La scienza delle costruzioni ed il suo sviluppo storico


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1 LA MECCANICA ELLENICA E ROMANA

1.1

LA

FISICA

DI ARISTOTELE

Inizietemo il nostro cammino risalendo addirittura ad -A.ristotele (384322 a.C.). Potrà forse stupire un richiamo così remoto : ben poco è rimasto oggi della meccanica aristotelicr e tuttì sanno quanto sir stato lungo e diilìcile il combattimento della nuova scienza, dal XVI secolo in poi, per smuolere a uflo a uno quei grevi assiomi, quel rigìdo argomentafe intessuto metalisicamente, che il reiterato commento scolastico alle opere fisiche dello Stasirita aveva reso modo comune di pensare, modo comune di guardare i fatti c i dati dell'espertenza. NIa è proprio la grande influenza esercitata dalla concczione meccanica dell'aristotelismo su tutto il pensiero scienti6co successivo pcr più di un millennio, che ci obbliga a ricordarne - seppu in modo molto ' i r r e r i c o- i ì l c u n i l r a t t i c a r a t t e r i s r i c i . In verità, lo spirito con cui Aristotele si accosta ai concetti e ai temi fonrìlmentali della fisica è molto diverso da quelìo che anima oggi la ricerca: non lirrto per le soluzioni offerte o per le ipotesi a\^nzate, ma per le domande che culi si pone, per il tipo di problemi che egli ritiene meriter.oli di attenzione. l,r sua fisica non ha affatto un corrispondente ossia uno sr.iluppo, una intcgfazione, o anche un rovesciamerito - nella fisica modetna. Semmai un :rnulogo può ritrovatsi in quella < frlosofia della natura > che talune correnti (ortrei margìnali) del pensiero contemporaneo hanno tentato di mantenere rr vita e che ha < per oggetto proprio il movimento, l'esseremutabile in quanto rnrrtnbilc; l'rrrrre dunque (...), ma non l'essere in quanto essere o l'essere .c conclo il suo mistero di intelligibilità, che è l'oggetto della metafisica;l'oggetto ,lclìrt lìlrsolia cìclla na.turaò I'csserepreso sccondo le condizioni che lo costrinr , , r r r oi n t l u c s l o u n i v c r s o < l c l l l i n c ì ì g c n z ac c l c l l a< l i l i s i o n ec h e è l ' u n i v e r s om a t e l i u l c , I ' c s s c r cs c c o n r l o i l n r ì s t c r o p r o p t - i r rc l c l r l i v c n i l c c c l c l l a m u t a ì > i l i t à ,d e l n ì r ) \ ' i n ì c n l on c l L r s l r r z i o r r c l . y r l r l c i c o r P i s o n o i n i n t c l r c l l z i o n c , c ì c l n r o v i -

La nteecanieaelhnica e rurata

nìcnt() (ìi senerazione e di corruzione sostanzialeche è il regno pìir profondo rlclla loro struttura ontologica, del mor-imento di crescita r.eg€tati\.a nel qualc si nranilcsta l'ascesadella materia all'ordine della vita>'. Al>binmo voluto riportare per intero da un celebre saggio di Nlaritaìn rlucsl:r < definizione )t di unà < filosofia della natura > - che del testo viene dtl (laictnno - per una {agione molto semplice: essa riflette con fedelissjme ()sscrvanza,dopo duemila anni, non proprio la precisa artìcolazione, ma il scnso gcnerale della trattaztone aristotelìca sulla natura quale si esprime negli otto libri della Fisica, nel trattato St Ciek, in quello St la GexeraTlrnae la CortrrT.iotrt,r>hteché nelle opere meteorologiche e biologìche, Naturalmente, di frontc alle cultura scientifica d'oggi, tutto ciò non presenta piir interesse: quel chc tli vitale v'era nella problematica studiata da Aristotele si è ormai ricollrcirto jn altre e pìir peftìnenti sedi teoreticlre, e in particolare nella < critica clclla scienza> e nellk epistemologia>, NIa è sìgnificativo riconoscere proprio questo; che la scienza ei su,'i prinri pxssi, c()n un bagaglio sperimentalee interpretativo assaifidotto, quasi embrionalc, conseguì una sua prìma organica configurazione svolgendo la critica di sc stcssa, ossia non per un'apertura pirl intensa alla realtà, ma per una rimedìtrzione sul proprio ruolo, suì propri strumenti di indagine, suì cuncetti orìginari chc delincano il oroorio orizzonte di discorso. Possiamo renderceneconto sfogliando il trattato- fondamentale, la Ititica (Qvowì1 àt póo.o',1): i primi sei libri, tra gli otto che compongono Ì'opera, riguardano temj emtnentemente lìlosolici, come Ìa natura dell'esserecorporeo, composto di rtateria e dr;fortnt, lî dr)ttri.ra cìelle quattro mtrse (efriciente, únale, formale e materiale), la soluzionc dei paradossi zenoniani stilo :paqia, il hnpo e il rtolo. Gli ultini due libri della Fisica, ìl settimo c I'ottavo, trascendono ulteriormentc lirrizzonte fisìco, per indagare la causa ultima, l'origine ptofonda del m()\,imer.ìt().All'inizio della trattaziooe vien stabilito appunto il not,, princilìio sec,rncftril quale tutto ciò che è mosso, è mosso necessafiamenteda qualco",\nav s'altro: < tò r,,r.ro,1pe,rov ir6 t'tr'q à"vi.yxr1 t*eio1o.t >> (VII, 1, 241 b). ll intotno al quale ruoterà il pensiero filosofico e scicntilico occidentale, sino ai giorni nostri, è quindi stabilito quale f ( c l ì . . rrrn. I l). l . : r s c c o n c l ai n t u i z j o n e 1 ì s i c ac l r e è p o s s ì b i l er i n t r a c c i î r c n e l l r r / r i r ì , r r L r . i s r r r t r l i ( r v e î t c s u L r r t e m a d i g r a n d i s s i m ai m p o r t l n z l a p p ì i c l t i r l c t c r ) r i c l l ) c r l i t nrcr-r'rrnicr:si tratta clj un primo barlumc sul prittiltio lti /at,rttitìrtr,r/i. l)i: la risultante e il momento risultante di un sistema d.i fotze in equilibrio debbono annullarsi. Invece questa visione è piuttosto recente, avendo preso definitivamente campo a seguito della sintesi di Varignon (1654-1722) con la sua Noauelle nércuiqae. La prima via per affrontare il problema statico si è valsa, al contralio, di un riferimento al moto: cioè agli spazi percorsi in cetti intervalli di tempo. I due mondi separati che la méccanica successiva ha delineato, distinguendo la cinenatica e li statica, I'una riguardante il moto in sé, I'altra le forze in sé, nacquero storicamente solidali, fuse nell'unico principio sopra riPortato. È opportuno ora esprimere tale principio in forma un Poco meno contorta e piir generale. Esso aflerma, fondamentalmente, che: 1) le dixaxTe perc7r!€ sta/lna tra lat'a cam€i l€n4i 0 le;t'or{e stamo tra laro;2) i p€ri iP7rtali sta na iu ragiarc inersa alle distan1e percorsc trel rtedtirzo ÍenpoÉbbene, la cosa curiosa è che la prima delle due conclusioni è fallace, mentre la seconda è corretta : e la prìma governa la dirunica, meotre la seconda presiede alla sla/ica. 1I grande sforzo della meccanica moderna è stato apPunto quello di lissare il sottile crinale che consente di conservare le affermazioni statiche della meccanica aristotelica, respingendo nello stesso tempo le sue illazioni dinamiche che pur sembrano così (agionevoli e intuitlYe.

Rife$ìani crilh\e

il rapporto

Q:

RIFLESSIONI

CRITICHE

SULLA

MECCANICA

ARISTOTELICA

Vediamolo in modo piir esPlicito. Se, usando notazioni piir familiari, indichiamo le forze, i pesi, le distanze percorse e i tempi ìmpiegati con Q, P, s, t rispettivamente, la tesi 1) verrebbe a dire che:

necca ica atistolelica

tÍa spazio e tempo l,

7

ne derivetebbe la lege errala:

(1.2,2

--'

la cui rimozione costò uno straordinarìo rivolgimento teotico. Si noti tuttavia che la (1.2.2) è solo parzialmente rinnegata dalla mecca. nica classica moderna. Infatti, scritta in tetmini incrementali, essa div€nta:

(1.2,3

dQ : d(mv) e quindi: dQ dt

d(mv) dt

(1.2.4

di;t'arqa,assumendonel'espressi.,ne" . Se allorasi rìdefnisceil coxcelto dalla (1.2.4), si ottiene la legge fnrdanentaledi Newton per la dinamtca: -

d(mv)

s

(r.2.1)

t

essendo m un coeflìciente di proporzionalità ; pertaoto, se r'è la ue/ocilà' ctssta , ln îlrri tcflì1ini: À r ì u , ^ c f ì I l l l u n g o ì n c l i s t , t n z2, rl ' r r e l t c n r p o A ; ^ r ì , u , , \ c r i I I I l r r r r g , ,h . ì i s r , r n z rl ' n c l t c n r p . , l A ; ^ r ì r L ' , ) ! c r ìl ì ì L r r r g ,l r, L, l i s r , r r t zIr I ' n c l r c , ì ì P , ìi A ; I ^ ! ì , , , , , ! c r i I l ] l r r r g o l a , l ì s t , r r r zl,' r r t t l t c t r t l r ' 5

,

rlrrr.e m assume il significato dt massa,Nel caso in cui m è costante, nc sclÌuc in oarticolare la nota formula elementare:

lt.2.6) t-,

lL

I'arrc/eraqiaze, Per questo, ad esempio, Carnot utilizzir tt.tcorn

lrr nozi (pue"l). s/ionì neccaúcLe, cap. È superfluo sottolineare quanto una simile impostazione sia di fatto oscura e inconcludente. Tutta\-ia, alcune ossen'azioni critiche si offtono sPootanee. ,A.nzitutto è interessant€ I'attenzione pet la. bilatcia e P-'[ la /eM, due strumenti tecnici che non solo presentano un'immediata evidenza e una grande importanza applicativa, ma anche adombrano nel loro comportamento una qualche intuizione delle leggi fondamentali di equilibrio: dilettamente, dell'equiÌibriti alla rotazione ben visibile nella leua, e indirettamente, dell'equilibrio alla traslazione che viene in luce nella bi/artia, dove l'uguaglianza dei bracci consente di asfrarre àalla posiqiorc d,ei caricl.ri per valutarne soltanto l'entità. Infatti il riferimento concettuale alla bilancia e alla leva è rimasto costante nella lettura statica delle strutture da sempre, sino al secolo XVIII: al ptincipio della leva furono ticondottì, con tentativi più o meno ftuttuosi, il problema della trave ir.lllessa,secondo la trattazione di Galileo e dei successori,i problemi delle volte e degli archi nel dibattito settecentescoin proposito, il problema del murtr cli sosteqno secondo le indicazioni tramandate da BelicLrr, da Bossut, c 1.toi sviluDDîtc ch C()ul()n-ìb : eccetera. In sec,rn (Ibìdem, 5), o a motivare < perclré le bilancc con bracci piìr lunghi sono più precise di quelle a bracci corti ) (Ibidem, 2), o a capire < perché una sbarta di legno si spezzi piir facilmente col ginocchio quanto piìr divaricate si tengano le mani > (Ibidem, 13), eccetera. Ma il monento essenziale in cui l'autore d,elle pue$iani dimostra di aver superat,, un intenso sfotzo di pensieto sta nell'aver saputo assimilate fenomeni csìdivcrsi, o.slraexdoAa,tutti gli aspetti . Ad esempio è significativo quel che dicono in proposito Galileo e Lagtange: sospendiamo un prisma omogeneo per il suo punto centrale; dividiamolo ideàlmente in due prismi di lunghezza 2rn e 2n, applicandooe i pesi nei baticeotri G, e G, (fig. 1.5). Si verihca subito che le distanze di Gr e di G, dal punto cli sospeosionevalgono tt e m rispettivlmcnte; c,,n cit) la legge della Icv^ è (lim( )strîta.

Partì quanto I'altra se nc sione, allora una parte st avvtcina al fulcro esattamente questo caso, si ha in ,ìir"i"r^.- Sr ri "ier*" che l,effetto resta lo stessoanche del momento- da l' giacchéla .";"iJ *ia definíta la for-" àtll" dipendenza "iirtÉ*io quando t po,,ibile solo quando tale forma sia P'l' cioè ."rir"s' fra P e I vi sia un raptorto di proporzionalità > fot-s9.d9l tutto lertjnentc' La ctitica di MacL è certJ co;retta, ma non è della legge di equilibrjo' proveni;nza empirica la tesi.di una "é p; ;;;;i;t;* e,la fotza siafloc()ncettl peso il che Infatti essasuppone,pur 1n mod; implicito, come è noto e clcficosì Aichimede' .Éingoi^il . ai.pottiuili'ad ir"""-"i* i suoì te.remi' ln tal dimostra che ii triu'tgolo ui geometra i.ìir ii .À"*"t soPrarjPortata Ma non ;;t;;;" giusto consiàerart ttÉiotu la dimostrazione ;; progrcssiva profondo cìeipostulati cli Archimedesta nella loro J".;ti;ii;..:" t:^l^11":p",1 dclla asPetti soli quei isolancl" di stuclit', oggetti .,,*"r1""" a.gfl ".,,n,iiil.'ro,,ti per I'equilibtir) e astraendocl^ tutti gll îltrl A(l -..,^frif" .h. 'ggctti .pcsantimcssi "l",rir;,, if crl.rc clei bracci .kila lcv'n,,, la f.rma tlegìi ( l u c s t ( ) . r c a l l 2u7nî î c r c c " . , , ' i f r-gl*-ìi,l , , n r , , n " n c n t r i n r ) l f l r p a r t c c ì c lc l i s c < r r s o : jmcdc c tlci clcllcct,ncltrsioriirîggiuntc' La trírttîzioncrli Arch i.ìi " p 47' lirrino' 1977' r l ì . M L r c h , l , a n n r c a n ì t tn t d ttx) Ît'ìlt!'Ìo !taritl'îrititt)' tratl it '

20

La nuccanìca clhrha

e ronlana

suoi successori esplica appunto un preciso ruolo speculativo nella definizione sempre piìr scarna e rigorosa degli aspetti che coxnatanoil concetto dì peso o di forza, escludendo, ad esempio, che il peso complessivo sia influenzato dalla sua eventuale dir.isione in due parti uguali disposte simmetricament€. Forse è veto che tale identificazione astfattiva rende tautolosico il successivo riconoscimento della legge di equilibrio: ma ciò non jmplìca affatto che il procedimento seguito sia inutile o errato, né tanto meno, che se ne debba uscrre con una risoluzione empirica.

1.ó

I MECCANICI

ALESSANDRINI.

ERONE,

21

ahrîa dú1i, Eratle, Pa??o

a quanto pare - è l'unico che si sia occupato del problema del moto e delI'equilibrio di un corpo pesante su un piano inclinato (libro VIII delle Collazioii\. La sua soluzione è fondamentalmente errata risentendo dei falsi pregiuiiri-d.ll" scuola aristotelica: tuttavia essa continuelàr ad essere ribadita anche da meccanici rinascimentali come Guido Ubaldo del Monte, e solo a fatica Galileo riuscirà a smontarne I'apparente tagionevolezz.

PAPPO

Per brevità e soprattutto perché non è nostro intento seguire con la dovuta complotezzz lo sviluppo storìco della meccanica in generale, sorvoleremo sugli altri autori che nell'antichità seguitono e svilupparono Ie idee di Aristotele e di Archimede. Diremo soltàflto qualcosa sui meccanici di Alessandria e su Pappo. Si è già ricotdato come la civiltà ellenica sottovalutasse il signìficato cuiturale dell'attività tecnica, nonostante il grande sviluppo delle costruzioni, delle macchine belliche, degli impianti per il drenaggio dell'acqua. Nel III secolo a.C. sorse però ad Alessandria un'atte che ha diretta atttnenza alla tecnica, e a.lla. meccanica, per la creazione di ingegnosi dispositivi, spesso a scopo ricreativo, ma talvolta anche pet fini pratici e scientiEci. ,{ Ctesibio si deve, ad esempio, I'invenzione dell'argano ad acqua e della pompa idraulica. La scuola e La,rela' tiva probabile attività artigianale si mantennero vive, sino a diventare una duratura tradiziofle. Nel I secolo d.C., il meccanico alessandrino Erone tramandò, con le sue opere, una nutrita testimonianza della ralînata perfezione e dell'inventiva che era stata taggiunta: egli ci parla degli apparecchi a pressione che impiegavano l'arìa compressa o riscaldata, o il vapore acqueo, e funzionavano con cilindti e stantum, con eliche, con ruote dentate, con sifoni, con valvole; oppure ci descrive il teatro degli ^vtorrrr ^zionati da pesi mediante corde tese su rulli e, ancora, il dispositivo automatico per aprire Ie porte del temPlo. La memoria di Erone e dei suoi astuti aftifici non verìne meflo sia durante il Nledioevo, sia nel Rinascimento e nell'epoca barocca: alla sua meccanica si rifaono infatti costantemente i costruttofi di fontane con figure mobili, di orologi artistici, di termoscopi. La sua opera intitolata Le meccaniche, a noi pervenuta su una tîaduzione araba, Irutta le macchine semplici con le loro combinazioni, e dimostra una certa elaborazione dei concetti classici: in palticolere, nel caso della leva angolare, Erone intuisce la corretta valutazione dei momenti affcrnrendo che per I'equilibrio vale (fig. 1.6): I)r:P,,.:bî

I /t&îaniîi

+-:--4---J---+ ,Fig. 1.6. L'asDetto piì1 caratteristico della trattazione sta forse nel fatto che, pcr affrontarè il próblema, Pappo non può evitare di ricorrete al concetto di lcva. Dovendo determinare quale < potenza > Q si debba applicate a una sfcra pcsante P situata sul piano inclinato pet evitarne la discesa,Pappo si ingcgna ippunto a r€perire u;a leva con il fulcro in C, sulla verticale passante per il pLrnto di app;ggio; il peso P è applicato all'estremo -A coincjdente col centro .Ì.ìla sfera,-eìa < potenza > Q all'altto estremo B in corrìspondenzadella supcrlìcie (fig. 1.7). In tal modo si ottiene la determinazione:

a-" à; l-ffi,-1

o,

(1.6.1)

d r r r c l c t l i s t a n z cî c l ) s ( ) n ( )n r i s u m t c s u l l ' o r i z z o o t a l c . l)lrppo, scicrrziuto dcl lV sccoLr tl.(ì., nrcritt tl'csscrc ntenzionrto poichó

(1.6.2)

I i.q. |.7.

oO

22

La nucania

elhnica e ronana

purtroppo scorretta. Non diremo altro su questo punto, poiché le ulteriori considerazioni svolte da Pappo portetebbero del tutto fuori strada. A titolo di curiosità possiamo invece ricotdare che a Pappo si deve anche un noto metodo < sperimentale ) per I'individuazione del baricentto di una figura piana : sì sospenda ta.le frguz da un punto qualsiasi di essa A e ii taici Ia verticale per A; si sospenda ora la stessafigura da un altro punto B e si tracci la verticale per B. L'ìntersezione delle due rette così disegnate è il baricentro G (fig. 1.8).

Fig 1.8.

1.7 MECCANICA E ARCHITETTURA IN VITRUVIO Concludiamo questo capitolo sulla statica e la meccanica degli antichi riportando qualche oasso del celebre trattato De Architecttta di Vitruvio, dove si pada déIa necelsutia integtazione tra le compet€nze scientifico-tecniche e l'atiività progettoale. Come si potrà notare, la civiltà romana cui Vitruvio appattiene (la sua opera, scritta tta ll 25 e il' 23 a.C. fu da lui dedicata all'imperatore Augusto), assegna all'architetto l'intero campo della tecnica, attribuendogli non soltanto la cosiruzione di edifici civili, ma anche quella di macchine per il sollevamento dei pesi, di ^ttezzatite belliche e di altri dispositivi. D'altro lato, è parzialmente est:,z;lea all'orizaonte culturale di Vitruvio una vera e propria seÀsìbilitàper il momento statico nella concezionedell€ strutture: egli considera, è vero, la lîrrtitas, Ia solidità, come componente essenziale delle costtuzionì, ma non si dà carico di andar oltre alcune generiche indicazioni sulla saldezza delle fondamenta, sulle modalità costruttive, e sulla scelta accurata dei mater i . r l i . L a m c c c a n i c a ,i ' r v € c c . è m e n z i o n a t as u P r a t t u l r o p e r g ì i s r r u m e n t ì s u s s ì il primo capitolo, senza addentrarsi nei temì piìr specificamcnte disciplinati. BeÍI presto, però, l'analisi si faràL circoscritta, abbandonando via via qualsiasi richiamo genetale che non sia attinente alla meccanica delle strutture. Sinota, invece, è necessario capire, in via preliminare, quali siano i veri ()ggetti che la scienza del costtuire isola e definisce nell'atto stesso in cui formula su di essi problemi apPropriati: ebbene, mentre la ricerca delle.rohqioti rppartiene all'esercizio della disciplina e non ammette divagazi,'ni su clmpi estranei o collaterali, l'ìndivìduazione d,ei probleni non può esser ottenut^ sc non conse(vando yiyi riferimenti pirì ampi. Del resto, lo abbiamo vccluto a proposìto della fisica aristotelica, questo è stato il tragitto storico: la lìsicr è nata meditando su se stess.r,riflettendo sulla ptopria epìstemologia, prinra ancora che il suo bagaglio teorico e sperimentale meritasseil titolo di scicnza, cluando la fisica era poco più di un nome, un'ambizione più che una tcaltÀ, ll non accade forse qualcosa dì analogo, ancor oggi, per talunc ( nuovc scienze> che si affacciano alla cultura contemporanea ben agguerritc tli una propria terminologia esoterica,quasi a r.oler anticipate artiHcjalmentcullî tcnìîtiz?.^zionedisciplinare esile e vaga? Il Nleclioer.oè testimone di un primo awicinamento ai problcmi sPccilìci ,lclla hsica e della meccanicain particolare, ma in un moclo silrg,,hrmcrttc irttlilctt() c nasc()st(),sì da rcnder legittima pjuttosto lÌrpìnione comunc sccontkr i r c v a l c n t i< l c g l i l r t c l u u ì eI ' l t t e n z ì o n e s p e r j m e Í ì t a l cs a r e b b ea s s e n t ed a g l i j n t e r e s s p s c i c n z i r t i ,s i n o l l l a g r a n d e s r ' o l t a c l e l \ V I I s c c o | r . I n p a r t c è r ' c r a u n i t s i m i l c r , 1 ' r i n i o n cl:a t i s i c a m e t l i e v a l es i s v o l g c i n t ( ) r n o l i t e s t i x t i s t o t c l i c i ,o b b c t l c t r c ì t r :rl rrrccìcsirrr,,r )ricntlrl-ìcnk) ctc,gt/icnchc governa I'attivìtlì sPcculllìvir rlcl tco1 , , 1 1 rt rì ,i c , r l L r i c, i o ò , c h c c { } n c o ì t r i tl l s u t c u r i o s i t l ìn o n s u ] L rs c o p c r l r tc l i t r u o v i

r l l ' i r ì < r r .o . l l ' 1 2 ,

26

Lo st'if4po dei canîetti rtatiîì e meccal1iîi îitîÒ at rinaicineùa

oggetti o sulle realtà percepibili dell'esperienza, ma sulla lettura ancora e sempre rip€tuta del testo sacro. Tuttavia, satebbe ingenuo tagliar corto e affetmate di conseguenza che soltanto nell'epoca moderna la fisica è riuscita a spezzare il catenaccio e ad aprirsi finalmente ai fenomeni. Sarebbe ingenuo, perché i risultati sperimentali sono muti e ciechi fin tanto che non siano veicolati su precedenti binari teorici, medìante la selezione di quei soli parametri che definiscono il fatto vientifco ben distinto d.alfatto bruto (Poincaré); Ia vetifrca empirica è spesso tanto pir) peftinente quanto pirì tiesce a sorvolare sui fattori preventivamente ritenutì irrilevanti o di disturbo, per esprimere un sistema astratto di aspetti che il paradìgma, la congettura, il progetto scientifico, ereditati dal passato, hanno saputo comporre insieme, configurando l'unità à1 w aggettl da sperimentare. Si può dire allora che la vera svolta empirica si ebbe nel momento in cui tale retroterra speculativo fu, in certo senso, dimenticato, e I'interesse per il dalo d'espetienza apparve come tl mamexÍo iniTiah della ricerca e favotì il convincimento di poter nascondete induce un momènto rispetto acl A che deye esscrc equilibrato dal momento del carico e agente, ad esempio sulla parte AB, rispetto al medesimo A. Ora, la dìstanza tri la retta d,azioie clì e e il punu, i I vale essendo I la semi-luce dell'arco, mentre la distanza tra.la tetta d,^zionc , , di N ed -A è I nel caso dell,atco a tutto sesto (frg.2.1.a), ed è h>l nel caso dell'arco.a sesto acuto (frg. 2.1.b). Imponendo dinque l;equilibrio si ottìcnc, Pef rr pfrmo caso: ì

N r _Q ; : da cui: 1

N:;A

lti.4. 2. | .

o

30

La

tt/"?po dei tatîretti rtatici e ne.canhi :ino al ùllasîineftlo

L' ifllererramenla ai ?rableni

t.txic; ,el tuedtaeta

JI

e per il secondocaso:

N n _q j :

o

da cui :

^:**q È allora chiaro che, pet essere il rapporto -l- -ir.ror"

dell'unità, la spinta indotta

dall'arco a. sesto acuto è ridotta ,isp.tto " quella dell'arco a tutto sesto. Non è lecito supporre che gli atditi costrutori che ttilizzarono I'arco a sesto acuto nella basilica di Sainte Madeleine a,Yézelay e in altre chiese cluniacensi verso la fine dell'Xl secolo, avessero chiata la, considetazione statica el€mentare sopra rìportata. Ma è probabile che una celta cognizione intuitiva del differente comportamento vi fosse: si faceva strada il riconoscimento sperimentale che I'intlinaqione dei concilapidei non era irrilevante ai fini dell'equiIÈrio. La dei concì a scendere, scorrendo sui di separazione. è tanto maggiore quanto piìr si sale dall'imposta alla chiave dell'arco (69. 2.2).

Fi9.2.1.

traiettoria p o s s i b il e

'del

moto

t r a i e t t or i a d e l mo t o p o s s i b i l e

l;it.2.1.

Fig.2.2. Ecco : un'analogia - non del tutto appropriata, in verità, ma suggestiva può esser intravista per catatterizzare la situazione dei divetsi conci: quelli meno eleyati, prossimi alle imposte si compoftaflo com€ un grave disposto su un piano poco pendente, che è trattenuto in equilibrio esercitando una lieve {otza diretta tangenzialment€ al piano; invece quelli prossimi somigliano piuttosto a un grave disposto su un piano molto pendeflte il cui equilibrio è ottenuto mediante u.na lorza altfettanto inclinata e d'entità. maggiore (frg. 2.3). La conclusione tratta dai teorici del XIII secolo è abbastanza singolare ma non certo irragionevole: ed è che la grauità dipendadatta patiTiaw (glauitat tt:crrrrdrrtt .ri/tttt). In altri termini, come diranno i lettori del De ratiane paaderis attribuit() a Giordano Nemorarìo, il corpo appeso al braccio di una leva (fig.2.4) o t l r p o g g i a t o a u n p i a r r oi n c l i n a t o ( l ì g . 2 . 3 ) d i v c n t a p i i L o m c n o p e s a n t es e c o n d o

clìc lî tr^iettoria del suo moto possibile, compatibile con i legami del sistema, ò piir o meno diretÍa, neI senso che è piìr o meno vicina alla direzione verticale. In clucstcr concetto di grattitas xcwdam sittttu è cefiamente sot nteso un lrrirnrr riconoscimento dell'esigenzadi decompore la. Íorza (o il peso) seconclo ll cìirezione attiya e secondo quella contrastata dal vincolo. ll riferimento al problema del piano inclinato è, sotto questo proúlo, molto chiarificatore: il lrcso Q clel grave può esser decomposto nella direzione tangenzìale e in qr.rella rr,,rmalc al piano ottenendo rispettivamente le componenti T e N (fig. 2.5);

l;i,4.2.5.

32

Lo lril ppo dei cutcefii rlalici e mecîatici ina a/ îi,larcil etlta

(,iudatn

Nuravrio

e il îaa allieD lcnrarîiúo

JJ

ora, se sì trascura l'eventualità di un attrito, T è responsabile della discesa, mentre N è ne.rtta]jzzata Aalla reazíone di appoggio. La soluzione era dunque a. portata di mano: eppure occorsero secoli prima che essa fosse .onsegl,it" con chiatezza. Anzì, gli autori medievali non avyertirono I'evidenza del moée o meccanico costituito dal piano inclinato e preferirono, generalmente, restar fedeli al modello arìstotelico intorno al quale si articola, possiamo dire, tutta la meccanica antica, cioè alla leva.

2.3

GIORDANO E IL

l:iu 2.6.

NEMORARIO

SUO ALLIEVO

SCONOSCIUTO

Diamo ora un breve cenno su alcune personalità importanti di scienziati c h e c o n r r i b u i r o n o n o t e v o l m e n r ea l l o s v i l u p p o d e i c o n c e i r i m e c c a n i c i ,p r e p a rando piir di quel che non si sia soliti ritenete a"lla sctenza del Seicento. Nel XIII secolo spicca la figura di Giordano Nemorario. Gli storici hanno molto discusso sull'identità di Giordano al quale erano attribuiti almeno tre trattati di statìca, gli Elementa Jordani super denonstrationeupondtris, il Liber tte porderiLtrrse tl Liber Jordanì de ratiaue ponderis, che portano invece l,impronta di autori diversi. Del nostro meccanico si ìgnora la patla e v'è anche incertezza sull'epoca in cui visse, Daunou lo fa vivere in Germania verso il 1050, Chasles lo assegna al XIII secolo, Michaud lo identifica con Raimondo Jordano della chiesa di Uzès appartenente al tardo XIV secolo, Boncompagni e Curtze lo situano, al contrario, nel 1200 sotto il nome di Giordano di Sassooia,Montucla conferma I'opinione mediana ritenendolo del XIII secolo. Attenendoci anche noi a tale opinione, limitiamo ora |'attenzione alla prìma delle opere sopra indicate, gli Elenenta, sulla scorta di quel che ne dice il Duhem. Giordano stabiliscesette assiomi da cuì trae nove teoremi; tra i princìpi sono e d e s e m p i oi s e g u e n t i :

l() stcss()che Descartes prenderà a fondamento di tutta la statica e che, grazie ru (ìior.anni Bernoulli, diventerà il prìncipio dei lavori virtuali > 7. (ìrme nota piìr specificamente il Dugas, la statica di Giordano < procede "lavorr>", trts\, rutte litteran, dal principio dei lavori virtuali, dove il termine "velocità1" e alla concezione 1'r'cs,rnel senso moderno, si oppone al termine icllc t'thr:ità ùrluali, che si può far risalire alle puestianì -l[ectaniche.Ben inteso, prcsso (ìiordano, I'esptessione"lavoto" è assente.Giordano considera la pesansiÍun), senza esplicìtczziì rcllìtiva alla posizione del mobile (grauifas secanduzn tirrc (l'rrltr()nde la relazione che esiste tra questa gtavità e il peso proprirmente (lcll(, )) '-

tÌn rilevante passo innanzi è compiuto nel Lilter Jordaù de ratìare poulcrit il cui scotrosciuto autoreJ ptobabilmente un allievo di Giordano, diede contrilrtrti così cospicui alla statica da meritare, secondo Duhem, iì titolo cli < prcculsrrrc rli Leonardo >>.Trattando il problema della bilancia a gomito (frg. 2.7) c rrrrreggendo una tesi degli Elemeúa, il nostro anonimo riconosce la rclaz l D C C () î f e t t a :

(2.3.1)

l'r:l'" =l" lr

. La dimostrazione è condotta utilizzando implicitamente il principio dei lavori yirtuali. In realtà, indicando con s lo spostamento d'entità comune associato a P. lungo DC e a P, lungo DA, la formula e. Sarebbe impossibile ricordare in questa sede le sttaotdinarie intqizioni del teologo francescano Guglielmo di Occam e dei suoi seguaci ad esempio in telazione al principio di causalità e al concetto di sostanza, che anticr'pano interi capitoli della filosofia moderna, da LocLe a Hume, a Kant; basterà dire che la fedeltà al famoso principio metodologico, noto come < rasoio di Occam >>, secondo il quale < non bisogna moltiplicar€ glì esseri senza necessità >, conduce inevitabiìmente a rinnegare due tesi fondamentali della cosmologia aristotelica: e cioè la distinzione tra i corpi celesti e i corpi terrestri, e la distinzione tra il ,spicca Giovanni Buridano, di Béthune, rettore dell'Uniyersità di Parìgi nel 1327 e nel 1348, morto a Parigi dopo il 1358. Il titolo del suo trattato puestiores oúaai libri phlsicoran indica, ancora una volta, l'obbligatorio riferim€nto alla fisica di Afistotele che caratterizzò ìl Medioevo: tuttavia Buridano svolse la sua indagine proprio con I'intento di espellere dalla fisica quelle astrazionì aristoteliche che Guglielmo di Occam aveva già espulse dalla metafisica. Il tema su cui s'accentfa I'attenzìone è il medesimo già afftontato dal maestro francescano: l a p r o p r i e t à c h e h a ì l m o b i l e d j m a n r e n e rv i r o i n s é i l m o r o . Nell'antichità, solo Giovanni di Alessandria detto Filopone (VI secolo d.C.) si efa opposto alla dottrina di Aristotele spiegando il persistere del movimento mediante Dn inpell che il mobile imprime al corpo mosso. In tal modo veniva meno la distinzione tfa moti naturali e moti r'iolenti. come osservò S, Tomo E. Gilson, cit., a.286-2A7. ! o E . G i l s o ' r ,c i r . , p . 2 9 0 .

L'otîarli //o rcientìlìto. Bnlida,ta

37

n'vrsct(Comm. in Librmt ,4riÍotelis de Caelaet l[ttnda, L,7). Buridano riprenclc questa antica nozione. Anzitutto egli confuta I'ipotesi di un'azione dell'aria pcr: la trasmissione del moto con gli esempi della trottola o della macina (che continuano a muoversi senza urÌ concepibile int€rv€nto d,el mezzo circostante) e tìclla barca (che prosegue il suo moto anche se il vento ha cessato di soffiare: in questo caso, anzt, I'aria esercita una azione frenante). Quindi Buridano formula la sua ipotesi altetnativa così: nel moment() in cui il motore muove il mobile, gli attribuisce un certo impeto (inpettu) prnfnr4iomh alla uelocità ittpresu e alla quantità di materia del corpo mossa.Tale impeto o slancio mantiene il movimento fintantoché la resistenza dell'aria e la gravita, contrastanti il movimento, prendono il soprawento. Con questa spiegazj()ne si può allora capire perché, lanciando < un leggero pezzo ài legno e un pesante pezzo dì ferro che abbiano lo stesso volume e la stessa forma a parità di vekrcìtà.iniziale, il pezzo di ferro va piìr lontano: infatti lo slancio impresstrgli,è l)iù intenso >, Non solo, ma si comprende anche perché ]a caduta naturale clci crrrpi sia acceleratai all'inizio del moto, infatti, solo la gravità è responsabilc della caduta, ma a causa del moto stesso, la gravità imprime al corpo un iltpekt chc si aggiunge alla gravità, accelerando il movimento; e quanto più la caduta si accelera tanto piìr lo slancio cresce, e rende così continuamente acceleratrr il nroto. Da questa concezione semplice e , Buridano trae ulteriori c()nseguenzenel campo dell'astronomia (forse possiamo già. dire: della meccanica celeste). Le Iúelligenry p{epost€ dagli antichi al movimento deglì astri c .lclle sfere diventano ormai superflue: basta supporre cbe Dio abbìa asseljnÍìr() rri crrrpi celesti un certo inpela e che siano assenti le resistenze che trennno il nrot() come accade per i corpi terrestri: ebbene quell'impeto originîl.i() l)ui) pcrsistereper sempre. Buridano conclude: dillc_ rcntì, secondo la direzione BC e secondo la direzione NM (fig. i.14); tl, trt

'' ''...::

I;i.q.2.14. ltig 2.12.

l,r

'l](j'|)l'rv()pisslI,|'iÍnmndi|i.l./hnt|\,'|,I//'l|||l1|lt!.th|ùJh'll.hnu'('i)| l . , " . t r u ? ú ' t r , ( . t . . p . l . ' H 1 f ) , i \ t , t . i r r , , ,l , , S ì .

)dl|||/|1I,h]ll.

|0

La piltlppo dei

44

ncetli $atiù

e ,e daici rina al titurti'

enlo

parte non si spinge più innanzi e non indica in qual modo il peso (verticale) s i r i p e r t i s c an e l l e d u e c o m p o n e n t i . becisamente innovativa è invece I'analisi che Leonardo tenta di svolgere in tema di decomposizione di una forza (o di un peso) in due direzioni concoffenti. Lo studio è condotto considerando un peso sospeso a due cotde AB, BC (fig. 2.15): Leonardo si domanda come esso ripartisca la sollecitazione sulle ào"" .otdÉ. La sua tesi può essere espressa in termini moderni, indicando con N,ro, N.,c la fotza notmale su AB e su BC rispettivamente, mediante la propofzlone I N_nn N'*.

DC AD

DC

] D I

i

(2.6.'t) Fig.2.16.

e questa è una relazione crtatl, mentre quella corretta è: NTIT -N";i:

AB

AD'-Éc

(2.6.2)

appatsaun istante, emergendoalla super6ciedi opinioni incomplete o efronce, si è inabissatanuovamente,attendendo dal futuro chi I'avrebbe definitivamentc tirata a rìya>>'4. Il CodiceArandel ai fogli 11t e 95r, e il CodiceAtlaxtico al foglio 33v riportano interessanti applicazioni del teorema, ben intuito da Leonardo, detto dcl poligono,di sottertaqione seconAoil quale, se ufl corpo pesantepoggia su un piano, I'equilibrio esige che la verticale passanteper il suo centro di gravità incontri il piano all'interno della superficie di appoggio. La ragione ci appare subìto chiara quando si consideri che il vincolo costituito dall'appoggio sul suolo è capacead esptimere soltanto reazioni d'ugual segno (e cioè rivolte verso l'alto), interna alla basedi contatto (frg.2.17): lret cui la loro risultante è necessariamente quindi mentre il caso (a) della figura può corrispondete a equilibrio, il iaso (b) lo escìude,restando presentela coppia formata dal peso e dalla reazione complessiva.

Fiq.2.15. : t ^

Tuttavia, tra i suoi schizzi si trova anche un'altra enigmatica figura commentata da un oscuro ragionamento che fa appello a una ideale leva angolare di bracci DC e CF (frg. 2.16).Il Duhem suggerisce allora I'ipotesi che a Leonardo balenasse la rcgola.:

N,rrFC:

45

Il rinanimcnto italia o. Leaflardo da Vinîi

Q DC

I

(2.6.3)

a.qgiunge Duhem -- le corrispondente al vero. un concetto, che rendono visibile una legge, che rializ,za,,,o capitoli-prece, "d ese-pio la leuae la"bilawia, cone s'è visto nei r"ìir""tl""," . o m e n t o 'I ' i n t u i ^ i , ' r , i " t u < J is é l a s c o p e r t ad e l c o n c e r t o . d im r ì ; ; ; ; ;;;: di equilibrio' leggi delle ,i,,".'a.f principio dei lavoti virtuali, la definizione alla rotaziooe' o a r t i c o i a r ed. e ì l ' e q u i l i b r i o "i n 'óoon," il \Vti t..olo il campionario degli ogetti si arricchisce preciin volta meglio e isolandoperciò con-maggior cura gÌi.aspetti.divolta sancìosi con distinzioni liryagio i come nel frattempo si ir1ìcchìsce "ì"À"i""".i,-.tri norme piìr esigentiche già da sole adombranola teoria' viene ìrì;:;id;:-:; accoglie pro!,"i i" f"l. il ruolo dej piana"itclitaÍocÈe, nelle mani di Stevino' forza second

E DI V,\RIGNON

La lcggc cli composizione clclle frrrzc cla stata intuita c aPPlicata dx Stcrico"in,,, m^'nirtt si pur) rlirc chc f,,ssc pictrlmcntc clrilritl, nó chc lc fossc in scguito' ch cssa rÌcquistît') la stîticfÌ pcr nosciuto il ruok> foncìamcnttlc t

66

La îonq ista àei pi"cìpi

teì recoli XVI

e XVI|

Furono inyece alcuni scienziati della seconda m€tà del XVII secolo ad impri_ meîe un nuovo corso, facendo della composizione delle forze e della compòs! zione dei movimenti la pietra angolare della < nuova meccanica >r,in polÀica o almeno in alternativa alla concezione antica, tutta fondata sulle Àacchine semplici e sul principìo delle velocità (o dei Ìavori) \irtualj ante litferam. La syolta che si è verificata è stara veramente mdìcale, benché, in ultima analisi, non riguardasse l'introduzione di nuove o travolgenti verità., ma una dlersa otgantzzazione di concetti piìr o meno noti, piir o meno presagiti. Ne è nata infatti una nozione piìr astratta e generale di iorza, interamènte affidata alla sua descrizione geometrica: e la sola possibilità di operare su di essa, componendo e scomponendo, ne ha mutato I'identità scientjfrca. In che senso? Ecco: fintanto che la forza esprime semplicemente la descrizione o la misura dt wn fatÍo fenomenologìco, essa resta cònF,nata,al ranqo deì modelli concet_ tuali con i quali la fisica riveste la realtà, traendo pur sempre dall,esperienza le indicazioni necessarìe pex cornatarli. Ma nel momento in iui la loria vjene rmmedlatamente assoclata a oppoftune regole che ne governano la composizione e La.decomposizione, essa diventa it possibite térmìne di w tinguagio 1n certa misura autonomo o automotivato. Ossia ìl concetto di forza si distacca quasi dalla realtàLfisica che lo ha prodotto e comincia a vivere di una vita pro_ pria, essendo identtf,cata proprio in virtù delle leggi < opetative > che la riguar_ dano: e.mno-questea?p/tnfa il prnîipil necetsarioe saficirie per la sua connatulqirne, mentre il riferimento ai îatti, a.gli ogefti frsict della meccanica, decade al ruolo di applicazione, o meglio_, di pir\ o meno plausibile isterpreta. Spesso si preferisce fare appello allo spastamentoairtaale, anzrché alla velocità virtuale. In tal caso, il prodotto Aella forza per lo spostamento virtuale può essere denominato lauoro uirtaale, e la precedente ptoposizione diventa I'enunciato del principio dei lavori virtuali ancor oggi seguito.

3.8

IL

CONTRIBUTO

DI CHRISTIAN

Il corib to di Cbritian Hayeu

Lo scienziato olandese nacque all'Aia nel 1.629e rnoÀ nel 1697 ; la sua opert fondamentale in meccanica è il ttattato Horokgian oscillatoritn, siae de noln penùlortn ad ltoralagiaaptato demonstratiznei g€anetriîa p\lbblicato a Patigi neì 1673. E un'opera, si può dire, di intelligente ingegneria per la costruzione di orologi tecnicamente elaborati in modo p€rfetto per quei tempi. Huygens infatti aveva ideato e costruito sin dal 1657 degli orologi cicloidali; invitato da Colbert in Francia nel 1665, ne migliorò notevolmente la meccanica per owiare ai difetti di isocronismo che si veriÉcano sulle oscillazioni 6nite del pendolo circolare e per realizzate strumenti adatti allramarina, dove a causa del continuo sballottamento della nave è necessario ottenere che le oscillazioni di grande e di pic-

HUYGENS

Secondo il giudizio di Mach, la grand.ezzadi Christian Huygens è, sotto ogni riguardo, pari a quella di Galileo. (Forse le sue doti di filosofo erano meno straordinarie, ma in compenso la sua genialità nel campo della geometria fu maggiore. Non solo continuò, ma superò le ricerche che Galileo aveva iniztato, gracché risolse problemi relativi a tist€ni di Pìtì îzrpi, meotre Galileo aveva studiato il moto di.un so/ocorpo>>s. a P . D u h c D r ,c i r . , 1 , p . 3 5 1 . s Iì:. Mrch, cit., p. 17tì.

l,

I i3,1.1ti.

76

La îúnq iîta dei prìmì?i

nei lcroli XVI

e XVII

cola ampiezza siano realmente isocrone. Huygens costruì anche ofologì astronomici, sia a Leida, sia a Parigi, che conseguono la precìsione di circa un iecondo al giorno. Ma nell'Horolagian osùllatoùai non è sàlo l,aspetto tecnico ad esser considerato: 'r'i sono tratati, per la prima volta, argoménti cli grande importarza. teorrca.i la teoria del centro di oscillazione, la determinazlone dell'aìceLerazrone di gtavità utrltzzando le leggì del pendolo, i teoremi sulla fotza centrifuga, Ie proprietà della cicloide, la teoria-delle evolute, la teoria del centro d i . c u na t u r a ( f i g . 3 . 1 8 ) . ' Entra dunque in scena un altro di quegli ( oggetti ) privilegiati che hanno :

',2

IP,h, i:1

,ile r, La fonnatadi Hqgease it Teatenadellenccttoprcciso cli massî: sîrà Newton a fissareil sr:ttilc discriitcmpi, cìurlquc,utilizzi^nloI'inscgnaminc trr Ìt massac ìl pcso.Prccctìcnclo mcnto cli Ncwtolt, ricorcìanrllchc lî nlitsslìm c il pcso P son()tîíì Lrrll lcgati

92

La conq"iÍa àe; prinîìpi

nei îeco/i XVI

e XVII

dallarelazione : (3.12.1)

dove g, al solito, è l'acceletazione di gravità.

Allora i termini prf 1

93

L

che figurano nella (3.11.6)possono essertrasfor_
'. Con queste paroli che bene esprimono I'atteîzione rivolta da Galilco ai problemi della tecnica e alle soluzioni tfamandate dal passato o conscguitc giorno per giorno nella pratica lavorativa, ha inizio la < giornata prima > dci Distorsi. E vero - risponde Sagredo a Salviati: è spesso utile rivolgere domandc a chi, nell'esetcizio del suo lavoro, ha acquistato esperienzae perizin, c s{,prîttutto a coloro che, per la loro preminenza sul resto della maestranza,si chiamano (proti). Eppure: < Quello che poco fa ci diceva quel buor.r vccchio è un dettato ed una proposizione ben'assai,vulgata;ma però.io la reputnvl in tutto vanal come molte altre, che sono in bocca de i poco intelligenti, crcrkr, da loro intfodotte per mostrar di saper dir qualche cosa intorno a quello, tli chc non son caPacl )r. Il , yeniamo a sapere, sosteneya che le cnstruzioni Pcrdono in robustezza quando se ne aumentino le dimensionì, . Qui Galileo si cliverte nel paradosso; ma non quando si rìchiama all'esperienzad€i costruttori: < e così, per esempio, piccole Guglie, Colonnette ed altre solide figure, sicuramente si potranno mancggiare distendere e tizzaÍe, senza risico di rompersi, che le grandissime pcr ogni sinistro accidente andaranno in pezzi, e non per altra cagione che per il lor proprio peso >. Dunque all'aumentare proporzionale delle dimensioni, la resistenza decaclc: e allora ciò vuol dire che Ìa forma geometrica non basta. Il modello iclcalc, schiettamente consegnateall'imprevedibìlità : essipossono esserestudìati rigorosamente con < djmostrazioni seometriche ). L'argtto Salviati sa bene di annunciar cose conrrarie alle vecchie convinz i o n i s c i e n t i f i c h e ,e s i c o m p i a c e n e l l o s t u p i r e c o n e s e m p i u r t a n t i i s u ( ) i i n t c r locutorj, in particolare SimpÌìcio, il fedele aristotelico. < E qui è forza chc io vi racconti un caso degno veramente di esser saputo (...). Era una grossissinrn Colonna di marmo distesa, e posatal presso alle sue estremità, sopra duc l.rczzi di trave; cadde in pensiero dopo un certo tempo ad un Mecanico chc tlssc bene, per maggiormente assicurarsi che gravata dal proprio pes(, n(,n si r()nìpessenel mezzo, supporgli rnco in questa parte un terzo simile sostegno: parvc il consiglio generalmente molto oportuno, ma l'esito lo dimostrò essercstît(, tutto l'opposito, atteso che non passarono molti mesi che la colonna si Irovir tessae rottal glusto sopra il nuovo appoggio dt mezzo r (fig. 4.1).

l;ì.q. 4.1.

r \ c l u c s t op u n t o , S i m p l i c i o n o n n c p u i r p i ù , c s b o t t a c o n g o l l : r i r r c r < t l u l i t r \ : nella nuova configutazione. Tale è il caso della trave su due appoggi (frg. a.r. Se invece i vincoli sono sovrabbondanti, e cioè se la struttura è iper-

rnateria delle resistenzeessereun campo pìeno di belle ed utili contemplazioni; e se vi conrentate che questo sia il soggetto de i nostri ragionamènti di oggi, a me, e ctedo al Sig. Simplicio, sarà1"lratissimo >. Salviati s'apprestadunquè a illuitrare quel Jhe egli ha appreso( dal nostro . Acca.lemico [cìoè 4, Galileo], che sopra tàl materia haveva iatte molte speculazioni, e tutte, conforme al suo solito, Geometricamentedimonstrate,in àodo che, non senza xagione, questa sua potf€bbe chiamarsi ufla nuoya scienza>r. E subito, però, il discorsosi inciampa nella ricerca del percbé : da che cosaderiva Ia resistenzadi uo solido alla rortuìa? Quale ne è la iaara? < Segniamo il Cilindro o Prisma AB di leqno o di altra materia solida e co€r€nte,fermato di sopra in A e pendentea piombo, al quale nell,altra estemità..B sia aftaccatoil peso C (frg. 4.5): è manifesto che qualunque sì sia la tenacitàe coereîza.tra di loro delle parti di essosolido, put che non sia in6nita,

Fig.4.l. statica, a causa dei cedimenti possono insorgere deformazioni e conseguenti sollecitazioni, anche in assenza di carichi esterni. Tale è il caso della lrarc czftÍiflaa s! tre appoggi disegnata nella fig. 4.4. L'esempio qui addotto non corrisponde, in verità, al precìso argomento che è syolto nel dialogo tra Salviati e Simplicio. Ma, in ultima istanza, Ie conclusioni convergono, Ormai, I'attesa di Sagredo s'è fatta viva: ne vuol sapcrc di piùr su questa nnua scieuqa,e incalza I'amico: < Adunque, Sig. Salvilti, spiînatecj qucsti sc()gli e c l i s c h i a t a t c ccil u e s t eo s c u r i t à ,s c n c h î v c t c i l n r o c ì o : c h é b c n c o n i c l t u r ' ' . c l u c s t r

I;i!. 4. î.

110

.Il Probhna di Calileo

potràr esser superata dalla forza del traente peso C, la cui gravità pongo che possa accrescersi quanto ne piace, e esso solido finalmente si strapperà, a guisa d'una corda. E sì come nella corda noi intendiamo, la sua resistenza detivate dalla moltitudine delle fila della canapa che la compongono, così nel legno si scorgono ìe sue fibre e filamenti distesi per lungo, che lo rendono grandemente piÌr resistente allo strappamento che non sarebbe qualsivoglia canapo della medesima grossezz^ | ma nel Cilindro di pietra o di metallo la coerenza (che ancora par maggiore) deÌle sue patti depende da altro glutine che da filamenti o fibre; e pute essi ancora da valido tiramento vengono spezz^tr >. Il problema è difficile; di piìr, per le conoscenze scientifiche che potevano essere accessibili a Galileo, è insormontabile. La neccanicadel/a rattua è riuscita solo fec€ntemente, e non senza incertezze t:utfota perduranti, a chiarire le ragioni del fenomeno, riferendone gli aspetti macroscopici alle nozioni acquisite dalla fisica dello stato solido a livello molecolare. La soluzione indicata da Galileo è perciò lacunosa e oggi può apparire ingenua; < volendo voi sentir' il mìo pensiero intorno alla resistenza all, se si solleva la superiore, questa < si tira dietro I'altra e perpetuamente la ritiene sollevata, ancorché grossa e grave >? Ciò mostrerebbe, appunto,

E bene fat sosta qui un momento, e riconsidetate criticamente rutro questo discorso, esponendolo in modo pìir esplicito. Anzitutto Galileo fa riferimento al concetto dt resistexTaassohttae la definisce come < quella che si fa col tirar (la trave) per diritto >. In altri termìni, si ttatta del valore limite che può esser lrggiunto dalla forTa assialeN che lungo la sezione a-a una parte dèlla trave soggetta a trazione esercita sull'altra. La forza. N è, in verità, urio srrano personaggio: €ssa traduce nel linguaggio della statica, e cioè in termini di foize, lrn fatto che, di per sé, ha natura geometfica. Osservando la trave della fig. 4,8

./Ì.q.+.,\.

di Gatilco,t Riferiari I . I-a tesi può esser dimostrata confrontando i momenti resistenti limite in C e in A: ìn C,I'akezza della trave è data da H I nn,t, -

(nedi fr'g.4.23); e quindi:

ott. BH'

(4.7.1)

, "1, ltìt,. 1.2L ll rrr,,rncntoestcrnoin C e in A, dovuto al carico Q, è poi :

Fig. 1.21. Il discorso muta se la mensola non ha sezione c()staote,ma è sagomata in modo opportuno. Lcggiamo quel cìre crrmp('rtarìrcnto di una trave sotto carico. L'ossetvazione rivela sensibili cliÍlèrcnzc tra Lrnirmcnsola lignea e una metallica; vi sono matetiali che si deformano lrotcr r rlrrente prima di giungete a.lIa rottura, e materiali che mantengnnl irrvccc lrL dcformazione entro margini molto stretti. Ebbene, il modellr passr sotto rilcnzio questa diversità. I cilindri o i prismi di cui parìa Galileo sorro assti ricini agli astratti solidi della geometria euclidea: alla loro formr gc,,nrctricr, ,, nrcqlio, alle loro dimensioni s'aggiunge soltanto la proprietà di p()tcr sr,f()gni altra l),ìrtrÌrc, entro limiti assegnati, dei pesi concentrati o distribuiti. sq,r'cilicazione descrittiva sarebbeirrilevante, così come sarebbejrrilcvtntc intli, rrlc ìl colore del legno e la lucentezza del metallo. Il modello di Galileo è dunque il piir scarno possìbile; infattì csso può csscrc ospite soltanto delle pitr elementari regole geometriche e clelÌc pìùr ovvic Icrlri statiche. Da un certo punto di vjsta, questo è un pregio: i miglìori prolircssi la scienza li ha compiuti sapendo isoÌare tra gli inesauribili aspctti rlclll rc;rltr'ril minor numero di pafametrj significatìvi. Solo così si pLri, giungcrc ,rl pcnctale, alla legge semplice c certa. N{a sino a qual segno ò lccito imPovcrirc il lcssico? E come si può awertirne l'inadelluatezza?La rispostl ò clillìcilc c ()s(-ulrÌ::rcc()ntcntiamocidj un abbozzo t1i rillessionc, con rigr-rarcì,r ull'cscnrpio r , t f ut t L r r l l l cc l l e c i i n t e l e s s a . l . : r r i c c r c a s c j c n t i l ì c an o n p u i r r i s p o n c l c r cî u n ' L l n i c l tc s i g c n z l r l i s i n t c s i; c . s ' Lt l c v c t n c h c s a p c rr c n c ì c L c o n t o t l c l l c d i l l c r c n z c .S o n o ,< l u c s t id, u c o b l r i c l l i v i ( l | r ì l r : t s l , r n {ci , i l m l . q g i o r s f o r z o ò p r o P t i o < 1 u c ì l oc ì i t r ( ) \ , í r f l r cu r l ' r n ì r } r i c r c o n t p , ' s i z i o n c .l , l l l l o t a s i v c r i l ì c t , r t o n c 1 il t c l r , u r r d u p l i c c n t o v i r r r e n l ( )t ,c s l i n ì ( ' ! ì i r t { , r l . t l l : ts t o r i i r c l c l l l s c i c n z t t r c l l c s u c t r t p p cc s s c n z i l l i .A n z i c l r ó p r o g l c < l i r c< I i r t c t r t t t c r t t c > , < l r r l l ' i n r l i s l i n t ct o n r P l c s s i t ìr l c l l i r s g c t t o l ì s i c o t l l l s u c t c s s i v as c P i t r t -

1.36

S,il'QPi a"tìcbi e nîe'iri

del problm,a di Galiho

zione di tutti e solì gii aspetti scientificamente interessanti, la ticexca si sviluppa, come dire?, a nella forma: F:KU

r) (5.3.

La (5.3.1) è in realtà valida con buona approssimazioneper moltissimi matetiali, e in partìcolare Per quelli che intervengono nelle costruzioni. Dobbiamo aggiungere, però, che la r-erifica sPerimentale, inevitabile fondamento della 15.3.1;, dimostra a.nzrtwttoche non è lecito estendere la relazione lineare tra forza e spostamento a qualsivoglia corpo solido. ,Altre eqtnliotti îl.tlit//lirt Possono intervenite, non soltlnto oltre ìl dominio dell'elasticità, come ad cscnrpio scriin corpi plastici o viscosi, bensì anche in carupo eltstico, quando si cìcl>l.la z ìbnlenr.o. 347. 8C.'l.rcsid|,,|'h,:n1|n'jl|nr|uuit'ttll/t'xìhhatLLlllìthul|ll. 'lLrrici, 1960. abt:tt or tìt, //, scr. ll, p. 55,

dove f è un'opportuna funzione dello spostamento. Tuttavìa, e qucsta è la seconda osservazione,si può rittovate la (5.3.1) partendo dalla (5.3.2) qualrra si limiti f intervallo di variabilità àeIla Íorza. F, in particolare intorno al vllor nullo, valutando i corrispondenti spostamenti anch'essi o addirittlJa infútesirzi, tali cioè da doverne trascluate ogni potenza u!, urr, ... supctiore alla prima. Se zllora. Ia. f:unzione f gode di appropriate carattetistichc di tl, ò lccit() regolatità, ed è continua e derivabile, essendoinoltre nulla per u: arrcsttnclosi tn Mac Ì,lurin, della (5.3.2) serie di sviluppare il secondo membro al orimo termine. Ne viene: . - d f ou

ù:o

(s.3.3

c questa equazione è identica alla (5.3.1), ove si ponga:

,-

I . : . '

dt I

ou lu_o

(s.3.4

Ciò conduce alla conclusionc che la < lcggc tli f Tool (ng. 5.11).

(s.6.6)

valida per qualunque disttibuzione delle tensioni lungo I'ahezza deÌla trave, è stabìlita, quale

Ma, nella medesima memoria, altri contributi di eminente valore sono offertì : Lelbniz ritrova ed estende alla luce della sua teoria, i risultati galileiani sui solidi di ugual resistenza o di minimo peso, e aff€rma la connessione delle proprieta elastiche a quelle acustiche dei corpi. Tutto ciò, secondo Truesdell, autotrzzt 'r a considerare Leibniz < come il padre della teoxia matematlca dell'elasticità > anche per l'orientamento da lui dato a Giacomo Bernoulli in questo settorc della meccanica.

5.7

I : iv' d-A

Ml < oaafio

(5.6.3)

dove :

J":

G;acono Berro lli e I'Infart\,lio

1tiq.5.11. '5 (ì, I nrc$dcll,cil., f'. 63.

r)z

Sri/appi a liîùi e rueatì drl prablena di Calileo

Fi"alhe

le la tula> la fine del Settecentoperché la chiarezzaancora assailacunosanella memotia di Parent veriisse p.ienamenteconseguita nel saggio celebte e fondamentaledi C. A. Coulomb: Essai su tne Applicatian du Règlu de maxinis et nininis à qtrclqauproblènes de statiqae relaÌift à I'archìteùare, presentato all'Accademia di Irrancianel 1773 e pubblicato nel 1776'o.

5.9 COULOMB:

ú^u^

I;ig, 5.17,

1

IL PROBLEM,{, È ORMAI CHIARITO

Di Coulomb dovremo Padare Piit difiusamentein un capitolo successivo. (]ui diciamo soltanto qualcosa della sua ttattazione sul problema, sempre lo stcssot, dì Galileo. Conìiderando la mensolaa sezione tettangol^re caticr.taéta un peso Q (fig. 5.18) trasversaleall'asse,Coulomb riconosceche: 1) le fibre della parte suPerioreAC sono tese mentre quelle della partc intcrjore CD sono compresse; 2) esistono due componenti della tensione: la componenteoi n(,rmale irllt sczionetrasversale,e la componenteî tangentealla sezioncstessa; It (i, l ru.sdcll, cit,, p. 114. 1 0 " M ó r r r . r ù : r t l r . p h y s . n c a c l .s c i . d i v c r s s r v : r n s " , 7 , l 1 p . 3 4 3 - 3 8 2 , 1 7 7 6 ,

158

Sril"P?i

anJicùi e recenti drl prablena di Galìho

La defhitira !;iena-. In verità Huygens si muove ancota nell'area culturale vecchia, ed esercita, sia pur con grande petìzia, il complesso metodo geometrico. Leibniz invece dà Ia formula anafitica. corrctta. della catenatia nel piano (x, y) della figuta originale qui tipottat^ (frg. 6.6):

"t" f : j '8. Nei paragtafi 2,3,4 dell'AdditaruerîtanI, Eulero formula e risolve il problema di-minìmo suggeritogli da Bernoulli: ( tra tutte le curve di ugual lunghezza dne non solo Passinoper -A e B ma anche abbìano in tali punti assegnate pendenze,determinarequella in cui il valore della seguenteesPressione:

fd' IR'

,i^ iúni-o , '0.

La soluzioneottenutain un piano (2, y) è la s€guente(frg.6.22):la attva ha equazioney: y(z) dove: (q.I pz i dy _ -. É: Vg-

A l;ìg 6.22. 'H lbi.lcrrr,pp, 231-232, ru lbi,lcrr, p. 233.

yz2)

(a' a' P' Y' costanti)

(6.12.1)

216

C'ttie Íe$ibili

ed etaî/ict)î

-{ questo punto, osservaEulero, basta ricotdatsi dell'espressione(ó.8.13) già ottenuta da Giacomo Bernoulli, molto vicina alla (6.12.1),per riconoscere che I'ipotesi di Daniele è veritiera. Eulero però desideraporsi in un casopiìr genetale,in cui non sià presente soltanto un carico concentrato all'estremità libera della mensola, ma anche un momento concentrato e una fotza assiale.Nel patagtafo 5, quindi egli considera la verga disegnatar.ella frg. 6.23, àove il tratto CA, lungo c, è rigido.

L'< addilanent u I> al trattaÍa < Metbod r in)e4ie di linear cnrar,.,>

(1744)

dove f è una costante. Elevando al quadrato ambo i membri rispetto a y', si ottiene, ad esempio, Ia:

risolvend '4. Vcclremo tfa poco come al risultato euleriano si possa gìungcrc in moclo rr'lrxduci,rnÙnuovanrcntcinnrodolibcro,pcrl.rrîgionc(lc .ìncllanot:r22;scc,,rxkrIiulcro l l o r r i c o c r i t i c o s î r c h b c r r , I l ) l l ! , i l c h c , p c r l : r t l r v c r n r c n s < , l aò, c r r a r o . rr lbi(lc'Ìì, p. 255.

Cane feribili

222

ul elanicbe

La teorid likeaú4) incastrata-libeta un'inflessione tale che l'estremo libeto B ruoti di un angolo assegnatogB (frg. 6.27) non è possibile attenersi alìa teoúa lineatizzata e occorre tisalire alla impostazione di Euleto (o ad altra equivalente).

9B o' 20'4d 60"Bd loo"rzo"radrodreo" Fi4.6.28. 80" 6.14 LA TEORIA LINEARIZZATA DI EULERO PER L'INDIFFERENZA DELL'EQUTLTBRTO(1759)

100" 120"

Fig.6.27. Notiamo, tra parent€si,che al cresceredi g. aumentail carico P necessaflo. ffitica

La tab, 6.1 indica l'andamento'5 : nel rapporto 3, r'' r (6.13.5) eahriano.

n" è 1l mrico

Tabella 6.1. 80o : r [100o P/P".

1,0153

1,0636

1,1518

1,2939

1,5184

720"

[140.

160"

178'

1,884a

2,5424

4,0301

11,971

II diagramma relativo è rappresentatonella fig. 6.28. 's Cfr. ar! es.: O, Bcll|J,zi,.lùenryltllc Cotruqiorì,4, p, 83, llol,gnr, 19ó1,

La cutiosa scopetta del carico critico di una trave soggetta a :una fotza assiale di comptessione, o, come si suol dite, caricaia di punta, non suscitò intercsse, né presso i matematici, né presso i tecnici, nonostante che Musschenbroek ne avesse ossefyato già da tempo la tispondenza sperimentale, ancor I'rima del saggio di Eulero (cfr. il cap. 8). Sarà lo stesso Euleto a ritornare sull'argomento in una Memoria pubblicîta nel 1759. < Sulla sollecitazione delle colonne >>"ó (che il Todhunter giudica < uno dei pir) impotanti contributi euleriani alla teoria dell'elasticità >). Egli ò rimasto colpito dall'anomalia degli eff€tti dovuti al catco di punta. Mentre una fotza agente perpendicolafmente all'asse induce sempfe un efletto e ( se la {ìrrza è grande la flessione è rilevante, se Ia forza è pìccóh la flessione è forse irlrpetcettibile, ma esiste >, al contrario una îorza. assiale opeta in modo < non poco paradossale > : fino a che essa non abbia raggiunto un certo valore critico, I'inllessione è impossìbile. Non conttaddice, questo, il < principio di continuità rlclla natura >? Pet studiare più agevolm€nte il fenomeno, Euleto usa una trattîzi()ne approssimata, cioè una leoria lineare. Sia data, dunque, la trave AB di lwnghezzz l, vincolata come in fig. ó.29, riu cui grava il carico di punta P. Riferita la linea d'asse all'ascissa z con origìne in A, limitiamo I'attenzione al caso in cui ogni punto C può subire uno tpà autnlo i f,tihiirrro, portandosi in C'; owiamente il segmento CC, è perpendicolare rfl'assc z, îappresenta cioè uno tpzstanerÍo lrayervle che indichiamo con la luazl()ne:

(ó.14.1) "llist. acad.sci.", /J, pp. 252-282,tlcrlit, (1757) 1759. :0 I.. Iir:lcro,.fer la Joru du eolonn*,

C'!rueferîibili eA elaîlhbe

224

Supponiamo ota c]r.ela tra-ve, anziché mantenersi rettilinea, si disponga uariatadi equilibrio,ad esempio la AC'B', e determiniamo in una confgarayione taÌe configurazione varìata quale valote debba assumereil carico P aÉÉinché sia efettiaanente di equilibtio.

La teaùa lifleari>2e. > torsionale di una tîave alta e snella, in cui ad esempio J! J", frg. 6,44' La di equilibrio. mento flettente nella configurazione fondamentale latc\ratiata piega si i la trave rlà un'immagine delta possibile configurazione ralmente subendo così non soÌtanto una flessionema anche una totsione. Non possiamo dire di piÌr, poiché il bagaglio delle conoscenz€,al momento attualc ilcl nostro cammino, è ttoppo lidotto. Ci basta l'aver segnalatol'esistenzadcl fcnomeno che Ludwig Prandtl studiò nel 1899 in occasionedella sua tesi pcr il dottorato di lautea a Monaco.

la determinazione n: 1 non è significativa;lo è invece la determinazione n - 2 che definìsceil caricocririco: 9c.

(6.20.10)

dove 2a è l'angolo al centro sotteso dall'arco ABC' 6.20.2 L' instabilità

e il suo integrale generale è: v:

Basteràimporre che in -A e in C lo spostamentov(0) sia nullo' Ciò conducc al carico critico per l'indifrerenzz dell'arco nel suo piano:

lti.4. 6.41,

dei pitcìpi Prenetse >

di ertftuo

245

7 LE DEI PRINCiPI DI ESTREMO Questo breve capitolo deve essere inteso come un ìntelmezzo su temr matematici e meccanici che non si riferiscono direttamente all,analisi delle strutture, ma rappfesentano lmportanti strumenti concettuali e lìnguistici pex affton_ tame lo studio, con l'ausilio di una chiave di lettura patticolarmente espressiva ed eficace. Si tratta dell'uso in meccanica dei princìpi di estremoe cluindi anche dei nelodi.uariaqionali. È. penlto necessatio limitaró qui il discorso- agli aspetti piìr semplici, omett€ndo qualsiasi sviluppo formale che non sta strertamente necessario; perciò ìl lettore che possegga qualche elementare nozione sul cal_ colo delle yarìazioni può passar sopra a gtan parte di quel che verrà detto nelle pagrne seguentl. Già abbiamo visto nel cap. 6, che il metodo dei massimi e deì minimi si veniva formando, sullo scorcio del XVII secolo, ad esempio in xelazione al ptoblema della catenaria: la fune pesante (e inestensibile), sosiesa ai suoì estremi, si dispone in modo che il suo centro di gravità scenda il più basso possibile. La determinazione della curva y(z) assunta dalla fune è dunque gor.èrnata da una condizione di estremo; in altri termini, tra rutte le possìbili funzioni y+(z) che passano per due punti assegnati e che sono continue e derìvabiÌi, ociorre scegliere quella per la quale il baricentto abbia distanza massima dall,asse z, supposto otizzontale (frg.7.1), con la condizione ulteriore che la lunshezza complessiya delle curye y*(z) si mantenga costante e pari alla luoghezza I de a fune : .

T.

î

t---

I - lds.: lv I + (yr'(z))zdz ) J

( 7. 1 . 1 )

.{B

Ma la vicenda è piir antica: risale a Pierre cle Fcrmat. Iira il cuporltnno . Ebbene, Fermat propone di paúffe .Natutalmente, occofrc ()r,r verificare che da un tal ptincipio le equazioni per Ia riflessione e per la rifrazi,,ne derivano di necessità.Fermat riesce a giungere al termine di questo obietri\.,) con argomenti deduttivi rigorosi, rovesciando l'ipotesi inverosimilc

  • a. Ma tra tutti i mondi possibili deve esservi una ragiarestfficientup-etché quello reale si sia manifestato; e it principio di ragion suflìlciente'ii allacita alla. causafinale: ha creato questo mondo perché è il miglìore ; Egli ha agito -Dio secondo un fine e questo fine è la vera causadella ro" r.èlta. Entro un simile orizzonte culturale che ospita, nel Settecento,diversificate coffenti d€l deismo illuminista, si iscrivono gli ambiziosì saggi filosofico-meccanici di Piere-Louìs Moreau de Maupertuis. Presso i ..Mèmoires de l,Académie des Sciences> di Parigi, nel 174tj esce un suo saggio sulla Loi de repos du yarpt che così inizia: < Sàle Scienzesono fondate su"értì princìpi semp-licì e chiari a prima vista, da cui derivano tutte le r.€rità che ne soio oggetto, esse hanno ancora altri princìpi meno semplici in verità, e spessodiliJù a essere scoperti, ma che una volta trovati, sono di grande utilità. euesti sono le Leggi che la Natura seguein certe combinazioni di circostanzae che ci dicono quel Jh1 essafarà ìn sìmili occasioni>. Tale è, ad esempio, secondo Maupertuis, il principio di conservazionedelle forze vive. Ne ésiste uno analogo per la staiica? Maupertuis ritiene di averlo individuato nella seguentehggegen€ta,te del riposo: < Sia un sistema di corpì pesanti o aftr;fti.r"rró d.i centtj da iorze -dato agentrognuna su uno di essi come una potenzan,esima delle loro distanze dai ccntri; affinché tutti questi corpi stiano in riposo (in eqxitibria),è necessario che la somma dei prodotti di ogni massaper I'intensità della sua forza e per la potenza, (n f 1)-esima della sua distanza dal centro della sua forza sla un l[aximum o un Miùmam >>. Opportunamenteinterpretato,questo principio è corretto: consistenel a G . V \ v .L c i b n i z , l ) i ' N l r !

    dc

    itdl)btiqle,far, ó,1686; cd. frrnc. l, risi, 1929,

    Pohniîbe lul prinù?io

    de//a ukian

    a{one

    249

    desctiverel'equilibrio di un sistemaelastico imponendo condizioni di massirntr o di minimo Ar una.fanqìoreponnTiale.Yediarnolo su un esempiosemplicissimo. La condizione di equilibrio per il sistemadella fr'g.7.2 dove le due molle hannrr costanti elastiche I(r, I{, e la posizione natutale dei loro estremi Ar, A, si trova rispettivamente in Or e in Or, è descritta da:

    (7.3.1)

    - Krx, f I{rx, : Q ovvero da:

    (7.3.2)

    xr) f Krx, - 9

    - Kr(l-

    Secondo il prìncipio di Maupettuis l'equilibtio corrisponde al minimo di una funzione del tipo

    (7.3.3)

    K1x?+ K24 : min Infatti, scrivendola (7.3.3)così: K1(l

    x2)2*

    Krx" :

    min

    (7.3.4)

    c . r n n u l l a n d ol a d e r i \ a l a r j s p e t t o a x 2 , s i o t t i e n e : -

    2l{r(l-

    xr) f

    2Kx, :

    Q

    (7.3.5)

    che coincide con la (7.3.2).

    l:is

    7.2.

    i'l però ir.r unalMemoria successiva, del 1744, dal titolo Auord de dil/é' rur/u hti:"-dt la rta/ue qi auaieutjrsq'ici paru ircotupalìbles' che il tono del cliscorstr si irrrlzr l'accnclr cli un principio cli minimo Ia chiave di une lettura cosn.rologitrr. (]uì i\{aupcrtuis, rifacenclosi a fcrmat ma cstenderìd(]la portata clcllc suc t,,rrtlr.rsioni,rrvanzall pr()l.tostad'nu loi ltltapltl,.riqrt q/ti ?ar/t q/n h Nt/rtre dtt.r ! l n " N l ( i r ù , i r c s r l c I ' A c , r t l a r r i c d c s S c i c n c c sd c l ' r r r i s " , p P . 4 1 7 - 4 2 6 , 1 1 4 4 .

    250

    Lc ifl ne$anica

    Ìa prodtrctior de tes ffits agit toljoars pdr le! nlJter$ ht plas sinphs >: -la Natuta agiscesempreper le vie piìr semplici. r, poiché < le leggi secondo le quali il movimento si consetva, si distibuisce e si distrugge, sono fondate sugli attributi di una suprema lntelligenza >. La < legge metafisica> che si è sopta citara sta alla base dell'argomento: è < un principio così saggio, così degflo dell'Essere supremo e la Naturà non lo conîfadolce

    ma1 ).

    Dopo questo bel po' di esorbitanti premesseaffivà I^ p^îte < scientifica>: nel tetzo capitolo, dedicato alle < Leggi del Moto e del Riposo >, Maupertuis enuncia finalmente iI prittciPil generale,detto, successivameflte,prìncipio della paando auaieneqaalcltecambiamento nella NaÍttra, mixima aqione-Esso afferma che:.. Tutto ciò rcn nt ci ( ) r i c h c ( l c t i v î t ì l i motlclLr dcl cor;ro rigicìo l)csîntc d()lat() cìi asscgn;tta< rcsistcttzî t lrirtri d lrroluta > limitc.

    Zl+

    Le htdrgini !

    /e propthta,/ecLa

    iîbe dd nateiali

    e /a < tience àe! ìngénieftt ù

    el XVIII

    tecaÌa

    Ciò non toglie che, per tutto il XVII secolo, lo studio della resistenza dei materiali fu continuameflte int€rcalato proprio col . Occorrerà attendere sino agli albori del Settecento per tîovare scienziati dedìti puntualmente e direttamente al discernimento di altre componenti del comportamento meccanico dei materiali, per quanto, come vedremo, i discordanti pareri sui risultati di Galileo saranno sempre un'ombra proiettata su tali studi. Perciò, dopo un semplice accenno a Mariotte, rivolgeremo subìto il nostro sguardo secolo e ai suoi prodotti nel campo specifico. al XVII NeI suo Traité dt moaaementdeseaax, eàito a Parigì nel 1686, Mariotte pubblica i risultati di una serie di espetimenti da lui eseguiti, principalmente su leve e su travi incastrate, mediante i quali egli dimostra che la tesi di Galileo non è rigorosamente confermata dall'esperienza. A Mariotte si deve appunto l'introduzione della verifica sperimentale nelle scienze francesi con îiguardo non solo alla < resistenza assoluta )), ma anche alle proprietà elastiche. Egli sperimenta la resistenza alle varie sollecitazioni di ufl gran numero di materiali, dal legno, alIa catta, al vetro, e aîriva a concludere che gli allungameflti sono prcpoftronall alle fotze applicate, stabilendo quel ( criterio > di cui abbiamo già parlato nel cap. 5: ossia, che la frattuta soptavviene quando la àilataztone supera i limiti consentiti. Con Mariotte si perviene alle soglie del XVIII secolo, secolo in cui si configura più nettamente il ruolo dell'ingegteîe com.' portatore della cultuta scientifico-tecnica di ispirazione illuminista. In questo secolo inoltre, la tabulazione dei risultati sperimentaìi utili al dimensionamento delle struttute raggìunge una difrusione e un'atteodibilità mai conosciute prima d'allota. Per l'argomento trattato nel preseflte capitolo, assumono gîaflde importanza gli studi sviluppatisi nell'ambito delle scuole militari che, durante il prìmo ventennio del Settecento, furono create in Francia, Queste scuole - dove, ricordiamo , \a scienza balistica impegnava matematici di grande spicco e dove la tecnica delle fortifurono veicolo e pretesto ficazioni suscitava l'interesse di numerosi ingegneri per studi delle nuove scienze che tîovavano, come affetma il Belidor, nella dispoda sempre < incoragnibilità di mezzi sperimentali e nelle applìcazioni militari > nelle attività scientifiche - occasione di continua evoluzione e veri6ca. Eianti In tale oÍtzzonte culturale Ya collocato un testo, Notueau courr de nalhi aatique à I'usagede l'arÍilhrie et du ghùe, di Bernard Forest de Belidor, edito nel 1735, in cui si tratta della matematica e delle sue applicazioni nel campo della geodesia, della meccanica e dell'artiglieria. Lo stesso autore, del resto, ar'er.a pubblicato, nel 1729, un altto trattato che avtebbe ayuto enorme diffusione, sia nello spazio, sia nel tempo, tanto che troverà ristampe e aggiornementi sino al 1830: si tratta de La $ieftte det Inséftieurs. Per piìr di un secolo quest'operì fu considerate esemplere; in essagli ingegneri < per i quali è forza convenire non esservi professione alcuna che piùr della loro esiga un ricco corredo di cognizìoni>' avrebbcro appunto tr()vlrto IB.|orcstdcl]clidor'I'a|eìuq4It'r:/itI'p'Lq tt/hÌt

    Littì/(,c(nr n,tc

    dcì sig.i)r

    l'|inl/d.lin'iia,}(ll ù Nrìvicr, tÍLil. it., t'. vrr, Nt;hù,, 1tì41.

    Ahmi

    275

    contrib*ri àe/l'accaàenia reale Ielh scienae di Francia

    tutto quel che poteva esser loto utile. E il Navier, apponendo le propric A/a/c alle tardive edizioni ottocentesche del trattato, si limitò a correggere e prcclsate alcuni dettagli, lasciando ìntatto il nucleo del testo, quasi a dimosttarc il a cui qu€sto testo poftava Predistacco che incotreva tra la tecnica cofrent€ e i progressi delle scienze fisico-mate matiche chc, ziosissimi suggerimenti repentinamente, si awicinavano ai traguardi attuali. La Sciercedet hgfuìears si compone di sei libri: nel primo, sono trîttîti i < Principii di tueccanim applitati a//a riceru delle dinenioni da darsi ai riae ineùi perclté siano in equilibrio colla spinÍa delle terre c\c deblnto tlelle apere di fortifta{one, srp\lrtare >r; nel secondo, la l c r n ad i ( l a l i l e o > o f f e r t a d a P a r e n t a g l i i n j z i d e l X V I I s e c o l o n r t n r t t c v t . r ! l ; r t t , ra s s ( ) l ì t o i l d i b a t t i t o t e o r i c o . C o m e s i è r , i s t O , B e l i d ( ) r c ( ) r ì t t n u r l Y irlr( l ; r t t ( n c r . sril h v c c c h ì a i m p o s t a z i o n ed i l \ f a r i r ) t t c ,p u r s c r i v c n c l oi l s l t o l i b r o t r c l l 7 : l ( ) c l r r r i c c h e n d o l ot l i s u c c e s s i v cc c l ì z i o n i i n u n r l i s t c s o a r c o c ì i t c n t P o l , t r r t c s s ( )r r r . r i cr s s c r c ( l e t t o t - r c ra l t r i n u m c t o s i a u t o r i r l ì t t î t t î t i s u l l c c ( ) s l t t t z i r ) ! ì i , Vìtlorrc (176{)), : r , l c s c r r l ' , i og l i i t l l i r r n i ( ì i o v a n l J r t t i s t r Ll ì r r n r ( 1 7 4 t 3 ) l,J c r n r r r c l o I t r r r r c t s c , ,i \ t i l i z i a ( l 7 t ì l ) . l ) u i r l l t r z i s t r . t P i r c l t c n o t t t l i r l t l , , l { ) s l c s s ( )s t L t ( l i r ) s ( ) l , r r c i l l P P c l l , i n < l i l ì c r c n t c t n c t r lac i P o t c s i t l i r c r s c , c i l l n t ì , r c , , t t t t g r t i r ll i s : t l t o l r t

    216

    t''

    i]l:ltsuli

    lk prcpùetà neîîaticbe dei,n.tcrialì

    e la ner xvIII

    ncalo

    soluzione di Galileo e quella di Mariotte, come se €sse potessero < convivere > nell'interpretazione degl.i oscuri risuìtari sperimentaÌi. Ma questo è ìl punto: l'esperienza in sé, riguardando ineyitabilmente la situazione-limite dì rottura della trave inflessa, eia pìùr d'ostacolo che d,aiuto per condurre al vero chiarimento del problema. poiche la soluzione di Mariotte (in modo ereto)_ e quella di Parent (corretta) valgono invece nel campo ela_ stico. Tuttavia, durante il XVIII secolo si assiste i un progressìvo interessa_ mento per la veùfrca sperimentale condotta su trar.i di vàrio-materiale e oarticolarmente di legno, con l'intento anche di fornire ai tecnici un'estesa casìstica e tabulazione dei risultati. Tale orientamento è ben testimoniato da He nry Louis Du Hamel, il celebre naturalista che era anche ingegnere navale, in apertura di una sua Memoria del 1768, pubblicata negli atti dell'Accademia di Francia due anni dopo: ,, I riferimenti citati da Du Hamel mettono in chiara luce il rilevante con_ tributo per gli studi intorno alla resistenza dei materiali e alle loro DfoDrietà. meccaniche, che l'Académie Royale des Sciences ha dato, accogliÀdo, nei p_ropri atti, i risultati di esperienze condotre da scienziati come Bernoulli, De la Hire, Varignon, oltre a quelli già ricordati dallo stesso Du Hamel. In tale sede culturale il dibattito settecentesco ha trovato seyera e attenta occasione di con_ fronti. Pet evidenti motivi di spazio non possiamo qui illustrare estesamente gli esperìmenti riportati e discussi nelle pagine degli atti dell,Académie ma ci limitiamo ad alcune osservazioni che possono renàer palese l,ordine dei pro_ blemi, che in quella sede trovarono ospitalità, e il modo di affrontadi. Occupandosi ancora una volta del problema di Galileo, Du Hamel afierma, in una Memoria àel1,742, di ritenere valida l,ipotesi di Bernoulli ma di esservi pervenuto attrayefso < considerazioni d'altro genere >, di carattere sperimentale. Curiosamente egli porta a conferma dell,ipotesì veritiera di BernJulli proprio lo stesso schema che aveva indotto Belidor a confermare la tesi errata di Mariotte : con l'esempio della trave_ appoggiata nel punto medio e caricata agli estremi, egli giunge a concludere che, in essa, < vi è una gran quantità di fibre compr€sse )), che esiste un asse mediano ( neutro > e che < la forza di coesione delÌe fibre legnose, influìsce parecchio sulla tesistenza del legno, tanto che una trave di legno formata da fibre di legno molto forti, ma che siano poco aderenti I'una-all'altra, si può rompere sotto ufl peso che sopporterebbe un'altra trave con fibte deboli ma piìr unite > Questa considerazione - che sarà ripresa assai piii tardi dal Girard nel suo trattato - è molto importanre anchà deì punr, di vìste teorico, benchó I tL l.. Du IIînrcl. /ò/t \pr' . ,lc 5 :(lrc({", î. 31n, 1142.

    r.\liric"îe!

    | ltlòr

    d ú r , / ì , , , . N r a , n , , ; r c s( t c l ' ^ c , , ( t ( i , ì , i et ì , , v î t c

    Ahwi

    contriktti

    dell'aualentia

    reah delle vienTe di Francia

    277

    non si possa dire che Du Hamel ne abbia inteso il profondo significato: l'ttlctetza Iaterale tra wna f,b:o e l'altra segnala infatti il ruolo della teniom ÍoqqcnTiah che insotge ogniqualvolta la flessione si accompagni al taglia- Ma qucst, la lexsiaxefangexqia/e,era a quel tempo rimasto completamentc nell'ombra, e il primo a scoprirne I'esistenza,o meglio, la vera identità, sarà Charles Coulomb nel 1773. Nella medesima Memoria, Du Hamel mette a puflto sperimentalmente un metodo per rioforz re i legnami che, per sua stessa ammissione, ha del < paradossale>. Ma lasciamo alle parole di un suo contemporaneo, F. À{ilizia, la descrizione dei risultati di questo esperimento, cui si riferisce la 69. 8.2.

    1fu/' ll ,1-,--* \---, -*z;*;?

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    Èi',,t

    278

    Le indagi,,i.,a//e ptopùetà ,/gî.a\iîhe

    dei naterialí

    e la < ùence des ingénieur.t> wÌ ){vllI

    ucala

    < L'espetienza fa vedete, che le fibre del legno distese veemefltemente un'l volta nonlitornano più n€l loro pristino stato; così che un legno calicato Per qualche tempo nel soo mezzo, e tolto poi il peso, non è.piìr così forte come àrebbe se nàn fosse giammai stato caricato. La fibta piìr distesa non è di tanta fermezza come le fibte intetmedie e piìr vicine al centro. Le fibre compresse a g i s c o n on c l l e d i s t e s e :P o s s o n oe s s e r ec o m p r e s s es i n o a u n c e r l o s e g n o d a r e s t a î ,u'ld. -, oltte .ompreìse si romperanno. Se dunque Potesse togliersi quella Darte che in una giande inflessione va ad esser troppo compressa, il legno iarebbe piìr forte. {ifl"tt"ttdo su di ciò M. Du Hamel du Monceau, ha procurato al legno- una forza. attif,ciale maggiore di quella chc naturalmente ha Questo artifiiio consiste nel tagliare il legno in mezzo fino al terzo della sua profondità, e incastrare nella seziJne or-t .l,Àeo di quercia o di altto legno (nella fig' 8 2, tfatta dall'incisione orìginale, la descrizione cortispoflde alle tre travi in basso contressegnate cof': fg. 7, fS. S, fS 9). EgIi ha sperimentato che una spranga di salcio'íunga tr" piàai e'grossa due terzi di pollice, appoggiata orizzontaLmente su due sostegni alle sue estremità, ha sostenuto nel suo mezzo un peso di libbre 524. Ta'ghlto poi il legno alla manieta prescritta e incastrato il cuneo, 3. ha sostenuto un peso di libbre 551 > È veramente notevole l'idea di fondo che è suggerita dal nostro autore, l'idea cioè di contrastare I'eventuale scarto di resistenza, nel passaggio dalle fibre tese alle fibre compresse, con l'introduzione di un nuovo materiale, formando così una struttura ( mista ). Nel caso preso in esame da Du Hamel s.i trattava di supplire a una careflte resistenza a compressione del legno; lo svil.tppo tecnologi.o successivo alla rivoluzione industriale ha condotto invece a un iaso ben piì, importante per le costluzioni: si tratta del conglomerato cemenè catente la resistenza a trazlonei in tal caso occorre tizio, in cui;I'opposto, intervenire sulle fibre tese, introducendo un materiale atto a sopPortare le tensioni di tnziorle, quale è ad esempio e segnatamente l'acciaio. È cluesto il aruala (Fg. 83). ispiratore d.el cahestra1Ta principio ^ Oi "tttò spirito e dì ^Itra estr^ztoîe cuÌturale sooo i contributi di Varignon, il quale, pur àib"tt.ttdo come Du Hamel intorno alle note ìpotesi cli Galileo affronta il problema con spirito geomelrito, attento alla Yerifica di . ù"tiótà, < ipotesi di ragione > formulate matematicamente. Invece di travi di legoo appoggiate su mutiici, con le fibre e i nodi ben disegnati, rappresentate quasi pittoiicamente - come quelle che Du Hamel pensa e riptoduce nei suoi lavorì >, dei solidi < sulla resistenza 1702, Varignon, nella sua Lettera del 24 matzo dal con>. peso E evidente senza parla"di < un corpo qualsiasi (...) considerato ironto tra le figg. 8.2 e 8.4, il diverso segaoche connora idealmente il medesimo lenomefìo reale. In posizione mediata fra i due atteggiamentì ora citati, possjrmo sLtu'lre, per esempio, Patent. Egli tratta in liflguaggto geon/etrito lo stesso arg()mento de La reislerqa dei :otidi, che, come afferma il ( commentator€ > dell'-Àccaclcmja I l ' . M i l i z i n , 1 ' r i ' r i 1 ) ì( t i / 1 f t L i t ú t t t r i c ì t i h , p p 1781).

    5 t ) 35 0 4 , l \ ' l i l r r r r . . 1 t ì 4 7 , ( h p r i r r r î c t l i z i . r r c ' d c l

    Atrfui

    Fig

    îallh'ib ti àelt'aecadrnia nah

    279

    àc e 'cìe Ze di Franîia

    8.1.

    ( a fondo clal a una sua I'ettera àeI 22 febbratct 1710, era' materia gtà tÎatt^t^ pur forma>; nuova signor Varignon, ma che non indugerà a ptendere una che sfociano' ipotesi, to?t".-i^ ,.ton"esita a confortare sperimentalmente le sue così, in approfondite e utili tabelle casistiche (tab' 8I)' 7ab.8.L

    Hrqtcúrî.: eù!ouc!t.

    261491

    liîttltsss telrtto e 1 186lr,t ]z8olt 1249e 67419

    Lt6

    l-:--:-. g o o o1 7 1 ì e o- l8 r z t o l 9 9 7 r Ò l r î t 6 4 a y r 4 a 4| e 1 a 5 8 l7 f \ L o l E 8 6 t r l t o L 7 9 r

    ',*::"\it::l':z4l@:::::

    4 L 9 ó 9 1t r g z o l 2 r y 8 9 \7 z 1 t 6 1 8 + r o z z x i t l q t s c l l 1 6 6 4 a616 4 7 \ l 7 1 0 9 1 a 6 a o 8 l4 1 9 1 2 |f z z S l l 6 r 3 6 0 : f l i t

    280

    La frica rpa netllale e Seonelica di Lc iktag;,1; îrth ptoprieù

    neîîa icl)e dei nateriali

    e la

    nel XVIII

    Pie/er ran Masschenbroek

    281

    secala

    problemi della resistenzae la loro interpretazione nel linguaggio Più îpProprlato.

    8.3 LA FISICA SPERIMENTALE É GEOMETRICA DI PIETER VAN MUSSCHENBROEK

    -fur.

    '.C

    Fi9.8.4. Abbiamo voluto accennare btevemente a differenti impostazioni critiche con lo scopo di sottolineare come, pur accolte nel mcdcsimo luogo cli pubblicazione, fosseto ancora cterolienei e (p 622). Anche la formula di Bernoulli è da Musschenbroek rivisitata criticamente: le sue esperienze su travi lignee gli dimostrano la non trascurabile influenza della risposta anelastica, ossia la ctescita nel tempo della defotmazione sotto carico costante, sì da suggerirgli la tesi estrema che r '.

    8.4

    SULLA RESISTENZA TRATTA.TO GRANDE ILLUMINISTICA: DELL'ETA MATERIALI > DI P. S. GIRARD < TRAITÉ

    L'ULTIMO DEI IL

    Volendo proseguire questa breve rassegna dei principali stucli sulla resistenza dei materiali ofierti dagli scienziati e dagli ingegneri dell'età illuministica, dovremmo a questo punto soflermarci dapprima sul famoso Essai sar arc application des rìglet de Maxintis et Mininit (...) che Coulomb pubblicò presso i "I\fémoires" delt'Académie des Sciences nel \773, per poi concludere col Trailé ana[,tique de la rétistawe des solides et det sa]idet d'éga/e résistance rli Pjetre Simon Girard, pubblicato a Parigi nel 1798. Tuttavia crediamo che sia opportuno trasgredire, per una volta, il rigotoso ordine cronologico ptesentando subito quest'ultima opera che raccoglie e svilupPa temi e problemi già dibattuti nel passato, mentre il saggio di Coulomb apre nuo\re strade, -dà una svolta granàiosa, affacciandosi su orizzonti che soltanto nel XIX secolo saranno esplorati. Il frontespizio clel Traité di Girard porta una citazione da d'Alembert (Eléwms de Pbiknphie) che bene esprime il senso dell'ìmpegno sperimentale manifestato da Girard. Essa dice: < L'esperienza non servità Pirì soltanto a confermare la teoria, ma distinguendosi dalla teoria senza sopprimerla, essa condurrà a verità nuove, alle quali la teoria da sola non satebbe potuta petosserva Giratd nella sua introduzione venire >. Ciò è particolarmente vero per tutto quel che attiene all'analisi della resistenza€ del comportamento elastico àei materiali. La spiegazione che il nostro autore dà a questa tesi dimostra come egli avesse percePito con singolare chiarezza la drffetenzt ( ePistemologica >>tia le equazioni generali di equilibrio e le < equazioni costitutive ), che Ésano la sollecitazione aìla deformazione. Ascoltiamo le sue stesse parole; esie anticipano di piìr di un secolo e mezzo un chiarimento critico sulle leggi della meccanica che gli scienziati di oggi sono propensi a ritenere lcquìsìzìone recerìtee originale del nostro tempo: ( Se nella teotia della statica è Ìecito concepire le leve pet mezzo delle quali i mobili agiscono gli uni sugli eltri come se fossero dotate di perfetta inflessibilità, tale ipotesi cessadi essere îmmlsslbile nell'applicazione di questa scienza al calcolo delle macchìnc, poìchó Ìa T l'. S. Gimrcì.cit.. o. xr.rrr'

    L'

    tì"lo gta de trattato stl/a rerirhnc accluistaperciò in (ìirrrrd un i' ((,rr)tl(). La riccrca Forse che le ali degli uccelli, riguatdate come traYi incastrate a un'estremità, non sono un esempio evidente di forma perfetta, con la progressiva diminuzione della loto sezione trasvetsale, ^ pattiîe dalla base di incastro?'3. Sull'atgomento dei nlidi d'agaale reiften1a, Girard dà la storia movimentata: I'inizict è, come sappiamo, in Galìleo, ma già nel 1ó49 intetviene sulla questione Frangois Blondel con l'opuscolo Calilaur pronotut, e successlvamente pe( correggere alcune aflermazioni avventate contelà svedese P. \lurtz, in Italia ben presto divampa una polemica, sul Diuarsì gahleiani; nei nute Marchetti, professore a Pisa, Vincenzo Viviani, Alessandro tra tema, medesimo allier.o e continuatore clell'opera di Galileo, e Padre Guido Grandi; >'a._ L'iniroduzione prosegu€ tiportando la storia del problema di Galileo e delle curve elastiche nei contributi di Giacomo Betnoulli e di Eulero; è poi citato il saggio di Coulomb Ael 1773, dove il metodo Prediletto dei massimi e dei minimié piegato ad applicazioni tecniche di grande rilievo, come il dimensionamento dèi mrrri di sostegno lnfine, Girard si soffetma a parlare degli studi sperìmentali intorno alla tesistenza, menzionando Parent, Nlusschenbroek, Buffon ldel quale egli ÍaIoti.lzà le indagini sui legnami, sull'influenza dell'umidità, della stagionatura, ecc.), e Perronet. A proposito di tali precedenti esperienze relative a travi lignee l'autore osserva, tra I'altro, che < si è sempre trascurata la coerenza longitudinale delle lcro Ébre >. Tuttavia, egli dice, < è evidente che questa coerenza deve rendere la loro inflessione piìr dilicile. Infatti noi abbiamó riconosciuto sin dalle nostre prime prove che I'elasticità assoluta, che nell'ipotesi dei geometri stll'orgamzzazione dei corpi fibrosi dovrebbe dipendere unicamente dalle dimensioni cielle loro basi di rottura, dipendeva ancora dalla lunghezza delle loro fibre costituenti. Di conseguenza, noj abbiamo ricercato la funiione di questa longhezza' che rappresenta la coetenza longitudinale nelle differenti specie di legno, al fine di trarne \a loro elattitilà astoltt/a 's. In simili accenni, benché molto immaturi e per certi versi fallaci, $ecifca > 12 lbidcm, pp. xvr, xvrl. t3 lbidem, p. Ivrr. ra lbidcm, p. xx. ! s l h i ( l c n r .p f . ì . I r , r . r r r .

    L'itÌlit:a

    gîaflde rra ata Mlla resiienT.a tlei nateriali

    ùll'elà

    ilh.îtiniiiîa

    287

    Girard si awicina all'a scoperta di una cosa veramente importante, anche sc egìi non è in grado di individuatne la ratura: ossia Gìrard awerte che l'inflessione della trave si accompagna sia alla teflsione normale agente su ogni sezione trasversaler sia a un'altta componente di tensione agente tra le fibre longitudinali e commisurata alla loro jmP()rtrlnzî della tensione, ossia della terione targulia/e, la cui natuta ela cui un critctio di proPosta di non erano state sino ad allora messe in luce; c) nella effetti proclotti degli rottura dei solidi fondato appunto sulla considerazione tangenzìale. (specialmente nei materiali lapidei) dalla tensione À{a, prima di addentrarci nell'illustrazione di questi preminenti contributi, l'ogliamt far meglio conoscenza del personaggio, riportando qualchc notizit clella sua vita. Chades Augustin de Coulomb era nato nel 1736 ad AngoulÓmc. Compiuti i suoi studi a Paigi, divenne < Ingénieur du Roy D, cioè ingcgncrc militàte, e per questa sua mansione fu inviato nell'isola di Martinica ncllc < Indie Occidentali >, dove rimase pet nove anni svolgendo un'intensa attività di riccrca. l,lrfessionale, dalla quale egli seppe trarre però occasioni preziose alla Martinica, Coulomb comPose la Memoria clrc l)utante la so" p.t-r.rettz" rì.glr dt lrrir.rcipalmente .i itrt"terr"; il suo titolo è Essai vr l/ne tpplicaliott de.r Ittti ttt,txiti et miriruis à qaelquesproblènes de Íatiqae relatift à l'ArcÌtilectut. ritotnò in Francia dove continuò la sua opera di ingegnere alla Rochcllc' rLìl'Isted'Aix, a Cherbourg; ma nel medesimo tempo i suoi ìnteressi scicntiflci si intensificarono, dapprìma nel campo della meccanica (la sua Tltiotfu ttcs rt,trbircs imples, er altant égartl a// frottemeftf et à la roidear des tordagesgli valsc il Patigi' ncl l,rcmio dellÌAcadémie nel 1781) e quindi, col suo trasferimento a i terreno conquistîntìo prendendo rìLr()\.osettore della ricerca Ésica che stava (irulrnrb il 1789 11 1785 e Tra ossia l'elettricità. rrraggioti scienziati dell'epoca: "Memotie" dell'Accademia di cui era stato nominatt) ll'ìctnl)ro' l,ubblicò, presso le i srr,rilavori maggiori, ai quali è dovuta la perdurante notorietà del n()str()( In8é' rrieur du Roy>; il suo nome ricorte frequentemente tra i fisici e gli clcttr()tccrici, non fois'altro perché t'unità di misura per la carica elettrica è stlrtî ir ltli rltrìicata. In queste Memorie Coulomb seppe utilizzare i suoi ptecetlenti stu
  • 0

    (8.i.s)

    f-e (8.7.4), (8.7.5) corrispondono appunto alla leggedi CotrÌottb, chc 1't,'rìt (.rìunciarsicosì: nello stato di riposo, la. reaztoneesplicata dal vincolo ò oricttlirtr! verso la parte coflsentita dal vincolo stesso e la sua comPonente tîngctlzi:Lleè una frazione propria di quella normale. La fotza. R, si clriarna a//rlla di attrito: f" non supera mai I'unità c tlipcntlc ,, l.lrrcrrde il nome di coeifciente ,lrrìl:1inatura dei materiali, da,llalevtgatezz,adella supetlìcie cìi contatto c tlltlI'cvcntuale presenza di lubrificantr. 'l'utto quel che sj è detto sinora pennane invariato se, in luogo cìcl pcso (], r.r t,,nsiclera .ur'a fotza diretta in modo generico; dettc Il. e l'-r le suc cot't't1roll,', Rr: lì, obbccìisconrr rrcnti, l'ccluilibrio è garantito se le reazioni R": , r l l c c o n < l i z i o n i( 8 . 7 . 4 ) , ( 8 . 7 . 5 ) . S ì v i e n e c o s ì a c l c f i n i r c u n c o n ( ) a c l u c i r l t l c n \ c r ì t ( l ) c r a s s el a n o t m a l e a l p i a n o , e l a s u a s c m i a p e r t u n P i t r i a L f " ( f i g . l l . l 4 ) : r l v i r r c , , l , rr ì i a p p o g g i o ( m o n o l a t e r a l e )p u ò p r o c ì u r r er c t z i o n i n o n c s l c r l l c l l l l i t l . r l r l rcr s t c r n at l c l c o n , r d i a t t r i t ( ) s t l r t i c ( ) ;e o t r ( ) t í ì l c c o t t o , c l u n t l u c ,c ì c v c t l i s l l o r s i l , r l ì , r z l r r t t i v t F p c r n o n t , r t r r p c r cl ' c t l L r i l i l r r i < , . N c i s r , r o si t u r l i s u c c c s s i v i(, i r L t l < , n r br i \ ' ( ) l s cl ' î t l c n 2 i ( ) t t ct l l ' t l / r i / o l i m u i r u :

    300

    Le ;nAagiti tulle pîoPrietà neccan;c\e de; nahiali

    e la di un'opera di architettura non è percepibile se si osservasoltanto la sua superficiale,poiché riguarda la vicenda costfuttiva nel suo complesso,in tutti i suoi momenti; un corretto intervento deve quindi tener conto dei prìncìpi soggiacentialla concezionedella stfuttufa antica che spesso è preziosa testimonianzadella cultura tecnica e scientificadel tempo.

    8.10 LA TEORIA

    DI COULOMB

    SULLA

    SPINTA

    DELLE

    TERRE

    Il contributo di Coulomb è veramente chiarìficatote; le formule cui egli perviene sono valide e ancot oggi, salvo ritocchi, restano in uso. Detto in breve, il suo metodo consistenel determinaretra tutti i prismi ABC (fig. 8.25) che si ottengono al variate di a, quello che tealizzz la masina tpinta sul rnuro ABDE, con riguardo all'attrito delle terre sul piano ài ttaccìa BC 3' o anche all'atttito tra le terre e il muto sul piano dì traccia AB33. Concettualmente, nulla muta tispetto alla precedente trattaziofle che Coulomb aveva proposto per il pìlastro in muratura. Infatti, egli dice nell'introduzione al Sagio, 8.13 -" PER I MURI DI SOSTEGNO Si deve al Ptonv-Coulomb un'interessante elaborazione deila formula fondamentale (8.10.7) ottenuta da che per comodità riscriviamo: +olbidem-o. 363.

    4, Ibidem. ;. 364. a' Ibidcnr, p. 365; ncll'/,.ral si trovî scriri() a

    36"34',

    1

    /

    ts'(45' 7 rY,

    ,t,^\

    ;)

    (8.13.3)

    La fotmula così trovata per Z (e quindi per tg cr) consente di affermtrc clrc il piano di iscorrimentodel prisma di massima spinta biseca l'angoftt lì rrmato dalla paîete verticale con la scarpanaturaledel terreno; in altri termini I

    p"rr^no

    I'angolo *ctprende il valore di 26'34'. Anàanò,o avanti nei calcoli si ottiene, per un muro privo di scarpa e dotato dello stesso peso specifico del terteno, Ìo spessore limite a :

    P:

    nella:

    '-I"o' +")

    (8.13.4)

    (]uesto è appunto il risultato, dedotto dal Prony n', che è setvito a lui, (,ìrìrc a numerosi autori dell'Ottocento, per mutare le espressìoni pìutt,,str) l,rlr,ri,se della teoria di Coulomb, in linguaggio accessibileai tecnici e in normc rli i nrnrecliata ^Dolicazlone, l,tsciamo alie parole di Prony l'esposizione del suo metodo è subito evidente quando si voglia utilizzarlo per la trave inflessa, come sappiamo dai capitoli precedenti. Ma dir.erso è il caso delle strutture murarie aci arco e a volta: I'elemelrto fisico ignorato non è tanto la deformazione, quanto invece l'attrito. Sarà l'introduzione di questo elemento la via che migliórerà ìl modello; rna occorre attendere la fine del secolo perché le leggi deil'attrito siano definite correttamente, e tale merito spetta a Coulomb. Per ora il nodello è quello di un < solido euclideo pesante> assolutamente e Per un nxggiof approfondincnto degli argomenii imitari in qùesio prrngrafo rccli Andrc.r Capi cunco e saràLcontraddetto per via sperimentale da Freziet: e da alttil' eppure la tcoria 'i) di De la Hire continuerà a soprawìvere I c) che la spinta si collochi al lembo inferiore del giunto di tottura. Riassumendo, il cuneo costituito dalla parte superiore della volta, al di sopra del giunto di rottura, che cala per il peso proprio, tend.e a far ruotare il pièdritto, solidale con la restante porzione della volta, attorno al punto II

    (fg. e.11).

    Fig. 9 9.

    La costuzione cade ovviamente in difetto per I'ultimo concio, quello < alle imposte >, il cui peso risulterebbe infinito in quanto la retta KLP e la CS, prolungamento dell'ultimo giunto, non s'incontrano mai essendo parallele. Non sussistefldo piìr equilibtio, una minima forza pot, trasmessa all'ultimo concio da quello in chiave e dai successivi, tenderebbe a spostarlo. Di questo fatto, che non trova riscontro nella realtà, De la Hire è consapevole però e rimedia dicendo che in effetti i giunti, a causa del materiale che s'interpone tra essi,le malte, non sono poi così perfettamente lisci e che l'attrito dunque prowederà ad annullare questo paradosso. Il problema del dimensionamento dei piedritti è affrontato nella seconda Memotia dove De la Hire dà inizio a un modo di ragionare e di interpretare il compottamento dell'atco che resterà.egemone per quasi un secolo. Si tratta di un abbozzo di calcolo a rottura: in altri tetmini l'autore prospettà un possibile meccanismo di collasso e si propone di esprimere l'equilibrio limite ad esso relativo. Con ciò viene meno l'ipotesi di giunti lisci e infatti quest'approccio sarà ripreso dagli autori successivi come quelio attinente ad archi dotati di connessionetra i giunti. L'ipotesi di rottura è la seguente (fig. 9.10): a) che la volta si spacchi in una sezione intermedia tra l'imposra e il mezzo de\Ia chiave, a 45' circa cioè (per osservazione diretta forse o per un falso appello a considerazioni statico-geometriche)r' ; b) che nelle tre zone individuate dalle sconnessioni i conci siano talmente ben uniti gli uni agli altri da formare un corpo unico e che le fondazioni

    L'equazione di equilibrio limite è calcolata dunque con il ticorso I unrr It:,,t a il cui fulcro è nel punto H e le Potenzc îpl)lirltc agli esttemi sono le spinte della volta, al di sopra del giunto di rottum, ccl i pesi propri piedritto porzione inferiore della volta solidale con qucsto. l,a diiicoltà consiste ormai nel tradurre la forza peso verticale del c()!'lci() srrpcriore nella potenza D, perpendicolate in L al btaccio di leva, e ncll'cspri'I (lcllî rrtrc i pesi'a delle parti stabthzzantt riportandole sull'altro cstrem() I t r , r . \ l . r n ó n o c c o r r es p e n d e rir t e m p o . llcliclrrr, nel trattato già citato nel ca1. I (La scietce det ftgértinrl datt ht ,,'t ri/r fu.r trauatrx def\rlifca/ion et d'arcbileclttre ciui/e), espone una su^ rilctluril rlcllrLtc,rìa del De Ìa FIire al fine di renclerne piìr agevole l'appìicazionc, ttcll,t 'í à I'at.Litùtttl. .n'lr', lr PùÌn)lìcîr0 ,. ^. Borgnis icl T taitti [1íluotaile de îon|t tîtiau alúlnr .' lì.ùilli ircl 1iì23,riticnc ìi tcoriî di l)c ìa Ilìrc c, la macchinasempÌiceche, nel pensiero degli antichi, esprimevacosì bene il < mutuo soccorso) tra i diversi conci compooenti la struttura voltata. La fig. 9."15,stntetrzzaeflìcacementenumeroseconsiderazìoniche il Couplet sviluppa nei problemi successìvi, per la determinazione delle grossezze dei conci e delle ( spinte)) da questi esercitatesui limitrofi nonché sul piedritto. Anzitutto si suppone assegnatala forza e dunque il peso Qa del concio in chiave che esetciterà < per primo > sforzi perpendicolari ai giunti dei conci limittofi. Con la nota regola del parallelogramma si otterìgono dunque lc fotze F,1"e F,ro e si prosegue poi la costruzìone nel ttatto a sinistra dell'atco:

    ró Couplct, cit.,p. 79.

    rr Ibidcrl. o. 80.

    9.tt.

    336

    ,+chi, ,ohe, ,,tpah

    Le d e nenarie di Cokpht

    3t7

    sul prolungamento della AE, a partire dal punto B, centro dì gravità del concio successivoalla chiave, si riporta HB: AE e nel punto H si traccia una verticale sino ad incontrare in I la perpendicolareal gìunto sottostante. Si individuano così il peso Q" del concio, la spinta FB e analogamentetutte le altre incognite del problema, ivi compresal'ultima spinta FD sul piedritto. Da notare che nel caso in cui l'attacco volta-Diedritto risultasse orizzontale, l'equilibrio sarebbegarantito soltanto imponendo all'ultimo concio d,aver peso infinito: la paradossaleconclusione viene rimossa dall'autore facendo appello alI' " . Passiamo ota alla seconda memoria del 1730 dove Couplet affronta il problema delle volte avendo riguardo, come dice lur, al|adetenza tra i conci; qui il discorso si fa, in certo senso, piir vago e discutibile, benché non si debbano ignorate alcune intuizioni feconde che il dibattito successivo terrà ben presenti e trasformerà in ptoposizioni rigorose. Va detto subito che l'aderenza o I'attfito citati dall'autore sono appena intravisti, senza che ne sia offerta una valutazione quantitativa, soprattutto in relazione a un possibile meccanismo di collasso : ossta infinitesima AKk cresce con z ed è esprimibilein misura proporzionalea zdQ; il peso dell'unghia AMm sarà dunque, a sua rrolta, proporzionale a: lzdO J '

    (e.4.s)

    ll B costruito da Antoni Gaudl per la sua < Sagrada Familia > ancor oggi visibile nell'attiguo Museo di Batcellona (frg. 9.22).

    9.5

    LA MIGLIOR SECONDO

    L'ABATE

    DELLE

    VOLTE

    BOSSUT

    Negli anni successivi al 7770, 1a teoria degli archi e delle cupole prende uno sviluppo improwiso, straordìnario; diventa argomento erudito di studio da patte di illustri scienziati che, non di rado, sembrano trastullar\.isi, esibendo con disinvolta slaÍezza ìl loro possesso dell'algorìtmo matematico. Non è facile addentratsi nei complicati formalismi, nei contorti ragionamenti, nelle sottili dimostrazioni, nelle ardite e spesso nascoste ipotesi che caratterizzaoct i lavori di un Bossut, in Ftancia, e dì 1ì a qualche tempo, di un À{ascheroni o di un Salimbeni in ltalia. L'indicazione costruttiva, il problema strutturale, sono ben presto dimenticati a favore della lussureggianteelaborazione analitica che riconnette il tema degli archi e delle cupole al tema delle curve fìcssibili cd clastìche,almcno per I'analocia abbastanzastrettrl dcllr: cquazionì cliffercnziali ()ttclìlutc.

    1i9.9.22. Fa eccezione Coulomb con il suo saggio memorabile del 1773: nel girrr Ji qualche pagìna, Coulomb riesce a dire l'essenziale,sistemando quel che cra completam€flte nuove questioni di cui, sino acl alkrra' !,rà noto. ,lrJ....tdo la lormulazione, proponendo a'Il'attenzione deglì scicnneppure chiara era Îr,n che si sarebbero dovute intraprendere Questo spicga riCerca di le linee zirLti ncrché. tra tutti gli autori settec€nteschi,che pule dissero cose molto ilnpori.rrti e genìali sulle.rolte, solo Coulomb sia menzionato in modo non gencrìclr 'r' ,,'Lr.""iÉ dagli storici, a pattLre dal Poncelet'5, per únire -al Timoslrenlto : le trattazioni scientifiche che veramente imprimono una svolta sono quellc chc rì()n soltanto obbediscono alla verità, ma anche sanno esprimerla con cc()rl,rrlia, obbedendo a un principio di semplicità lioguistìca e di eviclenza tìcs( l !ttlvA.

    Alia memoria di Coulomb dedicheremo i pangrafr' seguenti Qui invccc (lhîrlcs ,,,,qlirmo riferire qualche sommaria notizia su due densi studi dell'abatc ln'ssLrt (1730 1814J, un prestigioso matematico francese che si era mcssLr itt del tempo Partecipanclo infatical>ilmentc rrlll rr,,stra ìcll'ambiente sci;ntifi; Lione, di Tolosa, cli Patìgi e, successlvanrcntcr (di Àccademie !itrr rli nurnerose di Utrecht): corrr'cre jn uso allor.lr, il di Torino, Pietroburgo, l},lo{lrìa, cli rli u r1i,,c,,,, scicntiiìco era rifmato dai pte mi che ogni Accaclemia mcttcva irl pîli() , ' | , i ,r,r r,, ,t , I , , uli stucliosi a un'aristclcratica emulazionc' Il 1Ì()str()al)atc, si lluò "'htioni t'ttot'tt"t tl\41't'1 i\ l. V. l',,ncclct, li\utNt.ritì'lt! tt h;\tnrltlt 'l,i I'tittllt/,t "(irrrrprcs lìcrrilus", Ît, 577 5ir7. 11152' ht"t,t,î;;,ih!, I'l' 4,4 5 l. c fl) 511-54l lf :r' S. lirrnsIcnk,,, .l rtr,:n!:th .l tr,,ùitll!, (i!. tliih"t

    l'írlni'

    Arîl)ì,

    344

    Mlte, c/t4ole

    La rligtiar

    dire, non ne mancò neppur uno cimentandosi sui temi piìr dispatati Ed è lecito dire che, se nel 1770 l;abate Bossut presentò all'Accademia di Parigi i suoi ", ciò non derivava cla un reale coinvolgimento dell'autore studi sulle volte nei problemi dell'Architettura, ma da una curiosità speculativa, come nella ricetia di un esercizio diYertente sul quale i dotti illuministi avtebbero potuto dimostrare I'efficacia della scienza anche al servizio della tecnica e dell'arte Presentando il primo lavoro di Bossut, I'anonimo commentatore dell'Accademia così si espriÀe: < La memoria del signot abate Bossut ha il pregio nort comune di stabilite un'analisi nuova e di fornire nel medesimo tempo delle formule applicab ili alla pntica. di ufl'arte importante, dove. la saldezza delle costruzioni è legata alla stcwtezza"d€i cittadini. Non v'è ormai alcuna questione rel^tlva a tale saldezza che non si trovi risolta dai princìpi impiegati in questa '8. memoria >> Il giudizio è, in realtà1,esagerato. I1 Bossut limita la propria attenzione su 1) la definizione della forma di una struttura voltata capace di garantire l'equilibrio anche in assecnz di attrito o di coesione tra i cond; 2) lîL d.etermlflazione dello spessore dei piedritti di un arco o di una cl,pola facendo appello a meccaniimi di tottura che lievemente generalizzano cluello gìà ptefigurato da De la Hire.

    che sia: F

    - F

    (e.s.1)

    -{ dire il vero, questa condizione proposta dal Bossut non è suflìciente: ,7 C. Bossut, Recbenhetvt t'éqaìlibre dcs t'oìtet: tna prìma Memoria-fu',lett2 ^Il'Acadómic dct "llr'roirc Je l'Aca,lirnic S c i e n c e "J i Ì a r i e r i i 1 2 t u s l i o l ? 7 0 , n a t u p u b b l i c e r ' n o l o p i u r r r . 5 p r c s s o l M c r r r orir' J'l rit'I" AaÍrrl/Ù u r ì x : e c r ' n J r p p . 5 3 4 5 o o ; A n " n c ct 7 7 4 r ' r r c l l ? ? 8 . n"""f. a* S.i.í*. , i , í i i , j * * , t ' , q , i t n * d . t w t ; t c ! c ' t D i m r u l c t t : r i l 2 s c r r c r n h r c 1 7 7 8 ' j P U b h l i c : r r 11Ì ' n r v ' s r r c c c s s i v o ' nn t%-lllì",.,," c l c l ' A c a , l i , r i c R o y ^ l c c l c s S c i c n c c s ,^ n n ó c 1 7 7 4 " ' p . 6 4 , 1 1 1 8 .

    z-à,\

    -ll.Qt

    due problemì non del tutto originali:

    Tra i due, il ptimo problema è il più fecondo di applicazioni sino ad allora ineclit:. Vediamo. brevemente la formulazione e la soluzione. Sia ABCD "' (frg. 9.23) la linea di intradosso di un arco, abcd ... ne sia la linea d'estÎadosso' Si-roppoltg" l'arco composto da diversi conci come BCcb, CDdc le cui supetficie ài coitatto siano ben levigate, sì da escludete qualsiasi mutuo attrito' I < letti > di traccia Bb, Ca, Dd, ecc., siano perpendicolari all'intradosso' Il Bossut esprime le forze esterne F1, Fz, ..' agenti sui conci assegnandone I'intensità . iu ,rtt^ d'aztone; in F , Fr, ." sono dunque compresi il peso dell'elemento e osni altro carico eYentualmente non verticale. Ebbene, ifconcetto di fondo che orienta l'analisi del Bossut è il seguente: un atco ben costruìto, decomponiamo le forze F, F, agenti su due conci in consecutivi nelle direzioni petpendicolari ai ; la forza Fr' dunque' si decompone nelle F,, Fru; Ii loiza F, nelle Fr. e Fru. L'equilibrio impone allora

    345

    delh ttolte secoda I'abafe Barî t

    11:/

    /,. -

    ltig.9.23.

    di contatt() tra I ,,ccorretebbe ancora segnalare per qual punto del (letto) rfuttàvia pregiucìizio allc reca ^nz^ non l^ ^un crrnci passino le forze Fr"oe Fr,. riconè implicitamentc I'arco dove ,Lpplicazioni successiyamenteconsiderate, di compressionc forze punto alle in ogni suo .i ,tt,, o o.ru linea curva tangente La relazione (9.5.1) si presta facilmente ad essere tesa pir) espÌicita,.con ritcrimento alla geometiia dèll'arc. Passando al Ìimite, facendo cioè infinitesimi- gli archi BC, CD ecc., tutti di lunghezza ds, risulta, p€r un arco generico BC (fig. 9.25): sen Ag, + sen dgr:

    e che:

    2'-f

    Ld nigliot

    dgt

    (e.s.8)

    e per quello atlguo LIJ: sen A sen dgr:

    dg,

    (e.5.e)

    Operandoquindi le sostituzioninella (9.5.3) si trae: F1 E:

    sen Ag, cos (9, r.n -\9, cos (9,

    0J 0r)

    (e.5.6)

    ossìa: F _ sen A?, co! el 99j iql .:!&.:l& Fp senAg, cosg. cos0, .| seng, sen0,

    (e.s.7)

    Il Bossut osserva a questo punto: < Si vede dalleggrzione (ora stabilita) che, conoscendo la figura dell'intradosso, gli archi BC, CD, ecc. ai quali corrispondono ì conci, e le ditezioni delle forze F., Fr, si potranno conoscere i tappottt tn le medesime fotze. Ad esempio, se l'intradosso ABC è un semicerchio (fig. 9.24) e ogni concio è semplicemente soggetto all'azione del proprio peso, se inoltre gli archi d'estradosso mn, n'p, ecc. sono concentrici e l:i.q.9.25. \ r ) c , , r l . s e r d e s i g n ai l r a g g i o d i c u r v a t u r a i n B C e d r l e s u a r e r i l z i o t t c irlìnitcsima nel passaggio da Éò a óD, si ha;

    ,

    ''

    d

    s r

    , ''

    d s r+dr

    (e.5. l0)

    l ) c r c i ò c h c r i g u a r d a i t e t m i n i c o s g , , s e n r p r rc o s g ' s c n g r c h e f i g u r a n r r rrclll (().5.7) è opfiortuno ri[erirsi a una raPpresentazione patamctrica tlclla

    .llig.9.21.

    r') (:. ll,'sst|t, R$lttîl)!t.,,, cir., p. 539.

    348

    Arcli, rolte, urpole

    La niglior

    delle volle *conlo I'abate Barsal

    349

    cutva AD, secondole z: z(s), y: y(s); essendoB ìl punto di ascissacurvìlinea s, ne segue evidentemente: dz(s) ''

    (e.5.11)

    cls

    Invece, avendo il punto D ascissas f 2ds, ne viene:

    d,(s) als

    dl (s * 2 ds) . - dv(s) ,

    S e n'-9 e - - - - - :

    os

    os

    .- d'rG) _._ -

    ^ d' yG) q, s z' ; "

    F, :

    (f f df) ds

    cos0, : ses0(s)-f. d (cos0(s))

    (e.5.13)

    cts'

    a una distribuzionecontinua,

    Infine, le fotze Fr, Fr, ... si rìconducono onde è lecito potte, ad esempio:

    F, : fds

    (e.5.12)

    os'

    cos01: cos0(s)

    sen01: sen0(s)

    sen0, : 5sng1t; f d (sen0(s))

    Otmai tutto è predisposto p€r mutar veste alla (9.5.7): basterà sostituire in ogni termine e in ogni fattore che in essaappare l'espressionerelativa che si è sopra indicata. Natutalmente è inutile riportare i semplici passaggi; la conclusione è ch-e,trascurandogli infinitesimi d'ordine superiore,la (9.5.7) prende ra s€guenteîolma: /

    A2.

    .1,

    ,t- \

    /

    42.

    \

    ìois ' t ìq's ìc's| / ,

    f c o s O l 2 r j l - f+ + l * f s e n 0 l 2 r \

    ds'

    ds os/

    r. , dz C * r - , r - i ( f c o s0 ) f r + + ds

    ds

    ds

    ,lf

    .l

    (f cls '

    A" \

    sen0):0

    (9.5.14)

    < Questa equazione - dice il Bossut è la base di tutti i problemi chs si possono proporre su questa matetia. Ota, vi sono due questiofli principali da esaminate. L'una consiste nel trovare la f.gura della tolta qaarda si caxarm la hge d.elleforry cbepressanoi canci; I'altta consiste, al contrario, nel ttovare la lege delle farry clte debbonopressare i eanù qaardo si canotca la f.g.tra delk ulta >r3o. Entrambe le questioni sono esaminate e risolte in diversi casi dal Bossut, sia per le volte a botte (prima Memoria), sia per le cupole (seconda X{emoria). Si noti che il passaggio alla cupola è ottenuto dall'autore facendo la semplice ipotesi che ogni della cupola sia considerabile isolatamente daÌle contigue e si comporti quindi come un arco a spessorevariabile (fig. 9.26). Naturalmente la questione ( diretta ), quella cioè riguardante la . Vediamo ora come il Bossut si dcstreggi l)cnc rrcl tnrrrc clalla (9.5.14) indicazioni utili sotto ipotesi particolari. Il primo caso tll lui corrsicletatoconsiste nell'arco omogene() e uniforme soggett() al proprio pcso. (Ìrm'è prevedibile, la soluzione sta nella catenaria ()r-nollcnerrovcsciatl c r l ò o t t c n i b i l c c o n p o c h i p a s s a g g ir l a l l a ( 9 . 5 . 1 4 )o v c s i p o n g a f . c o s t , 0 - ( ) . |cr vcrilìcarc (lucstl c()nclusi()ncè pcri) sullìcicntc rip()rtarc i plssaggi rclativi

    Arcbì, "obe, tkpole

    350

    al secondo caso più genetale di una disttibuzione di forze verticali vatiabili con z nella forma f : f (z). La (9'5.1\ si semplificain: dr dz\ , - dz _df as as/-tat-a,

    d'. '" \1z. r d s ,

    (e.5.15)

    0

    351

    > delle ralte secohdaI'abate Bo$kt

    La nigliot

    (Cr, C, sono costanti determinabili, owiamente, con le condizioni ai lìmiti). Il tetzo caso riguarda un arco soggetto a ptessione normale tispetto alla sua linea d'asse: ad esempio, un arco soggetto alla pressione di un fluido

    (frg.9.27).

    L'accorgimento proposto dal Bossut per integrare la (9.5.15)è semplice ed elegante: moltiplicando ogni termine peî -r /

    +

    si ottiene:

    r.r- rr\

    (e.5.16)

    : t f\ c+r st/ /t - 0 ds \

    e, integtando:

    (e.5.l7)

    - f frl*l \os/ dovefèunacostante. Se si assume z come yaîiabile indipendente valgono le relazioni:

    1 r

    y ' (V1 + y,2)3

    71 l yrdz

    ur

    (e.s.18)

    ayendo segnato con l'apice la derivazione rispetto a z . Pettanto la (9.5.17) assume la forma:

    I - Í^'.èarrrnè f .hé si possono considerare funzione assegnatadi y, fotmano dunque con l'asse y u n a n g o l o 0 E . N e s e g u e :

    Àcos0- i cls

    v

    a/--,,e

    " -T I

    (e.5.1e)

    Il Bossut elabota ultetiormente la (9.5.19) secondo tecniche a noi giàLnote dal cap. 6 sulle < curve flessibili ed elastiche>3'. D'altra patte l'integrazione ( della a9.5.19),che è a variabili separabili, non presenta formalmente ) dimcoltà; si ha infatti:

    (9.5.20)

    (e.5.23)

    i,

    c l'equazione fondamentale (9.5.14) diviene, con semplici passaggì:

    '',[-]. *f i'l' r lolYll\os//J l z o s\ \ o s / * [(*)'.(*)]('*:*'.ff) / À" \2

    f r-

    dy'

    sen0:

    N r r ,P o i c h é ( É J + (S)t:

    : o e s24)

    mcntcI : r, q""sta equazionesi ricìucesemplice

    a/7 -L -,2

    settsenh(y') - -J 7 d, + Ct f

    f

    I

    f

    I

    1 ( z ) J, s e n hJ l; - 0 , - ' c ' ld zl c " rr lbi(lcnì,pp, 542'543.

    (e.s.21) (e.5.22)

    ,. .lr

    df

    cls

    os

    (e.s.zs)

    rlu cui, integrando: I'r

    il'

    (9.5,26)

    r L r v c l l è u o a c ( ) s t a n t e .S i r ì t r o v a , c l u n q u e ,c t t m c d e l r e s t r t c t a c l a a t t c n t ì c r s i , rtnir tcltzionc tìcl tutto anakrga r cluclla chc govcrrra l'c 0 e r è preso in valore assoluto);quindi la (9.6.8)conduce a:

    ,r(3tJ':2fh+h2

    (e.6.10)

    da cui :

    h:-r+lli;w

    l:ì1. 9.)î.

    (e.6.11)

    Questa è l'(( equazionegenetaleper una volta qualunque soggetta al proprio peso> 16.Coulomb.r. siilupp^ un esempioe r i aggiungedue osservazic,ni. 3ó Ibidcnr,p. 373.

    f,n prima osseraaTiorc riguarda il fatto che una volta costruita in obbeclicnzn lui critcri sopra esposti è tale che non soltanto la risultante delle frrrzc agenti ru unl p()rzi()ne AaMm è scmpre perpendicolare al giunto Mm, ma anchc cssa 1rîssirl)cr un Punto interno al scgmento Mm. l,ir scconda orcruaqiortc,invccc, mcttc in guarclia sulla rcrlc rtttcn(libilitÀ

    358

    Aîît)i, la|e, c/tpoh

    L';nportanle

    coxlribttto di Coalonb alla leaia .le//e ,olte pttue d'attrila

    359

    della fotmula (9.6.11);infatti, scrivendo questa,in virtìr della (9.6.12),nel modo seguente:

    h: ,+ll;+#

    (e.6.1s)

    si vede subito che (fig.9.32), se I'intradosso della volta termina sul piedritto con un angolo retto, essendo in tal caso cos g : 0, l'altezza corrispondente dovrebbe tendersì infinita. Ciò è iragionevole ed è contaddetto dalla pratica, dove intervengono ( l'attrito e l'aderenza >>.Coulomb aìlora conclude: 37.

    Fig. 9.3i. Segue infatti tn eteapio molto significativoi ti tralla del problena di wn piatlabanda in maralura (frg. 93q. Si vuol ricercare quale debba essere la dircziooe del giunto genetico Mm, essendo invece assegnatela direzione (vcrticale) del giunto Aa e quella del giunto Bb. Sia h I'altezza Aa e sia z I'ascissa tli N{. Il peso della porzione -A.aMm è proPo(zionale alla quantità:

    Fig 9.32. Ed eccocì al tetzct cotollatio: se fu ana yoba sona assegnati sia I'iatradaro, sia I'estradosn, cone i postono deternixare, in caso di eqailìbrk, h direqioni dei giunti? Siano P e Q le componenti otizzontale e vefticale rispettivamente della risultante delle forze agenti sulla parte AaMm della volra (fig. 9.33). Affinché la risultante stessa sìa perpendicolare al giunto Mm la cui direzione forma un angolo Q con la verticale, dovrà essere:

    Q:Ptg{

    (e.6.16)

    < Noi vedremo in seguito - aggiunge Coulomb - quali siano i punti S tra A e a, dove si può applicarela pressioneP, quantità determinatadall'equazione precedente,per soddisfatela secondacondizionedi equilibrio; ossia altrnché la risultanteR passisempretra i punti M e m> 33. rr lbidenr,p. 374. : 8 l b i t l c n ,p . 3 7 5 .

    (e.6.r7)

    Q : h z+ t n t r f

    nella (9.6.16)si ottiene dunque, a mcrrocli Sostituendoquestaespressione run fattore nella misura delle forze :

    r.,:(r-]r,)'s+ ()ra, quando M sì porta in B ad ascissaz : rrrntìo un angolo dato Qr; deve aversi perciò: /

    '

    t

    r8) (e.ó, I ìl giunto deve disporsi sc-

    \

    I r l: ( P - t h , J t s { r

    (e.6.1e

    ,lrr cui 0

    (e.ó.23)

    ( ) r $ r , , ( . , n ì ( l i z ì { r r ì cc o n s c n t c c l i c l e t c r n , i n a r cu n a d c l l c g r a n d c z z cl , h , k , ( 1 u , ì n d os i , Ì n r ia s s c l l î , r t . l c î ì t r c tri, r l r r r .A. , l c s c r n p i o , s c h = 1 e I ' x n s ( , l ( É rBlu , r , r n r a t col a B b c o n h v c r t i c n l cò 3 0 " , r i s u l t i k h ( ' , , 1 , 2 ] ) l ì ' Í ì i s c c p r r t , r n t o I . 1 3 , 7 6 : o s s i , r ,l , r l u c c 2 l ( l c l l i p i î t t r b î n d 1 r p i ) r r i c s s c r c l L r t t ' î l p i i r $ c t t c v.,lt( c rìc27() nr|ìg8iorc (ìcìl:ìgnrssczzl h.

    Arelti, t'otn, n4ole

    362

    sollecitazioni che insorgono in una volta di assegnate dimensioni e figura. Prima il calcolo era limitato essenzialmente al pragetlz, ota il calcolo è piegato anche alla aerìfca. Occotre dire, peraltto, che alla straotdinaria novità. dell'impostazione di Coulomb sono di contrasto alcrtne tncertezze nella conduzione e nello svolsimento analitico. Pare quasi che il grande scienziato e ingegnere voglia consegnare ai suoi lettori un itinerario di ticetca piìr che un procedìmento immediatamente utilizzabile, un abbozzo già matuto e indicativo, ma norì una trattazione rifr,nita con meticolosa pedanteria. Il discorso inizia subito con l'esposizione d.el problena foxdameúah: >aa. +: fbiclcn, p. 378. 'r'r tbiclcrr.

    lti,r:.9.19. a r ( ì . V c r r t u Í r l i , t j l t t t , t i t t i A I ú c n n i c at d ' l à r a t l n a , 1 ' p . 2 1 9 , M i l a n o , 1 8 5 8 t 1 - r p r i r ì l r rc < ì i z i o r t c , l i , l r r c s r a n o t c v o t c , a r c m c h " " t ' t ' c n u n r c r î s c r l r r c c , Ì i z i ( , n i c s u c c c s s i v i, r r r i c c h i n r c n r i ,r i n r , r n t r I r l 1 l l 0 ( r .

    366

    Arctti, ,o//e,c'eoh

    Per evitare invece la rottura sccondo lo schema (4) dovrà aversi analogamente :

    MR> Pd- - Qd-

    (e.7.8)

    Se pertanto indichiamo con Br il nas rua dell'esptessione: --Qdu i-

    Mn

    (9.7.9)

    t.d .ùttra

    367

    $ie'trifc.1 ;tara,'a e Marctffatlì

    Secondo gli studiosi successivi, come il Venturoli e il Poncelet, è qucst() il primo concieto accenno all'esigenza di abbandonare il popolare metoclo tli l); la Hire e con esso la lettura dell'arco come un cuneo sPingentesui tinEanchi, ner affrontare l'analisi rigorosa del cinematismo di collasso rappresentato nclla ilg. 9.40nu. Tale analisi però, non è ascriYibìle ai meriti di Coulomb; sarà un cèiebre scienziato ìlluminista italiano, l'abate Mascheroni, a svolgerla con chiarczza ed effic ce oPefatività.

    calcolata rispetto a ognì possibile giunto Mm, e con Br tl ninirya dell'espressrone:

    Qd- + MR

    ìr

    (e.7.10)

    l'equilibrio è assicurato se Ia forza P obbedisce ulteriormente alla duplice disuguaghanza: Br{P{B1. In conclusione, dice Coulomb, ; il quale, al termine della sua Memoria, lascia cadere tra le righe un'ultima osservazione preziosissima ai fini del coretto calcolo a rottura : < Ora - dice infatti Coulomb - per poco che uoo vi faccia attenzione, si vede che se si divide la parte superiore della volta verso la chiave e si suppone che la volta stessasi r,)mpa in quattro parti anziché in tre, la forza di pressione delle parti superiori sarà spessoassai maggiore di quella che si detetmina col metodo del Signor Dc la I-Iire e le dimensioni dei piedritti fissatedal suo metodo saranno insulhcienti > a7. ar,C()ulomb, cit., pp. 379 380. 47 lbidcnr. r). 382.

    9.8

    LA

    CULTURA.

    SCIENTIFIC.{

    ITALIANA

    E MASCHERONI

    ii, r.enuto il momento di rivolgere l'attenzione alla cultura scicntilica itltsul tema degli archi, delle volte e delle cupole si - svilupparono, ncllit lilrl; ass'rmltîgnrtti sct,,ncla metàLdel Settecento interessanti e vivaci studi, 121v6112 alla firrmirziottc finalmente ,lr cruclite e battagliere discussioni, che condussero utlil sit.ìtcsl oggi, è rintracciabile, ,li vcri e propri ttattati sull'argomento dove itt ttturitcostruzit.'ni intorno alle r,,rrrplcta .l.lli .,r.tot.".tr" statiihe del temPo 'l't" titokt: drtl Mascheroni di Lorenzo tutti, forse, eccellela grande opera ,r,r,,. r s l n r c . r l t i , s i n d a l 1 7 3 2 l c e s p c r i c n z ec o n c l o t t e d a D a n i s v d e l l ' À c c a d c r n i î ( ì i M ( ' ì r l ' c l l i c r c (1"ìr'strxr0 , ' r ' , r r . r r e , l . r l t ' t i / . i ú | l t a ; t i . ! ' / a C a ì 0 " d t : s . P i i r r a r ,t o m o l l l , S t r a s b o u r g , 1 7 3 9 ) ^ ! c v a n ( ' 1)rî cssî rrIrn$c , , , , . ' , , r , , , 1* ' r r L h r l . f " s \ c L t r ' , t t u r î t n t r t p c z z i . i c l l ' r r c o , s e c o n ' l o l a t e o r i r c l c l c u n c l ) ; cornc il I'crrttncr , l i , ' , " , , , i ' , , . , ' * " ' L r r O , "p " r v i r , l c l l . t . r b c l ì cd i d i n r c n s i r m x n l c r l t oc h c g m r r d i i r r t l c g n " r ì t ' í b / t ù t r i l t t tt u Î I ' ù ' t t ' l r r ' l a \ t i t n n t ' t t t n t r ' / t , , r [ r / , / i r ( c f r . l . c s r g c , x l i r a t r o , ,i,i'.,',,.i,"",,., J r 4 5 ' rr (l) ' c incrcJ i r " t t r r r ' r , L l c i I r p , ^ i , r ' " ' . p c . a l t . , , / , . , , , , , . , , *runti r l ' r r i s , 1 l ì 1 0 ) ,c o r r c g g u t c l o Nl S s'ìîrìzrtr' c i ( ; l n l ' L t l i ' U ) ù t r t t " t t u ' \ , a r , / / , ( c f . l'1,"r1:, " . , , , , , ' , r , ," r , ' , , , ' ' , , ,i,' , l x r i , l i ; 1 c , , 1 , , l e c s p c r i c r r z (cl . " l ( ; î r r t l ì ( v ,f',,,.,i.,,"'r'r", pi.i,,r^ p...,",.r.r." ^ risuìtrri prccisi;"^i'u'''" i"''"' (|,],'|,|'l|1,r;'',,'t,,,t,,u,,)"n.'l|lt\olhí1,l tllrrrrlr.l'|\,,istlr|(I|uni|t.r| < l c l l cv , r l r cì r t t l r r ; r r r l rl rr c z z i .| c r i r t r z i r r r c l..rsi,l.l l(r,rrìcr,, rli r,,rrrrra

    368

    Arcb;,roltu,ueah

    lYuouericertbenll'equilibrio delleuoln, edita nel 1785, che valse al matematico abatebergamascola cattedradi algebrae geometrìapressol'Università di Pavia. Prima di dare qualche breve notizìa sui principali conttibuti oferti dal Maschetoni è però opportuno ricordare che già da tempo in Italia l'ìnteresse dei < matematici> €ra stato richiamato sui problemi statici delle volte e delle cupole. Molto noto e molto citato è il dibattito che insorse a proposito della cupola di San Pietro in Vaticano: all'intefvento dei < tre ReverendiPadri Matematici ), Ruggi€ro Giuseppe Boscovich, Francesco Jacquier e Tommaso Le Seut, chiamati dal Papa Benedetto XIV perché studiasserole cause di certe lesioni e proponessero gli opportuni rimedi, si aggiunsero ben presto altti rrolontar.i contributi di alcuni dotti studiosi italiani, come il patrizio senese Lelio Cosatti, sino alla magistrale analisi condotta dal Poleni. Meno noto e poco citato è invece il dibattito che pure infiammò gli spiritì intorno al ptoblema del tiburio del Duomo milanese: anchein questaoccasione interr.ennero celebr.i scienziati come il Boscovich, il De Regi, e altri; ne si astenne dal dire la sua l'Accademico Paolo Frisi, un personaggio molto stimato a livello intetnazionale,ptofessore nella < Regia scuola eretta in Mìlano per gli -Architetti e per gl'Ingegneri >, il quale dedicò un intero capitolo del suo tfattato Instihtqioni di Mercanicad'Idrostatica, d'Idrametria e dell'Arcltitettara Staticae ldraulica, Milano, 1777,alla < Cupola del Duomo di Milano > per applicarvi i suoi < nuovi princìpi >, puftfoppo sbagliandotutto, come gli farà osservare F. M. Franceschinis in un oDuscoloassaipolemico del 1787ae, Lotenzo Mascheroni era nató nel 1750 < iÀ Castagneta,piccola villa gìacente sotto il castello di Bergamo>. Poeta, pensatofe, matematico, il Maschetoni siano trattenute reciprocamente-e sul suolo da superficie di appoggio dotate di attrito secondo un coefrciente f" (fig. 9.42). I caúcht sono rappresentatt da fotze QÀ : QE, QB : QD, 2Q", applicate nei diversi vertici e de(ivanti, ad esempio, dal peso delle membratt,re An, BD, DE, nel primo caso, e AB, BC, CD, DE, nel secondo. Il problema sta nel verificare le condizioni di equilibrio del sistema, ove sieno assesnate le lunghezze delle aste, manovrando sugli angoli 4 e p. Si tràtta di un i u e . i L o d e l t u t r o e l e - e n t a r e , l a c u i s o l u z i o n ep u ò e s s e r el a s c i a r ap e r e s e r c i z i ' r aì lettore; tralesciando dunque i passaggi, riportiamo subito i tisultatì. Per il tetto quadrangolare ABDE la componente otizzontale ll,r della reazione Yincolare in -{ è data da:

    (e.e.1)

    HA:QBtgcr e la componente Yerticale VA da:

    (e.e.2)

    Vr-Q-r*Qs Per il tetto pentagono ABCDE I'1,1:

    (Q1,f

    Qf

    tg ct

    c , i r . rp i i r , c ì c v c r i s u l l a r c :

    V^ :

    si ha invece: (ì,, Q^ l Qrr I

    (e.e.3)

    \\

    \\lo"=o^'

    \tre

    H

    A

    î

    lv^ I iy. ().12. (.iir

    (lcgli Premesso, possiamo tornare al problema del calcolo a rottura l'trctr rur lri. ll nreccanismo dj collasso ideato dal De la llire, secondo il clualc rrrlx riolc LICD discende tutto d'un pezzc>(frg. 9.43), scostando con lc sr.tc r1'rrrtr.lrrtcnli i piani Bb e Dd, ha certamente attine\7z,aal problema clcl tctto r ; r r , r , l r , L nr l{t,r c À B D E s o p r a c o n s i d e r a t o . l,t a p p J i c a t on c l s u o b a t i c e n t r o ( ) , c c o n ( ] c i l l r c s o t l c l r , , l r , l , ' l l l r ( ì l l ) P l i c a t o n c l s u o b a r i c e n t r o ( ì , s i r ì c o n o s c cc h c Ì a r c a z i o t ' t co r i z l , r t t t . r l c l l , ' i n A , u g u u l c ( c c ( ) n t f î r i a ) a l l a s p i n t a t . : r i z z t t r t t ù cI l r r i n I l i r t t l o t t r r r l e l 1 ' t r , , 2 { ] , , t l c l l ' l r c o s u p c t i o r c l l b l ) d , ò t l a t t r l a l l e c o n c l i z i o n cc h c i r t l J l r t f i r l r , r s t , r r r , , r r t t r r lrcl l c t t ( , l l l ) ( l i g . 9 . 4 4 ) :

    I r r r r , , ( l , r gr

    .t, iì;l

    (e.e.ó)

    372

    Arîl)i,

    m€ntre la reazione verticale Vr \/a:

    Q6 f

    "olte, aQale

    è offerta da:

    (e.e.7)

    Qc

    .\t^clr{ltli

    -)t5

    e la rittcr/a>so. l. schemadella fig. 9.451; se ,^t,

    9.10MASCHERONI ED IL CALCOLO DELLE CUPOLE DI GROSSEZZA FINITA Passiamo ora al secondo tema che abbiamo scelto di estrarre, a mo' cìi csempio, dal denso trattato dell'abate Mascheroni: riguarda il calcalodelle ctQoh di grosseTtafnita. Anche qui terremo presenti i contributi posteriori e in particolare faremo riferimento alla formulazione sintetica che ne ha dato il Venturoli. Già ci è noto dalla memoria del Bouguer qual è il concetto fondamentale 1'crseguito, durante il Settecento, nel calcolo delle cupole in muratura: mentrc ncgli atchì, ove si faccia astrazione dall'attîito e dalla coesione tra i conci, è nccessario importe che la risultante R della spinta otizzontale P e del peso (] rlclla porzione AaMm sia perpendicolare al letto Mm; nelle cupole è sulicientc ìrrrporre che R, pur obliclua al letto Mm, ,lt,-rrriot.tinon ecluilibrate,ovvero di cinematismi di collassodetivanti in forzc che le reazioni Àutue tra i conci dovevano in ogni caso esprimersi ìegittima1) fosse 10 Ciò spiega perché la disuguaglianza(9 ,Li .o-p..rrio.t.. unrca coldizione di equilibrio per la statica delle cupole' come assunta mente Ormai la questiofle è ricondotta al determinare le quantità Q e P che Esuranonella 1ó.lO.t;.Si tratta però, Per grxn Parte,di una questioned'ordìne p;iché s; il peso Q p.o.'i.ttè (com'è naturale per una cupola in "!"tr.rri.., volume dell'unirìr"tut"l àa'l prevalente p.ro pìóp.io, occorrerà misurare il j a l l a a o g o l o< " : 1 i n d ì u n r u o t a e s s a q u a n d o s u p e r f i c iA e i\'lm. *tri, g."Ér^," r ) . 4 c ) ) . q u e ì l ad i s o m m a r ei è [ o r s e p i i r s e m P l i c e r i a La ,",,fnJ.tl'".t. y (fig. ìa: contributi elementarisecondo

    (e.10.2)

    o:Joo

    clove clQ (appresentail peso della porzìone infinitesima Mn" Già il Bougucr ,ì .r. oàl,puio della miùra di Mn' fermandosi a una formula soltanto appros-

    a A

    Fig.9.48. s 7 ( ì , V c n t u r o l i ,c i r . , [. 211.

    a

    ltil, 9..1().

    Archi, rclte,npoh

    378

    simata58; il Mascheroni invece perseguì con gran cura i calcoli contestando, persin più del dovere, il risultato del Bouguer se, ma la completa generalità e il perfetto rigore furono ottenuti solo piìr tardi, gfazìe aì contributi del Gratognini e alle annotazioni che A. Bordoni appose al testo pììr volte da noi citato del Venturoli. Qui però desideriamo limitarci a qualche semplice indicazione, e quindi ci m€ttiamo nelle ipotesi piîi favorevoli, supponendo cioè che i letti dei conci siano perpendicolari all'intradosso lil che vuol dire rf - 9, \ ,1. \ owero: tg {: tC ? : i: f , e assumendo ancora che la Mm: h azl della cupola sia molto piccola rispetto al xaggio di curvatura r. In tali ipotesi, il volume dell'elemento Mn' è dato da (fig. 9.50):

    vor. (Mn,): (r.'a' + |u

    a,t)"

    (e.10.3)

    Masehetoni ed il caholo de e atpah di gra:se14a fnlla

    319

    Per I'equilibrio dovrà' dunque aversi in virtìr della (9.10.1): î

    a-,

    It.trdr>rìl

    J

    d

    (e.10.s)

    z

    dove, essendoal primo membro il volume dell'unghia Proporzionale al peso Q, sarà la costante f, al secondo membto, proporzionale alla fotza otizzontale P. Passandoai logaritmi, la (9.10.5)diviene: f

    A

    logJhzds > log f

    i

    É

    (e.10.6)

    e differenziando: hz ds _ dy'

    (e.10.7)

    lÈ;E- T con y':

    Qo"rru dìsuguaglianzaconsente di tisolvere i principali pro-

    $.

    blemi che si pongono sulle cupole di gtossezza finita (purché pìccola). Infatti, ,,-\,e sia assegnata la atrva y(z) generatrice dell'inttadosso, essa regola le grossez,zeAei cuneì Punto per punto affinché si mant€nga l'equilibrio; opPure, ove siano date la curva medesima e le grossezze, €ssa dà il criterio per giudicate se la cubola sia equilibrata, Seguendo un otigìnatio suggerimento del Bouguer, poi meglio chiarito, caraa gemralrroponiamoci appunto di deteruiaare la vala delh grzrte dei trattatisti) è bene porre nella (9.10.13)p:2. Sì trae allora il valote di Íl:

    r: f qn'

    (9.10.14)

    e la scaladelle grossezze risulra: ,

    hnRs

    (R- v)'

    l'it.9.52.

    9.II

    (e.10.1s)

    All'inverso, possiamo cìomanclarcia quali concliziotri l'c> ,, della dellLLvariabile formale, d o m t n a n d o s c n e m ' s t a t Ì c tI n u s t t a t l . Infatti, il secondo aspetto sta in una rinnovata lettura della costruzione che fa scorgere in essa la traccia di ilr ttare p1ù, o meno elementari. Mentre nelÌa concezione degli antichi, che abbiamo studiato nei capitoli precedenti, gli elementi dell'edificio, l'arco, il muro, erano fattt ospiti di alcune < macchine semplici ), cluali la leva o il cuneo, ora I'intero edifició è colto nel s:u.orclteleÍro portante che veicola e risolve le sollecitazioni: in esso operano nuovi < perso" come la trave rcn/inua ra più appqaqi o il telaip. naggi -Ebb.tr.,

    l'esa-me-zppÍólofdlo iifrAldnà

    " rp.fi dett" ,impressa

    nell'Ottocento alla scienzadel costruire formerà l'oggetto della secondaparte del presentevolume, In entrambi i casideve esseredunque sottìntesoil richiamo a ì l ec o n s e g u e n zdee l l ar i v o l u z i o n ei n d u s L r i a lnee l l et e c n i c h ec o s t r u r t i v es, i a p e r l'edilizia civile e industriale, sìa per le opere strutturalmente piir impegnative come i pontì e le grandi cop€rture. 10,2 NUOVE

    L'ingruso àel fero

    CONCEZIONI

    PER GLI EDIFICI

    dVILI

    Nel campo delle costruzioni civili, tali conseguenzesi fanno sentire piìr che per Ì'uso del nuovo materìale metallico, pet la diffusione dello schemaa ossaturaportante che gradualmentesoppiantòI'altro, a pareti portanti: il primo esempio di edificio con colonne e travi in ghisa racchiusetra paretl esternein muratura è lo stabilimento a sette piani del 1801 progettato a Manchester da Boulton e I7att; ma pur essendo abbastanza.frequente la sostituzione della paretepiena con elementiverticali di ghisa, nelle regioni industrializzate,!:estaflo ecceziona"liìe ossatureintegralmente metalliche: occorrerà.attendere sino alla secoflda metà dell'Ottocento, Del resto, una soluzione soddisfacenteai vari tentativì per sostituife il fetro al legno nei solai cominciò ad apparire dopo il 1836 con la produzioneindustrialedelle travi a doppio T. Tuttavi^, già da tempo l'edilizia popolare per i cosiddetti < edifici di pigione> alle periferic delle grandi città, aveva adottatoprocedimenticostruttivi e tipoiogie strutturali piir flessibili,dove il muro perdevala sua funzione staticaa favorc dcl

    10.3 L'INGRESSO DEL FERRO NELLA COSTRUZIONE DEI ,PONTI Diverso è il discorso per i ponti. Qui si può dire che l'ìngresso della ghisa c del ferto interviene aflcor prima che fosseto intese le potenzialità strutturali di questì materiali. Significativo è il caso del ponte sul Severn ad Ironbridge pressoCoalbrookdale,opera di A. Darby, intorno agli anni 7776-79 (fig. 10.1). Per \a ptima volta la ghisa è qui adoperatacome elemento fondamentale della costruzione: ma quale curioso uso se ne è fatto ! Le nervature principali furono fuse,come un'enorme sculturain getti lunghi ckca 21.metrì, su forme di sabbia îp€rte da un altoforno costîuito appositamente,quindi trasportate per via fluviale sul posto e ivi sollevatecon funi e unite in chiave. Non furono impicgati né chiodi. né bulloni. Ancor piìr significatìvo è il caso dei ponti progettati o costruiti yerso la lìne del XVII secolo,dove la ghisa è trattata al modo della pieta, come matcriale ben resistente a compressione: ad esempio, per il ponte tra Suncìerlancl c Monkwearmount (fig. 10.2) gettato nel 1796 sul I7ear, Burdon adottò una slruttufa a sei atchi affiancat| ognuno di 125 pannelli cavi di ghisa, collegati rrtsversalmentea quelli dell'atco vicino da sbatre di ferto fucinato. Lo stess() ( ()ncetto sarà usato ancheìn Ftancia dal Lamandeper il ponte -A.uster\tza l>a,rigi (lfì01-1806). Sempre a Parigi, però, criteri piìr consoni all'impiego del matcrirlc fetroso furono introdotti da L. A. de Cessatte da J. Lacroise Dillon nclI'clcgantee agile < pont des Arts > (1803),ìn cui la carpenteriadel legno < alla l)clorme> è ripresa e applicataalla ghisa (fig. 10.3).Due decennidopo notcvoli passiavanti si ebbero con il (fig. 10.a) (purtr()ppo (listrutto e sostituito nel 1925),opera di A. R. Polonceau: qui la luce cmplcssivaera copertacon tre archi di circa 48 m composti da segmenticilindrici crvi in ghisaintercalatida cuneiatti a metterein tensionegli arcl.ristessi.Molto il Polonceauaveva cscogitatoil modo di alleggerircla strutinlqcgnosamente, turt c rli assicurarela sua resistenzaflessionale associandoalla ghisa clcgli clcnrcnti tub()lari un'anima lignea costituita da nove tavole di pino biturnatc a ( t l ( Lt ,

    398

    Malaîtentí

    clh canrtqiani dkîan/e la rirol Ziofle i da riah

    t. iagrc!tu d?l [prlo t1élla îotlrsTiotlp .lei ])onfi

    399

    J

    4

    li.s. 10.2.

    Fig. 10.1. Gradualmente I'uso del ferro condusse gli ingegneri ottocent€schi ad espr.imere nuove forme strutturali che, affrancandosi dagli schemi tradizionali connessi ai ponti in muratura e ìn legno, valorizzasseromeglio le notevoli capacità di resistenza a trazlone e a compressione del metallo. Qui si iscrive certamente l'interessantee movimentata storia dei ponti sospesi.Nel cap. 6 abbiamo veduto che sino dal Seicento illustri -"t.-"ti.i sr' erano c,,nfronrìti sulla risolrrzione teorica del ponte sospeso,e d'altro lato si può ben dire clre lo schema cìi una passetelladove un tronc() d'albcro è sostcnut()da csili rami di pìaotc sarmcnt()sc,

    li.q. 103. :rlrlrrrrtienea tradizroni costruttive remote, tra le memorie dei popoli ptimitivi. l\lu il primo ponte metallico sospeso di cui si abbiano notizie certe in F,uropa t' tlLrcìlodi Winch sul Tees e tisale al 1741l.tn realtà si trattl di r.rnapasscrclla t , rrr I'impalcato pos^to direttamente sulle catene cli ferro fucinato. L'invcnzionc rlcl lrontc s()spesocoo impalcato itrigicìito è gcncralmcnte attribuitn a.fu e i percorsi seguiti dal pensìcro filosofico o teologico dell'età barocca e illuministica. Sia in campo cattolico, le teologie post-tridentine del , sia in campo riformato, la cosiddetta < scolastica protcstante > e Ie < teologie illuministiche >, avevano ce(cato di riprendere gli antichi strumenti speculatir-i della teologia medievale, aggiornandoli alla luce dei sistemi razionalistici moderni e facendone una specie di super scienza auronoma: la teologia naturale o teodicea. Ebbene, l'evoluzione delle forme architettoniche pet le grandi cupole del XVII e XVIII secolo potrebbe suggerire l'ipotesi, alquanto fantasiosama solleticante,di una curiosa analogia: la cupola a tre involucri degli Invalides a Pattgi (1693), opera di J. Hardoujn Xlansard (f,g. 10.20) e soprattlrtto la cupola di Sainte Genevièr'e, costruita tta il 1,757 e il 1813 su Progetto di Jacques Germain Souflìot (fig. 10.21), riptendono gli stîumenti costruttivi dell'antica tradizione gotica francese, aggiornandoli e r.olgendoÌi figuratilamente al gusto dell'epoca. I-a trìplice struttura di Sainte GeneYiève è risolta in un'ossatura portante, dove un sapiente gioco di r-olte e di atchi rampanti controbilancia le spinte e alleggerisce colonne e pareti, proprio secondo l'immagine delkr < scheletro di un immenso anin-raler>che ii Perronet, amico e alleato del Souflot, aveva dato delle costtuzioni gotiche; r.rel medesimo tempo, tuttavia, l'effetto è quelÌo di una limpida e ariosa architettura neoclassica consapevole di tutta l'evoluzione formale prodotta dalla cultura illumlnlsuca. La sintesi reahzzata in Sainte Geneviève festerà esemplar€ e insuperata anche durante il secolo successivo: I'inpresso cli nuovi materiali e di nuove tecniche non modiÉcherà sensibilmente qìel tjpo di concezjone strutturale che si era venuto formando da I7ren;n poi. Ad esempio, quando T. U. Iíalter costruirà, tra il 1855 e il 1864, la cupola per il Campidoglio a lflashington in ghisa, il nuovo materiale sarà impiegato con pedissequa osser\.anza dei canoni già acquisiti agli Invalides di Parigi e a San Paolo di Londra, come se qualsiasi variante dettata dal diverso compoftamento meccanico del metallo rischiasse di compromettere il valore ( simbolico ) della costtuzione (fr.g. 1,0.22). A proposito di tale valore < simbolico )) viene spontaneo ossen'are cl.re I'originaria intenzionalità religiosa fu ben presto soppressa:e questo l: un altro aspetto della stfavagante analogia di cui si è prima parlato. L'impalcatLrra t^zi\)nalistica della teologìa declinò al deismo illuministico e agli esiti secolarizzanti di una < religione entro i limiti della ragione >; le grandi cupole labririosamentc incastellatecome guglie svettanti si convertirono in simboli < laici > cli potenza e gloria nazionale: così, parzialmente, la cattedrale anglicana di San Paoìo, così gli Invalides in onore di Napoleone, così Sainte (lenevièr'e tr1ìsf{)r-fìrît,r ncl Pantbéon franccsc, così il Campicloglio di rWaslrington,così inlìnc la nrolc anlo'fr)rill(Ì, n c l l i a n ac l i n r Ì t nc o n r c s i n l g r r g ac p o i r ì i v c n t l t u n t u s c o t i s o r t : i n r c n t : l l c .

    L'erolt4iore îartruttiNa e

    4t3

    rhlle c pak

    Sotto i1 profilo costruttivo è appunto la mole antonelliana totil.rcsc ( I iì59 tltl) (fig. 10.23), insieme alla basilica di San Gaudenzio di Novare (1841 luTtl), I'ultimo perfezionamento della linea evolutiva sìnora descritta per gli ctlifici a cupola (fig. 10.24). In queste opere l'Antonelli usa esclusivamentel^ muratura, mutandola però in una straordinaria composizione di elementì strutturali,

    N'. I

    ltìg 10.20.

    414

    ..'-_-::.

    trlutaaelli

    ulle canrqia,ti

    t

    .Fig. 10.21.

    l1i.g.10.21.

    Fì9. 10.22.

    dwante Ìa rìwlqiane

    i

    a$tiah

    L'ualqione

    callr ltita e

    deÌle capalt

    4t5

    416

    trÍ\ranet\ti

    elh îarlrk. Facendo riferimento ancora alla Francia che, in questo perìodo storico, è all'avanguardia sia della ricerca, sia della didattica, r.a ricordato che l'insegnamento dell'archit ettuta. era affìdato sin dal 1ó71 all'< Académie d'Lrchitecture > il cui lustro e la cui vivacità testarono per lungo tempo notevoli, A poco per volta, però, le scuole di ingegneria allargarono il campo d'azione dei tecnici ben addestrati neÌl'applicazione dei nuovi risultati scientifici, c restrinsero alqLranto le competenze specifiche dell'arcl,itetto, favorendo l'ìnsorgerc di cluclla dicotomia tra ( arte > e < scienzt > cl-rescgncrà per piir di un sccolo la viccncìl llclrit c t t ( ) r ì i c 1srì n o l l l c s o g l i c t l c l n r o v i n t c n f o m o c l c r n o .

    Mttanenti nell'orgariqryTiote àegti ndi:

    t'< Écoh Poblechhirye>

    Con la Rivoluzione francese lk Académie d'Architecture > seguì la sortc 1793 Per csscrc di tutte le altre accademiedell'ancienrégine,e fit soppressanel a,nchcil ri.o-por," tra le sezioni dellk Institut > (1795): con -ciò-scomparve per ì'ammilavori vìt,orJ o l"gal" o del titolo di architetto, mentre il controllo-dei cui interno fu > al Civils .ri"*io.r"" statale pàssaal < Conseil des Bàtiments istituita una scuola d'orientamento professionale' Ma l'elemento forse decisivo della nuova orgaaizzazionedegli studi per le costruzioni è rappresentato dalla creazrone,dellk Ecole Polytechnique): iL i'rg"g.retia , pt.sèiosì chiaramenteil soprawento sull'< architettura >; e' nel medesimo tempo, sl venne a stabilire un piìr stretto rappofto tra le scienze > il dibattito nri.o_-^,.."uaiitre e le applicazioni tecniche, , sotto lî cl,imica é fisica-: gli allievi erano divisi in gruppi, dette gtricìr di istruttorìJ migliori dei quali venivano successivamente avvìati all'jnscrÌrrnlento e alla ricetca scientifica. Dalla sua fondazione, la scuola sì prefisseanche uno scopo divulgativo tlcl \:u)c1c: si iscrive in tale linea la fondàzione del < Joutnal Polytechnique > chc ,lii'"rr,re ,tna delle maggiori riviste nel campo delle scienze-matematichc, ospitiur(ll) rìr)n solo gli artiàli originali dei docenti' ma anche gli appunti cìei-corsi' liLr(l.cstî la priÀa appariziotrJd"i libri di testo, che, pet esprcsso'olcre clell'am(]uesto portr) rrrinìstnzioné, d,r'tt"tà.t., essere elaborati dai professori stessi ;rll:r nrrscita .ii li6ri importanti come il tratt^to sulh Céoue/rìe dtscripthu a il (.itrn:; l' .:luttlJ.reapptiqrúe tt la Géttueltie cli N{onge, o le Ltynt -fu À'lluúqru z1m-. Tiaitl dc lIéctniqtre di P.issrn_e il Ca/nr/ diJfiru/icl tl itrli.4n lyti4rrt tlì prítry,ii f ì r , , t t , , i r t l o t t a t i< ì am o l t c s c u o l ct l ' i n g c g n c r i a i n l ì ' u r o p l ' . l i i . u c r , ' i x ,c h i ta

    418

    .lt\taneÍti

    nelle co r Ziani dqtattte Ia riuohqiolli

    419

    ittd$tiate

    IO.7 LOUIS NAVIER Tra tutti gli scienziati che si formarono all,< École polytechnique ) diyentandone poi docenti, merita particolar menzione, pei la nostra disciplina, Louis Navier (1785-183ó). Nipote dell'ingegner Émiland Marie Gauthey, Nîaviei studiò pr.ima all'< École polytechniqoe-o 1 successivamente si diplómò alla ; ebbe I'opportunità di interessaisi, con lo 21.o, ^ impofia"nti problemi di costruzioni e alla morte dello zio curò il com_ pletamento e I'edizione di un trattato di questi sui ponti e sui canali. L,opera, in tre volumi, contiene la storia della costruzione àei ponti e dei canali-e Io stato dell'arte agli tnizi del XIX secolo. Dal punto di vista tecnico, il testo di Navier che ebbe maggiore influenza nellingegneria del XIX secolo è c€rtamente il Résumédet Legorc.,.sur t'apptication de k nhanique dove è, taccolto il suo insegnamento all'< École des ponts et chaussées>._La sua prima edizione Ìisale al 7826 anche se copie litografaìe erano già in circolazione tîa gli studenti sin dal 1819. L'aspetto essenziale che rende innoyativa l'impostazione di Navier rispetto ^i ttattati del secolo precedente consiste nel fatto che egli abbandona i mètodi fondati sul , che divise gli animi per piìr di cinquant'anni, traeva appunto da questo il groviglio delle sue di€Écoltà. Secondoil modello di Navier (e secondo la trattazione oiù esaurienteche ne diede Cauchy), il solido elastico è ricondotto a numeròsissimeparticelle matetìali P, Q,... che, poste inizialmentein Po, Qo, ... si portano, dopo la deformazione,ìn Pr, Qr,..., cambiandola loto mutua distanzae generando così forze interne A'attrazione o di repulsione reciproca. Se le particelle sono distribuite nello spazio in modo del tutto caotico, il comportamento del materiale è lo stessosu ogni riferimento: ossia, le foze interne insorgenti in una generica molecola P non mutano quando le molecole circonvicine si allontanano o si awicinano ad essaotìzzontalmenteo vefticalmente o secondo una qualunque altra direztone. In tal caso ìl modello molecolare descrive bene una situazione di ilatrapia mateÍiale (fig. 11.1a).Seinvece le particelle sono disposte su un reticolo, con un certo ordinamento, è allota prevedibile che la risposta a|ìa defotmazione può esserdiversa secondoche essaavvenga in una direzione o in un'altra: si ha dunque un comportamento anisltrlpo (fig. 11.1b). In particolate, si può immaginare il caso di un reticolo su maglia ad esempio cubica in cui emergono tre sole direzioni ortogonali dove il materialereagisceunifotmemente: tale eventualità può esser collegata ad alcune situazioni strutturali per le quali si parla di zrÍltrapia (fig. 11.1c). Seguiamodunque da vicìno le vicende di due molecole P, Q che dalla loro primitiva posizione in Po e in Qo si trovano spostatein P, e in Q, (fr1. 11.2), Siano (x, y, z) le coordinate dì Po; quelle di P, satanno (xlu", y-f uy, ro L. Nrvier, Mírtoirc r î hr |aìî de l'íEùibe et ì r/arreflekt det rÒlideríldstiqrc!, "Nfúnì. lnst. 7, pp. 375-393, 182'7. II ,{. L. C,ruchy, .tttr /'íqúlibre ct lc trorrrment d'nt U!tèî,'e dc ,aittt t atititjl! salluitír ltt ìt! fÒrîtr i'attrdî tion ot rturlllhiou ,t'tttîllc, " llxctcìccs clc Mîthónr^tiqucs", 3, pp. 188-212, l,^ritai, 1A2A; J h ld I'rtrîion o turia L! .î Ltt .\"tltn lc ltÒintr "htttrhk, ibklcnjn, pp. 213-236,

    423

    Ld tuoùa malecalal,e di Natier-Caachjt

    a l"ig. 11.1. z f u,) dove Ie quantità ux, uv, uz (piccolissime) definiscono il vettore u : . = (u*, u", u") deito spo:tanentadi P. Siano poi (x { Ax, y + Ly' z + Lz) le ioordinate'di Qo; quelle di Q. saranno (x f Ax _| u* * Au", y + Ay l'I u" -f Au", z * [z ivl Au), dove le quantità.Au", Au", Au, (ancor pit\ dello spostamento la lriccole rispetto à ur,l.ry, u,) rapPresentano -vattazione P0 e Q0, e con tra la distanza r con Indicando lll: 14,"", Auy, Au,) di Q. ha eYidentemente: PoQo, si di rìx, r1y,rlz i coseni Ax :

    rn"

    Ay -

    ttt"

    L,z -

    rn"

    (11.3.1)

    inoltre la distanza r .vaùa della- quantità: Ar:

    Au"n**

    Au"ny {

    Au,n,

    (11.3.2)

    Con la defotmazione si modifica anche la direzione di PrQr: i suoi c'rscni (lirettori diYentano:

    Nat.",

    l:i1. | 1.2.

    426

    Fondane ti di neccanica dei nlidi

    111f A\ rf At

    rn" * Au" r+Ar

    e dì t€aria de

    rn, * Au, r+Ar

    'elartìcità

    (l 1.3.3)

    "; Navier, piìr queste sono le espressioni introdotte da Cauchy semplicemente, trascura gli inctementi Au', Auu, Au, al numetatote e l'incremento Ar al denominatore, identificando quindi la direzione di PrQt con quella di PoQo: noi pur€ ci atterremo a tale appîossimazione. Ebbene, a questo punto I'ipotesi fisica è che, a causa dello spostamento desctitto delle due particelle, insorge in P ana forza. at:ra:ttiva o repulsiva Rtpo) nella direzione PQ, che è funzione àella, distanza r e della sua variazione Ar. Detta dunque f(r) una funzione che rapidamente decresce con r, la comPonente di R@o) secondo un asse (ad esempio, l'asse x) può scrirrersi così: P(PQr

    f/r\

    Ar

    r-

    "'x

    ^,,

    _"x

    (11.3.4)

    r-trar

    e, approssimando< alla Navìer>:

    R!'o)- f(r) ar n.

    (11'3'5)

    Non basta: le variazioni dello spostamento Au*, Au", Au,, sviluppi del tipo:

    ammettono

    A u " : +d : ux + d ay- "l .'v +c 9 \zA r + ool axay-t ... o-"-' A*' . 2 r.a'1- z1 I Í": x(y entrando quindi nel vivo dell'ingegneriadi quel tempo; egli stessoesercitòpet qualche tempo, e cioè sino al 1823,Ia professionedi ingegnere.Successivamente, però, su insistenzadi Lagrange e di Laplace,rivolse ogni sua attivitàralla ricerca scientifica nel campo deìla matematica e della fisica. Ben prestoCauchyentrò a far parte dei docenti dellk Ecole Polytechnique>, r'r-^. Cîucby,cit., p. 201.

    Defni4ione detla tetliane retardo Ca'tch)

    429

    :r partire dal 1816. Con I'avwento di Luigi Filippo, a seguito della rivoltrzionc del 1830, egli abbandonò l'insegnamento a Parìgi e si trasferì a Torino, dovc eta stata cte t^ per lui una cattedta di fisica. Personaggio austero, rigido, saldo nei suoi princìpi religiosi, che esplicitamente ptofessava anche in polemica con lo spirito positivistico dei suoi colleghi, Cauchy tornò definitivamente a Parigi solo nel 1838, riprendendo la sua cattedra allk Ecole PoÌytechnique >. I suoi conttibuti fondamentali si estendono a numerosi settori della matematica e della fisica: sin dal 1805, egli ottenne notorietà per aver risolto in modo semplice ed elegante un famoso problema di lunga stotia nella geometria' il < problema di Apollonio > (ossia; troyare un cerchio che sia tangente a tre cerchi assegnati), e nel 1811 generc.lizzò il teorema di Eulero sui poliedti. Nel 1816, l'( Institut > conferì a Cauchy il grand prix per una memorta molto importante sulla ptopagazione delle onde. La maggiot parte delle suc scoperte matematiche è rintracciabile nei libti scritti per l'< École Polytechr r i q u e > ,q u a l i < d i s p e n s e > a i c o r s i d a l u i t e n u t i s i n o a l 1 8 J 0 . S o n o t r e t r a t t a t i ; (7823), LEons Corrs d'anajrc de t'École Pa!'techniqte (1821), Le Cahal ixfùtóinal à la géoruetrie (1,826-28). Cauchy seppe nr lu applhations dn cah infritéinal chiarite in modo t.ígotoso e moderno i principali concetti del calcolo infinitesimale, supemndo únalmente le oscuritàLche sino ad allota gtavavano in questo importante settore della matematica vagamente àfndato all'intuizione leibnizianz delle quantità e dei ( costrutti mentali ) la cui efficaciae la cui lesittimità sono legate a pirì remote verifiche d'esperienza.Uno degli esempi adaotti è appunto quello attinente al concetto di tensione. < Una tens.ione- egli afferma- è per definizioneuna propîietàrdei punti interni dì un cotpo connessa matematicamentein modo semplice alle fotze agenti sulla superfcie libera del cotpo. Una tensione è quindi, per sua natura, sempÍe al di fuori del taggìo dell'esperienzadìretta, ed è pertanto un costrutto. L'intera struttura di una tensione non corrisponde a nulla nell'espertenzaditetta (...). Dobbiamo poi chiederci se Ia tensione, che abbiamo inventato per risolrzerela situazionedi un corpo sottoposto a forze, è un buon costrutto. In primo luogo, una tensione ha lo stessonumero di gradi di libertrì che compete al fenomeno osservabile, in quanto una delle proposizioni della teoria matematicadell'elasticitàasserisce che le condizioni al contotno, le quali costituìscono le variabili sperìmentali, detetminano univocamente la tensione in wn dato corpo (...); appare ovvìo, esaminandole equazioni, che v.iceversaun sistema possibile di tensioni determina univocamente le condizioni al contorno nella quantità significativa. Vi è dunque una corrisoondenza biunivoca tra, una tensione e la situazione fisica che issa è destinàta a coprire, pertanto la tensione rappresenta un buon costrutto (...)r. Di più: , inserendola qual€ elemento di un linlgulggio ben strutturato e coerente, dal quale Promanano per via deduttiva rrrrnrcrosie interessantirisultati. Si tratta del capitolo, di per sé astratto' tlguarJ:rtiJc l'analii larcoriale;e la cosà Più straordinari2 sta nel fatto che la conduce a impr€viste convergenze sperimentali. Ad escmpio, c,,nrc veclremo tra poco, I'esistenza,in ogni punto del continuo, di trc cljrczioni opcrantlo ;rrivilcgiatc, tlettc tlireqiouiprircipali, poò .Jt.t" ded()tta a tavolin(), ri' l). \V. llridsnìîn,cir.,p, ?5 c scgg.

    434

    Fondane ti di neccanica dei solidi e di leoria delfehrthiù

    formalmente sul semplice concetto di tensione: eppure l'espetienza,ne àà,,a posteriori, piena conferma.

    11.6 IL GRANDE TEOREMÀ, DI CAUCHY'7 Per esplorare le diverse proprietà della tensione utllizzercmo due strani minuscoli oggetti - puÍamente immaginari - situati all'interno del corpo. Sono un tetraedroe un parallelepipedoinfinitesimi awolgenti il genetico punto P considerato: su di essi, idealmente estfatti dal continuo e disposti all'incrocio di tre assi cartesiani ortogonali x, y, z, svolgeremo tutte le nostfe fiflessioni, costruendo l'intera teoria della tensione (fig. 11.4).

    I/ gîanìe leanna

    435

    di Ca îbJ

    Siano poi S"*, S"u, S,, le componentì di S". Pet quel che rigurrcla lc componenti di o", c", o, adottiamo invece la seguente notazrone ( f i g . l l . s ) : le componenti

    di o* sono:

    o xJ ory, oxz;

    le componenti

    di o" sono;

    dy*, dyy, oy,!

    le componenti

    di o,

    6"*1 62yt 6zz.

    sono:

    Fig. | 1.4.

    Una prima questione deve essere risolta. Quando si è definita la tensione in un punto P al modo di Cauchy, si è patlato dell'insieme {S,} che contiene tutte le possibili determinazioni della tensione a"l vaiate della giacitura n.. Ma come st può realmentedescrivere questo insieme a cuì appartengono infiniti elementi, tanti quaoti sono i piani di una stella con centfo P? Risponde a questa domanda un teorema fondamentale dovuto a Cauchy: in esso si dimostra come /a cauascenTadelh teniaxi vt lre distinte giaciture sia suffciente a deierninare la texsiane u ogti allra. Considetiamo infatti in un intorno del punto P un tetraedro inÉnitesimo di volume dV, le cui tre facce ortogonali dA*, dAu, dA, siano pa.ra]Iele aì tte pianì coordinati, mentre la faccia obliqua dA, ha la giacitura del piano n, di normale n, rispetto al quale è stata definita la tensione Sn. lndichiamo con tlxr.oyroz le. tensioni agenti, rispettivamente, sulle giaciture coordinate, normarl agrl assl x, y, z. It A. Cnuchy, Ruletrlr$ eî l'í.t|ì/ibre ct h "nn!tu,t.n/ intr',iuî.hs îoù.t lolùl.j u f ùt:.t, tt/utti.th,t o n n a n i / d ! t i q k r , " Ì l u l l c ì i , r ( l e s S c i c n c c s p a r l î S ( ) c i i t a P h i l ( ) r D , ì r i ( l u c " ,p p . 9 1 3 , 1 u 2 3 . ( j f r . x n c h c "llxcrcìccs d c M î t h í D r L r i ( l L , c s " ,2 , p p . 4 2 - 5 9 , l , , r r i , { i , 1 8 2 7 .

    Itir 11.5.

    lJ opportuno sottolineare che, con questa conYenzione, i due inclici chc t ||r'tfterl;z;Lno ogni componente hanno un preciso significato: il primo inclicc tìcrrota l'asse al quale è normale la faccra su cui opera la tensione, il sccr>nd (11,8.12). ossia i tre coemcienti che figutano nell'che abbiamo denonlinato uno stntr)di spi)stilassegnare tensioni.E nejlo stessocorptsi può, certamente, mento inlinitesimo òu di ogni suo punto comPatibilecon i vincoli gcomctrici cli òu si evcntualmentePresentisu parte del contorno; ma in cotrisponclenza atrg.ljneari e sc,)rrinrcttti nranifcstan.su-ogni elemeÀtodel corpo dilatazi.ni dcformazionc' Itri che sono rxPptesentatjdalle componcnti dello i i . ì , - , n q u ep i c v e d i b ì l cc h e i l p r i n c i p ì ot l c i l r v r : r i v j t t u a l i c l o v r r tì c r ' ì c cr ( ) t ì t ( )

    Fonda enli di rnuatha deirolùli e di teor;adc 'clart;îifà

    470

    non soltanto del lavoto delle forze esterne AL(""t), ma anche del lavoro vittuale delle < fotze interne > 8L(iDt). La definizione di ALG'I) e di 8]-(r"o è del tutto owia ; si ha infatti :

    f .-

    ^

    + | (t" òu" + tv òuv + lz òu,.)d-{

    ( 11 . 1 6 . 1 )

    dove il ptimo integtale è estesoal volume V del corpo e il secondoalla superficie A di contorno. Inoltre: al,(t't):J(o** 8"*" f o.y òey** v f oy* 8e*v* oyySeyy{ ... } o- Ae-) dY

    (11 16.2)

    La ragione che gìustifica questa fotmula per il lavoro compiuto da ogni componente di tensione per la rispettiya componente di deformazione si chiaîisc€ con un argomento del tutto analogo a quello già utilizzato per la trave infessa, nel p^r. 6.11, e quindi non è necessatiotornarvi su. Ebbene, il principio dei lavori virtuali afferma semplicementeche deve essefe: glc6i) _ gl(jnr) : oweto

    (11.16.4)

    Cetchiamo ora di illustrare meglio il significato di questaimportante relazione. Se ad essasi vuol dare 1l valorc di principio occore intenderla così : supponiamo già note le equazioni di congruenza,ossia tutto quel che attiene ^Ila geometria della deformazione, e considerìamo un generico stato di deformazione/spostamentocongruente, rispettoso dei vincoli geometrici; in altti tetmini, consideriamo le quantità virtual Aeil e l.e gtand,ezzevirtual Aur (i, j : x, y, z) che soddisfano le: Ae* : . ò.""-

    àAu" -.:;"

    (ìAu" \ 1 / òòu* --j" 7[T; |

    tì?"

    0

    su A"

    Oo**n' l- 8o"*n" {

    òo,.n,-

    ( e a n a r o g h e ) i n (vl 1 . 1 ó . 8 )

    *u"": Af* -

    0

    (e analoghe) su A1'

    Ora, la congruenza del corpo caÍalterlzzato dagli spostamenti u1 imp'rnc eij siano tali da rendere sempre socldiche le deformaz"ioni corrispondinti sfaÌt^ la:.

    òIfst) :

    (11.1ó.e)

    òL(rn0

    2): dove, in analogiaalle (11'.16.1)e (11'.16 f . -* - u v ò F *" u , 8 F l d V I J{",4n.

    v

    (11.16.5)

    . t, ì J ( u ' A l - -1 u " ò l ' u- u ' ò 0 ) d A

    (e analoghe)

    o

    dovtà essere inoltte: Auv: òu,:

    totrÌo. È questa l'interpretazìone piìr naturale del ptincipio dei lavoti virtuali: e in realtà tale principio è stato introdotto storicamente per questa vla, come il modo piir sicito e-conciso Per esprimere l'equilibrio. Si può osservare che la (11..'16-.7)consente di gettare uno sguardo sul della statica pur avendo soie cognizioni dì geometria, ossia conosc€ndo soltanto le equazioni di congruenza (11.1ó.5). Tu"ttavia è iecita anche un'interpretazione ( complementare >' Supponìamo infatti che siano già note le equazioni di equilibrio e consideriamo un generico stato di fotze/tensioni equilibrato; in altri tetmini, consideriamo una disttibwz\one arbitraria di forzè di volume 8Fi e di superficie 8f; alla quale cotr! spondano, per I'equilibtio, le tensioni àoij, secondo le equazioni indefinite:

    òLp"t

    (e analoghe)

    Se nella parte della frontiera A' gli spostamenti sono assegxati(o nulli)

    8u*:

    "'y'')'. e Aui sopra definite (i, i: 'per qualunque determinazione delle 8er; qui nella fotma lavoti virtuali dei 1'equazione imporre che dire iiO ""ót tutto equivalente.a del è virtuali, a sposìamenti rifetimentò con utllizzata, imporre che le tensioni oi: obbediscano alle equazioni indefinite dell'equiliUrà (tl.Z.A) e (11.7.11), sia nei punti interni del cofpo' sia nei punti del con-

    S+ff+

    òL(iDt)

    (11.16.7)

    Al(ino

    (11.16.3)

    0

    anche :

    AL(st) :

    Ora, l'equilibrio del corpo soggetto alle forze di volume F; e allc ftrrzc di superficiei i*po.t. che le tensioni oi; in esso sorgenti siano tali da rendcrc sempresoddisfattala: o\L(so :

    f ,- ò L k d :) J ( F "A u " l F ' ò u " { F . ò u ) d V {

    471

    It pt;ttîipio dei larori ,irltlati

    (1,1.16.6)

    ò L l" -

    t -

    ^

    i - e ' u à o , *" . . . e , , l o , , ) d V J(e,.o'o-'

    v

    pcr tlurlunquc clcterminazione 36. Detto in modo piìr esplicito, il principio di Green viene ad affermare che la _forma differenziale espressivadel lavoro interno sviluppato per unità di volume, in cortispondenza ài una"vatazione infinitesima della defotmazione, è il diffetenzialeesatro di una funzione g(e,,, e,y, ev*, ..., e,,) àenorninatadensità di encrgiapotenqialee/as/ica. Tale incremento di lavoro interno può dunque scriversi in generale così: dq : o"* de"" * o,y dey*f ou*de*" * oyyde", f ,,. o., de""

    (1"r.20.3)

    Afinché dg sia un diffetenziale esatto dovrà aversi: ,

    oq -

    ie

    -"

    CExx

    de** I

    irp -

    ( Exy

    io dey" + -. (

    Eyx

    f

    d€xy l

    €rv

    e perciò, dal confronto della (11.20'3)con la (11.20.4),rjsulta chc il lcglmc e l a s t i c oè d e f i n j r od a l l ee q u a z i o n i :

    eq

    - , .-

    oeii

    (i,j:x'v,z)

    c€zz

    (11,,20.4)

    .:4 g.-gr_eenl Ol lhe |aùr of Rcfdiott a Refraaion af Lidrl ar tl)e ramrlatt tuîfa'e of Tao Naxîry alli?pdMpdia, "Marhematical Papetsof rhe tare George Creen', pp, 243-2b9; 281-t90, Loî,don l87l: "Trrnsl. Camb.Phil. Soc.', 7. pp. 1.24: 113-120, 18J9. o the prcpacationof List)t i,t îrJrtatli inYarìante alla rotazione degÌi orri. Ch" altro si pAtrebbe pretendere? Tale condizione implica dunque che 9 sia funzione deeli ìnvatianti della deformazione I", II", III. :

    e : e ( I " , I I " ,I I I " )

    --Ar.o devv1 .., ^? (con.rcli chittrrt il T,,.íhuntcr, ossia gli oppositori cìelÌateoria molecolarc (r^ri-c()stxntc)): 'lcl c o r p o c l a s t i c o l i n c a r c c i s o t r o p o i c l r c l l i c i c n t is o n o c l u e c n ( ) n u n o '

    Fondanenti dí neccnìca dei îolidi e di leoùd delt'elaÍieilà

    486

    La costruzione di Green è ammirevole: da un solo DtinciErio scaturiscono tutte le propîietà del legame cosritutivo, e flon occorre jnirodurre ìpotesi < sussidiarie > sugli atomi puntiformi dì Boscovich, ma anzi si può far astrazione da esse. Una grande ,per usare l'espressione di Mach, è così realizzata. Invece di affastellate congetture sulla tealtà fisica, lo scienziato riesce a dominare i dati dell'esperienza quasi per una ( sospensione di giudizio ): mentre i paladini francesi di Navier dovevano sostenere un'imparì battaglia, scontfandosi con una fisica dei solidi pef buona patte immaginatia, i paladini inglesi di Green possono tagliar corto e restar saldi sulle elementati premesse matematiche che governano ogni processo revefsibile. L'esìto della ( contfovefsia )) era dunque scontato, Il Love, dopo avet citato in sovrappiù le esperienze di 'i7. Voigt (-1880) sui corpi anisotropi che non confermano le ptevisioni della teotia molecolate, conclude con queste parole: < Tale teoria è stata soltanto una fase sullo sviluppo del pensiero scientifico, ed essendo servita come mezzo peî dare generalìtà all'argomento, essa deve lasciare posto a un metodo ancor piìr genetale> 37. Così è accaduto, in verità.: la teoria di Navier-Cauchy-Poisson-Saint Venant fu tosto dimenticata a favore dell'assiomatismo oggi dominante nella meccanica dei continui. Essa Íesta tuttavia un affascinante ( sentiero interrotto >; né si può escludere che le moderne più mature conoscenze del modello molecolare non consentano un ritorno alle intenzioni ambiziose dei pionieti che ne avevano rawisato le prime tracce.

    11.21

    CONDIZIONI

    LOCALI

    SULLE

    COST,{,NTI

    La densità di energia elastica è dunque fotnita dall'espressìone: 9:

    1 ( 6 : € r + o r r e r+ r d r r r e r r r: ) Z :

    E, V

    ",,-: + (o,,- v(o,f o,,,))

    (n.2t.t)

    (orr,- v(o,f or,)) Í,ovc, .4 trc.!t;.rcott lLt Malhntatihl

    oll J a!11- 2t (o, o11-l- orrorrr f orrror))

    G?l

    (11'21'2)

    Orbene, I'energia elastica è, Per sua natura' una quantità positiva, quale che sia la determinazione delle gnndezze 61161v,o11v. Questo allora impone che sia positivo il discriminante della funzione quadratica (1'7'21'2), cioè il determiria.nteformato con i coefficienti delle tre derivate parziali ottenute deriyando g rispetto a or, poi rispetto a drr e a drrr. Deve avetsi : 1

    ",-rf " ' 'l E- v -\)

    -v

    -v

    1

    -v

    -v

    l''

    (11.21.3)

    Inoltte debbono esserepositivi i due discriminanti minori che si ottengono trascurandola ptima riga e la prima colonna, poi le prime due righe e Ie prime due colonne. Ossia: (11.21.4)

    Sviluppando i calcoli si ottiene:

    ( 1l v X l - 2 v ) . ' o

    #ro

    #ro

    (11.21 .s)

    La terza di queste disuguaglianze dice che E deve esseredi valore posi' tivo, La secondaaggi"nge che v deve esserecomPresotra' | 1 e - 1 La prima infine clelimita ulteriormente v, escludendo che possa essete maggiore di , ' soddisfattc Quindi,.pet .ogni materialeelasticolineareisotroPo, sono semPre

    E >o

    :ì7 A. ll. lL

    E

    le condtzlonl:

    .,:#(o,-v(o,,fo,,,))

    #

    1

    u " . { + l --',"" 1 } ' oÉ ' o

    Applichiamo ora i concetti energetici proposti da Gteen per determinare alcune elementari, ma impoftanti, limitazioni sulle costanti elastiche E e v che c^î^ttenzzano i materiali elastici lineari isotropi. Noì sappiamo già. che, nel caso di isotropia, coincidono le ditezioni principali della tensione con quelle della deformazione: ciò, del testo è confermato dalla stîuttura formale delle equazioni di legame (11.18.'12). Considerato dunque in un cotpo elastico un punto generico, poniamoci nel riferimento principale: rispetto ad esso sussistono soltanto le tensionì normali o1, o11, or' e le dilataztoni lineari:

    ",,, :

    4n

    {.-ondilìonitotatì sulle car/a li B,,t

    7'Lnr1 n! l:/a

    riry, /, f. 20, Cxmbr

    gc, 1892.

    -t="=

    l

    ( 1 , 1 . 2. 61)

    Come si vede, siamo pervenuti a conclusioni abbastanza stringcntl, ln rncrito al comportam€nto ieale dei materiali, Pur senza dover fare appcllo cliretto all'esperìenza.È questo uno degli aspetti - e n()n certo ìl principalc qui brcvcmcntc tcorica clrc rcnclonti suggestiva; Promettente l'imptlstazìone quando, nel 1814, sullo scorcio d e l r u r b i n o s op e r i o d o n a p o ì e o n i c or ,u p p e c o n i c o m p a g n ie c o n i m a e s t r i , rifiutandosi di manifestarea favore dell'< usurpatore)), Fu espulso, e per otto anni doyette accontentarsidi un impìego quale assist€ntein una industria di polvere da sparo. Soltanto nel 1823 gli riuscì di essereammessoallk École >, ma non gli furono risparmiate ^matezzeper l'ostides Ponts et Chaussées lità dei colleshi. Dal 1,825al 1837 Saiot-Venant esercitò la professione di ingegnete; dapprima lavorando tL\ canale di Nivernais (1825-1830),quindi al canale delle Ardenne (1834). Durante l'anno 1837-38 ottenne un incarico prowisorio alla < École des Ponts et Chaussées > in supplenzadi Coriolis. Ci sono rimaste le dispensedel suo corso: un breve fasciiólo di 76 pagine litografate; Legoasde xtécaniqtreappliquéefaifet par iúériru par M- de St-Vercnt, hgéùear clesporfs et cLa//$ées. F, un documento interessante,poiché indica chiaramentele ìinee di pensìcrochc SajntVenant seguirànel corso della suainfaticabileopela. >'. In queste stesse dispense, Saint-Venant osserva un ordine espositivo al quale resterà fedele nelle opete maggiorì: l'analisi della tensione (al modo di Cauchy), I'analisi della deformazione (e qui il nostro autore si soffetma con particolare attenzl,oîe sullo scoffimento angolate, introducendo Ia not^zt 3. Questo giudizio è assai sìgnificativo del ruolo dì mediazione tra la cultura matematicoscientifica e la cultura tecnica che l'ingegnere Saint-Venant ha assolto durante il XIX secolo.

    (eanaroghe) ... +.r +fl3:lJ'+1."yì'+l_*_l'l zL\dxl dx \(x./ \(x./l Yxy -

    ^z€xy I

    :

    0u.

    -]_

    0o" , a"

    òy

    . [ 0' -u"" 0 u " :'| cjx A y L

    iu, Au" .- --dx ay

    iu, òu.'l ..xr - - l d y l

    (e analoghe)

    dove chiaramente sono distinti i termini lineari e i contributi non lineari chc divengono trascurabili per deformazioni infinitesime. La ptima delle (1,2.2.3)è subito dedotta sostituendo alla nota definizionc di e," (frg. 72.2): PQ-PoQo *'- ---qq-

    IZ.2 LE GRANDI OPERE DELLA MATURITA

    (12.2.3

    I

    (12.2.4

    Trc anni dopo, nel 1847,appatonofinalmentepressoi "ComptesRendus" tte comunicazioni di Saint-Venant che fatanno eooca nella storia della teoria dell'elasticità. Sono: 1) Mérnoire de t'éqailibre det ìorpt soÌidu, daxs hr linites tle éprowét har éla$icité, et sar les conditiow de lear résiÍance, Etand les dépÌacementu pai 2) lear ,t€ rant très-petitt (24, 260-263); Ménaire sur la larúon pp. Paintr Par du prismes et sur la forne afecléepar leurt yctians lrannersalesprimititemefit p/aftel Qa, pp. 485-488); 3) Sain aa Mémoiresur la toriar desprismet (24, pp. 847-849). Nel ptimo di questi lavori è aftontato il problema Ael-ledcfarnaqionifrite. Noi già sappiamo che quando si suppongano infinitesimi gli spostamentie le loro detivate, si possono agevolmente descrivere le deformazioni - ossia le dilatazioni e gli scorrimenti angolati - m€diante le formule:

    0u" ox

    ^ y,y:2e*,

    Ex*

    :

    (12.2.1) (e analoghe)

    3 Qucsto giudizio, scritto da Cauchy, si trova nei "Comptes rcndus", 17, pp,7234-1236, c si rifcriscc ^ trc cìcìlc comunicazioni rli SaincVenant accolte dall'autorcvole tivista

    z

    -

    roVd

    (12.2.5

    che riguatda i quadrati degli elementi lineari. Posto infatti PoQl - dx2, risulta:

    (e analoghe)

    0u" -, -;; 0u, ;i"

    1 P-É_Q ' - P o Q 8

    --

    t,tq. t 2,1,

    496

    Ptable4\a di Sa;nl-Ve,a

    PQ' : (dx * duJ'-ì- dul f dui

    ,

    (t2.2.6)

    Ed essendo,nel passaggioda Poa Qo: .

    òu,

    du" =_ -

    dx

    duy

    0u, i*

    (12.2.7)

    d-'+ (;*

    )-

    (dxrf

    dur)'f

    (dx, { duu)'

    .:9 +.,i:.4.:

    d-,-

    i:l

    / A u " \ ' dx, . " / ò u , \ ' d"' | (;; ) + lÉJ

    (12.2.8)

    per cui, sostituendo questa esptessionenella (12.2.5), si ottiene la (122.3). Più in generale,con riferimento agli assi xr, xr, x" (úg. 12.3), si può. definitela defotmazìonee in un punto e risp€tto a un'assegnatadirezione,mediantela

    dlB "- 2 1 ddlrr Í dove dlo è ì'elemento lìneare indeformato Si ha dunque :

    (12.2.e) e dl quello dopo la defotmazione.

    (12.2.1r)

    j:l

    uro

    (12.2.12)

    ulo

    dove la quantità eij sono definite da: .u "_:

    z

    1 /òur r.'uj

    _, {

    l/' \e"u' .'o

    iut

    îur.\

    at' ;*,/

    (12.2.13)

    e -Drendono il nome di comoonenti della deformazione. La, (12.2.13) riassume oìviamente le (12.2.3). Si può ancora osservarc ctx. . ox, .he i +rtf^ri ' dlo dlo agli assi x , xj ; quindi la (1,2.2.12)dà luogo alla:

    (12.2.14)

    d\9

    Fig. 123.

    (dx1+ du)' f

    dl' :

    Elaborando queste espressioni,si può tisctivere \a (12.2,9) nella fotma:

    si ha ancora:

    PQ'- dx'- 2;:

    (12.2.r0)

    dlf,:dx!fdxlldxl e ancofa:

    îu, cluz: _dx

    dt

    4C'l

    Le grandi alere della Ì//a/tÍ;/à.

    che figura esplicitam€nte nella nota di Saint-Venant. Le eij fotmano un tensore doppio simmettico. Valgono pertant(r tutte lc considerazioni svolte nel caso lineare (cfr. cap. 11) sull'esistenza di direzioni c di deformazioni Drìncibali a. La seconda àelle memorie sopracitate verte sulla torsione di un prisma a base rettangolate, e la" terza esamina il caso di un prisma a base ellittica: si tratta di prime notevoli anticipazioni su quel che Saint-Venant sviluppetà estcsamente di lì a qualche anno. Infatti, il 13 gìugno 1853 egli presenta all'Acca' demia francese il suo lavoro piir famoso che sarà insetito nel tomo XIV dci "Mémoires des Savants étrangers" (1855) col titolo: Méîllaire str la lariot dc,r prismel, auec det considér,ttiors vr leur fexiox, ainsi qae sur l'équìlibre ù/hiurr det solides élastique"' en général, et desfarmuler pratiqaer patff h rahuÌ de letr r'étì.rlora à diuert efortu s'exergant inultanément. Il saggio occupa ben 227 pagines. Anche qui è iflteressante ricordate alcune parole del giudizìo esPrcss(', pcr rnano di Lamé, dal Comitato che ne doveva autotizzaxe la pttbblicazione (Cauchy, Poncelet, Piobert, Lamé): < L'opeta di cui abbiamo reso cont() merita ck)gi î

    a Pcr uo approfondinrcnb, il Ìcttorc può consùltîre il trattaro di R. Iì. llîl(lîcc;, \citni| dnh (.attttiìa i, cit., /, cap. 1. s ln: "Manmircs rlcs srvants lrrînscrs", /r', pp. 233-560, 1t155.

    498

    ll prcblena di Saiur-Venant

    piÌr di un titolo i per i risultatì e gli strumenti nuovi che offre alle artì indu_ striali, essadimostra, una volta dl più, l,importanza, dd'la teoria dell'equilìbrio elastico; per l'impiego del metodo misto, essaindica in qual modo gti i"g"gneri -che ìntendano appoggiarsi su qu€sta teoria, possano attlizzaré tutí 1 ptocedimenti attualmente conosciutì dell'analisi mateÀatica; per le sue tabelle, i suoi diagrammi e i suoì modelli in rilievo, essa dà la direttiva.h" o..orré necessariamenteseguire in questo genere di ricerche, per auivate a risultati immediatamenteapplicabili in pratica; infine, per la yittetà dei suoi punti di vista, essaoffre un nuovo esempio di quanto può fate la sctenzadel géometra, unita a quella dell'ingegnere> ó. Dedicheremo i prossimi para"grafrall,esamedella flessionee della torsione dei prismi seguendoda vicino i tredici capitoli che compongono questafonda_ mentale memoria-; quindi- per ora possiamo passareolire. pììr sfecificamente dedicato al problema della fles_sioneè.il saggio pubblicato l,anio appresso, il 185ó, pressoil "Journal de Mathématiques,, di Liouville 1tt, Z, -tirgitu,linaix pp. àó_tAl;: Méruoire ytr la felion desprisnu, sur les glìrement tranpercar/x et qui I'accompagrentlorqu'elle xe s'opèrepat tnifornément aa €n arc de urcli et ur la primitiueuenÍ ?,laxu. Sui forn-e narbe ffixée , alarc par leurt rectionr transaersales medesimi o su analoghi argomenti jl nostro autore toineràrpiù volie, ota per sviluppi teorici, ota per applicazioni tecniche alla portata def,.ingegnere.

    12.3 UNA < VECCHIAIA

    BENEDETTA

    "

    Poi, gtadualmente,gli interessidi Saint-Venantsi allarganoa temi di carat_ ter€ piìr generale.E del 1860- benchépubtrlicatapresso (vol. 2g) nel 1861 ..._una breyissima nota (due pagine) in cui sono dedotte le )qaaTioíi erplicite di nflgtuen: qual è lo stato di tensione, di deformazione e di spostamento di un pîisma, ad esempio di base tettangolare, le cui facce siano soggette a una distribuzione assegnata di forze? Nonostante i suoi ìnfruttuosì t€ntatiyi, Lamé continuò a considerare la questione di preminente import^nz^ e, per attlÍare su di essa l'attenzione degli scieoziati, indusse l'Accademia francese a proporla come argomento dei suoi premi maggiori (1846-1858).

    Fig. 12.5. ll materiale, omogeneo, sì comporti secondo le leggi (11.18.13) dell'clnsticità lineare e isotropa. Riferiamo il sistema a una telna di assi ciÌrtesilni ()rt(,gonali la cui origine è posta nel baricentro di una delle basi, e dove I'assc z coìncìde con l'asse geometrìco del cilindro mentre gli assi x e y sottr>princiPrli di incrzia per la sezione trasvetsale. A qucsto Punto si può formulare il ptoblema dell'equililrtio clestico in l-ttmlo,dirt/la'. essendo assegnatele forze agenti sulle basi (erl evcnturlmctrlc lr ^.

    lìirrú ,lc S,rinr-\'cnrnr, A'fúnaìrc r r lt k"xì ' lu ltùrt)k.t, cit. .pp 233'23('.

    It ptabhnra di Saiftl-Ve akt

    504

    le modalità di vincolo) determinare le componenti di tensione, di deformazione, di spostamento in ogni punto del cilindro. Tale formulazione sarebbe quella piir ragionevole, ma presenta, come si è detto, difficoltà matematiche insormontabili. Ad essa può essere sostituita la formulazione intern che consiste nell'assegnare a priori le componenti di spostamento in tuttì i punti del cilindro e nel dedurre le forze esterne di contorno (e in generale anche di volume) che sono compatìbili con tale determìnazione. Questa forma del problema è in efretti accessibile in modo immediato, ma non significa quasi nulla sul piano applicatìvo, poiché la completa determinazione a priori della soluzione le toglie ognl generaura. Tra i due estremi (la formulazione diretta e quella inversa) è possibile una vta d.i mezzo? Ossia, è possibile valersi di quaÌcheipotesi a priori sulla soluzione, s€nza però determinada completamente, e < in ugual misura >, lasciare in qualche modo indeterminata la distribuzione delle forze sup€rficiali, riservandosi però di ritenere assegnate a priori alcune sue proprietà, sì da garantire alle soluzioni che si otterranno un certo grado di generalitàL? Ebbene, la risposta è affermativa: si può configurare un ptocedimento reni-ixaerso nel quale alcune, ma non tutte, tra le proprietà della soluzione sono assunte a priori e, nello stesso tempo, alcune, ma non tutte, tra Ie pfoprietà delle sollecitazioni esterne sono lasciate a priori indeterminate. Tale procedimento smi-inaersonella forma proposta da Saint-Venant è congegnato nei seguenti termini. A prioi sono a.tîegttate',

    (per le sollecitazioni estetne) 1 ) le forze di volume identicamente nulle

    (per la soluzìone) 1) o,. : 0

    2) le forze dì superficie, sulla superficie laterale

    2) o-. :

    0

    del cilindro, identicamente nulle 3ì le caralteri$ìcbedi:olhcitaqitne sulle basi

    3) oo' : Q in tutti i punti del cilindro

    Le posizioni: -

    _ -

    _ -

    _ ^

    (12.s.1)

    possono €ss€fe illustrate intuitivamente; esse equivalgono all'ipotesi che tra le fibre longitudinali del cilindro si esercitino azioni mutue soltanto nella direzione delle fibre stesse(f,g. 12.6).

    Fig. 12.6.

    Il ?oi lato tti Sa;nt-Veflant

    505

    Sono invece affiAatealla efettiva risoluzione del problema (per le sollecìtazioniesterne) la distribuzione delle fotze sulle basi

    (per la solu:ione) 1) le tte componenti della tensione: ox,, 612t

    6zz;

    2) la completa determinazione delle componenti di spostamento La trattazione svolta da Saint-Venant ha dimostrato che questo brocedimento miÍo o seni-inaerro è petcottibile per intero e può esserè svolù sìa in termini di spostamento'3, sia in termini di tensione'4. Dal punto di vista applicativo, i risultati che si ottengono riescono a inquadrare in una teoria un.itaria i divetsi casi di sollecitazione che si incontrano nelle travi: la ptesso- o tensoflessione, il taglio, la torsione. Resta tuttavia da dìscuterne la validità: infatti non è spesso vero che le travi siano libere da forze sulla superficie laterale, e inoltre non è assicurato che la reale disribuzione delle forze sulle basi sia quella ( dedotta ) al termine della risoluzione del problema di Saint-Venant.

    12.6 TL POSTULATO DI SAINT-VENANT Ma proseguiamo per ora la lettura della memoria Sar la torsìon det prisxtes. Il secondo capitolo occupa cinquantadue pagine'5 e riassume la teoria generale dell'elasticità, con I'analisi della deformazione, della tensione, e del legame sia nel caso anisotropo, sia in quello isotropo, con ulteriori indicazioni sul criterio di rottura per dilatazionimassime. Nel terzo capitolo'h la difficoltà sopra accennata sui limiti applicativi clcl metodo semi-inverso viene approfonditamente discussa. Ciò dà luogo all'introduzione di un nuoyo principio, il cosiddetto postulato di Saint-Venant, cui è dedicato l'ultimo pata-grafo '7. Su di esso Saint-Venant tornerà piìr volte ncl corso della sua opeta'o; ad esempio, in una nota al margine d.ella Nolice I chc si 13 La prima ttattaz)one gewrale in tal senso si trova llel trattato di Clebsch (Tlteorie der ]llatti'73 îì/.i/ ìet rt!tuî Kòrper, p, e segg., Lipsia, 1862); fu appunto Clcbsch a dcrominarc il probìcnh rlcl tìlindro cl^stico sollecitxto sulle basi come /ar .îaitt-L4ruúsclte Prablen. "^tti '+ R. F. Baldrcci,.fu/,/'i fegra(lonediretta del l,rÒbleua di Sainl-Venant i" te iù di teEioni, '759, Acc:td. Scicnzc", 90, p. 604, Torino, 1955-56;"cfr. anchcr "Giorn. Genio Civile", 95, p, 1951, Is A. Barré de Sainrvenant, cit., pp. 236 288. rr, lbidcnr, pp, 288-299. l7 lbidcnì, pxr. 33, pp, 297-299, '3 Cù.: lùtnní du LeîM (...), t'ar Natier (...). lloiriìtuc 'lidìtia'j aru dts roxt ct.lcr al'|,îtuliút A'1. Bún: àc.\'ai t- t 'cnanr, pp, 40-42, I'.rrigi, 1864; c î|1.or.r, Lí.riN ìc l'l/atlhití l.î rotl,.t îolil.t lr l, (,hl)s.L (...) at,t. l.i nÒttr illtùlxîr tu lll. lc.\:ai t-Vctult't, llì83. 1tp. 114-171,l'rrisi,

    506

    I prableî1a d; Sai t-Ve axl

    aggiunge al commento del Résuwédet hgon (...) di Navier, egli così lo espone: >a. Si noti che alle (1.3.3.17)può esseredata la seguente suggestiva interpretazione: la funzione Y sul contotno è uguale al momento flett€nte indotto dalle {otze est€rneìn una traye f,ttizta che seguaìÌ contorno ìn sensoantiorario patendo da un suo punto atbitratio; analogamente,la detivata normale di Y sul contorno è uguale alle forza normale (cambiatadi segno) indotta dalle forze nella medesima trave. Tutto ciò rìsolve completamenteil ptoblema piano quando le condizìoni al contorno riguardino l'equilibrio secondole (13.1.2). Quando invece al contorno siano assegnatecondizioni sugli spostamenti del tipo ('13.'1.4)diventa pir) opportuna una formulazione alternatiya dovuta a I{. Marguerre s nel 7933, Non potendoci soffetmate,diremo soltanto che la soluzione è ott€nuta da Maîguerre di nuovo mediante un'altra funzione biarmonicaY*(x, y) alla quale gli spostamenti ui, uy soilo legati, ad esempio, tramit€ le: 1f v O' Y* 1-v 3x0y

    2 è2YJ* A2\/* __ - ' 1 v è x 2 ' ,a y '

    (13.3.18)

    da cui derivaun'agevoleformulazionedelle (13.1.4)in termini di Y*.

    Le diIÈîalù dcl ?roblena ài Chb!ît)

    stato A. Ghizzetti 8 il primo a osservareche il metodo semi-inversonon riescc a ripottare il problema piano nelle tensioni alla sua forma risolutiva chc abbiamo esposto nel paragrafo precedente.Forse l,attt.ibuzione è azzard.atapoiché la conclusione dì Ghizzetti è facile a dedursi e figura, anche se in modo implicito, presso numerosi autori. Vediamo di che si tratta. Se il corpo è elasticoe isotopo, le ipotesi (13.2.5)danno luogo alle seguenti condizioni sulle componenti dì deformazione relative:

    e,*-o

    02e,. , 02e"" ' Av2 òx2 ^2-

    A n c h e l ' o r i g j n a r i a s o l u z i o n e d i A . C l e b s c h6 e r a s t a t ap e n s a t a i n t e r m i n i di spostamenti, applicando fedelmente il metodo semi-inverso di Saint-Venant al problema piano nelle tensioni, dove: o.":0

    "-= -+

    ( o , 1, o , " )

    (13.4.1)

    ^- 02e"y àx àv -ì2-

    0x 0y

    a2^

    (13.4.2)

    òy'

    di cui la ptima è quella già uttlizzata nel pangrafo precedente, mentre le altrc, integrate elementarmente,forniscono per e,,:

    13.4 LE DIFFICOLTÀ DEL PROBLEMA DI CLEBSCH

    o,v:0

    e,,:o

    La ptesenzadi e,, obbiiga dunque alla verifica della congruenza,la qualc non si esprime soltanto nella (13.3.8) sopra considerata,ma anche nele àltrc equazioni di Saint-Venant (11.14.3), (11.14.7). Supponendo che tutte le componenti di deformazione (e di tensione) non dipendano da z, le equazionì di congruenza, liberate da e"* e da e,", si riconducono alle seEuenti:

    clx"

    o,":0

    517

    (13.2.5)

    Già in essatraspaiono chiaramentele difficoltà cui accennavamoalla fine del par. 73.2. Ma né Clebsch, né Saint-Venant (nella sua traduzione francese del trattato di Clebsch)le hanno poste in vera luce. Secondoìl Grioli 7 sarebbe a N€I 1907 il ptoblema bìatmofliîa ^ssociato alle condizioni (13.3.15), o simili, fu oggetto di un premio dell'Accademia delle Scienze di Patigi: premio che fu assegnato a lavori fondament^li di J. "Mém. des I1adzr;,;lrd (Mdnoire *t h problòne d'anajn rclari.f à l'íq ilibre der plaEte! ílaniqn! efltastréer, à /'íq ip. (S4r l'intégraliax de l'íq atìon relatine Savants Etrangers", P^tis, t3, 4,1908), di G. Lauricella libre drt plaEtet é/aÍiq ei e îattréer,"Acta M^th.", t2,1909) e di A. Korn (Sur l'íqaìlibre der Plaq tlr é/a"Ann. Sci. Ecole Norm. Sup. rtique! erîdrtrées, Paris", 25, p. 3, 7908) riguardanti ii caso formalmente identico della lastta incastrata (cfr. il cap. 14). Piu complessa è la quesiione, quando la regione del piano occupata dal corpo ha connessione multipla, ad ese[rpio pet le presenzà di foÍi: si tende a]lon nec€ssaÍio ricoÍrcre alla teoria genetaie o€etta ifl proposito da V. Volterra, (Sxr l'éqtlilibre det cor|r í/a"-A.nn. îtiryer îtalti,/ettent roMexrr, Sci. Ecolc Norm. Sup. P^ris", 24, p. 3, 1907). s l(. Marguerre, JlbenesMd achnÍq'nnet rîbe! I'ral,len llet Elatti4iltítib.arìc, 'Z.L.M,M.", | ), 6, p. 437,1933. 6 A. Clcbsch, 1l)?úric,ùr lilar/iittjt I;(îtî Kòt|tu, cit., pp. 148-154. t G. Gri,'li, ÀíatLúhti l ILtot)' ,f li/.ttìî l:(t|i/il)in , llctìin, 1962.

    ez:a+bx+cy

    (13.4.3)

    con a,b,c costanti arbitxarie1,è immedìato, quindi, sostituìre nella (13.4.1.c) l'espressìone(13.4.3),tenendo conto delle (13.3.7); si ottiene: VY : A f

    Bx f Cy

    (4, B, C: nuove costantì)

    (13.4.4)

    Il problema piano nelle tensioni resta perciò legato alla determinazìonedi una funzione armonica(e non biarmonica)associataalle condizioni (13.3.14), P'utroppo, sotto ìl pfofilo matematico, questo è disastfoso,poiché l'equazionc (13.4.4)con le condizioni (13.3.14)contigura un problema generalmentóincom_ patibile e richiede, per esserrisolto, pesanti ipotèsì sulle foize applicate al contoflto. Come uscir fuori dalla dilîcoltà? O meglio: come ottenere cl.re anchc Ia Iastra caficata nel proprio piano posss godere della s,rluzione generalc ()ttst.lut,t nel par, 13.3? In realtà, più vie sono stxte tentrte: unl di quèste c()nsistencl_ 11 le ipotesi di partenza consentendo alle tcnsióni o**, o"", o"" di n ( ) h i . t t c l t i , . \ : t . \ / i. t t r l t i! / i t î , t r ; o c N,tkt itt r,, îarl,o tLt.î/io,.,Annali rli Mrrcrnrric.r-,1\,/,29, ,h,p p . 1 2 5 - 1 3 0 ,1 9 4 9 .

    Sùl ppi aLplkatilti

    548

    'elaniîiù de a learia de

    Prine

    esservariabili con z. In tal caso si può dimostraree che la funzione Y di Airy assume la forma : t1c4 \\

    549

    a?plicaziani

    -^'

    ,l /.'\Yi"ì \

    +-f ds\

    r':" -

    I

    Ay /

    1

    +1112 f

    o-! i ' : ; l o r ; d z _r1J

    Le equazionì di equilibrio e di congruenzasono allota verificate non punt u a f m e n r em a n e l ì o r o i n t e g r a l er i s p e t t oa z t Í J -

    In tal caso , t | l. torna tutto: la sola ipotesi "'"0)- 0 unlta. a cons.iderazionidi simmetria che consentono dì porre o$ : or"J: 0, basta a produrre la soluzione nella fotna del < oroblema piano matematico) :

    ù,

    V VY(") - 0

    "!?--

    ^2ljr(o)

    a2Y(o)

    0x 0y

    '

    f:9,: Jk" dz

    -nl2

    (sul contorno)

    (r3.4.e

    (13.4.10)

    Hlz

    V'è di pììr: la via di Filon può esseremigliorata introducendo in luogr> del valor medio ojf), ( momenti ) d'ordine N del tipo : l

    "11': --",J I

    f

    lo;;zNdz

    (t3.4.11)

    J El2

    Questo consente di indebolire ulteriormente le ipotesì a priori sulle o,*,o,v poiché le (13.2.4) ìndicano che le posizioni o)):0 (per N pari) e ol)': ol)' - g (per N dispari) sono tanto piir approssimate quanto N è grande; inoltrc la conoscenza dei < momenti > sino all'ordine N resa così possibile può caratterìzzare la dipendenza di o,,, o,y, oyy dalla vaúabile z'a.

    PRIME

    APPLICA,ZIONI

    Passiamo ota ad alcuni esempi illustativi e ad alcune semplìci applicazioni. Per quanto si è d€tto nei ptecedenti pangrafr,, potremo accantonare la diflctenza ttà problemi piani nelle d,eformazroni e problemì piani nelle tcnsioni, poiché in entrambi i casi la tecnica risolutiva è la stessa, salvo rjdefinirc lc costanti elasticheJ ove occorra, secondo le (13.2.3)- Intotno ai metodi matcmatjci per I'equazione:

    anY , " cx*

    à2ìy(o)

    ftft

    (13.4.6)

    -Et2

    "fì:

    -

    .l El2

    fl:' ^ : k*Jdz

    I3.5

    ( i .j = _ * , 1 )

    /

    con : '.812

    dove la funzione V*(x, y) è biarmonica.Sembterebbe dunque ragionevole attendersi che, se lo spessore H della lastra è sufficientemente piccoÌo, il termine in z2 clella (13.4.5) possa esser cancellato, ottenendo così il consueto ptoblema biarmonico piano, quale buona approssimazione p€r lastre sottili. TaIe atgomento però, puî essendo plausibile, non è rigorosamente decisivo: ed anzi si presta ad essere contestato da facili contro-esempi, oltre che da considerazioni analitiche d'ordine generaìe'o. Un'altra via rimonta all'analisi classica svolta " per la determinazione puntuale dello stato di tensione in una lastra da Love piana, con la sola ipotesi ( a priori ) o"": 0. In .-ffelti la ttartazione di Love parrebbe promettere una giovevole genetalità; e invece questo non è veto nel caso che a loi interessa dì fotze al contomo disttibuit€ simmetricamente rispetto al piano medio della lastra; l'incompatibile relazione (13.4.4) neppure pet qu€sta strada può essete evitata'2, Infine rimane la via < vìncente >> dovuta a Filon'3 e otmai comunemente seguita. Essa sta nel rinunciare a una desctizione puntuale delle tensioni d'xx, 6xy, dyy, accontentandosi di determinare ìl loto < valor medio >

    / à\Î'"'\ -' ;d s |\ . ' x , ,l

    ""

    ax"

    (nel dominio)

    e S. Timoshenko, J. N. Goodier, ThelrJ 0J ElastititJ, PP. ro E. Beovenuto, A. Corsancgo, Co,lsùlera7"io,1iîrìtìcbe skl "Atti Ist. Sc. Costr. Un. Genova", 2, pp. 45-55,1968. II ,{. E. H, Lo-re, A Treati:e on the trtatl)e atical Tlteory ol I? E. Benvenùto, A. Corsanego, cit., p. 52, 13 L. N. G. Filon, O tbe ap\roxinate !a/ rian Jor t/)e hnhq 'nàer anf ynem of kad, "Ph11. Ttans, Roy. Soc. London",201,P spcsso dcnominata < gencralizcd planc stress >.

    (13.4.1) (13.4.8)

    241-244, New YotL, 1951{. P/ablena elailiîa Piallo nelh tentioni' ElaltirìtJ, Cambridge, 1927. af a bean af rectang,Ìar croîraeclht' 63,1903. L^ trntiazionc di lrjlon è

    a4Y cx" cy'

    , anY _,, cy-

    ( 13.3.1 3)

    con le condizioni al contotno (13.3.1.4)o (13.3.17) esiste una letteratura vastrssima; ci sono le soluzioni, indagate sistematicamente da A. Nlesr.rager's c dn altri successivamente sviluppate, dove alla Y è attribuito uno sviluppo polinomiaÌe rispettoso della ('13.3.13); ci sono le soluzioni di tìpo variazionlicrr', r'1 [,. Bcnvcnuto, Uu nhqione in temiri .]i noDtcnt; àe! Lnl,h a ìdln ldttt.t krì 1tt! ti!/ lr.lùo "Lttl. Ist, Sc. Costr. Un. Gcn, medìante uno sviluppo .in sef1e.

    Per chiarire come ciò awenga consideriamo dapprima il caso piutt(,sto astfatto rappfesentato nelìa frg. 13.9, dove le forze vertìcali ag€nti su AB c su CD seguono una legge sinusoidale:

    Fig. 13.8.

    -fr: in muratura. In questo caso (che rientra in uno stato piano nelle defotmazioni), si può date a Y la forma dì un polinomio di sesto grado imponendo il rispetto delle seguenti condizioni al contorno su AB, su BC e su CD: dyy:0

    su AB:

    ov*:0

    su BC:

    oxx :

    0

    su CD:

    oy\

    0

    (13.6.10) o,"

    qx

    À senax

    fz:b

    senax

    (13.7.1)

    con a, b, valori costanti e con .r -

    {tr itrt"ro) mentre è imprccisatn lî f distribuzione delle forze tangenziali f, su D-A. e BC. /a fcxiar dc! tiìîNr í1air!e!, "Conrptcs tìcndus", t26, pt,.4l)2-404, lBrB; .. .,I M. C. Ri6iòtc,.\'t .\ir /.t tlîiî/.1 r. .tc.î d ifr t:laìr, "0,li+tcs ltcnclus", /21, pp. 1i90-1192, 189u, ,, 1,. N. (). tjiIrn, cir.

    Srìl'tppi aPplicariri della teotia de

    556

    'elastiîità

    oirx

    ]_

    _--h----,

    a+b

    nI l

    '

    senn zoan+ zoan

    .[(*h cosh *h-

    I

    557

    .î".:l.,ppì i'r t?ri? dclla sal.,qioxe ( Ribislc c filon)

    senh ah) cosh ay-

    a senhah.y senh o(y]sen o(x+

    a"-b senn

    zdn -

    zd tl

    .[(ah senh ah-

    f

    cosh ah) senh ay

    a cosh ah'y cosh ay] sen ax

    a+b

    nl

    senh 2ah * 2ah . [ochcosh crh senh ay - a senh ah.y cosh o.y] cos ctx + a_b senh 2,th - 2ah . [ochsenh ah cosh ay - a cosh ah.y senh ocy] cos ocx

    k

    (13.7.8)

    a+b Fig. 13.9. La (13.3.13) e le condizioni al contorno sono allota verificate ponendo: (1,3.7.2)

    Y : Lf,'(y)senocx

    dove {(y) è funzione della sola y. Sostituiamola (13.7.2)nella (13 3.13): ne segue l'€quazione determinatrice di ,f(y): a4.t

    ,l2,L

    , Y -f Ì ! _ Z z z : qy" dy"

    ('13.7.3)

    aaù:0

    È questa una €quazione differenziale ordinaria, c o s r a n r i ì l c u i i n r e g r a l eg e n e r a ì eè : ,1,(y) :

    .. cosh ay f

    lineare

    o v v ( x ,f

    h):0

    h):

    ,{B: (13.7.5)

    asenc{x

    e su CD: o'v(x, -h)

    :

    0

    ovv(x,

    h) :

    (1,3.7.6)

    b sen *x

    che si traducono, per le (13.3.7), in: , 1 , ' G ): 0

    o"'Ù(h): a

    AILL fìnc, ccco jl lisultato:

    L!'(-h) :0

    c{' {,(-h):

    * senh cth.y senh ocy]sen ax f

    a-b senh 2ah - 2ah . -]- cosh crh) senh ay [(ah senh cth

    occosh och.y cosh ocy] sen ax

    Si deve notare che sui lati DA e BC l'espressione di o"u è tale da garantirc l'equilibrio globale. Se f, ed f, fosseto date nella forma: f1 :

    - a cos dx

    satebbe opportuno

    fr :

    (13.7 ,9)

    b cos crx

    seguire il medesimo procedimento, con la posizi.'ne:

    V - +(y) coscrx (3.7.4)

    c, senh ay -l--cry cosh o(y + c4y senh ocy

    Le costanti cr, c2, ca, c4 sono ottenute dalle condizioni su o""(x, f

    a coemcìenti

    senh 2ah f 2o.h .[(ah cosh cth f senh cth) cosh ay

    b

    (13.7 .7)

    (13.7.10)

    che produce formule analoghe alle (13.7.8): basta scambiare.il fattore sen crx in cos ax e muta( segno a d*y. A questo punto, siamo in grado di affrontare i casi piir interessrnti in cui le forze assegnate sul contorno sono distribuite con legge qualunque fr(x), fr(x) (fig. 13.10). Infatti, sotto ipotesi assai < larghe >, è possibile rappresentarefr(x) cd fr(x) mediante le setie:

    f,(x): au*,,j,a- ,".rf

    " -f

    -r ,!"J,, T

    ,.

    f,G): t',o| r.,'-f, ' I ,,:,b,,, ,,i,t1,.,,,I

    *

    c()n:

    ( 1 3 . 7r.)1

    Sr;ùQpi a??licaliri dela haîia de 'elaîthità

    558

    Ir la:tra larg di Filax e la larlîa nre a di Bleicb

    539

    I termini ao, bo inducono uno stato di t€ns.ione costante d9":0 i tetmini

    d9":0

    ai, bi

    che sen jf

    og-:-

    inducono tensioni analoghe alle (13.7.8), con la differenza

    x diviene cos

    x (e viceversa), e che o*" muta s€gno. L'esprcs-

    ì'

    sione analitica di ovv per I :

    0 è:

    qc I t

    ovv:_

    mrch ' l s

    Fig. 1i.10.

    ao:

    I

    ,

    an:

    l

    m

    I t-.. 2l llr(\)dx

    l;mrx d* s€n I ftr(x) I

    ad -

    t

    (13.7.12)

    I

    't

    1" I

    m

    7

    l

    !

    mrch

    , c

    ,

    l

    t

    Nella fig. 13.11.bè rappresentatol'andamento della (13.8.2)quàndo c + 0 e g - oo in modo che 2qc conservi un valore lnito P, da intendetsi comc carico concentrato '3.

    I

    (e analogamenteper bo, b-, bi). La soluzioneè dunque conseguitaper ( sovrapposizione degli effetti >, sommando cioè i contributi dei singoli addendi delle mît mî ( t J . / . 1 r , c n e c o n l e n g o n o s e n- - - - x o c o s _ -

    x,

    13.8 LA LA,STRA LARGA DI FILON E LA LASTRA STRETTA DI BLEICH

    le

    I

    Esempì applicativi particolatmente intefessanti sono quelli di una lastra molto allungata, caricata uniformem€nte su una piccola potztone del contorno (per .._ c qxqc), come nella frg. 13.11.a, e quello di una lastra molto alta, soggetta a forze concentrate assiali sui lati corti. Nel primo caso, detta q I'intensità del carico, risulta Aalle (3.712): - a o : b o, :

    - a.:

    q

    b','

    r c-



    b.

    m:r'.- d .\ n f I r J l c o s r|

    -

    (13.8.1)

    t

    i-va.i

    0 2a' m^c s e n- m7| I

    l

    , 2mnh . f . ^ mrh senn | I

    f " , . cos m î xoz lrr(x, I

    I

    mzrh

    Fig. 11.11. ,r L. N. C. Ilil(rì, cir.

    l=-----T-l lo

    S'i/ ppi ap?licati"; detta tcoúa dall'elarthiù

    560

    Nel secondo caso (fig. 13.12), essendoh R ,ll" ('13.71-2).Invece, pet p : R, I'effetto del foro è assai -2 cos20); nei punli in cui sensibiie;risulra infani ooo.- oo,: 0 e ooo p(f Ìa circonferenzadel foro intersecal'"rr. y (0:+'+"1, raggiungeil suo valore massimo:

    locosze 'zllo

    senzî

    la tensioneo00 (13'11'10)

    ooo: 3p

    tre yolte maggiore della trazione uniforme ,apPlicut-l-sui lati della lastra' La frg, 13.1,6t"pptet.ttta il diagtamma di o66lungo l'asse y'

    Fig. 1j.l5. L'integralegeneraledella (13.11.4)è: Q ( p ): " p ' * b p a { c p - 2 f d

    (13.11.5)

    con a, b, c, d costanti. Le condizioni al contorno sono: ooo(R,0):0

    oo6(R,0):0

    o o o ( t ,:0 ) lO.o"zO

    o p o (0r ), : - l O

    " . nz O

    (13.11.6)

    ossia, per le (13.9.3):

    -o $+r*r-f +,er :o f +'ror-Sq,(R) : |v j+r'>-l+'r'>: ]+'r'r-$ aG) l,

    Fig. 1i.|6. (13.11.7)

    I3.I2 LA SOLUZIONE DI FLAMANT PER IL SEMISPA'ZIO Il secondo esempìo ch€ desideriamo brevemente ricordare è qucllo dcl semispazio caricato u-niformemente su una retta del pìano Qrizzontale di ff()n'

    dove J'apice denota ia derivazione risperro a p. R

    Se si suppone trascurabileil rapporto f, a, b, c, d, i valori: 1

    -

    À r '

    gr.ra. equazioni forniscono ad '8G.Ì{irsch,Dietlret)ùederElasti (cioè di un corP() < elastico uno spazio pÀblema di ioi lu ro" ioluzione al in un suo puntt) concentrata una forza da sollecitato indefinitamente grande) sulla supetficic di di forze una distribuzione da pù esattamente e gen€{ico ina piccola ."tità'" 1fig. 13.18.b).Si ebbe poi la soluzionedi J Boussincsq (187à) al problema dellemispazio elastico sollecitato da una forza perpcrtli3' èolaté al piano " (fig. 13.18.); ad essaseguì quella di V. Cerruti (1882) nl oroblema del quale gli storici cìella

    So?hie Gema;,t e i ?ùni

    co,rtribat; allo stnlio d.ella lanru inferla

    575

    scienza non sono del tutto esenti ha fatto poi sì che la (14.1.7) sia clctta comudi Lagrange. ll concorso fu comunque inclctto flemente eq a seguita cìa Poisson, ò in cssc posto ugualc a 0,25.

    ^

    (14.2.1s)

    l)îsta r. determinada.Quindi la (1,4.2.14) è applicabileclirettamcr.rte . Sc ci si vu ;r# ,. v m , "

    | .l1^ro' ) ,,., _ n2 \2

    _"(,^,

    !,

    . 'u^t.

    ('t4.7.13)

    iu)

    Lo sviluppo (1.4.7.13) è rapidamente convergente. Poiché i momenti sono connessi alle derivate seconde della (14.7.12), i loto valori massimi sono proporzionali al quadrato delle dimensioni lineari. Il catico totale sulla piastra, uguale a qoab è anche proporzionale al prodotto delle dimetrsioni lineari: possiamo perciò affermare che, per due pi.rstre tettangolari di forma simile e
  • : ,-'ssie esfrìmc " 4 .o-" l'efietto indotto su x, y dal carico viaggiante unitario di coordinate (, 1. Sc perciò consideriamo un qualsiasi catico di intensità q({,1) distribuito stpra un'area assegnata A', si può facilmente ottenere la corrispondente freccia itt ttt't qualunque punto della piastra applicando un carico elementare q(1, tf).11 dtf e usando la sovrapposizione degli effetti: y:'!, ii x:1,

    * :

    1)Ii1x,y, í. r) ,l(.ì,r .i.l-cr;.

    (14u'4)

    .1,,r" t'inrìgr^1" drppi. è cstcso ell'ltcit crtticltr. l,t funzì,nc Ii è c,nruncnrcnfc rìcor(lîtî ctn]nc.flni.ktut: li (ìrttn.

    598

    .Laîlre e ,tenbratu

    I4.9 LA SOLUZIONE DI LÉVY Una soluzione per ja lastra f€ttangolare appoggiata (frg. "14."15),mediante l'uso di una serie semplice (anzìché doppia) fu ottenuta da Levy nel 1899,,. L'idea di Lévy consiste nel decomporre il problema:

    V Vw

    ,

    +

    (- cordiTiotrial rartonto)

    (14.e.1)

    399

    La îolr*aíedi Léty

    con W'(y) funzioni della sola y; la (1'4.9.4)è analoga'alla,(73.7'2) c inrcrlh nella (4'.ó.21 esige che ogni V"(y) verifichi I'equazione difierenzialeordinrrh del quart'ordine

    wí'-

    '' ,'^r2 "- 2' w i , ' jni4: +w4 ' :

    (r4.e.s)

    o

    il cui integtale generaleè, come sappiamo [cfr' la (13'7'4)]: - nTrv ìf ,(y) = c"r cosh la

    , nry c,2 sennl-=_

    + "*jF"orhfff

    ",,+

    se"h {L

    (14'e'6

    AB; I,€ costanti co1, cp, cnr, cD4 sono determinate dalle condizioni su

    wo(x, h) - - v7'11,1-t;

    (14.e.7)

    wi(x' h) : - wi(x' h)

    (l'apice designa Ia derivazione rispetto a y) e su CD: Fig. 14.15. in due problemi pir) semplici. Posto w: w0 + w1 si impone a w, di soddisfate l'equazionedi campo e le condizioni al contorno su due lati opposti della lastta; quindi si impone a wo di soddisfare I'equazione omogenea:

    (14.e.2) e condizioni al contorno opportune, in modo che la somma wo * w. obbedisca su tutti e quattro i lati a quanto è rìchiesto dal vincolo. Se ad esempio il catico q è uniform€mente îipartifo, la determinazionedi w, è banale; scegliendo i lati opposti x:0, x: I, risulta:

    *r:#(xa-2lx'flsx)

    ('14.e.3)

    Pet wo il problema è ormai formalment€ identico a quello che già abbiamo studiato nel par. 13.7. Lévy pone infatti:

    -":àw"(y),",'f ,rn, ,,jril.

    (14.e.4)

    Lóvy, 9t l'ét1tìlibn élaiiqtu d'ue p/aqneteda gxlairc,"Conptes Rendus,,,| 29, pp. 535-

    w[(x, -h)

    - -w1(x, -h)

    wo(x,-h)

    : -w{(x,-h)

    (149 8)

    la simmetria In particolare, nel caso di carico uniformemente ripartito' non simi tetmini prima vista a annullate .lella suòerfic.ieirrflessaconsentedi in lo sviluppo parte D''ltru 0' 0 e cor: àiitra i.ii^ ft+.1.e;, p.t cui co, alla: seriedi seni della (14.9.3)porta

    (14.e.e)

    (ndisPari)

    *.-#i{*"aF

    e della (14'9'ó)' che inserita ad esempionelle (14.9.7)' tenuto corto della (14'9'4) n dispati: per Risulta definiscei coefficienti c!1 e cr4.

    cnt

    ) ala -5-

    #(+'ch++4 lr5 n5 cosh #

    (14.e.10 î'no

    cOSh - -I

    I

    Infine, l'inflession" 'r7: w6 * w'1 resta descritta dallo sviìuppo in scric semplice:

    - - #,:,

    -l - 1'4:cl'h141 3 cosh ctuv + (t '

    ^

    o - 'I,

    ,

    Z C r) S l l C t , ,n

    s c n h a , ,y s en c , ,x

    ( 1 4 . 9 . 1l )

    600

    Lastft

    e meftbraft

    dove si è posto, pet brevità, a":

    Alcune importanti osservazioni possono essere applicate alla determinazione di forma che garantiscela sollecitazioneuniforme, ì che quindi si otticnc insetendo la (14.17.5) nella (14.16.2). 'particolarmente Nel caso int€îessantedi presollecitazioneai botdi con carìco nullo, \a (14.16.2\ diventa,: ò22 , .rx2

    A2Z èy,

    (1 4 . 1 8 . 1 )

    c deve avere condizioni al contorno non nulle:

    Z : Z.(x, y)

    (r4.rrì.2

    rlttimenti fornirebbe la soluzione banale Z : 0. Poiché una funzione che verifichi la (14.18.1) si cìicc atmonica, lc mcnrlrrene così detcrminate possooo dcnominlltsi /)ta///bft/c arttortit/.,c. Allc ntcntbrtnc armoniche si pur'r pervenirc encìrc scgucndo ull pcrc()rs1)complctlrncntc t l i v c r s o , . . c h en ( ) n t l t c o r i g i n c c l a l l l s t a t i c r , m l t t t l l l g c r r n r c t r i a .S L ì p p , , n i r t r r t , l irrlitti
  • e la seconda il ( materiale di Maxwell >.

    6n

    I nodelti ftologiîi. Forn a$one dffircrqìale àel leganettìuaclartìco

    .Fir 15.12.

    dP Et:

    . du F r l ( P re P e l 6 , PAPBU

    (15.ó.s

    638

    Ohre it doniniodelÌ'elanicilà

    e il materiale cxatteÍizzato prende il nome di ( materiale viscoelastico standard >. È chiaro a questo punto come ìl discotso possa ess€re ampliato a modelli assai pìir complessi, due esempi dei quali sono schematizzati nella fig. 15.13.

    la fial del nrateriale. Si può osservate ancora che il passaggio dal campo elastico (segmcnti del tipo OA o CB) a quello plastico (curva AD) è segnalato da un certo livclltr di sollecitazione, che dipende dalle precedenti plasticizzazioni (l'ordinata di A è diversa da quella di B). Le plasticizzazioni subite non hanno invece influcnzn se alla Ég. 15.6 può essere sostituita la É'g. 1'5.14,in cui il tratto plastico è orizz()ntale (assenza di incrudimento) e che rispecchia la ?laúitìtà p€rf€tla. Un'ultima osservazione riguarda quella parte dello sPostamento chc n(rì vcrrebbe annullata se, dopo avere raggiunto un generico punto del diagramma, si scaricasse Ia batta, e che è quindi essenzialmeîte ?/astica, Esstt variî s€ il diîgnmma è percorso sul tratto -\D, rimane inr-ece inalterata se il tratto pcrcorso ò clastìco. l)of() queste premesse esponiamo, nei limiri qui consentiti, una firrmulazionc clcl lcgamc clastoplastico chc rccc1risccin termini gcncrali lc Pr()Pficltì stlicnti ora clcncatc.

    640

    OUre il danittio dell'elaniciù -rl

    641

    Rap?reretlta1ione arlratta ùt hogo dì nert)anenlo

    liticamente il fenomeno dell'inradi aento. Diclamo perfettanenlePl*$ico un matc' riale per il quale la dipendenzanon sussistae si abbia:

    (1s.8.1

    C

    u

    Fig. 15.14. Scomponiamo anzit\rtto la deformazione nelle due parti elastica.e plastica : ,

    -

    n

    -

    t

    (1s.7.1)

    Per procedere oltre è necessariointrodurre il pteannunciato criteriodì pldsticilà, che consentàdi stabilire se il materiale è localmentein campo elastico, oppure ha raggiunto il limite plastico. Supponiamo possibil€ a tal fine individuare una fttn1ìonedi J eraan€t0, non positiva, dipendente sia dalle terisioni attuali, sia dalla storia del materiale attraversole deformazioni plastichevia via accumulate :

    F(o;;, efi)< 0

    In uno spazio astratto aveflte come coordinate le componenti di tensionc, individua una superficie denomrnata lmgo dì la condizione di plasticità F:0 se il solido è perfettamente plastico, mentre può sften)anetîtoche è immutabile, del matetiale, se vi è incrudimento. Nello procedere della storia modificarsi col individua un punto, o, equivalentemente' dì tensione uno stato spazio sudcletto lo strro è elastico, il punro è interno rispetto dalL'origine; se .r.rtor. uscente un al dominio che ha il luogo di snetvamento come frontiera, se è Plastico, appartiene alla frontiera. In assenza di tensione si è certamente in campo elastico e quindi l'origine è punto interno. La rappresent ^zione grafr.cadella fig. 15.15, anche se evidentemente impropria per uno spazio a più c1i tre dimensionì, facilita la comprensione intuitiva àel discorso. I punti Q e Q* corrispondono, rispettivamente, ad uno stato e a uno elastico. blastìco Al luogo di snervamento è consentito aYere punti singolari (fig. 15.16)' che sono ìleffetti implicati da alcuni criteti particolari di plasticitàLe la cui presenza richiede tna genetalizzazione del discorso impostata fondamentalmente da Koiter ?. Nel seguito intenderemo, salvo esplicito awiso contrario, che nei punti-tensione considerati non vi siano singolarità.

    (15.7 .2)

    che risponda allo scopo fornendo la seguenteindicazione: a) se F< 0, il matetiale è nel dominìo elastico; il matetiale è sulla ftontìeta plastica. b) se F:0, Denominiamo ;fmqionedi prino ,terùamentola detetminazione Fo di F, dipendente dalle sole tensioni, che si ha quando non sono ancora intervenute plasticizzazion\. Poniamo cioè : Fq(oi) :

    F(6r, g;

    ;60-

    (15.7.3)

    Nel seguito avremo modo di passarein tassegnaalcune fra le piìr note funzìoni di sn€rvamentofifiora proposte.

    Fig. 15.15.

    Fì9. 15.16.

    ASTRATTA 15.8 RAPPRESENTAZIONE DEL LUOGO DI SNERYAMENTO La dipendenzadell'accessoin plasticità, e quindi della funzione di snervamento, delle deformazioni plastiche già eventualmenteintercotse, esprìmc ana-

    7 V\v. 'L li()itcr, .ît'"r.r ltri kcl.ttiot$, U,iq cMî aul I'aiatiottal TLuntx for Ìl/a!titl'httth "Quatt, Appl. Mnth.", / /, p. 350, 1953; (ucrul I horut t4atcrìah tt,ltl a .\'h4n/ar l'i Ì ,\'nfuec, lor "1'r,srcss in | : : l t i i t - I ' h r t ì t . f/ , 2 ' , Solids Ntcchruics", /, p. 165, 1960. 2l

    642

    Oltte il dorrinio de 'eÌallhità

    15.9 GLI ASSIOMI FONDAMENTALI SUL LUOGO DI SNERVAMENTO: LA LEGGE DI CONYESSITA E LA LEGGE DI NORMALITA Passiamo ora ad enunciare due assiomi fondamentali. Il ntimn

    qejj .: o^ -

    è:

    il luogo di.rt€ruameflto è ara vperfcie conuexa. Note proprietà dei domini limitati da superÉci convesse consentono di trarre immediatamente la conseguenza, che satà.ripresa fra poco:

    ) {o'-oi,t fr=o

    (15.e.1)

    essendooi; le coordinate di un punto-tensione sulla superficie e ol quelle di u.n punto non esterno al domjlio elastico. Un chiarimento della (15.9.1) si ottiene, per via sintetica, osservandoche essaesprime,in termini di componenti, il prodotto scalarefra il vettore o - o* e un vettofe proporzìonale al vetsore n della normale esterna sul contomo e con esso concorde. La frg. 15.15 mostra che, per la convessità,I'angolo fra i due vettori è certamentenon ottuso e quindi il prodotto scalarenon èìegativo. Supponiamo a questo punto che ad uno stato di tensione già conseguito si sovrapponga un inctem€nto infinitesimo doil, al quale corrisponde un,altetazione der: delle deformazioni, cui possiamo applicare la divisione (15.7.1): ucrj-uejj

    r

    uÈij

    (15.e.2)

    La funzione di snetvamento subisce a sua volta un incremento, dato da;

    uu:

    ;#

    d",; + IS d"i

    (15.9.3)

    che è negativo, oppure nullo. Utilizzeremo successivamente Ia (15.9.3); esaminiamoinvece orala (15.9.2), nella quale la parte plasticapuò esserenon nulla solamentese la tensione a.l.la quale si aggiunge I'incremento dor; individua, con le sue componerìti, un punto Q sul luogo di snetvamento. Sovtapponiamo allo spazio delle tensioni lo spazio delle deformazioni; supponiamo di applicare in Q il vettore deP. Il secondo assiomaafferma allora:

    AF

    (1s.9,4

    ooij

    dov€ d). è un parametro non negativo. L^ (15.9.4) esptime una relazionefra incrementi di deformazione plastice e funzione di snervamento istituita da von Mises 8. Combinando la (l5.g.l) con la (15.9.4) abbiamo immedraramenre:

    - ofi)de;l>0 )i , i (o1;

    (1s.e. s)

    I due assiomi trovano largo riscontfo sperimentale, anche se in taluni casi è opportuno rimuovedi. Ad esempio, può esseresoppressal'ipotesi di normalità rispetto ad F, genenhzzandola (15.9.4) nella:

    '. aG _"

    (1s.e.

    cl6ij

    La funztone G è denominata ( potenziale plastico >. fn un cofltesto cosl allatgato, la presente ttatt^ziole diventa il caso particolare, detto ( associatoD, in cui la funzione di snervamento si identifica col potenziale plastico. Per precisare maggiormente il parametro dÀ, immaginiamo di applicarc nel punto Q sia il vettote do, sia il vettore d€P. La fig. 75.17pone in evidenza tre possibilità. Nel primo caso,il vettote do è diretto verso l'interno del dominio, segnando il rìentro in elasticità ed implicando quindi che la funzione di snervrmcnt

    I criteîì ài plarùc;tìi:

    |

    * F:o&)

    c o:i

    ""

    ^ óo-n

    (1s.11.

    .--

    :1 èor'

    Oopq

    6o',: g

    (1s.11,1

    d o ,- 'o

    iF i; (ori

    I npplrreie F no esserefatti risalire a idee di Galileo'a e Mariotte ", assumevanocome griÌndezzedi ifeimento le tensioni o le deformazioni. Piir recenteè invece I'intr(F duzione di ctiteri energetici, attribuita a Beltrami'ó che adottò come misura I'energia potenziale elastica, prefigurando l'interptetazione (15.12.11) del criterio di von Mises, che è posteriote e dovuta ad Hencky'7. Cronologicamentc intermedia fra quelle dì Beltrami e di von Mises-Hencky è la proposta di Hubet'o, che consideraI'energia potenzialeelasticaper stati di tensione con Io positivo, l'energia distorcente se fo è negativo. Il primo invariante di tensione,ritenuto non influente da Trescae von Miscs, viene invece inserito in criteri piìr recenti, riassumibili in diverse specìficazioni della fotmula per la funzione di primo incrudimento:



    Un'interessante intetpretazìone della (15.12.8) può essere data ossetvando che, per la (1,5.2.16), l'enetgia potenziale elastica telatrva ai deviatori di tensione e deformazione vale:

    eo

    Torniamo ancora alla bara della fig. 15.1, che si plasticizza clulntkr ncl diagramma della flg. 15.6 viene raggiunto il punto A. Il valore o" dclla tcnrionc

    (1s.12.8)

    II":-k'

    F;"

    ó31

    l)

    Nel piano della fig. 15.19 (spessodenominato ( pìano î >) la (15."12.6) descrive l'esagono della fig. 15.20. In baseal critetìo dì von Mises, la plasticità è invece raggiunta quando ìl secondo invariante del deviatore di tensione perviene ad un certo limite:

    Fn--f,

    Altrì eìtei di plastic;là

    (1s.12.11)

    come pot(ebbe agevolmente verificarsi esprimendo la seconda delle (15.12.2) pef mezzo delle componenti si;. Pertanto, il criterio di von Mises collega l'ingresso in plasticità con un c€rto valote dell'energia Potenziale elestrca dit/orla (15.12.8) è suscettibile anche di altrc interpretezioni. ccúe; 1'>etalrtro

    Fo: AoGI",III") + BoG")

    ( 1 s . 1|3) .

    che si riduce alla (15.12.3) se Bo: 0. La prima origine di questi ct.iteri è, in realtà, antica € può farsi risnlirc n Coulomb'e, con successiva generalizzazione di Mohr'o. Tuttavia, jl nuclco della loro acceztone attuale è da attribuirsi a Schleìcher ". Funzioni di snervamento così generali vengono attualmentc usatc l)cr ,a G. Galileì, Di$aîli e dinostîancdeformazione-spostamento è sostalzialmente uguale, in quanto a difficoltà, a quella che occotre in un comune ptoblema elastico. È anzi faclle vedere comc, nota T, sia agevole ricondursi ad un ptoblema dì elasticità, alterando convcnzionalmente le forze di volume € di supetficie. Paragoniamo infatti due problemi con uguali fotze esterne, il primo elastico e il secondo tetmoelastìco disaccoppiato con distribuzione di temperatura già determinata. Inserendo le rispettive espressioni di legame (15.2.7) c (15.3.5) nelle (15.16.1) e (15.16.4) abbiamo nel primo caso: ^"- F EI'n.ent I F:

    )

    (^l

    |

    € contenendo ìa sola temperatura come ìncognita può essere integrata separatamente e pfeliminarmente, corredata delle proprie condizioni al contofno ed iúziali, che si istituiscono senza difficoltà. Divisa infatti la frontiera A in due patti Ar ed Ar, sulla prìma delle quali è imposta la tempetatu(a con valore T" e sulla seconda il flusso termicJ hf , si ha:

    |

    !

    :T"

    ) h1n' : ["

    su Ar

    (L5.18.2)

    su Ao

    (1s.18.3)

    0

    ìn Y

    ù,k

    (15.18.ó)

    Er:r*er'tni :

    s Ar

    ff

    e nel secondo:

    -To)+ Fr > +dxt > EjrhkehkIî *(xi 9,:(T

    Î-

    T

    (1s.18.5

    p e rr : 0

    T:To

    TERMOELA,STICO DISACCOPPIATO DI DUHAMEL-NEUMANN

    ! ) Er;r'r.enr.nr-) Pr:(T i

    0

    inY

    fi-k

    h

    ,

    k

    To)nr : f;

    (1s.18.7 r A t

    i

    È ora chiaro che se si pone fotmalmente: r,a (15.18.3)è immediatamentechiarita dalla fig. 15.24,rìferita per sempli. cità al caso piano, dalla quale sì deduce:

    ^ Fi

    F;

    à > ^" B,j(T- To)

    (1s.18.8

    îf: rÍ + ) g':(T-To)n' c si applicano al problema elastico le forze modificate (15.18.8) si hî Pcîfctlrl coincidenza della soluzione con quella del problema termoelastico relativo Itllc f " r z c c l T e t l i v e .Q u a n t o è s r r t o u r a e \ p o s t o c o s t i t u i s c eu n t I c r s i , ' n c g c t l c r î lizzata clclla < analogia di Duhamcl-Neumann >. (ìrmpletiamo I'argomento della termoelastìcìtà con la plrttiatlttzznztttttc rLll'omogcncità ed isotropia. Corne si è già Parzialmente clctto ncl par. 15.3 i cocllìcicnti ]l..,r,,p,,, assumono, se vi è isotropilì, le clctcrotinazit,ni:

    Fig. | 5.21.

    K;i

    ti1 òrj

    l",t

    13ò,

    ( l s .r 8 . 4 )

    662

    Ollre il donìnio tlett'elaniita

    essendoòi; l'indice di I{ronecker definito nel pat. 15.2, e si tiducono quindi a due. Inoltre, I'omogeneità li rende indipendenti dalle coordìnate geometriche. La, (15.17.24)dìviene allora : :2'f

    K' t : :. ? a"!

    .'r

    -l cu òT 0T-^" ' ar òL

    (1s.18.5)

    e, sotto questa forma, si associa al nome di Duhamel 3o.

    15.19 IL PROBLEMA VISCOELASTICO LINEARE

    Il îrabhna

    ó63

    ,kcaeladieo lifleare

    per ìl quale si ha:

    (1s.19.4)

    slE*Ql-qQ

    Prendiamo in esameun solido viscoelasticoe conveniamo (pet semplicitÀ) di porre l'origine dell'assedei tempi in un istante nel quale il sistemas.iaancolc nel suo stato natutale. Avremo pertanto l'annullarsi dì tutte le variabili dipendentì per t: 0. Scegliamo un'espressionegenerale del legame integtale, ad esempio la (15.4.5); applicando la trasformazione di Laplace ad, entrambi i membti c ricordando le (15.19.2)e (15.19.4),otteniamo:

    (15.1e.s)

    oi;-p)Ei;rtEr.* Passiamo alla viscoelasticità. lineare. Tra i procedimenti risolutivi impiegati in questo settote, carattetizzato da comportamenti del materiale mutevoli nel tempo, hanno speciale rilier.o le tecniche basate sulle trasformazioni integralt, fua le quali, essenzialmente, la trasfoxmazione di Laplace. Assegnata una funzione del tempo g(t) si consideri l'integrale (indipendente dal temoo) : I'

    = l e x"p l - 'p t -| , p"( r )d r ?lcp(t)] = @ ' J 0

    (1s.1e.1)

    Se, con oppoftuna scelta della costante p, esso esiste finito, la funzione 9(t) sì dice ( trasformabile secondo Laplace > e E è la sua < trasfoîmata di Laplace >>; vicevetsa, 9(t) è la ( antitrasformata ) di E. Le condizìoni di trasformabilità sono in effetti assai blande, se rif€rit€ ai nostri problemi 3', e le supporremo verificate. Sul piano concr€to, trasfotmate e antitrasformate possono essere calcolate analiticamente in alcuni casi, numerìcamente n€gli altri. La ttasformazione di Laplace è un operatore lineare che gode di molte ptoprietà due delle qualì ci interessano qui: la prima si riferisce alla derivata n-esima di 9(t), per la cuì trasfotmata vale la formula:

    " [ 0d.L, .1 Í ' )pl . o p ' , p ( 0 ) - - p^ l 1 : " ' î) - 1 1 : " ' l ) 1 r s . r o . z y L I \or'.,/o \dt',/o mentre la seconda riguarda ìI pradaua di conuahrqiaxe fra due funzioni g(t), ,|(t):

    Eflettuiamo la stessatrasformazionesul legame diferenziale nella sua struttura genetale (15.6.7): I (Al,un* PAl,o f ... f P"Aììun)"*: rì'k ) (Bi,oo* pBi* * ... + p" tsioJ eoo (15.19.ó) È chiaro come, in entrambi i casi, si possa pervenire ad una relazione fra tfasformat€:

    (1s.1e.7)

    6,,: I Eion4o

    con opportuno significato dei coeflìcienti Ei6; ciò confetma, pet inciso, la sostarìzialeequivalenzadelle forme integrale e diferenziale del legame viscoelastico lineare. La ('15.19.7)sugg€Íiscedi applicare la trasformazione di Laplace a tutti i termini delle (15.16.1),(15.16.2),(1's.16.3),(15.16.4): inY

    .,: *(3** !ùr),, v + a

    (15.19.rì

    t

    rpx rl-,: folt J ' '

    r) rl(r) dt

    ro Il lavoro si trova in "Mémoires par divers savants", 5, p, 440, 1838. 3r A. Ghizzetti, Caholo tinbo/ica, Bologm, 1943.

    (1s.1e.3)

    ) -11r.r,:

    fi

    stt At

    i

    tlnitc allr (15.19.7), Ic tclazioni ot'.r sctitte cojncidono formalmclltc cott qucllc chc si hanno it-t un prol.llcma cltstico c pcrtantr) icll(l()no proponillilc l l s c g u c n t c t c c n i c ; rg c n c r i t l cp c r l a v i s c < l c l l s t i c i t àl i n c r t r c :

    'elarticila Obre il dawixia de

    664 a) applìcazione della ttasformazione di Laplace; b) soluzione, con gli otdinari blema < elastico D così ottenuto. c) trasformazione inversa pet viscoelastìca effettiva.

    metodi della teoria dell'elasticità, del prortcavare daì risultatì

    di b) la soluzione

    L'analogia che in tal modo si istìtuisce fra un problema viscoelastìco e uno elastico prende il nome di principio di mrrispondexqa. Oltre a quella di Laplace, anche altre trasÎotmazioni integralì, fra le varie esist€nti, possono essereapplicate alla viscoelasticità lineare; ciò vale ad esempìo p e r l a r r a s f o r m a z i o n ed i F o u r i c r .

    Il probhna rtet ca//as:oplatico

    óó5

    numerico e si basa in genere su procedimenti iterativi o su algoritmi pitr sofi. sticati di programmazione non lineate 3'. Se la plasticità è perfetta può ar''venire, a causa dell'indeterminazionc dcl parametro dl nella (15.11.1), che, cluando sia raggìunto da parte deì catichi un certo livello d'intensità., soprawenga 1l collasa plalito can si è già accennato e cioè uno stato in cui le zone plasticizzate hanno un'estensione tale che le restanti parti elastiche flon sono piìr in grado di bloccare il libero procedere delle deformazioni, a forze costanti. Nel solido si crea allora vn meîîanirma e cioè una condizione di labilità. Un esempio di meccanismo di collasso plastico è indicato nella Eg. 15.25 e può vetificarsi se la. plasticizzazione invade una regione comprendente le linec rr.f+édeia+P

    ih

    hi"hr"

    15.20 IL PROBLEMA ELASTOPLASTICO: GENERALITA ]':a r-.

    E veniamo infine all'elastoplastìcità. Il carattere essenzialmente anolonomo del legame costitutiYo richiede che anche ìe equazìoni di equilibrio e congruenza, e le condizioni al contorno, siano nosre in lormr iuremetla/e. Ció si ottiene differenziando le (15.1'6.1), (15.16 2), (1,5.16.3:),(15.16.4):

    i'-.il

    Ftl

    trl trt., Fig. 15.25 .

    ì*u",,+dFj:o

    d",,: +(* duj :

    inY

    d",+ -uf;a",) ir Y ! A

    (15.20.2) (1s.20.3)

    duj

    ) do', n' :

    (\5.20.1)

    ifi

    s

    .t\t

    (15.20.4)

    Il tema si pone allota così: assegnata la dei termini notì, dai valori ìniziali che possono anche identificarsi con quelli che segnano il primo ingresso in plasticità1,ai valori finali, e suddivisa l'escursione totale in patti ah,lnstanza"piccole da essete assimilabili ad infinitesimi, si ttatta di risoÌiexe < $ep-b1-step> una catena di problemi individuati dalle (15.20.1), (15'20.2), ('15.20.3), (15.20.4) e dal legame costitutivo. La soluzione lelativa a ciascun problema vì€ne sovrapPosta alla precedente, aggiornando contjnuàmente lo stato di tensione-deformazione-spostamento. A ogni passo la funzione di snervamento mantiene la stessaespressione ìn funzione delle tensioni se la plastìcità è Perfetta; deve jnvcce esserc modificata se il materiale è incrudente. l,a soluzione del singolo passo preseÍrta una cljflìcoltà specìfica a causa dell'rlternativa (15.9.7), espressaattravelso tlìsugurglianze c non clclinibilc a p r i o r ì , i n q u a n t o c o i n v o l g e J c i n c o g n ì t ec ì o i 1 ;l ' e p p t o c c i op ì i t c < , n l u t r cò t l i t i p < r

    Èlsuperfluo sottolineare l'importanza che, a livello applicativo, ha la conoscenza dell'intensità delle forze esterne che, nell'ipotesi di loro crescita illimitata, produrrebbe il collasso plastico in un solido elastico-perfettamente plastico : il confronto con le forze di esercizio consente infatti di avere un'indicazionc sul margine di sicu.rezzache si ha nei riguardi di questo tìpo di dissesto. Si deve subito rilevare che l'.informazione sulla sicutezza è soltanto parziale, pexché il collasso può sorgere anche pet altre cause (rottura in zone plrtstiche per eccesso di deformazione Plastica, rottura fragile in zone elastichc, dissesto per instabilità dell'equilibrio, ecc.) ma è comunque assai significativt, come è comprovato del resto dall'imponente numero di stucli che, negli r-rltin.ri decenni, si sono concentrati su questo argomento.

    I5.2I

    IL

    PROBLEMA

    DEL

    COLLASSO

    PLASTICO

    ln tcrmini teorici, il collasso plastico può essere delir'rìto c,rrnc unn siltt;tzìor.rein cui, per un solido elastico perfettamcntc plestico, il probìcnra ìncrcn-rcntlle pcrcle 1'rrnìcitàclella soluzionc c si possolro alerc clefrrnrtziotri inrlcrr l). (ì. II(rlgc, ll"\iix.titi.q l)ldi/iritt, (:r'rùl''(lge, 19óll; NI. (ìupursri, C'. Nftlcr, httttttt.tttl |:h.lh|/|1||i|'1nlyitalulQmlfr/I()|/inÌiin/iùl,..]\lct.clrlliclr'''',P'1()7,1970;ll.lìll|rìrcci'(i.(]c. rrtlini, l:. {;i.r grcco, t'hrtititti,xlil,ùrr',lr7l.

    olrre il doniniode 'clart;îita

    666

    finite. Pertanto, è 1o stesso problema inctementale che, se le forze aumentano, indica ad un certo Punto lo stato di collasso plastico, dopo avet fornito tutte le informazioni sugli stati intermedi e quindi anche su altre possibilità di dissesto. Si tratta di una via onerosa, che però forturìatam€nt€, ai Jîni della ualutapatte, può essere evitata. D'altn qiane dei cariclti che generaro il collaro plalito, questa precìsazione sul collasso è spesso l'unica risposta che di fatto si richiede illa teoria della plasticità, in quanto in generale (con partìcolari eccezioni, riguatdanti ad esempio stîutture sottoposte a sismi altamente distruttivi o ad aliri eventi eccezionali) la progettazione corrente, almeno nel settor€ delle costruzioni, esclude plasticizzazioni in fase di esercizio. Se allora si lìmitano in qu€sta misora le richieste, un compl€sso di teoremi che ora illustreremo e che costituiscono .il nucleo concettuale dellk analisi limite > o , Un'esposizione sistematica, o anche patziale della vastissima problematica che viene offerta dall'anelasticità delle strutture è qui imoossibile. Ci limiteremo a gettare uno sguardo sull'importante a.gomento lell'analisi limite delle ttavain cui, pur tute piane con riferimento al caso - frequ€ntemente trattato con stato di sollecitazione eyentualmente composto, oltre che dal momento flettente, anche dal taglio e dalla forza normale, il solo momento può essere considerato influente sul collasso olastico. Comoleteremo in tal modo anche u n d i . c n r s o g i à p . r r z i r l m e n t ef a l r o n e l c a p . 5 . Come si è visto in quel capitolo, il momento flettente in una sezione di una trave elastica-perfettamente plastica non può superare, in valore assoluto, una soglia lMrl corrispondente alla plasticizzazione complettt della sezione. Pertanto, la funzione Fo introdotta nel pat. 15.7 si riduce ora a:

    F.(M):f {M,*iui,).,:o

    /ti analizzarnclc lcggi, in molti casi gli struìturalisti 1r,rng,rn,rlo

    ó80

    La frat)e cone che riesce ad individuare punto per punto tutto quel che interessa conosc€re. Vi sono però dei corpi di forma particolare e soggetti a particolari condizioni di carico, in cui tale descrizione può rivelarsi sovrabbondante: ad esempio, per il cilindto elastico di Saint-Venant, una volta che sia acquisita la soluzione dello stesso Saìnt-Venant, lo stato di sollecitazione in ogni punto della sezione trasyersale resta del tutto individuato assegnando solo sei parametri, le caratteristiche di sollecitazione relative, se si vuole, all'asse geometrico del cilindro ; anche la deformazione e lo sPostamento possono essere ricondotti a quel che accade nei punti di tale asse. Ii < lessico > si semplifica notevolmente poiché le funzioni z tre variabili u*(x, y, z), un(x, y, z), u,(x, y, z) si riconclucono alla conoscenza delle funzioni a una variabile u(z), v(z), w(z) che indicano lo spostamento del baticentro di ogni sezione. Nasce così la trave come ( struttura )t monodimensionale; quello che soprattutto conta è che il < Iessico por.ero )) delle caratteristiche di sollecitazione, di deformazione, di spostamento, configura un tutto in sé concluso, raPpresentando

    I C. Lévi-Strruss, A'Ittapólqia rtnltl rdle, rr^.1. it., p. 311, Mììano, 19683 , J. Piagct, La rtntt ra/iî11t0,tr,ìd. it., p. 40, Milano, 1968. 3 N . A . C h o m s k y , A l e n t c c o s t a t t tti / / a t , r o ù al i r t i r t i n , i n " f p r , , b l c m i a t t u . r l i . l c l h l i u g r r i s t i c , r " , t r , L , ì .i t . , P p . l 7 2 5 , N { i l î n o , 1 9 6 8 .

    Natier e i Pùni pa$ì dell'aralii nftltrtule

    681

    autonomamente, nei propri tetmini, I'equilibrio, la congruenza e il legame costitutivo elastico, rimandando a una fase successiva il passaggio dalla desctizionc monodimensionale a quella tridimensionale propria del cilindro di Saint-Venant. Sotto questo ptofilo, non solo la tfave, ma anche la lastra e il guscio sono ( strutture )), poiché la loro analisi può esser condottà sino in fondo in tcrmini di catatteristiche come abbiamo veduto nel cap. 14. T\ttt:via, la ttavc accoglie ìn sé, piir d'ogni altro elemento, il senso immediato ed elementare della < str-uttura ) come scheletro di una costruzione. Ciò si úallaccia all'orisinario fine dell'analisi strutturale: se è veto che lo scienziato strutturalista si accosta alla realtà per scrutare Ie tracce sovrapposte e nascoste di un idealc paìinsesto, il tecnico strutturista opera un analogo studio sulle costruzjoni scotgendo in esse la presenza di schemi statici formati da tfavi € tfavatufe chc ne governano forma e dimensioni, portando su certe linee visibili o latenti, i carichi. Si intende allora perché la moderna scienza del costruire abbia centrato, possiamo dire, la massima parte dei suoi interessi sulla trave e sulle travaturc, facendone non solo l'argomento applicativo piìr frequente, ma anche il modcll, sviluppa appunto numerose applicazioni dell'equazionelinearizzata della linea elasticatraibile dalla (16.2.1b) e dalla,(1,6.2,2b):

    Naaier e i prini paîri dett'anatlriúrltrtrale

    66t

    Se invece il catico distrìbuito q è uniforme (Ég. 16.3), risulta M : * tr., e quindi: nla

    A2v

    E-J . : -

    oz"

    -M

    (16.2.8

    (1,6.2.3) donde:

    considerandoIa trav€ €lasticavincolata in tutti i modi possibili. Per gli schemi staticamentedeterminatidella mensola (già studiata da Eulero, cfr. il par. 6.11) e del semplice appoggio, non c'è molto da aggiungere, poiché la (16.2.3) è direttamente utilizzablle. Basta importe le condizionì agli estemi che, nel primo

    caso,sono (fr3. 16,1.a): v(l):0

    ^ rl:

    ql3 --.-L= OEJ

    t :

    -14 aEr

    (16.2,e

    lo

    v'(t):0

    (16.2.4)

    i

    (l'apice denota, al solito, la derivazione), e nel secondo: v(l) -

    v(0):0

    (16.2.s)

    0

    Fig. 16.j.

    F ig. 16.2.

    Lo stesso carico uniforme q applicato sulla trave doppiamente appoggiata,(frg. 16.4) induce il momento M : *

    Cb-

    *

    qzz, portando ^i

    ":&(._ zry+eo)

    (16.2.10

    Le rotazionì 0.r, 0e sugli appoggi e 7a fteccia Í in mezzetia risultano: ol3

    U,+:--Us:tful

    Fig. 16.1.

    Ad esempio, se un carico concentrato Q agisce sull'estremoÌibero A della mensola prismatica AB (fig. 1ó.2), essendoU : - Qz, lo spostamerto v ha l'equazione:

    ":fft,

    r ( + ( 3 ) (.'"

    'p e r c u r l a r o tda z i o n e 0 :

    "

    Ql, 2EJ

    '-

    J--,

    z

    t: í)

    e l a F r e c c i af j n

    ol3

    3EJ

    5qln

    (16,2.r r)

    (fig. 16.5) il momento nell'intervallo

    di sìnitra AC vale NI" =

    (1,6.2.6) EJ=cost.

    -A sono dare da:

    (16.2.7)

    lucc, in C

    Quando ci sia un carico concentfato Q ad esempio a metà dellî

    Iri.q.16.4.

    16.t.

    "

    Qz, c In

    684

    La tra,te îane e non dalle dimensioni della sezione. Pet le sezioni circolari ed ellittiche (trascurando il 190 contributo di o,*) si trova / ; n". t" sezioni rettangola t; x: ?. I prodotti EA, EJ, GK prendono il nome di relative alle diverse caratrerisrichedi sollecitazione, Per incrementi infinitesimi dN, dT, dM della sollecitazione, il lavoro elementare di deformazìone elastica nel tronco di cilindto considerato deve risulraîe :

    do: d,(+ dNr cl ar # r')

    ( r6.7.10)

    -A. questo punto interpretiamo ìl cilindro elastico, per il quale resta definrta la (16.7.10), come itruttara marodituenianaledescrivibile cioè in termini di caratt€ristiche (di sollecitazione e di deformazione). Associando alle deformaztoni e, y, r le variaziont dN, dT, dM delle sollecitazioni N, T, I'I corrispondenti a tali deformazioni, si ottiene pet ogni elemento infinitesimo di trave dz l'espressione del lavoro < interno > SLlnL:

    AL|"L : dz(€ dN f y dT f r dM)

    (1,6.7.1,1)

    Bbbene, se riteniamo ugualmente ammissibilì i due modelli fisici della trave (cioè il modello tridimensionale del cilindro elastico e il modello della stluttura monodimensìonale)ci si impone il confronto tta la (16.7.'10)e la (16.7.11).Poiché il significatomeccanicodella (16.7.10)e della (16.7.11),neÌl'ambito dei rìspettivi modelli, è lo stesso,dobbiamo scrivere:

    LA E

    o - -r r . T a - -r - * a r EJGK

    e d Nr - y c 1|r ^ c l \ 4

    701

    Di qui, per l'indipendenza delie variabili N, T, M, seguono le relazioni t

    N E A

    -

    '

    C

    T

    K

    '

    E

    M

    J

    (16.7.13)

    t\'""

    dove si è tenuto conto del fatto che, essendo l'asse x baricentrico, è nullo il termine relativo al momento statico, e dove si è posto: f

    In r;nleri...

    (t6.'7.12)

    Esse rappresentanoil legame elastico tra le caratteristichedella deformazione e le caratteristichedella sollecitazione.

    16.8 IN SINTESI ... Componendo le equazioni indefinite dell'equilibrio (16.5.3) con le equazioni indefinite di congruenza (16.5.9)tramìte le equazioni di legame (16.7.13), si ottengono, in analogiaa quel che si è già effettuatoper il corpo elasticc genetale, le seguenti tre equazioni che riassumono, in unico sistema,l'equilibrìo, la"congrtenza e il legame:

    +('^#)+p(z):o

    o +[""(# * -)]*q(,): À

    |

    .1..\

    lÀv

    , I{l*t -m ( z ) G +d lz E \ J- +dlz l \dz

    (16.8.1) \

    eI l

    Ad esse si attribuisce, spesso, la denominazione convenzionale di < equazioni cli Navier > per la trave elastica. Naturalmente, l'equazione < euleriana l della linea elastica è implicita nella seconda e nella tetza delle (16.8.1), ovc si tr^scrlri I'eîettl defornatiua dellafc,rry di taglio. Posto infatti v : 0, dalla (1ó.5,8) seEue:

    dv '

    ( 16.8.2)

    alz

    Derivando una volta, rìspetto a z, la terza delle (16.8.1) e tcncncìo cortto della seconda, sì ha poi: \ dm d' /-- dro\

    -Ja1e1ÈJ*;:-q(z)

    (16'8'3

    quindi, sostituendo in questa Ia (L6.8.2), si pewiene a: d'

    /- - ?. In tcaltà le citazioni addotte ch Cìapcyro:r sono assai ìncotrrplctc, poicltú rP.lJ.|i'||'ylcyr di Parigi ; e infatti "Comptes Rendus"'*. Infine, il merito maggiore n e ì 1 8 5 8 e s s aè a c c o l t a d a i sta nell'aver mutato I'obiettivo e il sjgnjÉcato del < principio >, intendendolo non Fiù come una nuova equazione statica sulle reaziofli incognite d'appoggio cui ricorrere quando le equazioni cardinali siano insuflìcienti, ma com€ unà descrizione completa in termini enetgetici del comportamento elastico. < Ecco l'enunciato di questo nuovo principio che chiamerò prixcipio di elarticità: pltandT an siÍena elisiica si nette in egailibrìo sotÍo I'aTione delleforle esterne, il lauoro sailappato per efettl eJelleten oni o delle conpressioni dei legani che mircono i diueri ptrxti-iet siiteni'è ar niniua. L'eqtazione differenziale che esprime tale minimà sarà designata col nome di equaTiorcdi elastùità; se n€ vedrà ben presto '5. l'uso Der la determinazione delle tensioni > Càntinuando nel suo lìnguaggio alquanto incerto e sbtigativo, Menabtea si dilunga sul fatto che in un sistema iperstatico a'lle teazioni indeterminate si può asseg;are qualsiasi valote ,, s"oz" ihe l'equilibrio cessi d'esistere '>, ma ogni lorJde tetminazione dà luogo < ad allungamenti o ad accorciamenti nei divetsi legami >, sviluppando lavoro. Risorgimento ita13 Nato a Chambéty nel 1809, L. F. Menabrea fù un'importznte 6gura -del liano. DeDutaio nel 1858.'mesgior genetale nel 1859, si segnalò a Palestro e a Solf€tino dove meritò il tirolo di Mrîcbese di val oÀr,r peita difesa da lui ideata di quella valle. Dìtesse gli assedi di^ncona' di Caoua e di Gaeta. Nel 1866 fiimò il tnttato di Praga e ptèse possesso di Venezia. Piit volte ministro,. ial 1867 al 1869 presideote del consiglio, senatore; morì nel 1896. Ia L. F. Menllbrea, ^/r rcaltpincipe Mr la dii triblltion det teniio rda s/eîry è"1e!élaniqxer,"Cot].lPtcs R c n d u s " , 4 ó , p p . 1 0 5 6 - 1 0 6 0 ,1 8 5 8 . ,s tbiclcm, p. 1056. '6 lbicìcn. o, 1057.

    Il del calannelloMenabrea

    717

    esplicitazioneformale, Menabrez tagiona su un insieme di punti conncssi,porsiamo dire, da aste elastichetese o compfesseper effetto della defrrrmazionC; il riferimento è dunque una sorta di sistemareticolaîe (cfr. il cap. 19) dovc tr sollecitazionedi un'astaqualsiasiè rappresentataàalla"fotza normale N e l'allungamento (o accorciamento)vìrtuale, ò1,è legato alla vzriazione virtuale AN da:

    u: =f rN n-/1

    (17.s.1

    essendo I, A, E, rispettivamente la lunghezza, I'atea della sezione trasvetsalc e il modulo di elasticità dell'asta stessa. Il lavoro totale elementare interno soddisfa perciò la:

    (17 .s.2)

    :Nòl:0 donde : I

    2 "o NsN:o

    (t7.s.3

    Questa è lk equazionedi elasticità> secondola terminologia del Menabrea. Essa può esser scritta anche così: /1

    N2

    \

    a f + -> ;t11\ ', ll:0 \z

    (t7.s.

    |

    consentendo di affermare che , Yvon Villarceau e J. Bertrand. Sfogliando le pagine di questa corrispondenza non si trovano contributi rilevanti, ma soÌo una fotmale solidarietìt; anzt il Villatceau ammette lo scarso tigore della dimostrazione che < può lasciare a desiderare almeno pet 'e, Fa eccezione 1a leÌtet^ di M. Bertrand : in essa l'autore spiriti molto rigorosi > suggerisce una nuova via per dedurte la (17.5.4). ( Perm€ttetemi Signore - vi si legge - di sottopotvi in secondo luogo una semPlicissima dimostrazione della vostia equazione (17.5.4). Sia I la langhezza di uno dei legami fossia delle "tensione" aste], e la sua dilatazione nella posizione di equilibrio, N la sua "tensione" del medesimo legame per un'altra soÌuuguale a EAe, N t AN la ziòne delle equazioni di equilibrio quando i legami siano suppostì inestensibili; le forze AN da sole formano un sist€ma autoequilibrato, poiché le forze N e le forze N * AN fanno equilibrio, per ipot€si, alle stesse forze esterne (...) La somma dei lavoti virtuali delle fotze AN è dunque nulla per tutti gli sPostamenti compatibili con i vincoli quando venga meno l'inestensibilità dei legami' Ma uno di questi spostamenti è quello che si produce realmente e nel quale i l l e g a m eì s i d i l a t a d i e u g u a l e "

    - N A N ' - n -

    t1,,ì.

    $

    Il del calomello llehabrca

    di A. Castigliano. A scopo didatt.ico,un sempliceesempio chiarificatorc è bcnc darlo subito, per non lasciarea mezz'^tia il sensodell'equazione(17.5.4), Si consideri dunque il sistema staticamenteindeterminato di frg. 17,12i tr€ aste a, b, c, incernietateagli estremi convergono nel punto O dove è appll. cata la fotza esterna P. Le ltnghezze di a, b, c, sono rispettivamente ll2,l, 112; distaccatdoidealmentel'asta b e indicando con X la forza normale rclativa. le sollecitazioni nelle tre aste risultano: N.:

    (P- x);

    \/-

    N',

    X

    N": (P x)+

    (17.5.7)

    ' ri ha di conseguenza:

    (17.s.6)

    Questa è appunto l'equazione (17.5.4) di cui il printipio di elatticità è la 'o. traduzione immediata > La dimostrazione del Bertrand, ancorché sommaria, rapPresenta un notevole passo avanti tispetto a quella di Menabrea; occorrerà attendere tuttaYia qualche anno ancora perché un giovane laureando dell'Università di Torino, Alberto Castigliano, chiarisca del tutto la questione € soprattulto trasformi 2r. I'astratto principio di elasticità in potente strumento dell'analisi strutturale Anche noi rispetteremo questa attesa, riservandoci di espore le numerose applicazionì del < principio di elasticità > nel cap- 20, quando studieremo l'opeta 18 L. F. Menabrea, Jrl pit'îipio d; clariî à,delncìdt Di qui subito segue la proposizione fondamentale che regge tutto il testo: . Se le forze F sono applicate tra B e C, sulla stessa retta (1) dove si vuole calcolare lo spostamento relativo, e F, è la loro intensità, avendosi in que sto caso N, : \r Fr, risulta: -, 1 1

    -E1 Ls

    t\Ì2 " 5 1 ' ! !I E A

    ( 1 1. 1. 7 )

    Invece, quando le forze operano tra D ed E su una retta (2) diversa dalla (1) (frg- 17 -21), la proporzionalitìL tta la fotza normale N, e l'intensità F, delle forze cons€nte di porte: N":

    ('17 .7.8)

    N.:F:

    è interpretabile come fotza r'otmale in a dovuta a Fz : dove il fattore \, in direzione (2). La (17.7.6) divìene dunque:

    ,r': F,?Yory;t t

    I

    (17.7.e) ,.'(2)

    ..1-'

    '\\t 1l Fig. 17.20. ri=l

    valutate ancota la forza notmale Nu, indotta su a dalle fotze Fr:1 in B e in C. Si ottiene così la formula: .

    /

    T

    L\al l\e rù F A

    eppìicate Fig. 17.21.

    (17.7.5)

    che risolve il problema. Rimovendo l'ìnestensibilitàL delle altte aste, l() sposta3i lbidem, F. 296.

    Qucsta formula ha suscitato in Maxvrell un'ossetvazione prcziosî chc Pr()babilmente a clualunque ( comune mortale ) sarebbe sfuggìta: ma è cîrattcancor più che inventare o scoprirc, c in ciò ristico >

    7t3

    stamento i1, nella direzione (2) tra D ecl E ìndotto dalle forze F, nella direzione (1) (flg. 17.22); procedendo come sopra si ottiene:

    ,,: u,l *;*t ,,

    (17.7 .10)

    Il confronto tn la (1.7.7.9)e la (17.7.10)conduce p€rtanto al seguentebellissimo

    (2)..

    \.( 1)

    Fig. 17.22.

    Piìr tardi tornerà sulÌ'argomento, come si è già accennato (cap. 11), I'elasticistà italiano B. Betti (1872) estendendo la proposizione della reciprocità a un qualsiasi cotpo elastico e fondando su qu€sto un metodo generale di analisi teorìca. La cosa infatti non riguarda soltaflto le tra'lrature reticolari ma vale sempre in virtìr delle equazioni di elasticità. Ad esempio lo spostamento 1r, di un punto A valutato in una direzione (1) prodotto da una forza F, agente in un punto B secondo una direzione (2) è legato allo spostamento 1r, del punto B valutato nella direzione (2) ptodotto da una forza Fl agente nel punto A secondo la direzione (1) dalla formula (fig. 17.23):

    4r1z : Frrlzr la cui utilità apparirà, in seguito, sempre piir evidente.

    13 lhi.ìclÌ, p. 297.

    (L7.7.1,1,)

    Passando al caso delle travature (reticolari) iperstatiche, Maxwell dà una succinta tfattazione dove tuttavia il netodo dellefc'rqa è completamente delineato, Il {ine è pur sempre quelkr di determinare lo spostamenlo relativo tra cluc punti: infatti così si esprime 1l < Prablena fI: Uaa traTione F è applicala tra i ptmti D e E; trouare /a spz.ttam€nÍo re/atiao tra B e C qaanda /a lraaalîtra naa è iso.rtatica e ?o$iede a e addiTioxali r,s,t, ect. di caì è nata I'elasticìtà>>34. Ma per giungere a tale detetminazione applicando la ('17.7.6) occoffe c()n()scere la fotza notmale Nu nelle aste, ossia occorre aver risoìto il problema ipcrstatico. Consideriamo dapptima una travatura con una sola asta sovtabbonclanrc rispetto a quel che non sia strettamente necessari.' a evitare spostameflti rigi(li, Nell'esempio della frg. 1.7.24.a, si può staccate l'asta r di estr€mi B G senza, pcr questo, render labile Ìa struttura, Indicata con X, la fotza notmale incognitl (iperstatica) di BG, il i$ena equiaalenlea qtrello eîeftiuo è rappresentato dalla frg. 17.24.b, dove Ì'asta rè stata tolta e pottata in B'G' secondo la direzionc (1) di BG. Ora, si deve ìmporre che lo spostamento relatiyo 11 tra B e G sia ugualc allo spostamento relativo 1i tra B'e G'. In termini piìr espliciti, ricordando che per la convenzione sul segno degli 1, col verso assegnatoa X., 1, è positilo se B e G si avvìcinano e 1i è positivo se B'e G' si allontanano, cìovrrì nr.ctsi:

    ( 1 7 . r8). \_l ; i""... 1, è dato da una fornula conrc i:t i'ti'. (17,7,6) con l'lvvertenze che, per via di Xr, la tì>rzanormale nelìc rLstctlipcndc tlu rìr.rc contributi, clucikr clcllc forzc I e qucllo clcJl'ìperstltica stcssir X1i N'lai7i vaÌc, ()vviamentc,

    rr ll)ì(lrn,,t). 296.

    La Jo*laTione delÌa kleczn;ca rttullaftÌè

    734

    MaxrqÌl

    735

    e il formulato dallo studioso italiano Gustavo Colonnetti (7914-1915\

    17.11 CONCLUSIONI Ormai le basi della meccanica strutturale sono gettate. Ogni sviluppo successivo, per quanto pfezioso, consisterà in un affinamento tecnico. Tre vie principali sono emerse: 1) quella fondata su un princìpio di minimo, seconcl e di , i segmenti orientati, e dove il calcolo delle aree e dei volumi è ricondotto alla trasforrr'azione delle superÉcie e dei ' I{atl Culmann nacque in un paese del Palatinato, Bcrgzabern, nel 1821. Dopo aver compiuto gli studì ai Politecniio di Kailsruhe, csetcitò la ptofessione di ingegnere a serYizio delÌe feriovie Éavaresi. Un soggiorno di studio in Inghilteta è negli Stati Uniti à'Ametica gli consentì di apptendete lc nuove modxlità costtuttive dei ponti metallici, avvertendo pcraltro la scaisa formazrone sèienti6ca dei tecnici anglo-americani, soprattutto degJì americani, come egli non s'astenne dal rilevare in due suoi scritii (1851-1852) sull'atgomento. Chiamato qualc prolessoie al Politecnico di Zudgo nel 1855, dvolse ogni suo interesse alla ticerca teorica, ncl grandioso ptogetto d€lla sua static^ glaÉca, stabilendone i ltincìpi informatori e contribuendo anchc allo sviluppo di importanti applictzionì. Risale a Culmann, ad esempio, I'osservazion€ che in una trave infless^, catatt€tizzîia da o,,. o,._ sutD sezione ttasvetsale, le componenti notmale e tangenziale della tensione descrivono ùn cetchio al ruotare dellÀ sezione sicssa, secofldo unà rappresentazione che chiaramente prelude, nel crso pîriicolrre' a quelìa de1 < cetchio di Nlohr ) (cft. il pxr. 11.11). Nfolti risultati glafici ottenutj dx Culmînn feî ra rìsoluzione de1le iravaturc reticol^îi, peî la geomettia dclle masse e anche pcr I'analisi delle sttùtture clastiche sono diventate patrimonio comune della scienza dellc costruzioni elementarc: la qù^l cosÀ è un merito rato e invidiabile del nostro scierziato che seppe piegrre gli astratti concelti dcìla g€ometri,r proiettiva e il suo esotclico linguaggio alle reali esigenze e rll€ sbrigativc fcnìncsc€,r7e n)îtcm r t i c h c d e g l i i . g c g n c r i î s s i Ì ì a t i i ì r l l a p r o f c s s i o n e .t r { o r ì n c l 1 8 8 1 .

    La niieiola

    regola del paraÌhkgranna

    751

    solidi con varie applicazioni all'agrimensuta, al movimento delle tcrrc, alla misura delle volte e così via. C'è poi una seconda parte riguardante l^ torrqosi{oxe d.elhforry rappresentate compiutamente da segmenti orientatì, passancftr dal caso piano a quello spaziale, sino al ticonoscimento delle relazioni proicttive che corìnettono - come vedremo - il poligono delle fotze al poligono fnnicolare. La tetza parte sviluppa la notevole circostanza di forry paralhh dimostrando come ogni tema di geanzelriadelle masse,dalla determinazione dei baricentri, al calcolo dei momenti dì inerzia, alla costîuzione dell'ellisse ccntrale e del nocciolo, possa essere riveduto come particolare interpretrzionc della statica relativa a sistemi di forze par:1lele opportunamente definiti. La qrrlît^ Parte, inline, applica la < sintassi > e il < lessico > del linguaggio staticogeometrico così costruito alla teorta dell'elasticità studiando, ad esempio, la flessione, I'arco elastico, la trave rettilifl€a in diverse condizioni di vincolo. La lettura dell'opera di Culmann è spesso dilicile; lo era già ai suoi tempi e lo è ancor piìr oggi che gran parte delle nozioni g€ometriche utilizzate clal nostro autore sono assenti dalla memoria degli stessi studiosi di g€ometrifÌ; figurarsi da quella degli ingegneri. Eppure è una lettura afiascinante, come sc ci si aflacciasse su un mondo rapidamente scomparso, che ha lasciato però sensibili ttacce della sua gxanàezza, non foss'altro nella distribuzione degli atgomenti e nei fappofti tta l'uno e I'altro, che ritornano comunemente in ,)gni testo attuale di scienza delle costruzioni. senza che- di solito ne sia detto il petché.

    I8.2 LA MISTERIOSA REGOLA DEL PARALLELOGRAMMA

    Alla base di tutta la statica. grafrca sta. I'idertifcaqione della forza con un segmento orientato. Sarebbe falso ritenere questa una cosa banale: nell'antichttà,la forza non er.Laffatto coll€gata a una direzion€ e a ufl verso ; dal Mediocvo in poi il linguaggio * perché è soprattutto questione di linguaggio - si cra affnàto e anicchito, giungendo nell'epoca moderna all'immagine dei fili tcsi da gtaziose piccole mani che figurano ancora in tutti i trattati meccanici tlcl S€ttecento. Poi cominciò ad apparire e prese rapidamente il sopravvcnto lrr freccia con punta e coda (ma la coda ebbe vita brer.e e restò solo la puntn), mentre l'ingresso del calcolo vettoriale entto il complesso edificio teolco costrurt() dal maggior matematico irlandese, 17. R. llamilton, ollriva un nuor.o mr>dcllr al quale le forze potevano esser€ riportate. Riconoscendo che le regole dì composizione e di scomposizione tlellc forzc non sono altro che le possibili leggi della somma e della diffcrcnza dci scgmcnti oricntati, la statica prende I'aspetto dr untt iúerprelaT.iane tispetr,,) li tcorcnri nstratti e rigorosi della gcometria, Il dato empìrico, I'espericnzas()llllctta scnlprc tl < rischio >
  • di Varignon era imperfetta poiché trasferiva direttamente alla statica, senzadarne la tagione, una regola di composìzionecinematica che risaliva alla ttadìzione aristotelìca.Di che natura è dunque la regola del patallelogramma?lla la consist€nzadei teoremi della geometria o quella di un risultato sperimental€? L'alter:naitya" è tutt'altro che insignificante.Una volta che si sia dimostrato rigorosamente un t€orema, nori ha senso moltiplicare gli I ùk p1,otag,nìsti:

    la risultanteF* di un sistemadi forze Fr, Fr,..., F" giacenti su un piano. -A.nzichéricorrere alla pedissequaosservxnzadella regoJa del parallelogrimma, componendo a due a due tutte le forze, sì può seguire una sempliceed espressiva costruzione (fig. 18.3): scelta una certa scala delle forze si riportano i se_gmenti 01,"12,... parallelialle Íorze e ad esseproporzionali,uno di seguito all'altro;_si ottiene così la polìgonale012.,.n; ebbeneìl segmentoOn è"proporzionale alla risultante Fn e ad essaparallelo. Per determinarcla tetta d'azjone di Fn si proiettano i puntì 0, 1.,2, ... da rrn pnnto generico P del pìano; quindi si decompone la forza Fr, nelle direzioni AL', 2, 7, parallele ai ieg-e.rtì 0 p, P1; analogamente,la forza"F, è decompostasecondole rcft.' l'Z e 3,21 patalleleai segmenti\P eP2; così via, sino a Fo che viene ricondotta alle componentisecondo3'n'e Bn'paralleTea 3P e a Pn. Ormaì Ia cosaè fatta: t u t t e l e c o m p o n e n ti n t e f m e d i es e c o n d o2 , 7 , e 1 ' 2 , , 3 , 2 , e 2 , 3 , , . . . , n , 3 , e 3'n', si elidono a vicenda; restan vive solo la prima e I'ultima, secondo A 1' e B n', alle quali il sistemaFr, Fr, ..., F. è equivalente.Per il loro punto di incontro deve passarela tisultante Fn che è còsì completamentedeifinita. Ia poligonale 012,...,n prende il nome di poligonodelle forry; la poligonale A1'2' , ..., B prende il nome àt poligana.funicolare. Perché questo nome? Lo si intuisce osservandoche una fune flessibile e

    inestensibile soggetta in -A. e in B a traziotll di intensità proporzionllc n PQ e a n P r i s p e t t i v a m e n t ee, t n 1 ' , 2 ' , . . . , n ' a l l e f o r z e F t , F r , . . . , F , , , s i d i s p o 6 g appunto secondo la poligonale A1'2',..., B. In realtà, l'ìmmagine dclla funo non è sempre adeguata; ad esempio, se alcuni lati del poligono funicolrro risultassero compressi, si dovrebbe sostituìre alla fune una catena di sbarrcttc rigide incernierate in 1' , 2' ,.... Comunque la denominazione ha vinto gli scruooli dei nutisti ed è entrata nell'uso comune. La còstruzione ora descritta ouò sembtate a orima vista solo un utile accorgimento per non dover allungarè smisuratam€nie il foglio di disegno quanclr i punti di incontro delle dìverse rette d'azione delle forze vanao lontano (c questa gìusúficazione è spesso addotta nei testi scolastici di statica grafical); ma essa racchiude in sé ben altra esptessività, Riferiamoci, ad esempio, al caso di più far1e parallele, per il quale la regola del parallelogramma verrebbe meflo, mentre I'applicazione del poligono funicolare torna s€nza varianti (69. 18.a). I lati del poligono delle forze si dispon-

    737

    0

    1l=-\

    2 f-----i' I ìo

    3r-

    I

    nl'

    Fig. 18.4.

    Fig.78.i.

    +

    gono su una retta parallela alle forze date; proiettando i punti 0, 1.,2,..., t'r da un polo P distante H da tale retta e tracciando il poligono funicolarc A1,'2',..., B, si ottiene la posizione della risultante Fn dall'inconto clci lrti terrr-rir.nli -4. 1' B n'. ,.Se le fotze sono due, le dìstanzc di Fn dallc cluc componenti Fr, F, stanno ncl rapporto invcrso dclle componenti stessc. Si considcri ora un punto qualuncprcO rispctto al rlualc clcbbano csscr vîlutîti i ntott-tcttti c l c l l c f r r r z c l r r , l r ! , . . , n o n c h é i l n . ì r ) m c r ì k r) l c l l u r i s u l t r n t c f n . , S c g n t t n p c r ( )

    758

    La ltalicasrafca

    vîa rett^ t parallela alle fotze, si ptolunghino

    i lati del poligono

    funicolare

    sinché essi incontrino la retta r nei punti 0,1,2,..., n, rispettivamente. Ebbene, i segmentì 01,12,... mìsurano, in una certa scala, i momenti di Fl, Fr,... rispetto alla r€tta r, ov\'€ro, ciò che è lo stesso in queste circostanze, rìspetto al punto O, Infatti, fissando l'attenzione, ad esempio, sulla forza Fr, sì tìco. , .- ; ^ n o s c ec h e i r r i a n g o l i | 2 2 e 1 2 P s o n o s i m i l i ,p e r c u ì s i h a : (12):.lz:

    ?t9

    Tratu{ane grafca delle eqta{oni canlinali

    0=3

    (t8.4.1)

    ( 2):H

    essendo d, la dJstanzatta Fz e t. Dalla (18.4.1) deriva: /l

    / | t\.1

    t\------. \"te2 . H

    *E

    )

    (18.4.2) Fig. 18.5.

    come si voleva dimostrar€. Owiamente,

    il momento della risultante FR è dato

    dal segmento (Ó n) sempre nella stessa scala, ossia nella scala delle forze divisa per la h\nghezza H; il che conferma il teorema di Varignon (cfr. ìl par. 3.5).

    18.5 TRADUZIONE

    GRAFICA DELLE EQUAZIONI

    CARDINALI

    Tornando al casogenetale,iI KrAftu?zlJgon e il Seilpojgonconsentonodi tradurre in linguaggio esclusivamente grafico le equazioni cardinali della statica. Dato un sistema di forze complanari, se accade che il ?oligz|to dellefor1e è chiaso, r-uol dire che Ia risultante è nulla, e quindi vale la prjma equazione cardinale :

    Fr*Fr*...+F,:0

    per P/ è tagliato dal poligono funicolare chlùso l.'2'3'fl'7'i nell'altro i vertici del poligono delle forze 01230 ptt esso chiuso sono proiettati dal polo P. Di più: I lati carritpordenlidei dte diagraruz,tisonafra kra paralhli e Jelineecltecone aiceaerganlín at panla nellaprima fgura, farmana an paligono chiato nella seconda aersa.Dte figure piane che godano di queste proprietà son dette fgarc reciprodte, Il KràftepalJgone ìl Seilpofigonportano dunque in sé questa nascostaarmonia geometrica: generano duefgare reciproche.

    (18.5.1)

    Sappiamobene che questacondizìonenon è sufficientead assicurarel'equilibrio. Ad esempio, per il sistema della fig. 18.5 essa è soddisfatta, e pure il sistema non è equilibrato, poiché equivale alla coppia descritta dal primo € dall'ultimo lato del poligono funicolate,ossia dalle îorze A1.'e 83'uguali e contrari€ ma non agenti sulla stessalinea d'azione. Affinché valga l'equilibrio, occorre dunque che 1l prina e l'altina lato delpaÌiganoftnicalare sìanocaìrcìdutti; ciò corrisponde alla secondaequazion€cardinale: (P, O)

    F,- (P,-O) \F,i...-(P"-O)

    F^:0

    (18. s.2)

    che impone esserenullo il momento risultante dell.efotze Fr, Fr, ..., F" appli cate n€i punti Pr, Pr,..., P", rispetto a un punto qualunqueO. Consideriamoora un sistemaequilibrato di forze concorrent.itutte in unu stessopunto P' (fig. 18.6). Ripetuta la costruzione del poligono deÌle forze e del poligono funìcolare entrambi chiusi, si awerte subito che una sìngoìare somiglianzalega ì due diagrammi: in uno il fascio delle linec d'azione passanti

    I;i1. llÌ.6.

    760

    ?ól

    18.6 IL SISTEMA FOCALE Di che < strani animali > si tratta? P€r gettare un breve sguardo su questo mondo scomparso di immagini e di concetti che era il pane quotidìano degli studenti d'ingegneria, verso la fine dell'Ottoc€nto, e costituiva forse per loro (o per ì loro ptofessori) iÌ massimo dell'evidenza, occorre prendere il discorso un po' da lontano, considetando la composizione delle forze nello spazio: in generale un sistema spaziale di forze è riducibile a una fisultante Fn e a un momento tisultante Mn che può esprimersi come coppia di fotze f agenti su un piano ll. Permane ìrria celta libertà nella scelta delle forze { poiché se ne può mutare l'intensità, mutandone conseguentemente la distanza, e si può far passare una di queste f p€r il punto O in cui la tett^ d'azlone della risultante F3 interseca il piano r. Componendo FI| con tale f si ottiene una forza R, e il sistema viene così ridotto alle due sole forze R. e t la prima passante per O € la seconda giacente su r (fig. 18.7). Facciamo variare l'ifltensità e la direzione di f, variandone nel medesimo tempo la dlstanza d.a O, in modo che Ms: : d A f. Mentre la retta d'azione di f descrive il piano n, la tett^ d'azione di R descrive la stella di cefltro O. Per ogni determinazione, le due rette si dicono reciprache.

    Fig. 18.7. Il punto O si chiamafoco del pìano r, e questi si chiamapianofocale.Ancon: 7a tetta d'azione di Frr,plsnds il nome di dire{are principale e un piano normale alla direzioneprincipale è detto pi^no zrt(,grafîa(fig. 18.8). Nel casoin cuì Fn sia perpendicolatea n e quindi coincidano il piano focale e il piano ortografico, la direTione?rinîipale è denominata arre centrale.Stabilite tutte queste definizioni, una copìosa messe di coffispondenze può esser taccolta:. ad esempio se la f si sposta patallelamentea se stessa,la R descrive un fascio di centro O sul piano dell'altra f e di Fn; e quanto piìr la f si av-vicinaa O, tanto piir del.e crescere la sua intensità silrlo a diventare infinita. Al limite, quando la f passasse per O, la R diventerebbeessapure infinita appoggiandosi sul pìano r: f e R prenderebbeto la stessalinea d'azione; perctò il fatcio di cenlrct() cztîlcn/o c/

    tttc'" t

    '

    j

    Fig. 18.8. jlia 01r rap?r€renta la tztalità ùlh rette reciprocltedì se rleri€ pallanti per O. Al contrario quanto più la f si allontana da O, tanto piìr essa deve diminuire e la R si approssima a Fn; al limite la reciproca di una retta all'infinito ha la direzionc principale; il punto all'infinito della direzione princìpale è il foco del piano all'jnfinito e un piano cui appartenga la direzione pfincipale ha il suo foco all'inErito. Se poi si muove il foco O portandolo su O', O",... lungo una rettr r, si dimostra che i corrispondenti piani focali descrivono un fascio che ha per assc la rctta t* reciproca di r (fig. 18.9.a). Se invece ìl foco O viaggia su un pìrn,rn, i piani.focali cofrispondenti formano una stella che ha per centro ìl punto (), roco cl1 î. Non scoraggiamoci dinanzi a un così faticoso gioco di immaginazìonc I Pensiamo ad un poliedro rzadi taglio si ottiene invece su una retta orlzzol1t^le passanteper il punto fl + 1 del poligono delle forze riportando, su ogni tratto ìimitato dalle successir-everticali d€i carichi, ordìnate pari a (0, nf 1), (1,nf 1),... che indicano in ogni seziones appunto la somma algebrica della reazione in,A. e delle forze a sinistra della sezione stessa. 18.9,2 L'arco a tre cerniete Vien bene padare qui subito di un altro impottante esempio, quello del|'arco a tre cerniere,ossia del sistema costituito da due sbare incernietate agli estremi in ,4.,C e collegate tra loro a cernìera in B. Il carico è dato da certe lotze Ft, Fr, ..., F" applicate alle sbarre. Se si assumecome linea di fede per il diagramma del momento flettente (analoga alla AC del caso precedente)lo stesso schema struttural€ ABC, il poligono funicolare dovrà avere ordinate nulle in A, in B e in C, dove sono le cetniete: ìn altrì termini, il problema sta nel trovare un poligono funicolare, tra gli infiniti che coflnettono le fotze date, passantep€r i tte punti A, B, C. Tale poligono esiste ed è unicamente determinato. Tra le numerose costruzioni proposte, è opportuno rìcordare quella wtilìzzatada C. Saviotti in una sua importante Memoria del 1878, sulle ttavature reticolari a membri caticati\2: è una reìterata aDDlicazionedel teotema fondamentaledi Culmann da noi ricordato nel par. 18.7. Si inizi con un poli... che corrisponde all'aver scelto un polo Pr; in gono di tentativo gen€ràle€sso non passeràper B; cioè, nel caso della fig. 78.20, 1l lato 3'' 4'' non intersecheràla cernìera in B. Sì provi allora con un nuovo poligono Al'2'3' ..- in cui il primo lato coincidacon quello del polìgono precedentee iì quatto lato passiper B. La tetta di Culmann dove sì incontrano i lati omologhi del primo e del secondo poligono è allora la A 1"'; ciò determinail quarto lato B 3" del secondopoligono e quindi anchela posizione del polo telativo Pt. Non basta: in generale l'ultimo lato di questo nuovo polìgono non passera per C. Arriviamo così a un terzo poligono A7'2'3' ... per il quàle la retta di Culmann che lo lega al secondoè la stessaAB. Prolungando l'ultimo lato del s€condo poligono sino a incontrare la AB nel punto E, e congiungendo E con C, si ottiene l'ultimo lato del terzo, definitivo poligono e quindi anche la posizione del suo polo P. f segmenti P 0 e n P rappresentanoin grand.ezza, direzione e verso le reazioni neÌle cerniereA e C. La costruzione del poligono funicolare passantep€t tre punti può essere applicxa al cahok degli archi e delle ualte secondo ìl metodo di NIéty (cfr. iI pat. 9.12); infatti la curuadellepresioni, a cui quel metodo fa rifetimento, altro non è che il poligono funicolare più colrettamente denominato, essendogeneralmente l'arco compressoe non teso. Ì, C. Saviotti, Le tturahli,e reticolai a neri)ri caîiîati, "Atti

    R. ^ccrd.

    Lincci",

    1878.

    Fig. | 8.20.

    18.10 RILETTURA GRAFICA DELLA GEOMETRIA DELLE MASSE La miglior palestra per il prestigioso esercizio dei metodigraficipiir rttlìnrti fu forse, agli occhi di Culmann, la traduzione nel nuovo linguaggio dclllr .gcomctria delle masse, À questo capìtolo certamente riguardevolc ma, in lìn tlcì contì, abbestanzalimitîto, è dedicato il maggirir numcro cli paginc ncÌll ,\'t,ttìqrc ,qrapLiqte (e ']. Se nc comprendc Ìa mgionc: la tcorit rlci rr K. (iúllrr||

    , lhitl

    h .\'tttitttk t!1tl'Lìltr, t;i|., 1)P. 303,473.

    772

    La îlaticasafîa

    momenti del secondo ordine e dell'ellisse c€ntral€ di inetzja (inttodotta dallo stesso Culmam) riusciva a fondersi, sjno a diventare tutt'uno, con la teorja delle coniche su cui la geometia proiettiva av€va spigolalo ogni piìr minuta osservazione utile inutile); qui la statica gtafrca. trovava la sua parria natu_ _(e rale, rendendos.ialla nuova geometria. la rilettura gtafica della geometria delle masse s'awale di una originaria ridaqione: le masse_(o più .in parricolare gli elementi supeîficialì di una"figura piana) sono ricondotte a lorze paxallele di uguale verso e di intensità. proporzionale. alle masse stesse (o all'area degli elementi superficiali). Con- qu-esto accorgimento, la ricerca di un asse baricentrico diventa la ticerca della linea d'azione della risultante dj tall fotze parallele e la posizione del barìcento corrisponde al punto di incontro di dué assi baricenùici valutatiin due direzioni distinte. Perciò la costruzione principe della statica gÍafrca, quella del poligono -volta delle forze e del polìgono funicolarè manifesta anóra una it suo rlolo tisolutivo raccogliendo ad unità l'intera feotia. fr1. 18.21 rappresenta sinteticamente il procedimento: le masse puntilu torml m1, m2, .. . I rrìr sono state misurate dapptima mediante fotze patallele alla direzione E ot€nendo così la rena d'azioi€ lo della loto risultante, quindi mediante fotze panlTeTe a7la, ditezione I ottenendo analogamente la" teia. qo.

    Ritexura grafca delta seanxria deth narse

    nt

    Sia {0, sia l0 sono rette baricentriche e la loro intersezioneindividua il blrl. centro G del sistemadi masse. Non è ancor tutto : ricordando che il momento rispetto a un asse{ di fotr paralleleall'asseè dato da segmentiintercetti su { dai punti Ó, t,2,...,; in cui i lati del polìgono funicolare incontano 6 (cfr. il par. 18.4), si può affcmate che il nomentostaticoS, di un sistemadì masserispetto a un assef trova la sua misuta nel segmento (0 n) così ottenuto (fig. 18.22). Naturalmente occorrerà tenet presente che la scala delle forze è corretta dalla distanza I-I dcl

    Fig. | 8.22. polo P proiettante iì poligono delle proporzionali alle masse. Si ha dunque:

    s€: (oDH

    (18. r0.1)

    e s s e n d o . l ed i s t a n z ed e l l e m k ( k : 1 , 2 , . . . ) da 4 valutate nella direzionepcrDencllcotare v. ' Il calcoio dei momenti di inerzia JE rispetto all'asse { è ottenibilc in mo cìclla stntica grnlìca, nrl non nc lbbitmo tncort incìtglto Jc l;rplicaziooi piùr stringcnti c fccolrlc: che le tendono, spesso, modelli materializzati di astratte figute geometriche; in esse i diagrammi reciproci acquistano un'evidenza sìngolare. Soprattutto, poi, le costruzionì grafiche iono partìcolarmente comode e spedite, piìr di ogni Programma di calcolo analitico. Valgano le patole di F. Jenkin citate, non senza compiacimento, dal Ctemona: ( Confrontate con i metodi algebrici, la semplicità e la rapidità di esecuzione del metodo grafico sono veramente impressionanti ; i metodi algebrici applicati a.lIe tta\atute, come ad €sempio al sistema rWaîren, dove sono pr€senti numerose aste simili, conducono a ftequenti errori professionali, a causa della pesante notazione che si deve utilizzarc, e specialmente a causa della nec€ssaria distinzione tra diagonali pari e dispari>'ó. A.lle travature reticolari dedichiamo il cap. 19.

    19 LE TRAYATURE RETICOLARI

    I9.1 UN-A,STORIA < EVOLUTIVA > DELLE TRAVA,T URE RETICOLARI Sino a un cìnquant'anni fa, nei testi dì scienza delle costtuzioni piìr diffusi, _ il tema delle lrauature reticolari campeggiava come argomento di prèminente e sovfastante intefesse: ad esempio il grande tîattato di H. F. B. Múllet-Breslau ', che ebbe ttadJi]zione italiana nel 7927 in qtattto volumi, dedìcava alle travaturc reticolati isostatiche quasi tutto il primo volume, a quelle iperstatiche quasi tutto il secondo e circa metà del terzo e del quato ; la celebre opera dì C. Guidi r tornava di continuo su rali strutture, dapprima nell'ambito della statica grafica, poi a proposito degli elementi costruttivi, quindi nello studio delle incavallature, delle cupole e dei tetti piramidali in ferro e infine nella teor.ia dei ponti (travi reticolari, ponti a travate, ponti spìngenti, ecc.); le Abùandhxgen conclusìve della Così inizia il nostro autor€, e prosegue ossetvando che Ia soluzione piìr semplice mediante travi otizzontali ha scatse rìsorse pet ragioni statiche e tecnologiche; ecco dunque un primo accorgimento: usate due puntoni AB e -{C spingenti sui muri come nella 6,9- 1,9.1,a; tuttavia, anche questa non è una soluzione sempre accettabile, anzitutto perché le spinte otrzzonta.lì esigono robusti contrafforti che < solo negli ediflci ecclesiastici > possono essexetealizzati, in secondo luogo perché su grandi luci intetviene la flessione delle travi AB e -AC. < E non è tutto: la forte Pendenza del tetto che è richìesta, dà un effetto sgradevole agli occhi, come accade in molte antiche copertute, ad esempio nelle Tuileries di Patigi, i cui tetti di ardesia son così elevati da sembrare una seconda costruziofle sovrapposta a quella in mutatura >i.Per owiare a questo, usando puntoni poco elevati, occotte jn mente è compensare in qualche modo la spinta; la prima idea che vjene quella adottata comunemeflte di introdurre una catena (tie bearu) tra Parete e deve essete prr"t. .om" è indicato nella fig. 19.1.b. < Tale trave oizzontlle abbastanza robusta da resistere alla trazione ma non così pesante da piegarsi o inflettersi nel mezzo; ciò è molto dillìcile a essere ottenuto su gtandi lunghezze, per cui questo tipo di sostegno del tetto non è conveniente se la luce o la distanza 6 (3,5 -4 m). Tra le < invenzioni > della tecnologia ira le paieti supen 12 piedi, di quel tempo per le costtuzioni lignee, G. F. Watr ricotda l'ingegnoso procediittdi.uto nella fig. 19.1.c che consente di accrescere la portata di una -"tto

    U a lloria

    8.

    Fig. 19.6.

    Fig. | 9.4. < Qualche anno fa, dice ota G. F. Warr, il Signor Nicholson ptopose Con tale sistema, l'impiego del ferto anzichédel legno per i king a$d qtl€€n-partr. è ammirevole fig. 19.5. soluzione prende l'aspetto della la. tizvaara Questa trattatisti di carda alcuni tutta]/.ia è combattuta tazionalilàt stata la sua oer ne esipoiché non imptudente, che l'uso del ferro è con l'obiezione irenteria ha gran peso genere un passato: di tal nel e un'obiezione molti esempi itono "praticoni" u 7. Fottunatamente, il tempo dàLragione a chi per i soprattutto di dovere, , \u ,opiioto iryle:e àel signor Nicholson è entrata di pieno diritto tra gli schemipiìr seguiti.

    Merito inglese, dunque, anche questo, di aver ifltrodotto lo schema clcgante e geniaìe della fig. 19.6? Certamente flo: esso è riferito al nome francesc di Poknceau.Può intendersi come la composizione di < due travi armat€ a un soì() contrafisso, inclinate secondo la pend,ettzadel tetto, rilegate da un titante oriz_ zontale che elide la spinta contro i piedritti > o. La descrizione della < Poìonceau >>conclude l,excursasdi Finden Warr. Ma I'evoluzione continua, sia con successive < gemmazioni > di sub-strutture chc atricchiscono e complìcano i modetli preceàenti, sia con l,ingresso di nuovc forme e nuovi schemi. Da un lato nascono, ad esempio, inaavallature com_ poste a piìr contfafissi o comunque tali dî. concfntfarè ,,., -oggr,,r. ,,r,-"r,, di,nodi suÌ contoîno superiore dove sono applicati i carichi @. 19.7); thll'altto entrano in uso, con l'architettura del fero, tipi formalmeite piú libcrl e privi di una salda tradizione: incavallature spingenti o meno inteiprctabili come archi incastrati a 2 o a 3 cernìere (fig. 19.8) talr.olta coacliuvati cla catc'c, Già sappiamo quanto abbia influito sullo sviluppo di tali strutture, spesso inc_ dite, l'esperienza delle < Esposizioni unir-ersali >i nella seconda metà (lell'()tt()_ cento (cfr. cap. 10). Non di rado il ferro ha dato veste nuova a sistcmi c()srruttivi remoti: è il caso della trave Fink della fig. 19.9.a che riprencle nrrtivi dcll ' : t n r i c ra r c h i t t r t u r î n o r m î n n a ( f i g , l 9 . o . b ; . I.) probabilc però cl.resimili rjferimenti siano abbastanzl clsuali. Lc nuovc

    Fig. 19.5. ? Ibidem, p. 129.

    n l l , i ( l ( r ì p, . 1 3 3 . , ( j . ( ; u i ( l i c, i r . ,t ,

    t,.55,

    782

    Lc /rarature rctìelari

    Una rlaria , gli altri tre a < invenzioni pcr lc quali si ponno fare i ponti di legno senza porre altrimenti pali nel fiumc > ',,,

    Fig. 19.7.

    Fig. 19.8.

    Fig. 19.9.

    teorie scienti6che sull€ travature reticolari hanno infatti gradualmente cancellato le differenze tra tipo e tipo, rendendone wnitatta la lettuta e impoverendone perciò il lessico: 1I franework diventa così semPlicemente una qualunque composizione di aste tese e compresse, ài pantoni e liranfi, ed è offerta all'inventiva del progettista la scelta di uno schema rispetto a un altro o la valutazione rigorosa della sua convenienza. Si potr€bbe dire che la teoria scientifica è cresciuta a spese della tradizione tecnica; ha moltiplicato ì gradi di libettà, ma ha sradicato quelle norme, quei suggerimenti tramandati di generazione in generazione, quelle pteziose migliorie particolari che, accumulandosi nei secoli, a\.evano fatto < cultura >. L'esito

    Ognuno di tali schemì avrà. grande fortuna nel XIX secolo acquistando nuovi nomi: da essi derivano ad esempio le travi reticolari di Hou'e (fig. 19.13) c tli l7arren (fig. 19.12). Qualche cenno sull'evoluzìone dei ponti metallici è stuto già dato nel cap. 10. Ora aggiungeremo che i primi ponti reticolari in fcrro sorsero negli Stati Uniti intorno aì 1840. Si deve menzionare la figura emincntc di S. Whipple, progettista di numerose e importanti strutture e autore cli un trattato sulla costruzione dei ponti " dove viene sottolineata I'esigenzî
  • che illustrava il procedimento è però tolta e sostituita con la ( Planchc Ió. Infatti, in X>> che riporta ( esempi tratti dall'opera del Signor Ctemona > quegli anni tra il 18ó6 (la ediz.) e il 1880 (2a ediz.) il grande g€om€tra e meccaniio italiano aveva rivoluzionato l'|îrtr.'rpretazrone delle travature reticolari canoniche, assegnando all'unico diagramma dei poligoni d'equilibtio nei nodi un inatteso, straòrdinario significato. Ma su questo dovremo tornar€ tra breve'

    19.3

    Fig. 19.17.

    "l--\ 'L---rl "f\

    t--.. f,'., 'ì--J

    .Fig. 19.18.

    7Sg

    ài aîte cone ?aradigha teariîo

    IL

    RETICOLO

    DI ,{STE

    COME

    PA.RADIGMA

    TEORICO

    Il reticolo di aste incernierate agli estremi e caficato da forze sui nodi è apparso subito un modello di notevole intelesse teorico, indipendentemente dalle slre immediate applicazioti costruttive; una palestra ideale dove Potevano €sser mess€ alla ptova.le ipotesi e Ie soluzioni pìr: astratte, perYenendo a strinqenti verifiche della loro attendibilità. Abbiamo veduto nel cap. 17, come Menabreu avess€ pensato il suo principio dì ela:ticità riferendolo, in prìma istanza, reticolari iperstatiche; come Clebsch avess€ definito 1l s.u.oneÍoda degli a tr2]\utffnrîe rpartaz,lenti facendo appello, anzittrtto, a un .Fathaetk i cui membri fossero privì ài flessione; come Maxwell av€sse tracciato i fondamenti àel suo netodo delle -forry- applicanàolo a Jranet reticolari isostatici o ip€rstaticì' Ció che caratte1j,zza questo tipo strutturale è la sua completa aderenza allo schema geometrico che ne descrive la forma. Un gtttzzolo di punti e di lin€e basta a definido del tutto: i punti sono i nodi, i segmenti che congiungono i punti sono le aste e le rette che passano per i punti sono le linee d'azione aelle forze. Le condizioni che govetnano la cinemarica del traliccio sono picnamente riassunte nelle proprietà topologiche dei poligoni fotmati da vettici e lati; le stesse forze interne sono nella direzione delle linee che costjtuiscono il reticolo. Si comptende allota l'astrattissima definizione che ne dà Maxwell : < A fratttt '7; un puro diagramma di lincc c syten if lines nxnecting a nawber of poinls r> ir /t punti affidaio alla carta da disegno. La geometria !a così ]l sopravvento, poiché Î'analisi cinematica di tn frane è semplicemente l'analisi di un inttìcato poligono. Di piir: nella travatura reticolale il lessicotekttivo alle strutture nr()tli)aimetrsi.,nili elastiche è ridotto al minimo: solo un protagonisra statico, la forza normale N, e solo un protagonista deformativo, la clilatazionc lincarc c ró K. CulnÌrnn, 1tui/í lc ,î/atiqtc gtdflr4tc, cit., F. 298, I? (ì. Nfî:{wcll, on th atrl trilfitn: aJ frutrtct, cir., p 2t)4 hn/.,ti.,t of rlr rytìlibim J.

    Le tra,atuft reticalaîi

    790

    dipendente dall'allungamento Al dell'asta lunga I secondo la banale < equazione

    , . dì congruenza >: e:

    ^ t , e legataa N dalla relazionedi Flooke: ":

    N i, BA essendoal solito E il modulo d'elasticità di Young e A l'area della sezione trasYersale. Per questo il fraae diviene un paradigma ideaÌe ancor ptima di apparìr€ un utile modello per le costruzioni: l'equilibtio, la congruenza e il legame costitutivo vi sono rapptesentatiin una forma così owia da eludere ogni questione fisica che non sia pensabileed esprimìbile completamerìtecon riferimento alla struttura stessa.

    19.4 DAI POLIEDRI DI MÓBIUS A.LLE FIGURE RECIPROCHE

    (1,9.4.1,)

    tL:3n-6 In un sistema piano vale invece la formula:

    (19.4.2) Che la (19.4.1) e la (19.4.2) siano condizioni n€cessarie è evidente: basta osservaîe che ogni nodo ha nello spazio tre graclì dì libertà (e, nel piano, due), mentre ogni asta che colleghi due nodi toglie un grado di libertà; quindi, se il sistema si deve comportare come corpo rigido con sei gradi di Ìibertà nello spazio (e tre n€l piano) occorre che il numero a delle aste elimini 3n - 6 gradi dai 2n che comdi libertà dai 3n che competono a n nodi nello spazio (e 2n-3 la (19.4.1) n che e la (19.4.2) petoflo a nodi nel piano). Altr€ttanto evidente è ron soÍro sumcienti poiché non solo il numeto, ma anche la dìsposizione delle aste deve essere tenuta presente: si veda l'esempio della fig. 19.19 dove la (1,9.4.2) è rispettata, ma per una parte le aste son sovrabbondanti e per l'altra insufficienti. La condizione necessariae sufficiente fu definita assaipiù tardi de A. FòppÌ '8. Pet travature reticolari piane, con n nodi, essa impone che la matrice jacobiana relativa alle condizioni di < rigidità >: Das FacLrrrfr h

    Ilú

    ('i-*i) + (yi- yil : ti-

    (1e.4.3

    tra due nodi i, k qualunque di cootdinate (tr, yr), (tu, yr) con lil assegn^t(,, Ciò garantisce non soltanto la determinazione gcoabbia caratteristica 2n-3. metrica della struttura. ma anche l'unicità della sua risoluzione statica,

    DI M.{XWELL

    Uno dei primi autori che si occuparono dei reticoli fu un matemattco e astronomo dell'Università di Lipsia, A. F. Mòbius. Nel secondo volume del suo Lehrb/.lthder Statik (Lipsia, 1837) ai capitoli IV e Y, Mòbius studia sotto quali condizioni necessariesiano esclusi spostamenti rigidi mutui entro gli elementì dì una struttura reticolar€; egli ottiene la seguente relaztone tra ll numero n dei nodi e il numero a delle aste in un sistemaspaziale:

    18 ^, Firpfl, Lirrsir. 1911.

    79t

    D,]; polieh; d; trIdbiar a//efgre ncipracLteài .ltaxrell

    , Li,ttsil\,7892;

    Vorlumgn

    iil)tr tul";!.h

    Fig. | 9.19. Le analisi di Móbius restarono ignote agli ingegneri per molti anni; futono poi riscoperte 'i'erso la fine dell'Ottocento in particolare da O. Mohr. Tuttavia la (19.4.1) era enttata per akra via nel vivo d.elle trattaziom teoriche sui rcticoli di aste ad opeta di Maxwell. Questo autore ìnfatti aveva pubblicato ncl 1864, un secondo lavoro, oltte a quello ricordato da noi pirì volte, che eta destinato a dir-entare la sorgente di una lettura rivoluzionaria di tutta la statica, c()involgendo in prima linea le travature reticolarile. l,'attenztone di Maxvell è rivolta anzitutto alla pura geometria delle fìgurc reciproche. Ecco l'ìnizio della Nlemoria: Queste solo, in sintesi, le conclusioni < geometriche > di Maxwell; le conclusioni ( statiche > consistono nell'interPretare uno dei due diagrammi come schema di una travatura reticolare e il diagramma reciproco come poligono delle forze normali di ogni asta. Si noti che Maxwell non prevede l'ulteriore 20 Ibidcm, PP. 250-251. ' r Ibi si tratta di costruireì1 diagrammareciproco a quello che è costituito dallo schema della travatura e dal sistema delle fotze €sterne, non è arbittario l'ordine col quale si fanno succederequeste forze I'una dall'altra per costruire il telativo poligono. L'ordine di cui si tratta è determinato dalla considerazioneche seguc, Nel poligono delle forze esterne,cbe fa parte del diagramma b, devono esserc successivii lati equipollenti a due forze, se le linee d'azione di queste app^rtengono al conto(no di uno stessopoligono nel diagramma a; gìacchéquest di Menabrea. Castìgliano era nato ad Astì nel 1.847. Le non floride condizioni economiche lo costrinsero a ritardare il suo ingresso, quaìe studente, aìl'Università. torinese; come altrì < intellettuali > del tempo egli ttaeya da vivere facendo l'insegnante, l'istitutore. Finalmente, all'età cli 23 anni, si iscrisse alla scuola di ingegneria e in tre anni il brillante allievo atùl.ò a.lla laurea, diplomandosi nel 1873: la sua tesi dal titolo Intorno ai sìÍemi elastici rtyelava una foît€ personalità scientìfica, non solo per l'importanza teorica dei risultati conseguiti, ma anche per l'approfondimento e la pertirrenza delle applicazioni tecniche. Ne fu subito intuito il valore; due anni appresso il genetale Menabrea la ricotd,erà, come una persuasiva conferma del < principio di elasticità >, pur errando nel citare il nome allora oscuro del suo autore I; sempte nel 1875 lo stesso Castigliano vedrà accolto il suo lavoro dall'Accademia delle Scienze di Torino (adunanza del 24 gennaio 1875), in una stesura un poco piìr ampia ed astratta'. Intanto, il nostro scienziato aveva troyato impiego quale < ingegnere delle strade fetrate dell'alta Italia >, continuando tuttavia i suoi studi. Nel 1879 pubblicò a Torino, presso il benemerito editore Negro, un lungo saggio in lingua francese, la lingua che a quel tempo deteneva il prìmato interr.razionale anche nel settof€ scientìfico, come oggi accade per I'inglese. EEla Tbéarie de l'équilibre des slstèruet élaÍìqus et ses applicaliom, un testo vefamente eccezionale sul quale basterà citare l'ammirato giudizio di S, Timoshenko: < Castigliano sviluppa l'espressione dell'energia di deformazione in numerose aPplicazioÍrr della sua teoria all'analisi di travi ed aîchi staticamente indeterminati. Percorrendo tutte queste applicazioni è facile riconoscere che ben poco è stato aggìunto a questa branca della teoria delle stfutture da quando Castigìiano scrisse il suo celebre libro > 3. "Ani, r L. F. Menabrea, S la deterninaaiore de e lensio i e delle presioni ne' istt/ri elaîtici, R. Accad. dei Lincei", (2), 2, pp, 201-221, 1875; Cesiigliano diviene (p. 203). 'eEtilibria , A. Castigliano, Intarna a dei riien; elai/hi, "Atti R. Accad. Sci. Torino", (2), /ú, pp. 10-53, 1875; Ntora learìa ir/orno all'eEilibria dù illeni elarr;1, "Àtti R. Àccad. Sci. Torino", (2) t t , p p . r . 1 e s e g g . ,r ò / r . 3 S. Timoshenko, llittarJ of t/tength aJ natttialq cir., p. 292.

    La storia delle grandi scoperte scientificheè spessoun intrico irresolubilc per chi desideri stabilire priorità, attibuzioni, meriti; desidetio sciocco, dci resto, poiché molti aspetti intervengono a complicar le cose; c'è la verità dcÌlt proposizione intuita, c'è il rigore della dimostrazione che ne v.ien data, c'ò il riconoscimento sempre più approfondito e intenso del significato fisico o matematico delle formule tfovate, c'è infine I'esplorazione sempre piir estcsu ed efficace delle applicazioni tecniche connesse.Il piir delle volte ognuno di questi aspetti cat^tterizzÍri contributi di srudiosi diversi, nell'arco di molti anni; ed è l'insieme che conta. Ciò è particolarmerìte vero per il < principio di elasticità>: se spetta al colonnello A. A. Vène (1818), al mat€maticoitaliano G. M. Pagani dclla Torte (1823), al matematicofranceseA. A. Cournot (1828),allo scienzirto ingleseH. Moseley (1843),agli accademiciitaliani O. F. Mossotti e F. Bcrtclli (1844,1850),e infine all'ingegneree astronomotorineseA. Dorna (1857)I'avcr presagito su casi particolari la possibilità di definire un principio di minimo; se spetta al colonnello (e poi generale) L. F. Menabrea averne dato la prinrrr formulazione general€ corretta, dapprima nel 1857 in un seminario all'Accademiadi Torino e poi in una Memoria sui "Comptes Rendus" del 1858; sc spetta al tenente (e in seguito generaleanche lui) E. F. Sabbia dell'accacìcmia milìtare di Torino e al matematico rA. Genocchi aver dato inizto alla polcrricir sullo scarsorigore degli aîgomenti di l{enabtea; se spettaal generosoc umilc inten'ento dell'accademico franceseJ, L. F. Bertrand (1870)aver trovat() unî prova impeccabile e profonda del principio, ancorchéNlenabreanon rc îvcssc avvertito l'autentico valrire; spettaad altri scienziatiil vero chiarimentotìcllir lluestione,sia sotto il profilo teorico, sia sotto qoeÌlo applicatilo. Essi sono nell'ordine (e salvo errori ed omissioni): I'ingegncrc inglcsc il surr .lrmcs Flenry (ìtterill (1865),il nostro AÌberto Castìgliano(1873-1879), fÍìteîÍì() amico e colleganeÌle< fertovie dell'altaltalia ) franccsco(ìrotti ( I tì77'I A. Crstiglix,Ì), Ilttor"a dd tud lroltitttì

    ùì !ltto"ì e/.Etìri,

    "Atri

    l l . , ^ c ( x ( 1 .S c ; . t " t i ' \ t ;

    , 17,

    ll{12. s I r r i l ) ù , n r : 'r : r c o l t r , s c p p u r ci r c r > r r r p l c r (r ì, c ì l c( ) p c r c( l i r \ . ( i î s 1 ì 9 1 ì r r xs,i t l o r r r r r c l r o l r r r r r r . , , 1 ì l l r . l ì ! l r i l i \ ( ) . t x l i l c i r r , t r r r r r t c s i r r on n i r c n r r i o d ( ì l x r ì ( , r r ( , \ i h h , ^ < \ r t ( l i ( ; . ( : , , 1 ( , r r . r r i , 'lì,rirr r. I915.

    820

    M'tadi Eenetuliper I'analiîi delh rfruu re

    1888), lo scienziatotedesco J. J. Weyrauch (1884), l'ingegnere e fisico Luigì Donati (1888-1894),i cui lavori, secondo G. Albenga, < sono i più belli dei numerosi studi dedicati sullo scorcio del secolo passato alla discussione del principio del minimo lavoro r>u, f ingegnere tedesco F. Engesser (1889), che applicò i risultati di Weyrauch a problemi elastici non lineari, e ancora a"ftti autori opetanti verso i primì del nostro secolo, come J. L. rffeingarten (19021904) e A. Hertwig (1906), sino a G. Colonnetti (1912) cuì si deve una buona sintesi deÌ tormentato itinetario. Per btevità, limiteremo I'atfenzione ai primi tre: Cotterill, Castigliano e Crotti, poiché col loro aiuto potremo cogliere I'essenziale,sopratrurto in vista delle applicazioni alle strutture che ci interessano.J. H. Cotterill detiene indubbiamente il primato tempotale sia per la scopetta dei teoremisulle deriaatedel lauarodi defornaqic,ne, sia per la conseguentedimostrazione del < principio > di Menabrea. Otto anr.riprima, egli era giunto ai risultati che nella letter^tura scientifica e tecnica sono geletalmente ricotdati come teoremi di Castigliano. V'è da dire infatti che i lavori di Cotterill T restarono del tutto isnoti ai contemporanei, nonostanteil loro emin€nteinteresse; si vede che la sèdedì pubblìcazione, il "Philosophical Magazine", gtìt aitlizzata con altrettanta sfortuna da Maxwell nel 1864, eta troppo deceritratarispetto alle letture degli ingegneri di quel tempo. Per entrare nel vivo del tema è conyenienteriferitsi subito alla sistemazione che ne dà Castiglianonel suo saggiodel 1879; le tesi e gli argomenti dimostratìvi sono talmente simili da potersi rit€nere, in prima approssimazione,identici. In realtà, qualche differenzac'è, ma la rileveremo in seguito. Le proposizioni fondamentali stabilite da Castigliano - e da Cotterill si esprimono nei seguenti due teoremi; si notì che l'autore denomina Pkdlk

    A(h

    ìj_

    .lrl

    dr,: _

    d 15. l)'altro lato, Castigliano ha dalla sua Ia perLifleîz^ delle indicazioni utili, la ricchezza delle applicazionì; il suo libro ha fatto storia, ha dato una svolta alla cultura tecnica europea. Tra le riflessioni critiche che corredano I'enunciato del teorema di minimo debbono esser ricordate in particolare le due seguenti. Anzitutto Castisliano osserva che il teorema sul lavoro di deformazione non è valido in presenla di fenomeni dissipativi, come ad esempio l'attrito dei vincoli r6. r'1 J. H. Cotterill, Ap?lied Mecltaniîr, London, 1884. rs G. Ae. Orawas, L. Mclean, Hùtarical dew/ap"ut1t af encrycliîal prì"c;ller " Part Il, -Àppl. Mech. Rev.", 19, p.924,1966. ' ó - 4 . .C a s t i g l i a n o ,c i r . , p p . 3 5 3 7 .

    Ca iglia,to e la

    i,i clalto

    c.lrd"nr,

    20.5 CASTIGLIA.NO E LA. < TEORIA GENERALE DELLE COAZIONI > Vediamo btevemente in che modo Castigliano ottiefle questa importantc estensìone. Per fissare le idee, si consideri una ttavatuta reticolare spaziale dotata di un certo numero di aste sor.rabbonclanti libera da forze esterne. < Noi abbiam\d

    s.3) (20.

    nella quale le somme I sì estendono alle sole sbarre sovrabbondanti. (...) Ne segue che le nllecitaTioni delle sbarre, dopa la defarnaTìone, saro qaelle che rendorc nirìmo il lauoro di deforna{one del islena îli t'a&giurga la soruma dei pradafti Nk\i 6 ?er talte le sbarre nurabbandahti, .ratta la condiqione che :iano sodditfatte le 3n eqaaTioni ldi equilibrio sui nodi del sistema ptincipale staticamente det€rminato] >'o. Questo teorema è ricotdato da molti come ( teorema di Colonnetti > intorno alla teoria" generale delle coazion1 cui tale autore dedicò importanti lavori pubblicati susli "Atti" della R. Accademia dei Lincei e della R. Accademia delle Scienze di Torino tra il 1918 etl 1921. La dimostrazione Droposta da Colonnetti è senza dubbio migliore. Anzì, per il suo intrinseco jnteiesse è opportuno riportaîla. Siano N, le sollecitazioni nelle aste a che catattetizzano ìo stato naturale della trayatura, in assenza cioè di forze esteme; siano Alj certe r.ariazioni di hxghezza arbitrarie e quindi, in generale, flon congruenti, impresse alle aste momentaneamente considerate come rese isolate e indipendenti le une dalle \I

    altre; siano AÌ":

    -"1

    l. le altre variaziorli dì lunghezza indotte dalle N.

    in virtìr del legame elastìco che unite alle All restituiscono la < compagine della travatuîa >); si noti che soltanto le vatlazioni di lunghezza complessiYe ^1. + Al; costituiscono un sistema sicuramente congruent€. Dìamo ora un incremento di alle N,, sì da portarle a N, f dN" con la condizione che il nuoro _sistema sollecitazioni sia ancora equilibrato con forze esterne nullc. S. ,D : I : N.ll"

    d @ :> ( ^ u + ^ r . ) d N . > ^ l i d N , +- ; ' 2 a N . a ^ l ,

    e osset'r'iamo che la prima sommatorìa a secor.rdo membro è nulla per il principio dei lavori r'ìrtuali: infatti il sistema Allf Al. è congruente come s'è detto, e il sistema degli incrementi dN. è equilibrato cor:' fotze estem€ nulle; quindi tale sommatoria rappresenta il lavoro virtuale interno òLi"t corrispondente a òL:ii:0. Ne segue :

    do -)^rÍdN,: owero,

    1

    i ìdN"d^r"

    (20.5,7)

    essendo le All quantità assegnate in ciascun caso particolare:

    a(o + I ^r: N") : | 2 aN,alr,

    (20.s.8)

    < Ma il secondo membro è un infinitesimo del secondo ordine, essenzialmentc positivo. La distfibuzione di sforzi interni Nu che c f ttertzz^ lo stato Írîturale riesce pertanto individuata, tr^ titte le altre possibili distribuzioni ccluilibrate per forze esterne tutte nulle, dalla duplice condizione dell'annulllrsi della variazione prima della funztone:

    (20.s.e)

    (h!\Alil\'l

    c cleila positività della sua variazione seconda; duplice condizione chc al solito dclìniscc un "mjnimo" di quella fi.rnzione>i ". , r ( ì . ( j o L r r n c r r i ,c i r . ,

    ,o A. Castigliîno, cii., p. 39.

    (20.5.ó)

    t). 216.

    Metodi gereruli pet l'attaliri

    828 20.6

    L'INTERVENTO

    CHIARIFICATORE

    DI

    CROTTI

    FRANCESCO

    (Il teotema di minimo

    dell'energia

    lÌlle

    rtniture

    n9

    Il îa îell| di etîeîgia îan4lenafltare reca do Crolti

    ao: f 2 N,arr^+ t 4^r,dN.+ J,_ > an'aN' potenziale)

    teorema di Castigliano Questa bella dimostrazione data da Colonnetti aì sulla teoria delle coazioni è diventata una teolica di ragionamento ass21comune nelle analìsi teoriche per la definizione di princìpi di minimo nella meccanica dei solidi anche oltre il dominio dell'elasticità. Essa dà luogo a un completo chiarimento. poiché ottiene non solo fa. stazionatietà della funzione (o del funzionale), rna anche il suo minimo, consìderando la vatrazione prirna e la varia' zion€ seconda. Inoltre, essa porta al ricoqoscimento del carattere formale, strettamente matematico del teorema, nel senso che l'estremo della funzione (20.5.9) rìon possiede ufl immediato significato fisico in tetmini energeticì, ess€ndo valutÀto con rif€rimento a una classe di configurazioni < irreali > equilibrate ma nofl congfuenti. Il meritó di tale chiarimento dev'essere però attribuito a un altto precedente autore, ossia all'< ingegnere fertoviario > Ftancesco Crotti. Non possiamo sof" (1839-189ó) appatsi tra fermarci sui diversi e impotanti contributi di Crotti il 1,877e il 1888. L'aspetto essenziale consiste nell'avet stabilito la !er^ natlrt^ del primo e del secondo teorema di Castigliano (-Cotterill), alla luce del calcolo- variazionale e della trasformazione c flonlca di Eulero-Legendre, distin (o enetgia potenziale elastica) i tavoro di deformazione teciproco >>(o energia potenztale elastica compÌementare) é", il primo espresso in funzione degli spostamenti, o delle deformazioni' il secondo èspresso in funzione delle forze, o delle tensioni. Sono due grandezze diverse, in generale, anche se nel caso cli elasticità lineare considerato da Menabrea e da Castigliano Yengorìo ad essete matematicamente equivalenti e si può porte, per brevità, (D: K {_:.-: \ C I K

    831

    La delerni aírate degli îPnantenli elaÍict

    NT2]

    Ma la prìma sommatoria a secondo membro si trasforma così:

    20.8 LA DETERMINAZIONE

    (20.7.6)

    DEGLI SPOSTAMENTI ELASTICI

    Riprendiamo ora la lettura del testo di Castigliano là dove egli applicr l:r sua teoria, e in particolare la formula (20.3.8) all'analisi delle travi rctriiincc inflesse.Istruiti dall'insegnamento di Crotti riscriveremo la (20.3.8) nella fìrrnrr coffetta :

    ''-

    subisce allora I'incremento :

    À ó - s1 N ,t d: AN , rr | r )I \- ( d EN "^ ) ' r -

    ossia I'incremento dell'energia complementare è una quantità infinitesima clel second'otdine deÉnita posìtiva; ìl che equivale a dite che la funzione >,dovranno esset nulli lo spostamento verticale 11 e la totazìone qr. Dunque:

    La risahqiancdei lrableni i?eîiarici

    Castigliano sviluppa i calcoli per alcune condizioni particolari di carlco. Nel casodi ana forza concentrataad un'ascissa z: ^ (ng.20.10) si hal

    per 042 dell'ingegnere astigiano, quando I'ingegnere tedesco Heinrich Franz B. Mùllet-Breslau ('1851-1921),che ne eta molto ammirato, pub"Slochenblatt fùt Atchitekten und Ingeblicò una monografia al proposito sul '8. nieure" In eisa si mostrava come il procedimento di Mohr, a patite dal principio dei lavoti virtuali, e quello dì Castigliano, a partire dal teotema di minimo del lavoto di deformazìone, portassero a identici risultati. Moht se ne ebbe a male e intervenne corl veemenza due volte in quell'anno e sullo stesso settimanale riverdicando la superiorità del suo metodo, piÌr semplice, piìr diretto ,8 II. F. ll. Mùllcr Breslxù, tÌter àie Annu "V(,clìcnl,lxtt fiir ^rch, u. lng.", J, p.87, 1883.

    lg de: Ptlniìps du Arbcit itt ì$

    ltctri'lkcitthLrc,

    Pohn;he tpdevhePt

    /'uti/i770 àirttto d'i " L

    ari ,itt\ali"

    845

    e piìr generale'e, La tisposta intercalata di N{ùller-Breslau30 e tte suoi rtuovi lavori3' del 1884, l'intervento di altri autori come J. Melan3'e J. J, Wcyrauch 33, il prosieguo della discussionetra Moht e Mùìler-Breslau3a nel 1885 e nel 1886, animarono vieppiìr la polemica, che continuò ancherei ptimi anni del nostro secolo ad opera di G. C. Mehttens, successoredi Mohr al politccnico di Dresda. L'obiezione concettuale piìr importante mossa da Mohr alla teoria di Castigliano rigwardava, correttamente, si può dite, l'attibuzione di un significato enetgetico al < lavoro di deformazione>>cui Castigliano si rifcrisce; in xezltà eta ignoto a Mohr il de6dtivo chiarimento su questo punto che era sr.rtoapportaroda CroLtì. Il grande trattato sulla scienza delle costruzioni di Mùller-Breslau seguc una linea molto equilibrata di mediazione: i due metodi, quello fondato sul principio dei lavori virtuali e quello fondato sul teorema di minìmo, vi sono ugualmentevaloizzati, secondoi casi. La formulazione generaledata da MùllerBreslau al problema delle travature ipetstatiche è così limpida ed efficacechc nella letteratura tecnica attuale sono attribuite a lui le equazioni di congruenza (20.10.5) o (20.10.17)a dispetto dei piìr elementari diritti del rigore storico. Anche noi seguiremo l'esempio di tutti ripottando direttamente La,úattazionc di Mùller-Breslau per dedutre, con l'aiuto deÌ princìpio dei lavori virtuali rellî forma delle forze virruali, le equazionirisolutire. Sia data una travatura piÌi volte iperstatica, soggetta all'azione di carichi, e a cedimenti assegnatidei vincoli (frg.20.13.a). Sceltoun sistemaprincipale staticamefltedetermìnato,si consideri il sistema equivalentea quello effettivo aggiungendole iperstaticheXr, Xr,..., X. necessarie (fg. 20.13.b). Prendiamo in esamela condizione di congtuenza che deve essere scritta con rìguatdo al punto di applicazionedi un'iperstaticaqualunque,ad esempio Xr. Il cedimento effettivo del vincolo, r1r: 0,r, dev'essereuguale all'effetto cone degli altri cedimenti giunto dei catichi esterni,delle iperstaticheXr,...,X', che operano sul sistemaprìncipale. Nell'esempio clella fig. 20.13, dovràLavcrsi dunque :

    ,e O. Mohr, lJber dat ngeratnle Pî;t1 oggetto avesseesauritoil suo tuolo singolare;ormai il pto' blema della ttave inflessa poteva esser visto in generale, pet qualsìasicondl. zione di vincolo. Invece, nella seconda metà del secolo scorso e, llmcno In Italia, per molti decenni dell'attuale, la mensola tornò in prima linca, scpputo un poco mutata nella sua forma geometr.íca,diYenuta somigliantc a un tfco leggirmente incutvato di sezionevariabile, e nelle condizioni di carico. Me noúl sono queste lievi modifiche del problema, né le piìr mature teoric sulla mec6aica dèi solidi, ad avet offerto nuovo spazio e nuovo orientamcnto nll'rnrlld della mensola elastica: è il lìnguaggio geometrico Provenjentc tlnlla ltrticr mcttcnckr in luco gtalca a.à aver prodotto una lettura originale, elegant.issìma, armoniche proprietà che le formule piìr consuetee risapute tcncvîn() nflcoatc. Non è certó rr.t."to s. fu ptoprio I{. Culmann, cteatore della statict grn6cr c della rivoluzione linguistica ad essalegata, il primo che riconobbc ncllc rch' zionr tta. le forze e gli sPostamentidella sezioneterminale di una mcnsoh gll ingredienti necessaria definire un'ellisse, analoga all'ellisse ccntralc richiama alla possibilità di considerare una

    distribuzione di pesi fittizi UU :

    la cui risultante sia appunto Q. Detetfr miniamo ora lo spostamento",t*l di un punto C (collegato îigidamente a B), secondo urra direzione (, prodotto àa,411; lo spostamentototale r1{az)41 6 g .CO ' la sua componente dato owiamente da.qt t - o(s?z) 1lm) su ( sarà allora (cfr. frg.20.19): t1!rm: rt+nl ,o"o - 0(9?z)CO cosa:Qllgde

    (20.14.4)

    85t

    Tófla,'dt all'oriyi,Mriokrobhnatutla 'nstra ilria...

    Il fattore @d" può essereint€rpretato come momento stattco.gi dcl pcso cla' stico @ rispettlo iliu r.tt^ (. Per dìterminare la rotazione 0(4r della sezionc tcrminale doi-ota a wna.forza 9l con linea A'azione f-, si può trasportare Q parallelamente a se stessa facendola passale per il centro O; la a così trasP()ftata tiè dettó sopra; resta solo il momento di tranon produce totazione,.o-" lz (20.14.1). In definitiva: sporto Qdg per il quale vale

    (20.14,s

    0),è con'

    da cui deriva che il semiassep,, dell'ellissevale:

    tt+

    e coincide con il raggio d'inerzia.p, della sezione trasversale.Valutiamo ora l'effetto di uta forza ì3 agente sulla retta (; lo spostamentoverticale della sezione B è dato dalla (20.9.3); si ha cioè: ,?3,

    Ele

    ì31

    à-,: 3Ef r GK

    oweto,

    ricordardo

    lu

    la defilizione

    613 ì51 ,?î, 1à-'- 3EJ.' x cA

    del fattore di taglio

    EI3

    l3l

    iEJ-+ x cJ P'

    r[ì5):EJE:e(eoC"+o])

    A

    Fig.20.22. veniente riportare le reazioni iperstatiche al baticentro clastico () clcl sistcma, poncnclo X,, X, ncllc clircziot.ti(0, lo dcgli assi clcll'ellisscdi cltsticità. Allora lc rchzioni pr, alle radici dell'empirismo scientifico. -z\ccrnt orcìinata di quîntità scalarj. I trc vaÌori scalarip,,, p,r, mt fr,rasìrr,, "aa"t" ìlLrrir incolonnati c divcntarc il vcttorc colonnn p,; attltllgn' rnant",.i,) put) csscrc (lclt() l)cr lc ftrrzc in 2 c lrcr gli sl)()stirncllti. ll,ntrano cosl in sccnl i vcttori fìrtzl ttqli cstlcnli (lcllî trîvc:

    .I

    I 864

    L'"lrina

    ":lill tr:F;:l .':iiil',:lì,;]

    ri"alk o siano st^te oper,rte delìe sconncssioni. lnlìnc, lc csi sostituisce la" patola i^ p-"f, >' si ottiene' -ar.r,o r, e al iermine )si sostituisce il termine < geometria chiarczza Aa "oo,r.rao. il metodo degli spostamenti Ciò fu posto in luce con " nel 192ò e àa Ii. Beyer 7 nel 1927' I due metodi sono uniti e À.'Ostenfeld piìr volte' airrit"i i^ff" grande legge di < duaútà > che, come si è ossetvato ^ttta\etsa l'intero edificio della meccanica stfutturale' Vediamolo più da vicino : al sistema effettivo un sistema prin-cipa-leg€ametricatlente anzitutto, ,rro.ià*o in esso gli determinatonel quale i nodi sono ritenuti fissi o bloccati (frg' 21'7):

    D'altra patte, i momenti le equazioni di equilibrio c rli congruenza valide nel continuo, superando lo scoglio, spesso insormontabilc, rlci sistemi di equazioni differenziali alle derivate parziali, ai quali f indaginc lìsicomatematica approda. In un primo tempo, la < discretizzazione i> era vcrlutn come un capitolo interno al calcolo numerico, di cui Ì'ingegnere potevx ritcncr$i reaÌc ò avvicinabilc îLrnrcntltrtrlr i l n u n r c r o c d i m i n u c n c l r l t t l i n r c n s i o n cd c l l a ; r a r t i t u r a : r l m c n o q u c s t a ò u r t i t s P c r r t n z l ltc g i t t i n Ì t i t r n r o l t c c i r c o s t î n z c , b c n c l r é s o t l o i l p r o f ì L r s t r c t l î m c n l c u r î l c n r î t i c r ) l a t l u c s t i o n cr l c l l r t < c o n v c r g c n z î) ) s i i t t u l t ' î l t r ( ) c l r c l i c v c c s i n o r t

    L'

    482

    l na rirala (cfr. il pat. 13,1),

    l

    (21.9.19

    Posto:

    x : Jb'Bo av

    (21,e,20)

    886

    L' lt;na tùal nel riferìmento globale, per gli elementia, b, c, sono: (K')"(d,)"

    (f')b:

    (K')b(d')b

    (f')":

    (K')"(d')"

    (21.10.7)

    dove il pedice ricorda l'elemento di appartenenz^' impone che lo spostamentodi del nodo i esimo D'altra parte, \a corgruurTa dove si incoìtrano due o piìr elementi sia uguale allo spostamentodello stesso nodo pensato come vertice dì uno degli elementi stessi. Ossia si deve avere, nel nostfo caso: (dî":

    (d)":

    ( d ; ) ": d ;

    (dl)": (dtì,: d; (d)b:

    (d)":

    (Kjt"dj + (Kj,),dj + (Ki).dj + (Kit.dj +

    (Kí')"dí+ (K;).d; + (Kj,)"dí+ (Kl,).dj +

    (Kj')'dl (Kj,),dl (Kj,)"dl (KL).dl (21.10,9)

    (Kjr)bdj + (Kí4)bdi + (Kí5)bd:

    (fi/)": (KJr"dj+ (Kir"d; + (Ki,)"dó : (KJ,)"dí (fó')" + (K;t"dl + (Ki,])"d; (fi)":

    Perciò, operando come nel par.21.5, si riconosce che la (21 9.24), valutata rispetto agli assi globali x',y', diviene, per l'elemento a:

    (f,),:

    (Kí1).di+ (Kjl"dj + (K{t.di + (Kjt"dí +

    (fJ)b: (K;B)bdJ+ (K;')bd; + (K;')bd;

    0 0 0 T.

    Analogamente, la trasformazione inversa del vettore spostamento (d)' è: (d), -

    889

    , dal momento che sui temi qui trattati il mercato librario oflre una abbondanza di testi, piìr o meno sovrapposti se nofl addirittura copiati I'uno sull'altro, infine una malcelata sottolineatura polemica nei confronti cli autori che- esoonendo la meccanica dei continui e delle strutture nel linguaggio matriciale hanno l'atia di inventate daccapo, o di rifondare su rÌuoYe basi, i risultati pir) noti e vetustì, come se l'intera disciplina fosse nata nel loro cervello' bru, qrrel che abbiamo inteso esprimere nella cartellata da poco -conclusa dei metodi analitici legati all'uso del ialcolatore, era appunto un duplice riconoscimento: da un lato volevamo riconoscere la notevole effìcacia di tali metodi, non solo per trarne soluzioni utili, ma anche per chiatire la limpida tessitura del discorso scientifico relativo alla statica strutturale' ne1 suor tre momenlr, l'equilibrio, la congtuenza e il legame costitutivo. Dall'altro volevamo ticonoicere lu natuta linguistica della rivoluzione prodotta;tt llssqxnìca aPplicata dall'ingresso degli strumenti informatici. Infatti nulla di veramente nuovo sul

    Ntari re,lrie i per td therîa piano

    delle idee è stato introdotto:

    89t il modello

    fisico

    è rimasto

    invatiato

    dd

    tempo di Cauchy, i protagonisti statici e geometrici hanno continuato ad casgrc i medesimi, i grandi procedimenti risolutivi harmo consetwato l'impianto gcnc' rale che, a tavolino e con l'aiuto d'una penna e di un foglio di carta, gli scicn' ziati dell'Ottocento avevano già compiutam€nte immaginato. Eppure, il semplice gioco di denominazione deTle grar'dezze secondo un ordine più uniforme , il semplice uso di un simbolismo piìr sjntetico, com'è quelh delle mattici, hanno impresso una svolta di cui non è forse possibilc percepire la portata, mutando la mentalità dei tecnicì e orientando diversamente gli obiettivi della ticetca teorica. Non è da poco, ad esempio, il fatto che, dinanzi alla maggior parte dei problemi applicativi, su cui in passato la peizia e l'inventiva matematica dell'ingegnere poteva esercitarsi con onorc, oggi ogni sforzo sia scavalcato dalla disponibilità - seppur costosa - di Programmi di calcolo ben collaudati, che offrolo, a pagamento, soluzioni numcriche accurate e ralÌnabili quanto si vuole. È un po' come quando su una vctta scoscesa che prima era riservata a piccoli drappelli di scalatori, vien messa una funivie da turismo di massa. D'altra parte, la curiosità dello scienziato può trovare altri senticri: la verilica criticà delle ipotesi semplificative che governano le usuali teorìe tccniclrc, il controlkr degli effetti secondari che generalmente sono trascurati nella ptntica, l'indagine dellÌrscuro campo della meccanica non lineate, in presenza di clcfor' mazi,,ni n,,n infinitesime, l'esplorazìone di nuovi legami costitutivi ltrc il dominio dell'elasticità, I'analisi piìr accutata dell'effettivo comPortam€nto lìsicr sembra volersi riferire ad oggetti ptopri della (( teoria > come le forze. ,Àccade così che la (21.12.1) abbia I'aspetto di una legge fisica, mentre il suo autentico ruolo normatrvo sta nell'affermare la legittimità d.eIla rìdaTioneprecedentemente operata. Ilssa no:r descrive dunque la realtà, ma descrive una descrjzione clellarealtà, anzi dcscrivc

    Cl)e î;a tatta qmtiane di littguagia ?

    893

    il proprio fordamento. Questo la fa sembrare tautologica all,interno dcllr meccanica,e quindi necessarìa,ma nel medesìrio tempo non vuota, bensì meta-teoricamente significativa, quale riflessione erente sùlla str:uttrrta del discorso scientifico. l'equazione di equilibrio - come pirì in generale ogni equazionc - - .I.nfine, di bi.lancio - esibisceuna .^ratteristica singolare: si ptesenta quale proposiztone nonfaliJîcabile. La. storta. della meccanica ha provato come lò scontro con i- dati sperìmer.rtalì non si sia nai tisolto nel rinnegire la valìdità dell'equazionc di equilibrio, ma, all'opposto, nel modificare la intetpretazionedei daii stess allìnché essi la confermasseroin rinnovata e piir stabile forma. Come giustamente osserva Poppet, la non falsificabilità produce un aaotoetplicatitti: :una teoria che nessunaosservazionepossa confutare