Dentro la violenza: cultura, pregiudizi, stereotipi. Rapporto nazionale «Rete antiviolenza Urban» 8846441532, 9788846441539


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Italian Pages 288 [284] Year 2002

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Dentro la violenza: cultura, pregiudizi, stereotipi. Rapporto nazionale «Rete antiviolenza Urban»
 8846441532, 9788846441539

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Progetto Urban

Dentro la violenza: cultura, pregiudizi, stereotipi Rapporto nazionale "Rete antiviolenza Urban" a cura di Cristina Adami, Alberta Basaglia, Vittoria Tola

FrancoAngeli

La Rete Antiviolenza, promossa dal Ministero delle Pari Opponunità in collaborazione con il Ministero delle Infra­ strutture e dei Trasponi, ha visto coinvolte le città di Venezia (comune capofila), Catania, Cosenza, Foggia, Lecce, Na­ poli, Palermo, Reggio Calabria, Roma. 11 coordin amento del Progetto è stato di Vittoria Tola (Dipanimento Pari Opponunità) e di Albena Basaglia (Comune

di Venezia).

11 C omitato Tecnico Scientifico (vedi nota alla fine del volume) ha progettato gli strumenti di rilevazione e la metodo­ lngia delle indagini. Fran�,;a Bimbi ha supervisionato il Rapporto nazionale e i singoli rapporti locali di ricerca.

La Segreteria Tecnica del Comune di Venezia, composta da Albena Basaglia, Cristina Adami e M aura Misiti, ha coor­

dinato in collaborazione con Vittoria Tola del Dipanimento Pari Opponunità l'intero progetto; ha monitorato tutte le varie Fasi, ha predisposto la metodologia campionaria, effettuato i briefing nelle città e supervisionato le singole inda­

gini a livello locale. L· IRI' (Istituto di Ricerche sulla Popolazione) organo del CNR che si oc cupa di ricerche sulle

dinamiche demografiche

ed i componamenti sociali, confluito nell'IRPPS (Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali), ha col­ laborato all'elaborazione dei dati a livello nazionale. La società Demetra di Venezia ha fornito assistenza tecnica con il CATI e assemblato i dati nel file nazionale. Le società che hanno realizzato la ricerca a livello locale sono: Gender srl Milano, Poster srl Vicenza, Demetra srl Ve­ nezia (Comune di Venezia); lpres (Comune di Foggia); Osservatorio Meridionale (Comune di Reggio Calabria); DAP­

PSI - Dipani mento di Analisi dei Processi Politici, Sociali e Istituzionali, Facoltà di Scienze politiche, Università di Ca­

tani a (Comune di Catania): Dipanimento di Scienza dei Sistemi sociali e della Comunicazione e Dipanimento di Beni delle Ani e della Storia, Università di Lecce (Comune di Lecce): Associazione Nazionale Telefono Rosa (Comune di

Roma): Società

l.S.E.R.S (Istituto di Studi e Ricerche Sociali), Associazione Onda Rosa (Comune di Napoli); Le Onde

-Centro di Accoglienza e Casa delle Moite Udi, Onlus: Società Le Nove (Comune di Palenno). Le società che hanno svolto le rilevazioni telefoniche sono: Demetra srl (Comune di Vene1.ia); Datamedia (Comune di Foggia);

Marketing

Management (Comune di Palermo); lses (Comune di Catania): Almus Centre (Comune di Roma):

Società Scenari srl (Comune di Napoli). Per i Seminari a livello nazionale hanno inoltre collaborato: Studio Sistema (Comune di Venezia); Associazione Arei­

donna c Rete antiviolenza Centro Donna (Comune di Napoli); Le Onde Onlus (Comune di Palenno e Catania); Asso­

ciazione Nazionale Telefono Rosa (Comune di Roma).

Il Progetto è stato possibile grazie alla Commissaria europea Monika Wulf-Matheis, a Clara Collarile, direttore genera­

le del D.P.O. e a Serena Angioli della Direzione generale politiche regionali della Commissione europea e a tutti gli as­ sessori. i dirigenti e i funzionari dei comuni de1la Rete coinvolti che hanno creduto in esso sin dall'inizio, nonché a lut­

te le persone che, a vario titolo e nelle diverse Fasi, hanno lavorato alla sua realizzazione. Inoltre, un ringraziamento panicolare va rivolto alle donne e agli uomini residenti nei vari quartieri e agli operatori/triei dei servizi che risponden­ do alle interviste delle indagini hanno dato un notevole contributo allo sviluppo della ricerca sul tema della violenza in Italia.

La pubblicazione di questo volume è stata realizzata con i fondi del Sottoprogramma 14 del PIC Urban Italia 1994-99,

gestito dalla Direzione Generale del Coordinamento Territoriale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasponi, nel­ l" ambito del Progetto Pilota "Rete Antiviolenza tra le città Urban Italia". L'editing del volume

è di Cristina Adami.

Per informazioni sull'intero Progeuo: Dipanimento Pari Opponunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Via del Giardino

Theodoli 66, Roma;

Comune di Venezia, cjttadinanza.tloooe@comune venezja jt Per informazioni sulle indagini e pubblicazioni a livello locale, rivolgersi agli Uffici Urban dei rispettivi comuni di ri­ ferimento.

In copertina: Monica Michelolli. Paese lontano

Copyright©

2002

by FrancoAngeli s.r.l., Milano. ltaly

Edizione

l" 2" 3" 4' 5' 6' 7'

(2000)

Anno

2002

2003

2004

2005

2006

È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo

è lecita solo per uso personale è illecita ed è punita fotocopia un l ib r o,

effettuata, compresa la fotocopia, non autorizzata. Per legge la fotocopia

rttri:'M non danneggi l'autore. Ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro ·

con una sanzione penale

(art.

171

legge n. 633/41 ). Chi

ehi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Stampa: Tipomonza, via Merano

18,

2007

Milano.

Indice

pag.

7

Presentazione, di Mara Rumiz

}}

9

Il Programma Urban, di Loredana Campagna

})

11

Progetto nazionale e buone pratiche, di Vittoria Tola

})

13

>}

27

»

41

»

73

»

99

Prefazione, di Stefania Prestigiacomo

Parte prima - I risultati nazionali

l. Violenza di genere, spazio pubblico, pratiche sociali, di

Franca Bimbi 2. La percezione della violenza contro le donne tra stereotipi e tolleranza, di Maura Misiti e Rosse/la Palomba 3. Riconoscere la violenza contro le donne. I l contesto dei servizi e degli operatori nelle città Urban, di Cristina

Adami e A lberta Basaglia 4. La violenza vissuta, di Vittoria Tola

5

Parte seconda - La Rete delle città. Sintesi dei rapporti locali di ricerca

5.

La città di Venezia, di Laura Terragni

6.

pag.

1 17

La città di Catania, di Rita Palidda

))

1 27

7.

La città di Foggia, di Antonella Di Cosmo

))

1 45

8.

La città di Lecce, di Maria Mancarella e Anna Trono

))

151

9.

La città di Reggio Calabria, di Alessandro Petronio e ))

1 67

10. La città di Roma, di Giuliana Dal Pozzo, Gabriella Car­ nieri Moscate/li e Elisabetta Pandimiglio

))

1 83

1 1. La città di Napoli, di Domenico Pizzuti, Massimo Conte e Giacomo Di Gennaro Alcune considerazioni di contesto, di Elvira Reale

)) ))

1 93 203

12. La città di Palermo, di Anna Alessi

))

209

l. La struttura del Progetto, di Maura Misiti

))

219

2. Gli strumenti di rilevazione Allegato l - Indicatori per la mappatura del territorio Urban

)

))

227 227

Francesca Pellicanò

Appendice metodologica

Allegato

2

-

Rilevazione esistenza e quantificazione servizi sul

-

Questionario alle donne e agli uomini

) )) ))

-

Traccia di intervista a testimoni privilegiati

))

23 1 232 250 265

-

Traccia di intervista biografica alle donne che

))

267

territorio Urban e sull'intera città

3 Al legato 4 Allegato 5 Allegato 6 Allegato

)

-

Questionario a operatori/operatrici dei servizi

hanno subito violenza

)

Le tabelle riassuntive

)

)

275

Riferimenti bibliografici

))

277

Comitato Tecnico Scientifico del PIC Urban "Rete antivio­ lenza tra le città Urban Italia"

))

283

Gli autori e le autrici

))

285

6

Prefazione

Il secolo appena trascorso è stato contrassegnato da un grande processo di emancipazione delle donne per le loro battaglie di libertà e di estensione dei diritti. Questo processo si è s volto in molteplici direzioni e ha modifica­ to profondamente il ruolo delle donne nella società, nella famiglia e nelle relazioni interpersonali. Si sono trasformate così abitudini secolari e sono emerse nuove consapevolezze.

È diventato evidente che la violenza esercita­

ta contro le donne ha precisi caratteri di dominio e prevaricazione di genere da sempre noti ma che nei secoli sono stati tollerati e considerati compren­ sibili per ragioni storiche e naturali sia in ambito privato che nella società. Questa nuova consapevolezza, portata dalle donne alla ribalta politica, ha coinvolto governi e parlamenti, enti locali e associazioni, è stata assunta in forme nuove e solenni dalle istituzioni comunitarie e internazionali, ha permesso di riesaminare criticamente saperi e metodologie di intervento. Le ricadute pratiche sono molteplici. Con la Rete antiviolenza Urban ne abbiamo un esempio concreto. Questo progetto italiano finanziato dal Fers ha coinvolto in un circuito virtuoso il Dipartimento Pari Opportunità, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Commissione Europea, Venezia come Comune capofila, le città di Roma, Napoli, Foggia, Reggio Calabria, Lecce, Catania e Palermo, associazioni di donne, università e centri di ricerca; è stato da me ampliato nel

2001 alle città di Genova, 2002

Trieste, Cagliari, Bari, Salerno, Siracusa, Cosenza e Catanzaro. Nel la Rete sarà allargata in totale a

26 città.

Il progetto originario ha coinvolto, solo con le interviste, più di

1 5.000

persone: donne, uomini, operatori sociali, sanitari, insegnanti, forze del­ l' ordine, testimoni privilegiati. I risultati di questo lavoro rappresentano uno spaccato prezioso per conoscere la mentalità sociale, i cambiamenti avvenuti, le nuove esigenze di formazione e i servizi da costruire o da raf­ forzare per dare risposta alle donne maltrattate o violate: un' esperienza che non dobbiamo disperdere. 7

Il volume che presentiamo è il rapporto finale che conclude un progetto lungo e complesso che ha visto impegnati in una esperienza inedita molti soggetti pubblici e privati . Con una pratica di elaborazione, confronto continuo e collaborazione sono emerse le esperienze delle città, la percezione della violenza in uo­

mini, donne e operatori, i pregiudizi e gli stereotipi che ancora la giustifi­ cano, le analisi e le teorie necessarie e innovative per affrontare in modo comune ed efficace la violenza contro le donne confrontando conoscenze, metodologie, strumenti, percorsi di aiuto e la loro efficacia. Si tratta di un materiale molto complesso, ricco di dati, di percorsi e chiavi interpretative, di storie di similitudini e di differenze che rappresen­ tano un insieme di strumenti a disposizioni per tutti e tutte. A partire dalle città che hanno svolto la ricerca, che possono lavorare per creare o miglio­ rare i loro servizi e dare risposte che esprimano in modo immediato la so­ lidarietà per le donne vittime di violenza sessuale, fisica, psicologica, eco­ nomica, di ricatti e molestie, per arginare e contenere la violenza maschile sia extra che soprattutto interna alla famiglia. ·

Il lungo percorso-progetto che il rapporto nazionale descrive, insieme

alla sintesi dei rapporti locali, ali'elaborazione nazionale dei dati, alle con­ dizioni o alle richieste di formazione degli operatori, dimostra, se ancora fosse necessario, come la violenza e la sua cultura si annidi e sia pervasi­ va sia di situazioni disagiate, come parte dei quartieri Urban dimostrano, sia di realtà sociali forti e ad alta scolarizzazione che con queste convivo­ no. Sono le donne ad aver meglio compreso la natura del fenomeno e ad aver modificato più profondamente il modo di percepire la violenza e i danni che produce non solo in termini individuali ma anche in dimensioni social i . Convinzione forte che emerge non solo dalle interviste quantitati­ ve ma anche dalle interviste in profondità delle donne che hanno subito violenza e hanno accettato di raccontare la loro storie. II rapporto ci riconsegna quindi figure e percezioni anche molto diver­ se, così come sono diverse le città che hanno partecipato al progetto. Per

la prima volta in gran parte meridionali, dove il silenzio delle famiglie è forte e la struttura dei servizi è debole, ma che ci hanno dato contributi di straordinario valore. L'allargamento della Rete a tutte le città Urban è un mio preciso impe­ gno con la speranza di una conoscenza di un intervento e di un confronto sempre più serrato tra l ' esperienza italiana e le esperienze europee con le quali se abbiamo molto da imparare abbiamo anche da insegnare. Come la Rete Urban dimostra.

Stefania Prestigiacomo Ministro per le Pari Opportunità 8

Presentazione

Dal

1 998 Venezia è impegnata nel progetto pilota "Rete nazionale anti­ 8 città. La metodologia

violenza tra le città Urban Italia" insieme ad altre

applicata ha consentito una continua verifica dell ' operato e la conseguente ricalibratura delle azioni successive. Ciò costituisce il punto di forza di un progetto che, per la materia trattata e per la pluralità dei soggetti coinvolti, non poteva certo basarsi su modelli predefiniti né, tanto meno, dispensare soluzioni univoche. Mi piace ricordare che l ' intero progetto

è nato qui a Venezia, come na­

turale sviluppo del!' esperienza avviata con la costituzione del Centro anti­ violenza

È,

quindi questa un'iniziativa che si intreccia strettamente con

l ' attività quotidiana delle operatrici e degli operatori e che li coinvolge di­ rettamente.

È

proprio questo approccio ai temi che ha consentito di "esercitare" a

Venezia i diritti delle donne, i valori legati alle pari opportunità e alla dif­ ferenza di genere. Partendo dal Centro Donna, istituito nel

1 980, si è reso

visibile e non eludibile il riferimento alle politiche e alle pratiche delle donne nei programmi del l ' Amministrazione Comunale. Tante volte- e giustamente - abbiamo denunciato l ' esiguità del numero delle donne all ' interno dell ' Istituzione Comune:

12

5

donne su

47

in Consi­

2 donne su 1 2 Presidenti di Quar­ tiere; l donna Direttore Generale ma nessuna su 1 6 Direttori Centrali. glio Comunale; l donna su

È,

in Giunta;

indubbiamente, una situazione scandalosa su cui dobbiamo molto ri­

flettere e su cui dobbiamo, soprattutto, agire, affrontando alla radice i l problema e mettendo i n discussione l e attuali regole e l a pratica del siste­ ma politico per definire nuove forme di democrazia rappresentativa. Ma, se nonostante la scarsa presenza delle donne nei luoghi deputati al­ la decisione, il riconoscimento dei valori e dei diritti delle donne

è diven­

tato punto fondamentale per la programmazione dei servizi e dell'attività, 9

Io dobbiamo proprio all'autorevolezza che nel tempo ha saputo conqui­ starsi il Centro Donna, diventato riferimento per le Associazioni delle donne in città e volano per ulteriori iniziative e strutture. L'attenzione alle problematiche presenti nel territorio e la metodologia applicata, tesa alla verifica e al confronto costituiscono gli elementi chiave per l'attività del Centro Donna e sono diventate anche i fattori costitutivi del Centro antiviolenza e del progetto "Rete nazionale antiviolenza tra cit­ tà Urban Italia". Credo di poter affermare, senza timore di smentita, che quest'esperienza debba essere considerata un esempio da seguire anche in altre situazioni, tanto più che ci ha indicato strumenti e modalità che consentono di affron­ tare, in modo corretto, trasparente e partecipato, le tematiche legate anche ad altri servizi e altre attività gestite dali' Amministrazione Pubblica.

Mara Rumiz Presidente del Consiglio Comunale di Venezia

10

Il Programma Urban

In occasione della pubblicazione di questo lavoro, mi sembra utile ri­ chiamare, sia pure brevemente, le ragioni ed il significato della collocazio­ ne del progetto pilota "Rete antiviolenza" all' interno del PIC Urban Italia 1 994-99, un programma di iniziativa comunitaria destinato alle aree urba­ ne disagiate delle città europee. La principale caratteristica innovativa di Urb&n è l' impostazione multi­ settoriale; si tratta cioè di un programma urbano che non è composto solo da tradizionali interventi di miglioramento della "città fisica", ma che comprende una gamma variegata di azioni, tra loro sinergiche, finalizzate a fornire nuove opportunità ai residenti dei quartieri più disagiati agendo da angolazioni diverse: attraverso la formazione, gli incentivi alle imprese, la riqualificazione dei luoghi, la promozione sociale, il coinvolgimento dei cittadini. Nel caso italiano, in particolare, dove la tradizione delle politiche di in­ tervento sulla città è stata connotata da un taglio prevalentemente urbani­ stico-edilizio, Urban grazie anche ai suoi risultati concreti, ha contribuito non poco ad aumentare il consenso intorno alla maggiore efficacia di un approccio di tipo integrato alle politiche urbane. Il progetto della "Rete antiviolenza tra le città Urban" si colloca in que­ sta cornice e nasce dalla decisione di aumentare l' attenzione sul problema della violenza contro le donne, un tema peraltro già presente all' interno di alcuni sottoprogrammi locali, come in particolare nel caso di Venezia in cui Urban finanzia le attività del Centro antiviolenza che si articola in una casa di accoglienza ed una casa di ospitalità temporanea per donne mal­ trattate. L' esigenza di approfondire le possibilità di intervento delle amministra­ zioni locali rispetto ad una specifica forma di disagio, presente anche nel­ le aree interessate dal programma Urban, ha portato il Comitato di sorveIl

glianza a discutere e ad approvare la proposta di promuovere nell'ambito dello stesso programma un attività di ricerca, di scambio e di sviluppo delle buone pratiche. Ciò anche con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri esercitata attraverso il Dipartimento per le Pari Op­ portun ità. La presenza del progetto pilota della "Rete antiviolenza tra le città" al­ l'interno del programma testimonia, a mio avviso, di due dinamiche inte­ ressanti: - da un lato dimostra come la spinta a concepire in termini di integrazio­ ne l ' intervento pubblico sui quartieri urbani maggiormente disagiati ab­ bia compiuto significativi passi in avanti anche nel nostro Paese, con­ cretizzandosi anche in azioni sociali territorializzate, coordinate e siner­ giche con le azioni di riqualificazione della "città fisica"; dali' altro segnala come la tendenza a promuovere rapporti e azioni di rete tra amministrazioni locali (pur diverse per colore politico, apparte­ nenza geografica, scala dimensionale) impegnate sugli stessi fronti pro­ duca oggi, non senza fatica, risultati concreti in termini di confronto e di riflessione sulle esperienze. Peraltro le "azioni innovative in una prospettiva di genere" nel frattem­ po sono state inserite tra gli elementi da valorizzare all' interno della nuo­ va programmazione dei fondi strutturali e quindi l'esperienza del progetto pilota ha assunto il significato di una prima sperimentazione ristretta di azioni che si auspica in futuro possano avere, nell'ambito dei programmi comunitari, uno sviluppo ancora maggiore. Loredana Campagna Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Segretario del Comitato di Sorveglianza Urban

12

Progetto nazionale e buone pratiche di Vittoria Tola

Europa, raccontano i miti greci, fu l ' unica figlia di Agenore, figlio di L ibia e di Poseidone, che lasciò l ' Egitto e si stabilì nella terra di Canaan. Zeus, innamoratosi della ragazza, si trasformò in un toro e la rapì e, giun­ to su una spiaggia cretese, si trasformò in aquila e violentò Europa che generò tre figli: Minasse, Ramadante e Sarpedone. Zeus non era nuovo a imprese del genere come d' altronde suo figlio Apollo, che pur essendo il dio della bellezza, non sempre veniva corrispo­ sto. Innamorato di Dafne, una ninfa dei monti e sacerdotessa della Madre Terra, tentò di violentarla. Dafne invocò sua madre che la trasformò in un lauro, con cui Apollo intrecciò corone per consolarsi. Oltre i miti estremamente densi di significato, memoria necessaria indi­ viduale e collettiva, Dafne

è oggi il nome di un programma europeo con­

tro la violenza e l ' Europa ha, in questi anni, costantemente, sollecitato gli Stati membri a interventi per prevenire, contrastare ed eliminare la violen­ za nei confronti delle donne. Non tutti gli Stati hanno adottato le medesime misure e strategie ma

è

indubbio che le azioni contro la violenza si sono moltiplicate e i momenti di confronto e la circolazione di buone prassi si sono intensificate creando nuova attenzione e nuovi progetti ed esercitando pressioni positive sulle istituzioni . Per le istituzioni nazionali e locali occuparsi di violenza non

è

stata un'impresa facile perché, rappresentando questa una novità storica, hanno dovuto compiere una vera e propria rottura epistemologica, una ri­ voluzione dentro il modo di guardare il mondo e conoscerlo, superando le interpretazioni più semplici, i l senso comune che ha permesso e permette, con una visione ingenua della realtà, una comprensione e giustificazione della violenza maschile. L' esigenza della rottura epistemologica secondo

G. Bachelard e la sua analisi del processo che, dal senso comune, arriva è preziosa per leggere l ' evoluzione avvenuta

alla conoscenza scientifica

13

negli ultimi trent' anni nella nostra comprensione del fenomeno della vio­ lenza maschile alle donnei. Tuttavia questa è ancora parziale e gli interventi istituzionali contro la violenza devono dispiegarsi in tutte le direzioni per richiamare la colletti­ vità e le articolazioni dello stato a fare i conti con la loro consapevolezza della violenza alle donne e il tipo di interventi in atto. La scelta del governo italiano nel 1 998 di introdurre un progetto di rete antiviolenza in un progetto del Fers come {Jrb@ è anche una piccola di­ mostrazione di come infinite e originali possano essere le forme di inter­ vento e le pratiche positive per far crescere l ' efficacia deli' azione istitu­ zionale e sociale contro la violenza. L'Italia che contrariamente ad altri Paesi ha visto negli ultimi anni so­ prattutto iniziative locali per sostenere i Centri Antiviolenza e come Go­ verno non ha deciso di avere un Piano nazionale, ritiene l 'esperienza e la metodologia del progetto antiviolenza Urban una pratica particolarmente positiva. Il rapporto nazionale, che del p_rog�t� è il prodotto fi_Q�le, non è il ri­ sultato di dati ulteriori sulla vittimizzazione femminile, ma come previsto dal progetto Rete antiviolenza lJrllit.E, la valutazione sulla percezione della violenza stessa che raccoglie le sintesi del lavoro svolto in tre anni dal Di­ partimento delle Pari Opportunità, dal Comune di Venezia e da altre città Urban grazie alla Unione Europea e al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il progetto è stato ideato a livello nazionale dal DipU!_t�."?:�nto Pari Op­ portunità che, insieme al Comune di Venezia, poteva contare su d onne con · esperienze di genere sulla violenza alle donne e, grazie al protocollo firma­ to dagli allora ministri Finocchiaro e Costa, ha coinvolto progressivamente amministrazioni locali , funzionari/ie, operatori sociali e sanitari, forze del­ l' ordine, associazioni, enti di ricerca e università in un percorso condiviso. Il rapporto nazionale cerca di ripercorrere questo processo, di rendere conto dei risultati raggiunti, di come il progetto sia stato immaginato e sia risultato una buona pratica per tutti i soggetti coinvolti. Una pratica positi­ va, efficace per gli obiettivi proposti, coinvolgente per i soggetti indivi­ duati COI!le fondamentali e riproducibile in realtà simili, capace di accre­ scere la conoscenza e di essere fondamentale per la progettazione di inter­ venti mirati sul problema della violenza contro le donne in contesti urba­ ni, a cominciare dalle città della rete. La sintesi dei rapporti di ricerca locale, l'analisi dei risultati a livello nazionale delle città coinvolte, i risultati di questionari complessi rivolti a uomini, donne, operatori sociali e sanitari, insegnanti, forze del i'ordine e l . Romito P. (2000), Violenza alle donne e risposte delle istituzioni, Angeli. Milano. 14

testimoni privilegiati che hanno partecipato a questo processo per verifica­ re la percezione della violenza contro le donne in contesti disagiati, rap­ presenta una novità e una ricchezza collettiva. n lavoro di preparazione, selezione, confronto tra soggetti estremamente diversi tra di loro testimonia la volontà e la pratica di un lavoro collettivo per arrivare a un confronto comune con la realtà della violenza maschile. Questo metodo ha modificato la visione del contesto proposto, rendendo tutti più consapevoli e facendo emergere l'arretratezza culturale "di perce­ zione ingenua" esistente in cui ognuno si è dovuto porre in un processo di riflessione e di auto-analisi inedito. Proprio essere stati interpellati e coin­ volti nel progetto, nella ricerca, nei seminari di sensibilizzazione e aggior­ namento confrontandosi con le proprie convenzioni, con le pratiche operati­ ve dei servizi, con i saperi scientifici "neutri" o misogini, con l ' immagina­ rio culturale personale e collettivo sulla violenza contro le donne ha rappre­ sentato per tutti più di un progetto e di un percorso. È stata una scommessa condivisa per tentare di costruire, tra molte difficoltà ancora in atto, modali­ tà consapevoli per affrontare un tema delicato e sottovalutato, per esprimere una volontà di conoscenza e crescita comune, per operare in modo condivi­ so valorizzando la rete locale possibile, tra operatori che mai prima si erano confrontati sul problema o avevano visioni completamente opposte come le forze di polizia, operatori sociali o operatrici dei centri antiviolenza. Le ricercatrici romane del Telefono Rosa hanno scritto nel loro rappor­ to, interpretando un sentimento comune, di aver vissuto la ricerca come una bella avventura sociale e di conoscenza. Da altri rapporti emerge co­ me una sorta di stupore non solo per quanto si scopre sul fenomeno della violenza, ma sulla percezione e sulla conoscenza della propria città. Infatti realtà urbane come Lecce, Foggia, Reggio Calabria, Catania risultano co­ me riscoperte e comprese più adeguatamente a partire dai bisogni delle donne, proprio attraverso questo progetto che appare come una rivisitazio­ ne d' insieme del vivere collettivo riservando vere e proprie sorprese ri­ spetto alle attese iniziali. Basta leggere i rapporti per rendersene conto: dalla situazione più consolidata, evoluta e consapevole di Venezia fino a realtà più arretrate come Foggia o Catania dove il problema mai era stato posto, dove i l 99% degli operatori ha dichiarato di non aver mai frequen­ tato corsi di fonnazione sull ' antiviolenza2. Il progetto ha rappresentato, quindi, non solo una forte innovazione in un programma europeo che si era occupato solo di opere infrastrutturali ma anche un percorso nuovo a livello locale e nazionale, fatto di inedite collaborazioni sociali e istituzionali per affrontare la violenza di genere in 2. V. La città di Venezia, La città di Catania (seconda parte di questo volume). 15

rapporto alla qualità sociale, alla sua determinazione e alle ragioni dei suoi mutamenti. La prima ricerca dell'Istat (che sta già lavorando in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità alla seconda ricerca nazionale che comprenderà anche la violenza domestica) a livello nazionale, i dati di Eu­ robarometro a livello europeo, le ricerche che vengono condotte in tutti i continenti e che sono riproposte all'attenzione pubblica mondiale dall'Onu e dagli organismi internazionali, i dati autorilevati dalle associazioni delle donne e dai Centri e dalle Case antiviolenza, il moltiplicarsi delle ricerche in ambito universitario e l'attenzione che organismi internazionali pongono al problema, rappresentano ormai una base sufficiente di conosce�za dei dati e delle proporzioni della violenza contro le donne nel mondo. E sem­ pre utile ricordare che è dal 1 975 che I'Onu ha considerato la violenza contro le donne come il crimine più diffuso sul pianeta. Il discorso sui dati esiste e non potrebbe essere anno dopo anno più allarmante. Tuttavia que­ sto patrimonio ha creato uno scatto di coscienza e di conoscenza solo par­ ziale e particolare e ne abbiamo avuto la chiara verifica nelle città Urban. Le sottovalutazioni interessate e le culture giustificazioniste sono molto forti e sempre all 'opera, come vedremo anche dai dati di questo rapporto, e rappresentano l' altra faccia dell'emergenza proposta occasionalmente dalla cronaca o dai casi eclatanti. La violenza maschile sia essa fisica, sessuale, psicologica ed economica è forte e, anche se la sua condanna è sempre più esplicita, continua ad esistere in forme nuove e antiche. Sembra appena scalfita dalle innumerevoli iniziative che pure nel frattempo si sono messe in atto, non ultime le conferenze delle presidenze di turno dell'Unione Eu­ ropea, gli atti del Consiglio d'Europa e la verifica di Pechino più 5. Per non parlare delle iniziative nazionali tra le quali ricordiamo, in particolare, la prima Conferenza nazionale contro la violenza alle donne "Zero Tole­ rance"3 a Bologna nel 1 998 e il Convegno internazionale a Napoli nel200 1 del Dipartimento Pari Opportunità con l ' Istituto Superiore di Sanità sulla violenza come causa di malattia, per non parlare dell'approvazione della legge per l ' allontanamento del familiare violento dalla propria casa. Ma al di là dei dati e delle denunce la gravità del fenomeno fa fatica ad essere pienamente compresa e quindi a produrre politiche di contrasto per­ manenti. Di tutto questo si è parlato ed è stato dato ampio spazio e argo­ mentazioni, anche di confronto, sia nei seminari delle città Urban che nel manuale del progetto Libertà femminile e violenza contro le donne4, che 3. Atti della Conferenza Nazionale "Zero Tolerance", a cura di Vittoria Tola e Lorenza

Malucelli, B olog n a 1999.

4. Adami C . , Basaglia A., Bimbi F., Tola V. (2000) (a cura di), Libertà femminile e vio­

lenza contro le donne, Angeli, Milano 2000.

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del contesto italiano ha affrontato fenomenologie e caratteri della violenza di genere spesso ignorate a livello europeo. Non a caso abbiamo voluto che questo lavoro fosse tradotto in inglese e francese_, a cura del comune di Cosenza, che nella Rete Urban ha curato due azioni di sistema renden­ do anche possibile la rielaborazione e la comparazione dei dati locali in un quadro nazionale. Come già sottolineato il lavoro di ricerca nelle città è stato approfondito dai seminari nazionali e locali (i testi sono disponibili su cdrom5) che pro­ prio nella ricerca più efficace di temi di sensibilizzazione, approfondimen­ to, di confronto dei migliori relatori/trici, operatrici e studiosi/e italiani e stranieri, di ricerca di metodologie e referenti hanno svolto uno straordi­ nario lavoro di ricognizione e inseminazione delle migliori esperienze in­ dividuali e collettive esistenti in Italia e all'estero nate da realtà femminili o istituzionali. Tutti hanno lavorato per un confronto serrato capace di ac­ crescere non solo la conoscenza reciproca ma l'efficacia dell' intervento di aiuto e sostegno alle donne. Il lavoro attento, minuzioso, spesso amministrativo e burocratico, co­ munque paziente e competente che ogni seminario ha comportato, non sa­ rebbe stato possibile senza la passione e la tenacia di funzionarie, ricerca­ trici ed esperte, non solo donne ma in gran parte donne, che al progetto della Rete antiviolenza, che presupponeva impegni complessi, hanno deci­ so di dedicare, in questi anni, grazie anche alle scelte politiche delle pro­ prie amministrazioni (all' inizio non sempre pacifiche) e dei propri asses­ sori e le loro migliori energie. Anche questo rappresenta qualcosa di straordinario e di grande valore politico e culturale perchè la scelta delle città che hanno partecipato al progetto Urban è stata casuale, le funzionarie non si conoscevano tra di loro né con le coordinatrici centrali, la storia politica di ogni città era sin­ golare e non confrontabile, non solo sul piano della politica e della storia generale, dell' amministrazione locale, ma anche della storia, della presen­ za politica e culturale delle donne e della loro influenza. Così come diversi sono stati gli enti scelti per la ricerca che, non a ca­ so, tentano di arricchire, pur nel comune progetto di utilizzo di analisi e categorie di genere, imprescindibili per tutti, con chiavi interpretative più complesse l ' analisi della propria città e del fenomeno che sono chiamati ad analizzare. I risultati sono oggi disponibili e verificabili nei rapporti lo­ cali e rappresentano una grande ricchezza che può essere sfruttata a lungo da tutti coloro che lo vorranno. Sono il risultato di un percorso che il Di5. Il cd è disponibile presso l'ufficio Cittadinanza delle donne e Qualità della vita urba­ na del Comune di Venezia.

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partimento per le Pari Opportunità ha già deciso di continuare, attraverso i fondi del PON Sicurezza, per estendere la rete italiana e l 'iniziativa contro la violenza. Questa decisione riguarda soprattutto le città del meridione che rappresentano tanta parte di questo progetto e costituiscono una vera e propria sorpresa per dati e tendenze. Questo rapporto è costituito infatti, contrariamente alla rete delle asso­ ciazioni nate dalle donne soprattutto al Centro-Nord per costituire Case e Centri antiviolenza, da dati di città meridionali, più Roma e Venezia, città queste presenti non a caso nella Rete nazionale. Il discorso sulla violenza maschile portato sulla scena pubblica dalle donne negli anni Settanta, ha sicuramente sortito degli effetti importanti e tuttavia rimane, come vedremo anche dai rapporti, come una sorta di sor­ presa e confusione su cause e responsabilità, domande di fondo che anco­ ra non vengono poste o trovano risposte troppo semplici e che in genere si legano a fatti di cronaca. Perché esiste la violenza maschile e perchè gli uomini anche non vio­ lenti la tollerano e le donne continuano a subirla? Sono domande che ri­ mangono nello sfondo sia delle ricerche psicologiche e mediche sia sociali e politiche. P.J. Moebius, il teorico del razzismo antifemminile, sosteneva che "L'uomo non odia davvero il sesso femminile, eccettuato i l caso in cui debba lottare con esso"6. Quale tipo di odio, la lotta e i l conflitto che nella violenza si esprimono, ci segnala nell 'epoca moderna? O si tratta di altro? Il rapporto, rendendo conto delle ricerche sviluppate in otto città italia­ ne in zone di forte emarginazione sociale poichè alla base dello slereotipo del l 'uomo violento continuano a essere considerate cause principali l ' al­ cool, la tossicodipendenza, la disoccupazione, l 'emarginazione e l ' igno­ ranza, dimostra che il problema è più complesso. La ricerca voleva inda­ gare la percezione della violenza in donne e uomini, la cultura a cui fanno riferimento e misurare questa percezione in diverse realtà sociali emargi­ nale dove per tradizione la violenza sembra agli occhi dei più annidarsi e giustificarsi. Una ricerca-azione che non puntava, pur facendo uso di que­ stionari e di dati sulla ricerca statistica, sulla vittimologia, ma che voleva verificare gli stereotipi di base e valutare se e quale cambiamento storico della mentalità c'è stato, dopo anni di denunce e di battaglie delle donne, sulla violenza maschile, per creare azioni di formazione e di aiuto consa­ pevole non inquinati da una visione spontanea o peggio dalla legittimazio­ ne dei violenti. Non sono i dati statistici quelli più carenti anche se ogni discorso pubblico sembra non paterne prescindere. 6. Moebius P. ( 1978), L'inferiorità mentale della donna, Einaudi, Torino. 18

Da oltre 25 anni la violenza contro le donne è emersa come discorso pubblico e parafrasando Foucault si potrebbe dire che l ' interesse di molte donne, oltre la cronaca quotidiana emergenziale e caduca, di ricercatrici e politiche è aver tentato, non solo con i dati, di far emergere la gravità e la cronicità storica e culturale del discorso e capire come la violenza maschi­ le poteva, come la sessualità, rappresentare un discorso che disvela i rap­ porti delle donne con la libertà e con le strutture di potere a cominciare dai rapporti più semplici tra i sessi, dentro strutture portanti della colletti­ vità come il matrimonio, che ha rappresentato, a lungo, nel discorso sulla violenza un vero e proprio argomento tabù. Mettere in discussione la violenza alle donne ha rappresentato, per la prima volta a livello planetario, la volontà di sapere per capire e interveni­ re su un fenomeno che per secoli e millenni si è posto come assoluto e in­ discutibile, legittimo a tutti gli effetti. Dopo il lavoro fatto tutte le realtà coinvolte, da Venezia a Palermo, pur nelle difficoltà e nelle contraddizioni incontrate, sono concordi nel ricono­ scere un quadro complesso, contraddittorio spesso ambiguo sulla violenza maschile in ogni città anche nei mutamenti a cui sono sottoposte le zone Urban, e nelle città di riferimento. C'è una consonanza profonda nel rile­ vare la gravità del fenomeno, degli effetti che produce, della dimensione di sofferenza sommersa che non si evince dai dati statistici: • nel rilevare la sua prevalente consistenza familiare e privata; • nel rilevare la differenza di percezioni tra uomini e donne; • nel verificare la crescita della coscienza femminile; nell'identificare le ragioni culturali delle cause e delle teorie giustifica­ zioniste che di fatto legittimano la violenza maschile; • tutti concordano con la necessità di costruire formazione e reti di soste­ gno per le donne; • concordano sulla importanza della capacità soggettiva di accoglienza degli operatori/triei e sulla costruzione di strumenti efficaci e condivisi nei servizi e nelle agenzie coinvolte; • concordano con l'esigenza improrogabile di protocolli comuni; concordano sulla necessità di un lavoro che modifichi la cultura domi­ nante a tutti i livelli; concordano che si tratta di una violenza, da non confondere con altri ti­ pi di violenza, ma da esaminare con caratteristiche di genere. "Se nella mente sociale si installa un orientamento di genere il mondo non sarà più lo stesso". Un' utopia! Ma, scrivono nel rapporto di Reggio Calabria, "da calabresi abbiamo titolo a parlare di utopia"7. Nel loro reso•





7. V. La città di Ref(gio Calabria (nella seconda parte di questo volume).

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conto riescono a raccontare non solo le difficoltà ma anche che cosa, intel­ lettualmente e socialmente, abbia significato per tutti: scienziati sociali, operatori, amministratori, associazioni, seduti insieme in una riunione con­ vocata dali' assessorato, decidere come affrontare il problema della violen­ za nelle loro città, per riprendere, come loro stessi si esprimono, in mano il filo di Arianna perché Teseo ritrovi se stesso e relazioni umane oltre il la­ birinto della violenza. "Una sorta di stato nascente in cui la vera emergen­ za sta nelle coscienze". Dopo la ricerca esiste infatti possibilità di cono­ scenza, di responsabilità, di progettazione, di intervento, la costruzione di un legame sociale per contenere e diminuire la sofferenza e costruire con­ temporaneamente opportunità e diritti alle donne che ne sono, e ne sono state prive a lungo tra le mura domestiche e per l ' indifferenza esterna, so­ ciale e istituzionale. In questo contesto non appare peregrina, anche se non è convincente, un'affermazione fatta dai ricercatori di Napoli, che pur ba­ sandosi su un orientamento di genere nell'interpretazione della violenza, tuttavia riconducono l ' analisi del problema a una democrazia "deficitaria". Punto di vista che si lega alle prevalenti posizioni europee come si può no­ tare dai documenti ufficiali e anche da Piani di governi nazionali e di orga­ nismi internazionali ma che non riesce a essere sufficientemente efficace. "Ora, non si può non riconoscere che l' approccio di genere al tema del­ la violenza contro le donne ha il potere di illuminare molti aspetti interni al rituale di potere e di umiliazione che l' atto violento contiene, proprio perché affonda le sue radici in molti modelli di interazione tra i sessi ap­ provati socialmente. Ma, forse, un' angolazione che può accrescere i l mo­ do stesso di interpretare la legge, i ritardi normativi, le diverse forme di abuso, la coercizione fisica, psicologica fino alla privazione della libertà femminile, le stesse forme di legittimazione simbolica dei modelli di inte­ razione sociale può essere quella di riportare il tema della violenza contro le donne non alla sua configurazione di genere, ma a uno degli aspetti so­ stanziali di negazione delle pari opportunità e dei diritti di cittadinanza delle donne da parte dei sistemi societari in cui la democrazia non si è an­ cora affermata nei vari livelli di sistema sociale e le stesse istituzioni poli­ tiche e culturali ostacolano questo processo di affermazione democratica della vita quotidiana che si basa poi, fondamentalmente, sul riconoscimen­ to dei diritti della persona in quanto tale e sull' assunzione di uno stile di vita (istituzionale e personale) improntato al rispetto della libertà di paro­ la, espressione ed azione degli altri, pur senza condividerne il merito"R. 8. È necessario ricordare che la democrazia fin dalla sua nascita non comprende le donne. Infatti nella realtà della Grecia antica, culla di questa forma di governo. la demo­ crazia come potere (cratos) del popolo (demo) si riferiva a un popolo fatto di soli uomini con esclusione di donne e di schiavi. 20

Ricordando il carattere ambiguo e ambivalente della concezione democra­ tica di Tocqueville nella sua Democrazia in America i ricercatori di Napo­ l i sottolineano come: "il contrasto tra uguaglianza e disuguaglianza socia­ le non è un contrasto di genere bensì una contraddizione tra forme e ideali diversi di articolazione del potere, un contrasto tra assetti organizzativi della società, che meglio (o peggio) favoriscono le condizioni per struttu­ rare in tutte le forme l ' uguaglianza nelle società"9. La penetrazione della democrazia non è un processo quindi che avviene nelle forme dell' orga­ nizzazione della vita sociale ma, per contrastare il dispotismo sempre in agguato, a tutti i livelli della vita associativa, comprese le istituzioni fami­ liari e le strutture mentali dei cittadini non solo sul piano dei criteri della cittadinanza, ma anche come incorporazione delle modalità di vita quoti­ diana allestita secondo il principio della tolleranza e del riconoscimento della reciproca libertà e dignità. Ma questo filone interpretativo ci riporta al fatto che il genere crea con­ trasto tra uguaglianza o diseguaglianza e alla nascita della democrazia co­ me potere maschile del "demo" da cui le donne sono escluse a priori pro­ prio a causa del loro corpo sessuato, insieme a bambini e schiavi. La pre­ sunta debolezza delle donne, che diventa presunta inferiorità femminile, ha attraversato i secoli e solo la considerazione in età moderna del valore dell 'uguaglianza ma anche della differenza ha permesso di riconsiderare l ' intero discorso che ha legittimato la violenza maschile e la rende ancora praticabile in tempo di pace e come stupro di guerra, travalicando secoli, culture, religioni, sistemi politici differenti. Se consideriamo, come sostiene Laura Terragni, la violenza in relazione agli orientamenti individuali dei coniugi, all'adesione a un modello fami­ liare di tipo tradizionale o moderno vediamo che "nelle coppie ove en­ trambi i coniugi hanno orientamenti di tipo tradizionale, il marito avrà una posizione dominante sostanzialmente riconosciuta e accettata dalla moglie e il conflitto ha poca legittimità. Quando la violenza diviene parte di que­ ste unioni . . . il maltrattamento può divenire una condizione costante al

L'America di Tocqueville si trova praticamente, dal punto di vista della base che detie­ ne il potere, pur nelle differenze di epoche storiche lontane, nelle stesse condizioni. Chi vota sono ancora, anche nel suffragio universale, solo gli uomini con esclusione delle don­ ne e degli schiavi. Dopo la guerra di secessione gli schiavi maschi otterranno il diritto di voto, le donne bianche e nere no, da cui la famosa richiesta di Albigail Adams, moglie del presidente de­ gli Stati Uniti d'America parlando appunto delle basi della democrazia e del diritto di voto al Presidente stesso: "Ricordatevi delle signore!". La lunga lotta per il diritto di voto in America e i n tutti gli stati europei dall'800 fino al 192 1 , e per l'Italia fino al 1 946, ne è la dimostrazione più evidente. 9. V. La città di Napoli (seconda parte di questo volume). 21

quale la donna tende a sottrarsi molto tardivamente. Se la moglie non con­ divide gli orientamenti del marito ad avere un ruolo dominante, il conflitto è acceso ma scarsamente tollerato dal marito. L'uso della violenza può di­ venire uno strumento per riaffermare un potere messo in discussione, per ristabilire un ordine" 10• Ma anche nel caso di coniugi orientati a una visio­ ne democratica del matrimonio con elevati livelli di condivisione delle de­ cisioni, il conflitto può scoppiare e tensioni latenti sfociare in aggressività quindi questo tipo di unioni può essere traversata dalla violenza che si può ipotizzare circoscritta per la maggiore facilità per i protagonisti a scioglie­ re il matrimonio. Ma si tratta di ipotesi da verificare 1 1 . Nel primo seminario nazionale della Rete antiviolenza Urban a Venezia, l' allora sindaco Massimo C acciari propose una politica contro la violenza alle donne e alla cultura che la sorregge non illusoria e i lluministica ma capace di recuperare il polemos tra generi puntando a rendere le donne non disarmate in questa guerra dei sessi, aspettando un improbabile e in­ certo cambiamento maschile, ma dotandole di armi critiche culturali, psi­ cologiche, sociali, organizzando da parte delle istituzioni tutte le forme di sostegno per loro possibili, non semplicemente assistendole. Ma i servizi e la cultura che possono cambiare l 'atteggiamento di fragi­ lità disarmata delle donne, che portano tutti, ma loro per prime, come pos­ siamo vedere dalle interviste in profondità, a chiedersi come sia possibile sopportare la violenza maschile, è il risultato di un altro ordine del discor­ so sul rapporto di genere e sulle donne nel rapporto tra i sessi, come viene ben esemplificato dal rapporto di Venezia, Catania, Palermo, soprattutto in relazione alla capacità di formazione e di aiuto alle donne da parte dei di­ versi operatori dei servizi. Dai risultati raggiunti dalla ricerca non ci si può non interrogare su quale ruolo svolgano le diverse agenzie, i servizi, le istituzioni nel fornire supporto alle donne e nel promuovere "politiche" di rinegoziazione del rapporto tra i sessi, anche considerando, con l'ecce­ zione e le buone pratiche di Venezia, l' emarginazione di esperienze, quan-

l O. Terragni L., "La nuova soggettività femminile". in

Un problema ignorato,

Violenze e soprusi in famiglia.

Famiglia Oggi. XX, l, 1 997.

Il. Negli ultimi anni è stata avanzata con insistenza sempre maggiore la proposta di me­ diazione familiare per risolvere i conflitti violenti all'interno della coppia e della famiglia.

l sostenitori di tale proposta sembrano dimenticare o sono incuranti sul fatto fondamen­ tale della disparità di potere che la violenza segnala all'interno della coppia. Della profon­ da asimmetria esistente tra uomo violento-donna vittima che rendono teoricamente impos­ sibile e praticamente inefficace la posizione "neutra" e super partes delle operatrici/tori chiamati a gestire la mediazione familiare stessa. Come si può infatti mediare un comportamento violento sia esso fisico. psicologico o sessuale senza finire oggettivamente per giustificarlo creando ulteriore vittimizzazione nel­ la donna che ha subito violenza?

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do esistono, i nnovative e più efficaci come quelle della Casa delle Moire di Palermo che si pongono in modo critico con il sapere psicologico, so­ ciale, psichiatrico e anche medico su categorie i nterpretative e diagnosti­ che quali quelle del masochismo o della costituzionale fragilità della psi­ cologia femminile.

O puntano come alcuni servizi medici o di salute men­

tale a decontestualizzare, con l'eccezione di Napoli, il disagio o la patolo­ gia espressa dalle donne che hanno subito o subiscono violenza. In questo senso è emersa tutta la difficoltà a in-formare i servizi dell'esperienza cul­ turale e professionale delle donne, ma anche della nuova sensibilità e con­ sapevolezza di tutti coloro che nel progetto di rete sono stati coinvolti. Molti pregiudizi, molti luoghi comuni sono stati abbattuti nelle menti di chi ha curato la ricerca ed è stato coinvolto nelle Rete antiviolenza Urban ed è qualcosa che non dobbiamo sottovalutare, qualcosa di unico e di pre­ zioso perché incide sulla mentalità, comprende l'emergenza della violenza che non si vede, trasforma in presenza "l'assenza di riconoscibilità sociale della violenza e di un adeguato consenso socio-relazionale alla sofferenza della vittima che priva le donne delle parole per dire il dolore, letteral­ mente, come sostiene il rapporto di Palermo, le lascia senza parole" I2 .

i momenti e gli in­ è avvenuto qualcosa di particolare: con il

Nel rapporto nazionale, nei rapporti locali, in tutti contri di questo lungo percorso

confronto, la discussione la ricerca e analisi sono emersi fatti, vite reali che si sono tramutate in coscienza e parole capaci di comunicare un nuo­ vo sapere e una diversa capacità di coscienza e intervento sociale che pro­ duce per le persone e i territori interessati qualità umana e relazionale nuova e capace di produrre speranza, perchè le donne possano riprendere a combattere per se stesse e le loro vite, evitando di arrendersi, come sot­ tolineano quasi incredule le donne che hanno trovato la forza di parlare della loro condizione di violenza e hanno trovato l'aiuto necessario per ri­ diventare padrone delle loro vite.

12. V. La città di Palermo (seconda parte di questo volume).

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Parte prima I risultati nazionali

l . Violenza di genere, spazio pubblico, pratiche sociali di Franca Bimbi

l . Antefatto: disconferma di un'utopia razionalista Mai più la guerra, mai più il dominio personale su donne e bambini, basta con le povertà estreme! Prima di giungere ai cinquant'anni le donne e gli uomini nati alla seconda metà del "secolo breve" hanno vissuto la disconferma delle utopie su cui avevano costruito l a rappresentazione del­ la propria generazione, in contrasto con quella dei genitori. Per alcuni an­ ni, a livello collettivo, un'intera generazione ha pensato di possedere, e so­ prattutto di governare con relativa facilità, i mezzi culturali ed economici per affrontare positivamente le maggiori sfide del disordine sociale e del­ l'infelicità umana. All ' inizio del terzo millennio scontiamo la fallacia dell'ipotesi di par­ tenza: dalla conoscenza degli effetti distruttivi della violenza non discende di per sé né un'azione razionale né una retta condotta. Al contrario: la ten­ tazione del dominio resta una radice permanente del disagio delle nostre forme di civiltà. Contro le ragioni della sopravvivenza fisica e morale dei più indi fesi, si perpetuano la gestione dei conflitti politici attraverso l'an­ nientamento dell'avversario, di quelli sociali ed interpersonali attraverso la sottomissione e la paura, lo sviluppo economico attraverso lo sfruttamento

1 993 ) . Tutto ciò che pensavamo di 1 999) - o che credevamo di poter cari­

unilaterale delle risorse (Bourdieu, aver lasciato alle spalle (Passerini,

care sulle spalle delle generazioni precedenti - accade ancora, nonostante le forme avanzate di civilizzazione (Elias,

1 988)

e l ' emancipazione di

soggettività di cui sembrava scontata la subordinazione sociale. Dobbiamo ridimensionare le nostre ipotesi utopiche, in senso molto più problematico e meno consequenziale: se il conflitto è il motore delle dina­ miche e dei processi sociali, non per questo la violenza - della guerra, del dominio personale, delle povertà - deve esserne un esito necessario. Ma 27

affinché la paura dell'umanità non diventi la motivazione estrema per un appello fuori tempo al rispetto dei diritti umani (Berlin, 1 996), occorre in­ dagare più a fondo sui modi e sui motivi della riproduzione delle forme di violenza sin dentro alle relazioni intime, che ritroviamo anche nelle socie­ tà in cui la vita privata si pretende stilizzata sulla reciprocità ed il ricono­ scimento dell 'altro da sé. Questo tipo di riflessione rigparda la ricerca del presente volume, che ha come oggetto specifico la violenza di genere (Bimbi, 2000a) nelle sue tipologie legate alla vita familiare e alle relazioni faccia a faccia. Si tratta di un' area di ricerca ancora poco esplorata, da un punto di vista concet­ tuale ed empirico, di un terreno dove si incontrano molti stereotipi. La ri­ cerca femminista ha analizzato soprattutto i pregiudizi di genere che han­ no orientato per molto tempo la riflessione dei giuristi e dei criminologi sullo stupro e sulla violenza sessuale (Terragni, 1 997) o quella di alcuni sociologi che sovrappongono la violenza di genere alle forme generiche dell' aggressività presente nel conflitto familiare. Certamente sono pregiu­ dizi da tenere ancora sotto controllo. Tuttavia la fase di relativa maturità cui la ricerca è pervenuta richiede uno sforzo, particolarmente da parte delle studiose femministe, per un approfondimento attorno ad alcune do­ mande cruciali, relative alla costruzione sociale della violenza di genere, alla sua riproducibilità, alla relazione esistente tra pratiche discorsive del pensiero femminista sulla violenza e pratiche delle donne per uscire dalla violenza subita, al rapporto tra la responsabilità maschile e femminile nel­ la relazione, ai nessi tra forme private della violenza e contenuti della de­ mocrazia come sistema politico.

2. Avvicinamenti: ricerca sulla violenza di genere e sociologia della violenza

Partendo dalle definizioni, ad una prima approssimazione la violenza di genere riguarda fenomenologie di azioni aggressive o distruttive i n cui so­ no in gioco le reciproche definizioni delle identità maschili e femminili. Potremmo, di conseguenza, spingere l ' analisi in un territorio vastissimo, dalla guerra - attività stilizzata per eccellenza da e per gli uomini - alla violenza domestica, allo stupro, sino all ' infanticidio - crimine prevalente­ mente di donne in cui si giocano, a livello simbolico e reale, conflittualità tra maschile e femminile. Se sino ad oggi le nostre analisi si aggirano qua­ si esclusivamente attorno al binomio violenza di genere-violenza domesti­ ca e sessuale occorrerebbe chiedersene il motivo. Per ora constatiamo che la ricerca sulla violenza di genere non ha ancora costruito una sociologia della violenza gender oriented, essendo prevalentemente impegnata a far 28

emergere le tipologie più tacitate, ma più diffuse, della violenza degli uo­ mini sulle donne, nelle relazioni intime e nella sfera privata. Dunque l'in­ contro tra sociologia della violenza (Héritier, 1 997; Nedelmsnn, 1 997; Jer­ vis, Nedelmann, Pellicani, 1 998) e studi delle donne avviene su un limita­ to campo di studio (Di Gennaro, 200 l ) , quello delle relazioni di vita quo­ tidiana, del quale dobbiamo saggiare connessioni e implicazioni con altri ambiti in cui genere e violenza si confrontano altrettanto. In generale lo studio della violenza nelle relazioni intime ha riguardato la costruzione sociale del soggetto criminale (Foucault, 1 973), e dunque la violenza estrema o eccezionale, piuttosto che le ragioni della riproduzione sociale delle condizioni che facilitano l ' uso della forza e delle pratiche di annichilimento su donne e bambini, la cui vulnerabilità resta normalmente coperta dal velo della banalità e delle routine dei rapporti quotidiani._ D'al­ tro canto la sociologia della violenza ha riflettuto sulle forme collettive dell' aggressione contro lo Stato, i cittadini ed i loro beni, sulle motivazio­ ni di chi attiva culture e pratic�e di violenza- urbana, in situazioni in cui il legame soci al è è contestato politicamente o eroso socialmente (Rebughini, 200 1 ; -Pltch, Ventimiglia, 200 l ), piuttosto che indagare sulle fenomenolo­ gie della violenza in presenza di legami sociali forti _ e simbolicamente do­ tati di senso positivo, sia per i violenti che per le loro vittime. Oli studi classi�i sull� violenza _(Sofsky, 1 998), nel complesso, o hanno rimosso l a famiglia e l a vita privata dal loro orizzonte di analisi o l' hanno presa i n considerazione come contesto, non interrogato, della costruzione del sog­ getto attraverso il discorso scientifico sulle sue patologie. È anche per questi motivi che la ricerca femminista_ si è data per ora il compito di coprire un vuoto sistematico : particolarmente evidente nel caso italiano, nominando la violenza sulle donne che emerge nelle relazioni in­ time e nella sfera privata, ed esplorando le rappresentazioni collettive e gli stereotipi del rapporto tra violenza e relazioni di genere. Con questo approccio si sono portate all'attenzione del discorso pubbli­ co fenomenologie che mettono particolarmente in discussione i legami so­ ciali primari: o perché feriscono relazioni e stili relazionali che la società presuppone basate su emozioni sostanzialmente positive (l' amore, la gra­ tuità e reciprocità nelle relazioni di dono, la protettività per i bambini), o ritenute oramai civilizzate (l' attrazione sessuale, l'erotismo . . . ), o perché contravvengono un' ipotesi ritenuta socialmente necessaria di reciprocità e di consenso tra due attori (nel rapporto sessuale), o perché negano il senso stesso che la società attribuisce ad un legame sociale (il matrimonio, la re­ lazione affettiva, la filiazione . . . ). La violenza nelle relazioni intime emer­ ge dalla ricerca delle donne come un rischio strutturale, dipendente da malintesi sul l ' interpretazione stessa delle "norme costituzionali" del con­ tratto di genere su cui si fondano le relazioni, piuttosto che come effetto 29

di patologie individuali, di contesto sociale o di difformità nelle motiva­ zioni che sostengono le relazioni violente rispetto a quelle considerate "normali". Ciò non significa che una parte dei violenti non sia anche co­ stituita da persone che vivono un disagio esistenziale di qualche tipo, che alcuni contesti deprivati non scatenino più facilmente forme di violenza, che alcune forme di relazioni tra donne ed uomini, o tra adulti e bambini non siano all 'origine fondate su presupposti violenti. Ma è importante sot­ tolineare come, analizzando le fenomenologie della violenza di genere, si riscontrino sovente, da parte dei soggetti coinvolti, le stesse attese e aspi­ razioni condivise circa la "normalità" delle relazioni intime presenti in re­ lazioni non contraddistinte da aggressività violenta. 3. Strabismi convergenti: la famiglia è l'opposto della guerra; c'è sempre guerra nelle relazioni familiari

La famiglia è considerata antropologicamente l 'opposto della guerra (Lévi Strauss, 1 967): resta tale anche nelle aspettative delle donne e degli uomini (a maggior ragioni dei bambini) che vivono situazioni di violenza. E tuttavia il rischio di guerra sembra riguardare la normalità delle fami­ glie. Infatti la ricerca mette in luce un contratto di genere (Pateman, 1 997; Bimbi, La Mendola, 1 999) meno pacificato di quel che presupporrebbe il modello culturale oggi prevalente delle relazioni tra donne e uomini. Il conflitto sociale tra i sessi ruota attorno alla disponibilità, reciprocità, dipendenza reciproche, ed alle regole che ne definiscono contenuti e limi­ ti; esso si svolge, perciò, nella tensione permanente tra le condizioni della l ibertà della persona e le forme di lealtà verso le responsabilità nella rela­ zione. Tale conflitto, non elaborato, in determinate condizioni produce violenza, in particolare verso le donne ed i bambini. La difficoltà di pren­ dere in considerazione l 'ipotesi di un rischio costante di violenza, struttu­ rale e non solo patologico, in ambiti della vita sociale ritenuti pacificati, costituisce una motivazione plausibile della disattenzione da parte della sociologia classica verso fenomenologie più evidenti empiricamente - ma anche più tollerate socialmente - nelle società tradizionali che non in quelle contemporanee (Corbin, 1 992). La riflessione degli studiosi sembra aver dato per scontata una sostanziale pacificazione del rapporto tra i sessi (e di conseguenza nei rapporti di filiazione). In base a questo presupposto fallace, si è rimossa l ' evidenza della violenza di genere nella vita privata, utilizzando i l richiamo al principio dell 'autorità patriarcale, per legittimare l ' uso della forza versus gli scarti dalle norme che regolano le forme unila­ terali di dipendenza o per ridurne l ' attribuzione di responsabilità ai singoli uomini. Ne sono indicatori il permanere per lungo tempo della sanabilità 30

dello stupro attraverso i l matrimonio, come pure la facile derubricazione della violenza nei rapporti familiari a "eccesso di mezzi di correzione". Sta di fatto che la scop�f1a �ociologiç�_r�çeflte 4