Eubulides – Mnesimachos 3946317650, 9783946317654

The Italian-language volume offers a commentary on the fragments and testimonies of twelve Greek comedy poets of the 4th

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Italian Pages 548 Year 2019

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Eubulides – Mnesimachos
 3946317650, 9783946317654

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HS

Verlag Antike

Fragmenta

Comica

Kommentierung

(FrC)

der Fragmente der griechischen Komödie

Projektleitung Bernhard Zimmermann Im Auftrag der Heidelberger Akademie der Wissenschaften herausgegeben von Glenn W. Most, Heinz-Günther Nesselrath, S. Douglas Olson, Antonios

Rengakos, Alan

H. Sommerstein

und Bernhard Zimmermann

Band

16.5 - Eubulides -- Mnesimachos

Virginia Mastellari

Calliade -— Mnesimaco Introduzione, Traduzione

e Commento

Vandenhoeck & Ruprecht

Dieser Band wurde im Rahmen der gemeinsamen

Forschungsförderung von

Bund und Ländern im Akademienprogramm mit Mitteln des Bundesministeriums für Bildung und Forschung und des Ministeriums für Wissenschaft, Forschung

lim

und Kultur des Landes Baden-Württemberg erarbeitet.

UNION DER DEUTSCHEN AKADEMIEN DER WISSENSCHAFTEN

Die Bände der Reihe Fragmenta Comica sind aufgeführt unter: http://www.komfrag.uni-freiburg.de/baende_liste

Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek: Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über https://dnb.de abrufbar.

© 2020, Vandenhoeck

& Ruprecht GmbH

& Co. KG,

Theaterstraße 13, D-37073 Göttingen Alle Rechte vorbehalten. Das Werk und seine Teile sind urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung in anderen als den gesetzlich zugelassenen Fällen bedarf der vorherigen schriftlichen Einwilligung des Verlages. Umschlaggestaltung: disegno visuelle kommunikation, Wuppertal

Vandenhoeck & Ruprecht Verlage | www.vandenhoeck-ruprecht-verlage.com ISBN 978-3-946317-67-8

Sommario Premessa

LL...

Νοία...

. 222

one

Calliade (Kaddıäöng)... Introduzione Οομμηεδηΐο...

....

22-2 2: «τ

. .. «τον

ernennen

onen

νυν νιν νειν νον νιν νιν

9

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10

11

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11

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13

εν

Testimonianza. LL...

13

Callicrate (Καλλικράτης). L00000

15

Introduzione . LL...

15

Commento

eee

17

. LL...

17

. LL...

Commedia e frammento

Mooyiwv (Moschiön) (‘Moschione”) LL...

17

Clearco (Κλέαρχος). LL.

22

Introduzione

22

Commento

. LL... . LL...

Lee

25

Testimonianza. |... Commedie e frammenti |...

25 26

Κιθαρῳδός (Kitharödos) (“Il citaredo”). LL...

26

Κορίνθιοι (Korinthioi) (“Corinzi”)...

35

Πάνδροσος (Pandrosos) (“Pandroso”) LL...

41

Incertae fabulae fragmentum . LL Cratino il Giovane (Κρατῖνος ὁ νεώτερος) Introduzione Commento

....

2.22

Co oeee

een

LL... rer

νιν

ernennen

. LL...

Commedie e frammenti . LL... Tiyavteg (Gigantes) (“Giganti”) LL

48 52 52 57

57 57

Onpwyévn (Therömene) (“La cacciatrice” /“La preda di caccia”)

|... ...............

72

Ὀμφάλη (Omphale) IIvdayopilovoa (Pythagorizousa) (“La pitagorizzante”)

LL...

Ταραντῖνοι (Tarantinoi) (“Tarantini”)... Titàveg (Titanes) (Titani)... Χείρων (Cheirön) (“Chirone”). LL.

Ψευδυποβολιμαῖος (Pseudhypobolimaios) (“Il falso figlio illegittimo”)... Incertarum fabularum fragmenta. ..... 2... 2222er. Crobilo (Κρωβύλος). LL... Introduzione

.. 2.2. 22cm

e rennen

ernennen

Anayxönevog (Apanchomenos) (“Limpiccato” /“Luomo che tenta di impiccarsi”). ........... Ἀπολείπουσα vel AnoAınodoa (Apoleipousa vel Apolipousa) (“La donna che lascia il marito” o “La donna che lasciò il marito”)

. .

Ψευδυποβολιμαῖος (Pseudhypobolimaios) (“Il falso figlio illegittimo”)... Incertarum fabularum fragmenta. ....... 2220er. Enioco (Hvioxog) Introduzione

|

LL...

LL

. LL...

Topyöves (Gorgones) (Gorgomi”). LL... Δὶς ἐξαπατώμενος (Dis exapatömenos) (“Il due volte illuso”) .... 2.222 2m onen εν νειν νων

Ἐπίκληρος (Epikleros) (Tereditier)....:: Θωρυκίων (?) (Thörykiön) (“Toricione”).....: νον

νον

νυν

νιν

νιν εν εν

νιν νιν νων

νι νιν er nererernnne

Πολύευκτος (Polyeuktos) (“Polieucto”) LL...

211

Πολυπράγμων (Polypragmön) (“Il ficcanaso” /“Il curioso”)

.....

2... 22 2220er

217

Ἰροχίλος (Trochilos) (“Trochilo”/“Lo scricciolo”) |...

224

Φιλέταιρος (Philetairos)

(“Compagno/amico fedele”) . ........... LL Incertae fabulae fragmentum . 1... Eraclide (Ηρακλείδης) Introduzione Commento

239 241

| LL...

264

. LL...

264

. LL...

267

Testimonianza. LL. Frammento LL.

267 269

Incertae fabulae fragmentum . 0.

269

*Eubulide (Εὐβουλίδης) Introduzione Commento

LL...

....

2:22.

.. . ..

τ

Commedia e frammento.

oem νον

νιν ν νων

νυν εν νιν

νιν εν νυν ν νιν

νιν

280 nn

280

νννινιοςν

284

. LL...

284

Kwpaotai (Kömastai)

(“I comasti/partecipanti al corteo rituale”)... .............

284

Eufane (EÙ@àvne) | LL. Introduzione . LL...

290 290

Commento

293

. . .... «τον

eee

Testimonianze. LL. Commedie e frammenti...

293 295

Μοῦσαι (Mousai) (“Le Muse”) Lil...

295

Ilbpavvoc (Pyraunos) (“Il braciere”

/“Colui che accende il fuoco”)

. ..............

305

Euthias (Εὐθίας). LL.

310

Introduzione . LL...

310

Commento

311

. LL...

Euticle (Εὐθυκλῆς) Introduzione Commento

LL.

319

. LL... . LL...

Testimonianze

319

eee

322

LL...

Commedie e frammenti . LL... Ἄσωτοι ἢ Ἐπιστολή (Asötoi è Epistole) (“I dissoluti ovvero La lettera”).

..............

322

324

0

324

Ἀταλάντη (Atalante) (“Atalanta”)...

327

Mnesimaco (Μνησίμαχος) . LL...

331

Introduzione

. LL...

331

. 2.2 2m onen

336

Commento

Testimonianze. LL... Commedie e frammenti . LL...

336 340

Ἀλκμαίων vel -ἔων (Alkmaiön vel -eön) (CAlCMEONE”). LL

340

Βούσιρις (Bousiris) (“Busiride”’). LL.

350

Δύσκολος (Dyskolos) (“Lo scorbutico”) . LL...

357

Ἱπποτρόφος (Hippotrophos) (Tallevatore di cavalli?) ....... 222 none εν νιν νιν νων

370

Ἰσθμιονίκης (Isthmionikes)

(“Il vincitore dei giochi istmici”). LL...

441

Φαρμακοπώλης (Pharmakopoles) (“Il venditore di medicinali”). ......... νιν νιν νν νιν.

447

Φίλιππος (Philippos)

(“Filippo”) LL... Incertae fabulae fragmentum . LL... Bibliografia | LL...

451 481 485

Premessa

Questo lavoro & una versione rivista e ampliata della mia tesi di dottorato, dal titolo “Commento a cinque poeti comici di IV sec. ἃ. Οὐ, discussa a Freiburg i. Br. nel luglio del 2018. La tesi consiste nel commento a Clearco, Cratino il Giovane, Crobilo, Enioco e Mnesimaco, cui sono stati successivamente aggiunti gli altri autori compresi in questo volume.

Sia per gli anni del dottorato, sia per l’incessante e solida assistenza nella redazione di questo lavoro, i miei primi ringraziamenti vanno ai miei relatori, il Prof. Dr. Andrea Bagordo e il Prof. Dr. Dr. h.c. Bernhard Zimmermann; non è quantificabile il giovamento che il mio commento ha tratto dalla loro costante presenza ed esperienza, né il beneficio che, a livello umano, la loro vicinanza mi ha garantito. Il commento a Mnesimaco è stato lungamente discusso in sede di colloquio con gli altri membri interni del progetto KomFrag. I miei ringraziamenti per i lunghi e proficui pomeriggi di confronto vanno al PD Dr. Christian Orth, Dr. Francesco Paolo Bianchi, Dr. Elisabetta Miccolis, PD Dr. Anna Novokathko, Dr. Stelios Chronopoulos e Prof. Douglas Olson, oltre ai professori Bagordo e Zimmermann, già nominati.

Parte di questo lavoro è stato condotto ad Atene, dove sono stata “A. Onassis Fellow” 2016-2017 sotto l’accorta supervisione del Prof. Ioannis Konstantakos. Di nuovo, il profitto che questa collaborazione ha garantito al mio lavoro è arduo da quantificare; è stato per me un onore e fonte di continua crescita lavorare con uno dei maggiori esperti di commedia di IV sec. a.C. Un caro rigraziamento va inoltre allo staff della “Blegen Library ofthe American School of Classical Studies at Athens”, per l'accoglienza e lo splendido ambiente di lavoro. Molti altri studiosi hanno letto parti di questo lavoro e contribuito con preziosi consigli: mi sia concesso ringraziare la Prof.ssa Angela Maria Andrisano, che per prima mi ha avvicinata allo studio dei frammenti comici, e il Dr. Leonardo Fiorentini; la Prof.ssa Alberta Lorenzoni; il Prof. Eric Csapo; il Prof. Michele

Napolitano; il Dr. Federico Favi; il Dr. Massimiliano Ornaghi. Ciò premesso, la responsabilità di ogni errore, omissione o svista nel testo è, naturalmente, soltanto mia. I miei più sentiti ringraziamenti, infine, vanno alla mia famiglia e a Gabriele: il

loro incrollabile sostegno è stato fonte incessante di motivazione. In particolare i miei genitori, che mi hanno trasmesso la passione per quello che studio, mi hanno insegnato il valore dell'impegno e del sacrificio e, più di chiunque altro, hanno sempre creduto in me. A loro questo libro è dedicato. Freiburg i. Br., marzo 2019

10

Nota Tutti i frammenti comici sono citati dall’edizione di Kassel-Austin (PCG I-VIM).

Per i frammenti di altri generi letterari viene indicata l'edizione di riferimento. Per le commedie di Aristofane stampo le seguenti edizioni: Acarnesi: Olson 2002; Cavalieri: Wilson 2007; Nuvole: Dover 1968; Vespe: Biles-Olson 2015; Pace: Olson

1998; Uccelli: Dunbar 1995; Lisistrata: Henderson 1987; Tesmoforiazuse: AustinOlson 2004; Rane: Dover 1993; Ecclesiazuse: Ussher 1973 e Vetta 1989; Pluto:

Wilson 2007. Per tutti gli altri autori si seguono le edizioni di riferimento correnti. Per gli autori greci le abbreviazioni sono quelle comunemente date in LSJ?, da cui ci si discosta in tutti quei casi in cui l'estrema compendiosità potrebbe rendere poco chiaro il riferimento ad autori (ad es. Aesch. e non A.) od opere (ad

es. Vesp. e non V.); per gli autori latini le abbreviazioni sono attinte dall’ Oxford Latin Dictionary (OLD). In accordo con la consuetudine dei volumi della serie Fragmenta Comica, nelle

analisi metriche riporto sempre come lungo (—) l’ultimo elemento a prescindere dalla quantità della sillaba. Segnalo inoltre con un'incisione di colore grigio (|) la possibilità di un'incisione alternativa a quella proposta, mentre ricorro a quella puntinata (i) nel caso di versi mutili, che non permettono di stabilirne con certezza la collocazione. Nel caso di frammenti incompleti, la parte mancante viene ugualmente scandita metricamente tra parentesi uncinate (9); in tutti questi casi

la parte metrica mancante è data in maniera semplificata e non indica tutte le possibili realizzazioni. Nei numerosi luoghi in cui ho lemmatizzato nomi di animali o piante, ho seguìto la nomenclatura scientifica tradizionale; la più diffusa è la nomenclatura binominale stilata da C.N. Linnaeus, Systema Naturae, Rotterdam 1735 (= L.). Laddove il trattato non fornisse un riscontro, si è adottata la nomenclatura corrente

negli studi di zoologia e botanica.

11

Calliade (Καλλιάδης) Introduzione 1. Nome e identità

Il nome di Calliade (PAA 553000 = LGPN II Καλλιάδης Nr. 72) è registrato nel catalogo dei commediografi vincitori alle Lenee (= test. 1). Il nome del commediografo compare inoltre due volte nei Deipnosofisti di Ateneo: una prima volta per l'attribuzione incerta della commedia Agnoia a Difilo o Calliade (IX 401a; la stessa commedia è tuttavia attribuita a XV 700c dallo stesso Ateneo al solo Difilo). Di nuovo a XIII 577c, Ateneo menziona il poeta comico Calliade in relazione a

una vicenda che coinvolgeva l'oratore Aristofonte e la proposta di una legge sulla cittadinanza che quest'ultimo aveva disegnato a proprio vantaggio per riparare al fatto di essere stato concepito da un’etera, di nome Coregide; Ateneo fornisce gli

estremi cronologici dell'accaduto, avvenuto sotto Parcontato di Euclide, nel 403/2 a. C. Lo iato cronologico tra l'episodio di Aristofonte (fine V sec. a.C.) e il floruit di Calliade (fine IV-inizio III sec. a. C.), cui si aggiunga il fatto che Aristofonte morì tra il 340 e il 330 a. C. (dunque più difficilmente sarà stato ancora bersaglio comico decine di anni dopo), hanno fatto dubitare della veridicità dell’informazione; Meineke (I [1839] 449-50) propone di leggere Καλλίου per il tràdito Καλλιάδου (seguìto da Wilhelm 1906, 133, che considera le due scritture come alternative,

fornendo una serie di paralleli in cui si verifica lo stesso tipo di confusione), identificandovi dunque il commediografo dell’archaia Callia (= Call. fr. +40). Tuttavia anche questa seconda identificazione risulta problematica, dal momento che la cronologia di Callia sarebbe precedente al terminus dato dalla legge di Aristofonte (Callia esordisce negli anni ‘50 del 400, cf. Imperio 1998b, 195-9, Bagordo 2014a, 118-9). Bagordo (/.c.) propone di accettare l'ipotesi di Wilhelm riguardo l’interscambiabilità delle due forme e di riconoscere in Callia un altro poeta comico successivo che, sulla scia di Storey (2011, 147), chiama Callia II.

2. Cronologia e carriera

Il catalogo lenaico che registra il nome e una vittoria per Calliade fornisce anche un terminus post quem per la datazione: la prima vittoria di Menandro, ottenuta con il Dyskolos nel 317/6 a.C. Menandro è registrato sei righi prima di Calliade, pertanto la prima vittoria di quest'ultimo sarà da collocarsi alla fine del IV sec. a.C. o all’inizio del III.

12

Calliade

3. Bibliografia Edizioni, traduzioni, commenti: Meineke I (1839) 449; Kock II (1884) 541;

Edmonds III.A (1961) 182-3; PCG IV (1983) 37.

Studi: Körte, Kalliades [4], REX.2 (1919) 1612-3; Hidber, Kalliades [1], DNP VI

(1999) 175-6.

13

Commento Testimonianza test. 1 K.-A. IG I° 2325,166 = V C 1 col. 4,15 Mette = Millis-Olson 2012 p. 184 160

Μ|έν]ανδρος I[- - -]

Φιλήμων ΠῚ Ἀπολλόδωροϊς - - -] Δίφιλος II 165

Φιλιππίδης ΠΙ-- - -] Νικό[σ]τρατος [- - -]

Καλλιάδης I Ἀμεινί[α]ς 1 160

Menandro 1[- -- -] Filemone 3 Apollodoro [- - -] Difilo 3

165

Nicostrato [- - -] Calliade 1 Aminia 1

Filippide 2[- - -]

Bibliografia Wilhelm 1906, 123, 133; Capps 1907, 188; Körte 1919, 1612-3; Mette 1977, 176; Pickard-Cambridge 1968, 114; PCG IV (1983) 37; Millis-Olson 2012, 184.

Contesto Il nome è compreso nel catalogo dei poeti comici vincitori nell’agone lenaico (cf. da ultimi Millis-Olson 2012, 133-40, 178-92). I commediografi sono registrati nell’ordine della prima vittoria ottenuta e ne viene riportato il numero di vittorie totali. Interpretazione

Per Calliade è registrata una vittoria lenaica. La menzione di

Menandro al rigo 160 fornisce un terminus post quem, ovvero il 317/6 a. C., anno in

cui Menandro ottiene la prima vittoria alle Lenee con la messinscena del Dyskolos (cf. Men. test. 48-50). Degli altri nomi della lista, Filemone, al rigo successivo, ha

vinto per la prima volta alle Dionisie nel 328/7 a. C. (Marm. Par. FGrHist 239B 7 = Philem. test. 13); Difilo, al rigo 163, era fratello del commediografo Diodoro, che sembra aver guadagnato sia il secondo che il terzo posto alle Lenee del 285/4 a. C. (cf. IG IP 2319,61-4); Filippide, qui al rigo 164, ottiene il primo posto alle Dionisie nel 312/1 a.C. con il Mystis e lo stesso anno si classifica secondo Nicostrato II,

qui al successivo rigo 165 (cf. IG II° 2323a,41-5 = Philippid. test. 8, Nicostr. II test. 1). Nicostrato II, Filemone (il Giovane, secondo Kassel-Austin, cf. PCG VII [1989] 318) e Aminia (qui al rigo 167) presero parte a un festival drammatico a

14

Calliade

Delo nel 280 a.C. (IG X1.2 107,25 = Nicostr. II test. 4, Philem. Iun. test. 3, Amin.

test. 3). Infine, Aminia guadagnò il terzo posto alle Dionisie del 312/11 a.C. con la commedia Apoleipousa (IG I° 2323a,46 = Amin. test. 2). Se ne deduce che anche Calliade sia da collocare tra la fine del IV sec. a. C. e l’inizio del III: Capps 1900b, 84 propone per questa vittoria lenaica il decennio 315-305 a.C. Si segnala che Capps (1900b, 84) proponeva il nome di Calliade tra le possibili integrazioni di IG 112 2319 col.1,56: [ca. 8?]ng : meu : Ἀνασῳζομένί - ); alternativamente suggeriva Fenicide (integrato da Körte ap. Kirchner e recepito prudentemente da Kassel- Austin, che stampano l'iscrizione come Phoen. test. *4) o Filippide (per cui vd. supra). Il quinto posto in questione sarebbe stato ottenuto alle Lenee del 286/5 a.C.

15

Callicrate (Καλλικράτης) Introduzione 1. Nome e identitä

Non sono giunte testimonianze antiche sulla vita di Callicrate. Lunica menzione è contenuta nei Deipnosofisti di Ateneo, fonte del fr. 1.

2. Cronologia e carriera

Dalla menzione dell’etera Sinope (fr. 1) è possibile collocare Callicrate nella seconda metà del IV sec. a.C.

3. Tradizione e ricezione

L'unico frammento superstite è tramandato nel XIII libro dei Deipnosofisti, per il cenno, nella commedia di Callicrate, all’etera Sinope.

4. Kömödoumenoi Nella commedia Moschiön era citata l’etera Sinope (PAA 823225); il Moschione

del titolo era forse il parassita nominato altrove in commedie di IV sec. a. C. (PAA 659185), anche se non si può escludere si trattasse già di un personaggio fittizio, il giovane libertino per antonomasia, del tipo diffuso nella commedia di III sec. a.C. (cf. infra Titolo).

5. Callicrate e gli altri poeti comici Sia la menzione dell’etera Sinope al fr. 1, sia il personaggio Moschione, che dà il nome all’unica commedia di cui si ha notizia, si inseriscono in un filone scoptico che conferma la cronologia dell'autore: la prima è stata largamente derisa nella produzione comica di IV sec. a. C.; il secondo è forse uno ‘stock character’ in nuce:

la maschera menandrea avrà forse colto i propri tratti distintivi da elementi che, nel IV sec. a. C., avranno caratterizzato un Moschione in commedia.

16

Callicrate

6. Bibliografia Edizioni, traduzioni, commenti: Meineke I (1839) 418; III (1840) 536; II” (1847) 772; Bothe 1855, 589; Kock II (1884) 416; Edmonds II (1959) 566-7 (con trad. inglese); PCG IV (1983) 54; Sanchis Llopis et al. 2007, 456 (con trad. spagnola). Studi: Körte, Kallikrates [8], RE X (1919) 1638; Hidber, Kallikrates [4], DNP VI (1999) 185.

17

Commento Commedia e frammento

Mooyxiwv (Moschiön) (“Moschione”) Bibliografia Meineke I (1840) 418; Breitenbach 1908, 45-6; Edmonds II (1959) 566-7; Webster 1970a, 65; PCG IV (1983) 54. Titolo

Non sono attestati titoli omonimi, ma un parassita Moschione (PAA

659185) & bersaglio comico in Axion. fr. 4,14 e Alex. fr. 238: nel primo caso & detto apprezzare il cibo raffinato e la musica del flauto; il frammento, citato da Ath. VIII 342a-b nella sezione sugli ὀψοφάγοι, è una tirata contro l'oratore Callia (PAA 553610), altrimenti sconosciuto (per un'analisi del frammento cf. Scharffenberger 2012, 162-8). In Alex. fr. 238 (ap. Ath. VI 242c, in una sezione dedicata ai parassiti;

come tale Ateneo presenta infatti Moschione) è detto παραμασήτης, “compagno di mensa” (cf. Arnott 1996, 670-1, che discute la problematica identificazione

del personaggio, dal momento che il nome proprio era assai diffuso, cf. PAA XII pp. 455-63). È inoltre menzionato in Mach. 6,46 Gow con l'epiteto ὑδροπώτης, “astemio” (cf. Gow ad loc.). Non è possibile stabilire se il Moschione menzionato in

Straton. com. fr. 1,13 come partecipante al banchetto in preparazione sia la stessa persona, o se si tratti di un generico nome proprio (quest’ultima l’idea di Olson 2007, 165 ad loc.). Il Moschione parassita potrebbe essere stato il referente del titolo di Callicrate (già Breitenbach 1908, 46). Il nome proprio designerà comunemente, nella commedia di III a. C., un giovane uomo di desideri o abitudini licenziosi, cf. e. g. i personaggi in Men. Kith., Perik., Sam., fr. 384, com. adesp. frr. 1063,4, 1089,1, 1096,66, 1098,10; Breitenbach 1908, 45 n. 92, Gatzert 1913, 23. Più verso questa

fase è orientato Webster (1970a, 65) nell’identificare il Moschione di Callicrate!; Arnott (1996, 673) non esclude per il caso di Callicrate una fase di transizione,

in cui il personaggio inscenato, il celebre parassita, avrebbe assunto i tratti del giovane libertino, contribuendo archetipicamente alla creazione dello stereotipo successivo?.

1 Egli commenta: «Moschion gave his name to a play by Kallicrates, and here we can perhaps see a parallel development to the use of hetaira names for fictitious characters; Moschion entered comedy as an historical parasite and his name became the common name for the wild young man about town». 2 Meineke I (1839) 418 collega il Moschione del titolo al poeta comico (ovvero tragico, a suo parere, cf. ib. p. 522, TrGF 97 F [10]), di cui tuttavia non si conosce l'epoca (cf.

PCG VII [1989] 27); le soluzioni identificative proposte supra sembrano, anche in virtù di ciò, più economiche.

18

Callicrate

Contenuto

Unica notizia certa relativamente alla commedia è che veniva men-

zionata Petera Sinope. Il Moschione del titolo, forse il parassita, per ragioni di vicinanza cronologica alle altre attestazioni, sarà stato verosimilmente il protagonista,

ma non è possibile speculare oltre. Datazione

La menzione di Sinope nell’orazione 22,56 di Demostene (355 a. Ὁ.)

costituisce l’appiglio cronologico più rilevante non solo per ricostruire la carriera dell’etera, ma anche per datare diverse commedie. Schiassi (1951, 233-4) ipotizza

che Sinope sia nata non dopo il 380 a. C.; questo dato è certamente avallato anche dalla testimonianza di Teopompo (se si accetta di riconoscervi la stessa Sinope, cf. infra), il quale attesta che, originaria della Tracia, Sinope aveva esercitato anche ad Egina, dunque, quando sarà stata ad Atene nel 355 a. C., sicuramente non era più giovanissima (a ciò si aggiunga che Sinope è sovente presa in giro in commedia per la sua età, cf. infra). Tra le commedie che la ricordano, la Neottis di Antifane

è databile poco dopo il 342 a.C. (per la menzione di Demostene in relazione all’episodio dell’ Alonneso), più o meno contemporanea all'omonima commedia di Anassila, dove Sinope è sicuramente già vecchia, per cui Schiassi (1951, 233-4) propone il 340-335 a.C. (Hunter 1983, 160 allarga al periodo 350-320 a. C.); la Halieuomene di Antifane, che forse presenta Sinope già come vecchia, è databile tra il 345-318 a.C. (per la menzione di Callimedonte). Webster (1952, 21) propone per la commedia di Callicrate il trentennio 360-330 a.C; Breitenbach (1908, 46)

suggerisce poco dopo il 340 a.C.

fr.

1K.-A.(1K.)

Ath. XIII 585f-6a

Δημοσθένης μὲν γάρ ἐν τῷ κατὰ Ἀνδροτίωνος Σινώπης μέμνηται καὶ Φανοστράτης. Kal περὶ μὲν τῆς Z iv ὦπης Ἡρόδικος ὁ Κρατήτειος ἐν ἕκτῳ Κωμῳδουμένων φησιν ὅτι Ἄβυδος ἐλέγετο διὰ τὸ γραῦς εἶναι. μνημονεύει δ᾽ αὐτῆς Ἀντιφάνης ἐν Ἀρκάδι καὶ ἐν Κηπουρῷ, ἐν Ἀκεστρίᾳ, ἐν Ἁλιευομένῃ, ἐν Νεοττίδι, καὶ Ἄλεξις ἐν Κλεοβουλίνῃ καὶ Καλλικράτης ἐν Μοσχίωνι Demostene nell’orazione Contro Androzione (22,56) ricorda Sinope e Fanostrate. Riguardo

Sinope, Erodico Crateteo nel sesto libro dei Komodoumenoi (fr. 1, p. 125 Düring) dice che era chiamata Abido’ perché era una donna vecchia. La ricordano anche Antifane nell’ Arkas (fr. 43) e nel Köpouros (fr. 114), nell’ Akestria (fr. 23), nella Halieuomene (fr. 27,12), nella Neottis (fr. 168), poi Alessi nella Kleobuline (fr. 109) e Callicrate nel Moschiön (fr. 1).

Metro

Non deducibile (-——).

Bibliografia

Meineke III (1840) 536; II" (1847) 772; Kock II (1884) 416;

Steinhausen 1910, 46-7; Webster 1952, 21; Edmonds II (1959) 566-7; PCG IV (1983) 54; Sanchis Llopis et al. 2007, 456.

Μοσχίων (fr. 1)

19

Contesto della citazione La menzione della commedia di Callicrate in relazione all’etera Sinope è inserita nella sezione del XIII libro dei Deipnosofisti, unico tra tutti ad avere un titolo, Περὶ γυναικῶν, nonostante la categoria di interesse sia quasi esclusivamente quella delle prostitute. Nello specifico, a Sinope è dedicata la sezione 585f-6f, nella quale Ateneo riporta l'informazione, attinta dall’erudito

Erodico di Babilonia (II sec. a. C.) nell'opera Peri Kömödoumenön, del soprannome dell’etera, Abido’ (cf. infra), ed elenca tre autori di IV sec. a. C. che ne hanno fatto

menzione nelle loro commedie, fornendone solo i titoli, senza riportarne i passi. È assai verosimile che anche l'elenco dei commediografi sia attinto dall'opera di Erodico (la struttura compilativa del lessico motiva forse il fatto che siano citati solo autore e opera e non i frammenti). Altrove nel XIII di Ateneo, Sinope è menzionata a 558b (= Anaxil. fr. 22), 567f (= Amph. fr. 23), 594b-5a (= [Dem.] 59,19,

Theop. FGrHist 115 F 2533). L'origine del soprannome ‘Abido’ ha causato divergenze di opinioni nei commentatori; l’unica breve nota esegetica è fornita da Erodico, che motiva il soprannome come conseguenza della vecchiaia della donna (διὰ τὸ γραῦς εἶναι). Abido è toponimo di due città antiche: 1. città della Misia (Asia Minore), collocata nel

punto più stretto dell’Ellesponto; 2. città egizia, sede dall'epoca preistorica di un cimitero nobiliare, divenuto poi necropoli di re della prima e seconda dinastia e del culto di una divinità assimilata successivamente a Osiride (Kemp 1975, 28-41).

Partendo dall’ipotesi 2., non è possibile stabilire se la città fosse nota ad Atene nel IV sec. a. C. a tal punto da renderla una città ‘vecchia’ per antonomasia e ricavarne conseguentemente soprannomi; d’altro canto, supporre che tale, ovvero ‘vecchia, decadente; fosse nel IV sec. a. C. la Abido 1., è una deduzione che, a partire da Gulick (1937, 159), si è diffusa tra tutti gli studiosi, ma che non trova conferma nelle fonti. Sulla Abido asiatica, Ateneo informa altrove (XII 524f) che i suoi abitanti erano rinomati per essere “rilassati e fiacchi nello stile di vita” (Ἀβυδηνοί [...]

ἀνειμένοι τὴν δίαιτάν εἰσιν kai κατεαγότες, citando conseguentemente Hermipp. fr. 57, Stratiötai)*.

3 La Sinope di Teopompo è distinta dalla famosa etera da MacClure 2003, 193 e da PAA XIX (Suppl.) nr. 823250, dal momento che si legge in Teopompo: Πυθιονίκην [...] ἐκείνη δὲ Σινώπης τῆς Θράττης τῆς ἐξ Αἰγίνης Ἀθήναζε μετενεγκαμένης τὴν πορνείαν “Pizionice [...] quella era di proprietà di Sinope la Tracia, che spostò il suo bordello da Egina ad Atene”. Questa informazione, tuttavia, non deve essere necessariamente in contrasto con il resto: si può immaginare che Sinope si dedicasse a entrambe le attività, quella di etera e quella di mezzana, ovvero che, data l'età avanzata (motivo di dileggio comico), da ex-etera si dedicasse ormai principalmente a gestire ragazze più giovani come tenutaria. Per questa pratica cf. Alex. fr. 103 con Arnott 1996, 273-4, Luc. Dial. ΓΝ

Meretr. 3, 6,7.

Cf. Festa 1902, xliii; sulla base di ΣΡ a 45 = Sud. a 101 Ἄβυδον PAvapiav- τὴν πολλήν “la sciocchezza di Abido: molta”, Festa intravede un witz con il verbo βύειν “rimpinzare, riempire”; il passo in questione, tuttavia, è forse da emendare in Ἄβυθος PAvapia- ἡ πολλή, come è attestato in Phot. a 64 (al nominativo e non all’accusativo come supra)

20

Callicrate

È interessante la menzione in Ath. XIII 519c di Frine, altra famosissima prostituta contemporanea di Sinope? e originaria di Tespie, soprannominata qui, di nuovo secondo Erodico (fr. 2, p. 126 Düring), Σηστός, per il fatto che rubava

(ἀποσήθειν, lett. ‘passare al setaccio’) e mandava in rovina gli uomini che stavano con lei (l'etimologia fornita da Erodico ha tutta l’aria di essere autoschediastica: l'aggettivo verbale non è attestato e il composto con ἀπο- è raro e tardo). Sesto era tuttavia anche il nome di una città geograficamente molto vicina ad Abido collocata anch'essa sull’Ellesponto; le due città sono ricordate insieme a partire dai poemi omerici (Il. II 836). La loro posizione geografica era particolarmente strategica, dal momento che non era possibile dall’Egeo raggiungere il Ponto se non attraversando il punto più stretto dei Dardanelli, sul quale si incontrava Sesto sul versante del Chersoneso tracico e Abido sulla costa della Troade (per la vicinanza dei due porti cf. Thuc. VIII 62,3, Hdt. VII 33,1-5, Xen. Hell. IV 8,5, Polyb. XVI 29,3; per la posizione di Sesto cf. Theop. FGrHist 115 F 390, Str. XIII 1,22). Sesto era porto ateniese (a partire dall'assedio ed espugnazione ateniesi per mano di Santippo terminati nella primavera del 478 a. C., cf. Hdt. IX 114-9, Thuc. I 89,2), mentre Abido spartano (inizialmente membro della Lega di Delo, si ribella ad Atene nel 411 a. C.,

cf. e. g. Thuc. VIII 61-2) e, tra le acque che dividevano le due città, ebbe luogo nel 411 a.C. la battaglia di Abido, in cui la flotta ateniese, comandata da Trasibulo,

prevalse su quella spartana, che si ritirò ad Abido subendo gravi perdite (Thuc. VIII 102-7, Xen. Hell. I 1,11, D.S. XIII 45-7). Si potrebbe pertanto cautamente ipotizzare che i soprannomi Abido e Sesto siano stati affibbiati congiuntamente alle due etere per schernirne la rivalità, tanto più che, almeno per Frine, si tratta di uno dei diversi soprannomi attestati (Frine stesso è un nome d’arte, seppur quello con cui è più conosciuta: il suo vero nome era Mnésarete, cf. Ath. XIII 591e). La rivalità tra etere consisteva evidentemente nell’accaparrarsi il maggior numero di clienti facoltosi, per sé o per le proprie protette; per un episodio di rivalità che coinvolgeva proprio Frine e l’etera Lais, cf. Ath. XIII 588e. Se si volesse accettare la (seppur dubbia e apparentemente autoschediastica) notizia di Erodico della derivazione etimologica del soprannome Sesto dal verbo ἀποσήθειν (cf. supra), lo si potrebbe immaginare come precedente ad Abido e pensare che quest'ultimo sia stato creato ironicamente sul primo, in seguito a un episodio di rivalità. Nel caso del soprannome Abido, invece, quella di Erodico potrebbe essere un’interpretazione erronea, basata sul trattamento comico dell’etera, presentata sovente come una vecchia (cf. infra)f; per il topos comico delle etere vecchie (ma ancora attive) cf. Ar. fr. 148,1 (con Pellegrino 2015, 76-7), Philetaer. fr. 9, Timocl. fr. 27,

e l'origine dell'espressione sarebbe da ricercarsi in Plat. Parm. 1304 eig τιν’ ἄβυθον φλυαρίαν (emendazione dello Stephanus del trädito εἴς τινα βυθὸν φλ.). > PAA 964975; entrambe sono nominate nel Kouris di Anfide, cf. frr. 23-4 con Papachrysostomou 2016, 150-9. 6 Kajava 2007, 25 pensa che il soprannome Abido fosse scelto per creare un contrasto con la città di Sinope (Sinope era infatti anche toponimo): mentre la prima sarebbe apparsa

Μοσχίων (fr. 1)

21

Xenarch. fr. 4,9 (cui si aggiungano le altre menzioni di Sinope come vecchia citate infra). Per i soprannomi delle etere ricavati da toponimi (dunque non a marcarne necessariamente la provenienza) cf. Bechtel 1902, 57-63.

Interpretazione

Sinope (PAA 823225, per un inquadramento cronologico cf.

supra la Datazione della commedia) era una famosa etera tracia (e non della città

di Sinope, in Turchia, come potrebbe suggerire il nome) che, dopo un periodo a Egina, si trasferì ad Atene, dove probabilmente era anche tenutaria di un bordello (Theop. FGrHist 115 F 253); essa fu, così come molte colleghe, bersaglio dei com-

mediografi contemporanei. Tra la selezione di titoli del testimone, Antiph. fr. 27 (Halieuomene) è altrove

citato più estesamente, ciò che permette di farsi un'idea maggiore della natura del dileggio di Sinope; cf. vv. 12-4 καὶ τὸν Σινώπης y6yypov ἤδη παχυτέρας / ἔχοντ᾽ ἀκάνθας τουτονὶ τίς λήψεται / πρῶτος προσελθών; “e questo grongo qui, dalle spine più grosse di Sinope, chi si farà avanti per primo a portarselo via?”, dove Konstantakos (2000a, 81-2) intravede un riferimento all’età, per il fatto che

si tratterebbe dell'unico pesce del frammento che nessuno è interessato a comprare: l’etera non sarebbe pertanto più appetibile. Ad Alex. fr. 109 è stata sovente accostata la notizia in Phot. o 230 - Sud. 0 465 - Hsch. σ 700, Apost. XV 50b che Alessi avrebbe utilizzato (e forse coniato?) il verbo σινωπίζειν, “atteggiarsi alla

maniera di Sinope”, laddove quest’ultima era presa di mira per la sua scostumatezza (ἐκωμῳδεῖτο ἐπὶ τῷ κατασχημονῆσαι)"; l'esempio di Antifane, che sappiamo aver menzionato Sinope in almeno cinque diverse commedie, dovrebbe tuttavia essere istruttivo e ammonire sul fatto che Alessi potrebbe aver fatto altrettanto e i due tasselli non sono necessariamente da collegare (una posizione prudente è adottata anche da Arnott 1996, 294; cf. Stama 2016, 217-8).

A questi passi si aggiungano Amph. fr. 23,3 (dove se ne parla, in termini negativi, come di una donna molto ricca e di una delle “trappole della vita”, nayioı τοῦ

βίου, cf. Papachrysostomou 2016, 150-7 ad loc.) e Anaxil. fr. 22,12-4 οἱ Σινώπῃ δ᾽ αὖ συνόντες οὐχ Ὕδρᾳ σύνεισι νῦν; / γραῦς μὲν αὐτή, παραπέφυκε δ᾽ ἡ Γνάθαινα πλησίον, / ὥστ᾽ ἀπαλλαγεῖσι ταύτης ἐστὶ διπλάσιον κακόν “e chi se la fa con Sinope, non se la fa forse con l’Idra? Lei è si vecchia, ma nelle vicinanze spunta Gnathaina, cosicché chi la fa fuori ha disgrazia doppia” (alludendo qui verosimilmente al lenocinio di Sinope, cf. Tartaglia 2019, 126-7).

come decadente, la seconda prosperosa nel IV sec. a. C. Entrambe i dati sono tuttavia aleatori e privi di riscontro nelle fonti. Anche Göbel (1915, 104) preferisce limitare l’allusione del verbo all’etera Sinope piuttosto che allargarlo alle genti della città Sinope e dunque trattarlo come carattere nazionale.

22

Clearco (Κλέαρχος) Introduzione 1. Nome e identitä Clearco (PAA 574860 = LGPN II Κλέαρχος Nr. 21 = RE Klearchos Nr. 12) era

poeta comico, come si evince dalla presenza del suo nome nella lista dei vincitori lenaici e dalla denominazione κωμῳδιοποιός in Ath. XIV 613b. Il nome proprio era piuttosto diffuso ad Atene (PAA registra 27 altre entrate, cf. pp. 409-12).

2. Cronologia e carriera La datazione di Clearco al IV sec. a.C. in PCG IV 79 si basa sulla presenza del nome del commediografo nel catalogo dei vincitori delle Lenee (test. 1), da cui

si evince che il floruit dell’autore è stato nella seconda metà del IV sec. a. C.8 (cf. Arnott 1996, 722 n. 1). Per Clearco il catalogo lenaico segna due ovvero tre vittorie (quest'ultimo numero nell'edizione di Millis-Olson, cf. infra).

3. Tradizione e ricezione

I cinque frammenti superstiti di Clearco sono tutti tramandati da Ateneo: tre di essi nel libro XIV (frr. 2, 3, 4), uno nel X (fr. 1) e uno nell’Epitome del I libro (fr.

*5, quest’ultimo citato anche in Eust. in Od. p. 1623,47).

4. Temi e motivi

Forse anche in ragione della fonte, che cita Clearco per i propri scopi ‘deipnosofistici, tutti i frammenti di questo autore afferiscono all'ambito simposiale o gastronomico: nel fr. 1 si ritrova un brindisi, il fr. 3 è una tirata sugli ubriaconi, il fr. 4 tratta le ‘seconde mense e il fr. 5 il vino di Lesbo; infine, il fr. 2 presenta le carni

di una determinata specie di pesce come utile rimedio per schiarire e potenziare la voce. A un contesto simposiale sembra inoltre rimandare il titolo Kitharödos. Se il titolo Pandrosos rimanda alla mitica figlia di Cecrope, si può ipotizzare parodia mitologica. 8 Nelle edizioni di Meineke (IV 562; Im 1168) è collocato tra i commediografi incertae aetatis.

Introduzione

23

5. Kömödoumenoi In nessuno dei cinque frammenti superstiti sono menzionati personaggi contem-

poranei all’autore.

6. Lingua e stile Una particolarità della commedia di IV sec. a.C. è il nesso οὐδὲ εἷς (con iato) nel

fr. 3,3 (cf. Orth 2015, 267). Si segnala l’impiego di diminutivi (pwväpıov fr. 2,3), di vivide espressioni di natura colloquiale (καλῶς ἔχει fr. 4,1, οὐδὲν χεῖρον fr. 4,2, μοι δοκῶ fr. 5,2) e linguaggio specificamente impiegato in ambito simposiale (ἐπονομάσας per ‘chiamare per nome i destinatari di un brindisi e προπίομαι nel fr. 1,2, κατὰ χειρός fr. 4,1, ἐπὶ τὴν τράπεζαν fr. 4,3).

7. Metrica

Tutti i frammenti (17 vv. in totale) sono in trimetri giambici. Nei versi completi, si

registra 7 volte l’impiego della cesura pentemimere, 4 volte quello dell’eftemimere e 2 della mediana. Nel fr. 3,3 sono ammesse sia l’eftemimere che la pentemimere. Si segnala il ricorso alla soluzione dell’anapesto (frr. 2,2, 2,3, 3,1, 3,2[x2], 4,1[x2], 4,3), seguita da quelle del tribraco (frr. 1,2, 2,3[x2], 3,3, 5,2) e del dattilo (frr.

1,3[x2], 3,4, 4,2, 4,3).

8. Clearco e gli altri poeti comici Il fr. 3 presenta stretti punti di contatto con Alex. fr. 257, al punto da poter ipotizzare una dipendenza l'uno dall'altro; non è chiaro tuttavia chi abbia attinto da

chi (cf. commento ad loc.). Per quanto riguarda i titoli delle commedie, Clearco condivide un Kitharödos con Antifane, Alessi, Sofilo, Teofilo, Difilo, Apollodoro

(Gel. vel Car.), Anassippo e Nicone e un Pandrosos con Nicostrato.

9. Bibliografia Edizioni, traduzioni, commenti: Meineke I (1839) 490; IV (1841) 562-4 (trad. latina a p. 849); Bothe 1855, 708-9 (con trad. latina); Kock II (1884) 408-10; Edmonds II (1959) 542-5 (con trad. inglese); PCG IV (1983) 79-81; Olson 2007,

24

Clearco

302, 455 (fr. 4, commento con trad. inglese); Sanchis Llopis et al. 2007, 457-9 (con

trad. spagnola). Studi: Körte, Klearchos [12], RE ΧΙ.1 (1921) 583-4; Hidber, Klearchos [5], DNP VI (1999) 501-2.

25

Commento Testimonianza test. 1 K.-A. IG IP’ 2325,154 = VCI

col. 4,3 Mette = Millis-Olson 2012 p. 184

Δι[ονύσι]ος I Κλέᾳί[ρχ]ος I[I]I

155

Ἀθηνοκλῆς [--- — —] Πύρ[ρος] I AAx[fv]op I

Ἰιμοκλῆς I Προκλείδης I 160

ΜΙέν]ανδρος II— — —]

153 suppl. Koehler, contra Wilhelm, Capps 154 suppl. Koehler I[I]I suppl. MillisOlson 156 suppl. Millis-Olson : Πυρ[ρήν] Capps, Mette, Kirchner, Kassel- Austin

155

160

Di[onisi]o 1 Clea[rc]o 3 Atenocle [— — —] Pi[rro] 1 Alc[en]ore 1 Timocle 1 Procleide 1 M[en]andro 1[— — —]

Bibliografia Wilhelm 1906, 123, 129; Capps 1907, 188; Körte 1921b, 583-4; Mette 1977, 175; Pickard-Cambridge 1968, 114; Sanchis Llopis et al. 2007, 457; Millis-Olson 2012, 189.

Contesto

Il nome è compreso nel catalogo dei poeti comici vincitori nel’agone

lenaico (cf. da ultimi Millis-Olson 2012, 133-40, 178-92). I commediografi sono

registrati nell'ordine della prima vittoria ottenuta e ne viene riportato il numero di vittorie totali. Interpretazione Per Clearco sono registrate due ovvero tre vittorie lenaiche (integrate per la prima volta da Millis-Olson 2012, 184). La menzione di Menandro al rigo 160 dell'elenco fornisce un terminus ante quem, ovvero il 317/6 a. C., anno in

cui Menandro ottiene la prima vittoria alle Lenee con la messinscena del Dyskolos (cf. Men. test. 48-50). Clearco è menzionato 6 righi prima. Capps (1907, 188) ipotizza la sua prima vittoria tra il 339-32 a. C.

26

Commedie e frammenti

Κιθαρῳδός (Kitharödos) (“Il citaredo” Bibliografia

Edmonds II (1959) 543; PCG IV (1983) 79; Sanchis Llopis et al.

2007, 457.

Titolo

Iltitolo è estremamente prolifico nel IV--III sec. a. C.: commedie omoni-

me sono attestate per Antifane (frr. 116-9), Alessi (fr. 108), Sofilo (test. 1), Teofilo (fr. 5), Difilo (frr. 50-1), Apollodoro Geloo o Caristio (fr. 6), Anassippo (frr. 6-7) e Nicone (fr. 1). Inoltre, sono attestati i titoli Kitharistes (“Citarista”, Antiph. fr. 115; Menandro, cf. Gomme-Sandbach 1973, 411-8, Arnott 1996a, 111-49) e Kitharistria (“Suonatrice di cetra”, Anaxandr. fr. 24). Altri titoli afferenti a suonatori e intrattenitori sono Aulétes (“Suonatore di aulo” di Antifane, Anassila, Filemone), Auletris (“Suonatrice di aulo”, di Antifane, Alessi, Menandro, Diodoro), Auletrides (“Suonatrici di aulo”, di Menandro, Fenicide), Orchestris (“Danzatrice‘, di Alessi); cf. Wilson 2002, 62.

La figura professionale del citaredo (il musicista che canta con l’accompagnamento della cetra, che si differenzia dal κιθαριστής, semplice suonatore di cetra, spesso anche maestro, cf. Anderson 1994, 124-6, 161-3) era tenuta in alta considerazione nell'antichità (ibid. 177, 193) e presupponeva una preparazione molto accurata (Arist. Pol. 1341a 19 definisce la cetra ὄργανον τεχνικόν, cioè che richiedeva la ‘tecnica’ di un professionista). Nel vocabolario questo prestigio è tradotto nella differenza col termine κιθαριστής, una figura certamente meno stimata (cf. Goldhill 2005, 274-5), così come diverse erano le commemorazioni che il citaredo e il citarista ricevevano sia in vita che dopo la morte (Power 2010,

31-33). È possibile che un così alto interesse da parte dei commediografi di IV-III sec. a.C. per la figura del citaredo possa essere legato alle novità introdotte dalla ‘nuova musica; che investirono in larga misura sia la cetra (cf. e. g. West 1992, 379) sia le capacità vocali dei cantanti (ibid. 366-8). Per le occorrenze dei citaredi in commedia cf. Bagordo 2014a, 229 (a Canth. fr. 1) e 2017, 46-52 ad Ar. fr. *692.

Cf. inoltre Maas-Snyder 1989, 58-9. Contenuto

Ilfr. 1 rimanda a una situazione simposiale, trattandosi di un brindisi;

il fr. 2 potrebbe essere messo in relazione alla musica, dal momento che sembra

suggerire metodi naturali per allenare il fiato e produrre una voce più vigorosa (ma si rimanda all’Interpretazione del frammento per le difficoltà esegetiche); il canto rientrava peraltro tra le funzioni del citaredo (cf. supra). Non è possibile speculare oltre; in aggiunta, i frammenti appartenenti alle commedie omonime sono troppo scarni per poterne ricostruire la trama (cf, Arnott 1996, 291-2).

Datazione

Non vi sono elementi per ipotizzare una datazione.

Κιθαρῳδός (fr. 1)

27

fr.1K.-A.(1K.)

τήνδ᾽ ἐγὼ μεστὴν ἅπαξ ἐπονομάσας προπίομαι συγγενέσι πίστωμα φιλίας. πιὼν ἐρῶ τὰ λοιπά: πνίγομαι γάρ. (Β.) ἀλλ᾽ ἐπιρρόφει 2 ἅπαξ ἐπ. Dobree : ἅπασαν ἐπ. A : ἅπασιν ἐπ. Schweighaeuser : ἅπασαν ἐπομόσας Ellis 3 πίστ. φιλ. συγγ. melioribus numeris Meineke πιὼν δ᾽ Meineke 3-4 ἐρῶ / τὰ λοιπά Schweighaeuser : ἐρώτα λοιπόν A 4 personas distinxit Meineke

(da/per) questa coppa colma, invocando tutti con un solo brindisi, io brinderò

come garanzia di attaccamento ai miei parenti. Finito di bere dirò il resto: infatti mi sto soffocando. (B.) Dai, bevi un sorso! Ath. X 425f-6a

ἐπὶ τούτοις τοῖς λόγοις ἐκπίνων τὸ ποτήριον ὁ Οὐλπιανὸς ἔφη: τήνδ᾽ — φιλίας. πρὸς ὃν ἔτι πίνοντα τῶν παρόντων τις προσέθηκε τὰ λειπόμενα ἰαμβεῖα (ἰαμβία A)- πιὼν ----ἐπιρρόφει. καὶ ὁ Οὐλπιανὸς ἐκπιὼν ἔφη: ταῦτα μὲν Κλέαρχος ἐν Κιθαρῳδῷ Pronunciati questi discorsi, iniziando a scolarsi il bicchiere, Ulpiano disse: — (vv. 1-3). Mentre stava ancora bevendo, uno degli altri ospiti aggiunse i restanti trimetri giambici: —— (vw. 3-4). E Ulpiano, finito di bere, disse: così Clearco nel Kitharödos.

Metro

Trimetri giambici. v_U—

— vm

Bibliografia

Neu

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NAD

AVA yo

Leni

Vu

-uluu— v-ul-

_—_

HI

Schweighäuser V (1804) 377-9; Meineke IV (1841) 562; II” (1847)

1168; Kock II (1884) 408-9; Prehn 1916, 17; Edmonds II (1959) 542-3; PCG IV

(1983) 79-80; Sanchis Llopis et al. 2007, 457-8.

Contesto della citazione Il frammento è citato nel X libro dei Deipnosofisti di Ateneo, in uno snodo transitorio al termine della sezione dedicata a coppieri e ispettori del vino. È il deipnosofista Ulpiano, che ha appena smesso di parlare e si appresta a bere, a declamare i vv. 1-3 del frammento di Clearco. Sarà un altro convitato a completarlo (vv. 3-4, peraltro molto calzanti per la situazione fittizia in cui sono collocati), come informa Ateneo, dal momento che Ulpiano è impegnato a bere: la specificazione tà λειπόμενα ἰαμβεῖα suggerisce che i versi citati dal secondo convitato siano da considerarsi consecutivi a quelli di Ulpiano. Quest'ultimo specificherà infine la paternità della citazione e la commedia di provenienza. Si proseguirà con la lunga sezione sulle proporzioni di vino e acqua (426b-32b).

28

Clearco

Testo Alv. 2 la lezione dei codici ἅπασαν ὁ stata emendata da Dobree (1820, add. 113, cf. Adv. II 1883, 326) in ἅπαξ, per ragioni di metrica e di senso (ovvero

il fatto che non fosse usuale né pratico nominare uno per uno tutti i destinatari del brindisi in questione, cf. infra Interpretazione), con il consenso di tutti gli editori successivi. A difesa della lezione dei codici solo Ellis (1885, 290), che propone di

intervenire piuttosto sul participio successivo, correggendo in ἐπομόσας (part. aor. di &nöuvuuu, “giurare”), ma l'intervento risulta molto improbabile, appurato che la pratica di dedicare per nome, a voce alta, il brindisi era comune (cf. infra Interpretazione e il lemma ἐπονομάσας). In aggiunta, la scansione metrica del verso come è tramandato dai codici è sana (e garantisce la cesura pentemimere),

quindi non si sente l'esigenza di intervenire altrove. Al v. 3 la cesura mediana, che cade dopo πίστωμα, è evitata da Meineke (1841, 562), che propone l'ordine πίστωμα φιλίας συγγενέσι κτλ., ottenendo la pentemimere dopo φιλίας. Al v. 4 si deve a Schweighäuser (1804, 378) la corretta divisione delle parole ἐρῶ / tà λοιπά, a fronte di ἐρώτα λοιπόν di A (dove l'imperativo non trova giustificazione sintattica).

Interpretazione L'ambientazione del frammento sarà verosimilmente un simposio, dal momento che il parlante (A.) sta levando la coppa che ha in mano (cf. il valore del dimostrativo τήνδε al lemma) per pronunciare un brindisi (cf. Konstantakos 2005a, 190). Nello specifico, egli brinda ai suoi parenti in segno di

attaccamento (pıXia?). I vv. 1-2 del frammento ricalcano la pratica abituale del brindare ad Atene, nota in antitesi a quella spartana nella descrizione che ne fa Crit. fr. 6 W. (= fr. 4 G.-P?): il chiamare per nome durante il brindisi il destinatario del brindisi stesso (v. 3 ἀποδωρεῖσθαι προπόσεις ὀνομαστὶ λέγοντα) e la possibilità di dedicare la bevuta a chi si voglia, facendone il nome a voce alta (vv.

6-7 προπόσεις ὀρέγειν ἐπιδέξια, καὶ προκαλεῖσθαι / ἐξονομακλήδην ᾧ προπιεῖν ἐθέλει “passare i brindisi verso destra e chiamare per nome dedicandoli a chi si voglia brindare, a voce alta”); per un commento al passo di Crizia cf. Iannucci 2002, 83-95. Questo gesto era comune nella φιλοτησία, il brindisi che prende il nome dall'omonima coppa, rivolto a una persona specifica, che beveva a sua volta in onore della dedica; cf. infra il lemma προπίομαι con bibliografia. Oltre ai passi citati al lemma, una situazione comica vicina è Philetaer. fr. 1 ἐνέσεισε

μεστὴν ἴσον ἴσῳ μετανιπτρίδα / μεγάλην, ἐπειπὼν τῆς Yyiefag τοὔνομα “brandi una coppa colma, mezza vino e mezza acqua, enorme, dedicandola per nome ἃ Igea”: nonostante la dedica sia diversa, il procedimento è il medesimo, così come la specificazione della pienezza della coppa (μεστήν), nel frammento di Filetero addirittura amplificata dall’aggettivo μεγάλην, a sua volta messo in risalto dalla posizione incipitaria. Il medesimo scopo del brindisi, la φιλία, si ritrova invece in 9 La sfera semantica di φίλος non è certamente limitata all'amicizia, ma si trova applicata anche ai rapporti familiari già a partire dai poemi omerici, dove i concetti di φίλος e συγγενής sono molto vicini. cf. e. g. lo studio semantico e diacronico sulla φιλία di Fraisse 1974.

Κιθαρῳδός (fr. 1)

29

Alex. fr. 116 nal, τὴν μεγάλην δός, ὑποχέας / φιλίας κυάθους TT@VT παρόντων τέτταρας “servo, dammi quella (scil. coppa) grande, dopo averci versato quattro mestoli per brindare all'amicizia dei presenti” (prosegue elencando altre porzioni di vino per i vari destinatari dei brindisi). Per una rassegna di brindisi (e destinatari) nei frammenti della commedia cf. Komornicka 1996, 169-78, Di Marzio

1999, 167-86 e la bibliografia in Pellegrino 2015, 210 ad Ar. fr. 540. Il senso della battuta del secondo interlocutore è stato oggetto di discussione; se Meineke pensava a un'esortazione a bere a piccoli sorsi intervallati, onde non soffocarsi (1841, 562: «non uno haustu poculum ebibendum esse monet, sed per intervalla exsorbendum»), Kassel- Austin (1983, 80), citando il proverbio ὅταν τὸ

ὕδωρ πνίγῃ, τί ἐπιρροφήσομεν; (“quando l’acqua soffoca, che cosa bere di più?”)!9, interpretano le parole di (B.) come un invito a “bere un sorso” per non soffocare. L'impiego del verbo in Teopompo (comico o storiografo, cf. il lemma), ἀγαθοῦ δαίμονος ἐπιρροφεῖν, non esclude che potesse essere usato per brindisi; in questo senso volge la traduzione di Olson (2009, 31): «well—bottoms up!»!!.

Infine, la metrica del frammento potrebbe essere indicativa dello stile. Il v. 2 non presenta una cesura (seppur a causa di emendazione!?), ma anche il v. 3 non registra cesura regolare (pentemimere o eftemimere), ma solo una pausa dopo πίστωμα, che divide le due brevi risultato della risoluzione della terza lunga (-pa φι-): di nuovo, una modalità inusuale di dividere il verso. La mancanza di una cesura regolare in entrambi i versi è forse da vedersi in relazione all'affermazione del parlante, al successivo v. 4, di stare soffocando (πνίγομαι): si sente mancare il

respiro e di non essere in grado di finire le sue parole. Questa mancanza di respiro sarebbe riflessa nella metrica irregolare della sua battuta: il parlante non si ferma a prendere respiro dove ci si aspetterebbe una cesura nel verso e ciò creerebbe un effetto da ‘togliere il fiato’ e una sensazione di soffocamento. 1 τήνδ(ε) (scil κύλικα, φιλοτησίαν, cf. infra il lemma προπίομαι) Il dimostrativo suggerisce la presenza scenica della coppa: verosimilmente il parlante la sta tenendo in mano (per una discussione più ampia di tale valore di dimostrativi e deittici cf. infra a Henioch. fr. 5,6-7). Non è dato sapere se il sostantivo cui il dimostrativo si riferisce fosse nella pericope di testo precedente la citazione o 10 Cf. CPGI Append.prov. IV 34 p. 441; il proverbio ritorna anche in Arist. EN 1146a 34-5 e Galen. Diff. puls. VIII p. 577 Kühn; per le interpretazioni del detto nei tre passaggi cf. Kassel 1963, 52-3. In generale, il proverbio si applica alle situazioni in cui anche la soluzione apparentemente più affidabile risulta inefficace e addirittura rischiosa a sua volta. 11 S; segnala l’interpretazione del frammento di Prehn (1916, 17), che inquadra la scena come l’arrivo di corsa di un affaticato servus currens, che non riesce a riferire quello che deve perché ansimante e che viene invitato a bere dall’interlocutore (B.) per riprendersi e raccontare i fatti. 12 D'altro canto, se si accettasse la lezione trädita ἅπασαν, si avrebbero due risoluzioni consecutive in ἐπονομάσας: la terza lunga (érto-) e una breve immediatamente succes-

siva (-vopa-); si tratterebbe di una risoluzione quantomeno anomala in commedia.

30

Clearco

fosse del tutto assente (nel qual caso il dato visivo, rafforzato dal dimostrativo, avrä sopperito alla mancanza). La centralità della figura del parlante nel passo è marcata anche dal pronome personale ἐγώ in posizione enfatica in clausola di verso. 2 ἅπαξ Èquiconnessoalsuccessivo participio; il parlante sembra intendere che non si dilungherà a fare i nomi di tutti, ma propone piuttosto un brindisi onnicomprensivo, dedicato ai συγγενεῖς del v. 3. ἐπονομάσας Il verbo ἐπονομάζω, che normalmente indica il chiamare qualcosa da qualcos'altro o da qualcuno (ruolo, ad es., dell’arconte eponimo), qui denota il “pronunciare il nome di qualcuno di specifico” (cf. LS]? s. v. 4.), cf. e. g. Hdt. IV 35,10 ἐπονομάζουσας τὰ οὐνόματα ἐν τῷ ὕμνῳ (“invocandone i nomi nell’inno”). Di nuovo in brindisi (cf. infra προπίομαι) cf. Cratin. fr. 299,3-4 ἀπ᾽ ἀγκύλης ἐπονομάζουσα (—) / inor λάταγας τῷ Κορινθίῳ πέει “dalla coppa lancia gocce di vino al membro corinzio mentre lo chiama per nome” (durante il gioco del cottabo) ed Eub. fr. 56,6-7 ἐπικαλούμενοι / εἷλκον Διὸς σωτῆρος “brindavano invocando il nome di Zeus salvatore”. προπίομαι “Brindare”; costruito con il dativo della persona, il verbo significa “brindare a qualcuno” (qui συγγενέσι, v. 3), cf. Theop. com. fr. 33,9 φιλοτησίαν δὲ {τήνδε σοι προπίομαι “brindo alla tua da questa coppa dell'amicizia”, Xen. An. VII 3,26 προπίνω σοι, Theop. FGrHist 115 F 39,4 προπίνειν οἷς τύχωσι τῶν

παρόντων “brindare a quelli che avrebbero incontrato”, F 204,7 προπίνουσιν οἷς ἂν βουληθῶσιν “brindavano a tutti quelli che volevano”, Men. fr. 401,3 npoönıvev αὐτοῖς, etc. I brindisi dedicati nei simposi si svolgevano di norma con una coppa speciale, chiamata φιλοτησία (cf. Sud. p 427), e il gruppo di sodali che si riuniva era detto φιλοτήσιος (cf. e. g. Ar. fr. 695 con Bagordo 2017, 56-8, Ath. XI 502b con rassegna di passi); cf., oltre a Theop. com. fr. 33,9 citato supra, Ar. Ach. 983 rive κατάκεισο, λαβὲ τήνδε φιλοτησίαν “bevi, siediti, prendi questa coppa dell’amicizia” (cf. Olson 2002, 314-5), Alex. fr. 59 τρεῖς φιλοτησίας ἐγὼ / μεστὰς προπίνω (y’) ἴσον ἴσῳ κεκραμένας “tre coppe dell'amicizia colme bevo alla tua, mescolate metà e metà” (cf. Stama 2016, 143 con bibliografia), fr. 293 φιλοτησίαν σοι τήνδ᾽ ἐγὼ "ἰδίᾳ Te καὶ κοινῇ κύλικα προπίομαι “mi scolerò alla tua questa coppa dell’amicizia, sia in privato che in pubblico”, Ath. III 122f (nell’introdurre Alex. fr. 202) è KövovAkog ἀλλὰ προπίνω σοι, Epr, φιλοτησίαν “allora Cinulco disse: «ma io mi scolo con te la coppa dell’amicizia»”, Dem. 19,128 συνεπαιώνιζεν Φιλίππῳ Kal φιλοτησίας προὔπινεν “insieme a Filippo cantò peani e bevve coppe dell'amicizia”, traslato in Luc. Symp. 15,2 περιεσοβεῖτο ἡ κύλιξ Kal φιλοτησίαι Kal ὁμιλίαι Kal φῶτα εἰσεκεκόμιστο “si passava intorno la coppa e facevano brindisi e ragionamenti e si portavano i lumi”, Gall. 12,19 φιλοτησίας nponivovra ἐν χρυσαῖς φιάλαις ἑκάστῳ τῶν παρόντων “bevendo coppe dell’amicizia alla salute di ciascuno dei presenti in bicchieri d’oro”, etc. 2

πίστωμα

Ilsostantivo, qui nella sua unica occorrenza comica, è attestato a

partire dal V sec. a. C. in Aesch. Pers. 171 (detto dei ‘fedeli’ Persiani), Ag. 878 (detto

di Oreste, in quanto ‘prova’ della reciproca fedeltà dei genitori), Cho. 977 (detto di giuramento), Eum. 214 (pegni di fedeltà di Era e Zeus) e ritorna nel IV sec. a.C.

Κιθαρῳδός (fr. 2)

31

in Arist. Rh. 1376a 17 con il valore di ‘prova’ in assenza di testimoni (πιστώματα δὲ περὶ μαρτυριῶν μάρτυρας μὲν μὴ ἔχοντι) e in Epic. Sent. 40 (ap. Diog. Laert. X 154, di nuovo con il valore di ‘prova’: τὸ βεβαιότατον πίστωμα ἔχοντες). Qui il sostantivo, riferito alla coppa, è associato a φιλίας; similmente cf. Timocl. fr. 13,2-3 φύλαξ / φιλίας, riferito alla tavola, descritta attraverso una serie di indovinelli, forse

di natura paraditirambica (βίου τιθήνη, πολεμία λιμοῦ, φύλαξ / φιλίας, ἰατρὸς ἐκλύτου βουλιμίας, / τράπεζα), cf. Apostolakis 2019, 124-5. 3 ἐπιρρόφει Il verbo è impiegato principalmente per bevande. Il composto con émi-, con valore di ‘inghiottire dopo, in aggiunta’ (Chantraine DELG 978 5. v. pogéw), è attestato nella prosa ionico-attica a partire da [Aristotele] (Probl. 948a 2) e in Ippocrate (Morb. III 16,91, 98, 100, Int. 22,23, Nat.Mul. 48,6, etc., sempre in riferimento a bere qualcosa di caldo o un medicinale). Registra forse un’altra occorrenza comica, Theop. com. fr. 99 ἀγαθοῦ δαίμονος ἐπιρροφεῖν, di nuovo in riferimento a un brindisi; il passo è testimoniato da schol. Ar. Vesp. 525b per Teopompo, senza fornire titolo o specificazione alcuna, rendendo ardua la distinzione con l'omonimo storiografo (il frammento è infatti registrato anche da Jacoby, cf. FGrHist 115 F 406).

fr. 2K.-A. (2K.)

γόγγρων τε λευκῶν πᾶσι τοῖς κολλώδεσι βρόχθιζε. τούτοις γὰρ τρέφεται τὸ πνεῦμα καὶ

τὸ φωνάριον ἡμῶν (>) περίσαρκον γίνεται 1 y6yyp@ τε λεύυκῳ A : corr. Emperius πᾶσι A : κρέασι Emperius : ἥπασι Kock 3 neploapkov Schweighaeuser : -oapyov A, Kassel-Austin : -tpavov Bothe

Con tutte le parti gelatinose dei gronghi bianchi sciacquati la gola. Queste infatti aiutano il respiro e la nostra vocina diventa corposa. Ath. XIV 623c

καὶ ὃς πάνυ ἐμμελέστατα ἀπαντήσας αὐτῷ ἀνεφώνησε tà ἐκ τοῦ Κλεάρχου Κιθαρῳδοῦ τάδε: γόγγρων ----- γίνεται E quello (i. e. Amebeo), replicando assai convenientemente, citò questi versi dal Kitharödos di Clearco: —

Metro

Trimetri giambici. --u- 58 Per un'analisi del frammento di Timocle cf. Apostolakis 2019, 115-23, che vede in Timocle una ripresa del passo di Mnesimaco. 559 C£ [Dem.] 7,2, Dem. 12,12, Aeschin. 3,83, Plut. Dem. 9,6. Sullo stile retorico di Demo-

stene e, in particolare, sull'impiego dell’antitesi, cf. Aeschin. 2,4. 360 C£. Alex. ὅτ. 7 e 212,5-7, Anaxil. fr. 8, Antiph. fr. 167, citati da Ath. VI 223d-4a immediatamente prima del frammento di Timocle.

458

Mnesimaco

afferenti a schieramenti opposti”, anche se non sembra verosimile lo facesse nella stessa commedia. In aggiunta a ciò, nemmeno la menzione delle catapulte sembra dirimente: Filippo ha forse contribuito all'introduzione del modello a torsione (cf. infra a lemma), ma col termine καταπάλτης si definiva anche il modello precedente a tensione, inventato a Siracusa nel 399 a. C. e già in circolazione ad Atene e Sparta

tra gli anni ‘70 e ‘60 del 300, anche se probabilmente non in maniera diffusa, date le scarse attestazioni letterarie di questo strumento negli apparati di guerra”, In definitiva, nonostante sia assai persuasiva l'ipotesi che il parlante possa fare parte dello schieramento macedone, non si può giungere a una decisione conclusiva sulla base degli elementi di cui si dispone. 1 dp(a) La particella introduce qui un’interrogativa diretta, cf. Denniston GP? 46.2; tuttavia non è possibile stabilire con certezza se la domanda presuma una risposta positiva o negativa: il parlante sembra rivolgersi retoricamente a un interlocutore che, nella sua opinione, non ha chiara l'entità delle genti con cui sta per ingaggiare battaglia. Per la particella che introduce una domanda lasciata aperta cf. Soph. OC 316, Eur. El 229, Plat. Symp. 212e, etc. ἄρ᾽ οἶσθία) La formula è piuttosto diffusa in ogni genere; nella produzione drammatica è sempre in incipit di verso, cf. Ar. Ach. 481, Nub. 1329, Vesp. 4, Pac. 371, 479, Av. 1246, Eccl. 365, Nicostr. fr. 30, Soph. Ant. 2, 1057 (cf. 883 ἄρ᾽ ἴστ᾽

ἀοιδάς), OT 415, 1014, Eur. Hipp. 1315; in prosa cf. Xen. Cyr. III 2,8, Symp. 3,13, Plat. PhIb. 48a, Phdr. 2416, Dem. 8,195. In commedia, in particolare, viene impiegata per marcare l'ignoranza dell’interlocutore, cf. e. g. Ar. Pac. 371, Alex. fr. 223,14, Nicostr. fr. 30. ὁτιή CÉ comm. a Mnesim. fr. 4,9. πρὸς ἄνδρας Per πρός τος in senso ostile, “contro”, cf. LS]? s.v. CI4.

ἐστί cor μάχη CA. Ar. Vesp. 534 per un analogo uso del dativo di possesso con sfumatura di imminenza voi μέγας ἐστὶν dy@v (“the contest facing you is important” Biles-Olson 2015, 254); cf. Pind. N. 10,85, Soph. OC 787, 1176. 2 τὰ ξίφη Iltermine ξίφος indica la spada dritta a doppio taglio di piccole dimensioni (opposta a μαχαίρα e a comic, entrambe con la lama ricurva e adatte allo squarciamento, più che al taglio, cf. Xen. Eq. 12,11), ideale per l'attacco ravvi-

cinato (e perciò spesso associata agli Spartani, che combattono corpo a corpo col nemico, cf. Plut. Reg. et imp. Apopht. 191e, Apopht. Lac. 216c-17f, 241}, Lyc. 19,2). 561. Alessi attaccò indistintamente Aristogitone (fr. 211) della fazione antimacedone e Callimedonte (ἔτ. 57, 117, 118) e Filippide (frr. 2, 93, 148) della fazione filomacedone.

562 Nel IV sec. a.C., oltre a un breve accenno da parte di Aen. Tact. 32,8 (cf. infra; della brevità dell’accenno si stupisce Bettalli 1990, 313 ad loc., arrivando a concludere che il fatto sia imputabile all'importanza marginale della catapulta nel continente greco in quegli anni), si dispone di due passaggi in Aristotele (databili 335-25 a. C., dunque piuttosto tardi rispetto alla cronologia della diffusione delle catapulte), che testimoniano l'allenamento degli efebi con la catapulta: EN 1111a 10-1 ἢ δεῖξαι βουλόμενος ἀφεῖναι, ὡς ὁ τὸν καταπέλτην e Ath. 42,3 ὁπλομαχεῖν καὶ τοξεύειν καὶ ἀκοντίζειν Kal καταπάλτην ἀφιέναι διδάσκουσιν.

Φίλιππος (fr. 7)

459

Diffusa già dai tempi dei poemi omerici (cf. e.g. IL I 220, IT 18, IV 530, etc., cf. Snodgrass 1964, 173-4), tale spada è parte dell’equipaggiamento sia dell’oplita che della fanteria leggera in epoca classica, almeno fino ai tempi di Alessandro (come arma dei Persiani in D.S. XVII 20,6, cf. Sheppard 2008, 82, 106). CÉ Snodgrass 1967, 84-5, Anderson 1991, 25-7, Spence 2002, 357, Hanson 2009, 165, Schwartz 2009, 85, 92-5 e Olson 2002 ad Ar. Ach. 166.

δειπνοῦμεν Denominativo di δεῖπνον; per l’impiego transitivo del verbo, a partire da Hes. Op. 442 ἄρτον δειπνήσας, cf. soprattutto Eup. fr. 99,6-7 δειπνοῦντι [...]/ τῶν ὁλκάδων tw’ αὑτοῦ (l'oggetto del verbo non è il cibo, come nel frammento di Mnesim.; sembra però che si tratti di una metonimia, essendo ὁλκάς

la grande nave da carico deputata al trasporto del cibo; cf. Telò 2007, 340-1), Alex. fr. 223,16-7 ol dr ἡμέρας / δειπνοῦσι πέμπτης ἀλφίτων κοτύλην μίαν “questi mangiano una volta ogni quattro giorni una sola cotile di farina d'orzo”; cf. poi Ephipp. fr. 15,13 τὸ [...] αὔριον δειπνήσομεν e la locuzione τἀλλότρια δειπνεῖν in Theop. com. fr. 35, Eub. fr. 72 (con Hunter 1983, 162), Timocl. fr. 31, Antiph. fr. 252, Nicol. fr. 1,16 e 42, etc., in riferimento alla condotta di parassiti, e Panalogo impiego del verbo κατεσθίω (già dai poemi omerici; si rimanda qui agli esempi forniti da Telò 2007, 342 e Orth 2013, 207-8) per indicare il dissipare il proprio o altrui patrimonio (senso metaforico ancora in uso nell'italiano corrente).

ἠκονημένα Il verbo, che indica qui la qualità delle spade, è usato in riferimento ad armi anche in Ar. fr. 705 ἀκονῶν / [...] μαχαίρας (cf. Bagordo 2017, 85), Xen. Hell. VII 5,20 ἠκονῶντο καὶ λόγχας καὶ μαχαίρας, Cyr. VI 2,33 λόγχην ἀκονῶν, Demad. fr. 112 De Falco τὰς ἠκονημένας λόγχας, Herond. 17,119 ἠκόνησε τὴν σμίλην (coltello da calzolaio), Plut. De glor. Ath. 3504 οὐ γὰρ ἀκονῶν ξίφος οὐδὲ λόγχην. 3 ὄψον δέ

Peröyov, ck il commento a Mnesim. fr. 3,6; il significato che assu-

me in questo contesto sembra quello di “companatico”. La particella δέ scandisce per tutto il frammento le varie componenti dell'elenco del parlante, cf. vv. 7, 8,9. δᾷδας Le fiaccole erano generalmente di legno resinoso di pino (con il quale condivide il nome, cf, LS} s, v, II°; cf. poi Chantraine DELG 248 per l'alternanza Salic/ödc, quest'ultima forma tipica delPattico); forse sinonimo di λαμπάς, cf. Ath. XV 700e su Philyli. fr. 29 Φιλύλλιος δὲ τὰς λαμπάδας δᾷδας καλεῖ (con Orth 2015, 257-9); Aristofane pare usare i due termini in maniera intercambiabile, cf.

Austin-Olson 2004, 90 ad Ar. Thesm. 101--3. Se così fosse si spiegherebbe perché la parola ha così poche ricorrenze in prosa, dove spesso significa “legno di pino”, c£. e. g. Thuc. VII 53,4, Xen. Cyr. VII 5,23; nonostante ciò, il termine è raro anche

in tragedia: uniche ricorrenze certe sembrano essere Eur. fr. 472,13 Kn. e TrGF adesp. fr. 14b,2. In Mnesimaco la fiaccola sembra rievocare lo strumento del campo militare, usato per Pilluminazione o per l'attacco, concordemente agli altri ele363 Si tenga conto della precisazione di Austin-Olson 2004, 90: non si tratta del legno di pino in generale, ma delle parti maggiormente impregnate di resina, dunque più infiammabili, cf. e. g. Thphr. HPIX 2,7.

460

Mnesimaco

menti impiegati nella metafora del ‘banchetto di armi’?%; per la fiaccola in àmbito militare cf. Thuc. INI 23,4, 24,2 (λαμπάς) o come arma per bruciare città, cf. Aesch.

Sept. 433-4 φλέγει δὲ λαμπὰς διὰ χερῶν ὡπλισμένη, / χρυσοῖς δὲ φωνεῖ γράμμασιν πρήσω πόλιν “risplende poi nelle sue mani una fiaccola come arma e in lettere d’oro dice: «brucerò la città»”; cf. Aen. Tact. 10,26 per torce e lanterne impiegate per trasmettere segnali luminosi (cf. Garlan 1968, 287), anche all’interno della polis (Aen. Tact. 26,12--4). Inoltre, le fiaccole erano un elemento non secondario nel

simposio, cf. Ath. XV 699d-701b; il fatto che qui non svolgano il ruolo canonico di illuminazione, ma diventino oggetto del pranzo, costituirà un aprosdoketon. ἡμμένας Il participio perfetto di ἅπτω (“accendere”) è riferito alle torce anche in Ar. Nub. 1490 646° ἐνεγκάτων τις ἡμμένην, Plus. 1194 ἐκδότω τις δεῦρο δᾷδας ἡμμένας (entrambe scene finali), Antiph. fr. 269 δᾷδα [...] ἡμμένην, Chrysipp. com. fr. 1 δᾷδας ἡμμένας μοι ταχὺ δότω τις, Men. Per. 9 846° αὐτὸς ἡμμένην ἔχων, cf. Mis. 459 ἅψας δᾷ[ δα, ΑἹ di fuori della commedia, la iunctura compare solo in Aeschin. 1,190 καθάπερ ἐν ταῖς τραγῳδίαις, Ποινὰς ἐλαύνειν καὶ κολάζειν δᾳσὶν

ἡμμέναις. CE Ar. Nub. 18 ἅπτε [...] λύχνον, 57 ἧπτες λύχνον, 768 τὸ πῦρ ἅπτουσι, Lys. 316 τὴν λαμπάδ᾽ ἡμμένην, Thesm. 655 τὰς λαμπάδας ἁψαμένας, Ran. 1338 λύχνον ἅψατε, Anaxandr. 49 ἅψεις μοι λύχνον, Diphil fr. 2 ἅψαντες λύχνον. In tragedia cf. Eur. Ba. 594 ἅπτε κεραύνιον αἴθοπα λαμπάδα. karanivonev Il verbo (per il valore del composto con κατα- cf. Vendryes 1940, 30) è impiegato sia per solidi (già in Hes. Theog. 467 παῖδας ἑοὺς «., Ar. Nub. 339 x. κεστρᾶν τεμάχη μεγαλᾶν ἀγαθᾶν κρέα τ᾽ ὀρνίθεια κιχηλᾶν, Lys. 564 τὰς δρυπεπεῖς x. [scil. fichi], Av. 1137 x. λίθους, fr. 732 x. γαλῆν [espressione idiomatica, cf. Taillardat 1965 $495], Archipp. fr. 19 ἀφύην κι, Telecl fr. 1,5-6 κ᾿ / [...] τὰς

λευκοτάτας [scil. pagnotte] con Bagordo 2013 ad loc., Amips. fr. 18 ψωμόν x. con Orth 2013 ad loc., Antiph. fr. 138,5 ᾧδν x., etc.) che, in misura minore, per liquidi (Aes. Fab. 61,4 τὰ ὕδατα x., Plat. Criti. 1114 τὸ καταποθὲν [...] ὕδωρ, Hipp. Epid.

VII 1,11 x. τὸ ποτὸν, etc.). Compare di frequente in commedia, dove dä luogo a espressioni colorite, e una sola volta in tragedia (Aesch. fr. 91 R. τὸν δ᾽ Aplorov / ταχέως ὁ μέγας καταπίνει “presto il flauto grande sovrasterà quello piccolo”). Per la posizione del verbo in explicit di verso, frequente in commedia, cf. Pellegrino 2000, 78 a Telecl. fr. 1,55%, 564 Non coerente all’interpretazione proposta è il passo di Thphr. Ign. 57, citato da KasselAustin tra i loci similes: διὰ τί δὲ τοὺς λύχνους τινὲς εἰς τὰ στόματα λαμβάνοντες

ἀποσβεννύοντες οὐ καίονται; “perché alcuni portano le torce alla bocca e non si bruciano quando le spengono?”. Teofrasto si riferisce verosimilmente qui a dei mangiafuoco o a dei giocolieri; non ha senso cercare nel frammento di Mnesimaco riferimenti a situazioni reali, dal momento che si tratta di una descrizione ad absurdum e di una metafora militare. 565

Cf. Plut. Lyc. 19,2 σκώπτοντος Ἀττικοῦ τινος τὰς Λακωνικὰς μαχαίρας εἰς τὴν μικρότητα, καὶ λέγοντος ὅτι ῥᾳδίως αὐτὰς οἱ θαυματοποιοὶ καταπίνουσιν ἐν τοῖς θεάτροις “quando

un certo ateniese (Demad. fr. 8 de Falco) s'era fatto beffe delle spade spartane perché sono più corte e diceva che i giocolieri nei teatri le avrebbero potute ingoiare con fa-

Φίλιππος (fr. 7)

461

4 ἐντεῦθεν Lavverbio sembra avere qui il valore temporale di “e poi, subito dopo” (LSJ s. v. IT), come a scandire le portate del banchetto; compare solitamente in un elenco di azioni, cf. Ar. Equ. 131, 543, Ran. 154, ovvero all’interno di un

discorso per dare una svolta o cambiare argomento, cf. Nub. 1058, 1075. L'aspetto temporale è marcato da εὐθύς immediatamente successivo, che intensifica il primo avverbio, trasmettendo l’idea di un simposio avido e senza sosta. Tale intensificazione temporale ritorna solo in prosa, cf. e. g. Thuc. VII 92,10 καὶ ἐντεῦθεν εὐθὺς ἀναβάντες ol te ὁπλῖται, Xen. Hell. IV 8,21 εὐθὺς ἐντεῦθεν εἶχε μισθοδοτεῖν. Per l’aspetto verbale con gli avverbi di rapidità, cf. Lazzeroni 1957, 94-7; nel caso in questione, la scelta di un indicativo presente marcherà il fatto che l'azione è ripetuta e costante.

ἐπιφέρει Il composto con &mt-, sembra impiegato qui nel senso di “portare in aggiunta” (per èm- in composti cf. LS]? s.v. G I 4; pare da escludersi che, nel frammento di Mnesimaco, il preverbo abbia valore temporale, “portare dopo”, già ampiamente marcato dai due avverbi precedenti). In commedia cf. Epich. fr. 98,50, Cratin. fr. 248, Ar. Equ. 837, Av. 344, Ran, 1253, Eub. fr. 57,6 (il nome di un lancio di dadi), Alex. ἔστ. 49, 115,10. Da questo verbo derivano i termini ἐπιφορά

e, denominale da ἐπιφορέω, ἐπιφόρημα (cf. Chantraine DELG 1190, Frisk GEW 1004), che indicano le ‘seconde mense (per il primo cf. Damox. fr. 2,58; per il

secondo Archipp. fr. 11, Philyll. fr. 18 con Orth 2015, 226-7, Hdt. I 133,2 e Ath. XIV 640e-1b), di cui i τραγήματα citati immediatamente dopo sono protagonisti. τραγήματα Dopo la portata principale (v. 2) e il companatico (v. 3), si passa agli stuzzichini serviti a fine pasto; che nella descrizione si sia giunti al termine della cena è del resto reso esplicito al verso successivo da μετὰ δεῖπνον: la scansione delle portate elencate è temporale. Il termine τράγημα indica gli stuzzichini e le leccornie che venivano servite in coincidenza delle ‘seconde mense (cf, Nicostr.

fr. 27,2-3 e Alex. fr. 190) per accompagnare il vino (cf. Galen. De anim. p. 550 Kühn). Tipi di τραγήματα potevano essere i ceci (nominati al v. termine di paragone per le punte di freccia, insieme ai resti di giavellotti: dell'unica descrizione metaforica in cui i τραγήματα rimandano ad altro

fac. VI 6 come si tratta rispetto

al cibo), fave, mele e fichi secchi, citati insieme in Archestr. fr. 60,6 e 13 O.-5., cf.

commento ad loc. Ὁ. 230; vd. inoltre Olson-Sens 1999, 138 a Matr. fr. L1110.-8. e Arnott 1996, 494 ad Alex. fr. 168,2. 5 ὁ παῖς Qui “schiavo” (per la differenza di uso del termine per indicare

‘bambino’ o ‘schiavo cf. Finley 1980, 96-7, Golden 1985, 91-104); la presenza degli schiavi durante il banchetto è attestata anche al di fuori della commedia {tra le

numerose attestazioni comiche cf. e. g. Plat. com. fr. 71,5 e i passi citati da Ath. VI 262a-e), per spostare tavoli (Xen. Symp. 2,1), riempire le coppe (Xen. Symp. 2,23, 26-7, Plat. Symp. 214a) e servire diverse portate (ibid. 175b); cf. poi il banchetto

cilità” (segnalato da Kassel- Austin tra i loci similes). Per la figura dei θαυματοποιοί cf. Olson-Sens a Matr. fr. 1,121 O.-S. e la rassegna di intrattenitori in Ath. I 19e-20b. C£. però quanto detto alla nota precedente.

462

Mnesimaco

indetto da Cabria per celebrare la sua vittoria ai giochi pitici in [Dem.] 59,33--4. Per la centralità dello schiavo nell'economia domestica cf. e. g. Ehrenberg 1951, 176, Sells 2013, 94-9 (nei frammenti comici). Per la diffusione e l'impiego del termine

nella commedia di Aristofane cf. Mactoux 1980, 170-2. Per le rappresentazioni vascolari di schiavi al banchetto cf. Boardman 1975, tavole 32.1, 76 e 253.3. ἀκίδας Iltermine ἀκίς indica lo strale, il dardo, ovvero la punta della freccia (cf. Ar. Pac. 443 con Olson 1999, 166); il fatto che nel frammento di Mnesimaco

vengano paragonati a ceci (vd. v. successivo), lascia propendere per la seconda interpretazione, per la somiglianza nella dimensione; cf. Broneer 1935, 114 fig. 4 per la varietà delle punte di freccia. Κρητικάς Perle punte di freccia cretesi, bronzee, la cui forma acuminata era distintiva, cf. Snodgrass 1967 40, 81 e fig. 35 e Connolly 1981, 50 fig. 11. I Cretesi erano, insieme agli Sciti, rinomati arcieri nel mondo antico”; truppe mercenarie di arcieri cretesi erano al soldo dell’esercito greco almeno dal VI sec. a. C., cf. Thuc. VI 43,2, VII 57,9, Xen. Hell. IV 2,16, An. 12,9 (o addirittura dalle guerre messeniche, stando a Paus. IV 8,3 πρὸς δὲ τοὺς ψιλοὺς τῶν Μεσσηνίων τοξότας Κρῆτας ἐπήγοντο [scil. gli Spartani] μισθωτούς, c£ 10,1, 19,4), vd. Yalichev 1997, 97, 114,

117-8, English 2012, 42 e 44; mercenari erano arruolati anche nell'esercito di Filippo, senza che ne venga precisata la provenienza (cf. Dem. 9,49 ψιλούς, ἱππέας, τοξότας, ξένους, τοιοῦτον ἐξηρτῆσθαι στρατόπεδον)57, ma non è da escludere si

possa trattare di arcieri cretesi, dal momento che sono documentati nell'esercito di Alessandro (quella conosciuta come la ‘vecchia brigata, cf. Arr. An. 3,12,2 τῶν

τοξοτῶν οἱ ἀρχαῖοι καλούμενοι ξένοι)"δδ, cf. Griffith 1968, 11-2, 1979, 431, 440, Connolly 1981, 48-9, Head 1982, 11-2.

6 ἐρεβίνθους Spesso inclusi in elenchi di τραγήματα, cf. in particolare Xenoph. VS 21 B 22 (= fr. 13 G.-P?), dove è descritta un'occasione simposiale in cui, finito di mangiare, si beve vino dolce sgranocchiando ceci; cf. supra comm. a Crobyl. fr. 9. δορατίων δὶ tratta di lance di dimensioni ridotte (normalmente misuravano circa 2,5 m., cf. Connolly 1981, 63, Anderson 1991, 22, Schwartz 2009, 81--5, Matthew 2012, 8--11), parte dell’equipaggiamento della fanteria leggera?9, cf. Thuc. 566. Platone (Leg. 6254) sostiene che fossero diventati abilissimi arcieri per la conformazione montuosa della loro terra di provenienza, che permetteva di armarsi solo con equipaggiamenti leggeri, quali arco e frecce, che garantissero agilità e velocità, cf. Leg. 883b. C£. Ephor. FGrHist 70 F 149 ap. Strab. X 4,16 per l’importanza che questo popolo dava alla preparazione militare. Per immagine dell’arciere cretese nell'iconografia greca cf. van Effenterre 1968, 176 n. 3. 567 Cf. poi Dem. 19,81 per l'utilizzo di mercenari nell’occupazione della Focide alla fine della Guerra Sacra, nel 346 a. C., e 6,15 come rinforzo a Messene e Argo; 19,87 a Megara e nell’Eubea, cf. 19,295, 9,33; 9,57--8 a Eretria. 568. Per l’impiego degli arcieri cretesi nell’armata di Alessandro cf. Tarn 1930, 21-2. 562 Nelle rappresentazioni vascolari protoattiche e protogeometriche, l’oplita è raffigurato con due lance, di cui una più corta dell'altra; quella più piccola poteva forse essere

Φίλιππος (fr. 7)

463

INI 22,3, Ar. Pac. 553 δορατίου καὶ ξίφους κἀκοντίου (con Olson 1998, 190) e Aen.

Tact. 29,6 δοράτια καὶ ἀκόντια (negli ultimi due passi tale arma & differenziata dal giavellotto, ἀκόντιον, anche se talvolta sono usati come sinonimi, cf. Thuc.

VI 34,1). λείψανα Iltermine, derivato di λείπω, è attestato a partire dalla produzione drammatica, cf Soph. EL 1113 (presunte spoglie di Oreste), Eur. Med. 1387 (un pezzo della nave Argo), Tro. 716 (ultima rimanenza della stirpe troiana), Andr. 773 (le cose lasciate dietro di sé dopo la morte); si ritrova in commedia in Ar. Vesp.

1066 (“quanto resta di noi”, con Biles-Olson 2015, 398). Tra il V-IV sec. a.C. si estende anche alla prosa, cf. Plat. Phaed. 86c (resti del corpo), Criti. 110e, 1114 (quanto è rimasto di una terra), Arist. HA 635a 25 (rimanenze, avanzi corporei), Pr. 9360 28 (resti della raffinazione dell'argento), Metaph. 1074b 12 (relitti di antiche credenze), [Aeschin.] Ep. 11,13 (resti di fatti), Philoch. TrGF 328 F 7b (resti di Dionisio), etc.; oltre al citato Ar. Vesp. 1066, altrove in commedia si trova solo in

Axion. fr. 8,2-3, dove è impiegato per resti di cibo ἡμίβρωτα λείψανα / συντιθείς “dopo aver messo insieme resti di cibo mangiati a metà”. 7 κατεαγότί(α) Ilverbo ἄγνυμι si ritrova prevalentemente in composto con κατα- (il preverbo non sembra alterare il significato del verbo semplice, quanto piuttosto rafforzarlo), col significato di “rompere, fare a pezzi”. Attestato a partire dai poemi omerici (If VI 53, XIII 257, Od. IX 283) è diffuso nella prosa e nella commedia di V--IV sec. a. C., οὗ, e. g. Thuc. III 89,3 δύο νεῶν ἀνειλκυσμένων τὴν ἑτέραν κατέαξεν “fece a pezzi una delle due navi che erano state tirate in secco”, Fidt. VII 224,2 δόρατα μέν νυν τοῖσι πλέοσι αὐτῶν τηνικαῦτα ἤδη ἐτύγχανε κατεηγότα “a quel punto, alla maggior parte di loro le armi erano giä state fatte a pezzi”, Ar. Pac. 703 ἰδὼν πίθον καταγνύμενον οἴνου πλέων “avendo visto un orcio pieno di vino fatto a pezzi”, fr. 620 ἵνα μὴ katayfig τὸ σκάφιον πληγεὶς ξύλῳ “perchè tu non abbia la testa distrutta, colpito da un bastone”, Phryn. fr. 73,3-4 οὐκ dv δυναίμην Naklav / ἀμυγδάλην κατᾶξαι “non potrei rompere neppure una mandorla di Nasso” (con Stama 2014, 336 e passi comici citati), Eub. fr. 106,12-3

φὰ λαμβάνων / πρὶν θηριοῦσθαι τὸν γόνον καταγνύει “dopo aver preso le uova le fa a pezzi prima che il seme prenda forma animale”, Xen. An. IV 2,20 καὶ ἑνὸς μὲν κατέαξαν τὸ σκέλος “e spezzarono la gamba a uno (scil. soldato)”, Plat. Phaed. 86a

κατάξῃ τις τὴν λύραν “uno faccia a pezzi la lira”, etc.

impiegata come un giavellotto ed essere dunque lanciata, mentre la più lunga essere usata per attaccare l'avversario a distanza ravvicinata, cf. Lorimer 1947, 90 fig. 6, 97 fig. 8 b-c, Snodgrass 1964, 137-8, Anderson 1991, 16-9, Murray-Sands-O’Roark 2011, 139-41 e figg. 1-4; cf. d’altra parte Matthew 2012, 19-38 (secondo cui la lancia più corta sarebbe in realtà un giavellotto). Tuttavia queste ‘seconde lance non appaiono nelle rappresentazioni successive e la difficoltà dell’oplita la cui (unica?) lancia si è spezzata è messa in luce in Eur. HF 190-203, nel paragone con l’arciere che ha tante possibilità di difendersi quante le frecce a sua disposizione.

464

Mnesimaco

ἀσπίδας Gli scudi erano generalmente in legno rinforzato da bronzo e avevano una forma convessa, che richiama quella del cuscino a cui sono accostati, Per scudi usati, come qui, con funzione di cuscino cf. Hom. 2. X 152 ἀμφὶ δ᾽

ἑταῖροι εὗδον, ὑπὸ κρασὶν È ἔχον ἀσπίδας “intorno dormivano i compagni, con gli scudi sotto la testa”, dove si marca la bellicosità dei soldati di Diomede anche

nel momento del riposo (cf. III 135, dove sono usati come appoggio per sedersi); in Xen. Hell. Il 4 i soldati tengono con loro gli scudi durante la notte per paura di un attacco improvviso. Per gli scudi cf. Droysen 1896, 1735--6, Snodgrass 1964, 170-1 (nei poemi omerici), Snodgrass 1967, 53-8, Anderson 1970, 14-7, Greenhalgh 1973, 69-74, Hanson 1991b, 64-78, Schwartz 2009, 25-46, Schwartz 2013, 157-64

(soprattutto p. 157 e n. 1 e 2 peri ritrovamenti archeologici), Krentz 2013, 135-7, Viggiano-van Wees 2013, 57-60.

προσκεφάλαια Il termine, che indica i cuscini sia da letto che da seduta, è diffuso a partire dalla commedia di V sec. a. C., cf. Hermipp. frr. 54,2 e 63,23 {dove figurano come un bene di lusso importato da Cartagine), Cratin. fr. 295, Ar, Ach. 1090 (dove compaiono in un elenco di oggetti da simposio, come, forse, in Ar. fr. 451) con Olson 2002, 335, Vesp. 676 con Biles-Olson 2015, 298, fr. 18

con Pellegrino 2015, 36 e Orth 2017, 120. Dal IV sec. a. C. il termine si ritrova anche nella prosa, cf. Plat. Rep. 328c (cuscini da seduta), Lys. 18,5, Hipp. Fract. 16,10, Mul. 69,7, 224,10, Aeschin. 2,111 e 3,76 (cuscini da seduta), Thphr. Ch. 2,11 (cuscini da seduta), 25,4. Per i cuscini in àmbito simposiale cf. Boardman 1990, 125; Blümner P (1912) 215-8, Pritchett 1956, 247-8, 253-4, Richter 1966, 117-9.

8 θώρακας Le corazze potevano essere di bronzo (cf. e.g. Hom. IL XII 371; diffuse in epoca arcaica, poi in gran parte rimpiazzate a causa dell’eccessivo peso, ma ancora in Xen. Cyr. VII 1,2), di pelle (e. g. di capra, Nymphod. TrGF 572 F 15a informa che, probabilmente per tale motivo, gli Spartani chiamano la corazza alyic) o di lino (cf. Hdt. 11 182,4 θώρηκα Mveov, VII 63,5, Xen. An. IV 7,15, Cyr. VI 4,2, ma diffusa già dai poemi omerici, cf. I. 11529, 830 λινοθώρηξ, Alc. fr. 140,6 V. θόρρακές te vew Alva; probabilmente era composta da più strati, cf. Plut. Alex. 32,8 θώρακα διπλοῦν λινοῦν) con rinforzi in bronzo o decorazioni a scaglie (cf. Posidipp. fr. 28,7-8 θώρακ᾽ ἔχῃ /Yolıdwrov) e venivano realizzate su misura (cf. Ar. Pac. 1224). Per la corazza cf. Lammert 1936, 332-6, Snodgrass 1964, 171-3 {nei poemi omerici), Snodgrass 1967, 90-2, Anderson 1970, 20-8, Hanson 2009, 76-83, Schwartz 2009, 70-5, Viggiano--van Wees 2013, 61-2.

πρὸς ποδῶν “dal lato dei piedi”, “in corrispondenza dei piedi”. Questo uso di npéc+gen. (di per sé raro in commedia, fatta eccezione per le formule di invocazione/imprecazione, e. g. πρὸς θεῶν, per cui cf. Schwyzer GG Il 516-7) con valore locale anziché direzionale è poco attestato e piuttosto problematico per quanto riguarda il senso, che sembra piuttosto essere quello vincolato alla costruzione con il dativo (cf. LSP sv). C£ Pherec. FGrHist 3 F 33 καλεῖ τοὺς διακόνους, καὶ

κελεύει αὐτὸν ἐκφέρειν, τῆς κλίνης λαμβανομένους τὴν μὲν γυναῖκα πρὸς ποδῶν, τὸν δὲ ἄνδρα πρὸς κεφαλῆς “chiama i servi e ordina loro di portarlo fuori: la donna prendendo il letto dalla parte dei piedi, luomo da quella della testa”; Ar. Vesp. 1221

Φίλιππος (fr. 7)

465

ξένος τις ἕτερος πρὸς κεφαλῆς “un altro straniero (scil, si trova, ti è accanto) dalla

parte della testa” (probabilmente si tratta della testa della fila delle persone elencate; McDowell 1971, 289 ad loc. pensa, invece, che sia da intendersi “accanto alla tua testa” nel senso che lo straniero sarebbe coricato accanto ἃ Filocleone); 1236 πρὸς

ποδῶν κατακείμενος “sdraiato dalla parte dei piedi”, luogo che si confà all’adulatore Teoro cui la battuta si riferisce; ancora più dubbio sembra essere Av. 65--6 Ὑποδεδιὼς ἔγωγε, [...1/[...] καὶ μὴν ἐροῦ tà πρὸς ποδῶν “io sono Tremasotto, [...] se non ci credi, chiedilo a quello che οὐ (/sta scendendo) αἱ (/verso 1) miei piedi”:

non è chiaro se l'uccello in questione se la sia già fatta sotto o l’azione sia in corso, dunque il risultato della sua paura stia ancora scendendo; la singolarità dell'uso di tipéc+gen. nei tre passi aristofanei citati è messa in luce già da Sobolewski 1890, 178. Il senso nel frammento di Mnesimaco, alla luce dei loci citati, sarà dunque che

i soldati tengono ai loro piedi fionde e archi (v. infra) pronti alla necessità, cioè che non abbandonano le proprie armi neanche durante un banchetto. σφενδόνας In uso già in epoca micenea (Snodgrass 1964, 167, 1967, 30 e n. 38), le fionde compaiono nei poemi omerici (TI. 13, 600 e 716, in entrambi i casi è messa in risalto la parte in lana che compone la fionda) come armi a distanza in dotazione agli arcieri; cf. Archil. fr. 3 W, Thuc. IV 32,4, Eur. Phoen. 1142. Erano fatte principalmente di corde di viscere o nervi di bue (Xen. An. III 4,18) e potevano scagliare pietre (cf. Xen. An. V 2,14, VII 8,18, Plat. Leg. 834a, Ephor. FGrHist 70 F 115,13) o piombo (cf. Xen. An. ΠῚ 4,18). Ancora Filippo II ne fa uso durante gli assedi, cf. Snodgrass 1967, 115, 117, Marsden 1969, 104, Garlan 1974, 212 (per

i proiettili relativi all'assedio di Olinto da parte di Filippo nel 348), Ober 1991, 191; per l'uso negli assedi cf. anche Aen. Tact. 32,8. Particolarmente rinomati per

Pabilità con le fionde erano i soldati rodii, cf. Xen. An. IMI 3,17. C£. Lammert 1929, 1695--700, Snodgrass 1967, 84, 107-8 e Orth 2013, 273--4 ad Amips. Sphendoné.

9 τόξα Sin dall’epoca micenea, l'arco è impiegato sia per la guerra che per la caccia (cf. Snodgrass 1964, 143-4, 1967, 17); compare piuttosto di frequente nei poemi omerici (cf. e. g. la dettagliata descrizione dell'arco di Pandaro in II. IV 105-26 o quello di Odisseo in Od. XXI 409; resta tuttavia un'arma di secondaria importanza) e la grande presenza nella ceramica attica geometrica di scene di battaglia in cui è presente l'arco (e in particolare gli arcieri sciti, cf. Vos 1963, 12-88, figg. 5, 6b, 7, 8, 13; Snodgrass 1967, 40, Greenhalgh 1973, 92 e n. 25, 120)

lascia intuire che avesse ancora un ruolo importante sul piano bellico. In epoca classica, gli arcieri più rinomati erano sciti o cretesi, cf. supra v. 5; è probabilmente alle innovazioni degli sciti che si deve il modello di arco composito, maggiormente flessibile, con la doppia curvatura (Snodgrass 1970, 82-3); per una descrizione della forma e dei materiali cf. Marsden 1969, 8-10.

καταπάλταισι

Per l'alternanza delle forme xarandi-/xatanétA- cf. supra

Testo. L'invenzione delle catapulte si deve a Dionisio I di Siracusa, che nel 399

a. C. radunò un vasto gruppo di tecnici per condurre ricerche su nuovi armamenti (D.S. XIV 41,3-6), tra cui, appunto, la catapulta a tensione (ibid. 42,1 καὶ γὰρ τὸ καταπελτικὸν εὑρέθη κατὰ τοῦτον τὸν καιρὸν ἐν Συρακούσαις, cf. Ael. ΝῊ

466

Mnesimaco

6,12 ὁ δὲ καταπέλτης εὕρημα ἦν αὐτοῦ Διονυσίου, Prima di questa data, nessun autore greco fa menzione di alcun tipo di artiglieria), impiegata per la prima volta durante l'assedio di Mozia nel 397 a.C. (D.S. XIV 50,1-4, c£ Levi 1995, 667-72 e n. 1 per bibliografia); i proiettili potevano essere frecce (ὀξυβελής) o

sassi (πετροβόλος). Non si sa con certezza quando questa arma sia approdata in Grecia”; un'ipotesi probabile è nei primi anni ‘60 del 300, parte degli ausilii che Dionisio I inviò agli Spartani in seguito alla battaglia di Leuttra (Plut. Reg. ef imp. Apopht. 210a, D.S. XV 72,3-4, cf. Marsden 1969, 65, Bettalli 1990, 319)971; più o meno contemporaneamente sembra essere arrivata ad Atene?”?, Per quanto riguarda il modello a torsione, il cui meccanismo era costituito da molle costruite

con tendini animali o capelli umani, terminus ante quem per Pinvenzione è il 326 a. C., anno in cui è databile, al più tardi, un'iscrizione (IG I° 1467 B col. II, 48-56)

circa le riserve militari nell’arsenale dell’ Acropoli di Atene, tra cui è annoverata la nuova tipologia di catapulta’”®, Di ancora maggiore interesse un’altra iscrizione, IG IP’ 1627 B, 328-41, databile al 330/29 a. C., che registra, tra le altre cose, undici telai per catapulte da torsione provenienti da Eretria (rAalora?”* καταπαλτῶν / τῶν ἐξ Ἐρετρίας : AI). L'occasione più probabile in cui tale materiale sia giunto ad Atene è la spedizione organizzata nel 340 a. C., sotto il comando di Focione, per liberare la città di Eretria dal tiranno Clitarco, insediato da Filippo II di Macedonia nell'àmbito del suo piano espansionistico (Plut. Phoc. 12-3, D.S. XVI 74,1575),

570 Interessante la tesi di Keyser (1994, 30-1), che si interroga sul motivo per cui tale scoperta di artiglieria non abbia avuto una diffusione immediata, dopo il successo a Mozia; lo studioso ipotizza che il motivo sia che mancavano trattati per illustrare la costruzione e l’uso della catapulta e i primi a descriverne il funzionamento sono stati Diade il Tessalo e Caria, entrambi sotto Alessandro (cf. Ath.Mech. 5,11-6,2, 10,5-13

571

W.). In aggiunta a ciò, adduce la colpa a un certo conservatorismo militare da parte della Grecia, legata al modello oplitico e restia ad adottare novità (Keyser 1994, 32, 51-3). L'alleanza tra Siracusa e Sparta iniziò ben prima della battaglia di Leuttra: nel 404 a.C. Sparta aiuta Dionisio (D.S. XIV 10), così come nel 396 a. C. (D.S. XIV 62,1, 70,1-3); cf.

poi D.S. XV 23,5, Isocr. 4,126 (380 a. C.); alla vigilia di Leuttra, Dionisio manda alleati a Sparta (D.S. XV 47,7, nel 373 a.C.). 572

Così ipotizza Mardsen (1969, 65-6), sulla base di IG I? 1422, che registra oggetti immagazzinati nell’ Acropoli di Atene nel 371/0 a. C.; ai righi 8--9, lacunosi, sarebbero state integrate due casse di frecce e due di catapulte: [σώρακοι τοξευμ]άτων [$]6[0] / ἰσώρακοι καταπ]αλτῶν δύ[ο]. Keyser (1994, 347) propone come occasione dell’ap-

573 574 575

propriazione delle catapulte la sconfitta da parte di Atene di alcune triremi di Dionisio I, nel 373 a.C. (D.S. XV 47,7), osservando che sembra improbabile che, dopo questo episodio, Dionisio abbia inviato volontariamente, e pacificamente, catapulte ad Atene. L'iscrizione è datata per la scrittura all’epoca di Licurgo, dunque 338-326 a.C. Per l’interpretazione del termine cf. Mardsen 1969, 57 e LSP s.v. Se è a Filippo II che può essere attribuito lo sviluppo del modello a torsione, bisogna immaginare che egli disponesse in precedenza del modello a tensione; Keyser (1994, 33--4) ipotizza lo abbia ottenuto tramite l’Epiro, alleato sia di Siracusa (Alcheta I di Epiro ristabilisce la sua sovranità grazie all'appoggio di Dionisio L cf. ibid. n. 31), sia della

Φίλιππος (fr. 8)

467

Atene concluse l'operazione con successo; le catapulte da Eretria, appartenute al contingente macedone, saranno state parte del bottino di guerra”, In mancanza di altre attestazioni relative all'invenzione del meccanismo a torsione o risalenti a un periodo precedente il regno di Filippo II, tale tipologia di catapulta può essere ricollegabile alle innovazioni del re macedone in materia di assedi”’”. Cf. Tarn 1930, 101--22, Snodgrass 1967, 116-7, Marsden 1969, 48-64, Garlan 1974, 164-9,

171-3, Griffith 1979, 444--9, Lawrence 1979, 43-9, Head 1982, 187--90, McNicoll 1986, 306-8, Bettalli 1990, 318-20, Campbell 2003, 1-8, 15-8, 2005, 26-31, 42-4, 2006, 30-60 (per le strategie d'assedio). totepavope0a Per Pirmpiego del verbo, al medio, “incoronarsi”, cf. Ar. Ach.

1145, Nub. 1006, Lys. 602, Soph. fr. 535,5 R., Eur. Ba. 106, Xen. An. IV 3,17, Hell. 16,36, Cyr. 1Π 3,34, etc. Per l'abitudine di incoronarsi di ghirlande durante i ban-

chetti, cf. Eub. fr. 111 (all’inizio del pasto); in corrispondenza dell’arrivo delle seconde mense, cf. Anaxandr. fr. 2 (con Millis 2015, 43). Per le corone in generale,

cf. la bibliografia in Arnott 1996, 65 ad Alex. fr. 4,2.

fr.8K.-A. (8K.) τῶν Φαρσαλίων ἥκει τις, ἵνα (Kal) τὰς τραπέζας καταφάγῃ:

{B.) οὐδεὶς πάρεστιν, (A.) εὖ γε δρῶντες. ἄρά που

ὀπτὴν κατεσθίουσι πόλιν Ἀχαιϊκήν; 2 xaladd, Grotius

4 de sententia interrogativa dubitat Tacobi

dei Farsali è arrivato qualcuno a divorarsi anche i tavoli? (B.) Nessuno è presente. {A.) Buon per loro. Forse che,

dopo averla arrostita, si stanno divorando una città dell’ Acaia?

576

577

Macedonia (alleanza suggellata dal matrimonio, nel 357 a. C., tra Filippo II e Olimpia, cugina di Taribba re di Epiro dal 360 a. C.). La prima attestazione dell’uso delle catapulte da parte di Filippo è nell'assedio di Olinto del 348 a. C. (D.S. XVI 53--54,3--4) e si tratta di una testimonianza non letteraria, bensì archeologica. Sono infatti state ritrovate punte di freccia di peso e dimensioni troppo elevate per essere lanciate in altro modo se non con una catapulta, cf. Robinson 1941, 382-3, fig. CXX. Questa la conclusione di Mardsen 1969, 58: «it is most likely that they were Macedonian in origin, sent to Eretria to help Cleitarchus maintain his position. It is far more probable that they represented part ofthe Athenian share ofthe booty (...) than the Eretrians gave the Athenians some of their own catapults as a reward for services rendered. Few cities could afford much artillery at this time». Nell’assedio di Perinto del 340 a. C. impiegò catapulte a torsione per la lanciare frecce, cf. D.S. XVI 74--5. Per le novità introdotte da Filippo in termini di strategia e strumenti d'assedio cf. Griffith 1979, 447-8.

468

Mnesimaco

Ath. X 4180

καὶ Φαρσάλιοι δὲ κυμῳδοῦνται ὡς πολυφάγοι. Μνησίμαχος γοῦν ἐν Φιλίππῳ φησί (οὖν φησί CE)- τῶν ----- Ἀχαϊκήν Anche i Farsali sono trattati in commedia come ghiottoni. Mnesimaco infatti nel Philippos dice: —

Metro

Trimetri giambici. (Zu

=)

www; si cn 3,7 si ες

Bibliografia

πα

u.

(>) ulivo ὡ--

CATA

ini

Ron ce Vf ἐν

scene fg

cn

Schweighäuser V (1804) 336; Meineke III (1840) 578; II° (1847)

782--3; Bailey 1840, 77--8; Bothe

1855, 607; Kock II (1884) 441--2; Breitenbach

1908, 37-8; Edmonds II (1959) 368-9; Webster 1970a, 43-4; PCG VII (1989) 25;

Sanchis Llopis ef al. 2007, 615; Papachrysostomou 2008, 216-9; Konstantakos 2011a, 167--8; Mastellari 2016, 429.

Contesto della citazione Ilframmento è tramandato in una sezione dei Deipnosofisti riservata al trattamento comico delle varie genti relativamente alla ghiottoneria (X 417d-18e), in particolare degli abitanti di Farsalo in Tessaglia, in cui si

inserisce il frammento di Mnesimaco. Prima di loro, vi è una menzione relativa ai Beoti, anch'essi famosi per la loro voracità (cf. supra comm. a Mnesim. fr. 2). Testo Si sceglie di mantenere la posizione della lacuna in incipit di verso, dal momento che il genitivo partitivo τῶν Φαρσαλίων è sintatticamente legato a quanto segue al verso successivo. Al v. 2, si accetta, unanimemente agli altri editori,

integrazione καί (proposta in prima istanza da Grotius 1626, 981, sulla base del parallelo Verg. Aen. VII 116 etiam mensas consumimus), che garantisce il sanamento del trimetro giambico (a cui, diversamente, mancherebbe una sillaba) e

apporta vantaggi di senso al gioco comico (cf. il lemma); la cesura dopo καί marca ulteriormente la caratura comica della battuta. Interpretazione Il frammento consiste in uno scambio di battute tra due interlocutori, la cui identità non è specificata, in merito alla partecipazione di ospiti da Farsalo a un evento (verosimilmente un banchetto) che è, probabilmente, in corso, Di fronte al diniego rispetto all'arrivo degli invitati di Farsalo del parlante (B.), il primo interlocutore chiede, ironicamente, se non siano forse a divorare una città achea, dopo averla “arrostita” dandola alle fiamme. Sembra evidente il riferimento storico alla presa della città di Halos da parte di Filippo II di Macedonia, che assediò e conquistò la città achea in seguito a una ribellione della stessa, nel 346 a.C., per cederla immediatamente a Farsalo, sotto la cui custodia si trovava già

prima della rivolta’”®, Il riferimento costituisce un ferminus post quem per la da578 Cf. Dem.

19,163 e 174, [Dem.]

11,1, Strab. IX 5,8. L'assedio fu affidato al generale

Parmenione, dal momento che Filippo dovette recarsi a Larissa per procedere con le

Φίλιππος (fr. 8)

469

tazione della commedia (cf, supra Datazione). Il frammento insinua un'attitudine critica nei confronti dei Farsali su un doppio livello: in un primo momento, essi sono presi in giro per la loro voracità (v. 2) e, successivamente, per la brutalità del gesto compiuto nei confronti della città di Halos (v. 4); per entrambe le immagini è impiegato lo stesso verbo (κατεσθίω). Oltre a ciò, è forse insinuata una nota di disprezzo anche per il fatto che la Tessaglia fosse subordinata a Filippo e agisse in funzione di questa dipendenza ai danni di propri conterranei??? Non è possibile stabilire se il frammento appartenesse alla stessa scena del fr. 7, come suggerisce Kock (1884, 442) apoditticamente. 1 τῶν Φαρσαλίων Le genti di Farsalo?®° sono prese di mira per la loro voracità, tra le altre cose, anche da Theop. FGrHist 115 F 49 καὶ μᾶλλον σπουδάζουσιν

trattative di pace. La conquista della città, infatti, avvenne poco dopo la stipula della cosiddetta pace ‘di Filocrate‘; già ai tempi della seconda ambasceria, Filippo aveva trattenuto i delegati ateniesi, temendo che, se si fossero mossi troppo velocemente, avrebbero potuto riferire ad Atene i suoi piani espansionistici verso la Grecia centrale e mandare rinforzi alle Termopili con maggiore velocità. Come pretesto per tale indugio, dichiarò che avrebbe gradito l'appoggio di Atene per tentare la riconciliazione tra Halos e Farsalo (cf. Dem. 19,36); Demostene tentò di andarsene autonomamente, arrivando a

noleggiare un'imbarcazione, ma Filippo riuscì a fermarlo (Dem. 19,51, 323). Halos era probabilmente alleata di Atene, come sembra dedursi da Dem. 19,159, che riporta che la pace che Filippo stava per stipulare comprendeva, in un primo momento, “Atene e i suoi alleati [...] con esclusione degli abitanti di Halos e i Focesi”. Dunque l'inganno di Filippo, che muove contro Halos, alleata di Atene, doveva essere doppiamente scottante per Atene, anche in virtù del fatto che Filippo non stava facendo nulla al di fuori delle sue competenze: in qualità di tago dei Tessali, riconquistando Halos per i Farsali egli riconquistava la città per il koinon di cui era capo. Cf. Momigliano 1934, 101--23, Sordi 1958, 362-3, Griffith 1979, 282, 336, Cawkwell 1980, 86, Reinders 1988, 26-30, Buckler 1989, 119, Hammond 1994a, 83, 98--108, Hammond 1994b, 371-3. Per le tecniche di assedio nel V-IV sec. a. C. cf. Garlan 1974, 177-8, McNicoll 1986, 305-8, Bettalli 1990, 312-5; in particolare per la tecnica di Filippo Il cf. Kern 1999, 198-201, Campbell 579

2006, 59-62. Una tendenza critica antimacedone è stata messa in luce già da Webster (1970a, 43-4) e

Konstantakos (2011a, 167-8). D'altra parte Papachrysostomou (2008, 217) pensa che i Tessali siano i benvenuti al banchetto in questione, ipotesi che sembra in contrasto con 580

il tono del frammento; c£. inoltre εὖ ye δρῶντες a lemma (v. 3). Farsalo (IACP n. 413) è una città della Tessaglia sud-orientale, nella Grecia centrale. Al

fianco di Atene durante la guerra del Peloponneso (Ἴδας, I 102,4, 1 22,3, cf. Ar. Vesp. 1271 con Biles-Olson 2015, 452), Farsalo cadde successivamente sotto il comando di Larissa (nel 395 a. C., cf, D.S. XIV 82,5, vd. Westlake 1935, 47-66) e di Giasone di Fere (dal 374 a. C., cf. Xen. Hell. VI 1,2, vd. Westlake 1935, 67-83), cui successe il tiranno Alessandro di Fere (Xen. Hell. VI 4,35, Plut. Pel. 27,6, D.S. XVI 2,4, assassinato nel 357/6 a. C., οὗ Xen. Hell. VI 4,37, Plut. Pel. 35,8--10, D.S. XVI 14, vd. Westlake 1935, 126--59),

La città riacquisterà importanza grazie a Filippo IL che le affida il porto di Halos, città nel sud della Tessaglia (Strab. IX 5,8); Filippo dovrà poi intervenire nuovamente nella faccenda nel 346 a. C., per un tentativo di Halos di riacquisire indipendenza. La città

470

Mnesimaco

ὅπως ὄψων παντοδαπῶν τὰς τραπέζας παραθήσονται πλήρεις ἢ τὸν ὅπως παρασχήσονται κεκοσμημένον. Φαρσάλιοι δὲ πάντων, φησὶν, εἰσὶν ἀργότατοι καὶ πολυτελέστατοι "sono indaffarati principalmente dire tavole piene di ogni tipo di pietanza, piuttosto che preoccuparsi

αὑτῶν βίον ἀνθρώπων ad imbandi mettere

ordine nella loro vita. Tra tutti poi, i Farsali, dice, sono i più indolenti e sfarzosi”; οἵ,

F 153. Tale trattamento scoptico è esteso in commedia agli abitanti della Tessaglia: cf., per la πολυφαγία, Ar. fr. 507 con Pellegrino 2015, 200 e relativa bibliografia, Cratet. fr. 21, Hermipp. fr. 42 (citati da Ath. X 418c-e, immediatamente dopo il frammento di Mnesimaco), Alex. fr. 216 con Arnott 1996, 616-7; sono detti εὐτράπεζοι in Eriph. fr. 6; ὀξύπεινοι Antiph. fr. 249; Phot. 0 143 e Hsch. 8422 ς. ν. Θετταλικὴ ἔνθεσις. Νά, Göbel 1915, 70 (Farsali) e 69 (Tessali). 2 ἥκει... ἵνα Perla costruzione con ἵνα con valore finale anziché locativo

cf. Soph. OC 784 ἥκεις ἔμ᾽ ἄξων, οὐχ ἵν᾽ ἐς δόμους ἄγῃς “arrivi a trascinarmi via, non per portarmi a casa”, Plat. Prot. 310e νῦν ἥκω παρὰ σέ, ἵνα ὑπὲρ ἐμοῦ διαλεχθῇς αὐτῷ “ora giungo presso di te affinché tu gli parli in mio favore”. τὰς τραπέζας Il termine mantiene l'ambiguità di significato tra “ tavoli” e “le mense” (LSJ? s.v. L1 e 1.2); qui, alla luce dei loci similes (cf. infra καταφάγῃ) e

dell’integrazione kai, si preferisce il traducente “tavoli” (diversamente, καί, che qui vale “perfino, addirittura” [Denniston GP? 293], sarebbe svuotato di significato:

sarebbe infatti atteso e per nulla straordinario se i famelici invitati venissero per mangiare le mense. La congiunzione marca qui Feccezionalitä dell’azione, ovvero che gli insaziabili e voraci Farsali mangerebbero anche i tavoli, assieme a quanto posto sopra), in particolare, quelli utilizzati per consumare pasti. Ai banchetti e simposi, tavoli bassi in legno (cf. e. g. Cratin. fr. 334) erano posti di fronte ai giacigli dei commensali, cf. e. g. Ar. Ach. 1090, Vesp. 1216 con Biles-Olson 2015, 438, Pac. 769--70, Ecc. 838-40, Diod. fr. 2,9-11, 14-5, Hdt. IX 82,8, Plat. Rep. 372d, etc. Οἵ,

Richter 1966, 63-72, Pritchett 1956, 241-3, Boardman 1990, 125, Schmitt-Pantel 1990, 18.

καταφάγῃ Il verbo è assai diffuso in commedia (cf. e. g. Hegem. fr. 1 con Bagordo 2014a, 112 ed Eup. fr. 386,4 con Olson 2014, 135 e passi citati) e compare nel dramma satiresco (cf. Eur. Cycl. 341 κατεσθίων e 440, dove è dubbio). Per il composto con kata- con valore rafforzativo, cf. comm. a Mnesim. fr. 7,3 καταπίνομεν. L'impiego del verbo per immagini ad absurdum come nel fr. di Mnesimaco (dave τὰς τράπεζας è oggetto) si ritrova in Euphr. fr. 9,13-5 el oe

λήψομαι / νῦν μὴ κατεσθίοντα καὶ τοὺς ἄνθρακας, / ἀπόλωλας “se ti becco che questa volta non divori anche i carboni, tiammazzo” cf. Ion. TrGF 19 F 29 κατέπινε καὶ τὰ κᾶλα καὶ τοὺς ἄνθρακας “ha divorato sia la legna, che i carboni”(detto di

verrà assediata e riaffidata successivamente al controllo di Farsalo nel 346 a.C. (cf.

supra). C£. Westlake 1935, 160-216, Sordi 1958, 272-3, Schaller 1970, 1038-86, Griffith 1979, 218--30, 267-81, 285--95, Consolo Langher 1994, 43-63, 1999, 191-4, Sprawski 2003, 55-66, 2005, 33-48, Graninger 2010, 313-7.

Φίλιππος (fr. 8)

471

Eracle ghiottone); Eup. fr. 99,6-7 δειπνοῦντι [...] / τῶν ὁλκάδων τιν᾽ αὑτοῦ “che

mangia pure una delle sue mercantili” (cf. comm. a Mnesim. fr. 7,2 δειπνοῦμεν). 3 οὐδεὶς πάρεστιν Nello stesso contesto, a indicare la mancanza di qualcuno a un banchetto, e nella stessa posizione in incipit di verso, cf. Straton. com. fr. 1,9 e 16 οὐδεὶς παρέσται. Il nesso compare una volta in tragedia (Eur. El. 629 οὐδεὶς παρῆν Ἀργεῖος; “Non c'è nessun argivo?”) ed è frequente in commedia, cf. Ar. Av. 1119-20 ἀπὸ τοῦ τείχους πάρεστιν ἄγγελος "οὐδείς “dal muro non è venuto nessun messaggero”, 1215 ὀρνίθαρχος οὐδείς cor παρών “non c'era nessun ufficiale degli uccelli”, Lys. 4 νῦν δ᾽ οὐδεμία πάρεστιν [...] γυνή “di donne non ce mè nemmeno una”, Eccl 19 ἀλλ᾽ οὐδεμία πάρεστιν “ma non è arrivata nessuna”,

e soprattutto nella prosa a partire dal IV sec. a. C., cf. Xen. An. DI 1,17 κηδεμὼν μὲν οὐδεὶς πάρεστιν “non c'è nessun protettore”, VI 4,16 ἀγορὰ οὐδεμία πω παρῆν “non c'era nessuna piazza”, Ag. 2,12,7 κραυγὴ μὲν οὐδεμία παρῆν “non c'è nessun grido”, etc, Plat. Symp. 217c πολλάκις οὐδενὸς παρόντος “spesso senza nessuno presente”, Rep. 342b οὔτε γὰρ πονηρία οὔτε ἁμαρτία οὐδεμία [...] πάρεστιν “non c'è alcun errore o imperfezione”, Dem. 21,87 οὐδενὸς παρόντος “non essendoci nessuno”, εὖ ye δρῶντες La costruzione Sphw+avverbio εὐῥκακῶς nel senso di “fare bene/male” è attesta dai poemi omerici (Od. XV 317), frequente in tragedia (opposto a πάσχω in Aesch. Eum. 868 εὖ δρῶσαν, εὖ πάσχουσαν, Pers. 813, Soph. Phil. 672; c£., per εὖ &., Soph. OT 1438, Eur. Andr. 586, Cycl. 341, Hec. 1235, HF 267, 1235, etc.; per κακῶς 6., cf. Aesch. Pers. 813, Eur. Ion. 1046, HF 202, Med.

1302, Tro. 73, etc.), ma piuttosto rara in commedia (solo in Nub. 615 εὖ ö.; c£, con altri avverbi, Ar. Lys. 1117 è. ἀμαθῶς, Pac. 206 e Nub. 453 δ. ἀτεχνῶς, Pac. 1143 δ. καλῶς, Plut. 778 8. ὀρθῶς); in prosa cf. Thuc. IT 54,1 (εὖ 8.), TV 63,2, 64,1, VIII 50,2 (κακῶς $.), Arist. EN 1162b 7, 11, 1171a 24. Il nesso sembra appartenere a

un registro stilistico più alto rispetto alla costruzione εὐῥκακῶς ποιέω, di analogo significato”! L'uso di un imperfettivo (δρῶντες), che indica un'azione in corso, insieme alla particella ye, qui con valore esclamativo (cf. Denniston GP’ 127),

sembra conferire alla battuta un tono minaccioso, “fanno bene, buon per loro, meglio così”, nel senso che se fossero venuti sarebbero incorsi in qualche impiccio con il parlante o il resto dei partecipanti al ritrovo (cf. supra Interpretazione). 581 εὖ ποιέω è attestato tre volte in tragedia (Aesch. Eum. 87, Eur. Med. 472, fr. 406,3 Kn.), a fronte delle più numerose occorrenze tragiche citate supra di εὖ δράω (in tutto: lxAesch., 3xSoph., 7xEur.); εὖ ποιέω è attestato 11x in Aristofane, mentre εὖ δράω una sola volta (Nub. 615); ma soprattutto, il nesso εὖ δράω è estremamente raro in prosa (2x'Thuc. e 4xArist.), a fronte dell’ampia diffusione di ed ποιέω (2xThuc., 12xHdt., 15xIsocr., +50xXen., 31xPlat., 49xDem., +50xArist.). La stessa tendenza mostra il

confronto tra κακῶς ποιέω e κακῶς δράω: mentre il primo è impiegato solo in prosa (4xThuc., 16xIsocr., 35xXen., 7xPlat., 15xLys., 22xDem., 8xArist.) e in commedia (cf

Ar. Thesm. 169, Timocl. fr. 36,3, 5xMen.), il secondo registra soprattutto occorrenze tragiche (Aesch. Pers. 813, Soph. Aj. 1154, OT 551, 642, 13xEur; in prosa 3xThuc., Arist.

Rh. 1378b 27).

472

Mnesimaco

ἄρά ποῦ

La particella ἄρα sembra avere in questo contesto valore interro-

gativo (pace Jacobs ap. Meineke V.1 [1857] ccxxili), per cui non necessariamente è prevista risposta affermativa o negativa (cf. Denniston GP? 46.1; la posizione iniziale della particella è regolare, cf. ibid. 48-9); la domanda potrebbe non prevedere alcuna risposta, ma essere solo funzionale a creare la boutade, cf. Ar. Ach.

589. Non è possibile stabilire con certezza se ποὺ abbia qui valore locale (cf. LSJ s. v. I, “da qualche parte”) o meno (ibid. II “probabilmente, forse”; in questo secondo caso rafforzerebbe ἄρα che lo precede). Per la combinazione delle due particelle insieme cf. Aesch. Ag. 1646 con Denniston GP? 49, Ar. Vesp. 234, Myrt. fr. 4 con Bagordo 2014b, 140, Plat. Phaed. 103c, Luc. Cat. 22,16.

4 ὀπτὴν [|...] πόλιν Per la più grande maggioranza dei loro impieghi, il verbo ὀπτάω e l'aggettivo derivato sono usati in riferimento a cibo e, in misura assai minore, ad altre cose cotte al fuoco (e. g. ferro battuto in Soph. Ant. 475, mattoni nella fornace in Hdt. I 179,6, 180,7, terra cotta al sole in Xen. Oec. 16,14,5, una persona bruciata viva in Sopat. fr. 6). II verbo dà piuttosto luogo a metafore amorose, cf. e. g. Sapph. fr. 38 V., Soph. fr. 474,3 R., Ar. Lys. 839, 844 (cf. Taillardat

1965 $ 302).

L'impiego del fuoco, in particolare negli assedi, era piuttosto diffuso (ed efficace, dal momento che le armi d'assedio e parte delle fortificazioni erano in legno) già dalla guerra del Peloponneso, cf. Thuc. IV 100,1-5 (Beoti a Delio nel 424 ἃ. C.), 115,2-3 (Spartani a Lekythos nello stesso anno; un tentativo degli Spartani contro Platea è citato a II 77,2-6), Xen. Hell. ΠῚ 1,7 (Spartani a Larisa Egizia), VII 2,5-9

(Fliunte), Aen. Tact. 33-5 (in particolare $34 per l'impiego dell’aceto per spegnere gli incendi), D.S. XIII 85,5 (Cartaginesi ad Agrigento), XIV 51,2-3, 90,4-7, 108,4 (Dionisio I), XVII 44,4 (Alessandro a Tiro); cf. Garlan 1974, 177-8.

κατεσθίουσι (ἐν. 2 καταφάγῃ. La ripetizione dello stesso verbo è funzionale al gioco comico e a marcare la metafora della distruzione. In commedia, per il ‘divorare’ legato a una guerra o a una battaglia, cf. Ar. Pac. 626-7 al γὰρ ἐνθένδ᾽ αὖ τριήρεις ἀντιτιμωρούμεναι ) οὐδὲν αἰτίων ἂν ἀνδρῶν τὰς κράδας κατήσθιον “e allora le vostre triremi passarono alla rappresaglia, si divorarono i fichi di uomini innocenti”; vd. inoltre Equ. 1076-7 ἀλωπεκίοισι τοὺς στρατιώτας ἤκασεν, / ὁτιὴ βότρυς τρώγουσιν ἐν τοῖς χωρίοις “ha paragonato i soldati a dei volpacchiotti, perché mangiano l'uva nelle campagne”, cf. Taillardat 1965 $641. Ayadichv Per l'alternanza di scrittura Ayatix-/Ayolîx- (quest'ultima forma posteriore, attica, ma la prima è ancora in Strab. VIII 6,5), cf. Frisk GEW 198-9. In Grecia erano presenti due regioni omonime, l'Acaia Peloponnesiaca e quella Ftiotide (per la distinzione delle due, le origini e il periodo preclassico cf. Mele 2009, 454-7); quest’ultima, verosimilmente quella a cui si fa riferimento, è una

regione marginale (perioikis) a sud-est della Tessaglia (da cui originariamente dipendeva, cf. Thuc. VIII 3,1, Arist. Pol. 1269b 6, nonostante fosse membro indi-

pendente della lega anfizionica, cf. Aeschin. 2,116, Harp. a 98 Keaney [= p. 27,10 Dind.] s. v. Ἀμφικτύονες, Paus. X 8,2). È situata al confine con la Ftiotide Tessala, uno dei quattro principali distretti in cui era suddivisa la regione in epoca classica

Φίλιππος (fr. 9)

(cf. Reinders 1988, 21-2) e dove si trova Farsalo (cf. Hdt.

473

156,12, VII 132,1, Strab.

IX 5,1, 5,8-11, etc). La dipendenza dalla Tessaglia termina nel 363 a. C., quando PAcaia viene ceduta alla Beozia, spostandosi sotto la sua orbita (D.S. XV 80,4) fino

alla rottura dei rapporti durante la guerra Lamiaca (D.S. XVIII 11,1). In Ftiotide Achea si trova la città di Halos (per cui cf. supra Interpretazione). Per riferimenti all’ Acaia nelle fonti letterarie greche e latine cf. Mendoni 1991, 67-73.

fr.

9K.-A. (9K.)

καὶ τὸ λεγόμενον σπανιώτατον πάρεστιν ὀρνίθων γάλα, καὶ φασιανὸς ἀποτετιλμένος καλῶς 2 σπανιώτατον Meineke:-tepovA

γάλα Mus. : aka A

e perfino ciö che ὁ definito assai raro, c'è!, latte di gallina e un fagiano spennato a puntino Ath. IX 386f-7b φασιανικοῦ δὲ ὄρνιθος ὁ ἥδιστος Ἀριστοφάνης ἐν δράματι Ὄρνισιν

[...] Μνησίμαχος δ᾽ ἐν

Φίλιππῳ (εἷς δὲ καὶ οὗτος ἐστι (τῶν τῆς μέσης κωμῳδίας ποιητῶν) φησί: καὶ ------καλῶς

Un fagiano è ricordato dall'ottimo Aristofane nella commedia Uccelli [...]. E Mnesimaco (anche questo è uno dei poeti della Commedia di mezzo [= test. 2]) dice nel Philippos: —

Metro

"Trimetri giambici. (ou ῳ eh

Bibliografia

u,

TV Ze dd

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De De ZW dl SW Ze πω

Schweighäuser V (1804) 127-8; Meineke III (1840) 578; IT” (1847)

793; Bothe 1855, 607; Kock II (1884) 442; Blaydes I (1890) 124; II (1896) 176; van Herwerden 1903, 137-8; Edmonds II (1959) 368-9; PCG VII (1989) 25; Sanchis

Llopis et al 2007, 615-6; Papachrysostomou 2008, 219-20. Contesto della citazione

Il frammento è citato nel IX libro dei Deipnosofisti

(387a-b), in una sezione dedicata ai fagiani (387a-f). Per il fagiano cf. infra il

lemma. Testo

ΑἹ ν᾿ 1 sistampa la lacuna in incipit di verso per il legame sintattico tra

τὸ λεγόμενον e σπανιώτατον (CH infra i lemmi). I termine σπανιώτατον (v. 2) è

emendazione di Meineke (1840, 578) rispetto al tràdito σπανιώτερον; il comparativo avrebbe infatti lo svantaggio di non essere seguito da un secondo termine di paragone (anche se potrebbe trattarsi di un nimis-comparativo, per cui cf. Thesleff

474

Mnesimaco

1954, 124-6), Infine, di nuovo al v. 2, si accetta la correzione di Musuro γάλα rispetto alla lezione dei codd. τάλα (“palma”), probabile errore di natura paleografica {confusione I/T), in alcun modo coerente al contesto. Interpretazione

Un personaggio elenca due elementi assai rari, presenti in una

situazione non specificata: il latte di gallina e un fagiano ben spennato. È verosimile che l'elenco coprisse anche la porzione di testo precedente, perduta, e gli elementi conservati dal frammento avessero la funzione di chiusa enfatica dell'elenco medesimo (“...e perfino”, cf. il valore di καί al v. 1 a lemma). Il latte di gallina è coerente al ruolo ipotizzato, dal momento che Pespressione indica proverbialmente qualcosa di eccezionale (cf. infra il lemma); più difficile Pinterpretazione del secondo elemento, il “fagiano spennato a puntino”, forse chiamato in causa qui in virtù della sua rarità in àmbito gastronomico, cosa che lo renderebbe maggiormente appetitoso. L'occasione del frammento, anche se non esplicitata, potrebbe verosimilmente essere un banchetto”; l'intento del parlante sarebbe descrivere iperbolicamente una mensa luculliana (sul modello del banchetto in Anaxandr. fr. 42), così ricca da contenere anche cibi non reali, la cui rarità è proverbiale, Alternativamente, lo scopo potrebbe essere convincere qualcuno a prendere parte a un banchetto, descrivendo quest'ultimo, di nuovo, iperbolicamente, con intenti di persuasione (cf. quanto ipotizzato per Mnesim. fr. 4). Lo stesso senso si ritrova, tramite l'impiego di elementi diversi, seppur con analogo valore, in Alex. fr. 128 καταφαγεῖν / αὐτὸς τοσοῦτ᾽ ἀργύριον; οὐδ᾽ el γάλα λαγοῦ / εἶχον, μὰ τὴν Γῆν, καὶ τας κατήσθιον “aver sperperato io stesso tutti quei soldi? Ma nemmeno se avessi bevuto latte di lepre, per la Terra, e mangiassi pavoni!”. Per discolparsi da accuse di sperpero, il parlante usa, di nuovo, due exempla che rimandano a beni talmente preziosi da essere irreali (per la locuzione γάλα λαγοῦ cf. infra il lemma ὀρνίθων γάλα, cui è ricondotto da Arnott 1996, 395) oppure esageratamente costosi (come probabilmente il fagiano nel passo di Mnesimaco, il pavone nel frammento di Alessi rappresenta un uccello raro e molto costoso, cf. Stama 2016, 252 ad loc.). 1 καί Nonèpossibile stabilire con certezza il valore di questa congiunzione, dal momento che la porzione di verso precedente è andata perduta; in particolare, alla luce di καί al v. 3, se si tratti di una lista che prevedeva un certo numero di elementi scanditi dalle congiunzioni καί (Denniston GP? 293 ILA.i), ovvero se i

due siano in rapporto di corresponsione “sia ... anche” (Denniston GP’323 III). τὸ λεγόμενον Il participio sostantivato vale, in senso assoluto, “come si suol dire”, “come dice il proverbio” (cf. LS]? s. v. 10; per simili espressioni cf. Headlam 1922, 87-8 a Herond. 2,45) ed è un colloquialismo attico, cf. e. g. Eup. fr. 304 con Olson 2016, 481, Philem. fr. 80, Men. Asp. 372, Sam. 11, frr. 296,8, 405,1, com. adesp. fr. 78,2; in prosa Thuc. VII 68,1 (in inciso), 87,6, Xen. Hell. VI 30,20, 5,35, Plat. Phaed. 66c, 101c (in inciso), Crat. 425c, Theaet. 165b, Soph. 2262, 252c, etc. 582. Ma appare eccessivamente aleatoria la proposta di Papachrysostomou (2008, 219), per cui il fr. 9 potrebbe far parte della stessa conversazione del fr. 8. Per i banchetti e i simposi alla corte di Filippo, cf. e. g. Pownall 2010, 55-60, Carney 2015, 225-62.

Φίλιππος (fr. 9)

475

Tuttavia, si preferisce adottare per il participio un significato più letterale (“ciò che è detto”) e concordarlo con l'aggettivo immediatamente successivo (σπανιώτατον).

La scelta deve essere compiuta in funzione del verbo reggente πάρεστιν: dal momento che esso significa “esserci, essere a disposizione”, in un contesto specifico e verosimilmente legato alla situazione presente, il senso sarà “ciò che è definito assai raro, c'è: ..., ci. supra Interpretazione e infra πάρεστιν, 2 σπανιώτατον L'aggettivo, qui alterato al superlativo, è piuttosto diffuso in prosa a partire dal V sec. a. C., cf. e. g. Hecat. FGrHist 1 F 3240, Hdt. ΠῚ 105,12, VIII 25,2 (comp.), III 23,17, 116,9 (superl.), Thuc. 123,3, VII 68,3 (comp.), 133,2 {superl.), Isocr. 4,185, 15,81 (comp.), 9,71, 12,125 (superl.), Xen. Hell. VI 5,50, Mem. 16,5 (comp.), An. 1 9,27, Cyr. VII 5,37 e 46, etc., Plat. Phaed. 90a (comp.),

Crat. 3898 (superl.), Leg. 841a, 953c, Euthphr. 3d, e compare in Euripide (Alc. 474, IA 345, 1162, (νεῖ. 190 οὐ o., fr. 736,3 Kn.); in commedia si ritrova in Antiph. fr. 203,2 (σπάνιον ὃν τὸ χρῆμα, riferito all'importazione del pavone, cf. Eub. fr. 113), Men. fr. 766,8. πάρεστιν Il preverbo rapa- vincola una circostanza di presenza e di vicinanza (cf. LSP s. v παρά G. I.); detto di cose, può significare “essere a disposizione” (cf.

LS}? s. v. II.) ed è sovente impiegato in contesti culinari (ciò che suggella l'ipotesi che si tratti di un banchetto, cf. Interpretazione). C£., già dai poemi omerici, Od.

XIV 443-4 ἔσθιε [...] καὶ τέρπεο τοῖσδε, / ola πάρεστι “mangia [...] e godi delle cose che sono a disposizione”; in commedia cf. Pherecr. fr. 113,10, 18, 21, Telecl. fr. 1,9 ὑποτριμματίων δ᾽ ὀχετοὶ τούτων τοῖς βουλομένοισι παρῆσαν “ruscelli di tali salsine erano a disposizione di chi le volesse” con Bagordo 2013, 67 e passi citati in àmbito culinario. ὀρνίθων Il termine ὄρνις ha la valenza primaria di “uccello”, ma, in attico, può indicare anche il “gallo” (cf. e. g. Ar. Vesp. 815 con Biles--Olson 2015, 333) o la “pallina” (cf. Men. fr. 132 ap. Ath. IX 373a-b, che ne illustra gli impieghi). Dal momento che il pendant latino dell'espressione proverbiale ὀρνίθων γάλα è lac gallinaceum (cf. infra), si preferisce il senso di “gallina” anche per l'espressione greca583, ὀρνίθων γάλα 51 tratta di un adynaton riferito, nel passo di Mnesimaco, a qualcosa di eccezionalmente raro e prezioso, cf. Eup. fr. 411 (ap. Diogen. Il 15 = CPG II p. 20) γάλα ὀρνίθων: ἡ παροιμία παρ᾽ Ἀριστοφάνει καὶ Εὐπόλιδι. ἐπὶ τῶν σπανίων καὶ βιαζόμενων Ex κενῶν ἔχειν τι καὶ ἐξ ἐνδεῶν αἱρεῖν “latte di gallina: il proverbio si trova in Aristofane ed Eupoli. È usato per cose rare e per persone che sono costrette a prendere qualcosa da (contenitori) vuoti e da persone bisognose”, cf. Olson 2014, 177-8 ad loc. In Aristofane, l'espressione registra tre occorrenze,

553. Ὁ 5 }5 ς, νι IV propone “latte di piccione”, una sostanza esistente in natura, che certe specie di uccelli (fenicotteri, pinguini imperatori e, appunto, i piccioni) producono dal gozzo per imboccare i nidiacei tramite rigurgito; se è tale verosimiglianza scientifica alla base della suddetta scelta di traduzione, non sembra necessaria ai fini del senso del proverbio. Diversamente, la traduzione “piccione” non è giustificata.

476

Mnesimaco

sempre in contesti legati al cibo: Vesp. 508 (e schol. ad loc., cf. Biles-Olson 2015, 245), Av. 733, 1673 (cf. Taillardat 1965 $551); è ipotizzabile che anche nel passo di Mnesimaco la locuzione fornisca un termine di paragone ad absurdum per le prelibatezze di un banchetto. Anche Strab. XIV 1,15 ne parla come di una παροιμία (τὴν [...] παροιμίαν, ὅτι φέρει καὶ ὀρνίθων γάλα, καθάπερ που καὶ Μένανδρος ἔφη “il proverbio, cioè che ‘produce perfino latte di gallina, come, da qualche parte, ha detto anche Menandro [fr. 880]”, detto di Samo; cf. Dueck 2004, 47--8) e ritorna

nei paremiografi, cf. Tosi 1991 nr. 727°. In Luc. Merc. Cond. 13,4 l’espressione è a chiusa di una climax di azioni tanto grandiose quanto irraggiungibili (ἔστεψαι τὰ Ὀλύμπια, μᾶλλον δὲ Βαβυλῶνα εἴληφας ἢ τὴν Σάρδεων ἀκρόπολιν καθήρηκας, καὶ ἕξεις τὸ τῆς Ἀμαλθείας κέρας καὶ ἀμέλξεις ὀρνίθων γάλα “sei stato incoronato

a Olimpia, o piuttosto hai preso Babilonia ed espugnato l’acropoli di Sardi e avrai il corno di Amaltea e mungerai latte di gallina”), cf. Synes. Ep. 5,253 Garzya (ai γυναῖκες ταῖς γυναιξίν, al Λίβυσσαι ταῖς πλεούσαις, βούλοιντο μὲν οὖν καὶ τὸ “ὀρνίθων γάλα᾽ παρασχεῖν “le donne libiche sarebbero disposte a offrire perfino ‘latte di gallina’ alle nostre compagne di viaggio”), di nuovo con la stessa valenza dei passi comici. In àmbito latino, cf. Petr. 38,1 e Plin. NH praef. 24 lacte gallinaceum (per indicare un cibo delizioso e assai raro). Cf, Mynott 2018, 292, anche

per altri proverbi con uccelli. Per altre tipologie immaginarie di latte, cf. Alex. fr. 128,2 γάλα λαγοῦ (“latte di lepre”, con Arnott 1996, 358-9) ed Eub, fr. 89,5 γάλακτι χηνός (“latte d'oca”, con Hunter 1983, 182).

3 φασιανός (scil ὄρνις) “fagiano”, Phasianus Colchius L?®. U nome di questo gallinaceo deriva dal lago Fasi in Colchide (attuale lago Rioni in Georgia, cf. Agatharch. FGrHist 86 F 5, Stat. Silv. I 6,75-8), da cui è stato importato in Grecia. Il fagiano non compare in situazioni gastronomiche o in liste di cibo comiche, se non a partire dal II sec. a.C.°®6, cf, Ptol. Euerg. FGrHist 234 F 2a τά τε τῶν φασιανῶν, oc τετάρους ὀνομάζουσιν, [odc] οὐ μόνον ἐκ Μηδίας μετεπέμπετο, ἀλλὰ καὶ νομάδας ὄρνιθας ὑποβαλὼν ἐποίησε πλῆθος, ὥστε καὶ σιτεῖσθαι' τὸ γὰρ βρῶμα πολυτελὲς ἀποφαίνουσιν “e la specie dei fagiani, che chiamano tetaroi, che non solo si faceva mandare (scil. Tolomeo II, il periodo di riferimento è dunque il ΠῚ sec. a.C.) dalla Media, ma, facendoli accoppiare con galline della Numidia, li 584 A proposito della diffusione del proverbio, cf. inoltre Brennan 1995, 533-7 ad Anaxag. VS 59 Β 22.

585 La forma aggettivale φασιανικός, attestata per la prima volta in Ar. Av. 68, è una storpiatura comica (cf. Dunbar 1995, 157-8), nonostante alcuni autori più tardi l'abbiano impiegata come sinonimo della forma φασιανός. CE. Ath. IX 3864, XIV 654b; a IX 387c, nella sezione dedicata proprio al fagiano, lo stesso Ateneo nota φασιανὸν δὲ οὗτοι κεκλήκασιν αὐτὸν Kal οὐ φασιανικόν “tutti questi autori (i. e. gli autori classici che ha appena citato) hanno chiamato il fagiano phasianos e non phasianikos”. 586 Di difficile datazione i trattati alimentari pseudo-ippocratei III e IV, in cui compaiono rispettivamente le uova di fagiano (p. 480,6 Delatte) e la carne del fagiano stesso (p. 483,13 Delatte); l'editore, tuttavia, riconduce la dottrina degli scritti all’epoca di Galeno.

Φίλιππος (fr. 10)

477

riprodusse in gran numero a scopi alimentari: infatti, trovano la loro carne squisita”; cf. poi Luc. Merc. Cond. 17,17-8 ἢ Φασιανοῦ ὄρνιθος, ὧν μόλις τὰ ὀστᾶ ἡμῖν καταλέλοιπεν “[...] o il fagiano, dei quali ha lasciato appena la carcassa” e Ath. TX 387e, il quale riporta che Epeneto chiama il fagiano fatyras nel suo Manuale di cucina: si presume dunque un impiego culinario del volatile?” L'assenza in epoca classica del fagiano in àmbito gastronomico sarà forse dovuta a un'importazione tardiva dello stesso in Grecia, probabilmente non antecedente alla metà del V sec. a.C. (c£. Olson 2002, 258 ad Ar. Ach. 726, Arnott 2007, 269). D'altra parte, il fatto che il fagiano del frammento di Mnesimaco sia adeguatamente spennato lascia pensare a una destinazione culinaria (cf. Hünemörder 1970, 52); a ciò si aggiunga interpretazione data all'espressione “latte di gallina” al verso precedente: sembra che anche il fagiano costituisca un piatto assai invitante di un banchetto. La rarità del fagiano sulle tavole greche sarà forse stata determinata anche dal fatto che poteva trattarsi di un uccello costoso, nonostante per questo aspetto si dispongano solo di attestazioni latine (per cui si rimanda a Thompson 1936, 299-300, Arnott 2007, 269--70). Tra le diverse menzioni del fagiano in Aristofane, esso dà àdito, in Ach. 725-6, a un gioco comico φασιανός φάσις (“denuncia”) e συκοφάντης (con Olson 2002, 258 e cf. Av. 1694-9, fr. 443, Hsch. @ 201 = com. adesp. fr. 436); in Nub. 109 dei fagiani sono tenuti in cattività dal ricco Leogora, probabilmente più per essere sfoggiati che per fini culinari (Dover 1968, 108 ad loc.). ἀποτετιλμένος Ilverbo, attestato a partire dal V sec. a. C., è impiegato sia per indicare la rasatura di esseri umani (dei capelli in Hdt. ΠῚ 16,6, Ar. Lys. 578; dei peli

maschili in Ar. Thesm. 590, femminili in Anaxil. fr. 22,20; dei genitali femminili in Ar. Eccl. 724; non specificato in Cratin. fr. 129 ed Eup. fr. 387), che per la tosatura di animali, cf, in particolare Ar, Av. 806 κοψίχῳ ye σκάφιον ἀποτετιλμένῳ “sch, assomigli) a un merlo tosato col ciuffo” e Luc. Gall. 22,28 del gallo (vd. poi: di lepre in Hdt. I 123,15; pesce “squamato” in Ar. fr. 708; “strappare” le ali a un insetto in Hipp. Nat.Mul. 32,4, Mul. 78,51, 104, 84,49).

fr. 10 K.-A.(10K.)

ook ἀλλὰ Kal τῆς νυκτός ἐστι Δωρίων ἔνδον παρ᾽ ἡμῖν λοπαδοφυσητής 1 ἐστι Δωρίων / ἔνδον Porson (iam Jacobs ἐστὶ A. / È.) : Δωρίων ἔνδον ἐστιν A (ὅδε) Porson, {γε ti) Bothe, (ἄκρος) Blaydes

2 fin,

No, ma anche di notte Dorione sta

587 Le più numerose ricorrenze in àmbito latino del fagiano in situazioni gastronomiche sono illustrate da Hünemörder 1970, 52-8, cui si aggiunga Apic. II 49 (polpette di fagiano).

478

Mnesimaco

in casa da noi, suonatore, .. di piatti Ath. VII 338b

ὅτι δ᾽ ἦν ὁ Δωρίων οὗτος ἐπὶ ὀψοφαγίᾳ διαβόητος φανερὸν ἐξ ὧν λέγει Μνησίμαχος ὁ κωμῳδιοποιὸς ἐν Φιλίππῳ δράματι οὐκ -----λοπαδοφυσητής Che questo Dorione fosse rinomato per la sua ghiottoneria è, del resto, chiaro da quanto dice il commediografo Mnesimaco nel dramma Philippos:

Metro

Trimetri giambici.

ue

ul

unu

το lvo u)

Bibliografia Haupt 1876, 611; Schweighäuser IV (1803) 523; Jacobs 1809, 185; Porson 1812, 102; Meineke III (1840) 578-9; II° (1847) 793; Bothe 1855, 607; Kock Il (1884) 442; Blaydes II (1896) 176; van Herwerden 1903, 138; Edmonds II (1959)

368--9; PCG VII (1989) 26; Sanchis Llopis et al. 2007, 616; Papachrysostomou 2008, 220.

Contesto della citazione Il frammento è citato da Ateneo in una sezione dedicata al flautista Dorione (VIII 337b-8a; per Dorione cf. infra il lemma), inserita in una più ampia trattazione sugli ὀψοφάγοι (ibid. 337b-47d, su cui cf. Marchiori 2000, 330-1).

Testo Aivv. L(ex.)-2(inc.) si mantiene la disposizione proposta in prima battuta da Jacobs 1809, 185 (ἐστὶ Δωρίων / Evßov) e accolta da tutti gli editori; il vantaggio principale dell'intervento consiste nello spostamento dell’avverbio di luogo (cf. il lemma ἔνδον παρ᾽ ἡμῖν). Il v. 2 è mutilo di due sillabe, ma non sembra ci siano elementi probanti per ipotizzare un sanamento o preferire una delle emendazioni proposte dagli studiosi. Porson (1812, 102, seguito da Edmonds 1959, 368) pensa al dimostrativo ὅδε, giustificandone la caduta perché seguito da οἶδα, immediatamente successivo nel testo di Ateneo testimone del frammento; l'ipotesi di emendamento presuppone peraltro la presenza scenica di Dorione?88, Bothe (1855, 607) propone ye τις e Blaydes (1896, 176) ἄκρος, “sommo, eccelso”, come

epiteto di λοπαδοφυσητής. Interpretazione Il frammento consiste nella risposta negativa (cf. οὐκ ἀλλὰ v. 1 e cf. il lemma) di un parlante, la cui identità non è chiarita, a una domanda precedentemente rivoltagli e non conservata dal frammento. Egli afferma che Dorione si trattiene, in qualità di λοπαδοφυσητής (v. 2, per lo hapax e il gioco comico cf. il lemma), anche durante la notte, presso la dimora dove lo stesso parlante alloggia 0 è impiegato. Non è chiaro se παρ᾽ ἡμῖν (v. 2) sia un plurale di maestà o meno; il parlante potrebbe dunque essere il padrone di casa ovvero un inserviente. In 588 Per il ruolo dei dimostrativi nel marcare la presenza scenica di qualcuno o qualcosa cf. supra il commento a Henioch. fr. 5,6.

Φίλιππος (fr. 10)

479

base all’identificazione di Dorione (per cui cf. il lemma), si potrà forse propendere per un parlante macedone, dal momento che fonti attestano che egli avrebbe soggiornato in qualità di flautista presso Filippo II dopo la metà del 300 a.C. In virtù di ciò, non è da escludere che l'abitazione in questione fosse proprio quella del re macedone. 1 οὐκἀλλά Lanegazione οὐκ seguita dall’avversativa ἀλλά è regolarmente impiegata in risposta a una domanda in senso correttivo: “no, ma...) cf. e. g. Soph. El. 1453, OT 1040, Tr. 248, etc., Eur. Suppl. 107, El. 964, Tro. 57, IT 622, etc., Ar. Ach. 425, Nub. 204, 428, Vesp. 9, Av. 443, etc., Ephipp. fr. 15,12, Diphil. fr. 75,2, Sosipat. fr. 1,21, Plat. Menon. 88a, Rep. 433b, Euthphr. 10b, Phaed. 64c, etc., Xen. Mem. Il 6,12, IV 6,2.

καὶ τῆς νυκτός Per il gen. di tempo τῆς νυκτός cf. Biles-Olson 2015, 115 ad Ar. Vesp. 91. Δωρίων Sitratta probabilmente del suonatore di aulos (Stephanis #805, Tataki 1998, 304 #86; c£ von Jan 1905, 1563-4), citato da Ath. VII 337b-8b (che riporta anche il frammento di Mnesim.), da non confondersi con l'omonimo autore del trattato Peri Ichthyön, nominato ripetutamente in Ath. VII (282c-d, 285b, 2874,

294d, 297c, etc.)599. Il Dorione fr. 14 Müller), motivo per cui Da Theop. FGrHist 115 F 236 II; è infatti annoverato tra gli

auleta era un rinomato ghiottone (cf. e. g. Hegesand. viene preso di mira nel frammento di Mnesimaco. si evince che aveva soggiornato alla corte di Filippo intrattenitori professionisti alla festa indetta dal re

dopo la vittoria di Cheronea: ὁ δὲ Φίλυτπος [...] καλεῖν δ᾽ ἐκέλευε τὰς αὐλητρίδας

καὶ Ἀριστόνικον τὸν κιθαρῳδὸν καὶ Δωρίωνα τὸν αὐλητὴν καὶ τοὺς ἄλλους τοὺς εἰθισμένους αὐτῷ συμπίνειν. Stando a Durid. FGrHist 76 T 2, avrebbe trascorso del tempo anche alla corte di Nicocreonte di Salamina di Cipro (la cui reggenza inizia nel 332/1 a. C. Fu contemporaneo di Alessandro, presso il quale si reca a Tiro, cf. Plut. Alex. 29,1; il soggiorno cipriota sarà evidentemente posteriore a quello macedone). È citato come compositore (κρουματοποιός) anche in Mach. 8 Gow (con comm. ad loc. pp. 72-3) e Aristod. fr. 8 Müller; è ricordato infine in [Plut.] De

mus. 1143c. Non si dispone di ulteriori indicazioni biografiche inerenti all’auleta, ma è verosimile che si trovasse al servizio di Filippo anche prima di Cheronea, se è possibile datare il frammento di Mnesimaco alla metà degli anni ‘40. 2 ἔνδον παρ᾽ ἡμῖν “In casa da ποῖ", “nella nostra casa”, cf, Hom. Od. XIX 321 ἔνδον παρὰ Τηλεμάχῳ e, poi, solo da Men. Mis. 678 ἔνδον παρ᾽ ἡμῖν, fr. 665,4 ἔνδον παρ᾽ αὑτῷ (entrambe le occorrenze nella stessa posizione incipitaria del trimetro giambico), Sam. 438 παρ᾽ ἡμῖν ἔνδον. Per l'ipotesi sull'identità di ἡμῖν ck. supra Interpretazione.

λοπαδοφυσητής Lo hapax, volto evidentemente a dileggiare la ghiottoneria n « di Dorione, è composto da λοπάς, “piatto”, “padella”, e guodo, “soffiare”, detto 55? Sostengono si tratti di due persone diverse Dindorf 1827 ad loc., Wellmann 1888, 192 e von Jan 1905, 1563-4. Diversamente, Kaibel ritiene si tratti della stessa persona, seguito da Garcia Läzaro 1982, 122-3. Si veda poi Haupt 1876, 611-2.

480

Mnesimaco

comunemente di strumenti a fiato (cf. Eur, IT 303, Ar, Ach. 862 [con Olson 2002,

288], 868, Av. 859, Theocr. 19,3, 22,77); LS] 5. v. suggerisce un gioco di parole con λωτός, “aulo”, che sarebbe inerente alla professione di Dorione, cui l'aggettivo è

riferito (ma forse già la seconda parte del composto, quella del ‘soffiare, sarebbe sufficiente a chiarire l’indetificazione). Tra i composti con Aondc, si ricordano

interminabile hapax di Ar. Eccl. 1169-75 per indicare il nome del pasto che costituisce e conclude il banchetto; λοπαδαρπαγίδης (“ladro di piatti”) in Hegesand. fr. 2 Müller; il soprannome Λοπαδέκθαμβος (“Spaventapiatti”) che Alciphr. ΠΙ 1,1 riserva a un parassita; infine λοπαδάγχης (strangolatore di piatti”) in Eub. fr. 137,3 (frutto di emendamento, cf. Hunter 1983, 228-9). Viceversa, non sono attestati

altrove composti con φυσητής e il deverbativo è registrato indipendentemente solo a partire dal I sec. ἃ. C. (cf. e. g. Diosc. MM V 75,4, detto del soffiatore nel mantice).

Per i composti e le neoconiazioni comiche riservate a personaggi dileggiati per la loro golosità cf. Beta 2007, 31-2.

481

Incertae fabulae fragmentum

fr. 11K.-A. (11K) ὕπνος τὰ μικρὰ τοῦ θανάτου μυστήρια Il sonno è i piccoli misteri della morte Schol. (ΤῊ Hom. IL. XIV 231 cl κασιγνήτῳ θανάτοιο: Μνησίμαχος (μνήσαχος cod.) ὁ κωμικός: ὕπνος —

μυστήρια

Con il fratello della morte; il comico Mnesimaco: ——

Eust. in IL p. 981,3 φησὶ δὲ καὶ ὁ κωμικὸς Μνησίμαχος' ὕπνος ------κυυστήρια Dice infatti anche il comico Mnesimaco: —

Schol. (b) Hom. IL XIV 231 οὗ Μνησίμαχος ὁ κωμικὸς περὶ ὕπνου διαλεγόμενός φησιν ὅτι ὕπνος ἐστὶ μικρὸν καὶ μερικὸν θανάτου μυστήριον Il comico Mnesimaco, parlando del sonno, dice che il sonno è un piccolo e parziale mistero della morte. [Plut.] Consol. ad Apoll. 107e

οὐκ ἀμούσως δ᾽ ἔδοξεν ἀποφήνασθαι οὐδ᾽ ὁ εὐτὼν τὸν ὕπνον ----- μυστήρια’ προμύησις γὰρ ὄντως ἐστὶ τοῦ θανάτου ὁ ὕπνος E non inelegantemente sembra essersi espresso quello che ha definito il sonno ——; infatti il sonno è proprio un'iniziazione alla morte.

Metro

Trimetro giambico.

vu

Bibliografia

uve

—-u

Meineke ΠῚ (1840) 579; IT” (1847) 793; Bothe 1855, 607; Kock II

(1884) 442; Blaydes II (1896)

176; Edmonds

II (1959) 369; PCG VII (1989) 26;

Sanchis Llopis et al. 2007, 616.

Contesto della citazione

1] frammento di Mnesimaco è citato due volte dagli

scolî esegetici (bT) a Hom. IL XIV 231, come chiosa alla menzione di Morte e Sonno come fratelli; una prima volta (schol. T) letteralmente, mentre la seconda (schol. Ὁ) in forma parafrasata. Per lo stesso motivo, il verso è citato verbatim da

Eust. in IL p. 981,3, che si è verosimilmente servito degli scolî di cui sopra (van der Valk 1971, xlvii, ix, Pontani 2015, 389). Infine, il verso è citato e chiosato in [Plut.]

Consol, ad Apoll. 107e, in un più ampio discorso sul sonno e la morte dal commento a Plat. Ap. 40d; il frammento non viene in questo luogo a Mnesimaco, bensì viene nominato un generico ὁ εἰπών, La medesima è inoltre confluita nel corpus delle gnömai menandree, cf. Men. Sent. fr.

scaturito attribuito sentenza 784 Jäkel

482

Mnesimaco

(= 784 Pernigotti). Tuttavia, dal momento che tale corpus si & formato secondo

un processo cumulativo di materiale proveniente anche da autori altri rispetto a Menandro, non sarà necessario ipotizzare una ripresa menandrea del frammento di Mnesimaco (cf. Kock 1886, 86-92, Pernigotti 2008, 11-7). Interpretazione Il frammento consiste in una gnome che paragona il sonno ai “piccoli misteri” della morte, dunque a una fase anticipatoria e preliminare e del tutto simile alla morte stessa (cf. infra lemma μικρὰ [...] μυστήρια). La mancata concordanza tra il singolare θάνατος e il plurale μυστήρια si spiegherà forse col fatto che il termine, quando si riferisce ai riti, è attestato perlopiù al plurale. Il sonno e la morte sono accostati nell'immaginario letterario greco per tutta la sua evoluzione, a partire dai poemi omerici; oltre al passo dell'Iliade glossato da Eustazio con il frammento di Mnesimaco (cf. supra Contesto della citazione), le personificazioni di Sonno e Morte si ritrovano in IL XVI 454 (πέμπειν μιν Θάνατόν τε φέρειν Kal νήδυμον Ὕπνον “manda a prenderlo la Morte e il piacevole Sonno”), 672 (dove sono gemelli: "Yrv@ καὶ Θανάτῳ διδυμάοσιν, cf. 682; sono fratelli in Hes. Theog. 212, entrambi figli della Notte, e 756 Ὕπνον [...] κασίγνητον Gavéroto, giudicati successivamente al v. 759 “terribili dèi”, δεινοὶ θεοί. La mitica fratellanza di Sonno e Morte si riflette nelle rappresentazioni vascolari, cf. infra), fino a diventare interscambiabili (cf. e. g. Od. XVIII 202, in cui Penelope si augura di avere una morte dolce come il sonno da cui è appena uscita) o sinonimi (cf. e. g. IL XI 241 ὡς ὁ μὲν

αὖθι πεσὼν κοιμήσατο χάλκεον ὕπνον “cadde così infelice, a dormire un bronzeo sonno”; per la terminologia del dormire impiegata come sinonimo di morire nelPepica e nella tragedia cf. Mainoldi 1987, 15-6; in commedia οὗ, Ar. fr. 504,10-1 è μακαρίτης οἴχεται, / κατέδαρθεν “la buonanima se n'è andata, s'è addormentata” (trad. Pellegrino 2015, 292) con Taillardat 1965 $60, Diphil. fr. 88,3-4 è θάνατος καθάπερ ἰατρὸς φανεὶς / ἀνέπαυσε τοὺς ἔχοντας ἀναπαύσας ὕπνῳ “la morte, come

un medico, si mostra e fa riposare quelli che soffrono attraverso il sonno”. Per il sonno come temporaneo sollievo dai mali dell'umanità, non vincolato però alla morte, cf. Alex. fr. 242 con Arnott 1996, 680-3). In prosa, cf. e. g. Xen. Cyr. VII

7,21 ἐννοήσατε È, ἔφη, ὅτι ἐγγύτερον μὲν τῶν ἀνθροπίνων θανάτῳ οὐδέν ἐστιν ὕπνου “e sappiate, disse, che non v’& nulla tra le cose umane piü simile alla morte del sonno”, Plat. Ap. 40d οἷον ὕπνος ἐπειδάν τις καθεύδων μηδ᾽ ὄναρ μηδὲν ὁρᾷ, θαυμάσιον κέρδος ἂν εἴη ὁ θάνατος “se fosse come il sonno, quando si dorme senza sogni, la morte sarebbe un guadagno straordinario” (cf. [Plut.] Consol. ad Apoll, 107e), Ctes. FGrHist 688 F *45m,9 ἔοικε δὲ ὁ θάνατος ὕπνῳ, Gorg. VS 82 A 15 ἤδη pe ὁ ὕπνος ἄρχεται παρακατατίθεσθαι τἀδελφῷ “già il sonno mi sta consegnando a suo fratello”, Diog. Sinop. fr. 88 Giannantoni ὁ γὰρ ἀδελφὸς τὸν ἀδελφὸν προλαμβάνει “infatti un fratello (scil. il sonno) precede l’altro (scil. la morte)”. Per la permanenza del motivo in àmbito latino cf. Tosi 1991 nr. 599 (2010

nr. 1027, a Cic. Tusc. I 38,92). Per la presenza della coppia Sonno-Morte nella ceramica attica a figure nere e rosse e italiota cf. Mainoldi 1987, 24-46, BaZant 1994, 904-8, Giudice 2003, 145--58,

Incertae fabulae fragmentum (fr. 11)

483

1 τὰμικρὰ [...] μυστήρια Sitratta di riti collegati alle celebrazioni eleusine, che si componevano dei “piccoli” e dei “grandi misteri”. La celebrazione di entrambi avveniva con cadenza annuale? i primi nel mese di Antesterione (cf. Plut. Dem. 26,2-3, schol. Ar. Plut. 845, schel. Plat. Gorg. 497c, IG I° 6 B 36-47), mentre i secondi sei mesi dopo, nel mese di Bodromione. La sede dei piccoli misteri non era Eleusi, bensì Agra, o Agre, un sobborgo di Atene sulla riva del fiume Ilisso (cf. Steph. Byz. a 46-7 Billerbeck ['Aypa, ‘Aypau], Eust. in Il, p. 568,16, Polyaen. V 17,1*); in quell'occasione si consumavano riti di digiuno, purificazione attraverso l’acqua (cf. IGT? 6,109-14) e sacrifici pubblici (cf. IG IT’ 661,9-10). Non si è sicuri del rapporto esistente tra le due fasi della celebrazione, ma, stando alle fonti, sem-

bra che i piccoli misteri costituissero una fase purificatoria preliminare ai grandi, cf. schol. Ar. Plut. 845 καὶ ἔστι τὰ μικρὰ ὥσπερ προκάθαρσις καὶ προάγνευσις τῶν μεγάλων “ci sono i piccoli come purificazione e sono preliminari αἱ grandi misteri” e, soprattutto, Plat. Gorg. 497c εὐδαίμων el, ὦ Καλλίκλεις, ὅτι τὰ μεγάλα μεμύησαι πρὶν τὰ σμικρά' ἐγὼ δ᾽ οὐκ ᾧμην θεμιτὸν εἶναι "sei fortunato, Callicle, di essere stato iniziato ai grandi misteri prima che ai piccoli: non credevo fosse lecito”, con Dodds 1959, 313°! Il passo di Platone è particolarmente interessante perché i misteri sono, come nella sentenza di Mnesimaco, chiamati in causa in senso metaforico: Socrate intende che non è possibile conoscere le grandi cose senza avere in precedenza esplorato le piccole, Tale ruolo di antecedente, di anticamera per qualcosa di più grande, sarebbe perfettamente funzionale a spiegare il senso della massima di Mnesimaco: il sonno, visto come sospensione momentanea dalle

faccende della vita, sarebbe la premessa della morte (cf. Interpretazione). Per i piccoli misteri, cf. Mylonas 1961, 208-13 (per le testimonianze scultoree e vascolari),

239-43, Richardson 1974, 20--3, Parker 1983, 284-5 (per le testimonianze archeologiche connesse alle origini del culto dei piccoli misteri), Scarpi 2002, 74-81 (per una rassegna delle fonti in merito ai piccoli misteri), Tripolitis 2002, 20, Clinton 2003, 58-9, Parker 2005, 344-6, Bowden 2010, 32.

590 Solo in certe occasioni (e apparentemente mai in epoca classica) la celebrazione dei misteri si è tenuta più di una volta durante lo stesso anno, a causa di un’eccedenza di persone, ad esempio quando si sono tenuti i giochi atletici a Eleusi, cf. IG II. 847 (215/4 a.C.)

591. Nonostante ciò, si consideri la prudenza nello stabilire un legame tra le due celebrazioni di Parker 2005, 344 e Bowden 2010, 32.

485 Bibliografia La presente bibliografia comprende le monografie e gli articoli citati, questi ultimi secondo i criteri de L'Année philologique. Bibliographie critique et analytique de l’Antiquité gréco-latine, Paris 1927-; nei casi in cui questo repertorio non proponga un modello di citazione e non si sia potuto attingere al modello di Oxford Classical Dictionary, si è fornita indicazione sintetica quanto più facilmente intelligibile. In aggiunta, sono menzionate le raccolte di testi (ad es. PCG), i lessici moderni (ad es. LSJ?), le enciclopedie (ad es. RE) e le raccolte iconografiche (ad es. LIMC). Laddove

si siano citati due o più contributi di autori diversi contenuti in un volume, il volume in questione viene catalogato individualmente. Sono escluse le edizioni critiche dei singoli autori. Adeleye 1971 = G. A., Studies in the Oligarchy of the Thirty (diss.), Ann Arbor 1971. Aign 1963 = B. A., Die Geschichte der Musikinstrumente des Ägäischen Raumes bis um 700 vor Christus, Frankfurt am Main 1963. Alfageme 1981 = M.LR. A., La medicina en la comedia antica, Madrid 1981. Alfonsi 1953 = L. A., Sui papiri Schubart, «Aegyptus» XXXIII (1953) 297-314,

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531 Indici

I presenti indici sono divisi in quattro sezioni: nella prima sono annoverate le fonti delle testimonianze e dei frammenti compresi nel volume; nella seconda sono raccolte le parole greche lemmatizzate e talune di rilievo per le varie trattazioni; nella terza sezione non sono compresi tutti i passi greci menzionati, bensi, di

nuovo, quelli giudicati significativi nelle discussioni (con eccezione dei frammenti commentati e dei rispettivi contesti di citazione); infine, la quarta sezione contiene

le parole e le cose notevoli.

1. Index fontium Ael. NA 13,4: Mnesim. fr. 5

Ath. IV 177a: Cratin, Iun, fr, 3 Ath. VI 241a-c: Cratin. Iun. fr. 8

Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath.

Ath. VI 247e-8b: Crobyl. fr. 1 Ath. VI 258b-c: Crobyl. fr. 4

Choer. in Theodos. Can. [GrGr IV.1] p. 343, 29 Hilg.: Crobyl. fr. 10

Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath.

epit. I 5£ Crobyl. fr. 8 epit. I 28e-f: Clearch. fr. *5 epit. II 47e: Crobyl. fr. 1 epit. II 54e: Crobyl. fr. 9 II 107e: Crobyl. fr. 7 ΠῚ 109c: Crobyl. fr. 2

Ath, III 124b: Euthycl. fr. 1

Ath, Ath, Ath. Ath,

VI 2714: Henioch. VII 3014: Mnesim. VII 322e: Mnesim. VII 3294: Mnesim,

fr. 3 fr. 4 fr. 4 test. 2, Mnesim.

fr. Ath. Ath, Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath. Ath.

4 VII 3380: Mnesim. fr. 10 VII 3430: Euphan. fr. 1 VIII 359c: Mnesim. fr. 3 VII 364£: Crobyl. fr. 5 IX 384c: Crobyl. fr. 6 IX 386f-7b: Mnesim. fr. 9 IX 3874: Mnesim. test. 2 IX 396c-d: Henioch. fr. 2 IX 402e: Mnesim. fr. 4

Ath, Ath. Ath, Ath. Ath,

IX 408a: Henioch, fr. 4 X 417e: Mnesim. fr. 2 X 4180: Mnesim, fr, 8 X 4210: Mnesim. fr. 7 X 425f-6a; Clearch, fr. 1

Ath. X 429e: Crobyl. fr. 3

XI 460f: Cratin, Iun, fr 9 XI 469c: Cratin. Iun. fr. 14 XI 483e: Henioch, fr. 1 XII 532d: Heracl. fr. 1 XII 585f-Ga: Calliad, fr. 1 XIV 613b: Clearch, fr. 3 XIV 623c: Clearch. fr. 2 XIV 6420: Clearch. fr. 4 XIV 6616: Cratin. Iun, fr. 1 XV 669a: Cratin. Iun. fr. 4

Clem, Al, Strom. V 8,47: Cratin. Tun, fr. 13

Diog. Laert. III 28: Cratin. Tun. fr. 10 Diog. Laert. VIII 37: Cratin. Tun. frr. 6,7 Diog. Laert. VIII 37: Mnesim. fr. 1 Eust. in Il p. 315,18: Mnesim. fr. 4 Eust. in IL p. 754,6-10: Mnesim. fr. 7 Eust, in I} p. 981,3: Mnesim. fr. 11 Eust. in Π p. 1085,43--8: Mnesim. fr. 7 Eust. in I. p. 1271,32: Cratin. Tun. fr. 9 Eust. in Od. p. 1479,36: Heracl, fr. 1 Eust. in Od, p. 1524,6: Mnesim, fr. 4 Eust. in Od. p. 1623,47: Clearch. fr. *5 Eust. in Od. p. 1719,43: Mnesim. fr. 4 Harp. o 47 Keaney = p. 228,16 Dind.: Crobyl. fr. 11 Hsch. n 1: Cratin. Ian. fr. 2 IG IP 2322: Heracl, test. 1 IG IE 2325,147: Mnesim, test. 3

IG IP 2325,149: Fuphan. test. 1

Ath. X 437d-e: *Eubulid, fr. 1

IG IP 2325,154: Clearch. test. 1 IG IR 2325,166: Calliad. test, 1

Ath. X 443e-f: Crobyl. fr. 3

IG IE 11387 = CEG 550: Euth. test. 1

532

Index verborum

IG Urb. Rom. 221,5: Euphan. test. *2 Phot. 8 239 = Sud. β 458: Euthycl. fr. 2

schol. (ΤῈ Plat. Charm. 165a: Cratin. Iun. fr. 12

[Plut.] Consol, ad Apoll. 107e: Mnesim. fr. 11 Poll. VII 58: Cratin. Iun. fr. 5 Poll. VII 211: Cratin. Ian. fr. 11 schol. (VT) Ar. Av. 471: Mnesim. fr. 6 schol. (ΤῈ Hom. IL XIV 213 cl: Mnesim. fr. 1l schol. (b) Hom. IL XIV 213 οὖ: Mnesim. fr. ll

Steph. Byz. x 53 Billerbeck-NeumannHartmann: Euphan. fr. 2 Stob, IV 1,27: Henioch. fr. 5 Sud. e 3507: Euthycl, test. 1 Sud. ἡ 392: Henioch. test. 1 Sud. u 1164: Mnesim. test. 1 Zenob. Ath. Π 69 (vule. VI 34): Heracl.

fe. 1

2. Index verborum ἀβουλία: 259-60 ἀγανός: 432 ἀγγέλλωῳ: 400 ἅγιος; 436

ἄνθρωπος el: 129

ἄγριος: 365-6 ἄδειπνος; 289

αἰγυπτιώδης: 70

ἅπαξ: 30 ἀπολείπω (“divorziare”): 154 ἀποπλάνοςἀποπλάνησις: 103 ἀποστερέω ἑαυτὸν + gen.: 157-8 ἅπτω: 460

αἰολίας: 423

ἀρήν: 429

Ἀθηναῖος: 198 αἰγύπτιος, αἰγυπτιάζω, αἰγυπτιόω: 71

αἴξ: 429-30

ἀντιβολέω: 365 ἀντίθετον ἀντίθεσις: 101-2

ἀνοηταίνω: 252

ἄρα: 458, 472

αἰσχύνομαι (di fegato di maiale): 172

Ἀριστοκρατία (personif.): 262

ἀκάματος: 111 dio: 462

ἄρκτος: 428 ἁρπάζω (cibo): 302, 403 ἄρτος: 402 ἀσπίς: 464 ἀσωτία: 161-2 αὐλωπίας: 222-3 αὐτόσιτος: 151

ἀκολασταίνω: 407-8 ἀκονάω: 459 ἀκοσμέω: 189 ἄκρατον (οἶνον): 39

ἀλγέω (κεφάλην): 39 ἀλεκτρυών: 430 Ἀλεκτρυών (nome proprio): 276 ἅλιος: 437

ἀλλά incipitario: 364--5

ἀλλᾶς: 404 ἅλμη: 403

ἀλώπηξ: 431 ἀμύθητος: 428 ἄν + ind. fut.: 106 ἀναβαίνειν (ἐπὶ) τοὺς ἵππους: 397-8

ἀναιροῦμαι (metaf.): 137 ἀνάμεστος: 440 ἀνείρομαι: 253

ἀφύη: 426 Ἀχαιϊκός: 472-3 ἀωρί: 276-7 βάρος: 439 βάτραχος: 419 βελόνη: 426-7 βιάζομαι + inf: 167 βιβλιοθήκη: 132-3 Βοιώτιος: 355

βολβός: 412 βοῦς: 429 βοτρυοστέφανος: 315-6 βραχύωτος: 204

Index verborum

Bpiykoc: 420-1 βροχθίζω: 33 γαλαθηνός: 215-6

εἰσέρχομαι (ingresso di cibi): 169 εἰσπίπτω (figuri): 136

γλάνις: 416 γλυκύς (epiteto): 61 γλυκύς (di odori): 64

ἐκ κοινοῦ: 302 ἐκβαίνωῳ: 392 ἐκεῖ: 256 ἐκροιβδέω: 405 ἐλαία: 412-3 ἐλεδώνη: 223 ἐλευθέρια: 257-8

γόγγρος; 416-7

Ἑλλὰς πᾶσα (epigr.): 313

γοῦν: 151

ἔμψυχον: 345-6, 349

γράμμα: 137

ἐνδελεχῶς; 157

γραμματεῖον: 117

ἐνθυμέω: 63,229 ἐντεῦθεν: 461 ἐπαργυρόομαι; 366 ἐπεξαπατάω: 368 ἐπιδόσιμον: 166 ἐπιρροφέω: 31 ἐπιτάσσω: 365 ἐπιτίθημι ἐπί: 46 ἐπιφέρω: 461 ἐπονομάζω: 30 ἐρέβινθος: 182--3, 462 ἐρεθίζω: 301

γαλεός: 416 γενναῖος (“nobile”/“di razza”); 273-4

γή + nome della terra: 436

δαίομαι: 111 ö(/A)äktukoı: 178-9

δάς; 459-60 δεῖνος: 301

δειπνέω: 459 δεκάπαλαι: 215 δέλφαξ: 170 δεύτερος: 316

δευρί; 410 δεύω: 432 δέω, δέομαι: 287, 289 δηλονότι: 130 Δημοκρατία (personif.): 261 δημότης: 121 δήπουίθεν): 179, 184

Staxooutw + dat.: 188 διαλαιμοτομέομαι: 404-5 διαπειράομαι;: 100-1 διαφέρῳ + gen.: 230 διαφθείρω: 259 διέξοδος: 235

Sovew: 437-8 δοράτιον: 462-3 δρακαινίς; 424-5 δυστράπελος; 233 δυστυχής: 184-5 δύσκολος: 358

δώδεκα: 167 ἐγγράφω; 121 ἐγγύα: 135-6 ἐγγυητής: 136 ἔγχελυς; 427-8

ἐγχέω: 203 ἔθος εἶναι: 100

elév: 257

ἐρκεῖος (Ζεύς): 121-2 ἐρωτάω (valenza filosofica): 233

ἐρυθρῖνος: 221-2 ἐσχαρίτης: 153 ἔσχαρος: 426 ἔτνος; 236, 413-4

ζάψ: 140 ἥδιον (avv.): 369

ἡδονήν ἔχειν: 157 ἡἠδυγέλως: 316 ἡδυποτίς; 142-3

ἡλακατῆνες: 419 ἡμίκραιρα; 169--70 ἤν (= ἄν): 106 ἡνίοχος: 192

ἤνυστρον; 404 ἧπαρ (καπρίσκου): 173-4 θάλαμος: 392-3

θαῦμα: 221 θερμός (di bevande): 401 θλίβω: 161 θράσσω: 435 θρᾷττα: 423 θρῖον: 414

533

534 θυννίς: 418 θύννος: 222, 415 θώραξ: 464

Ἴδη: 179

Index verborum κοκκύζω: 277

κόκκυξ: 421 κόπτω: 432 κορακῖνος; 416

ἰδιώτης: 100

κόρδαξ: 407

ἱεροῖς ἀγῶσιν: 314

κόρυδον;: 109 κοτταβίζω: 183-4 κραταιός; 111

ἱππίσκος: 87

ἱπποτρόφος: 370-1 ἴσως: 235-6 καθαρός (ἄρτος): 153 καί (clausola): 368 κάκιστε: 288-9 κάλαμος; 438-9 καλλιώνυμος; 443-6 καλῶς (con valore di πάνυ): 84 (τὸν) καλῶς εὐδαίμονα: 84 καλῶς ἔχει: 45 κάμινος; 180-1 κάπνος: 64-5 καπρίσκος; 173-4 κάπρος; 429

κάραβος; 426 κάρδαμον: 230

κρέας: 403

κρείττω τοῦ πυρός: 112 κρωβύλος; 144 xbadoc: 167 κύαμος: 236

κυκλοτερής: 204 κύκλῳ: 254 κυλικεῖον: 121 κυνὸς τῶν Kapxapıav: 419 κυπαρισσορόφος: 393 κωβιός; 221, 418-9

λάβε λαβέ: 44 λαλέω: 355 λαμβάνω (“catturare”): 100 λάρυγξ; 180

καρίς; 423-4

λεβίας: 422

κάρνον: 46

λέγ᾽ αὐτό: 235 λέγω incidentale: 169 λείψανον; 463 λέπομαι: 406-7

kaola: 435 κατά + acc. nome proprio: 130 κατά + acc. (valore distributivo): 251 karaBalvw (ἀπὸ τοῦ ἵππου): 399

λίβανος: 438

κατάγνυμι: 463 καταλαμβάνω + acc.: 271

λιβανωτοπώλης: 66

καταλείπω: 171 κατακόπτω: 277 καταπάλτης: 458, 465 καταπίνῳ: 460 κατεσθίω: 470-2 κατέχω (militare): 260 κάτωθεν ἄνω: 408 καυλός; 413 κενός: 184 κεντέω; 433 κεστρεύς: 222, 427 κίνδος: 439 κίσθος: 439

λόγων ῥώμη: 101 Λοξίας (epit. di Apollo): 348-9 λοπαδοφυσητής; 479

κίττη: 430 κλαγγή: 435 κολλῶδες: 33

κολοκύντη;: 413

λίνδος: 439

λόπας; 299

Aopöow: 433 λόφος: 278

λυμαίνομαι: 411 μά + acc.: 171 μαθητής (ippica): 397 μάλα intensif.: 278 Μάνης: 393-4 μᾶρον: 438

μάττω: 431 μάχη ... πόνος; 84 μέγεθος (retor.): 103 μεθύσκωϊμεθύω: 39 keußpäc: 417-8

Index verborum

μέμνησο: 409 μειράκιον: 408 μελανούρος: 222 μελετάω + acc. pers.: 399 μέλι: 188 μένω (‘stare a casa”): 84

μέτριος: 366 μηδαμῶς; 45 μικρὰ μυστήρια; 483 ulv0a/-n: 439-40 μισθοδώρος; 289 μοι δοκῶ: 51 μολπή: 434 μυκτήρ: 437 μύλλος; 422 νάρκη; 419 νέος (età): 299

παραπλήσιος: 67 παρασκευάζω (citazioni): 378

πάρειμι; 475 raplowua/naplowaig: 102-3 παροινέω: 262-3 παχύστομος; 204 πέρας: 102 πέρδιξ; 430

περί + acc.: 237 neploapkoc: 34 πέρκη;: 222, 420 πέσσῳ: 431 πεφύλαξο: 111 πηδάω: 432-3 πίθηκος: 184 πίνειν μένειν: 83-4 πίστωμα; 30

νήττη: 430

πλακοῦς; 187

νουβυστικῶς: 103 ξενίζω (metaf.): 259 ξίφος: 458-9

πλανῶμαι: 277 πλεκτάνη: 173

élw (impers. + gen.): 64 οἴκαδε: 120

πνέω: 435

οἰκέω (metaf.): 65

πολυπράγμων: 217 ποῖ; - ὅποι; 166

οἶνον ποιεῖν: 50

πνεῦμα: 33-4 πολλοστός; 120

ὀλίγος πολύς: 356

πόνος (“fatica” di Eracle): 82, 85

ὁμίχλη: 440

πουλυπόδειον: 425 npoaye: 166 προλέγω σοι (di oracoli): 111 mporivw + dat.: 30

ὄνος (pesce): 222

ὀπτάω: 402, 472 ὀρνίθων γάλα: 475-6 ὀρφώς; 425-6

ὄρνις: 475

ὁρῶ: 221

πρόποσις; 406 πρὸς ποδῶν; 464-5 προσαγορεύω + doppio acc.: 162

ὁτιή: 400 οὐ μη + fut.: 106 où... oböenw: 277-8 οὐδὲν χεῖρον: 46 οὐκ ἀλλά; 479 οὐκ οἶδα: 130

προσέχειν (τὸν νοῦν): 409 προσκεφάλαιον: 464 προσλαλέωῳ: 233 προσφοιτάω; 396 πυθαγορίζω, πυθαγοριστής: 89 πυνθάνομαι: 253

οὖς ("manico, ansa”); 204 οὗτος (voc.): 410 ὄψον: 368, 401, 459 παῖς (servo/a): 46, 204, 461-2 παίζω: 432 παντελῶς: 349 παντοδαπός: 251 πάνυ (intensificatore): 233-4

πύραυνος: 305 πυριάω (metaf.): 180

rapakapßavw: 276

πυριγενής; 203-4 ῥίνη: 416 σαῦρος: 420

σηπία: 222, 425 σκατοφάγος: 174 σκάφη: 152-3 σκηνή: 255-6

535

536

Index verborum

σκιρτάω; 433 σκόμβρος: 418 σκόροδον; 413

ὕδωρ κατὰ χειρός: 44-5 ὑπερβολῇ: 178

σκορπίος: 223, 427

ὑπονοέω; 131 ὑστερέω + gen.: 40 φάγρος: 422 φαρμακοπώλης: 447

σμύραινα: 421 σμύρνα: 438 σοφία; 318 σοφιστής: 231 σοφιστιάω: 288 σπάνιος: 475 σπάρος: 221, 423

ὑποκρούω (metaf.): 253

φασιανός, φασιαγικός: 476

φιλέταιρος, -ον: 138, 239 φιλοτησία: 28, 30 φόρος; 258

σπλάγχον: 402 στείχω: 394 στεφανόωῳ; 467 στιφρός: 173 στόμα (“imboccatura” di recipienti): 204 στύραξ; 439

φράτηρ: 121 φράτριος (Ζεύς): 122 (τὸ) φρονεῖν: 158 φροντίς: 232, 234-5

οὔκον;: 230

φύλαρχος: 396-7

ouvepavilonan 150-1

φυλλάς;: 414

συνερανιστός; 151

φύραμα: 401-2 φυσάω: 236

συντέμνω: 367 σφενδόνη: 465 σφοδρῶς; 70 σχαδών: 326 σχεδόν: 258-9 τακερός: 170 τάξις; 317-8

φοξῖνος: 417

φυκίς: 420

φύσις: 158

φύσκηῃ: 404 φωνάριον: 34 φωνή (αὐλῶν): 434 χαλκοτύπος

χαλκότυπος; 110

τευθίς; 424

χάριεν: 237 χάσκῳ: 409-10 χάσμα; 65 χελιδών: 423 χήν: 428-9

τέχνη: 315 τέχνη φύσις: 315 τήνδε: 29

χιτωνίσκος; 86 χναῦμα: 402 χοῖρος: 216

(ἀπο)τίλλωῳ; 431-2, 477

χορδή: 404 χωρίον: 253-4

ταράττειν καὶ κυκᾶν; 101, 261 τέλη τελῶ: 122-3 τέμαχος, τεμάχιον; 180, 415-6

τὸ δεῖνα; 232--3 τὸ λεγόμενον; 474 τοίνυν; 399-400 τόμος: 403--4 τόξον: 465

τράγημα: 46--7, 184, 461 τράπεζα: 46,470 τρίγλη: 223, 421 τρίμιτος; 88 τριχίας: 420 τροχίλος; 224-5

τρυγών: 421 ὑγρότης: 161

ψῆττα: 221, 424

ψυχρός (di cibo): 400-1 ὦ: 366 ᾧ ἀγαθέ: 46 ὦ δαιμόνιε: 366--7 ὡς + agg./avv.: 70 ὡς ἔοικεν; 65

ὧδε ἔχω: 127 ὡραῖος: 397

537

3, Index locorum Ael VH 13,24: 189 Aesch. Pers. 176-214: 260 Alex, fr. 1:131 fr. 27: 232, 345 fr. 109: 21 fr. 115: 172, 300 fr. 116: 29 fr. 128: 474 fr. 163: 129 fr. 201: 345 fr. 206: 160-1 fr. 222: 160-1

fr. 223: 97, 232, 345, 347, 459 fr, 257: 38 fr. 262: 108 fr. 263: 45

fr. 287: 39 fr. 301: 63

Amph. fr. 6: 131 Anacreont. 47: 83 Anaxandr, fr. 34: 414-5

fr. 42: 383, 403, 428 fr. 51: 108 Anaxil. fr. 22: 21

Anaxipp. fr. 2: 443 [Andoc.] 4,14: 154 4,30: 256

Antiph. fr. 26: 302 fr. 27:21

fr. 41: 62 fr. 55: 204, 435 fr. 57: 394

fr. 80: 456 fr. 100: 148 fr. 122: 451

fr. fr. fr. fr. fr. fr. fr.

133: 174: 180: 182: 189: 216: 226:

345 235 202 367 342 437 40

Antiph. [cont.] fr. 239: 352 fr. 295: 428

Antisth. fr. 51 Decleva Caizzi: 98 Apul. Met. 117:407 Ar. Ach. 125: 148 Ach. 415--63: 363 Ach, 429: 202 Ach. 860-958; 354 Ach. 979-87: 456 Ach. 1071: 81 Ach. 1097-141; 456 Egu. 623-3: 368 Equ. 1007-9: 108

Equ. 1076-7: 472 Equ. 1115-7: 368 Nub. Nub. Nub. Nub. Nub. Nub, Nub. Nub, Nub. Vesp. Vesp.

8-10: 83 14-7: 161 75: 235 137: 232 155: 232 445-51; 202 681--4: 69 988-9: 148 1138: 367 100-1: 277 715-7: 309

Vesp. 1174-248: 44

Vesp. 1259: 448 Vesp. 1299-323: 44 Vesp. 1356-7: 362 Pac. 43-8: 252 Pac. 626-7. 472 Pac. 730-1: 256 Pac. 879-80: 256 Av. 284-6: 274 Av. 471: 217

Lys. 1209/10-12: 304 Thesm. 191-2: 202 Ran. 204: 202-3 Ran. 362-3: 209 Ran. 653c: 221 Ran. 809-11: 315 Eccl. 1141-3: 304 Plut. 360-1: 130

538 Ar. [cont.]

Index locorum Crit. fr. 6 W2 =4.G.-P?: 28, 158, 406

Plut. 698-9: 236-7

Crobyl. fr. 3: 37

Plut. 984-5: 364

D.S.

fr. 225: 67

IV 4,7: 39

fe. 702: 403

XIV 10,2: 258

fr. 753: 34

Damox.

Arar. fr. 8: 139

fr. 1: 275

Archestr.

fr. 2: 38

fr. 50 O.-S.: 301

Dem.

fr. 60 O.-5.: 438

Phgn. 8090 7: 34

19,10: 316 22,56: 18 30,8: 155 Demonic. fr. 1: 352 Diod. com. fr. 1: 157

fr. 672 Gigon (= 110 Rose): 143

Diog. Laert. IX 71: 138

Archipp. fr. 25: 301 Arist, De an. 4218 28-9: 64

[Arist.] Probl. 871a 16: 39 Probl, 9484 5: 33

Diogen. IH 50 (= CPG Ip. 224): 330

Aristophon. fr. 12: 344

Dionys. fr. 2: 386

Aristox, fr. 28 Wehrli?: 346 Ath, VII 282c-d: 445 VII 356a: 445 XI 408a: 236 XII 524f 19 XIV 6488 387

Bat. fr. 5: 38 Callim. Ep. 57 G.-P, = 7 ΡΕ: 316, 318

CEG

IN 67 (= CPG Ip. 227): 215

Diphil, fr. 22: 352 Ephipp. fr. fr. fr. fr. fr.

5:59 8: 456 12: 386 15: 359, 363 20: 109

Epich. fr. 18: 354

fr. 88: 443

568: 313

[Epich.] fr. 257: 137

773: 316

Epicr. fr. 10: 232

Charet. FGrHist 125 F 16: 326

Eub,

Chion. fr, 1: 83 Clearch. Sol, fr. 19 Werhli?: 159 fr. 20 Werhli?: 159 Clem. Al. Strom. IV 2,21: 135

fr. 11: 352

Clidem. FGrHist 323 F 12: 329

fr. 52: 352, 356

com. adesp.

fr. fr. fr. fr.

14: 33: 38: 44:

405 352 352 47

fr. 66: 352

fr. 156: 148

fr. 75: 437

fr. 353: 444

fr. 109: 364

fr. 1146: 58, 301, 437

fr. 120: 364

Cratet. com. fr. 24: 33 Cratin.

fr. 133: 158

Eup.

fr. 250: 55

fr. 99: 459, 470

fr. 263: 55

fr. 175: 112

fr. 299: 30 Cratin, Iun, fr, 8: 177

fr. 238: 217 fr, 327: 133 fr. 411: 475

Index locorum

Euphan. fr. 1: 177 Eur.

Hipp. 1014-5: 259 Heracl, 246: 148

IA 1-2: 391 IA 119-21: 391 fr. 923 Kn.

Hdt, II 113: 65 IV 35,10: 30

Hegesipp. fr. 2: 38

Hipp. Aff. 21,20: 444 Hom. If X 152: 464 Hsch,

B 970: 215

π 2475: 190 o 2131: 448 lambl. VP 98: 346

539

Men. [cont.] fr. 208: 190 fr. 227 K6.: 130

fr. 230: fr. 468: fr. 523: Nicocl, fr.

443 300 154 1: 112

Nicol. Prog. 3: 449 Nicostr, fr. *4: 364 fr. 13: 437 fr. 26: 45 fr. 27:431

PCair.Zen, Il 59270: 40 PEnteux. 86: 40 Paus. 114,4: 215 124,2: 214

F 14: 112

Pherecr. fr. 163: 217, 252 Philem. fr. 104: 157 Philetaer. fr. 1: 28 Philoch. FGrHist 328 F 65: 190 Philogel. 141: 236

E19: 177

Philostr. VS I praef. p. 4 Kays.: 236

F21:83

Phot. n 117: 68 σ 659: 448

Ices. fr. 5 Garcia Lazaro: 445 IG IE 1467 B: 466 IG IE 1627 B: 466

Ion TrGF 19

Ε 29: 79, 470 F 59: 87

Isae. 3,78: 155 Isocr. 7,45: 370 8,13: 158 Luc.

Merc. Cond. 13: 476 Merc, Cond. 17: 477 Pisc. 48: 220

Lucil. fr. 388 Marx; 215

Lync. Sam. fr. 9 Dalby: 415 fr. 46 Dalby: 117, 303 Macar. II 89 (= CPG II p. 152): 330

Mach. 5,26 Gow: 142

Phryn. com. fr. fr. Plat. fr.

19: 357 *20: 358 com. 71:45

fr. 182: 252

fe. 189: 301 Plat. Ap. 23b: 97 Theaet. 164c: 273

Symp. Gorg. Gorg. Gorg.

176a-e: 37, 39 496e: 40 497c: 483 499d: 40

Matr. fr. 1 O.-5.: 298, 301

Plaut. Mil, 750: 363

Men.

Plotin. III 2,17: 317

Dysc. 1:256 Dysc. 170: 148

Epitr. 929-31

Kol. fr. 7 S.= 5 Arnott: 387-8 Sam. 14-5: 371, 396

Plut, Alc. 8,6: 155 Sol, 21,5-6: 189

De aud. poet. 22f. 45 Sept. sap. conv. 164b: 137

540

Index rerum

Telecl, fr. 1: 220 Ter. Andr. 55-7. 371 Theogn. 762-4: 83 Theon Rhet. Prog. 3 (II p. 73 Spengel): 448 Theop. com. fr. 99: 31 Theop. FGrHist 115

Plut. [cont.] De Is. et Os. 355a-f, 365b: 71

De garr. 504e: 39 Quaest, Conv, 686c: 40 Quaest. Conv. 691c-d: 326 Poll, VI 76: 329 VIN 112: 190

Posidipp. Ep. 16 Gow--Page = 121 AustinBastianini: 303

Ptol. Euerg. FGrHist 234 F 2a: 476 schol, Ar.

F 49: 469-70 F 236: 479 F 249: 270, 275 F253:19 Thphr. Ch. 10,11: 362, 367 Tim. FGrHist 566 F 132: 97-8

Vesp. 1259a: 449

Timod,

Plut. 845: 483

fr. 6: 342 fr. 10: 303 fr. 12: 457 fr. 18: 227 fr. 34: 190 Xen. Mem. 111,30: 326

Soph. Ant. 225: 234 Ant. 672: 243 OT 67: 234 Phil. 1108-10: 111

Xenarch. fr. *1: 202

Stratt, fr, 12: 177

Sud. β 457: 329-30

4. Index rerum abbreviazioni Πααμύλ(ης): 69

ἐγγύη (πάρα δ᾽) ἄτη: 134-5 agoni stefanici Istmie: 441-2

Olimpiadi: 255 alazön venditore di medicinali: 447 uccelli: 273 Alcmeone filosofo: 340-1 personaggio del mito: 341-2 allegorie Aboulia: 250 che pronunciano il prologo: 247 Democrazia e Aristocrazia: 248-50

Opora e Ampelis: 51 allevatore di cavalli: 370-1 allusioni erotiche legate al cibo salsiccia: 381, 407 pesce: 385, 414-5

ambientazioni di commedie fuori Atene Corinto (ipotet.): 35, 442 Lidia (ipotet.): 80 Macedonia (ipotet.): 452

Olimpia: 245, 250 Taranto (ipotet.): 95 animali (commestibili) bue: 214-5, 429

capra: 429-30

cinghiale: 174-5, 429 fagiano: 473, 476-7 maialino da latte: 216, 429 pecora: 429 pesci: 105, 139-40, 359

polipo: 171-3 uccelli: 428-30

volpe: 430-1 animali da latte: 170, 216, 429

apostrofi al defunto negli epigrammi sepolcrali: 313

γλυκύς: 61-2

Index rerum apostrofi [cont.] κάκιστε: 288-9 οὗτος: 410

ὦ ἀγαθέ: 46 © δαιμόνιε: 366-7 Archefonte (orafo vel parassita): 141-2 Aristofane accumulazione asindetica: 203

apostrofi: 366-7 coro degli Uccelli: 220, 248 dimetri anapestici: 388 diminutivo della richiesta: 363-4

Filetero (figlio): 239 impiccagione e minacce di suicidio: 148 oracoli e responsi: 107 rottura illusione scenica: 257 tema politico nella Pace: 245, 248 armi: 458-67 atticismi:

ἀλεκτρυών: 276 ἐστ᾽ ὠνία come passivo di πωλέω: 326 θατέρᾳ: 262 θράττει; 435 κρείττω: 112 μά + acc.: 171 πέττει: 431 τοίνυν: 399-400 χάριεν propaross.: 237

aulos elymos: 75-7 autopresentazioni in scena: 246-7, 355,

362 autoschediasmo: 20, 61, 271, 286 banchetto (δεῖπνον) ambientazione: 152, 169, 176, 182, 298,

444, 452, 468, 474 argomento culinario negli oracula ficta: 108

comportamenti inadeguati: 403, 455 d'armi: 456 ἐπιδόσιμον δεῖπνον; 164-5 già pronto fuori scena: 405 invito: 383

mancanza di qualcuno: 383, 471 pantagruelico: 371, 404 per festeggiare una vittoria militare: 270, 272-3

sacrificio: 212, 345

541

banchetto (δεῖπνον) [cont.]

scansione temporale delle portate: 43, 400, 456 siracusano: 67 sulla scena: 44 tavoli: 470

tipologie di pranzo: 164 barbari e stranieri ghiottoneria: 351--3 (Beoti), 468-70 (Farsali) musica: 77

non rispettosi dei rituali del simposio: 44

Sibariti: 449--50 vino non miscelato: 35, 39 voluttuositä: 270 biblioteca/cassa di libri: 131, 133

bicchieri e coppe ἡδυποτίς: 141-3 κυλικεῖον (mobile per bicchieri): 116, 121

κώθων: 200-2

rassegna in Ateneo: 116, 200-1 sulla scena: 29

φιλοτησία; 28, 30 ψυκτήρ: 325 brindisi: 28-30, 39 (ἀγαθὸς δαίμων), 165, 406 bue di bronzo: 214-5 caccia (reale e metaforica): 74

catalogo vincitori Dionisie: 13, 339 Lenee: 11, 13, 22, 25, 267, 293, 338-9 Dionisie vel Lenee: 294

catapulte: 457-8, 465-7 cavalleria ateniese: 395 chitoni ἱππίσκος: 86-7

τρίμιτος:86 cibi antipasti: 412-4 bollenti: 175-7 favi di miele: 325

non appetibili: 173 passato di fave: 227 salsicce (sinonimi): 403-4 siciliani: 66 stuzzichini: vd, ‘seconde mense tabù alimentari: 228, 232

542

Index rerum

cipresso: 179, 393 citaredo/citarista: 26 Amebeo: 32-3 città Abido: 19

Acaia (regione): 472-3 Corinto: 35 Farsalo: 469-70, 473 Halos: 453, 468-9, 473

Olimpia: 254-5 Taranto: 93-4

commedie mitologiche: 42, 115, 320 composti

in βιβλι-: 132 in Borpvo-: 315-6 in -δῶρος; 289

in -θήκη;: 133 in -uın-: 370

in καλλι- (nomenclatura ittica): 446 in λοπα-: 480 in -μιτος; 88

in -νἱκῆς; 441

in -oy-: 368

in -πώλης; 66, 447 in -ottoc: 150

in φιλ- (titoli); 239

nelle epigrafi: 315-6 norme di accentazione: 110-1 per vasi potori: 143, 202-3 vocaboli: 54, 194, 203 confusioni AIA: 160, 353

-auw-/-Ew- nei mss.: 340

Alcmeone filosofo/personaggio mitico: 340-2

ye/te nei mss.: 307 T/T, TYV/ TI: 58, 474

Καλλίου per Καλλιάδου: 11 λάρυγξ φάρυγξ: 176, 180 Clearco comico e Clearco di Soli: 49 Cratino Iun. e Alessi: 95 Cratino Iun, e Cratin, Sen.: 55-6, 78-9, 91, 95, 114

dittografia: 62, 382 Eraclide Eraclide Eubulide Eufane e

e Cariclide: 264 ed Eraclito: 264 comico/dialettico: 280-1 Antifane: 291

confusioni [cont.]

Eufane ed Eufrone: 291, 295 Euticle ed Euclide: 319 Opärra/derra: 379 forme parossitone e proparossitone nei ınss.: 237

Giganti e Titani: 57, 104 in Ateneo: 287-8, 291, 295 in Stefano di Bisanzio (nome): 307 itacismo: 116, 154, 297 limiti del frammento: 60, 132, 227

Mnesimaco e Filippide: 455 Mnesimaco e Mnesiloco: 331, 449 ὅπως πῶς: 360 coro: 199-200 (ipotet.), 220 (di pesci), 247-8 (città), 284-5 (di comasti), 384-5 (di giovani)

evoluzione: 284-5 ‘individualizzato’: 220, 248 ingresso: 248 nella nea: 385 correlazione SE... ye: 36 μέν... δέ: 127, 354, 444 ποῖ... ὅποι: 166 NOTE ... ὅτε: 258 πῶς ... πῶς ὅπως; 360-1 costruzioni sintattiche

dat, possesso per indicare imminenza: 458 δεῖνος + inf.: 301 δράωϊποιέω + avv. εὐ κακῶς; 471 ἔθος εἶναι + dat. e inf.: 100

ἐστ᾽ ὠνία come passivo di nwA&w: 326 ἥκω + ἵνα finale: 470 ὄζω impers. + gen.: 64 genitivo del brindisi: 164-5 ottativo potenziale senza ἄν: 297 πρός + gen. con valore locale: 464 schema attico: 82

schema pindarico: 82 soggetto duale con verbo plurale: 244 ταχ᾽ ἄν + ottativo: 252 cuoco addetto al sacrificio: 213

persona loquens (ipotet.): 385-6 rheseis: 187 rivalità: 187

Index rerum cuoco [cont.] siciliano: 60, 66

spazientito dal ritardo degli invitati: 32, 385

vd. Nereo” vd, ‘stock characters’ Demostene: 18, 104, 211, 280, 452, 456-7

deuteragonista: 312, 316-7 dialetti beota: 352, 354 dorico: 303, 382, 390-1, 433-4

vd, ‘atticismi’ diminutivi

543

Eracle [cont.]

fatiche di: 82-3, 85 ghiottone: 112, 177, 354 nella Commedia di mezzo: 78 no caratterizzazione linguistica in commedia; 354 persona loquens: 82, 351, 354, 356 ritorno in patria: 120 scambio d’abiti (con Onfale): 87

espressioni ‘alla moda’: 160 espressioni colloquiali: 23, 45, 50, 65, 194, 228, 232, 235, 246, 255, 408, 474

etere

φωνάριον: 34

come cacciatrici: 74 ex-etere: 19 Filumena (ipotet.): 166-7

per il cibo: 139--40 (ἰχθύδια), 359, 364 χιτωνίσκος: 86

madre di Aristofonte: 11 rivalità; 20

affettivi: 180

della richiesta: 363-4

(inter)dipendenza

Sinope: 15, 18-21

di un comico da un altro: 23, 38-9, 388 tra frammenti: 38, 386-8 divorzio: 154-5 dolci offerti alle divinità: 329 settimo bue: 328-9 vd, ‘seconde mense Egitto Bes (divinità): 71 Busiride: 350 menzioni in commedia: 58, 70 Paamila (divinità): 68, 71 Socare (divinità); 71 elenchi di cibo funzione seduttiva: 383-4, 411

vecchie: 18-20 vd. ‘soprannomi’

in 2an: 384, 389, 400

in commedia: 384 non invitanti: 400

‘preconfezionati’: 387 struttura: 411

elenchi di pesci in commedia in 2an: 384, 414-28 in 3ia: 218-20

epigramma funerario su pietra: 311-2 epikleros: 207-8 Eracle e Busiride: 350 e Chirone: 114-5 e Nereo: 300 e Onfale: 53, 78-9

eventi storici:

assedio di Halos: 453, 468-9 battaglia di Abido: 20 battaglia di Cipsela (353 a.C.): 275

campagne di Carete contro Filippo II: 278-9

pace di Filocrate: 119 revisione registri civici 346/5 a.C.: 53, 115, 118-9

sconfitta di Adeo da parte di Carete: 272

familiarismo e figli d’arte: 52 favole sibaritiche: 448-9 feste e riti della libertà (ἐλευθέρια): 257-8 Antesterie: 284, 286

Misteri (piccoli, grandi): 483 figure retoriche, stilistiche e di suono accumulazione: 54, 194, 202--3, 333, 403

adynaton: 213, 228, 333, 475 allitterazione: 261 anafora: 54, 400 antonomasia: 19, 50, 73-4, 81, 115, 298-9, 301, 305, 355, 393

aprosdoketon: 83, 115, 117, 201, 203, 234, 440, 460

assonanza: 151, 180, 194, 436, 439

544

Index rerum

figure retoriche, stilistiche e di suono

grafie [cont.]

[cont.]

keußpäs/Beußpäs: 417

climax: 203, 299, 415, 476 elisione: 253, 311, 411 eufemismo: 160-1 figura etimologica: 54, 122

omissione aspirazione interna: 244

geminazione: 164, 203, 362 iato (odét/undé εἷς ἕν): 23

identificazione: 177--8, 181 kenning: 203-5, 300, 463 litote: 235, 287, 289, 361, 365

metafora: 34, 54, 61, 74, 117, 161, 194, 260, 272-3, 307, 366, 405, 448, 452, 460, 472 metonimia: 50, 299, 305, 307, 309, 402, 459 omoteleuto: 390, 434 (in liste), 436, 439 onomatopea: 227, 406, 421

poliptoto: 54, 194, 259, 321 ripetizione enfatica del verbo: 38, 137, 203, 472

filarco: 396-7 Filippo II di Macedonia: 119, 249-50, 269-70, 272, 278-9, 451-3, 456-7, 462, 465-7, 468-9, 479

Filumena (personaggio comico): 165-6 ghiottoni/èwogdyot 17, 112, 165, 169, 175-7, 180, 187, 291, 296-9, 351, 355, 368-9, 421, 468, 478-9

giuramenti e imprecazioni ἐς κόρακας: 308

Zoyap/Zabyapic/Zuydpne: 68-9, 71 ΠααμύληςΠαμύλης: 69 πουλύπουςπολύτπ-: 425

τὴν δ᾽ εἰΐτηνδί: 243 τὸ δεῖνατὸ δεινῆς: 227 ΠΟΙ (iscrizioni): 311

hapax legomena Αἰγυπτιώδης: 28 Bpaxbwrov: 204 διαλαιμοτομεῖταε: 404 ἐξερροίβδηται: 405 ἐπεξαπάτα: 368 λοπαδοφυσητής; 479-80 μισθοδώρων: 289 παρισώμασιν: 102 περίσαργος: 32 σοφιστιᾷς; 288

συνερανιστός: 151 impiccagione (suicidio); 148-9 incenso impieghi: 66, 431 in elenco: 438-40 nei simposi: 66

sulla scena: 63 venditore di: 59, 62, 66 indicazioni sceniche δεῦρο: 308 Boy” ἐκ: 392

μὰ τὸν Δία: 170-1

ἐκεῖ: 256

νὴ τοὺς θεούς: 229

ἐνθάδε: 253 ἐνταῦθα: 257

indicativi per Fidentificazione del parlante: 229 guome: 482

grafie Ἀλκμαίων -ἐων; 340 Ayalix-/Ayol-: 472 βιβλιοθἠκηβυβλιοθήκη: 132 -y-/-yy-: 205 δηλονότυ δῆλον ὅτι: 130 Δημοκράτειαί-τία; 244 EI/HI (iscrizioni): 311

ἐρυθινοςἐρυθρῖνος: 219-20 Θηραμένης Θηρωμένη: 72-3 Θωρύκιονή-ων: 209

dimostrativi (presenza sulla scena): 29, 254

τι deittico: 246, 252, 255, 410 μέμνησο: 409 inganno: 206, 225, 327, 342, 362-3, 368 ipparco: 371, 395-6

kömödoumenoi Adeo: 265, 275 Carete: 265, 278-9 Dorione: 333, 478-9

Eubulide (Ὁ): 282, 286-7

καταπάλτης καταπέλτης: 455

Eucrate: 104, 109 Fenicide: 291, 296-9 Fidone: 332, 371, 383, 395, 399

κολοκύντη-θη: 413

Filippide (?): 189--90

Index rerum kömödoumenoi [cont.]

Filippo II: 333 Moschione (%): 17 Pausone: 228, 230-1 Platone: 125-6 Polieucto (2): 211-2 Sinope: 15, 18-21 Toricione (Ὁ): 209

kordax: 384, 407 Lachete (personaggio comico): 163, 165-6 legislazioni, misure legali e ispettori epiclerato: 207-8 epidikasia: 207 gineconomi: 189-91 legge di Filippide: 189--90 legislazione di Demetrio Falereo: 189-90 lessico equestre: 333, 397-9

filosofico: 38, 230-2 giuridico: 54, 134-5 medico: 195 militare: 265, 272 oracolare: 107

ornitologico: 265, 272 retorico: 99-100

simposiale: 23, 146 lusso dei barbari: 270

leggi suntuarie: 144, 190 sibaritico: 449-50 siciliano: 66-7 malleveria: 135-6 Manes (servo): 383, 393-4

materiale comune ai commediografi: 334, 387 meteorismo intestinale: 236-7 metrica ἀυλός come sottofondo al recitativo: 390

545

metrica [cont.] indicativa dello stile: 29, 108, 307, 388-90 mancanza di cesura: 29 montagne Ida: 176-7, 179 Parnete: 305-8 Nereo

divinità marina: 299-300 cuoco di Chio: 299-300 neve come bevanda: 325 commercializzazione: 326

conservazione: 326

per refrigerare bevande: 325 nominativo esclamativo: 61 nominativus pro vocativo: 43, 46, 410 nuova musica: 26 pane alla brace: 152-3

appena sfornato: 152, 402 bianco di frumento: 402

φύραμα; 401 parassiti accuse di parassitismo: 288 Archefonte: 141 epiteti: 17, 150-1 Eucrate/Allodola: 54, 109, 298, 302 Filosseno di Leucade: 175 Firomaco: 298, 302-3

impetuosità a lanciarsi sul cibo: 298, 303

in grado di maneggiare cibi incandescenti: 111--2, 175-6, 291, 298, 302 Moschione: 15, 17 Nilo: 298, 303

qualità militari: 302, 456 vd. ‘stock characters

parodia (e riprese)

dimetri anapestici: 376, 388-90

del ditirambo: 31, 203-5, 298

esametri dattilici; 55, 105, 107-8 tetrametri trocaici catalettici: 67, 306,

del mito: 58, 79, 87, 112, 137, 193, 199,

308, 351, 354-5 trimetri giambici: 23, 27, 31, 36, 43, 48,

300, 351

della filosofia: 38 (terminologia epicurea), 53, 89-90, 97-9, 193, 228,

55,60, 80, 96, 116, 126, 134, 138, 150,

231-2, 343, 345-7, 349 (pitagorici),

152, 164, 168, 171, 175, 181, 185, 200,

98, 129-30 (Socrate), 99, 127-9

213, 218, 226, 243, 270, 285, 296, 344, 359, 454, 468, 473, 478, 481

trimetri giambici ipercataletti: 85

(Platone)

della tragedia: 184-5, 228, 235, 246, 369, 390-2, 394

546

Index rerum

parodia (e riprese) [cont.]

di formule epiche: 298, 437 di stile oracolare: 107-8 poesia parodica culinaria in esametri: 108

periodo ipotetico irrealtä: 37-8 personaggi del mito Alcmeone: 341-2 Atalanta: 327 Busiride: 350 Chirone (centauro): 114

Dattili dell’Ida: 177-9 Eracle e Onfale: 78-9 Giganti: 57 Gorgoni: 199 Muse: 295

Pandroso: 41 Titani: 104 Zeus: 57, 117, 121--3, 179, 255, 257, 262

personificazioni di città: 245

di concetti astratti; 195, 245, 259 di forme di governo: 195, 245, 248, 250, 260-2

di pesci: 220 Sonno e Morte: 482 Pitagora e i pitagorici

astensione dal mangiare carne: 343, 345-7

differenza con i pitagorizzanti: 89, 97 donne pitagoriche: 89-90 in commedia: 90 ‘matematici’ vs ‘acusmatici’: 99 oscurantismo del pensiero filosofico: 347

Pitagora a Taranto: 94-5, 97-9 Pitagora abile retore: 98 Pitagora bersaglio comico: 91 Pitagora e Alcmeone di Crotone: 340-1 sacrifici: 343, 346, 348 tabù delle fave: 228, 232 plagio (e auto-plagio): 387 Platone anima: 127-9

e i pitagorici: 99 in commedia: 99, 129 oscurantismo del pensiero filosofico: 128-9, 131 pnigos anapestico: 389

Polieucto di Sfetto: 211

figlio di Timocrate: 211-2 prefissi κατα- intensificatore: 33 περι- intensificatore: 34 priapismo: 69, 71

professionalizzazione mestieri (IV sec. a.C.): 63 poeti: 315 prologo: 117, 245, 251

coro giä sulla scena: 248 θεὸς προλογίζων: 245-6 menandreo: 117, 245, 247 monologico euripideo: 246-7, 390-1 (Eur. IA)

plautino: 245, 247 terenziano: 247 pronome riflessivo (disposizione): 360

proverbi e massime ἄνω κάτω: 408 Βοιωτία ὗς; 352-3

βοῦς ἕβδομος: 328-30 con. fichi: 229 διαφέρει σῦκα καρδάμων: 229 ἐγγύη ἄτη (Delfi): 134, 137-8 εἰς ἀγρὸν Μάνης: 394 λύκος Exavev: 410

μετὰ Λέσβιον ᾧδόν: 55 οἴκοι μένειν δεῖ τὸν καλῶς εὐδαίμονα: 84

ὀρνίθων γάλα: 474-6 ὅταν τὸ ὕδωρ πνίγῃ, τί ἐπιρροφήσομεν;: 29 Φιλίππου Ἀλεκτρυών: 271 χρὴ κορυδαλλίσι πάσῃσιν ἐμφῦναι λόφον: 110 relazioni familiari figli illegittimi: 124-5 false testimonianze: 119 padre/figlio: 161 zio/nipote: 361-2 rottura illusione scenica: 246, 252, 256-7

allocutiones spectatorum: 257 scene di movimento: 165 di riconoscimento: 87 scimmia: 182, 184 scioglilingua (χαλινοί): 139

547

Index rerum

seconde mense abluzione delle mani: 44

suffissi -alvw: 252

ingresso: 43, 45, 431

-ἄνη: 173

spezie e profumi; 437 stuzzichini/tpaynpara: 46, 230, 461

-θήκη cassa”); 133 -Boc (per parti del corpo): 33 -ιάζω (stili, costumi e abitudini locali): 183 -idw (malattie, manie): 288 «ζω (fattivo): 183 -ikog (terminologia retorico/sofistica): 103 -ivog (ipocoristico, nomi propri): 52 εἰς (nomi egizi): 68

simposio

alla corte di Filippo II: 474 αὐλοί e auleti: 434, 452 cottabo e premi del cottabo: 182, 394 cuscini: 464 danze (xöpdak): 407

intrattenitori sessuali; 385 invitati ritardatari: 32 ritualità: 44

schiamazzi e quiete: 81 servi e coppieri: 46 situazione/ambientazione simposiale: 26, 28, 37, 42, 49-50, 79, 81-2, 141, 145, 157, 183

tavoli: 470 utensili: 167 vs guerra: 83

vd. ‘brindisi’ vd. ‘incenso’ sofisti: 97, 99, 231-2, 285, 287-9, 344 soldato: 117, 119, 148, 201-2, 272, 278, 456-7 soprannomi Abido (etera): 19-20 Allodola/Köpvsov (Eucrate): 52, 104, 109--10, 291, 302 Coturno (Teramene): 73

da figure del mito: 42 da toponimi: 21 da uccelli: 276 Firomaco (7): 291, 302-3 Gallo (Adeo): 270-2, 276, 451

Κρωβύλος (Egesippo): 144

Nilo (2): 291, 303 Sesto (etera): 20

stod delle Erme: 394-6 ‘stock characters’ giovane libertino: 17 μάγειρος: 58, 66, 187, 383, 385-6 parassiti: 107-9, 151, 169 servus currens: 224

Suda, glosse bio-bibliografiche attinte da Esichio Milesio: 197, 322, 336-7

-ἰστί (“alla maniera di”): 344, 347-8 -irng (prodotti di panetteria e pasticceria): 153 -oig/-pa: 102

-otpa (luogo di un'attività): 254 -vvöog e -ivdoc (piante); 413 -wöng (“simile a”): 70

teatro orchestra: 254 skené: 245, 254-6, 391 Teramene (politico e oratore ateniese): 73 tirchieria, spilorceria: 359--60, 362 titoli attestati in maniera non concorde: 124, 132

che rimandano a morti innaturali: 148 composti in -πώλης: 447

composti in già: 239-40 da animali (sing.): 225

da caratterizzazione del protagonista: 357-8

da da da da

competizioni sportive: 441 filosofi: 340-1 nomi di servi o schiavi: 224 oggetti forse rilevanti per la trama: 305, 324

da personaggi mitologici: 41, 57, 78-9, 104, 114, 199, 295, 327, 340-2, 350

da personaggi politici: 73, 211 (ipotet.), 451

da popoli stranieri (pl): 35, 93 da professioni: 370, 447 da relazioni familiari o status giuridici: 124, 154, 163, 207

δίς + participio presente: 206 doppi: 324

548

Index rerum

titoli [cont.]

vino

fernminili al participio presente o aoristo: 154

femminili al participio medio pass./ passivo: 72

maschili al participio medio pass./passivo: 148, omonimia: 154, 207, 324, 327,

206 26, 78, 93, 104, 114, 124, 217, 239, 248, 284, 295, 305, 340, 350, 357, 447

senza significato nella Suda: 209 trama d’intreccio/inganno: 75, 124-5, 145, 193, 206, 208, 320, 324 commedie pro/antimacedoni: 249-50, 451-2

contenuto politico: 248--50 travestimento: 33, 87, 127, 343 tributi: 122-3, 243-4, 258-9 vecchi scorbutici (in commedia): 358

verbi espressivi riferiti al cibo: 403

abuso e ubriachezza: 36-7, 157, 262 caldo: 401

conseguenze della sbornia: 39, 156-8 donne (vecchie) ubriacone: 263 esortazione a bere: 83 di Taso, Chio e Lesbo: 48, 50 Marone (vinaio): 49-51

proporzioni acqua/vino: 27, 39, 168 metodi di raffreddamento: 325, 401 non mischiato: 35, 39

vocaboli non greci: κασία: 435

κολοκύντη; 413 κόμμι: 185-6 λίβανος: 438

μεμβράς; 418 Πααμύλης: 70 σμύρνα: 438 ζάψ (dub.): 140 voce vigorosa (rimedi naturali): 26, 32-3