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Italian Pages [176] Year 2004
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Interni Spazio Luce Materiale
A cura di Christian Schittich
Birkhäuser Edition Detail
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Interni
Spazio . Luce . Materiale
A cura di Christian Schittich
Edizioni DETAIL – Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG Munich Birkhäuser – Verlag für Architektur Basilea . Boston . Berlino
A cura di: Christian Schittich Redazione: Andrea Wiegelmann Sabine Drey, Ingrid Geisel, Thomas Madlener Disegni: Kathrin Draeger, Marion Griese, Oliver Katzauer; Ermese Köszegi, Elli Krammer, Peter Lingenfelser, Andrea Saiko Grafica: Peter Gensmantel, Cornelia Kohn, Andrea Linke, Roswitha Siegler Traduzione: George Frazzica
Traducción: María Gómez Fernández-Layos Lectorado: Roberto Gonzalo
L’ edizione italiana è una traduzione del titolo originale, ed è pubblicata in cooperazione con DETAIL – rivista di architettura + particolari costruttivi e Birkhäuser – Edizioni d’Architettura
Nota bibliografica della “Deutschen Bibliothek”. La “Deutschen Bibliothek” ha registrato questa pubblicazione nella “Deutsche Nationalbibliographie”, maggiori dati bibliografici sono reperibili nel sito: http://dnb.ddb.de
Un manuale della redazione di Detail © 2004 Institut für Internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG Casella Postale 33 06 60, D-80066 Monaco di Baviera e Birkhäuser – Edizioni di architettura, Casella postale 133, CH-4010 Basilea, Svizzera. Tutti i diritti sono riservati. In particolare i diritti di traduzione, di riproduzione d’immagini e tabelle anche a mezzo radio e televisione, di memorizzazione (compresi i microfilm e tutte le altre forme di memorizzazione in impianti di rielaborazione dati) è riservata. La riproduzione totale o parziale è permessa solo in singoli casi, nei limiti definiti dai diritti d’autore. I trasgressori, passibili di risarcimento, sottostanno alle disposizioni penali dei diritti di riproduzione.
Stampato su carta non trattata chimicamente, prodotta da cellulosa sbiancata senza cloro (TCF ∞). Printed in Germany Riproduzione: Karl Dörfel Reproduktions – GmbH, München Stampa e legatura: Kösel GmbH & Co.KG, Altusried-Krugzell
ISBN 3-7643-7147-1
Indice
Spazio, luce, materiali: la concezione formale degli interni Christian Schittich
Brasserie a New York Diller + Scofidio, New York
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8 Bar ad Heidelberg
L’ architetto come arredatore d’interni: il classici moderni Christoph Holz La pratica nell‘allestimento d‘interni Gerhard Landau e Ludwig Kindelbacher
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Gli esempi
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Villa a Vila Nova de Famalicão Alvaro Siza Vieira, Porto
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Mansarda a Vienna Hubmann & Vass, Vienna
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Appartamento a New York Maya Lin con David Hotson, New York
liquid architektur/landschaft, Darmstadt
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Bar per uffici a Tokio Klein Dytham architecture, Tokio
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Studio di architettura a Berlino Nietz Prasch Sigl Tchoban Voss, Berlino
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Agenzia a Monaco lynx architecture, Monaco di Baviera con tools off.architecture, Monaco di Baviera
120
Biblioteca Reale a Copenhagen Schmidt, Hammer & Lassen, Copenhagen
124
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56 Biblioteca Nazionale a Parigi
Abitazione a Ito Motoyoshi Itagaki & Hiromi Sugimoto, Tokio
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Dominique Perrault, Parigi con Gaëlle Lauriot-Prévost
128
La Tate Modern a Londra Herzog & de Meuron, Basilea
138
Centro Congressi a Barcellona Carlos Ferrater, Barcellona
148
Cappella a Valleacerón Sancho Madridejos, Madrid Sinagoga a Dresda Wandel Hoefer Lorch + Hirsch, Saarbrücken
66
70 Sala concerti a León
Asilo a Lustenau Dietrich e Untertrifaller, Bregenz
74
Mansilla + Tuñón, Madrid
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Casa di moda a Monaco Petzinka Pink Architekten, Düsseldorf
78
Metropolitan Express, Amburgo – Colonia von Gerkan, Marg und Partner, Amburgo
158
Galleria di preziosi a Monaco Landau + Kindelbacher, Monaco di Baviera
Stazione metropolitana sotterranea “Am Moosfeld” a Monaco 80
Negozio di cosmetici a New York Architecture Research Office, New York
84
Kessler & Sturm, Monaco di Baviera Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer, Monaco di Baviera
Negozio di abbigliamento a Vienna propeller z, Vienna
88
Stazione metropolitana sotterranea “Westfriedhof” a Monaco
Negozio di abbigliamento a Londra Future Systems, Londra
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Auer + Weber, Monaco di Baviera Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer, Monaco di Baviera
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Gli architetti Autori Referenze fotografiche
170 174 175
Supermercato a Wattens Dominique Perrault, Parigi Reichert Pranschke Maluche, Monaco di Baviera Ristorante Eat in / Take-out a Tokio Klein Dytham architecture, Tokio
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Spazio, luce, materiali: la concezione formale degli interni Christian Schittich
Dall’austero luogo di culto al centro commerciale chiassoso e sovradimensionato, la gamma degli interni è immensa. La molteplicità dei temi progettuali è altrettanto vasta quanto quella delle scelte creative. Gli interni, se si vuole, rappresentano l’obiettivo principale dell’architettura. Mentre l’involucro offre la protezione dagli agenti esterni e può avere una valenza rappresentativa, l’interno è il luogo dove sostano le persone – per abitare e per lavorare, per pregare, per fare acquisti o per svagarsi. L’ interno è in grado di isolarsi completamente, di rinunciare a ogni relazione con l’ambiente esterno, o anche di lasciarsi seppellire nel terreno. D’altra parte l’interno può anche aprirsi completamente o dissolversi fluidamente nell’ambiente esterno circostante. Una distinzione fondamentale è quella che occorre tra la costruzione dello spazio interno e il suo arredamento. Idealmente (anche se di rado) l’architetto progetta entrambe le cose. Occasionalmente l’arredo ricopre un ruolo decisamente marginale e non esercita alcun influsso sull’atmosfera generale: ciò accade proprio in quei casi in cui è l’architettura stessa che, attraverso le superfici dei materiali e i giochi di luce, determina il carattere degli interni, come avviene negli affascinanti edifici sacri di Le Corbusier o Ando. Spesso l’architetto ottiene l’incarico di allestire uno spazio già esistente. Può accadere nell’ambito di una nuova costruzione, ma più spesso si tratta di ristrutturazioni e trasformazioni, considerando che di solito l’interno ha una vita decisamente più breve di quella dell’edificio stesso. Questo discorso vale in particolar modo nell’ambito delle opere di uso commerciale, negozi e locali pubblici per esempio. In questi casi la vita breve dell’allestimento è un principio fondamentale, dal momento che ogni moda cancella la precedente. Il confronto con una costruzione già esistente può comunque essere appassionante tanto quanto l’ideazione di un volume nuovo. È il caso per esempio degli interventi sugli immobili soggetti a vincoli storico-monumentali, che richiedono l’inclusione e il rispetto delle preesistenze. La messa in scena del contrasto tra il vecchio e il nuovo e il fascino derivante dall’utilizzo di elementi già esistenti crea le premesse per un lavoro ricco di stimoli. Le premesse relativamente neutre che stanno alla base del progetto di un locale commerciale offrono invece occasioni di successo completamente differenti: proprio qui dove l’effimero e la transitorietà risiedono nella natura delle cose, agli architetti e ai designer è concessa la libertà di sperimentare con disinvoltura e di osare oltre le convenzioni.
Nell’allestimento degli interni, oltre al volume, un ruolo preminente è giocato dai materiali impiegati per le pareti, i pavimenti, i soffitti e l’arredo. Le loro superficii, le tessiture e colori sono gli elementi che plasmano in modo decisivo l’ambiente. In maniera completamente differente da ciò che avviene nel rapporto con la facciata, negli interni il fruitore entra in contatto diretto con i materiali. Egli si trova nella condizione di osservarli da vicino, sentirli, toccarli e forse perfino annusarli. Il terzo fattore decisivo è la luce, non importa se proviene da una fonte naturale o da una artificiale. La luce ha la capacità di mettere in scena con grande effetto la materia morta, di infonderle vitalità. Il differente rapporto con la luce riflette la varietà delle esigenze: gli ambienti vengono illuminati in maniera uniforme, oppure l’architetto si diverte a modellarli con la luce per suscitare particolari effetti sensoriali. Terminata la fase minimalista a cui abbiamo assistito nel corso degli anni Novanta del XX secolo, nella quale si è andata ricercando spasmodicamente (e spesso con notevole dispendio di energie) la riduzione all’essenziale nella progettazione di negozi e abitazioni di lusso, negli ultimi tempi sono di nuovo richieste la complessità e la molteplicità. Si è risvegliato un nuovo desiderio di colori e di forme e anche l’ornamento è tornato in uso. Oggi soprattutto nell’edilizia commerciale si richiede la creazione di ambienti polisensoriali. Le grandi firme della moda stanno scoprendo che l’architettura non solo può dare risultati nel campo del corporate design, ma che con un’adeguata spettacolarizzazione è in grado di calamitare l’interesse dei media, trasformandosi in un fattore di comunicazione pubblicitaria. Per questo motivo quando si presenta l’occasione di scegliere il progettista di un “flagship store” ci si rivolge a studi di architettura internazionalmente noti e in grado di garantire un’attrazione planetaria. Il presente volume affronta la molteplicità dei diversi temi di progetto, concezioni e materiali che entrano in gioco nella realizzazione degli interni. Si tratta di esempi internazionali che spaziano dal bar alla moda alla raffinata sala da concerto, dall’abitazione semplice alla boutique eccentrica. Nonostante la varietà di approcci creativi, tutti i lavori hanno in comune un atteggiamento di fondo moderno, se così vogliamo definirlo, che si esprime attraverso uno scrupoloso studio dei dettagli e attraverso l’aspirazione a trovare effettivamente, per ogni specifico incarico, la soluzione formale appropriata con l’obbiettivo di conseguire la vera qualità. Abbiamo rinunciato consapevolmente a quei progetti che sono soltanto sfarzosi e superficiali. 9
1.2
Abitazioni A differenza della maggior parte delle situazioni in cui appare più o meno naturale richiedere la consulenza di un architetto o di un designer per il progetto di un interno, nel caso delle abitazioni questo avviene molto raramente. Se è già molto esiguo il numero dei committenti privati che incaricano l’architetto della progettazione di un’abitazione, la consulenza dello specialista è richiesta in misura ancora minore quando si tratta soltanto di arredarla, soprattutto e giustamente quando l’edificio è già esistente. Gli aspetti economici rappresentano una ragione solo in parte vera. Il motivo principale è invece di gusto e mentalità: per la maggior parte delle persone l’abitazione ha infatti un carattere privato, è il luogo della sfera intima. Non si tollera volentieri che gli altri abbiano voce in capitolo all’interno delle nostre quattro mura. Contemporaneamente in nessun altro luogo l’accettazione di un’atmosfera realmente moderna è tanto esigua quanto nella sfera domestica. Non c’è quindi da meravigliarsi se la maggior parte delle abitazioni d’avanguardia vengono progettate dagli architetti per se stessi o per artisti e collezionisti. Da sempre gli architetti utilizzano le proprie case o appartamenti per sperimentare e per tradurre in realtà le idee e i principi che elaborano personalmente, come se fossero un marchio di fabbrica o un manifesto culturale. Questo vale anche per John Pawson, che nel 1999 nella sua abitazione, situata in un grazioso vecchio edificio di Londra, ha spinto il Minimalismo all’estremo (fig. 1.2). L’ aspetto dell’abitazione è determinato dai materiali pregiati, dalla perfezione artigianale, dal carattere delle pareti e delle superfici. L’ architettura è ridotta ai suoi elementi fondamentali: lo spazio, la luce e i materiali. Qualunque pezzo d’arredo ulteriore e qualsiasi quadro sulla parete creerebbe solo disturbo. C’è soltanto una cosa da dire: il minimalismo alla Pawson bisogna essere in grado di permetterselo! Non tutti hanno a disposizione uno spazio sufficiente a far scomparire gli oggetti d’uso quotidiano all’interno degli armadi a muro, anche se accuratamente ambientati. Questo vale anche per l’abitazione di New York di un imprenditore di software e collezionista d’arte, progettata da Maya Lin e completamente introversa (pag. 56 e segg.). Anche in questo appartamento l’impressione generale è di essenzialità e di riduzione al minimo, quasi come nel precedente, ma l’effetto è decisamente differente. Nell’abitazione di Pawson dominano le pareti bianche, mentre qui l’atmosfera è segnata dalle superfici di acero chiaro (con dettagli minimali) che rivestono le scale, i divisori, le porte scorrevoli, le ante e la cucina componibile. C’è anche un tavolo da pranzo (figg. 1.3, 1.4) che ha l’aspetto di un parallelepipedo rettangolare, con sedie a scomparsa che possono essere riposte al suo interno quando non sono in uso. Allo stesso modo anche gli sgabelli della cucina scompaiono all’interno del bancone. Ne risulta un affascinante puzzle tridimensionale, un gioco grafico di piani verticali e orizzontali. Ambienti sacri Per un architetto i luoghi sacri rappresentano la sfida più grande, dal momento che, come nessun altro incarico progettuale, offrono la possibilità di liberarsi da ogni utilitarismo profano e di creare un “vero” spazio: un ambiente plasmato dall’interazione e dalla matericità dei suoi confini e dal percorso della luce. Gli ambienti sacri devono creare atmosfere, essere inconfondibili e avere un carattere simbolico. Tadao Ando nello spazio di preghiera e meditazione per l’Unesco a Parigi (1995, fig. 1.5) è riuscito con mezzi tanto sem-
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1.3
1.5
1.4
plici quanto fortemente espressivi a ricavare un luogo adatto agli uomini di tutto il mondo, di ogni razza e religione. Ando raggiunge lo scopo con un semplice cilindro di calcestruzzo a vista, le cui pareti curve sono scandite soltanto dai giunti delle casseforme e dai fori di ancoraggio. Oltre al pavimento di granito posato a raggiera ci sono soltanto una sedia e la luce: luce che penetra attraverso le due aperture d’ingresso, luce che scende dall’alto lambendo le pareti. Il soffitto è costituito da una lastra di calcestruzzo di diametro leggermente inferiore a quello del cilindro, con quattro punti di ancoraggio disposti a croce. Nonostante, o forse proprio grazie all’estrema riduzione formale, Ando riesce a conferire all’ambiente una forte carica simbolica: i credenti di tutte le grandi religioni del mondo vengono messi in grado di riconoscere, nella concezione generale e nei particolari, riferimenti precisi alle rispettive fedi. Anche l’architetto finlandese Juha Leiviskä fa una scommessa con la luce, che egli stesso considera il materiale da costruzione più importante ancora prima del mattone e del legno. L’ architettura di Leiviskä è caratterizzata dalla traslazione reciproca dei setti murari, separati da vuoti vetrati che lasciano penetrare all’interno dell’edificio la luce diffusa tipica delle latitudini settentrionali. Soprattutto nella chiesa e nell’annesso centro parrocchiale di Kuopio in Finlandia (1992, fig. 1.1), egli dimostra la sua abilità nel mettere in scena cinematicamente la luce, in relazione all’ora del giorno e al grado di copertura nuvolosa del cielo, sfruttando con abilità il contrasto tra la calda illuminazione indiretta e quella diretta. La luce indiretta, proiettata sulle pareti dietro l’altare, aumenta di intensità nel corso della mattinata e raggiunge l’apice poco prima di mezzogiorno, verso la fine della celebrazione, per poi cedere il posto a una sinfonia di luci e ombre quando i raggi penetrano direttamente. La nuova sinagoga di Dresda, opera degli architetti Wandel, Hoefer, Lorch e Hirsch (pag. 70 e seg.) rappresenta invece la polarità opposta rispetto alle costruzioni di Ando e Leiviskä. Nel volume quasi completamente privo di finestre, illuminato prevalentemente dall’alto, è sospesa una tenda a maglia metallica che genera un’atmosfera luminosa diffusa e mistica. La luce non penetra all’interno con effetti drammatici, ma fluisce in modo uniforme. Inoltre mentre nelle opere di Ando e Leiviskä l’arredo è ridotto al minimo, così da lasciar determinare allo spazio il carattere del luogo, in questo caso l’impressione generale è decisamente condizionata dagli elementi plastici dell’arredo, dai particolari rigorosamente curati. Spazi per il commercio Dal punto di vista creativo là dove l’architettura deve invogliare agli acquisti è consentita un’espressività più provocatoria e azzardata, poiché nell’arredamento dei negozi domina la logica del rapido mutamento. I progetti hanno di per sé un “periodo di decadimento” relativamente breve, e proprio per questo motivo possono e devono seguire più del solito le tendenze della moda. Per gli architetti ciò significa sperimentare maggiore libertà di quella consentita in opere costruite per durare a lungo. Nella Boutique Gil, in Mariahilferstrasse a Vienna (pag. 88 e segg.), gli architetti di propeller z hanno voluto creare un rapporto diretto tra la moda e l’arredo interno. Sono riusciti a ottenere uno show-room ampio e trasparente, che esalta l’inclinazione al voyeurismo e felicemente la mette in scena. Pareti e soffitti sono rivestiti con lo stesso materiale, il linoleum. Gli arredi e le cabine di prova sono costituiti da 11
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1.7
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elementi di poliestere che insieme con gli angoli arrotondati, soprattutto quelli tra pavimento e parete, creano un ambiente futuristico originato da una fusione di tonalità alla moda. I materiali industriali e le superfici del locale dialogano per contrasto con i tessuti degli abiti. A Monaco di Baviera la gioielleria Isabella Hund, degli architetti Landau e Kindelbacher, percorre al contrario una direzione minimalista (pag. 80). Lo spazio estremamente piccolo, al piano terra di una casa del dopoguerra, è intelligentemente suddiviso con pochi elementi di arredo appropriatamente collocati, e gli oggetti accuratamente esposti nelle vetrine vengono valorizzati in modo ottimale. Questa forma di Minimalismo si differenzia dai progetti dei negozi di Claudio Silvestrin (per esempio Armani a Milano, fig. 1.6) o di John Pawson (per esempio Jigsaw a Londra), che si muovono ai confini della smaterializzazione dello spazio e mettono in mostra un particolare tipo di lusso. In ogni caso è facile notare attualmente una diminuzione di questi negozi di lusso dagli arredi minimalisti, che attraverso l’eliminazione di ogni particolare superfluo cercano di concentrare l’attenzione sulla merce presentata con grande effetto. Oggi nell’allestimento degli spazi di vendita l’interesse è concentrato sul tentativo di suggerire stili di vita e di creare atmosfere coinvolgenti, avvalendosi soprattutto dell’architettura e dell’arredamento. L’ architettura appartiene all’immagine del marchio. Questo vale soprattutto per i cosiddetti flagship stores delle grandi catene di distribuzione d’abbigliamento e dei produttori di articoli sportivi (per esempio Nike Town a New York), che hanno la funzione di mettere in mostra le tendenze del marchio nelle zone più in vista delle metropoli, come se si trattasse di insegne tridimensionali. Nell’allestimento non si bada a spese, e invece degli arredatori si incaricano sempre più spesso studi di architettura di fama mondiale: OMA (Rem Koolhaas), Renzo Piano o Herzog & de Meuron. In questo senso, una trasposizione perfetta del concetto di corporate identity è riuscita al gruppo di architetti ARO nella progettazione del Qiora Store della multinazionale dei cosmetici Shiseido a Manhattan (pag. 84). L’ interno, dalle dimensioni ridotte ma dalla forte unitarietà, traduce il marchio in colori e forme rimandando contemporaneamente al disegno stravagante delle bottiglie e dei flaconi della linea di prodotti Qiora. I Future Systems, invece, nel negozio Marni a Londra, evitano riferimenti diretti al prodotto e ricercano piuttosto un contesto spaziale nel quale i capi d’abbigliamento costituiscono essi stessi un elemento essenziale della composizione (pag. 92): una specie di opera d’arte totale – il negozio come un’unica grande vetrina, quasi un palcoscenico. Nell’ambito dei flagship stores un ruolo di precorritrice ha avuto la designer Rei Kawakubo, con i negozi della sua linea d’abbigliamento “Comme des Garçons”, progettati insieme all’architetto Takao Kawasaki e più tardi anche con i Future Systems. La designer giapponese è stata una delle prime, sin dall’inizio degli anni Ottanta, a spostare il centro dell’attenzione dalla indispensabile presentazione della merce, a una particolare relazione tra architettura, design e arte. In molti progetti recenti lo stile di vita associato alle collezioni della moda è talmente in primo piano che in una delle filiali di Tokio i prodotti non sono neppure presentati: vengono tirati fuori dai commessi solo se il cliente lo richiede. In compenso lo spazio di vendita funge anche da galleria espositiva per fotografie, oggetti di artigianato artistico e di arte contemporanea.
1.8
Anche il Prada Store inaugurato a New York all’inizio del 2002, opera di OMA (Rem Koolhaas, fig. 1.7), si oppone al fatto di essere considerato un vero negozio. Anche qui, come da Rei Kawakubo, i capi d’abbigliamento in vendita sono esiliati in aree secondarie o sono appesi all’interno di gabbie, che possono essere spostate quando non sono in uso. Il locale si lascia trasformare quasi in uno spazio pubblico, e ogni pomeriggio si celebra una performance durante la quale si interrompe addirittura la vendita; sono previsti spettacoli anche di sera. La gigantesca somma spesa nell’allestimento di questo spazio commerciale su due piani viene considerata come un investimento pubblicitario. Per Rem Koolhaas occuparsi di architettura finalizzata al consumo è un impegno molto serio. Nei saggi teorici che ha scritto, da ultimo nella Harvard Design School Guide to Shopping, elaborata con i suoi studenti, egli mette in evidenza la caoticità e la sterilità degli stili compositivi dei centri e delle strade commerciali e rinfaccia a molti architetti, tra i quali anche grandi maestri come Mies, Le Corbusier e Frank Lloyd Wright, di essersi occupati troppo poco dell’argomento. I supermercati sono un risultato di questa trascuratezza: solitamente sono disseminati in una poltiglia di insediamenti all’esterno delle città, assomigliano a scatoloni privi di finestre e sono circondati da immense aree a parcheggio – architetture senza storia, puramente funzionali e che non si ispirano a nient’altro che non ai criteri del profitto. Con il supermercato realizzato a Wattens, in Tirolo, per la catena di distribuzione M-Preis (pag. 96 e segg.), Dominique Perrault dimostra che si può fare anche diversamente: partendo da una struttura in acciaio e vetro dai dettagli accurati, egli realizza un edificio che rispetta il paesaggio e tuttavia presenta un aspetto esterno ben riconoscibile. All’interno c’è un’atmosfera piacevole, determinata dallo studio accurato dei particolari e dall’illuminazione naturale che proviene da grandi superfici vetrate e lucernari. Di solito anche i grandi magazzini costruiti nei centri cittadini, seppur realizzati in maniera molto più dispendiosa, rischiano di apparire altrettanto banali e sterili quanto i supermercati. Un modello in controtendenza è rappresentato dalle Galeries Lafayette di Berlino (1996; fig. 1.8). Qui Jean Nouvel cita gli esempi parigini del lontano XIX secolo, con gli atrii coronati da grandiose cupole di vetro. Nouvel concepisce lo spazio interno come un “mondo dell’esperienza”. L’ attrazione principale è rappresentata dal grande vuoto con i due imbuti di vetro contrapposti (quello superiore si assottiglia verso l’alto, quello inferiore verso il basso). I riflessi sulle lastre di vetro inclinate producono una condizione di semitrasparenza e di conseguenza un raffinato gioco di visibilità e invisibilità. Spazi per la ristorazione Anche nella ristorazione, in modo analogo a quello che avviene per i negozi, l’allestimento interno serve a creare atmosfere e suggestioni particolari. I ristoranti costosi spesso presentano un carattere piuttosto austero, mentre i locali di tendenza sono più alla moda ed effimeri. Uno degli interventi più ammirati degli ultimi anni è la Brasserie di Diller + Scofidio, all’interno del Seagram Building di New York (pag. 106): una composizione indovinata e che rispecchia il gusto contemporaneo, fatta di elementi di legno compensato modellato, sfarfallii di monitor e vetri opacizzati. Altrettanto di tendenza è il fast food Vegie-To-Go di Tokio, opera di Klein Dytham (pag. 100 e segg.). Con successo e con mezzi relativamente semplici qui viene allestito un progetto convincente: 13
il colore verde rivitalizzante e brillante trasmette il concetto di “natura”, mentre le silhouette in materiale sintetico delle varie verdure fungono da marchio e da elemento grafico.
1.9
1.10
Uffici e ambienti di lavoro Oggi all’interno degli edifici per uffici coesistono varie forme organizzative, tutte condizionate dalle nuove tecnologie informatiche e dalle mutate strategie della collaborazione: dall’ufficio a celle attraverso quello a open space fino alle distese di uffici completamente flessibili, che possono occupare un intero edificio, come quelli dei progetti del gruppo di architetti olandesi MVRDV. Nella maggior parte degli uffici, soprattutto nel caso di aziende affermate, banche e assicurazioni, l’arredamento interno è standardizzato e i componenti provengono da produttori di sistemi; occorre inoltre considerare che gli edifici a uso direzionale sono spesso il risultato di investimenti speculativi. Al posto del committente figurano investitori che gestiscono prevalentemente manufatti di serie: nella struttura degli spazi e nelle finiture propongono immobili di qualità mediocre, in grado di soddisfare le richieste dell’utente medio. Le cose si svolgono in maniera diversa quando si tratta di quelle società della “new economy” che spuntano ovunque in poco tempo: la velocità di cambiamento è all’ordine del giorno e questo permette, analogamente a quanto avviene per i negozi, un design più effimero e attento alle mode. Inoltre la creatività è stimolata anche dalle costrizioni economiche che accompagnano le società di recente costituzione. Negli edifici industriali dismessi e nei capannoni di San Francisco o di New York (fig. 1.9), come in quelli di Berlino Est, possiamo trovare soluzioni originali, spesso ottenute con mezzi semplici. L’ allestimento pieno di colori crea un contrasto interessante con il fascino grezzo dei vecchi edifici funzionali. Accanto alle società che si occupano di Internet anche gli studi di architettura e le agenzie pubblicitarie esibiscono allestimenti non convenzionali, come per esempio l’agenzia pubblicitaria KMS di Monaco, degli architetti tools off. architecture e lynx architecture (pag. 120). Qui i nuovi allestimenti dall’accentuata matericità fatta di feltro, acciaio ossidato e calcestruzzo a vista si pongono in attraente contrasto con i vecchi capannoni per la manutenzione degli autocarri, costruiti negli anni Venti e accuratamente ripristinati. Uno degli interni per uffici più spettacolari è quello realizzato da Frank O. Gehry per la DG-Bank in Pariser Platz a Berlino (2001; fig. 1.10), dove una luccicante scultura organica di metallo è collocata all’interno dell’atrio quadrangolare. L’ effetto è sorprendente e ben riuscito, dal momento che la sobria facciata esterna di pietra non lascia minimamente intuire quel che si nasconde all’interno. Spazi per la cultura e per manifestazioni Gli allestimenti per la cultura sono molto più di semplici costruzioni funzionali: sono oggetti prestigiosi che servono anche a fissare dei segni architettonici nella città. Il compito formale è quello di soddisfare le funzioni dell’edificio e di renderle leggibili dall’esterno. Contemporaneamente deve anche essere messa in risalto la vocazione culturale della città, senza trascurare la possibilità di creare un centro di attrazione turistica. Un edificio di questo genere può anche diventare un simbolo cittadino. L’ Opera House di Utzon a Sydney, la Philharmonie di Scharoun a Berlino e il Guggenheim Museum di Frank O. Gehry a Bilbao sono esempi ben riusciti che appartengono alla nostra storia recente.
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Anche la Bibliothèque Nationale de France, costruita da Dominique Perrault a Parigi (1996, pag. 128) principalmente altro non è che un manifesto architettonico destinato a rappresentare la grandezza culturale della Francia e del presidente di allora Mitterand. Per dare il suo aspetto denso di significato all’edificio, coronato dalle quattro torri d’angolo vetrate che assomigliano a libri aperti, si tollerarono anche soluzioni distributive e funzionali carenti: una scelta che fu molto criticata. Non si tratta di un problema di forma o di esecuzione dei dettagli, ma di un’impostazione progettuale. Negli interni Perrault e la sua collaboratrice Gaëlle LauriotPrévost sono riusciti a creare un’opera d’arte totale a una scala oggi impensabile. Agli architetti è stata concessa la libertà di progettare tutti gli allestimenti, dall’arredo (tavoli e sedie sono stati prodotti in serie) alle luci, fino ai rivestimenti di pareti e soffitti. Ne è nata una riuscita combinazione tra materiali convenzionali e innovativi, all’interno della quale i toni caldi del legno dei mobili contrastano con le fredde maglie metalliche delle pareti e dei soffitti. Un altro esempio insigne è rappresentato dalla Tate Modern di Londra (2000, pag. 138). In questo caso, un “simbolo” già esistente della città – una centrale elettrica del 1945, dalla forma caratteristica – ha ricevuto una nuova destinazione d’uso. Trasformando e ristrutturando la Bankside Powerstation con un intervento da togliere il respiro, Herzog & de Meuron hanno creato un museo d’arte moderna che ha suscitato grande interesse. L’ impressione generale è determinata dalle sale espositive piuttosto sobrie nelle quali sono esposte le opere d’arte, e dalla scenografica ex sala delle turbine. Qui domina il contrasto tra le fredde fasce luminose al neon e la struttura di acciaio chiodata preesistente, dipinta di nero: un simbolo del passaggio dall’epoca fuligginosa delle macchine a quella piena di sfarfallii luminosi delle tecnologie informatiche. I progetti più complessi e pretenziosi – sia dal punto di vista tecnologico che estetico – sono rappresentati dalle sale da concerto e dai teatri: tra le esigenze principali possiamo considerare l’ottima acustica, la visuale libera da tutti i posti e la giusta atmosfera. Come nel caso delle due opere ricordate in precedenza di Utzon e Scharoun, questi edifici possono anche rivelare all’esterno la propria funzione. Ma può anche succedere che si tratti di meri interventi di allestimento interno, come quando il palcoscenico e la sala vengono illuminate esclusivamente da fonti artificiali; in casi estremi vengono ricavate al livello interrato, come ha fatto Renzo Piano nella ristrutturazione del Lingotto a Torino. L’ acustica è il problema principale che indirizza la progettazione d’interni: non richiede superfici lisce ma volumi dai contorni spezzati. Il progetto di Mansilla + Tuñón per una nuova sala per concerti e rappresentazioni a Léon (2002, pag. 154) è risolto in modo interessante e coerente.
London Stansted di Norman Foster (1991), la Waterloo Station di Nicholas Grimshaw (Londra, 1994, fig. a pag. 41), il Kansai Airport di Renzo Piano (Osaka, 1996, fig 1.11). Questi edifici si distinguono non solo per le loro spettacolari strutture, ma anche per i particolari degli interni, che sono stati studiati con cura e in perfetta sintonia con i tempi. Le stazioni della metropolitana, collocate nel sottosuolo e senza relazioni con l’ambiente esterno, di regola possono essere considerate puri ambienti interni. Sono costruzioni funzionali dalla volumetria già predeterminata, con un allestimento assoggettato a una normativa tecnica molto rigorosa e a un budget limitato. Nonostante queste premesse, due esempi di Monaco di Baviera ci dimostrano come le stazioni non debbano essere per forza monotone; in entrambi i casi un programma originale è stato tradotto con coerenza: la stazione “Am Moosfeld” (pag. 164) è dominata esteticamente dal nome della stazione stessa che campeggia in grandi caratteri rossi e argento, mentre in quella di “Westfriedhof” (pag. 166) gli enormi paralumi creano un contrappunto con il volume altrimenti lasciato in prevalenza grezzo. Immagini: 1.1 Chiesa di Männisto, Kuopio, Juha Leiviskä 1992. 1.2 Abitazione, Londra; John Pawson 1999. 1.3 Abitazione, New York, Maya Lin 1999, tavolo da pranzo. 1.4 Abitazione, New York, Maya Lin 1999, tavolo da pranzo. 1.5 Spazio di preghiera e meditazione, Parigi, Tadao Ando 1995. 1.6 Armani-Store, Milano, Claudio Silvestrin 2001. 1.7 Prada-Store, New York, OMA/AMO (Rem Koolhas) 2002. 1.8 Galeries Lafayette, Berlino, Jean Nouvel 1996. 1.9 barnesandnoble.com, New York, Andersen Architects 1998. 1.10 DG-Bank, Berlino, Frank O. Gehry 2001. 1.11 Kansai International Airport, Osaka, Renzo Piano 1996. 1.11
Edifici per i trasporti Le costruzioni al servizio dei trasporti sono i nodi della rete mondiale: in questi luoghi si prendono automobili, treni, navi o aeroplani. L’ intima connessione tra architettura e tecnologia ne condiziona i caratteri formali e spesso la struttura portante visibile è quella che determina l’effetto spaziale dell’interno; tuttavia i grandi edifici per i trasporti non sono costruzioni puramente funzionali, ma luoghi particolari fortemente rappresentativi. Proprio verso la fine del XX secolo, grazie alla proficua collaborazione di architetti e ingegneri, sono sorti alcuni degli edifici più straordinari in questo settore: l’aerostazione 15
L’ architetto come arredatore d’interni: i classici moderni Christoph Hölz, Monaco di Baviera
Nell’autunno del 2001, dopo un restauro durato molti anni, è stata riaperta a Chemnitz la villa Esche di Henry van de Velde (1902–03). Per il momento questo edificio è l’ultimo frutto di una serie di restauri di edifici residenziali significativi del XX secolo. Da alcuni anni si sta ormai assistendo al ripristino di varie ville e abitazioni di campagna per trasformarle in musei di architettura, come è avvenuto con la Villa Savoye di Le Corbusier a Poissy, nei pressi di Parigi (1928), con Villa Mairea di Alvar Aalto a Noormarkku (1939) o con la Casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright a Bear Run, in Pennsylvania (1937). Sempre più spesso, anche a costo di un impegno finanziario non trascurabile, si riescono a ripristinare anche edifici che nel tempo hanno subito modifiche importanti e che si riteneva ormai di aver perduto. Solo negli ultimi tre anni altri cinque esempi di grande rilievo sono risorti come fenici dalle proprie ceneri: due case di Walter Gropius a Dessau (1925–26), la casa Müller a Praga (1930), opera di Adolf Loos, la casa Schminke a Löbau (1933), di Hans Scharoun e la casa Sonneveld a Rotterdam (1933), di Brinkman e van der Vlugt. Si tratta di edifici che hanno mutato relativamente presto il proprio aspetto originale a causa della guerra, di cambi di destinazione e di varie trasformazioni, e che sono rimasti noti solo attraverso fotografie in bianco e nero risalenti al momento della costruzione. Per la prima volta solo oggi, dopo ristrutturazioni radicali e ampie ricostruzioni, questi monumenti architettonici risultano fruibili nelle forme e nei colori originali. È proprio guardando a questi edifici che si può ripercorrere in modo esemplare la genesi dell’architettura moderna; ancora oggi i loro interni sono un tipico esempio di arredamento domestico personalizzato. Elementi dell’arredamento d’interni Come appare chiaro dagli esempi che seguono, se vogliamo analizzare la forma e la struttura di alcuni ambienti interni per associarli a precise caratteristiche stilistiche, occorre dirigere l’attenzione soprattutto su alcuni aspetti essenziali. Accanto alle proverbiali “quattro pareti”, che delimitano lo spazio, ne determinano le proporzioni e ne influenzano in prima istanza l’effetto d’insieme, un ambiente viene percepito dagli individui principalmente attraverso la sua distribuzione planimetrica e le vie di accesso all’interno di un edificio. Soltanto camminandoci dentro possiamo affermare di aver conosciuto un ambiente in tutte e tre le sue dimensioni. In rapporto di causaeffetto con quanto abbiamo appena detto sono anche la relazione tra l’interno e l’esterno, il rapporto tra lo spazio chiuso e il contesto circostante nonché il tipo di illuminazione, naturale
o artificiale. Queste condizioni architettoniche di fondo saranno inoltre influenzate durevolmente dalle tonalità cromatiche e dalla scelta dei materiali. Da ultimo è proprio l’arredamento a completare la configurazione dello spazio interno. Nel creare spazi le possibilità sono pressoché infinite: la storia dell’architettura è piena di effetti straordinari e di creazioni sublimi. In questo saggio naturalmente non vogliamo fornire un compendio di storia architettonica e stilistica, ma vorremmo cercare di ricostruire, con l’aiuto di alcuni esempi significativi, l’evoluzione di un lessico dell’arredamento d’interni che appare ancora oggi valido. L’ edilizia residenziale privata della prima metà del XX secolo sembra adatta a questo tipo di analisi. L’ edilizia borghese con il relativo arredo d’interni, all’incirca nel 1800, iniziano un’inarrestabile marcia trionfale che dura a tutt’oggi. Intorno al 1900 nell’architettura e nell’arredamento si delinea una rottura con lo storicismo fino a quel momento dominante. Le teorie del Movimento moderno penetrano anche all’interno del dibattito sull’edilizia residenziale per tutta la prima metà del XX secolo. Gli edifici che abbiamo scelto sono sorti nel periodo compreso tra il 1900 e il 1940. Essi hanno stabilito dei criteri di riferimento e hanno influenzato in modo determinante lo sviluppo della tipologia edilizia a cui appartengono. Si tratta principalmente, quasi senza eccezione, di case urbane di lusso e di ville, nelle quali gli obiettivi dell’architetto in quanto creatore di una “opera d’arte totale” sono particolarmente chiari ed evidenti. Nondimeno le idee postulate in tali opere hanno avuto un effetto ancora più duraturo. L’ arredamento d’interni “razionale”: Henry van de Velde Contemporaneamente al movimento inglese delle Arts and Crafts, all’inizio del secolo il belga Henry van de Velde (1863– 1975) riformò radicalmente le arti applicate. In modo più coerente di altri egli traspose i principi costruttivi dell’ingegneria civile nella fabbricazione dei mobili. Per questo motivo, per esempio, le sedie che nel 1894 disegnò per la propria casa “Bloemenwerf” a Uccle, nei pressi di Bruxelles, possono essere paragonate allo scheletro metallico della Torre Eiffel. Con la villa Esche a Chemnitz, del 1902–03, egli non realizzò soltanto il suo primo edificio in Germania, ma da architetto autodidatta riuscì a tradurre per la prima volta sotto forma di un’opera d’arte totale a grande scala le proprie idee sul “nuovo stile”. Molto egli dovette al suo committente e mecenate, il produttore di calze Herbert Eugen Esche, che fu tra i primi clienti di van de Velde in Germania e che già prima del 1900 aveva acquistato dei mobili da lui disegnati. 17
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Esche, che era interessato all’insieme del Movimento moderno aveva espresso il desiderio di avere una casa “in sintonia con lo spirito degli altri mobili e arredi creati per lui”. La sua dimora signorile troneggia sulla città al centro di un ampio giardino, anche questo disegnato da van de Velde. Attraverso la terrazza anteriore si raggiunge l’ingresso principale, posto sul lato est della villa. Oltrepassato l’ingresso non c’è alcun sontuoso foyer, ma un modesto corridoio ad angolo che conduce all’atrio delle scale e che rappresenta il vero centro dell’edificio. Gli elementi caratteristici di questo atrio esagonale, che arriva fino alla copertura e che è dominato da un lucernario ornamentale, sono i confortevoli componenti di arredo disposti liberamente, una grande stufa di maiolica colorata e soprattutto l’imponente scala di legno che conduce al ballatoio circolare del primo piano. Dal ballatoio si accede agli ambienti privati e alle camere da letto della famiglia, mentre tutti i locali di servizio e le stanze del personale domestico, insieme con la scala di servizio, sono rigorosamente separati dalle zone di soggiorno e sono collocati nella parte nord della villa. Questa separazione piuttosto convenzionale degli ambienti si ripete anche al piano terra, dove lo studio, il soggiorno, la sala da pranzo e la sala da musica sono disposti intorno all’atrio. Van de Velde riuscì però ad affascinare soprattutto con le sue proposte creative. Egli definì i propri progetti, dall’ornamentazione assai semplificata, come “razionali”. Nella sala da pranzo, collocata nella zona ovest della casa, si rimane incantati da una galleria di ritratti inserita in una sobria cornice di mogano lucidato e in un rivestimento di tessuto, simbolo quest’ultimo della tradizione di famiglia (fig. 2.4). In maniera piuttosto insolita e dispendiosa per il periodo (i primi del Novecento), van de Velde valorizza la galleria dei ritratti con un impianto di illuminazione elettrica: ogni quadro è illuminato da due lampadine sostenute da eleganti barre di ottone arcuate. La sobria eleganza del mobilio si oppone alla gravità della serie di ritratti degli avi: ne sono un esempio le eleganti sedie con lo schienale traforato, ispirate ai mobili del primo Neoclassicismo dell’inglese Thomas Chippendale. Nel salone adiacente, utilizzato anche come sala da musica (fig. 2.3), van de Velde introduce degli accenti ”brillanti”: qui la luce rappresenta il motivo dominante, mentre l’accordo cromatico prevalente è quello ottenuto dal bianco e dall’oro. L’ insieme culmina nelle forme fantastiche del lampadario di splendente stucco bianco, lamiera di ottone lucidato e lampadine disposte a grappoli, che fa pensare a un gioiello di enormi dimensioni. Nel 1903, inoltre, fece sensazione anche l’arredamento della stanza, realizzato con mobili laccati di bianco; infine, inserendo nei tre finestroni a tutta altezza dell’angolo sud-ovest delle porte a battenti, van de Velde aprì una grande vetrata sul giardino, in sintonia con l’intento programmatico di aprire la casa all’aria, alla luce e al sole – le parole d’ordine del movimento riformatore dei primi anni del Novecento. Anche se Villa Esche nasce da una sintesi tra la tradizione e il riformismo, tra il passato e il presente, la sua visione estetica per molti aspetti rappresenta una rottura con le convenzioni e il gusto di quel periodo. L’ ampliamento dello spazio con il ferro e il vetro: Victor Horta Un confronto tra gli interni dell’Art Nouveau e quelli dello Storicismo rende immediatamente chiara la portata della rottura provocata dallo Jugendstil e dal Lebensreformbewegung (letteralmente “movimento per la riforma delle condizioni di vita”) che si verificò intorno al 1900.
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Victor Horta (1861–1947), connazionale di van de Velde, realizzò nell’architettura quello che quest’ultimo riuscì a creare magistralmente nella costruzione dei mobili e nell’artigianato artistico. Con rigore ancora maggiore, egli trasse insegnamento dalle imponenti costruzioni di metallo della metà dell’Ottocento. Nelle raffinate case d’abitazione erette nei grandi quartieri di recente edificazione della prospera capitale del Belgio, Bruxelles, per imprenditori e ingegneri dell’industria chimica, uomini fiduciosi nel progresso come Ernest Solvay, Camille Winssinger ed Emil Tassel, sin dal 1893 egli ricercò un’affascinante simbiosi tra materia e forma, costruzione e decorazione. In tali occasioni egli mise in mostra il ferro senza decorazioni sulle facciate e negli interni. Si trattava di un atteggiamento coraggioso, considerando che allora le strutture in ferro trovavano impiego principalmente nei giganteschi padiglioni delle esposizioni universali, nelle gallerie urbane, nelle stazioni e nelle grandi serre, ma sicuramente questo materiale allo stato grezzo nell’edilizia residenziale rappresentava ancora un tabù. Nel 1895 Horta si dedicò alla costruzione dell’Hôtel Tassel, inserito in un contesto tipico di molti suoi progetti d’abitazione, un lotto molto stretto e profondo all’interno di una schiera continua. La pianta si sviluppa lungo un asse centrale marcato. Horta riesce a forzare questi rigidi vincoli geometrici negando le separazioni convenzionali tra gli ambienti e ricorrendo a una messa in scena seducente della luce, che attira spontaneamente il visitatore nell’atrio delle scale e da qui, sempre procedendo in direzione della luce, ai piani superiori. Nell’edificio i setti murari delle pareti divisorie sono ridotti al minimo. L’ atrio delle scale, le sale di soggiorno e le stanze sono separate tra loro solo da porte di vetro e danno l’impressione di compenetrarsi reciprocamente; un effetto accentuato anche dalle grandi superfici a specchio che dilatano ovunque lo spazio. Anche le tonalità cromatiche luminose, che vanno dall’ocra pallido al un intenso rosso arancio, contribuiscono al dissolvimento di qualsiasi senso di pesantezza e oppressione. Ovunque nella casa compaiono travi, montanti e profili di ghisa dalle forme slanciate, dando dimostrazione pratica delle leggi della statica e a declamare le nuove possibilità, anche estetiche, offerte da questa tecnologia. Horta eleva ogni volta la forma funzionale a forma artistica. Le colonne di metallo assumono sembianze vegetali: i capitelli somigliano a boccioli, i fusti a steli, i basamenti a radici. Seguendo le leggi della botanica, i montanti di metallo del vano scale sembrano crescere incontro alla luce, dissolvendosi nel sottilissimo intrico di rami del lucernario vetrato. Le balaustre delle scale si arrampicano come germogli tra i montanti, disegnando una decorazione nervosa e guizzante che trova riscontro anche nelle pitture parietali e nei mosaici dei gradini e dei pianerottoli. Dal soffitto pendono come liane le lampade a gas, a quel tempo moderne, di ottone e rame bruniti con sottilissimi paralumi di vetro che somigliano a teneri calici in fiore. Il volume trasparente delle scale si allarga poi, non a caso, al piano nobile e ai piani superiori, con gli annessi dei giardini d’inverno pervasi di luce dove sotto le palme fioriscono orchidee esotiche e gigli rari: i modelli viventi di Horta. “Solo la storia era attuale”: gli interni degli anni della rivoluzione industriale tedesca In Germania la sentenza pronunciata da Gottfried Semper (1803–79) a proposito dell’architettura in ferro e vetro evitò che questa venisse applicata all’edilizia residenziale privata e all’architettura pubblica di rappresentanza: Semper conside-
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rava il Palazzo di cristallo di Londra una “non architettura”, un “vuoto ricoperto di vetro”, e al contrario sosteneva l’importanza della “massa” nell’architettura. Per i suoi progetti e gli scritti teorici, Semper è considerato l’architetto più importante dello Storicismo. Gli edifici da lui realizzati in stile neorinascimentale sono diventati dei prototipi nel loro genere. Jacob von Falke, che più tardi divenne il direttore dell’Österreichisches Museum für Kunst und Industrie di Vienna (il Museo austriaco per l’arte e l’industria, oggi Museum für angewandte Kunst), nel 1871 nel saggio Die Kunst im Hause (“L’ arte nella casa”) elencò gli elementi più importanti sui quali si basava a quel tempo l’arredo d’interni: “Troviamo un soffitto riccamente decorato da fregi intagliati, dorature e dipinti; pannelli intagliati o scompartiti alle pareti e inoltre tappezzerie di cuoio dorato, rivestimenti di seta e velluto decorati con disegni dorati e argentati, o arazzi pieni di figure e di colori; e ancora incastonate in preziose cornici, spesso disegnate dagli stessi artisti, le opere d’arte di quella pittura da cavalletto che ha raggiunto livelli così elevati, e poi bauli, tavoli, banconi, letti, cassapanche con gli intagli più preziosi, divani e poltrone leggeri e pesanti riccamente imbottiti, tendaggi pesanti che arrivano fino al pavimento davanti a finestre, porte e letti, tavoli e pavimenti ricoperti dai più bei tessuti e ricami orientali, il tutto con colori caldi e intensi e tonalità sature e intense [...] così ricche, raffinate, preziose, così accoglienti e autentiche, arredate con un vero gusto per l’arte, così le testimonianze scritte ci descrivono le case degli uomini più colti che vissero al tempo di Raffaello e Tiziano [...]”. Il mondo di Raffaello e Tiziano rappresentava un modello non solo per le forme della decorazione, ma anche per lo stile di vita . Inizialmente i primi ad atteggiarsi a prìncipi dell’arte dei 19
nuovi tempi furono i pittori Hans Makart (1840–84) a Vienna e Franz von Lenbach (1836–1904) a Monaco. I loro sfarzosi saloni e atelier furono presi a modello dalla borghesia che prontamente ne imitò lo stile. Tuttavia sarebbe sbagliato liquidare gli arredi storicisti del XIX secolo, ricchi di opere di artigianato artistico, semplicemente come una “mascherata” anacronistica e superata. Per troppo tempo questo punto di vista astorico ha alterato la percezione di un intero secolo e delle sue forme d’arte. Solo la storia era attuale: più di quattro generazioni hanno accettato come stile corrente solo e soltanto quelle architetture e quegli arredi che avevano una legittimazione storica. Contemporaneamente, sotto la superficie dello Storicismo, fecero la loro comparsa nuove tecniche costruttive e moderne soluzioni impiantistiche. Un buon esempio a questo proposito è rappresentato dalla villa Hügel, costruita tra il 1869 e il 1873 a Essen; si tratta del prototipo delle ville degli anni della rivoluzione industriale tedesca. Il committente, il magnate dell’industria Alfred Krupp, chiese esplicitamente che la casa avesse tutte le dotazioni conformi alla sua idea di “comfort e comodità”: accanto a un arredamento rappresentativo egli desiderava acqua corrente calda e fredda, sciacquoni nelle toilette, un sistema di ventilazione, un impianto di riscaldamento centralizzato e i più moderni dispositivi di comunicazione (una stazione telegrafica).
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Gli spazi fluiscono gli uni negli altri: Frank Lloyd Wright Gli impulsi trasmessi da Frank Lloyd Wright (1867–1959) allo sviluppo dell’architettura internazionale si trasformarono in una spinta liberatoria. Già prima del 1900 egli aveva lavorato alla dissoluzione della “cardboard house”, la casa concepita come una “scatola di cartone” con quattro pareti, un pavimento e un tetto. Sul punto di formulare i presupposti per una nuova e autentica architettura americana, Wright utilizzò con abilità il mito del West; l’impresa gli riuscì nel modo più significativo nel campo dell’architettura abitativa con la costruzione delle cosiddette Prairie Houses. Questi edifici in cui prevale la dimensione orizzontale, con le coperture ampiamente aggettanti, instaurano una relazione nuova con la natura, inserendosi nella vegetazione e nella topografia del terreno con grande rispetto nonostante la considerevole mole. Nel 1902– 03 Wright costruì in un sobborgo di Chicago, Highland Park nell’Illinois, la Ward W. Willitts House. La pianta a croce, che ricorda le pale di un mulino a vento, fa sì che le quattro ali della casa si addentrino nell’ambiente circostante. Sembra addirittura di percepire la vastità della prateria americana, che fa dimenticare la scarsità di spazi tipicamente europea. La grandiosità dell’esterno continua in modo piacevole anche all’interno. Anche qui il predominio dell’orizzontalità sulla verticalità crea un clima di rilassatezza e di concentrazione che permette di respirare profondamente. Partendo dalla funzione, Wright crea in effetti uno spazio completamente nuovo: non c’è più traccia di simmetria o di assialità, ma solo muri che a malapena indicano e accompagnano il percorso più comodo. Il camino costituisce il centro di tutte le Prairie Houses, e intorno a esso si dispongono naturalmente gli ambienti: la pianta si dispiega nel vero senso della parola. L’ architetto rinuncia a cambi di livello non necessari e sviluppa un percorso fluido dalla zona d’ingresso attraverso il soggiorno fino alla sala da pranzo (fig. 2.5) con la terrazza vetrata, alla quale si salda l’ala di servizio con l’ampia cucina e le dispense. Gli ambienti domestici sono con-
traddistinti da una particolare intimità e riservatezza. A questo effetto contribuiscono in modo particolare le vetrate piombate colorate, che come spesso avviene nelle case di Wright impediscono una visuale aperta sulla natura e generano una luminosità piena di cromatismi e quasi crepuscolare. Questa “dissoluzione” dell’ambiente esterno crea una concentrazione sull’interno, in particolare su determinate zone, come per esempio la seduta davanti al camino. L’ adattamento dalla pianta alle funzioni vitali della casa si spinge così avanti che quasi ogni pezzo dell’arredamento riceve una collocazione prestabilita, come dimostra chiaramente il gran numero degli elementi da incasso. Al contrario è molto ridotta la quantità dei componenti mobili. E anche in seguito Wright progettò ad esempio tavoli da pranzo con corpi illuminanti fissati a tutti gli angoli e sedie con lo schienale molto alto per definire la zona del pranzo come un ambiente nell’ambiente. In pratica l’architetto disegnò ogni elemento dell’arredo delle Prarie Houses secondo la propria funzione ma anche con uno sguardo al loro significato intrinseco. Il camino centrale menzionato in precedenza ha addirittura un valore simbolico: è la materializzazione del “focolare domestico” e rimanda al fuoco di un bivacco. Wright ha preso in prestito soprattutto dagli indigeni del continente americano la preziosità formale della propria arte decorativa. Questo impegno nei confronti della storia e del genius loci si riflette anche nella scelta dei materiali da impiegare nella costruzione: le pareti di mattoni rossi e le murature in pietra rozzamente squadrata suggeriscono una naturalezza e una primitività che conducono inevitabilmente all’immagine della prateria incontaminata. Il legno, nella terra delle foreste sconfinate, è un altro topos denso di significato. Per i rivestimenti delle pareti e per i mobili a incasso Wright utilizzò soprattutto essenze locali e l’intera tavolozza dei colori autunnali delle Prairie Houses si basa sulle loro tonalità dominanti rosse e marroni. Questo carattere legato alla terra, rustico e vigoroso accostato ad arredamenti che in altre circostanze apparirebbero lussuosi, fa delle Prairie Houses di Wright un’architettura decisamente americana.
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Linee rette e superfici perfette: De Stijl I cambiamenti politici, economici e sociali seguiti alla prima guerra mondiale facilitarono, soprattutto in Europa, l’emergere di visioni artistiche e formali che già da lungo tempo avevano cominciato a germogliare nell’ombra. Dal 1919 per esempio, con l’Espressionismo si manifestò una vera e propria esplosione di idee, una fioritura di fantasie e utopie architettoniche. Tuttavia dall’Olanda arrivò un’architettura molto più innovativa, che aprì decisamente nuove prospettive nella progettazione d’interni. A Leida già nel 1917 si era formato il nuovo movimento radicale De Stijl, che ruotava intorno alle figure dell’architetto e pittore Theo van Doesburg, dell’esperto falegname Gerrit Rietveld e del pittore Piet Mondrian. Il movimento conobbe una prima fase di successi in architettura nel 1924 con la costruzione della casa Schröder a Utrecht, progettata da Rietveld insieme con la committente Truus SchröderSchräder. Utilizzando uno scheletro leggero di acciaio, Rietveld ottenne uno spazio interno fluido e continuo, dei grandi fronti vetrati e in questo modo anche la ricercata dissoluzione dei confini tra interno ed esterno. La forma cubica elementare dell’edificio, così come l’organizzazione degli spazi interni, si scompongono in un gioco di piani e di super21
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fici. Rietveld determinò la volumetria delle stanze sulla base della permanenza in esse degli abitanti. Al primo piano le camere da letto sono adiacenti alla zona di soggiorno, e solo la sera un sistema di leggere pareti scorrevoli permette la scomposizione dell’unico ambiente in una serie di piccoli scomparti separati per dormire (figg. 2.8, 2.9). Nella casa Schröder prende forma in modo esemplare lo stile neoplastico elaborato da Piet Mondrian tra il 1914 e il 1917. Linee rette e superfici uniformi si intersecano e si compenetrano nello spazio secondo angoli retti, mentre i colori primari rosso, blu e giallo contrastano con il bianco, il nero e il grigio. L’ articolazione spaziale dell’interno non è governata dalle superfici dei materiali ma dai colori. Così in cucina la parete opposta alla finestra a nastro collocata in alto è formata da un riquadro bianco per aggiungere un’ulteriore fonte di luce riflessa e ampliare otticamente lo spazio della stanza. I colori, le luci, e gli arredi a incasso completano la composizione architettonica – ogni cosa è in armonia con il resto. Questo principio formale vige non solo per i mobili a incasso di legno dipinto a colori sgargianti; anche la famosa “sedia rosso-blu”, progettata già nel 1918, è costruita secondo questi canoni. Come altre sedie e tavoli, anche questa viene collocata da Rietveld all’interno della casa Schröder come se si trattasse di una “scultura astratta in un interno del futuro”. Anche solo l’inserimento di una linea diagonale all’interno di questo sistema rappresentava un problema di fedeltà al principio, tanto che condusse alla rottura con il gruppo di artisti. Il movimento De Stijl si sciolse nel 1931 con la morte di van Doesburg, ma l’effetto determinante che ebbe su Mies van der Rohe, Walter Gropius e il Bauhaus fece tuttavia in modo che i suoi principi formali più importanti durassero a lungo. Nuovi spazi nell’aria, nella luce e nel sole: i classici moderni Già negli anni precedenti la prima guerra mondiale molti architetti e critici di architettura avevano scorto il “nuovo stile” realizzato nell’edilizia industriale nella maniera più coerente. Questa impressione si confermò ancor prima dello scoppio delle ostilità all’esposizione del Werkbund di Colonia del 1914, dove gli edifici più ammirati furono la fabbrica modello di Walter Gropius e il “padiglione di vetro” di Bruno Taut, insieme al teatro di Henry van de Velde. Gli architetti più giovani come Mies van der Rohe, nati tra il 1880 e il 1890, erano convinti che le innovazioni già sviluppate nel campo dell’edilizia funzionale “si sarebbero espresse al meglio non qui, ma nell’ambito dell’edilizia residenziale”. La progettazione e l’arredamento delle case unifamiliari e dei complessi residenziali mostrarono presto l’affinità con gli edifici industriali e la familiarità degli architetti con le tecnologie dell’industria e delle produzioni automobilistiche, aeronautiche, navali e ferroviarie. Dall’industria costoro ricavarono anche nuovi ideali progettuali: tipizzazione, razionalizzazione, normalizzazione. La casa avrebbe dovuto funzionare come una “macchina per abitare”. Ancor più distintamente fecero la loro apparizione l’economia degli spazi e la razionalizzazione domestica nell’edilizia economica e popolare, soprattutto nella riorganizzazione degli spazi dedicati alla cucina. Margarete Schütte-Lihotzky, chiamata nel 1926 da Ernst May all’ufficio per l’urbanistica di Francoforte per collaborare alla progettazione e alla realizzazione di nuovi insediamenti residenziali di grandi dimensioni, applicandosi allo studio di nuovi progetti abitativi adeguati ai tempi progettò la cosiddetta “cucina di Francoforte”, dalle dimensioni radicalmente ottimizzate (fig. 2.7). La forma e le funzioni di questa cucina si basa-
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vano sullo studio dei movimenti: i passi, le manipolazioni, le rotazioni del corpo dovevano essere ridotti al minimo, in modo da abbreviare i tratti percorsi e da rendere il lavoro domestico ordinato e più veloce. Per ottenere questo risultato fu necessario assegnare una collocazione precisa a ogni oggetto. Sulla base di questi studi si poterono determinare scientificamente anche la posizione del piano di lavoro, l’altezza dal pavimento e l’orientamento rispetto alla superficie finestrata. La finestra stessa fu realizzata con un parapetto rialzato per permettere la ventilazione anche in presenza di oggetti ingombranti. Schütte-Lihotzky si cimentò anche nella progettazione di lampade, studiate in modo da gettare un cono di luce sulle superfici di lavoro di tutta la stanza. Un’igiene più accurata era garantita da superfici lisce e da scomparti metallici facili da pulire posti all’interno degli elementi a incasso. Il pavimento era rivestito di piastrelle, e gli elementi della cucina erano provvisti di uno zoccolo rientrante. Anche la combinazione dei colori giocava un ruolo di primo piano: “sostanzialmente i colori stabiliscono la corretta distribuzione dei parallelepipedi, la luce definisce le proporzioni dello spazio e la qualità dell’ambiente”. Tutte le superfici orizzontali, compresi i pavimenti, erano di colore nero, i mobili di colore blu e le pareti ocra. Dalla collaborazione con l’industria nacquero lavelli, rubinetti, dispense e armadi componibili. I mobili a incasso dell’insediamento di Praunheim, a Francoforte, vennero prodotti in piccole serie utilizzando componenti prefabbricati industrialmente. Come già avveniva alla scala architettonica – anche l’insediamento venne realizzato con elementi prefabbricati – era necessario ridurre i costi di costruzione per rendere le abitazioni e le cucine accessibili anche alle fasce di popolazione a basso reddito. Già nel 1926 a Francoforte, nell’ambito dell’esposizione dal titolo “La nuova abitazione e il suo arredamento”, vennero presentati cinque progetti di cucine di Margarete Schütte-Lihotzky; seguirono molte altre mostre nazionali ed estere (tra cui l’esposizione del Werkbund del 1927 a Stoccarda), che portarono a una rapida diffusione internazionale della “cucina di Francoforte”. I principi di questo sistema di arredo hanno influenzato fino a oggi il concetto della cucina componibile, anche se la progettazione dei vari elementi fu totalmente svincolata da qualunque contesto ambientale predefinito.
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La razionalizzazione dello spazio abitativo: Le Corbusier Nell’opera di Le Corbusier, la Villa Savoye a Poissy (1928) è un esempio paradigmatico del razionalismo degli anni Venti e dell’“architettura moderna classica dalle superfici bianche”. Essa segna per il suo autore il punto più alto e insieme la conclusione dell’attività di progettista di ville nei dintorni di Parigi. Ma già due anni prima Le Corbusier (1887–1965) si era cimentato in due case nell’insediamento del Weissenhof di Stoccarda, che esemplificavano programmaticamente i suoi cinque punti per una nuova architettura: i pilastri che rendevano l’edificio sopraelevato (pilotis), il tetto-giardino, la pianta libera, la facciata libera, la finestra a nastro. La casa d’abitazione unifamiliare di Stoccarda, sviluppata sulla base del prototipo “Citrohan” dello stesso Le Corbusier (fig. 2.11), è costituita in sostanza da un grande soggiorno a doppio volume e da una facciata vetrata di grandi dimensioni esposta a sud. Questo ambiente immerso nell’aria, nella luce e nel sole era destinato a ospitare le varie attività quotidiane. L’ ampio tetto-giardino, con gli spazi dedicati alla ginnastica e ai bagni di sole, sottolineava il nuovo stile di vita e la nuova coscienza del corpo. Tutte le stanze da letto e di servizio 23
erano disposte, come semplici “box” necessari per il funzionamento della casa, su una superficie ridotta nella zona posteriore dell’abitazione. La razionalizzazione dello spazio abitativo diventa ancora più evidente nella casa bifamiliare di Stoccarda, i cui spazi erano organizzati come quelli di un vagone letto. Anche questa costruzione occupa tre piani ed è dotata di un giardino pensile, ma esiste un solo piano principale che funge da ambiente unico di soggiorno e da zona notte; di sera si aprivano i letti ribaltabili e si suddivideva lo spazio in “cabine letto”. A causa delle dimensioni ridotte dei corridoi, proporzionate a quelle di un vagone ferroviario, non esisteva quasi più lo spazio per mobili di tipo convenzionale. Gli armadi, ridotti a semplici contenitori di legno con ante scorrevoli, erano a muro. Il confronto tra le case di Le Corbusier e gli edifici di Mies van der Rohe rivela aspetti interessanti: mentre il maestro francese dava ben poca importanza ai materiali pregiati – utilizzando preferibilmente anche nelle ville intonaco bianco o colorato, solette di calcestruzzo prefabbricate e oggetti prodotti in serie –l’architettura di Mies era avvolta in un’aura particolare data dalle pietre da costruzione di gran pregio utilizzate, che rappresentavano allo stesso tempo lo statussymbol del committente. Le Corbusier si interessò alla ricerca di nuovi standard che potessero condurre a un’edilizia più economica; le stesse considerazioni erano invece completamente estranee al pensiero architettonico di Mies. Lo spazio fluido e senza confini: Mies van der Rohe Nell’arco di un solo anno, tra il 1929 e il 1930, presero forma entrambi i capolavori realizzati da Ludwig Mies van der Rohe (1886–1969) prima della sua fuga negli Stati Uniti: il Padi-
glione di Barcellona e la villa Tugendhat a Brno. Il nuovo concetto di spazio applicato all’edilizia residenziale aveva avuto modo di svilupparsi già prima nei due progetti per una casa di campagna in cemento armato (1923) e per una casa di campagna in pietra (1924). Con il padiglione tedesco all’Esposizione universale di Barcellona del 1929, Mies superò i suoi progetti precedenti in quanto a semplificazione degli elementi e a universalità di concezione. Su uno zoccolo di travertino poggiano dei montanti di acciaio cromato, sottili e con sezione cruciforme, che sostengono una lastra di calcestruzzo armato. Setti di travertino e piani di vetro chiudono lateralmente lo spazio coperto o si protendono al di fuori di esso. La disposizione asimmetrica e ortogonale delle pareti regola lo spazio in modo fluido ma esatto, senza interromperne il flusso. Il padiglione di Barcellona, nella versione originale, ebbe una vita di pochi mesi soltanto: al contrario nella casa che l’architetto progettò quasi simultaneamente in tutt’altra parte d’Europa per la coppia di imprenditori tessili di origini ebraiche Fritz e Grete Tugendhat, e che ha mantenuto per gran parte i suoi tratti originari, ritroviamo ancora oggi tutti gli elementi compositivi più significativi. Situata in un quartiere signorile di Brno, su un terreno in pendenza con una bella esposizione e con vista sulla fortezza di epoca barocca, la casa stupisce per l’esterno ermetico e per l’anomala disposizione degli spazi interni. Direttamente dal lotto si accede al piano superiore, in cui si trovano gli ambienti di lavoro e le camere da letto dei proprietari. Una scala collega questi spazi con il sottostante piano principale. L’ effetto del soggiorno ampio quasi 280 metri quadri, se si comprende anche il giardino d’inverno sul lato est, è spettacolare. L’ ambiente è adibito contemporaneamente a ufficio domestico
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del proprietario, ingresso, biblioteca, sala per la musica, sala da pranzo e soggiorno. Gli elementi di articolazione dello spazio più evidenti sono i due setti verticali non portanti disposti liberamente nella stanza: una parete di onice color miele e una parete di legno con impiallacciatura di Makassar, mentre i montanti strutturali dal rivestimento cromato non esercitano quasi alcun effetto sullo spazio circostante. La vera funzione di definizione dello spazio spetta invece all’arredamento: i gruppi di sedute collocati apparentemente senza un ordine e alcuni pezzi unici, come la credenza di legno con impiallacciatura di Zebrano o il tavolo da pranzo circolare sorretto e ancorato saldamente al pavimento da un montante cromato, sono disposti con grande cura. Niente è lasciato al caso, ed è questo il motivo per cui quasi tutti i componenti dell’arredo furono disegnati appositamente per questo progetto. Le dimensioni della parete vetrata rappresentarono per quel momento una novità assoluta. La finestra così come era stata concepita fino ad allora scompare, mentre i fronti sud e est della casa sono completamente “aperti” per tutta la loro altezza, permettendo una vista spettacolare sul giardino (figg. 2.14, 2.15). I restanti setti di parete devono il loro effetto ai materiali impiegati: l’angolo della biblioteca è completamente rivestito di legno di Makassar, mentre la parete verso la credenza è di vetro opalino. Ciò spiega come mai in questo elegante ambiente non ci sia spazio per quadri alle pareti. Il panorama stesso è già un quadro. La villa Tugendhat non solo primeggia indiscussa tra le architetture del periodo – sia per l’estetica che per le soluzioni tecnico-costruttive, ma anzi per molti aspetti è in anticipo rispetto al suo tempo. Dobbiamo innanzitutto ricordare lo scheletro di acciaio portante e continuo, i setti verticali arretrati per una profondità di quasi
cinque metri e il sofisticato impianto di climatizzazione e riscaldamento. Tutto ciò ha rappresentato la premessa per l’apertura delle tradizionali piante chiuse a favore di planimetrie libere con ambienti intersecantisi fluidamente, con fronti vetrati di grandi dimensioni e capaci di stabilire un rapporto completamente nuovo con l’esterno.
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Il “Raumplan”: Adolf Loos L’ architetto viennese Adolf Loos (1870–1933), più anziano di circa quindici anni rispetto a Mies, intraprese una strada diversa quando appena all’inizio della carriera, tra il 1900 e il 1910, sviluppò i principi della sua nuova architettura. Solo nel 1931 questi concetti furono riassunti dal suo allievo Heinrich Kulka sotto la denominazione di “Raumplan” con cui sono noti ancora oggi. Secondo questo schema concettuale tutti gli ambienti di una casa devono essere delle dimensioni più adatte per la funzione da accogliere, in lunghezza, larghezza e altezza. Ciò implica la completa rinuncia alla continuità dei solai. Loos collega tra loro le varie stanze attraverso un crescente flusso dinamico basato sulle necessità specifiche, e permette agli ambienti di intersecarsi. Le differenze di livello vengono superate con una grande varietà di scale. L’ architetto, inoltre, accompagna il flusso dei movimenti scegliendo i materiali, le luci e le variazioni di direzione più adatti . Loos mise in pratica per la prima volta il Raumplan nel 1922 con la costruzione della casa Rufer a Vienna. Tra il 1928 e il 1930, con il progetto per l’abitazione del facoltoso imprenditore edile Frantisek Müller, ripropose lo stesso sistema in una realizzazione ancor più grandiosa e originale. Anche se per la sua radicale mancanza di ornamenti la casa potrebbe essere paragonata a quelle di Le Corbusier, gli interni non potreb-
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bero invece avere un aspetto più differente; inoltre, anche se Loos aveva un debole come Mies per i materiali preziosi, le essenze pregiate e la pietra naturale, anche in questo caso le differenze tra le loro opere sono comunque di gran lunga maggiori delle affinità. Già nel 1912 Loos enunciava programmaticamente: “L’ edificio deve mostrarsi riservato verso l’esterno, e deve rivelare tutta la sua ricchezza negli interni”. Questa idea guida si manifesta in tutti i suoi aspetti al primo piano della casa Müller. Salendo le scale del vano centrale ci si trova inaspettatamente all’interno di un lussuoso salone. La disposizione delle luci sottolinea questa sorprendente apparizione: all’inizio si percorre una piccola scala scarsamente illuminata, poi si giunge nell’ampio e luminoso spazio di soggiorno. Il salone a doppia altezza si estende per tutta la lunghezza del giardino ed è illuminato da tre grandi finestroni. Sul lato est, il più breve, l’attenzione è attirata da un camino in muratura inserito tra due pilastri rivestiti di marmo cipollino. A esso si contrappone sul lato ovest un lungo divano incassato tra due basamenti rivestiti anch’ essi di cipollino (fig. 2.18). Sul fianco sinistro rispetto alla zona d’ingresso una scala a chiocciola in salita conduce al camera da letto della signora. Qui Loos crea un ambiente intimo, inserendo un gruppo di sedute all’interno delle pannellature in legno di limone. Sul fianco destro una scala conduce a un pianerottolo intermedio; salendo altri due gradini si giunge alla sala da pranzo, che al di là di un parapetto affaccia sul salone principale. Di nuovo l’architetto crea un effetto spaziale completamente diverso: il soffitto più basso, l’illuminazione laterale per mezzo di un’unica finestra inserita nel bovindo e i pannelli di rivestimento in mogano rosso-bruno alle pareti e sul soffitto contribuiscono a creare un’atmosfera intima. Nonostante gli affascinanti effetti spaziali e gli scorci spettacolari tra un ambiente e l’altro, il “Raumplan” di Loos, così come egli lo realizzò nella casa Müller, non riuscì a imporsi. Le maggiori difficoltà derivarono da considerazioni di tipo sia finanziario che funzionale (chi avrebbe potuto sopportare questo costante utilizzo delle scale, magari anche in vecchiaia?). Gli spazi organici: Hans Scharoun Nel 1933 in Germania, poco prima della presa del potere da parte del Nazionalsocialismo, fu completato uno degli edifici meglio riusciti del Movimento moderno: la casa Schminke a Löbau, nei pressi dell’odierno confine con la Polonia. Già nel 1935 apparve sulla rivista “L’Architecture d’aujourd’hui” un articolo entusiasta a firma di Julius Posener che la descriveva come “ una delle opere più raffinate della nostra epoca”. Lo stesso architetto Hans Scharoun (1893–1972), alla fine della sua carriera, la ricordava come “la casa che ho amato di più”. Nella casa Schminke Scharoun mise in pratica la sua concezione ideale di casa unifamiliare, sviluppando ulteriormente l’esperienza maturata fino a quel momento, soprattutto nei progetti del 1927 per l’insediamento del Weissenhof di Stoccarda. Alcuni punti erano per lui della massima importanza: “[...] distinzione chiara tra la zona giorno, la zona notte e gli ambienti di servizio [...] differenze sostanziali di proporzioni tra le stanze per il soggiorno e quelle per la notte, [...] unione di varie funzioni abitative in un ambiente unico, [...] contrapposizione tra lo spazio e l’asse che guida il percorso attraverso tutta la casa, [...] una forma degli ambienti di soggiorno che permetta di percepire l’estensione degli spazi oltre i limiti costituiti dalle pareti, [...] un’inclusione ampia del [...] paesaggio”. Con abilità Scharoun utilizzò la metafora della nave, dando
alla casa Schminke l’aspetto di un panfilo di lusso all’ancora. In realtà questa “nave” non concede all’osservatore alcun punto di vista tradizionale, non presenta alcuna facciata, ma pone il visitatore in una condizione dinamica e gli permette di percepire l’architettura muovendosi. Per comprendere completamente la casa occorre sostare in molti punti, considerando la presenza di tanti assi prospettici tra le varie zone in cui è suddiviso lo spazio interno e tra queste e l’esterno: il risultato è una combinazione “organica” assolutamente armoniosa tra lo spazio interno e quello esterno (fig. 2.16). “Abitare con e nelle condizioni climatiche del momento”, così Hans Scharoun e i suoi committenti, la coppia di industriali Fritz e Charlotte Schminke, descrissero i propri intenti. La casa è costituita al livello terreno da un solo e grande ambiente che mescola varie funzioni: il soggiorno dalla forma allungata, collocato in posizione centrale e illuminato da nord e da sud, si trasforma a est in solarium e giardino d’inverno. A ovest si aggiunge una zona per il pranzo, lo studio e l’ingresso. Dietro la scala libera, che conduce in un unico slancio al piano superiore verso le camere da letto, si trova solo l’ala destinata ai servizi domestici con l’alloggio della servitù, separata dal soggiorno. Lo spazio del piano terra non è omogeneo: ogni zona è associata a una funzione ed è esplicita-
mente differenziata dalle altre sia attraverso i materiali sia attraverso le forme e i colori. L’ atmosfera degli interni è plasmata dalle superfici colorate del soffitto e delle pareti, dai pavimenti, dai mobili e dalle stoffe. Oltre alle tonalità più o meno pure di nero e di bianco, Scharoun ha inserito delle note di argento, giallo, arancio, rosso e blu, oltre a materiali naturali come rovere, noce, marmo e gomma. Una descrizione chiara e dettagliata è quella formulata dal critico d’arte e architettura Adolf Behne in un articolo apparso sulla rivista “Innen-Dekoration” nel 1935 e dedicato alla casa Schminke: “Pavimentazione [in] velours blu scuro, gomma blu e grigia e marmo della Slesia con venature nere e marroni, [...] tende di un giallo tenue, [...] corrimano [della scala] in metallo bianco, [...] parete in tavole color argento e nero, [...] armadio a muro al piano superiore di acero bianco”. Scharoun diede molta importanza alla combinazione tra luce diurna e artificiale, sviluppando un raffinato sistema di illuminazione a parete e a soffitto in grado di oscillare tra un gioco ricco di variazioni e un perfetto allestimento illuminotecnico. Al piano terra ci sono soluzioni sorprendenti per la loro originalità. Il soffitto del solarium è formato da una superficie metallica perforata, che diffonde un flusso di luce indiretta prodotta dalle lampade sovrastanti. L’ atrio e il grande
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soggiorno ricevono luce da due lampadari a doppio braccio verniciati di bianco, il cui fascio luminoso viene diretto verso l’alto e riflesso dal soffitto bianco, mentre la zona da pranzo è illuminata naturalmente attraverso il soffitto perforato da prismi di vetro. Di sera, tende e divisori mobili permettono di modificare il rapporto tra le varie zone e conferiscono un carattere intimo, di chiusura verso l’esterno, a quella stessa casa che di giorno appare così aperta. Il mobilio segue la differenziazione interna degli spazi: il morbido sofà imbottito, lungo alcuni metri e incassato sotto le finestre a nastro, rafforza la percezione del grande soggiorno; nella zona da pranzo e nel solarium, invece, il parquet, il marmo e gli arredi in tubolare d’acciaio sottolineano l’aspirazione all’igiene, alla luce e all’aria. A ragione in un secondo momento ci si è chiesti se la casa Schminke non offrisse troppo spazio e troppa libertà. In ogni caso in essa non ci sono angoli caldi e protettivi. Su questo aspetto nei suoi edifici residenziali successivi Scharoun mutò il proprio punto di vista, orientandosi decisamente verso gli esempi dell’architettura scandinava.
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Lo spazio “naturale”: Alvar Aalto Sin dall’inizio degli anni Trenta dalla Scandinavia cominciarono ad arrivare impulsi che si rivelarono essenziali per l’evoluzione dell’architettura, dell’arredamento d’interni e del design. A questo improvviso sviluppo contribuì sicuramente la grande Esposizione nazionale tenutasi a Stoccolma nel 1930, nella quale fu possibile prendere visione dell’ampia varietà di quella che allora veniva definita “Nuova architettura”, e che era al culmmine del suo sviluppo. Una generazione di architetti più giovani, tra i quali il finlandese Alvar Aalto (1898–1976) e il danese Arne Jacobsen (1902–71), cominciava a sperimentare nuove combinazioni tra modernità e tradizione. Nel 1939, nell’ambito dell’inaugurazione del Museum of Modern Art – svoltasi in contemporanea all’Esposizione universale di New York – Aalto riuscì a presentare Villa Mairea, appena ultimata a Noormarkku. Questa costruzione incarna in modo evidente la simbiosi tutta scandinava tra lo Stile internazionale e gli elementi della tradizione regionale e i materiali locali. Si trattava di una mescolanza di materiali che comprendeva mattoni, clinker, intonaco e legno per quanto riguarda l’architettura, e teak, cuoio e rafia per i mobili, nonché di un design semplice e gradevole lontano da qualsiasi provocazione ed eccesso espressivo. L’ atteggiamento moderatamente moderno degli scandinavi riuscì là dove l’“architettura moderna bianca” aveva fallito: conquistare il cuore dei ceti sociali borghesi e conservatori. La splendida casa per l’industriale Harry Gullichsen e per l’artista Maire Ahlström, dalla quale prende il nome di Mairea, è composta dall’abitazione, dall’ala per gli ospiti e dall’atelier. Come altre costruzioni già descritte anche questa ha una pianta libera, che tuttavia associa la tradizione costruttiva regionale-rurale agli standard della modernità. Più volte si è notato come lo “spazio multifunzionale” di Villa Mairea discenda dal “tupa” della casa colonica finlandese, una stanza che è una combinazione di sala da pranzo, soggiorno e cucina. Questa discendenza spiega anche perché il punto di attrazione visiva della zona soggiorno è costituito dal camino intonacato di bianco. Anche la tipologia del complesso rimanda alla tradizione regionale: essa corrisponde ampiamente alla fattoria finlandese, nella quale le zone dedi-
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cate all’abitazione e quelle per il lavoro sono organizzate intorno a un cortile ricoperto di erba. La trama dei percorsi del piano terra mostra un crescendo tipico di Aalto, ottenuto attraverso variazioni di scala, differenze di livello, cambi di direzione e una pluralità di effetti sensoriali visivi e tattili. Così dal foyer salendo una scala di quattro gradini si giunge al piano principale. Da qui appaiono il grande soggiorno completamente vetrato, la zona per il pranzo e quella intermedia di collegamento con la scala che conduce al piano notte, circondata da un “bosco” fatto di stecche di legno. Queste ultime, che per un verso sono montanti strutturali, per un altro sono un’espressione del linguaggio architettonico immaginifico di Aalto. Egli evita infatti di mettere in mostra un reticolo strutturale regolare – come aveva fatto per esempio Mies nella Villa Tugendhat – occultando la funzione reale della scala con un grande numero di “tronchi d’albero” di varie dimensioni, che suscitano l’effetto di un bosco cresciuto naturalmente. Nell’ala quadrata, con un lato di circa 14 metri, annessa all’edificio si trovano due ambienti semiaperti, che solo successivamente sono stati separati con degli armadi a muro fissati stabilmente. A poca distanza dal soffitto questi divisori si trasformano in un fregio ondulato di legno e vetro, un elemento tipico che ricorre spesso negli edifici e nei progetti dell’architetto e che è stato definito “onda di Aalto”. Come nella casa Schminke, anche qui le varie zone dell’abitazione sono contraddistinte da pavimentazioni diverse e ricevono ulteriore carattere soprattutto attraverso gli arredi e i tappeti. Fondamentalmente però si differenziano per l’utilizzo dei colori e dei materiali: legno naturale, clinker rosso, pareti di mattoni a vista dipinte di bianco. C’è poi l’elemento più importante che sottolinea la continuità dei volumi, il controsoffitto di legno, che nasconde un sistema di ricambio dell’aria provvisto di 52.000 fori di aerazione. Oltre che con gli armadi a muro e le sedute, Aalto – come molti altri architetti del Movimento moderno – arredò Villa Mairea con i più svariati oggetti da lui stesso disegnati. Insieme con la moglie Aino Marsio, egli progettò un gran numero di mobili, stoffe, lampade e oggetti di vetro che ancora oggi sono prodotti dalla ditta Artek, all’epoca di proprietà del committente Harry Gullichsen. Architetti come Aalto sentirono fortemente l’influenza dell’arte moderna di Fernand Léger o Hans Arp. Non sono da trascurare le somiglianze con le loro forme morbide, arrotondate e circolari, che ricordano quelle di un’ameba. L’ utilizzo del legno curvato di betulla nel design scandinavo, soprattutto nell’arredamento, ha rivoluzionato lo stile di vita e dell’abitare nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale.
dell’ Organicismo, del Costruttivismo, del Neoplasticismo e così via, ha prevalso la professione di fede nei confronti di una architettura e di un arredamento d’interni moderni, così come si videro nelle grandi esposizioni nazionali e internazionali di architettura e del Werkbund, a Stoccarda nel 1927, a Zurigo e Brno nel 1928, a Breslavia nel 1929, a Stoccolma nel 1930, a Berlino nel 1931, a Vienna nel 1932. I principi formali e le concezioni spaziali elaborati intorno al 1930 ancora oggi esercitano un’attrazione ininterrotta e si ritrovano nei progetti e nelle costruzioni degli architetti del nostro tempo; questo vale in modo particolare per l’arredamento domestico. Ecco spiegato il motivo per cui oggi si intensificano gli sforzi dedicati allo studio, al restauro e alla riapertura al pubblico degli edifici che risalgono a quell’epoca. Immagini: 2.1 Casa Schröder, Utrecht, Gerrit Rietveld 1924 2.2 Hôtel Tassel, Bruxelles, Victor Horta 1893–95 2.3 Villa Esche, Chemnitz, Henry van de Velde 1902– 03, sala da musica 2.4 Villa Esche, Chemnitz, Henry van de Velde 1902– 03, sala da pranzo 2.5 Ward W. Willits House, Highland Park, Illinois, Frank Lloyd Wright 1902– 03 2.6 “Cucina di Francoforte”, Margarete Schütte-Lihotzky, schizzo 2.7 “Cucina di Francoforte”, Margarete Schütte-Lihotzky 1927 2.8 Casa Schröder, Utrecht, Gerrit Rietveld 1924, pianta del primo piano, configurazione aperta 2.9 Casa Schröder, Utrecht, Gerrit Rietveld 1924 pianta del primo piano, configurazione chiusa 2.10 Casa Schröder, Utrecht, Gerrit Rietveld 1924 2.11 Maison Citrohan, Le Corbusier, schizzo 2.12 Casa unifamiliare nella Weissenhofsiedlung, Stoccarda, Le Corbusier 1927–28 2.13 Poltrona Barcelona, Ludwig Mies van der Rohe 1929 2.14 Villa Tugendhat, Sergius Ruegenberg 1928, studio per un interno 2.15 Villa Tugendhat, Brno, Ludwig Mies van der Rohe 1928–30 2.16 Casa Schminke, Löbau, Hans Scharoun 1932–33 2.17 Villa Müller, Praga, Adolf Loos 1928–30, sezione 2.18 Villa Müller, Praga, Adolf Loos 1928–30 2.19 Villa Mairea, Noormarkku, Finlandia, Alvar Aalto 1937–39, pianta del piano terra 2.20 Villa Mairea, Noormarkku, Finlandia, Alvar Aalto 1937–39
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L’ arredamento dopo il 1950 Gli sviluppi dell’arredamento d’interni mettono in evidenza come, poco più tardi di un decennio dopo la fine della prima guerra mondiale, in Europa il Movimento moderno si fosse cristallizzato in un nuovo stile, che a buon diritto può essere denominato “Stile 1930” e che rappresenta l’apice di tutti gli sforzi prodotti nell’ambito del Werkbund e del Bauhaus. Tutte le conquiste degli anni Venti e Trenta nel campo della Nuova architettura, della pittura, della grafica così come di tutti i settori del design hanno conferito a quell’epoca un’immagine più o meno unitaria, che oggi noi indichiamo con il nome di Moderno classico. Al di là delle differenze tra le specifiche tendenze della Nuova architettura, che si sono espresse nelle varie correnti del Funzionalismo, del Razionalismo, 29
La pratica nell’allestimento d’interni Gerhard Landau e Ludwig Kindelbacher, Monaco di Baviera
Gli ambienti interni degli edifici sono gli spazi quotidiani di lavoro e di soggiorno degli utenti. Di conseguenza la loro forma ha una grande importanza funzionale, oltre che estetica ed emotiva. Proprio per questi motivi l’obiettivo dell’allestimento d’interni dovrebbe essere quello di adempiere alle varie funzioni conferendo una dimensione estetica alle attività quotidiane. In questo senso dobbiamo considerare il disegno degli interni come espressione di una concezione spaziale d’insieme. Non si tratta solo di utilizzare prodotti di serie o di aggiungere alcuni elementi all’architettura come se fossero accessori decorativi: il vero impegno risiede nello studio e nello sviluppo di un programma spaziale adatto a ogni singolo progetto. La prassi consueta nel campo dell’arredamento d’interni, con la disposizione tradizionale degli elementi, ha ormai assuefatto le nostre abitudini visive. L’ alternativa che si prospetta è quella di sviluppare concettualmente un progetto d’arredo e di perseguirne coerentemente la realizzazione fin nei particolari: i dettagli, le forme e i materiali sono gli elementi con i quali il progetto si concretizza. Non sono fini a se stessi, perché l’ambiente prende forma attraverso la loro composizione. In primo luogo i principi che regolano la costruzione di un’architettura sono gli stessi che stanno alla base del progetto e della realizzazione del suo arredamento. Tuttavia, poiché nella progettazione d’interni l’esigenza del risparmio energetico e dell’isolamento termico possono essere considerate di secondaria importanza, le libertà d’ordine costruttivo risultano maggiori e allo stesso tempo lo spettro delle possibilità formali più ampio. In ogni caso vanno prese in esame le particolari esigenze dell’acustica e dell’illuminazione. Il progetto d’interni è condizionato da una molteplicità di fattori. Tra le questioni principali, oltre a quella dell’interpretazione dei punti di separazione tra l’interno e l’esterno, vi è anche l’individuazione della frequenza e della durata d’uso. Inoltre le normative ufficiali, la tutela della salute dei lavoratori, le esigenze di sicurezza e altre prescrizioni analoghe possono avere un effetto determinante sulla configurazione finale dell’ambiente interno. Nel seguito cercheremo di approfondire i campi di attività più rilevanti per l’arredamento d’interni, cominciando dalla definizione delle tipologie d’intervento nel caso di costruzioni preesistenti o di nuova edificazione. Spiegheremo anche quali esigenze tecnologiche possono essere generalmente soddisfatte da determinati componenti costruttivi, e con l’aiuto di vari esempi studieremo quali funzioni e materiali possano essere associati a essi nel caso di progetti concettualmente originali.
Costruire nell’esistente – Ristrutturazioni e rinnovamenti La trasformazione dell’interno di un edificio esistente costituisce oggi uno degli interventi progettuali più frequenti. Incarichi di questo tipo sono motivati da cambi di locazione, variazioni d’uso, nuove esigenze di rappresentatività, ristrutturazioni, e spesso anche dal desiderio di modificare e di rinnovare l’esistente. Lo studio e la valutazione attenta degli spazi a disposizione sono il presupposto di una progettazione efficace e fruttuosa. È necessario analizzare il contenitore dedicando particolare attenzione alle parti strutturali esistenti; si tratta di riconoscere la funzione portante degli elementi e di farsi un’idea delle possibili soluzioni consentite dalla struttura. Esistono tutta una serie di particolarità dell’edificio o dei locali che possono influire sulle scelte espressive e che al riguardo vanno accuratamente verificate: la relazione tra l’interno e l’esterno, le visuali, il carico inquinante, la luce diurna, l’aerazione naturale, gli ambiti pubblici e quelli pertinenziali. Inoltre prima di iniziare il progetto può essere utile verificare gli aspetti normativi in modo da fissare i margini d’azione della propria creatività e da poter avviare un decorso progettuale coordinato. Non è raro infatti che le modifiche alla destinazione d’uso comportino il necessario ottenimento di autorizzazioni e che anche in una sistemazione d’interni rappresentino una difficoltà in più nella pianificazione delle licenze. Può capitare che l’autorità competente richieda di allegare alla domanda di cambio di destinazione la certificazione dei posti auto, oppure il piano di sistemazione delle aree all’aperto. Negli interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria anche la tutela dei monumenti e delle opere d’arte può giocare un ruolo tutt’altro che irrilevante. Occorre ottenere i nullaosta necessari da parte degli enti preposti alla tutela storico-artistica e architettonica, eventualmente produrre pareri e perizie e ripristinare lo stato originario di parti e singoli elementi. In questo caso la conoscenza e la comprensione dei sistemi costruttivi di altre epoche storiche facilita l’approccio con le preesistenze. Qualora ci si trovi a intervenire su edifici più moderni, una priorità assoluta è rappresentata dalla verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che eventualmente vanno integrate nel nuovo progetto. Negli edifici complessi occorre considerare anche tutte le condizioni generali che riguardano l’impiantistica, le condutture di alimentazione e di smaltimento. Soprattutto acquista rilevanza, dal punto di vista anche economico e progettuale, il trattamento e lo smaltimento delle eventuali 31
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scorie (amianto, PCB ecc.). Nell’esame delle preesistenze l’architetto deve considerare attentamente tutti questi fattori, poiché rappresentano delle vere e proprie sfide per il progetto. È importante che lo stato di fatto (addizioni mobili o fisse, componenti costruttivi che non possono essere rimossi, piante e volumetrie sfavorevoli) non limiti il processo progettuale. Soluzioni interessanti possono nascere proprio dalla presenza di determinate circostanze difficili: dall’applicazione di idee non convenzionali possono nascere nuove soluzioni specifiche adatte a situazioni particolari, come nel caso della riorganizzazione di uno studio dentistico (fig. 3.3). La fotografia 3.2 mostra la situazione precedente all’intervento di ristrutturazione: la pianta era ricca di partizioni che impedivano l’illuminazione naturale della zona d’attesa, collocata nel corridoio. Poiché l’edificio risale agli anni Cinquanta e ha uno scheletro di cemento armato con luci relativamente ampie, è stato possibile abbattere i divisori esistenti riorganizzando l’ambiente come un unico grande volume; la zona d’attesa ha trovato posto in un’area diversa da quella del corridoio. I divisori liberamente disposti tra l’area di accoglienza e gli ambulatori incorporano, dal lato del corridoio, alcune vetrinette che formano un piccolo “museo odontoiatrico”. Sull’altro lato, rivolto verso l’interno degli ambulatori, trovano posto gli armadietti dei medici: facendo scorrere i pannelli di acciaio inossidabile è possibile accedere in qualsiasi momento agli utensili specialistici. Il controsoffitto, separato dal vecchio solaio per mezzo di una fuga lasciata in evidenza, alloggia l’impianto d’illuminazione e quello di climatizzazione. Un altro aspetto importante da non trascurare nella pianificazione di interventi su edifici già esistenti è il coordinamento delle varie attività esecutive. Durante la stesura del progetto vanno previsti e tenuti in attenta considerazione alcuni fattori come la necessità di operare in condizioni difficili o mentre nell’edificio si svolgono le normali funzioni, gli interessi delle proprietà confinanti e all’occorrenza la protezione delle parti non coinvolte nell’intervento. L’ allestimento d’interni come parte del progetto per un nuovo edificio Incarichi separati per la progettazione architettonica e per la progettazione d’interni Nel caso della costruzione di un nuovo immobile, se il progetto di arredo e quello architettonico vengono assegnati a professionisti differenti è bene che entrambi operino in maniera coordinata sin dall’inizio. Vincolando la sistemazione degli interni alla progettazione dell’edificio, è possibile raccogliere spunti e indicazioni che possono riguardare sia l’organizzazione della planimetria sia altri aspetti della costruzione successivamente non più modificabili. Per esempio è possibile rivedere gli aspetti relativi alla statica e prestare particolare attenzione a determinate esigenze normative. All’occorrenza le caratteristiche salienti dell’allestimento interno, stabilite per contratto con l’investitore o con il locatore, devono essere riviste con l’utente finale. Inoltre è necessario stabilire la ripartizione dei costi tra i vari soggetti. Spesso l’accurata sincronizzazione delle varie attività coinvolte nell’esecuzione dell’arredamento e l’integrazione di quest’ultimo all’interno del progetto generale aprono nuovi orizzonti dal punto di vista compositivo e semplificano le fasi progettuali. Per evitare discrepanze nell’esecuzione, è
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comunque necessario programmare a priori con precisione e accuratezza una serie di momenti di verifica tra le varie lavorazioni. Il procedere in accordo, la partecipazione alle riunioni di coordinamento e la soddisfazione delle richieste specifiche dell’utilizzatore e degli impiantisti facilitano il processo progettuale. Incaricando imprese che sono già coinvolte nell’esecuzione del progetto architettonico è inoltre possibile attivare sinergie nuove per quanto riguarda i costi e il calendario dei lavori. La perfetta aderenza tra l’intervento alla scala architettonica e le finiture interne dipende quindi in larghissima parte dall’atteggiamento collaborativo degli architetti incaricati. Progetto architettonico e d’interni frutto di un solo incarico Il caso ideale è quello in cui l’architetto riceve l’incarico di disegnare l’intero edificio: a questo punto le idee progettuali possono essere sviluppate e messe in pratica senza il rischio di conflitti di interessi come quelli appena menzionati. In questo modo si presenta l’opportunità di realizzare un progetto d’insieme che spazia dalla regolazione dei flussi di luce naturale all’illuminotecnica, dall’automazione dell’edificio all’impiantistica fino alla sistemazione paesistica degli esterni. In questo modo la fase dell’allestimento e delle finiture diviene parte integrante del progetto complessivo, come lo sono la redazione del capitolato e la gestione degli appalti, e i momenti di verifica tra le varie fasi dell’esecuzione possono beneficiare di un coordinamento generale. I componenti dell’edificio Pavimenti Funzione: rivestimento, supporto agli impianti, riscaldamento, raffrescamento, climatizzazione, ventilazione, sistemi di orientamento, suddivisione in zone. Il rivestimento del pavimento dovrebbe soddisfare in modo ottimale le esigenze funzionali e formali a esso richieste. A tale proposito, oltre alla frequenza d’utilizzo rivestono particolare importanza il punto di posa (la posizione all’interno dell’edificio) e gli aspetti tecnici. Tra questi ultimi contano soprattutto la qualità del fondo, le esigenze di protezione dall’usura e di isolamento acustico, lo spessore della struttura portante e i punti di contatto e passaggio verso aree o corpi di fabbrica adiacenti. Nella filiale della HypoVereinsbank della Marienplatz, a Monaco di Baviera (fig. 3.14, pag. 40), prima di scegliere il materiale di rivestimento è stato necessario analizzare con attenzione la frequenza d’utilizzo, condizionata a sua volta dalla posizione all’interno del fabbricato. Le difficoltà risultavano inoltre accentuate dalla geometria poligonale a terminazione conica della pianta, che non permetteva corsi regolari e geometrici ed escludeva a priori l’utilizzo della pietra naturale. Il rivestimento di resina sintetica utilizzato, omogeneo e privo di giunti, sottolinea l’idea originaria del “passaggio coperto” e offre contemporaneamente la soluzione di dettaglio ideale per la realizzazione dei gradini che collegano i due livelli dell’impianto. Sia l’alzata che la pedata sono infatti rivestite di resina, evitando anche in questo caso di interrompere la continuità monolitica del pavimento. Lo zoccolo ispezionabile della parete è realizzato con pannelli di MDF laccato: le canalizzazioni nascoste al suo interno offrono varie possibilità di posa e di collegamento delle linee elettriche e di trasmissione dati per l’intero piano terreno. Come mostra questo esempio, operando all’interno di edifici
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già esistenti è necessario fare attenzione alla grande varietà delle situazioni di partenza, che sono in grado di condizionare la scelta della nuova pavimentazione. In questo caso, oltre che da planimetrie problematiche dal punto di vista geometrico, altre difficoltà possono originarsi dalla fragilità e dalla diversificazione dei massetti, dalla presenza di fondi di difficile trattamento come per esempio i tavolati, da superfici di cemento altamente assorbenti o disgregate oppure da pavimentazioni antiche difficili da rimuovere. Un’ulteriore limitazione alla scelta delle sovrastrutture o dei rivestimenti può, in determinate circostanze, derivare dalla varietà di spessore dei pavimenti esistenti, considerando le difficoltà che potrebbero insorgere nelle zone di contatto tra due applicazioni differenti. Nei casi in cui è possibile procedere alla rimozione completa del sottofondo, al progettista si offre un ventaglio di soluzioni che coincide con quello che si presenterebbe in caso di nuova costruzione. Qualunque sia l’opzione alla fine adottata, molto dipenderà dalle esigenze specifiche. Tra i criteri di scelta possono esservi il tempo di asciugatura, la penetrazione dell’umidità all’interno dell’edificio, i costi, il peso, l’isolamento acustico e termico, la portata o le possibilità di posa. Gli stessi criteri influiscono anche sulla scelta del rivestimento: per esempio si può optare per un pavimento alla veneziana o per una pavimentazione a superficie continua e levigata come nel caso della HypoVereinsbank. Esiste un’ulteriore serie di fattori da prendere in considerazione nel corso della progettazione: • le alte temperature che possono insorgere durante la posa dei manti di asfalto colato, che vanno assolutamente evitate nel caso in cui debbano essere inseriti impianti tecnici nella caldana; • l’assorbimento di umidità da parte dei sottofondi anidri; • la disposizione dei giunti di posa del pavimento e di quelli strutturali dell’edificio; • la compatibilità dei sottofondi con i sistemi di riscaldamento radiante a pavimento. I pavimenti galleggianti o dotati di intercapedine permettono un alto grado di flessibilità e facilitano gli adeguamenti impiantistici. Tuttavia è importante che nella fase di progettazione si tenga conto degli eventuali elementi da incasso, come per esempio scatole e parti mobili d’ispezione, o che si definisca già in questa fase il reticolo dell’eventuale pavimento galleggiante. Il rivestimento è determinante per quanto riguarda l’effetto spaziale, e quindi il progetto nel suo complesso; contemporaneamente la sua scelta dipende dalla funzione degli ambienti e dalla frequenza d’uso, quindi dalle specifiche condizioni di sollecitazione. Considerando la planimetria, le esigenze del progetto in tema di forma e funzionalità influiscono sul grado di brillantezza, sul disegno dei giunti, sul loro spessore o la loro assenza, sulla direzione di posa, sulla riflessione luminosa, sui fenomeni di abbagliamento o sull’interazione con gli elementi di intersezione come le pareti. Nel negozio di abbigliamento di New York mostrato nella fotografia 3.6, il pavimento di linoleum grigio condiziona l’atmosfera dell’intero locale. Qui non esiste più la distinzione tra il pavimento e la parete: tanto il bancone della cassa quanto il pianerottolo delle scale sono come ritagliati dalla medesima superficie grigia, che quasi fosse una seconda pelle si posa su tutti gli elementi che incontra. Nella scelta delle pavimentazioni per aree aperte al pubblico
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o a destinazione medico/ospedaliera, oltre alle esigenze appena ricordate è decisiva anche la possibilità di garantire prestazioni più tecniche: • resistenza allo scivolamento • conduttività e resistenza al fuoco • tipo e costo della pulizia • resistenza allo sporco • igiene • durevolezza del manto • esalazioni e tossicità Non da ultimo uno dei criteri di scelta è costituito dalla facilità di riparazione. Pareti Funzione: separazione degli ambienti, chiusura esterna/ interna, azione portante/non portante, flessibilità, schermatura (rumore, luce, sicurezza, radiazioni), effetto trasparente/ traslucido, supporto impiantistico, rivestimento esterno e interno, unità funzionale (mobili), parete con funzioni speciali (protezione antincendio ecc.), supporto illuminotecnico, riflessione luminosa. Pareti esistenti Negli edifici preesistenti la progettazione è preceduta dall’analisi: ciò significa che il primo passo del progetto è rappresentato dalla verifica delle necessità di risanamento delle pareti da recuperare. Di seguito elenchiamo alcuni delle misure più importanti che possono essre prese in tal senso: la desalinizzazione, la deumidificazione, la rimozione dell’intonaco distaccato, la messa in sicurezza e il restauro di vecchi rivestimenti o superfici, il rifacimento o la ripresa dell’intonaco. In alcuni casi può rendersi necessaria la messa a nudo della muratura o degli elementi portanti, come i telai strutturali a graticcio. Inoltre è sempre il caso di adeguare le possibili soluzioni per rivestimenti e pareti alle normative vigenti. Pareti di nuova costruzione In una struttura di nuova edificazione, l’aspetto delle superfici murarie è definito in primo luogo dalla scelta progettuale, che può orientarsi verso un sistema di costruzione pieno o leggero. Per i sistemi a parete piena esiste una gamma di possibilità formali tradizionali: • muratura facciavista, con l’utilizzo di materiali e superfici tra i più vari; • calcestruzzo a vista, con possibilità di scelta tra vari disegni di superficie: rilievi derivanti da lavorazioni particolari della cassaforma, trattamenti superficiali applicati dopo il getto (scalpellatura, bocciardatura ecc.), colorazioni derivanti dall’impiego di inerti di varia natura e granulometria. Inoltre le pareti possono venire completate con intonaci lisci o strutturati e con vari tipi di tinteggiature. Nel caso di intonaco liscio o a grana fine occorre prestare particolare attenzione alla preparazione del fondo e all’esecuzione a regola d’arte, giacché è sufficiente un raggio di luce radente per mettere in evidenza ogni irregolarità e fessurazione. La posa in opera di uno strato di fibra di vetro e un’adeguata spatolatura successiva permettono di ottenere la qualità voluta per le superfici a intonaco. Le tinteggiature sono in grado di soddisfare le esigenze estetiche più differenti e sono disponibili in ogni grado di brillantezza, da quelle completamente opache alle più lucide. Le varie tecniche esistenti (marmorizzazione, strofinatura, velatura etc.), in combinazione con la varietà delle qua-
lità materiche dei diversi intonaci disponibili sul mercato, consentono una grande libertà formale. Accanto alla tecnica costruttiva a muratura piena troviamo quella a pareti leggere – ad esempio in cartongesso – che offre i vantaggi di un peso contenuto e di un grado ottimale di flessibilità e smontabilità. Queste pareti sono in grado di rispondere alle stesse esigenze formali e tecniche delle pareti in muratura piena intonacate e stuccate. Nel campo delle partizioni interne, alle quali si richiedono prestazioni per lo più limitate, lo spettro delle soluzioni formali è quasi infinito. Inoltre esiste la possibilità di integrarle con componenti d’arredo divisori e di creare elementi di parete scorrevoli, ripiegabili, ribaltabili o avvolgibili. Queste parti possono essere realizzate con materiali trasparenti, semitrasparenti o traslucidi (vetro, materiali sintetici, tessuti, griglie, reti, lamiere forate, listelli). Il negozio di cosmetici illustrato alla pag. 84 e segg. deriva la propria articolazione spaziale dalla disposizione dei nastri di organza semitrasparenti che pendono dal soffitto, la cui forma curva e ondeggiante sottolinea l’immagine del marchio dei prodotti. Le prestazioni tecniche e normative obbligatorie sia per le pareti piene sia per quelle leggere possono rivelarsi decisive per il progetto. Quanto più è grande l’edificio da progettare, tanto più esigenti diventano gli obblighi in materia di protezione antincendio e di isolamento acustico, così come le norme da seguire per le partizioni tra le singole unità edilizie. Per quanto riguarda i rivestimenti delle pareti l’offerta di materiali e prodotti è ancora più ampia, dal momento che le prestazioni richieste sono in confronto piuttosto limitate. Nel progetto i rivestimenti possono assumere varie funzioni: • integrazione nella progettazione illuminotecnica; • adempimento delle esigenze acustiche; • supporto per apparecchi di comunicazione; • occultamento o messa in vista della tecnologia impiantistica. Nell’ambulatorio di ortodonzia di Ramstein mostrato nella 3.7
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fotografia 3.4, per ottenere l’adeguata protezione alle radiazioni le pareti di cartongesso della cabina di diagnostica sono state rivestite sul lato esterno con lamine di piombo a vista. Con questo espediente anche la funzione del locale diventa immediatamente leggibile. I giunti tra le lamine sono nascosti e protetti da eventuali danni meccanici con listelli di legno di faggio. In linea di principio esistono due modi per applicare i rivestimenti alle pareti: i sistemi di fissaggio invisibile (sospensioni, ganci, incollaggi e sostegni nascosti, come gli ancoraggi inseriti all’interno dei giunti) e i sistemi a fissaggio visibile, che lasciano a vista le rispettive tecniche (viti, aggraffature, chiodi). Inoltre è possibile utilizzare sistemi filettati planari e altri metodi, che richiedono tuttavia un adattamento allo specifico materiale e alle sue prestazioni strutturali. Soffitti Funzione: separazione degli ambienti, tetto, copertura, azione portante/non portante, schermatura (rumore, luce, sicurezza, radiazioni), effetto trasparente/traslucido, supporto impiantistico, rivestimento esterno e interno, funzioni speciali (antincendio, acustica), supporto illuminotecnico, riflessione luminosa, riscaldamento, raffreddamento, climatizzazione, zonizzazione
3.8
Soffitti esistenti Anche in questo caso all’inizio occorre procedere nell’analisi dell’esistente. In linea di principio gli interventi di risanamento dei soffitti da integrare nel progetto dipendono dall’individuazione da parte del progettista di esigenze simili a quelle delle pareti. Tuttavia è necessaria una particolare attenzione nei confronti degli aspetti strutturali. Spesso la posizione di travi, vecchi rivestimenti e stucchi o pavimenti antichi rendono difficili e dispendiosi i sondaggi distruttivi finalizzati all’analisi. Solai di nuova costruzione Il primo passo da intraprendere nel progetto è la distinzione tra solai pieni e controsoffitti. Intervenendo già sul rustico, l’architetto può influenzare l’esecuzione dei soffitti pieni e portanti (solai e coperture) e quindi trovarsi nella condizione di pianificare l’apertura di fori e passaggi per garantire luce, collegamenti impiantistici o accessi. I solai possono essere lasciati con la struttura a vista, quindi senza rivestimento, oppure possono ricevere una mano di intonaco. I controsoffitti offrono la possibilità di nascondere tutte le parti impiantistiche; sistemi industrializzati con pannelli di metallo, cartongesso, vetro, fibra o legno garantiscono l’accesso e la verifica periodica degli impianti. Questo sistema rende tra l’altro di facile integrazione tecnologie per il raffrescamento, il riscaldamento, l’orientamento dei flussi luminosi, l’illuminazione e la ventilazione. L’ impiego di controsoffitti interamente realizzati in cartongesso stuccato permette di ottenere superfici continue e prive di giunti. Diversamente dai sistemi industrializzati, in questo caso l’accessibilità è limitata e si rende necessaria una predefinizione tempestiva di tutte le aperture necessarie all’ispezione e all’incasso di eventuali griglie di ventilazione e lampade. Particolare cura va dedicata alla finitura dei giunti e delle zone di contatto tra materiali differenti, tenendo soprattutto conto delle eventuali condizioni di luce radente. Se si rispetta la corretta rispondenza formale, l’interposizione di fughe rappresenta un sistema ideale per separare il soffitto da altri e elementi costruttivi e per minimizzare l’impatto delle
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aperture di immissione e aspirazione dell’aria. Senza difficoltà e con alcuni accorgimenti, i soffitti di cartongesso sono in grado di assolvere anche alle esigenze relative alla protezione antincendio e all’insonorizzazione. Quando al controsoffitto non sono richieste prestazioni strutturali, questo può essere realizzato in un’ampia gamma di materiali: la scelta può spaziare dalle lamine metalliche al vetro, dal legno ai tessuti ad altri materiali. I ribassamenti nel controsoffitto della Bayerische Kunstgewerbeverein (Unione artigianale della Baviera) a Monaco (fig. 3.9) suddividono in zone distinte la pianta e articolano la sezione degli ambienti. Dal punto di vista geometrico hanno una stretta relazione con le singole zone funzionali della pianta, e contemporaneamente incorporano il sistema illuminotecnico. Gli elementi di cartongesso sono stati prefabbricati in officina in modo da garantire un’esecuzione estremamente precisa degli spigoli; la sospensione è garantita da barre filettate. Dietro le velette sono nascosti i tubi fluorescenti che provvedono all’illuminazione indiretta, mentre i fori per gli alloggiamenti dei faretti orientabili da incasso, che provvedono all’illuminazione d’accento di alcune zone, sono stati praticati in opera in un secondo tempo. Scale Il legame formale che la scala instaura con il progetto generale di un interno è di grande importanza per quanto riguarda l’andamento della pianta, la scelta dei materiali, il collegamento con altre parti dell’edificio e il tipo di illuminazione (naturale o artificiale). L’ inserimento intenzionale di una scala massiccia o dalle membrature sottili può dare continuità o interrompere nettamente la struttura dello spazio. Senza con-
traddire i vincoli normativi, all’interno di un allestimento l’oggetto può assumere le sembianze di una scala di servizio o di una scultura tridimensionale. Le prescrizioni di tipo tecnico e normativo che riguardano le scale sono ampiamente documentate. A seconda delle esigenze di sicurezza dell’utilizzatore finale, il committente può richiedere al progettista di adottare soluzioni particolari che vadano al di là della normativa vigente. La connessione della scala con gli altri elementi della costruzione (nei punti di appoggio e nell’attacco laterale alle pareti) rappresenta una sfida particolare, soprattutto dal punto di vista dell’insonorizzazione e della statica. Ulteriori funzioni fanno della scala molto di più di un semplice collegamento tra due piani. In un edificio residenziale di quattro piani a Dachau due appartamenti sovrapposti sono stati messi in comunicazione per mezzo della scala mostrata nelle fotografie 3.10 e 3.11. L’ esile struttura della scala attraversa il solaio di calcestruzzo già esistente. Inserita nella pianta come una scultura libera, essa funge da elemento tridimensionale di grande richiamo visivo all’interno dell’abitazione. Due rampe sono a sbalzo, mentre i carichi vengono trasmessi attraverso elementi di acciaio inseriti nelle alzate a un telaio metallico nascosto dietro la pannellatura di legno della parete. Anche il carico dei pianerottoli e della terza rampa viene trasmesso al telaio per mezzo di due costole portanti che seguono la forma dei gradini. Di conseguenza la scala risulta completamente indipendente dalle partizioni interne dell’abitazione, evitando ogni possibilità di disturbo acustico per l’appartamento adiacente. Il parapetto, che dagli spazi
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adiacenti si nota a malapena, è costituito da una lastra di vetro temprato di 10 mm incastrato in una fessura ricavata nei gradini. Le tre lastre di vetro incollate tra loro si irrigidiscono a vicenda. L’ illuminazione ottenuta mediante faretti a incasso nel pavimento e nel soffitto sottolinea l’effetto scultoreo dell’insieme. Costruzione dei mobili
3.10
3.11
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L’ arredamento può essere costituito da mobili in serie, utilizzando sistemi che possono essere ampliati e integrati, o da mobili progettati e realizzati su misura per una situazione specifica. Poter progettare i mobili offre il vantaggio di realizzare ogni singolo componente secondo le esigenze e i gusti dell’utente, e con i materiali e le superfici più opportuni. In questo caso i mobili diventano parte integrante dell’allestimento e possono anche assumere la funzione di articolare lo spazio, come accade nello spazio espositivo per gioielli di Monaco di cui tratteremo più avanti. Inoltre è possibile, quando sia necessario, integrarvi ulteriori funzionalità tecnologiche (illuminazione, impianti, sistemi informativi). I materiali a disposizione offrono una grande varietà di scelte, dal classico mobile artigianale di legno (massello, impiallacciato o naturale) alle strutture di vetro e acciaio, dalle opere in calcestruzzo e muratura ai materiali sintetici e riciclati. Accanto al grande numero di materiali utilizzabili e alle loro possibili combinazioni, anche il trattamento delle superfici offre un ampio spettro di varianti. Vale la pena di ricordare a titolo di esempio i trattamenti superficiali tradizionali con lacche e velature, o lavorazioni quali la sabbiatura, la levigatura, la spazzolatura, la lucidatura, l’acidatura e la patinatura. Se le superfici rimangono non trattate, un effetto particolare è quello che può derivare dalle tracce dell’usura (patina). Nell’ambito dei materiali naturali è possibile anche che compaiano alterazioni dovute all’effetto della luce e del tempo: i trattamenti superficiali possono modificarsi negli anni mutando l’aspetto dei mobili. Un esempio di arredo realizzato su misura e in grado di soddisfare molteplici esigenze e utilizzi è l’elemento divisorio centrale raffigurato a pag. 80 e segg., che si trova all’interno di uno spazio di esposizione e vendita di arte orafa contemporanea a Monaco. Il mobile suddivide la galleria in area di vendita e laboratorio, fungendo contemporaneamente da elegante quinta. Il fianco rivolto verso lo spazio di vendita, in acciaio inossidabile spazzolato, contiene internamente, oltre alle vetrine e alla cassa, una teca a forma di parallelepipedo che può scorrere su rotaie. Il fianco opposto si presenta invece come una parete rivestita di acero sbiancato, suddivisa in scomparti di diverse misure, che ospita le funzioni relative alla gestione amministrativa del negozio. Tirando alcune maniglie è possibile trasformare questo lato del mobile in una postazione di lavoro completa. All’occorrenza si può aprire, ribaltandolo, uno scrittoio, mentre in altri scomparti trovano posto il contenitore per i dossier e addirittura un frigorifero e una macchina per il caffè espresso. Le vetrine da esposizione allineate verso il negozio sono provviste anch’esse, su questo lato del divisorio, di sportelli (figg. 3.12, 3.13). Il particolare trattamento dei dettagli, lasciati a filo della superficie del mobile, le chiusure magnetiche prive di parti visibili e la rinuncia a qualsiasi guarnizione esterna contribuiscono all’effetto plastico di questo oggetto. Per ottenere un’esecuzione impeccabile degli angoli,
3.12
le lamiere in acciaio inossidabile sono state applicate sui pannelli di supporto con una pressa da impiallaccio e un adesivo a due componenti: infine si è proceduto alla smussatura degli spigoli. Accanto alla scelta dei materiali, un secondo elemento importante per la progettazione di mobili e componenti da incasso è quello rappresentato dall’assemblaggio dei componenti. Da esso derivano le proporzioni dei pannelli, il peso, la facilità di montaggio. Inoltre vanno considerate anche le modalità di trasporto e le effettive possibilità di posa nei punti prestabiliti. I giunti di montaggio possono essere risolti con fughe intenzionalmente visibili o, nel caso in cui non debbano avere un valore formale, in maniera più o meno invisibile. Le singole fasi dell’assemblaggio devono essere inserite nel programma dei lavori, e necessitano di un coordinamento con le altre attività. Nella scelta dei materiali, della ferramenta (giunzioni fisse e mobili) e delle superfici, il progettista deve tenere conto sin dall’inizio della frequenza di utilizzo, della quantità e del tipo delle sollecitazioni, della robustezza e anche dei costi di manutenzione. Luce
3.13
La luce è un aspetto importante nell’allestimento degli ambienti. Il tipo di illuminazione influisce sull’effetto finale dei materiali e delle loro superfici, permette di suddividere e articolare gli spazi in zone e di illuminare aree differenti a seconda delle specifiche esigenze. L’ effetto della luce sulle varie superfici, in relazione al grado di riflessione e all’intensità luminosa, determina l’atmosfera di un ambiente. A questo proposito la tonalità cromatica della luce gioca un ruolo di primo piano per la sensazione di benessere delle persone e l’aspetto degli oggetti illuminati. La luce diurna è quella più importante per gli ambienti interni, poiché costituisce la relazione principale con l’esterno; tuttavia è necessario fare molta attenzione ai fenomeni di abbagliamento. Con l’ausilio di dispositivi riflettenti è possibile convogliare la luce diurna che penetra attraverso finestre e facciate fin nelle parti più interne dei locali. Nei punti di separazione tra l’interno e l’esterno è indispensabile prevedere adeguate misure di schermatura dai raggi solari e dai fenomeni di abbagliamento. Un’accorta progettazione illuminotecnica permette di ottenere una relazione efficace tra gli ambienti interni e l’esterno. L’ immagine esterna di una vetrina dipende per esempio dal rapporto tra l’intensità luminosa diurna e l’illuminazione interna. Nel negozio di cosmetici di New York presentato a pag. 84, la luce blu dei tubi fluorescenti si trasforma in una misteriosa aura luminosa che invita i passanti a entrare. La luce artificiale può essere impiegata sia in sostituzione sia come integrazione di quella diurna, in rapporto al tipo di utilizzo dei locali. Con l’impiego mirato e consapevole della luce, elementi architettonici, oggetti in esposizione e prodotti ricevono una presentazione di grande effetto (figg. 3.15, 3.16). Gli strumenti operativi del progettista illuminotecnico sono i coni di luce e d’ombra, i vari gradi di luminosità e i colori. La filiale bancaria di Monaco della fotografia 3.14 assomiglia a un passaggio coperto pubblico; questo effetto è dovuto alle fasce di illuminazione incorporate nel soffitto, che accentuano la profondità del locale e creano un effetto di allontanamento dall’antistante Marienplatz. In aggiunta, a seconda delle necessità, è prevista un’illuminazione indiretta tramite proiettori montati su un binario nascosto. La luminosità di 39
3.14
fondo di circa 500–750 Lux, compatibile con le esigenze delle postazioni di lavoro provviste di monitor, è ottenuta attraverso una doppia fila di proiettori da incasso dotati di lampade fluorescenti compatte. I calcoli degli specialisti e le relative simulazioni sono un ausilio importante per il progetto illuminotecnico, poiché permettono di rispettare sin dalle fasi preliminari le soglie di intensità luminosa richieste nelle varie zone. La posizione dell’utente o dell’osservatore è il fattore che influenza maggiormente la collocazione delle fonti luminose nell’ambiente. Per questo motivo è indispensabile evitare i fenomeni di abbagliamento diretto, se provenienti da una fonte luminosa, o indiretto, se provenienti da un riflesso. In ogni situazione specifica è possibile scegliere il tipo di illuminazione adatto tra una grande varietà di soluzioni: corpi a illuminazione diretta o indiretta, sistemi di deviazione e riflessione, lampade da incasso e d’arredo. A ogni soluzione prescelta corrisponde un differente tipo di fonte luminosa: lampade a incandescenza per tutti gli usi, lampade alogene a bassa e alta tensione, lampade compatte e fluorescenti, lampade speciali e a scarica, LED. A ciò si aggiunge la grande disponibilità di lampade, che spazia da quelle per esterni a quelle da pavimento e da soffitto, dalle lampade da tavolo e a stelo ai proiettori, dai sistemi conduttori e radianti fino alle lampade da parete, rendendo possibile esaudire ogni esigenza formale. È anche possibile far realizzare oggetti su misura. Aspetti quali il carico termico delle fonti luminose devono essere presi in considerazione sin dall’inizio del progetto. Il calore deve essere sempre dissipato per evitare che interferisca con le condizioni climatiche interne e che danneggi gli oggetti da illuminare. Per esempio nelle vetrine del mobile dello spazio espositivo descritto a pag. 80 sono state utilizzate lampade alogene a luce fredda, che generano quella brillantezza e quella pienezza di riflessi desiderabili quando si vuole accentuare l’effetto degli oggetti esposti. Lo stesso tipo di illuminazione è stato impiegato nelle vetrine a disposizione libera all’interno del locale: in questo caso una particolare attenzione è stata dedicata alla dispersione del calore. Illuminazione dei posti di lavoro Nel caso in cui sussistano grandi differenze tra l’intensità luminosa della postazione di lavoro e quella dell’ambiente circostante, l’occhio è costretto a continui adattamenti che determinano l’insorgenza a breve termine di fenomeni di affaticamento, e a lungo termine di un indebolimento della vista. Di conseguenza in questo tipo di ambienti bisognerebbe sempre ridurre al minimo le differenze di luminanza, e in presenza di postazioni dotate di monitor dedicare un’attenzione particolare a un sistema di illuminazione che garantisca una visione priva di abbagliamento. Un altro campo che necessita di particolare accuratezza nella progettazione è quello delle postazioni mediche e di laboratorio. In questo caso, anche per l’uso di lampade chirurgiche, possono comparire livelli di luminanza molto alti, che richiederebbero valori fino a 1000 Lux per l’ambiente circostante. Ciò nonostante, per assicurare comunque un’atmosfera gradevole per i pazienti, è possibile lavorare con un’illuminazione dagli effetti più scenografici. Tecnologie e impianti L’ esecuzione degli impianti tecnologici (di riscaldamento, sanitario, di climatizzazione, elettrico, di alimentazione, di trasporto dati ecc.) dovrebbe far parte del processo di pro-
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3.15 3.16
gettazione sin dal primo momento. Un sistema di impianti integrato nell’allestimento d’interni può nascere solo grazie alla stretta collaborazione tra gli specialisti. Attraverso la verifica condivisa delle norme standard è possibile sviluppare soluzioni integrate che comprendono la pluralità delle esigenze tecnologiche, coordinate e dimensionate a seconda della scala d’intervento (segnalazioni d’incendio e d’intrusione, sistemi di gestione e controllo, controllo degli accessi, allarmi antifurto, automazione, sistemi informativi, evacuazione del fumo e del calore ecc.). È necessario anche pianificare e verificare il posizionamento di tutti i dispositivi rivelatori indispensabili (sensori, pulsanti, segnalatori, videocamere, sistemi informativi). Nel caso di elementi da incasso elettronici occorre fare attenzione alla dissipazione del calore eventualmente generato dal funzionamento. Gli apparecchi integrati (video, proiettori, schermi di proiezione, display, lettori di schede magnetiche) devono essere facilmente smontabili e sostituibili dai rispettivi servizi tecnici senza richiedere l’intervento di altri specialisti. Nella sede della Bayerische Börse (Borsa della Baviera) di Monaco sono state installate tre isole informative indipendenti al centro della sala: il fronte è costituito da una struttura di legno e acciaio inossidabile che circonda uno schermo al plasma da 40 pollici, mentre sul retro due postazioni dotate di computer sono schermate da una maglia in acciaio inossidabile appesa alla struttura portante. Le isole fungono così da divisori spaziali, creando un angolo tranquillo per il cliente che desidera lavorare con il computer. Inoltre ogni isola è provvista, oltre che di un grande schermo frontale che informa sull’andamento delle contrattazioni, di due schermi piatti di piccole dimensioni collegati a pc e tastiera, che permettono l’accesso a Internet e ai vari servizi di Online Banking. Gli schermi posteriori e le tastiere in acciaio inossidabile sono incassati a filo in un piano di acciaio, mentre le unità di calcolo e i videoregistratori sono alloggiati nei cubi di legno inferiori. Per ottenere dettagli d’angolo perfetti tutti gli spigoli dei cubi sono stati lavorati a 45°. La superficie del piano è impiallacciata di legno di quercia chiaro a venature rade. Nelle parti inferiori della struttura sono stati praticati dei fori di ventila-
zione per dissipare il calore prodotto dagli apparecchi. Quando l’incasso di un apparecchio richiede soluzioni non standardizzate, la lavorazione dei dettagli si fa più complessa. Nelle ristrutturazioni di edifici esistenti accade spesso che le canalizzazioni esistenti debbano rimanere in esercizio anche a cantiere aperto, cioè non siano rimovibili fino al momento dell’entrata in funzione delle nuove reti. Anche per questo motivo nell’operare sulle preesistenze sono richiesti a livello progettuale sforzi particolari di gestione e coordinamento. Colori e superfici Nella quotidianità del lavoro e dell’abitare la vicinanza fisica e il rapporto continuo con i materiali influiscono sulle sensazioni di colui che ne fruisce. Pertanto nella progettazione d’interni la selezione dei colori e dei materiali in relazione alle loro qualità specifiche superficiali rappresenta un ulteriore e importante momento creativo. Guardare, toccare, comparare, approvare oggetti e materiali è un modo per entrare in rapporto con l’ambiente che ci circonda; per questo motivo dovrebbero essere le proprietà stesse del materiale a determinarne le possibilità d’impiego e i contesti di utilizzo. In questo campo una serie di materiali di uso industriale finora estranei all’arredamento cominciano a giocare oggi un ruolo crescente. Così nella Bibliothèque Nationale de France (pag. 128 e segg.) Dominique Perrault utilizza per il rivestimento delle pareti e dei soffitti tessuti di maglia metallica sviluppati in origine per l’industria aerospaziale e per la produzione di filtri. Egli sfrutta intenzionalmente la forza espressiva di questo materiale, che influisce sulla tonalità cromatica delle aree di distribuzione dell’edificio. I materiali impiegati per l’allestimento della biblioteca (legno, acciaio inossidabile e calcestruzzo a vista) rappresentano il cuore della concezione progettuale dell’edificio, e plasmano l’atmosfera dei suoi ambienti. La forza visiva dei materiali può essere radicalmente modificata dai trattamenti superficiali. La neutralità propria di determinati materiali, se associata a tonalità monocrome, può far sì che essi assumano un ruolo di secondo 41
piano nella definizione dello spazio, mentre al contrario le tonalità brillanti hanno la tendenza a far risaltare i materiali (fig. 3.17). Spesso i colori vengono utilizzati per le loro proprietà segnaletiche, anche indipendentemente dai materiali; la letteratura specialistica offre varie interpretazioni sul significato psicologico dei colori. Committenza e Corporate Identity
3.17
La pianificazione e la progettazione di un allestimento d’interni può anche diversificarsi radicalmente al variare della committenza. Nei casi in cui il committente è privato, spesso il progetto procede con rapide scadenze sulla base di scelte maturate rapidamente e con l’accordo di tutte le parti coinvolte. Si possono far realizzare singoli prototipi d’arredo in scala 1:1, anche coinvolgendo direttamente le ditte specializzate che ne cureranno la produzione: in questo modo si riesce a garantire l’elevata qualità del risultato finale; inoltre un committente privato è libero di decidere con più facilità sull’osservanza o meno di determinati vincoli normativi. Quando invece la committenza è pubblica o fa capo a uffici tecnici di grandi aziende, non solo i processi decisionali si allungano, ma si presenta il rischio che a causa dei meccanismi delle gare, pubbliche e a partecipazione libera, non si raggiunga la qualità esecutiva desiderata, nel caso in cui le ditte incaricate manchino di esperienza. In tal caso è indispensabile che il progetto sia commisurato a questo quadro d’insieme. Se nel caso di un committente pubblico occorre rivolgere la massima attenzione al maggior dispendio di energie negli aspetti organizzativi e gestionali del progetto, quando si ha a che fare con una grande società o con un gruppo imprenditoriale si deve prendere in considerazione una questione ulteriore: spesso tra le aspettative del cliente vi è quella che la progettazione d’interni si preoccupi di integrare il Corporate Design o la Corporate Identity. Ne consegue l’utilizzo di determinati colori, materiali, caratteri tipografici, sistemi di esposizione e di vendita o linee standardizzate di arredi, che di volta in volta potrebbero condizionare le scelte del progetto. L’ elaborazione di una nuova Corporate Identity rappresenta una sfida particolare, perché in questo caso il campo d’azione dell’arredamento si amplia evidentemente arrivando a un confronto interdisciplinare con grafici e agenzie di pubblicità. In questo contesto al progettista si presentano di continuo nuovi problemi originati dal cambiamento delle tendenze e delle esigenze del committente. Tendenze attuali Come in tutti i campi della creatività, anche nell’allestimento d’interni dobbiamo constatare l’esistenza di una molteplicità di stili e tendenze in crescita parallela. Per il grande numero e varietà degli incarichi, per i tempi relativamente brevi di progettazione e realizzazione e le esigenze costruttive piuttosto semplici di ristrutturazioni eseguite a ripetizione, il quadro delle tendenze architettoniche attuali può mutare rapidamente. In nessun altro campo troviamo altrettante idee innovative, che attraverso la sperimentazione stilistica conducono a varianti sempre nuove nell’allestimento d’interni. Attualmente si spazia dal puro minimalismo materico, con forme semplificate e superfici nude che trasformano quasi gli spazi in opere d’arte, alla composizione formale di elementi e frammenti riconducibili agli anni Settanta e alla Pop Art. Ci si può imbattere anche in forme risalenti agli anni Venti, Cinquanta e
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Sessanta: in pratica si può ritrovare l’intera gamma di arredi e di oggetti di design degli ultimi decenni. Specialmente nell’allestimento di spazi di vendita, i committenti sono favorevoli alla creazione di ambienti per così dire d’“epoca”, considerati come uno strumento per incentivare gli acquisti. Anche per questo motivo, dunque, oggi l’allestimento dei negozi riflette nel modo più evidente le ultime tendenze dell’arredamento (fig. 3.18). Tuttavia i progetti attuali non attingono solo dal passato; un forte impulso creativo proviene anche, per esempio, dalle innovazioni nel campo dei nuovi materiali o della multimedialità. Le nuove tecnologie modificano il comportamento degli utenti dello spazio, e a questi cambiamenti devono adattarsi anche l’organizzazione e la struttura degli interni. Inoltre l’entusiasmo per la sperimentazione con i nuovi materiali, in crescita negli ultimi anni, apre ai progettisti nuovi orizzonti formali e creativi, la cui trasposizione nella pratica può condurre a soluzioni insolite e ricche di stimoli. Immagini: 3.1 Herz-Jesu-Kirche, Monaco di Baviera, Allmann Sattler Wappner 2000. 3.2 Ambulatorio odontoiatrico, Wiesbaden, stato di fatto prima dell’intervento. 3.3 Ambulatorio odontoiatrico, Wiesbaden, Landau + Kindelbacher 1997. 3.4 Ambulatorio di ortodonzia, Ramstein, Landau + Kindelbacher 1997.
3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12
3.13 3.14 3.15 3.16 3.17 3.18
Negozio di abbigliamento, New York, Choi-Campagna Design 2000, sezione. Negozio di abbigliamento, New York, Choi-Campagna Design 2000. Piazza interna della Commerzbank, Francoforte sul Meno, Alfredo Arribas 1997. Ristrutturazione di un capannone industriale, Monaco di Baviera, Thomas Herzog e José-Luis Moro 1997, veduta del nuovo soffitto. Bayerischer Kunstgewerbeverein, Monaco di Baviera, Landau + Kindelbacher 2000. Ristrutturazione di un complesso residenziale, Dachau, Landau + Kindelbacher 1996, assonometria. Ristrutturazione di un complesso residenziale, Dachau, Landau + Kindelbacher 1996. Spazio espositivo e di vendita per gioielli a Monaco di Baviera, Landau + Kindelbacher 1997, divisorio centrale (vedi anche pag. 80 e segg.). Galleria di gioielli a Monaco di Baviera, Landau + Kindelbacher 1997, il divisorio centrale, vedi anche a pag. 80 e segg. HypoVereinsbank in Marienplatz, Monaco di Baviera, Landau + Kindelbacher 2000. Waterloo Station, London, Nicholas Grimshaw & Partners 1993, dettaglio dell’illuminazione a soffitto. Waterloo Station, London, Nicholas Grimshaw & Partners 1993. Centro sportivo, Davos, Gigon/Guyer 1996. Prada Store, New York, OMA/AMO 2001.
3.18
43
Gli esempi
Abitazioni
Spazi per l’educazione
Pag. 46 Villa a Vila Nova Pag. 52 Mansarda a Vienna Pag. 56 Appartamento a New York Pag. 62 Abitazione a Ito
Pag. 74 Asilo a Lustenau
Luoghi di culto Pag. 66 Cappella a Valleacerón Pag. 70 Synagoga a Dresda
44
Spazi commerciali Pag. 78 Casa di moda a Monaco Pag. 80 Galleria di preziosi a Monaco Pag. 84 Negozio di cosmetici a New York Pag. 88 Negozio di abbigliamento a Vienna Pag. 92 Negozio di abbigliamento a Londra Pag. 96 Supermercato a Wattens
Spazi per la ristorazione Pag. 100 Ristorante Eat in/Take out a Tokio Pag. 106 Brasserie a New York Pag. 112 Bar ad Heidelberg
Uffici e luoghi di lavoro Pag. 116 Bar per uffici a Tokio Pag. 118 Studio di architettura a Berlino Pag. 120 Agenzia a Monaco
Spazi per la cultura e manifestazioni Pag. 124 Biblioteca Reale a Copenhagen Pag 128 Biblioteca Nazionale a Parigi Pag. 138 La Tate Modern a Londra Pag. 148 Centro Congressi a Barcellona Pag. 154 Sala concerti a León
Stazioni Pag. 158 Metropolitan Express, Amburgo – Colonia Pag. 164 Stazione sotterranea »Am Moosfeld« a Monaco Pag. 166 Stazione sotterranea »Westfriedhof« a Monaco
45
Villa a Vila Nova de Famalicão Architetto: Alvaro Siza Vieira, Porto
L’ incarico non consisteva soltanto nella realizzazione di una villa, da erigere sulle fondazioni di pietra di un edificio precedente, ma anche nella ristrutturazione di una casa d’abitazione più piccola e nella sistemazione paesaggistica della tenuta. L’ organizzazione volumetrica della villa prosegue quel gioco di traslazioni e di vedute prospettiche già presenti nell’intorno. Il terreno di 20000 m2 situato sul versante meridionale del Monte S. Catarina, a nord della città industriale di Famalicão è terrazzato con murature di pietra, il patrimonio arboreo esistente di querce e pini trova una propria corrispondenza nell’arredo interno in rovere. L’ ingresso all’abitazione è collocato nell’ala bassa di servizio; appena entrati lo spazio si apre quasi immediatamente nell’atrio a doppia altezza, inondato di luce. Qui prende l’avvio la rampa che conduce alla fluida sequenza della sala da pranzo, del soggiorno e della zona giorno con viste e scorci sulla campagna circostante. L’ arredamento si riduce all’effetto creato dal legno e dai pochi mobili, le pareti intonacate bianche passano in secondo piano. Nell’area di soggiorno, aperta e organizzata intorno al camino, è la generosità della pianta a determinare la percezione degli spazi. Lo sguardo del visitatore è involontariamente attratto verso l’alto, dove i lucernari catturano la luce e la dirigono lungo le pareti d’intonaco bianco, giù fino al piano terra. Il pavimento uniforme in tutti gli ambienti è di rovere e come per un effetto ottico si trasforma nel rivestimento delle pareti e nei mobili, dello stesso materiale. In cucina e nei bagni i pavimenti e le pareti sono rivestite di marmo color sabbia, in contrasto con i telai di legno e con gli arredi.
Sezione Piante Scala 1:400 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13
46
Ingresso Garage Atrio Lavanderia Stanza da lavoro Bagno/WC/Spogliatoio Cucina Sala da pranzo Soggiorno Camera da letto Terrazza Doppio volume Lucernario
b 2
1 3
a
a
4
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5
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7
9
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6
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11
11 10
47
48
Sezione di dettaglio Scala 1:50
2
6
3
4
5
1
bb
1 Intonaco isolante 70 mm cemento armato 150 mm isolante interno 40 mm muratura 115 mm intonaco 15 mm 2 Intradosso rovere 35 mm
3 Rivestimento rovere 30 mm 4 Panca rovere 35 mm 5 Pavimento della galleria listoni rovere 25 mm sottostruttura 40 mm massetto 80 mm
strato separatore soletta in cemento armato 250 mm intonaco 15 mm 6 Inonaco su entrambi i lati 15 mm muratura 115 mm
49
Sezioni orizzontali Scala 1:50
2 Marmo di Lioz 25 mm muratura 115 mm intonaco 15 mm 3 Spalletta in rovere 35 mm 4 Intonaco 15 mm muratura 200 mm 5 Marmo di Lioz 25 mm muratura 115 mm
1 Intonaco isolante 70 mm cemento armato 150 mm isolante interno 40 mm muratura 115 mm intonaco 15 mm
3
2
5
4
1
50
3
51
Mansarda a Vienna Architetti: Hubmann & Vass, Vienna
La mansarda di nuova costruzione è il completamento di una casa d’abitazione di due piani. La superficie abitativa di 230 m2 si divide, ai lati dello stretto corridoio passante, in una zona privata e una comune. Gli elementi divisori di legno compensato sono concepiti come dei mobili e costituiscono la vera caratteristica di questo arredo. La struttura portante del colmo è allineata con la fila delle canne fumaree, in questo modo scompare zona giorno dalla integrandosi facilmente negli elementi fissi dell’arredo ligneo. Rimane leggibile nella scomposizione delle aperture vetrate che si estendono per tutta la lunghezza dell’abitazione sotto forma di lucernari e vetrate laterali. Le due cabine al centro della zona giorno sono aperte verso la sottile finestra a nastro lunga 24 m. Ospitano la cucina e il bagno e contemporaneamente scompongono la grande zona giorno; con lo scorrimento di alcune porte possono trasformarsi in ambienti chiusi. Come tutti gli elementi fissi e un gran numero di porte scorrevoli, le cabine sono rivestite con pannelli di compensato laccati a tre strati, in tutta la mansarda, tranne che nel bagno, il pavimento è di parquet di rovere. Le zone di lavoro e quelle umide, in entrambi i box, sono rivestite con un fitto mosaico di ceramica grigia che gioca sul contrasto con gli elementi portanti in calcestruzzo a vista. La struttura portante è in calcestruzzo armato con arcarecci d’acciaio, e rende possibile l’apertura della zona di colmo, completamente vetrata fino alle colonne dei comignoli. L’ azione combinata della finestra a nastro longitudinale e delle grandi aperture verso la terrazza crea un ambiente ricco di luce naturale. La riduzione a pochi materiali e la moderazione dei cromatismi crea una cornice tranquilla al fluido continuum dei volumi, che tuttavia si mantiene permanentemente mutevole con l’apertura e la chiusura dei molti elementi scorrevoli.
Assonometria Divisori in pannelli di compensato Sezione • Pianta Scala 1:250 1 2 3 4 5
Ingresso Corridoio Cucina Bagno WC
6 7 8 9 10
Soggiorno Zona lavoro Zona pranzo Camere Terrazza
a 10
5
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1
9
2 5 7
aa
52
8
3
a
4
b
6
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Sezione • Pianta
Scala 1:20
1 Manto di laterizio su listelli 30 + 50 mm cartone per coperture rivestimento di tavole 24 mm ventilato isolante termico 180 mm barriera al vapore tavolato 20 mm cartongesso 2x 12,5 mm 2 Vetrocamera 5 + 12 + 5 mm 3 Panca sul convettore, compensato 38 mm 4 Porta scorrevole, compensato laccato 5 Parquet in rovere 22 mm su massetto 6 Mosaico di ceramica su massetto 7 Compensato laccato 22 mm 8 Lampada da incasso 9 Vetro antinfortunio temprato 8 mm
1 9
8
2
7 c
c
4
3
5
6
bb
4
2
6
3
9
cc
54
7
55
Appartamento a New York Architetti: Maya Lin con David Hotson, New York
Questo appartamento al centro di New York è dimensionato per quattro persone. Tutti e due i livelli dell’alloggio sono sfalsati di mezzo volume rispetto al piano strada; la grande zona destinata a pranzo, soggiorno e sala è collocata sotto la quota d’ingresso. Il carattere luminoso e gradevole dimostra che il tema essenziale del progetto è stato quello del miglior sfruttamento della scarsa luce diurna capace di penetrare all’interno. Il volume si articola in un gioco di setti e accenti luminosi che creano un effetto quasi grafico. Per mantenere quest’impressione, tutti gli elementi dell’arredo così come gli interventi necessari dal punto di vista strutturale e architettonico sono stati ridotti al minimo. Anche la scala, che separa la cucina dal soggiorno, è stata realizzata in modo estremamente ridotto, in sintonia con questa finalità. Essendo l’elemento più importante dell’ambiente le è assegnato un ruolo particolare. Il pianerottolo intermedio, attraverso il quale si accede all’appartamento, il pianerottolo superiore ed entrambe le rampe sono sorretti da piastre di acciaio rinforzate sul lato superiore con piatti di acciaio incastrati nella struttura lignea. Tra le due rampe corre liberamente un divisorio con il lato verso la cucina di acciaio e quello verso il soggiorno di acero. Anche il pianerottolo verso l’uscita è leggermente scostato dalla parete di vetro acidato a tutt’altezza e illuminata sul retro, che collega visivamente i due piani dell’appartamento. Per la maggiore delle due camere da letto gli architetti hanno ideato un armadio e delle porte girevoli che rendono possibile una suddivisione della stanza in due ambienti. Il risultato complessivo è una composizione volumetrica carica di atmosfera, che lascia filtrare la luce tra gli elementi sciolti e staccati tra loro. In questo modo sono messe efficacemente in risalto l’indipendenza costruttiva delle parti e le differenti qualità dei materiali utilizzati.
Sezione • Piante Scala 1:250
aa
56
a
a
57
b
b 8
a
a
b Pianta Scala 1:100 Sezione Scala 1:10 1 2 3 4 5
6
7 8
9
7
Gradino di legno massello, acero c Profilo d’acciaio ¡ 38/25 mm Materassino fonoisolante 6 mm Lamiera d’acciaio 10 mm Pianerottolo: tavole perlinate Acero 20 mm pannello di compensato 20 mm sottostruttura in profili di legno Divisorio: piastra d’acciaio 10 mm con rinforzi saldati ¡ 10/38 mm tavola di acero 6 mm Corrimano in piatto d’acciaio ¡ 10/25 mm Parete: pannello di compensato impiallacciato in acero 20 mm pannello di compensato 20 mm montanti di profilato metallico lastra di cartongesso 20 mm Pavimento: tavole perlinate Acero 20 mm pannello di compensato 20 mm sottostruttura in profili di legno
6 c 5
1
3
2
3
4
2
4
9
58
b
aa
4
1 2
7
cc
60
Sezioni
Scala 1:10
1 2 3 4 5
Gradino di legno massello, acero Profilo di acciaio 38/25 mm Materassino fonoisolante 6 mm Lamiera d’acciaio saldata 10 mm Pianerottolo e ballatoio: tavole perlinate Acero 20 mm pannello di compensato 20 mm sottostruttura in correnti di legno 6 Porta di acciaio } 30 impiallacciata in acero
7 Divisorio: piastra d’acciaio 10 mm con rinforzi saldati ¡ 10/38 mm tavola di acero 6 mm 8 Pannello di cartongesso 20 mm su pannello di compensato 20 mm 9 Parapetto: piastra di acciaio 10 mm spessore pannello di compensato impiallacciato in acero 20 mm
a
9
5
2
4
3
6
7
c
c
5
2
4 2
3 1
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8
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Abitazione a Ito Architetti: Motoyoshi Itagaki & Hiromi Sugimoto, Tokio
Quando le porte scorrevoli delle due grandi stanze allestite tradizionalmente sono aperte, si gode la vista sul piccolo giardino di bambù che, al centro di un’area densamente costruita, comunica sensazioni di tranquillità e isolamento. La casa, che è stata pensata come un luogo di rifugio per i freddi mesi invernali, ha sicuramente una superficie ridotta, tuttavia si estende su tre piani ed è arredata secondo lo stile tradizionale delle abitazioni giapponesi. Il seminterrato in calcestruzzo armato funge anche da muro di contenimento per il terreno in declivio; i due piani superiori, che ospitano le vere zone di soggiorno, sono costruiti in legno. Al piano terra, accanto alle due zone ad uso abitativo, trova spazio anche una piccola stanza per la cerimonia del tè. Al posto delle pareti fisse, gli elementi divisori sono costituiti dalle leggere pareti scorrevoli “yuki-mishoji”. Anche quando sono chiuse suggeriscono la continuità dei volumi e sensibilizzano il senso estetico dello spazio. Il giardino in miniatura è incluso nell’ambiente interno come immagine di paesaggio meditativo ad uso dell’inquilino in cerca di tranquillità. La finestra illustrata nel dettaglio è composta da più elementi scorrevoli: un’imposta di legno che funge da riparo per il vento e la pioggia, una retina parainsetti, un elemento vetrato e infine sul lato più interno, una parete scorrevole di carta capace di modulare l’intensità luminosa. La costruzione mostra un’idea di pianta libera, attraverso la quale interno ed esterno si congiungono; non esistono vere e proprie aperture nè chiusure ma solo delle varianti alla modulazione dello spazio esterno verso l’interno, ognuna sottilmente differente dall’altra. Nel sistema degli elementi scorrevoli si esprime la sensibilità giapponese della casa.
a
a
B A Pianta piano terra Scala 1:250
62
63
Nello stile tradizionale giapponese le zone della casa si distinguono per la chiara articolazione e per rapporti volumetrici che includono anche il giardino. Gli elementi scorrevoli all’occorrenza separano le singole stanze e creano zone private per chi desidera appartarsi. Le stanze sono rigidamente modulate sulle dimensioni del Tatami.
64
Sezione Scala 1:50 A Particolare della finestra B Particolare della parete scorrevole Sezioni verticali e orizzontali Scala 1:10
1 2 3 4
A
B
Elementi scorrevoli: telaio in legno con tamponamento in compensato rete parainsetti vetro carta
5 Scossalina in lamiera di rame 6 Base di scorrimento in legno duro 7 Materassino Tatami 8 Cavedio a parete per le imposte di legno 9 Montante in legno 110/110 mm
bb
8 2 1
4
4
2
3
4
4
3
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b
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6
7
5
1
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Cappella a Valleacerón Architetti: Sancho Madridejos, Madrid
Il cielo in movimento carico di nuvole scure e il territorio roccioso e brullo incorniciano perfettamente la Cappella collocata nella Castilla-La Mancha, quella regione della Spagna nota per la lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento. La cappella, internamente come esternamente in calcestruzzo a vista, è posizionata su una piccola altura dalla quale si confonde con i massi isolati che giacciono lì vicino; le ruvide superfici dei materiali sono perfettamente intonate con il paesaggio brullo. Con quell’esposizione solitaria in cima ad una piccola collina, l’edificio è diventato un punto di riferimento. Le sue cubature scultoree sono il frutto dello studio geometrico dell’operazione di piegatura di un cubo. Dal ribaltamento e dal rovesciamento delle superfici nasce un volume carico di tensione, al quale il visitatore accede attraverso una sottile apertura situata nella facciata esposta ad ovest. All’interno, le pareti spostate una verso l’altra creano differenti impressioni volumetriche. La luce penetra attraverso le fughe dell’edificio che risultano dagli spostamenti delle superfici. Anche se in pianta si tratta di un unico volume, le proporzioni si modificano continuamente in relazione al punto di osservazione e all’incidenza dei raggi luminosi. Il visitatore ha l’impressione di muoversi in una sequenza -chiusa, densa, aperta o frammentata- di ambienti che si completa con gli scorci interrotti verso i dintorni esterni. La relazione interno-esterno determina la varietà delle percezioni volumetriche. Nessun arredamento e nessuna illuminazione artificiale disturbano l’atmosfera, lo spazio è in grado di esprimersi completamente da solo. Una croce nuda sulla facciata orientale indica, da sola, la funzione di questo luogo. Le vetrate incastrate nelle aperture dell’involucro continuano sul tema della piega e del corrugamento e sono suddivise da telai d’acciaio. Ritagliata in una di queste superfici trasparenti c’è la porta d’ingresso, che come una scatola, è inserita in profondità. Anche qui con coerenza è stato applicato il principio del corrugamento delle superfici. b
a
a
c
c b
66
Pianta Sezioni Scala 1:250
aa
bb
cc
67
1
2 3
4 5
Sezione Scala 1:20 1 Impermeabilizzazione in rivestimento sintetico 2 Cls armato 200 mm 3 Lamiera di acciaio zincata cls. tinteggiato 4 Vetrata in vetro statificato 2≈ 8 mm 5 Architrave in profilato d’acciaio IPE 200 6 Porta d’ingresso telaio in piatti d’acciaio ¡ 30 mm anta vuota e piegata più volte in lamiera d’acciaio 2≈ 2,5 mm 7 Pavimento in cls. levigato I telai delle finestre, le travi e le porte ossidati in opera, sono stati verniciati con smalto opaco.
6
7
69
Sinagoga a Dresda Architetti: Wandel Hoefer Lorch + Hirsch, Saarbrücken
Il lotto di terreno sulla quale una volta si ergeva la vecchia Sinagoga, è al margine della “Brühlschen Terrasse”, nelle immediate vicinanze dello Zwinger. L’area allungata contiene due corpi di fabbrica: tra l’edificio della canonica e la Sinagoga si apre un cortile interno con un boschetto di platani e un disegno sul terreno in pezzi di vetro costipati nella sabbia, che riproduce la pianta della vecchia Sinagoga. In secondo piano si erge il cubo cieco della Sinagoga, che si avvita verso l’alto ruotando su se stesso, per conferire al volume il tradizionale orientamento verso oriente. Una Sinagoga è allo stesso tempo la tenda dell’istituto sacro (il luogo dove sono custoditi i rotoli della Thora) e il tempio. Gli architetti, all’interno dell’edificio, hanno interpretato questi due ruoli tradizionali attraverso la contrapposizione tra la muratura piena e il tessuto di maglia metallica verniciata che scende morbidamente dall’alto. Il baldacchino, traslucido e luccicante color oro, è appeso al soffitto e delimita la zona centrale propriamente dedicata al culto. Un corpo illuminante che emette una luce calda e dalla tonalità arancio, indica il leggio centrale e ne sottolinea l’orientamento verso est. La luce diurna che penetra attraverso i lucernari è integrata dalle lampade appese al soffitto e dai proiettori incassati nelle pareti. L’effetto è quello di un’illuminazione maggiorata nel deambulatorio che circonda lo spazio vero e proprio delle funzioni religiose; in questa zona, attraverso la geometria variabile degli spazi, il visitatore prende coscienza dell’orientamento ad oriente. La trama metallica della tenda riflette la luce e conferisce allo spazio della preghiera e al deambulatorio una lucentezza irreale. Gli elementi di arredo: il matroneo a occidente, le panche, l’Alemor (il leggio) e lo scrigno della Thora ad oriente, sono realizzati in legno di quercia colorato marrone. Questa tonalità crea contrasto con il carattere leggero e brillante dei tessuti metallici. Semplici e sobri, privi di qualunque accessorio superfluo, gli elementi dell’arredo si presentano intenzionalmente senza pretese. Le forme semplici e l’alta qualità della fattura artigianale donano all’interno un aspetto di grande concentrazione e discrezione. Sezione • Pianta Scala 1:1250
a
a
70
71
Sezione Scala 1:20
1
2
2
3 4
5
4
8
7
9
6
10
1 Pannello di MDF, impiallacciato di rovere 18 mm 2 Pannello acustico di MDF, impiallacciato di rovere 18 mm perforato con fori da 2 mm con un passo di 16 mm 3 Compensato impiallacciato 24 mm 4 Supporti in compensato 2≈ 40 mm avvitati l’uno con l’altro 5 Profilo d’acciaio ÅPBI 140 6 Tenda 7 Profilo d’acciaio ÅPBI 100 8 Corpo illuminante 9 Pannello di MDF rivestito di velluto 18 mm 10 Sportello dello Scrigno della Thora impiallaccio multistrato di rovere con fresature dorate pannello di MDF 12 mm anima a nido d’ape 18 mm pannello di MDF 12 mm impiallaccio multistrato di rovere con fresature dorate 11 Elemento in MDF rivestito di velluto 12 Rotoli della Thora 13 Fasce di MDF rivestite di velluto 33 mm 14 Parquet di rovere massello 22 mm su pannelli di solfato di calcio 36 mm 15 Apertura di ventilazione 16 Pavimento galleggiante a tenuta Pedata di rovere massello 22 mm 17 su pannello di paniforte a tre strati 22 mm
11
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13
14
15
16
72
2 17
3 1 17
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73
Asilo a Lustenau Architetti: Dietrich e Untertrifaller, Bregenz
Le esigenze di un asilo in quanto ad organizzazione degli spazi, sono piuttosto varie. Nello standard normalmente sono compresi gli spazi per il laboratorio creativo, quelli per le attività ginniche dei bimbi e la serie degli ambienti per i singoli gruppi, utilizzabili con flessibilità; in tutte queste situazioni l’architettura deve contemporaneamente soddisfare le esigenze dei suoi piccoli utilizzatori. Gli ambienti interni dell’asilo di Lustenau, con la loro atmosfera luminosa e piacevole, dovuta alle calde tonalità delle pareti, mettono a disposizione dei bambini uno spazio tutto da scoprire. L’asilo è costituito da due unità: un edificio di testata, cantinato, che accoglie gli ambienti di servizio e un ala per gli spazi dedicati alle attività di gruppo. Quest’ultima è costruita con elementi scatolari prefabbricati che offrono al corpo di fabbrica la possibilità di aprirsi verso sud. L’interno si contraddistingue per la suddivisione variabile dei volumi. I singoli ambienti dedicati alle attività di gruppo si articolano in una zona interna, nella quale trova posto anche una superficie soppalcata e una zona frontale a tutt’altezza (circa 4,20 m). I lucernari sono collocati in modo da garantire un’illuminazione costantemente distribuita. Solo la zona ricavata sotto il soppalco è leggermente meno illuminata ed ha la funzione di offrire ad alcuni bambini la possibilità di isolarsi, senza tuttavia togliere loro la comunicazione visiva con gli altri. La parte anteriore dell’ambiente è invece adatta alle attività e ai giochi allargati del gruppo e nei mesi estivi può essere aperta e ampliata verso le superfici esterne. Mobili, pareti e solai sono mantenuti nella tonalità calda e uniforme del legno, che abbraccia con coerenza l’intero allestimento interno e che deriva dall’impiallacciatura chiara della betulla o dal rivestimento in pannelli di compensato. Il parapetto di vetro del soppalco è stato pensato per garantire anche ai piccoli la vista aperta sul giardino esterno, che è anche lo spazio comune di gioco, in cui i bambini di tutti i gruppi si ritrovano insieme.
Sezioni Pianta Scala 1:400 aa
bb
74
1 2 3 4 5 6 7 8
Ingresso Guardaroba Attività di gruppo Zona soppalcata Riposo Cucina Ambiente multifunzionale Uffici
cc
a
b 6 1
1 4
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4 7
c
2
3
2
2
3
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c 1 8
a
b
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a
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1
3
2 a
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b
Sezione orizzontale Sezione verticale dell’armadio Sezione verticale della nicchia-lavabo Scala 1:20
1 Pannello di truciolare rivestito in resina melamminica 19 mm bordo incollato in massello di betulla pannello di cartongesso 2≈ 12,5 mm montante in metallo con lana minerale 120 mm pannello di cartongesso 2≈ 12,5 mm 2 Pannello di truciolare impiallacciato in betulla 19 mm bordo incollato in compensato 3 Pannello di truciolare impiallacciato in betulla 40 mm
bordo incollato in massello di betulla 4 Pannello di compensato di betulla 16 mm 5 Sostegni trasversali dello zoccolo paniforte 22 mm con aperture di circolazione 6 Coperchio dello zoccolo in truciolare rivestito con resina melamminica 19 mm con fuga di ventilazione 7 Pannello di truciolare 36 mm rivestito con resina melamminica bordo incollato in massello di betulla Sezione di dettaglio Scala 1:5
7 A
2
2
4
2
7 A
B 5
B
5
6
6
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bb
77
Casa di moda a Monaco Architetti: Petzinka Pink Architekten, Düsseldorf
Questa boutique esclusiva appartiene ad una catena di negozi d’abbigliamento che gli architetti hanno allestito con uno stile comune. Gli elementi cubici, semplici e inequivocabili, creano un fondale discreto, che corrisponde all’immagine dei prodotti in vendita. I mobili per la maggior parte trasparenti, creano una delicata cornice adatta alla presentazione, alla vendita e all’assistenza sui prodotti. Il negozio situato nel centro di Monaco, organizzato su due piani, i volumi del quale erano già esistenti e che è stato completato con l’inserimento dei componenti d’arredo, è nobilitato dalle grandi vetrine che agevolano la vista sull’interno. La limitazione a pochi materiali e forme semplici sottolinea il carattere dell’arredo: vetro, acciaio cromato e inossidabile, frassino della brughiera e wengè. Le superfici di vetro trasparenti e opacizzate creano un contrasto con le calde tonalità del legno e con il pavimento chiaro (al piano terra lastre di pietra artificiale levigate, al piano superiore sisal). Il blocco cassa che si trova al piano terra, verso lo spazio di vendita è completamente rivestito di vetro acidato in modo da rendere invisibili al cliente gli apparecchi che contiene. Il sistema degli scaffali si compone di profilati cavi di acciaio e secondo necessità può essere completato con sbarre per appendere gli abiti; i ripiani di acciaio sono trattenuti tra i profilati di acciaio inossidabile oppure sono fissati alle pareti per mezzo di guide. Le vetrine e i piani d’appoggio sono realizzati con lastre di vetro trasparente e con pannelli di materiale ligneo impiallacciato. I grandi specchi a tutt’altezza appoggiati alle pareti, generano un gioco di riflessioni che coinvolgono lo spazio e il movimento – non solo i capi d’abbigliamento, ma anche i clienti entrano nel gioco dell’esibizione. b 1 2
3
5 aa
A
b
78
4
a A Tavolo, sezione longitudinale, scala 1:5 B Tavolo, sezione trasversale, scala 1:5 C Bancone, sezione trasversale, scala 1:5 Lastre di vetro chiaro 10 mm Profilato di acciaio inossidabile 50/50/2 mm Lamiera di ottone a cromatura opaca 2 mm Pannello di compensato 30 mm Profilato di acciaio inossidabile | 30/30 mm Tubi fluorescenti Vetro monolastra acidato 10 mm Fessura per lo scontrino Ripiano per la stampante di cassa, estraibile Pannello di cartone Presspan 2x verniciato Pannello di compensato, impiallaccio di wengè sul lato visibile 12 Vano per i collegamenti 13 Profilato d’alluminio ∑ 15/15/2 mm 14 Profilato di acciaio ∑ 50/50/5 mm
1
6
2
7 8
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
9 10 11 3
4 13
5 B
bb
12
14 C
a
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Galleria di preziosi a Monaco Architetti: Landau + Kindelbacher, Monaco di Baviera
Il piccolo negozio, che è stato trasformato per essere adibito a galleria di gioielli con relativo laboratorio, si trova nei pressi del centro di Monaco. Dalla strada, il visitatore può gettare uno sguardo all’interno dello spazio di vendita, arredato con un mobilio sobrio e discreto. La divisione degli spazi era piuttosto vincolata alla situazione di fatto anche se si è proceduto all’abbattimento della parete tra il laboratorio e la bottega e alla sua integrazione con un elemento d’arredo. L’esigenza era quella di creare una forma architettonica all’altezza degli oggetti preziosi, attirando l’attenzione verso i pezzi esposti in vendita. Il locale funge da involucro neutro rispetto alla soluzione dell’arredo che comunque è fortemente integrato nel contesto. Le superfici delle pareti e del pavimento sono rimaste nude. Il fondo d’asfalto colato del pavimento è stato sigillato con un trattamento di superficie grigio, la parete di fondo della zona dedicata al commercio ha ricevuto una tinteggiatura grigia spatolata. Il trattamento povero delle superfici accentua il carattere nobile dell’arredo. Nella prima teca istallata all’interno della vetrina –la cui forma orizzontale e stretta è anche il tema delle altre vetrine interne- gli oggetti preziosi sono collocati esattamente all’altezza dell’osservatore. Il fondo vetrato devia lo sguardo verso l’interno del negozio; l’effetto è accentuato anche dai trattamenti cromatici omogenei del pavimento e della parete di fondo. Un ulteriore oggetto che fa mostra di sé è il parallelepipedo di legno, impiallacciato d’acero, che risulta fissato a mezz’aria ad un’asta d’acciaio inossidabile. I 16 cassetti che lo compongono sono apribili a piacere, tuttavia ogni singolo scomparto è chiuso da una lastra di cristallo, che impedisce il contatto diretto con i preziosi. Il parallelepipedo è girevole su 90° e permette la creazione di varie situazioni ambientali. Sulla parete addossata al lato destro dell’ingresso sono fissate a sbalzo tre vetrinette di acciaio inossidabile, impilate una sull’altra. L’elemento più importante è rappresentato dal divisorio centrale del locale, che contiene al suo interno un banco di forma cubica scorrevole su guide; il lato frontale del divisorio ha un rivestimento in lamiera d’acciaio inossidabile spazzolata, il retro ha l’aspetto di una parete piana di pannelli impiallacciati di acero sbiancato e nasconde il magazzino del laboratorio. Nel fronte tripartito del mobile è stata incassata una vetrinetta che accoglie un ripiano, il piccolo volume espositivo è illuminato da una serie di faretti integrati. Per ottenere un soffitto con una superficie sobria, sono stati montati dei fari alogeni da 50 Watt all’interno di una serie di scanalature parallele, che rendono invisibili al visitatore i corpi illuminanti. I componenti dell’arredo, con la loro accurata fattura artigianale sono diventati il biglietto da visita della galleria.
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Sezione • Pianta
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Scala 1:200
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Zona espositiva Laboratorio Cassettone girevole Tre vetrinette di acciaio Anta di vetro a tutt’altezza di chiusura del 4 6 Divisorio con vetrinette, sul retro le funzioni dell’ufficio 7 Banco scorrevole 8 Pannello-specchio ribaltabile
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Le tre vetrinette Viste • Vista dall’alto Scala 1:50 Particolari scala 1:5 1 Anta scorrevole, vetro monolastra antinfortunio 10 mm 2 Profilato | 20/20/2 mm 3 Lamiera 1,5 mm spazzolata 4 Lampada alogena 20 W, incassata 5 Vetro monolastra antinfortunio 5 mm, incollato a profili di legno 6 Profilato d’acciaio { 80/80/8 mm con piastra saldata di testa ancorata al solaio di cls. 7 Piastra di acciaio 10 mm, verniciata 8 Vite con esagono cavo a testa piatta tutte le parti metalliche, tranne il 6, sono di acciaio inossidabile Cassettone Viste • Vista dall’alto Scala 1:50 Particolari scala 1:5 9 Tubolare levigato opaco Ø 70/8 mm 10 Fondo in lamiera 5 mm 11 Paniforte 19 mm impiallaccio di acero sbiancato 12 Lastra di vetro 4 mm, con serratura 13 Listello di scorrimento incollato al vetro 14 Guida della lastra di vetro 19/19 mm 15 Listello di presa, lamiera 1 mm 16 Tubolare Ø 54/8 mm saldato al 9 17 Perno filettato di ottone Ø 38 mm, ancorato al pavimento con una piattabanda 18 Grano filettato di fermo tutte le parti metalliche sono di acciaio inossidabile
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Negozio di cosmetici a New York Architetti: Architecture Research Office, New York
In posizione privilegiata, al centro della città (535 Madison Avenue), troviamo gli spazi commerciali e i locali per il trattamento dei clienti della società di cosmetici Shiseido. Il giovane gruppo newyorkese degli architetti ARO ha allestito le superfici dedicate ai trattamenti di bellezza e alla commercializzazione della nuova linea di prodotti Qiora. L’interno somiglia ad un paesaggio completamente blu, ottenuto con tessuti traslucidi. Tutti gli angoli del locale sono occultati dalla cortina semitrasparente dei nastri di stoffa. L’interazione combinata dei materiali, delle forme e dell’illuminazione crea un’atmosfera assolutamente tranquilla, dall’effetto quasi irreale che attraverso le grandi vetrine è avvertibile fin sulla strada, che attira la curiosità e invita ad entrare. L’allestimento interno s’ispira alla nuova linea di prodotti, le curve delle cortine di tessuto che pendono dal soffitto assumono le forme stravaganti delle bottigliette e dei flaconi e mettono in risalto l’immagine del marchio. I loro corpi snelli trovano una corrispondenza nelle proporzioni del locale, che è stato individuato anche per la sua pianta assottigliata e la disponibilità di una grande altezza interna. Con nobile riserbo, i prodotti sono esposti su piccoli tavoli o su scaffali di vetro adagiati alle pareti seminascoste dalla cortina di tessuto. Nella zona posteriore del locale trovano posto in ordine sparso, le cabine per i trattamenti; ognuna è separata da divisori curvi rivestiti di tessuto ed è nascosta dietro i nastri di organza che scendono dal soffitto. La sottostruttura dei divisori è in profilati metallici che sostengono i pannelli di cartongesso, che a loro volta costituiscono il supporto al rivestimento di tessuto. Anche il progetto illuminotecnico è subordinato al concetto che sovrintende la nuova linea di prodotti: tutte le fonti luminose sono nascoste e l’illuminazione indiretta sottolinea la capacità di “illuminarsi da dentro”, per la quale appunto, questa linea di cosmetici è nata.
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Pianta Scala 1:250
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Vendita Consulenza Trattamento Attesa Toilette uomini Toilette donne Spogliatoio donne
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1 Tubi a fluorescenza 2 Cortina di organza 3 Profilato di acciaio inossidabile | 25/38/3 mm 4 Rivertimento di parete, cartongesso 5 Scalda-asciugamani 6 Specchio a ribalta 7 Piano d’appoggio acrilico 25 mm 8 Compensato con rivestimento sintetico 25 mm 9 Pavimento in resina epossidica bianca brillante con risvolto a parete di 102 mm compensato 6 mm sottofondo di cemento esistente 10 Porta elemento preformato cavo in legno 11 Rivestimento di parete in tessuto 12 Cartongesso 6 mm tinteggiato bianco 13 Profilato di acciaio zincato 14 Vetro acrilico 6 mm 15 Lavabo 16 Tubo fluorescente, paralume in acciaio inox
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Negozio di abbigliamento a Vienna Architetti: propeller z, Vienna
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Pianta piano superiore Pianta piano terra Scala 1:400 1 Area di vendita 2 Passaggio con scaffali e cabine di prova 3 Superficie di proiezione
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La caratteristica della boutique Gil, situata nel corretto contesto bizzarro di una via molto frequentata di Vienna, è la simbiosi armonica che s’instaura tra moda e architettura. Il concetto è minimalista, non compare nulla di superfluo, ma proprio attraverso questa strategia la merce in vendita trova l’allestimento a lei più consono. Un piccolo bar, un sistema di diffusione sonora veramente esigente e uno schermo adibito alla proiezione di esperimenti visivi, creano un’atmosfera che prepara spiritualmente i clienti. Nel tempo straordinariamente breve di soli due mesi, la vecchia facciata è stata asportata anche nelle parti strutturali; un cavalletto di tubolari sostiene il carico della facciata sovrastante e accentua la posizione dell’ingresso. Il problema di una superficie sfavorevolmente ripartita tra un piccolo piano terra e una zona di vendita principale al piano rialzato è stato abilmente risolto: un elemento di vetro si sovrappone alla vetrata serigrafata a bolli del piano superiore, rendendo chiaramente leggibile dall’esterno la relazione che intercorre tra i volumi interni. Il collegamento tra i due piani è stato inoltre ottenuto con l’apertura del solaio intermedio. Le superfici di vendita sono allestite in modo uniforme: un rivestimento chiaro di linoleum, dal pavimento, attraverso gli angoli stondati, si distende fin sulle pareti e ricopre il soffitto. Nello stretto passaggio interno trovano posto scaffali e cabine di prova in materiale sintetico stampato. Anche il resto dello scarno arredo – i displays, i ripiani e le sedute – è stato progettato appositamente per il negozio Gil e realizzato in materiali verniciati a polvere, completamente di colore bianco. L’abbinamento è molto facile da ricordare: una combinazione di verde limone molto intenso con tonalità di bianco e di grigio.
Sezione aa Scala 1:100
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Rivestimento di parete e scaffale Sezione orizzontale • Sezioni verticali Scala 1:20
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1 Incavo luminoso alluminio anodizzato naturale 1,5 mm 2 Faretti 4≈ 50 W 3 Fessure di ventilazione l = 1800 mm 4 Tubi fluorescenti 2≈ 58 W 5 Linoleum grigio chiaro 2,5 mm 6 Pannello MDF 16 mm 7 Barra appendiabiti Ø 35 mm e mensola di acciaio inossidabile 8 Sottostruttura di traversi di legno 60/60 mm e centine di MDF 9 Pannello MDF 9,5 mm, rigato sul retro 10 Plexiglas, lastra nervata 11 Tubi fluorescenti 58 W 12 Box di materiale sintetico con rinforzi in vetroresina 13 Pannello MDF smaltato 22 mm 14 Mini-tubi fluorescenti 13 W 15 Pannello MDF 19 mm
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Negozio di abbigliamento a Londra Architetti: Future Systems, Londra
Quando hanno ricevuto da parte della linea italiana di abbigliamento Marni, l’incarico di sviluppare un nuovo concetto per loro filiale, gli architetti hanno deciso che il tema sarebbe stato quello dell’alta moda che ispira l’architettura. I negozi singoli avrebbero dovuto godere delle identiche considerazioni riservate alle boutiques inserite all’interno dei centri commerciali. Gli stessi capi d’abbigliamento, i loro tessuti, i colori e gli accostamenti sono stati la fonte d’ispirazione al concepimento dei locali. L’idea di base del progetto è stata quella di creare un paesaggio interno, nel quale vestiti, scarpe e accessori sono parte essenziale dell’intera composizione. Nella filiale di Londra qui illustrata, i pavimenti, le pareti e i soffitti sono immersi in un profondo colore blu, anche se la tonalità può variare per mantenere sintonia con nuove collezioni o stagioni dell’anno. Con la tinteggiatura uniforme delle superfici i contorni volumetrici dell’ambiente sembrano quasi fondersi l’uno nell’altro. Al centro di questo “mare”, gli abiti sono presentati su un’” isola” bianca dal contorno organico, che “galleggia” a 75 mm dal pavimento. Il soffitto di lamiera d’acciaio inossidabile lucida riprende la forma irregolare dell’isola. L’ambiente si riflette completamente in questa superficie specchiante e il visitatore perde la sensazione di trovarsi all’interno di un locale rettangolare. Accessori e capi d’abbigliamento ornano le grucce scultoree di vetro acrilico che pendono da lunghi telai curvi di acciaio inossidabile. Lungo il bordo dell’isola corre volteggiando una ulteriore barra appendiabiti che al termine conduce al bancone espositivo della vendita. Il banco si avvolge in una curva sinusoidale e sembra allungarsi per tutto l’ambiente. La cassa è nascosta sotto il metallo lucido. Dalla strada si ricava l’impressione che le grucce e le barre siano tirate dagli abiti e lo spazio fluido e organico del negozio appare in movimento.
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a Sezione • Pianta Scala 1:250 Assonometria
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Tubolare di acciaio inossidabile Ø 45 mm Tubolare di acciaio inossidabile Ø 30 mm Gruccia in vetro acrilico Piastra di acciaio inossidabile 15 mm Pavimento: piastrelle di vetro bianco cristallino 17 mm strato livellante 8 mm pannello di compensato 25 mm Tavola frontale Lamiera di acciaio inossidabile 2mm saldata al tubolare inossidabile e levigata Passante per il cavo elettrico Ø 30 mm Morsetto per il cavo elettrico
Sezione
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scala 1:20
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Supermercato a Wattens Architetti: Dominique Perrault, Parigi Reichert Pranschke Maluche, Monaco di Baviera
Collocato di fronte ad una fabbrica di vetro molto frequentata e circondato da un paesaggio montano imponente, l’edificio ha l’aspetto di un grande cristallo di forma geometrica. I clienti, dall’interno e attraverso gli scaffali d’esposizione, possono godere della splendida vista offerta dalla campagna circostante. Le catene montuose si rompono contro le lastre bianche e opache della vetrata. Nella zona d’ingresso la facciata abbandona la rigida geometria che la caratterizza; con slancio elegante retrocede lasciando spazio ad un piccolo angolo di natura: alberi di betulla e di pino, come quelli che infoltiscono le montagne del circondario, sono integrati nell’architettura, avvolti da una struttura per rampicanti, sfumando il passaggio tra interno ed esterno. Le verdi chiome del piccolo gruppo di alberi modificano la luce naturale che filtra attraverso il vetro bianco delle facciate. Ne risulta un ambiente interno piuttosto particolare per un supermercato: la luce diurna e la vista smorzata sul paesaggio esterno creano una cornice di grande effetto per i prodotti quotidiani esposti sugli scaffali; anche l’allestimento e le soluzioni d’arredo sono particolari. Lo spazio è plasmato dalla struttura portante d’acciaio, severa, minuziosamente curata nel dettaglio e verniciata con tonalità scure. L’impianto d’illuminazione è coordinato col passo della struttura ortogonale. I nastri luminosi integrati nel soffitto forniscono all’ambiente l’illuminazione uniforme, mentre i faretti sospesi e le lampade singole servono a creare situazioni particolari nelle zone della vendita diretta. L’orientamento interno è agevolato dalla spina di calcestruzzo massiccio che costituisce anche la facciata esposta verso le pendici delle montagne. Gli scaffali di tipo industriale sono bassi e trasparenti in modo da mantenere inalterata in tutta la sua grandezza e generosità, la percezione del volume interno.
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Pianta Sezioni Scala 1:500 1 2 3 4 5 6
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Ingresso Casse Bar Area di servizio Consegna Area verde
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scala 1:20
1 Copertura prefabbricata: guaina bituminosa a due strati pannello OSB 18 mm struttura portante in tavole di legno isolante lana di roccia 20-30 mm barriera al vapore pannello OSB 15 mm 2 Profilo di facciata 120/50 mm 3 Montante di acciaio 88/325/6 mm 4 Profilo di facciata 140/50 mm 5 Vetrocamera doppio con coibente capillare trasparente 3≈ 6 mm vetro float nella fascia alta vetro monolastra antinfortunio in quella bassa 6 Corpo illuminante a sospensione nella zona della facciata curva 7 Downlights in telaio di acciaio inox 8 Trave reticolare di HEB 120 9 Montante 2≈ UAP 300 10 Piastrella di grès 10/45/45 mm caldana 75 mm isolante termico 2x 30 mm stabilizzato 50 mm barriera al vapore basamento di cls. armato 11 Lampada a pavimento 12 Tubolare di acciaio Ø 114 mm 13 Molla di trazione 14 Piatto di acciaio 50/70 mm 15 Trefoli di acciaio inossidabile Ø 5 mm
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Ristorante Eat-in/Take-out a Tokio Architetti: Klein Dytham architecture, Tokio
Sezione Pianta Scala 1:100
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Sano e trendy – la decorazione simbolica astratta, ritagliata da pannelli di poliuretano è diventata il marchio dell’attività. Allineate uno accanto all’altro sui lunghi scaffali, le piccole forme decorano completamente il fronte vetrato del ristorante da asporto che si trova nel centro di Tokio. L’offerta è rivolta alla giovane popolazione dei lavoratori della capitale nipponica, che soprattutto dopo aver trascorso molte ore davanti allo schermo del computer, desidera rifocillarsi in velocità in un ambiente gradevole, rapidamente ma anche con consapevolezza. I pittogrammi verdi ritraggono forme di varie tipi di verdure e rappresentano un richiamo visivo all’interno del locale, arredato altrimenti in modo piuttosto sobrio. La pianta allungata e rettangolare è divisa in una zona ristorante e una di somministrazione. Quest’ultima è collocata di fronte all’ingresso – i clienti che hanno fretta possono fare l’ordinazione e portarsi via le vivande. Quelli che invece hanno più di tempo a disposizione, possono dirigersi nella sala ristorante con una capienza di 40 persone. Qui, sulla parete di fondo è dipinto il logo del locale, quasi a voler accogliere il cliente con un benvenuto. La parete contrapposta al fronte vetrato è rivestita invece con vetro ondulato specchiante, di fronte al quale, così come avviene sul fronte strada, trovano posto dei lunghi scaffali sui quali sono collocati i pittogrammi di poliuretano. L’arredo, molto semplice e discreto, crea la cornice ideale alla presentazione delle “verdure sintetiche”. Le singole figurine sono predisposte con un magnete inserito nella base, in modo da permettere la variazione delle composizioni. La luce che penetra nel locale è riflessa dalla superficie specchiante ondulata riproducendo in svariate sequenze la decorazione delle verdure astratte. Con questo semplice effetto ottico gli architetti sono riusciti ad allargare gli spazi del locale a quelli della strada antistante. L’interno, contemporaneamente, ne ricava un’atmosfera luminosa e allegra. Il verde dei pittogrammi si accorda con il legno di bambù che è stato utilizzato per l’arredo. Il bancone, le sedie, i tavoli e il pavimento sono stati mantenuti all’interno di questa tonalità omogenea di legno scuro. Soltanto la panca verniciata di verde, davanti alla parete interna per tutta la sua lunghezza, riprende i colori delle figurine di poliuretano. L’idea iniziale era quella di far crescere erba vera sugli scaffali, poi si decise di rinunciare a causa della cura eccessiva necessaria al mantenimento. Attraverso la collaborazione con il designer che ha studiato il logo dell’azienda gastronomica, alla fine gli architetti sono giunti alla soluzione, molto più semplice dal punto di vista pratico, della verdura sintetica e sempreverde.
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Parete di fondo Vista • Sezione Scala 1:5 Sezione scala 1:20
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1 Cartongesso tinteggiato bianco 12 mm 2 Lamiera di acciaio specchiante 3 mm su cartongesso 9 mm 3 Cartongesso tinteggiato bianco 2≈ 12 mm 4 Rivestimento sintetico verde 5 Imbottitura in schiuma di poliuretano 6 Legno compensato sagomato 7 Listello di legno 48/48 mm 8 Ripiano del tavolo in Bambù 700/700/15 su piatto di acciaio 500/500/3 9 Tubolare di acciaio cromato Ø 60 mm 10 Rivestimento specchiante 3 mm 11 Pavimento in tavole di bambù 1820/91/15 mm
12 Pannello specchiante ondulato in materiale sintetico 305/305 mm fissato al 13 con nastro adesivo 13 Listello di legno | 30/12 mm 14 Figura in poliuretano verde, base magnetica 15 Piatto 3 mm verniciato di verde 16 Listello di legno | 12/12 mm 17 Compensato 9 mm 18 Rivestimento in bambù 5 mm 19 Tubi fluorescenti 20 Profilato di acciaio ∑ 18/18/2 mm verniciato di bianco 21 Vetro acrilico traslucido 3 mm
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Brasserie a New York Architetti: Diller + Scofidio, New York
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Philip Johnson, curando l’allestimento interno del Seagram Building edificato nel 1954–58 da Ludwig Mies van der Rohe, nel piano seminterrato progettò il ristorante Four-Seasons e una Brasserie. Quest’ultima alcuni anni fa rimase distrutta in un incendio ed è stata quindi riprogettata dagli architetti Diller e Scofidio. Una scala di vetro collega l’atrio con il ristorante e trasforma l’ingresso del cliente in una vera e propria entrata in scena. Il locale è dominato da elementi di compensato di legno di pero che contemporaneamente ne costituiscono la caratterizzazione dominante. Il guscio di legno è tagliato su uno dei lati della testata per far posto alla scala, che collega la zona d’ingresso con il piano della Brasserie, più basso di quasi un metro. I lati aperti dello spazio ospitano rispettivamente: a sinistra della scala le nicchie di seduta e sul fronte opposto, il bar. La parete di fondo di quest’ultimo è realizzata come una scatola luminosa a tutt’altezza destinata all’esposizione delle bottiglie a disposizione dei clienti. Su dei pannelli traslucidi e retroilluminati sono fissati gli alloggi delle bottiglie, il tutto è infine protetto da elementi scorrevoli di vetro anch’esso traslucido. Dietro il bar è stata ricavata una piccola sala da pranzo riservata. La Brasserie è vivacizzata dagli elementi del suo allestimento, che sistemati come un nastro di legno ad andamento curvilineo, sottraggono sobrietà al carattere dell’ambiente. Gli elementi sagomati con una leggera inclinazione verso il retro, nella parte bassa formano la prima fila delle sedute e nella parte alta si curvano verso la successiva serie di pannelli che andranno loro a sovrapporsi. Il rivestimento del pavimento è costituito da listoni di legno e i bordi verso le pareti sono stondati quasi ad assumere la forma delle sedute. In questo allestimento il gioco del vedere e dell’essere visti è un fattore fondamentale. Ogni cliente, dal momento in cui entra nell’edificio è ripreso dalle telecamere e la sua immagine è riproposta sui primi dei quindici monitor a cristalli liquidi che decorano la parte alta del bancone del bar. Il visitatore in pratica, viene riconosciuto ancor prima di metter piede all’interno del ristorante. Egli stesso, passando davanti al guardaroba allestito nell’atrio, può osservare su un monitor le persone che si affrettano all’esterno. Nel giro di pochissimo tempo il locale è riuscito a riallacciarsi alla tradizione del suo periodo migliore e, oggi a New York, ha riacquistato quel carattere di punto d’incontro alla moda. Pianta del ristorante Scala 1:400 Sezioni del ristorante Scala 1:250
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Ingresso Guardaroba Sala da pranzo Bar Piccola sala da pranzo Sedute in nicchia Cucina
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Sezione di dettaglio Scala 1:10 1 Legno compensato sagomato con impiallaccio di pero 25 mm 2 Coperchio di vetro opaco 3 Profilato di acciaio inossidabile ‰ 90 4 Profilo di acciaio inossidabile di 2≈ piatti s = 13,5 mm, si assottigliano verso l’alto fino a s = 9 mm 5 Profilo di acciaio inossidabile ∑ 110/10 mm, avvitato su ambo i lati alla struttura primaria, fissato al ballatoio dell’ingresso 6 Profilo di acciaio ∑ 60/6 mm, avvitato su ambo i lati alla struttura primaria 7 Profilo di acciaio ∑ 60/6 mm 8 Spessore di EPDM 9 Mensola di acciaio inossidabile imbullonata alla struttura portante 10 Piatto di acciaio inossidabile con basamento saldato al profilo portante 11 Piatto di acciaio inossidabile 13,5 ≈ 13,5 mm 12 Pavimento: tavole di legno duro 20 mm isolante termico letto minerale 60 mm listelli d’appoggio 40/60 mm 13 Fusione di acciaio inossidabile 14 Legno compensato con impiallaccio di pero 25 mm, perforato 15 Corpo illuminante fluorescente 16 Mandata dell’impianto di condizionamento
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A Sezione di dettaglio nicchia di seduta Scala 1:10
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1 Profilato di acciaio fissato con tasselli al solaio di cls. armato 2 Zoccolo di acciaio inossidabile 3 Profilato di acciaio inossidabile ∑ 60/30/5 mm 4 Pannello di compensato avvitato all’angolare 5 Tubolare di acciaio | 51/51/6,3 mm 6 Profilato ‰ 65 7 Profilato } 60 8 Imbottitura di vinile 9 Profilato di acciaio inossidabile rifinito a mano 10 Piede di acciaio inossidabile Ø 100 mm
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B Sezione della scala Scala 1:100 C Particolare della scala Scala 1:10 1 Pedata e alzata vetro stratificato di lastre antinfortunio temprate 2≈ 8 mm 2 Profilato di acciaio inossidabile ‰ 100 3 Cosciale di acciaio inossidabile 4 Parapetto in vetro stratificato di lastre antinfortunio temprate 2x 12 mm 5 Pavimento alla veneziana 20 mm
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2 3
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Bar ad Heidelberg Architetti: liquid architektur/landschaft, Darmstadt
Come le farfalline, i passanti che si affrettano nel buio vengono attratti dalla debole luminosità del lucente parallelepipedo. Di fronte alla stazione centrale di Heidelberg, il bar ricavato nell’atrio dell’edificio della Heidelberger Druckmaschinen, rappresenta un piacevole punto di sosta anche per i viaggiatori e non soltanto nei momenti di attesa tra un treno e l’altro. Il progetto illuminotecnico sottolinea il cambio delle funzioni del locale: l’istallazione che è stata ricavata all’interno dell’atrio di nove piani, di giorno funziona come caffè e bistro, di notte si trasforma in bar e lounge. Anche se integrato all’interno dell’area d’ingresso e delle manifestazioni, il bar è gestito in autonomia. La sua indipendenza si manifesta soprattutto nell’organizzazione spaziale dell’ambiente. Gli architetti, attraverso un volume vetrato che si staglia su due piani, hanno come incastonato insieme il bar del piano terra con il lounge del piano superiore. Come un gigantesco nastro, l’oggetto avvolge il solaio esistente della galleria. Il cubo di vetro è una forma semplice che reagisce alle varie esigenze delle singole zone. Al piano terra racchiude la zona del bancone, al cospetto della facciata vetrata principale si trasforma in un tabellone di grandi dimensioni di forte impatto visivo sull’esterno, poi al piano superiore, lo si ritrova di nuovo sotto forma di lounge arredato con mobili da salotto. Sul lato anteriore di una sottostruttura d’acciaio, sono fissate lastre di vetro temprato da 10 mm mentre quelle montate sul retro sono trattate come superfici riflettenti. I tre differenti colori dei corpi luminosi collocati nell’intercapedine immergono il volume del bar, alternativamente in una luce rossa, verde o blu e intensificano in questo modo, il suo effetto spaziale. Le pareti di fondo delle due zone bar sono di lamiera d’alluminio colorata dalle tonalità rossastre che ben si armonizzano con l’arredamento. Il design minimalista dei mobili, dai toni trattenuti nell’ambito delle sfumature del rosso, completa il linguaggio chiaro e semplice dell’allestimento. La sua sobrietà conferisce al locale una qualità dello spazio che gradevolmente si pone in contrasto con l’architettura sovradimensionata e priva di orientamento del grande atrio di nove piani.
Sezione Piante Livello d’ingresso Livello della galleria Scala 1:250
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1 2 3 4 5
Bar Atrio Lounge Doppio volume Galleria
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20 A Bar al piano terra Soffitto e bancone Sezione verticale B Particolare d’angolo Sezione orizzontale Scala 1:10 1 2 3 4
14
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5 6
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7 8 9 10 11 12
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Lamiera d’acciaio inox levigata 1,5 mm Fazzoletto in piatto d’acciaio ¡ 10 mm Traverso d’acciaio esistente Piatto d’acciaio ¡ 10 mm saldato al traverso esistente Barra filettata Vetro antinfortunio temprato 10 mm; rivestito sul retro con foglio opacizzante Telaio di acciaio inossidabile ¡ 25/5 mm rivestito internamente con foglio lumidiffusore Giunto in angolare di alluminio Controsoffitto in cartongesso 12,5 mm Piatto di acciaio ¡ 50/5 mm Tubi fluorescenti a colori RGB Sottocostruzione in tubolare d’acciaio | 60/60 mm Pannello di alluminio 5 mm, rivestimento in foglio riflettente Piano del bancone, faggio verniciato nero Vetro acrilico 4 mm bianco opaco Rivestimento del bancone acciaio inox 1 mm su pannello di truciolato 40 mm Sottocostruzione in tubolare | 40/40 mm Poggiapiedi in acciaio inossidabile ¡ 50/15 mm Profilo in acciaio inossidabile | 80/40 mm Acciaio inossidabile ¡ 50/5 mm a conclusione del 6 Distanziatore in acciaio inossidabile ¡ 50/5 mm rivestito con foglio riflettente
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Bar per uffici a Tokio Architetti: Klein Dytham architecture, Tokio
A Rappongi, un quartiere d’affari di Tokio, trovano posto gli uffici della società australiana di servizi finanziari AMP. Dal momento che gli spazi sono piccoli e costosi, gli architetti hanno organizzato le postazioni di lavoro, le salette di riunione, la reception, la zona d’attesa e il bar, tutto e soltanto su unico livello. I ristretti margini temporali ed economici hanno portato alla concezione di un ambiente insolito quanto originale. Entrando negli uffici, il visitatore si trova immediatamente di fronte ai grandi elementi scorrevoli ad arco, che come un divisorio, separano l’ingresso dall’area open-space dei posti di lavoro. Il bancone qui collocato, unisce in sé tre funzioni differenti: di giorno funge principalmente da zona di prima accoglienza e d’attesa per i clienti o da cucina per i collaboratori, verso la fine della giornata invece, quando i divisori scorrevoli sono impachettati da una parte, può essere utilizzato come un bar. Gli schermi curvi creano un volume. Il colore rosso del rivestimento suscita associazione con il paesaggio australiano ed è anche contenuto nel logo del committente. In Giappone inoltre, il colore rosso ha un significato positivo. La costruzione è semplice e altrettanto innovativa: un sottile tessuto di nylon è teso tra tubi curvi di alluminio fissati all’estremità inferiore e superiore a ruote di materiale sintetico. Il divisorio si compone di tre elementi differenti che per una leggera differenza delle dimensioni possono essere impacchettati uno sull’altro. Sedendo là sotto, l’effetto che si ricava è quello di un baldacchino rosso inarcato sopra il bar, il quale in questo modo acquisisce una dimensione molto intima. Il colore e la forma segnalano chiaramente la possibilità di gioco con entrambe le soluzioni volumetriche. Con la versione aperta si ottiene una zona schermata che separa chiaramente l’accoglienza dal lavoro, con quella impacchettata, il bancone si trasforma nel rilassante bar degli impiegati, con le gigantografie della parete di fondo che contribuiscono a creare un’atmosfera da tempo libero.
Sezione Scala 1:50 Guida di scorrimento in alto Ruota in basso Scala 1:5 1 Rullo in nylon 50 mm 2 Piatto d’acciaio ¡ 4,5 mm 3 Cartongesso 12 mm su sottostruttura di acciaio 4 Guida di alluminio 2 mm 5 Tubo di alluminio Ø 25/2 mm 6 Rivestimento nylon elastico 7 Ruote in nylon 90 mm
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Studio di architettura a Berlino Architetti: Nietz Prasch Sigl Tchoban Voss, Berlino
Pianta Scala 1:400 Sezione verticale e orizzontale Scala 1:10
Attraverso gli elementi di vetro profilato, la vita interna traspare all’esterno stilizzata e indistinta. Le pareti traslucide chiudono in modo non appariscente la sala riunioni situata al primo piano dello studio d’architettura organizzato su due livelli. Subito dietro la reception, il cubo vetrato funge anche da schermo alle postazioni di lavoro sistemate nella più grande zona attigua. Lo studio è inserito, nel centro di Berlino, all’interno di un complesso edilizio importante - Hackeschen Höfen – la cui architettura in muratura a vista ha un ruolo decisivo nella definizione dello spazio esterno ed interno. L’arredamento semplice e le pareti intonacate bianche lasciano in vista la struttura originaria dell’edificio e l’allestimento interno è orientato a principi di grande sobrietà. Gli unici due inserimenti che caratterizzano in modo originale l’ambiente sono la sala riunioni e la scala d’acciaio, che serve al collegamento interno tra i due livelli. L’utilizzo del vetro profilato nell’architettura d’interni, non rappresenta più un fatto straordinario, ma in questo caso la novità consiste nella disposizione orizzontale degli elementi. La parete d’accesso del box vetrato è fornita di porta scorrevole e i due tramezzi laterali terminano contro la parete esterna dell’edificio con una disposizione asimmetrica, che deriva dalla diversa inclinazione di quest’ultima. Il doppio divisorio di U-glass è trattenuto ai bordi da angolari d’alluminio ed è incorniciato da un telaio portante di profilati di acciaio. Sul lato interno sporgono piccole mensole di vetro profilato, fissate con adesivo agli U-glass, utilizzabili per la presentazione di progetti ed elaborati. L’impianto illuminante, piuttosto discreto, è calibrato sull’ambiente di lavoro. La sala riunioni è allestita con un soffitto luminoso schermato che, anche in situazioni di luce diurna incidente, contribuisce a creare un’illuminazione diffusa.
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Ingresso Reception Riunioni Ufficio Archivio
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1 U-glass, esterno acidato 25/60/7 mm 2 Mensola U-glass 3 Telaio in profilato d’alluminio 4 Tubolare d’acciaio ¡ 120/60 mm 5 Guida della porta scorrevole 10 6 Piatto di alluminio verniciato 7 Rinforzo interno, 9 acciaio 40/8 mm 8 Profilato a ∑, alluminio 9 Profilato di alluminio fi 80/50/3 mm, avvitato a 10 10 Montante di acciaio 50/50/5 mm 11 Angolare d’appoggio dell’U-glass ∑ 30/30 mm con spessore 11 di silicone
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Agenzia a Monaco Architetti: lynx architecture, Monaco di Baviera tools off. architecture, Monaco di Baviera
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Al visitatore, che provenendo dalla strada s’introducesse nel cortile, nulla potrebbe far sospettare che all’interno del vecchio capannone industriale trovi posto un ambiente di lavoro generosamente allestito. Grandi portoni di legno si dispongono per tutta la larghezza della facciata e una volta aperti permettono la visione interna dell’edificio. I tavoli e le panche, semplici e in legno massello, poggiano su una grande lastra di cemento armato che sembra levitare sul pavimento; un fianco della lastra si solleva ad angolo retto e delimita la zona assumendo la forma di un bancone o di un parapetto. Le persone, isolate, siedono ai tavoli e discutono, leggono o mangiano. All’interno di quest’agenzia, la caffetteria rappresenta una delle tre aree funzionali che compongono lo spazio. Per mantenerne inalterato il carattere, gli immobili esistenti, soggetti a vincoli di conservazione architettonica e monumentale, sono stati risanati e ripristinati alla loro condizione originale. Il pavimento, che ha ricevuto un rivestimento impregnante trasparente non lucido, mostra a tutt’oggi le tracce delle destinazioni precedenti. In origine il padiglione fu costruito per ospitare una rimessa per camion; con l’altezza interna prossima ai 6 m, finestre a nastro sulla pareti laterali e sul tetto a lucernario, l’interno offre oggi ai suoi occupanti un’atmosfera di lavoro luminosa e gradevole. Lo spazio interno è caratterizzato dai telai portanti a doppia cerniera che ne costituiscono la struttura ed è diviso in due ambienti di grandezza differente dalle originarie cabine-ufficio che giacciono su piani sopraelevati. La maggior parte delle postazioni di lavoro sono collocate su una piattaforma di legno rivestita di feltro. Come nella caffetteria, la pedana è leggermente sopraelevata sul livello del pavimento e si svincola dal resto dell’esistente assumendo il carattere del grande componente d’arredo. All’interno della piattaforma i posti di lavoro sono organizzati in file affiancate da bassi scaffali, divise al centro da un passaggio. Gli scaffali delimitano l’area anche lateralmente. La pedana nasconde tutti i collegamenti cablati e integra i convettori che sono stati istallati in aggiunta ai radiatori esistenti. All’interno di un’area ridotta, di fronte alla caffetteria, trova posto anche la biblioteca dell’agenzia ed è costituita da una piastra piegata ad angolo retto, lunga 8 metri, di acciaio ossidato e non trattato. Il lato sollevato costituisce una specie di paravento verso il resto dell’ambiente e scherma la zona di lettura dal resto delle attività. Gli architetti si sono avvalsi della forma e dei materiali per creare il necessario distacco tra gli elementi dell’allestimento interno e le preesistenze dell’immobile. Il nuovo si colloca all’interno del vecchio e mantiene il suo carattere originario.
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Sezioni Pianta Scala 1:400
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Reception Open space Conferenza Caffetteria Biblioteca
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Sezione biblioteca Sezione della reception Scala 1:20 1 Lamiera di acciaio non trattata 15 mm il lato risvoltato è inclinato in alto di 10 mm verso l’interno 2 Legno squadrato 140/120 mm 3 Tassello di ancoraggio M 12 4 Piatto di acciaio 8 mm avvitato al legno squadrato 5 Tubo di acciaio Ø 48,3/7,1 mm passante e saldato sulla faccia inferiore 6 Panca in acero massello 60 mm 7 Tubo di acciaio Ø 57/8 mm passante e saldato sulla faccia inferiore 8 Ripiano in acero massello non trattato 60 mm 9 Scaffali in acero massello non trattato 60 mm 10 Legno squadrato 100/100 mm 11 Profilato di acciaio ∑ 100/100 mm 12 Legno squadrato 100/100 mm 13 Pannello OSB 25 mm, rivestimento in feltro 14 Struttura di montanti in profilato d’acciaio | 50/50/5 mm 15 Pannello di truciolare 19 mm, rivestimento in feltro 16 Pannello di compensato impiallacciato 15 mm con rivestimento sintetico nero
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Biblioteca Reale a Copenhagen Architetti: Schmidt, Hammer & Lassen, Copenhagen
L’ampliamento della Biblioteca Reale è situato in uno dei punti più in vista del porto di Copenhagen. Nel 1969 lo storico edificio esistente in mattoni fu completato con l’aggiunta di una sottile stecca. Si tratta di un parallelepipedo dall’aspetto esterno monolitico, con facciate di granito super-levigate e con spigoli inclinati, che si è aggiudicato l’appellativo di “diamante nero”. L’edificio recepisce la posizione dell’asse centrale d’ingresso della vecchia biblioteca sviluppandola nel volume di un grande atrio a tutt’altezza. L’ingresso vero e proprio, attraverso il quale i visitatori raggiungono l’atrio, è collocato all’interno della stretta facciata meridionale. Qui, accanto ad una sala per manifestazioni e ad un negozio di libri, trova posto un ristorante. Una stecca di due piani, dalla forma ricurva e rivestita di arenaria grigia, accostata al lato settentrionale dell’edificio, contiene altre funzioni. Il vero ampliamento della biblioteca comincia al primo piano e si collega al vecchio edificio originario con un largo passaggio sospeso. In questa zona centrale è stata collocata l’area del prestito e della distribuzione. Le sale di lettura che si estendono su due piani sono orientate verso l’atrio, ulteriori postazioni di lavoro sono collocate nei livelli delle gallerie che sono illuminate in maniera supplementare dai lucernari. Al calar del sole l’illuminazione è garantita dai faretti integrati nel soffitto che provvedono ad una copertura priva di abbagliamento. L’illuminazione dei singoli tavoli è completata con le lampade da tavolo appositamente progettate per la biblioteca. L’allestimento interno è caratterizzato dalla presenza dell’arenaria, del calcestruzzo a vista e del legno d’acero; le luminose tonalità dei materiali non fanno altro che rimarcare il carattere generoso dell’arredo. Sia nelle sale di lettura, che nel ristorante o nel negozio, l’arredo è caratterizzato da forme semplici in piacevole contrasto con l’espressivo linguaggio formale dell’edificio. Pianta, livello delle sale di lettura Scala 1:1000 1 2 3 4 5
Sala di lettura Emeroteca Testi miniaturizzati Ufficio Distribuzione
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Tavolo della sala di lettura Sezioni • Vista dall’alto scala 1:10 1 Bordo rialzato, vetro antinfortunio 5 mm 2 Lampada in profilato d’allumino 20/40 mm, girevole e orientabile, parte alta, profilo pieno con lampada integrata, parte bassa, profilo cavo 3 Reggilibri regolabile: vetro antinfortunio 10 mm, supporti e innesti in acciaio inossidabile 4 Piano del tavolo a parchetti di acero 14 mm, pannello di MDF 16 mm, spigoli in massello di acero 5 Sottostruttura in tubolari d’acciaio 40/60 mm 6 Vassoio di cablaggio 7 Mobiletto portacomputer: struttura di tubolare d’acciaio 25/25 mm 8 Sportello in lamiera d’alluminio 1 mm, esterno verniciato, interno rivestito in feltro (isolamento acustico) 9 Sportello in pannello MDF verniciato, a chiusura magnetica a scatto 10 Targhetta numerica in acciaio inossidabile 11 Solco di demarcazione della singola postazione
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Biblioteca Nazionale a Parigi Architetti: Dominique Perrault, Parigi con Gaëlle Lauriot-Prévost
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Cromatismi poco accentuati e impiego inusuale dei materiali – l’interno della Biblioteca Nazionale vive grazie all’effetto delle superfici che, ridotte a forme chiare e semplici, sono esaltate dalla propria struttura materica. All’interno dei sei piani, in parte sotterranei, che si estendono sotto il piazzale e tra le quattro torri d’angolo, sono collocate le aree aperte al pubblico: la reception, il centro informativo, le sale di lettura e le superfici accessorie. In ognuna delle quattro torri invece, all’interno di dodici piani, trovano posto i depositi dei libri e le postazioni degli archivisti. L’arredo interno è animato dalle tonalità dei materiali scelti, in questo modo ogni area funzionale ha ricevuto una connotazione diversa. Le zone aperte al pubblico si connotano con le tonalità del rosso, dell’ocra e dell’argento, le aree specializzate per l’allestimento di manifestazioni sono caratterizzate dalle tonalità del rosso e del nero, gli spazi di collegamento invece, dall’argento dei tendaggi metallici. Le uscite verso le sale di lettura, drammaticamente plasmate da un’altezza di 30 m su una larghezza di 5 m, ricoperte dai grandi “Gobelin” di metallo, evocano l’associazione con le cattedrali medioevali. L’arredo delle sale di lettura invece si pone in contrasto con tutto ciò. La rigida geometria degli arredi lignei crea un’atmosfera di grande tranquillità e concentrazione. Diversamente da quello che avviene nelle zone di collegamento, qui la percezione volumetrica è determinata dagli elementi della struttura portante dell’edificio, pilastri e travi sono in vista e scandiscono lo spazio delle sale. Tavoli e sedie, rigidamente disposti in file ordinate, sono dominati da forme semplici e colori naturali. La disposizione dei tavoli di lettura permette al visitatore di rivolgere lo sguardo verso i grandi pini che svettano nel cortile interno. Gli elementi dell’arredo sono frutto della progettazione degli architetti: il disegno delle sedie, delle panche, dei tavoli, degli scaffali e delle lampade è basato su forme geometriche elementari, alle quali, in corrispondenza di determinati utilizzi si aggiungono ulteriori singoli elementi. I tessuti, ottenuti da maglie metalliche di vario tipo, che normalmente trovano impiego nelle tecnologie aeronautica e spaziale, o in quella per la costruzione dei filtri, sono utilizzati in funzione di tendaggio di parete e di controsoffitto fonoassorbente. Nascondono l’impiantistica e sono intelaiati o tesi in modo da creare divisori leggeri e superfici frangisole mobili. L’armonica interazione tra legno, acciaio inossidabile e cemento, il colore delle superfici e l’accurato studio dei dettagli donano agli spazi un aspetto raffinato e tranquillo. Sezione parziale aa Scala 1:1000 Pianta • sezione longitudinale Scala 1:4000
1 Sale di lettura aperte al pubblico 2 Sala di lettura per i ricercatori 3 Locali sospesi dedicati alla consultazione dei libri preziosi
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A Soffitto sospeso della sala di lettura Sezione verticale Scala 1:20 B Tessuto metallico lato stretto della torre Vista interna • Sezione verticale Scala 1:50 Sezioni di dettaglio Verticale • Orizzontale Scala 1:10
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Trama di acciaio inossidabile Profilato di acciaio inossidabile 380/10 mm Tubolare di acciaio inossidabile Ø 400/10 mm Tubolare di acciaio | 150/8 mm Trama spiraliforme acciaio inossidabile Tubolare di acciaio ¡ 120/40/8 mm Connessione mobile Molla tenditrice di acciaio
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A Scaffale per riviste, scaffale per libri Sezioni Scala 1:20 B Sedia standard viste scala 1:20 C Tavolo singolo vista Sezione orizzontale • Sezione verticale Scala 1:20 Sezione verticale Scala 1:5
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1 Scomparto fisso per riviste 2 Scomparto mobile per riviste 3 Piano del tavolo in legno interno a nido d’ape impiallacciato 60 mm 4 Vano impiantistico 5 Profilato d’acciaio 100/10 mm 6 Maglia in tessuto metallico
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Lampada a stelo unico per il tavolo Assonometria Esploso
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La Tate Modern a Londra Architetti: Herzog & de Meuron, Basilea
Dopo aver fatto visita alla mostra si prende una tazza di tè, con vista panoramica sul Thames - il ristorante al primo piano della Tate Modern rappresenta già da solo un’attrazione. La parete di fondo trattata come fosse la superficie di un grande cartellone pubblicitario e le lettere cubitali applicate sulla facciata di vetro fanno da cornice ad un ambiente arredato con discrezione. Attraverso la vetrata a tutt’altezza della stecca luminosa, che giace sulla copertura dell’edificio, il visitatore può godere dello splendido panorama sulla città e la sosta si trasforma in un happening. La vecchia Bankside Powerstation, costruita nel 1945 da Sir Gilbert Scott, ospita oggi una delle più grandi collezioni d’arte moderna. L’edificio è organizzato in tre sezioni parallele: la sala delle caldaie sul fronte del Thames, le grandi turbine al centro e sul lato meridionale l’impianto di trasformazione, nel quale ancora oggi trovano posto i trasformatori. Una larga rampa, scendendo dal lato ovest, conduce alla sala delle turbine che, in altezza e in lunghezza, attraversa l’intero edificio e ne assimila l’interno a quello di una cattedrale. Sul lato sinistro si leva la nuova facciata interna dell’ala museale, con balconate-vetrina che somigliano a grandi corpi illuminanti sospesi. I singoli livelli della mostra si affacciano qui sull’interno della grande sala e generano una congiunzione tra arte e vita pubblica, quasi mettendo in mostra il visitatore stesso. Sul lato di fronte, la facciata si presenta impermeabile perchè gli ambienti retrostanti saranno annessi al museo solo in una fase successiva. Il ponte che collega i livelli immediatamente superiori a quello principale è la parte rimanente di un solaio che originariamente ricopriva l’intera superficie. Permette una visione complessiva dello spazio della vecchia sala turbine. Dal ponte, il visitatore può raggiungere l’ala del museo con le zone espositive. Gli ambienti sono differenti tra loro per proporzioni e dimensioni e offrono superfici espositive adatte ai più vari tipi d’allestimento. La luce diurna penetra attraverso i lucernari e le grandi superfici finestrate. La vista verso l’esterno aiuta il visitatore ad orientarsi e offre splendidi scorci sul centro di Londra. Gli ambienti sono illuminati anche da bande luminose integrate nel controsoffitto di cartongesso, l’intensità é perfettamente regolabile e sono difficilmente distinguibili, dai normali lucernari. Il grande corpo luminoso che è adagiato sul tetto della massiccia fabbrica di muratura, conduce la luce diurna all’interno dei piani inferiori e di notte illumina artificialmente il cielo di Londra. Dialoga con la grande torre alta 93 m ed è diventato l’emblema, imponente, del museo.
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1 Ingresso ovest con la rampa 2 Aula d’ingresso (ex-sala turbine) 3 Negozio di libri 4 Pedagogia del museo 5 Informazioni e biglietti 6 Serbatoi del carburante (fuori uso) 7 Ponte 8 Caffetteria 9 Auditorium e aule per seminari 10 Depositi 11 Trasformatori 12 Esposizioni 13 Vuoto tra le esposizioni 14 Ristorante
Piante Sezioni Scala 1:2000 La grande scala A Sezione longitudinale Scala 1:50 B Dettaglio del parapetto Sezione trasversale Scala 1:10
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1 Trave, profilato d’acciaio Å 2 Struttura reticolare nella rampa profilato d’acciaio ‰ 3 Gradini in lamiera d’acciaio piegata 4 Rivestimento dei gradini, rovere non trattato 25 mm su pannello di compensato 12 mm 5 Struttura reticolare nel piano del parapetto, profilato d’acciaio ‰ 6 Rivestimento, lamiera d’acciaio verniciata 7 Corrimano in legno duro 8 Tubi luminosi fluorescenti
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Sezioni Scala 1:50 Particolari Scala 1:10
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1 Facciata d’alluminio con vetrocamera vetro antinfortunio, 18 + 15 + 12 mm 2 Rivestimento tessile 2 mm 3 Tubi fluorescenti 4 Cartongesso su sottostruttura 5 Guida elettrizzata con sprinkler 6 Lucernario dell’esposizione vetro antinfortunio stratificato 22 mm 7 Lastra di policarbonato, sabbiata 8 Antiabbagliante in tessuto 9 Lucernario con vetrocamera, vetro antinforunio, 8 + 15 + 12 mm 10 Antiabbagliante in tessuto, motorizzato 11 Vetro con lamina PVB opalina 10 mm 12 Vetrocamera G 30, 24 mm 13 Pavimento in cemento 75 mm 14 Mandata di ventilazione 15 Banda luminosa, alluminio 16 Profilo estruso di alluminio
Soffitto del piano delle esposizioni Scala 1:10
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Sala delle turbine Scala 1:50 A
Particolare delle balconate Scala 1:10
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1 Vetro antinfortunio stratificato 22 mm, esterno sabbiato, interno laminato in resina epossidica, opalino 2 Elemento scorrevole, vetro stratificato 13 mm esterno sabbiato 3 Tubolare d’alluminio Ø 68 mm 4 Elemento d’acciaio fresato 75/50/46 mm 5 Tubolare d’acciaio | 50/50/6 mm con piatto d’acciaio ¡ 130/10 mm saldato 6 Tubolare d’acciaio | 80/80/6 mm 7 Pannello d’alluminio con termoisolante 34 mm 8 Profilato d’acciaio ‰ 220 mm 9 Tubi fluorescenti 10 Piatto d’acciaio ¡ 12 mm 11 Profilato d’acciaio ‰ 360 mm 12 Cartongesso su sottostruttura 13 Griglia 14 Radiatore 15 Montanti del parapetto in tubolari d’acciaio Ø 60 mm 16 Corrimano in tubolare d’acciaio Ø 60 mm 17 Rovere non trattato 12 mm pannello di compensato 18 mm sottofondo in cemento 50 mm soletta in acciaio collaborante 110 mm 18 Pannello d’alluminio 45 mm 19 Tubolare d’acciaio | 200/100/5 mm 20 Profilato d’acciaio ‰ 310 mm B 21 Lastra di cartongesso, tinteggiata grigia
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Centro Congressi a Barcellona Architetto: Carlos Ferrater, Barcellona
Il »Palacio de Congresos« è situato al margine sud-occidentale di Barcellona. Questa zona, un tempo trascurata dal punto di vista urbanistico, è oggi interessata da grandi interventi edilizi che mirano alla creazione di impianti per lo sport e il tempo libero, alberghi, banche, edifici per uffici e larghe strade di uscita dal centro. Nelle immediate vicinanze del Centro Congressi, a garantire una discreta qualità urbana ci sono solo i Giardini di Torre Melina. L’articolazione dei volumi cubici dell’edificio ha creato delle cesure, che mantengono libera la vista sui Giardini e contemporaneamente denunciano all’esterno le tre funzioni d’uso principali: l’Auditorium, l’aula delle mostre con i sottostanti locali di riunione e la sottile stecca che contiene la gastronomia e gli spazi di servizio. L’interno è caratterizzato dalla presenza di superfici di calcestruzzo armato a vista che donano il proprio fascino alla maggior parte dei grandi volumi, liberi da ogni pilastro intermedio. Soltanto nella caffetteria, che si apre sul giardino con una vetrata a tutt’altezza, ci sono dei montanti di acciaio che stabiliscono dialogo con gli alberi del parco. Le zone interne di collegamento sono illuminate naturalmente dall’alto di lucernari. Nel foyer, la luce penetra all’interno da quattro aperture irregolari nella copertura, che convogliano i raggi luminosi da tutte le direzioni della volta celeste; il gioco delle zone d’ombra e di quelle illuminate esalta i volumi interni e conferisce calde tonalità al calcestruzzo a vista. La zona tra le sale è dotata di un sistema di nastri di finestre che si sovrappongono e che suddividono il lungo e stretto ambiente in tante aree trasversali. Il grande Auditorium è il cuore del complesso e conta 2050 posti a sedere complessivi. Con un divisorio la sala può essere suddivisa in due unità più piccole: una sala al livello terra da 1600 posti e una più piccola da 450, che in realtà è la galleria di quella grande. Sia la forma che la scelta dei materiali del soffitto scaturiscono da accurati studi di fisica acustica, mirati ad ottenere le condizioni ottimali di ascolto sia nell’evenienza di concerti di musica classica che di manifestazioni cinematografiche che conferenze. Il doppio soffitto ricurvo con le grandi lamelle di legno, orientate in guisa di squame aperte, serve ad ottenere un’elevata e uniforme qualità del suono in ogni parte del volume interno. Pareti e soffitti sono in pannelli di materiale ligneo, impiallacciati in legno di acero o verniciati. Il pavimento è rivestito con moquette e le poltrone sono imbottite, anche queste scelte sono determinate dall’acustica. Ogni volta che si decide di usare completamente la sala grande, la parete divisoria “scompare” all’interno di un largo vano nascosto dietro il soffitto. Questo volume, emergendo dalla copertura altrimenti quasi piana, modifica in modo determinante l’aspetto esterno della sala e conferisce all’edificio la sua caratteristica e originale silhouette. 148
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Pianta piano terra Livello dell’ingresso Pianta piano seminterrato Livello del giardino
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Ingresso Atrio Guardaroba Auditorium Foyer Aula delle esposizioni Negozio Caffè e ristorante Cucina Lavaggio Salone banchetti Sala Deposito pareti mobili Volumi componibili con le pareti mobili Ingresso al caffè e al ristorante Ambiente polivalente Sala attrezzata con tecnologie particolari Locali di servizio alle conferenze
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aa Sezione verticale Scala 1:500 Sezione di dettaglio del divisorio Scala 1:20 1 2 3 4 5
Cavo di sospensione Ø 16 mm Guida di scorrimento UPN 300 Profilato di acciaio HEB 160 Corpo illuminante Telaio in legno squadrato 55/45 mm
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6 Legno compensato 12 mm con impiallaccio di acero 7 Botola di revisione 8 Legno compensato impiallacciato 20 mm telaio in tubolare di acciaio ¡ 50/20 mm pannello di cartongesso 12 mm fonoisolante lana minerale 120 mm pannello di cartongesso 12 mm vetroresina 74 mm profilato di acciaio fi 74 mm
2≈ pannelli cartongesso 12 mm 9 Listello di acero massello 40/18 mm 10 Sottostruttura in acciaio ¡ 50/20 mm legno compensato impiallacciato 20 mm su telaio ¡ in tubolare di acciaio 100/40 mm 11 Tubolare di acciaio | 50/50 mm 12 Profilo di gomma insonorizzante 13 Pavimento in tavole 142 mm con rivestimento in tessuto 14 Tenda di tessuto
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La parete divisoria, che consente la divisione dell’ambiente in due sale separate acusticamente e quindi utilizzabili in parallelo, può essere ritirata completamente all’interno del vano tecnico verticale. A questo scopo, dietro la guida di scorrimento, trovano posto due contrappesi laterali azionati da due motori. Ogni contrappeso è a sua volta fissato con quattro cavi di sospensione che scorrendo su quattro carrucole permettono il movimento verticale della parete.
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Sala concerti a León Architetti: Mansilla + Tuñón, Madrid
León, situata a Nord-ovest di Madrid, in passato è stata la capitale della Regione Castiglia-León, alla quale ha dato il proprio nome. La città è caratterizzata da costruzioni religiose d’impressionante bellezza e gli architetti hanno cercato, con questo nuovo edificio, di stabilire una corrispondenza al passo coi tempi. La stretta stecca della galleria e il corpo parallelepipedo dell’auditorium emergono dall’insieme del complesso. La facciata della galleria, sciolta e bucata, è di cemento bianco mentre i volumi dell’auditorio sono rivestiti con lastre di marmo bianco di grande formato. La tonalità uniforme dei rivestimenti determina l’unitarietà del complesso. Dall’ingresso, che si trova nella cesura tra i due volumi, il visitatore raggiunge il foyer e da qui procede verso gli spazi della sala. Nell’interrato trovano posto depositi, servizi sanitari, spogliatoi, guardaroba e bar. L’allestimento degli ambienti accessori si basa sul cemento tinteggiato di bianco e sul rovere; nel confronto con gli spazi dell’auditorium, che sono completamente rivestiti in legno scuro di Wengé, appaiono quindi sobri ed essenziali. Con il variare dell’opera allestita, la sala può contenere tra 600 e 1200 spettatori, le file di poltrone sono organizzate in due aree che si fronteggiano, con il palco al centro. L’architettura gioca con il motto del’»guardare ed essere guardati«. La forma caratteristica dell’allestimento interno nasce dallo studio delle esigenze acustiche: l’involucro di legno è costituito da grandi fasce di legno continue, cui larghezza e orientamento si modificano continuamente. Anche le nicchie ricavate all’interno delle pareti laterali e le file delle poltrone sono state disegnate solo dopo un’attento studio della propagazione del suono. Il sistema illuminante è stato integrato nelle pareti e nel soffitto in modo da evitare qualunque interferenza al carattere della sala, che si identifica completamente nelle venature del legno scuro.
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Sezione Pianta Scala 1:1000
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Assonometria Sezione orizzontale del rivestimento di parete Scala 1:10 1 Rivestimento parete: impiallaccio di Wengé trattato laminato resistente al fuoco, spessore variabile con la posizione tubolari in acciaio zincato | 70/30 mm con materiale fonoisolante interposto, densità variabile con la posizione cartongesso 15 mm; nelle zone curve 2≈ 6mm 2 Profilato di alluminio 3 Compensato resistente al fuoco, stampato 4 Angolare di acciaio 60/60 mm 5 Parete in cls. armato bianco
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Metropolitan Express, Amburgo – Colonia Architetti: von Gerkan, Marg und Partner, Amburgo
Se non ci fosse il paesaggio a scorrere fuori dai finestrini allungati, il viaggiatore potrebbe anche pensare di trovarsi in un club-bar esclusivo – l’effetto creato dagli interni del Metropolitan è condizionato dalle comode poltrone di pelle, dai colori delicati e dai materiali pregiati. Questo treno argenteo conduce gli uomini d’affari dall’Alster al Reno in sole tre ore e venti minuti e rappresenta una valida alternativa all’automobile e all’aereo. Impiallaccio di pero scuro svizzero, acciaio spazzolato, tessuti naturali e pelle: i materiali naturali che sono stati scelti per l’arredo interno creano un’atmosfera dall’effetto solenne. Ogni convoglio, costituito da sette vagoni, offre all’utente tre tipologie di allestimento: »Office«, »Club« e »Silence«, quest’ultimo dedicato al riposo. Ognuna di queste aree offre la possibilità di fruire, secondo i propri desideri, di spazi di riunione o di lavoro oppure di relax e riposo. Il vagone dispone di sedili su tre file, di larghezza 52 cm e risulta quindi più confortevole del tradizionale ICE. Il sedile progettato exnovo s’ispira dichiaratamente alla Lounge-Chair di Charles e Ray Eames: un guscio di legno stampato contiene l’imbottitura rivestita di pelle e i cuscini poggiatesta, anche questi di pelle, sono regolabili in altezza. Nel retro del sedile è incorporato un tavolino ribaltabile, interruttori e manicotti di ventilazione sono integrati nei braccioli e nella base. I tavoli che si trovano tra i sedili frontali sono a scomparsa. Nel momento dell’accelerazione e della frenata, lo scivolamento di eventuali stoviglie o strumenti di scrittura è evitato dai bordi con inserti in pelle. Il ripiano per i bagagli, come anche la maglia di rivestimento del soffitto, sono di acciaio inossidabile, nello stesso soffitto inoltre sono state integrate delle antenne-feritoia che permettono un ricezione senza disturbi per i cellulari. Il passaggio da un materiale all’altro è mediato da giunti leggermente incassati contrassegnati da profili, orizzontali o verticali, di acciaio inossidabile. Il bordo del rivestimento del soffitto è illuminato da piccoli proiettori che integrano la luce diurna; l’illuminazione di ogni posto si completa inoltre con lampade regolabili individualmente.
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Bistro Area open space Piante • Sezioni Scala 1:50
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Cucina di bordo Bistro Area open space Bagagliaio WC Entrata Postazione di guida
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Area open space Sezione verticale Scala 1:10
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1 Campata del soffitto 1000 mm rivestimento fissato su entrambi i lati in un piano di scorrimento: maglia di acciaio inossidabile velo acustico schiuma melamminica 15 mm 2 Profilo fi di alluminio 3 Traversa, profilato Å di alluminio imbullonato tramite piattabanda saldata 4 Mandata, impianto di condizionamento 5 Proiettore con coperchio in vetro chiaro 6 Rivestimento di parete, MDF stampato 12 mm 7 Piatto di acciaio inossidabile imbullonato a 8 8 Piattabanda di acciaio inossidabile 10 mm, appesa a barra di acciaio inox Ø 12 mm 9 Tubolare di acciaio inossidabile Ø 42 mm, con numerazione dei posti incisa al laser 10 Profilato di alluminio anodizzato con corpo illuminante integrato 11 Cavedio di distribuzione elettrica 12 Attaccapanni in fusione di acciaio inox 13 Lamiera ondulata di acciaio inossidabile su telaio di acciaio inossidabile, rivestimento interno in schiuma ai silicati 14 Sportello di revisione in pero svizzero laccato 20 mm 15 Infisso in profilato di legno impiallacciato in pero svizzero laccato 16 Tendina antiabbagliamento 17 Finestrino in vetrocamera antinfortunio stratificato 12 mm + intercapedine 12 mm + stratificato 8 mm, serigrafia interna 18 Guscio stampato in pero svizzero laccato, seduta in pelle, parabordi in acciaio inox 19 Tavolino in pero svizzero laccato 20 Tubolare in acciaio inossidabile Ø 42 mm 21 Cerniera in acciaio inossidabile 22 Supporto a parete del tavolino, fusione di alluminio anodizzato 23 Moquette in tessuto di fibre sintetiche, posa a tre strati su colla parabordi in profilato di acciaio inossidabile 24 2≈ materassino in fibra di vetro, rivestimento in foglio di rame 25 Elemento di fissaggio su supporto di metallo e gomma, disaccoppiato per l’assorbimento elastico delle oscillazioni
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Nella progettazione interna la vera sfida è consistita nella capacità di adattare la selezione dei materiali naturali alle particolari prescrizioni in materia di sicurezza, che nello specifico dei convogli passeggeri richiedono un allestimento resistente al fuoco, al logoramento e privo di oscillazioni. Oltre a ciò, le forme e le strutture devono escludere qualunque possibilità di procurare lesioni alle persone e devono resistere ad un’accelerazione quintupla. Per mantenere l’ambiente interno quanto più privo di oscillazioni e vibrazioni, l’allestimento è completamente slegato dall’involucro esterno di acciaio. L’inserimento di elementi disaccoppiati all’interno del pavimento e delle pareti rende possibile l’applicazione di questo principio che potremmo definire “tubo nel tubo”. Una vernice trasparente sviluppata appositamente per questo treno sigilla in modo perfetto le superfici di legno e le rende resistenti al graffio.
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Stazione metropolitana sotterranea “Am Moosfeld” a Monaco Architetti: Sturm & Kessler, Monaco di Baviera Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer, Monaco di Baviera
Sezione della piattaforma Scala 1:400
La sequenza dei grandi caratteri, adattata alla parete leggermente curva della galleria della stazione, appare in tutta la sua vistosità al solo passaggio, segnalando al passeggero seduto il superamento della stazione di Moosfeld. Su un lato della galleria l’attenzione è attratta dalle lettere dipinte in rosso segnaletico, sull’altro dal rivestimento della parete dello stesso colore. I caratteri cubitali sono centrati rispetto alla piega orizzontale delle pareti, che nella parte superiore sono leggermente inclinate verso l’interno della galleria. L’effetto della rientranza è accentuato dalla scritta. Originariamente gli architetti avrebbero voluto dipingere le lettere direttamente sulle pareti della galleria mantenute in calcestruzzo a vista. Le difficili condizioni del terreno (la stazione è costruita completamente sotto il livello della falda) li hanno indotti a prevedere un rivestimento interno in pannelli di alluminio con le singole lettere ritagliate. Da questo espediente la scritta ricava un effetto tridimensionale che ne rafforza il carattere quasi dinamico. La stazione è concepita per imprimersi nella percezione dei viaggiatori in arrivo e in partenza, ma ancor maggiormente di solo passaggio – la visuale non è interrotta da alcuna istallazione superflua. L’arredo discreto in acciaio inossidabile retrocede rispetto all’effetto provocato dalla sequenza delle lettere cubitali e dai corpi illuminanti, progettati appositamente per questa stazione. Gli 80 paralumi sono disposti accoppiati lungo l’asse centrale della banchina e illuminano tutta la piattaforma curva della stazione. Orientati trasversalmente all’interno del volume allungato, creano un effetto scenografico di continuità. Le superfici laterali e l’impianto illuminotecnico, accentuano la forma curva della pianta e mettono in scena il principio del dinamismo.
Lampada Sezione Scala 1:20 1 Paralume in acciaio verniciato 1 mm esterno argento, interno verde 2 Occhiello di sostegno, acciaio inossidabile 3 Tubi fluorescenti 58 W con riflettore a raggio largo 4 Portalampada acciaio 10/60/1560 mm 5 Costola in acciaio ¡ 40/10 mm 6 Collegamento a vite M6 7 Tubolare di acciaio | 35/35/3 mm 8 Cavo di alimentazione 9 Costola terminale ¡ 40/20 mm
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Rivestimento di parete Banchina Sezione verticale Sezione orizzontale Scala 1:5 10 Onda di alluminio, verniciata a polvere 30/10/1,2 mm 11 Profilato di acciaio ¡ 50/30/3 mm 12 Profilato di acciaio ∑ 25/25/3 mm 13 Profilato di acciaio 30/70/3 mm 14 Profilato di acciaio ∑ 80/65/6 mm 15 Spessore in piatto di acciaio 16 Vite di ancoraggio in acciaio 17 Parete in cls. armato
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Stazione metropolitana sotterranea “Westfriedhof” a Monaco Architetti: Auer + Weber, Monaco di Baviera Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer, Monaco di Baviera
La vista che si propone al viaggiatore che entra nella stazione della metropolitana è insolita – il pensiero corre subito ad un’istallazione ambientale, di quelle che oggi si organizzano sempre più spesso nei posti più impensati, come attrazioni. In realtà le nude pareti della galleria e le lampade sovradimensionate sono parte integrante della stazione di “Westfriedhof”. Anche qui, come nella stazione “Am Moosfeld” (vedi pag. 164 e segg.), gli architetti hanno rinunciato a qualunque forma superflua di decorazione e hanno caratterizzato l’interno della stazione con un arredo ridotto, limitato a elementi sobri e discreti, inseriti nella cornice delle pareti e del solaio lasciati al rustico. I giganteschi paralumi di alluminio rimandano e contemporaneamente contrastano con il ricordo delle lampade industriali. I colori rosso, blu e giallo delle loro superfici interne controbilanciano adeguatamente l’effetto arcaico delle pareti. Le undici lampade sospese sulla banchina sono equipaggiate ognuna con dodici tubi fluorescenti. Per non disturbare l’effetto degli “ombrelli radianti” i corpi illuminanti sono collocati nelle cupole in posizione quanto più interna possibile. Al di sopra dei paralumi, le sospensioni di acciaio verniciato argento sono dotate di lampade fluorescenti che immergono le pareti e il soffitto in una luce blu. Questo tipo di illuminazione accentua il contrasto tra i grandi paralumi e le circostanti superfici di cemento.
Piattaforma Sezione trasversale Scala 1:250 Lampada a cupola Vista parziale dal basso Sezione Scala 1:50 1 Cupola di alluminio 2 mm verniciata internamente a colori con bordo rinforzato, complessivamente composta di 20 segmenti 2 Rinforzo di alluminio | 25/25/3 mm 3 Lampada a tubi fluorescenti a luce bianca calda 4 Costola di alluminio | 25/25/2,5 mm 5 Anello portante di alluminio | 40/40/4 mm 6 Coprigiunto di alluminio 2≈ 40 mm livellato e fissato con rivetti interni verniciato dopo il montaggio
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Villa a Vila Nova
Mansarda a Vienna
Appartamento a New York
Abitazione a Ito
Committente: privato Architetto: Alvaro Siza Vieira, Porto Collaboratori: Luisa Penha e João Pedro Xavier Progetto d’interni: Alvaro Siza con Luisa Penha e Cecilla Cavaca, Porto Progetto strutturale: GOP, Porto Anno di costruzione: 1994
Committenti: Andrea e Karl Vass Architetti: Erich Hubmann & Andreas Vass, Vienna Collaboratrice: Carmen Diez Medina Progetto strutturale: Gmeiner & Haferl, Vienna Opere in legno: Gattringer, Scheibbs Impresa edile e opere in calcestruzzo: Denk GmbH, Vienna Mobili e opere di falegnameria: Obermüller GmbH, Langenlois Anno di costruzione: 1995
Committente: privato Architetto: Maya Lin, Maya Lin Studio, New York con David Hotson, New York Progetto strutturale: Friedman & Oppenheimer, New York Progetto degli impianti: Ivan Pollak, I.P. Group Inc. New York Impresa edile: David Giovannitti, Inc., New York Opere metalliche: Kern/Rockenfield, Inc. (Larry King), New York Progetto illuminotecnico: Rénee Cooly Anno di costruzione: 1999
Committente: Seiichiro Sekiguchi Architetti: Motoyoshi Itagaki, Architect and Associates Collaboratore: Hiromi Sugimoto Progetto strutturale: F.S.K. Structural Design Consultants, Tokio Progetto degli impianti: Tetens Consulting Engineering Com., Ltd, Tokio Anno di costruzione: 1991
Alvaro Siza Vieira nato nel 1933 a Matoshinhos, Portogallo; Corso di Laurea in Architettura all’Università di Porto; primo incarico di progettazione nel 1954; proprio studio professionale a Porto; attività didattica presso l’Università di Porto; numerose onorificenze e partecipazioni onorarie.
Erich Hubmann nato nel 1961 a Dobl, Stiria; studio associato con Andreas Vass dal 1989; attività didattica dal 1992 presso l’Accademia di Arti Figurative, Vienna. Andreas Vass nato nel 1961 a Vienna; studio associato con Erich Hubmann dal 1989; attività didattica dal 1992 presso l’Accademia di Arti Figurative, Vienna; dal 1999 Professore Ospite a Ferrara, Italia. [email protected]
Maya Lin nata nel 1959 a Athens, Ohio; proprio studio professionale dal 1986; borsa di studio per artisti per il Wexner Center for Arts, Ohio 1993 e la Residence Pilchuck, Washington 1994; architetto ospite presso la American Academy di Roma nel 1998; attività didattica presso musei e università, tra gli altri la Harvard University e il San Francisco Museum of Modern Art.
Motoyoshi Itagaki nato nel 1940 a Hokkaido, Giappone; cresciuto a Tokio; nel 1963 termine degli studi presso la Tokyo University of Fine Arts e conferimento del Premio Ataka; dal 1963 collaborazione con Isoya Yoshida Architect & Associates; 1977 fondazione dello studio professionale Motoyoshi Itagaki Architect & Associates; 2001 attività didattica presso la University of Fine Arts, Tokio.
[email protected]
Cappella a Valleacerón
Sinagoga a Dresda
Asilo a Lustenau
Casa di moda a Monaco
Committente: privato Architetti: Sol Madridejos, J.C. Sancho Osinaga Collaboratori: Luis Renedo, Juan Antonio Garrido, Emilio Gómez-Ramos, Patricia Planell, Marta Toral, Andrey García, Javier Moreno, Martin Pozullo Anno di costruzione: 2000
Committente: Comunità Ebraica di Dresda Architetti: Wandel, Hoefer, Lorch + Hirsch, Saarbrücken Progetto strutturale: Schweitzer Ingenieure, Saarbrücken/Dresda Progetto degli impianti: Zibell Willner & Partner, Dresda Acustica e fisica dei materiali: Müller BBM, Dresda Direzione lavori: Fischer Projektmanagment, Lipsia Anno di costruzione: 2002
Committente: Comunità del Mercato, Lustenau Architetti: Helmut Dietrich, Much Untertrifaller, Bregenz Progetto strutturale: Ernst Mader, Markus Flatz, Bregenz Progetto impianto elettrico: Hecht Licht- e Elektroplanung, Rankweil Anno di costruzione: 1999
Committente: Michael e Rosy Maendler Architetti: Petzinka Pink Architetti, Düsseldorf Collaboratori: Andreas Jablonski, Michael Marx Interni: Ladenbau Schmidt, Würzburg Progetto degli impianti: Ebert Ingenieure, Monaco Bav. Impianti elettrico e illuminotecnico: Elan, Beleuchtungs- und Elektroanlagen GmbH, Colonia Anno di costruzione: 1997
Sol Madridejos nato nel 1958 a Madrid; dal 1983 collaborazione al BAU Architects con J.Carlos Sancho; 1997 fondazione dello studio associato Sancho-Madridejos; 1998 Cattedra presso la C.E.E.S. di Madrid. J.C.Sancho Osinaga nato nel 1958 a San Sebastian; dal 1983 collaborazione al BAU Architects con Sol Madridejos; 1992 dottorato presso la E.T.S.A.M. Madrid; 1997 fondazione dello studio associato Sancho-Madridejos; numerose onorificenze, premi e mostre [email protected]
Andrea Wandel nato nel 1963 a Saarbrücken. Hubertus Wandel nato nel 1926 a Meseritz. Dr. Rena Wandel Hoefer nata nel 1959 a Saarbrücken. Andreas Hoefer nato nel 1955 ad Amburgo. Prof. Wolfgang Lorch nato nel 1960 a Nürtingen/Neckar; 2001 Cattedra presso la TH di Stoccarda. Nikolaus Hirsch nato nel 1964; dal 2000 incarico didattico presso la Architectural Association, Londra. wandel-hoefer-lorch.de
Helmut Dietrich nato nel 1957 a Mellau, Austria; dal 1983 al 1986 collaboratore presso lo Studio Paolo Piva di Biella, Italia; dal 1986 propria attività professionale; collaborazione con Much Untertrifaller, Bregenz; 1994 fondazione del Dietrich/Untertrifaller Architekten; 1993 Premio Piranesi; 1994 e 1998 Premio Nazionale per il Turismo e l’Architettura; dal 2000 membro del C.d.A. del Vorarlberger Architektur Institutes. Much Untertrifaller nato nel 1959 a Bregenz; dal 1982 al 1985 collaborazione con lo Studio Much Untertrifaller sen.; dal 1986 gruppo di lavoro con Helmut Dietrich e Much Untertrifaller sen.; 1994 fondazione del Dietrich/Untertrifaller Architekten.
Thomas Pink nato nel 1958 a Amburgo; dal 1980 al 1985 ricercatore presso la RWTH Aquisgrana con Prof. J. Kohl; dal 1985 architetto libero professionista presso Kleihues, Rorup e Döring, Düsseldorf; 1994 fondazione dello studio associato con Karl-Heinz Petzinka. Karl-Heinz Petzinka nato nel 1956 a Bocholt; dal 1982 al 1983 collaboratore di O.M. Ungers; dal 1983 al 1985 assistente presso la RWTH Aquisgrana con Prof. Döring; 1994 fondazione dello studio con Thomas Pink; 1994 cattedra presso la TU Darmstadt. www.petzinka-pink.de
www.dietrich.untertrifaller.com
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Galleria di preziosi a Monaco
Negozio di cosmetici a New York
Negozio di abbigliamento a Vienna
Negozio di abbigliamento a Londra
Committente: Isabella He Architetti: Landau + Kindelbacher, Monaco di Baviera Partner di progetto: Lene Jünger Opere edili/a secco: Marcel Dittrich Bauunternehmung, Monaco di Baviera Opere di falegnameria, carpenteria metallica e vetro: Möbel Bauer, Altötting Opere di pavimentazione: Unger Thermoboden, Unterschleißheim Opere in pietra: Granit & Marmor Galerie, Gilching Anno di costruzione: 1997
Committente: Shiseido Cosmetics Architetti: ARO (Architecture Research Office); Stephen Cassell, Adam Yarinsky, New York Capoprogetto: Scott Abrahams Collaboratori: Josh Pulver, Eunice Seng, Rosalyne Shieh, Kim Yao Art Director Shiseido: Aoshi Kudo Projektdesigner Shiseido: Rikya Uekusa Progetto strutturale: Selnick/Harwood Progetto degli impianti: Lilker Associates Illuminotecnica: Johnson Schwinghammer, Inc. Tendaggi: Mary Bright, Inc. Progetto audio-visivo: Shen Milsom and Wilke Anno di costruzione: 2000
Committente: Don Gil AG Architetti: propeller z; Korkut Akkalay, Kabru, Kriso Leinfellner, Philipp Tschofen, Carmen Wiederin, Vienna Progetto strutturale: werkraum_wien Direzione lavori: Buchegger & Schmutzenhofer Impianto illuminotecnico: Christian Ploderer/VEST Acustica: David Heigner Anno di costruzione: 2000
Committente: Marni Architetti: Future Systems, Londra Collaboratori: Jan Kaplicky, Amanda Levete, Matthew Heywood, Angus Pond, Rachel Stevenson Progetto strutturale: Ove Arup & Partners, Londra General contractor: Purple Shopfitters, Londra Opere in acciaio inossidabile: Marzorati Ronchetti, Cantù, Italia Vetreria: Compass Glass + Glazing, Londra Rivestimenti interni: Liquid Plastics, Astral House, Lancashire Anno di costruzione: 2000
Gerhard Landau nato nel 1965 a Rodalben; 1992 fondazione dello studio professionale a Monaco Bav.; 1993 associazione con Ludwig Kindelbacher; attività varie d’insegnamento. Ludwig Kindelbacher nato nel 1965 a Monaco Bav.; 1993 associazione con Gerhard Landau; dal 2000 al 2001 incarico didattico presso la FH Rosenheim; numerosi premi e mostre.
1994 fondazione dello studio propeller z; numerosi concorsi. www.propellerz.at
Jan Kaplicky nato nel 1937 a Praga; dal 1969 al 1979 collaboratore, tra gli altri, presso Richard Rogers & Partners, Renzo Piano e Foster Associates; dal 1970 studio associato con Amanda Levete. Amanda Levete nata nel 1955 a Bridgend, Gran Bretagna; 1982 diploma presso la Architectural Association, Londra; dal 1980 collaboratrice presso Alsop & Lyall, Richard Rogers & Partners; dal 1970 studio associato con Jan Kaplicky. www.future-systems.com
1993 fondazione dello studio ARO ad opera di Stephen Cassell e Adam Yarinsky; entrambi i soci ricoprono vari incarichi d’insegnamento. www.aro.net
www.landaukindelbacher.de
Supermercato a Wattens
Ristorante Eat-in/Take-out a Tokio
Brasserie a New York
Bar ad Heidelberg
Committente: MPreis WarenvertriebsGmbH, Völs Architetti: Dominique Perrault, Parigi; Reichert Pranschke Maluche, Monaco di Baviera, Rolf Reichert, Monaco di Baviera Direzione lavori: MPreis WarenvertriebsGmbH, Bernhard Schiendl Collaboratori: MPreis: Hans Efferl RPM: Bernd Greger Dominique Perrault: Mathias Fritsch, Cyril Lancelin, Gaëlle Lauriot-Prévost, Ralf Levedag Progetto strutturale: Guy Morisseau, Parigi; Alfred Brunnsteiner, Natters Progetto illuminotecnico: HG Engineering, Innsbruck Progetto degli impianti: Tivoliplan, Innsbruck Anno di costruzione: 2000
Committente: Best Bridal Co.Ltd Architetti: Klein Dytham architecture; Astrid Klein, Mark Dytham, Hiroto Kubo, Tokio General contractor: D. Brain Co.Ltd Anno di costruzione: 2000
Committente: Restaurant Associates Architetti: Diller + Scofidio, New York Elisabeth Diller, Ricardo Scofidio Collaboratori: Charles Rentro, (capoprogetto), Deane Simpson Progetto strutturale: Alan Burden, Structural Environment, Tokio Progetto degli impianti: T+M Associates, Middletown, New Jersey Illuminotecnica: Richard Shaver, New York Sistemi multimediali: Scharff Weisberg, New York General contractor: Construction by Design, Hauppage, NY Anno di costruzione: 2000
Committente: Print Media Lounge GmbH; G. Fanton, G. Niedermair Architetti: liquid Architetktur/landschaft Dung, Radmacher, Schultz, Schulz Progetto strutturale: Wagner+Zeitter, Wiesbaden Interni: Heikaus GmbH, Pleidelsheim Luci: ZipLight, Heidelberg Banconi: Fa.Wolf, Heidelberg Opere in vetro: Ehrmann GmbH, Eppelheim Anno di costruzione: 2001
Astrid Klein nata nel 1962 a Varese, Italia; fondazione del Klein Dytham architecture nel 1991; 1997 incarico d’insegnamento presso la Nihon University, College of Science and Technology. Mark Dytham nato nel 1964 a Northamptonshire, Gran Bretagna, 1991 fondazione del Klein Dytham architecture; nel 2000 incarico d’insegnamento presso la Tokyo Science University. www.klein-dytham.com
Dominique Perrault nato nel 1953 a Clermont-Ferrand; proprio studio professionale dal 1981; numerosi premi e pubblicazioni. www.perraultarchitecte.com www.RPM-ARCHITETTOEN.de
Ricardo Scofidio svolge attività didattica come Professore presso la Cooper Union;
Andrea Dung nato nel 1968; studi presso la TU Darmstadt, diploma nel 1997. Edme Radmacher nato nel 1966; studi di architettura del paesaggio a Firenze; diploma nel 1995. Kerstin Schultz nata nel 1967; studi presso la TU Darmstadt, diploma nel 1997. Werner Schulz nato nel 1966; studi presso la TU Darmstadt, diploma nel 1997.
numerose mostre e pubblicazioni.
[email protected]
Elizabeth Diller è Professore di architettura presso la Princeton University.
[email protected]
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Bar per uffici a Tokio
Studio di architettura a Berlino
Agenzia a Monaco
Biblioteca Reale a Kopenhagen
Committente: AMP Japan Architetti: Klein Dytham architecture; Astrid Klein, Mark Dytham, Shimpei Tokitsu, Keisuke Inatsugu; Tokio General contractor: D. Brain Co.Ltd Anno di costruzione: 2001
Committente: Nietz Prasch Sigl Tchoban Voss Architekten BDA, Amburgo, Berlino, Dresda Architetti: Nietz Prasch Sigl Tchoban Voss Architekten BDA, Berlino; Sergei Tchoban Capoprogetto: Daniel Brand Carpenteria metallica della scala: Rainer Mantel, Bad Karlshafen Opere in vetro: Hiesinger GmbH Glaserei, con Metallbau Burhop, entrambi di Berlino Anno di costruzione: 2001
Committente: KMS Designbüro, Monaco Bav. Architetti: lynx architecture, Monaco Bav. Susanne Muhr, Volker Petereit con tools off. architecture; Andreas Notter, Eva Durant Collaboratore: Dirk Härle Anno di costruzione: 2000
Committente: Ministero Danese della Cultura/ Biblioteca Reale Architetti/Architetti paesaggisti: Arkitekterne MAA Schmidt, Hammer & Lassen K/S Progetto strutturale, progetto degli impianti: Moe & Brødsgaard A/S Impianti elettrici: Hansen & Henneberg A/S Geotecnica: Hostrup-Schultz & Sørensen A/S Acustica: Anders Chr. Gade Anno di costruzione: 1999
Astrid Klein nata nel 1962 a Varese, Italia; 1991 fondazione del Klein Dytham architecture; 1997 incarico d’insegnamento presso la Nihon University, College of Science and Technology. Mark Dytham nato nel 1964 a Northamptonshire, Gran Bretagna; 1991 fondazione del Klein Dytham architecture; nel 2000 incarico d’insegnamento presso la Tokyo Science University. www.klein-dytham.com
Wolfang Nietz nato nel 1941 a Amburgo. Alf M. Prasch nato nel 1941 a Görlitz/Slesia. Peter Sigl nato nel 1934 a Amburgo. Sergei Tchoban nato nel 1962 a Sanpietroburgo, Russia. Ekkehard Voss nato nel 1963 a Euskirchen.
Susanne Muhr nata nel 1962; dal 1994 proprio studio professionale; 1995 associazione con Volker Petereit; 2001 fondazione lynx architecture. Volker Petereit nato nel 1962; 1995 associazione con Susanne Muhr; 2001 fondazione lynx architecture. www.lynx-a.com
Morten Schmidt nato nel 1956; architetto dal 1982. Bjarne Hammer nato nel 1955; architetto dal 1982. John Foldbjerg Lassen nato nel 1953; architetto dal 1983. Kim Holst Jensen nato nel 1964; architetto dal 1991. www.shl.dk
dal 1995 lo studio associato attuale [email protected]
Biblioteca Nazionale a Parigi
La Tate Modern a Londra
Centro Congressi a Barcellona
Sala concerti a León
Committente: Ministère de Culture Architetto: Dominique Perrault, Parigi Arredamento interno: Tavoli/Scaffali: Bel S.A., Saint Jean de la Ruelle Dennery, Alfortville Bredy S.A., Saint Ouen Sitraba/Dezellus, Grigny Mobilio: Bel S.A., Saint Jean de la Ruelle Dennery, Alfortville Martin Stoll, Waldshut-Tiengen Philips Eclairage, Ivry-sur-Seine Griglie metalliche: Euroslot, Scorbe-Clairvaux-F. Tessuti metallici: GKD-Gebrüder Kufferath, Düren Sedie per la lettura: Martin Stoll, Waldshut-Tiengen Corpi illuminanti/lampade da tavolo: Philips Eclairage, Ivry-sur-Seine Anno di costruzione: 1995 Interni: 1996
Committente: Tate Gallery Architetti: Herzog & de Meuron, Basilea con Sheppard Robson + Partners, Londra Progetto strutturale: Ove Arup & Partners, Londra Facciate: Bug AluTechnic AG, Kent Carpenteria metallica: Glentworth Fabrications, Wokingham Anno di costruzione: 2000
Committente: Barcelona Projects, SA Architetti: Carlos Ferrater, José Ma Cartañá Progettista tecnico: Rafael Alabernia Collaboratore: Alberto Peñín Impresa edile: Ferrovial – Agroman Progetto strutturale: Servicios técnicos Agroman; Juan Calvo – Pondio Ingenieros Progetto degli impianti: Servicios técnicos Agroman, José Luis Renedo Acustica: Higini Arau Anno di costruzione: 2000
Committente: Ayuntamiento de la Ciudad de León Architetti: Mansilla+Tuñón, Arquitectos, Madrid; Luis M. Mansilla, Emilio Tuñón Gestione del progetto: Juan Carlos Corona, Santiago Hernán Collaboratori: Andrés Regueiro Morado,Fernando García Pino, María Linares Progetto strutturale: Ove Arup & Partners, Londra Progetto degli impianti: JG Asociados Acustica: Higini Arau Impresa: Auditorio de Leon UTE Anno di costruzione: 2002
Dominique Perrault nato nel 1953 a Clermont-Ferrand; proprio studio professionale dal 1981; numerosi premi e pubblicazioni; attività didattiche tra l’altro presso la Escola Tècnica Superior d‘Arquitectura di Barcellona e presso la ETH di Zurigo. www.perraultarchitecte.com
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Jacques Herzog nato nel 1950 a Basilea, Svizzera; 1978 studio associato con Pierre de Meuron; dal 1983 Professore Ospite, dal 1999 cattedra presso la ETH-Studios, Basilea. Pierre de Meuron nato nel 1950 a Basilea, Svizzera; 1978 studio associato con Jacques Herzog; dal 1989 Professore Ospite; dal 1999 cattedra presso la ETH-Studios, Basilea. dal 1991 associazione con Harry Gugger; dal 1994 con Christine Binswanger;
Carlos Ferrater nato nel 1944 a Barcellona; dal 1971 proprio studio professionale; dal 1987 vari incarichi d’insegnamento.
Luis M. Mansilla nato nel 1959 a Madrid; dal 1986 vari incarichi d’insegnamento.
[email protected] Emilio Tuñón nato nel 1958 a Madrid; incarichi d’insegnamento dal 1986. [email protected]
numerosi premi e onorificenze tra le quali il Premio Pritzker 2001. [email protected]
Metropolitan Express, Amburgo – Colonia Committente: Deutsche Bahn AG Architetti: gmp Architeken, Amburgo Progetto: Meinhard von Gerkan Jürgen Hillmer Direzione del progetto: Renata Dipper, Birgit Föllmer Collaboratori: Susan Krause, Frank Hülsmeyer, Maja Gorges, Kristina Kaib, Bernd Stehle, Torsten Neeland Interni: Deutsche Werkstätten Hellerau, Dresda, Abteilung Innenausbau, Herr Kühnold, ditta Gartner, Geelfingen Progetto illuminotecnico: Conceptlicht Angerer Anno di costruzione: 1999 Meinhard von Gerkan nato nel 1935 a Riga; dal 1965 associato con Volkwin Marg; dal 1974 cattedra a Braunschweig; Professore Ospite in ambito internazionale. Jürgen Hillmer nato nel 1959 a Mönchengladbach; dal 1988 collaboratore presso gmp; dal 1998 Partner di gmp. www.gmp-Architetti.de
Stazione metropolitana sotterranea “Am Moosfeld” a Monaco
Stazione metropolitana sotterranea “Westfriedhof” a Monaco
Committente: Landeshauptstadt München, U-Bahnreferat Architetti: Sturm & Kessler, Monaco Bav. Michael Sturm, Manfred Kessler Collaboratori: Dietrich Focke, Kristina Viermetz, Birgit Bernhöft, Cornelia Probstmeier Progetto strutturale: Sturm & Kessler, Monaco Bav. Progetto opere in c.a.: Baureferat U-Bahn-Bau, Div. Architettura, Monaco Bav. Allestimento interno: Sturm & Kessler, Monaco Bav. Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer GmbH, Monaco Bav. Anno di costruzione: 1999
Committente: Landeshauptstadt München, U-Bahnreferat Progetto dell’allestimento interno: Auer + Weber, Monaco Bav. Collaboratori: Stephan Suxdorf, Martina Hornhardt, Heiner Reimers Opere in c.a: U-Bahnreferat Monaco Bav. Progetto illuminotecnico: Ingo Maurer GmbH, Monaco Bav. Collaboratori: Ingo Maurer, Martin Deggelmann, Mathias Liedtke, Gerd Pfarré, Johannes Schmid Progetto strutturale: Mayr + Ludescher, Monaco Bav. Collaboratore: Christoph Naleppa Anno di costruzione: 1998
Michael Sturm dal 1968 libero professionista; dal 1994 associato con Manfred Kessler. Manfred Kessler dal 1971 libero professionista; dal 1994 associato con Michael Sturm. [email protected]
Fritz Auer nato nel 1933 a Tübingen; dal 1980 studio associato Auer + Weber; dal 1985 varie Cattedre e numerosi premi. Carlo Weber nato nel 1934 a Saarbrücken; dal 1980 studio associato Auer + Weber; dal 1980 incarichi d’insegnamento; Cattedra dal 1992, numerosi premi. Ingo Maurer nato nel 1932 a Reichenau/ Bodensee; numerosi premi. www.auer-weber.de www.ingo-maurer.com
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Autori
Christian Schittich (curatore) Nato nel 1956; Corso di Laurea in Architettura alla TU Monaco di Baviera, in seguito 7 anni di pratica professionale, attivitá di pubblicista, dal 1991 presso la redazione di DETAIL, Zeitschrift für Architektur und Baudetail, dal 1992 redattore responsabile, dal 1998 redattore capo.
Christoph Hölz Nato nel 1962; Corso di Laurea in Storia dell’arte presso le Università di Monaco e Vienna, dal 1988 ricercatore presso il Zentralinstitut für Kunstgeschichte di Monaco di Baviera, pubblicazioni di storia dell’arte e dell’architettura del XIX e XX secolo dal 1995 direttore responsabile di una collana di pubblicazioni d’arte
Ludwig Kindelbacher Nato nel 1965 a Monaco di Baviera; dal 1993 associato con G. Landau; dal 2000 al 2001 incarico didattico presso la FH Rosenheim.
Gerhard Landau Nato nel 1965 a Rodalben; nel 1992 fonda lo studio professionale a Monaco; dal 1993 associato con L. Kindelbacher; vari incarichi didattici.
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Indice delle illustrazioni Gli autori e l’editore ringraziano tutti coloro che, attraverso la concessione in uso delle immagini originali, dei diritti di riproduzione e la fornitura di informazioni hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera. Tutti i disegni contenuti in questo volume sono stati eseguiti appositamente. Le fotografie non documentate provengono dagli archivi degli architetti o dall’archivio della rivista “Detail”. Nonostante considerevoli sforzi non è stato possibile rintracciare alcuni degli autori delle fotografie e delle illustrazioni, i diritti d’autore sono tutelati. Vi preghiamo eventualmente di renderci informazioni in proposito.
Da fotografi, archivi d’immagini e agenzie: • Archives d’Architecture Moderne, Bruxelles: 2.2 • Archiv Margarete Schütte-Lihotzky presso la Universität für angewandte Kunst, Vienna: 2.6 • Bagué Trias de Bes, Alejo, Sant Just Desvern: p. 148–151, 153 • Bibliothèque Royale de Belgique, Bruxelles: 2.3 • Bildarchiv Foto Marburg, Marburg: 2.4 • Brigola, Victor, Stuttgart: p. 120–123 • Centraal Museum Utrecht, Rietveld-Schröder Archief, Utrecht: 2.10 • Cook, Peter/View, Londra: p. 141 • Couturier, Stéphane/Archipress, Parigi: 1.5 • Davies, Richard, Londra: p. 92–94 • Denancé, Michel/Archipress, Parigi: p. 129, 130–131 • Den Oudsten, Frank, Amsterdam: p. 16 (2.1) • Fessy, Georges, Parigi: p. 128, 132–137 • Freeman, Reid, New York: p. 84 • Gieshoidt, Martin e Lorusso, Romano, Baureferat Monaco Bav.: p. 164, 165 • Gilbert, Dennis/View, Londra: p. 145 • Glover, Richard/View, Londra: 1.2 • Graubner, Claus, Berlino: p. 118, 119 • Halbe, Roland, Stoccarda: p. 70, 73 in alto e in basso, 96–98 • Heinrich, Michael, Monaco Bav.: 3.3, 3.4, 3.11, 3.12, 3.13, p. 80–83 • Holzherr, Florian, Monaco Bav.: p. 30 (3.1)
• Ingo Maurer GmbH, Monaco Bav.: p. 166–169 • Joseph, David, New York: 3.6, p. 85, 87 • Koch, André, Chemnitz: p. 162 • Landecy, Jean-Michel, Ginevra: p. 139 • Leith, Marcus, Londra: p. 147 • Leiska, Heiner, Amburgo: p. 161 in alto a sinistra • Linden, John Edward, Marina Del Rey/CA: 3.16 • Linke, Armin, Milano: 3.18 • MAK – Österreichisches Museum für angewandte Kunst, Vienna: 2.7 • Malagamba, Duccio, Barcellona: p. 47, 48, 50, 51 • Martinez, Ignacio, A-Hard: p. 74–77 • Metropolitan Express Train GmbH, Bad Homburg: p. 158 • Miralles Sambola, Jordi, Barcellona: p. 152 • MoMA, New York: 2.15 • Moran, Michael, New York: 1.7, 1.9, p. 106–111 • Müller-Naumann, Stefan, Monaco Bav.: 3.8, 3.9, 3.14 • Ott, Thomas, Mühltal: p. 112–115 • Piazza, Matteo, Milano: 1.6 • Plummer, Henry, Champaign/IL: p. 8 (1.1) • Richter, Ralph/Architekturphoto, Düsseldorf: 3.7 • Richters, Christian, Münster: 1.10, p. 146 in alto • Riehle, Tomas/artur, Colonia: p. 78, 79 • Roth, Lukas, Colonia: p. 71, 73 al centro • Scharoun-Archiv, Sammlung Baukunst, Akademie der Künste, Berlino: 2.16 • Schiller, Eric, New York: 1.3, 1.4, p. 58, 59 • Schink, Hans-Christian/Punctum, Lipsia: p. 159, 160, 161 in alto a destra • Schittich, Christian, Monaco Bav.: 1.11, p. 138, 144 • Shinkenchiku-sha, Tokio: p. 63, 64, 142–143 • Spiluttini, Margherita, Vienna: p. 88–91, 146 in basso ˇ • Štecha, Pavel, Cernoice: 2.18 • Suzuki, Hisao, Barcellona: 3.17, p. 66–69, 154, 155, 157 • Takayama, Kozo, Tokio: p. 101–105, 116, 117 • Utimpergher, Paolo, Milano: p. 52, 53, 55 • Warchol, Paul, New York: p. 56, 57, 60 • Willebrand, Jens, Colonia: 1.8
Da pubblicazioni e riviste: • Boesiger, W./ Stonorov, O. (a cura di), Le Corbusier et Pierre Jeanneret Œuvre complète 1910– 1929. Zürich 1964 (p. 153): 2.12 • Heinz, Thomas A., Frank Lloyd Wright – Interiors and Furniture. Londra 1994 (p. 70): 2.5 • Le Corbusier – Mein Werk. Stoccarda 1960 (p. 66 in alto a destra): 2.11 • Mies van der Rohe – Möbel und Bauten in Stuttgart, Barcellona, Brno, Milano, 1998 (p. 194): 2.14 • Zabalbeascoa, Anatxu, Houses of the Century. Barcellona, 1998: 2.20
Foto di copertina: Tate Modern a Londra Architetti: Herzog & de Meuron, Basilea Fotografo: Shinkenchiku-sha, Tokio
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