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Italian Pages 191 [194] Year 2008
Marco Virgilio
Guida pratica al Meteo per l'escursionista
Per programmare le escursioni in Friuli Venezia Giulia prevedendo
e prevenendo
i rischi atmosferici
editrice CO.EL.
L'Autore Marco Virgilio è un giornalista esperto di Meteorologia, attivo nel campo della divulgazione e dell'informazione. È membro della Società Meteorologica Italiana e socio attivo dell'Unione Meteorologica del Friull Venezia Giulia, per la quale ha curato la redazione e 11mpaglnaz1one del periodico "Meteorologica• di cui è attualmente direttore responsabile. Dopo decenni di appassionato studio della Scienza che studia l'atmosfera ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza anche in campo professionale. Dai maggio 2003 è Il consulente di riferimento dell'emittente televisiva regionale Telefriuli, per la quale conduce la popolare trasmissione di previsioni meteorologiche del venerdì sera "Meteo week-end", elabora 1 bollettini per l'emissione meridiana e partecipa a diversi speciali in occasione di eventi atmosferici rilevanti. In questi anni ha collaborato con altri mass-media locali e nazionall nel campo dell'informazione meteorologica e climatica. Nell'estate 2003, assieme ad altri soci, fonda Meteopolnt, Il primo centro meteorologico privato della regione che, nel volgere di pochi anni, diventa uno del prlnclpall riferimenti a llvello triveneto e nazionale nel campo delle previsioni meteo, del monitoraggio ambientale e della fornitura di sistemi di rilevamento dei parametri atmosferici. Hanno contribuito Renato R. Colucci, nato a Trieste in una giornata di Bora, è laureato In Scienze Geologiche presso l'Università degli Studi di Trieste. Dal 2000 lavora presso il Consigllo Nazionale delle Ricerche di Trieste (CNR) dove si occupa della gestione della rete di stazioni meteomarine dell'I SMAR (Istituto di Scienze Marine). È responsabile dal 1996, per conto del CA!, della stazione meteorologica di Borgo Grotta Gigante e ne cura il bollettino annuale. Appassionato di climatologia fin da bambino possiede un archivio personale di osservazioni e dati climatici ininterrotto a partire dai 1982. Molto attivo nella divulgazione scientifica, tiene lezioni di climatologia e meteorologia presso alcune sezioni CAl del Friuli Venezia Giulia e dai 2005 è invitato a tenere sem inari didattici al Master In Comunicazione della Scienza organizzato dalla SISSA (Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati). Dal 2007 è Presidente dell'UMFVG (Unione Meteorologica del Friuli Venezia G1ulla) di cui è socio fondatore. Francesco S.R. Pausata, laureato in Fisica dell'atmosfera e in Geofisica, si occupa di paleoclimatologia. Attualmente è impegnato in un dottorato di ricerca presso il Bjerknes Centre for Climate Research (Università di Bergen in Norvegia) .
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Presentazione La montagna offre gli scenari naturali più suggestivi e più maestosi ma dietro tanta bellezza cela molti pericoli legati soprattutto alle particolari condizioni meteorologiche del luogo. Infatti qui, più che altrove, i fenomeni del tempo sono molto spesso non solo estremi ma anche, e soprattutto, mutevoli da un momento all'altro. A tali pericoli sono esposti ovviamente soprattutto gli appassionati di escursionismo e di alpinismo i quali, per la natura stessa della loro disciplina sportiva, sono soliti frequentare I pendii più impervi e più alti ovvero proprio quelli ove è più probabile incappare In una bufera di neve o in temperature polari o in una impenetrabile coltre nuvolosa o in un violento e improvviso temporale estivo. Ma la montagna è più rischiosa che altrove anche per il volo libero perché tale attività sportiva deve spesso fare i conti con intensi venti di pendio, con le correnti forzatamente incanalate nelle valli, con le raffiche nei passi e nelle gole, con i vortici sopravento e sottovento all'ostacolo orografico e con le temibili onde orografiche. È pertanto ovvio che, per minimizzare tali pericoli, l'escursionista, /'alpinista e l'amante del volo libero, debbano possedere conoscenze sulle caratteristiche meteo-climatiche delle montagne così profonde e dettagliate tali da consentire loro di formulare previsioni locali self-made sulla evoluzione del tempo nelle prossime ore. Ebbene questa opera è la prima nel suo genere che fornisce tutte le informazioni necessarie e, soprattutto, pratiche perché gli appassionati della montagna possano essere, all'occorrenza, anche dei meteorologi del tempo locale. In effetti in questo testo è possibile trovare tutte le nozioni meteorologiche indispensabili per programmare e attuare in sicurezza un'attività sportiva in montagna, a partire dalle conoscenze meteorologiche di base circa la nascita e l'evoluzione dei fenomeni del tempo fino alla lettura e interpretazione delle mappe elaborate con i modelli fìsico-matematici e, per finire, al now-casting, ovvero alla previsione su come evolverà Il tempo nelle prossime ore. Anzi è proprio nella descrizione del now-casting la parte più pregevole, più originale e più innovativa, oltre che più utile, di questa opera. Qui Infatti l'Autore non solo suggerisce alcuni accorgimenti sulla raccolta delle informazioni meteo prima di affrontare la montagna ma, soprattutto, fornisce alcune regole pratiche per interpretare /'evoluzione imminente del tempo locale sulla base delle osservazioni a vista, le uniche del resto disponili per /'appassionato quando è solo, a tu per tu con la montagna. L'opera, oltre ad essere ben organizzata nei vari capitoli (si parte dalle cognizioni generali, per poi scendere al dettaglio locale), ha anche il merito di essere esposta con stile piacevole e accessibile a tutti. Mario Giuliacci Centro Epson Meteo
Ringraziamenti Un sentito ringraziamento va al Col. Mario Giuliacci che ha accettato di buon grado di scrivere la prefazione a questo libro, un'ulteriore conferma della sua gentilezza e dlsponlbllltà che ho imparato ad apprezzare In questi anni. Per me è un onore e un prlvlleglo poter aprire Il libro con il suo prezioso intervento. Un riconoscente ringraziamento all'emittente TELEFRIULI e alla sua direzione, con cui è in corso da anni una collaborazione professionale di ottimo livello. Ringrazio Inoltre: Renato R. Colucci per la corposa partecipazione diretta con elaborati tecnici e spettacolari fotografie Francesco S.R. Pausata per gli interessanti contributi In materia di climatologia alpina regionale Massimo Marchetti e Gabriella Soldai per la loro disponibilità a pubblicare In questa guida parte del Glossario da loro redatto per il portale Meteo 89 Ivo Pecile e Sandra Tubaro, Furio Scrimali ed Emilio Caterini per i contributi fotografici il Capitano dell'Aeronautica Militare Christian Ajello. Per aver gentilmente concesso la pubblicazione di immagini tratte dai rispettivi siti ringrazio: Georg Millier, titolare del portale web tedesco www.wetterzentrale.de, principale fonte di carte meteorologiche utilizzata in questa guida Stefano Micheletti direttore dell'Osservatorio Meteorologico Regionale del Friuli Venezia Giulia OSMERARPA (www.meteo.fvg.it)
Il più affettuoso grazie va a mia moglie Claudia che nel 2000 mi regalò la prima stazione meteorologica automatica, un segnale chiaro che trasformò in breve la mia passione per la Meteorologia In un'esperienza professionale che mi ha regalato enormi soddisfazioni. Claudia ha seguito anche la correzione bozze del libro.
Prefazione Qualsiasi attività che si svolga all'aria aperta è influenzata dalle condizioni meteorologiche ed in particolare dai fenomeni atmosferici. Le piogge intense, I temporali, i forti venti o le basse temperature non sono solo fa stidiosi e indesiderati convitati, sono eventi che possono seriamente mettere in pericolo la persona, specie se colta di sorpresa in un contesto naturale impervio. È questo il caso di chi frequenta la montagna per immergersi nel silenzio dei suoi meravigliosi ambienti, sempre diversi e affascinanti anche grazie alla notevole varietà climatica che contribuisce a plasmarne il territorio. La cronaca riferisce non di rado, purtroppo, di incidenti che coinvolgono escursionisti, alpinisti e praticanti del volo libero sulle montagne della nostra regione, fatti che in molti casi hanno come protagonista principale o coprotagonista proprio la condizione atmosferica. La mia esperienza nel campo delle previsioni del tempo e dell'impatto degli eventi meteorologici sul territorio mi porta ad affermare che molte tragedie si potrebbero evitare con una conoscenza più approfondita della Scienza che studia l'a tmosfera. Naturalmente, non si tratta di diventare tutti esperti meteorologi per affrontare una qualsiasi gita domenicale in montagna, credo però che una conoscenza di base dei meccanismi che governano il tempo e delle analisi che permettono di prevederne l'evoluzione dovrebbe essere parte integrante della più generale esperienza degli appassionati frequentatori di Alpi e Prealpi. Personalmente, mi è stato sempre di enorme utilità il sapere fare le previsioni meteorologiche, sia nella fase di pianificazione che nello svolgimento di escursioni di qualsiasi genere in ambienti montani caratterizzati da climi molto diversi tra loro. Compresi gli elementi principali che sono alla base di una previsione meteorologica, può essere sorprendente scoprire come /'applicazione pratica di quanto appreso possa trasformarsi in un supporto irrinunciabile con il passare del tempo e con il crescere dell'esperienza personale. Questo libro ha l'ambizione di diventare quel compagno d 'escursione che per un po' di tempo non si dovrebbe mai lasciare a casa, non è un trattato di Meteorologia pesantemente tecnico e non ha la presunzione di esaurire tutto lo scibile della materia; è più che altro un invito ad entrare nell'ordine di idee che la Meteorologia non si esaurisce con poche righe di previsione su un quotidiano o con simboli di soli e nuvole che pulsano su uno scher-
si
mo, può invece essere un bagaglio di conoscenza fondamentale per cavarsela meglio in situazioni critiche, può soprattutto essere un potente strumento di prevenzione. La prevenzione del rischio in montagna ha una fedele alleata nella Meteorologia, prima di un'escursione è possibile ormai informarsi al meglio sfruttando le potenzialità offerte oggi da Internet, evitando cosi di essere colti di sorpresa dagli eventi atmosferici più severi. Il libro è una guida pratica che introduce l 'utente al complesso mondo della Meteorologia partendo da una base teorica generale e conducendolo gradualmente sul campo del confronto diretto tra i metodi d 'indagine suggeriti ed il confronto tra i molti scenari proposti e la realtà. L'escursionista potrà imparare a leggere con maggiore perizia i bollettini dei centri professionali e le principali carte meteorologiche di analisi e di previsione, a valutare le linee salienti di un radiosondaggio e le immagini di un satellite, a interpretare i segnali di cambiamento del tempo nel breve termine con osservazioni dirette del cielo, del vento e della visibilità, a servirsi dell'ausilio di semplici strumenti di misura; potrà quindi decidere con più oculatezza la meta (anche grazie a/l'acquisizione di una certa familiarità con il clima delle montagne del Friuli Venezia Giulia) e la giornata de/l'escursione in qualsiasi periodo dell'anno, limitando al minimo i rischi che vengono dal cielo. Invito quindi il lettore a considerare questa guida come un primo passo verso l'integrazione della propria esperienza di alpinista o escursionista con le conoscenze di Meteorologia applicate alla pratica di ogni uscita in montagna, si tratti di semplici gite su mulattiera o di arrampicate impegnative. Il mio augurio è che questo lavoro sia utile come supporto immediato all'escursionismo ma che, soprattutto, sia un punto di partenza verso ulteriori approfondimenti di una materia che è capace di generare grandi passioni fin dall'infanzia. A otto anni, chi scrive, aveva già catalogato le nuvole con semplici schemini su un quadernetto a righe dalla copertina nera. Oggi, a distanza di diversi decenni, la passione è rimasta la stessa e sono venute in più le soddisfazioni professionali che hanno portato alla decisione di scrivere questo piccolo "testimone", nella speranza di trasmettere anche ad altri l 'amore per la Meteorologia. Marco Virgilio
di
L'ATMOSFERA E LE SUE DINAMICHE
Introduzione La Meteorologia è Il settore della scienza dell'atmosfera che studia i fenomeni fisici che avvengono principalmente nello strato prossimo al suolo chiamato troposfera. L'osservazione, la misurazione e la previsione del fenomeni atmosferici (vento, fronti, nuvolosità, precipitazioni) costituiscono il corpo delle attività di studio della Meteorologia e sono strettamente connesse alla misurazione, su diversi livelli di quota, dei principali parametri atmosferici: temperatura, umidità, pressione, radiazione solare, direzione e velocità del vento, intensità e accumulo dei vari tipi di precipitazione. Questo capitolo vuole fornire una sintetica conoscenza di base dei meccanismi che regolano la dinamica atmosferica, nozioni che risulteranno utili per la comprensione delle parti successive della guida. Prima di affrontare i metodi di osservazione e previsione del tempo è necessario infatti capire che cos'è l'atmosfera e quali sono gli elementi che la rendono così vitale e complessa, oltre che molto affascinante. Perché l'aria si muove in forma di vento? Cosa genera nubi e precipitazioni? Cosa scatena quell'impressionante fenomeno che sono le elettrometeore, più note in generale con il nome di fulmini? Questo compendio di dinamica dell'atmosfera, esposto in maniera divulgativa e quindi non troppo tecnica, serve da punto di partenza obbligatorio per intraprendere il nostro viaggio che Simbolo chimico
Quanti tà perc entuale
N
78.09
Ossigeno
o,
20.95
Argon
Ar
0.94
co,
0.03
H,
0.01
Componenti dell'atmosfera Azoto
Anidride carbonica ldrogeno Gas nobili Ello
He
Neon
Ne
Kripton Xenon
Kr Xe
0,003
Componenti variabili Ozono
Altri companentl
o, Hp, CH, 502 , N02 NH ,,CO
5-10 ppm nella stratosfera 0.001-0.03 ppm livello mare
tracce
H, 0 1 Pulviscolo, aeroliti
-
tracce
Flg. 1.1 - L'atmosfera terrestre è un miscuglio di gas composto principalmente da Azoto e Ossigeno.
ci porterà dalla Meteorologia generale alle sue applicazioni pratiche in campo escursionistico. Non tutto sarà approfondito nei dettagli perché questo non è un libro di Meteorologia teorica, ma piuttosto una sorta d'interfaccia in grado di avvicinare l'escursionista ai benefici che l'applicazione sul campo della conoscenza dell'atmosfera può offrire.
L'atmosfera che ci circonda Il pianeta Terra è dotato di una sottile fascia gassosa che lo riveste a partire dal livello del mare fino ad un'altezza massima che possiamo fissare in circa 800 km. L'atmosfera è paragonabile ad una specie di "cipolla" gassosa formata da diversi strati, non tutti importanti per la Meteorologia. La tabella in figura 1.1 riassume la composizione del miscuglio di gas chiamato atmosfera e la figura 1.2 ne rappresenta la sezione verticale corredata da denominazione e caratteristiche dei vari strati. L'atmosfera che studiamo oggi è il risultato dell'interazione tra l'insieme dei gas che la compongono, la crosta terrestre, gli oceani ed i mari, l'insieme degli esseri viventi, il tutto evolutosi a partire da oltre 4 miliardi d'anni fa . Per la Meteorologia, e soprattutto per gli scopi di questa guida, uno strato interessa più degli altri, quello noto come troposfera . In realtà, gli studi recenti confermano quanto sia importante, per l'andamento della circolazione a livello troposferico, anche ciò che avviene ai piani superiori, in particolare nella stratosfera, connessioni che possono avere un significativo impatto a livello stagionale ma che richiederebbero un'analisi a parte. Si chiama troposfera
Fig. 1.2 - La struttura verticale dell'atmosfera terrestre. Lo strato dove avvengono i fenomeni meteorologici è chiamato troposfera ed è delimitato al suo I/mite superiore dalla tropopausa. Nella stratosfera cessano I movimenti verticali dell'aria.
ls
Fig. 1.3 - La troposfera è di forma approssimativamente ellittica, più estesa In altitudine In corrispondenza dell'equatore e di soli 8 chilometri di spessore sul poli.
8km
lo strato atmosferico limitrofo al suolo, di forma non sferica, esteso in altezza fìno ad un massimo di 17/18 km all'equatore e di 7/8 in corrispondenza dei poli (fìgura 1.3). In questa fascia accadono in pratica tutti 1principali fenomeni che definiamo come tempo atmosferico. La troposfera ha il suo limite superiore in corrispondenza della tropopausa, una fascia molto fredda (circa 60 gradi sottozero) che confìna con la stratosfera, settore dove la temperatura riprende a salire. Tra il livello del mare e la quota approssimativa di 5500 metri sono presenti in concentra11one sufficiente quasi tutti i gas che danno la possibilità di vivere a piante e animali, compresa ovviamente la specie umana. Proprio noi esseri umani, in particolare a partire dall'era del forte sviluppo industriale, stiamo forzando In modo maldestro i processi naturali immettendo ad altissima velocità nell'aria enormi quantità di anidride carbonica, oltre che pulviscolo di varia composizione e fattura. Gli effetti più diretti del reiterato saccheggio energetico sono una certezza (tumori, malattie respiratorie, ecc.), quelli più a lungo termine sono in via di accertamento ma ragionevolmente sospettati di incidere pesantemente sul clima (aumento della temperatura su scala planetaria, incremento del fenomeni meteorologici violenti su scala locale, riduzione delle masse ghiacciate dal poli alle catene montuose). Come breve inciso ricordo che l'anidride carbonica è un gas essenziale per la vita sulla Terra, è positivamente responsabile dell'effetto serra senza il quale la temperatura media a livello del mare scenderebbe di molto rispetto agli attuali 15 gradi. Sarebbe però buona cosa che l'effetto serra rimanesse nei limiti adeguati, in questo caso stabiliti dalla lenta e continua evoluzione naturale. L'abbuffata di C0 2 che stiamo imponendo all'atmosfera del nostro pianeta, bruciando in un batter d'occhio tutto il combustibile rossile immagazzinato nelle sue viscere in centinaia di milioni di anni, non potrà che far ammalare tutto il corpo di "Madre Terra". Si parla molto dell'anidride carbonica quando si ragiona sui rischi di un incremento dell'effetto serra ma forse pochi sanno che questo fenomeno è in gran parte dovuto ad un'altra fondamentale presenza nell'ambiente troposferico: il vapore acqueo, in pratica l'acqua allo stato gassoso. La sua distribuzione in atmosfera è molto irregolare ed anche questo è un fattore che incrementa il caos del sistema rendendolo in fondo più affascinante. Come chiariremo più avanti, il vapore acqueo è l'elemento che, in complicità con i nuclei di condensazione, forma le nubi che vediamo nascere e morire nei nostri cieli. Della troposfera è utile ricordare alcune importanti caratteristiche che ne definiscono lo stato: a) il gradiente termico verticale, ovvero la diminuzione progressiva della temperatura via via che si sale di quota. L'ordine di grandezza è mediamente di 0,65 gradi ogni 100 metri in atmosfera standard, valore che cambia con le condizioni della massa d'aria.
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b) la pressione (il peso della colonna d'aria sovrastante il punto in cui la vogliamo misurare) al suolo è mediamente di poco superiore ai 1000 hPa (precisamente 1013), tradotto in chilogrammi possiamo approssimare il valore a circa un'unità su centimetro quadrato. Anche la pressione varia con l'altitudine: in condizioni di stabilità atmosferica scende a 850 hPa a circa 1500 m di quota e a 500 hPa (dimezzamento rispetto al suolo) attorno ai 5500 m, come illustrato dal grafico in figura 1.4. Naturalmente anche in questo caso ci sono altre cause che determinano variazioni della pressione e le esamineremo nei paragrafi specifici. Come abbiamo visto dal Flg. 1.4 - Il valore la tabella in figura 1.1 l'aria della pressione è dunque composta princi22,0 atmosferica si dimezza palmente da due gas, l'azoto approssimativamente e l'ossigeno, più una modica ogni 5500 metri di quota. quantità di altri elementi gas16,5 sosi, solidi e liquidi. L'atmosfera è quindi soggetta alle leggi che governano il moto dei gas, leggi che hanno il compito di descrivere le traiettorie caotiche delle molecole gassose e gli urti inevitabili a cui vanno incon5,5 tro con le loro simili in una sorta di vera e propria bagarre. La compressione del gas e la sua costrizione in volumi inferiori aumenterà sia la velocità delle 750 1000 250 500 particelle sia il numero degli urPressione (hPa) ti mentre, al contrario, l'espansione del gas, con relativo aumento di volume, rallenterà il moto molecolare e diminuirà gli urti. Velocità e numero di urti determinano variazioni della temperatura del gas e questo ci fa comprendere facilmente che grandezze come la temperatura, la densità dell'aria e la pressione sono strettamente interdipendenti e la variazione di una di esse influenza le altre. Immaginate a questo punto cosa significa cercare di studiare il comportamento delle masse d'aria una volta usciti dalle semplificazioni e dalle mediazioni scientifico-sperimentali pe r entrare nel complesso mondo del sistema Terra (rocce, sabbie e terre di varia natura, oceani, mari, laghi, aree ghiacciate o innevate, zone con alta densità di vegetazione e deserti, latitudine e rivoluzione intorno al Sole, ecc.). Mettiamoci anche l'umidità e la sua distribuzione molto irregolare ed il gioco è fatto : l'affascinante rompicapo si presenta alla nostra attenzione, ogni illustre convenuto partecipa a rendere complicata la previsione dei comportamenti dell'atmo sfera terrestre su scala generale (scala sinottica ) e su scala locale ( mesoscala).
La pressione Fondamentalmente la pressione è la forza con cui l'aria insiste su un'unità di superficie. Per essere più chiari dobbiamo preventivamente considerare il concetto di densità dell'aria, ovvero la quantità di molecole del miscuglio di gas di cui è composta, contenuta in un'unità di
pacchetto e
Flg. 1.5 - La pressione atmosferica è la risultante del peso del "pacchetti* d'aria soprastanti. Ogni pacchetto contrasta questa pressione per mantenersi In equll/brlo con una forza opposta che agisce In tutte le direzioni.
volume. Un'idea quantitativa della densità dell'aria può essere espressa riferendosi ad un valore medio a livello del mare con temperatura di 15 gradi. Un metro cubo d'aria con queste caratteristiche ha una massa di circa 1,2 kg e quindi una densità di 1,2 kg/m 3 • Aumenti o diminuzioni di temperatura hanno effetti opposti sulla densità dell'aria: l'apporto di calore favorisce una rarefazione dell'aria, mentre il freddo determina un addensamento delle molecole, vista la loro minore agitazione. La forza primaria che agisce sull'atmosfera è la gravità, essa attrae l'aria verso il suolo come una qualunque altra massa. La pressione, dunque, altro non è che la forza peso esercitata su una superficie da tutta la colonna d'aria che la sovrasta e viene definita pressione idrostatica . Quattro le cose importanti da ricordare a questo proposito: a) ogni "pacchetto" d'aria è costretto a subire la pressione idrostatica causata dai "pacchetti* d'aria soprastanti e per reazione sviluppa una forza chiamata tensione, pari alla pressione a cui è sottoposto, diretta in tutte le direzioni e non solo verso il basso; b) la pressione è massima a livello del mare e decresce con l'altitudine (a 11000 metri di quota è circa un quarto rispetto a quella sul livello del mare); e) in realtà, la dinamica atmosferica indotta dalla complessità ambientale (radiazione solare, litosfera, idrosfera, biosfera, ecc.) modifica anche di molto l'ideale andamento verticale della pressione idrostatica (questo risulterà importante quando parleremo della cir-
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colazione generale}; d} certamente il variare della pressione è uno dei principali sintomi di cambiamento del tempo. La pressione si misura in hPa (ettoPascal) con strumenti a mercurio (barometro Torricelli}, con l'economico ma meno preciso barometro aneroide (comune in molte case e stazioni meteo meccaniche) o con i moderni sensori elettronici.
La t emperatura Rispetto alla pressione, la temperatura è una caratteristica dell'aria di cui il corpo umano percepisce facilmente le variazioni, almeno quelle dell'ordine di alcuni gradi. Come accennato in precedenza, le molecole di un gas si muovono secondo traiettorie caotiche e si scontrano tra loro innumerevoli volte (figura 1.6). Se apportiamo energia per mezzo di calore ad un volume d'aria, questa eccitazione generale aumenta e proporzionalmente aumenta anche la temperatura; se l'energia è molto bassa le molecole rallentano e così anche gli urti. Il concetto portato all'estremo è un desolante campo di molecole ferme. In questo caso significa che si è raggiunta la temperatura più bassa possibile in natura che è (assunta come unità di misura il grado Celsius) 273.15 sotto lo zero, ovvero sotto il riferimento del punto di congelamento dell'acqua. Il valore -273.15 gradi è un concetto praticamente astratto per la nostra troposfera. La scala Celsius utilizza infatti come / riferimenti i due noti punti di cambiamento di stato dell'acqua. Un grado Celsius è una frazione centesimale dell'intervallo tra i due punti di riferimento: si attribuisce il valore 0°C (zero) in corrispondenza del punto di congelamento ed il valore 100°C In relazione al punto di eboll 12ione, considerando di operare alla pressione media di 1013 hPa a livello del mare. È esperienza comu ne verificare come la pressione incida, ad esempio, sul pun to di ebollizione dell'acqua : un piatto di spaghetti preparato a 3000 metri di quota può riservare grandi delusioni! Esiste anche la scala Fahrenheit, utilizzata nel mondo anglosassone e su cui non mi soffermerò in questa sede. La temperatura è dunque una caratteristica importante delle masse d'aria, direttamente influenzata dal riscal damenFig. 1.6 - La temperatura è un valore che esprime l'energia cinetica delle molecole to del suolo operato dalla radiazione sola· d'aria. Temperature dell'aria elevate signire . Essa presenta valori distribuiti in modo ficano maggiore velocità delle molecole e ben poco omogeneo a seconda del tipo di più urti tra le molecole stesse. A temperasuperficie, dell'esposizione al sole, del l'inture basse velocità e urti diminuiscono. clinazione dei piani di superficie rispetto ai
o
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raggi solari, del potere riflettente delle superfici stesse (albedo) e di moltissimi altri agenti attivi o inerziali. La sua misurazione viene effettuata in modo indiretto, con strumenti dotati di sensori realizzati con materiali che cambiano le loro caratteristiche fisiche in modo noto al variare della temperatura (ad esempio dilatazione o contrazione, maggiore o minore resistenza elettrica). Nei liquidi gli effetti di dilatazione e contrazione sono molto accentuati rispetto ai corpi solidi. I principali esempi nel campo del rilevamento della temperatura sono le comunissime colonnine di mercurio montate su supporto dotato di scala graduata, le lamine bimetalliche che sfruttano il diverso coefficiente di dilatazione di due metalli diversi (utilizzate per i termografi) o le moderne termoresistenze al platino installate sulle sempre più diffuse stazioni meteorologiche automatiche. In tutti I casi, le misure di temperatura dell'aria devono essere eseguite correttamente: è necessario schermare Il sensore dalla radiazione diretta, il sensore deve essere posto a 2 metri di altezza ed essere sufficientemente lontano da oggetti o superfici con notevole inerzia termica e capaci di Indurre errori anche di alcuni gradi rispetto alle temperature reali. A tal proposito esistono In commercio le classiche capannine o i più moderni schermi solari (dall'aspetto di piatti rovesciati sovrapposti) per proteggere il sensore.
L'umidità Abbiamo già accennato al fatto che il vapore acqueo è presente nell'atmosfera con una distribuzione quantitativa molto irregolare, a differenza degli altri gas che compongono l'aria. Il vapore acqueo contenuto nell'atmosfera rappresenta una piccola quantità di tutta l'acqua presente sul pianeta, nonostante i 1000 miliardi di tonnellate d'acqua che evaporano quotidia-
VAPORE
ACQUA
GHIACCIO
Energia liberata
Fig. 1.7 - L'acqua è l'unico elemento dell'atmosfera che può esistere in tutti gli stati della materia : solido, /ìquido, gassoso. I passaggi di stato assorbono o rilasciano energia.
namente! La sua presenza, tuttavia, vivacizza non poco i nostri cieli dato che è l'Ingrediente principale di cui sono costit uite le nubi e le precipitazioni che spesso ne conseguono. Da dove proviene il vapore acqueo? È sempre la radiazione solare il vero motore dei processi atmosferici: grazie all'energia proveniente dal Sole, una quantità nota d'acqua passa allo stato gassoso dai mari, dai laghi e dal fiumi, dal terreni erbosi e dalle foreste. L'acqua è l'unico elemento dell'atmosfera che si presenta in tutti gli stati possibili della materia, come evidenziato in figura 1.7. VI sono anche altri contributi di natura minore che tuttavia non modificano significativamente il bilancio atmosferico globale. Il ciclo dell'acqua (figura 1.8) chiarisce il meccanismo che regola I passaggi di stato dell'elemento principe della vita nell'ambiente (in fondo anche il nostro corpo è fatto per il 72% di acqua) costituito da oceani, terre emerse, atmosfera. È uno schema semplice che ci aiuta a comprendere perché si formano le nubi, perché piove e poi torna il sereno: la natura ha molto a cuore Il concetto di equilibrio, alla fine i conti del bilancio globale tornano con buona approssimazione. I maggiori serbatoi d'acqua del pianeta sono evidentemente gli oceani che contengono oltre il 97% della massa totale, Il suolo ne contiene poco più del 2%, quantità minori sono presenti in atmosfera sotto forma di vapore acqueo (figura 1.9). L'umidità assoluta è la quantità di vapore acqueo contenuta in un metro cubo d'aria: rappresenta, di fatto, la quantità d'acqua in un'unità di volume d'aria. L'umidità assoluta non è tuttavia una grandezza molto utile in campo meteorologico. I cambiamenti di stato dell'acqua sono Infatti influenzati sia dalla temperatura che dalla pressione, è quindi più utile fare riferimento all'umidità relativa (relative humidity in inglese), cioè al rapporto tra l'umidità assoluta presente nell'aria e l'umidità massima che il volume d'aria è in grado di contenere prima dell 'avvio del processo di condensazione. L'umidità relativa si esprime quindi con un valore percentuale ed Il 100% rappresenta la satu razione della massa d'aria. Con un valore di umidità relativa del 30%, ad esempio, possiamo affermare che l'aria è in grado di contenere ancora parecchio vapore acqueo prima di raggiungere la saturazione. Al contrario, con un'umidità relativa dell'80%, siamo certamente più vicini alla saturazione e questo può significare, dal punto di vista del tempo atmosferico, foschie dense, nebbie o pioggia. l n questo senso è molto utile un altro parametro calcolato, il punto di rugiada, che rappresenta la temperatura alla quale si deve raffreddare una massa d'aria affinché l'umidità in essa presente condensi. Sappiamo, infatti, che scaldando un volume d'aria rispetto ad uno stato iniziale esso sarà in grado di contenere più vapore acqueo, mentre, raffreddandolo, diminuirà la sua capacità di contenerne ancora ed il vapore sarà costretto a condensare. Questo accade anche per una peculiare caratteristica del vapore acqueo rispetto ai gas ideali: tra le molecole di vapore esiste un'attrazione dovuta alle caratteristiche elettriche delle molecole stesse. Il va pere, per sopravvivere con la sua identità e non legarsi nella struttura dell'acqua (Hp), ha bisogno quindi di maggiore spazio, spazio garantito dall'espansione di un volume d'aria grazie ad un apporto di energia sotto forma di calore. Un valore della temperatura di rugiada di 3°C, ad esempio, indica la temperatura che dovrebbe avere il relativo volume d'aria perché si avvii il processo di condensazione del vapore acqueo presente in esso ad una pressione nota e costa nte. È intuitivo che la temperatu ra di rugiada è normalment e inferiore alla temperatura dell'aria, al limite uguale nel caso di sat urazione, decisamente più bassa nel caso di aria secca. Il fatto che una massa d'aria calda contenga più umidità rispetto ad una fredda spiega anche perché le precipitazioni siano più intense in presenza di climi più caldi, sempre che, ovvia-
Fig. 1.8 - Il ciclo dell'acqua. L'acqua degli oceani, dei mari, del fiumi e dei corsi d'acqua evapora e viene trasferita all'atmosfera sotto forma di vapore acqueo. Salendo con la quota e grazie al raffreddamento il vapore condensa, dando luogo a nuvole e precipitazioni nelle varie forme. Un ulteriore contributo è dato dall'evapostrasplrazione del t erreni e dalla vegetazione. Le acque ritornano al mare, al bacini di acqua dolce sulla terraferma per trasporto grazie al fiumi e al torrenti, alle falde freatiche per infiltrazione.
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Fig. 1.9 - Distribuzione dell'acqua sul pianeta. Il 97% si trova negli oceani e nei mari, solo il 3% circa è accumulat o sulla t erraferma tra laghi, fiumi e ghiacciai.
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MARI OCEANI
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mente, ci siano le condizioni adatte al verificarsi delle piogge o delle nevicate. L'umidità relativa ha delle oscillazioni giornaliere, in genere In opposizione di fase rispetto all'andamento della temperatura. Essa è massima di prima mattina, mentre scende al suoi valori minimi durante la fase più calda della giornata, questo ovviamente in una giornata stabile e prevalentemente soleggiata senza apporti legati alla dinamica atmosferica (fenomeni dovuti per esempio ad instabilità quali piogge, variabilità del soleggiamento, venti, ecc.). L'umidità relativa è un parametro importante e facile da misurare: bastano dei capelli umani, merce facilmente reperibile e soggetta a variazioni della lunghezza al variare dell'umidità . Si possono quindi realizzare strumenti sia meccanici che elettronici capaci di tradurre le contrazioni del fascio di capelli in valori percentuali dell'umidità relativa. Più preciso, ma anche più complesso, lo strumento chiamato psicrometro : si tratta di un sistema che affianca due termometri, uno con sensore di misurazione libero (bulbo secco), l'altro con sensore avvolto da una garza di cotone intrisa d'acqua (bulbo bagnato). Il processo di evaporazione dell'acqua determina una perdita di calore, inversamente proporzionale all'umidità dell'aria, che è registrata dal termometro dotato del bulbo bagnato. La lettura simultanea dei due termometri restituisce una differenza di temperatura grazie alla quale è possibile risalire con precisione al valore di umidità relativa utilizzando delle formule matematiche o delle tabelle.
La radiazione solare e terrestre
La sorgente di energia che permette la vita e rende dinamica l'atmosfera è il nostro amato Sole, stella di media grandezza del firmamento, catalogata astronomicamente nella sequen za principale del diagramma di Hertzsprung-Russell (schema che permette d1 valutare l'evoluzione dell e stelle relazionando la loro temperatura e la loro luminosità), caratterizzata da una temperatura superficiale di circa 5500 gradi. Il Sole emette onde elettromagnetiche coprendo tutta la gamma di frequenze e lunghezze d'onda dello spettro ed è per questo che la luce appare bianca, salvo fenomeni di assorbimento atmosferico. li sistema Terra-Sole è dinamico, il nostro pianeta ruota infatti intorno alla sua stella lungo un'orbita ellittica, in realtà quasi circolare vista la differenza di massa t ra i due corpi celesti (figura 1.10). A volte qualcuno crede erroneamente che sia proprio la variabilità della distanza della Te rra dal Sole a determinare i cicli stagionali, mentre il moto di ri-
Fig. 1.10- L'orbita della Terra intorno al Sole è un 'ellisse approsslmab/le ad un cerchio. La massima distanza dal Sole (afelio) si verifica al primi di luglio mentre la minima (perielio) avviene ai primi di gennaio.
Fig. 1.11 - L'asse terrestre è !nel/nato di ol· tre 23° rispetto al pia· no dell'eclìttica (plano su cui si sviluppa il moto di rivoluzlo· ne della Terra attor· no al Sole) ed è la ve· ra causa de/l'alternar· si delle stagioni e del riscaldamento d1ver· sificato della superficie terrestre che gene· ra le dinamiche atmo· sferiche.
voluzione è responsabile solo di una limitata differenza di apporto energetico tra l'emisfero boreale e quello australe. Il passaggio della Terra al perielio, punto di massima vicinanza della Terra al Sole, avviene ai primi di gennaio, mentre l'afelio, punto di massima lontananza dalla stella, è raggiunto all'inizio di luglio. L'emisfero australe riceve quindi un po' più di energia rispetto a quello boreale. La responsabilità del succedersi delle stagioni è Invece da attribuirsi all'inclinazione dell'asse terrestre rispetto all'eclittica (piano di rotazione del pianeta attorno al Sole} come evidenziato in figura 1.11. L'angolo tra l'eq uatore del nostro pianeta e l'eclittica è di poco superiore ai 23° ed induce una fondamentale variabi lità ciclica sull'angolo di incidenza con cui I raggi solari rag· giungono la superficie terrestre alle varie latitudini. Il maggior effetto riscaldante si ha quando
Fig. 1.12 - Nel corso dell'anno si modifica l'angolo d'incidenza dei raggi solari. Nell'estate boreale Il Sole si alza fino a 66° sull'onzzonte alle nostre latitudini; in inverno è a/ punto più basso ed i raggi devono attraversare uno strato più spesso di atmosfera.
i raggi del Sole giungono perpendicolari alla superficie terrestre, più basso è invece il Sole sull'oriuonte e meno calore verrà assorbito dalla superficie, quale essa sia (figura 1.12). La radiazione del Sole attraversa l'atmosfera terrestre ma, a parte effetti secondari, non riscalda direttamente l'aria. L'atmosfera si scalda in realtà dal basso, dal suolo che cede il calore all'aria per irraggiamento. Èquesto il motivo principale per cui la troposfera è più calda a livello del mare e progressivamente più fredda via via che si sale verso la tropopausa, con parziali modifiche di questa tendenza indotte dai fenomeni di inversione o da situazioni di forte turbolenza che incontreremo più avanti, specie nei primi 3000 m a partire dal suolo. Naturalmente, quando parliamo di superfici, dobbiamo necessariamente tenere conto anche della loro morfologia (rilievi, conche, pianure, ecc.): un avvallamento o un'area di pianura sono in grado di trattenere più calore rispetto ad un rilievo. Le pareti o i pendii di una montagna ricevono i raggi del sole con angoli d'incidenza totalmente diversi rispetto ad una pianura o alla superficie del mare, spesso per lunghi periodi dell'a nno rima ngono perfino in ombra. È chiaro a questo punto che l'effetto combinato dell'inclinazione dell'asse terrestre, del la diversa qualità delle superfici che ca ratterizzano il pianeta e la loro morfologia, contribuisce ad una distribuzione piuttosto complessa dell 'irraggiamento dalla superficie terrestre verso l'atmosfera . Oltre al contributo della radiazione solare, caratterizzata da onde corte che ricadono nello spettro del visibile, l'atmosfera riceve energia anche da tutti I corpi che fanno parte del sistema Terra. Questo avviene sotto forma di radiazione ad onde più lunghe note come raggi infrarossi, per noi invisibili ma visibilissimi, ad esempio, per i satelliti meteorologici che riescono a registrare immagini notturne delle nubi o a particolari sensori ottici utilizzati In campo militare per muoversi in totale assenza di luce. La radiazione solare e quella terrestre partecipano ad un grande sistema di sca mbio energetico con l'atmosfera basato sul principio che ogni corpo che emette energia è capace anche di assorbirne. In definitiva, tutti i corpi emettono più o meno calore e sono in grado di accumularne: bastano semplici osservazioni in natura per renderci conto di questi trasferimenti continui di energia. Una notte con cielo sereno è in genere molto più fredda di una con copertura nuvolosa, in quanto le nubi irradiano nel campo delle onde lunghe e riducono l'irraggiamento da parte del suolo. Viceversa , di giorno le nubi riflettono in parte la radiazione proveniente dal Sole ed in parte la assorbono, favorendo temperature più basse in prossimità del suolo a causa del ridotto apporto d'energia. Le superfici innevate riservano altre sorprese: se è vero che sono ca paci di riflettere la quasi totalità della radiazione solare nel campo del visibile, apparendo per questo motivo così candide ai nostri occhi, è altrettanto vero che assorbono quasi tutta la radiazione infrarossa irradiata dalle nubi e da qualsiasi altra presenza, tipo alberi, fabbricati, ecc. La conseguenza pratica di questo è che la neve tenderà ad accumulare più calore in una giornata nuvolosa che in una serena e tersa. La conoscenza di questo comportamento potrà tornarci utile più avanti. L'aria a contatto con la superficie terrestre si scalda e con moti verticali abbastanza caotici il calore viene trasportato a livelli atmosferici più elevati. Per convezione, infatti, una porzione d'aria che subisce un riscaldamento tende a dilatarsi perdendo peso e salendo così di quota. In questo modo si realizza un vero e proprio trasferimento di masse d'aria a temperatura più elevata verso settori dell'atmosfera posti a quote superiori e aventi temperatura più bassa. Un processo analogo, ma che avviene per propagazione orizzontale, è definito avvezione ed è causato, ad esempio, da differenze di temperatura tra masse d'aria soprastanti superfici diverse.
Fig. l.13 - Situazione di stabilità atmosferica con gradiente adiabatico della porzione d'aria superiore al gradiente t errmco verticale atmosferico.
In conclusione, possiamo affermare con buona approssimazione che il Sole è la causa principa le di tutti i movimenti delle masse d'aria . li Sole, in combutta con le variegate su perftci che caratteriuano la Terra, crea differenze di pressione e di temperatura che generano trasferimenti verticali ed orizzontali d'aria.
Stabilit à ed insta bilità
quota
temp.
metro
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94
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108
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300
12.9
200
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t
Spesso sentiamo parlare i me14.3 100 teorologi di stabilità o instabili17 .0 ta dell'aria. Cerchiamo di defini15.0 o re in breve questi due stati dell'atmosfera che in montagna risulta----- . no particolarmente importanti anche su scala molto piccola. Abbia mo conosciuto la dinamica alla base del trasferimento di calore dalla superficie terrestre all'atmosfera e quanto questa sia condizionata dai diversi tipi di superficie. Supponiamo allora di trovarci su una superficie rocciosa nel bel mezzo di una zona prativa. Con il passare delle ore Il Sole sale nel cielo e i suoi raggi arrivano al suolo con un angolo sempre maggiore via via che si approssima il mezzogiorno. Il prato assorbe meno calore rispetto alla pietra, quindi lo strato d'aria che si trova a contatto con la superficie rocciosa si scalderà più dell'aria circostante . A questo punto una bolla d'aria relativamente più calda si stacca dal suolo e comincia a salire di quota. Ricordiamo che zone ampie della troposfera sono caratterizzate da un gradiente termico verticale tipico, owero che l'aria si raffredda progressivamente man mano che dalla superficie si sale di quota. La bolla d'aria tenderà a salire raffreddandosi di circa un 1°C ogni 100 m per effetto della graduale diminuzione della pressione con la quota (raffreddamento adia batico). In condizioni di stabilità la nostra bolla d'aria non farà molta strada perché il suo gradientt. adiabatico sarà superiore al gradiente termico verticale atmosferico. In parole povere l'aria della bolla, salendo, si raffredderà più velocemente dell'aria circostante e fermerà la sua corsa perdendosi nel mare atmosferico quando la sua temperatura eguaglierà quella circostante, come evidenziato in figura 1.13. La stabilità atmosferica, quindi, è condizione sfavorevole ai
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~
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Fig. 1.14 - Situazione di instabilità atmosfenca con gradiente ad1abatico della porzione d'aria inferlore al gradiente termico verticale atmosferico.
movimenti delle masse d'aria. L'atmosfera sarà invece insta10 2 400 bile (figura 1.14) quando Il gradiente adiabatico della bolla d'aria 11 .4 sarà inferiore al gradiente termico 300 atmosferico. In questo caso la bol15.0 la navigherà in aria costantemen12.6 200 te più fredda continuando a salire senza scambi con l'aria circostante (gradiente adiabatico secco con 138 100 umidità inferiore al 100%). L'instabilità atmosferica è condizione favorevole ai movimenti verticali delle masse d'aria. Un ulteriore passo avanti: sappiamo ormai che l'aria fredda è in grado di contenere meno umidità rispetto a quella calda. Una bolla d'aria in fase di ascesa tende ad espandersi e a raffreddarsi per la diminuzione della pressione: questo determina una riduzione della sua capacità di contenere il vapore acqueo e, di conseguenza, un progressivo aumento della percentuale di umidità relativa via via che sale di quota. Ad un certo punto l'aria in fase di risalita può raggiungere il livello di condensazione e l'umidità diventa visibile trasformandosi in una miriade di goccioline che possono formare una nube. Il processo di condensazione libera calore che va a contrastare in parte il raffreddamento adiabatico permettendo alla bolla d'aria di salire ancora (gradiente adiabatico saturo), anche fino al limite della tropopausa. Nella realtà la situazione è più complessa: la distribuzione delle masse d'aria in orizzontale e verticale è tale che possiamo avere stabilità negli strati inferiori dell'atmosfera e instabilità in una fascia più elevata o viceversa. L'aria che nel caso del nostro esempio sale dal suolo lascia un relativo vuoto che, come abbiamo visto in precedenza, va richiuso. S'innescano così degli spostamenti orizzonta li che trasportano aria dall'esterno verso la zona dove è in corso il sollevamento e moti discendenti d'aria più fredda dall'alto che compensano questi trasferimenti. Il meccanismo si chiama convezione termica , molto utile, tra l'altro, a chi pratica il volo libero, e dagli effetti più evidenti nella stagione estiva.
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Le nubi, formazione e classificazione Le nubi sono la manifestazione visibile della condensazione del vapore acqueo. Questa può avvenire in diverse forme definite dai passaggi di stato dell'acqua. Raggiunto il punto di rugiada, l'aria diviene satura e il vapore acqueo deve necessariamente condensare in forma di goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio, a seconda della temperatura dell'aria. Abbiamo potuto rilevare dal profilo verticale dell'andamento termico troposferico che la temperatura decresce con l'altitudine fino a scendere sotto il limite dei -40°C, temperatura in cui tutta l'acqua presente nell'aria congela trasformandosi in minuscoli cristalli di ghiaccio cessato il fenomeno della soprafusione (processo di raffreddamento di un liquido a temperature inferiori alla sua temperatura di solidificazione). La formazione di goccioline di acqua è favorita dalla presenza di nuclei di condensazione, vale a dire di piccolissime particelle di dimensione superiore a 0.1 micron, secondo un processo che non approfondiremo nei dettagli. Si tratta di pulviscolo atmosferico o cristalli di sale marino in sospensione, presenti in notevole quantità nell'aria . I nuclei di condensazione più grandi determinano la formazione di goccioline di dimensioni maggiori. Quando scarseggiano i nuclei di condensazione, o le loro dimensioni sono troppo piccole, le goccioline rimangono allo stato iii :::> liquido (acqua soprafusa) z fino alla soglia dei -40°C. Le nubi saranno quindi formate da sole gocciolic;ooo me111 ne d'acqua da 0/ -4°C in su, da un miscuglio di cristalli di ghiaccio e gocciow o line d'acqua tra O e -40°C w :E e da soli cristalli di ghiaccio al disotto dei -40°C. Le nubi tipiche dei settori più alti della troposfera , come i Cirri, sono formate da cristalli di ghiaccio ; al di sotto, specie dai 5000 m in giù, si verificano le condi-
Fig. 1.15 - ltipl di nuvole classificati in relazione alla quota di formazione in tre raggruppamenti: nubi alte, nubi medie e nubi basse.
Fig. 1.16 - Nube convettiva. È originata dal moti convettivi dovuti al diversificato riscaldamen to del suolo.
zioni miste che abbiamo descritto a seconda del profilo verticale della temperatura. Le nubi vengono classificate come nubi basse tra i livelli di quota O e 2000 m, nubi medie tra i 2000 e i 5000 m, nubi alte al di sopra dei 5000 m. Le nubi che raggiungono il maggior svìluppo verticale sono i Cumulonembi che possono essere estesi tra i 600 m di quota e il limite troposferico o addirittura poco oltre. Nella figura 1.15 sono evidenziati i principali tipi di nube presenti nei nostri cieli e i settori di quota che ne definiscono la classificazione. Le nubi sono generate principalmente da tre meccanismi di formazione. Le nubi si definiscono convettive {figura 1.16) quando sono generate da bolle d'aria calda che si staccano da superfici del terreno di diversa natura e temperatura, come ad esempio un'isola rocciosa in mezzo ad un lago. L'aria sale fino a che, raffreddandosi, raggiunge il punto di saturazione e l'umidità contenuta condensa in una nube. Le nubi orografiche (figura 1.17) sono generate dal forzato sollevamento di una massa d'aria umida in movimento trasversale rispetto ad una catena montuosa. L'aria, costretta a risalire il pendio, si raffredda e arrivando al punto di condensazione genera una nube ed eventuali precipitazioni sul versante sopravento, mentre sul versante sottovento essa ridiscende rapida comprimendosi e riscaldandosi. li riscaldamento determina un drastico calo dell'umidità relativa e i moti discendenti favoriscono cielo sereno. le nubi frontali, infine, illustrate in figura 1.18, sono quelle che nascono dal confronto tra masse d'aria di diversa temperatura. L'aria calda viene in ogni caso costretta a salire sopra a quella più fredda. Se il tasso d'umidità relativa è sufficiente abbiamo
Fig. 1.17 - Nube orografica. Quando masse d'aria umida nel loro moto incontrano una catena montuosa sono costrette a sollevarsi, generando nuvolosità e precipitazioni sul versante sopravento, cieli tersi e aria secca sul versante sottovento.
Fig. 1.18 - Nube frontale. SI forma quando s 'Incontrano fronti d 'aria a temperature diverse. Ne derivano nubi stratiformi con i fronti caldi, nubi cumuliformi con I fronti freddi.
la formazione di nuvolosità. Il tipo di nuvolosità, stratiforme o cumuliforme, dipenderà dal tipo di fronte.
Il vento oriz zontale Il riscaldamento non omogeneo delle varie superfici della Terra crea differenze di pressione. Come spiegato in precedenza, i raggi solari incontrano la superficie terrestre con diversi angoli d'incidenza a seconda della latitudine. È evidente in quest'ottica che all'equatore l'aria tenderà a scaldarsi molto più che ai poli. Ci sono poi diversi modi di assorbire la radiazione solare: i mari assorbono e cedono molto lentamente il calore, ma questo arriva anche a notevole profondità; i terreni rocciosi o sabbiosi si scaldano molto e velocemente, ma solo in superficie; le aree con diffuso innevamento riflettono quasi tutta la radiazione solare Incidente; le foreste e le praterie assorbono solo alcune lungheue d'onda e a loro volta si scaldano in modo ancora diverso. Inoltre, non dimentichiamo il consueto ciclo di alternanza tra la notte ed Il giorno dovuto al moto di rotazione della Terra. Ci troviamo quindi di fronte a masse d'aria che si scaldano in modo molto disomogeneo, si dilatano di più o di meno rispetto alle porzioni d'aria adiacenti su piccola e su più grande scala determinando differenze di pressione poco o molto rilevanti. Dei venti verticali ci occuperemo tra breve, ora soffermiamoci sulle differenze di pressione La forza di Corlolls esclusivamente sul piano orizzontale, definite come gradiente barico. Un campo di pressione livellato sarà caratteB rizzato da un gradiente barico molto basso se non quasi nullo, mentre due masse d'aria con pressione significativamente diversa al suolo determineranno un forte gradiente barico. Siccome la tendenza all'equilibrio è imperante in atmosfera è bene
Fig. 1 .19 - La forza di Coriolis. È una forza fittizia dovuta alla rotazione terrestre sul suo asse, In senso antiorario se osservata dal polo nord. Un osservatore X solidale con il sistema in rotazione lancia una sfera e la vede percorrere una traiettoria curva da A a C. Un osservatore esterno Y vede una traiettoria rettilinea da A a B.
A X OOS8Mllon1.-.1o
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Bassa pressione
Fig. 1.20 - La direzione e la velocità del vento (vettore blu) in quota sono determinate dalla risultante tra le forze di gradiente barico (vettore rosso) e della forza deviante di Coriolis (vettore verde); Il vettore vento tende a disporsi parallelo rispetto alle isoipse (le lunghezze del vettori In figura sono lndlcattve e non In scala).
Alla pressione
che i " buchi " vengano richiusi. Tradotto più semplicemente: dalle zone a pressione più elevata (maggiore densità dell'aria) l'aria tenderà a fluire verso le zone a pressione più bassa (minore densità dell'aria) generando quello che chiamiamo vento. Il vento è una grandezza di tipo vettoriale, definita da velocità e direzione, e la forza di gradiente barico non è sufficiente a definirne il percorso, specie su grande scala. Altre due forze concorrono a determinare la traiettoria del vento: la forza di Coriolis (figura 1.19) e la forza d'attrito. La forza di Coriolis (dal nome dello scopritore, il matematico francese Gustave Gaspard de Coriolis, 1792-1843) è una forza fittizia indotta dalla rotazione terrestre. Consideriamo il nostro emisfero boreale. Elevandoci sopra il polo avremo l'impressione di vedere sotto di noi un grande disco che ruota in senso antiorario (orario nell'emisfero australe). Un corpo lanciato da un osservatore solidale con la superficie del disco, in moto rettilineo lungo una tra iettoria che, ad esempio, corrisponde al diametro, subirà una deviazione verso destra riscontrabile solo dal lanciatore, non da chi osserva dall'esterno. Bassa pressione
Alta pressione
Fig. 1.21 - La direzione e la velocità del vento al suolo (vettore blu) sono determinate dalla risult ante tra le forze di gradiente barico, dalla forza deviante di Corlolis e dalla forza d'attrito tipica dello strato limite atmosferico, più evidente In prossimità del terreno (vet tore arancione). l i vento tende a deviare legger mente verso l'area di bassa pressione.
L'atmosfera terrestre è soggetta anch'essa alla rotazione della Terra e quindi i venti su grande scala (sinottici) subiscono l'influenza della forza di Coriolis. Essi, infatti, percorrono grandi distanze in tempi di molte ore permettendo che gli effetti della forza deviante si manifestino. Nel caso dei venti locali, come le brezze, la forza di Coriolis è trascurabile, assume invece maggiore importanza la morfologia del suolo, la presenza di rilievi, catene montuose, gole, valli, alberi, fabbricati, ecc. I venti sono più forti in alta quota e la loro direzione è parallela alle isoipse (linee approssimativamente altimetriche, alle quali si riscontra la medesima pressione dell'aria) In quanto non si fa sentire la forza d'attrito, come espresso nella figura 1.20. In genere i venti in quota costituiscono il nastro trasportatore dei grandi fronti che dall'Oceano Atlantico si muovono verso il continente europeo e la zona alpina. I venti che soffiano in prossimità del suolo, o comunque all'interno del cosiddetto strato limite (strato atmosferico di spessore variabile tra poche centinaia di metri e circa 3000 met ri di quota dove si fanno sentire direttamente gli effetti dell'attrito e i fattori termodinamici legati al ciclo giorno-notte, all'evaporazione e alla condensazione), devono fare i conti anche con la forza d'attrito che si oppone al vento attenuandone in parte la velocità e modificandone la t raiettoria finale come da fig ura 1.21. L'interazione tra la forza di gradiente barico, la forza
Numero di Beaufort
Velocità del vento (km/ h)
Descrizione
o
o
Calmo
Condizioni a terra Il fumo sale verticalmente.
1
1·6
2
7-11
Brezza leggera
3
12· 19
Brezza tesa
4
20-29
Vento moderato
5
30·39
Vento teso
6
40·50
Vento fresco
7
51·62
Vento [orte
8
63-75
Burrasca
9
76·87
Burrasca forte
Leggeri danni alle strutture (camini e tegole asportati).
10
88·102
Tempesta
(rara in terraferma) Sradicamento di alberi. Considerevoli danni strutturali.
11
103·117
Tempesta v iolenta
12
>117
Uragano
Bava di vento
Movimento del vento v1s1bile dal fumo.
-~
-
SI sente il vento sulla pelle nuda. Le foglie frusciano. Foglie e rami più piccoh In movimento costante.
I-
Sollevamento di polvere e carta . I rami sono agitati. Osallano gh arbusti con foghe. Si formano piccole onde nelle acque Interne. Movimento d1 grossi rami. Difficoltà ad usare l'ombrello. Interi alberi agitati. Difficoltà a camminare contro vento. Ramoscelli strappati dagli alberi. Generalmente impossibile camminare contro vento.
è
Vasti danni strutturali. Danni ingenti ed estesi alle strutture. Pressione dinamica superiore a 66 kg/m'.
Fig. 1.22 - La scala anemometrica Beaufort permette di stimare la velocità del vento dall'osservazione della sua azione su elementi della superficie quali fumo, alberi, onde, ecc.
di Coriolis e la forza d'attrito determina infatti una tendenza del vento al suolo a deviare parzialmente verso la zona di bassa pressione anziché allinearsi alle isobare (linee che uniscono punti con uguale pressione). Un modo empirico, utile ad un osservatore per capire la disposizione dei campi di pressione al suolo, è quello di porsi in modo da avere il vento alle spalle. Approssimativamente si troverà sulla propria sinistra il campo di bassa pressione, mentre sulla destra quello di alta pressione, sempre tenendo conto che su piccola scala subentrano anche altri effetti dovuti alle condizioni localì. I venti sono classificati come costanti, periodici e variabili . Esistono anche altri modi di raggruppare in famiglie i venti, ma per eventuali approfondimenti rimando 11 lettore a testi più specifici di Meteorologia generale. Nel box a fianco sono riportati i principali venti che spirano in area mediterranea influenzando il clima anche sulle zone montane della nostra regione. Sono classificati sulla base della direzione di provenienza, secondo lo schema grafico noto come rosa dei venti. La velocità del vento si può anche stimare sulla base dell'osservazione visiva senza necessità di usare strumenti di rilevamento. Il confronto tra l'osservazione della reazione al vento da parte dei più svariati oggetti presenti sul suolo e la sca la anemometrica di riferimento Beaufort, riportata in figura 1.22, consente di valutare in modo empirico la velocità del vento. Per rilevare con precisione il vento si utilizzano invece gli anemometri, strumenti che permettono di misurarne direzione e velocità. La direzione è indicata da una banderuola libera di ruotare a 360° su un alberino. Il punto O o 360° dovrà essere puntato precisamente a nord come riferimento per le misurazioni. Per la velocità si utilizza invece un mulinello dotato di tre coppe che ruota su se stesso. Più velocemente ruota il mulinello, più alta è la velocità effettiva del vento misurata.
Il vento verticale L'aria si sposta sia sul piano orizzontale che su quello verticale. La caratteristica principale dei venti verticali è quella di essere sensibilmente meno intensi rispetto a quelli orizzontali, ma determinanti nel favorire rapide modifiche dello stato dell'aria che si trova a dover salire di quota. Essi sono importanti nella genesi della nuvolosità e dei fenomeni meteorologici. I venti verticali più forti, ascendenti o discendenti, si registrano nelle aree temporalesche e possono superare i 100 km/h. Di norma, in situazioni meno turbolente, raggiungono velocità dell'ordine di pochi metri al secondo. Le barriere costituite dalle catene montuose sono dei naturali inviti per le masse d'aria a muoversi in verticale e, in effetti, costituiscono un fattore enfatizzante dell'instabilità e delle precipitazioni, oltre che la causa diretta dei fenomeni chiamati Stau e Fohn che tratteremo più avanti.
Le alte e le basse pressioni Siamo ormai abituati a sentir parlare di alte e basse pressioni o di cicloni e anticicloni. Il termine ciclone, associato al concetto di bassa pressione, non può che farci pensare al brutto tempo. Il parametro pressione è molto importante per capire il tempo in corso e per prevederne l'andamento futuro: una diminuzione della pressione è segno di tendenza al peggioramento, mentre un aumento ci fa ben sperare in un miglioramento. Vanno tuttavia considerate particolari condizioni in cui ad una sensibile diminuzione della pressione non corrispon-
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de necessariamente una situazione di tempo perturbato. Un esempio può essere il caso delle zone della nostra pianura, protette dalla barriera alpina in occasione del sopraggiungere di fronti freddi invernali provenienti da nord: con eventi del genere possiamo osservare una ra-
LA ROSA DEI VENTI La rosa dei venti è una figura che rappresenta I punti cardinali Nord, Sud, Est e Ovest, le direzioni dalle quali spirano i principali venti nell'area mediterranea ed i nomi che assumono rispetto alla direzione di provenienza. I venti associati alle 4 punte principali, rappresentative del punti cardinali, sono I seguenti: Da Da Da Da
Nord o Settentrione (N - 0°/360°) spira il vento chiamato Tramontana. Est o Oriente (E - 90°) spira Il vento chiamato Levante. Sud o Meridione (S - 180°) spira Il vento chiamato Ostro. Ovest o Occidente (W - 270°) spira il vento chiamato Ponente.
Una successiva suddivisione dei 4 quadranti (denominati da primo a quarto, partendo da quello compreso tra le direzioni Nord e Est e procedendo In senso orario), con l'aggiunta di ulteriori 4 punte, determina la successiva classificazione: Da Nord-Est (NE - 45°) spira il vento chiamato Grecale. Da Sud-Est (SE 135°) spira Il vento chiamato Scirocco. Da Sud-Ovest (SW - 225°) spira il vento chiamato Ubeccio. Da Nord-Ovest (NW - 315°) spira il vento chiamato Maestrale.
Epossibile operare un'ulteriore divisione dei quadranti inserendo altre 8 punte che indicano le direzioni NNE (Nord-Nord-Est), ENE, ESE, SSE, SSW, WSW WNW, NNW. I nomi dei venti traggono la loro origine dal fatto che anticamente la rosa era posta sulle carte nautiche in corrispondenza del Mar Jonio. Rispetto a quel punto s'intuisce facilmente l'associazione del nome del vento alla direzione di provenienza: Grecale per il vento da NE perché a NE c'è la Grecia, Ubeccio per il vento da SW perché a SW c'è la Ubia, Scirocco per il vento da SE perché a SE c'è la Siria e Maestrale per il vento proveniente da NW in quanto a NW si trovavano porti importanti come Venezia che significavano la via maestra verso Il ritorno.
1tamontana N
pida e consistente diminuzione della pressione atmosferica sui barometri ma senza apprezzabili variazioni delle condizioni del tempo. Con quale criterio si definiscono le aree di alta e bassa pressione? Una zona di alta pressione non è definita da un valore considerato alto in termini assoluti, ma da un valore di pressione più elevato rispetto alle aree circostanti. Stesso discorso, all'opposto, vale per le zone di bassa pressione. Si usano quindi gli aggettivi "alta" e "bassa" in forma relativa, confrontando i valori di pressione tra masse d'aria adiacenti dalle caratteristiche diverse. Le differenze di pressione tra diversi settori dell'atmosfera sono indotte dalla radiazione solare e dal tipo di superficie su cui grava l'aria. Gli oceani accumulano e cedono calore molto lentamente rispetto alle terre continentali. Questa inerzia fa sì che nella stagione fredda I mari siano in genere più caldi rispetto alla terraferma, mentre durante l'estate avviene il contrario. Le masse d'aria che sovrastano terre e mari ricevono quindi calore In modo diversificato e si creano differenze di pressione. Questo meccanismo è valido naturalmente anche su scala più piccola: le brezze estive, ad esempio, sono un fenomeno dovuto alla formazione di relative aree di alta e bassa pressione che si generano tra entroterra e mare o tra pianura e montagna, dovute proprio al non omogeneo riscaldamento dell'aria. In figura 1.23 è illustrato uno schema semplificato della circolazione dell'aria tra due aree di relativa alta e bassa pressione. L'esempio è rappresentativo sia per configurazioni su scala locale che per masse d'aria di grande estensione, tuttavia tiene principalmente conto del fattore termico. A livello di circolazione generale entrano in gioco anche fattori di natura dinamica a cui si accennerà successivamente. L'immagine mostra la formazione di due ipotetiche masse d'aria di grande estensione che si differenziano per temperatura, densità e, di conseguenza, pressione atmosferica. La discontinuità delle superfici (mare e terraferma) ed il diverso modo di assorbire calore e trasferirlo all'aria soprastante generano al suolo un'area di bassa pressione ed una a pressione relativamente più elevata. L'interazione tra le due masse d'aria è come sempre garantita dalla tendenza naturale all'equilibrio. L'aria alla base della bassa pressione è più calda, meno densa e tende a salire verso l'alto raffreddandosi progressivamente. Il raffreddamento porta con sé un aumento dell'umidità relativa fino al possibile raggiungimento del punto di condensazione, condizione favorevole alla formazione di nubi e a conseguenti precipitazioni. Dalla base dell'alta pressione l'aria tende a spostarsi orizzontalmente verso la base della bassa pressione per cerca re di compensare il relativo "vuoto". Su piccola scala il moto è praticamente rettilineo, mentre per configurazioni di più grande dimensione la forza di Coriolis interviene deviando il
Fig. 1.23 - Schema della circolazione orizzontale e verticale dell'aria tra un'area di alta pressione e una di bassa pressione.
Fig. 1.24 - Rappresentazione schematica della circolazione generale ne/l'emisfero boreale. Lo scambio di calore tra l'equatore ed Il polo e la forza di Coriolls mantengono attive tre celle principati: Hadley, Ferrei e Polare. I confini tra le celle sono sede della corrente a getto polare nei pressi del 60° parallelo e del getto subtropicale In corrispondenza del 30° parallelo.
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flusso ed Imprimendo un moto rotatorio in senso orario all'alta pressione, antiorario alla bassa pressione. L'aria, che per convezione sale all'interno dell 'area di bassa pressione, raggiunta una certa quota tende a migrare verso l'alta pressione, dove successivamente inizia una lenta discesa. I moti discendenti determinano un riscaldamento dell'aria ed una diminuzione dell'umidità relativa, condizioni sfavorevoli alla formazione di nubi.
La circolazione generale dell'atmosfera Affrontiamo ora il tema della circolazione generale dell'atmosfera, uno schema che è in realtà una specie di grande media su scala planetaria che ci aiuta a comprendere cosa genera le configurazioni bariche (permanenti e mobili) determinanti per l'evoluzione meteorologica sull'Europa e di conseguenza sulle Alpi. Sempre Il Sole in primo piano : la sua radiazione è responsabile di un eccesso di energia nelle zone equatoriali e di un deficit in quelle polari ; in pratica, in un ipotetico bilancio annuale, l'energia assorbita dalla superficie terrestre in corrispondenza dell'equatore è superiore a quella persa per irraggiamento, mentre ai poli l'irraggiamento supera la radiazione assorbita. L'atmosfera tende a riequilibrare questo sbilanciamento energetico generando correnti orizzontali e verticali che trasportano il ca lore in eccesso dall'equatore verso i poli per mezzo d'imponenti movimenti di masse d'aria. La Terra, ruotando su se stessa, impedisce che a gestire il grande scambio di energia a livello emisferico sia una sola gigantesca cella convettiva con correnti ascendenti su ll'equatore e discendenti in corrispondenza del polo. La forza deviante di Coriolis tende a piegare verso destra nell'emisfero nord le correnti, contribuendo a creare tre celle convettive distinte, confina nti tra loro alle latitudini di 30 e 60°, come indicato nella figura 1.24. Proprio queste zone di contatto tra le celle sono di fondamentale interesse per la formazione di circolazioni permanenti, quali la fascia anticiclonica subtropicale o la famosa depressione d'Islanda.
Aiutandoci con la grafica possiamo individuare le correnti ascendenti che generano una fascia depressionaria in corrispondenza dell'equatore, le correnti discendenti in corrispondenza della latitudine di 30° che danno luogo alla fascia anticiclonica subtropicale (in Atlantico l'anticiclone delle Azzorre), le correnti ascendenti lungo il sessantesimo parallelo che sono il motore di una fascia permanente di bassa pressione, ed infine il gran freddo in discesa sulla calotta polare che genera un'area anticiclonica. Stiamo parlando dei principali campi di pressione al suolo determinati dall 'attività delle tre celle convettive dette di Hadley, di Ferrei e Polare. In quota la situazione è diversa. Avevamo accennato, all'inizio del capitolo, al fatto che l'altezza della troposfera non è la stessa a tutte le latitudini; la maggiore forza della radiazione solare in corrispondenza della fascia equatoriale, e quindi la maggiore spinta che riceve l'aria verso l'alto, fa sì che la tropopausa sull'equatore si trovi a circa 18000 m, mentre ai poli non supera gli 8000 m. Tenuto conto, quindi, che oltre i 10000 m la temperatura sulle zone sub-tropicali continua a diminuire per altri 8000 m e che sulle zone artiche a quelle quote siamo già nella stratosfera dove la temperatura riprende a salire, abbiamo chiaro che si verifica una configurazione di pressione opposta rispetto al suolo. Tra l'equatore e le zone subtropicali in alta quota troviamo un'alta pressione, mentre in corrispondenza dei poli è presente una depressione. Le tre celle sono la causa dei venti dominanti al suolo. Le differenze di pressione esistenti tra la fascia anticiclonica delle latitudini sub-tropicali e la fascia depressionaria equatoriale determinano la formazione degli Alisei, venti costanti che nel nostro emisfero soffiano da nordest verso sudovest. Più interessanti per le nostre Alpi sono i venti occidentali che soffiano tra il trentesimo ed il sessantesimo parallelo. Questa fascia è la sede delle correnti prevalenti che regolano il tempo tra l'Oceano Atlantico e l'Europa. I venti occidentali sono presenti sia al suolo che in quota, ma ad alta quota, cioè in prossimità del limite superiore della troposfera, raggiungono la loro massima intensità e diventano uno dei fenomeni più Imponenti dell'atmosfera terrestre. Si tratta delle correnti a getto: un flusso di venti fortissimi che soffiano a velocità che possono avvicinarsi in estremo ai 400 km/h, fiumi d'aria con un letto largo fino a 500 km e lungo al massimo 7/8000 km , con uno spessore di oltre 3 km. La più importante tra queste correnti, per le vicende del tempo sulle nostre montagne, è certamente la corrente a getto polare (in inglese polar jet stream). Difatti, proprio in corrispondenza del sessantesimo parallelo, entrano in contatto le masse fredde polari provenienti da nordest con i venti occidentali più umidi e relativamente miti. Questa linea di forte contrasto è chiamata fronte polare. L'aria fredda all'interno del fronte polare con la quota tende a raffreddarsi più velocemente di quella confinante di natura sub-tropicale. Proprio sul piano orizzontale troviamo la massima differenza di temperatura tra i due tipi di aria, e quindi anche di pressione, In corrispondenza della tropopausa, che alla latitudine di 60° nord si trova a circa 10000 m di quota. Il flusso dei venti occidentali subisce delle oscillazioni gradualmente più ampie, come illustrato in figura 1.25, oscillazioni che permettono Il reale scambio di energia tra le zone polari e sub-tropicali. In realtà si tratta di rallentamenti del flusso dovuti alla disomogeneità delle superfici (mare e terre continentali), alle catene montuose e ad altri fattori. li flusso occidentale tende ad assumere così la forma di un treno d'onde approssimativamente sinusoidali, con l'aria fredda in discesa dalle latitudini settentrionali verso le zone sub-tropicali, e con l'aria calda che risale in risposta dalle latitudini sub-tropicali verso le zone artiche. La corrente a getto polare segue a sua volta la strada tracciata dalle ampie oscillazioni. Una volta innescate, queste onde lunghe, chiamate onde di Rossby, tendono ad aumentare la loro ampiezza (ricordiamo che possono raggiungere anche i 3000 km) fino ad espan-
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Fig. 1.25 - Le correnti occidentali dominanti In quota tra i 30° ed i 60° di latitudine (a) subiscono delle ondulazioni che aumentano di ampiezza (onde di Rossby}, secondo il processo schematizzato nelle fasi a-b -c-d. In (b} inizia /'ondulazione, in (c) le onde raggiungono la massima ampiezza, infine in (d) tendono a spezzarsi e ad Isolare delle circolazioni chiuse di alta e bassa pressione. Lungo il tratto ascendente delle onde le masse d 'aria polari procedono verso quelle sub-tropicali, favorendo la genesi dei cicloni e dei fronti.
dersi verso il polo e verso le aree subtropicali. Raggiunta la massima estensione nel senso della latitudine le onde possono speuarsi, dando vita a circolazioni chiuse come le aree cicloniche e le cellule di alta pressione. In questo caso si tratta di strutture dinamiche, vale a dire mantenute vive da moti ascendenti e discenti, che realizzano così uno scambio termico effettivo in una rincorsa verso l'equilibrio termico. Le aree cicloniche così generate, i cicloni extra-tropicali, vedono poi la nascita, la maturazione e il declino dei fronti perturbat i che raggiungono anche il continente europeo e le Alpi.
Fig. 1.26 - Sul tratto ascendente dell'ondulazione lunga si generano ondulazioni più corte che danno il via alla formazione di cicloni e fronti che sono tipici delle dinamiche atmosferiche tra l'Oceano Atlantico e l'Europa. Sotto, la simbologia grafica utilizzata per rappresentare le tre classi principali di fronti sulle carte meteorologiche al suolo.
ondulaz•one lunga di Rossby
I fronti
..
Le onde di Rossby trasportano molta aria fredFronle lreddo Fronlo caldo Fron1e occluso da dalle zone artiche verso le latitudini più basse, aria fredda che viene a stretto contatto con l'aria più calda lungo li settore ascendente dell'ondulazione lunga. In questo settore nascono onde più piccole che danno origine a strutture vorticose, i cicloni extra-tropicali (figura 1.26). Queste depressioni mettono in moto l'aria fredda verso le zone dove era già presente aria calda, dando vita alle linee frontali in corrispondenza della su perficie di contatto tra le masse diverse. Depressioni e fronti nascono, maturano e svaniscono secondo lo schema illustrato in figura 1.27.
••••
a) nascita
b) sviluppo
e) matunta
d) declino
.
--.
·• ·•
Fig. 1 .27 - Evoluzione di un ciclone. Da lievi ondulazioni (a) prendono forma il fronte freddo ed Il fronte caldo (b). li fronte freddo, più ve· foce, si muove ver· so il fronte caldo e, quando lo raggiunge, ha luogo l'occlusione che segna la maturità del sistema (e). Successivamente, la depressio ne tende a colmarsi e a dissolversi (d).
In un fronte l'aria fredda tende ad incunearsi sotto a quella calda più leggera con una superficie di contatto lievemente Inclinata. Inizia a questo punto un processo di riequilibrio che prevede l'avvio del processi convettivi con formazione di nuvolosità e precipitazioni. I venti convergenti verso la linea frontale, dovuti alle differenti velocità di movimento delle masse fredde e calde, partecipano in modo decisivo al processo di ripristino dell'equilìbrio tra le masse d'aria scambiando calore in senso verticale e favorendo fenomeni meteorologici di intensità va riabile a seconda delle differenze termiche in gioco e dell'umidità disponibile.
Fronti caldi I fronti d'aria calda sono più tipici della stagione fredda in quanto il mare, come abbiamo già verificato, cede Il calore più lentamente della terra . Ne consegue che In Inverno le masse d'aria provenienti dall'Oceano Atlantico, in moto da ovest verso est come previsto dalla circolazione generale, sono più calde rispetto a quelle presenti sulla terraferma continentale europea. Il fronte caldo tende a scorrere sopra la massa fredda, più densa e pesante, lungo un pendio molto dolce rappresentato dalla superficie di confine tra le due masse d'aria, come in figura 1.28. Il fronte caldo è annunciato nel periodo freddo con largo anticipo dalle nubi alte (Cirri, Cirrostrati, ecc.) e solo dopo molte ore, anche una ventina, arrivano le precipitazioni continue generate da nuvolosità molto estesa di tipo stratificato. Con le precipitazioni si verifica un temporaneo calo della temperatura dovuto all 'evaporazione dell'acqua ma successivamente la temperatura riprende a salire gradualmente. Spesso questo tipo di fronti porta nevicate sulle Alpi con limite della neve che tende progressivamente a risalire dopo l 'inizio delle precipitazioni. La pressione cala anch'essa con lentezza e le precipitazioni sono estese e persistenti, d1ntensità debole o moderata, salvo fenomeni legati all'effetto barriera delle catene montuose. I venti, prima dell'arrivo del fronte, si dispongono dai quadranti meridionali e poi ruotano provenendo da ovest o nordovest.
Front i freddi I fronti d'aria fredda assumono maggiore importanza in estate, in quanto l'Oceano Atlantico è più freddo della terraferma continentale. Sono tipici delle aree depressionarie e hanno comportamenti molto diversi dal fronte caldo. Generano marcata instabilità e rilevanti fenomeni associati alla forte convezione che s'innesca. Il cuneo freddo arriva con grande irruenza e scalza l'aria
Fig. 128 - Rappresentazione schematica del fronte caldo. L'aria calda in arrivo scorre sopra a quella più fredda pre-esistente. I fronti caldi sul continente europeo sono più frequenti in inverno.
Fig. 1.29 - Rappresentazione schemat ica di un fronte freddo. L'aria fredda s'incunea prepotentemente sotto l'aria calda costringendola a salire forzatamente. Ne derivano nubi a forte sviluppo verticale, precipitazioni brevi ma Intense e venti sostenuti. I fronti freddi sul continente europeo sono più attivi nel periodo estivo.
più calda, spesso molto umida, pre-esistente, come illustrato in figura 1.29. L'aria più calda viene costretta a salire bruscamente fino ad alta quota, generando intensi moti convettivi capaci di creare imponente nuvolosità di tipo cumuliforme. I fronti freddi sono una fabbrica di Cumulonembi e celle temporalesche particolarmente attive che favoriscono precipitazioni anche molto intense in forma di rovescio. La grandine e una massiccia attività elettnca sono altri fenomeni spesso collegati ai fronti freddi. La fascia interessata da nuvolosità risulta comu nque meno estesa rispetto ad un fronte caldo, la pressione cala molto rapidamente in vista del suo arrivo ed aumenta altrettanto velocemente dopo il transito della linea frontale. Le precipitazioni sono forti e abbastanza brevi mentre i venti sono sostenuti, meridionali prima dell'arrivo del fronte, tra nordovest e nord al suo seguito. Attenzione! In estate i fronti freddi arrivano quasi improvvisi, non essendo anticipati dal lento e progressivo arrivo di nubi medio-alte tipiche del fronte caldo invernale. Possono apparire tuttavia Cirrocumuli e Altocumuli che devono mettere in allarme. In particolare la presenza di Altocumuli Castellani (particolari tipi di Altocumoli che presentano delle protuberanze che ricordano la merlatura di un castello) è inequivocabile segno che nel volgere di alcune ore, 4-6 in genere, potranno comparire all'orizzonte occidentale le nubi torreggianti delle celle temporalesche, disposte lungo la linea del fronte, in rapido avvicinamento.
Fronti occlusi Il fronte freddo si muove più veloce rispetto al fronte caldo e, con la maturazione della depressione in cui è inserito, tende a raggiungerlo. A questo punto si genera un altro tipo di fronte che ha un po' le caratteristiche degli altri due a seconda dei tipi di masse d'aria in gioco: il fronte occluso. Spesso i fronti che raggiungono le nostre zone arrivano proprio nella forma occlusa. Vista la lunga strada percorsa nel suo movimento dall'Atlantico al Continente europeo, il fronte freddo può aver infatti raggiunto quello caldo prima di arrivare sulle nostre teste. A seconda della stagione Il fronte occluso può dare effetti diversi e comportarsi in modo simile a un fronte caldo d'inverno e ad un fronte freddo d'estat e. L'occlusione è in ogni caso segno della maturità della depressione e determina precipitazioni intense e i valori più bassi di pressione al suolo dalla fase di formazione. In seguito inizia il declino del sistema ed il ciclone tende a colmarsi, come già visto nello schema della figura 1.26.
I fenomeni meteorologici Quando nei sistemi nuvolosi le goccioline o i cristalli di ghiaccio in fase di accrescimento diventano troppo pesanti per essere sostenuti dalle correnti ascensionali delle nubi, tende a prevalere la forza di gravità e hanno luogo le precipitazioni. Le precipitazioni possono assumere sostanzialmente tre forme principali: pioggia, neve e grandine. La pioggia è costituita da gocce d'acqua di dimensione variabile, determinata dal tipo di nube e dall'intensità delle correnti convettive. In linea di massima da un Cumulonembo possiamo attenderci le gocce più grandi, fino a 4-6 mm, mentre le piogge generate ad esempio dalle estese stratificazioni di un fronte caldo potranno avere diametri compresi tra 0.1 e 3 mm. La neve è costituita da strutture cristalline complesse chiamate fiocchi, generate in nubi di elevato spessore dove coesistono cristalli di ghiaccio e goccioline d'acqua in forma soprafusa. In pratica le goccioline d'acqua tendono a trasferirsi verso i cristalli di ghiaccio dati i punti di saturazione diversi, costruendo fiocchi via via più pesanti. Anche in questo caso, quando il peso dei fiocchi diverrà Insostenibile per la nube, questi precipiteranno a terra, rimanendo inalterati se troveranno temperature prossime agli 0°C o trasformandosi in pioggia o stadi intermedi se i valori termici saranno positivi. La grandine è una creatura delle nubi a fortissimo sviluppo verticale. In un Cumulonembo temporalesco i forti moti convettivi, ascendenti e discendenti, trasportano le gocce d'acqua soprafusa verso l'alto e verso il basso. Raggiunta la solidificazione le gocce si trasformano in piccoli chicchi che attraversano, nel loro moto interno alla nube, settori con diverse condizioni di temperatura e umidità. Questo processo porta all'accrescimento del chicco in forma di sottili strati di ghiaccio di qualità diversa che si depositano progressivamente sulla sua superficie . Gli strati sono di t ipo vitreo traslucido quando il chicco passa in zone della nube con temperatura prossima agli 0°C, sono invece opachi e con minuscole bolle d'aria inglobate nella struttura, quando raggiunge le zone più elevate a temperatura così gelida da favorire un congelamento molto rapido. Il " sali e scendi" dura fino a che il peso del chicco non diventa eccessivo anche per il potente Cumulonembo, a meno che esso non esca prima dalla circolazione convettiva della nube. Alla fine il chicco precipita ad alta velocità, anche oltre 100 km/h, verso terra, magari sulle nostre automobili o sui nostri frutteti. A seconda della struttura del Cumulonembo il chicco di grandine può raggiungere dimensioni che vanno dal 5 mm ai 10 cm, in qualche caso anche oltre. Dal 2 cm In su parliamo di fenomeno locale violento. Il peso può superare anche i 100 grammi nei casi estremi, Il che fa Intendere quanto male possa fare ricevere sulla testa un oggetto contundente del genere! Un altro evidente fenomeno atmosferico associato ai contrasti fra masse d'aria diverse è il fulmine, il protagonista indiscusso dei temporali. Approfondiremo nei capitoli successivi il ciclo del temporale ed in particolare conosceremo meglio quali sono i tipi di temporale in cui possiamo imbatterci in montagna. Per ora ci interessa solo ricordare che l'attività elettrica atmosferica viene enfatizzata dalla presenza dei soliti, intensi, moti convettivi. Le fulminazioni sono più frequenti nelle fasi calde dell'anno, ma non sono rarissime neppure in inverno alle nostre latitudini. In effetti, tutto dipende dal contrasto tra le masse d'aria al suolo e tra suolo e quote medio-alte. Come illustrato dalla figura 1.30, all'interno della nube temporalesca tendono ad accumularsi cariche elettriche di diversa polarità; in particolare la base del Cumulonembo è caratterizzata da cariche negative, mentre il top ha una prevalente carica positiva, probabilmente dovuta alla caratteristica dei cristalli di ghiaccio che abbondano sulla sua sommità. Gli scambi
d'aria verticali, dovuti alla convezione, interferiscono nella disposizione delle cariche elettriche anche per fenomeni di attrito tra le goccioline ed i cristalli di ghiaccio. Al suolo, sotto la nube, tendono ad addensarsi per induzione cariche elettriche di segno opposto. A questo punto si generano differenze di potenziale tra vari settori della nube, tra la nube ed il suolo, tra una nube e l'aria e tra nubi diverse. La notevole differenza di potenziale attiva un precursore della scarica elettrica, uno stretto ed invisibile canale ionizzato nel quale, inizialmente, cariche negative scendono dalla nube verso Il terreno e cariche positive seguono il percorso contrario. Il contatto tra le cariche diverse dà luogo alla scarica elettrica principale. La scarica ha come effetto un riequilibrio temporaneo del campo. li fulmine può raggiungere valori di corrente di centinaia di migliaia di Ampere e durare meno di un millesimo di secondo. Il tuono che sentiamo, in ritardo se il fulmine non cade vicino a noi, è dovuto al surriscaldamento del canale d'aria in cui ha luogo la scarica elettrica, surriscaldamento che può portare quasi istantaneamente la temperatura dell'aria a ridosso del fulmine fino a 30000 gradi. La forte compressione genera una violentissima dilatazione dell'aria e una conseguente onda d'urto che viaggia alla velocità del suono (circa 330 m/s), li tuono appunto. Conoscendo la velocità del suono e contando i secondi che passano dal lampo dovuto alla fulminazione possiamo approssimativamente capire a che distanza è avvenuta la scarica elettrica e cercare d'intuire se il temporale è in fase di avvicinamento a noi. I fulmini più numerosi sono quelli tra nube e nube. Abbiamo conosciuto brevemente un po' tutti gli elementi che costituiscono l'atmosfera, le sue dinamiche ed i fenomeni che essa è in grado di generare. Ora faremo un passo avanti: nei prossimi due capitoli parleremo in sintesi dei sistemi di osservazione e previsione del tempo.
Fig. 1.30 - La disposizione delle cariche elettriche positive e negative all'interno di una nube temporalesca e tra la nube temporalesca ed il suolo. Quando la differenza di potenziale diventa elevata ha luogo la scarica elettrica. I fulm ini avvengono all'interno della stessa nube, tra nubi diverse, tra nube e aria e tra nube e terra.
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LE OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE
Introduzione Ora che abbiamo conosciuto meglio l'atmosfera e I principali meccanismi che sono alla base del suo dinamismo e dei fenomeni che essa è capace di esprimere, possiamo addentrarci nel vivo di quell'insieme di avvenimenti che definiamo in modo familiare come " tempo". Questo capitolo è dedicato in particolare al "tempo che fa", vale a dire all'osservazione del tempo in corso e agli strumenti che ci permettono di tenere sotto stretto controllo, con buona continuità, l'atmosfera. Prenderemo confidenza con gli ausili tecnici di cui disponiamo oggi per il monitoraggio e la registrazione degli eventi meteorologici e con l'imponente sistema integrato di rilevamenti e strutture di calcolo che si utilizzano giornalmente per emettere carte meteorologiche di analisi dello stato dell'atmosfera ai vari livelli di quota.
Osservare il tempo che fa Per prevedere l'evoluzione del tempo atmosferico è necessario prima avere chiaro Il quadro di partenza. I meteorologi seguono l'andamento del tempo in corso utilizzando sia sofisticati strumenti di rilevamento (di terra , di cielo e di mare) sia l'osservazione visiva diretta, naturalmente sostenuta da un corposo bagaglio di competenza ed esperienza. Ormai non possiamo più prescindere dall'uso di satelliti meteorologici e stazioni di rilevamento a terra. Rimane comunque importante il saper trasformare le nostre comuni capacità sensoriali in un potente mezzo di osservazione ed elaborazione ai fini di una buona comprensione di quanto sta per accadere a livello atmosferico nell'arco delle ore successive all 'osservazione. L'esperienza personale e un'infarinatura di base di meteorologia possono rivelarsi importanti chances in più per l'alpinista o il veleggiatore nella fase di comprensione degli eventi meteorologici imminenti e, quindi, nella valutazione degli eventuali rischi connessi.
L'osservazione strumentale La Meteorologia effettua ormai un monitoraggio quotidiano e capillare dell'atmosfera, in particolare dello strato più basso chiamato troposfera per i motivi che abbiamo già esposto nel capitolo 1. Ogni giorno, a livello planetario, i centri meteorologici registrano una massa enorme di dati provenienti dalle classiche centraline meteorologiche sparse su terre e mari, dai satelliti artificiali in orbita polare e geostazionaria, dai radar meteorologici, dai ri levatori di fulmini, dalle radiosonde, dagli aerei, dalle navi, ecc. Questa gigantesca rete di osservazione e registrazione di dati permette di ottenere fotografie istantanee del tempo in corso e di ricostruire gli archivi storici utili per lo studio più generale del clima, clima che in questi ultimi decenni è sotto stretta osservazione per i sintomi di importanti cambiamenti su scala globale. Ciò che concerne gli studi climatici esula dagli scopi di questa guida e non approfondiremo il tema. Tuttavia ci sarà utile più avanti accennare ad alcune serie storiche di particolare interesse per avere un1dea degli andamenti medi stagionali dei parametri meteorologici sulle montagne della nostra regione.
Ecco una breve panoramica dei principali strumenti di rilevamento usati dalla Meteorologia (mi soffermerò maggiormente sulle attrezzature più moderne, equipaggiate in gran parte con dispositivi elettronici). Le stazioni meteorologiche di terra
È certamente lo strumento di rilevamento più diffuso e noto. Si tratta di un insieme di sensori in grado di rilevare i più importanti parametri atmosferici sulla superficie terrestre quali temperatura, umidità relativa, pressione, radiazione solare, velocità e direzione del vento, pioggia caduta e Intensità della precipitazione. I sensori di temperatura ed umidità devono essere protetti dalla radiazione diretta del Sole e da quella riflessa da altri oggetti nelle vicinanze. Tradizionalmente essi erano (in molti casi lo sono ancora, perché sono operative sul territorio molte stazioni meteorologiche classiche) ricoverati in un'apposita capannina realizzata in legno di larice, dotata di aperture di ventilazione realizzate con pareti a listelli inclinati e verniciata di bianco. Oggi sono sempre più diffuse le centraline elettroniche, sia In campo professionale che amatoriale, e su queste concentreremo la nostra attenzione (figura 2.1 ). In questi sistemi i sensori termoigrometrici sono protetti da uno schermo solare costituito da una sorta di pila di piatti rovesciati con una camera interna di alloggiamento della sonda. Spesso in questa camera si realizza una ventilazione fonata tramite apposita ven-
Fig. 2.1 - Esempio di moderno monitoraggio a terra con stazioni meteorologiche elettroniche. In primo piano una centralina di fascia media, completa di sensoristica base e ventilazione forzata dello schermo solare, dotata di modem per la comunicazione m protocollo GPRS. In secondo piano una centra/ma di fascia elevata con pluviometro e sensori a norma WMO, operante con trasmissione dati via GSM. Entrambe sono alimentate da pannelli fotovoltaici e collegati a batterie ricaricabili.
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Fig. 2.2 - Dettagllo della stazione meteo: da sinistra, sensore termolgrometro protetto da schermo solare, sensore anemometro combinato di velocità e direzione vento, sensore pluviometro con elemento basculante all'interno del cilindro in acciaio.
tola per limitare gli effetti di riscaldamento dello schermo in caso di aria molto ferma. Da ricordare inoltre che, secondo le norme WMO (World Meteorologica/ Organization - Organizzazione Meteorologica Mondiale), i sensori di temperatura ed umidità relativa devono essere posti ad un'altezza compresa tra 1.25 e 2 m. La pressione è misurata con barometri elettronici, sensori che convertono una forza, in questo caso deformante, in segnale elettrico. Il primo barometro, realizzato da Evangelista Torricelli nel 1643, era a mercurio e restituiva una misura in millimetri dell'altezza della colonnina di mercurio. Più economico, ma meno preciso, ha avuto ampia diffusione il barometro aneroide, molto comune nelle stazioni domestiche precedenti lo sviluppo di quelle elettroniche. Per la misurazione del vento sono utilizzati due sensori, spesso integrati in un unico strumento anemometrico. Per misurare la velocità si usa un mulinello dotato di tre coppe, rotante su un alberino centrale. Un apposito lettore ottico fornisce un segnale ad impulso che poi viene tradotto in misura di velocità. La misura della direzione è affidata ad una banderuola girevole su un alberino centrale che restituisce un segnale analogico variabile a seconda dell'angolo rea lizzato tra l'asse della banderuola ed un punto cardinale di riferimento, in genere il nord. Gli anemometri devono essere posti su un palo a 10 m dal suolo secondo le nonme WMO, ad una distanza pari a 10 volte l'altezza degli ostacoli più vicini. A puro scopo informativo ricordo anche gli anemometri sonici, tecnologicamente molto avanzati ed estremamente precisi. Si tratta di strumenti privi di parti meccaniche in movimento che si basano sulle variazioni di velocità della propagazione del suono nella direzione in cui soffia il vento. I pluviometri sono oggi anch'essi dei contatori di pacchetti noti, basati cioè sulla lettura di segnali impulsivi. Un cilindro esterno, con un imbuto rovesciato di superficie conosciuta posto al suo interno, convoglia l'acqua piovana verso un braccio basculante dotato di due "cucchiai", tramite un foro molto stretto. Ogni "cucchiaio" può contenere una quantità precisa di acqua e,
una volta riempito, ruota verso il basso per il peso raggiunto scaricando Il suo contenuto. L'altro "cucchiaio" sale e comincia a sua volta a riempirsi. Per tutta la durata della precipitazione i due "cucchiai" si riempiono e si svuotano alternativamente facendo ruotare l'asse centrale un po' come un pendolo. Anche in questo caso un lettore ottico restituisce un segnale impulsivo ad ogni passaggio permettendo di misurare sia il cu mulato totale della precipitazione che l'intensità della stessa in archi temporali definiti. La pioggia caduta si misura in mm (millimetri) e l'intensità in mm/h (millimetri per ora). I pluviometri possono essere dotati di un elemento risca ldatore per poter eseguire le misure anche in caso di temperature inferiori allo zero, in particolare nel caso di nevicate. Alcuni dei sensori menzionati sono riportati in figura 2.2. I sensori di radiazione solare misurano invece l'energia radiante del Sole, nelle lunghezze d'onda del visibile, esprimendo un valore finale in W/m 2 (watt su metro quadro). Il dato è utile per avere un quadro dell 'andamento del soleggiamento nel corso di una giornata. Normal mente, in una giornata serena, l'andamento giornaliero assume la forma grafica di una campana ed è determinato dall'altezza variabile del Sole nella fase diurna in un determinato periodo stagionale. Tutte le oscillazioni che si discostano dalla curva tipica giornaliera, con picchi verso Il basso distribuiti in modo irregolare, dimostrano ad esempio un probabile transito di parziale nuvolosità. Durante la notte la radiazione solare assume un valore di O W/m 2, in una giornata con cielo coperto oscilliamo tra 10 e 150, mentre in una giornata serena estiva alle nostre latitudini può superare i 1300 W/m 2• Un esempio di centralina dotata di sensore di radiazione solare è riportato in figura 2.3. Le stazioni poste in zone fredde possono essere dotate anche di misuratori dell'altezza del manto nevoso realizzati oggi con sensori di livello ad ultrasuoni. Naturalmente le centraline meteorologiche possono integrare molti altri sensori per utilizzi più specifici, ma in questo contesto ci interessano soprattutto le misurazioni dei parametri più legati all'andamento del tempo . Le centraline trasmettono poi i dati, ad intervalli variabili da rete a rete, tramite trasmettitori a radiofrequenza, modem GSM o modem che operano con protocollo GPRS (in fase di affermazione sugli altri sistemi ). Il Friuli Venezia Giulia è molto ricco di stazioni meteorologiche a terra, molte centinaia tra enti pubblici e strutture private. Ricordo in ordine sparso la rete dell'Osservatorio Meteorologico dell'ARPA (OSMER), consultabile sul portale www.osmer.fvg.it e le reti di Protezione Civile e Corpo Forestale. Dal 2004 è attiva anche la rete del centro meteorologico privato Meteopoint che ormai vanta circa 110 stazioni on-fine su tutto il territorio italiano, di cui una trentina in regione, con aggiornamenti sul web ogni 15 minuti (www.meteopoint.com) . Le stazioni meteorologiche d1 superficie, del tipo sinteticamente descritto in questo paragrafo, sono utilissime per la valutazione della situazio-
Fig. 2.3 - Esempio di centralina dotata di sensori di radiazione solare netta e radiazione ultravioletta.
Fig. 2.4 - Lancio di una radiosonda dalla stazione di Udine Campoformido. Sotto al pallone è visibile Il paracadute di nent ro e il gruppo sensori vero e proprio tenuto in mano dal personale di lancio. Dovuti I nngrazlamenti all'amico Christian A1ello che ha fom1to questa fotografia e a suo figlio che ha garantit o 11 buon esito del lancio.'
ne al suolo. Sappiamo però che è fondamentale avere un quadro tridimensionale dell'atmosfera . Possiamo, Infatti, trovare condizioni molto diverse salendo di quota. Enorme importanza rivestono in questo caso I radiosondaggi.
Le rad iosonde Per ottenere una scansione dei principali parametri meteorologici su dimensione verticale si utilizzano le radiosonde. Si tratta di un pacchetto di sensori per la misurazione di pressione, temperatura ed umidità relativa, agganciati ad un pallone in caucciù naturale (in Cina si è diffuso l'uso di materiali sintetici) gonfiato con elio (alcuni paesi hanno In realtà ripreso l'utilizzo del più pericoloso idrogeno). Le sonde in attesa di decollo, come illustrato in figura 2.4, devono rispondere a requisiti precisi, controllate e testate a distanza prima del lanci o direttamente da un centro di controllo internazionale. La radiosonda sale nell'aria per un'ora e mezza o due fino a superare la quota di 30000 m, trasmettendo via radio i dati ad un centro di controllo a terra. Nella sua veloce risa li ta, circa 6 m/s, Il trasmettitore della sonda, alimentato da una batteria, invia i dati con un intervallo di 10 secondi. La quot a ragg iungibile è stabilita dal limite elast ico del pallone che, dopo essere passato da una dimensione inferiore ai 2 metri di diametro a livello del suolo ad una di quasi 30 m oltre i 30 km d1altezza, dove la pressione scende sotto i 10 hPa, espio-
Fig. 1.S - Mappa delle stazioni che eff ettuano attualmente 1 radiosondaggi in rtCJlia.
de lasciando ricadere a terra il gruppo senso16044 LIPD Udine ri. La discesa avviene 100 ~ SlAT 48~ ~ dolcemente grazie ad SlON 1318 ~ SElV '4 00 un paracadute che eviSHOW 112 lFT 14Z ~ SWET ta danni alle cose e, ai LFTV 132: 1•11 soggetti più sfortunati, 200 QIX 31 10 ~ CTOT USO di procurarsi un ematoVTOT ZOO TOTl '4780 V ma cranico in un conteCAPE 31113 300 CAPV Mtz ~ Cl'4S sto a dir poco singolare! · 1l z Cl'N · 957 400 Le sonde vanno in gran ~ EQlV IZl9 EOTV Sl:l 7 parte perdute, in alcuni LFCT USI 500 LFcv mo ~ casi recuperate magari BRCH 041 600 MCV 051 ~ in qualche giardino priLetT zeao 700 ~ l ClP 9413 800 ..._TH Z905 vato. La deriva orizzon.._MA Ile 900 tale della traiettoria delTHC1( ~ PWAT 31 40 la rad iosonda rispetto o 10 20 30 40 -40 -30 -20 -10 alla verticale del decolUniversity of Wyoming ooz 17 May 2008 lo, dovuta alle correnti in quota, può arrivaFig. 2.6 - Esempio di diagramma aerologlco Skew-T relativo re ai 200 km . Seguenalla stazione di Udine. I n evidenza le linee della t emperat udo la sonda con sistemi ra e della temperat ura di rugiada (con griglia del valori delle Isoterme Inclinata di 45° verso destra), tracciate su un grafiradar si possono definico In funzione della pressione atmosferica riportata sull'asse re anche la velocità e la delle ordinate ( scala logaritmica) con associati i livelli di quodirezione del vento alle t a alt/metrica. Sulla destra del grafico sono disegnati i vettovarie altezze. ri del vent o che Indicano la direzione (angolo d 'inclinazione) e /'in t ensità ("barbet te #). Quando le linee di temperatura e di In tutto il mondo temperatura di rugiada sono molto vicine o sovrapposte siquasi 1000 radiosongnifica che siamo In presenza di aria molto umida o sat ura in de sono lanciate nelun determinato livello dell'atmosfera con nsch10 di precipital'atmosfera contempozioni. I param etri elencati a destra del vento sono indici molraneamente, realizzanto Importanti che tuttavia rien trano In un quadro p iù t ecnico che non affront eremo (Fonte Universlty of Wyom ing, Departdo un 'istantanea tridiment of Atmospheric Sclence - http://wea ther. uwyo.edu). mensionale dell'atmosfera determinante nell'elaborazione modellistica cui accenneremo t ra breve. In rta lia sono in genere due i lanci giornalieri effettuati dagli 8 centri deputati a questo servizio (figura 2. 5), sincronizzati sul tempo universale, alle 00 UTC e alle 12 UTC. A titolo informativo ricordo che una delle stazioni che effettua radiosondaggi in Italia si trova proprio nella nostra regione in prossimità di Udine, presso l'aeroporto dell'Aeronautica Militare a Campoformido. Se nel t racciato radio mancano più di 6 minuti il sondaggio può essere annu llato e ripetuto. La radiosonda è fi no ad oggi il miglior sistema in grado di effettuare una precisa scansione strumentale verticale dell'atmosfera. I dati sono poi salvati e codificati nel formato previsto dal WMO e messi a disposizione dei relativi sistemi di comunicazione a livello globale. L'utente finale può consultare i dati in formato testo o in forma di graficazioni chiamate diagrammi aerologici del tipo riportato in figura 2.6. Uno dei diagrammi più usati è denominato SkewTln p che permette di correlare contemporaneamente le principali grandezze misurate durante
:i:;,
16044 LIPD Udine Observations at OOZ 17 May 2008
----------------------------------------------------------------------------PRES hPa
HGHT m
TEMP
1002.0 1000.0 933.0 925.0 850.0 767.0 747.0 741.0 710.0 700.0 681.0 632.0 580.0 534.0 532.0 526.0 514.0 500.0 482.0 400.0
94 110 698 771 1477 2318 2534 2599 2944 3058 3275 3863 4539 5171 5200 5286 5461 5670 5945 7310
23.0 20.0
25680 26600
DWPT RELH
•e
%
MIXR g/kg
16.6 16.6 12.9 12.4 8.6 3.0 1.6 2.2 0.8 0.2 -1.2 -4.8 -9. 1 -14.5 -14.7 -13.5 -14.1 - 15.7 -17.5 -28.9
14.1 14.6 11.4 11.0 7.8 2.3 09 1.0 0.4 -0.8 -2.3 -6.5 -11.3 -14.9 - 15.1 - 16.l -20.l -21.7 -25.5 -39.9
85 88 91 91 95 95 95 92 97 93 92 88 84 96 97 81 60 60 50 34
10.19 10.55 9.15 8.98 7.87 5.93 5.50 5.58 5.58 5.18 4.75 3.74 2.79 2.26 2.24 2.08 1.52 1.36 1.00 0.30
o
o
125 205 210 210 215 224 226 240 245 245 260 255 250 250 250 250 250 251 255
-47.0 -45.5
-81.6 -80.5
l
0.02 0.03
130 135
•e
Station information and sounding lndices Station identJfier: UPD Station number: 16044 Observation time: 080517/0000 Station latitude: 46.03 Station longltude: 13.18 Station elevat1on : 94.0 Showalter index : 1.82 Ufted index : 1.42 LIFT computed using virtual temperature: 1.32 SWEAT index: 146.61 K 1ndex: 31.10 Cross totals index: 23.50 Vertical totals index: 24.30 Totals totals index: 47.80
DRCT SKNT deg knot
THTA K
THTE K
THTV K
2 9 10 10 28 32 34 41 43 44 41 36 32 32 32 33 33 34 41
289.6 289.8 291.7 292.0 295.1 297.9 298.6 300.0 302.1 302.7 303.6 305.9 308.5 309.5 309.5 312.0 313.3 313.8 314.9 317.4
318.4 319.6 317.9 317.8 318.1 315.6 315.2 316.9 319.l 318.6 318.2 317.7 317.6 316.9 316.9 318.9 318.5 318.5 318.4 318.5
291.4 291.6 293.4 293.6 296.5 299.0 299.6 301.0 303.1 303.6 304.4 306.6 309.0 309.9 309.9 312.4 313.6 314.1 315.l 317.4
10 13
664.6 696.1
664.9 696.5
664.6 696.1
Convect1ve Available Potential Energy : 31.53 CAPE using v1rtual temperature: 36.92 Convect1ve lnh1b1tion: -12.26 CINS using v1rtual temperature: -9.57 Equll1brum Level: 528.93 Equ11ibrum Level using v1rtual temperature: 528. 77 Level of Free Convection: 835.18 LFCT using v1rtual temperature: 839.09 Bulk Rlchardson Number: 0.48 Bulk Richardson Number using CAPV: O. 56 Temp [KJ of the Lifted CondensatJon Level: 286.05 Pres [hPa) of the Lifted Condensat1on Level: 947.38 Mean m1xed layer potential temperature: 290.54 Mean m1xed layer mixing ratio: 9. 98 1000 hPa to 500 hPa th1ckness: 5560.00 Precipltable water [mm] for ent1re sounding: 31.40
Flg. 2.7 - Elenco in formato t esto dei valori rilevati dal radiosondaggio relativo al grafico di figura 2.6. Si nota la v1dnanza del valori di temperatura e temperatura di rugiada tra li suolo e I 5200 m di quota. La fase era dominata da correnti umide sud-occidentali. Evidenziato in bianco 1/ llvello dello zero termico poco superiore ai 3000 m (Fonte University of Wyoming, Department of Atmospheric Sdence - http://weather.uwyo.edu).
l'ascesa. Questo diagramma è utilissimo anche per valutare l'instabilità atmosferica nell'area locale, visto che può integrare le linee adiabatiche secche o sature (vedere "Stabilità ed instabilità", capitolo 1). Esistono anche altri tipi di diagrammi che lascio al personale approfondimento e segnalo invece le tabelle che elencano i valori registrati esposti in file di formato testo facilmente leggibili come nell'esempio di figura 2.7. Le informazioni fornite dai radiosondaggi sono enormemente preziose in quanto ci permettono di verificare lo stato verticale dell'atmosfera al di sopra del punto di lancio, ma con una validità che si può estendere a molte decine di chilometri attorno al punto di decollo. Un radiosondaggio della stazione di Udine può essere significativo per quasi tutta la regione Friuli Venezia Giulia in presenza di certe condizioni atmosferiche. Dal radiosondaggio possiamo capire molte cose sul tempo attuale e su quello che farà nelle prossime 12 ore, grazie ai suoi rilevamenti ci aiuta a comprendere se cl sono le condizioni per lo sviluppo di temporali in estate, indica se troveremo venti forti sulle cime alpine o se Insisteranno le inversioni termiche nei fondovalle. In inverno fornisce li livello preciso dello zero termico e permette di affinare il calcolo della quota neve. In breve: il radiosondaggio è probabilmente ancora un sistema d'indagine Irrinunciabile per la Meteorologia e non sarà soppiantato a breve da altre tecnologie che pure sono in via di sviluppo. Anche con i moderni satelliti meteorologici possiamo, Infatti, attuare una misurazione del parametri atmosferici a vari livelli ma per ora con minore precisione. I satelliti sono invece uno strumento decisivo nell'osservazione e nell'analisi delle condizioni del tempo su scala planetaria, un prezioso occhio che funge da punto di vista esterno privilegiato rispetto alla Terra .
I satelliti meteorologici I satelliti utilizzati in campo meteorologico sono di due tipi: geostazionari e pola ri. I satelliti geostazionari orbitano attorno alla Terra ad una distanza di 36000 km, distanza alla quale la loro velocità di rivoluzione attorno al nostro pianeta, necessaria per non uscire dall'orbita in un senso o nell'altro, è tale da eguagliare la velocità angolare di rotazione terrestre. In questo modo il satellite, posizionato sul prolungamento ideale della linea dell'equatore, "vede" sempre la stessa parte del pianeta. I satelliti geostazionari europei sono posizionati sulla verticale del punto definito dalle coordinate Latitudine O e Longitudine O, al largo della Guinea Equatoriale. I satelliti polari, come gli americani NOAA e Aqua, o il cinese FengYun, orbitano invece attorno al pianeta lungo un percorso quasi circolare che transita sopra i poli. Trovandosi ad una distanza di circa un migliaio di chilometri dalla superficie terrestre la loro velocità di rivoluzione attorno alla terra è molto elevata. Essi riprendono quindi solo immagini di una fascia ristretta del pianeta ad ogni passaggio (14 giri al giorno) ma decisamente più definite rispetto ai cugini geostazionari che si trovano molto più lontani dalla superficie terrestre. Nonostante il limite di non poter offrire una visione d'insieme allo stesso istante, il numero di satelliti polari in orbita permette di avere comunque, per ogni parte del pianeta, un aggiornamento abbastanza frequente, nell'ordine delle 6 ore. I satelliti polari risultano quindi di grande utilità nel monitoraggio delle superfici terrestri e oceaniche, nella misurazione delle temperature superficiali dei mari e nella valutazione di eventi meteorologici avvenuti ed in fase di evoluzione, quali la formazione di celle temporalesche, di cicloni di vario genere, ecc. È altrettanto evidente che i satelliti geostazionari sono più adatti al monitoraggio atmosferico in tempo reale in quanto, ormai, le immagini arrivano ogni 15 minuti e sono riferite ad una scala più grande come, ad esempio, quella euro-atlantica.
Fig. 2.8 - Esempio di immagine nel campo del visibile inviata dal sat ellite europeo geostazionario MSG2 (fonte www.sat.dundee.ac. uk).
L'utilizzo in Meteorologia dei satelliti si è comunque rivelato una vera e propria svolta: poter seguire Il movimento del fronti e la formazione di cicloni extra-tropicali o tropicali è un sogno divenuto realtà nei lontani anni sessanta , partendo da applicazioni militari. In Europa dal 1977 godiamo dei puntuali servizi garantiti dal satelliti METEOSAT, un progetto nato e gestito nei Vecchio Continente ad opera di EUMETSAT (European Organization for the Exploitation of Meteorologica/ Sate/lites). Si è partiti con il METEOSAT 1 per arrivare fino alla settima serie. A partire dal 2004 sono entrati in funzione i satelliti di nuova generazione METEOSAT 8 (MSGl) e METEOSAT 9 (MSG2), tecnologicamente molto più dotati dei loro " aviHe migliorati anche quanto a numero di canali di ripresa, qualità e definizione delle immagini trasmesse, e frequenza delle rìprese ormai ridotta a 15 minuti, come già accennato. Ma cosa vedono i satelliti meteorologici? Sono gioielli elettronici dotati di radiometri sensibili alla luce a varie lunghezze d'onda. Semplificando, abbiamo la possibilità di ottenere immagini sia diurne che notturne grazie a dispositivi ottici sensibili alle lunghezze d'onda nel campo del visibile, VIS (le stesse che è in grado di decodificare l'occhio umano), e nel campo delle onde più lunghe, l'infrarosso (JR). La radiazione infrarossa altro non è che quella emessa da tutti i corpi e dovuta all'intrìnseca agitazione molecolare che li contraddistingue. Nel capitolo 1 abbiamo già accennato a questa proprietà dei corpi di irradiare energia, proprietà che permette ai satelliti di "vedere" i diversi tipi di superficie terrestre e le nuvole a varie quote proprio grazie alla diversa e tipica radiazione emessa. In poche parole: oggetti a temperatura più alta emettono radiazioni infrarosse a frequenza più elevata e questa viene rilevata dagli occhi dei satellite e convertita in immagini che la nostra vista possa apprezzare. La ripresa di immagini !R è possibile sia di giorno che di notte e può risultare utile confrontarla con la contemporanea immagine VIS per stabilire, ad esempio, la consistenza e lo spessore della nuvolosità presente. Nel campo dell'infrarosso le nubi alte appaiono, infatti, più chiare mentre quelle basse tendono a toni di grigio. L'immagine nel visibile ci permette invece di valutare nel modo migliore sia le nubi più spesse, che rìsultano più brillanti (i cumulonembi ad esempio), sia le nebbie in pianura o sui marì che invece nell'infrarosso tendono a scomparìre, data la loro temperatura paragonabile a quella della superficie su cui gravano. Esiste un ulteriore canale dedicato alla tipica radiazione emessa dal vapore acqueo. Come tutti i gas, anch'esso assorbe ed emette radiazioni su certe lungheue d'onda e questo permette al nostro satellite di trasformare in immagine visibile il contenuto di vapore acqueo nell'atmosfera. Esempi di riprese satellitari sui principali canali sono illustrate nelle figure 2.8,
2.9 e 2.10.
Fig. 2.9 - Esempio di immagine nel campo della radiazione infrarossa Inviata dal satellite europeo geostazionario MSG2. Le nubi alte appaiono molto chiare (fonte www.sat.dundee.ac. uk).
Riassumendo: possiamo considerare i satelliti meteorologici come uno strumento di osservazione dello stato attuale o passato dell'atmosfera; grazie alle loro funzioni possiamo identificare nubi alte pre-fontali o cumuli temporaleschi, stratificazioni estese associate al fronti caldi o nubi più frammentate che seg nalano una discesa di aria fredda, fenomeni come Fohn e Stau o nebbie da inversione. In un'immagine da satellite sono poi facilmente identificabili le aree di alta pressione o i cicloni extra-tropicali come da figura 2.11. Mettendo in sequenza le immagini ricevute ogni quarto d'ora è possibile realizzare filmati che riassumono l'intera giornata ed apprezzare il movimento dei corpi nuvolosi. Tutto questo non permette comunque una previsione del tempo che superi le 12 ore. Grazie al satellite abbiamo invece materiale utilissimo per Il nowcasting, ovvero per l'attività di previsione a brevissimo termine, poche ore, che il meteorologo effettua seguendo gli aggiornamenti quasi in tempo reale dell'evoluzione atmosferica su aree anche molto limitate. La figura 2.12 è un esempio delle possibilità offerte dai satelliti polari su territori continentali e aree più limitate. Maggiore interesse assumeranno nei prossimi anni i satelliti di generazione ancora più avanzata. Quando essi saranno in grado di eseguire in modo sempre più preciso la scansione verticale dell'atmosfera su qualsiasi zona del pianeta, allora si potrà disporre di un'enorme massa di dati da dare in pasto ai computer per un ult eriore salto di qualità nell'ambito dei modelli numerici di previsione. Sono, infatti, anFig. 2.10 - Esempio d'immagine nel campo della radiazione a lunghezza d'onda specifica che rileva la quantità di vapore acqueo nell'atmosfera, inviata dal satellite europeo geostazionario MSG2 (fonte www.sat.dundee.ac.uk).
cora molte le zone geografiche non coperte da adeguate reti osservative, mi riferisco soprattutto alla penuria di radiosondaggi in certe aree della Terra. L'ulteriore sviluppo dei satelliti potrà ovviare a questo limite migliorando non poco la precisione delle previsioni meteorologiche.
I ra dar meteorologici Il radar utilizzato in Meteorologia è un altro strumento di osservazione che da terra permette di valutare alcuni fenomeni atmosferici, in particolare le precipitazioni. Come i satelliti, esso è molto utile nel seguire passo passo l'evoluzione a brevissimo termine su piccola scala. Il radar consente una precisione molto elevata, dell'ordine di 1 km, nel valutare lo spostamento delle aree nuvolose dove sono in atto piogge, nevicate o grandinate, più o meno intense. Come funziona un radar meteorologico? Come tutti i radar, grazie ad un'antenna, emette degli impulsi elettromagnetici e riceve l'eco di ritorno del segnale quando
Fig. 2.12 - Esempio di immagine inviata dai satelliti polari. In questo caso si tratta del satellite americano di ultima generazione Aqua nato da un progetto NASA (fonte www.sat.dundee.ac.uk).
Flg. 2 .11 - Spettacolare ripresa di un ciclone extra-tropicale In area atlantica. Immagine in falsi colori (fonte Eumetsat).
Fig. 2.13 - Il radar meteorologico de/l'OSMER ARPA FVG operante a Fossa/on di Grado (gentile concessione del dott. Stefano Miche/etti, direttore dell'OSMER ARPA, Osservatorio Meteorologico de/i'ARPA FVG, www.meteo. fvg. it).
questo incontra un oggetto e viene riflesso. I radar usati in Meteorologia emettono segnali di lunghezza d'onda di alcuni centimetri in modo da poter rilevare oggetti come gocce di pioggia, fiocchi di neve e chicchi di grandine, di dimensioni variabili tra la frazione di centimetro e i 10 cm (i chicchi di grandine più grossi). In realtà, non sempre le precipitazioni raggiungono il suolo, ma il radar è in grado di rilevare anche le particelle d'acqua o ghiaccio in sospensione nelle nubi. Questo permette di osservare, quindi, anche il movimento delle aree nuvolose che con grande probabilità genereranno precipitazioni in un futuro molto prossimo. Il radar meteorologico dà al meteorologo la possibilità di capire dove si stanno svi luppando imponenti nubi foriere di successive precipitazioni quali i Cumulonembi, o quanta pioggia stia cadendo in una determinata area geografica grazie alla valutazione di un parametro chiamato riflettività (Z, misurata in unità logaritmiche dBZ) . Il radar effettua un sondaggio della riflettività sparando il segnale impulsivo, costretto in un fascio conico di circa 1°, entro un raggio massimo di 250 km in orizzontale e di circa 10 km in verticale grazie ad un'antenna rotante ad elevazione variabile. Nelle pause tra l'invio di un impulso ed Il successivo il radar riceve il debole segnale riflesso dalle eventuali nubi cariche di goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio, o dalle precipitazioni vere e proprie. Il limite orizzontale è imposto soprattutto dalla curvatura terrestre. Poco oltre i 200 km di distanza l'antenna già perde, sotto la linea dell'orizzonte, un tratto verticale di quasi 2500 metri. È evidente quindi che il raggio più utile per un buon rilevamento è quello inferiore ai 100 km. Esiste poi il problema indotto dalla presenza di ostacoli fissi che devono essere in qualche modo elaborati per non influire sulle immagini finali, semplificando possiamo dire che occorre farli "sparire". I rilievi montuosi rappresentano proprio uno di questi ostacoli naturali. Risultano una barriera problematica per il radar che, giocoforza, fornirà dati interessanti solo a partire da elevazioni dell'antenna superiori a quelle determinate dall'angolo tra la distanza orizzontale del rilievo e la sua altitudine, specie nel caso di raggi ben inferiori ai 100 km. Un esempio in questo senso è proprio il principale radar meteorologico della nostra regione, gestito dall'ARPA: esso si trova a Fossalon di Grado (GO) - vedi figura 2.13 -, località che dista da imponenti catene prealpine come il Gran Monte o i Musi (1600/1870 metri di altitudine) solo 60/65 km in linea d'aria. Nato soprattutto per i sistemi di allerta in campo agricolo, il radar di Fossalon si dimostra molto efficiente per tutta la zona di pianura, mentre dalle Prealpi in su è necessario porre dei correttivi. È importante ricordare tuttavia che, soprattutto dopo l'evento alluvionale della Valcanale e Canal del Ferro dell'agosto 2003, nuovi sistemi radar sono stati
Fig. 2.14 - Mappa della riflettività Z emessa dal radar di Fossa/on di Grado. I valori di riflettività più elevati risultano evidenti in due aree interessate da eventi temporaleschi piuttosto forti. Il confronto tra la gradazione cromatica delle aree nuvolose che nflettono Il segnale radar ed una scala posta a fianco permette di dedurre Il valore di Z (fonte OSMER ARPA, www.meteo.fvg.lt).
insediati o sono in via di realizzazione sull'area montana (ad esempio il radar del Monte Lussari, installato nell'ambito del progetto "Meteorlsk" e cofinanziato dall 'Unione Europea, con copertura orizzontale di 30 km). Buoni osservatori radar del tempo nella nostra regione sono anche quelli dell'ARPAV (ARPA Veneto) di Teolo (PD) e di Concordia Sagittaria (VE). Una volta effettuate le scansioni a 360° sul piano orizzontale, e fino all'elevazione massima sul piano verticale, i segnali rinessi sono trasformati In qualcosa di facilmente interpretabile per noi umani: mappe radar dove le aree a diversa rinettività sono rappresentate, in forma georeferenziata, su una
Fig. 2.15 - La mappa radar delle precipitazioni del radar di Fossa/on di Grado offre una stima approssimativa della pioggia caduta nelle ultime 6 ore. TI 27 novembre 2002 caddero Intense piogge sulle Prealpi Carniche e sulla pedemontana pordenonese (fonte OSMER ARPA, www.meteo.fvg.it).
mappa dell'area d'interesse, con colorazioni diverse confrontabili con l'apposita legenda posta a fianco della mappa. Con valori di Z superiori a 10 dBZ si ha più probabilità di precipitazioni in atto, oltre il valore di 40 dBZ siamo in presenza di precipitazioni intense, oltre i 50 abbiamo a che fare con celle temporalesche (esempi in figure 2.14 e 2.15). I radar doppler sono In grado di definire anche il moto delle diverse particelle dell'area nuvolosa dando quindi informazioni importanti sul venti In quota. Possono individuare, inoltre, eventuali effetti rotatori nelle celle temporalesche, segnali precursori della formazione di fenomeni violenti quali le trombe d'aria. Il radar meteorologico ci può fornire anche mappe di stima della precipitazione, solitamente rappresentata con aree a colorazione diversa, che esprimono quantitativi nell'unità di tempo (1 o 6 ore ad esempio), con dettaglio molto superiore a qualsiasi rete di pluviometri a terra. Spesso questa stima non è però del tutto attendibile in quanto si può trattare di preci pitazioni che non sempre raggiungono il suolo o, per lo meno, non nella quantità Indicata dal radar. La verifica eseguita incrociando i dati forniti dal radar con quelli delle stazioni pluviometriche dislocate a terra In questo senso rimane decisiva.
I rilevatori di fulm ini I fulmini sono una delle manifestazioni più appariscenti della natura, uno spettacolo Impressionante ma anche un pericolo per gll esseri viventi e per le cose. Viene da sé che avere, anche in questo caso, un sistema di rilevamento capace di generare mappe utilizzabili per il nowcasting e poter raccogliere dati per gli studi statistici fosse da molti anni un obiettivo della Meteorologia. I sistemi moderni sono in grado sia di rilevare le fulminazioni fino a grande distanza (figura 2.16), magari a scapito della precisione nel posizionamento, sia di mappare con precisione le scariche elettriche fornendo anche informazioni sulla tipologia (fulmini tra nube e nube, tra nube e terra, positivi, negativi, ecc.). I rilevatori di fulmini sono sensori ad ampio spettro di campo elettromagnetico di tipo goniometrico. Essi registrano il campo elettromagnetico generato dal fu lmine e le proprietà della scarica (ad esempio intensità o polarità). Attrezzati con un'antenna satellitare sono sincronizzati con il tempo GPS
Fig. 2.16 - Immagine che riassume la dislocazione delle fulminazioni in atto sul territorio europeo nell'arco delle ultime 2 4 ore. Le diverse colorazioni sono riferite alla cronologia degli eventi. In questo modo è possibile apprezza re lo spostamento dei nuclel temporaleschi (fonte www.wetterzentrale.de).
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Fig. 2. 17 - Mappa delle fulminazioni emessa dal centro meteorologico privato Meteopomt con aggiornamenti ogni minuto. Evidente l'Intensa attività elettrica In atto tra Il Friuli occidentale ed Il Veneto. La frequenza di sca riche elettriche registrate Il 30 agosto 2007 fu Impressionante con un rateo di 1238 fu /mini al minuto registrato Int orno alle ore 13 (fonte www. meteopoint.com).
(Glo bal Posltioning System) strettamente riferito al tempo universale UTC. Ogni sensore può monitorare un 'area con raggio di 500 km, anche se I rilevamenti più precisi si realizzano entro l'anello dei 200 km . La dislocazione di 3 punti di rilevamento e l'integrazione delle loro misurazioni garantisce la massima precisione nell'individuazione delle coordinate geografiche del punto in cui è avvenuta la scarica. Per una buona rete a livello nazionale non è quindi necessario un gran numero di punti di rilevamento. Anche per questi strumenti la presenza di rilievi, ostacoli importanti o altre fonti di campo elettromagnetico può risultare determinante in senso negativo. È fondamentale installare questi rilevatori in zone adatte dopo un'attenta valutazione delle caratteristiche del sito. Seguendo In tempo reale le mappe di riflettività fornite dal radar meteorologici e le mappe delle fulminazioni che Indicano la quantità di scariche elettriche, il loro posizionamento e l'andamento cronologico, possiamo comprendere al meglio lo spostamento delle celle temporalesche e lanciare precisi allarmi alle attività civili, utilissimi per mettere in sicurezza siti e apparat i sensibili. Sono stati utilizzati anche rilevatori di fulminazioni a bordo di satelliti artificiali. Questo sistema (OTD - Optical Transient Detector, sviluppato dalla NASA), basato su sensori ottici, ha permesso di contare quanti fulmini si verificano globalmente sulla Terra: considerando tutti i tipi di scarica elettrica, il sistema ha stabilito che sono circa 40000 ogni secondo e 1. 2 miliardi l'anno. I sistemi satellitari non sono tuttavia adatti allo studio delle fulminazioni su area locale ed al nowcasting. Un'importante rete nazionale di rilevamento dei fulmini è il SIRF, acronimo che sta per Sistema Italiano Rilevamento Fulmini realizzata dal CESI (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano). A livello privato menziono anche la serie di rilevatori della rete del centro Meteopoint che offre mappe sempre aggiornate e consultabili in chiaro sul portale www.meteopoint.com come da esempio di figura 2.17. Oltre ai sistemi di rilevamento trattati in questo capitolo esistono altre preziose fonti di dati che sono utili per gli studi climatici e per la storia del tempo in generale su piccola e grande scala. Ricordo, ad esempio, su scala locale i pannelli per il rilevamento della grandine, gestiti dall'Osservatorio Meteorologico Regionale dell'Arpa, che registrano gli impatti dei chicchi dura nte gli eventi temporaleschi. A livello più ampio, segnalo l'esistenza di altri tipi di telerilevamento, che tuttavia non sono significativi per l'obiettivo finale di questa guida.
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Fig. 2.18 - Carta di analisi al suolo emessa dal centro tedesco DWD (Deutscher Wetter Dtenst). Fonte www. wetterzentrale.de.
Dai rilevamenti alle carte meteorologiche di analisi Tutti i dati provenienti dai sistemi di monitoraggio che abbiamo esaminato sono utili a definire il tempo attuale e a costruire un'archivio storico sempre più ricco, utile per studiare gli andamenti climatici o per confrontare eventi del presente con medie periodiche. I dati delle stazioni a terra, dei radiosondaggi e dei satelliti sono particolarmente importanti perché sono alla base dell'elaborazione e della stesura delle carte meteorologiche di analisi della situazione in determinati momenti della giornata e a vari livelli dell'atmosfera. Sono ormai disponibili in rete Internet molte carte meteorologiche di analisi con uscite periodiche agganciate al tempo universale, redatte da diverse fonti a livello mondiale. Per ora non parliamo di carte di previsione ma di carte di analisi dell'ultima situazione sinottica rilevata strumentalmente. A questo proposito con-
Fìg. 2.19 - Carta di analisi al suolo emessa dal cent ro americano NOAA NWS (National Weather Service). Fonte www. wetterzentrale. de.
Fig. 2.20 - Carta di analisi al suolo emessa dal Metofflce inglese. DI semplice lettura, sono riportati solo I campi di pressione e I fronti (fonte www.wetter3.de).
siglio caldamente la consultazione di uno dei portali che si occupano di meteorologia più completi d'Europa, il sito tedesco 09 01-04 00 U1'C .. 00 www.wetterze ntrale.de gestito dal dott. Georg MOller. Nella sezione "topkarten" troviamo un'ampia raccolta di carte meteorologiche. Le carte al suolo (figu re 2.18, 2.19 e 2.20) riassumono con precisione lo stato dell 'atmosfera a livello del mare riportando i campi di pressione, definiti dalle isobare, la posizione dei fronti e la loro tipologia, dati su direzione e intensità del vento, temperatura e copertura in ottavi del cielo. A volte troviamo anche i nomi attribuiti a cicloni extra-tropicali e a fronti! Le carte al suolo sono basate essenzialmente sui dati provenienti dalle stazioni di terra e da quelle installate su apposite boe marine. Sono disponibili anche carte di analisi al suolo specifiche, ad esempio per velocità e direzione del vento, per la temperatura dell'aria e per la temperatura di rugiada. Per quanto riguarda l'analisi in quota si procede in modo diverso: si tratta di carte realizzate grazie ai dati provenienti da radiosondaggi e satelliti con il contributo speciale di un certo numero di stazioni meteorologiche di montagna. Per questioni economiche la rete di stazioni che eseguono i monitoraggi verticali con le radiosonde non può essere fitta quanto la rete di stazioni terrestri. Inoltre, anche il numero di ri levamenti è limitato a due giornalieri. È evidente quindi che l'analisi della situazione atmosferica ai vari livelli d'interesse è un po' meno definita, anche se i progressi nello sviluppo dei satelliti prospettano notevoli miglioramenti della situazione. Le carte di analisi della pressione in quota non sono riferite ad una quota altimetrica bensì ad una cosiddetta superficie isobarica dove le linee chiamate isoipse uniscono punti di geopotenziale* (gpdm) dove si riscontra un livello di pressione definito.
• L'altezza geopotenzlale è una grandezza utilizzata per tracciare le carte della pressione In quota; essa è proporziona/e al lavoro richiesto per portare un determinato volume d'aria ad una certa quota partendo dal livello del mare. L'altezza geopotenzlale si ottiene dividendo il valore de/l'energia geopotenziale per una costante risultando cosi un dato altimetrico che per convenzione viene espresso sulle carte meteorologiche In decametri (gpdam, anche se in molti casi si rileva l'indicazione gpdm). Le carte della pressione In quota sono quindi disegnate unendo con delle l/nee I punti con lo stesso valore di altezza geopotenziale (Isoipse) In riferimento ad una superficie Isobarica specifica (superficie relativa ad un tipico valore di pressione espresso In hPa, in Meteorologia I livelli standard convenzionalment e util/zzatl sono i seguenti: 1000, 975, 925, 850, 700, 500, 300, 200, 100). La superficie isobarica apparirà dunque come una sorta di carta topografica dove gli avvallamenti corrispondono a zone di bassa pressione ed I rilievi montuosi a quelle di alta pressione, intendendo I valori di alta e bassa pressione sempre in termini relativi, come nel caso del campi al suolo.
Fig. 2 .21 - Carta di analisi 1n quota alla superficie isobarica di 500 hPa. Le 11nee bianche si riferiscono alle Isobare al suolo mentre i settori a gradazione di colore rappresentano le altezze geopotenziali espresse In decametri (approsslmablli alla quota altimetrica) che definiscono I campi In quota ( fon te www. wetterzentrale.de).
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Per tracciare una carta della pressione relativa alla superficie isobarica di 500 hPa, si devono unire con delle isoipse tutti i punti in cui si è misurato un valore di pressione di 500 hPa. Nelle aree anticicloniche la quota a cui si trova la pressione di 500 hPa è più elevata rispetto ad una depressione. Il risultato finale sarà quindi una carta con isoipse che indicano quote geopotenziali più elevate via via che ci si avvicina al nucleo di un'alta pressione e progressivamente più basse procedendo verso I centri di bassa pressione, comunque sempre oscillanti attorno al valore di 5500 metri per alcune decine o centinaia di metri (figura 2.21). Una specie di superficie caratterizzata da rilievi ed avvallamenti dove sono facilmente riconoscibili promontori anticiclonici, saccature o circolazioni depressionarie chiuse. Su Internet abbiamo a disposizione molte carte del genere, in alcuni casi sono Ibride e integrano la carta al suolo (isobare tracciate in bianco) con l'analisi in quota evidenziata da aree a diversa colorazione, a seconda della quota geopotenziale riferita alla superficie -···~nnea
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Fig. 2.22 - Carta di analisi in quota alla superficie isobarica di 700 hPa, I settori a gradazione di colore rappresentano l 'umidità relativa corrispondente (fonte www.wetterzentrale.de).
isobarica di riferimento (925, 850, 700, 500, 300, 200 hPa). Interessanti le carte relative ai livelli più alti, 200 e 300 hPa, per l'individuazione delle correnti a getto. Altri tipi di carte che descrivono lo stato verticale dell'atmosfera ci forniscono l'analisi su scala sinottica dell'umidità relativa, della temperatura e di direzione e velocità del vento associate a varie superfici isobariche (figura 2.22). Nel capitolo dedicato ai metodi di previsione del tempo faremo conoscenza con le carte che non sono solo rappresentative della situazione reale aggiornata agli ultimi rilevamenti ma che propongono scenari per un futuro esprimibile in ore ed in giorni.
L'osservazione diretta L'osservazione diretta e basata sui nostri sensi, unita ad una discreta conoscenza della Meteorologia, anche empirica, rende possibile una pur approssimativa previsione del tempo valida per le ore successive. L'uomo si trasforma così in uno strumento di rilevamento meteorologico "multitasking", magari non precisissimo, ma dotato di capacità sensoriali ed intuitive ad ampio spettro, tali da potergli garantire una certa autosufficienza nel valutare le condizioni atmosferiche. Cosa possiamo rilevare nel nostro piccolo? Tramite la pelle possiamo apprezzare a grandi linee oscillazioni della temperatura, variazioni dell'umidità dell'aria, improvvisi aumenti dell'intensità del vento o suoi cambi di direzione. Se a questo aggiungiamo le percezioni visive, ecco che diventa possibile valutare la velocità del vento e la sua direzione ricordandoci dei riferimenti suggeriti dalla scala Beaufort (vedi capitolo 1). Osservare il cielo ci consente di riconoscere il tipo di nubi, alte, medie o basse, di capire in quale direzione si muovono e se il loro moto è lento o veloce. Valutando la visibilità possiamo cercare di prevedere se le precipitazioni sono imminenti o meno, specie in presenza di nubi basse come i Nembostrati o a forte sviluppo verticale come i Cumulonembi. Addirittura l'olfatto si può trasformare in una fonte importante d'informazioni: un significativo calo della pressione atmosferica può causare una fuoriuscita di odori non proprio piacevoli dai tombini della rete fognaria. Conoscendo il territorio e la posizione di massima di insediamenti agricoli o Industriali nelle vicinanze che emettono esalazioni caratteristiche, possiamo capire la provenienza del vento anche senza riferimenti visivi. Gli aromi più tipici dell'aria Flg. 2.23 - Prima e durante un'escursione In montagna è fondamentale utilizzare al meg/ìo quel complesso strumento di osservazione del tempo che è /'insieme del nostri sensi, integrandolo con la personale esperienza. Osservare le nuvole è un'attività con cui è bene prendere confidenza, per capire ad esempio l'evoluzione della nuvolosità nel corso di una giornata estiva. Nell'immagine, nuvolosità In formazione sul gruppo del Montas10 ripresa da Renato R. Coluccl.
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Fig. 2.24 - In Inverno il progressivo aumento di nubi alte può essere li segno dell'avvldnamento di un fronte caldo foriero di successive precipit azion i (fotografia di Renato R. Colucci) .
di mare possono essere trasportati nell'entroterra della nostra regione dai venti meridionali, a volte si possono distinguere anche sulle Prealpi. Sarà poi capitato a molti di avvertire il tipico odore legato all'inizio di una pioggia che trova il suolo caldo, specie In estate. Le prime gocce evaporano a contatto con le vane superfici e i venti possono trasportare la fragranza a breve distanza. Il risultato è una percezione dell'imminenza di un acquazzone, percezione corroborata magari da un'osservazione di eventuali cumuli o di strati bassi in avvicinamento al punto di osservazione. Con un po' dì esperienza si può imparare a riconoscere questo tipo di odore anche nelle stagioni meno calde. Personalmente, ad esempio, riesco a percepire con molta facilità il " profumo" che assume l'aria nell'imminenza di una nevicata, descriverlo è impossibile, ma assicuro a tutti che è una piacevolissima realtà! Quando ci troviamo in montagna assume particolare importanza l'osservazione del tempo. In estate è importante seguire lo sviluppo della nuvolosità cumulìforme (vedi figura 2. 23) per capire se evolverà nei più pericolosi Cumulonembi temporaleschi. In Inverno l'a rrivo di nubi alte e sottili da ovest, che gradualmente lasciano il posto a stratificazioni più spesse, può essere sintomo dell'imminente arrivo di un fronte caldo e di precipitazioni (vedi figura 2.24). Può tornare molto utile anche la comprensione dei venti nel fondovalle ed in cresta, specie prima di avventurarsi in un'arrampicata in vett a o in un 'escursione scialpinlstica in alta quota {ad esempio figura 7.3 a pag 143). In mont agna, in condizioni normali, dominano ci rcolazioni dell'aria legate alle brezze che sono caratterizzate da un ciclo giornaliero. Scostamenti important i rispetto alle condizioni tipiche, imposti dal variare delle condizioni sinottiche, può essere un allarme da tenere in considerazione. Non mi dilungherò con altri esempi, perché il tema delle osservazioni da compiere prima e durante un'escursione sarà approfondito nei capitoli 6, 7 e 8. Fino a qui ho voluto solo introdurre la tematica dell'osservazione diretta, importante compendio alle misure strumentali, un primo approccio all'argomento, un invito a non sottovalutare le proprie capacità che, abbinate ad una più ricca conoscenza dell'at mosfera e della natura in generale, possono contribuire a ridurre al minimo rischi di cui in molti hanno altrimenti una percezione limitata.
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PREVEDEREILTEMPO
Introduzione Con questo capitolo concludiamo la carrellata dedicata alla Meteorologia generale. Dopo aver affrontato la struttura dell'atmosfera e i parametri che la caratterizzano, le leggi che inducono e regolano i moti delle masse d'aria ed i metodi di osservazione oggi disponibili, siamo arrivati all'obiettivo più allettante: riuscire ad elaborare una previsione del tempo. I dati raccolti grazie ai rilevamenti strumentali andranno ad implementare gli archivi storici e serviranno per il lavoro di analisi statistica e per gli studi dell'andamento climatico. I dati più freschi sono però la base del moderni sistemi di previsione del tempo, unitamente all'enorme potenza di calcolo raggiunta dai moderni computer. Le previsioni del tempo sono sempre state un 'ambizione più o meno frustrata dell'umanità, in passato ci si affidava a pratiche magiche o a forme di religiosità popolare nella speranza di ottenere clemenza dal clelo o un vaticinio ispirato. In alcuni casi i sacerdoti di piccole comunità rischiavano anche lo stipendio nel caso di previsioni sbagliate e a qualche "stregone" poteva andare anche peggio! Alcune osservazioni empiriche del cielo e dei comportamenti della natura, associate al variare del tempo e delle stagioni, divennero bagaglio dì conoscenza popolare tramandato nei secoli anche grazie ai proverbi. Un esempio su tutti è Il classico "rosso di sera bel tempo si spera ", che in effetti altro non è che un tentativo di previsione del tempo a breve termine. Tra l'altro, è interessante notare come già nel passato fosse in qualche modo evidente la connotazione probabilistica di una previsione meteorologica espressa con quel " ... si spera". Oggi siamo molto più avanti nella conoscenza dell'atmosfera, ma nei bollettini meteorologici è facile imbattersi In aggettivi quale "probabile" o "possibile", in fondo parenti stretti del " ... si spera". È di basilare Importanza sapere che le previsioni del tempo sono un 'attività difficile e di una complessità straordinaria, perché l'atmosfera è un sistema caotico, del quale, per quante misure si possano fare oggi, conosciamo lo stato attuale solo in minima parte ed in modo grossolano. Forse in futuro, con mezzi tecnici ancora più evoluti, si potrà eseguire una specie di scansione molto più dettagliata dell'atmosfera, ma sarà comunque difficile, forse impossibile, trasformare una proiezione probabilistica in una certezza deterministica. Al termine di questo capitolo avremo preso confidenza con i metodi di previsione del tempo, con quel processo che quotidianamente ci porta da una misurazione iniziale dello stato dell'atmosfera al bollettino meteorologico, prodotto finale diffuso da tutti i mezzi d'i nformazione. Capire come si elabora una previsione è di grande importanza, permette all'utente, in questo caso l'escursionista, di leggere con diverse aspettative un bollettino e di poter pesare meglio quelle poche righe di testo che cercano di descrivere un'intera giornata. Cercheremo di andare oltre il solo bollettino, esso non può esprimere tutto e saper leggere qualche carta meteorologica di previsione è importante quando ci si avventura in quota.
Le previsioni a brevissimo termine Le previsioni meteorologiche producono alcuni scenari concernenti la probabile evoluzione delle condizioni atmosferiche valide per un futuro più o meno lontano. I metodi di elaborazione delle previsioni sono infatti diversi proprio in relazione alla distanza temporale (ore o giorni) su cui devono effettuare la proiezione. Seguire l'andamento di una certa fase atmosferica ed emettere frequenti bollettini di previsione per le immediate ore successive si definisce come nowcasting. Abbiamo già incontrato il termine nowcasting nel precedente capitolo, in particolare trattando dell 'utilizzo degli strumenti di terra e dei satelliti geostazionari. Questo tipo di previsione a brevissimo termine, valido in genere per le 3 ore successive, non può dipendere dalle sofisticate elaborazioni modellistiche, non è possibile infatti produrre carte meteorologiche di previsione "fresche" con tale frequenza, almeno non con i limiti Imposti dalle possibilità tecnologiche attuali. Tocca dunque al meteorologo, possibilmente esperto, interpretare bene soprattutto le informazioni provenienti dai satelliti geostazionari, dai radar e dalle centraline dislocate a terra o sul mare. Nowcasting significa essere a conoscenza delle ultime proiezion i dei principali modelli numerici (ne parleremo nel prossimo paragrafo) disponibili, seguire le immagini provenienti dal satellite geostazionario ogni quarto d'ora, verificare costantemente le mappe di riflettività e precipitazione presunta dei radar e l'eventuale andamento dell'attività elettrica tramite i rilevatori di fulmini. Il nowcasting ha senso soprattutto su aree geografiche limitate, anche se è d'obbligo seguire l'evoluzione atmosferica su una zona significativamente più ampia di quella d'interesse per avere un quadro d'insieme più chiaro. Questo sistema di analisi richiede senz'altro una buona conoscenza del territorio da parte del meteorologo al fine di interpretare al meglio le evidenze strumentali e intuire in modo più diretto e veloce gli scenari atmosferici maggiormente probabili per le immediate ore successive. Il nowcasting è un metodo operativo molto efficace per seguire situazioni meteorologiche potenzialmente pericolose per Il territorio e per le persone, per offrire un valido supporto in campo agricolo o in altri ambiti, civili e non, particolarmente sensibili alle condizioni del tempo. I notiziari danno spesso notizia di eventi all'aperto, come concerti o manifestazioni sportive, trasformatisi in momenti ad alto rischio a causa di improvvisi e violenti temporali o di forti raffiche di vento. Queste proiezioni a brevissimo termine permettono di seguire accuratamente gli eventi in corso con una definizione spaziale di 1 km 2 e di emettere bollettini di stima del movimento delle aree nuvolose e delle precipitazioni in corso, della quantità e dell'intensità della precipitazione, dello sviluppo di celle o supercelle temporalesche e di condizioni favorevoli a fenomeni grandinigeni. È evidente quanto il nowcasting si riveli un potente e valido alleato per i coordinamenti della Protezione Civile, prima e durante eventi atmosferici avversi quali alluvioni o fenomeni locali violenti. Poter usufruire di un servizio di nowcasting anche durante un'impegnativa escursione in montagna sarebbe l'ideale. Alcuni centri gestiscono servizi di emissione di dati o allerta per aree limitate trasmessi via SMS, ma non possiamo parlare di un vero e proprio servizio di nowcasting attivo per utenti privati. In genere I servizi di allerta meteorologica basata su nowcasting sono indirizzati ad istituzioni, comunque a Enti convenzionati che fanno riferimento ai centri meteorologici regionali (come l'OSMER ARPA nel caso del Friuli Venezia Giulia).
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Le previsioni a breve e medio termine Il passo successivo è rappresentato dalle previsioni del tempo a breve e medio termine: in questo caso dobbiamo impiegare un sistema capace di "capire" quale sarà la situazione atmosferica nei prossimi cinque giorni. Entriamo nel campo d'azione del forecasting e a questo punto non sono più sufficienti le osservazioni strumentali che, tuttavia , rimangono la base di partenza. Ho scritto tra virgolette "capire" perché, in effetti, sapere che tempo farà fra tre giorni è un'operazione possibile solo tramite una serie di processi di calcolo capaci di simula re le modifiche, determinate dalle leggi fisiche e termodinamiche, che subirà l'atmosfera su scala sinottica. Un simile sistema deve quindi conoscere lo stato iniziale dell 'atmosfera ed attuare un'infinità di calcoli per produrre infine il probabile stato che l'atmosfera raggiungerà al terzo giorno. Per elaborare una simile previsione ci si affida ai modelli numerici, su base fisico-matematica, i cui complessi calcoli sono affidati a potentissimi supercomputer che devono risolvere un'impressionante serie di equazioni, a partire dallo stato di partenza di ogni singolo pun to di una griglia tridimensionale (figura 3.1) di cui sono note la velocità e direzione del vento orizzontale e verticale, la pressione, la temperatura e l'umidità. I dati di partenza sono proprio quelli rìlevati dalle stazioni meteorologiche, dai radiosondaggi, dai satelliti artificiali, da navi e aerei. In pratica lo stato Iniziale dell'atmosfera, definito ad esempio alle ore 00 UTC dalle misure effettuate contestualmente In tutti i punti di rilevamento disponibili, viene dato In pasto al supercomputer che calcola l'evoluzione dell'atmosfera per le ore ed i giorni successivi. Il prodotto finale sarà una gran massa di dati calcolati, poi tradotti in una serie di carte meteorologiche sinottiche di previsione dei campi di pressione, della temperatura, dell'umidità e dei venti verticali ed orizzontali a va ri livelli di quota a partire dal suolo fino ai limiti della troposfera (figure 3.2, 3.3, 3.4, 3.5, 3.6, 3.7). Dal punto di vista del modello si esegue una previsione deterministica, dal punto di vista del riscontro finale il risultato sarà uno scenario più o meno probabile. Il primo problema è la costruzione della griglia tridimensionale che rappresenti al meglio il punto di partenza (inizializzazione) del run (così è chiamato un ciclo completo di calcolo della proiezione modellistica): il Centro Europeo di previsione meteorologi-
Fig. 3.1 - Schema di un modello globale a punti di griglia. Suddivisione dell'atmosfera in volumi elementari che rappresentano un forma di campionamento di una realtà caotica di straordinaria complessità.
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ne di vere e proprie "dune di neve" nelle zone più riparate in seguito alla formazione di rotori che accumulano la precipitazione nevosa in ristrette porzioni di superficie (figura 4.20). L'aspetto forse più importante, da non sottovalutare, è costituito dal fattore wind chili o "effetto raffreddante del vento'~ responsabile di apportare estremo disagio fisiologico in condizioni di forte vento associato a basse temperature (sotto i 10°C). Questo indice calcola la temperatura percepita tenendo conto anche della velocità del vento (figura 4.21 ) e fu utilizzato per la prima volta nel 1936 da Paul A. Siple, ricercatore nell'Antartico. Nella pianificazione di un'escursione in zona carsica sarà quindi fondamentale accertare in anticipo la presenza o meno di vento di Bora in modo da non rimanere sorpresi od essere Insufficientemente equipaggiati per affrontare le severe condizioni meteorologiche indotte dalla sua presenza (figura 4.22). Il rischio di dover affrontare seri rischi di congelamento è comunque basso in quanto temperature inferiori ai -15/ -20°C non sono cosi comuni anche sulle vette carsiche più elevate; in ogni caso un buon modo per equipaggiarsi sarà quello di consultare le tabelle per il calcolo dell'indice di raffreddamento a seconda delle informazioni fornite dai bollettini meteorologici. "
Fig. 4.22 - Ripetitore radiotelevisivo del Monte Nanos (Carso sloveno); raffiche di Bora a 120 km/h con una temperatura dell'aria di -7°C sostengono il peso di un escursionista ben equipaggiato per affrontare un wìnd chili attorno al -20°C (fotografia di Renato R. Co/ucci, febbra io 2003).
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PREPARARE L'ESCURSIONE
Introduzione
È ora di partire per la nostra escursione verso una delle tante e magnifiche mete che la montagna del Friuli Venezia Giulia offre. Questo ed i prossimi capitoli sono dedicati all'applicazione di quanto appreso nelle sezioni precedenti, all'utilizzo della Meteorologia come strumento di supporto per chiunque voglia affrontare con maggior sicu rezza e nelle migliori condizioni possi bili escursioni più o meno Impegnative. Questo capitolo vuole essere un modesto e pratico aiuto nella fase di preparazione dell'escursione. La scelta della giornata da dedicare alla montagna può essere spesso obbligata, oppure possiamo avere un maggior grado di libertà. Penso che sia giusto inserire tra le variabi li che pesano sulla valutazione anche le condizioni atmosferiche, molte volte sottostimate, troppo spesso causa di eventi drammatici. Forse c'è poca fiducia nelle previsioni meteorologiche, si crede erroneamente che " tanto il tempo fa quello che vuole". Non è così, oggi la Meteorologia può essere un aiuto decisivo per qualunque attività sensibile alle manifestazioni dell'atmosfera, pur con tutti i limiti che abbiamo già evidenziato. Conoscendola meglio, la Meteorologia può essere una buona alleata anche senza diventarne degli esperti conoscitori. Con qualche nozione in più e grazie ad Internet, restando nel limiti di una certa umiltà, abbiamo la possibilità di capire qualcosa di più del tempo che farà, ad esempio, nella fine settimana, possiamo pianificare l'escursione valutando le condizioni del tempo previste nei giorni precedenti, seguendone l'evoluzione fin da inizio settimana . Non sarà tempo perso, sarà come mettere gli scarponi giusti per un tipo di terreno o portarsi dietro i moschettoni e l'imbrago sapendo di dover affrontare tratti di ferrata. La conoscenza aiuta sempre a cava rsela meglio in tutte le situazioni e il tempo che ci accompagna andando per monti non è per nulla un fatto marginale o uno sfondo più o meno gradito, può valer la pena di prepararsi al meglio delle nostre possibilità. Pianificare l'escursione Premesso che la montagna è bella comunque, piova o ci sia il sole, è naturale che raggiungere un passo o una vetta con il bel tempo sia sempre l'opzione migliore. Forse non sempre si può scegliere: è anche vero, però, che conoscere in anticipo, con una ragionevole approssimazione, il tempo che farà in montagna può essere di aiuto nella scelta della giornata, della meta dell'escursione o del compromesso migliore fra le due cose. Per comodità ci poniamo come obiettivo la pianificazione di un'escursione in montagna nella fine settimana. Nel capitolo 3, parlando di previsioni meteorologiche, abbiamo fatto conoscenza con i modelli numerici di previsione e con le carte frutto delle loro elaborazioni. Le carte prodotte dai modelli sono senza dubbio lo strumento più appropriato per sondare il possibile tempo che troveremo tra sabato e domenica, già a partire da metà settimana . Non ci spingiamo più in là con il termine della previsione perché entriamo in un terreno minato anche per i più esperti meteorologi. Al limite, possiamo dare un'occhiata ad una ca rta a 6/ 7 gior-
ni, considerandola del tutto indicativa e riservandoci di arrivare almeno al mercoledl per avere le idee più chiare. A seconda della stagione, dobbiamo fare i conti con situazioni atmosferiche molto diverse che ci portano a scegliere tra una meta prealpina o una alpina, tra diversi livelli di quota, tra la Carnia e i rilievi delle Giulie o del Carso. In inverno assumono maggiore importanza i fronti caldi, mentre in estate sono i fronti freddi a generare i fenomeni più rilevanti. È necessario quindi preparare l'escursione tenendo in considerazione le condizioni climatiche medie del periodo d'interesse e la fase stagionale. La Meteorologia, per convenzione, considera le quattro stagioni con una periodicità lievemente diversa dal calendario astronomico, come espresso di seguito: • Inverno, periodo dicembre-febbraio • Primavera, periodo marzo-maggio • Estate, periodo giugno-agosto • Autunno, periodo settembre-novembre In ogni fase stagionale è opportuno, quindi, scegliere il t ipo di escursione e la meta da raggiungere, avendo presenti i limiti imposti dalla caratteristica climatica del periodo e dalla circolazione atmosferica contingente rilevabile dalle carte meteorologiche. Questa sezione è dedicata all'analisi, valida per qualsiasi periodo dell 'anno, delle condizioni meteorologiche previste in vista di un 'escursione.
Wettenent rale
http://www.wettenentrale.de/
Westwlnd
http://www.westwind .ch/
Carte meteorologiche e altre informazioni
Wetter3
http://www.wetter3.de/
Carte meteorologiche e altre informazioni
Università Wyoming
http://weather.uwyo.edu/
Radiosondaggi
Sat24
http ://www.sat24.com/
Meteosat (MSG)
OSMER ARPA FVG
http :// www.osmer.fvg. tt/
Bollettini meteo FVG, radar, stazioni meteo
Meteopomt
http:// www.meteopoint.com/
Bollettino meteo Triveneto, rilevatore fulmini, stazioni meteo, webcam
Centro Valanghe Arabba http://www.arpa.veneto. it/bollettlni/ht m/ dolomiti_meteo.asp ARPAV
http://www.arpa.veneto. tt/boliettini/htm/ lmmagini_radar.asp
ARSO Slovenia
http://meteo.arso.gov.si/
Bollettino meteo Dolomiti Radar Bollettm1 meteo Slovenia, carte meteorologiche ALADIN ;)alide anche per FVG con ottimo dettaglio
Fig. 5.1 - Tabella riassuntiva delle principali risorse web consigliate In questa guida. Sono indicat i gli indirizzi Internet dei più completi contenitori di carte meteorologiche, immagini da sat ellite, osservatori radar, rilevatori di fulmini e del centri met eo locali che emettono bollettini di previsione particolarmente interessanti per il tempo In montagna.
Come riferimenti principali per l'indagine meteorologica utilizzeremo le fonti liberamente consultabili su Internet indicate nella tabella in figura 5.1, relative a centri meteo dell'area triveneta pubblici e privati, siti di meteorologia che contengono molte carte di previsione, radiosondaggi e tante altre informazioni utili all'escursionista che vuole integrare la sua passione per la montagna e la sua esperienza con un supporto meteorologico di sicura efficacia.
Consultare le carte meteorologiche Per decidere con un buon anticipo quale escursione affrontare nei giorni successivi è utile consultare qualche carta meteorologica a partire dal limite estremo di una settimana precedente l'uscita. Utilizzerò esempi basati su un progetto di escursione valido per un qualsiasi week-end, in tutti gli altri casi varrà lo stesso schema dì approccio cronologico, semplicemente modificando il punto di partenza dell'analisi. Nel caso del nostro week-end di esempio, vale la pena di farsi qualche idea sull'evoluzione atmosferica già tra Il lunedì ed il mercoledì, sia pur con la consapevolezza che si tratta di una tendenza a grandi linee e non di una vera e propria previsione. Le successive proiezioni a partire dal terzo giorno precedente l'escursione sono ormai abbastanza attendibili, anche se molto dipende dalle situazioni atmosferiche in corso : si ricorda che nel corso di fasi molto evolutive le previsioni per la fine settimana emesse fino a giovedì potranno subire molte oscillazioni nei successivi run ed è bene prepararsi a verifiche quotidiane fino alla sera prima dell'uscita. La presenza o l'insorgenza di ben definiti anticicloni dinamici tra il Mar Mediterraneo ed il centronord Europa comporta una buona attendibilità della previsione anche a 6-7 giorni. Dal venerdì potremo anche utilizzare i migliori bollettini emessi dai centri meteo locali per confrontare le considerazioni fatte in proprio con l'esperienza dei meteorologi professionisti. È inoltre buona norma confrontare tra loro diversi modelli: una chiara convergenza di vedute aumenta infatti le probabilità che la proiezione sia sufficientemente affidabile. Suggerisco di semplificare al massimo l'analisi personale delle carte: non ci si può improvvisare meteorologi e questo passo iniziale è utile a chiarire le idee e possibilmente non dovrebbe contribuire a confonderle; se poi con il tempo crescerà la passione in questo campo si potrà magari approfondire l'argomento con qualche corso specifico. Il mio consiglio, nella fase di avvicinamento all'escursione (diciamo tra il lunedì ed il venerdì nel caso la scelta sia un ipotetico week-end) è quindi di limitarsi ad un'interpretazione di massima delle carte di previsione che va lutano alcuni parametri importanti, seguendo un criterio basato sulla lunghezza del termine e sull'affidabilità della proiezione. Ecco di seguito un ragionevole schema di avvicinamento, dal punto di vista meteorologico, all'escursione.
Lunedì - mercoledì • Ensemble media geopotenziali alla superficie isobarica di 500 hPa (modello GFS) • Ensemble media temperatura alla superficie isobarica di 850 hPa (modello GFS) Per indagare la possibile evoluzione meteorologica del successivo week-end già ad inizio settimana (più in generale entro un termine di validità compreso tra 96 e 144 ore) possiamo analizzare le carte Ensemble del modello americano GFS. Si tratta di un prodotto valido sul lungo termine che ci può offrire spunti interessanti. Le carte sono reperibili sul portale http :// www.wetterzentrale.de/topkarten/, cliccando sull'opzione "ENS" del menù all'estrema sinistra
Fig. 5.2 - Esempio di carta Ensemble della media degli scenari su base GFS val/da per la superficie isobarica di 500 hPa. SI distinguono alcune configurazioni importanti come le gole d'onda corrispondenti alle saccature depressionarie (tempo molto Instabile), le creste d'onda dei promontori di alta pressione (tempo stabile) e Il flusso zonale occidentale (tempo con vari gradi d'instabllltà a seconda dell'interessamento più o meno diretto dell'arco alpino).
e poi sui link orari alla destra delle voci "500hPa Geopot. Mittel" e " 500hPa Geopot. Mittel". La prima carta esprime la media degli scenari relativi al geopotenziale alla quota isobarica di 500 hPa, livello atmosferico molto importante per la previsione. Su questa carta, di cui è illustrato un esempio in figura 5.2, possiamo identificare i tratti generali della circolazione euro-atlantica (promontori anticiclonici, saccature depressionarie, flussi su grande scala). Per l'escursionista è sufficiente, in questa prima fase, inquadrare alcune configurazioni che coinvolgono la zona alpina e le aree circostanti definendo solo le linee principali dello stato atmosferico: 1. Tempo stabile se le Alpi sono interessate da promontori (parte convessa dell'onda) o da cellule chiuse di alta pressione. I valori geopotenziali (espressi con isoipse o fasce a gradazione di colore) sono decrescenti dal centro verso la periferia. 2. Tempo instabile a vari gradi se le Alpi sono interessate da flussi a curvatura depressionaria (parte concava del-
5.3 - Saccature depressionarie In quota poste a ovest dell'arco alpino determinano in genere sulle Alpi tempo da molto instabile a perturbato. Con previsione affidabile di configurazioni di questo tipo meglio rinviare l'escursione, In qualsiasi stagione.
l'onda) poco o mediamente accentuata, specie quando la direzione di provenienza (moto antiorario) è compresa tra sudovest e nordovest. Anche le ondulazioni minori del flusso con gola dell'onda sulle Alpi sono segno di probabile instabilità atmosferica . 3. Tempo perturbato a vari gradi se le Alpi sono direttamente interessate da saccature depressionarie (parte concava dell'onda), specie quando l'asse dell'onda è posto a ovest del settore alpino (figura 5.3). Tempo perturbato o molto instabile anche quando le Alpi si trovano comprese in ampie circolazioni depressionarie chiuse con minimi sul centronord Europa, sui mari italiani o sul Mar Mediterraneo centro-occidentale più in generale. I valori geopotenziali (espressi con isoipse o fasce a gradazione di colore) sono decrescenti dalla periferia verso il centro. Questa esposizione (esempi in figura 5.4) va intesa come strumento a bassa risoluzione, utile all'individuazione delle configurazioni bariche più incisive per le sorti del tempo sulle nostre montagne, senza però il crisma della previsione vera e propria. Gli schemi a-b-c sono relativi a tipiche configurazioni bariche in quota favorevoli a tempo bello e stabile: espansione verso oriente dell'anticiclone delle Azzorre; onda anticiclonica subtropicale; cellula anticiclonica sul nord Europa. Le cartine d-e-f Illustrano alcune configurazioni favorevoli a tempo tra variabile e moderatamente Instabile: flusso zonale oceanico che lambisce le Alpi; rimonta anticiclonica in Atlantico con correnti da nordovest a curvatura debolmente ciclonica; alta pressione sul centro Europa in contrasto con depressione sul sud Italia associata a flusso da sudest relat ivamente instabile. Le ultime tre situazioni g-h-i sono da evitare perché foriere di tempo molto instabile o perturbato: ingresso di una profonda saccatura depressionaria da Francia e Mediterraneo occidentale; profonda depressione tra Golfo del Leone, Golfo Ligure e Corsica; situazione estiva con fronte freddo in ingresso da nordovest e genesi di depressione sottovento alle Alpi. a)
b)
d)
e)
g)
h)
e)
f)
Fig. 5.4 - Qualche esempio di configurazioni bariche determinanti per le condizioni del tempo in montagna: situazioni a-be favorevoli a tempo stabile; situazioni d-e-f favorevoli a tempo variabile o moderatamente instabile; situazioni g-h-i molto instabili o perturbate, non idonee per la pratica escursionistica.
Fig. 5.5 - Esempio di carta Ensemble della media deg/1 scenari su base GFS valida per la temperatura alla superficie Isobarica di 850 hPa. I valori si possono rilevare dalla gradazione di colore con il supporto Indicativo di Isoterme tracciate ogni 5°C di temperatura passando per Il valore di riferimento 0°C.
La carta della temperatura alla superficie isobarica di 850 hPa è invece interessante per capire quale sarà il regime termico medio che potremo attenderci nei giorni papabili per l'escursione, il dato corrisponde ad un'altitudine media di 1500 metri. In questo step possiamo utilizzare i va lori previsti dalla carta Ensemble solo per valutare sommariamente se ci troveremo a camminare o ad arrampicare in condizioni di clima freddo, mite o caldo. Le temperature sono evidenziate da fasce a gradazione di colore riferite ad una scala affiancata alla carta, integrate da Indicazioni numeriche con isoterme ( linee che uniscono punti ad uguale temperatura) tracciate ogni 5°C di temperatura (figura 5.5).
Mercoledì - venerdì • Ensemble "spaghetti" geopotenziali superficie isobarica di 500 hPa (modello GFS) • Ensemble media temperatura superficie isobarica di 850 hPa (modello GFS) • Geopotenziale a 500 hPa (modelli: GFS, GME, ECMWF) • Temperatura alla superficie isobarica di 850 hPa (modelli: GFS Mitteleuropa, GME) A partire da mercoledì, o quando siamo a 72/96 ore dalla data scelta, si può cominciare ad analizzare un paio di carte dei principali modelli su scala globale, consiglierei di co nsiderare soprattutto quelli del precedente elenco di figura 5.1. Contemporaneamente si potrà verificare l'attendibilità della previsione del modello affidandoci ancora al modello Ensemble, questa volta consultando la carta dei famosi "spaghetti" che avevamo già incontrato nel capitolo 3. La carta è reperibile sul portale http://www.wetterzentrale.de/topkarten/, cliccando sull'opzione "ENS" del menù all'estrema sinistra e poi sui link orari alla destra delle voci "500hPa Geopot. Spaghetti". Il modello (vedi figura 5.6) propone un certo numero di scenari, descritti da linee.di diverso colore chiamate appunto "spaghetti", relativi a tre geopotenziali espressi in decametri (isoipse 516, 552, 576 gpdam). Molto importante il fascio di scenari valido per 11so1psa 552 che è sempre preferibile avere ben a nord dell'arco alpino. Questa carta, oltre a visualizzare eventuali promontori anticiclonici o saccature depressionarie, è un buon test di attendibilità della proiezione. Quando le linee colorate degli scenari
( per ognuna delle tre isoipse) sono molto vicine e seg uono andamenti concordi, l'attendibilità è buona; quando tendono ad allontanarsi tra loro o a divergere, tanto da mostrare una sorta di caos, l'attendibilità è bassa. Naturalmente ci sono anche le vie di mezzo che con un po' di esperienza si impareranno a valutare. È utile ora confrontare le proiezioni del modello Ensemble con il run ufficia le del modello globa le GFS, limitando per ora l'analisi ai soli parametri "geopotenziale a 500 hPa " e " temperatu ra a 850 hPa". Le carte sono reperibili sul portale http://www.wetterzentrale.de/ topkarten, cliccando sull'opzione "GFS" del menù all'estrema sinistra e poi sui link nei riquadri "500hPa Bodendruck" e "850hPa Temperatur", navigando successivamente tra i vari link orari. Per le condizioni atmosferiche che dovrebbero corrispondere alle configurazioni di pressione in quota ed al suolo previste dal modello valgono le considerazioni già espresse in tema di stabilità o instabilità. Utilizzando ora il modello globale, abbiamo la possibilità di individuare anche l'evoluzione del tempo nel corso delle singole giornate prese in considerazione, sia pure usando ancora un metro cosciente dei limiti legati all'attendibilità. Il modello GFS propone infatti la sua previsione con emissione di carte ad intervalli di 6 ore a partire dalle 00 UTC (tempo universale). Con un occhio di riguardo per il modello americano GFS, di buona affidabilità e ricco di carte va lide per molti livelli e parametri pubblicate in chiaro, vale certamente la pena di mettere a confronto i tre modelli che ritengo migliori. Consiglio quindi di ampliare l'analisi generale alla carta relativa al geopotenziali a 500 hPa emessa dal modello europeo ECMWF e all'analoga emessa dal modello tedesco GME (seguire gli stessi criteri di navigazione precedente, sempre sul portale Wetterzentrale, aprendo le sezioni ECMWF e GME sul menù di sinistra) che ci offre anche una possibilità di paragone per il parametro temperatura a 850 hPa. Un esempio di confronto tra i modelli è Illustrato in figura 5.7. Come anticipato, la concordanza di massima delle proiezioni di questi tre modelli è un altro punto a favore dell'attendibilità della previsione. In questa fase non è ancora utile consul tare i modelli LAM (area limitata) . La carta della temperatura a 850 hPa del modello globale GFS ci dà la possibilità di valutare
Fig. 5.6 - Esempio di carta Ensemble su base GFS con indicati tutti gli scenari ( linee colorate note come "spaghetti") calcolati dal modello per i geopot enziali 516, 552 e 576 gpdm alla superficie isobarica di 500 hPa. Si possono distinguere le principali configurazioni bariche e valutare l'attendibilità della previsione sulla base della concordia di ogni singolo fascio di scenari.
Flg. 5. 7 - Confronto tra gli scenari previst i da tre modelli numerici diversi, ECMWF, GFS e GME. Nel/'esemplo è abbastanza evidente come tutti e tre I modelli descrivano in modo simile la configurazione sinottica prevista, segno di una buona attendlbil1tà della previsione.
il quadro termico a diverse quote, di individuare approssimativamente la quota dello zero termico e, nel caso si tratti di periodi freddi, di valutare la quota neve. L'andamento della temperatura con la quota, abbiamo visto nei capitoli precedenti, è legato anche al punto di rugiada, tuttavia, per una valutazione di massima già molto efficace, possiamo regolarci considerando un gradiente medio di 0.6°C ogni 100 m. Di seguito un semplice e pratico esempio: Se sulla carta (figura 5.8) individuiamo in corrispondenza delle nostre zone alpine l'isoterma T (°C a 850 hPa) al livello geopotenziale di Q (gpdm), corrispondente con buona approssimazione alla quota altimetrica QxlO, possiamo calcolare il livello dello zero termico nel seguente modo : Quota 0°C= Q X 10
+ T X 100/0.6
Traduciamo la formula semi-empirica con un esempio numerico: sulla carta della temperatura a 850 hPa ri-
Flg. 5.8 - La temperatura prevista a 850 hPa è utile per il calcolo del valori termici ad altre quote e per la valutazione dello zero termico e della quota neve. J due elementì che cl Interessano sono Il dato di temperatura e il geopotenz1ale (espresso in decametri) che, moltiplicato per dieci, esprime quasi precisamente la quota altimetrica.
leviamo il valore di 10°C in corrispondenza del geopotenziale 148 gpdm. Sulla base della formula, la quota dello zero termico sarà posta a circa 3000 m, tenendo in considerazione che si tratta di un valore medio che può oscillare verso l'alto, se si raggiunge a quote intermedie la saturazione, o verso Il basso se l'aria è molto secca. Con un calcolo analogo possiamo stabilire i probabili valori di temperatura media che incontreremo a quote di nostro particolare interesse (ad esempio: 500 m, 1000 mo 2000 m). In questo caso si stima la differenza di quota, positiva o negativa, rispetto al geopotenziale a 850 hPa e, con una formula come la seguente, si ottiene il valore di temperatura approssimativo, dove q è la quota a cui ci interessa calcolare la temperatura e Tq la temperatura relativa alla quota q: Tq = T + (Q X 10 - q) X 0.6/100 Nel caso del nostro esempio, volendo conoscere la temperatura Tq alla quota q= 1000 m, otterremo il seguente risultato: Tq = 10
+ ( 1480 - 1000) x 0.6/100 pari a circa 13°C
Per la quota di 2000 metri Il risultato è il seguente: Tq = 10 + (1480 - 2000) x 0.6/100 pari a circa 7°C Ora siamo in grado di avere un'idea più precisa sul tipo di circolazione che rigua rderà il week-end o le date possibili per l'escursione. Sappiamo se le condizioni saranno improntate a stabilità o Instabilità, se il tempo sarà destinato ad assumere connotati perturbati incompatibili con un'uscita in montagna e che regime termico troveremo alle quote che intendiamo raggiungere. Il passo successivo è la previsione del tempo vera e propria, confortati dall'affidabilità crescente dei modelli numerici, dalla possibilità di verificare altri parametri importanti con carte specifiche e, soprattutto, dalla pubblicazione del più aggiornati bollettini meteorologici emessi dai centri localì.
Venerdì - domenica • Geopotenziale a 500 hPa (modelli: GFS, GME, ECMWF) • Carta al suolo pressione e fronti (MetOffice) • Temperatura alla superficie isobarica di 850 hPa (modelli: GFS Mitteleuropa, GME) • Velocità verticale alla superficie isobarica di 700 hPa (modello GFS Mitteleuropa) • Umidità relativa alla superficie isobarica di 700 hPa (modello GME) • Venti alla superficie isobarica di 925 hPa (modello GFS) • Venti alla superficie isobarica di 850 hPa (modelli: GFS e GME) • Venti alla superficie isobarica di 700 hPa (modello ad area limitata BOLAM) • Precipitazioni, convezione e livello zero termico (modello GFS Mitteleuropa) • Precipitazioni con accumulo a 3 e 12 ore (modello BOLAM) Possiamo ormai basarci esclusivamente sui modelli globali e su quelli ad area limitata per le ultime verifiche che, assieme ai bollettini ufficiali, ci danno il quadro definitivo sul tempo previsto per il giorno dell'escursione.
10s I
Fig. 5.9 - Carta al suolo elaborata dal MetOfflce inglese di semplice lettura. Sono riportati I campi di pressione e I fronti associati alle aree depressionarie.
Si proceda dunque con le verifiche a livello globale analizzando ancora le carte di pressione al suolo, i geopotenziali a 500 hPa e le carte di temperatura a 850 hPa, cercando di capire se vi siano delle modifiche rilevanti rispetto ai giorni precedenti. Anche la carta della pressione al suolo (figura 5.9) con evidenziati i fronti caldi, freddi e occlusi (vedi capitolo 1) può essere d'aiuto nella disamina generale. La carta al suolo del MetOffice è reperibile sul portale http://www.wetter3.de/, cliccando sul riquadro "Faxkarten (DWD, UKMet, EZMW, JMA, MSC etc.)" ed infine sull'opzione della tendina relativa alla sezione UK Met Office "Bodenanalyse". Di seguito sono elencate alcune regole empiriche che consentono una prima interpretazione delle carte meteorologiche. 1. Un ciclone giovane si muove nella direzione concorde alle isobare del settore caldo. Dall'inizio dell'occlusione la traiettoria tende a deviare verso sinistra (figura 5.10). 2. Entro 24 ore i cicloni muovono verso la posizione occupata dal cuneo di alta pressione, il tempo si dimez.za nella stagione invernale. Questa situazione vale soprattutto in corrispondenza di condizioni meteorologiche governate da grandi depressioni attive tra l'Islanda, la Gran Breta-
Fig. 5.10 - Traiettorie seguite dai cicloni: un ciclone giovane tende a muoversi nella direzione definita dalle Isobare del suo settore caldo; un ciclone maturo piega la sua traiettoria verso sinistra.
Fig. 5.11 • Un giovane ciclone proveniente dall'Oceano Atlanti· co percorre una distanza tale da portarlo entro 24 ore nella posi· zlone occupata dal promontorio moblle di alta pressione che lo precede. In inverno questo tem· po si può dimezzare.
gna e la Scandinavia (figu ra
5.11). 3. Un ciclone in fase di rapi· do approfondimento rallen· ta il suo moto orizzontale in quanto parte dell'energia ci· netlca viene convertita in energia di rotazione. 4. Un ciclone in fase di colmamento può ritrovare vigore da nuovi apporti di masse d'aria fredda o calda. 5. I fronti in avvicinamento ad un anticiclone bloccante (alta pressione dinamica staziona· ria che mantiene la sua forza anche grazie al contributo di aria più calda in risalita lun· go la zona di contrasto con la depressione che la precede) rallentano il loro moto e per· dono forza (situazione non infrequente per la nostra zona con situazioni come quelle di figura 5.12). 6. I fronti disposti perpendicolarmente alle isobare sono molto veloci, quelli posti paralle· lamente sono lenti o quasi stazionari (situazioni di blocco). 7. Un aumento lento e gra· duale della pressione può essere segno del passaggio ad una fase di stabilità du· ratura, mentre un aumen· to veloce può significare un miglioramento solo tempo·
Fig. 5.12 · Situazione di bloc· co con una depressione sul Gol· fo del Leone ed un promontorio dinamico di alta pressione este· so dal Mar Mediterraneo cen· tra/e a/l'Europa dell'est. Il fron· te progredisce molto lentamen· te e tende a perdere vigore via via che si avvicina all'alta pres· sione (situazione molto pericolosa per i versanti suda/pini con rischi alluvionali).
Fig. 5. 13 - Carta della velocità verticale alla superficie isobarica di 700 hPa (circa 3000 metri di quota). Esempio di notevole convezione prevista tra la Carnia e le Prealpi Venete, segno di condizioni d'instabllità che possono generare nubi, rovesci e temporali (fonte www.wetterzentrale.de).
raneo (ad esempio il transito di un promontorio mobile di alta pressione a seguito del passaggio frontale inserito in un flusso di correnti occidentali).
È venuto il momento di consultare altre carte, In particolare quella che esprime la velocità di variazione della pressione a 700 hPa e quella relativa all'umidità relativa prevista per la stessa superficie isobarica. La quota media a cui si trova la pressione di 700 hPa oscilla attorno ai 3000 metri ed è un riferimento molto importante al fine di valutare se le condizioni sono più o meno favorevoli alle precipitazioni. Per l'anal isi della velocità verticale sfruttiamo ancora il generoso modello GFS, questa volta scendendo a livello di scala mitteleuropea che permette di avere un quadro meglio definito per il Friuli Venezia Giulia. La carta è reperibile sul porta le http://www.wetterzentrale.de/ topkarten/, cliccando sull'opzione "GFS" del menù all 'estrema sinistra, poi sull'opzione del menù a fianco "M-Europa ", infine sul link nel riquadro "700 hPa Vertikalbewegung", navigando successivamente tra i vari link orari. La velocità verticale è espressa in hPa/ h e la scala cromatica di riferimento a lato ci permette di interpretare le varie "macchie" di colore distribuite sul territorio (esempio in figura 5.13). La scala dal giallo al viola indica velocità negative corrispondenti a moti convettivi ascendenti più o meno accentuati, la scala dal verde al viola velocità positive che segnalano moti discendenti. È intuitivo che le aree interessate da velocità verticali negative siano quelle in cui, in presenza di sufficiente umidità, si formeranno con più facilità nubi e saranno più probabili e consistenti le precipitazioni. Colorazioni tra il rosso ed il viola possono far pensare a rovesci e ad una maggiore probabilità di fenomen i temporaleschi in estate, a piogge intense in autunno, magari legate anche ai fenomen i di sba rramento dovuti ai rilievi. Questa carta è quindi utile per valutare l'instabilità e la possibilità di precipitazioni. Valori prossimi a O hPa/ h o positivi sono segno di condizioni stabili e probabilmente soleggiate. Rimanendo alla stessa quota o superficie isobarica, è importante abbinare alla carta della velocità verticale quella dell'umidità relativa. In questo caso consiglio quella del modello globale tedesco GME. Anche se non abbiamo il dettaglio della scala mitteleuropea, la definizione è già sufficiente per i nostri sco pi .
l 1os
La carta è reperibile sul portale http://www.wetterzentrale.de/topkarten/, cliccando sull'opzione "GME" del menù all'estrema sinistra, navigando successivamente tra i vari link orari relativi alla voce "700 hPa relative Feuchte". La carta, come quella di figura 5.14, ci indica il valore percentuale dell'umidità relativa a 700 hPa con una scala di colore che va dal secco all'umido, passando per tutte le gradazioni tra il rosso ed il blu scuro. Naturalmente, se l'umidità relativa a 3000 m è elevata il rischio di nubi e piogge sale di conseguenza. In presenza di anticicloni dinamici posti nel cuore dell'Europa l'umidità in quota è molto bassa ed il tempo stabile. Le fasi perturbate sono accompagnate invece da valori di umidità ampiamente superiori al 50%. La lettura congiunta delle due carte, velocità verticale e umidità relativa a 700 hPa, può dunque essere molto significativa nella valutazione della nuvolosità, del rischio precipitazioni, della loro presunta intensità e dell'eventuale genesi di nuclei temporaleschi. Accenniamo ora al vento. Il modello GFS rende disponibili le carte del vento su scala mitteleuropea per le superfici isobariche di 925 e 850 hPa (circa 800 e 1500 m di quota), come quelle di figura 5.15. Le carte sono reperibili sul portale http://www.wetterzentrale.de/ topkarten/, cliccando sull'opzione "GFS" del menù all'estrema sinistra e poi sui link nei riquadri "925hPa Wind (Mitteleur.)" e "850hPa Wind (Mitteleur.)", navigando successivamente tra i vari link orari. Il modello ad area limitata BOLAM propone anche una carta del vento a 700 hPa (circa 3000 mdi quota), integrata con l'umidità specifica. Le due carte GFS esprimono la velocità del vento In nodi (kt; 1 kt/h=l.852 km/h) con aree a scala di colore e vettori di direzione dotati di "barbette" per la velocità (1/2 barbetta = 5 kt, 1 barbetta = 10 kt, ecc.). La carta BOLAM (figura 5.16) mostra i vettori di direzione privi di barbette con la velocità espressa in metri al secondo (m/s) definita dalla lunghezza del vettore (campione base in scala da 20 m/s). La carta è reperibile sul portale http://www.westwlnd.ch, cliccando in successione sulle opzioni "BOLAW e "BOLAM 6.5" del database, navigando successivamente tra i vari link orari corrispondenti alla voce "Q700, Wind700". Con queste tre carte abbiamo una visione abbastanza completa dei venti che potremo in-
Fig. 5.14 - Carta del modello globale tedesco GME dell'umidità relativa alla superficie isobarica di 700 hPa. L'umidità relativa prevista a drca 3000 m di quota è un dato Importante per la valutazione dello stato del cielo e del rischio (fonte precipitazioni www.wetterzentrafe.de).
850 h.Pa. Wind (kt)
Fig. 5.15 - Carte GFS dei venti alle superfici isobariche di 925 e 850 hPa, corrispondenti approssimativamente alle quote di 800 e 1500 m. T vettori indicano la direzione del vento, mentre la scala di colore e le "barbetten poste sul vettori ne indicano la velocità (fonte www.wetterzentrale.de).
centrare salendo di quota con buona copertura dell'intera fascia altimetrica tipica delle montagne della nostra regione. Per valuta re i venti che troveremo sulla cima del Monte Coglians sarà, ad esempio, utilissima la carta BOLAM a 700 hPa, mentre per quote intermedie potremo usare con buona approssimazione le carte GFS. Anche senza disporre delle carte specifiche con i campi di vento possiamo sempre ripiegare sulle solite carte del geopotenziale a 850 hPa e 700 hPa. Isoipse (o fasce di colore) molto ravvicinate indicano venti sostenuti con direzione parallela a quella del flusso, isoipse distanziate significano venti deboli. ...._ , _
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Fig. 5.16 - carta del vento alla superficie isobarica di 700 hPa (circa 3000 m di quota) elaborata dal modello ad area limitata BOLAM. l vettori indicano direzione ed intensità media (evidenziata dalla lunghezza del vettore e comparata ad un campione In basso) del vento. La carta integra anche il valore de/l'umidità specifica, interessante per valutazioni relative a nuvolosità e precipitazioni. Nell'esempio: nord Italia interessato da un marcato flusso umido sud-occidentale (fonte www. westwind. eh).
La previsione di forti venti in quota, anche se accompagnati da tempo relativamente buono (ad esempio nel caso di irruzioni fredde da nord), deve sempre indurre alla prudenza, sia in estate che in inverno. Essa può infatti costituire un notevole rischio, sia in arrampicata o su ferrata nella bella stagione, sia nel periodo freddo quando si aggiunge anche il rischio valanghe. Non ci rimane che dare una veloce occhiata alle carte di previsione della precipitazione: si tratta di prodotti da utilizzare con le pinze perché non sempre efficaci nel descrivere questo genere di fenomeno, soprattutto per aree poco estese; possono però rappresentare una specie di conferma di quanto osservato su carte al suolo e carte in quota, magari senza dare per scontato quanto viene indicato in senso quantitativo. Consiglio di soffermarsi sulla carta GFS riferita alla scala mitteleuropea. La carta è reperibile sul portale http://www.wetterzentrale.de/ topkarten/, cliccando sull'opzione "GFS" del menù all'estrema sinistra, poi sull'opzione del menù a fianco "M-Europa ", infine sul link nel riquadro "3h Niederschlag", navigando successivamente tra i vari link orari. La carta BOLAM è più dettagliata per il nord Italia ma non va oltre la validità delle 24 ore. La carta BOLAM è interessante soprattutto nel giorno che precede l'escursione. La carta è reperibile sul portale http://www.westwind.ch, cliccando in successione sulle opzioni "BOLAM" e "BOLAM 6.5" del da tabase, navigando successivamente tra i vari link orari corrispondenti alla voce "Precip3h " e "Precip12h". La carta GFS ci fornisce anche altre utili informazioni sulla convezione e sul livello dello zero termico calcolato direttamente. Sulla carta GFS troviamo la previsione dell'accumulo pluviometrico di 3 ore in 3 ore evidenziato da aree con scala di colore variabile tra il verde acqua (precipitazioni debolissime) ed il viola (precipitazioni superiori ai 50 mm in 3 ore) passando per varie gradazioni intermedie di blu. La convezione è rilevabile dalla presenza di linee tratteggiate rosse, spesso concentriche. Il livello dello zero termico è indicato invece con isoipse che uniscono punti di uguale altitudine a cui si prevede la temperatura di 0°C (figura 5.17). Dalle carte BOLAM (figura 5.18), con passo di griglia che permette un dettaglio ancora migliore, possiamo rilevare l'accumulo pluviometrico a 3 ore e a 12 ore, rappresentato anche in questo caso da aree a scala di colore con una legenda di riferimento, posta a fianco del-
Fig. 5.17 - Carta pluviometrica del modello GFS su scala mitteleuropea. Si distinguono le aree con accumulo di pioggia (aree a gradazione della tonalità blu) nell'intervallo di 3 ore, le linee tratteggiate rosse che indicano la convezione e le isoipse con la quota prevista dello zero termico (fonte www.wetterzentrale.de).
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Fig. 5.18 - Carta di previsione dell'accumulo di pioggia nelle 12 ore elaborato dal modello ad area /imitata BOLAM. La quantità cumulata è espressa In aree a gradazione di colore (fonte www.westwind.ch).
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la carta, che utilizza diversi colori per esprimere la quantità di pioggia in mm. Il modello BOLAM offre anche una carta specifica per la sola precipitazione nevosa che eventualmente l'utente può consultare a puro titolo indicativo. Le carte pluviometriche possono rivelarsi utili per verificare le condizioni d'instabilità e le aree montane dove maggiore è la probabilità di precipitazioni. Con evidenza di precipitazioni continue nell'arco della giornata meglio rimandare l'escursione, con segni d'instabilità pomeridiana associata a probabili rovesci meglio programma re una partenza di buona mattina. Aree colorate con le gradazioni relative ai valori più bassi della scala possono significare anche solo una consistente copertura nuvolosa. In tutte le stagioni può essere utile valutare l'eventuale livello della quota neve. Questo sottintende che si prevedano condizioni meteorologiche che consentano le precipitazioni e temperature sufficientemente basse da provoca re nevicate al di sotto dei 2800 metri (limite più elevato per i rilievi del Friuli Venezia Giulia). Non si pensi che anche in estate questa sia un'ipotesi tanto remota, specie in giugno e nella seconda metà di agosto. In questo caso si può stabilire una fascia altimetrica in cui possano verificarsi precipitazioni nevose basandoci sul livello dello zero termico già calcolato, tendendo conto, però, che il li mite della nevicata dipende anche dall'intensità della precipitazione. Ci si può regolare sul seguente criterio: 1. precipitazioni deboli: quota neve prossima o inferiore di 300 m rispetto al livello altimetrico dello zero termico 2. precipitazioni moderate: quota neve inferiore di 300/600 m rispetto al livello altimetrico dello zero termico 3. precipitazioni abbondanti: quota neve inferiore di 600/800 m rispetto al livello altimetrico dello zero termico 4. precipitazioni intense: quota neve inferiore di 800/1000 m rispetto al livello altimetrico dello zero termico. Tenendo va lido l'esempio precedente (T a 850 hPa=10°C) e con previsione di precipitazioni di media intensità, possiamo va lutare il limite della nevicata nel range di quota 2400/2700 m (3000-600=2400 me 3000-300=2700 m).
In tutte le stagioni, quando le proiezioni modellistiche individuano la possibilità di nevicate al di sotto dei 2800 m di quota, è bene considerare ìl livello sopra il quale questo fenomeno potrebbe altrimenti sorprenderci. Trovarsi coinvolti in una nevicata estiva su percorsi complessi e con l'abbigliamento leggero può essere estremamente pericoloso. Anche nelle escursioni sci-alpinistiche è d'obbligo la massima prudenza qualora si prevedano nevicate d'intensità moderata o abbondante.
I bollettini meteorologici d i riferimento Fatte tutte le considerazioni personali è ora il caso di confrontarci con i bollettini meteorologici ufficiali emessi dai principali centri attivi sul nostro territorio. Queste le scelte a mio parere più valide.
Regione Friuli Venez ia Giulia
Osservatorio Meteorologico Regionale dell'ARPA (www.osmer.fvg.it) L'OSMER pubblica bollettini specifici validi per i principali settori della montagna regionale. Sono reperibili subito sotto le previsioni più generali in homepage. Il bollettino (esempio in figura 5.19), dopo una breve analisi sinottica, prende in esame 3 giornate (oggi, domani e dopodomani) e, oltre alle mappe con i classici simboli grafici, propone per ogni settore la previsione per i seguenti parametri: • Temperatura media a 1000 m • Temperatura media a 2000 m • Probabilità di precipitazioni estese • Probabilità di temporali • Quota dello zero termico • Quota delle nevicate Sitmione - Alpi Giulie ---------~ • Vento medio a 2000 m LtHMCll 16 9'..gno, ore: 13:00 (direzione e velocità media) Sl•:.tklinl ,,..leo • Vento medio a 3000 m ·~ (direzione e velocità media) • e......wa. • Temperatura min/ max per 2 •! : - . Una N«•tur• dM • • t..a. d.a. Sc:....on.t~ Mo..._~ la af._• località significative poste a Cott9r\b umidi da tudCYffl _.,. nottta rtQIOtlt T'" inarltdl • ...coa.ct ~.,•un l'ron~. po! li tlmPO ~à. quote diverse.
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Previsioni · Alpi Giulie - - - - - - - - - - , _ _ ...... . . 000 ...
Fig. 5.19 - Scher mata parziale del bollettino emesso dal Centro Meteorologico Regionale OSMER ARPA del Frlull Venezia Giulia. L'esempio è relativo al bollettino specifico per l 'area delle Alpi Giulie. Sono disponiblll sul sito anche i bollettini per le altre zone delle Alpi e Prealpi regionali, oltre a immagini radar e dati della rete di rllevamento a terra.
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