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Italian Pages 125 Year 1975
Antonio Capizzi
le la l edizioni dell'ateneo
La porta di Parmenide raccoglie due saggi \·olti a proporre un nuo\·o metodo d 'indagine sui problemi del pensiero antico. La storiografia tradizionale ha sempre \·isto in Parmenide il filosofo "puro", trascu rando la sua opera di legislatore c di ,capo politico; c i due punti. "difficili" del suo poema (i frammenti 1 e 6) sono stati letti come la descrizione di un \ iaggio simbolico (se non di una \·isionc misti ca) c la polemica di un filosofo contro altri filosofi. L'autore pro'
p)nc im·ece di cercare la "\'ia del :-\ume" e la "porta dai cardini hront.ci" del fr. 1 tra le \'ic c le porte di Velia. recentemente disse polte; c i ''mortali ignoranti" del fr. 6 tra i nemici non metafisici,' ma politici, che insidia\·ano la libertà della polis \'elina.
Antonio Capizzi, incaricato di filosofia teoretica presso l'Università di Roma, è nato a Genova il 7 dicembre l 926. Discepolo di Ugo Spirito e di Guido Calo gero, ha alternato studi di filosofia antica (Protagora. l 956; Socrate, l 970) a lavori analitici sulla problematica del nostro tempo (/Ja//iucis111o a//'u/1/ane sillw, !967;/11/pcgno e uisponihilitù, 1971).
j499 J
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ANTONIO CAPIZZI
LA PORTA DI PARMENIDE Due saggi per una nuova lettura del poema
le la l edizioni dell'ateneo roma
197J ©Copyright by Edi%ioni dell'Ateneo, P.O. Box 7216, 00100 Roma
Indice generale
pag. 11
Premessa
15
Capitolo primo IL PROEMIO DI PARMENIDE E GLI SCAVI DI VELIA
17
l. Forma poetica mitologizzante e contenuti realistici
28
2. Luoghi del proemio e luoghi della Velia antica
40
3. Una nuova pagina di storia greca?
50
4. Aurighi e governanti
62
5. Significato del proemio nell'economia del poema
71
Capitolo secondo
IIÀ&:t't"O\I't"(lt o�xpavot. LA
«TERZA VIA» DI PARMENIDE E LA BATTAGLIA DI IMERA 73
l. Storia di un
81
2. Lingua rimbombante e parola comprensibile
92
3. Simulazione, doppiezza, indecisione
1tÀci't"'t"O\I't"aL
103
4 . Dalla grammatica alla politica
113
Indice dei nomi
117
Indice delle parole discusse
121
Indice dei luoghi citati
Dedico questi saggi agli amici che mi hanno consentito, fornendomi preziosi chiarimenti in materie specialistiche, di risolvere difficili problemi: Bruno Gentili e Gregorio Serrao per la filologia greca; Maria Giulia Guzzo Amadasi per quella semitica; Mario Napoli, Mario Torelli, Emanuele Greco e Angela Greco Pontrandolfo per l'archeologia.
La ricerca di A. Capizzi sul proemio di Parmenide la scerà indubbiamente perplessi molti studiosi di filosofia antica, che per tradizione e consuetudine privilegiano un ap proccio ai testi della filosofia presocratica con parametri e categorie che sono propri della filosofia moderna. Ora il Ca pizzi ha rinunciato a questo metodo di lettura e persegue una diversa via, quella dell'indagine filologica ed interdisci plinare. Si pone così il problema di come il testo debba essere compreso nella sua specificità, a partire dal suo tempo, sullo sfondo di opere e di situazioni reali (culturali, politiche ed anche topografiche), la cui conoscenza l'autore presupponeva, implicitamente o esplicitamente, nel pubblico dei suoi con temporanei. Per il metodo e i criteri seguiti nella ricerca come per le conclusioni cui giunge, l'opera offre un contributo rilevante alla comprensione del pensiero di Parmenide, e più in gene rale alla conoscenza della cultura greca del tardo arcaismo. Bruno Gentili
Premessa
Gli studi fiJologici stanno subendo, proprio in questi anni, una profonda trasformazione: poeti, storici, scienziati del l'epoca classica vengono studiat·i sempre più spesso in rela zione all'ambiente che li esprime e che essi stessi esprimono; e i compartimenti stagni della storiografia tradizionale, che imponevano di interpretare il tragico sempre in base a pro blemi tipici dell'arte tragica, e il lirico in relazione ai lirici precedenti e contemporanei, vanno decisamente aprendosi. Lo scrittore viene visto sempre più come uomo vivente in una certa epoca, e quindi in una certa temperie politico-so ciafe, di cui la sua opera necessariamente risente; e i processi di partenogenesi, che fanno nascere la poesia dalla poesia e la prosa dalla prosa, trovano un credito sempre minore. In questo processo di trasformazione, la storia della filo sofia greca non è ancora in posizioni di avanguardia. Il filo sofo viene ancor oggi studiato pr·evalentemente come filosofo, e spesso addirittura soltanto come filosofo: gli altri aspetti della sua vita vengono visti il più delle volte come curiosità cronachistiche, la cui influenza sullo sviluppo del pensiero del protagonista è trascurabile. Se le pagine di un filosofo contengono allusioni, e se tali allusioni sono poco chiare per mancanza di notizie sull'autore, le notizie illuminanti vengono generalmente ricercate negli scritti di altri filosofi, assai più che negli avvenimenti della città in cui l'autore stesso visse, o negli avvenimenti di politica estera che a quella città parti colarmente interessano. Parmenide, a cui questi due saggi sono dedicati, fu, come
12
La porta di Parmenide
sappiamo da testimonianze insospettabili, il legislatore e il capo politico di Velia, piccola città ionica della costa campana; e il suo poema rientra in quelle opere letterarie che più grossi problemi hanno offerto al filologo: eppure le due cose non sono state quasi mai messe in relazione, e i frammenti l e 6 del poema, i più ricchi di interrogativi e di discussioni, sono stati interpretati senza pensare minimamente a Velia e ai suoi problemi. Il frammento l (il cosiddetto « proemio �>) è stato tenacemente letto e riletto in chiave allegorica o in chiave misteriosofica {due chiavi, tra l'altro, assai poco consone allo spirito della poesia arcaica); il frammento 6, che contiene il riferimento (e l'invettiva) a certi personaggi non nominati, è stato visto fino ad oggi o come una polemica speculativa, o come un non meno speculativo attacco all'umanità in generale e ai suoi errori di prospettiva di fronte alla verhà rivelata. Oggi di Velia si sa molto più di una volta: gli scavi si stematici condotti dall'équipe di Mario Napoli a partire dal 1962 ci hanno rivelato la sua topografia, !asciandoci indovi nare parecchie cose sulla sua storia; ma la storiografia filo sofica non si è ancora servita adeguatamente di questo ricco materiale. Se sfogliamo l'ultimo libro su Parmenide (del Bor mann 1 , se non ne stanno uscendo di più recenti) e l'ultimo contributo critico su problemi parmenidei {a quanto mi con sta, quello dello Heitsch) 2, il quadro tradizionale non appare mutato: lo Heitsch, riprendendo la tesi di base del Mansfeld, ritiene che il proemio, e addirittura l'intero poema, sia la nar razione di una Offenbarung l, di una rivelazione divina; e i « mortali che non sanno nulla » del frammento 6 sono per entrambi l'umanità cieca e lontana dal vero. Questo mio lavoro non pretende di risolvere i problemi 1 K. Bormann, Hamburg, 197 1 .
Parmenides,
Untersuchungen zu den Fragmenten,
2 E . Heitsch, Evidenz und Wahrscheinlichkeitsaussagen bei Par menides, (De r. Lyb. I, 4 ). Cicerone, L. agr. II, 35,95. Cicerone, De Har. resp. 9,19; Valerio Massimo, VH, 4,4. Cicerone, L. agr., l. cit.; LiV'io, XXX, 22,6; Lucano, Phars.
IV, 736. 80 Orazio, Carm. III, 5,33; IV, 4,49; Livio, XXI, 4,9; XXX, 36,9;
42,2 1 .
81 Livio, XXII, 22,15; XXXIV, 61,14; Giustino, XVIII, 1,4; 6,2. 82 Livio, XLII, 47,7.
83
Lucano, l. cit., v. 737.
98
La porta di Parmenide
Zama . Il luogo comune per eccellenza era il « mancamento di fede » , la rottura dei trattati : già i « patti fenici (cll ot \ILXW\1 crw�Tjxat) » erano un'espressione proverbiale greca 84 ; e altrettanto proverb1ale (dopo l'invettiva di Ennio contro i « Poeni foedifragi » ) 85 divenne in latino la fid.es punica 85 bis, al punto che l'abitudine dei Cartaginesi di non rispettare i patti fungeva da contenuto agli esempi di figure retoriche addotti nelle trattazioni scolastiche 86• I Feniéi sono i « si mulatori » per antonomasia, e i Velini dovevano pensare a loro al solo udire parole come « 1tÀ.ttcrcrov"t'at ». d ) Ma l'allusione era resa ancora più ·trasparente dall'ac coppiamento « 1tÀ.tlCTCTO\I"t'ClL OLXpCl\IOL », che univa alla Simula zione appunto la « doppiezza » , il mancamento di parola. A!xpavoc; al maschile è, nel fr. 6, un terzo apax , che si ag giunge a quello immaginato da Diels allo stesso v. 5 ( 1tÀ.ttcr cronat come voce anomala di 1tÀ.ttsw) e a quello realmente esistente nel verso successivo ( 1tÀ.ax"t'6'J per 1tÀ.ayx"t'6v): in effetti « ol.xpavoc; » compare al maschile solo in Parmenide; per il resto delle fonti è sempre neutro, con valore di « cosa biforcuta », che è poi generalmente la forca per il fieno. È interessante il fatto che in Plauto Annone venga chiamato bisulci lingua 88 bis, « lingua di uomo biforcuto » : ricom84
Demone, l. cit. Secondo Wolf H. Friedrich (Zur altlateinisches Dichtung, « Her mes », 1941, pp. 1 1 3-35, alla p. 1 1 6) il frammento poetico citato da Cicerone in De off. I, 38 ( « Poeni foedifragi, crudelis Hannibal ») è di Ennio. 85 bis Livio, XXII, 6, 12; XXX, 30,27; XXXIV, 3 1 ,3 . L'espres sione « punica fides » nel senso di « malafede degna di un Cartagi nese » era stata già usata da Sallustio (B. Jug. 128,3 ) a proposito della diplomazia di Bocco. Appiano (R. Lyb. I, 6; 64; R. Hisp. 4 ; 7) in siste sulle numerose rotture di trattati da parte di Annibale; e le violazioni vengono riconosciute dallo stesso Annibale in Livio (XXX, 30,27) e dagli ambasciatori cartaginesi in Polibio (XV, 1,6-7 ). 86 Gicerone, De invent. l, 39,7 1 ; Pseudo-Cic. \ Rhet. ad Her. IX, 85
14,20; 53,66. 86 bis
«
Bisulci lingua quasi proserpens bestia » (Poen. 1034 ) .
La « terza via )) e la battaglia di Imera
99
paiono qui, e riferiti ad un Cartaginese, proprio il o!xpavoc; 87 e l' iJxi)EO"O"a yÀ.wO"O"a ( si ricordi l'appellativo di gugga) che Parmenide riferisce ai « mortali ignoranti » . Se il « rçÀ.!iO"O"O'J iat olxpavot » costituisce in Pannenide una coppia di voca boli di significato evidente, in quanto indica la « simulazione con doppiezza », va anche detto che 1a « doppiezza » cartagi nese non sembra un appellativo eccessivamente semplice. In Plauto l'appellativo « bisulci lingua » segue le ingiurie im perniate sull'inganno e sulla simulazione, esattamente come in Parmenide; ma tra l'accusa di simulazione e l'accusa di doppiezza si frappone un termine ( un apax plautino ) come migdilix 87 bis , che viene generalmente considerato una forma dialettale di migdilybs 88 (da !J.!yol)'J e Av�), e cioè « mezzo africano » ; e allora bisulci lingua potrebbe anche riferirsi alla doppia lingua, fenicia e libica, parlata dai Cartaginesi. L'impressione che Plauto giochi sul doppio significato della « doppiezza » {d'animo e di linguaggio ) è confermata da un verso di Virgilio, in cui si dice che Venere « teme la casa ambigua (di Didone) e i Tirii bilingui » 88 b is : anche qui i Tirii sono bilingui e ambigui, doppi d'animo e di linguaggio . Il carattere misto dello Stato cartaginese era noto fin dai 87
È estremamente probabile che Flauto, col suo > (Aen. I, 661 ).
100
La porta di Parmenide
tempi più antichi: la versione della fondazione di Cartagine giunta fino a Pompeo Trogo accenna a genti africane che a più riprese confluirono a Cartagine e si unirono .ai Fenici, ingrossando la cittadinanza 89; Strabone parla di AL�ocpoCvLxEc;, « libia-fenici », presso Cartagine 90; e Virgilio, descrivendo i preparativi per la caccia di Didone, nomina due gruppi di cacciatori, i « cavalieri Massili » che irrompono con i cani e i Fenici che aspettano h regina sulla porta del suo regale appal'tamento 91 • Il bilinguismo e la razza mista di Cartagine, cui alludono la fonte greca di Plauto e la versione delle ori gini puniche giunta fino a Virgilio, dov,evano estendersi un po' a tutte le colonie fenicie occidentali; Sallustio scrive in fatti, a proposito di Leptis : « Solo la Hngua di quelle popo lazioni è cambiata in seguito ai matrimoni con i Numidi; le leggi e i costumi sono rimasti per la maggior parte quelli di Sidone » 92• I matrimoni misti erano, già ai tempi di Parme nide, largamente noti attraverso certe unioni di personaggi famosi, come quella da cui nacque il re Amilcare, lo sconfitto di Imera 93: è dunque probabile che fosse un luogo comune, già a quei tempi, dedurre la « doppiezza d'animo » dei Fe nici occidentali dalla loro « doppiezza di lingua e di razza » ; e che gl'i axpL'ta cpuÀ.a non fossero un plurale poetico , ma l'espressione della pluralità di razze presente nei Cartaginesi 89 «
Confluentibus deinde vicinis locorum, qui spe lucri multa hospitibus venalia inferebant, sedesque ibi statuentibus ex frequentia hominum velut [nstar civitatis effectum est » (Giustino, XVIII, 5, 10-1 1 ); di l ,29 e dalla « rotonda sfera » di 8,4 3 ) ·in senso contenutistico, come una « circolarità » della verità o del l'ente: ma ciò contrasterebbe col disprezzo per la via > tutti i femminiH e ai OL\ILXEÀt"tYjç: 95 . llloL\ILXW\1 CTUvDT)xaL, fides punica : 98, 102. q>OPELO"itClL: 82-83 , 84, 92. cpvÀ.ov : 84, 89, 93, 100, 1 1 1 . q>VO"Lx6ç, q>VO"Lç: 65 n. cpwÀapxoç: 65 n.
1 19
Indice dei luoghi citati
ALCAEUS
66; b 22:
fr. 3 9 : 86. AEscHYLus
Agam. 2 1 8 : 20. Coeph. 8 1 4 : 34 ; 935: 1 9 . Eum. 490 sgg., 5 1 1 ; 5 1 5 ; 539; 564: 1 9 ; 885, 1046 : 20.
1001 a 29 :
Meteor. 3 8 1 b 3 : 65. Phys. 186 a 22: 1 0 1 . Fr. 300 Bekker : 87.
Fr. 548 Rose : 48. ATHENAEUS
X, 424 D: 32-33; XI, 469 F :
Pers. 102 : 20. Prom. 363 sgg.: 59. Sept. Th. 592: 21 ; 662 : 1 9 . Suppl. 523 : 20 ; 709 : 1 9 . Anecdota Graeca, ed. Bekker
33. BACCHILIDES
Epin. V, 1-2 :
p. 346, 10: 33.
54; 1 : 55.
CrcERO
APOLLODORUS
De bar. resp. 9, 19: 97. De invent. I , 39, 7 1 : 98. De l. agr. II, 35, 95: 97. De off. I, 38: 98. Pro Scaur. 19, 42 : 96.
I, 6, 3, 1 2 : 59. APoLLONIUS RHonms
IV, 153 : 93 ; 603-04: 32. APPIANUS
B.C. V, 98, 410: 29. R. Hisp. 4; 7 : 98. R. Lyb. I, 4: 97; 6; 64 :
67;
101.
[ CICERO] 98.
ARATUS
922 : 93. Scholia ad ARATUM 208, 15 sgg . : 32. ARISTOTELES
De cael. 298 b 14: 81 . Hist. anim. 6 1 8 a 5 : 87. Met. 984 b 2 3 : 1 9 ; 986 b 1 8 :
Rhet. ad Her. IX, 14, 20; 53, 66: 98. CLAUDIANUS
XXXVI, 183-84: 60. DEMON fr. 1 5 Miiller: 96, 98. DroooRus SrcuLus
III, 5 1 , 2: 93. V, 23, 3-4: 32.
Indice dei luoghi citati
122
VIII, 25, l : 42 ; 25,4 : 66. XI, l , 4-5 ; 20-26; 2 1 ,4 ; 2 1 ,5 ; 22,6: 1 1 0 ; 23,1 : 1 09 ; 24,1 : 1 1 0.
XII, 9, 45 : 50 ; 14,1 : 63 ; 17, 1-2 : 66. DIOGENES LAERTIUS
VHI, 3 : 49, 50 . IX, 2 1 : 1 7, 46; 22: 81 ; 23 : 47, 61 ; 25 : 90.
67: 92; 167: 44. II, 54-57: 86. III, 84-85: 87. VI, 2 1 : 44. VII, 6 1 : 8 7 ; 153; 155: 45; 157-63 ; 165-67; 165 : 1 1 0; 166 : 1 00, 1 1 0 . HESIODUS
Op. D. 17; 63 : 1 9 . Theog. 1 : 1 03 ; 16; 20; 23-24 : 1 9 ; 3 6 : 103; 1 07 ; 120; 123-
24; 201 ; 2 1 1 ; 2 1 3 ; 2 1 7 ; 224 : 1 9 ; 306: 5 9 ; 349 ; 744; 748; 757-58 : 19; 82 1 ; 857 sgg . : 59; 90 1 ; 902; 904 : 1 9 .
ELIAS
Cat. 109,6: 9 1 . Etymologicum Magnum s.v . .:llxpov : 99. in
EURIPIDES
HESYCHIUS
Hippol. 738-4 1 :
33.
EusTATHrus
s.v. rpow�xE).lx't'l]c; : 95. HIPPOLYTUS
1654, 27 : l5.
Refut. IX, 9 :
76.
HOMERUS
Fragmenta tragicorum Graecorum
Il.
E 499 : 92.
ed. Nauck
g 1 6 : 93.
fr. 1 7 1 anon. : 95.
Od. GALENUS
1 56 A : 99. GENETHLIUS
Rhet. I, 2, 2 :
E D ).
75 : 93. 1 0 : 93. 328: 92. 9 9 : 51 . 14; 15-16; 155 : 20 ; 15859 : 21 ; 606: 20; 6 1 8 : 21.
24.
HEcATAEus MrLEsrus fr. 29 Jacoby: 92. HELLANICUS fr. 160 Miiller: 87. HERACLITUS
fr. 28 Diels: 47. a,
et
lì
De elem. sec. Hipp. I , 9 : 65. Lex Hippocr. p. 458 : 99. ad Hippocr. Coach. Progn.
fr. 49
A 156: 93.
51 Diels : 75.
fr. 107 Diels: 88.
HERODOTU S
I, 163-67 : 42; 165: 68; 166-
!-L 3-4; 37- 1 1 0 : 20 ; 39-54;
56-58: 22; 59-72 : 23 ; 68; 92 � 107 ; 1 10: 23. v 256-86; 278: 94 ; 288 ; 289 : 95. 1; 14; 43 : 93 ; 192-359 : 94. o 403-84; 4 1 5 : 94; 416: 95 ; 474: 94. w 305-06: 93. HoRATIUS
Carm. III, 5, 3 3 ; IV, 4, 49 : Epod. XVI, 17-26 : 68.
97.
Indice dei luoghi citati HYGINUS
Fab. 104:
20, 32, 34 ; 32.
}AMBLICHUS
V. Pyth. 248
sgg. : 50.
XVIII, l , 4: 1 00 ; 4, 9-10 ; 5,6 ; 5,9 : 96; 5, 10-1 1 ; 5, 17; 6, 2 : 1 00. LIVIUS
XII, 6, 1 2 : 98. XXI, 4, 9; XXII, 22, 15; XXX, 22, 6 : 97. XXX , 30, 27: 98. XXX, 36, 9 ; 42, 2 1 : 97. XXXIV, 3 1 , 3 : 98. XXXIV, 6 1 , 14; XLII, 47, 7 : 97.
v.
10:
v.
20, 32,
1 1 : 21, 24, 25, 38; v . 12: 24, 25, 30; v. 1 3 : 24, 25, 39; v . 1 4 : 25, 41 , 47; v. 15: 35; v. 1 6 : 24, 39; v. 17: 24 ; v. 1 8 : 24, 39; v. 19: 24, 39; v. 20: 24 ; v. 2 1 : 34, 51 ; v. 22: 3 1 ; v. 24: 47, 51 , 52, 53; v . 25 : 20, 34 ;
}USTINUS
52, 53 ; v. 26: 21 , 52, 53 ; v. 27 : 2 1 , 35, 52; v. 28: 2 1 , 47, 52; v . 29: 21 , 52, 69, 90, 103; v. 30: 21, 24, 52,
53, 64, 76, 81 , 1 05, 1 0 7 ; v. 3 1 : 2 1 , 90 ; v . 32: 21 , 76, 89, 90. Fr. 2, v.
v.
2: 22, 77; v . 3 : 73 ;
4 : 1 9 , 73 ;
v.
5: 73 ; v . 6 :
22, 77. Fr. 3 : 77.
LUCANUS
Phars. 736-3 7 :
97.
LUCIANUS
Dial. deor. 25:
32.
LYCOPHRON
1452 : 93.
Fr. 5:
p. 105, 1 7 : 99.
4 : 73, 88 ; v . 5 : 73, 98; v. 6 : 82, 83, 92; v. 7 : 83, 84, 88; v. 8 : 73, 84; v . 9 : 23, 73, !5, 80,
85;
v.
Fr. 8,
vv.
vv.
Ovmms 3 2 ; 350-5 1 ;
352 : 35; IX, 65 : 99.
1 : 52; v. 2 : 24, 3 : 1 7, 24, 25, 30, 3 1 , 52; v. 4 : 24, 52 ; v. 5 : 1 7, 34, 51 , 52; v. 6: 24 ; v. 7 : 24 ; v. 8 : 24, 34; v. 9 :
Fr. l Diels,
v.
v.
3 : 76, 81 , 89; v . 5 :
1 -6 : 1 04-05;
v.
7: 79 ;
8 : 79, 105; v. 9 : 79, 105; 1 1-12: 1 05; v. 14 : 1 9, 1 05; v . 15: 78, 84, 1 05; v . 16: 78, 84, 105; v. 1 7 : 78; v . 18: 78, 80 ; v . 22: 49, 1 05; vv . 26, 28, 30, 3 1 , 32: 1 05 ; vv. 34-36: 77, 1 04 ; v . 37: 1 9 , 1 05 ; vv. 38-41 : 105; v. 43 : 49, 69, 103; v . 44 : 49, 69 ; vv. 46-47 : 49; v . 49 : 49; v. 50 : 64 ; v. 5 1 : 64, 76, 90 ; v . 52 : 64, v.
1 1 0 1 : 93.
PARMENIDES
v.
81 , 83, 84, 91 ; v . 6: 81 , 84.
Orphica Argonautica
Met. II, 340-66:
103.
Fr. 6, v. 3; 73 ;
84, 1 0 1 . Fr. 7, v. 1 : 85, 1 04; v . 2 : 81 ,
NONIUS MARCELLUS
30, 52;
123
124
Indice dei luoghi citati 77; v. 53 : 64,
76;
v.
64, 1 06 ; v. 54:
55:
1 05,
975-77 ; 1 030-3 1 : 95; 1 0323 3 : 97; 103 3 : 99; 1034 : 98 ; 1 089-90; 1 106: 97.
1 06;
vv. 57 sgg. : 1 06; v. 6 1 : 76. Fr. 9 :
PLINIUS MAIOR
1 06.
N.H. XI, 37:
Fr. 1 3 : 1 9 . Fr. 1 9 : 1 06. PHILODEMUS
H : 32.
PLUTARCHUS
frr. 106 a-b: 32.
Adv. Colot. 32, 1 1 26
De cael. 157, 27:
81.
PHILOSTRATUS
V. Apoll. V, 16:
59.
PHOTIUS
Bibl. 249 : 1 7. Lex. s.v. clloLv�xwv O'uvDT)xaL: 96, 98. PHRYNICUS ATI'ICISTA s.v . ..i�xpavov : 99.
PINDARUS
Nem. VII, 23 :
83; IX, 28-29:
1 1 1 ; 32-34 : 58.
01. I, 23: 54; 100-14: 55; IV, 6-8: 59; VI, 22-27 : 52; X, 1 3 : 64. Pyth. I, 18-20 : 60, 1 1 1 ; 71-75: 59 ; 71-72 : 1 1 1 ; 75-80 : 1 09 ; H, 63-67 : 53 ; 64 : 55; IX, ·87: 83. Scholia ad PINDARUM
01. II, 1 7 : 48; VI, 78: 32. PLATO
Apol. 26 D : 65. Parm. 127 A - 128
E: 61 ; 127
Phaedr. :261 D: 43. Soph. 216 A: 43 , 66; 217 C : 9 2 ; 242 D : 43, 66. 62.
Tim. 88
47,
E: 62, 92; 210 D:
B: 83.
48.
De tranq. 15, 473 F: Pericl. 4,5; 5,3 : 62.
94 ; 1 12-1 3 : 97;
76.
[PLUTARCHUS )
Prov. Alex. 7 1 :
68.
POLYBIUS
III, 36, 4: 83; 78, 1 : 97. V, 21, 4: 83. XII, 5 sgg.: 46. XV, l, 6-7 : 98. PORPHYRIUS
Anthr. Nymph. 29: V. Pyth. 18-19: 49.
76.
PROCLUS in
Parm. 619,4: 1 7. Tim. I , 345,12: 24.
in PTOLEMAEUS
Geogr. III,
l, 8 : 66.
SALLUSTIUS 1 00 ; 128,3 : 98.
SERVIUS in Aen. VI, 359: 33. SEXTUS EMPIRICUS
Adv. Math. VII, 1.1 1
sgg . : 1 7 ;
11 1 : 8 1 ; 126-27: 88. SIMONIDES Fr. l, v. 1 6 : 41 . SIMPLICIUS
Phys. 7·8 ,2; 1 17,2:
PLAUTUS
Phoen. 53-54 :
De Is. et Os. 45, 369 A : 76. De se ips. c. inv. laud. 1 1 , 542 :
B. Jug. 7·8 ,4:
A·B : 62; 127 A: 92.
Theaet. 1·83
A:
1 09.
PHILOPONUS in
99; XXXVII , 2,
24.
73 ; 146,29 :
125
Indice dei luoghi citati SoLON
Fr. l ,
Sign. temp. 16: vv.
v.
7-8: 47; v. 45: 92;
63 : 48. Fr. 3, vv . 14-16:
47.
c. 83.
Scholia ad SoPHOCLEM
Oed. C. 1248 : 32. STEPHANUS BYZANTINUS s.v. 'EÀ.ÉC1: 33. s.v. Xe1À.!ie1�o�: 8 l.
1 00.
25, 2:
s.v. A�I1XVÀ.oc;: 33. S.V. q>OW�XEÀ.{'t"T)c;: 95.
99.
Fr. 23 Miiller: 96. Fr. 41 : 32. TzETZEs
Chil.
IV,
137:
32.
4, 4 :
97.
VERGILIUS
661 : 99. 132-34; 483 : Ecl. VI, 62-63 : 32. I,
IV,
XENOPHANES
16,% :
THEOPHRASTUS C. plant. V, 10,
86.
Fr. 8: 67. XENOPHON
5:
33.
T!MAEUS HISTORICUS
Aen.
Suda
THEOCRITUS 13,62 : 87;
12 :
VII,
V, l , 9: 1 7. VI, l , 1 : 1 7, 33, 42, 46, 48, 49.
3, 19 :
VII,
I, 2, ext 4 : 48.
93.
STRABO
XVII,
90, 3 ;
VALERIUS MAXIMUS
STOBAEUS
Flor. 110, 10:
V:l,
TIMAEUS GRAMMATICUS
SoPHOCLES
A;. 91 1 : 83. Oed. T. 290; 371; 389:
86.
THUCIDIDES
87.
Anab.
VI, l ,
23:
86.
100.