Leges super principem. La 'Monarchia costituzionale' di Vespasiano


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Leges super principem. La 'Monarchia costituzionale' di Vespasiano

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LEGES

SUPER PRINCIPEM

PUBBLICAZIONI

DELLA

FACOLTA

DELL'UNIVERSITA

GIURIDICA

DI NAPOLI

cxcv FRANCESCO LUCREZI

LEGES

SUPER PRINCIPEM

LA 'MONARCHIA COSTITUZIONALE' DI VESPASIANO

CASA EDITRICE DOTT. EUGENIO JOVENE NAPOLI

-

1982

DIRITTI DI AUTORE RISERVATI

© Copyright Casa editrice Jovene

1982

-

Napoli

Prinud In ltalu

Stampato in li , i n St. So!Go�z ( Napoli 1 948 ) 3 7 5 ss. Dello stesso aut. cfr. anche la ree. a MAGDELA I N , o . c . , in AG. 1 3 7 ( 1 94 9 ) 66 s s . , e la voce « Auctoritas >> , in NNDI. 1 . 2 ( 1 968 ) 1 53 6 s s . 1 0 Cfr . : G. DuM ÉZI L , Idées romailzes ( Paris 1 969 ) 7 9 ss . ; NOCERA . o c . 465 ss . ; R . T u RCAN, Rome éternelle e t /es conceptions greco-roma:nes de l 'éternité , in Da Roma alla Terza Roma, Seminario rnternazionale di studi storicz : Roma 2 1 -23 aprzle 1 98 1 , Relazionz e c o m u n ic a z i O n i l ( Roma 1 98 1 l 3 e passim.

L'EREDITÀ DI AUGU STO

31

mente una mossa vincente, sia dal punto di vista politico- ( Nrco L s , 1 5 5 ) , riuscendo cosl egli a sfruttare ed a volgere a proprio favore le brame egoistiche che in quel periodo serpeggiavano tra le legioni romane. L'ottica rostovzev iana è invece sostanzialmente condivisa da H. BENGTSON, Die Flavier, Vespasian Titus Domitian ( Miinchen 1 97 9 ) 30 s. Sul punto cfr. anche : HARMAND, a.c. 3 9 s . ; GARZETI I , a.c. 6 3 1 ss. Nel misurare i l grado di ' politicità ' dei sommovimenti mili tari susseguenti alla fine di

L ' ADVENTUS DI VES PAS IANO

43

Quanto alle province, è da dire che esse rappresentavano ormai, sul piano economico , delle realtà tali da far apparire assolutamente inadeguato ed anacronistico il meccanismo politico che regolava i rapporti tra Roma e la periferia dell 'impero . La progressiva universalizzazione della res publica, infatti, si era ef­ fettuata esclusivamente sulla base dell'egemonia nazionale roma­ no-italica , ossia di un sistema che relegava il mondo provinciale in un ruolo di costante subalternità, negando alle province ogni reale autonomia amministrativa , vessandole con esose imposizioni fiscali e saccheggiandone sistematicamente le - spesso ingenti risorse economiche . La crisi di questo complesso di rapporti si era ormai fatta indifferibile, considerato che l 'unificazione politica del Mediter­ raneo aveva portato, nel primo secolo della nostra era, ad una sempre più estesa sintesi economica internazionale '. Il molti­ plicarsi degli scambi commerciali e mercantili, nel determinare una indubbia lievitazione dell'economia dei paesi extraitalici , fa­ ceva però aumentare lo sfruttamento di questi da parte della classe di governo italica ( che sempre di più andava ammassando ricchezze sconfinate ) , e generava nelle popolazioni dell'impero lontane da Roma una maggiore consapevolezza della propria for­ za economica e, di conseguenza , un crescente fastidio verso l 'one­ rosa dipendenza dall'Urbe . I provincial i , nel loro sforzo di emancipazione, e nella loro aspirazione ad un cosmopolitismo basato sulla pari dignità delle varie componenti del mondo imperiale , si trovarono ad essere naturali alleati di quella borghesia ( italica e non) che era , an-

Nerone occorre comunque partire dalla constatazione che in tale periodo l'esplo­ sione incontrollata delle avidi t à e degli egoismi individuali costitul un elemento di primo piano della scena politica . ' Cfr . : F. M. HEICHELHEIM, An Ancient Economie History, che cito nella trad . ital . : Storia economica del mondo antico 5 ( Roma-Bari 1 97 9 ) 978 ss . , 1008 S5 . , 1 0 1 3 55 . , 1 0 1 9 s5. e passim ; J . TouTAIN, L'économie antique, che cito nella trad . ital . : L'economia antica ( Mibno 1 968 ) 263 s5.

44

CAPITOLO

SECONDO

ch'essa, esclusa dalla direzione dello stato, pur avendo ampia­ mente contribuito all 'edificazione delle fortune economiche di esso. Una classe, questa, composta da equites, piccoli impren­ ditori , armatori, finanzieri, cambiavalute, commercianti, liberti, esponenti del mondo rurale : tutte forze che vedevano di buon occhio un rivolgimento politico che ponesse termine alla stra­ potenza dell'oligarchia capitolina . In una siffatta situazione, fluida e ricca di tensioni , la tendenza al ribaltamento dei vecchi equilibri ed al superamento delle vecchie logiche di dominio fa prendere consistenza a delle eventualità del tutto nuove, in grado di cambiare radicalmente il corso della storia romana. lnnanzitutto, viene svelato per la prima volta , in tutta la sua forza rivoluzionaria, quello che Ta­ cito definl un ' arcanum imperii ' ; il segreto , cioè, della possi­ bilità che l 'imperatore venga eletto fuori di Roma : Tac. Hist. 1 . 4 . 2 finis Neronis ut laetus primo gau­ dentium impetu fuerat, ita varios motus animorum non modo in urbe apud patres aut populum aut urbanum mili­ tem, sed omnes legiones ducesque conciverat, evo/gato im­ perii arcano, posse principem alibi quam Romae fieri. Anche le armate provinciali, dunque, vogliono, e possono, eleg· gere l'imperatore : assistiamo cosl alla già ricordata acclamazione di Virginio Rufo da parte delle milizie germaniche, al pronun­ ciamento delle legioni iberiche in favore di Gaiba, governatore della Spagna Tarragonese, a quello delle legioni renane in fa. vore di Vitellio, legato della Germania superiore, e a quello delle truppe orientali a beneficio di Vespasiano, comandante delle forze armate incaricate della repressione della rivolta giudaica 9 •

9 Sulla natura dei ' pronunciamientos ' m i l i t ari in età imperiale cfr. L. I R A C I La rivolta militare dall'usurpazione all'in vasione, i n I D . , Af.•rx e r l Mondo Antico ( i\l ilano 1 973 ) 33 s s .

FEDE L I ,

L'ADVENTU S DI VE S PAS IANO

È di facile comprensione come il tacitiano arcanum imperii por­ tasse con sé un grave problema di legittimità del comando. A parte la potenziale tentazione di qualsiasi ufficiale ambizioso di disconoscere il princeps in carica e di farsi acclamare imperator dai propri soldati , è evidente come un principe eletto fuori di Roma, con un atto di forza delle soldatesche provinciali , non potesse apparire un capo di stato legale ( anche se ossequiato dall ' assai dequalificato senato) agli occhi delle varie popolazioru dell' impero , e soprattutto agli occhi delle altre avide legioni e 0 degli altri invidiosi comandanti militari 1 • L'acclamazione di Rufo, poi, rappresentò un evento molto indicativo anche da un altro punto di vista, e cioè per il fatto che questi non apparteneva ad una famiglia senatoria, ma era tipico homo novus, figlio di un eques. Rufo rifiutò l 'offerta

un

dei propri soldati , probabilmente giudicando la situazione non ancora matura per un simile atto 1 1 , ma ormai l'azione delle sue truppe aveva posto in essere un precedente di basilare impor­ tanza u , che sarà determinante in occasione dell'adventus di Ve­ spasiano : il principe, oltre a non dover necessariamente appar­ tenere alla dinastia giulio-claudia , e oltre a essere eleggibile fuori di Roma, può anche essere un homo novus, un cittadino dagli oscuri natali . L'anarchia militare, dunque, dimostra come col tracollo del­ la domus di Ottaviano e con la fine della supremazia auctoritate del princeps vengano meno i pilastri essenziali su cui ancora si reggeva un sistema politico ormai logoro . Un tipo di stato, quello del principato augusteo, ha ormai definitivamente concluso la propria parabola . 10 Cfr . : C. BARBAGALLO, Storia {Torino 1 9 3 2 ) 477 ; ]. CARCOPINO, La l'Empir�. che cito nella trad . ital . : La J 'imp "o ( Roma-Bari 1 97 8 ) 68 s . 1 1 Cfr. Tac. Hist. 1 .52.4 merito

ignoto patre, u

universale 2 . 2 Roma antica, L'impero vie quotidienne à Rome à /'apogée de vita quotidiana a Roma all'apogeo del­

dubitasse Verginium equestri famrlra , imparem, si recepisse/ imperium, tutum, si recusasset .

ar. N!COLS ,

a.c.

9 1 ,95.

46

CAPITOLO SECONDO

All a morte di Nerone l'impero precipita in una condizione di grande confusione e di sostanziale vuoto di potere : in pre­ cipitoso calo l'autorità del senato, tutta da ricostruire la potestà del Caesar. Gli eventi del 68-69 d . C . , però, rivelano anche che è proprio in un tale quadro di caos, di disgregazione, di incer­ tezza ed insicurezza che , come spesso accade nella storia, si schiudono nuovi orizzonti e frontiere sconosciute . La sanguinosa guerra civile genera infine nelle popolazioni un intenso desiderio di pace e di stabilità, da attenersi ad ogni costo, affidandosi a chiunque si dimostri in grado di ' salvare la patria ' , come la aveva salvata Augusto un secolo prima. È in questo scenario di inquietudine e di disordine, ma anche di acuta e diffusa stanchezza della solitudo magistratuum, che si presenta a Vespasiano una irripetibile chance per salire al potere , diventando il nuovo ' salvatore della patria ' . 7 . - Come Virginio Rufo, anche Vespasiano ( nato a Fala­ crina presso Rieti, nella Sabina, il 1 7 novembre del 9 d . C. ) Il era un homo novus, in quanto si era dato, e con successo, alla carriera politica pur senza vantare illustri natali : proveniva in­ fatti da una famiglia della borghesia municipale italica, estranea all'ambiente senatorio, e annoverata tra le famiglie patrizie solo dopo che Vespasiano salì al potere . Il padre, Flavio Sabino, figlio di un centurione, aveva abbandonato la professione pa­ terna, a cui si era anch 'egli dedicato, per lavorare , prima in Asia

Il La migliore fonte in nostro possesso sulla vita di Vespasiano è l a biografia svetoniana ( generalmente ritenuta piuttosto at tendibile), sulla quale cfr. il commento di A . W. BRAITHWAITE, C. Suetonii Tranquilli Divus Ve­ spasianus with an lntroduction and Commentary ( Oxford 1 927 ), e H. R .

Kaiser Vespasian, Untersuchungen z u Suetons Vita divi Vespasiani 1937). Chiari cenni biografici sull ' i m peratore in L. HoMo, V espasten. L'empereur du bon sens ( 69-79 ap. ]. C. ) ( Paris 1 949) 7 ss . ; precisa cronolo­ gia degli avvenimenti in WEYNAND, s . v . « Flavius » , n. 206 ( Vespasianus), in PW. 6.2 ( 1 909) 2623 ss . ; cfr. anche P I R. 3 .398.

G RA F ,

( S tu t tgart

L ' ADVENTU S

DI

VESPASIANO

47

e por m Elvezia, come esattore fiscale ( mestiere già praticato , dopo il congedo, dal suo genitore ) ed usuraio ", ed era quindi entrato, primo della sua famiglia, nell' ord a equester; i suoi figli , Vespasiano e Flavio Sabino, erano stati i primi a raggiungere l'ambita meta dell'ingresso nel senato . Vespasiano percorse un brillante cursus honorum : fu pri­ ma tribunus laticlavius in Tracia, poi questore , edile, pretore, console ( nel 5 1 ) e proconsole in Africa ( nel 63-64 ) , Si distinse anche come brillante comandante militare, nel corso delle cam­ pagne che lo videro impegnato sugli scacchieri della Germania e della Britannia. Nel 66 gli fu infine affidato da Nerone il compito di domare la rivolta nazionalista che era scoppiata in Giudea : occasione, questa, che gli permise di mettere definitiva­ mente in luce le sue qualità di duce energico ed accorto . t merito di un giovane studioso americano, il Nicols 15 , l'avere evidenziato di quali amicizie influenti e di quali appog­ gi si sia servito il futuro imperatore per compiere la sua fortu­ nata carriera di uomo pubblico . L'autore individua due signifi­ cative fasi nella vita pre-imperiale di Vespasiano : fino a tutto il principato di Claudio, egli sarebbe infatti stato legato al ' clan ' degli amici del principe, del fratello di lui Germanico e della madre Antonia. L'appartenenza a questo gruppo sarà di grande importanza per la salita al potere del padre di Tito e Domiziano, come si può ricavare dalla circostanza che dalle medesime pro­ tezioni politiche erano assistite le famiglie del re giudeo Giulio Agrippa II e di Tiberio Giulio Alessandro, ebreo alessandrino di nascita, che nel 69 era titolare dell'importantissima carica di praefectus Aegypti : due personaggi , questi, che ebbero un ruolo di primo piano nell 'acclamazione imperiale del principe flavio . 14 Spesso gli homines novi che emersero socialmen te nell 'età imperiale utilizzaron o come strumento per la loro crescita l e attività finanziarie. Cfr . p. es. M. Co RBIER, L'Aerarium Saturni el I'Aerarium Militare ( Roma 1974)

698.

15

N ICOLS,

o.c. ,

su cui cfr . la nostra ree . in Labeo

27 ( 1 98 1 ) 259 ss.

48

CAP ITOLO

SECONDO

Disgregatosi il clan alla morte di Claudio, Vespasiano riuscl con costanza a guadagnarsi la fiducia, all'inizio piuttosto guar­ dinga, di Nerone. Verso la fine degli anni 50 costrul con suo fratello Flavio Sabino un proprio gruppo politico ( imperniato principalmente sui due fratelli e su Cesennio Peto, genero di Sabino) , gruppo che acquistò una notevole influenza negli ultimi anni del regno neroniano, quando Sabino ricopriva la carica di praefectus urbi e Vespasiano ( grazie anche alla fortunata circo­ stanza che nel 66 si trovava in Grecia al seguito di Nerone, quando i Giudei si ribellarono) ottenne l'incarico del comandc delle truppe delegate alla repressione degli Ebrei insorti . È importante tenere conto della natura e delle funzioni di questi circoli di potere, dalle cui manovre e dalle cui sorti di­ pendevano in larga misura i destini di tutto l 'impero. Non si trattava di ' partiti politici ', cementati dalle comuni convinzioni ideologiche degli adepti, né questi ultimi erano accomunati dal­ l'intento di perseguire insieme una precisa strategia operativa pragmaticamente determinata . Ciò che univa gli appartenenti a queste fazioni altro non era che la somma degli interessi parti­ colari dei vari membri, ognuno dei quali poteva trovare (o spe­ rava di ricavare) ampia convenienza dai rapporti di reciproca solidarietà e di do ut des che intercorrevano tra i vari ' amici ' 1 6 • Di questa vasta ed indispensabile rete di diplomazia e degli appoggi che ne derivavano avevano particolarmente bisogno gli homines novi, come Vespasiano, che desiderassero darsi alla carriera pubblica . E sembra proprio che al nostro protagonista non mancò il senso dell'alleanza interessata e della cautela di­ plomatica, considerato che riuscì a conquistarsi con realismo e prudenza quel potere che gli occorreva per la realizzazione delle sue ambizioni , evitando attentamente passi falsi o pericolosi colpi di mano, e manifestando sempre formalmente la massima fedeltà

t•

Cfr. NrcoL s ,

a.c.

17 e

passzm.

L'ADVENTUS DI VESPAS IANO

49

al principe in carica, da Claudio a Nerone, da Gaiba ad Otone ed a Vitellio. Il fatto che Vespasiano fosse un homo novus di nascita

oscura, se non era stato di insonnontabile ostacolo alla sua car­ riera politica, costituiva però indubbiamente una circostanza tale da fare ritenere inimmaginabile una sua aspirazione al massimo potere . La nobiltà della stirpe appariva infatti ancora, pur nel caos della guerra civile del 68-69, una condicio si ne qua non perché chi ne avesse voglia si cimentasse nella rischiosa impresa della conquista del principato, come dimostrano le ascendenze di Gaiba, Otone e Vitellio, che provenivano tutti da illustri fa­ miglie senatorie - anche se ciò non fu loro, a conti fatti, di grande aiuto : la condicio, evidentemente, era ritenuta necessa­ ria, ma non era sicuramente sufficiente. Svetonio scrive addirit­ tura che l'incarico di sedare la rivolta giudaica fu affidato da Nerone a Vespasiano proprio perché egli, per i suoi umili na­ tali, non avrebbe mai potuto rivelarsi un potenziale rivale 17 ( Fla­ vio Giuseppe, invece, adulatore - come sempre - del suo patronus, sostiene che questo fu scelto perché nessun altro sa­ rebbe stato all ' altezza della situazione) 1 8 • Se Vespasiano riusd tuttavia a diventare princeps, raggiun­ gendo un obiettivo a cui fino ad allora gli ignobiles come lui non avevano potuto neanche ambire, ciò fu dovuto fondamen­ talmente a due distinti fattori, che ne permisero l'adventus : una situazione di forza politica e soprattutto di potenza militare a lui nettamente favorevole, da una parte, e dall 'altra la creazione di un'efficace e meticolosa propaganda ideologica, che gli per· mise di reperire quei consensi che non si potevano conquistare con le armi . 8 . - Come abbiamo accennato, l'anarchia militare del 68-

17

18

Suet. Vesp. 4 . 5 .

los. B.I. 3 . 4 .

CAPITOLO SECONDO

50

69 d.C. mostrò la realtà di un irrefrenabile moto di emancipa­ zione delle province, stanche della colonizzaz ione romana, e di un'accresciuta forza decisionale autonoma delle legioni, ormai in larga parte restie ad eseguire passivamente gli ordini della corte imperiale. In questa generale situazione di scollamento e di disartico­ lazione del quadro politico un'altra decisiva circostanza si rivelò in grado di determinare il corso della storia di Roma, e cioè la migliore organizzazione , la più alta coesione ed omogeneità interna dell'esercito e dei potentati della pars Orientis dell'im· pero rispetto alle più sbandate forze della penisola italica e delle province occidentali. « Prosperae in Oriente, adversae in Occi­ dente res », scrive Tacito 19, riferendosi al torbido periodo suc­ cessivo alla morte di Nerone. Ed in effetti la salita al potere di Vespasiano può essere considerata come il frutto di una presa di coscienza, di una scelta e di una vittoria del Levante, final­ mente e risolutamente deciso a far sentire il peso della propria fortuna economica e del proprio apparato bellico . Un peso che , evidentemente, s i era d i molto accresciuto dai tempi della bat­ taglia di Azio , quando il grande scontro tra Est e Ovest si con­ cluse, com 'è noto , con il trionfo di Augusto e dell'Occidente . Se Vespasiano vinse , ciò fu dovuto in primo luogo all 'ap­ poggio che gli venne fornito dalle assai compatte e disciplinate legioni che erano stanziate di presidio alla Siria, alla Giudea , all'Egitto . Né meno indispensabile fu l'alleanza dei leaders po­ litici dell'Oriente, come l'influente Licinio Muciano, legato di Siria, i già ricordati Tiberio Giulio Alessandro e Giulio Agrippa I I , la sorella di quest 'ultimo, Berenice ( regina per il suo terzo matrimonio con Polemone II di Olbia in Cilicia, e cognata di Tiberio Alessandro , per avere sposato in prime nozze il fra­ tello di lui , Marco) , i principi clienti Soemo di Sofene e Antioco

19

Tac . l-lisi. 1 .2 . 1 .

51

L'ADVENTUS DI VESPASIANO

IV di Commagene "' , il sacerdote egiziano Basilide e anche il sacerdote, comandante e storico giudeo Giuseppe di Mattia, capo della resistenza palestinese in Galilea, che fu prima catturato e poi liberato da Vespasiano, da cui ottenne cosl anche la citta­ dinanza romana e, in onore del suo patronus, il nome di Flavio Giuseppe : un leader, quest'ultimo, avversario e sconfitto, ma che seppe comunque essere al condottiero romano di prezioso aiuto 21 • L'Oriente, dunque, una volta esaurita la supremazia della casa giulio-claudia e della nobilitas senatoria italica sul resto dell'impero, appare consapevole della forza dei propri eserciti, e deciso a sfruttarla per innalzare al trono imperiale un uomo che fosse finalmente estraneo alle logiche di potere della chiusa casta dell'aristocrazia capitolina, e che potesse farsi garante delle richieste e delle aspettative del Levante. I più autorevoli can­ didati che potevano soddisfare tali esigenze erano Muciano e Vespasiano, che stava frattanto dando prova della propria abi­ lità strategica in occasione della guerra giudaica . Prevalse Ve­ spasiano ( che ebbe poi la fortuna di avere nel suo più temibile concorrente, Muciano, un fedele sostenitore ) , che godeva di una più solida rete di alleanze e di maggiore prestigio come coman­ dante militare , e che poteva offrire, nei suoi figli Tito e Domi­ ziano - il primo dei quali già maturo per il comando -, la prospettiva di una già preordinata successione ereditaria 22•

lll Sull'aiuto portato a Vespasiano dagli ' stati clienti ' , e sulla politica vespasianea nei confronti di essi cfr. E . N . LuTTWAK, The grand strategy of the roman empire , che cito nella trad . i t al . : La grande strategia dell'impero romano ( Milano 1 98 1 ) 1 5 1 ss. 2 1 Cfr. infra, nn. 9- 10. 22 F u questo u n van taggio decisivo s u Muciano, la cui rinunzia al principato non dovette scaturire, come lascia in tendere Tacito ( Hist. 1 . 10.2), da una na· rurale mancanza di ambizione ( cfr . NrcoLs, a.c. 1 1 8 ) . Cfr . : B . W . JoNEs,

Domitian and the Senatorial Order, A Prosopographrcal Study of Domitia n 's Relationship with the Senale, A . D . 8 1 -96 ( Philadelphia 1979) ( dove, a propc> sito della presa di potere vespasianea, si dice di Domiziano [ p .

9]

che « i n

CAPITOLO SECONDO

.'52

Quest 'ultimo fattore dovette essere senz 'altro di importan­ za risolutiva , come si ricava chiaramente dall a lettura di alcune testimonianze storiche : Flavio Giuseppe racconta che i soldati di Vespasiano lo invocavano imperator anche in considerazione del fondamentale apporto che gli avrebbe arrecato Tito 23 ; Tacito

al­

fa sottolineare a Muciano, nel suo discorso di incitamento l ' amico-rivale , il valore dei suoi due figli

24,

e analoghe conside­

razioni fa pronunciare ripetutamente Filostrato ad Apollonio di Tiana, che esorta ed incoraggi a Vespasiano nella sua impresa L a concordanza s u tale punto d i fonti diverse costituisce

25 •

un

contrassegno indicativo del grave momento di crisi e di incer­ tezz a istituzionale attraversato dall 'impero nel

68-69, ma anche

della lucida coscienza che di questa crisi si era andata formando negli ambienti politici e militari orientali , dove si era maturata la determinazione ad uscire definitivamente dalle sabbie mobili della guerra civile cronica . L'attenzione - registrata nei brani citati 26 per la que­ stione della successione al nuovo princeps, prima ancora che -

questi venisse eletto e sconfiggesse i suoi avversari , dimostra infatti come si avvertisse l 'esigenza di fare finalmente appro­ dare su una sponda sicura e stabile Io stato romano, ormai da

a sense his primary value to his father was his existence

,,

Imperia/ Cult under the Flavians ( Stuttgart-Berlin 1936) 22 s . 23 Ios. B . I . 4 . 596-597. Cfr. infra , n . 28. 24 Tac. Hist. 2.77 . 1 . 25 Philostr. Vita Apol. 5.28; 5 . 3 .'5 ; 5.36; v . innanz i , n . 26

);

K.

ScoTT , Tht

28.

Non intendiamo sopravvalutare l ' a ttendibilità di queste testimoniame, che sicuramente possono essere in gran parte frutto di una ricostruzione romanzata degli even t i . Ri teniamo però che la concordanza da noi notata non possa essere considerata casuale. Può darsi che i tre autori siano stati influen. zati dalla loro conoscenza dell 'ereditarietà dell'impero che si realizzò con i Flavi , e che abbiano cosl ' anticipato ' il tema del potere dinastico. M a , a nostro avv i so, l 'ipotesi più convincente è che Giuseppe, Tacito e Filostrato abbiano fissato nelle loro opere i segni di un'aspirazione e di una tendenza che presero effettivament forma , in quel tormentato momento storico, in molti ambienti politici dell 'impero.

L 'ADVENT U S DI VE S PA S I ANO

53

lunghi mesi all a deriva . Finito inequivocabilmente il primato della stirpe augustea, e con esso il meccanismo della successio in domo, la trasmissione della potestà imperiale alla morte del principe si presentava nel segno della massima incertezza, e co­ stituiva un insidioso problema che sembrava poter nuovamente richiamare i fantasmi delle sanguinose lotte per il potere. L'Orien­ te seppe farsi interprete, tramite la scelta di Vespasiano (e dei suoi figli) , di tale intelligente aspirazione ad una non effimera stabilità di governo : stabilità che, in quel particolare momento storico, non appariva raggiungibile sotto altre forme che non fossero quelle di un sistema retto dal principio della successione dinastica. A questa diffusa richiesta di sicurezza nel futuro, prepo­ tentemente incentratasi nella sua persona, il primo dei Flavi seppe dare ampia risposta, caratterizz ando incisivamente il suo regno, come vedremo ", proprio per la soluzione data all a que­ stione della ricerca di una continuità di direzione politica al ver­ tice dello stato . Vespasiano fu quindi acclamato imperator ad Alessandria, il l o luglio del 69 ( data che resterà poi a segnare, come dies imperii, l'inizio del principato flavio) u, dalle legioni egiziane 29, a ciò spinte dal praefectus Aegypti Tiberio Alessandro . I sol­ dati della Giudea , di cui l'aspirante al trono era comandante, fecero lo stesso il 3 luglio a Cesarea, subito seguiti dalle truppe stanziate in Siria e dalle legioni della Mesia e della Pannonia 30•

" Nel 6° cap. u Cfr. infra, n . 1 8 . 29 I I I Cyrenaica e XX I I Deiotariana. 30 Cfr . : Tac. Hist. 2.79-8 1 ; Suet. Vesp. 6.2-3. Sulla successione crono­ logica degli eventi dr. : GARZETTI , a.c. 635 s . ; O. A. HoFFMANN , De Titi temparibus ree/e definiendis ( Marburg 1 8 8 3 ) 32 ss. ; E . MAY N I A L , Les saluta­ tians impériales de Vespasien, in MAH. 22 ( 1 902) 347 ss. Sulle modali tà del­ l'acclamazione alessandsina utile l 'esegesi del papiro Fuad n. 8, rinvenuto al Cairo nel 1 939, sul quale dr. BENGT SON, a.c. 51 s.

CAPITOLO SECONDO

54

Nel racconto di alcuni autori ( Tacito , Svetonio, Cassio Dione) si può talvolta notare come Vespasiano sembri piuttosto passivo ed esitante in questa occa sione , e si dimostri soprattutto trascinato dall'impetus militum nella rischiosa impresa della con­ quista dell 'impero 3 1 • Una simile interpretazione non ha riscon­ tro nella realtà dei fatti , in quanto l 'acclamazione ad opera delle milizie orientali fu ampiamente preceduta da una scrupolosa pre­ parazione da parte del futuro princeps e dei suoi alleati, che già da diversi mesi avevano deciso il da farsi, predisponendo meti­ colosamente anche i successivi pronunciamenti militari 32 • Non è verosimile l'ipotesi di un'iniziativa autonoma della base dell'eser­ cito, non guidata dagli ufficiali 33 , per cui la reticenza di Vespa­ siano, che traspare dalle fonti antiche, va intesa come malcom­ prensione della giudiziosa prudenza usata dalla pars Flaviana, o come un omaggio alla retorica della ' modestia ' dell'homo novus salvatore dell'impero 34 • Una retorica che raggiunge il suo apice

31

Tac. Hist. 2 .74-80 ; Suet. Vesp. 6; Dio 6 4 . 8 . 3 - 4 . ( a . c. 3 4 ) sottolinea la ' clockwork precision ' dimostrata dalla pars Flaviana in occasione dell 'acclamazione del 1° luglio . 33 C fr . LAST, a.c. 440 : • Gaiba, Otone, Vitellio ( . . . ), e infine lo stesso Vespasiano, tutti dovevano la loro nomina a rivolte che loro stessi o i loro amici avevano istigato. ( ... ) Le recenti esperienze dovevano dimostrare che non era possibile prendere iniziative senza la guida degli ufficiali supe­ riori » . I n tal senso anche lRACI FEDELI, o.c. 3 5 s . - NICOLET ( a .c. 172 s . ) esprime lo stesso concetto riguardo alle guerre civili del primo secolo a . C. 34 La retorica propagandistica del ' rifiuto del potere ' da parte dell 'au­ tocrate, o della sua ' accet tazione controvoglia ' del fardello del comando, non è, d'altra parte, un 'esclusiva di Vespasiano , in quanto essa trova ampio spazio i n tutta la letteratura antica sulla storia dell 'impero. ( Plinio il giovane , com­ mentando il gesto di T raiano, che ricusò di regnare, scrive [P an. T r. 5 .5 ] : « recusabas, quod era/ bene impera/uri » ) . BtRANGER ( a.c. 1 3 7 s s . ; Le refus du pauvair, in MH. 5 [ 1 948 ] 1 7 8 ss. ) dà una interessante elencazione di svariati esempi di ' rifiuto ' da parte di ben trenta imperatori, da Augusto in poi. Tutte queste testimonianze ( che spesso si riferiscono a specifiche potestà pubbliche, o a magistrature straordinari e ) vanno naturalmente valutate una per una, ma sempre, a nostro pa rere , con grande cautela, trattandosi molto facilmente di falsificazioni apologetiche, più o meno gravi, della realtà storica , 32

CHILVER

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nella versione di Flavio Giuseppe, secondo cui Vespasiano ac­ cettò la candidatura letteralmente costretto dai suoi soldati, che « gli si stringevano intorno con le armi in pugno, minacciando di ucciderlo se non voleva vivere in maniera degna di lui » 35• ( Giuseppe, d'altronde, in genere preciso e attendibile, sbaglia nettamente a questo punto della sua narrazione, in quanto at­ tribuisce alle truppe raccolte a Cesarea la prima acclamazione, che fu invece dovuta, come abbiamo visto, alle legioni di Ales­ sandria) 36•

oppure di letture superficiali di essa. Alla radice di tale mistificazione vi è in buona parte la carat teristica ' doppiezza ' del sistema cos t i tuzionale del principato romano : un potere extra ordinem ed extra-legale , infa t t i , non si può legi ttimamente ambire o esigere, ma si può solo accettare per il bene co­ mune, magari con spirito di sacrificio, quando venga insistentemente offerto da altri. I l ' rifiuto ' , pertanto, può facilmente risultare un'invenzione degli storici di corte, oppure un gesto realmente compiuto, ma per pura forma c preciso calcolo . Sul punto cfr. anche A. PAS S ERINI, L 'impero e la crisi del Terzo Secolo, in AA. VV . , Nuove questioni di storia antica ( Milano 1 96 8 ) 526. 35 Ios. B.I. 4 .603 . . . 1tEPLxu9(vnç o( cnpct-cLW't:a:L E,Lqn'Jpnç O.vctLpEcv ctv-còv -/rrtE (Àouv, d >C-IJ �ovÀoL-co \;ii v O.E,iwç. ( Questo passo, con la relativa traduzione, del Be/lum Iudaicum , nonché tutti quelli che verranno in seguito, •ono rica­ vati dall'edizione a cura di G. VITUCCI : FLAVIO G I U S E PP E , La Guerra Giu­ daica, 2 voli. [ Milano 1 974 l ). Non siamo quindi d'accordo con il Vi tucci , il quale , a proposito del luogo citato, scrive ( nel com mento al B.I. , ed. c i t . , 2 .544 n t . 9 ) : « Il particolare, anche se n o n vero ( m a Giuseppe in quei momenti si t rovava nel campo di Vespasian o ) , è assai verosimile ; esso prefi­ gura una situazione che col tempo diverrà sempre più consueta nella storia del­ l'impero : un generale costretto a lanciarsi nella pericolosa lotta per la con­ quista del potere dal suo esercito desideroso di dona tivi o di altri vantaggi >> . Sulla ' riluttanza al potere ' di Vespasiano secondo Giuseppe cfr. tutto il brano B . I . 4 .585-604 . Sul punto: C . A . PoWELL, Deum ira, hominum rabies, in Latomus 3 1 ( 1 972 ) 847 s . 36 VITUCCI ( introd. e commento a l B . I . , e d . cit . , l . XXX I ; 2 . 544 n t . 1 0 ) ipotizza due plausibili motivazioni dell 'errore di Giuseppe : d a u n a parte i l proposito di osannare a Vespasiano, divenuto imperatore p e r l ' i m mensa am· mirazione da lui susci tata nei suoi soldati ; dall'altra il desiderio di fare coinci· dere la cronaca degli eventi con la predizione , registrata nel Be/lum ( 6 . 3 1 2-3 1 3 : v . infra , n . 9 ) , secondo cui dalla Giudea sarebbe provenuto i l nuovo domina· tore del mondo.

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CAPITOW

SECONDO

Il dies imperii dd principe flavio giunse in realtà a coro­ namento di un lavoro minuzioso di organizzazione e di chiamata a raccolta del suo agguerrito partito, i cui più importanti rap­ presentanti, oltre ai già menzionati capi politici dell'Oriente, erano Flavio Sabino, in Italia, e Antonio Primo, legato della legione VII Galbiana e uomo di punta dei contingenti militari danubiani . Non è anzi azzardato pensare che Vespasiano , il quale, secondo Tacito, non era indifferente ad oracoli e vatici­ ni " , abbia potuto pensare ad una possibile conquista dell'im­ pero ( cominciando, con la sua tipica accortezza, ad abbozzare un apposito piano) già dal 67 d.C. , quando Giuseppe, fatto pri­ gioniero e portato al suo cospetto, gli predisse il ruolo di do­ minatore del mondo che l'attendeva :

Ios. E.I. 3 .40 1 -402 aù Ktli:O"tlp, OuECT'7tcx.a'l.tlvÉ, xtlL tlU'toxpthwp , aù XtlL 7ttl'Lç ò O"ÒWV È1tÀ.a.­ vi)9'T]aa.v 1tEPL 'ti}v xplaw , ÉOljÀ.ov o' éipa. 'ti}v 0uEC'1ta.C'Lct­ vov 'tO Mywv lJYE�O\ILct\1 a1toonx9Év'toç È1tL 'Iouoa.la.ç a.u'toxpa'topoç. ( Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un 'ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo. Questa essi la intesero come se alludesse a un loro con­ nazionale, e molti sapienti si sbagliarono nella sua interpre­ tazione, mentre la profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano, acclamato imperatore in Giudea) " . L a propaganda politico-ideologica in favore del condottiero ro­ mano che si legge nel Bellum I udaicum porta quindi la chiara impronta della peculiare Weltanschauung che fu fatta propria dall ' autore, secondo la quale il vincitore dei Giudei fu chiamato all'impero dalla volontà di Dio e dalla forza della 'tUXTJ : una 'tUXTJ , quella di Giuseppe, dai connotati sia politici che teolo­ gici, i cui disegni coincidono sempre con i desideri del dio ' filo­ romano ' del nostro sacerdote . In diversi luoghi del Bellum tra­ spare tale misticizzazione del potere terreno di Roma e di Ve­ spasiano " ; si veda solo il passo seguente, dove il principe, dopo essere stato entusiasticamente acclamato imperator dai soldati

" Su tale brano e sul significato del ' capovolgimento ' del messiamsmo ad opera di Giuseppe, dr. LUCREZI, Un' ' ambigua profezia ' ci t . , passim. '-' Cfr . : Ios. B . I . 2 . 3 9 0 ; 3 .293 ; 3 . 354 ; 5 . 366-367 ; 5 .4 1 2 ; 6 . 4 1 1 ; 6 .4 1 3 .

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del Levante, mostra di rendersi conto di come dietro le sue fortune si avverta il favore della 'tUX11 e della volontà divina : Ios . B.I. 4 .622 'ltpoxwpouCTT} , -1) lì" àvo:­ "tOÀ,x-1) 1tU).n -:ov tvlìo"tÉpw vaov xo:'-xii [Ùv oùcra xal O""t,�apw"ta"t7J, xÀno[J.Év7] lìÈ ltEpl OELÀ7]\I IJ.ÒÀ