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Italian Pages 448 [437] Year 2010
I N S T R U M E N TU M D O M E S T IC U M I NS C RI P TU M P RO VE N I E N TE D A AS C U L U M E D A L SUO T E R RIT O RIO
G I OVA N NA C IC ALA
PISA · ROMA FABRIZIO SERRA EDITORE MMX
BI B LI O T E CA D I S T U D I AN T IC HI Collana diretta da Graziano Arrighetti e Mauro Tulli Redazione : Maria Isabella Bertagna
* 91.
I N S T R U M E N TU M D O M E S T IC U M I NS C RI P TU M P RO VE N I E N TE D A AS C U L U M E D A L SUO T E R RIT O RIO
G I OVA N NA C IC ALA
PISA · ROMA FABRIZIO SERRA EDITORE MMX
Il volume Instrumentum domesticum inscriptum proveniente da Asculum e dal suo territorio è stato pubblicato con il contributo del miur. * Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc. senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2010 by Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Uffici di Pisa : Via Santa Bibbiana 28, I 56127 Pisa, tel. +39 050542332, fax +39 050574888, [email protected]
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* issn 1723-4433 isbn 978-88-6227-180-6 (brossura) isbn 978-88-6227-181-3 (rilegato) isbn 978-88-6227-295-7 (elettronico)
SOMM A R IO Premessa Prefazione La struttura del catalogo
11 13 19 i. le collezioni
1. La collezione civica di Ascoli Piceno. Dalla collezione Odoardi al Museo Archeo logico Statale di Ascoli Piceno 1. 1. La raccolta Odoardi 1. 2. Il Museo Comunale di Ascoli Piceno 1. 3. Il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno 2. La collezione Allevi
21 21 26 29 30
Appendice. La collezione Odoardi
36
ii. bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera 1. Premessa 2. Alcune considerazioni sulla bollatura delle ceramiche a vernice nera 3. La diffusione delle ceramiche a vernice nera nella regio V 3. 1. I bolli 3. 2. I graffiti 4. Bolli e graffiti noti su ceramica a vernice nera provenienti da Asculum e dal suo territorio 4. 1. La collezione civica di Ascoli Piceno 4. 1. 1. I bolli 4. 1. 2. I graffiti 4. 2. 1. I bolli su ceramica a vernice nera conservata nelle col lezioni e nei musei del territorio 4. 2. 2. I graffiti su ceramica a vernice nera conservata nei mu sei della città e del territorio 5. Un’ipotesi sulle provenienze dei reperti a vernice nera ascolani
44 46 50 50 56
Catalogo
69
57 59 59 61 62 64 64
iii. bolli e graffiti su terra sigillata italica 1. I bolli della collezione civica 2. Bolli su terra sigillata italica conservata nei musei del territorio 3. Graffiti su terra sigillata italica conservata nei musei del territorio
86 86 88
Catalogo
89
8
sommario iv. reperti anforici
1. Le anfore 1. 1. Premessa 1. 2. Bolli su anfore rinvenute nella regio V 1. 3. I bolli su anfore della collezione civica
110 110 111 115
Catalogo
116
2. Tappi di anfore 2. 1. Premessa 2. 2. Tappi e copritappi di anfore provenienti dalla regio V 2. 3. I tappi di anfora conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli e i musei del territorio
118 118 120
Catalogo
123
121
v. bolli e graffiti su ceramiche comuni 1. Premessa 2. Ceramiche comuni che imitano la sigillata africana (fine ii/iv-vii d.C.) 3. Ceramiche comuni da mensa e da dispensa (v-vi d.C.) 4. Le ceramiche comuni provenienti dalla regio V 5. Bolli e graffiti su ceramiche comuni provenienti dal territorio di Asculum 5. 1. Bollo su ceramica comune imitante la terra sigillata africana 5. 2. Graffito su ceramica comune depurata
131 131 133 133 134 134 134
Catalogo
135 vi. bolli e graffiti su lucerne
1. Premessa 2. I bolli su lucerne rinvenute nella regio V 3. Le lucerne della collezione civica 3. 1. Provenienze e contesto di rinvenimento di alcuni esemplari 3. 2. Iscrizioni e contrassegni incisi e impressi 3. 2. 1. Iscrizioni e contrassegni incisi 3. 2. 2. Iscrizioni e contrassegni impressi 4. Bolli e contrassegni su lucerne conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona ed i musei del territorio 5. Alcune considerazioni sulle lucerne esaminate 6. La lucerna falsa con Pan e il drago con bollo atimetio
146 146 150
Catalogo
156
vii. sigillo in ceramica
211
Catalogo
212
136 138 142 142 144 144 145
sommario
9
viii. signacula in bronzo 1. Premessa 2. Alcune considerazioni sulla destinazione d’uso dei signacula 3. I signacula della regio V 3. 1. La raccolta De Minicis 3. 2. I signacula provenienti dal territorio di Cupra Maritima. Le raccolte di Sciarra-Condivi e del canonico Mascaretti 3. 3. La raccolta di Francesco Maria Raffaelli 3. 4. Il signaculum di Serafino Servanzi Collio di San Severino Marche 3. 5. Le collezioni ed i rinvenimenti provenienti dal territorio teramano 3. 5. 1. La raccolta di Concezio Rosa 3. 5. 2. La raccolta di Luigi Sorricchio 3. 5. 3. La raccolta di Vincenzo Zecca 3. 5. 4. I rinvenimenti dal territorio 3. 6. I signacula delle raccolte Leopardi 3. 7. I signacula di C. Sextilus Zosimus 3. 8. I rinvenimenti recenti 4. I signacula della collezione civica 5. I signacula dispersi un tempo parte di raccolte ascolane o provenienti dall’ager Asculanus
213 214 220 220
Catalogo
234
ix. bolli su lingotti in piombo
242
Catalogo
248
220 221 221 221 221 222 222 222 223 223 225 225 231
x. instrumenta domestica inscripta della collezione civica al momento non reperibili 1. Ceramica a vernice nera 2. Terra sigillata italica ? 3. Lucerne 4. Fistula in piombo
249 249 249 250
xi. instrumenta domestica inscripta non rintracciabili provenienti da asculum e dal suo territorio 1. Vaso con iscrizione 2. Terra sigillata italica 3. Tappi di anfora 4. Dolia 5. Lucerne 6. Anello d’oro 7. Fistulae in piombo
251 251 252 252 252 254 254
10
sommario
xii. Spunti di riflessione e considerazioni conclusive
255
Bibliografia
261 Indici
Indice delle fonti Fonti di tradizione manoscritta Fonti epigrafiche Indice dei nomi Persone Luoghi di provenienza dei rinvenimenti esaminati Indice dei soggetti
301 301 302 319 319 319 321
Riferimenti fotografici e grafici Fotografie Rilievi
325 399
PR EMESSA
S
ono grata al Professor Umberto Laffi per avermi suggerito l’argomento di questa ricerca. La sua generosa disponibilità e il suo incoraggiamento sono stati un importante sostegno durante i miei anni di studi e nella stesura di questo volume. Desidero ringraziare i Professori Graziano Arrighetti e Mauro Tulli per avere accolto il mio studio nella « Biblioteca di studi antichi ». A loro e alla Dottoressa Maria Isabella Bertagna sono debitrice di importanti suggerimenti ed indicazioni per la preparazione e la stampa del volume. Questo libro non sarebbe stato possibile senza la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e dell’Abruzzo. Ringrazio in particolare il Soprintendente Giuliano De Marinis e la Dottoressa Mara Silvestrini ; la Dottoressa Nora Lucentini per avermi consentito lo studio dei reperti conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno e presso i musei civici del territorio. Consigli e suggerimenti devo anche alla Dottoressa Chiara Speranza. Fondamentale è stato altresì l’aiuto ricevuto dal Professore Stefano Papetti e dal personale della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, che mi hanno dato accesso ai materiali della collezione civica conservati presso il palazzo dell’Arengo. Il lavoro di ricognizione ha interessato numerosi musei e depositi comunali. Desidero esprimere la mia riconoscenza al personale di ciascun comune interessato dalla ricerca così come ai volontari dei locali Archeoclub. Di numerose informazioni sono poi debitrice ad Andrea Vergili, Franca Falcioni, Vermiglio Ricci e a Eraldo Vagnetti, Giuseppe Vico e Alessio Caucci. Ringrazio ancora la Dottoressa Mara Miritello per avere facilitato la mia ricognizione presso il costituendo Museo di Acquasanta Terme e le numerose informazioni sul territorio che mi ha dato. Sono riconoscente ad Antonio Giannetti per avere agevolato la mia ricerca presso il Museo Civico ‘Cellini’ ed avermi fornito preziose informazioni e aiuto concreto in diverse occasioni. La ricerca si è avvalsa della collaborazione e dell’appoggio del personale della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Marche ; ringrazio in particolare le Dottoresse Milena Mancini, Annamaria Barbanera e il Dottor Marco Betti per avere reso più agevole il lavoro presso i loro archivi. Insieme a loro ringrazio la Dottoressa Fiorenza De Cristofori, la Dottoressa Laura Chioffi e tutto il personale dell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno ; la Dottoressa Isabella Farinelli dell’Archivio Diocesano di Perugia ; il personale dell’Archivio di Stato di Perugia e dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma ; la Dottoressa Emanuela Impiccini, la Dottoressa Maria Rita Motti, e quanti presso la Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli di Ascoli Piceno hanno favorito le mie ricerche. Nel corso delle missioni nell’ascolano ho avuto modo di sperimentare l’accoglienza e la generosità degli Ascolani e trovato amicizie profonde e sincere, come
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premessa
quella che da tempo mi lega ad Adelaide e Paolo Seghetti. A loro devo molto più che consigli e suggerimenti sul mio lavoro. La stesura della mia tesi di dottorato e la redazione di questo libro sono avvenuti in un momento particolare della mia vita. Dedico questo libro con gratitudine e affetto a quanti – familiari, amici, colleghi – mi sono stati vicini.
PR EFA ZIONE
Q
uesto libro è in gran parte costituito dalla mia tesi di dottorato, discussa a Pisa nel dicembre 2006. Sebbene l’impianto della tesi sia stato in più punti rivisto e il materiale sottoposto a revisioni e integrazioni, talora anche consistenti, sotto molti aspetti lo studio è da considerarsi ancora in fieri. 1 La ricerca intrapresa si propone di realizzare un censimento, il più completo possibile, dell’instrumentum domesticum inscriptum conservato presso musei, raccolte comunali, depositi Archeoclub e collezioni private proveniente da Asculum e dal suo territorio, in continuità con il programma di indagini sul Piceno intrapreso dall’Università di Pisa, coordinato prima da Emilio Gabba e successivamente da Umberto Laffi. Il termine instrumentum domesticum designa i reperti mobili di epoca romana destinati ai più diversi usi della vita quotidiana ; comprende principalmente l’opus doliare – materiali laterizi, siano essi tegole, mattoni o coppi, dolia, 2 pelves, 3 mortaria, 4 sarcofagi, reperti anforici (anfore, tappi di anfora 5) – i vasi, le lucerne, i contenitori in vetro, i sigilli (signacula, anuli signatores), le gemme, i manufatti in oro, 6 argento, 7 bronzo 8 e piombo. 9 Iscrizioni, firme, contrassegni siano essi numerali, letterali o anepigrafi, graffiti,
1 La ricerca di reperti mobili iscritti presso alcuni musei e raccolte della regione in cui potrebbero essere confluiti materiali provenienti dall’ager Asculanus è ancora in corso. Vedi, infra : p. 17. 2 Hilgers 1969, pp. 58, 171-176 n. 140. 3 La pelvis, contenitore adoperato per lavare – vas aquarum variis rebus perluendis aptum (Non. 15.4) – non è assimilabile al mortarium, recipiente per macinare e macerare sostanze alimentari e farmaci, con il quale è confuso nel Corpus delle iscrizioni latine. Pottier 1877-1900, pp. 375-376. Pallecchi 2002, p. 38, in particolare nota 16. Hilgers 1969, pp. 73, 248-249 n. 285. 4 Sul termine mortarium : Hilgers 1969, pp. 68-70 ; 225-227 n. 248. Sui mortaria di produzione centro-italica : Pallecchi 2002. Olcese 2003, pp. 34-35, 69, 100-106. Non sono noti mortaria recanti bolli o contrassegni provenienti da Asculum o dal suo territorio. Un mortarium o un dolium recante sull’orlo impresso il bollo in cartiglio rettangolare crescentis /…caefav…rs era un tempo parte della collezione De Minicis a Fermo e risulta attualmente disperso. cil ix 6080 9 = cil xv 2422b. L’esemplare è il solo reperto riferibile a questa classe attestato nel fermano. Il bollo crescen…/ cal·fav… risulta attestato a Roma (Steinby 1981, p. 242) ; poichè nella capitale i De Minicis acquisirono di frequente reperti per la loro collezione, è probabile che il mortarium fosse di provenienza urbana, come peraltro sostenuto da Pallecchi. Pallecchi 2002, p. 105. 5 Il termine operculum designa in modo generico il tappo indipendentemente dal contenitore a cui era destinato : Hilgers 1969, pp. 70-71, 234-235 n. 269. 6 Prevalentemente gioielli, suppellex. 7 I bicchieri in argento del tesoro di Boscoreale sono stati considerati instrumenta diversamente dai bicchieri di Vicarello, in cui il carattere delle iscrizioni incise ha predominato sulla natura del supporto, avvalendo ai bicchieri la definizione di itineraria : Calabi Limentani 19914, pp. 292, 312 n. 103, 298 n. 93. Di Stefano Manzella 2007, p. 401. 8 Tra cui strigili, tintinnabula, bilance. 9 Tra cui fistulae, lingotti, glandes. Le ghiande missili, malgrado non siano in senso proprio oggetti di uso comune, sono inserite nel cil nella sezione dedicata all’instrumentum domesticum : cil ix 6086 = illrp 1089-1102.
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prefazione
scolpiti, dipinti o impressi, conservati sugli oggetti menzionati e su reperti appartenenti alle classi più diverse 1 sono raccolti in una specifica sezione del Corpus Inscriptionum Latinarum. Tradizionalmente il termine instrumentum domesticum inscriptum può designare i pesi, ma non comprende le monete, 2 e, sebbene includa i laterizi, 3 non ne fanno parte i mosaici pavimentali e gli intonaci, parti non mobili degli edifici. In diritto l’instrumentum domus è « in primo luogo, l’insieme di tutte le cose occorrenti al migliore godimento di un bene immobile o al funzionamento di un’azienda » ; 4 secondo questo principio le fistulae – alla stessa stregua di altri elementi funzionali al trasporto delle acque domestiche – non erano ritenute instrumenta, quanto piuttosto parti della domus. 5 Tutto ciò che voluptatis gratia paratur non rientra di per sé nell’instrumentum domus ; l’instrumentum differisce infatti dall’ornamentum in quanto attiene ad tutelam domus ; 6 per questo motivo sigilla e statuae, se infissi al suolo, devono essere considerati facenti parte dell’abitazione ; qualora non siano infisse assolvono alla funzione di suo ornamento. In contrasto con quanto esposto, le firme o le didascalie di artisti scolpite o incise su statue rientrano nell’instrumentum domesticum inscriptum. 7 L’instrumentum fundi comprende ea quae fructus quaerendi, 8 cogendi, 9 conservandi gratia parata sunt ; 10 tra questi ultimi figurano i dolia, 11 per i quali è significativamente precisato licet defossa non sint, 12 a sottolineare che diversamente sarebbero da considerare parte stessa dell’azienda e che requisito necessario dell’instrumentum fundi (come dell’instrumentum domesticum) è la mobilità. Recipienti 13 o vehicula, ea quae exportandorum fructuum causa parantur 14 rientrano nell’instrumentum fundi. Da questa breve disamina appare chiaro che le caratteristiche distintive dell’instrumentum ad eccezione della mobilità non sono definite, ma determinate dalla
1 Sono considerati instrumentum domesticum : i pesi, le tesserae (nummulariae, lusoriae, frumentariae), i sigilli da oculista, le sorti, i reperti in cuoio, le forme di pane rinvenute ad Ercolano : cil x, ii 8058 18 ; Loreti 1994, pp. 352-353. Sulla bollatura dei cibi : Manacorda 1993, pp. 45-46; Di Stefano Manzella 2004, c.s. 2 Papiri, pergamene, tavolette lignee o cerate inscritte e ostraka non fanno parte dell’instrumentum domesticum inscriptum, secondo quanto distinto da Harris : Harris 1993, p. 7 ; Harris 1995, p. 19. 3 Calabi Limentani 19914, pp. 291-292. 4 Arangio-Ruiz 1942, p. 59. 5 Dig. 33, 12, 24. 6 Dig. 33, 12, 16. Le tende appese nel vestibulum o tra le colonne, ad esempio, avendo funzione puramente ornamentale non possono essere considerate instrumenta ; lo sono invece qualora esse assolvano la funzione di riparare l’abitazione dalla pioggia o dal vento. Dig. 33, 7, 12 17. Arangio-Ruiz 1942, p. 60. 7 Calabi Limentani 19914, pp. 315-316 nn. 106-107. 8 Tra gli instrumenta necessari per la coltivazione figurano anche gli animali e gli uomini addetti a queste mansioni, vilici e monitores. 9 Torcularia, corbes, falces messoriae, falces fenariae. Dig. 33, 7. 8. 10 Dig. 33, 7. 8. Sull’interpretazione giuridica e la realtà economica dell’instrumentum fundi : Ligios 2000 e Marcone 2005, pp. 8-11. Sul problema se i figuli fossero o meno parte dell’instrumentum fundi (Dig. 33, 7, 25, 1), Manacorda ipotizza fossero di pertinenza della figlina, la cui produzione sarebbe stata autonoma rispetto a quella del fondo. Manacorda 1981, p. 47. 11 Dig. 33, 12, 7, 8. 12 Dig. 33, 8, 17. 13 In Dig. 33, 7, 12 1 si ricordano cuppae et culei. Il culeus o culleus aveva una misura di capacità di circa 5 ettolitri, equivalente circa alla capienza di 20 anfore. Cato, agr. 148.1. 14 Dig. 33, 7, 12 1. Manacorda 1989, p. 450.
prefazione
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tradizione e dalle convenzioni ; 1 per questo motivo le classi di materiali prese in considerazione corrispondono principalmente a quelle che figurano nel Corpus delle iscrizioni latine, dal cui spoglio ha preso avvio la ricerca svolta. I bolli rodii, un discreto numero dei quali è stato individuato durante le ricognizioni presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno, ed i laterizi, sono stati esclusi da questa indagine in quanto al loro studio nell’ambito della regio V attende Silvia Marengo. 2 Le glandes iscritte, adoperate durante l’assedio di Ascoli del 90-89 a.C., immesse a più riprese in cospicuo numero insieme ad esemplari sospetti sul mercato antiquario negli anni Settanta del 1800, furono al centro di un’appassionata querelle tra mercanti e famosi esperti d’arte come Desjardins e Bergk e studiosi come Mommsen e Gamurrini. Un numero impressionante di ghiande ascolane, autentiche e spurie, conservate presso musei d’Europa, collezioni private e antiquari sono state esaminate da Karl Zangemeister di persona o attraverso calchi e apografi. Il risultato della sua rigorosa e paziente ricerca è stato « uno studio completo ed ancora fondamentale » 3 intitolato Glandes plumbeae latinae inscriptae apparso nel 1885 nel iv volume di Ephemeris Epigraphica. 4 L’intera vicenda è stata ripresa da Umberto Laffi in Asculum II. 5 Lo studioso ripercorre la storia delle ricerche di eruditi ed esperti in connessione con la vita culturale ascolana dell’epoca e correda la cronaca dello smascheramento della frode antiquaria 6 con la corrispondenza intercorsa tra Gabrielli, allora direttore del Museo Civico di Antichità di Ascoli, e Henzen, Mommsen e Zangemeister. 7 L’esistenza di tali studi sulle ghiande iscritte non rende necessario ripercorrere l’argomento in questa sede. 8 Questo studio considera, oltre ai reperti la cui provenienza dal territorio di Asculum è accertata, anche i materiali di provenienza non determinabile che, pur non fornendo dati sicuri, rivestono un’importanza certa se si valuta che la propensione di Gabrielli, che accrebbe la collezione civica più dei suoi successori Cesare Mariotti, Alfio Ortenzi e Nereo Alfieri, per lo studio delle antichità locali era tale da indurlo a sostenere che l’interesse di qualunque raccolta fosse « quello della località » 9.
1 « Data la eterogeneità delle iscrizioni che si raggruppano nella classe dell’instrumentum domesticum, non ne è ben definita la composizione : il comprendervi alcune piuttosto che altre iscrizioni è pura convenzione ». Calabi Limentani 19914, p. 292. Dello stesso parere : Harris 1993, p. 7 ; Harris 1995, p. 19. 2 Sui laterizi nella regio V, vedi : Marengo 1981 e, in particolare, Marengo 2007b e Marengo 2007a. Sui bolli rodii provenienti dalle Marche, vedi infra, iv.1.2. I bolli su anfore rinvenute nella regio v, pp. 111. 3 Paci 1984, p. 221 ; Laffi 1982, pp. 62-69. 4 Zangemeister 1885. Mommsen volle che la sezione dello studio di Zangemeister dedicata alle iscrizioni autentiche e spurie delle ghiande ascolane e picene fosse inserita nel volume ix del cil. 5 Laffi 1982. 6 Laffi 1982, pp. 11-71. 7 Laffi 1982, pp. 93-160. 8 Sullo studio di Laffi pubblicato in Asculum II, vedi : Paci 1984, pp. 215-222 ; Traina 1986, pp. 80-85. 9 Gabrielli, Autobiografia, c. 10 v., cit. in : Laffi 1982, p. 85. Presso l’Archivio del Museo Pigorini si conserva una lettera inviata il 7 gennaio 1876 a Pigorini da Allevi ; quest’ultimo volendo assicurare allo studioso la provenienza dal territorio di uno specifico tipo di pugnale, scrisse di averne veduti analoghi presso il museo di Ascoli « ove per solito non capita anticaglia che non sia stata rinvenuta nei nostri dintorni ». Vannicola 1996, p. 93. Sulla provenienza ascolana della maggior parte dei reperti raccolti da Gabrielli, vedi : Lucentini 1987, p. 438 nota 3.
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prefazione
L’estensione dell’ager Asculanus considerata da questa ricerca corrisponde a quella definita da Gioia Conta in Asculum II. Secondo la ricostruzione della studiosa il territorio di Asculum confinava in antico a Nord con il territorio di Falerio, Firmum e, forse, Novana ; ad Ovest con il territorio di Nursia e a Sud-Ovest con Reate ; a Sud con l’ager di Interamnia Praetuttianorum ; ad Est con l’ager di Cupra Maritima e Castrum Truentinum e a Sud-Est con quello di Castrum Novum. 1 Volendo precisare l’ampiezza dell’antico territorio ascolano secondo la cartografia moderna, il confine settentrionale coincideva a Nord con il corso medio e superiore dell’Aso e comprendeva Force e Comunanza sino ai monti Sibillini ; quello occidentale proseguiva lungo il versante orientale dei monti Sibillini sino al monte Vettore, quindi a Sud sino all’altezza del passo di Torrita e Amatrice. Il confine orientale dal corso dell’Aso a Nord passava tra Ripatransone e Cossignano, includendo S. Giovanni in Strada ed Offida sino a Monsampolo e Spinetoli e proseguiva oltre il Tronto, comprendendo Nereto e forse parte del territorio del comune di Controguerra. Il confine meridionale, da Ovest correva lungo i monti della Laga seguendo probabilmente lo spartiacque tra il fiume Tordino e il Tronto ; quindi coincideva forse con l’alto corso del torrente Salinello, in antico parallelo a quello del fiume Vibrata sino a Garrufo, includendo Rocca di Morro, Lisciano e Maltignano e, forse, la stessa Garrufo. Allo scopo di rintracciare i reperti mobili classificabili come instrumenta domestica inscripta sono state effettuate ricognizioni presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno ed i musei compresi nell’ambito dell’ager di Asculum : i musei archeologici comunali di Castel di Lama, Montalto delle Marche, ‘Nicola Pansoni’ di Cossignano, Carassai, ‘Guglielmo Allevi’ di Offida, il Museo Laboratorio di Archeologia di Monsampolo del Tronto, i depositi archeoclub di Offida e Montedinove, i depositi comunali di Folignano, 2 il costituendo museo civico di Acquasanta Terme. 3 Nell’indagine ricognitiva era stato incluso anche il deposito comunale di Controguerra, dove si custodivano i reperti raccolti nel corso di ricognizioni di superficie intraprese sin dagli anni Settanta dal parroco, don Alfonso Panichi. Gioia Conta, che aveva avuto modo di esaminare la raccolta, segnala tra i materiali conservati : pesi da telaio, frammenti di ceramica a vernice nera e di terra sigillata italica, lucerne, frammenti e tappi di anfore, laterizi, fra cui una tegola recante graffito il numerale xiii e un frammento di matrice proveniente dall’area di
1 Alla ricerca di Gioia Conta sul territorio di Asculum in età romana si rimanda per le contrazioni e gli ampliamenti del territorio nel corso delle diverse fasi di vita del centro romano e per la localizzazione degli antichi centri contermini : Conta 1982, pp. 80-91. In particolare, sulla localizzazione di Novana : Plin. nat. 3, 3. Alfieri 2000, pp. 195, 203-208, Conta 1982, p. 87. In età claudiana l’ager Asculanus si estese fino alle mura di Interamnia Pretuttiorum : Frontin. De contr. 7.5 ; Laffi 1975, pp. xli-xlii ; Conta 1982, pp. 81, 466-467 ; Paci 1984, p. 216. Sull’amministrazione degli agri ex alienis territoriis sumpti, vedi Laffi 1966, pp. 200-201 ; Laffi 1975, ibidem. 2 Ringrazio Giuseppe Vico che per aver fatto sì che io abbia potuto visitare il deposito del comune di Folignano ; a lui devo le informazioni sul luogo di rinvenimento dei materiali esaminati raccolti nel corso di ricognizioni effettuate dall’Archeoclub di Folignano. 3 Ringrazio la Dottoressa Mara Miritello per avere reso possibile la mia visita presso il deposito comunale di Acquasanta Terme e Alessio Caucci per avermi fornito informazioni relative alla provenienza dei reperti.
prefazione
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una fornace. 1 Durante gli anni trascorsi da allora, don Panichi si adoperò affinché l’amministrazione del comune di Controguerra disponesse una sistemazione definitiva per la raccolta archeologica ; poiché le sue richieste non vennero accolte, il parroco consegnò la collezione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Chieti che provvide ad inventariarne i reperti e li prese in custodia. 2 Ricognizioni analoghe erano state previste presso i musei che raccolgono materiali dai territori della regio V limitrofi l’ager Asculanus : il Museo del Territorio di Cupra Marittima e il Museo Civico Archeologico ‘Cesare Cellini’ di Ripatransone che conservano prevalentemente materiali provenienti dall’ager Cuprensis. 3 Una cospicua quantità di materiali nel museo di Cupra Marittima è stata recuperata grazie alla meritoria attività trentennale del locale Archeoclub, ma il loro luogo di provenienza non è sempre noto. Il museo, aperto al pubblico nel 1999, è al momento chiuso per ristrutturazioni e non è stato sinora possibile accedere alla raccolta. Presso il Museo Civico di Ripatransone è stata effettuata una prima ricerca affiancando alla ricognizione dei materiali conservati lo spoglio del primo inventario posteriore al 1911 4 e del catalogo realizzato nel 1931 da Luigi Leporini per conto dell’allora Soprintendenza delle Antichità di Ancona ; tale controllo non ha consentito di individuare reperti provenienti dall’ager di Asculum, oltre ai noti lingotti in piombo con bolli dei Planii rinvenuti in prossimità del confine tra il territorio di Ripatransone e quello di Carassai. Risulta problematico risalire alle provenienze dei reperti del museo di Ripatransone, 5 confluiti nella raccolta civica in massima parte da collezioni private. Il primo nucleo del museo è costituito dalle donazioni al municipio del canonico Cesare Cellini e del marchese Alessandro Bruti nel 1877 ; 6 alla loro iniziativa fecero seguito i lasciti di famiglie di notabili del luogo, 7 i cui legati al comune sono andati perduti. Si conserva soltanto menzione dei donatori sulle
1 Conta 1982, pp. 297-300, in part. nota 497. 2 Alcune fotografie dei reperti raccolti si trovano nel libro di don Panichi : Panichi 2007, pp. 99, 107. 3 Sono previste ulteriori ricognizioni presso il Museo Archeologico Statale di Teramo, dove si trovano reperti dal territorio di Castrum Truentinum e di Interamnia Pretuttiorum e l‘Antiquarium di Fermo nell’ager Fermanus, dove sono conservati i reperti un tempo parte della collezione De Minicis. 4 Si tratta del Catalogo generale degli oggetti d’arte mobili conservato presso il Museo Civico di Ripatransone. Antonio Giannetti, ipotizza che i registri possano essere stati redatti da Bruti Liberati, all’epoca direttore del museo. Ringrazio Giannetti per avere agevolato le ricerche presso il museo e la grande disponibilità dimostratami. 5 Il Museo Civico di Ripatransone custodisce circa 4000 reperti ; ne sono esposti circa 500. Giannetti 2003, p. 28. 6 L’inaugurazione avvenne il 22 aprile di quell’anno. Il consiglio comunale di Ripatransone aveva deliberato nel maggio 1872 l’istituzione di un museo civico, per il quale stanziò un fondo di £ 100. L’iniziativa non sembrò aver seguito sino a quando nel gennaio del 1877, Cellini e Bruti Liberati offrirono le loro raccolte. In seguito il municipio destinò un locale nel palazzo del Comune alla raccolta e la intitolò ad Ascanio Condivi, provvedendo alle spese necessarie con un’ulteriore somma di £ 300 : Lettera inviata il 26 gennaio 1879 dal Prefetto di Ascoli Piceno a Giuseppe Fiorelli, Direttore Generale alle Antichità e Belle Arti : acs, Min. pi, ii versam. i serie 1891-1897, b. 18, fasc. 330. Beranger 1993, p. 214. Sulla storia del museo di Ripatransone : Percossi Serenelli 1989, pp. 15-17. 7 Musei privati disposti in una sala di rappresentanza o in una galleria nelle abitazioni dei notabili del erano assai diffusi sin dall’inizio del 1800. A Ripatransone erano note le raccolte delle famiglie Rotigni, Bruti Liberati, Neroni. Vannicola 1996, p. 69.
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prefazione
etichette di buona parte dei reperti. È previsto un proseguimento dell’indagine presso i fondi manoscritti della Biblioteca Comunale di Ripatransone e del Ministero della Pubblica Istruzione conservati presso l’Archivio Storico Comunale di Ripatransone finalizzato a rintracciare, ove possibile, le provenienze di reperti che rivestono interesse per la ricerca intrapresa. Lo spoglio degli inventari del Museo Nazionale di Ancona ha permesso di individuare l’instrumentum domesticum inscriptum rinvenuto durante gli scavi eseguiti intorno al 1920 ad Ascoli Piceno nell’area di porta Romana. 1 Il museo, che vanta oltre 70.000 reperti, fu istituito nel 1860 come Gabinetto Archeologico della Commissione dei Monumenti Regionale. 2 Le raccolte di Ancona subirono ingenti danni in seguito ai bombardamenti del 1943 ; a questi si aggiunsero quelli causati nel 1972 da un terremoto che determinò la chiusura del museo per sedici anni. Attualmente le collezioni sono in fase di riordino (non tutti i materiali, infatti, sono inventariati e i danneggiamenti subiti hanno provocato lo smembramento di insiemi di reperti) e la sezione romana del museo è in riallestimento. L’instrumentum domesticum inscriptum identificato presso i musei menzionati, comprende bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera e terra sigillata italica, reperti anforici (anfore, tappi di anfore), ceramiche di uso comune, lucerne, signacula in ceramica e in bronzo, lingotti ; la ricerca di archivio e lo spoglio bibliografico ha inoltre permesso di recuperare informazioni riguardanti reperti ormai dispersi o al momento non rintracciabili. 3 Il gruppo più cospicuo e significativo di reperti presi in esame appartiene alla collezione civica di Ascoli Piceno.
1 Sull’instrumentum domesticum inscriptum rinvenuto ad Ascoli Piceno, porta Romana e gli scavi eseguiti : Catalogo, n. 58 (terra sigillata italica) ; n. 78 (coperchio di anfora realizzato a matrice) ; nn. 102, 157, 158 (lucerne). Ringrazio il Soprintendente Giuliano De Marinis e la Dottoressa Mara Silvestrini per avermi consentito lo studio dei materiali attualmente conservati presso il deposito del museo di Ancona ; la Dottoressa Milena Mancini ed il Dottor Marco Betti per avere agevolato la mia ricerca nell’inventario del Museo Archeologico Nazionale di Ancona conservato presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche ; la Dottoressa Annamaria Barbanera per avermi aiutato nella ricerca d’archivio ed avere reso possibile l’esame dei materiali. 2 Dal 1906 Museo Archeologico Nazionale di Ancona. 3 Vedi infra, capitolo x. Instrumenta domestica inscripta della collezione civica al momento non reperibili, pp. 249-250, e capitolo xi. Instrumenta domestica inscripta non rintracciabili provenienti da Asculum e dal suo territorio, pp. 251-254.
LA STRUTTUR A DEL CATA LOGO
I
l catalogo è suddiviso in sezioni, ciascuna delle quali è dedicata ad una diversa classe di materiale ; all’interno di ogni sezione i materiali sono stati presentati per collezioni, musei, depositi di appartenenza. I criteri di catalogazione variano a secondo delle classi di materiali considerate : • i reperti in ceramica a vernice nera sono stati suddivisi in base alle produzioni e disposti in ordine cronologico adoperando la classificazione di Morel (1981). • i vasi in terra sigillata italica con bollo sono stati ordinati secondo i criteri adottati nell’edizione del Corpus Vasorum Arretinorum curata da Kenrick (2000). • Pavolini ha evidenziato, come dalla classificazione di Dressel in poi, quasi per ogni catalogo museale o edizione di scavo sia stata proposta una nuova classificazione formale, determinando una proliferazione di suddivisioni tipologiche che ha compromesso l’immediatezza della presentazione dei dati. 1 Questa considerazione ha indotto a fare precedere la descrizione tipologica degli esemplari schedati da concordanze di riferimento alle classificazioni in uso. La descrizione delle lucerne è preceduta da una sintetica descrizione delle suddivisioni tipologiche relative a ciascun gruppo distinto e limitata alle varianti e sottotipi presenti tra gli esemplari esaminati. Le misure di altezza e lunghezza degli esemplari sono comprensive dell’ansa. • il catalogo dei signacula della collezione civica è stato redatto in ordine alfabetico : come nel cil, gli esemplari il cui testo è in lettere greche e la cui lettura è incerta figurano per ultimi.
Le datazioni proposte, in mancanza di informazioni certe sul contesto del rinvenimento e dei materiali associati, si basano sui riscontri reperiti e sulle caratteristiche morfologiche e decorative dei reperti presi in esame. Ove possibile è stato preferito un confronto con esemplari provenienti da aree limitrofe, in alcuni casi supportati anche da base stratigrafica con lo scopo ricavare il maggior numero di informazioni intrinseche desumibili dal ciascun reperto e di metterne in risalto le corrispondenze con il territorio di provenienza. Lo spoglio della letteratura e di manoscritti e la ricerca d’archivio hanno permesso di risalire a reperti provenienti dall’ager Asculanus o un tempo facenti parte della collezione civica non ancora rintracciati o dispersi ; le informazioni raccolte sono state riportate di seguito al catalogo dei reperti esaminati. 2
Nel catalogo è riportato il numero d’inventario dei reperti, se assegnato. Nel caso della collezione civica alcuni materiali conservano oltre al più recente numero 1 Pavolini 1990, p. 442. 2 x. Instrumenta domestica inscripta della collezione civica al momento non reperibili, pp. 249-250 e xi. Instrumenta domestica inscripta non rintracciabili proveniente da Asculum e dal suo territorio, pp. 251-254.
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la struttura del catalogo
dell’inventario informatizzato contraddistinto dalla lettera k, quelli dei tre precedenti incompleti : l’ottocentesco, redatto da Giulio Gabrielli preceduto dalla sigla b.m. (Bene Mobile) ; quello stilato da Nereo Alfieri con la sigla i.c. (Inventario Comunale), in parte proseguito da Alfio Ortenzi e contraddistinto con la lettera a. 1 I Taccuini e gli scritti di Gabrielli si sono dimostrati di fondamentale importanza non solo per le annotazioni sui reperti, ma anche per la presenza di disegni che, in certi casi, hanno fornito un ulteriore aiuto per risalire alle provenienze dei materiali entrati a far parte della raccolta nell’Ottocento. Ortenzi e Alfieri, diversamente da Gabrielli, hanno inventariato sotto un unico numero più esemplari, generalmente accomunati dalla classe e non dal contesto di rinvenimento. Per ogni esemplare descritto si fornisce nel testo : • numero di inventario, se assegnato • dimensioni espresse in cm • eventuale bibliografia relativa all’esemplare considerato • bibliografia di confronto
Per quanto riguarda i reperti ceramici : colore del corpo ceramico e della vernice, indicato con il codice di riferimento della tavola Munsell (Baltimore-Maryland, 1975) ; durezza (il corpo ceramico è definito poco duro se si lascia scalfire facilmente con l’unghia, duro quando è intaccabile solo con la punta di uno strumento in metallo).
Abbreviazioni :
d. = destra lungh. = lunghezza diam. = diametro dim. = dimensioni h. = altezza inv., invv. = inventario, inventari
s. = sinistra largh. = larghezza n., nn. = numero, numeri sp. = spessore
1 Sugli inventari della collezione civica : i. Le Collezioni, pp. 28-29.
I LE COLLEZIONI 1. La collezione civica di Ascoli Piceno. Dalla collezione Odoardi al Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno 1. 1. La raccolta Odoardi
I
l primo nucleo della collezione civica di Ascoli Piceno è costituito da una serie di donazioni disposte nel 1788, 1789 e 1795 da Alessandro Maria Odoardi, 1 vescovo di Perugia, alla città dove era nato. La collezione Odoardi comprendeva antichità romane ed etrusche, oggetti religiosi e di storia naturale, maioliche e una raccolta numismatica. 2 Non è noto quali reperti fecero parte della collezione civica, tuttavia si conservano alcune sommarie descrizioni della collezione, che risalgono all’epoca dei lasciti, nei Consigli del Comune di Ascoli 3 e negli scritti di eruditi del tempo. Nel volume 133 dei Consigli, oltre ad una « nota di pesi, medaglie e monete » 4 che fecero parte della prima donazione, sono ricordati : « idoli, patere e sigilli con altri bronzi diversi sacri e profani, tra i quali uno strigilo intiero però rarissimo, vasi fittili, e donari, un’urna etrusca fittile, altra di pietra ». 5 Un elenco dei materiali donati basato sui Consigli è riportato nel manoscritto Collezione di documenti per servire ad un’operetta da intitolarsi la biblioteca pubblica di Ascoli nel Piceno dell’abate Gaetano Frascarelli. 6
1 Alessandro Maria Odoardi, figlio di Bruto II Odoardi, comandante di cavalleria sotto Paolo V, nacque nel 1732 ad Ascoli Piceno. Laureato in utroque iure presso l’Università di Macerata, dal 1757 studiò presso l’Accademia Ecclesiastica di Roma dove si legò al cardinale Braschi che, divenuto pontefice con il nome di Pio VI, lo nominò vescovo di Perugia nel 1775. Era proprietario di possedimenti nelle contrade della Lama, come attestano i catasti e gli atti notarili del tempo. Vissuto durante il tormentato periodo della Rivoluzione Francese, dopo l’ingresso dei Francesi a Perugia nel 1798, quando, nell’aprile dello stesso anno, scoppiarono moti di ribellione antifrancese, si adoperò per il mantenimento della democrazia e per evitare ulteriori tumulti. Il 29 aprile del 1798 pronunciò la lettera pastorale ‘sull’obbedienza alle autorità costituitesi in Perugia’, in cui invitava il clero e la città di Perugia a rimanere « attaccati ai pacifici sentimenti » : Odoardi 1798. Tosti 1992, pp. 463-464. Morì a Perugia il 2 febbraio 1805. Ai suoi funerali la folla accorse talmente numerosa da rendere necessario l’intervento di truppe per contenerla. In suo onore furono pronunciati due elogi funebri : il primo fu recitato a Perugia il giorno del funerale dal sacerdote Luigi Mattioli (Mattioli 1805) ; il secondo, deliberato dalle magistrature ascolane, in Ascoli il 21 dello stesso mese da Serafino Maria Massi (Massi 1805). Ritzler, Sefrin 1958, p. 334. Marucci 2006, pp. 34-37. Papetti 2006, p. 41. 2 Sulla collezione Odoardi : Orsini 1790, p. 35 ; Gabrielli 18963, pp. 8-9 ; Gabrielli, Quaderni : 16, cc. 4 r.-5 r. ; Laffi 1982, pp. 82-84. Lucentini 1999, pp. 139-143. Lucentini 2002, p. 18 ; Papetti 2006, pp. 41-45. 3 asap, asca, Consigli, vol. 133, cc. 121 r.-122 v. ; 198, cc. v.-199 r. ; vol. 137, cc. 240 r.-240 v. Laffi 1982, p. 83, in particolare nota 57. 4 Appendice Odoardi, pp. 37-38. 5 Appendice Odoardi, p. 38. 6 apbc, Frascarelli, ms. 85, cc. 141-182. Gaetano Frascarelli (1815-1883) attese a Roma agli studi per il servizio sacerdotale. Fu nominato segretario di nunziatura in Portogallo, a Lisbona, dove fu insignito
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Con il primo lascito, il vescovo Odoardi pose al Comune la condizione di disporre la sistemazione della raccolta in una sala adiacente alla libreria, che sarebbe dovuta sorgere al secondo piano del Palazzo dei Capitani del Popolo, allora sede del municipio di Ascoli. 1 Nel 1790 Baldassarre Orsini riporta nell’opera Descrizione delle pitture sculture e architetture ed altre cose rare della insigne città di Ascoli nella Marca una nota degli oggetti riferibile ai primi due lasciti del vescovo Odoardi. 2 L’elenco più completo dei materiali Odoardi di cui si dispone è quello stilato da Giulio Gabrielli, allora direttore del Museo di Ascoli, inviato il 31 marzo 1889 all’erudito perugino Anastasio Rotelli 3 e da quest’ultimo trasmesso ad Angelo Lupattelli, autore di un libro sul Museo Etrusco e Romano di Perugia. Nel testo Lupattelli, descrivendo di quali ricchezze e musei privati fosse ricca un tempo la città di Perugia, riporta il contenuto della lettera. 4 In questo studio sono stati presi in considerazione i materiali il cui luogo di rinvenimento era certo e quanti è stato possibile ritenere, con buona approssimazione, provenienti dall’ambito territoriale considerato ; l’esigenza di rintracciare la provenienza dei reperti esaminati ha indotto ad intraprendere un’indagine a latere, volta a identificare i reperti della collezione Odoardi. La ricerca, ancora in corso, è incentrata principalmente su documenti contemporanei al vescovato di Odoardi (1776-1805) conservati a Perugia presso l’Archivio Diocesano, l’Archivio Capitolare, l’Archivio di Stato e la Biblioteca Comunale Augusta, e ad Ascoli Piceno presso l’Archivio di Stato e la Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli. Per i riscontri previsti sui reperti della collezione civica ascolana sarà possibile avvalersi delle informazioni contenute nel volume manoscritto redatto da Gabrielli 5 – che costituiva parte di un inventario amministrativo relativo al museo ed alla biblioteca, nel quale è riportata parte del perduto inventario b.m. 6 – e nell’inventario della raccolta numismatica civica conservato presso la Pinacoteca Civica ; entrambi gli inventari riportano, insieme alla descrizione degli oggetti e al numero di inventario, l’indicazione ‘Odoardi’ in corrispondenza di alcuni reperti. Presso l’Archivio Diocesano di Perugia 7 è stata consultata la cronotassi dei ve
della croce di cavaliere dell’ordine di Cristo. Trascorse l’intera vita dedicandosi agli studi, consultando archivi pubblici e privati, rivolgendo in particolare il suo interesse alla storia locale. Alla sua morte lasciò alla biblioteca comunale oltre 200 manoscritti, molti dei quali riguardanti l’ascolano : Gabrielli 1840, pp. 153-156. Il manoscritto, nel quale non figura la data di redazione, è conservato presso la Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli di Ascoli Piceno. L’elenco di Frascarelli ricalca in modo pedissequo il documento comunale. 1 Appendice Odoardi, pp. 36-37 ; 38-39. 2 Appendice Odoardi, p. 42. 3 Appendice Odoardi, pp. 42-43. apbc, Carte Gabrielli, minuta della lettera inviata da Gabrielli a Rotelli il 31 marzo 1889. 4 Appendice Odoardi, pp. 42-43. 5 Il manoscritto fu redatto da Gabrielli in occasione del passaggio di consegne al suo successore, Cesare Mariotti, come attesta l’annotazione sull’ultima pagina del volume : « Ascoli Pic. 29 giugno 1899, Bibliotecario uscente Giulio Gabrielli. Il bibliotecario subentrante Cesare Mariotti ». apbc, Inventario Amm. Il manoscritto riporta circa un terzo dei numeri dell’ottocentesco inventario b.m. 6 Bene Mobile. 7 L’Archivio Diocesano di Perugia è in corso di trasferimento nei locali adiacenti la chiesa di S. Severo, a Porta Sole. Il trasloco, (reso necessario in seguito ai danni arrecati dal terremoto del 1997, che hanno reso inagibili i locali del palazzo Arcivescovile che ospitavano i fondi archivistici), ha comportato un ritardo nello spoglio dei documenti della diocesi.
le collezioni
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scovi di Perugia redatta da Serafino Silvestrini, 1 cancelliere ecclesiastico di Monsignor Odoardi, a proprio uso ; le Memorie delle famiglia Silvestrini, 2 alla cui stesura si dedicarono prima Lorenzo, figlio di Serafino e, dopo il 1871, il figlio Giuseppe, ed è stato intrapreso lo spoglio degli Acta Ecclesiastica (1644-1861), raccolta di decreti e di carteggi relativi alle attività vescovili, ordinati dallo stesso Serafino Silvestrini. La ricerca, effettuata consultando gli atti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Perugia, con l’intento di rintracciare eventuali copie degli atti di donazione eseguiti dal vescovo Odoardi in favore del comune natio, pur avendo permesso di individuare i notai Luigi Massari e Lorenzo Parigioli, a cui si rivolgeva di frequente Odoardi – tra il 1788 ed il 1789 l’operato di Luigi Massari appare quasi esclusivamente dedicato alla redazione di atti per il vescovo – non ha permesso di individuare alcun documento relativo alle donazioni. Il 2 febbraio del 1805 lo stesso notaio Massari redasse il testamento del vescovo e due serie di codicilli ad esso relativi, il 4 gennaio e il 30 marzo dello stesso anno. Nel documento Odoardi lasciò alla cattedrale di S. Emidio di Ascoli un reliquiario d’argento con le reliquie di S. Costanzo. 3 Odoardi si era rivolto al notaio Massari per redigere l’atto d’acquisto di opere d’arte di Pietro Perugino, Raffaello da Urbino e Luca Signorelli da Cortona, all’epoca di proprietà dei PP. Conventuali della Terra di Montone della diocesi di Città di Castello ; 4 secondo quanto dichiarato da Baldassarre Orsini, 5 le opere d’arte, trasferite dal vescovo ad Ascoli grazie ad un rescritto pontificio, adornarono la splendida dimora della famiglia Odoardi fin dall’anno 1787. 6 Non si può escludere che, in modo analogo a quanto testimoniato per le pitture, il vescovo abbia fatto ricorso a rescritti pontifici (richieste inoltrate al papa che giungevano al pontefice attraverso l’intermediazione del cardinale) per far pervenire ad Ascoli gli oggetti della sua collezione. Presso l’Archivio Diocesano di Perugia sono conservate le Litterae Dominorum Superiorum Urbis, lettere indirizzate dal vescovo ai propri superiori, a concili e congregazioni, e le Visite Pastorali, in cui non di rado è possibile trovare note di carattere personale riguardanti i vescovi ; può essere opportuno ricordare che, secondo quanto documentato ne Consigli, 7 la donazione eseguita da Odoardi nel 1895 avvenne nel corso di un soggiorno ascolano del vescovo. Le fonti di cui disponiamo sulla collezione Odoardi si riferiscono ad una parte dei reperti archeologici come etrusco-italici. Tra questi : pesi, urne, lo straordinario tripode in bronzo descritto da Orsini 8 (che lo studioso, riferisce, fu rinvenuto
1 « Notaro publico e cancelliere ecclesiastico per successione del suo defunto genitore Remigio ». adp, Silvestrini, Memorie, cc. 7 v.-8 r. ; Farinelli 2001, p. 28. 2 adp, Silvestrini, Memorie, c. 274 r. ; Farinelli 2001, p. 28. 3 asp, Atti Massari, 1805, c. 348 r. Il lascito è ricordato anche dal sacerdote Serafino Maria Massi nell’orazione funebre pronunciata in Ascoli in onore dell’estinto : Massi 1805, p. 33, in particolare nota 37. 4 asp, Atti Massari, 24 aprile 1782, cc. 191 v. - 197. 5 Orsini 1790, p. 71. 6 Sull’identificazione dei dipinti descritti da Orsini a palazzo Odoardi : Papetti 2006a, p. 47. 7 Appendice Odoardi, p. 39. 8 Appendice Odoardi, p. 42.
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ad Assisi, negli antichi sotterranei del Convento delle Monache di S. Quirico) e una cospicua quantità di bronzetti votivi. 1 Presso l’Archivio Capitolare di Perugia 2 è possibile siano conservati documenti relativi al vescovato di Odoardi. Il vescovo fu l’artefice di un ampliamento della cattedrale di S. Lorenzo ritenuto al tempo così ambizioso da non potere essere eseguibile. 3 Nell’eventualità già prospettata che le donazioni di Odoardi siano state disposte in concomitanza di suoi soggiorni nell’Ascolano, sono stati consultati i registri notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Ascoli Piceno relativi agli anni del suo vescovato. Lo spoglio dei registri ha permesso di identificare alcuni notai che redassero atti per la famiglia Odoardi : Filippo Nicola Bacchetti e Saverio Cristofari. 4 Il primo stilò nel 1788 il testamento di Bruno, fratello del vescovo ; il secondo ne curò le pratiche. Nel fondo pergamenaceo relativo alla famiglia Odoardi, in possesso dei discendenti della marchesa Caterina Odoardi e di Ottorino Diamanti, 5 sono conservati tre documenti relativi ad Alessandro Maria Odoardi (tra cui la lettera pontificia solenne inviata da Pio VI alla comunità della Chiesa di Perugia il 29 gennaio 1775 in occasione della sua nomina a vescovo), 6 ma nessuno di questi è inerente alle donazioni. Lo spoglio degli Istrumenti, 7 raccolte di documenti dell’Archivio Storico del Comune di Ascoli, non ha fornito alcun apporto alla ricerca. Nel 1800 la collezione Odoardi non era ancora stata provvista di un custode e pare che la circostanza abbia determinato la sparizione di alcuni oggetti. 8 Da alcune annotazioni e dalla guida sulla raccolta civica scritte da Gabrielli 9 si apprende che la collezione civica fu ordinata da p. Luigi Pastori, 10 come dichiara lo
1 Vitelli nel suo studio sui bronzetti della collezione civica ascolana ipotizza che una parte dei bronzetti del vescovo Odoardi sia identificabile nel gruppo contrassegnato dal numero di inventario i.c. 293 (inv. Ortenzi : a 61, a 66, a 23, a 26, a 27) che a suo giudizio presenta caratteristiche stilistiche omogenee. A questi bronzetti assimila gli esemplari a 42, a 37, a 76 e a 67. Vitelli 1983, pp. 9-10. Controllando le corrispondenze tra gli inventari si nota che ai bronzetti i.c. 293 furono assegnati nell’Ottocento i primi numeri dell’inventario b.m. (da 10 a 19 ; 22, 24, 25 e 27). 2 Non è stata ancora ottenuta l’autorizzazione necessaria a consultare l’Archivio, attualmente in fase di riordino. 3 Massi 1805, p. 28 note 32-33. Sulle modifiche apportate alla cattedrale di Perugia : da Campagnola, pp. 393-394 ; Gabriejelcic 1992, pp. 525, 533. 4 L’attività di Filippo Nicola Bacchetti iniziò nel 1756 e si protrasse sino al 1805 (voll. 4124-4145) ; quella di Saverio Cristofori dal 1744 al 1791 (voll. 3950 bis-4031). 5 Il fondo, forse costituito da Bruto II Odoardi, padre del vescovo, si compone di 34 pergamene (12231874) e da un documento cartaceo del 1638. Ciotti 2006, p. 89. Marucci 2006, p. 57. 6 Si tratta della pergamena, la cui trascrizione curata da Laura Ciotti è stata recentemente pubblicata : Marucci 2006, p. 145 n. 32. 7 asap, asca, Istrumenti. Sono stati consultati i volumi dall’anno 1759 sino al 17 marzo 1779 e dal 27 marzo 1779 sino al 30 aprile 1789. 8 Appendice Odoardi, p. 40. Laffi 1982, p. 83 nota 57. 9 Gabrielli, Quaderni : 16, c. 4 v. ; Gabrielli 18933, pp. 8-9. 10 Luigi Pastori (1735-1816), nativo di Arcevia (Ancona), ma conosciuto col nome religioso di Luigi Pastori da Cingoli, fu priore del Convento di S. Agostino ad Ascoli Piceno. Maestro di teologia e studioso di vasta erudizione, soprattutto nel campo dell’archeologia e della paleografia, riordinò
le collezioni
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stesso religioso agostiniano in un suo manoscritto : « il museo della città di Ascoli fu da me ordinato nel 1811 ». 1 Secondo quanto riportato da Gabrielli, 2 Pastori fu anche autore di un manoscritto Indice di Medaglie, e Monete antiche consolari imperiali e di città in oro, argento e metallo stilato nel 1795 sulle monete della collezione Odoardi. Presso la Biblioteca Civica di Ascoli Piceno figurano due cataloghi manoscritti di raccolte numismatiche redatti dal religioso. La data di composizione ed il frontespizio del manoscritto 39 hanno permesso di identificare l’opera, redatta nell’anno dell’ultima delle donazioni disposte dal vescovo, fondamentale per risalire alla composizione e alla consistenza della raccolta numismatica Odoardi. 3 L’abate Gaetano Frascarelli inserisce una nota 4 in calce all’elenco dei materiali della prima donazione Odoardi copiato dai Consigli ; il religioso racconta che, quando tra il 1830 ed il 1860 attendeva per un incarico al riordino dell’Archivio municipale di Ascoli, ebbe modo di visitare il museo civico, sito nella stanza attigua ai locali in cui lavorava. « Con sommo rammarico mio non vi trovai che pochissimi oggetti di tutto ciò sopra notato ed offerto in dono dal benemerito patrizio ascolano Odoardi, vescovo di Perugia, ad Ascoli sua patria ». 5 L’abate riferisce che alle sue domande sulla sorte dei materiali sottratti della raccolta fu risposto che gli oggetti erano stati sottratti per l’incuria di chi avrebbe dovuto provvedere alla loro custodia. 6 Nel 1850 fu trasferita nei locali annessi al museo la collezione di reperti naturalistici di Antonio Orsini, 7 nella quale sono in seguito confluiti gli oggetti di storia naturale della collezione Odoardi. Frascarelli sostenne nel suo scritto che la pregevole raccolta di Orsini fu dispersa « dallo scioperato nipote » ed erede. 8 Particolare interesse riveste la nota aggiunta nel 1886 in calce al manoscritto di Frascarelli da Gabrielli. Quest’ultimo non risparmia il suo disprezzo per lo scritto dell’abate che definisce « tiritera » e « falsità chiara e lampante » 9 e, riferendosi alle vicende del museo Orsini, sostiene che la raccolta non solo non fu dispersa, ma anzi accresciuta ed ordinata dal nipote, il cav. Tranquilli ; quanto alla ricostruzione fornita dall’abate sui furti di materiali della raccolta Odoardi, dichiara : « I doni
l’Archivio Storico del Comune di Ascoli e quello della famiglia Sgariglia. Fu attivo nell’Accademia truentina, legata all’Arcadia, col nome di Polisseno Caristio. Il Comune di Ascoli ha acquistato i suoi manoscritti attualmente conservati presso la Biblioteca Comunale Gabrielli. Castelli 1899 ; Agostiniani 1989. 1 Gabrielli, Quaderni : 16, c. 5 r. apbc, Pastori, ms. 37, c. 69 v. 2 Gabrielli scriveva : « Il sud. indice, quantunque non firmato, è intieramente scrittura del Pastori ». Gabrielli, Quaderni : 16, c. 5 v. 3 La raccolta civica numismatica è in corso di studio da parte della scrivente. Appendice Odoardi, pp. 37-38 ; 40 ; 42 ; 43. 4 Appendice Odoardi, p. 41. 5 Appendice Odoardi, p. 41. 6 Appendice Odoardi, p. 41. Tra le risposte raccolte dall’abate anche quella di un cittadino che insinuava che la maggior parte dei reperti del museo fosse stata trafugata nella vicina città di Fermo. La rivalità tra Ascoli e Fermo si accrebbe nel 1860 in seguito all’annessione di Fermo alla provincia di Ascoli : Laffi 1982, p. 92 nota 95. 7 Su Antonio Orsini (Ascoli Piceno, 9 febbraio 1788 - 18 giugno 1870), senatore del Regno : Laffi 1982, p. 83 nota 59. Sull’istituzione del museo Orsini : asap, Archivio della Prefettura. Il museo Orsini ha trovato oggi sistemazione nei locali dell’antica cartiera di Ascoli Piceno. 8 Appendice Odoardi, p. 41. 9 Appendice Odoardi, p. 41.
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Odoardi possono essere controllati colla nota del tempo e vedersi nel museo attuale delle antichità ». 1 L’affermazione di Gabrielli fornisce conferma dell’esistenza di un elenco dettagliato degli oggetti della raccolta Odoardi, che l’ascolano poteva evidentemente consultare, purtroppo non ancora supportata da informazioni che consentano di individuarlo.
1. 2. Il Museo Comunale di Ascoli Piceno La raccolta Odoardi rimase dimenticata sino al 1865, quando nel clima di rinnovato interesse per la storia locale che fece seguito all’Unità, il Sindaco di Ascoli rivolse dalle pagine dell’Eco del Tronto 2 un appello ai concittadini, invitandoli a cedere gli oggetti antichi di cui erano in possesso in favore del costituendo museo civico. 3 Nell’estate del 1866 il Museo, annesso alla Biblioteca e alla Pinacoteca, fu aperto al pubblico ; la sua organizzazione fu affidata a Giulio Gabrielli (1832-1910), 4 già bibliotecario e direttore della Biblioteca Comunale e custode della Galleria del Comune dal 1861. 5 Gabrielli ricoprì l’incarico di direttore del Museo Civico sino al 1899 e, non avendo compiuto studi in materia di antichità, si dedicò con impegno a migliorare le proprie conoscenze attraverso la lettura di testi specifici e la visita di numerosi musei di città italiane, animato dall’intento di accrescere la propria competenza sulla classificazione dei materiali archeologici, come si evince dallo spoglio dei suoi Taccuini e Quaderni, disseminati di frequenti schizzi e descrizioni dei reperti che aveva avuto modo di esaminare. Grazie alla dotazione da parte del Comune, di una modesta somma annua destinata a nuovi acquisti, Gabrielli intraprese di propria iniziativa la raccolta di reperti archeologici rinvenuti ad Ascoli e nel territorio, fortuitamente o dopo aver convinto i proprietari dei fondi a condurre scavi in proprio. Nominato Ispettore Onorario del Ministero 6 (incarico che ricoprì dal 1878 al 1905), la sua attività di tutela e di ricerca si estese alle valli del Tronto, del Salino, della Vibrata e del Tesino ; 7 ebbe
1 Appendice Odoardi, pp. 41-42. 2 L’invito del sindaco comparve sul n. 51 del terzo anno del quotidiano (23 luglio 1865). Il testo dell’appello è trascritto da Gabrielli sul quaderno 16 : Gabrielli, Quaderni : 16, cc. 1-2 r. Laffi 1982, pp. 83-84. 3 Un elenco dei materiali donati, completo dei nomi dei benefattori è conservato presso l’Archivio di Stato di Ascoli Piceno : asap, asca, Affari speciali, busta 2. Gabrielli ricordava in particolare la prima donazione, un busto in marmo di Cicerone, da parte di un certo Lauria insieme ai considerevoli contributi di Mucciarelli e Paci : Gabrielli, Quaderni : 16, c. 2 r. Nei primi anni ’70 del 1800 la collezione accolse i lasciti Vecchi e Mazzoni di provenienza meridionale. Non si dispone di indicazioni che consentano di identificare questi materiali. Lucentini 1999, p. 142 ; Lucentini 2002, p. 18. 4 Un esaustivo profilo biografico di Giulio Gabrielli, con particolare riferimento ai suoi scritti, è stato curato da Umberto Laffi : Laffi 1982, pp. 72-92 ; Buonocore 2003, p. 23 nota 38 ; Buonocore 2004, p. 86 nota 263 ; Marcone 2004, p. 221. Pignocchi 2006, nota 91. Il nipote Riccardo, basandosi sulle memorie dello stesso Gabrielli (apbc, Carte Gabrielli, busta 1, fasc. 2, sottofasc. 1) ne pubblicò un breve ritratto : Gabrielli 1909, pp. 58-62 ; Gabrielli 1948, pp. 171-175. 5 La Giunta municipale deliberò la sua nomina il 17 giugno 1861. Laffi 1982, pp. 79-80. Sulla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno : Papetti 1995. 6 Laffi 1982, pp. 87-88. 7 Lucentini 1999, p. 140.
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modo di seguire personalmente alcuni scavi nell’ascolano, tra cui il più noto nell’alveo del Castellano in collaborazione con l’Istituto Archeologico Germanico per dirimere la questione delle ghiande missili. 1 Gabrielli intrattenne rapporti con Henzen, 2 Zangemeister 3 e in particolare con Mommsen, 4 per il quale provvide anche alla raccolta di dati relativi al materiale epigrafico proveniente da Asculum e dal territorio per l’edizione del ix volume del Corpus Inscriptionum Latinarum. I suoi meriti gli valsero oltre all’apprezzamento personale di Mommsen, la nomina a socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma nel 1877. 5 Fu inoltre in corrispondenza con Pigorini, 6 Fiorelli, 7 De Rossi, 8 Cellini, 9 Gamurrini e noti studiosi dell’epoca. Nell’adempimento delle sue mansioni, Gabrielli non tralasciò di prendere visione di raccolte di collezionisti privati marchigiani, tra cui il museo di Annibale Borri 10 e di Concezio Rosa, 11 sia alla ricerca di iscrizioni per la redazione del Cor
1 Sulle ghiande missili ascolane e sul dibattito che coinvolse gli studiosi dell’epoca : Laffi 1982. 2 Il carteggio tra Gabrielli e Henzen (1877-1885) è stato pubblicato da Laffi : Laffi 1982, pp. 142-160. 3 Laffi ha curato l’edizione del carteggio tra Gabrielli e Zangemeister (1877-1885) : Laffi 1982, pp. 125-141. 4 Laffi ha curato l’edizione del carteggio intercorso tra Gabrielli e Mommsen (1876-1887) : Laffi 1982, pp. 96-124. 5 cil ix, 94. Laffi 1982, p. 93. 6 apbc, Carte Gabrielli. 7 apbc, Carte Gabrielli ; asap, Buste Prefettizie. 8 Gabrielli, Quaderni : 16 cc. 19-21 ; Laffi 1982, p. 87. 9 Sul canonico Cellini : Premessa, p. 17. 10 Gabrielli scriveva che Annibale Borri « aveva un museo abbondante ed il migliore che fosse in Ascoli » : Gabrielli, Quaderni : 16 c. 11 r. Frascarelli riporta « 1766 esisteva in Ascoli un ricco museo di medaglie antiche ed altre rarità pure antiche nella casa Borri ». Gabrielli, Taccuini : 49 (1884), c. 69 r. ; Frascarelli, ms 17, c. 130 r. « Delli nobili signori d. Annibale e capitano Niccola Borri fratelli. Non si esca di qui senza aver considerato i monumenti dell’antiquaria, che l’erudito chiarissimo soggetto tiene raccolti in parecchie medaglie antiche, de’ bassi tempi, e della età moderna. Gran quantità di antiche monete in argento, e massimamente delle ascolane, ci ravvisai sigilli, anelli, armille, chiavette, con vari idoletti, tra i quali ci è un buon numero di Ercoli ; oltre i priapi, amuletti e s. due antiche lucerne, l’una delle quali è di forma bellissima. Ammirabili sono alcuni pezzetti di bronzo, ciascuno effigiato con due paia di corni bovini. Parecchi dardi di piombo coi nomi delle nazioni per uso de’ fundibulari. Delle ampolle lagrimatorie, ed altre rarità, delle quali non tengo memoria ». Orsini 1790, pp. 147-148. Devo l’informazione alla cortesia di Paolo Seghetti. Sui signacula della collezione Borri : viii.5 Signacula dispersi un tempo parte di raccolte ascolane o provenienti dall’ager Asculanus, pp. 231-233 ; 240-241. 11 Concezio Rosa (Castelli, 10 aprile 1824 - Corropoli, 30 marzo 1876), medico condotto con la passione per l’archeologia, raccolse a Corropoli una collezione di rilievo. I reperti preistorici provenienti dalla Valle della Vibrata furono acquistati alla sua morte dallo Stato e sono attualmente conservati a Roma, presso il Museo Preistorico ed Etnografico Pigorini. Tra le opere di Rosa ricordiamo : Ricerche di archeologia preistorica nella valle della Vibrata ed in altri luoghi dell’Abruzzo Teramano, Firenze, 1871 ; Scoperte paletnologiche fatte nella valle della Vibrata ed in altri luoghi dell’Abruzzo Teramano nel 1873 dal Dott. Concezio Rosa. Memoria letta nell’adunanza della Società di Antropologia e di Etnologia del 20 dicembre 1873 ; Le antichità nella valle della Vibrata. Studi del Dott. C. R., « Rivista Abruzzese di Scienze Lettere ed Arti » ii, 1887, pp. 391-397 ; Studi di preistoria e di storia, Teramo, 1912. Sul museo Rosa : una segnalazione su ghiande missili iscritte parte del museo Rosa si trova nella lettera inviata da Zangemeister a Gabrielli in data 26 settembre 1878 (Carteggio Gabrielli-Zangemeister, Carte Gabrielli, ii) pubblicata da Laffi : Laffi 1982, p. 135 ; Zangemeister 1885, p. 143 n. 89 ; Conta 1982, p. 56, in part. nota 4. Dallo spoglio del cil ix si ricava che a Corropoli, presso il museo Rosa erano conservate le iscrizioni : cil ix 5153, 5173, 5174, 5175 e 5176. La collezione comprendeva anche instrumenta domestica : laterizi : cil ix 5165 ; 6078 81a e 169 ; lucerne : cil ix 6081 33i e 65f ; signacula ex aere : 6083 17, 128 e 152 ; instrumentum ex lapide : 6087 2. I materiali pubblicati furono esaminati da Dressel. Sui manoscritti e gli studi di Rosa : Cerulli Irelli 1980, pp. 8-16.
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pus delle iscrizioni latine, sia in vista dell’acquisizione di reperti per la collezione civica. A Gabrielli va riconosciuto il merito di avere compreso, precorrendo i tempi, che i criteri puramente antiquari di raccolta del materiale archeologico erano superati e di avere attribuito importanza ai rinvenimenti provenienti dal territorio, anche a quelli apparentemente modesti, valutandone l’interesse per la storia locale 1. Gabrielli accrebbe considerevolmente la collezione civica ; al termine del suo incarico essa comprendeva almeno 9.650 reperti 2 che si può presumere fossero in massima parte di provenienza locale. Il suo successore alla direzione della Biblioteca e del Museo, Cesare Mariotti, si adoperò affinché i reperti fossero trasferiti al Palazzo dei Capitani, dove poteva disporre di maggiore spazio da destinare all’esposizione. 3 Mariotti lamentava infatti che per la mancanza di spazio : « le collezioni in oggetti appartenenti ad epoche le più lontane si trovavano a contatto con quelle di epoche molto posteriori ». 4 In occasione del nuovo allestimento ritenne più opportuno disporre i reperti in nuclei organici e distinti in successione in base all’epoca di pertinenza. 5 Questa operazione comportò che i reperti fossero smembrati dagli insiemi originari con la conseguente perdita di informazioni sul contesto del rinvenimento. I materiali di epoca romana furono esposti nella terza e nella quarta sala ; la prima fu destinata alla suppellettile in bronzo distinta in due gruppi : oggetti di uso comune (pesi, stadere, chiavi, sigilli, aghi crinali, lucerne, ecc.) e oggetti sacri (tripodi, bronzetti votivi) ; un posto a parte fu destinato alle ghiande missili, in prossimità delle quali fu murato il noto bassorilievo in travertino raffigurante i frombolieri. 6 Nella seconda sala furono esposti in gruppi distinti « i marmi, le terrecotte e i vetri, pavimenti ». 7 La quinta sala ospitava alcuni materiali rinvenuti negli scavi eseguiti presso la necropoli di Castel Trosino e oggetti religiosi un tempo parte della collezione Odoardi. Nel corso di questo cambiamento di disposizione i reperti furono provvisti solo di cartellini che recavano informazioni generiche sulla provenienza. 8 Il Museo Civico rimase chiuso dal 1938 fin dopo la guerra, quando nel 1947 Nereo Alfieri ricevette dalla Soprintendenza alle Antichità l’incarico di revisionare i materiali della collezione civica ; già a quell’epoca molti dei cartellini attaccati ai reperti con le indicazioni di provenienza erano andati perduti. 9 Alfieri intraprese
1 Lucentini 1999, p. 140. 2 Ultimo numero del Registro dei Beni Mobili del Comune di Ascoli Piceno. La stima si basa sull’abitudine di Gabrielli di assegnare un numero a ciascun reperto. 3 Al museo furono destinate alcune sale nella parte occidentale del palazzo in corrispondenza di via del Trivio. Mariotti 1942, p. 362. 4 Mariotti 1942, p. 362. 5 Mariotti 1942, pp. 27, 362 ; Lucentini 1999, pp. 140-141 ; Pignocchi 2006, p. 299. 6 Il rilievo raffigurante i frombolieri (k 4406 ; i.c. 1405) riferito alla Guerra Sociale è attualmente esposto nel Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno. Profumo 2002, fig. 110. Altri reperti di epoca romana (frammenti statuari e architettonici, le iscrizioni pubblicate nel cil) furono esposti nei locali del primo piano. Mariotti 1942, p. 364. 7 Mariotti 1942, p. 363 ; 8 Mariotti 1942, p. 363 ; Lucentini 1999, p. 141. Pignocchi 2006, p. 299. 9 Lucentini 1999, p. 141.
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un nuovo inventario (i.c.), 1 dal quale furono esclusi i reperti ritenuti di minore importanza e in cui a ciascun gruppo di reperti fu attribuito un numero. 2 Alfio Ortenzi, successore dell’Alfieri, proseguì l’opera d’inventario assegnando altri 585 numeri distinti dai precedenti dalla lettera a. 3
1. 3. Il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno Nel 1968, in occasione dei lavori di restauro e di ristrutturazione del palazzo dei Capitani del Popolo, i reperti della collezione civica furono trasferiti a palazzo Panichi, attuale sede del Museo Archeologico Statale, dove furono conservati sino al termine del restauro dell’edificio intrapreso dalla Soprintendenza ai Monumenti di Ancona. Nel giugno 1981 alcuni rappresentanti del Comune firmarono al Ministero una convenzione in base alla quale la collezione civica, pur rimanendo di proprietà comunale, fu affidata alla Soprintendenza per i Beni Archeologici. Una piccola parte dei reperti della collezione civica – tra cui alcuni materiali esaminati in questo studio, 4 alcune iscrizioni, l’intera raccolta numismatica – è tuttora conservata presso i depositi della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, dove era rimasta dopo il censimento dei materiali del 1981. 5 Dal 1984 Nora Lucentini, direttrice del Museo Archeologico Statale, ha disposto il riordino dei quasi quindicimila reperti della collezione civica attraverso l’assegnazione di un nuovo inventario informatizzato contraddistinto dalla lettera ‘k’, a fronte dei tre precedenti incompleti, avviando contemporaneamente una ricerca volta ad identificare eventuali insiemi di reperti provenienti da uno stesso contesto attraverso la comparazione delle fonti disponibili per la collezione. 6 Una lettura cursoria del volume redatto da Gabrielli 7 che conserva parte dell’inventario b.m. consente di identificare un esiguo numero di materiali provenienti non dal territorio ascolano, ma da Roma, Capua, Cupra Marittima e dal teramano. 8
1 Inventario Comunale. 2 Alcune indicazioni sui materiali che non furono contrassegnati dal nuovo inventario di Alfieri si trovano nelle Relazioni del 1 dicembre 1944 e del 23 aprile 1948, conservate ad Ancona presso l’Archivio Vecchio della Soprintendenza Archeologica per le Marche (Cass. 4/ 9), riportate in : Lucentini 1999, p. 141, n. 8 ; Lucentini 2002, p. 21. 3 Lucentini 2002, p. 21 ; Lucentini 1999, p. 141 nota 8. 4 I frammenti : in ceramica a vernice nera b.m. 6164 e b.m. 1504 ; in terra sigillata : b.m. 6162, b.m. 6163, b.m. 5804 ; la lucerna a canale b.m. 4248. 5 Nel 1981 fu realizzato un censimento dei reperti conservati presso il Museo Archeologico di Ascoli in occasione della stipula della convenzione (11 giugno 1981), in base alla quale si affidava la collezione alla Soprintendenza Archeologica per le Marche. La numerazione provvisoria adoperata durante la verifica non fu trascritta sui materiali. Lucentini 1999, pp. 141-142 ; Lucentini 2002, p. 21. Al testo della Convenzione è allegato un elenco dei materiali della collezione civica che si arresta al numero 11813. Devo l’informazione alla cortesia di Paolo Seghetti. 6 Nell’indagine gli scritti di Gabrielli rivestono particolare importanza : Bassanti 2000, pp. 65-78 ; Lucentini 1999, p. 143. 7 Sul volume manoscritto con l’inventario b.m., vedi supra, p. 22, nota 5. 8 Tra questi : le lucerne (b.m. 1081-1088), i balsamari (b.m. 1089-1098) e gli aghi crinali (b.m. 1098) provenienti da Roma ; i vasi in ceramica a vernice nera (b.m. 692-695) provenienti da Capua ; i vasi in ceramica a vernice nera (per esempio b.m. 347) e i manufatti in bronzo (b.m. 353-356) provenienti da Cupra Marittima.
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giovanna cicala 2. La collezione Allevi
I materiali raccolti da Guglielmo Allevi sono generalmente riconosciuti di grande interesse, ma privi di adeguata documentazione. 1 Guglielmo Allevi (Offida, 20 aprile 1834-30 novembre 1896), figlio di Giambattista Allevi, vice console del governo austriaco nello Stato Pontificio, e di Maria Castellucci, portò a compimento gli studi classici a Macerata e si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza a Bologna. Durante il terzo anno di studi fu coinvolto nei moti studenteschi per l’Unità d’Italia e, ricercato dalla polizia, fece ritorno in Offida, dove proseguì la militanza politica. Nel 1859 si accingeva a partire per l’Austria con il fratello Giuseppe per prendere parte alla guerra, ma la salute malferma lo costrinse a rinunciare all’impresa. Dopo la battaglia di Castelfidardo (18-9-1860) fece parte ad Offida del Comitato Rivoluzionario. 2 Le sue idee repubblicane e anticlericali fecero sì che fosse sottoposto a sorveglianza speciale da parte delle forze dell’ordine e che subisse processi e perquisizioni. 3 Le difficoltà lo indussero a trasferirsi prima in Svizzera e poi in Germania, dove trascorse un lungo soggiorno. 4 Sin dal suo ritorno in Offida nel 1873, Allevi si appassionò alla querelle tra gli eruditi marchigiani sulle antiche origini della sua città. 5 Animato dall’intento di reperire testimonianze che potessero essere risolutive, seguì i lavori di sterro intrapresi in proprietà Morganti per la costruzione di una nuova strada per Appignano. Il presunto rinvenimento di una ‘terramara’ lo indusse a proporre al municipio di contribuire a finanziare i suoi scavi ; 6 questa scoperta segna l’inizio della sua attività di ricerca. In seguito provò a coinvolgere finanziariamente negli scavi anche il Ministero, 7 che gli richiese un progetto su eventuali altri siti da includere nelle ricerche e un preventivo che tenesse conto delle spese relative ad ulteriori scavi ritenuti da lui opportuni. 8 Il metodo di scavo adoperato da Allevi, sia per le necropoli, sia per i resti dell’edificio che egli ritenne il ‘tempio dell’Ophis’, consiste in una serie di trincee scavate a diversa profondità a seconda dell’occorrenza, e disposte a distanza più o meno regolare sull’intera ampiezza della superficie indagata. Allevi riteneva in questo modo di ottenere il massimo risultato con una minima spesa. 9
1 Sul museo Allevi di Offida : D’Ercole 1977 ; Conta 1982, pp. 243-244 ; Vannicola 1996, pp. 69-73. Su Allevi : Pignocchi 2006, p. 300 nota 99. 2 Le notizie sulla vita di Allevi sono state ricavate dall’articolo di Camilli pubblicato il marzo 1996 sul numero 216 di Flash (a. 17, p. 24). 3 Supra, ibidem. 4 Supra, ibidem. 5 Vannicola 1996, p. 19. Pignocchi 2006, p. 300 nota 101. 6 Offida, asc, cart. 610/ 611, 1874, cat. 5. Vannicola 1996, pp. 45 ; 89-90. Pignocchi 2006, p. 300 nota 101. 7 Come risulta dalla lettera inviata in data 6 novembre 1875 da Allevi al Ministero : acs Min. pi, ii versamento b, 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, pp. 90-92. Pignocchi 2006, p. 300 nota 101. 8 Lettera inviata dal Ministero ad Allevi il 5 maggio 1876. acs Min. pi, ii versamento b, 18 fasc. 326/ bis. Gli scavi eseguiti tra il 1876 ed il 1877 nei siti indicati da Allevi riportarono in luce la necropoli in proprietà Mercolini, il cosiddetto ‘gruppo di ponente’, il fondo di capanna e le tombe romane nel podere Buscalferro a Ponticello, il ‘gruppo del camposanto’ ed il ‘tempio dell’Ophis’ sul colle della Guardia. Vannicola 1996, pp. 46, 96. 9 « Lo studio che io posi grandissimo nell’evitare sterri inutili, arrestandomi subito colà dove incontrava strati assolutamente vergini ed approfondandomi quanto bastasse affinché la terra, mostrava di
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Dal 1876 Guglielmo Allevi rivestì la carica di Regio Ispettore agli Scavi e ai Monumenti di Offida, 1 mettendo a servizio della carica governativa il suo interesse di erudito per la ricerca storico-archeologica ; intrattenne rapporti con il sacerdote Luzi, con Gabrielli, con il cav. Concezio Rosa, il marchese Raffaelli, Giuseppe Fiorelli e Luigi Pigorini. Nel 1875 fu istituita con Regio Decreto 2 in ciascuna provincia italiana una Commissione Conservatrice Provinciale ; ad Ascoli Piceno ne fecero parte Allevi, Gabrielli, Carducci, Cellini, Paci e Cardi. 3 Allevi, in quanto Membro e Ispettore della Commissione, avrebbe dovuto attenersi al regolamento sugli scavi approvato con R. Decreto nel 1877 che prevedeva da parte sua la redazione di un diario di scavo, 4 di un registro dei beni rinvenuti 5 e la realizzazione di disegni delle strutture e di alcuni fra i reperti mobili. La realizzazione di disegni delle strutture riportate in luce, che fossero privi di integrazioni e il più possibile attinenti al vero, era già entrata in uso sin dall’approvazione del regolamento delle Commissioni Ausiliari di Belle Arti, aggiunto all’editto Pacca del 6 agosto 1821. Dalla documentazione d’archivio pubblicata sinora 6 pare che Allevi non abbia osservato con il dovuto scrupolo le norme ministeriali. Particolare risalto assume la mancanza di rilievi dei siti indagati e degli oggetti rinvenuti : presso l’Archivio Storico del Museo Pigorini si conserva un solo schizzo del primo scavo eseguito da Allevi, la ‘terramara’ rimessa in luce nell’orto Morganti ; 7 presso il Museo di Offida 8 erano conservati due disegni relativi alla
essere stata un giorno rimossa…Dovendo subordinare il lavoro a pochi mezzi pecuniari de’ quali poteva disporre, e avendo osservato che i nostri scheletri hanno generalmente i piedi a levante o ponente, e solo in alcuni pochissimi a Nord o a mezzogiorno, tagliai in quest’ultima direzione trincee larghe met. 0.30, distanti l’una dall’altra met. 1 incirca, sicuro che con questo mezzo io poteva scandagliare con poca spesa gran tratto di terreno, e su dieci tombe rinvenirne certamente otto. Se avessi praticato uno sterro generale, la spesa generale sarebbe venuta a raddoppiarsi ». Lettera inviata da Allevi al Ministero il 12 maggio 1876 : acs Min. pi, ii versamento h, 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, pp. 21, 97. 1 Allevi ricevette la nomina il 12 gennaio 1876. Una copia della lettera di nomina è conservata presso l’archivio della famiglia Recchi di Castignano : Vannicola 1996, p. 95. Pignocchi 2006, p. 300. 2 R. Decreto 5 marzo 1875 n. 3028. 3 Dal 1877 a tale Commissione subentra il Regio Commissariato pei Musei e Scavi di Antichità per L’Emilia e per le Marche che aveva sede a Bologna. 4 Regolamento per le istituzioni generali alla condotta degli scavi approvato dalla Giunta di Archeologia e Belle Arti nella tornata del 17 ottobre 1875 ; Art. 16 : « In ogni luogo di scavo si compilerà un giornale in cui verrà notato : 1 la data del giorno, mese e anno ; 2 l’ora in cui è dato incominciamento e fine del lavoro ; 3 il numero degli impiegati ed artefici impiegati ; 4 il posto preciso dello scavo e dello scaricamento della terra colle maggiori indicazioni per potersi riconoscere ; 5 il numero e la qualità degli oggetti, delle rispettive iscrizioni colle rispettive copie, nonché la minuta descrizione di tutte le particolarità del loro rinvenimento ». Secondo il R. Decreto del 1877 una copia del giornale di scavo doveva essere inviata al Ministero e al soprastante dell’ufficio tecnico. 5 R. Decreto 18 gennaio 1877 con il quale si approva il regolamento pel servizio degli scavi di antichità, Capo xi, Art. 103 : « Oltre il giornale prescritto nell’articolo 100, negli scavi governativi sarà tenuto un registro a stampa degli oggetti che si rinvengono, il quale avrà le pagine divise in sei colonne, per le seguenti categorie : 1 Numero progressivo di ogni oggetto ; 2 Qualità, misura o peso ; 3 Descrizione sommaria ; 4 Luogo del ritrovamento ; 5 Data del ritrovamento ; 6 Osservazioni ». 6 Vannicola 1996. 7 Vannicola 1996, p. 23. 8 I disegni non sono più reperibili.
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necropoli di Offida, inseriti da Delia Lollini nella tesi di laurea e successivamente pubblicati da Nora Lucentini ; 1 sei schizzi degli scavi e un disegno acquerellato, 2 eseguiti dall’ing. Micheli, sono raccolti presso l’archivio Micheli Angelini, insieme a fogli su cui Allevi aveva annotato calcoli e appunti relativi agli argomenti più disparati. 3 In data 30 maggio 1876 Allevi inviava al Ministero i resoconti delle somme spese durante la settimana per lo scavo della necropoli Mercolini, e manifestava l’intenzione di relazionare in modo esaustivo la sua attività al termine dello scavo. 4 Due anni dopo Allevi aveva inviato a Fiorelli quattro quaderni con le relazioni degli scavi realizzati ad Offida e si apprestava a spedirne un quinto. 5 La lettura dei resoconti di Allevi fu affidata a Pigorini che in data 10 maggio 1878 così riferiva a Fiorelli : « Per quanto concerne la veste, parlando ad un letterato pari suo, devo tenermi nel più stretto silenzio. Solo mi consenta di osservare, che l’Allevi tenne una forma, conveniente forse ad un lavoro che dovesse pubblicarsi dalla Nuova Antologia o da altra simile rivista, ma nulla di acconcio a una relazione archeologica ». 6 Fiorelli chiese nuovamente ad Allevi una o due tavole relative agli oggetti rinvenuti e lo invitò a modificare la forma del suo scritto in forma di semplice relazione delle scoperte in modo da poterla inviare alla Regia Accademia dei Lincei per le comunicazioni mensili. 7 Le lacune nella documentazione pro
1 Lollini 1951-1952. Lucentini 1987, figg. 11 e 12/a. 2 Il disegno acquerellato realizzato da Micheli riporta la didascalia : ‘Ubicazione della Terramara e della Necropoli di Offida, 12 Xbre 1875’. Il disegno è conservato nell’archivio Micheli : Vannicola 1996, tav. v. 3 Si tratta di calcoli empirici per determinare : l’età dei defunti in base alle misure del cranio di persone viventi ; il tempo di interro di una palafitta. Sono inoltre conservati : annotazioni relativi ai m3 di terra asportata e ai costi dello scavo ; un indice dei siti indagati dal 1875 al 1880. I disegni e gli appunti sono stati pubblicati da Vannicola : Vannicola 1996, tavv. ii, i, vii. 4 « A scavo compiuto relazionerò diffusamente. » acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, p. 98. 5 Lettera inviata da Allevi a Fiorelli il 1 maggio 1878, acs Min. pi, ii versamento b 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, p. 110. 6 E ancora : « Pare che l’Allevi sia un buon osservatore, e abbia in generale notati con diligenza i particolari degni d’attenzione così delle singole tombe, come de’ vari oggetti, ma il modo tenuto nell’esporre i fatti e l’assoluta mancanza di figure, e la povertà massima di citazioni, che supplissero alla mancanza delle figure, rende il lavoro poco utile. Di scienza archeologica o paletnologica poi ve n’ha solo l’ombra, quando vi è. Non è certo con soverchie riproduzioni di versi omerici, e colle opinioni o figure del Ferrario, che si può oggi cavare un po’ di luce da tombe del genere di quelle di Offida, che pur sarebbero feconde di molto lume se studiate comparativamente alle altre trovate già in Italia col sistema che la scienza esige si tenga. Concludo. Il lavoro dell’Allevi qual è non può essere pubblicato di certo nelle relazioni del sen. Fiorelli. Dovrebbe essere ridotto alla modesta forma di una pura e semplice relazione, non avendo l’autore i mezzi per mutarlo in memoria, in cui il tema fosse trattato secondo lo stato attuale della scienza. E anche facendone una semplice relazione, per essere utile, si dovrebbero unire tavole almeno colle figure degli oggetti principali. I cataloghi e gli elenchi di fi bule, di spade, di vasi ecc. nelle condizioni odierne della scienza non valgono un soldo, se non si ha modo di intendere cogli occhi della mente e vedere con quelli della testa i caratteri e le fogge dei vari ». Lettera inviata da Pigorini a Fiorelli : acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, pp. 110-111 ; Pignocchi 2006, p. 301 nota 103. 7 Lettera inviata da Pigorini ad Allevi il 17 maggio 1878. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis ; Vannicola 1996, p. 111.
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dotta da Allevi indussero nel 1879 il Ministero ad interrompere i rapporti con lui. 1 Durante l’ultimo scavo condotto, quello cosiddetto della palafitta, Allevi ricevette una visita di Pigorini che non mancò di rilevare anche in questa circostanza lo stato approssimativo della documentazione, rendendone partecipe il Ministero. 2 Da allora Guglielmo Allevi si limiterà a ricognizioni nel territorio ; il libro Tra le rupi del Fiobbo 3 testimonia l’attività di questo periodo. Il rapporto mutato con il Ministero, il risentimento nei confronti dell’amministrazione comunale e, probabilmente, la mancanza di finanziamenti per portare a compimento nuovi scavi, lo indussero a manifestare l’intenzione di lasciare l’Italia e di vendere a musei ed istituzioni straniere la raccolta. 4 Fortunatamente l’intervento di Gozzadini, allora Commissario dei Musei e degli Scavi per l’Emilia e per le Marche presso il Ministero, 5 lo fece desistere da questo proposito. In questo modo iniziarono le trattative per la vendita dell’intera collezione al governo, interrotte dalla morte di Allevi nel 1897. Gabrielli ebbe modo di esaminare approfonditamente la collezione di Offida, essendogli stata richiesta dal Ministero della Pubblica Istruzione una relazione di stima e il catalogo dei materiali, quando gli eredi di Allevi decisero di disporne la vendita prontamente bloccata dalla Prefettura ascolana. Il 14 febbraio 1897 Gabrielli scriveva : « Il Museo Allevi in Offida … si compone di oggetti appartenenti ad alta antichità, e romane, raccolte nel territorio del mandamento a mezzo di scavi sistematici fatti da esso Allevi a proprie spese, ed anche per via di sussidi governativi e del municipio. Questa raccolta frutto di molti anni di ricerche dovrebbe presentare per numero e per varietà di tipi interesse assai maggiore di
1 Il 10 gennaio 1879 il Ministero inviava una lettera al Municipio di Offida, dichiarando di non volersi più avvalere dei servigi di Allevi : « Della molta dottrina e della molta esperienza del Sig. Allevi in questa materia, e dell’opera sua diligente e proficua allo studio dell’archeologia, questo Ministero ha già avuto bastevoli prove per non desiderare giovarsene più o meglio all’occasione. E quando questa si offra certamente non sarà dimenticato il nome del detto Signore e il desiderio suo ». Offida, asc, cart. 620 anno 1879, cat. 5/5. Vannicola 1996, p. 116. 2 Dalla lettere inviata da Pigorini al Ministero in data 29 maggio 1879 : « Venendo poi al caso speciale della relazione, in proposito trasmessa a V.E. da quell’egregio Signore, devo esprimerle francamente il mio parere. È un lavoro il quale non mette gli studiosi in grado di apprezzare tutta l’importanza della stazione scoperta, e perché manca una tavola, la quale mostri con chiarezza la conformazione della valle in cui si fece la scoperta, e sveli il modo di successione degli strati che costituiscono il suolo della località, e perché non espone risultati di larghi scavi sistematici ma soltanto il frutto di pochi e limitati assaggi. Inoltre nella relazione medesima è lasciata troppa parte ai voli della fantasia, così per darsi conto di ogni atto della vita delle popolazioni primitive, come per accertare più o meno le date alle quali rimontano. Il conte Allevi, al quale non manca acume nell’osservare i fatti, non sembra però essere al corrente dello stato attuale della paleoetnologia, tien fermo ancora a interpretazioni e a prove, che accurati studi dimostrano o senza fondamento o fallacissime, cita opere che o non hanno punto valore, o lo hanno soltanto per chi voglia scrivere la storia della scienza, e lascia da parte que’ raffronti, che soli possono oggi fare la luce ». acs, Min. pi ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis : Vannicola 1996, pp. 116-117. 3 Allevi 1894. 4 Lettera di Allevi inviata al Ministero il 6 agosto 1880 : acs, Min. pi, versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, pp. 119-120 ; Pignocchi 2006, p. 301. 5 Lettera di Gozzadini inviata al Ministero il 21 agosto 1880 : acs, Min. pi, versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, p. 120.
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quel che gli resta, e la ragione se ne trova nel fatto che tali ricerche si fanno da un privato, ed è che l’Allevi ha scavato, ha raccolto, ma ha venduto e naturalmente gli oggetti alienati a scapito della Raccolta sono stati quelli di maggior pregio 1 … Per concludere non vi ha oggetto che si distingua per arte o per rarità ed in conseguenza il valore commerciale del museo in parola non potrà essere assolutamente di molto rilievo. Tuttavia trovandosi in esso abbastanza rappresentate le età antiche come può sommariamente vedersi dal catalogo allegato, ed essendo gli oggetti di provenienza locale, essi hanno importanza indiscutibile e diretta per il paese da dove furono estratti ». 2 Proprio in ragione dell’origine locale dei reperti, 3 Gabrielli espresse parere favorevole a che la collezione Allevi fosse acquistata dal municipio. I reperti descritti nel catalogo compilato da Gabrielli non corrispondono a quelli riportati da Allevi nell’inventario del 1880 4 e risultano numericamente inferiori rispetto ai materiali attualmente esposti ; la discrepanza è forse spiegabile ipotizzando l’esistenza di un gruppo distinto di reperti raccolti da Allevi esclusivamente con i suoi fondi, oltre ai materiali rinvenuti con il sussidio dei finanziamenti del municipio e del governo. Nelle lettere inviate al municipio Giovanni Allevi, portavoce degli eredi nelle trattative per la vendita della collezione, infatti scriveva : « Riguardo poi agli oggetti che Ella dice pertinenti al Municipio ; noi siamo sempre pronti a riconoscerli purché il Municipio provi con fatti che sieno di sua proprietà », 5 e, ancora, si riferiva ad essi come ai « pretesi oggetti di pertinenza governativa ». 6 Gli eredi sostennero che le richieste del Ministero erano senza fondamento, avendo Allevi ricevuto finanziamenti governativi per portare a compimento esclusivamente gli scavi della necropoli di Spinetoli, i cui materiali furono interamente inviati a Roma, al Museo Preistorico Nazionale. 7
1 Al museo Pigorini di Roma furono inviati reperti provenienti dagli scavi delle necropoli di Offida e di Spinetoli, rispettivamente inventario nn. 23306-23559 e nn. 21539-21941 ; una situla bronzea con Ercole che lotta contro il leone Nemeo e le arpie fu acquistata dal British Museum intorno al 1880 ; altri materiali furono inviati anche al museo di antichità di Leida. Leemans, direttore del museo, però rifiutò di pubblicare le relazioni degli scavi di Allevi nelle memorie della Regia Accademia Olandese delle Scienze non solo perché redatte in lingua italiana, ma soprattutto per la mancanza di tavole che illustrassero gli oggetti o gli scavi. Sugli oggetti alienati : Vannicola 1996, pp. 77-80. Pignocchi 2006, p. 302. 2 La relazione di Gabrielli è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato (acs Min. pi, ii versamento, b 18 fasc. 326/ bis) e pubblicata da Vannicola : Vannicola 1996, pp. 126-127. Minute della relazione e del catalogo sono conservate presso la Biblioteca Comunale Gabrielli di Ascoli Piceno : apbc, Buste Prefettizie : ii, e 25, Museo Allevi in Offida ; Gabrielli, Quaderni : 1, cc. 25 r.-37 v. 3 Sul valore attribuito da Gabrielli all’origine locale dei reperti custoditi nei musei del territorio : Prefazione, p. 15. 4 ‘Nota degli oggetti componenti la collezione Allevi in Offida’. Il catalogo fu redatto il 21 ottobre del 1880 ed è conservato presso l’Archivio del Museo Civico Archeologico di Bologna. Vannicola 1996, pp. 121-124. 5 Lettera inviata da Allevi al Municipio in data 5 febbraio 1897. asc, cart. 676, anno 1897, cat. 5/ 5. Vannicola 1996, pp. 125-126. 6 Lettera inviata da Allevi al Sindaco di Offida il 1 agosto 1898, Offida asc, cart. 679-680, anno 1798 cat. 5/5. Vannicola 1996, p. 128. 7 Ibidem. Sui materiali rinvenuti nel corso degli scavi condotti presso la necropoli di Spinetoli : Felletti May 1953.
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Il 4 novembre 1898 il Municipio di Offida delibera in favore dell’acquisto della collezione di Allevi e, in omaggio al concittadino che ebbe il merito di avviare le ricerche di paletnologia sul territorio, dispone che la raccolta sia ad esso intitolata. 1 L’acquisto da parte del municipio di Offida della collezione risulta comprendere « tutti gli oggetti descritti nell’inventario presentato dagli aventi diritto ». 2 Nel 1903 il Municipio di Offida conferì a Cesare Mariotti, all’epoca direttore del Museo Civico di Ascoli, l’incarico di riordinare e catalogare i reperti della collezione Allevi ; 3 tuttavia lo spoglio delle carte di Mariotti conservate presso la Biblioteca Comunale di Ascoli Piceno non ha restituito evidenze che attestino che lo studioso abbia atteso al mandato assegnatogli. Rispetto ai materiali preistorici e piceni, i reperti romani della collezione di Offida non appaiono altrettanto rappresentativi ; lo stesso Allevi si rammaricava di non essere riuscito ad esaudire il desiderio di Fiorelli, riuscendo a reperire testimonianze di rilievo per l’età romana, e lamentava la difficoltà di ampliare le sue ricerche con i modesti mezzi di cui disponeva. 4 Secondo quanto attestato dalla documentazione, i reperti della collezione Allevi conservati presso il Museo Civico sono stati rinvenuti nel territorio di Offida ; 5 l’esiguo numero di reperti di età romana è stato in alcuni casi utile per risalire alle provenienze di alcuni fra i materiali esaminati attraverso lo spoglio della documentazione di archivio e delle opere di Allevi.
1 Delibera del Consiglio comunale di Offida del 4 novembre 1898 : Offida, asc cart. 679-680, anno 1898, cat. 5/ 5. Vannicola 1996, p. 120. Pignocchi 2006, p. 302 nota 109. 2 Non è noto quale inventario abbiano presentato gli eredi. 3 Delibera del consiglio comunale di Offida del 23 giugno 1903. Offida, asc, anno 1903, cat. 5/5. Vannicola 1996, pp. 128-129. 4 Lettera di Allevi inviata al Ministero il 23 giugno 1877. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, p. 105. 5 Come dichiarato da Gabrielli nella relazione per il Ministero (vedi supra) e nell’articolo Il museo Allevi in Offida pubblicato con il sac. Luzi sull’Eco del Tronto il 21 gennaio 1877, in cui si descrive brevemente la collezione. All’epoca i reperti erano stati esposti al pubblico in una corsia dell’ex convento di S. Agostino, messo a disposizione dal comune di Offida. In questo luogo i reperti delle collezione furono conservati sino al 1951, quando furono trasferiti nel palazzo comunale, dove sono tuttora custoditi.
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Consigli, vol. 133, cc. 121 r.-122 v. (28 giugno 1788)
Libreria tempo fa risoluta da farsi da questo consiglio. Relazione de signori deputati dei motivi per cui è stata dilazionata ed esibizione generosa di monsignor Odoardi, vescovo di Perugia di arrichirla con un museo di medaglie, monete ed altre antichità e facoltà date a detti signori deputati di far accomodare le stanze ed armari necessari. Illustrissimi signori, il capitano Giuseppe Maria Palucci e l’abbate Ignazio Lazzari, servi delle signorie vostre illustrissime, riverentemente espongono come, essendo stati deputati parecchi anni a questa parte da questo illustrissimo consiglio all’erezione di una publica biblioteca in questo palazzo anzianale, furono nell’atto istesso assegnati a tale effetto trenta scudi annui che si passavano per suo onorario al giudice delle appellazioni per la lettura delle istituzioni civili già soppressa. Deputati onorevoli credettero di dovere necessariamente dilazionare l’esecuzione dell’incombenza loro affidata per unire una conveniente somma, ad effetto di dare un qualche principio al proggetto. Fratanto, in seguito di una supplica data in consiglio dal signor Saverio Miniera, surrogato al giubilato signor Luca Laghi, stimarono le signorie vostre illustrissime di assegnargli fin tanto che non entrerà in paga detti scudi trenta ; per tale effetto restò sospeso lo stabilimento della libreria ed ogni pensiero ne deputati di eseguirlo per difetto di denaro, massime dopo che per ordine dell’eccellentissimo prefetto del buon governo sono stati trasmessi a Roma cento cinquanta scudi adunati ne cinque anni precedenti alla sopraindicata assegnazione al signor Miniera. In oggi da un raguardevole nostro patrizio monsignor Odoardi, vescovo di Perugia, mosso da spirito patriottico per i vantaggi ed onori della patria è stata a noi fatta una generosa esibizione di donare a detta libreria erigenda un numero cospicuo di antiche medaglie, pesi e monete ed altri pezzi di antichità, che servirebbero di un grande ornamento
1 Elenco dei documenti e delle opere trascritte : Consigli, vol. 133, cc. 121 r.-122 v. (28 giugno 1788), pp. 36-38. Consigli, vol. 133, cc. 144 v.-145 r. (29 novembre 1788), pp. 38-39. Consigli, vol. 133, cc. 198 v.-199 r. (12 marzo 1789), p. 39. Consigli, vol. 137, cc. 240 r.-240 v. (24 novembre 1795), p. 39. Consigli, vol. 138, cc. 81 v.-82 r. (31 maggio 1800), p. 40. Collezione di documenti per servire ad un’operetta da intitolarsi la biblioteca pubblica di Ascoli nel Piceno dell’abate Gaetano Frascarelli, ms. 85, cc. 161 v.-163 v., pp. 40-41. con Nota postuma (1886), pp. 41-42. Orsini 1790, pp. 35-36, p. 42. Lupattelli 1889, pp. 38-40, pp. 42-43. Le trascrizioni dei documenti manoscritti sono state eseguite integralmente seguendo criteri e norme della dottrina diplomatica corrente, attenendosi in particolare alle indicazioni proposte da Alessandro Pratesi (Pratesi 1957). Le abbreviazioni sono state sciolte nelle corrispondenti forme piene senza il ricorso all’uso delle parentesi. Raddoppiamenti, scempiamenti, assimilazioni e dissimilazioni caratteristici dell’epoca dei testi sono stati rispettati. L’uso delle maiuscole è stato limitato ai nomi propri e geografici. La punteggiatura è stata adeguata ai criteri contemporanei. Prima di ogni testo si riportano le note a margine. I criteri adottati per i manoscritti sono stati mantenuti per le trascrizioni dei testi pubblicati.
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alla biblioteca col formare un museo ad essa congiunto, dando anche speranza il prelodato monsignor di andarlo accrescendo in futuro ; tutto però colla condizione di doversi dare un qualche principio all’erezione di detta libreria. I deputati pertanto si sono formati un dovere di cerziorare di tutto ciò questo nobilissimo consiglio con ferma speranza che sia per risolvere, che cogli effetti della fabrica si facciano le volte tanto nella camera dove si faceva scuola di legge, che nell’altra a questa contigua, essendo queste due camere le più adattate per stabilirvi la sopraddetta libreria e museo, ed insieme di dare un altro discreto assegnamento da prendersi dalla borsa de straordinari colla solita approvazione di monsignor illustrissimo e reverendissimo governatore per formare un armario alla custodia delle sopraddette medaglie e per venir facendo qualche scansia per collocarvi dei libri, si di quei pochi che esistono presentemente nella segreteria, come degli altri che si verranno acquistando, essendovi anche qualche altro cittadino disposto a cedere ad accrescimento di detta biblioteca i suoi libri, ch’è quanto in iscarico della loro deputazione debbono riferire. Che li medesimi signori deputati abbiano la faccoltà di far accomodare le due stanze indicate nella loro relazione per accomodare il sito ove dovrà collocarsi la nuova libreria e museo e potere in tal forma godere delle grazie e generosità di monsignor illustrissimo e reverendissimo vescovo Odoardi, con incombenza ai medesimi di ringraziarlo a nome publico della bontà ed impegno che ha dei vantaggi della città con arricchirla di tali antiche rarità e, nell’atto di collocarsi questo prezioso dono, i signori deputati medesimi vi facciano eriggere una memoria nelle medesime camere per conservare un monumento della gratitudine di questo pubblico verso un così illustre e benemerito patrizio ; e valersi per la spesa de denari della fabrica e per gli armari de denari straordinari con buona grazia di monsignor illustrissimo e reverendissimo governatore. Obtentum omnium approbatione.
Nota di pesi, medaglie, e monete pesi etruschi… n. 8 monete etrusche... n. 2 pesi romani... n. 30 famiglie in argento… n. 60 in metallo… n. 30 medaglie imperiali in argento… n. 80 in metallo, tra le quali Pertinace rarissima,… n. 302 de bassi tempi in oro… n. 6 città antiche… n. 4 medaglie imperiali greche… n. 4 Prussia re di Bettinia rarissima e di prima grandezza… n. 1 imperiali del secolo basso… n. 100 monete di città in argento… n. 81 in metallo… n. 80 di principi in argento… n. 31 di uomini illustri… n. 4 arabe in argento… n. 16 in metallo… n. 18 somma delle dette medaglie in oro… n. 6 in argento… n. 268
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in metallo… n. 582 ===== in tutto… n. 856 Idoli, patere e sigilli con altri bronzi diversi sagri e profani, tra quali uno strigilo intiero però rarissimo. vasi fittili e donari un’urna etrusca fittile altra di pietra due cassette di prodotti naturali bibia sagra in quattro tomi di quattro versioni diversi libri spettanti all’antiquaria. Consigli, vol. 133, cc. 144 v.-145 r. (29 novembre 1788)
Libreria e museo. Relazione de signori deputati non essere sufficienti le due stanze accommodate e proggetto di accomodare la stanza contigua e galleria superiore e facoltà ad essi date di effettuarlo. Illustrissimi signori, quelli deputati all’erezione di una publica libreria in questo palazzo anzianale si fanno un dovere di riferire alle signorie vostre illustrissime come, in seguito della conciliare risoluzione, hanno ordinate le due camere superiori a questo effetto con formarvi le volte reali cogli effetti della fabrica. Ma, avendo già monsignor illustrissimo e reverendissimo Odoardi eseguita la sua generosa promessa col mandare agl’illustrissimi signori anziani diverse cassette con entro le medaglie, bronzi ed altre antichità, secondo la nota da essi deputati esibita e con ancora molti prodotti di storia naturale, e siccome il rispettabile prelato vi ha aggiunti molti pezzi spettanti alla sacra antichità cristiana, oltre alcuni corpi di libri ; perciò tutto questo pregiatissimo dono deve collocarsi in tre classi, per lo che viene a considerarsi anche secondo il sentimento del prelodato nostro monsignor Odoardi, che le due stanze sopra indicate non saranno sufficienti massime a qualche tempo per mettere nella convenevole veduta e buon ordine tutti i pezzi di antichità e storia naturale, costituenti il museo sagro, profano e di storia naturale, si crede necessario disporre l’altra contigua camera ad uso di libreria, come un vaso più proporzionato e decente ad una publica biblioteca. Ottimo ancora sarebbe di prendere in quest’occasione pensiero delle memorie di tanti uommini illustri che onorarono questa patria. I ritratti di questi o almeno le di loro memorie potrebero situarsi nella superior galleria e perciò anche questa potrebbe accommodarsi. È lungo tempo che queste fabriche dovrebero essere stabilite e anche per la sicurezza della stessa fabrica, la quale potrebbe patire restando così trascurata. Quindi propongono alle signorie vostre illustrissime di ordinare lo stabilimento anche di questi due vasi, dividendo un pezzo della suddetta galleria in fine per un necessario ritiro e commodo di un custode o bibliotecario. Tutte queste cose dovrebbero già farsi, e sarebbero fatte da molto tempo, se vi fosse stato assegnamento e per procurarsi questo si sono fatti un preggio implorare per ora dall’eccellentissimo signor cardinale Carandini li scudi 150, che erano per la libreria destinati, ed anche licenza per altri scudi 150 per potere anche fare qualche provista di libri. Tanto credono lor dovere rappresentare per sentire l’oracolo delle signorie vostre Illustrissime. Ignazio Andrea Lazzari, deputato. Giuseppe Maria capitano Palucci, deputato.
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Si dia faccoltà alli medesimi signori deputati di fare accommodare la divisata stanza con parte della galleria di sopra per maggior onore e decoro di questo publico, come nella relazione dei medesimi signori deputati ; conservirsi delle somme che gli verranno accordate da sua eminenza il cardinale Carandini. Obtentum duobus contrariis non obstantibus.
Consigli, vol. 133, cc. 198 v.-199 r. (12 marzo 1789) Libreria, e rilascio de’ scudi 12, che fà il S. Podestà s’impieghino per essa Illustrissimi signori, i deputati all’erezione della publica libreria si fanno carico di rappresentare alle signorie vostre illustrissime, come il nostro monsignor illustrissimo Odoardi, proseguendo a far uso del generoso suo spirito patriottico, ha ne’ scorsi giorni trasmesse altre due cassette contenenti pezzi di anticaglie e rari prodotti della natura in accrescimento del museo, così che sempre più si rende necessaria la formazione degli armari per collocare in essi le divisate cose ; ma siccome i deputati, almeno per ora, non possono far uso del denaro assegnato alla libreria, supplicano le signorie vostre Illustrissime a voler loro concedere a quest’effetto i dodici scudi che annualmente si rilasciano dal signor podestà per fornire di mobilia il palazzo, tra le quali le più pregievoli sono appunto la libreria e museo, come un ornamento il più utile e più decoroso per un publico palazzo. Si rendino sempre grazie a monsignor illustrissimo Odoardi per gli eruditi doni coi quali decora questa commune padria e rispetto al solito rilascio del signor potestà per gli armari. Ne vada a partito la proposta, quale vincendosi s’intenda accordato. Obtentum quinque in contrarium non obstantibus.
Consigli, vol. 137, cc. 240 r.-240 v. (24 novembre 1795) Museo. Relazione de’ signori deputati di altri doni presentati per parte di monsignor Odoardi e lapide si erigga in detto museo in di lui onore. Illustrissimi signori, il capitano Giuseppe Maria Palucci e l’abbate Ignazio Andrea Lazzari, deputati al publico museo, si fanno un dovere di rappresentare alle signorie vostre illustrissime come l’illustrissimo e reverendissimo monsignor Odoardi, vescovo di Perugia e nostro benemeritissimo patrizio, nel suo ultimo ritorno in patria abbia donati al nostro publico molti pezzi pregievoli di antichità e medaglie per sempre più arricchire ed accrescere il museo, di cui egli a vantaggio ed onore della patria ha istituito in questo palazzo. Fabrica del palazzo anzianale. Li solleciti dei signori deputati per stabilirvi le librerie. Come pure per compiacere il detto prelato, sono di parere che li signori deputati alla fabrica proccurino, qualora vi sia denaro, di proseguire la fabrica dell’appartamento superiore di questo palazzo per stabilirvi la libreria ed altre cose necessarie. Obtentum plenis votis. Sono di sentimento che li signori deputati si portino in nome publico a rendere li più distinti ringraziamenti a monsignor Odoardi per li nuovi doni, di cui ha voluto arricchire il nostro museo e, qualora fosse già partito, si supplisca con un officiosissima lettera ed intanto, per dargli una dimostrazione del comun gradimento, sono di sentimento che si erigga una lapide nel detto museo, dove meglio stimeranno li signori deputati, nella quale vengano con iscrizione consegnate le publiche obbligazioni a sì degno prelato e nostro patrizio. Obtentum plenis votis.
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Non vi è al presente chi sia custode del nostro museo, conforme non vi è stato per il passato chi ne habbia avuta l’assoluta ingerenza con esserne risponsabile di tutto ciò che conservasi nel medesimo, per cui si è riconosciuto mancarvi molte cose. Parrebbe perciò necessario di farne un vigile deputato, o sia custode, il quale abbia ad avere in custodia il detto museo con esserne risponsabile di tutte le antichità e rarità del medesimo. Museo. Due deputati per custodirlo Non si deve trascurare di mettere in buona custodia le antichità e rarità del nostro museo e però sarei di parere che questo illustrissimo magistrato facesse un vigile deputato, il quale, previo un formale inventario con ricevuta, fosse custode del medesimo e risponsabile in qualunque tempo. In exeguendo. Collezione di documenti per servire ad un’operetta da intitolarsi la biblioteca pubblica di Ascoli nel Piceno dell’abate Gaetano Frascarelli, ms. 85, cc. 161 v.-163 v. Note di pesi, medaglie e monete Pesi etruschi… 8. monete etrusche... 2. pesi romani… 30. famiglie in argento… 60. in metallo tra le quali Pertinace rarissima… 302. dei bassi tempi in oro… 6. città antiche… 4. medaglie imperiali greche… 4. Prussia re di Bittinia rarissima e di prima grandezza… 1. imperiali del basso secolo… 100. monete di città in argento… 81. in metallo… 80. di principi in argento… 31. di uomini illustri… 4. arabe in argento… 16. in metallo… 18. Somma delle sopradette medaglie in oro… 6. in argento … 268. in metallo… 582 ===== in tutto… no 856 Idoli, patere, e sigilli con altri bronzi diversi sacri, e profani, tra i quali uno strigilo però rarissimo.
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Vasi fittili e donari. Un’urna etrusca fittile, altra di pietra marmorea, due cassette di prodotti naturali, bibbia sacra in quattro tomi di quattro versioni e diversi libri spettanti all’antiquaria(a). (a) Quando io dal 1853 al 60 ero occupato a rivedere l’archivio municipale di Ascoli nella camera contigua a quella del museo, per condiscenza del signori gonfalonieri Luigi Ambrosi ed il cavaliere Ignazio Colucci mi fu concesso di visitare in alcun giorno la camera stessa di quel Museo, ma con sommo rammarico dell’animo mio non vi trovai che pochissimi oggetti di tutto ciò sopra notato ed offerto in dono dal benemerito Patrizio Alessandro Odoardi, vescovo di Perugia ad Ascoli sua patria. Domandai come erano spariti tanti pregiati avanzi dell’antichità e mi fu risposto : per incuria di chi doveva aver ogni premura della loro custodia ! ! !... Simili furti rimasti occulti meritano l’infamia dei contemporanei e dei posteri ! !
Nota ai precedenti documenti (cc. 180 r.-182 r.) Ad onta delle savie disposizioni prese dal Consiglio dei Cento e della pace, la pubblica biblioteca non si conosce che esistesse nel palazzo anzianale, né che venisse fondata, né che perisse per qualche civil vicissitudine almeno sino alla metà circa del nostro sec. xix, in cui come si vedrà, ebbe il suo principio. Dagli avanzi che io stesso ho potuto osservare del derubato museo e dalle disposizioni consiliari qui sopra trascritte si prova la reale esistenza dello stesso museo, dovuta alla munificenza del nobilissimo patrizio ascolano monsignor Alessandro Odoardi, vescovo di Perugia. Io domandai gli autori dei sacrileghi furti e mi si rispose mormorando alcune parole che non potei intendere… Un altro mio concittadino tutto sdegnato allora esclamò che la maggior parte degli oggetti del museo ascolano esisteva nella città di Fermo… Ma non volle dir altro !… Ed io allora esclamai : ‘Oh povera patria mia ! Come vanno perdute le cose più preziose di che ti fecero ricca i tuoi più savi cittadini, mentre altri, che dovrebbero o dovevano invece custodirle, si uniscono con i tuoi rapitori per un vile interesse, che ricopre nome di vituperio e d’infamia’. Ma Dio che veglia su i destini dei popoli e delle città nel principio di questo secolo, fece sì che un altro ascolano col coraggio di un uomo amante della scienza e colla protezione di alcuni buoni padri della patria installasse nella camera contigua a quella del museo un gabinetto di storia naturale, che oggi giunse alla rinomanza di uno dei più famosi d’Italia e la gloria si deve tutta al suo istitutore, il signor cavaliere Antonio Orsini, senatore del Regno d’Italia, che per vero amore della scienza non risparmiò né fatica o pericoli ed spese ingenti ; e per questo chi visita oggi la città di Ascoli non compie a tutto il suo desiderio, se prima non osservò i nobili frutti dei preziosi studi del mio illustre concittadino Antonio Orsini ; il quale poi morto, fu veduto il prezioso museo sparito per colpa di uno scioperato nipote, erede di quel museo.
Nota postuma 1886 (c. 183 v.) 1
Tutta questa tiritera è non solamente fiato sprecato, ma falsità chiara e lampante. I doni Odoardi possono essere controllati colla nota del tempo e vedersi nel museo at1 Annotazione non firmata, da me attribuita in base alla grafia a Giulio Gabrielli.
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tuale delle antichità. Il museo Orsini non solo non è stato disperso, ma è stato accresciuto notabilmente ed ordinato dallo ‘scioperato nipote’ cavaliere Tranquilli. Orsini 1790, pp. 35-36
Per dire alcuna cosa in breve di questa raccolta di varie antichità di diverso genere, dirò, che non avranno a desiderarsi né medaglie dell’alto e basso impero, tanto in bronzo, quanto in argento, eziandio delle più rare : e tra quelle dei tempi bassi, alcune altresì d’oro ; monete de’ tempi di mezzo precisamente delle città d’Italia ; medaglie, ed impronte d’uomini illustri, e di queste ve ne sono in argento. Sonovi per l’intelligenza di tutte queste enumerate cose provveduti i necesari, ed adattati libri. Non mancano in questa raccolta idoli, sigilli, istrumenti sagri, e profani, tra i quali meritano d’essere particolarmente nominati, sia per la loro rarità, che per la loro conservazione, uno strigile, del quale ognuno sa l’uso che se ne faceva ne’pubblici bagni ; ed un tripode di bronzo di rara egregia figura(a) ; sonovi altresì comprese tra queste antichità alcune belle urne sepolcrali etrusche e romane ; delle olle cinerarie ed alcuni vasi fittili domestici. Si aggiunge a codeste rarità una raccolta di gemme e di produzioni spettanti alla storia naturale, le quali potranno con piacere allettare ed istruire gl’indagatori delle opere meravigliose della natura e far venerare in esse la grandezza e l’onnipotenza del Creatore.
(a) Fu ritrovato in Assisi, negli antichi sotterranei, scoperti anni or sono nel convento delle monache di S. Quirico.
Lupattelli 1889, nota 21, pp. 38-40 A meglio dimostrare quante classiche dovizie possedessero la nostra città ed i suoi musei privati nello scorcio del secolo passato e nel principio del presente, riportiamo nella sua integrità la seguente lettera inviataci dall’erudito professore don Anastasio Rotelli, accordandoci nelle sue opinioni e ringraziandolo pubblicamente dell’interesse che ha preso per questa nostra pubblicazione : ‘Pregiatissimo signor Maestro. Ho creduto opportuno per ogni buona ragione rivolgere questa mia lettera a Lei, che con tanto amore si occupa dei musei civici della nostra Perugia e che è tanto sollecita per il loro incremento e per la loro conservazione. Quando nel 1805 morì in Perugia, sua sede vescovile, monsignor Alessandro Maria dei marchesi Odoardi di Ascoli Piceno, furono in onore di lui recitate due orazioni funebri, la prima in Perugia stessa dal sacerdote professor Luigi Mattioli, la seconda in Ascoli dal professore don Serafino Maria Massi. Nella prima, edita dal nostro tipografo Baduel, a pag. 19 si legge che questo prelato ‘spedì in dono alla sua patria un gran cumulo di antichi monumenti’. Nella seconda poi, edita ad Ascoli dal tipografo Cardani, si legge a pag. 3 ‘che il nobile corpo della magistratura anzianale di Ascoli, grato all’onore e ai benefici del defunto prelato fatti alla patria, fra i quali si conta un ricco museo donato stimò suo dovere di fargli un solenne funerale.’ Dietro queste semplici indicazioni, io da molto tempo ero desideroso sapere in che consistesse questo museo donato ad Ascoli da monsignor Odoardi ed a quale classe appartenessero gli oggetti colà spediti. E perciò scrissi al signor direttore del museo civico di Ascoli, Giulio Gabrielli, il quale con somma gentilezza e premura soddisfece la mia dimanda con sua lettera in data 24 corrente marzo. In questa egli si è degnato farmi la enumerazione degli oggetti provenienti da Perugia, come dono dell’Odoardi. Gli oggetti sacri antichi sono i seguenti :
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1. Croce di ottone stazionale ; 2. Calice con coppa di argento tirata a piramide ; 3. Pisside di ottone ; 4. Ostensorio di ottone con colonnette a lavori piramidali ; 5. Turibolo con navicella di ottone ; 6. Un rame con diverse figurine ; 7. Cupola di ciborio di un legno particolare vestito di pezzetti diversi di sostanza perlacea ; 8. Smalto rappresentante la deposizione dalla croce ; 9. Alcuni quadretti di pittura greca e nazionale rappresentanti la beata Vergine ; 10. Alcuni rosari di cristallo. Gli oggetti di vario genere sono : alcune corone di diaspro, di agata, con diverse medaglie cavalleresche. Alcuni pezzi di corallo. Due saliere, con lavori cinesi. Una scatola fatta con una conca di Venere con cerniera di rame dorato. Una castagna d’India legata in argento. Alcuni pesci disseccati. Un bellissimo medagliere con medaglie imperiali e consolari di prima, seconda e terza forma in bronzo ; fra queste ve ne sono n.° 564 di argento ; 211 pesi romani ; 44 greci ; 13 etruschi ; 11 tunisini ; 22 dei bassi tempi in argento ; 65 medaglioni ; un elmo, 3 picche, una di ferro, una di ottone ; 22 idoletti di bronzo ; 4 tintinnabuli ; 6 piccole olle in bronzo ; una lucerna sepolcrale ; due medaglie di rame di G. Cesare ed Augusto con sue cornici ; minerali, carbon fossile di più specie ; miniere di ferro e lava di vulcano ; calamita legata in ferro ; alcuni corpi pietrificati e disseccati ; conchiglie e crostacei pietrificati ; legni ed ossa umane pietrificate ; una tibia di una mummia egiziana ; vari pezzi di minerali ; una scatola in mosaico ; alcuni pezzi di agata, malachite, diaspro, zaffiro, granato in rozzo ; 11 anfore ; alcune lucerne sepolcrali ; due teste di alabastro. Fogli in arabo scritto. Due fogli di carta di seta con carattere cinese. Un tripode alto quasi due palmi ; sette patere ; un vaso di rame colorato ; un porchetto di bronzo con sua base di alabastro ; 5 ampolle lacrimali ; vari idoletti ; 2 urne cinerarie fermate sopra piedistalli ; urna etrusca con figura nella facciata davanti di mezzo rilievo in atto di combattere ; altra romana con iscrizione nella facciata davanti. Due famosi microscopi. Un anello con sigillo, nove sigilli dei mezzi tempi ed altri oggetti di minore importanza. Qui termina l’enunciazione. Io penso, signor maestro, che monsignor Odoardi abbia fatti questi preziosi acquisti da quelle famiglie perugine posseditrici di musei e cadute forse in bassa fortuna per politiche vicende od altre cause. I doni fatti da monsignor Odoardi alla sua Ascoli ci fanno abbastanza conoscere quanto tesoro artistico possedesse la nostra città negli scorsi secoli. Solo è a dolersi che l’amore di patria prevalesse in monsignor Odoardi all’amore di Perugia, alla quale nel lungo corso del suo episcopato diè tante prove di affezione ed attaccamento, specialmente nelle turbolenze politiche, dalle quali i nostri antenati furono afflitti sullo scorcio del passato secolo. Mi abbia intanto quale con la dovuta stima e considerazione me Le professo Perugia 28 marzo 1889. devotissimo servo
Anastasio Rotelli
II BOLLI E GR A FFITI SU CER A MICHE A VER NICE NER A 1. Premessa
L
a definizione di vasellame a vernice nera comprende nella sua genericità cera miche prodotte in diverse località del bacino occidentale del Mediterraneo in un ampio periodo di tempo (dall’inizio del iv sec. alla metà del i sec. a.C.) che subentravano alle più antiche prodotte nel mondo greco accomunate dal rivestimento a vernice nera. 1 Il repertorio morfologico attribuito a questa produzione è vastissimo : comprende forme tipiche del vasellame da mensa – piatti, coppe, ciotole, oinochoe, tazze – oltre a quelle destinate ad altre funzioni come crateri, vasi plastici, pissidi, calamai e lucerne. Uno dei problemi maggiori posti dallo studio della ceramica a vernice nera consiste nel distinguere i prodotti regionali o locali da quelli importati 2 e nel fatto che molte delle ipotesi formulate sulle possibili aree di origine non hanno finora trovato riscontro ; lo stesso Jean-Paul Morel 3 ha rilevato, ad esempio, quanto possa risultare difficile distinguere in assenza di bolli e di caratteristiche morfologiche peculiari le ceramiche della ‘Campana B’ da tutte le produzioni cosiddette B-oidi sviluppatesi nella loro cerchia d’influenza. Il progredire degli studi sulle classi ceramiche di epoca romana, che si avvalgono sempre più di frequente di analisi chimiche e minero-petrografiche, ha posto in evidenza quanto possa risultare ingannevole dare per assunto che le ceramiche qualitativamente più modeste – per difetti di cottura, rivestimenti di vernici
1 Questa definizione è da ultimo prevalsa su quella di ‘campana’, introdotta da Lamboglia nella sua Classificazione preliminare (Lamboglia 1952) formulata in base a quella che si riteneva fosse l’area di produzione. Il prosieguo degli studi, rivelando l’esistenza di tipologie ed officine ben più numerose di quelle originariamente distinte, ha mostrato quanto riduttivo fosse il termine adoperato. Morel 1981, pp. 24-25 ; Gori 2003, p. 371. Van Kerckhove 2004, p. 59 ; Brecciaroli Taborelli 2005, p. 59. Ringrazio la Professoressa Silvia Marengo, le Dottoresse Luisa Brecciaroli Taborelli, Simonetta Menchelli, Franca Cibecchini e il Dottor Paolo Sangriso per i suggerimenti e la disponibilità dimostratami nel discutere con me alcuni aspetti di questa ricerca. 2 Olcese 1998, p. 11. 3 « L’attenzione ai dettagli è tanto più importante nelle ceramiche a vernice nera, dal momento che esse solo eccezionalmente possiedono elementi abbastanza dirimenti al fine di una classificazione, quali marchi di fabbrica e decorazioni complesse presenti su altre ceramiche antiche. In questo caso specifico è dunque fondamentale ricordare che la coincidenza di questi dettagli tipologici e decorativi, assommati a determinate caratteristiche tecniche sono determinanti per la distinzione delle singole officine, o gruppi di officine collegate fra loro, nell’ambito di produzioni che adottano uno stesso repertorio formale : esemplare in questo senso è il caso del gruppo della Campana B ». Brecciaroli Taborelli 2005, p. 61. Sul problema vedi anche : Olcese 1998, p. 11 ; Mazzeo Saracino 1991, p. 58.
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opache o distribuite poco uniformemente, ecc. – siano riferibili a produzioni locali o regionali. Ricerche volte a risolvere alcune tra le numerose questioni irrisolte poste dalla ceramica a vernice nera hanno tratto dalle indagini archeometriche un contributo fondamentale rispetto ai problemi connessi alla produzione ed alla distribuzione, soprattutto in quei casi in cui, in assenza di elementi caratterizzanti, il pur indispensabile esame autoptico si rivelava insufficiente. In questo studio le attribuzioni ai centri produttori dei reperti a vernice nera recanti bolli e iscrizioni provenienti da Asculum e dal suo territorio sono state avanzate in base alle caratteristiche morfologiche, decorative e tecniche dei vasi, elementi che, pur non garantendo i riscontri definitivi delle indagini archeometriche, possono fornire alcuni spunti di riflessione e certe sicurezze. La ceramica a vernice nera esaminata è riferibile ad un periodo di tempo compreso tra il iv/iii sec. a.C., particolarmente significativo per la romanizzazione del territorio, e la prima metà del i sec. d.C., quando si arresta la produzione di questa classe ceramica in territorio marchigiano. 1 I criteri di classificazione e di edizione elaborati per l’instrumentum domesticum inscriptum 2 sono stati adoperati di rado nello studio del vasellame a vernice nera recante iscrizioni o bolli, siano essi nominali o rappresentanti motivi decorativi, nonostante che proprio sulle ceramiche a vernice nera della Campania settentrionale e del Lazio compaiano tra la fine del iv e l’inizio del iii sec. a.C. le prime attestazioni di bolli distintivi di determinate produzioni. 3 Morel – che nel 1969 aveva identificato in un insieme di vasi contraddistinti, oltre che da particolari caratteristiche morfologiche e tecniche, dalla presenza di uno o più bolli di piccole dimensioni raffiguranti una gran varietà di soggetti, l’atelier des petites estampilles 4 – ha evidenziato nel suo fondamentale studio sulla ceramica a vernice nera come, ad eccezione della ceramica di produzione calena a rilievo 5 (seconda metà del iii
1 Sul perdurare della produzione di questa classe ceramica in alcune regioni, vedi infra, pp. 50 nota 2 ; 51 ; 60-51. 2 Sui problemi, le metodologie di studio e i criteri di classificazione legati all’instrumentum domesticum inscriptum : Ormos 1992 ; Harris 1993 ; Nicolet, Panciera 1994 ; Hainzmann, Wenedig 2008. Sulle proposte di schedatura dell’instrumentum : Morizio 1989 ; Panciera, Di Stefano Manzella 1989 ; Morizio 1994, pp. 227-233 ; Zaccaria 2008. 3 Siebert 1983, p. 111. Morel 1969, p. 269. 4 Questa classe ceramica, che rivestì particolare importanza per la portata commerciale ed il carattere unitario dei suoi vasi, fu originariamente riferita da Morel ad un’officina localizzata in area romano-laziale. Morel 1969. Sull’atelier des petites estampilles vedi anche : Morel 1981, p. 48 ; Bernardini 1986, pp. 27-28 ; Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 66-67. Il prosieguo degli studi e l’impiego di analisi chimiche e minero-petrografiche ha consentito di scoprire che tale vasellame non era riconducibile ad un’unica officina, ma a più centri produttori. Olcese, Picon 1998, p. 33 ; Olcese 1998a, pp. 144-145. Per indicare queste produzioni centro laziali, etrusco-meridionali e falische attive tra il iii ed il ii secolo a.C. accomunate dall’uso di stampiglie simili a quelle proprie dell’atelier romano individuato da Morel è stata adottata la definizione di gruppo ‘delle piccole stampiglie’ proposta da Luisa Brecciaroli Taborelli nel 2005. Brecciaroli Taborelli 2005, p. 66. 5 Nella ceramica calena a rilievo il nome del ceramista non era impresso tramite bollo, ma inserito con i decori nella matrice del vaso : Pagenstecher 1909, pp. 147-151. Sin dall’inizio del secolo questa ceramica, ritenuta un prodotto di pregio, attrasse l’interesse degli studiosi per la ricchezza dell’ornamentazione che la caratterizzava. Brecciaroli Taborelli 2005, p. 59.
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- inizio ii sec. a.C.), i bolli su ceramica a vernice nera non siano stati mai « l’object d’aucune étude d’ensemble ou de détail ». 1 Più di recente, nel 2001, Pedroni ha esaminato l’insieme dei bolli nominali attestati su ceramica calena sia liscia sia a rilievo, 2 dedicando per la periodizzazione di questa classe ceramica ampio risalto ai bolli con motivi decorativi che ne contraddistinguono le fasi. La crescente esigenza di un corpus delle iscrizioni su vernice nera è stata posta in risalto da Ivan Di Stefano Manzella. 3 Le classi ceramiche a vernice nere distinguibili anche in base alla presenza di bolli sono numerose (tra queste, per citarne solo alcune, le Heraklesschalen, 4 il gruppo falisco ‘delle palmette radiali’ 5) ; tuttavia, questa lacuna nello studio delle ceramiche a vernice nera non è stata ancora colmata. La convinzione che i bolli impressi sul vasellame a vernice nera siano un elemento distintivo di determinate produzioni mi ha indotto, pur tenendo conto dell’esiguo numero dei reperti esaminati e dei limiti posti dalla loro provenienza di collezione, ad inserire le ceramiche a vernice nera in questa disamina sull’instrumentum domesticum inscriptum come contributo, se pur minimo, alla conoscenza di tale classe ceramica nell’ascolano.
2. Alcune considerazioni sulla bollatura delle ceramiche a vernice nera I primi bolli nominali su ceramica a vernice nera 6 sono attestati in Campania settentrionale e in area romano-laziale tra la fine del iv e gli inizi del iii sec. a.C. ; 7 questa tipologia di bolli cessò intorno al ii sec. a.C., dopo la seconda guerra punica, e ricominciò intorno alla metà del i sec. a.C. 8 Pedroni ha ipotizzato che la scomparsa dei bolli nominali fosse da attribuire all’emanazione della lex Claudia del 219/218 a.C. 9 – che regolamentava il com
1 Morel 1981, p. 542. 2 Pedroni ha evidenziato come la pratica della bollatura contraddistingua la produzione ceramica calena : Pedroni 1988, p. 131. Pedroni 2001, pp. 62-95. Sui bolli attestati su ceramica calena, vedi anche : Pagenstecher 1909 ; Wolley 1911. 3 Di Stefano Manzella 1994, p. 242. 4 Morel 1965, pp. 94-95 ; Morel 1981, p. 47 ; Bernardini 1986, pp. 174-175. Sulle imitazioni locali : Morel 1988, pp. 57-58 ; Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 47, 82-83, 183 nn. 456-459. 5 Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 67-68 tav. 11. 6 Nel corso del iii sec. a.C. la comparsa sui vasi a vernice nera di bolli e graffiti nominali è strettamente connessa al fenomeno della colonizzazione romana. Le iscrizioni sono riferibili a ceramisti che rivelano il loro status : un numero cospicuo di essi a Capua, Cales, Roma sono ingenui, che lavoravano nelle officine insieme a liberti e schiavi. Alcuni tra questi uomini liberi ricordano la filiazione, la tribù o la colonia di appartenenza, dichiarando con orgoglio di essere cittadini romani. Morel 1976, pp. 269272 ; Morel 1988, pp. 54-57 ; Morel 1990, p. 150. Pucci 1993, p. 74. 7 Morel 1990, p. 150. Pucci 1993, p. 73. 8 Il fenomeno è stato più volte evidenziato da Morel (Morel 1981a, pp. 83, 85 ; Morel 1983, p. 34 ; Morel 1990, pp. 156-158). 9 Liv. 21, 63, 2 ; Cic. Verr. 2, 5, 45. De Martino 19732, 2, pp. 277-278. Sull’ampia letteratura che ha affrontato i problemi di datazione del plebiscitum di Claudio : Licandro 2007, pp. 2817-2818 nota 1. La possibilità di una relazione tra la cessazione della pratica della bollatura su ceramica a ver
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mercio marittimo, fissando per i senatori il limite a possedere navi di capacità superiore a trecento anfore, essendo quaestus omnis patribus indecorosus visus 1 – e che la successiva ripresa di questa pratica sia stata favorita nel 59 a.C. dalla lex Iulia repetundarum, 2 che avrebbe in parte rivisto il plebiscito claudiano. 3 L’ipotesi che sia stata proprio l’introduzione della lex Iulia ad influire indirettamente sul ritorno della pratica della bollatura non appare però sostenibile. Secondo le linee 7-11 del frammento leidense di Paolo ai senatori era vietato navem in quaestum habere ; 4 dunque Cesare aveva sancito il divieto di qualsiasi attività commerciale e lucrativa derivante dal commercio navale per i senatori, 5 in modo più netto – erano previste pene per i trasgressori – del plebiscito claudiano, che pare avere avuto piuttosto una funzione restrittiva. 6 La proposta avanzata da Pedroni non sembra inoltre considerare la possibilità che una parte delle figlinae potessero essere gestite da esponenti dell’allora emergente ceto equestre. In ogni caso, se pure ammettessimo che gli ateliers di ceramica a vernice nera fossero stati controllati in modo preminente da esponenti del ceto senatorio, questa circostanza avrebbe dovuto trovare un significativo riscontro nei bolli del iii sec. a.C. 7 I bolli nominali noti sono un numero esiguo e, riportando il più delle volte le iniziali dei tria nomina o abbreviazioni, non consentono di risalire all’identità dei personaggi menzionati. 8 È invece probabile che l’assenza di bolli nominali sulla ceramica a vernice nera nel periodo successivo alla seconda guerra punica sia imputabile ad una pluralità di fattori, tra cui il clima ideologico instaurato da alcuni gruppi dirigenti per contrastare l’improvvisa disponibilità di mezzi che si verificò dopo le guerre di conquista del ii sec. a.C. e il conseguente processo di trasformazione economica e sociale che avrebbe comportato l’avvento delle nuove ricchezze. Di questa mentalità credo possano essere considerate espressione l’approvazio
nice nera e l’approvazione della lex Claudia era già stata proposta da Morel : Morel 1983, p. 38. Sul ruolo svolto nel commercio dai senatori in età medio e tardo-repubblicana : D’Arms 1980, pp. 77-89 ; Gabba 1980, pp. 91-102 ; Gabba 1988, pp. 31-34, 36. Pucci ha peraltro ricordato che bolli sono attestati su coppe ‘italo-megaresi’ prodotte in Umbria intorno al ii sec. a.C. Pucci 1993, pp. 73-74. 1 Liv. 21, 63, 3-4. 2 De Martino 19732, p. 172 con bibliografia. 3 Pedroni 1988, pp. 130-146 ; Pedroni 1995, p. 195 ; Pedroni 2001, pp. 105-107. 4 Serrao 1956, pp. 19-23. Di Porto 1984, p. 3242 nota 27. Alla lex Iulia si riferisce anche un testo di Scevola riportato dal Digesto : Senatores… autem hanc vacationem habere non possunt, …quod nec habere illis navem ex lege Iulia repetundarum licet. Dig. 50, 5, 3. Antonietta Ligios ritiene che la lex Iulia abbia di fatto ampliato la portata del plebiscito Claudiano, impedendo ai senatori di possedere navi di sorta a scopo di lucro, ma che nulla lasci intendere che il provvedimento riguardasse le navi destinate al trasporto dei prodotti del fondo da commercializzare, in quanto in questo caso « le navi sono semplicemente un mezzo usato ‘in proprio’ dal dominus fundi nell’esercizio dell’attività agricola ». Ligios 1996, p. 220 nota 192. 5 Secondo quanto rilevato da Lo Porto è possibile che il provvedimento non fosse rivolto esclusivamente alle naves maritimae, ma che comprendesse anche le fluviales. Di Porto 1984, pp. 3242, nota 28. 6 Sul dibattito sorto intorno all’esistenza o meno di una sanzione che colpisse chi trasgrediva il divieto : Licandro 2007, p. 2821. 7 Pucci 1993, p. 73. Fülle 1997, p. 117. 8 Sulle circa cinquantina firme calene attestate : Pedroni 2001, pp. 64-95.
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ne del plebiscito Claudiano 1 e l’emissione di numerose leges sumptuariae 2 – tra cui, per citarne alcune, la Metilia de fullonibus (217 a.C.), 3 la Oppia (215 a.C.), 4 la Orchia de coenis (182 a.C.), 5 la Voconia de mulierum hereditatibus (169 a.C.), 6 la Fannia cibaria (161 a.C.), 7 la Didia (143 a.C.), 8 la Licinia (104 a.C.) 9 – . La circolazione di beni di lusso aveva comportato l’introduzione e il diffondersi di modelli di vita attraenti, ma dispendiosi, e la salvaguardia del patrimonio del ceto dirigente era considerata necessaria in vista del mantenimento del sistema e dell’esclusione di nuovi individui dalla gestione della vita politica. La ricchezza derivata dal commercio non era in sé disdicevole, ma doveva essere impiegata per consolidare ed incrementare la proprietà fondiaria, 10 in quanto il quaestus proveniente dallo sfruttamento della terra era pius stabilissimusque minimeque invidiosus. 11 Di certo l’interruzione nell’uso del bollo nominale e la sua ricomparsa è interpretabile come il riflesso di un mutamento intervenuto nelle modalità produttive e commerciali proprio delle ceramiche a vernice nera ; non a caso sono attestati bolli su laterizi ed anfore posteriori al 260 a.C. e la pratica della bollatura di questi materiali non subì interruzioni. La produzione di anfore e dolia, indispensabili per il trasporto ed il commercio delle derrate, diversamente dal vasellame da mensa era ritenuta sin dalle origini strettamente legata alle attività agricola e produttiva del fundus 12 e, di conseguenza, non era considerata oggetto di commercio indecorosus per i membri dell’aristocrazia, purché la nave trasportasse un quantitativo limitato di contenitori da destinare al commercio. È noto peraltro che questi provvedimenti erano di frequente aggirati dagli esponenti dell’aristocrazia. Dalla biografia di Plutarco 13 si apprende che lo stesso Catone, che si era espresso contro la feneratio ed elogiava il guadagno privo di rischi proveniente dalla coltivazione del fondo, aveva prestato denaro ad alto interesse ad una cinquantina di persone che, in forza del loro debito, erano spinte a costituire una società e ad armare ciascuno una nave ; egli si assumeva un’unica e sola quota tramite il liberto Quinzio che, agendo da prestanome, partecipava al viaggio ed era il solo ad aver traffici con i soci. Il ‘rischio di partecipazione all’impresa’ era dunque per Catone minimo in confronto a quello dei suoi socii, sui
1 Gabba 1980, p. 91. Clemente 1981, pp. 10-11. 2 Sulle leggi suntuarie : Clemente 1981, pp. 1-14. Licandro evidenzia come le leggi suntuarie emesse in quegli anni siano sintomatiche delle grandi trasformazioni sociali in atto e del timore che attraversava l’élite senatoria di un allargamento del gruppo dirigente. Licandro 2007, pp. 2838-2839. 3 Plin. nat. 35, 197. 4 Liv. 34, 1-8 ; Tac. ann. 3, 33-34 ; Val. Max. 9, 1, 3 ; Gell. 10, 23 ; 17, 6. 5 Macr. Sat. 3, 17, 2-3. 6 Gaius Inst. 2, 226 e 274 ; Vlp. 22, 17 ; Paul. Sent. 4, 8, 19 ; Liv. epit. 41 ; Cic. Verr. 2, 1, 106-110 ; Cic. fin. 2, 17, 55 ; Cic. rep. 3, 17 ; Cic. leg. 2, 48 ; Balb. 20, 16 ; Cic. Cato 14, 5 ; Gell. 17, 6, 1 ; 20, 1, 23. Fest., recepticium ; Dio C. 56, 10, 2 ; Plin. Paneg. 42. Ps. Quint. decl. 264. 7 Gell. 2, 24, 2-10 ; 20, 1, 23 ; Macr. Sat. 3, 17, 6. La legge comportava il divieto di cibarsi di galline ingrassate : Pl. nat. 10, 71, 139. 8 Macr. Sat. 3, 17, 6 ; Plin. nat. 10, 71, 139. 9 Gell., 2, 24, 7-9 ; 20, 1, 23. Macr. Sat. 3, 13, 7. 10 Clemente 1981, p. 11. 11 Cato, agr., praefatio 4. 12 Uboldi 2005, p. 487. 13 Plut. Cato, 21, 5-8.
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quali gravava sempre e comunque la restituzione del debito, ed è per di più immaginabile che egli traesse un rilevante guadagno dal prestito e dagli utili. Nell’episodio della vita plutarchea Catone ricorre ad un articolato sistema per aggirare i divieti riguardanti il prestito ad interesse ed i limiti ai quali era soggetto nelle operazioni di mercatura. Con espedienti più o meno analoghi il dominus fundi poteva aggirare le restrizioni affidando il trasporto delle merci ad un liberto 1 oppure, considerando la natura promiscua dei carichi, è ipotizzabile che provvedesse con navi sue e/o di altri al trasporto di prodotti propri e altrui (e in questo caso non è chiaro se potesse in parte incorrere nel provvedimento cesariano o se questo tipo di trasporto non rappresentasse un espediente per evitare, almeno in parte, le disposizioni). 2 Dall’epoca del plebiscito di Claudio all’età di Cesare le possibilità commerciali si erano ampliate considerevolmente e la libera navigazione era divenuta un aspetto fondamentale della vita romana : i ritrovamenti dei relitti di navi del ii e i sec. a.C. documentano un’intensificazione del volume dei traffici e un rilevante aumento della portata delle navi da carico, che superano di gran lunga le 8 tonnellate previste dal plebiscito Claudiano. Secondo Carandini, alcuni dei cambiamenti che intervennero nei sistemi di produzione dopo la guerra annibalica erano connessi con l’avvento di cospicue masse di manodopera schiavile. Tra il iv ed il iii sec. a.C. il lavoro della schiavitù era prevalentemente domestico e integrava le necessità della famiglia nelle piccole proprietà contadine. 3 I ceramisti, ingenui e/o servi, erano artigiani che destinavano il vasellame in quantità limitata ad una clientela locale o lo commercializzavano a breve distanza. Nel ii sec. a.C. l’impiego della manodopera schiavile comportò una perdita del valore artigianale dei manufatti e una progressiva standardizzazione delle produzioni che divennero sempre più economiche e anonime, come si verificò, per esempio, per quanto riguarda le ceramiche a vernice nera, nel caso della Campana A. L’introduzione della manodopera servile non può però avere determinato di per sé in qualche modo l’interruzione della bollatura : la pratica di apporre il bollo sul vaso durante la sua realizzazione avrebbe potuto costituire comunque una fase del processo produttivo affidato allo schiavo. Dall’età di Augusto a quella degli antonini sono attestate forme di produzione diversificate : accanto al lavoro servile perdura il lavoro libero e, ugualmente, l’esistenza di grandi officine manifatturiere non ha comportato la scomparsa dell’artigianato. Non si può escludere che la ricomparsa intorno alla seconda metà del i sec. a.C. di bolli nominali su ceramiche a vernice nera sia avvenuto anche in seguito all’affermarsi del modello di una nuova classe di ceramica da mensa, la terra sigillata
1 Diversamente il senatore non avrebbe potuto evitare il divieto facendo esercire la nave ad un proprio servo con peculium, poiché l’exercitio condotta liberamente dallo schiavo con un patrimonio giuridicamente separato, sarebbe comunque stata imputabile economicamente e giuridicamente al suo padrone. Di Porto 1984a, pp. 19-20. Di Porto 1984, p. 3243 nota 29. Il liberto del senatore avrebbe potuto a sua volta aggirare il divieto servendosi di un servus cum peculio. Ringrazio il Professore Aldo Petrucci per i chiarimenti che mi ha gentilmente fornito sull’argomento. 2 Di Porto 1984, pp. 3243-3244 nota 29. Licandro 2007, pp. 2818-2819. 3 Carandini 1979, pp. 191-193.
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italica ; 1 un fenomeno di questo tipo è facilmente ipotizzabile se si considera, per esempio, l’esistenza di ceramiche di transizione dalla vernice nera alla terra sigillata attestate tra la fine del ii sec. e la metà del i sec. a.C. che testimoniano la gradualità del passaggio tra le due produzioni, con l’affermarsi di alcune forme che figurano nel repertorio morfologico di entrambe le classi ceramiche, il prevalere del gusto per il rivestimento rosso su quello nero.
3. La diffusione delle ceramiche a vernice nera nella regio V 3. 1. I bolli I rinvenimenti noti di ceramica a vernice nera, per quanto poco rappresentativi dal punto di vista quantitativo, appaiono diffusi su tutto il territorio della regio V e sono per lo più riferibili ad un periodo compreso tra il ii ed il i sec. a.C. 2 Tra questi, quelli recanti bolli o graffiti sono un numero esiguo. I reperti conservati presso i musei sono per la maggior parte inediti o sono stati pubblicati in modo sporadico. Sono noti materiali provenienti da scavi eseguiti : a Villa Potenza, nel maceratese, dove sono stati rinvenuti una serie di ambienti romani disposti lungo una strada lastricata ; 3 a Monte Torto di Osimo 4 e Castelfidardo nell’anconetano, a S. Benedetto del Tronto, a Potentia (Porto Recanati) e a Potenza Picena, 5 dove sono stati identificati impianti produttivi di età romana. Durante gli scavi eseguiti nell’area della necropoli di Potentia 6 sono state rimes
1 Sulla possibile influenza esercitata dalla comparsa della ceramica aretina : Morel 1983, p. 34 ; Pedroni 1988, p. 133 ; Pedroni 2001, p. 106. 2 Nelle Marche sono noti attardamenti nelle produzioni locali o regionali di vasellame a vernice nera sino alla prima metà del i sec. d.C. ; tale fenomeno accomuna la regione all’Italia Settentrionale. Gori 2003, pp. 372-373 ; Mercando 1974, pp. 411-413 ; Morel 1998, p. 248. Come testimoniano i reperti k 5754 e k 8476 della collezione civica contrassegnati con un bollo a forma di plantare : vedi ii.4.1. La collezione civica di Ascoli Piceno. ii.4.1.1. I bolli, pp. 60-61 e Catalogo, nn. 9 e 10. 3 Mercando 1971. Tra i materiali raccolti parte di un fondo di piatto a vernice nera « di imitazione campana » che recava impresso in posizione centrale un bollo a palmetta : Mercando 1971, p. 409 fig. 19. 4 Nel corso degli scavi condotti a Monte Torto di Osimo è stato rinvenuto soltanto un frammento, inv 54493, riferibile al iii sec. a.C. attribuito dubitativamente a produzione etrusco-laziale o riminese. Montironi 2001a, pp. 55, 56 n. 1 tav. i. 5 Sugli scavi eseguiti presso i seguenti insediamenti rurali : Mercando 1979, pp. 89-296. In particolare : su Castelfidardo : pp. 166-179 ; San Benedetto : pp. 166-179 ; Porto Recanati : pp. 180-280 ; Potenza Picena : pp. 281-296. Sulla ceramica a vernice nera rinvenuta a Castelfidardo : pp. 139-140. In particolare si segnala la coppa (Lamboglia 21 ?) recante sul fondo al centro un bollo impresso raffigurante una scena erotica (figg. 52 f, 53). A San Benedetto : p. 171 nn. 2-5, figg. 87 a, b, h, i ; p. 175 nn. 1 (Buca C, a Sud del vano i) e 1 (Buca D, nel vano v), figg. 89 a, 90 a. A Porto Recanati : pp. 193-194 nn. 1-5, figg. 111 a, b, e, c, d ; p. 229 nn. 1-3, figg. 149 a, b e d ; p. 271, dove al posto del rilievo indicato (fig. 183 a) figura un frammento in terra sigillata italica. A Potenza Picena : p. 287 nn. 1-7, figg. 202 a, i, b, d. Liliana Mercando scriveva nelle conclusioni al suo contributo : « La ceramica a vernice nera presenta una grande varietà di argilla e di vernice ed è di difficile classificazione ». Mercando 1979, p. 294. 6 Mercando 1974, pp. 142-430. I materiali più significativi provenienti dalla necropoli sono stati ripubblicati da Nicoletta Frapiccini insieme ad alcuni vasi provenienti dalla zona dell’antico abitato in un contributo che propone nuovi confronti alla luce dei più recenti studi su questa classe ceramica in territorio marchigiano. Frapiccini 2001, pp. 144-157.
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se in luce alcune ciotole (serie 2821) la cui morfologia non aveva trovato al momento confronti al di fuori dell’ambito marchigiano, inserite da Morel 1 nella sua classificazione tipologica come esemplari di produzione regionale o locale. I rinvenimenti nella tomba 174 dell’esemplare 2821a 3 in associazione con materiali riferibili alla prima metà del i sec. d.C. (una lucerna Dressel 9 e un’asse di Claudio 2) e di una ciotola di forma analoga (2821a 2) proveniente dalla tomba 112 recante impresso un bollo a forma di plantare hanno evidenziato un attardamento locale o regionale di questa classe ceramica. 3 In seguito gli scavi condotti presso la fornace di Porta Vittoria, a Monte Vairano, 4 nella regio IV, hanno restituito numerosi frammenti pertinenti a ciotole della forma 2821, 5 implementando la conoscenza della diffusione di questo tipo ceramico. 6 I materiali della fornace sono stati datati tra il iii ed il ii sec. a.C., ma la maggior parte di essi è stata riferita al ii secolo ; 7 stando alle nuove acquisizioni, è possibile che la serie 2821 sia stata prodotta dal ii al i sec. a.C. in un’area ben più ampia di quella precedentemente considerata e che abbia avuto un attardamento sino al i sec. d.C. in area potentina, come attestato dai corredi della necropoli studiata da Mercando. I bolli su ceramica a vernice nera rinvenuti durante gli scavi eseguiti presso la necropoli di Porto Recanati 8 sono per lo più ricorrenti nelle produzioni del gruppo delle ‘piccole stampiglie’ : 9 rosette del tipo a otto petali, 10 a cinque 11 ed a sei 12 petali disposti intorno ad un punto centrale ; a questi si aggiunge un unico bollo ricavato mediante l’impressione di un vittoriato 13 e quello già ricordato a forma di plantare. 14 Sono state pubblicate notizie relative al repertorio morfologico delle ceramiche a vernice nera rinvenute nel corso degli scavi condotti nell’area della città antica di Urbs Salvia, 15 oltre ad una scelta di alcuni reperti a vernice nera provenienti dagli scavi eseguiti presso il criptoportico 16 e alcuni frammenti provenienti dal ter
1 Morel 1981, pp. 116, 130, 228, 519 n. 94. In generale, si veda : Morel 1987, p. 126 ; Morel 1998, p. 240 ; Frapiccini 2001, p. 144, in particolare nota 3. 2 Mercando 1974, tomba 174, pp. 325, 328-329, fig. 241 n. 174b. Van Kerckhove 2004, p. 64. 3 Mercando 1974, pp. 411, 413 ; Morel 1981, pp. 60, 519 nota 94 ; Delplace 1993, p. 157 nota 749. 4 Sulla fornace di Monte Vairano : De Benedittis 1990, pp. 29-70. 5 Tra i numerosi frammenti riferibili al tipo 2821 è stata proposta una selezione delle tre varianti più significative : De Benedittis 1990, pp. 45-46, fig. 11 nn. 19a, 19b, 19c. 6 Sull’ipotesi di produzione potentina : Frapiccini 2001, p. 150. 7 De Benedittis 1990, p. 38. 8 Mercando 1974, fig. 334. 9 Cfr. Bernardini 1986, pp. 27-29 ; Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 83-84 nn. 471-474 figg. 46, 47, 98, 99. 10 Dalla tomba 3 su patera con ampio fondo piano : Mercando 1974, p. 157 fig. 9, 3a. Il bollo trova corrispondenza in : Morel 1969, fig. 5, 3. 11 Dalla tomba 114 su forma affine alla Lamboglia 5 : Mercando 1974, p. 281 figg. 179, 114a. 12 Dalla tomba 48 su forma affine alla Lamboglia 5 : Mercando 1974, p. 233 fig. 115. Morel 1969, p. 75 fig.7d. 13 Mercando 1974, p. 342 fig. 261a. 14 Dalla tomba 112 su forma affine alla Lamboglia 5 : Mercando 1974, pp. 277-278, fig. 179 a. 15 Fabrini 2003, pp. 109-137. Sulla ceramica a vernice nera : pp. 119-120, 134. 16 Tra i materiali a vernice nera scelti per la pubblicazione figurano due frammenti pertinenti ad una pisside e ad una coppa di ceramica del gruppo della ‘Campana B’ : Delplace, Paci 1981, p. 46 fig. 11 n. 8 ; p. 48 n. 15, fig. 14, 15.
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ritorio della città antica riferibili ad un periodo compreso tra il ii sec. a.C. e l’età tiberiana. Tre di questi, riferibili a produzione locale, recano ciascuno sul fondo in posizione centrale un bollo impresso : 1 a palmetta, ad « occhio di dado », a forma di plantare. 2 I reperti in ceramica a vernice nera rimessi in luce nel corso degli scavi eseguiti ad Ancona presso il lungomare Vanvitelli 3 ancora in fase di studio, potrebbero fornire un importante apporto alla conoscenza della diffusione di questo vasellame nella regione, soprattutto per quanto attiene la fascia costiera. L’area dell’antico porto di Ancona ha restituito ceramica a vernice nera di importazione : piatti e coppe in Campana A, vasi di elegante fattura riconducibili alle produzioni dell’Etruria settentrionale, reperti sicelioti o etruschi databili tra il ii ed il i sec. a.C., ceramiche ad impasto grigio riconducibili a fabbriche Nord-italiche, 4 anche se non mancano ceramiche di produzione locale e regionale. 5 Da Ancona proviene una tra le testimonianze più antiche di ceramiche a vernice nera di importazione. Nei saggi di scavo condotti dal 1978 alle pendici del colle Guasco, nell’area compresa tra il lato Ovest dell’anfiteatro romano e via Pio II, nello strato 10 (attribuito alla fase i, datata tra la fine del iv e la fine del iii sec. a.C.) sottostante la pavimentazione musiva dell’ambiente con natatio addossato al lato Ovest dell’anfiteatro 6 è stato rinvenuto un piatto riconducibile ad area etruscolaziale per la morfologia (tipo 1531d) ed il bollo a rosetta – ricorrente anche nelle produzioni del gruppo delle ‘piccole stampiglie’ – in associazione con frammenti di ceramica alto-adriatica, 7 di tipo Gnathia 8 e ceramica d’impasto picena. Il reperto riferibile all’àmbito culturale piceno riveste particolare importanza in quanto reca graffita sull’esterno l’iscrizione mutila in caratteri latini -xa. 9 La grafia della ‘a’ con traversa disarticolata databile intorno alla seconda metà del iii sec. a.C. è coerente con la morfologia del supporto. Sono soltanto due i bolli nominali noti provenienti dalle Marche : il bollo ga^v impresso su piatto rinvenuto ad Ascoli Piceno nel corso degli scavi eseguiti presso
1 Montironi 2002a, pp. 39-41. 2 Montironi 2002a, p. 40 nn. 7-9, figg. 1-3. 3 Palermo 2001, p. 17. 4 Allo stato attuale degli studi non risulta che queste classi di vasellame a vernice nera abbiano raggiunto le zone interne della regione. La Campana A risulta scarsamente attestata nella regio V : sono noti un numero esiguo di frammenti rimessi in luce durante gli scavi condotti alla necropoli di Porto Recanati : si tratta di una patera di forma Lamboglia 6, inv. 27861, rinvenuta nella tomba 216e di un frammento di coppa assimilabile alla Lamboglia A 34, inv. 31770, rinvenuta fra la terra della tomba 162 : Mercando 1974, rispettivamente p. 354 fig. 274, pp. 216 e 405-406. A questi si aggiunge un frammento rinvenuto a Potenza Picena : Mercando 1979, p. 287 fig. 202a. Sui rinvenimenti di Campana A nelle Marche : Morel 1998, p. 236. È significativo che la ceramica Campana A abbia avuto anche in Italia meridionale, ad eccezione della Campania, una scarsa penetrazione verso le zone dell’interno (Morel 1998, p. 236) ; la motivazione è probabilmente da ricercare nella distribuzione quasi esclusivamente marittima (Morel 1981a, pp. 94, 96). Sui materiali rinvenuti durante gli scavi eseguiti in vista della costruzione del parcheggio Vanvitelli : Salvini 2001 ; Paci 2003 ; Marengo 2007 ; Forti, Paci 2008. 5 Palermo 2001, p. 17. 6 Sullo scavo : Pignocchi, Virzì Hägglund 1998, pp. 119-124. 7 Pignocchi, Virzì Hägglund 1998, pp. 137-138. 8 Pignocchi, Virzì Hägglund 1998, pp. 135-137. 9 Pignocchi, Virzì Hägglund 1998, pp. 125-127 fig. 3,1 ; Mazzeo Saracino 2004, pp. 63-64.
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il caffè Meletti 1 e quello proveniente da Monterinaldo, di cui si occupò Giancarlo Susini ora allo studio di Gianfranco Paci e Giuliano De Marinis. 2 Nel contributo Coloni romani dal Piceno al Po lo studioso segnalava il rinvenimento avvenuto nel 1958 presso il santuario di « una marca circolare » impressa su una coppa di produzione locale. 3 Fu Attilio Degrassi a comunicare il ritrovamento a Susini e a procuragli una copia del bollo che lo studioso ebbe modo di confrontare con l’apografo e l’originale conservati presso il Museo Nazionale di Ancona. Susini lesse il bollo spol vovei sacrvm e propose la restituzione Sp(urius) Ol[lius] Vovei sacrum. Dopo il praenomen ed il gentilicium, la cui integrazione non sembra presentare problemi, lo stato di consunzione del bollo non permetteva di appurare se il termine seguente fosse Vovei (= Iovei) o vovet. Sulla base delle caratteristiche linguistiche e paleografiche dell’iscrizione e della tipologia del supporto, lo studioso riferì l’esemplare al ii sec. a.C. Lo Spurius Ollius ricordato nel bollo è da identificare con il ceramista e/o il commissionario del vaso, che fu realizzato appositamente per essere offerto in dono alla divinità. 4 Nella regio vi ad Aesis, 5 in prossimità del confine con la regio V, 6 non lontano dalla riva sinistra del Esino è stato individuato un atelier attivo dalla metà del iii sec. a.C. all’età augustea. Sin dalla prima fase produttiva le ceramiche a vernice nera dell’officina esinate hanno mostrato un’affinità tale con quelle di Ariminum 7 da indurre ad ipotizzare una relazione tra le due produzioni o una dipendenza di entrambe dall’area romanolaziale, da dove provenivano i coloni che, insediatisi nei nuovi stanziamenti, portarono con sé il proprio bagaglio di esperienze nell’arte della manifattura ceramica. 8
1 Su cui vedi : ii.4.2.1 Bolli noti su ceramica a vernice nera conservata nelle collezioni e nei musei del territorio, pp. 58, 67, 68 e Catalogo, n. 12. 2 De Marinis, Paci 2009, c.s. 3 Susini 1965-1966, p. 119 nota 222. Si tratta probabilmente dello stesso bollo proveniente da Monterinaldo segnalato da Morel (Morel 1981a, p. 85). 4 Susini che ritenne che l’oggetto fosse stato fabbricato e consacrato presso il santuario per costituire una sorta di souvenir per il pellegrino. Susini 1970, pp. 165-166. Il bollo fu ripubblicato nel cil i2, iv (3546). Il rinvenimento è stato recentemente ricordato da Gianfranco Paci. Paci 2008, p. 726. 5 La città romana di Aesis, divenuta colonia forse nel 247 a.C., sorgeva a pochi chilometri dalla costa dell’Adriatico. Sull’officina di Aesis : Brecciaroli Taborelli 1983, pp. 291-298 ; Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 5-250 ; Van Kerckhove 2004, pp. 60, 63-64. I materiali esinati sono stati sottoposti ad analisi delle argille : Predieri, Sfrecola 1996-1997, pp. 265-267 ; Brecciaroli Taborelli 1998, pp. 153-169 ; Oddone 1998, pp. 171-177. 6 Alfieri ipotizzò che la regio V potesse estendersi a destra del corso dell’Esino : Alfieri 1985, p. 31 nota 64. 7 L’esistenza di un’officina ceramica ad Ariminum è stata ipotizzata in base agli scarichi di cospicue quantità di ceramica a vernice nera individuati durante gli scavi condotti nell’area del mercato coperto e dell’ex palazzo Battaglino. Tra i materiali rinvenuti anelli distanziatori e scarti di fornace : Giovagnetti 1995, pp. 437-468 ; Brecciaroli Taborelli 2000, pp. 15-18 ; Mazzeo Saracino 2004, p. 60. 8 Gori 2003, p. 372. Luisa Mazzeo Saracino ha sottolineato come questi rapporti appaiano particolarmente evidenti nel repertorio morfologico dei vasi prodotti ; esemplificativo riguardo alla trasmissione di caratteri non solo tecnici, ma anche culturali è la produzione ad Ariminum di pocola deorum, i noti vasi con iscrizioni dipinte. Morel 1990, pp. 154-155 ; Morel 1998, p. 17 ; Brecciaroli Taborelli 2000, p. 12. Analisi condotte sulle ceramiche a vernice nera rinvenute a Suasa e ad Ariminum hanno dimostrato a Suasa la presenza di materiale di importazione romagnolo. Mazzeo Saracino, Morandi, Nannetti 2000, pp. 135-137, 142.
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I prodotti della fabbrica esinate recanti bolli corrispondono allo 0.68% del totale. 1 Nella fase più antica (seconda metà del iii - inizio del ii sec. a.C.) alcuni esemplari recano stampiglie ottenute mediante l’impressione di gemme ; in genere si tratta di quattro stampiglie radiali disposte intorno ad una centrale, unite da archi di cerchi incisi, secondo una modalità attestata su vasellame di area ceretana e falisca intorno al 250 a.C. 2 Il rapporto della fabbrica di Aesis con officine romano-laziali pare testimoniato anche da quattro fondi recanti un bollo leggermente decentrato che raffigura una figura stante, forse Eracle, databili tra il 250 e il 180 a.C. 3 che richiamano le note Heraklesschalen, ma analisi archeometriche hanno dimostrato essere imitazioni locali. Altre stampiglie realizzate mediante l’impressione di gemme raffigurano : un erote di profilo a destra piegato intento a giocare con un animale, forse un cane ; 4 un erote piegato di profilo a destra che tiene in mano un oggetto non distinguibile ; 5 un cavaliere al galoppo a destra. 6 Lo schema decorativo dei piatti che recano le stampiglie con gli eroti è lo stesso : i bolli disposti in posizione radiale sono collegati da archi di cerchi incisi e delimitati all’esterno da una fascia di rotellature tra due solchi ; il piatto con le stampiglie con il cavaliere presenta solo due fasce esterne di rotellature delimitate da solchi. 7 Motivi decorativi ricorrenti sono rosette isolate di tipo naturalistico (250-175 a.C.) ; 8 rosette di tipo geometrico con sei petali trapezoidali associate talvolta ad altri elementi geometrici, forse frutto di elaborazione originale dell’officina esinate (250-200 a.C.) ; 9 palmette radiali inquadrate da rotellature, talvolta associate ad un motivo decorativo centrale – una palmetta o una rosetta geometrica – (databili tra il 180/170 ed il 150/140 a.C.). 10 Circa 2.900 dei quasi 3.000 vasi a vernice nera rinvenuti nel complesso esinate sono di produzione locale ; il rimanente vasellame è di importazione e, almeno nella fase più antica, quello di repertorio etrusco-laziale risulta predominante. 11
1 Brecciaroli Taborelli 1998, p. 156. Sui motivi decorativi della fabbrica esinate : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 80-87. 2 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 80-81 nn. 460-461, figg. 44, 45, 98. Brecciaroli Taborelli 1998, p. 156 ; 3 Brecciaroli Taborelli 1998, p. 156 ; Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 81-83 nn. 456-458, figg. 44, 45, 46. 4 I bolli ovali sono impressi sul fondo di un piatto tipo 1331 : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 80 figg. 44, 45 e 58 ; p. 114 n. 37. 5 I bolli ovali sono impressi su piatto di forma non determinabile. Brecciaroli Taborelli 19961997, p. 183 n. 461 figg. 44, 98. 6 I bolli ovali sono impressi su piatto di forma non determinabile. Brecciaroli Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 183 n. 460 figg. 44, 45, 98. 7 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 80-81. 8 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 84 nn. 26, 359, 463 e 464, figg. 44, 45, 46. 9 Brecciaroli Taborelli 1998, p. 156 ; Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 84 nn. 465, 475-478, figg. 47, 48, 62, 88, 98. 10 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 83 nn. 471-474, figg. 46, 47, 98, 99. 11 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 74, 242.
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Stando a quanto sinora documentato, la maggior parte della ceramica a vernice nera rinvenuta nella regio V è riferibile a produzioni locali ; al momento però l’unica officina individuata in ambito marchigiano è quella di Aesis, i cui materiali sono stati pubblicati per intero. Nella regio V non sono note officine per la produzione di ceramica a vernice nera, 1 se si esclude il ritrovamento nel corso di ricognizioni a Pian della Pieve, nei pressi di Cingoli, di anelli distanziatori e cospicue quantità di ceramica a vernice nera che ha indotto ad ipotizzare l’esistenza di un complesso produttivo in questa zona. Sono in corso di studio le ceramiche a vernice nera rinvenute durante gli scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche ad Angeli di Mergo, Ancona, di cui è stato recentemente pubblicato un lotto campione. Il primo esame macroscopico dei materiali ha permesso di distinguere quattro classi locali di ceramica a vernice nera a cui sono correlate forme specifiche ; due dei tipi individuati (tipi 1 e 2) sembrano corrispondere ai sottogruppi ‘a’ e ‘c’ della ‘classe locale I’ di Aesis e trovano significativamente riscontro con la cronologia ed il repertorio morfologico dell’officina esinate. 2 Non è sinora noto, purtroppo, se il materiale in fase di studio comprenda vasellame a vernice nera iscritto o bollato. Nello studio delle ceramiche a vernice nera di produzione locale rivestono particolare interesse i dati emersi dagli scavi eseguiti a Suasa, nella regio VI. Cospicue quantità di ceramica a vernice nera riferibili alla fine del iii o all’inizio del ii sec. a.C. sono state rinvenute negli strati di età repubblicana dell’area dove in seguito è stata edificata la domus dei Coiedii. 3 I materiali, testimonianza di una fase d’insediamento antecedente lo sviluppo del municipio, sono in massima parte locali o regionali, solo in minima parte di importazione e presentano stretta affinità di tipo tecnico e morfologico con le ceramiche prodotte nello stesso periodo ad Aesis e ad Ariminum. 4 Questo fenomeno potrebbe essere indicativo di un rapporto con la colonia romagnola o di dipendenza dei centri considerati con l’area romanolaziale. 5 Nella regio V è noto solo un numero esiguo di esemplari riferibili a ceramiche aretine e Nord-italiche prodotte dalla fine del ii sec. a.C. agli anni ’50-’40 del secolo successivo. Nella tomba 3 della necropoli di Porto Recanati, il cui corredo ha restituito materiali databili alla prima metà del i sec. d.C., sono state rinvenute due ciotole carenate, le cui forme testimoniano il passaggio tra le ceramiche aretine a vernice
1 Frapiccini 1998, p. 55-56 ; Frapiccini 2001, p. 156 nota 4 ; Van Kerckhove 2004, pp. 67-68 ; Mazzeo Saracino 2004, p. 64. 3 Ciuccarelli 2007, pp. 283-291, 293. 4 Dall’Aglio, De Maria 1994-1995, p. 192. 5 Mazzeo Saracino 1991, p. 58. Dall’Aglio, De Maria 1988, pp. 144-154, in particolare p. 149. Dall’Aglio, De Maria, pp. 181-182. Brecciaroli Taborelli 1998, p. 158. 6 Dall’Aglio, De Maria 1994-1995, p. 193. Le affinità delle officine di Ariminum e di Aesis con i prodotti di area romano-laziale hanno indotto Brecciaroli Taborelli ad attribuirle ad un unico gruppo, quello della ‘vernice nera di Ariminum e dell’ager Gallicus’, la cui attività risulta compresa dal 268 al 200 a.C. Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 69-70, tav. 19.
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nera e la terra sigillata italica. 1 Nel corso dello scavo di un impianto produttivo identificato nei pressi di Potenza Picena 2 è stato rinvenuto un piatto frammentario (serie 2286 ?) decorato con pelte in posizione radiale 3 di possibile produzione aretina. Testimonianze più cospicue su questi materiali sono offerte dalla regio VI. Dall’officina ceramica di Aesis provengono piatti (serie 2286), attribuiti a produzioni aretine in base alla morfologia e, in particolare, ai caratteristici motivi decorativi a pelta, e ciotole (serie 2653). 4 Il numero rilevante di esemplari rinvenuti ha indotto ad ipotizzare che Arezzo potesse essere il centro esclusivo di approvvigionamento di questo tipo di vasellame nella fase più recente del complesso esinate. 5 Nel corso degli scavi eseguiti dall’Università di Bologna a Suasa presso la domus dei Coiedii sono stati rinvenuti due frammenti di piatto con orlo ripiegato a spigolo vivo (serie 2286) e due fondi di piatti riferiti in base alle caratteristiche tecniche (corpo ceramico rosa intenso, vernice nera opaca che conserva sul fondo interno la traccia arrossata dell’empilement) ed al tipo di bolli ottenuti mediante impressioni di gemme a produzioni Nord-italiche imitanti quelle etrusche. 6
3. 2. I graffiti Oltre alla già ricordata iscrizione su ceramica a vernice nera rinvenuta ad Ancona durante gli scavi dell’anfiteatro, 7 sono numerosi i graffiti provenienti dalla regio V di recente pubblicazione che hanno implementato la documentazione relativa al processo di romanizzazione. 8 A Pievefavera, località del comune di Calderola 9 in provincia di Macerata, nel corso di ricognizioni di superficie sono stati raccolti sei frammenti di ceramica a vernice nera di diverse dimensioni pertinenti a ciotole della stessa forma (serie 2732), ciascuno dei quali conservava parte di una stessa iscrizione graffita dopo la cottura. L’esemplare più integro reca inciso : Stn. Rutilio So[mios]. 10 L’iscrizione al nominativo databile su base paleografica agli ultimi decenni del iii sec. a.C. aveva destinazione votiva, come sembra suggerire anche la scrittura all’interno del va
1 Invv. 23257 e 23258 : Mercando 1974, p. 157 nn. 17 e 18 figg. 9, 3 b e c. Mercando 1974, p. 158 ; Frapiccini 2001, p. 144 nota 2. 2 È stata pubblicata soltanto una scelta dei materiali più notevoli raccolti nel terreno rimosso. Tutti i materiali sono anteriori alla metà del i d.C. Mercando 1979, pp. 282. 3 Mercando 1979, p. 287 n. 5 figg. 202m e 206. 4 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 102. 5 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 102. 6 Dall’Aglio, De Maria 1988, pp. 147-149. 7 Vedi : ii.3.1. I bolli, p. 52. 8 Le Marche hanno restituito una cospicua quantità di graffiti su ceramiche a vernice nera. Sui rinvenimenti, vedi : De Marinis, Quiri, Paci 2005, p. 24 nota 30. 9 Sui rinvenimenti provenienti da Calderola : Marengo 1990, pp. 266-269. Altri graffiti su vernice nera provenienti dal territorio di Camerinum (regio VI), di grande interesse in quanto tra le testimonianze più antiche di scrittura in ambito privato rinvenute nelle Marche, sono stati pubblicati da Silvia Marengo : Marengo 2002, pp. 270-281. 10 L’integrazione proposta da Silvia Marengo si basa sulla lettura degli altri frammenti : Marengo 1999, p. 777.
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera
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so, che ne pregiudica l’uso, e il contesto archeologico di provenienza interpretato come luogo di culto. 1 Ad Urbs Salvia è stata rinvenuta una ciotola di forma non determinabile che reca incisa sull’esterno l’iscrizione m·cl, datata intorno alla seconda metà del i sec. a.C., riferibile a M(arc-) Cl[…], proprietario del vaso. 2 Dall’abitato di Potentia 3 provengono due vasi recanti iscrizioni graffite : una scodella (serie 1266) di produzione locale, 4 attribuibile al primo quarto del ii sec. a.C., sulla cui parete esterna è incisa l’iscrizione Sosia faber 5 e una pisside (serie 7512) in ceramica del gruppo della ‘Campana b’, databile tra il 200 e il 150 a.C., recante sulla parete esterna il graffito l·opi. 6 La prima iscrizione ricorda Sosia, un individuo di condizione servile che si designa con la sua professione ; la seconda, per la quale è possibile l’integrazione in nominativo L(ucios) Op(p)i(os) o preferibilmente, a sottolineare la proprietà dell’oggetto, in genitivo L(uci) Op(p)i è riferibile per dati di scavo, paleografia e assenza della geminata alla prima fase di vita della colonia potentina. 7 Gli Oppii, 8 attestati ad Auximum sin dalla fondazione della colonia (157 a.C.) erano anche produttori di laterizi. 9 Il graffito potentino è la testimonianza più antica nella regio V riferibile a questa gens. 10
4. Bolli e graffiti noti su ceramica a vernice nera provenienti da Asculum e dal suo territorio La ceramica a vernice nera proveniente da Asculum e dal suo territorio non è stata sinora oggetto di studio ; i soli materiali di questa classe pubblicati sinora sono tre frammenti provenienti da scavi condotti negli anni Ottanta dello scorso secolo nella città di Ascoli Piceno che sono stati esposti presso il Museo Archeologico Statale. 11 Tra questi due fondi di vasi provenienti dagli scavi nell’area del caffé Meletti : il primo, 12 pertinente ad un vaso di forma non determinabile, reca impressi quattro bolli a palmetta del tipo ricorrente nel gruppo delle ‘piccole stampiglie’
1 Marengo 1999, pp. 779-780. 2 Paci 2002a, p. 31 n. 1. 3 Frapiccini 2001, p. 145 fig. 63, 2. 4 Esemplari analoghi sono stati rinvenuti nell’officina esinate : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 110, 112, fig. 106 nn. 13-19. La forma della coppa è diffusa in area etruschizzata e in particolare nel volterrano : Morel 1981, p. 100, pl. 10. Le caratteristiche tecniche dell’esemplare hanno indotto Frapiccini ad attribuirlo ad una produzione regionale : Frapiccini 2001, p. 145. 5 Paci 2001, pp. 101-102 n. 29. Paci 2002, pp. 212-214 n. 30, figg. 32b, 33. Paci 2003, p. 294 nota 13. Van Kerckhove 2004, p. 65 fig. 8. Cristofori 20042, pp. 427-432, tav. liii. Antolini 2007, p. 213 n. 44. 6 Frapiccini 2001, pp. 153-154, n. 53. Paci 2001, p. 101 n. 28. Paci 2002, pp. 210-212, n. 29, figg. 31, 32a. Van Kerckhove 2004, p. 65 fig. 9. Antolini 2007, p. 212 n. 43. 7 Paci 2001, p. 101 ; Paci 2002, pp. 210-212 ; Paci 2003, pp. 294-295, fig. 6 ; Antolini 2007, p. 212 n. 43. 8 Gasperini, Paci 1982, pp. 236-237. 9 Un laterizio rinvenuto ad Osimo recava impresso il bollo m oppi satvrn^ini : cil ix 6078 124 ; Gasperini, Paci 1982, p. 236. 10 Paci 2001, p. 101. Paci 2003, pp. 294-295. 11 Profumo 2002, pp. 87, 89. Il terzo frammento è pertinente ad una pisside (inv. s.a.m. 64743) databile tra il ii ed il i sec. a.C.) rinvenuta nel corso degli scavi eseguiti ad Ascoli in via Panichi, in corrispondenza dell’area dove si trova l’edificio che ospitava la Standa. Profumo 2002, fig. 121. 12 Profumo 2002, p. 89 fig. 125, inv. sam 64727. Catalogo, n. 11.
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disposti in posizione radiale intorno ad un analogo bollo centrale ; il secondo 1 attribuibile ad un piatto della serie 2233 reca in posizione centrale il bollo circolare a lettere rilevate ga^v, riferibile ad un Gavius. La grafia della ‘g’ con tratto orizzontale diffusa dalla metà del iii sec. a.C. fornisce un terminus post quem per la datazione del bollo. All’interno, in prossimità del bollo è stata incisa dopo la cottura con uno strumento appuntito un segno a croce x o +. 2 I piatti a parete obliqua diritta della serie Morel 2233 erano frequentemente prodotti nelle aree etruschizzate dell’Italia centrale e settentrionale, Campania settentrionale inclusa, dal iii alla fine del i sec. a.C. ; numerosi esemplari di produzione locale sono stati rinvenuti anche nella regio VI a Suasa e nell’officina di Aesis. Le caratteristiche tecniche dell’esemplare rinvenuto ad Ascoli non sembrano però corrispondere a quelle dei materiali noti di produzione locale o regionale. È probabile che il piatto con bollo ga^v provenga da una località dell’Italia centrale, dove bolli nominali sono più frequentemente attestati, 3 forse dalla lontana Campania settentrionale. In Caiatia le attestazioni relative ai Q. Gavii di ceto equestre e senatorio note sono riferibili ad un periodo compreso tra l’età di Antonino Pio e Caracalla ; 4 tuttavia, come dimostrato da Camodeca, questa famiglia vantava esponenti locali di spicco sin dall’età augustea. 5 Accettando l’integrazione proposta nel 1922 da Cichorius al passo corrotto di Cicerone della Pro Sestio (72), 6 Sex. Atilius Serranus Gavianus, tribuno della plebe nel 57 a.C., adottato dagli Atilii Serrani, discendeva a Caiatis Gaviis. Può comunque essere interessante, per quanto in questo caso l’iscrizione si riferisca ad un proprietario e non a un ceramista, richiamare il graffito q·gavi inciso sulla parete esterna del piede della kylix assimilabile al tipo 1262d 1 di Morel 7 rinvenuta nella regio VI, a Sena Gallica. 8 Alcune particolarità nella grafia del graffito - la ‘q’ con la coda appena accennata caratteristica delle forme più antiche, 9 la ‘g’ resa, come nel bollo ascolano, con il tratto finale ben marcato e non con la ‘c’, mantenuta in uso per un fenomeno di conservatorismo grafico, la ‘a’ con traversa disarticolata pendente verso sinistra – e la morfologia del supporto, databile tra il 200 ed il 50 a.C., consentono di riferire l’esemplare ad un periodo posteriore al 200 a.C.
1 Profumo 2002, p. 89 fig. 126, inv. sam 64728. Catalogo, n. 12. 2 Catalogo, n. 12. 3 I bolli nominali in Italia sono stati rinvenuti soprattutto in Italia centrale : a Roma, Cales, Rimini, Spoleto, Todi, Alba Fucens, Preneste, Lanuvio, Minturno. Morel 1981a. Nelle Marche l’unico vaso noto di produzione locale con bollo nominale è la coppetta proveniente dal santuario di Monterinaldo. Vedi ii.3.1. I bolli, p. 53. 4 Sui Q. Gavii, cavalieri e senatori di Caiatia, vedi : Camodeca 2005. 5 Camodeca 2005, p. 121 nota 3 ; Camodeca 1994, p. 471 ; ae 1994, p. 431. 6 Cichorius 1922, p. 241. In età augustea è attestato anche un M. Gavius T. f. duovir quinquennalis della città (dubbia la discendenza da lui dei Q. Gavii per la diversità del praenomen). Camodeca 1994, p. 471 nota 38. 7 Inv. 49358. Sulla forma : Morel 1981, p. 99, pl. 9. Morel 1981a, p. 85. 8 Stefanini 1994-1995, pp. 37-38 fig. 9. 9 Cagnat4 1914, p. 20.
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4. 1. La collezione civica di Ascoli Piceno 4. 1. 1. I bolli Presso la collezione civica di Ascoli Piceno sono stati individuati dieci vasi di ceramica a vernice nera, ciascuno dei quali reca impresso uno o più bolli. 1 La patera k 6335 e la coppa biansata k 6336 2 sono pertinenti alla ceramica di Teano 3 prodotta tra la fine del iv e il primo terzo del iii sec. a.C., prima della fondazione di Teanum Sidicinum. I vasi k 6335 e k 6336 della collezione civica, rispettivamente riferibili ai tipi 1512a e 4242b della tipologia di Morel, presentano le caratteristiche tecniche proprie di questa classe ceramica – corpo ceramico giallo scuro tendente al rosa, vernice nera con riflessi metallici 4 – e i bolli ricorrenti in questa produzione. Entrambi gli esemplari recano impresso sul fondo in posizione centrale un bollo raffigurante un volto o una maschera stilizzata, 5 intorno a cui sono disposti alcuni bolli a palmetta, secondo uno schema decorativo noto, in cui un numero limitato di bolli è associato a rotellature, in modo da realizzare una composizione ricca e vivace. Gli esemplari ascolani non presentano graffiti e sopradipinture e hanno la parte inferiore del piede accuratamente risparmiata. Una limitata diffusione contraddistingue le ceramiche di Teano : vasi riferibili a questa produzione sono stati rinvenuti nella Campania settentrionale e nel Lazio, nella fascia costiera del levante e del Sud-Est della penisola iberica, 6 dove, in assenza di nuovi riscontri, risultano attestati in numero esiguo. 7
1 Si tratta di k 6335, k 6337, k 6339, k 6336, k 6338, k 6331, k 5754, b.m. 6164, e k 6334 : Catalogo, nn. 1-10. 2 Catalogo, rispettivamente nn. 1 e 2. 3 Sulla ceramica di Teano : Gabrici 1910, pp. 6-152 ; Mingazzini 1958, iv, Eg ceramica interamente verniciata (in parte campana) pp. 5-6 ; Morel 1976, pp. 271-272 ; Morel 1981, p. 50 ; Bernardini 1986, p. 169 ; Morel 1990, p. 146 ; Brecciaroli Taborelli 2005, p. 65. 4 « I vasi a vernice nera assumono gradazioni diverse dal nero brillante al nero argentato o piombino al nero verdognolo » : Gabrici 1910, p. 26. Sulle caratteristiche tecniche della ceramica di Teanum : Morel 1965, pp. 57-59. 5 Gabrici interpretò il volto come una raffigurazione di Selene e ne fornì una descrizione : « Il centro è occupato da una mascheretta in rilievo ottenuta con uno stampo circolare a forma di punzone, del diametro di mm 15. Negli esemplari da me esaminati è sempre fatta allo stesso modo : due serie di punti nella parte superiore del cerchio stanno ad indicare i capelli ; una sbarretta semilunata indica il limite superiore della fronte, due sbarrette, incontratisi a ‘T’ con due punti laterali un’altra sbarretta orizzontale più sotto sono i contrassegni schematici del volto umano ; due uncinetti laterali sono le orecchie » : Gabrici 1910, p. 27. 6 La maggiore concentrazione di questa classe ceramica in alcune località della penisola è stato spiegato dagli studiosi in diversi modi ipotizzando : un contatto diretto tra le popolazioni indigene del luogo e quelle italiche (Principal Ponce 1998, p. 60) ; possibili rotte individuate attraverso la presenza di facies ceramiche parallele (anfore greco-italiche antiche, tipo mgs v-v/vi e vasellame a vernice nera di produzione italica) Carthago-Carthago Nova, (Morel 1990, p. 89) o l’eventuale esistenza di circuiti di redistribuzione di questi materiali dal centro principale Emporion-Rhode (Cibecchini, Principal 2002, p. 663) ; contatto diretto dei centri italici con la città punica di Carthago, dove erano acquistati per poi essere reintrodotti nell’area commerciale di Rhode e Ampurias. Perez Ballester 1994, pp. 194-195 ; Principal Ponce 1998, p. 60. 7 Cibecchini 2004, p. 58.
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Le coppe k 6337 1 (serie 2661) e k 6339 2 (serie 1553) della collezione civica sono pertinenti a ceramica prodotta a Capua e nei suoi immediati dintorni tra la fine del iv e l’inizio del iii sec. a.C. A questa produzione rimandano le forme e le caratteristiche tecniche degli esemplari esaminati : i parametri indicati da Morel per i rapporti tra le proporzioni di ciascuno dei vasi ; la vernice coi riflessi metallici applicata con cura risparmiando il fondo, rivestito a pennello con ingobbio di colore rosso scuro nell’esemplare k 6339. Il motivo decorativo della coppa k 6337, realizzato attraverso l’impressione di punzoni raffiguranti palmette collegate da archi di cerchi incisi a mano libera trova confronto nell’esemplare (inv. 7675) conservato presso il Museo Campano. Lo skyphos k 6338 3 (tipo 4362 b) pare anche esso affine ai vasi prodotti a Capua per le caratteristiche del corpo ceramico di colore compreso tra il rosa e il beige compatto duro e depurato e della vernice densa, coprente e brillante. Esemplari di questa forma erano realizzati nell’officina di Aesis, 4 ma da questi il vaso della collezione civica si discosta per accuratezza e qualità di esecuzione. Sul fondo in posizione centrale reca impresso il bollo in cartiglio ovale con la lettera m. Il frammento b.m. 6164 5 è pertinente ad un piatto di produzione locale imitante le Heraklesschalen di ambito romano-laziale, alle quali si richiama per la decorazione realizzata mediante l’impressione di una gemma raffigurante un personaggio, nel quale è forse riconoscibile Ercole, nudo e stante a sinistra. In modo analogo agli esemplari rinvenuti nell’officina esinate il frammento ascolano reca impressi più bolli – se ne conservano due, forse originariamente erano quattro – inquadrati da due solcature che delimitano lo spazio destinato ad una serie di rotellature. I fondi k 5754 6 e k 8476 7 pertinenti a coppe con il profilo svasato rettilineo recano sul fondo in posizione centrale un bollo a forma di plantare. Bolli di questo tipo sono ben attestati nella regio V : sulla ciotola della serie 2821 proveniente dalla tomba 112 della necropoli di Porto Recanati 8 e su alcuni frammenti provenienti dal territorio di Urbs Salvia e di Montalto. 9 Morel ha riscontrato strette affinità tra queste produzioni locali e i materiali dell’Italia settentrionale che a loro volta si richiamano al gruppo della ‘Campana B’, rilevando come la maggior parte delle produzioni Nord-italiche abbia in qualche modo subito l’influenza emanata dai centri etruschi sorti oltre l’Appennino. 10
1 Catalogo, n. 3. 2 Catalogo, n. 4. 3 Catalogo, n. 5. 4 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 90, 93, 169. 5 Catalogo, n. 8. 6 Catalogo, n. 9. 7 Catalogo, n. 10. 8 Inv. 26683. Mercando 1974, t. 112, p. 278 figg. 179 n. 112a e 334e. 9 Sui frammenti : Catalogo, n. 9. 10 Morel comprende le Marche nella ‘provincia ceramica’ dell’Italia settentrionale. Come nel Piemonte e in altre regioni del Nord-Italia, la quantità più cospicua di ceramica a vernice nera rinvenuta in ambito marchigiano è riferibile a produzioni locali o regionali che per caratteristiche tecniche (corpo ceramico beige chiaro, vernice nera opaca) sono assimilabili al gruppo della ‘Campana B’ : Morel 1998, p. 240. Un’altra caratteristica che accomuna le Marche e l’Italia settentrionale è l’attardarsi di queste produzioni ceramiche sino alla prima metà del i sec. d.C. Morel 1998, p. 248. Questa vicinanza regionale è stata evidenziata da Brecciaroli Taborelli in un contributo sulla ceramica a vernice nera padana consi
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Bolli in planta pedis sono stati rinvenuti a Coccaglio (Brescia), 1 a Voltido 2 (Cremona), 3 a Cologno al Serio 4 e a Curno 5 (Bergamo), a Novara, 6 ad Ornavasso, 7 a Groppello Cairoli 8 e Zignasco 9 (Pavia). Il piatto k 6334 10 decorato con il motivo a pelta radiale proveniente da Venarotta è riferibile a ceramiche aretine a vernice nera prodotte tra la fine del ii sec. e il 50/40 a.C.
4. 1. 2. I graffiti Alla collezione civica appartengono tre vasi frammentari (k 5738, k 8400 e b.m. 1504) 11 in ceramica a vernice nera e corpo ceramico grigio di prodotti in ambito locale o regionale recanti graffiti. L’ampio piatto k 5738 12 (specie 1120) è riconducibile, per la presenza di un leggero solco che sottolinea il profilo del labbro, alla serie 1121, nella quale Morel comprende i vasi attici e loro imitazioni tarde prodotte nell’occidente Mediterraneo sino al ii sec. a.C. 13 Alcune caratteristiche tecniche dell’esemplare ascolano, le evidenti striature di tornio e la presenza di vacuoli anche vistosi all’interno del corpo ceramico, lo rendono assimilabile alla ‘classe locale I’ 14 dell’officina esinate, dove sono stati rinvenuti cinque piatti di questa forma, databili in base alla stratigrafia tra la seconda metà del iii ed i primi decenni del ii sec. a.C. Sulla parete interna del piatto sono state graffite dopo la cottura le lettere vii. 15 Il significato dei numerali graffiti sui vasi non è sempre di facile comprensione ; è stato osservato che talvolta si tratta di cifre troppo basse per potere essere interpretate come annotazioni di peso o di capacità. 16 Nel caso del piatto ascolano può essere opportuno ricordare, come è stato rilevato in merito ad iscrizioni incise all’interno di vasellame da mensa, che la loro presenza pregiudica l’uso dell’oggetto e, talvolta, ne sancisce il passaggio ad un diverso tipo di utilizzo ; forse, in questo caso, il vaso era adoperato come contenitore tarato e recava iscritto il peso del piatto vuoto, in modo da agevolare operazioni di pesatura.
derando un unico ambito l’area geografica compresa a Nord dal bacino del fiume Po e a Sud dal corso del fiume Tesino : Brecciaroli Taborelli 2000, p. 11. 1 agrippa ; m.agrip… ; postvmi : Fiorentini 1963, p. 47 ; Sfredda 1998, pp. 35, 36. A Nave, Brescia, bollo illeggibile su patera Lamboglia 7/ 16 : Sfredda 1998, p. 31. 2 m. coe, su frammento privo di piede : Fiorentini 1963, p. 48. 3 l.c.f. su patera Lamboglia 7/ 16 : Sfredda 1998, p. 31. 4 m. betvti su patera Lamboglia 7/ 16 : Fiorentini 1963, pp. 47-48, fig. 22 n. 8 ; Morel 1981, 2276c 1 ; Sfredda 1998, p. 31. 5 Illeggibile, su coppa Lamboglia 16 : Sfredda 1998, p. 34. 6 pvdens : Fiorentini 1963, p. 47 n. 4. 7 postvmi : Fiorentini 1963, p. 47. 8 m coeli su coppa Lamboglia 7/ 16 : Sfredda 1998, p. 31. 9 Di incerta lettura :…anv… Sfredda 1998, p. 31. In generale, vedi : Fiorentini 1963 : p. 43, fig. 23 nn. 1, 2, 3, 4 ; 47-48, 52 ; Sfredda 1998, p. 22. 10 Catalogo, n. 8. 11 Catalogo, nn. 23, 24, 25. 12 Catalogo, n. 23. 13 Morel 1981, p. 84. 14 Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 75-76. 15 Un’altra lettura dell’iscrizione poteva essere II L, ovvero ea ; tuttavia dall’esame del frammento il ductus risulta orientato dall’esterno verso l’interno. 16 Sui graffiti su vasellame da mensa : Frere, Tomlin 1995, p. 17.
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Il piatto k 8400, 1 riferibile alla serie 2256 conserva sul fondo esterno un segno a croce, x o +, inciso prima della cottura ed all’interno un altro segno a croce graffito dopo la cottura. Segni di questo tipo, che possono essere considerati alfabetici o no, interpretati talvolta come numerali, 2 ricorrono di frequente all’esterno di vasi a vernice nera. 3 Il segno a croce inciso prima della cottura è riferibile ad una fase in cui il vaso si trovava ancora nell’officina del ceramista, come dimostra la copertura dell’incisione avvenuta durante lo stadio successivo di verniciatura per immersione e potrebbe forse essere interpretato come un contrassegno legato al processo produttivo. Il fondo di piatto a parete obliqua b.m. 1504 (tipo 1443) 4 è l’unico reperto a vernice nera della collezione civica per il quale si dispone di informazioni precise relative al contesto di rinvenimento. Il vaso risulta tra i materiali di età romana riportati in luce nel corso dello scavo intrapreso da Gabrielli il 31 maggio del 1869 nell’orto del convento di S. Agostino, all’epoca di proprietà comunale. 5 Il ritrovamento di una considerevole quantità di mattoncini per opus spicatum e di un pozzo potrebbe essere indizio dell’esistenza nell’antichità in questa area di un’abitazione. Sull’esterno del piede è stata incisa dopo la cottura con uno strumento appuntito tra due segni a sinistra e a destra che la delimitano l’iscrizione aria, la cui grafia denota alcuni tratti di arcaismo nella ‘a’ con la traversa obliqua che scende da destra a sinistra 6 e nella ‘r’ con l’occhiello aperto. 7
4. 2. 1. I bolli su ceramica a vernice nera conservata nelle collezioni e nei musei del territorio Presso musei e depositi comunali sono stati rintracciati otto frammenti ceramici a vernice nera recanti uno o più bolli provenienti da raccolta di superficie 8. Sei esemplari sono attribuibili al gruppo delle ‘piccole stampiglie’ ; 9 i reperti, databili tra il 310/305 ed il 265 a.C., provengono dai territori di Acquasanta Terme, Monte Varmine, Comunanza, Folignano, Monsampolo e Offida. 10 La forma più frequente tra i reperti considerati è la coppa emisferica con piede ad anello (serie 2783) preminente nella fase più antica di attività di queste produ
1 Catalogo, n. 25. 2 Bernardini 1986, nn. 210, 391. 3 Frere, Tomlin 1995, p. 16. Un segno di questo tipo compare sull’esterno di una ciotola proveniente da S. Lorenzo al Lago di Fiastra, in territorio di Camerinum : Marengo 2002, pp. 277-278. Numerosi esempi tra i vasi a vernice nera provenienti dal Tevere : Bernardini 1986. 4 Catalogo, n. 24. 5 Gabrielli, Buste Prefettizie, ii, e 13. Gabrielli, Taccuini : 35 (1869) cc. 4 r. - 6 v. ; Pasquinucci 1975, p. 92 note 316 e 317. 6 Cagnat 19144, p. 12 ; Cencetti 1956-1957, pp. 188-190. 7 Cagnat 19144, p. 21. Catalogo, n. 11. 8 La lacunosa documentazione lasciata da Allevi non consente di appurare se il fondo di coppa della collezione di Offida sia stato rinvenuto in corso di scavo o provenga da ricognizione di superficie. Catalogo, n. 21. 9 Su cui, vedi supra, ii.1, Premessa, p. 45 nota 4. 10 Quasi tutti i vasi esaminati conservati presso musei e depositi comunali è priva di numero di inventario ; in assenza di questo è stato adottato il riferimento al luogo di conservazione e il rimando al numero di catalogo. Catalogo, nn. 13, 15, 16, 17, 18, 19, 21.
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zioni. 1 Morel 2 e Bats 3 hanno osservato che la produzione di queste coppe era intenzionalmente uniforme, come dimostrano le dimensioni pressoché costanti degli esemplari pubblicati, dalle quali non si discostano le coppe rinvenute nell’ascolano conservate presso i musei archeologici comunali di Carassai, Castel di Lama, Allevi di Offida e il deposito comunale di Folignano (diametro di base compreso tra 5 e 6 cm e l’altezza del piede compresa tra 0.8 e 1 cm). 4 Al gruppo delle ‘piccole stampiglie’ sono riferibili anche la coppa con basso piede ad anello proveniente da Monsampolo 5 per la presenza di tre bolli a rosetta che ricorrono sui vasi di questa produzione e il fondo di coppa con piede ad anello (tipo 331a) 6 conservato presso il costituendo Museo Archeologico Comunale di Acquasanta Terme. I bolli dei vasi ascolani presentano diametro non superiore ad un centimetro (ad eccezione dell’esemplare di Carassai) 7 e rientrano tra i tipi ricorrenti nel gruppo delle ‘piccole stampiglie’ – rosette, 8 palmette, 9 mano sinistra aperta 10 – ; si trovano impressi sul fondo dei vasi sia isolati in posizione centrale (come nel frammento di Carassai), sia multipli su assi paralleli (come negli esemplari conservati a Castel di Lama, Folignano e Monsampolo), 11 sia intorno ad un bollo centrale (come nel vaso della collezione Allevi). 12 I vasi provenienti dall’ager Asculanus mostrano differenti caratteristiche tecniche e qualità di esecuzione : gli esemplari di Monsampolo, Folignano e Offida 13 presentano elevata qualità tecnica – corpo ceramico ben depurato di colore compreso tra il beige e l’arancione, vernice nera coprente e brillante – e richiamano quelle attribuite da Morel all’atelier des petites estampilles. Le coppe conservate presso i musei di Acquasanta, Carassai e Castel di Lama 14 si distinguono invece per la mediocre qualità delle argille e delle vernici e sembrano riconducibili a produzioni locali o regionali. Il fondo di patera conservato presso il Museo Archeologico Comunale di Acquasanta 15 presenta un risalto nella faccia interna del piede analogo a quello che caratterizza gli esemplari in ceramica aretina a vernice nera ; tuttavia la forma del vaso e le sue caratteristiche tecniche non corrispondono a quelle di queste produzioni. Il frammento trova più vicino confronto nell’esemplare proveniente dal
1 Brecciaroli Taborelli 2005, p. 66. 2 Morel 1969, pp. 63-65. Morel 1981, p. 222. 3 Bats 1988, p. 74 ; Bernardini 1986, p. 52. 4 Catalogo, rispettivamente nn. 14, 15, 19 e 17. 5 Inv. 75884. L’esemplare è conservato presso il Museo Archeologico Comunale di Monsampolo del Tronto : Catalogo, n. 18. 6 Catalogo, n. 13. 7 Catalogo, n. 15. Brecciaroli Taborelli ha osservato che i bolli diventano progressivamente più grandi e meno curati, distinguendo tre fasi produttive : nella seconda fase (280-270 a.C.), che corrisponde al periodo di massima diffusione di questa classe ceramica, la dimensione della stampiglia si aggira intorno a 1.2/ 1.5 cm come nell’esemplare descritto. Brecciaroli Taborelli 2005, p. 67. 8 Catalogo, n. 15. 9 Catalogo, n. 17. 10 Catalogo, n. 19. 11 Catalogo, nn. 16, 17 e 18. 12 Catalogo, n. 21. Morel 1969, p. 65, fig. 3e. 13 Catalogo, nn. e 21. Nel caso dell’esemplare della collezione Allevi risulta particolarmente caratterizzante la disposizione dei bolli. 14 Catalogo, nn. 13, 15 e 16. 15 Catalogo, n. 14.
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foro dall’area del tempio di Antonio e di Faustina pubblicato da Morel ; 1 a tale vaso si richiama anche per il tipo particolare di bolli costituiti da circonferenze concentriche suddivise in quarti impressi in posizione radiale per il quale non sono stati individuati altri confronti. Morel attribuisce l’esemplare del foro ad una produzione tardiva di Campana B, pur non escludendo del tutto la possibilità che si tratti di ceramica aretina a vernice nera, e lo data intorno alla metà del I sec. a.C. È possibile che tale vaso sia riferibile ad officine che, avendo recepito l’influenza delle più note produzioni aretine o del gruppo della ‘Campana B’, producevano vasi non del tutto conformi ai modelli originari.
4. 2. 2. I graffiti su ceramica a vernice nera conservata nei musei della città e del territorio Tra i materiali di età romana esposti ad Ascoli Piceno, all’interno dell’area archeologica del Palazzo dei Capitani 2 rinvenuti nel corso degli scavi eseguiti a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, figura un frammento di parete di vaso in ceramica a vernice nera recante sull’esterno l’iscrizione mutila […]io[…] o […]oi[…] incisa dopo la cottura. 3 Nel deposito del Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama sono conservati due frammenti di vasi di forma non determinabile in ceramica a vernice nera, privi di numero di inventario, rinvenuti nel corso di ricognizioni di superficie eseguite dall’Archeoclub di Castel di Lama in territorio di Comunanza, in località Monte Basilio, ciascuno dei quali conserva parte di un’iscrizione graffita dopo la cottura. Il primo è un frammento di parete al cui interno si conserva un’iscrizione (o parte di essa) incisa con uno strumento appuntito : […]m^a[...]. 4 Il secondo 5 è pertinente ad un fondo di coppa decorato all’interno con tre o quattro serie di rotellature. Sulla parete esterna si conserva la parte superiore di un’iscrizione mutila non restituibile : si distinguono la parte superiore di due aste, la cui appartenenza ad un’unica lettera non è certa, un occhiello ed un’altra asta riferibili ad altre due lettere.
5. Un’ipotesi sulle provenienze dei reperti a vernice nera ascolani L’esame del vasellame a vernice nera conservato presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno e i musei e i depositi comunali del territorio può fornire qualche spunto di riflessione sulla diffusione di queste produzioni ceramiche nell’ager Asculanus, in attesa che i materiali di questa classe conservati presso i musei, 1 Morel 1965, p. 89 n. 174 pl. 13. 2 Si tratta di una ventina di frammenti di cui si forniscono di seguito le forme classificate in base alla tipologia Morel : piatti (serie 1640, 2233, 2234), coppe (serie 172, 235, 2984), coppette (serie 2750), coperchi (serie 9100, 9130). Schede ra dei materiali esposti sono state redatte dalla scrivente. Non sono presenti esemplari bollati. 3 Inv. di scavo : ap 83 PdC 225. 4 Catalogo, n. 26. 5 Catalogo, n. 27.
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ma soprattutto rinvenuti nel corso degli scavi condotti nella regio V, siano pubblicati in modo sistematico. I vasi di ceramica di Capua (k 6337, k 6338 e k 6339) 1 e di Teano (k 6335 e k 6336) 2 sono entrati a far parte della raccolta civica nell’Ottocento, come dimostra la loro presenza nell’inventario b.m. I reperti descritti sono contrassegnati con numeri di inventario b.m. contigui, quando non consecutivi 3 e il loro eccezionale stato di conservazione induce a ritenere che possano essere stati parte di un unico lotto di vasellame di origine campana acquistato per arricchire la collezione civica. 4 Lo spoglio degli inventari del museo archeologico e delle carte di Gabrielli ha permesso di identificare alcuni lotti di ceramica campana confluiti nella collezione civica : uno di questi fu donato da Gabrielli al costituendo Museo Civico in occasione del conferimento dell’incarico di direttore. 5 La ricerca non ha sinora fornito elementi a sostegno della provenienza antiquaria dei vasi descritti, tuttavia, al termine del riordino degli inventari della collezione ascolana, sarà forse possibile acquisire, anche in modo indiretto, informazioni utili per risalire all’origine di questi reperti. Tralasciando questo gruppo di vasi, i reperti più antichi, riferibili alla prima metà del iii sec. a.C., sono coppe riconducibili al gruppo delle ‘piccole stampiglie’ 6 e testimoniano rapporti commerciali con le aree produttive del Lazio e dell’Etruria meridionale. I commerci con le officine centro-italiche ed etrusco-meridionali produttrici di queste ceramiche – localizzabili a Roma, Tarquinia, Palestrina, Segni, Cerveteri, ecc. 7 – dovevano avvenire attraverso i collegamenti transappenni
1 Catalogo, nn. 1 e 2. 2 Catalogo, nn. 3, 4 e 5. 3 Ceramica di Teano (rispettivamente b.m. 4497 e b.m. 4493) e di Capua (b.m. 4499 ; b.m. 4494 ; b.m. 4498). 4 Se così non fosse, considerando il perfetto stato di conservazione dei reperti descritti, bisognerebbe ipotizzarne un’eventuale provenienza da un contesto funerario, ma non sono noti vasi a vernice nera riferibili a queste produzioni rinvenuti in necropoli nella regio V. La presenza di un limitato numero di esemplari potrebbe essere spiegato con lo spostamento operato da alcuni individui dal luogo in cui i vasi erano prodotti. 5 Il 12 novembre 1868 Gabrielli comunica al Sindaco la sua intenzione di contribuire con una donazione al costituendo museo civico. I reperti, acquistati nel corso di una gita a Napoli, sono : un kyathos « con testa di donna in rilievo alto 0.14 » proveniente da Capua (b.m. 689) ; un unguentario « ad un ansa di terra nera con baccellatura proveniente da Ruvo ( ?), alto 0,10 restaurato » (b.m. 690) ; « Id. con ornati a vernice nera, prov. da Capua alto 0,15 » (b.m. 691 ; k 4988) ; un « kyathos a due anse con ornati e teste di donna a vernice nera e bianca, alta 0.14, proveniente da Capua » (b.m. 692 ; k 4963) ; un « unguentario ad una ansa con ornati e testa di donna a vernice nera e bianca, alto 0,13 proveniente da Capua » (b.m. 693) ; « Id. con testa muliebre su fondo nero alto 0,18 proveniente da Capua, restaurato nel collo » (b.m. 694 ; k 4990) ; « Id. con ornati e greche a vernice nera, alto 0,11 proveniente da Capua e restaurato » (b.m. 695 ; k 4989) ; « frammenti di tazza italo-greca con ornati e lotta d’uomini e mostri a vernice nera, rossa, e bianca con graffito da 0,21 restaurata a scagliola » (b.m. 696) ; « figura muliebre in terra cotta rappresentante una sacerdotessa alta 0,16 proveniente dagli scavi di Capua » (b.m. 697 ; k 5462). Lettera inviata da Gabrielli al Sindaco di Ascoli Piceno. asap, asca. Devo la segnalazione alla cortesia della Dottoressa Nora Lucentini. Sono grata alla Dottoressa Chiara Speranza per avermi aiutato ad identificare i reperti. 6 Vedi ii.4.2.1. I bolli su ceramica a vernice nera conservata nelle collezioni e nei musei del territorio, pp. 62-63. 7 Analisi chimiche e minero-petrografiche eseguite su frammenti di vasi di questa tipologia hanno dimostrato compatibilità con scarti di fornace provenienti dalle località menzionate. Olcese 1998, pp. 142-145.
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nici, già adoperati dalle popolazioni locali prima che i Romani si impegnassero nella progettazione e nella trasformazione di questi percorsi sterrati in una rete stradale. I materiali potevano raggiungere i centri dell’ager Asculanus utilizzando la viabilità minore che coincideva in parte con le valli dell’interno. Per quanto i reperti in ceramica a vernice nera provenienti dall’ager Asculanus rintracciati siano numericamente esigui, elementi emersi dal loro studio trovano riscontro in alcuni rinvenimenti di iii sec. a.C. provenienti dai territori vicini. Uno studio sulle ceramiche a vernice nera di produzione romano-laziale attestate in ambito medio-adriatico nei territori attraversati dopo il 220 a.C. dalla via Flaminia, ha evidenziato come alcune località fossero state raggiunte dalla penetrazione commerciale ben prima che i Romani avviassero le deduzioni coloniali. 1 I rapporti commerciali tra Roma e i Picenti precedettero verosimilmente la loro alleanza, stipulata intorno al iii sec. a.C. Nel 284 a.C. i Senoni dell’Adriatico furono definitivamente sconfitti dai Romani aiutati nell’impresa dagli ascolani. 2 In seguito gli ascolani intrattennero rapporti con i potenti alleati sino a quando, forse anche in seguito alla fondazione della colonia di Ariminum nel 268 a.C., esplose una rivolta degli Italici nella quale, secondo quanto attestano le fonti, 3 gli abitanti di Asculum rivestirono un ruolo di primo piano. Al termine del conflitto, i Romani non riservarono ai vinti un trattamento univoco ; lo status di civitas foederata detenuto da Asculum alla vigilia del bellum sociale sembra testimoniare che la città riuscì comunque a mantenere con lo stato di Roma un rapporto particolare. 4 L’influenza esercitata dai Romani sulla popolazione del Picenum comportò risvolti cruciali per il commercio e forse anche per lo sviluppo dell’artigianato ceramico. Il caso di Aesis, in cui l’impianto dell’officina ceramica è stato riferito alla prima fase di vita della colonia, ma dove risultano ben attestate forme di ceramiche a vernice nera che pare entrino in uso intorno alla metà del iii sec. a.C., può essere considerato un esempio indicativo dell’influenza che i Romani esercitarono sulle popolazioni locali già prima dell’urbanizzazione ; 5 il fabbisogno di ceramica, implementato dalla richiesta dei nuovi coloni, fece sì che l’attività dell’officina esinate proseguisse sino in età augustea. In ambito medio-adriatico i soli centri produttori di ceramiche a vernice nera noti sono l’officina di Aesis, nella regio VI e
1 Ermeti segnala il rinvenimento di ceramiche a vernice nera riferibili al iii sec. a.C. a Fanum Fortunae, Forum Sempronium, Pesaro (forse di produzione locale) e Cagli. Ermeti 2002, pp. 135, 137, 187, 165 ; Mazzeo Saracino 2004, p. 66. 2 Laffi 1975, p. xvi. 3 Asculum fu definita caput gentis. Flor. 1. 14. 2. Laffi 1975, p. xvi. 4 Laffi 1975, pp. xvii. 5 Brecciaroli Taborelli fissa l’inizio dell’attività dell’officina esinate intorno al 247 a.C., controversa data di deduzione della colonia o dopo la Lex Flaminia de agro Gallico et Piceno viritim dividundo (232 a.C.). Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 242 nota 168. Mazzeo Saracino, tenendo conto della quantità preponderante di forme riferibili alla metà del iii sec. a.C. rinvenute ad Aesis, interpretate dalla Brecciaroli Taborelli come un fenomeno di attardamento di un repertorio superato, ha suggerito la possibilità che l’impianto produttivo abbia preceduto di qualche decennio la deduzione della colonia. Mazzeo Saracino 2001, p. 204. Mazzeo Saracino 2004, pp. 64-65.
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la fornace di Monte Vairano, nel Samnium. Nel corso di scavi recenti nell’area del foro di Suasa sono stati rinvenuti negli strati di età repubblicana scarti di fornace, alcuni dei quali forse riferibili a ceramica a vernice nera. 1 Per quanto attiene la regio V l’esistenza a Cingoli, in località Pian della Pieve, di un impianto destinato alla produzione di questa classe ceramica presunta in base al rinvenimento di anelli distanziatori ed all’affiorare di cospicue quantità di cocciame, non è ancora stata verificata con indagini sistematiche. Tra i reperti a vernice nera esaminati provenienti da Asculum e dal suo territorio il vasellame riferibile a produzioni locali o regionali è ben attestato, un dato questo che trova riscontro nei rinvenimenti della regio VI, dove risulta predominante. Ancora non si dispone di dati sufficienti a definire l’area di diffusione delle ceramiche esinati ; 2 non è noto, per esempio, se e in che quantità i prodotti dell’officina di Aesis fossero diffusi nella regio V, per quanto la vicinanza con il confine piceno renda tale ipotesi credibile. Un contributo alla conoscenza della distribuzione dei prodotti dell’officina esinate pare possa giungere dallo studio del vasellame a vernice nera rinvenuto ad Angeli di Mergo, Ancona. Come già anticipato, un primo esame di una parte dei materiali ha permesso di individuare due tipologie ceramiche che presentano strette affinità con alcune classi locali esinati e con il loro repertorio morfologico. 3 Due tra i reperti della collezione civica esaminati paiono riferibili alla produzione esinate : il piatto k 5738 (serie 1121) 4 recante le lettere vii graffite e la coppa b.m. 6164 con due bolli raffiguranti una figura maschile nuda stante, probabile imitazione delle Heraklesschalen di area romano-laziale. 5 È possibile ipotizzare nel Picenum l’esistenza di officine ceramiche sparse per il territorio dedite, forse non esclusivamente, alla produzione di ceramica a vernice nera come quella esinate, che potevano giovarsi del commercio interno ed erano in grado di soddisfare parte del fabbisogno della regione ? Gli elementi sinora in nostro possesso hanno permesso di ricostruire un quadro ancora estremamente frammentario sulla diffusione delle ceramiche a vernice nera nella regione, ben lontano dal comprendere i complessi circuiti delle produzioni locali e regionali. Appare comunque certo che la produzione di ceramiche a vernice nera locale o regionale si protrasse sino alla prima metà del i sec. d.C. : ai già noti bolli in planta pedis impressi sulla coppa (serie 2821) della necropoli potentina e sul frammento di Urbs Salvia si sono aggiunti quelli sui vasi provenienti dall’ager Asculanus. 6 Tra i reperti considerati il piatto con bollo ga^v (serie 2233), 7 rinvenuto ad Ascoli Piceno nel corso degli scavi eseguiti nell’area del caffè Meletti, riveste particolare importanza : si tratta infatti del secondo bollo nominale noto rinvenuto nelle Marche. La tipologia del supporto e le caratteristiche tecniche non sembrano tan
1 Mazzeo Saracino 2001, p. 202 ; Mazzeo Saracino 2004, p. 64 nota 27. 2 Gori 2003, p. 372. 3 Vedi supra : ii.3. La diffusione delle ceramiche a vernice nera nella regio V, ii.3.1. I bolli, p. 55. 4 Catalogo, n. 20. 5 Catalogo, n. 6. 6 I vasi della collezione civica e quelli rinvenuti nel corso di ricognizioni di superficie nel territorio di Montalto, su cui vedi : Catalogo, nn. 9 e 10. 7 Catalogo n. 12.
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to riferibili a produzioni locali, quanto alle aree etruschizzate dell’Italia centrale e settentrionale. Il bollo ga^v, riferibile ad un Gavius sicuramente posteriore al 250 a.C., potrebbe essere riferibile ai Q. Gavi di Caiatia, famiglia con esponenti nel ceto equestre e senatorio tra il i ed il ii sec. d.C., ma che vantava personaggi locali di spicco anche tra il terzo e secondo quarto del i sec. a.C. Tuttavia la quasi totale assenza di reperti di origine campana in area marchigiana induce a mantenere particolare cautela nel proporre questa attribuzione. 1 L’esame dei materiali provenienti da Asculum e dal suo territorio ha evidenziato una significativa presenza di vasellame a vernice nera di produzione regionale o locale sin dalla prima metà del iii sec. a.C. A questo periodo sono riferibili anche le ceramiche a vernice nera di importazione che testimoniano rapporti quasi esclusivi con l’area romano-laziale ed etrusco-meridionale. Il vasellame poteva giungere nell’ager Asculanus attraverso i valichi transappenninici e i percorsi interni in età anteriore alla costruzione delle grandi arterie, la via Salaria e la via Flaminia. Dal ii sec. a.C., periodo al quale si riferisce l’inizio delle produzioni del gruppo della ‘Campana B’, gli scambi poterono giovarsi della rete stradale romana. Tuttavia, in modo analogo a quanto documentato nelle regioni contermini e in particolare nella regio VI, le produzioni di ceramiche a vernice nera locali o regionali proseguirono sino in età augusteo tiberiana.
1 Nell’officina esinate è stato rinvenuto un solo piatto di produzione calena : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 102.
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Catalogo Bolli su ceramiche a vernice nera Collezione civica, Ascoli Piceno Tutti i reperti della collezione civica sono conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno, ad eccezione di b.m. 6164 e b.m. 1504, attualmente presso il deposito della Pinacoteca Civica di Ascoli. Ceramica di Teano (fine iv - primo terzo del iii sec. a.C.) 1. Inv. k 6335, b.m. 4497. Dim. diam. orlo cm 14.5 ; diam. piede cm 7.2 ; h. cm 3 ; sp. cm 0.8 ; prof. vasca cm 1.8. Dim. cartiglio bollo con volto stilizzato : cm 0.7/0.8. Dim. cartiglio bolli a palmetta : cm 0.5/0.7. Patera (serie 1512) con piede diritto assai poco profonda, in cui il rapporto tra il diametro interno del bordo e la profondità della vasca è confome ai parametri indicati da Morel ≥ 4. Il profilo della vasca si incurva leggermente verso l’alto in prossimità dell’orlo. Ispessimento in prossimità del bordo. Corpo ceramico beige (7.5yr 7/6) duro, ben depurato e compatto. Vernice nera (tra 7.5yr 3/ e 7.5yr 2/0) con riflessi metallici, densa, coprente e brillante applicata per immersione ; parte interna del piede risparmiata. Sul fondo, in posizione centrale all’interno di una decorazione a 6 rotellature, è impresso un bollo che rappresenta una maschera o un volto stilizzato (Bernardini 1986, n. 213) intorno al quale sono disposti sei bolli a palmetta (Bernardini 1986, n. 127). Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Campania settentrionale. La morfologia del vaso e la tipologia dei bolli è caratteristica delle produzioni di Teano. Morel 1981, infra. Datazione : fine iv - inizio iii sec. a.C. In base ai confronti : Morel 1981, p. 50 ; Brecciaroli Taborelli 2005, p. 65. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 118 pl. 20. Sui bolli : Gabrici 1910, p. 27. Bernardini 1986, pp. 203, 205. Un vaso con decorazione analoga è stato rinvenuto a Teanum Sidicinum e pubblicato da Johannowsky (Johannowsky 1963, p. 137, fig. 6i). La decorazione a rotella e la caratteristica associazione dei due bolli ricorrono nel frammento, inv. 363857, (Bernardini 1986, p. 173 tav. xlvii n. 615) e nell’esemplare, inv. 1017, (Morel 1965, p. 57, pl. 6 n. 83 ; pl. 42 n. 83). La forma e la decorazione dell’esemplare ascolano trova riscontro in due vasi del Museo Campano, rispettivamente : Mingazzini 1958, inv. 7727, p. 26, tav. 20 n. 12 e inv. 235, p. 31 tav. 22 n. 9, t. Fotografia : 1. Rilievo : 1.
2. Inv. k 6336, b.m. 4493. Dim. diam. orlo cm. 10.5 ; diam. piede cm 4.8 ; h. cm 7.1 ; sp. cm 0.2/0.5. prof. vasca : cm 4. Dim. cartiglio bollo con volto stilizzato : cm 0.8. Dim. cartiglio bolli a palmetta : cm 0.8/0.7.
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Coppa (serie 4242) biansata quasi emisferica, in cui il rapporto tra il diametro del bordo e la profondità della vasca risulta compreso nei parametri ≤ 2.7 e > 1.9 indicati da Morel. Le anse, impostate appena sotto il bordo, superano la vasca in altezza e presentano le estremità leggermente ripiegate verso l’interno del vaso. Corpo ceramico beige (7.5yr 7/6) duro compatto e assai depurato. Vernice nera (tra 7.5yr 3/0 e 7.5yr 2/0) con riflessi metallici, densa e coprente. Sul fondo in posizione centrale, all’interno di cinque rotellature, reca impressi cinque bolli : al centro una maschera o un volto stilizzato (Bernardini 1986, n. 213), intorno al quale sono disposti quattro bolli a palmetta (Bernardini 1986, n. 127). Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : è verosimile che questa forma sia stata prodotta in Italia meridionale e in Sicilia su ispirazione di modelli greci (così Morel 1981, p. 297). I bolli sono caratteristici delle produzioni di Teano : supra, Catalogo, n. 1. Datazione : fine del iv sec. a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : sulla forma : Morel 1981, p. 297, pl. 121. Mingazzini 1958, inv. 7818, p. 21 tav. 16 n. 3. Sui bolli : vedi supra, n. 1. Un’associazione analoga di bolli compare sulla kotyle, inv. 7822, del Museo Campano : Mingazzini 1958, p. 23 tav. 17. Fotografia : 2. Rilievo : 2.
Ceramica di Capua (fine iv - inizio iii sec. a.C.) 3. Inv. k 6337, b.m. 4499. Dim : diam. orlo cm 22.4 ; profondità della vasca : cm 4.8 ; diam. piede cm 11 ; h. cm 6.4 ; h. piede : cm 2. Dim. cartiglio palmetta : largh. cm 0.9 ; lungh. cm 1.4. Coppa (serie 2661) con vasca abbastanza larga e parete bombata, ma priva di curva vera e propria o di carenatura. Tale risalto della vasca si trova circa ad un quinto dell’altezza della parete che presenta nella parte superiore profilo rettilineo e forma con la base un angolo di circa 20º. L’orlo è leggermente ripiegato verso l’esterno. Piede diritto. L’esemplare presenta il rapporto tra il diametro dell’orlo e la profondità della vasca pari a 4.6, conforme ai parametri indicati da Morel (> 4.5). Morel 1981, p. 203 pl. 65. Corpo ceramico beige (5yr 7/6). Vernice nera (7.5r 2.5/0) densa, coprente e brillante. Sul fondo, delimitato da tre rotellature, è impressa una circonferenza con intorno cinque palmette collegate tra loro da archi di cerchio incisi a mano libera. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Capua e suoi immediati dintorni. Datazione : fine del iv - inizio del iii sec. a.C. In base alla tipologia : Morel 1981, p. 47. Inedito. Bibliografia di confronto : sulla definizione di ceramica ‘protocampana’, Mingazzini 1958 ; Brecciaroli Taborelli 2005, p. 65. Morel 1981, supra. Sui bolli (un motivo analogo, ma formato da sette palmette è impresso sul vaso, inv. 7675, serie 1553, conservato presso il Museo Campano) Mingazzini 1958, p. 38, tav. 28 n. 7 ; p. 32 tav. 22 9 hh. Bernardini 1986, inv. 363851, p. 170 tav. xlvi. Fotografia : 3. Rilievo : 3.
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera
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4. Inv. k 6338, b.m. 4494. Dim. diam. orlo cm 8.4 ; diam. piede cm 5.2 ; h. cm 7.4 ; sp. cm. 0.6. Dim. cartiglio : cm 0.5/0.6. Skyphos (tipo 4362 b) con parete ad andamento sinusoidale poco marcato, dal profilo concavo poi convesso e di nuovo concavo ; la bombatura, moderatamente accentuata, è in corrispondenza dei quattro quinti dell’altezza della parete. L’orlo è leggermente svasato ; appena al di sotto di esso sono impostate le anse orizzontali. Piede ad anello. Corpo ceramico marrone chiaro (5yr 7/4), depurato, durissimo e compatto. Vernice nera (2.5yr 3/0) con riflessi metallici, densa e coprente, applicata ad immersione come dimostrano il fondo e il piede risparmiati. Sul fondo, in posizione centrale, è impresso un bollo con la lettera m delimitata da due circonferenze concentriche. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Morel raggruppa nella forma 4362 i vasi di probabile produzione capuana. Morel 1981, infra. Datazione : intorno al iv a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 309 pl. 130. Un esemplare di forma analoga è conservato al Museo di Campano : Mingazzini 1958, tav. 9. 9. Fotografia : 4. Rilievo : 4.
5. Inv. k 6339, b.m. 4498. Dim : diam. orlo cm 17.6 ; diam. piede cm 6.2 ; profondità della vasca cm 4.4 ; h. cm 6 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio quadrato : cm 1.2. Dim. cartiglio palmetta : cm 1.1/1.2. Coppa (serie 1553) abbastanza profonda, in cui il rapporto tra il diametro interno del bordo e la profondità della vasca risulta compreso nei parametri di ≤ 4 e > 2.7 indicati da Morel. La parete è bombata in modo accentuato. Labbro perpendicolare a sezione triangolare. Esemplare ricomposto da tre frammenti, comunque parzialmente mutilo. Corpo ceramico beige (7.5yr 5/4) compatto, abbastanza depurato. Vernice nera (2.5 y n4/0) con riflessi metallici, densa e coprente, applicata per immersione. La parte inferiore del piede presenta rivestimento a pennello con ingobbio di colore rosso (7.5r 4/8) caratteristico di questa classe ceramica, analogo a quello dell’esemplare 1553a 1 pubblicato da Morel. Sul fondo, in posizione decentrata all’interno di una circonferenza, è impresso un motivo decorativo circondato da cinque palmette collegate con archi di circonferenza incisi. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Capua e suoi immediati dintorni. Datazione : 300-280 a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 123 pl. 23. Bernardini 1986, p. 141 n. 476 tav. xxxviii. Fotografia : 5. Rilievo : 5.
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giovanna cicala Produzioni locali o regionali imitanti vasi fabbricati in area romano-laziale (250-200 a.C.)
6. Inv. b.m. 6164. Dim. frammento : diam. piede cm 8.2 ; h. cm 3.1 ; sp. cm 1/0.5. Dim. cartiglio : cm 1.1/1.2. Fondo di piatto a parete obliqua rettilinea di forma non determinabile ricomposto da due frammenti. Corpo ceramico beige (tra 10yr 7/3 e 10yr 7/4) poco duro e depurato, polveroso al tatto. Vernice nera arrossata (tra 2.5yr 5/8 e 2.5yr 3/2) quasi del tutto evanida. All’interno di due circonferenze incise si conservano due bolli ovali (uno in posizione centrale, l’altro radiale) impressi mediante gemma, rappresentanti una figura maschile nuda stante, nella quale è forse possibile identificare Eracle, con il capo volto verso il basso a s., il cui braccio s. è appoggiato (sulla clava ?) ; quello d., regge forse la leonté. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : il motivo impresso a stampiglia richiama le decorazioni delle Heraclesschalen (Pagenstecher 1909, pp. 15-16 ; Bernardini 1986, p. 174) prodotte nel Lazio (a Roma ?) nella seconda metà del iii sec. (Morel 1981, p. 47) ; queste ultime sono però caratterizzate da un unico bollo impresso sul fondo in posizione centrale. Il confronto del corpo ceramico e della vernice dell’esemplare ascolano con le caratteristiche tecniche descritte della ‘classe locale I, sottoclasse c’ dell’officina esinate mostra evidenti analogie. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 74-75. L’uso di decorare la ceramica a vernice nera mediante l’impressione di gemme attestato in diverse regioni e in ambito medio-adriatico, a Iesi (Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 81-83 ; 183 nn. 456-459, in part. 456, figg. 44, 45, 98) diviene caratteristico di alcune produzioni localizzate nel Nord-Italia tra la fine del ii e l’inizio del i sec. a.C. (Morel 1987, pp. 122, 124 ; Morel 1998, p. 244 ; a Calvatone : Cocconcelli 1996, pp. 277-284). Datazione : 250/240-180/170 a.C. (sulla base del confronto con la morfologia e le caratteristiche tecniche degli esemplari esinati). Inedito. Bibliografia di confronto : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 74-75 ; pp. 8183 ; p. 183 nn. 456-459, in part. 456, figg. 44, 45, 98. Fotografia : 6. Rilievo : 6.
Ceramica a vernice nera con corpo ceramico grigio (ii-i sec. a.C.) 7. Inv. k 6331. Dim. frammento : diam. piede cm 6.1 ; h. cm 1.6 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : cm 1.4/1.3. Fondo di patera con basso piede ad anello (assimilabile al tipo 162d 1) leggermente ingrossato nella parte inferiore della faccia esterna. Risalto nella faccia interna del piede. Solcatura nel largo piano d’appoggio. Corpo ceramico grigio chiaro (5y 8/1) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Vernice di colore grigio scuro (tra 5yr 5/1 e 5yr 4/1) diluita, poco coprente, evanida. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta sul fondo in posizione centrale al centro di tre circonferenze incise un bollo non leggibile, forse interpretabile come una palmetta.
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera
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Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : L’esemplare ascolano con corpo ceramico grigio, realizzato con tecnica scadente è riferibile a produzione locale o regionale. L’impasto grigio, derivato da un tipo di cottura ‘riducente-riducente’, è frequentemente attestato anche nelle produzioni locali, come documentato ad Aesis dalla ‘classe locale II’. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 76-77. Brecciaroli Taborelli 2005, p. 73. Datazione : ii-i sec. a.C. Morel 1981, p. 458. Ad Aesis questo tipo di ceramica è attestato dalla metà del ii al i sec. a.C. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 106. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 461 pl. 231. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 106. Fotografia : 7. Rilievo : 7.
Ceramica aretina a vernice nera (120/110-50/40 a.C.) 8. Inv. k 6334. Dim. diam. piede cm 4/4.2 ; h. cm 2.8 ; sp. da cm 2 a cm 1. Fondo di piatto con bassa parete obliqua (Morel serie 2286 ; Conspectus 1) caratterizzato da piede (tipo p 141) con profilo nettamente angoloso, larga base d’appoggio e scanalatura interna. Corpo ceramico rosa (5yr 8/4) assai depurato, granuloso duro e compatto. Vernice nera arrossata (tra 10r 3/2 e 7.5yr 3/) densa e coprente. Il frammento conserva una pelta in posizione radiale. Luogo di rinvenimento : Venarotta. Indicazione di provenienza riportata sull’etichetta dell’inv. b.m. Luogo di produzione : Arezzo e dintorni. Datazione : 120/110-50/40 a.C. In base alla tipologia : Dall’Aglio, De Maria 1988, p. 147 nota 159. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 186. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 454 pl. 228 e pp. 162-163 pl. 46 ; Conspectus 1. Un vaso di forma analoga (‘hartes Fabrikat’) è stato rinvenuto in Magdalensberg : Schindler 1967, pl. 1, 4. Sul bollo : ock 2555 (2537). Un bollo analogo è impresso su un piatto tipo ii, forma d 6b rinvenuto nel deposito D a Cosa (Taylor 1957, p. 123 d 6b pl. xxxiv) e ad Arezzo, presso l’Orciolaia : Gamurrini 1890, p. 69 n. 30. Nella regio VI, è attestato ad Aesis su un piatto della serie 2286 (profilo del piede tipo p 141c) : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 187 n. 488 fig. 99. Nella regio V un bollo simile figura su un vaso rinvenuto a Potenza Picena : Mercando 1979, pp. 287 figg. 202 m e 206. Fotografia : 8. Rilievo : 8.
Produzioni locali o regionali (15-50 d.C.) 9. Inv. k 5754. Dim. frammento : diam. piede cm 6.2 ; h. cm 2 ; sp. cm 0.9. Dim. cartiglio : largh. cm 2.2 ; h. cm 0.4/0.8. Fondo di ciotola con parete obliqua di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (10yr 7/4) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Vernice nera (tra 2.5yr 2.5/2 e 2.5yr 4/4) arrossata, assai diluita ed evanida.
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giovanna cicala
Sul fondo in posizione centrale è impresso un bollo a forma di plantare. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : locale o regionale. Datazione : Il cartiglio a forma di plantare diviene comune in età tiberiana, dopo il 15 d.C. Morel, basandosi sul confronto con la terra sigillata italica, ipotizza che i bolli su ceramica a vernice nera siano riferibili alla stessa epoca ; lo studioso non esclude però che l’uso del bollo con cartiglio a forma di plantare possa aver costituito nella ceramica a vernice nera un’anticipazione divenuta consuetudine nella terra sigillata italica (Morel 1987, p. 125 nota 61 ; Morel 1998, p. 248). Nella tomba 174 della necropoli di Porto Recanati il vaso, inv. 26513, di questa forma è stato rinvenuto in associazione con una moneta riferibile al regno di Claudio. Sulla base del confronto con questi esemplari rinvenuti nella regio V si ritiene possibile che gli esemplari ascolani con bollo a forma di plantare siano stato prodotti tra il 15 ed il 50 d.C. Vedi infra, bibliografia di confronto. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 228. Nel corso degli scavi condotti presso la necropoli di Porto Recanati sono state rinvenute tre ciotole pertinenti alla serie 2821 (attestata dal 100 a.C. al 50 d.C.), una delle quali (inv. 26683) con bollo in planta pedis. Mercando 1974 : tomba 112, inv. 26683 : p. 278 n. 2 figg. 179, 112a e 334e = tipo Morel 2821 a2 ; tomba 114, inv. 26686 : p. 281 n. 4, figg. 179, 114, a e 334 d = tipo Morel 2821 a1 ; tomba 174, inv. 26513 : pp. 328 n. 4, figg. 241, 174, a e 250 = tipo Morel 2821 a3. Queste ciotole sono state ripubblicate da Frapiccini (Frapiccini 2001, rispettivamente p. 150 n. 14 fig. 69 n. 4, n. 15 fig. 69 n. 5 e n. 16 fig. 69 n. 6. p. 156) insieme ad un esemplare inedito, inv. 27859a, rinvenuto in prossimità della tomba 55 : Frapiccini 2001, pp. 150-151 fig. 73 n. 1. Sui rinvenimenti a vernice nera provenienti dalla necropoli di Potentia : Van Kerckhove 2004, pp. 64-65 ; 68. La forma 2821 è stata considerata da Morel caratteristica della regione marchigiana, non essendo noti allora rinvenimenti di vasi di questo tipo al di fuori del territorio. Nella regio IV, a Monte Vairano, nel corso degli scavi della fornace di Porta Vittoria sono stati però rinvenuti numerosi frammenti di ciotole pertinenti alla serie 2821. De Benedittis 1990, pp. 45-46, fig. 11 nn. 19a, 19b, 19c. Non è stato possibile esaminare due fondi di vasi di forma non determinabile con bollo a forma di plantare rinvenuti a Montalto in contrada S. Maria degli Ossi (nella zona circostante la chiesa, non lontano dal cimitero di Porchia, ‘zona a’), nel corso di raccolte di superficie organizzate dal locale Archeoclub, attualmente conservati presso il Museo Archeologico Comunale di Montalto delle Marche. Cacciamani, Vergili 1993-1994, p. 44 ; p. 60 n. 87 ; p. 61 n. 90. Sui rinvenimenti provenienti dall’area sottoposta a ricognizioni : Cacciamani, Vergili 1993-1994, pp. 44-45. Un fondo con bollo a forma di plantare proviene dal territorio di Urbs Salvia : Giuliodori 2002a, p. 40 n. 9 fig. 3. Fotografia : 9. Rilievo : 9.
10. Inv. k 8476. Dim. frammento : diam. piede cm 5.4 ; h. cm 2.2 ; sp. cm 0.8. Dim. cartiglio : largh. cm 2 ; h. cm 0.4/1. Fondo di ciotola con parete obliqua di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (10yr 7/4) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Vernice nera (tra 2.5yr 2.5/2 e 2.5yr 4/4) assai diluita ed arrossata. Sul fondo in posizione centrale è impresso un bollo a forma di plantare. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ?
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera
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Inedito. Luogo di produzione, datazione, bibliografia di confronto : vedi supra, n. 9. Fotografia : 10. Rilievo : 10.
Materiali conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno di proprietà statale (inventario s.a.m.)
Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ 11. Inv. 64727 ap mel p (n) 12 c. Dim. frammento : diam. piede : cm 8.6 ; h. cm 2.6 ; sp. min. 0.6. Dim. cartiglio : cm 1.4/1.6. Fondo di vaso con piede ad anello di forma non determinabile ricomposto da due frammenti. Sul fondo, all’interno di una circonferenza incisa, sono disposti intorno ad un bollo centrale, raffigurante una palmetta formata da sei petali incurvati verso l’esterno che si dipartono da un largo stelo centrale, quattro bolli analoghi in posizione radiale su assi paralleli. Morel 1965, p. 70 n. 121 pl. 10. Bernardini 1986, n. 103 (tav. lviii). Corpo ceramico rosa chiaro (tra 5yr 7/4 e 5yr 8/4) con minutissimi inclusi micacei, poroso e polveroso al tatto. Vernice nera (5yr 2.5/1) opaca e coprente applicata per immersione diluita ed evanida in corrispondenza della parte inferiore del piede. Intorno al piede tracce della presa delle dita. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, area del caffè Meletti. Ambiente p, ‘nicchia’, u.s. 12c. Indicazione ricavata dalla scheda ra. Luogo di produzione : produzione locale o regionale. Datazione : La tipologia dei bolli e la loro disposizione inducono a datare l’esemplare intorno all’inizio del iii sec. a.C. Bibliografia relativa al rinvenimento : Profumo 2002, p. 89 fig. 125. Sugli scavi al caffè Meletti : Profumo 2002, pp. 89-90. Bibliografia di confronto : un bollo analogo figura su una coppa Lamboglia 27b (Morel 2784 b1) attribuita al gruppo delle ‘piccole stampiglie’ rinvenuta in territorio di Fano, in località la Chiaruccia : Ermeti 2002, p. 133 tav. i, 2. Lo stesso bollo è attestato a Carsoli : Cederna 1951, p. 211, fig. 15 n. 29 = cil i2 2882, 33 = Morel 1969, p. 72, fig. 5 ; su patera della serie 1532 proveniente dal Tevere : Bernardini 1986, p. 42 n. 70, tav. 5 fig. 2. Morel 1965, p. 33 pl. 2 n. 10. Fotografia : 11. Rilievo : 11.
Produzioni delle aree etruschizzate dell’Italia settentrionale e centrale 12. Inv. 64728 ap mel p (n) 12 c. Dim. frammento : diam. piede : cm 7 ; h. cm 3 ; sp. cm 0.8. Dim. cartiglio : cm 2. H. lettere. cm 1/1.1. Fondo di piatto (serie 2233) con parete obliqua diritta. Sul fondo in posizione centrale, all’interno di una circonferenza in rilievo, è impresso il bollo a lettere rilevate ga^v. Corpo ceramico beige chiaro (tra 10yr 7/3 e 10yr 7/4) con minutissimi inclusi micacei, poroso e polveroso al tatto. Vernice nera (10yr 2/1) opaca diluita, arrossata ed evanida in corrispondenza della parte inferiore del piede. Traccia del disco di impilaggio.
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Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, area degli scavi del caffè Meletti, ambiente p, ‘nicchia’ u.s. 12c. Luogo di produzione : la serie 2233 era prodotta nelle aree etruschizzate dell’Italia settentrionale e centrale (inclusa la Campania del Nord). Morel 1981, p. 150. Datazione : la presenza nel bollo della ‘g’, di regola resa con grafia conservativa mediante la ‘c’, fornisce per la datazione del bollo il terminus post quem del 250 a.C. La serie 2233 risulta più frequentemente diffusa tra il iii ed il ii sec. a.C., in particolare intorno alla metà del iii sec. Sono noti attardamenti sino alla fine del i sec. a.C. Morel 1981, infra. Gli esemplari esinati sono stati prodotti sino alla metà del ii sec. a.C. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 134. Bibliografia relativa al rinvenimento : Profumo 2002, p. 89 fig. 126 ; De Marinis, Paci, Quiri 2005, p. 24 nota 30. Sugli scavi al caffè Meletti : supra, Catalogo n. 10. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 150 pl. 36. La forma risulta attestata nella regio VI, a Suasa e ad Aesis, rispettivamente : Dall’Aglio, De Maria 1994-1995, p. 188 e Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 133-134. Nella regio VI, a Sena Gallica è stata rinvenuta una kylix f 1262d 1, inv. 49358, databile tra il 250 ed il 200 che reca graffita sulla parete esterna del piede l’iscrizione q. gavi. Stefanini 1994-1995, pp. 37-38 n. 6, fig. 9. Sisani 2007, p. 393 n. 68. Fotografia : 12. Rilievo : 12.
Museo Archeologico Comunale di Acquasanta Terme
Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (circa 305-265 a.C.) 13. Inv. atdc 080. Dim. frammento : diam. piede cm 4.6 ; h. cm 1.6 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : cm 0.6/0.7. Fondo di coppa con piede ad anello (tipo 331a) che presenta una risalto abbastanza angoloso nella metà superiore della faccia esterna ; la parte inferiore termina con una linea quasi rettilinea. Sul fondo in posizione leggermente decentrata un bollo a rosetta a sei o otto petali. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) abbastanza depurato con minuti inclusi. Vernice nera (5yr 3/1) diluita ed evanida. Luogo di rinvenimento : Acquasanta Terme, Ficciano. Luogo di produzione : produzione locale o regionale. Datazione : circa 305-265 a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, p. 467 pl. 236. Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 66-67. Fotografia : 13. Rilievo : 13.
Gruppo della ‘Campana B’ ? (ii-i sec. a.C.)
14. Inv. atdc 049. Dim. frammento : diam. piede cm 5.2 ; h. cm 1.8 ; sp. cm 0.6/0.8. Dim. cartiglio : cm 0.6/0.8.
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera
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Fondo di patera di forma non determinabile. Piede ad anello con modanatura nella parte bassa della faccia esterna ; faccia interna del piede con profilo angolare. Corpo ceramico (tra 5yr 6/6 e 5yr 7/4) duro e compatto. Vernice nera opaca (5yr 2.5/1), applicata per immersione diluita e leggermente arrossata. All’interno sul fondo disco di impilaggio. Il frammento presenta sul fondo quattro bolli disposti in posizione radiale costituiti da due circonferenze concentriche divise in quarti. Luogo di rinvenimento : Acquasanta Terme, S. Maria. Luogo di produzione : le caratteristiche morfologiche dell’esemplare permettono di riferirlo al gruppo della ‘Campana B’ ; all’aretina a vernice nera, a cui rimanda il profilo angolare della parte interna e il risalto sulla parte esterna del piede. Datazione : prima metà del ii - metà del i sec. a.C., in base al confronto con un esemplare pubblicato da Morel : Morel 1965, infra. Inedito. Bibliografia di confronto : Un fondo di patera proveniente dal foro, dall’area del tempio di Antonio e di Faustina, attribuito da Morel a ceramiche a vernice nera di produzione tardiva, Campana B o più probabilmente a ceramica aretina a vernice nera, pare assimilabile all’esemplare ascolano. Il frammento di Roma è datato alla metà del i sec. a.C. Morel 1965, p. 89 n. 174 pl. 13. Fotografia : 14. Rilievo : 14.
Museo Archeologico Comunale di Carassai
Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (intorno al 305-265 a.C.) 15. Inv. 51. Dim. frammento : diam. piede cm 4.8 ; h. cm 1.5 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : cm 1.4/1.5. Fondo di coppa emisferica (serie 2783) con basso piede ad anello. Corpo ceramico beige tendente al rosa (7.5yr 8/4) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Vernice di colore bruno (tra 2.5yr 2.5/0 e 2.5yr 3/2), opaca e poco aderente. Il frammento presenta sul fondo un bollo con rosetta a sei petali con estremità appuntita, separati da puntini in rilievo. Bolli analoghi ricorrono di frequente sui vasi del gruppo delle ‘piccole stampiglie’ Bernardini 1986, n. 39, tav. lvi. Luogo di rinvenimento : località Rocca Monte Varmine, sul versante dell’Aso, in prossimità del confine con contrada San Lorenzo di Montalto delle Marche. Luogo di produzione : Produzione locale o regionale ? Datazione : Morel riferisce il bollo alla seconda metà del iii sec. a.C. Morel 1965, infra. La dimensione del bollo, in modo coerente con la datazione del supporto, pare indicativa della seconda fase (280-270 a.C.) delle produzioni del gruppo, quando il diametro delle stampiglie diviene maggiore (compreso tra 1.2 e 1.5 cm). Brecciaroli Taborelli 2005, p. 67. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, pp. 223-224, pl. 72. Bolli di questo tipo sono stati rinvenuti a Roma, nell’area S. Omobono nel corso degli scavi del 1962 : Morel 1965, n. 298 tavv. 22 e 58. Un bollo analogo figura su due coppe rinvenute in prossimità dell’alveo del Tevere, impresso quattro volte su una coppa di forma Morel 2783h 1 e isolato, al centro del fondo, su una coppa di forma non determinabile (Bernardini 1986, p. 199 n. 39, tav. lvi). Su coppa di tipo iv, a 21b rinvenuta a Cosa nel deposito A, datato tra il 225
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e il 150 a.C. Taylor 1957, p. 84 pll. ii, iii, xxiii a 21c. Sulla coppa di tipo iv : Taylor 1957, pp. 183-184. Morel propone per il deposito A di Cosa una datazione più alta (273-180/160 ?) sulla base dei materiali (la presenza di un pocolom, di frammenti riconducibili al gruppo delle ‘piccole stampiglie’, di un frammento di piatto di Genucilia ; l’assenza di Campana A). Morel 1981, p. 57 nota 195. Fotografia : 15. Rilievo : 15.
Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (circa 305-265 a.C.) 16. senza inv. Dim. frammento : diam. piede cm 6 ; h. cm 2.2 ; sp. cm 0.7. Dim. cartiglio : cm 0.8/0.9. Fondo di coppa emisferica di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (7.5yr 7/4) poco duro, lamellare in frattura. Vernice di colore nero di buona qualità, densa, brillante, coprente e leggermente arrossata (tra 2.5yr 2.5/0 e 5r 3/4) . Il frammento conserva sul fondo tre bolli circolari raffiguranti una rosetta a sette petali (Bernardini 1986, n. 8) caratteristici delle produzioni del gruppo delle ‘piccole stampiglie’. Luogo di rinvenimento : Offida, contrada S. Lazzaro, m 30 a Sud-Sud-Est della chiesa di S. Lazzaro. Luogo di produzione : produzione locale o regionale ? Datazione : circa 305-265 a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : bolli analoghi sono presenti su due fondi di coppa di tipo non determinabile dal Tevere : Bernardini 1986, p. 196 n. 8 tav. lv ; su una coppa con morfologia simile a quella dell’esemplare ascolano, conservata a Roma nell’Antiquarium del Foro : Morel 1965, n. 215 pll. 15 e 53. Il bollo ricorre su una coppa rinvenuta a Cosa : Taylor 1957, p. 131 d 26 aI pl. xl. Due vasi con decorazione analoga sono stati rinvenuti a S. Maria alla Porta (Ceresa Mori 1986, pp. 311-314, tavv. 87, 88 a-d) ed a Mezzano, San Giuliano Milanese (Sfredda 1998, p. 33). Fotografia : 16. Rilievo : 16.
Deposito comunale di Folignano Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (circa 305-265 a.C.) 17. senza inv. Dim. frammento : diam. piede cm 5 ; h. cm 2.2 ; sp. cm 0.7. Dim. cartiglio : cm 0.6/0.7. Fondo di coppa emisferica con basso piede ad anello di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) duro e compatto. Vernice grigio scuro (tra 5yr 4/1 e 5yr 3/1) coprente con riflessi metallici. Il frammento presenta sul fondo in posizione centrale un bollo a foglia d’edera circondato da una circonferenza incisa.
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Luogo di rinvenimento : territorio di Comunanza. Luogo di produzione : area laziale, etrusco-meridionale o falisca. Datazione : 305-265 a.C. Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 66-67. Inedito. Fotografia : 17. Rilievo : 17.
18. senza inv. Dim. frammento : diam. piede cm 5 ; h. cm 1.6 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : cm 0.6. Fondo di coppa emisferica con piede ad anello (serie 2783 ?). Corpo ceramico rosa (tra 5yr 7/4 e 5yr 7/6) poco depurato con frequenti minuti inclusi. Vernice di colore grigio scuro (2.5y 4/0) con riflessi metallici. Il frammento presenta sul fondo quattro bolli a palmetta (Bernardini 1986, n. 124) caratteristici delle produzioni del gruppo delle ‘piccole stampiglie’. Luogo di rinvenimento : territorio di Folignano. Luogo di produzione : area laziale, etrusco-meridionale o falisca. Datazione : 305-265 a.C. Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 66-67. Il vaso ascolano è riferibile alla fase iniziale della produzione (305-285 a.C.). Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, pp. 223-224, pl. 72 ; Bernardini 1986, p. 132. Sul bollo : Bernardini 1986, n. 124, tav. lix. Fotografia : 18. Rilievo : 18.
Museo Archeologico Comunale di Monsampolo del Tronto Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (circa 305-265 a.C.) 19. Inv. 75885. Dim. frammento : diam. piede cm 5 ; h. cm 2 ; sp. cm 0.7. Dim. cartiglio : cm 0.8/0.9. Fondo di coppa con basso piede ad anello di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 8/3 e 5yr 8/4) poco duro e poroso. Vernice di colore nero leggermente arrossato (tra 10r 2.5/1 e 10r 3/3). Il frammento conserva al centro tre bolli a rosetta a cinque petali in rilievo. Bernardini 1986, n. 8 tav. lv. Luogo di rinvenimento : comune di Monsampolo del Tronto, località Pretarolo, in prossimità dell’incrocio tra via Corradi e la strada comunale. Luogo di produzione : area laziale, etrusco-meridionale o falisca. Datazione : dal 305 al 265 a.C. Brecciaroli Taborelli 2005, p. 66-67. Inedito. Bibliografia di confronto : sulla forma : Sul bollo : Morel 1965, n. 217 pl. 53 e n. 259 pl. 18. Il bollo è impresso tre volte sulle coppe nn. 210 e 211 di forma non determinabile rinvenute a Roma in prossimità dell’alveo del Tevere. Bernardini 1986, p. 74 nn. 210-211 tav. xviii. Fotografia : 19. Rilievo : 19.
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giovanna cicala Museo Archeologico Comunale di Montalto delle Marche
Ceramica aretina a vernice nera (120/110-50/40 a.C.) 20. Inv. 84. Dim. h. cm 2.5 ; sp. cm 1.1/1.5. Frammento di fondo pertinente a piatto di forma non determinabile. La faccia interna del piede non è valutabile a causa di una frattura. Corpo ceramico rosa (tra 5yr 8/4 e 5yr 7/6) assai depurato, duro e compatto. Vernice nera (5yr 2.5/1) densa, brillante e coprente. Il frammento conserva parte di un bollo a pelta in posizione radiale. Luogo di rinvenimento : Montalto, contrada S. Maria degli Ossi, ‘zona a’. Le ricognizioni dell’Archeoclub di Montalto nella zona hanno individuato una necropoli di età romana e tracce di frequentazione protostorica. Nel 1987 lavori eseguiti con un mezzo meccanico nella zona antistante la chiesa distrussero alcune tombe alla cappuccina. Luogo di produzione : Arezzo e dintorni. Datazione : 120/110-40/30 a.C. Bibliografia relativa al rinvenimento : Cacciamani, Vergili 1996-1997, pp. 44, 59. Sui siti individuati a S. Maria degli Ossi : Conta 1982, pp. 262-263. Sui ritrovamenti : Brecciaroli Taborelli, Mercando, Paci 1979, p. 344 n. 450. Bibliografia di confronto : sul bollo ock 2555 9 (2537). Fotografia : 20. Rilievo : 20.
Museo Archeologico Comunale G. Allevi, Offida collezione Allevi Gruppo delle ‘piccole stampiglie’ (circa 305-265 a.C.) 21. Inv. c90. Dim. frammento : diam. piede cm 5.8 ; h. cm 1.3/1.4 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : cm 0.6/0.7. Fondo di coppa emisferica (serie 2783 ?) con basso piede ad anello. Corpo ceramico beige tendente al rosa (5yr 8/4) poco duro. Vernice di colore bruno arrossata (tra 10r 3/6 e 10r 2.5/2) evanida. Sul fondo traccia del disco di impilaggio. Al centro cinque bolli a forma di mano sinistra aperta impressi con il medesimo orientamento. Bernardini 1986, n. 222. Sia la morfologia del vaso, sia il bollo sono riconducibili a produzioni del gruppo delle ‘piccole stampiglie’. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus. Territorio di Offida. Luogo di produzione : Italia centrale. Datazione : La produzione di vasi del gruppo delle ‘piccole stampiglie’ è riferibile ad un periodo compreso circa tra il 305 ed il 265 a.C. Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 66-67. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, pp. 175 e 177, tavv. 78 n. 3 e 86 n. 1 ; Conta 1982, pp. 497-498, in part. nota 54. Bibliografia di confronto : Morel 1981, pp. 223-224, pl. 72. Morel 1969, fig. 6 n. 21. Il bollo ricorre su alcuni vasi provenienti dall’alveo del Tevere : su una patera della serie 1731 (Bernardini 1986, n. 78 p. 44 tav. 6 fig. 3), su una coppa di tipo 2783h (Bernardini
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1986, n. 117 pp. 55-56 tav. x), su fondo di una coppa non forma non determinabile (Bernardini 1986, n. 278 p. 86 tav. xxiii) provenienti dal Tevere. Fotografia : 21. Rilievo : 21.
Deposito Archeoclub di Offida
Ceramica a vernice nera Nord-italica (fine ii a.C. - inizio i sec. d.C.) 22. senza inv. Dim : diam. piede cm 10 ; h. cm 2.3 ; sp. cm 1. Fondo di piatto con piede ad anello di forma non determinabile. La faccia interna del piede e il fondo esterno non sono valutabili a causa di una frattura. Corpo ceramico rosa (tra 5yr 8/4 e 5yr 7/6) duro. Vernice di colore nero arrossata (5yr 2.5/1) densa, lucida e brillante. Il frammento conserva sul fondo quattro bolli realizzati mediante l’impressione di una gemma raffigurante un uccello (forse un’aquila) disposti in posizione radiale intorno ad una circonferenza incisa in posizione centrale. Luogo di rinvenimento : territorio del comune di Offida. Informazione ricevuta dal presidente dell’Archeoclub di Offida. Luogo di produzione : Nord-Italia. Datazione : fine ii - inizio i sec. a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : Brecciaroli Taborelli 2005, pp. 72-73. Sulla forma : Schindler 1967, pp. 14-15, tav. 1, 8. Fotografia : 22. Rilievo : 22.
Graffiti su ceramica a vernice nera Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno collezione civica Ceramica a vernice nera con corpo ceramico grigio (ii-i sec. a.C.) 23. Inv. k 5738. Dim. frammento : diam. orlo cm 17.6 ; h. cm 1.9 ; sp. cm 1.5. H. lettere cm 0.7/1.3. Orlo ricomposto da due frammenti, pertinente a piatto largo, con vasca a profilo rettilineo e labbro a sezione leggermente ovoidale, piegato in modo netto verso l’esterno (specie 1120) ; il risalto all’interno che segna il passaggio dall’orlo alla vasca rende l’esemplare avvicinabile alla serie 1121. Corpo ceramico grigio chiaro (2.5y 8/2) duro, assai depurato e compatto. La superficie mostra evidenti striature di tornio ; l’interno del corpo ceramico presenta vacuoli piuttosto vistosi. Vernice nera (7.5yr 4/0) distribuita per immersione, opaca e diluita. L’esemplare ascolano presenta caratteristiche tecniche analoghe alla ‘classe locale I’ dell’officina esinate : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 76. Sulla parete interna sono state graffite dopo la cottura le lettere : vii. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Le caratteristiche tecniche dell’esemplare inducono a ritenerlo di
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produzione locale o regionale. Cinque piatti di questo tipo di produzione locale sono stati rinvenuti ad Aesis (Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 106, 108 figg. 43.1 e 55.1). Datazione : Morel ha compreso nella serie 1121 vasi di produzione attica e le loro imitazioni più tarde nel bacino occidentale del Mediterraneo datate sino al ii sec. a.C. Gli esemplari esinati di produzione locale, sono riferibili ad un periodo compreso tra il 250/240 ed il 170/160 a.C. Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, pp. 84-85, pl. 2. Taylor 1957, A2, p. 79, tav. xxi. Bernardini 1986, n. 39 p. tav. 2. Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 106, 108 figg. 43.1 e 55.1. Il graffito vii, interpretato come numerale, ricorre su diversi vasi. Per citare solo alcuni esempi, sull’orlo di un piatto a vernice nera, n. 2503.62, datato intorno al ii sec. a.C. e sulla parete di una brocca, n. 2503.64, dove compare associato ad un altro numerale (ix). rib ii, 8. Fotografia : 23. Rilievo : 23.
24. Inv. b.m. 1504. Dim. frammento : diam. piede cm 5.6 ; h. cm 2.6 ; sp. cm 0.6/0.8. H. lettere incise : cm 0.9/1. Fondo di piatto a parete obliqua (serie 1443) ricomposto da due frammenti. Il piede, leggermente svasato, presenta un leggero ingrossamento nella parte inferiore e si attacca alla vasca con risalto moderatamente marcato. Corpo ceramico grigio chiaro (5y 7/1) duro e depurato. Vernice nera densa e opaca (tra 7.5yr 3/0 e 7.5yr 2/0). Sul fondo in posizione centrale un cerchio delimitato da tre solcature concentriche. La parte interna del piede reca inciso aria tra due segni a sinistra e a destra dell’iscrizione. La scritta, conservata per cm 3, presenta lettere alte quasi cm 1, incise con punta sottile e rivela alcuni tratti di arcaismo nelle ‘a’ con traversa disarticolata pendente a sinistra e nella ‘r’ con occhiello aperto. Luogo di rinvenimento : il frammento fu rinvenuto nel giugno del 1869, durante gli scavi eseguiti ad Ascoli dal 31 maggio al 9 giugno 1869 nell’orto del convento di S. Agostino (piazza Garibaldi). L’indicazione del luogo di rinvenimento è riportata anche sull’etichetta b.m. posta da Gabrielli sul reperto. La superficie interessata dallo scavo era estesa 15 m x 1.5 m. Nel corso degli scavi furono rinvenuti : una moneta molto usurata di Costanzo II ; « molti mattonelli usati dagli antichi a piancire a spina i piani sotterranei ». Il reperto venne alla luce prima che lo scavo fosse approfondito sino alla profondità di circa 2 m, insieme ad altri frammenti di ceramica di età romana che Gabrielli non ritenne di grande interesse e donò comunque al Museo Civico. All’estremità Nord-Est dello scavo fu rimessa in luce l’imboccatura di un pozzo (diam. cm 82). apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Gabrielli, Taccuini : 35 (1869) cc. 4 r.-6 v. Luogo di produzione : locale o regionale. Datazione : in base alla tipologia il frammento può essere riferito ad un periodo compreso tra il ii ed i sec. a.C. L’iscrizione Aria può essere interpretata come cognomen di origine greca Aria, attestato nel Piceno centrale, a Tolentino, su un’iscrizione ora perduta (cil ix 5569), o come gentilicium riferibile alla gens A(r)ria. L’uso della geminata, attribuito dalla tradizione al poeta Ennio, fu introdotto intorno al 200 a.C. stando a quanto attestato dalle iscrizioni ; tra le più antiche in cui compare l’uso della doppia : cil i2 608, riferita al 211 a.C. ; cil i2 17, forse ante
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riore alla precedente (di questo avviso Degrassi : Degrassi 1965) ; cil i2 612 datata al 193 e cil i2 614, decreto spagnolo di L. Emilio Paolo del 189 : Bernardi Perini 1984, pp. 147-148. Ritschl ritenne che l’uso della geminata, già forte intorno al 135, fosse prevalso intorno al 110 a.C. Ritschl 1878, p. 165 ; Leumann 1977, p. 50. Wachter 1987, pp. 501-502. 454-455 ; 285-286. La notizia tramandata da Verrio Flacco antiqui nec mutas nec semivocales litteras geminabant, ut fit in ‘Ennio, Arrio, Annio...’ appare particolarmente significativa in questo caso per la menzione di Arrius. Fest. 484, 7-9 ; Mariotti 1940, p. 160 ; Devoto 1940, p. 108. Le più antiche attestazioni degli Arrii, originari di Minturnae, di Formiae o di Capua, risalgono al terzo quarto del i secolo a.C. Un gruppo di liberti alla gens Arria con praenomen Lucius è attestato in un’iscrizione di Interamnia databile al i sec. d.C., dunque ben più tarda del reperto esaminato. Donati 1970, pp. 80-81, n. 1 ; ae, 1980, n. 381 ; Cristofori 20042, p. 67 nota 268. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Gabrielli, Taccuini : 35 (1869) cc. 4 r.-6 v. ; cil ix 6082 10 ; Pasquinucci 1975, p. 92 note 316 e 317. Bibliografia di confronto : Sull’introduzione delle geminate : Fest. 484, 7-9 ; Ritschl 1878, p. 165 ; Mariotti 1940, p. 160 ; Devoto 1940, p. 108 ; Degrassi 1965 ; Leumann 1977, p. 50 ; Bernardi Perini 1984, pp. 147-148. Nella regio V : Wachter 1987, pp. 437-438 e nota 569. Sulla grafia della ‘a’ : Cagnat 19144, p. 12 ; Cencetti 1956-1957, pp. 156-158. Gordon, Gordon 1957, pp. 96-98. Sulla grafia della ‘r’ : Cagnat 19144, p. 21. Su Aria : Solin 20032, p. 1305 ; Marengo 1989, p. 57 nota 23. Sulla gens Arria : CebeillacGervasoni 1982, p. 79. von Rohden 1895, coll. 1251-1260 ; pir2 1933, p. 217 e ss. Fotografia : 24. Rilievo : 24.
25. Inv. k 8400. Dim. frammento : diam. orlo : cm 21 ; h. cm 4.6 ; diam. piede : cm 6 ; profondità della vasca : cm 2. Esemplare ricomposto da due frammenti, parzialmente mutilo. Piatto poco profondo (serie 2256) con parete obliqua e rigida e bordo svasato e ripiegato verso l’interno senza carena. Piede ad anello leggermente svasato. Il rapporto tra il diametro massimo del vaso e la profondità della vasca è pari a 10.5 e risulta compreso tra i parametri indicati da Morel (> 8 e 12 ≤). Morel 1981, infra. Corpo ceramico grigio (tra 10yr 7/1 e 10yr 7/2) abbastanza compatto e depurato. Vernice nera (7.5yr 3/0) densa, opaca e diluita. Intorno al piede tracce della presa delle dita. La superficie esterna della base del piede reca inciso prima della cottura un segno a croce : + o × ; la superficie interna del piatto un segno a croce (+ o ×) graffito dopo la cottura. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : La serie risulta diffusa alla periferia orientale e settentrionale dell’area etruschizzante (Morel 1981, p. 155) ; in ambito marchigiano risulta attestata nella necropoli di Porto Recanati, ma non è presente nel repertorio dell’officina esinate. Datazione : Morel data i vasi di questa serie dal iii o piuttosto dal ii sec. a.C. alla prima metà del i sec. a.C. Morel 1981, infra. La produzione è sicuramente attestata dal ii sec. a.C. Mercando data due esemplari provenienti dalla necropoli potentina uno non posteriore al i sec. a.C., l’altro intorno al i sec. d.C. Frapiccini ipotizza per questa serie il fenomeno di attardamento rilevato per alcune tipologie vascolari in area marchigiana. Frapiccini 2002, pp. 148-149. Per il vaso ascolano propongo una datazione compresa compresa tra il ii ed il i sec. a.C.
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Inedito. Bibliografia di confronto : Morel 1981, pp. 154-155, pl. 41. Nicoletta Frapiccini integra la pubblicazione di due esemplari, rispettivamente inv. 26614 e inv. 26818, provenienti dalle tombe 48 e 198 della necropoli di Potentia, già editi da Liliana Mercando (Mercando 1974, p. 233 n. 2 figg. 115a e 334a ; p. 342 n. 1 fig. 261a) con quella del piatto, inv. 65781, rinvenuto in prossimità della tomba 153. Frapiccini 2001, p. 148, note 38 e 39 ; figg. 62 e 65 n. 4 ; fig 65 n. 5 ; fig. 69 n. 1. Un esemplare di forma analoga, inv. 53812, proveniente da Cingoli, è conservato presso il locale museo statale : Frapiccini 2001, p. 148 nota 37. Fotografia : 25. Rilievo : 25.
Materiali conservati presso il Museo Archeologico di Ascoli Piceno di proprietà statale (inventario s.a.m. )
11. Inv. 64728 ap mel p (n) 12 c. H. segno graffito : cm 2. Sul fondo in posizione centrale a partire dal margine del bollo è stato inciso dopo la cottura segno a croce (+ o ×). Bibliografia relativa al rinvenimento : Catalogo, n. 11. Fotografia : 11. Rilievo : 11.
Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama Produzioni locali o regionali 26. senza inv. Dim. frammento : sp. cm 0.6. H. lettera conservata : cm 1.2. Parete pertinente a vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige chiaro (10yr 8/3). Vernice nera (tra 10yr 4/1 e 10yr 4/2), diluita e arrossata. All’interno reca graffita un’iscrizione mutila della parte iniziale, della quale si conservano le lettere m^a. Luogo di rinvenimento : Comunanza, Monte Basilio (o Pasillo). Luogo di produzione : locale o regionale. Datazione : iii-i a.C. Inedito. Fotografia : 26. Rilievo : 26.
27. senza inv. Dim. frammento : diam. piede : non determinabile ; h. cm 2.4. H. lettera conservata : cm 0.6. Fondo di coppa di forma non determinabile decorata all’interno con rotellature. Sull’esterno si conserva parte di un’incisione mutila graffita dopo la cottura, della quale si distingue soltanto la parte superiore di alcune lettere : due aste, la cui appartenenza ad un’unica lettera non è certa, un occhiello ed un’altra asta riferibili ad altre due lettere. Corpo ceramico beige (10yr 7/3). Vernice nera (7.5yr 2/0) densa coprente ed uniforme. Luogo di rinvenimento : Comunanza, Monte Basilio (o Pasillo).
bolli e graffiti su ceramiche a vernice nera Luogo di produzione : locale o regionale. Datazione : iii-i a.C. Inedito. Fotografia : 27. Rilievo : 27.
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III BOLLI E GR A FFITI SU TER R A SIGILLATA ITA LICA 1. I bolli della collezione civica
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iversamente da quanto avvenuto per le altre classi di materiali studiate, in questo paragrafo non si troverà una disamina relativa ai bolli sui reperti in terra sigillata italica della collezione civica : considerazioni e spunti di riflessione emersi dallo studio dei bolli esaminati sono infatti contenuti in un mio precedente contributo, al quale rimando. 1 Il catalogo dei reperti in terra sigillata della raccolta civica è stato inserito in questo volume. Nel corso di successive ricognizioni presso il museo è stata rintracciata la coppa (Conspectus 24.3 ; b 4.4) k 6330, b.m. 2996, il cui bollo trascritto sym/ pls era stato pubblicato nel cil ; 2 la nuova lettura sym/ p^hor consente di riferirlo al ceramista Nord-italico Symphorus (1-20 d.C.). 3 Il vaso di provenienza ascolana con bollo veri/ l·v^mb 4 trascritto da De Rossi e pubblicato nel cil, non è stato reperito. Ritengo non sia mai divenuto parte della collezione civica : manca infatti nel cil qualsiasi riferimento al Museo Civico e all’inventario ottocentesco ; inoltre nessun riferimento al bollo compare nelle carte di Gabrielli. Anche il bollo sex·m·p, 5 attribuito al ceramista Sex(tus) M(urrius) P( ) inserito nel CVArr (1059s) non è stato rintracciato ; il bollo è forse identificabile con quello sex·m·f descritto nel catalogo. 6
2. Bolli su terra sigillata italica conservata nei musei del territorio Nel corso delle ricognizioni eseguite presso i musei del territorio ascolano sono stati individuati sette vasi in terra sigillata con bollo databili ad età augustea. In territorio di Offida è stato rinvenuto il fondo di piatto Conspectus b 2.5, 7 rife
1 Cicala 2008. Ringrazio il Professor Philip M. Kenrick, le Professoresse Susanne Zabehlicky-Scheffenegger, Eleni Schindler Kaudelka, la Dottoressa Simonetta Menchelli e il Dottor Paolo Sangriso per i consigli ed i suggerimenti ricevuti durante la stesura di questo capitolo. 2 cil ix, 6082 78 ; CVArr 1625c = 1371. Il bollo sym/ pls, che Oxé propose di sciogliere Symp( ) L.S. o Sym( ) P(etroni ?) L(uci), è stato inserito da Kenrick tra i bolli non attribuibili : ock 2585 32. 3 Catalogo, n. 42. ock 2016. 4 Inv. b.m. 1502, i.c. 472, k 5343. Il bollo in cartiglio rettangolare presenta due registri separati da un ramo di palma orientato a destra. cil ix, 6082 85 ; CVArr 2458. Kenrick riferisce il bollo ad età augustea : ock 2467 1. 5 Mazzeo Saracino 1992, p. 84. 6 Catalogo, n. 38. 7 Catalogo, n. 57.
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ribile al ceramista Nord-italico Cinnamus, analogo per forma e bollo all’esemplare della collezione civica ascolana. 1 Presso il museo comunale di Offida sono attualmente conservati 12 frammenti e due coppe di terra sigillata italica 2 provenienti dal territorio offidano, un tempo parte della collezione Allevi. 3 Dal confronto fra i cataloghi della collezione Allevi redatti da Gabrielli e da Allevi stesso si nota che nell’elenco di Gabrielli figurano 5 « vasetti aretini a vernice rossa », 4 mentre in quello di Allevi i reperti in terra sigillata sono in totale 4, 5 a cui sono stati aggiunti « frammenti di dette stoviglie che furono trovati fra le ceneri di un rogo. Circa 60 ». I frammenti a cui Allevi si riferisce nell’inventario sono verosimilmente quelli rinvenuti nel 1875 ad Offida, in località Rovecciano, su un’altura dove erano state precedentemente rimesse in luce testimonianze di età romana : 6 in una lettera inviata al Ministero, Allevi descrive « i residui di una ricca cremazione » dai quali estrasse « parecchi vasellini elegantissimi di un bel rosso corallo, manifattura delle fabbriche di Arezzo ». 7 Allevi ricorda inoltre « qualche raro frammento di vaso aretino » 8 rinvenuto a Spinetoli. Dalla corrispondenza di Allevi con il Ministero è possibile ricavare alcune segnalazioni riferibili forse ad ulteriori rinvenimenti in territorio di Offida di reperti in terra sigillata italica : nel corso degli scavi eseguiti da Allevi in contrada Ponticello furono riportati in luce alcuni materiali di età romana, tra cui « un vaso dipinto in rosso con ornamentazione a punteggiatura » ; 9 durante « un piccolo scavo » eseguito sulla riva destra del Tesino, in un podere di proprietà Zeppilli fu rimessa alla luce una sepoltura con « un vaso fittile dipinto in rosso, finissimo ma rotto ». 10
1 Catalogo, n. 31. 2 De Carolis, Savi 1977, pp. 175-180. Rispettivamente nn. Inv. c34, c37, c46, c31, cc26, c36, c40, c39, c38, c12, c32, c30 ; c20 e c21. Su c21, cc39, c12 e c 38. Catalogo, nn. 61, 62, 60 e 63. 3 Sulle provenienze dei materiali della collezione Allevi : i. Le Collezioni, i.2. La collezione Allevi, pp. 33-35. 4 L’inventario redatto da Gabrielli riporta la data del 14 febbraio 1897. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, pp. 126-127. La minuta dell’inventario e della relazione sulla collezione Allevi (‘Bozza di rapporto’) si trova nel quaderno 1 : Gabrielli, Quaderni, 1 (1894-1897) cc. 25 r.-37 r., in particolare 31 r. 5 « Coppettine eleganti a vernice color corallo cosiddette aretine. Sono restaurate 4 ». L’inventario stilato da Allevi il 21 ottobre 1880 fu inviato a Gozzadini, al quale era stato proposto l’acquisto della collezione : Vannicola 1996, pp. 121-124. 6 Allevi ricorda che nella stessa zona fu rimesso in luce un cippo romano iscritto e « un’urna contenente ossa combuste » : lettera inviata da Allevi al Ministero il 23 giugno 1877 : acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, p. 105. 7 Il riferimento al ritrovamento di vasi in terra sigillata avvenuto ad Offida, a Rovecciano compare in due lettere inviate da Allevi al Ministero della Pubblica Istruzione il 6 novembre 1875 e il 2 luglio 1877. acs Min. pi, ii versamento b. 18, fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, pp. 49, 91 ; 103-105. 8 Lettera inviata a Fiorelli il 5 marzo 1878. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, p. 108. 9 « Disgraziatamente le lucerne fittili che vi si contenevano e un vaso dipinto in rosso con ornamentazione a punteggiatura erano ridotti in minuti frammenti ». Lettera inviata da Allevi a Fiorelli in data 25 settembre 1876. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, pp. 53-54, 101. Allevi 1876, p. 321 ; Brecciaroli, Mercando, Paci 1979, p. 346 n. 497. Conta 1982, p. 246, in particolare nota 375. 10 Allevi 1877, p. 114. Lettera inviata da Allevi a Fiorelli in data 30 maggio 1877. acs Min. pi, ii versamento b. 18 fasc. 326/ bis. Vannicola 1996, p. 103.
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Tra i reperti in terra sigillata attualmente conservati presso il Museo Archeologico Comunale di Offida sono stati presi in considerazione una coppa e tre frammenti recanti bolli : il fondo con bollo cres( ), 1 riconducibile in base all’esame macroscopico del corpo ceramico a produzione Nord-italica ; il fondo di coppa Conspectus 36 con bollo frammentario in planta pedis ; 2 la coppa Conspectus 24 riferibile ad uno Sphaerus 3 ceramista attivo in Italia centrale nei primi decenni del i sec. d.C. Da contrada S. Maria degli Ossi, in comune di Montalto, 4 proviene il bollo rv^fio/ l·v^mb^r. 5 Il bollo a rosetta 6 rinvenuto nel corso di ricognizioni a Folignano, in località Piano di Morro potrebbe essere di origine centro-italica, se si considera la diffusione a Roma di tali bolli un possibile indizio della localizzazione nelle vicinanze di uno di questi atelier. 7 Nel corso di ricognizioni eseguite dall’Archeoclub di Folignano nella zona del teatro romano di Asculum è stato rinvenuto un fondo di coppa con bollo del ceramista Q. Pompeius Serenus, 8 l’unico sinora noto nell’ascolano riferibile a produzioni puteolane. Presso il Museo Nazionale di Ancona è conservato un fondo di vaso in terra sigillata con bollo in cartiglio rettangolare cem^le/ l⋅titi, rinvenuto nel corso degli scavi eseguiti negli anni Venti del secolo scorso nell’area di porta Romana. Il bollo, riferibile a L. Titius ed al suo lavorante Gemellus, la cui attività è stata approssimativamente datata tra il 15 a.C. ed il 5 d.C., non risulta sinora attestato in questa variante.
3. Graffiti su terra sigillata italica conservata nei musei del territorio Appartengono infine alla collezione Allevi i due soli graffiti su terra sigillata individuati nel corso di questa ricerca. Entrambi sono stati eseguiti dopo la cottura : si tratta di parte di un asterisco, forse un contrassegno, inciso con uno strumento appuntito sul fondo esterno del piede della coppa c39, 9 già descritta, e un’iscrizione ‘ra’ o parte di essa conservata sul fondo del vaso c38. 10
1 Catalogo, n. 61. Nel catalogo del 1977 il frammento era stato descritto come bollo in planta pedis. De Carolis, Savi 1977, p. 177. L’ingrandimento della fotografia digitale del reperto ha reso possibile la lettura del bollo. Sul bollo : ock 690. Kenrick ha inserito nel gruppo 690 (ock) i bolli riconducibili a due ceramisti attivi tra il 1 ed il 20 d.C. : uno Nord-italico, l’altro forse identificabile in Gn. Ateius Crestus di Pisa. 2 Catalogo, n. 64. 3 Catalogo, n. 64. 4 Sui ritrovamenti provenienti da questa località : Cacciamani, Virgili 1993-1994, pp. 44-67 ; Conta 1982, pp. 262-263, n. 252 ; Mercando, Brecciaroli Taborelli, Paci 1981, p. 344 n. 450. 5 Catalogo, n. 60. 6 Catalogo, n. 58. 7 ock. 8 Catalogo, n. 59. 9 Catalogo, n. 64. 10 Catalogo, n. 63.
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Catalogo Bolli su terra sigillata italica Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno collezione civica I reperti descritti sono conservati presso il Museo Archeologico Statale, ad eccezione dei nn. 13, 17 e 27 del Catalogo attualmente presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno. 28. Inv. k 6153, i.c. 972a, b.m. 1501. Dim. frammento : diam. piede cm 5.4 ; h. cm 3.5 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.4. H. lettere : cm 0.2/0.3. Fondo di coppa conica con piede ad anello svasato ed attacco di parete obliqua (forma Conspectus 22). Rotellatura sulla parete esterna in prossimità della linea di frattura. Corpo ceramico beige rosato (5yr 7/6). Vernice di colore rosso (tra 2.5yr 4/8 e 2.5yr 5/8) coprente e brillante. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo areti in cartiglio rettangolare con angoli arrotondati. Gabrielli trascrive il bollo areti nei Taccuini e nell’inventario amministrativo : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v. Nel cil ix il bollo è trascritto : arreti. Kenrick ha inserito questa variante di bollo nel gruppo 244 del quale fanno parte bolli la cui zona di produzione non è aretina. La variante 27 del gruppo 244 corrisponde a un bollo impresso non su terra sigillata già inserito nella prima edizione del Corpus Vasorum Arretinorum. ock . Il bollo Arretinum poteva essere recepito dall’acquirente come una garanzia della qualità del prodotto e costituire, di conseguenza, una sorta d’incentivo all’acquisto. Datazione : La coppa 22 fu prodotta dal 20 a.C. alla fine del regno di Tiberio. Conspectus. Il bollo areti è riferito da Kenrick ad un periodo compreso tra il 15 a.C. ed il 15 d.C. ock. Luogo di produzione : non determinabile. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo ; un altro disegno si trova nella minuta dell’allegato Marche su frammenti di vasi così detti aretini inviato da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. La corrispondenza intercorsa tra Gabrielli e Mommsen è stata pubblicata da Laffi : Laffi 1982, in particolare p. 117, tav. x a. Nel cil è erroneamente riportato il numero di inv. b.m. 1505 : cil ix 6082 2. ock 244 15 (132 26). Mazzeo Saracino 1992, p. 83. Bibliografia di confronto : un bollo analogo su coppa Conspectus 22.2 è stato rinvenuto a Roma : cil xv 4998h ; CVArr 132. 8. Nella regio V il bollo risulta attestato a Cupra Maritima nella variante arr/ eti (CVArr 132) ; Fortini 1998, p. 66 tab. i ; p. 81 n. 6 fig. 24. Nella regio VIII, a Bologna (Fava 1972, pp. 153, 157) e nella regio X, ad Altino (Ravagnan 1985, coll. 178179 n. 41). A Milano è stata individuata una fabbrica che produsse vasi in terra sigillata con un bollo di questo tipo dalla prima età augustea alla metà del i sec. d.C. Jorio 1991, pp. 68-70, 20, tav. 24. L’esistenza di un centro di produzione di vasi con bollo Arretinum anche a Pozzuoli ha rafforzato l’interpretazione che alcuni esemplari contraddistinti da questo
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bollo costituissero una sorta di ‘contraffazione’ di modelli già noti che riscuotevano un certo successo sul mercato. Il bollo risulta attestato anche nel Magdalensberg : Schindler, Scheffenegger 1977, 2, tf. 91. Fotografia : 28. Rilievo : 28.
29. Inv. k 6165, i.c. 972u, b.m. 2946. Dim. frammento : diam. piede cm 3 ; h. cm 2 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 0.6 ; h. cm 0.6. H. lettere : cm 0.3. Fondo di coppa con basso piede ad anello (forma Conspectus 26). Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 8/4). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente, densa e brillante. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo in cartiglio rettangolare a^t^ei riferibile al ceramista Ateius. Datazione : Kenrick data questo tipo bolli di Ateius tra il 5 a.C. ed il 25 d.C. ock. La coppa 26 fu prodotta durante la prima metà del i sec. d.C. Conspectus. Luogo di produzione : Pisa. ock. Kenrick 1997. Luogo di rinvenimento : Gabrielli disegna un bollo non corredato dal numero di inventario b.m. nel quale è possibile riconoscere l’esemplare descritto. Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 41 (1881) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1881) c. 17 r. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 90. Bibliografia di confronto : ock 268 88. Sulla produzione di Ateius : Menchelli 1994, pp. 9-34. Menchelli 1995, pp. 333-350. Kenrick 1997, pp. 179-190 ; in particolare fig. 8. Il bollo n. 48 rinvenuto a Pisa, nel deposito in via S. Zeno è analogo a quello ascolano. Menchelli 2004, pp. 271-277. Bolli riferibili a manifatture ateiane sono diffusi nella regio V : a Macerata, presso l’insediamento romano di Piana dei Saraceni di Cingoli è stato rinvenuto il bollo a^tei (CVArr 144-147) in cartiglio rettangolare impresso su un vaso di forma non determinabile : Branchesi 2004, pp. 80-82 figg. 7a e 7b. Dagli scavi condotti presso l’impianto produttivo di età romana di Potentia (Porto Recanati) proviene il bollo a^t^e i·d[i] (CVArr 158) : Mercando 1979, pp. 219 n. 23 figg. 133c, 134g ; Mazzeo Saracino 1992, p. 83. A Urbs Salvia è stato rinvenuto il bollo atei in planta pedis (CVArr 144) : Giuliodori 2002, p. 48 n. 23. A Cupra Marittima, in località Civita sono stati rinvenuti i seguenti bolli : ate[i] (CVArr 144) e zo^il (CVArr 181) : Fortini 1990, p. 12 n. 6 ; p. 14 n. 7, fig. 2 nn. 6 e 7 ; Fortini 1993, tab. ii p. 141 ; cn atei (CVArr 145) e cn atei e (CVArr 159) riferibile a Cn. Ateius e al suo ceramista Eros : Fortini 1998, p. 81 n. 7, figg. 25, 73 e p. 84 n. 8, figg. 26, 75 ; tab. i pp. 66-67. Dal territorio di Cingulum proviene il bollo cn atei : ock 275 (CVArr 145) ; Frapiccini 1998, fig. 36h. Capponi, Di Cintio, Forti, Giuliodori 2007, p. 403 nota 61. A Saline è attestato il bollo a^t·a^m^a ( cil ix 6082 89 ; ock 281 10 ; CVArr 153, 5) riferibile e Cn. Ateius e al suo ceramista Amarantus (30-75 d.C.) : ock. Nella regio VI, a Suasa sono stati rinvenuti i bolli -atei (CVArr 144 29) e cn a^t^ei di( ) (CVArr 158a) rispettivamente cil xi 6700 100cc e cil xi 6700 101 : Mazzeo Saracino 1992, p. 83. Dal territorio di Tifernum Mataurense proviene il bollo atei (ock 267 1) : Monacchi 2004, p. 87, tavv. i n. 3 e ii n. 3.
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Nella regio X, ad Altino sono stati rinvenuti bolli riferibili a Cn. Ateius e di Cn. Ateius Eros : Ravagnan 1985, coll. 180-181 rispettivamente nn. 44-47 e 48. Fotografia : 29. Rilievo : 29.
30. Inv. k 6149, i.c. 972c, b.m. 1502. Dim. frammento : diam. piede cm 3.9 ; h. cm 2 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 0.8 ; h. cm 0.6. H. lettere : cm 0.1/0.2. Fondo di coppa con piede svasato (forma Conspectus 22). Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 7/6). Vernice di colore rosso (tra 10r 4/8 e 10r 5/8) diluita e poco uniforme. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo sex·av/ felix in cartiglio rettangolare su due registri separati da un ramo di palma riferibile al ceramista Sex.(tus) Av(illius) Felix. Datazione : 10 a.C. - 20 d.C. ock. La coppa 22 fu prodotta in un periodo compreso tra il 20 a.C. e la fine del regno di Tiberio. Conspectus. Luogo di produzione : Italia centrale ? ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli riporta il disegno del bollo e numero di inventario b.m. 1512 : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v. Sia l’inventario amministrativo, sia il cil riportano b.m. 1502. cil ix 6082 15. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882. apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. ock 414 1 (274c). Mazzeo Saracino 1991, p. 59. Mazzeo Saracino 1992, pp. 70, 83. Bibliografia di confronto : Un fondo di coppa con bollo analogo (forma Conspectus b 4.8) è stato rinvenuto a Roma : CVArr 274a. Fotografia : 30. Rilievo : 30.
31. Inv. k 6151, i.c. 972y, b.m. 3268. Dim. frammento : diam. piede cm 4 ; h. cm 1.8 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1 ; h. cm 0.7. H. lettere : cm 0.2. Fondo di coppa troncoconica con parete svasata (forma Conspectus 24.3) e piede angolare. Corpo ceramico beige (tra 5yr 8/3 e 5yr 8/4). Vernice di colore marrone tendente al rosso (10r 4/6 e 10r 4/4), coprente. Il frammento presenta il bollo in cartiglio rettangolare choe/ rio. Le lettere sono apicate. Datazione : posteriore al 10 d.C. ock. La produzione delle coppe 24 ebbe inizio durante la media età augustea e fu in parte contemporanea a quella delle coppe 22 ornate con rotellature e delle 23 decorate con applicazioni. Conspectus. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : Ascoli, secondo quanto riportato sulla minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 3 maggio 1883 : apbc, Carte Gabrielli. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, pp. 121-122. cil ix 6389 1a ; ock 546 1. Bibliografia di confronto : un bollo analogo compare sulla coppa (forma Conspectus b
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4.9), inv. 31939, rinvenuta a Bari, a S. Francesco della Scarpa, attualmente conservata presso il Museo Archeologico di Bari : Morizio 1988, p. 476 n. 961, fig. 703.5. Fotografia : 31. Rilievo : 31.
32. Inv. k 6141, i.c. 972d, b.m. 4008. Dim. frammento : diam. piede cm 8.4 ; h. cm 2.3 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1.7 ; h. cm 0.4/0.6. H. lettere : cm 0.2/ 0.3. Fondo di piatto con piede distinto (forma Conspectus b 2.5). Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 8/4). Vernice rosso bruno (2.5yr 4/7) sottile, diluita, evanida. Il frammento presenta il bollo cnna^mi in planta pedis riferibile a Cinnamus. La parte finale del timbro risulta poco leggibile per un’abrasione. Le lettere sono apicate. Datazione : 10 a.C. - 15 d.C. ock. La forma del piede b 2.5 è evoluzione di età tardo augustea e tiberiana delle forme 3-4, 6 ; 11-12 ; 18-20. Conspectus. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il disegno e il numero di inventario b.m. 4008 del bollo, lo stesso pubblicato nel cil ix 6082 21. 1 Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. ock 558 2 (432g). Mazzeo Saracino 1992, p. 83. Bibliografia di confronto : Nella regio V : a Offida, in località Borgo Miriam, contrada S. Lazzaro è stato raccolto durante ricognizioni di superficie un fondo di piatto analogo per forma (Conspectus b 2.5) e bollo (ock 558 2) al frammento della collezione civica : Catalogo, n. 56. A Cupra Maritima sono stati rinvenuti due bolli nei quali un Cinnamus è associato a C. Volusenus (CVArr 2476) : Fortini 1998, tab. i p. 70, p. 106 nn. 35a e 35b, figg. 58, 102 e 59, 103. Il bollo risulta attestato nella regio X : ad Aquileia : tre esemplari analoghi sono stati pubblicati nel CVArr 432b ; ock 558 ; ad Altino, cinn/ am[-] in cartiglio rettangolare (inv. al22829) : Cipriano, Sandrini 2006, pp. 276-277. Fotografia : 32. Rilievo : 32.
33. Inv. k 6160, i.c. 972f, b.m. 1827. Dim. frammento : diam. piede cm 6.1 ; h. cm 1.3 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.5 ; h. cm 1.4. H. lettere : cm 0.3/0.1 Fondo di coppa emisferica con basso piede ad anello (forma Conspectus 33, variante Pucci 37. 2). Corpo ceramico beige (tra 5yr 7/6 e 5yr 6/6). Vernice di colore rosso (10r 4/6) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo lfav/ oni in cartiglio quadrilobato (cartiglio : ock 577). Il bollo presenta impressione poco profonda ed è difficilmente leggibile. Nei suoi Taccuini Gabrielli riproduce il bollo fornendo la lettura flav/ oni, riportata nel CVArr. Kenrick attribuisce il bollo al ceramista L. Favonius. ock.
1 Nell’inventario i.c. il reperto figura contrassegnato dal numero b.m. 3108.
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Datazione : la coppa 33 è stata più frequentemente prodotta dalla tarda età augustea sino in età tiberiana. Conspectus. Luogo di produzione : Italia centrale ? ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, secondo quanto riportato sull’etichetta dell’inventario b.m. La lettura dei Taccuini di Gabrielli e degli inventari ha permesso di precisarne la provenienza. Nel Taccuino 41 risulta infatti che nel 1875 Gabrielli acquistò « dai muratori della fabbrica di Cantalamessa » che prestavano la loro opera in piazza S. Giacomo : un « unguentario di terracotta, un frammento di vaso aretino con la marca, uno stampo di carta da giuoco, un sigillo da notaio, due frammenti di tegoloni con marca ». Gabrielli, Taccuini : 41 (1874-1875) c. 28 r. Pasquinucci 1975, pp. 103-104. L’ordine in cui sono elencati i reperti trova corrispondenza nell’inventario dell’Ottocento : « unguentario di terra cotta mancante dell’estremità da versare, b.m. 1826 ; frammento di vaso aretino a vernice rossa colla marca flavoni, b.m. 1827 ; stampo in legno con carta di giuoco, sec. xv, b.m. 1828 ; sigillo moderno da notaio colle iniziali p.n.b.n.p., b.m. 1829 ». Il vaso proviene dunque da piazza S. Giacomo. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1874-1875) c. 28 r. ; 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Pasquinucci 1975, pp. 103-104. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 34. ock 811 (675 b). Mazzeo Saracino 1991, p. 59. Mazzeo Saracino 1992, pp. 70, 83. Bibliografia di confronto : due bolli riferibili allo stesso ceramista sono attestati a Roma : cil xv, 5203 1 e 2 ; CVArr 675a : ock. Fotografia : 33. Rilievo : 33.
34. Inv. k 6157, b.m. 3247. Dim. frammento : largh. cm 3.4 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 0.8 ; h. cm 0.5/0.6. H. lettere : cm 0.2. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 6/6 e 5yr 7/6). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) densa, coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo su due registri fel/ ix in cartiglio rettangolare con i margini arrotondati. Datazione : non determinabile. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno. Nell’etichetta di inventario b.m. è riportata l’indicazione ‘San Domenico, scuola’. Inedito. Bibliografia di confronto : ock 823 5, 1 (685). Nella regio V altri due bolli riferibili a un Felix sono documentati a Cupra Maritima : il primo, in cartiglio rettangolare, oggi disperso, fu rinvenuto a Massignano, in località Solagne (cil ix 6082 32 ; CVArr 685 34 ; Fortini 1990, p. 30 n. 22b) ; il secondo con cartiglio in planta pedis impresso su coppa di forma Ritt. 9 = Goud. 4 è riferito da Fortini ad età tiberiana (Fortini 1990, p. 30 n. 22a fig. 9, 22a). Fortini 1993, tab. ii p. 141 ; Fortini 1998, tab. i p. 68. Nella regio VIII : Mazzeo Saracino 1983, p. 487 ; Fava 1972, p. 157 n. 42. Fotografia : 34. Rilievo : 34.
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35. Inv. k 6163, i.c. 972g, b.m. 2947. Dim. frammento : largh. cm 3 ; h. cm 1.8 ; sp. cm 0.7. Dim. cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.4. H. lettere : cm 0.2/0.3. Fondo di coppa di forma non determinabile. Corpo ceramico beige chiaro (5yr-8/4). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente, densa e brillante. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo fvsci in cartiglio rettangolare. Fuscus sarebbe stato un lavorante del ceramista M. Hilarus attivo nel Nord-Italia in età augusteo tiberiana. F. Maselli Scotti (1974-1975, col. 494 n. 32) ha attribuito allo stesso ceramista la realizzazione dei prodotti lisci. In seguito, a Ravenna è stata rintracciata la fabbrica di un Fuscus (Cardinali 1991, pp. 104, 110 tav. 11, ci 16), produttore di ceramica decorata del tipo Saurius. Mazzeo Saracino ritiene che gli elementi a sostegno dell’identificazione dei due ceramisti non siano sufficienti : Mazzeo Saracino 1983, p. 469. Datazione : 1-15 d.C. ock. Luogo di produzione : Nord-Italia. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli ; Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 35. CVArr 719i. Mazzeo Saracino 1992, p. 83. Bibliografia di confronto : ock 857. Nella regio V una variante del bollo con cartiglio con ramo di palma è attestata su un piatto da Cupra Maritima : CVArr 719 ; Fortini 1990, p. 32 n. 24 fig. 10. Fortini 1993, tab. ii p. 141 ; Fortini 1998, tab. i p. 68. Nella regio VIII a Ravenna, Rimini, Russi : Mazzeo Saracino 1983, pp. 469-470. Nella regio X ad Altino, Aquileia, Este, Rovigo e nel Polesine : Ravagnan 1985, col. 198 n. 129. Fotografia : 35. Rilievo : 35.
36. Inv. k 6144, i.c. 972h, b.m. 2994. Dim. frammento : largh. cm 3.5 ; sp. cm 0.7. Dim. cartiglio : largh. cm 2.3 ; h. cm 0.5. H. lettere : cm 0.2/0.3. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 7/4 e 5yr 6/4). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo l·gelli in planta pedis riferibile al ceramista aretino L. Gellius, la cui attività ebbe inizio in età tiberiana ed i cui prodotti, proporzionalmente scarsamente attestati in territorio aretino, sono diffusi nel Nord-Italia e nelle province Nord-orientali (Raetia, Pannonia, Dalmatia, Noricum) e attorno al bacino del Mediterraneo (Ravagnan 1985, coll. 198-204, nn. 130-192). L’officina ceramica di L. Gellius è nota soprattutto attraverso i bolli gelli, l. gelli e l. gelli quadratvs e le varianti abbreviate di questi ; Prachner (Prachner 1980, p. 76) ha sostenuto che L. Quadratus sia da ritenersi liberto di Gellius. Kenrick ipotizza, in base alla distribuzione degli insediamenti, una possibile localizza
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zione dell’officina nella zona a Nord di Arezzo, da dove, attraverso l’Appennino, sarebbe stato più facile la comunicazione con la valle Padana e le regioni a Nord del Po. I bolli rinvenuti nei paesi del bacino del Mediterraneo, nei quali il nome di L. Gellius è associato a quello di L. Sempronius, la cui produzione individuale è scarsamente attestata, suggeriscono l’esistenza di una produzione affiliata, forse non l’unica, a Lione, in Gallia. ock. Le lettere sono apicate. L’impressione del bollo è nitida. Datazione : 15 a.C. - 50 d.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo ? ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 37a. ock 879 (737 25). Mazzeo Saracino 1992, p. 84. Bibliografia di confronto : sulla produzione di L. Gellius : Zabehlicky-Scheffenegger 1982, pp. 105-115. Nella regio V a Cupra Maritima è attestato il bollo l. geli in planta pedis (CVArr 137) riferibile alla manifattura di L. Gellius Quadratus : Fortini 1998, pp. 68, 88 n. 14 figg. 33, 79. Altri bolli riferibili a Gellius sono stati rinvenuti nella regio VI : a Suasa (cil xi 6700 308cc ; CVArr 736 6) e l·gel a Saepinum (cil ix 6082 37b ; CVArr 737 26) : Mazzeo Saracino 1992, p. 84. Fotografia : 36. Rilievo : 36.
37. Inv. k 6156, i.c. 972l, b.m. 2948. Dim. frammento : diam. piede cm 4.7 ; h. cm 1.2 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1 ; h. cm 0.7. H. lettere : cm 0.2. Fondo di piatto con basso piede ad anello (forma Conspectus 5). Corpo ceramico beige scuro (tra 5yr 6/6 e 5yr 7/6). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo pmiisii/ invs mii/ nvpilvs in cartiglio trapezoidale su tre registri riferibile al ceramista P. Mesenus Menop(h)ilus. Datazione : 40-1 a.C. ock. La coppa 5 è stata prodotta esclusivamente nella prima età augustea : Conspectus. Luogo di produzione : Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 17 r., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. apbc, Carte Gabrielli. cil ix 6082 53. Laffi 1982, pp. 117-121, tav. x a. Mazzeo Saracino 1992, p. 84 ; ock 1171 2 (1015e). Bibliografia di confronto : cil xv 5346b. ock. Fotografia : 37. Rilievo : 37.
38. Inv. k 6161, b.m. 4300. Dim. frammento : diam. piede cm 7.8 ; h. cm 2.4 ; sp. cm 1.2. Dim. cartiglio : largh. cm 3.7 ; h. cm 0.6/0.4.
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H. lettere : cm 0.4. Fondo di piatto con basso piede ad anello. Corpo ceramico beige scuro (6yr-6/4). Vernice di colore rosso (tra 10r 4/6 e 10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento reca il bollo in planta pedis sex·m·f riferibile al ceramista Sex. M(urrius) F(estus). Gabrielli lesse il bollo sedmi : Gabrielli, Taccuini : 54 (1889) cc. 51 r.-52 r. Lettere di modulo quadrato. Segno di interpunzione triangolare. Datazione : 60-150 d.C. ock. Luogo di produzione : Pisa. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, via dei Saladini (già via del Lago). Gabrielli, Taccuini : 54 (1889) 51 r.-52 r. ; Pasquinucci 1975, p. 101 n. 64. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 54 (1889) cc. 51 r.-52 r., dove è riportato il disegno del bollo ; Pasquinucci 1975, p. 101 n. 64. Bibliografia di confronto : ock 1212 16 (927’, 1054). Fotografia : 38. Rilievo : 38.
39. Inv. k 6145, i.c. 972m, b.m. 2782. Dim. frammento : largh. cm 4.3 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : largh. cm 0.9 ; h. cm 0.8. H. lettere : cm 0.2. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/4). Vernice di colore rosso (10r 4/6) densa e coprente. Il frammento presenta il bollo pvbli/ sv^a^vis, in cartiglio quadrato riferibile al ceramista Publius ed al suo lavorante Suavis. Il testo è disposto su due registri separati da un ramo di palma ; la scrittura di un registro si presenta capovolta rispetto all’altra. Le lettere sono apicate. L’impressione del bollo è nitida. Datazione : 15-5 a.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : Il frammento fu rinvenuto ad Ascoli Piceno, nella zona di porta Romana nei terreni Merli, già Ercolani, durante gli scavi realizzati da lunedì 11 a mercoledì 13 ottobre 1880 che portarono all’individuazione di alcune tombe. Gabrielli, allora Ispettore Onorario Ministeriale, annotava che si rinvennero anche frammenti di vasi « aretini a vernice rossa. Due avevano le marche : pvbli/ svavis e a·titi ». Gabrielli, Taccuini : 46 (1880) cc. 93 r.-93 v. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 46 (1880) cc. 93 r.-93 v. ; 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. cil ix 6082 68. ock 1579 2 (1443d). Bibliografia di confronto : un bollo analogo è stato rinvenuto ad Arezzo : CVArr 1443b. Kenrick ha osservato che il termine ‘pvbli’ non compare nei bolli mai isolato, ma sempre in associazione con il nome di un collaboratore in nominativo ; inoltre i ceramisti associati sinora attestati risultano particolarmente numerosi (25 : ock ) in rapporto ai rinvenimenti noti per ciascuno di essi. Sulla base di queste considerazioni, Kenrick ha
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ipotizzato che in questi bolli (ock 1555-1581) ‘pvbli’ non sia da riferire ad un individuo (come genitivo di Publius), ma indichi lo status dei ceramisti (servi publici ?). Kenrick 2005, pp. 56-60. Fotografia : 39. Rilievo : 39.
40. Inv. k 6143, i.c. 972n, b.m. 2995. Dim. frammento : largh. cm 2.4 ; h. cm 2.9 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 2.2 ; h. cm 0.8. H. lettere : cm 0.4. Frammento di parete di vaso in terra sigillata decorata di forma non determinabile. Corpo ceramico beige rosato (5yr 6/4). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento conserva il bollo frammentario m·pvmid- in cartiglio rettangolare. La cornice è sormontata da tre piccoli fiori a sette petali ; sotto il cartiglio un grande fiore con foglie. Il bollo è riferibile a M. Pumidius ceramista che operava in collaborazione con P. Sabidius Eros e C. Memmius Hilarus. Le lettere sono apicate. Datazione : età augustea. ock. Luogo di produzione : non determinabile. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. cil ix 6082 69. ock 1583 (1450). Fotografia : 40. Rilievo : 40.
41. Inv. b.m. 6163. Dim. frammento : largh. cm 5.6 ; h. cm 5.5 ; sp. cm 0.6. Dim. bollo : largh. cm 1.3 ; h. cm 0.4. H. lettere cm 0.4. Frammento di parete pertinente a vaso di forma non determinabile (calice ?) in terra sigillata italica decorata. Corpo ceramico di colore rosato (5yr 7/6) duro e compatto. Vernice di colore rosso (2.5yr 4/8) uniforme, coprente e brillante. Della decorazione si conserva una cornice ad ovuli allungati sottolineata in alto da una profonda scanalatura doppia ; nella zona inferiore tre foglie di palma (motivo 5.2.1.30 : Medri 1992, p. 271) ; tra il motivo decorativo e la cornice si trova il bollo rasin riferibile al ceramista Rasinius. Al nome di Rasinius sono associati 60 lavoranti : ock 1626-1685. Datazione : 15 a.C. - 15 d.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : il bollo corrisponde alla matrice riportata nel Corpus Vasorum Arretinorum (ock 1622 1 ; 1486) e compare sulle pareti esterne di vasi in terra sigillata decorata in associazione a nomi di lavoranti : Certus (ock 539), Hilarus (ock 949), Pharnaces (ock 1436) e Quartio (ock 1598). Sui Rasinii : Sangriso 2006, pp. 225-232.
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Nella regio V, a S. Omero, nella località S. Maria a Vico è stato rinvenuto un frammento di parete di coppa decorata con menade attribuito al repertorio di Rasinius, parte della collezione Bucci : Conta 1982, p. 331 figg. 197, 5 e 198. Nella regio VI un bollo riferibile a Rasinius è attestato a Suasa : cil xi 6700 520 ff gg ; CVArr 1485 38. Bolli attribuiti a questo ceramista sono stati rinvenuti in Grecia, Tunisia, Egitto, Spagna, Francia, Germania : ock. Fotografia : 41. Rilievo : 41.
42. Inv. k 5138, i.c. 973, b.m. 172. Dim. frammento : diam. piede cm 5.8 ; diam. orlo cm 12.6 ; h. cm 5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.8 ; h. cm 0.3. H. lettere : 0.3/0.2. Coppa emisferica con listello e orlo verticale diritto (forma Conspectus 34). Parete ispessita nel tratto dal listello all’orlo. All’interno, solco sotto l’orlo. L’esemplare presenta una frattura (largh. mass. cm 0.5) e piccole scheggiature sull’orlo e all’interno della coppa. Corpo ceramico beige (5yr 6/6) durissimo e compatto. Vernice rossa (2.5yr 5/8) opaca, coprente e uniforme. Sul fondo della coppa è impresso il bollo m·salvi in planta pedis riferibile a M. Salvius. L’impressione del bollo è poco profonda. Datazione : Il cartiglio a forma di planta pedis è posteriore al 15 d.C. La forma 34, assai comune dalla tarda età tiberiana sino in età flavia, continuò ad essere sporadicamente prodotta anche più tardi. Conspectus. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. cil ix 6082 73 ; ock 1778 1 (1652). Mazzeo Saracino 1992, p. 85. Fotografia : 42. Rilievo : 42.
43. Inv. k 6150, b.m. 6012. 1 Dim. frammento : diam. piede cm 4.2 ; h. cm 1.7 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1.1 ; h : cm 0.6. H. lettere : cm 0.3. Fondo di coppetta troncoconica (forma Conspectus 22) con basso piede ad anello. Corpo ceramico beige (5yr 7/4). Vernice di colore rosso (10r 4/6) densa e coprente. Il frammento presenta il bollo felicio/ sav^fei su due registri in cartiglio rettangolare. Il bollo è riferibile al ceramista L. Safeius e al suo lavorante Felicio. Datazione : Kenrick ha ipotizzato che L. Saufeius fosse attivo dopo il 10 a.C. ock. La coppa 22 fu prodotta in un periodo compreso tra il 20 a.C. e la fine del regno di Tiberio. Conspectus.
1 Nell’inventario redatto da Alfieri (i.c. 353) il numero di inventario b.m. 6012 corrisponde a una fibula di bronzo a navicella.
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Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : ock 1812 2 (1694) ; una coppa (inv. ar./ p.s.b.6) con bollo analogo è stata rinvenuta ad Arezzo, in via Porta S. Biagio (Bartoli, Berti 1989, pp. 20, 25 n. 6). ock. Fotografia : 43. Rilievo : 43.
44. Inv. k 6330, b.m. 2996. Dim. frammento : diam. piede cm 4 ; h. cm 1.3 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : largh. cm 0.9 ; h : cm 0.7. H. lettere : cm 0.2/0.3. Fondo di coppa con attacco di parete obliqua (forma Conspectus 24.3). Corpo ceramico rosa (5yr 8/4) depurato, abbastanza duro e compatto. Vernice di colore rosso (tra 2.5yr 5/8 e 2.5yr 4/8) diluita. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo sym/ p^hor riferibile al ceramista Symphorus. Datazione : 1-20 d.C. ock. La produzione delle coppe 24 ebbe inizio durante la media età augustea e fu in parte contemporanea a quella delle coppe 22 ornate con rotellature e delle 23 decorate con applicazioni. Conspectus. Luogo di produzione : Nord-Italia. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli disegna il bollo sym/ pi·s in cartiglio quadrato e riporta il numero di inv. b.m. Taccuini : 47 (1881) c. 17 r. Gabrielli trascrisse il bollo sym/ pl.s nella minuta dell’allegato Marche su frammenti di vasi così detti aretini ad una lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 ; apbc, Carte Gabrielli ; Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 78 ; CVArr 1371 = 1625 c. ock 2585 32. Bibliografia di confronto : Bolli riferibili a Symphorus sono stati rinvenuti ad Altino (Ravagnan 1985, col. 242 n. 354), ad Aquileia (CVArr 1879a) e in Magdalensberg (Schindler, Scheffenegger 1977, tf. 121.5.1). ock 2016. Fotografia : 44. Rilievo : 44.
45. Inv. b.m. 5804. Dim. frammento : largh. cm 4.1 ; sp. cm 0.3/0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1.4 ; h. cm 0.9. H. lettere cm 0.3/0.4. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico rosato (2.5yr 4/8) poco duro e poroso, polveroso al tatto. Vernice di colore rosso (5yr 7/6) coprente e brillante. Il frammento reca il bollo l·t^etti/ sa^mia in cartiglio rettangolare attribuibile al ceramista L. Tettius Samia. Datazione : 20 a.C. - 5 d.C. ock. Luogo di produzione : Kenrick ha esposto riserve sulla possibile localizzazione dell’officina del ceramista ad Arezzo, in località S. Francesco ; l’ipotesi era stata formulata in seguito all’annotazione di Gamurrini riportata nel cil 6700 685 a1, secondo cui a S. Francesco sarebbe stata rinvenuta una cospicua quantità di questi frammenti ceramici. Il confronto con gli altri rinvenimenti riconducibili a questo ceramista ha evidenziato però che il nume
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ro di rinvenimenti da Arezzo non è quantitativamente così significativo. Analisi archeometriche effettuate su materiali con questi bolli rinvenuti ad Haltern hanno dimostrato che i frammenti esaminati non possedevano le caratteristiche delle ceramiche aretine. Kenrick è incline a localizzare l’officina di L. Tettius Samia in Etruria. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : ock 2109 (1968). La variante del bollo l·tetti/ sa^mia è stata rinvenuta nella regio V a Potentia : CVArr 1967 ; Mercando 1979, p. 219 n. 21 fig. 133a. Nella regio VI a Suasa : cil xi 6700 685 l, m ; CVArr 1968 12 ; Mazzeo Saracino 1992, p. 86. Fotografia : 45. Rilievo : 45.
46. Inv. k 6152, i.c. 972p, b.m. 2781. Dim. frammento : largh. cm 3.6 ; sp. cm 0.5. Dim. del cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.7. H. lettere : cm 0.5. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/4). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo a·titi in cartiglio rettangolare con i margini arrotondati. Il bollo è riferibile al ceramista A(ulus) Titus. La presenza nel Magdalensberg di vasellame ritenuto di produzione padana (Schindler, Scheffenegger 1977, tf. 123m ; Fabrikat b) ha indotto a ritenere A. Titus (Gabucci 1995, p. 49 nota 54) uno dei primi produttori aretini che aprirono filiali in area Nord-italica. Le analisi delle argille eseguite hanno confermato l’attribuzione di alcuni esemplari ad un’officina padana (Zabehlicky-Scheffenegger 1991 ; Zabehlicky-Scheffenegger 1998). Le due produzioni sono così simili da non potere essere distinte macroscopicamente. Datazione : 30-10 a.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo o Nord-Italia. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, porta Romana, nei terreni Merli, già Ercolani. Catalogo, n. 37. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 46 (1880) cc. 93 r.-93 v. ; 47 (1881) c. 20 v. dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. cil ix 6082 81b. ock 2166 4 (2001h). Bibliografia di confronto : nella regio V il bollo è attestato a Cupra Maritima : CVArr 2001 ; Fortini 1993, tab. ii p. 142 ; Fortini 1998, p. 104 n. 31 fig. 54 ; tab. i, p. 70. Nella regio VI a Suasa : cil xi 6700 688p ; CVArr 2001e. Nella regio VIII : Mazzeo Saracino 1983, pp. 482, 493. Fotografia : 46. Rilievo : 46.
47. Inv. k 6158, i.c. 972e, b.m. 3088. Dim. frammento : diam. piede cm 5.2 ; h. cm 1.5 ; largh. cm 5.3 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.7. H. lettere : cm 0.3. Fondo di coppa emisferica con basso piede ad anello poco accentuato (forma Conspectus 36, variante Pucci 31.5).
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Corpo ceramico beige rosato (5yr 7/6). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo felici/ c·t·n^eo in cartiglio rettangolare attribuibile a C. Titius Nepos e al suo lavorante Felicio. Il bollo presenta impressione poco profonda. Nel cil ix il bollo è trascritto felici/ ctno. Kenrick, basandosi sul confronto con altri esemplari rinvenuti, ha proposto per questo bollo la lettura felici/ c·t·n^ii : « presumably this potter, perhaps this tipe » : ock 2189 1. Datazione : posteriore al 1 d.C. ock. La forma 36 è stata prodotta dalla prima età augustea, durante l’età tiberiana e sporadicamente sino alla fine del i sec. d.C. Conspectus. Luogo di produzione : sulla base dei rinvenimenti, Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, Orti Mari : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 84 v. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) cc. 20 v. e 84 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 31, ock 2189 1 (2019b). Fotografia : 47. Rilievo : 47.
48. Inv. k 6159, i.c. 972x, b.m. 3270. Dim. frammento : diam. piede cm 3.4 ; h. cm 1 ; sp. cm 0.3. Dim. cartiglio : largh cm 1.4 ; h. cm 0.7/ 0.8. H. lettere : cm 0.2. Fondo di coppa (forma Conspectus b 4.5). Corpo ceramico beige rosato (5yr 7/6). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo in cartiglio rettangolare su due registri tert·/ ci·titi·n^e^p riferibile a Caius Titius Nepos e al suo lavorante Tertius. Datazione : posteriore al 20 a.C. Conspectus. Luogo di produzione : Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno. Gabrielli, Carte Gabrielli. Bibliografia relativa al rinvenimento : il disegno del bollo figura sulla minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 3 maggio 1883 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, pp. 121-122. cil ix ad 6082 79. ock 2201 1 (2038i). Bibliografia di confronto : bolli analoghi sono stati rinvenuti a Libarna in Liguria, a Roma (cil xv 5663a) e a Tarragona : ock. Fotografia : 48. Rilievo : 48.
49. Inv. k 6154, b.m. 3(.)30. Dim. frammento : largh. cm 2.3 ; sp. cm 0.4. Dim. conservate cartiglio : largh. cm 0.8 ; h. cm 0.4. H. lettere : cm 0.2/0.3. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige chiaro (5yr 8/4). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente. Il frammento presenta il bollo -y^rsi in cartiglio rettangolare riferibile alla produzione di L. Titius Thirsus : ock, p. 23.
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Datazione : 20 a.C. - 10 d.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : ock 2246 (2061). Fotografia : 49. Rilievo : 49.
50. Inv. k 6146, i.c. 972q, b.m. 2949. Dim. frammento : diam. piede cm 7.8 ; h. cm 1.7 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 0.7 ; h. cm 0.6. H. lettere : cm 0.2. Fondo di piatto con parete svasata (forma Conspectus 1.1). Corpo ceramico beige (5yr 7/4 o 5yr 6/4) duro e compatto. Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente. La superficie presenta frequenti graffi e abrasioni. Il frammento presenta il bollo sex/ titi, in cui il testo è disposto su due registri in cartiglio rettangolare. I bolli sono delimitati da una rotellatura (h. cm 1). Il bollo nitido e poco rilevato è riferibile al ceramista Sex(tus) Titius. Datazione : 30-15 a.C. ock. La produzione della forma 1 è riferibile ad un periodo compreso tra il 40 e il 15 a.C. Conspectus. Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini, minuta dell’allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x b. cil ix 6082 82b. ock 2251 1 (2141h). Mazzeo Saracino 1992, p. 86. Bibliografia di confronto : Il bollo è documentato in questa variante a Roma, Arezzo, Firenze, in Campania, a Posto ; nelle province : ad Emporiae, Spagna. ock. Fotografia : 50. Rilievo : 50.
51. Inv. k 6164, b.m. 3238. Dim. frammento : largh. cm 2.8 ; sp. cm 0.3. Dim. cartiglio : diam. cm 0.9/1. H. lettere : cm 0.2. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige chiaro (5yr 7/4). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente, densa e brillante. Il frammento presenta il bollo ivcv/ c·v^a^l·e riferibile a C. Valerius Tyrannus e al suo lavorante Iucundus, artefici di coppe (soprattutto di forma Conspectus 33). Il bollo presenta il cartiglio a forma di cerchio con il margine dentellato (cartiglio : ock 504). Gli altri bolli in cartiglio circolare pubblicati presentano il margine del cartiglio liscio (cartiglio : ock : 502). L’impressione è nitida e ben definita. Datazione : posteriore al i d.C. ock. Luogo di produzione : Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : ock 2307 2 (2207). Il bollo è attestato a Roma, in Marocco, Ad Mercuri, a Lixus ed a Sala ; in Spagna, a Turista ed a Tarraco. ock.
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Fotografia : 51. Rilievo : 51.
52. Inv. k 6147, i.c. 972v, b.m. 2950. Dim. frammento : largh. cm 4.1 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh cm 1.2 ; h. cm 0.6. H. lettere : cm 0.4. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/4). Vernice di colore rosso (10r 5/8) densa, coprente e brillante. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo c·vbe in cartiglio rettangolare con le estremità arrotondate (cartiglio : ock 451) riferibile al ceramista C. Vibienus. Datazione : 1-40 d.C. ock. Luogo di produzione : la cospicua quantità di bolli riferibili a C. Vibienus rinvenuti a Roma ha indotto Kenrick ad ipotizzare l’esistenza di due atelier contemporanei a Roma e ad Arezzo o l’apertura di una succursale in Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piazza del mercato : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 41 (1875) c. 17 r. dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini minuta dell’allegato inviato da Gabrielli a Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 95. ock 2373 20 (2295 59). Bibliografia di confronto : nella regio V, ad Ascoli Piceno, nell’area archeologica del Palazzo dei Capitani del Popolo è stato rinvenuto il fondo di un vaso con alto piede distinto (inv. di scavo ap 83 PdC 253) decorato a rotella con bollo c·vib in cartiglio rettangolare : Profumo, Quiri 1987. A Roma : cil xv 5743k. Nelle province : in Spagna, ad Emporiae : CVArr 2295 66 : ock. Fotografia : 52. Rilievo : 52.
53. Inv. k 6148, i.c. 972t, b.m. 3316. Dim. frammento : largh. cm 6.6 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.5. H. lettere : cm 0.3. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico beige (5yr 7/6). Vernice di colore rosso (10r 4/6 e 10r 4/8) densa e coprente. Il frammento presenta il bollo vibi in cartiglio rettangolare con gli angoli arrotondati. La frattura intacca leggermente il margine destro del bollo. Il bollo è abbastanza nitido. Gabrielli lesse vibii : Gabrielli, Taccuini : 48 bis (1883) c. 48 v. Il bollo vibi è riferibile ad un Vibi(us) o Vibi(enus). Datazione : 15 a.C. - 15 d.C. ock. Luogo di produzione : sulla base dei rinvenimenti, Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, via dei della Torre (già salita S. Domenico). Gabrielli, Taccuini : 48 bis (1883) 48 v. Pasquinucci 1975, p. 90 n. 17. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli riporta il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Gabrielli, Taccuini : 48 bis (1883) c. 48 v. Pasquinucci 1975, p. 90 n. 17.
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Bibliografia di confronto : ock 2379 4 (2285). Fotografia : 53. Rilievo : 53.
54. Inv. k 6142, i.c. 972s, b.m. 1503. Dim. frammento : diam. piede cm 9.8 ; h. cm 2.1 ; largh. cm 11.3 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.8 ; h. cm 0.5. H. lettere : cm 0.3. Fondo di piatto con alto piede ad anello obliquo (Conspectus b 2.7). Corpo ceramico beige chiaro (tra 5yr 6/4 e 5yr 7/4). Vernice di colore rosso (tra 10r 5/ 8 e 2.5yr 4/8) densa e coprente. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento presenta il bollo villi in planta pedis. Le lettere hanno modulo quadrato e sono apicate. L’impressione del bollo è nitida. Datazione : L’attività di Villius è datata tra il i e il 40 d.C. ock. La forma b 2.7 è evoluzione di età tiberiana e flavia delle forme 12, 18, 4.6, 6, 20, 21 : Conspectus. Luogo di produzione : Arezzo. ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, porta Romana, secondo quanto riportato sull’etichetta b.m. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 20 v., dove è riportato il numero di inventario b.m. e il disegno del bollo. Marche su frammenti di vasi così detti aretini minuta dell’allegato inviato da Gabrielli e Mommsen il 26 gennaio 1882 : apbc, Carte Gabrielli. L’allegato è stato pubblicato da Laffi : Laffi 1982, p. 117, tav. x a. cil ix 6082 88. ock 2428 5 (2372aa). Mazzeo Saracino 1992, p. 86. Bibliografia di confronto : nella regio X, ad Altino è stata rinvenuta una coppetta (inv. al22821) con bollo analogo : Cipriano, Sandrini 2006, p. 279 n. 95. Fotografia : 54. Rilievo : 54.
55. Inv. b.m. 6162. Dim. frammento : largh. cm 3.8 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.2 ; h. cm 0.5. H. lettere cm 0.4. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (5yr 7/6) poco duro e poroso, polveroso al tatto. Vernice di colore rosso (tra 2.5yr 5/6 e 2.5yr 4/8). Il frammento reca il bollo vmbr(i)c in cartiglio rettangolare attribuibile al ceramista Umbricius. Incrostazioni calcaree sulla superficie coprono la parte finale del bollo. Datazione : 10 a.C. - 50 d.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo ? ock. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : ock 2441 (2385). Nella regio V bolli riferibili agli Umbricii sono stati rinvenuti a Cupra Maritima : v^m^b^ri (CVArr 2385) : Fortini 1998, p. 105 n. 33 figg. 56, 100 ; v^mbr ; [v]mbri (CVArr 2385) : Fortini 1990, pp. 53-54, n. 43a e 43b figg. 17, 43a e 18, 43a e 43b ; Fortini 1993, tab. ii, p. 142 ; l.vmbr. (CVArr 2395) : Fortini 1990, p. 54 n. 44 figg. 17, 44 e 18, 44 : Fortini 1998, tab. i p. 70. Nella regio VI a Suasa sono riconducili agli Umbricii : cil xi 6700 819 k, p ; CVArr 2385 15 ; a L. Umbricius : cil xi 6700 796 o, p ; CVArr 2395 15 : Mazzeo Saracino 1992, p. 86.
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A Turrita di Siena è stata scavata una fornace che documenta la produzione di alcuni ceramisti, tra cui due Umbricii : C. Umbricius Cordo( ) e L. Umbricius Hospes : Pucci 1992. Fotografia : 55. Rilievo : 55.
Bolli di lettura incerta 56. Inv. k 6162. Dim. frammento : diam. piede cm 3.4 ; h. cm 0.9 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 0.5 ; h. cm 0.3. H. lettere : cm 0.2/0.1. Fondo di coppa (forma Conspectus 22) con parete obliqua e basso piede ad anello. Corpo ceramico beige (5yr 7/6) con piccoli inclusi. Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo ap in cartiglio rettangolare con gli angoli arrotondati. Datazione : La coppa 22 fu prodotta in un periodo compreso tra il 20 a.C. e la fine del regno di Tiberio. Conspectus. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Fotografia : 56. Rilievo : 56.
57. Inv. k 6155, i.c. 972i, b.m. 3242. Dim frammento : diam. piede cm 5.2 ; h. cm 2.2 ; sp. cm 0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.1 ; h. cm 0.5. H. lettere : cm 0.4. Fondo di coppa troncoconica con parete svasata (forma Conspectus 22). Corpo ceramico beige scuro (2.5yr 6/6). Vernice di colore rosso (10r 4/8) coprente e brillante. Il frammento presenta il bollo dº iº hº^ nº in cartiglio rettangolare con i margini rilevati. L’impressione del bollo è abbastanza nitida e poco profonda. Datazione : La coppa 22 fu prodotta dal 20 a.C. alla fine del regno di Tiberio. Conspectus. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Fotografia : 57. Rilievo : 57.
Museo Archeologico Nazionale di Ancona 58. senza inv. Dim. diam. cm 5 ; h. cm 1.1 ; sp. cm 0.3/0.5. Dim. cartiglio : largh. cm 1.1 ; h. cm 0.8. H. lettere bollo : cm 0.2. Fondo con piede con risalto sull’esterno. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) duro, compatto e ben depurato. Scheggiature e incrostazioni calcaree in superficie. Vernice di colore rosso (7.5r 4/4) densa, coprente e brillante.
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Il frammento reca sul fondo in posizione centrale, all’interno di una circonferenza incisa, il bollo in cartiglio rettangolare cem^le/ l·titi riferibile a L. Titius ed al suo lavorante Gemellus. Le lettere sono apicate. Datazione : 15 a.C. - 5 d.C. ock. Luogo di produzione : Arezzo ? ock. Luogo di rinvenimento : Ascoli, porta Romana. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : Sugli scavi realizzati nel 1921 : av, cass. 2, fasc. 5 bis, 3, 10, 12, febbraio 1921 ; 3 marzo 1921. Nel 1880 e nel 1888 nella zona di porta Romana erano gia state riportate in luce alcune sepolture : Gabrielli, Taccuini : 46 (1880) cc. 92-94 ; 53 (1888), c. 34 ; Pasquinucci 1975, pp. 110-111. Sugli scavi eseguiti nel 1921 nell’area di porta Romana : Pasquinucci 1975, p. 112. Bibliografia di confronto : ock 2220 (2105). Fotografia : 58. Rilievo : 58.
Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama 59. senza inv. Dim : diam. piede cm 8 ; h. cm 2 ; sp. cm 0.6. Dim. cartiglio : largh cm 1.6 ; h. cm 0.5. H. lettere : cm 0.3. Fondo di piatto con piede distinto (forma Conspectus b 2.5). Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 7/4) abbastanza depurato. Vernice di colore rosso (10r 5/8) sottile ed evanida. Il frammento presenta il bollo cnna^mi in planta pedis riferibile al ceramista Cinnamus. Le lettere sono apicate. Datazione : 10 a.C. - 15 d.C. ock. La forma del piede b 2.5 è evoluzione di età tardo augustea e tiberiana delle forme 3-4, 6 ; 11-12 ; 18-20. Conspectus. Luogo di produzione : Nord-Italia. ock. Luogo di rinvenimento : Offida, località Borgo Miriam, contrada S. Lazzaro. Inedito. Bibliografia di confronto : ock 558 2. Il vaso k 6141 della collezione civica è analogo per forma (Conspectus b 2.5) e bollo all’esemplare descritto : Catalogo, n. 30. Fotografia : 59. Rilievo : 59.
Deposito Comunale di Folignano 60. senza inv. Dim. frammento : sp. cm 0.7. Dim. conservate cartiglio : diam. cm 1.2. H. lettere : cm 0.1/0.2. Fondo di coppa a parete obliqua privo del piede. Corpo ceramico non visibile. Vernice di colore rosso arancio (5r 4/8) coprente e uniforme. Incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento reca sul fondo in posizione centrale il bollo ·q·/ pom^p-/ se- in cartiglio circolare (cartiglio : ock 521) riferibile al ceramista Q. Pompeius Serenus. Datazione : 10 a.C. - 10 d.C. ock. Luogo di produzione : Pozzuoli. ock.
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Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, teatro romano, nell’area del parcheggio interno. Il frammento è stato raccolto nel dicembre 1997 insieme con un laterizio con bollo enni primi nel corso di ricognizioni del locale Archeoclub. Inedito. Bibliografia di confronto : ock 1500 2. Questa variante del bollo è attestata su coppe. Fotografia : 60. Rilievo : 60.
61. senza inv. Dim. frammento : sp. cm 1.5. Dim. conservate cartiglio : cm 1.3. Fordo di piatto di forma non determinabile. Corpo ceramico beige rosato (tra 5yr 8/4 e 5yr 7/6) poco duro con minuti inclusi micacei. Vernice di colore rosso (tra 5r 4/8 e 5r 3/8) diluita. Il frammento reca in posizione centrale un bollo frammentario raffigurante una rosetta. Datazione : posteriore al 10 a.C. ock. Luogo di produzione : Kenrick osserva che l’attestazione di una cospicua quantità di questi bolli a Roma possa essere indicare l’esistenza di impianti di produzione localizzati in Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : Folignano, Piane di Morro, ex terreni Silvestri. Inedito. Bibliografia di confronto : ock 2581. Fotografia : 61. Rilievo : 61.
Museo Archeologico Comunale di Montalto delle Marche 62. Inv. 53. Dim. frammento : sp. cm 0.8. Dim. cartiglio : largh. cm 1.1 ; h cm 0.5/0.6. H. lettere : cm 0.3. Fondo di vaso di forma non determinabile. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) duro e compatto. Vernice di colore rosso (7.5r 4/8) coprente e brillante. Il frammento reca il bollo rv^fio/ l·v^mb^r, riferibile a L. Umbricius e al suo lavorante Rufio. È stato osservato che l’alternanza nei registri dei nomi di L. Umbricius e Rufio in nominativo potrebbe indicare lo status libero di Rufio : Aubert 1994, p. 290. ock. Datazione : 15 a.C. - 5 d.C. ock. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Montalto delle Marche, località S. Maria degli Ossi. Il frammento è stato rinvenuto nel corso di ricognizioni di superficie effettuate dall’Archeoclub. Bibliografia relativa al rinvenimento : Cacciamani, Virgili 1993-1994, p. 44 scheda 11/r n. 53 ; p. 55 : ock 2464 1. Gianfranco Paci ha di recente ripubblicato il frammento nel contributo Documenti epigrafici dal territorio compreso tra le alte valli del Tesino e dell’Aso (Paci 2008, pp. 733-734). Fotografia : 62. Rilievo : 62.
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giovanna cicala Museo Archeologico Comunale Allevi, Offida collezione Allevi
63. Inv. c12. Dim. frammento : largh. diam. cm 8.9 ; sp. cm 1.3. Dim. conservate cartiglio : largh. cm 1.3 ; h. cm 0.3/0.4. H. lettere : cm 0.2. Fondo di grande piatto di forma non determinabile con piede ad anello e bollo in planta pedis. La superficie esterna è decorata con un motivo impresso a circonferenze concentriche intersecate da raggi. Corpo ceramico rosa (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/8). Vernice di colore rosso (5r 4/8) densa e opaca. Il frammento presenta in posizione centrale il bollo cres( ) in planta pedis. Datazione : 1-20 d.C. ock. Luogo di produzione : Kenrick presenta insieme in questo gruppo (690) due ceramisti : uno attivo nel Nord-Italia, l’altro identificabile forse in Cn. Ateius Crestus di Pisa, non disponendo ancora di elementi che consentano di distinguere le due produzioni : ock. L’analisi macroscopica del corpo ceramico del frammento esaminato sembra avvicinarlo a quello delle produzioni Nord-italiche. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 177. Bibliografia di confronto : ock 690 10 o 11. Fotografia : 63. Rilievo : 63.
64. Inv. c21. Dim. diam. di base : cm 6.6 ; h. cm 5.6 ; diam. orlo : cm 13.4 ; sp. cm 0.4. Dim. cartiglio : largh. cm 0.7 ; h. cm 0.4. H. lettere : cm 0.3. Coppa a pareti oblique (forma Conspectus 24). Corpo ceramico non visibile in frattura. Vernice di colore rosso (5r 4/8). Sul fondo, in posizione centrale, il bollo spa^e in cartiglio rettangolare riferibile al ceramista Sp(h)ae(rus), la cui attività è documentata prevalentemente da coppe. Datazione : 1-20 d.C. ock. La produzione delle coppe 24 ebbe inizio nella media età augustea e fu in parte contemporanea a quella delle coppe 22 ornate con rotellature e delle 23 decorate con applicazioni. Conspectus. Luogo di produzione : Italia centrale. ock. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 177 tav. 79, 1. Conta 1982, p. 527 nota 145. Bibliografia di confronto : ock 1982 7 (1842). Il bollo è attestato nella stessa variante su una coppa (inv. 84/ a ; forma Conspectus 31/ 32) rinvenuta a Ferentum, conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Viterbo : Barbieri 1992, p. 86 n. 73 fig. 2.6. A Beirut, su coppa (Conspectus 36/ 37), inv. 12237.296 ; cartiglio : ock 151. Il bollo è attestato in altre varianti a Roma, a Corfinium, in Abruzzo (cil ix 6082 76) ; a Perugia ; a Cartagine ; a Nijmegen (Noviomagus), a Tarragona (Tarraco). ock. Fotografia : 64. Rilievo : 64.
bolli e graffiti su terra sigillata italica
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65. Inv. c39. Dim. frammento : diam. piede : cm 5.6 ; h. cm 3 ; sp. cm 0.5/0.2. Dim. conservate cartiglio : h. cm 0.3. Fondo di coppa emisferica con piede ad anello (forma Conspectus 36.4). All’interno in posizione centrale si conserva parte di un cartiglio in planta pedis. Corpo ceramico beige (tra 5yr 8/3 e 5yr 8/4). Vernice di colore rosso (5r 4/8) coprente e brillante. Datazione : L’uso del cartiglio in planta pedis è posteriore al 15 d.C. ock. La variante 4 della forma 36 è prevalentemente databile in età tiberiana ; sporadici esemplari delle varianti 36.2-36.4 furono prodotti sino alla fine del i sec. d.C. Conspectus. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 177 tav. 79, 3. Fotografia : 65. Rilievo : 65.
Graffiti su terra sigillata italica Museo Archeologico Comunale Allevi, Offida collezione Allevi 65. Inv. c39. Vedi Catalogo : Bolli su terra sigillata italica, n. 65. Sulla superficie esterna del piede si conserva parte di un asterisco graffito dopo la cottura con uno strumento acuminato. Fotografia : 65. Rilievo : 65.
66. Inv. c38. Dim. frammento : largh. cm 3.3 ; sp. cm 0.5. H. lettere incise : cm 1/1.3. Fondo di vaso di forma non determinabile. Sulla superficie esterna si conserva parte un’iscrizione o parte di essa ‘ra’ graffita dopo la cottura. Corpo ceramico beige rosato (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/8). Vernice di colore rosso (5yr 4/8). Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia : De Carolis, Savi 1977, p. 177, tav. 79, 5. Fotografia : 66. Rilievo : 66.
IV R EPERTI A NFOR ICI 1. Le anfore 1. 1. Premessa
L
e nostre conoscenze sulla produzione e diffusione delle anfore nel Picenum si basano principalmente sugli studi compiuti sulle anfore e i commerci in area alto e medio-adriatica da Marie-Brigitte Carre, Maria Teresa Cipriano e Stefania Pesavento Mattioli 1 e su alcuni importanti contributi sui rinvenimenti provenienti dal territorio della regio V. Luisa Brecciaroli Taborelli ha pubblicato negli anni Ottanta del secolo scorso il rinvenimento lungo la costa nel tratto Cugnolo, Ponte S. Biagio di un impianto destinato alla produzione di anfore Lamboglia 2 e Dressel 6A – le cui fornaci erano note sin dall’Ottocento 2 – recanti i bolli di C. Iulus Poly( ) e Barbul(a) 3, per il trasporto ed il commercio del rinomato vino palmense. 4 Dal 1994 sono state intraprese dall’Università di Pisa, sotto la direzione di Marinella Pasquinucci, campagne di ricognizioni sistematiche nel territorio compreso tra i fiumi Aso e Tenna, ritenuti i limiti dell’antica colonia di Firmum ; le indagini hanno sinora fornito risultati significativi per lo studio delle tipologie insediative e manifatturiere presenti sul territorio. 5 In particolare, per quanto riguarda le anfore, è stato ipotizzato con il contributo di analisi di laboratorio che gli insediamenti produttivi fossero localizzati lungo la costa in prossimità di porti o approdi, 6 come nel caso ricordato del centro manufatturiero di Ponte S. Biagio. Un apporto alla conoscenza delle anfore provenienti dall’ager Cuprensis è stato fornito dagli studi compiuti da Patrizia Fortini. 7 Nuove importanti acquisizioni
1 Carre 1985 ; Carre, Cipriano 1989 ; Cipriano 1994 ; Carre 2002 ; Carre, Pesavento Mattioli 2003. Sulla classificazione e l’evoluzione tipologica delle anfore olearie adriatiche : Carre, Pesavento Mattioli 2003a. 2 Brandimarte 1815, p. 155 ; Trevisani 1878, pp. 314-315. cil ix 6080 4 e 5. 3 Brecciaroli Taborelli 1984, pp. 55-93 ; Su questa produzione fermana, vedi anche : Cipriano, Carre 1989, pp. 85-87, 99 ; Zaccaria 1989, pp. 474, 477 ; Pasquinucci, 2002, p. 458 ; Menchelli 2002, pp. 460, 462. Anfore con questo bollo sono state rinvenute a Iulia Concordia (Belotti 2005, p. 43 scheda n. 40), in Europa centro-orientale, a Cartagine e Leptis Magna (su Dressel 2-4) : Carre, Cipriano 1989, p. 91 nota 100. 4 Pl. nat. 14, 8, 67. 5 L’indagine fa parte di un programma di ricerca di ricerca sull’urbanizzazione e le strutture agrarie dell’Italia romana coordinate prima dal Professore Emilio Gabba (1970-1975) e ora dal Professore Umberto Laffi (1975- ), finanziate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche. 6 Menchelli 2005, p. 91 ; Menchelli 2008, p. 390. 7 Fortini 1993, pp. 83-181 ; Fortini 1998, pp. 39-170.
reperti anforici
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potranno giungere dalla pubblicazione dei reperti anforici rinvenuti nel corso degli scavi condotti ad Ancona, nell’area del lungomare Vanvitelli. 1
1. 2. Bolli su anfore rinvenute nella regio V I contenitori da trasporto più antichi recanti bolli attestati nel Picenum sono le anfore rodie destinate al trasporto del vino e prodotte dal iii al i sec. a.C., ma per lo più riferibili alla fase compresa tra il ii ed il primo quarto del i sec. a.C., 2 periodo in cui furono maggiormente diffuse in Occidente. Anfore bollate di questo tipo, attestate dalla prima metà del ii sec. a.C. nella necropoli ellenistica di Ancona, 3 sono stati recentemente rinvenute nell’area portuale della città di età romana corrispondente all’attuale lungomare Vanvitelli. 4 Queste anfore greco-orientali non risultano attestate solo lungo la fascia costiera, ma sin nelle aree più interne della regione : a Urbs Salvia, 5 Asculum 6 e Montalto. 7 Proprio la diffusione di questi contenitori ha indotto ad ipotizzare l’utilizzo di un ulteriore approdo a Sud di Ancona, identificabile forse nel Castellum Firmanorum o in Cupra Maritima. 8 Procedendo in ordine cronologico e tralasciando le anfore vinarie greco-italiche e greco-italiche tarde provenienti dalla fascia tirrenica meridionale rinvenute nella regio V ad Ancona, 9 Urbs Salvia, 10 Asculum, 11 per le quali non sono noti esemplari bollati nel Picenum, sono attestate in quantità cospicua le anfore Lamboglia 2, 12 adibite
1 Informazioni cursorie sui rinvenimenti anforici sono state fornite da De Tommaso (De Tommaso 2000, p. 41). Su anfore recanti graffiti e tituli picti : Marengo 2001, p. 44. Paci 2003, pp. 286-295. Marengo 2007, pp. 165-179. Sono grata alla Professoressa Silvia Marengo per avermi generosamente permesso di leggere il suo contributo in corso di stampa. Sui rinvenimenti di bolli su Lamboglia 2 : Forti, Paci 2008. 2 Marengo 2000, pp. 312-319. Forti 2006, p. 357-366 ; Capponi, Di Cintio, Forti, Giuliodori 2007, p. 413. 3 Bolli rodii provenienti da Ancona sono stati studiati da Federica Cordano : Cordano 1992-1993. Bolli rodii sono attestati a Sena Gallica (Stefanini 1994-1995, p. 43 n. 9). Sui rinvenimenti di bolli rodii nelle Marche : Mazzeo Saracino, Vergari 1997, pp. 153-156. 4 Marengo 2007, p. 167. 5 Forti 2006, p. 357 nota 3 con bibliografia. 6 Frammenti di anfore rodie furono rinvenuti nell’area di piazza Roma ; Gabrielli, Taccuini : 55 (1890), c. 78 v., dove sono riportati i disegni dei bolli ; Pasquinucci 1975, p. 100. Mazzeo Saracino, Vergari 1997, p. 154. I bolli rodii della collezione civica sono in corso di studio da parte di Silvia Marengo. Premessa, p. 15. 7 Un’ansa di anfora con bollo kpateyS è stata rinvenuta nel corso di ricognizioni eseguite nella contrada S. Maria degli Ossi. Cacciamani, Virgili 1993-1994, pp. 44, 67 n. 122. 8 Paci 2001a, pp. 79-81 ; Cristofari 2004², p. 76. 9 Né lo scavo della necropoli ellenistica di iv-iii sec. a.C. (Colivicchi 2002, p. 453), né gli scavi realizzati nell’area del porto romano hanno restituito anfore greco-italiche bollate : Marengo 2007, p. 167. 10 Capponi, Di Cintio, Forti, Giuliodori 2007, p. 413. 11 Esemplari di questo tipo sono stati rinvenuti nel corso degli scavi eseguiti nell’area del Palazzo dei Capitani del Popolo. Profumo, Quiri 1987. Un esemplare è esposto nella vetrina dei materiali romani esposti all’interno dell’edificio (scheda ra a cura della scrivente). 12 Questo tipo di contenitore è assai diffuso tra la fine del ii ed il i sec. a.C., se non in età augustea (Carre 2002, p. 76) quando in ambito adriatico subentra alla cosiddette greco-italiche ; presenta orlo a fascia, anse a sezione ovale, corpo da ovoidale a piriforme e lungo puntale. Le officine destinate alla realizzazione di questi contenitori erano localizzate lungo la costa occidentale e forse orientale dell’Adriatico : Mazzeo Saracino, Vergari 1997, p. 156 ; Bruno 2005, p. 369. Sui ritrovamenti di anfore Lamboglia 2 nel Picenum : Cristofori 2004², pp. 50-54.
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al trasporto del vino e prodotte prevalentemente in area medio e Nord-adriatica dalla fine del ii alla fine del i sec. a.C., se non fino in età augustea. Nel territorio piceno sono stati rinvenuti contenitori riferibili ai tipi principali di Lamboglia 2 distinti (Lamboglia 2/greco-italiche, Lamboglia 2 vere e proprie, Lamboglia 2/ Dressel 6A) ed alle fasi di transizione. 1 Impianti produttivi riferiti a questo tipo di contenitori sono stati individuati a Torre di Palme 2 e forse a Potenza Picena. 3 Nella regio IV nella valle del Tordino e in località Piomba di Silvi ; 4 una fornace per la produzione di anfore di questo tipo è stata localizzata a Cologna Marina. 5 Nel corso degli scavi condotti ad Ancona presso il lungomare Vanvitelli nell’area del porto romano sono stati riportati in luce circa 300 esemplari frammentari di anfore riferibili a questa tipologia di produzione adriatica. Nel complesso il corredo epigrafico noto ammonta a 47 bolli (una decina dei quali sono incompleti o incerti), 2 tituli picti ed un graffito. 6 Quest’ultimo, realizzato dopo la cottura con uno strumento appuntito su un’anfora di tipologia incerta compresa tra greco-italiche e Lamboglia 2, riveste particolare importanza in quanto risulta l’esempio più antico di scrittura commerciale proveniente da tali scavi ; l’iscrizione p( ) n( ) può essere interpretata come una abbreviazione onomastica. 7 A Cupra Maritima sono state rinvenute anfore Lamboglia 2 recanti i bolli baton, dama, epicad, feon, ap, maepa. 8 Dall’area prossima all’anfiteatro di Urbs Salvia proviene il bollo frammentario gent-, già attestato su Lamboglia 2 nelle forme genti o gentivs. 9 Alcune anfore cosiddette ‘ovoidali’, prodotte dalla fine del ii alla seconda metà del i sec. a.C., che si ritiene fossero destinate al trasporto dell’olio, recano impressi bolli ricorrenti su Lamboglia 2. 10 Il rinvenimento di alcuni puntali a bottone durante una ricognizione presso la fornace Cologna Marina, tra Giulianova e Roseto
1 Sui tipi principali di Lamboglia 2 : Cipriano 1994, pp. 205-207 fig. 2. 2 Su cui vedi supra, Premessa, p. 110. 3 Il rinvenimento di muri realizzati con spalle e pance di anfore identificate come Lamboglia 2 ha indotto ad ipotizzare l’esistenza di una fornace nelle vicinanze ; non si può escludere che la struttura producesse anche anfore di forma Dressel 6B, essendo stata rinvenuta anche una fossa le cui pareti erano costituite da colli di anfore Dressel 6B. Mercando 1979, pp. 281-296. Tchernia 1986, pp. 54-55 ; Carre 1989, p. 81 ; Mazzeo Saracino, Vergari 1997, p. 165. Cristofori 2004², p. 63. 4 Staffa 2003, p. 438 nota 9. 5 Delplace 1983, pp. 144-148 ; Carre 1989, p. 81 ; Mazzeo Saracino 1997, p. 151 ; Mazzeo Saracino, Vergari 1997, p. 165 ; Cristofari 2004², p. 51. 6 Paci 2003, p. 448 ; Marengo 2007, pp. 170-174 ; Forti, Paci 2008. 7 Marengo 2007, pp. 167-168 fig. 1. 8 Su dama, vedi Catalogo, n. 69 e iv.1.3 I bolli su anfore della collezione civica, p. 115. Il bollo baton ricorre anche su anfore brindisine (Palazzo, Silvestrini 2001, pp. 59 note 60, 65). Il bollo epicad in cartiglio rettangolare riferibile ad un Epicadus, ceramista stando al cognomen grecanico forse di condizione servile, è ben attestato nel Nord-Italia (Bruno 1995, p. 131). Il bollo feon non pare sia attestato altrove, diversamente da ap (Bruno 1995, pp. 122-123), probabile abbreviazione di un nome di origine greca (Apollon ? Apelles ?). Il bollo maepa era già pubblicato in cil ix 6078 108 tra le tegulae. Sui rinvenimenti da Cupra Marittima : Fortini 1998, pp. 44-45 ; 71-72. 9 Marengo 2002a, p. 34. 10 Bruno 2005, p. 370. Paci 2003, p. 288.
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degli Abruzzi, ha indotto ad ipotizzare la produzione di anfore di questa tipologia in area medio-adriatica. 1 Il passaggio dall’utilizzo delle Lamboglia 2 alle Dressel 6A avvenne tra la seconda metà del i sec. a.C. e l’inizio del ii sec. d.C. Su anfore Lamboglia 2 e Dressel 6A figurano i bolli degli Herennii, 2 gens attestata nel Picenum sin dalla Guerra Sociale, quando un Ti. Herennius 3 figurava a capo dei Picenti e dei Sabini durante la rivolta ; tale identificazione manca però di elementi che dimostrino l’esistenza di un legame tra il personaggio e il consul del 34 a.C. come, ad esempio, il diverso praenomen di M. Herennius 4 e del figlio M. Herennius Picens, 5 consul nel i d.C. e la circostanza che il gentilizio non trovi riscontro nell’epigrafia della regione. 6 A Montecantino, tra il territorio di Cupra Marittima e Montefiore sull’Aso in prossimità di una fornace sono stati riportati in luce banchi di anfore Dressel 6A con bollo t.h.b., pronte forse ad essere imbarcate nel vicino torrente Menocchia. 7 Nelle iniziali dei tria nomina è stato proposto di identificare il padre del T. Helvius Basila T. f. che in età giulio claudia si dedicò con successo all’attività politica. La suggestiva ipotesi è stata suffragata dal ritrovamento in Magdalensberg di un’anfora con bollo t.h.b. su cui era stata dipinta la data consolare del 38 d.C. 8 Una fornace per la produzione di anfore Dressel 6 annessa ad una villa romana, è stata identificata in località Badia di Corropoli. 9 Su una Dressel 6A proveniente da Cupra Marittima è impresso il bollo frammentario [q. nv]meri ; nel personaggio menzionato è stato proposto di identificare il Q. Numerius Rufus della tribù Velina che ricopri le cariche di tribuno della plebe e legato di Cesare, produttore di anfore e di laterizi. 10 Il bollo l. salvi ampiamente documentato in Italia settentrionale ad Aquileia, Verona, Ivrea, Padova, Modena, Pavia e Oderzo su anfore Lambogia 2, Dressel 6A e 6B, ma meno diffuso in area adriatica risulta ora attestato anche nel Picenum in seguito al rinvenimento in contrada Castagna, a Capodarco di Fermo di due frammenti bollati di Dressel 6A ; un altro frammento è stato rimesso in luce nel corso degli scavi condotti nell’area archeologica del tempio-criptoportico di Urbs Salvia. 11 Non si conoscono le origini di questi Salvii coinvolti nelle manifatture anforica e, forse, anche nella produzione del vino commercializzato nei propri contenitori ; al momento non pare possano essere legati alla gens Salvia di Urbs Salvia, i cui esponenti noti avevano praenomen Caius. 12 Dal territorio del co
1 Cipriano 1989, pp. 77-80. 2 Gasperini, Paci 1982, pp. 209-210, 220, 225. 3 Münzer 1921, col. 665. 4 Münzer 1921, coll. 664-665. Zaccaria 1989, p. 483. 5 Groag 1921, coll. 675-676 n. 34. 6 Gasperini, Paci 1982, p. 225 ; Menchelli, Pasquinucci 2002, p. 459-460. Cristofori 2004², pp. 58-60 . 7 Pare che la fornace sia stata saccheggiata e attualmente si conservino soltanto tracce delle strutture : Fortini 1993, pp. 91-92 ; 120-126, nn. 3-9 ; Fortini 1998, p. 41 nota 26. 8 Sul rinvenimento dell’esemplare dal Magdalensberg : Piccottini 1997. Carre, Pesavento Mattioli 2003, p. 271. Un esemplare con bollo t.h.b rinvenuto nel territorio di Urbs Salvia è stato pubblicato da Marengo : Marengo 2002a, p. 34 fig. 3. Cristofari 2004², pp. 57-58, con bibliografia. 9 Staffa 2003, p. 438 nota 9. 10 Fortini 1993, p. 92 ; Zaccaria 1989, p. 476 ; Zaccaria 2008, pp. 360-361. 11 Branchesi 2007, pp. 238-241. 12 Branchesi 2007, pp. 241-244.
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mune di Urbs Salvia proviene un collo di anfora Dressel 6A con bollo l.cor.h^er riferito a manifatture ritenute di proprietà della gens Cornelia. 1 Le anfore con collo ad imbuto prodotte dalla prima metà del i sec. d.C. sono ben attestate nel Piceno a Porto Recanati, Septempeda, Cupra Marittima. A Cupra Marittima il ritrovamento di un frammento di anfora con collo ad imbuto recante il bollo ivli pavlini, al momento non attestato altrove, ha indotto Patrizia Fortini ad ipotizzare che la produzione di questi contenitori fosse localizzata nel territorio. 2 Un anfora di questa tipologia con bollo lscrev è stato rinvenuta nel corso dello scavo dell’insediamento rurale di Porto Recanati. 3 Presso il Museo Civico di Ripatransone è conservata un anfora a fondo piatto, forse proveniente dal centro di Cupra Maritima, recante il bollo circolare m. arri. ili. ; il confronto con gli esemplari di questa tipologia rinvenuti a Porto Recanati ha indotto a ipotizzare che il contenitore sia di produzione locale. 4 Le importazioni nella regio V sono testimoniate da anfore vinarie Dressel 1 e Dressel 2-4 di produzione tirrenica e da contenitori africani riferibili alla media e tarda età imperiale. 5 Non sono numerosi i bolli noti riferibili ad anfore di questo tipo. Dal territorio di Urbisaglia provengono un’ansa di Dressel 2-4 recante un bollo anepigrafe in cartiglio rettangolare composto da tre punti allineati in rilievo 6 e un’ansa con bollo DK in cartiglio rettangolare forse riferibile ad una Dressel 1. 7 Pur essendo noto che le picenae olivae, particolarmente apprezzate e rinomate nell’antichità, erano oggetto di esportazione, non erano note attestazioni di anfore impiegate per il loro trasporto. 8 Il recente rinvenimento a Bliensbruck, nell’alta valle della Mosella, in contesto di iii sec. d.C. di un’olla recante l’iscrizione dipinta con il pennello Oliva/ Picena/ (..)ti ha permesso di conoscere la tipologia di questi contenitori, caratterizzati dall’orlo arrotondato e dal fondo piatto. 9 Alcuni frammenti riferibili a questi contenitori, pur non rientrando stricto sensu tra le anfore per motivi tipologici, sono stati rinvenuti durante le ricognizioni in corso nel territorio fermano ; le paste ceramiche delle olle sembrano simili a quelle delle anfore rinvenute in località Fosso S. Biagio. 10 Poiché, stando a quanto documentato, le
1 Il bollo è attestato anche su anfore Dressel 6B e conosce ampia diffusione in Italia settentrionale adriatica ed in Magdalensberg. Zaccaria 1989, p. 474. Marengo 2002a, p. 34 fig.4. 2 Fortini 1993, pp. 95, 128-130. Un bollo analogo impresso in fragmento vasis magni pavlin- è riportato nel cil ix (6082 61) ; come rileva Alessandro Cristofori, non si dispone di elementi che consentano di riferire il bollo nel cil alla stessa tipologia dell’anfora cuprense. Il bollo pavlini compare anche su una lucerna ritenuta di produzione locale : Fortini 1998, p. 50. Cristofori 2004², p. 66. 3 Mercando 1979, p. 266 n. 3 figg. 139b, 176-177. 4 Forti, Marengo 2003, pp. 280-287 ; Cristofari 2004², pp. 67-68. Sulle attestazioni della gens Arria nel Picenum, vedi Catalogo, n. 24. 5 Pasquinucci 2000, p. 356. 6 Marengo 2002a, p. 34 fig. 5. Non sono noti confronti per il bollo. 7 Marengo 2002a, p. 33 fig.1. 8 Dalle fonti si apprende che le olive erano trasportate in ceste (cistulae : Marz. 4, 46, 12), panieri di vimini (vimina : Marz. 4, 88, 7) e cadi (Marz. 1, 43, 8), contenitori ceramici di forma non standardizzata. Menchelli, Pasquinucci 2002, p. 462. Una raccolta delle fonti antiche sulle olive picene in : Paci 2005, p. 211. 9 Paci 2005, p. 211. 10 Cabella, Capelli, Menchelli, Pasquinucci, Piazza 2008, p. 390.
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olle sembrano scarsamente attestate nel territorio è stato ipotizzato che potessero essere realizzate appositamente per l’esportazione. 1
1. 3. I bolli su anfore della collezione civica Nel corso delle ricognizioni intraprese presso musei e raccolte sono stati individuati solo tre bolli su anfore Lamboglia 2 appartenenti alla collezione civica di Ascoli Piceno. Nell’elenco dei materiali della collezione Odoardi riportato nella lettera dell’erudito Rotelli figurano 11 anfore, 2 nessuna delle quali è sembrata identificabile con alcuno degli esemplari descritti nel catalogo in base al numero di inventario ottocentesco ; non si può escludere peraltro che nel computo delle ‘anfore’ della raccolta del vescovo fossero inclusi contenitori di ceramica comune. L’ansa di anfora Lamboglia 2, k 5428, con bollo retrogrado DAMA in cartiglio rettangolare riferibile a un Dama(s) trova confronto nella regio V nel frammento con bollo dama ipoteticamente riferito a Lamboglia 2 proveniente da Cupra Marittima 3. Il bollo è attestato su anfore Lamboglia 2 e brindisine ; queste ultime, destinate al commercio dell’olio e prodotte in area apula tra la fine del ii ed il i sec. a.C., risultano attestate in quantità inferiore rispetto alle altre tipologie anforarie diffuse nella regio V e nella regio VI a Suasa. 4 L’orlo d’anfora Lamboglia 2, k 5436, 5 reca impresso capovolto il bollo anti documentato su anfore Lamboglia 2 e brindisine. Una delle possibili integrazioni per il bollo frammentario […]r impresso su ansa di Lamboglia 2, k 5431, 6 potrebbe essere [l. ta]r. ; l’integrazione proposta riferirebbe il frammento a L. Tarius Rufus, produttore di anfore picene Lamboglia 2 e affini e, in seguito, di Dressel 6A, identificato con il console del 16 a.C. che impiegò una somma assai ingente ottenuta da Augusto agros in Piceno coemendo colondoque in gloriam. 7 In casi come questo, comunque, gli elementi di incertezza posti dalle integrazioni possibili sono numerosi. L’esiguo numero di bolli anforici rintracciati presso la collezione civica conferma alcuni dati già noti ricavati da rinvenimenti provenienti dal territorio piceno, senza purtroppo apportare elementi nuovi alla conoscenza della circolazione di questi contenitori e delle merci in essi contenute.
1 Cabella, Capelli, Menchelli, Pasquinucci, Piazza 2008, p. 390. 2 Appendice, La collezione Odoardi, p. 43. 3 Catalogo, n. 69. 4 Sulla morfologia : Silvestrini, Palazzo 2001, con bibliografia ; Carre, Pesavento Mattioli 2003, pp. 459-460. Sui rinvenimenti di Suasa : Mazzeo Saracino, Vergari 1997, pp. 156-166. Le anfore brindisine sono attestate in Italia, dall’area adriatica a quella tirrenica, in Albania, in Grecia, a Delo, nella Gallia Narbonese, in Africa, in particolare in Egitto. 5 Catalogo, n. 67. 6 Catalogo, n. 68. 7 Plin. nat. 18, 36-37. Su L. Tarius Rufus : Zaccaria 1989, p. 475, 478 ; Conta 1982, p. 302 nota 516 ; Pesavento Mattioli, Cipriano 1994, pp. 519-520 ; Andermahr 1998, pp. 445-446 ; Pasquinucci, Menchelli 2002, pp. 459-460 ; Cristofori 2004², pp. 52, 63.
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giovanna cicala Catalogo Anfore Collezione civica, Ascoli Piceno
67. Inv. k. 5436, i.c. 879, b.m. 5650. Dim : largh. orlo conservata cm 4.5 ; h. cm 7 ; sp. cm 1.6/2.9. H. lettere : cm 0.8/1.1. Orlo di anfora Lamboglia 2 recante impresso capovolto il bollo anti in cartiglio rettangolare con lettere in rilievo di varia grandezza. Corpo ceramico rosa (tra 7.5yr 7/4 e 7.5 yr 7/6) poroso, poco duro e depurato, granuloso al tatto. Datazione : fine ii/i sec. a.C. - inizio i a.C. Luogo di produzione : area basso e medio-adriatica. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : Il bollo ricorre su anfore brindisine e Lamboglia 2. Esemplari con bollo antioc sono stati rinvenuti nella regio V : a Falerone, nell’area del teatro fu rinvenuto il collo di un’anfora recante impresso bollo analogo. Il reperto entrò a far parte della collezione De Minicis, a Fermo : cil ix, 6080 3. A Cesano di Senigallia : Mercando 1979, p. 118 n. 3, figg. 30e, 31a ; p. 130 n. 1, figg. 31n, 38g. Callender n. 87 b-c. Desy 1989, n. 140. Palazzo, Silvestrini 2001, p. 79 fig. 16. Fotografia : 67. Rilievo : 67.
68. Inv. k 6181, b.m. 4706. Dim : sp. cm 2.80. Ansa di anfora recante impresso il bollo frammentario […]r in cartiglio rettangolare. Corpo ceramico rosa (tra 7.5yr 7/4 e 7.5 yr 8/4) duro con inclusi di chamotte. Datazione : ii a.C. - inizio i d.C. Luogo di produzione : in base all’osservazione del corpo ceramico, il frammento è riferibile ad area medio-adriatica. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Fotografia : 68. Rilievo : 68.
69. Inv. k 5428, b.m. 4704. Dim : sp. cm 2.84. Ansa di anfora Lamboglia 2 a sezione ovale recante impresso il bollo dama con andamento retrogrado in cartiglio rettangolare. Il bollo, riferibile ad un Dama(s), risulta attestato su anfore Lamboglia 2 e brindisine di tipo ii e vb. Corpo ceramico rosa (tra 5yr 8/4 e 5yr 7/6) assai duro e compatto. Leggere incrostazione calcaree in superficie. Datazione : fine ii/i sec. a.C. - inizio i a.C. Luogo di produzione : area medio-adriatica. Luogo di rinvenimento : Ascoli, piazza del mercato. Gabrielli, Taccuini : 59 (1894) c. 10 r.
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Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli annota sui Taccuini la notizia del rinvenimento e la correda con il disegno del bollo : Gabrielli, Taccuini : 59 (1894) c. 10 r. ; 7 (18931894) c. 23 r. ; Pasquinucci 1975, p. 89. Bibliografia di confronto : nella regio V un’ansa di anfora attribuita ipoteticamente a Lamboglia 2 con bollo dama è attestata a Cupra Maritima : Fortini 1993, p. 89 figg. 1 e 18. Bruno 1995, n. 30. Il bollo è attestato su anfore brindisine : Palazzo, Silvestrini 2001, pp. 81-82. Cipriano ha ipotizzato che lo stesso personaggio timbrasse sia Lamboglia 2, sia anfore brindisine : Cipriano 1994, p. 213 nota 48. Fotografia : 69. Rilievo : 69.
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giovanna cicala 2. Tappi di anfora 2. 1. Premessa
La letteratura sui tappi di anfora comprende quelli in calce o pozzolana – da denominare più propriamente copritappi, 1 dato che erano posti a chiusura dell’anfora e presupponevano un primo tappo di materiale organico inserito nel collo del recipiente –, i tappi in ceramica e quelli ricavati da altri materiali appositamente ritagliati (legno di botti, 2 sughero, 3 laterizi, anfore) o comunque utilizzati con questa funzione (pietre). 4 Pubblicati più spesso insieme ad altri materiali, i tappi di anfora sono divenuti negli ultimi anni oggetto di studi specifici ; sono state avanzate ipotesi sul significato di simboli e lettere che a volte decorano la superficie degli esemplari realizzati a stampo e costituiscono un settore del corredo epigrafico anforario ancora poco conosciuto. Negli anni Cinquanta del secolo scorso Fernand Benoit, tra i primi a rivolgere attenzione a questa classe di reperti, ipotizzò che le modalità di chiusura delle anfore potessero variare nel tempo e/o a seconda delle regioni. 5 Durante le ricognizioni sono stati individuati esclusivamente tappi in ceramica ; tuttavia può essere opportuno ricordare gli elementi di distinzione esistenti tra tappi e copritappi. I bolli sui copritappi in calce o pozzolana, difficilmente conservabili per la deteriorabilità del materiale su cui sono stati impressi, 6 erano realizzati al momento della chiusura del contenitore riempito, dunque iscrizioni e contrassegni presenti in essi sono da riferire alla fase dell’invaso e/o della vendita del prodotto trasportato. Nel maggio 1974, a Port-la-Galére, è stato rinvenuto il collo di un’anfora che conservava intatto il suo sistema di chiusura : un tappo di sughero recante al centro un buco, all’interno del quale sono state individuate fi bre, era incastrato in corrispondenza di un restringimento del collo dell’anfora, fissato da uno strato di terra e sigillato in superficie da una copertura in pozzolana. 7 Questo tipo di chiusura risulta frequentemente attestato in anfore di tipo Dressel 1, 8 Haltern 70 9 e Lamboglia 2, 10 per lo più adoperate come contenitori da vino per il quale sembra fosse preferito l’uso del tappo di sughero. 11 Lo studio condotto da Hesnard e Gianfrotta su copritappi riferibili ad anfore vinarie tirreniche di età tardo-repubblicana
1 Gianfrotta 1998. 2 Desbat 1991, fig. 5. 3 Anstett 1976, pp. 121-122. 4 Chinelli 1991 ; Chinelli 1994. 5 Benoit 1952, p. 275. 2008, . 6 Il numero più cospicuo di esemplari proviene dai carichi dei relitti. Il materiale adoperato per la realizzazione dei copritappi risulta difficilmente restaurabile. 7 È stato ipotizzato che le fi bre fossero pertinenti ad una corda, che avrebbe avuto il compito di agevolare il sollevamento del tappo, o ad pezzo di un tessuto che avrebbe impedito alla pozzolana di penetrare nel contenitore : Anstett 1976, p. 122. 8 Le anfore caricate sul relitto di Spargi erano chiuse sia con copritappi in pozzolana, sia con tappi in ceramica : Lamboglia 1958, p. 160, fig. 19 ; Formenti, Hesnard, Tchernia 1978, p. 96. Altri esempi : Benoit 1952. 9 Come sulle anfore del relitto Port-Vendres II : Colls, Etienne, Lequement, Liou, Mayet 1977, pp. 38-40 ; Formenti, Hesnard, Tchernia 1978, p. 96. 10 Peacock, Williams 1986, p. 50. 11 Formenti, Hesnard, Tchernia 1978, p. 96.
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ha permesso di individuare alcuni personaggi coinvolti a diverso titolo nel commercio marittimo o in quanto possessori delle navi (navicularii) su cui viaggiava il carico, come testimonia la loro menzione sulle ancore dei relitti su cui sono state rinvenute 1 e/o in quanto proprietari (mercatores) o negoziatori (negotiatores) del carico imbarcato sulle navi. 2 Alcuni dei personaggi menzionati sui copritappi, ricordati anche sui ceppi delle àncore verosimilmente in quanto proprietari delle navi, sono stati riconosciuti come appartenenti alla classe senatoria ; non sembra che ricoprissero questo ruolo schiavi o liberti 3 frequentemente attestati tra i mercatores. 4 Daniele Manacorda ha ipotizzato che fossero possibili relazioni tra i liberti menzionati sui copritappi in pozzolana e il dominus del fundus. 5 Come già evidenziato, le navi risultavano comprese nell’instrumentum fundi 6 e un rapporto commerciale di questo tipo tra il dominus e il liberto trova sostegno nelle fonti giuridiche più tarde e nella letteratura. 7 Una matrice in legno per copritappi d’anfora in calce o pozzolana è stata rinvenuta sul relitto carico di anfore Dressel 1 e Maña C1 individuato presso Cap Negret, Ibiza ; 8 altre due, verosimilmente provenienti da relitti, sono state recuperate nei porti di Fos 9 e di Monaco. 10 La presenza di matrici di questo genere sulle navi ha indotto a ritenere che il loro utilizzo avvenisse a bordo. 11 Gli scavi condotti nel 1990 al relitto Drammont C hanno permesso di individuare a bordo tracce di fabbricazione di tappi in sughero, un’evidenza a sostegno dell’ipotesi che la prassi di sigillare le anfore destinate al commercio marittimo rientrasse più tra le mansioni del personale di bordo che tra quelle dei vilici ; 12 è possibile che in certi casi il vino prodotto fosse trasportato in botti sino al luogo dell’imbarco e, al momento di caricare la nave, fosse trasferito nelle anfore dal personale di bordo sottoposto al mercator. Rita Chinelli ha distinto tre tipologie di tappi in ceramica : i tappi realizzati a stampo, a tornio 13 e ricavati da materiali appositamente ritagliati (per esempio,
1 Sul caso di Sex. Arrius, navicularius e mercator : Manacorda 1989, p. 37 ; Lilli 1998, p. 173. 2 Hesnard, Gianfrotta 1989. Manacorda, Panella 1993, p. 57. Manacorda 1993, p. 37. Tchernia 1993, p. 182. 3 Manacorda, Panella 1993, p. 57. Sulle attestazioni di nomi di liberti sui tappi in pozzolana : Hesnard, Gianfrotta 1989, passim ; Manacorda 1989, p. 460. 4 Manacorda, Panella 1993, p. 57. 5 Manacorda 1989, p. 461. 6 Dig. 33.7.12.1. Di Porto 1984, pp. 3241-3244 ; Manacorda 1985, p. 150 ; Manacorda 1989, p. 461 ; Di Porto 1984, pp. 3241-3244 ; Manacorda 1985, p. 150. 7 Dig. 40.9.10. Di Porto 1984, pp. 19-28 e 387-389. Manacorda 1989, p. 461 note 70 e 73. 8 La matrice reca l’iscrizione q verg scae/ l. l : Almagro, Vilar Sancho 1966 ; Hesnard, Gianfrotta 1989, pp. 397, 427-428 B 37 ; Taglietti 1994, p. 171 nota 31. 9 Hesnard, Gianfrotta 1989, p. 397 ; Taglietti 1994, p. 171 nota 31 ; Manacorda 1989, p. 460. 10 Hesnard, Gianfrotta 1989, p. 397 ; Benoit 1962, p. 173. 11 Hesnard, Gianfrotta 1989, p. 398. 12 Tchernia 1993, p. 183. 13 I coperchi realizzati a tornio sono facilmente riconoscibili per le linee concentriche del tornio, visibili sulla superficie superiore ed inferiore ; quest’ultima è spesso concava ed i margini del coperchio tendono ad essere leggermente svasati verso l’alto. La presa è modellata a mano in modo sommario. In genere non presentano rilievi, motivi decorativi o iscrizioni e le caratteristiche legate alla fattura rendono difficile proporre una classificazione e, di conseguenza, una datazione. Chinelli 1991, pp. 243-259.
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anfore, dolia e laterizi). 1 I tappi eseguiti a stampo, definiti da Benoit ‘a disco’, 2 sono caratterizzati dalla forma circolare piatta, dal margine diritto e dalla presa di forma regolare ; sono riferibili al periodo compreso tra il ii a.C. e il i sec. d.C. 3 e la prassi di contrassegnarli diviene progressivamente più rara in età imperiale, in modo coerente con la drastica contrazione dei bolli sulle anfore. 4 Diversamente dai copritappi in calce o pozzolana, i tappi in ceramica erano realizzati presso le figlinae del fondo ed eventuali contrassegni e iscrizioni impressi con gli stampi risalgono a questa fase del processo produttivo. 5 Segni o lettere posti sul tappo in ceramica sono stati considerati funzionali ad individuare il genere di derrate contenute, a semplificare operazioni contabili, 6 riferibili ora alla merce trasportata nell’anfora, ora al produttore del contenitore o del contenuto. La brevità delle iscrizioni conservate sui tappi, che spesso si limitano a lettere isolate o alla parte iniziale di alcuni cognomina, non permette di risalire all’identità dei personaggi coinvolti nel processo produttivo. Qualche elemento utile per risalire alla tipologia del contenitore a cui i tappi erano originariamente destinati può essere ricavato dal diametro del tappo in rapporto a quello del collo dell’anfora e dall’esame del corpo ceramico. Tuttavia la consuetudine al riutilizzo dei tappi in ceramica ha contribuito a renderne difficile l’inquadramento cronologico.
2. 2. Tappi e copritappi di anfora provenienti dalla regio V L’unico copritappo in pozzolana noto della regio V proviene da Giulianova, in territorio di Castrum Novum : nel tappo è menzionato C. Sornatus C(ai) f(ilius), 7 personaggio della tribù Velina. 8 Negli ultimi anni è stato pubblicato un cospicuo quantitativo di tappi in ceramica realizzati a stampo provenienti dalla regio V. Ai coperchi iscritti rimessi in luce durante gli scavi degli impianti produttivi individuati a San Benedetto del Tronto presso il torrente Ragnola, 9 a Porto Recanati 10 e a Potenza Picena 11 si sono aggiunti tappi in ceramica rinvenuti nel Piceno meridionale oggetto di studi
Chinelli 1994, pp. 243-259. Coperchi eseguiti al tornio sono stati rinvenuti in anfore di tipo Dressel 20 : Rodriguez Almeida 1984, pp. 170-171. 1 Chinelli 1991, pp. 243-259. Chinelli 1994, pp. 464-491. La classificazione proposta da Chinelli è stata adottata negli studi successivi : Lilli 1995 ; Lilli 1998 ; Wenedig 2001, pp. 439-440. 2 Benoit 1952, p. 279. 3 Chinelli 1994, p. 465. 4 Manacorda, Panella 1993, p. 57. 5 Wenedig 2001, p. 442. 6 de Tommaso 2001, p. 44. 7 c·sornati·c·f. cil ix 6080 21 ; Hesnard, Gianfrotta 1989, p. 425 B. 33 ; Manacorda 1989, p. 461. Sull’identificazione con un legato di Lucullo durante la guerra Mitridatica, vedi anche : Gasperini, Paci 1982, pp. 240-241 ; Cristofori 20042, pp. 52-54. 8 Nella regio VI, a Sassoferrato il 18 ottobre 1954 fu rinvenuto nei pressi delle mura cittadine, forse presso il tratto Nord-Ovest, un tappo in pozzolana del diam. di cm 11. Il coperchio reca impressa su ciascuna metà della circonferenza lo stesso testo : t.cerpini - t.cerpini ; al centro : pl ; h. lettere : 2.5 cm : Paci 1981, p. 459 n. 70 tav. xlvi, fig. 1. Mayer 2008, p. 227. 9 Mercando 1979, p. 174, fig. 87o ; p. 175 fig. 89e, l. 10 Mercando 1979, p. 201, fig. 117 l, m ; 206, fig. 119l ; p. 237 fig. 149aa ; p. 266 fig. 174r ; p. 268 fig. 179a. 11 Mercando 1979, p. 290 fig. 202r, s, t, v, x, y ; fig. 208q.
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specifici : sono stati pubblicati 138 tappi provenienti dal territorio di Cupra Maritima 1 ed altri 8 conservati presso l’Antiquarium di Fermo, 2 la cui provenienza non è nota.
2. 3. I tappi di anfora conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli e i musei del territorio Le ricognizioni presso i musei del territorio di Asculum hanno permesso di identificare 18 tappi di anfora : di questi, otto sono parte della collezione civica, cinque sono conservati presso il Museo Archeologico Comunale di Offida, 3 tre presso il Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama ed uno presso il deposito comunale di Folignano. Il corpo ceramico della maggior parte dei tappi individuati sembra riconducibile ad esame macroscopico a quello delle anfore adriatiche Lamboglia 2, Dressel 6A e 6B. Da questo differiscono i tappi nn. 70 e 71 4 della collezione civica rinvenuti ad Appignano del Tronto, in contrada Monte Calvo caratterizzati da corpo ceramico di colore verdastro con bollo aprod per il quale si propone lo scioglimento Ap(h)rod(isius). Un confronto potrebbe essere costituito dal bollo aprodis su anfora Lamboglia 2 proveniente dall’area del lungomare Vanvitelli di Ancona. Possibili corrispondenze tra iniziali, nomi o parte di essi impressi su tappi e personaggi omonimi menzionati nei bolli d’anfora sono state segnalate in diversi casi. Nella regio V l’iscrizione in rilievo apo su un coperchio d’anfora proveniente da Cupra Maritima è stata ricollegata ad un Apollon( ) attestato su anfore brindisine, Lamboglia 2 o Dressel 6A rinvenute anche nel territorio di Aquileia e di Padova. 5 Il caso ricordato può richiamarne altri : un tappo d’anfora conservato a Dertona reca impresso il bollo dama 6 attestato su anfore brindisine e Lamboglia 2 ; 7 un frammento di tappo di anfora 8 recante impressi due riquadri in rilievo con un grappolo d’uva e il monogramma b^a^r proveniente da Canosa potrebbe ricordare il Barbula che con C. Iulius Poly( ) bollava anfore picene. Il tappo d’anfora conservato presso il Museo Archeologico Comunale di Montalto reca impresse le lettere al forse interpretabili come la parte iniziale del grecanico Alexander ; bolli riferibili ad
1 Lilli 1998, pp. 171-244. 2 Lilli 1995, pp. 233-282. 3 Di questi tre (invv. c9, c10 e c11 = Catalogo, nn. 86, 87, 88) erano parte della collezione Allevi ; gli altri due tappi sono stati rinvenuti nel corso di ricognizioni condotte nel territorio di Offida dal locale archeoclub : Catalogo, nn. 84 e 85. 4 Poiché molti reperti di questa classe sono privi di numero di inventario è stato preferito indicarli nel testo con il numero di catalogo. 5 Fortini 1993, pp. 90-91. Cipriano 1992, p. 84 n. 53 tav. 4 ; Desy 1989, p. 172 nn. 120, 283, 183. La variante apolloni ricorre su anfore di Brindisi : Desy 1989, nn. 408, 409, 411, 412, 702, 964, 999 ; Pesavento, Mazzocchin 1992, pp. 176-177 n. 16. Un tappo di anfora recante l’iscrizione in rilievo apol, raffigurato nei disegni di Busato, fu rinvenuto a Padova nel corso degli scavi per la realizzazione della stazione ferroviaria. 6 Antico Gallina 1990, p. 211 n. 1. 7 Sulle attestazioni : Bruno 1995, pp. 127-128. Cipriano ha ipotizzato che lo stesso personaggio timbri sia Lamboglia 2, sia anfore brindisine : Cipriano 1994, p. 213 nota 48. Catalogo, n. 69. 8 Il tappo è conservato presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Bari : Morizio 1990, p. 68 instr. 39.
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un Alexander sono attestati su anfore Dressel 1 1 e Lamboglia 2. 2 Un atelier dove si producevano anche Dressel 1 con bollo alexsan^d è stato identificato in Lazio, a Torre S. Anastasia, 3 nella piana di Fondi dove in età romana erano prodotti il Caecubum e il Fundanum, vini rinomati. 4 Anfore riferibili a questo produttore raggiunsero l’ager Truentinus, come pare testimoniare anche l’ansa con bollo a^lex proveniente da Tortoreto, parte della collezione civica. 5 Tuttavia in questo e negli altri esempi ricordati in cui il cognomen, parte di esso o le iniziali di duo o tria nomina impressi su un tappo d’anfora coincidono con i nomi di personaggi attestati nei bolli delle anfore mancano elementi sufficienti che consentano di attribuirli ad un medesimo personaggio. In questo caso, per esempio, non si può escludere che ‘a’ ed ‘l’ corrispondano alle iniziali del praenomen e del nomen del produttore o di un personaggio addetto a qualche forma di controllo nell’ambito del processo produttivo. A tale proposito riveste particolare interesse il rinvenimento in Magdalensberg di un cospicuo quantitativo di anfore di diverso tipo e provenienza riferibili a tarda età tiberiana con i tappi in ceramica ancora sigillati. Alcune anfore Dressel 6B riferibili a C. Laekanius Bassus recavano coperchi in ceramica realizzati a stampo nei quali erano impresse le lettere ptc 6 dimostrando che, in questo caso, le iniziali dei tria nomina impresse sui tappi non corrispondevano a quelle del personaggio menzionato nei bolli sulle anfore. I tappi nn. 74 e 86 del catalogo recano impresse lettere isolate secondo un uso frequentemente attestato che trova confronti anche ad Aquileia 7 e Suasa. 8 Ancora meno purtroppo si ricava dagli altri tappi individuati nel corso delle ricognizioni che recano impressi motivi decorativi e segni pseudoepigrafici.
1 Una tavola con la posizione del bollo rispetto ai diversi tipi di Dressel 1 (A, B e C) è stata pubblicata da Guyon (Guyon 2004, p. 146 fig. 1). Dressel 1 con bollo alexsan^d sono state rinvenute nel relitto di Madrague de Giens : Hesnard 1978, pp. 37, 40, pl. 15. 2 Su Lamboglia 2 è attestata la variante del bollo alex. Bruno 1995, pp. 162-163. Tituli picti in cui si menzionano i due vini sono attestati a Roma su anfore Dressel 1 : cil xv, rispettivamente 4545 4546, 4550 e 4567, 4569. Hesnard, Lemoine 1981, p. 254. 3 Durante la ricognizione di superficie sono stati identificati frammenti pertinenti a ceramica comune, anfore di tipo greco-italico e Dressel 2-4. Hesnard, Lemoine 1981, pp. 245-246, 254, figg. 9 e 10. 4 Sul vino Caecubum e sul Fundanum : Tchernia 1986, pp. 275-276. 5 Inv. b.m. 3158 ; cil ix 6388b 1. Vedi anche : Allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen in data 3 maggio 1883. apbc, Carte Gabrielli ; Laffi 1982, p. 122. 6 Schindler-Kaudelka 2000, pp. 302 ; Wenedig 2001, p. 442. 7 Chinelli 1994, pp. 467-468, ac i 5 e ac i 6. Catalogo, n. 81. 8 Mazzeo Saracino, Vergari 1997, p. 163 nn. 29-30.
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Catalogo Tappi di anfora Collezione civica, Ascoli Piceno
70. Inv. k 6172, b.m. 3319. Dim : diam. cm 8.5/8 ; sp. cm 2.8/1.5. H. presa : cm. 0.4/0.5. Il tappo reca disposte intorno alla presa centrale appena distinta le lettere in rilievo aprod per le quali si propone lo scioglimento Ap(h)rod(isius). Corpo ceramico grigio chiaro (2.5y 7/2) polveroso al tatto con minuti inclusi. Datazione : In base alla datazione proposta da Chinelli (Chinelli 1994, p. 465) per i tappi a stampo, ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Appignano del Tronto, contrada Montecalvo, fondo Ciucci. Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) c. 25 v. - 26 r. ; 48 bis (1883) cc. 64 v. ; Gabrielli, Quaderni : 6, c. 23 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli annotò nei Taccuini la provenienza del reperto, corredandola con il disegno ed il numero di inventario. Gabrielli, Taccuini : 47 (1881) cc. 25 v. - 26 r. È riferibile a questo tappo (o al n. 71 del Catalogo) l’annotazione nel Taccuino 48bis, in cui Gabrielli fornisce una trascrizione del bollo. Gabrielli, Taccuini : 48 bis (1883) c. 64 v. Un altro disegno grande al vero riferibile ai tappi di Appignano si trova nel Quaderno 6 : Gabrielli, Quaderni : 6, c. 23 r. Conta 1982, p. 215 n. 133. Bibliografia di confronto : un bollo aprodis su anfora Lamboglia 2 è stato rinvenuto nel corso degli scavi eseguiti ad Ancona presso il lungomare Vanvitelli : Marengo 2007, p. 171 ; Forti, Paci 2008, pp. 320-321. Fotografia : 70. Rilievo : 70.
71. Inv. k 6173, b.m. 3320. Dim : diam. cm 8.2/8.5 ; sp. cm 2.5/1.4. H. presa : cm. 0.5. Il tappo conserva cinque lettere in rilievo disposte intorno alla presa centrale : aprod. Vedi Catalogo, n. 70. Corpo ceramico grigio chiaro (2.5y 7/2) polveroso al tatto, con minuti inclusi. Luogo di rinvenimento : Appignano del Tronto, contrada Montecalvo. Datazione, luogo di produzione, bibliografia relativa al rinvenimento e bibliografia di confronto : Catalogo, n. 70. Fotografia : 71. Rilievo : 71.
72. Inv. k 6168, b.m. 4081. Dim : diam. cm 7.6/8.2 ; spess. cm 2.1/1.7. H. presa : cm 1.2. Il tappo di forma non perfettamente circolare presenta una presa di forma quadrangolare di modesta altezza e un’ampia frattura lungo il bordo. In superficie reca impresso un segno curvilineo in rilievo, il cui andamento ricorda la lettera m.
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Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) polveroso e compatto con piccoli inclusi. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Teramo. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : in corso di stampa è stato appurato che il reperto non è proveniente dall’ager Asculanus. Nei Taccuini di Gabrielli, infatti, si trova un’annotazione corredata con il disegno del tappo e il numero di inventario b.m. : « Marche su tegoli, anfore e dolium comprate a Teramo ». Gabrielli, Taccuini : 48 (1882) 21 r. Fotografia : 72. Rilievo : 72.
73. Inv. k 6171, b.m. 4082. Dim : diam. cm 9.5/9 ; sp. cm 2.1/1.5. H. presa : cm 0.8. Il tappo presenta lungo il margine un sottile cordolo in rilievo e due segmenti curvilinei che si dipartono dalla presa. La presa di modeste dimensioni è scheggiata. Lungo il margine sono visibili tracce di ‘sbavature’ di argilla. Corpo ceramico rosa (5yr 8/4) polveroso e compatto, con piccoli e grandi inclusi di chamotte e minuti inclusi micacei. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Teramo. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : vedi Catalogo, n. 72. Gabrielli, Taccuini : 48 (1882) 21 r., dove si trova il disegno del reperto e il numero di inventario b.m. Fotografia : 73. Rilievo : 73.
74. Inv. k 6169. Dim : diam. cm 10.4/9.8 ; sp. cm 1.3/1.9. H. presa : cm 1.7. Il tappo presenta il margine arrotondato e la superficie superiore ed inferiore lisciata. Presenta una piccola scheggiatura lungo il bordo. È caratterizzato da un motivo decorativo in rilievo a linea spezzata continua che corre lungo il margine e all’interno del cerchio in rilievo intorno alla presa. Corpo ceramico tra il rosso e il beige (tra 5yr 5/4 e 5yr 8/4) polveroso e compatto con frequenti minuti inclusi di mica e sabbia. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : Bocchio 1991, p. 290 n. 308, tav. cxxv. Fotografia : 74. Rilievo : 74.
75. Inv. k 6170, b.m. 4080. Dim : diam. cm 10.4/11 ; sp. cm 2.2/2.5. H. presa : cm 0.8. Il tappo reca intorno alla presa una decorazione in rilievo con segni disomogenei per forma e altezza. La presa è di altezza assai modesta. Presenta scheggiature lungo il bordo e sulla superficie inferiore.
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Corpo ceramico beige (tra 10yr 8/3 e 10yr 7/3) compatto e polveroso con rari, piccoli inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Teramo. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : vedi Catalogo, n. 72. Gabrielli, Taccuini : 48 (1882) 21 r., dove si trova il disegno del reperto e il numero di inventario b.m. Fotografia : 75. Rilievo : 75.
76. Inv. k 6174, b.m. 3784. Dim : diam. cm 9/9.7 ; sp. cm 2.1/1.4. H. presa : cm 1.3. Il tappo è decorato con una serie di cinque segmenti curvilinei di dimensioni variabili disposti intorno alla presa centrale. Presenta frequenti scheggiature sulla superficie inferiore ed una piccola frattura lungo il margine. Presenta lungo il margine tracce di ‘sbavature’ di argilla. Corpo ceramico beige rosato (7.5yr 7/4) compatto e polveroso con piccoli e radi inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : nella regio V un tappo analogo è stato rinvenuto a Cupra Marittima, in località la Civita ed è conservato presso il museo civico (Lilli 1998, p. 211 ac i 94, tav. 10). Un esemplare rinvenuto a Milano durante gli scavi del terzo ramo della metropolitana è stato riferito in base alla stratigrafia (rg, us 114, iia) ad età augustea (Bocchio 1991, p. 290 n. 309, tav. cxxv). Fotografia : 76. Rilievo : 76.
77. Inv. k 6175. Dim : diam. cm 9.4 ; sp. cm 2.7/1.8. H. presa : cm 0.5/0.4. Il tappo è decorato con quattro segmenti curvilinei in rilievo disposti in modo speculare intorno alla presa centrale. Sulla superficie inferiore non lisciata si conserva la traccia delle impronte del vasaio. Presenta fratture lungo il bordo ed una piccola scheggiatura sulla presa. Presenta lungo il margine tracce di ‘sbavature’ di argilla. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) duro e compatto. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : un esemplare con motivo decorativo analogo è conservato presso il museo di Cupra Marittima. Lilli 1998, p. 211, tav. 10 ac i 94. Bocchio 1991, p. 290 n. 309, tav. cxxv. Fotografia : 77. Rilievo : 77.
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giovanna cicala Museo Archeologico Nazionale di Ancona
78. senza inv. Dim. diam. cm 8.3 ; sp. cm 1/ 1.6. H. presa : cm 1.1. Esemplare frammentario. Presenta una piccola presa di forma quadrangolare. In superficie reca impressi un quadrato, un segno a croce (+ o x) ed uno simile ad una ‘l’ capovolta. Corpo ceramico beige tendente al giallo (2.5y 8/4) duro, abbastanza compatto, poco depurato, ruvido al tatto per la presenza di piccoli inclusi. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Ascoli, porta Romana. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : il tappo è stato rinvenuto ad Ascoli Piceno durante gli scavi eseguiti nel 1921 a circa 140 m da porta Romana. Sugli scavi : Pasquinucci 1975, p. 112. Fotografia : 78.
Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama
79. senza inv. Dim : diam. cm 9.2 ; sp. cm 1.7. H. presa : cm 1. Il tappo conserva una ‘v’ in rilievo. Corpo ceramico (5yr 8/2) con piccoli inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Chinelli 1994, p. 465. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : un esemplare analogo è stato rinvenuto a Milano, nel corso degli scavi per la linea 3 della metropolitana (Bocchio 1991, p. 290 n. 322, tav. cxxv). Fotografia : 79. Rilievo : 79.
80. senza inv. Dim : diam. cm 8.8 ; sp. cm 2. H. presa : cm 1. Il tappo reca un motivo decorativo in rilievo interpretato come una schematizzazione di tridenti (Conta 1982, infra). Corpo ceramico beige rosato (7.5yr 8/2) poroso, poco duro e polveroso al tatto con piccoli inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Monsampolo. Bibliografia relativa al riferimento : Conta 1982, p. 242 n. 207 fig. 211, 12. Fotografia : 80. Rilievo : 80.
reperti anforici
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81. senza inv. Dim : diam. cm 9.2 ; sp. cm 1.9. H. presa : cm 0.8. Il tappo presenta una serie di segmenti in rilievo che si dipartono perpendicolarmente dalla presa di forma circolare ; ciascuno di essi si suddivide in tre in prossimità del margine del disco. Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 8/1) poco duro, polveroso al tatto con inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Force, S. Salvatore. Inedito. Bibliografia di confronto : Un esemplare con motivo decorativo analogo è stato rinvenuto durante gli scavi condotti nel 1992 a Cupra Marittima, in località la Civita (Lilli 1998, p. 207 ac i 77, tav. 7). Sono noti tappi con tale motivo decorativo provenienti da recuperi subacquei : De Juliis 1982, p. 96 fig. 13 t.s. 11 ; Volpe 1989, p. 557 fig. 2.7. Fotografia : 81. Rilievo : 81.
Deposito comunale di Folignano
82. senza inv. Dim : diam. cm 9.7 ; sp. cm 1.7. H. presa : cm 0.5. Il tappo reca un motivo decorativo in rilievo formato da due segmenti che si dipartono in modo ortogonale dalla presa, uno dei quali non raggiunge il bordo esterno del disco ; da un terzo segmento radiale si origina una serie di segmenti obliqui rispetto ad esso. Corpo ceramico rosa (5yr 8/4) poroso, poco duro, polveroso al tatto con piccoli inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Folignano, piagge S. Marco. Inedito. Fotografia : 82. Rilievo : 82.
Museo Archeologico Comunale di Montalto Marche
83. Inv. 9. Dim : diam. cm 9.7 ; sp. cm 1.9. H. presa : cm 1.2. Tappo d’anfora con presa di forma quadrata. Lungo il bordo sono impresse le lettere al in rilievo. Corpo ceramico rosa (5yr 8/2), duro, compatto e con piccoli inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Montalto Marche, contrada Maliscia (o Vellitria o Caprisia), in prossimità dei resti della chiesa di S. Salvatore e delle proprietà Cocci e Angelici. In questa zona nel 1977 l’Archeoclub di Montalto ha identificato un sito, denominato zona A, a d.
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della strada comunale che dalla provinciale della val Menocchia si dirige verso contrada Maliscia. Durante la ricognizione sono stati anche raccolti frammenti pertinenti a : laterizi e dolia ; un’antefissa figurata ; una macina di granito ; vetri ; ceramica a vernice nera tra cui i frammenti nn. 87 e 90 ricordati nel catalogo : Catalogo, n. 9. Bibliografia relativa al rinvenimento : Cacciamani, Vergili 1993-1994, pp. 10 ; 70-74, scheda 13/r. Gianfranco Paci ha di recente ripubblicato il tappo d’anfora nel contributo Documenti epigrafici dal territorio compreso tra le alte valli del Tesino e dell’Aso : Paci 2008, p. 734 fig. 5. Bibliografia di confronto : bolli riferibili ad un Alexander sono attestati su anfore Dressel 1 (Guyon 2004, p. 146 fig. 1 ; Hesnard 1978, pp. 37, 40) e Lamboglia 2 (Bruno 1995, pp. 162-163). Un atelier dove si producevano anche Dressel 1 con bollo alexsan^d è stato identificato in Lazio, a Torre S. Anastasia (Hesnard, Lemoine 1981, pp. 245-246, 254, figg. 9 e 10) nella piana di Fondi, dove in età romana erano prodotti vini famosi, il Caecubum e il Fundanum. Sul vino Caecubum e sul Fundanum : Tchernia 1986, pp. 275-276. Tituli picti, in cui si menzionano i due vini sono attestati a Roma su anfore Dressel I : cil xv rispettivamente 4545 4546, 4550 e 4567, 4569. Hesnard, Lemoine 1981, p. 254. Nella collezione civica è presente un’ansa con bollo a^lex proveniente da Tortoreto (ager Truentinus) : cil ix 6388b 1. Allegato alla lettera inviata da Gabrielli a Mommsen il 3 maggio 1883 : apbc, Carte Gabrielli ; Laffi 1982, p. 122. Fotografia : 83. Rilievo : 83.
Museo Archeologico Comunale, Offida
I due tappi, di cui si fornisce di seguito descrizione, sono attualmente esposti nel Museo Archeologico Comunale di Offida, nella vetrina dei materiali romani con gli esemplari della collezione Allevi. 84. senza inv. Dim : diam. cm 9 ; sp. cm 2.1. H. presa cm 0.5. Il tappo presenta due segmenti in rilievo che si dipartono dalla presa in corrispondenza del diametro del coperchio. Corpo ceramico bianco (2.5y 8/2) duro e granuloso. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Inedito. Bibliografia di confronto : Questo motivo decorativo ricorre di frequente. Esemplari analoghi sono stati rinvenuti durante gli scavi realizzati nell’area Est del foro di Aquileia (Chinelli 1991, p. 248 ac i 4, tav. 44, inv. 295024 ; Chinelli 1994, p. 466, ac i 4, tav. 73 : invv. 287166 e 280907) ; a Udine, nel corso dello scavo dell’ambiente 8 della villa rustica di Joannis, inv. 106.36 (Strazzulla Rusconi 1979, col. 76 b2) ; a Milano, durante gli scavi del terzo ramo della metropolitana, in uno strato datato dall’85 al 120 d.C. (Bocchio 1991, 4, tav. cxxv, n. 319). Chinelli segnala il rinvenimento di 19 esemplari con questo motivo decorativo a Sevegliano ed altri esemplari inediti provenienti dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto : Chinelli 1994, ibidem. In Magdalensberg : Zabehlicky-Scheffenegger, Schindler-Kaudelka 1980, p. 197. Beltràn Lloris 1970, p. 84, fig. 32. Nella regio V esemplari analoghi sono stati rinvenuti a Cesano di Senigallia, Ancona, nella vasca
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3 del vano 1 di un insediamento rurale scavato nel 1967 (Mercando 1979, pp. 122-123 n. 2 fig. 32d) ; a Cupra Marittima in località Civita (Lilli 1998, pp. 177-178, 196, ac i 28 tav. 2). Fotografia : 84. Rilievo : 84.
85. senza inv. Dim : diam. cm 9.1 ; sp. cm 1.9. H. presa cm 1.3. Il tappo presenta sette segmenti che si dipartono radialmente dalla presa allargandosi verso le estremità. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/6 e 5yr 6/6) duro con frequenti piccoli inclusi. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Inedito. Bibliografia di confronto : un esemplare con motivo decorativo analogo proveniente da Cupra Marittima, località Civita è conservato presso il museo civico del territorio : Lilli 1998, p. 204 tav. 7 ac i 65 ; Percossi Serenelli 2002, p. 44 fig. 64. Un altro esemplare è stato rinvenuto in Magdalensberg : Wenedig 2001, p. 449 n. 47 t. 3. Fotografia : 85. Rilievo : 85.
Collezione Allevi, Offida 86. Inv. c11. Dim : diam. cm 9.6 ; sp. cm 1.2. H. presa cm 0.9. Il tappo conserva motivo a ‘v’ sulla superficie superiore. Frequenti scheggiature sulla superficie superiore. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/6 e 5yr 7/8) poroso, poco duro e polveroso al tatto. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 178 tav. 83, 3. Bibliografia di confronto : Lettere isolate ricorrono frequentemente sui coperchi d’anfora. Esemplari recanti impressa la lettera v sono attestati a Rivigliano e in Friuli Venezia Giulia (Chinelli 1994, pp. 467, 468 ac i 5 e ac i 6) e a Cartagena in Spagna (Beltran Lloris 1970, p. 84 fig. 32). Fotografia : 86. Rilievo : 86.
87. Inv. c9. Dim : diam. cm 8.1 ; sp. cm 1.8. H. presa : cm 0.6. Il tappo presenta due segmenti in rilievo che si dipartono perpendicolarmente dalla presa di forma rettangolare. La superficie superiore presenta abrasioni. Corpo ceramico beige rosato (10yr 8/4) poroso, granuloso e polveroso al tatto. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile.
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Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 178 tav. 83, 3. Bibliografia di confronto : Catalogo, n. 84. Fotografia : 87. Rilievo : 87.
88. Inv. c10. Dim : diam. cm 8.2 ; sp. cm 1.3. H. presa : cm 1.4. Il tappo presenta quattro segmenti in rilievo che si dipartono perpendicolarmente dalla presa, dividendo la superficie in quattro parti. Corpo ceramico beige rosato (tra 10 yr 7/2 e 10 yr 8/3) con grandi inclusi di chamotte. Datazione : ii sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 178 tav. 83, 3. Bibliografia di confronto : esemplari analoghi sono stati rinvenuti a Cupra Marittima, in località Civita (Lilli 1998, pp. 178, 197 ac i 33, tav. 2) e in Magdalensberg (Wenedig 2001, p. 448 n. 31 tav. 2). Fotografia : 88. Rilievo : 88.
V BOLLI E GR A FFITI SU CER A MICHE COMUNI 1. Premessa
S
olo di recente le ceramiche di uso comune hanno attratto l’interesse degli studiosi che hanno riconosciuto le implicazioni storico-economiche di questo tipo di vasellame, importante indicatore culturale delle abitudini alimentari e socio-culturali antiche. Per queste produzioni non è stata ancora elaborata una definizione univoca ; 1 la definizione ‘ceramica comune’ ha incluso in questa classe ceramica di volta in volta e in base ai diversi criteri adottati dagli studiosi materiali destinati a diverse funzioni (ceramica da mensa e/o da cucina) e riferibili ad aree geografiche ed ambiti cronologici differenti. 2 La funzionalità di alcune forme e la continuità d’uso ha molto influito sulla durata della produzione, determinando un conservatorismo nel repertorio morfologico di questa classe ceramica che, in assenza di sicuri riferimenti stratigrafici e cronologici, presenta rilevanti difficoltà di datazione. 3
2. Ceramiche comuni che imitano la sigillata africana (fine ii/iv-vii d.C.) In età tardo-antica nelle regioni italiane le produzioni ceramiche di uso comune di fabbricazione locale si affiancarono a produzioni importate, in modo più rilevante e diffuso di quanto non fosse avvenuto nella media età imperiale. Alcune produzioni locali imitarono il repertorio morfologico della terra sigillata africana, dalla quale mediarono in particolar modo alcune forme aperte e, di frequente, la copertura di colore rosso, anche se non mancano esemplari privi di rivestimento esterno, talvolta rifiniti a stecca. L’esame di queste particolari ceramiche di produzione locale o regionale ha evidenziato che tali esemplari non riproducono anche le caratteristiche tecniche della ceramica africana ; tale elemento ha indotto ad ipotizzare che il fenomeno d’imitazione non sia stato innescato da ceramisti itineranti, quanto piuttosto dalla diffusione della terra sigillata africana, divenuta così rilevante da influenzare le manifatture locali inducendole ad immettere sul mercato prodotti di imitazione a prezzi sicuramente più accessibili degli originali. 4 In Abruzzo le imitazioni delle terre sigillate africane si diffusero sin dal ii sec. d.C., stando alle attestazioni ceramiche provenienti dagli altipiani Maggiori
1 Olcese 2003, p. 9 nota 11 ; Mazzeo Saracino 1991, p. 70. 2 Olcese 2003, p. 9 ; Mazzeo Saracino 1991, p. 70. 3 Della Porta, Sfredda, Tassinari 1999, p. 134. 4 Fontana 1998, pp. 83-84.
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giovanna cicala
d’Abruzzo e dalla valle del Vomano ; 1 nelle Marche, a Suasa, le prime attestazioni risalgono a poco tempo dopo (ii-iii sec. d.C.). 2 Queste ceramiche di imitazione divennero più diffuse a partire dal iv sec. d.C. quando furono realizzate scodelle con orlo rientrante assimilabili alla forma 61 Hayes 3 e progressivamente più varie, imitando il repertorio della ceramica africana del v e del vi sec. d.C. Dalla seconda metà del v sec. d.C. in seguito alle invasioni vandale le importazioni africane registrarono in alcune località italiane una flessione ; forse, in seguito, da questa contingenza lo sviluppo delle produzioni locali da mensa e in particolare delle imitazioni di africana trasse giovamento ; inoltre come rilevato da Fontana, le produzioni locali erano favorite nella distribuzione nel territorio rispetto alle importazioni che dai centri costieri giungevano verso l’interno attraverso altri mercati o centri di redistribuizione. 4 Le produzioni locali erano rivolte in particolare alla realizzazione di forme da mensa profonde destinate al consumo di cibi semiliquidi, mentre le forme aperte risultano quasi assenti, scelta determinata dalla circostanza che questo vasellame a basso costo veniva incontro all’imponente richiesta dei ceti meno abbienti che si alimentava principalmente con la puls. 5 La produzione era affidata a svariate manifatture che distribuivano il vasellame in ambito locale o regionale. 6 In Italia questi ritrovamenti di ceramica comune da mensa costituiscono una testimonianza rilevante della vitalità delle aziende rurali, evidentemente in grado di produrre un surplus da dedicare al mercato. 7 Le ceramiche di imitazione prodotte in ambito locale o regionale, destinate a rifornire i grandi complessi rurali non sono solo sostitutive del vasellame africano, ma costituiscono soprattutto una testimonianza della vitalità della piccola produzione e della distribuzione ad essa relativa. Nell’area costiera dell’Abruzzo, nella val Pescara e del Salto, dove sono state rinvenute ceramiche di uso comune di imitazione, le importazioni di ceramica africana sono ancora documentate sino alla metà del vi sec. d.C. e cessano intorno al vii secolo, contemporaneamente alle produzioni locali. 8 Alcune forme in terra sigillata africana, come certi piatti da portata (sia per carne sia per pesce) derivati da prototipi metallici, continuarono ad essere ricercate, essendo divenute probabilmente distintive di determinati consumi : è questo il caso di un piatto di forma Hayes 105 rinvenuto nella tomba 90 della necropoli longobarda di Castel Trosino. 9 Le ceramiche rinvenute a Suasa, sono oggetto di un programma di ricerca in corso che prevede l’utilizzo di analisi archeometriche, i cui risultati potranno
1 Staffa 1998, p. 474 nota 130. Ringrazio il Dott. Andrea Rosario Staffa per la grande disponibilità dimostratami. 2 Biondani 2004, p. 77. 3 Tra il iv e l’inizio del v sec. d.C. i prodotti di imitazione della terra sigillata africana divengono più comuni nella regio VI a Suasa, dove sono attestate le forme Hayes 61, Hayes 67 e fondi con decorazioni a stampo analoghe a quelle degli esemplari africani : Biondani 2004, pp. 79-80 nota 31. 4 Fontana 1998, p. 96. 5 Fontana 1998, p. 96. Hug 1959, col. 1971. 6 Fontana 1998, p. 89. 7 Small, Freed 1986, p. 126. 8 Fontana 1998, p. 91. Staffa 1998, pp. 445 e 474. 9 Fontana 1998, p. 96, nota 55 ; Biondani 2004, p. 81.
bolli e graffiti su ceramiche comuni
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fornire indicazioni sulla provenienza del vasellame di uso comune nella regione. 1
3. Ceramiche comuni da mensa e da dispensa (v-vi d.C.) Questo tipo di ceramiche di uso comune erano frequentemente fabbricate con argille di cui si poteva facilmente disporre e presentano nel bacino del Mediterraneo un repertorio morfologico comune. Le forme più frequenti, attestate sin dalla tarda età repubblicana, sono olpai, olle, brocche e mortaria. Analisi condotte su materiali di area romano-laziale hanno permesso di conoscere alcune caratteristiche tecniche di questi manufatti, realizzati prevalentemente con argille calcaree e cotti in atmosfera ossidante. 2
4. Le ceramiche comuni provenienti dalla regio V Nella regio V la ceramica comune risulta ampiamente attestata in contesti abitativi, 3 produttivi 4e tombali, 5 ma non è stata sinora oggetto di studi specifici ; i contributi pubblicati hanno documentato le forme del vasellame senza procedere ad una classificazione tipologica, creando la conseguente difficoltà ad istituire confronti con i materiali editi provenienti da ambito marchigiano. 6 Inoltre, l’individuazione di centri in cui si produceva la ceramica di uso comune risulta ancora problematica, data l’assenza di rinvenimenti di fornaci dedicate alla realizzazione di questi manufatti. Le officine antiche dovettero comunque sicuramente giovarsi della presenza di legname e della vicinanza di corsi d’acqua e vie di comunicazione. Un contributo importante in questa direzione potrà provenire dalle indagini archeometriche in grado di fornire indicazioni sui luoghi della materia prima adoperata, favorire l’individuazione di gruppi di produzioni aventi la stessa o diversa origine, ed indicarne la provenienza. 7 Il riesame della ceramica comune conservata presso magazzini e depositi per individuare e distinguere alcuni gruppi di produzione potrebbe essere integrato con campagne di ricognizioni nella regio V, volte sia al recupero dei materiali sia alla realizzazioni di prospezioni basate su analisi chimiche e minero-petrografiche di campioni di argille prelevati.
1 Sulla presenza a Suasa di produzioni locali che imitano le terre sigillate : Biondani, Mazzeo Saracino, Semprini 1994. Al momento è stato pubblicato uno studio tipologico e archeometrico su una produzione di ceramica da cucina. Mazzeo Saracino, Morandi, Nannetti, Vergari 1997. 2 Olcese 2003, pp. 34-35. 3 Mercando 1971 ; Mercando 1971a. 4 Presso gli insediamenti rurali rimessi in luce a Porto Recanati, S. Benedetto del Tronto, Castelfidardo, Cone di Arcevia e l’impianto produttivo di Monte Torto di Osimo : rispettivamente Mercando 1979 ; Giuliodori 2001a, p. 72 note 3 e 4. 5 Mercando 1965 ; Mercando 1974 ; Mercando 1974a. 6 Mazzeo Saracino 1991, p. 70. Uno studio recente in corso di completamento su materiali provenienti da Urbs Salvia ha avuto il merito di individuare alcune forme tipologiche prodotte tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale. Capponi, Di Cintio, Forti, Giuliodori 2007, pp. 407-412. 7 Olcese 1993, pp. 122-123.
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giovanna cicala 5. Bolli e graffiti su ceramiche comuni provenienti dal territorio di Asculum
Presso il deposito Archeoclub di Folignano sono stati rintracciati due frammenti di ceramica comune iscritti. 5. 1. Bollo su ceramica comune imitante la terra sigillata africana Il fondo di un vaso di forma aperta, forse un grande piatto, con una ‘s’ impressa all’interno, la cui superficie esterna ed interna presenta ingobbio di colore rosso, 1 riferibile a produzioni locali o regionali che imitano il vasellame africano.
5. 2. Graffito su ceramica comune depurata Sul collo di un’anforetta con tracce di ingobbio è stata graffita con uno strumento appuntito dopo la cottura una ‘m’. 2 Riconducibile alle ceramiche depurate prodotte tra il v e la metà del vi sec. d.C., la particolare morfologia del reperto – con l’orlo estroflesso e due anse ricavate tra la spalla e il corto collo – non ha trovato sinora confronti. 3
1 Catalogo, n. 83.
2 Catalogo, n. 82.
3 Staffa 1998, p. 445.
bolli e graffiti su ceramiche comuni
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Catalogo Ceramica comune Deposito comunale di Folignano Ceramica depurata 89. senza inv. Dim : diam. orlo : cm 4.8 ; h. cm. 6.4 ; largh. mass. cm 9.2. Brocca in ceramica di uso comune depurata con orlo estroflesso e piccole anse ; presenta una ‘m’ incisa sul collo dopo la cottura. Corpo ceramico rosa tendente all’arancio (tra 10r 6/6 e 10r 6/8) poroso e poco duro con minutissimi inclusi micacei. Datazione : v - metà del vi sec. d.C. Luogo di produzione : locale o regionale. Luogo di rinvenimento : Marino del Tronto, terreni di proprietà Mercantili. Inedito. Fotografia : 89. Rilievo : 89.
Ceramica di uso comune imitazione della sigillata africana 90. senza inv. Fondo di vaso di forma aperta (piatto ?). Corpo ceramico (7.5r 6/8) granuloso e duro. La superficie esterna ed interna è coperta con ingobbio di colore rosso scuro (7.5r 5/8). Sull’interno reca impressa parte di una circonferenza ed una ‘s’. Datazione : vi-vii sec. d.C. Luogo di produzione : locale o regionale. Luogo di rinvenimento : non determinabile. Inedito. Fotografia : 90. Rilievo : 90.
VI BOLLI E GR A FFITI SU LUCER NE 1. Premessa
L
a ricerca ha permesso di rintracciare presso i musei del territorio un numero cospicuo di lucerne – un’ottantina di esemplari realizzati a matrice riferibili ai tipi Dressel 2, 3 e 4, a volute con becco angolare e becco a ogiva, Bailey G, ad ansa trasversale, a becco corto e rotondo, a canale, Bailey U, lucerne africane – recanti bolli, contrassegni o iscrizioni prodotte in un arco di tempo assai ampio (dalla fine del ii sec. a.C. al vii sec. d.C.). 1 Per quanto riguarda la localizzazione delle manifatture di origine delle lucerne ascolane, poiché non sono state eseguite analisi chimiche ed archeometriche sulle argille degli esemplari esaminati e in assenza di scarti di fornace o matrici note provenienti dal territorio relativi a determinate produzioni, ci si è attenuti alle ipotesi formulate dagli studiosi in base alla distribuzione dei bolli considerati. 2 Il contributo di Harris, 3 volto a dimostrare come scarsamente credibile l’ipotesi di un commercio di lucerne ad ampio raggio e su vasta scala in età romana in quanto economicamente svantaggioso, è stato discusso dagli studiosi 4 e confutato da alcuni rinvenimenti, come, ad esempio, la scoperta del relitto identificato presso le isole Baleari recante un carico costituito da migliaia di lucerne riferibili all’attività di C. Clodius. 5 Come peraltro evidenziato da Harris stesso, 6 nell’antichità il trasporto marittimo e fluviale era preferito a quello terrestre per i costi maggiormente contenuti. La relativa vicinanza delle coste di molte regioni dell’Impero rendeva agevole la navigazione di cabottaggio e consentiva lo spostamento di un quantitativo maggiore di merci che potevano raggiungere in modo agevole l’interno sfruttando i corsi d’acqua come vie di penetrazione. Nelle province dell’Impero la diffusione delle lucerne romane e in special modo delle
1 Ringrazio la Dottoressa Anna Larese per i suggerimenti ricevuti durante la stesura di questo capitolo. 2 Queste considerazioni sono alla base, per esempio, delle localizzazioni proposte in ambito provinciale per le firme di L. Cornelius Ursus e di Celsus : Bailey 1988, pp. 102-103 ; 203. Pavolini 1993b, p. 421. Bailey ha evidenziato come la concentrazione di attestazioni di un bollo in un determinato centro o ambito geografico possa essere di qualche aiuto per determinare la probabile area di localizzazione delle officine ; tuttavia tali attestazioni avendo il limite di riflettere lo stato della documentazione potrebbero indurre a risultati fuorvianti. « It follows that, from the incompleteness of the evidence, ascription of particular lampmarkers to even wide areas of manifacture (Central Italy, North Africa etc.) is normally a subjective exercise, based upon fabric and aspects of lamp-shape, as much as on the published detail of find-spots ». Bailey 1980, p. 89. 3 Harris 1980. 4 Sul contributo di Harris, vedi : Bailey 1987, pp. 59-63 ; Procaccini 1981 ; Pavolini 1987, p. 143 ; Pavolini 1993, p. 69 ; e da ultimo lo stesso Harris : Harris 1993, pp. 187-188. 5 Pollino 1994, pp. 137-216. 6 Harris 1980, pp. 126-145 ; Bailey 1987, p. 61.
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lucerne a canale, fu sicuramente agevolata dai contingenti militari inviati in queste zone. Questi manufatti erano sicuramente parte della dotazione dei militari, come dimostra la circostanza che i rinvenimenti di lucerne siano concentrati nei siti militari piuttosto che in quelli abitativi ; 1 in seguito allo stanziamento degli eserciti si crearono le premesse per l’impianto di officine per la produzione di lucerne in loco. 2 Studi recenti hanno evidenziato quanto risulti complesso risalire ai centri di produzione delle lucerne a matrice, prospettando articolati modelli di produzione e distribuzione : succursali provinciali delle fabbriche italiche più conosciute, la riproduzione – la ‘contraffazione’ nel mondo romano non costituiva reato – delle firme più note, l’acquisto e la circolazione di matrici firmate, la pratica del ricalco delle matrici (sourmolage) e l’eventualità di figuli itineranti. 3 Un innovativo metodo di indagine intrapreso da Jacqueline Bonnet 4 su lucerne diffuse tra il i e la prima metà del iii sec. d.C. nel bacino del Mediterraneo ha avuto il merito di tenere conto delle problematiche legate alla produzione di questa classe di materiali, in particolare delle lucerne a becco corto e rotondo, riportando l’attenzione sugli elementi decorativi presenti su alcune serie di lucerne e dimostrando che il concetto in base al quale ad una firma individuata di un officinator 5 corrisponde una manifattura unitaria, per lungo tempo ritenuto fondato negli studi licnologici, non solo non è in assoluto valido, ma può risultare fuorviante. La decorazione era impressa attraverso un punzone sia nella parte superiore della matrice archetipo, sia nella parte superiore di ciascuna delle matrici ricavate dall’archetipo stesso ; la parte superiore della lucerna ricavata da queste matrici poteva a sua volta essere assemblata ad una parte inferiore ricavata da matrici riconducibili ad archetipi diversi e, di conseguenza, talvolta anche a bolli diversi. Allo stesso modo in cui era stata prospettata l’eventualità che le matrici potessero essere oggetto di commercio, anche i punzoni per la decorazione potevano a loro volta essere venduti e comprati, passando da un’officina all’altra. 6 A questo punto può essere opportuno ricordare di nuovo la tecnica del ricalco, dato che il sourmolage poteva riguardare anche solo la parte superiore di una lucerna ed essere funzionale alla creazione di un nuovo punzone decorativo, una pratica questa che offriva ad ogni officina la possibilità di arricchire il proprio repertorio decorativo con un motivo che originariamente non le era proprio. L’utilizzo della matrice offriva alle officine di lucerne un’infinita serie di possibilità combinatorie e contribuisce oggi a rendere assai arduo il compito degli studiosi,
1 Secondo quanto rilevato da Leibundgut nel suo studio sulle lucerne rinvenute in Svizzera : Leibundgut 1977, p. 61. Sui ritrovamenti di lucerne nei siti dove erano stanziati gli eserciti : Bailey 1980, p. 61, in particolare nota 9, con bibliografia. 2 Bailey 1980, p. 61. 3 Sugli aspetti della produzione e della distribuzione : Pavolini 1993b, p. 421. Un quadro sintetico in : Pavolini 1990, p. 443. 4 Bonnet 1988. La ricerca di Bonnet ha preso le mosse dalle considerazioni emerse dallo studio condotto da Vertet sulle lucerne prodotte nella Gallia centrale che aveva ben evidenziato gli infiniti passaggi consentiti dalla produzione a matrice. Pavolini 1993a, p. 390 ; Bussiere 1990, p. 448. 5 Pavolini 1993a, p. 397. 6 Pavolini 1993a, p. 390.
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che dovrà sempre più spesso far ricorso ad analisi di tipo combinatorio. Come Pavolini ha spiegato « i termini officina, fabbrica, figlina, bottega si dovranno intendere – dopo la Bonnet – come mere definizioni convenzionali, per brevità e perché d’immediata comprensione, ma nella consapevolezza che si tratta ormai di espressioni inadeguate, da specificare e comporre via via che la ricerca procederà su nuovi binari, e che con essa si modificherà anche la terminologia ». 1 Tuttavia lo stato attuale degli studi licnologici e le informazioni contenute nelle pubblicazioni di cui disponiamo non consentono ancora l’impiego di analisi di tipo combinatorio per le quali si rende necessario un censimento ed una conoscenza più approfondita delle caratteristiche delle lucerne conservate presso musei, depositi e collezioni private. 2 Sino a quando non si disporrà di idonee banche dati, per affrontare il problema della localizzazione delle produzioni il riscontro delle analisi chimiche e minero petrografiche sulle argille costituisce ancora uno strumento di indagine fondamentale.
2. I bolli su lucerne rinvenute nella regio V Le lucerne con bollo provenienti dalla regio V non sono sinora state oggetto di studi specifici ; non sono state pubblicate raccolte conservate presso i musei del territorio, diversamente dalla regio VI, di cui sono note la collezione del Museo Civico di Fano 3 e le lucerne ‘paleocristiane’ del Museo Olivierano di Pesaro. 4 Sempre nella regio VI gli scavi condotti a Suasa dall’Università di Bologna presso la domus dei Coeidii hanno restituito importanti informazioni sull’approvvigionamento di questi manufatti. In età repubblicana sono attestate lucerne al tornio a vernice nera di produzione romano-laziale e dalla seconda metà del i sec. a.C. lucerne a volute. 5 Dal ii sec. d.C. si verifica un intensificarsi degli scambi commerciali con il Nord-Italia ed in particolare con l’area emiliano-romagnola, documentato tra l’altro da numerosi rinvenimenti di anfore a fondo piatto, che si ritiene provengano dalla zona di S. Arcangelo di Romagna e da Forlimpopoli ; a questa fase risale una cospicua quantità di frammenti riferibili a lucerne a canale, la tipologia più attestata. I bolli cerialis, cresces, c.dessi, fortis, lvpati, neri, octavi, sexti, vibiani, vibvle, vib[…] sono riconducibili a fabbriche Nord-italiche operanti tra la fine del i e l’inizio del ii sec. d.C. e il iii ed il iv sec. d.C. 6 Gli scavi hanno restituito anche una serie di esemplari di fattura scadente, i cui bolli – aspre/ nas, calo/ cae[r]/ i, cleme/ ns, vs/ felicis/ m e [f]elicisi/ mvs, fortv/ ni, ivst/ ini e
1 Pavolini 1993a, p. 396. 2 Bussiere 1990, p. 448. 3 Mercando 1978. 4 Le lucerne conservate presso il museo di Fano sono state studiate da Mercando : Mercando 1978, pp. 39-70. Le lucerne conservate presso il museo Olivierano di Pesaro provengono in gran parte da Roma e dal territorio umbro-marchigiano. A Maria Teresa Liverani ed Anna Rita Paleani si deve lo studio degli esemplari ‘paleocristiani’ : Liverani, Paleani 1984. La nota collezione di Passeri, a cui lo stesso proprietario dedicò un libro in tre volumi (Lucernae fictiles musei Passerii, Pesaro, 1739-1751) era costituita per la maggior parti da falsi, come ebbe a rilevare Dressel che ebbe modo di esaminare la raccolta : Dressel 1892, pp. 144-157. 5 Mazzeo Saracino 1991, p. 56 ; Dall’Aglio, De Maria, 1994-1995, pp. 190-192. 6 Mazzeo Saracino 1991, p. 56. Biondani 2003, p. 120.
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ivsti/ nvs, venvs/tini, 1 viv/ as – non attestati nel Nord-Italia, sono probabilmente riferibili a piccole officine operanti nel centro-Italia. Sono stati rinvenuti inoltre frammenti di lucerne a canale privi di bollo, per i quali, anche in base alle affinità con la ceramica comune di Suasa, è stata ipotizzata una produzione regionale o locale riferibile ad un periodo compreso tra il ii e il v secolo. 2 Le lucerne note della regio V sono state pubblicate insieme ad altri materiali provenienti da scavi eseguiti nel territorio presso il criptoportico di Urbs Salvia, 3 la necropoli di Porto Recanati ; 4 gli impianti produttivi di età romana a Monte Torto di Osimo 5 e Porto Recanati. 6 Durante gli scavi della necropoli di Porto Recanati (ii-iv sec. d.C.) pubblicati da Liliana Mercando è stata rinvenuta una cospicua quantità di lucerne, 72 esemplari riesaminati da Laura Ramadori ; 7 la maggior parte di essi è del tipo a becco angolare (71%) 8 a volte associato nei corredi ai tipi a canale. La produzione delle lucerne a volute con becco angolare, di recente attribuita ad un periodo compreso tra la prima età augustea e la fine del ii sec. d.C., godette di particolare riscontro in Italia centro-meridionale. Venti sui cinquantaquattro esemplari rinvenuti a Porto Recanati presentano sul fondo un contrassegno impresso a crudo composto da uno o più cerchietti variamente disposti, ritenuto distintivo di una produzione locale. 9 Secondo un’altra ipotesi questi segni sarebbero identificativi o di una particolare fase produttiva o di un ceramista coinvolto a vario titolo alla realizzazione del manufatto. Di fatto gli elementi in nostro possesso non consentono di chiarire il significato di questi contrassegni ; un unico dato risulta evidente e cioè il ricorrere di questo tipo di segni sulle lucerne di questa tipologia provenienti dall’area adriatica e Nord-italica. 10 Tra le lucerne con il bollo rinvenute negli scavi della necropoli di Potentia si ricordano le seguenti : una lucerna di tradizione ellenistica priva di canale con decorazione antropomorfa con bollo v^ a^l, proveniente dalla tomba 22 e databile intorno al 50 a.C. ; 11 una lucerna corinzia raffigurante nel disco una scena erotica con bollo poco leggibile me[]ai[]oy( ?) ; 12 lucerne a canale chiuso recanti i bolli atime 13 e pastor ; 14
1 Sono attestate anche le varianti : l/vi( ?)nvs/ tinvs ; lv/ vinv/stini ; [l]v/ [vi]nv[st]in/[v]s : Biondani 2003, p. 122. 2 Biondani 2003, pp. 122-125. 3 Delplace, Paci 1981, pp. 37-76. 4 Mercando 1974, p. 142-430. 5 Mercando 1974, p. 177 figg. 33, 13 ; 36. 6 Sugli scavi eseguiti presso i seguenti insediamenti rurali : Mercando 1979. In particolare : Porto Recanati : pp. 180-280 ; Potenza Picena : pp. 281-296. 7 Ramadori 2001, pp. 118-143. 8 Si tratta di 49 esemplari : Ramadori 2001, p. 122. 9 Ramadori 2001, p. 124. 10 Ramadori 2001, p. 125. 11 Sono stati rinvenuti due esemplari di questo tipo, di cui uno soltanto recante un bollo impresso proveniente dalla tomba 122. 12 Così nel testo. La lucerna proviene dalla tomba 9 : Mercando 1974, p. 166 figg. 26b, 28. La circostanza che le uniche due lucerne di produzione greca siano state rinvenute in questa sola tomba, rende plausibile l’ipotesi che i reperti siano riferibili ad un viaggio compiuto in vita dal defunto, come osservato da Ramadori : Ramadori 2001, pp. 134, 136. 13 Tipo IX-c (tomba 123) : Mercando 1974, fig. 123 ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 14 Tipo X-a, X-b (tomba 165bis) : Mercando 1974, p. 320 fig. 234, 245 ; Ramadori 2001, pp. 137, 139.
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lucerne a canale aperto con i bolli festi, 1 fortis, 2 neri, 3 octavi, 4 vetti. 5 Nel corso degli scavi condotti presso l’impianto produttivo di Porto Recanati è stata rinvenuta una lucerna a canale di tipo X-b con bollo vivas. 6 Le lucerne con bollo note provenienti dal territorio di Urbs Salvia non sono numerose : oltre alle tre lucerne a canale frammentarie recanti i bolli lcameili, qgc, vibiani, 7 provenienti dagli scavi del criptortico di Urbs Salvia, sono stati pubblicati alcuni frammenti riferibili alla produzione di fortis. 8 Nel corso degli scavi eseguiti presso l’impianto produttivo di Monte Torto di Osimo sono state rinvenute lucerne a canale con i bolli seguenti : cnmic/ ramus palmae, 9 cresce/ s, festi, fortis, 10 mvrri, 11 octavi 12 e inoltre Lspre/ nLs, fel/ ix e fer Lni 13 riferibili alla fase tardo antica dell’impianto rurale. 14 Tra i rinvenimenti di Monte Torto rivestono particolare rilievo quattro frammenti di matrici per lucerne a canale aperto, una delle quali con bollo ferani, riferibili alla iv fase dell’impianto produttivo (v sec. d.C.), quando alle attività agricole si affiancò una produzione artigianale di lucerne, testimoniando la vitalità di questi impianti rustici in grado di sopperire in modo autonomo alle proprie necessità e di produrre un surplus di merci da destinare al mercato. 15 Le matrici di lucerne a canale sono state rinvenute più di frequente in ambito provinciale, mentre sono noti pochi esemplari provenienti dall’Italia : nelle Marche era noto soltanto un frammen
1 Tipo X-a, X-b (tomba 24) : Mercando 1974, figg. 71, 74, 76e ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 2 Tipo X-a (tombe 13 e 297) : Mercando 1974, p. ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 3 Tipo X-a (tomba 52) : Mercando 1974, figg. 120, 126, 52b ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 4 Tipo X-a, X-b (tomba 93) : Mercando 1974, fig. 162c ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 5 Tipo X-Kurzform (tomba 128) : Mercando 1974, p. 294 fig. 200 ; Ramadori 2001, pp. 137, 139. 6 Mercando 1979, p. 256 n. 3 fig. 167a. 7 La lucerna con bollo vibiani è del tipo X-a : Delplace, Paci 1981, pp. 53-54 nn. 42, 43 ; n. 56 nn. 59 fig. 21. 8 Si tratta di due lucerne a canale di tipo non precisabile con bollo (f)ortis, fortis : Giuliodori 2002b, pp. 56, 58, nn. 12-13. 9 Il bollo su lucerna a canale aperto non ha sinora trovato riscontro. La lucerna proviene dal terreno di riempimento della cantina olearia, nel quale è stata rinvenuta associata ad altre lucerne dello stresso tipo e a frammenti di ceramica a pareti sottili. Pignocchi 2001, p. 140. 10 La studiosa non specifica il numero di esemplari rinvenuti con bollo cresce/ s, festi, fortis. 11 La lucerna recante nel disco una maschera comica con bollo mvrri è l’unico esemplare rinvenuto integro. Il motivo trova confronto nelle collezioni dei musei di Aquileia, Concordiese di Portogruaro e Treviso : Buchi 1975, p. 221 ; Zaccaria Rugghiu 1980, pp. 88, 181, fig. 181 ; Pignocchi 2001, pp. 140-141 figg. 66-67. 12 Dell’esemplare si conserva parte del serbatoio : Pignocchi 2001, p. 141. 13 Le lucerne recanti i bolli sono state ritenute pertinenti ad imitazioni o produzioni locali. Questo appare del tutto verosimile per l’esemplare con bollo ferLni, articolato su due registri non meglio specificati, essendo stata rinvenuta nel corso dello scavo una matrice inferiore per lucerne con bollo analogo. Un possibile confronto per il bollo ferani è costituito da un esemplare di tipo X-c con bollo -erani, conservato presso il museo di Trieste ed attribuito da Buchi ad un cerani. Buchi 1975, pp. 22, 110. Il bollo fel/ ix in questa variante non risulta altrimenti documentato e potrebbe essere un’imitazione locale della produzione Nord-italica con bollo felix, un esemplare della quale è conservato presso il Museo Civico di Iesi : cil xi 6699 82. Pignocchi 2001, pp. 141-142. 14 Pignocchi 2001, pp. 140-142. 15 Montironi 2001b, p. 144.
bolli e graffiti su lucerne
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to di matrice per lucerna a canale aperto conservato presso il Museo di S. Severino. 1 Nel catalogo dell’Antiquarium di Fermo, dove sono conservati i reperti della collezione De Minicis, sono pubblicati i seguenti bolli impressi su lucerne a canale : fortis (su quattro esemplari), fronto, sabini ed il frammentario cresces. 2 Nel cil sono riportati alcuni bolli su lucerne della raccolta De Minicis, anch’essi riferibili al tipo a canale : c·dessi, (d)onati, cresce/ s, festi. 3 Patrizia Fortini ha pubblicato una lucerna africana (tipo XA Ia) proveniente da Cupra Maritima. L’esemplare, privo dell’ansa, reca nel disco una figura umana ed una animale accostate senza alcun nesso apparente ; nella base sono stati incisi a crudo due contrassegni a forma di occhielli interpretati come lettera b. 4 La studiosa ha inoltre ipotizzato un possibile collegamento tra il bollo frammentario pavlin- su lucerna pubblicato nel cil ed il bollo ivli ramus palmae/ pavlini impresso su un’anfora con collo ad imbuto 5 (databile tra l’inizio del i e la metà del ii sec. d.C.) che ha attribuito a produzione locale. 6 Due lucerne recanti le iscrizioni vrania·docet e cas sono state rinvenute in prossimità del fiume Salinello, il cui alto corso coincideva in parte con il confine meridionale dell’ager Asculanus. 7 Una lucerna a canale aperto con bollo fortis è stata rinvenuta a Falerone, in contrada Piane di Falerone nel corso dello scavo di una necropoli. 8
1 Moretti, Zampetti 1992, p. 60 n. 277 ; Pignocchi 2001, p. 144. Presso il museo di Aquileia sono conservate due matrici inferiori ed un frammento per lucerne a canale con bollo cresce/ s ed alcuni frammenti di matrice superiore di tipo X-a e X-c, riferibili al ii sec. d.C. Buchi 1975, pp. 203-205 ; Di Filippo Balestrazzi, Bertacchi, Buchi, Lopreato 1979, p. 31. 2 Frammento di serbatoio con bollo fortis che si dice proveniente dal teatro romano di Falerone : cil ix 6081 330, Pupilli 1990, fig. 225, 1 ; frammento di serbatoio con bollo fortis : fig. 225, 2 ; una lucerna ricomposta con bollo fronto : fig. 225, 3 ; una lucerna frammentaria con bollo fortis, al di sopra ed al di sotto del quale sembra siano stati impressi due contrassegni (Pupilli 1990, fig. 225, 5) ; una lucerna frammentaria con bollo sabini (Pupilli 1990, fig. 225, 6) ; una lucerna con bollo frammentario ritenuto cresces (Pupilli 1990, fig. 225, 7). 3 cil ix 6080 rispettivamente 24c, 25d, 23d, 31. Tutti i bolli sono attestati su lucerne a canale. In particolare su : C. Dessi : Catalogo, n. 130 ; Donatus/Donati : Buchi 1975, pp. 50-51 ; Cresce(n)s : Catalogo, n. 129 ; Festus/Festi : Buchi 1975, pp. 61-63. 4 Fortini riconosce nelle due figure impresse nel disco un soldato armato ed un levriero che corre a s. Fortini 1993, p. 103, fig. 15a-b e p. 138 fig 40, n. d 1. La provenienza dell’esemplare non è nota. La curiosa giustapposizione di motivi decorativi nel disco potrebbe essere attribuita all’iniziativa di un artigiano inesperto o ad un’imitazione locale. Non ritengo che l’incisione praticata sul fondo della lucerna corrisponda alla lettera b, essendo i due occhielli che avrebbero dovuto formare la lettera distanti l’uno dall’altro e non in asse tra loro. 5 cil ix 6081 55. Il gentilicium Iulius è frequentemente documentato nel Piceno : Fortini 1993, pp. 104, 109 ; sulle anfore : Fortini 1993, pp. 95, 128-130 fig. 29 n. a13. 6 Fortini ipotizza anche che il bollo segnalato nel cil ix 6082, 62 nella sezione vasa et vascula, sia pertinente ad un’anfora : Fortini 1993, p. 130 n. 14. Cristofori 20042, p. 71. 7 Si tratta di cil ix 6081 3 (litteris eminentibus) e cil ix 6080 15. Sui confini dell’ager Asculanus considerati da questa ricerca : Prefazione, p. 16. Non disponendo di informazioni che consentano di precisare il luogo di rinvenimento delle lucerne, non si può escludere tali esemplari siano piuttosto riferibili al territorio di Interamnia. 8 Lo scavo ha riportato in luce 46 sepolture ad inumazione. Sulle lucerne rinvenute : Mercando 1965, p. 273. L’esemplare descritto è stato rinvenuto nella tomba 8 : Mercando 1965, p. 259 fig. 7a, 4.
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Nel 1973 a S. Severino Marche (Macerata), nella zona ad Ovest di Septempeda sono state rinvenute alcune tombe di età romana ritenute pertinenti alla necropoli della città. 1 Dalla tomba 1 provengono due lucerne a canale frammentarie associate a monete dell’età di Adriano : la prima di tipo IX-b con bollo fortis ; 2 la seconda di tipo X-a con bollo fronto 3 al di sotto del quale reca impresso un contrassegno a cerchietto. Nel corso dei recenti scavi condotti nell’area del lungomare Vanvitelli ad Ancona sono state rinvenute lucerne pertinenti alle tipologie più diffuse dal iii sec. a.C. al vii sec. d.C. ; tra i bolli impressi su lucerne a canale sono noti agilis/ f e cresces. 4
3. Le lucerne della collezione civica 3. 1. Provenienze e contesto di rinvenimento di alcuni esemplari Attraverso lo spoglio dell’inventario ottocentesco e il confronto con gli inventari più recenti della collezione civica è stato possibile individuare un gruppo di lucerne, un tempo forse parte della raccolta Odoardi. 5 Si tratta di una quindicina di lucerne riferibili a diverse tipologie – tipo Bailey G, ad ansa trasversale, a becco corto e rotondo, a canale, tipo Bailey U, africane 6 – che coprono un arco di tempo compresto tra il i ed il vii sec. d.C. Tralasciando contrassegni e bolli di lettura incerta per i quali si rimanda al catalogo, i bolli attestati sono riferibili alle officine di C. Oppius Restitutus, A. Iulius Mari( ) ; L. Fabri( ) Masc(ulus), Asprenas. Sia la tipologia delle lucerne, sia i bolli rimandano a produzioni centro-italiche. Se con il prosieguo della ricerca volta ad identificare i materiali della raccolta Odoardi quest’ipotesi dovesse trovare conferma, acquisterebbe maggiore risalto l’assoluta predominanza delle lucerne a canale sulle altre tipologie attestate ; sono infatti ben 33, 7 sui 74 esemplari esaminati, le lucerne a canale recanti bollo che appartengono alla collezione civica. Lo spoglio dei Taccuini, dei Quaderni e delle carte di Gabrielli conservate presso la Biblioteca Civica e l’Archivio di Stato di Ascoli Piceno ha permesso di risalire alle provenienze di alcune fra le lucerne che divennero nell’Ottocento parte della collezione civica. Ulteriori indicazioni sono state ricavate annotazioni scritte sulle etichette dell’inventario b.m. poste da Gabrielli ancora presenti sui reperti, come nel caso delle lucerne di tipo Bailey U prove
1 Mercando 1974a, pp. 123-137. 2 Mercando 1974, p. 128 fig. 46d, 47. 3 Mercando 1974, p. 128 fig. 46e, 47. 4 Paolucci 2001a, p. 35. 5 Sulla collezione Odoardi : i.1.1. La raccolta Odoardi, pp. 21-26. Il prosieguo delle indagini sui materiali donati dal vescovo al comune ascolano potrà consentire di verificare quanto sia fondata l’ipotesi che i doni dell’Odoardi siano stati i primi ad essere inventariati da Gabrielli quando assunse l’incarico di direttore del costituendo museo civico. 6 Rispettivamente corrispondenti ai nn. del Catalogo : 104 (Bailey G) ; 105 (ad ansa trasversale) ; 107, 108, 109, 111, 113, 114 (a becco corto e rotondo) ; 123, 128, 146 (a canale) ; 168 (Bailey U) ; 171, 172, 175 (africane). 7 Non sono state ovviamente calcolate le lucerne a canale (3) ritenute in questa fase dello studio riferibili alla raccolta Odoardi.
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nienti da Controguerra, Marino del Tronto 1 o delle lucerne a canale (tipo IX-b) con bollo cicada, 2 (tipo X-a) con bollo procvlv/ s, 3 (tipo X-a) con bollo fortis 4 rinvenute rispettivamente ad Ascoli nei pressi di porta Vescovi, di palazzo Mucciarelli, nella zona di porta Romana e a Spinetoli. Durante gli scavi condotti nel 1921 sempre nella zona di porta Romana furono rimesse in luce quattro lucerne con il bollo, « una delle quali decorata con una colomba avente un ramoscello » ; 5 queste lucerne, anche se provenienti dall’ascolano, sono attualmente conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona, dove all’inizio dello scorso secolo confluivano i materiali provenienti dalla regione. 6 Da questa zona proviene anche una lucerna a canale di tipo X-a con bollo cresces. 7 Gli esemplari individuati nel corso della ricerca appartenenti alle sepolture all’esterno delle mura, ad Ovest della zona di porta Romana sono riferibili per tipologia e descrizione degli altri oggetti di corredo ad un periodo compreso tra il i ed il ii sec. d.C. 8 Il frammento con bollo sabini pertinente a lucerna a canale fu rinvenuto in un terreno all’epoca proprietà Paci, già Trocchi. 9 Nel 1894 a Nord-Est di Ascoli, in località Fonte di Campo furono individuate alcune tombe forse riferibili alla necropoli di un piccolo insediamento agricolo, da dove provengono alcuni reperti appartenenti ai corredi funebri acquistati da Gabrielli ; tra questi : « 4 balsamari di vetro colorato fusi ;…un orcioletto a tre becchi di bronzo col ventre baccellato, mancante dell’ansa » e la lucerna a canale X-b con bollo procvl. 10 Il 4 settembre 1897 in località SS. Filippo e Giacomo furono rinvenuti una lucerna a canale (tipo X-a) con contrassegno e bollo neri e due balsamari in vetro. 11 Una lucerna a canale (tipo X-b) con bollo lcamei/ li 12 fu rinvenuta con insieme ad un’altra con bollo crescens 13 « ed altre indecifrabili in casa Spinozza… nello scasso di una vigna nel piano della Vibrata tra S. Omero e Garrufo ». La lucerna k 5675 con becco a ogiva e bollo gabinia fu acquistata da Gabrielli il 18 novembre del 1891 per il Museo Civico di Ascoli Piceno. Secondo le annotazioni di Gabrielli, la lucerna « colla marca a basso rilievo », fu rinvenuta insieme ad otto balsamari in vetro integri, sei rotti, cinque oggetti in osso, tra cui un fuso ed uno specchio metallico nella valle del Salino presso il cimitero di S. Egidio alla Vibrata, in vicinanza della masseria Ranalli dai Curzi, allora proprietari del fondo. 14
1 Catalogo, nn. 150, 151. 2 Catalogo, n. 122. 3 Catalogo, n. 144. 4 Catalogo, n. 134. 5 Pasquinucci 1975, p. 112. Catalogo, nn. 102 (l’esemplare che reca nel disco raffigurato un uccello), 157, 158, 159. 6 Purtroppo non si dispone di informazioni che consentano di ricostruire i corredi delle tombe da dove provengono le lucerne esaminate. 7 Catalogo, n. 129. 8 Sulla tipologia delle sepolture e la datazione dei corredi : Pasquinucci 1975, pp. 110-112. 9 Catalogo, n. 154. Si conserva solo parte della base della lucerna, in cui è impresso il bollo. 10 Catalogo, n. 152. Il riordino dei reperti della collezione civica potrebbe consentire di identificare quest’insieme di reperti. 11 Catalogo, n. 140. Nei Taccuini di Gabrielli l’annotazione è corredata con il disegno dei reperti. 12 Catalogo, n. 147. 13 Catalogo, n. 147. 14 Gabrielli, Taccuini : 3 (1891-1892) c. 30 v. Gabrielli annotò il prezzo pagato in corrispondenza di ciascuno oggetto. Catalogo, n. 103. Il disegno della lucerna nelle pagine dei Taccuini figura associato a
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Purtroppo non sono stati ancora rintracciati gli altri reperti pertinenti a questo insieme di materiali di età romana provenienti da una o più sepolture. Nel corso di scavi intrapresi per regolarizzare il tratto di una strada in contrada valle Venere, in proprietà Mazzocchi, si rinvennero alcune sepolture, probabilmente povere di corredo, dato che Gabrielli le definì « sepolcri romani di nessuna importanza » : 1 tra i materiali rinvenuti, la lucerna a canale tipo X-a con bollo c·dessi. 2 Il 24 agosto 1891 Gabrielli acquistò insieme ad altri materiali per 50 centesimi una lucerna cristiana presso il cimitero di Colli del Tronto, dove erano in corso scavi « per estrarvi la pietra delle vecchie costruzioni » ; tale lucerna è la k 3507 tipo Bailey U. 3 Dagli scavi condotti presso il cimitero di Colli proviene forse anche la lucerna a canale (tipo X-a) con bollo fortis. 4
3. 2. Iscrizioni e contrassegni incisi e impressi Permangono ancora dubbi circa le modalità con cui erano impressi i bolli nelle lucerne prima della cottura : secondo alcuni studiosi iscrizioni e contrassegni erano presenti in rilievo sulla matrice inferiore delle lucerne ; secondo altri erano apposti con un punzone 5. Nella disamina di bolli, iscrizioni e contrassegni presenti sulle lucerne risulta opportuno distinguere, quando possibile, tra iscrizioni e contrassegni impressi ottenuti con un punzone, con la stessa matrice delle lucerne o realizzati a mano. Questi ultimi, i meno frequenti, in caratteri corsivi sono per lo più riferibili ad un periodo compreso tra l’età augustea e l’età severiana.
3. 2. 1. Iscrizioni e contrassegni incisi Tra gli esemplari esaminati, una sola lucerna Dressel 4, k 5678, 6 acquisita per la collezione civica nell’Ottocento reca un’iscrizione corsiva incisa con lo stilo nella base prima della cottura. Si tratta di tre lettere : una ‘m’ costituita da tratti discendenti di inclinazione diversa, tracciati senza sollevare lo strumento adoperato per realizzare l’incisione, una ‘c’ resa con un unico tratto e una ‘e’ con due aste verticali di uguale lunghezza. 7 Le tre lettere mce sono interpretabili come iniziali dei tria nomina.
quello di una lama di ferro (inv. b.m. 4483) e di una fi bula (inv. b.m. 4484). Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 97 r. 1 Gabrielli, Taccuini : 58 (1893) c. 2 v. 2 Catalogo, n. 130. 3 Catalogo, n. 167. Gli altri oggetti comprati da Gabrielli erano : « un bocaletto verniciato, un barattoletto di vetro e due Cristi moderni affatto ». Durante i lavori di sterro eseguiti presso il cimitero di Colli furono rinvenuti diversi oggetti di età medievale, tra cui due iscrizioni. 4 Catalogo, n. 138. La provenienza dalla località sarà accertata nel caso in cui, con il prosieguo del riordino dei materiali e degli inventari del museo ascolano, si appuri che al reperto era stato assegnato nell’Ottocento il numero di inventario b.m. 4486. 5 Bailey, Vertet e Bonnet hanno sostenuto che le iscrizioni impresse nelle lucerne fossero già inserite nella matrice. Pavolini non esclude che il bollo e/o il contrassegno fosse in taluni casi applicati sul fondo della lucerna prima che la parte superiore ed inferiore dell’esemplare fossero saldate. Una sintesi articolata della questione in : Pavolini 1993, p. 66 nota 2. 6 Catalogo, n. 97. 7 Cencetti 1997, pp. 62-63.
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Sembra realizzato a mano prima della cottura anche il contrassegno frammentario (forse una lettera mutila) inciso nella base della lucerna k 5674 ; 1 l’esemplare è tipologicamente riferibile ad una fase di transizione dal tipo Dressel 3 a quello Loeschcke I : a questa tipologia sembra ricondurre l’ampio disco figurato, la mancanza delle piccole prese laterali che avevano caratterizzato le Dressel 3 mentre a queste ultime richiamano la forma ad incudine del becco e, appunto, il tipo di contrassegno inciso.
3. 2. 2. Iscrizioni e contrassegni impressi I bolli apposti con un punzone sono documentati dallo slittamento, dalla ribattitura della scritta (come nel caso della lucerna k 3406 con bollo c·oppires della collezione civica) 2 dalla posizione decentrata del bollo o del contrassegno rispetto alla base della lucerna, oltre che dalla resa più stanca del bollo rispetto al resto della matrice. Le lucerne Dressel 2 e 3, a becco angolare e ad ansa trasversale recano da uno a cinque cerchietti diversamente disposti nel diametro di base che paiono realizzati mediante l’impressione di punzoni. L’esistenza di bolli impressi nelle matrici inferiore di lucerne a canale, non ha lasciato luogo a dubbi sulle modalità di realizzazione di questi bolli. Sono 36 gli esemplari della collezione civica recanti bolli impressi. Sono attestati i bolli (ci)cada, cam( ) in planta pedis su lucerne di tipo IX-b ; annei, cassi, cresces, c·dessi, lvcivs/ f, neri, octavi, procvlv/ s su tipo X-a ; L^ spre/ nL^ s, lcamei/ li, cameli, cresces, qgc, l/procv/l, procvl su tipo X-b ; sabin(i) e (fa)vo(r)/ f su esemplari di tipo non determinabile. Il marchio di fabbrica più attestato è fortis che ricorre su 9 esemplari di tipo IX-c, X-a e non determinabile. Il bollo myro, riferibile ad una manifattura centro-italica di Myron, figura su 2 esemplari di tipo IX-a e IX-b. 3 Risulta più complesso risalire alle modalità di bollatura delle lucerne a becco corto e rotondo, in quanto il mancato rinvenimento di matrici inferiori recanti bolli impressi costituisce al momento per alcuni studiosi un argomento a sostegno dell’ipotesi che i bolli fossero apposti con un punzone prima della cottura 4. Le lucerne Bailey U individuate presso la collezione civica e il Museo Archeologico Comunale di Montalto presentano tutte contrassegni impressi con la matrice. Per quanto riguarda le lucerne in terra sigillata africana della collezione civica, in particolare, gli esemplari k 3518 e k 6185 5 recano rispettivamente una croce monogrammatica al centro del disco e due circonferenze concentriche al centro della base ottenute a matrice ; le rimanenti lucerne di questa tipologia k 6216, k 6347 e k 6217 6 presentano ciascuna al centro della base un contrassegno (una fo
1 Catalogo, n. 96. 2 Catalogo, n. 104. 3 Catalogo, nn. 110 e 113. 4 Sulla modalità di bollatura delle lucerne centro-italiche in relazione all’articolazione produttiva delle officine dal i sec. a.C. alla metà del iii sec. d.C. Pavolini 1993, pp. 65-69. 5 Catalogo, nn.173 e 174. 6 Catalogo, nn. 170, 171 e 172.
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glia di palma stilizzata, una croce e, ancora, una croce) realizzato a mano dopo l’assemblaggio della lucerna. 4. Bolli e contrassegni su lucerne conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona ed i musei del territorio Le lucerne rintracciate presso musei e raccolte ascolane sono quasi esclusivamente a canale, prevalentemente di tipo X-a. 1 A questa tipologia sono riferibili le tre lucerne rinvenute nel corso degli scavi di alcune sepolture ad Ascoli, nella zona di porta Romana recanti i bolli bae/ bia/ ni, cpsf e fortis/ L 2 e gli esemplari della collezione Allevi recanti i bolli fortis e vibiani provenienti dal territorio di Offida. 3 Alla collezione Allevi di Offida appartiene anche la lucerna tipo Dressel 2 recante nella base un contrassegno formato da cinque cerchietti impressi disposti in croce. Anche le lucerne conservate presso i musei comunali di Carassai e Montalto, rispettivamente con bollo cresces e fortis appartengono al tipo a canale aperto (X-a). 4 La piccola lucerna con bollo cgs conservata presso il Museo Comunale di Castel di Lama è riferibile al tipo X-b. Dalle sepolture di porta Romana proviene anche la lucerna con becco triangolare raffigurante nel disco un uccello con un ramo recante impressi nella base cinque cerchietti disposti in croce. Presso il Museo Archeologico Comunale di Montalto è conservata la lucerna Bailey U nella cui base è stato impresso con matrice stanca un ramo di palma. 5
5. Alcune considerazioni sulle lucerne esaminate Le lucerne con bollo più antiche rintracciate sono le Dressel 2 della collezione civica e della raccolta Allevi. 6 Questa tipologia di lucerne – che mostra l’evoluzione dei ceramisti romani che progressivamente abbandonano la cottura riducente della vernice nera di tradizione etrusco-campana per passare alla cottura ossidante a vernice rossa – prodotta nell’Italia centrale tirrenica e a Roma stessa a partire dal i sec. a.C., risulta scarsamente attestata nel territorio della regio VI, dove sono noti soltanto alcuni frammenti provenienti dagli scavi dell’officina esinate. Mentre la provenienza dall’ager Asculanus è soltanto ipotizzabile per le Dressel 2 della collezione civica, questa è certa per l’esemplare della raccolta Allevi rinvenuto nel territorio di Offida. Le Dressel 3 e 3A della collezione civica furono acquisite nell’Ottocento, come le già ricordate Dressel 2, con le quali condividono l’area di produzione e il raggio di diffusione del gruppo Dressel 1-4 ; gli esemplari esaminati presentano lo stesso tipo di contrassegno composto da cinque cerchietti impressi a crudo disposti in
1 Fa eccezione la lucerna con becco angolare proveniente dagli scavi eseguiti presso porta Romana, attualmente conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona : supra, p. 143 e Catalogo, n. 102. 3 Catalogo, nn. 157, 158 e 159. 4 Catalogo, nn. 163 e 164. 5 Catalogo, nn. 160, 161 e 162. 6 Catalogo, n. 169. 7 Catalogo, rispettivamente nn. 91, 92 e 93.
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croce. Anche le Dressel 4 sono state di rado rinvenute nelle Marche : nella collezione civica di Fano figura soltanto un esemplare frammentario e presso il complesso esinate è stato rinvenuto un unico frammento pertinente a questo tipo. L’esemplare della collezione civica, k 5678, 1 del quale non si conosce la provenienza, potrebbe essere giunto nel territorio in antico, ma non si può escludere che sia stato acquistato da Gabrielli sul mercato antiquario. Le lucerne a volute con becco triangolare, di frequente contrassegnate con una serie di cerchietti impressi variamente disposti nel fondo del serbatoio, sono particolarmente diffuse in area adriatica. Gli esemplari riferibili a questa tipologia provenienti dalla necropoli di Porto Recanati sono ben 49 e corrispondono al 71% delle lucerne rinvenute ; venti esemplari recano sul fondo i noti contrassegni a cerchietti impressi prima della cottura. 2 Nella regio VI ad Urbino sono note complessivamente 17 lucerne a volute con becco angolare rinvenute nelle necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari 3 e di San Donato. 4 Nella collezione civica sono stati individuati quattro esemplari riferibili al tipo a volute con becco triangolare : tra questi, k 3511, 5 proveniente da Ascoli, come l’esemplare conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona, proveniente dagli scavi eseguiti presso porta Romana. Riveste un certo interesse la circostanza che i motivi decorativi degli esemplari ascolani ricorrano più volte su lucerne dello stesso tipo rinvenute nel territorio marchigiano. Il motivo del gallo con la palma compare su due lucerne a corredo delle tombe 24 (seconda metà del i sec. d.C.) e 293 (ii sec. d.C.) della necropoli di Porto Recanati 6 e su un esemplare della tomba 42 (fine del i - primo quarto del ii sec. d.C.) della necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari, ad Urbino. Anche i motivi con l’anfora inghirlandata, l’uccello su un ramo e il busto di fanciullo sono ben attestati. 7 L’anfora inghirlandata è raffigurata nel disco di tre lucerne provenienti dalle tombe 24 e 93 di Porto Recanati e di un esemplare rinvenuto nella tomba 42 della necropoli di S. Donato, ad Urbino. L’uccello sul ramo compare su tre esemplari provenienti dalle tombe 3, 181 e XX della necropoli di Porto Recanati e su due esemplari dalla tomba 83 della necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari, oltre che fra i materiali sporadici di S. Donato. Il busto di fanciullo figura su quattro lucerne provenienti dalle tombe 24 (in cui erano stati deposti 3 esemplari) e 3 della necropoli di Porto Recanati e su altre rinvenute nella tomba 80 della necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari. Non sono invece al
1 Sull’esemplare, vedi : Catalogo, n. 97 e vi.3.2.1. Iscrizioni e contrassegni incisi, pp. 144-145. 2 Mercando 1974 ; Ramadori 2001, p. 124. 3 Si tratta di 7 esemplari provenienti dalle tombe 42, 43, 80, 83 e 84 : Mercando 1982, p. 117. 4 Si tratta di 11 esemplari provenienti dalle tombe 4, 35, 40, 42, 56, 59 e 61 ; tre non sono appartenenti a sepolture : Mercando 1982, p. 117. 5 Catalogo, n. 99. 6 Rinvenuti nelle tombe 21, 27, 62 e 85. Ramadori 2001, pp. 127-128. 7 Tali motivi decorativi figurano nel disco delle lucerne k 5669, k 5152 e k 5153 rispettivamente Catalogo, nn. 101, 100 e 98 con bibliografia di confronto.
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momento noti nella regione confronti al motivo decorativo con la menade danzante impresso nel disco dell’esemplare k 3511 1 della collezione civica ; la lucerna si segnala rispetto alle altre esaminate della stessa tipologia per l’accuratezza della fattura, la freschezza d’impressione della matrice e l’ottimo stato di conservazione ; reca nella base un motivo a tre cerchietti disposti in modo verticale. All’incirca nello stesso periodo di tempo delle lucerne a becco triangolare fu prodotto il tipo a volute con becco a ogiva, che non sembra aver riscosso sul mercato lo stesso successo. Sono quattro gli esemplari di questo tipo provenienti dalla necropoli di Potentia. 2 Una sola tra le lucerne esaminate è riferibile a questa tipologia, k 5675 3 della collezione civica, che reca impresso nel disco un motivo decorativo con un leone che corre a sinistra e nella base il bollo gabinia ; l’esemplare, prodotto tra l’età flavia e l’età antonina, proviene anch’esso da un contesto sepolcrale. Nella collezione civica ci sono due lucerne ad ansa trasversale, k 5156 4 e k 3520 5, rispettivamente riferibili ai sottotipi III I (profilo 2) e III M della suddivisione di Pavolini ricondotti dallo studioso, in base alle attestazioni di altri esemplari noti della stessa tipologia, ad area di produzione urbana e centro-italica. Dalla necropoli di Potentia provengono in tutto 5 lucerne ad ansa trasversale 6, per lo più riferibili al tipo III M, databili tra la seconda metà del i ed il ii sec. d.C., nessuna delle quali recante un bollo che consenta di risalire all’officina di origine. 7 Lo scarso numero di lucerne ad ansa trasversale rinvenuto nella regio V e l’assenza di scarti di fornace riferibili a questa tipologia provenienti dal territorio ha indotto sinora ad ipotizzare che gli esemplari noti provengano da officine romane o campane. Le lucerne della raccolta ascolana k 5156 e k 3520 recando impresso sul fondo rispettivamente la prima un contrassegno costituito da due cerchietti concentrici, la seconda un bollo di difficile lettura, non consentono purtroppo di risalire all’area in cui sono state prodotte. Le lucerne a canale della collezione civica con il bollo costituiscono l’insieme quantitativamente più rilevante esaminato nel corso della ricerca : sono stati individuati 37 esemplari in prevalenza del tipo a canale aperto 8. I bolli della collezione civica attestati su esemplari di certa provenienza ascolana sono : bae/ biani, lcamei/ li, cresce/ s, c·dessi, aprio/ f, fortis, 9 procvlv/ s, (s)abini. Gli altri bolli documentati sono : myro, annei, cassi, lvcivs/ f, octavi, L^spre/nL^s, qgc, f(a)vor/ f. Impianti destinati alla produzione di lucerne a canale sono stati individuati nel corso di scavi condotti a Chietino, nel Teramano ; tuttavia il mancato rinvenimento di matrici o di scarti di fornace recanti il bollo non ha reso possibile identificare tali produzioni. Tra i bolli su lucerne a canale della collezione civica sono attestati : procvlv/ s su tipo X-a e l/ procv/ l, procvl su tipo X-b ; lcamei/ li e cameli su lucerne a
1 Catalogo, n. 99. 2 Ramadori 2001, p. 129. 3 Catalogo, n. 103. 4 Catalogo, n. 105. Su cui vedi : vi.3.1. Provenienze e contesti di rinvenimento di alcuni esemplari, p. 142 e i.1.1. La raccolta Odoardi, pp. 21-26. 5 Catalogo, n. 106. 6 Le lucerne erano parte del corredo delle tombe 10, 211, 8, 24 ; in quest’ultima sono stati rinvenuti 2 esemplari : Ramadori 2001, p. 132. 7 Ramadori 2002, p. 133. 8 Sono 27 le lucerne pertinenti a questa tipologia. 9 Il bollo fortis figura su 4 esemplari.
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canale di tipo X-b. Le attestazioni di questi bolli nella regio V 1 ed il recente rinvenimento nel corso degli scavi della necropoli Villa S. Pio X di Spinetoli, individuata in prossimità della via Salaria, di due lucerne con bollo lcamei/ li e di sei esemplari recanti impressi bolli riferibili ad un Proculus nelle varianti procvl, procvli, procli 2, inducono ad ritenere plausibile la localizzazione regionale o locale di questi ateliers. Tra gli esemplari provenienti da Asculum e dal suo territorio il bollo più attestato è quello di fortis, 3 mentre il bollo cicada compare su un solo esemplare e non sono noti confronti a chi scrive. In modo analogo a quanto riscontrato in altri centri della regio V e nella regio VI dagli scavi di Suasa 4, nel territorio di Asculum le lucerne a canale sembrano predominare sulle in parte contemporanee lucerne a becco tondo, prodotte in area centro-italica dall’età augustea (o dal 40 d.C.) alla seconda metà del ii sec. d.C. e maggiormente diffuse in area centrale tirrenica. Le lucerne a becco tondo individuate nel corso di questa ricerca appartengono tutte alla collezione civica. Si tratta complessivamente di 15 esemplari, 9 dei quali sono di apporto collezionistico 5 : la k 5161 è stata donata nell’Ottocento al costituendo Museo Civico da un privato, mentre 8 sono riconducibili alla raccolta del vescovo Odoardi. 6 Le rimanenti 5 lucerne pertinenti a questa tipologia 7 sono state acquisite da Gabrielli per il Museo Civico e sono di presunta provenienza ascolana. Sono attestati i bolli : mvni·heli e iv^ni dra(co) rispettivamente riferibili alle produzioni dei Munatii e di (C.) Iunius Dra(co) ; …gat, integrabile in bicagat o fabricagat, abbreviazioni attribuite da Mercando ad un Fabricius Agato( ) ; lcasae riferito a L. Caecilus Saecularis ; florent attribuito ad un Florentius o Florentinus. Tali esemplari sono attribuibili a manifatture centro-italiche, la cui attività risulta attestata dal primo quarto del ii sec. d.C., quando ebbe inizio la produzione di C. Iulius Dra(co), alla metà del iii sec. d.C., quando si ritiene abbia avuto termine quella di Florentius o Florentinus, se non agli anni posteriori, ai quali è stato riferito il bollo lcasae. Come già rilevato, il numero esiguo di lucerne pertinenti a questa tipologia sembra trovare riscontro nei rinvenimenti della regio V ; tuttavia la provenienza ascolana, al momento ancora presunta, induce a mantenere una certa prudenza, non potendosi escludere anche nel caso di questi esemplari l’apporto collezionistico.
1 Sulle testimonianze di questi bolli nel Picenum, vedi vi.2. I bolli su lucerne rinvenute nella regio V e Catalogo nn. 144 e 147. 2 Le lucerne rinvenute presso la necropoli di Spinetoli sono in corso di studio da parte della scrivente. 3 Biondani 2003, p. 120. 4 Le lucerne del tipo a canale risultano le più attestate : sono stati rinvenuti oltre 300 frammenti : Biondani 2003, p. 119. 5 La lucerna, inventariata nell’Ottocento con il numero b.m. 856, apparteneva ad un certo Saladini (forse identificabile con il conte nei cui terreni furono condotti scavi archeologici da Gabrielli ?) e corrisponde al n. 115 del Catalogo. Le lucerne un tempo appartenenti alla collezione Odoardi sono k 5613, k 5614, k 5619, k 5623, k 5164, k 5626 e k 5616 rispettivamente corrispondenti ai nn. 107, 108, 109, 111, 113, 114 e 117 del Catalogo. 6 Vedi vi.3.1. Provenienze e contesti di rinvenimento di alcuni esemplari, p. 142. 7 Si tratta di k 3348, k 5154, k 5624, k 5622 e k 5618 corrispondenti nn. 110, 112, 116, 117, 118, 119 del Catalogo.
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Alcune lucerne di tipo Bailey U, le cosiddette catacomb lamps, diffuse quasi esclusivamente a Roma e nell’Italia centro-meridionale, dove si ritiene siano state prodotte dal v al vi sec. d.C., sono parte della collezione civica e della raccolta del Museo Archeologico Comunale di Montalto. Alla collezione civica appartiene inoltre un gruppo di cinque lucerne in terra sigillata africana prodotte dal iv al vii sec. d.C., due delle quali, k 6216 e k 6347, sono riconducibili alla raccolta Odoardi 1. Per evidenti ragioni cronologiche per queste tipologie di lucerne non si dispone di confronti provenienti da scavi eseguiti nel territorio ; le note necropoli di Urbino e Porto Recanati erano in uso dal i al ii sec. d.C. Nella regio V risultano abbastanza diffuse le lucerne che imitano le produzioni africane : esemplari sono stati rinvenuti nel corso degli scavi realizzati presso gli impianti produttivi di Cone di Arcevia, Castelfidardo, Porto Recanati, S. Benedetto 2 e Monte Torto di Osimo. 3 È opportuno mantenere la dovuta cautela nell’ipotizzare la provenienza dall’ager Asculanus delle cinque lucerne in terra sigillata africana conservate presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli, considerando il numero esiguo di esemplari e la difficoltà di accertare, al momento, se provengano da collezioni. Diverso il caso delle lucerne di tipo Bailey U, per alcuni dei cui esemplari è stata rintracciata documentazione che consente di farne risalire la provenienza dal territorio. 4 Nel complesso le importazioni Nord-italiche risultano le meglio documentate : sembra abbiano avuto inizio con le lucerne a volute con becco angolare prodotte tra il 20 a.C. ed il 90 d.C. e siano proseguite con le lucerne a canale, estremamente diffuse nell’ascolano, come nel resto della regio V, dal terzo quarto del i sino al iv sec. d.C.
6. La lucerna falsa con Pan e il drago con bollo atimetio 5
Alla collezione civica ascolana appartiene una lucerna realizzata a matrice di forma affine alla Loeschcke VIII con bollo atimetio che raffigura nel disco Pan che suona il doppio flauto dinanzi ad un animale simile ad un drago. 6 Il bollo ricorda il ceramista Nord-italico Atimetus, 7 uno dei maggiori produttori di lucerne a canale, la cui attività compresa tra l’età augustea e l’inizio del ii sec. d.C., raggiunse l’apice nell’ultimo quarto del i sec. d.C. durante il regno dei flavi. Secondo quanto riportato nel cil il bollo atimetio ricorre esclusivamente su lucerne che recano nel disco questa particolare decorazione con Pan e il drago atte
1 Catalogo, nn. 170 e 171. 2 Mercando 1979, p. 89-296. 3 Giuliodori 2001, pp. 149-152. 4 Catalogo nn. 165, 166, 167 e 169. 5 Le lucerne false caratterizzate da questa raffigurazione sono state definite da Bailey ‘Pan-and-dragon lamps’, e inserite nell’Atimetio Group : Bailey 1988, pp. 425-426. Una ricerca sulla diffusione e la provenienza delle lucerne dell’Atimetio Group è in corso da parte della scrivente. 6 Catalogo, n. 175. 7 Sul bollo atimeti : Buchi 1975, pp. 9-14 ; Leibundgut 1977, p. 71 ; Bailey 1980, pp. 91 e 102 ; Ceci, Schneider 1994, pp. 441-443. La produzione di questa officina è contraddistinta da numerose esemplari ricordati da Buchi, a cui si aggiungono i seguenti : atime, ad Altino su IX-c, inv. al 20091 (Ravagnan 1983, col. 54 n. 10) e IX-b, inv. al 1089 e su un frammento di tipo non precisabile, inv. al 8181, databile al ii sec. d.C. in base al corredo tombale ; a Bologna, su tipo X-a (Gualandi 1977, n. 443, tav. 60) ; su tipo IX-b (Sapelli 1979, nn. 250-267).
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state in Italia a Nonantola, Rimini, Cortona e Grosseto 1 e presso musei stranieri in Belgio 2 e in Germania, a Stoccarda, dove si trovava un esemplare, poi venduto. 3 Un altro esemplare non più rintracciabile è stato messo all’asta da Sotheby’s con altri materiali antichi (lotto 27) il 26 dicembre del 1926. La lucerna era parte della collezione del barone Nugent costituita tra il 1830 e il 1840. 4 L’esemplare di Rimini, verosimilmente lo stesso pubblicato con quello proveniente da Nonantola da Bortolotti ne Lo spicilegio epigrafico Modenese, 5 era già stato descritto nel 1870 da Luigi Tonini ne Le figuline riminesi, 6 che sosteneva provenisse dalla collezione di Iano Planco. 7 In un elenco preliminare per Le Figuline riminesi, di fatto un riassunto dei manoscritti mai pubblicati di Domenico Paolucci, lo stesso Tonini si riferiva però alla lucerna con satiro con bollo atimetio come di proprietà di Paolucci. 8 Lo stesso Paolucci in un suo manoscritto scriveva : « nel 1847 altre due [lucerne] qui [nel territorio riminese] trovate…l’altra nel dritto ha un satiro seduto sopra un sasso che suona una doppia tibia innanzi al quale ha un animale alato con le zampe e lunghissima coda. Nel rovescio a caratteri rilevati atimetio ». 9 La segnalazione non pare sufficiente a provare che il reperto sia originale e non esclude che Paolucci riferisca informazioni ricevute da altri, magari proprio da colui che gli aveva venduto la lucerna.
1 cil xi 6699 29 a-d. 2 cil xiii, ii 1, 10001 53 k. 3 cil xiii, ii 1, 10001 53s. 4 Sotheby’s Sale Catalogue ; Bailey 1988, p. 425. 5 cil xi 6699 29b ; Bortolotti 1875, pp. 27-28. 6 Luigi Tonini interpretò il bollo come Atimeti O(pus) : Tonini 1870, pp. 62-63. cil ix 6699 29b : Gambalunghiana, antea apud Plancum. 7 Giovanni Bianchi (Rimini, 3 gennaio 1693 - 3 dicembre 1755), noto come Ianus Plancus, nome che egli stesso adottò in seguito italianizzato in Iano o Giano Planco. Nel 1717 intraprese gli studi di medicina all’Università di Bologna, dove formò le sue conoscenze scientifiche che spaziavano dalla botanica, alla fisica, allo studio delle discipline naturalistiche secondo l’impostazione delle facoltà mediche del tempo. Nel 1719 conseguita la laurea in medicina si recò presso l’Università di Padova, dove intrattenne tra l’altro rapporti con Morgagni e Vallisneri. Rientrato a Rimini, da dove si spostò per frequenti soggiorni in alcune città italiane, fra cui Bologna, Venezia, Verona, Brescia, Milano (1723), Roma, Napoli (1725-1726), Firenze e Pisa (1727), esercitò medicina, dedicandosi in particolare allo studio dell’anatomia umana. Nel 1741 accettò una cattedra in anatomia umana presso l’Università di Siena, incarico che ricoprì sino al 1744, quando fece ritorno a Rimini. La cittadinanza riconobbe sin da allora i suoi meriti scientifici conferendogli la cittadinanza nobiliare ed un stipendio annuo legato alla qualifica ricevuta di medico primario della città. Durante il soggiorno a Siena si dedicò alla ristampa dello Phytobasanos di Colonna (1567-1650), un raro trattato di botanica ; pose all’edizione una premessa con la biografia di Colonna e una storia dell’Accademia dei Lincei, completa di un elenco degli Accademici. La considerazione che nutriva nei confronti dell’Istituzione lo spinse nel 1745 a ripristinarla, raccogliendo intorno a sé validi scolari e studiosi di altre discipline che si riunivano presso la sua casa. Qui lo studioso ospitava le sue raccolte naturalistiche ed archeologiche, oltre ad una ricca biblioteca, dove i giovani potevano formarsi non solo alle discipline scientifiche, ma anche a quelle umanistiche. Nel 1769 papa Clemente XIV lo nominò archiatra pontificio onorario, carica che gli venne confermata dal suo successore, Pio VI. La maggior parte degli scritti di Bianchi riguarda lavori di argomento medico e scientifico. Si appassionò alla veterinaria e alla teratologia e partecipò ad accaniti dibattiti su antiche iscrizioni con eruditi romagnoli del tempo. Ha lasciato poderosi indici delle sue raccolte naturalistiche ed archeologiche (ms. 4 - k.ii.4). Due elenchi compilati nel 1767 da lui stesso si trovano nelle lettere indirizzate a Ciaccheri : Fabi 1968, pp. 104-112. 8 rbg, Tonini, Elenco, capo iii. Devo questa informazione alla cortesia Dottoressa Cristina Ravara che ha studiato la raccolta archeologica di Iano Planco attraverso i manoscritti di Tonini e di Paolucci. 9 rbg, Paolucci, Sc-Ms 795, c. 124.
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L’esemplare riminese è stato danneggiato in seguito ai bombardamenti che durante la seconda Guerra Mondiale colpirono il museo di Rimini. La lucerna realizzata a matrice è priva di vernice ed è stata ricomposta da otto frammenti. 1 Proprio il suo stato di conservazione ha permesso un’analisi più approfondita del manufatto : la lucerna presenta in frattura il corpo ceramico non perfettamente cotto. Il confronto con altre lucerne a becco tondo frammentarie della collezione ha evidenziato le diverse caratteristiche tecniche della lucerna considerata. La lucerna con bollo atimetio è di fattura scadente, molto diversa delle altre contemporanee lucerne a becco corto e rotondo, il cui corpo ceramico è ben cotto, più depurato e dallo spessore più sottile ed uniforme. 2 La lucerna con Pan e il drago segnalata nel cil a Grosseto 3 non è più conservata presso il Museo Archeologico. 4 L’esemplare di Nonantola, parte della raccolta del museo Molza, non è stato rintracciato sinora. 5 La lucerna di Cortona 6 è attualmente custodita presso il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona ; Angela Donati, che ha curato la pubblicazione dei reperti epigrafici del museo, ha letto il bollo sull’esemplare come atimeti. 7 Due lucerne con Pan e il drago e bollo atimetio sono conservate presso il British Museum : 8 la prima, Q 3368, fu acquistata dal Museo da J. Woodhouse, che a lungo risiedette a Corfù ed è noto abbia collezionato reperti in Italia prima di stabilirsi nell’isola greca. Walters, che curò la prima edizione delle lucerne greche e romane del British Museum, ipotizzò che fosse una lucerna di fattura moderna, nella quale era stata inserita la base di un esemplare antico. 9 La seconda, Q 3369, mostra analogie tecniche e morfologiche con le lucerne false del cosiddetto ‘gruppo di Leiden’ ; 10 sottoposta a termoluminescenza 11 è stata dimostrata non essere antica.
1 Scheda ra luc./ 45 ; 4701/ v.m. 2 Ringrazio la Dottoressa Cristina Giovagnetti che ha studiato le lucerne del Museo Archeologico di Rimini (Giovagnetti 1984) per avermi permesso di esaminare il reperto e i preziosi suggerimenti che mi ha offerto. 3 cil xi 6699 29c. 4 Alcuni materiali un tempo conservati presso il museo sono andati dispersi ; la lucerna con bollo atimetio risulta tra questi. Ringrazio la Dottoressa Maria Grazia Celuzza, Direttrice del Museo Archeologico di Grosseto per avermi gentilmente fornito questa informazione. 5 cil xi 6699 29a. Sono state svolte ricerche presso l’Antiquarium di Nonantola, di recente costituzione, la Galleria Estense e Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena. Il manufatto potrebbe non trovarsi più nel modenese. Informazioni utili potranno forse essere provenire dalla ricerca intrapresa sulla raccolta Molza. 6 cil xi 6699 29c. 7 Non è stato sinora possibile esaminare la lucerna. Donati 1965-1967, pp. 130, 182 n. 132 tav. 18. 8 Bailey 1988, pp. 425-426. 9 « Base of lamp…inserted in a modern lamp with pseudo-antique design (Satyr and dragon) on top ». Walters lesse il bollo come Atimeti O(fficina) : Walters 1914, p. 210 n. 1397 ; Bailey 1988, p. 426. 10 Bailey ritiene che l’ansa sottile ed il corpo ceramico dell’esemplare Q 3369 siano affini a lucerne del gruppo di Leiden. Sul Leiden Group : Bailey 1988, pp. 423-425. 11 La termoluminescenza è un’analisi in grado di misurare in seguito a bassa temperatura di riscaldamento (da 300º a 400º C) le radiazioni ionizzanti, accumulate da alcune sostanze cristalline (quarzo, calcite, feldspati) presenti nelle argille, emesse sotto forma di tenue luminosità. Di Filippo Balestrazzi, Maddalena, Principi 1987, p. 474.
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Una lucerna del tutto simile alle precedenti e della quale si ignora la provenienza è attualmente conservata presso il City Museum di Bristol. 1 Un’altra lucerna di forma analoga, ma raffigurante nel disco una figura a mezzobusto nell’atto di suonare due flauti e recante su un lato del disco l’iscrizione cotni, faceva un tempo parte della collezione di Loukas Benaki, ad Alessandria. 2 Dall’esame della documentazione sinora raccolta, si evince che le prime segnalazioni delle lucerne dell’Atimetio Group sono precedenti il 1870 (il primo esemplare riconducibile al gruppo fu acquistato dal British Museum intorno al 1844) 3 e tale periodo corrisponde all’incirca a quando questi falsi entrarono a far parte di collezioni private, da dove, in taluni casi, confluirono nei musei pubblici ; è dunque ipotizzabile che siano stati realizzati nei primi decenni dell’Ottocento. 4 Tutte queste lucerne presentano caratteristiche tecniche analoghe : sono realizzate a matrice, hanno corpo ceramico di colore tendente all’arancio e, nel caso in cui ne siano ricoperte, vernice di colore rosso tendente all’arancio. Per accertare l’appartenenza di questi esemplari ad un’unica produzione sono state previste in accordo con alcune soprintendenze e musei di pertinenza una termoluminescenza su un altro esemplare di Pan-and-dragon lamp e analisi chimiche e petrografiche delle argille comprensive della sezione sottile (per individuare l’eventuale presenza di minerali particolari che caratterizzino il corpo ceramico) e defrattometriche, necessarie ad ottenere informazioni sulla tecnica di cottura. Le analisi potranno confermare la datazione proposta per le lucerne ed evidenziare eventuali analogie nella composizione delle argille e nella tecnica di cottura dei manufatti. Presso il British Museum sono conservate altre lucerne riconducibili all’Atimetio Group : Q 3370, 5 ornata con una coppia di serpenti con testa d’oca intrecciati, e Q 3371, 6 affine nella forma al tipo a canale IX-c e caratterizzata da una pletorica decorazione sul disco. Entrambe recano il bollo atimeti, lo stesso del produttore Nord-italico di Firmalampen. La termoluminescenza eseguita su Q 3371 7 ha dimostrato che l’esemplare non può essere più antico di 400 anni. Una lucerna analoga, un tempo parte della collezione Palagi, è ora conservata presso il Museo Civico
1 Inv. ac 69 1949. Ringrazio la Dottoressa Harriet Hughes per avermi fornito con generosa disponibilità una fotografia dell’esemplare che spero potere esaminare personalmente quanto prima. 2 Bailey 1988, p. 120. Fotografie realizzate da Luokas Benakis sono attualmente conservate presso il Photographic Archives Department del Museo Benaki ad Atene. Presso tale dipartimento è stata intrapresa una ricerca allo scopo di rintracciare eventuali fotografie e informazioni relative all’esemplare descritto. 3 Bailey 1988, p. 425. 4 Bailey 1988, p. 425. 5 Walters 1914, p. 210 n. 1396. Nel cil (xv 6320) Dressel riporta la descrizione di una lucerna analoga attualmente conservata presso il museo del Louvre. L’esemplare era stato precedentemente pubblicato nel catalogo della collezione Campana : Newton 1861, p. 32 n. 21. 6 La lucerna raffigura sul disco uno scorpione, una rana, una chiocciola e un fallo disposti intorno all’infundibulum ; la spalla è ornata da due borchiette a forma di protome leonina ; l’estremità del becco raffigura la testa di Giove Ammone. L’esemplare, per cui è stata indicata la provenienza da Roma in un’area prossima al Circo di Caracalla, fu parte dei reperti donati da Jones al museo britannico. Una lucerna analoga, inv. 3241, è conservata presso il museo del Louvre : Bailey 1988, p. 425. 7 Inv. 5956. Gualandi Genito 1977, p. 166 n. 430 tav. 58. Bailey 1988, p. 425.
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Archeologico di Bologna. 1 Un identico bollo atimeti ricorre su due varianti di lucerne a canale con due maschere teatrali conservate a Bologna, un tempo rispettivamente parte delle collezioni Universitaria e Palagi. 2 Su una lucerna trilicne con scena erotica conservata al Museo del Louvre, riconducibile al ‘gruppo di Leiden’, 3 figura una maschera teatrale in tutto simile alle precedenti, ad ulteriore riprova dell’esistenza di un legame di qualche tipo tra i due gruppi di lucerne false. Al gruppo atimetio appartengono anche due lucerne plastiche a forma di testa d’ariete conservate rispettivamente presso il museo di Rimini ed il British Museum 4 e due lucerne realizzate con la stessa matrice dalla particolare forma allungata, Q 3373 e Q 3374, 5 che differiscono l’una dall’altra solo per la presenza di una testa con barba sull’ansa di Q 3373. Le lucerne trovano confronto in due esemplari di dimensioni maggiori conservati a Bruxelles 6 e al Louvre. 7 La presenza nella raffigurazione delle Pan-and-dragon lamps di un’animale simile a un drago è sicuramente inusuale, ma non unica. Il drago ricorre su un’altra lucerna falsa nel cui disco è rappresentato S. Giorgio nell’atto di uccidere il drago, 8 incarnazione del Male 9che imita le produzioni africane, riferibile al ‘Naples Group’ e databile all’inizio del Novecento. 10 Le prime raffigurazioni del Santo vittorioso che mi sono note sono esempi risalenti alla fine dell’xi secolo sopravvissuti in una chiesa della Georgia dedicata a S. Giorgio ; 11 queste si basano su diverse versioni della Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, redatte tra la seconda metà del x e l’inizio dell’xi secolo, 12 documentate in manoscritti redatti tra l’ix ed il xiv secolo. 13 Nella prima metà dell’Ottocento, periodo al quale sono riferibili le lucerne dell’Atimetio Group, furono realizzati numerosi falsi che avevano per oggetto la magia, il mito e i monstra ; sono noti falsi di reperti naturalistici, volti a dimostrare l’esistenza di creature fantastiche in un passato remoto. In quest’epoca iniziavano
1 È stata richiesta ed ottenuta dal Museo Civico Archeologico di Bologna l’autorizzazione ad esaminare gli esemplari descritti. Invv : 6268, Universitaria 52 e 6134, Palagi 582. cil xi, 1, 6699 28m. Gualandi Genito 1977, p. 170 nn. 445-446 tav. 60. L’esemplare n. 446 presenta in prossimità del becco sopra il foro di alimentazione l’iscrizione incisa co.st. Un altro esemplare proveniente da Berhasi è stato pubblicato da Sanie (Sanie, Civilizatia Romanà la Est de Carpati si Romanitatea pe Teritoriul Moldevei, Iasi, 1981, pl. 44, I, pl. 45.3) : Bailey 1988, p. 425. 2 Bailey 1988, p. 425. 3 Q 3372 : Bailey 1988, pp. 425-426. 4 La termoluminescenza eseguita su questo esemplare ha dimostrato che non è antico. Bailey 1988, pp. 425-426. 5 Bailey 1988, pp. 425-426. 6 Inv. 591. 7 Inv. ca 5875. Una descrizione dell’esemplare compare nel catalogo della collezione Campana (p. 32 n. 21). 8 Hayes 1980, p. 136 ; Genito Gualandi 1977, p. 454. 9 La figura del drago, simbolo del Male nella religione cristiana ha le sue origini nel mostro delle acque della mitologia ugaritica del vicino Oriente antico : Catastini 2001, pp. 71-89. Sul drago come diabolica metafora del male : Giordano 2005, p. 34 nota 33. 10 È stato ipotizzato che la produzione di questi falsi sia cominciata dopo la prima Guerra Mondiale, ma mancano elementi sufficienti a sostegno di questa cronologia. Sul Naples Group : Bailey 1988, pp. 429-438. 11 Sul culto georgiano del santo : Giordano 2005, p. 23 nota 16. 12 La prima leggenda secondo cui San Giorgio si battè contro il drago risale all’xi-xii secolo e vuole che fosse per liberare una giovane principessa ; fu codificata nella Legenda Aurea sive legenda Sanctorum redatta da Iacopo da Varazze a partire dal 1260. 13 Sulla lunga tradizione iconografica di San Giorgio e il drago : Giordano 2005.
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a circolare in Europa rarità come i corni degli unicorni 1 e mostri mai esistiti ottenuti assemblando parti mummificate di animali diversi. La diffusione delle lucerne dell’Atimetio Group sembra concentrata in ambito adriatico : oltre agli esemplari di Pan-and-dragon lamps della collezione civica, del museo di Rimini e di Nonantola, la lucerna Q 3368, attualmente conservata presso il British Museum fu, come già evidenziato, verosimilmente acquistata da Woodhouse in Italia prima di risiedere a Corfù, forse in area adriatica. Può essere opportuno ricordare che anche altre lucerne di diversa tipologia riferite da Bailey all’Atimetio Group erano o sono parte di raccolte bolognesi e riminesi. Questa circostanza induce ad ipotizzare che potessero essere state prodotte in area adriatica o che la richiesta di oggetti antichi o presunti tali fosse particolarmente rilevante in queste zone, che offrivano ai falsari una piazza particolarmente favorevole. Oltre alla note ghiande missili, altri falsi raggiunsero l’ascolano ; tra questi un falso scudo raffigurante scene di lotta 2 che trova corrispettivo in un esemplare conservato presso il museo di San Marino. 3 I reperti numismatici, di frequente oggetto di contraffazioni, hanno talvolta influenzato la realizzazione di altri reperti falsi specie per quanto riguarda la disposizione dei motivi decorativi rispetto alla morfologia del supporto ; ritengo che un indizio di questa influenza possa essere colto anche nelle Pan-and-dragon lamps che conservano al di sotto della raffigurazione uno spazio risparmiato in tutto simile ad un esergo monetale. Il prosieguo delle indagini e l’utilizzo della termoluminescenza e di analisi chimiche e minero-petrografiche sui reperti rintracciati potrà forse fornire ulteriori elementi di riflessione.
1 Elisabetta I d’Inghilterra custodiva nel Castello di Windsor un corno d’unicorno : Barker, Craddock, Jones 1990, p. 85 n. 69. 2 Il falso scudo è attualmente conservato presso la Pinacoteca Civica di Ascoli. 3 Non ho avuto modo di esaminare i due scudi.
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giovanna cicala Catalogo Lucerne Dressel 2 Ponsich IB, Deneauve I
Le lucerne Dressel 2 sono realizzate a matrice e presentano corpo biconico rialzato. Il disco piccolo, liscio e ribassato è ornato da una o più circonferenze concentriche rilevate intorno al foro di alimentazione. Sono caratterizzate da una piccola presa laterale e dalla decorazione della spalla a perline in rilievo che può essere estesa alla parte posteriore del corpo. Questo tipo di ornamento ha determinato loro la definizione di Warzenlampen. Il becco a incudine, più o meno prolungato, è mutuato dalla tradizione italica del ii sec. a.C. 1 Talvolta nel becco sono aperti piccoli fori sfiatatori nel punto in cui si congiunge col disco ; in qualche esemplare è possibile trovare un piccolo foro a ridosso dell’infundibulum. La base è delimitata da un anello circolare e rilevato e reca sovente impressi dei bolli. 2 L’ansa a nastro verticale è evidenziata con piccole solcature. Piccole variazioni di queste caratteristiche riscontrabili su numerosi esemplari costituiscono una prova della grande quantità di matrici impiegate in questa produzione diffusa in tutto il Mediterraneo. Lucerne Dressel 2 sono state rinvenute in Occidente e in Africa lungo le principali destinazioni commerciali di età augustea, mentre risultano meno attestate in Oriente. 3 Sulla base dei rinvenimenti si ipotizza che siano state prodotte dal 100 a.C. all’inizio del i sec. d.C. Bailey ritiene che abbiano cessato di essere prodotte intorno alla seconda metà del i sec. a.C.
Collezione civica, Ascoli Piceno
91. Inv. k 5159, i.c. 813, b.m. 3004. Dim : lungh. cm 12.8 ; largh. cm 7.5 ; h. cm 5 ; diam. di base cm 3.8. Esemplare integro, in buono stato di conservazione. Lucerna realizzata a matrice con la spalla arrotondata e il disco ribassato ornato da due circonferenze rilevate. Il foro di alimentazione è centrato rispetto al disco. Un ampio foro di sfiato è aperto al margine del disco. La spalla della lucerna e il serbatoio sono ornati con file ravvicinate di perline rilevate. Una piccola presa laterale è ornata con brevi incisioni e un cerchietto in rilievo. L’ansa a nastro, evidenziata da due solcature, è applicata sulla parte posteriore del serbatoio. Il corto becco ad incudine, schiacciato presso l’estremità, è ornato alle due estremità nei punti in cui si congiunge al corpo della lucerna da due cerchietti incisi. Corpo ceramico bianco rosato (7.5yr 8/2) depurato, poroso e polveroso al tatto con minuti inclusi micacei. Vernice di colore rosso (tra 10r 5/8 e 10r 3/3). Nella base, delimitata da un anello in rilievo e leggermente ribassata, sono impressi cinque cerchietti disposti in croce. Datazione : 100/80 a.C.-15 d.C.
1 Pavolini 1987, p. 145. 2 Un elenco di bolli impressi su Dressel 2 in : Ricci 1973, tav. dei bolli, nn. 5, 9, 10, 11, 12, 13, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 27, 28, 29, 38. 3 Bailey 1980, p. 338. Sulle Dressel 2 e varianti del tipo : Ricci 1973, pp. 182-190.
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Luogo di produzione : Italia centrale tirrenica. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sulla forma e la diffusione : Ricci 1973, pp. 182-187 ; Pavolini 1981, p. 162 tav. xxxi. A Fano, due esemplari con contrassegni analoghi all’esemplare ascolano : Mercando 1978, p. 49 nn. 21 e 22, fig. 5. Nella regio VI ad Aesis alcuni esemplari figurano tra i materiali rinvenuti nello scavo dell’officina ceramica : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, pp. 226-227. A Roma, nella casa di Livia (fossa b3) : Carettoni 1957, p. 109, fig. 34f. Nella regio XI : Sapelli 1979, p. 34 nn. 73-74, tav. vii ; Di Caprio, Santoro Bianchi 1983, pp. 112-113 n. 29 ; nella regio X : Rugghiu Zaccaria 1980, nn. 70-75. In Sicilia, ad Akrai, da dove provengono 2 esemplari : Pelagatti 1970, pp. 495-496 n. 105 figg. 86c e 86d. In Gallia Narbonese : Labrousse 1962, p. 576 fig. 33. Nel relitto ‘A’ lungo la costa della Provenza, Dramont, St. Raphaël : Benoit 1960, pp. 51-52 fig. 21. Fotografia : 91. Rilievo del bollo : 91.
92. Inv. k 6184, i.c. 847, b.m. 3005. Dim : lungh. cm 6.3 ; largh. cm. 6 ; h. cm 3.9 ; diam. di base : cm 3.5. L’esemplare è frammentario : privo del becco, dell’ansa e di una parte del serbatoio integrati con un restauro in gesso, forse anche della piccola presa laterale. Il disco leggermente decentrato è ribassato nell’area prossima all’infundibulum. Disco e serbatoio sono ornati con file ravvicinate di perline rilevate. La spalla è liscia e arrotondata. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) poco duro e depurato. Vernice di colore rosso (tra 10r 5/4 e 10r 3/4). Nella base, delimitata da un anello in rilievo e leggermente ribassata, sono impressi cinque cerchietti disposti in croce. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 91. Fotografia : 92. Rilievo del bollo : 92.
Museo Archeologico Comunale di Offida collezione Allevi 93. Inv. c1. L’esemplare è frammentario, privo dell’ansa a nastro. Il serbatoio e il disco intorno al foro di alimentazione sono ornati con file ravvicinate di punti rilevati. La spalla della lucerna è liscia. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un ampio foro di sfiato è aperto in prossimità e non in asse con il foro di alimentazione. Sul lato sinistro è posta una piccola presa ornata con brevi incisioni e un cerchietto in rilievo. Il corto becco a incudine è schiacciato presso le estremità. Intorno al becco si nota una limitata area di riduzione. Corpo ceramico rosa (5yr 8/4). Vernice di colore rosso (tra 7.5r 5/8 e 7.5r 4/8) densa e coprente. La base, delimitata da un anello poco rilevato, reca cinque cerchietti impressi disposti in croce. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 178 tav. 81, 1. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 91.
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giovanna cicala
Fotografia : 93. Rilievo del bollo : 93.
Lucerne Dressel 3 (Farka 2D ; Provoost IV, I, 2, I ; Di Filippo Balestrazzi B.II.a.2 ; Deneauve III ; Leibundgut II) e tipi di transizione alla forma I di Loeschcke
Il tipo classico delle lucerne Dressel 3 1 presenta serbatoio troncoconico e disco liscio, piatto o leggermente concavo. È caratterizzato da becco ad incudine, piccole prese laterali spesso decorate con motivi a fiori e a gocce impresse 2 e presenta quasi sempre l’ansa a nastro con costolature verticali impostata verticalmente. Il fondo, leggermente concavo e delimitato da un anello rilevato, reca sovente bolli, lettere o cerchietti, simili a quelli ricorrenti sulle lucerne Dressel 2. Le lucerne Dressel 3 erano prodotte in un periodo all’incirca compreso tra 100/80 ed il 15 a.C. 3 ed erano ampiamente diffuse nel Mediterraneo (Mauretania Tingitana, Cartagine, Luni, Roma, Ostia), 4 ma l’incertezza che permane nella definizione del tipo rende difficile individuare l’area di distribuzione, delimitare i limiti cronologici della produzione, ipotizzare quali fossero i centri di produzione. Leibundgut ha ritenuto, ad esempio, che l’assenza di volute tipiche della variante 3A caratterizzino il tipo, diversamente da Deneuve che, basandosi proprio sulla presenza di questo ornamento, ha sostenuto l’ipotesi della derivazione delle lucerne a volute dalle Dressel 3. Secondo Leibundgut 5 e Pavolini 6 le prime decorazioni figurate sul disco compaiono in questo tipo di lucerne italiche. L’esemplare k 5680 con vernice rossa della collezione civica ascolana è forse più recente di k 5674 e k 5642 con vernice di colore compreso tra il nero e il bruno ; proprio l’uso della vernice testimonia l’evoluzione del gusto che segna in questo periodo il passaggio dal vasellame da mensa a vernice nera alla terra sigillata italica.
Lucerne di forma Dressel 3, 3A e tipi di transizione alla forma I del Loeschcke 94. k 5680, i.c. 810, b.m. 3098. Dim : lungh. cm ; largh. cm 6.4 ; h. cm 4.1. Esemplare di Dressel 3 frammentario, privo del becco integrato con un restauro in gesso. Presenta l’infundibulum centrato ; in prossimità del becco, in asse con l’infundibulum, è aperto un foro di sfiato. Nella base reca 5 cerchietti impressi disposti a croce. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) duro, compatto e depurato. Vernice arrossata (tra 10r 5/8 e 10r 5/3). Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Luogo di produzione : Italia centrale tirrenica. Datazione : dal 90/80 o dal 50 al 10 a.C. Inedita. Bibliografia di confronto : Nella regio VI presso l’officina esinate sono stati rinvenuti tre frammenti pertinenti a 2 esemplari di lucerne di questo tipo : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 227.
1 Di Filippo Balestrazzi 1988, p. 136 ; Ricci 1973, pp. 193-195. 2 Alcuni definiscono queste piccole prese laterali ‘a fiocco’. 3 Ceci 2005, p. 313. 4 Ricci 1973, p. 197. 5 Leibundgut 1977, p. 16. 6 Pavolini 1981, p. 162.
bolli e graffiti su lucerne
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Fotografia : 94. Rilievo del bollo : 94.
95. Inv. k 5642, i.c. 784, b.m. 3014. Dim : lungh. cm 10.5 ; largh. cm 6 ; h. cm 3.5. Esemplare di Dressel 3A frammentario, privo della parte superiore dell’ansa a nastro verticale integrato con un restauro in gesso. Il disco leggermente concavo è ornato da un cordolo circolare in rilievo. Il becco a incudine e privo di volute reca un motivo decorativo costituito da tre cerchietti impressi nel punto in cui si congiunge al disco. La base, delimitata da un anello rilevato, reca cinque cerchietti impressi disposti a croce. A margine del disco, in asse con l’infundibulum, è aperto un foro di sfiato. Corpo ceramico arancio (7.5yr 7/6) duro, compatto con minuti inclusi micacei. Vernice nera arrossata (tra 2.5yr 2.5/2 e 2.5yr 4/6) ed evanida. Datazione : dal 90/80 o dal 50 al 10 a.C. Luogo di produzione : Italia centrale tirrenica. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Fotografia : 95. Rilievo del bollo : 95.
96. Inv. k 5674, i.c. 808, b.m. 3017. Dim : lungh. cm 10.5 ; diam. disco cm 5.2 ;. diam. di base : cm 2 ; h. cm 4. L’esemplare è frammentario : parte del becco, del disco e del serbatoio sono stati integrati con un restauro in gesso. Il serbatoio troncoconico leggermente schiacciato presenta una piccola lacuna (circa cm 2) al centro della base ed una linea di frattura in corrispondenza di due punti, in cui il disco si attacca alla spalla. Ansa a nastro verticale con costolature impostata in posizione decentrata, disco ampio. Il corto becco a incudine presenta la punta arrotondata. Nel disco, diviso dalla spalla con una solcatura, è raffigurato un uomo barbuto incedente a d., vestito con un corto gonnellino decorato con brevi segni incisi tratteggiati, che suona uno strumento a fiato. A d. del motivo decorativo è aperto l’infundibulum. L’assenza delle prese laterali, tipiche delle Dressel 3, può essere un indizio dell’appartenenza della lucerna ad una fase di passaggio verso il nuovo tipo a volute (Loeschcke I). La base piatta, delimitata da due cerchi concentrici, conserva parte di un bollo inciso prima della cottura ; alle lucerne di tipo Dressel 3 richiamano ancora le caratteristiche del bollo. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3). L’esemplare si presenta privo di rivestimento. Luogo di produzione : Italia centrale tirrenica ? Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Datazione : poiché l’esemplare è riferibile ad una fase di transizione si può forse proporre una datazione compresa tra la seconda metà e la fine del i secolo a.C. (precedente cioè all’inizio della produzione di lucerne a volute con becco angolare). Ringrazio Silvia Forti, con la quale ho avuto modo di discutere la tipologia dell’esemplare. Inedita. Bibliografia di confronto : sulla forma : Larese, Sgreva 1996, p. 65 ; Di Filippo Balestrazzi 1988, pp. 145-148 nn. 181-183 tav. 25 ; Ricci 1973, p. 197. Non sono noti confronti per il motivo decorativo. Fotografia : 96. Rilievo del bollo : 96.
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giovanna cicala Lucerne Dressel 4 Ponsich IC ; Deneauve II ; Pisani Sartorio I-III ; Leibundgut I
Questo tipo di lucerna presenta un disco ampio generalmente non decorato ed è caratterizzato dal motivo decorativo a coppia di teste d’uccelli (da cui il termine Vogelkopflampen usato per designarle) che si contrappongono araldicamente sul becco ai lati di una scanalatura o di un sottile canale che può essere in comunicazione con il disco. In base al contesto dei ritrovamenti era stato ritenuto che l’inizio della produzione di questo tipo di lucerne fosse riferibile intorno alla metà del i sec. a.C. ; 1 il termine, ipotizzato da Pavolini intorno al 15 a.C., 2 è stato spostato da Genito Gualandi in base al confronto con le stratigrafie di Ordona e di Luni in età claudia. 3 Esemplari di questo tipo di lucerne sono attestati in Sicilia, a Siracusa, 4 in Sardegna, a Bologna, 5 a Montefiascone ; 6 si ritiene che questo tipo di lucerne fosse originario dell’Italia tirrenica. 7 In ambito adriatico questo tipo di lucerna è piuttosto raro, come dimostra la presenza di un unico esemplare nelle raccolte sia del Museo di Aquileia (ritenuto di importazione da Di Filippo Balestrazzi), 8 sia del Museo di Verona (Sgreva ha ipotizzato che quest’ultimo possa provenire dal mercato antiquario di Roma), 9 sia di Treviso. 10 La diffusione delle Dressel 4 appare concentrata lungo l’arco occidentale del Mediterraneo : 11 Vogelkopflampen sono state rinvenute in Africa settentrionale, nella Mauretania Tingitana e a Cartagine ; 12 in Spagna, nelle Gallie, in Svizzera, in Germania, nei campi romani stanziati durante l’impero di Augusto ad Haltern. 13 Ad Oriente sono attestati rari esemplari a Corfù 14 e ad Olimpia. 15 Una raccolta di bolli presenti su Dressel 4 è stata pubblicata da Giuseppina Pisani Sartorio 16 e successivamente ampliata da Carlo Pavolini. 17 Nella collezione civica è presente un unico esemplare di Dressel 4 per il quale non si dispone di dati che consentano di risalire alla provenienza.
Collezione civica, Ascoli Piceno 97. Inv. k 5678, i.c. 808, b.m. 3453. Dim : lungh. cm 11.5, largh. cm. 6 ; h. cm 4.8. H. lettere : cm 0.8/1.1. L’esemplare è frammentario : privo dell’ansa e di parte del becco integrati con un restauro in gesso. La spalla, inclinata verso l’interno, presenta quattro circonferenze concentriche degradanti verso il disco interrotte all’altezza del becco dal motivo ornamentale delle due teste d’uccello contrapposte. Il disco liscio e piatto presenta l’infundibulum decentrato. Il canale è chiuso.
1 Ricci 1973, pp. 200-203 ; 230 ; Pavolini 1980, p. 47 ; Larese, Sgreva 1996, p. 48. 2 Pavolini 1980, p. 47 ; Pavolini 1981, p. 163 nota 100. 3 Genito Gualandi 1986, p. 106. Larese, Sgreva 1996, p. 48. 4 Bernabò Brea 1965, p. 338. 5 Gualandi Genito 1986, p. 108. 6 Guzzo 1970, p. 170 fig. 9. 7 Pavolini 1981, p. 162 8 Di Filippo Balestrazzi 1988, pp. 139-140. 9 Larese, Sgreva 1996, p. 48. 10 Zaccaria Rugghiu 1980, p. 56. 11 Di Filippo Balestrazzi 1988, p. 139. 12 Deneauve 1969, p. 104, t. xxxiv nn. 267-268. 13 Loeschcke 1919, p. 203 t. ix 34. 14 Pavolini 1980, p. 107 ; Pavolini 1981, pp. 162-163 tav. xxxi. 15 Di Filippo Balestrazzi 1988, p. 139. 16 Pisani Sartorio 1969-1970, p. 93 nota 34. 17 Pavolini 1980.
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Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) compatto e polveroso al tatto ; conserva tracce di rivestimento grigio scuro (7.5yr 4/0). La base, delimitata da un cerchio inciso, conserva un’iscrizione incisa con lo stilo prima della cottura : mce· Datazione : dal 50 a.C. al 50 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale tirrenica. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : Ricci 1973, pp. 200-205 ; Di Filippo Balestrazzi 1988, pp. 138-140 ; Larese, Sgreva 1996, p. 70. Presso il Museo Civico di Fano è conservato un esemplare di Dressel 4 frammentario, privo dell’ansa e dell’estremità del becco, caratterizzato da un motivo a rana all’attacco del becco. La base reca impressi cinque cerchietti disposti in croce : Mercando 1978, p. 50 n. 23 fig. 6. Nella regio VI nel corso degli scavi dell’officina esinate è stato rinvenuto un solo frammento relativo a questo tipo di lucerna : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 227 n. 664 fig. 117. Fotografia : 97. Rilievo dell’iscrizione : 97.
Lucerne a volute con becco triangolare Dressel 9, Loeschcke I, Broneer XXII, Deneauve IVa, Heres B, Provoost IV, 2, 1, Bailey A, Leibundgut V-VII Le lucerne di questo tipo sono caratterizzate dal becco angolare terminante ad angolo ottuso, fiancheggiato da due volute ornamentali. La spalla ridotta, piatta e appena inclinata è incisa da solcature e cordoli concentrici e racchiude un disco ampio ornato da decorazioni. Il serbatoio ha forma troncoconica rovesciata. La base è piatta o ad anello. Gli esemplari di produzione italiana sembrano distinguersi da quelli provinciali per l’assenza dell’ansa. 1 Il rapporto tra la larghezza del becco, nel punto in cui è attaccato al corpo della lucerna ed il diametro del disco, è stato ritenuto da Loeschcke un indicatore cronologico. 2 Rispetto a questa distinzione quanto più il becco si presenta rastremato, quanto più la lucerna è antica. Sono state distinte tre varianti : A, B e C. Le varianti A e B sono risultano maggiormente attestate in età augusteo tiberiana ; la variante C fu prodotta dal 50 d.C. I tre tipi continuarono ad essere prodotti sino alla fine del i sec. d.C. con estensioni sino al ii d.C. 3 La forma della spalla, il disco più o meno concavo, il numero e la foggia delle circonferenze che circondano il disco sono stati considerati elementi distintivi di determinati periodi di produzione. La presenza di bolli e contrassegni impressi, incisi o in leggero rilievo su questo tipo di lucerne è frequentemente attestata, ma non ha sinora consentito di distinguere ateliers. La flessione nell’uso del bollo documentata in questo periodo rispetto all’età tardo repubblicana, 4 unitamente alla circostanza che i nomi attestati sono diversi e presenti ciascuno su pochi esemplari hanno indotto a ritenere che la produzione di questa tipologia di lucerne fosse appannaggio di piccole botteghe. In particolare è stato ipotizzato che i contrassegni
1 Bailey 1980, pp. 126-127 ; Fioriello 2003, p. 35. 3 Larese, Sgreva 1996, p. 81.
2 Loeschcke 1919, pp. 24-26. 4 Pavolini 1981, p. 166.
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a cerchietti incisi, che compaiono con frequenza sugli esemplari attestati in area adriaticopadana, fossero tipici delle officine di queste zone. 1 Le lucerne a volute con becco angolare della collezione civica sono quattro : k 5153, k 3511 e k 5152 sono attribuibili alla variante A ; la variante di k 5666, come quella dell’esemplare conservato presso il Museo di Ancona, non è precisabile trattandosi di lucerne frammentarie.
Collezione civica, Ascoli Piceno 98. Inv. k 5153, i.c. 806a, a 350, b.m. 4571. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 2.8 ; largh. cm 7.4. Vol. attacco (C) : cm 3.4 ; lungh. becco (D) : cm 3.2 ; C/D : 1.06 (A). L’esemplare è stato ricomposto da otto frammenti e presenta un’integrazione in gesso su un lato del serbatoio e nella parte posteriore del becco. La spalla (IIIa) ampia e parallela alla base è separata dal disco da tre modanature digradanti. Sulla modanatura più esterna si trova un piccolo foro di sfiato. L’infundibulum è decentrato rispetto al disco, a s. del rilievo. Nel disco leggermente concavo è raffigurato un volto di fanciullo visto di fronte con i lineamenti resi in forma schematica : i capelli incorniciano il volto in ciocche regolari definite da incisioni e si raccolgono sulla sommità del capo in un ciuffo gonfio ; la sommità della testa è sormontata da una corona. Bailey ha ipotizzato che il busto, tagliato all’altezza del petto, potesse essere la raffigurazione di una statera. Bailey e Di Filippo Balestrazzi hanno proposto di identificare nel giovane Eros, Anti Arpocrate. 2 Il motivo decorativo ricorre su lucerne di tipo Loeschcke I, IV e VI. Corpo ceramico grigio rosato (5yr 7/1) polveroso al tatto e poco duro. Ingobbio grigio (7.5yr 6/). Nella base, delimitata da una circonferenza incisa, è impresso in posizione centrale un cerchietto. Datazione : 20 a.C. - 90 d.C. Luogo di produzione : area adriatico-padana. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul motivo decorativo : Di Filippo Balestrazzi ha proposto di datare questo motivo decorativo (I.b.1.25) in età giulio claudia in base al ritrovamento nella necropoli di Potentia di un esemplare in associazione con una moneta di Nerone. Nella regio V sono noti tre esemplari analoghi tipo Loeschcke IC (spalla IIIa), provenienti dalla necropoli di Potentia recanti lo stesso bollo, un cerchietto impresso. In base al corredo della tomba 24 gli esemplari (invv. 21567, 21568, 21569) sono databili intorno alla seconda metà del i sec. a.C. Mercando 1974, pp. 198-199, nn. 12, 13, 14, figg. 72-74-76. Dalla tomba 3 di Porto Recanati proviene un’altra lucerna di questo tipo : Mercando 1974, p. 154 n. 9 figg. 9, 3, 1 ; 12. Ramadori 2001, p. 133, fig. 53 a-c. A Villa Potenza : Mercando 1971, p. 408 n. 15 fig. 14. Un frammento con questo motivo decorativo è stato rinvenuto nel corso degli scavi condotti presso l’impianto produttivo di Monte Torto di Osimo : Montironi 2001b, pp. 135-136. Nella regio VI, ad Urbino nella tomba 80 della necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari : Mercando 1982, p. 212 n. 1 figg. 52d, 86.
1 Di Filippo balestrazzi 1988, p. 194. Ramadori 2001, p. 125. 2 In base alla presenza di un elemento a stella sulla capigliatura : Di Filippo 1964-1965, pp. 578 e ss.
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Nella regio X, ad Aquileia : esemplare con spalla IIIa e fondo piatto contrassegnato da cinque cerchietti circolari : Di Filippo Balestrazzi 1988, p. 180 n. 262, tav. 44, 58. (I.A.1.7.5). Fotografia : 98. Rilievo del bollo : 98.
99. Inv. k 3511, i.c. 806d, a 371, b.m. 1500. Dim : lungh. cm 10.4 ; h. cm 2.5 ; largh. cm. 7.4. Vol. attacco (C) : cm 3.5 ; vol. becco (D) : cm 3.2 ; C/D : 1.9 (A). L’esemplare presenta piccole scheggiature intorno alla cornice del disco. La spalla (IIIa) presenta tre modanature digradanti verso il disco. Nel disco concavo è raffigurata una menade danzante con la testa rovesciata indietro, le braccia distese ed allargate ; nella mano s. reca un coltello e nella d., parte di un capretto. È vestita con un chitone e la nibride ed incede a s. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) duro e compatto.Vernice di colore rosso (10r 5/8) in parte evanida. Nella base, delimitata da una circonferenza incisa, sono impressi tre cerchietti disposti verticalmente. Datazione : periodo augusteo tiberiano, durante il quale il motivo decorativo con la menade danzante era in voga. Luogo di produzione : area adriatico-padana. Luogo di rinvenimento : Ascoli. Indicazione di provenienza riportata nell’inventario i.c. Inedita. Bibliografia di confronto : Di Filippo Balestrazzi 1988, 2, p. 177 n. 244 ; 1, pp. 30-31. Fotografia : 99. Rilievo del bollo : 99.
100. Inv. k 5152, i.c. 806b, b.m. 3697. Dim : lungh. cm 10.6 ; h. cm 3 ; largh. cm. 7.7. Vol. attacco (C) : cm 3.5. lungh. becco (D) : cm 3.3 ; C/D : 1.06 (B). La spalla (IIIa) presenta tre modanature digradanti verso il disco. Nel disco concavo è raffigurato un uccello stante, volto a d., con le ali chiuse su un ramo. L’infundibulum è decentrato, al di sotto del motivo decorativo. Nella base, delimitata da un cerchio inciso, sono impressi tre cerchietti allineati verticalmente. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) poco duro, polveroso al tatto. Vernice di colore rosso (2.5yr 5/6) leggermente diluita. Incrostazioni calcaree in superficie. Datazione : 20 a.C. - 90 d.C. Luogo di produzione : area adriatico-padana. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : nella regio V, esemplari analoghi sono stati rinvenuti nelle tombe 3, XX, 181 della necropoli di Porto Recanati : Mercando 1974, p. 156 n. 10 fig. 9 3, l ; p. 400 n. 1 fig. 313, xx, 324 ; p. 333 n. 10 fig. 246, 252 h. Nella regio VI, ad Urbino due lucerne analoghe sono state rinvenute nella tomba 83 ed una terza tra i materiali sporadici : Mercando 1982 rispettivamente : p. 219 nn. 3 e 4 figg. 39c, 89 e 52b ; p. 355 n. 4 fig. 226c. Nella regio X, ad Aquileia : Di Filippo Balestrazzi 1988, 2, pp. 632-633, 149 e tav. 108 ; a Verona : esemplare con spalla IIIa e cerchietto impresso al centro della base : coll. Verità, inv. 24097. Larese, Sgreva 1996, p. 101 n. 168. Fotografia : 100. Rilievo del bollo : 100.
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101. Inv. k 5669, i.c. 806, b.m. 4570. Dim : lungh. cm 7.5 ; largh. cm 7.3 ; h. cm 2.7. Vol. attacco (C) : cm 3.3 ; lungh. becco (D) : non precisabile ; C/D : non precisabile. Esemplare ricomposto da 4 frammenti, in cui la parte anteriore del becco è stata integrata con un restauro in gesso. La spalla (IIIa) è separata dal disco da tre modanature digradanti verso il disco. Nel disco è raffigurata un’anfora infissa nel suolo, ornata con una ghirlanda di foglie e con una corona pendente dall’ansa destra. Sul lato un bastone, la cui parte inferiore termina a ‘v’. L’ornamento sul collo dell’anfora e la corona alludono forse ad un momento di rito o di festa. Il foro di alimentazione è aperto in prossimità dell’attacco del becco. Corpo ceramico grigio rosato (5yr 7/2) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Nella base, delimitata da un cerchio inciso, è impresso in posizione centrale un cerchietto. Datazione : 20 a.C. - 90 d.C. Luogo di produzione : area adriatico padana. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : regio V : tre lucerne (tomba 24, invv. 21559 e 21560 ; tomba 93, senza inv.) tipo Loeschcke IC con spalla IIIa e motivo analogo sono state rinvenute nella necropoli di Porto Recanati ; gli esemplari sono databili intorno alla prima metà del ii sec. d.C. in base ai corredi delle tombe. La lucerna n. 4 reca nella base cinque cerchietti impressi : Mercando 1974, tomba 24, p. 197 n. 4, 5 figg. 72, 74, 76 ; tomba 93, fig. 268 n. 1 ; Ramadori 2001, pp. 135, fig. 54a-b ; 124, tav. 1 ; 128. Un altro esemplare, inv. 35109, era parte del corredo della tomba 42 della necropoli di S. Donato, ad Urbino : Mercando 1982, p. 288, figg. 151d, 155. Nella regio X, ad Aquileia : Di Filippo Balestrazzi 1988, 2, p. 181 n. 266 tav. 45. Fotografia : 101. Rilievo del bollo : 101.
Museo Archeologico Nazionale di Ancona 102. Inv. 1213. Dim. lungh. cm 10.1 ; largh. cm 7.4 ; h. cm 2.6. vol. attacco (C) : non precisabile. ; lungh. becco (D) : cm 5 ; C/ D : non precisabile. H. contrassegno : cm 0.3/0.4. Esemplare frammentario privo della parte finale del becco. La spalla (IIIa) presenta tre modanature digradanti verso il disco. Nel disco è raffigurato un uccello con un ramo di palma. L’infundibulum è decentrato, sotto il motivo decorativo. Nella base, delimitata da una circonferenza incisa, sono impressi cinque cerchietti disposti in croce. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/6 e 2.5yr 6/8) poroso, poco duro e ben depurato. Incrostazioni calcaree in superficie. Sulla parte posteriore si conservano tracce di ingobbio rosso scuro (tra 7.5r 4/6 e 7.5r 3/8). Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, porta Romana. Luogo di produzione : area adriatico-padana. Datazione : 20 a.C. - 90 d.C. Inedita. Bibliografia relativa al rinvenimento : Pasquinucci 1975, p. 112. Bibliografia di confronto : l’esemplare inv. 21563 rinvenuto nella tomba 24 di Porto Recanati : Mercando 1974, p. 198 figg. 74, 75, 76d ; la lucerna, inv. 26896, realizzata con matrice
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molto stanca proveniente dalla tomba 293 : Mercando 1974, p. 377 figg. 299f, 301. Ramadori 2002, pp. 124-125 ; 127-128. Ad Urbino : due frammenti ritenuti pertinenti a lucerne di tipo non determinabile provenienti dall’area della necropoli di S. Donato (Mercando 1982, p. 358 figg. 226d, e) ; dalla tomba 42 della necropoli presso il bivio della Croce dei Missionari una lucerna a volute recante sul fondo doppio cerchietto concentrico in posizione decentrata (inv. 35108, Mercando 1982, p. 172 n. 6 figg. 47, 52e). Fotografia : 102. Rilievo del bollo : 102.
Lucerne a volute con becco ad ogiva Dressel 11 e 14 ; Loeschcke IV ; Broneer XXIII ; Deneauve V A ; Heres C ; Provoost IV, 2, 2, 1-2 ; Leibundgut XII ; Bailey B
Questo tipo di lucerne prodotte a matrice si differisce dal precedente per la forma del becco che è rotondo, anziché angolare. Il corpo della lucerna presenta alcune analogie con il tipo angolare : la forma della spalla piatta evidenziata da una scanalatura interna o da più modanature degradanti verso l’interno, la presenza di volute in prossimità del becco e la mancanza dell’ansa, che compare verso la fine della produzione. Bailey suddivide gli esemplari di questo tipo conservati presso il British Museum in cinque gruppi : I, II, III, IV, V. 1 L’esemplare della collezione civica di Ascoli Piceno rientra nel secondo gruppo (Bailey tipo B, gruppo II privo di prese), in cui sono comprese lucerne con forma della spalla Loeschcke III, IV o riconducibili a varianti intermedie ; gli esemplari con spalla IIIa e IIIb sono riferibili al secondo e al terzo quarto del i sec. d.C., quelli con spalla IV ad età tiberiana.
Collezione civica, Ascoli Piceno 103. Inv. k 5675, i.c. 806e, b.m. 4528. Dim : lungh. cm 10 ; largh. cm 5 ; h. cm 2.7. H. lettere bollo : cm 0.4/0.5. Esemplare integro. La spalla (IIIb) è percorsa da due circonferenze concentriche e da un cordolo. Il becco ornato da volute presenta la sommità arrotondata. Il disco concavo è ornato con un leone che corre a s. con folta criniera e le zampe anteriori sollevate. Corpo ceramico rosa (5yr 8/4) poroso e depurato. Vernice di colore rosso arancio (2.5yr 5/8) diluita e evanida. Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base piatta, delimitata da una circonferenza incisa, reca impresso il bollo gabinia. Diverse interpretazioni sono state proposte per il bollo gabinia ; è stato ipotizzato che
1 Il tipo I, riferibile ad età augustea, non è ancora standardizzato e presenta quindi molte varianti : la spalla I-III, l’ampiezza delle volute, la base ad anello. Il tipo III, dalla tarda età tiberiana alla prima età traianea, è caratterizzato da spalla arrotondata Loeschcke V, VI e VIIa ; il gruppo IV, la cui produzione è compresa tra l’età claudia e l’età traianea, presenta spalla VIIb. Il gruppo V si distingue per l’introduzione di un’ansa forata realizzata a matrice. Bailey 1980, pp. 153-183.
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Gabinia fosse un nome femminile o che indicasse un’officina proprietà di un Gabinia(nus) o Gabin(ius) Ia(nuarius) o C. Abin(ius) Ia(nuarius). Datazione : L’attività di questa officina è compresa tra il secondo e terzo quarto del i sec. d.C. e l’inizio dell’età antonina. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : Valle del Salino, comune di S. Egidio alla Vibrata. L’indicazione è riportata sull’etichetta b.m. e nei Taccuini di Gabrielli : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 97 r. ; 3 (1891-1892) c. 31 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 97 r. ; 3 (1891-1892) c. 31 r. ; Conta 1982, p. 289 n. 309. Bibliografia di confronto : sul bollo : Rizzo 2003, p. 133 n. 48 ; Bailey 1980, p. 96 ; Bonnet 1988, pp. 170-176 ; Larese, Sgreva 1997, p. 448. Nella regio X, Larese, Sgreva 1996, p. 139 nn. 219 e 220. Fotografia : 103. Rilievo del bollo : 103.
Lucerna tipo Bailey G Loeschcke V ; Deneauve VG ; Walters 72 ; Broneer XXIV B ; Leibundgut XVI-XVI ; Bailey G ; Bussiere CII ; Pearlzweig Ear Lamps
Queste lucerne presentano corpo circolare con becco corto generalmente arrotondato, base piatta e un canale corto e stretto che collega di frequente il disco al foro di bruciatura. Numerosi esemplari sono muniti di ansa, anche se non mancano le eccezioni. Sono caratterizzate da due piccole prese laterali che hanno funzione esclusivamente decorativa. Questa tipologia di lucerne è ben attestata nel Mediterraneo non solo con esemplari esportati dall’Italia, ma anche con riproduzioni locali. 1 La produzione ebbe inizio intorno al 50 d.C. e si protrasse sino al primo quarto del ii sec. d.C., come dimostra la presenza della formula onomastica trimembre in alcuni bolli. 2 Nella collezione civica è presente un unico esemplare riferibile a questa tipologia, k 3406, recante il bollo c·oppi·res, riferibile a C. Oppius Restitutus.
Collezione civica, Ascoli Piceno 104. k 3406, i.c. 811, b.m. 145. Dim : lungh. cm 10.4 ; largh. cm. 7.3 ; h. cm 5. H. lettere bollo : cm 0.5. L’esemplare presenta piccole scheggiature sulla spalla, sulla parte posteriore dell’ansa ed abrasioni intorno alla base. Nel disco concavo è aperto il foro di alimentazione in posizione centrale. Il piccolo foro di sfiato e il canale chiuso presso il becco sono evidenziati con un brevi tratti incisi. L’ansa forata con due solcature presenta il codolo che arriva quasi sino al fondo del serbatoio. L’estremità del becco è arrotondata. La spalla, ampia e arrotondata, è separata dal disco da una scanalatura. Su ciascun lato della lucerna è applicata una presa decorata.
1 Bailey 1980, p. 233.
2 Bailey 1980, p. 234.
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Nella base, delimitata da una circonferenza incisa, è stato impresso e ribattuto il bollo c·oppi·res. Corpo ceramico color rosa (5yr 8/ 3). Vernice di colore rosso (tra 2.5yr 6/8 e 2.5yr 4/8) densa, coprente e brillante. Intorno al becco area di riduzione da fumo. Il bollo è riferibile a C. Oppius Restitutus, uno dei più importanti produttori di lucerne dell’Italia centrale, attivo nel periodo compreso dalla tarda età flavia sino alla prima età antonina, durante il quale realizzò lucerne di diversi tipi (Vogelkopflampen, a volute e semivolute, a becco cuoriforme, quadrate, per elencarne solo alcuni). Datazione : 90-140 d.C. Luogo di produzione : Scavi realizzati nel 1965 sul versante orientale del Gianicolo dalla Soprintendenza Archeologica di Roma hanno permesso l’identificazione di una delle officine del ceramista. L’esame del materiale rinvenuto durante gli scavi unitamente ad analisi effettuate sia sui materiali recenti, sia su esemplari da tempo custoditi presso i musei della capitale ha permesso di assegnare ciascuna variante del bollo ad una fase distinta dell’attività dell’officina. Il bollo impresso c·oppi·res è riferibile all’ultima fase produttiva dell’atelier del Gianicolo (90-140 d.C.) : Ceci, Mastripieri 1990, pp. 119-120. Luogo di rinvenimento : collezione Odoardi ? ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sulla forma : Bailey 1980, pp. 233-236, Q 1093-1094, pl. 38. Sulla fabbrica di Caius Oppius Restitutus : Maestripieri, Ceci 1994 ; Bailey 1980, p. 99 ; Pavolini 1980, pp. 78-80 ; Bonnet 1988, pp. 181-205 ; Anselmino, Balducci 1994, p. 450, tab. 1. Fotografia : 104. Rilievo del bollo : 104.
Lucerne ad ansa trasversale Dressel 22 Le lucerne di questo tipo sono caratterizzate dal serbatoio troncoconico che si prolunga con continuità nel becco ad incudine, dall’ansa trasversale impostata verticalmente sul serbatoio destinata alla sospensione a muro ; 1 il disco reca sovente un motivo decorativo inciso a stilo. Gli studi condotti su questa tipologia di lucerne da Giuseppina Pisani Sartorio 2 e da Carlo Pavolini 3 hanno individuato un’evoluzione dal tipo originario della Vogelkopflampe che attraverso una progressiva schematizzazione avrebbe portato ad una semplificazione della forma e del motivo decorativo. Proprio il becco è l’elemento che documenta la continuità morfologica tra i due tipi ; diversamente l’originaria ansa a nastro verticale realizzata a mano diviene una piccola presa trasversale realizzata a matrice, determinando un progressivo schiacciamento della parte posteriore del serbatoio. La trasformazione della forma poté dirsi conclusa intorno alla fine del i sec. d.C. È stato ritenuto che la forma compatta di tale tipologia di lucerne le rendesse particolarmente funzionali per l’imballaggio ed il trasporto, una caratteristica questa che ha valso ad esse da parte degli studiosi la definizione di ‘lucerne da spedizione’. 4 Le lucerne
1 Pavolini 1980, pp. 45, 51. Ramadori 2001, p. 131 nota 59. 2 Pisani Sartorio 1969-1970, pp. 81-93. 3 Pavolini 1980. 4 Ramadori 2001, p. 131.
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ad ansa trasversale ebbero massima diffusione nel ii sec. d.C. e continuarono ad essere prodotte per parte del iii sec. d.C. Poco attestate nel Nord-Italia e maggiormente diffuse in area romana e campana, queste lucerne risultano scarsamente diffuse nella regio V sia in contesto funerario, sia abitativo. Alcuni esemplari sono stati rinvenuti nel corso degli scavi della necropoli di Potentia. 1 L’assenza di scarti di fornace relativi a questi manufatti ha indotto ad ipotizzare che le poche lucerne rinvenute nel territorio siano giunte attraverso contatti con le officine campane o laziali. 2
Collezione civica, Ascoli Piceno 105. k 5156, i.c. 814, b.m. 161. Dim : lungh. cm 8 ; largh. cm 5.3 ; h. cm 4. L’esemplare integro è caratterizzato da decorazione ‘a rastrello’ (sottotipo III I, profilo 2). Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) assai duro e compatto. Nella base conserva traccia di un bollo di difficile lettura : sº . .oºnº eº . Datazione : intorno alla seconda metà del i sec. d.C. in base al sottotipo. Luogo di produzione : Italia centrale. Quasi tutti gli esemplari noti di questo sottotipo provengono o sono conservati a Roma. Gli esemplari di provenienza campana sono stati rinvenuti nei contesti archeologici che si arrestano al 79 d.C. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : Pavolini 1980, pp. 59-60, tav. xiv, 1. Fotografia : 105. Rilievo del bollo : 105.
106. k 3520, i.c. 814, a 307, b.m. 2679. Dim : lungh. cm 7.9 ; largh. cm. 5.2 ; h. cm 2.7. L’esemplare integro è caratterizzato dalla decorazione ‘a rastrello’ (sottotipo III M). Nella base reca impresso un contrassegno costituito da due circonferenze concentriche. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) assai duro, compatto e depurato. Datazione : 80-150 d.C. Il tipo risulta attestato sino al iii sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : Garrufo. Indicazione di provenienza riportata sull’etichetta b.m. Inedita. Bibliografia di confronto : Sul sottotipo : Pavolini 1980, pp. 60-63, con elenco di bolli che figurano negli esemplari pubblicati nel cil. Nella regio V, nel corso degli scavi eseguiti presso la necropoli di Porto Recanati sono stati rinvenute cinque lucerne ad ansa trasversale prive di bollo nelle tombe : 8, 10, 24 (da dove provengono 2 esemplari), 211 : Mercando 1974, tomba 8 : p. 164 n. 9, fig. 20 ; tomba 10 : p. 172 n. 5 fig. 31 ; tomba 24 : p. 197 nn. 2, 3 figg. 74, 76 ; tomba 211 : p. 351 n. n. 2, figg. 266, 211, 272. Su questi esemplari, vedi anche : Ramadori 2001, pp. 130-133. Fotografie : 106. Rilievo del bollo : 106.
1 Mercando 1974, pp. 166, 174, 203, 351, 416. Ramadori 2001, pp. 132-133. 2 Ramadori 2001, p. 133.
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Lucerne a becco corto e rotondo Dressel 17, 18, 18, 24 e 27 ; Deneauve VII e VIII ; Loeschcke VIII ; Broneer XXV ; Bailey O, P, Q, R ; Leibundgut XX, XI, XII ; Provoost 3 ; Di Filippo Balestrazzi B.II.h.1-6 e ss. ; Ponsich III A, B, C
Questa tipologia di lucerne, frequentemente attestata nel bacino del Mediterraneo, è caratterizzata da corpo di forma circolare, ansa forata e solcata ottenuta a matrice, 1 disco ampio e concavo spesso decorato, da cui la definizione a disco. 2 La spalla ampia e piatta negli esemplari più antichi con il prosiego della produzione diventa saliente, liscia o decorata. Il lungo periodo di tempo durante il quale queste lucerne sono state prodotte (dall’età augustea sino al iv sec. d.C., quando la qualità degli esemplari diviene scadente, 3 con apice della diffusione tra la seconda metà del i ed il ii sec. d.C.) ha comportato la creazione di una notevole quantità di varianti, distinte dagli studiosi in complesse classificazioni basate su quelli che erano ritenuti di volta in volta i tratti maggiormente caratterizzanti. Loeschcke individuò tra le caratteristiche fondamentali di questo tipo l’andamento curvo o diritto della linea che separa il becco dal corpo della lucerna. 4 Nel caso della linea curva Loeschcke distinse due sottotipi (K e R), a secondo che rapporto della linea fosse in opposizione o coincidente rispetto al disco. Nel caso della linea diritta, Loeschcke definì i due sottotipi L1 e L2, a seconda che il becco fosse secante la spalla o tangente ad essa. Il sottotipo H corrisponde al becco cuoriforme. Tra le proposte di classificazione si ricordano quella di Heres che ha distinto sei sottotipi e quella di Bisi Ingrassia che ne ha proposti dieci. Bailey ha proposto una classificazione articolata in tipi e sottotipi che si snoda dall’età claudia a quella severiana : O (I-IV) ; P (I-III) ; Q (I-X). Di recente Ferraresi ha richiamato l’attenzione sulla forma del becco come tratto peculiare della tipologia, evidenziando come il disco figurato ed il profilo arrotondato del corpo ricorrano anche su altre lucerne. 5
Lucerne a becco tangente il disco Loeschcke VIII R ; Bailey, tipo O, gruppo V ; Di Filippo Balestrazzi, forma B. II. h. 6
A questo tipo di lucerne prodotto dalla tarda età augusteo tiberiana appartiene solo l’esemplare k 5613 della collezione civica, un tempo forse parte della raccolta Odoardi.
Lucerne a becco tangente la spalla limitato da un solco orizzontale Loeschcke VIII L2 ; Deneauve VIIA1 ; Heres Ec, Leibundgut XX, Bisi Ingrassia IXG, Bailey P, gruppo III, Di Filippo Balestrazzi B.II.h.4
Gli esemplari del gruppo sono caratterizzati da becco tangente la spalla limitato da un solco orizzontale. La spalla stretta e inclinata è separata dal disco con un’unica solcatura ed
1 Sono attestati esemplari privi dell’ansa. 3 Fioriello 2003. 5 Ferraresi 2000, p. 166.
2 Gualandi Genito 1986, p. 133. 4 Loeschcke 1919, pp. 237-241, fig. 7.
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è ornata su ogni lato da una borchietta verticale. Perlzweig 1 ha ipotizzato che queste borchiette non bucate fossero derivate da copie prodotte in Italia centrale delle Firmalampen (Bailey tipo N, gruppo IV) e le data dopo il 79 d.C. Si ritiene che questa tipologia di lucerna sia stata prodotta in Italia centrale dalla seconda metà del i sec. d.C. all’inizio del ii d.C. Bailey ipotizza che esemplari analoghi siano stati prodotti in Nord-Africa su imitazione dei prodotti italici dalla tarda età flavia all’età adrianea. Il tipo è rappresentato nella collezione civica dalla lucerna k 5614.
Lucerne con becco inserito a metà della spalla limitato da un solco orizzontale Loeschcke VIII LI ; Broneer XXV ; Dressel 20 ; Deneauve VIIA ; Walters 95 ; Heres Eb ; Provoost IV, 3, 3 ; Leibundgut XXI-XXII ; Bailey P I-III ; Di Filippo Balestrazzi B.II.h.5 ; Bisi Ingrassia IX E-F ; Ponsich IIIB1
Le lucerne di questo gruppo presentano corpo circolare e becco corto e rotondo inserito nella spalla e definito con un’impressione orizzontale e un leggero dislivello rispetto al corpo della lucerna. Recano spesso due cerchietti impressi nel punto in cui il becco si unisce al corpo della lucerna. La spalla (VIIb o VIIa) è arrotondata, priva di decorazioni ed è distinta dal disco in quanto compresa tra due incisioni. Questo tipo di lucerne reca sempre un’ansa forata, realizzata a matrice ed evidenziata da solchi sino alla sommità ; talvolta alcuni punti sono impressi nel punto in cui l’ansa si innesta sulla spalla. La base è piatta e delimitata da una circonferenza incisa, in cui è spesso impresso il bollo. Sulla sommità del disco sono frequentemente ricavati fori di aereazione. La produzione di questo tipo risulta compresa tra la tarda età flavia e la prima età antonina. Cinque lucerne (Catalogo, nn. 109-113) della collezione civica sono ascrivibili a questo tipo. Gli esemplari k 5154 e k 5164 presentano analogo motivo decorativo : il coniglio che mangia presso un cespuglio. L’esemplare k 5164 è stato eseguito con minore accuratezza, la matrice è stanca e il bollo impresso non leggibile ; la forma della spalla (VIIb) induce ad ipotizzare che la lucerna k 5164 sia posteriore alla k 5154 (spalla VIIa).
Lucerna con canale presso il becco Bailey tipo P, gruppo II Una sola lucerna della collezione civica, k 5626, è riferibile alla variante II del gruppo P di Bailey, la cui produzione localizzata in Italia centrale, risulta compresa tra il 90 ed il 140 d.C. Questa variante si differisce dal tipo precedentemente descritto per la presenza di un canale breve e stretto che congiunge il disco con il becco. Non sono noti molti esemplari di questo tipo provenienti da contesti databili ; tra questi una lucerna rinvenuta a Tipasa con bollo gabmerc 2 è databile all’ultimo quarto del i sec. a.C. e un esemplare rinvenuto ad Ostia con bollo coppires proveniente da un contesto di età traiano adrianea. 3
1 Perlzweig 1961, p. 8 ; Bailey 1980, p. 332. 3 Salone 1973, p. 310 pl. xli.
2 Bailey 1980, p. 331.
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Lucerne con becco limitato da incisioni Provoost 3.3.2, Ponsich IIIB2, Sotgiu IVA2, Bailey Q, gruppo I Questo tipo di lucerne è caratterizzato dalla spalla larga e inclinata, dall’ansa impostata verticalmente sulla spalla, da piccoli motivi decorativi incisi tra il disco ed il becco. Secondo Bailey molte lucerne di questo di tipo erano prodotte in vicinanza di Roma in un periodo compreso tra la prima età antoniana e l’età severiana. Nella collezione civica ascolana figurano due esemplari che recano trattini e incisioni a forma di ‘v’ nel punto in cui si il becco si inserisce nella spalla.
Lucerne a becco cuoriforme Loeschcke VIII H ; Deneauve VIII ; Bisi Ingrassia IXI ; Di Filippo Balestrazzi B.II.h.3 ; Heres E, e
Questo tipo di lucerne a becco corto e rotondo è ritenuto successivo alle varianti Loeschcke L1, L2, K e R in quanto non compare nel carico del vasaio C. Clodius (tra il 40 ed il 50 a.C.) ed è attestato ad Ercolano soltanto da pochi esemplari. 1 Nel suo studio sulle lucerne aquileiesi Di Filippo Balestrazzi distingue tra gli esemplari con becco cuoriforme due sottotipi in base a come il becco si innesti nel serbatoio, se sia cioè tangente al serbatoio, e dunque esterno o secante la spalla, e tangente il disco.
Lucerne tarde a becco cuoriforme Deneauve VIII ; Bailey tipo Q, gruppi IV-IX ; Heres E, e-f.
Le lucerne di questa tipologia, considerate evoluzione delle Loeschcke VIII prodotte tra il 90/100 ed il 150 d.C., 2 sono caratterizzate dal disco concavo circondato dalla spalla arrotondata spesso decorata, dalla presenza costante dell’ansa forata e, appunto, dal becco cuoriforme. La base è di frequente ad anello, più di rado piatta. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che queste lucerne fossero prodotte da manifatture centro-italiche localizzate in vicinanza di Roma. 3 Sono lucerne molto diffuse in Italia, in Africa e nelle province dell’Impero. 4 Bailey ha proposto per questo tipo una suddivisione in gruppi (IV-IX) contemporanei prodotti circa dal 175 al 350 d.C. che sono stati distinti in base alle dimensioni o alla decorazione della spalla. In certi casi le lucerne di questi gruppi sono riconducibili agli stessi produttori. Si differiscono principalmente dal tipo P per la reintroduzione dei motivi decorativi sulle spalle, per la presenza del becco cuoriforme più frequente di quello delimitato da un tratto orizzontale, la base delimitata da un anello piuttosto che piatta. Collocando la fine di questa tipologia a metà del iii sec. d.C., Bailey ottiene però un vuoto nella produzione di questi manufatti sino al iv secolo d.C., quando si affermano le lucerne che corrispondono al tipo R della sua classificazione. Questa circostanza potrebbe essere spiegata secondo lo studioso o come una semplice lacuna nella nostra documentazione o come una possibile cessazione di questa produzione su vasta scala imputabile agli eventi che colpirono l’Impero alla morte di Alessandro Severo ; un riscontro potrebbe essere fornito dai dati provenienti dagli scavi del monte Testaccio, dove le importazioni di
1 Larese, Sgreva 1996, p. 195. 2 Bailey 1980, p. 336. 3 Di questo avviso : Pavolini 1980 ; Bailey 1980, p. 336. 4 Zaccaria Rugghiu 1980, p. 78.
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anfore olearie sul Testaccio terminano dopo il 235 d.C. 1 Tuttavia appare probabile che la cronologia proposta per questa produzione di lucerne debba essere abbassata.
Collezione civica, Ascoli Piceno Lucerne con becco tangente il disco 107. k 5613, i.c. 812c, b.m. 165 n. 3. Dim : lungh. cm 15 ; largh. cm 11.5 ; h. cm 6.5. H. lettere : cm 0.4/0.5. L’esemplare integro presenta la spalla larga ed inclinata (VIIb) decorata con un motivo ad ovoli impressi. L’ansa verticale forata ha il codolo che si arresta circa all’altezza di metà del serbatoio. L’infundibulum è poco ampio e decentrato rispetto al disco. In prossimità del margine del disco è stato aperto un piccolo foro di sfiato. Corpo ceramico non visibile. Vernice di colore rosso (tra 7.5r 5/8 e 7.5r 4/8). Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base delimitata da una circonferenza si conserva traccia di un bollo impresso non leggibile, le cui lettere iniziali sono forse cº r º[…]. Datazione : dalla seconda metà del i al ii sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Fotografia : 107. Rilievo del bollo : 107.
Lucerne a becco tangente la spalla limitato da un solco orizzontale 108. Inv. k 5614, i.c. 812c, b.m.165 n. 2. Dim : lungh. cm 12 ; largh. cm 9.5 ; h. cm 3.1. L’esemplare è privo di una parte del becco e dell’ansa forata e presenta una piccola lacuna sul disco. Sulla spalla piatta (IVb) sono impostate due borchiette. L’infundibulum centrale è circondato da due circonferenze rilevate. Un foro di sfiato è aperto a margine del disco. Il disco è ornato con un motivo decorativo con rami di mirto fioriti intrecciati e legati in corrispondenza della sommità del disco. Corpo ceramico beige molto chiaro (10yr 7/3) duro, compatto e depurato. Vernice nera arrossata (tra 5yr 2.5/1 e 5yr 2.5/2). Nella base, tra due circonferenze incise, sono impressi quattro cerchietti concentrici in posizione radiale e in posizione centrale un bollo a forma di plantare. Datazione : 90-150 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Fotografia : 108. Rilievo del bollo : 108.
1 Bailey 1980, pp. 336-337.
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Lucerne con becco inserito a metà della spalla limitato da un solco orizzontale 109. Inv. k 5619, i.c. 812c, b.m. 168. Dim : lungh. cm 9.5 ; largh. cm 6.8 ; h. cm 4. H. lettere bollo : cm 0.3. L’esemplare presenta scheggiature su tutta la superficie. La spalla (VIIb) è separata dal disco con una solcatura. L’ansa impostata verticalmente presenta due solcature ; il codolo termina a metà del serbatoio. Il becco innestato a metà spalla è limitato da un solco orizzontale e reca impresso un cerchietto in corrispondenza di ciascuno dei due punti in cui si innesta sulla spalla. Sul disco concavo è raffigurata in posizione centrata la maschera comica di un vecchio barbuto con spesse sopracciglia. La capigliatura e il contorno della bocca sono resi con tratti sottili e paralleli ravvicinati. Il foro di alimentazione è aperto a s. del motivo decorativo. Corpo ceramico bianco (10yr 8/2). Tracce di vernice di colore rosso bruno (tra 5yr 3/3 e 5yr 2.5/2). Intorno al becco si nota un’area di riduzione di colore nerastro. La superficie dell’esemplare è ruvida e irregolare per la presenza di incrostazioni calcaree. L’esemplare reca nella base delimitata da una circonferenza è stato impresso il bollo L i ^vli mLri riferibile ad A. Iulius Mari( ). Datazione : 70-150 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale ? Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : cil xv 6494b. Sulla raffigurazione nel disco : Di Filippo Balestrazzi 1988, p. 113, tav. 51 ; Genito Gualandi 1977, n. 199, tav. 31 ; Bailey 1980, p. 321 Q 1266, pl. 66 ; Walters 1914, n. 987. Fotografia : 109. Rilievo del bollo : 109.
110. Inv. k 5617, i.c. 812c5, b.m. 3348. Dim : lungh. cm 1 ; largh. cm 7.5 ; h. cm 4.6. H. lettere bollo : cm 0.3/0.4. L’esemplare è frammentario : l’ansa, parte del disco e della spalla (IVb) sono stati integrati da un restauro in gesso. Presenta piccole scheggiature sul disco, sulla spalla e sul serbatoio. Nel disco, delimitato da una circonferenza incisa, è raffigurato un motivo decorativo di difficile interpretazione (un trofeo ?). Il foro di alimentazione è aperto a s. del motivo decorativo. Corpo ceramico beige (7.5yr 6/4). Tracce di vernice rosso bruno (tra 10r 4/4 e 10r 5/6). Incrostazioni calcaree in superficie. Sul becco area di riduzione di colore nerastro. La base delimitata da una circonferenza reca impressa il bollo frammentario iv^ni drariferibile a Iunius Dra(co). Datazione : 120-200 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : cil xv 6503 ; cil x 8053 105. Su Caius Iunius Draco : Haley 1990, pp. 1-13. Fotografia : 110. Rilievo del bollo : 110.
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111. Inv. k 5623, i.c. 812b, b.m. 143. Dim : lungh. cm 12.5 ; largh. cm 9 ; h. cm. 4.5. H. lettere bollo : cm 0.4. L’esemplare è integro. La spalla (VIIb) è separata dal disco con due circonferenze concentriche. Nel disco, delimitato da una circonferenza incisa, è raffigurato un fiore con quattordici petali lanceolati disposti intorno all’infundibulum. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco ed evidenziato con una circonferenza rilevata. Un foro di sfiato è aperto al margine del disco. L’ansa è impostata verticalmente e presenta due scanalature. Il codolo prosegue sino alla base del serbatoio. Corpo ceramico beige chiaro (10yr 8/3) compatto, depurato e polveroso. Tracce di vernice di colore rosso bruno (5yr 3/2). Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base delimitata da due circonferenze concentriche è impresso il bollo lfabricmasc riferibile a L. Fabricius Masculus. Datazione : Secondo Bailey la produzione di L. Fabricius Masculus è compresa tra età flavia ed antonina (Bailey 1980, p. 95) ; secondo Anna Larese tra l’età di Adriano e quella di Marco Aurelio (Larese 1997, pp. 446-447). Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Bailey 1980, p. 95 ; Bailey 1988, p. 96 ; Larese, Sgreva 1997, pp. 446-447. Alcune varianti del bollo in : cil xv 6433. Sulla diffusione : Sotgiu 1968, n. 417. Il bollo è attestato su Vogelkopflampen, lucerne a volute, a semivolute, a becco cuoriforme : Pavolini 1980, p. 84. In Italia : cil ii 6256, 19 ; cil viii 22644, 101 ; cil x 8053, 74 ; cil xi, ii-1, 6699, 78 ; cil xii 5682, 40 ; cil xiii, ii-1, 100001, 127. Un esemplare è stato rinvenuto presso Ventimiglia : Bailey 1988, Q 1287 bis, tav. 157 ; a Cosa : Fitch, Goldman 1994, n. 940, fig. 139 ; n. 961, fig. 139 ; ad Ostia, su Loeschcke VIII L1, proveniente dallo strato ii b2 (fogna, settore 49e) datato tra il 190-235/ 240 d.C. Salone 1973, p. 75. Anselmino, Balducci 1994, p. 449 tab. 1. Su Vogelkopflampe : Zaccaria Rugghiu 1980, p. 57 n. 108. Nelle province il bollo è attestato in Africa, in Germania, in Gallia Narbonese e in Spagna : Larese, Sgreva 1997, p. 447. Il rinvenimento di un carico di lucerne con bolli riferibili a L. Fabricius e C. Clodius ha indotto ad ipotizzare una qualche sorta di associazione tra le due officine : Pollino 1994, pp. 165-166. Fotografia : 111. Rilievo del bollo : 111.
112. Inv. k 5154, i.c. 812c4, a 320, b.m. 3349. Dim : lungh. cm 10.8 ; largh. cm 7.4 ; h. cm 3.7. H. lettere bollo : cm 0.5. L’esemplare è frammentario. La spalla (VIIa) incornicia il disco con due circonferenze concentriche degradanti verso l’interno. L’ansa impostata verticalmente percorsa da due solcature è fratturata ed è stata integrata in gesso ; il codolo prosegue quasi sino in fondo alla base del serbatoio. Sul disco concavo è raffigurato un coniglio che mangia presso un cespuglio simile ad un bambù. Un piccolo foro di alimentazione è aperto sotto il motivo decorativo. Corpo ceramico bianco rosato (5yr 8/2) compatto, poco duro e polveroso con minuti inclusi micacei. Vernice di colore rosso (2.5yr 5/6) evanida. Intorno al becco si nota un’area di riduzione di colore nerastro.
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L’esemplare presenta nella base delimitata da una circonferenza impresso il bollo mvn·heli riferibile alle produzioni dei Munatii. Datazione : 70-150 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : la variante mvn·hel compare sulla lucerna a canale IX-a, Q 1194, conservata presso il British Museum : Bailey 1980, p. 290, pl. 55 fig. 111. Fotografia : 112. Rilievo del bollo : 112.
113. Inv. k 5164, i.c. 812c4, a 323, b.m. 151. Dim : lungh. cm 9.8 ; largh. cm 6.7 ; h. cm 4.1. H. lettere bollo : cm 0.4. L’esemplare è integro. La spalla (VIIb) è separata dal disco da una circonferenza incisa. L’ansa impostata verticalmente presenta due solcature e il codolo giunge sino alla base del serbatoio. Il becco, innestato a metà spalla, è limitato da un solco orizzontale e reca impresso un cerchietto in corrispondenza di ciascuno dei due punti in cui si innesta sulla spalla. Nel disco concavo è raffigurato un coniglio, volto a d., che mangia presso un cespuglio simile a un bambù. La scena raffigurata è la degenerazione del motivo in cui un coniglio mangia presso una vite ; nelle rielaborazioni successive la pianta di vite perde le sue caratteristiche sino ad assumere questo aspetto. L’impressione del motivo decorativo è poco nitida. Corpo ceramico rosa (7.5yr 8/4) abbastanza depurato. Vernice arancio (2.5yr 5/8). Intorno al becco si nota un’area di riduzione di colore nerastro. L’esemplare reca impresso nella base delimitata da una circonferenza un bollo non leggibile. Datazione : 70-150 d.C. Luogo di produzione : Italia centrale ? Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul motivo decorativo : Catalogo, n. 110. Fotografia : 113. Rilievo del bollo : 113.
Lucerne a becco corto con canale presso il becco 114. Inv. k 5626, i.c. 812a, b.m. 148. Dim : lungh. cm10.5 ; largh. cm 8 ; h. cm 5. Dim. cartiglio : largh. cm 2.2 ; h. cm 0.4/0.5. L’esemplare è integro e in buone condizioni. La spalla (VIIIb) larga ed inclinata è separata dal disco da due circonferenze. Sul disco concavo, liscio e privo di decorazione, è aperto l’infundibulum in posizione decentrata. In prossimità del becco un canale assai breve e stretto dal foro di sfiato attraversa il solco della circonferenza che delimita il disco. Dal foro di sfiato si dipartono cinque piccoli solchi impressi. L’ansa forata, impostata verticalmente, presenta una doppia scanalatura ; il codolo prosegue sino alla base del serbatoio. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) polveroso, compatto e depurato. Vernice di colore rosso (10r 4/8). La base delimitata da una circonferenza reca un bollo impresso in planta pedis non leggibile.
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Datazione : dalla tarda età flavia ad età adrianea in base alla tipologia. Bailey 1980, p. 331. Ferraresi 2000, pp. 188. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : Salone 1973, p. 310 pl. xli. Fotografia : 114. Rilievo del bollo : 114.
Lucerne con becco limitato da incisioni 115. Inv. k 5161, i.c. 812c1, a 327, b.m. 856. Dim : lungh. cm 8.5 ; largh. cm. 6.4 ; h. cm 3.6. L’esemplare è integro e in buone condizioni. La spalla, larga e piatta, è decorata con un motivo a palmette. Nel disco leggermente concavo, delimitato da una modanatura racchiusa tra due circonferenze incise, è raffigurato uno stambecco che corre a d. Al di sotto del motivo decorativo è aperto l’infundibulum. L’ansa forata, impostata verticalmente, presenta una doppia scanalatura e prosegue con il codolo sino in fondo al serbatoio. Sul becco sono incisi sei piccoli trattini a forma di ‘v’. Corpo ceramico bianco (10yr 8/2) duro e compatto. Rivestimento grigio chiaro (tra 10yr 7/2 e 10yr 6/2). Nella base piatta delimitata da una circonferenza sono impressi due contrassegni a forma di ferro di cavallo contrapposti. Datazione : ultimo quarto del ii - primo quarto del iii d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Dono Saladini, secondo quanto riportato da Gabrielli sull’etichetta b.m. Inedita. Bibliografia di confronto : sulla forma : Provoost 1976, pp. 555-556 ; Ponsich 1961, p. 35. Bailey 1980, pp. 337-338 ; Gualandi Genito 1986, n. 63 pp. 219-220. Fotografia : 115. Rilievo del bollo : 115.
116. k 5624, i.c. 812b, b.m. 4833 o 4053. Dim : lungh. cm 8.8 ; largh cm 6.2 ; h. cm 3.4. L’esemplare è frammentario : manca del disco integrato in gesso. Presenta scheggiature sul fianco del serbatoio e sulla parte posteriore dell’ansa. La spalla leggermente spiovente verso l’esterno è decorata con impressioni circolari e separata dal disco da due solcature degradanti verso l’interno. Becco decentrato rispetto al disco. Ansa a verticale storta con due scanalature che proseguono fino alla base. Corpo ceramico tra rosa e beige chiaro (tra 5yr 7/4 e 5yr 6/4) assai duro e compatto. Conserva tracce di ingobbio rosso scuro (7.5r 3/6) nella parte posteriore del serbatoio. Nella base reca impressi tre contrassegni a forma di ferro di cavallo. Datazione : ultimo quarto del ii - primo quarto del iii d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Fotografia : 116. Rilievo del bollo : 116.
bolli e graffiti su lucerne
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Lucerne a becco cuoriforme 117. Inv. k 5616, i.c. 812c, b.m. 1841. 1 Dim : lungh. cm 11.5 ; largh. cm. 8.2 ; h. cm 4. H. lettere bollo : cm 0.7. L’esemplare presenta frequenti scheggiature sulla superficie del serbatoio e del becco. La spalla (IVa) è decorata con un motivo ad ovoli impressi. L’ansa forata, impostata verticalmente è evidenziata da due scanalature ; il codolo prosegue sino alla base del serbatoio. Nel disco è raffigurato un cratere a volute con sostegno. Corpo ceramico rosa (7.5yr 7/4) compatto e depurato con minuti inclusi micacei. Tracce di ingobbio rosso (10r 6/8). Intorno al becco si nota un’area di riduzione di colore nerastro. La base delimitata da due cerchi concentrici conserva un bollo impresso non leggibile …cat, integrabile in bic agat o fabricagat riferibile alla fabbrica di un (Lucius) Fabricius Agatangelus, secondo lo scioglimento del bollo proposto da Mercando (Mercando 1970, p. 429. Ferraresi 2000, pp. 200-202). Datazione : prima metà del i sec. d.C. (decenni centrali) - età adrianeo antonina. Vedi Ferraresi 2000, p. 198. Bailey ha proposto dalla tarda età flavia all’inizio di quella degli antonini. Bailey p. 95. Luogo di produzione : Italia centrale. Inedita. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia di confronto : Sulla variante bic agat : Larese, Sgreva 1997, p. 443. Il bollo è attestato su lucerne a semivolute e su Vogekopflampen rinvenute in Italia, Gallia Narbonense, Africa settentrionale. Nella regio V, il bollo ricorre a Fermo : cil ix 6081 10b, De Minicis n. 784. Sul motivo decorativo : Bailey 1980, p. 48 Q1418 ; Bussiere 2000, p. 316 n. 2166 pl. 61. Di Filippo Balestrazzi : II.a.4 (10). Fotografia : 117. Rilievo del bollo : 117.
Lucerne tarde a becco cuoriforme 118. Inv. k 5622, i.c. 812b, b.m. 5683. 2 Dim : lungh. cm 8 ; largh. cm. 6.5 ; h. cm 3.5. H. lettere bollo : cm 0.5/0.6. L’esemplare è frammentario, privo del becco. All’interno di un cerchio rilevato un motivo decorativo con una corolla a quattordici petali lanceolati e arrotondati con orlo rilevato disposto intorno all’infundibulum copre interamente il disco. Un foro di sfiato a margine del disco. L’ansa forata, impostata verticalmente conserva traccia di due scanalature ; il codolo arriva sino al serbatoio. Corpo ceramico arancio (5yr 7/6). Incrostazioni calcaree in superficie. L’esemplare si presenta privo di rivestimento. Nella base delimitata da un anello in rilievo è impresso il bollo lcasae riferibile all’officina di L. Ca(ecilius) Sae(cularis).
1 Il numero di inv. b.m. nell’etichetta non è leggibile ; l’esemplare è stato riconosciuto in base alla descrizione del motivo figurativo impresso nel disco riportato insieme al numero b.m. negli altri inventari. 2 Il numero di inventario b.m. presente sull’etichetta non è leggibile. L’esemplare è stato riconosciuto in base alla descrizione del motivo figurativo impresso nel disco riportata nell’inventario i.c.
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Datazione : 180/190 - primi decenni del iii sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul motivo decorativo : Di Filippo Balestrazzi II, 1, pp. 166-167, ma con fiori a corolle di 13 e 14 petali. Un decoro analogo, ma con fiore a 10 petali ricorre su una lucerna d’Algeria : Bussiere 2000 : iv a.5.(7), 209 ; sul tipo d ix 2 : Bussiere 2000, pp. 30-31. Sulla cronologia del bollo : Ferrazza 2001, p. 161. Fotografia : 118. Rilievo del bollo : 118.
119. Inv. k 5618, i.c. 812c5, b.m. 3350. Dim : lungh. cm 9 ; largh. cm 6.5 ; h. cm 4. H. lettere bollo : cm 0.4/0.5. L’esemplare presenta infundibulum allargato, sbeccato e decentrato e scheggiature sulla spalla e sul becco. L’ansa forata termina dietro con un codolo che arriva sino al serbatoio ed è sottolineata da una scanalatura nel senso della lunghezza. Nel disco è raffigurato un elefante che avanza a s. Corpo ceramico beige molto chiaro (10yr 8/3) polveroso, compatto e depurato. Sul becco area di riduzione di colore nerastro. L’esemplare presenta impresso nella base il bollo florent. Il bollo, che compare di frequente su lucerne con becco cuoriforme, ricorre anche su esemplari di diverso tipo : Zaccaria Rugghiu 1980, p. 78. Il ceramista Florent(ius) o Florent(inus) era attivo in Italia centrale, forse nei pressi di Roma tra la fine del ii sec. d.C. e la metà del iii sec. d.C. Bailey 1980, p. 95. Datazione : fine ii - metà del iii sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Zaccaria Rugghiu 1980, p. 78. Anselmino 1977, p. 87 ; Larese, Sgreva 1997, p. 447 ; D’Alascio 2002, p. 20 ; Sogtiu 1968, p. 59 ; Bailey 1980, p. 95 ; Bonnet 1988, pp. 112-117 ; Fitch, Goldman 1994, n. 1041, fig. 140. Sul motivo decorativo : Zaccaria Rugghiu 1980, p. 80 n. 146, inv. tv-l 106. Fotografia : 119. Rilievo del bollo : 119.
Lucerne a canale Dressel 5-6 ; Loeschcke IX-X ; Broneer XXIV ; Deneauve IX A ; Bisi Ingrassia X ; Farka 4 ; Leibundgut XXII-XXVII e XXX-XXXIV ; Bailey N ; Zaccaria Rugghiu VI ; Ficht, Goldman 1994, 22
Le lucerne a canale sono caratterizzate da un serbatoio di forma troncoconica, pareti lisce e da un’incisione più o meno profonda o da un canale che collega il disco al becco. Presentano talvolta un’ansa ricavata da matrice o a nastro, applicata sull’esemplare in un momento successivo ; quest’ultima pare contraddistingua gli esemplari prodotti in Italia meridionale e nelle province. 1
1 Bailey 1980, p. 275 ; Larese, Sgreva 1996, p. 251.
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Questo tipo di lucerne reca sulla spalla due o tre borchiette che possono o meno essere percorse da scanalature, interpretate da Farka 1 come una replica dei ganci adoperati per appendere le lucerne bronzee. 2 La frequente presenza di bolli sugli esemplari indusse nel 1895 Fischbach 3 a denominare questo tipo di lucerne Firmalampen ; di fatto non ogni lucerna reca il bollo, per cui è stata ritenuta più opportuna la definizione ‘a canale’, che pone in evidenza le caratteristiche funzionali del manufatto. 4 Alcuni esemplari presentano un motivo decorativo seriale sul disco, ottenuto attraverso l’impressione di un punzone su un pezzetto di argilla. In questo modo è stato verosimilmente realizzato il Cupido sulla lucerna della collezione Allevi di Offida. La prima classificazione tipologica è stata proposta nel 1919 da Loeschcke nel suo studio sulle lucerne di Vindonissa. Lo studioso distinse in base alla differenza funzionale del canale due tipi : IX, a canale chiuso ; X, a canale aperto. Il tipo IX fu suddiviso in tre varianti sulla base della forma del canale : a, b, c. Nel tipo IX-a l’anello che delimita la spalla è chiuso e il becco è attraversato da una scanalatura longitudinale, priva del foro di sfiato. Il tipo IX-b si distingue dal precedente per la forma della scanalatura, più accentuata e in genere munita del foro di sfiato. Nel tipo IX-c l’anello che delimita la spalla si interrompe creando una linguetta triangolare spesso munita di foro di sfiato. A Loeschcke si deve anche la distinzione della variante X-Kurzform caratterizzata dal diverso rapporto tra corpo e becco : il corpo della lucerna è rotondo, anziché essere piriforme, e il becco è più corto. In seguito Ezio Buchi operò una suddivisione anche del tipo X in tre varianti : a, b, c. 5 Nel tipo X-a l’anello stesso della spalla delimita un canale più ampio che giunge sino al becco ed è munito di un numero variabile di fori di sfiato (da uno a tre). Il tipo X-b presenta i contorni smussati, la spalla allargata e appiattita, borchiette stilizzate e, in genere, un solo anello delimita la base. Nel tipo X-c il fondo, divenuto di forma ovale, è di rado delimitato da anelli ed è per lo più privo di bollo ; l’infundibulum è raramente centrato e le borchiette appena distinte dall’anello che delimita la spalla. Le varianti da X-a a X-c differiscono per la fattura progressivamente più scadente, per l’argilla meno depurata. Gli esemplari che recano il bollo diventano sempre più rari. Oggi si ritiene superata l’ipotesi di Buchi, secondo cui la variante X-a sarebbe più antica della X-b e della X-c. Le differenze potrebbero non dipendere da un progressivo scadere della produzione, ma essere state piuttosto determinate dalle imitazioni e dalle copie degli esemplari che, in quanto creati da grandi officine, presentavano elevati standard di produzione. È invece ritenuta tuttora convincente la seriorità del tipo X rispetto al tipo IX. Nelle lucerne a canale il bollo si presenta sempre in rilievo, circondato da uno o tre anelli, anch’essi in rilievo, il cui numero cambia a seconda delle varianti ; l’anello scompare nelle varianti X-b, X-c. Le lucerne a canale prodotte nel Nord-Italia presentano spesso un rivestimento a base di argilla diluita. L’inizio della produzione delle lucerne a canale è ancora oggetto di dibattito da parte degli studiosi. 6
1 Farka 1977, p. 82. 2 Bailey ha evidenziato la somiglianza con le lucerne metalliche : Bailey 1980, p. 277. 3 Fischbach 1896, p. 11. 4 Larese, Sgreva 1996, p. 251. 5 Sulla distinzione tipologia delle lucerne a canale : Buchi 1975, pp. xxiii-xxviii. 6 Bailey 1980, p. 272-291 ; Ceci 2005, p. 313.
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In base ai rinvenimenti pompeiani e agli strati di Hof heim di età vespasiana, Loeschcke ha ritenuto che la creazione del tipo IX risalisse circa al 75 a.C. e che il tipo X, non documentato a Vindonissa abbandonata nel 101 a.C., fosse riferibile alla fine del i sec. d.C. 1 Sia Buchi, sia Ivànyi hanno formulato le datazioni degli esemplari studiati basandosi su associazioni monetali ; è opportuno ricordare però che tale metodo, sovente adoperato per datare le lucerne, può talvolta fornire risultati fuorvianti per la lunga circolazione che ebbero alcuni tipi monetali. Gli studiosi sono abbastanza concordi nel fissare l’inizio della produzione di questo tipo di lucerne nel Nord-Italia nel terzo quarto del i sec. a.C. ; in particolare Bailey propende per la prima età flavia 2, mentre Pavolini per il 60 a.C. circa. 3 La grande diffusione di questo tipo di lucerna trova forse spiegazione nella forma essenziale e funzionale e nella diffusione che ebbe nei territori annessi all’Impero. Matrici e lucerne erano vendute a legioni che venivano anche in contatto con popolazioni alle quali questo sistema di illuminazione era sconosciuto. Oltre ai commercianti, furono proprio le legioni a diffondere questi manufatti nei territori dove erano stanziate sino ai confini dell’Impero. 4 Le lucerne a canale sono scarsamente diffuse in Africa e Spagna, dove all’incirca nello stesso arco di tempo della produzione delle Firmalampen sono cospicuamente documentate le lucerne a becco tondo, originarie dell’Italia centrale. I bolli sulle lucerne a canale sono talvolta accompagnati da contrassegni impressi (corone, palme, cerchietti). Di Filippo Balestrazzi ha distinto tra quelli ottenuti attraverso la matrice dove erano impressi in negativo (piuttosto rari e ricorrenti in zone precise, tra cui Aquileia) e quelli impressi con un punzone nell’argilla in una fase della produzione successiva alla realizzazione a matrice. Questi ultimi potrebbero essere distintivi di una fase di produzione o di controllo. Oltre agli esemplari della collezione civica altre lucerne a canale provengono dal territorio di Asculum : le lucerne di tipo X-a con bollo fortis, vibiani conservate presso il museo ‘Allevi’ di Offida ; la lucerna di tipo X-a con bollo cresces presso il deposito Archeoclub di Carassai ; tre lucerne di tipo X-a recanti i bolli baebia/ ni, cpsf, fortis/ L, rinvenute nel corso degli scavi eseguiti negli anni Venti del secolo scorso attualmente conservate presso il Museo Nazionale di Ancona. Tra le lucerne a canale della collezione civica il tipo X risulta il più attestato nelle varianti a, b. 5
Collezione civica, Ascoli Piceno I reperti descritti sono conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno, ad eccezione dell’esemplare b.m. 4248 (Catalogo, 124) attualmente presso la Pinacoteca Civica. Lucerne a canale chiuso (tipo IX-a) 120. Inv. k 5666, i.c. 802, b.m. 4375. Dim : largh. cm 7.1 ; lungh. cm 10.7 ; h. cm 3.5. H. lettere bollo : cm 0.6.
1 Loeschcke 1919, p. 268. 3 Pavolini 1981, p. 167. Larese. Sgreva 1996, p. 252. 5 Rispettivamente 19 e 6.
2 Bailey 1980, pp. 273 e ss. 4 Leibundgut 1977, pp. 100-129.
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La lucerna è frammentaria : priva di parte del serbatoio e della base e con una piccola lacuna su un lato. La spalla molto estroflessa è ornata da due borchiette di forma piramidale. Sul disco, liscio e ribassato, sono praticati il foro di alimentazione e un piccolo foro di sfiato in asse col precedente. Corpo ceramico arancio (2.5yr 6/8) con minuti inclusi bianchi. Sul becco si notano tracce di rifinitura a stecca. La superficie dell’intera lucerna si presenta annerita. La base, delimitata da due circonferenze impresse, conserva solo la parte iniziale del bollo a lettere apicate e rilevate : co-. Le lettere rimaste del bollo permettono integrazioni possibili riferibili a diverse officine ; per citarne solo alcune, quella di C. Oppius Restitutus (Ceci, Maestripieri 1990, pp. 119-132 ; Bailey 1980, p. 99), L. Coelius (Buchi 1975, p. 26), Communis (Buchi 1975, p. 27 ; Larese, Sgreva 1997, p. 455) e Comes (Buchi 1975, pp. 27-33 ; Larese, Sgreva 1997, p. 456). Datazione : in base alla tipologia della lucerna : 69/100 d.C. - 117/138 d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sulla datazione del tipo : Larese, Sgreva 1996, pp. 251-252. Fotografia : 120. Rilievo del bollo : 120.
121. Inv. k 5654, i.c. 804, a 329, b.m. 3347. Dim : diam. cm 4.2 ; lungh. cm 11 ; h. cm 5.2. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare è frammentario : privo di parte del disco, della spalla, dell’ansa e del becco integrati in gesso con un restauro. Presenta piccole scheggiature sulla spalla ornata con due borchiette di forma piramidale. Corpo ceramico beige molto chiaro (10yr 8/3) duro, compatto, abbastanza depurato. Ingobbio dal rosso al bruno (tra 7.5yr 4/2 e 7.5yr 6/6) piuttosto diluito. L’esemplare reca sulla base, delimitata da due circonferenze impresse, il bollo myro a lettere apicate e rilevate, riferibile al ceramista Myron. Il bollo compare su Firmalampen del tipo IX e X, ma è comune su lucerne di vario tipo : Bailey B, C, G, J, Dressel 4. Pavolini ha inquadrato cronologicamente questa produzione tra l’età neroniana e quella domizianea ed ha ipotizzato che fosse destinata al mercato dell’Italia centro-meridionale e dell’Africa : Pavolini 1980, pp. 73, 75-76. Luogo di produzione : in base all’area di diffusione degli esemplari, rinvenuti soprattutto in Africa e nel centro-Italia, alcuni studiosi avevano ipotizzato che la produzione di queste lucerne fosse collocabile in ambito provinciale e non Nord-italico. Più recenti indagini e nuovi studi su materiali rinvenuti a Roma (Schneider 1994, pp. 135-137, 139 ; Rizzo 2003, pp. 126, 128 n. 34, 131) hanno dimostrato che Myron fu un ceramista romano attivo tra l’età neroniana e la tarda età flavia. Bailey si era già espresso in favore della localizzazione centro-italica dell’atelier, in base alla presenza di esemplari con questo bollo in Grecia ed alla considerazione che le importazioni dirette in Grecia dall’Italia erano prevalentemente centro-italiche e più di rado Nord-italiche. Bailey 1980, p. 98. La produzione di Myron su Firmalampen può forse interpretata come una ‘contraffazione’ delle lucerne Nord-italiche. Datazione : età neroniana - tarda età flavia (domizianea). Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Pavolini 1980, pp. 73, 75-76 ; Bailey 1980, p. 98 ; Larese, Sgreva 1997, p. 462 ; Rizzo 2003, pp. 126, 128, 131-132.
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Italia : regio X, Verona : Larese, Sgreva 1996, n. 431 (IX-a) prov. coll. Verità. Il bollo figura sui seguenti esemplari di provenienza ignota : n. 425 (IX-b), Gualandi Genito 1977 ; Q 1192 (IX-a), conservata presso il British Museum : Bailey 1980. Il bollo è attestato nelle province in Spagna, Germania, Grecia ed Africa : Larese, Sgreva 1997, p. 462. Fotografia : 121. Rilievo del bollo : 121.
Tipo IX-b 122. Inv. k 5205, i.c. 803, a 352, b.m. 4462. Dim : diam. cm 7.5 ; lungh. cm 10.9 ; h. cm 4.2. H. lettere bollo : cm 0.7. L’esemplare è frammentario : presenta un’ampia lacuna nella parte posteriore del serbatoio, una profonda scheggiatura lungo l’anello della spalla. La spalla spiovente è decorata con tre borchiette scanalate e bucate, due delle quali si presentano fratturate. Nel disco, liscio e ribassato, il foro di alimentazione è leggermente decentrato. Presenta due fori di sfiato : il primo al margine del disco, il secondo in prossimità del becco. Corpo ceramico arancio (2.5yr 6/6) duro e compatto con minutissimi e radi inclusi micacei. La superficie esterna è levigata a stecca e presenta leggere incrostazioni calcaree. La base, delimitata da due circonferenze impresse ben delineate, conserva il bollo frammentario cicada a lettere apicate e rilevate. Datazione : in base alla tipologia della lucerna : 69/100 d.C. - 117/138 d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Possibile produzione locale o regionale ? Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, porta Vescovo. L’indicazione, corredata dal disegno del bollo, è riportata nei Taccuini di Gabrielli. Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 13 r. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 13 r. ; Pasquinucci 1975, p. 108 n. 4. Bibliografia di confronto : sul cognomen : Kajanto 1982, pp. 24, 86, 333. Fotografia : 122. Rilievo del bollo : 122.
123. Inv. k 5662, i.c. 804, b.m. 156. Dim : diam. cm 6.9 ; lungh. cm 10.7 ; h. cm 4.8. Dim. cartiglio : largh. cm 1.5/1.6. H. lettere bollo : cm 0.3/04. L’esemplare presenta una piccola lacuna nella parte posteriore del serbatoio, piccole scheggiature sulla parte anteriore e posteriore del becco. La spalla estroflessa è ornata con due borchiette piramidali. Il disco, liscio e leggermente ribassato, ha l’infundibulum centrato. L’ansa a disco, impostata verticalmente, è solcata da due scanalature e giunge con il codolo quasi sino alla fine del serbatoio. Corpo ceramico rosa chiaro (5yr 8/2) duro, compatto e ben depurato. Tracce di ingobbio rosso (2.5yr 4/8) abbastanza coprente. Incrostazioni calcaree in superficie. La base delimitata da due circonferenze impresse reca il bollo in planta pedis di difficile lettura cam( ) con lettere a rilievo. Datazione : in base alla tipologia della lucerna : 69/100 d.C. - 117/138 d.C. Luogo di produzione : area romano-laziale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : la forma con ansa a disco è tipica delle lucerne a canale di produzione urbana : Bailey 1980, Q 1192-Q1195, pl. 55.
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Fotografia : 123. Rilievo del bollo : 123.
124. Inv. b.m. 4248. Dim : diam. cm 5 ; diam. base cm 3.2 ; lungh. cm 6.9 ; h. cm 2.5. H. lettere bollo : cm 0.5. Piccola lucerna frammentaria priva dell’ansa forata fratturata alla base e del becco, reintegrato in gesso con un restauro ; solo la parte iniziale del canale è conservata. Le scheggiature sulla parte superiore dell’esemplare non consentono di definirne il tipo (X-a o Xb). Sulla spalla, breve e spiovente, si conserva traccia di due borchiette. Il codolo dell’ansa arriva sino a metà serbatoio. L’infundibulum è centrato. Presenta un piccolo foro di sfiato a margine del disco, in prossimità del canale. Corpo ceramico beige molto chiaro (10yr 8/3) poco duro, poroso e polveroso al tatto. Incrostazioni calcaree in superficie. La base, delimitata da due circonferenze impresse, conserva il bollo myro. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 121. Luogo di rinvenimento : Accuomoli. apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Fotografia : 124. Rilievo del bollo : 124.
Tipo IX-c 125. Inv. k 5663, i.c. 802, a 354, b.m. 4553. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 3.5 ; diam. cm 7.4. H. lettere bollo : cm 0.7/0.8. L’esemplare presenta leggere scheggiature sulla parte superiore del becco. Sulla spalla estroflessa sono impostate due borchiette piramidali. Il disco, liscio e ribassato, presenta l’infundibulum decentrato. Il foro di sfiato è aperto a margine del disco. Corpo ceramico arancio chiaro (5yr 7/6) abbastanza duro e compatto con minuti inclusi micacei. Incrostazioni calcaree in superficie. La base delimitata da due circonferenze impresse reca il bollo fortis a lettere rilevate, ora consunte. Datazione : Il bollo Fortis è attestato dalla metà del regno di Vespasiano al v sec. d.C. L’esemplare è riferibile alla fase iniziale dell’officina. Luogo di produzione : La produzione del ceramista Fortis, il più prolifico produttore noto di Firmalampen, ebbe inizio in Gallia Cisalpina, si ipotizza nel modenese, nella località di Savignano sul Panaro, dove sono stati identificati i resti di un impianto produttivo. Risulta problematico valutare sino a quando si sia protratta l’attività del ceramista, essendo credibile che il suo nome possa essere stato oggetto di numerose ‘contraffazioni’, e sin dove siano giunti i suoi manufatti rinvenuti nelle province Nord-occidentali e Nord-orientali. Il bollo fortis non risulta attestato in Grecia. Ateliers che producevano manufatti con questo bollo sono state identificati a Treviri e a Lione. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativo al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 97 v. Un bollo fortis su lucerna conservata presso il museo di Ascoli Piceno è riportato nel cil ix (6081 33k). Bibliografia di confronto : Su Fortis : Buchi 1975, pp. 65-70 ; Parra 1983, pp. 92-93 ; Parra 1983a, pp. 103-105 ; Bailey 1980, p. 96. Larese, Sgreva 1997, p. 459 ; Ceci, Schneider 1994, p. 133.
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Nella regio V, nell’ager Asculanus le lucerne con bollo fortis sono frequenti : Conta 1982, p. 529. Ad Acquasanta, in località la Madonnella, a d. della strada cosiddetta della Marzola, sono venuti in luce i resti di alcune tombe. Tra i materiali recuperati : una testina in terracotta, un ‘lacrimatoio’ ed una lucerna con bollo fortis : Conta 1982, p. 145 n. 44. A Cupra Maritima, Marano : cil ix 6081 33l, m, n ; su quest’ultimo esemplare, vedi anche : Bruti Liberati 1850, p. 10 ; a Montetorto di Osimo, Ancona, è stato rinvenuto un esemplare, inv. 54436, pertinente alla II fase (metà del i - inizio ii sec. d.C.) dell’impianto produttivo : Pignocchi 2001, pp. 140, 145 n. 354. Nella necropoli di Potentia sono state rinvenute due lucerne a canale tipo X-a con bollo Fortis nelle tombe 13 (inv. 23299) e 24 (inv. non disp.) databili sulla base del corredo rispettivamente al i-ii sec. d.C. ed alla seconda metà del i sec. d.C. Nella tomba 297 è stata rinvenuta una lucerna a canale aperto tipo X-a (inv. 26901) decorata con un busto di Cupido con ali che si erge su un cespo di acanto, databile intorno alla seconda metà del i sec. d.C. Ramadori 2001, pp. 137-139, nn. 60d e 61d ; 136 fig. 56 ; 139. A Teramo : cil ix 6081 33f e g ; a Corropoli : cil ix 6081 33i. Nella regio VI : il bollo è attestato a Suasa ; Mazzeo Saracino 1991, p. 69 ; Biondani 2003, pp. 120-121 ; Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 27 ; a Saepinum, un esemplare di tipo X-a con disco decorato dal volto di medusa e bollo con corona in rilievo che incrocia una spiga : D’Alascio 2002, pp. 19, 24 n. 369. Nella regio X, ad Altino questo bollo è attestato su più di quarantatre esemplari : Ravagnan 1983, coll. 67-71. Fotografia : 125. Rilievo del bollo : 125.
126. Inv. k 5665, i.c. 802, b.m. 3417. Dim : lungh. cm 8.5 ; h. cm 2.7 ; diam. cm 8.3. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta una scheggiatura sulla spalla. Nel disco, liscio e ribassato, il foro di alimentazione è decentrato. Il foro di sfiato è praticato al centro del canale svasato del becco in asse con l’infundibulum. La spalla è ornata con due borchiette piramidali. Corpo ceramico rosa (5yr 7/4) duro e compatto, ben depurato. Ingobbio di colore rosso (2.5yr 4/8) coprente e uniforme. Intorno al foro di bruciatura, si nota un’area di riduzione da fumo. Superficie liscia, levigata a stecca. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, è impresso il bollo fortis a lettere apicate e rilevate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo n. 125. Fotografia : 126. Rilievo del bollo : 126.
Lucerne a canale aperto Tipo X-a 127. Inv. k 5206, i.c. 792, b.m. 3787. Dim : lungh. cm 10.3 ; h. cm 3.7 ; base 5, diam. cm 7. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta lievi scheggiature sul becco. Sulla spalla, larga ed estroflessa, sono impostate due borchiette piramidali smussate. Il disco, liscio e ribassato, ha il foro di alimentazione in posizione decentrata. Il foro di sfiato è aperto al centro del canale in asse con l’infundibulum.
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Corpo ceramico arancio (2.5yr 6/8) compatto e poco duro con inclusi minutissimi. Incrostazioni calcaree in superficie. Tracce di levigatura a stecca. Sulla base, delimitata da due anelli in rilievo, è impresso il bollo annei a lettere rilevate e apicate. Il bollo annei è attestato su lucerne di tipo X-a. Datazione : dalla fine del i sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, p. 5. Fotografia : 127. Rilievo del bollo : 127.
128. Inv. k 5648, i.c. 793, a 366, b.m. 146. Dim : lungh. cm 11.5 ; diam. cm 7.8 ; h. cm 3.8. H. lettere bollo : cm 0.8. L’esemplare presenta scheggiature sul becco, sull’anello e sulla spalla. La spalla, ampia ed estroflessa, è ornata da due borchiette scanalate ; la terza risulta asportata. Il disco, liscio e ribassato, presenta il foro di alimentazione leggermente decentrato. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Corpo ceramico arancio chiaro (2.5yr 6/8) poroso, polveroso al tatto e poco duro. Intorno al foro di bruciatura, area di riduzione di colore nerastro. La superficie è stata levigata a stecca. La lucerna reca sulla base, delimitata da tre circonferenze impresse, il bollo cassi a lettere rilevate e apicate. Il bollo cassi ricorre su lucerne a canale aperto prodotte in Italia settentrionale durante il ii sec. d.C. Ravagnan 1983, col. 55. Il marchio è attestato anche su lucerne di tipo Loeschcke VIII, XIX, XX e XXVIII. Larese, Sgreva 1997, p. 455. Datazione : dall’inizio del ii sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 19-20 ; Bailey 1980, p. 92 ; Larese, Sgreva 1997, p. 455. Nella regio X, ad Altino sono noti tre esemplari (X-a) : Ravagnan 1983, nn. 19-21. Due esemplari di tipo X-a e X-Kurzform sono conservati presso il museo di Verona : Larese, Sgreva 1996, rispettivamente n. 496 e n. 604. Nelle province è attestato in Spagna, Mesia, Dacia, Dalmazia, Pannonia, Norico, Asia Minore, Rezia, Gallia Narbonese, Dalmazia. Larese, Sgreva 1997, p. 455. Fotografia : 128. Rilievo del bollo : 128.
129. Inv. k 5655, i.c. 789, b.m. 4270. Dim : lungh. cm 10.4 ; diam. cm 8 ; h. cm 4.1. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare presenta scheggiature sul becco e sull’anello della spalla. Il foro di alimentazione è centrato rispetto al disco ; un piccolo foro di sfiato è aperto nella parte iniziale del canale. La spalla, larga ed estroflessa, reca due borchiette piramidali smussate. Corpo ceramico marrone (7.5yr 5/4) compatto, poco duro, abbastanza depurato. Presenta incrostazioni calcaree in superficie. La base delimitata da due circonferenze impresse reca il bollo cresces a lettere rilevate e consunte. Il bollo cresces è documentato su lucerne a canale aperto. Datazione : fine i/ inizio ii - sino alla metà del iv sec. d.C. Vedi : Buchi 1975, pp. 33-44.
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Luogo di produzione : Nord-Italia. Matrici inferiori per lucerne con questo bollo sono state rinvenute a Forlì, Poetovio, Augst. In territorio aquileiese sono state rinvenute due matrici inferiori per lucerne con bollo cresce/ s insieme a frammenti di matrici per parte superiore riferibili al tipo X-a e X-c. I rinvenimenti sono riferibili al ii sec. d.C. Di Filippo Balestrazzi, Bertacchi, Buchi, Lopreato 1979, p. 31. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, porta Romana. apbc, Buste prefettizie : ii, e 13. asap, asca, fasc. 12, cart. 6. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Buste prefettizie : ii, e 13. asap, asca, fasc. 12, cart. 6. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 33-34 ; Larese, Sgreva 1997, pp. 456-457. Regio V. A Teramo nella variante : cresce/ s : cil ix 6081 23b. A Fermo : cil ix 6981 23d, De Minicis n. 758. Ad Osimo, cresce/ s, riferibile alla seconda fase dell’impianto produttivo (metà del i - inizio del ii sec. d.C.), inv. 54434. Pignocchi 2001, pp. 140, 145 n. 352. Il bollo è attestato su un esemplare proveniente dagli scavi del lungomare Vanvitelli : Paolucci 2001. Nella regio VI, ad Urbino, dalla tomba 5 della necropoli rimessa in luce presso il bivio della Croce dei Missionari proviene l’esemplare con bollo cresce/ s, inv. 34378 ; dalla tomba 92 della necropoli di S. Donato l’esemplare, inv. 37281, con bollo cresces oltre a un esemplare sporadico : Mercando 1982, rispettivamente p. 128 n. 2 figg. 11, 12, 19a ; p. 339 n.2 fig. 212.2 ; p. 358 n. 11 fig. 226g. Presso il Museo Archeologico di Fano è attestato su due lucerne di tipo X-a e su una lucerna a canale di forma non precisabile. Mercando 1978, nn. 32-33-34 pp. 41, 53-54, fig. 10. A Suasa il bollo cresces è attestato su tre esemplari di tipo X-a. Biondani 2003, p. 120 ; Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 27 ; Mazzeo Saracino 1991, p. 69. Nella regio X, ad Altino : Ravagnan 1983, coll. 60-61, nn. 35-41. Nelle province : Spagna, Dacia, Dalmazia, Pannonia, Norico, Rezia, Britannia, Africa, limes Danubianus, Bulgaria, Slovacchia, Gallia Narbonese. Larese, Sgreva 1997, p. 456. Fotografia : 129. Rilievo del bollo : 129.
130. Inv. k 5659, i.c. 795, a 364, b.m. 4554. Dim : lungh. cm 10.2 ; h. cm 3.2 ; largh. cm. 7. H. lettere bollo : cm 0.6. Esemplare privo della parte anteriore del becco, presenta scheggiature sulla spalla. Sulla spalla, larga e piatta, sono applicate tre borchiette scanalate. Nella parte iniziale del canale è praticato un foro di sfiato. Il foro di alimentazione è leggermente decentrato. Corpo ceramico marrone tendente al rosso (5yr 5/3) poco duro, poroso e polveroso al tatto. La superficie levigata a stecca presenta incrostazioni calcaree in superficie. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, è impresso il bollo c·dessi a lettere rilevate. Il bollo c·dessi è attestato nel Nord-Italia quasi esclusivamente su lucerne a canale aperto. Analisi sono state effettuate su due esemplari con bollo fortis e c·dessi di produzione tarda muniti di rivestimento di superficie. I campioni prelevati si sono dimostrati talmente simili da indurre ad ipotizzare un unico centro produttivo : Ceci, Schneider 1994, p. 435 nota 8 ; Schneider 1994, p. 138. Datazione : dalla prima metà del ii sec. d.C. alla seconda metà del iii (o inizio del iv). Vedi Buchi 1975, pp. 48-50.
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Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : contrada valle Venere, sulla riva del Chiaro. Nel corso di scavi condotti in proprietà Mazzocchi sono state rinvenute alcune tombe nel cui corredo erano alcune lucerne. « Il sig. Mariano Mazzocchi nel regolarizzare un tratto di strada in c.da valle Venere ha trovato parecchi scheletri umani e vi ha raccolto due lucerne in terracotta, una sfondata, l’altra con la marca in rilievo nel fondo cdessi ». Gabrielli, Taccuini : 58 (1893) c. 2 v. ; 5 (1892 - 1893) c. 35 r. ; 56 (1891) c. 97 v., dove si trova il disegno del bollo. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 58 (1893) c. 2 v. ; 5 (1892 - 1893) c. 35 r. ; 56 (1891) c. 97 v. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 48-50 ; Bailey 1980, p. 94 ; Larese, Sgreva 1997, p. 457. Nella regio V : a Fermo : cil ix 6081 24b, De Minicis, n. 757. A Macerata : cil ix 6081 24d. Nella regio VI : il bollo è attestato a Suasa : Mazzeo Saracino 1991, p. 69 ; Biondani 2003, p. 120 ; Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 25. A Urbino, su lucerna (X-a) rinvenuta nella tomba 28 della necropoli della Croce del Bivio dei Missionari e su un esemplare (X-a) sporadico : Mercando 1982, p. 157 n. 1 figg. 16, 39b ; p. 231 n. 11 fig. 100h. A Modena, su tipo X-a : Forte 1988, p. 127. Presso il Museo Archeologico Nazionale di Adria, su esemplare (X-a), i.g. 20827, e frammentario, i.g. 24223. Ad Altino il bollo è attestato su cinque esemplari di tipo X-a : inv. al 4461, databile in base al contesto della necropoli dalla seconda metà alla fine del i sec. d.C. ; inv. al 5126, proveniente dalla stessa necropoli dell’esemplare precedentemente descritto ; inv. al 8975 ; inv. 14149 ; a questi si aggiungono altri due esemplari senza inv. c·dessi, X-a, su due esemplari : inv. al 9476 e inv. al 10312 ; cdessi, X-Kurzform : inv. al 4931. inoltre due frammenti : inv. al 10964 e inv. al 12549 : Ravagnan 1983, coll. 61-63. A Treviso : Zaccaria Rugghiu 1980, n. 192. A Milano, Sapelli 1979, nn. 278-279-280. Nelle province il bollo è diffuso in Spagna, Mesia, Dacia, Dalmazia, Germania, Norico, Rezia, Pannonia, Gallia. Larese, Sgreva 1997, p. 457. Fotografia : 130. Rilievo del bollo : 130.
131. Inv. k 6182. Dim : lungh. conservata cm 7.3 ; h. cm 4. H. lettere bollo : cm 0.7. Lucerna frammentaria, pesantemente restaurata, priva del serbatoio, della parte superiore del disco e della spalla. Sulla spalla spiovente si conservano due borchiette scanalate. Un foro di sfiato è aperto in prossimità del disco nella parte iniziale del canale. Corpo ceramico arancio (10r 5/8) compatto e poco duro. Intorno al foro di bruciatura si nota un area di riduzione di colore nerastro. Presenta incrostazioni calcaree in superficie. Il frammento descritto è stato integrato in gesso con parte di una base delimitata da due circonferenze impresse recante il bollo frammentario forti- a lettere apicate e rilevate. Non si dispone di elementi che consentano di determinare se i due frammenti appartenessero allo stesso esemplare. Il corpo ceramico del frammento della base presenta colore leggermente diverso (2.5yr 5/ 6) da quello della parte superiore. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 131. Rilievo del bollo : 131.
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132. Inv. k 5633, i.c. 787, b.m. 2375. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 3.6 ; diam. cm 4.2. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta una lacuna nella parte posteriore del becco e scheggiature sull’anello della spalla e sul becco. Sul disco, liscio e ribassato, il foro di alimentazione è decentrato. Sulla spalla, larga e leggermente bombata, sono impostate tre borchiette scanalate, una delle quali è fratturata alla base. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/8 e 5yr 6/8) poroso, poco duro, polveroso al tatto con inclusi assai minuti. Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base, delimitata da tre circonferenze impresse, è impresso il bollo fortis a lettere rilevate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 132. Rilievo del bollo : 132.
133. Inv. k 5631, i.c. 787, b.m. 792. 1 Dim : lungh. cm 11 ; h. cm 4.2 ; diam. cm 4.7. H. lettere bollo : cm 0.7. L’esemplare presenta scheggiature sul becco e sulla spalla. Sulla spalla, larga e piatta, sono impostate due borchiette piramidali. Nel disco, liscio e ribassato, è aperto il foro di alimentazione leggermente decentrato. Corpo ceramico arancio (7.5yr 7/6) poroso, poco duro con minuti inclusi micacei. Presenta incrostazioni calcaree in superficie. Nella base, delimitata da tre circonferenze impresse, è impresso il bollo fortis con lettere apicate e rilevate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 133. Rilievo del bollo : 133.
134. Inv. k 5639, i.c. 787, a 378, b.m. 893. Dim : lungh. cm 10 ; h. cm 3.5 ; largh. cm 4.3. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare presenta una lacuna sul fondo del serbatoio. Nel disco, liscio e ribassato, il foro di alimentazione è centrato. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Sulla spalla, larga e piatta, sono impostate due borchiette piramidali. Corpo ceramico arancio (7.5yr 6/6) compatto, poco duro e abbastanza depurato. Incrostazioni calcaree in superficie. Intorno al foro di bruciatura, area di riduzione da fumo. La base, delimitata da tre circonferenze concentriche, reca il bollo fortis a lettere rilevate leggermente apicate. Luogo di rinvenimento : Spinetoli. Indicazione di provenienza riportata nell’etichetta dell’inventario b.m. Bibliografia relativa al rinvenimento : Ancona, Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, Archivio Nuovo, cass. 8 a, fasc. 1, 26 maggio 1956. Conta 1982, p. 240 n. 203 nota 362.
1 Nell’inventario Alfieri il b.m. 792 corrisponde ad un ‘unguentario’ in vetro.
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Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 134. Rilievo del bollo : 134.
135. Inv. k 5664, i.c. 802. Dim : lungh. cm 11.3 ; h. cm 3.6 ; diam. cm 8. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare è frammentario : ricomposto da due frammenti, presenta una lacuna nella parte posteriore del becco e scheggiature sulla spalla. Sulla spalla, larga e piatta, sono impostate due borchiette piramidali. Il foro di alimentazione è leggermente decentrato. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Corpo ceramico arancio chiaro (5yr 7/6) poroso, poco duro e depurato, polveroso al tatto con nucleo interno poco cotto. Presenta incrostazioni calcaree in superficie. Nella base, delimitata da tre circonferenze impresse, è impresso il bollo fortis a lettere rilevate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 135. Rilievo del bollo : 135.
136. Inv. k 3509, i.c. 801. Dim : diam. cm 7.2 ; lungh. cm 11.1 ; h. cm. 3.6. H. lettere bollo : cm 0.8. L’esemplare è stato ricomposto da dieci frammenti. Nella parte centrale del disco è applicata una decorazione, a s. e a d. della quale sono stati praticati due fori di alimentazione. Un piccolo foro di sfiato è aperto nel disco prima dell’inizio del canale. Sulla spalla, larga e abbastanza piatta, sono impostate due borchiette. Corpo ceramico marrone (7.5yr 5/4) con frequenti piccoli inclusi. Presenta incrostazioni calcaree in superficie. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca impresso il bollo fortis a lettere rilevate. Luogo di rinvenimento : Ascoli. Indicazione di provenienza riportata nell’inventario Alfieri (i.c.). Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 136. Rilievo del bollo : 136.
137. Inv. k 3513, i.c. 787, 1 b.m. 4107. Dim : lungh. cm 11.3 ; h. cm 4.1 ; diam. cm. 7.6. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta spalla ampia ed estroflessa, su cui sono impostate tre borchiette
1 Nell’inv. Alfieri al numero i.c. 787 corrispondono 4 numeri dell’inv. b.m. : 2375, 1017, 893, 2463. Sono note le provenienze corrispondenti agli ultimi due numeri di inventario (893 e 2463) rispettivamente Spinetoli e Monteprandone. Il confronto con alcuni documenti recanti numeri di inv. b.m. conservati presso l’Archivio di Stato di Ascoli Piceno ha indotto a ritenere che il numero b.m. trascritto da Alfieri (b.m. 1017) sia stato letto male e corrisponda in realtà al numero 4107 che nel b.m. originale è associato ad una lucerna.
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scanalate, una delle quali è scheggiata. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto sul canale in prossimità del becco. Corpo ceramico arancio (tra 2.5yr 6/6 e 2.5yr 5/6) compatto, molto duro e depurato. Intorno al foro di bruciatura si nota una limitata area di riduzione di colore nerastro. La superficie è stata levigata a stecca. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo in rilievo fortis a lettere apicate e rilevate. Luogo di rinvenimento : Garrufo. Il numero di inventario ottocentesco e la provenienza del reperto sono riportate nelle carte di Gabrielli conservate presso l’Archivio di Stato di Ascoli. asap, asca, Affari Speciali, busta 2. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Bibliografia relativa al rinvenimento : asap, asca, Affari speciali, busta 2. Fotografia : 137. Rilievo del bollo : 137.
138. Inv. k 5635, i.c. 787, b.m. 4(48)6. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 3.8 ; diam. 4.3. H. lettere bollo : cm 0.6. La lucerna è frammentaria : priva di parte del becco. Sulla spalla, larga e piatta, sono impostate due borchiette piramidali. Il foro di alimentazione è decentrato. Corpo ceramico grigio (tra 5y 6/1 e 5y 5/1) compatto, poco duro, polveroso al tatto e ben depurato. La base, circondata da tre circonferenze impresse, reca il bollo fortis a lettere rilevate leggermente apicate. Luogo di rinvenimento : Colli, cimitero. Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 47 v. L’indicazione di provenienza riportata nei Taccuini di Gabrielli è riferibile all’esemplare nel caso in cui corrisponda al numero di inventario b.m. 4486. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891) c. 47 v. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 138. Rilievo del bollo : 138.
139. Inv. k 5651, i.c. 799, a 310, b.m. 5600. Dim : lungh. cm 10.3 ; h. cm 3.4 ; diam. cm 7.2. H. lettere bollo : cm 0.7. L’esemplare presenta lievi scheggiature sulla spalla, ampia e piatta, su cui sono impostate tre borchiette scanalate. Il foro di alimentazione è centrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Corpo ceramico arancio (5yr 7/8) compatto, poroso poco duro e depurato. Incrostazioni calcaree in superficie. Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. Sulla base, delimitata da tre circonferenze impresse, è impresso il bollo in rilievo lvcivs/ f. Il bollo lvcivs compare solo su lucerne a canale aperto, ma risulta attestato anche su lucerne di diversa tipologia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Datazione : dall’inizio del ii d.C. Luogo di produzione : due matrici inferiori con bollo lvcivs/ f sono conservate nel museo di Aquincum : Buchi 1975, infra.
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Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 115-117 ; Bailey 1980, p. 97 ; Larese, Sgreva 1997, p. 461. Gualandi Genito 1986, pp. 287-289. Nella regio VIII, a Russi il bollo compare sul fondo di una lucerna a canale di tipo non precisabile e su tre lucerne a volute : Mazzeo Saracino 1977, pp. 29, 73 n. 576. A Trento, Levico, su lucerne di tipo X-a : Gualandi Genito 1986, nn. 138, 139. Nelle province è il bollo è diffuso in Mesia, Dalmazia, Bulgaria, Pannonia, Norico, Gallia Narbonense. Larese, Sgreva 1997, p. 461. Fotografia : 139. Rilievo del bollo : 139.
140. Inv. k 5660, i.c. 790, b.m. 5021. 1 Dim : lungh. cm. 10.2 ; h. cm. 3.2 ; diam. cm 7.2. H. lettere bollo : cm 0.8. L’esemplare presenta lievi scheggiature. Sulla spalla ampia e piatta sono impostate due borchiette. Il foro di alimentazione è centrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Corpo ceramico beige tendente al giallo (10yr 5/6) poco duro, poroso e polveroso al tatto con minuti e radi inclusi micacei. Incrostazioni calcaree in superficie. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo neri a lettere rilevate e apicate. Il disegno del bollo nei Taccuini di Gabrielli evidenzia la presenza di un contrassegno a rosetta difficilmente distinguibile e parzialmente coperto dall’etichetta d’inventario b.m. Datazione : si ritiene che la produzione di Nerius ebbe inizio in Italia settentrionale nella seconda metà del i sec. d.C. e proseguì sino alla metà del iii sec. d.C. Buchi 1975, pp. 123125. Ramadori colloca la fine dell’attività del ceramista all’inizio del iii sec. d.C. Il bollo è attestato nelle provincie sino al iv sec. d.C. Larese, Sgreva 1997, p. 462. Luogo di rinvenimento : Ascoli, quartiere SS. Filippo e Giacomo, fondo Pica. L’indicazione è riportata nei Taccuini di Gabrielli in data 4 settembre 1897. La lucerna, rinvenuta insieme a due « balsamari in vetro », fu acquistata da Gabrielli per £ 1. Gabrielli, Taccuini : 12 (1897) c. 51 v. Pasquinucci 1975, p. 120 note 444-445. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 12 (1897) c. 51 v. Un bollo neri su lucerna conservata nel museo di Ascoli Piceno è stato pubblicato da Mommsen nel cil ix (6081 49a). Conta 1982, p. 194 n. 101. Bibliografia di confronto : Il bollo ricorre su lucerne a canale aperto. Buchi 1975, pp. 124-125 ; Larese, Sgreva 1997, p. 462. Regio V : a Fermo : De Minicis n. 765 ; cil ix 6081 49b e c ; a Potentia : Mercando 1974, p. 237 n. 2 figg. 120 e 126, 52b ; Ramadori 2001, p. 137. Nella regio VI il bollo è attestato a Suasa : Biondani 2003, p. 120 ; a Urbino, su lucerna di tipo X-a rinvenuta nella tomba 61 della necropoli di S. Donato : 2 Mercando 1982, p. 311 n. 4 figg. 179-180. Regio X : a Verona, Larese Sgreva 1996, X-a, n. 536, prov. coll. Monga ; X-Kurzform n. 610, prov. coll. Verità. Ad Altino su due esemplari X-a : inv. al 4851, databile in base al corredo tra la fine del I e gli inizi del ii sec. d.C. ; inv. al 9679. Ravagnan 1983, col. 76 nn. 120-121. Nelle province è attestato in Spagna, Dacia, Dalmazia, Pannonia, Norico, Rezia, Gallia Narbonese, Germania. Larese, Sgreva 1997, p. 462.
1 Il b.m. 5021 è assegnato nell’inventario Alfieri anche all’esemplare k 5201. 2 Non nella tomba 65 come erroneamente riportato a pagina 118. Mercando 1982.
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Fotografia : 140. Rilievo del bollo : 140.
141. Inv. k 5201, i.c. 790, b.m. 1538 ?. Dim : lungh. 10.7 ; h. cm 3.7 ; diam. cm 7.2. H. lettere bollo : cm 0.6/ 0.7. L’esemplare presenta scheggiature sulla spalla e sul becco. Sulla spalla, ampia e piatta, sono impostate due borchiette. Il disco, liscio e leggermente ribassato, presenta il foro di alimentazione decentrato. Presso il margine del disco, in asse con l’infundibulum è aperto un foro di sfiato. Corpo ceramico marrone rossastro (2.5yr 5/6) compatto e abbastanza duro. Intorno al foro di bruciatura, si nota un’area di riduzione da fumo. Leggere incrostazioni calcaree in superficie. La superficie è stata levigata a stecca. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo neri a lettere rilevate e apicate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Datazione, luogo di produzione e bibliografia di confronto : Catalogo, n. 141. Fotografia : 141. Rilievo del bollo : 141.
142. Inv. k 5656, i.c. 788, a 376. Sul reperto si conserva parte dell’etichetta b.m. 1 Dim : lungh. cm 10.4 ; h. cm 3.2 ; diam. cm 7.5. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta lievi scheggiature sul becco. Sulla spalla larga e spiovente sono impostate due borchiette. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto nella parte terminale del canale. Corpo ceramico arancio (5yr 6/8) poco duro e poroso con minuti inclusi micacei. La superficie conserva tracce di levigatura a stecca. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo octavi a lettere rilevate. Il bollo, riferibile al ceramista Octavius, è attestato solo su lucerne a canale aperto. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Datazione : dalla fine del i alla metà del iii sec. d.C. Buchi 1975, pp. 126-131. Nelle province il bollo è attestato per tutto il iv sec. d.C. Larese, Sgreva 1997, pp. 462-463. Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 126-131 ; Larese, Sgreva 1997, pp. 462-463. Nella regio V ad Osimo, Ancona, il bollo risulta attestato su lucerna a canale di tipo non precisabile, inv. 52776, pertinente alla ii fase (metà del i - inizio ii sec. d.C.) dell’impianto produttivo : Pignocchi 2001, pp. 140-141, 145 n. 356. Nella regio VI, da Urbino proviene un esemplare frammentario di lucerna con bollo octavi, inv. 37150, rinvenuto nella tomba 59 della necropoli di S. Donato : Mercando 1982, p. 308 n. 3 figg. 176-178. A Suasa : Biondani 2003, p. 120 ; Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 27. Nella regio X, ad Altino, il bollo compare su quattro esemplari di tipo X-a (inv. al 176 ; al 4667 ; al 4853, al 4852 databili sulla base del corredo tombale tra la fine del i e gli inizi del ii sec. d.C.). Ravagnan 1983. Fotografia : 142. Rilievo del bollo : 142.
1 La presenza dell’etichetta b.m. attesta che la lucerna era parte della raccolta civica già nell’Ottocento.
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143. Inv. k 3512, i.c. 788, b.m. 1360. Dim : lungh. cm 8.8 ; h. cm 3.3 ; diam. cm. 7.1. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare è privo del becco e presenta una piccola lacuna alla base del serbatoio. Il disco, liscio e ribassato, presenta il foro di alimentazione centrato. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale. Sulla spalla, ampia e leggermente spiovente, sono impostate due borchiette scanalate. Corpo ceramico arancio scuro (10r 5/8) compatto, duro e depurato. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo octavi a lettere rilevate e apicate. Superficie lucidata a stecca. Luogo di rinvenimento : Folignano. L’indicazione di provenienza è riportata nell’inventario b.m. e i.c. 1 Inedita. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 143. Fotografia : 143. Rilievo del bollo : 143.
144. Inv. k 6183, i.c. 847, b.m. 4413. Dim : lungh. cm 8.5, h. cm 4, diam. cm 4.2. H. lettere bollo : cm 0.8. L’esemplare quasi completamente privo del becco e del disco presenta una lacuna restaurata sul fianco del serbatoio. Sulla spalla spiovente sono impostate tre borchiette scanalate, una delle quali è fratturata alla base. Corpo ceramico beige rosato chiaro (2.5yr 6/4) compatto e poco duro con frequenti inclusi micacei. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo procvlv/ s a lettere rilevate. Datazione : in base alla tipologia della lucerna, dalla fine del i sec. a.C. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, palazzo Mucciarelli, nella zona di porta Romana, secondo quanto riportato nell’etichetta dell’inventario b.m. L’indicazione è anche riportata da Gabrielli nelle Buste Prefettizie : apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Un « Nob. Sig. March. Olderico » di Ascoli è ricordato da Orsini : Orsini 1790, p. 156. 2 Inedita. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli disegna nei Taccuini il bollo della lucerna e riporta il numero d’inventario : Gabrielli, Taccuini : 55 (1895) c. 71 v. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 137-138. Larese, Sgreva 1997, pp. 463-464. Lucerne con bolli riferibili ad un Proculus sono attestate a Corropoli, Fermo ed Ascoli Piceno : cil ix 6081 57 a-c. Fotografia : 144. Rilievo del bollo : 144.
145. Inv. k 5638, i.c. 786, a 132 o 152, b.m. 3788. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 3.6 ; diam. cm 4.2. L’esemplare presenta scheggiature sul becco e sulla spalla. Sulla spalla sono impostate
1 È distinguibile dagli altri esemplari b.m. contrassegnati con l’inv. i.c. 788 in quanto ‘frammentata’ ; questo elemento della descrizione ha permesso di risalire alla provenienza dell’esemplare. 2 Devo l’informazione alla cortesia di Paolo Seghetti.
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due borchiette piramidali. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto in prossimità del becco. Corpo ceramico grigio rosato (tra 5yr 6/2 e 5yr 5/2) compatto, poco duro, polveroso al tatto con rari inclusi micacei. Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, era impresso un bollo a lettere rilevate ora non più leggibile. Datazione : in base alla tipologia della lucerna, dalla fine del i sec. a.C. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Fotografia : 145. Rilievo del bollo : 145.
Tipo X-b 146. Inv. k 5650, i.c. 798, a 351, b.m. 144. Dim : lungh. cm 9.6 ; diam. 6.3 ; h. cm 3.7. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare è privo del disco e del canale ; presenta una frattura a metà del serbatoio e scheggiature sul becco. Sulla spalla sono impostate tre borchiette ; quella centrale è scheggiata. Sul becco si notano tracce di levigatura a stecca. Presenta leggere incrostazioni calcaree in superficie. Corpo ceramico arancio (5yr 7/8) compatto, poco duro. Tracce di ingobbio arancio chiaro (5yr 6/8). Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da due circonferenze impresse, reca il bollo L^spre/ n L^s a lettere rilevate con un ramo di palma. Il bollo non è attestato nel Nord-Italia, mentre è abbastanza frequente in Italia centrale. Asprenas è attestato sia come gentilizio, sia come cognomen derivato da nome di luogo : Solim, Salomies 1994, pp. 23, 296 ; Kajanto 1982, p. 209. Datazione : dal ii/iii al v sec. d.C. Vedi : Biondani 2003, pp. 121-124. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Luogo di produzione : Italia centrale. Analisi eseguite sui materiali rinvenuti a Suasa hanno indicato come possibili aree di produzione le Marche, l’Umbria e la Toscana Nordorientale : Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 28. Inedita. Bibliografia di confronto : nella regio V, a Monte Torto di Osimo, Ancona, una lucerna, inv. 52435, pertinente alla iv fase (metà iv - prima metà vi sec. d.C.) dell’impianto produttivo è stata rinvenuta nell’area della fornace. Pignocchi 2001, p. 140 fig. 69 ; p. 141 n. 378 ; pp. 146-147. Nella regio VI il bollo è attestato a Suasa : Biondani, Nannetti, Sabetta 2003, p. 26 ; Biondani 2003, pp. 121, 124-125, fig. 2, su tre esemplari a canale aperto ; a Urbino, è attestata la variante aspre/ nas sormontata da un piccolo volatile, su tipo X-a, inv. 34439, rinvenuta nella tomba 16 della necropoli indagata presso del bivio della Croce dei Missionari e (asp)re/ nas su esemplare frammentario ; aspren, su esemplare di tipo X-a rinvenuto a S. Donato : Mercando 1982, p. 145 n. 2 figg. 19c, 29 ; p. 230 n. 10 ; p. 358 fig. 226h. Ad Acqualagna, Pesaro, due esemplari della collezione Olivierana : cil xi, ii-1, 6699 26e. Nel cil xv (6312b) un bollo analogo a quello ascolano è impresso su lucerna a canale aperto. A Gubbio : Cipollone 2000-2001, p. 70 n. 179 ; p. 104 n. 280 ; p. 118 n. 312 ; p. 160 n. 447. Nella regio IV, a Sestinum, nella variante aspre/ nas : Dolci, Franzoni 1982, p. 198 n. 2 ; Monacchi 1989, p. 64. Fotografia : 146. Rilievo del bollo : 146.
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147. Inv. k 5200, i.c. 791, a 158, b.m. 670. Dim : lungh. cm 10.5 ; h. cm 4.5 ; diam. cm 4.5, base cm 5. H. lettere bollo : cm 0.9/1. L’esemplare presenta piccole scheggiature nel disco e nella parte superiore del becco. Sulla spalla spiovente sono impostate due borchiette ; la terza risulta asportata. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto nel canale in prossimità del disco ed in asse con l’infundibulum. Corpo ceramico marrone (7.5yr 5/6) poco duro, leggermente granuloso in superficie per la frequente presenza di inclusi. Intorno al foro di bruciatura, area di riduzione da fumo. Leggere incrostazioni calcaree sul disco, sulla spalla e sulla base. La base, delimitata da un anello in rilievo, reca il bollo lcamei/ li a lettere rilevate. Datazione : posteriore al ii sec. d.C. Luogo di produzione : locale ? regionale ? Luogo di rinvenimento : Casa Spinozza, nel piano della Vibrata tra S. Omero e Garrufo. Gabrielli, Taccuini : 51 (1886) c. 121 v. Bibliografia relativa al rinvenimento : « Lucerne in terracotta con le marche icameili, crescens ed altre indecifrabili in casa Spinozza, nello scasso di una vigna nel piano della Vibrata tra S. Omero e Garrufo » : dono G. Paci. Gabrielli, Taccuini : 51 (1886) c. 121 v. cil ix 6081 14c, dove è riportata la lettura cameili. Bibliografia di confronto : Buchi 1975, pp. 16-18. Nella regio V una lucerna con questo bollo è stato rinvenuto ad Urbs Salvia, negli scavi eseguiti presso il criptoportico : Delplace, Paci 1981, p. 56 n. 59 fig. 21. Alcune lucerne con bollo analogo sono state rinvenute durante i recenti scavi condotti presso la necropoli di Spinetoli. Fotografia : 147. Rilievo del bollo : 147.
148. Inv. k 5652, i.c.791, a 362 ?, b.m. 669. Dim : lungh. cm 10 ; diam. cm 6.9 ; h. cm 4.1. H. lettere bollo : cm 0.8. L’esemplare presenta due lacune : la prima estesa dall’infundibulum al foro di bruciatura canale ; la seconda, di esigue dimensioni, nella parte posteriore del becco. Sulla spalla, bombata e ripida, sono impostate tre borchiette. Corpo ceramico arancio (5yr 6/8) poroso, ruvido al tatto, poco duro, con frequenti e minuti inclusi micacei. Incrostazioni calcaree in superficie. La base, delimitata da un anello in rilievo, reca il bollo cameli a lettere rilevate. Datazione, luogo di produzione e bibliografia di confronto : Catalogo, n. 147. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Dono G. Paci. asap, asca, Affari Speciali, busta 2. Bibliografia relativa al rinvenimento : asap, asca, Affari Speciali, busta 2. cil ix 6082 14d. Fotografia : 148. Rilievo del bollo : 148.
149. Inv. k 5658, i.c. 789, b.m. 3418. Dim : lungh. cm 8.8 ; h. cm 3 ; diam. cm 6.3. H. lettere bollo : cm 0.8/1. L’esemplare presenta piccole scheggiature sul becco e sulla spalla in prossimità del disco. Sulla spalla spiovente sono impostate tre borchiette. L’infundibulum è aperto in posizione leggermente decentrata rispetto al disco, liscio e poco ribassato. Un foro di sfiato è aperto al centro del canale.
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Corpo ceramico tra marrone rossastro (5yr 4/2) poco duro. Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da due circonferenze impresse in rilievo, reca il bollo cresces a lettere rilevate. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 130. Inedita. Fotografia : 149. Rilievo del bollo : 149.
150. Inv. k 5636, i.c. 786, b.m. 3788. 1 Dim : lungh. cm 9 ; h. cm 4 ; largh. cm 3.6. H. lettere bollo : cm 0.8/1. L’esemplare presenta il foro di alimentazione leggermente deformato per una lacuna. Un piccolo foro di sfiato, decentrato rispetto al canale, è aperto in prossimità del disco. Sulla spalla spiovente e stretta sono impostate tre borchiette. Corpo ceramico arancio (7.5yr 6/6) poroso, poco duro, ruvido in superficie per la presenza di frequenti piccoli inclusi. Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da due circonferenze impresse, reca il bollo qgc. Datazione : ii-iii sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 96-101 ; Larese, Sgreva 1997, p. 460. Nella regio V, ad Urbs Salvia : Delplace, Paci 1981, p. 56 n. 43 fig. 21. Queste stesse iniziali ricorrono su anfore (Callengher 1965, pp. 221-222) su tegole (cil iii 1633 17). Il bollo compare ad Aquileia su 40 esemplari di tipo X-b e 20 di tipo X-c. Buchi 1975. Fotografia : 150. Rilievo del bollo : 150.
151. Inv. k 5653, i.c. 800, a 353, b.m. 924. Dim : lungh. cm 9.2 ; h. cm 4 ; diam. cm 6.7. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. L’esemplare presenta una lacuna nella parte posteriore del serbatoio in prossimità del becco. Il foro di alimentazione è decentrato rispetto al disco. Un foro di sfiato è aperto nella parte iniziale del canale. Sulla spalla spiovente sono impostate tre borchiette. Corpo ceramico arancio (5yr 7/8) poco duro e abbastanza compatto con frequenti piccoli inclusi. Incrostazioni calcaree in superficie. Intorno al foro di bruciatura, area di riduzione da fumo. La base, delimitata da due circonferenze impresse reca il bollo consunto l/ procv/ l. Datazione : dall’inizio del ii sec. d.C. Luogo di produzione : produzione locale o regionale ? Luogo di rinvenimento : Garrufo. Inedita. Fotografia : 151. Rilievo del bollo : 151.
1 Il numero di inv. b.m. è stato ricavato dall’inventario i.c.
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152. Inv. k 5668, i.c. 804, b.m. (..)9. Dim : lungh. cm 8.7 ; h. cm 4.4 ; largh. cm 5.3. H. lettere bollo : cm 0.5/0.7. L’esemplare presenta scheggiature intorno al foro di bruciatura. Il foro di sfiato è aperto all’inizio del canale. L’ansa forata è evidenziata con due solcature e il codolo giunge sino al serbatoio. Corpo ceramico arancio (7.5yr 6/8) poroso e poco duro con frequenti minuti inclusi micacei. Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da due circonferenze impresse, reca il bollo procvl a lettere rilevate. Datazione : dall’inizio del ii sec. d.C. Luogo di produzione : locale o regionale. Luogo di rinvenimento : Ascoli, contrada Fonte di Cambio. In data 11 marzo 1894 Gabrielli annota : « da due contadini delle vicinanze d’Ascoli ho comprato per il museo i seguenti oggetti : 4.. ; una lucerna in t.cotta colla marca procvli ; 1.. Questi oggetti (ho scoperto poi) che provengono da un terreno di proprietà del salumaio Michele, in contrada Fonte di Cambio, dove anche altre volte sono stati scoperti oggetti di sepolture romane ». Gabrielli, Taccuini : 59 (1894) c. 4 v. Inedita. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 59 (1894) c. 4 v. Fotografia : 152. Rilievo del bollo : 152.
153. Inv. k 5634, i.c. 786, a 387, b.m. 5711. Dim : lungh. cm 10.2 ; h. conservata cm 4 ; largh cm 7.2. Esemplare frammentario privo del disco e del canale. Sulla spalla ampia e spiovente si conservano parzialmente tre borchiette scanalate. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/8 e 5yr 6/8) poroso, poco duro con inclusi minuti. Sul becco si nota un’area di riduzione da fumo. Incrostazioni calcaree in superficie. La base conserva traccia di un bollo in rilievo non più leggibile. Datazione : dal ii sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Fotografia : 153.
Lucerne a canale di tipo non determinabile 154. Inv. k 5761, b.m. 3397. Dim : largh cm 3.1 ; h. cm 1.5 ; sp. cm 0.5. H. lettere bollo : cm 0.6/0.9. Parte posteriore di serbatoio e base di lucerna a canale. Corpo ceramico arancio (5yr 7/8) poco duro e poco depurato, granuloso al tatto. Incrostazioni calcaree in superficie. All’interno di due circonferenze impresse è impresso il bollo frammentario : (s)abini. Il bollo ricorre solo su lucerne a canale chiuso. È attestato a Pompei e a Vindonissa e compare per tutto il i sec. d.C. Datazione : dal 69/100 d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno, piano Solestà « in terreno Pica, ora Trocchi ». Gabrielli, Taccuini : 49 (1884) c. 5 v. Pasquinucci ha letto Paci-Tronzi e ha ipotizzato in base
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a documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Ascoli che la proprietà fosse situata tra i Cappuccini e il Tronto. Pasquinucci 1975, p. 115 nota 415. Gioia Conta ha letto « Paci Trocchi ». Conta 1982, p. 115. Inedita. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 49 (1884) c. 5 v., dove si trova anche disegno del bollo. Conta 1982, p. 115. Bibliografia di confronto : Gabrielli segnala nei Taccuini l’esistenza di un’altra lucerna con bollo sabini nell’ascolano : xi. Instrumenta domestica inscripta non rintracciabili provenienti da Asculum e dal suo territorio, p. 253. Sul bollo : Buchi 1975, pp. 140-142. Larese, Sgreva 1997, p. 464. Nelle province il bollo è attestato in Dalmazia, Pannonia, Gallia Narbonense e in Germania. Larese, Sgreva 1997, p. 464. Fotografia : 154. Rilievo del bollo : 154.
155. k 6329, b.m. 3792. Dim : largh. mass. cm 4.7 ; h. cm 2.5 ; sp. cm 0.9. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. Parte di serbatoio e base di lucerna a canale. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 5/8 e 5yr 6/8) con nucleo interno poco cotto. Incrostazioni calcaree in superficie. Nella base all’interno di tre circonferenze impresse è impresso il bollo di difficile lettura : ..vo./ f. L’integrazione proposta è favor/ f. Datazione : dall’inizio del II sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 55-57. Una matrice inferiore recante l’impronta del bollo riferibile a questo ceramista è conservata presso il museo di Aquincum : Buchi 1975, ib. Il bollo ricorre su lucerne di tipo X-a. Presso il fiume Salinello fu rinvenuta una lucerna con bollo faor o favor. cil ix 6081 30. Fotografia : 155. Rilievo del bollo : 155.
156. Inv. k 5672, i.c. 807b, b.m. 3092 o 3097. 1 Dim : lungh. cm 6.7, h. conservata cm 2.10. H. lettere bollo : cm 0.6. Un restauro ha assemblato i frammenti di due diversi esemplari : la parte superiore è riferibile ad una lucerna a volute con becco a ogiva, la parte posteriore ad una lucerna a canale di tipo non determinabile. La parte superiore riferibile alla lucerna con becco ad ogiva è frammentaria : priva del becco, di parte del serbatoio e del disco. È stata restaurata con integrazioni in gesso. Nel disco, diviso dalla spalla da un solco da due modanature in rilievo, un rosone del quale si conservano quattro petali lanceolati e costolati disposti intorno all’infundibulum centrale. Sul fianco si conserva una delle piccole prese laterali a fiocco. Sulla parte conservata del becco in prossimità del foro di bruciatura è impresso un cerchietto che insieme ad altri due che non si sono conservati, costituiva un motivo decorativo che richiamava la funzio
1 Il b.m. 3092 è stato ricavato dall’inventario i.c. La lettura dell’etichetta sull’esemplare non permette di escludere che si tratti del numero di inventario b.m. 3097.
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ne dei fori di sfiato dei prototipi più antichi. Il becco è segnato con una scanalatura che sottolinea la presenza della voluta stilizzata, tipica di queste lucerne, sul lato del becco stesso. Corpo ceramico rosa (5yr 8/3) compatto e polveroso. La parte superiore della lucerna conserva vernice rosso bruno (10r 4/1) ; la parte inferiore rosso chiaro (10r 6/6). La parte della base che si conserva presenta il bollo in rilievo -ortis con lettere apicate all’interno di tre circonferenze impresse. Datazione : parte superiore : 20/15 a.C. - metà del ii sec. d.C. Parte inferiore : dal terzo quarto del i sec. d.C. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedita. Bibliografia di confronto : parte superiore : frammento di lucerna a volute rinvenuta nel corso degli scavi dell’officina esinate : Brecciaroli Taborelli 1996-1997, p. 231 n. 671 figg. 118. Parte inferiore : Catalogo, n. 125. Fotografia : 156. Rilievo del bollo : 156.
Museo Archeologico Nazionale di Ancona Lucerne a canale aperto tipo X-a 157. Inv. 1157. Dim. lungh. cm 10.5 ; largh. cm 7.4 ; h. cm 3.1. H. lettere bollo : cm 0.9/0.5. Esemplare mutilo parzialmente ricomposto da 2 frammenti ; presenta una lacuna nella parte posteriore del becco. Sulla spalla ampia e leggermente declinante verso l’esterno sono disposte due borchiette di forma triangolare. L’infundibulum è centrato. Presenta un piccolo foro di sfiato a metà del canale. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, è impresso il bollo baebia/ ni. Le lettere del bollo sono apicate. Corpo ceramico arancio (5yr 6/8) poroso, abbastanza duro con inclusi minuti. La superficie è stata levigata a stecca e presenta incrostazioni calcaree. Si nota un’area di riduzione da fumo in prossimità del becco. Datazione : dal ii sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia ? Luogo di rinvenimento : Ascoli, porta Romana. Pasquinucci 1975, p. 112. Bibliografia relativa al rinvenimento : Pasquinucci 1975, p. 112. Inedita. Bibliografia di confronto : Il bollo è attestato nella variante su due registri con ‘n’ retroversa su un unico esemplare di tipo X-a conservato presso il Museo Nazionale di Aquileia : Buchi 1975, p. 15. Fotografia : 157. Rilievo del bollo : 157.
158. Inv. 1154. Dim. lungh. cm 10.8 ; largh. cm 7.3 ; h. cm 3.7. H. lettere bollo : cm 0.9. L’esemplare è integro. Sulla spalla ampia e declinante verso l’esterno sono disposte due borchiette di forma triangolare. L’infundibulum è decentrato. Presenta un piccolo foro di sfiato a metà del canale.
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Nella base delimitata da tre circonferenze impresse, reca impresso il bollo cpsf con lettere apicate. Corpo ceramico arancio (5yr 6/8) poroso, leggermene ruvido al tatto e poco duro con inclusi minuti. Tracce di ingobbio leggermente più scuro (5yr 5/8). Incrostazioni calcaree in superficie. Si nota un’area di riduzione da fumo in prossimità del becco. Datazione : dall’inizio del ii sec. d.C. Luogo di produzione : Nord-Italia. Luogo di rinvenimento : Ascoli, porta Romana. Pasquinucci 1975, p. 112. Bibliografia relativa al rinvenimento : Pasquinucci 1975, p. 112. Inedita. Bibliografia di confronto : Il bollo, per il quale è stato proposto lo scioglimento C(aius) P(…) S(…) F(ecit), è attestato su un unico esemplare di tipo X-a conservato presso il Museo di Aquileia. Buchi 1975, pp. 181-182. Fotografia : 158. Rilievo del bollo : 158.
159. Inv. 1163. Dim. lungh. cm 7.2 ; largh. cm 7.3 ; h. cm. 4. H. lettere bollo : cm 0.5/0.6. Esemplare frammentario, privo del becco con lacuna che interessa parte della spalla e del serbatoio. Sulla spalla ampia e leggermente declinante verso l’esterno tre borchiette scanalate. L’infundibulum è centrato. Nella base delimitata da tre circonferenze impresse, reca impresso il bollo fortis/ L. Corpo ceramico arancio (2.5yr 6/8) poroso polveroso al tatto e poco duro con inclusi minuti. La superficie è levigata a stecca e presenta incrostazioni calcaree in superficie. Luogo di rinvenimento : Ascoli, porta Romana. Pasquinucci 1975, p. 112. Bibliografia relativa al rinvenimento : Pasquinucci 1975, p. 112. Inedita. Luogo di produzione, datazione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 159. Rilievo del bollo : 159.
Museo Archeologico Comunale di Carassai Lucerna a canale aperto tipo X-a 160. Inv. 45. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. Due frammenti pertinenti a lucerna a canale sono contrassegnati con il n. di inv. 45 : il primo corrisponde a parte anteriore del becco, del disco e della spalla ; il secondo al disco di base. Non è appurabile se i due frammenti siano pertinenti ad un unico esemplare. Il frammento della parte superiore presenta sulla spalla una borchietta piramidale ed un foro di sfiato aperto nella parte centrale del canale. Corpo ceramico arancio (5yr 6/4) molto duro con nucleo poco cotto e minuti inclusi. Incrostazioni calcaree in superficie. Intorno al becco si nota un’area di riduzione da fumo. Il frammento della base reca impresso il bollo cresces. Luogo di rinvenimento : territorio del comune di Cossignano, in proprietà Fioroni. A Carassai, contrada il Mulino in prossimità della chiesa della Madonna delle Grazie in occasione degli scavi per la costruzione di una casa sono state rinvenute quattro tombe a cappuccina disposte su duplice filare. Tra gli oggetti posti a corredo delle sepolture, la lucerna a canale (tipo X-a) con bollo fortis attualmente conservata presso il Museo Ar
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cheologico Comunale di Montalto (Catalogo, n. 162), punte di lancia di ferro e tre pedine di pasta vitrea. Conta 1982, pp. 266-267 n. 264. Cacciamani, Vergili 1996-1997, p. 14 n. 92. Luogo di produzione, datazione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 130. Bibliografia relativa al rinvenimento : Brecciaroli, Mercando, Paci 1979, p. 344 n. 457. Conta 1982, pp. 266-267 n. 264. Cacciamani, Vergili 1996-1997, p. 14 n. 92. Fotografia : 160. Rilievo del bollo : 160.
Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama Lucerna a canale aperto tipo X-b 161. senza inv. H. lettere bollo : cm 0.8/1.1. Esemplare frammentario, privo di parte del becco. Sulla spalla piatta si trovano due borchiette dal profilo smussato e l’attacco di una piccola ansa, il cui codolo arriva alla base del serbatoio. Presenta infundibulum abbastanza centrato rispetto al disco e piccolo foro di sfiato all’inizio del canale. Corpo ceramico grigio scuro (7.5yr 3/0) durissimo con nucleo poco cotto e minuti inclusi. Incrostazioni calcaree in superficie. Intorno al becco si nota un’area di riduzione di colore nero. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, è impresso il bollo cgs. Datazione : ii-iii sec. d.C. Luogo di produzione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Spinetoli, località Pianelle, 30 m a Nord di casa Mazzoli, in prossimità del bivio della Salaria. Inedita. Bibliografia relativa al rinvenimento : Conta segnala il rinvenimento della lucerna senza senza riportarne il bollo : Conta 1982, p. 239 n.101. Il reperto era parte del corredo di una tomba alla cappuccina riportata in luce in occasione di uno scasso per un vigneto. La lucerna era posizionata all’interno di un’olletta ai piedi del defunto. Sui rinvenimenti provenienti da località Pianelle, nel comune di Spinetoli, vedi : Brecciaroli, Mercando, Paci 1979, p. 347 n. 510 ; Conta 1982, p. 239 n. 101. Fotografia : 161. Rilievo del bollo : 161.
Museo Archeologico Comunale di Montalto Lucerna a canale aperto tipo X-a 162. Inv. 292. H. lettere bollo : cm 0.6/0.7. Esemplare integro, in buono stato di conservazione. Sulla spalla piatta si trovano due borchiette piramidali. Presenta infundibulum abbastanza centrato rispetto al disco e piccolo foro di sfiato all’inizio del canale. Corpo ceramico rossastro (tra 10r 5/ 6 e 10r 5/ 8) duro e compatto. La superficie conserva tracce di levigatura a stecca. Intorno al becco si nota un’area di riduzione da fumo. Nella base, delimitata da due circonferenze impresse, è impresso il bollo fortis. Luogo di rinvenimento : Carassai, contrada il Mulino, in prossimità della chiesa della Madonna delle Grazie. Catalogo, n. 160 Luogo di produzione, datazione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 124.
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giovanna cicala
Bibliografia relativa al rinvenimento : Catalogo, n. 160. Fotografia : 162. Rilievo del bollo : 162.
Collezione Allevi, 1 Offida
Lucerne a canale aperto tipo X-a 163. Inv. c5. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta lievi scheggiature sull’anello della spalla e sul becco. Sulla spalla larga e piatta sono impostate due borchiette piramidali. Sul disco liscio e ribassato è applicato un Cupido alato che indossa una ricca veste ; ai lati della decorazione sono aperti i due fori di alimentazione. Un foro di sfiato è aperto nella parte iniziale del canale. Corpo ceramico arancio (tra 5yr 7/8 e 5yr 6/8). Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo fortis con due cerchietti disposti sopra e sotto il bollo. Luogo di rinvenimento : Offida, Colle Rovecciano. Allevi, lettera inviata al Ministero in data 23 giugno 1877, pubblicata da Vannicola : Vannicola 1996, pp. 102-103. Bibliografia relativa al rinvenimento : lettera inviata da Allevi al Ministero in data 23 giugno 1877, pubblicata da Vannicola : Vannicola 1996, pp. 102-103 ; De Carolis, Savi 1977, p. 178, tav. 81, 3 ; 86, 3. Datazione, luogo di produzione, bibliografia di confronto : Catalogo, n. 125. Fotografia : 163. Rilievo del bollo : 163.
164. Inv. c4. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare presenta una lacuna nel disco. Corpo ceramico di colore arancio (5yr 7/8). Intorno al foro di bruciatura si nota un’area di riduzione da fumo. La base, delimitata da tre circonferenze impresse, reca il bollo vibiani. Luogo di rinvenimento : territorio di Offida. Datazione : fine del i - inizi del iii sec. d.C. Buchi 1975, pp. 161-175. Luogo di produzione : Nord-Italia. Bibliografia relativa al rinvenimento : De Carolis, Savi 1977, p. 178, tav. 81, 4. Bibliografia di confronto : sul bollo : Buchi 1975, pp. 161-164 ; Bailey 1980, p. 102 ; Larese, Sgreva 1997, p. 465. Analisi eseguite su Firmalampen con bollo vibiani rinvenute a Luni ne hanno accertato l’origine Nord-italica : Zaccaria Rugghiu 1977, p. 302. Nella regio V : una lucerna con bollo vibiani era parte della collezione Rosa a Corropoli : cil ix 6081 65f. Nella regio VI, a Suasa : Biondani 2003, p. 120. Fotografia : 164. Rilievo del bollo : 164.
1 Allevi non ha lasciato indicazioni sulle provenienze dei reperti romani raccolti. Una lucerna non meglio specificata, tra le 8 (inv. c1-c8) conservate presso il museo, proviene da una tomba a cappuccina di Offida, in proprietà Morganti. Altri reperti ceramici provengono dall’area del cosiddetto « tempio di Ophis » : Allevi 1889, pp. 54-55 ; Allevi 1896.
bolli e graffiti su lucerne
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Lucerne tipo Bailey U Provoost 12, variante 2 ; Leibundgut XXXIX
Queste lucerne si distinguono per la forma ovale, l’alto serbatoio troncoconico rastremato verso la base piatta definita con una modanatura rilevata, la spalla liscia o ornata da due rami di palma, a cui a volte si aggiungono globetti, o soltanto da globetti, delimitata da un bordo sporgente, dal piccolo disco ovale aperto con un canale verso il becco. La diffusione di questo tipo di lucerna, limitata alla città di Roma (dove un cospicuo numero di queste lucerne è stato rinvenuto nelle catacombe, da cui il termine catacomb lamps usato per identificarle) ed all’Italia centro-meridionale ha spinto ad ipotizzare una produzione nelle vicinanze di Roma. La parte superiore di una matrice pertinente a questo tipo di lucerna è conservato a Roma, presso il Museo delle Terme. 1 Scarse sono le indicazioni cronologiche che consentono di inquadrare cronologicamente la produzione di questo tipo di lucerna. Per la maggior parte di questi esemplari, la provenienza è ignota ; gli unici dati certi, se pur generici, in nostro possesso provengono da alcuni rinvenimenti in una catacomba a Superaequum 2 datata tra il iv ed il v sec. d.C. e dalla tomba a fossa di un inumato di San Benedetto del Tronto, dove è stata rimessa in luce una lucerna di questo tipo ritenuta, in base al corredo, posteriore al iv sec. d.C. Bailey ipotizza che possano essere riferibili al vi sec. d.C. per l’assenza di rivestimento, basandosi sul confronto con le lucerne di v sec. d.C. in genere ricoperte con rivestimenti pesanti ; a sostegno della sua tesi depone la circostanza che questo tipo di lucerne non pare attestato ad Ostia sino a metà del v secolo. 3 Ceci ritiene questa produzione riferibile al v-vi sec. d.C. 4
Collezione civica, Ascoli Piceno 165. Inv. k 3521, i.c. 829, b.m. 3723. Dim : largh. cm 6.2 ; lungh. cm 8.7 ; h. cm 4. Esemplare frammentario : presenta l’ansa forata fratturata. Una croce in rilievo divide il fondo in quattro settori, all’interno di ciascuno dei quali è posto un piccolo cerchio in rilievo. Si nota un’area di riduzione da fumo in prossimità del becco. Corpo ceramico beige (7.5yr 6/4) molto duro, compatto e depurato. Datazione : v-vi sec. d.C. Ceci 2005, p. 323. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di provenienza : Controguerra, Abruzzo. Indicazione riportata nell’etichetta b.m. e nell’inventario Ortenzi. Bibliografia relativa al rinvenimento : Profumo 1995, p. 40 n. 10 fig. 16. Fotografia : 165. Rilievo del bollo : 165.
166. Inv. k 3508, i.c. 830, b.m. 1595. Dim : largh. cm 6.7 ; h. cm 5.2 ; lungh. cm. 9.2. Lucerna dal corpo ovale, leggermente più appuntito in prossimità del becco. Il disco si presenta quasi interamente occupato dall’infundibulum, collegato al foro di bruciatura tramite un canale. Una piccola ansa verticale forata divide in due il motivo decorativo a
1 Inv. 62001. Bailey 1980, p. 392. 3 Bailey 1980, p. 393.
2 Ferrua 1950, pp. 53-83. 4 Ceci 2005, p. 323.
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giovanna cicala
globetti disposti sulla spalla chiusa da un cordone rilevato intorno all’infundibulum. Nella base di forma ovale e piatta è impresso un motivo a ramo di palma. Corpo ceramico rosa (7.5yr 7/4) polveroso, compatto e poco duro con frequenti piccoli inclusi. Intorno al foro di bruciatura si nota una limitata area di riduzione. Datazione : v-vi sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : Marino del Tronto. Indicazione riportata nell’etichetta b.m. e nell’inventario Ortenzi. Bibliografia relativa al rinvenimento : Profumo 1995, p. 40 n. 10 fig. 15. Fotografia : 166. Rilievo del bollo : 166.
167. Inv. k 3507, i.c. 829, a 212, b.m. 4489. Dim : lungh. cm 8.8 ; h. cm 4.2 ; largh. cm. 6.5. Lucerna dal corpo ovale leggermente più appuntito presso l’estremità del becco. L’esemplare presenta piccole scheggiature sulla parte superiore del becco ed è privo dell’ansa forata, il cui codolo arriva sino alla base del serbatoio, fratturata alla base. Il disco si presenta quasi interamente occupato dall’infundibulum ed è collegato al foro di bruciatura tramite un canale. Le spalle, larghe e angolate, sono decorate con due foglie di palma che terminano verso il becco e sono sovrastate da un grappolo di frutti in prossimità dell’ansa. La base ovoidale, al cui interno è impressa una croce rilevata, è circondata con una modanatura in rilievo da cui partono quattro costolature : due prolungano i bracci orizzontali della croce e due delimitano il becco. Corpo ceramico di colore compreso tra il giallo ocra (5yr 6/6) ed il marrone chiaro (5yr 6/3) duro e compatto. Attorno al foro di bruciatura si nota una limitata area di riduzione. Datazione : v-vi sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : Colli del Tronto, cimitero. Indicazione riportata nell’etichetta di inventario b.m. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 56 (1891), cc. 49 e 56, in cui Gabrielli correda l’annotazione con il disegno dell’esemplare. Conta 1982, p. 236 n. 190 ; Profumo 1995, p. 40 n. 10 fig. 14. Bibliografia di confronto : Bailey 1980, pp. 392-394, pll. 89-90. Fotografia : 167. Rilievo del bollo : 167.
168. Inv. k 5609, i.c. 828, b.m. 163. Dim : largh. cm 6.5 ; h. cm 4.8 ; lungh. cm 9.1. L’esemplare è integro. L’ansa verticale, piena e piuttosto grande, interrompe il motivo decorativo a globetti rilevati disposti a distanza regolare nella spalla chiusa con un cordone rilevato intorno all’infundibulum. Il foro di bruciatura è ampio. Nella base di forma circolare, delimitata da un anello rilevato, a cui si congiunge il codolo dell’ansa, è impresso un motivo a ramo di palma. Corpo ceramico rosa (7.5yr 7/4) duro, compatto e abbastanza depurato. Datazione : v-vi sec. d.C. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ?
bolli e graffiti su lucerne
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Inedita. Bibliografia di confronto : Ferrua 1950, p. 72 figg. 5.6 e 6.6. La catacomba da cui proviene l’esemplare è datata al iv sec. d.C. Un esemplare analogo è stato rinvenuto nella catacomba di Commodilla : Marconi Cosentino, Ricciardi 1993, p. 145 n. 91. Fotografia : 168. Rilievo del bollo : 168.
Museo Archeologico Comunale di Montalto delle Marche 169. Inv. 4. Lucerna dal corpo ovale leggermente più appuntito in prossimità del becco. Il disco si presenta quasi interamente occupato dall’infundibulum ed è collegato al foro di bruciatura tramite un canale. Una piccola ansa verticale forata divide in due il motivo decorativo a globetti disposti intorno all’infundibulum nella spalla chiusa da un cordone rilevato. Nella base di forma ovale e piatta è impresso con matrice stanca un motivo a ramo di palma. Corpo ceramico rossastro (tra 2.5yr 5/6 e 2.5yr 4/8) assai duro e poco depurato. Datazione : v-vi sec. d.C. Ceci 2005, p. 323. Luogo di produzione : Italia centrale. Luogo di rinvenimento : contrada S. Basilio, in prossimità della strada comunale per Ascoli, sulla sinistra del fiume Tesino, a Ovest del Mulino di Patrignone. La contrada comprende il territorio dei comuni di Montalto e Montedinove. Le ricognizioni dell’Archeoclub di Montalto hanno identificato cinque siti : A, B, C, D, E. La lucerna figura tra il materiale raccolto nel sito ‘zona C’ dove, in seguito ad uno scavo eseguito per l’impianto di un vigneto sono stati rinvenuti materiali archeologici. Tra questi : laterizi, frammenti ceramici e la lucerna esaminata : Cacciamani, Vergili 1996-1997, p. 35 n. 4. Bibliografia relativa al rinvenimento : Cacciamani, Vergili 1996-1997, p. 9 n. 51 ; scheda 2/r, pp. 34-36. Un erudito locale, don Giacomo Agasucci riporta nel suo manoscritto Cimiteri che sonno esistiti nel territorio di Montedinove e dei quali non si ha alcuna memoria la notizia del rinvenimento di un’estesa necropoli in questa zona, dove furono disseppelliti oltre un centinaio di scheletri coperti di tegole. Conta 1982, pp. 271-272 n. 270, dove è citato un passo del manoscritto di Agasucci. Bibliografia di confronto : Catalogo, nn. 158 e 160. Fotografia : 169. Rilievo del bollo : 169.
Lucerne in terra sigillata africana Bailey ha suddiviso questa tipologia di lucerne in quattro sottogruppi, comprendendo nel tipo S le imitazioni degli esemplari africani. 1 Le lucerne di questo tipo appartenenti alla collezione civica sono cinque ; alla raccolta Odoardi sono probabilmente riferibili gli esemplari corrispondenti ai nn. da 171 a 173 del Catalogo.
1 Bailey 1980, pp. 82 e ss. ; 45.
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giovanna cicala A tlante VIII Hayes I ; Barbera, Petriaggi, serie 4
Per un elenco più ampio delle concordanze, vedi : Anselmino, Pavolini 1981, p. 194.
Questa forma, prodotta specialmente nella Tunisia centrale dalla metà del iv e la fine del vi sec. d.C., 1 con apice della diffusione intorno al v, 2 presenta una tipologia interna varia ed articolata. È caratterizzata dal corpo allungato in cui il becco a canale non è distinto dal serbatoio ed il disco reca sovente decorazioni impresse dalla matrice. L’ansa in genere piena 3, impostata verticalmente e solcata, si prolunga con un cordolo rilevato verso la parte posteriore sino al fondo concavo. Al centro del fondo sono talvolta presenti contrassegni o lettere incise. 4
Atlante X Hayes II ; Barbera, Petriaggi, serie 6
Per un elenco più ampio delle concordanze, vedi : Anselmino, Pavolini 1981, p. 200.
La forma X, prodotta dall’inizio del vi sec. sino alla seconda metà del vii d.C., 5 risulta la più frequente tra le lucerne in sigillata africana ; per questo motivo, in particolare, le lucerne di tipo AI a sono state definite ‘africane classiche’. Le lucerne di questa forma presentano corpo rotondo e becco con canale distinto. Il disco reca sovente decorazioni in rilievo realizzate a matrice. L’ansa piena sporge obliquamente dal serbatoio e si prolunga sino al fondo con un cordolo rilevato che forma un piede ad anello. All’interno dell’anello possono trovarsi incise lettere e contrassegni.
Collezione civica, Ascoli Piceno
Atlante VIII 170. Inv. k 6216, i.c. 834, a 264, b.m. 147. Dim : largh. cm 7.3 ; lungh. cm 11.4 ; h. cm 4.7. Esemplare integro e in buone condizioni (Atlante VIII A1). Al centro del disco è rappresentato un busto maschile di profilo volto a d., corazzato (cfr. Barbera, Petriaggi 1993 : motivo 404, in cui la testa è però sormontata da una corona) e drappeggiato ; ai lati del motivo decorativo si trovano due piccoli fori di alimentazione. La spalla convessa e decorata con un motivo a ramo di palma schematizzata è limitata da due solchi che si aprono in corrispondenza dell’ansa e del corto canale conico. L’ansa verticale è piena e presenta una scanalatura centrale. Il fondo è delimitato da una solcatura circolare aperta che prosegue in direzione dell’ansa con due solcature, fiancheggianti due nervature fiancheggiate da una solcatura (Barbera, Petriaggi 1993 : serie III.1.1.1). All’interno in posizione centrale è stata incisa una croce (Barbera, Petriaggi 1993 : elemento 2c). Corpo ceramico arancio intenso (2.5yr 6/6) assai duro, compatto e depurato. Superficie lisciata a stecca. Ingobbio leggeremente più scuro (2.5yr 6/8) opaco ed omogeneo.
1 Ceci 2005, p. 323. 2 Ceci 2005, p. 323. 3 Ad eccezione del tipo B. Anselmino, Pavolini 1981, p. 194. 4 Anselmino, Pavolini 1981, p. 194. 5 Ceci 2005, p. 323.
bolli e graffiti su lucerne
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Intorno al becco si nota un’ampia area di riduzione. Presenta incrostazioni calcaree sul serbatoio. Datazione : metà del iv - inizio del vi sec. d.C. In base motivo decorativo : fine del v prima metà del vi sec.d.C. Vedi Barbera, Petriaggi 1993. Luogo di produzione : Africa settentrionale e in particolare Tunisia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : sul motivo decorativo nel disco : Barbera, Petriaggi 1993, p. 338 n. 404. Bailey riconosce nella croce impressa sul fondo un marchio di fabbrica (Bailey 1988, p. 114) ; di diverso parere Barbera e Petriaggi : Barbera, Petriaggi 1993, pp. 155 e 157 n. 19. Fotografia : 170. Rilievo del bollo : 170.
171. Inv. k 6347, i.c. 833, a 262, b.m. 150. Dim : lungh. cm 11.7 ; h. cm 4.9 ; largh o diam. di base cm. 7.6. Al centro del disco una conchiglia in corrispondenza della quale è posto l’infundibulum. La spalla convessa è decorata con un motivo a ramo di palma schematizzata (Barbera, Petriaggi 1993 ; Atlante VIII C1c) ; è limitata da due solchi che si aprono in corrispondenza dell’ansa e del corto canale conico. L’ansa verticale è piena e presenta una scanalatura centrale. Il fondo è delimitato da una solcatura circolare aperta che prosegue in direzione dell’ansa con due solcature, fiancheggianti due nervature fiancheggiate da una solcatura (Barbera, Petriaggi 1993 : serie III.1.1.1). All’interno in posizione centrale è stata incisa una croce (Barbera, Petriaggi 1993 : elemento 2c). Corpo ceramico arancio scuro (10r 5/6) assai duro e abbastanza depurato. La superficie conserva tracce di levigatura a stecca ed incrostazioni calcaree. In prossimità del becco si nota un’ampia area di riduzione da fumo. Datazione : iv - seconda metà del vii sec. d.C. Luogo di produzione : Africa settentrionale e in particolare Tunisia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Collezione Odoardi ? Inedita. Bibliografia di confronto : Atlante VIII C1c, p. 195 tav. xcvi 10. Fotografia : 171. Rilievo del bollo : 171.
172. Inv. k 6217, i.c. 833, b.m. 3045. Dim : largh. cm 8.2 ; lungh. cm 11.3 ; h. cm 4.9. Esemplare integro riferibile al tipo Atlante D1. L’infundibulum è aperto nel disco decorato con una grande valva di conchiglia St. Jacques con 14 lobi, il cui profilo è bordato da una nervatura (Barbera, Petriaggi 1993 : motivo n. 329 B). L’ansa verticale è piena e presenta una scanalatura centrale che prosegue sino al fondo del serbatoio, dove due solcature longitudinali fiancheggianti una terza centrale confluiscono in una solcatura aperta che delimita il fondo leggermente depresso (Barbera, Petriaggi 1993 : fondo tipo I.1.1). Al centro è stata impressa una foglia di palma stilizzata (Barbera, Petriaggi 1993 : motivo 2a). Corpo ceramico arancio intenso (2.5yr 6/6) assai duro, compatto e leggermente granuloso. Ingobbio leggermente più scuro (2.5yr 6/8) sottile. Superficie lisciata a stecca. Area di riduzione in prossimità del becco. Datazione : posteriore alla fine del iv sec. - fine vi sec. d.C. Luogo di produzione : Africa settentrionale e in particolare Tunisia.
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Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? L’indicazione ‘Cartagine’ scritta da Gabrielli sull’etichetta dell’inventario b.m. si riferiva verosimilmente all’origine africana della lucerna piuttosto che al luogo di rinvenimento. Inedita. Bibliografia di confronto : Bailey 1980, Q 850, fig. 99 ; Bailey 1988, p. 385 Q 1430, Q 1431, pl. 87. Atlante, tav. clviii, 6 ; Anselmino 1986, fig. 3d. Sul motivo decorativo : Ponsich 1961, n. 356 ; Larese, Sgreva 1997, p. 428 n. 170. Fotografia : 172. Rilievo del bollo : 172.
Atlante X 173. Inv. k 3518, i.c. 842, a 274, b.m. 1752. Dim : lungh. cm 11 ; h. cm 5 ; largh. cm. 8.2. L’esemplare è frammentario, privo del becco con serbatoio rotondeggiante distinto dal becco a canale allungato. L’ansa triangolare piena e appuntita divide la decorazione sulla spalla in due fasce ornate da quattro cerchietti inscritti con un puntino centrale alternati a quattro triangoli gemmati (Barbera, Petriaggi 1993 : motivo 14 A e). Il fondo con piede ad anello è collegato all’ansa con una nervatura. Nel disco concavo si trova una croce monogrammatica (il simbolo cristiano costituito da ‘X’ e ‘P’ incrociati) gemmata con le estremità apicate (Barbera, Petriaggi 1993 : motivo n. 209) ai lati della quale sono aperti i fori di alimentazione. La superficie conserva traccia di lucidatura a stecca. Corpo ceramico arancio (2.5yr 6/8) duro, poroso e leggermente ruvido al tatto. Ingobbio leggermente più chiaro (2.5yr 5/8) omogeneo, sottile ed aderente. Datazione : iv - seconda metà del vii sec. d.C. ; iv-v sec. d.C. Sulla seconda datazione proposta, vedi : Binazzi 1995, infra. Luogo di produzione : Africa settentrionale e in particolare Tunisia. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : Profumo 1995, p. 40 n. 6 fig. 10. Binazzi 1995, p. 12 n. 5. Bibliografia di confronto : Sulla forma Hayes IIa ; Pohl 1a. Fotografia : 173. Rilievo del bollo : 173.
174. Inv. k 6185, i.c. 839, b.m. 59(..). 1 Dim : lungh. cm 9.8 ; h. cm 3.6 ; largh cm. 6.7. L’esemplare è frammentario : privo della parte anteriore del becco e di parte dell’ansa. Al centro del disco presenta un motivo decorativo con un levriero allungato che corre a d. reso realisticamente (Barbera, Petriaggi 1993 : motivo 306 B). Ai lati del motivo sono aperti due fori di alimentazione. La spalla è decorata da una serie di foglie di edera cuoriformi. Il fondo con piede ad anello è collegato all’ansa con una nervatura. Corpo ceramico arancio scuro (tra 10r 5/ 8 e 10r 6/ 8) duro e abbastanza depurato. La superficie è stata lisciata a stecca e reca incrostazioni calcaree. In prossimità del becco si nota un’ampia area di riduzione da fumo. Sul fondo in posizione centrale sono stata impresse due circonferenze concentriche in rilievo (Atlante, tav. xcix). Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ?
1 Le ultime due cifre sull’etichetta dell’inventario b.m. non sono leggibili.
bolli e graffiti su lucerne
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Datazione : iv-vi sec. d.C. per la datazione proposta, vedi : Anselmino 1981, p. 200. Luogo di produzione : Africa settentrionale e in particolare Tunisia. Inedita. Bibliografia di confronto : Barbera, Petriaggi 1993 ; Anselmino 1981, pp. 198203. Fotografia : 174. Rilievo del bollo : 174.
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giovanna cicala Lucerna falsa con bollo atimetio
Nel corso delle ricognizioni eseguite presso il Museo Archeologico Statale di Piceno è stata individuata una lucerna falsa realizzata nei primi decenni dell’Ottocento. Sull’esemplare, vedi : vi.6. La lucerna falsa con Pan e il drago con bollo atimetio, pp. 150-155.
Collezione civica, Ascoli Piceno 175. Inv. k 5615, i.c. 812c2, a 319, b.m. 879. Dim : lungh. cm 11.5 ; largh. cm 8.6 ; h. conservata 3.2 ; sp. cm 0.3. H. lettere bollo : cm 0.6. L’esemplare, per quanto sembri assimilabile alla forma Loeschcke VIII, non corrisponde ad alcun tipo noto. Nel disco, ribassato ed incorniciato da una circonferenza in rilievo e da una scanalatura, è raffigurato un satiro seduto su una rupe che suona due flauti dinanzi ad un animale simile ad un drago, caratterizzato da larghe ali da pipistrello. La parte inferiore del disco presenta un esergo vuoto. L’infundibulum è a s. del motivo decorativo. La lucerna presenta quattro piccole fratture : tre nei punti in cui il disco si attacca alla spalla ed una sul fianco del serbatoio. L’ansa, fratturata alla base, presenta un codolo che arriva sino in fondo al serbatoio. Il foro di bruciatura è ovale. Corpo ceramico beige (7.5yr 5/4) assai duro con nucleo poco cotto. Vernice di colore rosso tendente all’arancio (2.5yr 5/8) diluita e poco coprente. La lucerna reca nella base, delimitata da un anello in rilievo, il bollo atimetio a lettere rilevate. Inedita. Bibliografia di confronto : cil xi 6699 29 (a, Nonantola) ; 29 (b, Rimini) ; (c, Cortona) ; (d, Grosseto). Gli esemplari a e b furono pubblicati da Bortolotti : Bortolotti 1875, pp. 27-28. L’esemplare di Rimini era stato descritto da Luigi Tonini e da Domenico Paolucci (Tonini 1870, pp. 62-63 ; Tonini, Elenco, capo iii e Paolucci, Sc-Ms 795, c. 124). Fuori dall’Italia : cil xiii, 10001, 53k a Stree, in Belgio ; cil xiii, 10001, 53s a Stoccarda. Due Pan-and-Dragon lamps sono attualmente conservate presso il British Museum di Londra : Bailey 1988, Q 3368 e Q 3369, pp. 425-426. Una delle due era già stata pubblicata nel precedente catalogo curato da Walters : Walters 1914, p. 210 n. 1396. Una lucerna analoga è stata venduta ad un’asta di Sotheby’s : Sotheby’s Sale Catalogue 16, dicembre 1926, lot. 77. Un altro esemplare (inv. ac 69 1949) è attualmente conservato presso il museo di Bristol. Bailey 1988, pp. 425-426. Datazione : primi decenni dell’Ottocento, anteriore al 1840. Luogo di produzione : non determinabile. Fotografia : 175. Rilievo del bollo : 175.
V II SIGILLO IN CER A MICA
N
el corso delle ricognizioni presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno è stato rinvenuto un sigillo in ceramica. Il reperto, la cui provenienza è oscura, faceva parte della collezione civica già nell’Ottocento, come testimonia il numero di inventario b.m. I pochi sigilli in ceramica noti sono stati ricondotti da Papi a due tipologie : punzoni di forma troncoconica che presentano l’iscrizione nella base maggiore ed erano utilizzati per bollare le anfore (ad esempio, il signaculum rinvenuto a Potenza Picena) ; 1 punzoni con timbro rettangolare e presa centrale sul tipo dei signacula in bronzo (come il sigillo rinvenuto a Thasos nel 1961). 2 A queste, si aggiunge quella del sigillo in terracotta rinvenuto a Vetulonia pubblicato da Papi, al momento un unicum, costituito da una presa centrale a sezione circolare piuttosto sottile unita ad un disco emisferico dalla superficie leggermente concava. 3 Il sigillo della collezione civica non è riconducibile ad alcuno dei tipi noti : la presa decentrata a sezione ovale si unisce al cartiglio di forma rettangolare con gli angoli arrotondati. Lo stato di conservazione del reperto è abbastanza buono : la presa è interamente conservata e mostra solo una scheggiatura lungo il margine sinistro del cartiglio. La superficie del sigillo è stata levigata a stecca. Sia la cornice, sia il testo del signaculum sono realizzati incidendo l’impasto prima della cottura. L’impasto ceramico è di colore grigio chiaro, assai duro e compatto. All’interno del cartiglio è stata incisa la lettera z tra due piccole circonferenze anch’esse incise, disposte sopra e sotto di essa. Gabrielli descrive il sigillo nei suoi Taccuini come « marca da figulaio colla lettera n » ; dall’annotazione e dal disegno che la corredava si deduce che Gabrielli aveva letto il sigillo orientandolo orizzontalmente. La solcatura che percorre la faccia superiore della presa presenta alla base due brevi solcature oblique che convergono in essa, formando una sorta di freccia. Se si impugna il sigillo seguendo l’indicazione impressa, il punzone si dispone verticalmente e la lettera incisa che si legge è una ‘z’. Il sigillo della collezione civica ascolana era verosimilmente adoperato per stampigliare materiali di consistenza tenera e duttile ; forse era adoperato per marchiare ceramiche comuni, anfore, meno probabilmente ceramiche fini. Al momento, in mancanza di attestazioni di impronte corrispondenti restano solo ipotesi.
1 Mercando 1979. Catalogo, n. 177. 3 Papi 2001, p. 298.
2 Grace, Salviat 1962 ; Papi 2001, p. 298.
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giovanna cicala Catalogo Sigillo in ceramica Collezione civica, Ascoli Piceno
177. Inv. k. 5475, i.c. 731, b.m. 1511. Dim. cartiglio : largh. conservata cm 1.6 ; h. cm 4.3. H. del sigillo cm 4.2. H. lettera : cm 1.2/1.4. Punzone in ceramica a forma di ‘l’ con l’impugnatura a sezione ovale decentrata rispetto al cartiglio. Al centro del lato più lungo è stata incisa a crudo una solcatura che lo percorre interamente verso cui convergono alla base due solchi incisi con direzione obliqua. Il cartiglio è rettangolare con gli angoli arrotondati. Presenta una cornice realizzata con una solcatura a distanza diseguale dal margine (0.2/0.5 cm). All’interno è stata incisa a crudo la lettera z tra due cerchi disposti sopra e sotto la lettera (diam. cm 0.4/0.6), anch’essi incisi. La superficie del cartiglio si presenta scheggiata lungo il margine sinistro. Corpo ceramico grigio chiaro (2.5y 8/2) assai duro, compatto e ben depurato. Bibliografia relativa al rinvenimento : Inedito. Gabrielli annotò nei Taccuini il disegno del cartiglio del sigillo con un errato numero di inventario (b.m. 1515) : Gabrielli, Taccuini : 47 (1881), c. 20 v. Il riscontro con il volume dell’inventario ottocentesco ha permesso di risalire al numero corretto : « 1511 Marca da figulaio colla lettera n ». apbc, Inventario Amm. Bibliografia di confronto : I sigilli in ceramica noti non sono molti. Mommsem 1853, p. 81 ; Grace 1935 ; Grace, Salviat 1962, pp. 510-516 ; Papi 2001, 297-305. Nella regio V è noto un sigillo in terracotta di forma troncoconica, la cui sommità risulta smussata e arrotondata, rinvenuto a Potenza Picena. Il cartiglio di forma rettangolare è stato ottenuto asportando con due tagli l’argilla sui due lati : Mercando 1979, p. 283, figg. 202-203. Il bollo l·l^a^e, datato fra il i sec. a.C. e la metà del i sec. d.C., è stato nuovamente pubblicato da Rebecchi che ne ha proposto la lettura corretta L(uci) Lae( ) e ha formulato alcune considerazioni in merito ad un suo probabile utilizzo per marchiare anfore : Rebecchi 1983, pp. 53-54 fig. 9. Antolini 2007, pp. 215-216. Fotografia : 177. Rilievo : 177.
V III SIGNACULA IN BRONZO 1. Premessa
Q
uale fosse l’uso al quale erano destinati i sigilli realizzati in bronzo 1 noti come signacula, 2 la cui cronologia è compresa tra il i sec. a.C. ed il iv-v sec. d.C., è ancora oggetto di discussione ; poiché sono divenuti sin dal xvii sec. 3 oggetti da collezione, il loro ingresso sul mercato antiquario comportò la perdita delle informazioni relative alla provenienza ed al contesto di rinvenimento. Nonostante sia stato rinvenuto un numero significativo di signacula (ammontano a circa 2600 soltanto quelli pubblicati nel cil), 4 la quasi totale assenza di materiali recanti le impronte corrispondenti ai sigilli ha indotto ad ipotizzare che fossero adoperati per marchiare merci deperibili come pane e prodotti alimentari, cuoio, stoffe, cera, pigmenti.
* Desidero ringraziare in modo particolare i Professori Giuseppe Camodeca, Ivan Di Stefano Manzella e Silvia Marengo per i suggerimenti, l’aiuto ed il sostegno che ho ricevuto da loro durante la stesura di questo capitolo. Sui problemi legati allo studio di questa classe di materiali, rimando ai fondamentali studi sui signacula di Di Stefano Manzella e Marengo che ho avuto modo di leggere per la generosa disponibilità degli Autori. Di Stefano Manzella 2004, ancora in corso di stampa ; Marengo 2008. Sono debitrice di suggerimenti e chiarificazioni ai Professori Simonetta Segenni, Marcella Chelotti e Michele Feugere. 1 I sigilli erano forse ottenuti a cera persa o a matrice e fusi insieme ad un anello di supporto, secondo quanto rilevato osservando alcuni esemplari che conservavano nella parte posteriore della targhetta ai lati dell’anello ‘sbavature’ di bronzo : Dollfus 1968, p. 122 ; Giovagnetti, Piolanti 1978-1979, pp. 74 e 97-98 n. 14 e 100 n. 19 ; Di Stefano Manzella 2007, p. 397 ; Di Stefano Manzella 2004, c.s. 2 Dal sigillo con testo : signaclum/ L( ) Primiani conservato secondo il cil presso il museo di Parma : cil xi, ii-1, 6712 357. Il signaculum risulta attualmente disperso. Di Stefano Manzella 2004, c.s. Apuleio (Flor. 9, 21) indica con il termine signaculum il castone lavorato dell’anello. Il rapporto tra anulus inscriptus e signaculum non risiedeva nella funzione (entrambi servivano per lasciare un’impronta), ma nel rapporto con colui che lo deteneva rispetto all’utilizzo : l’anulus inscriptus, più o meno prezioso a secondo della materia in cui era realizzato, era un accessorio strettamente personale che il proprietario indossava ; il signaculum non si tiene al dito e, infatti, il supporto ad anello può essere sostituito da una presa e le dimensioni stesse della lamina comportano un certo ingombro. Inoltre l’impiego del signaculum poteva interessare più di un individuo. Di Stefano Manzella 2007, p. 414. Nel Digesto (16, 3, 1, 36) ‘signaculum’ definisce l’impronta lasciata da un sigillo. Il termine ‘signaculum’, diminutivo di signum, designava in latino sia la res signando apta che l’impronta da essa prodotta. Di Stefano Manzella 2004, c.s. 3 I primi esemplari furono pubblicati nel 1610, quando Pétau (1568-1614) diede alle stampe un catalogo della sua collezione di antichità : Antiquariae supellectilis portiuncula. L’opera fu nuovamente edita ad Amsterdam nel 1757 con il titolo Explications de plusieurs antiquités recueillies par P. Pétau. Dollfus 1968, p. 117. 4 Di Stefano Manzella, Isola 2004, p. 262. Di Stefano Manzella 2004, c.s.
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2. Alcune considerazioni sulla destinazione d ’ uso dei signacula 1 La provenienza della maggior parte dei signacula pubblicati nel cil è sconosciuta ; in questa messe di materiali si distinguono gli esemplari riportati alla luce a Pompei ed Ercolano, le cui iscrizioni hanno influito, il più delle volte erroneamente, sulla toponomastica moderna delle aree archeologiche nei centri vesuviani ; 2 i signacula provenienti dalle abitazioni vesuviane ci hanno infatti tramandato almeno in un terzo dei casi nomi di personaggi di condizione servile, come peraltro attestano i frequenti cognomina di origine greca. 3 I centri vesuviani sepolti dai detriti dell’eruzione che ne ha interrotto improvvisamente la vita potrebbero offrire le condizioni ideali per individuare qualche elemento chiarificatore in merito all’utilizzo di questa classe di reperti. Una svolta nelle indagini potrebbe forse giungere da un attento spoglio della documentazione degli scavi, in particolare dei diari di scavo di Pompei ed Ercolano dell’epoca, da cui si potrebbero in taluni casi ricavare non solo informazioni più precise sugli ambienti in cui i signacula sono stati rinvenuti, ma anche apprendere l’eventuale presenza di impronte corrispondenti su altri reperti provenienti dalle stesse abitazioni. Un primo spoglio dei resoconti degli scavi pubblicati dall’Ottocento agli anni Cinquanta del secolo scorso non pare fornire informazioni utili a questo scopo, ma ha evidenziato che i signacula sono stati rinvenuti in molti casi negli ambienti destinati alla servitù : in vicinanza delle cucine e dei larari, nei cubicula, dove erano talvolta conservati con attrezzi rurali, negli ambienti dell’atrio e solo di rado in prossimità del tablinium e delle alae. 4 Il rinvenimento di impronte pertinenti a sigilli di questo tipo sulle pareti pompeiane e nel cemento di chiusura dei loculi catacombali a Roma 5 ha sollevato ulteriori interrogativi. Nel caso delle sepolture cristiane potrebbe trattarsi di una sorta di ‘risemantizzazione’ : l’ambiente cristiano sembra appropriarsi di un oggetto destinato a marchiare la proprietà per definire il concetto più ampio di appartenza ed evitare la violazione del sepolcro e l’appropriazione della tomba da parte di terzi, secondo una pratica che all’epoca era frequente. 6
1 Lo studio della funzione del signaculum nella vita quotidiana e la compilazione dell’anagrafe degli utenti sono i due principali obiettivi di un progetto di ricerca coordinato da Di Stefano Manzella finanziato dalla Biblioteca Apostolica Vaticana (dove si trova custodita una raccolta di signacula) e dall’Università della Tuscia di Viterbo. Di Stefano Manzella, Isola 2004. 2 cil x 8058, 1-97. Della Corte riporta che il numero di quelli rinvenuti a Pompei era 118 : Della Corte 19542, pp. 405-410. Sull’uso di denominare le domus utilizzando i signacula : Di Stefano Manzella 2007, p. 400 ; Di Stefano Manzella 2004, c.s. 3 Mouritsen 1988, p. 14. 4 Nelle cucine : (Fiorelli 1876, p. 59) e nelle vicinanze di larari ; nei cubicula (Sogliano 1905, p. 97 ; con attrezzi rurali : Della Corte 1933, p. 295. A Boscoreale : (Della Corte 1929, p. 186) in prossimità dell’atrio (Pasqui 1896, pp. 228 ; Sogliano 1896, p. 297) ; nell’area tra tablinium e viridarium (Della Corte 1929a, p. 435 ; Sogliano 1887, p. 245). 5 Ferrua 1986. 6 Gennaccari 1997, pp. 254-255. Di Stefano Manzella ha rilevato come, con il diffuso analfabetismo dell’epoca, il signaculum assolveva la funzione di contrassegnare la sepoltura più con immagine del testo che con il suo contenuto. Di Stefano Manzella 2004, c.s.
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L’ipotesi che i signacula fossero destinati a marchiare prodotti alimentari allo scopo di evitarne il furto si basa principalmente, oltre alla mancanza di impronte superstiti, su un noto passo di Plinio 1 e sul rinvenimento ad Ercolano di un pane carbonizzato 2 che recava impresso il bollo celeris·q·crani/ veri·ser, il cui signaculum è stato recentemente rintracciato da Ersilia Maria Loreti presso i magazzini dell’Antiquarium Comunale di Roma. 3 Manganaro Perrone, nel pubblicare un catalogo di signacula conservati presso musei e raccolte private della Sicilia, ha affrontato la questione ancora aperta relativa al loro uso ; 4 ripercorrendo il ruolo fondamentale del frumento e del pane non solo nel mondo greco e romano, ma anche in quello giudaico, 5 ha sostenuto che l’utilizzo primario dei signacula fosse legato alla pratica della panificazione ed alla necessità di distinguere diverse infornate o partite di pani in vista della loro distribuzione. Ma è credibile pensare che i signacula fossero adoperati esclusivamente per questa pratica ? In questo caso come spiegare l’impressione di un signaculum su alcuni laterizi rinvenuti ad Ostia ? 6 E per quale motivo alcuni tra i personaggi menzionati nel testo dei signacula nel designarsi specificano il ruolo di procuratores, dispensatores, actores ? Manganaro Perrone ha inoltre distinto un gruppo di signacula di dimensioni ridotte rispetto ai precedenti che ritiene fossero adoperati per funzioni di cancelleria, come autenticare documenti o apporre il timbro sulle tavolette cerate ; 7 questa ultima interpretazione appare difficilmente sostenibile in base al confronto con i timbri noti su tabulae ceratae (quelli apposti su quelle dei Sulpicii, ad esempio) 8 che erano peraltro impressi con gli anuli signatorii e non con i signacula. La proposta avanzata in passato che i signacula fossero utilizzati per marchiare pellame ed animali non appare plausibile, considerando il materiale in cui erano realizzati, il bronzo, ed il tipo d’impugnatura non funzionale per questa pratica ; inoltre alcuni studi recenti hanno avuto il merito di riportare l’attenzione sull’esi
1 Quae fuit illa vita priscorum, qualis innocentia, in qua nihil signabatur ! Nunc cibi quoque ac potus anulo vindicantur a rapina. Pl. nat. 33, 26, 1. 2 Mommsen cil x, p. 915 ; Andreau 1974, p. 273. Mouritsen 1988, p. 15. 3 Inv. 14005. Loreti 1994, pp. 647 e 652, figg. 6-7. Camodeca 1996, p. 177 nota 38. Feugère, Mauné 2005-2006, p. 441. Non è nota la provenienza di questo signaculum che non è stato sinora mai confrontato con l’impronta corrispondente impressa sul pane. Di Stefano Manzella 2004, c.s. 4 Manganaro Perrone 2006, pp. 9-31. 5 Manganaro fa riferimento a signacula recanti simboli giudaici come la menorah : Manganaro Perrone 2006, pp. 15-17. 6 Su questo punto, vedi infra. 7 « Generalmente più corti, di circa cm 4/ 3.5 x 1.8/ 1.2 a forma di aquila, delfino o pianta di piede, anche a targhetta rettangolare, con un contorno, entro il quale sono incise a rilievo sigle, riferibili in qualche caso a funzioni amministrative, ovvero a nomi personali ». Manganaro Perrone 2006, pp. 17 e 29 (dove si trovano in catalogo questi esemplari). 8 Nella TPSulp. 78 sono impressi tre sigilli in calce in perfetto stato di conservazione adoperati dai chirografari nella prassi campana ; di questi, uno rappresenta una divinità con il polos che ricorda l’Artemide Efesia, un altro una figura con lancia e scudo, in cui è forse possibile riconoscere Minerva. Camodeca 1999, 1, p. 178 ; 2, 78. Tab. ii, p. 3. L’impronta impressa dagli anuli è sempre di piccole dimensioni, inferiori a quelle dei signacula considerati da Manganaro, e prevalentemente figurata. Sulle impronte degli anuli signatorii, vedi anche : Di Stefano Manzella 2004, c.s.
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stenza di sigilli dotati di un lungo manico, ben più consono per l’utilizzo a fuoco sul tipo di quello dell’esemplare conservato presso il museo di Spalato descritto da Giulia Baratta. 1 Come è stato più volte evidenziato, i bolli su laterizi, 2 anfore, dolia, mortaria hanno lettere in rilievo mentre le impronte dei signacula, il cui testo è nella maggioranza dei casi in rilievo, presentano lettere incave. Tuttavia, come anticipato, questo non è generalizzabile : per quanto riguarda i laterizi, l’importante rinvenimento avvenuto nel corso di una serie di saggi di scavo realizzati tra il 1974 ed il 1976 nella necropoli dell’Isola Sacra ha per la prima volta permesso di mettere in relazione impronte presenti su alcuni laterizi con il signaculum corrispondente. Si tratta di quattro bipedali recanti un particolare bollo circolare a lettere incavate 3 riferibile a M. Cassius Sempronianus ; tale scoperta ha consentito a Franca Taglietti di mettere in relazione il signaculum che aveva realizzato l’impronta con un gruppo di esemplari con caratteristiche analoghe - la forma circolare, le dimensioni comprese tra i 7 e gli 8 cm, la ripetizione della formula onomastica con direzione circolare retrograda, la presenza di un registro centrale lineare, in cui le lettere hanno andamento progressivo a volte inquadrato tra due folia o cultra, le lettere rilevate 4 - gruppo che si distingue dalla tipologia più diffusa. L’indagine prosopografica sui personaggi menzionati in questi particolari signacula urbani ha permesso di risalire a personaggi coinvolti a diverso titolo (negotiatores, mercatores e diffusores) nel commercio dell’olio betico in età antonina. 5 Il testo dei bolli sui laterizi provenienti dall’isola Sacra è interpretabile come una forma sintetica di contratto di locatio operis, 6 in cui figura l’indicazione della destinazione dei bipedali, un edificio di proprietà di M. Cassius Sempronianus nell’area del porto di Ostia, come indicato dalla scrittura lineare (ostia) al centro dello stesso signaculum e suggerito dalla provenienza di un altro di questi particolari sigilli, quello di Coelia Mascellina, rinvenuto lungo le sponde del Tevere nell’area dell’antico porto fluviale. 7 I laterizi rinvenuti potevano dunque in origine
1 Baratta 2001, pp. 189-190. Su questi sigilli, vedi anche : Baratta, Una particolare categoria di signacula : marchi per legno, pellami ed animali, in Baratta, Mayer, Guzmán Almagro 2007 ; Di Stefano Manzella, Isola 2004, p. 260. Su alcuni sigilli di questo tipo aveva già scritto Marion : Marion 1976. 2 È stato ipotizzato che la maggior parte dei bolli laterizi sia stata realizzata attraverso l’utilizzo di timbri lignei, forse di bosso. Taglietti 1994, p. 169. 3 Il bollo m hedera distinguens cassi hedera distinguens senproniani hedera distinguens / m·cassi·senproniani. Al centro : caduceus sinistrorsum/ ostia/ caduceus dextrorsum era era impresso su quattro bipedali, tre dei quali reimpiegati in un’unica tomba a camera (n. 93) datata intorno al 135 a.C. ; il quarto laterizio, anch’esso riutilizzato, è stato rinvenuto nella tomba n. 4. Un ulteriore frammento recante parte dello stesso bollo è stato rinvenuto durante la pulizia superficiale della tomba 39 datata intorno al 160 d.C. 4 cil xv, 8166 ; 8075 ; 8097 ; 8272. In particolare su cil xv, 8166 : Visconti 1879, pp. 197-216 e da ultimo Marengo 2008, pp. 1301-1302. 5 In Siviglia, a Tocina, considerata centro di produzione di anfore Dressel 20 è ricordato in un’iscrizione un M. Cassius Sempronianus, diffusor olearius. Taglietti 1994, pp. 176-177. 6 Sull’argomento : Steinby 1982, pp. 234 e 235 ; Steinby 1993, pp. 140-141 ; Manacorda 2000, pp. 140141. 7 Si tratta del signaculum di Coelia Mascellina : cil xv, 8166 (= ig xiv, 2412.24 ; Lanciani 1879, p. 268 ; Visconti 1879, tav. 21, 1-3). Può essere interessante osservare che a Roma sono stati rinvenuti nell’alveo
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essere stati fabbricati per ambienti riservati allo stivaggio delle anfore contenenti l’olio betico in particolari settori degli horrea ostiensi, la cui costruzione o manutenzione spettava al personaggio ricordato dal signaculum. 1 I bolli di M. Cassius Sempronianus presentano un’impressione poco nitida ; 2 anche questo potrebbe costituire un elemento a sostegno del fatto che il signaculum che li ha realizzati non fosse riservato in primis a questo utilizzo. Purtroppo non si dispone ancora di elementi che chiariscano le modalità e le finalità di utilizzo di questi particolari signacula. Tuttavia le evidenti analogie che alcuni signacula di piombo di provenienza urbana studiati da Silvia Marengo 3 presentano con quelli pubblicati da Franca Taglietti possono suggerire qualche spunto di riflessione. Anche gli esemplari di piombo sono caratterizzati dalla forma circolare, dalle dimensioni pressoché costanti (tra i 7 e gli 8 cm di diametro), dalle lettere in rilievo con direzione retrograda, dalla ripetizione delle iniziali dei tria nomina al centro o sull’impugnatura ; 4 dalla scrittura centrale lineare talora inquadrata da due folia o cultra. Questi signacula sono riferibili ad un periodo compreso tra il ii sec. d.C. (epoca alla quale risalgono anche i signacula in bronzo precedentemente considerati) ed il iv. Oltre agli elementi in comune evidenziati, appare significativo che alcuni signacula di piombo provengano dalle sponde del Tevere. 5 Tra i signacula in piombo riveste particolare attenzione l’esemplare 6 con testo : menso dd nn avg et acta// fk. Secondo la lettura proposta da Marengo il testo menziona menso(res) et act(u)a(rii) soggetti all’autorità imperiale che esercitavano mansioni di controllo e registrazione nel mercato di Cartagine : F(ori) K(arthaginiensis). 7 In base agli elementi raccolti risulta convincente che questi signacula di forma circolare fossero utilizzati per « operazioni di misurazione, verifica e registrazione delle merci » 8 prima che i carichi fossero distribuiti e/o stivati negli horrea del porto, secondo modalità e criteri che restano per noi ancora sconosciuti. Allo stesso modo tali signacula potevano essere adoperati anche durante le operazioni di imballaggio delle merci dirette dal porto del Tevere verso altre destinazioni : in questo caso, i contrassegni impressi con questi sigilli potevano costituire all’arrivo una qualche sorta di garanzia della provenienza del carico e/o, a seconda di come fosse
del Tevere anche sette signacula del tipo più noto e diffuso con lamina rettangolare ; si tratta di : cil xv, 8032 (fortasse), 8068, 8159, 8437 ; 8464 ; 8599. La stessa provenienza è attestata per due signacula in piombo con lamina rettangolare : cil xv, 8120, 8216. 1 Taglietti 1994, pp. 187-190. 2 Taglietti 1994, in particolare p. 193 nota 97. 3 Si tratta di : 7940, 7941, 7942, 7943, 7944, 7945, 7946, 7947, 7848, 7950. L’attenzione della studiosa si è rivolta in particolare a cil xv 7040-7043 e 7046. 4 Quest’ultima ripetizione ricorre sovente anche nei signacula più comuni. 5 Nel caso dei signacula in piombo le analogie tra alcuni esemplari (e cioè le dimensioni, il loro rinvenimento in prossimità del Tevere o delle sue sponde, la menzione nel testo di alcuni esemplari di termini come Hadrumetum e K(arthago) e di un procurator provinciae Mauritania, Sallustius Macrinianus) avevano suggerito a Dressel che tali signacula potessero essere in qualche modo connessi allo scarico di merci dirette ad Ostia e al porto del Tevere. cil xv, p. 990. Marengo 2008, pp. 1302-1305. 6 cil xv, 7942. Marengo 2008, p. 1304. 7 Sugli altri possibili scioglimenti della sigla : Marengo 2008, pp. 1303-1304 ; cil xv 7941 e 7942. 8 Marengo 2008, p. 1304.
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ro apposti, dell’integrità della merce trasportata. La possibilità di comprendere la precisa funzione dei signacula risulta chiaramente limitata dalla mancanza di un’interpretazione completa e convincente delle funzioni e finalità che aveva in questo caso la pratica della bollatura. Dressel, osservando le dimensioni dei sigilli di piombo, aveva rilevato la somiglianza con le impronte presenti sui tappi in pozzolana posti a chiusura delle anfore. 1 A tali richiami siamo naturalmente portati nel corso di un’indagine scientifica confrontando e associando l’oggetto della ricerca con quanto conosciamo e in molti casi questa prassi funziona ; tuttavia la maggiore difficoltà nello studio dei signacula risiede proprio nel fatto che il loro utilizzo primario non sembra avere lasciato tracce archeologiche. Per ovvie ragioni la nostra attenzione si concentra sui contenitori (anfore, dolia) che sono giunti sino a noi e sulle merci in essi trasportate. Tuttavia una quantità notevole di merci viaggiava in contenitori che non lasciano traccia come cullea e sacchi, ai quali non si può escludere fosse apposto una qualche sorta di contrassegno realizzato con i signacula : è chiaro che questa, in mancanza di elementi che possano avvalorarla, al momento resta soltanto un’ipotesi. Un recente studio ha esaminato la distribuzione dei signacula noti nel territorio della Gallia Narbonense. 2 Gli esemplari rinvenuti dopo il 1950, la cui provenienza risulta dunque accertata, si concentrano lungo la costa, soprattutto in grandi villae 3 o insediamenti rurali. È chiaro che le assenze e concentrazioni di signacula riscontrate sul territorio rispecchiano lo stato attuale della documentazione e l’intensità della ricerca archeologica. Tuttavia una qualche conferma pare provenire dalla distribuzione dei signacula quantitativamente più rappresentativi (noti prima del 1950, le cui informazioni relative al contesto di riferimento potrebbero essere meno affidabili). Anche in questo caso la fascia costiera risulta interessata dai ritrovamenti in modo significativo rispetto ai territori dell’interno, escludendo un gruppo di esemplari attestati nella regione di Lione ; inoltre i rinvenimenti si dispongono lungo le principali vie di comunicazione della provincia. La segnalazione del rinvenimento di alcuni signacula nei porti di Agde, Marsiglia, Toulon, Fréjus andrebbe ulteriormente indagata per capire se può costituire una qualche sorta di corrispettivo alla situazione urbana. 4 Gli autori di questo studio, Michel Feugère e Stepan Maune, hanno considerato un ulteriore possibile uso secondario dei signacula : l’impressione su targhette di piombo. Effettivamente queste targhette di forma rettangolare ricordano molto i signacula della tipologia più nota e diffusa nelle dimensioni, nella disposizione del testo, nella maggior parte dei casi con
1 cil xv p. 990. Marengo 2008, p. 1305. 2 Gli esemplari presi in considerazione dagli autori sono circa una sessantina. Feugère, Mauné 2005-2006, p. 443. 3 Come riscontrato anche a Pompei. Andreau 1974, p. 276. 4 Feugère, Mauné 2005-2006, pp. 446 e 452. I signacula provenienti dai porti della Gallia Narbonese sono cinque : ad Agde sono stati rinvenuti due esemplari con testo l. messini valeriani e c. ivli heli ; a Marsiglia, m. cos. chresimi ; a Toulon, l. atti secvndi ; a Fréjus, l. stati epi/ tynchani. Tutti presentano lamina rettangolare e dunque si discostano in questo dalla tipologia degli esemplari urbani. Devo l’informazione alla cortesia del Professore Michel Feugère.
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direzione retrograda su uno o due registri. 1 In questo caso si verrebbe a delineare una situazione opposta a quella a cui ci ha abituato lo studio dei signacula : pare ci siano le impronte, ma mancano i signacula corrispondenti. Tale circostanza induce a mantenere una certa cautela nell’accettare questa ipotesi ; è noto però che il piombo era frequentemente fuso per essere riutilizzato e che questa pratica può averci privato di contrassegni corrispondenti a signacula noti. Una caratteristica interessante di queste targhette di piombo è la presenza in diversi esemplari di un sistema di sospensione : alcuni esemplari sono attraversati da due fori che sembrano funzionali al passaggio di una corda ; altri nella parte posteriore lasciata grezza recano traccia di un anello di ferro. Questo genere di contrassegni munito di sistema di sospensione avrebbe potuto essere comodamente applicato proprio a quei contenitori da trasporto come sacchi e cullei, dei quali non è rimasta traccia. In attesa che il prosieguo della ricerca e nuovi rinvenimenti archeologici possano contribuire a chiarire quali fossero la destinazione e le modalità d’uso dei signacula, gli studi compiuti su questa classe di materiali hanno comunque conseguito alcune acquisizioni in merito. L’utilizzo di signacula per timbrare prodotti di fornace (laterizi, 2 anfore 3) pare un dato oramai acquisito, non solo alla luce dei rinvenimenti dell’Isola Sacra e dei risultati dello studio di Taglietti, ma anche in base alle tracce di materiali argillosi riscontrate su un signaculum in piombo rinvenuto nel corso degli scavi di una domus romana ad atrio con impluvium condotti a Ferentium dall’Università della Tuscia di Viterbo. 4 Alcuni rinvenimenti, come il pane di Ercolano, i pigmenti rinvenuti in un’officina della via Stabiana a Pompei, 5 hanno rivelato un uso secondario o, forse più correttamente, un’attitudine ad un uso diversificato dei signacula in rapporto alla produzione. La menzione ricorrente su alcuni signacula di procuratores, dispensatores, actores 6 richiama le attività svolte e amministrate dai curatori di fondi che potevano com
1 Gli autori prendono in considerazione una quindicina di queste targhette rinvenute nella Gallia Narbonense, in Spagna e in Italia : Feugère, Mauné 2005-2006, pp. 441-443. Tra questi, un solo esemplare proveniente da Puisserguier, Lussan (Herault) presenta testo con andamento progressivo. Può essere di qualche interesse ricordare un’altra targhetta in piombo di questo tipo, parte di una collezione privata siciliana, in cui il testo si dispone con andamento progressivo : Manganaro Perrone 2006, p. 30 n. 56. Non credo che la direzione progressiva del testo nelle targhette in piombo sia necessariamente imputabile ad un diverso procedimento di realizzazione (Feugère, Mauné 2005-2006, p. 443) ; sono noti signacula in cui il testo è progressivo. È stato giustamente osservato che la scelta di realizzare contrassegni nei quali il testo si dispone con andamento retrogrado non avrebbe di certo reso più agevole la lettura. Tuttavia le targhette in piombo di questo tipo sinora note sono in numero così esiguo da permettere solo congetture. 2 Su impronte corrispondenti a signacula impresse su materiali laterizi, vedi l’elenco pubblicato da Di Stefano Manzella (Di Stefano Manzella 2004, c.s.), in cui è preso in considerazione anche il signaculum con testo sagitti della collezione Rosa e, infra, viii.3.5.1. La raccolta di Concezio Rosa, pp. 221-222.. 3 Di Stefano Manzella 2004, c.s. 4 Il sigillo proviene da una taverna fiancheggiante le fauces dell’abitazione : Di Stefano Manzella 2004, c.s. 5 cil x, 8058, 6. Di Stefano Manzella 2004, c.s. A questi aggiungerei anche le impronte di signacula rinvenute nelle catacombe ; anche questo utilizzo pare derivato dal loro uso primario : vedi supra, p. 214. 6 Sul loro ruolo e le rispettive mansioni, vedi : Aubert 1994, pp. 183-199.
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prendere diverse operazioni legate alla produzione delle derrate, dei contenitori ad esse destinate – non mancano esempi di proprietà che potevano anche giovarsi di figlinae – ed al loro stivaggio. Quale fosse in questo contesto l’impiego dei signacula e secondo quali modalità rimane ancora oscuro. La distribuzione dei signacula sul territorio – i rinvenimenti nelle botteghe annesse alle abitazioni, nelle villae in prossimità delle principali vie di comunicazione, nelle aree portuali – sembra riflettere la stretta connessione dell’uso dei sigilli con la commercializzazione e lo stivaggio delle merci nelle dispense e nei magazzini di ‘piccole imprese’, come le officine annesse alle domus e gli insediamenti rurali dotati di impianti produttivi, e la gestione di importanti realtà economiche come i traffici portuali. 3. I signacula della regio V I signacula della regio V pubblicati nel cil ix sono oltre una settantina ; per la maggior parte di essi, già all’epoca della pubblicazione del cil parte di collezioni private, non si dispone di informazioni relative al rinvenimento. La lettura del cil mostra che questi reperti attrassero l’attenzione di collezionisti ed eruditi marchigiani sin dalla metà del diciottesimo secolo ; la sorte di molte di queste raccolte private non è nota e dunque la maggior parte dei signacula descritti risultano dispersi. 1 I dati riportati, e tra essi la provenienza, se indicata, derivano dalle schede del cil, come le trascrizioni e le interpretazioni del testo dei signacula.
3. 1. La raccolta De Minicis Nel cil la raccolta che conta il maggior numero di esemplari è quella dei fratelli Gaetano e Raffaele De Minicis che comprendeva signacula forse provenienti non soltanto dal territorio, ma anche da Roma, dove è noto che i De Minicis acquistavano reperti per la loro collezione ; intorno alla fine dell’Ottocento i 27 2 signacula dei De Minicis furono acquisiti dal museo di Firenze. 3
3. 2. I signacula provenienti dal territorio di Cupra Maritima. Le raccolte di Sciarra-Condivi e del canonico Mascaretti Anche il collezionista di antichità Francesco Sciarra-Condivi di Ripatransone intratteneva rapporti con la capitale e possedeva una piccola raccolta di signacula ; tuttavia, secondo quanto riportato negli scritti del marchese Filippo Bruti Liberati i due
1 Nell’impossibilità di eseguire un esame autoptico di questi esemplari che risultano, come già detto, in maggior parte dispersi, e in mancanza per molti di essi, di informazioni certe relative al rinvenimento, ci si propone in questo paragrafo di delineare, quando possibile, le vicende antiquarie degli esemplari pubblicati nel cil riferibili alla regio V. 2 Cifra a cui ammontano gli esemplari pubblicati nel cil ix, 6083 : 2, 7, 12, 22, 35, 52, 68, 81, 89, 106, 123, 127, 134, 137, 146, 153, 156, 158, 165, 175, 180, 182, 184, 190, 191, 193. 3 Le schede dei signacula della raccolta De Minicis editi nel cil ix non sono state riproposte nel cil xi dopo l’acquisizione da parte del museo di Firenze. cil xi, ii-i, p. 1172. Poggi ne aveva già pubblicata una descrizione corredata con disegni nel suo volume sui signacula. Poggi 1876.
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signacula con testo t·albi se/ cvndi e l hedera distinguens man·comin·cypriac 1 sono stati rinvenuti nel territorio dell’antica Cupra Maritima. Altri tre esemplari recanti le iscrizioni africa, q·volvsius·evtyches e passerv furono acquistati dal canonico Mascaretti : i primi due 2 sono detti provenire dai pressi di Marano (il secondo, in particolare, dalle vicinanze del torrente Menocchia) ed il terzo 3 da Ripatransone, località queste un tempo parte dell’ager Cuprensis.
3. 3. La raccolta di Francesco Maria Raffaelli Il collezionista di antichità Francesco Maria Raffaelli di Cingoli possedeva tre signacula. Gianfranco Paci, che ha curato l’aggiornamento epigrafico su Cingulum, segnala la scomparsa dei reperti un tempo conservati presso la biblioteca Raffaelli. 4
3. 4. Il signaculum di Serafino Servanzi Collio di San Severino Marche Il signaculum con testo picentini hedera distinguens bas/ sil hedera distinguens n hedera distinguens acct, un tempo parte della collezione del conte Servanzi Collio di San Severino Marche risulta irreperibile. 5
3. 5. Le collezioni ed i rinvenimenti provenienti dal territorio teramano 3. 5. 1. La raccolta di Concezio Rosa I tre signacula (cil ix 6083 17, 128, 152) esaminati da Dressel a Corropoli presso Concezio Rosa provenivano probabilmente dalla valle del Vibrata o da qualche località dall’Abruzzo teramano, dove si concentrarono le ricerche dello studioso ; purtroppo, mentre i reperti preistorici della collezione di Rosa furono acquistati alla morte dei Rosa dal Museo Preistorico ed Etnografico Pigorini dove sono attualmente conservati, i reperti romani risultano dispersi. Il signaculum della collezione Rosa con testo sagitti (cil ix 6083 128) era forse analogo non solo nel testo
1 Bruti Liberati 1850, p. 6 e cil ix 6083 rispettivamente 12 e 94. Il primo in seguito divenne parte della collezione De Minicis. Poggi 1876, n. 5, tav. 1 n. 4 2 cil ix 6083 rispettivamente 10 e 171 ; Bruti Liberati 1850, p. 10. Il signaculum di Q(uintus) Volusius Eutyches è ricordato anche nella xii lettera sulla via cuprense di Bruti Liberati : Bruti Liberati 1849, p. 5. 3 cil ix 6083 108 ; Bruti Liberati 1850, p. 10. 4 cil ix 6083, 19, 40 e 70. Paci 1990, p. 43. In modo conforme all’impostazione dei « Supplementa Italica » che non prevede l’aggiornamento dell’instrumentum domesticum inscriptum (Panciera 1981, p. 11), lo studioso non aveva specificato se fra i reperti irreperibili fossero compresi i signacula. La notizia della dispersione dei signacula è apparsa nel contributo Problemi di ricognizione, conservazione e fruizione del patrimonio epigrafico nelle Marche centro-meridionali, ripubblicato in Paci 2008 (pp. 129-150, in particolare tabella i, p. 138). 5 cil ix 6083 111. Sul signaculum : Marengo 1996, pp. 202. Servanzi Collio comunicò il ritrovamento del sigillo a Henzen e ne ottenne risposta con una lettera inviata il 4 luglio 1844 (Paci 1982a, p. 106) ; in seguito con una lettera inviata il 5 dicembre 1944 il conte chiese un parere sul signaculum a Bartolomeo Borghesi, ottenendone risposta il 25 dicembre 1844 : Paci 2002, p. 463. Paci 1982a, p. 106 nota 73. Sulla figura e l’archivio epistolare del conte Servanzi Collio : Marengo 1996, pp. 200-201. La notizia della dispersione del signaculum è pubblicata nel contributo citato alla nota 4 : Paci 2008, tab. i, p. 137.
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agli esemplari con lamina rettangolare descritti da Bormann (cil xi, ii-1, 6712 388), Mommsen (cil x 8059 535 a, b, d) e Hirschfeld (cil xii 5690 114). 1 A qualcuno dei signacula ricordati potrebbe essere riferibile l’impronta impressa su un laterizio rinvenuto in una villa romana presso Collatia. 2
3. 5. 2. La raccolta di Luigi Sorricchio Luigi Sorricchio, 3 che ricoprì la carica di Regio Ispettore per gli Scavi ed i Monumenti di Atri agli inizi del Novecento, conservava presso il suo museo quattro signacula, le cui trascrizioni figurano nel libro sull’antica Atri dello studioso. 4
3. 5. 3. La raccolta di Vincenzo Zecca Presso Montorio, nel teramano, pare sia stato rinvenuto un signaculum con lamina in forma di plantare di ispirazione cristiana, un tempo conservato a Chieti presso Vincenzo Zecca ; 5 nel 1912 alla chiusura del museo di Chieti la raccolta Zecca confluì nel museo di Ancona, dove fu parzialmente esposta. Nel 1969 una parte della collezione rientrò a Chieti, dove fu esposta al Museo Nazionale. Al momento non è noto se il signaculum si trovi ancora presso il museo di Ancona, se abbia fatto ritorno nel museo di Chieti o sia andato perduto. Altri signacula erano parte di raccolte archeologiche abruzzesi : due esemplari della collezione Rozzi di Campli ; un esemplare di quella Pugni di Teramo. 6
3. 5. 4. I rinvenimenti dal territorio Nel comune di Cellino, non lontano da Atri, fu rinvenuto il signaculum p·vetten/ atiliani. La notizia, comunicata da Cherubini a Fiorelli con una lettera in data 29 dicembre 1876, 7 fu pubblicata su Notizie degli Scavi. A Scorrano, in comune di Atri,
1 Di Stefano Manzella 2004, c.s. Il sigillo sagitti della raccolta Rosa rientra tra i casi di signacula con titulus multiplo. Sull’argomento, vedi infra, viii.3.7. I signacula di C. Sextilius Zosimus e Di Stefano Manzella 2004, c.s. 2 Steinby 1978-1979, p. 80 n. 195, tav. xxi, 3. Di Stefano Manzella 2004, c.s. 3 Lo storico Luigi Sorricchio (Atri 1865, Roma 1916) fu sindaco di Atri, consigliere provinciale, membro della Società Storica di Napoli, componente la Commissione Conservatrice dei Monumenti della Provincia di Teramo (1904). Nel 1910 entrò a far parte della Deputazione Abruzzese di Storia Patria. 4 Sorricchio aggiunge ai tre esemplari pubblicati nel cil (ix 6083, 14, 91, 148) un quarto molto usurato con testo : o·iopi. Tutti gli esemplari avevano lamina rettangolare. Sorricchio 1911, p. 267. 5 cil ix 6083 88. Vincenzo Zecca (Chieti, 1832-1915) scrittore ed archeologo fu intellettuale di spicco di Chieti. Fu Regio Ispettore agli Scavi e ai Monumenti, socio della Regia Deputazione di Storia Patria e Presidente della Commissione Provinciale per la Conservazione dei Monumenti. Per oltre cinquanta anni si occupò di raccogliere con mezzi propri nella sua abitazione in corso Marrucino quanto ritenne di interesse storico artistico per la sua città, curandosi anche di raccogliere nel proprio archivio qualsiasi notizia ritenesse utile tramandare. La maggior parte dei suoi scritti apparve sui giornali del tempo. Le notizie su Vincenzo Zecca sono state ricavate dallo scritto commemorativo di Aurini comparso su La fiaccola del 28 gennaio 1916. 6 Rispettivamente cil ix 6083 102 e 188 ; 90. 7 cil ix 6083 166. Cherubini 1877, p. 15. La lettera, che non fornisce indicazioni sul contesto di rinvenimento, è conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma. acs, Min. pi Dir. Gen. aabbaa, I versamento, busta 161 Teramo (1865-1880) fasc. 335.3. Al momento il signaculum risulta disperso.
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Cherubini segnala il rinvenimento di un altro signaculum in bronzo con testo con andamento retrogrado che trascrisse corinthi/ c·pvblial. 1
3. 6. I signacula delle raccolte Leopardi Il signaculum pubblicato nel cil ix 2 conservato ad Osimo, nel museo Leopardi potrebbe aver fatto parte della collezione epigrafica ed archeologica conservata nella villa Monte San Pietro nei pressi Osimo dei conti Leopardi Dittaiuti. 3 L’esemplare con testo l·pleto·celadi, la cui provenienza era sconosciuta, un tempo parte della collezione Leopardi di Recanati, è risultato irreperibile nel 1984. 4
3. 7. I signacula di C. Sextilus Zosimus Giuseppe Colucci segnala nelle Antichità Picene il rinvenimento nella seconda metà del 1700 nel territorio di Cupra Montana 5 di tre signacula all’epoca custoditi presso notabili del luogo. Tra questi, il signaculum con testo c·sextil./ zosimi, reperito nel 1749 in un fondo di Tavignano di proprietà della nobildonna Teresa Cancellotti de Cima ed all’epoca conservato presso di lei ; 6 Raffaelli, che ebbe modo di esaminarlo, lesse zosimi in luogo di zozimi. 7 Sono noti altri signacula con lamina rettangolare con testo uguale all’esemplare descritto : a Rimini ; 8 a Bologna ; 9 a Roma, dove risultava conservato presso Museo Kircheriano sino 1878. 10 Dressel, che ebbe modo di esaminare questo esemplare, trascrisse zosinii in luogo di zosimi e ne rilevò le lettere usurate. La lettura della prima lettera sollevò alcuni dubbi : fu interpretata da Kiessling come ‘o’ e da De Ruggiero come ‘q’. Anche l’esemplare riminese appare « fortemente consunto » 11 in modo particolare al centro della lamina (dunque anche in questo caso in corrispondenza della terza e della quarta lettera del registro inferiore) ; 12 tuttavia la lettura sembra non presentare incertezze : c sextili/ zosimi. Orietta Piolanti descrive alla fine del testo « un segno decora
1 La lunghezza (della lamina ?) era di 6 cm. Fiorelli 1877a, p. 126. Mommsen lesse Corinthi C. Publi Al. cil ix 6083 42. Il testo presentava nessi, diversamente trascritti da chi ha esaminato il signaculum che non sono stati riportati non essendo più possibile un’autopsia del sigillo. acs, Min. pi Dir. Gen. aabbaa, I versamento, busta 161 Teramo (1865-1880) fasc. 335.3. 2 cil ix 6083 61. 3 Marengo 1977, p. 709. 4 cil 6083, 113. La notizia recentemente ripubblicata (Paci 2008, tab. i p. 138) è comparsa anche nei « Supplementa Italica » : Antolini 2007, p. 172. 5 A Massaccio con testo vtere/ felix : cil ix 6083 189 ; Colucci 1989, p. 223. In contrada Velina, nelle vicinanze di Massaccio con testo : sex·vae·i·fe·li·cis : cil ix 6083, 155 ; Colucci 1989, p. 223. Quest’ultimo signaculum suscitò l’interesse di Lanciani nel suo articolo Di un antico sigillo letterato di bronzo recentemente scoperto del 1879 per la forma circolare della lamina. Nel suo scritto Lanciani riporta le annotazioni di Marini sul sigillo (n. 267) : « Al Massaccio presso l’uditor Mancia sigillo rotondo con lettere incavate e con ordine retto : sex·vae·i·fe·li·cis da Sex(tus) Vaeius Felicis ». Lanciani 1879, p. 207. 6 Colucci 1988, p. 134. 7 Nel cil ix 6083, 135 il testo è trascritto : c·sextil/ zozimi. 8 Piolanti 1978-1979, p. 100 n. 19, tav. i, fig. 6. 9 cil xi, ii-1, 6712, 408b. 10 De Ruggiero lesse : q sentili zosimi : De Ruggiero 1878, p. 131 n. 468 ; cil xv, 8478. 11 Piolanti 1978-1979, p. 100 n. 19. 12 L’esemplare di Rimini è attualmente conservato presso il museo archeologico. Non risulta inventariato.
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tivo a goccia o a punta di lancia » 1 (la seconda ‘i’ di Dressel ?). La studiosa descrive inoltre la presenza di tre aste verticali incise sulla parte superiore dell’anello che interpreta come il segno di un’iscrizione non più leggibile. 2 Osservando la fotografia del signaculum pubblicato leggo : c sextil folium/ zosimi folium. Lo storico Tonini, che diresse la prima Galleria Archeologica di Rimini inaugurata nel 1872, annotava nelle sue schede manoscritte a proposito di tale signaculum allora esposto con altri reperti nella vetrina a n. 6 ‘Bronzi-Sigilli romani’ : « Fu di Paolucci che dice di averlo avuto da V. Tosi da Montescudo, trovato presso Montetauro ». 3 Un altro esemplare riferibile a C. Sextilius Zosimus con lamina rettangolare è conservato presso il Museo Comunale di Catania. Manganaro Perrone trascrive il testo : C. Sextili/ Zosimi. 4 Anche in questo caso leggo : c·sextil folium/ zosimi folium. Il signaculum appare molto usurato. La ‘c’ è molto rotonda e sembra quasi chiudersi sul segno di interpunzione (in modo tale da poter essere scambiata forse per una ‘o’ o per una ‘q’ ?). Sulla parte superiore dell’anello « sembra potersi leggere a lettere destrorse se(x)t » inciso. 5 L’esemplare di Bologna, un tempo parte della collezione Universitaria che si costituì tra il Settecento e l’Ottocento, risulta ancora conservato presso il Museo Civico Archeologico di Bologna ; 6 presenta la lamina fortemente usurata e reca traccia sulla sommità dell’anello di tre aste incise riconoscibili nonostante un ammanco del bronzo piuttosto consistente. Le dimensioni della lamina dei tre signacula sono pressoché uguali. 7 Al momento è certo che esistono tre signacula identici riferibili a C. Sextilius Zosimus conservati presso il Museo di Rimini, di Bologna e di Catania ; 8 non si dispone di informazioni che consentano di identificare l’esemplare piceno, attualmente disperso, 9 o quello di Roma con i signacula attualmente reperibili. L’esistenza di signacula identici documentati è stata più volte riscontrata e spiegata considerando l’eventualità che si tratti di un unico signaculum documentato
1 Piolanti 1978-1979, p. 100 n. 19. 2 Purtroppo nel contributo non figura una fotografia della parte posteriore del signaculum che avrebbe permesso di osservare la parte superiore dell’anello. 3 Il signaculum di Rimini appartenne al gabinetto d’antiquaria di Domenico Paolucci, segretario comunale di Rimini ed erudito locale della prima metà dell’Ottocento. La sua collezione fu acquistata per il Comune di Rimini da Luigi Tonini nel 1855. Nell’elenco degli oggetti stilato dagli eredi figura al numero 17 : « Si aggiungano 24 sigilli in bronzo ed uno in petra, antichi, due in bronzo di tempi bassi, ed un’impronta di sigillo di Malatesta da Verrucchio ». Devo le informazioni alla cortesia della Dottoressa Orietta Piolanti. 4 Inv. n. 3560. Manganaro Perrone 2006, p. 23 n. 29, fig. 29 e 29b. 5 Manganaro Perrone 2006, p. 23 n. 29. 6 Inv. rom 676. Devo le informazioni alla cortesia della Dottoressa Marinella Marchesi. Sulla collezione Universitaria di Bologna : Brizzolara 1984, pp. 159-166. 7 La lamina del signaculum bolognese misura cm 5.2 x cm 2 ; quella del siciliano cm 5 x cm 1.9 ; quella del riminese : cm 5.1 x cm 2.1 : Manganaro Perrone 2006, p. 23 ; Giovagnetti, Piolanti 1978-1979, p. 100. 8 Al momento ho intrapreso la ricerca del signaculum di Roma, un tempo conservato presso il Museo Kircheriano. Come è noto, le collezioni del museo sono state trasferite tra la fine del xix e l’inizio del xx sec. presso alcuni grandi musei della capitale : al Museo di Villa Giulia le antichità etrusche ; al Museo Pigorini i materiali preistorici ed etnografici ; al Museo Nazionale Romano (che ora vanta le sedi di Palazzo Massimo ed Altemps) le antichità romane. 9 Paci 2008, tab. i, p. 138.
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da diverse persone in luoghi diversi o che il proprietario del signaculum potesse adoperare più di un esemplare. 1 In attesa di potere esaminare i signacula riferibili a C. Sextilius Zosimus e di ricorrere ad eventuali analisi, le forti somiglianze riscontrate e lo stato di conservazione dei sigilli inducono a non escludere la possibilità che si tratti di copie o falsificazioni provenienti dal mercato antiquario.
3. 8. I rinvenimenti recenti Nel 1978 è stato pubblicato un signaculum conservato presso il Museo Civico di Macerata. 2 Ai signacula in bronzo pubblicati nel cil si sono aggiunti solo rari rinvenimenti recenti. A Castelletta di Potenza Picena è stato rinvenuto nel 1986 il signaculum con lamina rettangolare in cui il testo presenta lettere rilevate con direzione retrograda (ad esclusione della lettera s) : t·fl Lvi/ trh Ls. 3 Il sigillo designava attraverso la formula onomastica trimembre un individuo della gens Flavia, probabilmente un liberto, vista la presenza del cognomen grecanico. 4 Il ritrovamento del sigillo in un’area del territorio a vocazione agricola potrebbe attestare che i Titi Flavi di Urbs Salvia disponessero di proprietà terriere e fossero coinvolti in qualche tipo di produzione, tra cui, forse, quella relativa alla commercializzazione di derrate alimentari che poteva comportare la conservazione e lo stivaggio degli alimenti. Non è chiaro, infine, se la segnalazione del rinvenimento di un sigillo a forma di planta pedis a Recanati, in località Pintura del Braccio, in proprietà Marconi – nei pressi di una casa colonica dove sono stati individuati i resti di una villa romana con « bagni caldi e pavimenti a mosaico e ambienti termali e numerose tombe » 5 – riguardi un signaculum.
4. I signacula della collezione civica Gli undici signacula rintracciati nel corso di questa ricerca appartengono alla collezione civica ascolana ; la maggior parte di essi, 10 su 11, erano già stati acquisiti nella raccolta durante l’Ottocento, come dimostra il numero di inventario b.m. 6 Gli esemplari esaminati sono stati recentemente restaurati 7 ed erano tutti origi
1 Di Stefano Manzella, Isola 2004, p. 261. 2 Inv. 970. Non è nota la provenienza del signaculum. Di Giacomo 1978, p. 122 n. 4 fig. 4. Marengo 1989, p. 62 nota 34. 3 Dimensioni della lamina : cm 4.3 x cm 7.5. Altezza delle lettere compresa tra 0.9 e 1.7 cm. Marengo 1989, p. 61. La fotografia del sigillo era stata pubblicata nel 1987 da Vincenzo Galiè nel suo contributo Presenze romane e altomedievali lungo la via impropriamente detta litoranea (p. 1379, fig. 4) al convegno sulle strade nelle Marche. Marengo 1989, pp. 59-63, fig. 12 ; Antolini 2007, pp. 214-215 n. 46. 4 Marengo 1989, p. 61. 5 Mercando, Brecciaroli, Paci 1981, p. 336 n. 262 ; Percossi Serenelli 1985, p. 133 n. 19. Mazzeo Saracino 1991, p. 54. 6 Quattro signacula della collezione civica erano stati pubblicati nel cil ix (64, 85, 117, 154). Si tratta di k 3861, k 3862, k 3887, k 4431, rispettivamente Catalogo, nn. 179, 181, 183, 178. 7 Tutti ad eccezione di k 6332 : Catalogo, n. 184.
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nariamente forniti di anello di supporto, ad eccezione di k 4432 1 che presenta al suo posto una piccola presa piegata ad angolo. La maggioranza di essi presenta il testo in genitivo ; 2 un solo esemplare in nominativo. 3 I signacula k 4435 (che reca nel testo un’invocazione) e k 4432 (con un monogramma) sono di ispirazione cristiana. 4 Secondo le informazioni riportate da Gabrielli tre signacula sono di provenienza ascolana : tra questi, k 4429, 5 l’unico rilevante per dimensioni e con lamina di forma circolare. Il testo disposto lungo il bordo esterno con andamento retrogrado è il seguente :
q(uinti) hedera distinguens fvndili antonini hedera distinguens culter sinistrorsum linea recta F(undili) A(ntonini) culter dextrorsum
Il signaculum ascolano presenta alcune caratteristiche analoghe agli esemplari esaminati da Taglietti : 6 le dimensioni 7 e la forma circolare del lamina, le lettere rilevate con andamento retrogrado, la scrittura lineare centrale con la ripetizione delle iniziali del personaggio menzionato inserita tra due folia o cultra ; inoltre la presenza nel testo del cognomen Antoninus, di rado attestato prima del ii sec. d.C., lo riferisce allo stesso periodo dei signacula urbani. Nel caso del signaculum di Q. Fundilius Antoninus non sono note impronte corrispondenti impresse su laterizi. Il gentilicium Fundilius associato ad un diverso praenomen (Publius) e al cognomen di origine greca (che spesso designa individui di origine servile) Ibicus risultava attestato su un altro signaculum conservato a Roma presso il Museo Kircheriano ; la grafia Ibicus per Ibycus suggerisce anche per questo esemplare la cronologia del ii sec. d.C. 8 Malgrado non siano note impronte corrispondenti anche a questo signaculum, può essere opportuno richiamare un personaggio, ma con praenomen Publius che figura su una tegola proveniente da Oderzo con bollo p. fvndil/ lvpvli, oggi dispersa ; è noto inoltre un bollo con testo fvndili ramus palmae i in lamina rettangolare che Dressel vide su un laterizio dell’Esquilino. Alcuni Fundilii erano dunque coinvolti a qualche titolo nella produzione laterizia. Due facoltosi esponenti dei Fundilii sono ricordati in due iscrizioni (cil ix 4673 e 4691) riferibili ad un periodo compreso tra il i ed il ii d.C. rinvenute a Rieti, oggi irreperibili : 9 si tratta di T. Fundilius Quartio, nominato quinquennale del collegio degli Augustales e di T. Fundilius Geminus, sevir augustalis e magister iuvenum del collegio degli Augustales. Quest’ultimo personaggio, la cui
1 Catalogo, n. 182. 2 Catalogo, nn. 178, 180, 181, 183 e 189, l’unico con testo greco. A questi si possono aggiungere i nn. 187 e 188, la cui lettura pone alcuni problemi. Vedi infra, pp. 227-228 ; 230-231. 3 Catalogo, n. 184. 4 Catalogo, nn. 186 e 182. 5 Catalogo, n. 180. 6 Taglietti 1994, p. 167. 7 Il diametro del signaculum ascolano è di cm 6.5 ; quello degli esemplari esaminati da Franca Taglietti risulta compreso tra i 7 e gli 8 cm. Taglietti 1994, p. 167. 8 Solin 2003. 9 Spadoni 2000, pp. 67 e 75.
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iscrizione apparteneva ad una base onoraria, ricoprì la carica di patrono e quinquennale nello stesso collegio e dispose, oltre ad un banchetto per i componenti del collegio affinché celebrassero annualmente il 29 gennaio, giorno del suo compleanno, una cospicua serie di elargizioni in favore delle categorie più eminenti della città in occasione della dedica della sua statua nel foro reatino. La somma ragguardevole devoluta e la scelta del foro come luogo dove far sorgere il monumento sono indicative della ricchezza e del prestigio raggiunto da questa famiglia di liberti, che fu tra le più eminenti di età repubblicana in Italia centrale. Gli unici due Fundilii noti ricordati ad Asculum e nel suo territorio sono il repubblicano C. Fundilius C. filius, di origine equestre, forse appartenente alla tribù Quirina, quindicesimo tribunus militum di Pompeo Strabone 1 e un D. Fundilius liberto di N( ) che H(erculi) d(onum) d(edit), menzionato in un’iscrizione su una base rinvenuta a Motorio sul Vomano (cil ix 5054), i cui elementi interni al testo non sono sufficienti per una datazione. Secondo quanto riportato nei Taccuini da Gabrielli, il signaculum ascolano fu acquistato nel 1886 da un contadino che ne dichiarò la provenienza dalla zona di Colli del Tronto, dove sarebbe stato rinvenuto in occasione di lavori di sistemazione del cimitero ; 2 tuttavia le particolarità del signaculum e la nota dispersione di questo tipo di reperti nel mercato antiquario inducono se non altro a considerare la possibilità che il signaculum di Fundilius possa essere riferito all’ambito urbano. Dalle annotazioni di Gabrielli è stato possibile ricavare informazioni relative alla provenienza di altri due signacula : k 4433 3 da Ascoli e k 3860 4 da Castignano. Nell’esemplare k 4433 il testo è disposto nella lamina a forma di plantare con andamento progressivo : kypiLLoy. Le lettere sono leggermente apicate. Il sigillo si presenta abbastanza usurato ; la cornice in rilievo della lamina sembra interrompersi sui lati brevi, come se fosse stato impresso più volte con forza. Il signaculum è riferibile ad un individuo di condizione servile vissuto tra il i ed il iv sec. d.C. Il signaculum k 3860 si presenta in buono stato di conservazione. La lamina di forma rettangolare ha la cornice ben delineata di larghezza uniforme. All’interno il testo si dispone con andamento retrogrado. Osservando la disposizione del testo è visibile la suddivisione dello spazio operata dall’artigiano separando con un’incisione i due registri e delimitando successivamente lo spazio da assegnare a ciascuna lettera prima di passare a definire i caratteri. La procedura in un certo qual modo allinea le lettere del registro superiore ed inferiore che sono in numero eguale ; si nota solo nella seconda linea una leggera sfasatura in corrispondenza della ‘i’ che occupa meno spazio rispetto alla ‘a’ seguente. Nonostante l’esecuzione accurata la lettura paleograficamente più sostenibile del testo del signaculum, l·serº v º d eos/ prisciani, solleva evidenti problemi. Volendo considerare il testo come una formula trinominale, infatti, diventerebbe necessario
1 Sull’epigrafe bronzea di Gn. Pompeo Strabone, i cui due frammenti furono rinvenuti a Roma nei primi anni del Novecento : Criniti 1970. 2 Catalogo, n. 180. 3 Catalogo, n. 189. 4 Catalogo, n. 187.
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ammettere un genitivo in -os ( ?) anziché in -i di un nome che assumerebbe il ruolo di gentilizio. Inoltre il nome Serudeos non risulta attestato neanche in varianti che gli si avvicinino (Servadeus, Servusdeus, per citarne solo alcune). 1 Diversamente Serudeos potrebbe essere un nominativo in -os (= -us) al quale farebbe seguito il nome in genitivo del dominus. In questo caso non risulta spiegabile la ‘l’ iniziale : sia che la si interpreti come praenomen del titolare (Lucius Serudeus), sia come abbreviazione di libertus. In questo caso, infatti, la ‘l’ non dovrebbe occupare la posizione iniziale, ma seguire il praenomen ed il nomen acquisito da colui che lo ha affrancato. In ogni caso, oltre alle incongruenze già evidenziate, si tratterebbe di formule onomastiche anomale per il tardo Impero, epoca che pare richiamare anche il genitivo prisciani del registro inferiore. Nonostante i numerosi tentativi di diversa lettura delle lettere incerte, non si è trovata alcuna soluzione plausibile. Il signaculum k 3887 2 presenta nella lamina di forma rettangolare il testo l·licini/ prisci con andamento retrogrado. Il reperto era stato contrassegnato con il numero di inventario b.m. 96. Se, come si ritiene in base ad alcuni confronti, ai materiali Odoardi furono assegnati i primi numeri dell’inventario ottocentesco, il signaculum potrebbe avere fatto parte della raccolta del vescovo di Perugia. Il gentilicium Licinius è assai diffuso. In particolare per quanto riguarda la provenienza del signaculum esaminato, riveste un certo interesse che risulti attestato a Perugia, Chiusi, Volterra, Cere e in numerosi centri etruschi. Nella regio IV, a Stroncone in un epitaffio figura un L. Licinius Priscus, nativo dell’Umbria, che con la moglie Fabia Eulpia piange il figlio, L. Licinius Severus. Anche nella regio V a Firmum sono attestati alcuni Licinii : uno di questi, Q. Licinius Crispinus (cil ix 5635), durante il i sec. d.C. ricoprì il duumvirato, una magistratura cittadina che rivela il livello politico ed economico raggiunto da questa famiglia locale emergente, forse detentrice di proprietà fondiarie. 3 Ai Licinii di Firmum è riconducibile anche la liberta Fausta affrancata da un C. Licinius, vissuta anch’essa nel i sec. d.C., 4 ricordata su un’urna cineraria di forma quadrangolare rinvenuta nei pressi di S. Elpidio a Mare, oggi dispersa. La presenza di alcuni Licinii nell’ager Firmanus durante il i sec. d.C. consente di ipotizzare la provenienza del signaculum della collezione civica non solo da centri di origine etrusca (e dell’Umbria in particolare, dove forse erano stati raccolti alcuni reperti della collezione Odoardi), ma anche dalla stessa regio V. Il prosieguo delle ricerche sul primo nucleo della collezione civica di Ascoli potrà forse fornire nuovi elementi sulla provenienza del reperto. Le caratteristiche paleografiche del signaculum sembrano riferibili ad un periodo compreso tra il i sec. a.C. ed il i sec. d.C. e troverebbero riscontro nell’epoca di attestazione dei Licinii fermani ; tuttavia la mancanza di informazioni sicure sulla provenienza del reperto e l’ampia diffusione del gentilicium induce a proporre una datazione più ampia (dal i sec. a.C. al ii sec. d.C.). Il signaculum k 4431 5 è di fattura accurata ed in buono stato di conservazione. Il
1 Sono state anche utilizzate per la ricerca le banche dati edh e edcs. 2 Catalogo, n. 181. 3 Squadroni 2007, pp. 69, 111. 4 cil ix, 5399. 5 Catalogo, n. 183.
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testo m culter pompei/ culter callisti è disposto nella lamina rettangolare con direzione retrograda. Le lettere sono apicate. Pompeius è gentilicium di origine oscosabellica. Ad Asculum i più famosi Pompei, con praenomen Cn. e Sext., appartennero alla tribù Clustumina che si estendeva nella valle orientale del Tevere e nell’Umbria Sud-occidentale ; nel Picenum svilupparono le loro ricchezze non solo fondiarie e raccolsero un largo seguito clientelare. Furono patroni non solo di Asculum, ma anche di Firmum, Hadria e Auximum. Il gentilicium Pompeius è ben attestato in Umbria, Lazio e Campania. L’individuo menzionato nel signaculum non dichiaratamente libero o liberto, sembra sia da assegnare a questa ultima classe sociale per il cognomen grecanico. In base a considerazioni di tipo onomastico e paleografico il signaculum è riferibile ad un periodo compreso tra il 50 a.C. e il ii sec. d.C. Il signaculum k 3861 1 con lamina rettangolare presenta il testo con direzione progressiva : cavdii. Audius, gentilicium di origine osca è ben attestato in Campania e in Umbria, ad Asisium dove due iscrizioni ricordano una Audia Hygia (cil xi ii-1 5457) e un Audius ; il nome di quest’ultimo figura in un’iscrizione sul coperchio di un cinerario in calcare bianco rinvenuto nel 1926, attualmente conservato nel lapidario del Museo Comunale. Il testo frammentario è il seguente : [-] Audius C.[.]. Il praenomen del defunto è perduto ; lo spazio disponibile dopo la ‘c’ consente un’integrazione con F(ilius) o L(ibertus). In base alla tipologia del monumento funerario l’iscrizione è databile tra il i sec. a.C. ed il i sec. d.C. 2 Il signaculum, la cui provenienza non è nota, è riferibile ad un periodo compreso tra il i sec. a.C. e il i sec. d.C. per l’utilizzo della formula onomastica bimembre. Il signaculum k 4434 3 è privo dell’anello di supporto. Nella lamina di forma rettangolare la scrittura del testo presenta direzione retrograda : lvv. Si tratta delle iniziali dei tria nomina del personaggio ricordato nel sigillo. L’epoca, dal 50 a.C. al ii sec. d.C., è suggerita esclusivamente dall’utilizzo della formula onomastica trimembre. Nel signaculum k 3862 4 il testo è disposto nella lamina a forma di plantare con direzione retrograda : fortvnLt-. Fortunatus ricorre assai di frequente come nomen di schiavi o cognomen di liberti in età repubblicana e imperiale ; ritengo tuttavia che in base alle caratteristiche paleografiche si possa proporre una datazione posteriore al iii sec. d.C. Tre signacula della collezione civica (k 6332, k 4432 e k 4435) sono riferibili all’epoca tardo-antica. Il signaculum k 6332 5 presenta lamina a forma di plantare. Il nomen Sustus è inciso con andamento progressivo in modo poco profondo ; sulla ‘s’ finale del nome insiste una hedera distinguens. Il nomen Sustus, forma volgare di Xystus, figura nelle iscrizioni cristiane di Roma e consente di riferire il signaculum ad un periodo compreso tra il iv ed il vi sec. d.C.
1 Catalogo, n. 178. 2 Asdrubali Pentiti, Spadoni, Zuddas 2007, pp. 381-382 n. 39. 4 Catalogo, n. 179.
3 Catalogo, n. 185. 5 Catalogo, n. 184.
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Il signaculum k 4435 1 è ben conservato e di buona fattura. L’anello sottile e rotondo presenta una frattura. La lamina è a forma di crescente lunare ; in essa il testo vivas inciso con solco poco profondo è disposto con direzione progressiva. In corrispondenza dei vertici del crescente è stato inserito un motivo decorativo a ramo di palma. Formule del tipo vivas, simboli di appartenenza alla religione cristiana, furono frequenti dal iv sec. d.C. Il signaculum k 4432 2 differisce per la foggia dagli altri esemplari della collezione civica : presenta lamina di forma poligonale e sulla parte posteriore una piccola presa al posto del consueto anello. Nella lamina reca in rilievo il simbolo che si ritiene ottenuto attraverso il nesso delle lettere p ^ e o p ^ e ^ l (nel caso del signaculum della collezione civica le aste orizzontali sulla ‘p’ sono quattro). Oltre alla nota interpretazione del monogramma da parte di Margherita Guarducci – secondo cui sarebbe l’unione delle iniziali p ed e del nome di Petrus, al quale avrebbe rimandato anche la suggestiva forma di chiave –, sono state formulate sullo scioglimento del nesso diverse ipotesi a seconda delle lettere (e, p, f, l, r) che gli studiosi hanno ritenuto di riconoscervi. Le attestazioni più antiche del simbolo risalgono circa alla seconda metà del ii sec. d.C. in ambiente pagano dove compare in relazione a giochi, premi e vittorie agonistiche. Per questo, attribuendo al monogramma valore augurale, sono state proposte le letture : P(alma) E(t) L(aurus) o P(alma) L(aurus), P(alma) Fel(iciter), P(raemia) Fel(iciter), P(alma) E(lea), P(ie) e(t) Fel(iciter). 3 La massima diffusione del monogramma si ebbe in età tardo-antica (dalla seconda metà del iv-v sec. d.C.) quando il generico significato di augurio venne recepito dai cristiani che se ne servirono per simboleggiare la vittoria dello spirito e lo riprodussero di frequente insieme ad altri simboli a protezione del sepolcro. È possibile che il monogramma abbia con il tempo perso la funzione originaria di abbreviazione per divenire un simbolo assoluto ; in questo senso, almeno per quanto concerne il suo utilizzo in ambito cristiano, non credo abbia senso proporne lo scioglimento, quanto piuttosto coglierne il significato apotropaico ed augurale. Il signaculum k 3838 4 presenta alcuni elementi di diversità rispetto agli esemplari del tipo più diffuso. Sia l’anello, sia la lamina sono particolarmente massicci ; quest’ultima presenta uno spessore superiore alla media. L’anello di supporto ha il profilo quadrato e reca sulla sommità un motivo decorativo continuo a spina di pesce, piuttosto insolito considerato che la maggior parte degli esemplari noti o non ha nulla sull’impugnatura o ripete incise o in rilievo le iniziali dell’individuo menzionato nella lamina o reca un numero limitato di simboli ricorrenti : un caduceo, un vaso (talvolta simile a un’anfora, un orcio o un dolio), una cornucopia, un ramo di palma. 5 La lamina di forma rettangolare presenta nella cornice solcature verticali in corrispondenza del centro dei lati lunghi. La lettura del testo presenta alcune difficoltà che possono essere imputate all’usura del reperto ed al
1 Catalogo, n. 186. 4 Catalogo, n. 188.
2 Catalogo, n. 182.
3 Su cui, Catalogo n. 182. 5 Dollfus 1968, p. 129.
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restauro subito. Ho letto qvlvii/ siº cº n^vm. Il signaculum, del quale non è nota la provenienza, presenta una disposizione del testo particolare dovuta alle diverse dimensioni delle lettere. In questo caso l’artefice non ha ricercato una qualche sorta di allineamento tra le lettere del registro superiore e quelle di quello inferiore che sono meno rilevate e leggermente inclinate verso destra. Sono da segnalare alcune particolarità paleografiche : le evidenti differenze nella grafia della prima e della seconda ‘v’ (la prima pare piuttosto simile ad una ‘u’) che pure dovrebbero essere uguali ; la resa della ‘q’ e della ‘m’. Quest’ultima sembra per grafia ben più tarda della datazione suggerita dalla formula onomastica bimembre (i sec. a.C. - i sec. d.C.). Inoltre la lettura sign^um proposta per il registro inferiore non trova confronti tra i signacula noti, se non nel noto esemplare schedato nel cil (xi, ii-1, 6712 353), 1 purtroppo irreperibile, nel cui titulus, secondo la lettura di Bormann, figurava il termine signaclum, diminutivo di signum.
5. I signacula dispersi un tempo parte di raccolte ascolane o provenienti dall ’ ager Asculanus Lo spoglio del cil ha permesso di risalire a cinque signacula per i quali non si dispone di informazioni relative alla provenienza e che un tempo erano parte della collezione Borri, 2 una delle più consistenti dell’ascolano, oggi sfortunatamente dispersa. Tra questi un esemplare con testo D(omini) N(ostri) Aug(usti), riferibile, in base alla titolatura, ad un imperatore che regnò dopo il ii sec. d.C. 3 Nel caso in cui il signaculum fosse stato rinvenuto nell’ager Asculanus, potrebbe costituire una testimonianza dell’esistenza di proprietà fondiarie imperiali in questo territorio. Sono note iscrizioni di schiavi e liberti imperiali che vissero nei primi due secoli dell’Impero nella regio V. 4 Per quanto riguarda l’ager Asculanus, è stato ipotizzato, in base alla conformazione del territorio, che le ampie zone montagnose ad Ovest della colonia 5 rimaste indivise e divenute ager publicus municipalis, 6 siano passate sotto il controllo dell’amministrazione del fiscus imperiale intorno alla seconda metà
1 Questa la trascrizione di Bormann : Signaclum/ L(ucii) Primiani. 2 i. Le collezioni, p. 27, nota 10. 3 Catalogo, collezione Borri, n. 1. 4 A Falerio (cil ix 5481), Ancona (cil ix 5926), Auximum (cil ix 5680), Trea (cil ix 5666) e Ricina (cil ix 5766). Su queste ed altre testimonianze : Branchesi 2007, pp. 222-225. 5 Branchesi 2007, pp. 197-203. 6 L’esistenza nell’ascolano dell’ager publicus municipalis, destinato al pascolo di greggi e allo sfruttamento delle risorse boschive, è ricordato dalle fonti gromatiche (Lib. col. ii, p. 252, 14-21 ; i, p. 227, 4-10) ed epigrafiche : cil i2 1912 = cil ix 5195. Sull’iscrizione : Laffi 1975, pp. l-li ; Conta 1982, p. 465. Su cil i2 1911 = cil ix 5191, nella quale è stato identificato erroneamente come destinatario lo stesso personaggio, vedi la recente proposta di Silvia Marengo che scioglie l’acronimo c.a.p. non in C(urator) A(grorum) P(ublicorum) o A(gri) P(ublici), ma in C(olonia) A(sculorum P(icentium) o C(olonia) A(sculum) P(icenum) : Marengo 2003, pp. 219-226. Sull’identificazione dell’ager publicus in territorio ascolano : Conta 1982, pp. 464-466. Laffi 1975, p. xliii. Basandosi su considerazioni ricavate dalle caratteristiche geomorfologiche del paesaggio, su dati archeologici e sopravvivenze di voci toponomastiche Fabiola Branchesi ha ritenuto che i Montes Romani pertinenti alla dell’ager Asculanus menzionati nel Liber coloniarum (Lib. col. i, p. 244, 8-12 ; ii, p. 252, 21-27) e da Siculo Flacco (Sic. Flacc. grom. p. 136, 20-137, 4) siano da identificare nei Monti Sibillini. Branchesi 2007, pp. 197-201 ; Branchesi 2008, pp. 424-426.
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del ii sec. d.C., dopo la crisi finanziaria che in età antonina interessò tutta l’Italia, secondo un processo graduale del quale ancora non si conoscono le modalità. 1 Tuttavia non si può escludere che il signaculum sia di provenienza urbana, come la maggior parte dei signacula riferibili ad imperatori. Della raccolta di Borri faceva parte un signaculum particolare, il cui testo Plotiae Hiereae 2 è caratterizzato dalla variante o dall’errore di lettura del grecanico Hieria e dalla disposizione nel testo della lettera finale ed iniziale del nomen sui due registri, in nesso con le iniziali del cognomen. Una liberta Plotia Hieria è nota da un passo del grammatico Elio Donato attribuito a Svetonio sulla vita di Virgilio ; si dice che il poeta abbia avuto una relazione con tale Plotia Hierea, ma Asconio Pediano dichiarò in proposito che la stessa Plotia anni dopo, divenuta ormai vecchia, gli disse che Virgilio era stato invitato da Vario ad unirsi a lei, ma che il poeta si era rifiutato. Sulla base degli elementi raccolti, il signaculum potrebbe essere riferibile ad un periodo compreso tra l’età augustea e la prima metà del I sec. d.C. Il signaculum descritto trova corrispondenza in un esemplare identico (per la forma rettangolare della lamina, la disposizione del testo, la trascrizione del grecanico) descritto nel 1878 da De Ruggiero nel catalogo del Museo Kircheriano. Si tratta, come nel caso del signaculum di C. Sextilius Zosimus, uno dei cui esemplari risultava conservato anch’esso presso il Kircheriano, di più signacula identici (con gli interrogativi che tale circostanza comporta, oltre al sospetto di trovarsi di fronte a falsi) o siamo di fronte allo stesso esemplare confluito dalla capitale nella collezione Borri attraverso il mercato antiquario ? 3 Le vicende di alcuni signacula hanno dimostrato che talvolta la presunta custodia di questi reperti nei musei si rivela illusoria : il signaculum urbano in piombo di Q. Mani Eutychetis, conservato prima nel museo organizzato nell’antico giardino botanico presso il palazzo Salviati, poi presso il Museo delle Terme di Diocleziano, è ricomparso nel Museo Lauretano di Loreto. A questi si è aggiunto di recente il signaculum di Consius Quartus, un tempo parte della raccolta napoletana del Principe di San Giorgio, ora nella collezione di antichità dell’Opera del Duomo di Orvieto che è stato pubblicato da Buonocore. 4 Nel caso degli esemplari della collezione Borri e dei signacula individuati con lo stesso testo non è stato possibile appurare se si tratta di descrizioni che segnano altrettante apparizioni di medesimi signacula presso musei e/o collezioni diverse, attraverso le quali si possono ricostruire le tappe degli spostamenti degli esemplari considerati, o se si è effettivamente in presenza di più signacula uguali. Oltre ad un signaculum il cui testo trascritto nel cil risulta illeggibile, 5 facevano parte della raccolta di Borri altri due esemplari 6 databili in base all’uso della formula dei tria nomina tra la seconda metà del i sec. a.C. e la fine del ii d.C. Mentre
1 Lo Cascio 2000, p. 118. Sulla presenza ed entità delle proprietà imperiali nell’Abruzzo antico : Segenni 2004, pp. 123-131 ; nella regio IV : Segenni 2007, pp. 125-141. 2 Catalogo, collezione Borri, n. 4. 3 Non ho ancora avuto modo di approfondire la ricerca del signaculum di Plotia Hierea tra i materiali un tempo conservati presso il Museo Kircheriano confluiti nel Museo Nazionale Romano. 4 Buonocore 2006, pp. 223-226. 5 Catalogo, collezione Borri, n. 5. 6 Catalogo, collezione Borri, nn. 2 e 3.
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nient’altro si può dire del primo, 1 il cui testo m·f·m si limita all’acronimo delle iniziali, il secondo 2 con testo m. hor( ) aelia(-nus) è riferibile ad un individuo non dichiaratamente liberto, ma che avrebbe potuto appartenere a questo ceto sociale per il cognomen. L’unico signaculum disperso del quale sia nota la provenienza è l’esemplare rinvenuto in località Faraone, nel comune di S. Egidio pubblicato nel 1893 da Barnabei in Notizie degli Scavi. Nella lamina rettangolare recava il testo con andamento progressivo : l·p^la ^nc·st·f. La formula di filiazione non frequentemente attestata nei signacula e la presenza dell’assai raro gentilizio Plancius suggeriscono per la datazione dell’esemplare un periodo compreso tra la fine del i sec. a.C. e l’età giulio claudia.
1 Catalogo, collezione Borri, n. 2.
2 Catalogo, collezione Borri, n. 3.
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Signacula in bronzo Collezione civica, Ascoli Piceno 178. Inv. k 3861, i.c. 731n, b.m. 1928. Dim. lamina : largh. cm 3.5 ; h. cm 1.4. H. lettere bollo : cm 1. Diam. anello int. : cm 1.7/1.9. H. totale in posizione di timbratura : cm 2.6. Lamina rettangolare delimitata da cornice in rilievo ; la parte posteriore è ornata con due cerchietti concentrici incisi in corrispondenza di ciascun angolo.
cLvdii
C( ) Audii Andamento delle lettere progressivo. Gabrielli trascrisse il testo : c va dii. cil ix 6083 154. Datazione : i sec. a.C. - i sec. d.C. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 154. Bibliografia di confronto : Audius è gentilicium ben attestato di origine osca : Schulze 1933, p. 130 ; Lejeune 1977, p. 38. La lettura alternativa del testo come genitivo di Gaudius, assai raro, è molto meno probabile. La grafia -ii del genitivo dei nomi in -ius è documentata nel primo periodo imperiale. Fotografia : 178. Rilievo : 178.
179. Inv. k 3862, i.c. 731c, b.m. 1032. Dim. lamina : largh. cm 5.3 ; h. cm 1.7. H. lettere bollo : cm 0.8/1.1. Diam. int. anello : cm 1.8/2.4 ; H. totale in posizione di timbratura : cm 2.7 Lamina a forma di plantare con cornice in rilievo.
fortvnLt Fortunat( )
La parte posteriore dell’anello reca un motivo decorativo in rilievo a forma di cerchio con una croce incisa. Datazione : età imperiale. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Carte Gabrielli, dove si conserva una minuta in cui è trascritto il numero di inventario b.m ; cil ix 6083, 64. Bibliografia di confronto : Fortunatus è frequentemente attestato come nome di schiavi e cognomen di liberti (anche in letteratura : cfr. Satyricon) : Kajanto 1982, pp. 13, 18, 29, 72, 93, 273. Fotografia : 179. Rilievo : 179.
signacula in bronzo
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180. Inv. k 4429, i.c. 731d, b.m. 4837. Dim. lamina : diam. cm 6.5. H. lettere : cm 1.1. Diam. int. anello : cm 1.6/2.5. Lamina di forma circolare con cornice in rilievo. Le lettere apicate sono disposte lungo il bordo esterno con la base rivolta verso l’interno. Il sigillo è di esecuzione accurata e in buono stato di conservazione.
hedera distinguens q hedera distinguens fvndili antonini al centro : culter sinistrorsum fa culter destrorsum Q(uinti) Fundili Antonini F(undili) A(ntonini)
Gabrielli lesse l’iscrizione gai fvndili antonini e ritenne che le lettere al centro del sigillo ripetessero le iniziali « del figulaio ». Gabrielli, Taccuini : 10 (1895) c. 48 r. Nel Taccuino 60 trascrisse un’altra lettura : « fvndili antonini - l·a ? Tra due delfini ? ». Gabrielli, Taccuini : 60 (1865) cc. 90 v.-91 r. Datazione : ii-iii sec. d.C. Il cognomen Antoninus è di rado adoperato prima del ii sec. d.C. Kajanto 1982, pp. 36, 161. Sul gentilicium Fundilius, cfr. infra. Luogo di rinvenimento : Nel corso di lavori scavo eseguiti nell’area del cimitero di Colli fu rinvenuto materiale archeologico che Gabrielli chiese di potere esaminare per eventuali acquisti (Gabrielli, Taccuini : 2 (1891) cc. 27 r.-27 v.). Sul signaculum Gabrielli scriveva : « me ne fu parlato ai Colli, e mi sembra che mi dissero essere stato trovato nei lavori del nuovo cimitero. Mi è stato venduto da un contadino a me sconosciuto che però mi ha confermato la provenienza in genere ». Gabrielli, Taccuini : 60 (1895) cc. 90 v.-91 r. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : Gabrielli, Taccuini : 10 (1895) c. 48 r. ; 51 (1886) c. 109 v. ; 60 (1895) cc. 90 v.-91 r. Gabrielli 18963, p. 22. Bibliografia di confronto : Sul gentilicium Fundilius : – Dressel esaminò un signaculum con testo p·fvndili/ ibici in lamina rettangolare conservato a Roma presso il Museo Kircheriano, riferibile ad un periodo compreso tra il i ed il ii sec. d.C. in base alla grafia del cognomen Ibicus per Ibycus. De Ruggiero 1878, p. 127 n. 440. cil xv, 8232. Solin 20032, p. 255. – Nel cil xv (1166) è pubblicato il bollo in lamina rettangolare fvndili ramus palmae i impresso su un laterizio dell’Esquilino. – Su una tegola proveniente da Oderzo, oggi dispersa, figurava il bollo p. fvndil/ lvpvli pubblicata nel cil : cil v 8110, 254. Callengher 1993, pp. 221 e 331. – In una base proveniente da Montorio sul Vomano (regio V) è ricordato un D. Fundilius l(ibertus) di N( ). cil ix 5054. – C. Fundilius C. f. è il quindicesimo tribunus militum ricordato nell’epigrafe del consilium di Gn. Pompeo Strabone, di origine equestre, appartenente forse alla tribù Quirina (su questo punto tormentato dell’epigrafe : Criniti 1970, p. 24) che potè beneficiare della cittadinanza e di dona militaria in virtù del valore dimostrato durante la Guerra Sociale. Criniti 1970, pp. 120-121. I Fundilii sono attestati in Italia centrale ; in particolare a Rieti, iscritta alla tribù Quirina, ne sono ricordati due : T. Fundilius Geminus (cil ix 4691), menzionato in una lapide nel foro reatino e T. Fundilus Quartio (cil ix 4673). Se come ipotizzato sopra il pompeiano C. Fundilius apparteneva alla tribù Quirina e il L. Fundilius, amico di Varrone, menzionato in un
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dialogo del De re rustica (Varro, rust. 1, 2, 11 ; 1, 2, 1-2 e 1, 69, 2-3) era anch’egli di origine reatina, i due personaggi potrebbero avere avuto un rapporto di parentela. Varrone immagina infatti il dialogo avvenuto dopo il 59 a.C., anno in cui lo scrittore partecipò al consiglio dei venti nominati da Cesare per la spartizione dell’ager Campanus (Varro, rust. 1, 2, 9). Münzer 1910, col. 294. Criniti 1970, pp. 120-121. Schulze 1933, pp. 357, 462. Fotografia : 180. Rilievo : 180.
181. Inv. k 3887, i.c. 731o, b.m. 96. Dim. lamina : largh. cm 5 ; h. cm 2.4. H. lettere bollo : cm 0.8. Diam. int. anello : cm 1.4/1.7. H. totale in posizione di timbratura : cm 2.2. Lamina rettangolare con cornice rilevata.
l·licini/ prisci L(uci) Licini/ Prisci Lettere apicate. Segno di interpunzione triangolare. Datazione : seconda metà del i sec. a.C. - ii sec. d.C. per la presenza dei tria nomina. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? collezione Odoardi ? Bibliografia relativa al rinvenimento : il testo del sigillo è trascritto nel cil su un solo registro : cil ix, 6083 85. apbc, Carte Gabrielli (dove è riportato il numero di inventario b.m.). Bibliografia di confronto : nella regio IV, a Collescipoli, Stroncone L. Licinius Priscus, nato in Umbria, piange con Fabia Euplia il figlio L. Licinus Severus nell’epitaffio di quest’ultimo : cil ix 4756. Un Licinius Priscus, legato nella provincia di Licia Panfilia, figura in un diploma militare dell’imperatore Marco Aurelio (cil xvi 128 = iii, p. 1993) redatto il 23 marzo del 178 d.C. rinvenuto a Kadiköi, in Bulgaria. (Miltner 1926, coll. 456-457 n. 146 ; pir 2 231). Nella regio V, a Firmum tra le famiglie locali emergenti figurano dei Licinii, uno dei cui esponenti ricoprì la carica di duoviro nel i sec. d.C. cil ix 5365 ; Squadroni 2007, p. 111. Una liberta affrancata da questa familia è ricordata su un’urna cineraria : cil ix 5399. Su entrambi i personaggi : Polverini 1987, p. 55. Alcuni tra i Licinii appartengono ad una gens plebea di origine etrusca nota sin dal iv-iii sec. a.C. ; il nomen è attestato a Perugia, Volterra, Chiusi, Bolsena, Tarquinia, Cere, Capena, e in altri centri etruschi. A Roma all’inizio della repubblica alcuni Licinii furono tra i primi a ricoprire la carica di tribuni della plebe (493, 481 a.C.). Torelli 1982, p. 277. Sul gentilicium Licinius : Schulze 1933, pp. 108, 142, 191. Il cognomen Priscus è attestato dall’età repubblicana al basso Impero e ricorre frequentemente nell’onomastica cristiana : Kajanto 1982, pp. 30, 71, 288. Fotografia : 181. Rilievo : 181.
182. Inv. k 4432, i.c. 731b. Dim. lamina : largh. cm 1.3 ; h. cm 1.7. H. totale in posizione di timbratura : cm 2.5. Lamina di forma poligonale con cornice in rilievo. Il sigillo non presenta sulla parte posteriore il consueto anello, ma una piccola presa.
p^e o p^e^l Datazione : seconda metà del iv-v sec. d.C. Carletti 1998, pp. 137, 139.
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Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : il significato del simbolo rappresentato nella lamina – ottenuto dal nesso delle lettere p ed e o p ed f, a cui talvolta, forse, è stata aggiunta la l – è stato oggetto di numerose interpretazioni. Secondo la proposta di Guarducci che ha rinvenuto una cospicua quantità di questi monogrammi graffiti sul ‘muro G’ sotto la Confessione di S. Pietro in Vaticano (identificato con la tomba dell’apostolo), si tratterebbe delle iniziali del nome di Petrus, al quale rinvierebbe anche la forma di chiave del simbolo. Guarducci 1958, pp. 411-485 ; Guarducci 1964, pp. 476-481. Lo studio di Alföldi sui contorniati emessi a Roma tra il 356 ed il 472 in occasione della fine dell’anno o di spettacoli circensi, diffusi secondo lo studioso in funzione di polemica anticristiana, ha contribuito a definire la funzione e l’ambito cronologico del simbolo, talvolta presente su tali emissioni. Carletti 1998, p. 137. L’interpretazione cristiana del monogramma non ne spiegherebbe però la presenza in ambiente pagano e, in particolare, anfiteatrale. Secondo Marrou, invece, il simbolo sarebbe la legatura tra le lettere p, e e l, iniziali di P(alma) E(t) L(aurus) o P(alma) L(aurus) e alluderebbe ai premi riservati ai vincitori. Marrou 1941-1946, pp. 109-131. Sono state proposte anche : P(alma) FEL(iciter), P(raemia) FEL(iciter), P(alma) E(lea), P(ie) E(t) Fel(iciter). Per queste ed ulteriori letture avanzate dagli studiosi : Chastagnol 1966, p. 34 ; Carletti 1998, p. 136 ; Mazzoleni 1997, p. 167. Baratta 2007, pp. 559-570. Analogamente Silvia Orlandi interpreta il simbolo graffito su un’iscrizione del Colosseo in relazione al testo e, sulla base del confronto con altre dediche che si concludono con Feliciter, ipotizza che il nesso finale costituisca una sorta di pendant all’iniziale Pro felicitate e che lo scioglimento del monogramma comprenda P(alma) o P(ie) o P(raemia), come già proposto, e l’avverbio Feliciter. Orlandi 2004, p. 117. Il simbolo ricorre su numerosi oggetti della vita quotidiana : tabulae lusoriae, collari di schiavi, anelli e sigilli. Carletti 1998, pp. 138-139. Alföldi, Alföldi 1990, pp. 275-311. Tra questi, anche numerose lucerne che Bailey ha ipotizzato di produzione romana proprio in base alla presenza del monogramma : Bailey 1980, pp. 103-104. Il simbolo ricorre anche su una tegola conservata presso antiquarium cittadino di Carassai : Paci, Rossi 1996-1997, p. 184 fig. 5. Fotografia : 182. Rilievo : 182.
183. Inv. k 4431, i.c. 731m, b.m. 2013. Dim. lamina : largh. cm 5.2 ; h. cm 2.5. H. lettere bollo : cm 0.6 0.7. Diam. int. anello : cm 1.4/1.7. H. totale in posizione di timbratura : cm 2. Lamina rettangolare delimitata da cornice in rilievo.
m culter pompei/ culter callisti M(arci) Pompei/ Callisti Il testo è riferibile ad un individuo il cui cognomen grecanico potrebbe attestarne il rango di liberto. Datazione : 50 a.C. - ii sec. d.C. per la formula onomastica trimembre. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Bibliografia relativa al rinvenimento : asap, asca, Affari speciali, busta 2. Il testo del sigillo è trascritto nel cil su un solo registro : cil ix, 6083 117. Bibliografia di confronto : su Callistus : Solin 20032, pp. 725-729.
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Sui più noti Pompei : Criniti 1970, pp. 62-64 ; Borgognoni 2002, p. 36 ; Borgognoni 2003. Sul nomen Pompeius : Schulze 1933, p. 564. Fotografia : 183. Rilievo : 183.
184. Inv. k 6332, b.m. 2297. Dim. lamina : largh. cm 3.2 ; h. cm. 1. Diam. int. anello cm 1.8. H. lettere cm 0.6. Lamina a forma di plantare.
hedera distinguens svstvs Sustus Datazione : Sustus è forma volgare di Xystus frequentemente attestata nelle iscrizioni cristiane di Roma datate tra il iv-vi sec. d.C. Solin 20032, pp. 733-734. Lega, Orlandi 1997, pp. 270-271. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : su Sustus : Solin 20032, pp. 733-734 ; icur 2415 ; icur 20669 ; icur 6336 ; icur 12356 ; icur 13663. In un’iscrizione di iv sec. d.C. scoperta nel xvii sec. sulla via Appia si invoca la protezione di Dio sulle terre che appartengono a Sustus v(ir) p(erfectissimus) : icur v, 15410 ; Spera 2003, p. 36 nota 62. Lega, Orlandi 1997, pp. 270-271. Fotografia : 184. Rilievo : 184.
185. Inv. k 4434, i.c. 731e. Dim. lamina : largh. cm 2 ; h. cm 1.2. H. lettere : cm 0.8. H. conservata in posizione di timbratura : cm 1.1. Lamina corniciata di forma rettangolare. Anello di supporto rotto.
lvv l( ) v( ) v( ) Inedito. Datazione : dalla seconda metà del i sec. a.C. al ii sec. d.C. in base alle iniziali dei tria nomina. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Fotografia : 185. Rilievo : 185.
186. Inv. k 4435, i.c. 731f. Dim. lamina : largh. cm 2.8 ; h. cm 2.3. H. lettere : cm 0.8/0.9. Diam. int. anello : cm 2/2.1 ; H. totale in posizione di timbratura : cm 2.5. Lamina a forma di crescente lunare ; in corrispondenza di ciascuno dei due vertici del crescente, è inciso un ramo di palma.
ramus palmae
vivas
ramus palmae
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Lettere incise con andamento progressivo e leggera apicatura. Il sigillo presenta esecuzione accurata ed è in buono stato di conservazione. Datazione : Formule augurali di questo tipo sono frequenti dal iv sec. d.C. Angelelli 2005, pp. 293-294. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : due signacula con lamina a forma di crescente e testo analogo a quello dell’esemplare ascolano sono descritti in cil xi : il primo (6712, ii-1, 491a) proveniente dal territorio di Bolsena e il secondo all’epoca presso una collezione privata di Viterbo (ii-1, 6712, 491c). Nella collezione fermana De Minicis è attestato un signaculum con la stessa iscrizione : Poggi 1876, n. 148 ; cil ix 6083, 193. Presso il Cabinet del Louvre è custodito un signaculum in forma di plantare (largh. cm 3.4 ; h. cm 0.8) con l’iscrizione vivas : Babelon, Blanchet 1915, p. 728 n. 2388. cil xiii, ii-1, 10024, 291. Un esemplare con lamina di forma analoga e con ‘s’ retroversa è conservato presso il Museo Profano della Biblioteca Vaticana : cil xv, 8573a ; Buonocore 1984, p. 165 n. 39. Altri signacula con testo vivas sono pubblicati nel cil xi (ii-1, 6712 491 ; Poggi 1876, n. 147, 149 e 150). De Rossi testimoniava in Roma sotterranea che l’impronta di un sigillo con testo vivas in planta pedis era impresso nella catacomba di Callisto, presso l’incrocio della galleria t24 con t28. cil xv, 8573 b. Ferrua 1986, n. 111. Invocazioni analoghe : vivat in lamina a forma di crescente lunare (cil xi, ii-1, 6712 493) ; vivatis in lamina di forma rettangolare e a forma di plantare (cil xi, ii-1, 6712 494). Nel cil x 8059 sono attestati signacula di Catania recanti le espressioni vivas (500), vivas be- (501) ; vivas felix (502). Sono attestate anche le forme vivas in Christo (su lucerna africana, forma Atlante X b, databile tra la fine del iv ed il vi sec. d.C. Instrumenta 1992, p. 48 n. 73) o vivas in deo come augurio di trascorrere felici la vita ultraterrena in dio. Fotografia : 186. Rilievo : 186.
187. Inv. k 3860, i.c. 731 l, b.m. 4421. Dim. lamina : largh. cm 5.8 ; h. cm 2. H. lettere bollo : cm 0.7/0.8. Diam. anello cm 1.6/1.7 ; H. totale in posizione di timbratura : cm 2.8. Lamina rettangolare delimitata da cornice in rilievo.
l·serº vºd eos/ prisciani Gabrielli disegnò il signaculum nei Taccuini e ne interpretò il testo : « Lucius Sbaddeos Prisciani ». Gabrielli, Taccuini : 55 (1890) c. 78 r. Datazione : non determinabile. Luogo di rinvenimento : Castignano. apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Buste Prefettizie : ii, e 13 ; Gabrielli, Taccuini : 55 (1890) c. 78 r. Bibliografia di confronto : su Priscianus : Kajanto 1982, p. 288. Fotografia : 187. Rilievo : 187.
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188. Inv. k 3838, i.c. 731g, b.m. 3818. Dim. lamina : largh. cm 4.7 ; h. cm 2.5. H. lettere bollo : cm 0.8. Diam. int. anello : cm 1.5. H. totale in posizione di timbratura : cm 2.6/2.7. Lamina rettangolare con cornice in rilievo. Anello di supporto di forma quadrata, la cui parte superiore esterna è decorata con un motivo a spina di pesce.
qvlvii/ siºcº n^ vm Q(uinti) Ulvii/ signum Datazione : i a.C. - i d.C. in base alla formula onomastica bimembre. Il testo e la tipologia del supporto sembrano però notevolmente più tardi. Luogo di rinvenimento : ager Asculanus ? Inedito. Bibliografia di confronto : sul gentilicium Ulvius : Solin, Salomies 1988, p. 194. Schulze 1933, p. 248. Ulvi fratres sono menzionati nella tabula di Veleia : cil xi 1134, i, 13-14 ; Criniti 2007, p. 219. Fotografia : 188. Rilievo : 188.
189. Inv. k 4433, i.c. 731h, b.m. 1747. Dim. lamina : largh. cm 3.5 ; h. cm 1.2. H. lettere : cm 0.6. Diam. int. anello : cm 1.9 ; H. totale in posizione di timbratura : cm 2.4. Lamina a forma di plantare con cornice in rilievo fortemente usurata sui lati brevi.
kyriLLoy Datazione : i-iv sec. d.C. Solin 20032, pp. 443-444. Luogo di rinvenimento : Ascoli Piceno. apbc, Carte Gabrielli. Le lettere sono leggermente apicate. Inedito. Bibliografia relativa al rinvenimento : apbc, Carte Gabrielli. Bibliografia di confronto : Solin 20032, pp. 443-444. Fotografia : 189. Rilievo : 189.
Signacula dispersi Dim. lamina : largh. cm 11 ; h. cm 2.5. Nel 1893 è stato rinvenuto un signaculum con lamina rettangolare recante l’iscrizione :
l·p^ la ^ nc· st·f L(uci) Planc(i) St(atii) f(ilii) Datazione : fine i sec. a. C. - inizio del i d. C. Il patronimico con praenomen di origine osca Statius è difficilmente posteriore all’età giulio claudia. Devo l’informazione alla cortesia di Giuseppe Camodeca. Luogo di rinvenimento : S. Egidio alla Vibrata, località Faraone. Bibliografia relativa al rinvenimento : Barnabei 1893, p. 430 ; Barnabei 1894, p. 290. Conta 1982, pp. 288-289 n. 307. Bibliografia di confronto : sui Plancii, gens originaria di Atina con prenomi Cn. e T., senatoria in età cesariana : Münzer 1950 ; Licordari 1982, p. 23.
signacula in bronzo
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Collezione Borri, Ascoli Piceno 1. dnavg D(omini) N(ostri) Aug(usti) Datazione : Il titolo di D(ominus) N(oster) in luogo di Imperator si afferma, anche se in modo non esclusivo, durante l’età Severiana e torna in auge dopo Diocleziano e Costantino. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 1, dove è indicato il luogo di conservazione in aedibus Porri. Bibliografia di confronto : Sul titolo Dominus Noster : Bersanetti 1946, pp. 38-43 ; Mastino 1981, pp. 58-59, 125-127 ; Chastagnol 1988, p. 13.
2. m·f·m M(arci) F( ) M( ) Datazione : dal 50 a.C. al ii sec. d.C. in base alla presenza delle iniziali dei tria nomina. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 54.
3. m·hor/ aelia M(arcus) Hor( )/ Aelia(-nus ?)
Datazione : dal 50 a.C. al ii sec. d.C. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 75. Bibliografia di confronto : su Aelianus : Kajanto 1982, pp. 35, 139. cil 8059 128. Per i gentilizi che cominciano con Hor- : Solin, Salomies 1988, p. 94.
4.
Plotiae Hiereae Hierea può essere variante o errore di lettura per il grecanico Hieria (Solin 20032, pp. 1099). Una liberta Plotia Hieria (pir2 p 522) è nota da Elio Donato : Donat. vita Verg. 9 s. Datazione : età augustea - metà del i sec. d.C. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 115. Bibliografia di confronto : Solin 20032, pp. 1099. pir2 p 522. Un signaculum con lamina di forma rettangolare e testo in tutto analogo a quello descritto si trovava conservato presso il Museo Kircheriano : De Ruggiero 1878, p. 129 n. 457.
5. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6083 176.
IX BOLLI SU LINGOTTI IN PIOMBO
N
el 1880 in contrada Vallerosa, al confine tra il territorio di Ripatransone e Carassai, 1 furono rinvenuti due lingotti in piombo che recavano impressi bolli riferibili a L. Planius Russinus. Theodor Mommsen riportò nel cil la notizia della scoperta appresa da Giambattista De Rossi, che aveva ricevuto un calco dei bolli. 2 Le circostanze del singolare rinvenimento sono ancora oscure, tuttavia è possibile ricostruire i passaggi attraverso i quali De Rossi ne fu informato. 3 Nel corso delle ricerche svolte presso la Biblioteca Comunale Gabrielli di Ascoli Piceno è stata rintracciata una lettera inviata il 23 luglio 1880 dal canonico Cellini a Gabrielli (Fig. 1) ; nella missiva Cellini chiedeva a Gabrielli un parere sull’autenticità dei lingotti in piombo rinvenuti e scriveva : « tempo fa V’inviai un calco di due pezzi di piombo identici fra loro, trovati nel nostro territorio ». 4 È dunque verosimile che De Rossi avesse ricevuto i calchi in gesso dei bolli da Cellini, forse con la mediazione di Gabrielli. I lingotti provengono dalle miniere di Carthago Nova, 5 le cui vene metallifere furono oggetto di intenso sfruttamento sin dall’antichità come testimoniato dagli scritti di Strabone e di Diodoro Siculo. 6 I bolli l·plani l·f // delphinus // rvssini impressi sui lingotti di Ripatransone corrispondono al III tipo della tipologia di Domergue. 7 Nei bolli dei lingotti dei Planii ricorrono i simboli del delfino o dell’àncora, contrassegni di produzione legati secondo lo studioso al mare ed al commercio. 8 La circostanza che oltre ad
1 Catalogo, nn. 190-191. 2 cil ix 6091 = cil i2 2395b e add. a pagina 1148. 3 Gianfranco Paci, ricostruendo la scoperta dei lingotti, riferisce che De Rossi aveva avuto la notizia da qualcuno non ancora noto che ricavò dei calchi dalle iscrizioni sui lingotti : Paci, Rossi 1996-1997, p. 185. 4 Lettera inviata da Cesare Cellini a Giulio Gabrielli il 23 luglio 1880. Carte Gabrielli. Di seguito se ne riportano le parti salienti. Orig. autogr. (lettera con intestazione a stampa : Museo Civico di Ripatransone, Gabinetto del Direttore) : Ripatransone, 23 luglio 1880. Sig. Giulio mio car.mo, tempo fa vi inviai un calco di due pezzi di piombo identici fra loro trovati nel nostro territorio. Ciascun pezzo pesa Kil. 35. Hanno la seg. scritta a caratteri romani [Disegno dei lingotti completo delle rispettive misure e dei bolli riportati ciascuno accanto al lingotto di pertinenza]. Al mio debole giudizio parvero pani di piombo di antica fabbrica romana. Desidero sentire il Vostro assennato ed autorevole parere in ordine agli oggetti suddetti. Tutto Vostro Can.co Cesare Cellini. 5 Domergue 1990, p. 266. Sulle antiche miniere spagnole : Domergue 1987. 6 Str. 3, 2, 10 ; Plb. 34, 9, 8-11 ; D.S. 5, 36, 1-3. 7 Domergue ha distinto quattro varietà di bolli riferibili ai Planii : i. l·plani·l·f// ancora ; ii. l·plani·l·f·rvssini // ancora ; iii. l·plani l·f // delphinus // rvssini ; iv. m·plani l·f // delphinus // rvssini. Sulla tipologia proposta da Domergue : Domergue 1965, pp. 12-14. A questo studio si rinvia per la bibliografia precedente sui lingotti dei Planii. 8 Non è noto il significato dei simboli impressi sui lingotti : Domergue 1965, pp. 18-19. È stato proposto che la raffigurazione del delfino, presente anche sulle ancore, avesse valore apotropaico costituendo una sorta di richiamo per una navigazione tranquilla : Gianfrotta 1980, p. 108 ; Domergue 1990, p. 327 nota 29.
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Fig. 1.
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un Lucius fosse menzionato sui lingotti dei Planii un altro membro della gens potrebbe provare il coinvolgimento di questa famiglia nell’arco di più di una generazione. Sono noti un L. Planius L. f. Russinus e M. Planius L. f. Russinus : L. Planius e M. Planius Russinus potrebbero essere fratelli e figli di un L. Planius ed essere coinvolti, ciascuno a vario titolo, nella produzione dei lingotti oppure essere padre e figlio e, in quanto tali, avere lo stesso cognomen. 1 Ai Planii originari di Cales coinvolti nella produzione delle miniere dello stato romano, era legato un calenus M. Planius Heres, 2 di rango equestre nella Hispania Ulterior ricordato da Cicerone in una lettera inviata a Dolabella sul principio dell’anno 45 a.C. 3 In seguito alle richieste del loro comune amico Lepta, Cicerone chiese a Dolabella di intercedere in favore di un certo Caius Subernius di Cales, affinché non fosse esiliato. C. Subernius era partito alla volta della Hispania Ulterior con M. Terentius Varro, legato di Pompeo, 4 con la speranza di scampare all’imminente guerra civile. In seguito alla vittoria di Cesare sulle legioni comandate da Afranius presso Ilerda (49 a.C.), C. Subernius si era trovato proprio in quella situazione che aveva accuratamente cercato di evitare : nel 46 ebbero inizio le sommosse fomentate da Scapula e Gn. Pompeo sbarcò in Spagna, dando avvio ad una nuova campagna militare che si sarebbe conclusa nel marzo del 45 con la battaglia di Munda. Quando Cicerone scrisse a Dolabella, C. Subernius era già prigioniero di Cesare e il fatto che fosse eadem causa fere in cui si trovava M. Planius Heres lascia intendere, come rilevato da Domergue, che anche M. Planius fosse stato durante la guerra civile tra i sostenitori italici di Pompeo e che, come C. Subernius, temesse l’esilio. Pur non disponendo di elementi che consentano di appurare quale rapporto ci fosse tra i Planii ricordati sui lingotti ed il pompeiano M. Planius Heres, se quest’ultimo fosse un loro discendente o se appartenesse ad un altro ramo della famiglia, appare significativo che questo esponente del ceto equestre operasse in Spagna cinquanta anni dopo il coinvolgimento dei Planii nello sfruttamento delle miniere iberiche. Münzer, il primo a cogliere il possibile legame di M. Planius Heres con i Planii ricordati sui lingotti lo definì un Geschäftsmann, ma nella sua lettera Cicerone non si riferisce mai a tale personaggio come ad un negotiator. 5 Nell’eventualità
1 Domergue 1965, p. 21 in particolare nota 1 ; Paci, Rossi 1996-1997, p. 186 ; Domergue 1990, p. 327. 2 Nicolet 1974, pp. 983-984 n. 274 ; Deniaux 1993, pp. 541-542. Domergue 1990, pp. 328-329. 3 Dolab. Cic. fam. 9, 13, 1-4 : « C. Subernius Calenus et meus est familiaris et Leptae nostri familiarissimi pernecessarius. ���������������������������������������������������������������������������������������������������� Is cum vitandi belli causa profectus esset in Hispaniam cum M. Varrone ante bellum, ut in ea provincia esset, in qua nemo nostrum post Afranium superatum bellum ullum fore putaret, incidit in ea ipsa mala, quae summo studio vitaverat ; oppressum est enim bello repentino, quod bellum commotum a Scapola ita postea confirmatum est a Pompeio, ut nulla ratione ab illa miseria se erigere posset. Eadem causa fere est M.Plani Heredis, qui est item Calenus, Leptae nostri familiarissimus. Hosce igitur ambos tibi sic commendo ut maiore cura, studio, sollecitudine animi commendare non possim… Quod dicturus sum, puto equidem non valde ad rem pertinere, sed tamen nihil obest dicere : res familiaris alteri eorum valde esigua est, alteri vix equestris. Quapropter, quoniam his Caesar vitam sua liberalitate concessit nec est quod iis praetera magno opere possit adimi, reditum, si me tantum amas quantum certe amas, hominibus confice ; in quo nihil est praeter viam longam : quam idcirco non fugiunt, ut et vivant cum suis et moriantur domi ». Domergue 1965, p. 22 nota 1. 4 Su M. Varrone, legato di Pompeo nella Spagna Ulteriore : Caes. civ. 2. 17, 1-4 ; 2, 20, 1-4, 6-8. 5 Münzer 1950a, col. 2186. Domergue 1965, p. 23.
bolli su lingotti in piombo
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che M. Planius Heres fosse il facoltoso erede delle ricchezze accumulate dai suoi predecessori, 1 non deve comunque suscitare stupore il fatto che Cicerone si riferisca al suo patrimonio definendolo vix equestris : C. Subernius e M. Planius Heres rischiavano, oltre all’esilio, la confisca dei beni ed è verosimile che nella sua richiesta di clemenza l’oratore non volesse ricordare ai cesariani la portata del suo patrimonio. I recenti studi sulle ‘concessioni’ minerarie nel diritto romano non sono approdati a conclusioni certe sulle modalità che regolavano lo sfruttamento delle vene metallifere e la finalità della bollatura sui lingotti. 2 È probabile che i Planii in qualità di appaltatori pagassero allo stato un vectigal in denaro o rendessero determinati quantitativi di lingotti in piombo in cambio del diritto di estrazione da alcune miniere di Carthago Nova. La distribuzione dei lingotti dei Planii appare concentrata nel Mediterraneo occidentale. Una quantità cospicua è stata rinvenuta in Spagna nell’antico porto di Carthago Nova 3 e a Sud dell’antico porto di Dianium (Alicante). 4 Altri esemplari provengono dal relitto di Bajo de Dentro, localizzato in prossimità di Capo de Palos (Spagna) ; 5 dal relitto di Mahdia, al largo di Cartagine (Tunisi) ; 6 da Cala Car
1 Domergue 1965, p. 23 ; Aranegui Gascó, Martin Bueno 1995, p. 262. 2 Il diritto romano non distingueva tra sfruttamento del suolo e del sottosuolo. I bolli impressi su lingotti in età repubblicana riportano quasi esclusivamente nomi di individui isolati o associati o l’abbreviazione soc. o societ., senza la specifica dei nomi dei suoi membri. Sulla base di queste attestazioni, Domergue ha distinto tra appaltatori isolati, società private che riunivano più individui e società ‘anonime’, le meno numerose, nelle quali ritiene siano da identificarsi le societates publicanorum. I primi due tipi di bolli sono attestati sino alla seconda metà del i sec. d.C. ; quelli riferiti ai pubblicani tra la fine della repubblica e l’inizio dell’Impero (Domergue 1990, pp. 258-260 ; Mateo 2001, pp. 34-35 ; Mateo 2003, p. 124). Di diversa opinione Mateo, che non ritiene calzante la distinzione tra i due tipi di società proposta da Domergue, osservando che, corrispondendo ogni lustro a Roma la locatio censoria, in entrambi i casi gli appartenenti alle società avrebbero dovuto essere considerati publicani. Mateo spiega l’esistenza dei due diversi bolli riferibili a società ipotizzando che una parte delle tasse che dovevano essere versate per lo sfruttamento delle miniere potesse essere corrisposta in lingotti e i nomi impressi sui lingotti avrebbero rappresentato la società che aveva in appalto la raccolta delle imposte. Secondo un’ulteriore ipotesi proposta dallo studioso, le societates argentifodinarum avrebbero potuto essere delle società particolari, la cui esistenza era funzionale a qualche interesse pubblico, per esempio il controllo dei metalli destinati al conio o la fornitura di piombo per le condutture idriche ; in questo caso né queste società, né i singoli appaltatori avrebbero preso parte alle locationes censoriae a Roma, ma avrebbero pagato alla societas vectigalium le stesse tasse, la cui raccolta era loro affidata attraverso la locatio censoria. Secondo Mateo, lo sfruttamento delle miniere era aperto a chiunque fosse in grado di pagare le tasse alle societates publicanorum e tale pagamento avrebbe potuto avere termine con l’acquisto delle miniere. Questo modello amministrativo spiegherebbe, secondo lo studioso, quanto riportato da Strabone (Str. 3, 2,10) in merito all’esistenza di miniere proprietà di privati nel i sec. a.C. Mateo 2001, pp. 38-41 ; Mateo 2003, p. 125. Ringrazio il Dottor Stefano Genovesi per avere discusso con me i problemi legati allo sfruttamento ed alla gestione delle risorse minerarie. 3 Parker 1992, pp. 129-130. 4 Il lingotto riferibile al tipo I.3 di Domergue fu rinvenuto nel 1978 : Aranegui Gascó, Martin Bueno 1995, pp. 261-263. 5 Parker 1992, pp. 65-66. Si tratta di oltre una tonnellata di lingotti. Quelli inscritti sono circa 49. Oltre al bollo di l.plani.l.fl. rvssini sono attestati i bolli : m.aquini.c.f ; c.messi.l.f ; c.vtivs.c.f. ; m.sex.calvi.m.f. 6 Su cui anche Gasperini 1992, p. 574.
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toe 1 e dal relitto presso l’isola di Mal di Ventre 2 (Sardegna), da Adge (Francia), 3 in Sicilia, a Cianciana in provincia di Agrigento. 4 Il lingotto rinvenuto nel 1978 nel tratto centrale del golfo di Orosei con bollo in due cartigli l·plaani// l·f·rvssini – L(ucii) Plaani(i) L(ucii) f(ilii) Russini – non presenta i caratteristici simboli dell’àncora e del delfino ricordati nella serie tipologica proposta da Domergue ; 5 la variante del bollo, contraddistinta dalla ‘p’ con occhiello non completamente chiusa, ma soprattutto dalla geminatio vocalis della ‘a’ lunga di Planius in uso dal ii al primo quarto del i sec. a.C. ha confermato le datazioni proposte per l’attività dei Planii. 6 Il contesto di rinvenimento dei lingotti di contrada Vallerosa è ancora oscuro ; è stato ipotizzato che potessero appartenere ad una grossa proprietà o ad una villa, dove avrebbero potuto trovare svariati impieghi. 7 A questo proposito può rivestire qualche interesse la segnalazione di Susini che, ricordando merci preziose trasportate e naufragate lungo le sponde dell’Adriatico, dichiarava che « all’altezza di Ripatransone nel i sec. a.C., colò a picco, per esempio, una nave carica di lingotti di diversi metalli di provenienza africana ». 8 Purtroppo non è noto a quale relitto lo storico si riferisse, né in base a quali elementi egli abbia attribuito la provenienza della nave all’Africa, dove sono stati rinvenuti lingotti dei Planii. 9 Tuttavia non è necessario ipotizzare che i lingotti dei Planii fossero parte del carico di una nave adibita esclusivamente al trasporto di lingotti per spiegarne la presenza nel Piceno ; nei relitti di navi romane sono state di frequente rinvenute modeste quantità di lingotti di piombo che facevano parte delle dotazioni di bordo. 10 È noto, infatti, che il piombo in lamina rivestiva parte della chiglia di alcune navi ed era adoperato per le àncore. Grazie alla bassa temperatura di fusione (327º C), il piombo poteva essere facilmente ottenuto dai lingotti per eseguire durante il viaggio piccole riparazioni necessarie alla nave o al suo carico (come, per esempio, la realizzazione di grappe per dolia infranti). 11 Un lingotto rinvenuto nell’antico porto di Cartagine con bollo c. noni aspre
1 Boninu 1986, p. 61 nota 12. 2 Nel 1988 è stato rinvenuto un relitto con un carico di lingotti in piombo a circa 6 miglia dalla costa occidentale della Sardegna. Lo scavo ha consentito il recupero di 854 lingotti, tutti iscritti, ubicati nel settore centrale della nave. Tra questi un unico esemplare è riferibile ad un Planius Russinus. La presenza di incrostazioni calcaree in superficie non consente una attribuzione certa : si ritiene che l’esemplare possa essere riferibile sia al tipo III di Lucius Planius, sia al tipo iv di Marcus Planius : Salvi 1992, pp. 667668 tav. vii b, viii a-b. 3 Nei pressi di questa località sono stati rinvenuti un gruppo di lingotti con bollo l.plani.l.f.rvssini verosimilmente provenienti da un relitto : i lingotti si presentano in tutto analoghi agli esemplari del relitto di Mahdia : Parker 1992, p. 45. 4 I lingotti sono attualmente conservati presso il Museo Archeologico di Palermo. Domergue 1965, p. 12. 5 Boninu 1986, p. 61 nota 12. 6 Gasperini 1992, p. 573. 7 La notizia apparsa nell’articolo Nella casa di Polibio sul Resto del Carlino del 16 marzo 1978 è riportata da Profumo. Profumo 1986, p. 36 nota 31. 8 Paci, Rossi 1996-1997, p. 187. Purtroppo non molto si sa circa la lavorazione dei metalli nel Picenum ; l’epigrafia non ha tramandato alcuna attestazione relativa ai mestieri legati a questa forma di artigianato. Cristofori 20042, p. 579. 9 Come già ricordato, lingotti con bolli dei Planii sono attestati in Tunisia. 10 Jurišic´ 2000, p. 42. 11 Jurišic´ 2000, p. 42.
bolli su lingotti in piombo
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natis 1 ha indotto Domergue a formulare una suggestiva ipotesi : il C. Nonius Asprenas menzionato potrebbe essere legato alla gens dei Nonii Asprenates 2 forse originaria del Picenum che ebbe tra i propri esponenti di spicco L. Nonius Asprenas, figlio di L. Nonius T. f. Vel. al seguito di Pompeo Strabone durante la Guerra Sociale. 3 Questo personaggio fu pretore nel 47, legato di Cesare in Spagna nel 45, console suffetto nel 36 a.C. 4 ed è ricordato come iscritto alla tribù Velina nei senatoconsulti de Panamareis e de Aphrodisiensibus del 39 a.C. e del 35 a.C. 5 Tuttavia al momento la documentazione in nostro possesso non appare sufficiente a sostenere tale ipotesi.
1 Sul lingotto sono impressi tre cartigli : delphinus// c. noni asprenatis// caduceus : Domergue 1990, p. 255 n. 1025. 2 Gasperini, Paci 1982, pp. 239-240. 3 Criniti 1970, pp. 153-155. 4 Gasperini, Paci 1982, p. 239 ; Domergue 1990, p. 328 ; Groag 1936, coll. 866-867. 5 Cichorius 19612, p. 170.
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giovanna cicala Catalogo Lingotti in piombo Museo Civico Archeologico di Ripatransone
190 e 191. Invv. 667 e 668. Dim. lingotti : 667 : base : lungh. cm. 46.1, largh. cm 10 ; h. cm 9. 668 : base : lungh. cm. 46, 3 largh. cm 10 ; h. cm 8.6. H. lettere bollo : cm 1.4/ 1.5. Peso : 667 : Kg 34.2 ; 668 : Kg 34. I due lingotti in piombo recano ciascuno tre bolli : l·plani·l·f// delphinus// rvssini L(uci) Plani L(uci) f(ili)// delphinus// Russini.
Dim. di ciascuno dei tre cartigli :
delphinus
l·plani·l·f
rvssini
667
largh. cm 6.8 ; h. cm 2
largh. cm 5.4 ; h. cm 2.4
largh. cm 7 ; h. cm 2
668
largh. cm 7 ; h. cm 2
largh. cm 5 ; h. cm 2
largh. cm 7 ; h. cm 2
Il cartiglio con il motivo decorativo (delfino che volge la testa a d.) occupa la posizione centrale e si presenta capovolto rispetto ai due cartigli iscritti. Il lingotto 667 presenta una profonda incisione in prossimità del cartiglio con delfino, forse il segno rimasto in seguito ad un tentativo di riutilizzo del materiale. Il bollo del lingotto 668 è privo di segno di interpunzione tra plani ed l. Datazione : fine ii - inizio del i sec. a.C. Domergue 1990. Luogo di produzione : Spagna, Carthago Nova. Luogo di rinvenimento : I lingotti furono rinvenuti nel 1880 in contrada Vallerosa, al confine tra il territorio dei comuni di Carassai e Ripatransone. cil ix 6091. Sull’etichetta di inventario del lingotto n. 667 è riportata la seguente indicazione : ‘Scavi di Ripatransone, contrada S. Gregorio, 1886’. L’etichetta fu posta, non è noto in base a quali elementi, dal cav. Tizi, curatore del museo di Ripatransone dal 1957 al 1970 o 1971. Bibliografia relativa al rinvenimento : cil ix 6091 = cil i2 2395b e add. a pagina 1148. ae 1913, p. 146. Domergue 1965, pp. 11-12, 14, con bibliografia precedente. Conta 1982, p. 265 n. 260. Paci, Pallottini 1994-1995, p. 336. Bibliografia di confronto : Sui Planii : Münzer 1950, col. 2186 ; Domergue 1990, pp. 255, 266 ; Paci, Rossi 1996-1997, pp. 185-187. Sui Planii coinvolti nella produzione della ceramica calena a vernice nera : cil x 8059 319 e 320 ; Pedroni 1986, p. 380 n. 596 ; Pedroni 1990, p. 180 n. 1077 fig. 11 ; Pedroni 2001, pp. 72, 91, 331-332. Rilievo dei bolli : 190, 191. Fotografia dei lingotti : 190, 191.
X INSTRUMENTA DOMESTICA INSCR IPTA DELLA COLLEZIONE CI V ICA A L MOMENTO NON R EPER IBILI
L
o spoglio di letteratura, inventari, manoscritti e documenti d’archivio ha per messo di individuare alcuni reperti mobili iscritti che non sono stati reperiti nel corso delle ricognizioni. Di seguito si fornisce un elenco di questi materiali ordinati per classi. 1. Ceramica a vernice nera Un vaso a vernice nera recante sull’orlo l’iscrizione risultava conservato presso il museo di Ascoli secondo quanto pubblicato nel cil ix (6082 114) ; nel corso delle ricognizioni presso il Museo Archeologico Statale il vaso non è stato rintracciato.
2. Terra sigillata italica ?
Gabrielli riporta nella carta 20 v. del Taccuino 47 (1881) alcuni disegni relativi ad « altri sigilli e marche del museo ». Tutti i bolli raffigurati sono pertinenti a reperti in terra sigillata italica ; 1 tra questi non è stato possibile individuare due bolli che non si può escludere possano essere riferibili anche ad altre classi di materiali. Si tratta di :
1. t mal… 2 in cartiglio ovale. 2. a t·
3. Lucerne Nei Taccuini di Gabrielli compare l’annotazione « 5225 [b.m.] sexti Marca a rilievo su lucerna ». 3 Ritengo che la presenza a lato della trascrizione del bollo del numero 5225, da me ritenuto riferibile all’inventario dell’Ottocento, costituisca una prova che l’esemplare facesse parte della collezione civica. Nel corso delle ricognizioni il reperto non è stato rintracciato.
La lucerna con bollo vibiani (inv. b.m. 877) rinvenuta presso Lisciano non è stata rintracciata nel corso delle ricognizioni ; l’esemplare è forse identificabile con quello recante lo stesso bollo donato al costituendo Museo Civico da un cittadino ascolano, un certo Armigeri. 4
1 Catalogo, nn. 28, 30, 32, 33, 39, 42, 46, 54. 2 Nei Taccuini le ultime tre lettere del bollo sono sottolineate. 3 Gabrielli, Taccuini : 15 (1899-1900) c. 27 r. 4 asap, asca, Affari speciali, busta 2. Lettera inviata da Gabrielli al Sindaco di Ascoli il 5 settembre 1869.
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giovanna cicala 4. Fistula in piombo
Una fistula in piombo con bollo cvf risulta parte del Museo Civico nel 1877. La trascrizione del bollo è stata pubblicata nel cil ix 5199. 1
1 In un foglio sparso conservato nelle Buste Prefettizie è annotato con la grafia di Gabrielli : « cvf fistula ». Il prosieguo dello studio sulla collezione civica ascolana ha permesso di riconoscere nel reperto, proveniente dall’area di Castel Trosino, uno dei doni del vescovo Odoardi.
XI INSTRUMENTA DOMESTICA INSCR IPTA NON R INTR ACCI A BILi PROVENIENTi DA ASCULUM E DA L SUO TER R ITOR IO
I
n questo paragrafo sono state raccolte le segnalazioni presenti in letteratura, in manoscritti e documenti d’archivio relative a reperti mobili iscritti provenienti da Asculum e dal suo territorio che non risulta abbiano fatto parte della collezione civica. Di seguito se ne fornisce un elenco, ordinato quando possibile, per classi di materiali. 1. Vaso con iscrizione « Un vaso con la scritta lvcro », 1 oggi non rintracciabile, fu rinvenuto ad Appignano del Tronto, in contrada Monte Calvo, nell’aia in proprietà Cataldi, insieme ad altro materiale archeologico affiorante in superficie (tra cui una lucerna, frammenti di anfore e alcuni blocchi in travertino squadrati).
2. Terra sigillata italica In comune di Monsampolo del Tronto 2 era stato raccolto piatto frammentario di forma non determinabile con bollo radiale inge/ nvi 3 riferibile ad un Ingenu(us), forse identificabile con il ceramista Nord-italico M. Serius Ingen(uus). Il reperto, che risultava conservato presso il Museo Archeologico Comunale di Castel di Lama, non è stato rintracciato. In comune di Carassai nei pressi della Rocca di Montevarmine, sul versante Sud di un colle noto in antico come ‘monte Frantone’ dove era stata individuata in precedenza una stazione litica e una necropoli picena, è stato rinvenuto un vaso con bollo rasini. 4
1 av, cass. 5, fasc. 4, segnalazione eseguita in data 9 dic. 1953. Conta 1982, p. 215 n. 132. 2 Il reperto proviene da un sito identificato « nei pressi del ristorante Villa del Mago » (Conta 1982, p. 214), dove sono stati raccolti altri reperti conservati nel deposito del Museo Comunale di Castel di Lama. 3 ock 981 (829). Conta 1982, pp. 241-242 n. 207 fig. 211, 11 ; Mazzeo Saracino 1992, p. 84. 4 Con il vaso sono stati rinvenuti frammenti ceramici, il piede di una statuetta in bronzo, una moneta in bronzo ritenuta appartenente al v sec. a.C. av, cass. 6, fasc. 1, Carassai ; Conta 1982, p. 266 n. 263. Un frammento riferibile a Rasinius fa parte della collezione civica : Catalogo, n. 41.
252
giovanna cicala 3. Tappi di anfora
Nel Taccuino 43 (c. 41) il 21 ottobre 1877 Gabrielli annotava di essersi recato a Spinetoli presso il casino Mercatili ; nell’area della collina erano stati eseguiti scavi, durante i quali si erano recuperati « rottami di anfore tegoli, e mobili dolii ed altri vasi romani », oltre a « pesi rotondi, e piramidali in terra cotta un coperchio d’anfora coll’iscrizione anbbalbvs ». L’estensione dell’area interessata dai rinvenimenti, la presenza di fondazioni, la posizione e la profondità dei resti indusse Gabrielli a ritenere le strutture pertinenti ad una villa. Non si dispone di elementi che autorizzino a pensare che i reperti furono acquisiti per la collezione civica. Il tappo di anfora iscritto risulta irreperibile.
4. Dolia Il bollo « t·vl^bi·cv[...] » in cartiglio rettangolare impresso su un dolio compare nelle cc. 25 v.-26 r. del Taccuino 47 (1881) di Gabrielli. Ritengo che il bollo « t·vibi cv » annotato nel Taccuino 48 bis corrisponda ad una diversa lettura del precedente. 1
« Un pezzo ansato di un grande dolium con bollo da- » 2 fu rinvenuto ad Ascoli, durante i lavori di restauro del ponte romano in prossimità di porta Cappuccina. Nella relazione di scavo redatta in data 23 marzo 1938 da De Maddis conservata presso l’Archivio Vecchio della Soprintendenza di Ancona, l’archeologo descrive tra i materiali più interessanti provenienti « dall’area del rinfianco sinistro » del ponte un « frammento di vaso, forse anfora ; parte superiore con attacco e porzione di ansa su cui è impressa la marca di fabbrica (ora incompleta da…) ». 3 I reperti rinvenuti nel corso dei lavori di consolidamento del ponte romano erano un tempo esposti in una vetrina collocata all’ingresso del ponte, che svuotato dell’originario materiale da costruzione di epoca romana e consolidato con cemento armato, è percorribile al suo interno e tuttora visitabile. L’ansa bollata non è stata rintracciata nel corso delle ricerche e, dunque, non è stato possibile appurare se fosse pertinente ad un dolium o a un’anfora.
5. Lucerne Due lucerne recanti i bolli cresces e fortis, parte del corredo di quattro tombe alla cappuccina, furono rinvenute nel 1952 durante lavori di sterro per la costruzione di una casa a Carassai, in contrada il Mulino, sulla collina di S. Lorenzo nei pressi della chiesa della Madonna delle Grazie. 4 I reperti, che non sono stati rintracciati nel corso delle ricerche, potrebbero forse essere conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona.
1 Gabrielli, Taccuini : 48 bis (1883) c. 64 v. 2 La notizia riportata da Galli e Viccei (Galli, Viccei 1942, p. 33) è stata ripubblicata da Pasquinucci : Pasquinucci 1975, p. 17 n. 56. 3 av, cass. 3, fasc. 6. 4 av, cass. 6, fasc. 1. Relazione di Annibaldi (28 agosto 1952). Conta 1982, pp. 266-267 n. 264.
instrumenta domestica inscripta da asculum
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A Castignano, a colle Rovecciano nella stessa località dove nel 1877 fu scoperta una necropoli 1 è stata rinvenuta una lucerna con bollo fortis ; l’esemplare non è stato rintracciato nel corso delle ricognizioni presso il Museo Comunale di Castel di Lama, dove risulta fu conservato.
Una lucerna frammentaria con bollo sextvs f fu rinvenuta a S. Egidio alla Vibrata, in contrada S. Egidio Vecchio, in prossimità di un tratto di conduttura idrica di età romana in proprietà del barone De Guidubaldi. 2 Non è noto se De Guidubaldi abbia tenuto per sé la lucerna rinvenuta nei suoi terreni o se l’esemplare sia confluito in qualche altra raccolta.
Nel 1882 Gabrielli annotò nei Taccuini : « (agilise) lucerna in t.cotta. Casino Sgariglia ». 3 La lettura corretta del bollo potrebbe essere agilis/ f. 4 Dai Taccuini non si ricava che Gabrielli abbia acquistato una lucerna con bollo analogo o di questo tipo per il museo che peraltro non figura neanche negli inventari di cui si dispone. Il prosieguo del riordino e il completamento dell’assegnazione del nuovo inventario ai reperti della collezione civica potrà fornire chiarimenti in proposito.
Il 27 gennaio 1902 un certo Recchi mostrò a Gabrielli una « lucerna con marca fortis » insieme ad altri reperti archeologici riferendo che erano stati trovati « in prossimità della Lama con residui di scheletri umani ». 5 Non è noto se Gabrielli abbia acquisito i ritrovamenti descritti per la collezione civica.
Il 15 giugno 1884 un tale avvocato Mazzocchi mostrò a Gabrielli due lucerne in terracotta provenienti da un suo fondo in contrada Vallecupa : « in tutte e due le lettere sono in rilievo » 6. La prima recava il bollo foriis [sic], la seconda un bollo non leggibile. Non è noto se Gabrielli acquistò questi reperti per la collezione civica.
Una lucerna con bollo sabini era posseduta « da un De Angelis di Venarotta » 7 secondo quanto annotato da Gabrielli nei Taccuini. L’esemplare descritto non è identificabile con quello parte della collezione civica, attualmente conservato presso il museo di Ascoli. Non si può escludere che Gabrielli abbia annotato l’esistenza dell’esemplare come confronto.
1 Fiorelli 1877, p. 257. 2 De Guidubaldi diede notizia del rinvenimento a Fiorelli in una lettera scritta il 18 febbraio 1880. acs, Min. pi, i versamento, busta 161, Teramo (1865-1880), fasc. 335.7.1-335.7.2. Insieme alla lucerna si rinvenne un manico in bronzo con alcuni segni incisi : Fiorelli 1880, p. 83 ; Conta 1982, p. 290 n. 310. 3 Tra parentesi nel testo. Gabrielli, Taccuini : 48 (1882) c. 30 r. 4 Il bollo agilis ricorre di frequente su lucerne a canale di tipo X-a e X-Kurzform : Buchi 1975, p. 3. Su Agilis, frequente tra schiavi e liberti : Kajanto 19822, p. 248. 5 Tra i materiali sono ricordati un « piatto aretino a vernice rossa colla marca a rilievo v^mbri » e un cospicuo numero di monete in bronzo di epoca imperiale. Gabrielli, Taccuini : 16 (1902) c. 67 r. Non disponiamo di elementi che provino che Gabrielli abbia acquisito questi reperti per la collezione civica. Il bollo v ^ mbri su terra sigillata italica della collezione civica appartiene ad un vaso di forma non identificabile. 6 Gabrielli, Taccuini : 49 (1884) c. 29 v. 7 Gabrielli, Taccuini : 38 (1872-1873) c. 81 v.
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Il 26 giugno 1881 Domenico De Guidubaldi, all’epoca Ispettore degli Scavi e Monumenti, scrisse una lettera a Giuseppe Fiorelli in cui gli comunicava il rinvenimento da parte di un colono di una lucerna in terracotta in territorio di S. Egidio alla Vibrata, nella contrada detta Villa Secapelo. Il reperto attrasse l’attenzione di De Guidubaldi per una particolarità, « ne’due lati di essa sonovi delle iscrizioni a rilievo ». Desideroso di un parere, De Guidubaldi inviò a Fiorelli un disegno e il calco cartaceo della parte inferiore della lucerna, riferendo che anche sull’ansa, andata infranta e perduta, si trovavano delle lettere. 1 I calchi furono sottoposti da Fiorelli all’attenzione di De Rossi e da quest’ultimo trasmessi a Guidi, interpellato nel caso si trattasse « di lettere ebraiche » 2. Le risposte degli studiosi interessati diedero esito negativo. La lucerna descritta, riferibile al tipo Bailey U, recava impressa nella base un contrassegno a forma di ramo di palma intorno a cui erano disposti i motivi interpretati come lettere da De Guidubaldi. Il reperto descritto non risulta al momento reperibile.
6. Anello d ’ oro A Montedinove, nell’antica località di S. Maria in un’area nota per i rinvenimenti di sepolture fu rinvenuto nel 1887 un anello d’oro del peso di 8 gr. che recava l’iscrizione : hodoia. L’anello fu acquistato da un certo del Duca. 3 Il reperto descritto non risulta rintracciabile.
7. Fistulae di piombo Nel 1890 ad Amatrice, in contrada S. Piero in Campo, in vicinanza di Sommati (o Sommato) nel corso di scavi eseguiti 3 m a valle dell’abside della chiesa di S. Pietro furono rimessi in luce alcune rovine ritenute pertinenti ad un complesso termale di età romana. Persichetti ebbe modo di esaminare tre segmenti di fistulae di piombo provenienti dall’edificio presso un certo Pandolfi di Casale che le aveva acquistate. Le fistulae avevano un diametro di cm 8 ; i tre segmenti erano lunghi cm 17, 26 e 17. Ciascuno di essi recava impressa una parte dello stesso bollo in rilievo di seguito trascritto nella sua forma più completa :
Avendo il proprietario manifestato l’intenzione di farle fondere, Persichetti si adoperò affinché i reperti fossero acquisiti dal municipio, ma inutilmente. 4
1 Lettera inviata da De Guidubaldi a Fiorelli il 26 giugno 1881 da Nereto. acs, Min. pi, i versamento, busta 161, Teramo (1865-1880), fasc. 335.2. 2 Minuta della lettera inviata da Fiorelli a De Rossi il 5 luglio 1887. Sulla minuta di Fiorelli figura un appunto a matita sull’esito del consulto con Guidi. acs, Min. pi, i versamento, busta 161, Teramo (18651880), fasc. 335.2. 3 Conta 1982, p. 270 n. 268. 4 Persichetti 1893, pp. 176-177 ; Conta 1982, p. 100 n. 3.
XII SPUNTI DI R IFLESSIONE E CONSIDER A ZIONI CONCLUSI V E
L
e ricognizioni intraprese presso musei, depositi e collezioni del territorio di Ascoli Piceno hanno permesso sinora di individuare 191 reperti mobili classificabili come instrumentum domesticum inscriptum 1 riferibili ad un arco cronologico assai ampio (dalla fine del iii sec. a.C. al vii sec. d.C.). I materiali si segnalano per essere in massima parte inediti : sono stati esaminati bolli e graffiti su ceramica a vernice nera 2 e terra sigillata italica, 3 bolli e contrassegni su reperti anforici (anfore 4 e tappi di anfore 5), bolli e graffiti su ceramica di uso comune, 6 bolli e graffiti su lucerne, 7 signacula, 8 bolli su lingotti in piombo. 9 Ricerche condotte presso biblioteche comunali ed archivi di Stato hanno permesso il recupero di notizie relative ad alcuni materiali provenienti all’ager Asculanus dispersi o che non è stato possibile rintracciare sinora. 10 Il gruppo più consistente di materiali esaminati appartiene alla collezione civica e la loro acquisizione risale all’Ottocento, al periodo in cui Giulio Gabrielli ricoprì l’incarico di direttore del Museo Civico di Ascoli. Il risaputo interesse di Gabrielli per i reperti del territorio induce a ritenere che un cospicuo numero di essi siano provenienti dall’ascolano anche in assenza di riferimenti topografici specifici 11 ; in taluni più fortunati casi, la ricerca ha potuto giovarsi delle informazioni e accurate annotazioni raccolte da Gabrielli durante la sua attività : è stato così possibile localizzare la provenienza dei reperti e ricavare talvolta anche notizie relative al contesto di rinvenimento. Le difficoltà riscontrate per risalire alla provenienza dei materiali di interesse per lo studio intrapreso hanno indotto ad affrontare anche il
1 Sulla definizione di instrumentum domesticum inscriptum, vedi Prefazione, pp. 13-15. 2 I reperti a vernice nera identificati ed esaminati sono 27 : Catalogo, nn. 1-27. 3 Sono stati individuati 37 bolli su terra sigillata italica : 29 (27 su ceramica liscia, 2 su decorata) sono pertinenti alla collezione civica. I rimanenti provengono dai musei del territorio. Vedi Catalogo, nn. 28-65. 4 In tutto 3 frammenti di anfore appartenenti alla collezione civica. Catalogo, nn. 67-69. 5 I tappi di anfora realizzati a stampo recanti lettere, motivi decorativi o segni pseudoepigrafici sono 17. Vedi Catalogo, nn. 70-87. 6 I frammenti di ceramica comune sono due. Catalogo, nn. 89-90. 7 Le lucerne costituiscono il gruppo numericamente più cospicuo di materiali esaminato e appartengono tutte alla collezione civica ascolana, ad eccezione di 11 esemplari conservati presso musei del territorio corrispondenti ai nn. 93, 102, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 169. 8 Un sigillo in ceramica (Catalogo, 177) e undici signacula in bronzo parte della collezione civica. Vedi Catalogo, nn. 178-189. 9 Vedi Catalogo, nn. 190 e 191. 10 Vedi x. Instrumenta domestica inscripta della collezione civica al momento non reperibili, pp. 249-250 e xi. Instrumenta domestica inscripta non rintracciabili provenienti da Asculum e dal suo territorio, pp. 251-254. 11 Sulla provenienza dei reperti della collezione civica, vedi : i. 1 La collezione civica di Ascoli Piceno, p. 28 e Prefazione, p. 15.
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problema dell’identificazione dei reperti donati dal vescovo Odoardi (di possibile provenienza umbra, ma forse anche ascolana) 1 che costituivano il nucleo originario della collezione civica per distinguerli dagli altri materiali ; è stata dunque intrapresa a questo scopo una ricerca a latere che, pur avendo fornito alcuni importanti risultati, è ancora in corso 2. Lo studio dei reperti ha fornito indicazioni relative alla diffusione delle classi ceramiche esaminate ed ha indotto ad elaborare alcune ipotesi sulle loro possibili direttrici commerciali ; queste considerazioni presentano chiaramente il limite di essere state formulate prevalentemente su reperti provenienti da collezioni che, in questo caso, riflettono per lo più i criteri di raccolta dell’Ottocento e necessitano della conferma di materiali provenienti da scavi condotti nell’ambito dell’ager Asculanus. Nel caso del vasellame da mensa i dati raccolti consentono di cogliere una certa continuità negli scambi commerciali tra il territorio ascolano e le aree centro ed etrusco-italiche. Per quanto riguarda le ceramiche a vernice nera (tralasciando un insieme di vasi a vernice nera di produzione campana appartenenti alla collezione civica verosimilmente acquisiti da Gabrielli nell’Ottocento) 3 i materiali di importazione sono in gran parte riferibili al gruppo delle ‘piccole stampiglie’ 4, la cui produzione in area centro-italica risale alla prima metà del iii sec. a.C. Tali reperti, la cui provenienza dall’ager Asculanus è certa in quanto rinvenuti nel corso di recenti ricognizioni, attestano l’influenza esercitata dai Romani sui Picenti sin dalla loro alleanza e la continuità di rapporti commerciali dei Picenti con l’area etrusca. In modo conforme a quanto riscontrato in altri centri della regio V e VI, nel corso delle ricognizioni sono stati rintracciati reperti di ceramica a vernice nera riferibili a produzioni locali o regionali, alcuni dei quali presentano forme già attestate in territorio marchigiano. Tali materiali, attestati sia nella collezione civica ascolana sia presso raccolte comunali, evidenziano la precocità delle manifatture locali sviluppate nel territorio sin dalla metà del iii sec. a.C., se non addiritura dall’inizio del secolo, e costituiscono un’ulteriore testimonianza dell’influsso culturale romano sulle produzioni artigianali locali. La vitalità di queste officine e, dunque, la richiesta dei loro prodotti nel territorio è attestata sino in età tiberiana, periodo al quale sono riferibili i fondi di coppe con bollo a fondo di plantare. 5 Il piatto k 5738 e la coppa b.m. 6164 della collezione civica, 6 le cui caratteristiche tecniche e morfologiche sembrano trovare precisi confronti nell’officina di Aesis, potrebbero costituire testimonianza della diffusione di questa produzione nel territorio ascolano e fornire un piccolo, ma importante contributo alla conoscenza della circolazione dei prodotti di quest’atelier nelle regioni vicine.
1 Secondo quanto riportato dall’erudito Baldassarre Orsini, pare che la famiglia dell’Odoardi in Ascoli fosse dedita alla ricerca di opere pittoriche che arricchissero la collezione del vescovo. Non si può escludere che raccogliessero anche materiale archeologico per l’illustre congiunto. 2 Vedi i.1.1. La raccolta Odoardi, pp. 21-26 e Appendice : la collezione Odoardi, pp. 36-43. 3 Vedi ii.4.1. La collezione civica di Ascoli Piceno. ii.4.1.1. I bolli, pp. 59-60 ; Catalogo, nn. 1-5. 4 Catalogo, nn. 1-5. 5 Catalogo, nn. 9-10. 6 Catalogo, nn. 6 e 23.
spunti di riflessione e considerazioni conclusive
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In uno studio recente sulle ceramiche a vernice nera di produzione romanolaziale attestate in ambito medio-adriatico nei territori attraversati dopo il 220 a.C. dalla via Flaminia nell’ager Asculanus è stato evidenziato che alcune località erano state raggiunte dalla penetrazione commerciale romana ben prima che i Romani si impegnassero nella costruzione dell’arteria stradale. Le attestazioni di vasellame a vernice nera anche in località più interne dell’ager Asculanus lasciano intravedere un quadro analogo. Attraverso scambi commerciali il vasellame avrebbe raggiunto l’ascolano superando i valichi transappenninici già adoperati dalle popolazioni locali e i percorsi interni, che coincidevano in parte con le valli dell’interno, in età anteriore alla costruzione della vie Salaria e Flaminia ; dal ii sec. a.C., quando ebbero inizio le produzioni del gruppo della ‘Campana B’, il commercio potè giovarsi della rete stradale romana. Forse tali scambi commerciali con le officine di ceramica a vernice nera etrusco-meridionali proseguirono durante la fase di sperimentazione e transizione verso una nuova classe ceramica, la terra sigillata italica. 1 Il commercio del vasellame della terra sigillata italica avvenne attraverso la via Salaria e la Flaminia, giovandosi degli stessi percorsi interni. I più antichi bolli noti su questa ceramica provenienti da Asculum e dal suo territorio risalgono al 40-30 a.C., lo stesso periodo al quale risalgono i bolli sui reperti provenienti da altre località dell’interno, Urbs Salvia nella regio V e Suasa nella regio VI. Il numero più cospicuo di bolli in terra sigillata italica esaminati nel corso di questa ricerca è riferibile a manifatture aretine e centro-italiche di età augustea, quando il livello qualitativo di questi materiali era più elevato e la diffusione di questa classe ceramica raggiunse l’apice nel mondo romano. Anche in questo periodo risulta dunque attestato un forte legame di Asculum e del suo territorio con l’area etrusco e centro-italica, diversamente dalla parte costiera della regio V che risulta assai più recettiva verso la terra sigillata italica Nord-italica. Cupra Maritima, i cui rapporti commerciali con il Nord-Italia e con Aquileia sono noti, e in misura minore Porto Recanati, sono raggiunte solo marginalmente dalle produzioni aretine e centro-italiche poiché erano approvvigionate in modo più agevole e meno costoso attraverso il trasporto marittimo. I bolli su terra sigillata provenienti dai centri costieri risalgono circa al 20 a.C. e sono riconducibili in modo preponderante a manifatture Nord-italiche, attestate solo in modo marginale nell’interno della regione. Questi dati suggeriscono, credo, un ulteriore possibile scenario : una minima parte del vasellame Nord-italico giunto sulla costa raggiungeva i centri dell’interno attraverso le vie minori tramite l’intermediazione commerciale dei centri costieri ? Una qualche conferma sulla diversa distribuzione delle merci Nord-italiche lungo la costa e nell’interno proviene dalla ricerca condotta in questi anni da Silvia Marengo sui laterizi prodotti ed importati nella regio V. 2 L’analisi della distribuzione dei marchi ha evidenziato che i bolli attestati nelle località costiere sono in
1 Vedi Catalogo, nn. 19 e 21. 2 Marengo 2007 e Marengo 2007a.
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massima parte riferibili ad officine non presenti sul territorio e, in particolare tra il i ed il ii sec. sec. d.C., a manifatture della Cisalpina orientale, mentre nei centri dell’interno sono attestate produzioni locali ; ad Asculum, in particolare, quelle dei Caii Ennii. 1 Nel corso di questa ricerca sono stati individuati soltanto tre frammenti di anfore di tipo Lamboglia 2 recanti i bolli DAMA e anti attestati in area media ed alto-adriatica ed il frammentario […]r 2 tutti parte della collezione civica, oltre ad una quindicina di tappi di anfora realizzati a stampo recanti impresse lettere, segni pseudoepigrafici e motivi decorativi destinati ad anfore Lamboglia 2, Dressel 6A e 6B riferibili ad un periodo compreso tra il ii sec. a.C. ed l’inizio del i sec. d.C. Per quanto riguarda i reperti anforici, un significativo apporto alla conoscenza sulla distribuzione di questi materiali potrà giungere dallo studio di Silvia Marengo sui bolli rodii rinvenuti nella città di Ascoli Piceno conservati presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli. È ben attestato che questo vino rinomato raggiunse l’interno della regione già dal iii-ii sec. a.C., a testimonianza della richiesta, attestata ora anche nell’ascolano, di merci pregiate e ricercate sin da questo periodo. Importanti risultati sui rapporti esistenti tra diverse classi dell’opus doliare, anfore e laterizi provenienti dall’area medio ed alto-adriatica potranno inoltre giungere dalla ricerca intrapresa dalle Università di Padova e di Pisa. 3 Le lucerne recanti bolli, contrassegni o iscrizioni rintracciate nel corso della ricerca, in maggioranza appartenenti alla collezione civica, sono tipologicamente molto varie e coprono un periodo di tempo assai ampio, dalla fine del ii sec. a.C. al vii sec. d.C. Sono state individuate lucerne di tipo Dressel 2, 3 e 4, a volute con becco angolare e becco a ogiva, Bailey G, ad ansa trasversale, a becco corto e rotondo, a canale, Bailey U e in terra sigillata africana ; tale varietà potrebbe essere in parte dovuta all’apporto collezionistico, in particolare al gusto ed alla ricercatezza del vescovo Odoardi. Negli elenchi rintracciati dei materiali donati dal vescovo per il costituendo Museo Civico ascolano figurano infatti « alcune lucerne sepolcrali ». 4 Lo scarso numero di lucerne prodotte in area centro-italica iscritte o contrassegnate rintracciate nel corso di questa indagine – presenti nella collezione civica dall’Ottocento, se non prima – potrebbe testimoniare una presenza assai limitata di questi materiali dalla fine del ii sec. a.C. (periodo al quale sono riferibili i primi tipi attestati, le Dressel 2) alla metà del iii sec. d.C. (quando cessano di essere prodotte le lucerne a becco corto e rotondo) ; diverso il caso delle lucerne di tipo Bailey U prodotte in ambito centro-italico tra il dal v ed il vi sec. d.C., la cui provenienza dall’ager Asculanus è accertata. 5 Ben più attestate risultano le lucerne Nord-italiche, le cui prime importazioni
1 Marengo 2007, pp. 118-119. I prodotti dei Caii Ennii sono attestati anche a Saepinum ed Aesernia : Marengo 2007, p. 126 nota 47 con bibliografia. 2 Catalogo, nn. 67-69. 3 Cabella,Capellli, Carre, Ciuccarelli, Mazzocchin, Menchelli, Pasquinucci, Pesavento Mattioli, Piazza 2008, pp. 373-378. 4 Appendice, La collezione Odoardi, p. 43. 5 Catalogo, nn. 165, 166, 167 e 169.
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sono rappresentate con ogni probabilità dal tipo a volute con becco triangolare prodotto tra il 20 a.C. ed il 90 d.C. ; a queste seguirono le lucerne a canale, particolarmente diffuse nell’ascolano e nella regio V dal terzo quarto del i sec. d.C. sino al ii-iii sec. d.C. La collezione civica comprende undici signacula in bronzo, tre dei quali risultano dalle annotazioni di Gabrielli rinvenuti in località comprese nei confini dell’ager Asculanus. Purtroppo nel caso di questi materiali, ricercati sin dal xvii secolo sul mercato antiquario, è necessario mantenere una certa cautela riguardo alle informazioni relative alla loro provenienza. A questo proposito segnalo il caso del signaculum di L. Licinius Priscus, che pare riferibile alla collezione Odoardi, e quello di Q. Fundilius Antoninus, che Gabrielli dichiarò proveniente da Colli del Tronto, ma che risulta tipologicamente affine ai signacula urbani recentemente studiati da Franca Taglietti. 1 Poco si può dire riguardo a quei signacula che riportano nel testo solo il cognomen del proprietario 2 o le iniziali dei tria nomina. 3 Esemplari purtroppo dispersi sembrano rivestire un notevole interesse : il signaculum rinvenuto a S. Egidio alla Vibrata, in località Faraone riferibile a Lucius Plancius, figlio di Statius che potrebbe attestare l’esistenza di proprietà dei Plancii nell’ascolano ; il sigillo della collezione Borri riferibile ad una Plotia Hieria (l’omonima liberta del passo di Elio Donato o piuttosto un personaggio noto anche a falsari ?) che trova una corrispondenza da indagare in un esemplare conservato alla fine dell’Ottocento a Roma, presso il museo Kircheriano ; il signaculum con testo dnavg, importante testimonianza di possedimenti imperiali nel territorio di Ascoli nel ii sec. d.C. o, più semplicemente, reperto di provenienza urbana ? Tra i reperti più antichi presi in esame da questa ricerca figurano i lingotti in piombo riferibili a L. Planius Russinus, databili tra la fine del ii all’inizio del i sec. a.C., provenienti dalle miniere di Carthago Nova recanti i bolli l·plani l·f // delphinus// rvssini rinvenuti nel 1880 al confine tra il territorio di Carassai e Ripatransone. 4 Poiché la distribuzione dei lingotti riferibile ai Planii appare concentrata nel Mediterraneo occidentale queste massae plumbae, le cui circostanze del ritrovamento sono ancora oscure, potrebbero costituire una testimonianza del fatto che la regio V fosse inserita in importanti rotte commerciali sin dall’età repubblicana. I pochi dati di cui si dispone non permettono tuttavia di escludere che i lingotti abbiano raggiunto il Picenum, attraverso passaggi ed intermediazioni o che fossero parte necessaria del carico di bordo di qualche nave per approntare riparazioni alla chiglia dell’imbarcazione o ricavare grappe ai dolia nel caso di eventuali danneggiamenti intercorsi. Allo stato attuale lo studio dell’instrumentum domesticum inscriptum proveniente da Asculum e dal suo territorio ha permesso di individuare alcuni aspetti dell’approvvigionamento di merci in età romana. Il quadro che viene delineandosi appare articolato e diversificato tra Asculum e gli altri centri dell’interno rispetto a
1 Catalogo, n. 180. 3 Catalogo, nn. 185.
2 Catalogo, nn. 179, 184, 189. 4 Catalogo, nn. 190-191.
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quelli della fascia costiera della regione. Il prosiego della ricerca e la pubblicazione di materiali provenienti dagli scavi condotti nell’ascolano e nel Picenum consentirà di valutare meglio i dati raccolti e definire alcuni problemi posti dalla provenienza collezionistica di materiali.
BIBLIOGR A FI A Elenco delle abbreviazioni acs = Roma, Archivio Centrale dello Stato adp = Archivio Diocesano di Perugia apbc = Ascoli Piceno, Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli asap = Archivio di Stato di Ascoli Piceno asca = Archivio Storico del Comune di Ascoli Piceno asp = Archivio di Stato di Perugia av = Ancona, Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, Archivio Vecchio Min. pi = Ministero della Pubblica Istruzione rbg = Rimini, Biblioteca Gambalunga Elenco dei documenti manoscritti citati adp, Atti Massari = Atti notarili di Luigi Massari. adp, Silvestrini, Memorie = Memorie della famiglia Silvestrini, manoscritto redatto da Lorenzo, Serafino e Giuseppe Silvestrini. apbc, asca, Istrumenti = Istrumenti. apbc, Buste Prefettizie = Buste Prefettizie i (e 1-e 5), ii (e 6-e 25), iii (e 26-e 30). apbc, Frascarelli, ms. 17 = Gaetano Frascarelli, Storia cronologica della città di Ascoli, manoscritto 17 [s.d.]. apbc, Frascarelli, ms. 85 = Gaetano Frascarelli, Collezione di documenti per servire ad un’operetta da intitolarsi ‘La Biblioteca Pubblica nella città di Ascoli nel Piceno per l’Abbate Cavaliere Gaetano Frascarelli in Roma’, manoscritto 85 [s.d.]. apbc, Gabrielli, Autobiografia = Giulio Gabrielli, Autobiografia. apbc, Carte Gabrielli = Corrispondenza di Giulio Gabrielli. apbc, Gabrielli, Inventario Collezione Allevi = Giulio Gabrielli, Inventario del Museo Allevi compilato da Giulio Gabrielli il 14 febbraio 1897 (= acs Min. pi ii versamento b. 18 fasc. 326/bis). apbc, Inventario Amm. = Inventario amministrativo. apbc, Pastori 1795 = Luigi Pastori, Indice di medaglie, e monete antiche consolari imperiali e di città in oro, argento e metallo, manoscritto 39 redatto nel 1795. asap, Archivio della Prefettura = Archivio della Prefettura di Ascoli Piceno (1861-1950). asap, asca, Consigli = Consigli, voll. 133, 137, 138. asap, asca, Affari speciali = Affari speciali, (buste 1, 2, 3). Gabrielli, Quaderni = Giulio Gabrielli, 24 quaderni manoscritti conservati presso la Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli di Ascoli Piceno. Gabrielli, Taccuini = Giulio Gabrielli, 62 taccuini manoscritti (1 febbraio 1854-10 agosto 1910) conservati presso la Biblioteca Comunale Giulio Gabrielli di Ascoli Piceno. rbg, Paolucci, Sc-Ms 795 = Domenico Paolucci, manoscritto n. 795. rbg, Tonini, Elenco = Luigi Tonini, Elenco preliminare de ‘Le figuline riminesi’.
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INDICI
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Gell. 20, 1, 23 : 48.
Balb. 20, 16 : 48.
Lib. col. i, p. 227, 4-10 : 231. Lib. col. i, p. 244, 8-12 : 231. Lib. col. ii, p. 252, 14-21 : 231. Lib. col. ii, p. 252, 21-27 : 231. Liv. 21, 63, 2 : 46. Liv. 21, 63, 3-4 : 47. Liv. 34, 1-8 : 48. Liv. epit. 41 : 48.
Caes. civ. 2, 17, 1-4 : 244. Caes. civ. 2, 20, 1-4, 6-8 : 244. Cato agr., praefatio 4 : 48. Cato agr. 148.1 : 14. Cic. Cato 14, 5 : 48. Dolab. Cic. fam. 9, 13, 1-4 : 244. Cic. fin. 2, 17, 55 : 48. Cic. leg. 2, 48 : 48. Cic. rep. 3, 17 : 48. Cic. Sest. 72 : 58. Cic. Verr. 2, 1, 106-110 : 48. Cic. Verr. 2, 5, 45 : 46.
Macr. Sat. 3, 13, 7 : 48. Macr. Sat. 3, 17, 2-3 : 48. Macr. Sat. 3, 17, 6 : 48. Marz. 1, 43, 8 : 114. Marz. 4, 46, 12 : 114. Marz. 4, 88, 7 : 114
D.S. 5, 36, 1-3 : 242. Dig. 16, 3, 1, 36 : 213. Dig. 33, 7, 8 : 14. Dig. 33, 7, 12, 1 : 14, 119. Dig. 33, 7, 12, 17 : 14. Dig. 33, 7, 25, 1 : 14. Dig. 33, 8, 17 : 14. Dig. 33, 12, 7, 8 : 14. Dig. 33, 12, 16 : 14. Dig. 33, 12, 24 : 14. Dig. 40, 9, 10 : 47, 119. Dig. 50, 5, 3 : 47. Dio C. 56, 10, 2 : 48. Donat. vita Verg. 9 s. : 241.
Non. 15.4 : 13
Paul. Sent. 4, 8, 19 : 48. Plin. nat. 3, 3 : 16. Plin. nat. 10, 71, 139 : 48. Plin. nat. 18, 36-37 : 115. Plin. nat. 33, 26, 1 : 215. Plin. nat. 35, 197 : 48. Plin. Paneg. 42 : 48. Plb. 34, 9, 8-11 : 242. Plut. Cato, 21, 5-8 : 48. Ps. Quint. decl. 264 : 48.
Sic. Flacc. grom. p. 136, 20-137, 4 : 231. Str. 3, 2, 10 : 242.
Fest. 484, 7-9 : 83. Fest. recepticium : 48. Flor. 1, 14, 2 : 66. Frontin. De contr. 7.5 : 16.
Tac. ann. 3, 33-34 : 48.
Val. Max. 9, 1, 3 : 48. Varro rust. 1, 2, 1-2 : 48, 236. Varro rust. 1, 2, 9 : 236. Varro rust. 1, 2, 11 : 236. Varro rust. 1, 69, 2-3 : 236. Vlp. 22, 17 : 48.
Gaius Inst. 2, 226, 274 : 48. Gell. 10, 23 ; 17, 6 : 48. Gell. 17, 6, 1 : 48. Gell. 2, 24, 2-10 : 48. Gell. 2, 24, 7-9 : 48.
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cil ix 5054 : 227, 235. cil ix 5153 : 27. cil ix 5165 : 27. cil ix 5173 : 27. cil ix 5174 : 27. cil ix 5175 : 27. cil ix 5176 : 27. cil ix 5191 : 231. cil ix 5195 : 231. cil ix 5199 : 250. cil ix 5365 : 236. cil ix 5399 : 228, 236. cil ix 5481 : 231. cil ix 5569 : 82. cil ix 5635 : 228. cil ix 5666 : 231. cil ix 5680 : 231. cil ix 5766 : 231. cil ix 5926 : 231. cil ix 6078 81 : 27. cil ix 6078 108 : 112. cil ix 6078 124 : 57. cil ix 6078 169 : 27. cil ix 6080 3 : 116. cil ix 6080 4 : 110. cil ix 6080 5 : 110. cil ix 6080 9 : 13. cil ix 6080 15 : 141. cil ix 6080 21 : 120. cil ix 6080 23d : 141. cil ix 6080 24c : 141. cil ix 6080 25d : 141. cil ix 6080 31 : 141. cil ix 6081 3 : 141. cil ix 6081 10b : 177. cil ix 6081 14c : 195. cil ix 6081 24b : 187. cil ix 6081 24d : 187. cil ix 6081 30 : 198. cil ix 6081 33i : 27, 184. cil ix 6081 33f : 184. cil ix 6081 33g : 184. cil ix 6081 33k : 183. cil ix 6081 33l : 184. cil ix 6081 33m : 184. cil ix 6081 33n : 184. cil ix 6081 49a : 191. cil ix 6081 49b : 191.
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cil ix 6081 49c : 191. cil ix 6081 55 : 141. cil ix 6081 57a : 193. cil ix 6081 57b : 193. cil ix 6081 57c : 193. cil ix 6081 65f : 202. cil ix 6081 330 : 141. cil ix 6082 2 : 89. cil ix 6082 10 : 83. cil ix 6082 14d : 195. cil ix 6082 15 : 91. cil ix 6082 21 : 92. cil ix 6082 31 : 101. cil ix 6082 32 : 93. cil ix 6082 34 : 93. cil ix 6082 35 : 94. cil ix 6082 37a : 95. cil ix 6082 37b : 95. cil ix 6082 53 : 95. cil ix 6082 61 : 114. cil ix 6082 62 : 141. cil ix 6082 68 : 96. cil ix 6082 69 : 97. cil ix 6082 73 : 98. cil ix 6082 76 : 108. cil ix 6082 78 : 99. cil ix 6082 81b : 100. cil ix 6082 82b : 102. cil ix 6082 85 : 86. cil ix 6082 88 : 104. cil ix 6082 89 : 90. cil ix 6082 90 : 90. cil ix 6082 95 : 103. cil ix 6082 114 : 249. cil ix ad 6082 79 : 101. cil ix 6083 1 : 241. cil ix 6083 2 : 220. cil ix 6083 7 : 220. cil ix 6083 10 : 221. cil ix 6083 12 : 220. cil ix 6083 14 : 222. cil ix 6083 17 : 221. cil ix 6083 19 : 221. cil ix 6083 22 : 220. cil ix 6083 35 : 220. cil ix 6083 40 : 223. cil ix 6083 42 : 223. cil ix 6083 52 : 220.
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INDICE DEI NOMI Persone Agasucci, Giacomo : 205. Alfieri, Nereo : 15, 20, 28, 29, 53. Allevi, Guglielmo : 15, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 62, 87, 202.
Gabrielli, Riccardo : 26. Gamurrini, Gian Francesco : 15, 27, 99. Gozzadini, Giovanni : 33, 87.
Henzen, Wilhelm : 15, 27, 221. Hirschfeld, Otto : 222.
Bergk, Theodor : 15. Borghesi, Bartolomeo : 221. Bormann, Eugen : 222, 231. Borri, Annibale : 27. Bruti Liberati, Alessandro : 17. Bruti Liberati, Filippo : 220, 221.
Lupattelli, Angelo : 22.
Cancellotti de Cima, Teresa : 223. Cellini, Cesare : 17, 27, 31, 242. Cherubini, Gabriello : 222, 223. Colucci, Giuseppe, abate : 223. Condivi, Ascanio : 17.
Mariotti, Cesare : 15, 22, 28, 35. Mommsen, Theodor : 15, 27, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 122, 128, 191, 222, 223, 242.
Odoardi, Alessandro Maria : 21, 22, 23, 24, 25, 36, 37, 38, 39, 41, 42, 43. Orsini, Antonio : 25, 41. Orsini, Baldassarre : 22, 23, 193, 256. Ortenzi, Alfio : 15, 20, 29.
De Minicis, Gaetano e Raffaele : 220. De Rossi, Giambattista : 27, 239, 242, 254. De Ruggiero, Ettore : 223. Dressel, Heinrich : 19, 27, 138, 153, 217, 218, 221, 223, 224, 226, 235. Desjardins, Ernest : 15.
Panichi, don Alfonso : 16, 17. Pastori, Luigi : 24, 25. Persichetti, Niccolò : 254. Pigorini, Luigi : 15, 27, 31, 32, 33, 36, 37, 40, 43.
Fiorelli, Giuseppe : 17, 27, 31, 32, 35, 87, 222, 253, 254. Frascarelli Gaetano, abate : 21, 25, 27.
Raffaelli, Francesco Maria : 31, 221, 223. Rosa, Concezio : 27, 31. Rotelli, Anastasio : 22, 42, 43, 115.
Gabrielli, Giulio : 15, 20, 22, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 31, 33, 34, 35, 41, 42, 62, 65, 82, 87, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 117, 122, 123, 128, 142, 143, 144, 147, 149, 176, 191, 193, 197, 198, 204, 208, 211, 212, 226, 227, 234, 235, 239, 242, 249, 250, 252, 253, 255, 256, 259.
Sciarra-Condivi, Francesco : 220. Servanzi Collio, Severino : 221. Silvestrini, Serafino : 23. Sorricchio, Luigi : 222.
Zangemeister, Karl : 15, 27. Zecca, Vincenzo : 222.
Luoghi di provenienza dei rinvenimenti esaminati Accuomoli : 183. Acquasanta Terme
territorio : 62. località la Madonnella : 184.
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indice dei nomi
ager Asculanus ? : 69, 70, 71, 72, 73, 74, 81, 83, 89, 91, 92, 97, 98, 99, 100, 102, 104, 105, 116, 124, 125, 126, 141, 146, 157, 158, 159, 161, 162, 163, 164, 167, 168, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 181, 182, 183, 184, 185, 187, 188, 189, 190, 192, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 204, 207, 208, 231, 234, 236, 237, 238, 239, 240. Ascoli Piceno, ambito urbano area degli scavi presso il caffè Meletti : 53, 67, 75, 76. area degli scavi presso il Palazzo dei Capitani : 64, 103, 111. Convento di S. Agostino (piazza Garibaldi) : 62, 82. Orti Mari : 101. palazzo Mucciarelli : 193. piazza del mercato : 94, 95, 97, 99, 102, 103, 116. piazza S. Giacomo : 93. ponte romano di porta Cappuccina : 252. porta Romana : 18, 88, 100, 104, 106, 126, 143, 146, 147, 164, 186, 199, 200. porta Vescovo : 143. quartiere SS. Filippo e Giacomo : 143, 191. S. Domenico, scuola : 93. teatro romano : 88, 107. via dei della Torre (già salita S. Domenico) : 103. via dei Saladini (già via del Lago) : 96.
contrada San Lorenzo (Montalto delle Marche) : 77. contrada S. Piero in Campo (Amatrice) : 254. contrada Vallerosa (Ripatransone e Carassai) : 242, 246, 248. contrada valle Venere (Ascoli Piceno) : 144, 187. contrada ‘Villa Secapelo’ (S. Egidio alla Vibrata) : 254. Controguerra : 143, 203. Cossignano : 200.
Faraone (S. Egidio alla Vibrata) : 233, 240, 259. Ficciano (Acquasanta Terme) : 76. Folignano : 62, 63, 79, 88, 107, 127, 193.
Garrufo :143, 168, 190, 195, 196
Marino del Tronto : 135, 143, 204. Monsampolo del Tronto : 62, 63, 79, 126, 251. Monte Basilio o Pasillo (Comunanza) : 64, 84.
Offida : 35, 62, 63, 78, 80, 81, 86, 87, 92, 106, 108, 109, 121, 128, 129, 130, 146, 157, 202.
Piagge S. Marco (Folignano) :127. Pianelle (Spinetoli) : 201. Piani di Morro (Folignano) : 107. piano Solestà (Ascoli Piceno) : 197. Pretarolo (Monsampolo del Tronto) : 79.
Borgo Miriam, contrada S. Lazzaro (Offida) : 92, 106.
Carassai : 17, 63, 200, 201, 242, 248, 251, 252, 259. Castignano : 227, 239, 253. Colli del Tronto : 144, 190, 204, 227, 235, 259. Comunanza : 62, 64, 79, 84. contrada Fonte di Cambio (Ascoli Piceno) : 143. contrada il Mulino (Carassai) : 200, 201, 252. contrada Maliscia,Vellitria o Caprisia (Montalto Marche) : 127, 128. contrada Montecalvo (Appignano del Tronto) : 123. contrada S. Basilio (tra i territori dei comuni di Montalto e Montedinove) : 205. contrada S. Lazzaro (Offida) : 78, 92, 106.
Rocca di Monte Varmine (Carassai) : 62, 77, 251. Rovecciano (Offida) : 87, 202, 253.
S. Egidio alla Vibrata : 143, 166, 233, 240, 253, 254, 259. S. Egidio Vecchio : 253. S. Maria (Acquasanta Terme) : 77. S. Maria degli Ossi (Montalto Marche) : 74, 80, 88, 107, 111. S. Salvatore (Force) : 127. Spinetoli : 34, 87, 143, 188, 189, 201.
Vibrata, fiume : 16. valle : 26, 27, 143, 195, 221. Venarotta : 61, 73.
INDICE DEI SOGGETTI Aghi crinali : 28, 29. ancore : 119, 242. anelli : 27, 237, 254. anuli signatorii : 13, 215. anfore : 13, 14, 16, 18, 43, 47, 48, 59, 110-117, 118, 119, 120, 121, 122, 123, 128, 134, 138, 141, 196, 211, 212, 216, 217, 218, 219, 251, 252, 255, 258.
Leopardi (Recanati) : 223. Mascaretti, canonico : 221, 222. Neroni : 17. Odoardi : 21-26, 36-43. Pugni : 222. Rosa : 27, 202, 219, 221, 222. Rotigni : 17. Rozzi : 222. Zecca : 222.
Bicchieri di Boscoreale : 13. bicchieri di Vicarello : 13. bolli e contrassegni : 13, 15, 17, 18, 19, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118, 120, 121, 122, 123, 128, 134, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 170, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 207, 208, 210, 212, 215, 216, 217, 218, 219, 226, 235, 242, 245, 246, 248, 249, 250, 251, 252, 253, 254, 255, 256, 257, 258, 259.
Dolia : 13, 14, 48, 120, 124, 128, 216, 218, 246, 252, 259. donazioni Odoardi : 21-26, 36-43.
Fistulae : 13, 14, 254. fondo pergamenaceo Odoardi : 24. forme di pane : 14, 213, 215, 219.
Gemme : 13, 54, 56, 60, 72, 81. glandes, vedi ghiande missili ghiande missili : 13, 15, 27, 28, 155. graffiti : 13, 15, 16, 18, 27, 46, 50, 56, 57, 58, 59, 61, 65, 82, 83, 84, 88, 109, 111, 112, 134, 144145, 159, 160-161, 221, 237, 255.
Instrumentum domus : 14. instrumentum domesticum inscriptum, criteri di classificazione : 13-15. instrumentum fundi : 14, 119. inventario Alfieri : 20, 28-29, 98, 188, 189, 191. Leporini : 17. Ortenzi : 20, 24, 29, 203, 204.
Ceramica comune : 18, 115, 131-135, 255. ceramica a vernice nera : 16, 18, 19, 29, 44-85, 128, 158, 248, 249, 255, 256, 257. ceramica picena : 52. chiavi : 27, 28. collezione Allevi : 30, 33, 34, 35, 62, 63, 80, 87, 88, 108, 109, 121, 122, 129, 146, 179, 180, 202. Borri : 27, 231, 232, 233, 241, 259. Bruti Liberati : 17. Bucci : 98. De Minicis : 13, 17, 116, 141, 220, 221, 239. Leopardi (Osimo) : 223.
Lasciti Mazzoni, vedi lasciti Vecchi. lasciti Vecchi : 26. laterizi : 13, 14, 15, 16, 27, 48, 57, 107, 113, 118, 120, 128, 196, 205, 215, 216, 219, 222, 226, 235, 237, 257, 258. lingotti : 13, 17, 18, 242-247, 248, 255, 259. lucerne : 13, 16, 18, 19, 27, 28, 29, 43, 44, 51, 87, 114, 136-210, 237, 239, 249, 251, 252, 253, 254, 255, 258, 259.
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indice dei soggetti
Matrici : 16, 45, 97, 119, 140, 141, 145, 180, 186, 190, 203. mortaria : 13, 133, 216. museo Orsini : 25, 41, 42. Pigorini : 15, 27, 31, 34, 221, 224.
sigilli da oculista : 14. in ceramica : 211, 212, 255. in bronzo (signacula) : 213-241, 259. stadere : 28. statuae : 14.
Pelves : 13. pesi : 14, 21, 23, 28. da telaio : 16.
Reperti in cuoio : 14. reperti forse attribuibili alla collezione Odoardi : 98, 167, 168, 169, 172, 173, 174, 175, 176, 182, 185, 194, 204, 205, 207, 228, 236, 256, 258, 259.
Tappi e copritappi di anfora : 13, 16, 18, 118130, 218, 252, 255, 258. tegole : 13, 16, 196, 205, 226, 235, 237. terra sigillata italica : 18, 19, 29, 49, 50, 56, 74, 86-109, 249, 251, 253, 255, 257. tesserae (nummulariae, lusoriae, frumentariae) : 14. tripodi : 23, 42, 43.
Sarcofagi : 12.
Urne : 21, 38, 41, 43, 87, 228, 236.
R IFER IMENTI FOTOGR A FICI E GR A FICI
I
rilievi in autocad e le fotografie dei reperti – ad eccezione di quelle nn. 10 e 91 del Catalogo realizzate dalla Dottoressa Chiara Speranza, che ringrazio – nel volume sono opera della scrivente. Sono grata alla Dottoressa Ivana Cerato per avere curato la rielaborazione ed impaginazione delle immagini.
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c o mp os to in car atter e dan t e m on ot y p e d a l l a fabr izio serr a editor e , p i s a · r oma . stamp ato e rileg a t o n e l l a t ipog r afia di ag n an o, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) .
* Maggio 2010 (cz 2 · fg 3)
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