Hermae. Scholars and scholarship in papyrology. Vol. 2 0670425494, 9788862273374, 9788862273381, 9788862273398

La presente opera arricchisce la serie dei ritratti dei papirologi più importanti contenuti in "Hermae. Scholars an

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Italian Pages 128 [120] Year 2010

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Table of contents :
INDEX
Mario Capasso, Preface
Natascia Pellé, Amedeo Peyron (1785-1870)
Alessandro Capone, Anthony Charles Harris (1790-1869)
Giovanni Indelli, Domenico Comparetti (1835-1927)
Pasquale Massimo Pinto, Harold Idris Bell (1879-1967)
Luigi Lehnus, Edgar Lobel (1888-1982)
Moshe Amit, Victor (Avigdor) Tcherikover (1894-1958)
Vanna Maraglino, Goffredo Coppola (1898-1945)
Roger S. Bagnall, Naphtali Lewis (1911-2005)
Carla Balconi, Orsolina Montevecchi (1911-2009)
Andrea Jördens, Erich Lüddeckens (1913-2004)
Giuliana Leone, Wolfgang Schmid (1913-1980)
Marie-Hélène Marganne, Robert Cavenaile (1918-2007)
Cornelia Eva Römer, Reinhold Merkelbach (1918-2006)
Basil G. Mandilaras, Ioannes Triantaphyllopoulos (1921-2006)
Alain Martin, Georges Nachtergael (1934-2009)
Andrea Jördens, Carsten Peter Thiede (1952-2004)
Dorothy J. Thompson, Dominic Montserrat (1964-2004)
Appendix I - Mercedes Palau-Ribes O’Callaghan, José O’Callaghan, S. I. (1922-2001), Bibliography
Appendix II - Bibliographical update to Hermae (by Natascia Pellé)
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 0670425494, 9788862273374, 9788862273381, 9788862273398

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HERM A E. S CHOLA R S A ND S C H OLA R S H I P I N P A P YR O LO GY. I I .

isb n 9 7 8 - 8 8 - 6 2 2 7 - 337 - 4 ( b rossu ra ) isb n 9 7 8 - 8 8 - 6 2 2 7 - 338 - 1 ( ril e ga to) isb n e l e ttron ic o 9 7 8 - 8 8 - 6 2 2 7 - 339 - 8 issn 1 8 2 8 - 8 7 4 x

herm ae

scho l ar s an d s c h o l a r s h ip in papyr o lo g y II.

ed ited by mar io c apas so

bibliotec a deg li «st udi di egit t ologia e di papi ro lo g i a» collana diretta da mari o capasso

7.

PISA · ROMA

FABRIZ IO S E RRA EDI TORE

MMX

B I B L I O T ECA D EGLI « S TU DI DI E G I TTO L OGI A E D I P A P I ROLOGI A » Collana diretta da Mario Capasso 7.

hermae s c h ola rs a n d scho l ar s hip i n pa pyr o l o gy II. ed ited by m a rio c apas s o

PISA · ROMA FA B R I Z I O S E RRA E D ITORE MMX

Il presente volume è stato stampato con un contributo del Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche dell’Università degli Studi Lecce. * Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc. senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2010 by Fabrizio Serra editore® www.libraweb.net Uffici di Pisa : Via Santa Bibbiana 28, i 56127 Pisa, tel. +39 050542332, fax +39 050574888, [email protected]

Uffici di Roma : Via Carlo Emanuele I 48, i 00185 Roma, tel. +39 0670425494, fax +39 067046605, [email protected]

isbn 978-88-6227-337-4 (brossura) isbn 978-88-6227-338-1 (rilegato) isbn elettronico 978-88-6227-339-8 issn 1828-874 x

INDEX Mario Capasso, Preface

9

Natascia Pellé, Amedeo Peyron (1785-1870)

11

Alessandro Capone, Anthony Charles Harris (1790-1869)

17

Giovanni Indelli, Domenico Comparetti (1835-1927)

21

Pasquale Massimo Pinto, Harold Idris Bell (1879-1967)

31

Luigi Lehnus, Edgar Lobel (1888-1982)

37

Moshe Amit, Victor (Avigdor) Tcherikover (1894-1958)

43

Vanna Maraglino, Goffredo Coppola (1898-1945)

47

Roger S. Bagnall, Naphtali Lewis (1911-2005)

51

Carla Balconi, Orsolina Montevecchi (1911-2009)

55

Andrea Jördens, Erich Lüddeckens (1913-2004)

61

Giuliana Leone, Wolfgang Schmid (1913-1980)

63

Marie-Hélène Marganne, Robert Cavenaile (1918-2007)

81

Cornelia Eva Römer, Reinhold Merkelbach (1918-2006)

89

Basil G. Mandilaras, Ioannes Triantaphyllopoulos (1921-2006)

93

Alain Martin, Georges Nachtergael (1934-2009)

95

Andrea Jördens, Carsten Peter Thiede (1952-2004)

101

Dorothy J. Thompson, Dominic Montserrat (1964-2004)

103

Appendix i Mercedes Palau-Ribes O’Callaghan, José O’Callaghan, S. I. (1922-2001), Bibliography

105

Appendix ii Bibliographical update to Hermae (by Natascia Pellé)

121

Preface

T

he present volume enriches the series of portraits of the most important papyrologists, contained in Hermae. Scholars and Scholarship in Papyrology (2007), with the profiles of seventeen other scholars outlined by as many Authors. Also in this case I have let the Authors free to choose the structure of their contribution ; however, as well as for the former volume of Hermae, they have generally based their work on the production of the examined scholar, on archival materials and personal memories. This volume, as well as the previous one, aims to contribute to the history of Papyrology and to the question of the nature and the limits of such discipline ; at the same time, it is an homage to all the scholars who – wholly or partially – dedicated their researches to the papyri, giving an essential contribution to such branch of Classical studies. The volume contains two appendixes : the former is a list of publications of José O’Callaghan, edited by Mercedes Palau Ribes O’Callaghan, which was lacking in this scholar’s profile published in Hermae ; the latter is a bibliographical update relative to some papyrologists examined in Hermae. I am aware that, besides the profiles contained in the present volume, there are many other papyrologists who should be considered : I hope to fill such important gaps in the near future.  









Lecce, February 14, 2010

Mario Capasso

AMEDEO PEYRON (1785-1870)

Natascia Pellé i. La vita

A

far da corona alla tomba di Auguste Mariette, fondatore del Museo Egizio del Cairo, proprio nel cortile del Museo, in un gruppo di busti raffiguranti illustri rappresentanti della disciplina egittologica, è un busto di Amedeo Peyron, segno del rispetto e della riconoscenza dell’Egitto nei confronti dell’abate orientalista, filologo, papirologo, considerato, a ragione, uno dei primi promotori della diffusione dell’interesse verso l’Egitto soprattutto di epoca tolemaica. Nato da Francesco Bernardino e da Teresa Marchetti a Torino il 2 ottobre 1785, fu una personalità di eccezionale rilievo nella vita religiosa, sociale, politica, accademica della propria città ed una figura di primissimo piano nell’Europa erudita del xix secolo (Tav. i). Nella città natale trascorse l’intera, lunga, vita, che egli fu in grado di arricchire di innumerevoli esperienze nei campi più disparati. Prese i voti nel 1809, un anno dopo la Laurea in filologia orientale, conseguita presso l’Ateneo Torinese, e fu discepolo di Tommaso Valperga, abate di Caluso (17371815, dell’ordine di San Filippo Neri), dal quale ereditò, tra l’altro, la passione per la matematica, che emerge immediatamente nel suo primo contatto con i papiri (vd. infra). Al Valperga succedette nella carica di docente di Lingue Orientali a partire dal 1815. Il 31 marzo 1816 entrò come socio ordinario residente nell’Accademia Nazionale delle Scienze di Torino, di cui fu Tesoriere a partire dal 1826 e fino alla morte. 1 Nel 1822 divenne Ispettore delle Scuole Primarie e Secondarie. Dal 1826 al 1829 fu Rettore dell’Università di Torino, presso la quale negli anni precedenti era stato anche Direttore della Biblioteca Universitaria. Fu anche Teologo Collegiato di quell’Ateneo. Il suo costante impegno per la tutela dei Beni Culturali e per il potenziamento dell’istruzione si evince dalle numerose cariche da lui ricoperte in tali àmbiti : fu Membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione dal 27 dicembre 1847 al 4 ottobre 1848 ; della Giunta di antichità e belle arti ; Socio della Deputazione di storia patria di Torino dal 1833 ; Socio corrispondente dell’Accademia della Crusca di Firenze dal 14 febbraio 1837 ; Socio ordinario della Società reale di Napoli dal 23 febbraio 1864 ; Socio corrispondente dell’Accademia ercolanese di archeologia. Sul piano politico, dopo aver ricoperto la carica di Assessore al Comune di Torino, fu nominato Senatore del Parlamento subalpino il 3 aprile 1848 2 e fu Consigliere Comunale dal 1860 al 1870. Numerose furono anche le onorificenze a lui attribuite : fu Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro ; Commendatore del medesimo Ordine dal 28 novembre 1858, di cui divenne Gran Cordone a partire dall’ 1 giugno 1862 ; diventò Cavaliere dell’Ordine civile di Savoia il 28 gennaio  

Tav. i. Amedeo Peyron (1785-1870).





















1  Vd. scheda nel sito www.torinoscienza.it

1832 ; Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia dal 4 giugno 1868 ; Milite dell’Ordine militare di Savoia e, infine, Cavaliere della Legion d’onore (Francia). I due aspetti della sua infaticabile attività che maggiormente interessa approfondire in questa sede sono quello filologico e quello papirologico, che si rivelano stretti in una reciproca connessione, dalla quale entrambi sembrano costantemente potenziati. In particolare nello studio dei papiri, che si situa in un periodo in cui l’esperienza filologica era già matura (a partire dal 1826), il Peyron applica sistematicamente, quasi sempre con successo, il metodo d’indagine filologico nella ricerca del significato di termini nuovi, fino ad allora mai sentiti, che individuano istituzioni  



2  Vd. scheda “Senatore” al seguente indirizzo : http ://notes9.senato. it/Web/senregno  



12

natascia pellé

La poliedrica figura di Peyron Umanista spicca in ogni àmbito di studio in cui egli si mosse : dalla Filologia classica, allo studio della lingua e della civiltà del vicino oriente, al Diritto, alla Storia antica e contemporanea : in ciascuno di tali settori egli fu in grado di far filtrare anche nell’Italia ottocentesca, per molti versi ancóra chiusa agli stimoli d’oltralpe, tutto il nuovo fermento che attraversava gli studi classici europei. Peyron filologo cominciò a pubblicare nel 1810 in Germania, come editore dei frammenti di Empedocle e Parmenide, 4 riscuotendo molti consensi nel mondo erudito internazionale, dal momento che egli aveva interiorizzato ed applicato nell’opera i princìpi enunciati nel 1808 da Friedrich August Wolf 5 nella sua Darstellung der AlterthumsWissenschaft, ritenuti ormai universalmente validi dagli studiosi dell’Antichità classica di tutta l’Europa, ma che facevano fatica ad affermarsi in un’Italia che viveva in àmbito filologico una situazione di stallo. 6 La cifra innovativa dell’attività del Peyron, evidente fin dai suoi esordi, divenne sempre più marcata nei lavori successivi : si pensi alla Notitia librorum manu typisve descriptorum qui donante ab. Valperga-Calusio v. cl. illati sunt in reg. Taurinensis Athenaei Bibliothecam, 7 che era ben più che un tradizionale catalogo di manoscritti, essendo compilata secondo i dettami della filologia europea moderna. Altro chiaro esempio di svecchiamento della filologia italiana si riscontra nell’edizione dei frammenti di orazioni ciceroniane rinvenute in un palinsesto torinese 8 e da lui pubblicate nel 1824. In quest’ultimo lavoro, ancóra una volta apparso in Germania, 9 Peyron progrediva sensibilmente rispetto ai critici che lo avevano preceduto, « correggendo, e grazie alla sua scoperta in parte rifacendo, l’analogo lavoro del Mai, con un risultato e una conseguenza capitalissimi nella storia dei nostri studi : l’aver appunto convinto di errore il Mai e aver provato non pur l’irrefragabile verità, ma l’intemerata e invano sospettata onestà critica dell’edizione anti-maiana del Niebuhr ». 10

Il metodo filologico di matrice tedesca fu applicato dall’abate su vastissima scala, anche nell’edizione di opere non strettamente legate alla cultura greca e latina : si pensi, ad es., alle opere del Peyron giurista, che ancóra nel 1824 diede alle stampe l’edizione dei frammenti del Codice Teodosiano da un palinsesto dell’xi sec. (perduto nell’incendio della Biblioteca torinese del 1908), 11 o al Peyron biblista, che aveva pubblicato con i medesimi criteri l’evangeliario greco di Prospero Balbo. 12 Il medesimo rigore si ritrova nei lavori di carattere più “tecnico”, quali gli emendamenti alla grammatica ebraica del Valperga, 13 la grammatica copta 14 ed il lessico della lingua copta, 15 che egli curò. Un’ulteriore occasione per lavorare all’edizione di antichi manoscritti fu data al Peyron dal Ministro dell’Interno, il ricordato Conte Prospero Balbo, il quale gli affidò, nel 1820, il delicatissimo incarico di reperire tutti i codici sparsi nelle abbazie di Piemonte e Lombardia. 16 Nel corso della capillare ricerca che ne seguì, l’abate torinese riuscì a rinvenire oltre 100 manoscritti di vario argomento, dei quali rese conto nella prefazione all’edizione dei frammenti delle orazioni di Cicerone, 17 e che, a suo dire, 18 furono poi trasferiti nella Biblioteca Regia di Torino, anche se quest’ultima affermazione non ha mai ricevuto conferma. 19 Dallo studio di tali materiali egli trasse l’edizione di varie opere sia sacre sia profane, o anche accurate descrizioni dei codici che di volta in volta recuperava. Si tratta di lavori assai accurati, che contribuirono ulteriormente a diffondere la sua fama. 20 Alcuni frammenti bobbiesi egli conosceva già prima di intraprendere la ricerca del 1820, come dimostra il fatto che ne avesse dato una notizia circostanziata davanti alla Regia Accademia delle Scienze, 21 e proprio gli studi da lui già in precedenza condotti su materiali di Bobbio erano stati la causa del viaggio. 22 Altro aspetto assai interessante dell’attività di Peyron si coglie nel suo interesse per la storia antica, che, insieme con la perizia di filologo, è alla base della traduzione e dell’esegesi di Tucidide nell’opera Della guerra del Peloponneso libri viii, volgarizzati ed illustrati con note e appendici, i-ii, Torino 1861. Nella prefazione egli afferma di essersi risolto a metter mano ad un tale lavoro nell’intento di favorire una diffusione la più vasta possibile dello scritto tucidideo anche presso coloro che non conoscono il greco, intento che si inserisce nel più vasto obiettivo di consentire a tutti

3  O. Montevecchi, Problemi e prospettive della papirologia nelle intuizioni di un pioniere : Amedeo Peyron, in A. Bülow-Jacobsen (ed.), Proceedings of the 20th International Congress of Papyrologists. Copenhagen, 23-29 August, 1992, Copenhagen 1994, pp. 25-33. 4  Empedoclis et Parmenidis fragmenta ex codice Taurinensis Bibliothecae 5  (1759-1824). restituta et illustrata, Lipsiae 1810. 6  G. F. Gianotti, Amedeo Peyron (2/7/1785-27/4/1870), www.torinoscienza.it 7  Lipsiae 1820. 8  M. Tulli Ciceronis Orationum pro Tullio, Pro Scauro pro Flacco fragmenta inedita ex membranis palimpsestis athenaei eruta et cum ambrosianis earundem orationum fragmentis coniuncta. 9  Stuttgardiae et Tubingae. 10  P. Treves, Amedeo Peyron, in Id. (ed.), Lo studio dell’Antichità classica nell’Ottocento, Milano-Napoli 1962, p. 873. 11  Codici Theodosiani fragmenta inedita ex codice palimpsesto Bibliothecae Regii Taurinensis Athenaei, « Memorie della Regia Accademia delle Scienze di Torino » xxviii (1825), pp. 137-330.

12  Descrizione di un evangeliario greco manoscritto posseduto dal signor P. Balbo, Torino 1808. 13  Prime lezioni di grammatica ebraica. Seconda edizione, ad uso della Regia Università degli studii, Torino 1826 (Prima edizione 1805). 14  Grammatica Linguae Copticae. Accedunt additamenta ad Lexicon Copticum, Torino 1841. 15  Lexicon Linguae Copticae, Torino 1835 e Peyronis Lexicon Copticum. Editio iterata ad editioni principis exemplum. Accedunt auctaria ex Ephemeridi Aegyptiaca Berolinensi excerpta, Tornio 1896. 16  C. Cipolla, Codici Bobbiesi della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, Milano 1907, p. 8. 17  De Bibliotheca Bobiensi Commentatio, premessa a M. Tulli Ciceronis cit. 18  Ibid. 19  Cf. G. Ottino, I codici bobbiesi nella Biblioteca Nazionale di Torino indicati e descritti, Torino-Palermo 1890, pp. v-vi. 20  Cipolla, Codici Bobbiesi cit., pp. 28-194. 22  Ibid. 21  Cipolla, Codici Bobbiesi cit., p. 9.

dell’Egitto antico di cui ai suoi tempi, quando la Papirologia muoveva i primi passi, non si aveva ancóra notizia (vd. infra). In entrambi i campi si può definire il Peyron, come già Orsolina Montevecchi fece in relazione al suo lavoro in Papirologia, 3 un vero pioniere.  

ii. L’attività di filologo, orientalista e storico  

























































amedeo peyron (1785-1870)

13

di godere del pensiero degli antichi Autori greci, pur senza conoscere la loro lingua. Solo traducendo i lavori dei grandi Autori dell’antichità classica, infatti, sarebbe stato possibile, secondo l’abate, liberare, ancóra una volta l’Accademia italiana da quella forma sterile di erudizione che induceva i grecisti nostrani a dedicare tutte le loro attenzioni a questioni testuali anche di lieve momento, trascurando la cura della diffusione della cultura classica presso un pubblico più vasto. Di Tucidide egli apprezzava sia la lucidità dello storiografo sia lo stile dell’oratore, che cercò di mantenere nell’esemplare traduzione, mostrando anche in questo caso il rigore del filologo, che contraddistinse ogni ramo della sua produzione. Oltre che di storia antica, egli si interessò anche di avvenimenti contemporanei, che volle passare al vaglio di una rigorosa critica, al fine di offrire una ricostruzione dei fatti la più fededegna possibile : si pensi all’indagine che volle condurre sul periodo della guerra civile piemontese tra i filo-francesi (guidati dalla reggente Cristina di Francia) ed i filo-spagnoli (capeggiati dai principi Maurizio e Tommaso, dal quale ultimo avrebbe avuto origine il ramo Savoia-Carignano, quello di carlo Alberto). Nell’opera Notizie per servire alla storia della Reggenza di Cristina di Francia, Duchessa di Savoia 23 egli riusciva a correggere magistralmente radicate tradizioni partigiane, dando vita ad una narrazione lucida ed obiettiva dei fatti, delle loro cause e delle conseguenze che essi comportarono, senza indulgere in nuovi atteggiamenti di parte. Lo studioso fu pure molto attento al momento storico in cui viveva ed operava ed agli aspetti del mondo dell’istruzione a lui contemporanea, dedicandosi anche a lavori di contenuto pedagogico, tra i quali va senz’altro ricordato Dell’istruzione secondaria in Piemonte, 24 dove osserva con disincantato pessimismo lo statico mondo dell’istruzione della sua patria ai suoi tempi. La sua dura reazione ad un tale modo di concepire l’istruzione e la cultura è testimoniata, oltre che nelle opere, anche nella vita dell’abate, che intrattenne rapporti epistolari con i maggiori esponenti della doctrina europea 25 e fu membro, come già ricordato, di numerose associazioni di respiro internazionale. In ultima analisi mi piace ricordare l’attività poetica del Peyron, che fruttò una produzione meno nota e meno abbondante rispetto all’attività erudita, ma ugualmente significativa ai fini di una più completa comprensione dello studioso e dell’uomo. Tra i componimenti più conosciuti sono un poemetto allegorico sulla vita tranquilla, scritto in italiano, 26 ed il carme in siriaco dedicato al matrimonio di Napoleone e Maria Luisa d’Austria. 27 A proposito di quest’ultima opera, che, come nota Giacomo Bona, 28 pur

essendo stata scritta per celebrare un’occasione mondana, aveva rappresentato per il giovane Peyron uno spunto per condurre un’approfondita indagine lessicografica, l’Autore scrive : 29 « La Facoltà di Lettere dell’Accademia di Torino festeggiava le nozze imperiali con carmi ed io dovevo poetare come Professore supplente di lingue Orientali. Scelsi la lingua Siriaca » ; poiché di questa lingua esisteva « il solo lessico del Castelli, 30 che registrava le sole parole della biblica versione pubblicata nella Poliglotta del Walton, ed il Michaelis aveva ristampato con poche aggiunte » il Peyron compì uno spoglio lessicale di tali opere e, impadronitosi dei vocaboli che in esse incontrava, riuscì ad innestarli magistralmente nel suo Carme, proponendosi di pubblicare in futuro alcune noterelle aggiuntive, che, però, rimasero per sempre solo nei suoi appunti. Il carme fu dunque opera poetica e linguistica ad un tempo, che mise in luce soprattutto le doti dell’orientalista e, ancóra una volta, del filologo. Anche in un’altra occasione “mondana” il Peyron volle comporre in una lingua orientale : per le nozze di Vittorio Emanuele e Maria Adelaide, nel 1842, egli scrisse infatti un componimento in prosa copta ; 31 ma nel Fondo Peyron, acquistato nel 1969 dall’Università di Torino, esiste anche un « Salmo ebraico | ch’io composi nell’anno 1806 | in occasione della Messa Nuova | dell’ab. Ludovico di Breme » 32 che rimase manoscritto in nome della volontà dell’Autore di stampare solo opere che « seco portassero un evidente vantaggio nel migliorare le già stabilite opinioni degli uomini correggendole, o nell’avvanzarle coll’invenzione », 33 ma composto a conferma dell’amore del giovane studioso verso le lingue orientali.

23  « Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino », s. ii/xxiv 24  Torino 1851. (1868). 25  Su tale aspetto cf. adesso L. Pesce, Amedeo Peyron e i suoi corrispondenti, Treviso 1997. 26  Della tranquillità. Viaggio allegorico. Poemetto, Torino 1829. 27  In nuptiis Napoleonis Imp. Invictissimi et Mariae Aloysiae Archiducissae Austriae Carmen Syriacum, Torino 1810. 28  G. Bona, Amedeo Peyron e lo studio dei papiri (appunti e notizie dall’archivio Peyron), in Atti del xvii Congresso Internazionale di Papirologia, Napoli 1984, vol. i, p. 183.

29  Note e giudizi delle proprie opere dell’ab. Amedeo Peyron, pubblicate postume da B. Peyron, Per le nozze Peyron-Polciano, Torino 1879, p. 8. 30  E. Castelli, Lexicon Syriacum, ex eius lexico heptaglotto seorsim typis describi curavit atque sua adnotata adiecit J. D. Michaelis, Gottingae 1788. 31  Il genio dell’Egitto, in Omaggio della R. Università di Torino, Torino 1842. 33  Ibid. 32  Bona, Amedeo Peyron cit., p. 183. 34  Papyri Graeci Regii Taurinensis Musei Aegyptii, lecti a die 13 ianuari ad 27 aprilis 1826, « Atti della Regia Accademia delle Scienze di Torino » xxxi (1827), pp. 9-118.















































iii. L’attività di papirologo







L’incontro del Peyron con i papiri avviene nel 1826, intrecciandosi con l’attività filologica dell’abate, che a quell’epoca ha già rinvenuto, letto e pubblicato una notevole quantità di antichi manoscritti. L’abilità da lui acquisita nella decifrazione dovette senz’altro agevolare i primi approcci con materiali sostanzialmente distanti per età e per contenuto dai testi con i quali lo studioso ha avuto a che fare fino a quel momento. Nonostante abbia dedicato alla papirologia solo il lasso di tempo compreso tra il 1826 ed il 1829, peraltro in maniera non esclusiva, i risultati conseguiti dal Peyron incidono in modo sostanziale sullo sviluppo della disciplina. In due riprese egli pubblica 14 dei 170 papiri della collezione Drovetti, acquistata dal Re Carlo Felice due anni prima e costituente il nucleo fondante del Museo Egizio di Torino. Alla lettura di tali papiri egli si dedica in due riprese : dal 13 gennaio al 27 aprile 1826 34 e dal 18 gennaio  







14

natascia pellé

al 15 marzo 1827. 35 Questo gruppo (da ora in poi PTor) è costituito da documenti di epoca tolemaica, che « quantunque sembrino di poco pregio ed offrano unicamente trattazioni di cause private, liti, contratti e lettere », 36 danno allo studioso l’opportunità di approfondire alcuni aspetti della politica dell’Egitto tolemaico. Questi in sintesi i testi da essi restituiti : PTor i e ii : Il processo di Ermia, ovvero gli atti di una contesa riguardante una casa in Tebe lunga circa 10 anni (dal 126 al 117 a.C.) tra il comandante militare Ermia e i membri di una corporazione funeraria (i Coachiti) guidati da Oro ; PTor iii e iv : Atti di Apollonio Psemmonte ; PTor v, vi, vii : Atti dei pastori di Amenophis ; PTor viii, ix, xii, xiv : Atti dei Paraschiti (imbalsamatori di cadaveri) : si tratta di documenti concernenti i paraschiti e i sacerdoti pastophoroi ; PTor x : breve documento contenente abbreviazioni ; PTor xi : Atti vari ; PTor xiii : Atti giuridici. Il Peyron non solo riesce a fornire trascrizioni quasi perfette dei testi, ma ne comprende il contenuto nel senso più completo del termine, mettendone in evidenza gli aspetti giuridici e sottolineandone l’importanza ai fini di una più profonda conoscenza delle istituzioni e delle norme vigenti nell’Egitto dei Tolemei. Scrive a tal proposito Vittorio Bartoletti : « ... per esempio, dal primo di essi, quello della lite fra Ermia e i Coachiti, ingegnosamente risaliva a ricostruire varî aspetti dell’ordinamento processuale in Egitto nell’età tolemaica e in particolare la competenza e il funzionamento del tribunale dei ‘crematisti’ ; da altri papiri traeva argomento per studiare la figura e i poteri di alcuni funzionari egiziani, come l’epistratego, lo stratego, l’epistate, l’agoranomo, il nomarca ; da altri indagava la divisione del suolo agli effetti politico-amministrativi e i sistemi vigenti per le misure, i pesi, le monete. Nessuno prima del Peyron aveva fatto un lavoro così impegnativo e profondo in questo campo, e sebbene il contenuto di quei testi non fosse tale da colpire l’immaginazione di un largo pubblico di lettori, s’intende che la loro importanza, magistralmente illustrata dall’editore, non potesse sfuggire agli editori ». 37 Sui testi torinesi torneranno in séguito altri studiosi : in particolare Ulrich Wilcken, 38 che ripubblicherà l’intero lotto con la sola esclusione di PTor x, 39 e che raggrupperà in base al contenuto i 13 papiri, organizzandoli in 4 sezioni. 40 L’edizione del Wilcken, che dispone di un materiale assai più vasto di quello del Peyron, è, naturalmente, ricca di nuove letture migliorative e di integrazioni, ma questo non sminuisce affatto il valore del lavoro dell’abate, che circa un secolo prima, si era egregiamente misurato con vocaboli sconosciuti e con una grammatica, quella dei pa-

piri documentari, la cui singolarità ha richiesto nel tempo studi altamente specialistici. 41 Nel 1828 l’abate si dedicò allo studio di due dei papiri greco-egizi definiti di Zoide, dal nome della protagonista, figlia di Eraclide e Tanubi : 42 si trattava di due quietanze rilasciate dalla banca regia di Memfi a Zoide. I due papiri erano stati pubblicati, insieme alla celebre maledizione di Artemisia, a Padova nel 1826 da Giovanni Petrettini, Docente di Filologia greca e latina all’Università di Padova. 43 Dopo solo due anni dall’editio princeps il Peyron sente l’esigenza di ripubblicare parte dello studio (quella riguardante, appunto, i papiri di Zoide). L’opera, apparsa in italiano, ha un’originale struttura : 1. Testo greco del primo papiro stabilito da Peyron 2. Testo greco del primo papiro stabilito da Petrettini 3. Traduzione italiana del primo papiro di Peyron 4. Traduzione italiana del primo papiro di Petrettini 5. Testo greco del secondo papiro stabilito da Peyron 6. Testo greco del secondo papiro stabilito da Petrettini 7. Argomento ed annotazioni del secondo papiro a cura di Peyron 8. Indice delle voci greche 9. Facsimili dei due papiri Nella prefazione Peyron spiega come tale struttura abbia la finalità di offrire al lettore la possibilità di effettuare autonomamente i confronti tra le due letture, anche con l’ausilio dei facsimili, e specifica di aver sentito la necessità di leggere direttamente le tavole dell’edizione del Petrettini, poiché si è accorto, durante la lettura cominciata con la convinzione che il volume contenesse « molte utili notizie concernenti l’amministrazione, le monete, i vari impieghi dell’Egitto non che certe sigle che sinora erano od ignote o soltanto probabilmente interpretate », 44 che quella edizione non era affidabile. Infatti almeno due caratteristiche di quel lavoro destavano forti sospetti : a. il fatto che nei frequenti conti del secondo papiro sembrassero violate le leggi dell’aritmetica : « alcuni periodi non mi offrivano alcun senso, parecchi vocaboli sembravanmi corrotti ; ma soprattutto in un conto di liquidazione di vari pagamenti fatti, e da farsi, in cui i vari capitoli di parecchi talenti e dracme si debbono sommare, ed altri sottrarsi, io trovava violate le più certe regole dell’aritmetica, talchè entrai in forte sospetto aver l’editore mal lette le sigle numeriche, e quelle indicanti i telenti e le dracme. Bensì l’Editore p. 55 avvertì, che nei Papiri trovansi sbagliate le lettere, che servono a’ segni numerici, quindi poco o nessun profitto potrà da esse ricavarsi ; ma se tali sbagli sono probabili nelle scritture, che sono copiate da altre copie, pare assurdo che un papiro originale uscito dalla tesoreria dei Tolomei per servire di

35  Pars altera, Papyri lecti a die 18 ianuari ad 15 martii 1827, « Atti della Regia Accademia di Torino » xxxi (1829), pp. 1-80. 36  Dal proemio dei Papyri Graeci cit., tradotto in Treves, Amedeo Peyron cit., p. 895. 37  V. Bartoletti, La papirologia in Italia, « Atene e Roma » iv 13-16 (1954), pp. 3-4. 38  Urkunden der Ptolemaerzeit, 1-2, Berlin-Leipzig 1927-1957. 39  Un miglioramento della lettura si avrà solo nel 1951, con il lavoro di A. Traversa, I Papiri Peyron del Museo Egiziano di Torino. Complementi e 40  Ibid. nuove letture, « Aegyptus » 31 (1951), pp. 239 s. 41  E. Mayser, Grammatik der griechischen Papyri aus der Ptolemäerzeit

mit Einschluss der gleichzeitigen Ostraka und der in Ägypten verfassten Inschriften, voll. i-iv, Berlin-Leipzig 1906-1970 ; F. T. Gignac, A Grammar of the Greek Papyri of the Roman and Byzantine Periods, vol. i, Phonology, vol. ii Morphology, Milano 1976, 1981. 42  Papiri Greco-Egizi di Zoide dell’Imperiale R. Museo di Vienna illustrati dal professor Amadeo Peyron, « Memorie della Regia Accademia delle Scienze di Torino » 33 (1828), pp. 151-192. 43  Papiri Greco-Egizi ed altri Greci Monumenti dell’I. R. Museo di Corte tradotti e illustrati da Giovanni Petrettini Corcirese Imperiale Regio Professore di Filologia Greca e Latina presso l’Università di Padova, Vienna 1826. 44  Papiri Greco-Egizi di Zoide cit., p. 153.







































































































amedeo peyron (1785-1870) ricevuta a chi sborsato aveva una egregia somma, potesse riboccare di errori appunto nelle sigle numeriche ». 45 b. Il fatto che l’editore non avesse compreso e messo in rilievo la stretta connessione tra i due documenti : « Finalmente l’intiero contesto, e la corrispondenza dei due papiri fra loro somigliantissimi, mi pareva cosa non che dubbia, ma sconosciuta ancora ». 46 Fin dall’inizio il Peyron rinuncia ad ogni tipo di polemica, per lo meno esplicita, con il precedente Editore, i cui errori giustifica con l’inesperienza (il Petrettini, diversamente da lui, aveva avuto l’opportunità di vedere solo i tre papiri pubblicati in quella sede, perciò è da considerarsi un “novizio”) e ritiene che il confronto tra le due edizioni sia il commento migliore. Anche questo lavoro, che è l’ultimo di Peyron papirologo, mostra le caratteristiche della precedente indagine, sintetizzabili nell’estremo interesse per l’approfondimento di ogni singolo aspetto dei dati relativi alla vita sociale economica e politica nell’Egitto tolemaico e nella facilità di lettura di scritture spesso anche molto corsive e legate. Nel corso dello studio, infatti, gli ostacoli più difficili da superare riguardano non tanto la decifrazione dei testi, operazione per la quale il Peyron può avvalersi della consolidata esperienza sui codici, quanto l’ « assoluta novità del contenuto, del formulario e, in parte, del lessico ». 47 Egli riconosce che la lingua dei papiri è un dialetto ellenistico, che si presenta nei documenti pura e senza filtri ; di tale lingua egli studia i vocaboli, che poche volte sono nuovi e più spesso acquisiscono un significato diverso da quello in cui sono ordinariamente adoperati in greco. Di fronte a termini ed espressioni nuovi lo studioso si avvale delle proprie conoscenze grammaticali per comprenderne il significato e quando tali vocaboli designano cariche politiche, istituzioni sociali o economiche, da storico del mondo antico, cerca di definirle e di spiegarne le funzioni in epoca tolemaica, non senza qualche imprecisione. 48 Spesso con perizia filologica analizza a fondo i vocaboli nuovi, soffermandosi su di essi per molte pagine e conseguendo in vari casi risultati ritenuti validi da studiosi a lui di molto successivi. 49 Si avvale della propria erudizione per interpretare vocaboli nuovi (si pensi al termine kavtoikoi delle annotazioni al PTor iii, in Pars Altera, p. 80, spiegato attraverso i due loci paralleli di Aristea, Ad Philocratem – dove si dice che Tolemeo Soter scelse tremila uomini portati dalla Giudea e dalla Palestina e eij~ th;n cwvran katw/vkisen ejn toi`~ frourivoi~ – e di Polibio v 65, a proposito della descrizione dell’esercito del Filopatore, nel passo in cui si narra che sunhvcqh de; kai; Qrakw/`n  























kai; Galatw`n plh`qo~, ejk me;n tw`n katoivkwn kai; tw`n ejpigovnwn eij~ tetrakescilivou~) 50 interpretazioni per le

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p. 91, dove alle citazioni di Autori antichi, come Giuseppe Flavio, Ant. Giud. xix 51 e Polibio xxiii 10, 6, si aggiunge anche Schweighäuser, ad Athaen. viii, p. 352) e si avvale dei nuovi concetti appresi dai papiri per valutare il testo di alcuni passi di autori classici (dopo aver studiato a fondo la parola ajparchv ritiene inadeguato un emendamento a Thuc. vi 20). 51 Si comprende facilmente, dunque, come la contemporanea frequentazione degli studi di filologia e di quelli di papirologia abbia giovato ad entrambi, creando un rapporto di fruttuosa reciprocità. Lo sforzo più notevole compiuto dal Peyron è quello della contestualizzazione : lo studioso cerca di chiarire tutti gli aspetti legati all’ambiente in cui il documento è maturato : dalla storia, alla politica, all’onomastica, alla topografia, agli aspetti sociali e religiosi ; al contempo trae dal papiro elementi per migliorare la conoscenza della microstoria dell’Egitto tolemaico, secondo i più moderni criteri d’indagine della papirologia. 52 Indice della “modernità” del suo metodo di studio sono anche il continuo confronto di frasi e termini di volta in volta commentati con espressioni analoghe rinvenute nei PTor o nei PPar, nonché discussioni su pesi, misure e simboli (che intervengono in modo più cospicuo e sistematico nel commento dei due papiri di Zoide) miranti ad una definizione universalmente valida per ciascuno di essi. L’accuratezza filologica traspare poi nell’allestimento delle edizioni, tutte corredate di indici dei termini greci ed indici delle cose notevoli. Il Peyron dopo le due esperienze dei papiri torinesi e di quelli di Zoide non pubblicò più, per sua scelta, testi papiracei, ma nella sua vita era venuto a contatto anche con alcuni papiri pubblicati da Thomas Young (PGrey A e B), 53 con quelli della Collezione Salt nel 1826, che aveva potuto vedere grazie a Jean François Champollion, e con alcuni esemplari della collezione parigina, poi editi da Jean Antoine Letronne, che egli aveva visti, ma aveva promesso di non pubblicare. 54 In tal modo si concluse un’esperienza breve per l’Abate, se commisurata alla sua lunga e ricca esistenza, ma comunque assai significativa sia per la storia della papirologia sia per l’insegnamento che molte generazioni di papirologi successive ne hanno tratto a livello soprattutto metodologico. Quando, il 27/4/1870, l’Abate morì, ottantacinquenne, la sua fama era ormai da tempo ben salda e diffusa in tutta Europa, eppure egli non lasciò alcun “erede”, se si fa eccezione per il nipote Bernardino, 55 che ne seguì solo da lontano le orme, soprattutto in àmbito filologico. Le carte manoscritte costituenti la biblioteca privata dell’uno e dell’altro studioso furono acquistate dalla Biblioteca Universitaria di Torino nel dicembre 1969. 56  



















quali trova conferma anche nell’esegesi dei moderni (vd., ad es., la discussione sul termine diavgramma in Pars Altera, 45  Ibid., p. 154. 46  Ibid. 47  Cf. Montevecchi, Problemi e prospettive cit., p. 29. 49  Ibid. 48  Ibid., p. 31. 50  Ibid. sono messi in evidenza anche altri casi notevoli : e[nteuxi~ di Papyri Graeci, pp. 109 s., che l’Autore spiega facendo ricorso alla Lettera di Aristea a Filocrate ed a Maccabei ii 4, 8 o a leitourgiva di Papyri Graeci, 51  Ibid. p. 85, che il Peyron spiega in base a Polibio e ai lxx. 52  Vd. R. S. Bagnall, Reading Papyri writing Ancient History, Nwe  

Centro di Studi Papirologici Università del Salento, Lecce York 1995, ed. it. a c. di M. Capasso con il titolo Papiri e Storia Antica, Roma 2007. 53  An account of some recent discoveries in hieroglyphical literature and Egyptian Antiquities, London 1823. 54  Montevecchi, Problemi e prospettive cit., pp. 26-27. 55  Su Bernardino Peyron vd. almeno G. Gervasoni, Linee di storia della filologia classica in Italia, i, Firenze 1929, pp. 151 ss. 56  Bona, Amedeo Peyron cit., p. 179.

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ANTHONY CHARLES HARRIS (1790-1869)

Alessandro Capone

N

ato a Londra nel 1790, Anthony Charles Harris [Tav. ii] si trasferì ben presto, come attesta una lettera del 1828 all’egittologo inglese James Burton (1788-1862), 1 ad Alessandria, dove risiedette per il resto della sua vita, eccetto qualche viaggio in Inghilterra. Fu mercante ed ebbe contatti con il Commissariat Department. Accanto a quest’attività si dedicò a collezionare antichità e papiri egiziani, raccogliendo esemplari di notevole importanza. 2 Ebbe rapporti con vari studiosi europei e viaggiatori che si recavano in Egitto. In questa sede si presenterà un profilo sintetico di Harris, concentrando l’attenzione in modo particolare su quei ritrovamenti papiracei a cui il suo nome resta legato. Tra i corrispondenti di Harris vi fu Samuel Birch, 3 il quale rese note molte delle lettere del mercante inglese alla Royal Society of Literature of London, di cui Harris era divenuto membro nel 1846 : 4 per esempio, il 14 gennaio 1847 Birch lesse un’epistola che descriveva gli scavi condotti nel sito di Fort Julien, la località dove era stata rinvenuta la Stele di Rosetta ; nel dicembre del 1847 Harris comunicava di aver trovato, nel presunto sito della biblioteca di Alessandria, una pietra con l’iscrizione DIOSKORIDHS G TOMOI e annunciava inoltre di aver acquistato 156 fogli papiracei contenenti testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, Atti di Martiri, Omelie e altri scritti in copto. 5 In una comunicazione datata Rosetta, 11 settembre 1847, ma letta il 13 gennaio 1848, 6 Harris forniva ragguagli sulla scoperta di un papiro d’Iperide. Nei primi mesi del 1847, mentre si trovava a Tebe alla ricerca di « Tahidic fragments », gli si presentò la possibilità, forse dall’italiano Andrea Castellari, 7 di acquistare alcuni papiri greci. Uno di essi, 8 come scrisse egli stesso, sembrava di grande interesse per gli studiosi della letteratura classica. Tuttavia i trentadue frammenti, che dovevano appartenere all’incirca a venticinque pagine non consecutive, esigevano di essere esaminati con cura. Era infatti necessario assemblarli in modo corretto, ricostruire la sequenza del discorso, supplire le lettere mancanti o illeggibili e correggere gli errori del copista. Da una lettura cursoria del testo Harris

si avvide che si trattava di un discorso pronunciato da un accusatore (Iperide ?) contro Demostene che si era lasciato corrompere da Arpalo. A distanza di un anno dal rinvenimento Harris pubblicò il facsimile del papiro, 9 che però riproduceva i frammenti in una disposizione piuttosto approssimativa. Questo tuttavia, almeno per alcuni anni, fu l’unico modo con cui i filologi poterono accostarsi alla scoperta iperidea : 10 Harris

1  La lettera, datata 14 febbraio 1828, è pubblicata in W. R. Dawson, Anastasi, Sallier, and Harris and their papyri, « JEA » 35 (1949), p. 161. 2  Il noto egittologo francese Emile Prisse d’Avesnes nel 1846 diede una sintetica descrizione delle antichità raccolte dal facoltoso mercante inglese : vd. Notice sur le Musée du Kaire et sur les collections d’antiquités Égyptiennes de MM. Abbott, Clot-Bey et Harris, « Revue d’Archéologie » 2/2 (1846), p. 752. Harris fu inoltre Presidente dell’Egyptian Society at Cairo. 3  S. Birch (1813-1885) fu egittologo e sinologo. Trascorse quasi tutta la sua carriera nel British Museum, da dove esercitò una notevole influenza sull’Egittologia e l’Assirologia del tempo. Tra le molte pubblicazioni si possono ricordare una grammatica e un dizionario di antico egiziano ; vd. W. R. Dawson-E. P. Uphill-M. L. Bierbrier (eds.) Who was who in Egyptology, London 1995, pp. 45 s. 4  Vd. Dawson, Anastasi cit., pp. 161s ; P. Ibrahim-Hilmy, The Literature of Egypt and the Soudan from the Earliest Times to the Year 1885 inclusive, vol. i, London 1886, pp. 379 s., rist. Charleston 2008.

5  Vd. Dawson, Anastasi cit., pp. 161 s. 6  Vd. A. C. Harris, Description of a Greek Manuscript found at Thebes, « Transactions of the Royal Society of Literature of the United Kingdom » 3 (1850), pp. 178-182. 7  Su Castellari vd. Dawson-Uphill-Bierbrier, Who was who cit., p. 86. 8  Si tratta dell’attuale PLondLit 132, inv. 108 (MP3 1233), databile al 100 d.C., sul quale vd. H. J. M. Milne, Catalogue of the Literary Papyri in the British Museum, London 1927, p. 99, rist. Milano 1977. 9  A. C. Harris (ed.), Fragments of an Oration against Demosthenes respecting the money of Harpalus, London 1848. 10  I primi editori dell’orazione dovettero accontentarsi del facsimile, mentre solo in un secondo momento fu possibile consultare de visu il papiro. Su queste vicende vd. G. Bartolini, I papiri e le edizioni dell’orazione d’Iperide Contro Demostene, « A&R » 17 (1972), pp. 105 s. ; A. Capone, Babington, Comparetti e le scoperte dei papiri d’Iperide, « QS » (in corso di stampa).



















Tav. ii. Anthony Charles Harris (1790-1869).











































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alessandro capone

Tav. iii. Sezione del Grande papiro Harris che rapresenta Ramesse III davanti alla triade di Tebe.

infatti aveva incollato i frammenti su delle tavole depositate poi nella cassetta di sicurezza di una banca londinese la cui chiave aveva portato con sé ad Alessandria. La passione per l’Egitto e per le antichità che venivano alla luce con sorprendente velocità portò Harris a scrivere nel 1851 un breve trattato sui segni geroglifici che rappresentavano le località egiziane. L’iniziativa era di non poca importanza per quegli anni, quando lo stato delle conoscenze era ben diverso dall’attuale ; e di ciò era cosciente l’autore : « To those who may have applied themselves to the study of the Egyptian monuments I offer the accompanying plates, exhibiting the ancient geographical divisions of the country, as expressed as hieroglyphical signs. These signs occur in the temples, the tombs, and in many writings of the old Egyptians ». 11 Tuttavia, fu senza dubbio grazie alle scoperte papiracee dell’inverno successivo (1854-55) che la fama di Harris raggiunse il suo apice. In quei mesi egli intraprese un viaggio nell’Alto Egitto, durante il quale dovette con buona probabilità comprare alcuni papiri, forse ancora una volta da Castellari. Le circostanze non del tutto chiare della sco-

perta del cosiddetto Grande Papiro Harris (BM 9999) sono state ricostruite da P. Grandet : 12 nel febbraio 1855 Harris acquistò il papiro a Luxor da alcuni scavatori egiziani clandestini che possedevano un numero assai considerevole di documenti simili. Grazie alla rete di contatti internazionali di Harris la notizia della scoperta poté trovare una rapida diffusione : nel febbraio del 1858 Samuel Birch era in grado di fornire informazioni sul papiro a François-Joseph Chabas e qualche mese più tardi fu lo stesso Harris a inviare a Chabas un’analisi del contenuto e altre osservazioni sul documento. Insieme al Grande Papiro (tav. iii), Harris acquistò anche il Papiro Magico e un gruppo di papiri storici : il primo (BM 10042) contiene testi magici, 13 gli altri, secondo Grandet, possono verosimilmente identificarsi con gli attuali PAbbott (BM 10221), che appartenne a Harris per poco tempo, BM 10052, 10053 e 10054. 14 Secondo alcuni, 15 in quello stesso frangente Harris venne in possesso anche del Papiro 500 (BM 10060), che riporta antichi racconti egiziani, poemi d’amore e una canzone, ma tale ipotesi appare tutt’altro che sicura. 16

11  A. C. Harris, Hieroglyphical Standards Representing Places in Egypt : Supposed to be its Nomes and Toparchies, London 1851, p. 3. 12  Vd. P. Grandet, Le paryrus Harris i , vol. 1, Le Caire 1994, pp. 3-18 (che è il lavoro fondamentale per ogni ricerca sul papiro) ; vd. inoltre Dawson, Anastasi cit., p. 163. Il Grande Papiro Harris, noto anche come papiro Harris i (BM 9999), è lungo circa 42 metri. Il testo riporta una lista degli arredi di un tempio e una breve cronaca del regno di Ramesse iii ; vd. A. Eisenlohr, Der große Papyrus Harris, Leipzig 1872 ; S. Birch, Facsimile of an Egyptian Hieratic Papyrus of the Reign of Ramses iii , now

in the British Museum, London 1876 ; W. Erichsen, Papyrus Harris i . Hiroglyphische Transkription, Bruxelles 1933. 13  Sul Papiro Magico Harris, noto anche con il numero 501, vd. F. J. Chabas, Le papyrus magique Harris, Chalon-sur-Saône 1860 ; H. Lange, Der magische Papyrus Harris, København 1927. 14  Questi documenti furono talvolta designati anche come Papiro Harris 499. 15  Vd. Dawson, Anastasi cit., p. 163. 16  Sul papiro Harris 500 vd. C. W. Goodwin, Translation of a Fragment of an historical Narrative relating to the Reign of Tothmes iii . From a Papyrus in







































anthony charles harris (1790-1869)

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Harris morì ad Alessandria il 23 novembre del 1869, lasciando in eredità le vaste proprietà e la collezione di reperti egiziani alla figlia adottiva Selima Harris (1827-1899), la quale decise di venderla per intero, rifiutando le molte offerte ricevute per il solo Grande Papiro. La collezione completa, acquistata grazie a Samuel Birch dal British Museum nel 1872, comprendeva qualche stele, sarcofagi in pietra, molti oggetti di piccole dimensioni e alcuni papiri.

In particolare : il Grande Papiro Harris, il Papiro Magico, il Papiro Harris 500, tre papiri giuridici, 17 un piccolo frammento demotico (BM 10442), un frammento geroglifico di un Libro dei morti (BM 9990), un Libro dei morti (ieratico, BM 10203), il cosiddetto Omero Harris e il papiro d’Iperide. 18

the British Museum, « Transactions of the Society of Biblical Archaeology » 3 (1874), pp. 340-248 (letta il 3 marzo 1874) ; Id., Translation of a Fragment of a fabulous Tale. From a Egyptian Papyrus in the British Museum, ibid., pp. 349-356 (letta il 3 marzo 1874) ; Id., On four Songs contained in an Egyptian Papyrus in the British Museum, ibid., pp. 380-388 (letta il 7 aprile 1874) ; M. G. Maspero, Comment Thoutii prit la ville de Joppé, conte égyptien conservé au papyrus Harris n. 500 du British Museum, « Journal asiatique » 1878, pp. 93-116 ; J. Baikie, Egyptian Papyri and Papyrus-Hunting, London 1925, pp. 65 ss., 148 ss. e 160 ss. ; M. Lichtheim, Ancient Egyptian Literature. A Book of Readings, vol. i, 1973, pp. 194-197 ; vol. ii, Berkeley-Los Angeles-London 1976, pp. 189-192 e 200-203 ; Grandet, Le paryrus cit., p. 15. Il papiro era intatto al momento della scoperta, ma fu danneggiato in seguito a causa di un’esplosione avvenuta in casa Harris. Tuttavia Goodwin, il quale esa-

minò il papiro a Londra nel 1872, non diede notizia della deflagrazione che avrebbe danneggiato il papiro, attribuendo evidentemente il cattivo stato in cui esso si trovava alle varie cause che avevano rovinato tanti altri papiri ; vd. Dawson, Anastasi cit., p. 164 ss.















Università del Salento

















17  È un gruppo di papiri indicati nei documenti del BM come 10052 (Harris 499), 10053 (Harris A), 10054 (Harris) ; vd. T. E. Peet, The great tomb-robberies of the twentieth Egyptian dynasty, London 1930, rist. Hildesheim 2006, pp. 52-79 e 102-169. 18  Del PLondLit 132, inv. 108, s’è già detto sopra. L’Omero Harris è l’attuale PLondLit 25 (inv. 107 ; MP3 953) e riporta buona parte del libro xviii dell’Iliade (1-218 ; 311-617) ; vd. Milne, Catalogue cit., p. 26.  







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DOMENICO COMPARETTI (1835-1927)

Giovanni Indelli 1.

Q

uanti in Italia sono, quanti siamo filologi classici, ci sentiamo, direttamente o indirettamente, scolari del Comparetti, perché egli rifondò questi studi in Italia, quand’ormai era come se non ci fossero mai stati » : così scriveva Giorgio Pasquali nel profilo di Comparetti il giorno dopo la sua morte. 1 Domenico Comparetti [Tav. iv] nacque a Roma il 7 luglio 1835 e morì a Firenze il 20 gennaio 1927. Dopo la laurea in Farmacia, coltivò gli studi classici e medievali essenzialmente da autodidatta. 2 Nel 1859 ottenne la cattedra di Letteratura greca nell’Università di Pisa, da dove, nel 1872, passò a Firenze, nell’Istituto di Studi Superiori ; qui rimase, tranne un breve periodo a Roma, fino al 1886, quando lasciò l’insegnamento. Membro di numerose Accademie, tra le quali l’Accademia dei Lincei, fu anche Senatore del Regno d’Italia dal 1891. Nel 1884 fondò la Rivista « Museo Italiano di Antichità Classica », che si interruppe nel 1890, e dal 1873 al 1894 diresse la « Rivista di Filologia e d’Istruzione Classica ». Oltre agli scritti di argomento papirologico, i lavori principali di Comparetti sono Saggi dei dialetti greci dell’Italia meridionale, 3 Edipo e la mitologia comparata, 4 Ricerche intorno al libro di Sindibâd, 5 Virgilio nel Medioevo, 6 Sulla epistola ovidiana di Saffo a Faone, 7 Il Kalevala o la poesia tradizionale dei Finni, 8 Le leggi di Gortyna e le altre iscrizioni arcaiche cretesi edite e illustrate, 9 La Guerra gotica di Procopio di Cesarea, 10 Laminette orfiche edite ed illustrate. 11 Giovanni Pugliese Carratelli ha raccolto nel volume (« tuttora insuperato » 12) Poesia e pensiero del mondo antico 13 diversi scritti di Comparetti, per dare di lui « quanto, così per la dottrina e l’alto ingegno come per il senso della dignità scientifica e la coscienza civile che vi si rivelano, più merita d’essere riletto, accanto all’opera maggiore, il Virgilio nel medioevo ». 14 In tal modo realizzava un suggerimento di Benedetto Croce, che, ristampando 15 il saggio La poesia biblica, 16 scriveva 17 che sarebbe stata « utile e gradita … a studiosi e lettori una raccolta degli scritti del Comparetti, sparsi in riviste, memorie ed opuscoli, anche di argomento non strettamente e particolarmente filologico e archeologico, perché il Comparetti, diversamente dalla maggior parte degli ar-

cheologi, filologi ed eruditi, era uomo di mente larga e di gusto solido ». 18 Una bibliografia esauriente conclude 19 la prefazione di Pugliese Carratelli ; altre bibliografie si devono ad A. Chiappelli, in appendice all’articolo La mente di Domenico Comparetti, 20 e a C. Gambaro, nel volume Domenico

1  « Aegyptus » viii (1927), pp. 117-136 (= Pagine stravaganti, vol. i, Firenze 1968, pp. 3-25). Le parole citate sono a p. 118 (= p. 4). 2  « Tra i libri di chimica e i barattoli di una farmacia studiava giovinetto il latino, il greco, l’ebraico » (E. Pistelli, Domenico Comparetti, in Eroi, 3  Pisa 1866. uomini e ragazzi, Firenze 1927, p. 208). 4  Pisa 1867. 5  Milano 1869. 6  Livorno 1872 ; seconda edizione riveduta, Firenze 1896. 7  Firenze 1876. 8  Roma 1891. 9  Milano 1893. 10  Roma 1895-1898 (3 volumi ; il quarto volume, Le Inedite di Procopio di Cesarea, fu pubblicato postumo, nel 1928, a cura di D. Bassi). 11  Firenze 1910. 12  S. Cerasuolo, Due protagonisti e un comprimario dell’antichistica ita-

liana del secolo xix. I Carteggi Comparetti-Fiorelli-Barnabei, Messina 2003, 14  P. ix. p. 4. 13  Napoli 1944. 15  « La Critica » xxv (1927), pp. 411-417. 16  « La Rassegna Settimanale di Politica, Scienze, Lettere e Arti » ii 17  P. 411, nota 1. (1878), pp. 303-305. 18  A Comparetti, « uno dei maestri della nuova filologia » nel quale « perdura il senso dei grandi problemi », e, in particolare, al Virgilio nel medioevo, Croce aveva dedicato alcune righe nel saggio La storiografia in Italia dai cominciamenti del secolo diciannovesimo ai giorni nostri, « La 19  Pp. xi-xvi. Critica » xviii (1920), pp. 82 s. 20  « Nuova Rivista Storica » ii (1918), pp. 239-247 (la bibliografia è alle pp. 247-252).

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Tav. iv. Domenico Comparetti (1835-1927).





































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Comparetti tra antichità e archeologia. Individualità di una biblioteca. 21 In questi ultimi anni sono stati pubblicati alcuni Carteggi comparettiani : Domenico Comparetti e Girolamo Vitelli. Storia di un’amicizia e di un dissidio ; 22 Lettere dall’Officina. Comparetti-Martini-Sogliano ; 23 Due protagonisti e un comprimario dell’antichistica italiana del secolo xix. I Carteggi Comparetti-Fiorelli-Barnabei ; 24 Tra papirologia e archeologia ercolanesi. I Carteggi Comparetti-De Petra ; 25 Carteggio Domenico Comparetti-Gherardo Nerucci. 26 Nel 2002, inoltre, si è svolto a Napoli e Santa Maria Capua Vetere il Convegno internazionale di studi Domenico Comparetti (1835-1927), 27 nel quale sono stati esaminati i principali campi di ricerca dello studioso : dai dialetti italogreci al Virgilio nel medioevo, agli studi sui Papiri Ercolanesi, sulle epigrafi, sul Kalevala, sui Papiri Fiorentini, sui testi orfici, su Procopio. Diversi sono i necrologi e i ricordi. Chiappelli 28 definisce Comparetti « dominatore nel campo delle discipline filologiche …, durante il lungo corso di sua vita, intese alla investigazione del mondo classico antico, nelle sue reliquie, nei suoi documenti e monumenti ». 29 Per A. Sogliano, 30 « Domenico Comparetti appartiene a quel glorioso drappello di maestri … che rinnovarono gli studii in Italia e misero il nostro paese in grado di contendere con la dotta Germania nella indagine scientifica » : 31 « imbevuto di cultura tedesca, portò nella scuola superiore italiana il metodo tedesco dell’indagine filologica, ma conservò sempre indipendenza di giudizio ». 32 Secondo G. Vitelli, 33 « della scienza dell’antichità classica egli ben meritò in Italia, e in modo eminente, anche perché non ebbe maestri. Noi che avemmo maestro lui non dobbiamo dimenticare – ed io ho la coscienza di non averlo mai dimenticato – che siamo debitori proprio a lui della prima educazione metodica e di quella larga comprensione della nostra scienza che mancò a molti valentuomini italiani della sua generazione e delle precedenti … Molta parte della sua produzione scientifica conserverà, a lungo, intero il suo valore ». 34 Oltre al fondamentale contributo di Pasquali 35 (« un monumentale necrologio …, che rappresenta il bilancio critico dell’uomo e del filologo ed è il punto di partenza per ogni indagine sulla sua opera » 36), sul quale M. Valgimigli osservò 37 « Non so se altri, né chi altri, avrebbe potuto su

Domenico Comparetti scrivere pagine come queste », gli interventi più significativi su Comparetti sono la Nota introduttiva di Piero Treves alla riedizione di alcune pagine comparettiane nel volume Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento 38 (« Favorì com’altri pochi, ed aere suo, l’organizzazione del lavoro scientifico, provvedendo a ripristinar l’Officina ercolanense dei papiri » ; 39 « Storia della letteratura e della cultura, linguistica, dialettologia, archeologia, papirologia, epigrafia, problemi dell’educazione e dell’insegnamento, della poesia e di storia della poesia furono, … per tre quarti di secolo, i campi di attività del Comparetti » 40) ; la voce Comparetti, scritta per il Dizionario Biografico degli Italiani da Pugliese Carratelli 41 (« Già [nelle] prime pubblicazioni si delinea la varietà degli interessi di studio del C., la prontezza della sua intuizione, la singolarità della sua formazione di ricercatore » 42) ; l’importante saggio di Marcello Gigante Comparetti e i Papiri Ercolanesi 43 (« Insieme con Girolamo Vitelli, il nume della filologia classica italiana fra i due secoli fu Domenico Comparetti … Comparetti e Vitelli … restano eroi fondatori della disciplina filologica classica del nostro secolo nella diversità del metodo, nella differenza della concezione e anche di temperamenti e destini di vita » 44) ; le Introduzioni di Salvatore Cerasuolo 45 ai carteggi da lui pubblicati, 46 dove è dato rilievo soprattutto alla ricerca ercolanese di Comparetti, in particolare al suo ruolo nella pubblicazione della cosiddetta Collectio Altera dei Papiri ercolanesi, 47 della quale « fin dal 1865 assunse la direzione di fatto », 48 e nel progetto di una Terza Serie, 49 alle edizioni dei PHerc 1018 (resti dello Stoicorum Index Herculanensis) 50 e 1251 (parti di un’opera della quale non sono noti né autore né titolo e che è comunemente designata come Ethica Comparetti), 51 al volume La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca, 52 scritto con G. De Petra, 53 alla polemica con Mommsen sul proprietario della Villa. 54 Ricordo, infine, i giudizi di Valgimigli e di Timpanaro. Per Valgimigli, 55 Comparetti « fu veramente un precursore : vide subito con chiarezza ; capì che sopra tutto da uomini come Augusto Boeckh la nuova filologia doveva prendere norma e sostanza ; e ch’ella è sforzo di interpretare e ricostruire l’antico, e non di pascersi su l’antico in dilettazioni oziose e leziose. In questo sforzo e in que-

21  A cura di M. G. Marzi, Firenze 1999 (la bibliografia è alle pp. pp. 219-224). Su questa bibliografia, che comprende 4 titoli in più rispetto a quella di Pugliese Carratelli, esprime un giudizio severo Cerasuolo, Due protagonisti cit., p. 4, nota 12. 22  A cura di R. Pintaudi, Messina 2002, pp. 97-202. 23  A cura di M. L. Chirico, Messina 2003. 24  A cura di S. Cerasuolo, Messina 2003. 25  A cura di S. Cerasuolo, Messina 2005. 26  A cura di M. L. Chirico e T. Cirillo, Firenze 2007. 27  Gli Atti sono stati pubblicati a Napoli nel 2006. 29  P. 357. 28  « RAL », s. vi, vol. iii (1927), pp. 357-378. 31  P. 23. 30  « RAAN », n. s. xli (1927), pp. 23-28. 33  « RAL », s. vi, vol. iii (1927), pp. 221 s. 32  P. 28. 34  P. 221. Vedi anche E. Martini, « RAAN », n. s. xli (1927), pp. 29-32 ; E. Pais, « Nuova Antologia » lxii (1927), pp. 385-391 ; P. Rajna, « RAL », s. vi, vol. iii (1927), pp. 222-221 (cenni di omaggio di Pais e P. E. Pavolini 35  Supra, n. 1. a p. 224). 36  Cerasuolo, Due protagonisti cit., p. 3. Si veda anche, dello stesso Pasquali, la Prefazione dell’editore alla seconda edizione del Virgilio nel 37  « Pegaso » ii (1930), p. 496. Medioevo (vol. i, pp. xv-xxxiv).

39  P. 1051. 38  Milano-Napoli 1962, pp. 1051-1063. 40  P. 1052. 41  Vol. xxvii, Roma 1982, pp. 672-678. Estremamente concisa è la voce Comparetti, di A. Rostagni, nell’Enciclopedia Italiana (vol. x, Roma 1931, 42  P. 672. p. 1001). 43  In M. Herling-M. Reale (edd.) Storia, filosofia e letteratura, Scritti in onore di Gennaro Sasso, Napoli 1999, pp. 617-657. 44  P. 620. 45  Cerasuolo sottolinea, tra l’altro, il wolfismo di Comparetti (Due protagonisti cit., pp. 8-18 ; Tra papirologia e archeologia cit., pp. 66 s.) e il suo interesse per l’Epicureismo (Tra papirologia e archeologia cit., pp. 3-8). 47  Due protagonisti cit., pp. 45-53. 46  Supra, note 24 e 25. 48  Domenico Comparetti (1835-1927) cit., p. xi. 49  Due protagonisti cit., pp. 54-56. 50  Due protagonisti cit., pp. 57-64. 51  Tra papirologia e archeologia cit., pp. 23-26. 52  Torino 1883 (rist. anastat. Napoli 1972). 53  Tra papirologia e archeologia cit., pp. 50-65. 54  Tra papirologia e archeologia cit., pp. 35-49. 55  « Pegaso » cit., p. 497.























































































































































































domenico comparetti (1835-1927) st’opera il Comparetti ebbe la lucidità e la fecondità dell’uomo di genio ». S. Timpanaro sottolinea 56 che « la sua filologia non era la cosiddetta “filologia formale”, praticata dai grandi inglesi del Settecento e poi in Germania da Gottfried Hermann e dalla sua scuola … A questioni di restauro testuale il Comparetti si appassionava solo quando aveva a che fare con testi appena scoperti (Iperide, papiri ercolanesi e più tardi iscrizioni greche e latine, testi medievali inediti). Era allora capace di intuizioni geniali … lo soccorrevano vastissime letture di autori e una conoscenza diretta del greco e del latino quasi come di lingue vive ». 57

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Tre sono gli àmbiti della ricerca papirologica 58 (i Papiri di Iperide, i Papiri Ercolanesi e i Papiri Fiorentini 59) che hanno impegnato Comparetti in diversi momenti dell’attività scientifica, fin dalla giovinezza, 60 pur non costituendone il polo esclusivo, ma anche la pubblicazione nel 1897, del papiro bacchilideo, a cura di Kenyon, attirò la sua attenzione, spingendolo a occuparsi, un anno dopo, 61 dei 6 componimenti successivi ai 14 epinici, che correttamente identificò come ditirambi. 62 La ragione di quest’interesse è giustamente individuata da Pugliese Carratelli nell’indole di Comparetti, 63 che fu anche « il primo filologo italiano

che, dopo l’unità, fece oggetto di studio i testi ercolanesi ». 64 Già Chiappelli 65 lodò le edizioni critiche di due orazioni iperidee, la cui validità si mantiene anche dopo quelle di Blass e Kenyon ; 66 Pasquali, pur ammettendo che non tutte le integrazioni di Comparetti si possono accogliere, sottolinea che Jensen, l’editore più recente di tutte le orazioni di Iperide, 67 « deve riconoscere che la spiegazione giuridica e storica dell’Euxenippea rimane ancora insuperata e, secondo ogni apparenza, definitiva. Là dove bisognava dall’orazione giudiziaria di un avvocato ateniese ricostruire un difficile caso giuridico, importante sia per la storia politica sia per il diritto pubblico e sacrale, l’ingegno del Comparetti, scevro di ogni sottigliezza dogmatica, eppure eminentemente giuridico, giuridico perché sobrio, preciso, concreto, colse subito nel segno » ; 68 per Treves, « le edizioni di Iperide, oltre a rivelare provetto il tecnico della papirologia, si conformano già al principio, dirimente e costante nel Comparetti, del ponere totum, l’integralità unitaria dell’esegesi ». 69 Poco dopo l’editio princeps dell’Epitafio di Iperide, pubblicata da Babington nel 1857, il giovane Comparetti, 70 « diplomato in farmacia, osò … leggere, spiegare, integrare un documento letterario lacunoso venuto allora alla luce, diversamente che i maggiori studiosi del tempo. Lo soccor-

56  Domenico Comparetti, in G. Grana (ed.), Letteratura italiana. I critici, vol. i, Milano 1969, p. 495. Il profilo di Comparetti, pp. 491-504, rimaneggiato, è apparso nel volume Aspetti e figure della cultura ottocentesca, Pisa 1980, pp. 349-370. 57  Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1062, definisce « singolarissimo per ottusità critica e adulazione accademica il giudizio di N. Festa », pubblicato in « RAL », s. vi, vol. iii (1927), p. 309. Scrive Festa : « La triade Comparetti-Piccolomini-Vitelli esercitò un fascino salutare sulla gioventù universitaria di Pisa, di Firenze, poi anche di Roma. Si fecero in pochi anni così rapidi progressi, che parve vicino e sicuro il costituirsi di una scuola italiana di filologia classica, con fisionomia propria, e adatta a occupare un posto ragguardevole nel mondo internazionale della scienza. Le belle promesse di quegli anni furono solo in parte mantenute. Tra le cause che tolsero efficacia all’opera dei tre grandi maestri alcune sono di carattere generale e note a tutti, come l’affievolirsi degli spiriti generosi che avevano fatto l’unità d’Italia, e la patria volevano grande in ogni campo ; come la propaganda socialista con la conseguente avversione a ogni attività disinteressata e materialmente improduttiva ». 58  « Come nella epigrafia greca, così nella papirologia il Comparetti tiene il primato » (Sogliano, « RAAN » cit., p. 25). 59  « L’interesse di Comparetti era principalmente rivolto ai papiri letterari ; pur tuttavia affrontò e assolse dignitosamente la pubblicazione delle lettere dell’archivio di Heroneinos (PFlor ii) » (D. Morelli-R. Pintaudi, Cinquant’anni di papirologia in Italia. Carteggi Breccia-Comparetti-NorsaVitelli, Napoli 1983, p. 20 n. 39). 60  « Alla prima pubblicazione del Comparetti dette occasione il ritrovamento in un papiro di un’orazione di Iperide … A Iperide il Comparetti mantenne fede … E come a Iperide, così anche, e molto più a lungo che a Iperide, egli tenne fede ai papiri, dai quali aveva preso le mosse la sua attività di studioso : da Iperide attraverso i tizzoni epicurei di Ercolano, il cui studio egli promosse con contributi personali, ma seppe anche organizzare …, fino al volume fiorentino di documenti greco-egizi, che apparve nel 1911 a distanza di 53 anni da quella prima pubblicazione di papiri » (Pasquali, « Aegyptus » cit., pp. 119 s. = Pagine stravaganti cit., p. 6). 61  Les dithyrambes de Bacchylide, in Mélanges Henri Weil, Paris 1898, pp. 25-38. 62  « Dans les six chants … il faut voir non pas un mélange de chants d’espèce et de nom différents, mais une série de chants ayant une dénomination commune, réunis dans le manuscrit avec la même unité que nous remarquons dans la série des épinikoi … Tous ces chants ont, dans leur contenu et dans leur composition, des traits communs si saillants et

si caractéristiques qu’on devrait être plutôt étonné si on ne les voyait pas groupés dans une seule classe … Ces caractères, pour nous si nouveaux et si étranges, communs à tous ces chants d’un seul genre, pourraient avoir leur illustration et nous paraître moins surprenants si les Anciens nous disaient le nom de ce genre. Et ils nous le disent, et ce qu’ils nous disent est de nature à nous satisfaire … Il y a une citation de Servius relative au poème ∆Hivqeoi kai; Qhçeuv~ (xvii) où [la] classe [de ce pièce] est nommée … On ne peut pas douter que la citation de Bacchylide ne se rapporte aux paroles que nous lisons tout au commencement du chant susmentionné … Il faut en conclure que le chant ∆Hivqeoi kai; Qhçeuv~ se trouvait, dans les anciennes éditions de Bacchylide, classé parmi les dithyrambes et, par conséquent, que les six chants dont nous occupons sont tous des dithyrambes … Grâce à ce papyrus, que l’Egypte nous a conservé et rendu, nous apprenons ce que nous étions bien loin de savoir, ce que c’est qu’un dithyrambe, du moins comme texte poétique. C’est là, sans contredit, ce qu’il y a de plus nouveau et de plus précieux dans cette belle découverte des poésies de Bacchylide » (pp. 27-29, 37 s.). 63  « Uno spirito così vivo e agile, straordinariamente ricco di curiosità scientifica, non poteva rimaner estraneo a quella promettente ricerca di papiri greci e latini che ebbe rapido sviluppo grazie all’intensificata esplorazione archeologica dell’Egitto e suscitò vasto interesse anche fuori della cerchia dei filologi, storici e giuristi » (Comparetti cit., p. 675). 64  Ivi, p. 674 (cf. Rostagni, Comparetti cit.). Sui suoi studi ercolanesi, F. Monterosso scrive (« Cultura e Scuola » 16, 1977, p. 86) che Comparetti non solo ha pubblicato un’edizione del PHerc 1018 che, « oltrepassando la dimensione strettamente specialistica della papirologia », è notevole anche per la storia della filosofia, ma anche, « in polemica contro Mommsen, contro l’ateismo di Jean-Marie Guyau (da un lato) e lo spiritualismo cattolicizzante di Augusto Conti (dall’altro) sviluppò una ammodernata esegesi dell’epicureismo nell’ambiente repubblicanonapoletano » del i secolo a.C. (il riferimento, evidentemente, è all’edizione del PHerc 1251 e all’articolo La morale di Epicuro, su cui vedi infra ; cf. Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1089, nota). 65  « RAL » cit., p. 367. 66  Cf. Sogliano, « RAAN » cit., p. 24. 67  C. Jensen, Hyperidis Orationes sex cum ceterarum fragmentis, Lipsiae 1917. 68  « Aegyptus » cit., p. 120 (= Pagine stravaganti cit., p. 6). 69  Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1056. 70  « Allora del tutto sconosciuto » (V. Bartoletti, La papirologia in Italia, « Atene e Roma » iv, 1954, p. 6).











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revano già allora conoscenza di lingua, informazione larga e sicura, inventività ». 71 Sono le Observationes in Hyperidis orationem funebrem, 72 cui seguì un intervento 73 su due passi « che hanno esercitato la pazienza di molti, senza che fin qui se ne sia raccolto gran frutto. Non essendo il testo di quest’Orazione diffuso gran fatto in Italia, espongo qui questi passi, e, unitamente alle congetture che finora si fecero, il mio particolar modo di vedere intorno ad essi ; sperando che se alcuno si trovi che abbia di meglio a proporre, non voglia punto esitare a farlo di pubblica ragione ». 74 Comparetti ricorda 75 che nello stesso Giornale 76 aveva dato notizia del ritrovamento dell’Epitafio, accennando « come il testo di quest’Orazione fosse, per grande sventura, scorretto assai più che l’altro delle tre Orazioni già scoperte e pubblicate del medesimo Oratore. Io stesso molto mi affaticai nell’emendarlo, ed il resultato de’ miei tentativi pubblicai nel Rheinisches Museum (xiii, 533) … Dopo di me molti critici si occuparono dello stesso soggetto e dai lavori di tutti riuniti si può ricavare un testo, nella massima parte assai buono. Ciò però non dico perché s’abbia a credere che non resti ancora molto di dubbioso o di mal supplito o emendato ». 77 Cinque anni più tardi, infine, apparve l’edizione, con Schiarimenti, dell’Epitafio, 78 che poteva tener conto dei numerosi lavori scritti nel frattempo. Nella Prefazione, Comparetti rileva che le Observationes non erano state pubblicate « così presto com’io avrei voluto », 79 ma « tre o quattro mesi dopo, quando già altre edizioni dell’orazione iperidea eransi pubblicate. In più luoghi i nuovi editori, senza sapere l’uno dell’altro e senza sapere del mio scritto, si trovarono d’accordo meco nelle emendazioni proposte e ritenute da loro nel testo. Non solo non mi dolse di non aver potuto essere citato da questi editori almeno là dove la mia opinione s’accordava con la loro, ma mi parve più bello ed utile per la ricerca del vero l’essere in più a proporre una stessa lezione senza sapere l’uno dell’altro ». 80 Per esempio, in col. i 34 81 Comparetti legge correttamente einoi, non einai (così Babington), e integra ejªkºeivnoi~ (gli editori successivi attribuiscono questa proposta a Sauppe) ; in col. iv 24, rispetto all’integrazione ajndrªivzesqaiº di Babington, propone a[ndra~, che, a differenza di Blass, Jensen non gli attribuisce ; in col. viii 22 s. nel papiro si legge touç⁄twn, che propone di integrare tou;~ ⁄ ªtw`nº (anche in questo caso Jensen non ricorda Comparetti nell’apparato critico). La prima orazione iperidea della quale Comparetti pubblicò un’edizione, con un Discorso critico e Schiarimenti, era stata, tuttavia, In difesa di Eussenippo, 82 nella cui Prefazione rileva 83 come in Italia mancasse un’edizione di

questa, come di tutte le altre orazioni di Iperide ; lo scopo che si prefigge è di colmare questa lacuna, soprattutto approfondendo il contenuto dell’orazione, dal momento che « dopo tanti che han trattato la critica del testo, difficile sarebbe stato dir qualche cosa di nuovo sotto questo aspetto ». 84 In diversi casi la soluzione di punti controversi proposta da Comparetti è felice. 85 Per esempio, in col. xxix 16 s. l’espressione th;n timh;n w|n ajpevdonto è interpretata « il prezzo per cui l’avevano dato in fitto », con un significato indubbiamente preferibile a « il prezzo per cui l’avevano venduto », oppure « il ricavato del raccolto venduto ». In col. xxxiii 8 si legge la parola ejrgasthvrion, da intendere con il significato generico di « officina », « fabbrica », senza pensare, per suggestione di un luogo della medesima orazione, a un’officina argentaria e, dunque, ritenere che Eussenippo possedesse miniere, come proponeva Schneidewin. La forma Diognivdh~ (col. xix 15) fu corretta da Cobet in Diogeneivdh~, ma Comparetti argomentatamente la difende, come difende, a ragione, oi[esqe (col. xxii 14), corretto in w/[eçqe da Cobet, Blass e Wilamowitz. Non tutte le proposte di Comparetti, però, si possono accogliere. Per esempio, la sua interpretazione, 86 che « il discorso iperideo sia stato il primo della difesa e che Iperide nella frase o{per oJ provtero~ ejmou` levgwn ei\pen (col. xxviii 19 s.) abbia voluto alludere all’oratore, il quale aveva parlato contro Polieutto nel processo precedente, relativo al decreto … non è, a ragione, accolta dai dotti ». 87 Quanto alla datazione dell’orazione, Comparetti, secondo D. Whitehead, 88 ha fissato « termini (330-324) [che sono] ancora la base per qualunque discussione moderna … sono stati accettati sia come validi in sé, sia, dai più, come non suscettibili di essere ulteriormente precisati ». 89 L’interesse di Comparetti per Iperide fu notevole, non limitandosi alle due orazioni delle quali pubblicò l’edizione. Infatti, come risulta dal Catalogo generale del Fondo Domenico Comparetti. Carteggio e Manoscritti, 90 curato da M. G. Macconi e A. Squilloni, 91 tra le 382 Carte che riguardano l’oratore, conservate nella scatola 17, spiccano quelle relative alle orazioni Contro Demostene 92 e Per Licofrone, 93 che suggeriscono l’ipotesi che lo studioso progettasse l’edizione anche di queste.

71  Pasquali, « Aegyptus » cit., p. 119 (= Pagine stravaganti cit., p. 6). Bartoletti, La papirologia cit., p. 6, rileva che proponeva « integrazioni di passi lacunosi e interpretazioni personali acutissime ». 72  « RhM » N. S. xiii (1858), pp. 533-545. 73  « Lo Spettatore italiano », i, nr. 40, 18 giugno 1859, pp. 430 s. 75  Ibid. 74  Ivi, p. 430. 76  « Lo Spettatore », iv, nr. 11, 14 marzo 1858, pp. 120 s. 77  Sui primi scritti di Comparetti v. T. Cirillo, Gli anni giovanili di Domenico Comparetti, in Domenico Comparetti (1835-1927) cit., pp. 8-17. 79  P. 18. 78  Pisa 1864. È riprodotto un facsimile del papiro. 81  Ed. Jensen. 80  Ibid. 82  Pisa 1861. Sono riprodotti facsimili del papiro. 83  Pp. 11 s. 84  Comparetti dichiara di essersi limitato, nella costituzione del testo,

a « scegliere tra le varie proposte fatte, dando poi ne’ schiarimenti la ragione della preferenza ». 85  Cf. V. De Falco, Iperide, Le orazioni In difesa di Eussenippo e Contro Atenogene, Napoli 1947. 86  Edizione cit., pp. 37-40. 87  De Falco, Iperide cit., p. 45 n. 2. 88  Hypereides, The Forensic Speeches, Oxford 2000. 89  Pp. 155 s. 90  Il Fondo è conservato nella Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze. 91  In Pintaudi, Domenico Comparetti e Girolamo Vitelli cit., pp. 11-92. 93  ii/FC/6, Cc. 614-647. 92  ii/FC/6, Cc. 368-423. 94  A cura di D. Morelli e R. Pintaudi, Napoli 1983. 95  P. 2.





























































































































3. Nella Premessa di Gigante al volume Cinquant’anni di papirologia in Italia. Carteggi Breccia-Comparetti-Norsa-Vitelli 94 si legge 95 : « [Non] può essere taciuto il ruolo del Comparetti  











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nella storia della interpretazione e della corretta visione dell’importanza dei papiri ercolanesi. Il contributo del Comparetti editore di testi e propulsore con Emidio Martini e Giulio De Petra della nozione storica della papirologia e della archeologia ercolanese, anche se spesso trascurato, è un in­dizio della visione totale della scienza papirologica che egli praticò e diffuse a Firenze ». Molti anni dopo lo stesso Gigante ha delineato il ruolo ricoperto dal grande filologo negli studi di papirologia ercolanese, 96 come editore dei PHerc 1018 97 e 1251, 98 entrambi inediti ; come autore di contributi rilevanti, quali la Relazione sui papiri ercolanesi letta all’Accademia dei Lincei il 17 febbraio 1878 99 e « il gran volume » La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca ; 100 come ideatore di una nuova Collezione di testi ercolanesi, la Collectio Tertia. 101 L’edizione del PHerc 1018, 102 che « inaugura la feconda e fervida stagione ercolanese di Domenico Comparetti 103 destinata a durare con varia intensità e diversa connotazione », 104 venne alla luce dopo una lunga preparazione (« I Carteggi Comparetti-Fiorelli-Barnabei rendono possibile ricostruire le fasi dell’edizione del PHerc. 1018 fin dalla sua ideazione e ci permettono di gettare uno sguardo nello scrittoio di Comparetti e di farci un’idea del suo metodo di lavoro » 105) ; frutto di una lettura diretta dell’originale, si giovò anche delle osservazioni e delle congetture di Bücheler. 106 I. Gallo, ripercorrendo le circostanze e le occasioni che portarono Comparetti a occuparsi dei Papiri Ercolanesi e, in particolare, del suo contributo alla conoscenza del PHerc 1018, 107 sottolinea 108 la validità della sua edizione, anche dopo le edizioni di Traversa 109 e Dorandi : 110 « pur superata sotto vari aspetti, rimane ancora oggi fondamentale e quindi da tener presente da parte degli studiosi della Syntaxis ton philosophon di Filodemo ». 111 Di alcune colonne, Comparetti non ha costituito un testo accettabile o non ha compreso il senso esatto (ma, per esempio, nella col. xxii ha colto il riferimento al comme-

diografo Batone, anche se il suo nome non c’è nella parte superstite del testo), anche se ha cercato di rendere leggibile il testo quanto più possibile, e in molti casi « la sua lettura può considerarsi sicura e definitiva ». L’edizione comparettiana del PHerc 1018, che « rimane ancora oggi come esempio insuperato di un impegno per quei tempi eccezionale nella pubblicazione dei papiri ercolanesi », 112 riscosse un notevole successo, « in quanto suscitatrice di nuove ipotesi e nuove esegesi ». 113 Con l’edizione del PHerc 1251 Comparetti « continua con consapevolezza storica e puntigliosa volontà la valorizzazione dei papiri ercolanesi quali testimoni di cultura ». 114 L’aver messo a disposizione della comunità scientifica un’interessante opera di etica epicurea, la cui parte finale è conservata in colonne purtroppo mancanti delle parti superiori e inferiori (non si leggono, come ho già detto, nemmeno nome dell’autore e titolo), attirando l’attenzione sul suo valore filosofico, 115 deve essere ascritto a merito di Comparetti. Dopo un’edizione provvisoria del papiro, 116 le cui bozze mandò a Vitelli, 117 ne pubblicò una migliorata, 118 frutto del controllo autoptico che gli aveva permesso di rilevare come il facsimile stampato nella Collectio Altera fosse « assai scorretto » ; in essa ribadì la sua tesi attribuzionistica a Epicuro, sostenendo che il « porre su di una medesima linea in una motivazione unica concernente l’ordine della trattazione l’opera presente e le Kuvriai Dovxai, dando l’intenzione dell’autore nell’una e nell’altra, non si spiega se non ponendo che questa e le Kuvriai Dovxai siano due opere dello stesso autore ». 119 Sul piano editoriale e dell’interpretazione l’opera di Comparetti è meritoria. Scrisse H. Usener : 120 « Reliquias libri moralis Epicurei D. Comparettius egregie meruit quod primus eis quoque qui lacera voluminum Herculanensium fragmenta adire non solent legendas proposuit. Quae profecto ad cognoscendas ethices Epicureae rationes tam utiles ac pretiosae sunt, ut ipse quoque eas quantum possem emendatas huic libro ad­ diturus fuerim, nisi interim secundis curis Comparettius

96  Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit. 97  Pp. 627-637. 98  Pp. 640-642. 99  Pp. 637-639. Fu pubblicata nelle « Memorie dell’Accademia dei Lincei », Cl. di Sc. morali, Serie iii, v (1880), pp. 3-37. 101  Pp. 645-654. 100  Pp. 642-645. 102  Papiro ercolanese inedito, « RFIC » 3 (1875), pp. 449-555. 103  « Il Comparetti aveva principiato con un papiro letterario ; torna a un papiro letterario di tutt’altro genere, e ben più difficile a leggersi, perché carbonizzato. Alla nuova fatica egli … fu spronato evidentemente da vergogna ; non poté reggere al pensiero che gl’illustratori della filosofia epicurea, della quale i papiri ritrovati, ahimè in quali condizioni ! in una villa di Ercolano conservano la tradizione più copiosa, fossero tutti stranieri, tedeschi i più. E dette per primo il buon esempio » (Pasquali, « Aegyptus » cit., pp. 128 s. = Pagine stravaganti cit., pp. 16 s.). 104  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 627. 105  Cerasuolo, Due protagonisti cit., p. 57. 106  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., pp. 630-634. 107  Domenico Comparetti e i papiri ercolanesi : l’Index Stoicorum Herculanensis, in Domenico Comparetti (1835-1927) cit., pp. 113-120. 108  Ivi, p. 118. 109  Index Storicorum Herculanensis, Genuae 1952. 110  Storia dei filosofi : La stoà da Zenone a Panezio (PHerc. 1018), Leiden 1994. 111  Gallo, Domenico Comparetti e i papiri ercolanesi cit., p. 119. 112  Ivi, p. 120. Secondo Gallo (ibid.), « non è piccolo merito, in un’epoca in cui per circa un cinquantennio nessun italiano si è cimentato

sui papiri di Ercolano, aver pubblicato un papiro reso difficile dalle condizioni in cui era ridotto con risultati nel complesso quasi soddisfacenti ». 113  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 637. 114  Ivi, p. 640. 115  È un accurato sommario delle linee fondamentali dell’ortodossia epicurea su questioni etiche, con elementi di novità accanto a quelli piú conservatori. 116  Frammenti inediti dell’etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese, « RFIC » 7 (1879), pp. 401-421. 117  In una lettera del 28 Gennaio 1879 ringrazia « moltissimo » Vitelli « dei suoi appunti e per l’accuratezza con cui ha riveduto questa prova », discutendo alcuni punti (la lettera è pubblicata con il numero xxvii da Pintaudi, Domenico Comparetti e Girolamo Vitelli cit., pp. 168 s.). 118  Frammenti dell’etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese, « Museo Italiano di Antichità Classica » 1 (1884), pp. 67-88. 119  P. 67. Comparetti fu seguito da Zeller, Sudhaus e Jensen (anche Gomperz, in una lettera segnalatami da Marcello Gi­gante, scritta a Comparetti il 10 Marzo 1879 per congratularsi in occasione della prima edizione del papiro, condivide l’opinione dello studioso italiano, che l’autore dell’opera è Epicuro) ; Usener, Bignone e Diano parlarono di uno scriptor incertus ; Crönert fu il primo che suggerì Filodemo come autore di quest’opera, inizialmente seguito da Philippson, il quale poi cambiò idea e ipotizzò come autore Ermarco ; Schmid dapprima non si pronunziò, poi ammise con molta circospezione che poteva trattarsi di Filodemo ; Gigante ha addotto diversi e importanti argomenti in favore della pater­nità filodemea. 120  Epicurea, Lipsiae 1887, p. xlvii.

































































































































































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easdem retractatas multoque emendatiores edidisset, qui etiam exemplum litographum accuratissimum adiciendum curavit. Igitur ne acta iterum a me agantur, mutato consilio nunc placet ea tantum recensere breviter quae aliter restituenda mihi videntur ». Per Pasquali, 121 « del pensiero di Epicuro e degli Epicurei … egli mostra padronanza già nella pubblicazione del ’79, e mostra … di essersi orientato nella terminologia filosofica degli Epicurei, di risentire il loro stile, sí da potere continuare in esso pensieri mozzati dalle condizioni del papiro » ; e anche W. Schmid, che pubblicò una nuova edizione del papiro con traduzione e commento in latino, 122 pur osservando 123 che Comparetti « non raro sententiis claris et perspicuis manum suam impressit corruptricem », riconosce che « non sine amore rem suscepit multaque recte invenit ». 124 È innegabile non solo che l’indagine di Comparetti è stata determinante relativamente ai sovrapposti, alcuni dei quali riconobbe e rimosse, ma anche, come ho potuto verificare, insieme con V. Tsouna-McKirahan, preparando un’edizione tradotta e commentata che abbiamo pubblicato quindici anni fa, 125 che diverse sue letture, congetture e interpretazioni si sono rivelate esatte o, comunque, preferibili a quelle di Schmid. Per esempio, in col. xxi 13 tracce di un r prima delle lettere mouç, intraviste già da Comparetti, permettono di accettare la sua splendida congettura ªo{rºmou~ rispetto al prosaico e forse anche troppo lungo ªqesºmouv~ di Schmid (kai; filosªoºfiva~ ªo{ºr≥mou~ oujdevpoªt∆º ajfivetaªiº). « La parte caduca del lavoro del Comparetti » 126 è la proposta di attribuzione a Epicuro : 127 per Comparetti, Filodemo non può essere l’autore del PHerc 1251 perché « il tono di tutto questo scritto evidentemente non è quello del discepolo o dell’adepto, che ripete, applica o sviluppa teorie non sue, ma quello del maestro che afferma ed insegna … In questi frammenti … non c’è una sola citazione, non mai un esempio di quella mendicità intellettuale che tanto distingue il piccolo Filodemo … [uno degli Epicurei] assai meno che secondari ». 128 Le ragioni principali che indussero Comparetti a ritenere che Epicuro avesse scritto l’opera conservata nel PHerc 1251 sono l’importanza filosofica del suo contenuto e lo stile. Tuttavia, la prima è scarsamente significativa, perché, agli occhi degli Epicurei e dei posteri, gli scritti fondamentali della Scuola non sono soltanto quelli del fondatore, ma anche le opere di Metrodoro, Polieno ed Ermarco ; quanto allo stile, esso piuttosto depone contro la paternità di Epicuro, dal momento che ricorrono diverse forme della koinhv, parole che non erano molto usate all’epoca di Epicuro ed ele­menti retorici che Epicuro evitava. Inoltre, sul piano filosofico, sebbene il testo non

contenga af­fermazioni incompatibili con la dottrina di Epicuro, viene messo l’accento e si insiste con ampiezza su opinioni sulle quali, almeno negli scritti superstiti, Epicuro sembra non soffermarsi molto ; d’altra parte, il rilievo dato al calcolo edonistico, la descrizione dei rapporti tra virtù e vita felice e le argo­mentazioni contro la superstizione differiscono dal modo in cui Epicuro ha trattato questi argo­ menti. In realtà, riguardo al problema della paternità di quest’opera non abbiamo alcuna argomen­tazione conclusiva, cioè che dimostri che certe affermazioni in essa contenute si leggono anche negli scritti sicuramente attribuibili a un autore e, nello stesso tempo, non si sarebbero potute trovare in scritti di altri autori ; possiamo soltanto tentare una soluzione che sia plausibile e, in questo senso, credo che l’autore del PHerc 1251 vada identificato in Filodemo, per motivi paleografici, 129 stilistici, 130 filosofici. 131 Quanto al titolo, alla fine del PHerc 1424, che conserva parti del libro ix De vitiis, dedicato all’economia, Filodemo menziona altre tre opere nelle quali discute le opinioni epicuree sulla gestione delle ricchezze, Peri; plouvtou, Peri; diaivth~ polutelou`~ te kai; lith`~ e Peri; aiJrevsewn kai; fugw`n : le colonne superstiti del PHerc 1251 possono ragionevolmente appartenere a quest’ultimo trattato. L’articolo La morale di Epicuro, 132 « di straordinario valore teoretico », 133 è « l’esito piú brillante dello studio del PHerc 1251 ». 134 Pubblicato « quasi per assicurare a una più vasta cerchia di lettori la conoscenza delle sue scoperte papirologiche ercolanesi in materia epicurea », 135 « è uno dei saggi piú felici dello scrittore Comparetti cui dà forza il dominio signorile della materia fondato sul nuovo testo ». 136 Dopo aver rilevato che, tra le quattro scuole post-socratiche (la platonica, l’aristotelica, la stoica e l’epicurea) « quelle che … ottennero più favore furono le due prime nell’ordine speculativo, e la terza, la stoica, nell’ordine pratico » e che a nessuna « toccò tanto [sfavore] quanto all’epicurea », 137 Comparetti scrive, tra l’altro, che « in tutti gli scritti etici di Epicuro oggi noti, ed anche in quello di cui abbiamo ritrovato i frammenti, Epicuro prende le mosse dai princìpi relativi a Dio, passando poi a quelli relativi alla morte … Tolti di mezzo i due termini estremi, Dio, anima, rimane il termine medio, natura ; è questo il campo in cui essenzialmente si circoscrive la filosofia di Epicuro, che ha una teoria fisica e una teoria morale, ma legate tanto strettamente da costituire una sola cosa. Non conosciamo altro luogo nei pochi scritti superstiti di Epicuro in cui ciò venga detto in modo cosí completo ed esplicito come in uno dei frammenti da noi trovati. Egli dice che tutto quanto concerne il fine, e tutto quanto concerne il proporzionamen-

121  « Aegyptus » cit., p. 129 (= Pagine stravaganti cit., p. 17). 123  P. 1. 122  Ethica Epicurea, Lipsiae 1939. 124  Ibid. 125  [Philodemus], [On Choices and Avoidances], La Scuola di Epicuro, Collezione di testi ercolanesi diretta da Marcello Gigante, vol. xv, Napoli 126  Gigante, Camparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 640. 1995. 127  Secondo Gigante, ivi, « ebbe un peso decisivo il pregiu­dizio antifilodemeo ». 128  « Museo Italiano di Antichità Classica » cit., pp. 68, 69. 129  La mano in cui è scritto il papiro è simile a quelle che hanno scritto altri papiri di Filodemo. 130  Ricorrono parole ed espressioni caratteristiche delle opere filodemee e lo iato è evitato il piú possibile.

131  Il testo conservato nel PHerc 1251 è coerente e, insieme, complementare con altre opere di Filodemo, in particolare Peri; qanavtou e Peri; oijkonomivaç. 132  « Rassegna settimanale » iii (1879), pp. 321-325. L’articolo è stato ristampato nei già citati volumi Poesia e pensiero del mondo antico, pp. 213225, e Lo studio dell’antichità classica cit., pp. 1089-1103. 133  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 640. 134  Ivi, p. 641. 135  Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1089, nota. 136  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 641. 137  Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1090.

















































































































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to degli atti a questo, … ed in generale tutta la dottrina dell’etica, deve desumersi dallo studio della natura e delle sue leggi (fusiologiva) … La teoria dell’eleggere e del fuggire è fondamentale nel sistema ed ha portata generale ; in essa Epicuro non tanto si occupa di determinare ciò che deve eleggersi e ciò che deve fuggirsi, quanto delle norme generali da seguirsi in questi atti, e di quelle condizioni di libertà e di razionalità completa in cui l’animo si deve trovare acciò non perturbato e senza pericolose allucinazioni possa ben intendere i giusti dettami e fini della natura e ad essi proporzionare il suo eleggere e il suo fuggire. Questa è la dottrina di cui si tratta appunto nei fram­menti da noi trovati ». 138 La Relazione sui papiri ercolanesi, letta all’Accademia dei Lincei, 139 è definita da Gigante 140 « un atto di umiltà e di amore alla papirologia ercolanese, espressione non solo di preoccupazione, ma anche di fiducia ». Comparetti giustamente criticò gli Accademici Ercolanesi che pubblicarono con eccessiva lentezza e in modo spesso poco felice i volumi della Collectio Prior, ma, secondo Gigante, fu eccessivamente severo nel criticare anche la Collectio Altera, il cui significato si può cogliere « nell’aver riproposto alla grande filologia specialmente tedesca i testi ercolanesi nella nuda incisione dei disegni senza le incrostazioni erudite e spesso infelici della Prima Serie ». 141 Per Comparetti, i difetti della Collectio Altera vanno attribuiti essenzialmente alla mancanza di un direttore scientifico dell’Officina dei Papiri, che « riveda l’opera dei disegnatori ed abbia … la direzione scientifica di tutti quei lavori e delle pubblicazioni a cui possono dar luogo ». 142 Dopo un bilancio di quanto di positivo è stato fatto, Comparetti illustra il contenuto della biblioteca, prima di esporre le sue idee su come dovrà

essere impostata una nuova Serie, attribuendo particolare importanza alla lettura diretta degli originali. 143 Comparetti ripubblicò la Relazione nel citato volume, scritto con De Petra, 144 La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca, 145 che « è la concreta realizzazione del modello boeckiano di filologia : alla papirologia e filologia si uniscono la biblioteconomia di Emidio Martini … e l’archeologia di Giulio De Petra … Le varie discipline sono solidali nell’unità del metodo e del rigore ». 146 Il volume, definito da Comparetti una raccolta di notizie utili e indispensabili per filologi e archeologi e completato dalla riproduzione della Pianta della Villa eseguita da Karl Weber e da una serie di Tavole che riproducono per la prima volta i bronzi e i marmi trovati nella Villa, è ancora oggi un punto di partenza della ricerca sulla Villa dei Papiri, sulla sua biblioteca e sulla sua decorazione scultorea, nonostante alcune interpretazioni comparettiane siano state ormai superate, soprattutto l’identificazione del proprietario della Villa nel celebre ritratto denominato Pseudo-Seneca e il tentativo di individuare la manus Philodemi. Vi è anche pubblicato il primo Catalogo dei Papiri Ercolanesi, curato da Martini. Nel saggio Ricerche sul proprietario della Villa, 147 Comparetti, con fondate motivazioni, attribuisce la Villa a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, « un’attribuzione accolta da G. Pasquali, G. Della Valle, H. Bloch, J. H. D’Arms anche se fu combattuta dal Mommsen, “il più gran villano dei tempi nostri” 148 » ; 149 e dimostra che la biblioteca apparteneva a Filodemo e che esiste un legame tra l’Epicureismo e la decorazione scultorea della Villa. 150 Complementare a questo saggio è La Bibliothèque de Philodème, 151 che ne costituisce « l’aggiornamento e la

138  Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., pp. 1095 s. Comparetti « insiste sul significato che Epicuro ha dato alla ‘fisica’ come scienza (teoria) a sé (fisiologia), sottolineando che la morale epicurea non è un ‘moralismo’, ma è un modo diverso di porsi in rapporto con gli altri, dovuto alla fisica come scienza a sé. In tal modo, nel presentare le varie interpretazioni di Epicuro, l’Epicuro del piacere e così via, filologicamente il Comparetti propone un Epicuro in dimensione storica, studiato sui frammenti e sui papiri. Scienza fisica per un verso ; per altro verso un modo d’intendere la morale, il ‘costume’ (mos) umano, dovuto all’uomo, restituendo l’uomo a se stesso, libero dalle paure dell’aldilà, di Dio, delle correnti politiche » (F. Adorno, Comparetti studioso dell’‘epicureismo’, in Domenico Comparetti (1835-1927) cit., p. 104). 139  « Una lucida, severa, fors’anche spietata, ma fondamentale ‘messa a punto’ » (Bartoletti, La papirologia cit., p. 6 ; cf. Sogliano, « RAAN » cit., p. 26). 140  Comparetti e i Papiri Ercolanesi, p. 638. Già E. Ferrero (« RFIC » ix, 1881, pp. 74-83), dopo averne sottolineato la « grande importanza non solamente per diffondere meglio in Italia e fuori conoscenze intorno allo stato attuale delle scritture papiracee ercolanesi, ma altresì per mostrare quanto intorno ad esse si è compiuto » (p. 80), ne rilevava « un ultimo pregio … nelle proposte … fatte per la continuazione dell’edizione dei papiri allo scopo di evitare i difetti [cioè, la pubblicazione di frammenti sostanzialmente inservibili e i molti errori presenti nei facsimili] contenuti nella seconda serie de’ volumi » (p. 81). Un altro merito di Comparetti è visto da Ferrero nella proposta di redigere un Catalogo dei papiri svolti e da svolgere, « con notizie intorno alla condizione di ciascuno e agli esperimenti già fatti sui non svolti » (p. 82). Infine Ferrero mette l’accento sulla speranza di Comparetti (e non soltanto sua) « che ulteriori scoperte in Ercolano possano forse darci altri di questi monumenti e più importanti dei rinvenuti » (ibid.). 141  Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 638. 142  La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca, Torino 1883 (rist. anastat. Napoli 1972), p. 82.

143  Sulle capacità di Comparetti di riorganizzare il lavoro nell’Officina dei Papiri Ercolanesi attira l’attenzione Sogliano, « RAAN » cit., p. 26 (« Il Comparetti, con l’appoggio del Fiorelli, richiamò quell’Officina a nuova vita, portandovi il nuovo indirizzo critico » ; vd. anche Chiappelli, « RAL » cit., pp. 361 s.). E Pasquali (« Aegyptus » cit., p. 129 = Pagine stravaganti cit., p. 17) rileva che « per amore dei papiri di Ercolano, cioè per orgoglio nazionale, egli fu anche organizzatore ; ottenne quasi subito che dei papiri si pubblicasse per lo meno un catalogo provvisorio, e più tardi … che l’officina intensificasse la sua attività e non si limitasse a disegnare per altri ». 144  L’archeologo pubblica una serie di documenti sugli scavi condotti nella Villa e un Catalogo dei monumenti. 145  Pp. 55-88. « Già in occasione del xviii centenario dell’eruzione del 79 egli e il De Petra avevano abbozzato le linee fondamentali della ricerca sulla biblioteca e sui monumenti nell’apposito volume Pompei e la regione sotterrata dal Vesuvio nell’anno lxxix (Napoli 1879) » (Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 642). 146  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 642 (cf. Cerasuolo, Domenico Comparetti (1835-1927) cit., p. xiv). 147  La Villa ercolanese dei Pisoni cit., pp. 1-32 (con un’Appendice sulle immagini del Pseudo-Seneca, pp. 35-53). 148  Ivi, p. 28. 149  Gigante, Comparetti e i Papiri ercolanesi cit., p. 644. Sulla polemica con Mommsen vedi S. Cerasuolo, Tra papirologia e archeologia cit., pp. 35-49 (= Domenico Comparetti (1835-1927) cit., pp. 153-171). 150  Sogliano rileva (« RAAN » cit., p. 26 ), oltre alla « mirabile dimostrazione dell’appartenenza di quella biblioteca al filoso epicureo Filodemo di Gadara », che « l’aver messo il De Petra in grado di pubblicare, nel modo più decoroso e più confacente alle esigenze della scienza, la faticosa ricostruzione di quel maraviglioso Museo di opere di arte di diverse scuole … è un segnalato servigio reso dal Comparetti alla scienza ». 151  In Mélanges Chatelain, Paris 1910, pp. 118-129.







































































































































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giovanni indelli

fine ». 152 Comparetti dedica questo lavoro a « observations qui ne seront pas inutiles pour les studieux de la paléographie des papyrus d’Herculanum dont la chronologie doit être recherchée dans une longue période d’au moins deux siècles et même, pour certains ouvrages, bien au delà du temps de Philodème … La paléographie de ces papyrus doit être étudiée sur les originaux et non pas sur les dessins seulement. Pour tous ceux qui ne sont pas à même d’avoir les originaux sous la main, des bonnes photographies pourront servir ». 153 In particolare, sono analizzate alcune mani di scrittura e qualche subscriptio e viene puntata l’attenzione sui nomi Poseidw`nax e Mavrko~ ∆Oktavouio~, che si leggono, scritti in grafia diversa da quelle che hanno vergato i rispettivi rotoli, verso la fine dei PHerc 1426 e 336/1150. Comparetti conclude questo lavoro annunziando che Bassi sta preparando « la publication d’une Collectio tertia de ces papyrus reproduits photographiquement, ainsi que d’un nouveau catalogue raisonné et descriptif des papyrus avec leur histoire, en complément de ce qui fut publié par moi et le Prof. Martini en 1883 » ; 154 come scrive Gigante, 155 « questi cenni lasciano intravedere il ruolo del Comparetti nella preparazione della nuova Collezione », un ruolo « rilevante e determinante », sottolineato già da Sogliano : 156 « Se la nostra Accademia, seguendo la tradizione dei suoi predecessori, gli Accademici ercolanesi, ha iniziato una collectio tertia, è bene ricordare che l’impulso all’intrapresa e la lode della buona riuscita ci venne dal Comparetti ». Dei papiri, che, secondo Comparetti, devono essere pubblicati, con l’esclusione di frammenti poco significativi, dopo una lettura diretta dell’originale e la revisione dei disegni, sarà data anche la riproduzione fotocollografica e sarà aggiunto un corredo « di tutte le risorse e delucidazioni critiche ». 157 A ragione il bilancio di Gigante sull’attività “ercolanese” di Comparetti è estremamente positivo (« Come la nomina di un filologo a direttore dell’Officina [dei Papiri Ercolanesi], l’aggregazione dell’Officina alla Biblioteca e gli esperimenti fotografici sui papiri ercolanesi, così la Collectio Tertia è dovuta all’ingegno e all’impegno del Comparetti »), anche se « il programma di lunga durata tracciato e immaginato dal Comparetti non ebbe séguito. Il Bassi fu direttore dell’Officina fino al 1927, l’anno della morte del Comparetti, ma non realizzò un altro tomo. 158 La ricerca del Comparetti prese altra via ». 159 È, in ogni caso, fuor di dubbio che « il Comparetti ha cooperato in modo decisivo a togliere dai margini i papiri ercolanesi,  























































152  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 643. 154  Ibid. 153  P. 129. 155  Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 646. 156  « RAAN » cit., p. 26. 157  La Villa ercolanese dei Pisoni cit., pp. 83 s. 158  Bassi aveva pubblicato nel 1914 il primo (e unico) volume della Herculanensium Voluminum quae supersunt Collectio Tertia, con le edizioni dei PHerc 1457 (Filodemo, L’adulazione) e 1050 (Filodemo, La morte iv). 159  Comparetti e i Papiri ercolanesi cit., p. 654. 160  Ivi, p. 655. 161  Milano 1911. Il primo (1906) e il terzo volume (1915) furono curati da Vitelli. 162  I papiri documentari e PFlor 108 provengono dall’Archivio di Eronino. 163  PFlor 106-111 conservano versi dai libri i, ii, iii, viii e xvi dell’Iliade (sul verso di PFlor 108 si leggono resti di una lettera di Sarapammon a Eronino) ; PFlor 112 conserva frammenti di un commentario a una  





a porli nell’unico processo storico della scienza papirologica e a situarli nella storia moderna dell’antichità classica ». 160  



4. Comparetti curò il secondo volume dei Papiri greco-egizii 161 (comunemente noti come Papiri Fiorentini, PFlor), intitolato Papiri letterari ed epistolari : 162 nel primo fascicolo (uscito nel 1908) sono compresi 12 papiri letterari (PFlor 106-117) ; 163 nel secondo (uscito nel 1910), 52 lettere di Alipio (PFlor 118-169), comprese quelle già edite in altre pubblicazioni papirologiche ; nel terzo (uscito nel 1911), 108 lettere appartenenti alla corrispondenza eroniniana (PFlor 170277), comprese quelle già edite in altre serie, e PFlor 278, che conserva 22 lettere mandate agli strateghi e alle massime autorità militari dei distretti del Delta e dell’Eptanomide da un comandante militare di stanza a Babylon (questo testo era stato pubblicato da Comparetti con il titolo Épistolaire d’un commandant de l’armée romaine en Égypte). 164 Le valutazioni espresse su questo volume hanno riguardato esclusivamente i papiri documentari, come è ovvio, dato il loro numero preponderante. Dei testi letterari, PFlor 113, che conserva due aneddoti, altrimenti sconosciuti, aventi per protagonisti Socrate e Antistene, dopo Comparetti è stato pubblicato da Gallo 165 e più recentemente da M. S. Funghi e F. Decleva Caizzi (le linee 17-26 della col. II) 166 e A. Guida (le linee 26-36 della col. II) : 167 Gallo 168 concorda con Comparetti, 169 che le crei`ai sono « certamente attinte a qualcuna di quelle raccolte di aneddoti siffatti, di cui largamente usarono retori e sofisti de’ tempi imperiali », ma corregge alcune sue letture e congetture, seguito da Funghi e Decleva Caizzi ; anche Guida respinge alcune proposte di Comparetti. PFlor 116, definito da Comparetti « Frammento retorico », è, in realtà, un resoconto di un processo, come ha mostrato Pintaudi : 170 lo strano vocabolo uJpovbaton, che Comparetti considerava appartenente alla terminologia retorica, pur non essendo altrimenti attestato, a una lettura attenta scompare e il testo, benché esiguo, si può intendere come parte della registrazione degli atti di un processo. Quanto a PFlor 114, che era stato già edito da Vitelli, con l’aiuto di Blass, 171 la sua pubblicazione fu la causa scatenante della rottura definitiva tra Comparetti e Vitelli : 172 l’edizione comparettiana costituisce certamente un progresso rispetto a quella di Vitelli, della qua 













































commedia perduta di Aristofane ; PFlor 113 e PFlor 115 sono definiti da Comparetti rispettivamente « Opera filosofica » e « Frammento filosofico » ; PFlor 114 contiene resti di un poema panegirico ; PFlor 116 è intitolato « Frammento retorico » ; PFlor 117 è un frammento medico. 164  In Mélanges Nicole, Genève 1905, pp. 57-83. 165  Frammenti biografici da papiri, ii, Roma 1980, pp. 227-235. 166  Corpus dei Papiri Filosofici greci e latini, Parte i, Vol. 1****, Firenze 1999, pp. 718-720. 167  Corpus dei Papiri Filosofici greci e latini, Parte i, Vol. 1*, Firenze 1989, 168  Frammenti biografici cit., p. 228. pp. 238-240. 169  Papiri greco-egizii cit., p. 20. 170  « ZPE » 32 (1978), pp. 241 s. 171  « Atene e Roma » 6 (1903), pp. 149-158. 172  Le tappe di un dissidio dempre più profondo, che portò all’« irreparabile », sono ricostruite da Pintaudi, Domenico Comparetti e Girolamo Vitelli cit., pp. 30-39.  































domenico comparetti (1835-1927)

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le Comparetti rileva 173 « i tanto numerosi errori e le tante deficienze di lettura » (a Vitelli viene rimproverato « di non aver capito la realtà codicologica del bifoglio papiraceo, di aver letto poco e male e, infine, di non aver identificato il contenuto per quello che era, vale a dire, un Poema panegirico ») ; 174 ma anche l’edizione di Comparetti non è esente da difetti, e nella replica, che non si fece attendere, Vitelli sottolinea 175 che l’identificazione del testo da parte di Comparetti (« è un carme laudatorio, encomiastico ») è stata facilitata molto dall’edizione, di poco anteriore, di tre analoghi poemi panegirici di età tarda, e che molte integrazioni e ricostruzioni di Comparetti sono inaccettabili, perché violano le leggi metriche. 176 Sul secondo volume dei Papiri greco-egizii i giudizi sono stati per lo più negativi e, a partire da Pasquali, non lo si è ritenuto tra i lavori migliori di Comparetti. Scrive Pasquali : 177 « Non si può portare giudizio altrettanto favorevole sul volume dei Papiri Fiorentini, finito di pubblicare nel ’911. A lavori editoriali di tal genere non sono pari gli occhi di molti giovani, nonché quelli di un tal vegliardo. ma le ragioni della deficienza non sono soltanto fisiologiche … quel volume è composto per buona parte di lettere private, scritte da persone non letteratissime nel linguaggio di tutti i giorni intorno a tutto ciò che ha connessione con un’azienda agraria. Questa koinhv al tempo della giovinezza e della virilità del Comparetti era ancora ignota ; e la disciplina delle istituzioni pubbliche e private dell’Egitto tolemaico e romano, quali a noi le rivelano i papiri, è conquista, si può dire, degli ultimi venticinqu’anni. Di questa lingua e di quella scienza il Comparetti non riuscì più a impadronirsi ». E Pugliese Carratelli, dopo aver notato che questo volume non è annoverato tra le opere migliori di Comparetti, osserva : 178 « I suoi difetti sono stati attribuiti a stanchezza del visus dell’ormai anziano studioso e ad inadeguata cognizione della “lingua comune” e delle istituzioni pubbliche e private dell’Egitto tolemaico e romano, divenute l’una e le altre meglio note proprio grazie alle indagini sui documenti forniti in misura crescente dai papiri d’Egitto. Ma, come è stato riconosciuto dai critici più acuti, e dal Pasquali in primis, il genio del C. era animato da altri problemi, propriamente storici … Lo studio dei papiri documentari non ha rappresentato per lui che una parentesi : appagamento della naturale curiosità di un grande studioso della civiltà antica per testimonianze della vita privata e del diritto quali si incontrano raramente negli scrittori antichi ». In realtà, il giudizio di Pasquali, che tanto ha pesato anche successivamente, è stato forse dettato dall’« opinione

consolidata, che era andata formandosi nell’ambiente papirologico fiorentino attorno al volume del Comparetti » ed è « quanto meno superficiale e sostanzialmente ingiusto ». 179 Se è vero che non mancano errori nella lettura di cifre, nomi di persone e di località, simboli e abbreviazioni e che la parte più debole del lavoro è l’identificazione, la funzione e i rapporti dei personaggi protagonisti delle lettere (costituiva un problema comune a tutti gli studiosi dell’epoca confrontarsi con un linguaggio tecnico e burocratico assolutamente nuovo usato nelle lettere che in numero sempre crescente venivano alla luce), non si può affermare che le lettere siano decontestualizzate, dal momento che ognuna di loro è ampiamente introdotta ; il volume, inoltre, presenta due caratteristiche di modernità che non possono essere ignorate : il testo greco è accompagnato dalla traduzione e di molti papiri è data anche una riproduzione fotografica. Soltanto collocando « nel contesto storico il formarsi del vol. ii dei Papiri Fiorentini » e giudicando « l’edizione dei testi alla luce di quelle che erano le conoscenze papirologiche dell’epoca » si rende giustizia al lavoro del Comparetti, tenuto anche conto « delle reali possibilità offerte dalla documentazione papirologica allora disponibile » : 180 questo volume non è di livello inferiore, « per qualità di lettura e per estensione di commento », rispetto ai primi tre volumi dei Greek Papyri in the British Museum e ai primi quattro delle Berliner Griechische Urkunden, privi di introduzione e commento, « ed ambisce, invece, a confrontarsi ed a mettersi alla pari … con le esemplari edizioni di Bernard Grenfell e Arthur Hunt apparse in Fayûm Towns and their Papyri e nei volumi dei The Oxyrhynchus Papyri ». Anche la dedica a Giacomo Lumbroso, 181 con il richiamo ad Amedeo Peyron, 182 posta da Comparetti a conclusione della prefazione al volume, è significativa, perché sembra esprimere « la consapevolezza di aver compiuto un lavoro degno del dedicatario, la orgogliosa vanità di inserirsi nella tradizione papirologica nazionale, il bilancio di una vita di ricerca apertasi e conclusasi nel segno dei papiri greci ». 183 Comparetti ha studiato anche un altro papiro della collezione fiorentina, 184 di contenuto filosofico, che non ripubblicò nel volume ii di PFlor. 185 In questo pezzo di papiro, secondo lo studioso, « abbiamo gli scarsi residui di uno scritto filosofico, propriamente di argomento etico, nel quale si parlava di filanqrwpiva nei suoi rapporti colla sumpavqeia, coi pavqh in generale e particolarmente con quello dell’e[rw~. Può darsi che l’opera fosse un trattato speciale peri; filanqrwpiva~, ma è anche possibile che fosse di argomento più generico, come peri; paqw`n o peri; ajretw`n

173  Papiri greco-egizii cit., p. 27. 174  G. Messeri Savorelli, Comparetti e il volume ii dei « Papiri Fiorentini », in Domenico Comparetti (1835-1927) cit., p. 204. 175  « SIFC » 16 (1908), pp. 452-468. 176  Come rileva E. Degani, Italia. La filologia greca nel secolo xx, in Atti del Congresso Internazionale La filologia greca e latina nel secolo xx, vol. ii, Roma 1989, p. 1083, « si avverte in [alcuni] lavori la mano dell’autodidatta, capace magari di geniali intuizioni ma in fondo carente di disciplina e rigore metodico. Problemi critico-testuali e di tradizione manoscritta, peculiarità linguistiche, metriche e stilistiche erano fondamentalmente estranee al Comparetti, che per tali “pedanterie” nutrì sempre una viva insofferenza ». 177  « Aegyptus » cit., p. 136 (= Pagine stravaganti cit., pp. 24 s.).

178  Comparetti cit., pp. 675 s. 179  Messeri Savorelli, Comparetti cit., p. 202. 180  Ivi, pp. 212 s. 181  Autore delle Recherches sur l’économie politique de Égypte sous les Lagides, Turin 1870. 182  Pubblicò l’edizione commentata dei papiri documentari tolemaici conservati nel Museo Egizio di Torino (Papyri Graeci Regii Taurinensis Musei Aegyptii, Torino 1826-1827). 183  Messeri Savorelli, Comparetti cit., p. 213. 184  Appartenente all’Archivio di Eronino, è siglato PFlor 120r. 185  Frammento filosofico, da un papiro greco-egizio, in Festschrift Gomperz, Wien 1902, pp. 80-89.

















































































































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giovanni indelli

o altro simile ». 186 Poiché « in principio di quel che rimane l’autore dileggia gli Stoici, 187 i quali, in riguardo senza dubbio della loro ajpavqeia, trovavan duro e arduo quel sumpavçcein che pare sia imposto dalla filanqrwpiva in quanto questa include la misericordia, la compassione e la soccorrevolezza », 188 Comparetti ritiene che l’autore certamente non è uno Stoico ed è « posteriore ai maggiori scolarchi di quella setta ch’ei tratta come la trattavan Cicerone e Plutarco ». 189 La riedizione di M. S. Funghi, 190 dopo quella di D. Fausti, 191 ha modificato e migliorato il non facile testo, 192 pur non risolvendo completamente i problemi che pone : la nuova lettura di Funghi mette in discussione alcuni punti dell’interpretazione del primo editore, a partire dalla l. 1 della col. i, dove cade « l’attacco diretto dell’autore alla scuola stoica espresso, secondo la lettura interpretativa del Comparetti, dalla frase hJ Stoa; lhrei` » 193 dal momento che dopo çtoal le tracce non sembrano adattarsi a quanto letto da Comparetti. Riprendendo l’ipotesi di Rostagni (il frammento è di un Peripatetico e illustra il concetto morale ed estetico di Aristotele), Funghi si chiede 194 « se l’obiettivo dell’autore non sia piuttosto il pavqo~ suscitato all’interno del levgein ».  





5.































Definito da Arnaldo Momigliano « il più grande filologo e storico che l’Italia abbia mai avuto, dopo il Rinascimento, con la possibile eccezione di G. B. Vico », 195 Comparetti, « grecista e latinista, epigrafista e papirologo e folklorista, tra i filologi nostri e stranieri quello di più larghi interessi e di più estese ricerche », 196 « fu testimone ed attore d’un secolo di storia italiana, d’un secolo di cultura europea. Fondò tra noi non pur la storia della cultura quale genere storiografico, ma discipline tecniche, solo sparsamente o provincialmente fin allora coltivate nella Penisola ». 197 Domenico Comparetti « ha contribuito a coltivare l’interazione della scienza papirologica con le altre discipline, specialmente con l’epigrafia e la paleografia e, soprattutto, a concepire il papirologo come ermeneuta, storico e filologo, come lettore di un testo a più dimensioni, e a unire la tradizione papiracea alla tradizione dei codici … antivedeva che il secolo xx sarebbe stato il secolo della papirologia ». 198  



































Università degli Studi Federico ii , Napoli



186  P. 84. 187  Alla l. 1 della col. I legge Stoalhrei`. 189  P. 86. 188  P. 84. 190  « APapyrol » 8-9 (1996-1997), pp. 23-39. 191  « AFLS » 6 (1996), pp. 213-219. 192  R. Pintaudi, « APapyrol » 14-15 (2002-2003), pp. 257-260, ha pubblicato « una minuta dattiloscritta di una lettera che V. Bartoletti indirizzava ad E. Garin il 30 aprile del 1964, con la richiesta di un suo parere proprio sul P.Flor. ii 120 recto che intendeva includere nel volume xv dei PSI sotto il numero 1489 » (p. 257). Ha, inoltre, riprodotto le copie, manoscritta e





dattiloscritta, del testo del papiro, con integrazioni e nuove proposte di lettura. 193  Funghi, « APapyrol » cit., p. 36. 195  Tra storia e storicismo, Pisa 1985, p. 246. 194  P. 32. 196  Pasquali, « Aegyptus » cit., p. 136 (= Pagine stravaganti cit., p. 25). Pistelli, Domenico Comparetti cit., p. 208, sottolinea che « non c’è lavoro suo che sia stato inutile alla scienza dell’antichità ». 197  Treves, Lo studio dell’antichità classica cit., p. 1051 198  Gigante, Comparetti e i Papiri Ercolanesi cit., p. 655.  











HAROLD IDRIS BELL (1879-1967)

Pasquale Massimo Pinto

H

arold Idris Bell [Pl. v] is a central figure in the history of papyrology in the first half of the twentieth century. His work, which often focused on texts difficult to decipher and interpret and dating from periods and places of which little was known, has contributed greatly to our knowledge of the political, social and religious history of Graeco-Roman, Byzantine and early Arab Egypt. His editions are rigorous and accurate, and the approaches and findings of much of his research have largely remained valid despite their often pioneering nature. Bell’s work as an organizer, coordinator and disseminator, an activity to which he dedicated much of his time, has also assured him of a prominent place in the history of the discipline. Bell was born in Epworth, Lincolnshire, on 2 October 1879, to Charles Christopher Bell, a pharmacist with a great interest in literature, and Rachel Hughes. After attending grammar school in Nottingham, he received a scholarship to study at Oriel College Oxford, where he graduated in Literae humaniores (receiving a first in Classical Moderations in 1899, and a second in the Greats in 1901). Immediately after graduating, Bell spent a year in Germany both to improve his knowledge of German and to study Hellenistic history. He spent several weeks in Hanover, followed by a semester in Berlin and another in Halle. At the German universities he had the opportunity to attend lessons by some of the great scholars of the period, including Friedrich Blass, Eduard Meyer and Ulrich von Wilamowitz Moellendorff. Bell’s memory of the latter in particular, was to stay with him throughout his life (“Wilamowitzian” elements are also clearly recognizable in his work). In 1930 Bell made a trip to Weimar Berlin where he had a further opportunity to hear the now eighty-two year old Wilamowitz speaking at a conference. When, more than fifty years after his first stay in Germany, Bell recalled this visit, he wrote : « Yet the sight of him brought vividly back to me the memory of his lectures on the Age of Pericles to which, with hundreds of other students, I had listened spell-bound in the winter semester of 1901-2. I have always thought him the greatest orator I ever heard, and I have never forgotten, indeed shall never forget while my memory of anything lasts, the eloquence which, when he spoke about the death of Pericles or the fall of Athens, reduced many of his audience to tears » (The President’s Address : A Specialist’s Apologia, « Proceedings of the Classical Association » 53, 1956, pp. 11-24 : 12). On his return, in June 1903, Bell began working as an assistant in the Department of Manuscripts at the British Museum, the London institution which would be the centre of his working life for the next forty years. There he met Frederic George Kenyon (1863-1952), at that time the department’s senior assistant, and this acquaintance proved decisive in leading Bell to “convert” to papyrology. Kenyon chose  













Pl. v. Harold Idris Bell (1879-1967).

Bell to assist him with his work on papyri, owing to the latter’s education and training in classical studies, and taught him the treatment, deciphering and editing techniques for texts written on papyrus. Bell would later acknowledge his debt to Kenyon in his moving tribute published after the older man’s death (« PBA » 38, 1952, pp. 269-294). Bell’s first papyrological works were dedicated to literary texts, an area of research which would prove to be a minority area for him. Most important among these was the publication of an almost complete roll of papyrus dating from the 1st/2nd century A.D., PLondLit 131, containing Isocrates’ speech De pace, one of the best conserved ancient manuscript of this author (« The Journal of Philology » 30, issue 59, 1906, pp. 1-83, cf. MP3 1272 ; LDAB 2470). This was followed by the publication of a fragment of a papyrus codex from the 4th century featuring verses from Aratus’ Phaenomena (PLondLit 34, « CQ » 1, 1907, pp. 1-3, cf. MP3 115 ; LDAB 313). In just a few years Bell had also become remarkably competent in the field of documentary papyri. 1907 saw the publication of Volume iii of the catalogue of Greek Papyri in the British Museum, containing  















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pasquale massimo pinto

Greek documents from the Ptolemaic to the Byzantine age, with Bell editing alongside Kenyon. In the meantime he had begun to take an interest in a series of documents bought by the British Museum in 1903. These were papyri dating from the beginning of the Arab domination ; they came from Aphrodito, a village in central Egypt, famous for the archive and books of Dioscorus. After an initial study (« JHS » 28, 1908, pp. 97-120), Bell collected these documents in Volume iv of the catalogue of Greek Papyri in the British Museum (1910), in which he now featured as the sole editor (although the Coptic documents were overseen by W. E. Crum). Many reviews would comment on the importance of the publication (E. J. Goodspeed, « CPh » 6, 1911, pp. 511-512 ; J. Maspero, « REG » 25, 1912, pp. 215-223 ; U. Wilcken, « APF » 5, 1913, pp. 451-452). Bell later published an English translation of those documents in the journal « Der Islam » at the request of the editor, the oriental scholar Carl Heinrich Becker. Up until the First World War, Bell’s work would be dominated by the study of the contents and formal and historical aspects of Byzantine documentary papyri (he published further documents dating from the Byzantine age in the 5th volume of the catalogue of the British Museum in 1917, and outlined these again in a more general context in The Byzantine Servile State in Egypt, « JEA » 4, 1917, pp. 86-106). From 1914, Bell also began to publish a detailed bibliography dedicated to papyri from Graeco-Roman Egypt in « The Journal of Egyptian Archaeology ». Up until the 1930s, Bell’s Bibliographies were an indispensable tool for papyrologists and scholars of the ancient world, and are testimony to both the breadth of his work and his balanced judgement. From November 1915, during the First World War, Bell accompanied his work at the museum (he was now down to mornings only) with his duties at the War Office Intelligence Department (M.I. 7D). Here he had the job of dealing with the foreign press, a role which he had been given on account of his expertise in the study of documents and also because of his knowledge of foreign languages. Colin Henderson Roberts recalled : « He acquired a gift that proved useful to him later of composing at great speed in a clear hand memoranda that rarely needed any correction, let alone redrafting. He became a section head with a staff of twenty working to him, of whom eleven were directly under his control. It is on record that in the view of the staff he was the only one of the heads “who treated us like human beings”. He was particularly concerned with the analysis of the German Press, especially from the economic and social standpoints » (« PBA » 53, 1967, pp. 411-412). In the period following the war, Bell began to focus on the society and culture of Graeco-Roman Egypt. In this field he produced innovative work and studies which show his ability to demonstrate the importance of papyri in the study of the ancient world (we may consider for example The Historical Value of Greek Papyri and Hellenic Culture in Egypt, « JEA » 6, 1920, pp. 235-246 and 8, 1922, pp. 139-155). These years also saw his first collaboration on the Oxyrhynchus Papyri, with Volume xvi (1924) being dedicated entirely to documentary papyri. Bell appeared here as co-editor together with Grenfell and Hunt (it should also be noted that his contribution proved to be particularly im 















































portant in a period in which Grenfell’s health was in serious decline). Furthermore, by 1922 Bell had become a member of the committee of the Egypt Exploration Society, a position which he was to hold until 1959. 1924 saw the publication of Jews and Christians in Egypt, a collection of Christian letters dating from the age of the Melitian schism (the beginning of the 4th century A.D.), which had only recently been bought by the British Museum. Also published in this volume was a copy of the letter by the Emperor Claudius addressed to the people of Alexandria in 41 A.D. (PLond vi 1912 = CPapJud ii 153). This shed new light on the problem of anti-Semitism in the ancient world, a subject which would continue to be of great interest to Bell. Bell’s edition and interpretation of this important document have remained largely unaltered and unchallenged (see the appreciation of Gaetano De Sanctis, among others, in « RFIC » n.s. 2, 1924, p. 473). At the invitation of his friend Wilhelm Schubart, Bell returned to the same question in Juden und Griechen im römischen Alexandreia (Leipzig 1926) ; and again in Anti-Semitism in Alexandria (« JRS » 31, 1941, pp. 1-18). In the autumn of 1926, Bell made his only trip to Egypt. After visiting Florence, where he met Girolamo Vitelli and Medea Norsa for the first time, he boarded a ship in Naples. During the trip, Bell visited numerous sites and carried out his task of purchasing from Egyptian antiquarians new papyri for the so-called “Papyrus Syndicate”, the organization which comprised the British Museum, a number of American universities and the universities of Geneva and Oslo. Thanks to his extensive experience and expertise, these international institutions had also entrusted Bell with the role of making an inventory of and distributing acquisitions (a role he performed with such skill and fairness that no problems ever arose among participants). It was only after the Second World War that Bell published a report on his trip to Egypt in Welsh (Trwy Diroedd y Dwyrain, i-ii, Llandysul 1946), while the English version remained unpublished. After his promotion to Deputy Keeper in 1927, Bell became Keeper of Manuscripts and Egerton Librarian of the British Museum in 1929, succeeding Julius Parnell Gilson. In the following years, despite the massive increase in institutional duties (it was in 1933 that the British Museum bought the Codex Sinaiticus from the USSR thanks to public donations), Bell continued to bring important new documents into the public domain and to produce studies on Roman and Byzantine Egypt. In 1935, together with Theodore Cressy Skeat, he published fragments of a papyrus codex containing parts of an apocryphal Gospel dating from the 2nd/3rd century A.D. : the oldest known Christian manuscript at that time (Egerton Pap 2 = LDAB 4736 ; Van Haelst 586 ; its discovery caused much interest in the press, cf. « The Times » 23.1.1935, pp. 13 and 16). Bell’s scientific research was at the same time also accompanied by his work popularizing the discipline, including radio broadcasts (between January 1934 and February 1937 he held various talks on Codex Sinaiticus, Biblical manuscripts and on the new Gospel on the BBC). In 1934 and 1936 he also contributed two essays to Volumes x and xi of the Cambridge Ancient History dedicated to the history of Roman Egypt between  



















harold idris bell (1879-1967) Augustus and Commodus. Particular attention was given to the administrative and economic aspects of this period, which his expertise in documentary papyri allowed him to shed great light upon. In 1936 Oxford University appointed Bell Honorary Reader in Papyrology, a teaching position which, after the death of Hunt in 1934, the British University with the longest tradition of papyrological studies needed to fill. This was a post which Bell held until 1950 : he trained new papyrologists and was an important influence on many young scholars (cf. H. Last, « JEA » 40, 1954, p. 68). By the beginning of the 1930s, Bell was now also a leading figure on the international scientific scene. Karl Preisendanz’s glowing opinion of Bell published in his review of contemporary papyrology is evidence of this : « er ist schließlich der fruchtbarste Papyrolog Englands geworden, der nicht allein die Technik des Entzifferns restlos beherrscht, sondern auch die inhaltlichen Ergebnisse der Papyri kulturhistorisch und geschichtlich ausgezeichnet zu verwerten versteht » (Papyrusfunde und Papyrusforschung, p. 155). The phase in which Bell was at his scientific peak was followed by the difficult period of the Second World War. During these years many of the British Museum’s collections were moved to safer storage places located around Great Britain, and the time that Bell was able to spend at the museum was reduced considerably. The war also made correspondence between him and scholars from other countries more difficult to maintain, and in some cases led to the severing of relationships and the breaking up of the fabric of scientific communication and collaboration which had always been at the heart of much of Bell’s work. Despite these difficulties, it was a time of intense and fruitful research, even if most of the results from the studies in this period were only published after the war. Bell’s retirement in July 1944 and move to Aberystwyth in October 1946 signalled neither the end of his studies, nor of his various working commitments. On the contrary, Bell embarked on an intense period of work as a lecturer and disseminator. In some ways, he contributed to post-war reconstruction. In 1946 – the year in which he received a knighthood for his services to culture – he became president of the British Academy, a position which he held until 1950. His correspondence shows the efforts he made to resume contact with other European scholars and to rebuild the study of papyrology after the traumatic interruption of the war. It was no coincidence that Bell was elected the first chairman of the Association Internationale de Papyrologues, an organization which was founded at the reunion of papyrologists from Allied and neutral nations held in Brussels in August 1947, a position which he held until 1955. Among Bell’s papyrological publications of this later period, most worthy of note are Volume xix of the Oxyrhynchus Papyri and the publication (with Roberts) of the first volume of the Merton papyri, both appearing in 1948 but containing material which had been ready for publication before the outbreak of the war. The same year also saw the publication of Egypt from Alexander the Great to the Arab Conquest. A Study in the Diffusion and Decay of Hellenism, a series of lectures held at University  











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College Wales, Aberystwyth in 1946, dedicated to Wilhelm Schubart « in treuer Freundschaft », which provide a complete outline of the history of ancient Egypt. This book was the nearest thing to a manual of papyrology that Bell ever wrote (a manual which he himself had planned but never produced). Cults and Creeds in Graeco-Roman Egypt, another collection of lectures (the Forwood Lectures held at the University of Liverpool in 1952), appeared in 1953 and contains an original reconstruction of the religious history of Egypt, focusing in particular on aspects of popular devotion. Bell made his last important contribution to the edition of ancient texts with the publication of the documents of the archive of Abinnaeus, a 4th century Roman officer commanding a garrison at Dionysias (Oxford 1962, with V. Martin, E. G. Turner and D. van Berchem). This was Bell’s contribution to an international project which had actually been started several years before. In the years leading up to and during the war, Bell saw the international community of scholars to which he belonged hit by deprivation, persecution and death. The letters which he received immediately after the end of the war (now held in the British Library along with his other papers) record the wrecked lives of many colleagues and friends. The post-war years were therefore a disturbing period of profound reflection on the moral causes which had led to the Second World War and the Cold War. These reflections brought Bell, who had always been agnostic, closer to the Christian church in the final years of his life. In the preface to a collection of conferences published in 1954, he traced his own spiritual evolution : « In its original form this lecture [The Crisis of our Time, a conference held in Bristol in January 1949] marked an important stage in the progress of my own thought from agnosticism to a reacceptance of the Christian faith. It was the fruit of long and troubled reflection on world affairs between about 1940 and the beginning of the “Cold War”. These affairs, and indeed the whole sequence of events since the outbreak of the first World War, had destroyed my trust in the secular humanism, so popular in the opening years of the century, which, after my loss of religious belief, had perforce served me as a substitute. The over confident optimism of the Victorian age, which assumed that progress was automatic, that human nature is perfectible on a purely human basis and original sin an exploded dogma, and that education, a widening liberty, and an adequate measure of social justice would of themselves produce an ideal society, could no longer be accepted in face of what was happening in Europe ; and I felt myself compelled to enquire into the causes of such a débâcle, and to examine the bases of the ruling assumptions » (The Crisis of our Times and other Papers, Llandebie 1954, p. 7). Another important aspect of Bell’s scholarly profile is his commitment to the study of Welsh literature, to which he dedicated much time in later years. This was an interest which had been passed down to him by his mother’s family (his mother’s father was Welsh), and which had also been one of his father’s literary interests. Indeed, Bell also collaborated with his father on some publications. Bell had begun to study Welsh at the age of twenty-six, and had always dedicated part of his time to the study of Welsh  











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pasquale massimo pinto

manuscripts, even during the period in which he worked at the British Museum. His aim was to help popularize Welsh literature, and Welsh poetry in particular, outside of Wales itself. It was for this reason that he dedicated so much time and effort to translating Welsh texts into English (one of the authors translated by Bell was Dafydd ap Gwilym, the most important Welsh poet of the mediaeval period). It was for his much appreciated translations and work as a promoter and disseminator of Welsh culture that he received a medal from the Honourable Society of Cymmrodorion in 1946. Bell proved to be a skilful translator, aware of the delicate nature of the work and revealing a sensitivity to literary aspects which does not emerge in his work on ancient texts. At the same time, his work was accompanied by a theoretical concern regarding the art of translation and was tied to his lifetime’s work interpreting Greek and Latin manuscripts (see The Problem of Translation, in Literature and Life. Addresses to the English Association, by Sir. H. Idris Bell and others, London 1948, pp. 10-28). In the final years of his life these cultural interests also led Bell, who had been a lifelong socialist, to lend his support to the Welsh Nationalist cause. Bell died in Aberystwyth on 22 January 1967, just a week after the death of his wife, Mabel Winifred Ayling, who he had married in 1911 and with whom he had three children. He left the scholarly world a legacy of skilful teaching and technical mastery. Despite the highly technical nature of his area of research, he was a man of wide and profound learning, possessed of an understated brilliance to which a brief profile can only partly do justice. Also worthy of mention is his exceptional linguistic and palaeographic sensibility. Gifted with extraordinary discipline in his work and a great ability to transmit his knowledge to others, Bell was never an academic, but was rather a great teacher, who could count among his pupils many great scholars including Roberts, Skeat, Turner, Brinley Roderick Rees and David J. Thomas. The vast number of letters addressed to Bell from scholars from all over the world – a mine of information for the history of classical scholarship in the twentieth century – are a testimony to the high regard in which he was held throughout his life and to his profound humanity. Bell’s importance was perhaps best summed up by his successor at the British Museum, T. C. Skeat, when he said : « Bell’s services to papyrology were immense. Though not one of the actual founders of the science, he belonged to that slightly younger generation to which it fell to organize and codify the discipline. His exact and painstaking scholarship, linked with his superb flair for decipherment, contrasted with the somewhat rough-and-ready methods of Kenyon and helped to establish the high standards of editing which we now regard as normal. At the same time his breadth of vision enabled him to transmute his detailed knowledge into a coherent picture » (« JEA » 53, 1967, p. 138) Papyrology was for Bell part of a wider view of the study of the ancient world : « papyrology is not an independent science. It is essentially, as the German scholar Wilcken called it, a Hilfsdisziplin, a branch of classical studies, and in particular of ancient history » (Egypt from Alexander the Great to the Arab conquest, Oxford 1948, p. 26).  















However, his work on papyri was central to his intellectual life. In a letter written some years before his death, Bell himself succinctly summed up his long experience in this field, remembering once again the rather fortuitous manner in which it had begun : « Personally I have never regretted the day when, on my mentioning to Kenyon that I had spent a year in Germany studying the Hellenistic period, he said “Then you are the man I want to help me with the papyri” » (London, British Library, Add. 59534, f. 110, letter to E. G. Turner dated 13 October 1962).  





Sources Biography and scientific profile The existence of an unpublished autobiography which Bell wrote for his family is indicated in C. H. Roberts, « PBA » 53 (1967), p. 422. Interesting autobiographical details are included in The President’s Address : A Specialist’s Apologia, « Proceedings of the Classical Association » 53 (1956), pp. 1124, the text of Bell’s talk held in Bangor (Wales) on the occasion of his nomination as president of the Classical Association 1956. On 23 November 1967, « The Times » published, on p. 12, an anonymous obituary to Bell (written by B. R. Rees). On 27 November the same newspaper featured a short account of the funeral. The recollections and written profiles by scholars who knew Bell and who were in a certain sense also his pupils, are a rich source of information on the man and his studies : E. G. Turner-T. C. Skeat, « JEA » 53 (1967), pp. 131-134 and 134-139 ; C. H. Roberts, « PBA » 53 (1967), pp. 409-422 ; E. G. Turner, « JRS » 57 (1967), pp. xiii-xiv ; J. D. Thomas, « Aegyptus » 46 (1966) [1967], pp. 97-99. Roberts is also the author of an article dedicated to Bell in the Dictionary of National Biography 1961-1970, Oxford 1981, pp. 91-92 (article revised and republished in the new edition : H. C. Matthew-D. Harrison (eds.), The Oxford Dictionary of National Biography. From the earliest times to the year 2000, 4, Oxford 2004, pp. 941-943). A eulogistic evaluation of Bell’s work appears in K. Preisendanz, Papyrusfunde und Papyrusforschung, Leipzig 1933, pp. 155-158. Interesting recollections of Bell are credited to numerous European scholars : R. Pfeiffer, « Jahrbuch der Bayerischen Akademie der Wissenschaften » (1967), pp. 198201 ; C. Préaux, « CE » 42 (1967), pp. 437-444 and « BAB » 5th s., 53 (1967), pp. 321-326 ; F. Uebel, « APF » 19 (1969), p. 208 ; J. Vandier, « CRAI » 1968, pp. 289-293. Other entries in technical dictionaries and encyclopaedias : G. Coppola, in Enciclopedia Italiana, vi, Roma 1930, p. 545 ; Who’s Who in Europe. Dictionnaire biographique des personnalités européennes contemporaines, par E. A. de Maeyer, Edition 1. 1964-1965, Bruxelles 1965, pp. 191-192 ; Who was who. A Companion to Who’s Who containing the biographies of those who died during the decade 1961-1970, London 1979, p. 82 ; The Oxford Companion to the Literature of Wales, compiled and edited by M. Stephens, OxfordNew York 1986, p. 36 (and later in The New Companion to the Literature of Wales, Cardiff 1998, p. 44) ; The Concise Dictionary of National Biography. From earliest time to 1985,  













































































harold idris bell (1879-1967) i, Oxford-New York, 1992, p. 199 ; W. R. Dawson-E. P. Uphill, Who was who in Egyptology, third revised edition by M. L. Bierbrier, London, 1995, pp. 38-39 ; Th. Parry, in The Dictionary of Welsh Biography, London 2001, pp. 1011 ; M. W. Haslam in R. B. Todd (ed.), The Dictionary of British Classicists, i, Bristol 2004, pp. 63-64.  





Bibliography A Bibliography of Sir Harold Idris Bell was published by J. D. Thomas, « JEA » 40 (1954) [issue dedicated to Bell on his seventy-fifth birthday], pp. 3-6. Additions and corrections to the list were published by the same author in « JEA » 53 (1967), pp. 139-140.  







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Additional 59506-59534. Among the most important collections of letters are those by C. H. Becker, A. Calderini, P. Collart, E. Crum, F. Cumont, W. M. Flinders Petrie, E. Fraenkel, B. P. Grenfell, M. Hombert, A. S. Hunt, P. Jouguet, K. Kalbfleisch, F. G. Kenyon, H. Last, M. Norsa, W. Otto, R. Pfeiffer, C. H. Roberts, G. Rouillard, W. Schubart, A. Segré, E. G. Turner, B. A. van Groningen, G. Vitelli, C. B. Welles, W. L. Westermann, U. Wilcken and H. C. Youtie. Bell’s letters, on the other hand, can be found among the papers of scholars conserved in archives and libraries all over the world (an inventory of these would be extremely useful). To date, the letters which have published are those between Bell and Norsa : Harold Idris Bell-Medea Norsa. Carteggio 1926-1949, Bari 2005 ; and Engelbert Drerup’s letters to Bell, « APapyrol » 14-15 (2002-2003), pp. 371-377.  





Library and papers Bell’s working library [on which cf. Skeat, « JEA » 53 (1967), p. 137] was left after his death to Llyfrgell Genedlaethol Cymru – The National Library of Wales in Aberystwyth (but was not preserved in its original state). The National Library of Wales also received various professional papers : manuscripts of articles and essays, notes, letters from other scholars etc. On the acquisition of these papers cf. Llyfrgell Genedlaethol Cymru – The National Library of Wales, Annual Report 1943-1944, Aberystwyth 1944, p. 17 ; Annual Report 1967-1968, Aberystwyth 1968, pp. 21-22 ; Annual Report 1968-1969, Aberystwyth 1969, p. 21. Among Bell’s autographs is worth noting MS NLW 15558B, the unpublished English account of the trip to Egypt in 1926 (only published in Welsh : Trwy Diroedd y Dwyrain, i-ii, Llandysul 1946). Of particular importance are the documents which refer to Bell’s forty years of work at the British Museum and which he left to the museum on his retirement ; largely scientific correspondence received from other scholars, mostly from classical scholars. Other papers were left to the museum by the executor of Bell’s will in 1967 and afterwards by other donors. Today these important documents can be found in the British Library, collected in 29 volumes :  



Radio Broadcasts















Finally, a list of the BBC radio broadcasts in which Bell dealt with questions regarding ancient manuscripts and Welsh literature : Schools : What’s in the News : Why the Codex Sinaiticus is important (16.1.1934) ; Topical Talk : Discovery of New Gospel at the British Museum (25.1.1935) ; Manuscripts and Versions of the Bible 1 (18.1.1937) ; Manuscripts and Versions of the Bible 2 (25.1.1937) ; Manuscripts and Versions of the Bible 3 (1.2.1937) ; The Welsh Poetic Tradition (3.2.1939) ; The Art of the Translator (5.5.1941) ; The Royal National Eisteddfod of Wales (4.8.1943) ; Welsh Folk Verses (6.12.1943) ; The Literary Tradition of Wales (23.5.1947) ; Welsh Bookshelf : The Crisis of our Times and Other Papers (30.5.1955, only for Wales) ; Men Went to Catraeth (1.10.1956) ; The Black Ram (Yr Hwred Du) (28.2.1957, only for Wales).  

































I would like to thank prof. David J. Thomas for sharing his personal recollections of Bell and for reading a draft of this paper. My thanks also to Erin O’Neill at the BBC Written Archives Centre in Reading for her help and information. Università degli Studi di Bari

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EDGAR LOBEL (1888-1982)

Luigi Lehnus

S

tudioso già provetto allo scoppio della prima guerra mondiale, Edgar Lobel [Tav. vi] vide la propria vita snodarsi per tutto l’arco del ventesimo secolo fino quasi alle soglie del Duemila. 1 Il suo lungo regno sulla papirologia letteraria del Novecento ha l’estensione di un’intera epoca, come quella di Ramesse ii o della regina Vittoria. Personaggio remoto e vagamente misterioso, Lobel obietta al suo aspirante biografo prima ancora che la mancanza di fonti propria del passato remoto, l’assenza di eventi tipica della leggenda. Già la data e il luogo di nascita sono incerti. Edgar Lobel nacque a Higher Broughton, Manchester, nel 1889, 2 o più probabilmente il 12 o il 24 dicembre 1888 a Jassy in Moldavia (ora Ias∞i, Romania, già luogo eponimo della pace del 1791 [1792] tra Russia e Sublime Porta). Questa seconda località è registrata, per dichiarazione dello stesso Lobel, nell’atto di immatricolazione a Oxford, come poté appurare il compianto Hugh Lloyd-Jones ; la data del 12 dicembre figura a sua volta nei registri della Manchester Grammar School, mentre quella del 24 era in seguito da Lobel correntemente celebrata come proprio compleanno. 3 Fu il maggiore di una famiglia che ebbe solo figli maschi ; il padre Arthur Lobel era armatore, la madre si chiamava Amelia. Frequentò per breve tempo la Kersal School, poi la Manchester Grammar School (a Manchester la famiglia doveva essersi trasferita, a quanto pare, non molto dopo la sua nascita) ; qui si distinse avendo come insegnante un exallievo di Balliol College, Oxford, Harold Williamson, futuro professore a Londra. Che iscrivendosi a Oxford tentasse (e ottenesse) l’ammissione a Balliol fu poi naturale ; vinse una borsa di studio nel 1906 e si immatricolò nel 1907. 4 Al culmine di una serie di tracolli finanziari Arthur Lobel si era dovuto trasferire in America col resto della famiglia, e a Oxford e Balliol il giovane Edgar rimase spesso solo nei periodi di vacanza, legandosi di amicizia col filosofo (studioso di Aristotele) J. A. Smith e con coetanei destinati a diventare variamente insigni come A. J. Toynbee, Lewis Bernstein (poi Sir Lewis B. Namier, come lui originario dell’Europa orientale), Philip Guedalla, R. A. (“Ronnie”) Knox. Con loro condivise un’educazione prossima a diventare contegno e norma di vita (« the manners, the fasti-

diousness about conduct, the sense of duty »), 5 nonché il gusto per autori avventurosi come R. L. Stevenson, Hilaire Belloc, Joseph Conrad. Ottenne un doppio first class in Mods (1909) e in Literae humaniores (B.A. 1911), vincendo il premio Gaisford per la composizione in versi greci con una retroversione da Racine, 6 e le borse Craven e Derby (con distinzione nella borsa Hertford) ; ebbe tra i propri insegnanti, oltre a J. L. Strachan-Davidson, master di Balliol in quegli anni, A. D. Lindsay, futuro pedagogista e politologo, Cyril Bailey che ne notò la memoria eccezionale e, da lui particolarmente apprezzato, lo studioso di teatro A. W. Pickard-Cambridge. Per un anno, 1911-1912, Lobel fu assistente di Humanity (con W. R. Hardy) all’Università di Edinburgo 7 – una sede in Scozia quasi ovvia per chi venisse da Balliol, e un esordio da latinista, Humanity essendo il nome dell’insegnamento del latino nelle università scozzesi, non troppo diverso da come fu per Hunt, che aveva cominciato vent’anni

1  Molti hanno ben meritato di questa ricerca, ma un debito di gratitudine particolare ho nei confronti del Dr Angus Bowie, Fellow di Queen’s College, Oxford, che con grande generosità ha messo a mia disposizione ricordi e testimonianze su Edgar Lobel da lui pazientemente raccolti nel suo Collegio. Personali ricordi di Lobel ha condiviso con me in più di un’occasione, con la consueta cordialità, il Dr Revel Coles, già della Ashmolean Museum Library, Oxford. Al Dr Luigi Prada, Milano, dottorando a Oxford presso Queen’s College, devo ulteriori utili ragguagli. 2  Cf. E. G. Turner, Edgar Lobel, « Gnomon » 55 (1983), p. 276. 3  Cf. H. Lloyd-Jones, Lobel, Edgar (1888-1982), in H. C. G. MatthewB. Harrison (eds.), Oxford Dictionary of National Biography, xxxiv,

Oxford-New York 2004, p. 201. L’opinione comune prima che Lloyd Jones consultasse la matricola oxoniense era che Lobel fosse nato in Russia o in Polonia. 4  Cf. B. F. McGuinness, Edgar Lobel (1888-1982), in The Queen’s College Record 1981-1984. Retrospective Issue, Oxford 1984, p. 17. 5  McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 17. 6  Cf. E. Lobel, J. Racine, Esther iii. 1-3. Translated into tragic iambics, Oxford 1911. 7  « Old Mrs Hardie remembered him [...] as a rather arrogant young man and he himself spoke of some disagreement – a 22-year-old with the Professor – over methods of teaching » McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 18.







Tav. vi. Edgar Lobel (1888-1982).































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luigi lehnus

prima studiando manoscritti latini in biblioteche spagnole. Ben presto si offrì a Lobel la possibilità di un rientro a Oxford, dove una Craven Fellowship (1912) propiziò i suoi inizi come papirologo. Le borse Craven vanno godute all’estero, e Lobel visitò in quegli anni Parigi, Lilla, Bonn e Dublino ; ma soprattutto fu per due volte a Berlino : brevemente nell’estate del 1913, quindi a partire dal novembre dello stesso 1913. Rientrò nel radioso luglio 1914, in tempo per mai più lasciare l’Inghilterra. 8 A quegli anni risalgono la conoscenza e la devozione nei confronti di Gilbert Murray e l’inizio della collaborazione con A. S. Hunt, che lo coinvolse nello studio dei papiri di Ossirinco, il cui decimo volume, del 1914, sarà il primo della serie a riconoscere (p. 45) un contributo di Lobel. Nel 1914 alle varie borse già ricevute si aggiunse la menzione onorevole nel premio Charles Oldham. 9 Nello stesso 1914, grazie anche ai buoni uffici di Hunt, E. Lobel ebbe un posto di Research Student a Queen’s College, Oxford, lo stesso collegio di Grenfell e Hunt. Tra quanti nei suoi Wanderjahre gli avevano rilasciato attestazioni di stima figurano i maggiori papirologi dell’epoca : Ulrich Wilcken, J. P. Mahaffy, e soprattutto Wilhelm Schubart, col quale collaborò nel Museo berlinese e da cui molto imparò. Di Lobel Schubart poté facilmente attestare la « beträchtliche Sicherheit im Lesen schwieriger Papyri und seine gründliche philologische Ausbildung ». 10 Al soggiorno berlinese combinato con l’esperienza degli anni di guerra risalirà anche il sentimento ambivalente che Lobel sembra aver sempre nutrito nei confronti della Germania : di gratitudine per la scienza ma anche di divertito distacco. Imparò a parlare un tedesco idiomatico, che amava caricare : “das hab’ ich unumstösslich festgestellt” poteva essere una sua espressione ; e pare gradisse assai i giochi di parole che la lingua tedesca favorisce, come a proposito del calamaio gettato da una principessa africana contro un ufficiale coloniale : “Hottentottenpotentatentantentintenattentat”, come amava ricordare dal titolo di un giornale di Amburgo. 11 Sta di fatto che mentre apprezzerà molto l’amicizia di Snell, di Pfeiffer e soprattutto di Maas, 12 non amò l’ “euripideo” Wilamowitz, che pure incontrò, e che gli ispirò uno dei suoi più pungenti epifonemi : « Euripides, like Wilamowitz, knew no Greek ». 13 La generazione di Lobel fu decimata dalla guerra, cui lui personalmente sfuggì a causa di una forte miopia (la

quale talora si coniuga con una vista acutissima da molto vicino). Pare che da quei giorni egli abbia sempre indossato solo cravatte nere, in omaggio alla memoria dei tanti coetanei o di poco più giovani (Balliol College da solo ebbe duecento morti) caduti nelle Fiandre. 14 In quel periodo insegnò per breve tempo alla Repton School e alla Downside School, per poi passare nel settore intelligence dell’Ammiragliato (“Room 32”), quindi al Ministero della guerra. Tra i suoi compiti ci fu quello di contribuire alla redazione della Review of the Foreign Press per conto dell’intelligence militare, mentre per l’Ammiragliato aveva messo a frutto un suo precoce interesse per la topografia e la geopolitica studiando le colonie tedesche in Africa e discutendo la fattibilità di una spedizione navale lungo il Danubio (lavoro in qualche modo congeniale per uno la cui famiglia aveva radici nella valle del Prut). Non fu impiegato nell’ufficio cifra (“Room 40”), dove avrebbe potuto dare verosimilmente un notevole contributo, ma conobbe e strinse amicizia con Dillwyn (“Dilly”) Knox, 15 che nel 1939 tenterà di arruolarlo nel team dei crittografi che lavoravano a Bletchley Park intorno alla macchina tedesca Enigma, ottenendone peraltro un motivato rifiuto : « You get your results by inspired guessing, I work by logical deduction », avrebbe risposto. 16 Nella seconda guerra mondiale il contributo di Lobel fu più modesto, limitandosi a una (peraltro accuratissima) coltivazione di carote nel lotto assegnatogli, oltre che alla vigilanza sugli impianti del gas di Oxford come membro della Home Guard. 17 Dopo la guerra, alla research studentship presso Queen’s si aggiunse un posto di vice-bibliotecario alla Bodleian Library (dal 1919), onde lavori varî di paleografia e codicologia, 18 in particolare sui manoscritti della Poetica di Aristotele e sulle versioni latine medievali della stessa. 19 Il suo stipendio, assai magro all’epoca, fu in parte finanziato grazie alla generosa rinuncia di un’aliquota del proprio da parte di G. Murray. Nel 1927 Lobel diventò fellow soprannumerario di Queen’s College, e dal 1931 fu Keeper of Western Manuscripts alla Bodleiana ; nello stesso anno sposò Mary Doreen Rogers (1900-1993), figlia di un imprenditore di Bristol. Fu un’unione assai felice ; Mary Doreen, che aveva studiato a St. Hugh’s College, condivideva col marito l’interesse per la topografia e la storia locale inglese 20 e il gusto per le escursioni e le vacanze in luoghi appartati ma densi di natura e storia. Si insediarono prima

8  « He never went abroad again » Turner, Edgar Lobel cit., p. 276 (ma « he travelled widely in Britain and in Europe during vacations » LloydJones, Lobel, Edgar cit., p. 202). « Trinity Term 1914 was an idyllic one, with perfect weather. “All that summer we punted on the river, bathed, sat in the quad, dined and argued with our friends, debated in the Union, danced at the Commemoration Balls”, remembered Harold Macmillan. Nothing was further from their minds than war » J. Jones, Balliol College. A History 1263-1939, Oxford 1988 (19972), p. 246. 9  Lobel vincerà ancora il premio Conington nel 1923. Nel 1915 aveva conseguito il grado di M. A. 10  Cf. McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 18. Il lusinghiero giudizio di Schubart è riferito per esteso in Turner, Edgar Lobel cit., p. 276. 11  Cf. McGuinness, Edgar Lobel cit., pp. 18-19. 12  Tracce consistenti del rapporto con quest’ultimo si trovano nelle carte e nei libri appartenenti a Maas, cf. L. Lehnus, Repertorio di carte di Paul Maas e di documenti da lui provenienti o a lui indirizzati, « QS » 71 (2010), pp. 247-272 e Repertorio di libri ed estratti postillati da Paul Maas, « QS » 71 (2010), pp. 221-245 (p. 236 in particolare).

13  Cf. E. G. Turner, The Graeco-Roman Branch, in T. G. H. James, Excavating in Egypt. The Egypt Exploration Society 1882-1982, London 1982, p. 174. 14  Cf. Lloyd-Jones, Lobel, Edgar cit., p. 202. Per Balliol vd. Jones, Balliol College cit., p. 247. 15  Su Lobel e Dilly Knox cf. L. Lehnus, Lettere di Lobel a Vitelli e Lobeliana minora di interesse callimacheo, « QS » 67 (2008), p. 237. 16  Turner, Edgar Lobel cit., pp. 276-277. Su tutte queste vicende cf. anche McGuinness, Edgar Lobel cit., pp. 18-19. 17  Cf. McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 21. 18  Cf. E. Lobel, Cardinal Pole’s Manuscripts, « PBA » 17 (1931), pp. 97101. 19  Cf. (rispettivamente) E. Lobel, The Greek Manuscripts of Aristotle’s Poetics, Oxford 1933 e The Medieval Latin Poetics, « PBA » 17 (1931), pp. 309-334. 20  Cf. M. D. Lobel (ed.), Historic Towns. Maps and Plans of Towns and Cities in the British Isles, with historical commentaries, from earliest times to 1800, Oxford 1969 ss.





























































































edgar lobel (1888-1982)

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brevemente a St. Giles, poi al numero 16 di Merton Street ; non ebbero figli. Alla Bodleiana Lobel rimase celebre per la sua estrema cortesia ma anche per l’inflessibile severità nel far rispettare le regole della biblioteca. 21 Sono della metà degli anni Venti le due opere che lanciarono Lobel sul proscenio della filologia classica e della papirologia letteraria mondiale. Anche aiutati dal nitore compositivo della Clarendon Press, i lobeliani Sapfou`~ mevlh (1925), congiuntamente dedicati a Hunt e a Schubart, e ∆Alkaivou mevlh (1927) 22 segnano un progresso incomparabile rispetto all’edizione di Bergk (PLG4, 1882), e non sono neanche lontanamente confrontabili con la pur contemporanea edizione di Ernst Diehl (AL1, 1925), che del resto si fondava sugli stessi papiri, berlinesi e di Ossirinco. 23 Si consideri che gli Alceo e Saffo cui facciamo tuttora riferimento, quelli dei Poetarum Lesbiorum fragmenta di Lobel & Page e quelli dell’edizione Voigt, 24 risalgono in buona sostanza alle fondamenta gettate allora – per il dialetto, per il metro, per l’ortografia, per ogni progresso nel trattamento dei papiri allora noti, e per la disposizione editoriale dei frammenti, fondata su una radicale revisione della Textgeschichte di Wilamowitz 25 resa possibile dalle scoperte papiracee. In entrambe le opere, per quanto riguarda i papiri, Lobel dispiega la stessa perfetta tecnica editoriale che renderà così affidabili le sue future edizioni dei volumi di Ossirinco : integrazioni ridotte al minimo, descrizione tanto concisa quanto nitida delle tracce di scrittura (« quando Lobel dice “alfa qui non ce lo posso vedere”, questa asserzione è anche un dato scientifico »), 26 informazioni precise quanto essenziali sui dati di realtà, suggerimenti esegetici mai invasivi. Saffo e Alceo furono con Pindaro e Callimaco i suoi poeti prediletti ; e va da sé che tra le ragioni dell’eccellenza di Lobel come papirologo furono tratti che potrebbero anche apparire come dei limiti : la sua rinuncia a priori alla ricerca archeologica sul campo e la sua concentrazione esclusiva sui testi letterari e poetici in particolare (e sui poeti che gli piacevano – per il Teocrito di Gow si rammaricava di aver fatto poco, Euripide e Menandro li lasciò ad altri), 27 pur essendo egli pienamente in grado di digerire, com’era ovvio e necessario, anche il materiale documentario. La massima di Lobel era di conseguire « la

misura di certezza conseguibile in questi studi ». 28 In quegli anni, tra il 1925 e il 1927, egli aiutò anche, e in maniera ingente, Hunt nella pubblicazione dei due impegnativi papiri callimachei POxy xvii 2079 (Prologo degli Aitia) e 2080. 29 Morto Hunt il 18 giugno 1934, Lobel gli succedette l’anno dopo come University Reader in Papyrology, e nel 1938 lasciò la Bodleiana per assumere una Senior Research Fellowship a Queen’s College. Per l’insegnamento non ebbe mai tempo né inclinazione ; con autoironia e una punta di vanità raccontò una volta : 30 « You see, I never taught. I was under some pressure to do so. So I put on a course. Nobody came, oh nobody came. The time was one p. m. on Saturday ». Ricordava peraltro con compiacimento di aver dovuto a suo tempo correggere le composizioni di Harold Macmillan. 31 Tra il 1934 e il 1939 Lobel venne ad assumere la completa e solitaria responsabilità dei papiri di Ossirinco – « and turned into the legendary dragon guarding the golden apples of the Hesperides ». 32 E. G. Turner ha ricostruito nel dettaglio sulla base dei verbali del direttivo della Egypt Exploration Society, Londra, come fu che tale responsabilità gli fosse formalmente affidata tra la fine del ’34 e il luglio del ’36, grazie anche alla mediazione dell’influente Hugh Last, ed essendo partecipi della scelta Gilbert Murray, Alan Gardiner e Battiscombe Gunn. 33 Tra l’altro solo allora ci si rese conto che la maggior parte dei papiri, conservati a Queen’s College (il collegio di Hunt), era rimasta non esaminata né inventariata ; alla EES si pensava che il materiale ossirinchita ancora inedito ammontasse a non più che un insignificante residuo. Alla fine la custodia dell’intera collezione e il compito di pubblicare i papiri letterari furono affidati a Lobel, che nel luglio del ’36 fece installare la raccolta nella sua stanza in Drawda Hall, 34 « one of the most combustible parts of The Queen’s College, an observation which gave me nightmares in after years when I was Graeco-Roman Editor of the EES », ricorda Turner. 35 In quella stanza Lobel lavorò per oltre quarant’anni senza lasciarsi distrarre dalla mondanità dei congressi o da onorificenze accademiche (gradirà solo il dottorato onorario conferitogli da Cambridge), 36 e scoraggiando grazie

21  Cf. McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 20. 22  Rispettivamente E. Lobel (ed.), Sapfou`~ mevlh. The Fragments of the Lyrical Poems of Sappho, Oxford 1925 e ∆Alkaivou mevlh. The Fragments of the Lyrical Poems of Alcaeus, Oxford 1927. Cf. anche E. Lobel, Nine Fragments of Alcaeus (P.Oxy. 1233), « BQR » 4 (1923/25), pp. 20-21. 23  È persino inutile menzionare Edmonds, i cui Saffo e Alceo scrivono in un dialetto che Lobel bolla come “triballico”, cf. E. Lobel, [Lyra Graeca.] Rec. J. M. Edmonds (ed.), Dyra Graeca : Being the Remains of all the Greek Lyric Poets from Eumelus to Timotheus, excepting Pindar, i, , « CR » 36 (1922), pp. 120-121. 24  Rispettivamente E. Lobel-D. Page (edd.), Poetarum Lesbiorum fragmenta, Oxonii 1955 (1963) e E.-M. Voigt (ed.), Sappho et Alcaeus. Fragmenta, Amsterdam 1971. 25  Cf. U. von Wilamowitz-Moellendorff, Die Textgeschichte der griechischen Lyriker, Göttingen-Berlin 1900 (1901). 26  P. J. Parsons, Discorso di accettazione, in Università Cattolica del Sacro Cuore. Conferimento della Laurea honoris causa ai professori Sir John Pope-Hennessy e Peter John Parsons, Milano 1994, p. 15. 27  « I read the Dyskolos last night. What drivel it is. And how could a sane man bear such Greek as zw`n ou|to~ ejpieikw`~ crovnon poluvn ? », cf. Turner, Edgar Lobel cit., p. 279. 28  Cf. McGuinness, Edgar Lobel cit., p. 19.

29  Cf. L. Lehnus, Prima e dopo AI KATA LEPTON, in G. Bastianini-A. Casanova (edd.), Callimaco, cent’anni di papiri. Atti del convegno internazionale di studi (Firenze, 9-10 giugno 2005), Firenze 2006, pp. 146-147 e Lettere di Lobel a Vitelli cit., pp. 231-233. 30  A E. G. Turner (cf. Edgar Lobel cit., p. 280). 31  McGuinness p. 20. « Can he not claim as a pupil our present Chancellor ? », H. Lloyd-Jones, Greek Studies in Modern Oxford. An Inaugural Lecture delivered before the University of Oxford on 23 May 1961, Oxford 1961, p. 13, rist. in Blood for the Ghosts. Classical Influences in the Nineteenth and Twentieth Centuries, London 1982, p. 21. 32  Turner, Edgar Lobel cit., p. 277. 33  Cf. Turner, Edgar Lobel cit., pp. 277-278. Venne preso in considerazione anche C. H. Roberts, destinato a collaborare con Lobel in parecchi volumi della raccolta. 34  Venti scatole con materiale particolarmente scelto Lobel recuperò da casa Hunt, cf. R. A. Coles, Oxyrhynchus : A City and its Texts, in A. K. Bowman-R. A. Coles-N. Gonis-D. Obbink-P. J. Parsons (eds.), Oxyrhynchus : A City and its Texts, London 2007, p. 7. 35  Edgar Lobel cit., p. 278. 36  Nel 1954. Col pensionamento nel 1959 Lobel diventò fellow onorario di Balliol College e di Queen’s College. Rifiutò peraltro di essere membro della British Academy e declinò l’offerta di un cavalierato.





























































































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anche a un arredamento spartano la visita di chiunque potesse fargli perdere tempo. Nessuno meglio di Eric Turner, uno dei pochi ad avere accesso in quei sancta sanctorum, ha descritto il luogo :

Non si dimentichi che Lobel pubblicava quasi esclusivamente testi nuovi. Tra i cinquantamila (ma nessuno conosce il numero esatto) papiri della collezione di Ossirinco egli selezionò, oltre a frammenti epici lirici e drammatici anonimi (e a commentari perlopiù adespoti), testi non in precedenza noti di Esiodo, Saffo, Alceo, Alcmane,

Stesicoro, Archiloco, Ipponatte, Anacreonte, Simonide, Pindaro, Bacchilide, Eschilo, Sofocle, Eupoli, Cratino, Strattide, Epicarmo, Corinna, Antimaco, Callimaco, Riano, Euforione, poeti varî di età imperiale, prosa di Ctesia, Duride, Eschine Socratico. Anche solo da questo elenco di nomi si coglie la portata dell’incremento che è provenuto alla nostra conoscenza della poesia greca da quelle edizioni severe (« puritane » le definiva Parsons), 43 condotte con assoluto rigore accorpando papiri, frammenti, scritture sulla base di un materiale disperatamente sparso e in partenza ignoto, senza mai indulgere alla fantasia o per contro allo sfoggio bibliografico, e sistematicamente esercitando la pratica della observatio che nella tradizione inglese risaliva a Bentley (« [b]y these means he made a contribution to Greek scholarship the like of which has not been seen since the fifteenth and sixteenth centuries »). 44 È comprensibile che un uomo così devoto al proprio lavoro dovesse apparire, e fosse, austero e inaccessibile ; la sua stessa concentrazione lo esigeva. Ma le fonti descrivono Lobel come asciutto bensì, riservato e probabilmente timido, non alieno dall’ironia che è spesso la dote degli intelligenti e dei sensibili, ma anche come un conversatore amabile, « a great raconteur and bon viveur », 45 « a most agreeable companion », 46 oltre che come memoria storica del collegio in fatto di tradizioni. Nell’ultima parte di una lunga vita Lobel apparteneva già alla leggenda, ed è naturale che fiorissero su di lui storie difficili da controllare. Anche l’apocrifo può peraltro rivelare qualcosa. Si racconta per esempio che una volta nella common room gli fu chiesto se avesse letto il Liddell-Scott : “Ovviamente”, rispose. E vi aveva trovato degli errori ? Lo fermarono dopo quaranta minuti, ed era arrivato a metà della lettera beta. Fu Lobel il maggior grecista del secolo ? La domanda non appaia peregrina, visto che proprio lui è stato schierato da quanti contestano che un tale primato spetti a Housman, Con Jocelyn concorcome proposto da Harry Jocelyn. 47 ������������������� dava W. M. Calder iii 48 ma non H. Lloyd-Jones : « I should be grateful if he [Professor Jocelyn] would show us how he knows that Housman knew Greek better than, say, Edgar Lobel ». 49 Altrove Lloyd-Jones mette in campo una testimonianza particolarmente autorevole : « Paul Maas, who had known all the leading Hellenists of his time and whose respect for his own teacher Wilamowitz was very great, held that Lobel knew Greek better than any of them ». 50 Comunque, e se mai, sia destinata a risolversi la querelle, 51 il greco di Lobel nella sua simonidea densità e brevità callimachea è sotto gli occhi del visitatore che leverà lo sguardo alla lapide con l’elenco dei caduti di Queen’s College nella seconda guerra mondiale : 52

37  Turner, Edgar Lobel cit., p. 279. 38  Devo a Revel Coles un’evocazione di prima mano di quel luogo. 39  In tale intervallo il nome di Lobel figura sul frontespizio di ben 15 volumi : xviii, xix, xx, *xxi, xxii, *xxiii, xxiv, xxv, *xxvi, *xxviii, *xxx, xxxii, *xxxv, *xxxvii, *xxxix (*Lobel editore unico). 40  E. Lobel, A Greek Historical Drama, « PBA » 35 (1949), pp. 207-216. 41  Sopra, n. 24. 42  « E. Lobel horum librorum quindecim editorem grato animo salutant [...] A. S. F. G. » – e due pagine di altre firme in E. Lobel (ed.), The Oxyrhynchus Papyri xxxix, London 1972, pp. vi-vii. 43  Discorso di accettazione cit., p. 15. 44  Turner, Edgar Lobel cit., p. 279.

45  Turner, Edgar Lobel cit., p. 280. 46  Lloyd-Jones, Lobel, Edgar cit., p. 202. 47  Cf. H. D. Jocelyn, « LCM » 12 (1987), p. 144. 48  Cf. W. M. Calder iii, « LCM » 13 (1988), p. 160. 49  H. Lloyd-Jones, « LCM » 13 (1988), p. 128. 50  Lloyd-Jones, Lobel, Edgar cit., p. 202. 51  Un equilibrato apprezzamento di Housman grecista è in J. Diggle, Housman’s Greek, in P. J. Finglass-C. Collard-N. J. Richardson (eds.), Hesperos. Studies in Ancient Greek Poetry Presented to M. L. West on his Seventieth Birthday, Oxford 2007, pp. 145-169. 52  Devo la trascrizione dell’epigrafe ad Angus Bowie, e una fotografia a Luigi Prada.



« His room was sparsely furnished. A serviceable table was set with its long axis to the window. It overlooked a garden and the towers of the Codrington, and offered a north light, constant and without shadows, especially prized when snow lay on the ground. A single hard desk chair for himself, an old carpet, a set of complete P. Oxy. on the shelf behind him, the Oxyrhynchus parcels stacked in serried array on specially made shelves, a gas fire completed the furniture. A visitor was offered the broad hint of a broken-down, backless but upholstered chair opposite his own. If there were two guests at once (and occasionally I took visiting scholars to call) one of us had to sit on the floor ». 37  





Esposti a così pochi spostamenti, il tavolo e le sedie lasciarono coi loro piedi profondi incavi nel linoleum del pavimento della stanza. E chi entrava non sarà stato incoraggiato a trattenersi troppo a lungo dallo scoprire che la poltrona libera era in realtà già occupata dal soprabito e dal cappello di Lobel. 38 Il monumento filologico di Lobel coincide con la curatela della stragrande maggioranza dei papiri letterari di Ossirinco apparsi tra il 1941 (vol. xviii), allorché la raccolta riprese dopo una pausa di quattordici anni, e il 1972 (vol. xxxix). 39 Non che egli nel frattempo non abbia fatto anche altro : basti ricordare il saggio sul frammento di Gige 40 e soprattutto l’edizione allestita congiuntamente con Denys Page dei poeti di Lesbo, a integrazione e perfezionamento (se possibile) dei due libri del ’25 e del ’27 ; 41 e anche in seguito contributi suoi sporadici continuarono a figurare in successivi volumi di Ossirinco, come nel xli, nel xlv e nel l, apparso l’anno dopo la sua morte. Ma è la continuità oltre alla quantità e qualità del flusso di pubblicazioni che impressiona – un’impresa erculea intuitivamente catturata dall’epigramma greco che A. S. F. G(ow) fa seguire al frontespizio di POxy xxxix :  













ÔHraklevh~ wjrcai`o~ ejn ajndravsi dwvdeka movcqou~ ejktelevsa~ e{drhn e[scen ejn ajqanavtoi~, oujc h{ssou~ d∆ a[ra kei`no~ ejpavxiov~ ejstin ajmoibh`~ o{ste qeou` movcqoi~ pleivosin ajntitageiv~ ejx ∆Aivdou leptoi`~ pivsuno~ skubavloisi papuvrou muriva poihtw`n frou`da kathvgag∆ e[ph. 42  

















































































edgar lobel (1888-1982) Touvtwn toiouvtwn te kat∆ aijqevra kai; kata; povnton kai; kata; gh`n ajreth; sw`se fanei`sa pavtran. pa;r d∆ h{bhn ejbavlonto kai; ej~ tevlo~ w[pase daivmwn toi`~ me;n novston e[cein, toi`si de; thvnde livqon.

Ognuno giudichi. Edgar Lobel morì a Oxford il 7 luglio 1982. A Peter Parsons aveva confidato non molto tempo prima : « Parsons, non ne vale la pena ». 53 Da ultimo stava perdendo la vista, e si può intuire il suo stato d’animo. Per tutta la vita era stato un grande esperto di funghi, che cercava nei boschi intorno a Oxford. Si può immaginare che un uomo come lui provasse un grande piacere nella ricerca coronata dalla scoperta.  







Bibliografia C. M. Bowra, Memories 1898-1939, London 1967, pp. 259-260. W. M. Calder iii, « LCM » 13 (1988), p. 160. R. A. Coles, Oxyrhynchus : A City and its Texts, in A. K. Bowman-R. A. Coles-N. Gonis-D. Obbink-P. J. Parsons (eds.), Oxyrhynchus : A City and its Texts, London 2007, p. 7. K. Dover, Marginal Comment, a memoir, London 1994, p. 90. I. Elliott (ed.), The Balliol College Register. Second Edition, 18331933, Oxford 1934, p. 301. I. Elliott (ed.), The Balliol College Register. Third Edition, 19001950, Oxford 1953, pp. 120-121. P. Fitzgerald, The Knox Brothers, London 1977, p. 199. A. S. F. G(ow), E. Lobel horum librorum quindecim editorem grato animo salutant [...], in P. J. Parsons-J. R. Rea-E. G. Turner (eds.), The Oxyrhynchus Papyri, xxxix, London 1972, p. vi. M. W. Haslam, Lobel, Edgar (1888-1982), in R. B. Todd (ed.), The Dictionary of British Classicists, ii, Bristol 2004, pp. 587-588. L. Lehnus, Lettere di Lobel a Vitelli e Lobeliana minora di interesse callimacheo, « QS » 67 (2008), pp. 221-237. L. Lehnus, Nota sulle osservazioni di Lobel a Vitelli a proposito delle Diegeseis, « QS » 63 (2006), pp. 213-219. L. Lehnus, Repertorio di carte di Paul Maas e di documenti da lui provenienti o a lui indirizzati, « QS » 71 (2010), pp. 247-272.  

















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L. Lehnus, Repertorio di libri ed estratti postillati da Paul Maas, « QS » 71 (2010), pp. 221-245. H. Lloyd-Jones, Greek Studies in Modern Oxford. An Inaugural Lecture delivered before the University of Oxford on 23 May 1961, Oxford 1961, pp. 12-14, rist. in Blood for the Ghosts. Classical Influences in the Nineteenth and Twentieth Centuries, London 1982, pp. 20-21. H. Lloyd-Jones, « LCM » 13 (1988), p. 128. H. Lloyd-Jones, Lobel, Edgar (1888-1982), in Lord Blake-C. S. Nicholls (eds.), The Dictionary of National Biography 1981-1985, Oxford 1990, pp. 247-248, rist. riveduto in H. C. G. MatthewB. Harrison (eds.), Oxford Dictionary of National Biography, xxxiv, Oxford-New York 2004, pp. 201-202. Mr Edgar Lobel. Eminent Greek scholar, « The Times » (9/7/1982), p. 14gh. Rist. in Greek in a Cold Climate, London 1991, pp. 213-214. B. F. McGuinness, Edgar Lobel (1888-1982), in The Queen’s College Record 1981-1984. Retrospective Issue, Oxford 1984, pp. 17-21 (con un ritratto a matita di S. S. Prawer). Con varianti anche in Balliol Record 1983, Oxford 1984, pp. 12-16. H. R. Parker, What Lobel hath joined together : Sappho 49 LP, « CQ » n. s. 56 (2006), pp. 374-392. P. J. Parsons, City of the Sharp-nosed Fish. Greek Lives in Roman Egypt, London 2007, p. 26. P. J. Parsons, Discorso di accettazione, in Università Cattolica del Sacro Cuore. Conferimento della Laurea honoris causa ai professori Sir John Pope-Hennessy e Peter John Parsons, Milano 1994, pp. 1415. P. J. Parsons-J. R. Rea-E. G. Turner, Preface, in The Oxyrhynchus Papyri, l, 1983, p. v (con fotografia). R. Pintaudi, Note di Edgar Lobel alle Diegeseis di Callimaco, « QS » 63 (2006), pp. 187-211. E. G. Turner, Edgar Lobel, « Gnomon » 55 (1983), pp. 275-280 (con fotografia). E. G. Turner, The Graeco-Roman Branch, in T. G. H. James, Excavating in Egypt. The Egypt Exploration Society 1882-1982, London 1982, pp. 172-174, rist. in Bowman-Coles-GonisObbink-Parsons (eds.), Oxyrhynchus cit., pp. 24-25.  













53  Cf. Parsons, Discorso di accettazione cit., p. 14.













Università degli Studi di Milano



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VICTOR (AVIGDOR) TCHERIKOVER (1894-1958)

Moshe Amit

V

ictor Tcherikover [Pl. vii] was born in St. Petersburg, Russia, in September of 1894. Soon thereafter, his family moved to Moscow. He received his early education at home from his father and private teachers, learning Russian, Hebrew, and French as well as the piano. These early studies led him to cherish literature, poetry, and music throughout his lifetime. He loved music, and made a point of playing the piano every day. Since he was proficient in several languages and their literature, he was able to quote by heart passages of their poetry. He had a bust of Tolstoy on his desk, corresponded with Boris Pasternak, and wrote poems in Russian. At the age of sixteen, in 1910, he entered the sixth form of the gymnasium. In 1913, he studied law for a year at the University of Moscow, after which he passed to the Faculty of Humanities, where his main subject was philosophy. He completed his studies there in 1917. He returned to the University of Moscow in 1918, and spent the next three years there studying Ancient History under the direction of Professor R. Viper. Having left Russia in 1921, Tcherikover entered the University of Berlin, where he studied Ancient History with Eduard Meyer and Ulrich Wilcken. These studies culminated in 1925 with his doctoral dissertation, later published as Die hellenistischen Städtegrundungen von Alexander dem Grossen bis auf die Römerzeit (« Philologus », Supplementband 19, 1927). Tcherikover always remembered his three teachers in Ancient History with gratitude ; he was most influenced by Wilcken, in whose footsteps he followed, exhibiting a lifelong interest in Alexander the Great as well as in papyrology. Tcherikover came to Palestine in 1925, and joined the newly established Hebrew University of Jerusalem as a research scholar. His progress paralleled that of the University and the development of the departments of History and Classics. By 1947, he reached the rank of Ordinarius Professor and, in 1954, became the chairman of both departments. Tcherikover considered himself to be, first and foremost, an historian, both as a teacher and as a researcher. He prepared his lectures, exercises, and seminars with the greatest of care. He organized a four-year curriculum covering the period from the beginnings of Greece to the end of the Roman Empire. 1 This curriculum presented every exercise or seminar as a full unit, having a beginning and an end, and providing increasing amount of time for the active participation of the students as the depth of their knowledge advanced. While not neglecting the chronological narrative of historical events, Tcherikover paid special attention to political currents and to the social and cultural

bases of the lives and men he was evoking. With the exception of Alexander the Great, individuals and heroes did not particularly interest Tcherikover. It was not Alexander, the audacious commander of armies and the conqueror, who interested him but, rather, the leader of Greece who pursued a policy leading to the union of the various peoples and countries that came under his rule and who promoted the coexistence and intimacy of his men – generals as well as simple soldiers – with the local populations. Within this framework, the conquerors adopted many of the customs and values of the defeated peoples. Tcherikover viewed the entire history of the Greek and Roman world as a succession of episodes in the relations of East and West, marked by periods of struggle, collaboration, or alienation. In this context, the history of the middle-eastern countries and peoples from the conquest of Alexander to the fall of the Roman Empire was of the utmost interest to Tcherikover.

1  With the future of historical studies in Israel in mind, Tcherikover also wrote textbooks dealing with the history of the Ancient world, the Middle Ages and Modern Age until 1776, designed for high-school stu-

dents. This was the first time that such material had been made available in Hebrew, and these books remained standard textbooks for many years after their publication.









Pl. vii. Victor (Avigdor) Tcherikover (1894-1958).

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The fate of the Jewish people during this period was seen by him as an outstanding case of the “Hellenistic phenomenon” with its ups and downs ; it was his principal field of research. This subject had already been dealt with by many historians of the classical world, especially by those whose main interests lay in the origins of Christianity and the material and intellectual nature of Palestinian life in the time of Jesus. They also paid attention to the Jewish Diaspora, in order to understand the achievements of the Hellenized Jews such as Philo or Paulus, and the formation of the Christian communities within the Roman Empire. The first step in the study of the Jewish “Hellenistic phenomenon” that interested Tcherikover related to its beginnings in Palestine, which had been conquered by Alexander in 332 B.C. At the end of the wars of the Diadochi, Palestine passed into the hands of Ptolemaios Soter, King of Egypt, and his successors, from 301 to 200 B.C. This full century of Ptolemaic rule was the longest continuous period without a change of the ruling power in the history of Palestine between the fall of Persia and the Roman conquest. The Ptolemies managed to bring peace and order to Palestine, organizing their administration without seriously damaging the interests of the local population. Their administrative regime remained, with few changes, after the Seleucid conquest of the country. Knowledge of this period was scanty until the twentieth century, and was based on limited literary sources such as the life of the Tobiads in the Antiquities of the Jews by Flavius Josephus. The discovery of a few inscriptions and that of the papyri of the archives of Zenon in the Fayyum in 1915 changed the situation completely. Zenon, one of the employees of Apollonios, the chief financial officer of Egypt under Ptolemy Philadelphus, stayed in Palestine for almost a full year in 259 B.C., and kept in touch with the country in later years. After his return to Egypt, he worked closely with Apollonios, accompanying him in his travels in Egypt for eleven months. In 256 B.C., Zenon was entrusted with running the large estate in Philadelphia (in the Fayyum) that had been granted to Apollonios by the king. He continued to run the estate until the death of Ptolemy Philadelphus in 246 B.C., when Apollonios was disgraced and his estate confiscated by the new king. Zenon continued to live in the Fayyum on the small property he had acquired. His archives preserved every piece of papyrus that reached him : various documents, accounts, reports, applications, receipts, lists of goods bought or sold, and private letters. There was an enormous number of papyri, and they were sold quickly by the fellahin who had found them ; more than 1,300 reached scholars in Europe and the United States of America. As is well known, in the study of the classical world, the nineteenth century was the century of inscriptions, and the twentieth that of the papyri. There are various stages in the study of papyri : discovery or acquisition, decipherment, classification, tentative reading, attribution, and explanation and publication of the finds. The published material is thus at the disposal of the learned  







community, and may be re-examined, discussed, and frequently republished in collections formed according to a variety of criteria. Scholars from different disciplines can then profit from the new materials in connection with their work. Naturally, there is no strict distinction made among the scholars who deal with the various aspects of papyrology ; some limit themselves to a single field, while many deal with several. The Zenon papyri were studied and published by various scholars, and many problems and questions relating to them were examined. Although these papyri did not shed much light on the political history of the period, they did furnish rich material dealing with its economy, administration, and the everyday life of Egypt and its neighbours. Tcherikover assembled the papyri relating to Palestine. After a thorough study of each papyrus, and with the help of literary and other sources, he undertook the task of writing a history of Palestine under the Ptolemies. He published his work in two stages ; first, he published two articles in Hebrew, in 1933 and 1934, dealing with each papyrus in turn and exposing every scrap of knowledge he had discovered concerning it. Later, he published a full-fledged study in English, Palestine under the Ptolemies (New York, 1937). The book described the administration of the Ptolemies in southern Syria, the army, agriculture, the Greek cities, the rural population, trade, and relations among the various ethnic groups. Tcherikover continued his study in the two fields with which this work dealt : the history of Palestine, and the examination of papyri relating to the Jews and how they might be used for historical research. His endeavour led to the publication of a series of articles in Hebrew and in English on important questions concerning life and events in Palestine, and an exhaustive study of papyri relating to the Jews and the history of the Jewish diaspora in Egypt. 2 In 1939, Tcherikover published an important treatise in Hebrew on the history of Palestine under Greek rule, The Jews and the Greeks in the Hellenistic Epoch. The second, enlarged edition of this work, completed by Tcherikover shortly before his death, appeared in English in 1959 under the title Hellenistic Civilization and the Jews. It has become the standard study of the subject, has been reprinted in paperback form, and has sold tens of thousands of copies. No serious, comprehensive account of the period written in compliance with the standards of modern historians was available before this work appeared. Tcherikover’s book is a clear and vivid account of the period, full of original contributions, giving proper attention to the research of other scholars in the field. The second area to which Tcherikover devoted his scholarly efforts was the special problems of Jewish life aroused by the discovery of the papyri, such as Jewish religious influence in the Adler papyri, Syntaxis and Laographia, and others. He soon conceived the idea of making a collection of all the papyri relating to the Jews on the model of T. Reinach’s Textes d’auteurs grecs et romains relatifs au Judaïsme (1895) and J. B. Frey’s Corpus Inscriptionum Judaicarum (1932-52). The work was planned as follows :  

2  See the bibliography of Tcherikover’s works.









victor (avigdor) tcherikover (1894-1958) First of all, definition of the criteria for classifying any papyrus (and ostracon) as Jewish. Then, 1. the detailed examination of the enormous mass of papyrological publications, and the identification of the Jewish papyri through their careful perusal ; 2. the division and classification of the Jewish papyri into sections that might vary during the course of the project ; 3. the study of each papyrus as published in its latest edition and, if necessary, the proposing of corrections or completions of its text, to be followed by its translation into English and a full commentary on it ; 4. the preparation of a preamble for each section and every papyrus ; 5. the composition of prolegomena to the Corpus, whose subject was to be « The History of the Jews in Egypt from Alexander the Great until the Arab Conquest ». Of course, the order of the contents in the Corpus itself might be quite different. The first item noted above was a long and painstaking endeavour in and of itself, especially in light of the fact that Tcherikover began his project around 1938, in a time of international crisis. The second world war that followed the crisis isolated Palestine from most centers of learning. Moreover, Tcherikover lived in Jerusalem and taught at the Hebrew University, then in its earliest years and having not only a limited number of faculties, an exiguous staff in its Departments of Classical studies and History as well, along with the only, albeit incomplete, humanities library in the country. The success of Tcherikover in assembling the material for his research is in itself remarkable. He kept up a frequent correspondence with many papyrologists and other scholars in England and the United States who kindly agreed to help further the project. In order to have closer contact with the papyri themselves, Tcherikover made a short visit to Cairo, where he was received cordially by Octave Guéraud, an outstanding papyrologist who had published the Enteuxeis as well as many important studies on papyrology. Guéraud was then the secretary of the Société Royale Egyptienne de Papyrologie. After his visit, Tcherikover continued corresponding with Guéraud. With the various materials essential to his work at his disposal, Tcherikover devoted the next twenty years, from 1938 until his death in 1958, to the realization of his great project. The result of Tcherikover’s labours is the three volumes of the Corpus Papyrorum Judaicarum : more than 500 documents dating from the Ptolemaic, Roman, and Byzantine epochs divided into sections, prefaced, explained, and interpreted while taking into account the work of previous scholars. The bulk of the work on the project had already been completed by the early nineteen fifties. Two scholars of the younger generation, Alexander Fuks and Menahem Stern, had joined Tcherikover to assist him in preparing the manuscript for the press, checking every minute detail, reading proofs, and so forth. D. M. Lewis of Oxford had agreed to prepare an appendix dealing with Jewish inscriptions in Egypt.  













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The outstanding outcome of the project is the « History of the Jews in Egypt during Hellenistic and Roman Rule », which appeared as the Prolegomena of the first volume of the Corpus. Tcherikover had composed a rich and living history of the Egyptian Jewry, its migration, establishment, and growth in Alexandria and the Chora, its social and economic situation, its special organizations, the problems of assimilation into the various local populations, the preservation of its national entity, the attitude of the ruling powers, and the political struggles that characterized those changing times. He showed the diversity of the occupations of the Jews that insured their livelihood (particularly the importance of agriculture to them), and their expansion to other regions of the country. As a social historian, Tcherikover attempted to delineate the differences between the classes of Egyptian Jewry. The higher classes within the Alexandrian Jewry exhibited a moderate approach in their relations with the authorities and officials, whereas the lower classes readily adopted the attitudes of extremists and trouble-makers coming from Judaea. Tcherikover found that the Ptolemaic era was the best period of Egyptian Jewry from the political and economic aspects. In the second century B.C., the Jews reached the highest ranks in the army and the administration, and became an important factor in the politics of Alexandria. The Roman conquest was a turning point in their fortunes : they were discriminated by comparison with the Hellenic population, and reduced to the rank of the Egyptians ; like them, they were subjected to the poll-tax. Frequent bloody conflicts between Jews and Greeks accompanied the decline of the Egyptian Jewry. The crushing of the Jewish revolt in the time of Trajan brought about the nearly complete destruction of the Egyptian Jewry. Towards the middle of the third century of the Common Era, a slow process of reconstruction began. The relative renaissance at the opening of the Byzantine epoch soon was faced with the hostility of the Church. In order to round out the social and economic history for which he found sources in the papyri, Tcherikover added the study of the intellectual currents and spiritual life of the community on the basis of the literature written in Greek by the Jews, mainly in Alexandria, and was able to make original and important contributions. Tcherikover was a frail and delicate person. His untimely death on January 16, 1958 deprived him of the satisfaction to see his two important works printed in full. However, he died in the knowledge that he had completed the revised and expanded version of Hellenistic Civilization and the Jews – published in 1959 – and saw at least the first volume of the Corpus Papyrorum Judaicarum, with its remarkable and original history of the Jewish diaspora during the Hellenistic and Roman periods that formed its Prolegomena, in print. The last two volumes of the Corpus were devotedly seen through the press by Alexander Fuks and Menahem Stern, and appeared in 1960 and 1964 respectively. It is no exaggeration to say that, with the redaction of the Corpus Papyrorum Judaicarum, Tcherikover had founded the field of papyrology in Israel.  







Achva Academic College, Israel

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moshe amit 10. Democracy in Ancient Rome, « Beterem », April 1949, pp. 30-37. (Hebrew). 11. Antiochia in Jerusalem, in Studies in Honour of J.N. Epstein, Jerusalem 1950, pp. 61-54. (Hebrew). 12. Syntaxis and laographia, « JJP », iv (1950) pp. 179-207. 13. Was Jerusalem a Polis in the Epoch of the Procurators ?, in Studies in Honour of M. Schwabe, Jerusalem 1951, pp. 94-101. (Hebrew). 14. The Oppression of Antiochus and its Problems, « Eshkolot » i (1954), pp. 86-109. (Hebrew). 15. The Sambathions, « Scripta Hierosolymitana » i (1954), pp. 7998. 16. Corpus Papyrorum Judaicarum, ed. by V. Tcherikover in collaboration with Alexander Fuks, The Magnes Press, the Harvard University Press, Cambridge : vol. i, 1957 ; vol. ii, 1960 ; vol. iii, 1964. 17. The Ideology of the Letter of Aristeas, « HThR » 51 (1958), pp. 5985. 18. Hellenistic-Jewish Apologetic Literature Reconsidered, « Eos » 48/3 (1957) = Symbolae R. Taubenschlag dedicatae. 19. Hellenistic Civilisation and the Jews, Philadelphia 1959. 20. The Third book of Maccabees as a Historical Source of Augustus’ Time, « Scripta Hierosolymitana » vii (1961), pp. 1-25. 21. The Jews in the Greek and Roman World (collected papers), TelAviv 1961. (Hebrew).  

Selected Bibliography 1.

Die hellenistischen Städtgründungen von Alexander dem Grossen bis auf die Römerzeit, Leipzig, Dietrich, 1927 = « Philologus », Supplementband. 19 Heft i, pp. 216. Josephus, Bellum i, 1, 1 as a historical source for the Hellenistic Period in Palestine, Jewish Studies, ii, Jerusalem 1926, pp. 289297 ; 436-455. (Hebrew). The Jews and the Greeks in the Hellenistic Period, Historical Research, Tel-Aviv 1941, pp. 416. (Hebrew). The Jews in Egypt in the Hellenistic and Roman Period in the Light of Papyrology, Jerusalem 1945, pp. 256 ; 2nd corrected edition, Jerusalem, 1963 pp. 218. (Hebrew). Jewish Religious Influence in the Adler Papyri, « Harvard Theological Review » 35 (1942), pp. 25-35. Palestine under the Ptolemies (a contribution to the study of the Zenon papyri), « Mizraim » 4-5 (1937), pp. 9-90. Outlines to the Investigation of Jewish-Alexandrian Literature, in Studies in Jewish Hellenism in Memory of Hans Lewy, Jerusalem 1949, pp. 139-160. (Hebrew). Democracy in the Ancient World, « Beterem », February 1949, pp. 34-49. (Hebrew). The Decline of Democracy in Ancient Greece, « Beterem », March 1949, pp. 44-49. (Hebrew).  

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GOFFREDO COPPOLA (1898-1945) Vanna Maraglino

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i. Da Guardia Sanframondi all ’ ateneo bolognese

offredo Coppola [Tav. viii] nacque a Guardia Sanframondi (Benevento) il 21 settembre 1898. Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie nel paese natale, dal settembre 1907 proseguì gli studi presso il liceo classico “Pietro Giannone” di Benevento e nel 1915 si iscrisse alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Napoli. Durante la prima guerra mondiale, Coppola fu costretto ad interrompere gli studi universitari per arruolarsi, ma dopo la fine del conflitto riprese gli studi, indirizzandosi verso la filologia classica. Grazie ad Alessandro Olivieri (1872-1950), sviluppò un interesse particolare per la letteratura greca tramandata su papiro, e con lui si laureò il 22 luglio 1920, discutendo una tesi sui frammenti papiracei di Menandro. Queste prime ricerche furono ampliate negli anni successivi e portarono nel 1927 alla pubblicazione della prima edizione critica italiana di tutti i frammenti papiracei di Menandro allora noti (Menandro. Le commedie, testo critico e commento a cura di G. Coppola, Torino, Chiantore). In questo primo importante lavoro, Coppola presentava testo e apparato critico, offriva un accurato commento stilistico, lessicale ed esegetico, insieme con una breve introduzione sui papiri di Menandro, in cui documentava lo stato delle conoscenze dell’epoca. Dei papiri menandrei Coppola ripubblicava il PSI ii 126 (cui aveva già dedicato uno studio, I frammenti comici del Pap. 126 Soc. Ital., « Rivista indo-grecoitalica di filologia, lingua, antichità » vi, 1922, pp. 35-48), i POxy iii 409, vii 1013, xiii 1605 e il PBerol 13281. Alla luce delle scoperte di nuovi papiri, realizzate in epoca successiva, alcune delle ipotesi formulate dallo studioso sulla commedia menandrea appaiono inevitabilmente superate, tuttavia non si può non apprezzare la solidità del suo lavoro e il suo modo di accostarsi ad una scienza giovane quale la papirologia. La formazione papirologica incominciata con Olivieri a Napoli, continuò a Firenze presso l’Istituto di Studi Superiori, dove Coppola si trasferì per il perfezionamento : qui poté essere prima allievo e poi collaboratore di Girolamo Vitelli (1849-1935). L’incontro con Vitelli e con Medea Norsa (1877-1952) rappresentò una svolta nella carriera di Coppola e segnò l’inizio del suo lavoro all’interno della papyrotheke fiorentina, che in quegli anni, grazie a campagne di scavo e acquisti di papiri, aveva riportato alla luce numerosi autori e testi sconosciuti. Coppola si perfezionò nel 1921, con un lavoro dedicato all’epistolario di Basilio di Cesarea, poi pubblicato con il titolo I codici laurenziani delle lettere di S. Basilio e il Pap. Berl. 6795 (« Rivista-indo-grecaitalica di filologia, lingua, antichità » vii, 1923, pp. 19-28). Lo studio giungeva ad importanti conclusioni, accolte anche negli studi successivi, sulla relazione tra alcuni codici basiliani e la tradizione papiracea dell’epistolario ; Coppola vi  











Tav. viii. Goffredo Coppola (1898-1945).

metteva a frutto anche le conoscenze di paleografia greca, acquisite grazie alle lezioni di Enrico Rostagno (1860-1942), che nell’articolo ringraziava. Il talento di Coppola fu subito riconosciuto e apprezzato da Vitelli che lo volle tra i collaboratori nella pubblicazione dei Papiri greci e latini ; nell’introduzione al vol. vii, datata luglio 1924, Vitelli scriveva : « Nuovo e valente collaboratore abbiamo avuto il Dottor Goffredo Coppola, e anche la collaborazione sua si estende ben oltre i testi accompagnati dal suo nome » (p. vi). Nei volumi vii-x dei PSI appaiono a firma di Coppola diverse edizioni di papiri documentari e letterari : PSI vii 803 (Conto di asinai) ; 817 (Diastole ?) ; 819 (Resoconto di riscossioni di tasse in generi) ; 832 (Herakleides a Petosuchos) ; 838 (Frammento di lettera) ; 839 (Frammento di lettera) ; 846 (Frammenti di commedia, Aristofane ? = MP3 1628 ; LDAB 349) ; 847 (Frammento di commedia = MP3 1670 ; LDAB 2624) ; 849 (Trattato di grammatica = MP3 2155 ; LDAB 5247) ; 850 (Da un testo mitografico ? = MP3 2462 ; LDAB 5018) ; 851  











































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vanna maraglino

(Frammento di disquisizioni etiche = MP3 2599 ; LDAB 5022) ; 861 (Conti di spese in artabe e choinikes) ; 862 (Lista di derrate) ; 864 ; 870 (Frammenti di corrispondenza ufficiale) ; PSI ix 1041 (Lettera cristiana di Sotas a Paulos) ; 1042 (Lettera di Isarus al figlio Heliodoros) ; 1089 (Nuovo frammento di Ipponatte, già pubblicato in « RFIC » lvi, 1928, pp. 500-506 = MP3 549 ; LDAB 1315) ; psi x 1173 (Schol. Hom. Odyss. = MP3 1209 ; LDAB 2760). Il PSI x 1174 (Frammenti di poemetti di Corinna) era già stasto pubblicato da Coppola in Introduzione a Pindaro, Roma, L’Universale tipografica poliglotta, 1931, pp. 231-242 (= MP3 250 ; LDAB 570). A cura di Coppola sono anche i due papiri figurati PSI viii 919 (Amore e Psiche) e 920 (Cristo sul Lago di Tiberiade). La familiarità di Coppola con la papyrotheke fiorentina è documentata anche dalla corrispondenza tra Vitelli e Norsa. Nelle loro lettere i due studiosi si scambiavano spesso opinioni sul lavoro del loro giovane collaboratore, nonché sulle sue traversie concorsuali, come per esempio in una lettera del 24 agosto 1925 in cui Vitelli scriveva a Norsa : « Povero il nostro buon Coppola ; non gliene va una bene. E se anche riesce nel concorso, mi figuro non sarà un letto di rose. Gli dica molte cose affettuose da parte mia » (cf. Cinquant’anni di papirologia in Italia, i, Napoli, Bibliopolis, 1983, p. 271). Le aspirazioni di Coppola si realizzarono qualche anno dopo. Il 10 ottobre 1929 ottenne la libera docenza in Lingua e Letteratura Greca a Cagliari, dove subentrò ad Achille Vogliano (1881-1953) nel frattempo trasferitosi a Bologna ; presso la stessa Università tenne anche il lettorato di tedesco, lingua che aveva perfezionato durante un soggiorno di studio a Kiel nel 1924. Qui aveva potuto conoscere il papirologo tedesco Christian Jensen (1883-1940). Nel 1932 il trasferimento di Vogliano all’Università di Milano rese libera la cattedra di Letteratura Greca a Bologna ; vincitore del concorso bandito per il posto risultò, con voto unanime, Coppola, il quale dal 1° dicembre di quell’anno prese servizio nell’Ateneo bolognese. Coppola tenne la cattedra di Greco fino al 1940, anno in cui, a seguito del trasferimento a Roma di Gino Funaioli (1878-1958), su richiesta della facoltà, passò sulla cattedra di Latino (continuò per incarico ad insegnare anche Lingua e Letteratura Greca). A Bologna Coppola ebbe una buona accoglienza ; fu subito apprezzato da colleghi e studenti per il suo impegno, le capacità e la dedizione all’insegnamento. I primi anni del soggiorno bolognese furono anche i più proficui per la produzione scientifica. Al 1933 risale la pubblicazione di quattro papiri documentari della collezione bolognese (Papyri Bononienses, « Aegyptus » xiii, 1933, pp. 663-666) : PBon 4 (Lettera di Chreston a Paches), PBon 5 (Lettera di Sarapion ad Apollonios), PBon 6 (Lettera di Eudaimon a Didymos) e PBon 7 (Lettera di Agathos Daimon a Kronion). L’acquisto di questi frammenti era stato realizzato da Achille Vogliano nel ’30, grazie ad un cospicuo aiuto economico del Ministero dell’Educazione Nazionale, ma lo studioso, impegnatosi ormai da anni a pubblicare i frammenti letterari, continuava a mantenere inediti quei materiali. La successione a Vogliano presso l’Università bolognese aveva offerto a Coppola il pretesto per dare avvio alla pubblicazione dei papiri bolognesi documentari e lamentare nello stesso tempo gli indugi del Vogliano. La vicenda dei papiri bo 















































lognesi scatenò una polemica tra Coppola e Vogliano, il quale rispose alle accuse lanciate da Coppola sulle pagine di « Aegyptus » soltanto nel 1948, quando Coppola era già morto (cf. « Acme » i, 1-2, 1948, pp. 195-197). Documenti papiracei Coppola pubblicò anche nella raccolta Documenti del Cristianesimo primitivo, edita nel 1935. Sul Coppola docente, le poche testimonianze a noi note consentono di tratteggiare una figura d’insegnante appassionato della sua materia, capace di farla amare e desideroso di avvicinarsi ai giovani. Un metodo efficace adoperato da Coppola per coinvolgere i suoi studenti e suscitare il loro interesse erano le Esercitazioni di filologia classica, seminari nel corso dei quali a turno gli studenti relazionavano su un argomento di critica testuale a loro scelta, consegnando poi al docente una relazione scritta. Dai registri di queste esercitazioni, conservati nell’Archivio dell’Università di Bologna (cf. registri degli anni accademici 1934/35 e 1935/36), si ricava che Coppola aveva affidato agli allievi migliori anche testi papiracei di recente scoperta. È il caso, ad esempio, di Giuseppe Schiassi (1911-1983), che relazionò sul nuovo frammento dei Prospavltioi di Eupoli, scoperto da Breccia nel 1932 e pubblicato da Norsa e Vitelli nel 1933 (PSI xi 1213) ; e di Alberto Graziani (1916-1943), che si occupò delle allora inedite Elleniche di Ossirinco (PSI xiii 1304). In una lettera del 26 settembre 1937, indirizzata al suo maestro di storia dell’arte Roberto Longhi, Graziani ha rilasciato una significativa testimonianza su Coppola docente : « Io credo che quello che mi ha affezionato al prof. Coppola non sia stato tanto il suo valore di filologo, che è grande, quanto la sua ricchezza e giovinezza di spirito : ho imparato da lui molte più cose, che lui non sospettava di insegnare, e più utili di quelle comprese nella sua materia. [...] il prof. Coppola è tanto scanzonato e libero, e tanto buono ! » (A. Graziani, Proporzioni. Scritti e Lettere, ii, Le lettere (19341943), a cura di T. Graziani Longhi, Bologna, Nuova Alfa, 1993, p. 159). Dei lavori di Schiassi e Graziani, presentati nel corso dei seminari di filologia classica, Coppola propiziò la pubblicazione, ma solo lo studio di Schiassi apparve nel 1944 tra le Pubblicazioni straordinarie dell’Accademia delle Scienze di Bologna (De Eupolidis comici poetae fragmentis). In questo impegno si può cogliere la volontà di dar vita a una scuola di giovani studiosi, un tentativo che però, a causa delle successive vicende biografiche di Coppola, non ebbe realizzazione. Tra gli allievi di Coppola si segnala anche Adelmo Barigazzi (1913-1993), il quale, laureatosi a Bologna con Coppola, si perfezionò a Firenze con Giorgio Pasquali ed Ettore Bignone ed in seguito fu titolare di Letteratura greca prima a Pavia e poi a Firenze. Ai primi anni bolognesi risale anche il primo volume Il teatro di Aristofane, edito nel ’36 e dedicato alla produzione comica greca anteriore ad Aristofane (Cratino, Eupoli, Cratete) e in cui, come ha osservato Enzo Degani, Coppola « ha scritto pagine sicuramente non trascurabili » (E. Degani, Da Gaetano Pelliccioni a Goffredo Coppola : la letteratura greca a Bologna dall’Unità d’Italia alla Liberazione, Bologna, Clueb, 1989, p. 26). Nel secondo capitolo dedicato a Cratino (Audax Cratinus) Coppola dà conto anche dei frammenti dei Plou`toi pubblicati da Vitelli e Norsa (PSI xi 1212) e di quelli editi nel 1934 da Paul Mazon (PBrux inv. E 6842).  

























goffredo coppola (1898-1945) Il soggiorno bolognese rinsaldò l’impegno attivo di Coppola nel Partito Nazionale Fascista. Prese avvio in questi anni anche la sua attività pubblicistica : dal 1933 era collaboratore fisso de « Il Popolo d’Italia », cui si aggiunsero « Il Resto del Carlino », il « Corriere della Sera », « Gerarchia » e « Civiltà fascista », di cui Coppola diventerà direttore nel 1944. L’attivismo politico allontanò progressivamente Coppola dalla didattica e dalla ricerca ; ai contributi originali dei primi sedici anni di ricerca seguirono pubblicazioni più deboli sul piano scientifico, e, in diversi casi, raccolte di scritti già editi. Non fu mai portato a compimento, ad esempio, il secondo volume sulla commedia greca, che doveva essere dedicato ad Aristofane e che però da alcune sue lettere risulta essere stato scritto. Nel 1938 e 1939 Coppola si limitò a raccogliere scritti giornalistici già pubblicati, in particolare su « Il Popolo d’Italia », nei due volumi L’erede di Cesare e ... con la testa sullo zaino. Con lo scoppio della guerra, Coppola interruppe l’attività accademica : nel 1940 prese parte alla breve campagna dell’Italia contro la Francia e nel 1942 partì come volontario in Russia nel reparto Propaganda dell’8a armata, ma dovette a un certo punto rinunciare per ragioni di salute. Con il ritorno a Bologna, dopo l’esperienza russa, e con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, l’attività pubblicistica di Coppola si fece più radicale e più aspra. La collaborazione dello studioso alla politica del regime incluse anche un’attiva partecipazione alla campagna antisemita fascista. Gli articoli razzisti, raccolti poi nel 1944 nel volume Trenta danari, nonché l’attiva collaborazione con gli occupanti nazisti, costituiscono senza dubbio la pagina più discussa della vicenda di Coppola come uomo e come studioso e hanno contribuito a quella damnatio memoriae che ha irrimediabilmente segnato la sua figura. La sua collaborazione con i tedeschi fu determinante nella nomina a Rettore dell’Università di Bologna : eletto pro-rettore il 24 novembre 1943, ottenne poco dopo l’incarico di Rettore, che mantenne fino al 21 aprile 1945. Negli ultimi giorni della RSI, Coppola seguì Mussolini nell’estremo tentativo di fuga. Arrestato presso Dongo, anche lui fu fucilato il 28 aprile 1945.  































ii. «In Italia i papiri ci stanno di casa» Il 1° dicembre 1932, sulla « Nuova Antologia », Coppola annunciava l’uscita del volume x dei PSI con un articolo intitolato Papiri Italiani. Dopo una prima descrizione delle origini della papirologia e dei progressi ottenuti nelle discipline classiche grazie alla ricerca e allo studio dei papiri, lo studioso si concentrava sull’attività papirologica in Italia, con particolare riferimento ai papiri di Ercolano, alla fondazione della « Società Italiana dei papiri », e ai successi della scuola fiorentina. Nell’articolo Coppola definisce la papirologia in questi termini : « La papirologia è una scienza, e diverrà sempre più, ogni giorno di più, una vera scienza, una disciplina dello spirito ; la scienza dell’antichità, voglio dire, più complessa e difficile, perché essa finirà a poco a poco con l’abbracciare tutti i campi delle discipline classiche ». Nondimeno per Coppola il papirologo « dev’essere insieme paleografo e filologo, conoscitore del diritto e della storia, deve essere cioè una mente aperta a problemi di ogni genere, a problemi storici [...] conoscitore di antichità  

















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intese nel senso più vasto della parola ». Un profilo che poteva adattarsi a Girolamo Vitelli, ricordato nello stesso articolo insieme con la Norsa « attenta e meticolosa studiosa », come fondatore della papirologia fiorentina. I contributi più originali di Coppola in ambito papirologico risalgono al periodo che va dagli anni ’20 al 1935 circa e che coincide in gran parte con la sua attività presso la papyrotheke fiorentina. Oltre alle edizioni di papiri già segnalate, si possono citare altri significativi lavori. Dalla bibliografia scientifica di Coppola raccolta da Degani, emerge la grande familiarità dello studioso con la letteratura greca, anche con i suoi autori “minori”, e nello stesso tempo si nota come nella maggior parte dei casi l’occasione di studio fosse offerta proprio dalle scoperte papiracee di quegli anni. È il caso ad esempio dei contributi sulla poesia di Archiloco e Ipponatte. Il ritrovamento di un nuovo epodo fiorentino, edito da Vitelli e Norsa e inizialmente attribuito ad Archiloco, ma poi riconosciuto come callimacheo e come tale ripubblicato (PSI xi 1216), offrì a Coppola l’occasione di intervenire sulla rivista « Studi Italiani di Filologia Classica » in polemica con Giorgio Pasquali su alcune questioni di metrica e cronologia. Il nuovo epodo, infatti, aveva portato Coppola ad ipotizzare una cronologia diversa rispetto a quella tradizionalmente accolta, e tuttora vigente, e a collocare Ipponatte prima di Archiloco (cf. Sul nuovo epodo fiorentino. i. Il nuovo Archiloco e la prima legge di Knox, « SIFC » n. s. x 3, 1933, pp. 165-168). Dai nuovi papiri callimachei (PSI ix 1092, xi 1217, 1218, 1219) scaturirono studi sugli Aitia, sulla Chioma di Berenice e sulle Dihghvsei~, nei quali Coppola approfondì problemi relativi alla poetica callimachea e alla cronologia. A proposito degli Aitia, ad esempio, giunse alla conclusione che fossero stati composti dal poeta in età avanzata (si vedano a questo proposito Callimachus senex, « RFIC » n. s. viii, 1930, pp. 273-291, Poeti e Telchini, « SIFC » n. s. x 4, 1933, pp. 327-338). Questa opinione di Coppola è stata in parte confermata dall’ipotesi formulata da Parsons e che allo stato attuale degli studi sembrerebbe la più plausibile : secondo Parsons, Callimaco avrebbe composto i primi due libri da giovane e realizzato poi una seconda edizione degli Aitia quando era ormai avanti con gli anni (cf. Callimaco. Aitia. Libri primo e secondo, a cura di G. Massimilla, Pisa, Giardini, 1996, pp. 3440). I contributi callimachei furono raccolti da Coppola nel 1935 nel volume Cirene e il nuovo Callimaco. Buona parte delle sue ricerche Coppola dedicò anche ad Alceo, la cui conoscenza era stata incrementata da nuovi testimoni pubblicati dai papirologi inglesi nei POxy. Nei suoi contributi sulla poesia alcaica (Su Alceo di Mitilene, « Aegyptus » iv, 1923, pp. 283-295 ; Alceo di Mitilene, « A&R » n. s. viii, 1927, pp. 193-217 ; La poesia di Alceo, « AFLC » iii, 1930-31, pp. 143-167) Coppola offre saggi di traduzione, tenta un’interpretazione dei frammenti e in alcuni casi discute varianti e propone congetture, di cui i moderni editori danno tuttora conto. Sono state in gran parte confermate e accolte dai moderni anche le intuizioni di Coppola in merito a un frammento di Filisto di Siracusa, PSI xii 1283 (= MP3 89.11 ; LDAB 3539 ; cf. Una pagina del Peri; Sikeliva~ di Filisto in un papiro fiorentino, « RFIC » lviii, 1930, pp. 449-466). Il riconoscimento del testo era stato possibile grazie all’aiuto di Gaetano  















































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vanna maraglino

De Sanctis, e a De Sanctis Coppola si rivolse nuovamente per l’edizione degli importanti frammenti delle Elleniche di Ossirinco, a lui originariamente affidati dalla Norsa, ma non pubblicati. Coppola ne aveva affidato lo studio a un suo allievo, Alberto Graziani, il cui lavoro però non fu pubblicato. Furono editi infine da Vittorio Bartoletti (19121967) nel 1948 come PSI xiii 1304 (= MP3 2190 ; LDAB 582). Coppola riuscì però a presentare i risultati delle ricerche di Graziani il 19 agosto 1939 sulla terza pagina de « Il Popolo d’Italia », nell’articolo Pagine inedite di uno storico greco, che conteneva un breve commento complessivo e la interpretazione del frammento B delle Elleniche. Rilevanti sono anche i contributi di Coppola su un autore di primaria grandezza quale Platone. Significativo a riguardo l’articolo Appunti intorno ai papiri di Platone (« Aegyptus » v, 1924, pp. 213-230), in cui Coppola passava in rassegna i testimoni papiracei di Platone noti fino a quel momento, mettendoli in relazione con la ricca tradizione manoscritta e valutava di volta in volta la genuinità e la qualità delle lezioni offerte dai papiri rispetto a quelle della tradizione medievale. A Coppola si riconosce il merito di essersi subito schierato con i sostenitori dell’utilità, per la critica testuale platonica nonché per l’interpretazione del pensiero platonico, di PPetrie i 5-8 (= MP3 1388 ; LDAB 3835), che tramanda un lungo frammento del Fedone, e di PPetrie ii 50 (= MP3 1409 ; LDAB 3836) che conserva un brano del Lachete. Questi due papiri sono stati oggetto di un lungo dibattito, che ha visto gli studiosi contrapposti sul loro valore. Per la critica moderna, ha osservato Antonio Carlini, « il valore della testimonianza di PPetrie del Lachete, così come di quello del Fedone [...] è ormai fuori discussione ». Anche a proposito di un altro papiro platonico, il PMonac 21 (= MP3 1389.1 ; LDAB 3833), che tramanda un commentario al Fedone, Carlini ha fatto notare che « Coppola ha avuto il merito di uscire dallo schema dialogico imposto da Wilcken » e « per primo si era dichiarato poco convinto della ricostruzione di Wilcken e aveva concluso per un’opera di contenuto esegetico relativo al Fedone » (cf. CPF, Parte iii : Commentari, Firenze, Olschki, 1995, pp. 211 e 219). Un aspetto non trascurabile nell’attività di Coppola è stata la divulgazione attraverso la stampa quotidiana, soprattutto a partire dagli anni Trenta, quando lo studioso diventò assiduo collaboratore de « Il Popolo d’Italia ». Dalla terza pagina del quotidiano di Mussolini, Coppola si fece “banditore” dell’attività della papirologia italiana, e in particolare della scuola fiorentina, annunciando e illustrando le nuove scoperte. Volta per volta furono presentati al lettore, non senza implicazioni nazionalistiche, nuovi frammenti di Eschilo (Niobe e Dictyulkoi, poi editi come PSI xi 1208-1209), una pergamena delle Istituzioni di Gaio (PSI xi 1182), frammenti di Callimaco (PSI xi 1216, 1217 A-B, 1218, 1219), di Eupoli (PSI xi 1213), di Sofrone (PSI xi 1214), di Cratino (PSI xi 1212), di Euforione (editi prima da Norsa e Vitelli in « ASNP » s. ii, iv, 1935, pp. 3-14 e poi da  





































Bartoletti nel 1957 come PSI xiv 1390), il celebre ostrakon di Saffo (PSI xiii 1300), un frammento di fisica (PSI xiv 1400), le Elleniche di Ossirinco (PSI xiii 1304), le lettere del ciclo di Alessandro (PSI xii 1285), testimonianze importanti che arricchivano le conoscenze sul mondo greco-romano e che documentavano la vitalità dell’antichistica italiana. Dopo aver fornito informazioni generali sui frammenti ritrovati, sulla loro provenienza, sugli autori riscoperti, Coppola offriva una prima interpretazione dei testi e in alcuni casi una traduzione, dando spesso conto delle conversazioni e del parere di Norsa e Vitelli, senza dimenticare quasi mai di esprimere riconoscenza nei confronti del governo, che elargiva finanziamenti per la ricerca papirologica. In questi scritti non scientifici è possibile riconoscere spesso l’attenzione e l’entusiasmo per una disciplina la cui “modernità” e importanza Coppola seppe ben cogliere. Nota bibliografica Un profilo biografico di Coppola, con un giudizio negativo anche sulla sua produzione scientifica, si trova in Dizionario biografico degli italiani, xxviii, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1983, pp. 660-662 (la voce è curata da Piero Treves). Una più equilibrata ricostruzione biografica, corredata di una bibliografia degli scritti scientifici del Coppola, si deve a Enzo Degani, Da Gaetano Pelliccioni a Goffredo Coppola : la letteratura greca a Bologna dall’Unità d’Italia alla Liberazione, Bologna, Clueb, 1989, pp. 39-44. La bibliografia di Degani è stata in seguito ampliata da Federico Cinti, Il Rettore della RSI. Goffredo Coppola tra filologia e ideologia, Bologna, Clueb, 2004. Non presenta, invece, elementi nuovi il lavoro di Andrea Jelardi, Goffredo Coppola. Un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo, Milano, Mursia, 2005. Ripercorre l’attività politica di Coppola anche Philippe Foro, Goffredo Coppola, des études antiques à l’exécution de Dongo, « Anabases » iv, 2006, pp. 65-75. La formazione e gli anni d’insegnamento di Coppola, fino al Rettorato, sono stati ricostruiti, grazie a documenti inediti, da Gian Paolo Brizzi, Goffredo Coppola e l’Università di Bologna, « QS » lx, 2004, pp. 141-183. Una completa ricostruzione del profilo biografico e scientifico dello studioso, in un più ampio contesto di storia culturale, si deve a Luciano Canfora, Il papiro di Dongo, Milano, Adelphi, 2005. Per la produzione giornalistica di Coppola, cf. G. Coppola, Scritti papirologici e filologici, a cura di Vanna Maraglino, Bari, Dedalo, 2006, con una lista degli scritti pubblicistici. L’immagine qui pubblicata è un particolare di una fotografia tratta dal volume La tragedia italiana sul Fronte Russo (1941-1943). Immagini di un sofferto sacrificio, a cura di Pier Luigi Bertinaria (Rimini, Bruno Ghigi Editore, 1993). Essa ritrae Coppola insieme a militari italiani e tedeschi durante la campagna di Russia.  







Università degli Studi di Bari



Naphtali Lewis (1911-2005) 1  

Roger S. Bagnall

T

he death of Naphtali Lewis [Pl. ix] on 11 September 2005, at the age of 93, brought to an end a generation in American papyrology and even on the larger scene leaves hardly anyone who can remember the papyrological world of the 1930s that he so memorably evoked at the Assemblée Générale of the Florence Congress of Papyrology in 1998, where he enjoyed playing Nestor to the younger generation. 2 Lewis was born on 14 December 1911 in New York. With undergraduate training at City College (A.B. magna cum laude, 1930) in Classics and French, Lewis entered the Master’s program at Columbia University. He remembered the teaching as generally mechanical and uninteresting. Its high point was a papyrology course in the History Department with William Linn Westermann in the spring of 1932, in which the other students were Meyer Reinhold and Moses Finkelstein (later Finley), both to have distinguished careers. The course focused on the Zenon papyri in the Columbia collection, and Lewis took naturally to the text editing, Westermann’s weaker side. Prospects for continuing to the doctorate at Columbia after his M.A. that year were nonexistent, for Lewis had no money (and was offered no fellowship), and in any case the department was so uninspiring that he looked elsewhere. There was nowhere in the U.S. at that point where he could get the papyrological training he needed (the young Herbert Youtie’s appointment at Michigan was as a researcher), and a providential fellowship from the American Field Service sent him to France. In France, where he received a certificate at Strasbourg in 1933 and his doctorate in Paris in 1934, Lewis was taught by Paul Collart, whom he remembered as paternal and solicitous, for papyrology and by Gustave Glotz for history. His dissertation on the papyrus industry was publicly defended (with a grade of très honorable) before these two luminaries and André Piganiol ; in its published versions (first in French, later in English as Papyrus in Classical Antiquity, 1974) it has become a classic monograph. His fluent French, on display on that occasion, was to serve him well throughout his career, including three terms as president of the Association Internationale de Papyrologues (1974-83). After the defense, Lewis held a fellowship at the American Academy in Rome for two years, and he was also a member of ifao in the winter of 1934-35, with Pierre Jouguet  



1  The first part of this notice was first published in « BASP » 43 (2006), pp. 5-8. The second part was delivered (in a shorter version) at the Assemblée générale of the Association Internationale de Papyrologues, Ann Arbor, 4 August 2007. A bibliography of Lewis’s works compiled by Ralph Keen appeared in « BASP » 15 (1978), pp. 2-8 ; a supplement down to 1993 appears in Lewis’s On Government and Law in Roman Egypt : Collected Papers of Naphtali Lewis, American Studies in Papyrology 33, Atlanta 1995, pp. xi-xiii.  











Pl. ix. Naphtali Lewis (1911-2005).

and Octave Guéraud for mentors and Jean Scherer, his contemporary at the Sorbonne, as company. They all worked together on the Fouad papyri. That spring, Lewis traveled in the Levant and Eastern Mediterranean, including Palestine and Lebanon. Memories of a bus trip to Baalbek in a spring snowstorm, in the middle of which a train of camels appeared, were still fresh more than six decades later. He then went on to Istanbul, Athens, and Italy, culminating at the Florence papyrological congress of 1935. The great depression was not an easy time to enter academic life, and Lewis pieced together part-time and visiting posts for two years until he found an instructorship from 1938 at New York University, where Lionel Casson, who was to be his lifelong friend, had been hired not long before. The department head, Casper Kraemer, persuaded Westermann to let Lewis edit the Karanis fourth-century papyri in the Columbia collection. A few of these appeared in articles over the years, the remainder only years later in PCol vii, which we published jointly after I came to Columbia. During the second World War, Lewis worked in the War Department as a translator for the Corps of Engineers and as director of war research at Columbia. He continued 2  See Reminiscences, in I. Andorlini-G. Bastianini-M. Manfredi-G. Menci (edd.), Atti del xxii Congresso Internazionale di Papirologia, Firenze 23-29 agosto 1998, ii, Firenze 2001, pp. 1343-1344. Some of the information in this memorial derives from conversations with Toli (the nickname by which he was universally known) in Croydon, New Hampshire, 20-22 August 1999. I am also indebted to Judith Lewis Herman for a brief curriculum vitae from Toli’s files.

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roger s. bagnall

at Columbia after his war service, teaching classics until he found his permanent position at Brooklyn College, where he taught from 1947 until his retirement in 1976 as Distinguished Professor, taking an active role also in the City University’s Graduate School in midtown Manhattan. In retirement he and his wife, Helen Block Lewis, a distinguished psychologist and psychoanalyst with a doctorate from Columbia, lived in Connecticut, with Lewis doing some teaching at Yale, summering as they had since 1945 in their house in Croydon, New Hampshire. Later still, Cambridge, Massachusetts, where their two children ( Judith Lewis Herman and John B. Lewis) lived, became their winter home. After Helen’s death in January 1987, Toli suffered a heart attack and came back to normal activity only slowly, but he was eventually remarried very happily to Ruth Markel and, despite significant arthritic difficulties, traveled quite a bit, with Jerusalem and Santa Barbara favored haunts. Like his contemporary T. C. Skeat, he continued to write to the end and remained unceasingly interested in the work of others. Ruth’s death in November 2004 was a great blow, and when I last visited him in Cambridge, four months before his death, he complained mostly of being unable to manage the trip to the Harvard library to keep up his work. Lewis’s voluminous work ranged widely, as can be seen from the bibliographies in « BASP » 15 (1978), pp. 2-8 (prepared by Ralph Keen) and in Lewis’s On Government and Law in Roman Egypt (American Studies in Papyrology, 33, Atlanta 1995), pp. xi-xiii. Its core, apart from the editing of papyrus texts, is well described by the title of the latter book, in which many of his articles are collected, but one could say above all that Lewis was a student of administration, particularly of the ways in which the Romans used compulsory public service instead of professional bureaucracy. This work took final form in The Compulsory Public Services of Roman Egypt (second edition, Papyrologica Florentina, 28, 1997), an indispensable work for anyone concerned with the liturgical system. His shrewd understanding of human nature, particularly in its administrative manifestations, enabled him to see the real functioning of the people and institutions behind the bland prose of official documents. Another side of Lewis’s work is represented by his two books aimed at a wider audience, Life in Egypt under Roman Rule and Greeks in Ptolemaic Egypt, as well as sourcebooks : the sweeping and voluminous Roman Civilization (2 vols., 1951 and 1955, with his old Columbia classmate Meyer Reinhold) plus smaller volumes of translated texts on the fifth century B.C., the Roman principate, and the interpretation of dreams. Despite the seemingly parallel character of the two books on Egypt, the Roman book is much more thematic in nature, the Ptolemaic one more episodic and microhistorical, as a series of case studies. With their clear and graceful style, plus the teacher’s gift of fastening on interesting details, both have reached the intended broad audiences and brought the papyrologist’s work to a general public and to undergraduates (both have been translated into French). Given his long study of administration, it is not surprising that Lewis was also a capable administrator and leader,  





serving as associate dean of Broooklyn College for seven years and then as executive officer of the classics program at the City University’s Graduate School and University Center. He was the ASP’s second president (1965-69) and in that role a strong supporter of the program of summer seminars held between 1966 and 1970. He was, indeed, deeply devoted to nurturing younger generations of scholars, whom he treated as colleagues, and unstintingly generous of his time in reading work and offering advice. He was treasurer of the Society at the time I became Secretary (1974) and expeditiously handed over the treasurership to me as well. My files from that era are full of his sage advice, typically written in the margins or on the back of my bureaucratic memoranda – with depression-era thrift, he never wasted a good sheet of paper. They also show the other traits that his friends will remember, his charm, sense of humor, interest in colleagues’ families, and pride and affection for his own. Toli from the Archives For a papyrologist to talk about another papyrologist, there can be no better place to start than with the archives. Toli came to email fairly late and never with a great deal of conviction ; his preference for the Selectric typewriter lasted at least until 2001 as well. My Lewis archive begins with a four by six inch piece of paper, torn from a cheap pad, handwritten transversa charta with nine lines on 9/22/68, when I was all of 21 and a first-year graduate student, promising to get back to me shortly about a question I had sent him concerning a liturgical post in an Oxyrhynchus papyrus I had edited during the summer seminar in papyrology that year. And he did, two days later, with a concise typed letter giving useful advice. I had met Toli at the Ann Arbor Congress in August. He had given the keynote address, and I was surely the youngest person there. Most of the characteristics that the archive reveals later are here in a nutshell : efficiency, brevity, economy with materials, openness to the young, and generosity. There is then a gap until the winter of 1974, when I had agreed to become Secretary of the American Society of Papyrologists. Toli, then Treasurer, fired off a broadside to the ASP directors on February 26 proposing – and assuming concurrence in the proposal – that the office of treasurer be recombined with that of secretary : that is, that he hand over this job to me. Nine days later, on March 7, after learning that I was going to come to Columbia that fall as an assistant professor, he wrote to me proposing that I take over his file of transcripts of the Columbia papyri from fourth-century Karanis and that we publish them jointly. This was an extraordinary gift, to which I have referred in the preface to Egypt in Late Antiquity (Princeton 1993). I can hardly think of a parallel act of generosity in the history of papyrological scholarship. It is true that he might well never have got around to publishing them himself, but that consideration has not deterred any number of other scholars from sitting complacently for decades, even a whole professional life, on material kept unavailable to everyone else. I cherish also a parenthetical remark that begins « Without in any way meaning to put myself in Wilcken’s class ... ».  









naphtali lewis (1911-2005) Toli the ASP director figures heavily in the early years of the archive. He loved to respond to my bureaucratic communications with marginal notes, the skinflint at work as ever. He turned one letter over and typed a four-line reply about the efficacy of self-stick address labels. One marginal note probably saved me from taking on the job of distributing the ASP’s monographs ; he wrote, « You should not take it – it is a commercial, not an academic, activity ». After Toli’s retirement from cuny, when he was settled in Connecticut and attached to Yale, his letters become longer. One from February, 1977, when I was in the Netherlands, recounts the collapse of the Phelps Hall heating system during the second worst recorded winter for that area, « exceeded only by that of 1918, the winter of the dreadful, lethal flu », he says. Two months later, economical as ever, he notes caustically the printing of the same two dozen pages of edition of Tebtunis papyri in two different text volumes : « What a waste of two dozen precious pages – and in these times of astronomical printing costs ! ». In late May, for reasons I do not recall – perhaps the need to enlist his cooperation to make sure his bibliography was complete – Helen told Toli about the Festschrift for him that Michael Browne and I were in the process of putting together. He wrote to Michael ; after thanks and some words about the bibliography, he started offering suggestions for additional contributors and proposing that the collection be a first volume of a new supplements series rather than a volume of the Bulletin. Chutzpah, perhaps ; but in a world where the self-organized Festschrift is not unknown, manageable. When the volume appeared, however, the letter (from Croydon) is nothing but gracefully-expressed thanks : « In the world of fact today is overcast, gloomy and raining ; but in the glow cast by the festschrift it is bright, sunny and warm ». Toli’s experience of the world of papyrology was particularly valuable when I had to organize the international congress in 1980. A note from February of that year includes « Re : chairmen of sessions. Avoid using (experience has shown that they have not the stomach for interrupting windbags) : [here follow the names of five eminences, after the last of whom he remarked, “he looks frightening but is in reality a very tame, gentle creature”] ». And he was right about all of them, of course. He also offered some positive suggestions. By 1981 health began to make its way into the letters, something absent before except for one bad case of flu. A letter in May telling me he planned to step down from the presidency of the Association Internationale de Papyrologues says « and I also think a septuagenarian, which I will be if I live till Xmas, should make way for “younger blood” ». Probably the arthritis about which he wrote in more detail in October, causing him to walk with a cane,  









































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lay behind this caveat. By February, despite a bad winter, he was doing better, but all of his friends know how much Toli’s joints interfered with his enjoyment of life in the coming two decades, and by November he writes about his impending first surgery. He was hoping to be mobile again by early spring to come to a colloquium I was organizing – to « rejoin the human race, or at least the papyrological part of it », as he put it. The surgery was delayed, but on the Ides of March, 1983, he was jubilantly mobile. In the summer of 1984 he spoke of himself as « the standard picture of the retired professor, except that I’m not writing my memoirs » – that is, he was busy at his desk and in the garden. That fall he wrote almost lyrically about the simple life in Croyden, but concluded, « Who could ask for more ? We could ». Therewith he announced that they were taking up residence in Cambridge for the winter months, apart from a stay in Santa Barbara. A year later, however, he was complaining about the inadequacies of the Harvard library and asking for a photocopy of an article from The Irish Jurist that they lacked. Those gaps were to plague him for the rest of his life, at least until the last year when he couldn’t go to the library at all ; that was worse. Next in the archives are the moving pages that Toli sent out as a circular letter in February, 1987, talking about Helen’s illness and death and his own heart attack and recovery : photocopied, with characteristic thrift, back to back. By April the postcards were flowing, by fall the xerox requests. Even becoming a dean a couple of years later didn’t save me from them. But Toli’s pleasure at being back at work repaid all. A letter from June 1991, records his pleasure also at being elected a Corresponding Fellow of the British Academy. Although mobility remains a perennial theme, ranking with photocopies and reactions to publications I sent him, a letter from fall, 1997, shows Toli making plans to get to the Florence congress the following summer – which he did, as I have noted above. He took on the role of Nestor with much self-awareness and enjoyed it thoroughly. The same letter talks at some length about his children Judy and John, with enormous pride in their accomplishments, even in the parts he could make little of ; he mentions a recent paper of John’s « of which I understood occasional words, like the and lemma ». Toli’s notes over the years are in fact full of interest in the progress of our children. There is more. These scraps of paper are aids to memory, calling the man back to mind, with all his delight in life, work, family, and friends. There are many gaps, only some of which I can fill in from what else I knew and know. It is all much like bringing people to life from the papyri, that craft at which Toli had no equal.  























New York University, New York

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Orsolina Montevecchi (1911-2009)

Carla Balconi

O

rsolina Montevecchi [Tav. x] nacque a Gambettola, in Romagna, il 18 marzo 1911. All’età di sei anni si trasferì a Milano, presso gli zii materni, e qui trascorse tutta la vita fino alla morte, avvenuta domenica 1 febbraio 2009, poche settimane prima del suo 98° compleanno. Dopo aver frequentato il liceo-ginnasio Parini, si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si laureò nel 1935 con Aristide Calderini, discutendo una tesi di Papirologia dal titolo Ricerche di sociologia nei documenti dell’Egitto greco-romano : i. I testamenti ; ii . I contratti di matrimonio e gli atti di divorzio, e nel 1938 conseguì il diploma di perfezionamento. Insegnò per alcuni anni come professore di ruolo nel R. Ginnasio Luigi Torelli di Mortara. Nel 1950 conseguì la libera docenza e nel 1952 risultò vincitrice di concorso per l’insegnamento della Papirologia. Nel 1953, quando Aristide Calderini, ormai fuori ruolo, lasciò l’insegnamento della Papirologia, che aveva tenuto fino ad allora per incarico, mantenendo ancora per cinque anni, fino al definitivo collocamento a riposo, quello di Antichità greche e romane, di cui era titolare, 1 la Montevecchi fu chiamata alla Cattolica di Milano come professore incaricato di Papirologia. Dall’anno accademico 1955/56, per interessamento di Calderini, fu istituita per lei nell’Università Cattolica una cattedra convenzionata di Papirologia, cattedra che la Montevecchi ricoprì fino al 1986, anno del suo pensionamento. Tenne per incarico anche l’insegnamento di Antichità greche e romane dal 1958 al 1981. Dall’anno accademico 1958/1959 fu direttore dell’Istituto di Papirologia dell’Università Cattolica di Milano, poi divenuto dal 1982/1983 al 1985/1986 Istituto di Antichità classiche e Papirologia. In seguito alla morte di Calderini, avvenuta il 15 settembre 1968, le fu affidata la direzione di Aegyptus, alla quale si dedicò per ben trentaquattro annate : dalla 47 (1967), edita nel 1969, fino alla 80 (2000), pubblicata nel luglio 2002. Membro dell’Association Internationale de Papyrologues (AIP), ne fu presidente dal 1983 al 1989 e poi Président d’honneur. Fu anche membro dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere. Nel 1986 fu tra i soci fondatori dell’Istituto Italiano per la Civiltà Egizia (IICE) con sede a Torino. Nel 1990 fu insignita del titolo di professore emerito di Papirologia dell’Università Cattolica di Milano. Nel 1993, in riconoscimento dei suoi meriti, il Comune di Milano la nominò cittadina benemerita e le conferì la medaglia d’argento.  







1  S. Daris, Aristide Calderini (1883-1968), in Hermae. Scholars and Scholarship in Papyrology, i, Pisa 2007, p. 266 n. 20, afferma che Calderini « tenne l’insegnamento di Papirologia per incarico dal 1924 al 1958 », ma dal 1953 al 1958 Calderini mantenne solo l’insegnamento di Antichità greche e romane, come professore fuori ruolo, oltre alla direzione dell’Istituto di Papirologia. Sulla figura di Calderini, fondatore degli studi papirologici a Milano, si vedano ora C. Gallazzi, Sessant’anni di papirologia  



Tav. x. Orsolina Montevecchi (1911-2009).

Conobbi la professoressa Montevecchi nel 1967, quando mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica e frequentai entrambi i corsi da lei tenuti, allora sempre affollatissimi di studenti, parecchi dei quali si laureavano nelle discipline da lei insegnate. La Montevecchi affiancava il corso di Papirologia con esercitazioni di lettura di papiri inediti della collezione dell’Università Cattolica (PMed = Papyri Mediolanenses) : questi testi, una volta decifrati, studiati e preparati per la pubblicazione sotto la sua guida, venivano pubblicati in Aegyptus. Dal 1974 al 1998 la Montevecchi partecipò a tutti i congressi internazionali di Papirologia accompagnata dai suoi allievi ; in alcune di queste occasioni fece omaggio di fascicoli di PMed studiati dalla scuola da lei diretta, e presentati in prima lettura ai partecipanti : nel luglio 1974 a Oxford (« Aegyptus » 54, 1974, pp. 3-137) ; nel maggio 1983 a Napoli (« Aegyptus » 63, 1983, pp. 3-102) ; nel maggio 1986 ad Atene (« Aegyptus » 66, 1986, pp. 3-70) e nel settembre 1989 al Cairo (« Aegyptus » 69, 1989, pp. 6-59). Ai numerosi allievi laureati, di cui si era saputa circon 

























all’Accademia scientifico-letteraria e all’Università degli Studi : ricerche, pubblicazioni e scavi dal 1914 al 1977, « Annali di storia delle università italiane » 11 (2007), pp. 166-177, § 1 : pp. 166-168 (La Scuola papirologica dell’Accademia scientifico-letteraria ed Aristide Calderini : 1914-1924) e Ch. Perelli Cippo, Aristide Calderini (1883-1968) e la nascita degli studi papirologici a Milano, « Annali di storia moderna e contemporanea » 14 (2008), pp. 113-160.  













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carla balconi

dare, insegnò anche a restaurare i papiri e a collocarli sotto vetro per la loro corretta conservazione. Dal 1968 la Montevecchi aveva incominciato a incrementare, a scopo didattico, la collezione di papiri dell’Università Cattolica, arrivando a triplicarla nel corso degli anni rispetto al nucleo primitivo procurato a suo tempo da Aristide Calderini. Ella procurò inoltre altro materiale antico in lingua greca proveniente dall’Egitto e risalente alle epoche tolemaica, romana e bizantina : ostraka, tavolette lignee, bolli d’anfora ed epigrafi : queste ultime, restaurate, dal 1999 sono collocate nell’atrio della cripta dell’Aula Magna dell’Università. Organizzò – nel 1974, nel 1985 e nel 1990 – mostre di papiri, per far conoscere i pezzi più importanti a studenti, colleghi e personale, e i visitatori – anche esterni – furono molto numerosi.  



più significativi oltre a quelli più recenti. Trentuno dei suoi articoli furono ripubblicati in Scripta Selecta e altri dodici in Bibbia e papiri. Luce dai papiri sulla Bibbia greca, 6 secondo una scelta da lei stessa operata.  

Le « Ricerche di sociologia »  



Fu Aristide Calderini, convinto dell’importanza degli studi di sociologia nel mondo antico attraverso i papiri, ad avviare la Montevecchi a queste ricerche già nella tesi di laurea. Ella sviluppò queste tematiche anche negli anni seguenti, pubblicando – a partire dallo stesso anno della laurea fino al 1948 – in annate successive di Aegyptus : i testamenti (« Aegyptus » 15, 1935, pp. 67-121), i contratti di matrimonio e gli atti di divorzio (« Aegyptus » 16, 1936, pp. 3-83), i contratti di compravendita di schiavi e di animali (« Aegyptus » 19, 1939, pp. 11-53), di edifici (« Aegyptus » 21, 1941, pp. 93151), di terreni (« Aegyptus » 23, 1943, pp. 11-89), di oggetti vari (« Aegyptus » 23, 1943, pp. 244-261), le vendite a termine (« Aegyptus » 24, 1944, pp. 131-158), le denunce di morte (« Aegyptus » 26, 1946, pp. 111-129), le denunce di nascita di greco-egizi (« Aegyptus » 27, 1947, pp. 3-24), i certificati di nascita di cittadini romani (« Aegyptus » 28, 1948, pp. 129-167). Presentò su questi temi una comunicazione al v Congresso Internazionale di Papirologia (Oxford, agostosettembre 1937), dal titolo Contributi per una storia sociale ed economica della famiglia nell’Egitto greco-romano, 7 e un’altra a Roma nell’ottobre 1942 in occasione della terza riunione scientifica della società italiana di sociologia, pubblicata nei relativi Atti, intitolata Criteri dell’indagine sociologica nei papiri dell’Egitto greco-romano. 8  















Pubblicazioni



La dedizione all’insegnamento e alla formazione di giovani promettenti, che potessero continuare la scuola fondata da A. Calderini, e la direzione di Aegyptus non frenarono la sua produzione scientifica. Fu infatti autrice di numerosissime pubblicazioni su temi diversissimi che toccano tutti i settori della Papirologia : dalle ricerche di sociologia ai Corpora Papyrorum Graecarum, dagli imperatori romani all’amministrazione e alla popolazione dell’Egitto, dall’edizione di papiri al manuale di Papirologia, dalla Papirologia cristiana agli studi lessicali. I suoi scritti si distinguono per le molte intuizioni geniali e per la chiarezza espositiva : in ognuno di essi è possibile trovare la nuova tessera di un mosaico che va a completare le nostre conoscenze papirologiche. Persino nelle recensioni, anch’esse numerosissime, ha saputo inserire spunti e suggerimenti interessanti. 2 La sua produzione scientifica, che tocca anche altre discipline, 3 ricopre l’arco di più di settant’anni : la sua prima pubblicazione risale al 1932, quando era ancora studente, 4 la sua ultima al 2003, 5 e ha continuato ad occuparsi di Papirologia fino al luglio 2007, a novantasei anni compiuti, quando in seguito ad una seconda frattura del femore non riuscì più a dedicarsi agli amati studi. Troppo lungo sarebbe render conto di tutte le sue pubblicazioni : mi limiterò quindi a raggrupparle per settori di ricerca, secondo un ordine cronologico rispettoso dei tempi di avvio delle diverse tematiche, evidenziando i lavori  































Storia e amministrazione













2  L’elenco delle pubblicazioni della Montevecchi fino al 1979, comprensivo delle recensioni, si trova in Scritti in onore di Orsolina Montevecchi, a cura di Edda Bresciani, Giovanni Geraci, Sergio Pernigotti, Giancarlo Susini, Bologna 1981, pp. xvii-xxiii ; esso è stato aggiornato fino al 1997 per le pubblicazioni (ma non per le recensioni) in Scripta Selecta, a cura di Sergio Daris, Milano 1998, pp. ix-xvi ; si veda anche la Bibliographie Papyrologique della Fondation Égyptologique Reine Élisabeth di Bruxelles. Nessuna delle succitate bibliografie è veramente completa : in ognuna di esse ho potuto constatare omissioni, anche se di lavori non fondamentali. L’elenco delle pubblicazioni della Montevecchi è stato aggiornato e completato in appendice al necrologio, in « Aegyptus » 88 (2008), pp. 7-17. 3  Documenti inediti sugli scavi di Veleia nel sec. xviii, « Aevum » 8 (1934), pp. 553-630 ; L’Epigrafia, in Introduzione allo studio della Cultura Classica, iii, Milano 1974, pp. 251-293. 4  Grafai; iJerevwn, « Aegyptus » 12 (1932), pp. 317-328. 5  L’altro in età tolemaica e romana (comunicazione presentata nel 



















Dei rapporti fra Roma e l’Egitto la Montevecchi si occupò fin dal 1938. 9 Seguirono il volume Tiberio imperatore 10 – preceduto da un articolo su « Epigraphica » 7 (1945), pp. 104108 : Osservazioni a proposito della lettera di Tiberio ai Giteati – e numerosi contributi relativi a vari imperatori, alcuni dei quali presentati in occasione di convegni dedicati a un determinato imperatore, fra i quali : - Problemi di datazione : Tiberio, « YClS » 28 (1985), pp. 267272 = Scripta selecta, pp. 77-82 ; - Nerone e l’Egitto. Postille, « PP » 30 (1975), pp. 48-58 = Scripta selecta, pp. 123-132 ; L’ascesa al trono di Nerone e le tribù  

























l’aprile 2003 all’viii Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia), « Aegyptus » 82 (2002), pp. 113-117 (edito nel luglio 2005). Il papiro edito dalla Montevecchi in PSijp, volume uscito nel 2007, fu consegnato per la stampa una decina d’anni prima, quindi non è il suo ultimo lavoro. 6  Barcelona 1999. 7  « Aegyptus » 17 (1937), pp. 338-348. 8  « Genus » (organo del Comitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione) 6-8 (1943-1949), pp. 220-227. Sul tema della famiglia la Montevecchi tornò anche molti anni dopo, su richiesta del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, con uno studio sull’adozione nel mondo antico, nel quale coinvolse alcuni suoi allievi : L’adozione nel mondo antico, in Reti familiari e bambini a rischio, Studi interdisciplinari sulla famiglia, 5, Milano 1986, pp. 15-34 ; sono suoi i §§ 1.4 L’Egitto faraonico, pp. 17-19 ; 3. L’adozione in Roma, pp. 24-28 ; Sintesi conclusiva, pp. 31-33. 9  Roma e l’Egitto, « Aegyptus » 18 (1938), pp. 319-332. 10  Brescia 1946.  























orsolina montevecchi (1911-2009)

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alessandrine, in Contributi dell’Istituto di Storia Antica 4, Milano 1976, pp. 200-219 = Scripta selecta, pp. 133-152 ; Il significato dell’età neroniana secondo i papiri greci d’Egitto, in Neronia 1977. Actes du 2e Colloque de la Société Internationale d’Etudes Néroniennes, Clermont-Ferrand 1979, Adosa 1982, pp. 41-54 = Scripta selecta, pp. 153-169 ; - Vespasiano acclamato dagli Alessandrini . Ancora su PFouad 8, « Aegyptus » 61, 1981, pp. 155-170 = Scripta selecta, pp. 171-185 ; - Tito alla luce dei papiri, in Atti del Congresso Internazionale di studi flaviani, Rieti 1983, pp. 345-354 = Scripta selecta, pp. 187-197 ; - Adriano e la fondazione di Antinoopolis, in Neronia iv. Actes du ive Colloque International de la SIEN, Bruxelles 1990, pp. 183-195 = Scripta selecta, pp. 199-212. Un altro argomento al quale dedicò vari studi specifici è quello dell’amministrazione dell’Egitto in età romana : L’amministrazione dell’Egitto sotto i Giulio-Claudii (ANRW ii, 10, 1, Berlin 1988, pp. 412-471) ; La crisi economica sotto Claudio e Nerone : nuove testimonianze (in Neronia iii . Actes du iiie Colloque International de la SIEN, Centro ricerche e documentazione sull’antichità classica, Atti, vol. xii, 1982-1983, pp. 139-148 = Scripta selecta, pp. 305-315) ; La documentazione papiracea del iii secolo d.C. Aspetti e problemi, « Aegyptus » 73 (1993), pp. 57-69 = Scripta selecta, pp. 371-383. Tra i problemi sociali e amministrativi si interessò tra l’altro al censimento, di cui sostenne la periodicità settennale sotto Augusto e quattordicennale a partire dal 19/20 d.C. (« Aevum » 50, 1976, pp. 72-84 = Scripta selecta, pp. 223237), proponendo di datare la più antica dichiarazione di censimento edita (PMed 3) nel 12/13 d.C. : anni dopo, la pubblicazione della parte inferiore del documento, ritrovata nella collezione di papiri della Columbia University di New York (PCol inv. 8) permise di precisarne la datazione al gennaio del 12 d. C., 11 quindi una data molto vicina a quella da lei proposta quindici anni prima. 12 Dedicò molti studi alle varie etnie presenti in Egitto, sostenendo la necessità di « intensificare la collaborazione tra papirologi ed egittologi – soprattutto demotisti e coptologi – per meglio studiare la realtà complessa del mondo egiziano nel rapporto tra le due culture coesistenti e interagenti ». 13 Si vedano soprattutto : - Aigyptios-Hellen in età romana, in Studi in onore di Edda Bresciani, Pisa 1985, pp. 339-353 = Scripta selecta, pp. 329344 ; - Egiziani e greci : la coesistenza delle due culture nell’Egitto romano, in Egitto e società antica. Atti del Convegno, Torino

Si dedicò per più di sessant’anni alla decifrazione e all’edizione di papiri della collezione dell’Università Cattolica di Milano, che incominciò a pubblicare a partire dal 1940. 14 Tra i papiri documentari da lei pubblicati meritano di essere evidenziati almeno PMed Bar inv. 1 (« Aegyptus » 63, 1983, pp. 4-17 = SB xiv 12720 = Scripta Selecta, pp. 291-304) e PMed inv. 70.01 verso (« Aegyptus » 50, 1970, pp. 5-33 = SB xii 11012 = Scripta Selecta, pp. 83-112). Il primo è una petizione a Pankrates, funzionario dell’amministrazione militare tolemaica nell’Arsinoite intorno alla metà del ii sec. a.C., con allegata schematografia di terreni. 15 Nel documento compare una donna, madre di un orfano e sua prostatis in virtù del contratto di matrimonio : ciò le diede l’occasione di occuparsi della donna ‘tutrice’ di minori nella prassi con

11  R. S. Bagnall, The beginnings of the Roman census in Egypt, « GRBS » 32 (1991), pp. 255-265. 12  Si veda anche Natura e metodi della Papirologia attraverso le vicende di un documento (PMed 3 + PCol inv. 8), in Atti del v Seminario internazionale di Papirologia, Lecce 27-29 giugno 1994, Napoli 1996, pp. 9-20 = Scripta selecta, pp. 3-16. 13  La Papirologia. Bilancio di un cinquantennio e prospettive per l’avvenire, « Aevum » 61 (1987), pp. 3-19, alla p. 16 = Scripta selecta, pp. 53-73. 14  « Aegyptus » 20 (1940), pp. 39-42 (denuncia di morte) ; 21 (1941), pp. 283296 (denuncia di proprietà, affitto di una casa, lettera per fornitura di grano) ; 22 (1942), pp. 63-67 (contratto di servizio) ; 23 (1943), pp. 90-105 (frammento storico o mitografico e Demost., De corona) ; 32 (1952), pp. 33-44 (scheda di censimento, contratto per scritturazione di una compagnia di artisti, frammento

di estratti di contratti) ; 50 (1970), pp. 5-33 = Scripta selecta, pp. 83-112 (Nerone a una polis e ai 6475) ; 54 (1974), pp. 22-30 (due dichiarazioni per l’epikrisis) e pp. 64-71 (affitto di terreno) ; 55 (1975), pp. 58-69 (Simbolo costantinopolitano) ; 63 (1983), pp. 4-17 (petizione a Pankrates) ; 66 (1986), p. 38 (nota nel verso di un tomos synkollesimos) ; PColl Youtie ii 91 = Bibbia e papiri, pp. 149-153 (PMed inv. 276 : amuleto cristiano) ; PTurner 38 (PMed inv. 282 : richiesta per l’epikrisis) ; PBingen 34 (P.Med. inv. 83.09 recto : disposizioni per un arresto) ; PSijpesteijn 10 b-c (P.Med. inv. 83.14 : elenchi di persone ; P.Med. inv. 68.56 recto : copia di un documento). 15  Si veda anche : O. Montevecchi, Un nuovo archivio papiraceo del ii secolo av. Cr. (P.Med. Bar.), in Proceedings of the xvi International Congress of Papyrology, New York 1980, Chico 1981, pp. 251-258 = Scripta selecta, pp. 265-272.



































































1984, Milano 1985, pp. 233-245 ; - Uomini nel Fayum in età tolemaica e romana, i, in Atti del ii convegno nazionale di Egittologia e Papirologia (Siracusa, 1-3 dicembre 1995), Quaderni dell’Istituto Internazionale del Papiro, vii, Siracusa 1996, pp. 59-68 ; - Uomini nel Fayum in età tolemaica e romana, ii, in Archeologia e papiri nel Fayyum, Atti del Convegno Internazionale (Siracusa, 24-25 maggio 1996), Quaderni del Museo del Papiro, viii, Siracusa 1997, pp. 41-56 ; - Samaria e Samaritani in Egitto, « Aegyptus » 76 (1996), pp. 81-92 ; - Samaritani in Egitto, in Atti del iv Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia (Siracusa, 5-7 dicembre 1997), Quaderni del Museo del Papiro, ix, Siracusa 2000, pp. 163-165 ; - Ioni nati in Egitto La parabola della grecità nella valle del Nilo, in Atti del xxii Congresso Internazionale di Papirologia (Firenze, 23-29 agosto 1998), Firenze 2001, vol. ii, pp. 983-994. Dimostrò la provenienza da Licopoli di POxy 984 (La provenienza di P.Oxy. 984, « Aegyptus » 78, 1998, pp. 49-76) e questa scoperta le diede l’occasione per altri approfondimenti : Gli ajpo; gumnasivou di Luvkwn povli~, in Atti del v Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia (Firenze, 10-12 dicembre 1999), Firenze 2000, pp. 175-184 ; Ancora su Lycopolis, « Aegyptus » 80 (2000), pp. 145-146, e Ritorniamo a Licopoli e a Plotino, « Aegyptus » 80 (2000), pp. 139-143, articolo al quale premise la frase commemorativa : « Nel 1922, ai primordi di questa rivista, Aristide Calderini dedicò un importante articolo a Licopoli, patria di Plotino. Mi è caro riprendere l’argomento a quasi ottant’anni di distanza, come segno di continuità d’intenti e augurio di fecondo proseguimento ».  



































Edizione di papiri















































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carla balconi

alcuni contributi : Una donna prostatis del figlio minorenne in un papiro del iia, « Aegyptus » 61 (1981), pp. 103-115 = Scripta selecta, pp. 273-285 ; Ancora su prostates-prostatis, « Aegyptus » 69 (1989), pp. 109-112 = Scripta selecta, pp. 287-290 ; aneklogistos-anepitropeutos, « Aegyptus » 77 (1997), pp. 43-52. Il secondo documento è una copia della lettera che Nerone inviò in risposta ad una ambasceria di coloni greci dell’Arsinoite, domiciliati nel capoluogo del nomo, Ptolemais Euergetis, i quali costituivano una categoria privilegiata che godeva di sgravi fiscali. 16 Da qui presero l’avvio i suoi studi sul principato di Nerone in Egitto. 17 Fra i testi cristiani da lei pubblicati sono da ricordare Tab Med inv. 71.00 A (« Aegyptus » 55, 1975, pp. 58-69 = Bibbia e Papiri, pp. 135-147 = MP3 2662 ; LDAB 6306) e PMed inv. 276, edito nel 1976 (PColl Youtie ii 91 = Bibbia e Papiri, pp. 149-153 = MP3 6034 ; LDAB 10333). La prima è una tavola lignea rettangolare, con scrittura databile al vi sec. d. C., e conserva il simbolo niceno-costantinopolitano : del testo – suddiviso in versetti, evidente guida per la fraseggiatura – non esistono altri esemplari su legno, e quelli su papiro non presentano divisione in versetti. Sul lato lungo della tavoletta, in alto, sono presenti due fori : in uno di essi si vede un chiodo di ferro spezzato. Probabilmente la tavoletta era usata per la liturgia e si trovava in una chiesa. La presenza di molte grafie fonetiche, influsso della lingua egiziana, « in un testo teologico e in un esemplare destinato ad uso liturgico, che si può supporre sia stato scritto con cura », dimostra la « progressiva ignoranza del greco, che prelude alla sua scomparsa di fronte al prevalere del copto ». Il secondo papiro è un amuleto cristiano devozionale del v/vi per guarire dalle malattie contenente la formula tricotomica paolina yuchv, sw`ma, pneu`ma accanto all’invocazione a Cristo iatros. Dal 1946 la Montevecchi si occupò dei papiri dell’Università di Bologna (PBon = Papyri Bononienses), dei quali, nel 1947, pubblicò, riveduto e completato, l’inventario e una prima lettura provvisoria di tutti i testi letterari. 18 Seguì nel 1953 a Milano l’edizione completa dei papiri della collezione (PBon i, 1-50), dei quali alcuni soltanto erano stati già pubblicati. Pubblicò anche papiri di altre collezioni e di alcuni altri propose la revisione. 19  









































cerche di papirologia cristiana, comunicazione presentata all’viii Congresso Internazionale di Papirologia (Vienna, 29 agosto-3 settembre 1955), edita in « Aegyptus » 36 (1956), pp. 3-13 = Bibbia e papiri, pp. 9-22, e con la prolusione al corso di ruolo di Papirologia, intitolata Dal paganesimo al cristianesimo : aspetti dell’evoluzione della lingua greca nei papiri dell’Egitto, « Aegyptus » 37 (1957), pp. 41-59 = Bibbia e papiri, pp. 69-95, nella quale fra l’altro sottolineò l’esigenza di una stretta collaborazione tra grecisti e coptologi, e di un costante collegamento tra i loro studi. Sviluppò temi cristiani anche nei successivi congressi internazionali di Papirologia : ad Oslo nel 1958 (Quaedam de graecitate Psalmorum cum papyris comparata) 20 e a Varsavia nel 1961 (Continuità ed evoluzione della lingua greca nella Settanta e nei papiri). 21 In più di un contributo studiò l’evoluzione semantica di vocaboli passati dall’ellenismo al cristianesimo : - Pantokrator, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, ii, Milano 1957, pp. 401-432 = Bibbia e papiri, pp. 23-68 ; - Laos. Linee di una ricerca storico-linguistica, in Actes du xve Congrès International de Papyrologie, iv, Bruxelles 1979, pp. 51-67 = Scripta Selecta, pp. 401-419 ; - « Viscere di misericordia », in Studi in onore di E. Galbiati, « Rivista Biblica » 43 (1995), pp. 125-133 ; - La lingua dei papiri e quella della versione dei lxx : due realtà che si illuminano a vicenda, « Annali di Scienze Religiose » 1 (1996), pp. 71-80 = Bibbia e papiri, pp. 209-224. 22 Dal 1958 si occupò dei rapporti fra papiri e vangeli : Il quarto vangelo e le scoperte papirologiche più recenti, « La scuola Cattolica » 1958, pp. 264-275. I papiri documentari, e precisamente le vendite a termine, le servirono per spiegare la parabola evangelica dell’amministratore disonesto : Luca 16, 1-8 alla luce dei papiri, in Paideia Cristiana. Studi in onore di Mario Naldini, Roma 1994, pp. 183-188 = Bibbia e Papiri, pp. 191-196. Il suo ultimo lavoro di ambito cristiano è THN EPISTOLHN KECIASMENHN : P.Oxy. XLII 3057, « Aegyptus » 80 (2000), pp. 189-194.  

























































Papirologia cristiana Al campo della Papirologia cristiana la Montevecchi si accostò a partire dal 1955 con il Progetto per una serie di ri16  Lo stesso papiro conserva nel recto un esercizio scolastico con due favole esopiche, scritte alcuni decenni prima (« Aegyptus » 52, 1972, pp. 91-96 = MP3 2652.1 ; LDAB 6788). 17  Si veda sopra il paragrafo Storia e amministrazione. 18  Prima ricognizione dei papiri dell’Università di Bologna (con G. B. Pighi), « Aegyptus » 27 (1947), pp. 159-184. 19  Si vedano per esempio l’edizione di PFay 319 (copia di richiesta di epikrisis e estratti di dichiarazioni di censimento), « Aegyptus » 70 (1990), pp. 27-31, e le riedizioni di PRyl ii 278 ; POxy x 1306 ; PRyl ii 280 (tre richieste di epikrisis), « Aegyptus » 73 (1993), pp. 39-48. 20  Proceedings of the ix International Congress of Papyrology, Oslo, 19th-22nd August, 1958, Oslo 1961, pp. 293-310 = Bibbia e papiri, pp. 97-120.  





















Il Manuale Le sue vaste conoscenze in campo papirologico le permisero di pubblicare l’esauriente manuale La Papirologia, ricchissimo di bibliografia, edito nel 1973 e riedito, con aggiunte bibliografiche, nel 1988. Su di esso si sono formati e continuano a formarsi moltissimi studenti delle Università italiane. Il volume fu da lei dedicato Aristidi Calderini magistro optimo, il quale nel 1938 aveva pubblicato il primo manuale di Papirologia stampato in Italia. 23  

21  Actes du xe Congrès International de Papyrologues, Varsovie-Cracovie, 3-9 Septembre 1961, Warszaw 1964, pp. 39-49 = Bibbia e papiri, pp. 121-133. 22  Agli studi lessicali, non però di ambito cristiano, aveva incominciato ad interessarsi già nel 1942 con ∆Endomeniva - ∆Endumeniva, « Aegyptus » 22 (1942), pp. 77-84. Si vedano anche Note lessicali nei papiri : gli aggettivi in -simo~, in Miscellanea papyrologica (Pap. Flor. xix), Firenze 1990, pp. 443449 ; Achreios-achrestos-akyrosimos, « JJP » 20 (1990), pp. 113-118, pubblicati molti anni più tardi. 23  Papyri. Guida allo studio della papirologia antica greca e romana.  











orsolina montevecchi (1911-2009)

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In data 1 dicembre 1977, la Montevecchi firmò, con Dario Del Corno e Mariangela Vandoni, l’annuncio congiunto degli Istituti di Papirologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Università degli Studi di Milano (« Aegyptus » 57, 1977, pp. 276-277) a proposito di una collaborazione per la pubblicazione di una serie di Corpora di documenti omogenei, greci e latini. Purtroppo la prematura scomparsa della Vandoni non permise neppure di iniziare la collaborazione, tuttavia la serie prese l’avvio con I contratti di baliatico (Milano 1984), ad opera della Montevecchi stessa e di una sua allieva. La preparazione del volume diede alla Montevecchi l’opportunità di ripubblicare e reinterpretare un documento della collezione di Berlino, BGU iv 1139 : paramone e trophitis (« BASP » 22, 1985, pp. 231-241 = Scripta Selecta, pp. 345-354) e i documenti del grapheion di Tebtynis connessi con il medesimo argomento : Contratti di baliatico e vendite fiduciarie a Tebtynis, « Aegyptus » 62 (1882), pp. 148161. In relazione allo stesso tema è anche : I paragrafi 41 e 107 dello Gnomon dell’idios logos : implicazioni socio-culturali e demografiche, in Atti del xvii Congresso Internazionale di Papirologia, Napoli 1984, pp. 965-975. La Montevecchi era fortemente convinta dell’utilità dei Corpora Papyrorum Graecarum per il progresso degli studi papirologici, e nel corso della lezione conclusiva del suo insegnamento accademico, tenuta il 16 maggio 1986, affermava : « l’iniziativa (...) si propone di rendere più accessibile a tutti gli studiosi di scienze dell’antichità – filologi, storici, giuristi – il copioso materiale papiraceo, mediante la pubblicazione di volumi ognuno dei quali raccolga una serie completa di documenti omogenei – finora editi in un gran numero di volumi diversi e miscellanei –, presentandoli in edizione critica, con traduzione, commento e ampia informazione sull’istituzione di cui sono testimonianza e sull’ambiente da cui emanano ; il tutto accompagnato dalla fotografia dei documenti stessi. (...) Sono lieta di averla potuta varare e avviare prima di concludere la mia carriera accademica ; la seguirò finché mi sarà possibile ». 24 E così fece. Riprendendo infatti un vecchio progetto del 1942, 25 aveva deciso di occuparsi dei documenti dell’epikrisis, una tematica sulla quale era ritornata in più occasioni nel corso degli anni, sia con l’edizione o la riedizione di documenti, 26 sia con studi in proposito : - L’epikrisis dei Greco-Egizi, in Proceedings of the xiv International Congress of Papyrologists (Oxford, 24-31 July 1974), London 1975, pp. 227-232 = Scripta selecta, pp. 215221 ;

- PSI v, 457, « ZPE » 24 (1977), pp. 143-146 ; - Epikrisis e dichiarazioni di censimento di cateci arsinoiti, « Aegyptus » 70 (1990), pp. 27-31 ; - PSI v 457. Un caso di endogamia o una semplificazione del formulario ?, « Aegyptus » 73 (1993), pp. 49-55 = Scripta selecta, pp. 385-390 ; - Linguaggio tecnico e varianti locali nelle dichiarazioni di epikrisis, in Atti del iv Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia (Siracusa, 5-7 dicembre 1997), Quaderni del Museo del Papiro, ix, Siracusa 2000, pp. 91-98. Negli ultimi anni aveva ripreso a dedicarsi al Corpus delle epikriseis e aveva già preparato nuove trascrizioni dei documenti, con la relativa traduzione, e un’introduzione generale : l’età avanzata non le permise di concludere il lavoro già portato a buon punto : perciò vorremmo completare il volume e pubblicarlo, come sua ultima opera. Nella già citata lezione conclusiva del suo insegnamento accademico, la Montevecchi diede una sua definizione di Papirologia, che mi piace ricordare : « Le ricerche e le acquisizioni di questi ultimi cinquant’anni hanno confermato quello che già il Wilcken aveva visto chiaramente : la collocazione di questa disciplina fra le scienze storiche dell’antichità, in quanto, valendosi della paleografia, della filologia e del diritto greco e romano come mezzi per la retta interpretazione letterale e contenutistica del documento, mira ad una conoscenza storica della vita antica secondo gli stessi parametri che usiamo per studiare la vita di oggi : istituzioni pubbliche e private, attività sociale ed economica, costume, mentalità. Non troviamo in questi documenti le norme astratte del diritto, ma la prassi quotidiana nella sua varietà e complessità, il « vissuto » del diritto ; non enunciazioni e lineamenti di strutture politiche e amministrative, ma uomini che in esse agiscono in situazioni concrete, con tutti gli adattamenti, i compromessi, le contraddizioni, gli abusi, gli espedienti per aggirare gli ostacoli ed eludere la legge, che ci si possono aspettare da uomini non migliori né peggiori di quelli di oggi. Per interpretare tali documenti non basta la filologia, occorre anche sensibilità ed umanità, e perfino senso pratico : occorre essere mossi da un vivo interesse non solo e non tanto per gli uomini che emergono nella storia come protagonisti, quanto piuttosto per l’uomo comune, nei suoi comportamenti e nelle sue reazioni di fronte alle vicende della vita ; per quella moltitudine di uomini che, sebbene ignorati, non meno dei primi fanno la storia » 27. Avendo ereditato da Aristide Calderini, fondatore degli studi papirologici a Milano, una scuola prestigiosa e bene avviata, la Montevecchi ne conservò l’indirizzo storico-an-

24  La Papirologia. Bilancio di un cinquantennio e prospettive per l’avvenire, « Aevum » 61 (1987), pp. 3-19, alla p. 18 = Scripta selecta, pp. 53-73. 25  Cf. « Genus » (organo del Comitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione) 6-8 (1943-1949), p. 227 : la Montevecchi annunciava in preparazione per le Ricerche di sociologia proprio i documenti dell’ejpivkrisi~, di cui evidentemente aveva almeno l’intenzione di occuparsi, ma il progetto fu poi abbandonato. 26  Documenti dell’epikrisis editi : PMed inv. 71.44 (« Aegyptus » 54, 1974, pp. 22-28) = SB xiv 11270 ; PMed inv. 72.16 (« Aegyptus » 54, 1974, pp. 29-30) = SB xiv 11271, PTurner 38 ; PFay 319 (« Aegyptus » 70, 1990, pp. 27-31) ; riediti : PRyl ii 278 ; POxy x 1306 ; PRyl ii 280 (« Aegyptus » 73,1993, pp. 39-48). 27  La Papirologia. Bilancio di un cinquantennio e prospettive per l’avvenire,

« Aevum » 61 (1987), pp. 3-19, alla p. 10 = Scripta selecta, pp. 53-73. Non fu questa la sola occasione in cui la Montevecchi si occupò di storia della Papirologia. Si vedano anche La Papirologia nella cultura italiana, in Egitto e società antica, Atti del Convegno, Torino 1984, Milano 1985, pp. 105-122 = Scripta selecta, pp. 33-51, e gli articoli relativi a due iniziatori degli studi papirologici in Italia : il cardinale Angelo Mai (Angelo Mai e gli studi papirologici, « Bergomum » 1954, pp. 155-166 : numero speciale dedicato alle celebrazioni in onore del Card. Angelo Mai nel centenario della morte) e Amedeo Peyron (Problemi e prospettive della Papirologia nelle intuizioni di un pioniere : Amedeo Peyron, in Proceedings of the 20th International Congress of Papirologists, Copenhagen, 23-29 August, 1992, Copenhagen 1994, pp. 25-34 = Scripta selecta, pp. 17-32 ; Amedeo Peyron papirologo, Giornata di studi in onore di Amedeo Peyron, Torino 4 ottobre 1996, Firenze 1998, pp. 65-70).



Corpora Papyrorum Graecarum (C.P.Gr.)













































































































































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carla balconi

tiquario oltre che filologico, e si adoperò con entusiasmo e senza risparmio di energie nella produzione scientifica e nella direzione di Aegyptus, nell’insegnamento e nella formazione di giovani promettenti negli studi papirologici, proseguendo su tutte le vie da lui tracciate e andando oltre : incrementò la collezione di papiri, che, contando ora un migliaio di pezzi, è più che triplicata rispetto al nucleo

primitivo ; pubblicò un nuovo manuale di Papirologia, che teneva conto dei progressi della disciplina ; e non mancò di intraprendere nuove iniziative, come i Corpora Papyrorum Graecarum, nell’auspicio di trasmettere ciò che aveva costruito a chi, dopo di lei, continuasse la tradizione della scuola.  





Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

ERICH LÜDDECKENS (1913-2004)

Andrea Jördens

W

enige Tage nach Vollendung seines 91. Lebensjahres verstarb am 1. Juli 2004 der Nestor der deutschen Demotistik Erich Lüddeckens [Taf. xi]. Am 15. Juni 1913 in Hirschberg, dem heutigen Jelenia Góra, geboren, studierte der Pfarrerssohn nach seinem Abitur in Berlin ebendort und in München Ägyptologie, Alte Geschichte, Hebraistik, Klassische Philologie und Archäologie. Seit 1935 war er Mitarbeiter seines Lehrers Hermann Grapow am Ägyptischen Wörterbuch bei der Berliner Akademie der Wissenschaften. 1939 wurde er mit Untersuchungen über religiösen Gehalt, Sprache und Form der ägyptischen Totenklagen promoviert, die 1943 in Druck erschienen. Seine vielfältigen Sprachkenntnisse stellte Lüddeckens während des Krieges dem nationalsozialistischen Regime zur Verfügung ; an seiner mangelnden Fähigkeit zu entschlossenerem Widerstand soll er bis zuletzt gelitten haben. Nach dem Krieg nahm er ein Theologiestudium auf und war kurzzeitig auch als Pfarrer tätig. Bereits 1950 konnte Lüddeckens jedoch an die neugegründete Akademie der Wissenschaften und der Literatur Mainz wechseln, wo er unter der Leitung Wolja Erichsens am Demotischen Namenbuch mitarbeitete. Seitdem bildete die Demotistik sein Hauptarbeitsgebiet ; seine 1953 in Mainz eingereichte Habilitationsschrift über Ägyptische Eheverträge gilt noch heute als Standardwerk. 1964 nahm Lüddeckens den Ruf auf den neu geschaffenen Lehrstuhl für Ägyptologie an der Universität Würzburg an. Es war nach dem Tod von Wilhelm Spiegelberg (1930) der erste ägyptologische Lehrstuhl in Deutschland, dessen Inhaber einen Forschungsschwerpunkt auf dem Gebiet der Demotistik hatte. Weitere Schwerpunkte bildeten das Koptische sowie die ägyptische Namenforschung. In der Lehre vertrat Lüddeckens das Fach allerdings in einer schon damals selten gewordenen Breite. Seine Studenten und späteren Mitarbeiter bezog er schon früh in seine Arbeit am Demotischen Namenbuch ein, dem er weiterhin einen großen Teil seiner Arbeitskraft widmete. Auch wenn dessen ursprünglich großzügigere Konzeption nicht zu verwirklichen war, hat ihn doch die Fertigstellung des ersten Bandes im Jahre 1999 mit großer Freude erfüllt. Mit seinen Schülern Heinz-Josef Thissen und KarlTheodor Zauzich rief Lüddeckens 1971 die « Enchoria » ins Leben, die als Spezialzeitschrift für die spätesten Sprachstufen des Ägyptischen dieser Forschungsrichtung  







Taf. xi. Erich Lüddeckens (1913-2004).

wichtige Impulse gab. Von Anfang an wirkte er zudem an dem Verzeichnis der orientalischen Handschriften in Deutschland mit ; vier Bände der Unterreihe xix Ägyptische Handschriften wurden zwischen 1971 und 1994 unter seiner Ägide publiziert. Die zu seinem 70. Geburtstag überreichte Festschrift vereinte Beiträge fast aller damals tätigen Spezialisten für demotische Studien. Nach der 1981 erfolgten Emeritierung widmete sich Lüddeckens vor allem der Edition der Hawara Papyri, die er zu seinem 85. Geburtstag 1998 endlich in den Händen halten konnte. Erich Lüddeckens’ letzte Lebensjahre wurden durch mehrere Schlaganfälle getrübt, doch trug er sein Schicksal mit großer Disziplin. Seinen 90. Geburtstag konnte er noch feierlich im Kreise seiner Schüler begehen. Sie rühmen ihn als Lehrer von unerbittlicher Gründlichkeit und Strenge, die er jedoch durch seinen trockenen Berliner Humor erträglich zu machen verstand. In Forschung und Lehre setzte er die Tradition der « école de Berlin » und speziell seines Lehrers Hermann Grapow fort. Lüddeckens war einer der letzten Vertreter dieser für die internationale Ägyptologie so prägenden Berliner Schule.  





Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg

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WOLFGANG SCHMID (1913-1980)

Giuliana Leone

N

on ho conosciuto Wolfgang Schmid [Tav. xii]. 1 Tuttavia, il caso volle che, il 20 novembre 1980, tre giorni prima della sua scomparsa, sostenessi, studentessa a Napoli di Lettere classiche, l’esame di Grammatica greca e latina con il professore Marcello Gigante. L’esito felice dell’esame, forse, contribuì alla realizzazione del progetto che già da un po’ accarezzavo : la richiesta, da parte di Gigante, di svolgere la mia tesi di laurea su una tematica di Papirologia ercolanese. Mi fu affidata la revisione del PHerc 1148, che conserva il xiv libro dell’opera Sulla natura di Epicuro : proprio su questo testo Schmid, appena ventitreenne, aveva dato piena dimostrazione del suo straordinario valore di filologo e di interprete agli esordi della sua carriera, nel 1936. 2 Da quel novembre del 1980, la sua figura e i suoi studi divennero per me, per così dire, familiari, arricchiti dalle testimonianze di Gigante e dei colleghi che avevano avuto la fortuna di conoscerlo : è superfluo dire, perciò, con quanta emozione, all’onore di allora, si aggiunga oggi quello, altrettanto immeritato, di tracciarne un profilo in questa sede prestigiosa. Wolfgang Schmid era nato a Moers il 3 luglio del 1913. Dopo avere intrapreso, nel 1932, gli studi universitari di Filologia classica a Heidelberg, l’anno successivo passò a Bonn, dove la sua formazione si compì nel solco della migliore tradizione della filologia classica tedesca, di quella scuola, in particolare, dove Franz Bücheler e Hermann

Usener avevano lasciato la loro indelebile impronta, anche come promotori degli studi ercolanesi. 3 Della scuola

1  Sui tratti più significativi della biografia e della produzione scientifica di Wolfgang Schmid cf. W. Schetter, nel vol. In memoriam Wolfgang Schmid. Reden, gehalten am 28. Januar 1981 bei der Gedenkfeier der Universität Bonn von W.-D. Lange/W. Schetter/Ch. Gnilka/H. Herter, « Alma Mater. Beiträge zur Geschichte der Universität Bonn » 53, Bonn 1982, pp. 8-15 (da ora = « Alma Mater »), e in « Gnomon » 53 (1981), pp. 810-812 ; cf. anche i ricordi di Ch. Gnilka, in « Alma Mater », pp. 16-29, e Id., Gedenkrede, « ZPE » 44 (1981), pp. 185-200 ; M. Gigante, Marginalia Bonnensia (Bonn 1956/57) (da ora = Marginalia), J. Küppers e F. Tinnefeld, in W. Suerbaum (Hrsg.), Festgabe für Ernst Vogt zu seinem 60. Geburstag am 6. November 1990. Erinnerungen an Klassische Philologen (= « Eikasmos » 4, 1993), rispettivamente alle pp. 27-32, 327-331, 333-335 ; cenni essenziali in W.M. Calder iii-D.J. Kramer, An Introductory Bibliography to the History of Classical Scholarship Chiefly in the xixth and xxth Centuries, Hildesheim-Zürich-New York 1992, p. 282 nn. 2149-2151, e in R. Vierhaus (Hrsg.), Deutsche Biographische Enzyklopädie (DBE) 2., überarb. und erweit. Ausgabe, München 2008, Bd. 9, p. 24 ; una scheda con cenni biografici e agli scritti più significativi dello studioso, in ordine cronologico, è in rete nel portale www.aristarchus.unige.it/cphcl. Una bibliografia parziale di Wolfgang Schmid, aggiornata al 1975, compare nel volume che in quell’anno gli fu dedicato dagli allievi in occasione del venticinquennale del suo insegnamento a Bonn, Ch. Gnilka-W. Schetter (Hrsg.), Studien zur Literatur der Spätantike (« Antiquitas R. 1. Abh. zur Alten Gesch. »), Bonn 1975, pp. 219-226 ; una bibliografia pressoché completa, ordinata per temi, è in H. Erbse-J. Küppers, Wolfgang Schmid. Ausgewählte philologische Schriften, Berlin-New York 1984, pp. 741745 (da ora = Schriften), di cui va segnalato anche il Vorwort dei curatori, pp. v-vii ; cf. anche il Nachwort di C.J. Classen (Hrsg.), Robert Philippson. Studien zu Epikur und den Epikureern. Im Anschluß an Wolfgang Schmid (†), Hildesheim-Zürich-New York 1983 (da ora = Studien zu Epikur), pp. 353

s. Per un profilo degli studi ercolanesi dello Schmid, cf. M. Gigante, La Germania e i Papiri Ercolanesi, « Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften », Philos.-hist. Kl. 1 (1988), pp. 42-44, con bibliografia ercolanese a pp. 53 s. (da ora = Germania), e Id., Dedica, « CErc » 11 (1981), pp. 5 s. ; cf. anche M. Capasso, Manuale di Papirologia Ercolanese, Lecce 1991, pp. 134 s. (da ora = Manuale). 2  W. Schmid, Epikurs Kritik der platonischen Elementenlehre, KlassischPhilologische Studien, Heft 9, Leipzig 1936 (= Schriften, pp. 3-47 ; da ora = Epikurs Kritik). 3  Cf. almeno H. Herter, Die Klassische Philologie seit Usener und Bücheler, in Bonner Gelehrte. Beiträge zur Geschichte der Wissenschaften in Bonn, Bonn 1968, pp. 165-211 ; una vasta retrospettiva è in H. J. Mette, Nekrolog einer Epoche. Hermann Usener und seine Schule. Ein wirkungsgeschichtlicher Rückblick auf die Jahre 1856-1979, « Lustrum » 22 (1979/1982), pp. 5-106. Anche Wolfgang Schmid sottolineò come Bücheler e Usener avessero « fatto sì che per i giovani studiosi della scuola di Bonn il lavoro intensivo intorno ai testi ercolanesi diventasse un cómpito gradito », dando vita alla serie delle edizioni filodemee della Bibliotheca Teubneriana (il suo giudizio sui lavori di Kemke e di Körte, tuttavia, era alquanto severo), cf. W. Schmid, Zur Geschichte der Herkulanischen Studien, « PP » 45 (1955), pp. 478-500, sp. p. 486 (= Schriften, pp. 56-74, sp. p. 62 ; da ora = Geschichte), nella trad. it. (a c. di P. de Fidio) Problemi ermeneutici della Papirologia ercolanese da Gomperz a Jensen, in Ch. Jensen-W. Schmid-M. Gigante, Saggi di Papirologia Ercolanese, Napoli 1979 (da ora = Saggi), pp. 27-44, sp. pp. 34 s., secondo cui cito (da ora = Problemi). Inoltre, in occasione del v Congresso Internazionale della FIEC (Bonn 1.-6. September 1969), Schmid tenne la prolusione su Wesen und Rang der Philologie. Zum Gedenken an H. Usener und F. Bücheler, Stuttgart 1969. Si vedano anche i lavori di M. Gigante, Hermann Usener e i testi epicurei nei papiri ercolanesi, in Saggi, pp. 45-91, sp. pp. 47-51, 87-89 (da ora = Usener), e Id., Germania,



















































Tav. xii. Wolfgang Schmid (1913-1980).































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di Bonn lo Schmid fu indicato, più tardi, come « un grande epigono », 4 e, insieme con Hans Herter, come uno dei « Dioscuri » della sua generazione ; 5 a Bonn, infatti, egli avrebbe trascorso la maggior parte della sua luminosa carriera accademica. Se è vero, come credo fermamente, e come più volte sentii ripetere con orgoglio e riconoscenza da Marcello Gigante, che la vita degli studiosi è segnata in modo indelebile dai loro maestri, anche per il giovane Schmid l’incontro con Christian Jensen, che a quell’epoca insegnava a Bonn Filologia classica presso la Friedrich-Wilhelms-Universität e il prestigioso Philologische Seminar, significò, in modo determinante per gli sviluppi della sua carriera, l’approccio più corretto al difficile campo dello studio dei papiri ercolanesi, in cui Jensen aveva già dato, a quel tempo, i frutti più maturi del suo ingegno. Fu, infatti, Jensen ad affidare al giovane Schmid il compito di revisione critica di alcune colonne del PHerc 1148, dopo l’edizione priva di commento, a cura di Achille Vogliano, apparsa nel 1932 ; 6 fu ancora Jensen ad assegnargli il lavoro di edizione del PHerc 1251 per la dissertazione con la quale Schmid ottenne la “Promotion” a Bonn nel 1937. Il grande debito nei confronti di Jensen per avergli aperto il campo di indagine sui papiri ercolanesi, in particolare sul Peri; fuvsew~ di Epicuro, a cominciare da un memorabile seminario sull’Epistola a Meneceo, è riconosciuto da Schmid nella prefazione al lavoro del 1936 : in particolare, egli ringraziava il maestro per avergli dato accesso al Nachlass di Siegfried Sudhaus, di cui Jensen era stato allievo e di cui, a quell’epoca, custodiva le carte inedite, comprendenti le trascrizioni dei papiri di Epicuro, che ripetutamente il Sudhaus aveva collazionato a Napoli nell’Officina dei Papiri. 7 A Jensen Schmid dedicò la sua dissertazione, pubblicata nel 1939 8 – nello stesso anno egli si occupò anche del problema della doppia redazione del proemio del iv libro di Lucrezio –, 9 senza tralasciare di ringraziare « ex imo pectore » 10 Günther Jachmann, illustre latinista, che aveva avuto per breve tempo come maestro a Colonia e dal quale aveva appreso in modo esemplare i principi della tradizione e della critica del testo che più tardi avrebbe messo a frutto nei suoi lavori. 11 Dopo una breve ma feconda collaborazione al Thesaurus linguae Latinae a Monaco (1936-1937), 12 Schmid, Lektor a Colonia nel 1938, fu chiamato nel 1941 alla

Kirchenväterkommission dell’Accademia di Berlino. L’anno seguente, con Bruno Snell, egli conseguì l’“Habilitation” ad Amburgo con un pregevole lavoro sulla tradizione del testo dell’Apologia di Giustino martire : 13 in questo modo i papiri ercolanesi, Lucrezio e Giustino da subito si collocarono al primo posto nei suoi interessi di ricerca, per non essere mai più accantonati. Dopo la docenza ad Amburgo e a Kiel, interrotta dalla chiamata al servizio militare, alla fine della guerra, dal 1946, Schmid fu Assistent a Colonia, e, nel 1949, Professore straordinario. La chiamata a Bonn nel 1950 nel ruolo di Professore ordinario di Filologia classica presso la Friedrich-Wilhelms-Universität doveva segnare l’inizio di un insegnamento lungo e prestigioso, che sarebbe durato ininterrotto – Schmid declinò una chiamata a Tübingen nel 1965 – fino al 1978, anno in cui egli venne nominato Professore emerito. Nella veste di presidente della Mommsen-Gesellschaft – incarico che egli ricoprì dal 1966 al 1970 – Schmid introdusse i lavori del v Congresso Internazionale della Fédération Internationale des Associations d’Études Classiques, tenutosi a Bonn nel settembre del 1969 : fu in quella occasione che Marcello Gigante annunziò la fondazione a Napoli, nel marzo dello stesso anno, del Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi, 14 del cui Consiglio Direttivo Schmid fu sin dal primo momento attivo e autorevole membro. Della FIEC egli sarebbe stato vicepresidente dal 1974 al 1979, e Presidente dal 1979 alla morte, sopravvenuta prematura il 23 novembre 1980, dopo una malattia sopportata con forza e rassegnazione, ma anche con la fiducia di poter guarire, e che, invece, non gli lasciò scampo. Dai commossi ricordi del suo allievo Christian Gnilka, sin dal primo incontro nel 1956 fino all’ultima visita in ospedale otto giorni prima della morte, e da quelli di Hans Herter, Willy Schetter, Marcello Gigante, Jochem Küppers e Franz Tinnefeld, che ebbero in Schmid un collega, un amico e un maestro in diversi momenti della sua vita, emergono i tratti fisici – la corporatura imponente, le occhiate penetranti a cui nulla sfuggiva, il tono sempre alto della voce –, ma soprattutto le qualità umane di Wolfgang Schmid, « ein ‘Original’ im besten Sinne des Wortes », 15 « estroso », 16 dotato di « große, aber zweifelsohne auch eigenwillige und nicht selten schwierige Persönlichkeit » ; 17 un uomo che

pp. 20-29 ; G. Arrighetti, Gli studi epicurei di Hermann Usener, in Aspetti di Hermann Usener filologo della religione, Pisa 1983, pp. 119-136.

Regenbogen, suo maestro a Heidelberg : cf. Schetter, « Alma Mater », 10  Ethica, p. 6. p. 8. 11  Cf. Schetter, ibidem, e in « Gnomon » cit., p. 810. Per Jachmann, della cui amicizia potè godere per tutta la vita, Schmid scrisse un commosso Nachruf nel 1979, apparso in « Gnomon » 52 (1980), pp. 200-203. 12  Lo Schmid curò le voci historia, historicus ; hac ; hilaritas, hilarus (ris) ; hirsutus, hirtus, hispidus in ThLL vi. 13  Die Textüberlieferung der Apologie des Justin, « Zeitschrift für neutestamentliche Wissenschaft » 40 (1941), pp. 87-138. Schmid dedicò all’opera di Giustino numerosi lavori fino al 1975, raccolti in Schriften, pp. 325-364 ; i lavori preparatori per la progettata edizione complessiva, presenti nel Nachlass dello studioso, sono stati consegnati al suo allievo Karl-August Neuhausen, che per molti anni aveva sostenuto il maestro nelle ricerche in tal senso, cf. Erbse-Küppers, Vorwort cit., p. vi n. 2. 14  Cf. M. Gigante, Premessa a « CErc » 1 (1971), pp. 5 s. 15  Gnilka, Gedenkrede cit., p. 192. 16  Gigante, Marginalia, p. 29. 17  Küppers, in « Eikasmos » cit., p. 327.

































































































4  Gigante, Germania, p. 5. 5  Cf. W. Suerbaum, in « Eikasmos » cit., p. 20, e Gigante, Marginalia, pp. 28 s. 6  « Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Bologna », Classe di Scienze morali, Serie iii 6 (1931-32), pp. 33-75. 7  Sulle trascrizioni del Sudhaus e sulle vicende del suo Nachlass cf. almeno T. Dorandi, Sudhaus editore di Epicuro, « CErc » 13 (1983), pp. 183190, sp. pp. 183 s., e G. Leone, Achille Vogliano editore di Epicuro, « CErc » 18 (1988), pp. 149-191, sp. pp. 152-155 ; sulla frequentazione del Sudhaus dell’Officina dei Papiri, cf. M. Capasso, Per la storia degli studi ercolanesi, « CErc » 15 (1985), pp. 167-185, sp. pp. 176-178 (da ora = Studi). 8  Ethica Epicurea Pap. Herc. 1251 ed. et interpretatus est W. Schmid, Studia Herculanensia, i, Lipsiae 1939 (da ora = Ethica). 9  Altes und Neues zu einer Lukrezfrage, « Philologus » 93 (1939), pp. 338351 : nel saggio lo studioso ipotizzava la presenza di interpolazioni nel testo tradito. Schmid era stato avviato allo studio di Lucrezio da Otto

































wolfgang schmid (1913-1980)

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talora incuteva timore e soggezione negli studenti e negli interlocutori per il rigore con cui conduceva le discussioni, per il forte temperamento, per le continue pretese del meglio di sé ; un maestro esigente che chiedeva il massimo anche ai suoi assistenti, ma che sapeva dimostrare loro la sua amicizia e la sua stima, seguendone costantemente la carriera. Di Wolfgang Schmid vengono ricordate con ammirazione l’istintiva sicurezza nel giudicare uomini e libri e l’estrema immediatezza con cui sapeva cogliere le capacità e le potenzialità dei suoi studenti, verso i quali sapeva bilanciare il rigore con una grande disponibilità e generosità. I suoi molteplici e versatili interessi spaziavano dalla filosofia alla teologia ai classici tedeschi, ma anche sulle questioni politiche generali Schmid mostrava grande apertura. Viva era stata la sua preoccupazione per gli sviluppi dell’università tedesca in momenti politici che non sembravano favorevoli agli studi classici ; Küppers ne ricordava anche la partecipazione alle discussioni con gli studenti e, negli anni della contestazione giovanile, i contatti con il movimento studentesco, a cui Schmid non mancava di manifestare apertamente le sue critiche, ma nei cui confronti nutriva anche grande rispetto. 18 Ma, soprattutto, emergono dai ricordi gustosi aneddoti sulla vita accademica di Schmid, che, come tutti i veri maestri, durante i corsi e i seminari sempre affollatissimi era solito presentare agli studenti i suoi problemi quotidiani di ricercatore ; lo studioso, inoltre, da latinista autentico che mai, tuttavia, nella ricerca come nell’insegnamento, separava il latino dal greco, raccomandava costantemente di non trascurare il collegamento tra le due lingue. Gigante ricordava di avere assistito, durante il suo soggiorno di studio a Bonn nei due semestri 1956 e 1957, ad alcune lezioni di Schmid di Storia della Filologia classica e di metodologia, ricche di idee e di aneddoti, aperte anche alla filologia italiana contemporanea, 19 di cui lo studioso tedesco conosceva bene e dimostrava di sapere utilizzare in modo proficuo i contributi, e « di cui era giudice sereno ». 20 Nei ricordi di Küppers restava indimenticabile il rituale solenne di un seminario in latino per l’inaugurazione del Philologische Seminar ; 21 lo stesso rituale si rinnovava, straordinariamente, anche quando Schmid riceveva i collaboratori nella sua casa, della quale colpivano i visitatori soprattutto la straordinaria biblioteca, bene ordinata anche in base a criteri estetici, 22 e la stanza di lavoro, con il suo “caos ordinato”, in cui Schmid si muoveva perfettamente a suo agio. 23

Nel settembre del 1953 Wolfgang Schmid fu a Napoli per studiare il PHerc 831. In quella occasione egli conobbe Marcello Gigante, che volle andare a visitare presso il Liceo Genovesi, dove Gigante a quel tempo insegnava. Gigante ricordava i giorni passati insieme tra l’Officina dei Papiri e le passeggiate nella Napoli antica e nella zona flegrea : 24 quei giorni dovevano segnare il nascere e il consolidarsi di un’amicizia fedele nel tempo, in nome del comune interesse epicureo. Spesso Schmid si recava a Napoli, dove, dal 1977, divenne socio corrispondente dell’Accademia Pontaniana. Dopo la fondazione del Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi, le sue visite in città si erano fatte più frequenti per l’assidua partecipazione alle riunioni del Centro, di cui Schmid condivideva a pieno gli obbiettivi della valorizzazione e dello studio dei papiri ercolanesi e della ripresa dello scavo della Villa dei Papiri. 25 In quelle occasioni egli intratteneva volentieri i giovani borsisti del Centro con aneddoti soprattutto su Christian Jensen e su Robert Philippson, 26 gli stessi aneddoti che amava raccontare anche ai suoi studenti, che spesso aveva guidato in viaggio in Italia, nel solco della tradizione tedesca inaugurata dal Goethe. 27 In Italia, tra l’altro, scelse di pubblicare numerosi lavori, talora per onorare gli studiosi italiani che in particolare aveva ammirato. 28 Nell’amore per l’Italia e per Napoli Schmid manifestava, come notava Gigante, un’insospettabile vena mediterranea : per uno strano destino, la morte lo colse proprio nel giorno in cui per un rovinoso terremoto « tremò la terra a Napoli e nel Mezzogiorno d’Italia ». 29 Filologo di formato europeo, Schmid concepì lo studio dell’antichità come base della comprensione della civiltà moderna. Sin dagli esordi, i suoi lavori rivelano una sicura conoscenza e padronanza non solo dei testi classici, compresi i testi nei papiri ercolanesi, ma anche di quelli tardoantichi e neotestamentari, oltre che dei lessici e delle fonti grammaticali. Il testo antico, restituito nella sua autenticità con puntuale esegesi, fu da lui concepito, sulla scia del maestro Jensen, come il mezzo per arrivare al contenuto e alla comprensione profonda dei problemi in contesti storici più ampi. Fu grande esperto delle filosofie ellenistiche e della loro recezione nel mondo romano, prima pagano e poi cristiano, ma anche di studi latini tardoantichi, mostrando anche in questo campo particolare interesse per i modi e le forme della recezione da parte della letteratura cristiana di motivi e temi della tradizione classica pagana. 30 In questo settore di studi lasciò una

18  Cf. Küppers, ibidem, pp. 328 s. 19  Cf. Gigante, Marginalia, p. 29. 20  Gigante, Dedica cit., p. 6. 21  Cf. Küppers, in « Eikasmos » cit., pp. 327 s. 22  Cf. Gnilka, Gedenkrede cit., pp. 196 s. Della biblioteca dello Schmid Gigante constatava con rammarico la « diaspora » : cf. M. Gigante, Atakta. Contributi alla Papirologia Ercolanese, Napoli 1993, pp. 77 s. (da ora = Atakta). 23  Cf. F. Tinnefeld, in « Eikasmos » cit., p. 334. 24  Cf. Gigante, Marginalia, pp. 27 s. 25  Gigante, Dedica cit., p. 5, ricordava come Schmid fosse stato particolarmente felice di partecipare nel 1979 a una trasmissione televisiva sulla Villa dei Papiri, per promuoverne la ripresa dello scavo, in occasione del xix Centenario dell’eruzione del Vesuvio ; l’episodio è richiamato anche da F. Longo Auricchio, Sullo scavo della Villa dei Papiri, « CErc » 38 (2008), p. 320 n. 8.

26  Cf. Gigante, ibidem, e Id., Marginalia, p. 29 ; cf. anche M. Capasso, Rendimento di grazie ercolanese, in Atti del Premio Archita, Napoli 2009, p. 22. 27  Cf. Gnilka, Gedenkrede cit., pp. 192 s., e Gigante, Marginalia, p. 27. 28  In particolare, Schmid fu ammiratore di Ettore Bignone, da lui definito « h{rw~ ktivsth~ der neuesten Epikurforschung » nel volume Epicurea in memoriam H. Bignone, Miscellanea Philologica, Genuae 1959, p. 179 (= Schriften, p. 75) ; in memoria di Achille Vogliano egli pubblicò un lavoro in « Acme » 8 (1955), e in memoria di Augusto Rostagni scrisse nella Miscellanea di studi alessandrini, Torino 1963 (cf. infra) ; nella sua bibliografia si incontrano, inoltre, saggi in onore del Cardinale M. Pellegrino, di G. Funaioli, L. Castiglioni, G. Perrotta. 29  Gigante, Dedica cit., p. 5. 30  In proposito, vanno ricordati, tra i numerosi lavori presenti nella vasta bibliografia dello studioso che per ovvie ragioni non sono presi in esame in questa sede, almeno quello sul Tityrus Christianus in « RhM » 96 (1953), pp. 101-165, seguito dalla voce Bukolik in RAC Bd. 2 (1954), 786-





















































































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scuola, come attestano le quindici dissertazioni da lui assegnate per la maggior parte su questioni tardoantiche 31 e la sua vasta bibliografia, confluita in parte nel bel volume degli scritti scelti, pubblicato nel 1984 da Hartmut Erbse e Jochem Küppers : 32 il volume, nel quale sono riproposti, tra gli altri, numerosi saggi di Schmid interamente o parzialmente dedicati ai testi nei papiri, costituisce anche per la ricerca epicurea, come ebbe a osservare Gigante, « un fondamentale strumento di lavoro ». 33 All’ingente patrimonio costituito dai lavori pubblicati in vita da Wolfgang Schmid 34 si aggiunge oggi una parte insospettata del suo Nachlass, 35 in cui è presente, come è stato preannunciato da Jürgen Hammerstaedt ad Ann Arbor durante i lavori del xxv Congresso Internazionale di Papirologia, 36 materiale di notevole rilievo per i futuri editori dei testi ercolanesi. Si tratta, per la maggior parte, di materiale appartenuto a Jensen, salvato da Schmid dalla casa del maestro bombardata nel 1943 a Berlino e da lui stesso affidato nel 1980, poco prima di morire, al proprio allievo Karl-August Neuhausen : 37 il Neuhausen, nella primavera del 2007, lo ha consegnato ad Hammerstaedt secondo una volontà del figlio di Jensen, Uwe, che legava queste carte a diverse istituzioni, tra cui la collezione dei Papiri di Colonia. Al prezioso materiale di Jensen si affianca altro materiale inedito appartenuto allo stesso Schmid, relativo a diversi papiri ercolanesi di cui lo studioso stava approntando, o intendeva forse approntare, nuove edizioni. L’importanza dei testi ercolanesi, non solo per lo studio della filosofia di Epicuro e del suo Fortleben, ma anche per la ricostruzione di una più autentica immagine del Giardino e dei rapporti che nella scuola epicurea intercorrevano tra maestro e discepoli, fu sottolineata da Wolfgang Schmid nell’aprile del 1968, durante i lavori dell’viii Congresso dell’Association Guillaume Budé. 38 Nel suo accorato intervento Schmid denunciò il progressivo deterioramento dei papiri di Ercolano, di cui conosceva a fondo le tormentate vicende sin dal ritrovamento nel 1752, e lamentò come, col passare del tempo, l’interesse per quei papiri fosse scemato, di fronte alle difficoltà di pervenire a risultati importanti  























800 (= Schriften, pp. 519-530) ; o, ancora, quelli su Boezio in Festschrift für B. Snell, München 1956, pp. 113-144, e in K. Aland and F. L. Cross (eds.), Studia Patristica, vol. 2, Berlin 1957, pp. 368-375 (= Schriften, pp. 538-543) ; o, infine, l’ultimo lavoro rimasto inedito nel Nachlass, pubblicato poi in Schriften, pp. 400-444, su Spätantike Textdepravationen in den Epigrammen Martials. Cf., inoltre, Schetter, in « Alma Mater » e in « Gnomon » cit. 31  Su queste dissertazioni e sulla cura estrema con la quale Schmid ne seguiva lo svolgimento cf. Studien zur Literatur der Spätantike cit., pp. 225 s. ; Schetter, in « Alma Mater », p. 13, e in « Gnomon » cit., pp. 811 s. e n. 4 ; Gnilka, in « Alma Mater », p. 21. 32  Cit. a n. 1. 33  Gigante, Atakta, pp. 75-77, sp. p. 76. 34  Ringrazio vivamente Holger Essler per avermi procurato materiale bibliografico non reperibile a Napoli. 35  Al Nachlass di Schmid accennano Erbse-Küppers, Vorwort cit. 36  Cf. J. Hammerstaedt, Christian Jensen’s and Wolfgang Schmid’s Unpublished Herculanean Papers. A Preliminary Report on the Content and the Relevance of the Material, in c.d.s. nei Proceedings of the xxv International Congress of Papyrology, Ann Arbor 29.7-4.8 2007 (da ora = Report). Ringrazio di cuore l’amico Jürgen Hammerstaedt per avermi permesso di consultare in anteprima il testo della sua relazione, dalla quale ho ricavato interessanti informazioni e suggestioni, e per avere acconsentito a leggere il presente lavoro in corso di elaborazione.  



























dopo i primi facili successi. Tuttavia, egli riteneva che lo stato precario di conservazione dei papiri, nonché le difficoltà di reperire talora un materiale di studio apparso nelle sedi editoriali più disparate, 39 non potessero in nessun modo essere invocati come motivo di rinuncia allo studio e all’interpretazione di quei testi. Nel suo intervento Schmid, con un ottimismo forse eccessivo dettato dal suo grande amore per i papiri, salutò come il possibile inizio di una nuova età dell’oro per la papirologia ercolanese gli esperimenti di svolgimento dei rotoli carbonizzati da poco avviati dal bibliotecario viennese Anton Fackelmann 40 dietro un suggerimento espresso nel 1965 da Bruno Snell a Milano, durante l’xi Congresso Internazionale di Papirologia. Come Marcello Gigante amava ricordare, 41 proprio le suggestioni raccolte dall’intervento dello Schmid al Congresso parigino, insieme alla constatazione dello scarso spazio riservato ai papiri ercolanesi nell’ambito di un congresso dedicato in buona parte all’epicureismo, fecero maturare in lui l’idea di fondare a Napoli il Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi.  





i. Studi di carattere generale La profonda conoscenza dei papiri ercolanesi, del cui fondamentale valore storiografico Wolfgang Schmid fu convinto assertore, è sottesa, innanzitutto, ai suoi studi di carattere generale, in cui egli seppe efficacemente delineare correnti di pensiero o tracciare il profilo di autori antichi : alcuni di questi lavori restano di capitale importanza nella storia degli studi classici.  

a. Già nel breve paragrafo dedicato all’epicureismo all’interno di un documentato contributo del 1956 sulla filosofia ellenistica negli studi recenti in Germania, 42 lo Schmid sottolineava l’importanza dei PHerc 1251 e 831 per lo studio dell’etica epicurea, il primo su un piano più generale, il secondo da una prospettiva particolare, ma non meno significativa. Lo studioso accennava, inoltre, ai libri xiv e De libertate agendi del Peri; fuvsew~ come a quelli in cui si coglie con maggiore evidenza lo stretto legame tra fisica e etica nella dottrina di Epicuro. 43 Inoltre, egli prendeva in  



37  Non deve meravigliare, perciò, che Küppers avesse comunicato a Marcello Gigante che nel Nachlass di Wolfgang Schmid non era rimasta traccia dell’eredità scientifica del suo maestro Christian Jensen (cf. Gigante, Atakta, p. 77) : alla morte di Schmid, infatti, il prezioso materiale si trovava già nelle mani del Neuhausen. 38  W. Schmid, L’importance des papyrus d’Herculanum pour l’étude de l’épicurisme, in Actes du VIIIe Congrès, Association Guillaume Budé (Paris, 5-10 avril 1968), Paris 1969, pp. 190-196 (da ora = Actes Budé). 39  A p. 193 lo Schmid indicava come esigenza primaria degli studi sull’epicureismo « mettre à la disposition des chercheurs une documentation sur les papyrus, devenue considérable » : come è noto, la realizzazione di un Archivio Epicureo è stata tra i primi frutti del lavoro di équipe promosso dal Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi. 40  Cf. A. Fackelmann, The Restoration of the Herculaneum Papyri and other Recent Finds, « BICS » 17 (1970), pp. 144 ss. ; F. Sbordone, Nuovi frammenti dei papiri ercolanesi, « PP » 55 (1965), pp. 307-313, e Id., Recenti tentativi di svolgimento dei papiri ercolanesi, « CErc » 1 (1971), pp. 23-39. 41  Cf. Gigante, Premessa cit., p. 5 e n. 2, e Id., I Papiri Ercolanesi nel momento attuale, « Accademie e Biblioteche d’Italia » 48 (1980), p. 2. 42  E. Kiessling (Hrsg.), Der Hellenismus in der deutschen Forschung 19381948, Wiesbaden 1956, pp. 72-89, sp. pp. 78-81 (= Schriften, pp. 131-150, sp. pp. 138-141 ; da ora = Philosophie). 43  Questo legame, che include anche la canonica, era ribadito con  



























wolfgang schmid (1913-1980) considerazione anche il PHeid 1740, un breve frammento sulla concezione epicurea del bene e del dolore ejn toi`~ ejscavtoi~ toi`~ kata; savrka pavqesi. 44  

b. Ma è soprattutto nella voce Epikur, pubblicata nel 1961 nel Reallexicon für Antike und Christentum, 45 un « riuscito profilo del filosofo in cui aveva saputo lasciare emergere discretamente la sua simpatia », 46 ma anche « un notevole bilancio storiografico » nel solco della interpretazione spiritualistica di Epicuro risalente al Bignone, 47 che lo Schmid mostrava di affiancare a pieno diritto, tra le fonti del pensiero epicureo, i testi restituiti dai papiri a quelli di tradizione indiretta, senza trascurare le fonti epigrafiche e iconografiche. Attraverso continui richiami ai testi ercolanesi, infatti, nella prima parte del saggio appaiono delineati i tratti della biografia di Epicuro e della sua formazione filosofica ; il suo ruolo di « direttore spirituale » nel Giardino (p. 39) e le vicende del primo Kh`po~ ; la « dimensione ecumenica » e la « irresistibile forza di attrazione » della dottrina del Maestro (pp. 14, 69) ; il carattere della scuola epicurea come « comunità di vita basata sull’ideale della filiva » (p. 71) ; la dottrina etica, da intendere come « nuovo stile di vita » (p. 27), guida dell’anima e messaggio di salvezza, da conseguirsi attraverso la qerapeiva e l’a[skhsi~ ; 48 il carattere « quasi religioso » del rapporto tra Maestro e discepoli all’interno della comunità epicurea (p. 101), evidente nelle forme di venerazione e di commemorazione del Maestro “salvatore”, nelle pratiche della confessione e della proskuvnhsi~, e finanche nel linguaggio degli adepti, che presenterebbe forti tratti di stilizzazione religiosa ; 49 la concezione teologica epicurea e il rapporto tra vera religiosità e religione tradizionale, nonché la critica mossa a quest’ultima. 50 Tra i testi ercolanesi maggiormente richiamati dallo  























































forza dallo Schmid in RAC v (1961) – su cui cf. infra –, 715 s. (= Schriften, p. 180) : cf. M. Gigante, Physis : la natura nell’epicureismo, in Atti del Convegno nazionale di studi L’uomo antico e la natura (AICC Torino 28-30 aprile 1997), Torino 1998, pp. 39-92, sp. p. 41.  



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Schmid compaiono il filodemeo Peri; parrhsiva~ (PHerc 1471), per le « informazioni non irrilevanti sulla prassi della direzione spirituale epicurea » (p. 43), gli scritti biografici e gli estratti epistolari nei PHerc 1289 e 1232 (Filodemo, Peri; jEpikouvrou), 176 (Auctor Epicureus incertus) 51 e 1418 (Filodemo, Pragmatei`ai), i testi etici nei PHerc 1251 e 831, 52 i testi teologici Peri; qew`n (PHerc 26 e 152/157) e Peri; eujsebeiva~ di Filodemo ; ma non mancano cenni più o meno ampi anche a testi papiracei di provenienza egiziana, come i POxy ii 215 53 e PHeid 1740, fino all’iscrizione monumentale di Diogene di Enoanda. La prima parte del saggio si chiude con un capitolo dedicato alla recezione dell’epicureismo nel mondo pagano e agli sviluppi della dottrina fino agli inizi del iv secolo d.C. : anche qui, sia pure in maniera cursoria, i profili dei più significativi rappresentanti greci dell’epicureismo fino al I secolo a.C., e cioè Polistrato, Filonide di Laodicea, Demetrio Lacone, Zenone Sidonio, sono tracciati soprattutto sulla base delle testimonianze nei papiri ercolanesi. Maggiore spazio viene riservato a Filodemo, ingenerosamente definito dallo Schmid « poligrafo non molto profondo e certamente inferiore alle personalità di uno Zenone e un Fedro » (p. 117), tra i cui trattati, « così poco originali », « dal carattere fortemente compilatorio » (p. 118), farebbe eccezione, secondo lo studioso, il solo De morte ; quanto allo stile, egli osservava che « il tono cattedratico e la prolissità dei periodi di Filodemo sono spesso scoraggianti », anche se opportunamente ammetteva che « parecchi inconvenienti stilistici vanno addebitati a insufficiente integrazione del testo » (p. 119). 54 La penetrazione dell’epicureismo a Roma, in ambito latino, viene poi seguita sin dai primi scrittori che sono ricordati da Cicerone, 55 fino a Lucrezio, 56 Virgilio e i suoi  









































il papiro è stato datato al ii sec. a.C. da G. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, Primo Suppl. a « CErc » 13 (1983), pp. 44, 57, 60, il che ha escluso la paternità filodemea. Sul PHerc 176 cf. almeno A. Angeli, La scuola epicurea di Lampsaco nel PHerc. 176 (fr. 5 coll. i, iv, viii-xxiii), « CErc » 18 (1988), pp. 27-51 : la studiosa, che pensa all’autore come a un rappresentante dell’Epicureismo di mezzo, ritiene opportuno il titolo suggerito dallo Schmid, alla luce dello scopo apologetico e dell’argomentazione centrale dello scritto (cf. pp. 28 ss.). Anche per G. Arrighetti, Filodemo biografo dei filosofi e le forme dell’erudizione, « CErc » 33 (2003), pp. 13-30, sp. p. 30, « se “Gli amici di Epicuro” non era il titolo dell’opera, ne era certa52  Su cui cf. infra. mente il tema ». 53  Su cui cf. infra. 54  Marcello Gigante, nei numerosi lavori dedicati a Filodemo, ha cercato di riscattarlo « dal luogo comune di un mero e stanco ripetitore della dottrina epicurea e consolidare la nuova immagine ancora incompiuta, ma notevolmente progredita, dello scrittore di valore », restituendolo « alla storia della letteratura greca come pensatore e scrittore certo non facile, ma neppure indecifrabile » : cf., da ultimo, M. Gigante, Filodemo nella storia della letteratura greca, Memorie dell’Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti in Napoli, xi, Napoli 1998 (le parole citate sono alle pp. 7, 9). 55  Nei primi anni ’60 Schmid dedicò a Cicerone gli studi Cicerone e la filologia tedesca, « A&R » 5 (1960), pp. 129-142 (nella versione tedesca Cicero. Die Großen der Weltgeschichte Bd. I, Zürich 1971, pp. 867-892 ; nella versione rivista Cicerowertung und Cicerodeutung, in B. Kytzler, Hrsg., Cicero’s literarische Leistung, Darmstadt 1973 = « WdF » Bd. 240, pp. 33-68) ; Ein Tag und der Aion. Betrachtungen zu Ciceros Doxologie der Philosophia, Wort und Text, Festschrift für F. Schalk, Frankfurt 1963, pp. 14-33 (nella versione rivista in G. Maurach, Hrsg., Römische Philosophie, Darmstadt 1976 = « WdF » Bd. 193, pp. 142-168) ; Il problema della valutazione di Cicerone nelle Confessioni di S. Agostino, « Maia » 15 (1963), pp. 211-218, 528 (= Studi in onore di G. Perrotta, 1964, pp. 207-214, 520). 56  Sui lavori di Schmid sul poeta latino cf. infra.  









44  A p. 79 n. 20 (= Schriften, p. 139 n. 20) lo Schmid confrontava la propria versione della col. ii con quella proposta da F. Bilabel negli Actes du ve Congrès International de Papyrologie, Brüssel 1938, p. 81. Nello stesso anno 1956 il frammento fu edito da E. Siegmann in Festschrift für B. Snell, München 1956, pp. 167-172 (recensito da M. Gigante in « PP » 61, 1958, pp. 277-279). 45  v (1961), 681-819 (= Schriften, pp. 151-266), nella trad. it. Epicuro e l’epicureismo cristiano, a c. di I. Ronca, Brescia 1984 (secondo cui da ora cito = Epicuro) auspicata da Gigante, Dedica cit., p. 6, e poi salutata con soddisfazione in Atakta, pp. 75 s. ; una traduzione italiana parziale (delle coll. 777-780) è compresa in U. Albini-F. Bornmann-M. Naldini, Epicureismo e Cristianesimo. Fortuna critica degli Autori Greci, Firenze 1975, 46  Gigante, Atakta, p. 75. pp. 218-221. 47  Gigante, Germania, p. 43. 48  Sui lavori di Schmid sull’etica epicurea cf. infra. 49  L’aspetto cultuale nel rapporto tra Epicuro e i seguaci è stato riconsiderato da M. Capasso, Trattato etico epicureo (PHerc. 346), Napoli 1982, pp. 41-50, che, a pp. 43 s., discute anche la posizione dello Schmid, su cui esprime un giudizio sostanzialmente positivo ; sulla questione cf. almeno D. Clay, The Cults of Epicurus, « CErc » 16 (1986), pp. 11-28, e A. Angeli, Filodemo, Agli amici di scuola (PHerc. 1005), La Scuola di Epicuro, Collezione di testi ercolanesi diretta da Marcello Gigante, vii, Napoli 1988, pp. 32-37. Sulla pratica della proskuvnhsi~ cf. D. Obbink, Philodemus, On Piety, Part i, Oxford 1996 (da ora = On Piety), pp. 441-443. 50  Sui saggi dedicati da Schmid alla teologia epicurea cf. infra. 51  A p. 39, Schmid ipotizzava cautamente che il PHerc 176 potesse contenere un’opera di Filodemo dal titolo Sugli amici di Epicuro : tuttavia,  





















































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giuliana leone ziale di motivi e atteggiamenti propri degli Epicurei, finanche del lessico, venivano contestualizzati e spiegati dallo Schmid nella loro reale portata : ad esempio, del concetto negativo di metewrismov~, come « distrazione o evasione dell’anima », su cui insiste Basilio nei Sermones ascetici, lo studioso ricordava il precedente nel PHerc 831, senza mancare di sottolinearne il differente contesto ; della critica degli dèi tradizionali nel Protrettico di Clemente Alessandrino, egli faceva notare come essa segua, fin nei particolari, l’analoga critica nel Peri; eujsebeiva~ filodemeo, senza che se ne debba dedurre che Clemente vi avesse attinto direttamente, « ma soltanto che egli seguì una fonte epicurea in qualche modo connessa con Filodemo » (p. 187). Il saggio si chiude con la critica della nota tesi di De Witt, 62 « che l’epicureismo come dottrina di salvezza sarebbe particolarmente vicino al cristianesimo e addirittura avrebbe contribuito in modo essenziale a prepararlo spiritualmente » (p. 191). Per lo Schmid, le analogie da lui stesso colte nel corso del saggio non colmano le differenze sostanziali tra le due dottrine, « nonostante influssi sporadici e parziali di Epicuro e Lucrezio », « poiché, anche in quei pensatori cristiani che sembrano ‘epicureizzare’ per tratti relativamente estesi, ben presto si raggiunge il punto-limite in cui l’elemento epicureo si rivela come veicolo puramente temporaneo, e comunque subordinato, del loro genuino movimento di pensiero » (p. 197).

amici, 57 Orazio ; 58 nell’età imperiale, vengono presi in esame gli atteggiamenti nei confronti della dottrina epicurea di Seneca, 59 Plutarco, Luciano, Diogene di Enoanda. Lo Schmid rinveniva la causa principale della trasformazione dell’epicureismo, da baluardo del razionalismo nel dilagante irrazionalismo religioso nel ii secolo a simbolo dell’oscurantismo e della più banale carnalità alle soglie del iv secolo d.C., nella progressiva volgarizzazione dei suoi principi etici e teologici, che lo rese facile oggetto della critica serrata degli scrittori cristiani. A questa critica è dedicata, in modo assai articolato, la seconda parte del saggio. Dopo una premessa di fondamentale valore metodologico, Schmid spiegava la particolare violenza della polemica cristiana, pur in un momento in cui l’epicureismo, come scuola, non era più effettivamente presente, con la constatazione che esso era giunto a rappresentare, nella communis opinio, « un vero e proprio modello di pensiero contenente l’essenza dell’homo carnalis » (p. 146), fino a essere identificato con l’« agnosticismo che si ostina e compiace nella lontananza da Dio » (p. 147). Quanto alle fonti del pensiero epicureo a disposizione degli scrittori cristiani, greci e latini, Schmid ipotizzava, per i primi, l’utilizzazione talora di fonti di prima mano, accanto a repertori dossografici e compendi, oltre che del patrimonio classico pagano ; per i secondi, invece, indicava in Lucrezio 60 e in Cicerone e, in misura minore, in Seneca, le fonti pressoché uniche, fatta eccezione per Ambrogio, che pare avere consultato anche materiale greco, forse un’antologia epicurea composta di epitomi risalenti a Filodemo, in cui era confluito materiale ermarcheo. 61 Sono analizzati, poi, i temi e le forme della polemica cristiana, che trovano spesso i loro precedenti nella letteratura non cristiana ; la svalutazione dell’epicureismo rispetto alle altre correnti di pensiero ; il marchio di eresia con cui esso venne presto bollato. Al contrario, i giudizi talora in parte positivi degli scrittori cristiani, soprattutto greci, nei confronti di Epicuro e della sua dottrina, e il recupero par-

c. Nel 1971 fu pubblicato da Schmid un saggio « acuto e intelligente », 63 nella sua brevità, su una tematica assai dibattuta, 64 Philodem als Dichter und als Philosoph. Über eine Athetese Kaibels in AP 9, 570. 65 Il saggio era estratto da una più ampia relazione tenuta tre anni prima dallo studioso, dal titolo Die Todesreflexion bei Philodem und Horaz, a proposito di due atetesi proposte dal Kaibel e dal Becker, entrambe rigettate dallo Schmid, rispettivamente per l’epigramma filodemeo e per Carm. 4, 7. 66 Dopo un’acuta analisi dei vv. 1-6 dell’epigramma, che correttamente Schmid inquadrava nella problematica epicurea della meditatio mortis, e in cui, contro il

57  A p. 127 n. 58 Schmid richiamava il PHerc 1082, fr. 92, col. 11, in cui compaiono i nomi di Virgilio, Quintilio Varo e L. Vario Rufo. Sulla presenza di Virgilio nei papiri ercolanesi, cf. almeno M. Gigante, Virgilio all’ombra del Vesuvio, « CErc » 31 (2001), pp. 5-26, sp. pp. 6 s., 10-12 (nella versione inglese Vergil in the Shadow of Vesuvius, in Vergil, Philodemus, and the Augustans, ed. by D. Armstrong-J. Fish-P. A. Johnston-M. B. Skinner, Austin 2004, pp. 85-99). 58  Lo studioso sottolineava come nella vita di Orazio una parziale affinità con l’epicureismo rappresenti una costante, che non entrerebbe in contraddizione con l’adesione altrettanto parziale del poeta allo stoicismo in età matura. Interessante l’articolo di M. Schmid, Eine verkannte Konstruktion in der sechzehnten Epode des Horaz, « Philologus » 102 (1958), pp. 93-102, in cui, a proposito di una crux interpretum ai vv. 15 ss., lo studioso ne forniva una interpretazione in chiave epicurea, con allusione ai concetti di ajponiva e dei beati portus della filosofia : tra le fonti citate, Philod., Piet., p. 95, 16 Gomperz ; Di iii fr. 85, 6, p. 17 Diels ; Epic., Nat. XI, p. 47 Vogliano. 59  A pp. 129 s. Schmid riprendeva i termini di un proprio lavoro, Eine falsche Epikurdeutung Senecas und seine Praxis der erbauenden Lesung (Epic. Gnom. Vat. 60), « Acme » 8 (1955), in memoria di A. Vogliano, pp. 119-129 (= Schriften, pp. 121-130 ; da ora = Epikurdeutung), in cui aveva cercato di dimostrare che certe incomprensioni o adattamenti al proprio pensiero di elementi epicurei, soprattutto nelle sentenze, vanno intese « als eigener Versuch Senecas, mit Hilfe von sarcinae Epicuri zu philosophieren » (p. 119 = Schriften, p. 121). 60  Sull’utilizzazione di Lucrezio da parte di Arnobio e Lattanzio,

cf., nel saggio, anche pp. 193 s., nonché W. Schmid, Christus als Naturphilosoph bei Arnobius : Erkenntnis und Verantwortung, in Festschrift für Th. Litt, Düsseldorf 1960, pp. 264-284 (= Schriften, pp. 562-583). 61  Cf. pp. 158-160. Sulla testimonianza di Ambrogio in Ep. 14, p. 245 Zelzer (= 63 Migne), cf. F. Longo Auricchio, Ermarco, Frammenti, La Scuola di Epicuro, vi, Napoli 1988, fr. 47 e commento a pp. 170 s. 62  N. W. De Witt, Epicurus and his Philosophy, Minneapolis 1954 (assai severamente recensito da Schmid in « Gnomon » 27, 1955, pp. 427-431), e Id., Saint Paul and Epicurus, Minneapolis 1956. 63  Gigante, Germania, p. 43. 64  Su cui cf. Gigante, Filodemo nella storia della letteratura greca cit., pp. 9-25. 65  Acta Conventus xi « Eirene » (Warszawa 1968), Warszawa 1971, pp. 201207 (= Schriften, pp. 267-274). 66  La trattazione dell’ode oraziana fu volutamente esclusa dallo Schmid dalla redazione definitiva del testo, cf. p. 201 n. 1 (= Schriften, p. 267 n. 1). La pubblicazione del saggio seguì, per un ritardo nella pubblicazione degli atti del convegno, l’edizione di A. S. F. Gow-D. L. Page, The Greek Anthology. The Garland of Philip i-ii, Cambridge 1968, in cui l’atetesi dei vv. 7-8 era mantenuta (ep. 14 Gow-Page). M. Gigante, Il Libro degli Epigrammi di Filodemo, Napoli 2002, concordava invece con Schmid (ep. xix Gigante : ma cf. già Id., Ricerche Filodemee, Napoli 19832 – Schmid ne citava la prima edizione, apparsa nel 1969 –, p. 177 ; da ora = Ricerche) ; anche D. Sider, The Epigrams of Philodemus. Introduction, Text, and Commentary, Oxford 1997, p. 69, ha concordato con Schmid nel mantenere i vv. 7-8 (ep. 3 Sider).









































































































wolfgang schmid (1913-1980) Del Re e concordemente con Gigante, 67 coglieva la serietà del motivo epicureo della morte come « sonno senza fine », lo studioso dimostrava la coerenza in questo contesto dei vv. 7-8 finali, giustificandone il tono parenetico di sapore diatribico col ricorso a numerosi esempi tratti da testi epicurei (primo fra tutti il POxy ii 215, col. i 17) e da iscrizioni sepolcrali. Anche la presenza di un « avaro » al v. 7 veniva giustificata dallo Schmid all’interno della riflessione epicurea sulla morte, col suo invito a godere dei beni presenti e a non dipendere da quelli futuri (in proposito lo studioso citava, in particolare, PHerc 1251, col. xix 16, e Philod., De morte, col. xxxviii 4 e 14 ss.). Insomma, secondo lo Schmid, in questo caso il Filodemo poeta non mostrerebbe alcuna contraddizione con il Filodemo filosofo.  









d. Anche di Lucrezio poeta e filosofo più volte Schmid difese la coerenza e l’ortodossia, in generale e, in particolare, rispetto alla nota posizione critica di Epicuro sulla poesia. Numerosi sono i lavori dedicati dallo studioso al poeta latino, « zweifellos sein bevorzugtes Thema », 68 fino all’ultima conferenza pubblica, che Schmid tenne a Münster il 16 gennaio 1978 sull’etica di Lucrezio. Proprio il saggio su Lucretius ethicus, del 1978, 69 può essere considerato, probabilmente, il culmine delle riflessioni dello Schmid sul poema lucreziano, avviate sin dagli anni giovanili con originali interventi filologici su specifiche problematiche di tradizione del testo 70 e affinate nel tempo anche attraverso brillanti recensioni 71 a edizioni, traduzioni e saggi sull’opera del poeta latino. 72 In particolare, negli anni si era andata rafforzando nello Schmid la convinzione 73 che Lucrezio andasse doverosamente sottratto a un tipo di lettura critica, piuttosto diffuso tra gli studiosi, che si compiaceva di cercare a tutti i costi « l’Antilucrezio in Lucrezio » e che pretendeva di spiegare secondo questo schema interpretativo tutte le antinomie, reali o presunte, presenti nel poema, credendo, insomma, di potere cogliere « una visione del mondo lucreziana non epicurea . . . sotto uno strato epicureo superficiale, voluto intenzionalmente e fittizio ». 74 Al contrario, lo Schmid, convinto assertore della necessità di inquadrare il poema lucreziano nel rapporto con le sue fonti non meno che nel rapporto con la cultura del suo tempo, cercava di dimostrare come, invece, la riconsiderazione della dottrina di Epicuro attraverso le fonti più genuine e fededegne, non ultime quelle conservate dai papiri ercolanesi, potesse soccorrere a leggere anche Lucrezio nel modo più corretto e a spiegarne le contraddizioni, spesso solo apparenti. Per questa ragione, accanto ai testi epicurei di tradizione indiretta, venivano frequentemente richiamati dal 







lo studioso i testi Peri; fuvsew~ di Epicuro, ai cui tardi estratti Schmid, sulla scia di Usener e di Diels, riteneva risalisse in gran parte la presentazione lucreziana della fisica epicurea ; 75 inoltre, all’Epistola a Meneceo e alle raccolte di sentenze venivano affiancati testi morali soprattutto di Polistrato, Demetrio Lacone e Filodemo, in cui Schmid indicava opportunamente i paralleli con alcuni passaggi etici di evidente sapore diatribico nel poema di Lucrezio, non sempre, a suo avviso, correttamente interpretati dai critici. Nel saggio del 1978, in particolare, lo studioso prendeva in esame la trattazione da parte del poeta latino di due principi essenziali dell’etica epicurea, la raccomandazione per una vita semplice secondo natura, nel proemio del ii libro (vv. 1-61, sp. vv. 16-23), e il rifiuto dei desideri illimitati, implicito nella condanna di avidità e desiderio di onori, collegata al tema della morte, nel proemio del libro iii (sp. vv. 41-86) : alla luce delle testimonianze nei papiri ercolanesi, egli mostrava come in entrambi i casi Lucrezio, pur attualizzando i precetti che leggeva nelle sue fonti, calandoli nella critica alla società del proprio tempo, fosse rimasto sostanzialmente fedele ai dettami del fondatore del Giardino. In conclusione, Schmid rivendicava a pieno titolo al poeta latino l’appellativo non solo di « poeta doctus », ma anche di « philosophus doctus ».  















67  Cf. p. 202 e n. 9 (= Schriften, p. 268 e n. 9) ; cf. Gigante, Ricerche, p. 68  Cf. Tinnefeld, in « Eikasmos » cit., p. 333. 178. 69  In Lucrèce, Fondation Hardt. Entretiens sur l’Antiquité Classique, 24, Vandoeuvres-Genève 1978, pp. 123-157 (= Schriften, pp. 293-321). 70  Oltre al lavoro del 1939, cit. a n. 9, cf. W. Schmid, Lukrez über die Mächtigen und ihre Ängste, Symbola Coloniensia Iosepho Kroll . . . oblata, Köln 1949, pp. 101-109 (= Schriften, pp. 277-285) ; Id., Versuch einer Deutung der Überlieferung in Lucr. 2, 356, Bonner Festgabe J. Straub zum 65. Geburtstag . . ., « Beihefte der Bonner Jahrbücher », Bd. 39, Bonn 1977, pp. 159-164 (= Schriften, pp. 286-292). 71  Lo Schmid fu collaboratore assiduo di « Gnomon » e membro della redazione di « Philologus » dal 1954 al 1970. Sulle qualità di Schmid recensore, cf. Schetter, in « Alma Mater », p. 14, e in « Gnomon » cit., p. 812.  































ii. Studi su testi e problemi nei papiri













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Gli interventi di Wolfgang Schmid specificamente dedicati a testi o a problematiche nei papiri, che ho scelto di presentare in questa sede secondo criteri tematici, sono stati numerosi e pubblicati in sedi diverse, susseguendosi con una certa regolarità negli anni, riprendendo e approfondendo in molti casi tematiche particolarmente a cuore allo studioso, soprattutto di etica e di teologia epicuree, a riprova di un interesse profondo mai sopito. Pur se certe conclusioni, anche alla luce dei progressi della ricerca, non appaiano pienamente condivisibili, tali lavori si rivelano sempre sorretti da una straordinaria dottrina e da una viva intelligenza, e la loro lettura, come scrisse Gigante, suscita tuttora suggestioni e riflessioni « così numerose che ci danno ancora una volta la misura del valore dello studioso e del compianto dell’amico perduto ». 76 Si tratta di saggi, più o meno ampi, spesso tesi all’edizione e all’esegesi di testi particolarmente significativi, anche in vista di edizioni complessive, che tuttavia Schmid non riuscì a portare a termine ; in altri casi, invece, i suoi interventi appaiono limitati a osservazioni più cursorie, a proposte testuali o di interpretazione di singoli passi, 77 o  









72  Cf. « Gnomon » 20 (1944), pp. 1-22 e 85-100 ; « Gnomon » 39 (1967), pp. 464-495 ; « Gnomon » 48 (1976), pp. 768-774. 73  Così già in W. Schmid, Lukrez und der Wandel seines Bildes, « A&A » 2 (1946), pp. 193-219 (versione rivista in Römische Philosophie cit., pp. 3783). All’interpretazione di Lucrezio nella ricerca tedesca Schmid dedicò il saggio De Lucretio in litteris Germanicis obvio, in Antidosis, Festschrift für W. Kraus zum 70. Geburtstag, « WS » 5 (1972), pp. 327-335. 74  Schmid, Epicuro, p. 123 ; cf. anche le recensioni a lavori di O. Tescari, in « Gnomon » 20 (1944), pp. 12 ss., e di P. Boyancé, in « Gnomon » 39 75  Cf. Schmid, Epicuro, p. 121. (1967), pp. 493 s. 76  Gigante, Atakta, p. 77. 77  Cf., per es., PHerc 465, fr. 12, 14 in Ethica, p. 80, su cui cf. Obbink, On Piety, pp. 535 s. Su Philod., Piet., PHerc 1077, fr. 6, p. 100 Gomperz (369  

































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anche a semplici citazioni nei contesti più disparati – non di rado, come si è visto, nelle raffinate e brillanti recensioni, 78 in cui Schmid, dimostrando una spiccata sensibilità di lettore e di critico, indugiava volentieri su problemi che gli erano congeniali o che aveva affrontato nei suoi lavori. Da questi interventi dello studioso si ricavano, se pure non sempre in modo sistematico, precise indicazioni di metodo per l’approccio allo studio dei testi papiracei che ancora oggi possono ritenersi generalmente valide. In primo luogo, l’autopsia dei rotoli deve essere alla base di ogni lavoro di edizione ; 79 allo stesso modo, nel caso dei papiri ercolanesi, non va trascurata l’autopsia dei disegni, oxoniensi 80 e napoletani, perché dal confronto delle varie serie tra loro, testimoni di momenti diversi della storia di un papiro dopo il suo svolgimento, e dalla collazione delle serie stesse con le incisioni riprodotte nelle Collectiones sette-ottocentesche – di cui Schmid apprezzava soprattutto la Altera, per l’agile impianto e per l’importante compito di diffusione dei testi ercolanesi assolto tra i filologi classici nella seconda metà dell’Ottocento – 81 si possono ricavare dati preziosi ; 82 nella costituzione del testo, poi, l’editore deve guardarsi dagli eccessi nelle integrazioni delle lacune, 83 che, in ogni caso, vanno distinte sempre con chiarezza dal testo tradito, per non ingenerare false certezze su testi di natura problematica ; 84 vanno anche osservate con il massimo scrupolo la precisione nella costituzione dell’apparato critico e la coerenza nell’applicazione dei criteri ecdotici ; 85 il testo critico, inoltre, dovrebbe sempre essere accompagnato dalla riproduzione dei facsimili dei disegni,

oxoniensi o napoletani, nonché, nei casi dubbi, dalla riproduzione litografica delle tracce superstiti nel papiro, perché il lettore possa rendersi conto della situazione rilevata dall’editore e formarsi un giudizio personale ; 86 traduzione e commento, sulla scia delle edizioni di Hermann Diels e di Christian Jensen, da Schmid indicate quali modelli insuperati nel campo degli studi ercolanesi, sono ritenuti corredo indispensabile al testo critico ; 87 per conseguire risultati apprezzabili, inoltre, all’editore sono necessari in egual misura « l’intima dimestichezza con i dovgmata da un lato, e ‘le sens du grec’ dall’altro » ; 88 è anche importante che nel commento venga considerata « ogni singola affermazione nel contesto generale di pensiero e soprattutto nel rapporto con il particolare avversario » con cui di volta in volta l’autore del testo si misura ; 89 infine, in materia di attribuzione di testi epicurei di paternità ignota, Schmid avvertiva, forse con una cautela eccessiva, che poco significativi vanno ritenuti i termini filosofici, perché sostanzialmente il linguaggio tecnico della scuola di Epicuro, finanche in alcune movenze sintattiche, non muta, dal fondatore sino a Diogene di Enoanda ; 90 nello stesso senso, credo a ragione, altrettanta cautela egli suggeriva, a causa della esiguità del materiale tradito, nel catalogare senz’altro come neologismi termini che potrebbero semplicemente trovarsi attestati per la prima volta nei papiri. 91 Non possono, tuttavia, non rilevarsi talora, nei lavori dello Schmid dedicati ai testi nei papiri, alcuni vizi metodologici, sottolineati da recensori e critici, che pur non inficiano, in generale, il valore delle sue acute congetture e delle

Philippson ; 36, 1023 ss. Obbink), edito da Schmid nel saggio Götter und Menschen in der Theologie Epikurs del 1951, cf. infra.

tata dalla successiva ricognizione del disegno napoletano originale di G. B. Malesci, risultato diverso dall’incisione riprodotta in VH2. 83  Cf., per es., Schmid, Epicuro, pp. 39 n. 71, 47, a proposito delle integrazioni del Philippson in « NGG » 1929 « palesemente troppo audaci », e di quelle dello Jensen in « AGG » 1933, che avevano mosso le critiche e il generale scetticismo di Paul Maas, come Schmid ricordava in Actes Budé, p. 195. 84  Cf. Schmid, Epicuro, p. 47 e nn. 106-107 ; in un lavoro del 1962 sul POxy ii 215 (su cui cf. infra) la critica di Schmid in questo senso non risparmiò neppure il lavoro di Barigazzi su questo papiro, pur se riconosciuto meritorio. Anche nelle recensioni a lavori di O. Gigon e J. Mewaldt, in « Gnomon » 27 (1955), pp. 417-421, lo studioso, a proposito stavolta di testi di tradizione manoscritta, avanzò riserve di metodo sull’opportunità di darne traduzioni presentandoli come di tradizione sicura invece che nella loro problematicità. 85  Nella citata recensione al volume Epicuri Ethica, in « Gnomon » cit., pp. 413-415, Schmid fu alquanto critico sull’utilizzazione da parte del Diano del materiale messogli a disposizione dal Vogliano sul De libertate agendi, imputandogli mancanza di precisione negli apparati e incoerenza nell’uso dei criteri ecdotici : in proposito, egli invocava, come insuperato modello, l’edizione di Jensen del v libro della Poetica di Filodemo. 86  Questo metodo, inaugurato dal Gomperz, fu apprezzato da Schmid, Problemi, p. 33, e da lui stesso applicato nei suoi lavori. 87  Nella Introduzione alla ristampa in « CErc » 1 (1971) della Dissertazione sul PHerc 1676 discussa dall’allievo di Jensen J. Heidmann nel 1937, Schmid (p. 89) chiariva che solo la morte in guerra nel dicembre del 1941 aveva impedito all’autore la messa a punto di un commentario al testo greco, che pure doveva essere in buona parte pronto ; del resto, già in Philosophie, p. 73 (= Schriften, p. 133), egli aveva espresso il dubbio che poco profitto un lettore medio potesse trarre dall’edizione di quel testo senza un commentario. 88  Problemi, p. 43. 89  Epicuro, p. 67. 90  Cf. Epicuro, pp. 48 s. (sulla scia del Diels, che aveva parlato di « Sprache der Schulbibel » in « SPAW » 1916, p. 891). 91  Cf. infra.



























78  Cf. « Gnomon » 27 (1955), pp. 405-431. In particolare, l’ampia recensione (alle pp. 405-417) al vol. Epicuri Ethica di C. Diano (Florentiae 1946) fu occasione per lo Schmid di approfondimento di alcuni problemi testuali nei papiri ercolanesi, come, per es., di un celebre passo (PHerc 1056, fr. 7 col. xi D. = [34.30] Arr.2 = corn. 7 z. 4 Laursen) del libro di Epicuro De libertate agendi (riconosciuto come il xxv dell’opera Sulla natura da S. Laursen, Epicurus On Nature Book xxv, « CErc » 17, 1987, pp. 77 s.) : a l. 12 lo studioso (pp. 415 s.) ipotizzava la caduta di un verbo come ãkatorqou`nte~Ã dopo kaivper ejn polloi`~ (un’aggiunta ritenuta non necessaria da M. Gigante, Scetticismo e Epicureismo. Per l’avviamento di un discorso storiografico, Napoli 1981, pp. 56-60, sp. p. 57 ; da ora = Scetticismo). 79  Dell’edizione del Diels dei libri Peri; qew`n di Filodemo, infatti, Schmid, Problemi, p. 41, notava come fosse « senza dubbio stupefacente, che l’edizione più straordinaria mai toccata in sorte ad un testo ercolanese sia nata senza un controllo dell’originale » ; in questo caso, secondo Capasso, Manuale, p. 133 n. 74, Schmid avrebbe in qualche modo sottovalutato la portata della revisione degli originali. 80  In Problemi, p. 30 e n. 2, Schmid sottolineava come Theodor Gomperz fosse stato « il primo a saper sfruttare in grande stile per il proprio lavoro i facsimili di Oxford », e come nel 1863 fosse stato l’artefice della « riscoperta » nella Bodleian Library di tali disegni, dati fino ad allora per dispersi. 81  Cf. Problemi, p. 29. 82  La recensione di Schmid a O. Luschnat, Zum Text von Philodems Schrift de musica, Berlin 1953, apparsa in « Gnomon » 27 (1955), pp. 421-424, diveniva pretesto per una riflessione di metodo sui modi di utilizzazione delle diverse serie dei disegni ercolanesi, di cui, secondo lo studioso, non va generalizzata l’importanza dell’una a detrimento dell’altra : in proposito, egli indicava l’edizione del Diels come modello (pp. 422 s. e n. 1) : cf. anche Problemi, p. 34 n. 10. Lo stesso Schmid ebbe modo di sperimentare l’importanza della collazione dei disegni con le incisioni : in un lavoro del 1959 sul PHerc 831 (Aus der Arbeit an einem ethischen Traktat des Demetrios Lakon cit. infra, sp. pp. 185 s.) egli minutamente raccontò come una sua nuova lettura autoptica della l. 8 della col. xii fosse stata confor 







































































































wolfgang schmid (1913-1980)

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Nel suo intervento al Congresso Budé del 1968 95 Schmid lamentava, per i testi Peri; fuvsew~ di Epicuro, attestati unicamente dai papiri ercolanesi, da un lato, la scarsa conoscenza da parte degli specialisti del pensiero epicureo, dall’altro, il mancato approfondimento del loro contenuto da parte di chi, invece, quei testi ben conosceva. Dopo avere rapidamente ricordato i motivi che avevano indotto prudentemente Hermann Usener a escludere dagli Epicurea i testi Peri; fuvsew~, che pure gli erano ben noti, in attesa dell’edizione annunciata di Theodor Gomperz che, tuttavia, non vide mai la luce, 96 e dopo avere accennato al medesimo progetto di Siegfried Sudhaus, rimasto ugualmente incompiuto, Schmid richiamava la felice collaborazione di

Robert Philippson, acuto interprete dei testi ercolanesi, con Achille Vogliano, papirologo di razza, di cui egli apprezzava soprattutto l’edizione berlinese del 1928 97 e di cui riconosceva l’opera meritoria di promotore degli studi dei rotoli Peri; fuvsew~. 98 Infine, con soddisfazione egli sottolineava come per la prima volta quei testi, fino a quel momento pubblicati separatamente in diverse sedi editoriali, fossero stati raccolti in un unico volume da Graziano Arrighetti, 99 che aveva felicemente raccolto il testimone dal Vogliano. Con i non facili problemi posti dai testi di Epicuro conservati nei papiri ercolanesi lo stesso Schmid, come si è visto, si era cimentato agli esordi della sua carriera, su suggerimento del maestro Christian Jensen. A Leipzig era apparso nel 1936, nella serie delle Klassisch-Philologische Studien diretta dallo stesso Jensen e da Ernst Bickel, lo studio « acuto e dottissimo » 100 Epikurs Kritik der platonischen Elementenlehre, incentrato sulle coll. xxxiv-xxxix del PHerc 1148, 101 contenente il xiv libro dell’opera capitale di Epicuro. Nel saggio lo Schmid offrì il primo ed « esemplare » 102 contributo all’interpretazione di questo testo, dopo le osservazioni parziali di Gomperz, che per primo bene vi aveva individuato la polemica antiplatonica, 103 e dopo l’edizione citata del 1932 del Vogliano, uscita priva di traduzione e di commento. All’edizione del Vogliano e al lavoro del giovane Schmid il Philippson dedicò nel 1937 un’importante recensione, 104 di cui qualche anno dopo, nel lavoro miscellaneo Nugae Herculanenses, 105 lo stesso Schmid sottolineò l’indiscutibile merito di aver fatto progredire l’interpretazione del testo, pur lasciando aperti non pochi problemi : in quella sede, dunque, lo studioso, in risposta alle questioni e ai dubbi sollevati dal Philippson, cercava di chiarire e di approfondire alcune sue posizioni critiche, ritornando anche su alcuni punti problematici del testo. Nel lavoro del ’36 lo Schmid, che non vide il papiro, si era giovato, oltre che delle letture autoptiche del Sudhaus, 106 delle congetture di Usener nelle schede inedite del Glossarium Epicureum, 107 allora conservate a Bonn, nonché delle proposte comunicategli da Jensen, risultate in qualche caso felicemente confermate dalla più recente autopsia. 108 Se proprio nella mancata autopsia degli origi-

92  Prive di saldo fondamento appaiono, per la stessa ragione, anche alcune osservazioni di carattere paleografico (per es., Schmid riteneva che fosse da integrare nel testo della col. xxxv del xiv libro Sulla natura una nota posta nel margine superiore, anche in base all’errata considerazione che essa fosse opera della stessa mano che ha vergato il testo : ma cf. G. Leone, Epicuro, Della natura, libro xiv, « CErc » 14, 1984, pp. 17-107, sp. pp. 27 s., 89 s. ; da ora = Nat. xiv) e ortografico (cf., per es., Leone, Nat. xiv, p. 25 e n. 67). 93  Come era stato rilevato da Gigante, Ricerche, p. 263, a proposito del testo stabilito da Schmid della col. xvi del PHerc 1251 ; gli ultimi editori del papiro, G. Indelli e V. Tsouna McKirahan (cf. infra), hanno esteso anche ad altri luoghi il rilievo di Gigante. 94  Così Gigante, Ricerche, ibidem ; L. Castiglioni, nella recensione a Schmid, Ethica, « Athenaeum » 1941, pp. 196 s., a proposito delle traduzioni in latino dello studioso, parlava di « latinità . . . non meno dura di 95  = Actes Budé. quello che sia la grecità del periodo ». 96  Cf. infra. 97  A. Vogliano, Epicuri et Epicureorum scripta in Herculanensibus papyris servata, Berolini 1928 (da ora = Scripta). Su Gli studi ercolanesi di Achille Vogliano ha scritto un bel saggio F. Longo Auricchio, in C. Gallazzi-L. Lehnus (edd.), Achille Vogliano cinquant’anni dopo, Milano 2003, pp. 73-129.

98  A p. 194 lo Schmid indicava nei libri xiv, xxviii e nel Liber de libertate agendi i frammenti di maggior valore. 99  Lo Schmid si riferiva alla prima edizione del volume Epicuro. Opere, apparsa a Torino nel 1960 ; la seconda edizione, secondo cui cito, uscì nel 100  Arrighetti, p. 602. 1973 (da ora = Arrighetti). 101  La numerazione delle colonne è secondo la mia edizione, cf. Leone, Nat. xiv (= [29.22-27] Arr.2) ; Schmid seguiva la numerazione stabilita da Vogliano. 102  Arrighetti, p. xxv. 103  Th. Gomperz, Neue Bruchstücke Epikur’s « über die Natur ». Herculanensium voluminum collectio altera, Tom. vi, Fasciculus 1 (Neapel 1866), « ZOEG » 18 (1867), pp. 210-213 (=T. Dorandi, Hrsg., Eine Auswahl herkulanischer kleiner Schriften. 1864-1909, Leiden-New York-Köln 1993, pp. 48-51, da ora = Auswahl) ; da ora = Neue Bruchstücke. 104  « GGA » 1937, pp. 466-489. 105  « RhM » 92 (1943-44), pp. 35-55, sp. pp. 44-50 (da ora = Nugae). 107  Su cui cf. infra. 106  Su cui cf. supra, n. 7, e infra. 108  Leone, Nat. xiv. Qualche esempio : nella col. xxxvii, in cui brillantemente Schmid intuiva la polemica contro la dottrina platonica della trasformazione reciproca degli elementi, egli accoglieva a l. 1 la congettura ejxevfe≥ªuºg≥e che Usener aveva formulato dubitanter, confermata invece dall’autopsia ; anche nello scolio alla col. xxxviii, di cui cercava di risolvere le aporie e le apparenti contraddizioni sulla base di fonti ma-

sue brillanti esegesi, unanimemente riconosciuto, pur se talvolta nel dissenso. Tra essi va annoverata, soprattutto nei primi lavori, la mancata revisione autoptica degli originali : numerose congetture dello studioso, pur se accettabili per altri aspetti, non sono state accolte dagli editori successivi, o perché non tengono il debito conto dello spazio in lacuna o a fine e inizio linea, che lo studioso non poteva valutare con esattezza sulla base dei soli disegni e delle trascrizioni di Sudhaus e Jensen, o perché contraddicono palesemente le tracce ravvisabili nel papiro ; in qualche caso, poi, le congetture dello Schmid vanno anche contro le tracce nei disegni stessi. 92 In diversi casi, d’altra parte, le stesse letture autoptiche dello studioso sono risultate inattendibili alla luce di successive ricognizioni dei papiri, anche se non si può non tenere conto del fatto che queste ultime sono state effettuate spesso con microscopi elettronici, che lo Schmid non aveva a suo tempo a disposizione. Non sempre, poi, alla rilevazione abbastanza accurata da parte di Schmid dei segni critici corrisponde nelle sue edizioni un’interpunzione coerente : questa, al contrario, non di rado sembra inserita arbitrariamente, a sostegno delle interpretazioni dello studioso. 93 In qualche caso, invece, sono state le traduzioni proposte dallo Schmid, faticose o ambigue o anche abili a nascondere le difficoltà di interpretazione di passi difficili, a non convincere pienamente i critici. 94  











a. Wolfgang Schmid e l’opera Peri; fuvsew~ di Epicuro





















































































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nali va indicato, forse, il limite maggiore del suo lavoro, 109 allo Schmid va riconosciuto senz’altro il merito di avere fornito, delle colonne del PHerc 1148 a cui limitava il suo esame, la prima traduzione puntuale in lingua tedesca e un ampio commento, in cui anche il completamento dei pensieri nelle parti lacunose iniziali e finali delle colonne appare ancora oggi spesso illuminante per l’interpretazione generale del testo. Lo studioso indicava convincentemente la fonte della critica di Epicuro al Timeo platonico, e perfino di alcune sue incomprensioni di fondo, 110 nell’aristotelico De caelo 305 b 28-307 b 24, gettando nuova luce sui rapporti fra Epicuro, Platone e Aristotele, 111 concordemente con le ricerche portate avanti in quegli stessi anni da Bignone, ma procedendo oltre lo stesso Bignone. 112 Tuttavia, allo stesso modo in cui le ricerche dopo Bignone hanno dimostrato che la dipendenza di Epicuro da Aristotele va generalmente ridimensionata e più chiaramente sono stati definiti il ruolo e il peso dello Stagirita nella genesi e negli sviluppi del suo pensiero, 113 anche per la polemica antiplatonica nel XIV libro vanno rivendicate a Epicuro, più di quanto forse risulti dal saggio di Schmid, una certa autonomia nei confronti della sua fonte e il tentativo di esaminare la dottrina platonica alla luce della propria dottrina atomistica, come proverebbe, tra l’altro, la terminologia impiegata. 114 Anche il coinvolgimento diretto di Aristotele nella polemica antiplatonica di Epicuro, colto in almeno due punti del testo dallo Schmid, 115 va probabilmente escluso, e con più forza, sulla scia del Philippson, va rivalutato in essa il ruolo

dei Presocratici, attraverso la mediazione di Teofrasto. 116 Il saggio di Schmid si chiudeva con quattro appendici che rappresentano lo sviluppo di alcune importanti questioni a cui si accennava nel commento : la teoria atomistica della mistione nella testimonianza di Alessandro di Afrodisia ; il problema della discussa autenticità dell’Epistola a Pitocle ; 117 gli Epicurei e il problema matematico della divisibilità all’infinito ; la ijsovth~ della terra in Epicuro – una questione per la quale Schmid faceva riferimento anche all’xi libro Peri; fuvsew~ nei PHerc 1042 e 154, che leggeva nel testo restituito dal Gomperz 118 e con riferimento alle collazioni del Sudhaus. 119 Sin da questo primo lavoro, il giovane Schmid mostrava un’estrema padronanza delle fonti antiche epicuree, ercolanesi e di tradizione indiretta, compreso Lucrezio. Molte e di valore appaiono le sue osservazioni sulla sintassi e sullo stile di Epicuro, 120 per le quali egli utilizzava soprattutto l’Index grammaticus nel Glossarium Epicureum di Usener, ma anche il noto saggio di Widmann sulla sintassi di Epicuro, apparso nel 1935 : 121 a questo saggio, nello stesso anno 1936 in cui usciva l’Epikurs Kritik, Schmid dedicò anche una breve recensione complessivamente positiva. 122

tematiche antiche, cogliendo anche una certa impreparazione da parte del suo autore, lo Schmid giustamente ipotizzava con il Comparetti la presenza del verbo plavttw (così in P, plavssw per Comparetti), e con il Sudhaus quella dell’aggettivo ijdiopaqhv~ (in P, in realtà, si legge la forma ijdiopaqhtov~), di cui stabiliva correttamente il collegamento con la tematica trattata nella col. xxxix seguente.

indicando in Platone il suo unico avversario, ma, credo a torto, nei filosofi meno ridicoli a quello contrapposti egli individuava Aristotele per la presenza a l. 9 dell’espressione oujsiwvdh~ suvgkrisi~, che accostava al concetto aristotelico di oujsiva suvnqeto~ : in Nat. xiv, pp. 86-89, e in G. Leone, Epicuro ed Empedocle, in G. Casertano (ed.), Empedocle tra poesia, medicina, filosofia e politica, Napoli 2007, pp. 221-240, ho creduto di potere confermare, invece, le ipotesi di Philippson e di Arrighetti, che vi avevano colto l’allusione a Empedocle. Anche nell’aggiunta posta nel margine superiore della col. xxxv (su cui cf. supra, n. 92) Schmid (Epikurs Kritik, p. 34 = Schriften, pp. 24 s.) coglieva un improbabile accenno polemico contro la divisibilità all’infinito sostenuta da Aristotele (sul testo di questa aggiunta egli ritornò in Nugae, pp. 46-48, modificandolo in parte per giustificarne il salto nel testo da parte dello scriba per un errore di omeoteleuto). 116  Cf. Leone, Nat. xiv, pp. 33 s. Teofrasto era indicato come possibile fonte di Epicuro anche dallo Schmid, Nugae, p. 50, a proposito dell’interpretazione dello scolio a col. xxxviii. 117  Alle pp. 58-60 (= Schriften, pp. 43 s.), Schmid, sulla scia di Usener, si dimostrava incline a negarne l’autenticità (cf. anche Schmid, Epicuro, p. 26) ; ricordo che nella recensione a E. Boer, Epikur, Brief an Pythokles, Berlin 1954, apparsa in « Gnomon » 27 (1955), pp. 424-427, Schmid dette una valutazione alquanto positiva dell’edizione della Boer, che attribuiva l’epistola a uno scolaro di Epicuro, epitomatore dei libri Sulla natura. Sulla questione cf. Angeli, Filodemo cit., pp. 289-295. 118  Gomperz, Neue Bruchstücke, pp. 207-210 (= Auswahl, pp. 45-48). 119  L’edizione a cura di Achille Vogliano sarebbe apparsa a Il Cairo nel 1940. 120  Su cui cf. anche Schmid, Epicuro, pp. 48-57. 121  H. Widmann, Beiträge zur Syntax Epikurs, Stuttgart 1935. 122  In « Gnomon » 12 (1936), pp. 444-446 (cf. anche Schmid, Epicuro, p. 57), Schmid giudicava il lavoro del Widmann solido e utile, lodandone l’impianto e la cautela sull’utilizzazione del materiale di tradizione indiretta ; egli lamentava, tuttavia, che delle edizioni moderne dei libri Peri; fuvsew~ il Widmann avesse utilizzato solo l’edizione berlinese di Vogliano del xxviii libro e non anche quella del xiv, apparsa nel 1932 ; inoltre, agli esempi addotti dal Widmann sulla tecnica epicurea della variatio egli ne aggiungeva altri, introducendo anche esempi sulla repetitio verborum.





























109  A. Vogliano, Papiri Ercolanesi, « Acme » 1 (1948), p. 401, deplorò che lo Schmid conoscesse i papiri solo « di riflesso sulle copie del Sudhaus [pericolose !] e del Jensen ». 110  In Nugae, p. 45, Schmid insisteva sul fatto che Aristotele e Epicuro hanno “riletto” Platone, non necessariamente lo hanno compreso. 111  In Epicuro, pp. 61-64, Schmid parlava dei rapporti dell’epicureismo « in vivace polemica » con le altre filosofie, « specialmente con l’Accademia e il Peripato », sottolineando come gli studi in quegli anni mirassero giustamente a « non isolare l’epicureismo ponendolo quasi al di fuori delle ‘buone’ tradizioni filosofiche della grecità ». 112  Ricordo che la prima edizione dell’Aristotele perduto di Bignone era stata appena pubblicata nello stesso anno 1936 (Schmid, Epikurs Kritik, la citava in nota a p. 56 = Schriften, p. 41) ; più tardi, in Epicuro, p. 38, Schmid avrebbe difeso, contro il Bignone, la possibilità che Epicuro conoscesse anche qualcuna delle opere esoteriche di Aristotele, richiamando un noto passo del PHerc 1005 (fr. [127] Arr.2, 111 Angeli, Filodemo cit., di cui cf. anche il commento a pp. 233-240). 113  Cf. almeno M. Gigante, Kepos e Peripatos. Contributo alla storia dell’aristotelismo antico, Napoli 1999, sp. pp. 33-50. 114  Cf. Leone, Nat. xiv, pp. 34-37. In particolare, è verisimile che la polemica antiplatonica fosse condotta da Epicuro dalla prospettiva della propria dottrina degli schvmata atomici, illustrata probabilmente nella prima parte del libro, secondo la quale egli pare avesse articolato anche la propria critica delle posizioni monistiche (cf. Leone, Nat. xiv, pp. 90 s.). In realtà, anche lo Schmid, Epikurs Kritik, p. 56 (= Schriften, pp. 41 s.), sottolineava i punti di partenza differenti da cui muovevano Aristotele e Epicuro nelle loro critiche relativamente al problema della divisibilità della materia. 115  Nella col. xxxiv Schmid (Epikurs Kritik, p. 18 = Schriften, pp. 13 s.) giustamente escludeva i Pitagorici dall’orizzonte polemico di Epicuro,  



























b. Scritti sull’etica epicurea







Con la pubblicazione del volume Ethica Epicurea Pap. Herc. 1251 ed. et interpretatus est W. Schmid (Lipsiae 1939) fu inaugurata la collana Studia Herculanensia, fondata da Christian

















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Jensen, rimasta poi ferma a questo unico volume. La nuova edizione di questo importante testo della biblioteca ercolanese, contenente una « esposizione generale di etica epicurea, toccando brevemente anche teologia e filosofia del diritto », dalla problematica « relativamente affine, senza tuttavia essere identico, alla epitome di etica greca che è alla base del I libro De finibus di Cicerone », 123 fu salutata dalla critica con generale consenso. 124 Essa seguiva, a distanza di circa sessant’anni, la duplice edizione curata da Domenico Comparetti, 125 che aveva rappresentato una pietra miliare nella fortuna dell’opera, comunemente designata, pertanto, come Etica Comparetti, non essendone noti né autore né titolo. Pur osservando nell’Introduzione che Comparetti « non sine amore rem suscepit multaque recte invenit » », lo Schmid giudicava, forse con eccessiva severità, che « tamen non raro sententiis claris et perspicuis manum suam impressit corruptricem » (p. 1) ; e se del Comparetti accoglieva con favore 126 l’ipotesi del titolo Peri; aiJrevsewn kai; fugw`n, 127 tuttavia, sulla scia di Usener, 128 ne smontava l’ipotesi della paternità dell’opera, attribuita dallo studioso italiano a Epicuro, 129 criticando, del pari, il Crönert, che aveva pensato, invece, a un libro De morte di Filodemo. 130 Volutamente lo Schmid, su suggerimento di Jensen, come più tardi egli tenne a precisare, 131 nell’edizione non si pronunciò sull’identità dell’autore dello scritto, « ne hypotheseos fragilitate labefactetur ipsa editio » (p. 5). Nei criteri ecdotici l’edizione dello Schmid ricalcava l’impianto delle edizioni ercolanesi di Jensen : al testo critico sul-

la pagina di destra, affrontato, sulla pagina di sinistra, dalla riproduzione delle incisioni nella Collectio Altera, seguono la traduzione e un ricco commento, entrambi in latino ; 132 tuttavia, ancora una volta, l’edizione non si fondava su una revisione autoptica dell’originale, 133 bensì, per ammissione dello stesso editore, 134 sulle letture di Jensen, frutto di una collazione a Napoli nel gennaio del 1933. 135 Pertanto, pur se il testo stabilito dallo Schmid ha costituito il principale punto di riferimento per gli ultimi editori del papiro, numerose sue congetture sono state rigettate, o perché in contrasto con le tracce superstiti 136 o perché incompatibili con gli spazi in lacuna o a fine o a inizio linea ; 137 inoltre, non sono mancati casi in cui gli ultimi editori hanno recuperato le lezioni del Comparetti escluse dallo studioso tedesco ; 138 e se, in generale, sono state riconosciute valide le linee esegetiche tracciate dallo Schmid e sono stati ritenuti pertinenti i numerosi riferimenti a passi epicurei paralleli, in qualche caso sono state proprio le sue interpretazioni a essere messe in discussione, spesso in accordo con i rilievi mossi già nel 1959 da Marcello Gigante. 139 Qualche anno dopo la pubblicazione dell’edizione, fu ancora una volta un intervento critico del Philippson, apparso nel 1941 in « Mnemosyne », 140 a indurre lo Schmid a ritornare, nel già citato lavoro miscellaneo Nugae Herculanenses, 141 su alcune sue posizioni, adducendo nuove argomentazioni e ulteriori passi a sostegno delle sue tesi ; lo studioso avanzava anche qualche diversa proposta testuale, accogliendo ora le congetture comunicategli da Eduard

123  Schmid, Epicuro, p. 43. 124  Dei recensori, H. Herter, in « RhM » 89 (1940), p. 80, espresse un sostanziale consenso, pur rilevando una cautela talora eccessiva dell’editore nell’integrazione del testo ; E. Bignone, in « Gnomon » 17 (1941), pp. 108-111, definì il lavoro di Schmid « assai pregevole » per l’« accurato e dotto commento » e per varie nuove integrazioni « degne di lode », suggerendo, tuttavia, qualche proposta testuale ed esegetica alternativa ; pur avanzando, come si è visto, qualche perplessità sulla traduzione latina, L. Castiglioni, in « Athenaeum » cit., riconosceva all’allievo di Jensen « grande cura » e « acuta diligenza », sorrette da « dottrina . . . molto solida ». L’edizione fu definita « pregevole » anche da A. Olivieri, Christian Jensen, « RAAN » xxi (1941), pp. 23-26, sp. p. 26, e « benemerita » da Gigante, Ricerche, p. 245 n. 1. 125  In « RFIC » 7 (1879), pp. 401-421, e nella versione definitiva Frammenti dell’etica di Epicuro tratti da un Papiro ercolanese, « Museo Italiano di Antichità Classica » 1 (1884), pp. 67-88 (da ora = Etica di Epicuro). Sull’edizione comparettiana cf. almeno il giudizio degli ultimi editori G. Indelli-V. Tsouna McKirahan, [Philodemus, On Choices and Avoidances], La Scuola di Epicuro, xv, Napoli 1995, sp. pp. 77 s. ; G. Indelli, Domenico Comparetti editore del PHerc. 1251, in S. Cerasuolo-M. L. Chirico-T. Cirillo (edd.), Domenico Comparetti, 1835-1927, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Napoli-Santa Maria Capua Vetere 6-8 giugno 2002, Napoli 2006, pp. 121-129 (da ora = Comparetti), e Id., Domenico Comparetti, in questo volume. 126  Ethica, p. 4. 127  Cf. Comparetti, Etica di Epicuro, p. 70 : la proposta è stata accolta anche da Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., p. 70. 128  H. Usener, Praefatio agli Epicurea, Lipsiae 1887, p. li. 129  Ai numerosi studiosi favorevoli all’ipotesi del Comparetti, ricordati da Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., p. 62, va aggiunto Theodor Gomperz, come risulta da una lettera al Comparetti del 10 marzo 1879 resa nota da Indelli, Comparetti, pp. 125 s., su segnalazione di Gigante. Le ragioni che indussero il Comparetti a pensare a Epicuro come autore dell’opera sono richiamate e contestate da IndelliTsouna McKirahan, [Philodemus] cit., p. 63, e Indelli, Comparetti, pp. 126 s. Il Bignone, nella recensione in « Gnomon » cit., pp. 108 s., affermò

che il testo « con probabilità fu scritto nei primi tempi della scuola » ; A. Vogliano, « MH » 11 (1954), p. 194, pensava a uno dei maestri di Filodemo ; non si pronunciò Diano, Epicuri Ethica cit., p. 192. 130  W. Crönert, Kolotes und Menedemos, Leipzig 1906, Amsterdam 1965, pp. 115 n. 515, 177. 131  Cf. W. Schmid, Useners Glossarium Epicureum und seine Epicurea, « Würzburger Jahrbücher » n. F. 6a, Festschrift für Hartmut Erbse (1980), pp. 19-30, sp. pp. 23 s. (= Schriften, pp. 107-119, sp. pp. 113 s. ; da ora = Glossarium). 132  Cf. Capasso, Studi, pp. 167-185, sp. p. 183 e n. 260. 133  Come è stato criticato da Indelli-Tsouna McKirahan, [Philo134  Cf. Ethica, p. 6. demus] cit., p. 78. 135  Capasso, Studi, pp. 181-183 e n. 262, ha ricordato come Jensen in un primo momento avesse pensato di studiare il papiro. 136  Un esempio per tutti : Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., pp. 222 s., hanno confermato un’ipotesi formulata già da Gigante, Atakta, pp. 158-161, e cioè che, a col. xxii 7 s., non bisogna leggere, con Schmid insieme a Jensen, il termine stevrhsi~, « privazione », ma tevrhsi~ (per thvrhsi~, ammettendo un errore dello scriba), « preservazione » ; l’ipotesi di Gigante scaturiva dal confronto con la dottrina esposta da Filodemo nel Peri; oijkonomiva~, ma anche alla luce dell’interpretazione che lo studioso forniva del fr. 567 Us., dove proponeva di leggere eujporhvsanta e non ajporhvsanta : proprio su questo frammento, di cui Schmid si era già occupato in « Hermes » 73 (1938), fornendone, secondo Gigante, una « troppo sottile interpretazione » (peraltro ritrattata in Ethica), lo studioso tedesco si era basato per sostenere la propria congettura. 137  Cf. Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., p. 79. 138  Cf. Indelli, Comparetti, pp. 128 s. 139  Il saggio Filodemo è l’autore dell’Etica Comparetti, pubblicato da M. Gigante nel volume Epicurea in memoriam H. Bignone cit., pp. 101128, è confluito in Ricerche, pp. 245-276, con il titolo Filodemo quale autore dell’Etica Comparetti. I rilievi mossi da Gigante riguardano soprattutto l’interpretazione di Schmid delle coll. xvi e xix. 140  = Studien zu Epikur, pp. 275-283. Le tesi di Philippson furono stroncate da Gigante, Ricerche, pp. 246-259, che rilevò, invece, qualche incertezza nella critica dello Schmid. 141  Nugae, pp. 35-44.

























































































































































































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giuliana leone

Schwartz nell’estate del 1939, ora i suggerimenti dei suoi recensori. 142 Ma, soprattutto, l’intervento del Philippson, che, dopo avere nel 1938 indicato nel PHerc 1251 un protrettico di Filodemo analogo al demetriaco PHerc 831, 143 si era invece pronunciato nel 1941 decisamente a favore della paternità di Ermarco, induceva lo Schmid a sciogliere le iniziali riserve, e ad avanzare, sia pure con una cautela più tardi criticata da Gigante, 144 l’ipotesi della paternità filodemea. Questa ipotesi, caldamente condivisa e con ulteriori argomentazioni dimostrata dallo stesso Gigante, 145 seguito dagli ultimi editori, 146 si fondava soprattutto su considerazioni stilistiche, laddove scarso credito, invece, era accordato dallo Schmid alla terminologia filosofica, per la sua sostanziale omogeneità nel corso del tempo all’interno della scuola epicurea. 147 In particolare, lo Schmid ribadiva con nuovi elementi la propria interpretazione della col. xii, su cui il Philippson aveva fondato la propria ipotesi della paternità ermarchea dell’opera, scorgendovi un presunto legame con luoghi porfiriani relativi al concetto di legge punitiva, che faceva risalire a Ermarco. 148 L’interesse di Schmid per questo testo non sarebbe mai venuto meno. Già nella recensione al volume di Carlo Diano, Epicuri Ethica, apparsa in « Gnomon » nel 1955, egli criticava con una certa severità il modo in cui il Diano vi aveva considerato il PHerc 1251. 149 Nel 1968, nel menzionato intervento al Congresso Budé, annunciava l’intenzione di pubblicare una nuova edizione del papiro insieme con i resti del PHerc 831 : 150 tale edizione, come è noto, non vide mai la luce. Una collazione parziale del papiro, tuttavia, fu realmente effettuata dallo Schmid nel settembre del 1971, 151 come risulta dalla sua copia di lavoro dell’edizione del 1939, regalata dopo la

sua scomparsa da Jürgen Wippern a Marcello Gigante, 152 con qualche aggiornamento e ripensamento resi noti dallo studioso. 153 Nello stesso anno 1971, Schmid pubblicò nel primo numero delle « Cronache Ercolanesi » un articolo su problemi lessicografici nei papiri ercolanesi, 154 in cui, denunciando la necessità di un aggiornamento del Liddell-Scott-Jones, fermo, per quanto riguarda la ricerca su questi testi, pressoché al tempo e al materiale fornito dal Crönert, 155 egli riportava, a dimostrazione dell’inadeguatezza di molte interpretazioni ivi contenute, tre termini del PHerc 1251, sulla cui esegesi ribadiva la propria posizione, adducendo ulteriori argomentazioni e termini di confronto : ajnateivnesqai (col. xii 4 ss.), ajsuvnqeto~ (col. xix 19), 156 e ejpidiskeuvomai (col. xvii 9). 157 Infine, nell’ultimo lavoro, apparso poco prima della morte, nel 1980, Schmid ricordava come l’Usener negli Epicurea avesse esercitato il suo acuto ingegno di editore e di esegeta anche sul PHerc 1251, e come lo avesse tenuto presente anche nel Glossarium Epicureum. 158 Sul PHerc 831, un trattato etico sulla « ‘dietetica dell’anima’ », 159 lo Schmid non riuscì a pubblicare che due studi preliminari, determinanti per la costituzione del testo e per l’intelligenza delle coll. xi-xv : Die Netze des Seelenfängers. Zur Jagdmetaphorik in philosophischen Protreptikos des Demetrios Lakon (Pap. Herc. 831), nel 1955, 160 e nel 1959, Aus der Arbeit an einem ethischen Traktat des Demetrios Lakon ; 161 sappiamo, tuttavia, dalle carte inedite del suo Nachlass, 162 che il progetto di un’edizione complessiva, annunziato dallo studioso già nel 1955, 163 e poi, come si è detto, nel 1968, 164 non fu mai abbandonato. Con questi due saggi, in cui Schmid riprendeva l’ipotesi del Philippson, 165 il quale, contro la paternità metrodorea rivendicata dall’editor princeps Alfred Körte, 166

142  Talora accolti dagli ultimi editori, cf. Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., pp. 152 (è accolta una congettura di Schwartz), 156 (è accolta una congettura di Castiglioni). 143  RE xix 2 (1938), 2460 (= Studien zu Epikur, p. 237). 144  Cf. Gigante, Ricerche, pp. 259 s. 145  Cf. Gigante, Ricerche, pp. 260-276. 146  Cf. Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., pp. 66-70. 147  Cf. supra. 148  Per un ampio riesame del dibattito critico sui §§ 7-12 del I libro De abstinentia di Porfirio e sul collegamento con Ermarco, cf. LongoAuricchio, Ermarco cit., pp. 137-145. 150  Actes Budé, p. 196. 149  Cit., pp. 405-417, sp. pp. 409 s. 151  Nel Nachlass dello studioso sono conservate le fotocopie dei disegni napoletani del papiro insieme a una ricevuta per 1080 Lire di Matilde Ferrario per 37 fotocopie, datata 1.10.1971 : devo l’informazione a Jürgen Hammerstaedt. 152  Cf. Gigante, Atakta, pp. 77 s. 153  Non sempre accolti, peraltro, da Indelli-Tsouna McKirahan, cf. [Philodemus] cit., pp. 203 s. 154  Lexicographisches aus herculanensischen Texten, « CErc » 1 (1971), pp. 57-64 (= Schriften, pp. 94-106 ; da ora = Lexicographisches). 155  Su suggerimento del Wilamowitz, cf. Gigante, Germania, p. 32 ; cf. anche LSJ, i Pref., p. 9. 156  Nell’edizione del 1939 il termine era stato tradotto da Schmid in riferimento a coloro che « in omne tempus computationem praetermittunt », e, nel lavoro del 1955, Epikurdeutung, p. 128 n. 25 (= Schriften, p. 130 n. 25), a quelli che sono incapaci della « computatio singulorum bonorum » ; a queste interpretazioni, su cui si era aperto un vivace dibattito critico, Gigante, Ricerche, pp. 266 s., aveva opposto quella « in balia di se stessi », accolta da Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., pp. 207 s. Lo Schmid nel saggio del 1971 ritornava sulla propria tesi, adducendone a sostegno anche il testo della col. xiv del PHerc 831, sul tema del « bona in vita percepta ad calculos vocare » : cf. p. 58 e n. 12.

157  L’esegesi dello Schmid « disco ferior », su cui aveva espresso il proprio dissenso già il Bignone, nella recensione in « Gnomon » cit., p. 111, non è accettata da Indelli-Tsouna McKirahan, [Philodemus] cit., p. 198. 158  Schmid, Glossarium, pp. 23-26 (= Schriften, pp. 112-115). 159  Così Schmid, Epicuro, p. 47. 160  « PP » 10 (1955), pp. 440-447 (= Schriften, pp. 48-55 ; da ora = Netze). Nello stesso anno, in « Gnomon », nella citata recensione all’Epicuri Ethica di Diano, p. 410, Schmid ne criticò molto severamente il modo in cui vi era stato considerato anche il PHerc 831. 161  In Epicurea in memoriam H. Bignone cit., pp. 179-195 (= Schriften, pp. 75-88 ; da ora = Arbeit) : Schmid motivava la dedica del lavoro al Bignone perché anch’egli, nel suo Aristotele perduto (vol. i, pp. 151-155), aveva trattato nella giusta luce alcuni aspetti di questo « anonimo Protrettico epicureo ». 162  Vi sono comprese, oltre a una « Kollationskladde » autografa dello Schmid, datata settembre 1953, una copia di lavoro dell’edizione del Körte con note, disegni e commenti stratificati nel tempo, relativi anche alle prime dieci colonne che Schmid non pubblicò, e una collazione della col. xi eseguita per lui nel 1971 da Albert Henrichs : cf. Hammerstaedt, Report, c.d.s. 163  Cf. Netze, pp. 440 e 443 n. 7 (= Schriften, pp. 48 e 51 n. 7) ; così anche nella già citata versione tedesca dell’articolo Zur Geschichte der Herkulanischen Studien, apparsa nello stesso numero di « PP », p. 479 (= 164  Actes Budé, p. 196. Schriften, pp. 56 s.). 165  R. Philippson, Papyrus Herculanensis 831, « AJPh » 64 (1943), pp. 148162 (= Studien zu Epikur, pp. 284-298). L’articolo apparve postumo per interessamento del Vogliano, cf. Gigante, Germania, p. 38. 166  A. Körte, Metrodori Epicurei Fragmenta, « JCPh » Suppl. 17 (1890), pp. 531-597, sp. pp. 578-591. Sulla paternità dello scritto non ha preso posizione M. Isnardi Parente, Opere di Epicuro, Torino 19832, che lo ha tradotto alle pp. 600-605 (erroneamente sotto il nome di Polistrato), accogliendo solo in alcuni casi le proposte di Schmid.



















































































































































wolfgang schmid (1913-1980)

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aveva convincentemente attribuito a Demetrio Lacone il PHerc 831, proponendone il titolo Peri; metewrismou`, 167 lo studioso forniva un « profondo contributo allo schiarimento della dottrina etica di Demetrio Lacone ». 168 Stavolta le sue ricerche, raccogliendo l’invito del Philippson, che aveva riconosciuto un grave limite del proprio lavoro nel mancato controllo degli originali, 169 si basavano sull’autopsia del papiro, eseguita a Napoli nel settembre del 1953, 170 e sulla collazione degli apografi oxoniensi e napoletani con le incisioni pubblicate nella Collectio Altera, di cui Schmid non mancava di rilevare l’utilizzazione talora arbitraria da parte del Körte. 171 Nel saggio del 1955 lo studioso forniva un testo e un’interpretazione convincenti della col. xi, 172 in cui prende vita una straordinaria metafora, la rete 173 del maestro pescatore di anime, che alletta il giovane alla saggezza con la rete dei discorsi filosofici : 174 lo Schmid ne inquadrava il significato all’interno del metodo terapeutico descritto nel protrettico a partire dalla col. viii e ne avvalorava l’impiego da parte del Lacone attraverso il confronto con numerosi testi della classicità, epicurei e non, greci e latini, fino al Nuovo Testamento. Sulle coll. xii-xv del papiro lo Schmid si soffermava, invece, nel saggio del 1959, in cui offriva interessanti spunti critici sul piano testuale ed esegetico, recuperava lezioni di Usener, 175 rettificava letture e proposte di interpretazione del Körte, 176 del Philippson 177 e del Bignone, 178 adducendo a sostegno delle proprie tesi anche testi di Filodemo secondo l’esegesi di Vooijs-van Krevelen nel Lexicon Philodemeum. 179 Particolarmente interessanti risultano le os-

servazioni sul destinatario del protrettico, che lo Schmid formulava a partire da una nuova ricostruzione del testo della col. xv : il Philippson, infatti, che convincentemente aveva inteso il protrettico nella forma del rapporto maestro-discepolo, 180 aveva creduto di poter riconoscere in quest’ultimo un giovane discendente dell’aristocrazia romana 181 sulla base del testo stabilitovi dal Körte, 182 laddove, in seguito all’autopsia del papiro, 183 Schmid negava che da questa colonna si potessero dedurre la stirpe e la classe sociale del giovane destinatario del protrettico, 184 pur ammettendo per altri versi la verisimiglianza dell’ipotesi del Philippson. 185 In un saggio del 1957, Contritio und ‘ultima linea rerum’ in neuen epikureischen Texten, 186 Schmid approfondì un altro aspetto del metodo terapeutico praticato nel Giardino e del rapporto psicagogico tra il Maestro e i giovani adepti, ovvero la pratica della contritio cordis (suntribhv), ricollegata occasionalmente a quella della confessione, che egli ricostruiva nella col. xviii delle filodemee Memorie epicuree (PHerc 1418). Lo studioso, che si fondava sul testo stabilito dal Diano 187 sulla base dell’apografo napoletano, confrontava, in particolare, l’espressione ejpidevcesqai o prosepidevcesqai th;n suntribhvn a l. 5 s. con quella mhnuvein ta;~ aJmartiva~ nel fr. 49, 6 Olivieri del De libertate dicendi (PHerc 1471) dello stesso Filodemo, inserendole entrambe nel quadro di « ethische ejpanovrqwsi~ » e di « Seelenführung » che egli riconosceva alla dottrina epicurea. 188 Il bel saggio di Schmid si presenta tuttora accattivante nelle sue linee esegetiche e nella ricca documentazione, anche se, in realtà, come ha dimostrato l’ultima editrice del PHerc 1418,

167  Accolto come plausibile, e tradotto come De elatione animi, da Schmid, Epicuro, pp. 41 s., 47 e 116 (più scettico lo studioso si era mostrato in Philosophie, p. 78 n. 17 = Schriften, p. 138 n. 17) ; a favore si è espresso anche K. R. Sanders, Toward a New Edition of PHerc 831, « CErc » 29 (1999), p. 20 n. 27. Sul PHerc 831 cf. anche J. van Heel, Un frammento perduto del PHerc. 831, « CErc » 19 (1989), pp. 187-191. 168  Gigante, Germania, p. 43. 169  Papyrus Herculanensis cit., p. 148 (= Studien zu Epikur, p. 284). Cf. anche la critica di Vogliano in « MH » 11 (1954), p. 193. 170  Oltre alla testimonianza di Gigante, Marginalia, p. 28, e alle carte nel Nachlass (su cui cf. supra), cf. Schmid, Arbeit, p. 192 (= Schriften, p. 85). 171  Cf. Netze, p. 440 (= Schriften, p. 48), e Arbeit, p. 191 (= Schriften, p. 85). 172  La traduzione della Isnardi Parente segue, invece, il testo del Körte. 173  A p. 444 (= Schriften, p. 52), lo Schmid contestava l’esegesi del termine u{splhx in LSJ e in Philippson, come « limite, termine ultimo ». 174  Cf. anche Schmid, Epicuro, p. 96. 175  Con Usener, per es., egli leggeva paidiavn a col. xiii 3, contro la correzione in P paid ;eVivan rilevata e accolta da Körte, Bignone, Isnardi e Gigante, Scetticismo, pp. 195 s., che vi coglieva una polemica contro la cultura tradizionale. 176  Per es., a col. xii 1 Schmid leggeva e integrava ªejºpaivªrei e non ejpavgªei con il Körte ; alle ll. 8-10, recuperava forme in genitivo anziché in dativo. 177  Per es., egli contestava la traduzione proposta dal Philippson per to; mesªoºlabei`n a col. xii 6, « by taking hold of », e parimenti quella del Bignone, « il tenere il giusto mezzo », preferendo il senso « intercipere, interrumpere », in accordo con LSJ ; a ll. 10 s. intendeva pragmatei`ai non come « ethical treatises », ma come « studia » ; a col. xiii 1 spiegava ajnavcusi~ come « relaxatio animorum » in contesto simposiaco, contro le esegesi del Philippson « die ajswtiva bei jungen Leuten » (RE cit., 2480 = Studien zu Epikur, p. 247) o « broadening of interest » : su questo punto Schmid richiamava il titolo del PHerc 1006 dello stesso Demetrio Lacone, per il

quale proponeva (p. 189 n. 21 = Schriften, p. 83 n. 21) la traduzione « quaestiones convivales » – integrando ªpºaªrºa; divaitan –, o, in alternativa, un’allusione a una « philosophische Diskussion » (sulle questioni e le proposte relative al titolo del PHerc 1006, cf. M. G. Assante, Per un riesame del PHerc. 1006. Demetrio Lacone, Alcune ricerche comuni sul modo di vita, « CErc » 38, 2008, pp. 109-160, sp. pp. 110-113). 178  La proposta di Bignone di leggere le ll. 2-7 della col. xiii come un’interrogativa retorica, pur rigettata, viene giudicata dallo Schmid « höchst ingeniöse » (pp. 188 s. = Schriften, p. 82). 179  Per es., a col. xii 4, egli adduceva l’esegesi a Philod., De ira col. 28, 38 in C. J. Vooijs-D. A. van Krevelen, Lexicon Philodemeum, voll. iii, Purmerend-Amsterdam 1934-1941, a sostegno dell’interpretazione del termine rJaqumiva come « aequanimitas » o « hilaritas animi », contro la traduzione del Philippson « frivolity » (Gigante, Scetticismo, p. 196, costruiva diversamente il passo e condivideva l’esegesi di Bignone « sventatezza » o « rilassamento » spirituale) ; in Lexicographisches, p. 64 (= Schriften, pp. 105 s.), Schmid avrebbe indicato nel Lexicon Philodemeum e nel Glossarium Epicureum di Usener (su cui cf. infra) i sussidi più validi per gli editori dei testi ercolanesi. 180  Schmid, Arbeit, p. 191 (= Schriften, p. 84), riconosceva la verisimiglianza di questa ipotesi. 181  Cf. Philippson, Papyrus Herculanensis cit., p. 161 (= Studien zu Epikur, p. 297). 182  L. 1 ajformh;n eij~ º to; prªa`xºai progonikh;ªn e[cºei~. 183  Schmid sostituiva alla lezione progonikhvn la nuova lettura ti ajgw≥niãstiÃkhvªn, ipotizzandone il riferimento a un termine antecedente perduto come ajrethvn o oJrmhvn o duvnamin, per cui richiamava Aristot., Rhet. 1360b21 ; Sanders, art. cit., p. 28, ha sconfessato le letture tanto dello Schmid che del Körte, in seguito all’autopsia effettuata al microscopio : a l. 1 egli leggeva chiaramente toi ;ou`Vt≥on≥ kai; seauto;n fa≥ªivnº¢ei~Ü. 184  Come aveva anticipato in Netze, p. 444 n. 9 (= Schriften, p. 51 n.9). 185  Cf. Arbeit, p. 191 e n. 27 (= Schriften, p. 85 e n. 27). 186  « RhM » 100 (1957), pp. 301-327. 187  Cf. C. Diano, Lettere di Epicuro e dei suoi nuovamente o per la prima 188  Cf. sp. pp. 308 s. volta edite, Firenze 1946, 19742, p. 7.





































































































































































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Nel 1951 Schmid pubblicò nel « Rheinisches Museum für Philologie » un ampio saggio sul pensiero teologico epicureo, Götter und Menschen in der Theologie Epikurs, 190 dedicato a Ernst Bickel. 191 La dibattuta questione, in quale senso nella dottrina epicurea benefici e danni possano derivare dagli dèi agli uomini, era preliminarmente affrontata dallo studioso 192 a partire dalle apparenti contraddizioni nelle fonti, di scuola e non, nelle quali, a luoghi secondo cui gli Epicurei negano ogni intervento divino nella vita umana, se ne affiancano altri che esplicitamente ammettono, da parte degli dèi, wjfevleiai e blavbai per ajgaqoiv e kakoiv. Sulla scia dell’Usener, Schmid chiariva che la contraddizione viene a cadere in quanto si tratterebbe, nel secondo caso, di vantaggi e danni di natura puramente spirituale, e, concordemente con il Festugière, affermava che la dicotomia ajgaqoiv-kakoiv va intesa non sul piano morale di buonimalvagi, ma su quello gnoseologico di saggi-non saggi. In proposito, lo studioso si soffermava sulla testimonianza di Lucrezio vi 68-78 e, soprattutto, su quella filodemea nel De pietate, in un celebre passo di cui egli forniva una propria edizione e interpretazione. 193 Respingendo l’ipotesi del Diano, che vi aveva individuato una complessa quanto improbabile classificazione dei polloiv in divkaioi-ajgaqoivfrovnimoi da un lato, e a[dikoi-kakoiv-a[frone~ dall’altro, nonché una corrispondente gradazione di benefici e danni per entrambi, 194 Schmid vi scorgeva, invece, una distinzione tra i saggi, ai quali, in quanto raggiungono solo al grado sommo la conoscenza del divino, toccherebbero solo vantaggi compiuti, e i non saggi, vittime, invece, di vari gradi di ignoranza, per i quali, di conseguenza, i danni sarebbero maggiori o minori. 195

Lo Schmid cercava di dimostrare come la questione fosse stata impostata e risolta in tal senso già dallo stesso Epicuro. 196 Egli, infatti, forniva la seguente interpretazione del discusso passo teologico in Ep. Men. 123 s. : 197 « dalla vera nozione della divinità », che va preservata pura dalle sovrapposizioni della dovxa, « derivano ‘vantaggi’. . . in quanto gli dèi ‘accolgono’, cioè degnano della loro comunità spirituale, gli uomini loro simili, appunto i saggi, mentre nei ‘malvagi’, cioè i non-saggi, la falsa nozione della divinità comporta dei ‘danni’ (essa cioè di solito diviene fonte di disagi interiori) ». 198 Nella seconda parte del lavoro 199 Schmid approfondiva i motivi della imitatio dei (resa possibile dalla « contemplazione », qewriva, 200 e « conoscenza », gnw`si~, del dio, causata dal ‘contatto noetico’) e dell’amicizia col dio del sapiente epicureo (qeofiliva) come le forme più nobili per l’uomo dell’eujdaimonei`n, per nulla inferiore a quello degli stessi dèi, collegando tali motivi con analoghi passi platonici e aristotelici. In questo contesto, al passo teologico dell’Epistola iii egli accostava Philod., Di iii, col. i 14, p. 16 Diels ; inoltre, prendeva in considerazione anche un testo anonimo nel POxy ii 215, 201 nel quale, alla critica della concezione popolare della religiosità, secondo cui sono la paura degli dèi e l’aspettativa di benefici a muovere le azioni di culto, segue la definizione della vera religiosità dal punto di vista epicureo. Schmid, che adottava il testo stabilito dal Diels, 202 prendendone però le distanze per quanto riguarda l’interpretazione, sottolineava come la religiosità autentica fosse basata, secondo l’anonimo autore, sul riconoscimento della beatitudine che all’uomo deriva dalla contemplazione e dalla retta conoscenza del divino, in stretto legame con il concetto di oJmoivwsi~ qew`/ ; tali contemplazione e conoscenza possono attuarsi, a patto di non sminuire la maestà del divino (sevmnwma), attraverso forme di culto tradizionali quali fonte di piacere naturale, da praticare talora anche per una forma di adattamento alle norme sociali. 203 I concetti di immortalità (ajfqarsiva) e di beatitudine

189  Cf. C. Militello, Requiem per contritio cordis (PHerc. 1418, col. xviii), « CErc » 22 (1992), pp. 157-161 ; Ead., Una nuova lettura nelle Pragmateiai di Filodemo (PHerc. 1418, col. xviii), in Proceedings of the xx International Congress of Papyrology, Copenhagen 1994, pp. 396-402 ; Ead., Filodemo, Memorie Epicuree, La Scuola di Epicuro, xvi, 1997, pp. 224 s. 190  Pp. 97-156 (da ora = Götter). 191  Schmid gli era succeduto in cattedra nel 1950, cf. Schetter, in « Alma mater », p. 8 ; per lui avrebbe anche scritto il Nachruf nel vol. In memoriam Ernst Bickel, Bonn 1961, pp. 8-23, 37-39 (= Schriften, pp. 683-694). 192  Pp. 97-105. 193  Pp. 104 s. : cf. PHerc 1077 fr. 6, p. 100 Gomperz (369 Philippson ; 36, 1023 ss. Obbink). 194  Cf. Diano, Epicuri Ethica cit., pp. 106 ss. 195  F. Longo Auricchio, Appunti sul pensiero teologico dei primi maestri epicurei, « Vichiana » 14 (1985), pp. 237-240, accoglieva l’interpretazione di Schmid e proponeva di attribuire questa testimonianza di Filodemo non genericamente agli Epicurei, ma ai kaqhgemovne~ ; questa proposta fu considerata favorevolmente dallo Schmid in un colloquio che ebbe con la studiosa (cf. Longo Auricchio, Appunti cit., p. 240 n. 23), ed è stata senz’altro accolta anche dall’ultimo editore, Dirk Obbink (On Piety, pp. 458, 465, 469). Obbink, tuttavia, ha fornito un testo e un’esegesi del passo generalmente diversi da quelli di Schmid, a suo avviso « marked by excessive reliance on the text of Philippson » (On Piety, p. 37), accogliendone solo l’integrazione ªteleiº⁄ou`sqai a ll. 15 s. : la frase assumerebbe il significato che « for the wise and just the harms and benefits are as great or greater than people think » (On Piety, p. 466).

196  Pp. 105-126. 197  Cf. anche Schmid, Epicuro, pp. 27 s., 78 s. Sui vari tentativi di interpretazione e di ripristino di questo testo problematico ha fatto il punto Obbink, On Piety, pp. 458-464. 198  Epicuro, p. 28. Per Obbink, On Piety, p. 464, scopo del passo in questione, invece, sarebbe « to account for how the majority of humans now think and talk about the gods, i.e. an explanation of ‘false popular belief 199  Pp. 127-140. rather than doctrine’ ». 200  Sull’interpretazione di qewriva come « Anschauung » o concezione degli dèi risultante dal « noetischen Kontakt zwischen qeov~ und sofov~ » (Götter, pp. 134 ss.) cf. la critica di D. Obbink, P.Oxy. 215 and Epicurean Religious qewriva, in Atti del xvii Congresso Internazionale di Papirologia, Napoli 1984, vol. ii, pp. 607-619, sp. pp. 616 s. (da ora = P.Oxy. 215), e Id., Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini (CPF), Parte I : Autori noti, vol. 1**, Firenze 1992, pp. 167-191, sp. pp. 183 s. (da ora = CPF) : Obbink riconosce al termine il significato di ‘osservanza religiosa tradizionale’, contro cui si era espresso Schmid. 201  Pp. 133-140 ; Schmid era intervenuto su questo testo una prima volta in Nugae, p. 38 n. 6. 202  H. Diels, Ein epikureisches Fragment über Götterverehrung, « SPAW » 37 (1916), pp. 886-909 (= Kleine Schriften zur Geschichte der antiken Philosophie, hrsg. von W. Burkert, Hildesheim 1969, pp. 288-311), su cui cf. Obbink, On Piety, p. 34. L’edizione del Diels seguiva quella degli editores principes, B. P. Grenfell-A. S. Hunt, The Oxyrhynchus Papyri. Part ii, London 1899, pp. 30-33. 203  Cf. anche Schmid, Epicuro, pp. 82-84.

Cesira Militello, 189 non c’è traccia a l. 5 del termine suntribhv, assente, del resto, nel lessico epicureo e comunemente attestato nel significato di contritio cordis solo a partire dai Settanta.  











c. Scritti sulla teologia epicurea





































































































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(makariovth~) degli dèi erano presi in esame nell’ultima parte del saggio, 204 in cui, ancora una volta, ai testi di tradizione indiretta Schmid affiancava le testimonianze filodemee nel De dis e nel De pietate, oltre al POxy ii 215, di cui evidenziava le affinità molto strette con i testi noti della scuola non solo dal punto di vista tematico, ma anche da quello lessicale e stilistico. In conclusione, lo studioso riteneva plausibile intendere la dottrina teologica di Epicuro come una « Philosophie der olympischen Religion », 205 che, se da un lato si impegnava a salvarne in chiave razionale il nucleo di verità che le riconosceva, dall’altro non si stancava di denunciarne tutti gli aspetti puramente mitologici. 206 Sul POxy ii 215 Schmid ritornò in due lavori apparsi rispettivamente nel 1962 e nel 1963, 207 sottolineando l’importanza del testo, che, a suo avviso, viene a colmare vuoti della tradizione sul problema della venerazione degli dèi nella dottrina epicurea, pur confermando, sostanzialmente, il quadro già delineato da altre fonti. Nel primo saggio egli giudicava molto positivamente l’edizione del papiro curata da Adelmo Barigazzi, nata per incitamento del Vogliano e apparsa nel 1955, 208 ma esprimeva anche il proprio dissenso su alcuni punti, intervenendo sul testo con alcune interessanti proposte che in parte sono state accolte dalla critica e dall’ultimo editore, Dirk Obbink. 209 Nel lavoro del 1963, invece, lo Schmid, che già precedentemente 210 aveva espresso dubbi sull’ipotesi del Diels, il quale aveva attribuito l’opera a Epicuro anche sulla base di osservazioni di carattere linguistico, oltre che sull’impressione immediata della personalità letteraria, che portava, a suo avviso, a « un personaggio di autorità », a « uno spirito grande e sicuro di sé », 211 ne riprendeva i termini, contestandone innanzitutto il metodo ; 212 inoltre, pur accostando il POxy ii 215, per il carattere diatribico che lo caratterizza, al De morte e al PHerc 1251, 213 era costretto a escludere la paternità

filodemea, dal momento che accoglieva la datazione del papiro fissata dal Diels al 160 a.C. o poco prima ; 214 pertanto, sulla scia del Crönert, 215 lo studioso pensava piuttosto a qualche rappresentante del medio epicureismo, come Apollodoro Khpotuvranno~ o Zenone Sidonio, 216 se non anche Demetrio Lacone. 217 L’interesse di Schmid per i testi teologici epicurei nei papiri non si esaurì negli anni successivi. Nel suo intervento al Congresso Budé nel 1968 lo studioso annunciò che Albert Henrichs, allievo del Merkelbach, si era incaricato del lavoro di riedizione del De pietate di Filodemo ; 218 tuttavia, lo stesso Henrichs nel 1974 219 rese noto che era in progresso una nuova edizione di Schmid relativa alla seconda parte dell’opera (Teil ii : Epikureische Theologie), 220 mentre lui stesso stava preparando la nuova edizione della prima parte. 221 Hammerstaedt ha confermato che nel Nachlass di Schmid è conservato molto materiale al riguardo, con almeno venti letture o proposte di integrazione diverse rispetto al testo pubblicato da Obbink nel 1996. 222

204  Pp. 140-156. 205  P. 155. La posizione di Schmid è stata ripresa e approfondita in Germania da H. J. Krämer, Platonismus und hellenistische Philosophie, Berlin 1971, e da D. Lemke, Die Theologie Epikurs. Versuch einer Rekonstruktion, Zetemata 57, München 1973. 206  Sui termini della critica epicurea alla religione tradizionale nel De pietate, cf. anche Schmid, Epicuro, pp. 43-46 e 79-82. La questione è stata approfondita in maniera eccellente da Obbink, On Piety. 207  Textprobleme eines epikureischen Fragments über Götterverehrung (Pap. Oxy. 215), « RhM » 105 (1962), pp. 368-376 (da ora = Textprobleme) ; Chi è l’autore del Pap. Oxy. 215 ?, Miscellanea di studi alessandrini in memoria di Augusto Rostagni, Torino 1963, pp. 40-44 (= Schriften, pp. 89-93 ; da ora = Autore). Per Obbink, P.Oxy. 215, p. 607 n. 2, quello di Schmid fu globalmente un « excellent work » verso cui dichiarava il suo debito. 208  A. Barigazzi, Uomini e dèi in Epicuro, « Acme 8 » (1955), pp. 37-55. 209  Per es., sul modo di Schmid di intendere la costruzione della frase in col. i 18-22 (già in Götter, pp. 137 s.), sulla scia degli editores principes contro Diels e Barigazzi, Obbink, P.Oxy. 215, p. 615, ha scritto che « this yeld optimal sense, and is well-supported by syntactic parallels » (cf. anche CPF, p. 180) ; quanto al collegamento di pensiero tra le coll. i e ii, la congettura di Schmid qera⁄⁄peºutikovn, contro pis⁄⁄teºutikovn di Diels e ajres⁄⁄keºutikovn di Vogliano-Barigazzi, è stata accolta con favore da Obbink, P.Oxy. 215, p. 210  Cf. Schmid, Epicuro, p. 46. 617 n. 35. 211  Cf. Diels ap. Schmid, Autore, pp. 40 s. (= Schriften, pp. 89 s.). 212  Per Schmid, Autore, pp. 41-43 (= Schriften, pp. 89-91), i sostantivi uJpovpteuma e caritwniva, indicati dal Diels come neologismi di un tipo consueto nel lessico di Epicuro, potrebbero essere semplicemente termini attestati per la prima volta, data l’esiguità del materiale tradito.

213  Sui motivi diatribici in Filodemo, cf. almeno Gigante, Ricerche, pp. 235-243, e Filodemo nella storia della letteratura greca cit., pp. 45-47. 214  Per Obbink, CPF, p. 190, la datazione va spostata in avanti, a fine ii-inizi i sec. a.C. 215  W. Crönert, « APF » 1 (1901), p. 527. 216  Così già in Schmid, Epicuro, p. 46. 217  Obbink, CPF, pp. 190 s., ha pensato a un trattato di Epicuro. 218  Actes Budé, p. 196. 219  A. Henrichs, Zur Neuausgabe von Philodems Schrift “Über die Frömmigkeit”, in Akten des xiii. Internationalen Papyrologenkongresses, Marburg 1971, Munich 1974, p. 157 ; Id., Die Kritik der stoischen Theologie im PHerc. 1428, « CErc » 4 (1974), p. 5 e n. 4. 220  Si tratta di quella riconosciuta e edita come prima parte da Obbink, On Piety = pp. 93-151 in Th. Gomperz, Philodem über Frömmigkeit, Leipzig 221  = pp. 1-89 Gomperz. 1866. 222  Hammerstaedt, Report, c.d.s. Nel Nachlass è presente anche materiale di Jensen relativo al PHerc 1428 : sappiamo che nel gennaio 1910 Jensen, forse per conto di Schober, aveva collazionato il De pietate, cf. Capasso, Studi, p. 180 e nn. 210 s. 223  In « PP » 45 (1955), pp. 478-500 = Problemi. 224  Gigante, Germania, p. 43. 225  Problemi, p. 29. 226  Sugli studi ercolanesi di Theodor Gomperz cf. almeno Arrighetti, pp. xxiv s. ; Gigante, Germania, pp. 16-20 ; T. Dorandi, Einleitung, in Auswahl, pp. xi-xxii, e Id., Theodor Gomperz (1832-1912), in Hermae, Scholars and Scholarship in Papyrology, ed. by M. Capasso, Pisa 2007, pp. 29-43.



















































































d. Storia degli studi ercolanesi Il testo di una conferenza tenuta da Schmid nel giugno 1954 presso la Mommsen-Gesellschaft, Zur Geschichte der herkulanischen Studien, fu pubblicato in traduzione italiana l’anno successivo, nella « Parola del Passato ». 223 In questo « breve eccellente squarcio della storia degli studi ercolanesi » 224 Schmid metteva lucidamente a fuoco soprattutto il contributo tedesco, parallelamente con gli sviluppi della filologia classica in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, alla « crescente attività nello sforzo ermeneutico intorno ai papiri ercolanesi ». 225 A Theodor Gomperz, 226 un vero « Pionier » in questo campo della ricerca, Schmid riconosceva soprattutto il merito di avere avviato un necessario « lavoro di piccone » e di sgrossamento del materiale ercolanese nei più disparati  















































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settori, e di avere dato alla luce edizioni che « sin nella veste esteriore erano veramente notevoli per la loro epoca » : lamentava, tuttavia, la mancata pubblicazione dei commenti promessi dal Gomperz. 227 Il giudizio alquanto severo su Siegfried Sudhaus editore della Retorica di Filodemo 228 era attenuato dal rilievo del breve lasso di tempo in cui l’allievo di Hermann Usener aveva dato alla luce l’edizione di un’opera così vasta, nonché dalla considerazione del livello della ricerca del suo tempo ; il secondo volume, in ogni caso, era giudicato dallo Schmid più riuscito del primo, e ancora di più il Supplementum, in cui il Sudhaus « corredò la ristampa dei testi, in forma non di rado migliorata, di un commento piacevole nella sua sinteticità, il cui stile avrebbe dovuto esser preso a modello dai successori ». 229 Quanto alle collazioni del Peri; fuvsew~ eseguite dal Sudhaus, 230 Schmid sottolineava come esse fossero « di trent’anni anteriori a quelle di Vogliano e ottenute dunque in condizioni più favorevoli », e ne lodava « lo scrupolo di un disegno che rendesse in modo esatto l’effetto visivo » : pertanto, non mancava di suggerirne l’utilizzazione sistematica in una futura auspicabile edizione complessiva dell’opera. 231 Di Wilhelm Crönert, 232 dei cui numerosi lavori ercolanesi erano ricordati, nel saggio, la Memoria Graeca Herculanensis e il Kolotes und Menedemos, Schmid sottolineava come, a torto, non sempre fossero stati riconosciuti in Germania gli indiscutibili meriti ; egli lodava, invece, « la dottrina e lo zelo di raccoglitore » e « la stupefacente padronanza dei papiri » 233 del Crönert nella stesura di due opere rivelatesi strumenti indispensabili per gli studi ercolanesi ; e se è vero che il Kolotes « tradiva piuttosto l’attitudine all’accumulo che alla penetrazione del materiale » e ne può lasciare perplessi « il continuo, repentino giustapporsi dell’aspetto paleografico, ‘tecnico’ da un lato, e delle valutazioni sul contenuto dall’altro », Schmid sottolineava come per la prima volta, nel libro, il Crönert avesse meritoriamente applicato « il metodo della ricostruzione delle fonti anche ai testi ercolanesi ». 234 Le edizioni dei libri i e iii Peri; qew`n di Filodemo, pubblicate da Hermann Diels 235 negli anni 1916-1917, erano definite da Schmid un « incredibile trionfo di metodo e scienza filologica », 236 e, insieme con l’edizione del v libro della Poetica filodemea pubblicata da Jensen nel 1923, autentici « apici nel lavoro di ricreazione di un testo » ; 237 del Diels lo

Schmid metteva in rilievo soprattutto « l’enorme dottrina, linguistica e di contenuti » e l’assoluto dominio delle teorie teologiche epicuree. 238 L’edizione or ora citata di Christian Jensen, secondo lo Schmid, « per la sua impostazione rimane una delle prove sin qui migliori della papirologia ercolanese, onesta nel suo sforzo per una reale e non preconcetta comprensione linguistica, e tesa in pari tempo a progredire, al di là dei chiarimenti di dettaglio, sino alla conoscenza di contesti più ampi » ; 239 ma anche per le edizioni degli scritti filodemei Peri; oijkonomiva~ e Peri; kakiw`n x, apparse rispettivamente nel 1906 e nel 1911, Schmid lodava l’individuazione e la delimitazione da parte di Jensen delle fonti adoperate e criticate da Filodemo, nonché la completezza del lavoro, dagli accurati controlli autoptici fino all’acuta interpretazione. 240 Di Robert Philippson, che pure, come si è visto, era stato il primo non sempre indulgente recensore dei suoi lavori, lo Schmid fu sincero ammiratore e grato custode della memoria. Già nel 1948 ne aveva scritto un Nachruf 241 – come è noto, il Philippson era morto nel novembre 1942 nel campo di concentramento di Theresienstadt –, in cui aveva tracciato un sobrio profilo dello studioso e aveva accennato in un rapido excursus ai molteplici campi di ricerca da lui toccati, da Socrate e i Socratici all’Accademia e Aristotele, dallo stoicismo a Cicerone, con particolare riguardo per gli studi ercolanesi. Già in quella occasione Schmid aveva esaltato, del Philippson, le spiccate doti di « intimen Vertrautheit mit den dovgmata », per cui lo giudicava, dopo la morte del Diels, « zweifellos führend », e di « Sprachgefühl », 242 nonché la capacità di inserire ricerche particolari in un’ottica più vasta e di coniugare i suoi interessi per la filosofia antica con la filologia classica ; inoltre, ne aveva ricordato il felice contubernium con Achille Vogliano per il lavoro di esegesi dei libri xxviii e xiv Peri; fuvsew~ pubblicati dal papirologo italiano. Nel saggio del 1955, in cui il Philippson era chiamato in causa soprattutto come studioso del Peri; eujsebeiva~ di Filodemo, Schmid ne sottolineò il « sostanziale disinteresse … per il lavoro papirologico vero e proprio », riconoscendogli soprattutto il merito di avere realizzato « il collegamento degli studi ercolanesi con la filosofia ellenistico-romana, troppo spesso trascurato dagli specialisti della disciplina ». 243

227  Problemi, pp. 32 s. 228  Su Sudhaus studioso di Filodemo, cf. almeno Gigante, Germania, pp. 27-29, e Id., Sigifridus Sudhaus Philodemeorum studiosus, « CErc » 26 229  Problemi, p. 37. (1996), pp. 15-26. 231  Problemi, p. 37 n. 13. 230  Su cui cf. supra, n. 7. 232  Cf. almeno l’Introduzione di E. Livrea a W. Crönert, Studi Ercolanesi, Napoli 1975, pp. 5-14 ; Capasso, Studi, pp. 167-176 ; Gigante, 233  Problemi, pp. 39 s. Germania, pp. 31-37. 234  Problemi, p. 39. 235  Su Hermann Diels cf. almeno T. Dorandi, Gli studi ercolanesi di Hermann Diels, in Hermann Diels (1848-1912) et la science de l’antiquité, « Entretiens sur l’Antiquité Classique » xlv, Genève 1999, pp. 227-260. 237  Problemi, p. 41. 236  Problemi, p. 42. 239  Problemi, pp. 43 s. 238  Problemi, pp. 41 s. 240  Problemi, pp. 40 s. Sulle edizioni ercolanesi di Jensen, cf. almeno Gigante, Germania, pp. 40-42 ; su Jensen nell’Officina dei Papiri, cf. Capasso, Studi, pp. 179-183. 241  « Zeitschrift für philosophische Forschung » 3 (1948), pp. 113-115. Il testo dello Schmid fu ripubblicato in testa al volume Studien zu Epikur,

pp. 1-3. Il volume compiva, tre anni dopo la sua morte, un voto espresso dallo Schmid al Congresso Budé (cf. W. Schmid, Hommage à Robert Philippson, in Actes Budé, pp. 169-172. sp. p. 171 ; da ora = Hommage) ; come chiarisce il Classen nel Nachwort, Schmid, che avrebbe voluto esserne l’editore, aveva da tempo pianificato e ordinato la raccolta, ma non ebbe il tempo di tracciare un bilancio completo e dettagliato sull’attività di studioso del Philippson, come avrebbe voluto. 242  P. 114. In Problemi, p. 43, Schmid avrebbe scritto che, di queste due componenti necessarie per un lavoro di successo, « la prima ha aiutato il Philippson a colpire nel segno ben più spesso della seconda ». Cf. anche Hommage, p. 171. 243  Problemi, pp. 42 s. e n. 18. Nella redazione originale in lingua tedesca, il saggio di Schmid si concludeva con una rapida rassegna del contributo dei filologi italiani ai testi ercolanesi (Geschichte, pp. 497 s. e nn. 27-29 = Schriften, pp. 71-73 e nn. 27-29) : oltre all’opera di Achille Vogliano, ricordato soprattutto come editore dei testi di Epicuro, erano menzionati lavori di Domenico Comparetti, Alessandro Olivieri, Carlo Diano, Raffaele Cantarella e Vittorio De Falco. Un cenno era riservato anche all’americano Phillip De Lacy.























































































































































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« La pubblicazione degli Epicurea nel 1887, malgrado la loro fondamentale non pertinenza al dominio della ricerca ercolanese, segna una svolta proprio nella storia di questa disciplina » : così nel 1955 Wolfgang Schmid scriveva nel suo saggio sulla storia degli studi ercolanesi, 247 chiarendo come « la stupenda raccolta » 248 di frammenti dell’Usener ne avesse favorito in modo decisivo il progresso. 249 È noto, infatti, che l’Usener, come egli stesso dichiarò nella Praefatio al volume, aveva scelto di escludere dalla raccolta i testi Peri; fuvsew~ di Epicuro, 250 in attesa dell’annunciata edizione su base autoptica di Theodor Gomperz, con un atteggiamento di prudenza e « con una limitazione che la situazione scientifica del tempo rendeva senz’altro consigliabile », ma è indubbio, puntualizzava lo Schmid, che l’edizione degli Epicurea beneficiò a pieno del lavoro che contestualmente alla stesura dell’opera l’Usener dedicava al Glossarium Epicureum, 251 le cui schede mostrano la sua profonda conoscenza non solo dei papiri dell’opera maggiore di Epicuro, ma anche di testi ercolanesi « che per le concezioni di allora restavano in certo qual modo marginali ». 252 Nel suo ultimo lavoro, dal titolo Useners Glossarium Epicureum und seine Epicurea, apparso nel 1980, 253 Schmid

rese noti documenti inediti di Usener – due lettere al Wilamowitz, datate 24 luglio 1881 e 5 febbraio 1883, e una a Carl Dilthey, del 16 marzo 1886 – sulle vicende che impedirono la pubblicazione del Glossarium prevista dall’Usener parallelamente agli Epicurea. Se nel 1881 il ritardo nella pubblicazione degli Epicurea era giustificato proprio per il mancato completamento del Glossarium, già nel 1883 l’Usener confessava di essersi risolto a malincuore per una pubblicazione separata, in cui il Glossarium e gli Indices seguissero gli Epicurea ; nel 1886, tuttavia, il progetto di pubblicazione del Glossarium era dichiarato definitivamente rinviato, per lo scrupolo dell’Usener di fronte ai continui progressi della ricerca epicurea, che imponevano ulteriori revisioni del materiale. Lo Schmid ribadiva, del resto, come anche le lacune, le contraddizioni e le chiare aggiunte che si rilevano talora negli stessi Epicurea vadano intese come la spia di un lavoro in fieri, che non senza fatica teneva conto, con una certa stratificazione nel tempo, del progresso degli studi ercolanesi. Sulle schede inedite del Glossarium Epicureum Schmid, come si è visto, aveva fondato alcune delle sue congetture e delle sue osservazioni sul xiv libro Peri; fuvsew~ ; nello stesso anno, nella recensione al saggio di Widmann sulla sintassi di Epicuro, aveva sottolineato l’importanza del Glossarium per ogni ricerca linguistica e stilistica in ambito epicureo e ne aveva auspicato la pubblicazione. 254 Anche se, infatti, come ebbe più tardi a precisare, il Glossarium « non aveva mai inteso esser altro che un’impalcatura di sostegno, eretta per l’uso personale del costruttore degli Epicurea », 255 e ne apparivano necessari una revisione e un aggiornamento alla luce dei progressi della ricerca, Schmid ne lamentò la mancata utilizzazione nelle esegesi dei testi di Epicuro apparse dopo l’edizione berlinese del xxviii libro Peri; fuvsew~ del Vogliano, che, invece, a suo avviso, se ne era notevolmente giovata. 256 La pubblicazione nel 1977 del Glossarium Epicureum, per le cure di Wolfgang Schmid e Marcello Gigante, 257 salutata da quest’ultimo come « felice esito della collaborazione internazionale e testimonianza della fratellanza italo-tedesca », 258 significò, dunque, per lo studioso tedesco, la realiz-

244  Hommage. 245  Hommage, p. 169. 247  Problemi, p. 36. 246  Hommage, p. 172. 248  Così in Schmid, Epicuro, p. 22. Sugli Epicurea, cf. almeno Gigante, Usener, pp. 49-58. 249  Cf. anche Actes Budé, p. 192 : « Usener a fourni tout pour vaincre Usener ». Proprio alla luce di tale progresso, Schmid aveva auspicato in Epicuro, pp. 22 s., una urgente ristampa anastatica degli Epicurea (che sarebbe uscita nel 1966, Verlag B.G. Teubner, Stuttgart, senza l’appendice con il Gnomologium Vaticanum e la concordanza aggiornata di tutti i testi papiracei, auspicate dallo studioso tedesco ; ristampe anastatiche sono state pubblicate anche in Italia : l’ultima, con trad. it. a fronte, è stata curata da I. Ramelli, Milano 2002) ; qualche anno dopo, nel suo intervento al Congresso Budé (cf. Actes Budé, pp. 195 s.), egli ne ribadì l’opportunità di un aggiornamento, che tenesse conto dei testi ercolanesi già pubblicati dopo Usener, ma che potesse accogliere anche nuove edizioni, soprattutto filodemee : lo Schmid faceva riferimento a un progetto in tal senso dell’Accademia di Berlino, a cui aveva accennato già in « Gnomon » 27 (1955), p. 421, augurando che potesse essere realizzato in un tempo non troppo lontano. Su questo progetto, annunciato con entusiasmo anche da A. Vogliano, In tema di papiri ercolanesi, « Prolegomena » 2 (1952 [1953]), pp. 125-132, sp. p. 131, ma mai portato a compimento, cf. anche Gigante, Usener, pp. 89 s.

250  Sulla presenza di questi testi nella raccolta, anche se in misura molto limitata, cf. Gigante, Usener, pp. 72 s. 251  Il vantaggio di questo lavoro contestuale, diversamente da quanto aveva fatto Adler per i frammenti degli Stoici (cf. Problemi, p. 37 n. 11), fu sottolineato da Schmid anche in Actes Budé, p. 192 e n. 2, e, con Gigante, nella Praefatio all’edizione del Glossarium Epicureum del 1977 (su cui cf. infra), p. vii. Cf. anche Gigante, Usener, p. 60. 252  Problemi, p. 35. Sul Glossarium Epicureum, cf. almeno M. Gigante, Il Glossarium Epicureum di Usener, « RAAN » 52 (1978), pp. 159-164, e Id., Usener, pp. 59-87. 253  Schmid, Glossarium, su cui cf. Gigante, Germania, pp. 25 s. 254  « Gnomon » 12 (1936) cit., pp. 444 s. (lo stesso voto fu espresso anche in Epicuro, pp. 56 s., e in Actes Budé, p. 192 n. 1.) In Epicuro, p. 57, Schmid criticò duramente C. Brescia, Ricerche sulla lingua e sullo stile di Epicuro, Napoli 1955, per la cattiva utilizzazione del Glossarium, peraltro non dichiarata dall’autore. 255  Problemi, pp. 35 s. n. 12. 256  Il Vogliano aveva potuto consultare e riprodurre le schede del Glossarium, allora presso la Facoltà Filosofica di Bonn, con il permesso di E. Norden e il consenso degli eredi di Usener, cf. Vogliano, Scripta, p. xiii. 257  H. Usener, Glossarium Epicureum edendum curaverunt M. Gigante et W. Schmid, Romae 1977. 258  Gigante, Germania, p. 26.

Alcuni anni dopo, durante i lavori del Congresso Budé, Schmid avrebbe pronunciato un commosso omaggio per lo sfortunato studioso, 244 che per le tristi circostanze della morte non aveva potuto ricevere « aucun des honneurs auxquels ses travaux lui donnaient indubitablement droit ». 245 Nel suo intervento, che riprendeva le considerazioni espresse nel Nachruf, Schmid rendeva nota l’ultima lettera scritta dal Philippson al Vogliano, datata 29 gennaio 1941, in cui lo studioso manifestava il suo affetto per il vecchio amico, e, citando Democrito, lo consolava per aver dovuto abbandonare le sue carte in Egitto. Lo Schmid concludeva il suo omaggio sottolineando come, per Robert Philippson, la filosofia ellenistico-romana fosse divenuta, « en plus d’un travail scientifique, ce qu’elle prétend être : une aide à vivre ». 246  















e. Studi sugli Epicurea e sul Glossarium Epicureum di H. Usener  



















































































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giuliana leone

zazione di un progetto a lungo coltivato. 259 Nella Praefatio i curatori, e, più tardi, Schmid ancora una volta, 260 giustificavano la scelta editoriale di avere pubblicato il Glossarium nella stessa forma in cui l’Usener lo aveva redatto, 261 conservandogli volutamente il carattere di lavoro incompiuto e in fieri, a testimonianza storica di « quot qualesque fuerint gradus studiorum, quae Usener ad hanc rem adhibuit ». 262 Lo Schmid, perciò, definì il Glossarium Epicureum appena pubblicato « nichts anderes . . . als eine Durchgangsstation » sulla strada verso un’auspicata rinnovata raccolta di Epicuri et Epicureorum Scripta, accompagnata da un nuovo aggiornato e più completo Glossarium. 263  

















f. Dal Nachlass  







259  La pubblicazione del Glossarium Epicureum dell’Usener era stata « uno dei sogni proibiti » anche di Achille Vogliano : cf. Gigante, Usener, pp. 61 s. 260  Schmid, Glossarium, pp. 26 ss. (= Schriften, pp. 115 ss.). 261  P. ix. 262  P. xi. Cf., oltre ai lavori di Gigante citati, G. Arrighetti, in « Gnomon » 51 (1979), pp. 645-651. 263  Schmid, Glossarium, pp. 28 s. (= Schriften, pp. 118 s.). 264  Olivieri, Christian Jensen cit., p. 26. 265  Cf. anche Vogliano, Papiri Ercolanesi cit., p. 400. In realtà, Jensen aveva preso visione di tutti i papiri De poematis durante un soggiorno nell’Officina dei Papiri nell’inverno del 1908 (cf. Capasso, Studi, p. 180 n. 208), e nell’aprile del 1913 aveva collazionato i PHerc 1425 e 1538, conte 













Nel 1941, nel suo ricordo di Christian Jensen da poco scomparso, 264 Alessandro Olivieri si dichiarava a conoscenza dell’intenzione dei suoi discepoli, « primo fra essi Wolfgang Schmid », di pubblicare l’edizione complessiva dei libri filodemei Peri; poihmavtwn, lasciata incompiuta dal maestro, 265 e di altri scritti, a cui egli attendeva da qualche anno. Lo stesso Schmid, del resto, nel 1956 aveva confermato come



obiettivo primario della ricerca epicurea la pubblicazione di un’edizione complessiva del Peri; poihmavtwn. 266 Jürgen Hammerstaedt 267 ha reso noto che, effettivamente, nel Nachlass di Schmid è presente molto materiale su quest’opera, di Kentenich, di Jensen (in particolare, esistono numerose versioni, manoscritte e dattiloscritte, del testo del iv libro nel PHerc 207, messe a punto da Jensen tra il 1929 e il 1933), 268 di Heidmann e dello stesso Schmid, con numerose proposte inedite di rilievo. In particolare, da una lettera a Werner Jaeger del 1947 si evincerebbe che lo Schmid intendeva forse studiare proprio il libro iv, di cui affermava di avere ricevuto nel 1942 dalla vedova di Jensen le parti più importanti del lavoro preliminare del maestro. 269 È davvero auspicabile che, come promesso da Hammerstaedt, questo materiale inedito possa essere presto pubblicato e messo a disposizione della comunità scientifica, facendo ancora una volta echeggiare la voce di grandi studiosi del passato, che costantemente ci accompagnano nel nostro lavoro quotidiano di ricercatori.



Università degli Studi “Federico ii”, Napoli nenti il v libro dell’opera filodemea, che avrebbe pubblicato nel 1923 (cf. Capasso, Studi, p. 181 e n. 227). 266  Cf. Schmid, Philosophie, p. 73 (= Schriften, p. 133). 267  Hammerstaedt, Report, c.d.s. 268  Nel 1923 Jensen dichiarava la propria speranza di pubblicarlo presto : cf. Ch. Jensen, Philodemos über die Gedichte fünftes Buch, Berlin 1923, p. vii n. 2. 269  Hammerstaedt, Report, c.d.s., faceva notare come lo Schmid avesse celato questo particolare a Francesco Sbordone, che, per sua ammissione, aveva consultato in proposito lo studioso tedesco nello stesso anno 1942, ben prima di pubblicare, nel 1969, la propria edizione del iv libro dell’opera filodemea (Il quarto libro del Peri; poihmavtwn di Filodemo, in F. Sbordone, Ricerche sui papiri ercolanesi, i, Napoli 1969, pp. 287-372, sp. p. 289).  

ROBERT CAVENAILE (1918-2007) 1  

Marie-Hélène Marganne

R

obert Cavenaile [Pl. xiii] est né le 2 octobre 1918 à Wasmes, village situé au centre du bassin houiller du Borinage, à une dizaine de kilomètres de Mons, dans la province du Hainaut, en Belgique. Cette région, qui fut une des plus riches et des plus industrialisées du pays à l’âge d’or des charbonnages, 2 accueillit notamment, en 1879, le peintre Vincent Van Gogh (Groot-Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890), qui s’installa à Wasmes durant six mois comme prédicateur protestant, et qui y réalisa des dessins de mineurs. 3 Une quinzaine d’années plus tard, les activités industrielles de ce “pays noir” inspirèrent également de nombreuses oeuvres à un autre peintre, le Belge Constantin Meunier (Etterbeek, 1831-Ixelles, 1905). 4 Robert Cavenaile avait un frère aîné, Paul, qui deviendra marchand de grains, et son père travaillait comme chef de train à la Société Nationale des Chemins de fer Belges. Après des humanités à l’Athénée Royal de Mons, notre Borain quitta Wasmes pour effectuer des études de philologie classique à l’Université de Liège. Titulaire d’un certificat de latin vulgaire en 1938, il acquit, en 1940, les titres de licencié en philologie classique et d’agrégé de l’enseignement moyen du degré supérieur, puis, en 1941, celui de candidat en histoire et littératures orientales et, enfin, celui de docteur en philosophie et lettres en 1949. Il terminait le mémoire clôturant ses études de licence en philologie classique à l’Université de Liège, lorsque, le 10 mai 1940, l’Allemagne envahit la Belgique. Désigné pour le 12e de Ligne, il répondit à l’ordre du gouvernement belge adressé aux hommes de 16 à 35 ans, de rejoindre les Centres de Recrutement de l’Armée Belge (C.R.A.B.) dans le sud de la France. Après plus de deux mois consacrés à des travaux agricoles dans la région de Foix, où il était cantonné, il prit le chemin du retour suite à l’armistice francoallemand et regagna Wasmes le 7 août de la même année. Cette participation à la Campagne de 1940 lui vaudra plus tard la Médaille commémorative de la guerre 1940-1945 avec deux sabres croisés. De nouveau mobilisé après la Libération, il se rendit, en janvier 1945, à Hoogboom, non loin d’Anvers, où, sous les explosions des V1, il reçut l’ins-

truction en vue de faire partie des Belgian Pioneers, c’està-dire des troupes auxiliaires belges du Génie sous commandement anglais (2e armée britannique). Leur mission consistait en travaux préparatoires au franchissement du Rhin par les Alliés. C’est ainsi que, faisant partie de la 6e section de la 16e compagnie du 3e bataillon du génie sous le n° de matricule Gn 216. I, il participa aux Campagnes de Hollande et d’Allemagne jusqu’à la capitulation allemande. De retour à Wasmes le mercredi 7 août 1945, il épousa, le mois suivant, Andrée Duchesne, une Liégeoise dont il avait fait la connaissance lors de ses études universitaires. Le couple s’établit alors définitivement dans la Cité ardente, rue de l’Académie. De leur union naîtront trois fils qui leur donneront quatre petits-enfants et, à la génération suivante, un arrière-petit-fils. Dès 1946, les anciens

1  Au seuil de cette contribution, nous tenons à exprimer notre reconnaissance à tous ceux qui nous ont aidée de quelque manière à réunir les informations et documents nécessaires, particulièrement Madame Robert Cavenaile, née Andrée Duchesne, ses enfants et petits-enfants, Monsieur Paul Mertens, professeur émérite de l’Université de Liège, Madame Michèle Houbart-Grandjean, qui travailla dans le service de linguistique du Professeur René Fohalle, Madame Michèle MertensWinand, conservateur de la Bibliothèque des Sciences de l’Antiquité à l’Université de Liège, Monsieur Jean-Luc Maloir, documentaliste à la même Bibliothèque, le Major Comd Det Sp Engr Dept Johan De Clercq, Monsieur Alain Martin, Secrétaire-trésorier de l’Association Internationale de Papyrologues et co-Directeur de l’Association Égyptologique Reine Élisabeth, et enfin et surtout, notre mari Marc

Mélard, comme nous ancien élève de Robert Cavenaile à l’Université de Liège en 1972-1976, pour son enquête bibliographique approfondie. 2  E. De Seyn, Dictionnaire historique et géographique des communes belges, 3e édition augmentée et mise à jour, t. ii, Turnhout 1948, p. 1452 ; J.-M. Cauchies, Wasmes, dans H. Hasquin/R. Van Uytven/J.-M. Duvosquel, Communes de Belgique. Dictionnaire d’histoire et de géographie administrative, 2, Bruxelles 1980, pp. 1600-1601. Suite à la fusion des communes, Wasmes fait partie, depuis 1977, de l’entité de Colfontaine. 3  A. M. Hammacher (présentation), Van Gogh en Belgique. Musée des Beaux-Arts de Mons, du 3 octobre au 30 novembre 1980, catalogue d’exposition, Bruxelles 1980, p. 184. 4  Voir, par exemple, de Constantin Meunier, la toile Au pays noir (vers 1893), conservée à Paris, Musée d’Orsay, inv. RF 1986 81, LUX 354 [Pl. xiv].







Pl. xiii. Roberto Cavenaile (1918-2007).



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marie-hélène marganne du iii e Bataillon du Génie “Houthulst” durant de nombreuses années, 6 il organisa pour ses membres un voyage en autocar afin de visiter les plages du débarquement en Normandie à l’occasion du cinquantième anniversaire de cet événement (6 juin 1944). Après avoir été professeur de langues anciennes dans l’enseignement moyen de l’État (Athénées de Soignies, Ath, Arlon, Herstal, Seraing et Liège), du 10 janvier 1944 au 30 septembre 1964, il devint l’assistant du Professeur René Fohalle, à l’Université de Liège, du 1er octobre 1964 au 31 décembre 1966, puis, chef de travaux, 7 et enfin, à partir du 1er octobre 1974, chargé de cours pour la Méthodologie des langues classiques (qui allait être dénommée, après quelques années, Méthodologie spéciale des matières figurant au programme de l’enseignement secondaire supérieur [y compris les exercices pratiques] : latin, grec), jusqu’à son admission à la retraite, en 1984. Il exerça en outre les fonctions de suppléant, à partir d’octobre 1971, pour les cours d’Institutions romaines et d’Histoire, méthodes et techniques de la philologie classique, auparavant professés par Marcel Renard (19091990), et, à partir d’octobre 1975, pour le cours d’Exercices de paléographie grecque et latine destiné aux étudiants de deuxième candidature en histoire. Il décéda à Liège le jeudi 30 août 2007. Ses obsèques, suivies de l’inhumation au cimetière de Liège, Sainte-Walburge, furent célébrées à Rocourt le samedi 1er septembre.  





Pl. xiv. Au pays noir.

du Génie avaient créé une Amicale, qui, en 1985, devint Fraternelle du iii e Bataillon du Génie « Houthulst » H.Q. 3 Belgian Pioneer Group 2 Armée britannique 1945, avec statuts, drapeau et Bulletin. 5 C’est sans doute pour celui-ci que Robert Cavenaile avait rédigé, à l’aide du journal qu’il avait tenu pendant les événements, les deux articles dont nous avons trouvé copie dans les archives que sa famille a bien voulu mettre à notre disposition : Mémoire d’un pionnier de la 16e Cie. Deux fois vingt ans après ... déjà, paru en six livraisons, probablement en 1985, et Il y a cinquante ans : mai 1940, les C.R.A.B., vraisemblablement paru en 1990. En 1992, il publia encore anonymement une plaquette intitulée Escaut, Meuse, Rhin, Elbe. 2e British Army. Dans les pas de Montgomery. Mémorial du 3e Bataillon du Génie « Houthulst ». 3rd Belgian Pioneer Group 1945, dont il donna un exemplaire à la Bibliothèque Générale de l’Université de Liège. Dans ces écrits, il relate avec simplicité, verve et émotion, les faits dont il a été le témoin et l’acteur durant ces deux campagnes qui, sans nul doute, produisirent sur lui une impression profonde : à la satisfaction d’avoir participé, si modestement que ce fût, à l’effort de guerre, se mêlait, au soir de sa vie, le souvenir du courage, de la camaraderie et de la solidarité dont avaient fait preuve tant les membres de son entourage, que ceux de sa section au cours de ces années difficiles. Président de la Fraternelle des Anciens  















5  [R. Cavenaile], Escaut, Meuse, Rhin, Elbe. 2e British Army. Dans les pas de Montgomery. Mémorial du 3e Bataillon du Génie “Houthulst”. 3rd Belgian Pioneer Group 1945, s. l., s. d. [1992], pp. 51-52. 6  Robert Cavenaile a été le dernier Président de la Fraternelle, qui a été dissoute en 2007, suite à ses problèmes de santé et à l’âge de ses derniers membres (information communiquée par le Major Johan De Clercq, par message électronique, le 04.06.2009). 7  Annuaire du Corps enseignant et du Personnel scientifique, Liège, Édition de l’Université, 1967, p. 80. 8  R. Fohalle, Sur le vocabulaire maritime des Romains, dans Mélanges Paul Thomas, Bruges 1930, pp. 271-299 ; Id., Noms d’animaux et noms de plantes en grec ancien, dans Serta Leodiensia ad celebrandum patriae libertatem iam centesimum annum recuperatam composuerunt philologi Leodienses. Mélanges de philologie classique publiés à l’occasion du Centenaire de l’indépendance de la Belgique, Liège-Paris 1930, pp. 141-157.  

Au cours de ses études à l’Université de Liège, Robert Cavenaile avait reçu l’enseignement de maîtres tels que Léon Halkin (1872-1955), Armand Delatte (1886-1964), Albert Severyns (1900-1970), Antoine Grégoire (1871-1955), Jean Hubaux (1894-1959) et Marie Delcourt (1891-1979), mais, de tous, ce furent sans doute René Fohalle (18991984) et Nicolas Hohlwein (1877-1962) qui influencèrent le plus durablement son parcours scientifique et sa carrière. Dès 1929, le service de linguistique générale de R. Fohalle avait comporté deux volets assez différents : un de nature linguistique, avec la grammaire comparée des langues classiques, 8 et l’autre, relevant de l’indianisme, 9 avec l’avestique, le vieux-perse, le sanscrit, les littératures et les religions de l’Inde. Un troisième volet s’y ajouta à partir de 1943, lorsqu’il devint titulaire du cours de méthodologie spéciale du latin et du grec, 10 complété, en 1963, par les exercices méthodologiques. 11 C’est sous la direction de René Fohalle que Robert Cavenaile élabora son mémoire de licence consacré à L’adverbe “penitus” à travers la latinité. Cas particuliers de la tendance à l’expressivité et de la transfor 









9  R. Fohalle, Note sur un passage de “çakuntala” (i 4), dans Mélanges de philologie orientale publiés à l’occasion du xe anniversaire de la création de l’Institut Supérieur d’Histoire et de Littérature Orientales de l’Université de Liège, Louvain 1932, pp. 219-233. 10  R. Fohalle, La réforme de l’agrégation, dans Droit et Liberté. Revue de l’Union chrétienne des professeurs de l’enseignement officiel, 6, 4, Bruxelles 1955, pp. 388-395 ; Id., Quelques problèmes pédagogiques de l’enseignement d’un latin vivant, dans Premier Congrès international pour le latin vivant. Avignon, 3-6 septembre 1956, Avignon 1956, pp. 152-155 ; Id., L’emploi de l’induction dans l’enseignement des langues classiques fait aux débutants, dans Colloque pour l’étude des problèmes de la didactique du grec et du latin dans les pays de la Communauté européenne. Gand, 17-21 décembre 1963. Compte rendu et communications, Didactica Classica Gandensia, 4, Gand 1964, pp. 123-132. 11  J. Stiennon, dans Liber Memorialis. L’Université de Liège de 1936 à 1966. Notices historiques et biographiques, i, Liège 1967, p. 94.  



robert cavenaile (1918-2007)

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mation des mots affectifs en outils grammaticaux 12, soutenu à l’Université de Liège en 1940 ; 13 c’est ce même professeur qui lui proposa de devenir son assistant en 1964, et c’est à lui qu’il succéda, le 1er octobre 1974, comme chargé de cours pour la méthodologie des langues anciennes. Préfaçant sa Méthode de grec. Première année, parue en 1965, René Fohalle prouvait la haute estime dans laquelle il tenait son ancien élève en écrivant (p. 5) : “ce n’est pas parce que M. Cavenaile est mon collaborateur pour les exercices didactiques que j’ai accepté volontiers de préfacer son livre. La vérité est qu’il est mon collaborateur parce que je trouvais excellents les principes de méthode qu’il appliquait comme professeur de grec dès les débuts de l’étude de cette langue”. Pour sa thèse de doctorat sur Le latin d’Égypte et son influence sur le grec, Robert Cavenaile allait combiner la linguistique, dont il avait appris les règles auprès de René Fohalle, à « l’espace immense de la papyrologie » 14, à laquelle il avait été initié par Nicolas Hohlwein. Quant à la thèse annexe, où il se proposait de démontrer que « Si l’on admet que ajgaqiv~, “masse, abondance”, d’où “peloton”, s’apparente à mevgeqo~Émevgaqo~, on peut soutenir avec plus de force le rapprochement proposé par Pedersen de ajgaqov~ et mevgaqo~ », elle relevait uniquement de linguistique. Lorsqu’il avait succédé en 1926 à Jean Pierre Waltzing (1857-1929), qui avait introduit les cours de papyrologie à l’Université de Liège en 1903, 15 Nicolas Hohlwein avait été autorisé à y ouvrir un cours libre de papyrologie grecque, 16 qu’il donna jusqu’à son admission à la retraite, en 1947. Comme l’a écrit Alfred Tomsin, 17 cet élève de Waltzing, qui avait séjourné à Berlin, Bonn, Heidelberg, Würzburg et Paris, avait reçu « l’essentiel de sa formation des papyrologues réputés de l’époque, dont il avait suivi les cours en Allemagne et en France, en qualité de titulaire d’une bourse de voyage pendant les années 1902 et 1903 ». Quand Robert Cavenaile suivit ses cours, N. Hohlwein avait déjà publié de nombreux articles et plusieurs ouvrages, dont La papyrologie, bibliographie raisonnée (Louvain, 1905), L’Égypte romaine (Bruxelles, 1912), couronné par l’Académie Royale de Belgique et publié dans ses Mémoires, et Le stratège du nome (s. l., s. d. [1926], plaquette reproduite dans la collection Papyrologica Bruxellensia, 9, 1969). 18 C’est donc guidé par ces deux maîtres qu’en dépit des circonstances difficiles de la guerre et de l’après-guerre, Robert Cavenaile prépara sa thèse de doctorat sur Le la-

tin d’Égypte et son influence sur le grec, sujet qui lui avait été suggéré par la lecture de l’article de Pierre Jouguet sur Les papyrus latins d’Égypte, publié en 1925, dans le n° 3 de la « Revue des Études Latines » (pp. 35-50). L’étude linguistique étant subordonnée au collationnement des papyrus et des ostraca latins d’Égypte, pour lesquels il n’existait à l’époque aucun recueil, ni même étude d’ensemble, R. Cavenaile entreprit donc de réunir d’abord tous ceux-ci en vue de « mettre à la disposition des chercheurs, une sorte de Corpus Papyrorum Latinarum Aegyptiarum, annoncé tant de fois déjà ». 19 Ce sera le second volume de sa thèse, qui, sous le titre Recueil des papyrus latins, recense 255 papyrus et ostraca latins dans ses 140 pages. Dans les notes manuscrites de l’exposé qu’il fit lors de sa soutenance, au début de l’année 1949, 20 il remarque toutefois que, dans l’intervalle entre celle-ci et le dépôt de sa thèse, en septembre 1948, 42 nouveaux papyrus latins ont été publiés, 21 ce qui porte le total à 297 textes. Intitulé Le latin d’Égypte et son influence sur le grec et pièce maîtresse de la thèse, le volume i, qui compte 274 pages, se compose de deux parties, où, à l’aide de la méthode comparative, il se proposait de répondre aux questions suivantes : 1. le latin a-t-il été parlé en Égypte et, si oui, dans quels milieux et comment s’est-il diffusé ? ; 2. le latin parlé dans la Vallée du Nil présentait-il des particularités locales, notamment sous l’influence du grec, ou, au contraire, était-il comparable au latin vulgaire attesté dans les autres contrées de l’Empire romain ? ; et, enfin, 3. dans quels domaines et à la suite de quels événements historiques le latin avait-il influencé le grec d’Égypte ? Dans la première partie du premier volume de la thèse, qui est consacrée au Latin d’Égypte, R. Cavenaile étudie d’abord les sources, les classant par provenance, datation et genres (littéraires, juridiques, documentaires), puis, les modifications phonétiques (voyelles, diphtongues, syncope, prosthèse, consonnes non finales, aspiration, consonnes géminées et simplification des consonnes doubles, groupes de consonnes, consonnes finales, groupes de consonnes finales, assimilation et recomposition, assibilation, dissimilation, métathèse), la morphologie (nom, conjugaisons, noms de nombre, adverbes, dérivation), la syntaxe (confusions entre les cas, emploi des cas, prépositions, suppression des prépositions, verbe, pronoms, confusions entre les personnes) et le vocabulaire. Dans la seconde partie, qui est intitulée Influence [du latin] sur le grec, après avoir dé-

12  Il en tira un article intitulé L’adverbe penitus à travers la latinité, « Les Études Classiques » 11/1 (1942), pp. 27-52. 13  Voir « Revue Belge de Philologie et d’Histoire » 20 (1941), p. 350. 14  R. Cavenaile, Le latin d’Égypte et son influence sur le grec, Université de Liège, Philosophie et Lettres, Philologie Classique, thèse de doctorat, 1948-1949, p. i. 15  M.-H. Marganne, L’Université de Liège et la papyrologie, dans Ead. (éd.), Papyrus et papyrologie à l’Université de Liège, Liège, CEDOPALÉditions de l’ULg, 2007, pp. 9-20 (= « Cahiers du CEDOPAL » 5), et, sous forme électronique, à l’adresse http ://www2.ulg.ac.be/facphl/services/cedopal/pages/papyrologie.htm (juillet 2000). 16  N. Hohlwein, La papyrologie grecque, Leçon d’ouverture faite à la Faculté de Philosophie et Lettres de l’Université de Liège, le 27 janvier 1927, pp. 5-6. 17  A. Tomsin, Nicolas Hohlwein, « CE » 40 (1965), pp. 541-542. 18  J. Bingen, dans « Papyrologica Bruxellensia » 9 (1969), p. 5 : « Au début de 1926, peu avant d’assumer l’enseignement de la papyrologie à

l’Université de Liège, Nicolas Hohlwein distribuait à quelques privilégiés une plaquette, sans lieu, ni éditeur, ni date, Le Stratège du Nome. Le livre réunissait une suite d’articles parus sous ce titre général dans les tomes 28 (1924) et 29 (1925) du Musée Belge (...). Aujourd’hui, la plaquette est introuvable, et la revue, disparue depuis longtemps, est peu accessible aux papyrologues (...). Désirant honorer la mémoire de Nicolas Hohlwein, la Fondation Égyptologique Reine Elisabeth espère servir en même temps les papyrologues en leur rendant accessible une étude qui n’a jamais été refaite dans la même optique ». 19  Cavenaile, Le latin d’Égypte cit., p. 1. 20  Sa thèse de doctorat à l’Université de Liège est mentionnée, pour l’année académique 1948-1949, dans la « Revue Belge de Philologie et d’Histoire » 28 (1950), p. 772. 21  Notamment les 37 papyrus latins du vol. vii des PMich : H. A. Sanders-J. E. Dunlap, Latin Papyri in the University of Michigan Collection, Ann Arbor 1947.



























































































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fini la notion d’emprunt, précisé les relations entre Rome et l’Égypte et mesuré la portée de l’influence romaine dans ce pays, il aborde le calque linguistique et les questions relatives à la transcription grecque des mots latins (voyelles, diphtongues, semi-voyelles, syncope, prosthèse, épenthèse, consonnes, groupes de consonnes, gémination des consonnes doubles, métathèse), ainsi qu’à la morphologie (déclinaisons, composition et dérivation, étymologie populaire), avant de conclure, d’une part, à l’unité du latin, toutes contrées confondues, à la période impériale, – particulièrement du latin parlé –, nonobstant quelques particularités dues à l’influence du grec d’Égypte et de la langue indigène, et, d’autre part, à une certaine influence du latin sur le vocabulaire grec relevant des domaines de la vie privée, de la vie publique et de la vie sociale, surtout à Oxyrhynque et dans le Fayyum, où s’étaient installés de préférence les vétérans. Si quelques résultats des recherches linguistiques très approfondies de Robert Cavenaile ont été publiés dans deux articles parus en 1951 et 1952, 22 la majeure partie de son travail, tel qu’exposé dans le tome i de sa thèse, est restée à ce jour inédite ... En 1952, l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres proposa, pour l’attribution du prix du Budget de 1953, l’édition d’un Recueil de papyrus latins, projet plusieurs fois envisagé, sans jamais être réalisé. 23 Ainsi, dès 1914, S. de Ricci espérait « pouvoir publier [son] Corpus papyrorum Latinarum dont le manuscrit est achevé depuis dix ans », 24 et il en allait apparemment de même pour F. Bilabel. Après F. Preisigke en 1915, 25 U. Wilcken 26 avait insisté à nouveau sur la nécessité de cette tâche, qu’il avait décrite dans ses grandes lignes, lors du iv e Congrès International de Papyrologie (C. I. P.), à Milan, en 1935. Si, en 1945, A. Calderini reconnaissait, dans son manuel de papyrologie latine, que  













« non è ancora giunto il momento (né sarebbe per ora possibile farlo, date le particolari condizioni in cui svolge il nostro lavoro) di raccogliere in unità tutti i papiri latini finora sopravvissuti dall’Egitto, aggiungendovi la discussione di tutti i principali problemi d’ordine paleografico, storico ed antiquario, a cui essi danno luogo », 27  





dix ans plus tard, à Vienne, lors du viiie C. I. P., A. Traversa 28 devait à son tour faire connaître son intention de mettre en chantier cette entreprise, dont il exposait le plan et les méthodes, et pour laquelle il faisait appel à la collaboration d’autres chercheurs, sans savoir que le Corpus Papyrorum Latinarum (CPL) était sur le point d’être publié  

22  R. Cavenaile, Influence latine sur le vocabulaire grec d’Égypte, « CE » 26 (1951), pp. 391-404 ; Id., Quelques aspects de l’apport linguistique du grec au latin d’Égypte, dans Raccolta di scritti in onore di Girolamo Vitelli, ii = « Aegyptus » 32/1 (1952), pp. 191-203. 23  A. Ernout, « Revue de Philologie, de Littérature et d’Histoire anciennes » 3e série, 32 (1958), pp. 343-344 ; voir aussi A. Bataille, Traité d’Études byzantines. ii . Les papyrus, Paris 1955, pp. 65-66, qui évoque les articles de R. Cavenaile parus en 1951 et 1952 (mentionnés à la note précédente). 24  S. de Ricci, Bulletin papyrologique iv (1905-1912), « REG » 27 (1914), pp. 153-189, spéc. p. 156. À ce propos, voir R. Marichal, Paléographie précaroline et Papyrologie. ii . L’Écriture latine du Ier au viie siècle : les Sources, « Scriptorium » 4 (1950), pp. 116-142, spéc. 117-118. 25  F. Preisigke, Vorwort, dans Sammelbuch Griechischer Urkunden aus Ägypten, i, Strassburg 1915, p. vi. 26  U. Wilcken, Über den Nutzen der lateinischen Papyri, dans Atti del iv Congresso Internazionale di Papirologia, Milano 1936, pp. 101-122.  

























par les soins de Robert Cavenaile. En effet, la question de l’Académie avait décidé ce dernier à tirer parti de tous les matériaux qu’il avait déjà rassemblés pour « des recherches d’un autre genre », 29 dans le cadre de sa thèse de doctorat, et à les compléter, en vue de concourir à l’attribution du prix du Budget, qui lui fut du reste décerné en 1953. Avec l’aide du Professeur Emil Kiessling (1896-1985), le manuscrit fut publié à Wiesbaden, par la maison d’édition Otto Harrassowitz, en quatre livraisons qui parurent entre 1956 et 1958 (i : 1956 ; ii et iii : 1957 ; iv : 1958). Pour notre auteur, qui avait participé à la deuxième guerre mondiale, c’était tout un symbole :  

















« c’est donc entouré de la sollicitude de savants de France et d’Allemagne que ce volume voit le jour » écrivait-il à la fin de sa Préface « et je ne puis m’empêcher de voir dans cette circonstance comme un signe de notre temps, où chacun contribue dans la mesure de ses moyens au rapprochement des nations de l’Europe nouvelle ». 30  









Laissant de côté les papyrus d’Herculanum, y compris le PHerc 817 du Carmen De bello Actiaco, 31 et ceux du moyen âge, le Corpus Papyrorum Latinarum de Robert Cavenaile rassemble tous les papyrus latins d’Égypte, de Palestine et de Doura-Europos, à savoir 345 papyrus latins et 28 bilingues, sans compter 7 textes nouveaux signalés dans les Addenda, à la fin du fascicule iv (pp. 439-440). Le nombre total des papyrus répertoriés s’élève donc à 380, soit 125 de plus (49 %) qu’en 1948 (année du dépôt de la thèse écrite), et 83 de plus (28 %) qu’en 1949 (année de la soutenance orale de la thèse). Classés d’après leur nature et, dans chaque catégorie, par ordre chronologique, les textes sont groupés comme suit : fragments d’oeuvres littéraires (A. Virgile ; B. Cicéron ; C. Salluste ; D. Tite-Live ; E. Lucain ; F. Juvénal ; G. Fabulistes ; H. Fragments d’historiens ; J. Fragments d’auteurs chrétiens ; K. Fragments de grammaire ; L. Fragments divers), littérature juridique, documents papyrologiques (l’armée ; l’administration et la justice ; édits et rescrits impériaux ; lettres), glossaires et manuels de conversation, ostraca, papyrus divers, papyrus de Doura-Europos et enfin, en annexe, les papyrus bilingues. L’auteur, dont le but était de rendre accessible les textes latins écrits sur papyrus et la bibliographie afférente, se montrait tout à fait conscient d’avoir fourni un instrument de travail à perfectionner, notamment par « la réédition après collation de l’original des papyrus publiés autrefois ». 32 Malgré sa lourde tâche d’enseignant dans l’enseignement secon 



































27  A. Calderini, Papiri latini. Appunti delle lezioni di papirologia, Milano 1945, p. viii-ix. D’après cet auteur, F. Bilabel (Heidelberg) aurait également eu le projet de réunir un Corpus Papyrorum Latinarum. 28  A. Traversa, Per un Corpus Papyrorum Latinarum (Zusammenfassung), dans Akten des viii. Internationalen Kongresses für Papyrologie Wien 1955, Mitteilungen aus der Papyrussammlung der Österreichischen Nationalbibliothek [Papyrus Erzherzog Rainer], N. S., v, Wien, 1956, p. 139 ; le même savant rendit compte des trois premiers fascicules du CPL de R. Cavenaile dans « Paideia. Rivista letteraria di informazione bibliografica » 13 (1958), pp. 267-269. 29  R. Cavenaile, Corpus Papyrorum Latinarum, i-iv, Wiesbaden 1958, p. 1. 30  Cavenaile, ibid., Préface, datée du 29 juin 1956, p. 1. 31  Cavenaile, ibid., Avant-propos, p. 4. 32  Cavenaile, ibid., Avant-propos, p. 5.  





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daire, la conception de manuels à l’intention des élèves, puis, ses cours à l’Université de Liège et la prise en charge intégrale de la méthodologie spéciale pour les étudiants en philologie classique, l’intérêt de Robert Cavenaile pour la papyrologie, les papyrus latins et l’histoire de l’Égypte gréco-romaine en général, ne devait jamais se démentir, comme le montrent ses contributions, non seulement sur les développements de la papyrologie, 33 tant littéraire 34 que documentaire, spécialement en relation avec l’armée romaine d’Égypte 35, pour laquelle il élabora, en 1970, une prosopographie regroupant 2.249 noms, 36 mais aussi sur des sites égyptiens comme Alexandrie et Dionysias, 37 sans oublier celles sur l’apport de la papyrologie à l’enseignement des langues anciennes et de l’histoire dans l’enseignement secondaire. 38 Jusqu’à sa mort, il continua à tenir à jour la liste des papyrus latins et à compléter les données bibliographiques des papyrus faisant partie du CPL. Ce souci transparaît, non seulement dans les corrections et annotations de son exemplaire personnel, que nous avons pu scanner et qui est accessible sur le site du CEDOPAL (http ://www.cedopal.ulg.ac.be), mais aussi dans plusieurs articles qu’il rédigea à l’âge de la retraite, comme Sur quelques vers de l’Alceste latine de Barcelone, 39 Le latin dans les milieux chrétiens d’Égypte, 40 et Papyrus latins 1991 : bilan et perspectives. 41 Dans le dernier, paru en 1992, il évaluait le nombre des papyrus latins alors édités à 550, et montrait l’apport extraordinaire de cette documentation, non seulement à l’étude de la paléographie latine, qu’elle avait contribué à révolutionner, mais aussi à l’histoire de la littérature et à l’histoire tout court, avec la masse imposante des textes documentaires, – plus de 400 –. Il insistait enfin sur le caractère provisoire de son bilan, puisque « la papyrologie obéit à la loi de la révision permanente » (p. 62). À lire l’ensemble de ses contributions, et pour avoir suivi ses cours d’Histoire, méthodes et techniques de la philologie classique et de Méthodologie spéciale appliquée à l’enseignement du latin et du grec à l’Université de Liège, il nous semble que les préoccupations principales de notre ancien maître furent l’utilité des recherches qu’il menait et la transmission des

connaissances, pour laquelle il se dépensa sans compter. Notre mari Marc Mélard et nous-même, nous nous souvenons avec émotion du voyage d’études d’une semaine qu’il organisa pour nous deux (nous étions alors les deux seuls étudiants de seconde licence), en mars 1976, à Paris, en guise de clôture du cours de méthodologie. Nous logions tous les trois à la Maison des Étudiants Belges, à la Cité Internationale Universitaire, non loin de la Porte d’Orléans, et, sous sa conduite, nous avons visité l’École Alsacienne, les Lycées de Marly-le-Roi et de Sarcelles, l’École Normale Supérieure de Sèvres, l’Institut National de l’Audiovisuel à Saint-Cloud, la Faculté des Lettres de Paris x Nanterre, les musées du Louvre et de Saint-Germain-en-Laye, la maison d’édition Les Belles Lettres, etc. Pédagogue hors pair, il était plein d’humanité et de bienveillance pour les jeunes et, dans son grand âge, il utilisait encore ses talents pour préparer des dossiers pédagogiques à l’intention des élèves, comme celui sur Juifs et Romains, disponible sur l’Internet, 42 et pour réviser avec ses petits-enfants, qu’il adorait. Jusqu’à deux ou trois ans avant son décès, il continuait à fréquenter régulièrement le CEDOPAL et la bibliothèque des Sciences de l’Antiquité de l’Université de Liège en vue d’effectuer des recherches et de compléter la bibliographie des papyrus littéraires latins pour le Catalogue des papyrus littéraires grecs et latins du CEDOPAL (MP3 ou MertensPack3). 43 Ce fut pour nous une joie et un honneur de participer à l’élaboration et à l’édition de son dernier article scientifique conçu, une fois encore, à la manière d’un dossier pédagogique : L’anesthésie chirurgicale dans l’antiquité gréco-romaine, dans « Medicina nei Secoli » N. S. 13/1 (2001), pp. 25-46. Affilié, comme son maître Nicolas Hohlwein, à l’Association Internationale de Papyrologues, dès sa création, en 1949, Robert Cavenaile faisait partie des membres fondateurs. 44 Témoignant d’une profonde connaissance de l’antiquité, parfaitement assimilée et intégrée, en sorte de la rendre intelligible à n’importe quel public un tant soit peu cultivé, – ce qui n’est pas une mince prouesse dans nos disciplines parfois taxées d’“ésotérisme” –, Robert Cavenaile avait

33  R. Cavenaile, Publications papyrologiques parues dans les pays anglosaxons durant la guerre, « Les Études Classiques » 15 (1947), pp. 221-229 ; Id., Chronique des papyrus latins, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 2/2 (1954), pp. 54-55 ; Id., Papyrus littéraires latins et philologie, « L’Antiquité Classique » 50 (1981), pp. 125-136. 34  R. Cavenaile, Un pastiche de Virgile, le P.S.I. ii 142, « Les Études Classiques » 18 (1950), pp. 285-288. 35  R. Cavenaile, Le P. Mich. vii 432 et l’honesta missio des légionnaires, dans Studi in Onore di Aristide Calderini e Roberto Paribeni, ii, MilanoVarese 1957, pp. 243-251 ; Id., À propos de kibarion, dans Studi in onore di Edoardo Volterra, iii, Milano 1969, pp. 15-21 ; Id., Cohors I Hispanorum equitata et Cohors I Hispanorum veterana, « ZPE » 18 (1975), pp. 179-191. 36  R. Cavenaile, Prosopographie de l’armée romaine d’Égypte d’Auguste à Dioclétien, « Aegyptus » 50 (1970), pp. 213-320. 37  R. Cavenaile, Dionysias-les-Mines (Fayoum), « Studia Papyrologica » 8 (1969), pp. 7-35 ; Id., Pour une histoire politique et sociale d’Alexandrie. Les origines, « L’Antiquité Classique » 41 (1972), pp. 94-112. 38  R. Cavenaile, Papyrus et initiation à la vie antique, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 3/1 (1955), pp. 21-24 ; Id., L’apport de la papyrologie à l’enseignement rénové de l’histoire, Cahiers de Clio, 5, Bruxelles 1966, pp. 18-23. 39  R. Cavenaile, Sur quelques vers de l’Alceste latine de Barcelone, dans F. Decreus-C. Deroux (éds.), Hommages à Jozef Veremans, Collection Latomus, 193, Bruxelles 1986, pp. 39-47.

40  R. Cavenaile, Le latin dans les milieux chrétiens d’Égypte, dans S. Janeras (ed.), Miscel.lània Papirològica Ramon Roca-Puig en el seu vuitantè aniversari, Barcelona 1987, pp. 103-110. 41  R. Cavenaile, Papyrus latins 1991 : bilan et perspectives, dans Serta Leodiensia secunda. Mélanges publiés par les Classiques de Liège à l’occasion du 175e anniversaire de l’Université, Liège, CIPL, 1992, pp. 47-62. 42  R. Cavenaile, Juifs et Romains. Les deux guerres juives (66-73 ou 74 et 132-135 apr. J.-C.), publication électronique accessible sur Tablinum (2000), puis, sur Tabularium, à l’adresse http ://home.scarlet.be/tabularium/ old/index.htm ; voir aussi, une trentaine d’années auparavant, un autre dossier pédagogique qu’il rassembla sur Alexandre et la fraternité des peuples. Un choix de textes à l’usage des classes supérieures, « Didactica Classica Gandensia » 6 (1966), pp. 3-9. 43  Le Catalogue des papyrus littéraires grecs et latins du CEDOPAL est accessible à l’adresse http ://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/index. htm. 44  Liste des membres de l’Association Internationale de Papyrologues, « CE » 49 (janvier 1950), pp. 154-166, spéc. 157 et 159. Nous remercions vivement Alain Martin, qui nous a fait connaître le dossier, conservé dans les Archives de l’Association Internationale de Papyrologues, de la correspondance échangée entre Marcel Hombert et Robert Cavenaile dans les années 1942 et 1948-1949 (message électronique du 04.06.2009 et lettre du 05.06.2009).







































































































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saisi l’enjeu primordial de la survie et de l’avenir de l’enseignement du grec et du latin : par le biais de découvertes toujours nouvelles et de méthodes innovantes, en montrer l’utilité et l’importance à tout un chacun. Son apport à l’enseignement des langues anciennes et à la papyrologie, où, dans les circonstances difficiles de l’immédiat aprèsguerre, il a fait oeuvre de pionnier en réunissant en corpus les textes latins et en étudiant l’influence du latin sur le grec d’Égypte, a été et reste considérable. Le Centre de Documentation de Papyrologie Littéraire de l’Université de Liège souhaite lui rendre hommage en poursuivant et en complétant son œuvre. 45

de l’enseignement officiel (U.C.E.O.) » 6/4 (Bruxelles, avril 1955), pp. 413-417 ; Le P. Mich. VII 432 et l’honesta missio des légionnaires, dans Studi in Onore di Aristide Calderini e Roberto Paribeni, ii, Milano-Varese 1957, pp. 243-251 ; Nouveaux manuels de grec en France et en Allemagne, « Droit et Liberté » 8/4 (juin 1957), pp. 62-64 ; Les verbes contractes, une leçon difficile ?, dans « Didaskalikon » 1 (décembre 1960), pp. 14-16 ; en collaboration avec C. Josserand, L’initiation au dialecte ionien, « Didaskalikon » 6 (septembre 1962), pp. 11-17 ; avec C. Josserand et H. Piroton, Les grammaires grecques élémentaires, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 11/2 (décembre 1963), pp. 104-109 ; Une leçon de texte en 4me. La légende de syrinx (Longus, Daphnis et Chloé, II, 34, 1-3, « Didaskalikon » 11 (avril 1964), pp. 8-11 ; Les verbes contractes, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 12/1-2 (décembre 1964), pp. 13-15 ; Une leçon de texte en troisième. Menandre, Le Dyscolos, vers 713747, « Didaskalikon » 16 (décembre 1965), pp. 1-13 et 2 pll. ; L’apport de la papyrologie à l’enseignement rénové de l’histoire, Cahiers de Clio, 5, Bruxelles 1966, pp. 18-23 ; Alexandre et la fraternité des peuples. Un choix de textes à l’usage des classes supérieures, « Didactica Classica Gandensia » 6 (1966), pp. 3-9 ; L’étude des verbes en occlusive, « Didaskalikon » 17 (avril 1966), pp. 18-19 (collabor. avec S. Pire) ; Première leçon de grec, « Didaskalikon » 27 (septembre 1969), pp. 1-8 ; L’enseignement du grec à Port-Royal, dans C. Hyart (éd.), Mélanges de linguistique, de philologie et de méthodologie de l’enseignement des langues anciennes offerts à M. René Fohalle à l’occasion de son soixante-dixième anniversaire, Gembloux, Duculot, 1969, pp. 289-300 ; Dionysias-les-Mines (Fayoum), dans « Studia Papyrologica » 8 (1969), pp. 7-35 ; À propos de kibarion, dans Studi in onore di Edoardo Volterra, iii, Milano 1969, pp. 15-21 ; Prosopographie de l’armée romaine d’Égypte d’Auguste à Dioclétien, « Aegyptus » 50 (1970), pp. 213-320 ; L’enseignement du grec : une expérience canadienne, « Didaskalikon » 30 (septembre 1970), pp. 9-12 ; Pour une méthodologie des moyens audio-visuels : examen critique de deux expériences, dans Didactica Classica Gandensia, 11, Gand 1971, pp. 41-53 (= Acta Colloquii Didactici Classici quarti in civitate Cantuariensi, DD. 5-8 M. Apr. A.D. 1971) ; Conseils méthodologiques pour la méthode de grec i , « Les Études Classiques » 40 (1972), pp. 362-378 ; Pour une histoire politique et sociale d’Alexandrie. Les origines, « L’Antiquité Classique » 41 (1972), pp. 94-112 ; Cohors i Hispanorum equitata et Cohors i Hispanorum veterana, « ZPE » 18 (1975), pp. 179-191 ; Aperçu sur la langue et le style de Xénophon, « Les Études Classiques » 43 (1975), pp. 238-252 ; en collaboration avec L. Bodson, Colloquium Didacticum Classicum Sextum. Innsbruck, 22-26 septembre 1975. Impressions de congressistes, « Les Études Classiques » 44 (1976), pp. 6669 ; en collaboration avec J. Lechanteur, Analyse fragmentée d’une ode d’Horace, « Cahiers d’Analyse Textuelle » 19 (1977), pp. 92-101 ; Analyse d’un extrait de Virgile, dans « Cahiers d’Analyse Textuelle » 20 (1978), pp. 43-59 ; Pour apprendre à lire les auteurs. Aperçus sur l’enseignement du vocabulaire et de la stylistique, « Les Études Classiques » 47 (1979), pp. 307-321 ;  





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CeDoPaL, Université de Liège

14.





Bibliographie de Robert Cavenaile

15.

i. Mémoire et thèse

16.









L’adverbe “penitus” à travers la latinité. Cas particuliers de la tendance à l’expressivité et de la transformation des mots affectifs en outils grammaticaux, Université de Liège, Philosophie et Lettres, Philologie Classique, mémoire de licence, année académique 1939-1940 ; 2. Le latin d’Égypte et son influence sur le grec (tome i) et Recueil des papyrus latins (tome ii), Université de Liège, Philosophie et Lettres, Philologie Classique, thèse de doctorat, année académique 1948-1949. 1.



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18.









19.







20.







21.

ii. Ouvrages Corpus Papyrorum Latinarum, i-iv, Wiesbaden, O. Harrassowitz, 1956-1958 ; 2. Méthode de grec. Première année, accompagnée d’un Lexique grec-français et français-grec, Liège, Dessain, 1965 (suivie de nombreuses rééditions), 192 et 35 pp. ; 3. Méthode de grec. Deuxième année, accompagnée d’un Lexique grec-français et français-grec, Liège, Dessain, 1967, 184 et 40 pp. ; 4. Initiation au grec. Choix de textes pour le cours d’option grecque (2e année du cycle d’observation), Liège, Dessain, 1972, 24 pp. 1.





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24.



25.











iii. Articles

26.

L’adverbe penitus à travers la latinité, « Les Études Classiques » 11/1 (1942), pp. 27-52 ; Publications papyrologiques parues dans les pays anglo-saxons durant la guerre, « Les Études Classiques » 15 (1947), pp. 221229 ; Un pastiche de Virgile, le P.S.I. ii 142, « Les Études Classiques » 18 (1950), pp. 285-288 ; Influence latine sur le vocabulaire grec d’Égypte, « Chronique d’Égypte » 26 (1951), pp. 391-404 ; Quelques aspects de l’apport linguistique du grec au latin d’Égypte, dans Raccolta di scritti in onore di Girolamo Vitelli, ii = « Aegyptus », 32/1 (1952), pp. 191-203 ; Chronique des papyrus latins, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 2/2 (1954), pp. 54-55 ; Papyrus et initiation à la vie antique, « Bulletin de l’Association des Classiques de l’Université de Liège » 3/1 (1955), pp. 21-24 ; Réflexions sur la formation du professeur d’humanités, « Droit et Liberté. Revue de l’Union chrétienne des professeurs

1.







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33.













45  Voir la bibliographie Papyri Latinae, qui s’inscrit dans le cadre du projet du CEDOPAL de mise à jour du Corpus Papyrorum Latinarum de R. Cavenaile : http ://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/PapyriLatinae.htm.













27.









34.









robert cavenaile (1918-2007) 35. Papyrus littéraires latins et philologie, « L’Antiquité Classique » 50 (1981), pp. 125-136 ; 36. Sur quelques vers de l’Alceste latine de Barcelone, dans F. Decreus-C. Deroux (éds.), Hommages à Jozef Veremans, Collection Latomus, 193, Bruxelles 1986, pp. 39-47 ; 37. Le latin dans les milieux chrétiens d’Égypte, dans S. Janeras (ed.), Miscel.lània Papirològica Ramon Roca-Puig en el seu vuitantè aniversari, Barcelona 1987, pp. 103-110 ; 38. Papyrus latins 1991 : bilan et perspectives, dans Serta Leodiensia secunda. Mélanges publiés par les Classiques de Liège à l’occasion du 175e anniversaire de l’Université, Liège, CIPL, 1992, pp. 47-62 ; 39. Juifs et Romains. Les deux guerres juives (66-73 ou 74 et 132-135 apr. J.-C.), publication électronique accessible sur Tablinum  





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(2000), puis, sur Tabularium, à l’adresse http ://home.scarlet. be/tabularium/old/index.htm ; 40. L’anesthésie chirurgicale dans l’antiquité gréco-romaine, « Medicina nei Secoli. Arte e Scienza » N. S. 13/1 (2001), pp. 25-46.  















iv. Souvenirs de la deuxième guerre mondiale Mémoires d’un Pionnier de la 16e Cie. Deux fois vingt ans après ... déjà, paru en 6 livraisons, s. l., s. d. [1985 ?] ; 2. Il y a cinquante ans : mai 1940, les C.R.A.B., s. l., s. d. [1990 ?] ; 3. Escaut, Meuse, Rhin, Elbe. 2e British Army. Dans les pas de Montgomery. Mémorial du 3e Bataillon du Génie “Houthulst”. 3rd Belgian Pioneer Group 1945, s. l., s. d. [1992]. 1.











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REINHOLD MERKELBACH (1918-2006)

Cornelia Eva Römer

R

einhold Merkelbach [Taf. xv] wurde am 7. Juni 1918 im Westerwald geboren. Seine Familie war dort seit Jahrhunderten im Besitz einer bedeutenden Keramikfabrik, welche die für die Gegend charakteristischen grau/blau glasierten Gefäße herstellte. Nachdem sein Vater im ersten Weltkrieg gefallen war, heiratete die Mutter nach Bayern, wo R. Merkelbach am Starnberger See aufwuchs. Das Gefühl, etwas Besonderes zu sein, welches sich aus dem großbürgerlichen Hintergrund und der persönlichen Erfahrung der frühen Jahre entwickelt hatte, gaben diesem Menschen von Beginn ein Selbstbewusstsein besonderer Art. Er erzählte gerne davon, dass, als er sich mit Klassischer Philologie an der Universität in München einschreiben wollte, der Mann am Schalter erschrocken ausgerufen habe : « Damit können Sie ja nur Professor werden ». R. Merkelbach antwortete : « Ja, aber das will ich ja ! ». Die Verantwortung für die Vielen, die in väterlichen Fabrik arbeiteten, und natürlich die materielle Sicherheit, die aus diesem Besitz entsprang, waren ebenso wichtig für diese Prägung. Als Leiter des Instituts für Altertumskunde an der Universität Köln, wo er die meiste Zeit seines akademischen Lebens verbrachte, wusste er die Menschen zu motivieren und zu hohen Leistungen anzuspornen. Der Satz « Wie weit sind Sie, laufen Sie jetzt nicht weg », ist vielen von denen, die dort mit ihm gearbeitet haben, noch im Ohr. Für ihn galt aber in der akademischen Welt der Satz, dass keiner eine rein mechanische Arbeit leisten solle, ohne daraus selbst auch geistigen Nutzen zu ziehen, und dass jeder, der nur Daten eingab, auch genug Zeit haben müsse, sich selbst fortzuentwickeln. Dieser Grundsatz wurde umso wichtiger, je mehr die Computer Einzug in die Welt der Wissenschaft hielten, deren Nutzen R. Merkelbach sofort erkannte. Für die Leitung einer wissenschaftlichen Institution, welche heute so oft reinen Managern anvertraut wird, war in seiner Person eine glückliche Kombination von hervorragendem Wissenschaftler und geschäftlich versiertem Organisator gefunden. Für einige war dies gewiss auch unheimlich und nicht leicht zu akzeptieren. Doch der Erfolg des Instituts für Altertumskunde, welches seit den frühen 60er Jahren zum Zentrum für das Studium der Antike in Deutschland aufgestiegen war, spricht für sich. Hier iniziierte er nicht nur den Auf bau der numismatischen Sammlung, sondern gründete auch, zusammen mit J. Kroll, die Papyrussammlung, welche zu einer der bedeutendsten Sammlungen in Deutschland wurde, und die heute über 10 000 Objekte beherbergt. Reinhold Merkelbach hatte zunächst in München, dann in Hamburg bei Bruno Snell studiert ; bei dem Verfasser  



















Taf. xv. Reinhold Merkelbach (1918-2006).

von Die Entdeckung des Geistes promovierte er 1947 über die Odyssee, 1 lernte, die Gedanken hinter den Worten aufzuspüren und sich in die Welt der antiken Menschen einzudenken. Von diesem Geist lebten seine Lehrveranstaltungen. Vorlesungen bei Reinhold Merkelbach waren von der Lebendigkeit des Augenblicks durchdrungen, den er aus lang vergangener Zeit vor den Augen der Schüler entstehen lassen konnte. So wurden die Studenten auch zum Rollenspiel aufgefordert und angehalten, vor allem Phantasie walten zu lassen für das, was Menschen anderer Zeiten erlebt hatten. Diese geradezu hedonistische Art, sich die Vergangenheit zu vergegenwärtigen, war bei Reinhold Merkelbach gepaart mit strenger philologischer Disziplin. Man konnte bei ihm auch Textkritik lernen, und zwar mit Spaß.

1  Veröffentlicht als Untersuchungen zur Odyssee, Zetemata, 2, München 1951, 2. Aufl. 1969.

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cornelia eva römer

Seminare und Vorlesungen bei Reinhold Merkelbach haben in vielen den Wunsch entstehen lassen, sich mit der Antike ein Leben lang zu befassen. Dabei verstand er es ebenso, Interesse für die Literatur aller Jahrhunderte zu wecken. Die Lektüre der großen Werke der Weltliteratur, die er gemeinsam mit seiner Frau Lotte genoss, waren ein wichtiger Bestandteil seines Lebens. Als er zum ersten Mal nach Wien kam, so erzählte er, habe er sich mit seiner Frau direkt am Westbahnhof ein Taxi zur Strudlhofstiege genommen, um noch vor dem Stephansdom und dem Belvedere den Schauplatz des berühmten Romans von Heimito von Doderer zu besuchen. Neben – man kann fast sagen – allen Texten der Antike interessierten ihn besonders die antiken religiösen Vorstellungen und ihre Vermischungen in den verschiedenen Kulturen. 2 Der Religionswissenschaftler Karl Meuli in Basel war hier für ihn von entscheidendem Einfluss. Aber Reinhold Merkelbach theoretisierte nicht. Er las nicht nur die Texte und beobachtete die Menschen darin, sondern betrachtete auch Bilder, Skulpturen, Alltagsgegenstände. Sie waren für ihn weitere Teile des Mosaikbildes, das es zusammenzusetzen galt. Aus dem Geist dieser frühen Studien bei Meuli sind in den späteren Lebensjahren von Reinhold Merkelbach die – in einem wörtlichen Sinn – wundervollen Bücher über den persischen Gott Mithras, 3 den griechischen Gott Dionysos 4 und die ägyptischen Götter Isis und Serapis 5 geschrieben worden. Diese Bücher bestehen zu einem erheblichen Teil aus Bildern. In Hamburg hatte Reinhold Merkelbach die Welt der Papyri kennen und lieben gelernt ; 6 aus seiner Edition des Hamburger Papyrus mit den Briefen Alexanders des Großen 7 entsprang das Interesse am Alexanderroman, dessen Ursprung er auf diese Briefe zurückführte und neu erklärte. 8 In seinem Buch Roman und Mysterium, 9 welches heute noch heftige Diskussionen entfacht, verbanden sich die Faszination dieser letzten antiken Literaturgattung mit seiner Liebe zu den antiken Religionen. 1961 wurde Reinhold Merkelbach auf den Lehrstuhl nach Köln berufen. Es setzte nun die große Zeit der Kölner Papyrussammlung ein ; der Kölner Archilochos, 10 der Alkaios, 11 das Fragment mit der Biographie Sapphos, 12 in dem er die Vorstellung von Sapphos Mädchenpensionat bestätigt sah, kamen heraus. Manchem wird noch der Karnevalsscherz aus der « ZPE » von 1973 in Erinnerung sein, als er das Etikett einer Martiniflasche mit einem Trinklied des

Bakchylides, Frg. 20B, verglich. 13 Die Gründung der Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, die er zusammen mit Ludwig Koenen 1967 erdachte, gehört zu den Meilensteinen der Papyrologie. Mit großer Weitsicht hatten Merkelbach und Koenen erkannt, dass es gerade in der literarischen Papyrologie darauf ankommt, neue Texte und die Ideen dazu schnell bekannt zu machen. Die « ZPE » wurde zunächst im “Heimbetrieb” im Kölner Institut hergestellt, wobei Studenten und Assistenten Seiten tippten und Korrektur lasen. Innerhalb weniger Monate sahen die Gelehrten die Früchte ihrer Arbeit gedruckt ; das ist bis heute so geblieben. In dieser Zeit, als R. Merkelbach die frühen Bände der « ZPE » mit jeweils mindestens 5 Artikeln zu den unterschiedlichsten Themen füllte, arbeitete er auch mit Martin West an der Edition der Hesiodfragmente, von denen viele auch nur auf Papyrus erhalten sind. 14 Waren es zunächst die Werke der griechischen Literatur, die ihn in der Papyrologie besonders beschäftigten, rückten immer mehr die Ideen der griechischen und ägyptischen Religion und damit verbunden der Magie in den Vordergrund seines Interesses. Christliches wurde dabei ebenso berücksichtigt und als Teil einer großen Entwicklung gesehen, wie die Mysterienreligionen Griechenlands und Ägyptens. Unter dem Titel Abrasax veröffentlichte R. Merkelbach fünf Bände mit Aufsätzen zu ausgewählten Papyri magischen Inhalts, darunter Gebete, griechischägyptische Weihezeremonien, Exorzismen und Traumtexte. 15 Auch wenn manche seiner Interpretationen vor allem bei den Ägyptologen auf Skepsis stießen, sind diese Bände eine Fundgrube für das interdisziplinäre Arbeiten auf dem Gebiet der griechisch-ägyptischen Religionsgeschichte. Schließlich beteiligte sich R. Merkelbach auch rege an der Entzifferung und Interpretation des Kölner Mani-Kodex, der von A. Henrichs und L. Koenen zuerst seit 1975 herausgegeben worden war. 16 Seine neuen Interpretationen erschienen unter dem Titel Manichaica 1-9 in der « ZPE ». 17 Berühmt geworden ist seine zweifellos richtige Erkenntnis, dass Mani, nachdem er die Tochter eines reichen Mannes vom Tode zum Leben zurückgeholt hatte, sich als Belohnung nicht die Tochter ausbittet, sondern “die Speise für einen Tag”. So wurde zwar die schöne Geschichte zerstört, aber eine manichäisch korrekte Geschichte erkannt. 18 Natürlich hat es die Papyrologen geschmerzt, dass er sich in den 80er Jahren mehr und mehr den Inschriften zuwandte. 19 Hier schien noch mehr Neues an Texten zu erwarten.

2  Besonders diesem Aspekt von R. Merkelbachs Interesse widmet sich A. Henrichs, Reinhold Merkelbach über antike Religion, Literatur und Mysterien, « ZPE » 163 (2007), S. 17-24. 3  Mithras, Ein persisch-römischer Mysterienkult, 2. Aufl., Weinheim 1994. 4  Die Hirten des Dionysos : Die Dionysos-Mysterien der römischen Kaiserzeit und der bukolische Roman des Longus, Stuttgart 1988. 5  Isis Regina – Zeus Sarapis, Die griechisch-ägyptische Religion nach den Quellen dargestellt, 2. verb. Aufl., München 2001. 6  Dem besonderen Interesse R. Merkelbachs für die Papyrologie widmet sich L. Koenen, Papyrologie als Spezialdisziplin in der Altertumskunde in Reinhold Merkelbachs Forschung und Lehre, « ZPE » 163 (2007), S. 3-12. 7  PHamb ii 129. 8  Die Quellen des griechischen Alexanderromans, 2. Aufl., München 1977. 9  Roman und Mysterium in der Antike, München-Berlin 1962. 10  PKöln ii 58 ; zuerst ediert von R. Merkelbach und M. West, « ZPE » 14 (1974), S. 97-113.

11  PKöln ii 59 ; zuerst ediert von R. Merkelbach, « ZPE » 1 (1967), S. 81-93. 12  PKöln ii 61 ; zuerst ediert von M. Gronewald, « ZPE » 14 (1974), S. 114-118. 13  « ZPE » 10 (1973), S. 228-229 ; unter dem Aufsatz steht : Köln, im Karneval 1973, R. Merkelbach. 14  Oxford 1967 ; 2. Aufl. 1970. 15  PColon xvii 1-5, Opladen 1990-2001 (Band 1-2 zusammen mit M. Totti). 16  « ZPE » 19 (1975), S. 1-85 ; 32 (1978), S. 87-199 (dazu 34, 1979, S. 26 ; 44, 1981, S. 201-318 ; 48, 1982, S. 1-59). 17  Manichaica (1-3), « ZPE » 56, 1984, S. 45-53 mit Nachtrag in « ZPE » 58 (1985), S. 57-58 ; 57 (1984), S. 73-77 ; 64 (1986), S. 53-58 ; 71 (1988), 51-54. 18  Dazu L. Koenen, « ZPE » 163 (2007), S. 10-11. 19  Diesem besonderen Interesse ist der Artikel von G. Petzl, Reinhold Merkelbach und die griechische Epigraphik, « ZPE » 163 (2007), S. 13-16 gewidmet.





























































































reinhold merkelbach (1918-2006)

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Als Pendant zur « Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik » wurden die « Epigraphica Anatolica » gegründet, 20 und schon früher die Reihe der « Inschriften griechischer Städte aus Kleinasien ». 21 Doch er kehrte ständig zu den Papyri zurück, leistete Hilfe und gab Anregungen. Es entstand bei ihm nicht das Gefühl, dass eigentlich er die ganze Arbeit getan hatte ; er liess genug freien Raum. Das Auftauchen in der Kölner Sammlung des neuen Sapphogedichtes, in dem Sappho über das Alter spricht, hat er noch bei vollen geistigen Kräften erlebt, 22 kaum noch jedoch die endliche Edition des Derveni Papyrus, für dessen Herausgabe er sich stets eingesetzt, und dessen verzögertes Erscheinen er aufs heftigste kritisiert hatte. Für ihn war es oberstes Gebot, dass man wissenschaftliche Erträge, aber vor allem die Texte und Objekte, die dem zugrundelagen, schnell veröffentlichte und damit zugänglich machte. Alle sollten teilhaben. Der Wissenschaftler Reinhold Merkelbach verfasste 13 Texteditionen, 19 Monographien und fast 600 Aufsätze. 23 Er war Ehrendoktor der Universität Besançon, gewähltes Mitglied der Nordrhein-Westfälischen Akademie der Wissenschaften 24, Corresponding Fellow of the British Academy,  25Ordinarius in Erlangen 26 und Köln 27 und

Vice-Präsident des Comité International de Papyrologie. Seine Schüler arbeiten heute in den USA und vielen europäischen Ländern. Sie alle haben bei ihm auch gelernt, dass es neben der Freude an dem Fach auch eine Verantwortung für das Fach gibt, welcher persönliche Interessen unterzuordnen sind. Die Förderung des Nachwuchses hat Reinhold Merkelbach unermüdlich betrieben. Dabei war sein Haus, in dessen Mittelpunkt sein Frau Lotte stand, oft der Versammlungsort, wo bis tief in die Nacht in kleinen Gruppen gearbeitet wurde. Beide, Lotte und Reinhold Merkelbach waren neugierig auf die Menschen. Sie empfingen Freunde und Kollegen aus aller Welt ; dabei wurde selbstverständlich fließend in den vier großen europäischen Wissenschaftssprachen geplaudert. Am 28. Juli 2006 ist Reinhold Merkelbach gestorben, nur vier Monate später seine Frau. Es ist nicht leicht, den hohen Ansprüchen, die dieser Gelehrte in unseren Fächern menschlich und fachlich vorgelebt hat, gerecht zu werden. Uns darum zu bemühen, ist unsere Pflicht, auch wenn unsere Voraussetzungen bescheidener sind.

20  Gegründet von E. Akurgal, R. Merkelbach, S. Hahin, H. Vetters, 21  Band 1 (1972) ; bis heute ca. 70 Bände Bonn 1983 ff. 22  Ediert von M. Gronewald und R. Daniel, « ZPE » 147 (2004), S. 1-8, = PKöln xi 429. 23  Die vollständige Liste der Veröffentlichungen R. Merkelbachs

findet sich in : W. Blümel et alii (Hrsg.) Philologica, Ausgewählte Kleine Schriften, Stuttgart-Leipzig 1997, S. 591-613 ; die Fortsetzung dazu findet 24  Seit 1979. sich in « ZPE » 163 (2007), S. 25-26. 25  Seit 1994. 26  Von 1957-1961. 27  Seit 1961.























Wien  







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IOANNES TRIANTAPHYLLOPOULOS (1921-2006)

Basil G. Mandilaras

J

ohn Triantaphylopoulos died on the 23rd March 2006 in Athens after a racking disease obstructing the movement of his limbs. Descended from Eurytania he was born at Athens in 7 September 1921 from parents both of whom belonged to the University circle. His father, Constantine, was Professor of Civil Law and member of the Athens Academy, and first introducer of Papyrology as a science into Greece. His mother, Catherine Aravantinou was daughter of John Aravantinos, Professor of Constitutional Law. In 1966 he was married with Angeliki (Lily) Katre. Triantaphyllopoulos passed the first levels of education at Athens ; afterwards, in 1939, he was enrolled in the Faculty of Law of the Athens University having passed first in the entrance exams., with the high rank of 38,4 out of 40. Because of this excellent marking he received the award of “Golden Epics Adamantios Coraes” from the Athens Academy. He was graduated in 1945 with the rank of 9/12. For this success he received again the award of “Golden Epics Adamantios Coraes” plus a public prize during the meeting of the Faculty of Law. Because of this coincidence, that is to live in an environment of University people who had secured him with prosperity and high social position John had a superior education which allowed him quickly to make a career in the University, he himself as a University person, to become member of Academies abroad, fellow of scientific Societies, to teach, besides the University of Athens, in many High Educational Institutions, to take part in International Congresses, and to write a surplus of works, thus promoting in the best way to the progress of scientific research, which cover Greek, Roman, and Contemporary Law, Classical Literature (both Greek and Latin – he was of the last scholars who still could enter the Latin world), Epigraphy (both Greek and Latin), Papyrology, Numismatics, Medieval Manuscripts etc. At the same time he was writing reviews, eulogies, and obituaries. Specifically, Triantaphyllopoulos made postgraduate studies at Heidelberg near Wolfgang Kunkel specializing in the History of Sources and of Constitution of Rome. Besides, he attended lectures by the Hellenist Otto Regenbogen on the text of Thucydides. In 1952 he succeeded a scholarship from the Académie de Droit International de La Haye and attended summer courses receiving the Certificat of the Académie. In 1957 Triantaphyllopoulos was nominated doctor in the Faculty of Law (Doctor Iuris Atheniensis) and in 1960 was elected Reader in the same Faculty. In 1966 he was elected Extraordinary Professor of Greek and Roman Law and in 1969 Ordinary Professor in the same cognitive subject. During the years 1975-8 he lectured, as Ordinary Profes 

sor, Greek and Roman Law in the University of Bonn. In 1988, completing the boundary of age (i.e. the 67th year of age according to the Greek Constitution) retired from the active action and received the title of Honorary Professor from the Senate of the Athens University. In 1963 after a suggestion of the Greek Government he received a scholarship from the Deutscher Akademischer Austausch-Dienst (DAAD), he went to Munich and attended seminars on Roman Law by Wolfgang Kunkel and on history of Greek Law by Kurt Latte (on inscriptions) and by Erich Gerner (on papyri). Triantaphyllopoulos became member of many scientific Societies and fellow in Administrative Councils, such as the Archeological Society, President (and thereafter Honorary President) of the Greek Papyrological Society, President of the State Archives, and finally scientific adviser in the Weidmannsche Verlagsbuchhandlung in Berlin. He took part, always reading notable papers, in large international scientific Congresses in Europe and U.S.A., which had as their central subject of research the History of Law, Greek and Latin Epigraphy, Papyrology, Byzantine Studies. Impressive is the fact of his wide learning concerning the excellent knowledge of contemporary languages (French, English, German, Italian) as well as convenient access to Classical Literature, Greek and Latin. With the same facility he was going about Homeric epics and Cicero’s speeches. At the same time he knew the literature of music as an excellent pianist and special interpreter of Chopin. This multifarious actions made Triantaphyllopoulos internationally known as the Professor of a broadest knowledge, researcher of original scientific work, indefatigable student of Litterae Humaniores, and gave to himself the possibility to compose appropriate works which entered the international bibliography. For almost three decades he was lecturing in the Faculty of Law in Athens University the subject of History of Greek and Latin Law. During the whole period of his University teaching he was a demanding teacher, austere, difficult in the exams, but always righteous. He was not interested in becoming himself pleasant to the vehicles of the academic society, a fact which could be easy for him (but suspicious), however he was polite and affable, and unshakeable to the principles of morality and values of human magnanimity. In 1984, when the Greek Papyrological Society was founded, John Triantaphylopoulos was elected President of the Society, and he remained to this Presidentship more than ten years, when he retired willingly because of his health afflicted by his age. Then he received the title of Honorary President. During his term of office as President and the organization of the 18th International Papyrological Congress at Athens

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basil g. mandilaras

(1986), of which he was Vice President, he demonstrated an unrivalled enthusiasm and energy towards the progress of Papyrological studies in Greece, for which, till then, there was from the part of Greek University people an indifference, if not scorn, a fact which reflected the ignorance of these people for the new science. Triantaphyllopoulos’ authority and the influence which he exercised on University and Political circles as well as to business world contributed to a continuously increasing favor and contribution of people towards the success of the aims of the Society. An immediate achievement was the successful conduct of the Congress, the remarkable edition of the Proceedings in two large volumes, the purchase of precious papyri of Byzantine period and thereafter the edition of a part of them, the participation of members of the Society to International Congresses, the invitation of scholars of international repute for lecturing in Greece, etc. In other words John Triantaphyllopoulos was a guarantee for the Greek Papyrological Society, the members of which now feel the hardly realizable of his presence because of his death. John Triantaphyllopoulos was sharp-witted and right judge of persons and things in contemporary Greek society. Perhaps sometimes he was austere, however, he never surpassed the boundaries of justice – besides, he himself was a servant of Law. As a fervent and unfaltering missionary of truth he was sometimes unpleasant to people unable to accept the well-intentioned criticism. These people, instead of correcting their weaknesses presented in his criticism, practiced an unorthodox method of twisting things and of false-informing the public. However, Triantaphyllopoulos remained haughty in front of these mean reactions. Despite these solitary instances Triantaphyllopoulos’ image was this of a great scholar, of a good collaborator, of a selfless benefactor, who, in the passing of his University career supported positively young students towards their evolution and settlement of their work pursuits, while, at the same time, he himself remained a firm pillar in front of the fluctuated happenings in the University environment. Notwithstanding his University lectures, his occupations with social and political problems of his age, his clear presence in the international scene of Science, which he cured, he devoted his precious time to administrative activities and examination committees imposed by law, where

he was always distinguished for his prudent, sincere and right judgment, a fact which sometimes provoked dissatisfaction from the part of people under judgment for his severe, although right, attitude. His contribution to Science and society was multiple than the goods he received. He helped and benefited many ones, and many remember him for this – some tried to be oblivious of him, a human meanness. He, however, in all his life stood upright, guileless, humanist. Multifarious in his personal spiritual searches, he was pleasant, witty, with an unmistakable critical thought and clear-sightedness on various subject matters of social reality. Triantaphyllopoulos passed his life based on the principle that the knowledge of classical languages, Greek and Latin, contributes towards the happiness in our life. Upon this, he maintained that nullus dies sine Graecis, nullus dies sine Latinis. Thus he was a fervent supporter of humanistic education declaring that, if politicians had accepted classical and humanistic education, many misfortunes of the world would have been averted. Classical education teaches, he used to say, that war is a violent teacher, while law is the retributive of violence. Therefore philanthropy, compassion, forgiveness are preferable than the total extermination of the opponent, who is brought to a hopeless situation to accept that there is una salus victis nullam sperare salutem. The consequence of the humanistic education was for Triantaphyllopoulos to become, from one hand, a conscious warring against and, from the other, a hymnist of the power and necessity of the Law summarized in the words of 5th century B.C. sophists : Novmo~ pavntwn  

basileu;~ qnatw`n te kai; ajqanavtwn.

The last words he said answering to the speakers who talked for him during the ceremony organized by the University of Athens in order that an honorary volume would be handed to him conceal his disposition to adopt the philosophical theory of agno­sticism : ∆All∆ h[dh w{ra  

ajpievnai, uJmi`n me ;n biwsomevnoi~, ejmoi; de; metabhsomevnw/ a[gnwston poi`.  

For us Triantaphyllopoulos remains as a hard-working man and magnanimous in his behavior. He always will be vivid in our thought and in our heart, and endlessly his memory will be. Ionian University

GEORGES NACHTERGAEL (1934-2009)

Alain Martin

G

eorges Nachtergael [Pl. xvi] est né à Huizingen, le 23 mai 1934 ; sa famille était originaire du village de Virginal, situé de l’autre côté de la frontière linguistique qui partage le Brabant et la Belgique. C’est à Bruxelles qu’il acquit sa formation en langues anciennes : dans l’enseignement secondaire d’abord, sur les bancs de l’Athénée d’Anderlecht, puis à l’ULB (Université Libre de Bruxelles), où il suivit, de 1953 à 1957, les cours menant à la Licence en philologie classique et à l’Agrégation de l’enseignement moyen du degré supérieur, selon la terminologie de l’époque. À l’ulb, Georges Nachtergael rencontra deux personnalités qui devaient le marquer profondément et transformer son goût pour l’Antiquité en une véritable passion pour la civilisation de l’Égypte gréco-romaine, plus généralement du monde hellénistique : Marcel Hombert (19001992), pionnier de la papyrologie en Belgique, 1 et Claire Préaux (1904-1979), élève du précédent et historienne de renom. 2 Le sujet que Georges Nachtergael choisit pour son travail de fin d’études témoigne déjà de ce tournant dans ses centres d’intérêt : « L’exploration des territoires de chasse à l’éléphant par les Lagides » (sous la direction de Claire Préaux). Sitôt diplômé, Georges Nachtergael entame une carrière de professeur de langues anciennes dans l’enseignement secondaire : pendant 17 ans, de 1957 à 1974, il met son talent pédagogique au service de classes de lycéens, dans l’un des Athénées administrés par la Ville de Bruxelles. Cette phase de son parcours professionnel est illustrée par une anthologie de textes latins, rédigée en collaboration avec Pierre Salmon et couronnée en 1966 par le Prix De Keyn de l’Académie Royale de Belgique, 3 et par une série de brefs articles publiés dans la revue « Ludus Magistralis », organe du Centre Félix Peeters de l’ULB, dont les thèmes sont empruntés tant au domaine grec qu’au domaine latin. 4 L’helléniste ne reniera d’ailleurs jamais son penchant pour l’autre langue de l’Antiquité classique : une étude relative à Horace en témoigne, 5 ainsi que la part prise, avec son ami Raymond Horbach, à un projet ambitieux de traduction de la correspondance d’Érasme. 6 Georges Nachtergael continuera, dans la phase suivante de sa carrière, à produire des contributions susceptibles d’être utilisées, dans leurs classes, par ses collègues de l’enseignement secondaire. 7 En dépit de la charge que représente sa tâche d’enseignant et sans rien retrancher à ses devoirs de famille, – auxquels, en fils, en époux et en père exemplaire, il a toujours accordé la priorité, – Georges Nachtergael développe, à partir de 1970, une intense activité scientifique dans ses  















Pl. xvi. Georges Nachtergael (1934-2009).



















1  Cf. 25, 28. – Les chiffres renvoient à la bibliographie annexée à la présente notice. 2  Cf. 13. Voir aussi : J. Bingen, Claire Préaux (1904-1979), in M. Capasso (ed.), Hermae. Scholars and Scholarship in Papyrology = Biblioteca degli « Studi di Egittologia e di Papirologia », 4, Pisa 2007, pp. 287-294, fig. xxii.  





domaines de prédilection. Une bourse spéciale de doctorat attribuée par le Fonds National Belge de la Recherche Scientifique lui permet de mener à terme une dissertation consacrée aux Galates en Grèce et aux Sôtéria de Delphes (à nouveau sous la direction de Claire Préaux). Le travail, défendu à l’ULB en 1973, obtiendra le Prix du Concours annuel de la Classe des Lettres de l’Académie Royale de Belgique pour l’année 1975 et sera publié en 1977 dans les collections de la même institution. 8 En novembre 1975, Georges Nachtergael a l’occasion de vérifier à Delphes, en compagnie de Jean Bingen, la lecture des inscriptions relatives à la fête des Sôtéria ; l’épigraphie, comme on le verra, ne quittera plus le champ de ses préoccupations. Les titres ainsi acquis ouvrent une nouvelle étape dans la carrière de Georges Nachtergael. Depuis 1968, l’ULB lui avait confié un mandat partiel de chargé d’exercices, puis d’assistant. L’octroi du doctorat le met en position pour être titularisé ; c’est chose faite dès la rentrée académique de 1974. À partir de ce moment et jusqu’à l’âge de la retraite, Georges Nachtergael dispense à l’ULB, avec le rang de chargé de cours, puis de professeur, finalement de professeur ordinaire, une série d’enseignements précé 





3  Cf. 1. 4  Cf. 15, 22. 5  Cf. 24. 7  Cf. 6, 7. 6  Cf. 3. 8  Cf. 4. Deux études publiées à peu près en même temps que la dissertation relèvent de la même thématique : cf. 18, 19.  

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demment assumés par Marcel Hombert et Claire Préaux : il s’agit, au premier niveau du programme, des exercices philologiques sur la langue grecque ; au niveau supérieur, des auteurs grecs, de la papyrologie et des institutions hellénistiques. L’expérience précédemment acquise par le professeur, jointe à un sens inné de la pédagogie, aide les étudiants à affronter les rigueurs du thème et de la version ou à apprécier les nuances d’une page d’Alcman ou de Stésichore ; 9 dans les cours relevant de sa spécialité, au moment de déchiffrer avec son auditoire un papyrus ou de commenter une inscription du iii e siècle avant notre ère, 10 le chercheur donne la pleine mesure de ses compétences. Parallèlement, en relation avec la part croissante que prend l’étude de l’Égypte gréco-romaine dans ses travaux scientifiques, Georges Nachtergael exerce diverses responsabilités au sein de la Fondation (aujourd’hui Association) Égyptologique Reine Élisabeth. En 1974, Marcel Hombert l’invite à participer à la rédaction de la Bibliographie Papyrologique, qu’il a fondée en 1932 et que distribue la « Fondation », comme la désignent communément ceux qui la fréquentent. 11 Tandis qu’ils récoltent ensemble des références et établissent des fiches par milliers, une connivence intellectuelle s’établit entre les deux hommes ; le maître et l’élève deviennent bientôt amis. Georges Nachtergael nourrira jusqu’au dernier jour une estime et une affection profondes pour le savant qui l’a admis dans son intimité et l’a associé à ses travaux. À partir de 1984, prenant le relais de Marcel Hombert, Georges Nachtergael assume à son tour la direction de la Bibliographie Papyrologique. 12 La dette que la « Chronique d’Égypte » a contractée à son égard n’est pas moins grande : en 1990, Georges Nachtergael accepte de veiller à la rédaction de la section gréco-romaine de la revue ; pendant presque 20 ans, il s’acquittera de cette tâche avec la rigueur et le soin qui lui étaient propres. Il avait déjà fait la preuve de son savoir-faire en ce domaine en participant à l’édition du volume publié en 1975 en l’honneur de Claire Préaux, 13 puis des actes du xv e Congrès International de Papyrologie 14, dont il avait été l’une des chevilles ouvrières. Toute cette activité scientifique, à laquelle l’admission à la retraite universitaire, en 1994, avait imprimé un nouvel élan, s’est interrompue brutalement le 18 octobre 2009, lorsqu’un accident cardiaque, que rien n’annonçait, a terrassé Georges Nachtergael, à l’âge de 75 ans.  































* Papyrologue hors pair, Georges Nachtergael laisse une œuvre dense et variée, couvrant tous les aspects de la discipline. Le texte occupe, comme il est normal, le centre du terrain. La première contribution que Georges Nachtergael 9  Cf. 23. 10  Cf. 22. 11  Cf. 20, 21. Voir aussi : A. Martin, 75 ans de Bibliographie Papyrologique (1932-2007), à paraître dans les Actes du xxve Congrès international de Papyrologie [Ann Arbor, 2007]. 12  Depuis 1984, l’auteur de ces lignes est lui-même associé au projet. Il peut témoigner de la ténacité et de l’énergie avec lesquelles Georges Nachtergael se consacrait à cette tâche, dans la pensée qu’elle était de nature à rendre des services à l’ensemble des papyrologues. 14  Cf. 14. 15  Cf. 16. 13  Cf. 13. 17  Cf. 38, 42, 46, 48, 51, 54, 59, 69, 77. 16  Cf. 2, 17. 18  Cf. 26, 35, 43, 49, 56, 58, 70, 73, 75, 83. 19  Rosario Pintaudi et Paul Heilporn annoncent leur intention de mener cette entreprise à son terme.  

ait publiée dans la Chronique d’Égypte, en 1971, portait sur des anthologies homériques, 15 mais c’est ensuite à des papyrus majoritairement documentaires, tirés en particulier des collections de Bruxelles 16 et du Caire, 17 qu’il a consacré une bonne part de son activité d’éditeur. Les ostraca sont entrés plus tard dans le champ de ses investigations, mais ils y ont conquis une place grandissante ; 18 il travaillait encore, à l’heure de son décès, à l’édition d’une importante série de tessons viennois, en collaboration avec Rosario Pintaudi. 19 À côté des ostraca, Georges Nachtergael s’était fait une spécialité des textes, gravés, incisés ou écrits à l’encre, que l’on range dans la catégorie de l’instrumentum ; sa bibliographie inclut l’édition d’inscriptions relevées sur toutes sortes d’objets provenant d’Égypte : des étiquettes, bandelettes et linceuls de momies, 20 des lampes, 21 des cols d’amphores, 22 des sceaux et timbres de bois, 23 des intailles magiques 24 – quand il ne s’agit pas d’un alabastre, 25 d’un encensoir, 26 de quenouilles 27 ou d’une sandale. 28 Georges Nachtergael ne négligeait pas pour autant l’épigraphie proprement dite, celle des textes gravés dans la pierre ; les stèles funéraires retenaient en particulier son attention, 29 et ses dossiers recèlent quantité de notes originales sur des monuments de ce genre. La capacité qui était la sienne de publier des textes de toutes natures s’illustre sans doute le mieux dans les travaux qu’il a consacrés, avec dévotion, à la collection réunie par son maître Marcel Hombert, dans laquelle se côtoient divers types de documents écrits. 30 Il n’aura toutefois pas été donné à Georges Nachtergael de présenter, comme il l’avait projeté, la partie de la collection de Marcel Hombert composée de terres cuites. Il avait réuni sur cette matière une abondante documentation et, par diverses publications, s’était imposé comme l’un des spécialistes les plus en vue de ce domaine, capable de placer dans leurs contextes aussi bien la caricature d’un banquier que les représentations de chameaux ou les longues séries d’images divines qu’offrent les terres cuites. 31 Récemment, Georges Nachtergael s’était aussi intéressé de manière active à l’histoire de la papyrologie, éditant notamment la correspondance adressée par P. Jouguet à plusieurs collègues italiens. 32 Les compétences variées décrites ci-dessus, qui faisaient de Georges Nachtergael un papyrologue au sens le plus complet du terme, lui ont valu d’être associé à la publication des découvertes réalisées sur divers sites de fouilles égyptiens. À l’initiative de Mario Capasso, il a pris en charge l’édition de plusieurs documents provenant de Bacchias ; 33 en collaboration avec Rosario Pintaudi, il a fait connaître une série de textes et d’objets ramenés au jour à Antinoé et à Narmouthis. 34 Un livre actuellement sous  

















































21  Cf. 41, 71. 20  Cf. 11, 40, 55, 63, 81. 23  Cf. 52, 57, 64. 24  Cf. 67. 22  Cf. 45, 53, 66. 26  Cf. 61. 27  Cf. 39. 25  Cf. 44. 29  Cf. 34, 60, 68. 28  Cf. 76. 30  Cf. 5, 9, 26. – Conformément à la volonté de Georges Nachtergael, les objets appartenant à la collection de Marcel Hombert, dont il était dépositaire, seront prochainement versés dans les collections des Musées Royaux d’Art et d’Histoire de Bruxelles. 32  Cf. 10, 83. 31  Cf. 8, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 37, 74, 85. 34  Cf. 62, 72, 78, 79, 82. 33  Cf. 47, 50, 65, 80, 84.

georges nachtergael (1934-2009) presse, consacré aux trouvailles survenues de manière fortuite à Narmouthis, en 2006, à l’occasion d’opérations de désensablement et de nettoyage, constituera un ultime témoignage de sa capacité à affronter avec un égal bonheur tous les types de documents légués par l’Égypte grécoromaine : Georges Nachtergael y présente tour à tour des papyrus, des ostraca, des inscriptions, des terres cuites et une applique de bronze. 35 Cet enseignant chevronné, ce savant apprécié de tous était un homme discret, d’une courtoisie et d’une affabilité d’un autre âge. Fils de menuisier, devenu professeur d’université, Georges Nachtergael avait conservé la simplicité de son milieu d’origine, se refusant, par modestie vraie, à revendiquer la place qui aurait pu être la sienne dans le milieu académique, en Belgique et au-delà. La papyrologie a perdu en lui l’un de ses plus dévoués serviteurs.  

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- Musée du Louvre Éditions, Paris 2008, 4, pp. 348, 1 tabl., 1 graphique, nombr. figg. et pll. n./bl. et coul., 1 carte. 12. En collaboration avec E. Bresciani, A. Delattre, P. Heilporn, A. Martin, A. Menchetti, R. Pintaudi et Fl. Silvano, Narmouthis 2006. Documents et objets découverts à Médinet Madi en 2006, sous presse. ii. Livres publiés à titre d’éditeur scientifique



Annexe – Bibliographie sélective de Georges Nachtergael 36  

13. En collaboration avec J. Bingen et G. Cambier : Le monde grec. Pensée, littérature, histoire, documents. Hommages à Claire Préaux = Université de Bruxelles. Faculté de Philosophie et Lettres, lxii, Éditions de l’Université, Bruxelles 1975, pp. xvi-832, 1 portrait, figg., cartes et xx pll. 14. En collaboration avec J. Bingen : Actes du xve Congrès International de Papyrologie [Bruxelles, 1977]. Première Partie. Rapport Inaugural ; – Deuxième partie. Papyrus inédits ; – Troisième partie. Problèmes généraux, Papyrologie littéraire ; – Quatrième partie. Papyrologie documentaire = Papyrologica Bruxellensia, 16-19, Fondation Égyptologique Reine Élisabeth, Bruxelles 1978-1979, pp. 71, 13 figg. ; – pp. 140 et xii pll. ; – pp. 197, 2 figg. et 4 pll. ; – pp. 279.  















i. Livres publiés à titre d’auteur 1. En collaboration avec P. Salmon : Des Gracques à Auguste, Sciences et Lettres, Liège 1965, pp. 110 et 2 cartes. 2. Papyri Bruxellenses Graecae. Volume i. 1-21. Papyrus du nome Prosopite, Musées Royaux d’Art et d’Histoire, Bruxelles 1974, pp. 80 et viii pll. 3. En collaboration avec R. Horbach et al., La Correspondance d’Érasme. v. Lettres de 1522 à 1524, Institut pour l’Étude de la Renaissance et de l’Humanisme, Bruxelles 1976, en part. pp. 600-782. 4. Les Galates en Grèce et les Sôtéria de Delphes. Recherches d’histoire et d’épigraphie hellénistiques = Mémoires de la Classe des Lettres et des Sciences morales et politiques de l’Académie Royale de Belgique. Collection in-8°. Deuxième série, tome lxiii, fasc. 1, Palais des Académies, Bruxelles 1977, pp. xlii-546, 1 carte. 5. La Collection Marcel Hombert. Tome i. Timbres amphoriques et autres documents écrits acquis en Égypte = Papyrologica Bruxellensia, 15, Fondation Égyptologique Reine Élisabeth, Bruxelles 1978, pp. 91, 39 figg. 6. En collaboration avec Cl. Préaux et S. Byl : Le paysage grec = Sources et Instruments, iv, Éditions de l’Université, Bruxelles 1979, pp. 143. 7. Dans les classes d’Égypte d’après les papyrus scolaires grecs = Documents pédagogiques, 23, Ministère de l’Éducation Nationale, Bruxelles 1980, pp. 30. 8. En collaboration avec C. Ewigleben et al. : Götter, Gräber & Grotesken. Tonfiguren aus dem Alltagsleben im römischen Ägypten [Ausstellung, 15.3 - 12.5.1991] = Bilderhefte des Museums für Kunst und Gewerbe Hamburg, 25, Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg 1991, pp. 109, 1 front., 148 figg. 9. La Collection Marcel Hombert. Tome ii. Nouveaux documents grecs d’Égypte et addenda au tome i = Papyrologica Bruxellensia, 32, Fondation Égyptologique Reine Élisabeth, Bruxelles 2003, pp. 55, 7 figg. 10. Les lettres de Pierre Jouguet à Evaristo Breccia, à Girolamo Vitelli et à Medea Norsa (1905-1959) = Carteggi di filologi, 9, Gonnelli, Firenze 2008, pp. xxxix-151, 1 portrait en front., 5 pll. 11. En collaboration avec M.-Fr. Aubert et al. : Portraits funéraires de l’Égypte romaine. II. Cartonnages, linceuls et bois. (Musée du Louvre. Département des Antiquités égyptiennes), Éditions Khéops

15. Pour une introduction à la satire latine, « Ludus Magistralis » 1 (1965), pp. 3-9. 16. « Fragments d’anthologies homériques (P. Stras. inv. 2374 ; P. Graec. Vindob. 26740 ; P. Hamb. ii, 136), « CE » 46 (1971), No. 92, pp. 344-351. 17. Les papyrus de la Fondation Égyptologique Reine Élisabeth. XVI. Fragments de prosateurs, « CE » 47 (1972), Nos 93-94, pp. 185-203, 3 figg. 18. Le Catalogue des Vaisseaux et la liste des théorodoques de Delphes, « Le Monde grec » [cf. 13] pp. 45-55. 19. L’archonte athénien Polyeuctos et la périodicité des Sotéria étoliennes, « Historia » 25 (1976), pp. 62-78. 20. En collaboration avec M. Hombert : La Bibliographie Papyrologique, « CE » 52 (1977), No. 103, pp. 156-163. 21. En collaboration avec R.S. Bagnall : Problèmes et projet de Bibliographie Papyrologique, in Actes du xve Congrès International de Papyrologie [cf. 14], iii, pp. 7-19. 22. La fondation scolaire de Téos (iiie siècle avant notre ère), « Ludus Magistralis » 56 (1980), pp. 9-31. 23. Nouveau choix de poésies lyriques grecques. Première livraison : Alcman et Stésichore », in Grec et latin in 1981. Études et documents, Université Libre de Bruxelles, Bruxelles 1981, pp. 1-20. 24. Oppono auriculam. Une illustration de la Satire du Fâcheux d’Horace, in Grec et latin en 1982. Études et documents dédiés à la mémoire de Guy Cambier, Université Libre de Bruxelles, Bruxelles 1982, pp. 114-129 et 2 pll. 25. Marcel Hombert, in Grec et latin en 1983 et 1984. Cinquante années de philologie classique à l’U.L.B., 1934-1984, Université Libre de Bruxelles, Bruxelles 1984, pp. 162-165. 26. Quatre nouveaux ostraca de la Collection Marcel Hombert, in Atti del xvii Congresso Internazionale di Papirologia [Napoli, 1983], iii, Napoli 1984, pp. 905-909. 27. Les terres cuites ‘du Fayoum’ dans les maisons de l’Égypte romaine, « CE » 60 (1985), Nos 119-120, pp. 223-239. 28. Marcel Hombert et la papyrologie, in Grec et latin en 1985 et 1986, Université Libre de Bruxelles, Bruxelles 1986, pp. 79-84. 29. Un vase plastique d’Égypte en forme de tête de Bès, « Bulletin des

35  Cf. 12. 36  La liste des livres est exhaustive. Pour les articles, on complétera le choix ici proposé en consultant la Bibliographie Papyrologique. Les

recensions, très nombreuses, publiées sous la signature de Georges Nachtergael, en particulier dans la « Chronique d’Égypte » et dans l’« Antiquité classique », ne sont pas signalées.

iii. Choix d’articles

































































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alain martin

Musées Royaux d’Art et d’Histoire [Bruxelles] » 57 (1986), pp. 67-75, 2 figg. 30. Terres cuites inédites des maisons K et H d’Héracléopolis Magna (Fouilles de William M. Flinders Petrie), in J. Sebastià (ed.), Miscel.lània Papirològica Ramon Roca-Puig en el seu viutantè aniversari, Barcelona 1987, pp. 229-240 et 14 figg. sur 4 pll. 31. Le panthéon des terres cuites de l’Égypte hellénistique et romaine, in M. Rassart-Debergh (ed.), Arts tardifs et chrétiens d’Égypte. Musée Archéologique de Louvain-la-Neuve. Exposition du 6-ix au 23-x -1988 = « Le Monde copte » 14-15 (1988), pp. 5-26, 22 figg. 32. La caricature d’un banquier à son comptoir. À propos d’une terre cuite d’Égypte de l’ancienne Collection Ernst von Sieglin, in M. Geerard et al. (eds.), Opes Atticae. Miscellanea philologica et historica Raymondo Bogaert et Hermanno van Looy oblata = « Sacris erudiri » 31 (1989-1990) pp. 315-322 et pl. 1. 33. Le chameau, l’âne et le mulet en Égypte gréco-romaine. Le témoignage des terres cuites, « CE » 64 (1989), Nos 127-128, pp. 287-336, 12 figg., 4 pll. 34. Une nouvelle édition de quelques stèles funéraires de Térénouthis, « CE » 68 (1993), Nos 135-136, pp. 229-233, 1 fac-sim. 35. Ostraca du Musée Archéologique de Cracovie (O. Mus. Cracovie), « Materialy Archeologiczne » 27 (1994), No. 2, pp. 39-53 et 7 pll. 36. Statuettes en terre cuite de l’Égypte gréco-romaine. Recueil des signatures de coroplathes, in M.-O. Jentel et al. (eds.), Tranquillitas. Mélanges en l’honneur de Tran tam Tinh = Hier pour aujourd’hui, 7, Québec 1994, pp. 413-433, 1 pl. 37. Terres cuites de l’Égypte gréco-romaine. À propos de quatre Catalogues récents, « CE » 70 (1995), Nos 139-140, pp. 254-294. 38. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. i, « CE » 72 (1997), No. 144, pp. 295-306, 3 figg. 39. Des quenouilles pour les dames, « CE » 72 (1997), No. 144, pp. 383389, 2 pll. 40. Quelques étiquettes de momies et une amulette chrétienne d’Égypte, in R. De Smet-H. Melaerts-C. Saerens (eds.), Studia varia Bruxellensia ad orbem Graeco-Latinum pertinentia. iv. In honorem Aloysi Gerlo, Leuven 1997, pp. 195-206, 7 figg. 41. Remarques sur des lampes et d’autres objets inscrits d’Égypte, « ZPE » 119 (1997), pp. 185-188. 42. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. ii, « CE » 73 (1998), No. 145, pp. 99-115, 1 tabl., 6 figg. 43. À propos d’un papyrus documentaire et d’un ostracon biblique d’Éléphantine, « CE » 73 (1998), No. 145, pp. 116-120. 44. Un alabastre ptolémaïque inscrit, « ZPE » 123 (1998), pp. 145-148, 1 fig. 45. En collaboration avec R. Pintaudi : Timbres amphoriques d’Égypte (Collection Donato Morelli), « APapyrol » 10-11 (19981999), pp. 161-187, 62 figg. 46. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. iii, « CE » 74 (1999), No. 148, pp. 301-315, 5 figg. 47. Deux papyrus grecs de Bakchias (PBakchias 138-139 : fouilles de 1997), in S. Pernigotti-M. Capasso-P. Davoli (edd.), Bakchias vi. Rapporto preliminare della campagna di scavo del 1998 = Monografie di SEAP. Series Maior, 6, Pisa - Roma 1999, pp. 117-126, 2 figg. 48. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. iv, « CE » 75 (2000), No. 150, pp. 301-316, 3 figg. 49. La localisation d’O. Fay. 24, « CE » 75 (2000), No. 150, p. 326. 50. PBakchias 142 : fragment d’un mémorandum, in S. Pernigotti-M. Capasso-P. Davoli (edd.), Bakchias vii. Rapporto preliminare della campagna di scavo del 1999 = Missione congiunta delle Università di Bologna e di Lecce in Egitto. Monografie, 2, Imola 2000, pp. 79-82, 1 pl. 51. Quittance de la taxe de transmission (ejgkuvklion) [P. Cair. Inv. 10360], in H. Melaerts (ed.), Papyri in honorem Johannis Bingen octogenarii (P. Bingen) = Studia varia Bruxellensia ad orbem  















































































Graeco-Latinum pertinentia, V, Leuven 2000, pp. 205-208, No. 41 et pl. 25. 52. Sceaux et timbres de bois d’Égypte. i. En marge des archives d’Hèroninos : cachets et bouchons d’amphores de Théadelphie, « CE » 75 (2000), No. 149, pp. 153-170, 14 figg. 53. Timbres amphoriques d’Égypte. Du Sammelbuch au Namenbuch et à l’Onomasticon, « APapyrol » 12 (2000), pp. 275-280. 54. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. v, « CE » 76 (2001), Nos 151-152, pp. 169-180, 2 figg. 55. Deux étiquettes de momies du Musée d’Ekaterinburg, « CE » 76 (2001), Nos 151-152, pp. 266-272, 4 figg. 56. Deux ostraca grecs du Musée de Liverpool, « APapyrol » 13 (2001 [2003]), pp. 35-40, 2 figg. 57. Sceaux et timbres de bois d’Égypte. ii. Les sceaux de grand format, « CE » 76 (2001), Nos 151-152, pp. 231-257, 24 figg. 58. En collaboration avec R. Pintaudi : Ostraca de la Collection Martin Schøyen, « Aegyptus » 81 (2001 [2004]), pp. 169-184, 5 pll. 59. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. vi, « CE » 77 (2002), Nos 153-154, pp. 197-208, 2 pll. 60. À propos d’une stèle grecque de la collection Tamerit, « ZPE » 141 (2002) p. 204. 61. Un verset du Psaume 140 sur un encensoir du Musée Copte du Caire, « ZPE » 141 (2002) p. 148. 62. En collaboration avec R. Pintaudi : Documents de fouilles en provenance du nome Arsinoïte et d’Antinoé, « APapyrol » 14-15 (2002-2003 [2005]), pp. 285-298, 14 figg. ; – cf. E. Bresciani et al. (edd.), Medinet Madi. Venti anni di esplorazione archeologica, 1984-2005, Pisa 2006, p. 279. 63. Étiquettes de momies. Éditions, notes critiques, bibliographie, « CE » 78 (2003), Nos 155-156, pp. 251-276, 8 figg. 64. Sceaux et timbres de bois d’Égypte. iii. La Collection Froehner (suite et fin), « CE » 78 (2003), Nos 155-156, pp. 277-293, 30 figg. 65. Un métropolite à Bacchias, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 5 (2003), pp. 75-77. 66. Un timbre amphorique d’Alexandrie, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 5 (2003), pp. 79-81, 2 figg. 67. Quelques inscriptions grecques sur des intailles magiques, « Aegyptus » 83 (2003 [2006]), pp. 183-187. 68. En collaboration avec J. Bingen : La stèle d’Allous et des siens, « CE » 79 (2004), Nos 157-158, pp. 257-262, 1 fig. 69. En collaboration avec A. Martin : Papyrus du Musée du Caire. vii, « CE » 79 (2004), Nos 157-158, pp. 193-208, 4 figg. 70. Sur la provenance de quelques ostraca de la Collection de Lund, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 6 (2004), pp. 91-96. 71. En collaboration avec A. Papaconstantinou : Une lampe d’Égypte au nom de sainte Théopistè, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 6 (2004), pp. 87-89. 72. En collaboration avec R. Pintaudi : Documents de fouilles en provenance de Narmouthis et d’Antinoé. Deuxième livraison, « APapyrol » 16-17 (2004-2005 [2007]) pp. 117-138, 33 figg. coul. ; – cf. E. Bresciani et al. (edd.), Medinet Madi. Venti anni di esplorazione archeologica, 1984-2005, Pisa 2006, pp. 324-333, 9 figg. coul. 73. En collaboration avec R. Pintaudi : Ostraca de la Collection Martin Schøyen : un complément, « Aegyptus » 84 (2004 [2006]), pp. 171-175, 2 pll. 74. Portraits de momies et terres cuites. La boucle de l’enfance et les deux touffes, in M. Capasso (ed.), Papiri e ostraka greci = « PLup », 13 (2004 [2005]), pp. 61-72. 75. Un ostrakon tombé dans l’oubli, in M. Capasso (ed.), Papiri e ostraka greci = « PLup », 13 (2004 [2005]), pp. 73-77. 76. En collaboration avec S. Russo : Une sandale inscrite d’Antinoé, « CE » 80 (2005), Nos 159-160, pp. 308-314, 4 figg. 77. Fragment d’une requête et d’un journal de voyage [P. Cair. Inv. 10341], in A. J. B. Sirks et al. (eds.), Papyri in Memory of P.J. Sijpesteijn (P. Sijp.) = American Studies in Papyrology, 40, Oakville, Connecticut 2007, pp. 72-76, No. 13 et pl. 15.  































































































































georges nachtergael (1934-2009) 78. En collaboration avec R. Pintaudi : Deux parchemins bibliques d’Antinoé, in R. Pintaudi (ed.), Antinoupolis i = Istituto Papirologico « G. Vitelli ». Scavi e materiali, 1, Firenze 2008, pp. 117-130, 2 pll. coul. 79. En collaboration avec R. Pintaudi : Inscriptions funéraires grecques d’Antinoé, in R. Pintaudi (ed.), Antinoupolis i = Istituto Papirologico « G. Vitelli ». Scavi e materiali, 1, Firenze 2008, pp. 163-173, 4 pll. coul. 80. Le grenier public de Bacchias d’après la documentation papyrologique, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 9 (2007), pp. 15-19. 81. Quelques inscriptions grecques sur des bandelettes et des linceuls  















99

de momies, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 10 (2008), pp. 41-46. 82. En collaboration avec R. Pintaudi : Documents de fouilles en provenance de Narmouthis et d’Antinoé. Troisième livraison, « APapyrol » 18-20 (2006-2008), pp. 275-322, 1 fig., 16 pll. coul. 83. En marge des ostraca de la Bibliothèque Bodléenne. Lettres de John G. Tait à Paul M. Meyer et de Harold I. Bell à Claire Préaux, « CE » 84 (2009), Nos 167-168, pp. 278-309. 84. Une ‘orante’ à Bacchias, « Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte » 11 (2009), pp. 75-78, 1 fig. 85. Les terres cuites gréco-égyptiennes du British Museum, « CE » 85 (2010), Nos 169-170, sous presse.  





















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CARSTEN PETER THIEDE (1952-2004)

Andrea Jördens

C

arsten Peter Thiede [Pl. xvii] wurde vor allem durch seine Forschungen zum sogenannten « JesusPapyrus » bekannt. In Westberlin, wo er am 8. August 1952 geboren war, studierte er Vergleichende Literaturwissenschaften und Geschichte, Anglistik und Mittellatein. Bei dem folgenden Studienaufenthalt in Oxford wurde sein Interesse für neutestamentliche Papyri geweckt. Der Wechsel nach England sollte noch in anderer Weise sein Leben prägen, heiratete er doch dort und trat der Anglikanischen Kirche bei, der er zeitweilig auch als Lektor diente. Nach seiner Rückkehr nach Deutschland war er in Paderborn als Laienseelsorger, später auch erster deutscher Militärkaplan der britischen Truppen tätig. 1993 bis 1998 leitete er das dortige Institut für Wissenschaftliche Grundlagenforschung, das als private Einrichtung inzwischen wieder aufgelöst wurde. Thiede zeichnete sich zeitlebens durch eine ungewöhnliche Begeisterungsfähigkeit aus, die sich in Vorträgen ebenso wie in zahlreichen Veröffentlichungen niederschlug. Lehraufträge wurden ihm in Genf, an der BenGurion-Universität in Beer-Sheva und besonders an der Staatsunabhängigen Theologischen Hochschule in Basel zuteil, in deren Auftrag er zugleich Ausgrabungen bei Jerusalem durchführte. Thiedes Hauptanliegen war dabei stets die Glaubwürdigkeit der Bibel und insbesondere der Evangelien. Internationales Aufsehen erregte er zuletzt durch seine Neudatierung des im Magdalen College auf bewahrten P64 mit Teilen des Matthäusevangeliums, die er entgegen der herrschenden Meinung schon vor dem Jahr 70 n. Chr. und damit in der « Zeit der Augenzeugen » entstanden sah. Bereits zu Beginn der 1980er Jahre hatte er sich in ähnlicher Weise für Fragmente des Markusevangeliums aus Qumran eingesetzt. Die Fachwissenschaft stand seinen vehement vertretenen Thesen allerdings stets sehr reserviert gegenüber. Mit seinem frühen Tod fand die  





Pl. xvii. Carsten Peter Thiede (1952-2004).



Diskussion ein unerwartetes Ende. Am 14. Dezember 2004 ist Carsten Peter Thiede im Alter von nur 52 Jahren überraschend verstorben. Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg

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DOMINIC MONTSERRAT (1964-2004) Dorothy J. Thompson

D

ominic Montserrat [Pl. xviii], who died aged 40 on 23 September 2004, was a colourful member of our community. His birthplace was Slough in England and he was born with haemophilia, a condition which he refused to allow to dominate his life. It was not as an invalid that his many friends knew and loved him. Her studied Egyptology, first at Durham and them at University College, London. His doctorate with Herwig Maehler was on Greek papyrology but Montserrat, who was rarely content to concentrate on just one subject, took the opportunity to study Coptic, and Arabic too. His first post was at the University of Warwick, where he was an extremely popular lecturer in Classics from 1992-99. His first book, Sex and Society in Greco-Roman Egypt published in 1996, in many ways reflects its author – lively, wide-ranging, at times bizarre and fiercely independent. His second book, published in 2000 on Akhenaten : the heretic pharaoh, explored the more mystical side of Egypt that continued to fascinate him. In addition he was a successful populariser. The travelling exhibition Digging for Dreams that he put on for the Petrie Museum at University College, London, won a National Award for Excellence in 2002. His television documentaries on Egypt drew wide audiences. He was a good friend to many and generous with his time and talents. Ill health took its toll. With the added complication of hepatitis B and C, acquired from unscreened blood transfusions, in 1999 Montserrat left active lecturing at Warwick to take up a post as Project Development Officer at the Open University for the next three years. Throughout his life and despite his condition, he took pleasure in challenging travel, especially in the Middle East. My last encounter with him was in early February  

Pl. xviii. Dominic Montserrat (1964-2004).

2004 around midnight in Cairo airport. Though by then he was seriously ill, surrounded by white-robed pilgrims returning from the Haj Montserrat appeared entirely at home, completely at ease. The world is the poorer for his death. Girton College, Cambridge, uk

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APPENDIX I JOSÉ O’CALLAGHAN, S. I. (1922-2001)

Bibliography (ed. by Mercedes Palau-Ribes O’Callaghan) 1957

1961

Biblia polyglotta Matritensia. Prooemium. (Traducción del Proemio de José María Sánchez de Muniáin al latín por José O’Callaghan Martínez), Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas y Editorial Católica (Biblioteca de Autores Cristianos), 1957, 14 pp.

Persistencia del trato de “hermano” entre los cristianos del siglo v, « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 217-221.

¿Cómo curar la neurastenia ?, Barcelona, Ediciones Eler, 1957, 82 pp.  





Categorías estéticas en Demetrio (“Sobre la elocución”), « Humanidades » 13/28 (1961), pp. 47-52.  



La Fundación Balmesiana de Barcelona, « Punta Europa » 64 (1961), pp. 135-142.  



Personalidad lírica y moral de Anacreonte, « Punta Europa » 68-69 (1961), pp. 32-39.  

1958



La políglota matritense, « Razón y Fe » 157 (1958), pp. 531-536 ; « Tierra Santa » 357-358 (1958), pp. 265-270.

Sobre la interpretación de PSI vii 835 (v/vip), « Emerita » 29 (1961), pp. 121-127.

1960

I nomi propri nelle lettere cristiane (Papiri greci del v secolo), « Aegyptus » 41 (1961), pp. 17-25.













Predisposición estética del pueblo griego, « Punta Europa » 52 (1960), pp. 65-73.  



Lettere cristiane greche : papiri del v secolo, [Milano : s.n.], 1960. (tesi Univ. degli Studi di Milano, 1960).  



El nombre de Dios en las cartas cristianas (Papiros griegos del siglo v), « Humanidades » 12/26 (1960), pp. 193-196.  

Trato de los cristianos en su correspondencia privada (Papiros griegos del siglo v), « Estudios Eclesiásticos » 34 (1960), pp. 391-402.  





Las tres categorías estéticas de la cultura clásica, Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Instituto “Luis Vives” de Filosofía, 1960, 288 pp., 22 cm. (Premio Menéndez Pelayo, 1958).







Lettere cristiane dai papiri greci del v secolo, « Aegyptus » 41 (1961), pp. 25-36.  



Rec. a Llorca, S. I., B., Manual de Historia eclesiástica. BarcelonaMadrid, Editorial Labor, S.A., 1960, 5ª edición, 868 pp., 2 mapas., « Analecta Sacra Tarraconensia » 33 (1961), pp. 286-287.  



Rec. a Ayuso Marazuela, T., Psalterium S. Hieronymi de Hebraica veritate interpretatum, Madrid 1960, « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 387-389.  



Rec. a Daniélou, J., Message évangélique et culture hellenistique aux ie et iiie siècles. Tournai 1961, « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 395-396.  



La iglesia en el siglo v según las cartas cristianas griegas, « Revista Española de Teología » 20 (1960), pp. 391-395.

Rec. a Segarra, S. J., F., Iglesia y Estado. Tercera edición notablemente ampliada, Barcelona, IFIBA, 1958, 246 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 406-407.

Rec. a Tena Garriga, P., La palabra Ekklesia (Estudio Históricoteológico), Barcelona, Seminario Conciliar-Editorial Casulleras, 1958, 314 pp. (= Collectánea San Paciano, serie teol., vi), « Analecta Sacra Tarraconensia » 33 (1960), pp. 277-278.

Rec. a Martín Hernández, F., La formación clerical en los Colegios universitarios españoles (1371-1506), Vitoria, Editorial ESETSeminario Conciliar, 1961, lxxxxii-286 pp. (= Victoriensia, 14), « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 407-408.

Rec. a Bouyer, L., Introduction à la vie spirituelle, Paris-Tournai, Desclée et Cie, 1960, 320 pp., 8 pls., « Analecta Sacra Tarraconensia » 33 (1960), pp. 281-282.

Rec. a Picanyol, S. P., L., L’escolapi sabadellenc Josep Calasanç Casanovas. Perfil biogràfic. Sabadell, Fund. Bosch y Cardellach, 1959, 43 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 34 (1961), pp. 414415.













Rec. a Penna, A., San Pedro, versión castellana del P. Luis M.ª Jiménez, S. J., Madrid, Ediciones Fax, 1958, « Analecta Sacra Tarraconensia » 33 (1960), p. 287.  



Rec. a Quasten, J., Patrology. vol. iii : The golden age of Greek patristic Literature. Utrecht-Antwerp, Spectrum Publishers, 1960, 605 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 33 (1960), pp. 274-275.  















Rec. a Iparaguirre, S. I., I., Orientaciones bibliográficas sobre San Ignacio de Loyola. Subsidia ad Historiam S. I., i. Roma, Institutum Historicum S. I., 1957, 151 pp., « Analecta Sacra Tarraconenisa » 34 (1961), pp. 414-415.  



1962



Rec. a Solanges, Mgr. de, A Greek Synopsis of the Gospels, Toulouse 1959, « Sefarad » 20 (1960), pp. 183-185.  



Ocupaciones de los seglares según las cartas cristianas del siglo v, « Studia Papyrologica » 1 (1962), pp. 43-55.  



La determinación personal en las cartas cristianas del siglo v, « Studia Papyrologica » 1 (1962), pp. 57-64.  



106

josé o’callaghan, s. i.

El papiro en el lenguaje de los Padres latinos, « Studia Papyrologica » 1 (1962), pp. 69-119.

Erste Reihe, 21. Band), « Analecta Sacra Tarraconensia » 36 (1963), pp. 386-389.

Rec. a Guardini, R., Los signos sagrados, Barcelona, Editorial Litúrgica Española, 1957, 138 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 35 (1962), pp. 314-315.

Rec. a Capizzi, C., S. J., PANTOKRATWR. Saggio d’esegesi letterario-iconographica, Roma, Instituto Oriental de Roma, (Orientalia Christiana Analecta, 170), 1964, xii-369 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 36 (1963), pp. 395-396.









Rec. a Olivares, S. I., E., Los votos de los escolares de la Compañía de Jesús. Su evolución jurídica. Roma, Institutum Historicum S. I., 1961, 250 pp. (Bibliotheca Instituti Historici, S. L., xix), « Analecta Sacra Tarraconensia » 35 (1962), pp. 326-327.  



Rec. a Batllori, S. I., M., Gracián y el barroco. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1958, 220 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 35 (1962), pp. 327-328.  



Rec. a Vila Pala, Sch. P., C., El P. Felipe Scío, pedagogo. Anhelos y realidades, Madrid, Analecta Calasancia, 1961, 189 pp., « Analecta Sacra Tarraconensia » 35 (1962), p. 330.  



Rec. a Galé, J. M., Las escuelas del antiguo Epigto a través de los papiros griegos, Madrid, Publicaciones de la Fundación Universitaria Española iv, 1961, « Studia Papyrologica » 1 (1962), pp. 121-122.  

Palabras nuevas en la correspondencia cristiana griega del siglo v, « Studia Papyrologica » 2 (1963), pp. 43-51.







Rec. a Cushner, S. J., N. P ., Philippine Jesuits in exile. The journals of Francisco Puig, S. J., 1768-1770, Roma 1964, xvi-202 pp., 3 ilustraciones (Bibliotheca Instituti Historici S. J., xxiv), « Analecta Sacra Tarraconensia » 36 (1963), pp. 401-402.  



Rec. a Vandersleyen, C., Chronologie des préfets d’Egypte de 284 à 395, Bruxelles, Collection Latomus, lv, 1962, « Studia Papyrologica » 2 (1963), pp. 60-62.  



Rec. a Reekmans, T., A sixth century account of hay (P. Iand. inv. 653), Bruxelles, Fondation Égyptologique Reine Élisabeth, 1962, « Studia Papyrologica » 2 (1963), pp. 128-130.  



1964



1963  



Categorías estéticas en Suárez, « Pensamiento » 80/20 (1964), pp. 466-476.  



Los nombres personales y su determinación en las cartas cristianas del siglo vi, « Studia Papyrologica » 3 (1964), pp. 35-54.  





El nombre de Dios en las cartas griegas del siglo vi, « Studia Papyrologica » 2 (1963), pp. 97-124.  

Epítetos de trato en la correspondencia cristiana del siglo vi, « Studia Papyrologica » 3 (1964), pp. 79-105.  





Cartas cristianas griegas del siglo v, Biblioteca Histórica de la Biblioteca Balmes, Serie ii, vol. xxv, Barcelona 1963, 281 pp. Enciclopedia de la Biblia (6 vols.). Barcelona, Garriga, 1963-1965 : Adelfós (vol. i, p. 160) ; Bodmer, Papiros (vol. i, pp. 1227-1231) ; Crítica literaria del NT (vol. ii, pp. 616-620) ; Crítica textual del NT (vol. ii, pp. 643-650) ; Koiné (vol. iv, pp. 848-852) ; Leccionarios (vol. iv, pp. 937-939) ; Palimpsesto (vol. v, pp. 818-820) ; Papiro (vol. v, p. 854) ; Papirología (vol. v, pp. 854-858) ; Papiros bíblicos (vol. v, pp. 858-870) ; Pergamino (vol. v, pp. 10301032).  





La vida en los primeros siglos según las cartas cristianas, Sant Cugat del Vallés (Barcelona), Papyrologica Castroctaviana, 1964, 94 pp. La toponimia en los papiros pontificios de Barcelona, « Analecta Sacra Tarraconensia » 37 (1964), pp. 339-351.  



















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Rec. a Llamas Vela, A., El camino de la misericordia, (Colección Mayor), Córdoba, Obra Social y Cultural Cajasur, 1997, 320 pp., « Actualidad Bibliográfica » 69 (1998), p. 76.  



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Rec. a Légasse, S., El proceso de Jesús. La Pasión en los cuatro Evangelios, Tít. orig. : Le procès de Jésus, Trad. M. Montes. (Biblioteca manual Desclée, 10), Bilbao, Desclée de Brouwer, 1996, 581 pp., « Actualidad Bibliográfica » 69 (1998), pp. 25-26.  





Rec. a Reynier, Ch., El evangelio del Resucitado. Una lectura de Pablo, Tít. orig. : L’évangile du Ressucité, Trad. M. Montes (Temas bíblicos) Bilbao, Desclée de Brouwer, 1996, 223 pp., « Actualidad Bibliográfica » 69 (1998), p. 27.  





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Rec. a Montero, S., Diccionario de adivinos, magos y astrólogos de la Antigüedad, (Paradigmas. Biblioteca de ciencias de las religiones), Madrid, Trotta, 1997, 323 pp., « Actualidad Bibliográfica » 69 (1998), p. 138.  



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josé o’callaghan, s. i.

Rec. a Feuillet, A., Les promesses de l’Esprit Paraclet en saint Jean. Leur importance et la lumière sur elles par les autres écrits du Nouveau Testament, Paris, Pierre Téqui, 1998, 127 pp., « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), p. 170.  



Rec. a Gamba, G. G., Vangelo di San Matteo. Una proposta di lettura. Parte prima : Mt I,1-4,16 : Chi è Gesù Cristo, Roma, LAS (Libreria Ateneo Salesiano), 326 pp., « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), pp. 171-172.  







Rec. a Alonso Schökel, L., Al aire del Espíritu. Meditaciones bíblicas, Santander, Sal Terrae (El Pozo de Siquem, 91), 1998, 126 pp., « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), p. 207.  



Rec. a Bernardin, J., El don de la paz. Confesiones del cardenal Joseph Bernardin, Tít. orig. : The gift of peace, Trad. M. A. Galmarini, Barcelona, Planeta (Planeta testimonio), 1998, 179 pp., « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), pp. 209-210.  





La personalitat històrica de Jesús, « L’Avenç » 234 (març 1999), pp. 22-25.  



Rec. a Un montón de parabienes, Felicidades, Jesucristo, Villancico coral de la BAC en el bimilenario del Nacimiento del Salvador, Coordinador J. L. Ortega, Madrid, Biblioteca de Autores Cristianos, 1999, pp. 223-224. Rec. a Arminion, B., Queremos ver a Jesús. Descubrir su rostro con el evangelio de Juan, 1. La vida pública (Juan, cap. i -ii), Trad. J. A. Aguirre Setas, Bilbao, Mensajero, (Enséñanos a orar, 11), 1998, 169 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 24.  



Rec. a Arminion, B., Queremos ver a Jesús. Descubrir su rostro con el evangelio de Juan, 2. Pasión y Resurrección (Juan, cap. 12-21), Trad. J. A. Aguirre Setas, Bilbao, Mensajero, (Enséñanos a orar, 12), 1998, 153 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 24.  



Rec. a Fernández Lago, J., El Espíritu Santo en el mundo de la Biblia, Santiago de Compostela, Instituto Teológico Compostelano, 1998, 205 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 26.

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Rec. a Gilbert, M., Il a parlé par les prophètes. Thèmes et figures bibliques, Bruxelles, Lessius (Le livre et le rouleau, 2), 1998, 401 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), pp. 27-28.

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Rec. a Léon-Dufour, X., Dios se deja buscar. Diálogo de un biblista con Jean-Maurice de Montremy, Trad. J. Sans Vila, Salamanca, Sígueme, (Nueva Alianza, 144), 1998, 165 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 30-31.

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Rec. a Johnston, W., Enamorarse de Dios. Práctica de la oración cristiana, Tít. orig. : Being in love, the practice of Christian Prayer, Trad. J. M. López de Castro, Barcelona, Herder, 1998, 165 pp., « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), pp. 213-214.  





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Rec. a Stefani, P., Chiesa, Ebraismo e altre religioni. Commento alla “Nostra aetate”, Padova, Messaggero (La tunica inconsutile, 9), 1998, « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), p. 229.  



Rec. a Powell, J., El secreto para seguir amando. La relación de amor a través de la comunicación, Tít. orig. : The secret of staying in love, Trad. A. M. Velasco Gil, Santander, Sal Terrae (Proyecto, 46), 1997, « Actualidad Bibliográfica » 70 (1998), pp. 261-263.

















Rec. a Llamas, A., Las miradas de María, Madrid, San Pablo, 1999, 159 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 67-68.  



Rec. a Martini, C. M., Hombres y mujeres del Espíritu. Meditaciones sobre los dones del Espíritu Santo, Trad. A. Ortiz García, Santander, Sal Térrea (El pozo de Siquem, 98), 1998, 182 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 68.  



Rec. a Martini, C. M., Por los caminos del Señor. Meditaciones para cada día del año, Trad. E. Hurtado, Maliaño (Cantabria), Sal Térrea (El pozo de Siquem, 97), 1998, 502 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 69.  



Rec. a Di Falco, J.-M., Madre Teresa. Los milagros de la fe, Trad. J. L. Arriaga, Bilbao, Mensajero (Testimonios, 17), 1998, 231 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), pp. 85-86.  



Rec. a Woityla, K., El hombre y su destino. Ensayos de antropología, Trad. P. Ferrer, Prólogo : J. Pérez-Soba, Madrid, Palabra (Biblioteca Palabra, 7), 1998, 299 pp., « Actualidad Bibliográfica » 71 (1999), p. 131.  











2000 Los descubrimientos del Qumrán, en ¿Cómo llegó la Biblia hasta nosotros ?, Terrassa, Clie, Unión Biblica, 2000, pp. 113-127.  

1999 Introducción de la crítica textual del Nuevo Testamento, Estella (Navarra), Editorial Verbo Divino, (Instrumentos para el estudio de la Biblia, 3), 1999, 145 pp. Nuevo Testamento Trilingüe, edición crítica de J. . Bover y J. O’Callaghan, Madrid, La Editorial Católica, (Biblioteca de Autores Cristianos, 400), 19994.

Apresentaçao, en A formaçao do Novo Testamento, Sao Paulo, Ediçoes Paulinas, 2000, pp. 7-9. (Versión portuguesa de La formación del Nuevo Testamento, 1997). Due papiri cristiani, en Papyri in honores Johannis Bingen octogenarii (P.Bingen), Studia Varia Bruxellensia ad Orbem graecoLatinum Pertinentia, v, Leuven, Uitgeverij Peeters 2000, pp. 555-556, pl. 84.

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Nachtergael (éd.), Les lettres de Pierre Jouguet cit. Bastianini-Casanova (edd.), 100 anni di istituzioni fiorentine per la papirologia cit. G. Menci, Addenda documentali su Medea Norsa e Goffredo Coppola, « Comunicazioni dell’Istituto Papirologico “G. Vitelli” » 8 (2009), pp. 155-158.

Girolamo Vitelli



G. Nachtergael (éd.), Les lettres de Pierre Jouguet à Evaristo Breccia, à Girolamo Vitelli et à Medea Norsa (1905-1949), Firenze 2008. R. Pintaudi, L’Egitto romano, la vita moderna. Una conferenza di Girolamo Vitelli, « Analecta Papyrologica » xviii-xx (2009), pp. 359-409. G. Bastianini-A. Casanova (edd.), 100 anni di istituzioni fiorentine per la papirologia. 1908. Società Italiana per la ricerca dei Papiri. 1928. Istituto Papirologico « G. Vitelli ». Atti del convegno internazionale di studi. Firenze, 12-13 giugno 2008, Firenze 2009.  







Aristide Calderini Si veda in questo volume C. Balconi, Orsolina Montevecchi (19912009), p. 55 n. 1. Vittorio Bartoletti



Bastianini-Casanova (edd.), 100 anni di istituzioni fiorentine per la papirologia cit.

Pierre Jouguet Nachtergael (éd.), Les lettres de Pierre Jouguet cit. *  By Natascia Pellé

comp os to in car att e r e d a n t e m on ot y p e d a l l a fabrizio serr a e d i t or e , p i s a · r om a . s tamp ato e r i l e g a t o n e l l a tip og r afia di ag na n o, a g n a n o p i s a n o ( p i s a ) .

* Settembre 2010 (cz 2 · fg 3)

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B IB LIO TE C A DE G L I «S T UD I D I EGIT T O L O G I A E DI P A P I R O L O G I A » Collana diretta da Mario Capasso 1. Aristide Calderini, Dizionario dei nomi geografici e topografici dell’Egitto greco-romano, Supplemento 3, a cura di Sergio Daris, pp. 172, 2003. 2. Paola Buzi, Titoli e autori nella tradizione copta. Studio storico e tipologico, pp. 136, 2005. 3. Paola Davoli, Oggetti in argilla dall’area templare di Bakchias (El-Fayyum, Egitto). Catalogo dei rinvenimenti delle Campagne di scavo 19962002. Con una appendice di Katelijn Vandorpe, pp. 188, 2005. 4. Hermae. Scholars and Scholarship in Papyrology, edited by M. Capasso, pp. 404, 2007. 5. Sergio Daris, Dizionario dei nomi geografici e topografici dell’Egitto greco-romano, Supplemento 4, pp. 152, 2007. 6. Franco Crevatin, Il libro dei morti di Ptahmose (Papiro Busca, Milano) ed altri documenti egiziani antichi, con la collaborazione di D. Bertani, F. Cascone, F. Fracas, I. Micheli, pp. 124, 2008. 7. Hermae. Scholars and Scholarship in papyrology ii , edited by Mario Capasso, pp. 128, 2010. 8. Sergio Daris, Dizionario dei nomi geografici e topografici dell’Egitto greco-romano, Supplemento 5 (2006-2009), in preparazione.