I film che aiutano a stare meglio. Filmtherapy 8860816874, 9788860816870

Il cinema ci può aiutare a stare meglio, lo testimonia una ricerca iniziata nel 1989 dalla quale il volume trae ispirazi

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I film che aiutano a stare meglio. Filmtherapy
 8860816874, 9788860816870

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Vincenzo Maria Mastronardi - Monica Calderaro

I FILM CHE AIUTANO A STARE MEGLIO Filmtherapy

ARMANDO EDITORE

MASTRONARDI, Vincenzo Maria – CALDERARO, Monica I film che aiutano a stare meglio. Filmtherapy ; Roma : Armando, © 2010 240 p. ; 21 cm. (Psicologia dei comportamenti e della devianza) ISBN: 978-88-6081-687-0 1. Filmtherapy 2. Film come intervento terapeutico/educativo 3. Psicopatologia sullo schermo CDD 150

© 2010 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 17-07-008 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-mail [email protected]

Indice

Prontuario filmografico e classificazione per tematica psicologica 9 a. Famiglia: Relazione tra genitori e figli e genitori single; accettazione della disabilità; divorzio e affidamento; conflitti familiari e rapporti tra fratelli e sorelle; sindrome del "nido vuoto". b. Coppia: Problemi di comunicazione; conflitti e mediazioni; impegno e responsabilità all'interno del matrimonio; relazioni di coppia; rinnovata intimità; divorzio; omosessualità. e. Bambini e adolescenti: Responsabilizzazione; amicizia e fedeltà; bullismo e prepotenze; le paure della fanciullezza; perdita e dolore; adolescenza e passaggio all'età adulta; ricerca di identità. d. Per gli adulti: Single; scelta del partner; amicizia e supporto del gruppo; conflitti con la famiglia di origine; problematiche femminili; problematiche maschili; saper invecchiare, morte ed elaborazione del lutto. e. Problemi professionali e stress lavorativo; lavoro di squadra; le difficoltà nella ricerca della propria identità; modelli di riferimento e aumento delle proprie sicurezze, delle proprie competenze e dell'autostima; il valore del coraggio. f. Esempi di alcune psicopatologie e patologie dei comportamenti: Suicidio; abuso di sostanze (alcoolismo e tossicodipendenze); abuso di minori; disturbo post-traumatico da stress; autismo; disturbi di personalità; maltrattamenti e violenza sulle donne; disturbi fobico-ossessivi; Mass Murder (omicida di massa); Family Mass Murder (omicida di massa famigliare); Serial Killer; Spree Killer (omicida per baldoria); stalking; disturbi psichiatrici vari; coinvolgimento terapeuta-paziente; film a sfondo sociale; lavaggio del cervello o Brain Washing; sette sataniche e satanismo; in tema di ipnosi. Introduzione. L'uso dei film come intervento terapeutico, educativo e di miglioramento personale 41 Le strategie per far fruttare la visione di un film, l'importanza delle giuste indicazioni terapeutiche per il singolo film

1. Excursus storico dell'interazione tra cinema e psichiatria Gli stereotipi dello psichiatra sullo schermo dal 1906 ad oggi - Lo psichiatra schernito (1906) - Lo psichiatra ciarlatano (1936) - Lo psichiatra oracolo (1939) - Lo psichiatra senza volto (1957) - Lo psichiatra meraviglioso (1957-1963) - Lo psichiatra malvagio ( 1980-2000) - Lo psichiatra depresso e demotivato (2002) Lo psicoterapeuta ipnotista nella cinematografia internazionale - Relazione tra ipnosi e cinema - Dalle origini del cinema ad oggi

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2. Stati di psicopatologia sullo schermo. Alcuni esempi - Psyco - Qualcuno volò sul nido del cuculo - Io e Annie - Interiors - Gente comune - Shining - Birdy - le ali della libertà - Attrazione fatale - Rain man - l'uomo della pioggia - Gli inseparabili - Un giorno di ordinaria follia - Mr. Jones

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3. Il cinema nella didattica psichiatrica (gli accorgimenti nella scelta dei Ifilm più emblematici 4. Il cineforum e la visione di gruppo

film).

87 99

5. Aspetti neurofisiologici della visione cinematografica 105 (Mastronardi V.M. - Marascio F.) Le sperimentazioni (il cinema come terapia) (Mastronardi V.M. - Villanova M.) La musica dei film - Effetti biologici della stimolazione sonora: la biosonica - Effetti psicologici della stimolazione sonora: la psicosonica (Effetti emotivi, Effetti cognitivi, Effetti sinestesici, La musica e le immagini mentali) Le strategie dei colori

6. Ifilm già sperimentati nel contesto italiano e più usati in cinematerapia. Le trame e le indicazioni terapeutiche

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Bibliografia

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Prontuario filmografico e classificazione per tematica psicologica

La seguente classificazione per tematica psicologica è il frutto di una ricerca effettuata con pazienti in trattamento psicoterapeutico, utilizzando questo o quel film a seconda delle necessità dettate dalle varie fasi dei singoli contesti evolutivi del singolo paziente, confrontandole, fin dal 1989, con le ripercussioni emozionali suscitate dagli stessi film su di una intera équipe di collaboratori e studenti del nostro “Osservatorio dei Comportamenti e della Devianza” del Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica della Prima Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. Il monitoraggio dei comportamenti è poi stato confrontato con altri pazienti portatori di analoghe problematiche ai quali non era stata somministrata alcuna immagine filmica. Le ricerche ufficiali furono poi estese ad altre iniziative sul territorio nazionale e ne menzioniamo soltanto alcune, tra le ultime: il progetto sulla filmterapia dei tossicodipendenti in carcere (2005) nell’ambito del progetto “Ordinaria Riabilitazione” – esteso a venti Istituti Penitenziari italiani nell’ambito delle iniziative del Dipartimento Nazionale delle Politiche Antidroga promosso dalla Presidenza Consiglio dei Ministri e dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (DAP) presso il Carcere di Reggio Calabria, grazie all’ospitalità riservataci dalla Direttrice Dott. ssa Maria Carmela Longo e dal Direttore Sanitario Luciano Lucania. Tale ricerche hanno avuto la finalità di utilizzare il mezzo filmico come strumento di insight (presa di coscienza) inserito nell’ambito di strategie terapeutiche riabilitative piu ampie. Ciascun incontro nel corso di un intero anno solare è strato gestito da chi scrive (Vincenzo Mastronardi e Alfredo Grado, rispettivamente Psichiatra psicoterapeuta e Sociologo) attivando ben mirati percorsi di discussione di gruppo e ottenendo così una proficua ridefinizione di nuovi percorsi esistenziali alternativi da utilizzare, più funzionali, gratificanti e meno disturbanti l’omeostasi intrapsichica e interpersonale. Va detto che la loro influenza risiede nel fatto di consentire «la comprensione dei propri ed altrui stati mentali, di compiere operazioni cognitive su di essi, di padroneggiarli adeguatamente e di utilizzare la conoscenza psicologica per risolvere problemi o per fronteggiare quegli stati 9

che possono costituire fonte di sofferenza soggettiva». Tali funzioni sono costituite da quattro variabili: 1) funzione di monitoraggio degli stati interni propri ed altrui, riconoscere cioè le proprie emozioni in relazione agli elementi esterni e/o interni che ne sono causa; 2) funzione di differenziazione tra rappresentazione e realtà, cioè la capacità di distinguere tra finzione e realtà e tra pensiero proprio ed altrui (capacità di decentramento); 3) funzione di integrazione fra diversi stati mentali e modalità di funzionamento propri ed altrui, cioè la capacità di associazione mentale fra idee e pensieri interni ed esterni e quindi, in definitiva, la 4) funzione di mastery, cioè la capacità di analisi e di risoluzione dei problemi con le modalità associative mentali proposte dal singolo film appositamente scelto per il singolo gruppo di spettatori. Interessante la considerazione che, nonostante il progetto, fu inizialmente mirato agli uomini da 24 a 65 anni, ci trovammo in pieno indulto e pertanto le celle si svuotarono di quasi tutti i detenuti in terapia e soddisfatti per il percorso terapeutico che era giunto ormai pressocché alla fine, avendo sortito risultati di apprezzabile entità, fummo investiti di nuova richiesta mirata da parte delle detenute donne che, a conoscenza dell’intervento filmico sui tossicodipendenti maschi, chiesero ufficialmente di aderire anche loro ad un percorso terapeutico strutturato ad hoc e per alcuni mesi fu loro concesso di essere da noi seguite in questo processo di crescita mirato, particolarmente interessante attivando peraltro inaspettatamente un dialogo quanto mai costruttivo dopo ogni proiezione filmica, tra terapeuti, detenute e agenti di custodia del personale femminile che assistevano congiuntamente alla proiezione del singolo film: una esperienza emozionale quanto mai intereressante e prudentemente condotta con materiale testologico e di monitoraggio testato e validato dalla nostra équipe di ricerca. Altra importante ricerca è quella tuttora in atto all’interno dell’Ospediale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere, direttore scientifico Prof. Vincenzo Mastronardi, responsabile del progetto il Direttore dell’OPG Dott. Antonino Calogero, responsabile dell’équipe di trattamento dell’OPG il Dott. Gianfranco Rivellini, co-conduttrice la Dott.ssa Sofia Muccio, un’équipe multidisciplinare all’interno dell’OPG che si è occupata quindi della conduzione di due gruppi formati da 8 e 12 pazienti: ƒ Personale OPG-psichiatra; educatore, Università la “Sapienza” di Roma, consulente criminologo ed esperto in filmografia (Antonella Pomilla, Monica Calderaro). ƒ L’azione di verifica dei test somministrati è stata poi elaborata di volta in volta da psicologi e psicografologi della “Sapienza” Università di Roma.

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Si è ritenuto che il mezzo filmico potesse favorire la rielaborazione di quelle dinamiche intrapsichiche e interpersonali disturbate che hanno concorso alla commissione del reato. L’occasione è stata costituita dalla proposizione da parte della Regione Lombardia del bando emesso grazie alla legge 8/2005, rivolto a finanziare progetti in favore di detenuti, internati ed ex detenuti. Modificare i gap esperenziali e le proprie inadeguatezze che hanno sorretto la crisi psicopatologica, offrire un percorso di comprensione di sé e del relazionarsi all’altro, facilitare già all’inizio dell’internamento in OPG la comunicazione individuale e di gruppo quale strumenti di effettivo reinserimento sociale, dotare l’équipe multidisciplinare di strumenti di approccio e analisi innovativi: ecco alcuni degli obiettivi che l’attività persegue. Dal mese di febbraio 2008, presso l’OPG di Castiglione è in essere il progetto che prevede l’uso del mezzo filmico come strumento di riabilitazione. Protagonisti i pazienti i quali diventano soggetti attivi, non solo perché è richiesta la loro attenzione durante la visione del film, anche in previsione della compilazione dei test che vengono somministrati, ma soprattutto perché scelgono le tematiche che desiderano affrontare la volta successiva. Il paziente è quindi indotto a interagire con se stesso per conoscere i propri bisogni e imparare a capire quali risposte cerca; inoltre l’attività in gruppo comporta l’acquisizione di abilità d’ascolto dell’altro, della sua storia e il confronto con i propri vissuti. Alcuni pazienti hanno riconosciuto il proprio compagno non più come “uno dei tanti” con il quale si condividono spazi vitali (camera, cucina), ma come soggetto portatore di emozioni e di pensiero. Ad oggi sono stati coinvolti due gruppi di pazienti per un totale di venti internati. Durante i lavori con il primo gruppo le tematiche proposte dai pazienti hanno riguardato: relazioni tra genitori e figli, aumento della sicurezza e dell’autostima, lavoro di squadra, scelta del partner. In relazione a questi temi ecco alcune reazioni dei pazienti: una donna, autrice di due infanticidi, in seguito alla visione del film “Les Choristes”, in cui si narra di un collegio nel quale sono accolti ragazzi in difficoltà che grazie all’insegnamento della musica riescono a scoprire il valore dell’amicizia e della solidarietà, ha rievocato la povertà della sua famiglia, la vita con la madre abbandonata dal padre, gli stenti provati e l’importanza della figura materna, pilastro al quale si era sempre riferita. Un altro paziente, autore di reati sessuali contro i figli, in seguito alla visione del film “L’ultimo bacio”, ha raccontato il suo disagio relativo all’incapacità di saper approcciare con una donna, in quanto ritiene di non essere fisicamente in grado di soddisfarla. La paura del confronto con l’altro, ha dichiarato, lo ha indotto ad isolarsi a tal punto da “mettere la radiolina nelle orecchie per non pensare a niente”. All’interno del nuovo gruppo i lavori sono ancora in corso, fino ad oggi sono stati prediletti temi quali: ricerca d’identità e valore dell’amicizia. In 11

seguito alla visione “Scoprendo Forrest”, che narra l’amicizia tra un uomo adulto oramai disilluso e malato e un giovane ragazzo di colore in cerca di una guida per affrontare la vita, un paziente autore di matricidio ha espresso il suo disagio dichiarando che l’amicizia non esiste, infatti è sempre stato solo ed annoiato, in attesa che il tempo trascorresse. Le affermazioni del paziente sono state accolte dall’esperto e il giovane che aveva mostrato la volontà di allontanarsi si è ripresentato la volta successiva più motivato e desideroso di confrontarsi con il suo gruppo. Le ricerche già presentate al Congresso nazionale della Società italiana di Criminologia a San Marino in ottobre 2008 a cura di Gianfranco Rivellini, Vincenzo M. Mastronardi, Antonino Calogero, Sofia B. Muccio, sono tuttora in corso e, peraltro, grazie al loro positivo riscontro nel valore di concreto ausilio terapeutico per il significativo percorso intrapsichico ed interpersonale, sono state rinnovate per altri due anni dalla stessa Regione Lombardia ed esteso al Centro Psicosociale di Castiglione delle Stiviere nonché alla Casa Circondariale di Mantova. Le stesse ricerche sono state poi estese ancor più recentemente (2009) a 50 madri dello Sportello Salvamamme di Roma diretto da Grazia Passeri presso la Sapienza Università di Roma e inaugurato dall’Onorevole Roberta Angelilli Vice Presidente del Parlamento Europeo, nonché nell’ambito del Corso di Laurea interfacoltà per Assistenti Sociali della Sapienza Università di Roma a 60 studenti iscritti al Seminario mirato (2009). Le ricerche e le esperienze tuttora continuano nell’intero territorio nazionale ma sempre supportate dalla peculiare programmazione di somministrazione filmica ormai perfezionata e sottoposta ai controlli dell’Istituzione Internazionale di Studi Superiori e Ricerche sulla Comunicazione di Massa e del summenzionato Osservatorio dei Comportamenti e della devianza. [Nota Bene: quei film contrassegnati con un asterisco (*) non sono stati trattati nel presente lavoro monografico unicamente per economia editoriale e quindi per non appesantire la stessa trattazione, riproponendoci di approfondire ulteriormente nella prossima pubblicazione con una elencazione ancor più allargata man mano che le stesse succitate ricerche sperimentali avanzano].

Famiglia: Relazione tra genitori e figli e genitori single; accettazione della disabilità; divorzio e affidamento; conflitti familiari e rapporti tra fratelli e sorelle; sindrome del “nido vuoto”. 1) Relazione tra genitori e figli e genitori single – About a boy – A cena con gli amici 12

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

A ciascuno il suo destino Al di là del silenzio Alice nella città Alle frontiere dell’India Allucinante notte per un delitto Al lupo al lupo Amarsi Amnesia L’amore Molesto L’amore non basta mai L’amore più bello – L’uomo dai calzoni corti Anche libero va bene Anna dei Miracoli Affliction – Afflizione Alice Aria di famiglia A tempo pieno Baby Boom Broken flowers Una brutta storia Il buio oltre la siepe Buon compleanno Mr. Grape La comunicazione in famiglia Conflitti del cuore Erin Brockovich – Forte come la verità Eroi di tutti i giorni Facciamo paradiso La Famiglia Fratelli e sorelle Gente comune I giorni dell’abbandono Giorni di rabbia Gran Torino Un giorno per caso Gioventù bruciata Il grande cocomero Juno Hud il selvaggio Imprevisti d’amore Interiors Mask 13

– – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Meno male che ci sei La mia vita in rosa Mrs. Doubtfire My life – Questa mia vita Nine month Non pensarci Onora il padre e la madre Padre padrone I ponti di Madison Country Il pranzo della domenica I 400 colpi (*) Il ritorno della scatenata dozzina La stanza di Cloe Storia di noi due Turista per caso L’uomo che sussurrava ai cavalli La vita è bella Voglia di tenerezza Volevo i pantaloni

2) Accettazione della disabilità – – – – – – – – – – – –

A beautiful mind (*) Dietro lo specchio (*) The elephant man Forrest Gump Gaby una storia vera Mask Il mio piede sinistro (*) Nato il 4 luglio (*) Nell (*) L’olio di Lorenzo L’ottavo giorno Shine

3) Divorzio e affidamento – – – – 14

A casa dopo l’uragano Alice Baby Boom La balia

– – – – – – – –

Diritto d’amare Erin Brockovich – Forte come la verità Un giorno per caso Kramer contro Kramer Lady bird, Lady bird Lontano da Isaiah (*) Mrs. Doubtfire Storia di noi due

4) Conflitti familiari e rapporti tra fratelli e sorelle – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

La balia A casa per le vacanze L’aculeo della morte Addio fratello crudele Affliction – Afflizione Agata e la tempesta Allucinante notte per un delitto Al lupo al lupo L’amore non basta mai L’anima e il volto Aria di famiglia La bestia nel cuore Una brutta storia Facciamo paradiso I Favolosi Baker Fratelli e sorelle Gente comune Giorni di rabbia Gioventù bruciata Hannah e le sue sorelle Hud il selvaggio Interiors Il lungo viaggio verso la notte Non pensarci Onora il padre e la madre Il treno per il Darjeeling Voglia di tenerezza Volevo i pantaloni Segreti I segreti del cuore 15

– Sul lago dorato (*) – Soul feed – I sapori della vita – La stanza di Marvin 5) Sindrome del “nido vuoto” (= quando i figli vanno via da casa) – – – – – –

All American boys Al di là del silenzio Il padre della sposa Il padre della sposa 2 (*) In mezzo scorre il fiume Piccole donne

Coppia: Problemi di comunicazione; conflitti e mediazioni; impegno e responsabilità all’interno del matrimonio; relazioni di coppia; rinnovata intimità; divorzio; omosessualità. 1) Problemi di comunicazione; conflitti e mediazioni – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – 16

La balia L’aculeo della morte Un adorabile infedele Alice Alice nella città Amarsi L’anima e il volto Un bacio romantico A piedi nudi nel parco Aria di famiglia Chi ha paura di Virginia Wolf? Four seasons (*) Gente commune I giorni dell’abbandono La guerra dei Roses Fratelli e sorelle Interiors Mariti e Mogli Meno male che ci sei Mr. e Mrs. Bridge Notorius l’amante perduta

– – – – – – –

Le parole che non ti ho detto Il postino Il pranzo della domenica Scene da un matrimonio (*) Turista per caso L’ultimo bacio Un medico un uomo

2) Impegno e responsabilità all’interno del matrimonio – – – – – – – – – – – – – – – –

La balia A Casablanca gli angeli non volano Un adorabile infedele Alice Aria di famiglia A proposito della notte scorsa Beautiful girls L’età dell’innocenza (*) La mia Africa Nine months – Imprevisti d’amore Il pranzo della domenica Ricomincio da capo (*) Storia di noi due Ufficiale e gentiluomo L’ultimo bacio L’uomo dei sogni

3) Relazioni di coppia – – – – – – – – – – – –

A casa dopo l’uragano Accordi e disaccordi L’aculeo della morte La balia Un adorabile infedele Alice (*) Alice nella città L’anima e il volto Aria di famiglia Un bacio romantico Broken flowers Duello al sole 17

– – – – – – – – – – – –

L’età dell’innocenza (*) Four seasons (*) Fratelli e sorelle I giorni dell’abbandono Hannah e le sue sorelle Lezioni d’amore L’ultimo bacio Meno male che ci sei Non pensarci I ponti di Madison County Il pranzo della domenica Scene da un matrimonio (*)

4) Rinnovata intimità – – – – – – –

Four seasons (*) Harry, ti presento Sally Lezioni d’amore Shakespeare in love Storia di noi due Turista per caso L’uomo che sussurrava ai cavalli

5) Divorzio – – – – – – – – –

A casa dopo l’uragano Alice La balia E ora: punto e a capo (*) I giorni dell’abbandono La guerra dei Roses Kramer contro Kramer Mrs. Doubtfire Turista per caso

6) Omosessualità – Una gelata precoce (AIDS) – Gocce d’acqua su pietre roventi – In e Out 18

– Perversioni femminili – Philadelphia (AIDS) Bambini e adolescenti: Responsabilizzazione; amicizia e fedeltà; bullismo e prepotenze; le paure della fanciullezza; perdita e dolore; adolescenza e passaggio all’età adulta; ricerca di identità. 1) Responsabilizzazione; Amicizia e fedeltà; Bullismo e prepotenze; Le paure della fanciullezza – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

A bug’s life – megaminimondo A cena con gli amici A donne con gli amici Alle frontiere dell’India Bad boys The dangerous lives of altar boys Eroi di tutti i giorni Giorni di rabbia Gioventù bruciata Gli Eletti Juno Il grande volo Guerre stellari Hook – Capitan Uncino L’incredibile volo Meno male che ci sei Ortone e il mondo dei chi Peter Pan – Ritorno all’isola che non c’è Il Re Leone Toy story (*) Kung Fu Panda

2) Perdita e dolore – – – – –

A ciascuno il suo destino Bad boys Gioventù bruciata L’incredibile volo Viaggio in Inghilterra 19

– Voglia di tenerezza – Eroi di tutti i giorni 3) Adolescenza e passaggio all’età adulta – – – – – – – – – – – – – – – –

Bad boys Breakfast club A cena con gli amici A donne con gli amici The dangerous lives of altar boys La forza della volontà Giorni di rabbia Gioventù bruciata Juno Il laureato Meno male che ci sei La mia guardia del corpo Il padre della sposa Piccole donne I ponti di Madison County La storia di un amore – Cinderella

4) Ricerca di identità – – – – – – – – – – – – – – –

20

A cena con gli amici Addio vecchia Ann A donne con gli amici Bad boys Una brutta storia Facciamo paradiso Giorni di rabbia Gioventù bruciata Juno Il laureato Meno male che ci sei Il re leone Stand by me – Ricordo di un’estate (*) Will Hunting – Genio ribelle (*) Kung Fu Panda

Per gli adulti: Single; scelta del partner; amicizia e supporto del gruppo; conflitti con la famiglia di origine; problematiche femminili; problematiche maschili; saper invecchiare, morte ed elaborazione del lutto. 1) Single – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

About a boy Alice nella città A proposito della notte scorsa Beautiful girls Breakfast Club Broken flowers Buon compleanno Mr. Grape Callas Forever Il Diario di Bridget Jones Essere John Malkovich Fight Club Forrest Gump Giovani, carini e disoccupati (*) Il laureato Lezioni d’amore Nine months Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) Il postino Qualcosa è cambiato Ragazze Sotto accusa Soul food – I sapori della vita Spiagge La vita corre sul filo La vita è meravigliosa

2) Scelta del partner – – – – – – –

About a boy Accordi e disaccordi L’amore ha due facce L’anima e il volto A piedi nudi nel parco Attrazione fatale Baby Boom 21

– – – – – – – – – – – – – – – –

Il Diario di Bridget Jones Forget Paris Un giorno per caso Harry, ti presento Sally Lezioni d’amore Notting Hill I ponti di Madison Country Il postino Una relazione privata L’ultimo bacio Viaggio in Inghilterra Scene da un matrimonio Shakespeare in love Sliding doors Tootsie What women want

3) Amicizia e supporto del gruppo – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – 22

A cena con gli amici A donne con gli amici Amiche (*) Le acrobate Adorabile canaglia Alle frontiere dell’India Gli amici di Peter (*) Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure Fandango Fiori d’acciaio Full monty – Squattrinati organizzati Il grande freddo Gran Torino Momenti di gloria Ogni maledetta domenica Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) Ragazze Rain man Il ritorno della scatenata dozzina Spiagge Stand by me – Ricordo di un’estate Ufficiale e gentiluomo Un uomo da marciapiede

4) Conflitti con la famiglia di origine – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

A casa per le vacanze Affliction – Afflizione Beautiful girl La bestia nel cuore Una brutta storia Buon compleanno Mr. Grape La comunicazione in famiglia Eroi di tutti i giorni Gente comune Gli Eletti Il grande cocomero Hannah e le sue sorelle Hud il selvaggio Il lungo viaggio verso la notte Non pensarci Onora il padre e la madre Padre Padrone Il pranzo della domenica Il principe delle maree Segreti I segreti del cuore Shine Soul food – I sapori della vita Sul lago dorato (*) Voglia di tenerezza Volevo i pantaloni

5) Problematiche femminili – – – – – – – – – –

Addio vecchia Ann Amarsi America oggi Gli anni dei ricordi (*) Un bacio romantico A piedi nudi nel parco A proposito della notte scorsa Attrazione fatale Baby Boom La bella vita 23

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Boys don’t cry Bread and Roses Callas forever Il colore viola Confidenze troppo intime Il diario di Bridget Jones Facciamo paradiso Fiori d’acciaio Flashdance Hannah e le sue sorelle I giorni dell’abbandono I giorni del vino e delle rose La guerra dei Roses Mariti e Mogli La mia Africa Oltre ogni limite Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) Il pranzo della domenica Il principio dell’incertezza L’ultimo bacio Una donna in carriera (*) Ragazze Ragazze vincenti (*) Segreti I segreti del cuore Spiagge Sliding doors Sotto accusa La stanza di Marvin Voglia di tenerezza

6) Problematiche maschili – – – – – – – – 24

About a boy A donne con gli amici Affari di cuore Affliction – Afflizione American Beauty America oggi A piedi nudi nel parco A proposito della notte scorsa

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

A proposito di Henry A tempo pieno Attrazione fatale Beautiful girls Breakfast Club Broken flowers La donna che visse due volte Essere John Malkovich Fandango Fearless Fight Club Forrest Gump Full monty – Squattrinati organizzati Ghandi Goodbye Mr. Holland Il grande freddo La guerra dei Roses Hud il selvaggio Il laureato Lezioni d’amore Imprevisti d’amore Mariti e Mogli In mezzo scorre il fiume Mi sdoppio in 4 Mrs. Doubtfire Nine months Non pensarci Il padre della sposa Padre padrone Paul, Mick e gli altri Philadelphia Il postino Il principe delle maree Scent of woman – Profumo di donna Senza paura Serpico Shining Shakespeare in love Tootsie Turista per caso Ufficiale e gentiluomo 25

– – – – – –

L’uomo in più Il treno per il Darjeeling La vita è bella La vita è meravigliosa Yes Man What woman want – Quello che le donne vogliono

7) Saper invecchiare, morte ed elaborazione del lutto – – – – – – – – – – – – – – –

Cocoon (*) Conflitti del cuore Fiori d’acciaio Gente comune Goodbye mr. Holland In mezzo scorre il fiume In viaggio verso Bountiful My life – Questa mia vita Le parole che non ti ho detto Segreti Space cowboys Sul lago dorato (*) Viaggio in Inghilterra La voce dell’amore (*) Voglia di tenerezza

Problemi professionali e stress lavorativo; lavoro di squadra; le difficoltà nella ricerca della propria identità; modelli di riferimento e aumento delle proprie sicurezze, delle proprie competenze e dell’autostima; il valore del coraggio. 1) Problemi professionali e stress lavorativo – – – – – – – – 26

A cavallo della tigre Acqua tiepida sotto un ponte rosso Addio vecchia Ann A tempo pieno Baby Boom Bread and roses Il buio oltre la siepe Erin Brockovich – Forte come la verità

– – – – – – – – –

Finché c’è guerra c’è speranza Flashdance La forza della volontà Full monty – Squattrinati organizzati Un giorno per caso Goodbye Mr. Holland Il maestro di Vigevano Paul, Mick e gli altri Yes Man

2) Lavoro di squadra – – – – – – – – – – – – – – –

A bug’s life – Megaminimondo A donne con gli amici Apollo 13 Gran Torino Guerre stellari Independence day Ogni maledetta domenica I magnifici sette The peacemaker La parola ai giurati Il Re Leone Rollerball The Rock Top Gun We were soldier

3) Le difficoltà nella ricerca della propria identità – – – – – – – – – – –

A cena con gli amici Acqua tiepida sotto un ponte rosso Addio vecchia Ann A donne con gli amici American Beauty America oggi Amore tradotto (*) A proposito di Henry Le acrobate Boys don’t cry Breakfast Club 27

– – – – – – – – – – –

Essere John Malkovich Facciamo paradiso Fight club Hud il selvaggio Il Laureato La mia vita in rosa Non pensarci Ricordati di me (*) Ufficiale e gentiluomo L’ultimo bacio Zelig (*)

4) Modelli di riferimento e aumento delle proprie sicurezze, delle proprie competenze e dell’autostima – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – 28

A cena con gli amici Accordi e disaccordi Acqua tiepida sotto un ponte rosso Addio vecchia Ann Al di là del silenzio A donne con gli amici Anna dei miracoli Apollo 13 Le acrobate Baby Boom Buon compleanno Mr. Grape Erin Brockovich – Forte come la verità Eroi di tutti i giorni Flashdance Forrest Gump Full monty – Squattrinati organizzati Gandhi I magnifici sette Momenti di gloria The pacemaker Patch Adams The Rock Rocky Rollerball Stargate

– – – –

Top Gun Ufficiale e gentiluomo L’uomo dei sogni Yes Man

5) Il valore del coraggio – – – – – – – – – – – – – – –

Alamo – Gli ultimi eroi Braveheart Il Gladiatore Cast away Erin Brockovich – Forte come la verità Momenti di Gloria Il Gladiatore Fa’ la cosa giusta (*) Forrest Gump Gandhi Gattaca (*) Gran Torino Ortone e il mondo dei chi La vita è bella Rocky (*)

Esempi di alcune psicopatologie e patologie dei comportamenti 1) Suicidio – – – – – – – – – – – –

L’accusa è: violenza carnale e omicidio L’aculeo della morte Addio vecchia Ann (tentato) L’attimo fuggente Buon compleanno Mr. Grape Un caso di coscienza per il Dr. Gillespie Diario di una schizofrenica Di chi è la mia vita Freud, passioni segrete Full metal jacket L’incesto Interiors 29

– – – – – – – – – –

Lucida follia Paradise now (kamikaze) El pel di carota Per sempre Quinto potere La ragazza di Trieste Il ragazzo che sapeva volare Sybil (tentato) Ufficiale e gentiluomo “The Unsaid” – Sotto Silenzio

2) Abuso di sostanze (alcoolismo e tossicodipendenze) – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

30

A che prezzo Hollywood Affliction – Afflizione Amarsi America oggi Analisi Finale Appuntamento al buio Arancia meccanica Barfly – Moscone da Bar Chi ha paura di Virginia Wolf? Il dolce domani Drugstore cowboy Fuori dal tunnel Gia I giorni del vino e delle rose Lucida follia Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino Notorius l’amante perduta Il pasto nudo Il ragazzo del macellaio Scarface Segreti Terapia e pallottole Trainspotting Via da Las Vegas The Wrestler

3) Abuso di minori – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

La Bestia nel cuore Festen Il grande volo Happiness Lama tagliente Mysterious skin Festen Happiness L’incesto Padre padrone Pazza El pel di carota Il principe delle maree The Quiet – Segreti Svelati Segreti L’ultima eclissi “The Unsaid” – Sotto Silenzio Uppercut Voglia di ricominciare

4) Disturbo post-traumatico da stress – – – – –

Lilith Rain man Il ragazzo che sapeva volare Un silenzio particolare La stanza di Cloe

5) Autismo – – – – –

Lilith Rain man Il ragazzo che sapeva volare Un silenzio particolare La stanza di Cloe

6) Disturbi di personalità – Adele H. 31

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L’aculeo della morte (delirio di gelosia) Arancia meccanica (disturbo antisociale di personalità) Attrazione fatale (disturbo borderline) Il Barone di Münchausen (bugiardo patologico) Borderline Casanova (disturbo narcistico) La conversazione (disturbo delirante) Despair (personalità multipla) Enrico IV (disturbo allucinatorio) La donna dai 3 volti (personalità multipla) Doppia personalità (personalità multipla) Dottor Jekyll e Mr Hyde (personalità multipla) El (delirio gelosia) Fuoco assassino (piromania) L’Incendiario (piromania) L’inferno di cabrò (delirio di gelosia) L’odore del sangue (delirio di gelosia) L’ora del lupo (delirio allucinatorio) A letto con il nemico (disturbo narcisistico di personalità) Misery non deve morire (borderline) Sibyl (personalità multipla)

7) Maltrattamenti e violenza sulle donne – – – – – –

L’accusa è: violenza carnale e omicidio Il colore viola A letto con il nemico Oltre ogni limite Sotto accusa (stupro) Il vestito della sposa (stupro)

8) Disturbi fobico-ossessivi – – – – – – – – 32

Aracnofobia Bianca Copy cat La donna che visse due volte I fobici Io e Anny Lucida follia (agorafobia) Marnie

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Omicidio a luci rosse La parola amore esiste Qualcosa è cambiato La stanza del figlio La strana coppia La tela del ragno Tutte le manie di Bob Vertigo

9) Mass Murder (omicida di massa) – – – –

L’Avversario Elephant (M. M. adolescenti – strage columbine) Roberto Succo Wlinged Creatures – Il Giorno del Destino

10) Family Mass Murder (omicida di massa famigliare) – Un Giorno perfetto – Vito e gli altri (Family mass murder) 11) Serial Killer – – – – – – – – – – – – – – – – – –

L’assassino di Rillington Place n. 10 Barbara il mostro di Londra (S. K. Donna) Bathory Butterfly kiss (S. K. Donna) Captivity Caramelle da uno sconosciuto (S. K. Donna) Il Cartaio La cattura del killer del green river The cell The cell 2 Cittadino X Il Collezionista di ossa Copy Cat Ed Gein Evilenko Fear of the dark La follia di Barbablù Frailty – Nessuno è al sicuro 33

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Una giornata spesa bene Girolimoni, il mostro di Roma Gran bollito Hannibal Hannibal Lecter – Le origini del male Helter Skelter Henry pioggia di sangue Jack lo squartatore (1960) Jack lo squartatore (1988) Killer – Diario di un assassino I Killers della luna di miele (S. K. in coppia) Landru Manhunter – frammenti di un omicidio Maniac Il manuale del giovane avvelenatore Monster (S. K. Donna) Il mostro di Dusseldorf Monsieur Verdoux Nessuno mi salverà Nickname l’enigmista Non aprite quella porta Gli occhi del delitto Paura su Manhattan Profundo carmesì Psyco Psycho La rabbia giovane I racconti immorali The red dragon Ripper – Lettere dall’Inferno Saw l’enigmista Saw 2 – la soluzione dell’enigma Il silenzio degli innocenti SOS summer of Sam – Panico a New York Lo strangolatore di Boston Ted Bundy La tela dell’assassino La vera storia di Jack lo squartatore – From Hell Zodiac The zodiac killer

12) Spree Killer (omicida per baldoria) – – – –

Arancia meccanica Assassini nati Funny Games (remake di Arancia Meccanica) La sanguinaria

13) Stalking – – – – – –

The Call – Non rispondere Cape Fear il promontorio della paura The Fan – Il mito In linea con l’assassino Un ombra nel buio Phone

14) Disturbi psichiatrici vari – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Un angelo alla mia tavola (schizofrenia) Il bacio della pantera (schizofrenia) A beautiful mind (schizofrenia) Betty blue (episodio psicotico schizofrenico in disturbo schizoide di personalità) Cattiva (schizofrenia) Corridoio della paura (allucinazioni, catatonia) La donna dai 3 volti (schizofrenia) Diario di una schizofrenica (schizofrenia) El (delirio di gelosia) Elettroshock Fobia Follie (schizofrenia) Fuori dal mondo (angoscia – attacchi di panico) Un giorno di ordinaria follia (scompenso dissociativo) Giovanna d’arco (disturbo bipolare, con delirio allucinatorio condiviso) Il grande cocomero (anoressia – epilessia) Mr. Jones (maniaco depressivo) L’immagine allo specchio L’inquilino del terzo piano (disturbi della coscienza, depersonalizzazione, schizofrenia) Inseparabili (disturbo psicotico condiviso) 35

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Io ti salverò (amnesia dissociativa) Lama tagliente Lezioni di piano (isteria) Lilith – La dea dell’amore (autismo, delirio mistico, psicosi dissociativa) Lucida follia (agorafobia, depressione, angoscia di castrazione, alcoolismo) Il male oscuro (attacchi di panico) Il marito della parrucchiera (disturbo depressivo) Misery non deve morire (disturbo psicotico) Una moglie (bouffe delirante) Mosquito coast (sindrome maniaco-depressiva) La morte non sa leggere (allucinazioni) L’ora del lupo (delirio allucinatorio) Ore 10 calma piatta (paranoia) Parole, parole, parole (attacchi di panico) La pazzia di re Giorgio (disturbo bipolare) Per sempre Pi greco il teorema del delirio (disturbo ossessivo) Prendimi l’anima (sulle metodologie adottate da Freud e Jung sull’isteria) La ragazza sul ponte (disturbo depressivo) Ragazze interrotte Le relazioni pericolose (amore patologico – opposti narcisismi) Repulsione (schizofrenia – allucinazioni) Risvegli (La storia del dr. Malcom Soyer sulle ricerche relative all’encefalite letargica) Rosemary’s baby (delirio demoniaco) La seconda ombra Shine (schizofrenia) Shining (schizofrenia paranoide) La signora della porta accanto (disturbo depressivo) Sybil Sliver (voyeurismo) La stanza del figlio (depressione e disturbi fobico-ossessivi) Star 80 (delirio di gelosia) Stati di allucinazione Total recall (psicosi paranoidea) La tua bocca brucia (bouffe delirante) Le vie del Signore sono finite (malattia psicosomatica) Wolf (trasformazione dell’identità)

15) Coinvolgimento terapeuta-paziente – Mr. Jones 16) Film a sfondo sociale – – – – – – – – – – – – – – – – –

ABC Africa Adorabile canaglia L’alba di Luca Crossed Over – Vite Spezzate Erin Brockovich Gaby una storia vera Gone Baby Gone Jimmy della Collina Mery per sempre Nato il 4 luglio Nel 2000 non sorge il sole (es. Grande Fratello) L’olio di Lorenzo Philadelphia Il mio piede sinistro Quinto potere Sotto accusa Tropa De Elite – Gli Squadroni della Morte

17) Lavaggio del cervello o Brain Washing – La Confessione – Nel 2000 non sorge il sole 18) Sette sataniche e satanismo* – – – – – – – – –

Amityville horror – La Fuga del diavolo Angel Heart – Ascensore per l’inferno L’angolo nero L’anticristo Baby killer La bellezza del diavolo La bimba di satana Blackhorror – la messa nera La casa dell’esorcismo

* Mutuato

da Mastronardi V.M., De Luca R., Fiori M.: Sette sataniche, Newton Compton, Roma, 2009.

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Chi sei? Le demone Demoni Demoni 2 – L’incubo ritorna The devil’s men I diavoli Il dono del diavolo L’esorcista L’esorcista II l’eretico L’esorcista III Lost souls – La profezia La macchia della morte La maledizione di Damien Il maligno Il messaggero del diavolo Nel nome del maligno La notte dei demoni (1971) La notte dei demoni (1988) La notte del demonio Nude per satana La pelle di satana Persuasione occulta Possessed Possession Il potere di satana – Le streghe della luna nera Il presagio Il prezzo del demonio La promessa di satana Le ragazze di satana Rosemary’s baby – Nastro rosso a New York Satana in corpo Sentinel La setta La setta dei dannati Sette passi verso satana Sinthia the devil doll Il signore del male

19) In tema di ipnosi (in ordine di data) – He mesmerist 38

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Svengali Rasputin and the empress Calling Dr. Death The mask of Diijon Il testamento del dottor Marbuse The secret life of Walter Mitty La fossa dei serpenti Una strega in paradiso The electronic Monster Marnie Freud, passioni segrete The brides of Fu Monthu Mars Need Women Il settimo velo Provaci ancora Sam Zelig L’elemento del crimine Agnese di Dio Agnese Sorelle La donna dai tre volti La donna delle tenebre L’amica Elettroshock Girandola Alice Cattiva Il settimo velo Rasputin il maniaco folle Echi mortali Amore a prima svista K-Pax La maledizione dello scorpione di Giada Cuori in Atlantide Hipnos

Per altre patologie, si rimanda il lettore a quanto già elencato in tutta la presente monografia, nonché al sito di prossima divulgazione http://www. filmtherapy.it. 39

Introduzione. L’uso dei film come intervento terapeutico, educativo e di miglioramento personale

Il presente Volume è stato strutturato giammai con la presunzione di poter curare persone affette da psicopatologie o disturbanti patologie dei comportamenti, bensì soltanto con la finalità di utilizzare il mezzo filmico come strumento di insight e quindi di giusta riflessività come dianzi accennato, con la triplice finalità di svolgere le seguenti funzioni: 1) funzione di monitoraggio degli stati interni propri ed altrui, riconoscere cioè le proprie emozioni in relazione agli elementi esterni e/o interni che ne sono causa; 2) funzione di differenziazione tra rappresentazione e realtà, cioè la capacità di distinguere tra finzione e realtà e tra pensiero proprio ed altrui (capacità di decentramento); 3) funzione di integrazione fra diversi stati mentali e modalità di funzionamento propri ed altrui, cioè la capacità di associazione mentale fra idee e pensieri interni ed esterni e quindi, in definitiva, la 4) funzione di mastery, cioè la capacità di analisi e di risoluzione dei problemi con le modalità associative mentali proposte dal singolo film appositamente scelto per il singolo gruppo di spettatori. Pertanto, il metodo filmterapeutico può essere inserito, tra le strategie terapeutiche riabilitative, riuscendo a veicolare messaggi positivi in grado di attivare percorsi mentali di proficua riflessività su vari argomenti di carattere socio-psicologico, molti dei quali di scottante attualità già oggetto di ricerche nazionali presso le istituzioni summenzionate. Si è pertanto avuta la possibilità di poter testare quanto il filmico, se somministrato non passivamente ma come una vera e propria prescrizione, abitui l’individuo ad allenare la propria mente, riuscendo a cogliere spunti esemplificativi su varie trattazioni, concretamente utili, riuscendo pertanto a far fruttare a proprio vantaggio quanto inerente alle tematiche di vario genere, a mo’ di confronto su ciò che viene visionato in gruppo o singolarmente, al fine di ottimizzare e prendere coscienza, lì dove è possibile, delle svariate problematiche personali, di coppia, familiari e sociali, in chiave però risolutoria. Dal punto di vista clinico, le esperienze di “ipnosi clinica in corso di psicoterapia”, da noi abitualmente utilizzata da oltre 30 anni di attività psicoterapeutica, ci hanno concesso di evidenziare come in un momento di 41

maggiore recettività del nostro cervello, quale quello proprio dello stato ipnotico, è possibile somministrare, grazie alla “tremenda forza” delle parole del linguaggio immaginifico in grado di creare visualizzazioni mentali nel soggetto ipnotizzato, positive associazioni di immagini dinamicamente attive ed operanti in grado di destrutturare gli antichi distorti convincimenti consci e/o inconsci del paziente, creando così delle “piste comportamentali” alternative, più funzionali e meno disturbanti. Tali messaggi terapeutici definiti da Granone (1989), Peresson e altri Autori (1982-1983) “ipnosi fantasmatica”, in quanto riprende il concetto di “fantasma” freudiano (in cui tutto ciò che è fantasticato gioca un ruolo quanto mai determinante), sono stati abitualmente gestiti in ipnositerapia facendo visualizzare dei veri e propri viaggi mentali terapeutici accompagnati da musiche di sottofondo sincro-emozionali e sincro-gestuali con il paziente disteso ad occhi chiusi sul lettino dell’ipnotista. A titolo esemplificativo menzioniamo soltanto alcune delle 23 tematiche più utilizzate in ipnosi fantasmatica. 1) SALITA AL MONTE (28 minuti). Per porre il soggetto nelle condizioni ottimali per superare con sucesso gli ostacoli e raggiungere gli obiettivi di vita. 2) DISCESA NEL MARE (22 minuti). Stimolazione positiva a muoversi agevolmente nella propria personalità profonda, giammai più condizionati dai recessi più intimi dell’inconscio (= ingresso nella grotta), superando i tentacoli nevrotici che imbrigliano il soggetto nelle sue paure immotivate (= lotta con la piovra), scoprendo ed utilizzando le proprie potenzialità latenti (= ritrovamento del forziere). 3) LOTTA CON IL DRAGO (19 minuti). Stimolazione positiva alla combattività ed alla espulsione della aggressività nevrotica, repressa dai conflitti inconsci e compressa sia da fattori socio-culturali, sia dall’educazione (divieti) imposti al paziente e da lui vissuti in modo nevrotico e frustrante (come impedimento alla sua piena autorealizzazione). 4) RADURA (20 minuti). Stimolazione alla ricerca di uno “spazio vitale” significativo per il paziente, in cui ritrova se stesso, il suo io più vero ed autentico, in cui agisce da persona matura, consapevole e responsabile. 5) FIUME (18 minuti). Spinta verso il gusto della vita e l’operatività, lasciando la sorgente (sinonimo di regressione) e attraversando il ponte (sinonimo delle sue doti personali) dirigendosi verso la foce (sinonimo di dinamicità). 6) OASI (12 minuti). Endovenosa di fiducia e vitalità. Tutt’intorno è senza senso, vuoto come un deserto (realtà circostante), ma poi compare 42

l’oasi (le potenzialità interiori, la possibilità di vincere una battaglia che può anche apparire disperata per chi non ha più fiducia in sé). 7) GROTTA (12 minuti). Spinta a non perdersi nel buio disperato della propria nevrosi (quasi convinto di non riuscire più ad intravedere una via d’uscita) e successiva rassicurazione, intravedendo invece una via di uscita che concede spazio alla gioia di vivere. 8) ROSA (13 minuti). Stimolazione verso la slatentizzazione di energie e processi psico-spirituali. Spinta all’espansività. 9) CAVALLO (21 minuti). Per potenziamento dell’Io, ansia, tensione, angoscia, paura della critica, agorafobia, autoisolamento, contro l’apatia e l’abulia. Ed altre ancora. L’immaginazione, così come definita dal Dalla Volta nel 1969, è un’attività di pensiero di tipo imitativo o costruttivo che consiste nella composizione di immagini in una trama apparentemente molto libera, ma di fatto diretta a risolvere determinati problemi per il raggiungimento di una meta. Trattasi quindi di un “processo mirato” tanto nella produzione e nella evocazione di immagini mnemoniche (immaginazione riproduttrice) quanto in una vera e propria costruzione di immagini strutturate ex-novo (immaginazione costruttrice). Immaginazione Riproduttrice

Costruttrice

L’immagine pertanto è caratterizzata dal contenuto e dal prodotto dell’immaginazione e costituisce la rappresentazione mentale, visiva, uditiva, cenestesica, sia mnemonica e sia costruita, se in assenza di stimolazioni sensoriali corrispondenti. L’immaginazione è una funzione psichica che opera contemporaneamente a diversi livelli: sensazione, impulso, desiderio, sentimento, volontà, pensiero, intuizione. Essa ha funzione evocatrice e creatrice di immagini ed agisce sia sulla parte conscia che inconscia della personalità. L’immagine mentale è quindi il prodotto della percezione diretta, mediata dalla memoria e ulteriormente modificata da processi individuali che ciascuno andrà poi ad esprimere in modo del tutto originale. Secondo più Autori, tra i quali Ikemi, Borella ed altri, stimolazioni esogene, per esempio di tipo musicale, così come anche verbale, inviando mes43

saggi talvolta ansiogenotensivi, talvolta rilassanti, ecc. (Figura 1), favorirebbero l’emergere e/o il riemergere di precedenti vissuti e quindi di immagini mentali avvertite a livello razionale, oppure altre volte soltanto inconsce, che “fluidificano” al di sotto della percezione cosciente, determinando poi “il malessere” o “lo star bene” a livello psicofisico, nonché l’impulso ad agire. Affrontando il problema delle percezioni visive e uditive connesse a rappresentazioni psichiche e a visualizzazioni emotigene,

SOGLIA DI PERCEZIONE COSCIENTE

IMMAGINI MENTALI

Figura 1. Effetto delle stimolazioni esogene (verbali, musicali, cromatiche, della forma, ecc.) sulla produzione e sul “trascinamento reattivo” delle immagini mentali (Mastronardi, 1991).

Benedetti, nel suo Trattato di Neuropsicologia, parlando della dimensione biologica della psicanalisi, dice che tali visualizzazioni possono continuare ad evocare in parte le antiche reazioni emotigene, anche se non registrate coscientemente. Health scrive: «le erronee esperienze di apprendimento creano delle emergenze appropriate, inducendo così gli individui ad adattarsi al presente, ad anticipare il futuro in modo sbagliato o nevrotico». «La visualizzazione – dice Benedetti – di modelli utili in situazioni specifiche è sempre di aiuto nella formazione della propria autoidentità, mentre la mancanza di tali modelli nell’individuo autistico e isolato nell’epoca infantile prepuberale costituisce, come già avere dimostrato in modo acuto Sullivan, una delle più gravi o spesso incolmabili lacune dello sviluppo della personalità». Che le idee e le immagini della mente generino impulsi da parte del sistema nervoso, è ipotesi ampiamente comprovata da più sperimentazioni reperibili in letteratura. Gli impulsi producono attività muscolare relativa a qualsiasi idea di azione implicata nei processi del pensiero del soggetto durante l’esperimento. 44

Grazie all’applicazione di strumenti di misurazione quali il miografo o il liedetector (macchina della verità), nel momento in cui il soggetto immagina una qualunque attività, gli strumenti registreranno modificazioni nei potenziali elettrici a comprova di inizio di movimento nei muscoli deputati a svolgere l’azione immaginata. Ad esempio, se una persona immagina di suonare il violino, mostrerà una micro-attività muscolare delle dita; e l’immaginare di lanciare una palla determinerà una micro-attività muscolare nel braccio. Importanti poi per le ripercussioni in tema di psicosomatica e quindi di interazione mente-corpo, le sperimentazioni di Basmajian il quale è riuscito ad ottenere che dei soggetti imparassero le caratteristiche dei potenziali di singole unità motorie, ascoltandone il suono all’altoparlante e osservandone il profilo all’oscilloscopio. Successivamente, dopo un addestramento di mezza giornata, i soggetti imparavano finanche ad attivare le singole unità motorie senza l’aiuto del feedback uditivo-visivo. In altri termini essi addirittura innervavano non muscoli, ma singole unità motrici e precisamente quelle di cui avevano imparato il profilo all’oscilloscopio o all’altoparlante. Bastava che pensassero a questo profilo per poterlo riprodurre a volontà. È impressionante il grado di controllo selettivo di singoli motoneuroni che la nostra coscienza è in grado di esercitare e il breve tempo che le è necessario per imparare questo controllo. Una valida conferma scientifica dell’importante ruolo svolto dall’immaginazione nel produrre benessere o patologia, ci viene fornita proprio da Sigmund Freud, lì dove, spiegando l’isterismo come una conflittualità causata alle sue pazienti, in base alle loro stesse rivelazioni, dalla seduzione sessuale esercitata dal proprio padre, una volta accortosi che si trattava di costruzioni fantasiose, nel chiedersi: “Ma perché mi raccontano queste cose? Per quale ragione?”, giunse alla conclusione che è vero che la seduzione non c’è stata realmente ma c’è stata psichicamente, cioè si è strutturato il desiderio che le cose fossero proprio così come si immaginavano. Scrive Leonardo Ancona: «Per il soggetto umano, nel suo inconscio, ciò che è rappresentato fantasticamente è uguale come se fosse avvenuto realmente. la realtà è uguale alla fantasia per l’inconscio; la fantasia è la protagonista inconscia che ci fa agire, ricordare e che ci fa percepire le cose così come non sono. Le immagini mentali possono presentarsi sia in forma diretta, se rappresentano la copia più o meno fedele della realtà così come essa viene percepita dai nostri sensi, e sia in forma indiretta se si presentano invece sotto forma di particolari della realtà e in questo caso prendono il nome di simboli». Un felice paragone possiamo effettuarlo con la parola o la sigla che sostituisce per ragioni di praticità una lunga definizione concettuale, oppure anco45

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ra la segnaletica stradale che, attraverso una immediata e semplice percezione visiva, fa scattare nella nostra mente tutta una serie di divieti e di permessi altrimenti esprimibili solo attraverso lunghe e complesse concettualizzazioni, impossibili a leggersi per chi transita velocemente lungo la strada. Secondo Anna Freud, tali simboli onirici sono costanti, universalmente validi e rappresentano, secondo Jung, la modalità espressiva sia dell’inconscio personale che dell’inconscio collettivo, serbatoio quest’ultimo di tutta l’esperienza ancestrale di milioni di anni, l’eco degli eventi della preistoria a cui ogni secolo aggiunge una quantità di variazioni e di differenziazioni. L’inconscio collettivo di Jung si esprime attraverso simboli definiti per l’appunto archetipi, reperibili ad esempio nella mitologia, nelle religioni, nelle tracce della stessa preistoria. Attraverso gli anni, nel corso delle nostre ricerche sempre in tema di “Psicoterapia con intervento ipnotico clinico” si presentò poi inevitabile, proprio con l’intento accelerante di colmare dei vuoti esperienziali, l’utilizzo in corso di psicoterapia della lettura di alcuni libri particolarmente scelti ad hoc e quindi mirati a seconda delle singole necessità e dello stadio di evoluzione del singolo paziente (= biblioterapia) (Peresson 1982). Forniamo a titolo esemplificativo e soltanto per rendere più agevole la comprensione del presente capitolo, alcuni degli oltre 250 libri scelti. Alcuni esempi di Biblioterapia – Nelson E.G.: Come sgridare i bambini senza farli dubitare del vostro amore, Mondadori (utilizzato come ausilio terapeutico in un contesto di rapporto madre-figlio, intriso di insicurezze comportamentali, unito al lavoro psicoterapeutico più profondo che provveda emozionalmente a destrutturare le antiche percezioni distorte). – Dyer W.W.: Le vostre zone erronee, Rizzoli (stimola la possibilità di confrontarsi con altri punti di vista positivi e meno pessimistici). – Carnegie D.: Come trattare gli altri e farseli amici, Bompiani (coordinate interpersonali più funzionali e meno difese). – Laniado N.: Mamma me lo compri? Come rispondere alle richieste dei bambini ed educarli all’uso del denaro, Red. Ed. – Ferri E.: Dov’era il padre, Rizzoli. – Moore J.: 97 modi per far ridere un bambino, Soliano Ed. – Robbins A.: Passi da gigante; piccoli cambiamenti per una grande differenza – 365 lezioni quotidiane nella gestione di se stessi, Full Vision Ed. – Giusti E.: Ritrovarsi prima di cercare l’altro, Armando. – Majello C.: Come diventare filosofi senza farsi crescere la barba, Ed. Paoline. 46

Soltanto dal 1990, a conforto di quelle persone alle quali la lettura non risultava congeniale come viceversa lo era la visione di un film, iniziammo a strutturare tutta una ricerca relativa alle immagini filmiche in grado di risultare di una qualche terapeuticità se ben pilotate, passando così inevitabilmente dalla “biblioterapia” alla “Cinematerapia”. Analogamente al concetto di “monoideismo” (= una sola idea possiede la mia mente) con focalizzazione mirata, proprio dello stato ipnotico e analogamente dello stato di concentrazione intensa durante la lettura di un libro (se la stessa è ben motivata), vi troviamo il “monoideismo incisivo” della visione filmica in cui si incide in modo pregnante, in un momento per così dire di maggiore recettività quale quello allo status di “coscienza crepuscolare monoideistica partecipata della visione filmica” una nuova idea, una nuova emozione che, se ben veicolata dal regista e da validi attori, risulta perfettamente in grado di colmare alcuni “gap esperienziali” con positive risultanze educative, di miglioramento personale e terapeutiche. L’Argomento trattato in questa sede è pertanto essenzialmente mirato all’utilizzo delle singole immagini filmiche da inserire in corso di psicoterapia, dopo accurata scelta, in relazione al singolo caso clinico, nonché alla singola patologia ed al singolo passaggio terapeutico, utilizzando quindi la cinematerapia come strumento scientifico di cristallizzazione dei contenuti terapeutici difficilmente veicolabile in un contesto terapeutico convenzionale. Le ricerche tuttora in corso abbiamo poi voluto estenderle a persone non sottoposte a psicoterapia in due gruppi, di cui uno di studenti universitari.

Le Strategie per far fruttare la visione di un film, l’importanza delle giuste indicazioni terapeutiche per il singolo film Risaputamente, la visione di un film può essere condizionata talvolta depistando la compressione del suo messaggio fondamentale e più profondo, da un concorso di elementi tra i quali vi troviamo, per esempio, gli effetti speciali, la vicenda particolarmente articolata che impegna maggiormente la parte razionale rispetto a quella emozionale dello spettatore ed altri fattori ancora, di cui soprassediamo in questa sede. Le ricerche dei neurochirurghi Sperry e Gazzaniga e, successivamente, di tutta un’intera schiera di Autori, sono risultate bene in grado di discernere le funzioni proprie dei singoli due emisferi cerebrali e quindi relative alla suddivisione tra emisfero cerebrale emozionale (abitualmente l’emisfero destro nei non mancini) ed emisfero cerebrale razionale (emisfero sinistro). Se vogliamo che un film riesca a veicolare i veri messaggi che il regista e 47

lo sceneggiatore desiderano inviare, dobbiamo tener conto di tutta una serie di fattori relativi alle strategie dei colori, le strategie musicali, le strategie mimico-gestuali, di coinvolgimento emozionale, visuospaziale, ecc. Si riporta qui di seguito la tavola sinottica relativa alle funzioni dei singoli due emisferi cerebrali. Allo scopo di fornire al lettore una più agevole panoramica dell’argomento in oggetto, riproponiamo qui di seguito lo schema inerente le ormai ben note differenze relative alle funzioni proprie dei nostri due emisferi cerebrali.

“SENTIRE” Emisfero destro (emozionale)

“CAPIRE” Emisfero sinistro (razionale)

1) Pantomimico, musicale*, cenestesico, non verbale 2) Ritmo lento 3) Confortevole, rilassamento 4) Sintetico temporale 5) Sintetico spaziale (olistico) 6) Visuo-spaziale, colori 7) Visualizzante 8) Sorgente emozionale 9) Intuitivo 10) Letterale – concreto 11) Empatia, sintonia 12) Partecipazione 13) Spontaneo 14) Diffuso 15) Coinvolgimento 16) Geometrico 17) Piacere dell’appartenenza 18) Immediatezza

1) Linguistico (verbale) 2) Ritmo rapido 3) Tensivo, concentrazione 4) Analitico temporale (passato e futuro) 5) Analitico, spaziale 6) Logico, grammaticale 7) Concettualizzante 8) Sorgente mentale 9) Razionale 10) Astratto 11) Accordo sul significato 12) Consapevolezza 13) Direttivo 14) Focale 15) Distacco 16) Aritmetico 17) Piacere della conoscenza 18) Controllo

* Inclusa la musicalità del parlato (prosodia) Le funzioni dei singoli due emisferi cerebrali (da M.H. Erickson, E.L. Rossi, S.I. Rossi, 1979; M.S. Gazzaniga, 1989; R. Joseph, 1982-1988; J. Levy, 1974; R. Sperry, 1974; ripresa ed integrata da V. Mastronardi, 1998)

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Un film peraltro può essere visto, così come precedentemente accennato, mostrando particolare attenzione alle risultanze, per esempio, dell’azione thriller e non già del messaggio psicodinamico più profondo da introiettare. A titolo esemplificativo menzioniamo soltanto il film “Attrazione fatale”, in cui lo spettatore può essere depistato rispetto ai proficui messaggi maturativi-terapeutici a causa dell’attesa dell’esito finale del film lì dove, viceversa, risulta di estrema utilità terapeutico-preventiva la giusta prescrizione da tenere ben presente ancor prima di cominciare la visione del film. Così come riportato dalle risultanze delle osservazioni di più pazienti in terapia confrontate con due gruppi di controllo, vediamo quali sono le indicazioni terapeutiche per il succitato film: • – – –

Attrazione fatale (1987). Di: Adrian Lyne. Con: M. Douglas, G. Close. Trama: una fugace relazione extraconiugale si trasforma, per un procuratore legale, in un incubo perché “Lei”, del tutto patologicamente, non ci sta e inizia a perseguitare il protagonista, fino all’autodistruzione finale. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia a chi ha una “struttura dipendente di personalità” che per il momento non si possiede la patente per amare, che è bene prenderne coscienza, creando soprattutto una equilibrata autonomia intrapsichica e che il problema sta nella necessità di una evoluzione fisiologica positiva del vissuto di attaccamento e negli abnormi timori abbandonici, risolvibili effettuando una propria crescita personale prima di congiungersi o di ricongiungersi in un rapporto di coppia. «Ritrovare e impossessarti bene di te stesso così come della tua autostima prima di ritrovare l’altro».

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1. Excursus storico dell’interazione tra cinema e psichiatria

Gli stereotipi dello psichiatra sullo schermo dal 1906 ad oggi – – – – – – –

Lo psichiatra schernito (1906) Lo psichiatra ciarlatano (1936) Lo psichiatra oracolo (1939) Lo psichiatra senza volto (1957) Lo psichiatra meraviglioso (1957-1963) Lo psichiatra malvagio (1980-2000) Lo psichiatra depresso e demotivato (2002).

È innegabile il fatto che la cinematografia abbia creato e fissato degli stereotipi nell’immaginario collettivo di intere generazioni di spettatori. Casetti e di Chio (1991) in relazione all’analisi delle componenti cinematografiche parlano di codici iconografici definiti come quelle modalità di comunicazione che: «… regolano la costruzione di figure complesse, ma fortemente convenzionalizzate e con un significato fisso. Essi, ad esempio, fan sì che un personaggio, per i suoi tratti fisionomici, i suoi comportamenti, il suo abbigliamento, ecc., appaia subito come “poliziotto”, un altro come “eroe buono”…». Per rendere più chiaramente l’idea di cosa si intenda per stereotipo (o codice iconografico) nel caso specifico pensiamo ad esempio ad un edificio fatiscente di una squallida via di una caotica città. Entrando, saliamo le scale e ci troviamo di fronte ad una porta semiaperta con la scritta private eye. Dentro troviamo un uomo dall’aspetto trasandato, la cravatta slacciata, la barba incolta, i capelli arruffati ed i piedi sulla scrivania. Dalle labbra pende una sigaretta, sulla scrivania una bottiglia di whisky mentre sull’attaccapanni alla nostra destra notiamo appesi un trench ed un cappello a tese larghe. Le luci della città filtrano dalla finestra mentre nella semioscurità volteggiano spirali di fumo. La figura dell’investigatore privato, pur con le sue debite varianti, è stata così impressa dalla cinematografia (ma anche dalla letteratura) nella mente 51

di ciascuno di noi, quasi a configurare una sorta di archetipo collettivo che soltanto più recentemente sta iniziando i suoi processi di trasformazione grazie ai nuovi telefilm polizieschi. Parimenti, altre figure sono ben “fissate” nell’immaginario comune, come ad esempio quella del “poliziotto” di cui si diceva dianzi, del “pistolero solitario” di tanti film Western, o del “duro indistruttibile” dei film d’azione. La figura dello psichiatra cinematografico, al contrario, non risulta essere così ben delineata. Le sue rappresentazioni cinematografiche infatti sono state, come vedremo, molto più varie e diversificate. Si passa da rappresentazioni cariche di umanità, familiarità e professionalità, come ad esempio quella del dottor Berger, lo psichiatra interpretato dall’attore Judd Hirsch, del film “Gente comune” ad altre completamente agli antipodi, come ad esempio quella che ha più colpito l’immaginario collettivo dei cinefili degli anni novanta: lo psichiatra cannibale Hannibal Lecter del film “Il silenzio degli innocenti”, passando attraverso quella del fascinoso psichiatra interpretato da Richard Gere del film “Analisi finale”, il quale non esita a farsi coinvolgere in una storia sentimentale con una bellissima Kim Basinger, sorella della sua paziente Uma Thurman, il tutto condito da risvolti thriller. Tra queste caratterizzazioni estreme se ne trovano molte altre cosicché è possibile definire alcune specifiche tipologie psichiatriche cinematografiche. Gabbard e Gabbard (2000) classificano gli stereotipi cinematografici sugli psichiatri in “buoni” e “cattivi”, così come sono stati presentati nella cinematografia nel corso dei decenni, cosicché ciascuna loro propria caratteristica risulta avere un lato positivo ed un lato negativo. Ad esempio, relativamente all’“oracolità”, lo psichiatra buono appare “onnisciente ed abile investigatore”, mentre lo psichiatra cattivo appare “arrogante e in errore”; per ciò che riguarda l’“eccentricità” invece mentre il buono si presenta “umano e fallibile”, il cattivo si presenta “nevrotico e ridicolo”; lo psichiatra buono inoltre ha una funzione sociale “riconciliante”, mentre quello cattivo è “repressivo e malvagio” (come in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”), e così via. Nello svolgere la propria attività inoltre gli psichiatri appaiono “efficaci e scrupolosi” o al contrario manipolatori, vendicativi, criminali, disonesti, avari o corrotti. Da un punto di vista emotivo/sessuale essi risultano “compassionevoli” e capaci di guarire con il loro amore, oppure psicotici, sfruttatori, lussuriosi, rozzi e lascivi. Lo psichiatra schernito (la cui prima apparizione risale al 1906 con il film “Dr. Dippy’s sanitarium”) è la figura caratteristica delle prime appari52

zioni cinematografiche dei guaritori della mente. È questo il periodo in cui la psichiatria stessa ed i suoi rappresentanti sono raffigurati in maniera comica e parodistica, cosa che tuttavia proseguirà anche in tempi più recenti [vedi il già citato Woody Allen oppure film come “Ciao Pussycat” (1969) in cui l’esilarante figura dello psicanalista interpretato da Peter Sellers cerca di “rubare” il segreto del fascino di un suo paziente (Peter O’Toole) perché non sopporta più il fatto che ogni donna che incontra si innamori di lui]. Come ricorda De Mari M. (2002) infatti: «… la psicoanalisi è sempre stata utilizzata… in chiave comica (Woody Allen ne è il suo più emblematico rappresentante, in quasi tutti i suoi film) e anche in questo caso i problemi della mente sono visti in modo distorto, grottesco, minimizzati a questioni di secondaria importanza, risolvibili con l’intervento di personaggi (nel ruolo di “terapeuti”) che utilizzano il buon senso comune, mentre, dove sia rappresentato, il ruolo dello psicoterapeuta (meglio se psicanalista) ne risulta un personaggio strampalato, inadeguato, spesso ridicolo e potenzialmente dannoso». In “Manhattan” di Wody Allen, tanto per fare un esempio, lo psichiatra della protagonista si fa chiamare “Daddy”, le telefona per sapere come sta ed ha “brutte esperienze” con l’LSD. Lo psichiatra ciarlatano è invece quello che non sa o non riesce ad usare la sua “arte” o la usa a sproposito o con troppa saccenteria, alimentando così con le sue cantonate, la sfiducia ed il sospetto nei confronti della professione che svolge. In “È arrivata la felicità” di Frank Capra del 1936 compare una tipica figura di questo tipo nelle vesti dello psichiatra che dimostra, con dovizia di particolari scientifici, ma senza averlo mai visitato, la pazzia del protagonista Gary Cooper, dilapidatore dei suoi beni, per essere messo poi egli stesso “alla berlina” dal protagonista. «Versioni stereotipate più tradizionali del ciarlatano mitteleuropeo – spiegano ancora Gabbard e Gabbard (2000) – si riscontrano negli anni Trenta in “Dopo l’uomo ombra” (1936)… in “L’ottava moglie di Barbablù” (1938)… in “Il sapore del delitto” (1938)… e in “Susanna” (1938)». La figura dello psichiatra oracolo (o “idealizzato”) nasce nel 1939 e caratterizza gli anni ’30 e ’40. La sua scientificità è infallibile, capace di svelare l’animo umano e di far fronte a qualsiasi situazione in qualsivoglia luogo. Le sue strutture caratteriali sono pari alla sua onniscienza. I film più rappresentativi di questa figura – secondo Gabbard e Gabbard – sono tre: “Vicolo cieco” (1939), “Perdutamente tua” (1942) e “La fossa dei serpenti” (1948). 53

In “Vicolo cieco” lo psichiatra Anthony Shelby riesce a far fronte, grazie alla sua professionalità ed alla sua scienza, ad un gangster che trova rifugio nel suo appartamento. In “Perdutamente tua” il dottor Jacquit cura una giovane donna, interpretata da Bette Davis, che riuscirà grazie al suo aiuto a riprendere in mano le redini della sua vita. “La fossa dei serpenti” è ambientato in un manicomio in cui lo psichiatra impersonato dall’attore Leo Genn, per poter curare una paziente (interpretata da Olivia de Havilland) deve combattere contro le istituzioni, la burocrazia, la mancanza di umanità e professionalità da parte del personale dell’istituto, ma riuscirà comunque a raggiungere il suo obiettivo. Lo psichiatra senza volto che evolve nella figura dello psichiatra invisibile è ad esempio una figura che non appare mai direttamente nel film, il protagonista cioè parla ad uno psichiatra che non si vede, che rimane fuori campo. Tale figura, che risale al 1957, può avere caratteristiche positive, cioè “cura con la sola presenza” (come in “Prigioniero della paura”) oppure negative, è cioè “inefficace” (come in diversi film di Woody Allen), incapace di portare beneficio al paziente. La figura dello psichiatra meraviglioso caratterizza il periodo che va dal 1957 al 1963, permanendo anche nell’attuale cinematografia con figure come quella del già citato dottor Berger di “Gente comune” o dello psicoterapeuta interpretato da Robin Williams nel film “Will Hunting – genio ribelle”. Argenteri S. e Sapori A. (1988) forniscono una valida descrizione di questa tipologia di terapeuta quando riflettono su come: «… Hollywood… considererà lo psicoanalista come una specie di fabbricante di miracoli… [per cui]… vedremo per anni e decenni la cura psicoanalitica trasformata in un miracolo in cui il paziente-Bernadette, solo per essersi affacciato alla grotta di Lourdes (lettino, studio, o altro) e avere ascoltato alcune sciocchezze pronunciate dall’analista-Madonna, getta via le grucce dei suoi disagi e riparte ballando il charleston». L’umanità e la professionalità che traspaiono ed emergono dallo “psichiatra meraviglioso” sono tali che la guarigione avviene per lo più in maniera catartica ed in un momento culminante, ad esempio, nell’abbraccio tra paziente e terapeuta, come nei due casi suddetti. Questi psichiatri infallibili, che ben si sposano con le descrizioni di Gabbard e Gabbard (2000) appaiono: “… competenti, sensibili ed amabili” e rappresentano “… immagini idealizzate della psichiatria”. Relativamente a questa figura, gli autori delineano tre periodi di evoluzione della stessa, compresi nel periodo che va appunto dal 1957 al 1963.

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1) Il primo periodo di transizione è caratterizzato ad esempio dalle figure risolutive e delucidative di psichiatri che appaiono in film come “L’invasione degli ultracorpi” (1956) e “Psyco” (1960) o come quella “giovanile ed amichevole” di “Anatomia di un omicidio” del 1959 o ancora come quella dello psichiatra che resiste alle avance della sua paziente in “La donna dai tre volti” (1959). 2) La canonizzazione è il periodo che vede peraltro la comparsa per la prima volta di uno psichiatra di colore (interpretato da Sidney Poitier) nel film “La scuola dell’odio” del 1962. 3) Il secondo periodo di transizione infine ha il suo film più caratteristico in “Capitan Newman” (1963) dove compare la figura di uno psichiatra militare (interpretato da Gregory Peck) che durante la Seconda Guerra Mondiale «… si lamenta del suo destino di rimettere insieme la psiche delle persone sofferenti solo per rimandarle al massacro» (Gabbard e Gabbard, 2000). Senatore I. (1996) delinea altre caratteristiche figure di psichiatri cinematografici. Lo psichiatra Don Giovanni (o psichiatra innamorato), come lo psicologo protagonista di “Strana la vita” (1988) è «… una persona che senza grossi entusiasmi conduce una vita sentimentale e lavorativa», trovandosi continuamente coinvolto in relazioni sentimentali, spesso con sue pazienti, e che sembra non aver ben chiaro quali siano i confini tra la sua professione e la sua vita personale. Lo psichiatra indeciso è quello che invece rimane in bilico sulle sue emozioni, incapace di elaborarle e di prendere una decisione in conformità al suo ruolo terapeutico, professionale ed umano. Così lascia che siano gli eventi, gli altri, le situazioni ed i pazienti a prendere il sopravvento. Lo psichiatra confusivo è invece quello che confonde «… il bisogno di protezione infantile con quello velato e più adulto di avere una relazione sessuale con le sue pazienti». Lo psichiatra eroico infine è quello disposto a fare di tutto per i suoi pazienti, anche ad arrivare a sacrificarsi per il loro benessere, come nel caso di “Caruso Pascoski”, in cui, nel contesto della “comicità dell’assurdo”, il terapeuta Francesco Nuti «… aiuta il paziente ad affrontare le sue problematiche omosessuali al punto da accettare che questi faccia “il primo passo” con lui». Un’altra caratteristica figura cinematografica di psichiatra è quella dello psichiatra alle prese con il fantastico, sia esso rappresentato da demoni, alieni, creature sovrannaturali o quant’altro l’immaginario orrorifico collettivo sia riuscito ad inventare. Sono diverse le reazioni messe in atto da questa tipologia di studiosi della mente di fronte all’“insolito”. 55

Ricordiamo ad esempio lo psichiatra del film “Entity” (1983) dove la protagonista interpretata da Barbara Hershey viene perseguitata e ripetutamente violentata da un’entità soprannaturale. Lo psichiatra al quale si rivolge la protagonista del film difende fino all’ultimo la sua scienza e le sue convinzioni opponendosi ai parapsicologi che studiano il caso della donna. Nel film “L’esorcista” (1973), al contrario, sono gli stessi psichiatri e neurologi, vista l’inutilità dell’approccio scientifico, a indirizzare la madre della giovane Regan verso un approccio meno ortodosso come quello della terapia esorcistica. In “L’invasione degli ultracorpi” infine lo psichiatra protagonista è l’unico a rendersi conto dell’invasione aliena in atto a spese dei suoi concittadini. La figura dello psichiatra malvagio caratterizza invece la cinematografia più recente (1980-2002) all’interno della quale trova anche i suoi più illustri rappresentanti ed esprime secondo Gabbard e Gabbard (2000) il risultato di “… vent’anni di reazione contro la psichiatria”. Alcuni film in particolare presentano figure del tutto caratteristiche di questa tipologia psicoterapeutica. In “Vestito per uccidere” (1980) di Brian De Palma lo psichiatra interpretato da Michael Caine si rivela, dietro la perfetta apparenza sociale, un pericoloso assassino pronto a uccidere «… qualsiasi … donna che lo stimoli sessualmente. Il film suggerisce che la personalità del dottore sia scissa in una metà maschile e una metà femminile: quando la metà maschile… viene attratta da una donna, la metà femminile… si sente minacciata e, indossati abito e parrucca femminili, uccide la donna che ha sedotto la propria controparte maschile” (Gabbard e Gabbard, 2002)». Ma è con “Il silenzio degli innocenti” (1991) che la figura dello psichiatra malvagio assume una connotazione decisamente caratteristica e per certi versi coinvolgente, tanto da far assurgere a ruolo di protagonista proprio il “cattivo” di turno. La figura di Hannibal Lecter ha in sé qualcosa di realmente inquietante e mostruoso. Non è così facile pensare alla figura di uno psichiatra cannibale con l’“hobby” di divorare i suoi pazienti. Ad una figura, quella dello psichiatra, che di per sé dovrebbe risultare tra le più rassicuranti e positive nell’ottica dell’uomo comune, si affianca infatti quella del cannibale, di colui cioè che rompe uno dei fondamentali tabù dell’essere umano, quello del divieto di cibarsi della carne dei propri simili. Fin dal suo primo apparire però questa figura emana un fascino ed un’attrazione particolare, dovuto probabilmente proprio alla coesistenza nello stesso individuo del bene e del male nella loro più arcaica contrapposizione/ fusione. 56

Lecter gioca fin dall’inizio con la giovane agente dell’FBI interpretata da Jodie Foster ed usa la sua scienza per costringere la giovane a scoprirsi e a rivelare parti della propria vita personale. Questo gioco perverso tuttavia non sembra avere secondi fini, sembra quasi che il criminale voglia aiutare la giovane a crescere interiormente, ad acquisire maggiore consapevolezza di sé, così da riuscire ad entrare nella mente del serial killer “Buffalo Bill”, per la cattura del quale l’FBI ha ritenuto opportuno ricorrere all’aiuto di Lecter che lo aveva avuto in terapia. Il protagonista del film alla fine, come dicevamo, sembra essere proprio quest’inquietante dottor Jekyll ormai perso definitivamente nella follia di Mister Hyde. Non è quindi un caso se è proprio la figura dello psichiatra folle, che è riuscito a fuggire, a chiudere il film comunicando alla sua nuova pupilla/ paziente che lo aspetta un amico per cena, preludio a nuove indicibili efferatezze. In “Hannibal”, seguito del precedente film e diretto da Ridley Scott, il dottor Lecter è il protagonista incontrastato, ma la sua figura viene riportata a ciò che realmente è: un folle criminale. L’ambiguità ed il fascino perverso del personaggio che poteva costituire uno dei motivi di attrazione dello stesso, lascia ora il posto ad una crudele e spietata rappresentazione di una follia senza confini. Questa trova il suo apice nella scena più forte del film, in cui lo psichiatra cannibale scopre la calotta cranica di una delle sue vittime, parzialmente anestetizzata ma vigile pur se in stato semi-confusionale/euforico, taglia un pezzo di cervello, lo cuoce e glielo fa mangiare. Chi ha “amato” l’Hannibal Lecter del “Silenzio degli innocenti” non potrà che rimanere ora profondamente disgustato dalla sua immagine più crudele e perversa rappresentata in “Hannibal”. In un’altra ottica e da un diverso punto di vista, tuttavia, è doveroso considerare un’altra possibile chiave di lettura del personaggio. Lecter in realtà si accanisce contro personaggi che secondo l’iconografia cinematografica sono chiaramente inquadrabili come “i cattivi della normalità”. La vittima dell’efferatezza dello psichiatra folle descritta poco sopra è ad esempio un poliziotto dall’etica molto discutibile cosicché, in realtà, a taluni spettatori può venire da pensare che le vittime del pluriomicida siano in realtà individui “che se lo meritano”. In quest’ottica quindi la figura di Hannibal Lecter può apparire come una sorta di serial killer “missionario” (per una corretta definizione di tale tipologia di serial killer si rimanda ad altri lavori di chi scrive) (Mastronardi 57

2001) che in fondo “libera” la società da alcuni dei suoi elementi più sgradevoli ed in fondo anche pericolosi. È facile intuire l’ipotesi che tale approccio al personaggio, per talune menti più facilmente influenzabili e suggestionabili, possa rivelarsi fonte di pericolose e deleterie imitazioni. “Red Dragon” (2002), terzo capitolo della serie, ma in realtà primo in ordine cronologico per ordine di temporalità, prima de “Il silenzio degli innocenti”, ha inizio con la cattura di Hannibal Lecter, nel pieno della sua carriera di psichiatra/cannibale, ad opera dell’agente dell’FBI Will Graham. Lasciata l’attività, Graham viene però contattato dall’amico e collega Jack Crawford per occuparsi del caso di un serial killer soprannominato “lupo mannaro” per le particolari impronte dentali (che si riveleranno essere delle protesi) il quale si accanisce su intere famiglie, sterminandole metodicamente e seguendo particolari “rituali”. Il film ricalca quindi le orme de “Il silenzio degli innocenti”: Graham è costretto a rivolgersi a Lecter per raccogliere elementi fondamentali per l’identificazione del serial killer. La trasformazione e la rinascita, così come spiegato dallo stesso Lecter («La trasformazione è la chiave… La sua deformità trasfigurata dal potere…»), sono al centro della lucida follia di “lupo mannaro”, alias Francis Dolarhyde, il cui corpo è rivestito da un tatuaggio rappresentante un drago rosso ed il cui viso è segnato dalla cicatrice di un labbro leporino e la cui personalità disturbata ha avuto origine dagli abusi perpetrati su di lui dalla nonna durante l’infanzia. Gli elementi che emergono durante il film permettono di classificare questo personaggio come un serial killer del “controllo del potere”, cioè: «… quel tipo di omicida in serie il cui scopo principale è quello di esercitare il totale controllo su di un’altra persona, fino al potere definitivo di deciderne il destino» (Mastronardi, 2001). “Perché lo fa?”, chiede un agente a Graham durante una riunione. “Lo fa sentire Dio… lei ci rinuncerebbe?” è la risposta. Sarà l’incontro casuale con una ragazza cieca che si innamora di Dolarhyde a risvegliare il barlume di umanità ancora presente in lui e che lo spingerà a commettere gli errori che permetteranno a Graham e Crawford finalmente di identificarlo. La ragazza cieca si salverà dalla follia del serial killer che verrà ucciso nel finale del film dallo stesso Graham. In questo terzo capitolo la figura di Hannibal Lecter acquista di nuovo le connotazioni tipiche della sua prima apparizione sul grande schermo, ma sembra rimanere tuttavia come in secondo piano rispetto a quella di “lupo 58

mannaro”, magistralmente interpretato e caratterizzato dall’attore Ralph Fiennes. Un gradito ritorno comunque per i “fans” del personaggio più rappresentativo della categoria degli psichiatri malvagi che avevano avuto modo di apprezzarlo ne “Il silenzio degli innocenti”, anche se questa volta in un film che non riesce a dare le stesse emozioni del primo. In un altro film in cui coesiste il terapeuta malvagio con quello missionario è invece “Terapia assassina” del 2000 con Joanne Whalley e L. Pilkington. In questo film la psichiatra, anch’essa già a suo tempo abusata e anoressica come la sua paziente, è spinta dalla necessità di vendicare la sua assistita uccidendo il violentatore. Lo figura dello psichiatra depresso e demotivato invece è ben rappresentata dal protagonista del film “La stanza del figlio” (2001) di Nanni Moretti. Il film racconta la storia di uno psicanalista che fin dall’inizio sembra affrontare la sua professione senza un reale interesse e senza una vera spinta motivazionale. Il nucleo reale della sua vita è costituito principalmente dalla famiglia, molto affiatata, e soprattutto dal figlio Andrea, con il quale sembra condividere un rapporto speciale. È proprio la morte di quest’ultimo in seguito ad un incidente che precipita Giovanni, il protagonista, la moglie Paola e Irene, l’altra figlia, in una profonda crisi che porterà Giovanni alla decisione di lasciare la sua attività. Soltanto l’arrivo di una lettera, qualche tempo dopo la morte del giovane e a lui indirizzata, sembra riuscire a scuotere la famiglia dal suo torpore. Il successivo incontro con Arianna, una ragazza conosciuta da Andrea e della quale il ragazzo non aveva mai detto nulla ai suoi genitori, si rivelerà l’elemento decisivo per riportare il sorriso nella famiglia. De Mari (2002) così commenta il film di Moretti: «…il regista, pur richiedendo l’apporto di un pool di psicanalisti che hanno contribuito a ben descrivere i pazienti nevrotici rappresentati nel film, non ha rinunciato a manipolare in chiave personalistica la sceneggiatura, dando del terapeuta un’immagine ancora una volta stereotipata e inadeguata. Ne emerge una visione dello psicanalista chiusa in un suo mondo, incapace di gestire le proprie dinamiche intrapsichiche e quindi del tutto inadatto, di fronte a un evento straordinario della sua vita, a continuare a gestire quelle dei suoi pazienti che decide di abbandonare al loro destino ritirandosi dall’attività… I colleghi psicoanalisti avranno tutti sperimentato, come me, l’angoscia dei loro pazienti che, dopo la visione de “La stanza del figlio”, sono arrivati in seduta chiedendosi cosa veramente stesse pensando il loro psicoanalista di loro e se fosse veramente in grado di accompagnarli fino in fondo al loro percorso». 59

Pur in parte d’accordo con l’opinione di De Mari per quanto riguarda la presentazione dell’immagine del terapeuta, e rilevando inoltre una “superficialità” di fondo che permea tutto il film e che si concretizza in un insufficiente approfondimento delle dinamiche interiori e nel conseguente mancato, pieno coinvolgimento dello spettatore, è necessario considerare tuttavia che il film può essere visto anche nell’ottica di una “umanizzazione” del personaggio dello psicoterapeuta, il quale finisce con il rivelarsi anch’egli fallace ed umano, capace di riconoscere i propri limiti e coerente al punto da pensare di dover aiutare prima se stesso per poter poi aiutare ancor meglio gli altri, così come un Dermatologo non è esente da una eventuale dermatite. «Io non sono più in grado… è semplice… non posso più fare questo lavoro» spiega Giovanni ad una sua paziente che gli chiede il perché della sua decisione. Da un altro punto di vista ancora è possibile inoltre interpretare la figura di psicoterapeuta presentata da Moretti come un tentativo velatamente critico da parte del regista di sottolineare tanto l’inutilità della psicoterapia in sé, quando praticata senza un reale interesse (vedi ad esempio il paziente che lo rimprovera di ripetergli ormai da molto tempo sempre la stessa cosa), quanto la “presunzione” di taluni terapeuti (che vengono così “spodestati” dai loro “troni” per essere ricondotti ad una dimensione di normalità) di leggere nell’animo dei loro pazienti quando si rivelano in realtà incapaci di leggere persino in se stessi e di provare nei loro confronti quell’empatia necessaria al buon fine della terapia. Altro capitolo estremamente interessante da noi prodotto al Congresso Internazionale di terapia della Famiglia e Ipnosi (organizzatore Prof. C. Loriedo) a Capri dal 30 maggio al 1 giugno 2001, è relativo alle codificazioni degli stili relazionali del terapeuta così come, peraltro, può apparire nel mezzo filmico; essi sono: – Il terapeuta iperattivo, caratterizzato da eloquio fluente e grandi capacità di trascinamento. – Il terapeuta con handicap fisico, che viene particolarmente ascoltato proprio ispirando la seguente considerazione: “se è sereno lui posso esserlo anch’io che non ho alcun handicap fisico”, oppure “io, che come lui ho il mio handicap…”. – Il terapeuta stratega si distingue per gli stratagemmi che adopera per risolvere i casi clinici, per es., la prescrizione del sintomo: “se litiga con sua moglie si impegni a litigare ancora più forte nei giorni dispari e di mattina dalle ore 8. 00 alle ore 8. 30”, propri della terapia comportamentale (vedi es. Scuola Ericksoniana di Palo Alto). La considerazione che ispira è la seguente: “Con i suoi trucchi chissà che non riesca a guarire anche me”. 60

– Il terapeuta introverso-riflessivo parla poco e comunica ottime capacità di critica riflessive. – Il terapeuta introverso-intuitivo parla poco ma i suoi occhi comunicano ottima capacità di intuito valutativo-diagnostico e di collegamento tra le varie esperienze raccontategli dal paziente ed è in grado quindi di “tirar fuori” l’interpretazione delle ragioni esistenti a monte dei disturbi del suo paziente. – Il terapeuta introverso-creativo parla poco ma è capace di ottimi collegamenti tra le varie esperienze raccontate dal paziente ed è in grado di creare l’idea risolutiva a vantaggio dello stesso paziente. – Il terapeuta estroverso-creativo si differenzia dalla precedente tipologia perché vi è un ottimo connubio tra creatività ed eloquio fluente – Il terapeuta “push-man” esercita una vera e propria azione di spinta terapeutica verso l’ottimismo e l’interventismo. – Il terapeuta seduttivo, sia esso uomo o donna, si distingue per l’atteggiamento di intrigante seduttività. – Il terapeuta depresso, pur comunicando gli affanni dovuti alla sua attività, può inviare implicitamente, grazie proprio alla sua depressione, la voglia e il desiderio di liberarsi ancor più celermente della propria psicopatologia.

Lo psicoterapeuta ipnotista nella cinematografia internazionale In qualità di Direttore Scientifico del Centro Italiano di Ipnosi Clinica e Sperimentale, riporto quanto meritevole di pubblicazione, riprendendo fedelmente, con le dovute integrazioni, solo alcuni dei passaggi più emblematici delle Tesi di fine Corso di “Ipnosi Clinica e Comunicazione ipnotica” discusse presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinica e Sperimentale di Torino (Diretto dal Prof. A.M. Lapenta), Relatore Dott. G. Tibaldeschi (anno accademico 2001-2002) dagli Autori Corbella e Accotto. Se la figura dello psichiatra e dello psicoterapeuta ha visto numerose e diversificate rappresentazioni, quella dello psichiatra/psicoterapeuta ipnotista si riduce ad alcune specifiche caratterizzazioni e ad alcune sporadiche apparizioni. L’ipnoterapeuta (o ipnologo clinico) protagonista di alcune opere cinematografiche è in grado di aiutare il paziente «ad attivare e gestire consapevolmente le sue potenzialità fisiologiche affinché si realizzi l’ideoplasia (= immagine mentale in grado di produrre un cambiamento) necessaria alla soluzione di un problema» (Corbella). Non sempre, tuttavia, in ambito cinematografico, l’ipnosi viene usata per 61

finalità terapeutiche da chi la pratica, a volte essa diviene strumento criminale nelle mani di individui senza scrupoli. Secchi (1989) fornisce un elenco dei film in cui l’ipnosi e la figura dell’ipnoterapeuta sono protagonisti. “Agnese di Dio” di Norman Jewison vede la presenza di una psichiatra che si occupa della patologia mentale (nevrosi isterica, estasi mistica?) di una giovane suora. In “L’amica delle cinque e mezza” di Vincent Minnelli l’ipnosi fa emergere una seconda personalità, vissuta nell’Inghilterra del secolo passato, in una ragazza dotata di facoltà paranormali. In “La donna dai tre volti” di Nunnally Johnson l’ipnosi permette di affrontare e curare un caso di personalità multipla, così come accade anche in “La donna delle tenebre” di Hugo Haas, mentre l’ipnosi è ancora presente in “Elettroshock” di Denis Sanders, dove un attore si finge folle e si fa ricoverare in un manicomio per riuscire a scoprire l’identità di un omicida. “Freud, passioni segrete” di John Huston racconta la nascita della psicoanalisi e l’uso dell’ipnosi da parte di Sigmund Freud. L’ipnosi fa ancora la sua comparsa in “Il gabinetto del dr. Caligari” di Robert Wiene, dove tutta la storia narrata in flashback si rivela essere la costruzione delirante di un folle. In “Giorni di dubbio” di Maxwell Shane l’ipnosi funge da strumento per indurre il protagonista a commettere un omicidio. Anche in “Il segreto di una donna” l’ipnosi viene impropriamente usata da un ipnotizzatore senza scrupoli, questa volta per far ritenere responsabile dell’omicidio della propria ex amante la moglie cleptomane di uno psichiatra. Di tutt’altro genere “Girandola” di Mark Sandrich, in cui uno psicanalista usa l’ipnosi per indurre una sua paziente (fidanzata di un amico) che si è innamorata di lui a sposare il fidanzato. Ne “Il Settimo velo” di Compton Bennet l’ipnosi serve al terapeuta per portare serenità e chiarezza nell’animo tormentato di una giovane pianista, scoprendo gradualmente i sette veli che celano il suo inconscio. “Sorelle” di Brian de Palma è invece la storia di una gemella siamese con pulsioni omicide ossessionata dal fantasma della sorella morta. In “Zelig” di Woody Allen infine la psichiatra che si prende cura del protagonista utilizzerà le tecniche ipnotiche per far emergere la sua vera personalità soffocata e sostituita dalle trasformazioni camaleontiche di cui è vittima e artefice. Il cinema dunque ha ben risposto all’evoluzione socio-culturale della figura dell’ipnoterapeuta, sottolineando anche il fatto che non sono solo l’abilità e la capacità del terapeuta ad essere in causa, ma anche la recettività del soggetto e la sua suggestionabilità. 62

Tutto ciò a conferma del fatto che l’ipnosi è un processo fisiologico della mente e che la sua induzione è strettamente correlata biunivocamente tanto alla capacità dell’ipnoterapeuta di relazionarsi empaticamente con il soggetto che ha di fronte, quanto alle aspettative e alla predisposizione di quest’ultimo. Questa “fisiologicità” del processo ipnotico porterà anche in alcuni casi a far si che tale processo, nella rappresentazione cinematografica, venga messo in atto inconsapevolmente dai protagonisti. Nel film “Marnie” di Alfred Hitchcock, ad esempio, la protagonista è una ladra compulsiva la cui vita trova un punto di svolta nell’incontro con Mark Rutland, il suo nuovo datore di lavoro che finirà con lo sposarla. Nella scena finale del film ritroviamo tutti gli elementi di una ipnositerapia, quando Mark accompagna Marnie dalla madre durante una notte di temporale per capire finalmente le cause del suo disturbo. Qui il protagonista diviene inconsapevole terapeuta e, facendo regredire Marnie, complici altri elementi catalizzatori, ad un ben preciso giorno della sua infanzia, riesce a rivivificarne i momenti e a farle comprendere il perché delle sue azioni. Alla figura dell’ipnoterapeuta si è poi a volte sostituita quella del mago/a ipnotista come nel film “Una strega in paradiso”, dove la strega Gillian interpretata da Kim Novak, innamorata del pubblicitario Sheperd, usa una pozione magica ed i suoi poteri ipnotici per farlo innamorare di sé (Corbella 2002). Attingendo alla cinematografia internazionale è tuttavia possibile, al di là di esempi specifici e pur chiarificatori, ricostruire una sorta di storia dell’ipnosi e della figura dell’ipnoterapeuta così come essi sono apparsi fin dalle loro prime apparizioni nel cinema fino ai tempi più recenti. Per una visione panoramica ed onnicomprensiva del ventaglio delle tecniche ipnotiche utilizzate, si confronti il lavoro di Mastronardi (1998) dal titolo Ipnosi clinica negli anni 2000. Relazione tra ipnosi e cinema Nel processo ipnotico la realizzazione dell’ideoplasia (= idea, immagine mentale in grado di produrre un cambiamento negli atteggiamenti mentali e nei comportamenti), favorisce la visualizzazione di altre immagini o pensieri in libera associazione e, proprio perché avviene in uno stato modificato di coscienza, di particolare recettività, permette al soggetto di colmare alcuni gap esperienziali e ampliare così i processi associativi mentali in grado di condizionare gli antichi distorti convincimenti con conseguente benessere psicofisico e migliori intenzioni comportamentali col mondo. 63

Anche uno spettacolo cinematografico è in grado di scatenare nell’individuo ideoplasie ed associazioni, che inducono modificazioni dello stato psicofisico, relative alle immagini proiettate sullo schermo e analogamente all’ipnosi vi è una prevalenza delle funzioni visualizzanti-emotive rispetto a quelle critico-intellettive. Hitchock afferma che «la suspense dei suoi film produce nel pubblico dei veri e propri sconvolgimenti emotivi, che hanno sugli spettatori un effetto terapeutico e vitalistico». Come scrive Accotto: «Naturalmente non si vuole affermare che uno spettacolo cinematografico abbia la valenza di una seduta di ipnosi o che l’immagine proiettata comporti sempre una modificazione dello stato di coscienza: alcuni film infatti non riescono neppure a catturare l’attenzione dello spettatore, inoltre, non tutti i soggetti rispondono in maniera identica e riproducibile alla visione dello stesso spettacolo». È stato però possibile verificare che l’utilizzo del mezzo cinematografico in corso di psicoterapia può attivare nel paziente proficui meccanismi di identificazione con un personaggio, con rielaborazione di contenuti e talvolta vere e proprie modificazioni nel modo di agire che, grazie ad un concorso di fattori, possono stabilizzarsi. In definitiva, nella cinematografia viene riprodotto il meccanismo mediante il quale, le idee dinamicamente attive ed operanti suggerite in stato ipnoidale durante lo stato di coscienza crepuscolare mettono in moto un’attivita’ successiva, cosciente e produttiva andando al cinema spesso ci ritiriamo in noi stessi in un monoideismo plastico, separandoci dal mondo esterno, ed entrando in uno spazio virtuale con tutte le caratteristiche evocanti la realtà. Dalle origini del cinema ad oggi Nel 1927 nasce il sonoro e «In quegli anni l’ipnosi viene rappresentata nel cinema come una sorta di potere magnetico, usato per manipolare la volontà delle persone, al fine di raggiungere scopi illeciti. A titolo esemplificativo verranno citati alcuni lavori relativi a quell’ epoca. Nel film “The mesmerist” (Gran Bretagna, 1915) un ipnotista costringe le sue vittime a rubare. In “Svengali” (1931) un ipnotista minaccioso e autoritario trascina una giovane donna nel suo covo. La ragazza, raggirata dal suo talento manipolativo, lascia la famiglia per seguire la carriera di cantante, ignorando però che può esibirsi solo sotto il comando dell’ipnotista. “Rasputin and the empress” (“Rasputin e l’imperatrice”, di Richard Boleslawsky, 1932) è ambientato a Mosca nel 1913 e racconta la caduta della 64

dinastia dei Romanov, avvenuta anche a causa dell’intervento del monaco Rasputin che, attraverso l’ipnosi, riesce ad ottenere il controllo sulle persone: egli infatti costringe molte donne a “trasgredire” con lui (sotto ipnosi) per poi convincerle che lui solo può salvarle. In questo modo riesce a convincere la zarina che il popolo gli obbedisce… Il film citato di seguito è il primo (e forse l’unico, relativo alla prima metà del secolo) a dare una rappresentazione diversa dell’ipnotismo, utilizzato su richiesta dell’interessato e per scopi positivi, anche se non terapeutici. “Calling Dr. Death” (1944) è un film di suspense, che narra la storia del dr. Steel, il quale non riesce a ricordare dove era quando la sua infedele moglie veniva barbaramente uccisa. Preoccupato di poter essere stato lui a ucciderla e di avere ora un blocco di memoria, chiede di essere ipnotizzato per scoprire la verità…» (Accotto 2001-2002). Come attentamente commenta la stessa Accotto: «il tema dell’ipnotismo nella cinematografia dell’epoca viene ancora rappresentato come uno strumento in possesso di persone senza scrupoli e questo spiega in parte l’atteggiamento di diffidenza e pregiudizio che accompagnerà tale tecnica ancora per qualche decennio. Nel film “The mask of Diijon” (1946) infatti, troviamo nuovamente la figura dell’ipnotista, studioso dell’occulto, che tenta di ipnotizzare la moglie affinché uccida il suo giovane rivale. È ciò che avviene in “The secret life of Walter Mitty” (sogni proibiti di Norman L. McLeod, 1947), in cui l’ipnotista è nuovamente un mascalzone… Gli anni ’60 sono caratterizzati da un forte sviluppo tecnologico e dall’interesse nel campo della ricerca scientifica… …Viene inserito in questo approccio anche il tema dell’ipnotismo, che trova ora una nuova applicazione, di seguito specificata. Nel film “The electronic monster” (1960) infatti, l’investigatore di un’assicurazione viene inviato a compiere un’indagine in una clinica dove viene utilizzato un macchinario per l’ipnosi elettronica a scopo di cura. In realtà egli scopre che questo macchinario viene utilizzato per “effettuare il lavaggio del cervello” a pazienti ricchi e potenti per poter avere il controllo su di loro. In “The brides of Fu Manchu” (“Il giorno dei fazzoletti rossi”, di Don Sharp, 1966) Fu Manchu rapisce e ipnotizza le figlie di brillanti scienziati al fine di costringerli ad aiutarlo a creare una nuova arma che gli permetterà di trasmettere energia distruttiva usando le onde radio. In “Mars Needs Women” (1967) un gruppo di marziani scende sulla terra alla ricerca di giovani donne: ogni marziano deve localizzare, ipnotizzare e rapire una donna… 65

Dal 1968 fino a metà degli anni ’70, intanto, Hollywood conosce un periodo di recupero e, dopo anni di regressione e ripiegamento su vecchi generi già consolidati, comincia la ricerca di un cinema d’arte. In questi anni registi come Oliver Stone e Spike Lee danno vita a un cinema personale attraverso film di grande impegno civile, mentre per esempio Scorsese e Allen vi arrivano attraverso i drammi psicologici dei protagonisti. Dal 1977 Woody Allen unisce l’interesse per i problemi psicologici dei borghesi intellettuali all’omaggio verso la tradizione cinematografica di Fellini e Bergman e dei classici americani. Il suo stile crea un’originale maschera comica che si dibatte fra i più svariati consulti psicologici, in una rappresentazione impassibile delle cose odiate, delle cose amate e dei valori di riferimento… Di “Zelig” (America: 1983. Interpreti: Woody Allen, Mia Farrow. Regia: Woody Allen. Durata: 80’) ambientato a New York nel 1928, abbiamo già precedentemente parlato e in questo film assume estrema importanza la relazione tra analista e paziente, che ha permesso la riuscita della terapia. Quindi ipnotismo non più come strumento di potere che il paziente subisce in modo passivo, ma come un processo relazionale che stimola le potenzialità del paziente. Il terapeuta, con la sua capacità di amare e comprendere, con la perseveranza e la fiducia, con i rinforzi positivi, incoraggia Leonard a guarire, attraverso una vera e propria ristrutturazione psicologica… È del 1990 Alice (America: 1990. Interpreti: Mia Farrow, William Hurt. Regia: Woody Allen. Durata: 109’). Ricca e soddisfatta, Alice crede nella vita. Sposata da sedici anni con un uomo d’affari, ha le giornate “piene” tra massaggiatore, parrucchiere e pedicure. Un giorno conosce un uomo attraente e ne rimane turbata, ma fa di tutto per evitare di incontrarlo nuovamente. Recatasi da un medico cinese per una forma di lombaggine, questi la cura con l’ipnosi e somministrandole alcune erbe mediche. L’induzione avviene mediante stimolazione visiva fatta con un disco rotante: la paziente inizia a percepire stanchezza visiva e a convergere gli occhi… Emerge nuovamente l’importanza del rapporto di fiducia tra il paziente e l’ipnotista, grazie al quale Alice riesce a spostare l’attenzione produttivamente dal mal di schiena ai suoi dinamismi mentali… In conclusione, si ritira in periferia con i suoi figli e vive, felice di occuparsi di loro, in una dimensione realmente desiderata. “Echi mortali” (Stati Uniti: 1999. Interpreti: Kevin Bacon, Liza Weil. Regia: David Koepp. Durata: 94’) racconta la storia di Tom Witzy (Kevin 66

Bacon), un tranquillo impiegato di Chicago, una persona semplice e razionale… In questo film l’ipnosi agisce come catalizzatore di contatti fra il mondo dei vivi e quello dei defunti, intesa come strumento in grado di fare emergere una presunta dote nascosta, ma preesistente, di chiaroveggente, in un soggetto ignaro di possederla. La pellicola evidenzia l’eccezionale potenza plastica delle idee suggestive che tendono a trasformarsi in immagini (allucinazione, sogno, ecc.)… “Amore a prima svista” (America: 2001. Interpreti: Gwyneth Paltrow, Jack Black. Regia: Peter Farrelly. Durata: 113’) è la storia di Hal (Jack Black), un ragazzo giovane, alla ricerca continua di una ragazza che corrisponda a precisi e rigidi canoni di bellezza fisica… Non essendo lui però un adone, viene spesso ignorato dalle bellezze con cui spera di uscire ed è alla ricerca di una risposta che lo salvi da questa impasse sentimentale. La risposta arriva dall’incontro casuale in ascensore con il guru Tony Robbins, che lo ipnotizza per portarlo a vedere non più l’avvenenza fisica, ma la bellezza interiore delle persone. «… io so che hai un grande cuore, sei solo fissato sull’aspetto esteriore; perciò ti farò un grande favore: da questo momento, quando incontrerai qualcuno, vedrai solo la parte interiore, quella più profonda e ti relazionerai solo con quella, perché là si nasconde la parte più bella. In questo modo le donne più belle ti verranno dietro». Ed è così che quando Hal incontra Rosemary (G. Paltrow) ne rimane affascinato, vedendola con le sembianze di una donna stupenda. Rosemary è invece una persona eccezionale, però gravemente obesa… Il film presenta una visione dell’ipnosi simile ad una suggestione da palcoscenico, dove l’immagine suggerita dall’ipnotista diventa per Hal una realtà indiscutibile… Si può dire che la funzionalità narrativa dell’incontro con il guru risieda nella “morale” di questa commedia, ovvero che la vera bellezza non è visibile agli occhi, ma, poiché siamo “ipnotizzati” quotidianamente dal bombardamento di immagini di perfezione proposte dai media e dalla società, abbiamo bisogno di un rimedio, che in questo caso è l’ipnosi, che riporti a galla i valori etici e personali, che restano altrimenti nascosti nel nostro subconscio. In “K-Pax” (America 2001. Interpreti: Kevin Spacey, Jeff Bridges. Regia: Iain Softley. Durata: 125’) il dottor Mark Powell (Jeff Bridges), psichiatra del Bellevue Hospital di New York, si trova un giorno davanti uno strano paziente, Prot (Kevin Spacey), un tipo inoffensivo ma particolare, che afferma di essere un abitante del pianeta K-Pax, arrivato sulla terra viaggiando 67

attraverso i raggi di luce e suffraga la sua teoria sfoggiando conoscenze astronomiche ignorate anche dai più importanti studiosi del settore… Sottoponendo Prot a sedute di ipnosi, infatti, emergono ricordi legati a vissuti traumatici di un amico terrestre (probabile proiezione di Prot stesso, nella teoria del medico). Procedendo attraverso minimi indizi, il dottor Powell ricostruisce la storia di Robert Porter, macellaio di un paesino del New Mexico, il quale, dopo aver trovato i corpi straziati della moglie e della figlia, scomparve, probabilmente affogato nel fiume dietro alla fattoria dove abitava. Il suo corpo non venne però mai ritrovato. Robert Porter e Prot sembrano essere, almeno fisicamente, la stessa persona. Il film mette in luce l’applicazione dell’analisi in ipnosi, nel trattamento degli stati psicotici. Benché le teorie relative al suo utilizzo in questo ambito siano ancora discordanti, alcuni studiosi hanno sottolineato l’importanza della regressione di età, per chiarire la psicogenesi di alcune concezioni deliranti e per favorire la cura, grazie alle notizie non evidenziabili con la normale indagine psichiatrica… Infatti nella cinematografia internazionale, dalle origini fino alla prima metà degli anni ’60, l’ipnotismo viene rappresentato (tranne qualche rara eccezione) come una sorta di fluido magnetico, uno strumento usato da persone potenti e con pochi scrupoli, per manipolare la volontà delle persone, senza il loro consenso, con la finalità di perseguire scopi illeciti. Nella seconda metà degli anni ’60, il tema dell’ipnotismo trova espressione anche nel filone fantascientifico (dall’ipnosi elettronica all’ipnosi finalizzata al rapimento dei terrestri ad opera dei marziani), in un crescendo sempre maggiore di interazione tra realtà e finzione scenica. Va ricordato che il ruolo del soggetto ipnotizzato continua ad essere assolutamente irrilevante e che l’utilizzo dell’ipnosi avviene ancora per scopi negativi. Con gli anni ’70 ed il filone introspettivo di Woody Allen, la relazione tra ipnotista e paziente inizia ad assumere estrema importanza, divenendo condizione indispensabile per la riuscita della terapia. L’ ipnotismo pertanto non viene più presentato come strumento di potere, che il paziente subisce in modo passivo, ma come strumento relazionale, utilizzato a scopo terapeutico per investigare la personalità profonda, che permette la rivelazione rapida di contenuti inconsci. È solo dopo gli anni ’80 che nella cinematografia il concetto di ipnosi assume la dovuta rilevanza, in tutte le sue applicazioni terapeutiche, mediche e psicologiche. Questo fenomeno avviene in concomitanza con il ridimensionamento del mito della psicoanalisi, che aveva monopolizzato per anni il panorama terapeutico. 68

La conclusione quindi è che prima degli anni ’80 sono stati privilegiati dalla cinematografia internazionale solo gli aspetti più spettacolari del fenomeno e, quindi, prima di quel periodo non vi è stata una corrispondenza temporale tra l’evoluzione delle scoperte scientifiche (cfr. Granone, 1989; Chertok, 1998; Mastronardi, 1998) e la loro rappresentazione in ambito cinematografico. Il secondo quesito che ci eravamo proposti di approfondire era quale immagine dell’ipnotismo viene proposta oggi agli spettatori. Film come “Zelig”, “Alice”, “Amore a prima svista” e “K-Pax” sono tutti esempi di come oggi l’ipnosi venga proposta in ambito terapeutico e intesa come stato dell’organismo, attraverso il quale il soggetto riesce ad attivare le proprie potenzialità: Leonard Zelig ritrova il coraggio di essere se stesso, Alice di cambiare vita, Hal di vedere la bellezza interiore delle persone. In tutte queste pellicole il terapeuta ha una relazione significativa con il soggetto che soffre (anche quando è rappresentata da un guru televisivo). Vi è quindi una discreta corrispondenza tra l’odierna concezione del fenomeno ipnotico e la sua rappresentazione nella cinematografia: emerge infatti il concetto di monoideismo plastico, ovvero la plasticità della rappresentazione mentale. La possibilità creativa che ha un’idea, un pensiero, rappresentato mentalmente, di estendersi e realizzarsi nell’organismo con modificazioni muscolari, percettive ed emozionali. Emerge una visione dell’ipnosi come un particolare modo di essere dell’organismo, attraverso il quale il soggetto riesce a influire sulle proprie condizioni psico-fisiche e dell’ipnotismo come la tecnica che permette di attuare quella condizione, attraverso il rapporto creatosi tra il soggetto e l’ipnotizzatore, mediante diverse tipologie di approccio e di comunicazione: verbale, metaforica, ecc.» (Accotto, 2002). È stato completamente abbandonato il concetto di inganno o malafede, rispecchiando anche nelle pellicole le parole di Granone: «… Non basta imparare una tecnica per fare dell’ipnositerapia, come non basta imparare a scrivere per comporre poesie. L’ipnosi è una scienza per i suoi fondamenti biologici, basati sulle vicendevoli correlazioni corpomente, ma è un’arte nelle sue applicazioni pratiche del rapporto con il paziente» (Granone, 1989). L’intero ventaglio dei film dove compare la figura dell’ipnotista è riportato in calce alla presente opera monografica.

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2. Stati di psicopatologia sullo schermo. Alcuni esempi

Il cinema, per costruire le sue storie, ha attinto ampiamente da quasi tutti gli aspetti della vita reale. Si può tranquillamente affermare che ogni attività, esperienza, sentimento umano è stato riportato sul grande schermo sia da un punto di vista storico/socio/antropologico che da un punto di vista più strettamente psicologico/personale. Si possono così ritrovare storie che rappresentano grandi problematiche sociali e storie che raccontano di singoli individui e dei loro problemi che sono poi quelli comuni della vita reale, senza dimenticare le incursioni nel fantastico, ambito nel quale è stato riprodotto anche ciò che di più fantasioso la mente umana possa immaginare. Così era quasi inevitabile che quella che è stata definita la “fabbrica dei sogni” finisse con l’occuparsi anche della malattia mentale e delle sue rappresentazioni. Abbiamo già avuto modo di esaminare come la “terapia della mente” ed i suoi rappresentanti siano stati raffigurati in ambito cinematografico e come, nello specifico, abbiano avuto una loro trasposizione anche gli ipnositerapeuti. Ma la malattia mentale, la psicopatologia, ha fornito al cinema spunti per indagare i diversi aspetti sotto cui essa può presentarsi. Ecco allora che la follia veste nel cinema tutti i suoi possibili “abiti”. Dalle istituzioni psichiatriche repressive, agli effetti psicologici della guerra, all’alcolismo ed al problema della tossicodipendenza per arrivare agli aspetti più umani del disturbo mentale fino a quelli più deleteri, come ad esempio i serial killers. In questo capitolo ci proponiamo di presentare sinteticamente alcuni dei film più rappresentativi in tema di psiche e patologia mentale, senza la pretesa di esaurire l’argomento in questione e consapevoli che una tale scelta comporta automaticamente una selezione basata anche sui ricordi e sulle impressioni personali. Non torneremo in questa sede a riproporre quei film che, a nostro giudizio, meritano di essere considerati importanti nel contesto della rappresentazione cinematografica della malattia mentale, ma che abbiamo già avuto modo di affrontare, come, ad esempio: 71

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“Marnie” (di Alfred Hitchcock, 1964), “Zelig” (di Woody Allen, 1983), “Il silenzio degli innocenti” (di Jonathan Demme, 1991).

Psyco (di Alfred Hitchcock, 1960) In questo film, tratto da un romanzo di Robert Bloch, la follia sembra essere racchiusa, quasi autoemarginata, in un suo guscio privato, personale: il Motel Bates. È il caso a portare gli individui a scontrarsi con essa. È ciò che capita a Mariòn, giovane donna che, con la complicità dell’amante, decide di fuggire con i soldi che il suo datore di lavoro le ha affidato affinché li depositasse in banca. Durante il suo viaggio/fuga che dovrebbe portarla in un’altra città la donna è costretta a fermarsi ad un motel fuori mano a causa di un temporale. La cordialità e la gentilezza del proprietario, Norman Bates, fanno sì che nella donna non nasca alcun sospetto nei confronti del giovane, neppure quando le capita di sentire un’animata discussione tra il giovane e sua madre, confinata in una stanza di una casa vicina al motel poiché malata. Accetta così di buon grado di mangiare in compagnia di Bates che, parlando con lei, inizia a tradire alcuni aspetti della sua personalità, ben sottolineati dall’abile regia di Hitchcock e dall’ottima interpretazione di un giovanissimo Anthony Perkins. L’hobby del giovane di impagliare gli uccelli, alcune frasi significative (“Il migliore amico è la propria madre”, “Un figlio non può sostituire un amante”) ed alcuni improvvisi cambiamenti di atteggiamento mettono lo spettatore sull’avviso che qualcosa potrebbe non andare nella mente di Norman Bates. Mariòn verrà uccisa quella stessa sera mentre si trova sotto la doccia, da quella che apparentemente sembra essere un’anziana donna, in una scena che è rimasta impressa nell’immaginario collettivo dei cinefili. Sarà necessario aspettare il finale del film per scoprire la follia che alberga nella mente di Norman Bates. In realtà, come scoprirà la sorella di Mariòn che, insieme all’amante della vittima, cerca di scoprire la verità sulla sua scomparsa, non esiste nessuna madre, ma soltanto un suo simulacro impagliato su una sedia e ben vivo nella mente di Bates che oscilla tra due personalità, la sua e quella della madre che ha incorporato in sé dopo averla avvelenata, 10 anni prima, insieme al suo amante. Norman uccide solo quando la personalità della madre prende il sopravvento, travestendosi da donna con una parrucca e abiti femminili, mentre quando la sua personalità originale torna a prevalere, si premura di far sparire le tracce dei delitti. 72

I contorti meandri della psiche di Bates vengono ben spiegati nel finale del film dallo psichiatra chiamato a valutare il suo stato mentale, anche se quella che si troverà di fronte sarà solo la personalità “materna” che sembra aver preso ormai definitivamente il controllo della mente del giovane Norman. Hitchcock è riuscito senza ombra di dubbio a creare una delle più belle figure di “psicopatico” della storia del cinema, realizzando un film che si può a ben diritto definire un “cult” e dal quale molti altri registi ne hanno tratto ispirazione.

Qualcuno volò sul nido del cuculo (di Milos Forman, 1975) Il film si inserisce nel contesto della rappresentazione dell’istituzione psichiatrica come luogo di contenimento caratterizzato dalla mancanza di quegli elementi di umanità che dovrebbero invece contraddistinguerla. È in un ambiente di questo tipo che viene inviato, dal penitenziario in cui è recluso, il protagonista Mc Murphy (interpretato da Jack Nicholson) al fine di una valutazione medica sul suo effettivo stato mentale. La figura umana ed esuberante del protagonista, che in realtà si finge folle per evitare il carcere, si contrappone fin da subito a quella rigida e disumana di Miss Ratched, l’infermiera dell’istituto. È intorno a questa contrapposizione che gira tutto il film. Gli altri protagonisti, veri malati, sembrano orbitare, nelle loro bellissime interpretazioni, attorno a questi due poli che rappresentano, da una parte, l’approccio più sincero e spontaneo e, dall’altra, quello più severo e repressivo alla malattia mentale. I pazienti dell’istituto rappresentano un po’ tutti gli aspetti di quest’ultima nelle sue più svariate forme, ma fanno capire allo spettatore che in fondo ciò che vogliono e che desiderano non è altro che ciò che ciascuno di noi vuole e desidera, nonostante i limiti imposti loro dalla malattia. Mc Murphy in fondo non fa che portare nelle loro vite di “reclusi” quella “normalità” che ad essi, a causa della loro patologia, è sempre stata negata: la gita in barca, la compagnia di alcune ragazze non sono che alcuni degli elementi che sono stati sottratti a questi individui nel nome di una terapia che sembra incapace di curarli effettivamente, cronicizzandoli invece sempre più nei loro disturbi. Il protagonista non vuole sostituirsi al terapeuta, ma cerca soltanto di far assaporare ai suoi compagni, la maggior parte per lo più volontariamente autoreclusi, quella parte della vita che è fatta di “normalità”. Lo scontro individuo/istituzione sembra tuttavia inesorabilmente destinato alla sconfitta dell’individuo, sia esso malato che normale. 73

Sottoposto anche ad elettroshock per i suoi comportamenti “ribelli”, Mc Murphy (così come gli altri pazienti) perderà la sua battaglia, verrà alla fine lobotomizzato e troverà una pietosa fine per mano di “grande capo” il quale, anch’egli finto pazzo, nel finale del film, dopo averlo soffocato con un cuscino riuscirà a fuggire, rivendicando e riaffermando il desiderio di libertà insito in ogni essere umano.

Io e Annie (di Woody Allen, 1977) Un film sulla “psicopatologia della normalità”, questo di Woody Allen, ed in particolare sulle problematiche nevrotiche dei rapporti sentimentali ed interpersonali. Alvy Singer, comico radiotelevisivo, conosce Annie, amante del suo migliore amico. I due, dopo gli attriti iniziali, finiscono con l’innamorarsi l’uno dell’altro. La loro storia si sviluppa tra insicurezze, problemi, gelosie e rapporti caratterizzati dalle nevrosi di entrambi, abilmente sottolineati dalla regia di Allen (vedi i pensieri di Alvy e di Annie che compaiono sullo schermo mentre i due parlano in terrazzo), dalla mimica e dalla gestualità dei due protagonisti e accompagnate dal tipico umorismo del regista (parlando del suo psicanalista e della sua psicoterapia che si prolunga ormai da quindici anni Alvy afferma: “… gli do un altro anno di tempo… e poi vado a Lourdes…”). In uno snodarsi di situazioni comiche, nel più puro e maturo stile “alleniano”, Annie finirà col trasferirisi a casa di Alvy, per poi andarsene ed infine chiedergli di nuovo di tornare a vivere insieme. L’incontro con Tony Lacey, un famoso discografico, sarà l’occasione per Annie, aspirante cantante, di lasciare definitivamente Alvy per intraprendere una nuova vita. Nel finale del film, Alvy così riassume il suo rapporto con Annie: «… ripensai a quella vecchia barzelletta, quella in cui c’è questo tizio… che va dallo psichiatra e gli fa: “Dottore… mio fratello è pazzo. Crede di essere una gallina”. E allora il dottore gli dice: “Ma perché non lo rinchiude in manicomio?”. E quel tale gli risponde: “Già! Ma poi dopo, l’ovetto fresco, a me, chi me lo fa?”. Insomma, mi pare ch’è proprio così, grosso modo, che la penso io, riguardo ai rapporti umani. Mi spiego, sono del tutto irrazionali e pazzeschi e assurdi… ma… mi sa tanto che li sopportiamo perché… tutti quanti… più o meno ne abbiamo bisogno, dell’ovetto fresco» (da Io e Annie, Feltrinelli, Milano, 1984). 74

Interiors (di Woody Allen, 1979) Anche in questa sua opera Allen indaga ed esplora la “psicopatologia della normalità” rinunciando tuttavia agli aspetti più comici a favore di una drammaticità di fondo che permea tutto il film definito come “il più bergmaniano” del regista. Vi ritroviamo – come sottolinea Secchi (1994) – temi come la depressione, i disturbi affettivi, il lutto, il suicidio, l’ambiente familiare, l’identificazione, l’idealizzazione, ecc. La storia è incentrata su una facoltosa famiglia di New York. Attorno alla figura della madre, Eve, caduta in un grave stato depressivo dopo che il marito Arthur l’ha lasciata per un’altra donna, ruotano le figure delle tre figlie. Joey, sposata con Mike e professionalmente frustrata, è quella che vive a più stretto contatto con la madre e che si assume quindi il maggior carico di responsabilità, catalizzando inoltre su di sé le sue richieste di aiuto. Renata, poetessa sposata con Frederick, scrittore in cerca di affermazione, vive la sua vita con soddisfazione nel Connecticut. Flyn è invece un’attrice di telefilm cocainomane sempre in giro per lavoro. Il rapporto fra le tre sorelle e la madre è molto ben caratterizzato in tutte le sue sfumature, così come i caratteri e le personalità di ciascun protagonista. “Tu ti nascondi dietro il lavoro – dice Joey a Renata – Flyn è sempre via e io eredito la mamma”. “Anch’io vedo la mamma – risponde la sorella –. Le telefono”; “Sì, ma tu sei nel Connecticut e sono io quella che se ne deve occupare tutti i giorni” è la risposta di Joey (da Interiors, Feltrinelli, Milano, 1993). Il carattere del padre emerge chiaramente quando parla alle figlie della sua nuova compagna: «Io voglio il sostegno di tutte le mie figlie. Non sono qui solo per fare sacrifici e pagare i conti! È ora che pensiate anche a me!». Lo stato depressivo di Eve sembra così peggiorare gradualmente tra i sentimenti di affetto impotente, di rassegnazione, di egoismo e di indifferenza di tutti gli altri protagonisti. Ciò è ben evidente nella parte finale del film, quando la famiglia si riunirà nella loro casa sulla spiaggia per celebrare il matrimonio di Arthur con la sua nuova compagna. È proprio in questa occasione che Eve, la cui figura sembra sparire quasi dimenticata dalla scena, deciderà di togliersi la vita annegandosi in mare.

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Gente comune (di Robert Redford, 1980) Il protagonista del film, basato sul romanzo di Judith Guest, è il giovane Conrad Jarret, la cui voglia di vivere si è spenta dopo il trauma della morte del fratello maggiore Buck, che ha segnato tutta la sua famiglia. Questi infatti è annegato durante un incidente nautico a cui invece il giovane Conrad è riuscito a sopravvivere. Intorno a lui, reduce dall’ospedale psichiatrico per un tentativo di suicidio e tormentato dal ricordo e dal senso di colpa per la morte del fratello, ruotano tutte le altre figure del film, ben caratterizzate fin dalla loro prima comparsa. La madre, conformista e sentimentalmente fredda e disaffettiva ma con una forte predilezione per il figlio maggiore, incolpa, neppure troppo velatamente, il figlio per essere sopravvissuto, alimentando perversamente i suoi sensi di colpa e la sua sfiducia in se stesso. Il padre, diviso tra l’amore per il figlio e quello per la moglie, cerca invano di ristabilire una condizione di normalità in una famiglia che non sembra in grado di riprendere in mano le redini della propria vita. Janine, la ragazza che con il suo amore sincero ed incondizionato contribuirà indirettamente, ma in maniera determinante alla ripresa di Conrad. La figura del dottor Berger, lo psichiatra che tiene in cura Conrad, si rivelerà fondamentale e risolutiva, con la sua professionalità e la sua carica di umanità, per permettere al giovane di ricostruire la sua vita e, indirettamente, alla famiglia di ritrovare un nuovo equilibrio. È lui che, con un approccio che può sembrare inizialmente poco ortodosso, riesce a far emergere a livello cosciente il vissuto di colpa del giovane per essere sopravvissuto, dimostrando così indirettamente alla madre di essere “più forte” del fratello e tradendo quindi le sue aspettative verso quest’ultimo. Il senso di colpa del giovane in questo film assume i contorni, più che di una franca patologia mentale, di un vero e proprio “male di vivere” in cui restano invischiati tutti coloro che gli sono vicini. Soltanto un intervento esterno sembra poter riuscire, in questo caso, a spezzare il circolo vizioso di questi sentimenti auto ed eterodistruttivi, permettendo a ciascuno di riconsiderare la propria vita e le proprie priorità esistenziali.

Shining (di Stanley Kubrick, 1980) Questo film rappresenta probabilmente uno dei vertici della cinematografia horror in cui la mente umana e la sua follia giocano un ruolo da 76

protagonisti. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Stephen King, maestro indiscusso della letteratura horror contemporanea ed abile indagatore dell’animo umano, anche se esso si discosta in parte dalla storia originale, a testimonianza della genialità del regista nell’aver saputo cogliere gli elementi più validi da sviluppare. L’azione ruota attorno all’Overlook Hotel la cui manutenzione durante il periodo di chiusura invernale viene affidata a Jack Torrance (interpretato da Jack Nicholson). Egli decide di accettare l’incarico e di portare con sé la moglie Wendy ed il figlioletto Danny, pur sapendo che nell’albergo, in passato, ha avuto luogo una tragedia di sangue. Uno dei precedenti custodi infatti, impazzito, ha ucciso a colpi d’ascia la moglie e le due figliolette. La tragedia ha lasciato un marchio indelebile sul luogo ed essa sembra destinata a ripetersi. In un crescendo angosciante e coinvolgente, Jack Torrance cade preda della stessa follia che ha colpito il suo predecessore (interpretabile come una forma di schizofrenia paranoide) mentre il piccolo Danny, che ha in sé latente il potere dello shining, una sorta di chiaroveggenza retrospettiva, rivive con i suoi occhi innocenti il male che si è scatenato tempo prima all’interno dell’Overlook Hotel. Le scene in cui Danny corre sul suo triciclo lungo i corridoi deserti dell’hotel maledetto (abilmente riprese dal regista in soggettiva, cioè secondo il punto di vista del bambino) e vede apparire le figlie del precedente custode che lo invitano a giocare con loro, sono un raro esempio di come la macchina da presa possa colpire l’animo umano. In una delle scene più significative del film, dai forti connotati simbolici, Torrance entra nella “stanza proibita”, la 237, e qui ha la visione di una donna, novella Eva, che, completamente nuda, esce da una vasca e si dirige verso di lui per offrirgli il “frutto proibito”. Il protagonista/Adamo è pronto a “cogliere la mela” per poi vederla trasformarsi tra le sue braccia nel cadavere putrescente di un’anziana donna: l’uomo ha ceduto alla tentazione, è pronto a trasgredire all’ordine divino, a rompere i tabù e da ciò, da questo momento in poi, non potranno che scaturire il dolore, il male e la morte. Le visioni del piccolo Danny si sviluppano parallelamente alle allucinazioni del genitore, fino al momento in cui la follia esplode in tutto il suo orrore e Torrance, ormai fuori di sé, si trascina per le sale ed i corridoi dell’hotel armato di un’ascia con l’intento di ripetere la strage che si è consumata tempo prima. Non è facile dimenticare il volto stravolto di Jack Nicholson che, sussurrando “Sono il lupo cattivo!!”, fa capolino dalla fessura aperta a colpi d’ascia sulla porta della stanza in cui la moglie, dopo aver messo in salvo il figlioletto, si è rinchiusa per salvarsi dalla furia omicida del marito. Raro esempio di cinema che rappresenta gli abissi dell’orrore insito nella mente umana, il film di Kubrick riesce a toccare le corde del profondo. 77

Il Male, impersonificato dalla figura del genitore impazzito che ad esso si abbandona, si contrappone al Bene, che si incarna invece nell’innocente figura del piccolo Danny che al Male resiste e sopravvive, sconfiggendolo nella sua incarnazione umana nel finale del film. Mescolando sapientemente l’orrore che è in noi con l’orrore che è fuori di noi, il regista obbliga inoltre lo spettatore a chiedersi quale sia l’origine della malvagità e della follia che permea l’Hoverlook Hotel. Se il male era già in Jack Torrance (e nel suo predecessore prima di lui), aspettando solo una via d’uscita o se egli sia soltanto una vittima di forze più grandi di lui, quelle forze che vivono all’interno dell’Hoverlook Hotel e che soltanto l’intervento di un bambino sembra poter definitivamente sconfiggere.

Birdy – le ali della libertà (di Alan Parker, 1984) Il film è ambientato in un ospedale psichiatrico per reduci di guerra ed è tratto e liberamente adattato da un romanzo di William Wharton. Un giovane soldato, segnato nel fisico, oltre che nell’animo, dalle ferite della guerra, viene convocato dall’ufficiale medico responsabile nella speranza che possa aiutare il suo amico d’infanzia “birdy” ad uscire dallo stato psicotico/catatonico nel quale è precipitato dopo una traumatica esperienza vissuta nel corso di un’operazione bellica in Vietnam. Il film ricostruisce quindi, con la tecnica del flash-back, la giovinezza dei due protagonisti fin dal momento in cui si sono conosciuti. Le due storie, quella del passato dei due giovani e quella ambientata nell’ospedale, procedono parallele per tutta la durata del film. Lo spettatore viene così messo in condizione di ben comprendere l’origine della patologia del giovane “birdy”, nonché di poter valutare i “tratti premorbosi” da cui la stessa scaturirà in seguito allo stress bellico. La passione del giovane per il volo e per gli uccelli (da qui il suo soprannome), la sua solitudine ed il suo disinteresse per tutto ciò che è tipico della sua età (ragazze comprese), i suoi folli tentativi di provare l’ebbrezza del volo sono tutti segnali che permettono di capire i tratti salienti della sua attuale fuga dalla realtà. Se fosse stato un uccello, se avesse potuto volare via, sarebbe riuscito a fuggire dall’inferno della guerra invece di restare lì ad urlare tra le esplosioni, gli spari e le urla dei nemici. La patologia latente del giovane trova il suo acme in alcune delle scene più belle del film, quella dell’immaginifico rapporto sessuale con la femmina della coppia di uccelli che tiene all’interno della voliera nella sua stanza e quella dell’immedesimazione totale con uno dei volatili in cui i confini 78

dell’identità e dell’Io di “birdy” sembrano dissolversi, quasi una sorta di “volo dell’anima”, per rinascere come uccello e per rivivere con i suoi occhi l’esperienza diretta del volo, abilmente ripresa in soggettiva dal regista. Al suo amico, la cui figura si dimostra in tutta la sua umanità fin dalla totale accettazione della diversità e delle “stranezze” di “birdy”, non rimane che perseverare e continuare a stimolarlo attraverso la rievocazione delle esperienze vissute insieme. I suoi sforzi troveranno una ricompensa nel finale del film, quando finalmente l’amico tornerà a parlargli e i due cercheranno insieme di fuggire dall’ospedale in un finale che lascia aperta la porta della speranza di una vita ancora tutta da vivere. In un’ottica più strettamente socio/antropologica, il film può anche essere visto come una denuncia sociale verso un sistema che “strappa” dalla quotidianità gli individui (la malattia di “birdy” sarebbe mai emersa senza la traumatica esperienza della guerra?) per gettarli nell’inferno bellico, senza preoccuparsi delle conseguenze né delle differenze individuali e, cosa ancor più importante, non riuscendo a riconoscere (né a curare successivamente) gli eventuali segnali di patologia mentale che un individuo può manifestare, esponendo così ad enormi rischi, sul campo di battaglia, la sua vita e quella dei suoi commilitoni.

Attrazione fatale (di Adrian Lyne, 1987) Dan Gallagher conosce Alex Forrest ad un party e l’incontro sembra destinato ad evere un seguito. Complice l’assenza della moglie Beth, che decide di trascorrere il fine settimana dai genitori con la figlioletta Ellen, Dan finisce con il cedere ai tentativi di seduzione di Alex. “Tu sei solo stasera e sono sola anch’io e siamo tutt’e due adulti” è l’esplicito invito della donna alla fine di una cena. I due finiscono a letto insieme in quella che sembra una normale, routinaria storia di tradimento, ma il carattere della donna comincia ad emergere fin da subito come “particolare”. L’incontro occasionale sembra trasformarsi per l’avvocato in un “tour de force sessuale”, ma la patologia della protagonista esplode improvvisamente con scatti d’ira, risentimenti e frustrazioni per culminare in un tentativo di suicidio. Il protagonista sembra intuire la fragilità psichica della donna e cerca di porre fine alla relazione. Dan ritorna quindi alla sua vita e alla sua famiglia, ma Alex inizia a perseguitarlo telefonicamente e sul lavoro, dice di essere incinta e di non voler abortire e arriva a minacciare la sua famiglia. 79

“Tu non puoi pensare di buttarmi via così, tesoro!”, intima la donna al suo amante. Alex è una donna sola che non conosce le gioie della famiglia e nel cui passato probabilmente si nasconde un grave trauma psicologico. L’amore patologico si trasforma in odio, invidia sociale per la famiglia di lui, disperazione per la propria condizione di solitudine, per qualcosa che a lei è stato negato o che si è negata da sé. Il tutto si trasforma in desiderio di distruzione dell’oggetto amato/odiato che non può avere, la sua maturità sentimentale, affettiva e sessuale sembra ferma ad un livello completamente infantile, dominata dalle pulsioni, dall’avere tutto e subito. Qualcosa in lei ha bloccato il suo sviluppo sentimentale/relazionale con gli altri individui e ciò si ripercuote inevitabilmente anche in campo affettivo e sessuale: se non posso avere l’oggetto d’amore, allora lo distruggo. La follia di Alex, ormai al di fuori di ogni controllo, culmina nel rapimento della piccola Ellen che il padre riesce tuttavia a salvare. La donna però si introduce in casa della coppia e, armata di coltello, ferisce i due coniugi in una colluttazione e semina il terrore finché non viene affogata da Dan nella vasca da bagno ed uccisa definitivamente da Beth con un colpo di pistola. L’interrogativo che rimane nella mente dello spettatore è: ne valeva la pena?

Rain man – l’uomo della pioggia (di Barry Levinson, 1988) Il film tratta nello specifico il tema dell’autismo attraverso la validissima interpretazione di Dustin Hoffman e si rivela ottimo, nel contesto della cinematerapia, per evidenziare le problematiche relative appunto al rapporto con un paziente autistico. Charlie, giovane commerciante d’auto, viene a sapere che la maggior parte dell’eredità paterna è stata destinata al fratello Raymond, ricoverato in un ospedale psichiatrico. Interessato inizialmente esclusivamente all’eredità, Charlie decide quindi di raggiungere il fratello del quale ignorava oltretutto l’esistenza, conservando però nella sua memoria il ricordo di un compagno di giochi soprannominato “rain man”. Giunto all’ospedale Charlie ha il modo di conoscere Raymond ed il suo mondo fatto di stereotipie, manierismi, abitudini e sicurezze e decide di portarlo con sé. Vinte le resistenze di Raymond, ha così inizio un viaggio in cui Charlie verrà coinvolto in pieno nei molteplici aspetti psicopatologici della dimensione autistica in cui vive il fratello. 80

L’interesse puramente economico cede il posto progressivamente all’affetto. Durante una crisi di Raymond, scatenata dallo scrosciare dell’acqua di un rubinetto, Charlie scopre inoltre che il suo compagno di giochi d’infanzia era in realtà il fratello meno fortunato e che “rain man” è soltanto la deformazione del nome Raymond. Il rumore dell’acqua ha risvegliato in Raymond, e di riflesso in Charlie, il ricordo di un incidente in cui Charlie, da piccolo, ha rischiato di morire annegato per mano del fratello. La consapevolezza che questi era stato allontanato da lui e rinchiuso in un istituto per paura che potesse involontariamente fargli di nuovo del male sembra trasformare l’affetto che Charlie ha iniziato a provare per Raymond in senso di colpa. Il viaggio alla fine si rivelerà catartico per Charlie che, dopo aver fatto assaporare qualche aspetto della vita normale al fratello con la speranza inconscia di guarirlo, alleviando contemporaneamente il suo senso di colpa, deciderà infine di riportarlo al suo mondo di sicurezze.

Gli inseparabili (di David Cronenberg, 1988) I gemelli Elliot e Beverly Mantle, medici ginecologi, condividono tutto: casa, donne, lavoro. Il rapporto tra i due protagonisti (interpretati entrambi dall’attore Jeremy Irons) viene delineato a partire da alcuni episodi dell’infanzia, attraverso l’università per arrivare alla professione che esercitano. In questo film si possono ritrovare le seguenti tematiche psichiatriche secondo l’analisi di Secchi (1994): «Immagine del doppio - Immagine corporea - Passaggio all’atto - Angoscia di separazione - Depressione - Invidia - Tossicofilia - Scissione - Sogno - Identità professionale - Relazione narcisistica - Fusionalità - Suicidio - Angoscia persecutoria». Lo sviluppo di queste tematiche è ben evidente nel corso del film ed alcuni degli aspetti più francamente patologici della realazione tra i due gemelli emergono a causa di Claire Niveau: «… un’attrice in crisi per mancanza di lavoro e per la sua incurabile sterilità dovuta ad un utero tricorne… incline alla tossicofilia; “un po’ matta, ma dolce”, dice di lei il più spigliato e virile dei due gemelli, Elliot, al fratello fisicamente indistinguibile, Beverly, che spinge a sostituirlo nelle sue performances non professionali con lei» (Dalle Luche, Barontini, 1997). Beverly però finisce con l’innamorarsi di Claire che nello stesso tempo mette in dubbio il ruolo di Elliot ed il suo stesso modo di essere all’interno della relazione tra i due fratelli. 81

«Tu costituisci un elemento di confusione nella saga dei fratelli Mantle, probabilmente un elemento distruttivo» afferma, quasi profeticamente, Elliot. «Scoperto il trucco della sostituzione dei gemelli, architettato “perversamente” da Elliot… Claire si introduce nella simbiosi dei fratelli per reciderla, come “vede” Beverly in un sogno d’angoscia in cui appare carnalmente unito all’addome con Elliot… [da un cordone ombelicale che la donna recide a morsi]» (Dalle Luche, Barontini, 1997). Beverly, a causa del suo carattere e della sua personalità, non riesce a mantenere l’equilibrio mentale necessario per fare fronte ai sentimenti che prova verso la donna e che implicano una rottura del legame con il fratello: «… in possesso di una sensibilità femminile, entrato in simbiosi con Claire… [Beverly]… si scompensa in seguito ad una separazione (lei va a girare un film), è ansioso, si ubriaca, inizia ad assumere stimolanti e barbiturici, mostra una gelosia delirante e, infine, finisce tossicodipendente, allucinato e con un delirio somatico (si fa forgiare degli strumenti ginecologici “per donne mutanti”). Per riunirsi al fratello, dopo aver cercato invano di controllarlo e curarlo, Elliot diviene lui stesso tossicodipendente; i due, professionalmente rovinati, regrediti e puerili, tra le macerie del loro lussuoso appartamento, moriranno tra le braccia l’uno dell’altro – riproducendo in una nuova allusione al Sacrificio di Cristo, la Pietà di Michelangelo –, Elliot con l’addome squarciato per il tentativo delirante di separazione effettuato tramite gli strumenti “per donne mutanti» (Dalle Luche, Barontini, 1997). Un viaggio che parte dalla normalità quindi quello di Cronenberg per passare attraverso il delirio e la regressione infantile, una sorta di “follia a due”, per giungere infine alla morte che simboleggia quasi una inconscia riunione catartica dei due protagonisti, una sorta di ritorno insieme all’utero materno. Nel processo di autodistruzione/eutanasia e contemporaneamente di separazione/riunione finale, infatti, c’è il disperato tentativo di fondere di nuovo insieme ciò che l’eros, entrato prepotentemente nella vita dei due e rappresentato dalla protagonista femminile, ha diviso. «I gemelli Mantle – concludono Dalle Luche e Barontini – sono la metafora di tutti i rispecchiamenti amorosi speculari dei film di Cronenberg… comunque votati ad un destino fusionale… Fantasmi bisessuali, interazioni sado-masochiste, relazioni simbiotiche, incapacità di tollerare le separazioni, entrata nel mondo psicotico persecutorio, delirante e allucinatorio… queste sono le tappe di un calvario psicopatologico comune a tutti i protagonisti dei maggiori film di Cronenberg, una vera antologia multimediale della clinica e della psicodinamica delle psicosi». 82

Un giorno di ordinaria follia (di Joel Schumacher, 1993) Con questo film il disturbo mentale irrompe nella quotidianità della vita e coinvolge individui comuni, ma che in fondo sembrano appartenere quasi tutti ad una sorta di collettiva “follia della normalità”. Tutto il film corre sulla linea di confine che separa la normalità dalla follia. Qualcosa sembra scattare all’improvviso nella mente di William Foster, valida rappresentazione del perfetto “uomo comune”, mentre si trova bloccato all’interno della sua auto nel caotico traffico cittadino. Lo spettatore non fa in tempo a chiedersi, nell’implacabile e quasi convulso montaggio di immagini e di stimoli che provengono dall’ambiente circostante, quale sia realmente l’elemento scatenante, il detonatore che spinge il protagonista a lasciare la sua macchina in mezzo alla strada per dirigersi a piedi verso il suo destino. In una coinvolgente escalation, il cammino dell’uomo attraverso la città/ jungla ed i suoi rappresentanti assume sempre più i contorni della follia della quotidianità, sottolineata tra l’altro dal fatto che Foster si trova tra le mani armi sempre più pericolose e distruttive, a partire da una innocua mazza da baseball per passare ad un coltello, ad un borsone pieno di armi da fuoco ed infine ad un bazooka, il cui funzionamento gli viene spiegato da un ragazzino. Anche i personaggi che incontra, e che favoriranno inconsapevolmente la slatentizzazione della lucida follia dell’uomo, sembrano riproporre stereotipi tipici di quella normalità che accetta passivamente ed inconsapevolmente, alimentandole quindi indirettamente, le più varie e a volte abnormi individualità. Le persone con cui il protagonista viene a contatto infatti si rivelano protagonisti ed artefici di una realtà, di un modo di vivere privo a volte della più semplice umanità, in presenza della quale, forse, la follia non emergerebbe. Al di là dei teppisti che cercano di rubargli la valigetta o del nazista razzista e paranoico, gli altri individui sono ad esempio un semplice, disonesto commerciante coreano, il direttore di un fast-food che non vuole servirgli la colazione perché ormai fuori orario di pochi minuti o gli anziani soci di un club di golf gelosi dei loro privilegi da ricchi. Lo spettatore è così portato a pensare quasi automaticamente che, a volte, sarebbe bello “uscire un po’ di testa” per “difendere i propri diritti di consumatore”. A tutto ciò si sommano, a formare un cocktail esplosivo, le problematiche personali del protagonista che chiede alla moglie, dalla quale è separato, di poter vedere la figlia per fargli gli auguri di compleanno. La risposta ne83

gativa non fa che alimentare i propositi dell’uomo che si rivelano così chiari allo spettatore: ottenere con la forza ciò che non può avere in altro modo. All’interno di questa caotica e disumana giungla di città, che sembra accanirsi sempre più su William Foster, l’aspetto più umano sembra incarnarsi nella figura del poliziotto prossimo alla pensione che, a seguito della denuncia del commerciante coreano, si trova a seguire le sue tracce e a ricostruire la sua vita distrutta dopo il divorzio e la perdita del lavoro. Sarà lui che, dopo avere cercato invano di convincere il protagonista ad arrendersi ed a farsi aiutare, si vedrà costretto ad ucciderlo (per una tragica ironia l’arma che Foster impugna nel finale è un giocattolo) per salvare la moglie e la figlioletta che l’uomo era deciso ad uccidere prima di togliersi a sua volta la vita.

Mr. Jones (di Mike Figgs, 1993) Questo film porta sul grande schermo la rappresentazione di una specifica patologia: la psicosi maniaco-depressiva. Le manifestazioni della patologia sono ben rappresentate fin dalle prime scene del film, quando viene evidenziata la fase maniacale della malattia del protagonista: Mr. Jones. L’iniziale carica di giovialità e simpatia di Jones si manifestano infatti subito nella loro drammaticità: estroversione, comunicatività, prodigalità e affabilità si rivelano ben presto essere in realtà un pericoloso mix di stato di eccitazione, delirio e allucinazioni uditive, come confermato dallo psichiatra del reparto in cui Mr. Jones viene ricoverato con la diagnosi di “schizofrenia paranoidea”. Qui avviene il primo incontro con la dottoressa e psichiatra Libbie Bowen. È lei a formulare la corretta diagnosi di disturbo bipolare (o psicosi maniaco-depressiva) relativamente alla patologia di Mr. Jones e ad affrontare la comparsa della ennesima fase depressiva. Il film cerca di giocare sulla contrapposizione tra la visione della patologia dal punto di vista del paziente stesso e di chi lo conosce seppur superficialmente (Mr. Jones si definisce “un tipo allegro e spensierato”, “un essere umano produttivo” ed una ragazza conosciuta occasionalmente non esita a descriverne le doti fisiche e caratteriali in presenza della dottoressa Bowen), e quella più professionale di chi cerca di curarlo costringendolo a ricoverarsi (la dottoressa Bowen descrive in tribunale la fase depressiva della malattia come caratterizzata da “depressione, tormento, incapacità di provare piacere, inibizione motoria”). 84

Il regista riesce comunque a rendere sufficientemente bene la rappresentazione della patologia, tanto nei suoi aspetti maniacali quanto in quelli depressivi, pur non rinunciando a mettere in scena una scontata quanto prevedibile ed improbabile storia d’amore tra i due protagonisti. La psichiatra, da parte sua, non riuscirà infatti a mantenere il necessario distacco professionale, e non resterà insensibile al fascino del protagonista fino al punto da lasciarsi coinvolgere sentimentalmente e sessualmente da lui ed essere costretta a lasciare il lavoro per non vedere più il paziente. Sarà uno dei pochi amici occasionali di Jones, un operaio di colore, a chiamare di nuovo in causa la dottoressa Bowen per una ennesima crisi del protagonista. I due si ritroveranno nel finale del film che, pur ben rappresentando dunque una malattia psichiatrica, si conclude con un lieto fine degno delle migliori favole hollywoodiane.

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4. Il cinema nella didattica psichiatrica (gli accorgimenti nella scelta dei film). I film più emblematici

Dopo l’avvento dei neurochirurghi Sperry e Gazzaniga (1968-19691974-1989) che separarono chirurgicamente negli epilettici irriducibili i due emisferi cerebrali, riuscendo a testare con particolari sofisticate attrezzature le funzioni emozionali proprie dell’emisfero destro (nei non mancini) e le funzioni razionali proprie dell’emisfero sinistro, è succeduta un’intera fiorente letteratura di ricerche su tale argomento (Watzlawick, 1997; Gazzaniga, 1989; Denes, Pizzamiglio, 2000; Mastronardi, 2000), in grado di ben delineare le strategie dei processi di acquisizione del nostro cervello e le relative modalità più fertili sia per trasmettere eventuali informazioni e sia per renderle meglio digeribili. Difatti già i Rapporti McBride ’82 e Commissione Internazionale UNESCO ’80 ben si esprimono a proposito delle “positività più emergenti” del messaggio filmico mass-mediatico a favore di un aumento della rapidità, chiarezza, sintesi ed incisività del messaggio, grazie alla comunicazione non verbale delle immagini che rappresentano il 65% di tutta la comunicazione umana (Birdwistell, 1970, in Mastronardi, 2000). Altra positività emergente secondo i succitati “Rapporti” è rappresentata poi sempre dal messaggio filmico considerato in definitiva una “nuova esperienza” di apprendimento come vero e proprio meccanismo di “prolungamento del sistema scolastico”. È per questo che immediatamente dopo il 1983, data di stampa del mio primo libro di Criminologia pubblicato per i miei allievi universitari, già volli cimentarmi con il linguaggio filmico verbale e non verbale di cui quest’ultimo rappresenta il 65% di tutta la comunicazione umana (Birdwistell, 1970) non soltanto in ambito didattico-universitario, ma finanche nella terapia degli alcoolisti, ed utilizzai la Psicofilmterapia presso il Centro per lo Studio e il Trattamento degli Alcoolisti e Tossicomani - Istituto di Criminologia e Psichiatria forense - Università di Bari di cui, fino al maggio ’88, ho retto la dirigenza della Sezione di Ipnologia Clinica. Tra le produzioni filmiche a cura di chi scrive, miratamente al settore didattico scientifico universitario, vi troviamo: 87

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Gli incidenti stradali: è possibile la prevenzione? Documentario scientifico “Menzione speciale” ex equo con la Esso Italiana al Premio Internazionale per la Sicurezza Stradale Stresa ’86 (42a Conferenza del Traffico e della Circolazione stradale, 1-3 ottobre ’86 Stresa), con la collaborazione del Comando della Polizia Stradale di Bari del Comando Vigili urbani di Bari, e Automobile Club Bari, la Direzione Provinciale della Motorizzazione Civile di Bari. La RAI Radio Televisione Italiana. Durata 35’ (Prod. De Giglio Color Service-Videx Bari), agosto 1986. “ll problema dell’AIDS nelle carceri e nelle caserme” (Videoregistrazione in VHS strutturata con la collaborazione del Ministero di Grazia e Giustizia, Ministero della Sanità, dell’Istituto Superiore di Sanità, del Comando dei Servizi Sanitari dell’Esercito Italiano e di più Cattedre dell’Università “La Sapienza” di Roma. Durata 40’), Dicembre 1988. “Invecchiamento e Circonvenzione di incapace” (anziani) per il Consiglio Nazionale delle Ricerche Roma con la Collaborazione dell’Ufficio Studi e Ricerche del Ministero di Grazia e Giustizia. Roma (VHS - Durata 30’) 1990. “Alcatraz – Un mito, una Leggenda, una Lezione della Storia”. Documentario Scientifico girato in parte ad Alcatraz (S. Francisco) USA in cui compare tutto uno studio che prende spunto da interviste effettuate ad ex ergastolani di Alcatraz per affrontare il potere della deterrenza, della detenzione e delle pene, nonché le ricerche relative alla proiezione della criminalità in un prossimo futuro (VHS - Durata 30’ minuti) 1992. “Meccanismi psicologici del Serial Killer e Classificazioni” (con la Collaborazione di George Palermo) e Materiale di Repertorio dell’FBI - USA (VHS Durata 30’) 1996. “Psicopatologia di un omicida di massa – il singolare caso di Dion Terres” con la Collaborazione di George Palermo e Materiale di Repertorio della Polizia di Kenosha – Wisconsin USA (VHS Durata 25’) 1998. “Mass Murder e Adolescenza”, con la Collaborazione di Gorge Palermo (VHS Durata 20’) 1999. “Gli strumenti di tortura attraverso i secoli”. Realizzato per il Corso di lezioni in tema di “Criminologia generale” presso la Scuola di Specializzazione in Diritto e Procedura Penale (Istituto di Diritto Penale) dell’Università “La Sapienza” di Roma. Anno accademico 89-90. (Durata 40’ circa). Studium Master Film - 1989 Roma.

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“Fisiopatologia della Comunicazione di Massa. Aspetti criminogeni (Danno e Disciplina Giuridica)”. Durata 37’. Realizzato in occasione del Congresso Internazionale sulla Fisiopatologia della Comunicazione di Massa. Vaticano Università di Roma “La Sapienza” 6-8 Settembre 2000. Centro Video Produzioni. Bari 2000. “Il colloquio”. Università “La Sapienza” di Roma. Anno Accademico 2000-2001. Durata 25’. Studium Master Film Roma. “L’esame psichico”. (Durata 40’ minuti circa) Università di Roma “La Sapienza”. Studium Master Film 2000-2001. “Grafologia Giudiziaria”. Università di Roma “La Sapienza”. Anno Accademico 2000-2001. Durata 60’ circa. Insegnamento Multimediale in Criminologia e Psicopatologia forense. Istituzione Internazionale di Studi Superiori e Ricerche sulla Comunicazione di Massa. Videowork Production 2000.

In un’intervista rilasciata al settimanale «Anna» (n. 14 dell’8-04-03) dal titolo Ti curerò con un film, Paolo Pancheri, Titolare di Clinica Psichiatrica dell’Università di Roma “La Sapienza”, parla del “cinema della follia” e della sua importanza per insegnare agli allievi cos’è la malattia mentale. Al contrario di altre discipline mediche, infatti, la psichiatria è quella che ha meno “reperti obiettivi”, essendo per lo più costituita da esperienze soggettive che, anche se osservate dall’esterno, non possono mai dare un’idea completa di ciò che vi è nella mente di un paziente. Nasce così l’idea di utilizzare la cinematografia internazionale e le interpretazioni degli attori per far meglio comprendere le dinamiche interiori proprie dei disturbi mentali. È il caso ad esempio di Jack Nicholson che in “Qualcosa è cambiato” ben rappresenta un misantropo, affetto da disturbi ossessivo-compulsivi, o della “Giovanna d’Arco” di Besson in cui è rappresentato: «… un classico disturbo bipolare, con oscillazioni dell’umore che passano da euforia e irritabilità a tristezza e disperazione, inframmezzate da periodi di stabilità emotiva». Un altro esempio di possibilità di utilizzo di film per la didattica psichiatrica ci viene fornito da Berti A. e Fizzotti C. (2002) che illustrano un caso di Sindrome di Capgras che può essere ben compresa, da un punto di vista didattico, grazie ai paralleli con il film “L’invasione degli ultracorpi” del 1956. Tale sindrome consiste, secondo la definizione del Dizionario di Psichiatria Hinsie-Campbell (1979) nella: «… errata identificazione, falso riconoscimento delle persone del proprio ambiente, osservabile in pazienti affetti da schizofrenia paranoide; il paziente afferma che una o più persone intorno a lui sono amici o parenti (illusione di doppio positivo), o, meno frequen89

temente, afferma che una o più persone intorno a lui hanno alterato la loro fisionomia, in modo che egli non possa riconoscerle (illusione di doppio negativo…)… L’alterazione sembra risiedere non a livello di percezione (illusione) ma di interpretazione di significato (delirio)». Ne “L’invasione degli ultracorpi”, delle forme di vita aliene si sostituiscono progressivamente agli abitanti della cittadina di Santa Mira in California. Accade così che alcune persone iniziano a non riconoscere più i propri cari e a notare negli stessi dei comportamenti diversi da quelli soliti abituali. È il medico del paese a scoprire che in realtà quelle persone non sono più le stesse che conosceva ma dei duplicati, dei: «… doppi senz’anima, insensibili simulacri privi di emozioni, generati da grotteschi “baccelloni” provenienti dallo spazio». «L’orrore del film – continuano gli autori – dipende dall’ossessione del doppio: l’idea che una persona buona possa venire trasformata in un alter ego o in un Doppelganger dalla natura inesorabilmente cattiva. I protagonisti devono quindi assumere un atteggiamento vigile nei confronti di tutti gli amici e le abituali conoscenze per distinguere di quali di questi si possono fidare e quali debbano venire distrutti». Il parallelismo tra la patologia ed il film appare ovvio e chiarificatore qualora si considerino meglio alcuni altri elementi caratteristici della patologia come ad esempio il fatto che: «… il delirio è selettivo: agli occhi dei pazienti con sindrome di Capgras, solo alcune persone, ma non tutte, sono state sostituite da doppi (l’aumento progressivo del numero dei doppi è una graduale elaborazione paranoide stimolata dalla frustrante incredulità degli altri)», e che: «… il paziente sa che vi è una differenza tra sé e il doppio: il doppio è un impostore, un Altro distinto» (Berti, Fizzotti, 2002). Questa operazione di confronto tra patologia e film risulta quindi – secondo gli autori – una «… operazione utile per spiegare una malattia a dei profani o per creare un clima di dibattito in una scuola di specialità». Cevro-Vukovic R. (2002) sottolinea altri aspetti dell’uso didattico dei film, come ad esempio la possibilità per i terapeuti di auto-riprendersi durante le sedute psicoterapeutiche e poter quindi correggere, dove e se necessario, i propri comportamenti/atteggiamenti. Il video inoltre può essere utilizzato «in campo formativo ed educativo con buoni risultati; un metodo, per esempio, è stato sviluppato per fornire ai nuovi psichiatri informazioni di riscontro (video-feedback) al fine di aiutarli a migliorare le loro abilità di consultazione e di colloquio… Tale pratica permette di valutare importanti parametri utili nella valutazione delle abilità necessarie per un efficace rapporto con i pazienti: linguaggio del corpo, 90

abilità nel facilitare il dialogo/intervista, capacità di mettere a proprio agio il paziente, mostrare empatia, ecc.». Rimanendo però nel contesto della cinematografia classica come utile strumento didattico è fin troppo evidente come taluni film possano presentare un’immagine molto esplicativa della malattia mentale. È il caso ad esempio di “Rain Man”, ricordato da Curatolo P. e Caretto F. (2002) come il film che ha fissato nell’immaginario collettivo la figura del paziente autistico, grazie alla: «… grande interpretazione di Dustin Hoffman, che pare si sia preparato al ruolo osservando alcune persone con autismo: perfetta la camminata, la leggera inclinazione della testa, lo sguardo laterale, la posizione del corpo rispetto all’interlocutore, le stereotipie… la sua ecolalia… la sua necessità di mantenere l’ambiente costante… le sue fobie…». Si può ben comprendere come la visione di questo film in ambiente didattico, opportunamente guidata, possa giovare come primo approccio alla realtà psichiatrica. In tal modo i futuri specialisti potranno avere la possibilità di confrontarsi con un “qualcosa” che risulterà così come un “già visto” e non come qualcosa di completamente nuovo e imprevedibile. In quest’ottica appare molto interessante l’esperienza riportata da Secchi C. (1989, 1994) relativamente alla didattica destinata agli specializzandi ed all’uso della cinematografia per questo scopo. Secondo l’autore infatti: «… un gruppo di discussione centrato sulla visione di un film d’arte sarebbe perfettamente assimilabile a quelle iniziative didattiche orientate all’arricchimento culturale e personale del discente (come, ad es., conferenze, seminari, letture, varie attività formative individuali e di gruppo) che non hanno un’immediata applicazione nella prassi, ma incidendo sulla sensibilità e l’abito mentale dell’allievo hanno, in tempi lunghi, un’utilità altrettanto rilevante». La proiezione di film a livello di gruppi di studenti, specializzandi e neolaureati ha permesso di evidenziare alcune delle caratteristiche, procedurali e metodologiche, che si sono rivelate poi ottimali per una migliore comprensione, elaborazione ed analisi del soggetto filmico proposto. Tra queste troviamo: • la scelta del gruppo, che dovrebbe essere costituito da circa dieci/ quindici specializzandi possibilmente ben affiatati ed in grado di esprimere e condividere a livello interpersonale le proprie elaborazioni soggettive; • una adeguata sala di video proiezione che riproduca il più possibile, pur nelle debite proporzioni, le condizioni della sala cinematografica; 91

• il proporre l’esperienza, fin dall’inizio, come un’esperienza di gruppo, al fine di evitare le “singolarità” e le “emarginazioni” tipiche dello spettatore cinematografico classico; • la scelta di un film non troppo conosciuto per favorire l’elemento “novità”; • l’opportunità di avviare la discussione di gruppo, possibilmente subito dopo la visione del film; • la presenza di un “conduttore” esperto nelle dinamiche dei gruppi e possibilmente appassionato di cinema che sappia quindi ben modulare e dirigere l’emergere delle istanze personali e interpersonali; • la scelta del film in sé, che dovrebbe essere guidata da criteri privilegianti le opere di qualità più elevata da un punto di vista sia tecnico/ rappresentativo che propriamente linguistico/comunicativo e che riescano inoltre a “… coniugare realismo e metaforicità”; • “il costante riferimento al testo del film”, in tutte le sue variegate modalità espressive oltre quelle puramente dialettiche (per esempio luci, inquadrature, scelta dei piani e dei campi, musica, ecc.). La dinamica gruppale (ma in senso più ampio ciò è riferibile anche alla dimensione individuale) di fruizione dell’immagine filmica presuppone inoltre il coinvolgimento di precisi meccanismi psichici, come, ad esempio, il riemergere del rimosso intrapsichico o: «… la regressione al servizio dell’Io, con evocazione prevalentemente preconscia o inconscia di impulsi e parti del Sé, secondo quanto ha descritto Freud». In questo tipo di esperienza didattica: «… il gioco delle identificazioni e in diversa misura delle proiezioni è risultato più polarizzato e definito rispetto alle condizioni delle normali sale cinematografiche: infatti, la storia psicopatologica messa in scena sullo schermo promuoveva specifiche identificazioni con il soggetto sofferente e ad un tempo con l’eventuale personaggio curante, mobilitando le strutture emozionali della costituenda identità professionale dei discenti» (Secchi, 1994). La presenza di un gruppo affiatato, inoltre, crea quel clima di familiarità che favorisce: “… un’intensa e a tratti torrenziale attività libero-associativa” che può essere utile al conduttore per: «… cucire insieme i singoli interventi, riportare la discussione al testo cinematografico ed eventualmente riformulare qualche riflessione importante non ancora ben definita» (Secchi, 1989). In alcuni casi inoltre è possibile utilizzare dei film anche per far comprendere ai futuri specialisti le dinamiche e le problematiche insite nell’esercizio della professione di psicoterapeuta. 92

“Prendimi l’anima”, ad esempio, racconta la storia di Sabina Spielrein, una delle prime donne psicanaliste, allieva di Jung e Freud e maestra tra l’altro di Jean Piaget. La protagonista, nata a Rostov ed appartenente ad una famiglia ebrea benestante, viene ricoverata il 17 agosto del 1904 all’ospedale Burgholzli di Zurigo, apparentemente vittima di crisi psicotiche, dove viene affidata alle cure del dottor Jung che su di lei vuole utilizzare per la prima volta la psicanalisi appresa dal suo maestro Freud. Tra i due però nasce l’amore ed il coinvolgimento emotivo/passionale del terapeuta porterà alla formulazione dei concetti di transfert e controtransfert. «Jung chiese aiuto al suo maestro… ed entrambi seppellirono la vicenda in gran fretta sotto il tappeto del salotto buono della nuova scienza dell’anima che andavano elaborando… Ma qualcosa rimase. L’“incidente di percorso”, come spesso succede con gli errori, se usato in positivo, si trasformerà in materia di studio» (Transfert e controtransfert, Transfert come alchimia. Conversazione con Mario Trevi, a cura di Stefania Scateni, in Prendimi l’anima, Arcanafiction, Roma, 2003). La Spielrein, dopo l’esperienza terapeutica/sentimentale con Jung riuscirà a guarire dalla sua malattia (verrà dimessa dall’ospedale il primo giugno del 1905), si diplomerà nel 1911 con una tesi sulla schizofrenia e nel 1923 tornerà in Russia dove lavorerà presso l’“Asilo Bianco” fondato da Vera Schmidt, un luogo dove si insegna ai bambini a crescere nella più completa libertà di pensiero e nel pieno rispetto della propria ed altrui libertà. Ma l’avvento dello stalinismo, che porterà alla chiusura della struttura, e l’incalzare del secondo conflitto mondiale porteranno ad un tragico epilogo. Sabina Spielrein viene uccisa il 27 luglio del 1942 dai nazisti che hanno occupato la città di Rostov. Il film, da un punto di vista strettamente didattico, mette in luce uno degli aspetti fondamentali della terapia psicanalitica in particolare, ma di qualsiasi tipo di psicoterapia in senso lato, e cioè quello del coinvolgimento emotivo/ sentimentale del terapeuta. L’apprendista psicoterapeuta può così comprendere che quando ciò avviene: «… si rendono necessari due doveri da parte del terapeuta: una severa analisi dell’altro e una severa analisi di se stesso… [oppure]… interrompere immediatamente il rapporto analitico. Ma Freud ci insegna una cosa fondamentale: l’analista (e per estensione lo psicoterapeuta) può fare questo lavoro solo se è difeso il più possibile dal desiderio, perciò solo se è soddisfatto sessualmente e sentimentalmente da un rapporto duraturo con una compagna a cui il pensiero ritorni costantemente con gratitudine e desiderio 93

dopo ogni momentanea lusinga. Ovviamente questo è vero anche per lo psicoterapeuta…» (ibidem). Riportiamo ora alcuni esempi di film che possono essere proficuamente utilizzati a scopi didattici. • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • 94

Adele H. (delirio erotomanico) Affari di cuore (immaturità dell’uomo nel rapporto di coppia) Analisi finale (alcoolismo idiosincratico o ebrezza patologica) Appuntamento al buio (alcoolismo idiosincratico o ebrezza patologica) Attrazione fatale (borderline, struttura dipendente di personalità) Un angelo alla mia tavola (disturbo dissociativo) A letto con il nemico (disturbo narcisistico di personalità) Aracnofobia (disturbo fobico) Arancia Meccanica (disturbo antisociale di personalità) Il bacio della pantera (schizofrenia) Barfly (alcoolismo cronico) Il Barone di Münchausen (il bugiardo patologico) A Beautiful Mind (schizofrenia) Betty Blue (episodio psicotico schizofrenico in disturbo schizoide di personalità) Bianca (disturbo fobico-ossessivo) Birdy – Le ali della libertà (disturbo post-traumatico da stress, schizofrenia) Casanova (narcisismo) La conversazione (disturbo delirante) Il colore viola (abusi) Copy Cat – omicidi in serie (agorafobia, serial killer) Corridoio della paura (allucinazioni, catatonia) Diario di una schizofrenica (psicosi dissociativa, agitazione psicomotoria, suicidio) La donna che visse due volte - Vertigo (acrofobia) Doppia personalità (personalità multipla) Dr. Jakill and Mister Hyde (personalità multipla) Duello al sole (conflitto d’amore a tre) El (Disturbo psicotico delirante, delirio di gelosia) Elettroshock (catatonia) Enrico IV (allucinazioni) Fearless (disturbo post-traumatico da stress, allucinazioni) Festen (maltrattamenti ed abusi in famiglia) Firefox - Volpe di Fuoco (sindrome post-traumatica da stress)

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Full Metal Jacket (ipotrofia dell’Io) I Fobici (disturbi fobico-ossessivi) Fuori dal mondo (angoscia, attacchi di panico) Un giorno di ordinaria follia (scompenso dissociativo) Giovanna D’Arco (disturbo bipolare, con delirio allucinatorio condiviso) Il Grande Cocomero (epilessia) Happiness (pedofilia) La tua bocca brucia (bouffe delirante) L’Incesto (abuso infantile, suicidio) L’inferno di cabrò (delirio di gelosia) L’inquilino del terzo piano (disturbi della coscienza, depersonalizzazione, schizofrenia) L’inquilino della porta accanto (serial killer) Inseparabili (disturbo psicotico condiviso) Io ti salverò (amnesia dissociativa) Lilith – La dea dell’amore (autismo, delirio mistico, psicosi dissociativa) Lezioni di piano (isteria di una pianista che si risolve con la perdita di un dito) Lucida follia (agorafobia, depressione, angoscia di castrazione, alcoolismo) Il male oscuro (attacchi di panico) Mammina cara (alcoolismo, abuso infantile) Il marito della parrucchiera (disturbo depressivo) Mery per sempre (transessualismo) Misery non deve morire (Disturbo psicotico) Il mito (mitomania) Una moglie (bouffe delirante) Mosquito Coast (sindrome maniaco-depressiva) La morte non sa leggere (allucinazioni) Mr. Jones (psicosi maniaco-depressiva) Notorius – L’amante perduta (ebrezza occasionale e amore conflittuale) Omicidio a luci rosse (claustrofobia) Ore 10 calma piatta (paranoia) Padre padrone (abusi) La parola ai giurati (i pregiudizi che condizionano i nostri processi decisionali) La parola amore esiste (disturbo ossessivo) Parole, parole, parole (attacchi di panico) 95

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Pazza (abuso infantile, disturbo di personalità, perizia psichiatrica) La pazzia di re Giorgio (disturbo bipolare) Pi Greco. Il teorema del delirio (disturbo ossessivo) Prendimi l’anima (isteria, tranfert e controtransfert) Psycho (schizofrenia) Qualcosa è cambiato (disturbo ossessivo-compulsivo) La ragazza sul ponte (disturbo depressivo) Il ragazzo che sapeva volare (psicosi dissociativa, suicidio, agitazione psicomotoria, autismo) Rain man (disturbo pervasivo dello sviluppo in soggetto adulto) Le relazioni pericolose (amore patologico, opposti narcisismi) Rosemary’s baby (delirio demoniaco) Scarface (cocainomania) Shine (schizofrenia) Shining (schizofrenia paranoide ad esordio tardivo) La signora della porta accanto (disturbo depressivo) Il silenzio degli innocenti (serial killer) Sliver (voyeurismo) La stanza del figlio (disturbi fobico-ossessivi e depressione) Star ’80 (delirio di gelosia) La strana coppia (disturbo ossessivo) Terapia e pallottole (tossicodipendenza) Trainspotting (tossicodipendenza) Total Recall (psicosi Paranoidea) Tutte le manie di Bob (disturbo ossessivo) L’ultimo bacio (immaturità) L’uomo che amava le donne (angoscia da separazione) Le vie del Signore sono finite (malattia psicosomatica) Wolf (trasformazione d’identità).

Cesare Secchi (1994) propone una valida suddivisione dei film per patologia ed una serie di schede filmografiche nelle quali viene peraltro indicato un criterio per il loro uso didattico, specificando inoltre il genere cinematografico e i temi psichiatrici/psicopatologici trattati nel film. Si possono così distinguere film per specializzandi e per studenti secondo i criteri ottimo, buono, discreto, mediocre. Tale sistematizzazione, che comprende anche documentari girati “sul campo”, ha portato alla creazione, secondo un principio estensivo e non limitativo, di un vero e proprio archivio presso la Clinica psichiatrica dell’Università di Modena in cui hanno trovato posto le opere cinematografiche utili alla formazione dei futuri psichiatri/psicoterapeuti. 96

«Tutto il materiale – spiega l’Autore – è stato catalogato e immesso nel computer secondo una scheda, la quale, oltre a fornire informazioni sulla singola opera (numero d’archivio della videocassetta, titolo, origine, data di distribuzione, nome del regista, uso didattico, telegrafico riassunto della trama) propone una serie di parole-chiave, che indicano i temi psicologici e psicopatologici presenti nell’opera stessa… Il repertorio delle parole-chiave è composito ed articolato, nel tentativo di tradurre in voci l’estrema complessità del “mondo psichico” rappresentato al cinema… il taglio prevalente di questo repertorio di parole-chiave è psicoanalitico: ci è parso, infatti, che le categorie psicoanalitiche riuscissero ad evocare con sufficiente approssimazione la struttura scenica delle storie psicopatologiche rappresentate al cinema… il campo più strettamente psichiatrico è diviso in diversi settori: un’area semeiotico-psicopatologica…, un’area nosografica… integrata da schemi classificatori…, fasi e luoghi specifici della prassi psichiatrica… [mentre] l’ultimo settore psichiatrico concerne le terapie…». Proponiamo ora sinteticamente alcuni esempi, mutuati dallo stesso Secchi (1994). “Gente Comune” di Robert Redford, ad esempio, appartiene al genere “storia clinica”, si presenta ottimo per studenti specializzandi e tratta i seguenti temi: depressione, lutto, suicidio, trauma, adolescenza, identità adulta, ambiente socioculturale, ambiente familiare, psicoterapia, rapporto terapeutico, colloquio psichiatrico, colloquio coi familiari, angoscia depressiva, funzioni genitoriali, isolamento. “Zelig” di Woody Allen appartiene invece al genere “fantastico”, il suo uso didattico è valutato come discreto per specializzandi ed affronta i seguenti temi: disturbi di personalità, identificazione, relazione narcisistica, rapporto terapeutico, ipnosi, identità adulta, psicoterapia, discussione clinica. “Io e Annie”, sempre di Woody Allen, è una “commedia” il cui uso didattico viene classificato come mediocre per specializzandi ed ha come tematiche principali: ambiente socioculturale, fobia, idealizzazione, psicoanalisi, lutto. “Gli inseparabili” di David Cronenberg è classificato nel genere “horror”, si rivela buono per studenti specializzandi ed affronta le seguenti tematiche: immagine del doppio, immagine corporea, passaggio all’atto, angoscia di separazione, depressione, invidia, tossicofilia, scissione, sogno, identità professionale, relazione narcisistica, fusionalità, suicidio, angoscia persecutoria. Concludiamo quindi con le parole dello stesso Secchi (1994) il quale afferma che: «In definitiva, l’impiego di testi cinematografici in gruppi eterocentrati di studenti di medicina e psichiatria si collocherebbe a pieno titolo 97

nell’ambito di quelle esperienze formative (ben distinte dalle psicoterapie), volte a promuovere uno speciale “sguardo interno” con cui osservare le situazioni cliniche (concrete o fictional), cercando di incrementare al massimo il sentire come soggetti e il porsi come soggetti: secondo il principio, mutuato dal gruppo di apprendimento, di riflettere a posteriori sul senso di un’esperienza vissuta».

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4. Il cineforum e la visione di gruppo

Per cineforum si intende la visione di un film seguita da una discussione/ dibattito incentrata sulle tematiche proposte e/o evidenziate dal film stesso ed eventualmente guidata da persona esperta. Nella memoria di chi scrive sono impressi ricordi d’infanzia in cui le figure genitoriali, ma non solo, erano solite stimolare le idee ed il ragionamento con discussioni di gruppo a partire da spunti e stimoli di diverso tipo, fosse questo un cielo stellato o la visione di un film. Tale metodologia educativa, ben compresa pienamente solo con la piena maturità e tipica in fondo di gran parte della filosofia antica, è stata sicuramente una valida fonte di stimolo intellettuale per una mente in via di sviluppo come può essere quella di un bambino. Questo modo di “forgiare le menti” si rivela estremamente valido in più contesti, come ad esempio in quello riabilitativo/terapeutico. Per riabilitazione si intende: «… quell’insieme di provvedimenti… medici, psicologici, pedagogici, sociali… che rendono il paziente capace di vivere in un ambiente non medico a un livello di rendimento, occupazionale e sociale, paragonabile a quello degli altri adulti della comunità. La riabilitazione è stata talvolta definita la quarta branca della pratica medica; le altre tre sono la prevenzione, la diagnosi e la terapia» (Dizionario di Psichiatria Hinsie-Campbell, Edizione CDE spa, Milano, 1979). Poiché tale processo riabilitativo non può prescindere dal contemporaneo aspetto terapeutico, ecco che la definizione più completa in senso psicodinamico/psicoterapeutico è appunto di attività terapeutico-riabilitativa. Tuttavia come spiega Cevro-Vukovic (2002): «… nel campo riabilitativo… lo strumento televisivo [o cinematografico] perde la sua dimensione psicodinamica e si concentra sulle sue possibilità cognitivo-comportamentali ed educative in generale». La tecnica del Self Modeling in questo senso si basa sul concetto per cui: «… è possibile ottenere un cambiamento comportamentale con l’osservazione di se stessi su registrazioni video che mostrano solo comportamenti target desiderati. I pazienti possono così imparare nuove abilità, migliorare abilità menomate, adeguarsi a nuove situazioni, pianificare il loro futuro, 99

il tutto attraverso video attentamente programmati e montati con gli stessi pazienti interpreti solo di comportamenti adattivi (nel corso delle riprese molte volte il paziente “sbaglierà”, durante il montaggio queste scene verranno eliminate e si useranno solo le riprese “giuste”)» (Cevro-Vukovic, 2002). Garofano A., Pirolo D. e Caccavale L. (2002) riportano le esperienze dell’Azienda USL 3 di Pistoia relativamente alla sensibilizzazione, per mezzo del cineforum, degli operatori e della collettività sui temi della salute mentale. Il progetto definito “L’altra Visione” prevedeva una rassegna di film da proiettare nell’arco di tre giorni indirizzati in maniera differenziata e specifica all’infanzia e a tutta la cittadinanza. Come spiegano gli stessi autori: «… Nel tentativo di far maturare il concetto di sofferenza psichica e di vincerne il pregiudizio, da tre anni organizziamo una rassegna cinematografica che coinvolge sia alcune classi di Istituti Superiori, che la cittadinanza, attraverso la visione e la discussione di alcune pellicole opportunamente selezionate per produrre non solo una crescita culturale e umana, ma anche una prevenzione primaria, alla luce di una maggiore “confidenza” con le tematiche del disturbo mentale. Il “cinema di finzione” ci è sembrata la modalità più adatta per “incontrare” la popolazione, per limitare il rischio di un rifiuto e aggirare le “difese” che sorgono sistematicamente di fronte alla sofferenza psichica. Abbiamo così affrontato la lettura del testo cinematografico attraverso le valenze propriamente clinico-psicopatologiche sulle quali la collettività, costituitasi come “gruppo”, è stata stimolata ad individuare, attraverso successive fasi di riflessione, le tematiche emergenti per strutturare una nuova visione della malattia mentale e di una reale comprensione delle sue forme ed espressioni. Lo spazio “virtuale” che si struttura all’interno della sala cinematografica, pur assumendo i caratteri del reale, non lo è, e lo spettatore si sente trasportato in una realtà “altra” nella quale, allentandosi il controllo che costantemente ognuno esercita su se stesso, entra in una situazione privilegiata per assimilare particolari messaggi che in qualsiasi altra situazione non sarebbero fruibili con altrettanta efficacia. Inoltre, il distacco dal testo cinematografico, ‘proiettato’ al di fuori dello spazio interno del sé, consente allo spettatore di identificarsi di volta in volta in tutti i singoli personaggi pur mantenendo, in ogni momento, la propria identità. La pellicola, pertanto, è stata scelta per far confluire le risonanze emotive dei singoli spettatori nell’ambito di una discussione dalla quale far emergere la possibilità di una lettura collettiva; l’estensione di campo raggiungibile con questa modalità espositiva ha permesso non solo una messa a fuoco di franchi vissuti di malattia, ma anche il riconoscimento di quelle innumerevoli e meno eclatanti situazioni di 100

“micropatologia del quotidiano”, che sono una parte sempre più importante della pratica psichiatrica e psicoterapeutica dei nostri giorni» (Garofano, Pirolo, Caccavale, 2002). In quanto appena esposto possiamo ritrovare tutti gli elementi propri del cineforum nella sua funzione basilare. Come si diceva, tale progetto inoltre viene specificamente indirizzato a determinate categorie e per fasce di età. Nelle scuole elementari, ad esempio, si è privilegiato l’uso dei cartoni animati per introdurre il tema della “diversità” con film come “Il gobbo di Notre Dame” che sottolinea il ruolo della diversità fisica come: «… ostacolo alle possibilità comunicative sulla base di un’equazione che traduce la menomazione fisica in una forma di difetto psichico invalidante. Di fatto impedimento alla scoperta di doti nascoste e misconosciute di particolare sensibilità umana ed artistica, in grado di far vedere “oltre”»; “Z la formica” che: «… ha aperto il tema dell’individualità e la capacità di portare avanti le scelte personali anche contro il parere della maggioranza, che spesso si lascia coinvolgere per timore di mettersi nei panni di un diverso»; “Billy Elliot” che ha invece: «… affrontato il tema della diversità delle scelte professionali, non sempre condivise, talvolta francamente osteggiate, in funzione di pregiudizi e stereotipi culturali». Altre tematiche sono state portate all’attenzione della cittadinanza per mezzo di altri film. “Qualcosa è cambiato” parla della “conversione” del misantropo ed ossessivo Melvin che riuscirà, per mezzo dell’interazione con altri personaggi ‘diversi’, a smettere: «… di odiare il mondo intero avvicinandosi alle persone con la generosità e l’attenzione che per anni aveva ben celato a sé a agli altri, per difendersi dall’indifferenza e dall’ostilità dei suoi genitori». “The Truman show” ha introdotto il tema del: «… ruolo invadente e dominante della TV…, “tenuta accesa per compagnia”, che non fa più distinguere il reale dall’immaginario». “Il cielo sopra Berlino” invece: «… ci fa scoprire la tristezza nella incapacità di comunicare con l’altro, di vederlo per quello che è e di accettarlo… anche se diverso, anzi proprio per la sua diversità». “Sliding doors” ha introdotto: «… il problema del “caso” e della “casualità”, spesso unici “responsabili” di percorsi possibili e “impossibili”, o meglio “impensabili”, in grado di determinare scelte di vita ed eventi altrimenti imprevedibili… immediato il collegamento… con la riflessione su quanto un evento di malattia può cambiare radicalmente la vita di un soggetto e della sua famiglia; e nonostante tutto, quella “deviazione” di percorso merita attenzione e “cura”, e vale comunque la pena di essere vissuta, nel rispetto del singolo individuo e dell’intera collettività». 101

“Mr. Jones” poi, esponendo in maniera ottimale i sintomi più eclatanti della psicosi maniaco-depressiva, inserita peraltro in un contesto sociale di “normalità”: «… ha consentito di introdurre in modo chiaro e inequivocabile il problema della malattia mentale». «L’altra visione ha quindi assunto – concludono gli autori – il ruolo di pausa di riflessione collettiva, in una condivisione socio-culturale nell’ambito di quella promozione della Salute Mentale che, ancor prima di costituirsi nell’ambito delle patologie maggiori conclamate, va sostenuta in quelle modalità del vivere quotidiano che, troppo spesso trascurate, possono, se affrontate e discusse, modificare l’evoluzione di alcune forme minori e non, rappresentando quelle piccole correzioni il presupposto di grandi miglioramenti sociali e… “mentali”». Se ora riportiamo tutto quanto fin qui esposto in un ambito più prettamente terapeutico/riabilitativo possiamo ben comprendere come tale tipo di approccio possa rivelarsi estremamente utile se indirizzato a pazienti psichiatrici. È esperienza comune di chi esercita la professione di psichiatra all’interno di strutture specifiche notare la maggiore facilità per alcuni pazienti di prendere parte ad attività di gruppo in cui la partecipazione ed il coinvolgimento personale possono più facilmente essere “diluiti” grazie alla presenza di altri. In tali contesti terapeutici, dove già vengono messe in atto attività comuni come il canto, la recitazione, il disegno, ecc., l’inserimento di una attività come la visione e la seguente discussione di un film potrebbero rivelarsi ottimali. Ovviamente la scelta dei film dovrà essere effettuata da personale esperto al fine di garantire una facile fruibilità collettiva ed in modo tale che la visione non sia di stimolo all’insorgere incontrollato di istanze personali patologiche. Mantenendosi su tematiche “generali”, ad esempio, sarà più facile per lo “psicoterapeuta/conduttore” introdurre e portare abilmente il discorso su argomenti di volta in volta terapeuticamente utili tanto per il gruppo quanto per il singolo paziente. Si possono pertanto stabilire anche in questo caso, riferendosi a quanto già detto in precedenza relativamente alla didattica psichiatrica, delle linee guida relativamente alla funzione terapeutico/riabilitativa del cineforum applicata ai pazienti psichiatrici sul tipo di quelle esposte in precedenza e mutuate dall’esperienza di Secchi (1989, 1994) nel contesto, appunto, della didattica psichiatrica (appropriata scelta del gruppo e dei film, adeguata sala di proiezione, esperienza di gruppo che eviti le “singolarità” e le “emarginazioni”, ecc.). 102

Così l’esperienza didattica specificamente indirizzata ai futuri psicoterapeuti può essere trasformata, sulle stesse basi e con le opportune differenze, in attività terapeutico/riabilitative per i pazienti grazie all’attività di cineforum, cioè alla visione e alla discussione di un “testo” cinematografico.

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5. Aspetti neurofisiologici della visione cinematografica (MASTRONARDI V. M. – MARASCIO F.)

Gli aspetti neurofisiologici caratteristici della visione di un film da parte dello spettatore possono essere meglio compresi alla luce del concetto di stato di coscienza e di stati alterati di coscienza (o ASC). «… è forse possibile pensare – spiega P. Pancheri (2000) – che la potenza del cinema trasformi temporaneamente il nostro stato di coscienza della veglia in uno stato di veglia sognante al di fuori della cosiddetta realtà quotidiana che siamo costretti a vivere ogni giorno… prendete il film che volete ed osservate. Accade che, soprattutto in alcune particolari scene del film, tutti i canali sensoriali sono polarizzati su quanto avviene sullo schermo con ridotta sensibilità per ogni altro stimolo esterno, la motilità periferica è temporaneamente inibita, ogni attività ideativa è temporaneamente bloccata, l’articolazione della parola è soppressa. Si verifica invece una più o meno intensa attivazione emozionale, in funzione di ciò che viene rappresentato e raccontato sullo schermo. Si verifica, durante la proiezione filmica, una terza condizione “fisiologica” di stato di coscienza, accanto a quella di veglia e a quella del sonno sognante nella fase REM del sonno. Questa terza condizione può essere definita come “veglia sognante”, date le sue sconcertanti analogie con il sonno sognante che viviamo in tutte le nostre notti… Il cinema è… un mezzo potente per indurre un’alterazione temporanea dello stato di coscienza che ha strane analogie con gli stati patologici crepuscolari o con le fasi REM di sonno sognante. La polarizzazione dell’attenzione su di un tema dominante (la storia), la scarsa possibilità di interferenza da parte di stimoli interni, l’identificazione carica di emozioni con il personaggio e la passività sembrano essere le caratteristiche soggettive dell’esperienza cinematografica che accomunano questi stati di coscienza. La veglia sognante indotta dal cinema è dunque il terzo fisiologico stato di coscienza accanto a quello di veglia e del sonno sognante…». Lo stato di coscienza della realtà quotidiana viene paragonato dall’autore ad un film prodotto dal cervello (per mezzo dell’elaborazione sensoriale della realtà esterna) di cui siamo nello stesso tempo protagonisti e spettatori. 105

La monotona ripetitività di questo stato di coscienza che è la vita di tutti i giorni costituisce la spinta fondamentale che porterebbe gli individui a ricercare quel lieve stato alterato di coscienza in cui si entra durante la visione di un film. Molto semplicemente, questo meccanismo può essere inteso quindi come un tentativo di attenuare lo stress derivante dalla mancanza di stimoli significativi (o dall’eccesso di stimoli poco significativi) per l’individuo costretto nella routine quotidiana. «La veglia sognante cinematografica – spiega ancora Pancheri – viene infatti incontro ad alcuni bisogni fondamentali di ogni uomo. È l’unico mezzo a disposizione di tutti per interrompere il noioso, prolisso e lunghissimo film della nostra coscienza quotidiana… Ecco allora che il cinema diventa la nostra macchina dei sogni all’angolo sotto casa, dove basta pagare un biglietto e sedersi in una poltrona per cambiare il nostro stato di coscienza, uscire dal mondo e vivere per un poco al di fuori del tempo e dello spazio, realizzando tutto quello che non possiamo realizzare nell’algoritmo obbligato della nostra esistenza quotidiana». Nella memoria di chi scrive vi è il ricordo di un sondaggio effettuato dalla rivista di cinema «Ciak» molti anni fa, il cui scopo era quello di stilare una classifica dei film che avevano colpito di più l’immaginario degli spettatori. Non si voleva dunque valutare la qualità artistica dei singoli film secondo criteri propri della più rigida critica cinematografica, ma ci si prefiggeva lo scopo di valutare il consenso del pubblico comune che costituisce infine l’elemento determinante del successo di un film. Ebbene, a conferma di quanto esposto poco sopra, il film che risultò più votato fu “I predatori dell’arca perduta” di Steven Spielberg e George Lucas. La figura dell’avventuroso e spericolato archeologo Indiana Jones interpretato dal sornione e scanzonato Harrison Ford è la diretta testimonianza di quanto si diceva a proposito del cinema come mezzo di evasione dalla realtà. L’“identificazione popolare” con il personaggio è la prova di ciò che il pubblico cerca effettivamente, come sottolineato da Pancheri, in un film. Riuscito “mix” di elementi del più caratteristico cinema d’azione e d’avventura del passato (onestà, coraggio, fascino, ecc.) Indiana Jones rappresenta un archetipo ideale nel quale potersi identificare. Da tranquillo ed un po’ imbranato professore di archeologia, si trasforma in impavido ed affascinante avventuriero disposto a tutto per raggiungere il suo obiettivo o per conquistare la donna che ama. In lui è vivo lo spirito del dottor Jekyll/Mister Hyde, di Clark Kent/ Superman o di Bruce Wayne/Batman, ma anche degli eroi della mitologia come Ulisse, Giasone, Orfeo e Gilgamesh. 106

Ma, come ben chiarito in un servizio dedicato al personaggio e ai suoi film (su «DVD Review», n. 25, novembre 2003, p. 18-23), «… la grande abilità di Ford è stata probabilmente quella di riuscire a rappresentare al meglio tutti i limiti del personaggio Indiana Jones, una caratteristica che lo ha reso un beniamino del pubblico, molto più che se fosse stato un vero supereroe». Indiana Jones – spiega lo stesso Harrison Ford – «… È romantico e cinico allo stesso tempo… Il suo coraggio, la sua indomabilità e il suo altruismo in certe situazioni lo rendono irresistibile agli occhi del pubblico». «Un mito, un’icona, un simbolo, Indiana Jones è probabilmente il personaggio che ognuno di noi sogna di essere, un anti-eroe non sempre all’altezza della situazione, ma in grado di superare, alla sua maniera, ogni possibile ostacolo. Nelle sue difficoltà, nel suo coraggio dettato più dal desiderio di raggiungere uno scopo che dalla consapevolezza delle proprie capacità, leggiamo quella caparbietà e voglia di riuscire che lo hanno fatto assurgere a stella del firmamento cinematografico» (Ivi, p. 38). Il film racchiude inoltre in sé tutti quegli elementi (azione, elementi culturali e sovrannaturali, ecc.) che sono testimonianza dell’abilità degli autori nell’identificarsi a loro volta negli spettatori e nel comprenderne le aspettative (riprenderemo più oltre il concetto di rapporto biunivoco che lega autore e spettatore). Indiana Jones può dunque rappresentare la risposta affermativa alla domanda di Pancheri quando si/ci chiede retoricamente: «… andando al cinema… per cercare… la nostra piccola razione di “terzo stato di coscienza”… non ci identifichiamo forse sempre con uno dei personaggi, quello che vorremmo essere o che non siamo mai riusciti a diventare e viviamo per due ore la sua storia come se fosse la nostra, sempre desiderata e mai realizzata?». Il concetto di stato di coscienza e di stato modificato1 di coscienza (ASC = Altered States of Consciouness) come meccanismo di fuga dalla realtà e come reazione allo stress, con i suoi correlati neurofisiologici, merita a questo punto un approfondimento nell’ottica di una migliore comprensione di come la visione di un film possa attivare in fondo quegli stessi meccanismi di base che da sempre l’uomo utilizza per sperimentare realtà diverse da quella ordinaria. Quello che è stato infatti definito come “terzo stato di coscienza” fa parte di un meccanismo naturale proprio dell’essere umano che ha radici antichis1 Il termine altered è stato, secondo Granone e chi scrive, erroneamente tradotto come “alterato” (= alterato stato di coscienza), in realtà non sottende qualcosa di patologicamente alterato, bensì “modificato” (per cui altered significa modificato e quindi ASC – modificato stato di coscienza). Per uniformità di trattazione internazionale continueremo ad utilizzare il termine “alterato”.

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sime ed è finalizzato, come si diceva, ad alleviare lo stress della sopravvivenza. Charles T. Tart (1977), autore al quale si rimanda per una delle più vaste trattazioni relative agli stati di coscienza, distingue uno stato di coscienza di base (b-SoC) diverso dallo stato di coscienza discreto (d-SoC) di cui fanno parte ad esempio «… l’ordinario stato di veglia, il sonno senza sogni, il sonno con sogni, l’ipnosi, l’ebbrezza da alcol e da marijuana e gli stati di meditazione… Per stato discreto di coscienza alterata (d-ASC) si intende un d-SoC diverso da uno stato di coscienza di base (b-SoC)… un nuovo sistema dotato di proprietà uniche sue proprie, una ristrutturazione della coscienza. Il termine alterato è inteso puramente nel senso descrittivo, senza alcun giudizio di valore». Quello che più ci sta a cuore in questa sede è tuttavia di proporre quelli che vengono definiti da Tart come i “Criteri esperenziali per individuare uno stato di coscienza alterato” (“modificato”). L’esposizione di tali criteri ci permetterà di cogliere le analogie tra ciò che avviene in ciascuno di noi a livello fisico e mentale durante la visione di un film (per esempio alterazioni del ritmo cardiaco e respiratorio, coinvolgimento, variazioni dell’intensità sensoria, ecc.) e ciò che avviene quando viene indotto uno stato alterato di coscienza, tenendo presente che non necessariamente tali aspetti devono essere presenti tutti insieme, ma che possono presentarsi in maniera più o meno importante a secondo che lo ASC si strutturi come un’estasi mistica o come un più semplice sogno ad occhi aperti. Riportiamo quindi integralmente quanto esposto dall’autore. I criteri sono: – Esterocezione (percezione del mondo esterno). Alterazione delle varie caratteristiche sensoriali del mondo percepito – luci splendenti ai margini delle cose, attenuazione o accentuazione della profondità visuale. – Enterocezione (percezione del corpo). Alterazione dell’immagine corporea percepita – cambiamenti di forma o di grandezza. Alterazione dei parametri fisiologici avvertibili – battito cardiaco accelerato o ritardato, tasso di respirazione ritardato o accelerato, tono muscolare, tremito. Percezioni di sensazioni corporee speciali non presenti normalmente – sensazioni di energia nel corpo, in generale o localizzata particolarmente, come nella spina dorsale; cambiamento di qualità nel flusso di energia del corpo, quali intensità, focalizzazione invece che diffusione. 108

– Elaborazione dell’input (visione di stimoli significativi). Eccitamento sensorio, coinvolgimento, sensualità. Intensità sensoria aumentata o diminuita. Alterazione delle gerarchie di dominanza-interazione di varie modalità sensorie. Illusione, allucinazione, percezione di modelli e di cose altrimenti conosciute come improbabili nell’esistenza reale dell’ambiente. – Emozioni. Alterazione della risposta emotiva agli stimoli – iper-reazione, iporeazione, nessuna reazione, reagire in un modo interamente diverso. Intensità estrema delle emozioni. – Memoria. Cambiamenti nella continuità della memoria nel tempo: sensazione implicita che la continuità è presente oppure un controllo esplicito della memoria che mostra che l’esperienza del momento è coerente con ricordi continui che si estendono fino al presente, con lacune che suggeriscono uno stato alterato. Particolari. Controllo dei minimi dettagli dell’ambiente percepito (esterno o interno) confrontandoli coi ricordi di come dovrebbero essere per scoprire delle incongruità. – Senso del tempo. Sensazione insolita dell’essere qui e ora. Sensazione di grande rallentamento o accelerazione del tempo. Sensazione di orientamento verso il passato e/o il futuro senza riguardo al rapporto con il presente. Sensazione di qualità archetipica del tempo; esperienza atemporale. – Senso di identità. Senso di un’identità e di un ruolo insoliti. Alienazione, distacco, prospettiva su una o più identità insolite. – Valutazione ed elaborazione cognitiva. Alterazione della velocità del pensiero. Alterazione della qualità del pensiero. Alterazione delle regole della logica (confrontata con la memoria delle regole normali).

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– Output motore. Alterazione della quantità o qualità dell’autocontrollo. Cambiamento dell’immagine corporea attiva, il modo in cui il corpo si sente quando è in movimento, le segnalazioni di feedback propriocettivo che guidano le azioni. Irrequietezza, tremore, paralisi parziale. – Interazioni con l’ambiente. Comportamenti insoliti o impossibili – incongruità di conseguenze che risultano da output comportamentali, sia immediati che a lungo termine. Cambiamento nell’attesa di conseguenze di comportamenti specifici – sia pre-comportamentali che appresi dall’osservazione delle conseguenze. Cambiamento della qualità della voce. Cambiamento nella sensazione del grado di orientamento verso, o del contatto con, l’ambiente immediato. Cambiamento nel coinvolgimento a confronto col distacco dall’ambiente. Cambiamento nelle comunicazioni con altri: incongruità o modelli alterati, convalida consensuale o sua mancanza. Come si diceva, taluni degli aspetti riportati potranno forse apparire “esagerati” se rapportati alle sensazioni provate durante la visione di un film, ma, ripetiamo, bisogna considerare che questo schema è valido per diversi ASC che possono andare dai più semplici, come, per esempio, il sogno, a quelli più complessi come, ad esempio, i fenomeni di possessione o di estasi mistica. In un precedente lavoro di chi scrive infatti fenomeni come l’ipnosi, l’autoipnosi, la trance, la possessione, il “volo dell’anima”, ecc. venivano più semplicemente compresi nella più vasta definizione di ASC. «Ciò – si spiegava – ci dà modo di avere a disposizione una modalità di classificazione di più ampio respiro che possa comprendere anche altri eventuali nuovi modi di apparire degli ASC. Il comune substrato fisio-psicologico giustifica altresì questo tipo di classificazione, proponendo una interessante correlazione tra gli aspetti genetici e gli influssi ambientali tale che i vari tipi di ASC non sono dunque altro che i diversi modi di apparire e di esprimersi, dovuti alle differenze socio-ambientali di una stessa predisposizione genetica di base» (Mastronardi et al., 1995). Anche per altri autori (Winkelman et al., 1989) la capacità di entrare in uno stato alterato di coscienza è l’espressione di una predisposizione naturale del sistema nervoso. 110

«Il sistema nervoso umano ha una propensione naturale ad entrare in uno stato di trance che può essere indotto per mezzo di varie procedure… allucinogeni, anfetamine, marijuana, peptidi oppioidi, lunghe corse, fame e sete, deprivazioni, perdita di sonno, stimolazioni uditive (battiti di tamburo e canti), deprivazione sensoriale, stati sognanti, meditazione e vari traumi del sistema nervoso centrale, come malattie… avvelenamenti… La trance terapeutica per gli individui riduce lo stress, fornisce speranza ed aspettative positive… questa predisposizione neurologica degli esseri umani ad alterare il loro normale stato di coscienza e la facilità ad entrare in uno stato di trance fa parte della condizione umana…» (Winkelman, De Rios, 1989). Gli stati alterati (modificati) di coscienza ASC dunque appaiono come un atavico e primordiale meccanismo naturale della psiche finalizzato a mantenere l’omeostasi psichica, un mezzo con cui la mente cerca di “guarire se stessa”. È sufficiente pensare come esempio all’ipnosi etero e autoindotta. In questo caso spostando la propria attenzione su un unico oggetto mentale (monoideismo) ed escludendo progressivamente la realtà circostante, è possibile indurre stati più o meno profondi di trance a fini terapeutici. Oltre a questo effetto di benessere generale di vario grado, è interessante notare che, relativamente al fenomeno dello sciamanismo (ma non solo per esso) l’uso abituale degli ASC potrebbe avere avuto ed avere tuttora l’effetto di stimolare il sistema immunitario in modo tale da conferire agli sciamani una maggiore resistenza alle malattie ambientali. Vedere un film dunque, con il lieve stato di alterazione della coscienza che ne consegue, avrebbe lo stesso effetto benefico sulla psiche e sul corpo riscontrato nei contesti e nelle situazioni descritti? Probabilmente sì, se ci domandiamo con Pancheri: «Quale può mai essere il segreto, la spiegazione più profonda di un fenomeno di massa come il cinema, nato povero e diventato ricchissimo, nato per pochi eletti ma che nel brevissimo spazio di un secolo ha conquistato gran parte dell’umanità?». In effetti se consideriamo gli ASC come un insieme di fenomeni dalla comune radice biologica, che al di fuori dello stato normale e vigile di coscienza possono comprendere tanto l’estasi mistica quanto il semplice “sogno ad occhi aperti” che tutti noi abbiamo qualche volta sperimentato, non dovrebbe apparire poi tanto strano considerare l’esperienza cinematografica come una sorta di lieve, momentanea “deprivazione sensoriale” capace di innescare quei complessi meccanismi biochimici che possono effettivamente indurre uno stato di benessere. Ubaldo Nicola nell’articolo Una psiche spericolata (in «Scienza e Vita», gennaio 1994) presenta due teorie per spiegare i meccanismi che sono alla base dell’induzione degli ASC. 111

La teoria del filtro di Donald Broadbent afferma, in sintesi, che il cervello ha la capacità di elaborare ed organizzare solo un limitato numero di dati ed evita quindi che informazioni inutili giungano a livello cosciente (la stessa teoria viene riferita, attraverso le parole del filosofo di Cambridge C. D. Broad da Aldous Huxley, che sottolinea la funzione eliminativa e non produttiva del cervello in Le porte della percezione, Mondadori, Milano, 1990, p. 22-23). In questo modo, quando vengono a mancare gli stimoli esterni (come accade nella deprivazione sensoriale) il filtro si blocca, mentre in caso di iperstimolazione sensoriale (per esempio un ritmo musicale ossessivo o una danza sfrenata), il filtro comincia a commettere degli errori, nel senso che non riesce più a stabilire a quali informazioni dare la priorità. In questo modo si verifica un iperafflusso di informazioni e di idee al cervello che non è più in grado di stabilire delle connessioni logiche tra di esse. La seconda teoria, dell’attivazione cerebrale (o arousal) di Donald Hebb, va oltre, fornendo una interessante correlazione tra l’ambiente e le sue ripercussioni sulla chimica cerebrale. Un ruolo fondamentale in questa teoria è svolto dalla sostanza reticolare del tronco cerebrale. La funzione di questo gruppo di neuroni (scoperta nel 1945 da Moruzzi e Mogun) è di mantenere il tono dell’attività cerebrale attraverso un continuo invio di stimoli chimici (che ad esempio possono venire interrotti in caso di perdita di coscienza o coma). La sostanza reticolare a sua volta è fortemente e strettamente influenzata dagli stimoli ambientali, nel senso che la sua capacità di mantenere un buon grado di arousal del cervello dipende dalle stimolazioni (o input) forniti dai cinque sensi. Così essa si pone come un filtro tra l’ambiente e la mente secondo il seguente schema: stimoli sensoriali ambientali (input) → sostanza reticolare → cervello (stato di attivazione cerebrale). Nel caso in cui l’arousal sia troppo basso o troppo alto, si verificano gli effetti della deprivazione o della iperstimolazione sensoriale. Un’ulteriore, importante considerazione viene dal fatto che il giusto livello di arousal ha connotati estremamente soggettivi potendo esso variare da individuo ad individuo. Possiamo dunque aggiungere agli ASC come la trance creativa, artistica, mistica, estatica, l’ipnosi, la possessione, il “satori” buddista, ecc., anche quello indotto dalla visione di un film e definirlo, ad esempio, come ASC-cinematografico (o mvc-ASC: movie’s vision correlated altered state of consciousness) o, più semplicemente, secondo la definizione di Pancheri, “veglia sognante”. 112

Si vuole qui sottolineare un ulteriore importante, fondamentale aspetto degli ASC e cioè che essi costituiscono un “continuum”, per cui, oltre a manifestarsi in condizioni estreme o di franca patologia, possono comparire anche in condizioni fisiologiche nell’individuo sottoposto a particolare stress o anche in assenza di questo. Possiamo così definire, oltre allo stato normale di coscienza, ASC lievi (o semplici) e ASC complessi, secondo il seguente schema: ASC semplici Ļ sonno meditazione veglia sognante training-autogeno, ecc.

stato di coscienza normale

ASC complessi Ļ estasi volo dell’anima ipnosi trance, ecc.

Come si può vedere, lo ASC indotto dalla visione di un film può essere fatto rientrare tra gli ASC dalle caratteristiche e dagli effetti meno complessi, come facilmente verificabile da chiunque. Ciò, come si diceva, non esclude che i meccanismi neurofisiologici di base già descritti siano gli stessi, variando solo l’intensità degli stessi a seconda dell’ambiente e delle predisposizioni individuali. Lo stato di coscienza che insorge durante la visione di un film può essere inoltre paragonato ad uno stato crepuscolare semplice. Gli stati crepuscolari «… assomigliano alle fasi del sonno sognante (sonno REM) e possono essere considerati come condizioni di “veglia sognante”» (Pancheri, 2000). Freud e Breuer li definirono stati ipnoidi e consistono in un restringimento dello stato di coscienza, il che indica una selezione eccessiva verso gli stimoli provenienti dall’esterno. In tal modo gli input ambientali giungono alla coscienza in quantità ridotta (scotomizzazione ed estraneità della realtà). Dante Alighieri che, componendo i suoi versi nella bottega di uno speziale di Firenze, non si era accorto di una banda di musicanti riunatasi sulla piazza antistante la bottega, né aveva sentito i clamori e i suoni di costoro, come riferiscono i cronisti del tempo, era in trance, cioè in uno stato di coscienza ridotto, concentrato in profondità e limitato in larghezza di estensione, ecc., come precedentemente detto. In conclusione, quindi, la visione di un film può essere inclusa tra le metodologie idonee ad indurre un lieve stato alterato di coscienza finalizzato ad alleviare uno stato di stress derivante da un eccesso o da una carenza di 113

stimoli ambientali. L’isolamento tipico della sala cinematografica, il buio, la riduzione degli stimoli provenienti dall’ambiente circostante, contribuisce a formare un rapporto diretto tra lo spettatore e lo schermo, quasi a configurare una sorta di immaginario cono orizzontale che parte con la sua punta dal viso dello spettatore ed arriva a comprendere con la sua base lo schermo stesso dal quale proviene tutta la realtà che l’individuo vive in quel momento, identificandosi in maniera più o meno cosciente, volontaria e razionale con essa. L’onda emozionale” che investe l’individuo durante la visione di un film, qualunque siano le sue connotazioni, contribuisce in ogni modo a creare quel benefico senso di distacco dalla realtà quotidiana che, benché temporalmente circoscritto alla durata del film, sembra essere la “molla” fondamentale che spinge ciascuno di noi alla fruizione del medium cinematografico. Questo caratteristico coinvolgimento mentale di cui abbiamo chiarito gli aspetti più strettamente neurofisiologici può essere proficuamente utilizzato, come vedremo, su un piano più specificamente psicodinamico a scopo terapeutico. Lo “stato di coscienza crepuscolare” o “stato monoideistico” (= stato in cui “una sola idea possiede la nostra mente”), mentre assistiamo alla proiezione di un film, si presenta particolarmente fertile affinchè ciò che vediamo sullo schermo si incida profondamente nella nostra mente con una percentuale 4 volte maggiore rispetto alla condizione di monoideismo (cfr. le sperimentazioni riportate da Granone, 1989, p. 398). Le sperimentazioni (il cinema come terapia) (Mastronardi V.M. – Villanova M.) Dopo aver analizzato il cinema nella sua funzione di didattica psichiatrica e di attività terapeutica/riabilitativa, nonché dopo aver delineato gli aspetti neurofisiologici caratteristici della visione di un film, vediamo quindi ora come esso possa assumere una vera e propria valenza terapeutica. Quali sono i processi più specificamente psicologici e i meccanismi mentali che sono alla base dell’interazione tra individuo e immagini filmiche cinematografiche? Quali le dinamiche che entrano in gioco nella possibilità di modificare la recettività, il pensiero ed eventualmente lo stato mentale di una persona? Curiosamente è proprio un film ad offrirci un surreale e paradossale esempio di terapia mirata alla ristrutturazione della personalità. In “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, il protagonista Alex, dedito con i suoi compagni all’“ultraviolenza”, una volta arrestato ed imprigionato accetta di sottoporsi alla “cura Ludovico”. 114

Con le palpebre fissate in modo tale da non potersi chiudere, al giovane vengono “somministrate” ripetutamente e continuamente immagini cariche di contenuti violenti in modo tale da provocargli una sorta di “indigestione” di violenza. La risultante avversione per la stessa causerà nel giovane protagonista un vero e proprio dolore fisico e mentale (quasi una sorta di suggestione post-ipnotica) ogni qualvolta penserà anche soltanto di mettere in atto comportamenti violenti. È lo stesso protagonista a spiegare il suo cambiamento quando afferma che «… la nausea e il disgusto avevano trionfato e trasformato quella che una volta era la gioia della lotta in una sensazione di morte». L’indiscussa genialità di Kubrick (il film è del 1971) ci fornisce, pur in chiave surreale, un valido spunto di riflessione sull’applicazione di una terapia per immagini mirata alla rieducazione dei comportamenti devianti e, più genericamente, sui principi di base che sottendono a tali processi terapeutici e/o rieducativi. Dobbiamo considerare infatti prima di tutto che nell’interazione individuo ļ film è in atto il processo cognitivo di base proprio di ciascun essere vivente, che è così schematicamente riassumibile: Stimolo (input) → elaborazione → risposta (output). L’interazione tra individuo e immagine filmica infatti si riduce sostanzialmente alla ricezione ed alla elaborazione di una realtà “altra”, pur essa virtuale, mediata e costruita dal regista. Alla ricezione ed alla elaborazione segue una risposta, per lo più emozionale, che varia per ciascun singolo individuo, a seconda dello stato d’animo del momento, della capacità del regista di veicolare le emozioni attraverso le immagini, ecc. «La fruizione cinematografica – secondo Secchi C. (1989) – … ha una sua specificità, connessa al proprio dispositivo formale… le particolari condizioni di visione… conferiscono alla percezione del film la cosiddetta “credenza di realtà”, secondo cui lo spettatore “entrerebbe” nella narrazione cinematografica con l’analoga partecipazione del sognatore nei confronti della scena sognata… è stata più volte sottolineata la stretta somiglianza tra il linguaggio del cinema e quello del sogno: prevalenza dell’input visivo, ricorso quasi esclusivo alla figurazione per immagini, evidenza del processo primario del pensiero (condensazioni, spostamenti, logica simbolica, rottura degli schemi spazio-temporali)». Per Dalle Luche R. (2002) il “dispositivo filmico”, formato dall’interazione tra musica, scenografia, immagini, rimandi, citazioni e personaggi/ situazioni è un vero e proprio “incontro affettivo/empatico” tra il regista 115

e lo spettatore, che esprime l’“intenzionalità comunicativa” del primo e il “godimento comprendente” del secondo. All’interno di questo processo di comunicazione giocano un ruolo fondamentale le identificazioni primaria e secondaria, le proiezioni e le intuizioni emotive. Come ben sottolineato da Bruni R. (2002) tale processo di risonanza comunicazionale può ben essere compreso da chiunque entri in una sala cinematografica. Il buio della sala, la scelta stessa del film, la scotomizzazione della realtà per cui l’attenzione è tutta concentrata sullo schermo e sulle immagini che vi scorrono, servono a creare un rapporto diretto bidirezionale tra spettatore e immagine cinematografica. Per tutta la durata del film la realtà individuale è concentrata e assorbita dalla realtà filmica che sembra quasi sovrapporsi a quella “reale”. Questa fusione tra realtà dello spettatore e realtà filmica è possibile, secondo l’Autore, grazie alle pulsioni percettive e cioè la pulsione “scopica” (o desiderio di vedere) e la pulsione “invocante” (o desiderio di ascoltare). Anche in questo caso viene sottolineata l’importanza dei processi di identificazione e proiezione con e sui personaggi tali che, per l’appunto, si crea una “risonanza emozionale” tra lo spettatore e i protagonisti del film (vedi l’esempio di “Indiana Jones” citato in precedenza). «Attraverso la sospensione dell’attività vigile – spiega l’Autore – e la realizzazione di uno stato oniroide, che non è più veglia, non è propriamente sogno, entriamo nel mondo immaginario, nel fantastico… [così]… mentre si guarda e si ascolta, quello che accade sullo schermo ci trasforma, induce dei cambiamenti». Se lo scopo di una terapia della mente è proprio quello di indurre un cambiamento (positivo per l’individuo) e se la visione di un film può indurre dei cambiamenti, ciò vuol dire che un film può essere terapeutico entro certi limiti ben precisi. La capacità e la possibilità di indurre cambiamenti terapeutici attraverso la visione di un film è comprovata da specifiche sperimentazioni. Come spiega Villanova M. (2002) è possibile codificare un modello preventivo-trattamentale che ha come obiettivo una “ristrutturazione globale della personalità” sia a livello individuale che di massa. Tale modello si basa su fattori e determinanti tipici della psiche umana che trovano le loro basi, oltre che nei comportamenti atavici impressi in ciascun individuo come ancestrale retaggio dell’evoluzione e fondamentali per la sopravvivenza della specie, anche “… nell’immaginario biologico di ciascun individuo…”. È su questo immaginario che il messaggio filmico, opportunamente utilizzato, permette di intervenire al fine di modificare tan116

to l’immaginario stesso quanto la sua attualizzazione, cioè i corrispondenti comportamenti. Questo immaginario nato, nel pensiero dell’Autore, «… con il processo di cerebralizzazione elettiva dei primati e l’ispessimento della neocorteccia…» è il risultato dell’interazione fra «… immaginario collettivo (geneticamente ereditato), immaginario individuale (acquisito mediante le esperienze dello stesso individuo) ed immaginario mass mediale, continuamente rimaneggiato dalla esposizione costante ai gradienti vettoriali immaginiferi (cinema, televisione, pubblicità, internet)…». Esso si è differenziato nel corso dell’evoluzione umana in una parte conscia ed in una parte inconscia. Entrambe hanno contribuito e contribuiscono a rinsaldare e a fissare nell’individuo determinati comportamenti fondamentali per la sopravvivenza ed il mantenimento dell’omeostasi (o equilibrio) dell’Io. Vi è quindi la possibilità terapeutica di far emergere, per mezzo dell’immagine filmica, elementi dell’immaginario inconscio ad un livello cosciente per l’individuo, realizzando quella che si può definire come una “presa di coscienza” (“catarsi filmica”) della propria realtà psichica così come avviene nel processo psicoterapeutico. «La metodologia a nostra disposizione – spiega Villanova – ci pone nella condizione di strutturare mezzi filmici mirati alla veicolazione di contenuti ad elevato impatto emotivo-modificante sulla psiche umana e generante modificazioni stabili sugli schemi di interazione psico-relazionale e sulla scala di valori di ciascun individuo…» o, per dirla in parole più semplici, ci permette, come si diceva in precedenza, di indurre, attraverso la visione di un film, dei cambiamenti nell’immaginario e nei comportamenti di un individuo. Lo studio è stato condotto su un campione di individui affetti da parafilie, cioè perversioni sessuali (pedofilia, sadismo, masochismo, feticismo) con i seguenti risultati. Prima di tutto si è potuta delineare una serie di elementi dell’immagine filmica che hanno un diverso grado di “impatto comunicazionale” sull’individuo: suoni, linguaggio articolato, dipinti e fotografie, ad esempio, risultano più efficaci nell’indurre un cambiamento rispetto ad altri elementi come i film TV, le soap-opera, la realtà virtuale, la fiction televisiva, ecc. A livello di massa, inoltre, si è dimostrata l’efficacia modulante dei colpi di scena, dell’attesa e della suspence, delle riprese in soggettiva e della combinazione immagine/musica/parlato. La sinergia di tali elementi con altri propri delle tecniche psicoterapeutiche (come ad esempio l’ipnositerapia) permette di accedere all’inconscio, di individuare i comportamenti fonte di sofferenza e disagio (o devianti nel caso specifico) e di ristrutturarli per mezzo della loro azione combinata. 117

In tal modo un film può, abilmente utilizzato dal terapeuta come un cavallo di Troia, veicolare, proporre e suggerire comportamenti e messaggi alternativi a quelli devianti o più o meno patologici. La metodica permette quindi, grazie al mezzo filmico, di sostituire degli stereotipi mentali e comportamentali negativi con stereotipi positivi. Così come un bisturi viene usato dal chirurgo per accedere all’interno del corpo umano al fine di ripristinare l’omeostasi del corpo, così l’immagine filmica è un mezzo che può essere utilizzato dallo psicoterapeuta per penetrare nell’inconscio e ripristinare l’omeostasi della mente. Si parla quindi, come si diceva in precedenza, della possibilità di una “ristrutturazione globale della personalità”, passando attraverso i canali sensoriali, percettivi ed emozionali. È stato così possibile, in sintesi, individuare i comportamenti devianti e le loro radici psichiche, proporre, per mezzo dell’immagine filmica, comportamenti alternativi e ristrutturare gli stessi con l’ausilio di metodiche ipnoanalitiche, psicodinamiche e cognitive, permettendo la maturazione e l’evoluzione dell’individuo con la conseguente inevitabile scomparsa degli elementi di attivazione emozionale devianti (per esempio, lo stimolo sessuale innescato dal minore), sostituiti da altri più consoni alla rinnovata immagine della persona. La somministrazione di film a tema horror, inoltre (Mastronardi, Villanova, 2002), ha evidenziato in individui normali un aumento della consapevolezza delle proprie potenzialità, una percezione obiettiva degli elementi di minaccia e la possibilità di apprendimento di metodiche comportamentali atte a prevenire azioni aggressive nei propri confronti. In individui con “predisposizione vittimologica” poi (che presentano cioè caratteristiche fisiche e comportamentali tali da renderli obiettivi di possibili azioni criminose) e già vittime di abuso, si è potuto constatare un cambiamento di atteggiamento tale da causare una diminuzione della predisposizione stessa. Ciò a dimostrazione della «… necessità di elevati gradienti immaginifico-emozionali necessari a veicolare contenuti educazionali che debbano spesso competere con preesistenti elementi disfunzionali già presenti in ciascuno spettatore…» o, detto in parole più semplici, del maggiore effetto delle “emozioni forti” nell’indurre un cambiamento di atteggiamento e comportamento negli individui. Tale metodica permette quindi interventi a livello «… predittivo forense, trattamentale individuale, predittivo/preventivo di massa, trattamentale di massa». Alcuni film sono stati utilizzati inoltre come “carriers intrapsichici” per «veicolare, ove carenti, contenuti di rinforzo, ad esempio per intervenire sulla maturazione di…»: 118

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funzione ed attitudini genitoriali; conflitti intra-personali; autostima; identità di genere; conflitti intra-familiari; conflitti intra-lavorativi; conflitti inter-personali; sindrome del nido vuoto (paura della perdita dei figli quando questi, raggiunta l’età adulta, lasciano la famiglia).

Un altro interessante approccio relativamente ad un uso psicoeducativo e psicoterapeutico dei film ed ai meccanismi che ad esso sottendono, ci è fornito da Carcione A. (2001), il quale sottolinea l’importanza delle funzioni metacognitive. Queste sono definite come «… l’insieme delle abilità che ci consentono di comprendere i propri ed altrui stati mentali, di compiere operazioni cognitive su di essi, di padroneggiarli adeguatamente e di utilizzare la conoscenza psicologica per risolvere problemi o per fronteggiare stati fonte di sofferenza soggettiva». Le funzioni metacognitive sono costituite da quattro variabili, così come esposte dall’autore: 1) funzione di monitoraggio degli stati interni propri ed altrui, riconoscere cioè le proprie emozioni in relazione agli elementi esterni e/o interni che ne sono causa; 2) funzione di differenziazione tra rappresentazione e realtà, cioè la capacità di distinguere tra finzione e realtà e tra pensiero proprio ed altrui (capacità di decentramento); 3) funzione di integrazione fra diversi stati mentali e modalità di funzionamento propri ed altrui, cioè la capacità di associazione mentale fra idee e pensieri interni ed esterni in modo tale da poter strutturare una modalità di comunicazione comprensibile per eventuali interlocutori; 4) funzione di mastery, cioè la capacità di analisi e di risoluzione dei problemi. «È indubbio – sottolinea Carcione – che la visione di un film richiede un discreto funzionamento di tutte queste varabili. La comprensione della sua trama ed ancor più del messaggio implicito che esso trasmette, richiede un’intensa attività interpretativa con continue attribuzioni di stati mentali ai vari protagonisti; un film suscita vari stati mentali nello spettatore e, seguen119

do un film, ci è richiesto di riuscire a differenziare tra finzione e realtà… Dovremo anche integrare i vari stati mentali, a volte contradditori, che attraversiamo nel corso della visione, per poter avere poi una lettura coerente della trama narrativa e del suo significato. Dovremo altresì essere in grado di fronteggiare gli stati emotivi che il film (se l’autore riesce nel suo intento!) ci suscita per non tramutarli in stati psicopatologi. Perché, dunque, non pensare all’uso della visione di un film proprio per identificare i deficit metacognitivi di un individuo ed utilizzare lo stesso strumento per un intervento psicoeducativo che guidi ed aiuti il paziente ad aumentare la sua capacità di riflessione su di sé e sugli altri?». L’autore riporta quindi il caso di un paziente affetto da un disturbo di depersonalizzazione (una patologia in cui l’individuo si sente diverso ed estraneo rispetto all’ambiente circostante, il quale appare anch’esso come irreale ed estraneo (derealizzazione) che sembrava attenuarsi proprio durante la visione di film al cinema. In questa specifica situazione il paziente riusciva a sentirsi presente e vivo nella realtà e ben distinto dalla realtà cinematografica senza la necessità di mettere in atto quei processi dissociativi che caratterizzavano la sua risposta allo stress sociale ed ambientale. Carcione invita dunque a riflettere su come «… mostrare un film adeguatamente selezionato ai nostri pazienti potrebbe… permettere di sperimentare in vivo quali sono e a cosa servono le varie funzioni mentali, aiutare a riconoscere e descrivere le proprie emozioni e cosa le suscita, a fare ipotesi sugli stati mentali altrui ed a fare previsioni sulle azioni dei personaggi del film, a discutere su come padroneggiare gli stati mentali che, durante un film, come nella vita, attraversiamo costantemente, senza diventarne vittime… Questionari ad hoc somministrati dopo la visione potrebbero essere utili per identificare e successivamente discutere il funzionamento di ogni soggetto…». Si potrebbe pensare quindi di: «… stimolare stati mentali attraverso un film per imparare a riconoscere e regolare quelle abilità mentali che nella quotidianità possono non essere correttamente operanti creando sofferenza soggettiva o difficoltà nel funzionamento interpersonale o lavorativo». Tale processo non sarebbe altro che l’aspetto, il risvolto positivo di quello stesso processo per cui un paziente può, ad esempio, esprimere una patologia psichica o strutturare una convinzione delirante prendendo spunto dalla storia o dal protagonista di un film. L’immagine filmica quindi può, nelle mani del terapeuta, diventare un valido ausilio terapeutico così come, passivamente recepita dall’individuo, può essere fonte di danno ed influenzamento negativo per lo stesso. Per ciò che riguarda eventuali approfondimenti sulle influenze dei mass media sull’individuo, si rimanda a quanto esposto da chi scrive in altra sede 120

(Mastronardi V.: Le strategie della comunicazione umana, Franco Angeli, Milano, 2002). Questi stessi principi, ma estesi al concetto di gruppo, sono ribaditi anche da Federico T. (2002) che espone un modello di cinematerapia «sperimentato nei servizi psichiatrici territoriali ed in atto nel Laboratorio cittadino per la salute mentale di Catania». Tale modello si applica tanto ai pazienti quanto agli stessi operatori a scopo didattico e di apprendimento poiché: «… in entrambi i casi sono previste delle consegne date dai conduttori per attivare meccanismi di elaborazione intrapsichica e stimoli alla interazione ed a movimenti empatici di tipo circolare». L’uso del mezzo filmico, gestito da operatori esperti, in un gruppo di pazienti può contribuire, anche in questo caso, a far emergere contenuti dal profondo che potranno poi essere rielaborati con l’aiuto dello psicoterapeuta. “Le immagini, la fotografia ed il cinema in particolare – [infatti] – consentono una lettura privilegiata del sociale ed un’incredibile velocità di trasformazione dell’Io… L’utilizzo appropriato e consapevole da parte di un operatore formato può consentire un rapido passaggio dall’hic et nunc al lì ed allora… La proiezione filmica di particolari tematiche stimola meccanismi quali la identificazione e la proiezione che, elaborati verbalmente in gruppo con la guida di un conduttore, consentono di scandagliare il mondo interno e di pervenire ad una chiara e consapevole comprensione di ulteriori arcaici meccanismi quali lo spostamento, la condensazione, la rimozione (viene spontaneo il confronto con il mondo onirico)… La verbalizzazione e la visualizzazione in gruppo consente di dire cose prima indicibili… di confrontarsi con l’altro e “di mettere tutti assieme in piazza” cose segrete… e di superarle… I gruppi terapeutici e la visione del film possono essere monosettimanali o quindicinali; il gruppo è di tipo… aperto, omogeneo, plurigenere, in struttura… preferibilmente a carattere semiresidenziale… Lo stesso modello, con le dovute modifiche, specialmente dei tempi, dovrebbe essere utilizzato per la formazione del personale con chiara ricaduta sulla competenza ed anche sul benessere dell’operatore» (Federico, 2002). Un altro approccio sperimentale alla cinematerapia è quello fornito da Di Renzo M. (2002) relativamente all’uso di questa metodica nell’infanzia. I bambini infatti sono per certi versi più recettivi verso le immagini filmiche proprio in virtù della loro maggiore capacità immaginativa, ma sono sicuramente meno dotati per ciò che riguarda la elaborazione delle immagini e la capacità di analisi delle stesse oltre che delle proprie emozioni. «Le immagini filmiche – spiega Di Renzo – hanno, in questo senso, un particolare valore perché, nel loro essere già strutturate in storia, enucleano temi e trame affettive che il bambino può non essere ancora in grado di af121

frontare nemmeno con l’immaginazione, e producono risonanze emozionali che possono invece aiutarlo a focalizzare l’ansia e ad avviare un processo di elaborazione dei propri vissuti interni. Utilizzando parole, gesti o comportamenti presi in prestito da altri, il bambino può così dare forma ai contenuti altrimenti inesprimibili delle sue fantasie». L’autore riporta la descrizione ed i risultati di una ricerca effettuata dall’Istituto di Ortofonologia di Roma in collaborazione con l’Università Campus Bio-medico tra 1000 bambini di scuola elementare ai quali sono state fatte vedere immagini specifiche tratte da cartoni animati di Walt Disney allo scopo di favorire l’espressione, per mezzo di disegni, delle proprie paure interiori. «Le immagini dei cartoni, e in particolare quelle di Walt Disney, mettono in scena temi archetipici del mondo della fiaba che sono particolarmente vividi nell’infanzia, che si svolgono nella dimensione atemporale delle mille possibilità, ma che sono, nello stesso tempo, condivisibili nella realtà con gli altri bambini e con il mondo degli adulti nel qui e ora del contesto educativo». Tra i risultati di rilievo si sottolinea la specificità di timori e paure relativamente alle fasce di età essendo, ad esempio, più accentuata nei bambini di prima elementare la paura di perdersi e della possibile perdita (“Bambi” e “Biancaneve”) e quindi il bisogno di dipendenza da figure adulte significative, mentre nei bambini di quarta e quinta elementare ha prevalso il tema dell’onnipotenza tipico di questo periodo dello sviluppo e rappresentato dal film “Fantasia”. In un’ottica più prettamente terapeutica, inoltre, si è potuto notare come fosse più facile per il bambino veicolare ed esprimere stati d’animo attraverso le immagini filmiche che fungerebbero così da surrogato, esprimibile ed accettabile e scevro da conseguenze immediate e pericolose, delle sue istanze interiori. Il film, anche in questo caso, si rivela come un mezzo facilitatore per accedere all’inconscio, anche se si tratta di quello fantastico ed immaginifico di un bambino. «È questa – conclude Di Renzo – la grande magia del cinema, la sua possibilità di creare storie che si collocano in un altrove sempre attuale e sempre vivo, la sua capacità di parlare a ognuno di noi con quella distanza che non fa paura… la sua facilità a raccontare fatti e fantasie… la sua versatilità a promuovere in poche sequenze l’espressione dei sentimenti più disparati e infine la sua forza nel metterci al cospetto con elementi nuovi senza destrutturare il nostro assetto mentale. Sono queste le caratteristiche che rendono la visione di un film un atto profondamente psichico e che ne fanno un utile strumento di terapia con i bambini e i preadolescenti così poco inclini ad elaborazioni verbali». 122

Concludiamo il seguente capitolo riportando le sperimentazioni in tema di cinematerapia messe in atto da chi scrive già fin dal 1983 e concretizzatesi in una serie di produzioni filmiche tanto in ambito didattico quanto in ambito appunto di cinematerapia. Abbiamo già riportato nel capitolo dedicato alla didattica le produzioni filmiche sviluppate nel corso di molti anni e mirate al settore didatticoscientifico. Più recentemente abbiamo voluto cimentarci invece (febbraio 2002) con il Documentario Scientifico dal titolo: “La Comunicazione in Famiglia” un prodotto di Cinematografia scientifica che costituisce il primo sistematico tentativo di “prevenzione primaria” attraverso la famiglia, del “disagio” e della “devianza”. Le scene del film girate con l’Egida del Rettore Magnifico dell’Università di Roma “La Sapienza” e con l’intera équipe di attori non professionisti del 6° anno del Corso di laurea B in Medicina, della stessa Università e dell’Università di Sassari, nasce da una esigenza di chiarezza comportamentale avvertita da più contesti dopo il quotidiano ripetersi di sempre più frequenti, preoccupanti atti di aggressione in famiglia. Il Documentario Scientifico si prefigge l’intento di offrire spunti per gruppi di discussione, al fine di tentare un’onesta autocritica e una altrettanto conseguente “onesta autorettifica” e passa in rassegna le problematiche: • a) del genitore esterne alla famiglia; b) le problematiche intrapsichiche proprie del singolo genitore; c) quelle di coppia (avvertite o inconsapevoli). • Di estrema importanza si presenta poi nel succitato filmato il “problema dell’autostima nell’adolescente” nelle seguenti aree: a) interpersonale; b) scolastica; c) emozionale; d) familiare; e) corporea; f) la padronanza sull’ambiente. • Le 46 minifiction del filmato forniscono spiegazioni relative alla “trasformazione nel giovane, della rabbia in violenza”, i diversi tipi di maltrattamento in famiglia: fisico, emozionale, mediante abuso sessuale. Nella rassegna dell’azione delle distruttive critiche dei genitori verso i figli con conseguenze (statisticamente provate) da adulti, vengono forniti esempi di narcisismo “benigno”, “narcisismo patologico” e “maligno”. • Nel passare in rassegna gli 8 comportamenti genitoriali in grado di minare l’autostima nei figli (l’abnorme autoritarismo e l’iperprotezionismo, l’abnorme indulgenza e il lassismo o la sottomissione parentale, le figure genitoriali inefficaci, nevrotiche e malsicure da introiettare, gli atteggiamenti materni immaturi, possessivi, punitivi o l’ostilità nevrotica, la comunicazione affettiva genitoriale asettica e solo for123

male, il disturbato rapporto di coppia con conseguente anaffettività e/o frequenti litigi, gli atteggiamenti genitoriali ambivalenti e le conseguenze decisionali e di esempio), il documentario esamina poi quali sono i segnali di disagio e di sofferenza da cogliere attentamente nei giovani, nonché positivamente, invece, quali sono i comportamenti produttivi dei genitori e le relative strategie da porre in atto. Già quanto sopra a nostro avviso può essere considerato il primo tentativo “costruito ad hoc” di mirata Cinematherapy. I 4 livelli di comunicazione sono: Il Primo livello è il preventivo individuale, che però viene poco attuato relativamente al problema della comunicazione di coppia o della famiglia ed è del tutto occasionale, ovverosia avviene se c’è qualche amico o qualche amica che ha avuto esperienze analoghe prima di te e ti comunica una sorta di “accenno alla saggezza acquisita” oppure ancora, grazie al consiglio di una madre, di una zia o di una parente non sempre del tutto sereno, obiettivo e aggiornato nel somministrarlo, oppure ancora, come spesso capita, è del tutto affidato al proprio buon senso ed alla propria istintualità. Il Secondo livello di comunicazione è invece quello terapeutico individuale = psicoterapia riparatrice dei danni già in corso. Il Terzo livello è quello preventivo di massa affrontato abbondantemente nell’ambito dei disturbi fisici e quasi per niente nell’ambito dei disturbi comunicazionali e pedagogici. Il Quarto livello di comunicazione è invece quello trattamentale di massa mai affrontato sistematicamente da chicchessia nell’ambito della comunicazione di coppia, del singolo, della famiglia, della società e che già dal 1980 da noi lanciato e utilizzato sotto forma di Biblioterapia e di Cinematherapy. A proposito della Biblioterapia (da interpretarsi non già da inserire nel capitolo della “psicologia del profondo” bensì in quello della “psicologia dell’altezza” come “perfezionamento” o “nuovo sistema di riferimento”, analogamente all’analisi esistenziale di Binswanger, alla logoterapia di Frankl ed altre di derivazione esistenzialistica = il libro giusto, nel momento critico giusto alla persona giusta), forniamo qui di seguito soltanto alcune esemplificazioni di Biblioterapia che si sono presentate in grado di effettuare un “potenziamento dell’Io” (Granone 1989) in un contesto psicoterapico in cui lo stesso paziente in corso di psicoterapia richiede un minimo di “piste comportamentali” da seguire, mentre incede nel suo lavoro di evoluzione emozionale e quindi intrapsichica ed interpersonale su altri versanti. 124

La musica dei film Riteniamo opportuno in questa sede, al fine di agevolare una migliore comprensione globale delle possibilità di fruizione terapeutica del mezzo cinematografico, trattare alcuni altri aspetti dell’espressione filmica sottolineando le loro capacità di influire sulle dinamiche psichiche dell’individuo. L’argomento è già stato proposto in un precedente nostro lavoro monografico e viene doverosamente riproposto in questa sede al lettore per il peculiare argomento richiesto dal presente volume Tratteremo quindi di quelli che Casetti e di Chio (1991) definiscono come i codici sonori (nello specifico la musica) ed i codici della serie visiva (in particolare l’uso dei colori). Per ciò che riguarda la musica: «Il suo intervento in campo o off è assai più raro che per la parola e per il rumore [altri due codici sonori] (è comunque il caso di musicisti che suonano in scena, di grammofoni che diffondono melodie, ecc.), mentre è frequentissimo il suo uso over, tanto come accompagnamento della scena, quanto come momento che conclude in crescendo una sequenza e accentua lo stacco rispetto alla sequenza seguente» (Casetti, di Chio, 1991). È sicuramente esperienza alla portata di tutti il coinvolgimento che la musica può generare durante la visione di un film, tanto che spesso alcuni registi usano abilmente la stessa per creare specifici stati d’animo ed aspettative nello spettatore e non soltanto come un semplice “accompagnamento”. Talune scene addirittura non sarebbero le stesse, non avrebbero il medesimo impatto psicologico senza la musica. È sufficiente pensare al riguardo al film 2001: Odissea nello spazio, dove il regista Stanley Kubrick ha quasi “rotto” con alcuni degli schemi predefiniti della relazione musica/immagini, fornendo un nuovo ed originale approccio all’uso della musica nel contesto cinematografico. «A ogni modo… la tipologia degli impieghi della musica è assai ampia, andando dal naturalismo di una fonte che emette un programma quasi casuale (una radio accesa in scena), al falso realismo di un palcoscenico da musical… dall’enfasi retorica su scene piene di pathos e di sentimento (addii, riconoscimenti, drammi, ecc.), all’accompagnamento discreto (scene di passaggio, momenti narrativamente meno “forti”), dallo stacco brusco (innalzamento del livello sonoro e sua improvvisa caduta) alla giunzione tra sequenze adiacenti, ecc.» (Casetti, di Chio, 1991). Il linguaggio infatti, pur rivestendo un ruolo così importante nello sviluppo dell’interazione sociale, non esaurisce le possibilità comunicative dell’uomo: esistono altri mezzi per esprimere emozioni ed atteggiamenti 125

fondamentali verso la vita, non traducibili in parole, la cui esplicitazione è demandata ad altre forme di comunicazione quali le arti visive, la musica e il teatro. Gli studi sulla specializzazione emisferica hanno chiarito come gli individui che hanno come dominante l’emisfero cerebrale sinistro sono più impegnati nel pensiero verbale e razionale; coloro nei quali prevale l’emisfero destro sono interessati maggiormente alla musica, all’arte e ad altre attività che coinvolgono la creatività del pensiero intuitivo-emozionale. «La musica è una forma di comportamento umano unica nel suo genere e potente nella sua influenza» (Rasano, 1977), così che alle scienze del comportamento (psicologia, antropologia, sociologia e psichiatria) si è dovuto far ricorso per studiare in modo interdisciplinare il comportamento umano connesso con la musica. Il fondamento della cultura musicale dell’uomo è da una parte biologico e dall’altra spirituale e culturale: se l’uomo non disponesse di una efficace esperienza uditiva non potrebbe realizzare la sua musica; in altre parole, il potenziale musicale insito nell’uomo, va supportato da una messe sufficiente di stimoli sensoriali adeguati per numero e qualità. Nei parametri estremi, l’isolamento sensoriale conduce a situazioni deficitarie più o meno marcate nel processo di sviluppo intellettuale. Pertanto, secondo più Autori, l’impoverimento degli stimoli sensoriali può determinare in proporzione, “disturbi di motivazione o di personalità”. D’altra parte è necessario che ad un sufficiente numero di input sensoriali vari, per natura ed intensità, corrisponda una sufficiente capacità da parte del soggetto, di ordinarli ed organizzarli: il desiderio di visioni, suoni, forme, strutture e ritmi, è particolarmente avvertita nei bambini e risulta essenziale alla loro crescita ed al loro sviluppo. Vi è una interazione fra le stimolazioni musicali dell’ambiente esterno ed il comportamento del bambino, per cui secondo Porzianato (1980): le stimolazioni musicali connesse a stati di benessere del neonato, aumenteranno la ricerca di nuove stimolazioni musicali, viceversa, quelle associate a stati di disagio, produrranno l’effetto opposto. Se all’“orecchio fisiologico” è assegnato il compito di recepire gli stimoli sonori ed uditivi, la capacità di organizzarli è in funzione di quello che lo stesso Porzionato definisce “orecchio culturale”, cioè «il prodotto dell’interazione fra l’individuo e le stimolazioni acustiche specifiche di un determinato ambiente fisico e socio-culturale». Taylor (1972) afferma a questo proposito che «…la nostra comprensione della musica composta da gruppi culturali diversi, è deformata dal nostro ambiente culturale. Di solito si ritiene che udire implichi soltanto un processo fisiologico, mentre in realtà questo processo è anche condizionato psicologicamente». 126

L’attento ascolto dei suoni può chiarirci meglio di un ponderoso trattato i valori e le note distintive di una civiltà: rivela al proposito Attali (1978), che «da venticinque secoli la cultura occidentale cerca di guardare il mondo. Non ha capito che il mondo non si guarda, si ode. Non si legge, si ascolta. La nostra scienza ha sempre voluto controllare, contare, astrarre e castrare i sensi, dimenticando che la vita è rumore e solo la morte è silenzio: rumori di lavoro, rumori degli uomini e rumori delle bestie. Rumori comprati, venduti o proibiti. Nulla di essenziale accade ove non sia presente il rumore. Oggi lo sguardo ha fallito, lo sguardo che non vede più il nostro avvenire, che ha edificato un presente fatto di astrazione, di assurdità e di silenzio. Allora bisogna imparare a giudicare la società in base ai suoi rumori, alla sua arte e alla sua festa, piuttosto che in base alle statistiche. Ascoltando i rumori si potrà capire meglio dove ci trascina la follia degli uomini e delle cifre, e quali speranze sono ancora possibili». Già nel 1942 Langer evidenziava come, accanto alla comunicazione basata sulla logica e sul linguaggio, coesisteva la possibilità di esprimere sentimenti attraverso un simbolismo non verbale; gli studi sulle funzioni proprie dei singoli nostri due emisferi cerebrali hanno supportato i teorizzatori, come Polanyi (1958), del doppio binario di comunicazione, confermando appieno che chi ha come dominante l’emisfero destro, sembra essere più interessato alla musica, all’arte e ad altre attività che coinvolgono il pensiero intuitivo, mentre chi ha come dominante l’emisfero sinistro sembra più impegnato nel pensiero verbale e razionale. È carattere distintivo dell’uomo rispetto agli altri esseri del creato, la “facoltà creativa” che gli permette di costruire schemi musicali inediti e nuove forme, sulla base del suo senso estetico, elaborando nuovi suoni e disponendoli in modo ordinato entro un sistema generalmente ritmico e talvolta anche melodico e/o armonico. Ogni popolo, contemporaneamente al proprio linguaggio, sviluppa la propria musica, modalità essenziale e qualificante di espressione e comunicazione (Rasano, 1977). Porzionato in Psicobiologia della musica, suddivide gli effetti della stimolazione sonora in due categorie: l. effetti biologici (studiati dalla biosonica); 2. effetti psicologici (studiati dalla psicosonica). Effetti biologici della stimolazione sonora: la biosonica Già alla fine del secolo scorso (Tarchanoff, 1894; Patrizi, 1896; 1903), numerosi studi avevano dimostrato l’influenza delle stimolazioni acustiche 127

ambientali sull’uomo e sugli animali e in particolare le modificazioni indotte dalla musica sulle strutture biologiche e fisiologiche dell’organismo. Lo stesso Porzionato, definisce biosonica «la parte della biologia che studia gli effetti biologici della stimolazione acustica» fornita dal suono, dal rumore e dalla musica. Il già citato studio di M.L. Patrizi (Primi esperimenti intorno all’influenza della musica sulla circolazione del sangue nel cervello, in «Archivio di Psichiatria», 1896), rilevava come la pulsazione arteriosa cerebrale in un soggetto cranioleso aumentava producendo un maggiore afflusso di sangue al cervello a seguito di ogni stimolazione sonora prodotta da un harmonium e che il relativo carattere allegro o triste della musica non influiva sul fenomeno stesso. Favino, Scoz e Trecate (1971, Effetti della stimolazione acustica sulla secrezione di ormone somatotropo umano, in «Bollettino della società italiana di Biologia Sperimentale») hanno somministrato ad otto soggetti maschi fra i venti e i venticinque anni un rumore industriale continuo con intensità di 95 dB e frequenze varianti da 31,5 a 31.500 Hz, rapportati ad un gruppo di Controllo di cinque elementi: si riscontrava, nel gruppo dei soggetti sottoposti a rumore, un significativo aumento della increzione di ormone somatotropo, che stimola la crescita; Stellman e Daum (Lavorare fa male alla salute, Feltrinelli, Milano, 1975) riferiscono di una ricerca compiuta in Germania su 1005 lavoratori di una industria poco rumorosa, confrontati con altrettanti lavoratori di una industria molto rumorosa, che evidenziava come quelli del secondo gruppo mostrassero una percentuale maggiore di disturbi circolatori, cardiaci e di disagi psicologici. Effetti psicologici della stimolazione sonora: la psicosonica Oltre ai citati influssi sulle strutture biologiche fondamentali di un organismo vivente, le stimolazioni acustiche influiscono anche sulla globalità del comportamento animale ed umano. Per tale motivo, lo stesso Porzionato ha ripreso un termine del musicoterapeuta Wells (1977) psicosonica, conferendogli però il significato di «quella parte della psicologia che studia gli effetti psicologici della stimolazione acustica», intendendo per effetti psicologici della stimolazione acustica, «le modificazioni comportamentali di tipo emotivo e cognitivo che il suono, il rumore e la musica provocano negli organismi viventi, avvertendo che tale ulteriore suddivisione ha soprattutto una finalità didattica, in quanto non possono esistere emozioni che non abbiano una componente cognitiva e non esistono processi cognitivi che non siano direttamente correlati a reazioni emotive». 128

1) Effetti emotivi Già C. Lombroso, nel 1894 (Sugli effetti psichici della musica, in «Rivista Musicale Italiana», l, 526-431), pose sette domande a trenta soggetti dilettanti, al fine di descrivere le sensazioni prodotte nel loro animo dall’ascolto di brani musicali, ricavando, ad esempio, che le sensazioni musicali sono più violente nei soggetti maschi che nelle femmine e riconducibili alla potenza “dinamogena” della musica. La musica, come già rilevato, è uno strumento per esprimere emozioni non direttamente traducibili in parole; interessanti esperimenti sono stati condotti per esplorare la capacità dei soggetti che ascoltano un brano musicale a decodificarne le intenzioni espressive del compositore di brani a proposito dei quali era nota l’intenzione stessa dell’artista: P.J. Hampton (1945) in (The emotional element in music, «Journal of General Psychology», 33: 237-250) riscontrò ad esempio che la parte quinta del secondo movimento della sinfonia Eroica di Beethoven fu identificata correttamente come espressione di tristezza, disperazione o angoscia dal 93% dei soggetti testati. La musica rappresenterebbe ciò che è stato definito “il linguaggio delle emozioni”, in quanto più di ogni altra forma comunicativa è adatta alla espressione ed alla trasmissione delle esperienze interiori: per Suzanne Langer (1942) la musica e l’esperienza emotiva avrebbero la stessa struttura temporale: entrambe hanno periodi di «moto e riposo, attenzione e scarica, di accordo e disaccordo, preparazione, realizzazione, eccitazione e cambiamento repentino». Molteplici studi hanno confermato, fin dal secolo scorso, le succitate teorizzazioni di Mentz (1897), Binet e Courtier (1987), Guibaud (1899), Foster e Gamble (1906). Schonauer (Ricerche sperimentali sugli effetti fisiopsicologici della musica, «Ospedale Psichiatrico», 3, 841-900, 1935) ha verificato l’influenza della musica sul polso e sulla respirazione: in tutti i casi il respiro diventava meno profondo all’inizio dell’audizione e successivamente le escursioni respiratorie diventavano regolari sia come ritmo che come ampiezza. La musica conosciuta provocava nei soggetti un aumento della frequenza e dell’ampiezza respiratoria, mentre il ritmo diveniva irregolare; il polso quasi sempre seguiva l’andamento del respiro. La musica produce altresì effetti sull’apparato motorio: Vernon (1930) ha fatto notare come la stimolazione musicale provochi movimenti nel corpo di chi ascolta: molti, inoltre, odono e pensano la musica muscolarmente. Essi alzano la testa e contraggono qualche altro muscolo quando la musica cresce, o la percepiscono in maniera tale da sentire le proprie mani al pia129

noforte o ad altri strumenti. Così molte persone del mio uditorio notarono che le proprie dita tentavano di seguire quelle dei pianisti, altre sentivano di voler danzare, specialmente con la musica fortemente ritmica. Utilizzando la tecnica elettromiografica Fraisse, Olèron e Paillard (1953) hanno analizzato le reazioni muscolari di 29 soggetti di età compresa fra i 18 e 31 anni all’ascolto di due serie di brani, la prima molto ritmata, l’altra poco ritmata: gli effetti dinamici della musica erano tanto maggiori quanto più il pezzo era ritmato e quanto più la struttura del pezzo stesso era semplice. Rieber (The effect of music on the activity level of children, «Psychonomic Science», 3, 325-326, 1965) ha dimostrato che il livello di attività ludica di 29 bambini di età compresa fra 5 e 6 anni aumentava sotto l’influsso di una stimolazione musicale, ed il livello di attività era ancora maggiore, facendo ricorso ad un sottofondo musicale eccitante. Più recentemente Critchley e Henson (1987) riferiscono abbondanti messe di sperimentazioni con sofisticate attrezzature scientifiche che hanno in definitiva concesso di ratificare quanto già dimostrato da Harrer e Harrer (1977), i quali hanno esplorato il rapporto fra stimolazione musicale e risposte emotive, addivenendo alle seguenti conclusioni: a) le risposte del Sistema Nervoso Autonomo dipendono sia dalla sua specifica reattività, influenzata dalla costituzione individuale, sia dal sesso, dall’età e da fattori temporali quali affaticamento, salute, uso di alcool e/o psicostimolanti, uso di neurolettici; b) le risposte cardiovascolari e respiratorie dei soggetti dipendono anche dal tipo di musica: musica di danza e marce orchestrali producono in prevalenza risposte motorie, altre musiche producono risposte respiratorie e cardiocircolatorie; c) si registrano notevoli differenze di reattività quando si ascolta, rispetto a quando si suona un pezzo: la massima frequenza registrata al polso di Von Karajan durante una sua direzione orchestrale non coincideva con l’apice dello sforzo fisico, ma con i passaggi più “sentiti” dal direttore (Porzionato, 1980, p. 93); d) le reazioni emotive coinvolgono vari sistemi: i ritmi sincopati risultano maggiormente in grado di produrre extrasistoli; una accelerazione del ritmo può causare tachicardia, mentre una diminuzione può causare bradicardia (si pensi a questo proposito ai rapporti fra biofeedback e musicoterapia, esplorati ad esempio da Wagner, 1975; Furman, 1978): il rumore può indurre una vasococostrizione.

130

2) Effetti cognitivi Lo studio delle interrelazioni tra stimolazione sonora, memoria, apprendimento e pensiero è a tutt’oggi lontano dall’essere concluso e la bibliografia a riguardo è meno ricca di quella riguardante gli effetti emotivi. Mussen, Conger e Kagan (Lo sviluppo del bambino e la personalità, Zanichelli, Bologna, 1976) hanno studiato il rapporto esistente fra le reazioni del neonato ed alcune proprietà del suono; avrebbero influenza: la frequenza, la durata, il ritmo del suono (i suoni ritmici a bassa frequenza tendono a far cessare il pianto del bambino – vedi l’effetto calmante delle parole “NinnaNanna”). Di Scipio (Psychomotor performance as a function ofwhite noise and personality variables in «Perceptual and Motor Skills», 33, 82, 1971) ha esaminato le relazioni fra ambiente silenzioso e ambiente rumoroso nell’esecuzione di un test psicomotorio in un gruppo di 14 soggetti distinti introversi ed estroversi, concludendo che il rumore facilita la prestazione psicomotoria, ma solo per un limitato periodo di tempo; in seguito i soggetti mostrano un rendimento più alto in condizioni di silenzio; inoltre i soggetti estroversi sono più sensibili degli introversi riguardo a questo fatto. 3) Effetti sinestesici Vernon (1930) ha scoperto che i suoni possono produrre immagini colorate (synaesthesia) nella mente di chi ascolta; per es., il suono della tromba richiama il colore scarlatto, quello dell’oboe il verde, il suono del flauto il colore blu. Inoltre la musica può produrre immagini di forme: aguzze o piatte, ascendenti o discendenti, ecc. e, peraltro, gli ascoltatori sono in grado di disegnare forme, mutuandole dall’esperienza musicale. Per quest’ultimo argomento si rimanda a quanto riportato nel paragrafo che segue. 4) La musica e le immagini mentali Antica come l’umanità è la credenza che il suono possieda dei poteri terapeutici, all’inizio del secolo la musicoterapia è stata posta in relazione essenzialmente con la psicopatologia. F. La Torre nel 1907 (Degli effetti terapeutici della musica, in «Rivista Musicale Italiana», 15, 367-400) affermava che: «si dicono effetti terapeutici della musica, quelli che determinano in noi modificazioni organiche benefiche atte a calmare il sistema nervoso, a lenire i dolori fisici e morali e guarire veri stati morbosi». 131

Per Rasano (in Musicoterapia teorica e pratica, 1977), l’«esecuzione della musica è fonte di appagamento, che scaturisce dal senso di riuscita e competenza» e «il fine primario della musicoterapia è porre l’individuo in grado di estrinsecarsi in società al meglio delle sue potenzialità. Per raggiungere questo fine l’individuo dovrà partecipare alle attività di gruppo e particolarmente alla musica, che di sua natura ha il potere di richiamare la gente insieme». C.M. Dolan (Music therapy: an explanation, in «Journal of Music Therapy», 10, 172-176, 1973) e Porzionato (in Psicobiologia della Musica, 1980) considerano la musica un importante strumento che possiamo utilizzare per produrre dei cambiamenti nel comportamento di un soggetto a fini terapeutici. Gli impieghi della musica nella pratica clinica sono molteplici. Attraverso il suono, in ostetricia, è stato possibile facilitare il parto indolore; la musica è stata usata come coadiuvante nei trattamenti anestetici e nelle terapie antalgiche; in Francia sono stati “musicalizzati” i gabinetti dentistici e sono state impiegate tecniche musicoterapeutiche associate a tecniche di rilassamento psicofisico (esperienze riferite da G. Porzionato in ivi, pp. 100-101). A livello psichiatrico interessanti risultati sono stati ottenuti con l’impiego della musica nel trattamento dei bambini autistici, degli handicappati sensoriali, motori e cerebrali. L’esperienza musicale offre al bambino affetto da disturbi emotivi la possibilità di sbloccare le proprie tensioni, incanalando impulsi sconvenienti verso attività sociali accettabili, e promuove e facilita il rapporto fra terapista e paziente. Positivi risultati sono riferiti dallo stesso Rasano (1977) nel trattamento degli adolescenti con metodiche di musicoterapia individuale e/o collettiva, a seconda delle necessità dei soggetti in trattamento e negli adulti affetti da disturbi del comportamento di varia origine (psicotici, nevrotici, insufficienti mentali, sociopatici, pazienti psicosomatici). Alla luce di quanto fin qui riferito, risulta quindi evidente che ogni tipo di musica invia un messaggio, talvolta ansiogeno-tensivo, talvolta rilassante, ecc. e, soprattutto, favorisce l’emergere e/o il riemergere di immagini mentali, avvertite a livello razionale oppure altre volte soltanto inconsce che “fluidificano” al di sotto della percezione cosciente. In tema di “psicosonica”, l’importanza delle “immagini mentali” è stata da noi già ampiamente sperimentata, con un apparecchio da noi denominato l’ipnovideosintetizzatore, dapprima con il Prof. Granone presso il Centro di Ipnosi Clinica e Sperimentale di Vercelli e successivamente proseguite presso la Sezione di Ipnologia Clinica [a me affidato (1975-1988)] del Centro 132

per lo Studio e il trattamento degli alcoolisti e tossicomani dell’Università di Bari. Trattasi di apparecchiatura elettronica da me progettata e poi realizzata grazie al Prof. Giuseppe Mastronardi del Dipartimento di Elettrotecnica ed Elettronica dell’Università di Bari. Tra le altre funzioni tale apparecchio grazie al suo sintetizzatore elettronico di suoni riproduceva fedelmente all’immediato bisogno, i suoni della “risacca delle onde marine”, del “vapore di una nave all’orizzonte”, di un “cinguettio di uno o più uccelli di diversa specie”, dello “scrosciare della pioggia che può trasformarsi in “acquazzone”, ecc. Le sperimentazioni già pubblicate (agosto 1983) avevano la finalità di facilitare e perfettamente controllare la visualizzazione da produrre in più soggetti sottoposti a ipnosi clinico-sperimentale. Le succitate ricerche si sono espresse sia a favore di una “facilitazione nella realizzazione di immagini mentali” grazie al coinvolgimento sonoro, e sia a conferma delle già ampie sperimentazioni reperibili in letteratura a proposito delle immagini mentali che generano impulsi da parte del sistema nervoso e che poi si traducono in azione (Benedetti, 1976; Granone, 1989). Al proposito, Franco Ferracuti (1989 inedito) riferisce su recentissime sperimentazioni americane sui piloti di aerei da combattimento per cui, con particolari attrezzature sofisticate di registrazione elettroencefalografica durante la fase di pilotaggio, al solo pensare di far partire un missile, lo stesso missile entrerebbe in azione senza premere il pulsante solo grazie alla visualizzazione mentale del missile che parte, e alla conclusiva scritta “OK!” immaginata vividamente (tale possibilità è peraltro al centro della trama del film “Firefox – Volpe di fuoco” del 1982, interpretato e diretto da Clint Eastwood). Altra sperimentazione da me effettuata presso l’Ospedale Generale Provinciale “S. Andrea” di Vercelli, sempre allo scopo di ricercare conferme terapeutiche biosoniche e psicosoniche, nonché di azione subliminale dell’utilizzo della musica, è relativa all’utilizzo di un disco “Preludio al sonno”. Lo stesso già precedentemente sperimentato presso il suddetto ospedale, dal Prof. Granone, fu dallo stesso acquistato a Parigi nel 1965, in occasione del congresso Mondiale di Ipnosi e Medicina Psicosomatica, propagandato dall’Istituto Dormiphone. Il disco, inciso da complessi sonori elettronici di Jean Perrey, è stato scientificamente studiato per creare le migliori condizioni sonore concilianti il sonno. Di fatto, come esistono dei suoni eccitanti, così ve ne sono altri che suscitano un clima favorevole alla distensione dello spirito, al rilassamento muscolare e al sonno. Jean Perrey, compositore di musica elettronica, ritiene di essere giunto a identificare questi suoni e a farne la sintesi. Egli si è valso di uno strumento elettronico, l’ondiolina, che permette di ottenere dei suoni di frequenza, intensità e timbro perfettamente dosabili e controllabili, acusticamente puri, impossibili a ottenersi con 133

l’impiego di apparecchi meccanici o con strumenti di musica tradizionali, secondo l’Istituto Dormiphone. Per gli autori il disco non suscita un’ipnosi momentanea, ma un equilibrio progressivo delle funzioni organiche e quel disinteresse per l’ambiente che si constata all’inizio del sonno. Esso offrirebbe la possibilità di ricondizionarsi progressivamente ai riflessi del sonno e di apportare quindi un nuovo equilibrio psichico agli ansiosi, agli eccitati, ai depressi. Il Disco consiglia l’uditore di non tentare di ascoltare la musica, che agirebbe a sua insaputa. La sperimentazione fu effettuata sotto la guida e la supervisione del Prof. Granone stesso, presso: 1) l’intero reparto di Medicina interna, sezione donne e sezione uomini; 2) l’intero reparto di Dermatologia, sezione donne e sezione uomini; 3) l’intero reparto di Neurologia, sezione donne; 4) l’intero reparto di Pediatria. Il disco Dormiphone, grazie ad un sistema di diffusione centralizzato, fu mandato in onda il 28.8.75 contemporaneamente a più soggetti degenti in diverse camere dalle ore 16 alle 16,45 all’insaputa degli stessi pazienti e senza suggestioni verbali. La più peculiare disamina relativa alle articolate sfaccettature della ricerca, sono già state oggetto di pubblicazione, riportando le considerazioni effettuate a posteriori dal singolo paziente intervistato. Indipendentemente dalle svariate elaborazioni a cui si presta la sperimentazione, i risultati sarebbero i seguenti: – per il 40% dei pazienti = sonno; – per il 40% dei pazienti = distensione psico-fisica. Lo stesso Dormiphone fu peraltro da me utilizzato nella strutturazione di 30 audiocassette terapeutiche che consegnai al Prof. Granone, di cui una ad esempio in tema di “Personalità immature ed insicure” (psicoterapia maturante la personalità) e riportata dallo stesso Autore nel suo Trattato di Ipnosi, 1989, p. 477. In continuum con le precedenti ricerche, facendo fruttare la mia attività di compositore musicale, non ho saputo resistere alla tentazione di strutturare, sulla scorta di un’ulteriore ricerca bibliografica sull’argomento musicoterapia e condizionamento subliminale (al di sotto delle percezioni coscienti), particolari musiche sincro-gestuali, con la finalità di utilizzare in seduta ipnositerapica con più pazienti, pilotandoli soltanto con le musiche e senza l’ausilio delle parole, verso un particolare vissuto intrapsichico. I 134

risultati, che mi riservo di pubblicare in altra sede, si sono presentati quanto mai entusiasmanti. A conclusione del presente paragrafo e ad ulteriore conferma della produzione di “immagini mentali” (avvertite o inconsce) in seguito a stimolazioni musicali, citiamo alcuni particolari degni di nota, riferitimi direttamente dalla mia amica Yasmina consorte del celebre direttore d’orchestra Lovro von Matacic: 1) Immediatamente dopo una delle prove d’orchestra (a Berlino), della 5a sinfonia di Tchajkovsky, il maestro Von Matacic riferì alla suddetta consorte che, in un repentino passaggio musicale caratterizzato da un momento d’attacco particolarmente articolato, acuto e pungente della stessa sinfonia, abitualmente visualizzava l’immagine di un prato verde con su un “serpentello che strisciava zig-zagando rapidamente e bruscamente”. 2) Altro episodio: durante una prova della 4a sinfonia di Anton Bruckner alla Staots Opera di Berlino, non contento del rendimento nella loro esecuzione musicale dei suoi musicisti, li interruppe in un certo passaggio e così si espresse: «Qui mi serve che rendiate una particolare sensazione: come se fossimo in una chiesa dove si sente un profumo di incenso; ci sono tante candele accese e si vede lo sgocciolare della cera». Sulla scorta di precedenti analoghe esperienze condotte sui “correlati acustici dell’emozione nel linguaggio parlato, condotte da più Autori, tra i quali Davitz (1964) e Sherer (’74-’82-’83), limitando l’osservazione soltanto ad alcuni parametri e con modalità di misurazione non digitalizzata, la sintesi dei risultati che in questa sede proponiamo unicamente a titolo orientativo è la seguente, ripromettendoci di perfezionare ulteriormente tale approccio spettrometrico con apparecchiature digitalizzate ancor più sofisticate (vedi la prossima tavola esplicativo-sintetica).

135

Sintesi dei risultati sugli indicatori musicali degli stati emotivi Emozione

Livello di

Gamma di

Variazione

tonalità

tonalità

di tonalità

Volume

Velocità

- noia

profondo (+++)

ristretta (+++)

scarsa (+++)

basso (+++)

bassa (+++)

- indifferenza

profondo (++)

ristretta (++)

scarsa (+++)

indifferente

alta (+)

- tristezza

profondo (++)

ristretta (+)

scarsa (++)

basso (++)

bassa (++)

- disprezzo

profondo (+++)

estesa (+)

indifferente

alto (++)

bassa (++)

- paura

acuto (+++)

estesa (++)

ampia (+)

indifferente

alta (+++)

- rabbia

acuto (++)

estesa (+++)

ampia (++)

alto (+++)

alta (+)

- distensione

profondo (+)

ristretta (+++)

ristretta (++)

basso (+)

bassa (+++)

- fiducia

acuto (++)

indifferente

indifferente

alto (+)

alta (++)

- coraggio

acuto (+)

ristretta (+)

ristretta (+)

medio/alto

media

- risolutezza

acuto (+)

estesa (+++)

ampia (+++)

medio

media

- contentezza

acuto (++)

indifferente

ampia (++)

alto (++)

alta (+++)

indifferente

indifferente

indifferente

alto (+++)

indifferente

psico-fisica

gioia - potenza

(I simboli (+) (++) (++) (+++) (+++) indicano le relative intensità ma la loro disamina esula dalle finalità espositive del presente paragrafo e saranno riprese in altra sede) (V. Mastronardi, 2008).

Le strategie dei colori A conclusione del presente capitolo accenniamo, sia pur sinteticamente, a quelli che Casetti e di Chio (1991) defiscono come codici della serie visiva, cioè la scelta dei colori relativamente alla loro applicazione nel contesto filmico, non soltanto alla luce delle ricerche inerenti le basi neurofisiologiche del processo percettivo del colore, bensì anche sulla scorta delle esperienze psichiatriche, psicanalitiche, psicologiche (Lusher, 1976) nonché inerenti la cromoterapia (es.: Bernasconi, 1986) ed altre acquisizioni ancora. I colori rappresentano infatti, come si è detto in precedenza, un altro dei codici di comunicazione dell’immagine cinematografica. 136

Secondo Casetti e di Chio (1991) infatti nel cinema attuale: «… proprio la relativa ovvietà del film a colori [rispetto al bianco e nero delle origini] fa sì che questa soluzione venga sempre più avvertita come neutra, e cioè legata semplicemente alla natura riproduttiva del cinema: i colori che un film possiede sono i colori del mondo. Vengono allora avvertite come eccezioni quelle esperienze che, al contrario, lavorano in questo campo in maniera sistematica e cosciente, attivando alcuni codici cromatici che, il più delle volte, sono invece trascurati o impiegati in modo casuale: la gamma delle reazioni percettive (il verde che riposa, l’azzurro che tranquillizza, il rosso che eccita, ecc.); il gioco delle tonalità (“calde”, “fredde”, a campiture compatte, pastello, ecc.); il riferimento ideologico (il rosso come progresso, il nero come reazione, ecc.), e così via. Ma al di là di queste correlazioni spesso assai approssimate, c’è da ricordare anche il caso in cui i colori si rendono funzionali al racconto, offrendo codici supplementari ai codici della narratività: ogni colore allora si associa a un personaggio o a uno stato emotivo [vedi il film “Marnie” di Alfred Hitchcock], proponendosi come segno di riconoscimento dei diversi ruoli della storia; quando poi non interviene, grazie anche ai viraggi o all’alternanza di colore e bianco e nero, a distinguere fra di loro situazioni narrative che possiedono statuti differenti (ad esempio, realtà opposta a sogno, presente opposto a passato, ecc.». Tale ultimo espediente è stato utilizzato anche in ambito letterario nel romanzo fantastico La storia infinita di Michael Ende, dove le due trame parallele ed interagenti attraverso le quali si sviluppa la storia sono scritte con colori diversi a seconda che si tratti del mondo reale o del regno di Fantasia. Gli effetti dei colori sulla percezione umana sono confermati da studi scientifici. Granit (1947) riuscì ad effettuare registrazioni microelettrodiche delle cellule, nel momento in cui l’occhio veniva sottoposto a luci di diversa frequenza d’onda, riuscendo a dimostrare una ben specifica sensibilità spettrale delle cellule gangliari della retina. Successivamente Brown e Wold (1963), avvalendosi del microspettroscopio, hanno distinto tre gruppi di recettori specifici, uno rosso-giallo (che oscilla da 580 e 600 millimicron), uno verde (520-540 millimicron) ed uno blu (450-470 millimicron). L’area della corteccia cerebrale interessata è quella occipitale ed ormai la relazione fra visione dei colori ed emozioni specifiche è universalmente accettata dalle più aggiornate ed accreditate fonti bibliografiche internazionali (cfr. Benedetti, 1976). Ma osserviamo sia pure per sommi capi i “messaggi” relativi ai singoli colori.

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• Il rosso esprime emozioni forti e passioni, buon rapporto con l’erotismo, stile relazionale estrovertito, realizzazione rapida degli obiettivi, fiducia in se stessi e nelle proprie capacità interventistiche. L’eccesso di rosso costituisce proiezione di incapacità di controllo del proprio mondo affettivo. Il rifiuto del rosso, viceversa, esprime “bisogno di protezione”, tendenza all’astensionismo, nonché timore di essere sopraffatto dagli istinti. • Il blu attenua le ansie ed è espressione di particolare sensibilità riflessiva, nonché di pace, serenità emotiva e armonia. Il blu fondo è espressione di accentuata tendenza alla riflessione, il blu-azzurro di affetti estrovertiti e il blu-verde di tendenza ad azione deliberata. L’eccesso di blu esprime, invece, necessità particolarmente avvertita di calma, tranquillità, ordine e di non subire aggressività; e il rifiuto del blu esprime un tentativo di fuga da legami disturbanti o da vissuti più profondi, nonché un tentativo di occultare l’insoddisfazione affettiva. • Il giallo esprime allegria, calore, ottimismo, apertura alla vita ed agli altri, speranza, gioia, necessità di concludere periodi tristi. L’eccesso di giallo un tentativo di fuga dalle difficoltà. Il rifiuto del giallo, viceversa, esprime chiusura emozionale, delusione, stato depressivo. • Il nero (o i colori tendenti al nero) sono espressione di: a) sentimenti rinunciatari; di fuga dalla realtà, stato abbandonico, stato d’ansia e di conflitto, nonché in certi casi b) preludio ad un momento di radicale trasformazione di vita; e c) messaggio di protesta e di volontà distruttiva con tendenza all’annullamento dei preesistenti valori, anticonformismo. L’eccesso di nero o il suo rifiuto comunicano accentuazione o viceversa rifiuto delle succitate caratteristiche. • Il bianco è espressione di creatività e tendenza ad un profondo cambiamento della propria esistenza. L’eccesso o il rifiuto del bianco rappresentano rispettivamente esasperazione o rifiuto di quanto sopra.

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• il verde comunica perseveranza e tenacia, affidabilità interpersonale, equilibrio, fermezza, ed il suo eccesso è espressione di ostinazione nei propri convincimenti ed egocentrismo. Sempre a beneficio del mondo dello spettacolo, non possiamo esimerci dall’accennare peraltro che l’intensità del singolo colore, il tipo, nonché la quantità di luce-colore rivestono un ruolo di altrettanta importanza in una idonea ed incisiva comunicazione subliminale (al di sotto della percezione cosciente), così come per esempio le immagini del passato si presentano prevalentemente confuse, in bianco e nero o poco colorate. Concludiamo quindi il presente capitolo, relativo alle sperimentazioni in ambito di cinematerapia, concordi con il pensiero di Dalle Luche il quale ci ricorda che «… la fruizione cinematografica costa uno sforzo minimale rispetto ad altre attività cognitive quali leggere, scrivere, sostenere una conversazione, studiare, ecc. Molti pazienti depressi o psicotici non riescono più a leggere, ma possono seguire un film fin quando la gravità del loro stato non compromette anche questa attività. Quella che sembra la più complessa delle attività espressive, rappresentative e narrative inventate dall’uomo è in realtà la più facile da seguire, da comprendere. Allo spettatore, infatti, non si richiede di decifrare segni astratti, di immaginare situazioni, di sforzarsi di ricordare un motivo musicale; tutto è già lì, a sua disposizione; fruire il cinema, come sognare, come allucinare, è in fondo un’attività percettiva, e poco importa che il suo pieno godimento avvenga grazie all’integrazione dei dati percettivi con la cultura conoscitiva dello spettatore relativa alla narrazione, alla visione, alla stessa storia del cinema». NB: per i riferimenti relativi alle voci bibliografiche inerenti il paragrafo “La musica dei film” e “Le strategie dei colori” si manda il lettore alla Monografia di chi scrive Le Strategie della Comunicazione Umana, Franco Angeli, Milano, 20084.

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6. I film già sperimentati nel contesto italiano e più usati in cinematerapia. Le trame e le indicazioni terapeutiche

(I Film sono elencati in ordine alfabetico. Per la singola tematica psicologica, vedi le categorie elencate all’inizio del volume. Fra quelli specificamente mirati ad operatori del settore psichiatrico-psicologico, ne vengono riportati qui di seguito soltanto alcuni idonei anche per i non addetti ai lavori. La panoramica completa è inserita sempre all’inizio del libro in sede di “Prontuario Filmterapeutico”). About a boy (2002). Di: Chris e Paul Weitz. Con: H. Grant, T. Collette, R. Weisz. Trama: Will Freeman, solitario ed affettivamente immaturo trentottenne, si coinvolge intenzionalmente in una riunione di un’associazione di genitori single per tentare un qualche rapporto seduttivo-sessuale, fingendosi genitore di un bambino di 8 anni, ma ben presto fa amicizia con il figlio di una ragazza madre e riesce a maturarsi sotto vari aspetti proprio grazie al piccolo amico. – Indicazioni terapeutiche: Il film si rivela utile nell’evidenziare la preziosità e le sfumature dei veri sentimenti dell’essere padre e la differenza tra i sentimenti di reale amicizia e comunione padre-figlio rispetto ad un ipotetico rapporto solitamente recitato. Il film aiuta quindi a migliorare la comunicazione fra padri e figli: vedendo “About a boy” i genitori, soprattutto il padre, può migliorare i rapporti con i figli, innalzando la soglia di tolleranza allo stress. In alcuni casi infatti i papà per i ragazzi possono essere insopportabili: sparano una raffica di domande (hai fatto i compiti? Sei stato buono con la mamma?) solo in grado di minare ogni forma di costruttiva comunicazione. Il film, in definitiva, non soltanto costituisce un ottimo ausilio per una aspicabile evoluzione come essere umano, ma si presenta in grado di inviare ottimi insegnamenti che talvolta provengono proprio dai figli, sia come fare per evitare di essere un cattivo genitore con le proprie depressioni e nevrosi e sia sulla necessità di essere concettualmente onesti con chi ci vive intorno, riempiendo la propria vita grazie • – – –

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alla sostituzione della solitudine con validi ed appaganti rapporti affettivi. È proprio vero che spesso sono proprio i figli che educano i genitori. ABC Africa (2001). Di: Abbas Kiorastami. Con: S. Samadian, A. Kiarostami. Trama: È un documentario che racconta la storia di Abbas Kiarostami e il suo assistente Seifollah Samadian i quali, nel marzo 2000, vengono inviati in Africa per conto dell’Ifad (il Fondo Internazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura). Attraverso le telecamere riprendono i bambini africani rimasti orfani a causa della morte dei loro genitori per l’AIDS. Rappresenta uno spaccato di vita dove tramite il silenzio e il pianto ma anche con le risate e la musica, si riesce a far coesistere la vita e la morte. – Indicazioni terapeutiche: Comunica allo spettatore, tentato per legittima difesa emozionale di minimizzare ai propri occhi la mostruosità della difficile esistenza dei popoli indigenti, quanto ciò che riteniamo lontano da noi è in realtà molto più vicino alle nostre coscienze e alle nostre responsabilità da far però evolvere (sul dolore). • – – –

A Casablanca gli angeli non volano (2004). Di: Momamed Asli. Con: L. El Hayani. Trama: Racconta la storia di una famiglia che vive in un villaggio solitario su di una montagna e cerca di sopravvivere al freddo inverno. Said, il capofamiglia, per sostenerli, si trasferisce a Casablanca. Sua moglie è contraria perché è un posto pericoloso. Said trova lavoro in un ristorante e fa amicizia con Ottman e Ismail. – Indicazioni terapeutiche: Mirato a comprendere gli abusi sociali legati al problema dell’emigrazione e quanto spesso le esigue possibilità economiche influiscano sul far conciliare la necessità di dividersi tra gli affetti e i bisogni primari finalizzati al sostentamento. • – – –

A casa dopo l’uragano (1960). Di: Vincent Minnelli. Con: R. Mitchum, G. Peppard. Trama: Wade Hunnicutt è un uomo molto ricco e potente. Fallisce il matrimonio con Hannah, la quale gli rimane accanto solo per il bene di suo figlio Theron. La storia si interseca tra relazioni diverse, dove il finale è caratterizzato dall’omicidio. – Indicazioni terapeutiche: Comunica spunti di meditazione sulle relazioni tra genitori e figli, sulle tensioni interne e sulle frustrazioni familiari.

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A casa per le vacanze (1995). Di: Jodie Foster. Con: H. Hunter, R. Downey jr., A. Bancroft. Trama: le ipocrisie, i timori e le scaramucce quotidiane di una famiglia che si riunisce per il Giorno del Ringraziamento. – Indicazioni terapeutiche: È un film che risulta terapeuticamente preventivo perché in grado di evidenziare al microscopio, per coloro che non avessero l’esatta percezione, quali sono le piccole ipocrisie, le cattiverie quotidiane e le paure represse, in grado spesso di compromettere una valida comunicazione affettivo-costruttiva tra persone che, pur volendosi bene, si opprimono vicendevolmente. • – – –

A cavallo della tigre (2002). Di: Carlo Mazzacurati. Con: F. Bentivoglio, P. Cortellesi. Trama: Un quarantenne squattrinato, per risolvere la situazione finanziaria, decide di fare una rapina e coinvolge anche la sua compagna Antonella. Il colpo va male, lui viene arrestato e lei riesce a fuggire. Sta per uscire dal carcere dopo aver scontato la pena e viene coinvolto nuovamente da due ergastolani, che lo minacciano, che vogliono evadere. Per sfuggire ad un’altra condanna, segue i due che fuggono di prigione, ma con l’unico scopo di ritrovare Antonella, intanto scomparsa con l’intero bottino. – Indicazioni terapeutiche: È utile alla comprensione sulle scelte esistenziali, ovverosia la sfida contro se stessi nel riuscire a cambiare stile di vita. Di fronte ad un bivio abbiamo la possibilità di scegliere: continuare ad inseguire una sia pur futile vita all’insegna del rischio, o ricercare una diversa realtà caratterizzata da reali scopi di concreta realizzazione personale. • – – –

Accordi e disaccordi (1999). Di: Woody Allen. Con: S. Penn, S. Norton, A. La Paglia. Trama: Narra la storia di un musicista jazz, Emmet Ray, che si ispira alla figura di Django Reinhardt, primo jazzista al mondo. Nonostante Emmet riconosca che lui è il secondo riconosciuto a livello mondiale, ne è geloso. Nel suo viaggio incontrerà diverse donne: da una giovane ragazza muta ad una altolocata incuriosita dal suo diverso mondo, quello dei bassifondi. – Indicazioni terapeutiche: Trasmette il desiderio di misurarsi con le proprie capacità dopo aver elaborato il significato basato sull’ispirarsi ad un • – – –

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modello di riferimento con cui si entra successivamente in competizione, nonché sulla conoscenza di mondi diversi da noi. L’Accusa è: violenza carnale e omicidio (1974). Di: André Cayatte. Con: S. Loren, J. Gabin. Trama: La triste storia di una madre che, per salvare il figlio accusato di aver stuprato ed ucciso una ragazza, prende in ostaggio la moglie del Presidente del tribunale per far in modo che lui possa far cambiare idea alla giuria e scagionare il ragazzo. Nicole, la moglie del presidente, diabetica, si rifiuta di prendere le medicine e muore. Intanto il ragazzo viene liberato e successivamente confessa. Sua madre Teresa, sconvolta dalla morte involontaria di Nicole e dalla confessione di suo figlio, decide di suicidarsi gettandosi con la sua auto contro una muraglia. – Indicazioni terapeutiche: Affronta lo scottante tema dello stupro e dell’omicidio, nonché il sequestro di persona. Invita alla riflessione in relazione a quanto sia importante non farsi mai influenzare nelle decisioni, solo perché spinti da un eccesso di affetto sia pur genitoriale, in quanto può portare ad errori di valutazione che inevitabilmente finiscono per penalizzarci a tal punto da non riuscire più a gestirli. • – – –

A cena con gli amici (1982). Di: Barry Levinson. Con: S. Guttemberg, T. Daly. Trama: La storia di 5 giovani di Baltimora i quali, incontrandosi spesso a cena, si raccontano le loro gesta dei bei tempi tra uno scherzo e l’altro. C’è la solita figura del leader del gruppo nei guai per vicende di soldi. Il quadro di ex adolescenti di provincia, delusi dalla vita. – Indicazioni terapeutiche: Consigliato a giovani adolescenti nella loro evoluzione verso l’età adulta, miratamente ad una ottimale canalizzazione delle scelte esistenziali. • – – –

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A che prezzo Hollywood? (1932). Di: George Cukor. Con: G. Bennet, L. Sherman. Trama: Il film racconta la vita di una cameriera che riesce a conoscere un famoso regista ed a diventare una stella del cinema. Il regista, alcoolista, sprofonderà sempre di più in tale dipendenza. Lei, però, riconoscente ed affezionata, non lo abbandonerà nonostante questa scelta, e questo le procurerà problemi con la sua famiglia e il lavoro.

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– Indicazioni terapeutiche: Comunica quanto la dipendenza da alcool conduca alla distruzione di se stessi giungendo a comportamenti di squilibrio emotivo. Ma offre anche ottimi spunti di riflessione, di quanto sia necessario far sentire la propria presenza a soggetti che vivono tale triste realtà e che inevitabilmente sono molto fragili. A ciascuno il suo destino (1946). Di: Mitchell Leisen. Con: O. De Havilland J. Lund. Trama: La triste storia di una donna che, durante la Prima Guerra Mondiale, perde suo marito aviatore. Nasce un figlio e lei, per evitare i pettegolezzi dell’ambiente, è costretta ad affidarlo ad una amica sposata che, con l’adozione, glielo sottrae definitivamente. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la povera donna incontra suo figlio ormai divenuto adulto e solo allora potrà dirgli la verità. – Indicazioni terapeutiche: Affrontando il tema dell’affidamento e del rapporto genitori e figli, veicola messaggi sui reali sentimenti che si nutrono nei confronti dei propri figli. Ma invita soprattutto a riflettere sui sentimenti egoistici che albergano spesso all’interno di noi, di appropriarci di ciò che non ci appartiene, in special modo quando si tratta di esseri umani: le persone non sono oggetti. • – – –

Acqua tiepida sotto un ponte rosso (2001). Di: Shohei Imamura. Con: K. Yakusho, S. Misa. Trama: Al centro della storia c’è la ricerca della felicità. Un uomo giapponese viene licenziato da un noto studio di architetti a Tokio. Parte e cerca un suo vecchio amico clochard che ormai è defunto. Arriva in un piccolo villaggio di pescatori di Tokoyama ed essendo fedele alla promessa fatta all’amico, va alla scoperta di un tesoro che quest’ultimo aveva nascosto. Nella casa trova una anziana signora e una giovane ragazza affetta da cleptomania, si innamora di lei e si crea una nuova vita. – Indicazioni terapeutiche: È di rilevante importanza per comprendere quanto a volte sia necessario essere pronti alle varianti della vita per evitare di restare delusi da improvvisi cambiamenti, con la convinzione che ciò che ci riserva il domani potrebbe essere migliore di quanto avevamo in precedenza. • – – –

• Le acrobate (1997). – Di: Silvio Soldini. – Con: L. Maglietta, V. Golino. 145

– Trama: Racconta la storia di una donna, Elena di Treviso, la quale, in seguito ad un incidente, conosce Anita, un’anziana signora slava. Decide di prendersi cura di lei e dopo la sua morte, va a trovare i parenti nel sud d’Italia (Taranto), dove fa la conoscenza di Maria, amica di Anita. In comune non hanno molto, tranne la voglia di dare un senso più significativo alle loro esistenze. – Indicazioni terapeutiche: Aiuta a comprendere il tema del disagio esistenziale di ciascuno di noi e dell’importanza di acquisire una serenità interiore per poter meglio decidere quale senso dare alla propria vita, evitando di restare delusi per ciò che non abbiamo e che invece potevamo fare. L’aculeo della morte (1990). Di: Kohei Oguri. Con: K. Matsuzaka. Trama: Al centro della vicenda c’è la violenza domestica da parte di una moglie nei confronti del proprio marito, che la tradisce da anni con un’altra donna. Inizia a tormentarlo di fronte ai figli e a non servirlo più e dopo vari tentativi di suicidio da parte di entrambi, decidono che l’unico rimedio è emarginarsi dal mondo e rinchiudersi in una clinica dove l’unica soluzione drastica al loro legame è la cura del sonno. Il film è ambientato nel Giappone degli anni ’50. – Indicazioni terapeutiche: Utile per comprendere i sottili meccanismi psicologici dei rapporti di coppia e il tema della gelosia, molto spesso patologica, che porta a decisioni estreme sfociando in una “folie à deux”. Ci riporta al classico quesito: si è veramente pronti ad amare? Se si viene traditi e la ferita narcistica è insopportabile, forse sarebbe opportuno riflettere su dove potremmo aver sbagliato e perché il partner abbia scelto di condividere la sfera intima con un’altra persona. È implicito che tale argomento vada valutato anche in base ai tempi e alle diverse culture ed etnie.

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Addio fratello crudele (1971). Di: Giuseppe Patroni Griffi. Con: C. Rampling, F. Testi, A. Luce. Trama: Primi del 1500, Giovanni, fratellastro di Annabella, la ritrova dopo molti anni ed entrambi si dichiarano il loro amore. – Indicazioni terapeutiche: Offre validi spunti di riflessione sui rapporti tra fratelli e sorelle, in relazione a sentimenti anomali e devianti, che prescindono dall’affetto che fisiologicamente andrebbe provato nei riguardi di un fratello e/o una sorella. • – – –

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Addio vecchia Ann (1971). Di: Fielder Cook. Con: M. Farrow, M. Sheen. Trama: Romantica storia di una giovane che insegue il sogno hollywoodiano. Delusa tenta il suicidio, quando all’improvviso, grazie ad un film TV, arriva il successo. – Indicazioni terapeutiche: Evidenzia quanto le delusioni spesso possono condurre alla spinta suicidiaria, come una reazione abnorme rispetto all’evento. Bisogna sempre credere nel recupero delle proprie capacità. La risoluzione è dentro di noi, è importante perseverare e non lasciarsi mai andare a sentimenti negativi. • – – –

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Adele H., una storia d’amore (1975). Di: François Truffaut. Con: I. Adjani, B. Robinson, S. Marbiot. Trama: Tratto dalla vera storia della figlia di Victor Hugo. Indicazioni terapeutiche: È un film che va visto con un ottica riflessivo-preventiva, relativamente alle scelte sbagliate che possono portare a squilibri psicologici.

A distanza ravvicinata (1985). Di: James Foley. Con: S. Penn, C. Walken. Trama: Affronta il difficile rapporto tra un padre che ha scelto la via del crimine ed un figlio che inizialmente accetta questo tipo di vita, ma successivamente, in seguito a forti delusioni subite da parte del padre, sceglie di redimersi fino a decidere di farlo catturare. – Indicazioni terapeutiche: Aiuta a comprendere il tema delle errate relazioni tra genitori e figli. Mirato alla prevenzione di giuste scelte che i genitori possono suggerire ai propri figli.

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A donne con gli amici (1980). Di: Adrian Lyne. Con: J. Foster, S. Baio. Trama: Narra le difficili esistenze di tre giovani ragazze di Los Angeles, le quali si ritrovano a convivere insieme, sia pur in via provvisoria. Da qui iniziano una serie di vicissitudini decisamente complicate. – Indicazioni terapeutiche: Consigliato ai giovani adolescenti, offre spunti di apprendimento miratamente al raggiungimento della maturità sessuale e a scelte di vita più consone.

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Adorabile canaglia (1978). Di: Silvio Narizzano. Con: G. Jackson, O. Reed, M. Murphy. Trama: Ambientato in una piccola città inglese, dove vi è una scuola che accoglie ragazzi disadattati. Il preside Trence Sutton, dai modi autoritari, cambia atteggiamento quando la scuola viene ispezionata. L’insegnante Connor, contraria ai suindicati metodi, durante l’ennesimo controllo, svela, sostenuta dagli studenti, le reali condizioni della scuola. – Indicazioni terapeutiche: Mirato alla accettazione dei soggetti disinseriti ed offre spunti di riflessione sull’importanza dei meccanismi di giusto recupero che spesso si scontrano con le regole e metodi non congeniali. • – – –

Un’adorabile infedele (1984). Di: Howard Eieef. Con: D. Moore, N. Kinski. Trama: La storia si concentra su un famoso direttore d’orchestra, Claude Eastman, e la sua giovane moglie Daniela. Lui parte per una tournée e, oltre che affidarla al suo factotum Felipe, decide di farla sorvegliare anche da un detective. Lei nel frattempo incontra Max, un affascinante violinista. Nascono una serie di equivoci e, se inizialmente il marito, convinto che Daniela lo tradisca con il violinista Max, immagina durante il concerto la sua vendetta (uccidere sua moglie a far ricadere la colpa su Max), successivamente il puzzle si ricompone e i due coniugi torneranno ad amarsi e ad adorarsi. – Indicazioni terapeutiche: Risulta utile poiché evidenzia il sentimento della gelosia ed anche in questo caso invita a riflettere su quanto sia importante che sia sana e non malata, evitando di sentirsi a disagio, trasmettendo tale sentimento negativo anche a chi ci sta a fianco. • – – –

Affliction Afflizione (1997). Di: Paul Schrader. Con: N. Nolte, S. Spacek, J. Coburn. Trama: Ambientato nel New Hampshire, Wade, poliziotto abbandonato dalla moglie, è un asociale a causa dei retaggi della sua infanzia vissuta in continuo conflitto con l’austera figura paterna e di cui purtroppo ne eredita atteggiamenti e comportamenti. Intanto suo fratello Rolf si è allontanato. La storia si concluderà tragicamente dove, in seguito ad un ironico comportamento del padre che, oltre a deriderlo, lo colpisce alla testa, Wade reagirà uccidendolo col calcio del fucile. – Indicazioni terapeutiche: Film mirato alla comprensione delle difficoltà relazionali tra un genitore e un figlio dall’infanzia danneggiata, che • – – –

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sfocia verso conseguenze estreme. Spunti di riflessione a scopo preventivo. Agata e la tempesta (2004). Di: Silvio Soldini. Con: L. Maglietta, M. Massironi, C. Santamaria. Trama: Il film narra la storia di Agata, che gestisce una libreria ed ha una relazione con un ragazzo molto più giovane di lei. Suo fratello Gustavo, nonché suo migliore amico, scopre di essere figlio illegittimo. Romeo, il suo vero fratello, racconta tale verità. Ai due fratellastri Agata e Gustavo non resta che andare alla ricerca della famiglia di origine di quest’ultimo, per cominciare una nuova esistenza. – Indicazioni terapeutiche: Mirato a spunti riflessivi sui rapporti tra fratelli e sorelle. • – – –

L’âge d’or (1930). Di: Luis Buñuel. Con: G. Modot, L. Lys, L. Horsley. Trama: Film che tratta il tema delle problematiche mirate ai sentimenti tra un uomo e una donna che non potranno mai unirsi. – Indicazioni terapeutiche: Spunti di riflessione in relazione agli incompatibili rapporti di coppia. • – – –

Agnese di Dio (1985). Di: Norman Jewison. Con: A. Bancroft, J. Fonda. Trama: Narra la storia di una suora, la quale si affida ad una psichiatra in quanto convinta di essere incinta. – Indicazioni terapeutiche: Particolarmente mirato ad esperti del Settore Psichiatrico-Psicologico, trattando il tema dell’ipnositerapia. • – – –

Agostino (la perdita dell’innocenza) (1962). Di: Mauro Bolognini. Con: I. Thulin, P. Colombo, J. Saxon. Trama: Una madre vedova si reca in vacanza con il figlio nella città di Venezia. La donna instaura una relazione con un uomo e, in seguito a tale evento, il figlio fugge da casa per finire sulla strada a fare il teppista. – Indicazioni terapeutiche: Mirato ai rapporti genitori-figli soprattutto in relazione all’accettazione da parte di un figlio di condividere l’affetto del proprio genitore con un altro compagno/a. • – – –

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Ai nostri amori (1983). Di: Maurice Pialat. Con: S. Bonnaire, M. Pialat. Trama: Narra la storia di una giovane ragazza, la quale avverte il bisogno di diluire l’affetto passando da un uomo all’altro, solo per meccanismo di difesa, relativo alla paura di amare. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce spunti di riflessione su importanti tematiche esistenziali; nello specifico affronta l’immaturità sentimentale di un adolescente, dal conflitto edipico non risolto. • – – –

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Alamo – Gli ultimi eroi (2004). Di: John Lee Mancock. Con: D. Quaid, B. Thornton. Trama: Narra la battaglia (1836) avvenuta nel forte di Alamo in Texas. Indicazioni terapeutiche: Mirato al valore del coraggio.

L’alba di Luca (2003). Di: Roberto Quagliano. Con: F. Natali, L. Cerbolini. Trama: Il film descrive la storia di Luca, ragazzo 15enne, che resta in coma in seguito ad un intervento chirurgico, perfettamente riuscito. I genitori si ritrovano impotenti nei confronti di una realtà così drammatica che si scontra anche con la solita burocrazia. È tratto da una storia vera. – Indicazioni terapeutiche: Comunica la difficoltà delle relazioni familiari tra genitori separati e l’accettazione della disabilità. • – – –

Al di là del silenzio (1996). Di: Caroline Link. Con: T. Trièb, S. Canonica. Trama: Il film racconta la commovente storia di Lara che, sin da piccola, si occupa dei genitori sordomuti. È legata in particolar modo al padre Martin. Un giorno incontra sua zia Clarissa, musicista di successo, e si ritrova anche lei ad appassionarsi alla musica e allo strumento del clarinetto. Le piace così tanto che decide di trasferirsi al conservatorio di Berlino in seguito all’invito di sua zia, dove peraltro conosce Tom. Il padre inizialmente è contrariato ma nel giorno dell’esame d’ammissione che Lara deve sostenere, lei lo vede, comincia a suonare ed a gesti gli comunica “Ti voglio bene, non mi perderai, grazie per essere venuto”. – Indicazioni terapeutiche: Spunti riflessivi relativamente all’accettazione della disabilità.

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Alfie (2004). Di: Charles Shyer. Con: J. Law, R. Taylor, S. Saradon. Trama: Descrive la storia di un uomo single, che pur essendo volenteroso a costruirsi una vita affettiva stabile, non ci riesce. – Indicazioni terapeutiche: Affronta il complesso tema della immaturità sentimentale (maschile), per ragioni di insicurezze personali e quindi il bisogno di diluire l’affettività avendo rapporti con più donne. Utile alla comprensione di quanto sia necessario riflettere sulla necessità di maturare a livello affettivo, evitando di complicare sia la propria vita, che quella di altre persone. In caso contrario, sarebbe opportuno scegliere di restare soli. • – – –

Alice (1990). Di: Woody Allen. Con: M. Farrow, W. Hurt, J. Mantegna. Trama: Racconta la complicata vita disattesa di una donna ricca di 40 anni, la quale soffre di disturbi psicosomatici che cura con le erbe del dr. Yang. Stanca del routinario rapporto coniugale, dopo molte reticenze, in quanto cattolica convinta, accetta di vivere una lunga relazione con un altro uomo. È tormentata dai sensi di colpa, ma quando scopre i molteplici tradimenti di suo marito, ne resta molto delusa. Si imbatte in varie vicissitudini e delusioni, e alla fine sceglie di partire per Calcutta per collaborare con Madre Teresa. Quando torna a New York, si occuperà con amore dei suoi figli vivendo una vita semplice. – Indicazioni terapeutiche: Comunica le difficoltà relative al rapporto tra genitori e figli, nello specifico di un genitore single. • – – –

Alice nella città (1973). Di: Wim Wenders. Con: R. Vogler. Trama: Racconta la storia di una donna giornalista in crisi di identità, che incontrerà in aeroporto un compatriota con sua figlia. Per una serie di situazioni, si ritrova a doversi occupare della bambina, non sapendo come liberarsene. – Indicazioni terapeutiche: Utile alla comprensione sulle variabili della vita e come, proprio in determinati momenti, si verificano eventi che ci mettono alla prova, sulle nostre reali capacità. • – – –

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Alle frontiere dell’India (1937). Di: John Ford. Con: S. Temple, J. Lang. Trama: Narra la storia della piccola Priscilla, straordinaria bambina che, come venuta dal cielo, riesce a trovare qualsiasi soluzione di vita al mondo adulto. – Indicazioni terapeutiche: Utile alla comprensione dei rapporti tra genitori (single) e figli. A volte, grazie all’innocenza di un bambino, si riescono a cogliere meglio messaggi finalizzati alla giusta impostazione familiare ed esistenziale.

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Allucinante notte per un delitto (1971). Di: Herbert B. Leonard Con: R. Mitchum, B. Vaccaro, J.M. Vincenti. Trama: Racconta la contorta storia di un uomo che, in seguito all’uccisione della propria moglie sotto l’effetto dell’alcool, esce di prigione. Suo figlio non ha dimenticato e desidera vendicarsi. – Indicazioni terapeutiche: Utile alla comprensione delle relazioni tra genitori e figli, soprattutto in seguito ad eventi drammatici. • – – –

Al lupo al lupo (1992). Di: Carlo Verdone. Con: C. Verdone, S. Rubini, F. Neri, B. Morse. Trama: Due fratelli e una sorella decidono di cercare il padre, un famoso scultore, scomparso misteriosamente. – Indicazioni terapeutiche: Utile per la disamina dei conflitti familiari, nello specifico pone in risalto i rapporti tra fratelli e sorelle. • – – –

Amarsi (1994). Di: Luis Mandoki. Con: M. Ryan, Andy Garcia. Trama: una donna, sposata e con due bambine, inizia a bere, cadendo sempre più nel vortice della malattia, dalla quale riuscirà a riprendersi proprio grazie all’aiuto del marito e all’amore per le sue bambine. – Indicazioni terapeutiche: consigliato nei casi di alcolismo e tossicodipendenza, è un film che invia spunti su come tentare di aiutare nella vita di coppia una donna alcolista e manesca. • – – –

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American Beauty (1999). Di: Sam Mendes. Con: K. Spacey, A. Bening. Trama: Lester Burnham, quarantenne in crisi esistenziale e stanco della sua quotidianità, trova in un’adolescente compagna di scuola della figlia un nuovo stimolo di vita. – Indicazioni terapeutiche: Questo film risulta produttivo perché smascherando i “falsi valori”, può fornire ottimi spunti relativi alla ricerca dei valori reali e alla stimolazione di un’attività di introspezione.

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America oggi (1993). Di: Robert Altman. Con: A. MacDowell, B. Davison, J. Lemmon. Trama: Nove storie ambientate a Los Angeles in cui le vite dei protagonisti si intrecciano fino al finale scandito da un terremoto. – Indicazioni terapeutiche: Il film che, con brutale pessimismo e creatività emozionale, tratta dei grandi temi morali degli anni Ottanta e Novanta (il sesso, la morte, gli orrori della vita di coppia, le beffe del destino e l’insensibilità degli uomini), a ben guardare può riuscire a comunicare tutto ciò che sicuramente dovremmo stare attenti a tenere quanto più possibile lontano da noi. • – – –

Amnesia (2002). Di: Gabriele Salvatores. Con: D. Abatantuono, S. Rubini, M. Stella. Trama: Vicende intricate di vari personaggi dalla vita complicata, che si incontrano, per destino, in una discoteca di Ibiza dal nome Amnesia. – Indicazioni terapeutiche: Rappresenta un valido modello nell’analisi dei conflitti familiari e dei problemi legati all’adolescenza. • – – –

Amore, Bugie e Calcetto (2007). Di: Luca Lucini. Con: C. Bisio, A. Finocchiaro. Trama: Il Film narra cinque storie di amici che si incontrano ogni settimana per un torneo di calcetto, facendo i conti con le loro diverse esistenze sia in campo che nella vita. – Indicazioni terapeutiche: Il messaggio del film è evidenziare le problematiche relative alla coppia, alla famiglia e all’amicizia. Ottimi spunti riflessivi per la prevenzione primaria, in particolar modo sulla maturità affettiva e l’assenza di dialogo all’interno della coppia, che spesso spinge a scelte estreme che potrebbero essere evitate grazie ad una costruttiva e concreta comunicazione. • – – –

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L’amore ha due facce (1996). Di: Barbra Streisand. Con: J. Bridges, B. Streisand, P. Brosnan. Trama: Un professore di matematica ed una professoressa di letteratura cercano di costruire un rapporto basato soltanto sull’amicizia e sulle affinità intellettuali. – Indicazioni terapeutiche: Dal film emergono i veri valori da ricercare in un rapporto di coppia in cui non compare l’estetica né i modelli offerti dai mass media. Se si punta sulla bellezza come meta di vita predominante si può correre il rischio, in definitiva, di compromettere un autentico e genuino rapporto appagante. L’estremo eccesso in ogni caso è destinato a fallire e in un rapporto ben bilanciato è determinante un giusto equilibrio tra dialogo, comunione di intenti ed interessi, sesso, dialogo ed educazione intesa come comunicazione di stima verso l’altro essere umano. • – – –

L’amore molesto (1995). Di: Mario Martone. Con: A. Bonaiuto, P. Lanzetta, A. Luce. Trama: Tratto dal romanzo omonimo (1992) di Elena Ferrante, parla di Delia che, in seguito ai funerali della madre, torna nella città di Napoli dove, insospettita dalle cause del decesso per annegamento, decide di indagare. – Indicazioni terapeutiche: Evidenzia le difficoltà nelle relazioni tra genitori e figli, nello specifico affronta il rapporto madre-figlia, con conseguente introspezione in se stessi. Offre validi spunti per cercare di meglio comprendere quali possono essere le cause di un errato rapporto genitore-figlio. • – – –

L’amore non basta mai (2005). Di: Maria Blom. Con: S. Helm, K. Ernst. Trama: Descrive la vita di Mia, una giovane 30enne di successo, che da Stoccolma si reca a Dalecarlia, sua cittadina di origine, per festeggiare il compleanno di suo padre. Con il passare del tempo, riaffiorano antichi vissuti nell’infanzia, che le fanno rivivere i conflitti, in particolar modo con le sue sorelle. – Indicazioni terapeutiche: Mirato ai conflitti familiari ed ai rapporti tra sorelle, suggerisce spunti di riflessione sulla presa di coscienza legati ai retaggi dell’infanzia e su come influiscono inevitabilmente nella conduzione della nostra vita.

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L’amore più bello – L’uomo dai calzoni corti (1958). Di: Glauco Pellegrini. Con: E. Nevola, A. Valli. Trama: Salvatore, dal soprannome Pagnottella, fugge dal brefotrofio di Caltanissetta, per andare alla ricerca di sua madre. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce un valido spunto per riflettere sull’argomento delle problematiche familiari con particolare riguardo al tema dell’affidamento e dell’abbandono. • – – –

Anche libero va bene (2000). Di: Kim Rossi Stuart. Con: K.R. Stuart, A. Morace, B. Bobulova. Trama: La tormentata infanzia di un bambino che si ritrova con genitori i quali non riescono a gestire il loro ruolo (padre oppressivo, madre assente). – Indicazioni terapeutiche: Comunica validi spunti per l’interpretazione dei conflitti familiari e un concreto aiuto per la crescita dei figli durante la fase adolescenziale. È utile ai genitori per veicolare ottimi messaggi sugli errori educazionali da evitare attentamente. • – – –

L’anima e il volto (1946). Di: Curtis Bernhardt. Con: Bette Davis, G. Ford, D. Clark. Trama: Due sorelle gemelle, innamorate dello stesso uomo, che sceglierà di sposare quella dalla personalità più forte ed attraente. Dopo molto tempo, lui parte e le sorelle tornano a frequentarsi. Durante una gita muore una delle due e l’altra si spaccerà, nei confronti di lui, per la moglie, ma quando scoprirà che l’uomo non la ama più, gli rivelerà la triste verità. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce validi spunti di aiuto sui rapporti familiari più specificamente nei conflitti tra sorelle, nonché sulla errata scelta del partner. • – – –

Anna dei miracoli (1962). Di: Arthur Penn. Con: A. Bancroft, P. Duke. Trama: Da un testo teatrale di William Gibson, la storia di una istitutrice che, nell’Alabama degli anni Venti, cerca di aiutare una giovane ragazza cieca a superare i limiti del suo handicap. – Indicazioni terapeutiche: È un film non soltanto consigliato agli psicologi, agli educatori in generale e agli operatori delle scuole speciali in particolare, bensì anche a tutti coloro che devono quotidianamente con• – – –

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frontarsi con le problematiche dei bambini iperattivi ben evidenziando, peraltro, la differenza tra educazione amorevole e, viceversa, compassionevole. L’anno che i miei genitori andarono in vacanza (2007). Di: Cao Hamburger. Con: M. Joelsas, G. Haint, P. Autran, D. Piepszyk. Trama: 1970. Brasile. È la vigilia della partita di calcio Italia-Brasile ai mondiali messicani. Il protagonista è un bimbo di 12 anni di nome Mauro che vive nella trepida attesa dell’evento calcistico. La crescente situazione dittatoriale verificatasi in molti paesi del Sud America, tra cui il Brasile, sconvolge la vita del piccolo Mauro, quando i genitori, attivisti di sinistra, abbandonano il Brasile lasciando in tutta fretta il bambino dinanzi alla casa del nonno, senza sapere che questi è morto poco tempo prima. Mauro non sa come trovare i suoi genitori e viene affidato così alle cure del rabbino Shlomo, suo lontano parente, che lo introduce nell’universo multiculturale del quartiere ove convivono arabi, italiani, ebrei e proprio con questi condividerà la sua innata passione per il calcio. – Indicazioni terapeutiche: È un film sui sottili meccanismi psicologici che un giovane affronta nel suo ingresso nell’età adulta, evidenziandone in tutte le più minute sfaccettature i problemi, le gioie e i dolori. Descrive, inoltre, anche le difficoltà genitoriali, presentandole con tutte le loro negatività legate ai rimorsi relativi all’abbandono dei figli, offrendo quindi spunti di riflessione estremamente costruttivi per i giovani, per i giovani adulti e per gli stessi genitori. • – – –

A piedi nudi nel parco (1967). Di: Gene Saks. Con: R. Redford, J. Fonda. Trama: Una commedia che in modo francamente ironico riesce a mettere in evidenza l’immaturità e le insicurezze caratteriali di lei. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia le negatività infantili e le insicurezze individuali che in un rapporto di coppia riescono a rappresentare una possibile causa di rottura di un rapporto affettivo. Solo nel momento in cui si “tocca con mano” il pericolo di perdere l’altro, soltanto allora si può riuscire a maturare la revisione delle proprie infantili priorità. • – – –

• Apollo 13 (1995). – Di: Ron Howard. – Con: T. Hanks, K. Bacon, B. Paxton. 156

– Trama: La vera storia della navicella spaziale del titolo, vittima di un guasto, e i piani di recupero per salvare la vita dei tre astronauti al suo interno. – Indicazioni terapeutiche: Validi modelli di self-control durante lo stress e di serena accettazione motivata di eventuali conseguenze catastrofiche. L’apostolo (1997). Di: Robert Duvall. Con: R. Duvall, F. Fawcett. Trama: Storia di un predicatore texano che si integra in una comunità di derelitti di colore. – Indicazioni terapeutiche: Un film da proporre a chi ha problemi di fanatismo religioso. • – – –

A proposito della notte scorsa (1986). Di: Edward Zwick. Con: R. Lowe, D. Moore, J. Belushi. Trama: Un film sulle incertezze e le indecisioni di una coppia divisa tra il desiderio di una vita stabile e tranquilla e quello della libertà di una vita da single. – Indicazioni terapeutiche: È un film sull’egoismo di fondo e sullo sbandamento affettivo di coppia che, se interpretato nel verso giusto, può rivelarsi in grado di fornire spunti di riflessione costruttivi in merito proprio al problema delle scelte e del rapporto di coppia, nonché della propria evoluzione maturativa. • – – –

A proposito di Henry (1991). Di: Mike Nichols. Con: H. Ford, A. Benning. Trama: Ferito da un rapinatore, un avvocato tendenzialmente anaffettivo e calcolatore perde la memoria e dovrà ricominciare a ricostruire la sua vita iniziando dai ricordi dei suoi affetti. – Indicazioni terapeutiche: Evidenzia la crudeltà di alcuni comportamenti propri della nostra meschinità quotidiana e fornisce una valida rivalutazione dei veri valori, a beneficio di se stessi e di chi ci sta intorno. • – – –

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Arancia Meccanica (1971). Di: Stanley Kubrick. Con: M. McDowell, M. Bates. Trama: Due giovani ragazzi iniziano una escalation criminale prendendo in ostaggio una famiglia e sottoponendola a molteplici torture. 157



Indicazioni terapeutiche: Specificamente mirato ad operatori del settore psichiatrico-psicologico, affronta il tema della devianza giovanile. Caso di Spree-Killer.

Aria di famiglia (1997). Di: Cedric Klapish. Con: J.P. Bacri, A. Jaoni. Trama: Parla della Famiglia Menard che, come d’abitudine, si riunisce una sera alla settimana per stare tutti insieme. Si verifica una variante che fa cambiare il programma. Da qui, nell’attesa di Arlette, la moglie di Henri che decide di allontanarsi per una settimana, come in una sorta di terapia di gruppo, i personaggi si ritrovano costretti a comunicare tra loro ed iniziano un lento percorso caratterizzato dallo scontrarsi l’uno contro l’altro. – Indicazioni terapeutiche: Mette in risalto le problematiche relative ai conflitti familiari ed è utile per spunti di riflessione sui tormentati meccanismi che si instaurano all’interno del nucleo familiare. • – – –

Assassini nati (1994). Di: Oliver Stone. Con: W. Harrelson, J. Lewis. Trama: Film che percorre i passaggi mentali tipici di uno Spree-Killer (in coppia – vedi “Arancia Meccanica”). – Indicazioni terapeutiche: Mirato ad operatori del settore psichiatricopsicologico, in quanto tratta il fenomeno della coppia criminale. Caso di Spree-Killer. • – – –

A tempo pieno (2001). Di: Laurent Cantet. Con: A. Recoing, K. Viard. Trama: Un consulente aziendale fa carte false, giungendo fino alla truffa ed alla complicità in contrabbando, per nascondere alla famiglia il fatto di essere stato licenziato e far credere di avere un nuovo importante lavoro. – Indicazioni terapeutiche: Questo film può risultare in grado di esprimere le difficoltà dei problemi professionali ed il conseguente stress lavorativo, fornendo viceversa possibili spunti compensatori e costruttivi.

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• A tutto volume – Feel the noise (2007). – Di: Alejandro Chomski. – Con: O. Grandberry, V. Rasuk, Z. Henano, G. Esposito, M. Diaz. 158

– Trama: Siamo nel pianeta della musica reggae, ove la musica caraibica si fonde con la hall dance. Rob, il protagonista, che vive nel Bronx, va alla ricerca del suo successo nel mondo dei rapper e, suo malgrado, si trova nel bel mezzo di una rissa e, pur non facendo parte di nessuna banda di teppisti, anche se innocente, è costretto a fuggire e rifugiarsi nella città di Puerto Rico. Gli eventi lo porteranno così, per uno strano destino, a conoscere il proprio padre naturale mai incontrato e solo grazie all’aiuto del fratellastro Javi conoscerà il reggaeton, la nuova musica, le nuove sonorità, di cui diventerà interprete principale. Incontra altresì l’amore di una ballerina, anch’essa alla ricerca della sua strada nella vita. – Indicazioni terapeutiche: Questo film, prima di tutto, è in grado di trasmettere ad un figlio che non ha mai visto suo padre, quelli che potrebbero essere stati i sentimenti dello stesso genitore verso la sua persona. Per i genitori è un valido aiuto di affermazione e di crescita della propria identità genitoriale fornendo nuovi spunti di vita e di speranza esistenziale. L’attimo fuggente (1989). Di: Peter Weir. Con: R. William, R.S. Leonard, L.F. Boyle. Trama: Film che, attraverso la poesia e grazie alle doti pedagogiche di un insegnante, estrinseca in sette ragazzi la volontà e l’entusiamo di comunicare e coltivare le proprie aspirazioni in una società conformista. Da parte di uno di loro (aspirante attore) però, vi sarà la tragica conseguenza del suicidio a causa di un padre autoritario. – Indicazioni terapeutiche: Se ne consiglia un’attenta visione (specialmente se giovani), attraverso un ottica preventiva di ciò che si può fare di diverso rispetto a scelte estreme. Sconsigliato a soggetti con tendenze depresse. • – – –

Attrazione fatale (1987). Di: Adrian Lyne. Con: M. Douglas, G. Close. Trama: Una fugace relazione extraconiugale si trasforma, per un procuratore legale, in un incubo perché “Lei”, del tutto patologicamente, non ci sta e inizia a perseguitare il protagonista fino all’autodistruzione finale. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia a chi ha una “struttura dipendente di personalità” che, per il momento, “non ha la patente per amare” e che è bene che ne prenda coscienza, creando soprattutto una equilibrata autonomizzazione intrapsichica: il suo problema è nella necessità di una • – – –

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evoluzione fisiologica positiva del vissuto di “attaccamento e abnormi timori abbandonici”, effettuando una propria crescita personale prima di congiungersi in un rapporto di coppia. Baby Boom (1987). Di: Charles Shyer. Con: D. Keaton, J. Spader, S. Shepard. Trama: Storia di una trentenne in carriera che, ricevuta “in eredità” una bambina, deve lasciare il lavoro e trasferirsi a vivere in campagna, dove imparerà ad apprezzare nuovi valori e troverà anche un nuovo amore. – Indicazioni terapeutiche: È un film che riesce a comunicare quanto può coesistere l’iperattività lavorativa con il sentimento di maternità e come anzi quest’ultimo possa fornire moltiplicate energie, migliorando ulteriormente la propria attività. • – – –

Un bacio romantico (2007). Di: Wong Kar-Wai. Con: N. Jones, J. Law. Trama: È la storia di Elizabeth, delusa da una lunga relazione finita male, che conosce Jeremy, con cui si confida; lui si innamora di lei. Elizabeth parte per un viaggio alla ricerca di un lavoro e, per curare le ferite interiori, in questo cammino incontrerà diverse persone che la faranno crescere e quindi ad avere una nuova visione nei confronti del mondo. – Indicazioni terapeutiche: Il film mette in luce quanto ognuno di noi, nella difficile ricerca di se stesso, abbia due possibilità: o superficializzare ogni incontro, oppure viceversa far sì che il singolo incontro rappresenti costruttivamente un piccolo grande messaggio di crescita personale auto-gratificante, così da aiutarci ad osservare il mondo sotto un’ottica diversa. • – – –

Bad Boys (1983). Di: Rick Rosenthal. Con: S. Penn, R. Santoni. Trama: Chicago, oggi. Il film affronta il fenomeno delle bande criminali, che si fanno la guerra con conseguente eccessiva spinta al crimine. – Indicazioni terapeutiche: Consigliato particolarmente ai giovani per la comprensione dei meccanismi scatenanti le azioni di bullismo e aggressività. • – – –

• La balia (1999). – Di: Marco Bellocchio. 160

– Con: F. Bentivoglio, V. Bruni Tedeschi, M. Sansa, M. Placido. – Trama: Roma, primi anni del Novecento. Uno psichiatra affermato e sua moglie hanno un bambino. Il parto risulta complicato e tra il neonato e la madre si verifica un distacco emozionale. Il marito, in seguito a tale avvenimento, procura una balia al piccolo, con cui si instaura subito un forte legame. Intanto la moglie dello psichiatra abbandona lui ed il bambino. Alla fine la presenza della balia ha creato un profonda scissione tra marito e moglie ma ha anche consentito di instaurare una nuova via verso la chiarezza, scevra finalmente dalle incomprensioni. – Indicazioni terapeutiche: Utile per affrontare il tema mirato ai sentimenti sia tra coniugi che tra genitori e figli. A volte, anche per chi studia i meccanismi della mente, diventa più difficile comprendere determinate sfaccettature, specie se si è coinvolti personalmente. Barbablù Barbablù (1987). Di: Fabio Carpi. Con: J. Gieland, S. York, S. Mocci. Trama: Narra la vicenda di uno psicanalista che, avendo sposato 5 mogli e sentendosi ormai alla fine dei suoi anni, convoca i figli provenienti da diverse parti del mondo, per poter lasciare ai posteri la sua storia di vita. – Indicazioni terapeutiche: In tema di conflitti familiari, è un confronto tra diverse generazioni. Va visto per meglio riflettere sulle scelte esistenziali, ma soprattutto per cercare di meglio comprendere che sarebbe più opportuno recuperare i rapporti affettivi, in tempo utile.

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Barfly (1971). Di: Barbet Schroeder. Con: M. Rourke, F. Dunaway, J. Nance. Trama: Al centro della vicenda c’è la dipendenza da alcool, che evidenzia come sia difficile gestire i rapporti interpersonali e di coppia. I personaggi si incontrano spesso in un bar dove finisce sempre con scontri verbali e fisici. – Indicazioni terapeutiche: Utile per fornire punti di riferimento valutativi sulla dipendenza da alcool, descrivendo l’abbrutimento psico-fisico che tale problematica comporta. • – – –

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Beautiful girls (1996). Di: Ted Demme. Con: T. Hutton, M. Dillon, U. Thurman. Trama: La storia di un pianista che, tornato nella sua cittadina d’origine, 161

in attesa dell’arrivo della fidanzata, ritrova i suoi vecchi amici e intreccia relazioni con altre ragazze. – Indicazioni terapeutiche: Un film che, analogamente a “L’ultimo bacio” di Muccino, mostra la delicatezza e le incertezze delle scelte affettivosessuali che, pur se avvengono istintivamente, fino ad un certo momento della nostra evoluzione intrapsichica, possono risultare del tutto funzionali ad una verifica di noi stessi, di come ci vivono gli altri e quindi del nostro rapporto con l’altro, ma se protratte nel tempo, possono risultare indicative di immaturità e di paura di crescere, affrontando una vita più adulta e quindi ristagnando in una continuativa necessità di verifiche mai ottenute. La bella vita (1994). Di: Paolo Vorzi. Con: C. Bigagli, M. Ghini, S. Ferilli. Trama: In una cittadina di provincia una donna inizia una relazione con un conduttore televisivo e, pur decisa a non proseguire la storia, non riuscirà a salvare il suo matrimonio. – Indicazioni terapeutiche: Il film, pur senza fornire una risoluzione finale, si propone di esprimere quanto una certa ristrutturazione industriale e le tentazioni effimere e di illusione del mondo mass-mediatico televisivo possano depistare o del tutto occultare l’esistenza di altri valori. • – – –

La bestia nel cuore (2005). Di: Cristina Comencini. Con: S. Rocca, G. Mezzogiorno, A. Finocchiaro, S. Lisi. Trama: Racconta la storia di Sabina, abusata da suo padre come suo fratello Daniele e del silenzio da parte della loro madre. Non ne è ancora consapevole, non razionalmente, ed un giorno, trovandosi a doppiare in sala montaggio la voce di un attrice che interpreta il personaggio di una donna stuprata, comincia ad urlare, difendendosi al microfono, per poi tornare apparentemente alla normalità. Una notte il fatto rimosso viene in sogno. Sabina parte oltreoceano per nascondersi. Suo fratello ha la stessa “bestia”, che ha elaborato con silenzio e rassegnazione e, per evitare il dolore della sorella che lo raggiunge per interrogarlo, lo sublima parlando di architettura, del tempo e della natura. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce utili indizi alla comprensione dei conflitti familiari, relativamente al delicato tema dell’abuso sui minori. Questo film, oltre ad essere mirato particolarmente agli addetti al settore psichiatrico e psicologico, risulta utile anche per un pubblico più preparato ad affrontare, in chiave preventiva, tale scottante argomento. • – – –

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Birdy – Le ali della libertà (1984). Di: Alan Parker. Con: M. Modine, N. Cage. Trama: Il giovane “birdy”, chiuso nel suo ritiro autistico dopo un trauma vissuto durante la guerra del Vietnam, riuscirà ad uscire dalla follia grazie all’aiuto di un amico d’infanzia. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica il valore dell’amicizia e la possibilità di liberarsi della psicopatologia al di là delle diversità e delle “stranezze” di ciascuno di noi. • – – –

Boogeyman 2 (2008). Di: Jeff Betancourt. Con: D. Savre, M. Cohen, C. Griffith, M. Graziadei. Trama: Laura Porte, la protagonista, dal giorno della perdita misteriosa dei suoi genitori, vive nell’angoscia di essere perseguitata dalla cupa figura di un uomo che si nutre delle sue più profonde angosce e paure. A causa dei suoi spunti paranoici, viene ricoverata in un ospedale psichiatrico ove incontra altre vittime dell’uomo nero, figura che si rivelerà essere non frutto di una paranoia, bensì una presenza demoniaca che vive nel buio assoluto. – Indicazioni terapeutiche: È un film catartico che, con creatività emozionale, cerca di sfatare la paura nascosta in ognuno di noi, offrendoci validi spunti di riflessione e suggerimenti su come tenere le nostre ossessioni e paure il più possibile lontane da noi.

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Boys don’t cry (1999). Di: Kimberly Pierce. Con: H. Swank, C. Sevigny. Trama: Nei panni di un nuovo arrivato in una cittadina del Nebraska, da cui la giovane ed inquieta Lana si sente attratta, si cela in realtà una ragazza dall’aspetto ambiguo ed androgino. – Indicazioni terapeutiche: Questo film esprime le difficoltà del problema “solitudine” e della conseguenziale ricerca distorta della propria identità con la sua relativa confusione sessuale e può fornire un tentativo di spunti sociologici costruttivi. • – – –

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Borderline (1999). Di: Giuseppe La Rosa. Con: M. Rocher, U. Barberini, S. Lescovelli. Trama: Un regista 50enne è frustrato perché non è mai riuscito a realizzare nessuno dei progetti a cui teneva. La sua unica figlia arriva dalla 163

Francia e va a vivere con lui in Italia. La ragazza vorrebbe le attenzioni e l’affetto del padre ma scopre un orribile segreto. – Indicazioni terapeutiche: Mirato ad operatori del settore psichiatricopsicologico. Tratta il Disturbo Borderline. Braveheart – Cuore impavido (1995). Di: Mel Gibson. Con: M. Gibson, P. McGoohan, S. Marceau. Trama: William Wallace, nella Scozia del Tredicesimo secolo, persa la sua amata per mano dei dominatori inglesi, guiderà la rivoltà contro gli oppressori fino a pagare con la propria vita. – Indicazioni terapeutiche: Questo film permette di introiettare il valore del coraggio. • – – –

Bread and Roses (2000). Di: Ken Loach. Con: A. Brody, P. Padilla. Trama: L’incontro tra una giovanissima messicana che lavora a Los Angeles in un’impresa di pulizie che assume immigranti a basso costo e un sindacalista che si batte per i diritti degli extracomunitari. – Indicazioni terapeutiche: Questo film esprime le difficoltà dei problemi di affermazione dei propri diritti fornendo spunti compensatori e costruttivi, per un tentativo di miglioramento della qualità della vita. • – – –

Breakfast Club (1985). Di: John Hughes. Con: E. Estevez, A. Michael Hall. Trama: Riflessioni e confronti fra cinque studenti di differente carattere ed estrazione sociale costretti, per punizione, a restare chiusi per ore in biblioteca per scrivere un tema dal titolo “Chi sono?”. – Indicazioni terapeutiche: Dal confronto dei personaggi del film e quindi dalla confezione e consegna di un tema unico da parte dei cinque ragazzi si possono trarre ottimi spunti di disamina relativa ai distorti stereotipi sociali e ai problemi giovanili. • – – –

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Broken Flowers (2005). Di: Jim Jarmusch. Con: B. Murray, J. Delpy, J. Lange, S. Stone. Trama: Narra la storia di uno scapolo convinto di 60 anni che viene mollato dalla sua ultima conquista. Riceve una lettera anonima di una sua ex che gli rivela che il figlio di 19 anni è sulle sue tracce. Lui incarica un de-

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tective dilettante per scoprire la mittente della lettera. Successivamente si ritroverà a scontrarsi con il proprio passato ed a riflettere sul presente. – Indicazioni terapeutiche: Comunica il valore della paternità e offre spunti di riflessione sul tema dell’abbandono, nonché sulla crescita affettiva. Ogni età ha le sue tappe. Una brutta storia (1980). Di: Claude Santet. Con: P. Deware, Y. Robert. Trama: Bruno torna a Parigi da suo padre operaio dopo aver scontato una pena di 5 anni per la droga. Il padre lo ritiene responsabile della morte di sua madre e Bruno, anche se con fatica, vuole dimostrargli di essere cambiato. – Indicazioni terapeutiche: Mirato alle relazioni genitori-figli ed al recupero di questi ultimi. È giusto concedere una seconda possibilità. • – – –

A bug’s life – Megaminimondo (1998). Di: John Lasseter, Andrew Stanton. Con: D. Foley, K. Spacey. Trama: La formica Flik riuscirà, con l’aiuto di un gruppo di strambi alleati, a liberare la sua comunità dalla schiavitù di un’orda di cavallette alle quali sono costretti a procurare il cibo. – Indicazioni terapeutiche: (Cartone animato, per bambini), esprime il valore dell’intelligenza, del coraggio, della coesione di gruppo; anche se piccoli e apparentemente indifesi, si può essere “grandi e capaci” (valido per la conquista e/o ratifica dell’autostima). • – – –

Il buio oltre la siepe (1962). Di: Robert Mulligan. Con: G. Peck, M. Badham, B. Peters. Trama: Atticus Finch è un raro esempio di coerenza; è un padre che cerca di educare i suoi figli al rispetto per gli altri, ed è anche, parimenti, un avvocato deciso e progressista che, negli anni Trenta, in una cittadina del Sud degli Stati Uniti, difende un uomo di colore innocente dall’accusa di aver violentato una donna bianca. – Indicazioni terapeutiche: Il film rappresenta un valido modello maschile e paterno da comunicare ai propri figli indipendentemente dalla propria attività lavorativa, con equilibrata umanità e valori, in grado di potenziare l’autostima degli stessi figli. • – – –

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Buon compleanno Mr. Grape (1993). Di: Lasse Hallstrom. Con: L. Di Caprio, J. Deep. Trama: Nell’ambiente della provincia americana un giovane figlio di un genitore suicida vive la sua vita con il fratello ritardato, una madre bulimica e l’amore per una ragazza di passaggio. – Indicazioni terapeutiche: Il film può rappresentare, durante tutta la sua visione, che passa in rassegna una deprimente, straziante e malinconica realtà fatta di tragedie familiari, un esercizio emozionale di ricerca di piccole grandi strategie per organizzare, nonostante tutto, i propri meccanismi di compensazione, le proprie oasi di pace ed equilibrio, le proprie conquiste gratificanti. • – – –

Callas Forever (2002). Di: Franco Zeffirelli. Con: F. Ardant, J. Irons. Trama: Maria Callas, che vive ormai reclusa in un appartamento di Parigi, riceve l’invito, da parte di un manager inglese, a interpretare uno special a lei dedicato. – Indicazioni terapeutiche: Non consigliato ai fortemente depressi, il film, per risultare positivo nei suoi messaggi, va visto solo con l’ottica di chi è pronto a cogliere gli atteggiamenti mentali negativi da mantenere attentamente lontani da sé. • – – –

Cambia la tua vita con un click (2006). Di: Frank Coraci. Con: A. Sandler, K. Beckinsale, C. Walken. Trama: Un telecomando permette ad un uomo di andare avanti ed indietro nel tempo focalizzando l’attenzione solo nell’ambito professionale, trascurando la famiglia e privandosi, così, dei momenti più importanti. – Indicazioni terapeutiche: Consigliabile per spunti riflessivi sulla necessità di valutare oggettivamente quali sono le concrete priorità della vita, cercando di dedicare il giusto tempo sia alla crescita professionale ma anche agli affetti. • – – –

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Cambio gioco (2007). Di: Andy Fickman. Con: K. Sedgwick, R. Sanchez, C. Lakin. Trama: Il giocatore Joe Kingman, uomo agile e incredibilmente forte, mostra in campo, come nella vita, una durezza brutale che gli permette di ribattere colpo su colpo gli attacchi avversari. Ma un giorno, inaspet-

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tatamente, una bambina di appena otto anni, sua figlia, di cui ignorava l’esistenza, gli appare dinanzi e lo pone come su di un ring alle corde infliggendogli colpi su colpi. La sua vita, fino ad allora dura e dissoluta, si trova sconvolta, cambiata dalla realtà della bambina fatta di favole e di carezze. Nella ultima e più importante partita che si trova a giocare a fine campionato, l’unico scopo diviene vincere per sua figlia, la prima e più grande dei suoi fan. – Indicazioni terapeutiche: È un film che riesce a fornire validi modelli di autostima, di affettività e di coesione gruppale (in un gruppo), comunicando quanto può coesistere la sfida con se stessi con il profondo sentimento della conosciuta paternità, moltiplicando a dismisura le energie di ognuno di noi nella vita affettiva e in quella del lavoro quotidiano. Il caso dell’infedele Clara (2009). Di: Roberto Faenza. Con: C. Santamaria, L. Chiatti, I. Glen, K. Wareing. Trama: Il Film tratta l’argomento della gelosia, narrando la storia di Luca, un musicista che vive a Praga, il quale, dubitando del rapporto tra la sua fidanzata Klara, studentessa di storia dell’arte che sta per laurearsi, ed il suo tutor Pavel, affida al detective Denis, sposato con Ruth ed innamorato della sua assistente Nina, il compito di pedinare la ragazza. Tra i due uomini, Pavel e Denis, si instaura un singolare rapporto che li indurrà a contagiarsi a vicenda, nel proiettare l’uno nell’altro sentimenti sconosciuti fino ad allora. – Indicazioni terapeutiche: Questa pellicola si presenta ben in grado di indurre lo spettatore ad interrogarsi su chi è la vera vittima: «il tradito o il traditore costretto ad essere tale pur di comprarsi un attimo di felicità»? Sempre più affannosamente concentrati verso la ricerca dell’appagamento affettivo che spesso sfocia nel possesso dell’altro, questo film può risultare di estrema utilità per riflettere sull’eventuale proprio sentimento di gelosia in tutte le sue più articolate valutazioni; esasperata o patologica? Che cos’è in realtà? Amore, o semplicemente volontà di possesso, oppure ancora semplicemente paura di perdere le proprie sicurezze personali, o cos’altro ancora? A ben riflettere, forse basterebbe semplicemente la possibilità di “mettersi uno specchio nell’animo” e riuscire a leggere i propri sentimenti, anche se dovesse esserci una difficile presa di coscienza relativa alla propria insicurezza personale e non si possiede per ora la patente per amare, cercando quindi di essere in grado di saper gestire poi gli stessi sentimenti con serenità e scevri da qualsivoglia difesa, che può risultare, viceversa, soltanto penalizzante.

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Cast Away (2000). Di: Robert Zemeckis. Con: T. Hanks, H. Hunt. Trama: Un manager di una compagnia di spedizioni superstite di un disastro aereo è costretto a sopravvivere, novello Robinson Crousoe, per cinque anni su un’isola deserta prima di far ritorno alla civiltà. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica il valore dell’intelligenza, del coraggio, della tenacia e l’importanza dei sentimenti affettivi in cui la sola speranza di rincontrare qualcuno, si rivela in grado di tenerti in vita. • – – –

Certamente forse (2008). Di: Adam Brooks. Con: K. Kline, R. Reynolds, I. Fischer, R. Waisz. Trama: Un giovane consulente politico, che sta per divorziare dalla moglie, cerca di spiegare alla figlia undicenne le ragioni che lo spingono a separarsi. Era il 1992 quando Will lasciò il Wisconsin per New York e per un sogno di gloria: lavorare alla campagna presidenziale di Bill Clinton. Qualche anno dopo si sposò e dal suo matrimonio nacque Maya, una bambina vivace e intraprendente che vuole sapere tutto, ma proprio tutto, dell’amore di mamma e papà, iniziato chissà dove e finito con un divorzio a Manhattan. Spetterà a Will raccontare quella fiaba nel tempo di una notte. Una lunga veglia densa di ricordi e affollata di donne: Emily, April, Summer. Quale sarà la mamma di Maya nell’America di Bush? – Indicazioni terapeutiche: Il film si rivela particolarmente utile nell’evidenziare la preziosità di un vero, completo e autentico sentimento paterno e comunica tutta la bellezza degli stati d’animo propri di una reale amicizia tra padre e figlia anche in relazione alle complicate scelte decisionali che un buon padre dovrà fare quando si tratterà di trovare per la figliola una nuova madre.

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Chiamata senza risposta (2008). Di: Eric Vallatte-Bousma. Con: E. Burds, S. Sossamon, R. Wise. Trama: Strane telefonate arrivano sui cellulari ad un gruppo di amici: una stessa voce, mai ascoltata prima, preannuncia agli stessi la loro morte ma con tutti i particolari. Puntualmente le morti avvengono così come annunciate. Beth Raymond, la protagonista, rimane traumatizzata dalle orribili morti dei suoi amici e chiede aiuto ad un investigatore, Jack Andrews, la cui sorella è già morta per mano del misterioso assassino. La

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sua tenacia lo porterà a risolvere i misteriosi delitti delle chiamate senza risposta, ove la morte corre sul filo. – Indicazioni terapeutiche: Il film trasmette una serie di consequenzialità relative ai processi mentali legati allo sviluppo dei sentimenti d’angoscia e della paura, propri di ognuno di noi quando viene a trovarsi di fronte all’ignoto e offre validi argomenti di riflessione sulle nostre reazioni comportamentali e istintuali, nonché sui nostri condizionamenti. Chi ha paura di Virginia Wolf? (1966). Di: Mike Nichols. Con: E. Taylor, R. Burton. Trama: In occasione di una cena con amici, una coppia di coniugi trova il pretesto per mettere a nudo, in un crescendo di aggressività, le ancestrali incomprensioni e i propri marcati risentimenti. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può risultare utile proprio perché evidenzia le caratteristiche della violenza fra coniugi e l’abuso verbale, nonché come quest’ultimo possa raggiungere progressivamente i limiti dell’intollerabilità. • – – –

Il colore viola (1985). Di: Steven Spielberg. Con: W. Goldberg, D. Glover. Trama: La storia di una donna di colore nell’America degli anni Venti, dall’infanzia rubata alla conquista dell’indipendenza. Gli uomini, peraltro, in tutto il film, esprimono, per problematiche maschili ancestralmente radicate, il bisogno di umiliare, mortificare, schiaffeggiare e violentare. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia le possibilità di non restare vittima bensì di trasformarsi a ragion veduta in artefice della propria vita e quindi del proprio destino. In certi casi il film è risultato valido per comprendere, viceversa, cosa apprezzare nell’equilibrio e nella mitezza espressa dal proprio uomo.

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Come tu mi vuoi (2006). Di: Volfango De Biasi. Con: C. Capotondi, N. Vaporidis. Trama: Film che ben evidenzia le attuali e sempre ricorrenti problematiche esistenziali giovanili, viste dalle due diverse vite di un ragazzo e una ragazza, i quali finiscono per innamorarsi. – Indicazioni terapeutiche: Il film veicola in maniera esaustiva quanto sia importante non eccedere nelle scelte di cambiamento, per piacere necessariamente e sentirsi accettati dagli altri. La verità è sempre nel mezzo e

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bisogna mostrarsi per ciò che si è realmente, cercando solo di migliorarsi nei propri limiti anche fisici, senza esagerare. Particolarmente mirato ai giovani adolescenti ed ai genitori per cercare di riflettere meglio sul disagio giovanile. Commediasexy (2006). Di: Alessandro D’Alatri. Con: S. Rubini, P. Bonolis. Trama: Il Film descrive in maniera ironica la vita di un importamte uomo politico, il quale, come da clichè, si divide tra l’uomo che seccondo le convenzioni deve apparire un buon marito e padre di famiglia ed in segreto ha una storia extraconiugale con una showgirl che, attraverso lui, tenta la scalata del successo. – Indicazioni terapeutiche: Il Film delinea ad ampio raggio le problematiche attuali relative all’effetto imitativo da parte di minori attraverso la somministrazione di errati modelli di riferimento propinati dai mass media (es. veline), nonché la ricerca spasmodica del successo e del potere da parte del mondo adulto proiettato solo verso l’esterno (es. politici), con conseguente assenza di valori all’interno della famiglia e delle coppie in genere. In definitiva il messaggio socio-psicologico è: “Apparire per Essere”. • – – –

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La comunicazione in famiglia (2002). Di: Vincenzo Maria Mastronardi (Armando Editore). Con: interpretato da attori non professionisti. Indicazioni terapeutiche: una vera e propria enciclopedia in minifiction, in un filmato di meno di un’ora sugli errori della comunicazione in famiglia, le relative conseguenze dei singoli errori quando i figli diventeranno poi adulti. I segnali da saper leggere nei figli se questi sono a disagio o a rischio iniziale di disturbi comportamentali e suggerire i comportamenti più idonei e su cosa puntare per una giusta evoluzione.

Confidenze troppo intime (2004). Di: Patrice Leconte. Con: S. Bonnaire, F. Luchini. Trama: Una donna si reca dallo psicanalista per confidare i suoi problemi, sperando in un aiuto. Lui in realtà non ha mai avuto la forza di comunicarle che è entrata nello studio sbagliato e che la sua professione è consulente fiscale. – Indicazioni terapeutiche: Offre spunti di riflessione su come, in seguito ad un errore, ci si ritrova a confidare i propri sentimenti più intimi. Da • – – –

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visionare in chiave ironica. Il sentirsi compresi non sempre ha a che fare con il rivolgersi necessariamente ad uno psicanalista. • Conflitti del Cuore (1996) (È la continuazione del film “Voglia di tenerezza” sempre con Shirley McLaine). – Di: Robert Harling. – Con: S. MacLaine, B. Paxton, J. Lewis, M. Richardson, J. Nicholson. – Trama: Shirley MacLaine, nonna di tre nipoti avuti da sua figlia, morta di tumore 15 anni prima, dedica loro tutta l’invadenza del suo amore. Uno dei nipoti, per problemi di droga, finisce in carcere. Una nipote sogna di fare l’attrice. Nonostante tutte le sue difficoltà esistenziali, il suo carattere polemico, invasivo talvolta aggressivo, MacLaine non disdegna un rapporto sia pure rivelatosi deludente col suo giovane analista. Il film presenta diversi colpi si scena emozionali con tutta la varietà dei sentimenti umani, inclusi quelli del vissuto emozionale della dipartita delle persone care. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, evidenziando l’intera gamma dei comportamenti esistenziali e dei diversi destini dei figli in particolare nonché degli esseri umani in generale, riesce a comunicare che nonostante le amarezze, le vicissitudini negative e le sofferenze che la vita può dare, uno dei grandi valori è rappresentato dal “ricordo” che lasciamo nelle persone che abbiamo veramente amato. Crossed Over – Vite Spezzate (2002) (Film TV). Di: Bobby Roth. Con: D. Keaton, M. Chaykin. Trama: Film a sfondo sociale, utile per una duplice ragione, denuncia la sempre eterna battaglia sulla pena di morte ancora in vigore in alcuni Stati dell’America del Nord, trattando la vicenda di una scrittrice che, in seguito alla dipartita del figlio a causa di un incidente stradale, si affeziona ad una ragazza reclusa in prigione per aver ucciso una donna, la quale è in attesa del verdetto finale relativamente all’attuazione della pena capitale mediante somministrazione dell’iniezione letale. La scrittrice si batterà per lei senza successo, ma restando vicina alla ragazza fino alla fine. – Indicazioni terapeutiche: Si assiste ad un bilaterale altruistico scambio di comunicazione che, nel caso della scrittrice, la aiuta nell’elaborazione del lutto per la perdita di suo figlio e, nel caso della ragazza, ad una vicaria positiva figura materna. Utile per una duplice riflessione: sulla giustizia attraverso la pena capitale e su come due esseri umani possano vicendevolmente aiutarsi in seguito ad eventi drammatici.

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The Dangerous Lives of Altar Boys (2002). Di: Peter Care. Con: J. Foster, K. Culkin. Trama: Descrive la storia di adolescenti che frequentano una scuola rigidamente cattolica e dagli insegnamenti severi. Per fuggire da quella realtà assillante, creano un fumetto in cui i loro alter ego combattono la cattiva Nunzilla (la loro insegnante severa). Siamo nei primi anni ’70. – Indicazioni terapeutiche:Consigliato soprattutto ai giovani ma anche agli adulti, sulle giuste impostazioni da dare nelle relazioni tra adulti e adolescenti. Il braccio di ferro porta sempre a difendersi e non è utile a costruire. • – – –

Denti (2007). Di: Mitchell Lichtenstein. Con: J. Weixler, J. Hensley, J. Pais, P. Happleman. Trama: Una studentessa liceale, Dawn, vuole, quale attivista di un gruppo votato alla castità a qualsiasi costo, preservare la sua verginità. Contiunamente provocata dal suo fratellastro, Dawn, ragazza innocente estranea al suo corpo scopre che il suo organo sessuale diviene “dentato” ogni volta che è oggetto di violenza sessuale. Cerca con l’aiuto di un medico di comprendere il mistero della sua caratteristica anatomica. Ma non vi è soluzione: Dawn diviene un mito vivente, unica al mondo a possedere un organo sessuale dentato. – Indicazioni terapeutiche: Il film esprime le difficoltà che si incontrano nella ricerca della propria identità, dell’incontro con le proprie più profonde paure, e la conseguente confusione sessuale e la finale accettazione della propria diversità. • – – –

Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure (1975). Di: Akira Kurosawa. Con: M. Munzuk, J. Solomin. Trama: La storia della profonda amicizia, nello scenario della taiga siberiana ed al di là delle differenze individuali, tra un ufficiale russo ed un cacciatore solitario che si salvano reciprocamente la vita. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica, sia pure in un particolare contesto ambientale, il valore immutabile dell’amicizia.

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Il diario di Bridget Jones (2001). Di: Sharon Maguire. Con: R. Zellweger, H. Grant. Trama: La trentenne Bridget Jones, preoccupata per la sua forma fisica

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e dal pensiero di non riuscire a trovare un compagno, cerca comunque l’uomo della sua vita. – Indicazioni terapeutiche: È un film che comunica la franca possibilità di rivalsa del “brutto anatroccolo” proprio grazie ai percorsi mentali umoristici al femminile, nonché grazie ad un atteggiamento giustamente satirico nei confronti di alcune tipologie comportamentali maschili e del clima di alcuni uffici. Il Diavolo veste Prada (2006). Di: David Frankel. Con: A. Hathaway, M. Streep. Trama: Il film narra la storia di una giovane ragazza che si ritrova a lavorare per un importante rivista di moda, alle prese con un capo davvero ostile. Riuscirà ad ottenere ciò che vuole ma ad un certo punto, si ritrova ad un bivio e dovrà scegliere tra la carriera e l’amore. – Indicazioni terapeutiche: Film sulle scelte esistenziali in conflitto tra sentimenti d’amore, d’amicizia e professione. A cosa dare la priorità? E soprattutto, si possono condividere evitando di dover necessariamente scegliere se dedicare la propria vita alla scalata al successo o verso i sentimenti in genere? O vi è d’obbligo una dicotomia? Spunti riflessivi su un attuale argomento dove il quesito posto in evidenza è sempre il seguente “Apparire per Essere”, spesso a scapito dei reali valori della vita.

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Dietro la maschera (Mask) (1985). Di: Peter Bogdanovich. Con: Cher, E. Stoltz, S. Elliot, L. Dern. Trama: Bellissimo e toccante esempio sul tema della diversità (ricordiamo il più struggente e angoscioso “The Elephant man” di David Lynch), il film racconta la vita del giovane Rocky, sensibile ed intelligente, il cui volto è reso deforme da una rara malattia, alle prese con una madre sola ma umanamente comprensiva e con i suoi vari amanti. Il giovane riuscirà anche a trovare un tenero rapporto d’amore in una giovane ragazza cieca alla quale riesce a trasmettere che cosa sono i colori. – Indicazioni terapeutiche: Il film, indipendentemente dal suo finale, può costituire un valido suggerimento esemplificativo per tentare di superare la timidezza e accettare la propria immagine e/o la propria diversità. • – – –

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Diritto d’amare (1988). Di: Leonard Nimoy. Con: D. Keaton, L. Neeson. Trama: Il convivente di una donna divorziata e con una bambina a carico 173

viene trascinato in tribunale dal marito di lei che lo accusa di atti di esibizionismo nei confronti della figlioletta per riottenerne l’affidamento. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, indipendentemente dallo specifico contesto narrativo, evidenzia, smascherandole, le drammatiche strumentalizzazioni e le crude vicissitudini delle problematiche in tema di affidamento. Il dolce domani (1997). Di: Atom Egoyan. Con: I. Holm, S. Polley, B. Greenwood. Trama: L’avvocato Mitchell Stephens cerca di convincere i genitori di quattordici bambini morti in un incidente dell’autobus della scuola a intentare una causa, al di là della paralisi e dello sconcerto che sembrano aver colpito la comunità di Sam Dent, nella Columbia Britannica. In un’atmosfera ancor più pesante di dubbi e sospetti, una ragazza è la sola che con la propria dignità si impegna a riconciliare i membri della comunità. Grazie al suo coraggio, tutti potranno poi ritrovare, sia pure in un atteggiamento comunque appesantito, una certa tranquillità e vivere la speranza di un “dolce domani”. – Indicazioni terapeutiche: Il film è sconsigliato ai depressi o a chi ha subito un lutto recente, proprio perché si presenta particolarmente triste, però affronta con maestria le problematiche relative alle emozioni più profonde quali il dolore, la perdita, il senso di inadeguatezza e riesce a comunicare che, talvolta, più si spera di cambiare qualcosa, più nulla cambia e la risoluzione è spesso dietro l’angolo: fonte di serenità è molte volte proprio “l’accettazione delle proprie limitazioni”. • – – –

Una donna in carriera (1988). Di: Mike Nichols. Con: M. Griffith, S. Weaver, H. Ford, A. Baldwin, O. Dukakis. Trama: Descrive la storia di una giovane donna che in seguito a delusioni sia d’amore che professionali, riesce a rialzarsi grazie alla fermezza caratteriale, prendendosi la giusta rivincita. – Indicazioni terapeutiche: Tratta il tema dei problemi professionali e dello stress lavorativo. Utile sotto il profilo della crescita esistenziale e di conseguenza della propria autostima, grazie all’affermazione professionale. • – – –

• Drugstore cowboy (1989). – Di: Gus Van Sant. – Con: M. Dillon, K. Lynch. 174

– Trama: La storia di una banda di tossicodipendenti che, grazie alle rapine nei drugstores, si procura i soldi necessari a comprare la droga, ma questo modo di vivere, nonostante i ripensamenti, sarà inevitabilmente una strada in discesa. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può risultare terapeutico-preventivo se durante tutta la proiezione ci si esercita ad individuare per se stessi eventuali meccanismi di autogratificazione migliori e più funzionali. Gli eletti (1981). Di: Jeremy Paul Kagan. Con: M. Schell, R. Steiger, R. Benson. Trama: Narra la storia di due adolescenti ebrei a Brooklyn durante la Seconda Guerra Mondiale. Le famiglie non approvano tale legame in quanto si confrontano la rigida bigotteria hasidica e il sionismo laico e progressista. – Indicazioni terapeutiche: Riesce ad introiettare il valore dell’amicizia tra due adolescenti, pur se nel contesto di contrastanti visioni, da parte dei rispettivi genitori. Decisamente utile in relazione alla comprensione da parte del mondo adulto, di quanto sia importante superare anche ostacoli come quelli educativo-politico-religiosi, anteponendo valori prioritari quali quello di un valido rapporto di amicizia. • – – –

Erin Brockovich – Forte come la verità (2000). Regia: Steven Soderbergh. Con: J. Roberts, A. Finney, A. Eckart. Trama: Erin Brockovich, reduce da due divorzi e con tre figli da mantenere, riesce a farsi assumere come segretaria da un avvocato e a fare carriera trovando le prove per intentare una causa contro una potente società colpevole di aver avvelenato l’acqua di una intera contea, causando più di 600 morti per cancro. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica il coraggio di essere se stessi nel difendere le proprie convinzioni (se si è certi delle stesse). Peraltro può rappresentare una valida spinta per gli “insicuri ed i titubanti” sia verso il proprio “credo lavorativo” e la propria professione, sia verso la coesistenza del lavoro con il proprio ruolo di genitore e quindi con i propri affetti.

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• Eroi di tutti i giorni (1995). – Di: Diane Keaton. – Con: J. Turturro, A. MacDowell. 175

– Trama: La storia di un bambino di dodici anni che, per sfuggire alla tristezza e pesantezza della malattia della madre e al carattere lunatico del padre, si rifugia dagli zii e quindi nei suoi meccanismi fantastici di igienica oasi mentale. – Indicazioni terapeutiche: Il film può risultare terapeutico per chi è vittima di situazioni esistenziali imprigionanti, in quanto insegna a gioire delle proprie fantasie e del proprio sguardo ottimistico da “eroe di tutti i giorni”. Essere John Malkovic (1999). Di: Spike Jonz. Con: J. Cusack, C. Diaz, J. Malcovich. Trama: Un racconto surreale nel quale un burattinaio e sua moglie scoprono un tunnel che porta direttamente nella testa dell’attore John Malcovich, permettendo ai due di prenderne il controllo ed influenzarne le decisioni e le azioni. – Indicazioni terapeutiche: Questo film può esprimere le difficoltà che si incontrano nella ricerca della propria identità e può risultare in grado di fornire qualche spunto riflessivo in merito. • – – –

The Experiment (2001). Di: Oliver Hirshbiegel. Con: M. Bleibtreu, C. Berkel. Trama: Venti persone accettano di far parte di un esperimento finalizzato a scoprire le radici dell’aggressività, nel corso del quale alcuni di loro dovranno recitare la parte dei detenuti ed altri quella delle guardie. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia alcune peculiarità dell’estrinsecazione dell’aggressività e fornisce spunti relativi alle eventuali modalità di sollevamento della soglia di tolleranza allo stress e quindi come eventualmente evitare l’aggressività, oppure ancora, come meglio canalizzarla.

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Facciamo paradiso (1995). Di: Mario Monicelli. Con: M. Buy, L. Arena, A. Clement, P. Noiret, M. Ovaia, M. Sbragia. Trama: La storia di Claudia Bertelli che nasce a Milano nel ’49 da una famiglia dell’alta borghesia che non la battezza. Dall’età di 7 anni la bambina esprime il desiderio di accostarsi al sacramento. Dopo dieci anni comincia una serie di vicissitudini e di scelte sconnesse, viene dapprima espulsa da un college inglese, poi finisce tra gli hippie nell’isola di White e via discorrendo va incontro ad altre disavventure con valutazioni discutibili e sempre più confuse.

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– Indicazioni terapeutiche: Fornisce validi suggerimenti per i rapporti educazionali tra genitori e figli e di quanto ciò sia importante per evitare errate piste comportamentali da parte dei giovani. • La famiglia (1986). – Di: Ettore Scola. – Con: V. Gassman, S. Sandrelli, F. Ardant, J. Campa, A. Occhipinti, C. Dapporto, A. Cenci, O. Piccolo. – Trama: Narra i ricordi di un anziano professore, in 9 flash-back di un decennio ognuno, e le vicende generazionali di vari personaggi. – Indicazioni terapeutiche: Tratta in maniera esaustiva il tema legato ai conflitti familiari. Da osservare in un ottica preventivo-riflessiva. Fandango (1985). Di: Kevin Reynolds. Con: K. Costner, J. Nelson, S. Robards. Trama: Il viaggio senza meta e pressocchè surreale di cinque amici prima che due di loro partano per il Vietnam. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica il valore dell’amicizia e può fornire spunti di riflessione sulla vita e quindi sulle proprie mete esistenziali. • – – –

I favolosi baker (1989). Di: Steve Kloves. Con: J. Bridges, B. Bridges, M. Pfeiffer. Trama: Due fratelli pianisti, specializzati in musica jazz, si esibiscono nei night di Seattle. Quando si accorgono che il repertorio è ormai saturo, lo arricchiscono con una voce di una donna avvenente. Il duo diviene trio, riscuote molto successo, ma come spesso succede, ne nasce la solita rivalità e finiscono per dividersi. Susie, la sensuale voce del gruppo, finirà con la sua bellissima voce a commentare ortaggi e prodotti in scatola, mentre i due fratelli si riuniscono per suonare insieme come ai vecchi tempi. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce ottimali spunti in relazione ai rapporti tra fratelli che, anche se contrastanti, spesso possono essere recuperati. • – – –

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Fearless – Senza paura (1993). Di: Peter Weir. Con: J. Bridges, R. Perez. Trama: La vita di un architetto viene sconvolta dal fatto di essere sopravvissuto ad un incidente aereo. 177

– Indicazioni terapeutiche: Il film può risultare utile proprio a coloro che sono affetti dal cosiddetto “disturbo post-traumatico da stress” dei sopravissuti ad incidenti o gravi traumatismi con la sensazione di “imminente pericolo di vita”. Talvolta può residuare profonda depressione e visione negativa del mondo, altre volte invece può svilupparsi la tendenza ai deliri di onnipotenza con difficoltà di reinserimento nella realtà. Le immagini del film, mettendo a nudo tali problematiche, possono svolgere un ruolo terapeutico di presa di coscienza e di prevenzione secondaria. Fight Club (1999). Di: David Fincher. Con: B. Pitt, E. Norton. Trama: Storia di un giovane in crisi che, dopo aver cercato aiuto e conforto in gruppi di assistenza per malati terminali, finirà con l’entrare, spinto e plagiato da un ambiguo personaggio, nel giro dei combattimenti clandestini e nella milizia rivoluzionaria. – Indicazioni terapeutiche: Questo film esprime le difficoltà nella ricerca della propria identità e, se visionato in un’ottica positiva, potrebbe essere in grado di fornire spunti costruttivi, chiarendo a se stessi quanto meno ciò che sicuramente non si desidera. • – – –

Figli di un Dio minore (1986). Di: Randa Haines. Con: W. Hurt, M. Matlin, P. Laurie, P. Bosco. Trama: Tratta il tema della disabilità da cui è affetta una giovane donna. – Indicazioni terapeutiche: Il film è utile per far riflettere relativamente ai pregiudizi sui soggetti diversamente abili e sulle loro reali capacità indipendentemente dall’handicap fisico. • – – –

Fiori d’acciaio (1989). Di: Herbert Ross. Con: S. MacLaine, S. Field, D. Hannah, J. Roberts. Trama: La storia della vita di sei donne del profondo sud dell’America alle prese con le prove più classiche e più difficili della vita. – Indicazioni terapeutiche: Un film per imparare ad accettare le scelte dei figli, affrontare la morte di un figlio e per imparare a vivere l’elaborazione del lutto. È un film che, pur nel suo genere soap-opera e con le sue “pillole di saggezza” di alcune frasi dei suoi personaggi, è in grado di comunicare anche il prezioso significato dell’amicizia. • – – –

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Fireflies in the garden (2008). Di: Dennis Lee. Con: J. Roberts, C.A. Mos, R. Reynolds, W. Dafoe. Trama: Il film racconta del complicato universo sentimentale di una famiglia sconvolta da una tragedia inaspettata. Michael ha seguito le orme di suo padre ed è diventato uno scrittore. Il suo ultimo romanzo, Fireflies in the Garden, parla della storia della sua famiglia e la sua pubblicazione rappresenterebbe per lui motivo di riscatto professionale nei confronti di un padre padrone che non gli ha mai manifestato né affetto né stima. A causa di questa sua più profonda disistima, non riesce a decidersi se pubblicarlo o meno. Tutta la famiglia sta per riunirsi in occasione dei festeggiamenti per il diploma di sua madre, una donna forte che ha vissuto per tanti anni al fianco di un uomo autoritario ed egocentrico trascinandosi in una vita priva di felicità. Durante il tragitto, però, l’auto dei genitori subisce un incidente e la donna muore sul colpo. Quello che doveva essere un giorno di festa si trasforma in una tragica riunione familiare e toccherà a Michael, a sua sorella e a sua zia Jane, il compito di rimettere insieme i pezzi di un passato difficile fatto di angoscia e repressione, che nessuno di loro è riuscito ancora a scrollarsi di dosso. “Fireflies in the garden” è un intenso dramma familiare sul mito della famiglia americana, quella perfetta solo all’apparenza. – Indicazioni terapeutiche: Questo film mostra con raffinatezza di sentimenti la possibilità del protagonista e di tutti noi di non restare vittima degli errori compiuti a proprio danno da una disturbata comunicazione in famiglia e riesce a trasmettere, nonostante le amarezze e le vicende negative subite, che uno dei più importanti valori é rappresentato proprio dal recupero dei ricordi positivi che ci lasciano sempre le persone che hanno vissuto con noi. • – – –

Flashdance (1983). Di: Adrian Lyne. Con: J. Beals, M. Nouri. Trama: Una giovane operaia realizzerà il suo sogno di diventare ballerina trovando anche l’amore. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica il valore della tenacia e dell’approccio mentale ottimistico nella realizzazione delle proprie speranze e dei propri progetti di vita. • – – –

• Forrest Gump (1994). – Di: Robert Zemeckis. – Con: T. Hanks, R. Wright. 179

– Trama: La storia dell’affermazione personale, nonostante un’intelligenza ai limiti inferiori della normalità, di Forrest Gump attraverso il Vietnam, le contestazioni e le disavventure di una vita non proprio facile. – Indicazioni terapeutiche: Per sviluppare le proprie potenzialità in caso di mancanza di autostima causata da un volersi confrontare con modelli superiori alle proprie capacità e in caso di handicap fisici e/o mentali. Il film è meritevole dei suoi sei oscar e può essere considerato alla stessa stregua di un’endovenosa di ottimismo indipendentemente dalle problematiche personali relative agli stessi handicap. La forza della volontà (1987). Di: Ramon Menendez. Con: E.J. Olmos, R. De Soto. Trama: Un insegnante riesce a far emergere il potenziale di una classe liceale di studenti, per lo più di origine ispanica, riuscendo a fargli superare un difficile esame e ad aprirgli nuove prospettive di vita. – Indicazioni terapeutiche: Il film invia messaggi positivi di credito nelle proprie potenzialità latenti e può risultare anche utile per fornire spunti ai docenti per strutturare migliori modalità di comunicazione didattica.

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Fratelli e sorelle (1992). Di: Pupi Avati. Con: F. Nero, P. Quattrini, A. Bonaiuto, L. Capolicchio, S. Accorsi. Trama: La storia di una donna, Gloria, che, delusa dal tradimento di suo marito con una ragazza di 20 anni, parte dall’Italia alla volta degli Stati Uniti e raggiunge la sorella con i suoi due figli per ricominciare una nuova vita, con il difficile adattamento in un ambiente decisamente diverso ed un avvicendarsi di personaggi dalle complicate esistenze. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce un valido aiuto per i problemi legati ai conflitti familiari in relazione ai rapporti tra coniugi e con i figli. Utile anche alla comprensione di quanto sia impegnativo trovare una nuova integrazione sociale, in un contesto molto diverso da quello vissuto in precedenza. • – – –

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Full monty – Squattrinati organizzati (1997). Di: Peter Cattaneo. Con: R. Carlyle, T. Wilkinson. Trama: Gaz e Dave, due disoccupati di Sheffield, si adoperano per cercare dei rimedi per andare avanti. Troveranno una soluzione drastica, ispirandosi ad un gruppo di spogliarellisti di professione: daranno uno spettacolo con lo spogliarello che sarà un successo.

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– Indicazioni terapeutiche: Il film veicola l’importante messaggio relativo al coraggio di rimettersi in gioco e di come si può far fruttare a proprio vantaggio anche quelle cose che inizialmente ci sembrano improponibili ed impossibili da realizzare. Gaby, una storia vera (1987). Di: Luis Mandoki. Con: R. Levin, L. Ulmann, R. Loggia. Trama: Gaby Brinner, nata nel ’47 a Città del Messico con solo la mobilità del piede sinistro e con il cervello integro, impara a leggere e a comunicare. Nel ’79 scriverà un libro che diverrà la sua autobiografia. Il film è tratto da una storia vera. – Indicazioni terapeutiche: Utile a far comprendere quanto nella vita sia importante la forza di volontà, nonché a credere nelle capacità delle persone diversamente abili. Nulla è difficile, dipende solo da noi. • – – –

Gandhi (1982). Di: Richard Attenborough. Con: B. Kingsley, C. Bergen. Trama: La storia della vita del Mahatma Gandhi e della sua filosofia della non-violenza per opporsi al colonialismo inglese. – Indicazioni terapeutiche: Un film per persone che si sentono impotenti e/o soffrono di vittimismo e si presenta in grado di suggerire di dare un senso anche alla propria non reattività. • – – –

Gente comune (1980). Di: Robert Redford. Con: T. Hutton, M. Tyler Moore, D. Sutherland, J. Hirsch. Trama: Traumatizzato dall’essere sopravvissuto ad un incidente di mare durante il quale vede morire il fratello maggiore senza poterlo aiutare un sedicenne tenta il suicidio e per questo viene affidato alle cure di uno psichiatra. Questi riuscirà a far superare al giovane il forte senso di colpa, apertamente alimentato dalla madre che lo accusa di aver lasciato morire il figlio prediletto, in un processo catartico e liberatorio che permetterà al ragazzo di riprendere in mano la sua vita grazie anche all’aiuto dell’umana ed incondizionatamente amorevole figura paterna. – Indicazioni terapeutiche: Il film, pur non essendo adatto per coloro che hanno subìto dei lutti in famiglia, si consiglia a coppie con problemi di risoluzione e comunicazione e in caso di contrasti con la famiglia di origine. • – – –

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Giorni di rabbia (1988). Di: Ernest Thompson. Con: K. Sutherland, R. Downey Jr., B. Dern. Trama: Film ambientato nel ’69, durante il periodo della Guerra in Vietnam, tratta il tema del disagio giovanile e la ribellione contro la Guerra, attraverso la vita di due giovani della provincia americana. – Indicazioni terapeutiche: Suggerimenti utili alla comprensione del disagio giovanile, con conseguenti divergenze e conflitti familiari. • – – –

• I giorni dell’abbandono (2005). – Di: Roberto Faenza. – Con: M. Buy, L. Zingaretti, G. Bregaric, A. Goria, G. Lionello, S. Santanatasi. – Trama: Olga non riesce ad accettare che il marito l’abbia abbandonata per una ragazza. Sprofonda in una depressione tale da rischiare di perdere, oltre che il contatto con la realtà, il legame affettivo verso i propri figli. – Indicazioni terapeutiche: Ottimi spunti di riflessione per evitare l’eccessivo investimento affettivo all’interno di una coppia. Se uno dei coniugi abbandona l’altro, si può vivere un vero e proprio disagio esistenziale che, per soggetti fragili, può risultare fatale. Il partner deve rappresentare un completamento e non l’unica ragione di vita. In conclusione, bisogna brillare di luce propria ma mai vivere in funzione di un’altra persona, altrimenti l’elaborazione del lutto relativa all’abbandono diventa insopportabile. I giorni del vino e delle rose (1962). Di: Blake Edwards. Con: J. Lemmon, L. Remick. Trama: Una coppia di coniugi precipita nel baratro dell’alcolismo e deciderà di uscirne con l’aiuto degli “Alcolisti anonimi”, ma solo uno dei due riuscirà a venirne fuori. – Indicazioni terapeutiche: Non indicato soltanto per coloro che hanno problemi di alcoolismo, bensì anche per tutti coloro che in realtà o per fantasmi interiori sono vittime di un abbrutimento psicofisico depressivo ed in una sia pur piccola porzione di se stessi vorrebbero uscirne, anche per i loro familiari che legittimamente nutrono comprensibili speranze che ciò avvenga.

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• Un giorno per caso (1996). – Di: Michael Hoffman. 182

– Con: M. Pfeiffer, G. Clooney. – Trama: L’incontro tra un giornalista e una donna architetto entrambi divorziati, particolarmente impegnati e con due figli a cui badare. – Indicazioni terapeutiche: Nel ritmo convulso della vita quotidiana da single con un figlio da accudire, specie dopo un precedente rapporto affettivo fallimentare, il film riesce a comunicare la possibilità di ritornare a credere, mettendo da parte le proprie paure di rapporto, ad un sentimento bello, appagante e coinvolgente. Per riuscire in tutto ciò, le immagini dello stesso film evidenziano l’importanza di parlarsi “a cuore aperto” nel nuovo rapporto e riuscire a comunicare con i figli parlando con i codici giusti, che poi in fondo sono proprio i loro codici. È proprio vero che i bambini con le loro “antenne radar emozionali” percepiscono tutto di noi e “ci guardano anche quando sono di spalle”. Infine il film insegna nei casi di genitori separati o divorziati, l’importanza di non minare mai, agli occhi del figliolo, il genitore dell’altro sesso. Un Giorno Perfetto (2008). Di: Ferzan Ozpetek. Con: V. Mastandrea, I. Ferrari. Trama: Il film, ispirato ad una storia vera, descrive lo scottante tema degli omicidi in famiglia e dei difficili rapporti di coppia, narrando la storia tratta dal romanzo Un giorno perfetto di Melania Mazzucco. L’onorevole Elio Fioravanti ha in programma un’intera giornata di comizi elettorali. Intanto, sua moglie Maja scopre di essere incinta, suo figlio Aris, nato da un precedente matrimonio, viene promosso a un esame universitario senza meritarlo e sua figlia Camilla festeggia il compleanno. Antonio, agente di scorta dell’onorevole, vede la moglie Emma per l’ultima volta. Lei ha perso il suo lavoro in un call-center, il loro figlio Kevin è invitato ad una festa, mentre la figlia Valentina gioca una partita di pallavolo. Nel frattempo la professoressa Mara ha un appuntamento col suo amante. Ricchi, poveri, privilegiati e precari, mondi diversi e lontani tra loro, destinati ad incrociarsi nell’arco di 24 ore. – Indicazioni terapeutiche: Il film si presenta ben in grado di evidenziare, grazie al meccanismo psicologico della “proiezione personale”, le distonie e le scelte sbagliate di alcune modalità esistenziali e dei più diversi modelli di vita. Visto il triste epilogo relativo allo scottante tema sugli omicidi in famiglia, può costituire un momento di riflessione per meglio dirigere i propri investimenti affettivi e le proprie mete esperienziali, prima di avvertire in modo esasperato il fallimento della propria esistenza, che può portare ad un punto di non ritorno, come ad es. Triade di Beck (la visione pessimistica di sé, del mondo e del futuro), commettendo una strage.

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Gioventù bruciata (1955). Di: Nicholas Ray. Con: J. Dean, N. Wood, S. Mineo, D. Hopper. Trama: Il film racconta la storia di giovani vite tormentate da difficili situazioni familiari, con conseguente disagio esistenziale. – Indicazioni terapeutiche: Il film è interessante per comprendere quanto le problematiche giovanili di ieri e di oggi, sono sostanzialmente le stesse. Da osservare sotto una prospettiva di confronto tra generazioni.

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Il Gladiatore (2000). Di: Ridley Scott. Con: R. Crowe, J. Phoenix, R. Harris. Trama: La storia del precipitare in disgrazia, dopo la morte di Marco Aurelio ad opera del figlio Commodo, del generale Maximus, che si troverà a dover combattere nell’arena per la propria vita fino al riscatto ed alla vendetta finale. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica il valore del coraggio. • – – –

Gone Baby Gone (2007). Di: Ben Affleck. Con: C. Affleck, M. Monoghan. Trama: La storia narra la scomparsa di una bambina, la cui madre è dipendente da alcool e droga e conduce una vita tormentata. Alla fine il film svelerà che il rapimento è avvenuto a scopo altruistico per una più idonea figura genitoriale nei confronti della minore. – Indicazioni terapeutiche: Utile alla comprensione delle scelte nei riguardi di un altro individuo soprattutto se trattasi di minore. Cos’è veramente giusto? A volte siamo ad un bivio. Scegliamo secondo le regole delle istituzioni o talvolta sarebbe più opportuno, per il bene altrui, scegliere al di fuori di esse?

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Goodbye Mr. Holland (1995). Di: Stephen Herek. Con: R. Dreyfuss, G. Headly. Trama: La storia della vita di un compositore, Glenn Holland, che abbandona l’idea della carriera musicale per dedicarsi all’insegnamento; alla frustrazione professionale si somma il dolore di un figlio nato sordo, ma il suo riscatto lo ha al momento della pensione quando riceve una nomination all’Oscar. – Indicazioni terapeutiche: «Il film è una metafora ottimistica che ci comu• – – –

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nica quanto la vita è ciò che ci accade mentre siamo impeganti a fare altri progetti». Grace in gone (2007). Di: J.C. Strouse. Con: J. Cusak. Trama: Il film affronta il dramma di un padre (Sergente dell’esercito americano in Iraq), preoccupato per le sue due figlie che, avendo perso la madre rimasta uccisa al fronte, teme non sia agevole far elaborare il lutto. L’uomo, ritenendo possa essere utile, decide di fare un viaggio con le due ragazzine verso un parco di divertimenti in Florida. – Indicazioni terapeutiche: È un film che ben comunica il calore e il colore dei sentimenti, specie se vissuti nella sfera affettiva familiare e offre ottimi suggerimenti ad un genitore per comunicare “sicurezze” ai propri figli finanche in caso di gravi lutti e quindi di “elaborazione del lutto”, in seguito alla dipartita di un familiare (nello specifico una madre, abitualmente fonte di sicurezza anche sociale per le figlie femmine). • – – –

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Gran Torino (2008). Di: Clint Eastwood. Con: C. Eastwood. Trama: Parla di un uomo anziano, ex militare, il quale vive in solitudine, adottando un atteggiamento asociale nei confronti degli altri. Ma grazie alla presenza di una famiglia di diversa etnia, riscoprirà il piacere di comunicare, affezionandosi in particolar modo ad un giovane ragazzo a cui insegna fondamentali regole di vità. – Indicazioni terapeutiche: Il film, fornendo un esempio in negativo di intolleranza e insofferenza anche razziale, comunica la assoluta necessità per tutti di rinnovarsi costruttivamente rispetto ai propri convincimenti negativi asociali più tenaci, evitando così di trincerarsi nella “gabbia pessimistica” dei propri pregiudizi, del proprio orgoglio e dei propri antichi rancori, con la concreta possibilità di riscoprire comunque positività, aiuti reciproci e senz’altro riscatti positivi. Peraltro si presenta in grado di fornire, per tutta la sua durata, ottimi spunti di continuo confronto con i propri limiti interpersonali e gli stessi propri convincimenti culturali in un’ottica personale di vantaggioso evoluzionismo positivo. • – – –

Il grande cocomero (1993). Di: Francesca Archibugi. Con: S. Castellitto, A. Galiena, A. Fugardi. Trama: Un viaggio nell’universo della neuropsichiatria infantile, dove 185

il terapeuta Arturo cerca di curare la giovane Pippi dalle crisi epilettiche che la affliggono. – Indicazioni terapeutiche: Un film sul disagio psichico degli adolescenti che, comunicando le sfumature degli stati d’animo degli stessi, fornisce validi spunti per chi è alla ricerca di migliori griglie di interpretazione e quindi di migliori modalità di comunicazione con i propri figli. Il grande freddo (1983). Di: Lawrence Kasdan. Con: T. Berenger, G. Close, J. Goldblum, W. Hurt, K. Kline. Trama: Un gruppo di amici si riunisce per un week-end a distanza di anni per il funerale di un loro amico morto suicida; un’occasione per tutti per effettuare una sintesi esistenziale delle loro vite. – Indicazioni terapeutiche: Questo film comunica il valore dell’amicizia e può fornire spunti di riflessione per un tentativo di miglior sistematizzazione esistenziale. • – – –

Il grande volo (1992). Di: Richard Donner. Con: L. Bracco, J. Heard. Trama: È il sogno di due fratellini, vessati dalle angherie del patrigno, di poter volare via su una macchina volante costruita da loro stessi. – Indicazioni terapeutiche: È un film sul tema della violenza ai minori che evidenzia le sfumature delle loro sofferenze, tali da desiderare di mettere in atto la loro volontà di fuga sia pure solo fantasticata. • – – –

La guerra dei Roses (1989). Di: Danny De Vito. Con: M. Douglas, K. Turner, D. De Vito. Trama: Una coppia apparentemente perfetta scopre di non amarsi più e decide di divorziare: iniziano una serie di cruenti contrasti e litigi che avranno infine tragici epiloghi. – Indicazioni terapeutiche: Il film può permettere di intravedere, realisticamente in alcuni casi, un possibile futuro catastrofico di coppia e consentire di porre rimedio preventivo ancor prima che tutto ciò accada, sia pure dopo aver tentato una riappacificazione. Se tutto ciò è improduttivo, sarà meglio lasciarsi anziché finire in quel modo, continuando per decenni a sperare invano che tutto ciò un giorno possa cambiare. • – – –

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Guerre Stellari (1977). Di: George Lucas. Con: M. Hamill, H. Ford, C. Fisher. Trama: In una remota galassia un pugno di eroi si troveranno, loro malgrado, a combattere e a sconfiggere la tirannia dell’Impero Galattico. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, indipendentemente dal fascino degli effetti speciali, si presenta in grado di veicolare fiducia in se stessi, nelle proprie abilità, nel proprio credo, nelle proprie possibilità, nel valore della coesione di gruppo. • – – –

• Jimmy della Collina (2006). – Di: Enrico Pau. – Con: N. Adamo, V. Carnelutti, F. Origo, M. Medda, G. Carroni. G. Vacca, C. Silva. – Trama: Il film evidenzia la gamma dei comportamenti esistenziali nella vita da recluso e comunica l’importanza dei sentimenti, come l’amore, che nasce come un fiore anche se non si gode della libertà. – Indicazioni terapeutiche: Questo film ben si avvicina alla realtà dei percorsi del disagio e della devianza, ma fornisce validi spunti per tentare un riscatto sociale. Juno (2007). Di: Jason Reitman. Con: E. Page. Trama: Il film, utilizzando il linguaggio giovanile, affronta l’altilenante scelta esistenziale se lasciarsi andare all’ingenuità adolescenziale oppure abbracciare le responsabilità dell’essere adulti. – Indicazioni terapeutiche: Evidenzia le negatività e le insicurezze adolescenziali relativamente alla maturità sessuale, ma comunica come il sentimento di maternità possa fornire sempre nuove energie.

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Hannah e le sue sorelle (1986). Di: Woody Allen. Con: W. Allen, M. Farrow, B. Hershey. Trama: Il film racconta due anni della vita di tre sorelle e delle problematiche che gravitano attorno alle loro figure: ex-mariti, genitori, amici e conoscenti. – Indicazioni terapeutiche: Può fornire, sia pure in modo ironico, spunti di riflessione su importanti tematiche esistenziali.

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Harry Potter e il principe mezzosangue (2009) Di: David Yates. Con: D. Radcliffe, E. Watson, R. Grint, M. Gambon, A. Rickman. Trama: Penultimo episodio della saga che precede “I doni della morte”, già in produzione. Ancora una volta il giovane mago Harry Potter dovrà lottare contro le forze oscure, ormai ben addestrato dal sapiente Silente, da cui ha avuto lezioni private. Harry si troverà tra le mani un libro appartenuto ad un oscuro principe mezzosangue, che poi scoprirà essere proprio il suo nuovo insegnante di difesa contro le Arti Oscure, il professore Piton. Le forze del Male escono dallo schermo e dal mondo di fantasia inventato dalla Rowling per abbattersi sul Millennium Bridge, il famoso ponte di Londra costruito nel 1999. – Indicazioni terapeutiche: Quello che il film riesce a comunicare è che il male non riguarda solo l’incredibile e misterioso mondo della fantasia, ma anche la nostra realtà quotidiana e che va affrontato, poiché fa parte delle cose ineluttabili della vita. Quello dell’ineluttabilità delle cose è uno dei temi principali che si riesce ad evincere facilmente in ognuno dei film della saga di Harry Potter, inoltre lo spettatore è portato a riflettere sulla necessità di affrontare le proprie paure proprio come fa il giovane protagonista, e soprattutto ad accettare le proprie debolezze, tra le quali, la principale, è la propria mortalità. Spesso è necessario impegnarsi per raggiungere tali scopi, poiché anche il saggio Silente non riesce ad accettare le proprie debolezze. • – – –

Harry ti presento Sally (1989). Di: Rob Reyner. Con: B. Cristal, M. Ryan, C. Fisher. Trama: Harry e Sally si conoscono occasionalmente ed hanno modo di rivedersi altre volte negli anni a venire. Entrambi vivono le loro storie sentimentali, ma l’ultima volta che si incontrano, a dieci anni di distanza dal primo incontro, tutti e due hanno una storia finita alle spalle e l’amicizia che nasce tra loro finisce con il trasformarsi in amore. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia quali sono i sentimenti da ricercare in se stessi in un dolce rapporto di coppia nascente. • – – –

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A history of violence (2005). Di: David Cronenberg. Con: V. Mortensen, M. Bend, E. Harris, W. Hurt, A. Holmes. Trama: Un uomo che, per legittima difesa, si ritrova ad uccidere dei rapinatori e, diventando famoso per l’atto eroico, dovrà vedersi costretto a difendere la sua famiglia da ulteriori minacce.

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Indicazioni terapeutiche: Fornisce ottimi spunti, relativamente al coraggio ed alla tenacia.

Hook – Capitan Uncino (1991). Di: Steven Spielberg. Con: R. Williams, D. Hoffman, B. Hoskins, J. Roberts. Trama: Peter Pan è diventato adulto, fa l’avvocato, ha due figli e non ricorda più nulla della sua infanzia e dell’Isola Che Non C’è, fino a quando Capitan Uncino gli rapisce i figli. Torna quindi all’isola seguendo la classica strada (seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino…) e con l’aiuto di Campanellino e dei ragazzi perduti ritrova i ricordi della sua infanzia e riacquista i suoi poteri riuscendo a sconfiggere Capitan Uncino ed il suo braccio destro Spugna e a liberare i suoi figli, ritrovando il calore della famiglia. – Indicazioni terapeutiche; Per ragazzi: vedere questo film fa bene a chi vive nella confusione dei valori, inseguendo il successo in maniera sfrenata. Il film invece aiuta a ritrovare i sani, vecchi valori: generosità, solidarietà, coraggio, abilità, fratellanza, inviando messaggi di “attenzione” nel non credere a tempo pieno alle favole, pur apprezzandole.

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Hud il selvaggio (1963). Di: Martin Ritt. Con: P. Newman, M. Douglas, P. Neal. Trama: Hud Bannon è un uomo privo di pregiudizi, sfrontato, prepotente e presuntuoso. Coltiva rari interessi, fugando ogni responsabilità. Passa la vita a divertirsi, bevendo, litigando nei bar e andando in giro con la sua lussuosa auto passando da una donna all’altra. Tale atteggiamento è un segno di protesta nei riguardi di suo padre,un uomo dalla forte personalità e dai sani principi, che non perde occasione per lamentarsi di quanto sia deluso da suo figlio, ricordandoglielo in ogni momento. – Indicazioni terapeutiche: Affronta in maniera mirata ed approfondita i conflitti in ambito familiare. Ottimo per suggerimenti in relazione agli errori educazionali di un padre nei confronti del proprio figlio. L’impartire un’educazione eccessivamente rigida può far instaurare meccanismi di difesa con conseguente atteggiamento di ribellione.

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L’incredibile volo (1996). Di: Carrol Ballard. Con: J. Daniels, A. Paquin. Trama: Una storia per ragazzi con protagonista una tredicenne che fa da 189

madre adottiva ad un gruppo di anatroccoli che condurrà, con un apparecchio volante, dal Canada in Florida. – Indicazioni terapeutiche: Film per ragazzi, in grado di coinvolgere il loro rapporto con l’ecologia e stimolare positivamente il loro approccio col mondo e con le proprie potenzialità in generale. Independence Day (1996). Di: Roland Emmerich. Con: W. Smith, J. Goldblum, B. Pulmann. Trama: L’America ed il mondo intero si risvegliano nell’incubo di un’invasione aliena proprio il giorno dell’indipendenza: toccherà ad un manipolo di eroi riuscire a fermare gli apparentemente invincibili extraterrestri. – Indicazioni terapeutiche: Il film è un messaggio di cooperazione e di pace internazionale. Perché entrare in sintonia con i fratelli di altre nazioni soltanto se si è assaliti da forze catastrofiche estreme in grado di comportare ben più pericolose calamità? • – – –

Indovina chi viene a cena (1967). Di: Stanley Kramer. Con: S. Tracy, K. Herburn, S. Poitier. Trama: Una giovane donna si innamora di un uomo di colore. I due decidono di sposarsi ed intendono informare le rispettive famiglie. Da quel momento, si assiste ad un crescendo di episodi simpatici ed interessanti sul piano dei dialoghi. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce ottimi spunti per cercare di meglio comprendere i problemi legati (ancora ai giorni nostri) ai pregiudizi razziali. Assolutamente utile per l’impostazione dei dialoghi in grado di veicolare importanti messaggi sulla visione della vita e su quali siano i veri valori da conervare e per cui combattere. • – – –

In mezzo scorre il fiume (1992). Di: Robert Redford. Con: C. Sheffer, B. Pitt. Trama: La storia di due fratelli, figli di un reverendo nel Montana del 1910, diversi ma uniti nei sentimenti. – Indicazioni terapeutiche: È un film che ratifica i sentimenti di coesione familiare nonché l’importanza di alcuni valori immodificabili nel tempo.

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In e out (1997). Di: Frank Oz. Con: K. Kleine, T. Selleck, M. Dillon, D. Reynolds, W. Brimley. Trama: Tratta in maniera ironica il tema della omosessualità. Indicazioni terapeutiche: Il film è utile per far ben riflettere sull’argomento omosessualità e sui pregiudizi che spesso molte persone nutrono nei confronti di coloro che, sia pur in sintonia o in distonia con tale scelta di vita, desiderano essere accettati e rispettati dalla società.

Insonnia d’amore (1993). Di: Nora Ephron. Con: T. Hanks, M. Ryan, R. Reinar, C. Lowell. Trama: Un padre e un figlio finiscono per aiutarsi a vicenda attraverso una trasmissione radiofonica. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce un valido aiuto per i problemi legati alla elaborazione del lutto. Inoltre fornisce ottimi spunti sulla speranza di ritorvare il sentimento d’amore anche in seguito alla perdita della persona amata.

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Interiors (1978). Di: Woody Allen. Con: D. Keaton, M.B. Hurt, G. Page, E.G. Marshall. Trama: Narra la storia di una distinta famiglia formata da Arthur Eve e le loro 4 figlie, dalle diverse esistenze, per qualcuna di loro, decisamente impegnativa. Film dal triste risvolto. – Indicazioni terapeutiche: Offre un aiuto per le problematiche in ambito familiare e per i difficili rapporti tra coniugi, tra genitori e figli, nonché tra sorelle. Da visionare con un’ottica preventiva, per meglio comprendere cosa andrebbe evitato.

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Iron Man (2008). Di: Jon Favreau. Con: G. Paltrow, J. Bridges, R. Downey Jr. Trama: Ecco un altro supereroe con superproblemi: Iron Man, l’uomo di ferro, uno dei primi supereroi ideati da Stan Lee nel 1963. È la storia del ricco industriale Anthony Stark che, a causa dello scoppio di una mina, mentre visitava una delle sue numerose fabbriche di armi in Vietnam, rimane ferito e costretto a trovare una soluzione per evitare la morte nel giro di breve tempo. Anthony Stark, essendo uno dei più grandi ingegneri meccanici al mondo, si costruisce un apparecchio che gli consente di tenere in vita il suo cuore, ma che, di contro, lo costringe a dover vivere 191

rinchiuso in una potentissima armatura di ferro dotata di particolari poteri che gli permette di volare, di emettere dei raggi repulsori dalle mani e gli centuplica la forza. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica, con tutte le sue più apprezzabili sfumature, sentimenti quali il coraggio e la ricerca della giustizia e si presenta in grado di rafforzare la fiducia in se stessi e nelle proprie potenzialità, anche se ci si trova in condizioni di forzata e difficile costrizione. • L’isola di Nim (2008). – Di: Jennifer Flackett, Mark Levin. – Con: A. Breslin, J. Foster, G. Butler, M. Griffin, C. Baker, M. Joyce, R. Doyle. – Trama: Questo film parla di una ragazzina naufraga su di una piccola isola del Pacifico con un padre scienziato che però viene improvvisamente portato via dal mare. Il solo modo per sopravvivere è mettersi in contatto elettronicamente con qualcuno e lo fa. Il personaggio che le risponde è una donna che viveva nella sua isola di profonda solitudine in una grande città, a causa della sua agorafobia. – Indicazioni terapeutiche: Il film esprime le difficoltà del problema solitudine e della consequenziale ricerca della propria identità e offre validi spunti costruttivi, per rinascere a nuova vita emozionale. Kramer contro Kramer (1979). Di: Robert Benton. Con: D. Hoffman, M. Streep, J. Henry. Trama: Una storia che è uno spaccato di vita reale che vede Joanna lasciare il marito ed il figlio Billy in una situazione certamente disagevole per andare alla ricerca di una nuova vita e poi ripresentarsi per chiedere l’affidamento del piccolo Billy in tribunale. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica quanto, al problema della coppia, si rende doveroso anteporre la possibile amara sofferenza dei figli (è più che meritevole delle nove nomination e dei 5 Oscar ricevuti). • – – –

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Kung Fu Panda (2008). Di: Mark Osborne e John Stevenson. Con: J. Stevenson, M. Osborne. Trama: Racconta la vita di un simpatico panda che sogna di diventare un esperto del Kung Fu. Non solo ci riesce, ma prende anche il posto del vecchio saggio.

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– Indicazioni terapeutiche: Il film, sia pur mirato ai più piccoli, veicola un importante messaggio anche ai genitori per quanto riguarda gli orientamenti dei figli, ovvero la necessità di inseguire le proprie mete, ma soprattutto di credere nelle proprie capacità per poter raggiungere gli obiettivi. Particolarmente significativa la frase del saggio quando dice al Panda: «Ieri è storia, domani è un mistero, oggi è un dono, per questo si chiama presente». – – – –

Yes Man (2008). Di: Peyton Reed. Con: J. Carrey. Trama: Parla di Carl Allen, un uomo la cui parola d’ordine è: no. Aderisce ad un programma dove, al contrario, si dice di sì a tutto. Questo sconvolge la vita di Carl in senso positivo sia da un punto di vista professionale, che affettivo. Ma la troppa disponibilità crea alcune difficoltà. – Indicazioni terapeutiche: È un film che ben si dimostra in grado di rappresentare una vera e propria “pista comportamentale” a cui ispirarsi, in grado di suggerire una apprezzabile spinta verso un tentativo fertile di personale evoluzionismo positivo con buon recupero del proprio ottimismo, specie per chi rasenta la triade negativa di Beck, ovverosia la visione pessimistica di sé, del mondo e del futuro. L’azione psicologica svolta da Jim Carrey e dagli efficaci attori di questo film sullo spettatore sa tanto di contagio psichico positivo che anche nei più resistenti pessimisti riesce a stimolare comunque la domanda da rivolgere a se stessi: «quante occasioni avrò perso nella mia vità? Potrei perderne ancora? Come sarebbe andata diversamente la mia vita se invece avessi detto di sì a qualche occasione in più (sliding door)? Proviamo a dire di si la prossima volta», ma senza esagerare.

Young Guns II – La Leggenda di Billy the Kid (1990). Di: G. Murphy. Con: E. Estevez, K. Sutherland. Trama: Narra la leggenda del personaggio Billy the Kid che, grazie al suo carisma, riesce a trascinare i suoi amici (tranne uno che sceglierà la via della legge anziché quella del crimine) a compiere atti criminali per una pseudo-causa da combattere che si rivelerà del tutto distruttiva per ognuno di loro. – Indicazioni terapeutiche: Utile alla riflessione sul fenomeno gruppale, quindi sulle giuste scelte esistenziali da compiere da parte di un giovane, che spesso viene influenzato nelle stesse, a causa di una non idonea figura di un leader.

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Ladybird Ladybird (1994). Di: Ken Loach. Con: C. Rock, V. Vega. Trama: La storia vera di una madre che combatte per riottenere l’affidamento dei figli che le sono stati sottratti dai servizi sociali. – Indicazioni terapeutiche: Il film può presentarsi in grado di fornire ottimi spunti di riflessione e di sensibilizzazione ancor più obiettiva ad Operatori dei servizi sociali, Magistrati, Consulenti, Psicologi e a tutti coloro che si occupano dell’importante capitolo dell’affidamento. • – – –

Il laureato (1967). Di: Mike Nichols. Con: D. Hoffman, A. Bancroft, K. Ross. Trama: Il giovane Benjamin, neolaureato, torna a casa dal college e viene sedotto dalla benestante signora Robinson, con la quale inizia una relazione che dura finché Benjamin non conosce la giovane figlia della signora, Elaine, che sta per sposarsi, e di cui si innamora a tal punto da arrivare ad interrompere il matrimonio nel bel mezzo del suo svolgimento, per portare via la giovane con sé. – Indicazioni terapeutiche: È un film sull’ambivalenza del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, pienamente utilizzabile per giovani o meno giovani nella presa di coscienza delle proprie paure, speranze, sogni e disaccordi.

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La leggenda di un amore – Cinderella (1998). Di: Andy Tennant. Con: D. Barrymore, A. Houston. Trama: Rivisitazione moderna della favola di Cenerentola in cui Danielle, vessata dalla matrigna e dalle sorellastre dopo la morte del padre, riuscirà alla fine a trovare l’amore dell’erede al trono di Francia. Cenerentola audacemente combatte per i diritti degli oppressi, protegge la famiglia allargata, tira di scherma, è studiosa. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può rappresentare per qualche ragazza che vive vittimisticamente la propria condizione di inferiorità, fonte ispiratrice di riscatto, adattando alla proprie peculiari caratteristiche di personalità, eventuali spunti innovativi ed interventistici.

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Lezioni d’amore (2008). Di: Isabel Coixet. Con: P. Cruz, B. Kingsley. Trama: Un carismatico professore ama vantarsi delle sue molteplici

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conquiste con le sue allieve. Un giorno nella sua classe fa la comparsa la bellissima Consuelo e lui non può fare a meno di notare che, oltre all’avvenenza fisica, possiede una forte personalità. Se ne innamora perdutamente e quando lei lo abbandona, lui è distrutto e si lascia andare perdendo finanche i suoi amici, ritrovandosi anche a fare i conti con il tempo che passa. Quando un giorno Consuelo riappare nella sua vita, il corso della loro storia cambierà. – Indicazioni terapeutiche: Pur con i limiti di valutazione segnalati da più critici cinematografici, ben s’inquadra nella categoria di quei film che attraverso vicissitudini affettive penalizzanti e negative, stimola preventivamente migliori organizzazioni esistenziali positive. Difatti riesce a comunicare egregiamente un palese messaggio di necessità di rivisitare molto attentamente i propri sentimenti ancor prima che la propria vita possa rivelarsi poi affettivamente fallimentare, in quanto potrebbe essere troppo tardi per rendersi conto degli errori commessi e delle scelte affettivo-esistenziali affrettate, infantileggianti o volte quasi a voler protrarre un’adolescenza mai gratificante e fino a quel momento del tutto insoddisfacente rispetto ad un sentimento più genuino, più sereno e pertanto più appagante. Linea mortale (1990). Di: Joel Schumacher. Con: K. Sutherland, J. Roberts, K. Bacon, W. Baldwin, O. Platt. Trama: Un gruppo di giovani medici decide di sperimentare cosa c’è al di là della vita. Ognuno di loro fa da cavia e si alternano a vicenda facendosi indurre in coma, scontrandosi con le loro paure più profonde ed i propri sensi di colpa. – Indicazioni terapeutiche: Il film è utile per far riflettere su ciò che va al di là della nostra conoscenza. Spesso il desiderio e la curiosità di approfondire troppo il sapere può risultare svantaggioso. È importante che ci si imponga di fermarsi prima che sia troppo tardi. • – – –

• Linha de Passe (2008). – Di: Walter Salles, Daniela Thomas. – Con: S. Corveloni, J. Baldasserini, J. Geraldo, Rodrigues, K. De Jesus Santos, V. de Oliveira. – Trama: La storia di quattro fratelli nel cuore della città di San Paolo del Brasile, ognuno alla ricerca di una via d’uscita in piena crisi di identità. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, meglio di altri dello stesso tenore, può risvegliare le coscienze, giocando un ruolo social-terapeutico in chi, vergognandosi con se stesso e timoroso di ammetterlo a voce alta, ha 195

ancora molte resistenze nell’accettazione dell’immigrato. Difatti in tutte le sue più svariate sfaccettature emozionali il film ben riesce a stimolare i meccanismi freudiani di proiezione dello spettatore il quale non può fare a meno di chiedersi: «e se fosse capitato a me di nascere in quella come in altre Città come San Paolo con tutte le sue più crudeli e incongruenze e le sue crisi di identità quanto avrei gradito che altre etnie mi avessero considerato “il diverso” da non accettare e più profondamente da da rifiutare?». • Look Both Ways (2005). – Di: Sarah Watt. – Con: J. Clarke, W. Mcinnes, A. Hayes, L. Flanagan, A.S. Gilbert, D. Farinacci, M. Deinice, E. Hodgeman, S. Horler, A. Sobik. – Trama: Durante un week-end, Nick scopre di avere il cancro; Meryl è in lutto per suo padre; Andy, già infelice della sua vita complicata, viene a sapere che Anna, la ragazza con cui ha una storia occasionale, è incinta. Tutti e quattro sono alle prese con le brutte ed inattese notizie che cambieranno le loro vite, domandandosi se il destino loro riservato sia qualcosa di giusto, se le brutte notizie siano un castigo, se abbiano addirittura il diritto di essere felici. In una domenica di pioggia, tutto sembra più chiaro. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, meglio di tanti altri dello stesso tenore, ben riesce a comunicare quanto sia giusto pensare che sono proprio le esperienze negative e le vicissitudini della vita che ci consentono di poter e saper apprezzare sia i sentimenti più veri, più autentici, più genuini, che le proprie capacità di recupero e di concretizzazione delle proprie risorse più segrete. Il lungo viaggio verso la notte (1962). Di: Sidney Lumet. Con: K. Hepburn, R. Richardson. Trama: La malattia del figlio più giovane fa emergere, in una famiglia, le problematiche personali e interpersonali di ciascuno degli altri componenti, che reagiscono ciascuno in modo diverso alla situazione. – Indicazioni terapeutiche: È indicato a scopo terapeutico-preventivo per coloro che per ragioni varie (timore di non riuscire a gestirle, paura di restare soli, ecc.) minimizzano a se stessi le possibili tensioni familiari. Il film può fornire spunti per tentare eventuali risoluzioni in caso di conflitto in atto oppure per evitare che le situazioni possano ulteriormente precipitare, grazie a migliori e più adulte strategie preventive. • – – –

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I Magnifici Sette (1960). Di: John Sturges. Con: Y. Brinner, E. Wallach, S. Mc Queen, C. Bronson, J. Coburn. Trama: Un pistolero e sei suoi amici decidono di aiutare, al di là del compenso economico, i poveri abitanti di un villaggio messicano vessati da una banda di desperados, pagando con la vita la loro promessa: solo tre di loro sopravviveranno. – Indicazioni terapeutiche: È uno dei film che meglio comunica con tutte le sfumature delle espressioni mimico-gestuali dei suoi validi attori, sentimenti quali il coraggio, la lealtà, la ricerca della giustizia, la coalizione di gruppo, la fedeltà, il valore del lavoro, il valore degli affetti ed è in grado di esprimere fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità. • – – –

Magnolia (1999). Di: Paul Thomas Anderson. Con: J.C. Reilly, M. Walters, T. Cruise. Trama: Un intrecciarsi di vite ed esperienze in Magnolia Street della San Fernando Valley di Los Angeles tra amori impossibili, delusioni, rimorsi esistenziali e desiderio di redenzione, nonché di riscatto e di amore. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, proprio nella sua cruda realtà, riesce a comunicare le sfumature dei sentimenti più articolati delle vicissitudini e dei piccoli grandi drammi quotidiani. Pur se in visione negativa, può fornire speranza di recupero di amorevoli positività intrapsichiche ed interpersonali. • – – –

Mammina cara (1981). Di: Frank Perry. Con: F. Dunaway, D. Scarwid, M. Da Silva. Trama: Il film descrive in maniera decisamente cruda le problematiche relative alla maternità, narrando la storia di un attrice famosa (Joan Crawford), la quale proietta con aggressività le proprie insicurezze ed ansie sulla figliola, che finisce per essere completamente succube dell’anaffettiva ed austera figura materna. – Indicazioni terapeutiche: Mirato ai genitori in questo caso (madri), per riflettere molto attentamente sulla errata somministrazione dell’educazione familiare. Se troppo rigida, può comportare seri problemi sui propri figli.

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• Mariti e mogli (1992). – Di: Woody Allen. – Con: W. Allen, M. Farrow. 197

– Trama: L’annuncio del divorzio da parte di una coppia di loro amici (che poi ritroverà l’equilibrio e rinuncerà al proposito) mette in crisi il matrimonio di Gabe e Judy che finiranno invece con il divorziare. – Indicazioni terapeutiche: Il film offre validi spunti per un lavoro introspettivo e di bilancio emozionale di coppia al fine di tentare il superamento dei propri limiti caratteriali in funzione di un soddisfacente rapporto matrimoniale o viceversa, in caso di estrema impossibilità di recupero, in funzione della felice sospensione di un bilaterale tormento. • – – – –

Medea (1968). Di: Pier Paolo Pasolini. Con: M. Callas, L. Terzieff, M. Girotti, G. Gentile. Trama: Film che affronta il tema del figlicidio. Indicazioni terapeutiche: Da vedere con attenzione, particolarmente mirato ad operatori del settore psichiatrico-psicologico.

Meet Bill (2007). Di: M. Wallack, B. Goldmann. Con: A. Eckhart, J. Alba. Trama: Narra la storia di un uomo che sposa una donna molto bella e ricca, il padre di lei è il suo supervisore. Sua moglie e l’intera famiglia gli gestiscono tutta l’esistenza. Ad un certo punto l’uomo, stanco di questa situazione, decide di ribellarsi, ritrovando la propria autostima e riappriopriandosi della sua vita. – Indicazioni terapeutiche: Film con la finalità di comunicare quanto siano importanti le personali scelte di vita che, se decise dagli altri, possono risultare deleterie ai fini della propria autostima, con conseguenti problematiche intrapsichiche ed interpersonali che inevitabilmente minano il buon andamento di un rapporto di coppia, di amicizia e professionale, ritrovandosi a 40-50 anni in piena crisi di identità. Il film mette in evidenzia che nella vita non è sufficiente puntare solo alla sicurezze di tipo materiale, se non condivise con qualità individuali, con successiva fuga da situazioni forzate e non scelte in base al proprio credo. • – – –

Melissa P. (2005). Di: Luca Guadagnino. Con: M. Valverde, E. Germano. Trama: Sul crescendo di avventure erotiche da parte di un’adolescente delusa dall’amore. – Indicazioni terapeutiche: Consigliato agli adolescenti, miratamente alla maturità sessuale. • – – –

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Meno male che ci sei (2009). Di: Luis Pietro. Con: C. Gerini, C. Martegiani. Trama: La storia di un’adolescente, Allegra, alle prese con la sua crescita esistenziale e quindi al passaggio all’età adulta. La sua vita incrocia quella di Luisa che per un caso del destino ha una relazione con il padre di Allegra. Vivranno i loro momenti di conflitti tra amicizia e scelte dei partner, per scoprire alla fine l’importanza dell’amicizia e dell’amore. – Indicazioni terapeutiche: È un film che in tutta la sua più eclatante capacità espressiva ben riesce a comunicare la preziosità di un incontro. Lo spettatore non minimizzi gli incontri di tutti i giorni: quello che può sembrare ai più banale, può ben presto rivelarsi preziosissimo. Il film peraltro evidenzia molto bene i processi di scambio interpersonale a tutto vantaggio di una quanto più ottimale evoluzione individuale, di coppia e quindi familiare. • – – –

Un medico, un uomo (1992). Di: Randa Haines. Con: W. Hurt, C. Lahti. Trama: L’esperienza di un medico che scopre di avere un tumore e capisce cosa vuol dire essere un paziente, vittima della burocrazia e della freddezza emotiva dei suoi colleghi. – Indicazioni terapeutiche: Un film per imparare a capire la necessità e l’importanza dell’empatia e dell’identificazione con l’“altro”, soprattutto in quelle professioni che implicano un diretto contatto con il nostro prossimo. • – – –

La mia Africa (1985). Di: Sidney Pollack. Con: R. Redford, M. Streep. Trama: La storia della vita della scrittrice Karen Blixen in Africa nel periodo compreso tra il 1914 ed il 1931, il matrimonio con un barone svedese e l’amore per un avventuriero inglese. – Indicazioni terapeutiche: È un film che è in grado di comunicare quanto un proprio “credo”, se tenace, possa rappresentare già di per sé un valido motivo di vita indipendentemente da altri sentimenti, i quali potrebbero anche assopirsi o morire. • – – –

• La mia guardia del corpo (1980). – Di: Tony Bill. – Con: C. Makepeace, R. Gordon. 199

– Trama: L’alleanza tra due giovani, uno piccolo e magro ed uno grande e grosso, per ribellarsi ai soprusi di una banda di teppisti. – Indicazioni terapeutiche: Il film trasmette la possibilità di non lasciarsi abbattere dalle angherie, dai soprusi e dalle vicissitudini della vita. A ben riflettere, potranno sempre esserci valide opportunità, in cui l’intelligenza e l’amicizia saranno beni preziosi. La mia vita in rosa (1997). Di: Alain Berliner. Con: G. Du Fresne, M. Laroque. Trama: La storia di un bambino che si sente femmina e si comporta e si veste da tale, scatenando l’indignazione di familiari e conoscenti. – Indicazioni terapeutiche: Un film sulla tematica del transessualismo nell’ottica di chi lo vive in prima persona e dei familiari. Dopo aver messo in atto eventuali correttivi nel tentativo di favorire il rientro dell’identità sessuale nel proprio sesso d’origine, il film si presenta terapeuticopreventivo per quei genitori che sicuramente rifiutano a priori l’idea di una sessualità invertita, riuscendo le immagini del film a ripercorrere tutta una serie di fini sentimenti e sensazioni proprie di tale problematica. • – – –

Mi chiamo Sam (2001). Di: Jessie Nelson. Con: S. Penn, M. Pfeiffer, D. Wiest. Trama: Tratta il tema del rapporto genitore-single e figli e dell’abbandono visto da un’ottica di un soggetto diversamente abile. – Indicazioni terapeutiche: Estremamente utile miratamente alle famiglie che hanno un componente diversamente abile, per ottimi spunti di riflessione, relativamente ai pregiudizi su tale argomento ancora molto avvertito. • – – –

Mignon è partita (1988). Di: Francesca Archibugi. Con: S. Sandrelli, L. Ruta. Trama: Il tredicenne Giorgio si innamora, non ricambiato, della cugina francese Mignon. – Indicazioni terapeutiche: È un film sui riti di passaggio dell’adolescenza. Buono per quei genitori che hanno dimenticato le proprie vicissitudini adolescenziali e non riescono a compenetrarsi negli sbandamenti fisiologici dei propri figli. Ottimo per gli adolescenti, per finalità preventive nei confronti delle sofferenze affettive e quindi esistenziali, nonché per • – – –

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comunicare loro che, in definitiva, “le esperienze negative possono rivelarsi le più positive”. Il mio piede sinistro (1989). Di: Jim Sheridan. Con: D. Day-Lewis, B. Fricker. Trama: Descrive la storia di un uomo diversamente abile che, grazie al suo coraggio e alla sua fermezza, riesce ad affermarsi nel sociale. – Indicazioni terapeutiche: Affronta il tema dell’ accettazione della disabilità. Film che tratta in maniera esaustiva tale problematica e che offre spunti positivi a continuare con la propria tenacia, ai fini del raggiungimento delle propie mete anche se trattasi di un soggetto diversamente abile. • – – –

Il mio sogno più grande (2007). Di: Davis Gugghenheim. Con: C. Schoeder, E. Schine, D. Mulroney. Trama: Dopo “Il bacio che aspettavo”, un altro film generazionale che parla ai teenager e ai loro genitori. Gracie è una liceale bellissima e sicura di sé con una smodata ammirazione per suo fratello Mike, astro nascente del calcio. Quando quest’ultimo perde la vita in un incidente, Gracie, contro ogni pregiudizio e contro il parere di genitori e insegnanti, deciderà di seguirne le orme sottoponendosi ad estenuanti allenamenti per riuscire ad entrare nella squadra del fratello, anche a costo di sacrificare la sua vita privata, il suo rendimento scolastico e il suo amore più grande. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia le possibilità esistenti in ciascuno di noi di ristrutturare i propri stati d’animo negativi su nuove basi, trasformandosi, a ragion veduta, da vittime di eventi esistenziali penalizzanti in artefici della propria vita, finanche ribaltando gli stati d’animo depressivi della morte di una persona cara, quindi imparando a trasformare gli elementi negativi della propria vita in positivo riscatto emozionale, anche mediante l’elaborazione del lutto. • – – –

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Mirrors – Riflessi di Paura (2008). Di: Alexandre Aja. Con: K. Sutherland, P. Pattton, C. Boyce, A. Smart. Trama: Il film racconta la storia di Ben Carson, un ex poliziotto (ex alcoolista) che, in seguito al licenziamento conseguente alla morte di un collega, trova lavoro come capo della sicurezza notturna in un grande magazzino, dove si verificano però morti inspiegabili. 201

– Indicazioni terapeutiche: Pur se basato su una storia thriller, può riuscire a fornire spunti sia per esorcizzare la paura, che per invitare a guardarsi dentro, tenendo ben presente però che spesso ciascuno di noi vede soltanto quello che vuole vedere e proietta al di fuori di sé le proprie paure, le proprie tensioni e i propri tormenti. Mi sdoppio in 4 (1996). Di: Harold Ramis. Con: M. Keaton, A. MacDowell. Trama: Vittima dello stress lavorativo e familiare, un ingegnere decide di farsi clonare da uno scienziato così da poter far eseguire al suo clone le attività più pesanti, ma le cose non andranno come sperato. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può fornire alcuni spunti di riflessione sul problema della identità personale. • – – –

Momenti di gloria (1981). Di: Hugh Hudson. Con: B. Cross, I. Charleson. Trama: L’amicizia tra due atleti che, spinti da ideali diversi, si preparano per partecipare alle Olimpiadi del 1924. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica che se investi nel tuo impegno, nella tua tenacia, in un tuo credo, nella fiducia in te stesso, ce la fai. Lo stesso film, peraltro, riesce a comunicare quanto lo sport può contribuire ad accrescere l’autostima. • – – –

Il mondo secondo Garp (1982). Di: George Roy Hill. Con: G. Close, R. Williams. Trama: L’infermiera Jenny, femminista ed autrice di un best-seller, ha un figlio, Garp, che desidera anche lui diventare scrittore. – Indicazioni terapeutiche: Per contestualizzare se stessi nel mondo e nel tempo (“chi siamo”, “dove andiamo”). • – – –

Mona Lisa smile (2003). Di: Mike Nesell. Con: J. Roberts, J. Stiles, K. Dunst. Trama: Affronta il tema sempre ricorrente relativo all’adeguamento di idee innovative da parte di un insegnante in un importante college femminile, che si scontra contro lo stile tradizionalista dello stesso. – Indicazioni terapeutiche: Da vedere per riflettere su tale tematica, per meglio comprendere che a volte si deve avere il coraggio di distaccarsi • – – –

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dalle impostazioni di vecchio stampo e che, grazie all’intelligenza unita all’elasticità mentale, si può trovare un compromesso rispettando ed adeguando le une alle altre. Money train (1995). Di: Joseph Ruben. Con: W. Snipes, J. Lopez. Trama: Due fratellastri dai diversi tratti caratteriali, uno sconsiderato e l’altro equlibrato. Quest’ultimo, nonostante la sua ponderatezza, si lascia trascinare da suo fratello, dalla folle idea di rapinare un treno con migliaia di dollari. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce spunti per i problemi legati ai conflitti tra fratelli (fratellastri) dalle diverse personalità. In chiave ironica, serve a far comprendere quanto è necessario riuscire a gestire in maniera risoluta le proprie idee, evitando di sposarne altre che possono solo rivelarsi deleterie e che non si addicono ad un certo tipo di individuo. Ognuno di noi deve cucirsi l’abito giusto in base alla propria struttura di personalità. • – – –

Monica e il desiderio (1952). Di: Ingmar Bergman. Con: H. Andersson, L. Ekborg. Trama: Tratta la storia di due giovani che trascorrendo l’estate su di un’isola, si amano e la giovane rimane incinta. I due si sposano e lei, scoprendo che la vita famigliare non gli si addice, abbandona suo marito ed il figlio. – Indicazioni terapeutiche: Serve a riflettere sugli errori adolescenziali e le successive conseguenze che inevitabilmente si pagano in seguito ad eventi più grandi rispetto all’età. Per riflettere sull’antico problema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. • – – –

Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano (2003). Di: Francois Dupeyeon. Con: O. Sharif, P. Boulanger. Trama: Narra la storia di Ibrahim (un uomo adulto) e Momo (un giovane ragazzo), tra i quali si instaura un rapporto di amicizia. – Indicazioni terapeutiche: Ottimi spunti relativi al dialogo tra adulti e adolescenti. Valido anche dal punto di vista del bilaterale scambio tra culture, generazioni e religioni.

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Mrs. Doubtfire (1993). Di: Chris Columbus. Con: R. Williams, S. Field, P. Brosnan. Trama: Un doppiatore di cartoni animati disoccupato divorzia dalla moglie e perde l’affidamento dei figli per restare vicino ai quali deciderà di travestirsi da donna e di farsi assumere come governante dalla ex moglie e dal suo nuovo compagno. – Indicazioni terapeutiche: “Pensaci bene prima di distruggere un matrimonio”.

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My life – Questa mia vita (1993). Di: Bruce Joel Rubin. Con: M. Keaton, N. Kidman. Trama: Un uomo a cui restano pochi mesi di vita a causa di un male incurabile decide di lasciare delle testimonianze video di se stesso per il figlio che sta per nascere e che non riuscirà a vedere. – Indicazioni terapeutiche: È un film in grado di trasmettere ad un figlio che non ha mai visto suo padre quelli che potrebbero essere stati i sentimenti dello stesso genitore verso la sua persona. È peraltro un film in grado di comunicare ai genitori in vita, indipendentemente dai problemi della morte, quali sono i sentimenti che potrebbero meglio alimentare la propria identità genitoriale nell’eventualità che non fossero ancora maturi ed in grado di sperimentarli appieno in se stessi. • – – –

Nel nome del padre (1993). Di: Jim Sheridan. Con: D. Day-Lewis E. Tompson, J. Linch. Trama: È un film che tratta l’antica diatriba tra i Movimenti dell’Ira e la Monarchia Inglese, attraverso la storia di un giovane uomo che viene ingiustamente detenuto con la falsa accusa di essere un terrorista. – Indicazioni terapeutiche: Offre un ottimo aiuto per comprendere un caso di ingiustizia, nonché il rapporto tra padre e figlio, in un ambiente ostile come quello del carcere e quanto può essere tenace un uomo nel trovarsi di fronte alle negatività che la vita gli impone per giungere, infine, alla vittoria morale. Si consiglia di vederlo per la profondità dei dialoghi verbali e non verbali, ma soprattutto per meglio comprendere quanto è necessario essere volitivi in determinati momenti della vita, pur se ci sembra che gli ostacoli siano insormontabili. • – – –

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Nine Months – Imprevisti d’amore (1995). Di: Chris Columbus. Con: H. Grant, J. Moore. Trama: Le paure e i dubbi di uno psicologo quando viene a sapere che la sua fidanzata è incinta. – Indicazioni terapeutiche: Il film può fornire, a chi è scapolo e/o ha paura di avere prole e/o è tendenzialmente egoista, spunti costruttivi in grado di chiarire a se stesso quali sono i sentimenti relativi alla bellezza dei vissuti di paternità in grado di superare ogni ostacolo. • – – –

Non mi scaricare (2008). Di: Nicholas Stoller. Con: J. Segel, K. Bell, M. Kunis, R. Brand. Trama: Peter dopo sei anni di vita spesi ad idolatrare la sua fidanzata Sarah Marshall, stella della TV, tenta di fuggire, per superare il dolore di essere stato lasciato, recandosi alle isole Hawaii. Ma il fato vuole proprio che nel suo hotel incontri Sarah con il suo nuovo fidanzato, un istrionico cantante rock di nome Aldous. Per dimenticare Sarah, bevendo infiniti cocktail alla frutta, cercherà di trovare il suo nuovo amore. – Indicazioni terapeutiche: Il film, con valide modalità comunicative emozionali, fornisce ottimi spunti in grado di analizzare le proprie scelte affettivo-esistenziali, siano esse condizionanti o, al contrario, più gratificanti.

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Non pensarci (2007). Di: Gianni Zanasi. Con: V. Mastandrea, A. Caprioli, G. Battiston, C. Murino, P. Briguglia. Trama: Descrive la storia di una famiglia che possiede una fabbrica di ciliegie in Veneto. Al centro della storia ci sono due fratelli e una sorella. Uno di loro, il secondogenito, vive a Roma suonando in un complesso musicale. Ad un certo punto dovrà lasciare la città per raggiungere l’intera famiglia a causa dei problemi economici che sta attraversando. – Indicazioni terapeutiche: Il film mette a nudo tutto ciò che di negativo potremmo evitare, dagli scatti d’ira con le loro conseguenze, ai litigi per motivazioni in fondo superabili, alle frustrazioni di ciascuno, oscillando dalla noia alla disperazione e ha l’effetto di una “bibita fresca in una giornata di caldo afoso” e, tra depressioni e senso di frustrazione, permette di intravedere tutti gli aspetti dei rapporti, dei conflitti di coppia a quelli familiari frustranti dove vi è depressione. Fornisce una delle medicine preventive più efficaci: la solidarietà familiare. • – – –

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Notting Hill (1999). Di: Roger Michell. Con: J. Roberts, H. Grant. Trama: Un timido libraio ed una attrice si innamorano, ma il concretizzarsi del loro amore deve fare i conti con le incertezze, le indecisioni ed il passato. – Indicazioni terapeutiche: Il film invia messaggi di recupero di affettività attraverso i suoi dialoghi carichi di emozionalità e di sentimenti positivi. • – – –

Ogni maledetta domenica (2000). Di: Oliver Stone. Con: A. Pacino, C. Diaz, M. Modine, D. Quaid. Trama: Tony D’Amato, allenatore della squadra di football dei Miami Sharks, deve risollevare la squadra da una serie di sconfitte. All’interno della società, ci sono dei cambiamenti: Christina succede al vecchio proprietario (suo padre) ed assume una diversa linea di condotta, rivolta verso il profitto a scapito dei sentimenti. – Indicazioni terapeutiche: È utile sul profilo dei dialoghi mirati a trasmettere il coraggio, nonché ad una giusta impostazione sul lavoro di gruppo per far coesistere due importanti elementi: l’interesse economico unitamente ai giusti valori. • – – –

Oltre ogni limite (1986). Di: Robert M. Young. Con: F. Fawcett, J. Russo. Trama: Dopo un secondo tentativo di stupro, una donna si ribella e ad una ennesima aggressione, da vittima tremante si trasforma in personaggio reattivo. – Indicazioni terapeutiche: Il film trasmette tutta una serie di processi associativi mentali propri della trasformazione delle proprie angoscianti paure nel trionfo del coraggio e, indipendentemente dalle reazioni estremistiche, pone argomenti di riflessione quali la violenza sulle donne, il narcisismo, la liceità della vendetta.

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L’Ombra del sospetto (2008). Di: Richard Eyre. Con: L. Neeson, A. Banderas. Trama: La storia di una donna innamorata di suo marito, con cui è sposata da 25 anni e che vive una relazione extraconiugale con un altro uomo, molto diverso caratterialmente dal coniuge. Lei, tormentata dal senso di

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colpa, vorrebbe confessare il tradimento ma non ci riesce. Solo in seguito alla sua morte, in quanto affetta da cancro, il marito scopre la verità e finisce per voler incontrare l’amante per meglio comprendere cosa dell’altro uomo avesse potuto attrarre la moglie. La ferita narcisistica lo porta inizialmente a voler eliminare il rivale, ma poi prevale il buon senso, ed entrambi finiscono per piacersi e comprendersi vicendevolmente. – Indicazioni terapeutiche: Sia pur in chiave thriller, il messaggio fulcro del film si basa sul perdono relativamente al tradimento nei confronti del proprio partner. Il quesito è: si possono amare due persone allo stesso tempo? Qual è la motivazione che spinge una donna a tradire il proprio marito pur amandolo? Uno rappresenta l’uomo sicuro con cui si è scelto di formarsi una famiglia ma allo stesso tempo si finisce per vivere un rapporto abitudinario, con l’altro, invece, si riaccende l’entusiasmo e la passione di sentirsi nuovamente desiderata come donna. Che fare in questi casi? Accettare e comprendere determinate necessità? O evitare cercando preventivamente un concreto dialogo tra coniugi, magari anche con il supporto di una terapia di coppia? Ottimale per un attenta riflessione su un argomento sempre pieno di quesiti. Onora il padre e la madre (2007). Di: Sidney Lumet. Con: P. Seymour Hoffman, M. Tomei. Trama: La storia di due fratelli, uno dalla forte personalità e l’altro più dimesso. Il primo, per risollevarsi dall’infelice momento economico che sta attraversando, convince il fratello più debole a rapinare una gioielleria, il quale però è ignaro che trattasi di quella dei genitori. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia quanto le scelte sbagliate possono mettere in crisi tutti i valori di un sistema familiare già in equilibrio instabile e suggerisce, sia pur con accenti negativi ma non privi di connotazioni positive, spunti per una proficua ricerca di rinnovate coordinate esistenziali familiari più costruttive.

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Ortone e il mondo dei Chi (2008). Di: Jimmy Hayward, Steve Martino. Con: J. Carrey, S. Carell. Trama: Il film d’animazione parla di un elefante simpatico e bizzarro nelle sue fantasie che dopo un grido disperato di aiuto da parte di un granello di sabbia, si lancia altruisticamente in aiuto di una microscopica famiglia. – Indicazioni terapeutiche: Comunica il valore dell’amicizia anche verso qualcuno che può apparire ad uno sguardo superficiale insignificante e

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non meritevole di alcun aiuto. Comunica, peraltro, il valore del coraggio e costituisce un ottimo esempio anche per i più grandi, di come si può conquistare o ratificare l’autostima anche se ci si sente piccoli o indifesi proprio come un granello di sabbia. L’ottavo giorno (1996). Di: Jaco Van Dormael. Con: D. Auteuil, P. Duquenne. Trama: Harry, lasciato dalla moglie che ha portato con sé le sue due figlie, incontra Georges, un ragazzo down con il quale stringerà una profonda amicizia. – Indicazioni terapeutiche: Il film è indirizzato a chi ha bisogno d’integrarsi, a chi vive in maniera frenetica e stressante, nonché a chi non crede che le persone Down possano insegnarci qualcosa. Si presenta, peraltro, valido anche per gli stessi Down, i quali possono così ispirarsi ottimisticamente a modelli positivi e di crescita personale. • – – –

Il padre della sposa (1950). Di: Vincent Minnelli. Con: S. Tracy, J. Bennett, E. Taylor. Trama: L’avvocato Stanley Banks, narratore in prima persona, è alle prese con l’imminente matrimonio della figlia preferita, tra le spese economiche della cerimonia, la gelosia paterna e le insicurezze del grande passo vissute da tutti i componenti del nucleo familiare. – Indicazioni terapeutiche: Buono per la “Sindrome del nido vuoto”. Indicato per coloro che vivono le problematiche legate alla sofferenza, a volte anche nascosta a se stessi, di non volere che i propri figli crescano e si incamminino verso la propria vita autonoma e indipendente. • – – –

Padre padrone (1977). Di: Paolo e Vittorio Taviani. Con: O. Antonutti, F. Forte, S. Marconi. Trama: È la storia dell’affermazione personale del pastorello sardo Gavino Ledda, costretto dal genitore ad una vita tra i campi a custodire il gregge, che riesce, nonostante tutto, a sfidare il volere paterno e a diventare professore universitario di glottologia. – Indicazioni terapeutiche: È un film sui maltrattamenti e sugli abusi familiari, nel particolare contesto rurale dei pastori sardi. Può costituire per i figli un valido modello di svincolo da rapporti coercitivi con la famiglia di origine e, per i genitori, per evidenziare a se stessi quanto l’atteggiamento assolutista potrebbe risultare oltremodo nocivo. • – – –

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Il papà di Giovanna (2008). Di: Pupi Avati. Con: S. Orlando, A. Rohrwacher, F. Neri, E. Greggio. Trama: Un pittore fallito e infelicemente sposato si dedica anima e corpo all’educazione di sua figlia, timida, insicura e non troppo bella. L’uomo è deciso a costruire per lei un grande futuro, ma un irresponsabile atto della ragazza metterà tutto in discussione. – Indicazioni terapeutiche: Il film offre suggerimenti relativamente all’esagerato investimento affettivo genitoriale che, se eccessivo, può risultare nocivo ed andare a deludere le aspettive. • – – –

La parola ai giurati (1997). Di: William Fredkin. Con: J. Lemmon, E. James Olmos, G.C. Scott. Trama: L’architetto Jack Lemmon riuscirà, con arguzia ed intelligenza, ad instillare il seme del dubbio negli altri componenti di una giuria popolare della quale fa parte, decisi a liquidare frettolosamente un caso di responsabilità di omicidio che condannerebbe un giovane alla sedia elettrica. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia i singoli pregiudizi ed i nostri personali, più profondi difetti, che possono condizionare i nostri stessi “processi decisionali”. Peraltro, ad una più attenta disamina, il film può risultare estremamente prezioso per smascherare sia in noi stessi che in chi ci circonda eventuali deficienze in grado di depistare totalmente nel nostro vivere quotidiano ogni valutazione obiettiva. • – – –

• Patch Adams (1998). – Di: Tom Shadyac. – Con: R. Williams, M. Potter, D. London, P.S. Hoffman, B. Gunton, P. Coyote. – Trama: Reduce da una sindrome depressiva e da un ricovero in clinica psichiatrica, dove si scontra con il disinteresse e la freddezza dei terapeuti e scopre contemporanamente la sua capacità di instaurare rapporti umani con gli altri pazienti, Patch Adams si iscrive alla facoltà di medicina e riuscirà a fondare, tra sacrifici e amori perduti e nonostante l’avversione dei suoi maestri e colleghi, una clinica propria dove realizzerà il suo sogno di poter curare i pazienti con l’umanità ed il sorriso oltre che con i farmaci. – Indicazioni terapeutiche: Similmente ad altri film, anche Patch Adams, sia pure per paramentri estremi, vuole comunicare il coraggio di portare avanti le proprie idee e convinzioni, al di là delle avversità della vita e degli uomini, perché proprio da ciò, in fondo, può derivare una vita che 209

valga la pena di essere vissuta senza rimpianti. Il film può essere anche utilizzato nella formazione di medici, infermieri e personale sanitario, lì dove spesso si assiste ad una disumanizzazione di rapporto. Paul, Mick e gli altri (2001). Di: Ken Loach. Con: J. Duttine, S. Huison. Trama: La storia di un gruppo di operai che, dopo la privatizzazione della loro azienda, si scontreranno con le difficoltà del mercato del lavoro e dei suoi compromessi. – Indicazioni terapeutiche: Questo film esprime le difficoltà dei problemi professionali ed il conseguente stress lavorativo, fornendo, sia pur presentando tutte le sue negatività, spunti compensatori e costruttivi.

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The Peacemaker (1997). Di: Mimi Leder. Con: G. Clooney, N. Kidman. Trama: Un fisico nucleare ed un colonnello dei servizi segreti americani sono incaricati di ritrovare e recuperare degli ordigni nucleari venduti da alcuni mercenari a degli attentatori bosniaci. – Indicazioni terapeutiche: Il film, indicato per i depressi e i demotivati, costituisce un’endovenosa di valori quali la solidarietà, il coraggio, l’abilità, l’intelligenza, la generosità.

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Penny Dreadful (2006). Di: Richard Brandes. Con: R. Miner, M. Rogers. Trama: La giovane Penny si rivolge alla psicologa per tentare di superare la sua fobia di viaggiare in auto. Ma situazioni inattese la porteranno a ritrovarsi in uno stato da incubo, in cui le sue peggiori paure diventeranno realtà. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può funzionare da deterrente grazie al suo effetto splash, “gettando in faccia allo spettatore” tutte le più cruente immagini terrifiche con la finalità di debellare le nostre paure più inconsce, alla stessa stregua delle “Tecniche di sdrammatizzazione delle immagini tensive”, proprio grazie al cimentarsi con le stesse, minimizzando sia le paure nascoste che gli eventi reali. In realtà tentando con i meccanismi della anticipazione programmata di minimizzare le paure ai propri stessi occhi. • – – –

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Peter Pan – Ritorno all’isola che non c’è (2002). Di: Robin Budd, Donovan Cook (animazione). Con: (Voci) B. Weaver, H. Owen, C. Burton, K. Soucie. Trama: Capitan Uncino rapisce per errore Jane, figlia maggiore di Wendy e la porta sull’isola che non c’è. – Indicazioni terapeutiche: Vedere questo film fa bene a chi vive nella confusione dei valori, inseguendo il successo in maniera sfrenata. Il film invece aiuta a ritrovare i sani, vecchi valori: generosità, solidarietà, coraggio, abilità, fratellanza, inviando però messaggi di “attenzione” nel non credere a tempo pieno alle favole, pur apprezzandole.

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Philadelphia (1993). Di: Jonathan Demme. Con: T. Hanks, D. Washington. Trama: Un giovane avvocato gay viene licenziato dallo studio legale in cui lavora perché affetto da AIDS, ma l’uomo riuscirà, grazie all’aiuto di un avvocato di colore, ad intentare una causa contro lo studio ed a vincerla anche se la malattia alla fine avrà il sopravvento. – Indicazioni terapeutiche: Il film permette di toccare le corde dei sentimenti più vividi della sofferenza di un ammalato di AIDS, comunicando attenzione verso la prevenzione e, nello stesso tempo, ricorda la necessità di maggiore umanità e minori pregiudizi verso tali ammalati. • – – –

Piacere Dave (2008). Di: Brian Robbins. Con: E. Murphy, E. Banks, S. Caan, G. Union. Trama: Gli alieni sono tra noi. Per fuggire dal loro mondo in preda al caos, dei piccolissimi alieni su una nave spaziale giungono sulla terra. I problemi degli extraterrestri arrivano quando il loro capitano si innammora perdutamente di una ragazza del pianeta Terra. – Indicazioni terapeutiche: Il film, anche se con ironia, offre valide modalità emozionali e invia ottimi spunti di riflessione sui sentimenti interpersonali e sul valore e forza dell’ amore.

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Piccole donne (1949) (buono anche il remake del 1994). Di: Mervyn Le Roy. Con: J. Allison, M. O’Brian, E. Taylor. Trama: Adattamento cinematografico del romanzo di Louisa May Alcott, che racconta la storia di quattro sorelle, nel Massachusetts dell’Ottocento, dal carattere molto diverso l’una dall’altra, ma tutte educate secondo la mentalità libera ed anticonformista della madre. 211

– Indicazioni terapeutiche: Il film fornisce spunti per una valida evoluzione personale a seconda delle proprie congenialità, eliminando al meglio i possibili errori ed abbracciando gli eventuali risvolti positivi esistenti in se stessi e nell’interazione con gli altri. Buoni si presentano nel film i confronti con l’esasperazione esemplificativa dei vari modelli femminili: dalla donna di casa, all’intellettuale indipendente, alla seduttiva cinica. Pomodori verdi fritti (alla fermata del treno) (1991). Di: Jon Avnet. Con: K. Bates, J. Tandy. Trama: La storia dell’amicizia tra una casalinga delusa ed una anziana donna. – Indicazioni terapeutiche: Importanti messaggi di crescita esistenziale. Un film che va visto due volte se si vogliono far fruttare i relativi contenuti: la prima volta per mettere a fuoco le parti più importanti del film che possono interessare il singolo spettatore e la seconda per introiettarle. È un film che ispira a rimettersi in gioco. • – – –

I ponti di Madison County (1995). Di: Clint Eastwood. Con: C. Eastwood, M. Streep. Trama: Francesca Johnson, sposata e con due figli, conosce il solitario fotografo Robert Kincaid e tra i due nasce l’amore che, tuttavia, è destinato a morire perché la protagonista non troverà il coraggio di lasciare la famiglia. Molti anni dopo, i figli di Francesca trovano il diario della madre ormai morta e vengono a conoscenza dei sentimenti della madre per il fotografo, ormai morto anch’egli. – Indicazioni terapeutiche: Può essere prescritto sia ai ragazzi in crescita per sensibilizzarli alle decisioni di vita dei genitori, che a tutti quegli esseri umani abbisognevoli di imparare cos’è la tenerezza e quanto sia importante “comunicare” per tener vivo l’amore. • – – –

Il postino (1994). Di: Michael Radford. Con: M. Troisi, P. Noiret, M.G. Cucinotta. Trama: È la storia dell’amicizia tra il postino Mario Ruoppolo ed il suo unico cliente, il poeta Pablo Neruda in esilio su un’isola del golfo di Napoli. Da lui Mario imparerà ad apprezzare la bellezza della poesia che utilizzerà per ravvivare il rapporto con la sua fidanzata. – Indicazioni terapeutiche: Il film è una metafora per un migliore sviluppo della “comunicazione emozionale e verbale” nel rapporto di coppia.

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Il pranzo della domenica (2003). Di: Carlo Vanzina. Con: M. Ghini, E. De Rossi, R. Papaleo, M. Mattioli, E.S. Ricci. Trama: Narra una storia di matriarcato attraverso il personaggio di una vedova che ha tre figlie e pretende che ogni domenica con i loro mariti, vadano a pranzo da lei facendole il resoconto di tutti i loro vissuti. Si rompe il femore e le figlie la assisteranno nella sua lunga permanenza in ospedale. Si assiste ad un excursus di vicende esistenziali, professionali e generazionali. – Indicazioni terapeutiche: Importante per i dialoghi, miratamente al problema legato ai conflitti familiari, e a cosa sicuramente va evitato nella comunicazione all’interno della famiglia, invita inoltre a riflettere su quanto spesso le valutazioni della famiglia di origine vadano ad influenzare, nei figli succubi, i rapporti tra coniugi. • – – –

Il principe delle maree (1991). Di: Barbra Streisand. Con: N. Nolte, B. Streisand. Trama: Una psicanalista finisce con l’innamorarsi del fratello di una sua paziente la cui infanzia è stata segnata da un grave trauma. – Indicazioni terapeutiche: Per capire come i traumi infantili, se non affrontati e non curati, possano influenzare la vita e le relazioni affettive e di coppia. Il film può costituire un iniziale stimolo ad eventuali processi di introspezione.

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Il principio dell’incertezza (2002). Di: Manoel de Oliveira. Con: L. Silveira, R. Trepa. Trama: La domestica Celsea ha sostituito il proprio figlio Antonio al figlio morto della propria padrona. – Indicazioni terapeutiche: Bei dialoghi in grado di evidenziare le sfumature dei meandri dei sentimenti, con spunti di revisione delle priorità in quell’alone di incertezza a cui la vita può condurre in certi momenti storici della nostra evoluzione.

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Qualcosa è cambiato (1997). Di: James L. Brooks. Con: J. Nicholson, H. Hunt. Trama: Il “lato umano” dello scontroso carattere di uno scrittore di romanzi rosa emergerà grazie al sentimento “affettiveggiante” verso una cameriera e un cane. 213

– Indicazioni terapeutiche: Il film è in grado di farci comprendere quanto le ossessioni, nonché le fobie, possono essere interpretate, in definitiva, come conseguenza di meccanismi egoisti nella nostra mente, la quale, proprio in conseguenza dell’esclusione di ogni autentico rapporto affettivo, ha bisogno di dedicarsi a se stessa con i suoi contorti processi associativi anche se, in definitiva, tutt’altro che gratificanti. Ma la speranza è accarezzare l’idea che un sentimento altruistico-affettivo possa gratificarci, sollevandoci così da eventuali crucci o tormenti. Quando tutto cambia – Then she found me (2007). Di: Helen Hunt. Con: H. Hunt, C. Firth, B. Midler. Trama: Un insegnante di Philadelphia, April Epner, viene sconvolta nella sua tranquilla esistenza da una serie di eventi traumatici: l’abbandono da parte del marito, la morte di sua madre che scopre, solo all’atto della morte, che trattasi della madre adottiva. Dal buio della sua esistenza, all’improvviso, compare la madre naturale Bernice, conduttrice di un celebre talk-show che tenta di riscattarsi dall’abbandono della figlia. Per April si presentano però pessimistici ed altalenanti tentativi di conquista del proprio equilibrio esistenziale non facile da gestire. – Indicazioni terapeutiche: È un film che invia importanti messaggi di possibilità di trasformare eventi negativi (inclusa la “difficoltà di essere figli”, il lutto e le crisi abbandoniche) in nuovi equilibri esistenziali e di rasserenante approccio con la vita nella comunicazione con gli altri e col mondo intero. • – – –

The Quiet – Segreti Svelati (2006). Di: J. Babbit. Con: E. Cuthbert, C. Belle. Trama: Il film tratta, in maniera decisamente forte, gli abusi sessuali in famiglia da parte di un genitore (padre), nei confronti della propria figlia, con un tragico epilogo. – Indicazioni terapeutiche: È mirato ad operatori del settore psichiatricopsicologico. Da visionare con cautela, se si è soggetti particolarmente apprensivi. • – – –

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I ragazzi dello zoo di Berlino (1981). Di: Ulrich Edel. Con: N. Brunkhorst. Trama: Il percorso verso la degradazione di una quattordicenne che entra nel tunnel della droga.

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– Indicazioni terapeutiche: Anche questo film è in grado di evidenziare, in maniera forse più tragica e brutale di altri, il mondo e le problematiche delle tossicodipendenze. Fornisce spunti, ove possibile, per riuscire a prevedere le impostazioni mentali negative Ragazze (1997). Di: Mike Leigh. Con: K. Cartlidge, L. Steadman. Trama: Due amiche si ritrovano dopo dieci anni per un week-end, rievocando il passato, le amicizie e i cambiamenti e tirando le fila del presente. – Indicazioni terapeutiche: Un valido film che rappresenta per lo spettatore un momento di ricerca e di riflessione su tematiche come l’amore, la gioventù, il sesso ed il successo. • – – –

Rain Man – L’uomo della pioggia (1988). Di: Barry Levinson. Con: D. Hoffman, T. Cruise. Trama: Il giovane Charlie avvicina il fratello autistico Raymond con l’obiettivo di appropriarsi dell’eredità, ma poi si affeziona teneramente a lui e cambia completamente. – Indicazioni terapeutiche: Indipendentemente dalla esatta diagnosi psichiatrica del personaggio – “Disturbo pervasivo dello sviluppo” – il film è valido per capire il mondo dell’autismo e per riuscire ad entrare in comunicazione sintonico-emozionale con lo stesso autistico. • – – –

Una relazione privata (1999). Di: Frédéric Fonteyne. Con: N. Baye, S. Lopez. Trama: Un uomo e una donna e i ricordi, secondo i diversi punti di vista dei due, della loro passata relazione sessuale e sentimentale. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, come pochi, riesce ad essere terapeutico in quanto esamina in negativo i pensieri nascosti e più segreti di ciascuno dei due componenti, in un rapporto di coppia disturbato dai propri individuali fantasmi di inadeguatezza e quindi dai timori di non accettazione da parte dell’altro. • – – –

• Il Re leone (1994). – Di: Roger Allers, Rob Minkoff. – Personaggi: Simba, Timon, Pumbaa, Mufasa, Scar, Nala (Animazione). 215

– Trama: La storia del leoncino Simba, che fugge perché si ritiene colpevole della morte del padre, avvenuta invece per mano del malvagio zio. Ma una volta adulto scoprirà la verità e tornerà nel suo territorio per fare giustizia. – Indicazioni terapeutiche: Un valido film per bambini e adolescenti in grado di stimolare positivamente il coraggio, la fiducia in se stessi e, in definitiva, l’autostima. Il ritorno della scatenata dozzina (2005). Di: A. Shankman. Con: S. Martin, E. Levy. Trama: Una famiglia decide di andare in vacanza sul lago. Molto presto si rivelerà piuttosto impegnativa, in quanto si imbatteranno in vicini decisamente numerosi e si trasformerà in una simpatica lotta di rivalità. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia e fa riflettere sugli errori e le ottimali impostazioni sul ruolo di genitore. • – – –

The Rock (1996). Di: Michael Bay. Con: N. Cage, S. Connery. Trama: Un esperto di armi chimiche ed un’ex spia inglese sono incaricati di fermare i piani eversivi di un generale che tiene in ostaggio delle persone in visita all’ex carcere di Alcatraz (“The Rock”) e minaccia di far esplodere su San Francisco dei missili carichi di gas nervino. – Indicazioni terapeutiche: Vedi “The Peacemaker”. • – – –

Rollerball (1975). Di: Norman Jevison. Con: J. Caan, J. Houseman, M. Adams. Trama: In un futuro imprecisato la violenza è incanalata in un unico gioco dove non esistono regole, il Rollerball, ma l’eroe nazionale di questo sport decide di ribellarsi al sistema. – Indicazioni terapeutiche: Per coloro la cui autonomia di pensiero può vacillare influenzata e depistata dalle mode e dai qualunquismi dei tempi, il film invia un incisivo messaggio affinchè le stesse mode “non condizionino più di tanto”. • – – –

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Scarface (1983). Di: Brian De Palma. Con: A. Pacino, M. Pfeiffer, S. Bauer. Trama: L’ascesa ed il declino del giovane rifugiato cubano Tony Mon-

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tana, che diventa uno dei maggiori trafficanti di droga della Florida. Ma l’impero che ha costruito è destinato a crollare tra morbose gelosie, tradimenti, fiumi di cocaina e amori distrutti. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia il ricorso alla cocaina, in definitiva, per ragioni di più profonda disistima nelle proprie possibilità. È un film che può favorire, in caso di tossicodipendenza, la presa di coscienza della propria inferiorità (da far invece evolvere positivamente) e dei sentimenti di autodisistima che spesso, indipendentemente dal concorso di altre cause, possono essere a monte dell’assunzione di droga. Scene da un matrimonio (1973). Di: Ingmar Bergman. Con: L. Ullmann, E. Josephson. Trama: La storia dell’evoluzione di un matrimonio raccontata in sei episodi che illustrano il progressivo disgregarsi di una coppia fino al divorzio ed alla riconciliazione finale, quando scoprono di amarsi ancora. – Indicazioni terapeutiche: Trattasi di un film che andrebbe visto con il coraggio dell’umiltà di ammettere a noi stessi che sicuramente ciascuno di noi è ben lungi dal concetto di perfezione e che permette quindi di anticipare le negatività che potrebbero verificarsi in un rapporto di coppia o viceversa permette anche di sottolineare le positività che, a ben guardare, potemmo scoprire molto prima di ogni burrascoso rapporto. • – – –

Scent of Woman – Profumo di donna (1993). Di: Martin Brest. Con: A. Pacino, C. O’Donnell. Trama: Remake dell’omonimo film con Vittorio Gassman del 1974, è la storia di un ex-ufficiale cieco deciso a suicidarsi, ma che ritrova la forza di vivere grazie all’aiuto di un giovane liceale chiamato dalla famiglia ad occuparsi di lui. – Indicazioni terapeutiche: È un film che comunica quanto possono sempre essere presenti, in ognuno di noi, nuovi ed inaspettati spunti innovativi di vita, in grado di far riaccendere per quel tanto che basta le speranze di un nuovo vibrare esistenziale.

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Il seme della discordia (2008). Di: Pappi Corsicato. Con: A. Gassman, C. Murino, M. Venitucci, M. Stella, V. Fabrizi. Trama: La commedia è liberamente tratta da un romanzo di Heinrich von Kleist e racconta le gesta di un uomo e una donna sposati e lanciatissimi in due carriere sfolgoranti: lui è un rappresentante di fertilizzanti, 217

lei una commerciante che ha ereditato una boutique dalla madre e che è in procinto di inaugurare un concept store. Un piccolo dramma squarcia la stabilità della loro relazione costringendoli a rimettere in discussione anche le loro apparentemente forti personalità: lei rimane incinta, mentre al marito viene diagnosticata l’infertilità. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica quanto, a volte, sia necessario riflettere sui reali sentimenti all’interno della coppia, troppo spesso concentrati sotto un profilo esteriore. Sarebbe opportuno approfondire e coltivare un dialogo più mirato, sforzandosi di comprendere in maniera concreta e costruttiva le reali esigenze del coniuge. Il segreto di Pollyanna – Pollyanna (1960). Di: David Swift. Con: A. Menjou, K. Malden, J. Wyman, H. Mills. Trama: Pollyanna, una ragazzina orfana di 12 anni, dolcissima ed intraprendente, riesce a riportare la serenità in un ambiente della piccola provincia americana, nonostante il carattere ostile di sua zia, incaricata di prenderne la custodia. – Indicazioni terapeutiche: Questo è un film concretamente utile a fornire ottimi messaggi comunicazionali, invitando ad una attenta riflessione intrapsichica ed interpersonale. Un vero manuale di comunicazione efficace, visto dal semplice mondo di una bambina in grado di portare la pace in un ambiente caratterizzato dalla chiusura relazionale. Da seguire, con particolare valutazione, l’omelia della domenica da parte del pastore. Si assiste ad un cambiamento radicale sul piano comunicativo, grazie ad una presa di coscienza di quali siano i giusti messaggi da veicolare al prossimo, affinchè vengano meglio assimilati. • – – –

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Sex And The City – Le Ragazze sono tornate (2008). Di: Michael Patrick King. Con: S.J. Parker, K. Cattrall, C. Nixon, K. Davis, C. Noth, J. Hudson. Trama: Il film, tratto dalla celebre serie televisiva ambientato nella città di New York, narra la storia di 4 amiche. La protagonista del film, S.J. Parker nel ruolo di Carrie Bradshaw, dallo spirito romantico, che viene piantata dal suo amato proprio nel giorno del matrimonio solo a causa di un momentaneo blocco da parte di lui relativo al timore di un legame; Charlotte, felicemente sposata ed ancorata ai valori della coppia e della famiglia; Miranda, dalla forte personalità che inevitabilmente finisce per dominare il rapporto di coppia e si redime proprio quando capisce che il marito, soffocato dalla sua schiacciante, fredda ed abitudinaria figura, la tradisce pur amandola molto; Samantha, la cui scelta di vita è quella della

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single incallita che non crede assolutamente nel matrimonio ed appaga se stessa solo attraverso molteplici rapporti mirati alla sfera sessuale con uomini giovani e virili. – Indicazioni terapeutiche: Si rivela estremamente interessante sotto il profilo dei rapporti di coppia e di amicizia, dove le 4 donne, sia pur con differenti punti di vista e scelte esistenziali, si aiutano vicendevolmente nel risolvere i problemi che ognuna di loro attraversa, mirati soprattutto alla crisi di coppia. In definitiva, 4 diverse strutture di personalità, per le quali vi è un lieto fine e dove il tema centrale si basa sull’importanza dei valori d’amicizia e d’amore. Segreti (1997). Di: Jocelyn Moorhouse. Con: J. Lange, M. Pfeiffer, J.J. Leigh. Trama: La divisione dei beni di famiglia dell’anziano padre fra tre sorelle è l’innesco che fa riemergere i ricordi degli abusi subiti nell’infanzia e nella giovinezza da due delle tre donne ad opera della stesso genitore. – Indicazioni terapeutiche: È un film estremamente tensivo che, nonostante le tinte depressive e ad un tempo stesso aggressive, in cui emergono anche vissuti emozionali legati alla pedofilia, tra gravi malattie e tradimenti, comunica l’importanza di restare ancorati alle proprie radici. Queste ultime, qualunque esse siano, rappresentano, bene o male, comunque una fonte di valide speranze future. Un altro argomento che emerge, offrendo ottimi spunti valutativi individuali variabili caso per caso, è quello decisionale relativa al quesito: vendicarsi o perdonare? La risposta, lo spettatore, a seconda dei singoli casi, sarà in grado di darla da sé. • – – –

I segreti del cuore (1996). Di: Bart Freundlich. Con: N. Wylie, R. Scheider, J. Moore. Trama: Una famiglia si riunisce per il giorno del ringraziamento, ma ben presto emergono rancori, insicurezze e rimpianti. – Indicazioni terapeutiche: Nonostante rientri tra i film decisamente impegnativi, vengono inviati agevoli messaggi di necessità di rivisitazione dei piccoli, gravi traumi infantili-adolescenziali se si cerca di crescere positivamente. Mettere in atto atteggiamenti di difesa minimizzando ai propri occhi ogni negatività o esperimento di aggressività canalizzata verso il mondo intero non giova a qualsiasi tentativo di evoluzione costruttiva, sia individuale che interpersonale. Il coraggio di entrare in contatto, sia pure brutale, col proprio passato, non va fatto necessariamente in tempi psicanalitici classici: potrebbe risultare un lavoro mentale fine a se stesso • – – –

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e senza via d’uscita. Le rivisitazioni emozionali sono le più utili e possono risultare estremamente valide se vissute con ottica risolutoria. Le immagini del film possono rappresentare un ottimo pretesto per avviare un proficuo lavoro introspettivo, con ottica risolutoria. Serpico (1973). Di: Sidney Lumet. Con: A. Pacino, J. Randolph, M.E. Walsh. Trama: La lotta dell’onesto agente di polizia Frank Serpico contro la corruzione dilagante tra i suoi colleghi che lo porterà a perdere il lavoro, gli affetti e la sicurezza personale. – Indicazioni terapeutiche: Un valido messaggio che comunica quanto sia difficile, ma non impossibile, rimanere fedele, al di là delle correnti avverse o contrarie, ai propri ideali e ai propri principi. • – – –

Shakespeare in love (1998). Di: John Madden. Con: G. Paltrow, J. Fiennes. Trama: La storia del giovane William Shakespeare che, nel suo amore per lady Viola, troverà l’ispirazione e la spinta motivazionale per portare a termine l’opera teatrale Giulietta e Romeo. – Indicazioni terapeutiche: Il film fornisce valide spinte a ricercare nuove fonti ispiratrici esterne come validi motivi in grado di attivare la propria creatività. • – – –

Shine (1996). Di: Scott Hicks. Con: G. Rush, N. Taylor. Trama: La storia vera del pianista David Helfgott che, spinto da un genitore ossessivo e severo, studia per diventare musicista fino a perdere la ragione ed a perdersi nel baratro della follia dalla quale lo salverà l’amore di una donna. – Indicazioni terapeutiche: È un film che invia validi messaggi ai genitori, insegnando loro a non sforzare egoisticamente più di tanto le volontà dei propri figli (pena la loro sofferenza e la sofferenza di tutti) e sia nel poter considerare che possono sussistere valide possibilità di fuoriuscire da un tunnel di disagio intrapsichico. • – – –

• Shining (1980). – Di: Stanley Kubrick. – Con: J. Nicholson, S. Duvall, D. Lloyd. 220

– Trama: La follia di Jack Torrance, guardiano invernale dell’Overlook Hotel, si scatena in tutta la sua furia contro la moglie ed il figlioletto Danny. – Indicazioni terapeutiche: È un thriller che, esplorando la malattia mentale, si presenta in grado di suggerire atteggiamenti mentali di deterrenza preventiva per combattere l’abbrutimento psicofisico e l’isolamento. Shrooms – Trip Senza ritorno (2007). Di: Paddy Breatnach. Con: L. Haun, J. Houston, M. Kasch, M. Hazen. Trama: Un gruppo di amici guidati da Tara giunge in Irlanda per una vacanza in campeggio e decide, guidato da un amico irlandese, Jake, di recarsi nei boschi alla ricerca di funghi allucinogeni. Nonostante gli avvertimenti sulle oscure leggende narrate su tali boschi, Tara mangia un velenosissimo fungo e diviene oggetto di continue crisi epilettiche e visioni allucinatorie. Ma nel momento in cui si avvia verso la guarigione anche gli altri ragazzi del gruppo iniziano ad avere analoghe crisi. Ma tutto ciò è realtà o allucinazione? – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia quali effetti devastanti possa creare la tossicodipendenza. Fornisce valide riflessioni sui danni che può provocare l’assunzione di sostanze: esse permettono l’inizio di un lungo viaggio (l’effetto del trip) ove le sensazioni aumentano, la paranoia cresce e le allucinazioni diventano una realtà e il termine dell viaggio è il punto di non ritorno. • – – –

Sybil (2007). Di: Joseph Sargent. Con: J. Lange, T. Blanchard, R. White. Trama: Il film è tratto dal libro di Flora Rheta Schreiber e narra una storia vera. Ambientato nel ’54, una psichiatra cura una ragazza che ha tentato di suicidarsi. Ha 17 diverse personalità. La terapia dura 11 anni e la psichiatra scopre le terribili torture psicologiche e fisiche a cui la ragazza è stata sottoposta da parte della madre. La curerà facendole elaborare ed affrontare i traumi subiti. – Indicazioni terapeutiche: Mirato ad operatori del settore psichiatricopsicologico. Tratta il Disturbo di personalità multipla. • – – –

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Sliding doors (1998). Di: Peter Howitt. Con: G. Paltrow, J. Lynch. Trama: Se la giovane Helen riuscirà a prendere la metropolitana la sua 221

vita prenderà una direzione, se invece la perderà ne prenderà un’altra, e il film esplora entrambe le eventualità come se corressero su binari paralleli. – Indicazioni terapeutiche: È un film utile per aiutare a comprendere che ogni rivendicazione relativa ad una direzione migliore in cui sarebbe potuto andare il proprio destino, si presenta infruttuosa. Ogni strada avrebbe presentato sempre positività così come eventuali negatività: la vita merita di essere vissuta così com’è e considerata un big game che va giocato soltanto imparando bene le relative regole. Sotto accusa (1998). Di: Jonathan Kaplan. Con: J. Foster, K. McGillis. Trama: Violentata in un bar da quattro uomini, una ragazza decide di portare in tribunale, con l’aiuto di un procuratore distrettuale donna, tanto i suoi aggressori quanto coloro che hanno visto ma non sono intervenuti. – Indicazioni terapeutiche: Il film invita alla riflessione in quanto riapre antiche problematiche a 360 gradi, non escludendone nessuna: 1) la non implicita autorizzazione alla violenza sessuale se si è in minigonna; 2) la necessità di esprimere la propria femminilità senza autocolpevolizzazioni; 3) quando l’espressione della propria femminilità è eccessiva e in grado di risvegliare i bassi istinti primordiali; 4) quanto tali istinti sono legati a fattori culturali, sottoculturali o sociali legati a quel branco, oppure a quella regione; 5) se l’espressione della propria femminilità diventa eccessiva per ragioni di antichi timori di non accettazione sociale o personale oppure per mera necessità inconscia di tormentare l’uomo per poi penalizzarlo negandosi; 6) cos’è il recupero del giusto femminismo. • – – –

Soul food – I sapori della vita (1997). Di: G. Tillman jr. Con: V.L. Williams, V.A. Fox. Trama: I legami e gli affetti di una famiglia e dei suoi membri si sgretolano quando la figura catalizzatrice degli stessi, Big Mama, viene colpita da una grave malattia. – Indicazioni terapeutiche: È un film ricolmo di “pillole di saggezza” sui problemi della vita, ognuna delle quali, in definitiva, in grado di far riflettere, così come l’intera storia che può far meditare sui reali sentimenti che proviamo verso i nostri parenti. • – – –

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Spiagge (1988). Di: Garry Marshall. Con: B. Midler, B. Hershey. Trama: la storia dell’amicizia tra due donne, amiche d’infanzia, che resiste nel tempo attraverso le disavventure della vita. – Indicazioni terapeutiche: È un film sui sottili meccanismi psicologici in grado di sostenere un’amicizia. • – – –

Stand by me – Ricordo di un’estate (1986). Di: Rob Reiner. Con: W. Wheaton, R. Phoenix, K. Sutherland. Trama: (Dal racconto The Body di Stephen King) nella memoria di uno scrittore, raggiunto dalla notizia della morte di un amico, riemerge il ricordo di un’estate della sua giovinezza quando, con lui ed altri due amici, si mise alla ricerca del corpo di un ragazzo scomparso in un bosco. – Indicazioni terapeutiche: Un film sull’amicizia adolescenziale, la scoperta del senso della morte e il superamento, delle proprie paure, nonché sul fenomeno del bullismo e relativi spunti di riflessione. • – – –

La stanza di Cloe (1996). Di: Rolf de Heer. Con: C. Ferguson, C. O’Leary, P. Ferguson. Trama: I pensieri e le riflessioni della piccola Cloe (ascoltati soltanto dallo spettatore), che smette di parlare perché terrorizzata dai litigi dei genitori, fanno da filo conduttore ad un film che ha come tematica l’autismo infantile. – Indicazioni terapeutiche: Per favorire l’introspezione dei genitori e motivare l’attenzione verso i piccoli-grandi segnali lanciati dai figli non necessariamente autistici. • – – –

La stanza di Marvin (1998). Di: Jerry Zacks. Con: M. Streep, D. Keaton, L. Di Caprio, R. De Niro. Trama: Due sorelle che hanno interrotto i rapporti da vent’anni si ritrovano in occasione della grave malattia di una delle due. – Indicazioni terapeutiche: È un film che aiuta a comprendere i meccanismi psicologici relativi alla malattia oncologica ed alle relazioni familiari con le sue insoddisfazioni familiari, la solitudine e il bisogno transgenerazionale di trasgressione dei giovani con la loro rabbia apparentemente priva di spiegazioni. Utile anche per il personale sanitario. • – – –

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Stargate (1994). Di: Roland Emmerich. Con: J. Spader, K. Russel. Trama: L’archelogo Daniel Jackson viene convocato per decifrare dei misteriosi simboli incisi su un antico portale a forma di anello custodito dai militari che si rivelerà essere uno “stargate”, un varco per accedere ad altri mondi. – Indicazioni terapeutiche: Dalle gesta del personaggio interpretato da James Spader si coglie una valida spinta all’autoaffermazione grazie allo sviluppo delle proprie capacità intellettive e alla fiducia nel proprio credo. • – – –

Storia di noi due (1999). Di: Rob Reiner. Con: M. Pfeiffer, B. Willis. Trama: Storia della fine di un matrimonio tra due coniugi e delle relative reazioni dei figli. – Indicazioni terapeutiche: Smaschera le possibili disillusioni, le grandi e piccole miserie che occupano la vita in un rapporto matrimoniale conflittuale. Il film va visto con un tentativo di ottica preventiva.

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Tootsie (1982). Di: Sydney Pollack. Con: D. Hoffman, J. Lange. Trama: Un attore disoccupato riesce a trovare il successo travestendosi da donna ed ottenendo una parte in una soap opera, ma la commedia degli equivoci è in agguato. – Indicazioni terapeutiche: Come per “What women want”, è un film che veicola l’importanza ed i vantaggi per un uomo nel riuscire a saper recepire i veri bisogni ed il modo di pensare dell’altro sesso. • – – –

Top Gun (1986). Di: Tony Scott. Con: T. Cruise, K. McGillis. Trama: Uno spaccato delle difficoltà, ma anche delle gratificazioni, dell’addestramento dei piloti americani dei jet da guerra. – Indicazioni terapeutiche: Il film rappresenta un’ottima endovenosa di autostima se si persiste nel proprio “credo”. • – – –

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Trainspotting (1996). Di: Danny Boyle. Con: E. McGregor. Trama: È la storia di un eroinomane, Mark Renton, e dei suoi amici che trascinano la loro vita tra indesiderati tentativi di disintossicazione e la ricerca di insperati colpi che dovrebbero cambiar loro la vita. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia ai parenti o ai conviventi di un tossicodipendente, il suo mondo nonché l’abilità di quest’ultimo nel mentire a se stesso e agli altri.

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Il treno per il Darjeeling (2007). Di: Wes Anderson. Con: O. Wilson, A. Brody, J. Schwartzman, A. Huston, A. Karan. Trama: Il film evidenzia le infantili tendenze di tre fratelli aristocratici ma dispettosi, sia pur adulti, ma che esprimono tutte le loro tragicomiche vicissitudini da immaturi e fragili uomini a spasso attraverso l’India, provenienti da una famiglia disfunzionale. – Indicazioni terapeutiche: Il film smaschera le strumentalizzazioni e le vicissitudini familiari negative, nonché le sofferenze che la vita fornisce anche quando, non avendo elaborato il lutto rimane sempre il ricordo delle persone amate. Questo film procura comunque spunti per liberarsi dei propri personali, disturbanti fardelli.

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Tropa De Elite – Gli Squadroni della Morte (2007). Di: José Padilha. Con: W. Maura, C. Junqueira. Trama: Violenza assoluta. Rio de Janeiro 1997. Si attende la visita del Papa in Brasile e la squadra del Bope, un reparto speciale della polizia si prepara all’evento. Il Capitano Nascimento, comandante del Bope, che soffre di frequenti attacchi di panico, è impegnato da tempo a combattere i narcotrafficanti nelle favelas, ove svolgono i loro traffici con la connivenza di una polizia corrotta. Nascimento, ormai stanco di lottare contro il male e le corporazioni, manifesta, all’atto di diventare padre, la volontà di lasciare il servizio e individua in due reclute, Matias e Neto, i suoi sostituti. I due entrano nel Bope e pertanto a compimento la missione fino all’estremo sacrificio. – Indicazioni terapeutiche: Il film comunica senza giri di parole il valore del coraggio, condotto però fino alle estreme conseguenze ed invia significativi messaggi in grado di dimostrare fino a che punto di efferatezza possa giungere la violenza, specie se fa da sfondo la corruzione dilagante della polizia e l’ipocrisia della classe dirigente connivente con il mondo • – – –

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della droga. Nell’eterno dilemma che il fine giustifica i mezzi, il film ci pone però l’interrogativo sulla sopportabilità e inaccettabilità della violenza quando essa va al di là della legge, anche se può talvolta comparire a conforto della stessa legge e quindi anche se per un giusto fine. The Truman show (1998). Di: Peter Weir. Con: J. Carrey, E. Harris. Trama: Truman Burbank scopre che tutta la sua vita, fin dalla nascita, è stata ripresa da telecamere e che il mondo in cui vive è in realtà una soap opera trasmessa in tutto il mondo di cui è stato, fino a quel momento, il protagonista inconsapevole. – Indicazioni terapeutiche: Il film offre ottimi spunti di riflessione relativi alla propria identità: “chi sono realmente indipendentemente da come mi vogliono gli altri”? • – – –

Turista per caso (1968). Di: Lawrence Kasdan. Con: W. Hurt, G. Davis, K. Turner. Trama: Due genitori vedono il loro matrimonio messo in profonda crisi dalla morte del figlio. Il padre, autore di guide turistiche per i cosiddetti “turisti per caso”, riuscirà ad uscire dall’inaridimento dei suoi sentimenti grazie all’incontro con una vitale istruttrice di cani grazie alla quale ritroverà l’amore. – Indicazioni terapeutiche: È un film che può risultare valido per chi è convinto che, in seguito agli eventi più tragici che la vita può presentarci, non vi siano più motivi per vivere e la vita stessa non possa più continuare. La felicità in fondo può essere veramente dietro l’angolo, così come può essere dietro al bancone di un centro di addestramento per cani. • – – –

Twister (1996). Di: Jan de Bont. Con: H. Hunt, B. Paxton. Trama: Un uomo e una donna, studiosi di tornadi ed in procinto di divorziare, si riavvicineranno proprio grazie al lavoro che condividono. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia quanto, talvolta, al fine di sostenere un rapporto affettivo, possa risultare valida la fusione all’unisono dei bilaterali interessi. • – – –

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Ufficiale e gentiluomo (1981). Di: Taylor Hackford. Con: R. Gere, D. Winger. Trama: Il cadetto Zack Mayo scoprirà, grazie anche all’aiuto di un severo sergente istruttore, il valore dell’amicizia, del cameratismo, dei sentimenti altruistici e dell’amore. – Indicazioni terapeutiche: Per imparare a superare il proprio narcisismo con lo scopo di imparare a vivere sentimenti più solidi e costruttivi di amicizia, di altruismo, di amore e vivere in pace con se stessi con più idonee scelte di vita e criteri di questa e di quella evoluzione intrapsichica. • – – –

L’ultimo bacio (2001). Di: Gabriele Muccino. Con: S. Accorsi, G. Mezzogiorno, S. Sandrelli. Trama: Crisi esistenziali per tutti i gusti in questo film: il trentenne Carlo, fidanzato con Giulia che aspetta un bambino, si lascia coinvolgere in una storia con una diciottenne; i suoi tre amici coetanei inseguono amori passati e perduti, rischiano di far fallire un matrimonio o continuano a passare da una ragazza all’altra; la madre di Giulia è in crisi per l’età che avanza. Nonostante tutto la ragione, mediata dai compromessi, sembra infine trionfare. – Indicazioni terapeutiche: Il film, dedicato a chi ha paura di crescere, evidenzia i problemi delle coppie immature che non hanno ancora effettuato una giusta revisione delle scelte e delle priorità esistenziali (“che cosa vuoi veramente dalla vita?”) e si presenta illuminante in una più serena ottica di scelte decisionali. • – – –

The Unsaid – Sotto Silenzio (2001). Di: Tom McLoughlin. Con: A. Garcia, T. Polo. Trama: Film che descrive la storia di uno psichiatra alle prese con un ragazzo affetto da patologia suicida e che tenta in tutti i modi di aiutare, motivato soprattutto da un fallimento personale per non essere riuscito a salvare il proprio figlio dal suicidio, proiettando così nel giovane il proprio dramma. Il finale del film svelerà che la motivazione suicida del giovane paziente era a causa dell’inaccettabile senso di colpa provato per essere stato abusato sessualmente dalla madre, uccisa dal marito che l’aveva colta in flagrante mentre violentava il figlio. – Indicazioni terapeutiche: È mirato ad operatori del settore psichiatricopsicologico e da somministrare con prudenza ad un pubblico non preparato a tale tematica, specialmente se vissuta da vicino. • – – –

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L’uomo che ama (2008). Di: Maria Sole Tognazzi. Con: P. Favino, X. Rappoport, M. Bellucci, P. Degli Esposti. Trama: Il film affronta, da un’ottica tutta maschile, il duplice aspetto di un rapporto a due: quello in cui è lui che lascia e, viceversa, quello in cui è lui che viene lasciato, passando nelle due storie affettive vissute dal protagonista, da carnefice a vittima. – Indicazioni terapeutiche: È un film che, sia pure in versione commedia, può riuscire a veicolare più profonde possibilità per tentare una evoluzione positiva verso mete affettive di coppia più mature e soddisfacenti. • – – –

L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998). Di: Robert Redford. Con: R. Redford, K. Scott Thomas, S. Neill. Trama: Dopo un grave incidente che vede coinvolti la figlia quattordicenne ed il suo amato cavallo, una donna si rivolge ad un esperto di cavalli (un “sussurratore” capace di guarirne l’anima) per curare il suo cavallo, impazzito dopo l’incidente, ed aiutare così, contemporaneamente, la ripresa della giovane figlia. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia il valore della genuinità, dell’autenticità e della semplicità come mezzi ideali per relazionarsi con se stesso e con chicchessia (finanche con gli animali, solo così in grado di seguirti). La progressione delle immagini riesce a trasmettere a chi è vittima di sovrastrutture artificiose, effimere e ricche solo o prevalentemente di pseudovalori la necessità di un tentativo di recupero della propria genuinità e semplicità in grado di ritrovare se stessi prima di cercare gli altri. • – – –

Un uomo da marciapiede (1969). Di: John Schlesinger. Con: J. Voight, D. Hoffman. Trama: L’amicizia tra un gigolò texano ed un emarginato malato di tubercolosi nei bassifondi di New York. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia l’importanza del valore dell’amicizia ma soprattutto fa emergere l’importanza di saperla riconoscere da subito senza aspettare che sia troppo tardi. • – – –

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L’uomo in più (2001). Di: Paolo Sorrentino. Con: T. Servillo, A. Renzi. Trama: La storia della decadenza, nella Napoli degli anni ’80, del calciatore Antonio Pisapia e del cantante Tony Pisapia.

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– Indicazioni terapeutiche: Il film è in grado di mettere in evidenza il falso valore del successo fine a se stesso. Via da Las Vegas (1995). Di: Mike Figgs. Con: N. Cage, E. Shue. Trama: Due disperati, uno sceneggiatore fallito deciso a suicidarsi con l’alcol ed una prostituta, si incontrano e sceglieranno di condividere gli ultimi giorni delle loro vite. – Indicazioni terapeutiche: Un film adatto per chi fa abuso di sostanze in quanto permette di capire come e quando si possa arrivare ad un punto di non ritorno riuscendo, se possibile, ad evitarlo, dando un miglior senso alla propria vita. • – – –

Viaggio in Inghilterra (1993). Di: Richard Attenborough. Con: A. Hopkins, D. Winger. Trama: La storia della passione tra una poetessa americana ed uno studioso di storia medievale segnata dalla malattia della donna che costringerà l’uomo a rivedere i propri sentimenti. – Indicazioni terapeutiche: È un messaggio di sensibilizzazione ad accantonare le paure, proprie della freddezza affettiva. • – – –

La vita corre sul filo (1965). Di: Sidney Pollack. Con: S. Poitiers, A. Bancroft. Trama: Un centralinista di “telefono amico”, studente di psicologia, salva la vita ad una donna che, disperata, ha tentato di suicidarsi assumendo dei sonniferi. – Indicazioni terapeutiche: È un classico. Uno dei film in grado di rivisitare traumi a monte di un gesto suicida e i meccanismi intrapsichici depressivi. • – – –

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La vita è bella (1998). Di: Roberto Benigni. Con: R. Benigni, N. Braschi, G. Cantarini. Trama: Guido Orefice, internato in un campo di concentramento con la moglie ed il figlioletto Giosuè, riuscirà a far credere a quest’ultimo (evitandogli così il trauma della verità) che tutta quella tragica situazione non è altro che un grande gioco a punti dove tutti, buoni e cattivi, recitano una parte per vincere il premio finale, un carro armato vero. 229

– Indicazioni terapeutiche: Il film è una valida spinta ottimistica per coloro che si sentono e/o sono in realtà sopraffatti dalle avversità. È un magazzino di “valori” e di metafore terapeutiche dove il sovrapporsi della propria grinta e della potenza dell’amore garantisce una straordinaria “pista comportamentale” alternativa di creatività esistenziale. La vita è meravigliosa (1946). Di: Frank Capra. Con: J. Stuart, D. Reed, H. Travers. Trama: L’onesto e coscienzioso George Bailey si trova sull’orlo della bancarotta dopo una vita dedicata al suo prossimo e medita il suicidio, ma interviene in suo aiuto Clarence, angelo di seconda classe che deve guadagnarsi le ali, il quale, in un’atmosfera dickensiana, mostra a George come diventerebbe la sua città se egli decidesse di mettere in atto il suo proposito, risvegliando così l’animo dell’uomo che si rende conto di quanto in realtà, nonostante tutto, la vita sia bella e degna di essere vissuta. – Indicazioni terapeutiche: Il film è un’intramuscolare di fiducia che insegna quanto realmente l’amicizia conti più di ogni altra cosa ed ha inoltre un’influenza positiva sulle proprie insospettabili risorse interiori e si presenta in grado di contribuire a conferire rinnovate mete esistenziali. È un film mirato a chi rimpiange con pessimismo i sogni passati.

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Voglia di tenerezza (1983). Di: James L. Books. Con: J. Nicholson, S. MacLaine, D. Winger. Trama: La storia del rapporto che si snoda nel tempo tra una madre vedova e sua figlia, i loro amori, i loro rapporti, la malattia e la morte della più giovane delle due donne. – Indicazioni terapeutiche: Il film, con valide modalità comunicative emozionali, oltre ad evidenziare l’intera gamma dei sentimenti e dei comportamenti umani negativi (invasività genitoriale, immaturità individuale e di coppia, tradimenti, ecc.), invia ottimi spunti in grado di promuovere l’anticipazione di validi processi associativi mentali più funzionali, condizionanti positivamente le proprie scelte affettivo-esistenziali francamente più gratificanti. Perché accorgersi delle proprie scelte sbagliate quando poi è troppo tardi? • – – –

• Volevo i pantaloni (1989). – Di: Maurizio Ponzi. – Con: G. Fossà, L. Bosè, A. Molina, P. Colizzi, N. Hovey, L. Caenacci. 230

– Trama: Narra la vita di Annetta, che vive nella campagna della Sicilia, figlia di contadini. Fin da bambina ha preso atto dei privilegi maschili a cui tutto è permesso, specie in una realtà quale quella del profondo sud Italia. Sviluppa sempre più un senso di rabbia e ribellione e questo le costerà non pochi problemi. Ottiene la sua rivincita in seguito ad un tentato stupro da parte dello zio, che denuncerà. Si sposerà e resterà incinta di una bambina alla quale prepara subito dei piccoli pantaloni. – Indicazioni terapeutiche: Fornisce un valido aiuto per i problemi nei conflitti familiari, che ancora oggi ed in particolare nelle regioni del sud Italia risultano deficitari relativamente alla totale mancanza di dialogo, soprattutto per ragioni socio-culturali. Winged Creatures – Il Giorno del Destino (2008). Di: Rowan Woods. Con: M. Allman, K. Beckinsale. Trama: Il film è da apprezzare particolarmente per l’originale modalità della narrazione, in quanto esamina nel dettaglio le differenti elaborazioni del trauma da parte di adulti ed adolescenti in seguito ad un evento drammatico quale quello di un Mass Murder, che entrando in un MacDonald fa una strage. – Indicazioni terapeutiche: È un crescendo di emozioni e la peculiarità sta proprio nel porre in disamina cosa succede nella mente di un individuo in seguito ad una situazione luttuosa. Emblematiche le ultime parole della giovane adolescente quando dice “La fine è l’inizio ed è da qui che si rimettono insieme i pezzi”. Particolarmente adatto ad operatori del settore psichiatrico-psicologico, soprattutto per le strategie di intervento primario. • – – –

We were soldier (2002). Di: Randall Wallace. Con: M. Gibson, G. Kinnear. Trama: La storia del tenente colonnello Hal Moore e del suo reparto circondati da duemila vietnamiti nella cosiddetta “valle della morte” durante la guerra del Vietnam. – Indicazioni terapeutiche: È un film che proprio nelle difficoltà e nei drammi della guerra evidenzia i reali sentimenti interpersonali fornendo spunti di recupero di alcuni valori reali e di reali sentimenti amorosi. • – – –

• What women want – Quello che le donne vogliono (2000). – Di: Nancy Meyers. – Con: M. Gibson, H. Hunt. 231

– Trama: Il protagonista, in seguito ad un incidente domestico (scossa elettrica), riesce a percepire i pensieri più profondi delle donne che incontra. – Indicazioni terapeutiche: Le stesse del film “Tootsie”. The Wrestler (2008). Di: Darren Aronofsky. Con: M. Rourke, M. Tomei. Trama: La storia (Leone d’oro all’ultima mostra di Venezia), interpretata da Mickey Rourke, che sembra egregiamente attingere dal proprio reale crollo esistenziale per problematiche legate all’abuso di alcool. – Indicazioni terapeutiche: Il film evidenzia con acuti accenti emozionali i sentimenti di un essere umano dominato dalla sua “nevrosi da prestazione”, pur se non fornisce convincenti interpretazioni delle più profonde motivazioni alla base della sua necessità di apparire unico, grande e indistruttibile. Può ben rappresentare un ottimo momento di riflessione, in grado di suggerire allo spettatore la possibilità di permettere che coesistano in ciascuno di noi sia l’impegno verso l’affermazione professionale che il sentimento verso un gratificante rapporto affettivo scevro da patologici condizionamenti narcisistici in cui ci sarebbe solo spazio per la presunzione, l’arroganza e l’essere condannato a piacere per piacersi e ad essere soltanto ciò che si appare, con egocentrismo e tronfia vanità. • – – –

Si rimanda il lettore a quanto già elencato in tutta la presente monografia, nonché al sito di prossima divulgazione http://www. filmtherapy. it.

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