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Italian Pages 284 Year 1996
Indice
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Introduzione Possibilità rischiose. Individualizzazione sociale e forme sociali di vita e d'amore (Ulrich Beck ed Elisabeth Beck-Gernsheim) r. La piccola rivoluzione postfrancese, 9 2. Individualizzazione. Verso un'altra società? r 2 3. Le individualizzazioni non ci sono sempre state? r 8
Il normale caos dell'amore 25
r. Libertà o amore. Isolamento, convivenza e contrapposizione dei sessi all'interno e all'esterno della famiglia (Ulrich Beck) r. Libertà, uguaglianza e amore, 2 5 2. Sulla condizione degli uomini e delle donne, 28 3. La società industriale è una moderna società feudale, 43 4. Emancipazione dai ruoli femminili e dai ruoli maschili? 48 5. Presa di coscienza delle disuguaglianze: possibilità e obblighi di scelta, 55 6. Fine dell'individuo o rinascita di una soggettività ipertrofica' 60
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2.
Dall'amore alla relazione? Mutamenti nel rapporto fra uomo e donna nella società individualizzata
(Elisabeth Beck-Gernsheim) r. L'amore diventa più importante che mai, 69 cile che mai, 76 3. Utopia della speranza, ro4
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2.
L'amore diventa più diffi-
3. Amore libero, divorzio libero. La doppia faccia dei processi
di emancipazione (Elisabeth Beck-Gernsheim) r. I vecchi tempi: costrizioni e sicurezze, ro7 2. La modernità: più libertà, più insicurezza, ro9 3. Alla ricerca del mondo comune, II o 4. Alla ricerca della cosa comune, II4 5. Le fatiche della stabilità, 130
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Indice
4. Tutto per amore del bambino (Elisabeth Beck-Gernsheim) r. Il desiderio di avere figli oggi, r36 2. La preparazione al figlio, r45 3. Desiderio di un bambino senza bambino: inizia la carriera di paziente, r57 4. Genitori e figli nel cosmo delle nuove aspettative, 163
r79
5.
La mela tardiva di Eva o il futuro dell'amore (Ulrich Beck) r. La mobilitazione dell'illusione: «torniamo alla famiglia ristretta», r8r 2. Parità come isolamento: la contraddizione tra mercato del lavoro e famiglia, r84 3. Il matrimonio «postmatrimoniale». Famiglie condizionate dal divorzio, allargate e di prosecuzione, r87 4. La mela tardiva di Eva: l'emancipazione «subìta» degli uomini, r93 5. Il divorzio come testimone di nozze: coalizioni matrimoniali, r99 6. Genitorialità come gioco delle costruzioni. L'autocorrezione e autocostruzione genetica della natura umana, 203 7. Punti di fuga e identità cercate: oltre i ruoli femminili e maschili, 208
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6. La religione terrena dell'amore (Ulrich Beck) r. Cosa viene dopo la tradizione: nulla? 2r6 2. Distruzione e divinizzazione di matrimonio, famiglia e convivenza d'amore, 2r9 3. L'amore come postreligione, 225 4. Contro la non-storicità dell'amore: l'amore come romanticismo democratizzato e trivializzato, 233 5. L'amore come modello sociale di senso dell'autoamministrazione soggettiva: dinamica interna, logica di conflitto, paradossi, 246
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Note
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Bibliografia
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Nota al testo
Introduzione
Possibilità rischiose. Individualizzazione sociale e forme sociali di vita e d'amore
Il normale caos dell'amore: è forse un sogno roseo? Un incubo? Una fantasia dell'harem? Che cosa ha a che fare con la noiosa normalità, per esempio nella Repubblica federale tedesca? Nessuna grande storia, nessun dramma passionale. Sicurezza sociale (con molti buchi). Miracolo economico. Società del rischio. E ora: il caos dell'amore realmente esistente? Forse risuona in questo qualcosa di personale? Anche, ma non soltanto. L'apparenza della normalità inganna, così come le statistiche che permettono di calcolare le cifre dei divorzi tenendo conto delle quote di seconde nozze, e in questo modo di farle sparire nella grande fiducia per cui matrimonio e famiglia sono come sono sempre stati. Chi voglia decifrare queste insensatezze - la romanticizzazione della coppia e della famiglia, il crollo delle loro certezze tramandate, i rumori di fondo del conflitto tra i sessi -, deve mettere al centro la contrapposizione che si afferma storicamente di amore, libertà e famiglia.
r. La piccola rivoluzione postfrancese
Sono le vecchie e sempre nuove promesse non mantenute di libertà e indipendenza che oggi rivendicano il proprio diritto contro le forme tramandate di privato e intimità. Queste speranze, che hanno ispirato tanto la Dichiarazione d'indipendenza americana quanto la Rivoluzione francese, sono state derise, disprezzate, combattute. E la loro ambiguità è leggenda. Tuttavia si sono anche autonomizzate e sviluppano una nuova forza, cosicché la piccola rivoluzione postfrancese
IO
Introduzione
- nascosta nei desideri personali degli individui - si volge oggi anche contro la forma di disuguaglianza della famiglia e insieme eleva eccessivamente i valori della famiglia quasi come una religione. In primo luogo il tipo di famiglia che è nato con la società industriale e che i sociologi chiamano «famiglia ristretta», è il contrario dell'idea di uguaglianza, che ha avuto la sua ascesa politica nello stesso periodo di tempo. Questa forma identifica la donna con la famiglia. Non solo in forma di maternità e lavoro domestico, ma insieme anche nel ruolo di «dipendente in via derivata» il cui destino è quello della dipendenza salariale del coniuge. Attorno a lui ruota il mercato del lavoro, o lui ruota attorno al mercato del lavoro, e l'obbligo del guadagno condanna la « persona assegnata alla famiglia» - la moglie appunto - a condividere la mobilità, al destino economico di «seconda mano», al ruolo, quasi ascritto per nascita, di chi opera a vita nella famiglia e nella casa. Tuttavia aumenta oggi a ritmo rapido il numero delle donne che cercano di evadere dal destino quasi feudale di casalinghe loro assegnato. E in questo slancio di massa a un tratto si rende visibile che l'immagine onirica della speranza - la famiglia, luogo di tenerezza, non-mercato, felicità privata e completamento reciproco o come altrimenti siano perifrasati i desideri che qui albergano - è, secondo la sua architettura, l'ibrido di due epoche, una combinazione di tenerezza, schiavitù e modernità, destinata a spezzarsi nella misura in cui accade la cosa più normale del mondo: che anche le donne pretendano la libertà e la parità che gli uomini a buon motivo, e perciò con poco buoni motivi, volevano far finire nella famiglia. Ciò che sperimentiamo è dunque qualcosa di conosciuto e sconosciuto allo stesso tempo. Conosciamo le rivolte dei contadini, la ribellione della borghesia contro le limitazioni della società nobile feudale. Ma molti non riconoscono che oggi nel contrapporsi di uomini e donne si attua da capo, in altre forme e con altre conseguenze, la vecchia legge della libertà. Come i contadini vennero «emancipati» dalla servitù della gleba, come la nobiltà fu privata dei suoi privilegi di nascita, così la struttura interna della famiglia ristretta con il suo ordinamento fondato sul genere si spezza sulla parità e libertà, che ora non si arresta più neanche dinanzi alle porte del privato, e ne nasce l'abituale, quotidiano caos dell'amore.
Possibilità rischiose
II
Ma che cosa viene dopo la famiglia, luogo dell'amore divenuto domestico? La famiglia! Diversamente, più, meglio, la famiglia negoziata, la famiglia intercambiabile, la famiglia multipla, che risulta da divorzio, nuovo matrimonio, divorzio, da figli tuoi, miei, dai nostri passati e presenti familiari; il dispiegamento della famiglia ristretta, la sua attualizzazione, il patto dei singoli che essa rappresenta, il suo essere viziata ed esaltata che non da ultimo poggia anche sul suo carattere monopolistico come mondo alternativo vivibile, carattere che essa acquista nella società del benessere e del rischio, liberata dalla tradizione, astratta, caratterizzata da catastrofi: l'amore diventa necessario come non mai prima e parimenti impossibile. La preziosità, la forza simbolica, l'aspetto seducente, liberatorio dell'amore cresce insieme con la sua impossibilità. Questa legge strana si nasconde dietro le cifre dei divorzi e delle seconde nozze, dietro il delirio di grandezza con il quale gli esseri umani cercano nel tu il loro io, cercano di liberarlo. Nella sete di liberazione con la quale si avventano gli uni sugli altri. Donne e uomini sono oggi alla ricerca, all'ossessiva ricerca, attraverso il matrimonio senza certificato di matrimonio, il divorzio, il matrimonio contrattuale, la lotta per conciliare professione e famiglia, amore e matrimonio, per una «nuova» maternità e paternità, amicizia e conoscenza. Tutto ciò si è messo in moto irrevocabilmente. Per così dire il «conflitto di classe» che viene dopo il conflitto di classe. Quando benessere e sicurezza sociale hanno raggiunto un alto livello, quando pace e diritti fondamentali democratici cominciano a essere naturali, allora appunto le contraddizioni di libertà, parità, famiglia; di libertà, parità e amore non sono più nascoste dalla lotta quotidiana contro il bisogno sociale e l'oppressione. Sbiadendosi le identità sociali tradizionali, al centro del privato appaiono i contrasti dei ruoli sessuali fra uomini e donne. Essi cominciano a cambiare la società sullo sfondo o in primo piano: nel piccolo e grande conflitto intorno alle faccende domestiche, alla sessualità e all'erotismo maschile e femminile e intorno alla politica, pure presumibile in tutto ciò. L'amore diventa fugace nella misura in cui, caricato di speranze, diventa luogo di culto della società che ruota attorno al dispiegamento di sé. E viene caricato di speranza nella misura in cui diventa fugace e socialmente privo di modelli. Ciò accade - proprio perché accade nel medium dell'amore - in
In traduzione
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modo nascosto, involuto, spostato. Dapprima non come qualcosa di generale, ma nel contrapporsi di io e tu. L'amore, che diventa storicamente pieno di conflitto e ricco di significato, si scarica direttamente non in generali contrasti di potere e di situazione, ma nella immediatezza delle persone interessate, nelle loro qualità, difetti, mancanze, che diventano luogo tumultuoso di rese di conti e tentativi di evasione. Detto in modo un po' più profano, anche i lavoratori e gli imprenditori vedono il loro conflitto come un conflitto fra individui. Ma comunque non sono anche condannati ad amarsi l'un l' altro, a fondare una famiglia, a portare avanti un matrimonio e a educare figli. Nel rapporto interno di uomini e donne invece la convivenza familiare dei contrasti tramuta tutto in qualcosa di personalmente irritante. L'accordo di plasmare tutto individualmente, di lasciare fuori il mondo e di ricreare da capo, dalla comunanza dell'amore, fa diventare caratteristiche personali i contrasti tra uomo e donna. I contrasti feriscono così profondamente perché sono già sempre parte della sicurezza a cui i senza patria si erano affidati. L'amore è diventato inospitale. La speranza, che aumenta sempre più, li tiene insieme, contro la brutta realtà del tradimento apparentemente privato. «Con il prossimo marito andrà tutto meglio». Questa formula consolatoria comprende le due cose: la mancanza di speranza, la speranza, l'aumento eccessivo di entrambe e il loro rovesciamento nell'individuale. Come tutto ciò sia comico, banale-comico, tragicomico, talvolta anche tragico, pieno di intrichi e confusioni, cercano di raccontarlo i capitoli di questo libro. Forse alle persone sono semplicemente venuti meno altri argomenti. Forse però anche l'amore, divenuto promettente e conflittuale nello stesso tempo è anche il «nuovo» centro attorno al quale ruota il mondo di vita liberato dalla tradizione. Come speranza, tradimento, nostalgia, gelosia: una smania dunque, che coglie anche persone così quadrate come i cittadini tedeschi. In questo senso, il normale caos dell'amore.
2.
Individualizzazione. Verso un'altra società?
Ma che cosa mai al mondo spinge le persone a giocarsi libertà, dispiegamento di sé, il volere la luna dell'io proprio in cambio della famiglia? Qual è la ragione di questo slancio verso il più estraneo dei con-
Possibilità rischiose
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tinenti perché il più ovvio, il più sacro, il più pericoloso: il continente del proprio sé? Che cosa spiega questo movimento appàrentemente del tutto individuale e tuttavia addirittura schematico, questo ardore, quasi possessione, questa prontezza al dolore, mancanza di riguardo e piacere, con cui molte persone strappano le radici dalla terra da cui sono scaturite per guardare se queste radici sono anche veramente sane? Per molti la risposta è evidente: niente di esterno, di sociale, le persone stesse sono il motivo; dietro la loro volontà, c'è l'insufficienza, la traboccante sete di esperienza, la decrescente disposizione a eseguire, a inserirsi, a rinunciare. Una specie di spirito del tempo universalizzato ha colto e provocato le persone, e la forza del movimento giunge esattamente tanto in là quanto la forza delle persone a costringere insieme cielo e terra, desideri e realtà. Eppure questa spiegazione rapida, questa ottica apparentemente così ovvia pone nuove domande: come si spiega allora lo slancio di massa, la contemporaneità con la quale le persone scuotono le loro relazioni di vita? Non si sono dati appuntamento, i milioni di divorziati, né sono in balìa di un sindacato per l'autonomia dell'io e il diritto di sciopero individuale; piuttosto si oppongono e si impongono contro qualcosa che spesso appare loro ultrapotente, pensano di lottare per sé, portano fuori i desideri più intimi. Tutto si compie dunque secondo la commedia dell'unico nei costumi del personale e dell'individuale; tuttavia quasi che fosse data proprio in questa forma, in una infinita première permanente, che si svolge separatamente nelle più diverse lingue e grandi città del mondo. Perché, dunque, molti milioni di persone, in molti paesi, decidono individualmente, e tuttavia come in una trance collettiva, come nel1' esecuzione di una legge superiore, di una superiore giustizia, di lasciare la felicità coniugale di ieri e di barattarla con un nuovo sogno, di vivere insieme al di là della rete e del nido legale in «libera convivenza» (quale promessa!), di praticare così anche una genitorialità non sostenuta, sempre più spesso persino coscientemente da singoli? O semplicemente di vivere per sé, di seguire il sogno d'indipendenza, cambiamento, poliedricità, per aprire sempre nuove pagine dell'io, anche quando questo sogno ha assunto da lungo tempo i tratti di un incubo? È questa una sorta di epidemia di egoismo, una febbre dell'io, che si può domare con gocce di etica, compresse del noi e quotidiani discorsi sul bene comune?
Introduzione
Oppure qui si fa strada qualcos'altro, qualcosa di più profondo? I singoli, con tutto questo far scintille e tirar di scherma con l'autodeterminazione, sono forse anche messaggeri, esecutori di un cambiamento profondo?· Sono i segni, gli indizi di un nuovo tempo, di un nuovo rapporto fra individuo e società, che si deve ancora trovare e inventare? Una specie di comunanza che non può più essere richiamata, con sicurezza di consenso, da vecchie direttive e formule, ma deve essere discussa, indagata, con domande, motivazioni sempre nuove, e tenuta insieme contro la fugacità, la forza centrifuga della biografia, conservata nell'attenzione? Sì, questa è l'ottica, la teoria di questo libro. Suo spunto: l'individualizzazione. Che cosa si intenda con ciò sarà in primo luogo spiegato con un paragone storico esemplare. I padri del Codice civile (e che questo figlio abbia solo padri non è certo un caso) commemorarono il matrimonio, ancora verso la fine del secolo XIX, quando già c'era chiaramente crisi nella famiglia, come una istituzione che si librava molto in alto, fondata in sé, che in particolare anche i coniugi stessi non devono scuotere e criticare. In conformità con la generale visione cristiana del popolo tedesco - vi si dice (come fosse trascritto dal libro illustrato della teoria funzionalistica, pagina firmamento dei valori universali) - la bozza parte dal fatto che nel diritto matrimoniale(. .. ) non deve dominare il principio della libertà individuale, ma il matrimonio deve conside-
rarsi come un ordinamento morale e giuridico indipendente dalla volontà dei coniugi .1
Individualizzazione significa e produce esattamente il principio opposto: la biografia delle persone viene liberata dalle direttive e dalle sicurezze tradizionali, dai controlli estranei e dalle leggi sul buon costume sovraregionali, posta nell'agire di ogni singolo, in modo aperto, dipendente dalle decisioni e come compito. Le quote della possibilità di vita sulle quali per principio non si può decidere diminuiscono, e aumentano le quote della biografia suscettibile di decisione, che si può stabilire da sé. La biografia normale si trasforma in biografia di scelta 2 con tutte le costrizioni e i «brividi della libertà» (Gisela van Wysocki) che così si danno in cambio. Detto altrimenti, riferito al nostro campo tematico: che cos'è, che cosa significa, che cosa dovrebbe essere o potrebbe essere famiglia, matrimonio, genitorialità, sessualità, erotismo, amore, non si può più presupporre, esaminare, dichiarare obbligatorio, ma alla fine caso mai varia per contenuti, demarcazioni, norme, morale, opportunità, da individuo a individuo, da rapporto a rapporto; deve essere decifrato,
Possibilità rischiose
trattato, fondato in tutte le particolarità del come, che cosa, perch~t, perché no, anche quando in questo modo si risvegliano e si scatenano i conflitti e i demoni che sono assopiti in tutti i dettagli e devono essere placati. Gli individui stessi che vogliono vivere insieme sono o, più esattamente, diventano sempre più i legislatori della loro propria forma di vita, i giudici delle loro mancanze, i sacerdoti che assolvono con un bacio la loro colpa, i terapeuti che allentano e sciolgono le catene del passato. Ma anche i vendicatori che fanno rappresaglia per le offese subite. Amore diventa una formula vuota che gli stessi amanti devono riempire, superando i fossati delle biografie; anche se a condurre la regia sono il testo della canzone, la pubblicità, la sceneggiatura pornografica, la letteratura erotica, la psicoanalisi. Con la Riforma le persone furono rilasciate dalle braccia mondane della Chiesa, dalla gerarchia feudale voluta da Dio, in un mondo sociale, borghese, industriale, che ora sembrava offrire spazio quasi infinito all' autocostruzione, alla sottomissione della natura, alla creazione a partire dal tavolo da disegno della tecnica. Oggi in modo paragonabile e tuttavia molto diverso sulle zampe di velluto della normalità e del benessere, ma nel contempo con il potere, resosi autonomo, dei processi di modernizzazione, le persone sono rilasciate dalle certezze del progresso e dalle forme di vita della società industriale in una solitudine dell' autoresponsabilità, dell'autodeterminazione e del1' autominaccia del vivere e amare, alla quale non sono preparate e neanche attrezzate dalle condizioni esterne, dalle istituzioni. Individualizzazione vuol dire: le persone sono emancipate dai ruoli sessuali interiorizzati, quali sono previsti nel progetto di costruzione della società industriale per la condotta di vita secondo il modello della famiglia ristretta, e si vedono nello stesso tempo costrette (l'una cosa presuppone l'altra e la aggrava) a costruire una esistenza propria, sotto pena di pregiudizio materiale, passando per il mercato del lavoro, l'istruzione, la mobilità, e a imporre e mantenere questa all'occorrenza contro i legami familiari, di coppia e di vicinato. 3 Ciò che prende fiato e si fa realtà come uno slancio e una evasione individuale contro le resistenze, ha dunque anche un volto generale, segue un diktat generale. Obbedisce alla costrizione di una biografia professionale, e ciò presuppone pianificare e percorrere una biografia scolastica, soddisfare le corrispondenti esigenze di mobilità rivendicate al mercato del lavoro proprio da coloro i quali scongiurano l' ar-
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Introduzione
monia della famiglia senza alcun riguardo a questa. La libertà e la coscienza della libertà - coscienza che oggi scuote la vecchia famiglia e cerca una qualunque specie di nuova famiglia-, non sono, per origine, una invenzione individuale, bensì un frutto tardivo del mercato del lavoro con gli ammortizzatori dello Stato sociale; sono anche una sorta di libertà del mercato del lavoro, dove la parola libertà assume il significato di autocostrizione, autoadattamento. Le costrizioni che qui si devono rispettare, devono essere interiorizzate, accolte nella propria persona, nella propria condotta e programmazione di vita e collidono poi, addirittura meccanicamente, con la compagine familiare, la suddivisione del lavoro nella famiglia, che secondo il suo modello esclude esattamente questo. Ciò che appare come fallimento individuale, per lo più delle donne, osservato dall'alto e storicamente, è il fallimento di un modello di famiglia che sa concatenare una biografia del mercato del lavoro con una biografia del lavoro domestico a vita, ma non due biografie di mercato del lavoro, che secondo la logica di comportamento in esse incorporata devono ruotare attorno a se stesse. Legare insieme e tenere insieme due biografie tanto centrifughe è un'acrobazia permanente, un doppio atto funambolico, che mai prima fu preteso, in modo così globale, da nessuna generazione, ma viene richiesto con crescente parità nei diritti a tutte le generazioni future. Pure questo è soltanto un punto. Basta però a chiarire che in tutto il gioco-battaglia d'amore tra i sessi, prorompe anche una contraddizione finora nascosta, estranea, del tutto non erotica, asessuale, cioè la contraddizione tra le richieste del mercato del lavoro e le richieste del rapporto di coppia, dovunque e comunque (famiglia, matrimonio, maternità, paternità, amicizia). L'immagine ideale della condotta di vita conforme al mercato del lavoro è il singolo o la singola totalmente mobile, che senza alcun riguardo per i legami e le premesse sociali della sua esistenza e identità fa di se stesso o di se stessa una forzalavoro fungibile, flessibile, cosciente della prestazione e della concorrenza, veste abiti firmati, vola di qua e di là e cambia casa come vogliono la domanda e chi la formula sul mercato del lavoro. L'individualizzazione designa dunque un fenomeno contrastante, a più facce, cangiante, più esattamente: un cambiamento sociale la cui molteplicità di significati è reale e non può essere eliminata con i soli chiarimenti concettuali comunque necessari. Da una parte libertà,
Possibilità rischiose
decisione; dall'altra: costrizione, esecuzione di esigenze di mercato interiorizzate. Da un lato l' autoresponsabilità, dall'altro la dipendenza da condizioni che l'individuo non riesce ad afferrare completamente. E cioè proprio le condizioni che producono una singolarizzazione, producono anche dipendenze nuove e di nuovo tipo: l'autocostrizione alla standardizzazione della propria esistenza. Gli individui emancipati diventano dipendenti dal mercato del lavoro e perciò dipendenti dall'istruzione, dipendenti da regolamenti e previdenze di diritto sociale, da pianificazione del traffico, posti e orari nei giardini d'infanzia, dai versamenti per l'istruzione e da modelli pensionistici. In altre parole: il matrimonio e la famiglia tradizionale e la lotta individualizzata per il matrimonio e la famiglia non si confrontano come costrizione e libertà. Piuttosto una forma mista di costrizione e libertà viene sostituita da un'altra, ma una forma che mescola libertà e costrizioni evidentemente più recenti, più attraenti, più adeguate alle sfide del tempo, il che risulta non da ultimo nel fatto che nonostante tutto il nervosismo quasi nessuno per se stesso vuole tornare indietro. Certo non pochi uomini vogliono rimettere indietro gli orologi, ma ... per le donne. Le norme dominanti impallidiscono, perdono la loro forza di improntare i comportamenti. Ciò che in passato si eseguiva tacitamente, ora deve essere parlato, fondato, trattato, concordato e proprio per questo sempre e di nuovo disdetto. Tutto diventa «discorsivo». Un rovesciamento dei valori sempre legittimo e possibile fa girare le rilevanze e le urgenze della quotidianità come una bandiera nel vento delle congiunture di pensiero e dei rapporti di coppia ora in una direzione ora nell'altra. Gli attori, gli spettatori, i registi, i critici di se stessi che sperano nell'intimità, praticano, recitano, riflettono l'intimità, non riescono affatto a mettersi d'accordo tanto rapidamente sui regolamenti che sono necessari e che sempre di nuovo si rivelano sotto l'uno o l'altro aspetto come sbagliati, ingiusti e dunque provvisori. C'è un'evasione nella rigidità, in nuove vecchie false chiarezze dell' aut aut, punto, basta, fine, già quasi un calcio di liberazione. La molteplicità, che ne risulta, mette fiori, fa sbocciare verità opposte. Si prova il vietato, la normalità. Ciò è contagioso, attizza dubbi anche là dove ci si credeva al sicuro nelle vecchie certezze. La molteplicità richiede tolleranza, senza dubbio, ma dalla prospettiva oppo-
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Introduzione
sta appare facilmente come anomia, sregolatezza, anarchia morale, contro la quale si deve governare con mano forte. Il movimento per un mondo sano che si sta formando di nuovo anche nella Repubblica federale, non è in questo senso decifrabile soltanto come risposta a svantaggi materiali e paure esistenziali di decadenza, ma risponde al profondo disorientamento culturale che si annida e penetra, sulla scia dei processi d'individualizzazione, in tutte le nicchie, gli angoli e gli strati della quotidianità. Qui chiede di intervenire una superata fede nelle norme che, quando esorta a salvare la patria, la nazione ecc., intende anche la gerarchia dei sessi in via di disgregazione fin nella vita quotidiana.
3. Le individualizzazioni non ci sono sempre state?
A questo punto molti diranno e chiederanno: le individualizzazioni non ci sono sempre state? Presso gli antichi greci (Michel Foucault), nel Rinascimento (Jacob Burckhardt), nella cultura cortese del Medioevo (Norbert Elias) ecc.? 4 Vero è che l'individualizzazione non è niente di nuovo, in un senso generale del termine, niente che si manifesti per la prima volta nella nicchia di benessere Repubblica federale. Tuttavia ciò che appare la stessa cosa riceve oggi un altro senso, forse non ancora abbastanza analizzato. Questo sta, non da ultimo, nel carattere di massa, nell'ampiezza e sistematicità dell'attuale spinta all'individualizzazione. Questa ha luogo come conseguenza secondaria di processi di modernizzazione progettati a lungo termine nelle ricche società industriali occidentali. Si tratta, come si è detto, di una specie d'individualizzazione del mercato del lavoro, da non confondere con la nuova resurrezione di un leggendario individuo borghese dopo la sua documentatissima morte. Se nei secoli passati erano piccoli gruppi, minoranze elitarie che potevano permettersi il lusso di avere desideri di sviluppo individuale, oggi le «rischiose possibilità» dei processi d'individualizzazione (Heiner Keupp) sono democratizzate, anzi più esattamente addirittura prodotte socialmente, nel concorso di benessere, istruzione, diritto, mobilità ecc. Nella Repubblica federale il livello di vita, anche dei gruppi inferiori nella gerarchia sociale, è migliorato in modo «spettacolare, complessivo e rivoluzionario dal punto di vista storico-sociale »5 (anche se nell'ultimo decennio si registrano, a causa della disoccupazione,
Possibilità rischiose
pesanti crolli). Se le generazioni precedenti spesso non conoscevano altro che la lotta quotidiana per la sopravvivenza, un monotono ciclo di miseria e fame, ora larghi gruppi sociali raggiungono un livello materiale che apre spazi e possibilità di costruzione (pur continuando a sussistere o addirittura ad aumentare le distanze sulla scala dei redditi). Non può essere sopravvalutata inoltre l'importanza del diffondersi dell'istruzione a partire dagli anni settanta, in particolare nelle sue conseguenze per le donne. «Quando una donna imparò a leggere, nacque la questione femminile» (Marie van Ebner-Eschenbach). 6 L'istruzione apre la trappola: rende possibile una carriera professionale, dunque la fuga dalla ristrettezza dell'esistenza della casalinga; priva di legittimazione le impari opportunità di lavoro; acuisce l' autocoscienza e le capacità di affermazione in tutti i luoghi controversi di opportunità negate; il denaro guadagnato con il proprio lavoro d'altra parte rafforza la posizione all'interno del matrimonio, e libera dalla costrizione di cercare e condurre il matrimonio come mezzo per assicurarsi la vita. Tutto questo non ha certo eliminato le disuguaglianze, ma ha affinato lo sguardo per distinguerle, le rende manifeste, senza giustificazione, irritanti, poli ti che. 7 Molti, a buon diritto, chiedono e obiettano anche: non sarà che in questa ottica vengano inadeguatamente generalizzati singoli risultati, che vengano gonfiate, stilizzate, realtà di minoranze fino a diventare il trend e dunque la maggioranza del futuro? I processi d'individualizzazione, per come sono qui compresi e riprodotti, non sono da intendere come un evento puntuale che li comprende tutti in una volta, bensì come prodotto di lunghi processi storici, che iniziano ora prima ora dopo, e la cui descrizione per gli uni è notizia proveniente da un paese estraneo del futuro, per gli altri la ripetizione del familiare e quotidiano. La situazione a Monaco, Berlino e Francoforte (per scegliere soltanto le grandi città tedesco-federali con pronunciate caratteristiche d'individualizzazione, considerando per esempio la quota delle famiglie costituite da una singola persona), è del tutto diversa da quella della Frisia orientale, della Franconia centrale o della Baviera meridionale. 8 E come nelle società tardo-industriali vi sono forme di vita e di produzione artigianali e agricole, così vi sono, in regioni e città con culture di classe basate su una individualizzazione molto avanzata, matrimoni e famiglie ristrette. In certo modo parliamo dei contorni di una società individualizzata con la stessa buona ragione con
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Introduzione
la quale si poteva parlare di una società industriale nel secolo XIX, dunque in un periodo in cui gli elementi feudali e corporativi erano ancora onnipresenti: il trend è decisivo, la sua sistematicità, collegata con la progressiva modernizzazione. Così considerato, non c'è «il» presente, soltanto una «contemporaneità della non-contemporaneità» (Ernst Bloch), che l'osservatore può sommare ora in una direzione ora nella direzione opposta. Per la disputa, che infuria ovunque, intorno a continuità e rottura, la realtà fornisce munizioni a entrambi i campi. Ma ciò che Daniel Y ankelovich dice degli Stati Uniti, vale, a questo riguardo, anche per la Repubblica federale tedesca: Nella vita americana coesistono continuità e cambiamenti estesi. La cultura americana è così divisa in scomparti che un osservatore il quale voglia stabilirne la durevolezza, può farlo facilmente; e al contrario un osservatore può documentare altrettanto la natura mutevole della vita americana. La domanda decisiva è sempre soltanto se le cose importanti siano rimaste le stesse o se siano cambiate. Se le cose importanti sono cambillte (. .. ) allora attraverseranno i confini della cultura e affluiranno nella nostra vita economica e politica. E se hanno un peso sufficiente, romperanno in modo decisivo la continuità dell'esperienza di vita. 9
Il quadro che tracciamo è consapevolmente non equilibrato. Al centro sta il nuovo che si profila, più che il vecchio, il conosciuto. Inoltre lo sguardo si rivolge più verso i conflitti e le crisi, meno verso i successi e le riuscite. Tuttavia sono appunto le turbolenze che tormentano gli esseri umani e li incitano a porre domande. Come scrive Heinrich Mann: «Un'epoca assolutamente felice non avrebbe una letteratura».10 E di certo neanche una sociologia. Forse questo libro contiene due libri, due versioni della stessa «cosa» (per quanto sia in genere «oggettivo» ciò di cui il libro tratta). Non abbiamo spianato e neanche lisciato le diversità e i modi contrari di vedere quali si condensano in ciò che, dopo molte conversazioni ed esperienze comuni, ognuno ha scritto per conto suo nei vari capitoli. Ciò determina sovrapposizioni, circonlocuzioni, ripetizioni, che abbiamo messo in conto (senza voler sminuire o respingere la critica a questo), anche perché in questo modo gli aspetti provvisori, ipotetici, arrischiati, delle nostre esposizioni restano chiaramente riconoscibili e criticabili. Del resto: scrivere a due con una sola mano sul caos dell'amore, sarebbe stato come voler studiare la lingua degli eschimesi presentandosi in bermuda.
Possibftà rischiose
2I
Il pericolo è evidente. Ivan I_Hich ha descritto felicemente, in tutt'altre circostanze, ciò che anche noi ci aspettiamo dalle nostre lettrici e dai nostri lettori: « Possono rappresentarsi il nostro modo di procedere come sei escursioni alpine verso la stessa cima, o come sei cavalcate sul manico di scopa attorno allo stesso Brocken. Forse alcuni di loro penseranno addirittura di trovarsi a discendere in un Inferno, sempre di nuovo lo stesso buco, ma (ogni volta) (... ) su un'altra scala a chiocciola». 11
Il normale caos dell'amore
I.
Libertà o amore. Isolamento, convivenza e contrapposizione dei sessi all'interno e all'esterno della famiglia
r. Libertà, uguaglianza e amore
Si possono amare molte persone e molte cose: l'Andalusia, la propria nonna, Goethe, le calze a rete nere sulla pelle bianca, il pane imburrato col formaggio, l'ammicco invitante negli occhi di una tutta curve, i panini caldi di forno, il gioco delle nuvole e delle gambe, Erna, Eva, Paul, Heinz-Dietrich, contemporaneamente, in successione, senza misura, silenziosamente, con le mani, con i denti, con le parole, con gli sguardi, col darsi pensiero. Certo, l'amore tra i sessi (in qualunque forma) è di una tale violenza e turbolenza che, spesso, riduciamo l'insieme delle possibilità di amore alla vacillante e illusoria unità ideale di parola, mano e - per fermarci qui - bacio. La quotidiana guerra dei sessi, aperta o strisciante, durante, prima, dopo e accanto al matrimonio, è forse la più insistente misura della fame di amore con la quale gli esseri umani si gettano gli uni addosso agli altri: paradise now! è il motto della vita terrena, il paradiso e l'inferno della quale si trovano o da nessuna parte oppure sulla terra. Questa stessa richiesta risuona ancora nella rabbia dei delusi e nel1' angoscia che vuole la libertà, che forse aspira anche alla libertà condivisa, ma che pure sa, sperimenta sempre di più, che sommare libertà a libertà non significa amore, ma pericolo e distruzione dell'amore. Le persone si sposano per amore e divorziano per amore. Il rapporto di coppia viene praticato in maniera fungibile non per togliersi finalmente il peso dell'amore, ma perché la legge dell' ainore appagato lo richiede. La ricostruzione della torre di Babele, che viene innalzata con sentenze di divorzio, è un monumento all'eccessivo amore
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deluso. Spesso persino il cinismo riesce appena a nascondere di essere l'amareggiata forma tardiva dell'amore: i ponti levatoi dei desideri vengono alzati perché questa sembra l'unica e migliore difesa contro ferite altrimenti insopportabili. Molti parlano di amore e famiglia come si parlava, nei secoli passati, di Dio. L'anelito alla redenzione e alla tenerezza, le vuote discussioni al riguardo, le irreali realtà dei testi delle canzonette nelle segrete stanze del desiderio, tutto questo ha un'atmosfera di religiosità quotidiana, di speranza in un aldilà nell' aldiqua. 1 Il credo terreno degli uomini del presente, senza religione, apparentemente razionali, è il «tu», la ricerca dell'amore nell'altro. Spesso non per esplicita ammissione, siccome attraverso ciò ciascuno si consegna a qualcosa che contraddice i princìpi di una vita calcolata. Ma, nello stesso tempo, in maniera esclusiva, poiché solo attraverso la protetta e nascosta realtà di questo struggimento tutta l'affermazione di sé e il calcolare vengono illuminati di senso dall'accendersi di una passione. La speranza di una vita in due è l'ipertrofico residuo di comunità che la modernità ha lasciato agli individui isolati nella società privata di spessore e non più tradizionale. Qui, e forse ormai solo qui, vengono fatte e subite esperienze sociali, in una società le cui realtà, i cui pericoli e conflitti sono scivolati nell'astratto, si sottraggono più che mai alla percezione e al giudizio dei sensi. La residuale e nuova religione amorosa dell' aldiqua porta, con l'individualistico contrapporsi degli uni agli altri, a esasperate guerre di religione, solo che queste vengono disputate tra quattro mura o davanti ai giudici divorzisti e ai consulenti matrimoniali. La ricerca di amore è il fondamentalismo della modernità. A essa hanno ceduto quasi tutti, proprio anche perché e quando hanno assunto una posizione contraria a professioni di fede fondamentalistiche. L'amore è la religione dopo la religione, il fondamentalismo dopo il superamento del fondamentalismo.2 Esso si addice alla nostra epoca come l'Inquisizione a una centrale nucleare, come le margheritine di campo a un razzo lunare. Eppure le icone dell'amore crescono in noi come naturalmente dai nostri desideri più intimi. Il dio del privato è l'amore. Viviamo nell'età del testo di canzonetta che esiste nella realtà. Il romanticismo ha vinto, gli psicoterapeuti incassano. 3 Non c'è alcuna perdita del centro. In ogni caso, non nella forza
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di gravità del quotidiano. Altre cose incalzano, occupano la posizione in cui, secondo il piano di costruzione dei mondi passati, Dio, nazione, classe, politica dovevano dispiegare il loro dominio. «Io», ancora una volta «io», poi, come complemento di soddisfazione, «tu». E se non tu, allora tu. Perciò l'amore non è da confondere in nessun modo con l'appagamento. Questo è il suo lato in luce, il prurito della carne. L'erotismo stesso, che ci gioca e dipinge a parole stati d'animo in voluttuose promesse (nasconde, lascia tralucere e porta l'eccitazione ad accendersi nei punti in cui ciò che è consueto si incrina attraverso quanto usualmente è proibito), è un non-appagamento, non ha mai bisogno del1' appagamento. L'appagamento trasforma spesso la vista delle carni, che ci aveva appena mandato in estasi, in una massa bianca estranea alla quale mancano ora i vestiti, tolti in fretta e furia prima, come condizioni necessarie a renderla sopportabile. Con quanta facilità l'appagamento fa distogliere lo sguardo! Dove una concretissima urgenza ha appena allacciato due tabù ambulanti in un nodo che non conosce il mio e il tuo, ora lo sguardo scivola nell'indagine medica, diventa simile a quello dell'ispettore delle carni, forse persino a quello del macellaio, che vede già salsicce dove ancora corrono maiali. Chi però prende questa tempestosità delle cime per la pianura e per gli abissi dell'amore, è comunque fuori strada. L'amore è sicuramente godimento, confidenza, tenerezza - almeno come promessa-, ma non è di meno tutto il resto e il contrario: noia, rabbia, abitudine, tradimento, distruzione, solitudine, terrore, disperazione e riso. Amare innalza oltre misura l'amato o l'amata, trasforma lui o lei in sorgenti di possibilità, dove altri notano solo cuscinetti di grasso, peli di barba e una verbosa assenza di parole. L'amore davvero non conosce nessuna pietà, nessun giuramento, nessun contratto. Quello che viene detto, pensato e fatto, forma tanto poco una cosa sola, quanto poco lo sono il linguaggio della bocca, delle mani e delle altre parti del corpo. Davanti a quale tribunale potrebbe reclamare il suo diritto colei o colui che non è abbastanza amato o lo è falsamente? C'è giustizia, verità, o come altro si possono chiamare i pilastri del nostro mondo, in materia d'amore? La tolleranza dell'intollerabile, che l'amore promette, è spesso debolmente formata, logorata attraverso l'abitudine, che sa soltanto troppo
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bene di che cosa deve tacere. Gli amanti sono dei tabù che si possono violare intimamente, poiché non sono tabù l'uno per l'altro. Proprio qui stanno le origini della vendetta che le persone possono esercitare le une contro le altre, nei matrimoni e nei matrimoni dopo i matrimoni. Le generazioni precedenti pensavano e speravano di dovere prima ottenere la libertà e l'uguaglianza tra uomo e donna, poi l'amore avrebbe dispiegato il suo splendore, la sua malinconia e il suo pia- · cere. Poiché amore e disuguaglianza si escludono come il fuoco e l'acqua. Noi, che per la prima volta abbiamo tra le mani un lembo di uguaglianza e libertà, ci troviamo di fronte alla domanda opposta: come possono trovare e conservare la comunione dell'amore due persone che sono o vogliono diventare uguali e libere? In mezzo alle rovine di forme di vita divenute false la libertà significa: partenza, riprogettazione, cantare fuori dal coro e non andare al passo con gli altri. Forse due parallele si incontrano all'infinito. Forse anche no. Non lo verificheremo mai.
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Sulla condizione degli uomini e delle donne
Ci sono voluti duecento anni agli uomini anche solo per rendersi conto del tremendo messaggio all men are equal nelle sue conseguenze. In poco più di un secondo storico, cioè due decenni, comincia per loro a spuntare una catastrofe non ancora completamente calcolabile: and the women are equal tao! Se si trattasse solo di amore e matrimonio ... Chi invece fissa i rapporti tra i sessi solo a ciò che sembrano essere, e cioè ai temi della sessualità, dell'affetto, del matrimonio, dell'essere genitori, e così via, non riconosce che essi sono questo e contemporaneamente anche tutt'altro: lavoro, professione, disuguaglianza, politica, economia. È questa non ben soppesata compenetrazione di tutto, degli elementi più in contrasto fra loro, che rende tutti i problemi così complicati. Chi parla della famiglia deve anche parlare di lavoro e denaro, chi parla di matrimonio deve anche parlare di formazione, professione e mobilità, e in particolare di disuguali distribuzioni rispetto a condizioni di formazione (largamente) paritarie. Ora, questa onnidimensionalità della disuguaglianza fra uomo e
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donna ha effettivamente cominciato a muoversi nei passati due decenni della Repubblica federale tedesca? Le date parlano un linguaggio duplice. Da una parte si sono compiuti mutamenti epocali, in particolare nell'ambito della sessualità, del diritto e dell'istruzione. Nel complesso questi mutamenti (prescindendo ora dalla sessualità) sono soprattutto nella coscienza e sulla carta. A essi si contrappone una costanza nel comportamento e delle condizioni di uomini e donne (in particolare sul mercato del lavoro, ma anche nella sicurezza sociale). Questo ha l'effetto, apparentemente paradossale, che l'aumento di uguaglianza porta ancora più chiaramente alla coscienza le disuguaglianze che persistono e si acutizzano. Questa mescolanza di nuova coscienza e di vecchie situazioni, determinatasi storicamente, è esplosiva in un duplice senso: le giovani donne hanno sviluppato - in linea con l'istruzione e con la presa di coscienza della loro condizione - aspettative di una maggiore uguaglianza e condivisione di responsabilità nel lavoro e nella famiglia, che incontrano tendenze contrarie sul mercato del lavoro e nel comportamento degli uomini. Gli uomini, di contro, hanno praticato una retorica dell'uguaglianza, senza però far seguire i fatti alle parole. Da entrambe le parti il ghiaccio dell'illusione è diventato sottile: se confrontate con le premesse, nell'istruzione e nel diritto, le condizioni di uomini e donne diventano, nello stesso tempo, più disuguali, più dotate di coscienza e meno di legittimazione. Le contraddizioni tra aspettativa femminile di uguaglianza e realtà di disuguaglianza, tra dichiarazioni maschili di comunanza e mantenimento dell'ascrizione di vecchi ruoli, si inaspriscono e determinano lo sviluppo futuro, nella molteplicità del tutto conflittuale del tipo di rapporti che comporta, tanto nel privato quanto nel politico. Siamo, dunque - con tutti i contrasti, le possibilità e le contraddizioni - solo all'inizio della emancipazione dall'ascrizione «feudale» del sesso. La coscienza delle donne è più avanti delle relazioni effettive e sembra inverosimile che le sue lancette possano essere riportate indietro. Molti elementi annunciano la prognosi di un lungo conflitto: l'opposizione tra i sessi determinerà gli anni a venire. Questa tesi deve essere innanzi tutto illustrata empiricamente sulla base di dati riguardanti la «onnidimensionalità» delle condizioni di vita di uomini e donne; deve poi essere esplicitata e rielaborata teoricamente.
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Matrimonio e sessualità In tutti i paesi industrializzati dell'Occidente, si segnala un numero crescente di divorzi. Sebbene la Repubblica federale tedesca - in confronto agli Stati Uniti, per esempio divorzi ancora con moderazione, anche qui quasi un matrimonio su tre finisce con un divorzio (nelle grandi città già quasi uno su due, nelle cittadine e nelle zone di campagna circa uno su quattro). Mentre, considerando la media statistica, le cifre dei divorzi sono leggermente in regresso dal 1985, 4 i divorzi in matrimoni di lunga data sono notevolmente aumentati. 5 Fino al 1984 si poteva contrapporre al bilancio dei divorzi un bilancio positivo di persone che si risposavano. Da allora, sempre meno divorziati si decidono a un nuovo matrimonio e questo si inserisce nella tendenza generale alla stagnazione nel numero dei matrimoni. 6 Di contro, sale la quota di divorzi per coppie risposate e altrettanto fa la quota di divorzi per coppie con figli. In maniera corrispondente cresce anche la giungla delle relazioni parentali: i miei, i tuoi, i nostri figli, con le differenti regolamentazioni, sensibilità e zone di conflitto per tutti gli interessati a ciò collegate di volta in volta. I dati statistici ufficiali dei divorzi e dei matrimoni vengono anche superati dalla realtà del numero dei «matrimoni di fatto» cresciuto tutto d'un colpo. Le stime del 1989 dicono che, nella Repubblica federale tedesca, tra 2,5 e 3 milioni di persone convivono senza essere sposate. 7 La stessa tendenza mostra l'aumento dei bambini nati fuori del matrimonio, la cui quota nel 1967 era intorno al 4,6 per cento, e nel 1988, al contrario, è già salita al IO per cento (in Svezia addirittura al 46 per cento). 8 I divorzi nei matrimoni di fatto non vengono però mai presi in considerazione da alcuna statistica. Inoltre, non solo si è moltiplicata, nel decennio passato, la percentuale di questa forma di convivenza, ma è anche sorprendente l'ovvietà con la quale viene generalmente accettato questo « matrimonio selvaggio», contrastato e combattuto fino agli anni sessanta. Questa semistituzionalizzazione di forme di convivenza extralegali ed extrafamiliari segnala, forse più del fenomeno stesso, il ritmo del cambiamento. Ancora negli anni sessanta, famiglia, matrimonio e lavoro possedevano un carattere ampiamente vincolante, in quanto fascio che univa biografie, progetti e condizioni di vita. Da allora, si sono dischiuse possibilità e obblighi di scelta, da tutti i punti di vista. Non è più chiaro se ci si sposa e non si vive insieme, se si concepisce o si cresce
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un figlio all'interno o all'esterno della famiglia, con la persona con cui si vive o con la persona che si ama, ma che però vive con un'altra persona, prima o dopo la carriera o nel corso di questa. Tutti gli accordi e le pianificazioni di questo genere sono disdicibili in linea di principio e, perciò, indipendenti da legittimazione riguardo agli oneri, maggiori o minori, che in essi sono contenuti. Il che si spiega come disaccoppiamento e differenziazione di elementi di vita e di comportamento che erano prima riassunti nella famiglia e nel matrimonio. In seguito diventerà sempre più difficile riferire l'uno all'altro concetto e realtà. L'unitarietà e costanza dei concetti - famiglia, matrimonio, genitori, madre, padre ecc. - nasconde e mette la sordina alla crescente molteplicità di condizioni e situazioni che si celano dietro di loro (per esempio, padri divorziati, padri di figli unici, padri «genitori unici», padri non sposati, padri stranieri, patrigni, padri disoccupati, casalinghi, padri in comunità di abitazione, padri da fine settimana, padri con una moglie che lavora ecc.). 9 La direzione dello sviluppo viene messa in evidenza dalla composizione dei nuclei familiari: sempre più persone vivono sole. La percentuale dei nuclei composti da una persona sola ha oltrepassato, nella Repubblica federale, un terzo (35 per cento). Nei centri urbani come Francoforte, Amburgo e Monaco, la percentuale è sul 50 per cento, con tendenza alla crescita. Nell'anno 1900, circa nel 44 per cento di tutti i nuclei familiari vivevano cinque o più persone. Nel 1986 la corrispondente percentuale era solo intorno a un 6 per cento scarso. Al contrario la convivenza in nuclei familiari di due persone è aumentata dal 15 per cento del 1900 al 30 per cento del 1986. Alla fine degli anni ottanta, nella Repubblica federale, circa 9 milioni di persone (intorno al 15 per cento della popolazione) vivevano sole e la tendenza era in crescita. Tuttavia si tratta solo per la metà d'individui che corrispondono allo stereotipo del single, ovvero di giovani non sposati che hanno un lavoro, per il resto invece di persone più anziane rimaste vedove, soprattutto donne. 10 Queste tendenze di sviluppo non devono però essere direttamente interpretate nel senso di crescente anarchia e flusso di legami nei rapporti tra uomini e donne. C'è anche la tendenza contraria. Le cifre dei divorzi, salite a un terzo, si contrappongono sempre agli ancora due terzi dei matrimoni e delle famiglie «normali» (qualunque cosa si nasconda dietro queste). Certo si sono compiuti nel giro di una gene-
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razione, in particolare per le ragazze, notevoli cambiamenti nel comportamento sessuale. Così prima era permesso solo ai giovani uomini di fare esperienze sessuali, e anche questo in maniera ufficiosa e ammiccante. Oggi più della metà delle ragazze (61 per cento) sono aperte all'esigenza che per le donne sia importante fare esperienze sessuali. Sempre una su due trova piuttosto eccitante avere due fidanzati contemporaneamente.11 Questo non deve però creare l'illusione che anche il comportamento sessuale disinibito sia diventato saldamente la norma. I giovani, nella maggioranza - anche quando mettono in dubbio per se stessi il modello del matrimonio e della famiglia - non aspirano a una vita priva di legami. Anche oggi l'ideale di un rapporto di coppia stabile sta in primo piano, «la pratica della fedeltà appare spesso spontaneamente, soltanto, per l'appunto, senza le legittimazioni e le costrizioni ufficiali del diritto statuale e della morale religiosa».12 Lo sviluppo è cioè ambivalente. Alla domanda, discussa e ridiscussa, se matrimonio e famiglia appartengano a un'epoca che si conclude, si può rispondere con un chiaro nì.
Istruzione, mercato del lavoro e impiego La parità giuridica della donna è assicurata nella Costituzione della Repubblica federale tedesca. Disparità essenziali nella condizione giuridica furono però smantellate per la prima volta solo nel 1977 con il nuovo diritto di famiglia e del matrimonio. Sulla carta non vale più alcuna norma che tratti differentemente l'uomo e la donna. Alle donne viene accordata la possibilità di conservare il loro nome di nascita. L'attribuzione alle donne del lavoro domestico e della famiglia, fino ad allora fissata per legge, fu abolita e la conduzione del bilancio familiare lasciata alla decisione dei coniugi. Così entrambi sono autorizzati ad avere un impiego. La cura dei figli è sia del padre sia della madre, i quali «devono cercare di accordarsi - così recita il testo della legge - in caso di divergenze».13 Accanto a questa ampia uguaglianza giuridica, l'evento più appariscente nello sviluppo della Repubblica federale è la addirittura rivoluzionaria equiparazione delle possibilità d'istruzione tra uomo e donna: ancora all'inizio degli anni sessanta lo svantaggio delle ragazze nell'istruzione era evidente (in maniera sorprendente, ancora maggiore negli strati sociali più elevati che in tutti gli altri). Nel 1987 le ragazze hanno quasi uguagliato i ragazzi, nella conclusione della scuola media li hanno addirittura superati: 53 ,6 per cento. 14 Ci sono anche sviluppi in dire-
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zione contraria. Infatti, se facciamo un confronto tra le conclusioni dei percorsi formativi vediamo ancora un forte dislivell6/ nella formazione professionale (all'inizio degli anni ottanta, il 40 per cento delle donne che percepivano un reddito non possedeva alcun diploma di formazione professionale, contro soltanto il 2 1 per cento degli uomini). Anche la disposizione a proseguire gli studi da parte delle maturande è calata, negli ultimi dieci anni, dall'8o per cento al 63 per cento (tra i maturandi si passa dal 90 per cento al 73 per cento). 15 Tanto prima che dopo, le studentesse sono inoltre concentrate in alcuni indirizzi universitari (quasi il 70 per cento scelgono facoltà umanistiche, linguistiche e pedagogiche) e le donne si qualificano nei lavori d'insegnamento soprattutto per le scuole «inferiori». 16 Tuttavia non sembra esagerato, rispetto alla situazione iniziale, parlare di unafemminilizzazione dell'istruzione negli anni settanta. Però a questa rivoluzione nell'istruzione non è seguita alcuna rivoluzione sul mercato del lavoro e nel sistema d'impiego. Al contrario le porte, che erano state aperte nell'istruzione, «vengono richiuse (... ) sul mercato dell'occupazione e del lavoro ».17 Alla piccola crescita delle donne nei lavori maschili si contrappone il loro massiccio allontanamento in tutti gli altri campi. L'integrazione della donna nel lavoro, richiesta (e favorita) negli anni settanta segue immancabilmente la «regolarità sessista» della gerarchia rovesciata: quanto più un ambito è (definito) centrale per la società, quanto più potente è un gruppo, tanto meno le donne vi sono rappresentate; e viceversa, quanto più è periferica una sfera di competenze, quanto meno influente è un gruppo, tanto più è verosimile che le donne si siano conquistate possibilità d'impiego in questo campo. Proprio questo mostrano i dati corrispondenti in tutti gli ambiti: politica, economia, università, mass media ecc. Nelle posizioni di punta della politica le donne sono, adesso come in precedenza, una eccezione. Da una parte, la rappresentanza di donne negli organi decisionali della politica è continuamente migliorata dal 1970; dall'altra parte, la loro percentuale cala, quanto più si avvicinano gli effettivi centri decisionali. La regolazione delle quote nella SPD allude proprio a questo stato di fatto, anche se non si può ancora giudicare in che misura sia in grado di cambiarlo. Finora vale questo: negli organi di partito le donne hanno più chiaramente accesso (dal 14 per cento nel 1970 al 20,5 per cento di media nel 1982). Nelle
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assemblee elettive di ogni livello, la percentuale delle donne aumenta; sul piano comunale è la più alta (la percentuale di donne nei parlamenti dei Liinder della Repubblica federale oscilla tra il 6 per cento e il r 5 per cento; nei consigli dei comuni e delle città le donne sono rappresentate tra il 9,2 e il 16,r per cento). Nell'economia le donne in posizioni con potere decisionale sono molto poche in percentuale, con solo il 2, 7 per cento, mentre la loro rappresentanza in ambiti meno influenti dell'industria (ad esempio gli uffici del personale) è maggiore. Il quadro nella giustizia è simile, ma a un livello più alto. La percentuale di donne è qui più elevata (per esempio nel 1979 c'era il ro per cento di pubblici ministeri donna, nel 1987 il r6 per cento). 18 Ma nelle corti federali supreme, «cioè là dove vengono prese le decisioni fondamentali della nostra giurisprudenza, le donne non hanno (quasi) nulla da cercare ». 19 Nell'università le donne al vertice della piramide delle posizioni - nei posti di professore della categoria retributiva C4 - sono ancora eccezioni (nel 1986, su un totale di 9956, solo 230 erano occupati da donne), mentre scendendo verso il basso la loro percentuale subisce un continuo incremento (già notevolmente più alta tra i professori di fascia C3, diventa una moltitudine nei posti precari intermedi e di collaborazione scientifica, soprattutto nelle facoltà «marginali»). 20 Anche nei mass media la stessa scena: quanto più in alto si sale, tanto più raramente le donne hanno la parola. Se le donne sono impiegate nella televisione lo sono soprattutto nella « parte di mezzo dell'edificio», o nei settori di «varia», ma molto meno nei settori «importanti» che trattano di politica ed economia e quasi mai nel consiglio di redazione. 21 L'impiego lavorativo qualificato delle giovani donne non ne rimane toccato. Le giovani donne sono ben preparate e spesso hanno fatto un chiaro passo in avanti nei confronti delle loro madri (spesso anche, almeno in parte, nei confronti dei loro padri!) Tuttavia anche qui l'apparenza inganna. In molti ambiti della vita professionale le donne hanno conquistato «navi che affondano». Le tipiche professioni femminili sono quelle per le quali il futuro è più incerto: segretarie, commesse, insegnanti, operaie specializzate. Proprio lì dove si concentra il lavoro femminile sussiste una pronunciata tendenza alla razionalizzazione o esistono - per dirla nel miglior gergo sociologico - «considerevoli riserve di razionalizzazione». Questo vale anche soprattutto per il lavoro industriale. La maggioranza dei posti di lavoro «femminili»,
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nell'industria elettronica, nell'industria alimentare e dei beni voluttuari, nell'industria tessile e dell'abbigliamento, è caratterizzata in parte da blocchi eliminabili della meccaniz~azione, ma anche da limiti nella meccanizzazione o da lavori residui in sistemi di produzione altamente meccanizzati o, meglio, in parte automatizzati, che verosimilmente con le future ondate di razionalizzazione informatica verranno eliminati. Questa espulsione delle donne dai rapporti lavorativi si rispecchia già nella crescita della disoccupazione. La percentuale delle donne dichiaratamente disoccupate si è tenuta, negli ultimi anni, sempre al di sopra di quella degli uomini, con tendenza a crescere. Nel 1950 il tasso di disoccupazione delle donne ammontava al 5, 1 per cento (quella degli uomini al 2,6 per cento); nel 1989 è salito al 9,6 per cento (per gli uomini al 6,9 per cento). Dei due milioni di disoccupati nella Repubblica federale - intorno a un terzo della minore fascia di reddito - dal 1983 al 1988 più della metà sono donne. 22 La disoccupazione tra i laureati è salita dal 1980 al 1988 intorno al 14 per cento tra gli uomini e al 39 per cento tra le donne. Non sono comprese le donne che, più o meno volontariamente, si escludono dal lavoro retribuito per diventare casalinghe. Così si è moltiplicato negli ultimi dieci anni il numero delle persone che, in conseguenza della disoccupazione, si ritirano in una «non retribuzione alternativa», soprattutto lavoro domestico (6000 nel 1970, ma nel 1984 già 121 ooo). In altre parole, tutto cresce: la partecipazione al reddito e la mancanza di reddito, palese od occulta, delle donne. Questo quadro della discriminazione femminile nel lavoro viene completato da un peggior reddito medio. Le lavoratrici nell'industria guadagnavano nel 1987, con 13,69 marchi all'ora, il 73 per cento della paga oraria degli uomini. 2' Un confronto a partire dal 1960 mostra che la differenza del guadagno lordo all'ora tra uomini e donne, considerata in maniera relativa, è diminuita. Però, a parità di formazione ed età, gli uomini guadagnano nel complesso più delle donne. Mentre, per esempio, tra gli impiegati, nel 1985 le donne sono arrivate in media ·solo al 64 per cento del guadagno lordo mensile degli uomini, nei gruppi d'incremento della produttività le donne raggiungono, nella media totale, solo il 73 per cento del guadagno dei loro colleghi maschi. 24 Questo andamento del mercato del lavoro sta in chiara contraddizione con le aspettative che le generazioni emergenti di donne hanno maturato ed esprimono. Uno dei risultati essenziali dello studio Miid-
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chen '82 pubblicato da G. Seidenspinner e A. Burger è «il fatto che per le ragazze tra i r 5 e i r 9 anni la realizzazione delle aspirazioni professionali sta al primo posto», ed è anche messa al di sopra del matrimonio e della maternità. 25 Questa alta motivazione professionale e formativa delle giovani donne si scontra con le tendenze di sviluppo contrarie del mercato del lavoro e rimane da vedere come questo choc di fronte alla realtà verrà rielaborato a breve e lungo termine, sul piano privato e politico. L'emancipazione dall'ascrizione «feudale» ai ruoli sessuali non riguarda mai solo una parte, la donna. Essa può aver successo solo nella misura in cui anche gli uomini cambiano la loro consapevolezza di sé e il loro comportamento. Questo diventa chiaro non solo nei nuovi ostacoli emersi nel sistema occupazionale, ma anche lungo gli altri assi del tradizionale «lavoro femminile»: lavoro quotidiano, lavoro per i figli e per la famiglia. L'emancipazione della donna e il lavoro domestico nella prospettiva degli uomini Il rappresentativo studio empirico Der Mann, pubblicato nell'autunno del 1985 da Sigrid Metz-Gockel e Ursula Miiller, delinea un quadro ambivalente ma del tutto chiaro nella sua ambivalenza. La visione maschile armoniosa dell'ordinamento dei sessi, della quale Helge Pross ha riferito ancora alla fine degli anni settanta, e cioè «l'uomo è più forte, vuole il lavoro e vuole essere il sostegno della famiglia; la donna è più debole, vuole il suo attuale ruolo nella famiglia e solo di tanto in tanto un lavoro, anche senza pretese, e vuole poter ammirare il marito»; 26 questa visione ha fatto posto a un'apertura verbale che si affianca a una persistente rigidità nel comportamento. «Gli uomini sono divisi nelle loro reazioni. Ciò che essi comprendono con la testa non lo mettono in pratica. Dietro le parole di comunanza nascondono una disuguaglianza di fatto». 27 In particolare nelle vecchie competenze per la cura della casa e dei bambini poco o nulla è cambiato. «I padri non cucinano, non lavano, non puliscono. Non prendono quasi per nulla parte ai lavori domestici. Si accontentano di dare un contributo finanziario alla gestione domestica e all'educazione dei figli ». 28 Di conseguenza, «l'accettazione generale del ruolo di uomo di casa vale solo per gli altri uomini». 29 Con una certa furbizia si persevera, accanto alla vivacità verbale, nelle vecchie ascrizioni. Difendere la propria «libertà dal lavoro domestico»
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e accettare la parità di diritti della donna non è una contraddizione
per gli uomini. Essi hanno approntato nuove argomentazioni: dieci anni fa la maggioranza degli uomini spiegava ancora la discriminazione delle donne nella vita professionale con la carente qualificazione. Siccome questi argomenti non possono più essere sostenuti in conseguenza della diffusione dell'istruzione, oggi vengono costruiti altri argini di protezione: il ruolo della madre. Il 61 per cento degli uomini vede nel carico familiare della donna l'impedimento decisivo alla carriera professionale (. .. ) . Interrogati su come dovrebbe una famiglia con figli (sotto i dieci anni) suddividersi al meglio il lavoro professionale, la cura della casa e l'educazione dei figli, la grande maggioranza degli uomini tedeschi sostiene questo modello: la moglie resta a casa, il marito è professionalmente attivo (So per cento) (. .. ). Tutto questo non rappresenta, nella percezione degli uomini, alcuna effettiva discriminazione della donna, ma una legge delle cose( ... ). Trasformare il problema delle donne nel problema dei figli è il più stabile bastione contro la parità della donna. 30
L'ironia della storia vuole che, contemporaneamente, un minore ma crescente numero di uomini, padri che educano da soli i figli e accudiscono la casa, mini sotterraneamente questa posizione retrograda. Le autrici descrivono con ambigua ironia la contraddittorietà della nuova immagine maschile della donna. Il« focolare domestico» è finito. Gli uomini attribuiscono un alto valore all' autonomia decisionale delle donne. Si desidera la donna indipendente, che sa quello che vuole. Questa nuova donna indipendente è una che regola le sue faccende (e quelle degli altri membri della famiglia) in maniera autonoma e responsabile, e con questo contribuisce a sgravarne il marito(. .. ). Gli uomini colgono molti lati positivi di questo modo di giocare l'emancipazione. I problemi con l'emancipazione li hanno semmai quando l' «indipendenza» della donna minaccia di volgersi anche contro di loro, quando vengono loro sottoposte delle richieste, quando vengono affermati interessi contro di loro. 31
Le prime ricerche sull'infima minoranza di uomini che hanno attuato lo scambio dei ruoli e sono diventati nuovi padri e uomini di casa completano il quadro. 32 Secondo le loro affermazioni questa è una decisione volontaria solo in modo condizionato. Essi hanno assecondato il «desiderio o le richieste delle partners di poter continuare ad avere un lavoro. In singoli casi questa era direttamente la condizione per la gravidanza». 33 La vecchia ideologia maschile dei liberi spazi del lavoro casalingo non viene più condivisa, significativamente, dagli uomini che hanno fatto seguire a queste parole i fatti. «L'espe-
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rienza principale degli uomini di casa è l'isolamento e la mancata realizzazione attraverso la cura della casa avvertita come monotona routine ».34 Gli uomini di casa soffrono della sindrome delle donne di casa: insicurezza del lavoro, mancanza di riconoscimento e di autoconsapevolezza. Uno di loro dice: (. .. )il peggio è fare le pulizie; è la cosa più spiacevole; sì, è veramente schifoso(. .. ). Se lo si fa ogni giorno, si impara veramente per prima cosa che se, diciamo, da qualche parte si è pulito il venerdì, allo stesso posto lo stesso giorno della settimana seguente c'è la stessa sporcizia. E questo è veramente quasi avvilente, se non, come minimo, snervante in questa occupazione (. .. ). Si potrebbe quasi dire che questa sia una lotta contro i mulini a vento. 35
Di fronte a questa esperienza gli uomini, che hanno consapevolmente scambiato con il lavoro domestico «l'alienante impiego professionale», rivedono la loro immagine della professione, riconoscono il significato del lavoro retribuito per l' autoconferma e la conferma da parte degli altri e aspirano almeno a una occupazione part time. 36 Questo tipo di scambio dei ruoli è finora così poco accettato socialmente che ne consegue che gli uomini vengono lodati dal loro ambiente, mentre le ombre cadono sulla moglie. Si trova esposta al rimprovero di essere una «cattiva madre». 37 Riassumiamo: dietro la facciata dell'ideale di convivenza, alimentato da entrambe le parti, si accumulano le contraddizioni. A seconda di dove si osserva, si possono riconoscere progressi e sconfitte. Innanzi tutto riguardo alle donne. Senza dubbio si sono aperti nuovi spazi liberi nella vita delle giovani donne, in confronto alla generazione delle loro madri; nell'ambito del diritto, dell'istruzione e della sessualità, ma anche nellà posizione professionale. 38 Uno sguardo sullo sviluppo attuale e su quello che si delinea nel futuro mostra però anche che questi spazi liberi sono assolutamente insicuri socialmente. Le tendenze di sviluppo occupazionale e la chiusura feudale del mondo maschile nella politica, nell'economia ecc., avvalorano la supposizione che tutte le contrapposizioni cui si è finora assistito fossero ancora armonia, e che la fase del conflitto debba ancora venire. Situazione iniziale e prospettive sono legate a ciò attraverso molteplici ambivalenze. Dal confronto generazionale le donne in genere non escono male (migliore istruzione perciò, in linea di principio, anche migliori possibilità lavorative). Nel contempo, i loro rispettivi mariti, che hanno una formazione simile, le hanno superate professionalmente
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e su di loro pende immutata la condanna al «lavoro domestico a vita». All'interesse delle donne a una sicurezza economica autonoma e a inserirsi in un'attività professionale che favorisca la loro individualità, si contrappone oggi come ieri l'interesse per il rapporto di coppia e per la maternità, anche e specialmente per quelle donne che sanno cosa significhi questo per le loro possibilità d'impiego e per la propria indipendenza economica dal marito. L'oscillazione tra «una propria vita» e «l'esistere per gli altri» con consapevolezza nuova mostra l'indecisione del processo d'individualizzazione femminile. Tuttavia lo spirito d'uguaglianza non si lascerà più richiudere nella bottiglia. È stata, dal punto di vista maschile, una strategia assolutamente miope e ingenua, quella di rendere acuto lo sguardo delle donne con l'istruzione e di supporre che non avrebbero capito guardando attraverso la trasparente «giustificazione» maschile dell'ordinamento gerarchico dei sessi nella famiglia, nel lavoro e nella politica e che la avrebbero accettata sempre in futuro. Anche dal lato degli uomini qualcosa si è messo in moto negli ultimi dieci anni. Il vecchio cliché dell' «uomo duro» non funziona più. Anche gli uomini vogliono, nella maggioranza, mostrare i loro sentimenti e le loro debolezze. 39 Essi iniziano a sviluppare un nuovo rapporto con la sessualità, «che non appare più come una pulsione isolata, ma come una ovvia componente della loro personalità. Alla partner vengono rivolte attenzioni ». 40 Gi uomini, tuttavia, si trovano in un'altra situazione. La parola parità ha per loro un altro senso. Non significa, come per le donne, più istruzione, migliori opportunità d'impiego, meno lavoro domestico, ma inversamente: più concorrenza, rinuncia alla carriera, più lavoro domestico. C'è ancora nella maggior parte degli uomini l'illusione che la torta possa essere mangiata due volte. Essi considerano la parità tra donna e uomo come senz'altro conciliabile col mantenimento della vecchia divisione del lavoro (in particolare nel proprio caso). Secondo la ben nota massima « Dove l'ugua. glianza minaccia lì ci vuole la natura», essi si illudono sulle contraddizioni tra le loro parole e azioni dando motivazioni biologiche alle ineguaglianze dominanti. Per via della capacità riproduttiva della donna si decide che siano di sua pertinenza il figlio, il lavoro domestico, la famiglia e da ciò la rinuncia al lavoro e la subordinazione nel lavoro. Con questo, i conflitti che scoppiano colpiscono proprio gli uomini in maniera sensibile. Secondo il tradizionale stereotipo maschile della
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divisione di ruoli tra i sessi il «successo» dell'uomo è legato essenzialmente al successo economico e professionale. Solo un guadagno sicuro gli permette di raggiungere l'ideale maschile del « buon sostegno» e del «marito e padre di famiglia premuroso». In questo senso anche il durevole appagamento delle esigenze sessuali è legato a un successo misurabile economicamente. In senso contrario, questo significa che, per raggiungere queste mete e per soddisfare queste aspettative, l'uomo deve dare il «suo meglio» nel lavoro, deve interiorizzare doveri di carriera, dare tutto se stesso, addirittura abusare di se stesso. Questa struttura della «capacità lavorativa dell'uomo» è da una parte la premessa perché le strategie disciplinari d'impresa, cioè lodare e punire, facciano presa. Chi deve nutrire una moglie e due figli fa ciò che gli si dice. D'altra parte, il compito del dispendio della forza-lavoro maschile resta quello di ottenere una «casa armoniosa», per la quale c'è la moglie. Impersonare il ruolo dell'uomo che vive solo per il proprio lavoro rende poi gli uomini particolarmente instabili dal punto di vista emotivo. Essi si vincolano a una divisione del lavoro nella quale hanno delegato alla moglie parti essenziali del loro io e delle loro capacità di avere rapporti con se stessi. Parallelamente cresce la coazione all'armonia in tutte le faccende del rapporto tra i sessi. Gli uomini sviluppano una notevole capacità di non prendere in considerazione i conflitti che si formano. Nella stessa misura diventano vulnerabili attraverso un rifiuto misurato o definitivo dello scambio emotivo contenuto nella loro comprensione del rapporto di coppia. Se la relazione con la moglie non è quindi armoniosa, ma conflittuale, questo li colpisce doppiamente: al rifiuto si aggiungono mancanza d'aiuto e incomprensione.
Tesi Tuttavia le argomentazioni e i conflitti tra uomini e donne non sono solo quello che sembrano essere, cioè argomentazioni e conflitti tra uomini e donne. In essi si frantuma anche una struttura sociale nella dimensione del privato. Ciò che appare come un conflitto di relazione ha un lato generale legato alla teoria della società, che qui andrà sviluppato in tre tesi. 1) I ruoli sessuali prefissati sono un fondamento della società industriale e non un relitto della tradizione, al quale sarebbe facile rinunciare. Senza la divisione di ruoli tra donne e uomini, non c'è alcuna famiglia ristretta tradizionale. Senza la famiglia ristretta non c'è alcuna
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società industriale nella sua divisione schematica di lavoro e di vita. L'immagine della società industriale borghese si basa su una incompleta, o più precisamente dimezzata, messa sul mercato della umana capacità di lavoro. La totale industrializzazione e diffusione del mercato e le famiglie nelle tradizionali forme e competenze si escludono a vicenda. Da una parte, il lavoro retribuito presuppone il lavoro domestico e la produzione di mercato presuppone le forme e competenze della famiglia ristretta. La società industriale è, in questo senso, orientata verso la disparità di condizioni tra uomini e donne. Dall'altra parte, una tale disparità è in contraddizione con i princìpi della modernità e, nel corso del processo di modernizzazione, diventa problematica e carica di conflitti. Nel quadro della parità di fatto tra uomini e donne, vengono però anche posti in questione i fondamenti della famiglia (matrimonio, sessualità, procreazione ecc.). Ciò significa che nella fase di modernizzazione dopo la seconda guerra mondiale si danno insieme l'affermazione e l'eliminazione della società industriale di mercato. L'universalismo del mercato non conosce le proprie zone tabù, che esso stesso ha istituito, e indebolisce il legame delle donne con la loro «destinazione tradizionale» al lavoro domestico e alla dipendenza economica dal marito, anch'essa risultante dalla società industriale. Con ciò le conciliazioni biografiche di lavoro e vita, come pure le norme nella famiglia, diventano fragili, le falle nella sicurezza sociale della donna diventano visibili ecc. Nei conflitti che scoppiano oggi tra uomini e donne, perciò, devono venir rese palesi le contraddizioni che incidono sulla sfera personale di una società industriale che nella modernizzazione e nell'individualizzazione onnipervasiva distrugge i fondamenti della sua vita comune, nel contempo moderni e tradizionali. 2) La dinamica d'individualizzazione, che ha svincolato gli esseri umani dalle culture di classe, non si ferma neppure davanti alle porte della famiglia. Le persone vengono sciolte dai vincoli del genere, dai suoi attributi e dalle sue prescrizioni tradizionali, o addirittura scosse fin dal più profondo dell'anima, con una violenza che essi stessi non capiscono e la cui più intima incarnazione, in tutta l'estraneità con la quale li investe, sono sempre essi stessi. La legge che si impone su di loro recita così: io sono io, e poi: io sono donna. Io sono io e poi: io sono uomo. Tra io e presunta donna, io e presunto uomo, si aprono dei mondi. Qui il processo d'individualizzazione significa e provoca cose contrastanti. Da una parte, gli uomini e le donne vengono emancipati
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dalle tradizionali forme a ascrizioni di ruoli nella ricerca di una « propria vita». Dall'altra gli individui, con una vita a due all'interno di relazioni sociali private di spessore e densità, vengono sospinti alla ricerca della felicità di coppia. Il bisogno di una vita interiore condivisa, come viene espresso oggi nell'ideale di matrimonio quale comunione di sentimento, non è un bisogno primario. Esso cresce con le perdite che l'individualizzazione porta come rovescio della medaglia delle sue possibilità. Di conseguenza, la via diretta di uscita dal matrimonio e dalla famiglia porta, prima o poi, di nuovo a loro, e viceversa. Al di là della frustrazione o soddisfazione tra i sessi c'è ancora frustrazione o soddisfazione tra i sessi, la loro contrapposizione, il loro inseguirsi, il loro sottomettersi, il loro star vicini, il loro star separati, il loro vivere l'uno per l'altro o tutto questo insieme. 3) In tutte le forme di convivenza tra donne e uomini (prima, durante, accanto e dopo il matrimonio) scoppiano i conflitti del secolo. Essi mostrano lì sempre il loro volto privato e personale. Però la famiglia è soltanto il luogo, non la causa di ciò che accade. Si possono cambiare i palcoscenici. Il dramma che viene rappresentato rimane lo stesso. L'intreccio dei sessi, nella sua stratificazione di lavoro, genitorialità, amore, professione, politica, sviluppo e autorealizzazione in e contro l'altro ha cominciato a vacillare. Nei rapporti coniugali (ed extraconiugali) la presa di coscienza dei conflitti si innesca con le possibilità di scelta che si dischiudono (ad esempio, le mobilità professionali dei partners divergenti tra loro, la divisione del lavoro domestico e della cura dei figli, il metodo di contraccezione, la sessualità). Con le decisioni si prende coscienza di rischi e conseguenze diversi e contrastanti per uomini e donne, e attraverso questo delle loro condizioni in conflitto. Così, ad esempio, stabilendo chi si occupa dei bambini si decide della carriera lavorativa dei partners e anche della loro presente e futura dipendenza e indipendenza economica, ancora una volta con tutte le conseguenze diverse per uomini e donne a ciò collegate. Queste possibilità di decisione hanno un lato personale e uno istituzionale. Ciò significa che la mancanza di soluzioni istituzionali (ad esempio, mancanza di asili e di orari lavorativi flessibili, insufficienti garanzie sociali) rafforza i conflitti di relazione privati e viceversa: i provvedimenti istituzionali alleviano la discordia privata tra i sessi. Pertanto le strategie di soluzione private e politiche vanno viste nella loro connessione.
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Le tre tesi~ondamentali, il «carattere feudale» della società indu-
striale, le tendenze all'individualizzazione nel contesto della vita di uomini e donne, così come la presa di coscienza delle condizioni del conflitto in base alle possibilità e agli obblighi di scelta, verranno ora sviluppate e commentate l'una dopo l'altra.
3. La società industriale è una moderna società feudale Le particolarità dei conflitti nelle condizioni di vita di uomini e donne si possono definire teoricamente per contrasto con le condizioni di classe. Gli antagonismi di classe nel secolo XIX si infiammarono per via del materiale impoverimento di una parte crescente dei lavoratori. Essi vennero combattuti pubblicamente. I conflitti tra i sessi, che emergono oggi con la detradizionalizzazione della famiglia, si aprono essenzialmente nella vita a due e hanno i loro luoghi di disputa in cucina, nel letto e nella camera dei bambini. Il loro rumore di fondo e i loro indizi sono interminabili discussioni sui rapporti o il muto star l'uno contro l'altro dei coniugi; la fuga nella solitudine e fuori da questa; il non sentirsi più sicuri dell'altro, che improvvisamente non si capisce più; i dolori del divorzio; l'idolatria dei figli; la battaglia per un pezzo della propria vita che deve essere strappato all'altro e tuttavia con lui diviso; il rintracciare l'oppressione nelle cose ridicole di tutti i giorni, quell'oppressione che essi stessi sono. La si chiami come si vuole: «guerra di trincea tra i sessi», «ritirata nella soggettività», «età del narcisismo». Questo è proprio il modo in cui una/orma sociale, la struttura feudale interna della società industriale esplode nel privato. Gli antagonismi di classe sorti con il sistema industriale sono per così dire «immanentemente moderni», fondati nello stesso modo di produzione industriale. I conflitti tra i sessi non si piegano né allo schema delle moderne contrapposizioni di classe né sono un mero relitto della tradizione. Essi sono una terza cosa. Sono, come i conflitti tra capitale e lavoro, prodotto e fondamento del sistema industriale, nel senso che il lavoro retribuito presuppone il lavoro domestico, e che le sfere e forme della produzione e della famiglia vengono separate e create nel secolo XIX. Contemporaneamente le condizioni di uomini e donne che ne risultano poggiano su ascrizioni per nascita
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e diventano, quanto a questo, l'ibrido insolito «dei moderni ordini». Con esse viene stabilita nella modernità una gerarchia di ordini nella società industriale. Ricevono il loro materiale infiammabile e la loro logica conflittuale dalla contraddizione tra modernità e antimodernità nella società industriale. Di conseguenza, i ruoli e i conflitti legati all'appartenenza a un sesso non irrompono, come gli antagonismi di classe, in seguito alla modernizzazione della prima industrializzazione, ma di quella tarda, dunque là dove le classi sociali sono già detradizionalizzate e la ':modernità non si arrésta più di fronte a ·forme come famiglia, matrimonio, genitorialità, lavoro domestico. Nel secolo xrx·si svilupparono, con l'affermazione della società industriale, le forme della famiglia ristretta, che oggi viene detradizionalizzata a sua volta. Lavoro domestico e produzione sono sottomessi a princìpi di organizzazione contrapposti fra loro. 41 Qui valgono le regole e la forza del mercato, là viene considerato ovvio abusare del disbrigo non retribuito del lavoro quotidiano. La forma di contratto della relazione si contrappone alla comunitarietà collettiva del matrimonio e della famiglia. La concorrenza individuale e la mobilità, che vengono richieste nell'ambito della produzione, incontrano nella famiglia una esigenza contraria: il sacrificio per gli altri, il dissolversi nel progetto di comunità della famiglia. Nella configurazione che comprende insieme cura della famiglia e produzione di mercato sono riunite, sullo sfondo della società industriale, due epoche con contrapposti princìpi organizzativi e sistemi di valori, la modernità e la moderna antimodernità, che si completano, si condizionano e si contraddicono. In modo conforme, le condizioni di vita prodotte e imposte con la divisione di famiglia e produzione nel secolo XIX hanno tra loro una differenza epocale. Non c'è solo un sistema d'ineguaglianze che ha la sua base nella produzione: differenze di salario, di professione, di posizione nei confronti dei mezzi di produzione ecc. C'è anche un sistema d'ineguaglianze che poggia trasversalmente su quello e che comprende le differenze epocali tra, da una parte, « situazione familiare» nella sua relativa uguaglianza e, dall'altra parte, pluralità di condizioni nella produzione. I lavori produttivi vengono negoziati sul mercato del lavoro e svolti per denaro. Addossarseli fa diventare le persone autonome nel sostentamento, nonostante tutti i legami contratti con il lavoro dipendente, e le trasforma in motori del processo di mobi-
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lità, delle pianificazioni a ciò legate ecc. Il lavoro domestico non retribuito viene assegnato, in base alle regole della vecchia società industriale, come dote naturale che accompagna il matrimonio. Addossarselo significa principalmente mancanza di autonomia nel sostentamento. Chi lo fa - e sappiamo bene chi è - commercia con denaro di «seconda mano» e si vede assegnato il matrimonio come anello di congiunzione all'autosostentamento. La suddivisione di questi lavori, e in ciò sta il fondamento feudale della società industriale, rimane esclusa dalla scelta. Essi vengono ascritti per nascita e per sesso. Per principio il fato si trova, anche nella società industriale, già nella culla: lavoro domestico a vita o esistenza condotta secondo i princìpi del mercato del lavoro. Questi «destini di genere» feudali vengono addolciti, conservati, inaspriti e velati attraverso la promessa dell'amore. L'amore rende ciechi. Siccome l'amore appare, in ogni difficoltà, anche come una via d'uscita dalle difficoltà che esso stesso crea, l'ineguaglianza che c'è, può non esserci. Ma c'è e fa diventare vuoto e freddo l'amore. Quello che appare e viene deplorato come «tirannia dell'intimità» (Sennett) sono dunque, nei termini di una teoria e di una storia della società, le contraddizioni di una modernità dimezzata nel quadro della società industriale che ha sempre diviso gli indivisibili princìpi della modernità - libertà individuale e uguaglianza al di là delle limitazioni di nascita - e li ha, per nascita, negati a un sesso e destinati all'altro. La società industriale non è mai stata e non è possibile come società solo industriale, ma sempre come società per metà industriale e per metà di ordini, la cui parte feudale non è un relitto della tradizione, ma un prodotto e un fondamento della società industriale, inserito nell'organizzazione istituzionale di lavoro e vita. Nella modernizzazione dello Stato del benessere, dopo la seconda guerra mondiale, si assiste dunque a un doppio evento: da un lato vengono estese anche al progetto di vita delle donne le esigenze di normalità biografica legata al mercato. Così non si compie nulla di nuovo, solo l'applicazione dei princìpi di una più sviluppata società di mercato oltre la linea di demarcazione del sesso. Dall'altro lato, però, in questo modo vengono in generale create condizioni del tutto nuove nella famiglia e nel rapporto tra uomini e donne e, certo, dissolte le fondamenta di una vita legata agli ordini nella società industriale. Con l'affermazione della società industriale di mercato sul suo dimezzamento relativo ai sessi, si avvia già il superamento della sua
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morale familiare, dei suoi destini di genere, dei suoi tabù del matrimonio, della genitorialità e della sessualità, addirittura la riunificazione di lavoro domestico e lavoro retribuito. L'edificio della gerarchia di ordini della società industriale è costituito di molti elementi: divisione delle sfere di lavoro della famiglia e della produzione, e loro opposta organizzazione; ascrizione delle corrispettive condizioni di vita per nascita; mascheramento del rapporto generale con le promesse di affettuosità e sconfitta della solitudine, di amore, matrimonio, genitorialità. Considerato retrospettivamente, questo edificio doveva essere anche innalzato e imposto contro le resistenze. Si è cioè finora vista la modernizzazione in maniera troppo unilaterale. Essa ha un doppio volto. Parallelamente al sorgere della società industriale nel secolo XIX si costruì il moderno ordinamento feudale dei sessi. In questo senso nel secolo XIX la modernizzazione va di pari passo con l' antimodernizzazione. Le differenze e i conflitti epocali tra produzione e famiglia, vengono stabiliti, giustificati e trasfigurati rendendoli eterni. Un patto tra una filosofia, una religione e una scienza ispirate a princìpi maschili - in buona misura - annoda il tutto con !'«essenza» della donna e !'«essenza» dell'uomo. La modernizzazione, dunque, non solo abolisce i rapporti feudali della società agraria, ma ne crea anche dei nuovi e li comincia ad abolire oggi. La stessa cosa - la modernizzazione - ha nelle diverse condizioni di fondo del secolo XIX e della fine del xx, conseguenze opposte: allora la divisione tra lavoro domestico e lavoro retribuito, oggi la lotta per nuove forme di riunificazione di queste due realtà; là il legame delle donne al sostegno economico dal marito, oggi la loro pressione sul mercato del lavoro; là l'affermazione degli stereotipi di ruolo maschili e femminili, oggi la liberazione degli esseri umani dalla predestinazione a uno stato sociale a seconda del sesso. Questi sono segni che mostrano come oggi la modernizzazione si propaghi a scapito dell' antimodernizzazione che essa ha incorporato nella società industriale. Si spezzano le relazioni tra i sessi, che sono saldate con la separazione tra produzione e riproduzione e che vengono tenute insieme nella tradizione compatta della famiglia ristretta con tutto ciò che essa contiene in fatto di comunitarietà, ascrizione di ruoli ed emotività riunite. Improvvisamente tutto diventa incerto: la forma della convivenza, chi, dove e come lavora, le concezioni della sessualità e dell'amore e i loro collegamenti con il matrimonio e con
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la famiglia; l'istituzione «genitori» scissa nella contrapposizione tra maternità e paternità; i figli, con l'intensità di legame di cui hanno bisogno che ora sta diventando anacronistica, si trasformano negli ultimi partners che non se ne vanno (escludendo per una volta i figli che sono d'accordo con il divorzio). Inizia una lotta generale e un generale sperimentare «forme di riunificazione» di lavoro e vita, lavoro domestico e lavoro retribuito ecc. In breve, il privato diventa politico e questo si irradia in tutti gli ambiti. Eppure questo indica soltanto la direzione dello sviluppo. Il punto saliente di queste riflessioni sta in quanto segue: i problemi della società di mercato completamente affermata non possono essere superati nelle forme di vita sociale e nelle strutture istituzionali della società di mercato dimezzata. Se uomini e donne devono e vogliono condurre una esistenza indipendente dal punto di vista economico, questo non può aver luogo né nelle tradizionali assegnazioni di ruolo della famiglia ristretta, né nelle strutture istituzionali della professione, del diritto sociale, della pianificazione dello Stato, delle scuole ecc., che presuppongono proprio l'immagine tradizionale della famiglia ristretta, con i suoi fondamenti gerarchici basati sul sesso. I «conflitti del secolo», che si scaricano in personali attribuzioni di colpa e delusioni nelle relazioni tra i sessi, hanno anche la loro causa nel fatto che si cerca ancora di provare a liberarsi dagli stereotipi di genere (che permangono) solo nella contrapposizione privata di uomini e donne, e quindi nella cornice della famiglia ristretta, mantenendo costanti le strutture istituzionali. Questo equivale al tentativo di compiere una trasformazione sociale mantenendo invariate le strutture sociali nella famiglia. Quello che resta è uno scambio d'ineguaglianze. La liberazione delle donne dal lavoro domestico e dalla cura del matrimonio deve essere ottenuta ricacciando gli uomini in questa «moderna esistenza feudale», che le donne rifiutano per sé. Questo equivale, storicamente, al tentativo di fare dei nobili i servi dei contadini. Altrettanto difficilmente riusciranno le donne a far seguire agli uomini il «richiamo del focolare» (dovrebbero saperlo bene proprio le donne!) Inoltre questo è solo un punto. Centrale è la seguente concezione: la parità di uomini e donne non è da raggiungere all'interno di quelle strutture istituzionali che presuppongono la disparità tra uomini e donne. Non potremmo costringere i nuovi esseri umani «rotondi» nelle vecchie scatole «quadrate» dei dati del mercato del lavoro, del
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sistema d'impiego, dell'urbanistica, del sistema di sicurezza sociale ecc. Se si prova a fare questo non ci si deve stupire se il rapporto privato tra i sessi diventa teatro di contrapposizioni, che possono essere «risolte» solo in maniera deficitaria con le prove tecniche dello «scambio dei ruoli» o delle « forme di commistione dei ruoli» tra uomini e donne.
4. Emancipazione dai ruoli femminili e dai ruoli maschili?
La prospettiva delineata contrasta proprio con i dati presentati in precedenza. Questi documentano, e anche in maniera impressionante, la controtendenza al rinnovamento della gerarchia legata al sesso. In che senso si può parlare in generale di «emancipazione»? Le donne vengono emancipate nella stessa misura degli uomini dai dati stereotipati del loro «destino di genere»? Quali condizioni lo favoriscono, quali operano in senso contrario? Svolte essenziali nei secoli passati hanno emancipato le donne in larga parte dalle tradizionali destinazioni femminili, come dimostrano i dati riassunti sopra. Per questo furono essenziali cinque condizioni, che non stanno in alcun modo in rapporto causale tra loro. Innanzi tutto, con l'allungamento delle aspettative di vita, la struttura della biografia individuale, la successione delle fasi della vita, si sono allungate. Come mostra in particolare Arthur E. Imhof nei suoi studi di storia sociale, questo ha portato a una «emancipazione demografica della donna». Negli scorsi decenni, parlando schematicamente, la lunghezza della vita di una donna bastava appena per mettere al mondo e crescere il numero socialmente «desiderato» di figli sopravvissuti, mentre oggi queste «cure materne» finiscono circa intorno al quarantacinquesimo anno di vita. L' «esistenza per i figli» è diventata una fetta temporanea della vita di una donna. A essa seguono ancora in media tre decenni di «nido vuoto», al di là del tradizionale centro della vita di una donna. «Così oggi vivono solo nella Repubblica federale tedesca più di cinque milioni di donne nel "fiore degli anni", in uno stato coniugale postparentale (. .. ), spesso (. .. ) senza una concreta e sensata occupazione». 42 In secondo luogo, i processi di modernizzazione, in particolare dopo la seconda guerra mondiale, hanno ristrutturato anche il lavoro dome
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stico. Da una parte l'isolamento sociale del lavoro domestico non è una caratteristica strutturale, che inerisce ad esso come tale, ma il risultato di sviluppi storici, in particolare la detradizionalizzazione dei mondi vitali. In seguito al processo d'individualizzazione la famiglia ristretta accentua le sue linee di confine, e si crea una esistenza insulare, che si rende autonoma contro i rimanenti legami (culture di classe, rapporti di vicinato, conoscenze). Solo così si forma, nell'esistenza della donna di casa, l'esistenza isolata di lavoro per eccellenza. D'altra parte, i processi tecnici di razionalizzazione invadono il lavoro domestico. Numerosi apparecchi, macchine, prodotti di consumo alleviano e svuotano il lavoro in famiglia. Esso si trasforma in un invisibile e mai esauribile lavoro residuo tra produzione industriale, prestazioni retribuite e dotazione interna tecnicamente perfezionata di economia domestica. Queste due cose prese insieme, isolamento e razionalizzazione, operano una «dequalificazione del lavoro domestico» (Claus Offe), che indirizza le donne, nella ricerca di una vita realizzata, anche verso un impiego fuori dall'ambito domestico. Terzo: se è vero che la maternità, prima come dopo, è il più forte legame con il tradizionale ruolo della donna, allora è difficile sopravvalutare l'importanza dei mezzi anticoncezionali e di regolazione delle nascite, nonché delle possibilità giuridiche di interrompere le gravidanze (§ 218), nel sottrarre le donne ai vip.coli tradizionali. I bambini sono, per principio, bambini desiderati, la maternità è una maternità voluta. Certo, i dati mostrano inoltre che la maternità senza la dipendenza economica dal marito e senza la necessità di dedicarsi alla cura della famiglia rimane ancora per molte una utopia. Però le giovani generazioni di donne, contrariamente alle loro madri, possono stabilire (insieme al partner) se e quando fare figli e quanti. Contemporaneamente la sessualità femminile viene liberata dal fato della maternità e può essere consapevolmente scoperta e sviluppata anche contro norme maschili. Quarto: i crescenti dati di divorzi rimandano a una fragilità del sostentamento coniugale e familiare. Le donne sono spesso lontane solo «un marito» dalla povertà. Quasi il 70 per cento delle donne che crescono un figlio da sole se la devono cavare con meno di I 200 marchi al mese. Esse sono, con le pensionate, le clienti più frequenti degli aiuti sociali. In questo senso le donne sono «emancipate», cioè tagliate fuori dalla sicurezza economica a vita garantita dal marito. La pres-
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sione, documentabile statisticamente, delle donne sul mercato del lavoro (che potrebbero mandare a monte tutte le prognosi di superamento della disoccupazione negli anni novanta) mostra però anche che molte donne hanno capito questa lezione storica e ne traggono le dovute conseguenze. Nella stessa direzione opera, in quinto luogo, la parificazione delle possibilità d'istruzione, che è anche espressione di una forte motivazione al lavoro da parte delle giovani donne. In tutto ciò - emancipazione demografica, dequalificazione del lavoro domestico, controllo delle nascite, divorzio, condivisione dell'istruzione e del lavoro - si esprime nel complesso il grado di emancipazione delle donne dalle imposizioni del loro moderno destino feudale femminile, che non può più venire modificato. Con questo però si è presi dalla spirale d'individualizzazione: mercato del lavoro, formazione, mobilità, pianificazione delle carriere, ora tutto si raddoppia e si triplica nella famiglia. A queste condizioni, che portano verso l'individualizzazione, se ne contrappongono tuttavia altre che riportano indietro le donne legandole alla tradizionale assegnazione di ruoli. La società del mercato del lavoro effettivamente affermata, che rendesse possibile a tutte le donne e a tutti gli uomini un'esistenza sicura e autonoma dal punto di vista economico, farebbe alzare velocemente le percentuali di disoccupazione. Ciò significa che, per via della disoccupazione di massa e della espulsione dal mercato del lavoro, le donne sono certo libere dal sostentamento coniugale, ma non hanno necessariamente uno sbocco verso una sicurezza autonomamente garantita attraverso il lavoro retribuito. Questo significa anche che esse sono, prima come dopo, in gran parte indirizzate a cercare attraverso il marito una sicurezza economica, che non è più una sicurezza. Questo stadio intermedio tra una « libertà da» che non è ancora la « libertà di» un vero comportamento da lavoratore salariato è inoltre rafforzato dal ritorno al legame con la maternità. Finché le donne avranno figli, allatteranno i figli, si sentiranno responsabili verso i figli, vedranno nei figli una parte essenziale della loro vita, i figli rimarranno «ostacoli» volontari nella lotta per la concorrenza professionale e la tentazione di una scelta consapevole contro l'autonomia economica e la carriera. Così le vite delle donne vengono sospinte avanti e indietro nella contraddizione tra emancipazione e rinnovato legame alle vecchie desti-
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zioni. Questo si rispecchia anche nella loro coscienza e nel loro comportamento. Fuggono dal lavoro domestico nella professione, e viceversa, e cercano, in diverse fasi della loro esistenza, di mantenere «in qualche modo» insieme attraverso decisioni contrastanti le condizioni divergenti della loro vita. Le contraddizioni dell'ambiente rafforzano le loro proprie: davanti al giudice in caso di divorzio tocca alle donne di sentirsi chiedere come mai hanno trascurato i loro impegni professionali. Nella politica della famiglia si devono sentir chiedere come mai non adempiono i loro doveri materni. Con le proprie ambizioni lavorative rovinano al marito la vita professionale già così difficile. La legge sul divorzio e la realtà del divorzio, la mancanza di protezioni sociali, le porte chiuse del mercato del lavoro e il carico maggiore del lavoro familiare definiscono alcune delle contraddizioni che il processo d'individualizzazione ha comportato per il complesso della vita delle donne. La situazione degli uomini è tutt'altra. Mentre le donne allentano le vecchie costrizioni all'esistenza « per gli altri» anche per avere una sicurezza dal punto di vista e~onomico e devono cercare una nuova identità sociale, per gli uomini cadono insieme la prospettiva di una esistenza sicura economicamente indipendente e l'identità dei vecchi ruoli. Nello stereotipo del ruolo maschile dell' «uomo in carriera» sono racchiusi insieme l'individualizzazione economica e il tradizionale comportamento di ruolo maschile. La dipendenza per il sostentamento dal coniuge (la moglie) è storicamente sconosciuta agli uomini, la «libertà di» svolgere un lavoro retribuito, avendo nello stesso tempo una vita familiare, è data per scontata. Il lavoro oscuro che tale vita comprende ricade tradizionalmente sulla moglie. Gioie e doveri della paternità potevano sempre essere goduti in maniera dosata come piaceri del tempo libero. Nella paternità non c'era alcun vero ostacolo all'attività lavorativa, al contrario la prima imponeva la seconda. In altre parole, tutte le componenti che sciolgono le donne dal loro ruolo tradizionale ricadono sugli uomini. Paternità e carriera, autonomia economica ed esistenza familiare non sono, nel contesto della vita maschile, contraddizioni che devono venire soggiogate e tenute insieme contro le condizioni nella famiglia e nella società; piuttosto, la loro unificabilità è prefissata e assicurata nel tradizionale ruolo maschile. Ma questo significa che l'individualizzazione (nel senso del condurre un'esistenza mediata dal mercato) rafforza il comportamento di ruolo maschile.
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Se dunque gli uomini si rivoltano contro i dettami del loro ruolo sessuale, è allora per altri motivi. Anche nella fissazione al lavoro del ruolo maschile sono contenute contraddizioni: forse manca il sacrificio nel lavoro per qualcosa, per il godimento di qualcosa, forse mancano proprio i bisogni e le capacità; il comportamento da capo branco per niente; l'esaurimento delle proprie forze per scopi professionali e imprenditoriali con i quali non ci si può ma ci si deve identificare; la risultante «indifferenza», che non è mai vera indifferenza ecc. Tuttavia gli impulsi essenziali per la liberazione dal ruolo maschile non sono immanenti, ma indotti dall'esterno dai cambiamenti nelle donne, e questo in un senso duplice. Da un lato, gli uomini vengono liberati, attraverso la maggiore partecipazione ai guadagni delle donne, dal giogo del ruolo di unico sostentamento della famiglia. Con questo si allenta l'obbligo di sottomettersi nel lavoro a voleri e scopi estranei per la moglie e i figli. Di conseguenza è possibile un altro tipo d'impegno nel lavoro e nella famiglia. Dall'altro lato, I' «armonia familiare» diventa fragile. La parte di esistenza maschile condizionata dalla donna è tale da rompere l'equilibrio. Contemporaneamente, si fa chiara agli uomini la loro instabilità nelle cose di tutti i giorni e la loro dipendenza emotiva. In entrambi questi fenomeni sono presenti impulsi essenziali ad allentare l'identificazione con le prescrizioni del ruolo maschile e a provare altre forme di vita. I conflitti lasciano emergere più acutamente i contrasti tra uomini e donne. Due «temi catalizzatori» sono centrali: figli e sicurezza economica; in entrambi i casi possono restare latenti nel matrimonio, ma emergono apertamente nel caso del divorzio. Inoltre, la divisione di oneri e opportunità cambia significativamente nel passaggio dal modello tradizionale di matrimonio a quello con due redditi. Nel caso sia il marito a provvedere alla famiglia, la moglie rimane dopo il divorzio - parlando schematicamente - con i figli e senza reddito, mentre il marito rimane con il reddito, ma senza figli. Nel secondo caso a prima vista cambia poco. La donna dispone di un reddito e ha i figli (in base alle sentenze correnti). Chiaramente, la disuguaglianza qui muta di segno sotto un aspetto essenziale. Nella misura in cui la disparità economica tra uomini e donne viene smantellata - sia attraverso l'occupazione delle donne, sia attraverso la regolamentazione legale degli alimenti in caso di divorzio o con le pensioni di anzianità - diventa evidente la penalizzazione, naturale e giuridica, del
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padre. La moglie ha il bambino e il grembo per farlo, che notoriamente è un suo possesso biologico e legale. Cambiano i rapporti di proprietà tra seme e ovulo. Ciò che al bambino viene dal padre, rimane sempre assegnato alla madre e alla sua discrezione. Questo vale anche e soprattutto per tutte le questioni dell'interruzione di gravidanza. Nella misura in cui aumenta la distanza tra ruolo delle donne e ruolo degli uomini, il pendolo rischia di tornare indietro. Gli uomini che si liberano dall'orientamento alla carriera e si volgono verso i loro figli, si trovano davanti a un nido vuoto. Il fatto che si verifichino (soprattutto negli Stati Uniti) casi in cui i padri rapiscano dopo il divorzio i figli a loro negati, parla chiaro. Però l'individualizzazione, che allontana le condizioni di uomini e donne le une dalle altre, spinge, per contro, anche alla vita in due. Con l'indebolirsi delle tradizioni crescono le promesse della vita di coppia. Tutto ciò che va perduto viene cercato nell'altro. A questo si è piegato per primo Dio (o ve lo abbiamo costretto). La parola Glauben (fede), che una volta significava «avere esperienza», suona ora, in modo un po' consunto, come accettare qualcosa «di contrario alle nostre migliori conoscenze». Con Dio si dissolve anche la possibilità di andare dal prete, e con questo aumenta la colpa, che non può più essere espiata e che, nell'indifferenza di vero e falso per le domande vitali, non diventa minore, ma più indeterminata e indeterminabile. Le classi sociali, che sapevano almeno interpretare il dolore in esse accumulato, si sono volatilizzate dalla vita trasformandosi in discorsi e statistiche. I rapporti di vicinato, cresciuti nell'interazione e nei ricordi, si sono dissolti per effetto della mobilità. La cerchia delle conoscenze si può stabilizzare, ma ciascuno ruota sempre intorno al proprio centro. Si può anche entrare a far parte di associazioni, la tavolozza dei contatti diventa facilmente maggiore, più ampia, più variopinta. Ma la sua molteplicità la rende anche più fugace, più facilmente imprigionata nel gioco delle apparenze. In modo analogo, le intimità possono essere scambiate fugacemente, quasi come strette di mano. Tutto ciò può mantenere in movimento e aprire delle occasioni, ma la molteplicità di relazioni non può sostituire interamente la forza creatrice d'identità di una stabile relazione primaria. Come mostrano le ricerche, entrambe sono necessarie: sia la molteplicità di rapporti, sia l'intimità duratura. Casalinghe felicemente sposate soffrono, allo stesso tempo, di problemi di relazione e d'isolamento so-
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ciale. Uomini divorziati, che si sono riuniti in gruppi per esprimere i loro problemi, non sono ugualmente capaci di superare la solitudine crescente, anche se sono inseriti in un reticolo sociale. Nell'idealizzazione del moderno matrimonio d'amore si rispecchia ancora una volta il cammino della modernità. La sua esaltazione è l'immagine rovesciata delle perdite che questa lascia dietro di sé. Dio no, il prete no, la classe sociale no, il vicino no, allora almeno tu. E la misura del tu è quella del vuoto corrispondente che regna altrove. Questo significa anche che, più del fondamento materiale e dell' amore, è la paura dello stare soli a tenere insieme il matrimonio e la famiglia. Ciò che minaccia o viene temuto al di là di essi è, accanto a tutte le crisi e ai conflitti, forse il più stabile fondamento del matrimonio, e cioè la solitudine. In tutto ciò si verifica innanzi tutto una fondamentale relativizzazione delle controversie intorno alla famiglia. Si è santificata o maledetta la famiglia ristretta di stampo borghese, nella cui forma è regolamentata la convivenza dei sessi nelle democrazie altamente industriali dell'Occidente, e si è vista una crisi della famiglia cacciare l'altra o la famiglia risorgere dalla crisi che si pensava l'avvolgesse. Tutto questo resta ancorato al verdetto delle false alternative. Chi attribuisce alla famiglia tutto il male e tutto il bene si spinge troppo poco in profondità. La famiglia è solo la superficie sulla quale divengono visibili le situazioni storiche di conflitto tra uomini e donne. Al di qua o al di là della famiglia, i generi si incontrano sempre l'uno con l'altro e con le contraddizioni che hanno accumulato tra loro. Ma in che senso si può allora parlare di emancipazione relativamente alla famiglia? Con I' estensione della dinamica d'individualizzazione nella famiglia le forme della convivenza cominciano a mutarsi radicalmente. Il rapporto tra famiglia e biografia individuale si allenta. La famiglia unita per tutta la vita, che ricomprende in sé le biografie in essa riassunte degli uomini e delle donne in quanto genitori, diventa un caso limite, e la regola diventa un andirivieni, in specifiche fasi della vita, tra diverse famiglie « a tempo» e tra forme di convivenza non familiare. Il legame familiare della biografia viene spezzato lungo l'asse temporale nel cambiamento tra diverse fasi della vita ed è così superato. Nelle relazioni familiari che diventano ormai intercambiabili si libera, all'interno e all'esterno della famiglia, l'autonomia della biografia individuale degli uomini e delle donne. Ognuno(a) sperimenta,
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di volta in volta a seconda delle diverse fasi, molteplici frammenti di vita familiare e anche forme di vita non legate da rapporti familiari, e proprio per questo vive sempre più la sua propria vita. Così soltanto isolando una sezione longitudinale della biografia, e non in un momento dato o in una statistica familiare, si mostra l'individualizzazione della famiglia, cioè il ribaltamento della priorità tra famiglia e biografia individuale (dentro e fuori la famiglia). Empiricamente il grado di emancipazione dalla famiglia risulta perciò dallo sguardo d'insieme, biografico, dei dati sui divorzi e sui secondi matrimoni, e su forme di convivenza, prima, durante e accanto al matrimonio, che restano contraddittori, presi per se stessi e in relazione ai pro e contro della famiglia. Tra gli estremi della famiglia e della non famiglia un crescente numero di persone comincia a «decidersi» per una terza via: un contraddittorio percorso d'insieme della vita pluralistico e in costante rivolgimento. Questo pluralismo biografico delle forme di vita, cioè l'avvicendarsi di famiglie mescolato con e interrotto da altre forme di vita in comune o da single, diventa la (paradossale) «norma» della convivenza e della contrapposizione tra uomini e donne in condizioni d'individualizzazione. Considerando il complesso dell'esistenza, la maggior parte degli esseri umani è dunque entrata in una fase di prova delle /onne di convivenza a loro prescritte storicamente tra dolori e paure, il cui risultato e termine oggi non può essere affatto intuito. Ma tutti gli «errori» sofferti non possono trattenere dal rinnovare il« tentativo».
5. Presa di coscienza delle disuguaglianze: possibilità e obblighi di scelta
Differenze e conflitti nella situazione di uomini e donne non sussistono solo da ieri. E però sono stati considerati come «ovvi» dalla grande maggioranza delle donne fino agli anni sessanta. Da due decenni cresce l'attenzione e ci sono mirati sforzi politici per raggiungere l'uguaglianza di diritti delle donne. Con i primi successi si è acuita la coscienza delle disuguaglianze. Le disuguaglianze di /atto, le loro cause e condizioni, devono dunque essere distinte dalla loro presa di coscienza. I contrasti tra uomini e donne presentano due lati, che possono variare in maniera del tutto indipendente l'uno dall'altro: l'oggettività delle condizioni e la loro delegittimazione e presa di coscienza. Chi mette a confronto il lungo periodo dell'accettazione delle disuguaglianze con
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il breve periodo della loro messa in questione e nello stesso tempo vede che soltanto la riduzione delle disuguaglianze ha davvero aperto gli occhi su di esse, non sottovaluterà il significato autonomo della presa di coscienza. Ci si deve ora interrogare sulle condizioni che l'hanno resa possibile. Con il procedere della modernizzazione aumentano le decisioni e gli obblighi di decisione in tutti i campi del!' agire sociale. Con un po' di esagerazione si può dire anything goes. Sapere chi e quando fa il bucato, cambia i bambini che strillano, si preoccupa della spesa, passa l'aspirapolvere, diventa altrettanto incerto quanto sapere chi guadagna il pane, chi decide la mobilità e perché effettivamente i bei lati notturni del letto devono essere goduti sempre con il compagno di tutti i giorni, a ciò preposto dall'ufficio di anagrafe. Il matrimonio si sottrae alla sessualità e questa a sua volta alla genitorialità, la quale si moltiplica attraverso i divorzi e il tutto si divide con la vita in comune o da separati, e si somma con le molteplici possibilità di residenza e i ripensamenti sempre possibili. Da questa operazione matematica si ricava, al lato destro dell'equazione, una cifra abbastanza consistente, sebbene ancora fluttuante, che trasmette una certa impressione di varietà di esistenze-ombra dirette e imbricate tra loro in diversi modi, che oggi si nascondono sempre più spesso dietro le immutate e così familiari paroline «matrimonio» e «famiglia». In tutte le dimensioni della biografia si dischiudono possibilità e obblighi di scelta. L'intero apparato di piani e accordi a ciò necessari sono in linea di principio rivedibili e richiedono una legittimazione per i diversi oneri in essi contenuti. Nelle discussioni, nei patti, negli errori e nei conflitti collegati si delineano sempre più chiaramente i diversi rischi e le diverse conseguenze per gli uomini e per le donne. Il mutamento delle premesse nelle decisioni significa - sistematicamente - due cose: in primo luogo, la possibilità di non scegliere diventa tendenza all'impossibile. La possibilità di decisione si converte in un «dovere» oltre il quale non si può senz'altro tornare indietro. Si deve ora passare attraverso gli ingranaggi della relazione, delle riflessioni, e dunque delle valutazioni riguardo alle loro 'diverse conseguenze. In secondo luogo, questo significa anche che le decisioni troppo ponderate producono la consapevolezza delle disuguaglianze, dei conflitti che si accendono e dei tentativi di soluzione che in esse si dispiegano. Il che inizia già con la decisione riguardo alla mobilità lavorativa, che
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è tutto sommato convenzionale. Da una parte il mercato del lavoro richiede la mobilità anche a prescindere dalle circostanze personali. Il matrimonio e la famiglia richiedono il contrario. Nel modello di mercato della modernità, portato alle estreme conseguenze, la società viene presupposta come priva di famiglie e matrimoni. Ognuno deve essere autonomo, libero per le richieste del mercato, per assicurare la sua esistenza economica. Il soggetto del mercato è in ultima analisi l'individuo solo, non «impedito» da legami di coppia, di matrimonio o familiari. Di conseguenza, la società completamente dominata dal mercato è anche una società senza bambini, eccettuato il caso in cui i bambini crescano con padri o madri soli e soggetti alla mobilità. Questa contraddizione tra le esigenze della vita di coppia e le esigenze del mercato del lavoro poteva rimanere occultata finché era sicuro che il matrimonio per la donna significasse rinuncia al lavoro, dedizione alla famiglia e «mobilità congiunta» alle vicende professionali del marito. La contraddizione irrompe là dove entrambi i partners devono o vogliono essere liberi di condurre una esistenza sicura dal punto di vista dello stipendio. Per questa contraddizione tra famiglia e mercato del lavoro sarebbero pensabili soluzioni o miglioramenti decisamente istituzionali (forse un salario minimo per tutti i cittadini o una previdenza sociale non agganciata al lavoro; l'eliminazione di tutti gli ostacoli che rendono più difficile l'impiego professionale di entrambi i coniugi; i corrispondenti « criteri di ragionevolezza» ecc.). Questi non sono però né disponibili né previsti. Ne consegue che le coppie di coniugi devono cercare soluzioni private, che portino però, nell'ambito delle possibilità che sono a loro disposizione, a una suddivisione interna dei rischi. La domanda suona così: chi rinuncia all' autonomia e alla sicurezza economiche, ovvero a ciò che nella nostra società è il naturale presupposto della condotta di vita? Poiché chi prosegue nel suo scopo, deve mettere in conto (almeno) considerevoli svantaggi professionali, se non addirittura di venire - lei - sottratta a una carriera lavorativa. Sale, di conseguenza, il livello dei conflitti. Matrimonio, famiglia, vita di coppia diventano il luogo dove le contraddizioni di una società di mercato completamente modernizzata, che si sono spostate sul piano personale, non possono più neppure essere compensate. Alla domanda decisiva sulla mobilità professionale si aggiungono altre domande decisive: il problema di quando avere figli, quanti
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averne, chi si deve occupare di loro; la cottura a fuoco lento della divisione mai uguale dei lavori domestici; !'«unilateralità» dei metodi contraccettivi; le domande da incubo sull'interruzione della gravidanza; le differenze sul modo e la frequenza della sessualità; senza dimenticare la tensione provocata da un atteggiamento che fiuta il sessismo anche nella pubblicità della margarina. In tutti questi temi chiave della convivenza tra uomini e donne, e che infiammano il conflitto, diventa chiara la dissociazione delle posizioni: il momento della loro esistenza nel quale fare figli va incontro a presupposti e ostacoli totalmente diversi nello svolgimento della vita di uomini e donne. Se allora il matrimonio viene condotto infine «a richiesta» - «buono per un divorzio» per così dire - allora la spaccatura, che deve essere evitata, viene anticipata e in tutte le decisioni e le regolamentazioni emergono sempre chiaramente conseguenze disuguali. Ciò che qui si abbatte sulla famiglia quanto a perdita di tabù e quanto a nuove possibilità tecniche - si pensi anche alle possibilità di formare i bambini riprodotte dalla psicologia e dalla pedagogia, alle possibilità d'intervento nel ventre materno, che la chirurgia apre, per tacere della realtà da fantascienza della genetica umana (cfr. pp. 203 sgg.) - separa tra loro i ruoli una volta in essa uniti: moglie contro marito, madre contro figlio, figlio contro padre. La tradizionale unità della famiglia si spezza nelle decisioni che a essa vengono richieste. Le persone non portano nella famiglia così tanti problemi quanti essi forse credono e si rinfacciano. Quasi tutti i conflitti hanno anche un lato istituzionale (il problema dei figli risiede per esempio essenzialmente nella impossibilità ben assicurata istituzionalmente di conciliare la cura dei figli con l'impegno professionale). Ma saperlo non aiuta certo a provvedere ai figli! Con una certa ineluttabilità così tutto viene da fuori - dal mercato del lavoro, dal sistema di impiego, dal diritto ecc. scaraventato sulla famiglia, rivolto e ridotto a personale. Nella famiglia (e in tutte le sue alternative) sorge così l'illusione sistematicamente condizionata, che in essa ci siano i fili e le leve per cambiare il destino epocale spezzato di disuguaglianza tra i sessi in una concreta vita a due. Anche il nucleo centrale della famiglia, la sacralità dell'esser genitori, comincia a frantumarsi nelle sue componenti, la condizione di paternità e quella di maternità. Nella Repubblica federale tedesca un bambino su dieci cresce oggi in una famiglia con un solo genitore,
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cioè sotto la tutela di un uomo o di una donna soli. Il numero delle famiglie con un solo genitore cresce, mentre il numero delle famiglie con due genitori cala. Inoltre, la situazione di madre che cresce i figli da sola non è più solo di chi è «stata abbandonata», ma diventa una possibilità di scelta che viene adottata e, di fronte a conflitti con il padre (che in verità serve alla donna ormai solo per quello, se non quasi per niente), brilla in molte teste come il miraggio di via d'uscita per avere un figlio più che mai desiderato. Con il processo d'individualizzazione all'interno della famiglia si trasforma - come mostrano Elisabeth Beck-Gernsheim 43 e Maria S. Rerrich 44 - anche il rapporto sociale e la qualità del legame con il figlio. Da una parte il bambino diventa un ostacolo al processo d'individualizzazione. Costa lavoro e denaro, è incalcolabile, lega e scombina i piani di vita e quotidiani meticolosamente elaborati. Con il suo apparire il figlio sviluppa e perfeziona la sua « dittatura del bisogno» e piega i genitori, con la nuda violenza delle sue corde vocali e con lo splendore del suo sorriso, ai suoi ritmi di vita da creatura. Proprio questo lo rende però, d'altra parte, non fungibile. Il figlio si trasforma nell'ultima residua, irrinunciabile, insostituibile relazione primaria. I partners vanno e vengono. Il bambino rimane. Su di lui si indirizza tutto ciò che viene desiderato nella vita di coppia, ma che in essa non si può ormai più godere. Con la crescente fragilità dei rapporti tra i sessi il figlio ottiene il monopolio di una vita a due vivibile, di una espressione dei sentimenti nella finitezza creaturale, che altrimenti diventa sempre più rara e incerta. In lui viene coltivata e celebrata un' anacronistica esperienza sociale che sta diventando sempre più inverosimile e desiderata proprio con il processo d'individualizzazione. Il viziare i bambini, il «mettere in scena l'infanzia» che è concesso a loro, ai poveri esseri troppo amati, e la feroce lotta per i figli prima e dopo il divorzio sono alcuni sintomi di questa situazione. Il figlio si trasforma nell'ultimo antidoto alla solitudine che gli esseri umani possono raggiungere in contrasto con le possibilità di vita che ad essi sfuggono. E la modalità privata del «reincanto», che trova il suo significato nel e dal disincanto. Le cifre delle nascite diminuiscono. Il significato del figlio però aumenta. In genere non è mai più di uno. Per molti persino questa spesa è quasi insostenibile. Però chi crede che i costi (economici) terrebbero lontane le persone dal mettere al mondo bambini, inciampa nei suoi stessi pregiudizi utilitaristici.
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Il pezzo di Medioevo moderno, che la società industriale non solo ha conservato, ma anche prodotto, si sta dissolvendo. Gli individui vengono liberati dagli involucri feudali del genere che erano stati trasfigurati in natura. È importante riconoscerlo nelle sue dimensioni storiche, poiché questo cambiamento sociale si compie come conflitto privato, personale. La psicologia (e la psicoterapia), che riconduce alle condizioni della socializzazione familiare la sofferenza che le viene ora massicciamente sottoposta, va in corto circuito. Dove esplodono contro le persone i conflitti derivanti dalle forme di vita a esse prescritte, dove la loro vita comune diventa priva di modelli, il loro dolore non può essere ricondotto solo a mancanze e sostituzioni della prima infanzia. Nelle condizioni create dalla liberazione dai moderni destini feudali di genere maschili e femminili, sessualità, matrimonio, erotismo, condizione di genitore, hanno molto a che fare con disuguaglianza, professione, mercato del lavoro, politica, famiglia e con forme di vita chiuse in se stesse e divenute inutilizzabili per il futuro. A questa storicizzazione e revisione sociale delle sue categorie la psicologia non è ancora approdata.
6. Fine dell'individuo o rinascita di una soggettività ipertrofica? Cosa significa questa emancipazione dalla struttura sessista della società industriale per la discussione sulla fine dell'individuo? È vero che l'interiorità dell'individuo si apre in questo modo a fiorenti industrie dell'esperienza vissuta, a movimenti religiosi e a dottrine politiche? Che le residue competenze dell'io si dissolvono e vengono sottoposte alle standardizzazioni interne che cambiano sotto l'influsso delle mode che stimolano il mercato? Solo a un primo sguardo sembra che il movimento sociale del1' «autorispecchiamento soggettivo» degli anni settanta sia tramontato. Per quanto vicino e lontano si possa guardare, oggi viene compiuto un duro lavoro nella quotidianità dei rapporti e dei legami all'interno e all'esterno del matrimonio e della famiglia, sotto il peso di forme di vita divenute sempre più inadatte al futuro. Nell'insieme si realizzano qui cambiamenti che ci si deve disabituare a considerare come un fenomeno interamente privato. Ciò che si accumula qui - nella prassi sensibile di ogni genere di vita in comune, nei tentativi di rinnovamento della relazione tra i sessi che pure hanno subito un contraccolpo, nella solidarietà rivitalizzata sulla base di una oppressione condivisa e ammessa - va alle radici della società forse in
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maniera diversa da quella di strategie di mutamento del sistema rimaste impigliate nell'astrattezza della loro teoria. 45
L'individuo - anche criminalizzato involontariamente chiamandolo «soggetto» - è stato spesso dichiarato morto e sepolto. Esso si aggira ormai nei libri e nelle teste, dopo duecent' anni di critica della cultura e dell'ideologia, principalmente come fantasma del «fattore soggettivo». Questo bilancio è tratto anche da Theodor W. Adorno, che alla voce «Pagliaccio» annota: Tra le grandi unità standardizzate e amministrate, l'individuo continua a vegetare. Non solo, ma è soggetto a protezione e acquista valore di monopolio. Ma non è più, in realtà, che la funzione della propria unicità, un pezzo da esposizione come gli aborti che suscitavano lo stupore e le risa dei bambini. Dal momento che non conduce più una esistenza economica indipendente, il suo carattere entra in contraddizione col suo ruolo sociale oggettivo. Proprio in virtù di questa contraddizione, viene custodito in una specie di parco naturale, e diventa oggetto di oziosa contemplazione.46
A ciò si contrappone l'ancora incompresa esperienza degli anni settanta e ottanta: la rinascita di una soggettività influente in una maniera che non ha precedenti. 47 I diffusi gruppetti e circoli, che su tutto e ogni cosa sono sorti e che poi non sono riusciti a reggersi per molto sulle loro gambe dal punto di vista organizzativo, hanno messo all'ordine del giorno i temi di un mondo minacciato: contro la resistenza di partiti e discipline scientifiche stabilite e contro la potenza schiacciante d'investimenti industriali miliardari. Non sembra esagerato dire che gruppi di cittadini hanno preso tematicamente l'iniziativa. La scala del riconoscimento politico dice: perseguitati, derisi, isolati; sempre il già detto: programma di partito, dichiarazione di governo. Così è avvenuto per le questioni delle donne, dell'ambiente, della pace. Certo, questi sono all'inizio solo parole, propositi, discorsi della domenica. Ma a parole la vittoria è già quasi troppo perfetta. Ancora una volta: questo è l'involucro della confezione, opportunismo programmatico, forse anche un ripensamento intenzionale. L'agire, i luoghi dai quali sorgono i fatti, restano ancora ampiamente intatti. Tuttavia rimane il fatto che i temi del futuro, ora su tutte le bocche, non sono sorti dalla lungimiranza dei governanti o dalla lotta in parlamento, e neppure dalle cattedrali del potere economico e scientifico. Sono stati piuttosto portati all'ordine del giorno politico da gruppi e gruppetti tutti ingarbugliati al loro interno, moralizzanti,
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in conflitto sulla via giusta da seguire, tormentati e divisi dal dubbio. La sovversione democratica ha conseguito una vittoria tematica del tutto improbabile. E questo in Germania, cioè in rottura con una cultura generale di stampo autoritario, che ha reso possibile ogni insensatezza e delirio ufficiale con una zelante obbedienza preventiva. Non è forse questo ideologia e balsamo per il bistrattato filisteismo vetero di sinistra? Il libero volgersi della ritirata in una partenza? No. Nessuno dice: sarà meglio, si intravede una luce. Ecco proprio un «uomo nuovo», che al mattino scrive poesie, al pomeriggio produce spille e alla sera va a pescare. Ma chi interpreta lo slittamento dei temi, i cambiamenti sociali e di consapevolezza degli ultimi due decenni nella Repubblica federale tedesca solo nella prospettiva della passata lotta di classe versione giovani esploratori, rimane imprigionato nell'immobilità delle sue premesse, che stanno diventando false. Adorno aveva motivato il congedo dall'individuo con la fine della sua forma di esistenza economica. Proprio qui sta l'errore: nella struttura dello Stato del benessere l'individualismo riceve una base economica storicamente nuova; non nell'impresa, ma nel mercato del lavoro o, più esattamente, in quel mercato organizzato del lavoro, regolato dai contratti tariffari e dal diritto sociale, con le sue esigenze di formazione e di mobilità. Il singolare tipo sociale che sorge qui, d'isolamento senza ulteriore specificazione, di standardizzazione che si compie autonomamente, non significa certo il risorgere dell'individualismo borghese dopo il suo decesso. Ma non è neppure la falsa coscienza di un proletariato individualisticamente illuso riguardo alla sua condizione di classe, che ora è stato definitivamente sopraffatto dagli squilli di sirena ideologici del capitale. È - in breve o se possibile in modo abbreviato - colui che, condannato alla libertà di scelta, mette in scena il suo percorso di vita. Nella società individualizzata il singolo deve imparare, pena la sua continua umiliazione, a vedere se stesso come un centro di azione, come un ufficio di programmazione delle possibilità e degli obblighi della sua esistenza. La «società» deve essere concepita, in rapporto a ciò che condiziona il corso di vita in formazione, come una «variabile», che può essere utilizzata individualmente. Sicuramente la scarsità di opportunità d'istruzione è un problema che tocca tutti. Ma come posso studiare ancora medicina con una media inferiore a quella richiesta? Le determinazioni sociali che influenzano la propria vita devono essere
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elaborate minuziosamente come «variabili ambientali» e devono essere attenuate o evitate attraverso la cosiddetta «fantasia progettuale». È richiesto un modello attivo dell'agire quotidiano, che abbia al centro l'io, gli assegni e apra possibilità di azione e permetta, in questo modo, di controllare sensatamente i vincoli insorgenti nel configurare il proprio corso di vita e le relative possibilità di decisione. Questo significa che si sviluppa qui, sotto la superficie di messe in scena intellettuali ai fini della propria sopravvivenza, una immagine del mondo incentrata sull'io, che - per così dire - capovolge il rapporto tra io e società, e lo pensa e rende utilizzabile allo scopo di dare forma al corso di vita individuale. La differenziazione delle «condizioni individuali» procede però di pari passo con un alto grado di standardizzazione. Più precisamente, proprio i mezzi che producono l'individualizzazione, producono anche una standardizzazione. Questo vale per il mercato, il denaro, il diritto, la mobilità, l'istruzione, e così via, di volta in volta in modo diverso. Le emergenti condizioni individuali sono sempre più dipendenti dal mercato (del lavoro). Sono addirittura il perfezionamento della dipendenza dal mercato fino a tutte le fibre dell'esistenza (e della sua sicurezza). Esse sorgono nella società completamente sottomessa al mercato e al mercato del lavoro, che non conosce se non in casi limite le tradizionali possibilità di sostentamento (per esempio attraverso il matrimonio). Però anche questa contemporaneità d'individualizzazione e standardizzazione comprende in maniera ancora insufficiente le emergenti condizioni individualizzate poste dal mercato del lavoro. Queste mostrano, cioè, un taglio di un nuovo tipo: invadono i domini separati del privato e del pubblico. Quello che è apparentemente al di là delle istituzioni si trasforma nell' aldiqua della biografia individuale che si forma attraverso le scelte. Così l'esistenza individuale privata sta diventando sempre più energicamente e visibilmente dipendente da rapporti e decisioni che si sottraggono totalmente alla sua presa. Sorgono situazioni rischiose, conflittuali e problematiche, che si oppongono, per via della loro origine e del loro carattere, a ogni rielaborazione individuale. Queste abbracciano in tal modo quasi tutto ciò che è politicamente discusso e contestato: dalle cosiddette «maglie della rete sociale» passando per gli accordi sui salari e le condizioni di lavoro fino alla difesa dagli abusi burocratici, allo stanziamento di offerte
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di formazione, alla disciplina dei problemi di traffico, alla prevenzione della distruzione ambientale ecc. L'individualizzazione sta dunque facendo presa in una situazione le cui condizioni di fondo permettono meno che mai un'affermazione individuale. Detto altrimenti: il corso di vita personale assume sempre più il doppio volto di una condizione individuale dipendente dalle istituzioni. Quindi sono oggi certamente sempre più le decisioni e le scelte, le azioni o le omissioni individuali di una persona, che indirizzano in determinati binari di vita e in un conseguente posto nella struttura sociale, cose come il frequentare un determinato tipo di scuola, il superamento o meno di un esame, la scelta di questa o di quella professione. Però, e proprio questo è il punto decisivo, sono tali tipi di comportamento, che inizialmente appaiono come del tutto privati, a essere anche legati in molti modi agli sviluppi politici e alle prescrizioni istituzionali. Così si dimostra efficace nei cambiamenti d'indirizzo fin dentro al destino del tutto personale, per esempio, l'obiettivo di turno della politica dell'istruzione, che una volta scopre i gruppi sfavoriti e fornisce loro borse di studio, poi di nuovo riduce questi incentivi e al loro posto ambisce a incrementare le élites; o la regolamentazione in materia di diritto di famiglia e del divorzio, di legislazione fiscale e di pensioni di reversibilità, che - a seconda della classificazione fiscale in celibi e nubili, sposati, vedovi, divorziati - favorisce o blocca la disponibilità verso il matrimonio. Insieme a questa dipendenza dalle istituzioni cresce contemporaneamente la suscettibilità a crisi della biografia individuale. La chiave della sicurezza di vita si trova nel mercato del lavoro. L'idoneità al mercato del lavoro comporta una formazione. Chi viene privato dell'una o dell'altra si trova materialmente davanti al nulla. La disponibilità di posti da apprendista mantiene così la dimensione dell'ingresso nella società. Di conseguenza, intere generazioni possono, attraverso alti e bassi congiunturali o demografici, sprofondare nell'emarginazione esistenziale. Questo significa che le condizioni individuali dipendenti dalle istituzioni stanno facendo sorgere, nel corso dello sviluppo demografico e delle congiunture economiche e del mercato del lavoro, specifiche discriminazioni o favoritismi generazionali, delle cosiddette condizioni da coorte. Queste appaiono sempre anche come mancanza di prestazioni di previdenza da parte delle istituzioni statali, che poste in questo modo sotto pressione dovrebbero cercare di ostacolare o
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compensare la programmatica mancanza di possibilità d'intere generazioni e classi di età attraverso le regolamentazioni giuridiche e attraverso le redistribuzioni dello Stato sociale. Le istituzioni al contrario agiscono sulla base di categorie giuridiche fisse che rispecchiano «biografie normali», alle quali corrisponde sempre meno la realtà. Per esempio alla base della previdenza sociale stanno degli standard che, di fronte alla crescente disoccupazione di molti, non possono essere realizzati e ai quali è sfuggito lo sviluppo delle condizioni di vita nella famiglia e tra uomini e donne. La concezione di «sostegno della famiglia>> è stata respinta da una famiglia dai ruoli suddivisi e mutevoli, come quello di guadagnare, di prendersi cura, di assistere e di educare i figli. Al posto di una famiglia «completa» sono subentrate come varianti delle famiglie «incomplete». Il crescente gruppo di padri singles si vede discriminato da una legge sul divorzio strettamente ancorata al monopolio della madre. A una società sviluppata lungo gli assi della condotta di vita del1' organizzazione sociale industriale - strati sociali, famiglia ristretta, ruoli di genere - sta quindi di contro un sistema d'istituzioni assistenziali, amministrative e politiche, che ora assumono sempre più una sorta di/unzione di sostituti dell'epoca industriale che si sta ormai concludendo. Esse operano su una vita «anomala» rispetto agli standard di normalità burocratici che disciplinano in termini normativi e pedagogici e si trasformano così nei garanti e nei difensori delle passate sicurezze, che ora valgono solo per una parte sempre più piccola della popolazione. Si aggravano i contrasti tra una «normalità» istituzionalmente delineata e una socialmente valida, e l'edificio della società industriale minaccia di essere inefficace in ambito giuridico-normativo. Sorge, in conclusione, un'altra, nuova forma di soggettività e individualità sociale nella quale il privato e il politico si mescolano, si incrociano, si sospingono a vicenda. Ciò significa anche che l'individualizzazione non significa individuazione, ma piuttosto un ibrido tra coscienza di sé e coscienza legata al consumo. L' autoconsapevolezza, che esce dalla sua ricerca, dalla sua incertezza, forse persino dall'aver trovato la sua assenza, che ha accettato come fondamento, come elisir di lunga vita, l'impossibilità di conciliazione e il cinismo della sua applicazione. In un certo modo nascono piccoli Kafka di massa, banali e reali personaggi di romanzo, che sanno muoversi tra i paradossi come peso m un acquario, al modo delle figure kafkiane.
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Capitolo primo
Eppure non è esagerato dire che, nel disordine dei rapporti tra i sessi, nell'impegno contro gli scempi ambientali e le minacce alla pace, è stato anche autonomamente e personalmente riscoperto l'illuminismo, al di là della reverenza ai monumenti della grande filosofia, nell'informale mancanza di teorie, per così dire ai fini di un uso biografico. Si potrà considerarlo un nome altisonante per una piccola faccenda. Se è vero, tuttavia, che l'illuminismo ha qualcosa a che vedere con lo strappare un pezzo della propria vita allo strapotere delle relazioni, allora questa piantina di autoliberazione, che viene oggi scoperta e curata nel giardino della propria esistenza, è per così dire una specie selvatica, di bosco o di campo, più antica o collaterale, di quell'orchidea illuminista selezionata filosoficamente, della quale oggi si parla principalmente in connessione con il prefisso «post». Non andrà minimizzato il fatto che oggi le persone conducano una sorta di «danza intorno all'aureo sé», che si perdano definitivamente nella giungla metropolitana di branche terapeutiche in sicura crescita. Chi però vede solo questo non riconosce il nuovo, che qui si mostra anche se tentennante, perso nell'errore, e in lotta con clichés linguistici inutili e inefficaci. Sono queste esperienze che, secondo le teorie dominanti, non dovevano accadere, anzi, che non possono darsi per niente, ma che si danno invece, persino nella loro forma più concreta e decisa; esperienze che cambiano profondamente dall'«interno» la vita delle persone e della società. Abbiamo a che fare qui con qualcosa che per gli uni è la cosa principale e più concreta, per gli altri è una mera stupidaggine. Dunque parlarne significa stare al confine tra due concetti di esperienza; il che è però di nuovo per gli uni del tutto superfluo, per gli altri assolutamente insensato. Ai primi una tale spiegazione delle proprie esperienze individuali può non aggiungere nulla, resta per loro ridicola e astratta. Per i secondi si parla di qualcosa d'inesistente o, quantomeno, di qualcosa del quale non si può parlare sensatamente. Proprio qui sta il dilemma: in modo sotterraneo si diffonde e acquista significato un'esperienza, una possibilità di azione nel rapporto con se stessi e con il mondo, parlare della quale è per gli uni inutile, per gli altri impossibile. In questo senso parlare di « età del narcisismo» (Lasch) è in un certo modo corretto, ma anche riduttivo e fuorviante. Così si misconosce la portata e la profondità d'azione dello sviluppo in atto. I mondi vitali
Libertà o amore
sono entrati, individualizzati progressivamente e involontariamente, in una fase storica di ricerca e di sperimentazione. Si tratta qui di «fare esperienza» (erleben), nel senso attivo del termine, di nuove forme del sociale contro il dominio delle prescrizioni di ruolo (marito, moglie, famiglia, carriera), che diventano sempre più irreali. Si tratta della libertà di esprimere e di seguire gli impulsi e i desideri che finora si era abituati a reprimere. Ci si prende la libertà di godersi la vita ora e non solo in un futuro lontano, di sviluppare e di coltivare consapevolmente una cultura del piacere; ma anche la libertà di trasformare le proprie esigenze in diritti e, se necessario, di rivoltarsi contro prescrizioni e doveri istituzionali. Si costruisce una libertà di coscienz'a di come la propria vita sia da proteggere e assicurare contro attacchi estranei e di come ci si debba impegnare socialmente e politicamente là dove si fa personalmente esperienza del fatto che questo spazio libero sia minacciato. E lo si fa, se possibile, davanti alle forme e ai fori visti in precedenza dell'articolazione e organizzazione politica degli interessi. 48 Da queste esperienze emergono anche accenni a una nuova etica, che si basa sul principio dei «doveri davanti a se stessi», che non deve essere fraintesa in senso solipsistico, ma come espressione dello sforzo di determinare qualche cosa di nuovo dal punto di vista sociale e individuale, tenendo presenti le identità sociali, sfuggenti e progettuali. La scoperta e il superamento di regolamentazioni nella propria vita e nel proprio modo di pensare e di vivere diventano un compito di lungo periodo, diventano essi stessi un processo di apprendimento individuale e sociale. Al posto dell'immagine statica di essere umano finora dominante si fa avanti un'immagine aperta e in trasformazione, che dipende anche dalla capacità di autotrasformazione degli uomini. L'immagine che gli esseri umani hanno di se stessi, costruita dall'interno dei ruoli sociali nel modo di pensare e di vivere, non è, in questo senso, che un'ipotesi storica (e un'ipoteca), dalla quale non si è ancora usciti. I sentieri lunghi e inesplorati che vengono percorsi collettivamente da ciascuno in modo individuale, sono alla fine l'esatto rovesciamento della successione di passi con la quale l'illuminismo è stato finora inteso e portato avanti. Non più la successione: conoscenza della natura, sviluppo di tecnologie, aumento della produttività, crescita della ricchezza materiale, cambiamento dei rapporti economici sociali e poli-
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Capitato primo
tici, e poi liberazione degli uomini. Al contrario la fine viene presuntuosamente anticipata: sviluppo del sé nei suoi blocchi e vantaggi sociali, nonché delle possibilità di allentarli e di forzarli praticamente in maniera autonoma; e poi dall'ambito del matrimonio, della famiglia, dei rapporti tra i sessi sul lavoro, della politica e delle istituzioni rielaborare il rapporto con la natura e la tecnologia. Sempre in riferimento al problema centrale: scoperta e sviluppo dell'io nel sociale, e definizione di un sociale che renda possibile una intercambiabile liberazione e ritrovamento dell'io.
2.
Dall'amore alla relazione? Mutamenti nel rapporto fra uomo e donna nella società individualizzata
I testi delle canzoni continuano a cantare la storia dell'amore eterno. Nelle inchieste si nomina ancora la vita a due come paese della speranza, come quel luogo appunto in cui si trova vicinanza, tenerezza, un mondo opposto a quei freddi deserti di cemento che stanno fuori. Ma contemporaneamente l'immagine del sano mondo della famiglia ha già subito profonde incrinature. Sullo schermo e sul palcoscenico, nei romanzi come nell'inerme balbettio delle storie di vita, ovunque si guardi, nel campo visivo entra un trambusto da battaglia. La lotta dei sessi è il dramma centrale dell'epoca. Gli affari dei consulenti matrimoniali prosperano, i giudici familiari hanno una congiuntura favorevole, le cifre dei divorzi sono alte. E anche nella vita quotidiana delle famiglie normali si pone sottovoce la domanda: perché, ma perché vivere insieme è così difficile? Il motto, per trovare la risposta, si può riassumere in una frase di Elias: «Abbastanza spesso non si può affatto capire ciò che accade oggi se non si sa che cosa è accaduto ieri ». 1 Diamo perciò innanzi tutto uno sguardo al passato. Vedremo come là dove gli esseri umani sono liberati dai legami, dalle direttive, dai controlli della società premoderna, incominciano le nuove speranze dell'amore, ma nel contempo anche i suoi nuovi conflitti. Dal concorso di entrambi nasce quella miscela esplosiva che sperimentiamo come amore oggi. r. L'amore diventa più importante che mai
La dissoluzione dei legami tradizionali Nel confronto tra società premoderna e moderna si mette sempre in rilievo che la vita degli
Capitolo secondo
esseri umani era in passato determinata da una pluralità di legami tradizionali - dall'economia familiare della comunità di villaggio, dalla patria e dalla religione fino al ceto sociale e all'appartenenza di sesso. Tali legami hanno sempre un doppio volto. 2 Da una parte limitano rigorosamente le possibilità di scelta del singolo. Dall'altra offrono anche intimità e protezione, una base di stabilità e d'identità interna. Se esiste questa base l'essere umano non è mai solo, ma sempre al sicuro in un tutto più grande. 3 Per esempio la religione: Il coinvolgimento dei nostri antenati in rappresentazioni religiose cristiane (. .. ) significava contemporaneamente coinvolgimento del loro piccolo mondo, del loro microcosmo, in un grande mondo, nel macrocosmo(. .. ). Dal coinvolgimento del microcosmo nel macrocosmo, dall'essere al sicuro di centinaia e migliaia di piccoli mondi nel grande mondo unificante, che da parte sua secondo le rappresentazioni cristiane riposava nelle onnicomprensive braccia di Dio, conseguiva non soltanto che anche il più piccolo degli esseri umani non combatteva mai una battaglia perduta, non era mai abbandonato solo a se stesso; piuttosto una simile concezione del mondo deve allora aver portato presso i nostri antenati anche a una stabilità psichica che nemmeno il peggior infuriare di peste, fame e guerra poteva facilmente squilibrare. 4
Con il passaggio alla società moderna si hanno poi, a vari livelli, sviluppi che introducono un'ampia individualizzazione, un proscioglimento dell'essere umano dai legami, dai sistemi religiosi e dalle relazioni sociali tradizionali. A questi si collegano nuove forme del corso della vita, sul piano sociostrutturale nuove possibilità e nuove richieste; sul piano soggettivo nuovi modi di pensiero e di comportamento. Questo processo inizia, come scrisse Max Weber nell'Etica protestante, già con le dottrine della Riforma che eliminano la sicurezza della salvezza propria di epoche precedenti e lasciano gli esseri umani in un profondo isolamento interno. 5 Questo processo prosegue nei secoli successivi a molti livelli - dalla formazione di un complesso sistema economico e da un'ampia infrastruttura sociale fino all'aumento di secolarizzazione, urbanizzazione, mobilità ecc. -, comprende gruppi e ambiti di vita sempre più vasti e raggiunge, ai tempi nostri, una dimensione storicamente unica. Il risultato di tutti questi sviluppi è che a poco a poco comincia a formarsi una richiesta e una coazione alla vita propria (al di là della comunità e del gruppo). Questo proscioglimento dai legami tradizionali reca per il singolo una liberazione dai controlli e dalle costrizioni precedenti. Ma contemporaneamente vengono abrogate anche quelle condizioni che
Dall'amore alla relazione?
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davano sostegno e sicurezza alla persona della società premoderna. Dalle richieste del mercato del lavoro, passando per la mobilità sociale e geografica, fino alla pressione dei consumi e dei mass media, tutti disgregano - in forme in parte dirette e in parte indirette, in spinte sempre nuove e con forza corrispondentemente crescente - molti dei legami e delle relazioni sociali tradizionali che collegano l'individuo con il suo ambiente, la sua origine, la sua storia. Nel quadro della crescente secolarizzazione, della pluralizzazione dei mondi di vita, della concorrenza di valori e sistemi religiosi vengono eliminati molti riferimenti che prescrivevano al singolo una immagine del mondo, una connessione fondante di senso, un ancoraggio della propria esistenza in un cosmo più grande. La conseguenza è - come descritto spesso dalla filosofia e dalla storia fino alla sociologia e alla psicologia - una perdita profonda di stabilità interiore. Con il «disincanto del mondo» (Weber) inizia uno stato d'«interna mancanza di patria», 6 l'isolamento nel cosmo. Come esempio le trasformazioni nel rapporto tra essere umano e natura descritte da Carl Gustav Jung: Nella misura in cui si è accresciuta la nostra comprensione scientifica, il nostro mondo
è stato disumanizzato. L'uomo si sente isolato nel cosmo perché non è più collegato con la natura e ha perso la sua «identità inconscia» emozionale con i fenomeni naturali. Questi hanno perso gradualmente il loro contenuto simbolico. Il tuono non è più la voce di un dio irato e il fulmine non è più il suo dardo punitivo (. .. ). Non vi sono più voci che parlano agli uomini dalle pietre, dalle piante e dagli animali, e lui stesso non parla più a loro nella credenza che essi lo comprendano. Il suo contatto con la natura è andato perduto e insieme anche la forte energia emotiva che aveva effettuato questo collegamento simbolico. 7
Si può dire che questo rappresenta un primo stadio del processo d'individualizzazione: nel quadro di secolari sviluppi vengono a poco a poco disgregati modelli interpretativi e sistemi religiosi tradizionali, in breve le risposte socialmente prescritte. Uno stadio ulteriore inizia quando il singolo si trova sempre più a fronteggiare nuove domande, stadio particolarmente avvertibile nella seconda metà di questo secolo, e precisamente non da ultimo con l'ampliarsi delle possibilità di vita e d'istruzione. Così il livello di vita proprio anche degli strati inferiori della popolazione è migliorato negli anni cinquanta e sessanta in una misura che fu qualificata come «spettacolare, ampia e rivoluzionaria dal punto di vista storico-sociale». 8 Se le generazioni precedenti spesso non conoscevano altro che la lotta quotidiana per la
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sopravvivenza, un circolo monotono di miseria e fame, ora larghi gruppi sociali raggiungono un livello materiale che permette libertà d'azione e possibilità di strutturazione del modo di vivere. 9 Vi si aggiunge l'espansione dell'istruzione che inizia negli anni sessanta. Sempre più adolescenti vengono affrancati dall'obbligo del guadagnare denaro presto e da un precoce logoramento fisico e psichico. Essi ottengono accesso alla giovinezza in senso sociologico, come periodo di aspettativa e moratoria. 10 Ottengono accesso più che mai a contenuti culturali non limitati a conoscenze elementari ma che programmaticamente introducono anche in altri ambiti di esperienza, altri modi di pensare, altre tradizioni. La conseguenza di tali mutamenti sociostrutturali è che per la prima volta per larghi gruppi possono sorgere domande che vanno oltre l'immediata assicurazione dell'esistenza. Proprio là dove l'esistenza è in certa misura alleggerita dalle costrizioni materiali, domande sul senso di questa esistenza, sul senso del proprio fare, possono dispiegare una nuova forza pressante. Sono i vecchi temi filosofici che ora penetrano nel mondo della vita privata: Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Essi recano nuove sfide, ma anche nuove forme di carico, anzi di sovraccarico. I vecchi modelli interpretativi sono diventati fragili, nuovi dubbi si impongono: con questi il singolo ora è solo. E non tutti possono trovare risposte proprie. Ciò che resta sono paure e insicurezze che non riguardano più le cose materiali ma appunto ciò che va oltre: il senso. Secondo lo psicoterapeuta Viktor E. Frankl la «sofferenza per la vita priva di senso» è diventata il problema psichico prioritario del presente: oggi non siamo più, come al tempo di Freud, di fronte a una frustrazione sessuale, ma a una frustrazione esistenziale. E il paziente tipico di oggi non soffre più tanto quanto al tempo di Adler per un senso di inferiorità, bensì per un sentimento abissale di mancanza di senso associato a un sentimento di vuoto( ... ) un vuoto esistenziale. 11
La nascita della stabilità riferita alla persona La forma di vita predominante fino al secolo XVIII non era la famiglia nel senso odierno, ma il governo domestico della famiglia allargata, una comunità economica. Suo imperativo supremo erano l'assicurazione quotidiana del1' esistenza e la conservazione della successione generazionale. In queste condizioni non restava quasi spazio per le inclinazioni, i sentimenti, le motivazioni personali. La scelta del partner e il matrimonio erano
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piuttosto un accordo prevalentemente economico. Poco ci si curava che i futuri coniugi fossero adatti (o non adatti) l'uno all'altro. La « felicità personale» (. .. ) per il contadino era racchiusa nello sposare una donna con la quale lavorava, che gli partoriva figli sani e con la sua dote lo preservava dai debiti. Non si può certo contestare che anche questa sia una specie di felicità. L'amore riferito alla persona del partner in sé, indipendentemente da questo fondamento, non aveva però quasi possibilità di svilupparsi. 12
Come mostra la ricerca storico-sociale, nel passaggio alla società moderna è iniziato anche un profondo cambiamento del matrimonio e della famiglia: la comunità lavorativa di un tempo assume sempre più il carattere di una comunità di sentimenti. Con la nascita della famiglia borghese si giunge a un «riempimento sentimentale dell' ambito interno della famiglia», 13 al formarsi di quel privato e di quella intimità che caratterizzano la nostra immagine moderna di famiglia. Non è certo un caso che ciò accada in un'epoca nella quale i legami tradizionali cominciano a essere fragili. Poiché lo spazio interno della famiglia, sul quale si concentrano ora i sentimenti e i legami, assume palesemente una funzione di compensazione: esso crea una sostituzione dei modelli interpretativi è delle relazioni sociali che vengono sciolti con il passaggio alla modernità. È il subentrante isolamento e lo svuotamento di senso che dà impulso alla nostalgia della famiglia: la famiglia come patria per rendere sopportabile l' «interna mancanza di patria», come «porto» in un mondo divenuto estraneo e inospitale.14 Qui nasce una forma storicamente nuova d'identità che si può forse designare nel modo più appropriato come stabilità riferita alla persona. Quanto più i legami tradizionali perdono importanza, tanto più le persone immediatamente vicine diventano importanti per la coscienza e l'autocoscienza dell'individuo, per il suo posto interno nel mondo, anzi per il suo benessere fisico e psichico. A illustrazione empirica un risultato di studi che riguardano la connessione fra sostegno sociale e malattia cronica. Qui si è dimostrato che la stretta relazione di fiducia con un'altra persona dà una importante protezione psichica e facilita notevolmente l'adattamento a mutamenti diventati necessari nella vita: Anche quando(. .. ) le possibilità di contatto sociale di una persona si riducono notevolmente, per esempio (. .. ) per il ritiro dal mondo del lavoro, ciò non comporta necessariamente un'aumentata inclinazione per esempio alle depressioni, se soltanto permane il «confidente». La qualità di questa relazione specifica con una persona alla
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quale si dà piena fiducia, sulla cui comprensione si può sempre contare e alla quale ci si può rivolgere in qualunque momento anche con i propri problemi personali, appare essere conseguentemente un particolare fattore protettivo. 15
Amore e matrimonio come ancora dell'identità interna In certo qual modo come parte centrale di questa «stabilità riferita alla persona» si forma una nuova comprensione dell'amore. È il modello dell'amore romantico e duraturo nello stesso tempo, che nasce dall'intimo legame sentimentale fra due persone e che dà contenuto e senso alla loro vita. L'altro diventa quello che il mondo significa per me, e il sole e la luna e inoltre tutte le stelle. Prendiamo come esempio una poesia d' amore classica: Du bist mein Mond (Tu sei la mia luna) di Friedrich Ri.ickert. 16 Tu sei la mia luna, e io sono la tua terra; tu dici che giri attorno a me. Io non so, so soltanto che avrò luce nelle mie notti attraverso di te (. .. ) Tu mia anima, tu mio cuore, tu mia delizia, o tu mio dolore, tu mio mondo, nel quale io vivo, mio cielo tu, in esso sto sospeso; o tu mia tomba, giù nella quale diedi per sempre i miei affanni! Tu sei la tranquillità, tu sei la pace, tu sei il cielo a me destinato, che tu mi ami mi dà valore, il tuo sguardo mi ha trasfigurato ai miei occhi, tu mi innalzi con l'amore al di sopra di me. Mio spirito buono, mio io migliore'
Questa è la forma esemplare di una stabilità riferita alla persona, che si fonda sull'amore romantico. Il suo nucleo interno si può descrivere nel modo seguente: quanto più vengono a mancare altri riferimenti di stabilità, tanto più il nostro bisogno di dare senso e ancoraggio alla nostra vita si rivolge verso la relazione a due. Sempre più puntiamo ora la nostra speranza su un'altra persona, quest'uomo, questa donna: lui o lei deve garantirci stabilità in un mondo che gira sempre più velocemente. Riassunto sobriamente in una frase di Pfeil: «L' "amore coniugale romantico" diventa addirittura necessario in questo ambiente ».17 Più chiaramente in Benard e Schlaffer:
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Forse era più facile in passato. Si credeva nella Chiesa, nello Stato, e si credeva che si sarebbe andati in Cielo se si era una buona moglie e una buona madre. Ora dopo che Dio se proprio non è morto, perlomeno sembra partito, restano soltanto gli esseri umani come fonti di senso esistenziale. Il posto di lavoro non è per i più (. .. ) un luogo veramente assorbente che dia soddisfazione e senso. Rimane la famiglia, la relazione con le persone, per il cui benessere ci si vuole impegnare. Comprensione, comunicazione e cura si riducono alla cerchia ristretta delle relazioni immediate. Se non si hanno relazioni si è ridotti alle gelide interazioni di giorni ufficializzati. Il tempo passa, e a che scopo? La domanda sul senso diventa più sopportabile se si ha come punto di fuga e di orientamento un'altra persona o altre persone (. .. ). In un cosmo vuoto ci si può allestire una piccola isola di civiltà. 18
Su questo sfondo anche il matrimonio acquista un nuovo significato, quello appunto che ci è familiare oggi. Studi sociologici e psicologici ne hanno messo in rilievo il modello fondamentale. Così il matrimonio diventa una istanza centrale per la «costruzione sociale della realtà»: 19 nel vivere insieme di uomo e donna viene costruito un universo comune fatto d'interpretazioni, giudizi, aspettative, che va dagli accadimenti banali di ogni giorno fino ai grandi avvenimenti della politica mondiale. Esso si sviluppa nel dialogo verbale o non-verbale, in abitudini ed esperienze condivise, in un continuo gioco fra alter ed ego. In generale l'immagine del nostro mondo viene trattata, rimessa a posto e spostata, messa in discussione e rafforzata. E non soltanto la costruzione sociale della realtà ma, più ancora, anche quella dell'identità diventa tema fondamentale del matrimonio. Questo è il lato che mettono in luce in special modo gli studi psicologici: nello scambio con il consorte cerchiamo anche noi stessi. Cerchiamo la storia della nostra vita, vogliamo riconciliarci con le nostre delusioni e ferite, vogliamo abbozzare le nostre speranze e le mete della vita. Ci specchiamo nell'altro, e l'immagine del tu è essenzialmente anche un'immagine di desiderio dell'io: «Tu sei un'immagine della mia vita segreta», 20 «il mio io migliore». 21 Il matrimonio diventa una istituzione, « specializzata nello sviluppo e nella stabilizzazione della persona».22 Amore e identità si intrecciano direttamente l'uno nell'altro. Così nel primo stadio dell'innamoramento: L'innamoramento è una ricerca della propria più profonda autenticità, un cercare di essere se stessi fino in fondo. Questo viene ottenuto grazie ali' altra persona, al dialogo con lei, all'incontro in cui ciascuno cerca nell'altro il riconoscimento, l' accettazione, la comprensione, l'approvazione e la redenzione di ciò che è stato ed è realmente .23
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Così nella conversazione familiare di una coppia di lunga data: Il passato con i suoi problemi irrisolti e i suoi dolori si libera. No, il passato e il presente, che ogni essere umano è, cerca risposta alla domanda: chi sono io e a che scopo sono qui? E prima di tutto cerca un altro, che voglia ascoltare questa domanda; come se ci si potesse comprendere solo se qualcuno ascolta e come se la propria storia si completasse soltanto nell'orecchio dell'altro (. .. ). Così nasce e si conferma, si corregge e muta nel colloquiare l'immagine che ogni coniuge ha di sé e del mondo (. .. ) sempre viene discussa quell'unica cosa che è l'identità personale, la domanda: chi sono io, chi sei tu? 24
Tuttavia le esperienze che si raccolgono nella consulenza matrimoniale e più che mai le cifre delle separazioni fanno vedere direttamente che questo dialogo, cercato dapprima in modo tanto passionale, in seguito spesso fallisce. Ristagna, viene limitato da zone proibite sottaciute; è interrotto o rotto del tutto. Perché è così? Questo è il tema dei capitoli seguenti. Essi mostreranno come entrambi gli sviluppi - la crescente nostalgia come il frequente fallimento - abbiano una radice comune. Riassunto in una frase: non solo le speranze dell'amore, ma più che mai le sue delusioni rimandano alla crescente individualizzazione che ha inizio con la modernità.
2.
L'amore diventa più difficile che mai
Le possibilità e le costrizioni della propria vita I legami tradizionali della società premoderna contenevano regole di comportamento e prescrizioni rigorose. Quanto più queste vengono sciolte, tanto più diventa possibile un allargamento dell'ambito di vita, un acquisto di spazi d'azione e di possibilità di scelta. Il corso della vita diventa più aperto e più plasmabile in molti punti. 25 La conseguenza immediata di tale plasmabilità è che il singolo si trova di fronte a decisioni da prendersi a sempre più livelli, dai banali problemi di ogni giorno (dove andare in vacanza, quale marca di automobile?) fino a quelli che riguardano la pianificazione della vita a lunga scadenza (quale corso di addestramento, quanti figli?) Da lui si esige che sia un cittadino maggiorenne e un consumatore critico, consapevole circa i prezzi e consapevole circa l'ambiente, informato su tutto, dall'energia nucleare fino all'uso dei farmaci. Questo «vivere con un'offerta eccessiva di possibilità di scelta » 26 è spesso sentito - dicono le
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teorie della modernizzazione - come una pretesa eccessiva per il singolo. Tuttavia finora non si è visto abbastanza che ciò comporta nuovi aggravi proprio quando il singolo non vive più come singolo ma a due. Poiché allora in tutte le questioni che direttamente o indirettamente riguardano il partner - dal programma televisivo fino alla meta delle vacanze, dall'arredamento dell'abitazione fino all'educazione dei figli-, le rappresentazioni e i desideri, le abitudini e le norme di due persone nello stesso tempo devono essere immessi nel processo decisionale. Le conseguenze sono prevedibili: quanto maggiore la complessità nel campo decisionale, tanto maggiore anche il potenziale conflittuale nel matrimonio. Questo potenziale conflittuale viene ulteriormente aumentato per il fatto che sul rovescio della nuova plasmabilità compaiono nuove richieste e nuove costrizioni. Così le pianificazioni e le decisioni sono in certo senso libere, ma nello stesso tempo determinate strutturalmente dalla logica dell'individualizzazione, che ora interviene nel corso della vita. Poiché con lo scioglimento della famiglia come comunità economica nascono nuove forme di assicurazione dell'esistenza, mediate sul mercato del lavoro e riferite alle singole persone. In questo, il comportamento di chi lavora è subordinato alle leggi del mercato - per esempio mobilità e flessibilità, concorrenza e carriera -, che difficilmente hanno riguardo per i legami privati. Chi però non segue tali leggi, rischia posto di lavoro, reddito e posizione sociale. Dal punto di vista idealtipico, l'io diventa qui il punto centrale di un complicato sistema di coordinate che comprende molte dimensioni - dalla formazione e dalle domande e offerte d'impiego fino all'assicurazione malattia e alla pensione per la vecchiaia -, che deve essere continuamente attualizzato e riveduto. Soprattutto le richieste del mercato del lavoro diventano un asse centrale della pianificazione personale del futuro: Per la maggior parte delle persone il principale vettore istituzionale della pianificazione della vita è il mercato del lavoro e il proprio rapporto con esso( ... ); il principio organizzativo fondamentale per progetti biografici è la propria professione, e altri abbozzi di carriera ruotano attorno alla professione e da essa dipendono. 27
Qui comincia poi ad agire una serie di sviluppi sociostrutturali che appaiono in modo particolarmente chiaro nel dopoguerra della Repubblica federale: la mobilità nelle sue molteplici forme - mobilità locale, sociale e quotidiana nel cambio tra famiglia e professione; tra
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lavoro e tempo libero; tra formazione, attività remunerata, pensione scioglie le persone sempre e di nuovo dai legami predeterminati (vicini, colleghi, cultura regionale ecc.). In modo simile l'istruzione distanzia di un certo tratto dall'ambiente di provenienza. Le patenti d'istruzione acquisite individualmente secondo la «prestazione» aprono carriere individuali del mercato del lavoro, che si svolgono bensì tipicamente per interi gruppi professionali, ma costringono tuttavia il singolo a farsi punto di riferimento di preparativi e decisioni, di successi e omissioni. La partecipazione al mercato del lavoro richiede mobilità e presuppone una istruzione, cosicché le diverse componenti si integrino e si rafforzino. Questa descrizione esterna comprende solo una parte dei mutamenti che qui ci interessano. Poiché la logica dell'individualizzazione che guida la plasmabilità di principio del corso della vita nella direzione di determinate decisioni e azioni, ha anche conseguenze «interne» per le persone interessate. Conduce a una battaglia per il «proprio spazio», in senso letterale e traslato, alla ricerca del sé, alla lotta per l' autorealizzazione. Che queste voci oggi - in interviste, terapia, letteratura - abbiano un ruolo così importante, non è una esplosione di egoismo collettivo. Piuttosto questi temi sono espressione, per l'appunto, di quegli sviluppi sociostrutturali nel triangolo istruzione, mercato del lavoro, mobilità, ne sono in certa misura la continuazione fino nell'intimo della persona, e appaiono ora in massa nelle singole biografie come problema apparentemente individuale. Se la vita diventa « biografia autoprogettata », 28 l' autorealizzazione non è « semplicemente una nuova stella nel cielo dei valori, [ma] la risposta culturale alle sfide di una nuova situazione di vita» 29 oppure, detto con maggiore enfasi, una costrizione culturalmente data. E evidente la domanda: quanto spazio rimane nella biografia autoprogettata con tutte le sue costrizioni per un partner con piani di vita e costrizioni proprie? Non è l'altro destinato a diventare un'aspettativa estranea, anzi un fattore di disturbo? Fino a che punto è ancora possibile una convivenza nell'ambito di forme di vita in cui l' autorealizzazione diventa costrizione predeterminata? Quanto spesso devono nascere situazioni in cui da ultimo entrambe le parti, anche con la migliore volontà, si trattano tuttavia reciprocamente come due inonadi che non costruiscono un universo comune, ma difendono i loro universi separati: talvolta civili, talvolta esasperati e scoperti? -
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È interessante osservare da questo angolo visuale i nuovi modelli di amore, matrimonio, rapporto di coppia che oggi molti libri di consigli annunciano. In variazioni di ogni specie, formulate talvolta in modo più lieve, talaltra in modo molto più forte, si mostra una tendenza che fa dell'autoaffermazione una legge, non soltanto nel mondo esterno di professione e opinione pubblica, ma ora appunto anche nello spazio interno del privato. La formula magica è: autenticità. Le molto citate proposizioni della terapia della Gestalt, riprodotte su innumerevoli cartoline di saluto, manifesti e bicchieri dei caffè, esprimono il messaggio in modo chiarissimo. Faccio quel che faccio; e tu fai quello che fai. Io non sono in questo mondo per vivere secondo le tue attese. E tu non sei in questo mondo per vivere secondo le mie. E se per caso ci troviamo, meraviglioso. Se no, non c'è niente da fare. 30
Che contrasto con le poesie d'amore alla Riickert! Ora si deve ammettere che la maggior parte dei libri di consigli non arriva affatto a tal punto. Ma quanto meno vanno in una direzione analoga. Non più all'adattamento agli altri, no, si fa ora appello invece alla demarcazione cosciente. Viene esercitato il confronto costruttivo, il «no nell'amore». 31 La terapia deve favorire la comprensione «che per due persone che si amano non è affatto desiderabile di essere un cuore solo e un'anima sola». 32 E la raccomandazione data è «regolare quanti più aspetti possibile della convivenza quotidiana in un contrattomatrimonio »: dal diritto e dovere alla « libertà personale» fino alla «regolazione in caso di separazione». 33 In simili formule si rispecchia il modello fondamentale della individualizzazione, applicato alla vita a due. Il tentativo è di trovare forme di rapporti per individui autonomi con vite e diritti propri, per il difficile atto di equilibrio tra la propria vita e la vita a due. Ma si impone il sospetto: questo dilemma fondamentale della società individualizzata non viene talvolta trattato con ricette che più che risolvere il problema lo ingrandiscono ulteriormente? Se ora l'accento è posto sul fatto che il « litigare unisce »,34 quanto spesso la tensione creativa agognata viene raggiunta, e quanto spesso sta al punto, estremo la separazione creativa, lodata "1rttche dal titolo di un libro? 35
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Se simili trattative dovessero fallire, secondo un libro diverso, può esservi un «divorzio riuscito», - da non ritenersi affatto un fallimento - ma un divorzio che «è stato preso in considerazione in anticipo in termini di una mobilità personale verso l'alto, dove l'accento è posto non tanto su ciò che viene lasciato, e pertanto può essere perso, quanto su ciò che verrà in seguito, e che può essere incorporato in una nuova e migliore immagine». Dopo il divorzio riuscito, ci dice questo libro sulla modificazione del comportamento, le «piccole storie» possono essere utili(. .. ). La persona con una «immagine positiva di sé» non ha ragione di preoccuparsi della promiscuità. Tutte queste storie saranno «significative» in quanto contribuiranno tutte al « serbatoio di esperienze del sé».%
Se l'amore fallisce ancora una volta, se questa speranza non fa che spegnersi, se ne deve inventare un'altra. Il motto è allora: «Come essere il tuo migliore amico». 37 È questa la migliore speranza che resta? L'individualizzazione che produceva all'inizio la nostalgia romantica, introduce coerentemente e forzatamente in un nuovo stadio, nel mondo postromantico? Nel mondo postromantico in cui i vecchi legami non tengono più, tutto ciò che importa sei tu: tu puoi essere quello che vuoi essere; tu scegli la tua vita, il tuo ambiente e anche il tuo aspetto e le tue emozioni(. .. ). Le vecchie gerarchie di protezione e dipendenza non esistono più, ci sono soltanto contratti liberi, a cui si pone termine liberamente. Il mercato, che già molto tempo fa si è ampliato fino a includere i rapporti di produzione, si è ora ulteriormente allargato fino a includere tutti i rapporti. 38
Non solo diventa più aperta e più plasmabile la vita del singolo, ma specialmente anche la forma della vita a due. Nella società preindustriale vi era un modello chiaro, ancorato nelle esigenze dell'assicurazione dell'esistenza. Era il matrimonio come comunità lavorativa, in essa uomo e donna, ciascuno con un proprio ambito di lavoro e i figli importanti come forza-lavoro ed eredi. E oggi invece? Una serie infinita di domande: la donna deve avere un'attività lavorativa, sì o no, a tempo pieno o a metà tempo? L'uomo deve fare carriera in modo lineare, condividere i compiti professionali e familiari, o assumere addirittura la posizione del casalingo? Si vogliono figli, sì o no, quando e quanti? Se sì, chi provvede all'educazione, se no, chi deve praticare la contraccezione? Aumenta la probabilità che - qua o là, prima o poi - i partners arrivino a risposte diverse. E ciò non per motivi prioritariamente personali, perché manchi loro una disponibilità al compromesso e la buona volontà, bensì perché nelle loro rispettive biografie, in particolare nelle loro biografie professionali, sono posti di volta in volta limiti alla plasmabilità, poiché altrimenti possono darsi
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considerevoli svantaggi: l'offerta di lavoro in una città lontana, che per l'uno è un avanzamento professionale, spinge l'altro professionalmente fuori gioco. E accanto alla pluralità delle questioni di contenuto vi è poi ancora, sull'asse dei tempi, la franchezza: ogni decisione è revocabile nel corso del matrimonio. Anzi, deve persino essere revocabile dopo le costrizioni biografiche che sono predisposte nel corso individualizzato della vita, che esigono sempre e di nuovo dal singolo l'attualizzazione e l'ottimizzazione delle sue decisioni; che vengono nuovamente assunte e rafforzate dai nuovi ideali psicologici, che sollecitano a più franchezza, capacità di apprendimento, crescita. Simili postulati soccorrono - ciò è indubbiamente giusto - contro il mutismo e l'indifferenza di una quotidianità matrimoniale consolidata. Ma hanno anche i loro pericoli. Che cosa accade quando un partner vuole attenersi alla vecchia forma, l'altro non più; oppure, quando entrambi vogliono un cambiamento, soltanto in direzioni diverse? E casi simili sono tutt'altro che rari. Ci sono le coppie nelle quali all'inizio entrambi erano d'accordo che fosse la cosa migliore per tutti se la donna si dedicava interamente alla famiglia. Ma dopo qualche anno la donna soffre per la ristrettezza e l'isolamento del privato, vuole ritornare alla sua attività professionale; mentre l'uomo vive come soddisfacente il modello stabilito, ribadisce diritti consuetudinari, si sente minacciato dal cambiamento. Oppure l'esempio delle coppie che negli anni sessanta andavano all'ufficio di stato civile con rappresentazioni convenzionali di fedeltà; poi, qualche anno dopo, leggevano ovunque del «matrimonio aperto» come ricetta ideale. E che accade allora, se soltanto uno vuole attenersi alla sicurezza delle consuetudini e l'altro vuole sperimentare gli allettamenti del nuovo: chi avrà ragione? Talvolta nessuno. La ragione e il torto diventano categorie indistinte quando non c'è più un metro di misura comune, ma vi sono i metri di misura di due biografie con le loro diverse prescrizioni e costrizioni, e inoltre con il rapido cambiamento dei modelli. Quanto più si allarga lo spazio per interpretazioni soggettive, nelle quali penetrano i propri desideri - e precisamente per entrambi i partners, solo per lo più con una colorazione caratteristicamente diversa - tanto più spesso accade che perlomeno uno dei due si senta frainteso, offeso e tradito.
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Uomo versus donna Nei testi classici del movimento delle donne viene espressa frequentemente la speranza che quando finirà l'epoca dell'oppressione della donna inizierà anche una nuova e migliore relazione fra i sessi. Riassunto in una formula: Solo fra liberi e uguali è possibile il vero amore. Prendiamo come esempio la celebre Dichiarazione dei diritti delle donne, scritta da Mary Wollstonecraft nell'anno 1792: È vano aspettarsi la virtù dalle donne finché non siano in qualche misura indipendenti dagli uomini; no, è vano aspettarsi quella forza dell'affetto naturale che farebbe di loro buone mogli e buone madri. Finché saranno assolutamente dipendenti dai loro mariti saranno scaltre, meschine ed egoiste, e quegli uomini che possono essere gratificati dalla servile amorevolezza di un'affezione da spaniel, non hanno molta delicatezza, giacché l'amore non si può comprare (. .. ). Se soltanto gli uomini spezzassero generosamente le nostre catene e si accontentassero di un cameratismo razionale anziché di una servile obbedienza, ci scoprirebbero figlie più premurose, sorelle più affezionate, mogli più fedeli(. .. ). Allora noi li ameremmo con vero affetto perché impareremmo a rispettare noi stesse. 39
Difficilmente qualcuno vorrà affermare che le orgogliose speranze di allora si siano finora realizzate. Ma perché le cose sono andate diversamente? Consideriamo più attentamente il processo di modernizzazione, con particolare riguardo a uomini e donne. L'asserzione classica del dibattito sulla modernizzazione è che, con il passaggio alla modernità, il singolo viene emancipato dai riferimenti tradizionali. Tale affermazione, se la si confronta con i risultati della ricerca storicosociale sulla famiglia e sulle donne, è insieme giusta e sbagliata, o meglio, contiene solo la metà della verità. Ciò che essa taglia fuori è l'«altra» metà dell'umanità. All'inizio della modernità l'individualizzazione resta del tutto limitata agli uomini. Esemplare di questo, un passo nel diritto naturale di Fichte in cui il rapporto della donna con l'uomo viene descritto nel modo seguente: Colei che dona la propria personalità con affermazione della propria dignità umana, dona necessariamente all'amato tutto ciò che ha (. .. ). Il minimo che ne consegue è che essa cede a lui il proprio patrimonio e tutti i propri diritti, e va ad abitare con lui. Solo unita a lui, solo sotto i suoi occhi, e nei suoi affari essa ha ancora vita e attività. Essa ha smesso di condurre la vita di un individuo; la sua vita è diventata una parte della vita di lui (ciò viene caratterizzato in modo eccellente dal fatto che essa assume il nome del marito). 40
Riassumendo, lo storico americano Degler scrive: L'idea dell'individualismo in Occidente ha una lunga storia( ... ). John Locke e Adam Smith celebrarono i princìpi dei diritti e delle azioni individuali, ma gli individui
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che avevano in mente erano uomini. Nel complesso le donne allora erano pensate soltanto come assistenti coadiuvanti, certo necessarie, ma non individui di diritto. Il concetto d'individuo nel pensiero occidentale ha sempre presupposto che dietro ogni uomo - cioè ogni individuo - vi fosse una famiglia. Ma i membri di quella famiglia non erano individui, eccetto l'uomo che ne erà il capo per legge e consuetudine.41
Caratteristico del corso del processo di modernizzazione è appunto che la biografia normale maschile e quella femminile cambiano in primo luogo verso direzioni del tutto diverse. Il contesto di vita della donna non viene ampliato nel secolo XIX ma, al contrario, più strettamente limitato allo spazio interno del privato. Oltre alla cura fisica dei membri ·della famiglia, soprattutto anche la cura psichica diventa compito particolare della donna: occuparsi dell'uomo e delle sue preoccupazioni, appianare le situazioni di tensione familiare, in breve tutto ciò che nel dibattito recente sì chiama lavoro del sentimento o anche lavoro della relazione. Quanto più l'uomo deve andare fuori nel mondo ostile, tanto più la donna deve rimanere « piena e pura e bella» per conservare «nell'essere quieto, pacificato in sé la conciliata interiorità della vita affettiva». 42 In mezzo a un mondo sempre più razionalizzato essa deve creare un equilibrio per l'uomo, un'oasi di pace. Il caro mondo delle donne [deve essere una] tranquilla oasi felice, una fonte di poesia della vita, un resto di paradiso. E questo non vogliamo lasciarcelo togliere da nessuna «questione femminile», da nessuna infelice bas bleu e da nessun economista superdotto. Noi vogliamo(. .. ) conservarlo il più possibile con l'aiuto di Dio anche al povero e poverissimo «lavoratore» (Nathusius 1871). 43 Nelle donne ci affascina proprio il calore del sentimento, l'ingenuità e la freschezza che esse hanno in più degli uomini precocemente sovraffaticati e precocemente maturi, e il fascino, che esse esercitano sugli uomini con queste qualità, andrebbe irrimediabilmente perduto se questa peculiarità in loro fosse distrutta dall'educazione (Appelius, vicepresidente del Landtag di Weimar, nel Landtag di Weimar del 1891). 44 Degenerazione della donna è l'autonomia e una personalità maschile; il suo massimo onore è semplice femminilità e ciò significa sottomettersi a cuor leggero, accontentarsi, non volere nient'altro, né qualcosa di più di quanto non debba(. .. ). L'uomo è creato prima della donna e per l'autonomia; la donna gli è assegnata per amor suo (Li:ihe, secolo xrx). 45
In simili affermazioni, quali ricorrono in innumerevoli variazioni in politica e filosofia, religione, scienza, arte dei secoli xvrn e XIX, si chiarisce il nucleo vero e proprio delle « virtù di contrasto» (Haber-
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mas) che nascono qui. Quanto più si esige dall'uomo che si autoaffermi fuori, tanto più la donna viene esercitata ad autoritirarsi dentro. Ciò si vede inequivocabilmente in una pluralità di regolamenti giuridici che stabilivano in modo chiaro la dipendenza della moglie dal marito. 46 Così la donna era obbligata a portare il nome del marito, a condividerne la nazionalità, abitare presso di lui, regolare le proprie compagnie secondo i suoi desideri. Egli aveva il diritto di controllare la sua corrispondenza, di determinare le direttive del governo della casa e le sue spese, e spesso era trasferito al marito anche il potere di disporre del patrimonio personale della moglie. Il prezzo di simili regolamenti è alto, ed è univocamente a carico della donna. Ma la funzione è altrettanto visibile. Non essendoci per definizione desideri confliggenti fra uomo e donna, non potendoci essere, viene raggiunta una certa forma di stabilità, per quanto opprimente sia per una delle parti. In tali condizioni persino il graduale aumento.delle possibilità di scelta anzitutto non deve turbare in alcun modo l'armonia familiare: è la sua (di lui) volontà che vale. La via della donna si chiama adattamento all'uomo. Essa deve essere abituata ( ... ) a considerare fin dalla giovinezza il genere maschile come quello destinato al privilegio del dominio; ad attirarsi la benevolenza dello stesso con la mitezza, la pazienza e la condiscendenza (Basedow 1770). 47
Agatha Christie scrive nei ricordi della sua fanciullezza: Sotto un aspetto l'uomo era inattaccabile: egli era il signore della casa. Quando una donna si sposava, essa accettava il suo modo di vivere e la posizione che egli occupava nel mondo. Questa mi sembra essere una sana base per un futuro felice. Se non puoi contentarti della vita del tuo futuro marito, non impegnarti: in altre parole, non sposarti. Ecco per esempio un commerciante di tessuti; egli è cattolico, preferisce abitare in periferia, gioca a golf e trascorre volentieri le vacanze al mare. Questo tu sposi. Vedi di trovar piacere in tutto questo. Non sarà poi tanto difficile. 48
Da allora sono avvenuti rapidi cambiamenti. L'emancipazione dai riferimenti tradizionali che all'inizio della modernità restava limitata agli uomini, dalla fine del secolo xrx e più che mai dagli anni sessanta di questo secolo, diventa avvertibile anche per le donne. Per esempio nell'ambito dell'istruzione: sebbene già verso la fine del secolo scorso si siano lentamente aperte le vie dell'istruzione per le ragazze, la grande svolta nell'istruzione femminile iniziò solo un mezzo secolo più tardi, con l'espansione dell'istruzione degli anni sessanta del secolo xx. Al lungo naturale svantaggio delle ragazze in ambito scolastico ci si
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oppose ora programmaticamente, e il successo di questo sforzo superò tutte le aspettative. Nel giro di solo due decenni il marcato dislivello di possibilità fra i sessi si trasformò in una distribuzione quasi uguale di ragazze e ragazzi nelle scuole di istruzione generale, e precisamente in tutti gli stadi della formazione, fino alle università. 49 Per esempio l'attività lavorativa: benché con l'ascesa della famiglia borghese nascesse il modello della donna casalinga e madre, negli strati inferiori le donne dovettero sempre contribuire ai guadagni poiché il salario dell'uomo non bastava al mantenimento della famiglia. E anche nella borghesia, dove il lavoro nella famiglia perdeva in misura crescente le sue funzioni produttive, sempre meno esso poteva offrire, sul finire del secolo xrx, occupazione e mantenimento alle donne. Aumentò il numero di donne nullatenenti che dipendevano dalla propria occupazione. Tuttavia nella borghesia l'attività lavorativa rimaneva limitata nel tempo, il cui termine era fissato al momento del matrimonio: il posto della donna sposata era in seguito nella casa. Cambiamenti più estesi si verificano solo a partire dagli anni cinquanta di questo secolo. In primo luogo viene registrato - in Germania come in altri paesi industriali - un fortissimo aumento dell'attività lavorativa di donne sposate: 50 un numero crescente di donne rimangono attive professionalmente non più soltanto fino al matrimonio, ma fino alla nascita del primo figlio, e alcune ritornano alla vita professionale quando i figli sono diventati grandi. In una seconda fase si verificano - di nuovo nella Repubblica federale tedesca come in altri paesi industriali - chiari spostamenti nel rapporto fra maternità e attività lavorativa, che si riflettono in special modo in un aumento dell'attività lavorativa delle madri. 51 Così per un numero crescente di donne l'attività lavorativa è oggi molto più che soltanto una fase intermedia: «Non avere un lavoro retribuito diventa per le donne una situazione eccezionale, sempre più chiaramente limitata alla fase del1' allevamento di figli piccoli ». 52 Vi sono inoltre cambiamenti demografici: dall'inizio della modernità l'aspettativa di vita è aumentata e verso la fine del secolo xx ha raggiunto una misura storicamente unica. Per contro il numero di figli è diminuito drasticamente, in Europa per lo più a cominciare da un primo calo delle nascite verso la fine del secolo XIX, che si rafforza continuamente dagli anni sessanta dì questo secolo. Per il concorso di queste due tendenze vengono mutati molto decisamente i contorni della
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biografia normale femminile. Poiché appunto quel compito che con lo scioglimento della famiglia allargata e l'ascesa della famiglia borghese si spostò sempre più al centro della vita della donna - cioè l'allevamento dei figli -, proprio questo compito occupa ora, da un punto di vista meramente temporale, sempre meno spazio nella vita della donna. È sorto un periodo della vita storicamente nuovo, la fase del «nido vuoto», in cui la donna non è più assorbita dai figli. 53 Così le donne, sciolte almeno parzialmente dal legame familiare con i cambiamenti intervenuti nell'istruzione, nel lavoro, nel ciclo familiare, nella legislazione ecc., possono aspettarsi sempre meno il mantenimento da parte dell'uomo, sono rimandate (in forma certamente spesso contraddittoria) all'autonomia e all'autosostentamento. Il correlato soggettivo di tali sviluppi è che le donne sviluppano oggi - anzi devono sviluppare - in misura crescente aspettative, desideri, progetti di vita, che non sono più riferiti soltanto alla famiglia, ma parimenti alla propria persona. Esse devono progettare la propria sicurezza di vita, anzitutto in senso economico, eventualmente anche senza l'uomo. Esse non possono più comprendersi come «appendici» della famiglia, ma devono sempre più intendersi anche come persona singola, con relativi interessi e diritti, progetti per l'avvenire e possibilità di scelta propri. Si vedano le classiche frasi di Una casa di bambola di Ibsen: Helmer - Così sei pronta a tradire i tuoi doveri più sacri? (. .. ) Quelli che hai verso tuo marito e i tuoi figli. Nora - Ne ho altri non meno sacri. Helmer - Non è vero. Di quali doveri parli? Nora - Dei doveri verso me stessa. Helmer - Prima d'ogni altra cosa, tu sei sposa e madre. Nora - Non credo più a questi miti. Credo di essere anzitutto un essere umano, come lo sei tu ... o che almeno devo sforzarmi di diventarlo. 54
Qui interessa soprattutto la questione di come simili cambiamenti influiscano sulla relazione fra uomini e donne. È fuor di dubbio che vi siano da una delle due parti nuove opportunità e possibilità: una unione fra uomo e donna che non si fonda più prevalentemente, come nella società preindustriale, sulle esigenze materiali di assicurarsi l' esistenza; e nemmeno, come nel modello borghese del secolo xrx, sulla complementarità dei caratteri sessuali definiti come opposti, che in nuce significa sempre anche subordinazione della donna; in luogo di ciò ora una unione che si fonda sull'affinità spirituale o, con formulazione più
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prudente, sulla pari partecipazione di due persone internamente vicine
per carattere e per atteggiamento verso la vita. È quella unione che nei testi classici del movimento delle donne si trova abbozzata come visione. È quel «più grande dei miracoli» che si accende come speranza alla fine di Una casa di bambola di Ibsen: Helmer - Nora, resterò sempre uno sconosciuto per te? Nora - Oh, Torvald, dovrebbe accadere il più grande dei miracoli. (. .. ) Dovremmo entrambi trasformarci a tal punto ... Ma io non credo più nei miracoli. Helmer - Ma io voglio crederci. Continua: dovremmo trasformarci a tal punto che ... ? Nora - A tal punto che la nostra unione divenga un vero matrimonio. 55
Qui non interessano ovviamente le forme ideali e i possibili miracoli ma l'altro lato, il frequente fallire delle relazioni oggi. Da questo angolo visuale non si può ignorare che con il cambiamento della biografia normale femminile sorgono anche nuovi rischi e nuovi carichi per la relazione fra uomini e donne. Su questo le riflessioni del paragrafo precedente, che tematizzavano le possibilità e le costrizioni della propria vita, rimanevano sfocate su un punto decisivo. Infatti ammettevano già una situazione in cui uomo e donna agiscono come partners nella decisione, ma questa costellazione non è in alcun modo data fin dall'inizio. Completiamo dunque: ciò che è decisamente nuovo nel campo dell'amore e del matrimonio non è l'individualizzazione del corso della vita, ovvero del corso della vita maschile, che iniziò nella transizione alla modernità, e che viene messa in evidenza nelle teorie sociologiche. Ciò che è decisamente nuovo è piuttosto l'individualizzazione del corso della vita femminile, il liberarsi anche della donna dall'avvolgimento nella famiglia, che iniziò lentamente soltanto alla fine del secolo XIX e continuò tanto più rapidamente a partire dagli anni sessanta di questo secolo. Oppure, detto in modo ancora più accentuato: fino a quando era soltanto il corso della vita dell'uomo a essere subordinato al modello fondamentale dell'individualizzazione, fino a quando la donna era obbligata in modo complementare all'esistenza per altri, la coesione familiare rimaneva ampiamente salvaguardata, certo al prezzo della disuguaglianza della donna. Adesso però che questo «dimezzamento della modernità» 56 non si può più mantenere, inizia una nuova epoca nella storia della donna, e parimenti nella storia di uomo e donna. Solo adesso avviene che nel momento dell'amore si incontrano due esseri umani, i quali sottostanno entrambi alle possibilità e costrizioni di una biografia autoprogettata.
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Ciò si rende visibile già nelle aspettative che uomini e donne hanno riguardo la vita a due. Come ha detto Jessie Bernard, ogni matrimonio è fatto sempre di due matrimoni: quello dell'uomo e quello della donna. 57 Questa formula indirizza lo sguardo verso uno stato di cose che rimase a lungo non riconosciuto, ma che nel quadro del movimento delle donne e della ricerca delle donne è entrato nella coscienza in modo sempre più chiaro. Da allora è sempre più visibile che le aspettative e le speranze che legano uomini e donne con il lemma amore, non concordano in punti importanti. Come dice Lilian B. Rubin in modo provocatorio: uomini e donne sono, nella sfera intima del loro incontro, Intimate Strangers, 58 intimi estranei. Ciò vale per quanto riguarda i desideri, la sessualità, 59 e l' erotismo,C,0 come per la divisione del lavoro 61 o il comportamento nella conversazione di ogni giorno, 62 i temi e gli standard della comunicazione fra i partners. Tra queste differenze tipiche di genere vi è soprattutto il fatto che gli uomini pongono più l'accento sul lato strumentale di amore e matrimonio, l'assistenza nel quotidiano, sul «che tutto vada bene». Le donne invece pongono molto più l'accento sui sentimenti e sulla vicinanza interiore, appunto sul «che ci si comprenda». 63 Tale differenza di aspettative probabilmente non è nuova. Ma nuovo è il modo in cui ci si rapporta ad essa. Infatti, nella misura in cui anche le donne si comprenderanno come persona con desideri propri, non tollereranno più tacitamente che questi non siano appagati. No, esse piuttosto esprimeranno i loro desideri, li rivendicheranno energicamente; e se tutto ciò non serve a niente, andranno piuttosto fino all'estrema conseguenza, alla separazione. Come viene riferito in recenti indagini sulle cause di divorzio, le donne pongono aspettative più alte in una buona convivenza, emotivamente appagante, e sono perciò più insoddisfatte degli uomini del loro matrimonio.64 Tale è anche la Nora di Ibsen, la quale abbandona una casa che al marito appare felice; e che è disposta a ritornare solo se essa si trasforma in «un vero matrimonio», vale a dire un matrimonio secondo il suo modo di intenderlo. Il trend che qui si abbozza si può forse portare nella seguente formula: in caso di delusione le donne in passato abbandonavano le loro speranze. Oggi invece conservano le loro speranze, e abbandonano il matrimonio. In uno studio recente 'fu posta alle donne la domanda perché se ne erano andate da un matrimonio che secondo tutti i criteri este-
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riori appariva «complessivamente buono». L'autrice riassume il risultato nel modo seguente: Se ne sono andate perché volevano più di quanto potevano avere dal loro matrimonio. Ciò che poteva qualificare come accettabile un matrimonio per le nostre madri - e in verità per noi quando cercavamo di valutarlo - non era più accettabile. Queste donne volevano qualcosa di più che un tetto sulla testa, un marito che le mantenesse e figli da accudire. Volevano intimità emotiva, uguaglianza nel rapporto di coppia, e volevano esercitare il controllo sulla propria vira. 65
Così aumenta il potenziale conflittuale, e diminuiscono contemporaneamente le possibilità di riduzione del conflitto. Poiché quanto più le donne impareranno ad affermarsi autonomamente - anzi devono impararlo nel quadro di un trend epocale all'individualizzazione -, tanto meno accetteranno quella forma di soluzione che praticarono le generazioni precedenti: adattamento all'uomo, con la rinuncia ai propri diritti e desideri. Scompare ora quel collante che in passato garantiva la coesione: appunto il vecchio ruolo della donna, l'autoritirarsi per amore degli altri, l'essere pronta a quegli sforzi tanto infiniti quanto invisibili che creano equilibrio nel clima emotivo. Chi deve fare ora il corrispondente lavoro di relazione? Molte donne sono stanche degli infiniti sforzi, molti uomini non vi sono ancora esercitati, e a entrambi i sessi si chiede troppo quando alla sera, dopo la pressione della concorrenza nell'ambito del lavoro, aspetta ancora una montagna di lavoro del sentimento. La situazione viene ulteriormente inasprita dal fatto che i cambiamenti di ritmo e di dimensione, che oggi osserviamo, non possono svolgersi senza difficoltà, ma producono quasi inevitabilmente delle frizioni. Sia gli uomini sia le donne sono presi fra i vecchi modelli e le nuove forme di vita, messi di fronte a mutevoli pretese a seconda dei gruppi e degli ambiti di vita, non da ultimo a opposte aspettative al proprio interno: lo stadio fra il «non più» e il «non ancora» è un misto contraddittorio. Le conseguenze sono avvertibili a più livelli, per le donne come per gli uomini. Vi è in primo luogo il problema che si può chiamare della povertà della donna sola. Si intendono con ciò le donne con scarsa istruzione, che si trovano senza le assicurazioni tradizionali del contesto di vita femminile, ma che non sono neanche sufficientemente preparate alle costrizioni della biografia autoprogettata. Queste donne «solo un uomo le separa dall'assistenza sociale», 66 e se esso poi viene a mancare,
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come nel caso del crescente gruppo di donne sole e divorziate, il risultato è quello già più volte descritto della «femminilizzazione della povertà» (Diana Pearce), Ali' altro estremo della gerarchia sociale vi è un problema, finora ancora poco conosciuto, ma che diventa gradualmente più visibile. Riguarda quelle donne che fanno carriera in modo autonomo, ma non: di rado devono pagare un alto prezzo nella vita privata: la «solitudine della donna che ha successo nella professione». 67 Sviluppi di questo tipo sono descritti ad esempio dalla psicologa Jean Baker Miller. Secondo le sue esperienze i problemi per i quali le donne vengono in terapia sono vistosamente cambiati nel giro di pochi anni. Ancora nei primi anni settanta venivano in terapia soprattutto donne di mezza età, che si erano sposate giovani, avevano poi allevato i figli e infine riconoscevano a che cosa avevano dovuto rinunciare riguardo ai propri bisogni. Oggi invece le donne che ricorrono all'aiuto terapeutico sono spesso quelle della giovane generazione che hanno avuto successo professionalmente, che lavorano duramente, sono sole o divorziate, e nella cui vita il bisogno di relazioni personali resta inappagato. Poiché per la donna che dedica la propria vita al lavoro vi è difficilmente un casalingo che curi e mantenga gli ambiti emotivi trascurati. Le conseguenze sono prevedibili: O entrambi i partners sono totalmente impegnati a seguire le definizioni tradizionali di successo, cosicché nessuno ha più l'energia per curare la relazione, oppure la donna in carriera constata di non avere affatto un partner. 68
In questo contesto entra bene anche Isidora, eroina di un romanzo di Erica Jong. Isidora, celebre scrittrice e tre volte divorziata, pensa malinconicamente: (... ) le donne autosufficienti(. .. ) danno per scontato, e sbagliano, che quello che vale per gli uomini valga anche per loro: che il successo porterà con sé fama, ricchezza, e l'amore degli uomini belli(. .. ). Ma, ahimé, spesso ottengono proprio il contrario. Tutto quello che il successo procura loro nel reparto amore è uomini che si sentono minacciati, cazzi mosci, abbandono. E allora fanno marcia indietro, chiedendosi perché mai abbiano tanto faticato per la gloria professionale, se devono pagarla al prezzo della felicità personale .69
Contemporaneamente in vari gruppi si fanno riconoscibili anche gli inizi di un nuovo tipo di donna, che, per sbarazzarsi delle vecchie dipendenze, sostiene in modo molto diretto il motto: «La donna fa da sé, con o senza l'uomo». La ricerca della propria identità porta a una demarcazione globale contro gli uomini, e lo sguardo, seguendo le leggi
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della formazione reattiva, viene ristretto unilateralmente ai propri diritti. Sintomatico di ciò è, non da ultimo, il mercato della letteratura femminile, in cui il rapporto fra i sessi si condensa talvolta nel semplice confronto. I titoli, coscientemente provocatori, hanno un significato più che soltanto simbolico. Nun aber ich selbst (E ora io stessa), 70 così si può riassumere il motto delle nuove tendenze. Anziché il noi, un Eroder Ich (lui o io), 71 e nel caso di conflitto Ich bin ich (io sono io). 72 Dopo la subordinazione è arrivato il tempo delI'Abrechnung (resa dei conti). 73 Se nella sessualità spiccia solo i corpi si incontrano, ma le persone rispettive sono l'un l'altra estranee come prima, l'altro è allora chiamato «misogino», 74 e pubblicamente si proclama: ecco Der Tod des Mà'rchenprinzen (la morte del principe azzur76 ro).75 La fine in conclusione è Lieber allein (meglio sola). Gli sviluppi che derivano per gli uomini dal frantumarsi del vecchio ruolo delle donne, sono meno documentati; in parte perché gli uomini continuano ad avere più potere e perciò più possibilità di elusione; in parte però anche perché riesce loro notevolmente più difficile esternare sentimenti e dolori. La diagnosi oscilla a seconda dell'angolo visuale e anche del sesso dell'osservatore. Gli uni vedono Der verunsicherte Mann (l'uomo reso insicuro). 77 Gli altri constatano invece rimozioni, scarsa disponibilità alla comprensione, aderenza ai privilegi. Il loro giudizio sugli uomini nella fase del cambiamento radicale è «molto vissuto e capito niente»: 78 i vecchi patriarchi nella nuova veste. Ciò che è sicuro è che per gli uomini i nuovi segnali sono sconcertanti e contraddittori, non si accordano con le aspettative della loro propria socializzazione e contengono, in maniera aperta o nascosta, più attacchi all'immagine di sé maschile. Uomini della più varia origine si trovano improvvisamente uniti nella domanda: « Che cosa vogliono le donne?» 79 Molti sono senz'altro pronti a riconoscere come legittime le richieste in linea di principio; ma diventano ostinati e riluttanti non appena si tratti di conseguenze scomode per la loro propria vita, d'incresciose faccende come, ahimé, rigovernare o accudire ai bambini. Come è detto in uno studio empirico attuale: «Gli uomini sono divisi nelle loro reazioni. Ciò che difendono con la testa non lo trasformano in azione. Dietro parole di comunanze essi nascondono la disuguaglianza di fatto». 80 E nasce una nuova immagine di desiderio: la donna che sia, a seconda degli interessi dell'uomo, allo stesso tempo autonoma e sufficientemente pronta ad adattarsi. Lo studio citato constata:
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La donna autonoma che sa ciò che vuole, è desiderata. Questa nuova donna autonoma è una donna che regola le sue faccende (e quelle degli altri membri della famiglia) in modo indipendente e responsabile e in tal modo contribuisce al disimpegno dell'uomo.
Tuttavia: Gli uomini hanno problemi con l'emancipazione quando I' «autonomia» della donna minaccia di volgersi anche contro di loro, quando si pongono richieste nei loro confronti e quando vengono affermati interessi contro di loro. 81
Come è detto da un uomo in un altro studio: Ciò che vuoi fare è sposare una donna laureata che sia abbastanza intellettuale da tenere una conversazione con te, e che sia affidabile nell'aiutarti nei tuoi affari o aiutarti nei momenti in cui si devono prendere decisioni nella vita, ma che sia anche propensa a curarsi della famiglia e della casa, Se riesci a trovare una donna come questa sai di aver vinto. 82
In considerazione di simili esperienze, che sono dolorose per tutti i partecipanti, emerge da alcuni anni nel movimento delle donne un nuovo tema. Entra ora nel campo visivo il difficile atto di equilibrio tra liberazione e legame. In questo non solo si tende al ritorno a una vecchia forma con tutte le sue dipendenze e costrizioni. No, le speranze, che ruotano intorno a un rapporto di coppia paritario, continuano a esistere. Ma più frequentemente di prima si pone ora contemporaneamente una domanda nella quale si manifestano molte delusioni: è possibile l'amore fra pari nei diritti? Vi è l'amore dopo l'eman-
cipazione? Oppure liberazione e amore sono opposti inconciliabili? Da una parte l'esperienza che l'amore prende l'autonomia: « (. .. ) riducendomi a un Sancho Panza col suo ronzino, alla mia identità, alla mia vita. Guai, ad accettare il tuo amore ed amarti». 83 Dall'altra parte l'esperienza che con l'autonomia si perde l'amore: Sapevamo, quando perdemmo la nostra innocenza, che rischiavamo la perdita dell'amore. Ma la nostra certezza che il miglioramento intellettuale valga sempre la pena fu una fredda consolazione quando scoprimmo, il più delle volte, che non potevamo applicare ciò che avevamo imparato alle nostre vite private senza distruggere l' amore. 84
Un dilemma si delinea. La vecchia forma delle relazioni tra i sessi aveva le sue difficoltà nella repressione della donna, ma in tal modo era anche tenuta unita. La nuova forma ha le sue difficoltà nel fatto che ora i due sessi hanno una biografia autonoma, o almeno ne accampano il diritto. Forse i conflitti che ne nascono sono soltanto il pro-
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dotto di una infelice fase intermedia nel corso della storia dell'umanità e dei sessi, come dice a un certo punto Erica Jong: «Si amano ancora, ma non possono stare insieme; per il momento, almeno». 85 Forse in questo stadio vi sono poche possibilità d'individualizzazione riuscita, ma piuttosto forme di vita nel procedere per prove-ed-errori, in cui, come dice la conclusione di uno studio sociologico, «costruzioni ausiliarie di questo tipo possono diventare sempre più spesso necessarie per le donne nel tempo attuale. E certo non soltanto per le donne». 86 Ma la scomoda domanda rimane: e se poi le difficoltà attuali sono molto più che soltanto una fase? Se sono il prodotto inevitabile di quel trend epocale nella direzione dell'individualizzazione che ha compreso dapprima soltanto gli uomini, negli ultimi anni sempre più anche le donne? Si possono ancora in generale collegare l'una con l'altra due biografie autoprogettate, oppure viene messa così tanta sabbia nell'ingranaggio che il balbettare e bloccarsi è preprogrammato? La crisi degli anni di mezzo Le statistiche registrano uno stato di cose manifesto. Proprio nel caso dei matrimoni pluriennali, apparentemente stabili, quelli che durano diciotto, vent'anni e più, sale verticalmente la percentuale dei divorzi. 87 Spiegazioni di questo si trovano nella letteratura psicologica di consulenza. 88 Vi si parla molto della crisi (del matrimonio), caratterizzati dal fatto che dopo gli anni della costruzione comune subentra una fase in cui si cerca la distanza, anzi la demarcazione. Ora i partners si ricordano di nuovo più intensamente dei propri rispettivi desideri, contemporaneamente si scoprono legati insieme a molti livelli, e proprio di questo si fannò rimprovero reciprocamente. «Libertà per me!» è il motto dominante di questa fase. Spesso è abbinata a noiose lotte per il potere che assumono varie forme - di rifiuto, fuga nella malattia, tentativi di evasione con terzi, fino alla violenza aperta -, ma ruotano sempre intorno a un'unica domanda: «Chi deve sopravvivere come persona autonoma? » 89 Sono in certo qual modo tentativi di sopravvivenza nella vita comune che determinano ora la scena del matrimonio. Su questo, due descrizioni da una prospettiva contrastante. In primo luogo la visione interna dell'accadere tratta da un romanzo di Erica Jong: E tutti gli altri desideri che il matrimonio ha soffocato? Il desiderio di prendere la tua strada e andare, di scoprire se eri ancora capace di vivere sola con te stessa, di
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scoprire se eri in grado di sopravvivere da sola in una capanna in mezzo ai boschi senza diventare matta; di scoprire, in breve, se eri ancora tutta intera dopo anni e anni durante i quali eri stata soltanto la metà di qualcosa(. .. ). Cinque anni di matrimonio mi avevano fatto venire una voglia matta (. .. ) di solitudine. 90
Poi la visione esterna, la descrizione del consulente matrimoniale: La maggior parte dei matrimoni inizia con una specie di passione per l' «uno con l'altro» e l' «insieme»; l'individuale è quasi spento, tutto viene assoggettato alla vita comune. Gli anni della costruzione costringono a molta coesione, a molto ]'«uno per l'altro» e per i figli, per la casa che viene costruita, per la posizione professionale che deve essere raggiunta(. .. ). Ma dopo i lunghi anni del vivere insieme,(. .. ) quando molto dello slancio giovanile è svanito, molti fronzoli sono caduti; quando la possibile posizione professionale è stata raggiunta ed è difficile vedere nuove mete, si pone allora una vecchia domanda in modo nuovo e diverso, più urgente: «Chi sono io?» Un'altra passione si mette in primo piano, quella per l'autonomia, per l'autoaffermazione, per la propria vita(. .. ). La domanda: «Chi sono io?» diventa necessariamente la domanda al partner: « Sai veramente chi sono io?» (. .. ) La rottura, lo sc~oglimento del matrimonio appare meno minaccioso che abbandonare se stessi, i 1=1ropri desideri. 91
A spiegazione di tali andamenti si può rimand~re alle leggi psicologiche dello sviluppo secondo le quali la maturazione personale passa per la demarcazione. Quello che nell'età dell'ostinazione e nella crisi adolescenziale è il distacco dai genitori, ora, nella crisi degli anni di mezzo, è il distacco dalla simbiosi coniugale. Questo conflitto assomiglia (. .. ) in molti aspetti al contrasto dell'adolescente con la casa paterna, e serve anzi anche agli stessi scopi: ristabilire la propria identità, fare per la prima volta una nuotata a lunga distanza dalle profondità della unità totale simbiotica, ritornare al sapere che l'altro non potrà mai condividere totalmente la mia solitudine. 92
Ciò che nella prospettiva psicologica si presenta come una specie di fenomeno naturale, come un andamento fatale appunto del matrimonio, mostra tuttavia nella prospettiva sociologica la sua particolare impronta storico-sociale. Riassunto in una formula: la crisi degli anni di mezzo non è fenomeno della natura ma della società. È in primo luogo un prodotto dei processi d'individualizzazione; è più specialmente ancora il prodotto di una fase avanzata di questo sviluppo, in cui elementi d'individualizzazione comprendono anche il contesto della vita femminile; e infine è anche il prodotto di uno sviluppo demografico, cioè dell'enorme ascesa dell'aspettativa di vita, che rende possibile che molte coppie raggiungano gli anni di mezzo del matrimonio. Nel giro di un secolo si è verificato
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quasi un raddoppiamento della durata media dei matrimoni (senza divorzio): una coppia che contraeva matrimonio nel 1870, conviveva in media 23,4 anni; intorno al 1900 erano già 28,2 anni, nel 1930 36,0 anni; i partners che pronunciarono il sì intorno al 1970, possono far conto che il loro matrimonio si rompa in media solo dopo 43 anni per la morte di uno dei coniugi. 93
Solo quando questi tre sviluppi coincidono - individualizzazione in generale, individualizzazione per le donne, aumentata aspettativa di vita - si ha la comparsa accumulata della crisi degli anni di mezzo. Essa è dunque una invenzione storicamente nuova che tocca a larghi gruppi di popolazione solo nella seconda metà del secolo xx. I singoli stadi di questo sviluppo possono descriversi nel modo seguente: nella società preindustriale vi era poco spazio per l'individualità, sia nella vita del singolo sia nel rapporto matrimoniale, che si costituiva come comunità lavorativa. Conformemente, si può supporre che allora il bisogno di ritrovare la propria identità non avesse importanza o in ogni caso solo una importanza minima. Le cose cambiano nella misura in cui si mette più in risalto la persona singola. E tanto più quanto tali cambiamenti cominciano a intervenire anche nel contesto della vita femminile. E cambiano, infine, anche perché il singolo è oggi consapevole che dopo la fase della costruzione della carriera e del nido ha di fronte ancora molti anni. Si pone allora, in modo più pressante che mai prima, la domanda: questo era già tutto? In altre parole, è la crisi della metà della vita che assale il singolo. Egli vede le delusioni e le perdite di tempo vissute finora, e all'orizzonte interno sorge la visione di una vita nuova e diversa che compensi le mancanze della vita vissuta finora. Questo è il punto nel quale si impone spesso la domanda relativa a quante rinunce si sono compiute per amore dell'altro. Ci si ricorda dei grandi progetti della giovinezza, si vedono i compromessi della vita comune. Così molte cose - in parte giustamente, in parte no - vengono ora messe in conto al partner: il matrimonio come capro espiatorio per la vita propria non vissuta. In sottofondo si riconosce che molte cose non si possono più fare, altre alla fin fine non si osano (per la carriera del pianista di successo si è troppo vecchi, e per il sogno di emigrare in Sudamerica non abbastanza audaci). Ma se già è impossibile cominciare da capo, allora bisogna almeno agire là dove si può, nel campo immediato del rapporto a due. Almeno lì si vuole conquistare spazio libero. E quanto più l'altro, che lotta per la propria iden-
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tità, mostra resistenze, tanto più la volontà cresce. Così il partner diventa l'avversario: il matrimonio come scena (valvola, parafulmine, sostituto) delle lotte per l'autoaffermazione e l'autoconservazione. Se si considera il decorso tipico delle lotte per il potere che ora iniziano, si vede non di rado una paradossalità che si potrebbe denominare il blocco del «non con te e non senza di te». Sono i casi, frequentemente descritti nella letteratura psicologica, nei quali i partners conducono per anni la lotta per il potere, in sempre nuovi rounds della relazione, variazioni ed escalations. Ma nello stesso tempo non riescono a staccarsi l'uno dall'altro. Si separano e tornano insieme, una volta vivono insieme ma separati, poi di nuovo separati ma insieme, si sentono imprigionati in una situazione senza via d'uscita. Gli amici che osservano tali andamenti spesso per anni e anni, alla fine reagiscono solo scuotendo il capo: a chi non vi partecipi, il tutto deve apparire incomprensibile, anzi irrazionale. Su questo di nuovo due descrizioni da prospettive contrastanti. La visione interna, tratta dal romanzo di Oriana Fallaci Un uomo: (. .. ) ero tornata soltanto per (. .. ) lasciarti una lettera che spiegasse il mio rifiuto di continuare un rapporto simile. (. .. ) Ma ora il guinzaglio era rotto, e guai a riannodarlo coi groppi alla gola; guai ad incrinare il mio equilibrio, il mio distacco. Esisteva un'unica eventualità che ciò accadesse, e stava nel rischio di udire la tua voce. (. .. ) Sarebbe bastato un colpo di telefono. Tuttavia il timore non era durato che una settimana, e la seconda settimana non ci credevo già più. Grave errore. Si levava l'alba del mio diciassettesimo giorno di fuga quando il telefono squillò: «Pronto! Sono io! Sono me 1 »(. .. )E poche ore dopo ero in volo: arrivo, don Chisciotte, arrivo, Sancho Panza è ancora il tuo Sancho Panza, lo sarà sempre, potrai sempre contare su di me, eccomi!(. .. ) In altre parole il mio problema era insolubile, la mia sopravvivenza impossibile, e la fuga non serviva a nulla. 94
La visione esterna, l'esempio di un caso tratto dalla terapia: Vi erano naturalmente litigi ininterrotti, vacanze separate, poche cose in comune. Nonostante le loro eterne chiacchiere su una possibile separazione, nessuno dei due però faceva anche solo i minimi preparativi in tal senso, benché ognuno sarebbe stato in grado - a quanto pareva - di vivere autonomamente. Quando ne parlavo con Karin da sola, essa esprimeva fantasie francamente assurde sul fatto che dopo una separazione sarebbe stata «completamente sola», nessuno si sarebbe «interessato» di lei. (Grazie alla sua professione essa aveva più conoscenti e amici di Dieter!) Dieter, d'altra parte, in una delle loro frequenti scenate, l'ho sentito gridare in piena isteria, che «ancora oggi si sarebbe impiccato alla soffitta» se Karin non avesse immediatamente disfatto le valigie già pronte. Qualunque osservatore non coinvolto doveva ricavare l'impressione di avere a che fare con due pazzi. Naturalmente però nella
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vita extraconiugale essi erano persone ben adattate e di successo, e anche persone molto benvolute. Si mostrava in loro, solo in forma insolitamente violenta, che non potevano «lasciarsi l'un l'altro» e comunque nessuno dei due voleva essere lasciato dall'altro. In colloqui tranquilli si poteva venire a sapere da ognuno che lui « in sé» era pronto già da lungo tempo alla separazione. 95
Simili andamenti mostrano in modo chiaro elementi di ciò che nella psicologia si chiama un intreccio simbiotico; una costellazione che produce conseguenze tanto senza via d'uscita quanto assurde. Gli psicologi vi scorgono l'eterna lotta fra autonomia e dipendenza, «vicinanza e distanza», 96 «fusione e resistenza». 97 Ma perché si giunge a tali intrecci, perché non sono dissolubili? Secondo la prospettiva sociologica qui sviluppata essi non sono nati casualmente e neanche sono predisposti nella natura dell'essere umano fin da Adamo ed Eva. Sono piuttosto una espressione e una immagine riflessa di quelle contraddizioni che nascono nel quadro dei processi d'individualizzazione, che altrimenti spesso corrono l'una accanto all'altra, ma qui concorrono in forma particolarmente condensata. Dietro vi sono le esigenze, le nostalgie, le costrizioni contrarie, che determinano oggi lo spazio privato, come si è descritto finora: l'amore diventa nello stesso tempo più importante e più difficile che mai. Queste due linee di sviluppo possono trattarsi, sulla carta, separatamente l'una dall'altra, ma nel petto del singolo sono indissolubilmente saldate insieme, portano dentro intrecci e contraddizioni sempre nuovi, comunque li si voglia denominare: stabilità riferita alla persona versus autoaffermazione; intimità versus individualità; simbiosi versus vita propria. Questo dilemma, qui espresso con categorie teoriche astratte, diventa un tema in molti romanzi moderni, con particolare frequenza anche nella letteratura femminile recente. Anzitutto di nuovo l'eroina di EricaJong, Isidora, che nel dialogo interiore manifesta i suoi inconciliabili desideri. Perché è così terribile star soli? Perché se non ho un uomo che mi ama perdo la mia identità. (... ) IO E sai benissimo che non potresti sopportare un uomo che ti possedesse completamente e occupasse tutto il tuo spazio vitale ... IO Lo so ... ma lo vorrei disperatamente. IO Ma se l'avessi ti sentiresti in trappola. IO Lo so. IO Ma hai delle esigenze contraddittorie. IO Lo so. 10 Vuoi la libertà e vuoi anche la vicinanza di un'altra persona. 98 IO Lo so.
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Poi di nuovo Oriana Fallaci: Finché l'essere amato t'opprime con le sue pretese, i suoi lacci, ti senti rubato a te stesso, e ti sembra che rinunciare per lui a un lavoro o a un viaggio o a un'avventura sia ingiusto; apertamente o in segreto covi mille rancori, sogni di libertà, vagheggi un'esistenza priva d'affetti dentro cui muoverti come un gabbiano che vola nel pulviscolo d'oro. Che supplizio inaudito le catene con cui l'essere amato ti lega impedendoti di alzare le ali( ... ). Però, quando lui non c'è più, e quello spazio si spalanca infinito dinanzi a te, sicché puoi volare nel pulviscolo d'oro a tuo piacimento, gabbiano senza affetti e senza lacci, avverti un vuoto spaventoso. E il lavoro o il viaggio o l'avventura che gli sacrificasti così a malincuore ti appaiono in tutta la loro inutilità, non sai più cosa fartene della libertà riconquistata, come un cane senza padrone, una pecora senza gregge, ti aggiri in quel vuoto piangendo la schiavitù perduta e daresti l'anima per tornare indietro, rivivere le pretese del tuo carceriere. 99
Così il dilemma fondamentale è già disposto nelle contraddizioni della società individualizzata. Esso agisce in tutte le relazioni a due, ma può ancora rafforzarsi massicciamente in matrimoni di lunga durata. Poiché qui le due parti risaltano in modo ancora più accentuato, con forza quasi cumulata. Tutte le abitudini e le determinazioni, i rituali e i compromessi della quotidianità, sopportati per così tanti anni: chi altri taglia i bisogni della mia persona in modo così diretto, così a fior di pelle, così inesorabilmente come mio marito/mia moglie? Tutte le esperienze e i ricordi comuni, le gioie e i dolori condivisi, intessuti con gli strati più profondi della mia persona: chi altri è così tanto parte della mia vita come mio marito/mia moglie? L' antica frase biblica: «Ed essi divennero una sola carne» riceve, in queste condizioni, un nuovo significato. Viene ora sperimentata sotto un doppio riguardo, una volta minaccia e fuga, una volta consolazione e promessa, e sempre di nuovo entrambe insieme. Perciò l'oscillare spesso per tanti anni, il non-poter-scendere, perché c'è sempre anche l'altra parte. L'estraneo vede battaglie senza vincitori, e vanno avanti all'infinito: ma perché, perché? La soluzione dell'enigma si fa visibile se si riconosce come la nostalgia amorosa della modernità coincida con l' aspirazione all'autonomia degli anni di mezzo, e come entrambe dispieghino ognuna la propria logica con infiniti grovigli. In tali circostanze il contrasto viene da un lato sofferto, e, dall'altro, cercato con tutti i mezzi. Ognuno perde ciò che cerca nell'altro come luogo della sicurezza. Ma ognuno può anche guadagnare qualcosa, cioè la conferma di sé che acquista dalle battaglie.
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Adesso capisco perché volevo che mia moglie tornasse. Era a causa di quello in cui mi aveva trasformato. (. .. ) Quando pensai che mi aveva lasciato, io cominciai a disssolvermi, a cessare di esistere. Ecco che cosa mi aveva fatto! Non posso vivere con lei: è intollerabile, adesso; non posso vivere senza di lei, perché mi ha reso incapace di un'esistenza autonoma. Ecco cosa mi ha fatto in cinque anni insieme 1 Ha fatto del mondo un luogo in cui io non posso vivere se non nei suoi termini. Io devo stare solo, ma non nello stesso mondo. Per questo voglio che lei mi mandi in una clinica. Posso restare solo, lì? (T. S. Eliot, Cocktail Party, atto II)
Il figlio partner sostitutivo? Nelle contraddizioni della società individualizzata la relazione con l'altro sesso diventa spesso motivo di dolori e offese. È naturale l'ipotesi che uomini e donne per aver cura dell'economia della casa psichica, incomincino a sviluppare strategie che riducano il rischio, dunque forme di comportamento nelle quali sono inseriti i tentativi di autoproteggersi. I segni relativi si trovano osservando gli sviluppi recenti nell'ambito del matrimonio e della famiglia. Il repertorio delle possibilità è ampio: dalla premarital therapy, una speciale terapia già prima dell'inizio del matrimonio,1°0 la stipulazione di contratti matrimoniali per regolare in modo impegnativo la vita insieme, 101 fino alla convivenza senza certificato di matrimonio per gestire nel modo più semplice possibile la separazione nel caso di conflitto. 102 In molti gruppi cresce palesemente anche il timore del legame, una sfiducia verso qualunque forma di legame, poiché chi già riduce le speranze, non può sperimentare delusioni. Per dirla di nuovo con titoli di libri attuali: nello stadio Jenseits der Trà"ume (al di là dei sogni) aumenta la Angst vor Màhe (angoscia della vicinanza). 104 Anche a questo proposito di nuovo un passo del romanzo di Erica Jong:
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«Sei la mia donna» disse Bean. « Ora che ti ho trovata non ti lascerò più andare». «Tesoro», disse Isidora, respingendo la sensazione che ci potesse essere qualcosa di vero, nelle parole di lui. Dopo stasera, non lo vedrò più, pensò. È un miraggio, un sogno(. .. ). Una passione come questa non può durare, inutile aggrapparcisi. Un uomo come questo può farsi largo nel tuo cuore e poi piantarti in asso. Isidora non era pronta per una storia del genere, dopo tutto il dolore della rottura conJosh. Forse non sarebbe mai più stata pronta per una storia di passione. 105
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Ma così nasce un altro dilemma. Se si respinge la speranza in una relazione a due durevole, dove va a finire quella nostalgia che caratterizza l'epoca della stabilità riferita alla persona, dove va a finire il bisogno di vicinanza e calore? Si può trasferire questa nostalgia a un' altra persona, è una possibilità che si offre. Anziché l'amore per l'uomo o per la donna, ora l'amore per il bambino. Guardiamo più precisamente a questa possibilità. Il primo stadio nel processo d'individualizzazione respingeva molti dei legami tradizionali che davano ali' essere umano un posto nel mondo e stabilità interna. Era il periodo storico in cui nasceva un nuovo modello di stabilità riferita alla persona, che poneva al centro l'amore fra uomo e donna. Nel frattempo abbiamo raggiunto lo stadio successivo del processo d'individualizzazione. I legami tradizionali sono stati ulteriormente macinati. E l'amore fra uomo e donna è parimenti diventato gracile, minacciato più che mai di fallimento. Ciò che rimane è il figlio. Egli promette un legame che è tanto elementare, tanto totalizzante, tanto indissolubile quanto nessun altro in questa società. Quanto più altre relazioni diventano scambiabili e ritrattabili, tanto più si può arrivare al punto di riferimento di nuove speranze: il figlio come garante ultimo di durata, come ancoraggio della propria vita. Da questo angolo visuale si fanno comprensibili i diversi sviluppi che attualmente sono ancora numericamente limitati, ma vanno ampliandosi a ritmo accelerato. Abbiamo, da una parte, il palese aumento delle nascite illegittime. 106 Concorrono qui cause diverse, tuttavia si può supporre che nasca anche un nuovo tipo di madre nubile. È la donna che vuole un figlio da sola, senza un marito e senza la cornice della tradizionale relazione a due .107 Portato programmaticamente in una formula: «La coppia di cui si tratta recentemente è costituita da madre e figlio (. .. ) Una coppia che cerca il piacere. Una coppia che fa l'amore ». 108 O come la chiama ironicamente Ursula Krechel: «La nuova unità politica si chiama madre-e-bambino ». 109 In un romanzo della nuova letteratura femminile si esprime il desiderio di avere un figlio a trentott'anni, e di volerlo da sola. Con la banca dello sperma o un amante occasionale, senza neanche accendere la luce, accorgendosi solo più tardi di essere incinta. 110 Con la moderna tecnologia riproduttiva, tali desideri possono ricevere ulteriore impulso. Già si leggono rapporti - dagli Stati Uniti come dall'Australia - su donne che durante il matrimonio si erano sotto-
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poste a un trattamento-in-vitro e ora, nonostante il fallimento del matrimonio, vogliono un impianto dell'embrione congelato; mentre gli uomini intentano causa contro, perché rifiutano una possibile paternità dopo lo scioglimento del matrimonio. In un primo caso il tribunale ha già emesso sentenza in favore della donna e le ha trasferito il diritto di tutela provvisoria degli embrioni.m Con ciò si delinea come scenario del futuro: se l'amore per l'uomo si volatilizza, la donna vuole almeno avere ancora gli embrioni. Ora tali tendenze non sono certamente rappresentative della maggioranza delle donne. Sorprende tuttavia che si mostri fra le ragazze un cambiamento di atteggiamento addirittura drammatico per ciò che riguarda la maternità senza matrimonio. Mentre all'inizio degli anni sessanta pareva importante quasi a tutti che una donna con figlio fosse sposata, all'inizio degli anni ottanta nemmeno più la metà delle ragazze ritiene ciò importante. 112 È anche sintomatico che i libri e i giornali femminili popolari già diano consigli sull'argomento: Un figlio da sola, come posso fare? 113 Già viene annunciato come formula in modo autocosciente e caparbio: «Madri che educano da sole: senza partner più felici».11 4 Qui riecheggia già un motivo che si trova ripetutamente nella letteratura femminile recente. In questa prospettiva, l'amore per il bambino sostituisce l'amore per l'uomo. Questo il racconto dell'esperienza di una donna che consapevolmente alleva da sola un figlio: Nel frattempo so quali condizioni di vita e amorose devo crearmi per stare bene con Harpo [il figlio]. Se arriva qualcuno e vuole guastarmi tutto o mi fa grandi difficoltà, taglio corto, lo mando via. (. .. ) Anche in questo con Harpo sono cambiata, gli uomini hanno perso l'importanza che avevano prima nella mia vita. Ciò che costruisco per me - nel lavoro, privatamente, materialmente, la mia vita con Harpo -, è indipendente da singoli uomini, nessun amico deve metter voce e dirmi che cosa fare.115
Ancora più chiare le frasi che Oriana Fallaci scrive nella sua Let-
tera a un bambino mai nato: E tuo padre, guarda: più ci penso, più credo di non averlo mai amato. L'ho ammirato, l'ho desiderato, ma amato no. Così coloro che vennero prima di lui, fantasmi deludenti di una ricerca sempre fallita. (. .. ) forse è vero ciò che ha sempre sostenuto mia madre, l'amore è ciò che una donna sente per suo figlio quando lo prende tra le braccia e lo sente solo, inerme, indifeso. Almeno fino a quando è inerme, indifeso, lui non ti insulta, non ti delude.11 6
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E in Erica Jong in vari punti: (. .. ) i bambini(. .. ) ci procurano più vera gioia che non tutto l'amore romantico del mondo. Da quando lei e Josh si erano separati, aveva cominciato a desiderare un altro bambino (. .. ). Ma chi avrebbe potuto essere il padre del suo bambino-fantasma? (. .. ) Be' - e se avesse semplicemente fatto un figlio e al diavolo il padre? Tanto avrebbe comunque finito per allevarlo da sola, con ogni probabilità. Questa è la Nuova Famiglia. Mamma, bambini e amante (o marito novello). Comunque, solo la mamma e i bambini sono sicuramente imparentati. Gli uomini vanno e vengono. 117
Ma EricaJong qui sbaglia: la «nuova famiglia» non consiste naturalmente di madre e figlio. Aumentano i casi in cui gli uomini dopo il divorzio non lasciano il figlio alla madre, ma vogliono tenerlo loro stessi. «Gli uomini lottano per il loro diritto», e il «dolore del padre divorziato » 119 è grande. Come dice un consulente: Ho già visto padri piangere per paura di perdere i loro figli, così come in passato solo le donne piangevano per i loro figli. Proprio i padri più giovani la sentono come perdita drammatica quando non ricevono il diritto di tutela. Sono i nostri casi più difficili .120
Si moltiplicano persino i casi, come sopra descritto, di una nuova forma di sottrazione di minore. Sono sempre di più gli uomini che, non ottenendo il diritto di tutela, vanno a prendersi il figlio con la forza. Ma anche laddove le cose non abbiano uno sviluppo così drammatico, si può riconoscere un preciso trend, un motivo che è del tutto simile negli uomini come nelle donne. Se nella relazione con il partner adulto si è subito un rifiuto, se si allargano l'indifferenza e la freddezza, allora il figlio si pone al centro dei sentimenti. È esemplare la Storia con bambina di Peter Handke: Fu un tempo senza amici; anche sua moglie era ormai una sgradevole estranea. Tanto più reale la bambina (. .. ). In tutto questo periodo i rapporti tra lui e la donna si limitarono al lato pratico delle cose, e nei loro pensieri erano spesso, l'uno per I' altra, niente più che «quello» e «quella». (. .. ) Ma adesso che c'era la bambina, lei lo incontrava quasi esclusivamente nella costrizione delle faccende domestiche, dove il vederla gli divenne indifferente e col tempo persino sgradevole. Del resto anche lui, che ora non si metteva quasi più in mostra come «il suo eroe» per via del singo· larissimo mestiere che faceva, smise di essere un tipo speciale per lei( ... ). Era anche una mancanza di tatto da parte dell'uomo il modo in cui trasferiva automaticamente su sua figlia i più gentili, i più intimi, i più segreti muti gesti e piccole parole che erano diventati col passare degli anni un linguaggio convenzionale nel rapporto con la donna (... ). Era come se soltanto la bambina fosse la soluzione giusta per lui, e come se ora non avesse più bisogno di una donna. 121
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In questo contesto è tipico anche uno stato di cose che non viene mai registrato nelle statistiche. Lo si può scoprire solo gradualmente se ci si rileggono i numerosi racconti di esperienze delle «nuove» donne e madri. Ciò che colpisce è un tono particolare. Ripetutamente le donne raccontano di essere sorprese, sopraffatte, anzi scombussolate dall'intensità dei loro sentimenti verso il figlio. 122 Esse sperimentano un legame e un amore, così si dice nel racconto, come non ne conoscono un altro, così avvolgente e profondo, appunto «il grande amore romantico ». 123 « Mi chiedevo se si può forse avere un infarto per l'intensità emotiva che si prova come madre», scrive Jean Lazarre .124 Il mio legame con il bambino era(. .. ) una nostalgia cieca, intensiva, fisica, paragonabile più di tutto all'innamoramento. Al confronto tutti gli altri miei rapporti impallidivano .125 Per la prima volta nella mia vita imparo veramente che cosa sia amore(. .. ) [Figlio], tu mi costringi a ridefinire l'idea dell'essere intimi. Mi sento vicina alle persone con le quali discuto idee quattro volte all'anno? Mi sento vicina agli amici in presenza dei quali io posso maggiormente essere me stessa, ma solo su appuntamento? Mi sento vicina a persone estranee di cui mi entusiasma l'onestà, la saggezza, l'umorismo, ma con le quali non vivo? A nessuno mi sento così vicina come a te. 126
Mia figlia è il grande amore romantico della mia vita. Poiché ho molto contro l'amore romantico, non me ne rallegro, ma so che ciò che sento per lei assomiglia di gran lunga più alle descrizioni dell'amore che si trovano nelle riviste femminili - di poeti medioevali, di mistici religiosi - di tutti gli altri sentimenti che io abbia mai avuto (. .. ). Mia figlia mi ha costretto a cambiamenti scomodi sotto l'aspetto emotivo, psichico, politico e sociale. Mi sento intellettualmente, emotivamente e praticamente oppressa esattamente nel modo che mi ero giurata di non accettare mai con un uomo. E questa oppressione me la sono caricata volontariamente e non me ne pento neanche, anzi, l'accetto con amore e con gioia. 127
Tali dichiarazioni non stupiranno chi vede l'amore materno come il nucleo più interno della donna e della sua natura. Ma il richiamo alla natura è ormai dubbio da quando la ricerca recente ha dimostrato che il legame fra madre e figlio in secoli precedenti era molto meno determinato dal sentimento di quanto non sia oggi. Perciò è qui ovvia un'altra spiegazione che non rimanda alla natura ma alle forme di vita della società individualizzata. Da questa prospettiva, il rapporto con il figlio riceve una nuova forza di attrazione, anche perché, per qualità, è un rapporto fondamentalmente diverso da quello con un partner
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adulto. Non sta proprio qui anche il suo fascino, perché è un rapporto congenito, non acquisito dai casi della storia di vita, in certo senso esentato dalla logica della società di scambio, irrevocabile, completo e duraturo? Poiché almeno nei primi anni permette una forma stabile, non deludente di dedizione, alla quale ci si può consegnare, senza la paura di essere offesi e abbandonati?
3. Utopia dèlla speranza
È stato dimostrato come nel passaggio dalla società premoderna alla moderna si possano stabilire tre epoche nel rapporto tra uomo e donna. Nella prima, della famiglia come comunità economica, non vi era per nessuno dei partners una biografia autonoma. Nella seconda, in cui la famiglia allargata cominciò a dissolversi, la vita dell'uomo si aprì al processo d'individualizzazione. La coesione della famiglia era conservata, certo con rigorosa repressione dei diritti della donna. E pressappoco dagli anni sessanta di questo secolo inizia un'epoca nella quale entrambi i sessi (sia pure in misura diversa) fanno esperienza dei benefici e degli oneri della propria vita. In questo stadio sorgono nuove possibilità di un vero rapporto di coppia, ma chiaramente anche molti conflitti, con corrispondente scontro e isolamento dei sessi. Poiché il rapporto fra uomini e donne è ora sottoposto a un dilemma centrale: da una parte il desiderio e la costrizione di essere un individuo autonomo; d'altra parte il bisogno di una comunanza durevole con altre persone, che però da parte loro di nuovo soggiacciono alle prescrizioni e alle aspettative della propria vita. Nella coscienza e nell'azione delle persone interessate questo dilemma crea contraddizioni, lotte e complicazioni infinite. La domanda decisiva è se queste rimangano e si rafforzino ulteriormente, fino a che, alla fine, soltanto i terapeuti sono gli accompagnatori della nostra solitudine. (O forse, anche, la psiche si attacca all'animale domestico, come si dice in un romanzo di Elisabeth Plessen: « Suo figlio era caduto in Russia (. .. ) La moglie era scappata di casa (... ) Per la psiche egli aveva un gatto») .128 Per contro vi è la speranza che le cose potrebbero andare anche diversamente: che si riesca a trovare forme di rapporto e regolamenti tali da poter mettere insieme di nuovo due biografie autoprogettate.
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Ma come? La visione del consulente matrimoniale «che i rapporti interpersonali hanno urgentemente bisogno di nient'altro che del colloquio», 129 può essere giusta, ma è di gran lunga insufficiente. Piuttosto è necessario, proprio anche sul piano sociale, il ripensamento di alcune priorità che si sono sempre più fortemente imposte nella modernità, che unilateralmente mettono in risalto la persona singola e considerano i rapporti privati solo come massa di manovra (per esempio, le regole riguardanti mobilità e flessibilità, concorrenza e carriera). Ciò richiede una comprensione, portata dalla politica e dai partiti, dalle organizzazioni e dalle istituzioni, che la modernità ha raggiunto nel corso del suo sviluppo storico un limite critico dove non è più possibile continuare ad andare avanti con le regole finora vigenti; oppure solo al prezzo di conflitti sempre più esplosivi nel rapporto fra i sessi (con relativi costi conseguenti per l'agire politico e statale). E richiede poi anche, a livello privato, che uomini e donne imparino la comprensione, la pazienza, la disponibilità al compromesso e il coraggio per sempre nuovi processi di negoziazione. Una utopia? Solo il tentativo può dimostrarlo. Per citare Beatrice Webb: «Siamo alla fine di una civiltà; la domanda è: siamo all'inizio di una nuova?» uo
3.
Amore libero, divorzio libero. La doppia faccia dei processi di emancipazione
«Tuo/a per sempre». Una immagine guida centrale della nostra società è l'amore romantico, uno stretto legame sentimentale che porta al1' altare e poi dura tutta la vita, come dice la formula classica: « (... ) finché morte non vi separi». Eppure le statistiche mostrano un'altra immagine. Sempre più persone vivono sole; molte vivono insieme senza essere sposate; molte divorziano. Sempre più uomini e donne sono combattuti tra vecchi ideali e nuovi tentativi, tra rapporti di coppia e separazioni. Questo ha conseguenze non soltanto private ma anche sociali: Finora non è stato considerato né calcolato quanto, dal punto di vista dell'economia nazionale, è stato consumato in forze, risorse e denaro per crisi di rapporti, pene d'amore ed elaborazione del lutto. Anche in mancanza di cifre e dati concreti si può comunque concludere che per l'economia nazionale il divorzio è diventato un problema che assorbe una quota non trascurabile del prodotto nazionale lordo. 1
I processi d'individualizzazione, come si vedrà chiaramente, hanno sempre una doppia faccia. Da un lato vi è in essi la possibilità di maggiore libertà, intesa come allargamento dell'ambito di vita, come acquisizione di spazi di azione e possibilità di scelta. Dall'altro, però, nel corso della vita sorgono rischi, conflitti e fratture nuovi. Questa doppia faccia dei processi di emancipazione, la dialettica tra le promesse e il rovescio della libertà, si mostra in particolare anche nel campo dei rapporti tra i sessi. Se il matrimonio viene sgravato dalle restrizioni, dai controlli, dalle costrizioni della società premoderna, se diventa una comunità, liberamente scelta, di due individui, nello spazio interno del rapporto a due sorgono contemporaneamente irritazioni, lotte, conflitti nuovi. O, detto altrimenti, se alla fine vince, l'amore deve subire molte sconfitte.
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Proprio questo è il paradosso intorno al quale ruotano le riflessioni seguenti. Anzitutto esse vogliono descriverne brevemente la genesi, poi soprattutto decifrarne il nucleo sistematico, la logica interna, quella dinamica appunto che spinge i sessi in un ciclo di speranze, delusioni, nuovi tentativi. Tutto ciò non è casuale, ma insito nella struttura d'azione tipica della modernità e nella doppia faccia dei processi di emancipazione. Riducendo al concetto fondamentale: il principio regolatore della «libera scelta» crea nuovi spazi d'azione, ma - in un certo senso, come loro rovescio - anche oneri e incertezze nuovi.
1.
I vecchi tempi: costrizioni e sicurezze
Come dimostrano in generale gli studi storico-sociali, nella società preindustriale il matrimonio non era tanto l'unione di due persone, quanto l'unione di due famiglie o di due gruppi parentali. 2 Di conseguenza non esisteva neanche una scelta del partner nel senso attuale, che assecondasse i sentimenti di una inclinazione personale. Piuttosto, l'ambito delle possibilità di matrimonio era già in precedenza strettamente limitato dai criteri dell'origine - da ceto e possesso fino ali' appartenenza etnica e alla religione - e concretamente il matrimonio veniva combinato attraverso la rete di famiglia, parentela, comunità del villaggio. Difficilmente ci si sposava per motivi d'amore, ma primariamente orientandosi verso scopi che servivano alla famiglia in quanto comunità economica e di persone dello stesso ceto: per acquisire una forza-lavoro per l'impresa familiare e avere eredi, per assicurare il possesso esistente, per ampliare patrimonio e prestigio. Come esempio può servire la situazione della nobiltà inglese dei secoli XVI e xvrr: La massima pressione parentale veniva esercitata inevitabilmente sulle figlie, che erano dipendenti e protette più di tutti, venivano considerate appartenenti a una razza inferiore e non avevano un'alternativa all'obbedienza, dato che il nubilato era ancora meno attraente di un marito indesiderato (. .. ). All'inizio del secolo XVI i testamenti e i contratti matrimoniali in cui i bambini piccoli venivano venduti in anticipo, come le bestie, erano assolutamente normali in tutte le classi e in tutte le regioni(. .. ). Per i figli maschi la libertà di scelta era quasi altrettanto limitata che per le figlie femmine. Il desiderio di non lasciare che il matrimonio sfuggisse al controllo della famiglia, per la tutela e l'importanza finanziaria del contratto matrimoniale, spingeva il padre, mentre ancora era in vita, a far sposare il proprio figlio ed eredé con una donna di sua scelta. Il figlio di solito era in potere del padre, perché era finanziariamente (... ) dipendente da lui (. .. ). 3
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È evidente che tali regolamenti contenevano molti elementi di costrizione. I «perdenti» più manifesti nel sistema matrimoniale tradizionale sono in primo luogo i gruppi economicamente svantaggiati: per posizione tra fratelli e sorelle, per sesso, per ceto. Non possono conformarsi alle regole, economicamente determinate, di questo sistema, e con ciò - per regolamenti sull'eredità, richieste di dote, divieti di matrimonio per i nullatenenti sanciti per legge ecc. - sono esclusi dalle occasioni di matrimonio. Tra i «colpiti» in senso negativo vi sono anche gli uomini e le donne costretti al matrimonio con un partner che per decisione familiare sembra vantaggioso. Si aggiungono infine le coppie che vogliono sposarsi ma non possono perché in base ai criteri dell'origine non sono compatibili: la tragedia d' intrigo e amore, così spesso descritta nella letteratura mondiale. Nella bella Verona( ... ), per antica ruggine scoppia fra due famiglie di pari nobiltà una nuova rissa (. .. ) . Dai fatali lombi di questi due nemici discende una coppia di amanti, nati sotto cattiva stella, le cui sventure e pietose vicende seppelliscono con la loro morte l'odio dei genitori. (Shakespeare, Prologo a Romeo e Giulietta)
È dunque fuori dubbio che le regole tradizionali lasciavano poco spazio ai desideri personali e che, in caso di conflitto, ne imponevano la severa repressione. Ma è altrettanto indubbio che queste stesse regole contribuivano anche a dare un minimo di fidatezza, stabilità, sostegno al matrimonio. Se il matrimonio veniva combinato attraverso il gruppo familiare e la società locale, queste persone avevano anche interesse alla sua conservazione e potevano esercitare una influenza corrispondente nelle più diverse forme di controllo sociale. Se governavano i princìpi selettivi di origine e ceto, era anche garantito che uomo e donna su punti importanti avevano imparato abitudini e norme, aspettative e regole di vita simili. Se uomo e donna lavoravano insieme per l'economia familiare, per la corte o per un'azienda artigiana, erano «saldati insieme», nel senso letterale del termine, da sforzi, pericoli, rovesci del destino sopportati insieme - ad esempio nella lotta con la natura e la sua forza -, da raccolti fatti insieme e da carestie superate insieme. Imhof lo descrive per la famiglia contadina: Decisamente importante (... ) non era il proprietario di una fattoria e il suo benessere individuale, ma il bene e il prestigio della fattoria stessa, non la famiglia che in questo o quel momento della storia viveva nella fattoria, ma la discendenza, il sesso. Una generazione dopo l'altra girava intorno a questo nucleo, a un proprietario dopo l'altro, ma appunto non tanto come individuo, ma in quanto portatore di un ruolo. Al centro vi era un'idea, un valore, non un ego. 4
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In modo simile Tania Blixen descrive la famiglia nobile: Il rapporto tra i coniugi non era un rapporto personale e, tutto sommato, potevano farsi felici o deludersi a vicenda non personalmente o direttamente; dovevano invece ricevere reciprocamente l'uno per l'altro la massima importanza attraverso il rapporto che avevano stretto e l'importanza che esso aveva per loro, cioè il loro obiettivo di vita comune. Per il duca di Rohan non poteva mai esistere la questione di un reale confronto tra sua moglie e altre donne: potevano essere molto più belle, dotate e desiderabili, ma lei rimaneva ]'unica donna al mondo che avrebbe potuto dare alla luce un duca di Rohan. Le feste che lei dava erano le feste dei Rohan, i poveri, che lei aiutava, erano i contadini e i poveri dei Rohan (... ). 5
2.
La modernità: più libertà, più insicurezza
Gli studi storico-sociali mostrano anche come, nel passaggio all'epoca moderna, si sia fatta strada una nuova forma di rapporto matrimoniale. Il potere del gruppo familiare viene a poco a poco limitato. Il diritto di essere consultati di coloro, di cui è in gioco il legame per la vita, viene rafforzato. «Non più le famiglie si uniscono e si alleano, ma le persone si scelgono a vicenda». 6 Naturalmente anche queste scelte non avvengono del tutto a piacere - soprattutto agli inizi del!' epoca moderna - ma per lo più all'interno delle barriere dell'ambiente sociale, di origine, possesso, religione. 7 Anche l'amore romantico resta dunque collegato alle leggi della società. Tuttavia, nel corso dei secoli, dalla prospettiva delle persone interessate i pesi si spostano da una eterodeterminazione e costrizione a una scelta propria. Negli ultimi mille anni le rappresentazioni sul metodo giusto per la mediazione dei matrimoni hanno attraversato quattro fasi successive. Nella prima fase il matrimonio veniva combinato dai genitori con relativamente poco riguardo per i desideri dei figli; nella seconda erano sempre i genitori a preparare il matrimonio, ma ai figli era concesso un diritto di veto; nella terza erano i figli a compiere la scelta, ma i genitori conservavano un diritto di veto; nella quarta fase, infine, che si è raggiunta soltanto in questo secolo, i figli scelgono da soli il proprio partner e si preoccupano ben poco dell'opinione dei genitori. 8
Nella marcia verso la modernità nasce così una nuova promessa: la possibilità della felicità personale quando l'amore è liberato dalle costrizioni esterne. Non più l'unione tra uomo e donna combinata da altri, che sembra opportuna in base a criteri esterni; al suo posto invece il rapporto intimo e interiore, che nasce da un legame sentimentale tra due persone, che passa sopra le barriere di classe e di ceto
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e riconosce come legittima soltanto una misura: la voce del cuore. E in conclusione deve finire come già si dice nelle fiabe: «E vissero per sempre felici e contenti (. .. ) ». Dio, che sole vedo sorgere! Se i nostri padri potessero e volessero comprendersi come noi, altrettanto facilmente! (. .. ) Riconciliati i padri, potrò dire in pubblico che sei la mia promessa sposa. (. .. ) Oh Agnese! Agnese! Quale avvenire ci si apre dinanzi! Tu sarai mia moglie. Mia moglie! Puoi immaginare quanto sia grande la mia felicità? (Kleist, La famiglia Schroffenstein)
Ma che ne è stato di queste orgogliose speranze? Raramente si sono potute esaudire in questo modo. La realtà è diversa da quanto promette la fiaba. Gli psicologi constatano: «Il maggior problema dell'esistenza privata per le persone della nostra epoca è il rapporto di coppia» .9 I demografi rilevano dalle statistiche: «Il numero dei divorzi non tende a diminuire ». 10 I consulenti matrimoniali e i terapeuti matrimoniali hanno un'alta congiuntura. I libri sul tema del rapporto raggiungono tirature di massa. Di fronte a tali sviluppi nuove parole alla moda fanno il giro, dall'avere «una storia» fino al «rapporto-usae-getta» passando per il «rapporto». Gli studiosi parlano più elegantemente di «matrimonio a puntate» e di «monogamia a rate». Così si è creata una situazione paradossale. Uomini e donne oggi non devono più piegarsi ai desideri della famiglia, ma più che mai possono decidere da sé chi vogliono sposare. Si dovrebbe dunque supporre che ora la convivenza con il partner possa offrire maggiori possibilità di soddisfazione. È invece un fatto che sempre più uomini e donne escono dal loro matrimonio. 3. Alla ricerca del mondo comune Una delle caratteristiche dell'epoca moderna è che il mondo di vita del singolo diventa più aperto, ma anche più complesso e contraddittorio. Diverse condizioni, che avvicinandosi al presente chiaramente si rafforzano, contribuiscono a questa trasformazione strutturale: un rapido cambiamento sociale e la differenziazione in diversi ambiti par-
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ziali, in cui valgono norme e aspettative differenti; inoltre l'erosione di legami e ambienti tradizionali, nuove forme di mobilità sociale e geografica: chi è nato a Rosenheim, si trasferisce per studio o per lavoro ad Amburgo, trascorre le ferie sul lago di Garda e magari gli ultimi anni di vita a Maiorca. Una delle conseguenze è che il singolo deve fornire più prestazioni individuali di prima per cavarsela nel sistema di coordinate del mondo che lo circonda e costruirsi una identità in qualche misura stabile. Come dimostrano studi sociologici e psicologici, il rapporto coniugale acquista su questo sfondo un nuovo significato. Esso diventa, come descritto nel capitolo precedente, una istanza centrale per la costruzione sociale della realtà e un luogo importante dell'identità interna. Ma questo nuovo significato del matrimonio crea nel contempo anche un nuovo onere. Quella che è la grande chance della comunanza scelta personalmente, la creazione di un proprio mondo al di là dei vincoli di famiglia, parentela e stirpe, richiede a entrambe le parti enormi prestazioni personali. Nel nuovo sistema matrimoniale i partners non soltanto possono, ma devono anche progettare da soli la propria unione. Berger e Kellner espongono le linee fondamentali di questa costellazione: Prima matrimonio e famiglia erano saldamente ancorati in una rete di rapporti che li legava con la comunità più grande (. .. ). Esistevano soltanto poche barriere tra il mondo della singola famiglia e quello della comunità più grande (. .. ). La stessa vita sociale pulsava attraverso casa, strada e comunità locale. Espresso nei nostri concetti: la famiglia e il rapporto coniugale in essa erano inseriti in un ambito di discorso notevolmente più esteso. Nella nostra società attuale, invece, ogni famiglia costituisce un suo proprio mondo parziale segregato, con i suoi propri controlli e il suo proprio discorso chi uso. Questo fatto richiede un impegno molto maggiore da parte dei coniugi. Diversamente dai tempi passati, in cui la fondazione di un nuovo matrimonio significava soltanto un aumento di differenziazione e complessità per un mondo sociale già esistente, oggi i coniugi si trovano di fronte al compito, spesso difficile, di crearsi da sé il loro proprio mondo privato, in cui vivranno(. .. ). Con il carattere monogamico del matrimonio si potenzia la disposizione drammatica e insicura di questa impresa. Successo o fallimento del matrimonio dipendono dalle idiosincrasie presenti e dallo sviluppo futuro, difficilmente prevedibile, di queste idiosincrasie di due persone soltanto (. .. ): per Simmel, il meno stabile di tutti i rapporti sociali possibili(. .. ). In un rapporto, che viene creato soltanto da due persone e dipende dai loro sforzi, il continuo processo di creazione del mondo deve rafforzare la sua intensità a causa della povertà numerica di questi rapporti. Ciò a sua volta accentua il dramma e l'insicurezza. 11
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Inoltre, gli stessi processi di differenziazione nella struttura sociale che fanno del matrimonio una importante istanza nel progetto biografico del mondo e nel progetto di sé, rendono al tempo stesso più dif. ficile sviluppare e mantenere un progetto comune. Poiché i due, che si uniscono con certificato di matrimonio (o anche senza), sono oggi estranei in misura di gran lunga maggiore rispetto a prima, cioè provengono da ambienti di vita differenti e ciascuno da altri mondi; e ciò vale senz'altro anche quando essi, considerando criteri convenzionali (ceto, religione, nazionalità, razza), seguono le regole dell' endogamia. Ma nella misura in cui sono in questo senso «estranei», essi hanno imparato nella loro precedente storia di vita altre priorità e aspettative, altre regole implicite, ad esempio di configurazione della vita, di comunicazione e di decisione. Sono allora necessari sempre più sforzi affinché l'intesa su un progetto comune riesca. Al riguardo di nuovo Berger e Keller: Il matrimonio nella nostra società è un processo drammatico in cui due estranei si imbattono l'uno nell'altro e si ridefiniscono(. .. ). Il concetto di «estraneo» non [contiene] ovviamente il fatto che i candidati al matrimonio provengano da strati sociali molto diversi; in effetti i dati dimostrano che è vero il contrario. L'estraneità poggia piuttosto sul fatto che essi, a differenza dei candidati al matrimonio di formazioni sociali precedenti, vengono da ambiti/ace-tojace differenti(. .. ). Non hanno un passato comune, anche se il loro rispettivo passato è strutturato in modo simile (. .. ). Nella nostra società mobile il «discorso» significante, che i due partners fecero prima del matrimonio, ha luogo in ambiti sociali che non si intersecano. 12
Inoltre il principio della libera scelta del partner, che all'inizio del1' epoca moderna era rivolto in prevalenza contro l'influsso della famiglia e dei genitori, acquista, in condizioni di crescente mobilità sociale e geografica, una importanza attualizzata. Anche se la maggioranza delle coppie continua a seguire le regole dell'endogamia, cresce tuttavia il numero di coloro che si lasciano dietro i tradizionali limiti di ambiente e le tradizionali cerchie matrimoniali e scelgono un partner chiaramente di altra origine - altro strato sociale e di istruzione, altra religione o nazionalitàY (Oggi un matrimonio su dodici, che si celebra nella Repubblica federale, è misto per nazionalità). 14 Qui è più che mai appropriato dire che due «estranei» si mettono insieme. E per loro in special modo la domanda è: come può ciascuno aiutare l'altro in quel processo di ritrovamento di sé, che fa parte della definizione moderna dell'amore e che sempre immancabilmente comporta
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anche un confronto con il proprio passato, con il proprio retroterra e le proprie radici? Il principio della libera scelta del partner significa in queste circostanze non solo che ci si può unire con un partner di altra origine, ma che ci si deve mettere anche nelle paure e speranze, nei reticoli percettivi e negli orizzonti di valori, ancorati nella storia di vita, di una cerchia culturale estranea. Una inchiesta americana sui matrimoni tra partners ebrei e non ebrei è arrivata al seguente risultato: Quando uomo e donna condividono un retroterra di gruppo comune, una comune eredità culturale, un comune senso di somiglianza sociale, il confronto con il passato può rimanere una faccenda puramente personale. Ciò che ognuno rivela all'altro sono i segreti personali e familiari, per così dire. Comunque, quando uomo e donna non condividono una comune serie di assunti fondamentali circa le loro memorie collettive, gli aspetti più minuti di espressione di sé diventano ampie affermazioni circa la propria storia culturale, che piaccia o no. 15
Proprio quei matrimoni che non rimangono entro l'ambito normale delle cerchie matrimoniali, mostrano in forma particolarmente condensata il tratto caratteristico della moderna scelta del partner, della libera scelta. È diventato possibile fare tali matrimoni perché la scelta del partner non è più soggetta a influssi e poteri estranei, ma dipende soltanto dall'assenso delle due persone della cui unione si tratta. In una inchiesta tedesca sui matrimoni biculturali, si constata che essi sono «fin dai loro presupposti, matrimoni molto moderni: corrispondono all'ideale dell'amore romantico, sono individualistici». E inoltre: «La "base romantica" di questo rapporto è problema e chance al tempo stesso» .16 Le possibilità si possono circoscrivere nel modo seguente: Se va bene, qualcosa si conserva, negli anni, dell'audacia iniziale, dell'aspetto ottimistico-sperimentale, e i matrimoni biculturali sono particolarmente vivaci e interessanti. Se i problemi della comunicazione interculturale si possono integrare nella famiglia, ciò può stimolare la solidarietà e creare un orizzonte familiare ampio. 17
Esiste però anche un rovescio tipico. Fa parte del «potenziale di rischio» di tali matrimoni il fatto che la loro conservazione non sia più sostenuta da istanze esterne che abbiano carattere vincolante per entrambi i partners. Invece questa conservazione deve essere sempre prodotta individualmente da due persone soltanto. E ciò diventa tanto più difficile quanto più lontani sono i mondi da cui esse provengono. Mentre infatti nel primo atto dell'innamoramento è tipico che le differenze passino in secondo piano e conti soltanto ciò che è comune,
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nel corso del rapporto matrimoniale si fanno nuovamente avvertibili le differenze, storicamente ancorate, deipartners. Ciò significa, però, che le linee di separazione, che sembravano già superate nelr"atto della scelta del partner, mostrano la loro potenza perdurante negli stadi successivi del matrimonio e devono ora essere accettate, concordate e bilanciate interamente con le proprie forze. L'inchiesta americana sui matrimoni tra partners ebrei e non ebrei abbozza un quadro teorico di questa costellazione problematica: Mentre i momenti iniziali dell'innamoramento evocano la sensazione di un presente intenso e duraturo, ip cui il passato e il futuro sono irrilevanti, il mantenimento del]' amore sembra averç l'esigenza opposta. Sembra richiedere l'indagine del passato e la progettazione del iuturo. Porta anche dentro il suo discorso l'essere sé degli amanti, che implica inevitabilmente le loro eredità culturali. Semplicemente non esiste un sé che non sia colleg ato in qualche modo a un'ascendenza, a una rete familiare e a una storia (. .. ) . La conversazione interconiugale è, inevitabilmente, anche una conversazione sulla cultura, sulla storia e sul sentire personale circa la tradizione. 18 1
L'inchiesta tedesca sui matrimoni biculturali mostra lo stesso modello di svolgimento sulla base di dati empirici: In (. .. ) interviste le coppie biculturali descrissero le fasi tipiche dei loro rapporti. Nel periodo del primo innamoramento domina un ottimismo entusiastico, ima sensazione di beata illimitatezza e (. .. ) un certo orgoglio per il proprio non conformismo. Dopo l'esperienza degli oneri interni ed esterni segue spesso una fase di ritirata e di rinnovata identificazione con la propria origine(. .. ). Si sperimenta quanto profondamente sia ancorato il proprio sistema di valori, anzi, in un certo senso lo si sperimenta per la prima volta. Senza questo confronto il proprio sistema di valori rimane perlopiù inosservato, inconscio; e proprio per ciò appare «normale». 19
4. Alla ricerca della cosa comune Nella società moderna il matrimonio è sottratto alle costrizioni e alle richieste della vecchia economia familiare, e anche ai vincoli in questa contenuti. È diventato in un certo senso «liberamente fluttuante», uno spazio protetto della «vita privata», definito prioritariamente come comunità dei sentimenti e del tempo libero. In questo modo è nato un nuovo spazio libero; ma ciò significa, formulato inversamente, che viene sempre più a mancare una cornice esterna che dia sicurezza e appoggio. È scomparsa la «cosa comune», predisposta dal gruppo familiare e dalla successione generazionale. 20
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Al suo posto, le persone interessate devono ora stabilire, nella trattativa individuale, ciò che deve essere la «cosa comune»: «La "formaprivato" ancora "vuota" deve anzitutto essere riempita di contenuti (... )». 21 Così può nascere senza dubbio una nuova vicinanza. Ma è anche ineludibile che crescano gli ambiti di possibili zone conflittuali.
Che cosa significa qui amore? Su che cosa può fondarsi la nuova comunità? La risposta sembra dapprima facile. Secondo la moderna definizione del rapporto coniugale, questo è in primo luogo definito come comunità emotiva: il suo fondamento dovrebbe essere l' «amore». Certo questa è una definizione molto ampia e vaga, poiché, nel corso della storia - negli ultimi ·secoli e in particolare anche negli ultimi decenni - i contenuti di ciò che l'amore è e deve essere si sono trasformati più volte. Nel presente coesistono più versioni - tradizionali, moderne, postmoderne -, che insieme formano una mescolanza cangiante. Questa «non contemporaneità della contemporaneità» ha come conseguenza che con la sola parola «amore» si collegano rappresentazioni, aspettative, speranze molto differenti, e non da ultimo anche regole e norme di comportamento diverse (vedi ad esempio le frequenti discussioni su «monogamia versus rapporto multiplo»). La produzione di quella pretesa normativa che viene chiamata «amore», richiede complicati processi di sintonizzazione e di mediazione. E noi già ne abbiamo il presentimento: è posta qui la base per potenziali conflitti. Al riguardo di nuovo l'inchiesta sui matrimoni biculturali: La comunanza di un moderno matrimonio occidentale, l' «identità condivisa da entrambi», di norma rinasce sempre e di nuovo nel discorso. L'aspettativa di verbalizzazione è però culturalmente diversa. Il modo borghese-occidentale di trattare i conflitti - parlare, chiarire - non è affatto un bisogno universale. Quando il partner tedesco insiste su ciò, con il suo partner straniero può sbattere contro un muro. In molte altre culture, cioè, la vicinanza del rapporto non è considerata criterio di un « buon matrimonio», contano piuttosto la dipendenza reciproca, la responsabilità e la cura per la famiglia, la distribuzione del lavoro tra i sessi e la stabilità pratica, duratura. 22
Per giunta, a complicare ulteriormente la situazione, anche nella storia individuale di ogni coppia nascostamente cambia ciò che significa« amore». E ciò vale soprattutto là dove domina il modello del1' «amore romantico». Poiché qui la fase iniziale è determinata da quella esuberanza dei sentimenti che si nutre in buona parte della fascina-
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zione dell' «altro», dello sconosciuto. Tuttavia nel corso degli anni si impara inevitabilmente a conoscersi. Subentra la quotidianità. Da questa può svilupparsi una nuova forma di legame - radicamento, familiarità, affidabilità -, che nasce dalla storia comune. Eppure non poche coppie falliscono in questa dinamica. E ciò non è casuale, non è il fato, ma è già preprogrammato nel modello. È la «trappola dell'amore romantico»: l'innamoramento dell'inizio viene prolungato all'infinito come aspettativa, ma non può essere mantenuto così. Ciò che allora rimane è la delusione. Nel suo libro Singles Almanach lo scrittore americano Jeffrey Ullmann ha raccolto gli entusiasmi amorosi di alcuni contemporanei famosi, e ciò che più tardi ne rimase. 23 - Richard Burton su Elizabeth Taylor: «Il suo corpo è un miracolo di architettura». Dopo: «È troppo grassa e ha le gambe troppo corte». - Elizabeth Taylor sul marito n. r, Conrad Hilton jr.: «Mi comprende come donna e come attrice». Dopo: « Quando lo sposai, caddi dalla mia nuvola rosa: persi peso e non potevo mangiare altro che alimenti per neonati». - Brigitte Bardot sul marito n. 2, Jacques Charrier: «Lo amo così tanto. Il suo dolore è anche il mio dolore». Dopo: « Era un tale problema per me». - Rita Hayworth sul suo terzo marito, il principe Ali Kahn: «Il mio principe dei principi». Dopo: «Ali può fare quello che vuole; con lui ho chiuso». E sul suo quarto marito, Dick Haymes: «Lo seguo ovunque per il mondo». Dopo: « Non so dove sia, e neanche mi importa saperlo».
E ciò che forse rende maggiormente difficile la ricerca di comunanza: uomini e donne hanno differenti aspettative rispetto alla vita a due. Una di queste differenze tipiche di genere - come descritto nel capitolo precedente - è prima di tutto il fatto che gli uomini sottolineano maggiormente il lato strumentale dell'amore e del matrimonio, il mantenimento nella vita quotidiana, il fatto «che tutto vada bene». Le donne, invece, pongono maggiormente l'accento sui sentimenti e sulla vicinanza interiore, appunto sul fatto «che ci si capisca». Esemplare al riguardo la seguente situazione di discorso in un'intervista con marito e moglie: 24 Signora O. Avrei spesso il desiderio di stare più tempo con mio marito. Signor O. Già, come si chiama questo in termini pratici, che vuoi avere più tempo con tuo marito? Signora O. Beh, fare qualcosa insieme. Signor O. Vuoi dire di più a letto o cosa? Signora O. Di più in genere, forse più conversazione o - tu hai dei problemi - mettersi a sedere vicini, o parlare, chiacchierare di più.
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Signor O. Ma di cosa, ma di cosa ... di quello che dice il giornale, del lavoro, di cosa vuoi parlare con me se è tutto uno schifo, di cosa vuoi parlare con me ... Signora O. Oddio, dobbiamo parlare di più, di progetti, e poi arrivi tu, eh sì, se ti sfogassi di più, se parlassi di più ... Signor O. Sì, ma di cosa, progetti; ah, è tutto uno schifo, le vostre stupide chiacchiere ... Signora O. Molto spesso mi vien da pensare, qualche volta potrebbe, qualche volta potresti anche telefonare e ... insomma, cose del genere. Signor O. Sono finiti i tempi, perché abbiamo soltanto un telefono, che è fuori servizio ... e inoltre, ma che vuol dire, è inutile, che ne viene fuori, forse bla bla, su e giù e com'è il tempo ... Signora O. Eh sì, eh sì, ma è solo così, una volta ogni tanto, insomma, in un certo senso è un collegamento o qualcosa del genere.
Questa differenza delle aspettative probabilmente non è nuova. Ma il potenziale di conflitto, che è posto in essa, emerge in modo esplosivo soltanto nel presente. Infatti nella misura in cui le donne si concepiscono come persona autonoma con desideri propri, sempre meno accetteranno quella forma di soluzione praticata dalle generazioni precedenti: adattamento all'uomo, rinunciando ai propri desideri e alle proprie aspettative. Ora sempre più donne vogliono anche ricevere a loro volta ciò che nel vecchio ruolo femminile dovevano soprattutto dare: sentimenti, tenerezza, calore. Ora sempre più donne ne hanno abbastanza di rappresentare nella famiglia l'agenzia per l' armonia e la pace. Nei best-sellers della letteratura femminile si rispecchia chiaramente questa tendenza. Vi si annuncia programmaticamente un rifiuto all'amore, o più precisamente a quella forma che inghiotte continuamente le forze della donna. La diagnosi è: «Donne che amano troppo». 25 Si esige perciò un «nuovo contratto sentimentale» tra i sessi. 26 E se non viene rispettato? Allora si fa il bilancio sobriamente: «Nessun uomo a ogni costo». 27
Complessità, o l'imbarazzo della scelta Nella società preindustriale il rapporto matrimoniale veniva tenuto insieme con il ferreo legame della «cosa comune», l'economia familiare e le sue esigenze. Perciò esisteva un compito chiaramente delimitato, e le aspettative che venivano poste ai coniugi erano chiare fin dall'inizio. Con lo scioglimento della famiglia in quanto comunità economica, queste esigenze persero il loro fondamento. Cominciò invece, nello stadio successivo, l'ascesa della famiglia borghese, caratterizzata da una polarizzazione
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dei ruoli sessuali: 1' uomo è il sostentatore, la donna è il «cuore» della famiglia. Sul finire del secolo xx anche queste determinazioni e prescrizioni di ruoli sono diventate sempre più fragili. Per capire quali spazi di decisione si aprano, basta una occhiata al Codice civile: Prima versione del cc del 1896, in vigore dal r. r. 1900
Legge di diritto matrimoniale del 1976, in vigore dal 1.7.1977
§ 1354
All'uomo spetta la decisione in tutte le questioni relative alla comune vita coniugale; egli stabilisce in particolare luogo di residenza e abitazione.
Abrogato.
§ r355
La donna riceve il nome di famiglia del marito.
Come cognome da sposati i coniugi possono(. .. ) decidere il cognome di nascita del marito o il cognome di nascita della moglie.
§ r356
La donna ha (. .. ) il diritto e il dovere di condurre l'economia domestica comune.
I coniugi regolano il governo della casa di reciproco accordo.
Senza dubbio la libertà di scelta, che in tal modo si offre, contrasta con le vecchie costrizioni che in punti decisivi decretavano incondizionatamente la subordinazione della donna. Ora entrambi i partners hanno il diritto di essere consultati e con ciò l'opportunità di riconquistare i propri diritti e interessi. Tuttavia non si possono avere tali opportunità ·senza il loro rovescio. Ciò che, messo in paragrafi, si legge così facilmente, scatena nella quotidianità del vivere insieme parecchie turbolenze. Ora due persone devono trovare in sempre più situazioni una via comune, ciascuna con le aspettative, i desideri, le inclinazioni proprie. Non vi è però una legge dell' « armonia coniugale prestabilita» che garantisca che entrambi arrivino sempre a decisioni uguali o almeno simili. Riassumendo: l'allargamento degli spazi d'azione significa liberazione da vecchie limitazioni e costrizioni. Ma nell'ambito del rapporto a due significa anche, almeno potenzialmente, più occasioni di discordia, differenze d'opinione e litigi. Di conseguenza quell' «accordo» che il legislatore prevede per marito e moglie, purtroppo non viene sempre raggiunto. Per non poche coppie, ancora prima di andare all'ufficio di stato civile, la scelta del nome di famiglia diventa un tema «scottante». (È vero che alla fine, come mostrano le statistiche, sono per lo più gli uomini a conservare il loro cognome. Ma questo notoriamente non
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dice ancora nulla su quante coppie ne discutano «prima», o quante non si sposino affatto proprio per questo motivo). Sotto la pressione della mobilità professionale e geografica, anche la determinazione del luogo di residenza della famiglia non è una questione facile da risolvere. Più che mai la regolazione della vita quotidiana comune - per quanto ci sia ancora un simile quotidiano - offre un programma in serie per materiale conflittuale e materiale infiammabile. E non sempre si tratta solo di questioni «esterne». Spesso si raggiunge anche un livello più profondo, nel quale si mettono in trattativa (attendono una trattativa) il proprio ruolo e quello del partner, la forma della comunità e della reciproca identità. L'ordine matrimoniale e familiare borghese [aveva] stabilito culturalmente un nesso di senso e di rimandi elementare e scontato, che univa in modo plausibile « sotto lo stesso tetto» amore, matrimonio, convivenza e governo comune della casa, sessualità e formazione della famiglia(. .. ). L'attuale deistituzionalizzazione del matrimonio/famiglia (. .. ) consiste sostanzialmente nel fatto che questo nesso di senso e di rimandi, tagliato in modo così univoco, diventa meno impegnativo per l'agire e si allenta: da A non consegue più in modo assoluto B; dall'amore oggi non conseguono più affatto (in modo vincolante e costrittivo per motivazione) nozze/matrimonio; dall'essere sposati non consegue più come cosa scontata l'abitare insieme (coniugi senza figli che abitano separati, «matrimoni del fine-settimana»); dall'essere sposati non consegue però neanche più necessariamente un privilegio sessuale o il desiderio di avere figli. L'amore se la cava bene senza matrimonio e il matrimonio anche senza figli; in genere matrimonio e genitorialità si dividono più chiaramente; il «puro» matrimonio (senza figli) diventa una opzione tanto quanto la «pura» maternità senza marito. Ci sono convivenze di non sposati senza figli (caso prevalente), ma anche con figli. Conformemente, dalla convivenza non si può più inferire senz'altro che vi sia matrimonio; dalla madre non più tipicamente un padre «coesistente»; non più dalla sessualità un essere sposati ecc. Lo si vede: «il pacchetto» della vecchia istituzione è disfatto, i singoli elementi sono eventualmente «isolabili» e accessibili per sé, ma anche combinabili in diverse varianti. Inoltre si possono anche scegliere successivamente l'uno dopo l'altro, a seconda delle condizioni, e in linea di massima anche senza un ordine di successione in qualche modo evidente o costrittivo. 28
Uomini e donne oggi sono «esposti a un vero e proprio caleidoscopio di offerte interpretative su che cosa "uomo" o "donna", "amore" o "rapporto di coppia", "maternità" o "paternità" possono o devono (ancora o di nuovo) significare». 29 La relazione tra i sessi è diventata un gioco confondente tra vecchi modelli e nuove forme di vita, la «nuova imperscrutabilità» arriva fin nel più intimo. «Vogliamo amarci, ma non sappiamo come»: questa frase, che appa-
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riva come graffito sul muro di una casa, caratterizza la situazione in modo pregnante.
Lavoro del rapporto nel discorso continuo Che fare allora? Se le regole esterne cadono, devono essere fissate all'interno. «La nuova società è (. .. ) condannata (. .. ) a creare da se stessa e a rendere obbligatorie le nuove regole del gioco, sulla cui base la convivenza e la sopravvivenza sembrino possibili». 3° Ciò ricorda una nuova versione del vecchio barone di Miinchhausen, che voleva tirarsi fuori da una palude sollevandosi per il codino; soltanto che ora ci si deve anche affaticare in due. In ogni caso diventano necessari processi di sintonizzazione, inizia una «gestione del rapporto attraverso la contrattazione». 31 I suoi attori si muovono (talvolta in avanti, talvolta girando in tondo) in un « ambiente di verbose indagini»: 32 i rapporti sono allacciati, intrattenuti, disturbati e di nuovo interrotti, ma soprattutto sono discussi. Il risultato riempie volumi, soprattutto quelli della letteratura del presente: la letteratura «non è più il discorso sull'amore, ma, nel migliore dei casi, il discorso sul discorso sull'amore». 33 Come esempio illustrativo il monologo di un uomo «direttamente interessato»: Probabilmente ognuno ha il tipo di amore che si merita. Io ho Anna, e insieme ci siamo cacciati in una storia complicata da cinque anni. Altri si sarebbero comprati da tempo un appartamento comune o avrebbero almeno fatto un figlio. Noi no. Ognuno di noi fa la sua vita, a ciascuno il suo - il suo letto, la sua bolletta telefonica, la sua auto, la sua lavatrice - le modalità del nostro rapporto continuano a non essere chiarite. Chi si occupa di che cosa, chi ha un ruolo e quale? Si può vivere insieme ed essere autonomi? Dobbiamo ancora elaborare una quantità di cose. Benché molti ci considerino una coppia, in realtà non siamo ancora una vera coppia. Ma ci rompiamo il capo continuamente chiedendoci se non dovremmo pure diventarlo. L'unica cosa che siamo veramente riusciti a fare negli anni passati, è stata di discutere tanti begli argomenti: ci conviviamo con quelli. Quando critico il fatto che ad Anna piace starsene in birreria tutte le sere, mi rimprovera di essere possessivo. Quando lei vuole andare da sola in vacanza e considera il mio desiderio di passare l'estate insieme in Toscana un eccesso pseudoromantico, ho di nuovo il problema per la mia angoscia della perdita( ... ). Ho spesso l'impressione che il nostro amore consista soltanto in patti: clausole sentimentali in un contratto per scopare, con moltissimo stampato in piccolo(. .. ). Mi dico sempre, non te la prendere se lei di nuovo non vuol passare la notte da te. Lei allora dice sempre: «Ho semplicemente bisogno di tempo per me. Non avresti comunque niente da me se sono così assorta nei miei pensieri». Ma a me non importa altro che la sua vicinanza. Lei non lo capisce. «Questo mi opprime», dice (. .. ).
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Ma perché semplicemente non vi sposate, mi ha chiesto di recente un amico. È una stupidaggine sobbarcarsi per anni due case. Forse è vero. Ma da qualche parte ho letto che la coppia media dopo vent'anni si parla quotidianamente appena ancora otto minuti. Una cosa simile a noi non capiterebbe mai. 34
Le infinite discussioni sul rapporto che oggi si fanno, possono spesso sembrare ridicole all'estraneo. Eppure non sono soltanto espressione di confusione personale o di un egoismo imperversante, che infetta sempre più uomini e donne come un bacillo. Una interpretazione di questo tipo può apparire plausibile a prima vista, ma coglie soltanto la superficie e perciò è troppo riduttiva. Poiché, ciò che avviene nel privato e pare una confusione personale, è non da ultimo anche una conseguenza della modernità e della dinamica di libertà che questa scatena. Finché c'erano molti comandamenti e divieti che regolavano il corso quotidiano e la vita coniugale, era anche chiaro per la maggior parte delle questioni quale comportamento fosse «giusto», voluto da Dio e naturale. A che pro allora parole grosse, lunghe domande, lunghe spiegazioni? Tutto ciò era superfluo. Ogni partner conosceva le regole, e sapeva anche che l'altro le conosceva. (Anche chi non voleva rispettare le regole sapeva esattamente che cosa faceva: che contravveniva a usi e costumi, che intraprendeva un atto di ribellione. Qui appunto ha avuto luogo un profondo cambiamento negli ultimi decenni e in particolare negli ultimi anni. Meno sono le aspettative fissate per scritto, tanto più uomo e donna possono definire essi stessi il proprio rapporto, anzi, devono farlo. Perciò le domande: Che cosa è giusto, che cosa sbagliato? Che cosa vuoi tu, che cosa voglio io? Che cosa dobbiamo fare? «Una coppia moderna: non si amano, si parlano». 35 Oggi c'è bisogno di un continuo dialogo per produrre e conservare la cosa comune, cioè: riempire lo spazio libero del privato con definizioni concordanti di amore, matrimonio, rapporto di coppia. Questo costa infiniti sforzi, molto tempo, nervi, pazienza, in breve ciò che nella discussione più recente è conosciuto sotto la voce «lavoro del rapporto». Ed è un lavoro duro, che spesso assomiglia a una fatica di Sisifo: non si raggiunge mai una fine, dopo ogni nuova intesa sono di nuovo necessarie nuove mediazioni. « Ciò che libertà dovrebbe significare, l' apertura teorica del privato, si trasforma così in un peso ». 36
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Se il singolo non vuole fallire, deve fare qualcosa per la sua felicità. Il fabbisogno di prestazione, che la famiglia pretende, aumenta. Essere un «buon partner» significa sforzo, attenzione, pensare in sintonia. I conflitti devono essere riconosciuti precocemente, finché si tratta ancora per così dire di «fessure capillari». Per appianarli occorre un fiuto sensibile per le necessità del partner (. .. ) ,37
Se le regole esterne vengono a mancare, diventa più importante che mai che l'intesa tra i partners riesca. A queste condizioni non è certo un caso che, a partire dagli anni sessanta, psicoanalisi, psicologia, terapia registrino un afflusso enorme, e si rivolgano sempre più anche alla dinamica dei rapporti di coppia. Gli imperativi che esse annunciano sono «apertura» e «sincerità». I partners devono ammettere i sentimenti, mostrare la propria persona, non nascondersi dietro paure, tabù, convenzioni. Da un libro di consigli, pubblicato per la prima volta nel 1970: Siamo fermamente convinti che(. .. ) i problemi decisivi di un amore profondo possono essere risolti soltanto in rapporti che siano sinceri, liberi, critici e autentici, vale a dire che diano a entrambi i partners la possibilità di uscire da se stessi, offrirsi al partner, senza dover fingere e adattarsi al partner. 38
Questa accentuazione della franchezza, che nasce dalle condizioni di vita della modernità liberata dalla tradizione, diventa nel giro di pochi anni il segnale, la caratteristica di una nuova cultura o subcultura. Con la sua mediazione scientifico-divulgativa, essa certo viene spesso banalizzata, diluita per i mass media, conformemente annacquata. Nei caffè della scena alternativa (e altrove) si diffonde il bacillo dei «discorsi sul rapporto»: uomini e donne che procedono a continue rivelazioni, per avvicinarsi e rimanere vicini, oppure per respingere tali richieste. Ogni sentimento, ogni impulso viene portato alla luce, voltato e rivoltato, definito e catalogato: la mia angoscia della perdita, il tuo aggrapparti, il suo problema del padre. «I partners partono dal presupposto che devono "farsi presente", non devono fingere, devono andare d'accordo l'uno con l'altro con disinibita franchezza l'uno verso l'altro ». 39 Con il lavoro del rapporto nel dialogo continuo a tal punto minaccia la tirannia dell'autenticità. Si dimentica che la psiche umana ha molte nicchie, sinuosità, confusioni, che forse non si possono elaborare tutte in modo funzionale. Si dimentica la questione dell' «equilibrio»: quanta verità, quanta franchezza, quanto denudamento della
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psiche si può pretendere da se stessi e dal partner? Le conseguenze non sempre contribuiscono al prosperare del rapporto di coppia. Non soltanto la menzogna, ma anche l'autenticità praticata continuamente può rivelarsi una carica esplosiva. E la tematizzazione di sé non è soltanto la redenzione dai peccati dei padri (e delle madri), ma anche un'arma pericolosa. «Tra noi sia verità», dice Thoas a Ifigenia nel dramma di Goethe: ma soltanto dopo che si separano per sempre. Il successo relativo dell'istituzione dell'autotematizzazione classica, come della confessione o della psicoanalisi, poggiava d'altronde sul fatto che i destinatari delle rivelazioni in genere non ne erano contemporaneamente gli oggetti. 40
La morale del cambiamento, l'imperativo dell'ottimizzazione Come descritto finora, l'emancipazione dagli ordinamenti della vita tramandati è una delle caratteristiche essenziali della modernità. Ora è decisivo che questo processo in linea di principio non conosce più limiti, e perciò scatena un «impulso all'espansione», anzi una «morale del cambiamento» 41 permanente. Poiché le barriere, che prima erano poste all'agire umano - gli imperativi di Dio e natura, origine e ceto-, vengono sempre più sgretolate. La conseguenza è che nella definizione delle mete non sono più incorporati elementi d'interruzione, regole di arresto. Ciò che invece diventa norma dell'azione è l'imperativo dell'incremento: Ancora più in fretta! Ancora più grande! Ancora più bello! Ora, questa mentalità del miglioramento diventa efficiente non soltanto quando si tratta di marche di automobili o del posto di lavoro. Non ne è esente neanche la sfera dei rapporti di coppia: come dimostrano molte indagini, le pretese rivolte al rapporto coniugale oggi sono molto più alte di un tempo. Non basta più che si vada d'accordo in qualche modo. Si vuole di più, felicità e realizzazione, il sogno americano dunque, The Pursuit o/ Happiness, in casa propria. Ciò naturalmente deve creare, per altro verso, un potenziale per le delusioni. Quanto più alte sono le aspettative nei confronti del matrimonio, tanto più - misurato con un tale metro - si sentirà insufficiente il proprio matrimonio. Inoltre questo sogno produce anche la sua propria trappola, perché esso, posto come assoluto, suscita speranze irrealizzabili. In ogni intima e duratura convivenza ci sono, oltre all'esperienza della felicità, anche momenti di delusione, rifiuto, rabbia, di colpa
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e offesa: riassunto in modo pregnante nel componimento di uno scolaro: «Famiglia significa guerra e pace». 42 L'aspettativa di felicità, intesa in senso puro e letterale, così collide con la realtà dei rapporti, con i conflitti, i compromessi e le crisi che emergono in ogni convivenza. L'esperienza di un terapeuta, sulla base di lunghi anni di pratica dice che i numerosi libri sul matrimonio che annunciano gli imperati vi di crescita e maturazione come una promessa, poco o per niente si occupano cli quell'altro lato che pure fa parte della crescita personale, vale a dire di quei toni bassi che sono la necessità e la violenza distruttrice, e del loro superamento. [Io vedo] la famiglia non come un rifugio, un luogo dove dominano soltanto il piacere e la gioia - cosa che può anche essere - , (. .. ) ma come un luogo dove l'essere umano, la più barbara di tutte le creature, può imparare a dividere con altri tempo e spazio in modo non violento e non distruttivo (. .. ) . Svelarsi completamente alla persona con cui si vive e contemporaneamente imparare a conoscere aspetti delle sue (di lui o lei) esperienze, dei suoi atteggiamenti, delle sue speranze, delle sue paure, che fanno in mille pezzi l'immagine che ci si è fatti di lei, è(. .. ) una esperienza che dura a lungo, estremamente dolorosa (. .. ) . [In questo senso] il matrimonio e tutta la vita familiare sono un luogo meraviglioso per (. .. ) imparare a conoscere l'intero pozzo nero della vita (. .. ). Da questo punto di vista, dopo ventisei anni e mezzo di matrimonio, sono giunto alla conclusione che non è la felicità lo scopo del matrimonio. Il matrimonio ha molti lati stupendi; è un luogo dove si può imparare a convivere con altre persone, diverse da sé sia per età sia per sesso, per valori e prospettive. È un luogo dove si può imparare sia a odiare che a superare l'odio, un luogo dove si può imparare il riso e l'amore e il colloquio. 43
Ma che fare quando la realtà non corrisponde all'ideale? Secondo il vecchio modello di matrimonio si era legati l'uno all'altro in modo indissolubile, per quanto insopportabili fossero il temperamento e la disposizione dei partners. La nuova mentalità di miglioramento indica ora esattamente la direzione opposta: meglio mettere fine al matrimonio che rassegnarsi alle carenze e accontentarsi di poco rispetto all'attesa di felicità. O, detto altrimenti, quante meno barriere esterne conosce l'ideale d'amore, tanto maggiore è anche la pressione in via complementare a non accontentarsi di un matrimonio «di qualità inferiore». L'aumento dei divorzi ha dunque anche qui la sua radice: « La gente divorzia in tal numero (. .. ) perché le sue aspettative verso il matrimonio sono così alte che non vuole accontentarsi di approssimazioni insoddisfacenti». 44 Ma siccome in capo a sei settimane il povero terzo marito zompa molto di meno, siccome è sfiancato e ne ha abbastanza del fisiologico e pensa nuovamente al sociale,
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a riprendere il suo lavoro e a invitare i van Vries e parla della sua promozione e dei suoi reumatismi, lei d'improvviso capisce, con molta elevazione, di essersi sbagliata. Non manca mai, il numero dell'essersi sbagliata. Allora decide di andargli a parlare con gran nobiltà e per esser più solenne si appiccica un gran nastro dorato sulla testa. «Caro terzo ragno - gli dice giungendo le zampette pelose -, siamo degni l'uno dell'altro e lasciamoci nobilmente, senza vane recriminazioni. Non infanghiamo con inutili ingiurie il nobile ricordo della passata felicità. Io ti dico la verità, e la verità, caro, è che non t'amo più». Neanche questo manca mai, il numero del non t'amo più. «Fingere sarebbe bassezza», prosegue. «Che vuoi, caro, mi sono sbagliata. Con tutta l'anima avevo creduto che tu saresti stato il ragno eterno. Ahimé 1 Sappi che un quarto ragno è entrato nella mia vita». (Albert Cohen, Belle du Seigneur) 45
Anche questo sviluppo mostra un impulso all'espansione, si rafforza e si accelera quasi dall'interno: l'ampliamento degli spazi di libertà è un processo autopropulsivo. 46 Ciò significa concretamente che le nuove opzioni di separazione e divorzio agiscono sotterraneamente anche laddove, da un punto di vista puramente statistico, vengono utilizzate soltanto in misura minima. Già solo il loro diventare visibili (in gran parte a opera dei mass media) non lascia intatte le forme tradizionali di matrimonio e di vita. Chi ora mantiene il matrimonio lo fa sempre sapendo che ci sono vie di uscita: si potrebbe fare anche diversamente. Il mantenimento del matrimonio viene ora percepito - esistendovi alternative - come espressione di una scelta cosciente e con ciò finisce con l'essere una coazione a motivare. Una caricatura di Chlodwig Ploth esprime plasticamente questo nesso: Due vecchi amici si incontrano in birreria. A Accidenti, è favoloso trovarsi di nuovo qui. Come state vecchi briganti? Cosa fanno i Kri:iger, per esempio? B Quelli si sono separati da un pezzo. Lui vive con un'altra a Sachsenhausen, e dove sia finita lei non lo so. A Ah sì, e gli Zierfeld? B Quelli hanno rotto di recente. Lui se n'è andato, e adesso vive in una comune. Lei vive ancora a Bornheim con Volker; lui è un insegnante. Non so se lo conosci. Ma cosa fate voi? A Beh, non funzionava proprio più. Susi adesso abita da qualche altra parte con un tipo molto simpatico, e io vivo nel vecchio appartamento con Karin. Fa la psicologa. E voi? Come va? B Noi, beh, stiamo ancora insieme, ma, sai, ci abbiamo pensato spesso anche noi, davvero. Ma poi, pensi al ragazzo, e poi tutto il resto, sai, e stranamente, non so se tu capisci, tra noi è tutto perfetto. Strano, ma è così, capisci? A Non hai bisogno di scusarti, vecchio mio, ti capisco benissimo, non prendertela. 47
Il semplice aumento del bisogno di giustificarsi anche per forme
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di vita tradizionali fa dunque progredire ulteriormente la spirale del cambiamento. Per mantenere tradizioni consolidate è sufficiente l'assenza di mali estremi; per giustificare comportamenti scelti occorrono invece motivazioni positive. In altri termini: una situazione matrimoniale data viene accettata finché non sia insopportabile. Una, che invece sia liberamente scelta, deve dimostrarsi la «migliore possibile» sull'orizzonte delle possibilità alternative. Così, dunque, la coazione a giustificarsi alza ancora i parametri sui quali si misura la felicità. Il lavoro, che crea linee divisorie Finora si è parlato di come la comunanza, che lega l'uno con l'altro i coniugi del presente, si basi su un'aspettativa d'amore, il che, come abbiamo visto, crea molte difficoltà. Ma a questi problemi interni, insiti nello stesso ideale dell'amore, si aggiunge un altro punto: la produzione di questa nuova comunanza non avviene in uno spazio libero dal sociale, ma è soggetta a molti influssi provenienti dall'esterno, a nuovi controlli e costrizioni, che sottendono la comunanza. È qui d'importanza centralissima la forma oggi predominante del lavoro, che non crea più, come nella società preindustriale in quanto economia familiare, un legame unificante, ma al contrario ora stabilisce linee divisorie tra uomo e donna. Da un lato ci sono i cosiddetti matrimoni tradizionali, secondo il modello «l'uomo è il sostentatore, la donna competente della casa e della famiglia». Il problema noto è che uomo e donna vivono in mondi differenti, qui le regole e le esigenze del lavoro, là l'uniformità e l'isolamento dell'esistenza di casalinga. L'intesa tra questi mondi è difficile; quando non riesce più, ci sono alla fine mancanza di discorso ed estraniazione. Lei non si accorge che ti viene il fiato corto; non immagina che il tuo braccio si indebolisce; ovvio che lui si sforzi;· ovvio che lui mantenga la casa, soddisfi tutti i desideri, sostenga tutte le spese;· ovvi i suoi conflitti, il suo malumore; anche lei ha i suoi conflitti, i suoi malu~ori; anche lei nasconde le sue preoccupazioni davanti a lui. Ma un giorno uno se ne sta lì e si domanda: come andrà avanti? Più nessuno slancio; niente di elettrizzante; niente seguire o accompagnare; nessuna comune ricerca di vie; soltanto ovvietà e pacifica divisione del lavoro. Tu fuori nel mondo, io dentro in casa(. .. ). Così nasce la pacifica felicità di un matrimonio di sedici anni, e la vita diventa come una pentola con latte cagliato, acido e spesso, dentro tu ci affoghi come una mosca, molto sobriamente. (Jakob Wassermann, Laudin und die Seinen) 48
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Dall'altro lato ci sono poi i matrimoni, predominanti nella giovane generazione, dove entrambi hanno un lavoro, e con ciò sperimentano nuovi oneri e nuovi conflitti. L'attività lavorativa oggi è, per sua struttura interna, per lo più un «lavoro da una persona e mezza», e ciò significa organizzato, per quantità e qualità delle sue esigenze, in modo da non tenere quasi conto delle esigenze del lavoro quotidiano privato; esso presuppone tacitamente che l'occupato ricorra ai servizi e all'aiuto di altre persone. Nella maggior parte dei casi ciò significa appunto la moglie (. .. ). Il lavoro quotidiano che la donna svolge crea la base giornaliera per l'alimentazione, l'abbigliamento, il benessere dell'uomo e per la crescita della prossima generazione; essa libera l'uomo dalle preoccupazioni e incombenze quotidiane, così che egli possa soddisfare le esigenze del lavoro professionale il più possibile senza impedimenti. 49
Che cosa significa, in considerazione di tali presupposti, quando sempre più donne hanno anch'esse un'attività lavorativa? Le conseguenze si possono riconoscere con un facile calcolo aritmetico: a entrambi i partners manca ora la terza persona che li sostituisca nel lavoro di sfondo e dia quel tanto di lavoro di cura. Perciò, dopo la fatica della giornata, ancora la lotta per il lavoro nel privato, dove gli stessi rimproveri si ripetono in circolo vizioso, le eterne questioni riguardanti il rigovernare, fare la spesa e accudire ai figli. Ciò è noto dall'esperienza di tutti i giorni, e sufficientemente confermato da molte indagini. Ma nel contempo è soltanto una parte del problema, perché nel quotidiano come nella teoria spesso si dimentica che al di là del lavoro domestico in senso stretto c'è bisogno anche del lavoro del sentimento. La persona, e ancor più la persona che lavora, non vive di solo pane, ha bisogno anche di conforto psichico. Le regole del mercato, avvertibili in svariati modi nella quotidianità del lavoro - rapidità e disciplina, concorrenza e carriera! -, si traducono in tensione interna e irritazione. (Non è un caso che nel secolo XIX sia sorta quella costruzione di caratteri sessuali polarmente opposti, che demandava alla donna di essere un'« oasi di pace» per l'uomo che lavorava). Le molte irritazioni nel clima interno, le lamentele sulla poca comprensione da parte dell'altro, sono perché ognuno è preso nei suoi guai e spera nella comprensione dell'altro. E non è egoismo o fallimento individuale. No, è un accadimento collettivo, lo stesso dramma in innumerevoli cucine e salotti: la conseguenza diretta del lavoro-da-una-persona-e-mezza, in cui ciascuno si logora.
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Una ulteriore caratteristica di questo lavoro-da-una-persona-e-mezza è che molte delle sue «tacite esigenze» sono tagliate a misura di uomo con una moglie sempre capace di adattarsi. Per citare soltanto l'esempio più visibile: in condizioni di elevata disoccupazione, la mobilità geografica è spesso presupposto importante in generale per trovare un posto di lavoro; e in molti settori la mobilità è anche presupposto essenziale dell'avanzamento. Ma che cosa succede se tutti e due lavorano? Soltanto in rari casi fortunati le esigenze di mobilità di due persone vanno nella stessa direzione. Più frequentemente avviene che l'offerta di lavoro in un'altra città sia, per uno dei partners, un importante trampolino di lancio per inserirsi o per un avanzamento nel lavoro, e torni a grave scapito, sulla scala professionale, per l'altro, che « si trasferisce al seguito», fino a comportare la disoccupazione. In queste condizioni si offrono due alternative. O il matrimonio del fine settimana e la pendolarità: ciò comporta molto dispendio di energie per sintonizzarsi e costa tempo, e i piani organizzativi limitano la vita privata. Oppure, rimanere insieme, in senso letterale, con notevoli svantaggi per uno dei due, e rinuncia alle proprie opportunità con eventuali conseguenze a lungo termine (e difficilmente prevedibili); ciò significa contrattare e ponderare, molto materiale di conflitto e molto materiale infiammabile. Sì, certo, tutto si può parare con molta comprensione reciproca. Ma di nuovo: quanto ne viene quotidianamente sgretolato, macinato nei mulini del lavoro da una persona e mezza? Cosa mia, cosa tua: la mentalità del contratto Così cresce il senso d'inettitudine e il bisogno di consultarsi con qualcuno. I libri che offrono ricette per l'amore, il matrimonio, il rapporto di coppia hanno molto successo. Viene offerta una scelta quasi illimitata, tanto vasta quanto variegata, una specie di supermercato delle filosofie per la vita e l'amore. Dal nostro punto di vista è interessante prenderle in considerazione in relazione alla seguente domanda: quali regole delineano, per mantenere la comunità riferita alle persone? Ma ben presto diventa chiaro che la domanda è posta in modo sbagliato, almeno in parte. Senza dubbio esistono molti libri la cui intenzione è di abbattere i muri fatti di delusione, mutismo e rassegnazione, per rendere di nuovo possibile una intesa sulla comunanza. Ma è altrettanto indubitabile che vi sono sempre più libri di consigli
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in cui il tema della comunanza è messo molto a margine, per quanto sia in genere ancora un tema. Al centro sta piuttosto un altro imperativo, formulato in ogni sorta di variazione, talvolta in modo benevolo, talvolta in modo molto drastico, ma tendenzialmente sottolineando maggiormente la parte opposta: invece della conservazione del «noi», quella dell' «io». Così sempre più spesso si consiglia di «regolare quanti più aspetti possibili del quotidiano vivere insieme in un contratto matrimoniale». 50 Non si tratta prima di tutto di produrre la comunanza, di configurare sempre e di nuovo la vicinanza interna nel dialogo. Lo scopo è piuttosto di assicurare a ciascuno la «propria cosa» mediante regole legali. E sempre piì.1 coppie seguono il consiglio. Nella Repubblica federale tedesca 51 come negli Stati Uniti 52 cresce il numero delle coppie che prima del matrimonio stipulano un contratto matrimoniale. La fidanzata dell'uomo era snella. Gli piaceva così; voleva anche che rimanesse così. Ed era deciso a fare tutto quanto in suo potere per assicurare la sua snellezza futura (. .. ). Prima del matrimonio il fidanzato convinse la fidanzata ad accettare un accordo in base al quale in caso di aumento di peso lei avrebbe dovuto pagare una multa, che le sarebbe stata rimborsata con la diminuzione di peso. Non era una semplice promessa. La coppia suggellò l'accordo stipulando un contratto matrimoniale presso un avvocato di New Yorl