 209.
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comportava infatti il risarcimento del valore dei beni espropriati secondo valori di mercato (art. 39) . I quartieri di Napoli, fatiscenti e privi di condizioni igienico-sanitarie erano stati veicolo dell’ epidemia di colera abbattutasi nella città e necessitavano pertanto di un risanamento a fronte di demolizione e ricostruzione. Tuttavia, a fronte delle condizioni in cui versavano gli immobili non poteva ritenersi corretto espropriatore gli immobili a valori di mercato. Il governo D epretis intuì che la migliore soluzione doveva impostare il problema su un compromesso, in modo da permettere l’ acquisizione delle aree e degli immobili interessati dal risanamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello estrinsecato dagli elevati affitti del momento. Per attuare l’ escamotage venne messa in discussione per la prima volta l’ equivalenza tra valore della proprietà e giusto prezzo dell’indennizzo, a beneficio di un superiore fine sociale. Il provvedimento legislativo del 185 rappresentò quindi un momento evolutivo fondamentale per la legislazione urbanistica sul tema dell’ esproprio e del relativo calcolo dell’ indennità. L’ art. 13 della legge del 185, che chi ariva le modalità d’ indennizzo, indicava che il risarcimento sarebbe stato corrisposto con riferimento alla « media del valore venale e dei fitti coacervati dell’ultimo decennio, purché essi abbiano data certa, corrispondente al rispettivo anno di locazione. In difetto dei fitti accertati, l’indennità sarà fissata sull’imponibile netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati. I periti non dovranno tenere conto nella stima dei miglioramenti e delle spese fatte dopo la pubblicazione del Piano ». In tempi più recenti Orefice7 9 richiama un’altra legge destinata a modificare i parametri economici dell’ esproprio, sempre a tutela di un’ altra particolare situazione. C ome noto, negli anni Sessanta del ’900, caratterizzati da un crescente boom demografico e contestualmente da una galoppante rapida crescita di valore delle aree edificaabili, era esigenza diffusa delle amministrazioni reperire a prezzi contenuti aree da destinare all’ edilizia pubblica. La crescita esponenziale delle rendite, dovuta anche alla repentina urbanizzazione delle aree peri-urbane, motivò una riflessione ulteriore sulle modalità di stima dell’indennizzo, nell’ ottica di razionalizzare la spesa proprio nelle aree a greenfie , esterne al perimetro urbano, in cui gran parte delle operazioni immobiliari pubbliche fu poi avviata. Il modo di calcolare le indennità secondo la Legge n. 865 del 197 (Legge per la casa), modificata poi dalla Legge n. 10 del 1977 (Legge Bucalossi) ha introdotto il criterio del valore agricolo medio determinato dagli uffici tecnici erariali in base al tipo di coltura ed alla regione agraria di appartenenza dell’ immobile. Per le aree esterne ai centri abitati si teneva presente il valore agricolo medio della coltura in atto (V A M ) ; per le aree interne si faceva riferimento al valore della coltura più redditizia (B C R) moltiplicato per determinati coefficienti. Con la « Legge per la casa » venne anche introdotto i concetto di « cessione volontaria » consistente nell’ attuazione di una vera e propria compravendita tra espropriante ed espropriando. Tale cessione sospendeva il procedimento coattivo accelerando l’ acquisizione del bene: il prezzo di cessione era dato dal valore agricolo medio opportunamente maggiorato, in modo da incentivare il ricorso a questo sistema. Nel 1980, con la sentenza n. 5, la C orte C ostituzionale dichi arò incostituzionali i criteri di calcolo stabiliti dalla « Legge per la casa »: il V A M , anche se aumentato con idonei coefficienti, non poteva rappresentare il valore di un terreno edificabile in un centro urbano. 7 9
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M. Orefice, Estimo Civile, op. cit.
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In attesa di una nuova legge in materia venne approvata la Legge n. 385 del 1980 cosiddetta « Legge tampone » che in via provvisoria reintegrava i criteri aboliti. La nuova legge però tardò ad arrivare e la C orte C ostituzionale con la sentenza n. 23 del 1983 dichi arò incostituzionale anche la « Legge tampone » per cui le indennità di esproprio sulle aree edificabili vennero di nuovo calcolate con i criteri della Legge fondamentale del 1865. Un nuovo metodo di calcolo dell’indennità di esproprio per le aree edificabili venne introdotto dalla Legge n. 359 del 1992 « Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica », che sostanzialmente si rifaceva alla « Legge di Napoli » del 185, prevedendo tuttavia un’ ulteriore riduzione del 40% (da non applicarsi in caso di cessione volontaria) . La C orte C ostituzionale (sentenza n. 2 8 3 del 1 9 9 3 ) h a poi ribadito la legittimità dell’ indennità così calcolata in quanto rappresentativa del massimo contributo e riparazione che la Pubblica A mministrazione poteva garantire all’ interesse privato. 8.2.3
Il testo unico
L’ intera materia espropriativa è attualmente contenuta nel Testo Unico sull’ espropriazione (DPR n° 327 del 2001 modificato dal D.L. n° 302 del 2002) che all’art. 58 abroga (unificando) le precedenti normative in materia8 0 . Tra le maggiori novità introdotte dal T.U. si segnalano: – – –
una più chi ara interpretazione del procedimento amministrativo e migliore connessione con le previsioni urbanistiche ; una migliore sistematicità nella trattazione del calcolo dell’ indennità di esproprio per aree edificabili e non edificabili (anche a fronte delle rettifiche intercorse a seguito della Legge Finanziaria 20088 1 ) ; maggior supporto normativo-procedurale nel caso di rifiuto dell’indennità provvisoria da parte dell’ espropriato. Le 4 fasi che il Testo Unico riconosce nel procedimento di espropriazione sono:
1)
2) 3) 4)
apposizione al bene del vincolo preordinato all’ esproprio: – contestualmente all’ approvazione del Piano Regolatore G enerale; – la durata del vincolo è quinquennale; – il vincolo decade se non viene effettuata la dich iarazione di pubblica utilità dell’ opera entro la durata del vincolo. dichi arazione di pubblica utilità dell’ opera; determinazione dell’ indennità di esproprio; decreto di espropriazione.
8 0 A titolo di completezza si segnala che il Testo Unico sugli espropri è stato successivamente integrato dal D .Lgs. del 27/ 12/ 204 n. 30 « Integrazioni al D .P.R. 8 giugno 201, n. 327, in materia di espropriazione per la realizzazione di infrastrutture lineari energetiche » che norma un procedimento unico per l’ autorizzazione e l’asservimento di aree per la realizzazione di gasdotti, elettrodotti, oleodotti e reti di trasporto di fluidi termici, ivi incluse opere, impianti e servizi accessori connessi o funzionali all’ esercizio degli stessi, nonché gasdotti e oleodotti necessari per la coltivazione e lo stoccaggio degli idrocarburi. 8 1 Legge 24 D icembre 207, n. 24, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.
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Si osservi che il T.U. specifica che nel caso la parte espropriata non sia d’accordo sulla modalità di indennizzo provvisorio l’autorità espropriante (così come definita all’ art. 3 del Testo) invita la controparte ad avviare un arbitrato. In questo caso è prevista la nomina di un tecnico per parte e viene in genere fissato un limite di 90 giorni per la redazione delle stime, le cui spese sono sostenute dal soggetto espropriato nel caso il risultato sia inferiore all’ importo proposto dall’ autorità pubblica8 2 . Ne consegue a sua volta l’ accettazione del risarcimento oppure il ricorso del privato in C orte d’ A ppello. In particolare è il C apo V I, agli artt. 32 -44, che esplicita le modalità previste dalla Legge per individuare l’ entità dell’ indennità di espropriazione per: – – –
aree edificabili; aree edificate; aree non edificabili;
D iversamente da come era originariamente stabilito dall’ art. 3 7 del T.U. del 2 0 0 1 l’indennità di esproprio delle aree edificabili è oggi equiparata al valore di mercato. Il Testo Unico ha infatti subito una importante innovazione in seguito alla sentenza della C orte C ostituzionale n. 3 4 9 del 2 0 0 7 , ch e h a dich iarato l’ illegittimità dei contenuti del suddetto articolo, in quanto comportava indennizzi inferiori al valore di mercato8 3 . L’ art. 37 sostanzialmente richi amava i contenuti dell’ art. 5- bis, commi 1 e 2, del D .L. n° 3 dell’11 luglio 1992 – Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica – poi convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 359 dell’8 agosto 1992. La modifica è intervenuta attraverso la Legge Finanziaria 2008 (commi 89 e 90 dell’art. 2) che recita: « l’inennit i e propria ione i n area e ificabi e eter inata ne a i ra pari a a ore venale del bene » e stabilisce « qualora [ ...] sia stata offerta un’ indennità provvisoria [...] inferiore agli otto decimi in quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10% ». È stato inoltre previsto che se l’area edificabile è utilizzata a scopi agricoli al proprietario utilizzatore spetta un’ indennità pari al V A M del tipo di coltura effettivamente praticato. Anche le aree legittimamente edificate danno origine ad un indennizzo commisurato al valore venale del bene, sostanzialmente in linea con la Legge del 1865. D evono tuttavia operarsi alcuni distinguo. S e infatti il sedime è occupato da immobile abusivo, l’ indennità copre solamente il valore dell’ area. S e invece il proprietario ha già avviato una procedura per sanare la difformità edilizia-urbanistica, l’ autorità espropriante, sulla base di quanto disposto dal D.Lgs. n. 302 del 2002, a modifica dell’originario art. 38 del T.U., può corrispondere un’indennità integrata solo a seguito della verifica di sanabilità della situazione. Infine, nel caso l’esproprio gravi su un’area non edificabile il Testo Unico, all’ art. 4 0 , prevede di applicare i criteri già formulati dalla Legge n° 8 6 5 del 1 9 7 1 . S i ricorda ch e tale provvedimento chi ariva che la base del valore è rappresentata dal V A M -V alore A gricolo M edio aggiornato in sede provinciale dalla commissione espropri di riferimento, con rifeS i rimanda al Testo Unico per maggiori dettagli. Il criterio originario introdotto all’ art. 37 del T.U. per il calcolo dell’ indennizzo di esproprio nel caso di area edificabile prevedeva, infatti, di calcolare la semisomma tra il valore venale del bene e il decuplo del reddito dominicale, considerato ai fini tributari, ulteriormente ridotto del 40%. 8 2 8 3
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rimento alle colture praticate nella regione agricola in cui è inserita l’ area da stimare. In caso l’area non edificabile non sia coltivata, il riferimento valoriale è rappresentato dal V A M corrispondente al tipo di coltura prevalente nell’ area. In caso siano presenti manufatti all’ interno dei fondi agricoli la normativa prevede che vengano valutati al mercato. Un ultimo aspetto rilevante riguarda la retrocessione e vendita degli immobili espropriati, che subentra come diritto dell’ espropriato se l’ opera pubblica prevista non viene eseguita nei tempi stabiliti o il fondo non è stato destinato come previsto dal provvedimento d’ esproprio. Ne consegue che gli immobili espropriati possono essere venduti con diritto di prelazione a favore dei soggetti espropriati. Quanto richi amato in sintesi è oggetto del Testo Unico all’ articolo 46 e seguenti, in linea con quanto era già previsto dalla Legge fondamentale del 1865, agli articoli 60- 63. 8.2.4
Espropriazione parziale e calcolo della doppia stima
Fin dalle origini la disciplina estimativa italiana ha chiarito la differenza intercorrente tra l’ esproprio totale e quello parziale e la stessa Legge fondamentale del 1 8 6 5 , all’ art. 4 0 , ne definiva le rispettive modalità di calcolo. Fermo restando che il criterio di riferimento era il valore di mercato, il calcolo impostava la stima dell’ indennizzo della porzione sottratta in termini di differenza risultante tra il più probabile valore di mercato della proprietà totale nelle condizioni ex ante l’ esproprio, al netto del più probabile valore di mercato della parte residuata a seguito del trasferimento di proprietà, a cui si sarebbe dovuto aggiungere un ulteriore indennizzo a copertura di eventuali danni contingenti alla separazione della proprietà. Come ha sottolineato Orefice l’art. 40 della legge del 1865 rappresenta una « lucida interpretazione dell’ aspetto economico del valore complementare » (si rimanda per approfondimenti al C apitolo 2 ) , riconosciuto poi come autonomo criterio estimativa da N. Famularo8 4 e calcolato attraverso il procedimento della « doppia stima ». A ncora oggi, il Testo Unico propone all’ art. 3 3 l’ impostazione fornita nella Legge fondamentale, rimandando direttamente ad essa, e specificando, tuttavia, che « ... il valore della parte espropriata è determinato tenendo conto della relativa diminuzione di valore »8 5 . C ome inoltre già previsto nel 1865 ancora oggi si ritiene corretto, nel caso « dall’ esecuzione dell’ opera deriva un vantaggio immediato e speciale alla parte non espropriata del bene, dalla somma relativa al valore della parte espropriata è detratto l’ importo corrispondente al medesimo vantaggio »8 6 . Infine la normativa vigente prevede di non applicare tale riduzione all’ indennizzo « qualora essa risulti superiore ad un quarto della indennità dovuta ed il proprietario abbandoni l’ intero bene. L’ espropriante può non accettare l’ abbandono, qualora corrisponda una somma non inferiore ai tre quarti dell’ indennità dovuta. In ogni caso l’ indennità dovuta dall’ espropriante non può essere inferiore alla metà di quella che gli spetterebbe ».
8 4 N., Famularo, Della variabilità del valore con lo scopo della stima e di un possibile sesto criterio di stima, in « Rivista del Catasto e dei Servizi tecnici erariali », n. 3, Ministero delle Finanze, Direzione generale del Catasto e dei servizi tecnici erariali, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1943. 8 5 Testo Unico, art. 3, comma 1. 8 6 Testo Unico, art. 3, comma 2 .
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L’occupazione d’urgenza
L’ occupazione d’ urgenza preordinata all’ esproprio è l’ istituto giuridico che viene solitamente attivato per rendere immediatamente disponibile un’ area su cui è già in atto un procedimento espropriativo per pubblica utilità. In caso vi sia necessità di intervento urgente da parte della Pubblica A mministrazione per eseguite opere di contrasto a calamità naturali l’ istituto può essere operato anche in assenza di un iter espropriativo in fieri. L’ occupazione d’ urgenza è stata introdotta a seguito della Legge speciale di Napoli del 1 85 e in passato usualmente utilizzata non solo per la realizzazione di strade, fognature, elettrodotti, depuratori, ma anche per la realizzazione di zone industriali e zone di edilizia economico-popolare, in cui le aree occupate d’ urgenza prima e poi espropriate, venivano cedute a prezzo politico (cioè di favore) a privati (artigiani, industriali, cooperative edilizie) , anche se talvolta restavano inutilizzate. Ovviamente vista l’ eccezionalità dell’ istituto il legislatore oggi prevede che non possa durare oltre due anni e a partire dall’ entrata in vigore del Testo Unico l’ utilizzo del meccanismo è stato decisamente limitato. L’ istituto è oggi disciplinato dall’ art. 2- bis del Testo Unico e il criterio di calcolo dell’ indennizzo sono invece previste dal comma 1 dell’ art. 50, cioè secondo i criteri dettati per l’ occupazione temporanea, ricalcando sostanzialmente le modalità previste per l’ indennità di esproprio. Il T.U. afferma infatti che l’ indennità di occupazione è pari, per ogni anno, ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell’ area, e per ogni mese o frazione di mese, è pari ad un dodicesimo dell’ indennità annua di occupazione8 7 .
8.3
Il rapporto pubblico-privato nei processi di trasformazione urbana
La città è un bene « collettivo », creato e definito da investimenti e decisioni sia pubbliche sia private. D a tutto ciò deriva una conseguenza importante: il valore economico delle sue singole parti non è determinato dall’ azione singola, ma dall’ azione collettiva, esterna al singolo attore, dal fatto cioè che si verificano sinergie e esternalità incrociate con tutte le decisioni – localizzative, di investimento, di gestione – che avvengono o sono avvenute nell’intorno fisico del luogo in cui la decisione individuale si è realizzata (Camagni 2008). Poiché la qualità urbana è un bene pubblico – prodotto direttamente o indirettamente attraverso vincoli sui diritti di proprietà degli individui – ci si può aspettare che le città, sotto la pressione della competizione territoriale, mettano tutte in atto politich e urbane orientate alla sua produzione. Tuttavia, proprio perch é la qualità urbana è un bene pubblico complesso, gli interventi di riqualificazione urbana sono a loro volta complessi e non vi è a priori la certezza che tutte le città dispongano delle risorse finanziarie e cognitive per progettare e attuare efficaci interventi di riqualificazione urbana (Calafati, 2010). 8 7 Tuttavia il comma 3 dell’ art. 5 0 prevede ch e l’ amministrazione pubblica, in caso sia accettata l’ indennità, anticipi il pagamento con un acconto pari all’ 8 0 % dell’ importo complessivo. Nel caso l’ importo sia contestato la legge prevede la corresponsione totale del risarcimento come previsto in caso di semplice esproprio. C fr. C . Taglienti, Occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio, in « h ttp:/ / w w w .giustizia-amministrativa.it », .208
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Le tre fasi « tradizionali » di sviluppo delle dotazioni territoriali – acquisizione delle aree, esecuzione delle opere, loro successiva gestione – ha nno conosciuto importanti difficoltà e l’esito è stato uno sviluppo asimmetrico. Difficoltà procedurali, organizzative e finanziarie hanno sistematicamente rallentato il processo di attuazione della città pubblica. Ora si assiste ad un cambiamento del ruolo delle amministrazioni e conseguentemente anch e del ruolo attribuito alle norme. « L’ accordo si sostituisce all’ azione coercitiva, l’ imposizione si trasforma in intesa » (M icelli, 201) . Il rapporto tra piani e sviluppo locale è da sempre un rapporto difficile. I piani sembrano giocare un ruolo assai poco congeniale alle esigenze del mercato. Le difficoltà incontrate troppo spesso nelle varie esperienze di pianificazione cominciano a determinare uno spostamento dell’ interesse delle istituzioni verso la ricerca di nuovi strumenti di supporto per la redazione dei piani e per il dialogo con gli operatori privati. Il piano regolatore, nato principalmente per organizzare l’ occupazione dello spazio e per sostenere l’ espansione si trova oggi a dover risolvere soprattutto problemi di ristrutturazione e riorganizzazione della città, più che questioni riguardanti la crescita urbana. G li interventi di trasformazione urbana si configurano nella maggior parte dei casi come progetti di attori singoli che richiedono tempi e una flessibilità che non appartiene alla struttura del piano. Negli ultimi trent’ anni nessuna delle maggiori economie urbane europee è rimasta intoccata da volontari o involontari processi di ristrutturazione. Per lungo tempo però , nella maggior parte degli approcci convenzionali alla crescita e sviluppo urbano, e soprattutto nell’atteggiamento pratico dei pianificatori, non si è riconosciuto un ruolo formale al mercato immobiliare come mediatore del cambiamento urbano: esso, come il mercato del lavoro, veniva assunto come un elemento adattabile al cambiamento urbano in modo abbastanza passivo. S olo recentemente si è iniziato a mettere in luce l’ importanza delle dinamiche immobiliari come elemento chi ave per determinare i risultati delle trasformazioni contemporanee nelle maggiori regioni urbane europee, incrementando l’ analisi del comportamento del mercato immobiliare, pur non inserendola ancora all’ interno di un’ effettiva teoria del cambiamento urbano. E ppure un progetto di trasformazione della realtà urbana (di grande o piccola scala) si trova necessariamente a doversi confrontare da una parte con la normativa e le proposte del piano, dall’ altra con le variabili economiche e sociali e con le condizioni del mercato che ne possono condizionare l’ esito. Riconosciuto il ruolo del confronto del progetto con il piano e con il mercato, poiché da entrambi derivano vincoli e opportunità, è necessario trovare un supporto sistematico ai complessi problemi di decisione e pianificazione, che presuppongono un’interpretazione equilibrata fra troppi dettagli e troppo poche informazioni. Il pianificatore deve organizzare selettivamente l’ attenzione intorno alle reali « possibilità d’ azione », ideando soluzioni che , oltre ad essere realizzabili, siano anche il più possibile rispondenti alle esigenze e caratteristich e dell’ ambiente in cui il piano si dovrà inserire. Inoltre, il contesto in cui avviene la pianificazione è di solito molto dinamico, tanto che si possono avere improvvise variazioni della rilevanza politica degli elementi in gioco, delle alternative o degli impatti. D i fronte a risorse limitate o in diminuzione, lo S tato è sempre più sollecitato a coinvolgere e coordinare nuovi attori per perseguire l’azione pubblica, a fissare delle priorità e ricorrere a politich e incentive piuttosto ch e coercitive. Questo implica un importante
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cambiamento nella gestione delle opere pubbliche : la collettività, che non aveva alcuna politica contrattuale col privato sino a venti anni fa, deve intraprendere adesso questa via, e richi ede al tempo stesso competenze nuove che si trovano più frequentemente nel settore privato. S i può pensare che lo sche ma ereditato dall’ epoca precedente – che vedeva la produzione dello spazio urbano risultare da un meccanismo lineare, nel quale il responsabile pubblico definiva innanzitutto le sue esigenze sotto la forma di un piano che i gruppi privati concretizzavano in seguito utilizzando i propri mezzi tecnici, finanziari e commerciali – sia in buona parte sorpassato. La realtà sembra ormai molto più complessa. H anno di conseguenza cominciato a diffondersi da una parte l’ intreccio pubblicoprivato non facilmente districabile, dall’ altra forma di partenariato associate spesso alle seguenti preoccupazioni (Ruegg, 194) : – – –
la volontà di realizzare dei progetti con delle risorse limitate; il pensiero di aumentare l’efficacia – misurata in termini di attuazione – di decisioni prese all’ interno dei nostri sistemi sociali, istituzionali, giuridici e politici; la volontà di privilegiare un approccio trasversale (piuttosto che settoriale) , in modo da tener conto della dimensione sociale, politica, economica, ambientale e tecnica di un progetto.
Questo approccio richi ede un nuovo atteggiamento da parte delle autorità e delle comunità locali che , anziché attendere che l’ operatore privato avanzi delle proposte per poi tentare di risolvere al meglio la situazione con delle rich ieste stimate approssimativamente, devono invece prendere l’iniziativa del progetto di sviluppo e identificarne le opportunità, formulando sche mi appropriati. Gli attori pubblici e privati non perseguono lo stesso fine, ma questo non significa che essi non debbano ricorrere agli stessi strumenti nelle negoziazioni. S e la valutazione serve al governo, e cioè a prendere le decisioni, ne consegue che l’ attività di valutazione non può essere né sporadica né gestita all’ esterno della pubblica amministrazione (D ente, 19) . Nell’ ambito delle grandi trasformazioni urbane le operazioni private vengono spesso presentate come portatrici di benefici collettivi, e non solo di interessi particolari. Operazioni di notevoli dimensioni, perlopiù gestite da grandi gruppi privati, riescono ad avvalersi dei vantaggi offerti dalle città, impegnandosi in cambio a investire delle risorse per gli spazi comuni. L’ implicazione di operatori privati nell’ elaborazione di piani strategici o di importanti progetti di trasformazione urbana rientra di fatto in questa logica. Le possibili reazioni di fronte a questi fenomeni sono due: da un lato possono essere percepiti come positivi, in base alle aspettative di futuri vantaggi per la città; dall’ altro il timore è ch e questi operatori privati riescano a ricavare eccessive concessioni da parte dell’ente pubblico in cambio del loro operato, perseguendo comunque un profitto personale e ottenendo al tempo stesso dei riconoscimenti impropri. Il timore è che la logica del mercato occupi un posto determinante nella produzione di progetti urbani, e ch e non ci sia modo di conciliare la manifestazione del potere pubblico (che esprime i bisogni, l’ interesse generale e a lungo termine della società) e l’ interesse degli attori privati coinvolti. In entrambi i casi, questi fenomeni pongono dei problemi nuovi che non possono essere affrontati con strumenti tradizionali che derivano dalla dicotomia classica pubblicoprivato. L’ attuale clima politico ed economico ha creato una struttura per prendere le decisio-
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ni all’ interno della quale gli operatori privati possono negoziare in modo fortemente proficuo gli accordi. Ancor più che prima, i privati dettagliano le analisi finanziarie in modo da sostenere efficacemente le proprie posizioni nelle contrattazioni per realizzare interventi di trasformazione nella città. In netto contrasto, l’ ente pubblico continua perlopiù a stimare approssimativamente i possibili accordi urbanistici e, così facendo, h a spesso sottovalutato le proprie potenzialità. Le forze dei privati di tali contrattazioni sono notevoli: gli imprenditori privati possono includere una forte esperienza come negoziatori, l’ intera expertise nei progetti di sviluppo e negli investimenti deriva infatti dalla loro professione. Il privato si ragguaglia prima sulle possibili richi este da parte dell’ ente pubblico, su cosa gli altri operatori ha nno accettato e se ogni richiesta precedente sia stata concessa. I suoi calcoli finanziari rifletteranno tali aspettative ed egli conoscerà con ogni precisione e a ch e punto la sua valutazione del progetto non presenta più dei margini di sovraprofitto. Fino a che le parti coinvolte nella negoziazione sono interessate, la capacità dell’operatore privato nelle trattative di mercato gli consentirà spesso di ottenere proficui accordi offrendo benefici alla comunità senza toccare seriamente il proprio margine di profitto, mentre l’ inesperienza dell’ autorità pubblica potrebbe convincerla che qualsiasi realizzazione da parte del privato che incontri i bisogni locali sia conveniente. In pratica, è relativamente raro per l’ ente pubblico conseguire un reale vantaggio senza costi per la collettività. Nella maggior parte dei casi, la negoziazione non ottiene molto più che uno scambio (un gioco a somma zero) , in cui l’ ente pubblico concede una deroga alle richi este del piano, o permette un uso più intenso del sito di quanto sarebbe altrimenti accettabile, o contrae i costi sociali come conseguenza del progetto di sviluppo, quali l’aumento della congestione sulle strade locali, in cambio di altri benefici per la comunità. Queste contrattazioni richiedono un’attenta valutazione dei costi e benefici sociali, non ultimo per le ripercussioni politiche delle mutate scelte in ambito urbanistico. Perché possa aver luogo una contrattazione a somma positiva, che porti ad un risultato che aumenta le convenienze dei singoli, i documenti impiegati dovranno essere concepiti con dei fini strategici. Essi non saranno rigidi (« non sono un fine ma un mezzo », Ruegg, 194) ma tenteranno di precisare i margini di manovra dell’ ente pubblico. 8.3.1
Il rapporto pubblico-privato nei processi di trasformazione urbana
Gli strumenti finanziari per operare nella città rientrano nella sfera del « partenariato pubblico privato ». S i possono distinguere (S tanghe llini, 209) : • • • •
investimenti diretti degli E nti pubblici in opere pubbliche ; investimenti diretti di soggetti privati; incentivi pubblici per stimolare gli investimenti privati; investimenti privati in opere pubbliche o di interesse collettivo.
Il punto importante è ch e il progetto deve integrare nel tempo e nello spazio l’ insieme degli investimenti. Il compito degli investimenti pubblici è anch e quello di creare esternalità positive, tali da creare o migliorare la convenienza degli investimenti privati. G li investimenti diretti degli E nti pubblici riguardano i beni pubblici (in senso giuridico) delle città: vie, piazze, giardini, ecc; palazzi ed altri edifici pubblici. La loro entità è
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funzione della capacità di investimento degli E nti Pubblici, ridottasi molto negli ultimi anni. G li investimenti diretti di soggetti privati riguardano i beni privati in senso giuridico ed economico (es. le abitazioni) . La loro effettuazione dipende dall’ esistenza di adeguate condizioni di remuneratività delle risorse private investite. D al momento che tali condizioni sono molto peggiorate negli ultimi anni, sono soprattutto nuove forme di incentivi a giocare un ruolo importante per ricrearle. G li incentivi pubblici per stimolare gli investimenti derivano in parte da provvedimenti dello S tato, mentre altri rientrano nella sfera d’ intervento del C omune e degli altri E nti territoriali. S i possono distinguere: a) b) c)
incentivi urbanistici (perequazione, diritti edificatori, riconoscimento di premialità edilizie) ; incentivi finanziari (contributi in conto capitale, in conto interesse); incentivi fiscali (agevolazioni sulla manutenzione straordinaria, sul risparmio energetico, per il recupero edilizio, per la residenzialità) e disincentivi fiscali (IMU – o tasse analoghe – sulle abitazioni sfitte).
È importante evidenziare come i nuovi strumenti di partenariato pubblico privato rendano possibili scenari altrimenti poco verosimili: la trasformazione radicale di aree obsolete fisicamente e funzionalmente può essere intrapresa attraverso l’impiego combinato di premi volumetrici e investimenti pubblici (M icelli, 201) . In questo senso è il primo punto del precedente elenco a rivestire un particolare interesse e ad essere di grande attualità nel dibattito estimativo. Occorre sottolineare innanzitutto come la perequazione sia oggi in una fase evolutiva. E laborata riorganizzando il tradizionale piano regolatore della legge 150/ 1942 e affermata oggi nella maggior parte dei nuovi piani urbanistici delle città italiane, la perequazione deve ora adattarsi alla nuova sequenza dei piani articolati in una fase programmatica e in una operativa. Questa suddivisione del piano riguarda anch e aspetti di rilievo del processo di valorizzazione dei suoli. Il problema è delicato e viene declinato in maniera diversa a livello nazionale. G li esempi più attuali in questo senso riguardano in particolare il V eneto e la Lombardia. S econdo M icelli (2 0 1 1 ) occorre evitare la rimozione di qualsiasi norma, ma al contempo non tornare alle scelte discrezionali dello zoning tradizionale. La fase della classificazione e dell’attribuzione degli indici, benché indicativi, possono essere già definite nel momento della pianificazione strutturale; mentre il trasferimento dei diritti edificatori tra aree in funzione delle preferenze del mercato, gli indici premiali per la residenza sociale rappresentano alcuni possibili strumenti che assicurano allo sviluppo del piano un’ adeguata capacità di adattamento. Per quanto riguarda le potenzialità dei diritti edificatori per l’attuazione delle parti pubbliche e private dei piani, essi sono utilizzati come « moneta urbanistica » per indennizzare i proprietari senza ricorrere a risorse finanziarie del proprio bilancio, oppure come incentivo per promuovere un’ operazione di trasformazione, al punto tale ch e si può parlare di « case di carta ». Le questioni cruciali relative all’impiego dei diritti edificatori sono sostanzialmente due: i processi che danno origine ai diritti edificatori e la definizione delle aree destinate a ricevere i diritti. C amagni (2 0 1 2 ) evidenzia come il nostro ordinamento normativo si stia avviando verso una perequazione « sconfinata », dove il diritto edificatorio è commerciabile senza preventiva conoscenza dell’ area di destinazione, e quindi senza alcuna possibilità di definirne il valore, al di là di un valore generico medio definito dalla domanda e dall’ offerta complessiva di diritti circolanti sulla città.
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Rispetto alla valutazione dei diritti, il fatto ch e il C odice C ivile abbia riconosciuto che il volume edificatorio è un bene e che come tale esso può formare oggetto di diritti, ha aperto la strada alla effettiva commercializzazione dei diritti edificatori sganciati dagli immobili ch e li h anno generati. Il tema non è solo tecnico: è la stima corretta a « sancire la qualità dello scambio » nella pianificazione concertata. Poiché la rendita va distribuita tra la proprietà e l’ amministrazione, la questione della valutazione e delle distorsioni che si possono originare a seguito di una inadeguata misura delle grandezze in gioco è senza dubbio nodale. « La trasformazione degli strumenti di attuazione del piano passa dunque per un diverso rapporto con i meccanismi di formazione e distribuzione della rendita immobiliare che si forma a seguito delle decisioni urbanistiche » (M icelli, 201) .
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I diritti reali e la materia espropriativa
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Bibliografia Baioni M. (a cura di) (2008), La costruzione della città pubblica, Alinea Editrice, Firenze. Camagni R. (2008), « Il finanziamento della città pubblica », in Baioni M. (a cura di), La costruzione della città pubblica, Alinea Editrice, Firenze. Camagni R. (2012), « Verso una perequazione « sconfinata »: contraddizioni, inefficacia e iniquità », in www.arcipelagomilano.org Dente B. (a cura di) (1991), L’efficacia dei poteri locali, Il Mulino, Bologna. Micelli E., (2011), La gestione dei piani urbanistici-perequazione, accordi, incentivi, Marsilio, Venezia. Ruegg J., Decoutère S., Mettan N. (a cura di) (1994), Le partenariat public-privé: un atout pour l’aménagment du territoire et la protection de l’environnement?, Lausanne, PPur. Stanghellini S. (2009), « Nuovi soggetti e nuovi strumenti per la gestione delle trasformazioni territoriali, Aestimum, giugno pp. 79-101.
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Stime e valutazioni nel processo di realizzazione dei lavori di costruzione Marco Bagnasacco, Franco Fiorio Pla, Luisa Ingaramo, Ferruccio Zorzi* CAPITO L O
NONO
Obiettivi di apprendimento1 1. Quadro sintetico delle norme e delle procedure per la realizzazione delle opere pubbliche. 2. Contenuti del progetto e stima dei lavori (come i procedimenti di stima analizzati nei capitoli precedenti trovano concreta applicazione nelle diverse fasi di realizzazione dei lavori di costruzione). 3. Overview sul cantiere: dalla consegna dei lavori al collaudo, dalla documentazione amministrativa e contabile alla questione delle varianti in corso d’opera.
Mentre l’attuazione di un progetto privato trova ancora oggi sostanziale riferimento, in materia di appalto, nel codice civile (R.D. 16 marzo 1942 n. 262), la disciplina per la progettazione e la realizzazione dei lavori pubblici ha subito negli ultimi anni una costante e progressiva evoluzione normativa. Con il D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) è stata definitivamente abrogata la legge Merloni (legge 109/1994). In sostanza, il legislatore italiano, oltre a recepire le due direttive comunitarie 17 e 18, ha provveduto a far confluire in un unico corpus normativo molte disposizioni in materia di appalti pubblici, con il dichiarato intento di operare una chiara risistemazione dell’intera materia. In questo capitolo si intende proporre un sintetico panorama della articolata e complessa normativa nel campo delle opere pubbliche, delle figure professionali che intervengono nel processo, delle forme di realizzazione e delle modalità di affidamento dei lavori di costruzione, delle procedure amministrative e contabili.
9.1
L’evoluzione legislativa nel settore dei lavori pubblici
C on il nuovo regolamento del 201 si chi ude il regime di origine ottocentesca ch e era sopravvissuto alle modifiche apportate con la penultima riforma della legislazione in materia di lavori pubblici, la legge quadro « Merloni » e il suo regolamento di attuazione. Oggi, con il nuovo regolamento, il legislatore, partendo dalla legge delega comunitaria del 2004 e il Codice Contratti Pubblici del 2006, ha riunito le disposizioni di tutti i contratti * Il capitolo è frutto del lavoro congiunto degli autori.
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pubblici d’appalto prima sparse in diverse disposizioni (forniture, servizi e lavori pubblici, infrastrutture strategiche, settori esclusi, beni culturali ecc.). Come accadde con la penultima riforma degli anni Novanta, dove si è approvata prima una nuova legge (quadro o « Merloni » n. 109/1994) e poi, dopo anni, si sono introdotti i regolamenti (1999-2000), con l’effetto che nel frattempo continuavano ad applicarsi quelli precedenti del 1895 o 1962, così è successo anche attualmente per gli appalti disciplinati dal C odice C ontratti del 206: si è continuata ad applicare per quasi un quinquennio la serie di regolamenti emanati dopo la legge « Merloni » (regolamento di attuazione, qualificazione, gare, capitolato generale), ovvero fino a quando sono stati tutti insieme sostituiti dal nuovo regolamento. A grandi linee si possono individuare alcuni periodi nella evoluzione della normativa dei lavori pubblici, che in Italia ha origini lontane ed è frutto di una stratificazione ultrasecolare. Si inizia con le norme del milleottocento che trovano ispirazione nelle disposizioni proprie del genio militare napoleonico e nascono dagli sforzi di codificazione tipico dell’epoca storica (si tratta della « Legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia », la cosiddetta « legge Lanza », la legge di unificazione legislativa ed amministrativa dello stato unitario)1 . Si ha poi il periodo del dopoguerra, con normative che inseguono le fasi di congiuntura economica via via manifestatesi; rilevanti le disposizioni che introducono la revisione prezzi2 e il capitolato generale del 19623 . Inizia poi l’era dell’intervento comunitario e la tutela della libera concorrenza e circolazione, che parte dalle direttive CE n. 304 e CE n. 205 del 1971, che regolano soprattutto la materia dell’affidamento dei lavori; direttive trasposte nell’ordinamento interno con la legge 8 agosto 1977 n. 5844 . È dell’11 febbraio 1994 la legge n. 109 « Legge quadro in materia di lavori pubblici » (c.d. « Merloni »), che è stata poi, con le sue successive modifiche ed integrazioni (c.d. bis, ter, quater), abrogata nel 2006 dal « Codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/ 17/ CE e 2004/ 18/CE » (art. 257). 5 , opera inizialmente allo stesso Il nuovo codice contratti, in vigore dal 1° luglio 206 modo della legge quadro, con il mantenimento dei regolamenti precedenti e un rinvio alla emanazione di successivi regolamenti e disposizioni attuative (art. 5), la cui adozione sarebbe dovuta intervenire entro il 1° luglio 2007, ma che si è concretizzata solo del 2010, con il regolamento approvato con D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207. Entrando nel merito dei contenuti, si può osservare che il sistema che regolamentava i ll.pp. fino al 1994 (e, in parte, fino al 2000 – entrata in vigore dei nuovi Regolamenti attuativi) trattava gli aspetti relativi ai soli lavori e alla sola fase della loro esecuzione, cioè: direzione lavori, esecuzione dei lavori in senso stretto, contestazioni con l’Appaltatore, contabilità dei lavori, collaudazione. Per gli altri aspetti (gara, programmazione, progetto) occorreva rifarsi a norme amministrative generali. 1 Legge fondamentale sui ll.pp. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F; Regolamento per la direzione, contabilità e collaudazione dei lavori pubblici R.D. 25 maggio 1895 n. 350. 2 DLCPS 6 dicembre 1947 n. 1501; legge 21 giugno 1964 n. 463. 3 D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1032. 4 Per esempio, le associazioni temporanee di imprese nascono qui. Seguono alcuni interventi rilevanti: legge 10 dicembre 1981 n. 741 e legge 8 ottobre 1987 n. 687 e la legge di trasposizione della nuova direttiva 89/440 CE, 19 dicembre 1991 n. 406. 5 Sessanta giorni dopo la pubblicazione sulla G.U. 2 maggio 2006 suppl. ord.
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Dopo il 1994, il sistema introdotto dalla L. 109/1994 e dai suoi regolamenti attuativi6 , contempla tutti gli aspetti e le varie fasi (strutturali, amministrative, tecniche, contabili) della realizzazione di ll.pp: • • • •
• • •
ORGANIZZAZIONE E VIGILANZA – Nuove figure della Stazione Appaltante; il R.U.P. – Autorità di Vigilanza sui ll.pp PRELIMINARE – Programmazione PROGETTO – Progettazione (articolazione dei progetti, soggetti titolati, aspetti tecnici e contenuti, validazione, modalità di affidamento degli incarichi) APPALTO – Qualificazione delle imprese – Gare di appalto – Stipula del contratto e suoi contenuti ESECUZIONE – Esecuzione dei lavori (D.L., esecuzione in senso stretto, contestazioni con l’Appaltatore e soluzione delle controversie, contabilità dei lavori) CONCLUSIVA – Collaudazione CONTENZIOSO – C amera A rbitrale e regole di A rbitrato In sintesi, gli elementi innovativi introdotti sono:
– – – –
rivalutazione del ruolo della programmazione; responsabilizzazione dei soggetti coinvolti (introduzione di nuove figure); nuova definizione del ruolo e dei contenuti del progetto (e dei progettisti); incremento di momenti e modalità di controllo (a partire dalla istituzione dell’Autorità di vigilanza e dalla qualificazione delle imprese).
Dopo il 2006, il D.Lgs. 163/06 (Codice) ha unificato in unico « Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture » tutti gli aspetti per tutti i contratti pubblici che in precedenza si trovavano in provvedimenti distinti (e differenziati anche dal punto di vista del lessico). Per lavori, servizi e forniture vengono quindi definite ed unificate le norme procedurali, armonizzate con quelle europee, distinguendole essenzialmente: – –
in relazione alla loro collocazione dal punto di vista economico (soprasoglia e sottosoglia); tra settori ordinari e settori speciali.
Il C odice tratta, quindi, in modo aggiornato e integrato, i vari aspetti già trattati dalla L. 109/94 per i ll.pp, applicandoli a tutti i contratti. Come detto, la normativa è completa6 Legge 109/1994 e s.m.i. (Legge « Merloni »), D.P.R. 554/1999 (Regolamento generale), D.P.R. 34/2000 (Regolamento di qualificazione delle imprese), DM 145/2000 (Capitolato Generale) DM 21/6/2000 e s.m.i. (programmazione).
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ta con il Regolamento di Esecuzione e Attuazione DPR 207/2010 (REA) e con il Capitolato Generale (ancora da approvare: molte norme del precedente CG-DM 145/2000 sono già recepite nel REA o nel Codice)7. I grafici seguenti (Fig. 9.1) riportano in sintesi l’evoluzione del percorso normativo. L. 2248
L. 109
All. F
‘Merloni’
D.P.R. 554
D.Lgs. 163/06
D.P.R. 207/10
R.D. 350 R.D. 827
D.P.R.. 34
contabilità
qualific.
D.M. 145 cap.
D.Lgs. 163/06 e s.m.i. ‘C odice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture’ (C odice)
• Lavori • Servizi • Forniture
20 11
20 06
20 00
19 94
19 24
18 59
18 65
varie norme abrogate
Settori ordinari e speciali
In vigore dal 01/07/2006 – Modif.: I D.Lg s. 6/07 – II D.Lg s. 113/07 – III D.Lg s. 152/08
D.P.R. 207/10 ‘Regolamento di Esecuzione ed Attuazione’ (REA)
In Integrazioni specifiche e sp norm connesse norme
In vigore dal 08/06/2011
Fig. 9.1
Evoluzione del percoso normativo.
Relativamente ai lavori, gli argomenti trattati dal codice e dal regolamento sono molteplici e partono dalla concezione dell’opera, passando attraverso tutte le fasi della sua realizzazione: la progettazione, le condizioni urbanistiche, gli espropri, la individuazione dei finanziamenti (compreso il pro ect financing), le differenti procedure di gara, gli affidamenti, i soggetti committenti e gli appaltatori (operatori economici) ammessi (con i diversi requisiti), le modalità di realizzazione (quali le concessioni e gli appalti integrati), le 7 L’evoluzione legislativa e normativa, anche su aspetti specifici, è comunque in evoluzione; i riferimenti contenuti nel testo sono aggiornati al dicembre 2013.
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garanzie, le regole di esecuzione, il collaudo, le diverse forme di estinzione, il contenzioso e le sue modalità di soluzione (accordo bonario, arbitrato, giudizio ordinario e amministrato), ecc. La complessità delle regole ha dato luogo ad una ampia trattatistica dell’intera materia sia sulla legge « M erloni » e relativo regolamento, sia, attualmente, sul codice contratti pubblici e nuovo regolamento8 . In questo capitolo, che intende restituire, come detto in premessa, una lettura sintetica del Codice (oltre 616 articoli e numerosi allegati) per macro argomenti, vengono esaminate in modo operativo e concreto le parti che riguardano la programmazione e la progettazione dei lavori, le forme di realizzazione e l’affidamento dei lavori e servizi, la tenuta amministrativa e contabile dell’opera.
9.2
La programmazione e le fasi di realizzazione
I progetti di investimento pubblico sono interventi di interesse collettivo che utilizzano risorse scarse al fine di ottenere benefici differiti nel tempo. In particolare, la nostra attenzione è rivolta ai progetti relativi alle opere pubbliche, settore preminente di spesa degli enti territoriali, in cui è avvertita l’esigenza di qualificare le decisioni di investimento. Tali decisioni, a seconda dei casi, potranno riguardare la scelta di uno specifico modo o tempo di attuazione di un intervento o la scelta tra investimenti alternativi. E, a seconda dello stadio del procedimento politico-amministrativo, la decisione potrà avere come esito l’abbandono dell’idea-progetto originaria, l’ulteriore approfondimento ed elaborazione di una specifica ipotesi progettuale o l’approvazione definitiva e la realizzazione dell’opera. Già la legge Merloni aveva introdotto la programmazione pluriennale dei lavori pubblici come metodo da adottare sistematicamente per uniformare l’attività degli Enti Locali a criteri di trasparenza, razionalità e realizzabilità delle opere. Il nuovo programma delle opere pubblich e costituisce uno Ciclo di progetto strumento di programmazione realistica, coerente con le fonti di finanziamento e quindi anche uno strumento di controllo della geProcedura programmatica e organizzativa per la realizzazione di un stione delle opere pubbliche. Rappresenta un impegno concreto, progetto di investimento pubblico, costituito da iniziative informate al principio della fattibilità, nel che consta di una serie di fasi: indirispetto delle priorità che l’ente ritiene di darsi. viduazione dei bisogni, formulazioSi tratta, in particolare, di introdurre stabilmente nel ciclo del ne di una idea-progetto, valutazione delle alternative progettuali attraprogetto* strumenti di programmazione capaci, da un lato, di riverso uno studio di fattibilità, inseridurre il rischio di impieghi inefficienti delle risorse e, dall’altro, mento nell’ambito degli strumenti di impedire una eccessiva dilatazione dei tempi di realizzazione istituzionali di programmazione, avdegli interventi giudicati più promettenti. vio della progettazione, esecuzione, gestione. È questa, in sintesi, la funzione affidata agli Studi di Fattibilità (SdF), resi di attualità non solo per essere stati identificati come
*
8 Tra i più rilevanti, successivamente al codice contratti: a cura di Sandulli, De Nictolis, Garofoli: Trattato sui Contratti Pubblici, 2008 Giuffrè; a cura di De Nictolis: I contratti pubblici di lavori servizi e forniture, Giuffrè, 2007; a cura di Garofoli Ferrari: Codice degli appalti pubblici, Nel Diritto Editore, 2011; a cura di Garofoli, Ferrari: Il nuovo regolamento appalti pubblici, Nel Diritto Editore, 2011; a cura di Caringella, Protto: Codice e regolamento dei contratti pubblici, Dike Editrice, 2011; a cura di Franchini, I Contratti di Appalto pubblico, UTET 2010; Mazzone, Loria, Manuale del diritto dei lavori pubblici, Jandi Sapi, 2011.
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PROGRAMMAZIONE
PROGETTAZIONE verifica e validazione approvazione finanziamento APPALTO contratto ESECUZIONE
COLLAUDO
UTILIZZO OPERA
Fig. 9.2
Fasi di realizzazione dei lavori pubblici.
elemento essenziale del processo di programmazione delle opere pubbliche, ma anche per il supporto che possono offrire alle decisioni in altri settori di attività degli enti pubblici. Lo SdF, fino a pochi anni fa, era uno strumento poco usato dalle amministrazioni pubbliche e il suo ambito di applicazione era limitato alle grandi opere, quelle cioè la cui progettazione aveva una onerosità tale da giustificare uno studio propedeutico. Il Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 20 giugno 2000, tuttavia, ha reso obbligatoria la redazione di « sintetici studi » di fattibilità, per tutti i lavori pubblici fino ai 1 0 ,3 3 0 milioni di euro, da inserire nel programma triennale delle opere pubbliche di ogni ente territoriale. Ciò significa che non è più sufficiente lo « studio generale dei bisogni » previsto dall’art. 11 del DPR n. 554/1999 (Regolamento Merloni-ter) e dall’art. 128 comma 1 del D.Lgs. n. 163/2006: lo SdF, nella sua forma estesa oppure sintetica, è diventato uno strumento irrinunciabile per tutte le amministrazioni locali. 9.2.1
Il quadro normativo
In questo paragrafo viene illustrato il quadro normativo di riferimento per la valutazione dei progetti di opere pubbliche, che costituisce la struttura istituzionale su cui si basa l’in-
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tero percorso di analisi. In particolare verranno forniti elementi conoscitivi in materia di programmazione e realizzazione delle opere pubbliche, per poi analizzare sinteticamente alcuni aspetti specifici riguardanti lo Studio di Fattibilità (SdF). Le amministrazioni aggiudicatrici elaborano uno studio generale per analizzare, identificare e quantificare il quadro dei bisogni e delle esigenze, al fine di identificare gli interventi necessari al loro soddisfacimento9. Sulla base dello studio generale, le amministrazioni provvedono alla redazione di SdF necessari per l’elaborazione del programma triennale1 0 . Gli SdF sono elaborati tecnici di natura interdisciplinare, finalizzati ad individuare una o più soluzioni in relazione ai bisogni da soddisfare e a definire i riferimenti e i vincoli ai quali debbono uniformarsi le proposte progettuali; essi devono comprendere una relazione indicante le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico-finanziarie e un’analisi dello stato di fatto nelle sue eventuali componenti archi tettoniche , geologiche , paesaggistiche , socioeconomiche, amministrative e di sostenibilità ambientale. Il responsabile del programma triennale dei lavori pubblici predispone la proposta di programma triennale e di elenco annuale dei lavori pubblici, nel quale è nominato un responsabile unico del procedimento per ogni singolo intervento previsto dal programma triennale dei lavori pubblici, per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione. Salvo gli interventi di manutenzione, per l’inserimento nel programma triennale dei lavori pubblici di ciascun intervento di importo superiore a 10 milioni di euro le amministrazioni provvedono alla redazione di SdF estesi, mentre per interventi sotto i 10 milioni di euro gli SdF redatti sono sintetici1 1 . 9.2.2
Il programma triennale dei lavori pubblici
Tutta l’attività di realizzazione dei lavori pubblici (per lavori di singolo importo superiore a 100.000 ) si svolge sulla base del programma triennale dei lavori pubblici e dei suoi aggiornamenti attuativi annuali, che le amministrazioni predispongono e approvano nel rispetto dei documenti programmatori e della normativa urbanistica. Il programma triennale costituisce il momento di attuazione degli SdF e di identificazione e quantificazione dei bisogni1 2 . Il programma triennale indica, per tipologia e in relazione alle specifiche categorie degli interventi, le loro finalità, i risultati attesi, le priorità, le localizzazioni, le problematiche di ordine ambientale, paesistico ed urbanistico-territoriale, le relazioni con piani di assetto territoriale o di settore, il grado di soddisfacimento della domanda, le risorse disponibili, la stima dei costi e dei tempi di attuazione. Le priorità del programma triennale privilegiano valutazioni di pubblica utilità rispetto ad altri elementi1 3 . Il programma deve prevedere un ordine di priorità, nell’ ambito del quale sono da ritenere comunque preminenti i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei 9 1 0 1 1 1 2 1 3
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Art. 128, comma 1, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i. Art. 128, comma 2, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i. Art. 2, commi 2-3, Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV. Art. 128, comma 2, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i. Art. 128, comma 5, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i.
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lavori già iniziati, i progetti esecutivi approvati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario1 4 . Per quanto riguarda l’iter di approvazione (che ricalca quello dei piani regolatori), lo sch ema di programma triennale, o il suo aggiornamento per gli anni successivi al primo, è adottato dall’ organo competente entro il 3 0 settembre di ogni anno15, deve essere reso pubblico, prima della sua approvazione, mediante affissione nella sede delle amministrazioni per almeno sessanta giorni consecutivi e infine approvato dal consiglio comunale contestualmente al bilancio di previsione e al bilancio pluriennale, ed è ad essi allegato. Una volta approvato il programma triennale deve essere inviato all’Osservatorio dei Lavori Pubblici che ne dà pubblicità. 9.2.3
L’elenco annuale
L’inclusione di un lavoro nell’elenco annuale dei lavori pubblici è subordinata, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione di uno SdF e, per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione della progettazione preliminare, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l’indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi1 6 . Le amministrazioni adottano gli elenchi annuali dei lavori sulla base degli sch emi tipo allegati al Decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti 22 giugno 2004, n. 898/IV. L’elenco è redatto entro il 30 settembre di ogni anno sulla base dell’aggiornamento dello sche ma di programma triennale; deve contenere la distinta dei lavori da realizzare nell’anno cui l’elenco si riferisce; vanno inoltre indicati il responsabile del procedimento, l’ammontare delle risorse destinate all’esecuzione dei lavori, lo stato della progettazione, le finalità, la conformità ambientale e urbanistica e l’ordine di priorità in conformità all’art. 128, comma 3, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i. L’elenco annuale deve altresì contenere l’indicazione dei mezzi finanziari stanziati, ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, delle regioni o di altri enti pubblici, già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci, nonché acquisibili mediante alienazione di beni immobili. Ove necessario, l’elenco annuale viene adeguato in fasi intermedie, attraverso procedure definite da ciascuna amministrazione, per garantire, in relazione al monitoraggio dei lavori, la corrispondenza agli effettivi flussi di spesa. In caso di impossibilità sopravvenuta a realizzare un lavoro inserito nell’elenco annuale, si procede all’adeguamento dello stesso elenco o, ove indispensabile, del programma triennale. Un lavoro non inserito nell’elenco annuale può essere realizzato solo sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell’amministrazione al momento della formazione dell’elenco, fatta eccezione per le risorse resesi disponibili a seguito di ribassi d’asta o di economie. L’elenco annuale deve essere approvato unitamente al bilancio preventivo dell’Ente, di cui costituisce parte integrante.
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Art. 128, comma 3, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i. Art. 13, comma 3, D.P.R. n. 207, 5 ottobre 2010 e s.m.i. Art. 128, comma 6, D.Lgs. 163 12 aprile 2006 e s.m.i.
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9.2.4
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Studi di fattibilità
La legge non offre una definizione dettagliata di SdF, ma sia lo studio generale dei bisogni, quanto lo SdF si collocano nel sistema della programmazione disegnato dal legislatore a monte del piano triennale, come supporto alle scelte dell’amministrazione. Lo SdF è uno degli strumenti su cui fondare la scelta politica di avviare o meno l’iter programmatorio per una determinata opera, destinando allo scopo parte delle risorse dell’ente. È fondamentale, quindi, che lo SdF sia in stretta relazione con lo studio generale dei bisogni e che ne costituisca la logica e coerente traduzione in interventi concreti. Allo SdF spetta il compito di porre i problemi e di individuare le soluzioni alternative: su questa base l’organo politico potrà operare scelte più consapevoli e ponderate.
Finalità La normativa sulle opere pubbliche colloca gli SdF a valle dell’individuazione dei bisogni, ma a monte della decisione di soddisfarli attraverso specifici interventi. Ne consegue che gli SdF dovrebbero essere impostati e realizzati in modo da raggiungere il seguente obiettivo: tra for are ini ia e i ea progetto in na pecifica ipotei i inter ento attra er o i entifica ione a pecifica ione e a co para ione i e o più alternative, atte a cogliere modalità diverse di realizzazione dell’idea originaria, e attraverso la produzione di un insieme di informazioni, atte a consentire all’autorità politico-amministrativa competente una decisione fondata e motivata17. Questa definizione contribuisce a chiarire il ruolo e le caratteristiche essenziali dello SdF. La realizzazione di uno studio non conferisce, di per sé, dignità e legittimazione ad un’ipotesi di investimento. Gli SdF servono a permettere decisioni fondate e motivate, ossia devono generare informazioni tali da consentire al decisore di valutare la bontà dell’iniziale idea-progetto. Lo studio non va confuso con il progetto vero e proprio e non deve essere condotto considerando esclusivamente gli aspetti tecnico-ingegneristici di una singola modalità di realizzazione dell’intervento. Gli SdF dovrebbero rivelarsi capaci di specificare ed analizzare un ventaglio di alternative, esaminandone tutte le dimensioni rilevanti.
Articolazione dello Studio di Fattibilità Uno SdF si articola in quattro stadi: 1. Individuazione dell’idea-progetto La decisione di realizzare uno SdF scaturisce dalla volontà di identificare le modalità più realistiche e convenienti per soddisfare un bisogno espresso da una certa comunità. La volontà di soddisfare un bisogno, o un insieme di bisogni, dovrà essere desunta o comunque collegata agli indirizzi politici generali (« le strategie ») o ai documenti programmatici settoriali dell’amministrazione competente. In tutti i casi bisogna fornire, preliminarmente, i riferimenti programmatici e, se del caso, normativi del progetto, inquadrando 17
VAL.
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Dosi, C. (2002), Gli Studi di Fattibilità degli Investimenti Pubblici: Finalità e Requisiti, Progetto NU-
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l’ ipotesi di intervento all’ interno del contesto territoriale, economico e sociale in cui l’ intervento dispiegherà i propri effetti. 2. Specificazione e descrizione delle alternative progettuali L’idea progetto originaria deve necessariamente tradursi in specifiche ipotesi di intervento da sottoporre ad analisi di fattibilità e di convenienza. L’assenza di un ventaglio di alternative progettuali costituisce un elemento di debolezza, in quanto ciò si traduce in una riduzione della capacità degli SdF di offrire elementi atti a consentire al decisore una decisione fondata e motivata. Le singole alternative dovranno essere opportunamente descritte: ciò servirà ad ottenere l’insieme di informazioni necessarie per valutarne la fattibilità e la convenienza. 3. Analisi di fattibilità L’analisi di fattibilità serve ad accertare se le diverse alternative progettuali prospettate siano materialmente realizzabili, finanziariamente sostenibili, coerenti con il quadro normativo esistente, compatibili con le capacità tecnico-amministrative del soggetto proponente e non suscettibili di determinare impatti tali da provocare reazioni che potrebbero impedirne o ritardarne l’attuazione. Lo SdF (che, in relazione all’importanza dell’opera, potrà essere completo, sintetico o e p ificato) deve contenere anche elementi atti ad offrire al decisore informazioni utili per accertare se le alternative progettuali, di cui è stata acclarata la fattibilità, siano anche desiderabili. In particolare, si dovrà verificare se l’impiego di risorse pubbliche, determinato attraverso l’analisi delle condizioni di fattibilità, necessario per l’attivazione dell’investimento, sia o meno giustificato. 4. Analisi di convenienza Scopo di questa fase è quello di suggerire una graduatoria delle alternative progettuali basata non solo sulla loro fattibilità, ma anche sulla capacità di assicurare un adeguato « rendimento sociale ». È del tutto evidente che, trattandosi di opere pubbliche, il giudizio di convenienza dovrà fondarsi su considerazioni, ossia su criteri e parametri di valutazione, tipicamente diversi da quelli che sarebbero adottati da un soggetto privato. L’art. 14 comma 1 del Regolamento stabilisce infatti le componenti minime in cui si articola lo studio di fattibilità: • • • • • •
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l’analisi dello stato di fatto; la verifica del ricorso a contratti di partenariato pubblico privato; le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico-finanziarie dei lavori da realizzare; l’analisi delle alternative; la verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici; l’individuazione delle misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici.
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Tab. 9.1 Elaborati di cui si compone uno studio di fattibilità (art. 14 D.P.R. n. 207, 5 ottobre 2010 e s.m.i.). Contenuti di uno Studio di Fattibilità a) relazione illustrativa generale contenente: 1 - l’inquadramento territoriale e socio-economico dell’area oggetto dell’intervento:
corografia, stralcio del piano regolatore generale comunale, verifica della compatibilità con gli strumenti urbanistici;
2 - l’analisi della domanda e dell’offerta attuale e di previsione con riferimento:
al bacino d’utenza;
analisi dell’impatto socio-economico con riferimento al contesto produttivo e commerciale esistenti;
alla stima dei bisogni dell’utenza mediante utilizzo di parametri fisici riferiti alla specifica tipologia dell’intervento, quali i flussi di traffico e il numero di accessi; all’individuazione, in termini quantitativi e di gradimento, dell’offerta attuale e di quella prevista nei medesimi settori dell’intervento;
3 - l’analisi delle alternative progettuali:
individuazione delle alternative progettuali dal punto di vista delle scelte tecnologiche, organizzative e finanziarie; matrice delle alternative progettuali;
4 - lo studio dell’impatto ambientale riferito alla soluzione progettuale individuata e alle possibili soluzioni alternative:
analisi sommaria degli aspetti geologici, geotecnici, idraulici, idrogeologici, desunti dalle cartografie disponibili o da interventi già realizzati ricadenti nella zona; verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o sugli immobili interessati dall’intervento;
b) relazione tecnica contenente: 1 - le caratteristiche funzionali e tecniche dei lavori da realizzare; 2 - descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della compatibilità paesaggistica dell’intervento; 3 - analisi sommaria delle tecniche costruttive e indicazione delle norme tecniche da applicare; 4 - cronoprogramma; 5 - stima sommaria dell’intervento, con l’individuazione delle categorie di cui all’allegato A e dei relativi importi, determinati mediante l’applicazione delle quote di incidenza delle corrispondenti lavorazioni rispetto al costo complessivo; c) elaborati progettuali stabiliti dal responsabile del procedimento d) elaborato tecnico-economico contenente: 1 - la verifica della possibilità di realizzazione mediante concessione rispetto all’appalto; 3 - analisi della fattibilità economica e sociale (analisi costi-benefici); 4 - schema di sistema tariffario, nel caso di concessione; 5 - elementi essenziali dello schema di contratto.
Nel caso in cui lo studio sia posto a base di gara (art. 14 comma 2 REA), la sua struttura diventa più « corposa », componendosi di: •
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una relazione illustrativa, che si occupa di definire il contesto generale di riferimento (inquadramento territoriale e socio-economico, analisi della domanda e dell’offerta attuale, analisi delle alternative progettuali, studio dell’ impatto ambientale sia della soluzione progettuale individuata, sia delle possibili alternative);
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• • •
una relazione tecnica, che specifica alcune tematiche puntuali dell’opera (caratteristiche funzionali e tecniche, compatibilità ambientale e paesaggistica dell’intervento, stima dei costi e dei tempi, aspetti di fattibilità finanziaria ed economica sociale); eventuali elaborati progettuali stabiliti dal Responsabile del Procedimento (tra quelli facenti parte del progetto preliminare); un elaborato tecnico-economico contenente, principalmente, l’analisi della fattibilità finanziaria e di quella economico sociale.
La normativa non fa riferimento, come un tempo, a soglie di importo per le quali è necessario un maggiore o minore approfondimento: dalla lettura del Regolamento sembra emergere la regola per cui tutti gli studi con finalità « programmatica » (ad esempio verifiche preliminari per scelte di intervento oppure redazione per inserimento dell’opera nel programma triennale) possano essere redatti secondo disposto del comma 1; per quelle opere per cui sia previsto (o prevedibile) il ricorso a capitale privato in fase di realizzazione e/o gestione occorre, invece, attenersi strettamente ai contenuti di cui al comma 2.
9.3
Le forme di realizzazione, in ambito privato e pubblico
Come detto in premessa, l’attuazione di un progetto privato ancora oggi trova sostanzialmente riferimento nel Codice Civile (R.D. 16 marzo 1942 n. 262), mentre la progettazione e la realizzazione dei lavori pubblici è regolamentata da specifica normativa (D.Lgs. 163/2006 « Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture » e DPR 207/2010 « Regolamento di Esecuzione e Attuazione »). Tuttavia, per la parte di dettaglio di esecuzione dei contratti, molti committenti privati, e specie per le opere di una qualche rilevanza, pur non essendone obbligati ritengono utile rich iamare ed attenersi alle norme relative ai lavori pubblici ormai ampiamente codificate e conosciute. In particolare, per quanto riguarda il Codice Civile, si fa cenno agli articoli riferiti nello specifico al contratto tra le parti: •
art. 1321 C.C. - Contratto
« Il contratto è l’ accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale ». •
art. 1655 C.C. - Contratto di appalto
« L’Appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro (comma 1) ... salvo diversa pattuizione o uso contrario l’Appaltatore h a diritto al pagamento del corrispettivo quando l’ opera è accettata dal C ommittente » (comma 3). L’Appaltatore viene quindi individuato come soggetto imprenditoriale che si assume i rischi di impresa, mentre il C ommittente è tenuto al pagamento per il risultato ottenuto con il contratto (opere realizzate, una volta accettate).
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La trattazione del Codice civile, e in particolare le suddette norme, assumono particolare rilievo specie per la fase di esecuzione dell’opera in quanto: – – –
definiscono obblighi e ambiti operativi di ciascuno dei due contraenti del contratto; in particolare il Committente non può mai interferire nell’ambito di competenza dell’Appaltatore, neppure nelle dovute azioni di vigilanza, per non esserne corresponsabile in caso di inadempimento; stabiliscono che il corrispettivo definitivo viene corrisposto solo all’accettazione dell’ opera, indipendentemente da eventuali acconti erogati in corso d’ opera, che devono quindi essere sempre considerati a titolo « provvisorio ».
Per quanto riguarda invece la progettazione e realizzazione dei lavori pubblici, occorre fare riferimento al nuovo Codice dei contratti (D.Lgs. 163/2006 e suo Regolamento) e, innanzitutto, dare qualche definizione.
Alcune definizioni (art. 3 del Codice dei contratti): – (comma 3) I « contratti » o i « contratti pubblici » sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudicatori. – (comma 6) Gli « appalti pubblici » sono i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi come definiti dal presente codice. – (comma 7) Gli « appalti pubblici di lavori » sono appalti pubblici aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, relativamente a lavori o opere (...) oppure, (...), l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara. – (comma 8) I « lavori » di cui all’allegato 1 comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere. Per « opera » si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica. – (comma 9) Gli « appalti pubblici di forniture » sono appalti pubblici diversi da quelli di lavori o di servizi, aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti. – (comma 10) Gli « appalti pubblici di servizi » sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II. – (comma 11) Le « concessioni di lavori pubblici » sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice. La gestione funzionale ed economica può anche riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa.
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I lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione. Ulteriori forme di realizzazione, pure ammesse, rappresentano forme specifiche e residuali, quali: – – – – – –
contratti di sponsorizzazione (art. 26) in economia (art. 125) locazione finanziaria (art. 3.15-bis) contratto di disponibilità (art. 3.15-bis-1) partenariato pubblico-privato (art. 3.15-ter) opere di rilevante importanza: general contractor Per gli appalti, il contratto può avere come oggetto:
a) la sola esecuzione; b) la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice; c) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice. Lo svolgimento della gara è effettuato sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili. Le tipologie b) e c) sono denominati « appalti integrati » in quanto comprendono progettazione ed esecuzione1 8 . Le concessioni (art. 143) di lavori pubblici hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica La controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Tuttavia, il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo (...) qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare (art. 143, comma 4). Le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all’equilibrio economico finanziario della concessione. La concessione ha di regola durata non superiore a trenta anni. L’offerta e il contratto devono contenere il piano economico-finanziario di copertura 1 8 Essi sono riconducibili alle precedenti forme del regime « Merloni »: appalto integrato (con numerosi vincoli) e appalto concorso (che però prevedeva gara direttamente su esecutivo).
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degli investimenti e della connessa gestione per tutto l’ arco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l’eventuale valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della concessione, anche prevedendo un corrispettivo per tale valore residuo. Le stazioni appaltanti affidano le concessioni di lavori pubblici con procedura aperta o ristretta, utilizzando il criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Elementi fondamentali delle due principali modalità di realizzazione di ll.pp.: • Appalto L’Appaltatore esegue esclusivamente l’opera, sulla base di un progetto esecutivo (in alcuni casi redatto dallo stesso Appaltatore) e viene remunerato in base al patto contrattuale per questa sua azione. L’opera viene consegnata al Committente (pubblico o privato) che poi la destinerà autonomamente all’uso previsto. Per poter affidare l’opera il Committente deve disporre delle risorse necessarie a remunerare l’Appaltatore. • Concessione Il Concessionario non solo redige il progetto esecutivo e realizza l’opera ma provvede a gestirla a proprio rischio per un certo periodo, traendo dai proventi della gestione la fonte principale di remunerazione dell’intervento effettuato L’opera eseguita è rivolta direttamente dal concessionario al pubblico utente e diventerà di proprietà dell’Ente concedente decorso il periodo contrattuale di gestione. L’opera è eseguita senza esborso da parte del Concedente che però potrà utilizzarla (e trarne i proventi connessi) solo dopo il periodo di gestione del Concessionario.
Una particolare forma di Concessione è rappresentata dal « project financing ». Per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, ivi inclusi quelli relativi alle strutture dedicate alla nautica da diporto, inseriti nella programmazione triennale e nell’elenco annuale, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, ivi inclusi i Piani dei porti, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa all’affidamento mediante concessione ai sensi dell’articolo 143, affidare una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. Anche in questo caso le amministrazioni aggiudicatrici valutano le offerte presentate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Oltre a quanto previsto dall’articolo 83 per il caso delle concessioni, l’esame delle proposte è esteso agli aspetti relativi alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario del piano e al contenuto della bozza di convenzione. Il bando indica i criteri, secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse proposte (con prevalenza degli elementi tecnici su quelli economici). La scelta del concessionario può avvenire in due modi: – –
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con unica gara in cui si individua direttamente l’esecutore; con gara articolata in due fasi: nella prima fase si individua il promotore e il progetto da porre in gara, nella seconda fase si individua il vincitore salvo il diritto del promo-
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tore di adeguarsi all’offerta del vincitore esercitando così il diritto di prelazione e aggiudicandosi la concessione. Nel primo caso (unica gara) l’amministrazione pone a base di gara uno studio di fattibilità e le offerte devono contenere un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’ istituto di credito stesso ed iscritte nell’ elenco generale degli intermediari finanziari, nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, e dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto; devono essere anche garantite da idonea cauzione. L’amministrazione aggiudicatrice: a) prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando; b) redige una graduatoria e nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; la nomina del promotore può aver luogo anche in presenza di una sola offerta; c) pone in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore e lo sottopone alla conferenza dei servizi; quando il progetto non necessita di modifiche progettuali, procede direttamente alla stipula della concessione; d) qualora il promotore non accetti di modificare il progetto, ha facoltà di richiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche al progetto presentato dal promotore alle stesse condizioni proposte al promotore e non accettate dallo stesso. Nel secondo caso (gara in due fasi, da valutarsi entrambe con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa): 1. In una prima fase l’amministrazione, sulla base dello SdF, pubblica il bando per individuare il promotore e acquisire dallo stesso il progetto preliminare da porre successivamente in gara, e le condizioni economiche (come per la gara singola). Il progetto preliminare verrà quindi approvato e presentato alla conferenza dei servizi, con onere di adeguamento da parte del promotore. 2. Nella seconda fase si bandisce una procedura selettiva (cui non partecipa il promotore) sulla base del progetto preliminare sopraddetto e le sue condizioni economiche. L’offerta dei concorrenti riguarda proposte di miglioramento sia tecniche che economico-gestionali. Le offerte vengono quindi valutate e viene formata la graduatoria, salvo il diritto del promotore di adeguarsi all’offerta del vincitore esercitando così il diritto di prelazione e aggiudicandosi la concessione . Nel caso in cui risulti aggiudicatario della concessione un soggetto diverso dal promotore, quest’ ultimo ha diritto al pagamento, a carico dell’ aggiudicatario, dell’ importo delle spese. Sono ammesse anche proposte di privati promotori per opere non comprese nella programmazione dell’Ente: in tal caso esse devono consistere in un progetto preliminare, un piano finanziario asseverato, una specifica delle caratteristiche del servizio e sono soggette alla valutazione del pubblico interesse da parte dell’Ente che potrà quindi inserire
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l’intervento nella programmazione. Sulla base del preliminare verrà poi bandita la gara di concessione con eventuale diritto di prelazione per il promotore.
Le figure professionali che intervengono nel processo
9.4
I soggetti che rappresentano la Stazione Appaltante/Committente nella fase di progettazione e esecuzione dei lavori sono il Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.), il progettista e il Direttore dei Lavori (D.L.). Il soggetto deputato all’esecuzione – come detto – è l’Appaltatore, attraverso alcune figure chiave: il Direttore Tecnico e il Direttore di cantiere. Le Stazioni Appaltanti sono raggruppate all’art. 32 del Codice in 3 categorie: – – –
Amministrazioni aggiudicatrici: lo Stato nelle sue varie articolazioni Enti aggiudicatori: concessionari di ll.pp. Altri soggetti aggiudicatori: privati che a certe condizioni sono tenuti ad osservare in parte il codice e svolgono funzioni di stazione appaltante Gli appaltatori sono individuati all’art. 34 come:
– – –
imprenditori individuali, anche artigiani società commerciali e cooperative consorzi fra tali soggetti, stabili o temporanei.
9.4.1
Il responsabile unico del procedimento
Il Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.) è il « gestore della commessa », il « project manager » per conto del Committente. Deve essere nominato, ai sensi della Legge 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 10 del Codice, per ogni intervento realizzato mediante contratto pubblico, ovvero per ogni intervento soggetto all’applicazione del Codice. La nomina deve avvenire prima della predisposizione del progetto preliminare contestualmente alla decisione di realizzare i lavori. Tra gli altri suoi compiti, il R.U.P. formula proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali. Il R.U.P. deve avere specifiche competenze tecniche adeguate alla natura dell’intervento. La funzione è espletata da un tecnico abilitato all’esercizio della professione o, quando l’abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, è un funzionario tecnico con idonea professionalità dipendente della stazione appaltante con anzianità di servizio non inferiore a 5 anni. Il responsabile del procedimento può svolgere, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori, ad eccezione dei casi di opere di particolare complessità, progetto integrale o nel caso di interventi di importo superiore a 500.000 euro. Funzioni e compiti del responsabile del procedimento sono dettagliati, oltre che all’art.10 del Codice, negli artt. 9 e 10 del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei contratti pubblici); in particolar modo egli:
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sovraintende le fasi di progettazione e di realizzazione di un’opera pubblica. Art. 9 co a e fa i i progetta ione affi a ento e e ec ione i ogni ingo o intervento sono eseguite sotto la diretta responsabilità e vigilanza di un responsabile del procedimento. assicura in ciascuna fase il controllo su: livelli di prestazione, copertura finanziaria, tempi di realizzazione, rispetto della normativa. Art. 9 comma 2 - provvede a creare e con i ioni affinc i proce o rea i ati o e inter ento ri ti con otto in o o unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori ed in conformità di qualsiasi altra disposizione di legge in materia. art co a a e i r o o i re pon abi e ei a ori ai fini e ri petto e e norme sulla sicurezza e salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro ex D.Lgs. 81/2008.
Tab. 9.2 Compiti del Responsabile Unico del Procedimento.
art. 10 - Regolamento di Esecuzione e Attuazione fattibilità tecnica, economica ed amministrativa
promuove e sovrintende agli accertamenti ed alle indagini preliminari idonei a consentire la verifica della fattibilità tecnica, economica ed amministrativa degli interventi;
Art. 10, c.1, a)
conformità ambientale, paesistica, territoriale ed urbanistica
verifica in via generale la conformità ambientale, paesistica, territoriale ed urbanistica degli interventi e promuove l’avvio delle procedure di variante urbanistica;
Art. 10, c.1, b)
documento preliminare alla progettazione
redige, secondo quanto previsto dall’articolo 93, commi 1 e 2, del codice, il documento preliminare alla progettazione e cura che sia richiesto il codice unico di progetto (CUP) di cui all’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e che lo stesso sia riportato su tutti i documenti amministrativi e contabili concernenti il progetto;
Art. 10, c.1, c)
affidamento incarichi di progettazione
accerta e certifica, sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente, la ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 90, comma 6, del codice, motiva la scelta del metodo di affidamento degli incarichi di natura tecnica, compresa la valutazione di cui all’articolo 91, comma 5, del codice, coordina e verifica la predisposizione dei bandi di gara, nonché il successivo svolgimento delle relative procedure; verifica l’effettiva possibilità di svolgere all’interno dell’amministrazione le diverse fasi della progettazione senza l’ausilio di consulenze esterne; in relazione alle caratteristiche e alla dimensione dell’intervento, promuove e definisce, sulla base delle indicazioni del dirigente, le modalità di verifica dei vari livelli progettuali, le procedure di eventuale affidamento a soggetti esterni e la stima dei corrispettivi, da inserire nel quadro economico;
Art. 10, c.1, d)
coordina le attività necessarie alla redazione del progetto preliminare
coordina le attività necessarie al fine della redazione del progetto preliminare, verificando che, nel rispetto del contenuto del documento preliminare alla progettazione, siano indicati gli indirizzi che devono essere seguiti nei successivi livelli di progettazione ed i diversi gradi di approfondimento delle verifiche, delle rilevazioni e degli elaborati richiesti;
Art. 10, c.1, e)
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art. 10 - Regolamento di Esecuzione e Attuazione coordina le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo
coordina le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare;
Art. 10, c.1, f)
illustra il progetto
convoca e presiede nelle procedure ristrette e di appalto di progettazione ed esecuzione sulla base del progetto preliminare, ove ne ravvisi la necessità, un incontro preliminare per l’illustrazione del progetto e per consentire osservazioni allo stesso;
Art. 10, c.1, g)
affidamento dei lavori
propone alla amministrazione aggiudicatrice i sistemi di affidamento dei lavori; nel caso di procedura negoziata senza pubblicazione di bando promuove la gara informale e garantisce la pubblicità dei relativi atti;
Art. 10, c.1, h)
nomina della commissione giudicatrice
richiede all’amministrazione aggiudicatrice la nomina della commissione giudicatrice nel caso di affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
Art. 10, c.1, i)
ufficio di direzione lavori
promuove l’istituzione dell’ufficio di direzione dei lavori ed accerta sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente, la sussistenza delle condizioni che ai sensi dell’articolo 90, comma 6, del codice giustificano l’affidamento dell’incarico a soggetti esterni alla amministrazione aggiudicatrice;
Art. 10, c.1, l)
collaudo
accerta e certifica, sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente, le situazioni di carenza di organico in presenza delle quali le funzioni di collaudatore sono affidate ai sensi dell’articolo 141, comma 4, del codice ai soggetti esterni alla stazione appaltante;
Art. 10, c.1, m)
sicurezza in cantiere
adotta gli atti di competenza a seguito delle iniziative e delle segnalazioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori sentito il direttore dei lavori;
Art. 10, c.1, n)
valida il progetto e verifica la conformità progettuale al D.P.P.
effettua, prima dell’approvazione del progetto in ciascuno dei suoi livelli, le necessarie verifiche circa la rispondenza dei contenuti del documento alla normativa vigente, alle indicazioni del documento preliminare e alle disponibilità finanziarie, nonché all’esistenza dei presupposti di ordine tecnico ed amministrativo necessari per conseguire la piena disponibilità degli immobili;
Art. 10, c.1, o)
certifica la fattibilità e fruibilità del lotto
nel caso di lavori eseguibili per lotti, accerta e attesta: 1) l’avvenuta redazione, ai fini dell’inserimento nell’elenco annuale, della progettazione preliminare dell’intero lavoro e la sua articolazione per lotti; 2) la quantificazione, nell’ambito del programma e dei relativi aggiornamenti, dei mezzi finanziari necessari per appaltare l’intero lavoro; 3) l’idoneità dei singoli lotti a costituire parte funzionale, fattibile e fruibile dell’intero intervento;
Art. 10, c.1, p)
(segue)
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art. 10 - Regolamento di Esecuzione e Attuazione conferenza dei servizi
svolge le attività necessarie all’espletamento della conferenza dei servizi, curando gli adempimenti di pubblicità delle relative deliberazioni ed assicurando l’allegazione del verbale della conferenza tenutasi sul progetto preliminare posto a base delle procedure di appalto di progettazione ed esecuzione sulla base del progetto preliminare e di affidamento della concessione di lavori pubblici;
Art. 10, c.1, q)
vigilanza nella concessione di lavori pubblici
svolge la funzione di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici, verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali;
Art. 10, c.1, r)
trasmette i dati all’Osservatorio
raccoglie, verifica e trasmette all’Osservatorio gli elementi relativi agli interventi di sua competenza anche in relazione a quanto prescritto dall’articolo 7, comma 8, del codice;
Art. 10, c.1, s)
tempistiche di svolgimento dei lavori
accerta la data di effettivo inizio dei lavori e ogni altro termine di svolgimento dei lavori;
Art. 10, c.1, t)
sospensione, allontanamento dell’esecutore per ragioni di sicurezza
trasmette agli organi competenti della amministrazione aggiudicatrice, sentito il direttore dei lavori, la proposta del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di sospensione, allontanamento dell’esecutore o dei subappaltatori o dei lavoratori autonomi dal cantiere o di risoluzione del contratto;
Art. 10, c.1, u)
presupposti per le varianti in corso d’opera
assicura che ricorrano le condizioni di legge previste per le varianti in corso d’opera;
Art. 10, c.1, v)
penali per ritardo
irroga le penali per il ritardato adempimento degli obblighi contrattuali, anche sulla base delle indicazioni fornite dal direttore dei lavori;
Art. 10, c.1, z)
lavori di speciale complessità o di rilevanza architettonica o ambientale
accerta e certifica, sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente, negli interventi l’eventuale presenza delle caratteristiche di cui all’articolo 3, comma 1, lettere l) e m);
Art. 10, c.1, aa)
risoluzione del contratto
propone la risoluzione del contratto ogni qual volta se ne realizzino i presupposti;
Art. 10, c.1, bb)
soluzione delle controversie
propone la transazione e la definizione bonaria delle controversie che insorgono in ogni fase di realizzazione dei lavori;
Art. 10, c.1, cc)
Responsabile dei Lavori
svolge, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, su delega del soggetto di cui all’articolo 26, comma 3, del predetto decreto legislativo, i compiti previsti nel citato articolo 26, comma 3, qualora non sia prevista la predisposizione del piano di sicurezza e di coordinamento ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Art. 10, c.1, dd)
9.4.2
Il progettista
Il ruolo del progettista, parimenti alle altre figure che intervengono nel processo realizzativo, le procedure di selezione ed i contenuti del progetto sono normati sia dal Codice agli artt. 90-92 che dal Regolamento agli artt. 15-59.
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La progettazione nei propri livelli di approfondimento e relativi elaborati richiesti – di cui si tratterà più nel dettaglio al paragrafo 5 del presente capitolo –, la direzione dei lavori e gli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del Responsabile del Procedimento [...] sono espletate (art. 90 del Codice): a) dai dipendenti abilitati degli uffici tecnici delle Stazioni appaltanti; b) dagli uffici consortili costituiti con le modalità di cui agli artt. 30-32 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; c) dagli organismi di altre pubbliche amministrazioni; d) da liberi professionisti singoli od associati nelle forme di legge; e) dalle società di professionisti; f) dalle società di ingegneria; f-bis) da prestatori di servizi di ingegneria ed architettura stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi; g) da raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere d), e), f), f-bis) e h) ai quali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 37 in quanto compatibili; h) da consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria. Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario – interno o esterno all’Amministrazione aggiudicatrice – l’incarico di progettazione deve essere espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili sia civilmente che penalmente del progetto redatto. Per queste ragioni il Progettista deve essere dotato di polizze assicurative per la copertura dei rischi di natura professionale19 (in capo all’Ente nel caso di dipendenti incaricati della progettazione). Nei casi in cui l’incarico non venga affidato a personale interno della Stazione Appaltante, ma si ricorra – in caso di carenza in organico, difficoltà di rispettare i tempi della Tab. 9.3
Affidamento degli incarichi di progettazione.
Soglia
Affidamento
< 40.000 €
possibile affidamento diretto
< 100.000 €
procedure negoziata senza bando, almeno con 5 soggetti scelti da elenco istituito con bando, nel rispetto dei principi di: non discriminazione (riconoscimento titoli UE), parità di trattamento (scelta in base a criteri predefiniti), proporzionalità (richieste adeguate all’oggetto) e trasparenza (pubblicità).
100.000 € > < soglia CE
gara di servizi ad evidenza pubblica
> soglia CE
gara di servizi a norme CE
19 Tale obbligo è stato esteso dal 15 agosto 2013 all’intera attività professionale esercitata sia nei confronti del committente privato che per quello pubblico, con l’art. 3, comma 5, lettera e) del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
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programmazione o svolgere le funzioni di istituto, progetti integrali e di speciale complessità o rilevanza architettonica-ambientale – ad incarichi esterni, le modalità di affidamento sono regolate dall’art. 91 del Codice in funzione del valore economico dell’onorario a base di gara. Le gare sono aggiudicate col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, obbligatorio nel caso di incarichi di progettazione che superino la soglia comunitaria. Quando la prestazione riguardi la progettazione di lavori di particolare rilevanza sotto il profi o arc itettonico a bienta e torico arti tico e con er ati o nonc tecno ogico le stazioni appaltanti valutano in via prioritaria l’opportunità di applicare la procedura del concorso di progettazione o del concorso di idee (art. 91 comma 5 del Codice) per individuare il miglior progetto da sviluppare. Le amministrazioni aggiudicatrici non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amminitrati e a e a conne e a otteni ento e finan ia ento e opera progettata Il rapporto fra amministrazione aggiudicatrice e progettista incaricato nel caso di incarich i esterni è regolato da apposito contratto in cui devono essere riportate le condizioni e le modalità per il pagamento dei corrispettivi. Per quanto attiene ai compensi per i contratti di servizi di architettura e ingegneria, il D.L. 1/12 ha abrogato i minimi tariffari e le tariffe professionali. Il recentissimo DM Giustizia 31.10.13 n. 143 (GU n. 298 del 20.12.13) ha individuato i nuovi parametri per la definizione dei corrispettivi da porre a base di gara, nonché la classificazione delle prestazioni professionali (in sostituzione del precedente DM 4.4.2001). Nel caso in cui le attività di progettazione vengano svolte internamente all’Ente, una somma non superiore al due per cento dell’ importo posto a base di gara di un’ opera o di un lavoro è ripartita tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori2 0 . La ripartizione della percentuale effettiva, stabilita in rapporto all’entità e alla complessità dell’opera da realizzare, tiene conto delle responsabilità professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. Infine, gli affidatari degli incarichi di progettazione, i soggetti controllati o controllanti, non possono partecipare ad appalti, concessioni, subappalti per i quali abbiano svolto l’attività progettuale. 9.4.3
Il direttore dei lavori
Il Direttore dei Lavori (D.L.) è il « gestore dell’esecuzione » per conto del Committente, ha il compito di curare l’esecuzione delle opere a regola d’arte in conformità al progetto e al contratto (art. 148 comma 1 REA). La nomina per l’esecuzione dei lavori pubblici è un obbligo di legge. Per il coordinamento, la direzione ed il controllo tecnico-contabile dell’esecuzione i ogni ingo o inter ento e ta ioni appa tanti pri a e a gara i tit i cono n fficio di direzione lavori, costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente, in relazione alla dimensione e alla tipologia e categoria dell’intervento, da uno o più assistenti con 2 0 Il Decreto 22 aprile 2013, n. 66 ha disposto, con l’art. 2, che le somme di cui all’art. 92, comma 5, del codice, sono costituite da una percentuale dell’importo posto a base di gara dei lavori.
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funzioni di direttore operativo o di ispettore di cantiere ( art. 147 comma 1 del REA). La condotta dei lavori, pertanto, in relazione alla complessità dell’intervento può essere affidata ad un Direttore dei Lavori (unico) eventualmente assistito da Direttori operativi anche con specifiche competenze (strutturali, impiantistiche, ecc.). Il D.L. è un tecnico il cui titolo e le cui competenze devono essere adeguate al lavoro, nominato dalla Stazione Appaltante prima della pubblicazione del bando di gara per la scelta dell’esecutore dei lavori. L’attività di direzione dei lavori in via preferenziale è espletata da personale interno all’amministrazione aggiudicatrice; nei casi di carenze di organico, difficoltà di rispettare i tempi della programmazione o svolgere le funzioni di istituto, progetti integrali, di speciale complessità o rilevanza architettonica o ambientale, la medesima attività può essere affidata con le procedure previste dal Codice a: Uffici consortili; Organismi di altre P.A.; liberi professionisti singoli o associati; società di professionisti; società di ingegneria; Consorzi stabili. I ruoli di Responsabile Unico del Procedimento, Progettista e Direttore dei Lavori sono incompatibili esclusivamente nei casi di opere di speciale complessità, progetto integrale, lavori di importo superiore a 500.000 Euro. Ai sensi dell’art. 151 del REA il D.L. può svolgere le funzioni di Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione ex D.Lgs. 81/08 se possiede i relativi titoli e abilitazioni. Il direttore dei lavori, nell’ambito delle proprie competenze, come detto, deve garantire che i lavori siano eseguiti a perfetta regola d’arte in conformità al progetto, alle varianti preventivamente approvate e al contratto. In particolare al direttore dei lavori fanno carico tutte le attività ed i compiti allo stesso espressamente demandati dal C odice o dal Regolamento; inoltre: – –
– – –
interloquisce in via esclusiva con l’Appaltatore in merito all’esecuzione dei lavori attraverso opportuni ordini di servizio; ha la specifica responsabilità dell’accettazione dei materiali proposti dall’Appaltatore e dei controlli quali-quantitativi ex L. 1086/71 (D.L. sulle strutture) sulle caratteristiche meccaniche di questi in aderenza alle disposizioni delle norme tecniche per le costruzioni; verifica periodicamente la regolarità da parte dell’esecutore e dei subappaltatori della documentazione prevista dalle leggi vigenti in materia di obblighi previdenziali; aggiorna il programma di manutenzione, i manuali d’uso e i manuali di manutenzione a lavori ultimati; ha la diretta responsabilità della redazione della contabilità, comprensiva degli stati di avanzamento dei lavori (S.A.L.) alle scadenze previste dal contratto e, per i lavori di importo inferiore a 500.000 (estensibile fino a 1 milione), redige il certificato di regolare esecuzione.
Per consentire la corretta esecuzione di un’opera a regola d’arte (art. 148 comma 1 REA), il direttore dei lavori ha la facoltà di introdurre modesti interventi per risolvere aspetti di dettaglio o di definizione e modifica puntuale degli aspetti progettuali, senza che vengano considerati varianti in corso d’ opera, sempre che siano contenuti entro un importo non superiore al 10 per cento per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro e al 5 per cento per tutti gli altri lavori delle categorie di lavoro dell’appalto e che non comportino un aumento dell’importo del contratto stipulato per la realizzazione dell’opera – art. 132 comma 3 del Codice.
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9.4.4
L’appaltatore
L’Appaltatore è un imprenditore professionale (art. 2082 C.C.) che assume l’appalto ovvero l’esecuzione dei lavori e che ha la responsabilità del risultato secondo il contratto (art. 1655 C.C.). In particolare spettano all’Appaltatore la responsabilità della disciplina e buon ordine del cantiere (DM 140/2000 art. 6), l’obbligo di osservare e far osservare al proprio personale le norme di legge e il regolamento ed il coordinamento dei subappaltatori (Art. 118 comma 7 del Codice). L’Appaltatore svolge tali obblighi generalmente attraverso due figure principali: il Direttore Tecnico ed il Direttore di cantiere di cantiere: – –
Direttore Tecnico è l’organo cui competono gli adempimenti di carattere tecnico organizzativo necessari per la realizzazione dei lavori (art. 87 REA); è la figura che in ciascuna impresa deve possedere requisiti di idoneità tecnica per la qualificazione. Direttore di cantiere: è un tecnico formalmente incaricato dall’Appaltatore (ex C.G. 6) che assicura l’organizzazione, la gestione tecnica e la conduzione del cantiere, avvalendosi se necessario di collaboratori, quali ad esempio il Capo Cantiere. Ha la specifica competenza e responsabilità nel curare l’esecuzione degli adempimenti disposti dal D.L./CSE nella sua opera di vigilanza e l’attuazione del PSC e del POS (della cui redazione potrebbe anche essere incaricato dall’Appaltatore) e della responsabilità del rispetto dei piani da parte di tutte le imprese operanti (Art. 118 comma 7 Codice).
Il D irettore di C antiere per conto dell’ A ppaltatore e il D irettore dei lavori per conto del Committente sono figure speculari nel cantiere, ciascuno a tutela della parte che rappresenta.
9.5
La progettazione dei lavori pubblici
La progettazione vera e propria, come si è visto al par. 9.2.3, è generalmente preceduta da Studi di Fattibilità sulla base dei quali avviare l’iter di realizzazione di un’opera. Lo scopo dell’attività di progettazione è in primis la realizzazione di un intervento di qualità, attribuendo a quest’ultima l’accezione di intervento tecnicamente e architettonicamente valido, ne ri petto e ig ior rapporto fra i benefici e i co ti g oba i i co tr ione anutenzione e gestione. La progettazione deve essere informata a principi di sostenibilità ambientale nel rispetto, tra l’altro, della minimizzazione dell’impegno di risorse materiali non rinnovabili e di massimo riutilizzo delle risorse naturali impegnate dall’intervento e della massima manutenibilità, miglioramento del rendimento energetico, durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità tecnica ed ambientale dei materiali ed agevole controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo (art. 15 REA). Il concetto di qualità del progetto, pertanto, non è da assumere in termini assoluti, ma piuttosto in termini di risposta corretta alle esigenze implicite ed esplicite dell’opera (punto 2.1 UNI EN ISO 8402) e ai requisiti fissati dal committente. È assicurata dalla oculata scelta di progettisti e di esecutori e dalla coerente azione di controllo del Committente. Il progetto è redatto sulla base delle indicazione contenute nel D ocumento P relimi-
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Tab. 9.4 Fasi di progettazione e modalità di appalto.
Fase di progetto
Affidamento
Modalità di appalto
Preliminare
Programmazione lavori ≥ 1.000.000 €
App. concorso, concessione
Definitivo
Pareri, Conf. Servizi, finanziamento
App. integrato, manutenzione
Esecutivo
Appalto, esecuzione
App. di sola esecuzione
nare alla P rogettazione ( D .P .P .) * redatto dal Responsabile Unico del Procedimento. Esso si articola, nel rispetto dei vincoli esistenti e dei limiti di spesa prestabiliti, secondo tre progressivi lie i i efini ione2 1 pre i inare efiniti o e e ec ti o. I tre livelli costituiscono una suddivisione di contenuti che tra loro interagiscono e si sviluppano senza soluzione di continuità per assicurare: – – –
la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative; la conformità alle norme ambientali e urbanistiche; il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.
Il R.U.P., in rapporto alla specifica tipologia e dimensione del lavoro, può integrare e/o modificare le prescrizioni di legge e Regolamento relative alle varie fasi. È consentita altresì l’omissione i no ei pri i e i e i i progetta ione p rc i i e o ccessivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso e siano garantiti i requisiti di (art. 93 comma 2 Codice). Ciascun livello, per il quale è prevista una fase di verifica e di validazione nel caso del progetto a base di gara, oltreché momento elaborativo della complessiva fase progettuale, è anche correlato ad una fase del procedimento e a modalità di appalto. Il progetto è redatto in modo da assicurare il coordinamento della esecuzione dei lavori, tenendo conto del contesto in cui si inseriscono (in particolare accessibilità e manutenzione di impianti e servizi a rete). L’esecuzione dei lavori deve comunque iniziare solo dopo l’approvazione del progetto esecutivo da parte della Stazione Appaltante, anche quando la gara è bandita su un progetto di livello inferiore e il contratto ha per oggetto anche la progettazione (art. 53 comma 5 Codice).
2 1
Capitolo 9
*
Documento Preliminare alla Progettazione (D.P.P.) Il documento preliminare, con approfondimenti tecnici e amministrativi graduati in rapporto all’entità, alla tipologia e categoria dell’intervento da realizzare, riporta fra l’altro l’indicazione: a) della situazione iniziale e della possibilità di far ricorso alle tecniche di ingegneria naturalistica; b) degli obiettivi generali da perseguire e delle strategie per raggiungerli; c) delle esigenze e bisogni da soddisfare; d) delle regole e norme tecniche da rispettare; e) dei vincoli di legge relativi al contesto in cui l’intervento è previsto; f) delle funzioni che dovrà svolgere l’intervento; g) dei requisiti tecnici che dovrà rispettare; h) degli impatti dell’opera sulle componenti ambientali e, nel caso degli organismi edilizi, delle attività ed unità ambientali; i) delle fasi di progettazione da sviluppare e della loro sequenza logica nonché dei relativi tempi di svolgimento; l) dei livelli di progettazione e degli elaborati grafici e descrittivi da redigere; m) dei limiti finanziari da rispettare e della stima dei costi e delle fonti di finanziamento; n) dei possibili sistemi di realizzazione da impiegare.
I contenuti dettagliati dei 3 livelli sono precisati dal TU (art. 93) e dal REA (artt. 17-43).
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9.5.1
Progetto preliminare
Il progetto preliminare, nel rispetto delle indicazioni del Documento Preliminare alla Progettazione (D.P.P.), efini ce e caratteri tic e a itati e e f n iona i ei a ori i a ro e e e igen e a o i fare e e e pecific e pre ta ioni a fornire (art. 93 comma 3 Codice e art. 17 REA). Consiste sostanzialmente in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili, della sua fattibilità amministrativa e tecnica, dei costi – da determinare in relazione ai benefici previsti – e in schemi grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare. progetto pre i inare tabi i ce i profi i e e caratteri tic e pi ignificati e eg i elaborati dei successivi livelli di progettazione, in funzione delle dimensioni economiche e della tipologia e categoria dell’intervento (art. 17 del REA). Il medesimo articolo definisce gli elaborati di cui è composto il progetto preliminare, mentre i successivi articoli ne dettagliano i contenuti principali: – – – – – – – – –
relazione illustrativa; relazione tecnica; studio di prefattibilità ambientale; accertamenti ed indagini preliminari (archeologiche, ambientali, topografiche, geologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, ecc.); planimetria generale e elaborati grafici; prime indicazioni per la stesura dei piani di sicurezza; calcolo sommario della spesa; quadro economico di progetto; piano particellare preliminare delle aree o rilievo di massima degli immobili.
Il progetto preliminare dovrà inoltre consentire l’avvio della procedura espropriativa. Il calcolo sommario della spesa è effettuato, attraverso una stima diretta comparativa del costo di costruzione, per quanto concerne le opere o i lavori, applicando alle quantità caratteristiche degli stessi (parametro fisico), i corrispondenti prezzi parametrici dedotti dai costi standardizzati determinati dall’Osservatorio. In assenza di costi standardizzati, applicando parametri desunti da interventi similari realizzati, da prezzari di riferimento per opere compiute (ad esempio Prezzi e Tipologie Edilizie edito dalla DEI) ovvero redigendo un computo metrico estimativo di massima. L’importo così determinato è inserito in un quadro tecnico economico (QTE), articolato secondo quanto previsto all’articolo 16 del REA, che comprende, oltre all’importo per lavori determinato nel calcolo sommario della spesa, gli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso, e le somme a disposizione della stazione appaltante, determinate attraverso valutazioni effettuate in sede di accertamenti preliminari. 9.5.2
Progetto definitivo
progetto efiniti o ne ri petto e e e igen e ei inco i eg i in iri i e e e in icazioni stabiliti nel progetto preliminare approvato dalla stazione appaltante (art. 93 comma 4 del Codice) individua compiutamente i lavori da realizzare e deve contenere tutti gli
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elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e titoli abilitativi da parte degli organi competenti (Comuni, ASL, VV.F., Soprintendenze, ecc.). Consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti e dell’inserimento delle opere sul territorio; in disegni generali nelle opportune scale, descrittivi delle principali caratteristiche delle opere e delle soluzioni architettoniche, delle superfici e dei volumi da realizzare, compresi quelli per l’individuazione del tipo di fondazione; in un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto. Gli elaborati di cui è composto (art. 24 del REA) sono dettagliati agli artt. 25-32 del REA: – – – – – – – – – – – – –
relazione generale; relazioni tecniche e relazioni specialistiche; rilievi planoaltimetrici e studio dettagliato di inserimento urbanistico; elaborati grafici; studio di impatto ambientale ove previsto dalle vigenti normative ovvero studio di fattibilità ambientale; calcoli delle strutture e degli impianti; disciplinare descrittivo e prestazionale degli elementi tecnici; censimento e progetto di risoluzione delle interferenze; piano particellare di esproprio; elenco dei prezzi unitari ed eventuali analisi; computo metrico estimativo; aggiornamento del documento contenente le prime indicazioni e disposizioni per la stesura dei piani di sicurezza; quadro economico.
Gli studi e le indagini occorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico, i rilievi e i sondaggi, sono condotti fino ad un livello tale da consentire i calcoli preliminari delle strutture e degli impianti e lo sviluppo del computo metrico estimativo. Inoltre il livello di definizione degli elaborati grafici e descrittivi nonché dei calcoli delle strutture e degli impianti deve essere sviluppato ad un livello tale che nella successiva fase del progetto esecutivo non si abbiano significative differenze tecniche e di costo. 9.5.3
Progetto esecutivo
progetto e ec ti o re atto in confor it a progetto efiniti o ed alle eventuali prescrizioni dettate nei titoli abilitativi, nei pareri dettati dagli enti in sede di accertamento o di conferenza di servizi o di pronuncia di compatibilità ambientale, determina in ogni dettaglio i lavori da eseguire ed il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un i e o i efini ione ta e a con entire c e ogni e e ento ia i entificabi e in for a tipologia, qualità, dimensione e prezzo (art. 93 comma 5 del Codice). In particolare è costituito (art. 33 del REA), con lo specifico livello di approfondimento, da:
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Tab. 9.5 Elaborati del progetto esecutivo.
Documento:
Contenuti:
Rif. Norma:
relazione generale
La relazione generale del progetto esecutivo descrive in dettaglio i criteri utilizzati per le scelte progettuali esecutive, per i particolari costruttivi e per il conseguimento e la verifica dei prescritti livelli di sicurezza e qualitativi.
Art. 34 REA
relazioni specialistiche
A completamento di quanto contenuto nella relazione generale, il progetto esecutivo comprende le seguenti relazioni tecniche: a) relazione geologica; b) relazioni idrologica e idraulica; c) relazione sulle strutture; d) relazione geotecnica; e) relazione archeologica; f) relazione tecnica delle opere architettoniche; g) relazione tecnica impianti; h) relazione che descrive la concezione del sistema di sicurezza per l’esercizio e le caratteristiche del progetto; i) relazione sulla gestione delle materie; l) relazione sulle interferenze;
Art. 26 e art. 35 REA
elaborati grafici comprensivi delle strutture, degli impianti e del miglioramento ambientale
Redatti in modo tale da consentire all’esecutore una sicura interpretazione ed esecuzione dei lavori in ogni loro elemento
Art. 36 REA
calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti
Redatti nell’osservanza delle rispettive normative vigenti. I calcoli esecutivi delle strutture consentono la definizione e il dimensionamento delle stesse in ogni loro aspetto generale e particolare, in modo da escludere la necessità di variazioni in corso di esecuzione. I calcoli esecutivi degli impianti sono eseguiti con riferimento alle condizioni di esercizio, alla destinazione specifica dell’intervento e devono permettere di stabilire e dimensionare ogni elemento necessario per la funzionalità dell’impianto stesso. La progettazione esecutiva delle strutture e degli impianti è effettuata unitamente alla progettazione esecutiva delle opere civili al fine di dimostrare la piena compatibilità tra progetto architettonico, strutturale ed impiantistico e ottimizzare le fasi di realizzazione.
Art. 37 REA
piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti
Il piano di manutenzione è il documento complementare al progetto esecutivo che prevede, pianifica e programma, tenendo conto degli elaborati progettuali esecutivi effettivamente realizzati, l’attività di manutenzione dell’intervento al fine di mantenerne nel tempo la funzionalità, le caratteristiche di qualità, l’efficienza ed il valore economico.
Art. 38 REA
piano di sicurezza e di coordinamento (art. 100 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) e quadro di incidenza della manodopera
Il piano di sicurezza e di coordinamento è il documento complementare al progetto esecutivo, finalizzato a prevedere l’organizzazione delle lavorazioni più idonea, per prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, attraverso l’individuazione delle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, e la definizione delle relative prescrizioni operative. Il quadro di incidenza della manodopera è il documento sintetico che indica l’incidenza percentuale della quantità di manodopera per le diverse categorie di cui si compone l’opera o il lavoro.
Art. 39 REA
(segue)
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(segue)
Documento:
Contenuti:
Rif. Norma:
computo metrico estimativo e quadro economico
vedi approfondimento par. 9.5.5
cronoprogramma
Il cronoprogramma è composto da un diagramma che rappresenta graficamente la pianificazione delle lavorazioni dal punto di vista della sequenza logica, dei tempi e dei costi.
Art. 40 REA
elenco dei prezzi unitari e eventuali analisi
I prezzi unitari sono dedotti da prezzari, listini ufficiali vigenti nell’area interessata. Per eventuali voci mancanti il relativo prezzo viene determinato mediante analisi (applicando quantità e prezzi elementari di materiali, manodopera, noli e trasporti, necessari per la realizzazione delle quantità unitarie) ovvero, in difetto, dai prezzi correnti di mercato;
Art. 32 e Art. 41 REA
schema di contratto e capitolato speciale di appalto
Lo schema di contratto contiene, per quanto non disciplinato dal regolamento e dal capitolato generale, le clausole dirette a regolare il rapporto tra stazione appaltante ed esecutore.
piano particellare di esproprio
Il piano particellare degli espropri, degli asservimenti e delle interferenze con i servizi è redatto in base alle mappe catastali aggiornate, e comprende anche le espropriazioni e gli asservimenti. Il piano è corredato dall’elenco delle ditte risultano proprietarie dell’immobile da espropriare o asservire ed è corredato dall’indennità di espropriazione determinata in base alle leggi e normative vigenti.
Art. 31 REA
Il progetto esecutivo costituisce l’ingegnerizzazione di tutte le lavorazioni e, pertanto, definisce compiutamente l’opera in ogni particolare architettonico, strutturale ed impiantistico. Restano esclusi soltanto i piani operativi di cantiere, i piani di approvvigionamenti, nonché i calcoli e i grafici relativi alle opere provvisionali. In questa fase di progettazione compaiono lo Schema di Contratto e il Capitolato Speciale d’Appalto. Lo schema di contratto contiene, per quanto non disciplinato dal regolamento e dal capitolato generale, se menzionato nel bando o nell’invito, le clausole dirette a regolare il rapporto tra stazione appaltante ed esecutore, in relazione alle caratteristiche dell’intervento con particolare riferimento a: – – – – – – – – –
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termini di esecuzione e penali; programma di esecuzione dei lavori; sospensioni o riprese dei lavori; oneri a carico dell’esecutore; contabilizzazione dei lavori a misura e a corpo; liquidazione dei corrispettivi; controlli; specifiche modalità e termini di collaudo; modalità di soluzione delle controversie.
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Allo schema di contratto è allegato il capitolato speciale, che riguarda le prescrizioni tecniche da applicare all’oggetto del singolo contratto. L’elaborato è diviso in due parti, l’una contenente la descrizione delle lavorazioni e l’altra la specificazione delle prescrizioni tecniche. Nella prima parte sono contenuti tutti gli elementi necessari per una compiuta definizione tecnica ed economica dell’oggetto dell’appalto, anche ad integrazione degli aspetti non pienamente deducibili dagli elaborati grafici del progetto esecutivo. La seconda parte contiene le modalità di esecuzione e le norme di misurazione di ogni lavorazione, i requisiti di accettazione di materiali e componenti, le specifiche di prestazione e le modalità di prove nonché, ove necessario, in relazione alle caratteristiche dell’intervento, l’ordine da tenersi nello svolgimento di specifiche lavorazioni; nel caso in cui il progetto prevede l’impiego di componenti prefabbricati, ne vanno precisate le caratteristiche principali, descrittive e prestazionali, la documentazione da presentare in ordine all’omologazione e all’esito di prove di laboratorio, nonché le modalità di approvazione da parte del direttore dei lavori, sentito il progettista, per assicurarne la rispondenza alle scelte progettuali. 9.5.4
Verifica del progetto
Il Regolamento (artt. 14-59) indica in maniera dettagliata i contenuti dei diversi livelli progettuali e le modalità di verifica del progetto. La verifica è finalizzata ad accertare la conformità della soluzione progettuale prescelta alle specifiche disposizioni funzionali, prestazionali, normative e tecniche contenute nello studio di fattibilità, nel documento preliminare alla progettazione ovvero negli elaborati progettuali dei livelli già approvati. La verifica accerta in particolare: a) b) c) d) e) f) g) h) i)
la completezza della progettazione; la coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti; l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta; i presupposti per la durabilità dell’opera nel tempo; la minimizzazione dei rischi di introduzione di varianti e di contenzioso; la possibilità di ultimazione dell’opera entro i termini previsti; la sicurezza delle maestranze e degli utilizzatori; l’adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati; la manutenibilità delle opere, ove richiesto.
La verifica si effettua su tutti i livelli di progetto e contestualmente al loro sviluppo e sulla sua base il R.U.P. redige il conclusivo atto di validazione per il progetto a base di gara. In relazione all’importo dei lavori la verifica viene effettuata da soggetti esterni o interni alla Stazione Appaltante purché: – – –
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organismi di ispezione (accreditati UNI 17020) per lavori > 20 mln anche professionisti qualificati UNI 9001 per lavori 20 mln soggetti anche non qualificati UNI 9001 per lavori inferiori a 1 mln (opere puntuali) o alla soglia CE (opere a rete)
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9.5.5
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La stima dei lavori
L’esigenza di individuare l’aspetto economico dell’intervento, ed in particolare la stima del costo delle lavorazioni da eseguire, è presente in tutte le fasi della progettazione durante la quale va via via affinandosi seguendo i successivi approfondimenti del progetto: 1) Documento Preliminare alla Progettazione (art. 15 REA) - Previsione di larga massima ma vincolante per il progettista; 2) Progetto Preliminare (art. 22 REA) - Calcolo sommario della spesa, effettuato mediante: – prezzi parametrici dedotti dai costi standardizzati determinati dall’Osservatorio; – parametri desunti da interventi similari; – computo metrico-estimativo di massima con prezzi del prezzario o di listini ufficiali vigenti nell’area interessata; 3) Progetto Definitivo (art. 32 REA) - Computo metrico-estimativo del progetto definitivo. È un vero computo metrico-estimativo competente al livello progettuale definitivo, non più una « Stima sommaria dell’intervento ». Esso è redatto applicando alle quantità delle lavorazioni, desunte dal progetto definitivo, i prezzi unitari dedotti dai prezzari della Stazione Appaltante o dai listini ufficiali vigenti nell’area interessata, integrate eventualmente da Nuovi Prezzi. 4) Progetto esecutivo (art. 42 REA) - Computo metrico-estimativo definitivo, nella forma finale e conclusiva. È l’integrazione e aggiornamento del computo del progetto definitivo. Le quantità totali delle singole lavorazioni sono ricavate da dettagliati computi di quantità parziali, con indicazione puntuale dei corrispondenti elaborati grafici. Il Computo metrico estimativo è il documento destinato a definire l’importo del costo di costruzione dell’opera da realizzare. La sua elaborazione può essere divisa in due fasi: dapprima è necessario individuare le singole lavorazioni necessarie per l’esecuzione dei lavori, con le relative quantità ricavate dal progetto, organizzandole in una struttura unitaria (ovvero il computo metrico); successivamente (stima o computo metrico estimativo) è elaborato moltiplicando le quantità desunte dal progetto per ciascuna delle voci individuate nel computo metrico per i prezzi unitari desunti dai prezziari di riferimento e/o da specifiche analisi prezzo. L’elaborato che contiene tutti i prezzi unitari (da prezziario o analisi) è definito Elenco prezzi dell’opera. Il Computo metrico, come appena detto, ha una struttura unitaria organizzata ad albero e ripartita in sezioni secondo categorie di lavorazioni omogenee e secondo un ordine logico-cronologico delle stesse. Da queste, con le opportune aggregazioni emergono le categorie di qualificazione ai fini dell’appalto e dell’esecuzione (categorie generali - OG e categorie speciali - OS) che verranno illustrate nel successivo Paragrafo 9.6.1. Il computo metrico estimativo assume finalità differenti a seconda della fase di realizzazione dell’opera; in particolare: 1) In fase di progetto – Definire l’importo dell’appalto, cioè l’importo dei lavori a base di gara (l’importo complessivo dell’appalto è quello quantificato al netto dell’Iva e comprensivo degli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso);
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Concorrere a definire il Quadro economico della spesa totale dell’intervento (art. 42 REA); – Individuare le « C ategorie omogenee » di cui si compone l’ opera, da inserire nel capitolato speciale d’appalto, con l’indicazione dell’importo di ciascuna e della percentuale sull’ammontare complessivo. 2) In fase di gara – Definire, per l’inserimento in Capitolato e nel Bando di gara, le Categorie di qualificazione richieste all’Appaltatore, fra cui si individuano (art. 118 Codice, art. 113 REA): i. la C ategoria Prevalente, di cui quota parte subappaltabile nel limite max del 30%; ii. le altre categorie scorporabili componenti l’opera se > 10% o 150.000 ; iii. tra queste le opere di rilevante contenuto tecnologico (Strutture, Impianti e Opere Speciali) (art. 107 REA) ed in particolare quelle di importo >15% dell’ importo complessivo che non possono essere subappaltate oltre il 30% (art. 37 comma 11 CODICE); – Redigere la lista delle lavorazioni con quantità (art. 119 REA) negli appalti a Offerta prezzi unitari. 4) In fase di esecuzione – Redigere la contabilità nei lavori: i. a corpo, tramite acconti in base alla percentuale di eseguito delle C ategorie omogenee da Capitolato Speciale di Appalto (artt. 43 comma 6 REA), valutata con riferimento al computo metrico; ii. a misura, per mezzo delle quantità misurate con applicazione del prezzo contrattuale ricavato dall’elenco prezzi dell’opera (art. 43 comma 7 REA); – Individuare l’eventuale « notevole pregiudizio economico », con diritto all’equo compenso per l’Appaltatore ex art. 161 comma 16 REA (al superamento del quinto della quantità originaria dei gruppi di lavorazioni) – Nel caso di Varianti: i. Per individuare il limite di competenza degli interventi disposti dal D.L. per risolvere aspetti di dettaglio (art. 132 comma 1, 1° periodo Codice: « varianti non varianti »); ii. per valutare le quantità, negli appalti a corpo, da dedurre per poterle sostituire con le nuove lavorazioni. –
Il Computo metrico estimativo è redatto al fine essenziale di individuare l’importo definitivo dei lavori da inserire nel Quadro Economico – da porre a base di gara – e le categorie di qualificazione richieste all’Appaltatore. Deve quindi essere redatto per tutti i tipi di intervento (anche manutentivi) e per tutti i tipi di contratto (corpo, misura, misti) e qualunque sia la tipologia di gara. L’elaborazione del Computo metrico-estimativo deve essere contestuale allo sviluppo delle soluzioni progettuali e non a posteriori, per consentire in ogni momento la verifica della compatibilità dell’intervento che si progetta con le disponibilità finanziarie definite fin dal DPP. L’affinamento del progetto – nelle diverse fasi di cui è composto l’iter progettuale – può comportare variazioni nel computo metrico-estimativo e quindi nell’importo dei lavori, rispetto alle elaborazioni dei livelli precedenti e alle indicazioni del DPP. Se tale scostamento è di lieve entità esso può essere assorbito nell’ambito delle somme a disposizione del Quadro Economico; qualora invece fosse di entità più rilevante
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occorrerà ridefinire le linee progettuali e le risorse economiche, ritornando alla programmazione.
Prezzi di riferimento e nuovi prezzi I prezzi unitari delle lavorazioni da applicare alle quantità del Computo metrico sono dedotti (artt. 32-41 REA) dall’elenco prezzi della Stazione Appaltante ovvero dai listini correnti nell’area interessata (es. Prezzario Regionale fatto proprio dalla Stazione Appaltante). I prezzari sono suddivisi in Sezioni per categorie di intervento (es. opere edili, Opere di restauro, Impianti termici, Impianti elettrici e speciali, ecc.); ogni Sezione è poi suddivisa in 2 parti: • •
materiali in provvista, noli, trasporti; opere compiute (provvista e posa).
I prezzi decadono il 31/12 e sono utilizzabili transitoriamente fino al 30/6 successivo per progetti approvati fino a tale data. Ogni progetto deve contenere (artt. 24 comma 1 punto l e 33 comma 1 punto i REA) il proprio « Elenco Prezzi » specifico dell’intervento, comprendente: • •
le voci del prezzario della Stazione Appaltante utilizzate per il Computo metrico estimativo dell’intervento; i Nuovi Prezzi eventualmente formulati.
In tal modo l’appalto resta definito e consente all’Appaltatore di formulare il proprio ribasso uniforme in modo specifico e aderente all’intervento. La norma vale per tutti gli appalti e, in modo particolare, per gli appalti a misura. Tutti i prezzi dell’elenco prezzi sono al netto dell’IVA e comprensivi di utile e spese generali dell’impresa (REA 32.2b-c). Nel prezzario della Regione Piemonte i prezzi sono computati con utile (10%) e spese generali (13%) per un complesso di 24,30%. Fanno eccezione i prezzi relativi alla Sicurezza (sez. 28), comprensivi delle sole spese generali e non dell’utile d’impresa, in quanto tali prezzi non sono soggetti a ribasso e quindi al libero mercato (cfr. CM Infr. 30.10.12 n 4536). Come detto, in assenza di prezzo (nel prezzario dell’Ente o nel contratto) idoneo per la lavorazione che si intende eseguire occorre procedere alla formulazione di un nuovo prezzo con le modalità descritte nel seguito. Tali prezzi, in fase di progetto definitivo ed esecutivo (art. 32.2 REA), prendono comunemente il nome di Nuovi Prezzi (NP) e sono determinati mediante analisi, applicando alle quantità di materiali, mano d’opera, noli e trasporti, necessari per la realizzazione delle quantità unitarie di ogni voce, i rispettivi prezzi elementari dedotti da listini ufficiali o CCIA (noli, trasporti, materiali, manodopera, depurati di utili e spese generali e sicurezza intrinseca) o in difetto, da prezzi correnti di mercato, alle quali va aggiunta una percentuale compresa tra il 13-17% per spese generali e il 10% di utile di impresa. Tali prezzi sono redatti dal progettista e si aggiungono come nuove voci alle altre voci dell’elenco prezzi per formare complessivamente l’elenco prezzi specifico dell’opera e saranno quindi soggetti al ribasso di gara e costituiranno così i prezzi contrattuali.
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Qualora durante l’esecuzione si renda necessario, ad esempio nel caso di varianti, definire nuove lavorazioni non previste, devono essere definiti dei Nuovi Prezzi Aggiuntivi (NPA) in corso d’opera (art. 163 REA). Consistono in prezzi ulteriori rispetto a quelli contrattuali, ai quali vanno ad aggiungersi. Essi sono formati come quelli in fase di progetto: a) desumendoli dal prezzario di cui all’articolo 32; b) ragguagliandoli a quelli di lavorazioni consimili compresi nel contratto; c) quando sia impossibile l’assimilazione, ricavandoli totalmente o parzialmente da nuove regolari analisi. Le analisi dei NPA sono determinate in contraddittorio tra D.L. e Impresa con apposito « verbale di concordamento prezzi », sono riportate alla data dell’appalto e soggetti al ribasso di gara. Qualora non accettati dall’Impresa, possono essere imposti, con diritto per l’Impresa di iscrivere riserva, Sono soggetti ad approvazione del R.U.P. (o della Amministrazione se comportano maggiori spese rispetto alle somme previste nel Quadro economico).
Quadro economico La stima del costo di costruzione, che rappresenta quindi solo l’ammontare necessario per la parte di lavori realizzati da una o più imprese, indipendentemente da come e in quale fase del processo è stata condotta (stima sommaria o computo metrico estimativo), è inserita in un Quadro Tecnico Economico (QTE). Il QTE dà conto di tutte le risorse necessarie per realizzare complessivamente l’intervento. È predisposto con progressivo approfondimento in rapporto al livello di progettazione (SdF, DPP, progetto preliminare definitivo e esecutivo) (art. 15 REA) alle necessarie variazioni conseguenti e prevede una articolazione del costo complessivo di realizzazione dell’opera (art. 16 REA) in due sezioni: lavori e somme a disposizione della Stazione appaltante. L’entità complessiva delle risorse necessarie per realizzare l’intervento è un vincolo fissato fin dallo Studio di fattibilità e dal DPP e indicato nella programmazione e nel bilancio dell’Ente. Le autorizzazioni connesse con il progetto definitivo (che possono contenere prescrizioni), e anche lo sviluppo stesso del progetto, possono però comportare l’esigenza di risorse aggiuntive rispetto al quadro economico inizialmente definito. In tal caso occorre reperire le nuove risorse e adeguare l’ importo del bilancio e della programmazione (se le modifiche sono sostanziali occorre ripercorrere anche l’iter adozione-pubblicità-approvazione). Il recente D.L. 69/13 (Decreto « Fare ») ha stabilito, a modifica dell’art. 82.3 Codice, che, per le gare da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso, occorre evidenziare il costo vivo della manodopera, non soggetto a ribasso come gli oneri di sicurezza specifici.
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Tab. 9.6
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Articolazione di un QTE.
a)
Lavori (a base di gara)
a1.1
lavori a misura
a1.2
lavori a corpo
a1.3
lavori in economia totale lavori a base d’asta1 (soggetti a ribasso)
a2
oneri della sicurezza (non soggetti a ribasso)
(A) (B)
totale importo appalto
b)
Somme a disposizione della Stazione Appaltante (non in gara)
b1
Lavori in economia non in contratto, compresi i rimborsi a fattura
b2
Rilievi, accertamenti, indagini preliminari
b3
Allacciamento ai pubblici servizi
b4
Imprevisti2
b5
Acquisizione aree o immobili e pertinenti indennità di esproprio
b6
Accantonamento al « prezzo chiuso » di cui all’articolo 133 del Codice per incrementi dei prezzi dei materiali
b7
Spese tecniche3
b8
Spese per attività tecnico-amministrative, di supporto al responsabile del procedimento, e di verifica e validazione;
b9
Eventuali spese per commissioni giudicatrici
b10
Spese per pubblicità di bandi e avvisi e per opere artistiche
b11
Spese per accertamenti di laboratorio e verifiche tecniche previste dal capitolato speciale d’appalto, collaudo (tecnico-amministrativo, statico, specialistici di impianti)
b12)
Imposta sul valore aggiunto, eventuali altre imposte e contributi dovuti per legge;
(A + B)
Totale somme a disposizione
(C)
Totale costo di realizzazione
A+B+C
Comprensivi anche di spese per ambiente, paesaggio, patrimonio storico/artistico (art. 42. 3a REA). L’accantonamento in misura non superiore al dieci per cento per imprevisti e per eventuali lavori in economia (art. 42. 3b REA) nel caso di interventi di ristrutturazione, restauro e non superiore al cinque per cento negli interventi di nuova costruzione. 3 Spese tecniche relative alla progettazione, alle necessarie attività preliminari, al coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, alle conferenze di servizi, alla direzione lavori e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, all’assistenza giornaliera e contabilità, l’importo relativo all’incentivo per le prestazioni svolte dal personale dipendente. 1 2
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Le gare per l’affidamento dei lavori e dei servizi di ingegneria e di architettura
9.6
Al precedente punto 9.3 è stato indicato con quali modalità possano essere realizzate le opere e sono stati definiti i concetti di appalto e di concessione, come indicati nel nuovo Codice. In questo paragrafo si tratterà nello specifico di chi può partecipare alle gare (la qualificazione delle imprese) e di come vengono affidati gli « appalti ». 9.6.1
La qualificazione delle imprese
Il problema della qualificazione delle imprese nasce dalla necessità, per la Pubblica Amministrazione, di avere interlocutori affidabili per l’esecuzione dei lavori. Fino all’entrata in vigore della legge Merloni la possibilità per le imprese di accedere al mercato dei lavori pubblici era legata alla loro iscrizione all’Albo Nazionale dei Costruttori, articolato per categorie di opere e per classi di importo. Il limite maggiore dell’Albo era costituito dal fatto di essere in buona parte controllato dagli stessi costruttori e dalla difficoltà di procedere ad un suo rapido aggiornamento, che tenesse conto del possibile mutare di caratteristiche e capacità delle imprese. Con la legge Merloni e poi con il Codice dei contratti e il relativo Regolamento il tema della qualificazione delle imprese (per la partecipazione alle gare di appalto o all’affidamento di concessioni) viene demandato ad un sistema di accreditamento e di attestazione di qualità. La questione viene affrontata dagli artt. 34-52 del Codice e più in particolare dal Titolo III, Parte II, del Regolamento ( i te a i a ifica ione e re i iti per g i esecutori di lavori), agli artt. 60-104. L’art. 34 del Codice individua i soggetti che possono partecipare alle gare; sostanzialmente essi sono: • • •
imprese; consorzi; raggruppamenti temporanei di imprese o di consorzi.
L’art. 40 (Qualificazione per eseguire lavori pubblici) specifica che « I soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati e improntare la loro attività ai principi della qualità, della professionalità e della correttezza ». Il Regolamento definisce il sistema di qualificazione, unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici, di importo superiore a 150.000 euro, articolato in rapporto alle tipologie e all’importo dei lavori stessi. Il sistema di qualificazione è attuato da organismi di diritto privato di attestazione – SOA – costituiti come società per azioni con capitale interamente versato pari ad almeno 1.000.000 di , appositamente autorizzati dall’Autorità di Vigilanza. Compito delle SOA è attestare l’esistenza, nei soggetti qualificati, di: a) certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente normativa nazionale, rilasciata da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/ IEC 17000;
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b) requisiti di ordine generale nonché tecnico-organizzativi ed economico-finanziari conformi alle disposizioni comunitarie in materia di qualificazione. Il Regolamento stabilisce che le imprese sono qualificate per categorie di opere generali, per categorie di opere specializzate, nonché per prestazioni di sola costruzione, e per prestazioni di progettazione e costruzione, e classificate, nell’ambito delle categorie loro attribuite, secondo determinate classi di importo2 2 . L’attestazione della SOA è valida per cinque anni, con una verifica triennale del mantenimento dei requisiti. Categorie generali OG 1 OG 2 OG 3 OG 4 OG 5 OG 6 OG 7 OG 8 OG 9 OG 10
Edifici civili e industriali Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela Strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, metropolitane Opere d’arte nel sottosuolo Dighe Acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere di irrigazione e di evacuazione Opere marittime e lavori di dragaggio Opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica Impianti per la produzione di energia elettrica Impianti per la trasformazione alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua ed impianti di pubblica illuminazione OG 11 Impianti tecnologici OG 12 Opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale OG 13 Opere di ingegneria naturalistica
L’importo della classifica VIII (illimitato) ai fini del rispetto dei requisiti di qualificazione è convenzionalmente stabilito pari a euro 20.658.000. Infine, per essere qualificate le imprese devono possedere requisiti di ordine generale e di ordine speciale. I requisiti di ordine generale sono riferiti a situazioni personali, quali la non sussistenza di stati fallimentari o di provvedimenti di condanna penale o civile, etc. come specificati dal Codice e dal Regolamento. I requisiti di ordine speciale sono: a) b) c) d)
adeguata capacità economica e finanziaria; adeguata idoneità tecnica e organizzativa; adeguata dotazione di attrezzature tecniche; adeguato organico medio annuo.
La a eg ata capacit econo ica e finan iaria è dimostrata: da idonee referenze bancarie; dalla cifra di affari, realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta 2 2 Il recente DPR 30.10.13 ha annullato all’art. 109.2 REA l’elenco delle categorie (e delle qualificazioni obbligatorie) e all’art. 107.2 l’elenco delle superspecializzate cui si applica l’art. 37.11 del Codice. Il vuoto legislativo crea notevoli problemi attuativi e si è in attesa di provvedimento di un decreto « ponte » che ridefinisca gli elenchi annullati.
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Categorie specializzate OS 1 OS 2-A 0S 2-B OS 3 OS 4 OS 5 OS 6 OS 7 OS 8 OS 9 OS 10 OS 11 OS 12-A OS 12-B OS 13 OS 14 OS 15 OS 16 OS 17 OS 18-A OS 18-B OS 19 OS 20-A OS 20-B OS 21 OS 22 OS 23 OS 24 OS 25 OS 26 OS 27 OS 28 OS 29 OS 30 OS 31 OS 32 OS 33 OS 34 OS 35
Lavori in terra Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario Impianti idrico-sanitario, cucine, lavanderie Impianti elettromeccanici trasportatori Impianti pneumatici e antintrusione Finiture di opere generali in materiali lignei, plastici, metallici e vetrosi Finiture di opere generali di natura edile e tecnica Opere di impermeabilizzazione Impianti per la segnaletica luminosa e la sicurezza del traffico Segnaletica stradale non luminosa Apparecchiature strutturali speciali Barriere stradali di sicurezza Barriere paramassi, fermaneve e simili Strutture prefabbricate in cemento armato Impianti di smaltimento e recupero rifiuti Pulizia di acque marine, lacustri, fluviali Impianti per centrali produzione energia elettrica Linee telefoniche ed impianti di telefonia Componenti strutturali in acciaio Componenti per facciate continue Impianti di reti di telecomunicazione e di trasmissioni e trattamento Rilevamenti topografici Indagini geognostiche Opere strutturali speciali Impianti di potabilizzazione e depurazione Demolizione di opere Verde e arredo urbano Scavi archeologici Pavimentazioni e sovrastrutture speciali Impianti per la trazione elettrica Impianti termici e di condizionamento Armamento ferroviario Impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi Impianti per la mobilità sospesa Strutture in legno Coperture speciali Sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità Interventi a basso impatto ambientale
Classifica per livelli di importo I II III III-bis IV IV-bis V VI VII VIII
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fino a euro 258.000 fino a euro 516.000 fino a euro 1.033.000 fino a euro 1.500.000 fino a euro 2.582.000 fino a euro 3.500.000 fino a euro 5.165.000 fino a euro 10.329.000 fino a euro 15.494.000 oltre euro 15.494.000
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non inferiore al cento per cento degli importi delle qualificazioni richieste nelle varie categorie; dal patrimonio netto (limitatamente ai soggetti tenuti alla redazione del bilancio). La adeguata idoneità tecnica è dimostrata: con la presenza di idonea direzione tecnica; dall’esecuzione di lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta, di importo non inferiore al novanta per cento di quello della classifica richiesta; dall’esecuzione di un singolo lavoro, in ogni singola categoria oggetto della richiesta, di importo non inferiore al quaranta per cento dell’importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al cinquantacinque per cento dell’importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al sessantacinque per cento dell’importo della qualificazione richiesta. L’adeguata attrezzatura tecnica consiste nella dotazione stabile di attrezzature, mezzi d’opera ed equipaggiamento tecnico riguardante esclusivamente il complesso di beni specificamente destinati alla esecuzione di lavori, in proprietà o in locazione finanziaria o in noleggio, dei quali sono fornite le essenziali indicazioni identificative. L’adeguato organico medio annuo è dimostrato dal costo complessivo sostenuto per il personale dipendente, composto da retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza, non inferiore al quindici per cento della cifra di affari in lavori effettivamente realizzata, di cui almeno il quaranta per cento per personale operaio. In alternativa l’adeguato organico medio annuo può essere dimostrato dal costo complessivo sostenuto per il personale dipendente assunto a tempo indeterminato non inferiore al dieci per cento della cifra di affari in lavori, di cui almeno l’ottanta per cento per personale tecnico, titolare di laurea, o di laurea breve, o di diploma universitario, o di diploma. Per le imprese artigiane la retribuzione del titolare si intende compresa nella percentuale minima necessaria. Lavori di importo inferiore ai 150.000 € Gli operatori economici possono partecipare agli appalti di lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro qualora in possesso dei seguenti requisiti di ordine tecnico-organizzativo: a) importo dei lavori analoghi eseguiti direttamente nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando non inferiore all’importo del contratto da stipulare; b) costo complessivo sostenuto per il personale dipendente non inferiore al quindici per cento dell’importo dei lavori eseguiti nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando; nel caso in cui il rapporto tra il suddetto costo e l’importo dei lavori sia inferiore a quanto richiesto, l’importo dei lavori è figurativamente e proporzionalmente ridotto in modo da ristabilire la percentuale richiesta; l’importo dei lavori così figurativamente ridotto vale per la dimostrazione del possesso del requisito di cui alla lettera a); c) adeguata attrezzatura tecnica.
9.6.2
Le forme di gara
Per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, e secondo le prescrizioni del Codice e del Regolamento, per la fase di aggiudicazione, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo. M entre le procedure aperte e ristrette rappresentano le procedure ordinarie ad eviden-
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za pubblica e sono quindi utilizzabili per qualsiasi tipologia di lavoro e qualsiasi importo, la procedura negoziata rappresenta una deroga al metodo competitivo e alla libera concorrenza ed è quindi soggetta a restrizioni per tipologia di lavori e per importi. È prevista in due forme, con e senza bando (fino al 2006 denominata « trattativa privata »). Procedura aperta ( art. 55 Codice) Nelle procedure aperte tutti gli operatori economici interessati presentano le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara (fino al 2006 denominate « asta pubblica »). Procedura ristretta ( art. 55 Codice) Nelle procedure ristrette gli operatori economici presentano la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella lettera di invito. Alle procedure ristrette, per l’affidamento di lavori, sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando (fino al 2006 denominate « licitazione privata »). Procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara ( art. 56 Codice) È possibile procedere con questa procedura: – –
quando, in esito all’ esperimento di una procedura aperta o ristretta o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate sono irregolari ovvero inammissibili, per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimentazione o messa a punto, e non per assicurare una redditività o il recupero dei costi di ricerca e sviluppo.
Procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara ( art. 57 Codice) Deve essere sempre adeguatamente motivata; rispettare i principi di trasparenza, concorrenza, rotazione; con inviti scritti e contemporanei ad almeno 3 operatori; è ammessa per i lavori in soli 4 casi senza limiti di importo: i. in esito ad esperimento infruttuoso di procedura aperta o ristretta; ii. qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato; iii. nella misura strettamente necessaria, nei casi di estrema urgenza; iv. per i lavori o i servizi complementari, purché tali lavori a) non possano essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, b) il valore complessivo non superi il 50% dell’importo del contratto iniziale; Per lavori inferiori a 1 milione è ammessa prescindendo dalle limitazioni di tipologia succitate. In tal caso però: – –
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gli inviti devono essere almeno 5 fino a 500.000 , e 10 oltre tale soglia; tali lavori possono essere subappaltati solo in misura max 20%.
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Dialogo competitivo ( art. 58 Codice) Nel caso di appalti particolarmente complessi, qualora ritengano che il ricorso alla procedura aperta o ristretta non permetta l’aggiudicazione dell’appalto, le stazioni appaltanti possono avvalersi del dialogo competitivo, previo parere del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. In questo caso le stazioni appaltanti avviano con i candidati ammessi un dialogo finalizzato all’individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le loro necessità o obiettivi. Nella fase del dialogo esse possono discutere con i candidati ammessi tutti gli aspetti dell’appalto. L’unico criterio per l’aggiudicazione, nel caso del dialogo competitivo, è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso di ricorso a procedure di affidamento ristrette, negoziate o basate sul dialogo competitivo, le Amministrazioni possono limitare il numero di candidati ammessi, se l’importo dei lavori supera i quaranta milioni di euro, con criteri che vanno specificati nel bando di gara. Le stazioni appaltanti che intendono aggiudicare un appalto pubblico o un accordo quadro mediante procedura aperta, procedura ristretta, procedura negoziata con pubblicazione di un bando di gara, dialogo competitivo, rendono nota tale intenzione con un bando di gara. I criteri di aggiudicazione degli appalti sono i seguenti (art. 81 del Codice) A – criterio del prezzo più basso (inferiore a quello base di gara, « massimo ribasso », art. 82) B – criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83) Le stazioni appaltanti scelgono il criterio più adeguato in relazione all’oggetto del contratto e lo precisano nel bando di gara.
Criterio del prezzo più basso Il prezzo più basso, secondo le indicazioni del bando, è stabilito: – per i contratti da stipulare a misura, mediante ribasso sull’elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari – per i contratti da stipulare a corpo, è determinato mediante ribasso sull’importo dei lavori posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari – per i contratti da stipulare parte a corpo e parte a misura, il prezzo più basso è determinato mediante offerta a prezzi unitari Per le gare da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso, occorre evidenziare il costo vivo della manodopera, non soggetto a ribasso come gli oneri di sicurezza specifici (art. 82.3-bis Codice, introdotto dal D.L. 69/13).
Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa Vengono definiti criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo: • • •
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bientali dell’opera o del prodotto;
• • • • • • • • Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato. Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi.
9.6.3
La valutazione delle offerte
L’allegato G del Regolamento indica i metodi di valutazione delle offerte. Il calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere effettuata con il metodo aggregativo-compensatore o con il metodo electre, secondo le linee guida illustrate, ovvero con uno degli altri metodi multicriteri o multiobiettivi che si rinvengono nella letteratura scientifica, quali il metodo analityc hierarchy process (AHP), il metodo evamix, il metodo technique for order preference by similarity to ideal solution (TOPSIS), da indicarsi nel bando di gara o avviso di gara o nella lettera di invito. Metodo aggregativo-compensatore La valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è effettuata con la seguente formula: C(a) = ∑n { Wi × V(a)i } dove: C(a) = indice di valutazione dell’offerta (a); n = numero totale dei requisiti Wi = peso o punteggio attribuito al requisito (i); V(a)i = coefficiente della prestazione dell’offerta (a) rispetto al requisito (i) variabile tra zero ed uno; ∑n = sommatoria. L’allegato G specifica le modalità di determinazione del coefficiente V(a).
La tabella contiene tante caselle quante sono le possibili combinazioni tra tutte le offerte prese a due a due. Ogni commissario valuta quale dei due elementi che formano ciascuna coppia sia da preferire. Inoltre, tenendo conto che la preferenza tra un elemento e l’altro può essere più o meno forte, attribuisce un punteggio che varia da 1 (parità), a 2 (preferenza minima), a 3 (preferenza piccola), a 4 (preferenza media), a 5 (preferenza grande), a 6 (preferenza massima). In caso di incertezza di valutazione sono attribuiti punteggi
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Confronto a coppie La determinazione dei coefficienti, variabili tra 0 e 1, per la valutazione di ogni elemento qualitativo delle varie offerte è effettuata mediante impiego di una tabella triangolare, ove con le lettere A, B, C, D, E, F, ……, N sono rappresentate le offerte, elemento per elemento, di ogni concorrente.
B
C
D
E
F
…
N
A B C D preferenza preferenza preferenza preferenza preferenza parità
massima grande media piccola minima
=6 =5 =4 =3 =2 =1
E … N-1
intermedi. In ciascuna casella viene collocata la lettera corrispondente all’elemento che è stato preferito con il relativo grado di preferenza, ed in caso di parità, vengono collocate nella casella le lettere dei due elementi in confronto, assegnando un punto ad entrambe.
Offerte anomale Possono essere respinte previa richiesta di dimostrazione della attendibilità dei prezzi unitari. Con le procedure di gara la PA deve da un lato tutelare la parità di condizioni fra i concorrenti e dall’altra perseguire l’obiettivo di individuare la « giusta offerta », cioè quella che con il prezzo più conveniente offra le migliori garanzie di buona e completa esecuzione dell’intervento. Le offerte economiche devono quindi essere valutate nella loro congruità, anche in raffronto alle altre offerte presentate. Offerte ritenute « anomalmente » basse rispetto alle altre offerte o prezzi di mercato devono essere specificamente valutate. Si può definire « anomala » un’offerta che presenta un ribasso « eccessivo » rispetto alla natura del contratto da eseguire e al complesso della gara; rappresenta quindi una patologia della gara tale da far dubitare dell’affidabilità dell’offerta e far temere possibili effetti negativi per la stazione appaltante. L’anomalia va valutata con 2 elementi: –
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individuazione delle offerte potenzialmente anomale, calcolando il punto di ribasso (o l’area di parametri) oltre il quale l’offerta deve essere verificata (art. 86 del Codice e artt. 121-122 del REA);
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–
instaurando il contraddittorio con l’Appaltatore, invitandolo a giustificare i singoli prezzi offerti (con le modalità di cui agli artt. 87-88 del Codice).
Cauzione provvisoria Viene richiesta alle imprese che partecipano alla gara come dimostrazione della loro buona fede, cioè come impegno a sottoscrivere il contratto in caso di vincita; per l’impresa aggiudicataria, la cauzione provvisoria contribuisce a costituire la cauzione definitiva; viene restituita alle altre imprese. Se l’impresa vincitrice non sottoscrive il contratto, la cauzione viene incamerata dalla Stazione appaltante. 9.6.4
Il contratto di appalto
Le procedure di affidamento selezionano la migliore offerta, mediante uno dei criteri previsti dal Codice e visti nel paragrafo precedente. Al termine della procedura è dichiarata l’aggiudicazione provvisoria a favore del miglior offerente. La stazione appaltante, previa verifica dell’aggiudicazione provvisoria, provvede all’aggiudicazione definitiva. L’aggiudicazione definitiva diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti. Dopo l’aggiudicazione definitiva, si procede alla stipula del contratto entro 60 giorni (ma non prima di 35 giorni dalla comunicazione di aggiudicazione a tutti i concorrenti). Il Codice (art. 53.4) e il regolamento (art. 118.2) prevedono due tipologie di contratti: 1) prestazioni a corpo: il prezzo convenuto non può essere modificato in base alla verifica delle quantità o della qualità della prestazione; 2) prestazioni a misura: il prezzo convenuto può variare in aumento o diminuzione secondo la quantità effettiva della prestazione. Il Capitolato fissa i prezzi invariabili. Le due fattispecie, quindi, differiscono per struttura del prezzo contrattuale, modalità di liquidazione e assunzione di rischio sulle quantità. I contratti di lavori devono essere stipulati a corpo nella generalità dei casi (art. 53.4 del Codice). Tuttavia sono possibili contratti a corpo e misura, mentre sono ammessi contratti a misura solo nei seguenti casi: • •
contratti di appalto di sola esecuzione, con una delle seguenti caratteristiche : – di importo inferiore a 500.000 euro (senza limiti di tipologia), – di manutenzione, restauro e scavi archeologici (senza limiti di importo), – opere in sotterraneo, ivi comprese le opere in fondazione, e quelle di consolidamento dei terreni (senza limiti di importo). Fanno parte integrante del contratto (art. 137 REA) e devono in esso essere richiamati:
• •
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il Capitolato generale (se menzionato nel bando) i documenti progettuali indicati dal REA: – Capitolato Speciale
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Elaborati grafici progettuali e le Relazioni Elenco prezzi unitari Piani di sicurezza (PSC, PSS, POS, eventuale DUVRI) + altri (ex art. 131 del Codice) – C ronoprogramma le polizze di garanzia
– – – •
Sono esclusi dal contratto tutti gli altri elaborati progettuali diversi (in particolare il computo metrico estimativo). I documenti elencati a far parte del contratto: – –
9.7
Capitolato Speciale ed Elenco prezzi unitari devono essere materialmente allegati; tutti gli altri possono anche solo essere richiamati (e conservati dalla stazione appaltante controfirmati dalle parti).
La tenuta amministrativa e contabile dei lavori
L’appalto è il contratto col quale una parte ( Appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio ( su incarico di un committente) verso un corrispettivo in danaro (art. 1655 C.C.). A partire definizione del Codice Civile possiamo ricavare i due elementi essenziali dell’appalto, ovvero l’esecuzione dell’opera da parte dell’Appaltatore e l’obbligazione di pagamento del corrispettivo, in danaro, da parte del Committente. Quando si tratti di appalti pubblici, durante l’esecuzione dei lavori, la stazione appaltante è tenuta, oltre a verificare la compiuta applicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali esistenti, anche ad operare una corretta contabilizzazione dei lavori. Questa, ampiamente normata dal Codice e dal Regolamento, oltre a rendere traccia delle attività svolte (tempi, qualità, costi) è la sede principale in cui l’Appaltatore e stazione appaltante possono far valere le proprie pretese e i propri diritti in ordine al contratto stipulato. Nel processo di esecuzione dei lavori si possono distinguere diverse fasi, con relativi adempimenti ed eventuali problemi: – – –
Fase di avvio consegna dei lavori Fase esecutiva sospensioni e ripresa dei lavori, varianti in corso d’ opera Fase conclusiva ultimazione dei lavori e collaudo
Il processo è caratterizzato da principi di ingerenza e di cooperazione tra la stazione appaltante e l’ impresa, attraverso: – – – – –
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ordini di servizio; riserve e penalità; risoluzione del contratto e recesso; attività di misurazione e contabilità; stato di avanzamento lavori.
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9.7.1
La consegna dei lavori
È il primo momento del confronto concreto « sul campo » tra il Committente, attraverso il Direttore Lavori e l’Impresa (Titolare o Delegato); con esso si consegna l’area di cantiere all’Impresa affinché possa prenderne legittimamente possesso, iniziare ad organizzare il cantiere e avviare le lavorazioni. Il R.U.P. autorizza il D.L. alla consegna dopo approvazione del contratto, o in via d’urgenza dopo l’aggiudicazione definitiva; la consegna deve avvenire entro 45 gg. dalla stipula del contratto. La consegna deve risultare da verbale in contraddittorio tra D.L. e Impresa, in doppio esemplare firmato da D.L. e Impresa: un esemplare è trasmesso al R.U.P., che può rilasciarne copia conforme all’Appaltatore, su sua richiesta. Il verbale deve contenere tutte le circostanze speciali e i riscontri effettuati, le aree e i mezzi d’opera concessi e la dichiarazione che l’area è libera. Sono a carico dell’Appaltatore tutti gli oneri e le spese relativi alla consegna, verifica e completamento del tracciamento, alla conservazione di picchetti, segnali, capisaldi, sagome, termini collocati durante la consegna. L’Appaltatore ha facoltà, all’atto del processo di consegna, di iscrivere sul verbale contestazioni (da ripetere poi nel Registro di Contabilità) qualora intenda far valere pretese derivanti dalla riscontrata difformità dello stato dei luoghi rispetto a quello previsto in progetto. Il primo e importante effetto dell’atto formale della consegna è che a partire dalla data del verbale decorrono i termini contrattuali per il compimento dei lavori.
Procedura per la consegna Il D.L. comunica all’Appaltatore giorno e luogo in cui presentarsi per ricevere la consegna dei lavori, munito del personale idoneo nonché delle attrezzature e materiali necessari per eseguire, ove occorra, il tracciamento dei lavori secondo i piani, profili e disegni di progetto (Art. 153 REA). Se l’Appaltatore non si presenta, il D.L. rinvia la consegna a nuovo termine, pur mantenendo la decorrenza contrattuale dalla data di prima convocazione. Qualora l’Appaltatore non si presenti alla seconda convocazione, la stazione appaltante ha la facoltà di incamerare la cauzione e risolvere il contratto in danno all’Impresa. Viceversa è possibile che il ritardo avvenga per causa della stazione appaltante: in questo caso l’ A ppaltatore ha diritto al recesso ed esclusivamente con i compensi ed indennizzi previsti dal Regolamento. Nel caso di accoglimento dell’istanza di recesso dell’esecutore dal contratto per ritardo nella consegna dei lavori, l’ esecutore ha diritto al rimborso delle spese contrattuali e delle altre spese effettivamente sostenute e documentate entro le percentuali previste all’art 157 comma 1 del REA. Nel caso in cui l’istanza non venga accolta, e si proceda alla consegna tardiva, l’ esecutore ha diritto al risarcimento dei danni dipendenti dal ritardo, pari all’interesse legale calcolato sull’importo corrispondente alla produzione media giornaliera prevista dal programma di esecuzione dei lavori nel periodo di ritardo. A pena di decadenza la richiesta deve essere formulata con riserva sul verbale di consegna e confermata, con la quantificazione, sul registro di contabilità. La richiesta di recesso può non essere accolta solo se il ritardo della consegna lavori è inferiore alla metà del termine contrattuale o di 6 mesi complessivi.
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Casi particolari a) « consegna d’urgenza »: in presenza di effettive ragioni di urgenza è prevista l’ipotesi della consegna anticipata rispetto alla stipulazione del contratto. In tal caso occorrerà tener conto puntuale delle lavorazioni che si eseguono; occorrerà altresì definire in contratto le modalità di pagamento e di penalizzazione nel caso in cui per colpa dell’Appaltatore non si potesse stipulare il contratto b) « consegna parziale » per temporanea indisponibilità delle aree o immobili: è un rimedio alla temporanea indisponibilità delle aree o degli immobili che non consenta di operare nell’intero cantiere. Tale situazione si verifica anche nei casi di discordanze rilevate alla consegna. c) « consegna frazionata », da prevedersi in Capitolato, quando la natura o l’importanza dei lavori lo richieda. Nei casi b e c la data di decorrenza del tempo utile complessivo è quella dell’ultimo verbale di consegna, cioè di consegna dell’intero cantiere.
Qualora vengano riscontrate discordanze alla consegna fra le condizioni locali e il progetto esecutivo, non si procede alla consegna e il D.L. riferisce al R.U.P. indicando le differenze e le cause e proponendo i provvedimenti da adottare. In questa fattispecie può essere disposta dal R.U.P. la consegna parziale se l’importo netto dei lavori non eseguibili è minore del 20% dell’importo di contratto e la mancata esecuzione non incide sulla funzionalità complessiva dell’opera. Rimane il diritto di riserva da parte dell’Appaltatore sul verbale di consegna (e poi su Registro di contabilità). 9.7.2
Sospensione e ripresa dei lavori
Disporre la sospensione dei lavori è una facoltà della sola Amministrazione. La sospensione dei lavori è ammessa per limitate ragioni: a) circostanze speciali che impediscono in via temporanea la regolare prosecuzione dei lavori a regola d’arte; è ordinata dal D.L. nei casi di: – avverse condizioni climatiche (eccedenti il normale andamento stagionale, di cui si deve tener conto nella fissazione del tempo utile); – forza maggiore; – circostanze speciali, tra cui redazione di varianti quando ammesse; il tempo di sospensione deve essere adeguato a complessità ed importanza della variante; b) pubblico interesse o necessità: tra cui l’interruzione dei finanziamenti con legge dello Stato o della Regione; è ordinata da R.U.P. (art. 158 comma 2 REA). La sospensione permane per tutto il tempo necessario a far cessare le cause della sospensione. La durata della sospensione non è calcolata nel tempo utile, salvo che sia dovuta a cause dell’Appaltatore; ne consegue quindi che in concreto si protrae di pari entità il tempo utile per l’ultimazione dei lavori. La sospensione non può superare complessivamente: – –
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durata contrattuale; 6 mesi complessivi;
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Qualora superi tali limiti per cause non addebitabili all’Appaltatore, quest’ultimo può chiedere lo scioglimento del contratto senza indennità. Se la Stazione Appaltante si oppone allo scioglimento del contratto, l’ A ppaltatore ha diritto ai maggiori oneri per la minore produttività per fermo cantiere. Ogni qualvolta sia necessario sospendere i lavori il D.L. deve redigere apposito verbale di sospensione in contraddittorio con l’impresa, in cui, oltre alle motivazioni della sospensione, deve essere indicato lo stato di avanzamento dei lavori, le opere la cui esecuzione rimane interrotta e le cautele adottate affinché alla ripresa le stesse possano essere continuate ed ultimate senza eccessivi oneri (art.158 comma 2 REA). 9.7.3
Le varianti in corso d’opera
Le « Varianti » consistono in modificazioni introdotte in corso d’opera al progetto contrattuale (composto da tavole di progetto e Capitolato speciale di appalto). Possono quindi riguardare sia aspetti esecutivi che qualitativi o quantitativi delle lavorazioni. Sono ammesse, sentiti il progettista e il D.L., solo per (art.132 comma 1 Codice): a) Esigenze derivanti da sopravvenute leggi e regolamenti; b) Cause impreviste e imprevedibili accertate o per la possibilità di utilizzare nuovi materiali/componenti/tecnologie senza aumento di costi con un incremento della qualità dell’opera; c) Eventi in corso d’opera inerenti la natura e specificità dei beni o rinvenimenti imprevisti o non prevedibili; d) I casi previsti dall’art. 1664 comma 2 del Codice Civile (sorpresa geologica, eccessiva onerosità); e) errori e/o omissioni del progetto esecutivo. Nei casi previsti dal punto e, ossia di inadeguata valutazione dello stato di fatto, mancata o erronea identificazione della normativa tecnica vincolante e di mancato rispetto dei requisiti funzionali/economici prestabiliti, se le varianti superano il 20% del contratto originario, l’ ente appaltante procede alla Risoluzione contratto e nuova gara alla quale è invitato l’aggiudicatario iniziale. La risoluzione del contratto comporta il pagamento dei lavori eseguiti più il 10% dei lavori non eseguiti fino ai 4/5 dell’importo del contratto. Esistono poi altre due ipotesi che non sono elencate tra quelle del primo comma dell’art. 132, ma collocate insieme nel 3° comma. La prima fa riferimento agli interventi disposti dal D.L. per risolvere aspetti di dettaglio purché siano contenuti entro un importo non superiore al 10 per cento per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro e al 5 per cento per tutti gli altri lavori delle categorie di lavoro dell’appalto e che non comportino un aumento dell’importo del contratto stipulato per la realizzazione dell’opera. Le indicazioni di dettaglio del D.L. pertanto non rappresentano varianti in senso stretto. La seconda ipotesi, invece, ammette, nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, e arianti in a ento o in i in ione fina i ate a ig iora ento e opera e a a a f n iona it e prec non co portino o ific e o tan ia i e iano oti ate a obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto. L’importo in aumento relativo a tali varianti non può superare il 5 per cento dell’importo originario del contratto e deve trovare copertura nella somma
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stanziata per l’esecuzione dell’opera al netto del 50 per cento dei ribassi d’asta conseguiti2 3 . Partendo dal principio per cui nessuna variazione o addizione al progetto approvato può essere introdotta dall’esecutore (Art. 161 comma 1 REA) se non è disposta dal direttore dei lavori e preventivamente approvata dalla stazione appaltante nel rispetto delle condizioni e dei limiti indicati all’articolo 132 del Codice, consegue che in caso contrario e salva diversa valutazione del R.U.P. l’Appaltatore ha l’obbligo di rimessa in pristino a propria cura e spese secondo le disposizioni del D.L. Tuttavia l’art. 162.3-7 prevede che l’esecutore, durante il corso dei lavori può proporre al direttore dei lavori eventuali variazioni migliorative ai sensi dell’articolo 132, comma 3 , del C odice che comportino una diminuzione dell’importo originario dei lavori. Tale facoltà non è ammessa nel caso di appalti integrati di cui all’art. 53.2-b,c del Codice. Le modifiche al progetto proposte dall’Appaltatore possono riguardare gli aspetti funzionali o singoli elementi tecnologici, purché non comportino una riduzione delle prestazioni qualitative e quantitative stabilite nel progetto stesso e che mantengono inalterate il tempo di esecuzione dei lavori e la sicurezza dei lavoratori. La proposta è valutata dal R.U.P. e, se meritevole, approvata. I capitolati speciali possono stabilire che le economie risultanti dalla proposta migliorativa sono ripartite in parti uguali tra la stazione appaltante e l’esecutore. La stazione appaltante, invece, può sempre ordinare l’esecuzione dei lavori in misura inferiore rispetto a quanto previsto nel contratto, nel limite di un quinto dell’importo di contratto senza che nulla spetti all’esecutore a titolo di indennizzo. Anziché di varianti si parla di maggiori opere quando si tratti di opere aggiuntive entro limiti definiti, affidate mediante procedura negoziata senza bando. Nei casi in cui le varianti sono ammesse, sono promosse dal D.L. indicandone i motivi in una relazione per il R.U.P. L’esecutore ha l’obbligo di eseguire tutte le variazioni ritenute opportune dalla stazione appaltante e che il Direttore Lavori gli abbia ordinato purché non mutino sostanzialmente la natura dei lavori compresi nell’appalto. Ogni variante è accompagnata da apposita « perizia di variante » che è generalmente composta di: – – – –
relazione esplicativa delle motivazioni che hanno reso necessario l’adozione della variante; tavole, prescrizioni, N P A * (con verbali di concordamento prezzi), atti complementari; computo e raffronto opere dedotte e aggiunte rispetto al progetto (perizia comparativa); elementi contrattuali contenenti nuove o modificate condizioni esecutive, tempi, prezzi, pagamenti, il tutto contenuto nell’ « A tto di sottomissione » dell’ Impresa o « A tto aggiuntivo » nel caso di lavori oltre il 20%, con i quali si codifica l’accettazione di eseguire le variazioni e le relative condizioni.
*
Qualora l’ Impresa non concordi con alcuni elementi proposti dal D.L. – ad esempio i nuovi prezzi aggiunti delle opere in va-
2 3
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NPA Le variazioni sono valutate facendo riferimento ai prezzi di contratto contenuti nell’Elenco Prezzi, salvo ricorrere a Nuovi Prezzi per lavorazioni non presenti desunti da prezzario, ragguagliati a lavorazioni simili o da regolari analisi. I Nuovi Prezzi sono determinati in contraddittorio tra DL e Appaltatore e soggetti al medesimo ribasso d’asta di appalto.
Così come modificato dall’art. 4, comma 2 lett. n) del D.L. « Sviluppo » n. 70/2011.
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riante che possono essere imposti dal D.L. – potrà firmare « con riserva » l’Atto di sottomissione, ripetendo poi le riserve nel Registro di contabilità. 9.7.4
L’ultimazione dei lavori
L’esecutore deve ultimare i lavori nel termine stabilito dal contratto di appalto, considerando che il tempo utile decorre dal verbale di consegna o dall’ultimo verbale di consegna parziale. L’ultimazione dei lavori, appena avvenuta, è comunicata dall’esecutore per iscritto al D.L., il quale procede subito alle necessarie constatazioni in contraddittorio. In esito alla formale comunicazione dell’impresa e dopo gli accertamenti in contraddittorio, il D.L. rilascia il certificato attestante l’avvenuta ultimazione. Il D.L. al momento della formalizzazione della fine lavori ha la facoltà di assegnare un termine perentorio, non superiore a 60 gg, per completare le lavorazioni di piccola entità, del tutto marginali e non incidenti sull’uso e funzionalità dei lavori. Se le lavorazioni vengono ultimate nel termine aggiuntivo si conferma l’ultimazione dei lavori certificata in precedenza, in caso contrario i lavori non si considerano ultimati nel giorno indicato, da cui decorrerà la penalità. Nei casi di ritardo nell’adempimento alle obbligazioni contrattuali, ossia di maggior tempo impiegato oltre al termine contrattuale pattuito, accertato dal D.L. con il Certificato di ultimazione lavori, il D.L. applicherà le penali per ritardo, stabilite nel Capitolato Speciale d’Appalto e nello Schema di contratto. Inoltre, il contratto può prevedere un Premio di accelerazione in casi particolari che rendano apprezzabile l’interesse a che l’ultimazione lavori avvenga in anticipo rispetto al termine contrattuale. In questo caso all’Appaltatore è riconosciuto, per ogni giorno di anticipo, un premio determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti per la penale nel C apitolato Speciale o nel contratto. 9.7.5
La documentazione contabile per il D.L.
La contabilità dei lavori è formata dagli atti che intervengono durante l’esecuzione al fine di rilevare l’avanzamento dei lavori eseguiti dall’Appaltatore, attraverso la misurazione degli stessi e conseguentemente h a lo scopo di liquidare, in via provvisoria, il credito spettante all’Appaltatore ovvero di determinare il corrispettivo da erogare per mezzo dell’applicazione dei prezzi contrattuali alle quantità delle lavorazioni eseguite. I prezzi da applicarsi alla contabilità sono quelli « contrattuali », e cioè: – –
– –
prezzo a corpo offerto in sede di gara; prezzi unitari allegati al capitolato depurati del ribasso di gara, ad eccezione dei prezzi relativi alla sicurezza nel caso di aggiudicazione con ribasso unico sul prezzo in gara e sull’elenco prezzi allegato al Capitolato; prezzi unitari offerti dall’Appaltatore nel caso di aggiudicazione ad offerta prezzi unitari; nuovi Prezzi Aggiuntivi (NPA) in corso d’opera, riportati alla data dell’offerta e soggetti a ribasso.
I prezzi sono fissi ed invariabili per tutta la durata dell’appalto, fatte salve le eccezioni in deroga previste dall’art. 133 Codice:
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prezzo chiuso, consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta, a cui può essere riconosciuto un aumento, a seguito di istanza, sulla parte ancora da eseguire, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nell’anno precedente sia superiore al 2%; tale percentuale è fissata, con decreto del Ministro delle infrastrutture, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2%; compensazioni di singoli materiali lievitati oltre il 10% nell’anno precedente, secondo rilievo del Ministero; in ogni caso la compensazione avviene solo per il 50% dell’aumento eccedente il 10%.
I documenti che compongono la contabilità sono atti pubblici a tutti gli effetti di legge e hanno per oggetto l’accertamento e la registrazione di tutti i fatti producenti spesa. L’accertamento e la registrazione delle spese, per le quali è ammesso anche l’utilizzo di programmi informatici, deve essere contemporaneo al loro accadere, specie per partite non più verificabili. I documenti amministrativi sono riportati nella tabella in calce e descritti ai punti seguenti. I . Giornale dei lavori (art. 182 REA). È tenuto dall’assistente e firmato dal D.L. ogni 10 gg., con verifica, osservazioni e prescrizioni di seguito all’ultima annotazione dell’assistente. Il Giornale dei lavori riporta giornalmente:
Tab. 9.7 Documenti di contabilità.
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D.L.
D.L. o assistente
a) Giornale dei lavori
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b) Libretti delle misure
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c) Liste settimanali
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d) Registro di contabilità
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e) Sommario del Registro di Contabilità
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f) Stati Avanzamento Lavori
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g) Certificati di pagamento delle rate di acconto,
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h) Conto Finale e Relazione sul C.F.
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Appaltatore
Appaltatore o Direttore cantiere
R.U.P.
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ordine, modo e attività con cui progrediscono le lavorazioni; numero e qualifica degli operai; attrezzatura tecnica impiegata; andamento tecnico/economico; circostanze e avvenimenti che influenzano i lavori (meteo, natura terreni, altre particolarità) ordini di servizio, istruzioni e prescrizioni del R.U.P. e D.L., relazioni, verbali di accertamento e prove, sospensioni e riprese, varianti e NPA.
I I . Libretto delle misure e brogliaccio (artt. 183-185 REA). Il libretto delle misure, tenuto dal D.L. o dai suoi collaboratori, contiene la misura e la classificazione delle lavorazioni e delle provviste, ed in particolare: – – – –
genere delle lavorazioni denominate secondo il contratto; parte di lavorazione eseguita e luogo dei lavori; figure quotate, profili, piani quotati pre e post lavorazioni; altre note esplicative utili a mostrare forma e modo di esecuzione.
Qualora la contabilità sia eseguita con sistemi computerizzati, le misure rilevate in cantiere sono registrate sul brogliaccio, in contraddittorio, per poi essere trascritte nel programma informatico. A nche in caso di appalti a corpo, i lavori sono annotati su apposito libretto delle misure o registro di contabilità, sul quale, in occasione di ogni stato d’avanzamento, per ogni categoria di lavorazione in cui risultano suddivisi i lavori (es, opere edili, strutture, impianti elettrici, ecc.), viene registrata la quota percentuale dell’aliquota relativa alla voce disaggregata della stessa categoria (es. demolizioni, pavimenti, intonaci, serramenti esterni, ecc.), che è stata eseguita. In sintesi l’avanzamento dei lavori, in un appalto a corpo, viene determinato in termini percentuali (dell’importo di ogni singola categoria di lavorazione) moltiplicando per ogni voce disaggregata la relativa percentuale d’incidenza sulla categoria per l’avanzamento percentuale al momento in cui è riferita la misurazione. Le percentuali di avanzamento delle singole voci delle varie categorie di lavorazioni sono desunte da valutazioni autonomamente effettuate dal direttore dei lavori, attraverso un riscontro nel computo metrico estimativo dal quale le aliquote sono state dedotte. I I I . Lista settimanale (art. 187 REA). Nelle liste settimanali sono annotate (per le lavorazioni da liquidare in economia) le lavorazioni eseguite, nominativo, qualifica e numero di ore degli operai impiegati per ogni giorno della settimana, nonché tipo ed ore quotidiane di impiego dei mezzi d’opera ed elenco delle provviste eventualmente fornite. Le liste sono poi firmate dall’assistente del D.L. che le compila e dall’Appaltatore. I V . Registro di contabilità. Il D.L. o, sotto la sua responsabilità, i collaboratori da lui designati, trascrivono le lavorazioni e le somministrazioni dai libretti delle misure in apposito registro seguendo il loro ordine cronologico, curando di segnare per ciascuna partita:
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il richi amo alla pagina del libretto in cui è stato annotato l’ articolo di elenco corrispondente; il prezzo unitario di appalto.
Il registro di contabilità, rispetto ai documenti già richi amati, è quello di maggiore importanza nel sistema della contabilità di cantiere in quanto è il documento sul quale l’Appaltatore può formulare domande, riserve ed osservazioni. Quindi per mezzo dell’iscrizione di riserve sul Registro di contabilità l’Appaltatore contesta la contabilizzazione così come operata dal direttore dei lavori, sostenendo che le relative annotazioni siano erronee (eccezioni contestative) ovvero lacunose (eccezioni integrative). Nel caso in cui l’Appaltatore sottoscriva il registro di contabilità senza eccepire alcunché ovvero non espliciti la riserva nel termine previsti dal Regolamento (art. 191 REA), decadrà dal diritto di avanzare domande in ordine alle annotazioni già operate dal direttore dei lavori. Il sommario indica, in occasione di ogni stato d’avanzamento, la quantità di ogni a ora ione e eg ita e i re ati i i porti in o o a con entire na erifica e a ri pondenza all’ammontare dell’avanzamento risultante dal registro di contabilità (art. 193 REA). Nel caso di lavori a misura ogni partita è classificata secondo il rispettivo articolo di elenco e di perizia (ordine logico); nel caso di lavori a corpo, viene specificata ogni categoria di lavorazione secondo lo schema di contratto, con l’indicazione della rispettiva aliquota di incidenza rispetto all’importo contrattuale a corpo. V . Stato di avanzamento lavori (art. 194 REA). Al raggiungimento delle quote previste nel Capitolato Speciale d’Appalto e nei tempi ivi stabiliti, il D.L. redige uno Stato di avanzamento lavori che riassume tutte le lavorazioni/ somministrazioni dall’inizio dei lavori, allegando anche copia Nuovi Prezzi approvati al fine di effettuare il pagamento di una rata di acconto. Il SAL è ricavato dal Registro di Contabilità ed è possibile inserirvi fatture e partite provvisorie sotto la responsabilità del D.L. e con specifica annotazione sul SAL, purché i Libretti siano stati firmati dall’Appaltatore. Ai sensi del’art. 143 REA (come modificato da D. Lgs 192/12) entro 30 giorni (pattuibili max 45 giorni) dalla maturazione del SAL, il R.U.P. redige certificato di pagamento nei tempi previsti dal Capitolato Speciale d’Appalto per l’emissione del Mandato di pagamento (entro 30 giorni, pattuibili max 60 giorni). Ogni Certificato di pagamento deve essere annotato sul Registro di contabilità. V I . Conto Finale dei lavori (art. 200 REA). Dopo aver emesso il Certificato di ultimazione di lavori, il D.L. procede alla redazione dell’ultimo SAL e quindi alla chiusura del Registro di contabilità. L’ultimo SAL consente di redigere il Conto Finale, che rappresenta lo stato dei lavori eseguiti e il loro importo, quali risultano all’ultimazione dei lavori stessi, nonché i pagamenti già effettuati. Pertanto il Conto Finale determina il credito residuo dell’Appaltatore per differenza tra l’importo dei lavori contabilizzati e quello dei certificati emessi fino a quel momento. Il D.L. trasmette al R.U.P. il Conto Finale unitamente alla sua Relazione finale in cui sono riepilogate le vicende alle quali l’esecuzione del lavoro è stata soggetta, allegando la relativa documentazione:
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i verbali di consegna dei lavori; le eventuali perizie suppletive e di variante, con gli estremi della intervenuta approvazione; gli eventuali nuovi prezzi ed i relativi verbali di concordamento, atti di sottomissione e atti aggiuntivi, con gli estremi di approvazione e di registrazione; gli ordini di servizio impartiti; la sintesi dell’andamento e dello sviluppo dei lavori con l’indicazione delle eventuali riserve e la menzione delle eventuali transazioni e accordi bonari intervenuti, nonché una relazione riservata relativa alle riserve dell’esecutore non ancora definite; i verbali di sospensione e ripresa dei lavori, il certificato di ultimazione con la indicazione dei ritardi e delle relative cause; gli eventuali sinistri o danni a persone animali o cose con indicazione delle presumibili cause e delle relative conseguenze; i processi verbali di accertamento di fatti o di esperimento di prove; le richieste di proroga e le relative determinazioni della stazione appaltante; gli atti contabili (libretti delle misure, registro di contabilità, sommario del registro di contabilità); tutto ciò che può interessare la storia cronologica della esecuzione, aggiungendo tutte quelle notizie tecniche ed economiche che possono agevolare il collaudo.
Esaminati i documenti acquisiti, il R.U.P. invita l’impresa a prendere conoscenza e sottoscrivere il Conto Finale entro 30 gg. L’Impresa all’atto della firma deve confermare, a pena di decadenza, le riserve già iscritte e per le quali non sia già intervenuto l’accordo bonario, ma non può iscriverne di nuove diverse per oggetto o importo rispetto a quelle già iscritte sul Registro. Se l’Appaltatore non firma nel termine o non conferma le riserve, il Conto Finale si ha come accettato definitivamente. Il R.U.P., dopo la firma dell’Appaltatore sul Conto Finale o il termine assegnato per la stessa, redige propria Relazione finale riservata alla quale allega gli atti amministrativi e contabili ed esprime parere motivato sulla fondatezza delle riserve su cui non sia intervenuto l’accordo.
9.8
Il collaudo
Il collaudo (e la sua approvazione) rappresenta l’atto che rende definitivi i rapporti giuridici con l’Appaltatore derivanti dal contratto, in ossequio anche all’art. 1655 C.C., in termini di accettazione dell’opera e definizione del corrispettivo da erogare. Il collaudo ha lo scopo di verificare e certificare due aspetti principali (art. 215 REA): –
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aspetto tecnico-amministrativo (accettabilità dell’opera), ovvero che l’opera o il lavoro siano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il progetto approvato e le relative pre cri ioni tecnic e nonc e e ent a i peri ie i ariante in confor it e contratto e degli eventuali atti di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati; Aspetto contabile (definizione del corrispettivo), ossia la verifica della corrispondenza tra la contabilità finale con documenti e stato di fatto non solo per dimensioni, forma e quantità, ma anche per qualità dei materiali, dei componenti e delle provviste,
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liquidando il definitivo corrispettivo dovuto all’Appaltatore, oltre a comprendere l’esame delle riserve (oggetto di relazione riservata al R.U.P.). Il collaudo deve inoltre verificare la completa e diligente attuazione delle procedure espropriative poste a carico dell’esecutore e comprendere tutte le verifiche tecniche previste dalle norme (strutture, impianti, antisismica, ecc.). Non è un atto meramente certificativo di situazioni e di fatti; comporta pertanto un giudizio e una valutazione tecnica – da parte di un soggetto terzo rispetto all’opera – su situazioni e fatti tecnici e contabili. Il collaudatore deve attenersi a criteri di oggettività e ragionevolezza (arbitrium boni viri), di diligenza e perizia del tecnico che usa solerzia e attenzione media e soprattutto di controllo obiettivo della conformità della prestazione. Il collaudo costituisce il momento conclusivo dell’iter realizzativo dell’opera e si articola in 3 fasi: una prima di verifica dell’opera in contraddittorio, con eventuali prescrizioni, quindi di valutazione tecnica-contabile-amministrativa del Collaudatore alla quale segue infine l’emissione del certificato di collaudo da parte del Collaudatore stesso, con la sottoscrizione (piena o con riserve) da parte dell’Appaltatore, per terminare con l’approvazione del collaudo da parte dell’amministrazione. Per tutti i lavori soggetti alle disposizioni del Codice è redatto un Certificato di Collaudo; qualora l’importo lavori sia inferiore a 500.000 (elevabile a 1.000.000 a giudizio della Stazione Appaltante) il Certificato di Collaudo è sostituito dal Certificato di Regolare Esecuzione, redatto dal Direttore dei Lavori e confermato da R.U.P., con gli stessi contenuti ed effetti del collaudo formale. Il Collaudo deve concludersi entro 6 mesi dall’ultimazione dei lavori, per il Collaudo formale (elevabili ad 1 anno nei casi di particolare complessità), ovvero entro 3 mesi dall’ultimazione dei lavori, per il Certificato di Regolare Esecuzione (CRE). Il Certificato di collaudo ha carattere provvisorio e assume carattere definitivo decorsi 2 anni (consentendo in tal modo l’emergere di vizi e difformità ex C.C. 1667); dopo 2 anni si intende tacitamente approvato, anche senza atto formale di approvazione entro 2 mesi dalla suddetta scadenza. Il Collaudo può svolgersi essenzialmente con 2 modalità: – –
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nei casi in cui non sia obbligatorio il collaudo in corso d’opera e non sia sufficiente il certificato di Regolare Esecuzione, si può procedere al Collaudo finale (modalità ordinaria): pertanto le operazioni di collaudo iniziano al termine dei lavori; In casi specifici si ricorre al Collaudo in corso d’opera; le operazioni di collaudo hanno avvio con l’inizio dei lavori, proseguono per tutta la durata dei lavori e si concludono dopo l’ultimazione degli stessi, come per il collaudo finale. Fermo restando il limite entro cui è ammesso il CRE, il collaudo in corso d’opera è obbligatorio nei seguenti casi (art. 215 REA): a) quando la direzione lavori è stata affidata esternamente; b) in caso di lavori di particolare complessità; c) nel caso di intervento affidato in concessione, nonché con dialogo competitivo o mediante locazione finanziaria; d) nel caso di intervento affidato ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del CODICE (appalto integrato); e) in caso di lavori comprendenti lavorazioni significative e non abituali non più ispezionabili in sede di collaudo finale; f) in caso di aggiudicazione con ribasso d’asta superiore alla soglia anomala.
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Il collaudatore è formalmente nominato dalle stazioni appaltanti (art. 216 REA), al più tardi entro trenta giorni dall’ultimazione dei lavori (Collaudo Finale) o entro trenta giorni dall’inizio lavori (collaudo in corso d’opera) e deve essere un tecnico (ingegnere o architetto) di elevata e specifica qualificazione in relazione ai lavori da collaudare (tipo di lavori, complessità, importo). Per esigenze dovute alla particolare complessità dell’opera può esser nominata una commissione di collaudo composta da due o tre membri. È importante sottolineare che il collaudatore non è un arbitro, ma emette un giudizio di parte al quale l’Appaltatore ha facoltà di opporsi. In ogni caso deve essere garantito il principio di terzietà rispetto all’opera da collaudare; pertanto il collaudatore o i membri della commissione di collaudo non devono: – – –
aver svolto per i lavori da collaudare funzioni autorizzative, di controllo, progettazione, direzione lavori, esecuzione o verifica dei progetti; aver avuto rapporti di lavoro o consulenza con l’esecutore o i suoi subappaltatori nell’ultimo triennio; far parte di organismi di vigilanza, controllo, giurisdizionali.
Il Collaudatore ha un dovere professionale di diligenza che si esplica nelle analisi e verifiche documentali, verifiche sui materiali, verifiche contabili. Può quindi in particolare essere ritenuto responsabile in caso emergano gravi difetti tecnici dell’opera (mancata diligenza) e falsità nelle attestazioni di conformità tecnico-contabili e congruità dei prezzi. Per queste ragioni può quindi anche essere soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale in forza del suo rapporto con la PA committente. Nella figura seguente è riportato lo schema della procedura che porta all’emissione del certificato di collaudo. La procedura del collaudo prende avvio all’atto della redazione del Certificato di Ultimazione lavori (è già avviata in caso di collaudo in corso d’opera) quando il R.U.P. invia al Sindaco del comune in cui si sono svolti i lavori l’avviso ai creditori (avvisi ad opponendum) per danni, occupazioni indebite (ecc.) affinché sia pubblicato sull’Albo Pretorio (per giorni 15). Successivamente il R.U.P. consegna al Collaudatore i documenti contabili (in originale), la documentazione progettuale (progetti, varianti, capitolato, cronoprogramma, contratto, atti sottomissione, verbali consegna/sospensione/ripresa, prove su materiali) e le Relazioni sul Conto Finale del D.L. e del R.U.P. sul Conto Finale e su Riserve. In sintesi, le fasi del collaudo, assegnate al collaudatore (o alla commissione) appositamente nominato, sono sostanzialmente tre, che si concludono con tre diversi documenti: ad esse segue la decisione, da parte del committente, sul collaudo medesimo (approvazione o rinnovo, artt. 141.3 C e art. 234 REA). I . Relazione generale dell’opera Ripercorre l’intera vicenda dell’appalto dalla progettazione all’esecuzione, indicando i dati dell’opera: titolo, ubicazione, data e importo del progetto e delle varianti, estremi del contratto e degli atti di approvazione delle varianti, Quadro Economico, esecutore, direzione lavori, tempo utile e proroghe, verbali di consegna, sospensione, ripresa, ultimazione, Conto Finale, danni di forza maggiore e infortuni, posizioni assicurative (compreso verifica DURC) e nomina dell’organo di collaudo.
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RUP pubblica avviso ai creditori
Certificato ultimazione
RUP trasmette i documenti
Collaudatore
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Nomina collaudatore entro 30 gg.
• Fissa il giorno della visita e informa RUP e DL • DL avvisa appaltatore e altri organi
Relazione generale Operazioni e relaz. Collaudo o
Prescrizioni all’impresa
verbali di visita relaz. Collaudo Collaudo: 6 mesi (elevabili ad 1 anno per complessità)
CRE: 3 mesi
Provvisorio per 2 anni
Certificato di Collaudo
Discordanze contabili Difetti e mancanze • gravi • sanabili • accettabili
A ovazi Approvazione entro 60 gg.
Eccedenze su importo autorizzato
Saldo e svincoli
Fig. 9.3
Procedure del collaudo.
I I . Operazioni e Relazione di Collaudo (Verifiche) a) Verbali di visita Rappresentano il momento della « verifica dell’opera » che si attua con accertamenti, saggi e riscontri. Le visite di collaudo devono svolgersi in contraddittorio alla presenza dell’Appaltatore (o comunque previo avviso) e del D.L. ed avere durata e numero che il collaudatore giudica necessaria. Tutte le visite (sia per il collaudo in corso d’opera che per il collaudo finale) devono risultare da appositi verbali, trasmessi entro 30 gg. al R.U.P. riportando traccia delle verifiche compiute, dei rilievi e saggi effettuati con punti evidenziati in eventuali disegni esplicativi e risultati ottenuti.
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Il Collaudatore nel corso delle visite può riferire al R.U.P. anche sull’andamento lavori e sul rispetto dei tempi, con proprie osservazioni e suggerimenti. Ciò in ogni caso non può far venire meno la responsabilità per D.L. e impresa. I verbali di visita sono da allegare al Certificato di Collaudo. Nel caso di collaudo in corso d’opera le visite sono stabilite con la cadenza che la commissione ritiene adeguata per l’accertamento progressivo dei lavori. Le visite sono obbligatorie durante i lavori non più ispezionabili successivamente (es. scavi, fondazioni, strutture, ecc.) ed in occasione di sospensione dei lavori o di anomalo andamento sul programma dei lavori. b) Relazione di collaudo Rappresenta, documenta e motiva il libero convincimento del Collaudatore. La Relazione di collaudo, richiamati gli accertamenti, saggi e riscontri effettuati: – – –
raffronta dati di contabilità (quadro tecnico economico) da progetto e alla luce delle varianti eseguite; formula considerazioni sulla condotta dell’impresa circa l’osservanza delle prescrizioni di contratto e del D.L.; espone in forma particolareggiata, anche sulla scorta di pareri del R.U.P.: a) se il lavoro sia o no collaudabile; b) a quali condizioni/restrizioni si possa collaudare; c) provvedimenti da prendere qualora non sia collaudabile; d) modificazioni da introdursi nel Conto Finale; e) credito liquido dell’Appaltatore.
III. Certificato di collaudo (probatio operis) Ultimate le fasi precedenti, il collaudatore o la commissione di collaudo, qualora ritenga collaudabile il lavoro, emette il certificato di collaudo che: a) riassume il costo dell’opera indicando modifiche/aggiunte/deduzioni sul Conto Finale; b) determina le somme a carico dell’Appaltatore per esecuzioni d’ufficio, assistenza oltre il termine, rimborsi alla Stazione Appaltante; c) dichiara il conto liquido dell’Appaltatore (salvo rettifiche revisionali), cioè il corrispettivo definitivo del contratto e quindi il residuo credito; d) attesta la collaudabilità dell’opera e sotto quali condizioni. Generalmente questi documenti sono raggruppati a costituire l’« Atto unico di Collaudo », che deve essere firmato dal collaudatore e dalle due parti: Impresa e Stazione appaltante (D.L., R.U.P.). Durante le visite di collaudo possono emergere situazioni particolari, ad esempio legate a discordanze tra la contabilità e lo stato di fatto (dimensioni, qualità, prezzi). Nel caso le discordanze siano di lieve entità, le verifiche sono estese al fine di apportare le opportune rettifiche al Conto Finale; in caso queste siano più gravi, il collaudatore sospende le operazioni e riferisce le sue proposte a R.U.P., che le trasmette alla Stazione Appaltante.
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Quando i difetti e le mancanze esecutive (di carattere tecnico), riscontrate in fase di visita di collaudo, rendono il lavoro assolutamente inaccettabile, il Collaudatore può rifiutare l’emissione del certificato di collaudo; tale fatto conduce necessariamente alla risoluzione del contratto in danno per evidente gravissima inadempienza contrattuale, con tutte le conseguenze connesse al risarcimento del danno subito dalla Stazione Appaltante. Qualora, invece, questi siano di poca entità e riparabili in breve tempo (ma che comunque non possono essere lasciati sussistere e devono essere regolarizzati), il Collaudatore prescrive specificatamente le lavorazioni da eseguire e assegna un termine. In questo caso l’emissione del Certificato è sospesa finché il D.L., confermato dal R.U.P., dichiara l’avvenuta esecuzione completa e regolare (resta ferma la facoltà di verifica diretta del Collaudatore). Nel caso di ulteriore inottemperanza dell’Impresa si procede d’ufficio alla detrazione dal credito residuo di queste ultime lavorazioni purché non pregiudichino stabilità dell’opera e regolarità del servizio. Il Certificato di collaudo viene trasmesso all’Appaltatore, che deve firmarlo entro 20 giorni; può essere firmato con riserva, ma queste devono essere iscritte e formulate nel modo prescritto per tutte le riserve (tempestive, non manifestamente infondate, quantizzate) e devono essere esplicitate, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla firma del Certificato di collaudo. Le riserve sul certificato di collaudo devono essere riferite esclusivamente alle operazioni di collaudo. Nel caso, il Collaudatore riferisce al R.U.P. con relazione riservata sulle singole richieste, con le proprie considerazioni e indicando eventuali nuove visite che ritiene opportuno di eseguire. Con l’emissione del Certificato di Collaudo (positivo) si ha la « probatio operis cum laude » che, se condivisa dalla Stazione appaltante, conduce all’accettazione dell’opera, con il riconoscimento della sua conformità alle pattuizioni contrattuali e quindi con la piena liberazione dell’Appaltatore e la definitiva liquidazione del compenso pattuito. L’approvazione del collaudo rappresenta quindi l’atto che rende definitivi i rapporti giuridici con l’Appaltatore derivanti dal contratto, in termini di accettazione dell’opera e definizione del corrispettivo da erogare. L’emissione del certificato di collaudo comporta lo svincolo della cauzione ed il pagamento del saldo, entro i successivi 30 giorni (pattuibili max 60 giorni) (art. 141, comma 9 Codice ed artt. 235, 124, 143 REA con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 192/12).
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Bibliografia Utica G. (2012), Contabilità dei lavori, Maggioli Editore. Lombardo M., Giacalone A. (a cura di) (2008), Dossier Appalti a corpo e a misura nel codice dei contratti, Il Sole 24 Ore. De Falco E. (2013), La contabilità dei lavori pubblici, Legislazione Tecnica. Oreto P. (2011), La direzione dei Lavori. La pratica amministrativa e contabile nella condotta e nel collaudo delle opere pubbliche, Grafill. Oreto P. (2011), La contabilità dei lavori, Grafill. Agliata M. (2013), Gli atti per il collaudo, la responsabilità del direttore dei lavori e le garanzie per l’esecuzione delle opere, Maggioli Editore. Aru G., Rosas D. (2011), Responsabile Unico del Procedimento, Legislazione Tecnica. Musci F. (2013), L’opera pubblica - Dalla programmazione al collaudo, DEI. Spinelli D. (a cura di) (2012), Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: guida pratica, Il Sole 24 Ore. Della Porta P. (2013), La progettazione negli appalti pubblici. Soggetti abilitati, livelli di progettazione, procedure per l’affidamento e la verifica, concorsi di progettazione, DEI.
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IN D ICE
DEI
CONCE TTI
Analisi costi-benefici (ACB), 191, 213-217, 219, 221-222, 274, 407 Accordi di Basilea, 80, 82, 87 A genzia Nazionale per la Protezione dell’ A mbiente (ANPA), 301 Aliquote d’ammortamento, 210 Ammortamento, 46-47, 61-62, 90-93, 138, 144, 147, 150, 155, 168, 171, 181-184, 210, 226, 370 A nalisi – costi-ricavi (ACR), 66, 86, 180, 184, 186, 191, 193, 195, 197-199, 201-202, 209 – discriminante, 107 – Multicriteri (AMC), 191, 206, 226-227, 229-230, 242 – SWOT, 245, 308 Analytic Hierarchy Process (AHP), 206, 229, 231-232, 234-235, 237, 438 Analytic Network Process (ANP), 229, 231, 234, 265-266 Anomalia dell’offerta, 146 Appaltatore, 146-147, 149, 398-399, 408-409, 411, 413, 419-420, 428-429, 440-455 Appalti pubblici di forniture, 409 Appalti pubblici di servizi, 409 Approcci probabilistici, 127 Approccio negoziale, 21 Attualizzazione, 64, 92, 129-131, 133, 178, 191, 199, 211, 214-215, 219-220, 222-223 Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), 267, 284, 298, 300, 302 Bancabilità, 212, 226 Band of investment, 176, 179-180 Bene non escludibile, 15 Beni culturali, 25-28, 273, 323, 326, 338, 349350, 353, 398 Best Available Techniques (BAT), 300-301
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BREF, 299, 301 Building residual, 177 Capitalizzazione dei redditi, 60, 128-131, 370, 375, 377 Capitolato Speciale di Appalto, 425, 427, 431, 446, 449 Cauzione provvisoria, 440 Certificato di collaudo, 451-452, 454-455 Certificazione energetica, 85, 89, 342-343 Ciclo di progetto, 401 Ciclo di vita dei cespiti, 181 Civil law, 73, 363-367, 370, 375 Cluster analysis, 107 Cluster delle alternative, 235 Clusters di criteri, 235 Clusters of activities, 30 Collaudo, 58, 397, 401-402, 415, 418, 425, 431, 450-455 Common law, 73, 363-370, 375 Compatibilità acustica, 306 Componenti – abiotiche, 313-314 – biotiche, 281, 313-314 – Ecosistemiche di Valore (VEC), 296-297 Comproprietà, 369 Computo metrico estimativo, 143, 195, 422423, 425, 427-428, 429, 441, 448 Conjoint Analysis (CA), 231, 323, 333, 336337, 340 Consegna dei lavori, 148, 397, 441-442, 450 Consob, 164-165 Consumption, 31 Conto finale dei lavori, 449 Cost approach, 78, 84, 86, 95-96, 175 Costi di gestione, 203, 208, 224, 226 Costi di investimento, 207 Costo – di costruzione, 57-58, 62, 65, 69, 75, 96,
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102, 137, 141-142, 144, 146, 177-178, 180, 194-195, 198, 207, 220, 422, 427, 430 – di produzione, 57, 97, 101, 157, 207 – di riproduzione deprezzato, vedi D epreciate Replacement Cost (DCR) , 88, 177 – parametrico, 118, 142, 198 – storico, 156-158, 161, 167-169, 171, 177 Credito ipotecario, 74, 80-82-83, 87, 108 Criteri di stima dei prezzi marginali, 116 Debt Service Cover Ratio (DSCR), 212-213, 226 Depreciate Replacement Cost (DCR), 88, 174175, 177 Determinante di una matrice, 122 Digital cities, 41 Dilemma del prigioniero, 38 Direttiva Habitat, 290-292, 311 Direttore dei lavori, 413, 415-416, 418-420, 426, 445, 448-449, 451 Diritti edificatori, 197-198, 201, 363, 372, 393394 Diritti reali, 159, 363-364, 366-369, 371-375, 380, 382, 384 D iritto – di superficie, 373, 375-376 – reale d’uso, 373, 379 – reale di abitazione, 379 Disincentivi fiscali, 393 Disponibilità a Pagare (DAP), 15, 71-72, 127128, 326, 328, 333-336, 347-348, 350, 355-356 Disponibilità ad Accettare (DAC), 72, 333-335 D ocumento Preliminare alla Progettazione (DPP), 414-415, 421, 426 Dominance Based Rough Set Approach (DRSA), 231 Doppia stima, 67, 363, 388 Driving forces, 279 Economia – dell’ambiente, 16 – della cultura, 25, 28 – urbana, 29-30, 98 Elenco annuale (dei lavori pubblici), 403-404, 411, 415 Enfiteusi, 365, 373-375 – rustica, 375 – urbana, 375 Equilibrio – del consumatore, 8
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– dell’impresa, 11-12 – spaziale, 3, 29-32 – tra domanda e offerta, 151 Espropriazione parziale, 388 Esproprio, 363, 365, 372-374, 383-389, 423, 425, 431 European Mortgage Federation (EMF), 82-83, 87 Existing use, 74, 174 Fair value, vedi Valore equo, 80-81, 87, 156, 158, 161, 167-168, 171-172, 184, 186 Fee simple, 366, 370 Fondi immobiliari, 74, 109, 159 Fonti dell’informazione, 108 Fonti dirette/indirette, 131 Freehold, 370 Funzione di resilienza, 270 Giornale dei lavori, 447 Grado di surclassamento, 244 Green Economy, 3, 16, 21-25, Green V alue, 80, 84-87 Historical Properties, 53, 80, 83 Home market effect, 31 IAS – International Accounting Standards, 7374, 76, 79, 81, 155-156, 158, 160-175, 180-181, 183-184, 186-187, 370 IAS 16 – International Standard n.16, 81, 87, 156, 160-163, 166-167, 169, 172-173, 181, 370 IAS 40, 162-163, 166-167 Illiquidità, 55 Imposizione diretta, 211 Imposizione indiretta, 211, 226 Incentivi – finanziari, 35, 393 – fiscali, 35, 393 – pubblici, 392-393 – urbanistici, 393 Income approach, 78, 84, 86, 96 Indicatori – ambientali, 267, 278, 288 – di impatto, 280 – di pressione, 280 – di redditività, 191, 211, 213-214, 217, 220-221 – di risposta, 280 – di stato, 280
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Indice – dei prezzi degli immobili residenziali, 109 – di concordanza, 243 – di discordanza, 244 Indici di prezzo, 108-109 Indici ISTAT-FOI, 207 INES, 298, 301 Input sharing, 31 Inquinamento, 17-21, 23, 32, 55, 63, 111, 116, 124-127, 268, 279, 297-298, 300-301, 304, 306-307, 309-310, 314-315 Insieme convesso, 7 Integrated Pollution Prevention and Control (IPPC), 277, 284, 297-302 Intelligent cities, 41 International Valuation Standards Council (IVSC), 77, 96 Ipoteca, 365, 373, 382 Knowledge spillover, 31 Labor market pooling, 31 Lavori pubblici, 144, 203-204, 228, 285, 397398, 401-404, 408-411, 413, 416, 418, 420, 432, 435, 437 Legge della termodinamica, 16 Legge Merloni, 203, 285, 397, 401, 432 Libretto delle misure, 448 Life estate, 370 Lista settimanale, 448 Loan Life Cover Ratio ( LLCR), 212-213, 226 Manutenzione della facciata, 117-120, 124 Market approach, 78, 84, 86, 95-96, 175 Massimo profitto, 11, 13 Matrice inversa, 122, 234 Matrice trasposta, 123 Metodo aggregativo-compensatore, 438 M etodo – ARGUS, 231 – del Costo di Viaggio (Travel Cost Method), 72, 329-330, 332-333, 349-351, 353 – ELECTRE, 206, 229, 231, 241-244 – EVAMIX, 229, 231, 438 – MACBETH, 231, 240 – MELCHIOR, 231 – ORESTE, 231 – QUALIFLEX, 231 – REGIME, 227, 231 – TACTIC, 231
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M odelli – di regressione, 128, 347 – RUM (Random U tility Models), 335 – strutturali di analisi, 100 M odello – Choice Experiment (CE), 323, 335-337 – di bilancio, 158 – di Ellwood, 136 – di regressione, 127, 347-348, 352-353 – DPSIR, 279-280 Monitoraggio ambientale, 276, 282 Monopolio del mercato immobiliare, 100 Multiproprietà, 369-370 Nolo, 138, 144 Non freehold, 370 Nuovi Prezzi Aggiuntivi (NPA), 430, 445-446, 448 Occupazione d’urgenza, 363, 389 Offerte anomale, 137, 146, 151, 439 One shot decision taking, 227 Oneri di urbanizzazione, 58, 195 Outranking, 230-231, 241 Panorama, 111, 116, 124-127 Paradigma schumpteriano, 22 Partenariato pubblico-privato, 203, 410 Pay Back Period (PBP), 221, 223 Percorsi formativi dei valutatori, 78 Perequazione urbanistica, 372 Piano delle vendite, 196 Piano economico finanziario (PEF), 191, 206208, 210, 216 Preferenze del consumatore, 5, 7 Prestazioni a corpo, 440 Prestazioni a misura, 440 Prezzario regionale, 429 Prezzi di rifermento, 149, 324, 429 Prezzi Edonici (Hedonic Price – HD), 110, 323, 326, 328, 342-343 Prezzo marginale, 115-124, 127 Principio dei giudizi comparati, 232 Principio della scomposizione, 232 Procedura – aperta, 411, 436-437 – negoziata, 415, 436-437, 445 – ristretta, 437 Progettista, 137, 147-148, 413, 416-418, 426427, 429, 444
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Progetto definitivo, 66, 142, 195, 409-410, 415, 422-423, 427, 429-430 Programma triennale (dei lavori pubblici), 203, 402-404, 408, 413 Progressione geometrica, 92, 130 ro ect financing 204, 400, 411 Protocolli sintetici, 89 Pubblico interesse, 363, 365, 383-384, 412, 443 Quadro Tecnico Economico (QTE), 144-146, 207, 224, 407, 422, 430, 454 Qualificazione delle imprese, 399, 432 Rapporto ambientale, 276, 278-279 Rapporto Benefici- Costi Attualizzati (RBCA), 221, 223 Real estate, 30, 367 Real property, 80, 83, 367 Reddito operativo netto, 96, 102-104 Registro di contabilità, 442-443, 446-450 Regole risarcitorie del danno, 365 Relazione di collaudo, 453-454 Relazione generale dell’opera, 452 Rent-Seeking, 31 Requisiti di ordine generale, 433 Residual tecniques, 175 Responsabile dei lavori, 414, 416 Responsabile Unico del Procedimento (RUP), 403, 413-414, 419, 421 Rete Natura 202, 291, 293-294, 297, 311, 318 Reticolo idrografico, 302, 306 Retrofit, 86 Ricavi di gestione, 208-209 Royal Institute of Chartered Surveyors (RICS) 79, 95 Rischio dell’investimento, 136, 193-194, 256, 259 Ristrutturazione, 117-120, 124, 146, 183, 194, 208, 342-343, 390, 409, 419, 431, 444 Sales comparison approach ( SCA), 111, 115 Scelta del consumatore, 5, 7 Scorporo proporzionale, 180, 184 Servitù, 110, 365, 368, 372-373, 379-382, 384 – di passaggio, 368, 372, 380 – militari, 379, 382 – prediali, 379-381, 384 – sui generis, 379, 381 Sintesi delle priorità, 232-233 Sistema generale di stima (SGS), 111, 120-127
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Siti di Importanza Comunitaria (SIC), 279, 290, 292-295, 311 Siti di Importanza Comunitaria proposti (SICp), 291-293, 311 Smart city, 3, 31, 30, 37-41 SOA, 433 S oglia – di indifferenza, 242-243 – di preferenza, 242-243 – di veto, 243 Somma di una progressione geometrica, 130 Sostenibilità – ambientale, 23, 33, 35, 84, 86, 203, 269, 283, 403, 407, 420 – culturale, 270 – economico-finanziaria, 270, 274 – sociale, 270 – tecnologica, 269 Spese tecniche, 58, 144, 146, 194, 196, 198199, 202, 224, 251 Spin-off immobiliare, 159 Stati di Avanzamento dei Lavori (SAL), 419, 444, 449 Stazione Appaltante, 146-148, 207, 399, 409, 413, 415, 417, 419, 421-422, 425-427, 429, 431, 436, 439-442, 442-445, 450-451, 454-455 S tima – del reddito netto, 131 – del saggio di capitalizzazione, 133 – monoparametrica, 111, 113 – per apprezzamenti e detrazioni, 111, 113 Stime analitiche, 65, 141 Stime comparative del valore di mercato, 110 Studio di fattibilità (SdF), 203-206, 217, 222, 401-407, 411-412, 423, 426, 430 Studio di Impatto Ambientale (SIA), 285-288, 292, 423 Superficie commerciale, 112-114, 116-117, 119-120, 124, 132-133, 187, 195, 343, 347 Supermatrici, 237-238, 248-250 Surplus del consumatore, 324-326, 328, 332333, 353 Sviluppo sostenibile, 3, 21, 29, 32-33, 38-39, 268, 270, 275, 277, 301, 315 Swing W eights, 240-241, 256, 263 Tasso di capitalizzazione, 64, 96, 103 Tasso interno di rendimento (TIR), 192-194, 198, 202, 212-213, 221-223 Tecnica della Valutazione Contingente (Contin-
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gent Valutation Method, CVM), 333, 335336, 354-356 TEGoVA, 53, 56, 75-78, 84-86, 89, 95-96, 174 Tempi di risposta, 148 Teoria – del valore multi attributo (Multi Attribute Value Theory - MAVT), 238-241, 253254, 256 – dell’offerta, 5 – dell’Utilità Multiattributo (MAUT), 231, 241 – delle opzioni reali, 136 Usufrutto, 365, 373, 377-379 Usucapione, 371, 373, 380 Utilità Additiva (UTA), 231 Valore – Agricolo Medio (VAM), 374, 385, 387388 – attuale netto (VAN), 192-193, 199, 202, 211-213, 221-223, 226 – complementare, 56, 66-68, 87, 116, 129, 155, 173-175, 187, 326-327, 373, 388 – d’uso, 69, 71, 353, 366, 380 – della coltura più redditizia (BCR), 385 – delle spese generali, 144 – di acquisto, 157 – di capitalizzazione, 56, 58, 129-131, 133-134, 136, 377 – di costo, 55-58, 80, 84, 87, 137, 141, 149, 195 – di mercato, 54-58, 60, 63, 65-68, 70-71, 74, 80-81, 83, 87, 96-98, 104, 110-116, 120, 122-123, 129-131, 133, 157, 175, 177, 186, 191, 197, 201, 326-327, 342343, 373, 375-376, 378-380, 387-388 – di non uso, 71
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– di surrogazione, 56, 68, 88, 129, 175 – di trasformazione, 56, 65-66, 88, 116, 129, 174, 184, 186, 195 – economico totale (VET), 56, 69-72, 323-324, 326 – equo o fair value, 80-81, 156, 158, 161, 167-169, 171,184, 186 – residuo, 66, 181-183, 218-221, 411 Valutazione – Ambientale Strategica (VAS), 267, 273, 275-278, 282, 284, 290, 298, 302 – d’Incidenza Ecologica (VIE), 257, 273, 290, 292, 294-295, 311, 313, 318 – di compatibilità ambientale, 205, 282, 284-285, 292, 302, 408, 423 – di sostenibilità, 35-37, 86, 89 – d’Impatto Ambientale (VIA), 267, 273, 277, 282-286, 290, 292, 295, 298 Variabili – generali, 182 – settoriali, 182 – specifiche, 181-182 – strutturali, 108 Varianti in corso d’opera, 397, 416, 419, 441, 444 Vendita di cosa futura, 369 Verifica dei prezzi, 146 Vincolo di bilancio, 5 W illingness to Pay (WTP), vedi Disponibilità a pagare (DAP) Zone di Protezione Speciale (ZPS), 279, 290295, 311 Zone di rispetto, 372 Zone Speciali di Conservazione (ZSC), 292294 Zonizzazione acustica, 306, 310
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